XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 10 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera
premesso che:
in data 20 giugno 2011 la Commissione europea ha adottato la proposta di regolamento COM(2011)353 che abroga il regolamento (CE) n. 41/2009. L'applicazione di questa norma, prevista a decorrere dal 1o gennaio 2012, si inserisce in un dibattito che riguarda il futuro della legislazione inerente all'etichettatura alimentare, che si vuole modificare; in particolare, l'articolo 17, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 41/2009 riguarda la composizione e l'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine;
abolendo il regolamento (CE) n. 41/2009 per ragioni di semplificazione, la Commissione europea ritiene sufficiente includere i prodotti senza glutine e con contenuto di glutine molto basso nella disciplina più generale del regolamento (CE) n. 1924/2006; in questo modo, però, la Commissione europea non tiene conto che il regolamento (CE) n. 41/2009 costituisce una normativa specifica, adottata sulla base della direttiva n. 89/398/CEE, e riguarda prodotti alimentari destinati a forme di alimentazione particolare, indispensabili per persone affette da determinate patologie;
la proposta di regolamento COM(2011)353 cancellerebbe, di fatto, dalle etichette dei prodotti alimentari la definizione di «prodotto dietetico» e ridurrebbe la dicitura «senza glutine» ad una etichetta generica, facendo venir meno una serie di controlli di qualità;
in Italia, i prodotti senza glutine sono elencati in uno specifico registro nazionale di prodotti dietetici senza glutine (ai sensi del decreto legislativo n. 111 del 1992) e sono erogati gratuitamente a carico del Servizio sanitario nazionale in forza della legge n. 123 del 2005;
in effetti, gli alimenti destinati a regimi dietetici speciali e quelli rivolti a lattanti e bambini con meno di 36 mesi sono stati sottoposti a una rigorosa disciplina europea a partire dal 1977; si tratta di regole consolidate in 35 anni di applicazione a tutela delle categorie più vulnerabili di consumatori;
la celiachia è «una intolleranza permanente al glutine ed è riconosciuta come malattia sociale» (articolo 1 della legge n. 123 del 2005), che richiede, come unica forma di terapia specifica, l'eliminazione totale del glutine dalla dieta di chi ne è affetto; in realtà, si tratta di un'intolleranza permanente alla gliadina, componente del glutine, che costituisce un insieme di proteine molto diffuso, contenuto nel frumento, nell'orzo, nella segale, nel farro, nel kamut e in altri cereali minori. Pertanto, tutti gli alimenti derivati dai suddetti cereali o contenenti glutine in seguito a contaminazione devono essere considerati tossici per i pazienti affetti da questa malattia;
la completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare, in quanto i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in moltissimi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione appare elevato. Per poter avere dei prodotti idonei al consumo dei celiaci è necessario che le aziende produttrici applichino un corretto piano di controllo delle materie prime e del prodotto finito; inoltre occorre monitorare costantemente il processo produttivo, gli ambienti di lavoro, le attrezzature, gli impianti e gli operatori ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell'industria alimentare;
in Italia, la prevalenza della celiachia, sia nei bambini che negli adulti, è attualmente stimata intorno all'1-1,5 per cento, per cui ne risulta affetta una persona su cento; ogni anno, sono circa 2.800 i nuovi casi diagnosticati, quindi, secondo

alcune stime, i pazienti diagnosticati si aggirerebbero intorno ai 100.000, mentre i potenziali celiaci sarebbero circa 600.000;
è possibile affermare che la celiachia è la più frequente intolleranza alimentare presente a livello mondiale; la sua distribuzione è omogenea a livello mondiale, anche se c'è una più elevata incidenza in Europa e nei Paesi con popolazione di origine europea;
la proposta della Commissione europea, in un'ottica di armonizzazione e semplificazione dei regolamenti, non tiene in considerazione la necessità di tutelare alcune categorie di consumatori più sensibili e vulnerabili, come i celiaci, fino ad oggi garantiti da una disciplina normativa stringente sia per i requisiti nutrizionali specifici, che per gli indispensabili controlli;
la proposta della Commissione europea n. 353 del 20 giugno 2011, se accolta dalle competenti istituzioni comunitarie, comporta, di fatto, un indebolimento della tutela prevista dall'ordinamento italiano (si veda l'articolo 8 del decreto legislativo n. 111 del 1992), perché la legislazione italiana, oltre a riconoscere la celiachia come malattia sociale, tutela i bambini e gli adulti come categoria di consumatori vulnerabili;
inoltre, tra gli effetti dell'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009 proposta dalla Commissione europea ci sarà anche l'abrogazione del registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine, che rappresenta un sostegno fondamentale ai celiaci, in quanto raccoglie i prodotti erogabili gratuitamente dal nostro servizio sanitario nazionale;
in Senato, le Commissioni permanenti XIV (Politiche dell'Unione europea) e XII (Igiene e sanità), esaminando lo schema di atto comunitario n. 353, hanno formulato, per quanto di loro competenza, parere contrario sostenendo la violazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e sottolineando come l'abrogazione del regolamento in questione equiparerebbe i prodotti senza glutine agli alimenti di uso corrente, determinando l'impossibilità del rimborso di questi prodotti a carico del servizio sanitario nazionale e creando, di conseguenza, la necessità di rivisitare tutta la normativa a tutela delle persone affette da celiachia;
in buona sostanza, l'abrogazione del regolamento comporterebbe un arretramento sostanziale nella tutela delle persone affette da celiachia, tale da eccedere lo scopo di armonizzazione che la proposta intende perseguire, ai sensi dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,


impegna il Governo:


ad esprimere il proprio parere negativo in relazione all'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, che renderebbe molto più difficile la vita dei pazienti celiaci, sia per la maggiore difficoltà a riconoscere da una generica etichettatura i prodotti essenziali per loro nei comuni centri commerciali, sia per le oggettive difficoltà ad ottenere gratuitamente quanto per loro è equivalente ad un farmaco salva-vita;
a promuovere, in sede comunitaria e nell'ambito delle proprie competenze, tutte le iniziative necessarie a tutelare una categoria di cittadini sensibili, come i celiaci, dai rischi alla salute connessi all'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, secondo quanto previsto dall'articolo 17, paragrafo 2, della proposta di regolamento della Commissione europea n. 353 del 20 giugno 2011, anche in considerazione della risoluzione fortemente critica approvata dalla XII Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato in data 2 agosto 2011 e delle osservazioni formulate dalla XIV Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) del Senato in data 27 luglio 2011.
(1-00797)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Anna Teresa Formisano, De Poli, Calgaro, Mondello, Delfino, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè».

La Camera,
premesso che:
la celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Nel soggetto affetto il consumo di questi cereali provoca una reazione avversa dovuta all'introduzione di prolamine e gliadine con il cibo all'interno dell'organismo e provoca gravi danni alla mucosa intestinale, tra cui l'atrofia dei villi intestinali. Fortunatamente negli ultimi anni il numero delle diagnosi è aumentato grazie alla sempre maggior attenzione che i medici di famiglia hanno rivolto all'intolleranza al glutine;
secondo la relazione annuale al Parlamento sulla celiachia per il 2010, nel nostro Paese la prevalenza della celiachia sia nei bambini che negli adulti è stimata intorno all'1 per cento, per cui, se si considera che la popolazione in Italia è di poco superiore a 60 milioni, significa che il numero potenziale dei celiaci si aggira intorno a 600 mila contro i circa 122 mila effettivamente diagnosticati e censiti;
peraltro, va evidenziato come ogni anno vengano effettuate cinquemila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 9 per cento;
curare la celiachia significa escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni, come pane, pasta, biscotti e pizza, e spesso eliminare ogni minima traccia di glutine dalla dieta. Questo incide notevolmente sulle abitudini quotidiane e sulla dimensione sociale del celiaco, rendendo necessarie un'adeguata educazione alimentare e appropriate garanzie da parte delle aziende che commercializzano prodotti contenenti glutine;
il regolamento (CE) n. 41/2009, attualmente in vigore, stabilisce i criteri per la composizione e l'etichettatura dei prodotti dietetici destinati ai soggetti intolleranti al glutine, nonché le condizioni per poter indicare l'assenza di glutine in alimenti di uso corrente, considerando che l'articolo 2, comma 3, della direttiva n. 89/398/CEE, modificata dalla direttiva n. 2009/39/CE, prevede la possibilità, per i prodotti alimentari di uso corrente adatti ad un'alimentazione particolare, di menzionare tale proprietà;
a livello comunitario vengono individuate due categorie di prodotti dietetici: i prodotti - definiti «senza glutine» - con un tenore residuo di glutine non superiore a 20 milligrammi per chilogrammo (20 ppm), a base di ingredienti privi di glutine all'origine o con uno o più ingredienti depurati di glutine, e i prodotti - definiti «con contenuto di glutine molto basso» - con un tenore residuo di glutine non superiore a 100 milligrammi per chilogrammo (100 ppm), a base di ingredienti depurati di glutine;
il 20 giugno 2011, l'Unione europea ha proposto l'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine. Se approvata, tale proposta avrebbe l'effetto di «declassare» la sicurezza e la portata della dicitura «senza glutine»;
attualmente i prodotti senza glutine (con glutine inferiore a 20 milligrammi per chilogrammo) sostitutivi di quelli che normalmente contengono glutine tra i propri ingredienti (pane, pasta, prodotti da forno, pizza e altri) sono infatti considerati «prodotti dietetici» e godono, quindi, di una specifica normativa che ne garantisce la sicurezza per il consumatore celiaco in termini di assenza di glutine. In Italia, questi prodotti sono elencati nel registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine (decreto legislativo n. 111 del 1992) ed erogati gratuitamente ai celiaci dal servizio sanitario nazionale (legge n. 123 del 2005);
l'intervento della Commissione europea, animato da un intento di semplificazione, rischia fortemente di indebolire quanto fatto fino ad oggi a favore dei celiaci. Verrebbe, infatti, cancellata dalle

etichette dei prodotti alimentari la definizione di «prodotto dietetico», riducendo a un'etichetta generica la dicitura «senza glutine» e rimuovendo così la speciale protezione riservata ai celiaci garantita da una normativa stringente sui requisiti nutrizionali specifici e sui controlli relativi;
se detta proposta di regolamento dell'Unione europea venisse approvata, si assisterebbe quindi ad un «passo indietro» rispetto alla tutela oggi riconosciuta dall'ordinamento italiano. La distinzione tra persone sane e persone con problemi di salute impone, infatti, una differente disciplina e se per le persone sane può valere la disciplina generica di tutela del consumatore, per quelle con problemi di salute occorre una disciplina specifica che - per quanto riguarda le persone affette da celiachia - è individuata proprio dal regolamento (CE) n. 41/2009, che ora si vuole abrogare;
peraltro, come ha ben sottolineato nelle osservazioni formulate nel luglio 2011 la Commissione per le politiche dell'Unione europea del Senato, in sede di parere allo schema di atto comunitario, n. 353, l'abrogazione nel nostro Paese del concetto di «prodotto dietetico» e la conseguente equiparazione dei prodotti senza glutine ad alimenti di uso corrente (con l'indicazione «senza glutine» gestita come un'indicazione nutrizionale) comporterebbe l'impossibilità del rimborso di questi prodotti a carico del servizio sanitario nazionale e la necessità di rivisitare - stante la prevalenza del diritto dell'Unione europea sul diritto interno - tutta la normativa di maggior tutela per le persone affette da celiachia;
inoltre, il 2 agosto 2011 la Commissione Igiene e sanità del Senato, sempre in sede di parere al suddetto schema dell'atto comunitario COM(2011)353 definitivo, recante la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini e agli alimenti destinati a fini medici speciali, e che contiene la proposta di abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, ha espresso un parere motivato contrario a detta proposta di regolamento, per non conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. In particolare, la proposta di abrogazione non tiene conto in maniera sufficiente delle «esigenze connesse con la tutela della salute umana», così come imposto dall'articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
va, infine, ricordato che il 6 ottobre 2011 il Senato ha votato tre mozioni vertenti sul medesimo argomento, mozioni accolte integralmente e senza riformulazioni dall'allora Governo in carica,


impegna il Governo:


ad intervenire nelle opportune sedi comunitarie per contrastare gli intendimenti della Commissione europea in merito alla proposta di abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, che rappresenterebbe un preoccupante arretramento rispetto alla normativa vigente in merito alla tutela della salute dei cittadini celiaci;
a garantire, al fine di dare maggiori informazioni e garanzie ai cittadini, che la percentuale relativa al contenuto di glutine presente nella farina o nel seme di cereale, sia inserita in etichetta in quanto di fondamentale importanza per tutti quei prodotti che l'attuale normativa indica come prodotti dietetici, all'interno della categoria degli alimenti destinati ad alimentazione particolare.
(1-00798)
«Palagiano, Mura, Di Giuseppe, Porcino, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
la celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, una sostanza presente in molti cereali, tra cui quelli più comunemente usati, quali frumento, farro,

avena, orzo, segale, kamut, spelta e triticale; si tratta dell'intolleranza alimentare più frequente a livello mondiale;
in Italia si stima che un soggetto ogni cento persone sia affetto da tale intolleranza. Pertanto, il numero potenziale di celiaci sarebbe pari a 600.000 persone, a fronte dei soli 122.000 circa diagnosticati e censiti secondo i dati del 2010; nel 2007 erano poco più di 64.000. Sono 20.000 le nuove diagnosi effettuate ogni anno, con un incremento annuo di circa il 20 per cento;
ad oggi non esiste una cura per questa intolleranza. L'unica terapia in grado di assicurare ai soggetti affetti da celiachia uno stato di salute perfetto è una corretta e rigorosa dieta senza glutine. Solo l'esclusione degli alimenti più comunemente utilizzati e contenenti glutine, quali pasta, pane, pizza e derivati, consente un recupero totale dalla malattia;
il 20 giugno 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della direttiva quadro n. 2009/39/CE relativa ai prodotti cosiddetti «dietetici», con lo scopo di semplificare la normativa europea. Tale proposta prevede, tra l'altro, all'articolo 17, paragrafo 2, l'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, la cui applicazione è prevista a decorrere dal 1o gennaio 2012;
la proposta COM(2011)353 si pone l'obiettivo di continuare a disciplinare solo i prodotti destinati a «lattanti, bambini e a fini medici speciali», che risultano, pertanto, gli unici ad aver mantenuto la qualifica di «categorie vulnerabili». In tal modo viene cancellata la definizione di «prodotto destinato ad un'alimentazione particolare» o «dietetico», che fino a questo momento ha garantito le più ampie forme di tutela per i consumatori più deboli, quali appunto lattanti, bambini, soggetti malnutriti, ma anche persone obese, sportivi e, soprattutto, soggetti celiaci;
con la nuova proposta della Commissione, infatti, i prodotti senza glutine, che fino ad oggi erano considerati dietetici, assumerebbero la qualifica di prodotti «comuni», quelli cioè destinati alla generalità dei consumatori e troverebbero più ampia disciplina nel diverso «regolamento claims» (regolamento (CE) n. 1924/2006). Tale provvedimento disciplina le regole per l'utilizzo delle indicazioni dei valori nutrizionali sui prodotti alimentari. Vengono, ad esempio, disciplinate dal regolamento in questione le diciture «senza grassi», «con poco sale» e «senza colesterolo»;
secondo il «regolamento claims», pertanto, la dicitura «senza glutine» non farebbe altro che qualificare un prodotto come particolarmente sano per la totalità dei consumatori;
appare evidente che il regolamento in questione non può essere sufficiente a garantire quei margini di sicurezza necessari e le cautele previste per soggetti particolarmente esposti come i celiaci, che possiedono esigenze alimentari e nutrizionali del tutto specifiche;
la proposta della Commissione europea rischia di compromettere gravemente la tutela della salute dei soggetti affetti da celiachia, per la mancanza di garanzie circa la sicurezza dei prodotti alimentari, che per il celiaco rappresentano l'unica cura possibile;
è necessaria una costante opera di sensibilizzazione di tutte le istituzioni nazionali, europee ed internazionali a tutela di quella parte della popolazione affetta da malattia celiaca e contro l'approvazione del nuovo regolamento;
in Italia la celiachia è considerata malattia sociale ai sensi della legge n. 123 del 2005. I prodotti senza glutine sono inseriti nel registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine e sono a carico del servizio sanitario nazionale, per questo vengono erogati gratuitamente,


impegna il Governo:


ad adottare, presso le sedi istituzionali competenti, tutte le iniziative necessarie a tutelare la salute dei soggetti celiaci

a fronte dei possibili rischi che possono derivare dalla proposta della Commissione europea COM(2011)353 e dall'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009.
(1-00799) «Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale e la crisi dei debiti sovrani nella zona euro rappresentano la più grave sfida alla costruzione europea e alla stabilità, e prosperità stessa del nostro Paese e pertanto richiedono una risposta politica, economica e istituzionale a più livelli, in grado innanzitutto di portare presto l'Europa fuori dal pericolo più immediato, con misure specifiche sulla governance economica, la crescita e il risanamento dei bilanci pubblici ma capace anche di affrontare con un respiro più ampio la prospettiva di una vera Unione federale, democratica e solidale al suo interno;
per l'Italia il rafforzamento e il completamento del progetto europeo, il mantenimento dell'euro, il rispetto del metodo comunitario rappresentano interessi nazionali strategici imprescindibili;

in questo contesto l'Italia si è pienamente e responsabilmente assunta la responsabilità di manovre economiche impegnative che porteranno al pareggio di bilancio entro il 2013 e già oggi determinano una consistente riduzione del fabbisogno dello Stato e un significativo avanzo primario il che autorizza a dire che il nostro Paese ha iniziato a fare la propria parte ed è determinato a continuare nell'azione di riduzione dello stock di debito nazionale, miglioramento dei bilanci pubblici e rilancio della crescita, in modo da contribuire al miglioramento della solidità dell'euro;
l'Unione europea deve fornire la risposta politica ed economica adeguata a dare solidità e certezza all'euro e a certificare un investimento solidale e condiviso nel progetto europeo, mettendo in campo un impegno politico al più alto livello per garantire all'interno della zona euro la stabilirà finanziaria e il corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, con adeguate azioni e misure di carattere immediato per contrastare le tensioni speculative e il rischio di razionamento del credito;
a questo fine è necessario che gli strumenti di intervento nei mercati finanziari siano potenziati sia sotto il profilo quantitativo sia sotto quello delle modalità di intervento e messi in grado di agire senza eccessivi ritardi o vincoli - con riferimento al Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e soprattutto al Meccanismo europeo di stabilità (MES) ancora inadeguati nelle attuali previsioni - così come occorre prevedere forme di integrazione dei debiti pubblici nazionali e di emissione di titoli di debito pubblico europeo, tutti elementi non ancora presenti nei testi provvisori del Trattato in via di negoziazione né inseriti, con sufficiente chiarezza, nelle dichiarazioni politiche dei Consigli europei;
è quindi essenziale ribadire, in sede negoziale, che i soli obiettivi del rigore finanziario e della riduzione del debito pubblico non possono esaurire l'orizzonte della risposta europea alla crisi occorrendo, invece, integrare le misure a favore del consolidamento delle finanze pubbliche con una nuova politica a sostegno della crescita e dell'occupazione a livello europeo;
in questo contesto sarebbe stato comunque preferibile far ricorso alle ordinarie procedure di revisione dei trattati europei piuttosto che a un Trattato intergovernativo, modalità che e da considerare una parentesi del tutto eccezionale e quindi da ricondurre, il più rapidamente possibile, nell'alveo dell'ordinamento europeo e del quadro istituzionale vigenti, altresì evitando di introdurre disposizioni che possano complicare o rendere meno efficiente il futuro funzionamento dell'Unione, secondo lo spirito degli emendamenti alla bozza di trattato proposti dal Parlamento europeo;
in un secondo tempo, con un orizzonte più lungo, si renderà necessaria una più complessiva riforma dei trattati per completare la costruzione di un'Europa democratica e federale, le cui istituzioni siano pienamente legittimate dal popolo europeo, riconosciute come rappresentative, rafforzate nelle loro competenze e quindi politicamente in grado di promuovere una reale integrazione fiscale, lo sviluppo dell'Europa sociale, assicurare la crescita, lo sviluppo e la protezione dei diritti dei cittadini europei, un vero e proprio «governo economico e sociale» dell'Eurozona, dotato di maggiore legittimazione democratica e sottratto al mero inefficace coordinamento intergovernativo, dotato di un «Ministro europeo dell'economia», che sia al tempo stesso vicepresidente della Commissione e presidente del Consiglio Ecofin e rappresenti l'Unione nelle sedi finanziarie internazionali;

in questa prospettiva l'Italia, recuperando in pieno la leadership politica a livello europeo, dovrebbe sostenere, una volta sfruttate le pur notevoli potenzialità evolutive del trattato di Lisbona, la convocazione di una nuova Convenzione per la riforma dei Trattati in cui i parlamentari europei, nazionali, i rappresentanti dei governi e delle istituzioni europee siano chiamati a costruire una vera e propria federazione europea, rinnovando con coraggio l'architettura istituzionale dell'Unione così da garantire un equilibrio democratico alla rappresentanza di Stati e popoli e da assicurare il principio di responsabilità del governo dell'Unione di fronte ai cittadini d'Europa;
l'importanza storica dell'attuale momento, il crescente peso del ruolo e delle competenze dell'Unione europea sulle scelte di politica economica e di finanza pubblica nazionali rendono necessario rafforzare in ciascun Paese il rapporto tra Governi e Parlamenti al fine di garantire un'informazione tempestiva nei confronti delle Assemblee legislative e una loro effettiva capacità di indirizzo dell'azione dei rispettivi governi nazionali anche nelle materie europee, essendo preferibile e maggiormente incisiva tale strada rispetto a quella di un'eventuale costituzione di nuove e più deboli forme di consultazione interparlamentare a livello europeo;
in questo spirito è indispensabile non solo assicurare un'informazione sistematica e tempestiva del Parlamento italiano da parte del Governo nell'attuale fase negoziale ma rafforzare e rendere più efficace e sistematico il raccordo ordinario nelle materie europee anche accelerando la conclusione dell'iter del progetto di riforma della legge n. 11 del 2005 e avviando la revisione dei regolamenti parlamentari,


impegna il Governo:


a continuare a perseguire con determinazione il rafforzamento del tradizionale ruolo dell'Italia quale membro fondatore dell'Unione europea con l'obiettivo di riaffermare il metodo comunitario quale asse centrale del processo di integrazione, riducendo il peso, oggi eccessivo, del metodo intergovernativo e rilanciando la prospettiva dell'Europa federale;
ad assicurare che l'adozione di politiche di rigore di bilancio, riduzione del deficit e degli stock di debito nazionale sia necessariamente contestuale ad un impegno per la stabilità finanziaria e il corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, con misure adeguate e immediate per contrastare le tensioni speculative e il rischio di razionamento del credito, nonché chiedendo la revisione o il differimento delle recenti decisioni dell'Autorità di vigilanza bancaria europea che, non tenendo conto dell'impatto del ciclo economico sul sistema bancario nazionale, rischiano di far contrarre la concessione del credito relativo alle PMI e alle famiglie;
a far sì che tali azioni siano inscritte in una prospettiva di «più stretta integrazione economica all'interno dell'Unione, in particolare con lo sviluppo progressivo di titoli di debito pubblico comuni dell'area euro e la creazione di una tesoreria europea, parte della Commissione e responsabile di fronte al Parlamento europeo» secondo la formulazione proposta dalla Commissione europea nell'ambito delle premesse della bozza di «Trattato per un'Unione economica rinforzata»;
a rendere più evidente nel testo del Trattato il collegamento tra l'azione di risanamento e quella a favore della crescita, sostenendo le proposte volte ad impegnare esplicitamente gli Stati contraenti ad accelerare la definitiva approvazione in sede europea delle proposte, avanzate dalla Commissione, sull'istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali nonché su forme di mutualizzazione del debito;
a sostenere le proposte emendative alla bozza di «Trattato per un'Unione economica rinforzata» volte ad assicurare il ruolo, le prerogative e le funzioni della Commissione europea in particolare per quanto attiene alla fissazione degli specifici parametri nazionali di riferimento e il calendario di convergenza verso gli stessi di cui all'articolo 3 della bozza del Trattato, al monitoraggio sul rispetto degli impegni assunti, evitando l'attribuzione alla Corte di giustizia di funzioni improprie di verifica e sanzione rispetto ad eventuali inadempimenti da verificare;

ad esigere una riformulazione delle previsioni, di cui al Titolo V della bozza del Trattato, relativi alla disciplina di bilancio e ai percorsi di riduzione del debito nazionale, che senza mettere dubbio il risultato finale di rientro nei parametri di convergenza europei eviti automatismi e rigori eccessivi, tenga in considerazione l'impatto del ciclo economico, nonché attribuisca forte rilevanza ad una serie di ulteriori fattori rilevanti come il risparmio privato e la sostenibilità del sistema pensionistico;
a sostenere le proposte di modifica volte ad assicurare la partecipazione al cosiddetto Eurosummit dei capi di Stato e di Governo, di cui all'articolo 13 e seguenti della bozza, di tutti i rappresentanti delle istituzioni europee, a partire dal presidente del Parlamento europeo e della Commissione;
ad assicurare che le condizioni per l'entrata in vigore del Trattato, pur non pregiudicando una tempestiva operatività, garantiscano l'adesione di un numero congruo e ampio di Paesi;
a sostenere in sede europea la necessità di superare l'attuale sistema di valutazione del merito di credito degli Stati sovrani, oggi basato sul giudizio di agenzie di rating private e controllate da operatori finanziari, valutando l'istituzione di un'agenzia europea di rating pubblica;
a promuovere, in una dichiarazione a latere del Trattato, la necessità di convocare una Convenzione europea ai fine di riaprire e completare in un più ampio orizzonte temporale, il processo costituente verso un'Unione politica aperta a tutti i Paesi e i popoli che sceglieranno di parteciparvi;
informare in modo sistematico e tempestivo le Camere delle nuove iniziative di politica europea, delle misure legislative in materia di governance economica, dei negoziati del nuovo Trattato e ad assumere posizioni coerenti con gli indirizzi parlamentari.
(1-00800) «Franceschini, Gozi, Tempestini, Baretta, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Pistelli».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
l'ideale dei padri fondatori dell'Europa puntava ad una profonda ed integrata identità europea per il rilancio dei valori e delle tradizioni comuni dopo le devastazioni della guerra, prospettiva che continua ad essere ben viva come dimostra il recente referendum per l'adesione della Croazia all'Unione europea;
tale prospettiva non può esaurirsi in un'esclusiva visione economica e finanziaria ma deve svilupparsi nel senso di una reale partecipazione e identificazione politica e culturale a partire dalle comuni radici culturali che affratellano i popoli;
la crisi finanziaria e la crisi dei debiti sovrani, che stanno determinando una pesante crisi produttiva e occupazionale della zona euro, rappresentano una sfida gravissima alla costruzione europea e alla stabilità e prosperità del nostro Paese. Per dare alla crisi una risposta adeguata è necessario fare un passo avanti tutti insieme verso una comune politica economica. Il trattato che viene attualmente negoziato fra 26 Paesi dell'Unione europea vuole essere un passo nella direzione di una politica economica comune, che è il complemento necessario della moneta unica ed è la codificazione delle intese del 2011;
il trattato in discussione presenta però due limiti evidenti. Da una parte, esso unisce solo 26 dei 27 Paesi membri dell'Unione europea, ed è sbilanciato verso un metodo intergovernativo piuttosto che comunitario. Dall'altra, è molto concentrato sul tema della stabilità e poco sul tema della crescita che deve restare al centro dell'iniziativa politica dell'Unione europea in un momento così difficile per l'economia europea, che rischia una drammatica recessione con gravissime conseguenze per il futuro del continente;
lo scostamento dal metodo comunitario, dovuto a una situazione di emergenza eccezionale e derogatoria rispetto al funzionamento ordinario dell'Unione europea, va pertanto strettamente limitato e superato. Non appena la situazione generale lo consentirà, occorrerà tornare alla piena ed unitaria applicazione del metodo comunitario. Bisogna mantenere aperto il dialogo con la Gran Bretagna per recuperare le distanze che si sono create;
il tema della crescita andrà affrontato con grande decisione subito dopo la conclusione del negoziato sul presente trattato nell'ambito delle istituzioni comunitarie a 27 Paesi, secondo le linee indicate dalla Commissione europea: completamento del mercato interno e politiche specifiche per lo sviluppo e l'occupazione;
le perduranti tensioni sui mercati finanziari rischiano di travolgere l'euro e di vanificare gli sforzi di risanamento dell'Italia, innescando sui mercati una crisi di fiducia nel nostro Paese. Per l'Italia il rafforzamento ed il completamento del progetto europeo, il mantenimento dell'euro e il rispetto del metodo comunitario rappresentano interessi nazionali strategici imprescindibili e, in questo contesto, l'Italia si è assunta, a più riprese nel corso del 2011, la responsabilità di manovre economiche impegnative che porteranno al pareggio di bilancio nel 2013 e già oggi determinano una consistente riduzione del fabbisogno dello Stato e un significativo avanzo primario;
ad esse si aggiungono, all'inizio del 2012, provvedimenti che condurranno a regime ad importanti misure di liberalizzazione al fine di rendere più competitivi ed efficienti i nostri mercati, migliorando le prospettive di crescita e quindi la sostenibilità del debito italiano;
per dare un ulteriore segnale della comune e condivisa consapevolezza raggiunta nel Paese circa la necessità di rimanere fedele nel lungo periodo alla politica della stabilità, bisogna ribadire che il principio del rigore deve essere considerato come punto cardine della politica nazionale ed europea;
va sottolineato, al riguardo, che il Parlamento ha già approvato in prima e seconda lettura e calendarizzato in terza, il progetto di riforma che prevede l'introduzione della regola del pareggio di bilancio in Costituzione. È, tuttavia, bene ricordare che stabilità e crescita sono problemi interconnessi e dalla loro contestuale soluzione dipende la stessa continuità dell'euro, come moneta unica. È, infatti, evidente che se non si ferma la speculazione contro il debito sovrano, il conseguimento dell'equilibrio di bilancio diventerà sempre più difficile a causa della crescita abnorme della spesa per interessi, come avvenne nel corso degli anni Ottanta. Al tempo stesso, solo il rispetto della nuova governance potrà dimostrare la volontà dei singoli Stati di far fronte agli squilibri strutturali che sono alla base della crescita del debito sovrano e rappresentano un elemento catalizzatore della speculazione. Questo doppio passaggio è un argine da porre a difesa della moneta unica, se si vuole evitare il suo possibile tracollo, e quindi delle prospettive di sviluppo della stessa Unione europea;
il modello dell'economia sociale di mercato, che è il modello europeo, rimane la scelta strategica dell'Italia che la presente mozione ribadisce con il consenso convinto di tutte le principali forze politiche e che è sottratta, per il futuro, al variare delle contingenze politiche;
la credibilità e la portata delle misure adottate e degli impegni politici assunti, che in questa mozione vengono reiterati, consente all'Italia di svolgere con piena autorevolezza il suo ruolo all'interno dell'Unione europea come Paese fondatore ed una delle maggiori economie, e autorizza a chiedere alle istituzioni europee ed ai Paesi membri una solidarietà fattiva e convinta, rimarcando anche alcuni limiti ed insufficienze della risposta che fino ad ora l'Unione europea ha dato alla crisi;
è necessario che gli strumenti di intervento sui mercati finanziari vengano potenziati sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello delle modalità di intervento ed è, quindi, urgente mettere lo European stability mechanism in condizione di funzionare con risorse adeguate;
è poi desiderabile, come proposto dalla Commissione europea, che tali azioni siano iscritte nella prospettiva di una più stretta integrazione economica all'interno dell'Unione, in particolare con lo sviluppo progressivo di titoli di debito pubblico comuni dell'area euro e la creazione di una tesoreria europea, parte della Commissione e responsabile di fronte al Parlamento europeo;
manca un sufficiente coordinamento fra l'azione della Banca centrale europea e quella dell'Autorità bancaria europea, con il rischio che proprio per tale motivo l'azione della Banca centrale europea non possa sviluppare per intero i propri effetti positivi. Considerazioni relative alla stabilità dei singoli istituti e considerazioni relative alla stabilità di sistema devono armoniosamente integrarsi fra loro. Il rischio che si sta correndo è quello di una forte riduzione del credito agli Stati, al sistema produttivo, alle imprese ed alle famiglie. Le indicazioni date all'Eba nel Consiglio europeo del 26 ottobre 2011 vanno riconsiderate alla luce di una situazione profondamente mutata. In tale prospettiva, è opportuno adoperarsi affinché la piena attuazione delle previsioni dell'Autorità bancaria europea, (european banking Authority-Eba) dell'8 dicembre 2011, sia differita sino all'effettiva operatività degli strumenti previsti dalla decisione del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, ivi compresa quella relativa all'European financial stability facility (Efsf) e il pieno funzionamento dell'European stability mechanism (Esm);
in prospettiva, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell'eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di una medesima visione. La stabilità è uno strumento indispensabile e fondamentale, ma il fine è la crescita economica, il lavoro, il benessere dei cittadini e delle cittadine europee;
le circostanze di emergenza attuali suggeriscono di utilizzare tutti gli importanti elementi di flessibilità offerti dai trattati in vigore, come i regolamenti ex articolo 151 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Tuttavia, ciò non può implicare la rinuncia, in un orizzonte temporale adeguato e più ampio, alla prospettiva di una complessiva riforma dei trattati per completare la costruzione di un'unione federale dotata di piena legittimazione democratica, anche attraverso una Convenzione;
sono stati avviati, in sede tecnica, i negoziati occorrenti per predisporre l'accordo intergovernativo europeo per il rafforzamento dell'unione economica (il cosiddetto «fiscal compact»); l'accordo dovrà riguardare: a) la regola del pareggio di bilancio ed il suo inserimento nella normativa nazionale di livello costituzionale; b) l'attribuzione alla Corte di giustizia dell'Unione europea di un ruolo in merito alla trasposizione di tale regola del pareggio negli ordinamenti interni, evitando che ad essa siano attribuite funzioni improprie; c) il riferimento alla regola del debito in una normativa di diritto internazionale; d) i programmi di partenariato giuridicamente vincolati per i Paesi sotto procedura per deficit eccessivo; e) l'applicazione della regola della maggioranza qualificata «invertita» nella procedura per deficit eccessivo;
l'accordo ha una valenza soprattutto politica in quanto ribadisce, conferma e rafforza impegni che in gran parte erano già stati assunti dai Paesi membri e dall'Unione europea in diverse occasioni nel corso del 2011. Nel presente processo negoziale sarebbe desiderabile: a) assicurare la coerenza dell'accordo con obblighi già assunti dai Paesi membri, quali ad esempio i regolamenti del cosiddetto «six pack» ed in particolare i regolamenti (CE) n. 1175/2011 e n. 1177/2011 con i relativi riferimenti alle riforme strutturali, alle soglie consentite per il deficit strutturale annuale ed ai fattori rilevanti per la valutazione della riduzione annuale del debito dei Paesi; b) sottolineare il ruolo centrale delle istituzioni comunitarie, in primo luogo della Commissione europea e della Corte di giustizia dell'Unione europea, evitando o limitando al minimo indispensabile la creazione di entità che siano fonte di duplicazione e di alterazione dell'equilibrio interistituzionale Commissione-Consiglio-Parlamento; c) ribadire il principio dell'unitarietà del diritto comunitario e del primato del metodo comunitario; d) sottolineare, in considerazione del carattere prettamente politico dell'accordo, la necessità che esso tocchi i temi della crescita, dell'occupazione e dei meccanismi di stabilizzazione, ancorché non si tratti dell'oggetto specifico dell'accordo stesso; i soli obiettivi del rigore finanziario e della riduzione del debito pubblico non possono esaurire l'orizzonte della risposta europea alla crisi occorrendo, invece, integrare le misure a favore del consolidamento delle finanze pubbliche con una nuova politica a sostegno della crescita e dell'occupazione a livello europeo; e) considerare una regola appropriata per la decorrenza dell'entrata in vigore dell'accordo, essendo quest'ultimo uno strumento di «cooperazione rafforzata» con caratteristiche peculiari, ed evitando così che esso possa entrare in vigore con la ratifica di un numero inadeguato e politicamente poco significativo di Stati membri;
in questo contesto è indispensabile rafforzare in ciascun Paese il rapporto fra Governi e Parlamenti e, in Italia, non solo assicurare un'informazione sistematica e tempestiva del Parlamento italiano da parte del Governo nell'attuale fase negoziale, ma rafforzare e rendere più efficace e sistematico il raccordo ordinario nelle materie europee anche accelerando la conclusione dell'iter del progetto di riforma della legge n. 11 del 2005 e avviando la revisione dei regolamenti parlamentari,


impegna il Governo:


a continuare a perseguire con determinazione il rafforzamento del tradizionale ruolo dell'Italia quale membro fondatore dell'Unione europea con l'obiettivo di riaffermare il metodo comunitario quale asse centrale del processo di integrazione, riducendo il peso, oggi eccessivo, del metodo intergovernativo e rilanciando la prospettiva di un'unione federale;
ad illustrare ai Paesi membri ed alle autorità istituzionali dell'Unione europea la portata delle misure adottate a più riprese nel corso del 2011 dall'Italia per il risanamento finanziario e recentemente per la competitività e la crescita, evidenziando in modo particolare l'impegno costituzionale in corso di attuazione in materia di pareggio di bilancio e l'impegno del Parlamento e di tutte le maggiori forze politiche per una scelta strategica di lungo periodo a favore di politiche di serietà e di rigore e per l'adozione del modello europeo dell'economia sociale di mercato, scelte che vengono in tal modo sottratte al variare delle contingenze mutevoli della politica, offrendo un impegno strategico e di lungo periodo e chiedendo un sostegno egualmente strategico e di lungo periodo;
a considerare, nel corso del negoziato di cui in premessa, i seguenti aspetti:
a) assicurare la continuità fra le misure adottate in materia di «six pack» ed il nuovo trattato, in particolare per quanto riguarda gli obblighi di riduzione del debito eccessivo che devono tener conto dell'andamento del ciclo economico, e di altri fattori tra cui l'ammontare del debito pensionistico e del livello del risparmio privato;
b) specificare il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea in relazione al controllo dell'attuazione del principio della golden rule negli ordinamenti nazionali, evitando di dilatarlo in modo improprio;
c) stabilire un giusto equilibrio fra la politica di riduzione del deficit e del debito, le politiche di stabilizzazione dell'euro e la politica per la crescita attraverso molteplici interventi: il rafforzamento da parte del Consiglio europeo di tutti gli strumenti di intervento sui mercati finanziari sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo per stabilizzare le dinamiche dei debiti sovrani; l'aumento delle risorse del Fondo europeo di stabilità finanziaria; la rapida entrata in funzione dell'European stability mechanism (Esm), migliorato quanto a modalità di azione e a quantità di risorse, sincronizzando con l'avvio della sua attività anche l'attuazione delle altre misure adottate dai Consigli europei nell'autunno 2011, tra cui le indicazioni relative all'Autorità bancaria europea; un ruolo centrale della Banca centrale europea, nel rispetto della sua indipendenza, al fine di evitare una crisi di illiquidità;
d) sostenere il pieno coinvolgimento in tutte le sedi decisionali di tutti i rappresentanti delle istituzioni europee a partire dai Presidenti del Parlamento e della Commissione europea;
e) indicare, per l'entrata in vigore dell'accordo, la necessità di ratifica di un numero adeguato e politicamente significativo di Paesi dell'area euro;
f) appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
a considerare, al di là del processo negoziale relativo al trattato in discussione, l'opportunità in sede europea di riesaminare il ruolo delle agenzie di rating, considerando la possibilità di smantellare posizioni di oligopolio nel settore o anche quella di istituire una agenzia di rating europea;
a porre al centro della riflessione politica europea le politiche dello sviluppo e della crescita, il completamento del mercato interno, in particolare di quello dei servizi, l'innovazione e la ricerca scientifica con l'obiettivo di fare dell'Europa l'economia della conoscenza più grande del mondo, considerando in tale ambito anche la possibile adozione di strumenti innovativi di finanziamento allo sviluppo, quali eurobond e project bond;
a informare in modo sistematico e tempestivo le Camere sulle nuove iniziative di politica europea, sulle misure legislative in materia di governance, sull'andamento del negoziato per il nuovo trattato e ad assumere posizioni coerenti con gli indirizzi parlamentari;
a promuovere una dichiarazione a latere del trattato da sottoscrivere con altri Paesi disponibili che affermi l'opportunità di riaprire, in tempi e modi opportuni, il processo costituente verso una unione politica dei popoli europei.
(1-00800) (Ulteriore nuova formulazione). «Cicchitto, Franceschini, Galletti, Della Vedova, Pisicchio, Adornato, Amici, Baretta, Boccia, Buttiglione, Cambursano, Corsaro, Frattini, Giachetti, Gozi, Lenzi, Maran, Pianetta, Pistelli, Quartiani, Rosato, Tempestini, Ventura, Vernetti, Villecco Calipari».

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha recentemente presentato una proposta di regolamento, COM(2011)353, finalizzata alla revisione della normativa in materia di prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare;
tale proposta prevede, tra l'altro, all'articolo 17, paragrafo 2, l'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009 relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, che dispone che l'etichettatura di tali alimenti deve recare la menzione «con contenuto di glutine molto basso» o «senza glutine»;
qualora l'innovazione normativa proposta diventasse legge, gli alimenti «senza glutine», così come quelli destinati agli sportivi, o usati in diete ipocaloriche, dovrebbero riportare in etichetta esclusivamente le regole generiche riferite alle indicazioni nutrizionali, come stabilito dal regolamento (CE) n. 1924/2006 - nutrition and health claims, con la conseguenza di

segnare una significativa battuta di arresto nella tutela delle persone affette da celiachia;
tra gli altri effetti della proposta della Commissione europea, pur volta a semplificare le disposizioni riguardanti i consumatori, si segnala la cancellazione del registro nazionale dei prodotti dietetici e senza glutine, indispensabile strumento di sostegno ai celiaci, poiché individua gli alimenti erogabili dal servizio sanitario nazionale;
la celiachia, lungi dall'essere una patologia rara, è ormai una vera e propria malattia sociale, di cui sono affette 1,5 pazienti ogni 100 cittadini, e l'intervento della Commissione europea trascura i bisogni di una categoria di consumatori particolarmente vulnerabili, la cui unica terapia, al momento conosciuta, è di escludere totalmente il glutine dalla propria dieta ed equipara i malati a comuni consumatori;
le Commissioni permanenti Politiche dell'Unione europea e Igiene e sanità del Senato, esaminando lo schema di regolamento comunitario, hanno già formulato parere contrario, sostenendo la violazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, risultando superati i limiti di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi fissati dai Trattati nella misura in cui un provvedimento di ravvicinamento delle legislazioni, finalizzato all'instaurazione o al funzionamento del mercato interno (articoli 26 e 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), non tiene sufficientemente conto delle esigenze connesse con la tutela della salute umana, come imposto dall'articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e hanno segnalato, altresì, la necessità di predisporre una specifica regolamentazione sulla menzione «senza glutine» o «a basso contenuto di glutine» a maggior tutela dei malati di celiachia;
sarebbe più opportuno modificare la proposta della Commissione europea inserendo i prodotti dietetici senza glutine nella categoria degli alimenti destinati a fini medici speciali, la cui specifica disciplina garantirebbe una maggior sicurezza per chi ha necessità di seguire quella particolare dieta sanitaria,


impegna il Governo:


ad intervenire nelle competenti sedi comunitarie al fine di modificare la proposta di regolamento COM(2011)353, nel senso di inserire i prodotti adatti alle persone intolleranti al glutine nella categoria degli alimenti a fini medici speciali.
(1-00801)
«Fogliato, Callegari, Laura Molteni, Martini, Rondini, Fava, Negro, Montagnoli, Polledri, Maggioni, Torazzi, Bitonci».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
le banche europee hanno ottenuto circa 500 miliardi di euro di nuovi fondi il 21 dicembre 2011, in occasione della prima asta di rifinanziamento organizzata dalla Banca centrale europea, in base alle nuove regole volute dalle autorità dell'Unione europea per combattere il credit crunch; di questi gli istituti italiani hanno ricevuto 116 miliardi al tasso dell'1 per cento;
la Banca centrale europea ha più volte dichiarato che tali risorse erano vincolate ad una precisa finalizzazione: dare credito all'economia reale in modo da permettere alle banche di avere più liquidità ad un costo basso da mettere a disposizione di imprese e famiglie;

le imprese e le famiglie italiane vedono sempre più ristretta la possibilità di accedere al credito; convenzioni e confidi vengono disdetti e gli interessi arrivano al 12 per cento, così come denunciato dal Corriere della Sera del 31 dicembre 2011;
il direttore generale dell'ABI, Giovanni Sabatini, in una sua lettera al Corriere della Sera del 6 gennaio 2012 dichiara che l'effetto Bce sul credito potrebbe avvenire solo nei prossimi mesi «...Non avere ridotto il credito nonostante la congiuntura e le iniziative varate ha avuto pesanti impatti sui bilanci delle Banche italiane... Il valore del rapporto sofferenze su impieghi nei confronti delle imprese è oggi del 7,4 per cento contro il 3,3 per cento del giugno 2008... I riflessi sul credito, oggi riconducibili a casi marginali, potrebbero accentuarsi se resta su livelli elevati lo spread tra titoli di Stato italiani e Bund tedeschi e se le richieste dell'Eba verranno confermate nelle modalità e nei tempi, (...) Chiedere l'erogazione di più credito senza tener conto di questo contesto e delle interconnessioni non porta alla soluzione dei problemi»;
ciò purtroppo dimostra ancora una volta che i tempi del Paese non sono quelli delle banche e che nei prossimi mesi per le piccole e medie imprese potrebbe essere drammaticamente troppo tardi;
il Presidente del Consiglio, parlando al Parlamento, ha più volte ribadito che lo sviluppo è la priorità assoluta e che senza credito alle imprese sviluppo non ci può essere -:
se il Governo sia a conoscenza dell'utilizzo da parte delle banche italiane dei 116 miliardi di euro ottenuti dalla BCE e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere affinché, in coordinamento con la Banca d'Italia, sia verificato il corretto utilizzo delle risorse della BCE, visto che ad oggi le banche non sembrano avere minimamente cambiato la tendenza almeno in Italia.
(2-01308)
«Lupi, Cicchitto, Corsaro, Casero».

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si apprende da un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa del 3 gennaio 2012, a firma Giuseppe Salvaggiulo, il CIPE ha recentemente stanziato 14 milioni di euro che si aggiungono al milione di euro del bilancio della regione Puglia per lo scalo di Foggia;
si tratta di una somma che per quanto riguarda le risorse CIPE dovrebbe servire ad allungare la pista che oggi può accogliere velivoli da 70 posti (nella prospettiva di accogliere anche quelli da 100 posti), mentre, per quanto riguarda le risorse della regione Puglia, dovrebbe servire a convincere una compagnia a far decollare e atterrare qualche aereo a Foggia;
lo scalo infatti, che ha già fagocitato negli ultimi anni 10 milioni di euro per gli adeguamenti di sicurezza, è un aeroporto fantasma che è stato abbandonato alcuni mesi fa dall'unica compagnia di bandiera, la svizzera Darwin, che lo collegava con Milano, Torino e Palermo, in concomitanza al venire meno dei sussidi costati circa 6 milioni di euro l'anno, per un costo quindi di 100 euro a passeggero;
nel 2008 i passeggeri erano 28.000 l'anno, circa 70 al giorno, saliti poi a 70.000 passeggeri annui nel 2010 grazie ai sussidi, numeri comunque sempre lontani dalla cifra di 500 mila che gli esperti più ottimisti considerano necessaria per la sopravvivenza;
in Italia, dove ci sono oltre 100 aeroporti, compresi quelli minori, i piani di razionalizzazione prevedono la cancellazione di 24 scali, tra cui quello di Foggia;

il finanziamento a giudizio degli interroganti contrasta con quanto recentemente dichiarato da Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Corrado Passera che nel corso della prima audizione alla Camera dei deputati ha dichiarato che: «Non possiamo andare avanti con la filosofia di un aeroporto in ogni provincia, porta a sprechi» -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
come si concili la decisione di sussidiare questo scalo totalmente inefficiente con il piano di razionalizzazione di cui in premessa;
se non si ritenga di rivedere la decisione e bloccare il finanziamento alla luce di un'analisi costi/benefici.
(5-05874)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere premesso che:
il 28 dicembre 2011 l'agenzia di stampa ADNKRONOS ha diramato la notizia di un arresto operato dai carabinieri di Orte Scalo a seguito di una perquisizione in una cantina all'interno della quale veniva coltivata sostanza stupefacente di tipo marijuana;
nella cantina è stato rinvenuto un sistema di irrigazione e di lampade per riscaldare l'ambiente in modo da favorire la crescita rapida di qualche piantina di marijuana;
il proprietario del locale, un trentenne, è stato arrestato con l'accusa di produzione e detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio ed ora si trova nel carcere di Viterbo in attesa di giudizio;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali sarebbe inconcepibile una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza

stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo ha già depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione degli interroganti che, solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, di quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e di quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare assumendo iniziative volte a prevedere che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-14378)

VACCARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 27 della Costituzione recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»; i dati del 6 dicembre 2011 provenienti dalla Uil Penitenziari sul tema del sovraffollamento nelle carceri italiane raccontano di un totale di circa 68.000 (65.121 uomini e 2.896 donne) detenuti reclusi, a fronte di un sistema carcerario che potrebbe ospitarne fino a 44.385. Questi numeri stanno a dimostrare come rispetto alla reale capienza delle 206 carceri italiane ci sia un esubero di 23.632 persone;
quindi, il numero dei detenuti presenti nelle carceri spesso supera il doppio di quelli che le stesse strutture potrebbero accogliere, il che crea condizioni di vita tutt'altro mirate al reinserimento sociale del condannato;
altro dato significativo riguarda per così dire «il titolo» il base al quale i detenuti si trovano in carcere: secondo l'osservatorio della Uil Penitenziari infatti, circa il 42 per cento dei detenuti è ancora in attesa del giudizio definitivo e poco più di 15mila persone stanno ancora aspettando il primo giudizio, essendo reclusi a causa dell'irrogazione della misura della custodia cautelare in carcere;
solo nel corso del 2011 sono stati 65 i detenuti che nelle carceri italiane si sono tolti la vita; l'ultimo suicidio registrato è stato quello di un agente di polizia penitenziaria

travolto dalla medesima disperazione di chi «giace» al di là delle sbarre. Nel 2011 sono state quattro le guardie carcerarie che si sono tolte la vita;
il 25 dicembre, l'interrogante ha visitato il carcere di Poggioreale al fine di osservare da vicino le condizioni di vita di chi, si badi, per aver trasgredito la legge in qualsivoglia modo, è ora rinchiuso in cella e sconta la propria pena. Il carcere, oltre ad essere strapieno - rispetto numero massimo consentito di detenuti - e privo di condizioni igienico sanitarie accettabili, non ha un sistema di riscaldamenti funzionante; tale situazione costringe detenuti e agenti di polizia a stare tutto il giorno con cappelli e cappotti intorno a stufe di fortuna;
nello specifico, la situazione carceraria della casa circondariale di Poggioreale si palesa come gravemente lesiva delle primarie finalità rieducative della pena di cui al citato articolo 27 della Costituzione;
ad oggi, il carcere di Poggioreale conta circa 2.800 persone recluse a fronte di una capienza di 1.400 unità; i detenuti ivi reclusi, a causa della sovraffollamento carcerario, sono costretti a trascorrere fino a 22 ore al giorno chiusi a chiave nella rispettiva cella;
la sezione dei primi ingressi nel carcere di Poggioreale conta dai 350 ai 370 detenuti a seconda dei periodi di sovraffollamento e a valutare il profilo psicologico dei singoli carcerati c'è assegnata una sola persona assunta con un contratto di 20 ore al mese -:
se il Governo, preso atto della drammatica situazione in cui versano migliaia di detenuti nella carceri italiane, intenda - al di là di provvedimenti isolati ed estemporanei - elaborare un piano sistematico di riassetto e riorganizzazione delle case circondariali italiane;
se il Governo abbia altresì in programma di costruire nuovi istituti carcerari al fine di consentire a quanti sono attualmente reclusi in carcere in condizioni disumane di poter comprendere le finalità utili, costituzionalmente riconosciute, della erogazione a loro carico della pena detentiva;
se il Governo, attraverso un'iniziativa mirata e repentina, intenda intervenire al fine di supplire al disagio vissuto da migliaia di detenuti per l'assenza di un sistema di riscaldamento, in tutta la casa circondariale di Poggioreale, che possa garantire una qualità di vita accettabile.
(4-14385)

SBAI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Ordine dei giornalisti è composto per 20.000 unità da professionisti e per 80.000 unità da pubblicisti;
la categoria dei giornalisti pubblicisti è quella che nei fatti costituisce il tessuto connettivo dell'informazione italiana;
la sua esistenza in vita consente e garantisce uno standard informativo pluralista e utile alla collettività per avere sempre il quadro dell'attualità;
numerosissime testate, soprattutto online, sono dirette e gestite in proprio da giornalisti pubblicisti, che informano e danno lavoro ad altri aspiranti;
il comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 138 del 2011, prevede che l'accesso a tutte le professioni intellettuali sia vincolato al superamento dell'esame di stato previsto dalla Costituzione;
l'eventuale abolizione dell'albo pubblicisti porterebbe ad una catastrofe informativa e lavorativa;
non si comprende, altresì, come la norma in questione debba essere interpretata;
non si comprende se verrà liberalizzata la professione aprendo le porte del professionismo a tutti, oppure se verrà semplicemente potato un ramo dell'albero;

sono evidenti le conseguenze di un atto normativo di questo genere, sia in termini di lavoro che di libertà di informazione -:
come il Governo intenda agire per risolvere questa vicenda;
se il Governo intenda porre in essere iniziative volte a chiarire anche in via interattiva, la norma in questione;
come il Governo intenda agire per tutelare le decine di migliaia di giornalisti pubblicisti che rischiano di non lavorare a seguito della suddetta abolizione.
(4-14389)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
come si può apprendere dal video di Tullio Mancino responsabile del movimento civico denominato Giovani per Manduria (Ta) consultabile su http://www.youtube.com in data 2 dicembre 2011, il dirigente dell'ufficio amministrativo del comune di Manduria, ha emanato una circolare con la quale subordina il diritto dei cittadini e dei consiglieri comunali all'accesso agli atti pubblici, alla richiesta di un suo preventivo assenso;
a giudizio degli interroganti il provvedimento risulta lesivo del diritto all'accesso agli atti che è a fondamento della libertà di informazione e del principio di trasparenza degli atti amministrativi più volte ribadito dalla legge -:
se non si ritenga tale circolare difforme dal dettato normativo e quali iniziative di competenza si intendano adottare, anche alla luce dei poteri della commissione per l'accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge n. 241 del 1990, a tutela del diritto di accesso agli atti che spetta insindacabilmente a tutti i cittadini.
(4-14412)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 maggio 2011, Elisabetta Belloni, Direttore generale della Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS) presso il Ministero degli affari esteri durante un'audizione presso il Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, aveva manifestato la disponibilità ad un'audizione informale per anticipare i contenuti della relazione strategica della cooperazione 2012-2014 prima della sua approvazione;
la relazione strategica pluriennale non è prevista per legge e, sebbene sia uno strumento utile e che, ad avviso dell'interrogante, fornisce molte più informazioni della relazione previsionale annuale, non è mai stata soggetta al parere parlamentare fin dalla sua prima edizione del 2009;
la relazione pluriennale è approvata dal Comitato direzionale ma non dal CIPE né dal Parlamento che hanno per legge la funzione di stabilire le aree d'interesse prioritario della cooperazione italiana;
la relazione pluriennale 2012-2014 riduce ancora i paesi prioritari della cooperazione italiana a soli 21 dai 25 dello scorso anno; inoltre, la nuova programmazione cancella la questione ambientale dalle priorità della cooperazione italiana nonostante la conferenza Rio + 20 sullo sviluppo sostenibile prevista per il prossimo giugno;
la programmazione 2012-2014 è stata approvata dal comitato direzionale il 12 dicembre 2011 senza essere stata discussa né con gli altri attori di cooperazione - organizzazioni non governative e regioni

non risulta siano mai stati consultati - né con il Parlamento, nonostante l'impegno del direttore generale menzionato -:
quale sia il motivo della mancata consultazione e se non ritenga di inviare la relazione al più presto al Parlamento per eventuali osservazioni.
(5-05882)

TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha presentato la propria candidatura per un seggio non permanente in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017-2018;
l'Italia è il sesto Paese nella contribuzione al bilancio dell'ONU ed il nono Paese (il primo Paese occidentale) nella partecipazione ai contingenti di pace;
l'Italia persegue da tempo l'obiettivo di una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in senso più democratico e rappresentativo -:
quali iniziative il Governo stia predisponendo, anche con riferimento alle modalità di utilizzazione dei fondi di bilancio disponibili, al fine di delineare una strategia di successo per il conseguimento dell'obiettivo dell'elezione nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017-2018 nel quadro del più ampio impegno per la riforma dell'ONU.
(5-05883)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, PIANETTA, PAGANO, CENTEMERO, POLLEDRI e TOCCAFONDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'autorevole agenzia AsiaNews riferisce che è in corso una «campagna di arresti di giovani cattolici nel nord del Vietnam, una campagna portata avanti con tecniche da rapimento, senza che siano formulati capi d'accusa e lasciando le famiglie senza alcuna notizia per settimane. Dalla fine di luglio, sono sedici i giovani che hanno subito tale sorte»;
l'ultimo caso di cui si hanno i particolari riguarda il signor Pierre Nguyên Dinh Cuong, un giovane di una parrocchia di Vinh. Il 24 dicembre 2011 è stato rapito mentre si recava a casa di un medico, suo amico;
riferisce ancora AsiaNews che «tre uomini in borghese lo hanno ammanettato e caricato su un taxi, che si è allontanato. L'indomani, uno dei fratelli della vittima ha riconosciuto il taxi e i suoi occupanti, li ha inseguiti in motorino e li ha costretti a fermarsi. Voleva avere notizie sull'accaduto, ma i tre lo hanno afferrato per la gola, si sono rifiutati di rispondere e sono fuggiti. Altri amici di Pierre Cuong sono però riusciti a seguire il taxi e lo hanno visto entrare nella sede della Sicurezza pubblica provinciale»;
il giovane Pierre Cuong era in quel momento ben noto per l'impegno nei movimenti ecclesiali e in attività caritative e sociali, in particolare con il Centro Giovanni Paolo II per la difesa della vita;
il caso di Pierre Cuong è analogo a quello di altri 15 rapiti, nove dei quali della diocesi di Vinh, a quanto detto dal vescovo Nguyên Thai Hop. L'ultimo era stato Paul Trân Minh Nhât, che studiava alla facoltà di lingue straniere e informatica a Hanoi. Anch'egli era originario della diocesi e sono passate settimane prima che la sua famiglia potesse sapere qualcosa di lui;
è un fatto che - sostiene AsiaNews - diversi degli arrestati appartenevano al Centro Giovanni Paolo II per la difesa della vita o al Movimento di imprenditori e intellettuali cattolici, in crescita nel nord del Vietnam. Qualcuno aveva dato sostegno a Cu Huy Ha Vu, 53enne avvocato, figlio di uno dei leader della rivoluzione, impegnato per i diritti umani. E solo il 22 dicembre, a quattro dei giovani cattolici arrestati, Nguyên Xuân Anh, Nguyên Oai, Nguyên Duyêt et Thai Van Dung, internati

nel campo B14 è stata data l'autorizzazione a ricevere un rappresentante delle loro famiglie -:
se quanto sopra esposta corrisponda al vero;
se abbia altre notizie riguardo alla campagna di rapimenti in corso;
se abbia chiesto o intenda chiedere informazioni al Governo della Repubblica socialista del Vietnam sui fatti sopra esposti e assumere iniziative per una soluzione conforme al diritto di libertà religiosa;
come siano oggi i rapporti tra Italia e Vietnam, specie riguardo al diritto alla libertà religiosa che la risoluzione Mazzocchi ed altri del 12 gennaio 2011 dichiara impegno prioritario nel rapporto tra gli Stati.
(5-05876)

MOSCA e FARINONE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la piccola Houda Emma, di 21 mesi, residente a Cornate d'Adda (Milano) è stata rapita il 18 dicembre 2011 dal padre Kharat Mohammed e portata all'estero, probabilmente in Siria;
recentemente la mamma, Alice Rossini, aveva avviato le pratiche per la separazione dal marito e padre della bambina, provocando la sua probabile rivalsa consistente nella sottrazione della figlia alla mamma medesima;
i carabinieri di Trezzo sull'Adda (Milano) e di Vimercate (Monza Brianza) sono stati informati dei fatti e il marito è stato denunciato alla procura di Monza per sottrazione di minore;
le prime indagini dell'Interpol fanno ritenere che il padre sia riparato in Siria, sua patria di origine;
la piccola Houda Emma è comunque cittadina italiana;
la mamma Alice Rossini, oggi domiciliata a Vimercate, sta vivendo l'esperienza terribile della separazione dalla figlia con grande sofferenza e dignità;
la Siria è un Paese che sta vivendo sommovimenti popolari che possono rendere difficile le attività di ricerca e di ritrovamento della piccola Emma;
la comunità locale di Vimercate sta programmando manifestazioni di solidarietà alla famiglia e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica più generale -:
se il Governo, pur nel rispetto della riservatezza delle indagini in corso, disponga di elementi con riferimento alle risultanze delle azioni investigative attuate dall'Interpol fino ad oggi;
quali siano le risultanze delle azioni diplomatiche poste in essere dai competenti organismi diplomatici italiani in Siria;
quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di favorire una rapida e positiva soluzione della vicenda che consenta il ricongiungimento della piccola Emma con la mamma.
(5-05879)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:

MARMO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel 1990 il Cipe decise la chiusura dell'impianto nucleare di Trino Vercellese, chiedendo all'Enel di elaborare e attuare il piano di decomissioning;
nel 1999 la proprietà dell'impianto nucleare di Trino Vercellese fu trasferita alla Sogin, con l'incarico di smantellare la centrale, di sistemare i materiali radioattivi presenti e procedere al recupero e alla valorizzazione dell'area;

dal 2000 la Sogin ha elaborato e presentato il progetto globale di smantellamento dell'impianto nucleare di Trino Vercellese;
nella centrale di Trino Vercellese sembra che siano ancora presenti 47 barre di combustibile e che vi siano ancora edifici da demolire e da stoccare come rifiuti;
ad oggi le notizie su come stiano procedendo i lavori di manutenzione dell'impianto nucleare di Trino Vercellese, sui tempi di smaltimento delle scorie e sui costi relativi al mantenimento dell'impianto non sono conosciute;
i residenti a Trino Vercellese, che hanno già subito danni dalla presenza dell'impianto nucleare, sia relativi alla salute che all'ambiente, hanno il diritto di sapere i tempi certi dello smaltimento dell'impianto ad oltre vent'anni dalla chiusura -:
quali siano lo stato dei lavori relativi alla manutenzione dell'impianto nucleare di Trino Vercellese, il termine entro cui sarà definitivamente portato a conclusione lo smaltimento delle scorie e il costo annuo del mantenimento del citato impianto.
(3-02003)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul sito http://salutestagiannilennes.blogstop.com/2012/01/calbria-il-bidone-fantasma-in-un-mare.htmlmore si apprende che è stato rinvenuto casualmente sulla spiaggia di Longobardi Marina in provincia di Cosenza un bidone di plastica blu, con un liquido scuro e poco rassicurante che fuoriusciva dal coperchio;
secondo quanto riferisce in un comunicato Francesco Saverio Falsetti, consigliere regionale dell'associazione ecologista WWF, a lanciare l'allarme è stato a capodanno un cittadino, E.F. di Amantea a seguito della cui segnalazione il Responsabile del C.E.A.M. WWF di Belmonte ha, sua volta, avvisato la capitaneria di porto e i carabinieri che garantivano un loro intervento; in Calabria, sia sul versante tirrenico, ma soprattutto su quello jonico, è consuetudine trovare frequentemente bidoni sballottati dalle correnti marine: come i tre fusti recuperati più recentemente su segnalazione di un biologo marino dalla guardia costiera di Cetraro;
secondo quanto riferito dal giornalista Gianni Lannes nel suo blog, su 12.590 pazienti, a Paola, la percentuale di giovani ammalati di tumore è quattro volte superiore alla media nazionale. Il picco di malattie si è registrato negli ultimi dieci anni;
secondo una statistica curata dal dottor Cosimo De Matteis, che ha incrociato le cartelle di otto medici di base che contavano due anni fa, ben 241 ammalati di tumore, si evince che nella fascia tra i 30 ed i 34 anni, i giovani si ammalano di tumore con una media del 2,90 per cento contro la media nazionale dello 0,74 per cento per gli uomini e dello 0,86 per cento per le donne. Dai ai 35 ai 39 anni la media è del 2,07 per cento contro quella nazionale dell'1,24 per cento per gli uomini e dell'1,78 per cento per le donne. Nella fascia dai 40 ai 44 anni la media a Paola è del 4,15 per cento contro il 2,11 per cento per gli uomini e il 3,33 per cento per le donne. Ma anche se si guarda la fascia dei 60-64 anni il tasso del 15,77 per cento è superiore all'11,43 per cento degli uomini e all'11,69 per cento delle donne -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito al ritrovamento segnalato in premessa e in particolare a chi appartenga il fusto ritrovato e quale sia il suo contenuto;
quale sia l'attendibilità della statistica citata in premessa;

di quali informazioni disponga il Governo in merito all'escalation di malattie tumorali e se e quale nesso vi sia tra questi dati e la più volte denunciata vicenda delle navi dei veleni disperse al largo delle coste della Calabria.
(4-14410)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 17 dicembre 2011, il cargo «Venezia», a circa 20 miglia al largo di Livorno, ha perso in mare due semirimorchi con circa 200 fusti di sostanze pericolose;
si tratta di un tratto di mare che arriva ad una profondità di 600 metri ed ha un fondale fangoso, per cui quando i fusti toccano il fondo, sprofondano e vengono immediatamente ricoperti dalle correnti e dalle mareggiate successive, da strati e strati di sabbia;
sull'episodio la procura di Livorno ha aperto un'inchiesta e ha indagato il comandante della nave per violazione delle norme che regolano il carico e il trasporto di rifiuti speciali;
la direzione marittima livornese ha poi diffidato la Grimaldi Lines (armatore della nave che ha perso il carico in mare) a impegnarsi in ricerca, recupero ed eliminazione dei bidoni contenenti catalizzatori a base di monossido di cobalto e molibdeno (per circa 40 tonnellate);
il fatto contribuisce ad aggravare una situazione nota da tempo e descritta recentemente anche da un articolo pubblicato sul quotidiano l'Unità del 4 gennaio a firma Gianni Lannes, dal quale emergerebbe l'esistenza davanti alla costa livornese e in prossimità dell'arcipelago Toscano di bidoni contenenti sostanze tossiche;
già a 70 o 80 metri di profondità, a 2 miglia dalla costa, tra il fanale di Vada e l'isola di Gorgona, il fondale sarebbe disseminato di fusti contenenti sostanze irritanti;
in particolare, viene riportata la testimonianza di un pescatore che da fusti tirati a bordo sarebbe uscita una sostanza rossa particolarmente irritante, molle che sembrava scarto di vernice e che provocava bruciore alle mani;
inoltre, davanti a Gorgona ad una profondità di 250 metri si segnala la presenza di un'enorme scatola, o meglio un grosso blocco di cemento armato ancorato al fondale che è impossibile da tirare su perché chi lo ha abbandonato, lo ha anche bloccato al fondo del mare;
secondo il rapporto dell'autorità portuale livornese stilato dall'equipaggio dell'imbarcazione tedesca Thales, alle 21 del 9 luglio 2009 fu avvistata la portacontainer maltese Toscana, con delle gru che gettavano oggetti fuori bordo che sembravano essere container da 16 piedi, circa 5 metri;
come evidenziato dagli interroganti con l'interrogazione 4-08403 un rapporto di Greenpeace riferiva che in Toscana, nel santuario dei cetacei, sono state rinvenute sogliole tossiche, con metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e bisfenolo A, in certi casi oltre il limite consentito dalla legge, trovati nei pesci -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti e ai problemi evidenziati in premessa;
se non ritengano i Ministri competenti di impegnarsi a definire con la massima urgenza piani di monitoraggio e misure restrittive per mitigare e, laddove possibile, eliminare le cause principali di degrado da inquinamento.
(4-14415)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
la normativa italiana prevede che la costruzione di termovalorizzatori di rifiuti solidi urbani, sia assoggettata a valutazione di impatto ambientale;

il piano regionale rifiuti della regione Umbria prevede la realizzazione di un termovalorizzatore per combustibile derivato dai rifiuti nel territorio del comune di Perugia;
la realizzazione di tale impianto, secondo indiscrezioni di stampa, sembrerebbe ormai imminente in ragione dell'esaurimento delle attuali discariche da un lato e dall'altro del mancato raggiungimento degli obbiettivi di raccolta differenziata, stabiliti dallo stesso piano regionale rifiuti;
tuttavia, ad oggi non risulta essere mai stata fatta la necessaria pubblicizzazione del progetto del termovalorizzatore da parte dei soggetti competenti;
l'Italia è parte della Convenzione di Arhus sull'accesso all'informazione, partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale -:
quali iniziative intendano assumere per un pieno rispetto da parte delle amministrazioni coinvolte della Convenzione di Arhus sull'accesso all'informazione, partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale.
(4-14416)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, CENTEMERO, RIVOLTA e DI CENTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il primo firmatario del presente atto ha già presentato un'interpellanza urgente (2-01198) al Ministro pro-tempore Galan in cui i firmatari chiedevano, avuta notizia dall'allora Ministro Bondi al momento delle sue dimissioni che la pratica si era conclusa positivamente, se il successore intendesse procedere nel conferimento della medaglia al valore allo scrittore Eugenio Corti;
l'interrogante in data 15 luglio 2011 ha inviato una lettera al Ministro pro-tempore Galan e al Sottosegretario pro-tempore Giro nella quale si ponevano con urgenza le stesse domande facendo presente che il 5 ottobre si inaugurava alla Camera dei deputati una mostra a lui dedicata;
il 24 settembre il Sottosegretario pro-temopore Giro rispondeva all'interpellanza dichiarando che, a fronte della mancata convocazione da parte del precedente Ministro Bondi della commissione incaricata di valutare e procedere nella richiesta delle medaglie d'oro, egli stesso prevedeva «formale impegno davanti a quest'Aula parlamentare - che ha tutto il diritto e le prerogative giuste per sollecitare una decisione in tal senso - e davanti al collega, l'onorevole Renato Farina, affinché il proposito, formalizzato peraltro in una lettera del 3 marzo 2011 dallo stesso Ministro Bondi di assegnare la medaglia d'oro e il diploma di benemerenza al maestro Eugenio Corti, sia attuato, realizzato e compiuto. È un impegno che il Ministro ha assunto e credo che il Ministro Galan non avrà alcuna difficoltà a dare seguito a questa indicazione peraltro, io ripeto, formalizzata in una lettera allo stesso maestro Corti del 3 marzo 2011». Inoltre: «Io stesso ho richiesto che questa commissione venga finalmente convocata per dar seguito a questo lavoro istruttorio, rapidissimo, che verrà compiuto e per dare una risposta - come ho detto - alle molte domande che sono pervenute nel 2009 e nel 2010» -:
se il Ministro intenda confermare l'impegno espresso ma non concretizzato dal precedente Governo per l'assegnazione del diploma di prima classe di benemerito della cultura e dell'arte con medaglia d'oro allo scrittore Eugenio Corti.
(5-05880)

Interrogazione a risposta scritta:

BURTONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
presso il comune di Pisticci è ubicata la chiesa di San Rocco realizzata nel 1932 dall'architetto Ernesto Bruno Lapadula professionista noto anche per aver realizzato il palazzo della Civiltà italiana dell'eur a Roma;
la suddetta Chiesa sta facendo registrare alcune crepe e nonostante i lavori di consolidamento registrati nel corso degli anni purtroppo i risultati sono stati al di sotto delle aspettative e ora la chiesa rischia davvero di dover chiudere;
la zona su cui è ubicata la chiesa è attraversata da una falda acquifera le cui infiltrazioni stanno provocando smottamenti mettendo a rischio l'agibilità stessa dell'edificio di culto;
la chiesa è tra l'altro dedicata al santo patrono della comunità e ogni armi è meta di migliaia di pellegrinaggi di fedeli che da tutto il mondo rientrano per il 16 di agosto per i festeggiamenti del santo di Montpellier;
cittadini e fedeli si stanno mobilitando anche per una autonoma raccolta fondi ma i lavori di consolidamento richiedono risorse non fronteggiabili con le sole offerte dei privati cittadini -:
se, nell'ambito delle competenze del Ministero, sia possibile candidare la chiesa di San Rocco ad un programma statale di recupero, al fine di salvaguardare l'immobile e l'incolumità dei fedeli che partecipano alle funzioni religiose.
(4-14395)

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DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

DI STANISLAO, DI PIETRO, DONADI, LEOLUCA ORLANDO, EVANGELISTI e BORGHESI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la crisi finanziaria internazionale ha costretto molti Paesi a ridurre la spesa pubblica, in particolare nei Paesi dell'Unione europea e dell'area euro. In Italia, l'ultima manovra del Governo mira a ridurre la spesa pubblica, contemplando tagli al sociale, alla scuola, alle imprese, alla ricerca, alla giustizia, senza incidere con riduzioni significative sulle spese militari, mentre tagli alle spese della difesa sono stati previsti in diversi Paesi, tra i quali gli stessi Usa;
l'Italia è l'ottavo Paese al mondo per spese militari, con 20.556,9 milioni di euro per il 2010, con un incremento per il 2011, a causa dei fondi destinati agli acquisti per i nuovi armamenti, dell'8,4 per cento, pari a quasi 3 miliardi e mezzo di euro, ovvero 266 milioni in più rispetto al 2010. Le spese per l'esercizio, invece, hanno visto una riduzione del 18 per cento rispetto al precedente esercizio finanziario e sono destinate alla formazione e all'addestramento, alla manutenzione e all'efficienza di armi, ai mezzi e alle infrastrutture, al mantenimento delle scorte e, in generale, alla capacità e alla prontezza operativa dello strumento militare;
vanno poi aggiunti i circa 3 miliardi di euro provenienti dai bilanci di altri Ministeri: il Ministero dell'economia e delle finanze stanzia 754,3 milioni di euro per il fondo di riserva per le spese derivanti dalla proroga delle missioni internazionali di pace, il Ministero dello sviluppo economico stanzia 1.483 milioni di euro destinati ad interventi agevolativi per il settore aeronautico, 510 milioni di euro destinati ad interventi per lo sviluppo e l'acquisizione delle unità navali della classe Fremm (Fregata europea multi-missione) e una percentuale ormai altissima del budget del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca viene destinata a progetti in ambito spaziale e satellitare delle Forze armate;
la nota aggiuntiva di previsione per la difesa per l'anno 2012 stanzia 21.342 milioni di euro;
la recente legge di stabilità ha confermato, inoltre, la cosiddetta mini naja, con uno stanziamento di 7,5 milioni di euro per il 2012 e di un milione di euro

per il 2013. Il corso di formazione ha il compito di trasmettere e rafforzare nei giovani i valori presenti all'interno delle Forze armate. Un progetto inutile, ad avviso degli interroganti, che in questo momento storico non ha alcun motivo di essere finanziato;
sul bilancio dello Stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026;
da un lato c'è un comparto già fortemente penalizzato dal punto di vista dei tagli alle risorse, degli stipendi del personale, della formazione, dell'addestramento, dell'esercizio, dall'altro non c'è il minimo intento di diminuire le ingenti spese militari, bensì persiste ancora l'inutile e costosissimo programma per l'acquisto di 131 cacciabombardieri F-35/Joint strike fighter;
ai conti attuali l'acquisto dei 131 aerei F-35/Joint strike fighter comporterebbe per l'Italia una spesa complessiva di oltre 18 miliardi di euro -:
se il Governo intenda assumere nelle prossime settimane misure concrete per la riduzione delle spese militari e, in particolare, se non intenda bloccare, in via definitiva, il programma per la produzione e l'acquisto dei 131 cacciabombardieri F-35/Joint strike fighter.
(3-01999)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la pubblicazione SMD-G-011 edizione 1992, e successive modificazioni, all'articolo 20 prevede i criteri di impiego del personale nei servizi armati e non armati;
i limiti di età previsti per i servizi armati sono differenti tra l'Esercito, la Marina e l'Aeronautica a differenza di quelli per i servizi non armati che sono univocamente stabiliti in 50 anni;
l'Esercito con messaggio telegrafico protocollo n. 64222 COD. ID. 163 REG. IND. CL. 1.6/3 del 7 dicembre 2011 ha disposto che il limite di età per i servizi armati è di 40 anni;
la Marina e l'Aeronautica rispettivamente con dp. protocollo nr. 80011818/H/2/I del 16 febbraio 2011 e con dp. protocollo n. SMA 111/G1-1 (data illeggibile) hanno disposto che il limite di età per i servizi armati è di 50 anni -:
se il Ministro sia a conoscenza del diverso trattamento e quali immediate iniziative intenda assumere per rendere omogenea la disciplina di cui in premessa.
(4-14408)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 106 del 9 febbraio 1982, attuativi del regolamento sanitario internazionale adottato a Boston il 25 luglio 1969 e successive integrazioni, si dettano le disposizioni concernenti i documenti sanitari per le unità navali che operano nei porti esteri, le autorità portuali demandate ad emetterli e i requisiti essenziali che queste devono avere (articolo 17); tali autorità devono essere identificate e comunicate all'Organizzazione mondiale della sanità che provvede ad inserirle in un elenco costantemente aggiornato e reso pubblico sul sito di riferimento (articolo 21). Le autorità portuali sottoposte a sorveglianza da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità sono le uniche autorizzate all'emissione dei certificati di derattizzazione ed esenzione dalla derattizzazione (articolo 54);
la risoluzione n. 58.3 del 23 maggio 2005 dell'Organizzazione mondiale della sanità aggiorna il precedente regolamento sanitario internazionale e rivede le misure

sanitarie, le documentazioni e le nuove linee guida tecniche (nuovo regolamento sanitario internazionale 2005 - parte IV - articoli 19, 20, 22, 35, 36, 37, 39); tra le documentazioni aggiornate compaiono il certificato di derattizzazione ed il certificato di esenzione dalla derattizzazione; questi ultimi due, per anni considerati documenti sanitari internazionali delle unità navali, sono stati abrogati e sostituiti dal certificato di sanificazione e dal certificato di esenzione dalla sanificazione;
riguardo ai nuovi certificati sanitari è stato emanato un parere tecnico dall'Organizzazione mondiale della sanità (DGPREV-III-ParereTecnicoCertifNAVI-0MS2007) sulle autorità competenti all'ispezione delle navi per il rilascio degli stessi che impone, contestualmente, la loro entrata in vigore da giugno del 2007; in tal senso, il Ministero della salute ha creato un apposito applicativo (NSIS) 'in cui sono inseriti i centri U.S.M.A.F. (uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), di riferimento territoriale e riconosciuti dall'Organizzazione mondiale della sanità attraverso i quali sono prodotte tutte le ispezioni e le certificazioni ufficiali richieste dalla nuova normativa internazionale vigente in tema di profilassi delle malattie e di salute pubblica;
presso l'amministrazione della difesa, ad oggi, non risulta contemplato o regolamentato il nuovo assetto per il rilascio della certificazione di sanificazione o dell'eventuale certificazione di esenzione dalla sanificazione previsto dalla normativa internazionale attualmente in vigore;
presso la Marina militare italiana, per le unità navali dipendenti, viene ancora rilasciato semestralmente e senza formali ispezioni a bordo da parte dell'autorità sanitaria preposta, il certificato di esenzione dalla derattizzazione, sebbene tale certificato sia stato abrogato nel 2005 dal nuovo regolamento sanitario internazionale; tale certificato, rilasciato dalle regioni di Sanità di La Spezia e di Taranto secondo le disposizioni dell'ispettorato di sanità M.M. e del comando in capo della Squadra navale, risulta peraltro privo di valenza nazionale ed internazionale;
il 15 ottobre 2011 a pagina 4 del giornale La Nazione (La Spezia) veniva pubblicato un articolo che denunciava l'infestazione da ratti di una unità navale della Marina militare italiana, unità che risultava peraltro in possesso di certificazione di esenzione dalla derattizzazione emesso dalla direzione di sanità M.M. di La Spezia -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per garantire il recepimento delle linee guida internazionali in tema di certificazioni sanitarie internazionali e di contestuale riduzione dei rischi sanitari per gli equipaggi militari marittimi e per la sanità pubblica, sia in territorio nazionale che nei teatri internazionali;
se il Ministro interrogato sia in grado di quantificare il numero di certificati di esenzione dalla derattizzazione finora emessi dalle Defezioni dignità M.M. di La Spezia e di Taranto dall'entrata in vigore del nuovo regolamento sanitario internazionale a data odierna e se le medesime direzioni di sanità risultano essere sottoposte a sorveglianza da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, ai sensi degli articoli 21 e 54 legge n. 106 del 9 febbraio 1982.
(4-14411)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
tutti i militari delle Forze armate, compresi gli appartenenti all'Arma dei carabinieri, quando si recano in missione, fuori dall'ordinaria sede di servizio, utilizzano gli alloggi e le mense esistenti presso le strutture militari. Tutti tranne, ovviamente, i delegati dei Cocer ai quali viene riservato quello che appare agli interroganti un trattamento di favore che prevede anche la corresponsione di un compenso forfettario di 110 euro al giorno perché, come ha affermato il Ministro interrogato, rispondendo all'interrogazione

n. 4-04614 ed evidenziando una spesa di 5.257.925 euro all'anno, un diverso trattamento economico «potrebbe suscitare sensibilità da parte dei componenti del Cocer»;
gli interroganti, assieme al Segretario del Pdm (Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia), hanno condotto per oltre due anni una battaglia politica di legalità ed equità che ha portato, mentre era in carica il precedente Governo, a recepire determinate proposte nell'articolo 4, comma 98, della legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183 del 2011), dove è stabilito che «Il personale appartenente alle amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in occasione delle missioni all'interno del territorio nazionale fuori della sede ordinaria di impiego per motivi di servizio, è tenuto a fruire, per il vitto e l'alloggio, delle apposite strutture delle amministrazioni di appartenenza, ove esistenti e disponibili»;
nel messaggio di convocazione del consiglio centrale della rappresentanza militare dell'Esercito, relativo alle assemblee del mese di gennaio 2012, si legge che i delegati del Cocer «potranno continuare a fruire del regime di missione ordinario, senza obbligo di vitto e alloggio presso le strutture dell'amministrazione»;
nella zona di Roma sono un centinaio gli alloggi liberi e a disposizione (presso l'aeroporto «Francesco Baracca» e la cittadella militare della Cecchignola) per le esigenze alloggiative del personale militare in missione e per quelle esclusive dei delegati dei consigli della rappresentanza militare (COCER, COIR e COBAR) -:
quali siano stati i motivi della mancata applicazione della norma citata in premessa e quali siano le immediate iniziative che il Ministro interrogato intende intraprendere in merito;
quale sia il stato il maggior onere per l'amministrazione della Difesa e se non ritenga opportuno segnalare i fatti alla magistratura contabile per l'accertamento dell'eventuale danno erariale da risarcirsi a carico dell'ufficiale che ha autorizzato il trattamento economico di missione ordinario senza obbligo di vitto e alloggio presso le strutture dell'amministrazione.
(4-14418)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 GENNAIO 2012

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dopo la crisi dei mutui subprime, esplosa negli Stati Uniti nel 2007 e, soprattutto, dopo la crisi dei debiti sovrani che ha colpito in particolare Spagna ed Italia nel 2011, gli istituti di credito italiani hanno perso gran parte del loro valore; come riporta la stampa odierna, i sei principali istituti di credito italiani capitalizzano insieme quanto la sola Bnp Paribas; Unicredit, la maggior banca italiana, nella classifica delle banche europee si posiziona al 23o posto, mentre prima del 2007, prima della fusione con Capitalia, si posizionava al 7o posto; la perdita di valore è quindi drammatica, esasperata dalla decisione dell'EBA nell'ottobre 2011 di elevare gli indici di patrimonializzazione; tale decisione rende necessaria una ricapitalizzazione dell'intero sistema italiano pari a circa 14,7 miliardi di euro, di cui circa la metà per la sola Unicredit;
le nostre banche soffrono in particolare per la presenza nei propri portafogli di ingenti quantità di titoli di Stato italiani e per la decisione europea di valutare tali titoli ai valori di mercato;
alle pressioni sul debito e alle decisioni dell'EBA si deve aggiungere la speculazione

dei mercati, che negli ultimi giorni ha penalizzato alcuni titoli del comparto bancario;
nemmeno i recenti aumenti di capitale che hanno riguardato i maggiori istituti sono serviti, bruciati dal ribasso repentino dei prezzi;
la perdita di valore dei nostri istituti, li rende, in linea teorica, facili prede dei grossi gruppi stranieri, esponendo, di conseguenza, tutto il sistema economico italiano ad una forte influenza dei capitali stranieri -:
come il Governo intenda intervenire per difendere il sistema creditizio italiano dall'ingresso dei grossi gruppi creditizi europei nei propri capitali, in considerazione del fatto che la crisi dei debiti sovrani e i nuovi indici di patrimonializzazione li hanno resi ancora più vulnerabili alle acquisizioni o alle scalate.
(5-05884)

FLUVI e BARETTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in attesa dell'emanando decreto attuativo, previsto dall'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddetto «Salva Italia», che, entro il 31 maggio 2012, che rivedrà le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) secondo i criteri dettati dallo stesso articolo 5, al fine di adottare una definizione di reddito disponibile che tenga conto, tra le altre cose, in misura maggiore, anche della componente patrimoniale sita sia in Italia che all'estero, al netto del debito residuo per l'acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative, si applica l'attuale normativa vigente in materia;
in particolare, in attuazione dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che delega il Governo ad emanare, uno o più decreti legislativi per la definizione di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate nei confronti di amministrazioni pubbliche, è stato emanato il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000 n. 130, ha introdotto l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee), per valutare la situazione economica del richiedente, al fine di ottenere, dietro presentazione della suddetta dichiarazione sostitutiva unica (DSU), determinate prestazioni sociali, assistenziali e sanitarie agevolate;
l'indicatore della situazione economica equivalente è costituito da una componente reddituale (ISR), che pesa per l'ottanta per cento nel calcolo complessivo dell'Isee e da una componente patrimoniale (ISP) che pesa per il 20 per cento nel calcolo complessivo dell'Isee;
ai fini della compilazione della citata dichiarazione sostitutiva delle condizioni economiche del nucleo familiare per la richiesta di prestazioni sociali agevolate, il citato decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, prevede, nell'allegata tabella 1, specifici criteri unificati di valutazione della situazione reddituale;
in attuazione del predetto decreto legislativo è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 7 maggio 1999, n. 221, concernente le modalità attuative e gli ambiti di applicazione dei criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni agevolate;
in base alla normativa vigente, per la compilazione del quadro F della citata dichiarazione sostitutiva, la parte II della citata tabella 1 allegata al decreto legislativo n. 109 del 1998 e successive modificazioni e integrazioni, prevede, per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, l'inserimento del valore dell'immobile determinato ai fini ICI, al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della

domanda, specificando, peraltro, che il valore ICI dell'immobile va indicato anche se l'immobile è esente da tale imposta;
l'indicatore della situazione patrimoniale (ISP) è dato dalla somma del patrimonio immobiliare (considerato al valore ICI) del nucleo familiare, al netto della casa di abitazione se di proprietà (la franchigia per l'abitazione principale è pari a 51.646 euro), e del patrimonio mobiliare, al netto di una franchigia di 15.494 euro;
la base imponibile dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992 è costituita dal valore, per i fabbricati iscritti in catasto, dal prodotto tra le rendite catastali rivalutate del 5 per cento e uno dei coefficienti determinati dal decreto ministeriale 14 dicembre 1991;
gli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011 hanno istituito e disciplinato l'imposta municipale propria che corrisponde al valore dell'immobile determinato secondo i vigenti criteri validi per il calcolo dell'imposta comunale sugli immobili (ICI);
l'articolo 13, comma 3 del decreto-legge n. 201 del 2011 dispone che la base imponibile dell'imposta municipale propria IMU è costituita dal valore dell'immobile determinato ai fini ICI ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo n. 504 del 1992 per quel che attiene ai fabbricati di gruppo «D» non iscritti in catasto e le aree fabbricabili, quanto ai fabbricati iscritti in catasto e ai terreni agricoli, i valori sono determinati secondo quanto previsto dai successivi commi 4 e 5 del provvedimento stesso e non più dal comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992;
la novella norma di determinazione della base imponibile per quanto riguarda i fabbricati iscritti in catasto è applicabile unicamente all'IMU, mentre rimarrebbe valida la disposizione di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992 per quel che attiene al calcolo ai fini ICI dell'imponibile sui fabbricati accatastati;
la citata disciplina Isee, per quanto attiene al calcolo dell'indicatore della situazione patrimoniale, fa specifico riferimento valore dell'immobile determinato ai fini ICI, e sembrerebbe quindi improntata alla determinazione del valore, per i fabbricati iscritti in catasto, secondo i criteri dettati dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992, piuttosto che secondo i nuovi criteri previsti per l'IMU di cui al citato comma 4 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011;
l'incertezza applicativa nella fase di transizione da un regime di tassazione degli immobili dall'imposta comunale sugli immobili (ICI) all'imposta municipale unica (IML) che entrerà in vigore dal 2012, nonché il passaggio ai nuovi criteri di determinazione e campi di applicazione dell'Isee entro maggio 2012, rischia di determinare contenziosi tra la pubblica amministrazione e i contribuenti;
un'ipotesi di adeguamento al calcolo del patrimonio ai fini ISEE, in questa fase transitoria, secondo la rivalutazione IMU anziché ICI, rischierebbe di creare una disparità di trattamento tra chi ha potuto usufruire dei trattamenti assistenziali presentando un modello con una situazione patrimoniale calcolata con la rivalutazione ai fini dell'ICI e chi non può usufruirne, in virtù della presentazione di un modello aggiornato che riporta una situazione patrimoniale calcolata con la rivalutazione degli immobili calcolata di fini dell'IMU che è più alta -:
quale iniziativa intenda assumere al fine di dare corretta applicazione alle disposizioni, richiamate in premessa, riguardanti il calcolo dell'indicatore della situazione patrimoniale di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni e integrazioni, e come intenda dare adeguate istruzioni ai soggetti preposti alla compilazione dei cosiddetti modelli Isee.
(5-05885)

Interrogazioni a risposta scritta:

NICOLA MOLTENI, CROSIO e RIVOLTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha aumentato le accise sui carburanti, causando un sensibile aumento del prezzo alla pompa di benzina e gasolio;
tale ultimo aumento ha reso di nuovo conveniente per gli abitanti dei territori vicini al confine con la Confederazione svizzera recarsi al di là del confine per rifornirsi di carburante, nonostante sia in vigore dal 2000 la carta sconto benzina della regione Lombardia, che consente alle persone fisiche di godere di uno sconto sul prezzo finale della benzina inversamente proporzionale alla distanza di residenza dal confine;
dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, è ripreso l'esodo degli automobilisti verso la Svizzera ed il problema del crollo dei ricavi dei gestori dei distributori in Italia è tornato di attualità: sono a rischio solo a Como 150 posti di lavoro a cui sommare i lavoratori delle province di Varese e di Sondrio, oltre che quelli delle province piemontesi di confine;
è necessario aggiornare il meccanismo della carta sconto benzina che la regione Lombardia ha istituito sulla base di un finanziamento nazionale, oggi previsto in 20 milioni di euro e che dovrebbe essere incrementato fino a 50 milioni di euro, per consentire di aumentare lo sconto sulla benzina, rendendolo flessibile, ed introdurre lo sconto anche sul gasolio, che attualmente non è previsto;
tale incremento renderebbe antieconomico andare in Svizzera a rifornirsi, salverebbe centinaia di posti di lavoro e consentirebbe all'erario italiano di incassare quelle accise che oggi i «pendolari del pieno» non pagano;
sia regione Lombardia, tramite l'assessore Colozzi, sia Confcommercio, tramite la presidente dei benzinai Daniela Maroni, hanno manifestato l'urgenza che il Governo agisca in tal senso -:
se il Governo intenda in tempi rapidi assumere iniziative normative per incrementare il finanziamento della carta sconto benzina, attualmente in vigore in Lombardia e Piemonte, in modo da consentire la rimodulazione degli sconti sulla benzina ed introdurre lo sconto sul gasolio, oggi non previsto.
(4-14387)

CAPARINI e VOLPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate ha deciso la chiusura della sede distaccata nel centro intervallivo di Edolo in Valcamonica, provincia di Brescia;
sedici comuni dell'alta Vallecamonica hanno chiesto l'immediata retromarcia: «In caso contrario siamo pronti ad effettuare tutte le proteste e le azioni consentite a difesa di un diritto e di un servizio» con una lettera indirizzata al direttore regionale dell'Agenzia delle entrate, Carlo Palumbo, e inviata per conoscenza ai parlamentari camuni, al presidente della comunità montana di Vallecamonica e a tutti gli organi di stampa, dai presidenti Vittorio Marniga (Unione alpi orobie bresciane), Mauro Testini (Unione dell'alta vallecamonica) e Corrado Scolari (Unione della valsaviore);
«rilevata la gravità della decisione unilaterale di sospendere l'erogazione di un servizio utile ad un ambito territoriale che conta più di 30mila abitanti - si legge nella missiva -, e considerato che tale decisione obbligherebbe gli utenti dell'attuale sportello edolese a sobbarcarsi trasferte di oltre 45 chilometri per raggiungere l'ufficio territoriale di Breno, e non ritenendo condivisibile la proposta di mantenere operativo il servizio per due soli giorni a settimana, i sottoscritti auspicano che il provvedimento venga immediatamente sospeso e definitivamente revocato»;

non è la prima volta che l'ufficio edolese finisce nel mirino dei vertici aziendali - in quanto di un possibile ridimensionamento o addirittura della prospettiva di una chiusura si parlò due anni fa per fine locazione dell'unità in via Porro, che sortì un accordo con i comuni interessati, della comunità montana, per la concessione in locazione a prezzi simbolici dei locali del centro intervallivo «Gianni Minelli»;
«non conoscono i numeri, ma probabilmente il personale è sovrabbondante rispetto al carico di lavoro da svolgere - spiega Mauro Testini presidente dell'Unione dei comuni dell'Alta Vallecamonica -. Nonostante, ciò mi auguro che non si arrivi a disporre la chiusura. Stiamo assistendo a ridimensionamenti di ogni tipo, dall'ospedale alle poste, ma è chiaro che è arrivato il momento di dire basta. Se proprio vogliono fare delle economie, basterebbe inviare un dipendente in meno da Breno» -:
se le indiscrezioni anticipate a mezzo stampa corrispondano al vero e, in tal caso, quali misure intenda intraprendere per scongiurare la chiusura dell'ufficio al fine di mantenere gli attuali livelli di servizio.
(4-14407)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in merito alla convenzione in materia di doppia imposizione tra Italia e Belgio, firmata a Roma il 29 aprile 1983, ratificata con legge n. 148 del 3 aprile 1989 ed in vigore dal 29 luglio 1989, si è riscontrato che il testo unico delle imposte sul reddito (TUIR) prevede per i redditi prodotti all'estero una detrazione di imposta pari all'imposta definitiva pagata nello Stato in cui il reddito è stato prodotto (articolo 165 - credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero);
questo ha due conseguenze:
a) poiché il regime fiscale è più vantaggioso in Belgio, il TUIR impone il pagamento della differenza tra la imposta prevista in Italia e quella pagata in Belgio;
b) poiché la certificazione sui redditi e l'imposta definitiva viene prodotta in ritardo rispetto ai tempi del 730, è necessario pagare nuovamente alle autorità italiane le imposte. L'amministrazione italiana infatti accetta la certificazione del reddito anche se provvisoria, mentre rifiuta di validare la certificazione della imposta provvisoria, già pagata, poiché per i lavoratori dipendenti in Belgio si ha il prelievo alla fonte;

un cittadino italiano che lavori in Belgio si trova dunque costretto a dover comunque affrontare un esborso superiore al dovuto per poi attendere il rimborso, che deve essere richiesto attraverso complicate procedure e che sarà riconosciuto dopo qualche anno -:
in che modo il Governo intenda risolvere il problema evidenziato in premessa prima delle scadenza della prossima dichiarazione dei redditi.
(4-14409)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il decreto interministeriale integrativo, per il biennio 2011-2012, del 27 luglio 2011, adottato in attuazione dell'articolo 4, comma 7, della legge 3 febbraio 2011 n. 4, ha ampliato l'organico delle sezioni di edilizia giudiziaria presso gli edifici delle procure della Repubblica;
con bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 19, pubblicato il 15 ottobre 2011, sono stati in concreto individuati gli uffici giudiziari, le cui sezioni di polizia giudiziaria sono state integrate ed arricchite con personale del Corpo forestale dello Stato, con conseguente incremento del numero complessivo dei componenti delle sezioni medesime;

per ragioni legate alla esiguità ed alla insufficienza delle risorse poste a disposizione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sono rimaste, tuttavia, insoddisfatte ed inevase le pur legittime e fondate richieste di numerose procure della Repubblica, disseminate sull'intero territorio nazionale;
fra tali procure, alle quali non è stata assegnata alcuna unità aggiuntiva appartenente al Corpo forestale dello Stato, figura anche la procura della Repubblica di Nocera inferiore, che pure è gravata da un pesantissimo carico di lavoro e che deve fronteggiare, nel proprio ambito territoriale di riferimento, diffusi fenomeni di frodi nel campo dell'agroalimentazione, nonché radicate e gravi pratiche di illegalità nel settore edilizio ed ambientale, quest'ultimo contrassegnato da drammatiche vicende connesse al dissesto idrogeologico (basta ricordare la tragedia nel 1998 di Sarno);
ciononostante, con decisione che all'interrogante appare ingiustificata ed in conflitto con le vigenti disposizioni legislative, il capo del Corpo forestale dello Stato, con provvedimento protocollo n. 2148 del 9 novembre 2011, ha stabilito anche la cessazione ed il divieto delle applicazioni presso la procure delle Repubbliche di personale del Corpo forestale, pur previste dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 271 del 1989 quando lo richiedono «particolari esigenze di specializzazione dell'attività di polizia giudiziaria, ... su richiesta del Procuratore della Repubblica interessato»;
è francamente assurdo e irragionevole ritenere l'intervenuta caducazione della previsione di cui al citato articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 271 del 1989 per le procure che già sono state escluse dalla integrazione delle proprie sezioni di polizia giudiziaria personale del Corpo forestale e che, quindi, si vedrebbero ulteriormente e per una seconda volta penalizzate e danneggiate;
del resto giova sottolineare che, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 271 del 1989, «il personale applicato a norma del citato articolo 5 comma 2 non viene calcolato nell'organico delle sezioni»;
la norma ex articolo 6, comma 4, rappresenta l'inequivocabile conferma che la previsione di cui all'articolo 5, comma 2, non può essere trasformata addirittura in divieto di applicazione, solo perché in altre procure la sezione di polizia giudiziaria è stata integrata con personale del Corpo forestale -:
quali iniziative o provvedimenti, con ogni doverosa sollecitudine, il Governo intenda assumere per integrare con personale del Corpo forestale dello Stato l'organico delle sezioni di polizia giudiziaria presso le molteplici procure della Repubblica che sono rimaste escluse dal decreto interministeriale del 27 luglio 2011, ed, in ogni caso, nelle more, per confermare le applicazioni già in corso a quella data di unità dello stesso Corpo forestale, disposte in corretta attuazione dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante «Norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, per evitare così che uffici giudiziari, fortemente esposti ed in prima linea sulla frontiera della lotta all'illegalità ed alla criminalità, siano penalizzati per ben due volte, dapprima con esclusione dal decreto interministeriale integrativo delle proprie sezioni di polizia giudiziaria e poi con la revoca e la cessazione delle applicazioni in corso di unita del Corpo forestale dello Stato.
(5-05877)

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è notorio che l'Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati alla criminalità mafiosa deve, tra l'altro, affrontare

il problema della destinazione di un numero cospicuo di beni immobili che da anni (talvolta decenni) sono stati definitivamente confiscati e non assegnati per le più svariate ragioni (fatiscenza, confisca di una sola quota del bene, occupazione da parte dei precedenti titolari e via seguitando);
più esattamente, occorre trovare una soluzione per 3185 beni immobili non ancora destinati, 1523 dei quali sono gravati da ipoteche che li rendono inutilizzabili e non richiesti da alcuno, con il rischio di ulteriore scadimento del loro valore economico e della concreta possibilità di una loro destinazione a fini sociali e/o istituzionali;
le risorse a disposizione dei comuni e degli altri enti territoriali per effettuare questa considerevole opera di risanamento dei beni in vista della loro destinazione sono ovviamente esigue, se non inesistenti, in questa congiuntura economica e finanziaria;
l'entrata in vigore del libro II del codice antimafia non potrà risolvere in concreto questa situazione per i beni ancora in fase di sequestro o di confisca non definitiva, posto che gli articoli 52 e seguenti prevedono la corresponsione ai terzi in buona fede titolari di diritti di un «equo indennizzo» per i quali non pare esservi alcuna effettiva copertura finanziaria -:
quali iniziative e correzioni, anche ai sensi della legge delega n. 136 del 2010, il Governo intenda adottare per assicurare la pronta destinazione dei beni in confisca definitiva che ancora attendono un provvedimento di assegnazione da parte dell'Agenzia nazionale;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative volte alla creazione di un apposito fondo nel quale fare confluire le somme provenienti dalla vendita, dalla liquidazione o dall'affitto delle aziende confiscate.
(4-14376)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 20 giugno 2011 il dottor Gianfranco De Gesu si è insediato nella carica di provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria sarda;
dal 2 dicembre 2011, però, lo stesso dottor De Gesu ha assunto anche il ruolo di provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria calabrese dove peraltro era stato vicario nei mesi precedenti;
sulla doppia nomina del dottor De Gesu, Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme», ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Nel complimentarci per la nuova sfida che il dottor De Gesu sta affrontando, non si può non rilevare che il Dipartimento dovrebbe garantire continuità esclusiva alla direzione del Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria dell'isola. La Sardegna infatti è rimasta per circa un anno senza un responsabile regionale e per far fronte alle diverse emergenze ha bisogno di una esclusiva continuità amministrativa. L'emergenza carceri come sa bene il Ministro Paola Severino, che ha dimostrato una particolare sensibilità nei confronti della condizione dei detenuti sardi, deve essere affrontata anche garantendo la presenza dei rispettivi responsabili negli Istituti Penitenziari e nei Provveditorati regionali. In Sardegna invece, oltre al Provveditore con doppio incarico, ci sono tre Istituti (Iglesias, Lanusei, Tempio Pausania) e due colonie penali (Is Arenas e Mamone) assegnati a direttori titolari in Case Circondariali particolarmente impegnative come Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano. Senza dimenticare la cronica carenza di agenti di Polizia Penitenziaria. Una situazione non adeguata a contenere il disagio e a individuare le migliori strategie per rendere le condizioni di vita dei detenuti maggiormente rispettose della dignità

umana. Inaccettabile nella prospettiva di apertura delle nuove strutture penitenziarie che rischiano di diventare cattedrali nel deserto» -:
se il Ministro non ritenga che il doppio incarico assegnato al dottor De Gesu possa pregiudicare la continuità amministrativa esclusiva del provveditorato dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna;
se non ritenga opportuno assegnare alla direzione degli istituti di pena di Iglesias, Lanusei e Tempo Pausania e alle due colonie penali di Is Arenas e Mamone persone che non ricoprano già altri incarichi gravosi e impegnativi;
quali iniziative il Ministro intenda adottare, sollecitare e/o promuovere al fine di aumentare l'organico degli agenti di polizia penitenziaria assegnati presso le carceri sarde in modo da rendere lo stesso adeguato e proporzionato al numero delle persone recluse e alle esigenze di tutti gli istituti di pena dell'isola.
(4-14377)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul numero di dicembre del mensile «Terre di Mezzo» è stata pubblicata una inchiesta dal titolo «La fortezza degli invisibili» relativa al carcere di massima sicurezza di Paliano (Frosinone), struttura all'interno della quale attualmente risultano essere reclusi 43 collaboratori di giustizia;
all'esito della inchiesta giornalistica è risultato che nel predetto istituto penitenziario: a) il sistema di videoconferenza è fuori uso, il che non permette ai pentiti di testimoniare senza andare in tribunale; b) la videosorveglianza è funzionante solo nella sala colloqui e nel refettorio; c) vi è una carenza di circa 20 agenti di polizia penitenziaria, al punto che la stessa direttrice, dottoressa Nadia Cersosimo, è anche costretta a fare la guardia in portineria; d) mancano le risorse economiche per finanziare le attività di recupero dei detenuti, atteso che, ad esempio, gli attrezzi e gli ingredienti del corso di cucina li paga direttamente la direttrice di tasca sua -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e cosa intenda fare per risolvere i problemi che da tempo affliggono la struttura penitenziaria laziale così come meglio specificati in premessa.
(4-14379)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano l'Unità del 2 gennaio 2011 è apparso un articolo scritto da Jolanda Bufalini intitolato: «Il detenuto morto nel carcere di Trani era in isolamento per "simulata malattia"»;
l'articolo dà conto della morte di Gregorio Durante, 34enne, detenuto nel carcere di Trani per reati contro il patrimonio e la persona e trovato privo di vita all'interno della sua cella la sera del 31 dicembre 2011;
sulla vicenda, la madre dell'uomo ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Me lo hanno ammazzato. Me lo hanno fatto morire in cella da solo come un cane. Quando siamo andati a trovarlo a Natale era su una sedia a rotelle, aveva gli occhi chiusi, non parlava e si faceva la pipì addosso, aveva ai polsi persino i segni delle corde con le quali veniva legato al letto e mi dicevamo invece che stava simulando. Gregorio soffriva dei postumi di una encefalite virale, avevamo chiesto la scarcerazione per l'incompatibilità del suo stato con il regime carcerario. Avevamo spiegato che stava male, non gli hanno voluto credere, dicono che simulava e quindi lo hanno punito mettendolo in isolamento»;
il corpo senza vita del detenuto è stato scoperto durante un giro di ispezione degli agenti. La procura di Trani ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo contro ignoti;

il carcere di Trani ospita 439 reclusi in spazi dove dovrebbero stare al massimo in 233. Ma, dice Patrizio Gonnella di Antigone, «il sovraffollamento non può essere una giustificazione quando muore una persona. Delle due l'una: se è vero che simulava allora non è vero che è morto per malattia. Ma se è morto per malattia si individuino le responsabilità di chi non gli ha creduto»;
nel 2011 ben 183 detenuti sono morti in carcere e altri 66 si sono tolti la vita -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quali siano le informazioni del Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, nel rispetto e a prescindere dalla eventuale inchiesta che sulla vicenda aprirà la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare se vi siano responsabilità disciplinari in capo alla direzione carceraria in merito alle cause che hanno cagionato la morte del detenuto Gregorio Durante;
da quanto tempo l'uomo si trovasse in isolamento;
se, prima di essere punito, il detenuto sia stato informato dell'infrazione che gli veniva contestata e se gli sia stata data la possibilità di discolparsi;
se il medico, prima che la direzione dell'istituto applicasse al detenuto la sanzione dell'isolamento disciplinare, abbia certificato per iscritto che costui era in condizione di sopportarla;
se nel corso della sua permanenza in isolamento, il detenuto sia stato visitato quotidianamente dai sanitari e se questi ultimi si siano rivolti in qualche circostanza al direttore chiedendo di porre fine alla sanzione o di modificarla per ragioni di salute fisica o psichica dell'uomo;
quali provvedimenti ritenga opportuno e urgente adottare per ricondurre il carcere di Trani in condizioni rispettose della normativa, così da assicurare condizioni di vita dignitose sia ai detenuti che al personale di polizia penitenziaria;
se non ritenga urgente riferire sulla reale consistenza delle morti in carcere in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle avvenute per cause sospette.
(4-14380)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Stampa del 2 gennaio 2012 è apparso un articolo intitolato: «Detenuto alle Vallette si è ucciso mentre i compagni festeggiavano il 2012»;
l'articolo dà conto della morte di Aurel Contrea, 36enne, detenuto da appena qualche mese nel carcere di Torino e da tempo soggetto a un forte stato di depressione;
l'uomo si è tolto la vita la sera del 31 dicembre 2011, poco prima delle 22, impiccandosi alle sbarre della cella con una corda rudimentale, di tessuto annodato. Gli agenti di turno sono immediatamente intervenuti, questioni non di minuti, ma di secondi, lo hanno soccorso e subito trasferito nell'infermeria. Niente. Contrea è morto dopo qualche istante di agonia;
i familiari dell'uomo chiedono che un'inchiesta ricostruisca quanto è accaduto e che si proceda anche all'acquisizione delle cartelle cliniche. Sembra che Autrel Contrea fosse stato visitato recentemente da medici specialisti e le sue condizioni psichiche erano state comunque ritenute idonee per sostenere la vita in cella;
Contrea faceva parte, da qualche tempo, della squadra di rugby «La Drola» che milita nel campionato di serie C. L'avventura dei detenuti rugbisti, un esperimento unico a livello nazionale, fortemente voluto anche dalla direzione del

«Lorusso Cutugno» è stata seguita dai media con un interesse speciale, per i risultati ottenuti sulla strada di un pieno recupero per i reclusi che hanno scelto di allenarsi, imparare i segreti del rugby e infine di giocare con gli atleti delle altre squadre, tutte ospiti del campo di gare realizzato all'interno del carcere. Contrea aveva un fisico atletico, era un uomo che - attraverso lo sport - sembrava avviato al recupero, nonostante gli anni di prigione che doveva ancora scontare;
con quello di Aurel Contrea sono 66 i detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri italiane nel 2011. Lo scorso anno, nella sola Torino si sono registrati sei detenuti morti impiccati (uno nella camera di sicurezza di una caserma), più una lunga serie di persone salvate all'ultimo istante dagli agenti della polizia penitenziaria, A volte, questi interventi in extremis, non fanno neanche più notizia. Tanto sono frequenti. Uno degli ultimi in ordine di tempo, riguarda un giovane pusher egiziano. Salvato quando già aveva il cappio attorno al collo;
i sindacati degli agenti denunciano da mesi uno stato di sofferenza e di disagio insostenibili, sia per la polizia penitenziaria che per i detenuti. Secondo Leo Benedici segretario nazionale dell'OSAPP, «a Torino mancano trecento agenti. Un dato pesantissimo, che getta una luce sinistra sulla catena di morti avvenute all'interno di questo carcere dove la popolazione carceraria è da sempre superiore alla capienza ufficiale, anche di centinaia di unità. Occorre che il Governo intervenga in modo più deciso, con provvedimenti che riescano ad allentare una pressione, sull'intero sistema carcerario italiano, non più sostenibile» -:
quali siano le informazioni del Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, nel rispetto e a prescindere dalla eventuale inchiesta che sulla vicenda aprirà la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare se vi siano responsabilità disciplinari in capo al personale penitenziario o alla direzione dell'istituto in merito alle cause che hanno cagionato la morte del detenuto Gregorio Durante;
se Aurel Contrea sia stato visto e visitato da un medico dopo il suo ingresso in carcere ed in seguito con la frequenza necessaria, ciò al fine di verificare l'eventuale esistenza di una malattia psichica del detenuto e di adottare tutte le misure necessarie alle cure mediche;
se nel corso della sua detenzione Aurel Contrea abbia mai mostrato un precario stato di salute psichica in conseguenza del suo stato di detenzione;
con quante persone l'uomo dividesse la sua cella, quanto questa fosse grande e quanti metri quadri avesse a disposizione ogni singolo detenuto recluso al suo interno;
se non si intenda adottare o implementare, per quanto di competenza, le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo; più in particolare quali iniziative, anche normative, si intendano assumere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti malati, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora.
(4-14381)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 4 dicembre 2011 Monia Bellafiore, 42 anni, si è suicidata nel carcere cagliaritano di «Buoncammino». La donna, secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe impiccata con un lembo di stoffa nel bagno della cella che condivideva con altre

5 detenute. Sono state proprio loro a dare l'allarme ma per la donna ormai non c'era più niente da fare;
Monia Bellafiore aveva 42 anni ed era in carcere, assieme al marito Giuseppe Oliva, di 39, dal 4 novembre 2011. I coniugi erano accusati di omicidio premeditato pluriaggravato. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero ucciso la madre della Bellafiore, Maria Irene Sanna, di 64 anni, ex infermiera e badante, nell'abitazione di Assemini dove vivevano tutti e tre;
conosciuti entrambi come tossicodipendenti, Bellafiore e Oliva avrebbero commesso il delitto al termine di un violento litigio per questioni di soldi e droga. Dopo l'arresto, i due non hanno mai parlato con gli inquirenti: si sono sempre avvalsi della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori a cui sono stati sottoposti. Ma attraverso i loro legali avevano fatto sapere di essere innocenti. La difesa aveva anche presentato istanza di scarcerazione, respinta però dai giudici del tribunale del riesame -:
di quali informazioni disponga in merito ai fatti descritti in premessa;
se non ritenga opportuno avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare, indipendentemente e nel rispetto dell'indagine avviata dalla magistratura, l'esatta dinamica dell'episodio che ha portato al suicidio della signora Bellafiore e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione e/o degli operatori della polizia penitenziaria;
in che modo era seguita dal personale medico la detenuta in questione e a quando risalga l'ultimo incontro che la stessa aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se e che tipo di provvedimenti cautelari siano stati adottati dalla direzione carceraria nei confronti della detenuta morta suicida;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave affollamento di detenuti e la pesante carenza di organico degli agenti penitenziari che da anni fanno sì che le condizioni di detenzione e lavorative che si registrano all'interno dell'istituto di pena cagliaritano siano al di sotto della soglia della tollerabilità.
(4-14382)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il sito Sanremo news del 26 dicembre 2011 dava conto del fatto che il detenuto Alessio Esposito, 30enne, arrestato da pochi giorni perché considerato autore di una serie di scippi e per questo motivo ristretto all'interno del carcere ligure, ha dato fuoco al materasso della sua cella rischiando di morire nell'incendio da lui stesso appiccato;
il detenuto - tratto in salvo dagli agenti della polizia penitenziaria e attualmente ricoverato nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Bordighera - ha motivato il suo gesto in quanto sostiene di essere stato arrestato ingiustamente e di non essere stato sottoposto ad una visita medica volta a verificare la frattura del piede -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti riferiti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
da quanti giorni il detenuto si trovasse in cella prima di aver dato fuoco al materasso;
se all'atto del suo ingresso in carcere l'uomo sia stato sottoposto ad una visita psicologica;
se risulti per quali motivi il detenuto non sia stato sottoposto a visita medica;
se e quali misure di prevenzione siano state adottate nei confronti del detenuto in questione dopo i fatti descritti in premessa e se attualmente il signor Alessio Esposito risulti essere sottoposto ad un adeguato trattamento di sostegno psicologico.
(4-14383)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ASCA del 28 dicembre 2011 presso la casa circondariale di Cosenza si registrerebbe un alto tasso di sovraffollamento e carenza di personale di polizia penitenziaria. Basti dire che la struttura dovrebbe ospitare 209 persone, mentre ve ne sono ospitate 359 con conseguenze gravi di coabitazione in celle inevitabilmente troppo piccole -:
se sia a conoscenza dei fatti riferiti in premessa e, in caso affermativo, se ritenga opportuno effettuare una ispezione all'interno della casa circondariale di Cosenza;
quali iniziative intenda intraprendere al fine di contrastare il grave sovraffollamento dell'istituto di pena calabrese nonché la carenza di organico degli agenti di polizia penitenziaria, il tutto in modo da tornare a garantire ai detenuti del carcere cosentino il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione.
(4-14384)

SBAI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il totale dei detenuti nelle carceri italiane è di 68.000 unità (dati Garante detenuti Lazio);
la capienza regolamentare delle carceri italiane si attesta attorno alle 44.412 unità;
stante l'oggettivo affollamento dei penitenziari, occorre una soluzione definitiva e concreta;
la paventata e richiesta soluzione dell'indulto non risolverebbe il problema, come evidenziato dal fallimento del precedente tentativo;
decidendo in questa direzione, si metterebbe mano ad una visione che trascura totalmente i diritti delle vittime e delle parti lese;
secondo i dati fomiti dal «Partito per gli operatori della sicurezza», gli istituti penitenziari già ultimati, alcuni perfino arredati e vigilati, sarebbero già 40 (www.posd.it);
ricollocando in queste nuove strutture i detenuti si potrebbe risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri e delle condizioni di vita dei detenuti stessi;
per quanto riguarda i detenuti stranieri, circa 25.000, occorrerebbe studiare accordi bilaterali per il rimpatrio in caso di reati le cui pene possono essere scontate anche in patria -:
come il Governo intenda agire per risolvere il problema;
se il Governo intenda valutare, in sede di decisione sulla questione sovraffollamento, le opzioni di cui in premessa;
come il Governa intenda agire per tutelare le vittime dei reati di cui si paventa la possibile estinzione della pena.
(4-14388)

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il comune di Belmonte Mezzagno (Palermo), composto da circa 11.000 abitanti, dista dalla città di Palermo circa 11 chilometri ed è a essa collegato tramite una strada diretta e servizi di linea;
storicamente e per ragioni geografiche la popolazione del comune sopracitato fa riferimento alla città di Palermo per qualsiasi necessità e per l'espletamento di ogni pratica amministrativa;
con una scelta, ad avviso dell'interrogante, molto discutibile la competenza territoriale sul suddetto comune è stata attribuita al tribunale di Termini Imerese, cittadina distante da Belmonte circa 45 chilometri, raggiungibile solo tramite autostrada e priva di collegamenti pubblici che consentano agevoli spostamenti;

i cittadini di Belmonte, per raggiungere Termini Imerese, devono necessariamente raggiungere Palermo e lì attendere un cambio che li conduca a destinazione;
tutto ciò crea notevoli disagi ai cittadini e a chi esercita pubbliche funzioni, che, a causa di questi inutili spostamenti, sottrae ore di lavoro ai propri compiti istituzionali -:
se non ritenga opportuno, nella fase di riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie, procedere ad attribuire la competenza territoriale giudiziaria relativa al comune di Belmonte Mezzagno al tribunale di Palermo così come la logica e la razionalizzazione delle risorse imporrebbero.
(4-14397)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 28 dicembre 2011 Giuseppe Di Blasi, 46enne si è impiccato annodandosi un cappio intorno al collo all'interno della sua cella del carcere di Caltanissetta («Malaspina») dov'era detenuto dal 9 gennaio 2010 dopo l'arresto e la condanna definitiva a 4 anni per detenzione illegale d'armi;
quando un agente di custodia addetto alla sorveglianza s'è accorto che Di Blasi era penzoloni era ormai troppo tardi: nonostante i numerosi tentativi per rianimarlo, l'uomo è deceduto quasi subito;
il sostituto procuratore Elena Caruso ha effettuato un sopralluogo in carcere ed ha aperto un'inchiesta delegata alla polizia penitenziaria. Appena il 22 dicembre 2011, la corte d'appello che stava processando Di Blasi aveva rigettato l'istanza di affievolimento della misura cautelare presentata dagli avvocati Massimiliano Bellini e Vincenzo Ferrigno, ciò nonostante il fatto che l'imputato avesse tentato già altre quattro volte di togliersi la vita all'interno della sua cella;
in due circostanze Di Blasi aveva ingerito un eccessivo dosaggio di farmaci, poi aveva tentato di impiccarsi ed infine aveva ingoiato le lenti rotte degli occhiali da vista. Per questi motivi gli avvocati dell'uomo, attraverso il consulente medico Carla Ippolito, avevano ribadito alla corte di appello che il signor Di Blasi era un soggetto affetto da una sindrome depressiva che lo rendeva incompatibile col regime carcerario e per questo andava curato in un ambiente familiare dove aveva la possibilità di sottoporsi «ad adeguati trattamenti psicoterapeutici»;
nella perizia redatta dal dottor Vito Milisenna, nominato dalla corte d'appello, si sosteneva invece che Giuseppe Di Blasi «poteva superare le problematiche in una struttura dell'Amministrazione penitenziaria dotata di servizi di psichiatria in cui il detenuto, affetto da disturbi psichici, poteva essere seguito e sorvegliato», e la corte aveva disposto la trasmissione degli atti al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per individuare una struttura idonea;
interpellato dal quotidiano La Sicilia il 28 dicembre 2011, l'avvocato del signor Di Blasi ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Questa morte è una sconfitta per la nostra giustizia. Spesso la carcerazione preventiva è un'ingiusta anticipazione della pena. Ricordiamoci che vale sempre il principio di presunzione d'innocenza. Sono davvero amareggiato perché la corte d'appello, decidendo di riaprire il processo, voleva approfondire la vicenda nella sua globalità. Purtroppo non ci siamo riusciti. Di Blasi s'è protestato sempre innocente e fin dal primo giorno aveva manifestato segni di cedimento. Molte volte abbiamo chiesto misure meno restrittive che i giudici di primo e secondo grado hanno rigettato»;
con questo arriva a 66 il numero complessivo dei detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri italiane nel corso del 2011;
il 12 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su

espresso parere favorevole del Governo, la mozione sulle carceri presentata dalla prima firmataria del presente atto e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento;
la mozione approvata prevede, tra l'altro, la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale -:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare nella morte del detenuto avvenuta nel carcere di Caltanissetta; in particolare, se non intenda verificare se ed in che misura il detenuto morto suicida disponesse di un adeguato supporto psicologico;
quali misure di sorveglianza siano state disposte nei confronti di Giuseppe Di Blasi dopo i quattro tentativi di suicidio;
se non intenda avviare iniziative ispettive presso la corte di appello di Caltanissetta al fine di verificale se non vi siano eventuali profili di responsabilità disciplinare in capo ai giudici che hanno rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare avanzata dagli avvocati dell'imputato che per ben quattro volte aveva tentato di togliersi la vita;
quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere Malaspina di Caltanissetta;
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo il Governo intenda adottare al fine di ridurre i tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, ed il conseguente potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se e quali urgenti iniziative di competenza, più in generale, il Governo intenda adottare e promuovere al fine di aumentare gli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi in servizio presso gli istituti di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se non ritenga che l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipenda dall'elevato tasso di sovraffollamento degli istituti di pena dove attualmente sono ristretti quasi 68.000 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43.000 posti.
(4-14399)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 30 dicembre 2011 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Agrigento, accompagnata dagli esponenti radicali di Palermo e Catania, Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante di polizia penitenziaria Giuseppe Lo Faro e dal responsabile dell'area educativa Giovanni Giordano; la visita ha avuto una durata di circa cinque ore; la situazione riscontrata è la seguente: la struttura sorge in contrada Petrusa, una zona distante dal centro abitato, ed è stata inaugurata nella metà degli anni novanta; l'istituto è gravemente sovraffollato: a fronte di una capienza regolamentare di 250 posti, i detenuti ristretti all'interno della casa circondariale sono 421 (di cui 397 uomini e 24 donne); i detenuti in attesa di giudizio sono 188 (106 in attesa di primo giudizio,

52 appellanti, 30 ricorrenti), mentre quelli che scontano una condanna definitiva sono 225; l'istituto inoltre ospita 5 internati e 3 persone in regime di semilibertà; i detenuti stranieri sono 113 (108 uomini e 5 donne), soprattutto di nazionalità tunisina e rumena; «in questo periodo natalizio i detenuti sono un po' meno del solito, in media l'istituto ospita 460/470 detenuti e abbiamo raggiunto anche punte di 500», dice il comandante Lo Faro; in questa casa circondariale, nonostante l'elevato tasso di sovraffollamento, vengono periodicamente trasferiti detenuti provenienti da istituti di pena del centro-nord (soprattutto della Lombardia);
dei 270 agenti di Polizia penitenziaria assegnati alla casa circondariale di Agrigento, a fronte di una pianta organica che ne prevede 245, sono presenti 150 agenti mentre i restanti 120 risultano assenti (per congedi ordinari, riposi, congedi straordinari parentali, ospedale militare, malattia, permessi ex legge 104, permessi sindacali, missione ad altra sede, distaccati ad altra sede);
l'assistenza sanitaria è assicurata 24 ore su 24 da una guardia medica e da un infermiere; le branche specialistiche presenti all'interno del carcere sono cardiologia, psichiatria, odontoiatria e radiologia;
per le altre visite specialistiche è necessario ricorrere a strutture ospedaliere esterne; il carcere è dotato di 3 defibrillatori; i detenuti tossicodipendenti sono 76, di cui poche unità in trattamento metadonico; secondo quanto riferito dal dirigente sanitario, «i casi psichiatrici sono molti, almeno un 15 per cento dei detenuti»; si registrano diversi casi di detenuti affetti da epatite, tubercolosi, «e questa mattina abbiamo avuto un caso di scabbia», informa il comandante di polizia penitenziaria;
la relazione della ASL per verificare le condizioni igienico-sanitarie dell'istituto viene effettuata «ogni tanto, ma non con cadenza semestrale», secondo quanto riferito;
l'assistenza psicologica, effettuata da 2 psicologi per un totale di sole 10 ore al mese, risulta essere del tutto inadeguata;
gli educatori in servizio sono 6; secondo quanto riferito dal dottor Giordano, sono attive classi di scuola elementare, media inferiore e media superiore (istituto alberghiero) e vengono effettuati corsi di musico-terapia, arte-terapia, progetto yoga;
la casa circondariale ospita detenuti in regime di alta sicurezza e detenuti comuni in media sicurezza; è presente anche un reparto «protetti» e il reparto femminile; nell'area in cui era ubicato il campo sportivo, è attualmente in costruzione un nuovo padiglione destinato ad ospitare 200 detenuti;
la delegazione visita la sezione «Asia» - 2o piano, sinistra - dove incontra detenuti in regime di media sicurezza; le condizioni strutturali e gli impianti risultano inadeguati e pertanto la struttura allo stato attuale non appare idonea alla sua destinazione di ambiente detentivo; ciascuna delle celle misura circa 8 metri quadrati e dovrebbe essere destinata ad ospitare un detenuto, mentre invece vi sono ristretti due o (più frequentemente) tre detenuti, sistemati in un letto a castello; oltre alle sbarre sono applicate alle finestre delle speciali gelosie (le cosiddette «bocche di lupo») che impediscono la visuale esterna e limitano l'ingresso di luce naturale; le celle non sono provviste di doccia e le docce comuni, realizzate per servire un'utenza molto minore, sono poche e si presentano in condizioni pessime: si registrano perdite d'acqua e perfino il tetto scrostato gocciola; «i tubi sono marci e ci sono problemi di manutenzione, abbiamo problemi di budget», viene riferito; ai detenuti l'utilizzo della doccia è consentito soltanto tre volte alla settimana, a causa della carenza di acqua; un'altra grave criticità è l'assenza di riscaldamento: «sono qua da sette anni e i riscaldamenti non li ho mai visti in funzione», sottolinea il comandante;
nella cella n. 13 sono ristretti 3 detenuti fra cui S.G., residente ad Acireale

(Catania), che lamenta: «mi hanno rifiutato l'affidamento ai servizi sociali perché non ho un lavoro, ma io ho 65 anni, ho il cerotto al cuore!», e aggiunge: «nel carcere di piazza Lanza stavo meglio, almeno li avevo la doccia in cella; sono preso di malinconia: non ricevo posta, non faccio mai un colloquio con nessuno»;
F.O. detenuto nella cella n. 12, racconta di aver fatto in passato uso di sostanze stupefacenti e di avere un bimbo di 6 anni che non vede da 4 armi; «in tutto questo tempo non l'ho sentito nemmeno per telefono, lui sta a Roma con la madre, vorrei che qualcuno mi aiutasse»;
la delegazione incontra nel passeggio alcuni detenuti del 10 piano, sinistra, che trascorrono l'ora d'aria;
R. K. è un detenuto tunisino trasferito ad Agrigento dal carcere di Mantova per «sfollamento»: «lì avevo i familiari vicini, ho anche una figlia di 4 armi che non vedo da 2 anni; da quando sono in Sicilia non ho più visto nessun familiare, per questo ho fatto richiesta di trasferimento, ma non ho ricevuto risposta»;
anche D.S. non ha ricevuto alcuna risposta in seguito alla sua richiesta di essere trasferito in un carcere più vicino alla famiglia: «ho due figli di 5 e 7 armi, da quando sono in questo carcere non li vedo, prima ero detenuto a Reggio Calabria e ho fatto richiesta per poter ritornare in quel carcere, ma ancora niente, nessuno mi ha detto niente»;
G.B. residente a Rosarno (Reggio Calabria) dice: «sono stato sfollato dal carcere di Palmi e ho fatto richiesta di avvicinamento perché mia moglie è gravemente malata, vorrei starle vicino»;
F.E. tunisino, racconta: «sono in Italia da 25 anni, sono stato per 5 anni a Regina Coeli e da 9 mesi mi hanno sfollato qua»;
G.P.V. ventunenne, è stato sfollato dal carcere di Catania Piazza Lanza e ha chiesto di poter tornare a Catania o almeno essere trasferito in un istituto più vicino («ad esempio Augusta o Gela») perché la madre è malata di cancro;
E.P. detenuto albanese, racconta di essere stato trasferito («per sfollamento, senza aver preso un rapporto») dal carcere di Padova al carcere di Treviso, e poi ad Augusta e infine ad Agrigento: «ho due figli piccoli, l'ultimo non l'ho mai visto, la mia famiglia vive a Padova, per questo ho fatto domanda per ritornare a Padova»;
la condizione dei detenuti, in particolare degli stranieri, è di estrema povertà; «qui per noi è più difficile, nessuno lavora e non abbiamo soldi», riferiscono alcuni detenuti stranieri; alcuni detenuti non possiedono nemmeno un paio di ciabatte; «non posso comprarmi il caffè o le sigarette, vorrei andare in un carcere dove posso lavorare, i miei familiari non sono qua: chi mi dà i soldi se non lavoro?», lamenta un detenuto; molti riferiscono di non avere i soldi per acquistare il sapone e lo shampoo o per telefonare ai familiari lontani; un ragazzo ha la scarpa destra diversa dalla scarpa sinistra: «non ho nulla, me le hanno regalate gli amici detenuti»;
T.T. detenuto tunisino, dice di non aver i soldi per telefonare alla famiglia, e aggiunge: «in questo carcere non c'è un barbiere, io chiedo di poter fare il barbiere ma non me lo fanno fare»;
un detenuto egiziano dice che la sua famiglia non sa nemmeno che lui si trovi ristretto qui: «non sanno niente, nemmeno se sono vivo o morto»;
R.F.B.M. dice di essere recluso in questo istituto da 9 mesi e di non aver mai potuto telefonare alla sua famiglia che sta in Tunisia: «faccio sempre domandine senza mai ricevere risposta», spiega; in condizione analoga I.M.S. detenuto egiziano, che aggiunge: «vorrei fare scuola, almeno per imparare l'italiano»;
«il mangiare non è buono, la frutta e il pesce non si possono mangiare», lamentano alcuni; «qui siamo trattati

come animali, ci danno un solo bicchiere di detersivo al mese per cella, ma finisce in 14 giorni»;
«l'acqua calda finisce dopo due ore, dopodiché gli altri la fanno con l'acqua fredda», segnalano i detenuti;
alcuni detenuti stranieri non parlano l'italiano; la casa circondariale di Agrigento, sebbene la presenza di stranieri sia numerosa, non è dotata della figura del mediatore culturale;
un detenuto tunisino dice di aver presentato istanza per poter scontare la pena nel suo Paese, senza avere ancora ricevuto alcuna risposta;
alcuni detenuti lamentano carenze nell'assistenza medica: «quando uno sta male gli danno sempre l'aspirina»; «l'aspirina curatutto»;
M.N. detenuto tunisino di 36 anni, dice: «sono qui da un anno, prima ho fatto sei mesi in carcere a Ragusa, sono un ex tossicodipendente, vorrei l'assistenza del Sert per una terapia adeguata, ho fatto 7 o 8 domande ma non mai ricevuto risposte;
il magistrato di sorveglianza è al centro delle lamentele di molti detenuti: «non accetta niente, raramente concede permessi» e ancora: «incontrarlo è difficile, non l'abbiamo visto mai o quasi, e quando viene non parla con nessuno e si limita a passare dal corridoio senza entrare nelle celle»;
molti detenuti hanno da scontare pene residue inferiori ai 12 mesi ma non sono riusciti ad ottenere la detenzione domiciliare ai sensi della legge n. 199 del 2010;
la delegazione visita la sezione «Omega», dove sono reclusi 44 detenuti «protetti»;
un detenuto lamenta: «in 29 mesi che sono qua non ho mai visto il magistrato di sorveglianza»; e ancora: «vorrei studiare, ma in questa sezione non si può andare oltre la terza media»;
«in questa sezione è attiva una sola classe (elementare e media), perché i detenuti non possono uscire dal reparto», informa il dottor Giordano; i detenuti lavoranti svolgono il proprio lavoro esclusivamente all'interno del reparto;
nella cella n. 1 il bagno è a vista;
un detenuto lamenta: «il problema principale è l'assistenza medica: io soffro di diabete, ho un tendine fuori posto, ho l'artrosi cervicale; a volte mi visitano, ma di concreto niente;
un detenuto di nome G.C. racconta di aver recentemente subito un intervento chirurgico senza che poi siano seguite visite di controllo: «a maggio mi hanno tolto una cisti, mi hanno detto che avrei dovuto fare una visita di controllo dopo tre mesi, ma di mesi ne sono passati sette e ancora niente»;
V.V. detenuto di 71 anni, dice di aver tentato il suicidio: «soffro d'ulcera, sono operato di stomaco, il mio intestino è malato, qui non mi curano, ho provato ad impiccarmi: mi ha salvato il mio compagno di cella con una guardia»; e ancora, piangendo: «mi restano 4 mesi da scontare ma le mie condizioni di salute sono pessime, ho paura di non farcela a uscire vivo da qui; io sto male, sto morendo!»;
un altro detenuto anziano, da poco trasferito ad Agrigento dal carcere di Siracusa, piange, singhiozza e si dispera: «nessuno ha avvisato mia moglie che ero qua, è andata a trovarmi al carcere Cavadonna (Siracusa), ha fatto un viaggio a vuoto, mia moglie ha 75 anni»;
un detenuto definitivo ristretto nella cella n. 8 dice di non aver ancora potuto leggere le motivazioni della sentenza di cassazione in forza della quale è ristretto: «già sono passati più di tre mesi dalla cassazione, ma ancora non ho visto la motivazione»;
alcuni detenuti lamentano l'assenza di attività: «qui non si fa niente, non c'è nemmeno la palestra»;

il rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria è buono: «gli agenti sono corretti, si comportano bene», riferiscono molti detenuti;
alcuni detenuti lamentano l'inadeguatezza dello spazio esterno: «avete visto i passeggi? Io preferisco rimanere in cella durante l'ora d'aria», lamenta un detenuto;
l'area esterna della sezione Omega è di dimensioni ridotte, e consta di 7 piccoli passeggi a cui si accede da un corridoio esterno lungo e stretto; i passeggi dal n. 1 al n. 5 sono spazi di pochi metri quadrati; i passeggi n. 6 e n. 7 sono leggermente più ampi;
incontriamo 5 detenuti nel passeggio n. 7, che presenta una rete metallica nella parte superiore ed è dotato soltanto di un degradato wc alla turca;
un detenuto rumeno con condanna definitiva dice di aver fatto richiesta di poter scontare la pena nel suo Paese: «perché non mi ci fanno andare? Io sono disposto anche a pagarmi il biglietto aereo»; e ancora: «sono stato in carcere in Germania, Romania e Russia, ma qui è la situazione peggiore»;
la delegazione visita la sezione femminile, che ospita 24 detenute (19 italiane e 5 straniere); le condizioni strutturali del reparto sono buone; anche in questa sezione, alle finestre delle celle sono applicatele cosiddette «bocche di lupo»; non è presente un servizio di parrucchiere; fra le attività svolte, si segnala un corso per la lavorazione della ceramica; una detenuta racconta: «ho una condanna definitiva per un fatto che risale a tempo addietro, circa 10 anni fa: purtroppo, quando le cose per me si erano sistemate, è arrivato il carcere»; «in confronto ad altre carceri qui si sta bene», dicono le detenute;
nella casa circondariale di Agrigento, sebbene vi siano ampi spazi esterni, non è funzionante l'area verde per lo svolgimento dei colloqui tra i detenuti e i familiari minori -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il drammatico sovraffollamento della casa circondariale di Agrigento e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la grave carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi; quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche e di formazione e in che modo si intendano recuperare spazi per le attività sportive, atteso che sul campo di calcio è già in costruzione un nuovo padiglione;
se intenda adoperarsi per quanto di competenza al fine di potenziare l'assistenza psicologica ex articolo 80 ordinamento penitenziario;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere tutte le carenze strutturali che contrastano con la normativa vigente: dai wc a vista presenti in alcune celle, alla mancanza dell'area verde per i colloqui dei detenuti con i loro familiari, dalle «bocche di lupo» presenti nelle celle, alla totale assenza del riscaldamento;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per assicurare che le celle siano dotate di servizi igienici in

conformità alle prescrizioni dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto ai casi segnalati in premessa;
a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale di Agrigento;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
quanti e di che tipo siano i benefici e le misure alternative alla detenzione adottate dalla magistratura di sorveglianza di Agrigento anno per anno, negli ultimi 5 anni; quanti e di che tipo siano i rigetti operati dalla magistratura di sorveglianza di Agrigento, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell'esecuzione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri di altre regioni, prevalentemente del centro e del nord, atteso che anche la casa circondariale di Agrigento è gravemente sovraffollata e che la lontananza dal domicilio spesso è motivo di sofferenza per le persone ristrette e per i loro familiari, anche minorenni;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Agrigento alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;
se non intenda il prendere in considerazione un'ipotesi normativa che stabilisca che un istituto penitenziario non possa superare il numero dei posti regolamentari per i quali è stato progettato.
(4-14400)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 28 dicembre 2011 la prima firmataria del presente atto ha visitato il carcere di Potenza accompagnata dal segretario di Radicali lucani, Maurizio Bolognetti e da Maria Antonietta Ciminelli, attivista radicale; ad accompagnare la delegazione, il direttore dell'istituto Michele Ferrandina e il comandante Rocco Grippo;
al momento della visita erano presenti 170 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 110 posti essendo chiusa perché a rischio crollo la sezione penale; da rilevare che l'ultima statistica presente sul sito internet del Ministero della giustizia e risalente al giugno del 2011, rileva una capienza regolamentare di 204 posti, evidentemente da aggiornare;
persiste la carenza di agenti di polizia penitenziaria già rappresentata in altre interrogazioni della prima firmataria: a fronte di una pianta organica che ne prevede 153, sono in servizio 128 agenti il che si ripercuote negativamente sia sulle attività trattamentali dei detenuti sia sul carico di lavoro degli agenti presenti;
dei 6 educatori assegnati solo due sono effettivamente in servizio; l'assistenza psicologica è del tutto insufficiente essendoci solo due psicologi in convenzione per dieci ore al mese;
anche l'assistenza infermieristica risulta insufficiente; sono infatti previsti 2 infermieri di ruolo (uno proveniente dall'azienda sanitaria provinciale e uno da vecchia amministrazione) e 2 infermieri a parcella con contratto in scadenza il 31 dicembre 2011; nell'istituto è presente un locale infermeria in ogni sezione ad eccezione della prima; gli accompagnatori ci informano che sono in corso lavori per la messa a norma dell'infermeria centrale;
i detenuti tossicodipendenti sono 39, cinque dei quali in terapia metadonica;

i detenuti che lavorano svolgendo mansioni interne all'istituto (cuochi, scopini, portantini) sono in tutto 30; altri sei, invece, lavorano a «progetto riciclone» finanziato dalla cassa delle ammende. A questi occorre aggiungere 10 persone che lavorano a corsi di formazione Apofil http://www.apofil.it/;
le celle detentive singole hanno ancora il vietatissimo wc a vista, mentre quelle a più posti hanno un degradato bagno, di dimensioni così piccole che un detenuto napoletano, lo ha definito «il gabinetto dei puffi»; nelle sale colloqui persiste il muretto divisorio;
in alcune celle convivono definitivi e giudicabili;
pressoché tutti i detenuti lamentano il cattivo funzionamento della magistratura di sorveglianza e confidano molto nel recentissimo arrivo di un nuovo magistrato: «il precedente, affermano, respingeva qualsiasi richiesta»;
nella casa circondariale di Potenza abbiamo incontrato anche detenuti con fine pena lunghissimo, come G.M. con fine pena nel 2025 che ha fatto domanda per essere trasferito nella casa di reclusione di Civitavecchia;
R.M. fa il barbiere all'interno del carcere e dice di «guadagnare» 24 euro al mese + 67 euro di assegni familiari; ha 4 figli a carico e fa un solo colloquio al mese perché la moglie non ha i mezzi per poter viaggiare; S.G. racconta che deve ancora percepire il salario arretrato di quando si trovava nel carcere di Secondigliano;
P.M. nel carcere di Potenza per colloqui, ha il fine pena nel 2036; ha avanzato richiesta al Dap per essere trasferito nel carcere di Bollate al fine di intraprendere un serio percorso riabilitativo; analoga richiesta di trasferimento è stata avanzata dal trentaduenne M.B., fine pena nel 2018, che ha chiesto di poter andare a Bollate o ad Opera; G.A., fine pena nel 2014, ha fatto domanda di trasferimento negli istituti di Castrovillari, Cosenza o Rossano;
L.D.B. ha due figli di 6 e 8 anni che non vede da tantissimo tempo, ha chiesto di poter essere trasferito ad Opera perché i minori stanno a Milano e deve scontare ancora due anni e 9 mesi; anche B.B. marocchino, non vede il figlio da 30 mesi e gli mancano 16 mesi per completare la pena;
M.L. è stato trasferito a Potenza da Pavia, ha cinque figli che vivono a Voghera e lui deve scontare ancora 20 mesi di reclusione;
C.L.S., con fine pena nel 2017 ha avanzato richiesta di trasferimento negli istituti di Rebibbia, Gorgona o Taranto -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il sovraffollamento della casa circondariale di Potenza e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la cronica carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche e di formazione;
se intenda adoperarsi per quanto di competenza al fine di potenziare l'assistenza psicologica;
se intenda colmare la grave carenza degli educatori;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere lo stato di degrado di alcuni luoghi del penitenziario,

degrado dovuto essenzialmente allo scarso budget previsto per la manutenzione ordinaria e straordinaria; in particolare, in che tempi le sale colloqui verranno ristrutturate secondo quanto previsto dall'ordinamento penitenziario attraverso l'abbattimento del muretto divisorio, quando verranno sostituiti i wc a vista con bagni dove sia garantita la necessaria privacy e quando verranno ristrutturati i minuscoli e fatiscenti bagni delle altre celle;
a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale di Potenza;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto a tutti i casi segnalati in premessa in particolare dei detenuti che vivono lontani dalla famiglia e dai loro figli minori e dei detenuti che avendo un fine pena lungo hanno da tempo richiesto di poter essere trasferiti in case di reclusione in cui sia possibile un effettivo percorso riabilitativo attraverso lo studio e il lavoro;
quanto al ruolo passato della magistratura di sorveglianza, quanti e di che tipo siano i benefici e le misure alternative alla detenzione concesse anno per anno, negli ultimi 5 anni; quanti e di che tipo siano i rigetti verificatisi, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell'esecuzione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri di altre regioni, atteso che anche la casa circondariale di Potenza è sovraffollata e che la lontananza dal domicilio spesso è motivo di sofferenza per le persone ristrette e per i loro familiari, anche minorenni;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Potenza alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;
se non intenda prendere in considerazione un'ipotesi normativa in base alla quale venga prescritto agli istituti di pena di non accettare in nessun caso l'ingresso di altri detenuti una volta raggiunta la propria capienza regolamentare.
(4-14401)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA dello scorso 3 gennaio 2011, un marocchino di 35 anni, Ramzi H., recluso nella sezione B del carcere torinese delle Vallette, ha tentato di togliersi la vita ingerendo un mix letale di alcol e candeggina;
l'uomo, subito soccorso dagli agenti della polizia penitenziaria, ha rischiato la vita e ora si trova in prognosi riservata all'ospedale Maria Vittoria;
il sindacato Ugl ha fatto sapere che i detenuti del carcere torinese attualmente sono 1.536, contro i 900 di capienza massima previsti, troppi per le scarse risorse degli agenti -:
quali misure di sorveglianza siano state disposte nei confronti dell'uomo dopo il tentato suicidio;
quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere de Le Vallette di Torino;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere in questione e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere le condizioni di detenzione delle persone ivi recluse conformi al dettato costituzionale e alle norme dell'ordinamento penitenziario.
(4-14402)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2011 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di

Catania «Bicocca», accompagnata dagli esponenti dell'Associazione radicali Catania Assunta Albergo e Gianmarco Ciccarelli; la visita si è svolta alla presenza del Garante regionale dei diritti delle persone detenute, senatore Salvo Fleres, e dell'avvocato Vito Pirrone, presidente dell'Associazione nazionale forense di Catania;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante di polizia penitenziaria, commissario Guardì;
la situazione riscontrata è la seguente: il penitenziario è situato in una zona extraurbana, la struttura è stata costruita negli anni Ottanta e consegnata nel 1991; la casa circondariale Bicocca è gravemente sovraffollata: a fronte di una capienza regolamentare di 141 posti, i detenuti presenti sono 203; «in genere arriviamo anche a 300 presenze, ma per Natale le udienze sono sospese», riferisce il comandante, evidenziando la relazione fra l'attività dell'aula-bunker e il numero di detenuti presenti; i detenuti in regime di alta sicurezza (quasi tutti imputati o condannati per reati di tipo mafioso) sono 181, dislocati in due sezioni simmetriche, ciascuna composta da due piani; il reparto «transito» ospita 14 detenuti (11 detenuti comuni e 3 detenuti differenziati A.S.); il reparto «bunker» ospita 8 collaboratori di giustizia;
il personale di polizia penitenziaria è gravemente sottodimensionato: la pianta organica prevede 180 agenti, gli assegnati sono 153, mentre gli agenti effettivamente in servizio sono 120;
la delegazione visita la seconda sezione (detta anche reparto destro); il primo piano ospita 31 detenuti, il secondo piano 49 detenuti;
le celle, di circa 10 metri quadri, non sono provviste di doccia, hanno un letto a castello e ospitano fino a 3 detenuti;
il carcere è privo di riscaldamenti; molti detenuti lamentano questa carenza: «c'è un freddo da impazzire», dicono in tanti; «sono in questo carcere da 14 anni e il termosifone non ha mai funzionato», riferisce un detenuto; secondo quanto affermato dal comandante, il problema non è dovuto alla caldaia bensì alle tubature ormai da sostituire: «andrebbe ripristinato l'intero impianto, in alcune celle i termosifoni nemmeno ci sono»; molti detenuti indossano cappelli di lana, alcuni raccontano di andare a letto con la tuta sopra il pigiama;
l'istituto, sebbene sia di costruzione relativamente recente, si presenta in condizioni fatiscenti: si segnala umidità sia nei corridoi di reparto che all'interno delle celle; le docce comuni, molte delle quali rotte, sono in pessimo stato, con tetti e muri scrostati a causa delle infiltrazioni; ai detenuti è consentito l'uso giornaliero delle docce comuni;
le ore d'aria sono quattro, due al mattino e due al pomeriggio; sono attivi corsi scolastici di scuola elementare, media e istituto alberghiero; i detenuti hanno la possibilità di fare palestra in una cella un po' più ampia delle altre, dotata di pesi e qualche attrezzo; le condizioni strutturali della cella destinata a palestra sono a dir poco insufficienti;
un detenuto ristretto nella cella n. 27 dice di essere cardiopatico e vorrebbe essere trasferito al centro clinico di Pisa: «qua vivo col timore di sentirmi male»;
nella cella n. 20 sono ristretti due detenuti:
G.L.M., nativo di Napoli, cinquantacinquenne, lamenta: «stiamo 20 ore chiusi in cella senza svolgere alcuna attività, io ho fine pena nel 2020, dovrei andare in una casa di reclusione, questa per me è Guantanamo!»; e aggiunge: «sono ipovedente e soffro di crisi epilettiche, nel carcere di Ancona stavo meglio, qui faccio soltanto due ore di colloquio al mese, mia moglie per venirmi a trovare ogni volta spende 1.000 euro; le guardie sono brave ma la mentalità di questo carcere è quella del 41-bis, io ho il fine pena nel il 2020 (...); il comandante ammette: «questo non è un istituto adatto a chi deve scontare una pena lunga»;

G.C., nato a Pompei (NA), ventottenne, dice di aver commesso un reato comune e di essere stato sfollato dal carcere di Melfi (PZ) senza aver ricevuto alcun rapporto, e aggiunge: «non faccio colloqui da un anno, ho fatto diverse domande per avvicinarmi alla famiglia ma non mi hanno mai risposto»;
nella cella n. 13 è ristretto G.S. condannato all'ergastolo ostativo: «il mio fine pena è nel 9999, ho fatto 11 anni di 41-bis, sogno i miei figli, l'ergastolo per come l'ho fatto io è peggio della pena di morte»;
un detenuto nella cella n. 15 lamenta: «sono qui da 15 mesi e ancora non è iniziato nemmeno il 1° grado di giudizio: la custodia cautelare così è un abominio»; un altro detenuto sta in piedi con il supporto di una stampella, ha una cisti nel cervello e i medici avrebbero dichiarato che le sue condizioni di salute non sono compatibili con la detenzione in carcere, secondo quanto riferito; «qui non resta che cercare una corda e farla finita», dice un detenuto;
molti detenuti lamentano le cattive condizioni della sala colloqui e le lunghe attese a cui sono costretti i familiari;
il corridoio del piano terra che collega le sezioni detentive presenta ampie zone di umidità sul tetto e sui muri: «questi muri scrostati sono causati dalle infiltrazioni della doccia e dagli scarichi dei bagni delle celle del piano superiore: in questa struttura non si fanno interventi di manutenzione da molti anni», spiega il comandante;
nelle tre sale colloqui è ancora presente il muretto divisore; «i familiari per prendere il turno vengono all'alba, se non già alle 21.00 della sera prima», riferisce il comandante; il penitenziario, sebbene sia dotato di ampi spazi esterni, non ha un'area verde attrezzata per lo svolgimento del colloquio dei detenuti con i familiari minori -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il sovraffollamento della casa circondariale di Catania «Bicocca» e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
come giustifichi il fatto che nell'istituto di Catania «Bicocca» ci siano detenuti che debbano scontare pene lunghissime, alcuni anche ergastolani, assieme ad altri con condanne di breve durata o, addirittura, in attesa di giudizio;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, posto che la grave carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi;
quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche, di formazione e sportive;
se intenda adoperarsi per quanto di competenza al fine di potenziare l'assistenza psicologica ex articolo 80 ordinamento penitenziario;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere tutte le carenze strutturali ed igienico-sanitarie che contrastano con la normativa vigente; in particolare, quando verranno ristrutturate le sale colloqui nelle quali sono ancora presenti i muretti divisori e predisposta l'area verde per gli incontri dei detenuti con i loro parenti e figli minori;
a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale di Catania «Bicocca»;

per quale ragione non siano stati previsti i fondi per l'attivazione dei riscaldamenti e in che tempi si intenda risolvere il problema;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto ai casi specifici segnalati in premessa;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell'esecuzione della pena, atteso che la lontananza dal domicilio spesso è motivo di sofferenza per le persone ristrette e per i loro familiari, anche minorenni;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Catania «Bicocca» alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;
se non intenda prendere in considerazione un'ipotesi normativa in base alla quale venga prescritto agli istituti di pena di non accettare in nessun caso l'ingresso di altri detenuti una volta raggiunta la propria capienza regolamentare.
(4-14403)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulle condizioni della casa circondariale «Piazza Lanza» di Catania la prima firmataria del presente atto ha già presentato tre atti di sindacato ispettivo (4-00592 in data 10 luglio 2008, 4-05421 in data 15 dicembre 2009 e 4-09543 in data 18 novembre 2010), rimasti a tutt'oggi senza risposta, nonostante i numerosi solleciti;
il 31 dicembre 2011 la prima firmataria del presente atto è tornata per la quarta volta a visitare la casa circondariale di Catania, Piazza Lanza, accompagnata dagli esponenti dell'Associazione radicali Catania Gianmarco Ciccarelli e Assunta Albergo;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata nella visita dalla vicedirettrice dell'istituto Elisabetta Zito e dal comandante di polizia penitenziaria Tramontana; la prima parte della visita, che ha avuto una durata complessiva di circa tre ore, si è svolta alla presenza del senatore Salvo Fleres, garante regionale dei diritti delle persone detenute, e dell'avvocato Vito Pirrone, presidente dell'Associazione nazionale forense di Catania;
la situazione riscontrata è la seguente: la casa circondariale Piazza Lanza è gravemente sovraffollata; i detenuti presenti sono 569 mentre la capienza regolamentare dell'istituto è di 155 posti letto: l'indice di sovraffollamento è del 367 per cento; risulta pertanto errato e fuorviante il dato, presente nelle più recenti statistiche sulla capienza regolamentare degli istituti penitenziari pubblicate sul sito del Ministero della giustizia, che attribuisce alla casa circondariale di Catania piazza Lanza una capienza regolamentare di 361 posti;
«fino a una settimana fa erano ristretti più di 600 detenuti e abbiamo toccato punte anche di 630», evidenzia la vicedirettrice; i detenuti che hanno potuto usufruire della detenzione domiciliare ai sensi della legge n. 199 del 2010 sono stati soltanto cinque, a fronte di una quarantina di pratiche istruite; i detenuti che potrebbero scontare la pena nel proprio domicilio ai sensi del decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri il 16 dicembre 2011 (cosiddetto «svuotacarceri») sono circa cinquanta, secondo quanto riferito;
tutti i detenuti sono in regime di media sicurezza; la percentuale dei detenuti in attesa di giudizio è superiore all'80 per cento; il flusso di nuovi ingressi e scarcerazioni è notevole (fenomeno delle «porte girevoli»): «i detesti che transitano in un anno sono circa 2500, e 900 stanno meno di 5 giorni», riferisce la vicedirettrice;
i detenuti stranieri sono 47 (di cui 44 uomini e 3 donne);

i detenuti tossicodipendenti sono poco meno di 100; sono circa 100 i detenuti affetti da patologie di tipo psichiatrico;
la percentuale di detenuti che svolge un lavoro non supera il 10 per cento:
il personale di agenti di polizia penitenziaria permane gravemente sottodimensionato: la pianta organica prevede 435 agenti, gli assegnati sono 339 mentre quelli effettivamente in servizio sono 247;
gli educatori presenti all'interno dell'istituto sono 7 (a fronte di una pianta organica di 6);
l'assistenza psicologica risulta inadeguata: soltanto 12 ore al mese per l'attività di «osservazione e trattamento», mentre il presidio «nuovi giunti» può contare su una copertura giornaliera di 5 ore (dalle 17.00 alle 22.00);
l'istituto è privo di riscaldamento: «i termosifoni ci sono ma sono spenti per carenza di fondi», viene riferito;
i fondi a disposizione della direzione sono limitatissimi, «e per il 2012 si prevede un ulteriore taglio del 30 per cento», sottolinea la vicedirettrice;
il reparto «Nicito» (detto anche «isolamento») ospita 26 detenuti e presenta condizioni strutturali fatiscenti; il carcere di piazza Lanza è stato costruito più di 100 anni fa e questo reparto non è mai stato ristrutturato; le celle sono piccole, umide e buie, i muri scrostati; ogni cella ospita fino 3 tre detenuti che vengono sistemati in un letto a castello a due o tre piani; le celle misurano circa 7 metriquadrati, sono sprovviste di doccia e hanno il wc alla turca, in alcuni casi a vista; le celle hanno come apertura un piccolo lucernario che i detenuti aprono e chiudono attraverso un filo metallico fissato in corrispondenza della porta: l'ingresso di luce naturale è molto limitato; la doccia comune ha solo 2 piatti-doccia e si presenta in condizioni strutturali e igieniche pessime; i detenuti trascorrono all'interno della cella 20 ore su 24: «ci sono le 4 ore d'aria, ma poi nessuna attività, io prendo le gocce per dormire», racconta un detenuto; «io ho chiesto di fare qualcosa, ma qui non c'è niente, nemmeno l'assistenza spirituale», lamenta un altro; l'intero reparto allo stato attuale non appare idoneo alla sua destinazione di ambiente detentivo; molti detenuti riferiscono di trovarsi ristretti in questo reparto da parecchi mesi, a volte anche da più di un anno e in alcuni casi da 2 anni; la cella n. 20 (la cosiddetta «cella liscia») non ha il materasso e ha il wc a vista;
il reparto femminile, denominato «Etna», ospita 12 detenute (di cui 3 straniere), a fronte di una capienza regolamentare di 5 posti letto; nella cella n. 1 sono ristrette 3 detenute: «si muore di freddo, siamo congelate», dicono; alle finestre sono applicate, oltre alle sbarre, reti metalliche a maglia stretta che riducono l'ingresso di luce naturale; il bagno presenta umidità alle pareti ma è provvisto di doccia e bidet; nella cella n. 5 sono ristrette 4 detenute; anche loro lamentano l'assenza di riscaldamento e alcune indossano la sciarpa; nella sezione sono presenti un'aula destinata a scuola elementare e un laboratorio dove le detenute svolgono corsi (di taglio e cucito e di aiuto parrucchiere); le ore d'aria vengono trascorse in un cortile dotato di tettoia in cui sono presenti quattro vasche per lavare i panni;
su un piccolo cortile esterno contiguo al reparto «Etna» si affacciano cinque aule destinate alle attività trattamentali e di istruzione dei detenuti: l'aula n. 1 è un laboratorio per la lavorazione dei tappeti; nell'aula n. 2 ha luogo il corso di alfabetizzazione; l'aula n. 3 è attrezzata per ospitare piccoli spettacoli; l'aula n. 4, dotata di alcuni computer, ospita il corso di informatica; l'aula n. 5 è adibita all'integrazione degli stranieri, anche se nell'istituto non è presente la figura del mediatore culturale;
la delegazione visita il reparto «Amenano» e incontra in un passeggio i detenuti del piano terra; un detenuto lamenta

carenze nell'assistenza medica; alcuni detenuti sottolineano l'esiguità degli spazi in cui sono costretti a vivere: «stiamo in 9 in una cella di 21 metriquadrati, e a volte siamo anche in 10»; altri lamentano l'assenza di attività: «stiamo in cella 20 ore, non c'è socialità, e le attività non sono per tutti»; le lamentele di molti detenuti si appuntano sul funzionamento del magistrato di sorveglianza: «rigetta quasi tutto, qui non si vede mai»; un detenuto afferma: «è giusto che chi ha sbagliato sconti la sua pena, ma non in queste condizioni; l'esempio di legalità ce lo deve dare lo Stato»;
la delegazione visita la sala colloqui, recentemente interessata da un intervento di ristrutturazione che ha eliminato il muretto divisorio e realizzato un ambiente accogliente per l'incontro fra i detenuti e i loro familiari; alle pareti sono presenti quadri e dipinti in carta pesta, frutto di un progetto di collaborazione con il liceo artistico «Emilio Greco»; i detenuti mostrano di apprezzare la nuova sala colloqui e considerano molto positivo il metodo di prenotazione telefonica adottato dall'istituto, che ha posto fine alle lunghe attese dei familiari, spesso anche nelle ore notturne, fuori dal carcere;
la delegazione prosegue la visita nel 2o piano del reparto «Amenano»;
i detenuti lamentano l'assenza di riscaldamento: «il termosifone c'è ma è spento, spesso manca anche l'acqua calda»; e ancora: «la notte fa molto freddo, dormiamo con la tuta sopra il pigiama»; molti detenuti indossano cappelli o fasce per riscaldare la testa; in questo carcere, secondo quanto riferito dai detenuti e confermato dalla direzione, è proibito far entrare i cappelli di lana: il divieto è motivato dal rischio che i detenuti possano «coprire il volto e non farsi riconoscere»; i detenuti, per riscaldare la testa, ricavano i cappelli di lana tagliando i maglioni; le calze, invece, vengono adattate a fasce per coprire le orecchie;
nella cella n. 21 sono ristretti 8 detenuti; «siamo stati anche in 10», dicono; nella cella sono presenti tre letti a castello e un lettino singolo;
nella cella n. 22 sono ristretti 10 detenuti, sistemati in due letti a castello a tre piani e in un letto a castello a quattro piani; lo spazio tra il quarto piano del letto a castello e il tetto è di pochi centimetri, e per questo a volte i detenuti preferiscono mettere il materasso a terra; i detenuti offrono alla delegazione in visita una fetta di scacciata preparata per la cena di fine anno;
anche la cella n. 26 ospita 10 detenuti in tre letti a castello, di cui uno a quattro piani; «non c'è lavoro, non c'è niente, solo il mangiare che passa l'Amministrazione», dice un detenuto egiziano; la cella n. 25 ospita 8 detenuti; «fino a qualche giorno fa eravamo in 10 con una branda a terra», riferiscono i detenuti; e ancora: «non c'è il riscaldamento, spesso non c'è l'acqua calda, non funziona lo sciacquone, dobbiamo buttare l'acqua con la bacinella»; nel bagno i lavandini perdono acqua; la frutta e l'insalata, così come la pentola e la padella sono sistemati nel vano bagno a poca distanza dal wc; «non facciamo attività perché non ci sono posti disponibili, stiamo 20 ore in cella, non c'è la sala per la socialità», lamentano i detenuti;
in questa cella è ristretto un detenuto rumeno di 22 anni che ha un evidente disagio di tipo psichiatrico: «ha problemi seri, non dovrebbe stare qua, un giorno ha fatto i bisogni in stanza, prende Tavor e dorme, prende Tavor e dorme», racconta un compagno di cella;
nella cella n. 27 sono reclusi 8 detenuti; «siamo stati in 10», dicono; «anche qui c'è il grattacielo», scherza un detenuto indicando il letto a castello a quattro piani; «nessuno di noi lavora», riferiscono;
la cella n. 24 ospita 9 detenuti; «il problema è il magistrato di sorveglianza: in tre persone non arriviamo a un anno e mezzo di pena residua ma il magistrato di sorveglianza non fa niente», lamentano i

detenuti; e ancora: «con gli agenti e la direttrice il rapporto è buono, è la giustizia che non funziona»;
la cella n. 28 ospita 10 detenuti; uno di loro dorme sul tavolo; «siamo quasi tutti con l'influenza», dice un detenuto;
nella cella n. 23 sono ristretti 10 detenuti; alcuni lamentano il fatto che l'acqua calda sia disponibile soltanto per un'ora al giorno; «le caldaie sono tarate per 200 detenuti», evidenzia il comandante; altri lamentano il fatto che «i corsi sono per poche persone»; «qual è il reinserimento?», si chiede un detenuto, «qui finisce che usciamo peggiorati»; i detenuti sottolineano la difficoltà di vivere in 10 in una cella di 20 metriquadrati: «10 teste non si possono coordinare, così litigare è più facile»; «quando stiamo male ci danno l'Acetamol 500, la pillola che cura tutti i mali: mal di schiena, mal di testa, mal di denti, mal di piedi... serve anche per fare crescere i capelli!», scherza un detenuto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il drammatico sovraffollamento della casa circondariale di Catania (piazza Lanza) e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
se intenda chiarire quale sia allo stato attuale la capienza della casa circondariale di Catania (piazza Lanza), atteso che sul sito www.giustizia.it l'ultima rilevazione, risalente al 30 giugno 2011, riporta n. 361 posti regolamentari, mentre il numero dei posti di cui si è avuto contezza durante la visita ispettiva risulta, come riportato in premessa, notevolmente inferiore;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la grave carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi; quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche, di formazione e sportive;
se intenda adoperarsi per quanto di competenza al fine di potenziare l'assistenza psicologica ex articolo 80 ordinamento penitenziario;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere tutte le carenze strutturali ed igienico-sanitarie che contrastano con la normativa vigente, in particolare nel reparto «Nicito»; a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale di Catania (Piazza Lanza);
quale è la cifra totale spesa negli ultimi 10 anni per le ristrutturazioni dell'istituto, per la manutenzione straordinaria e a quanto ammonta oggi il budget annuo per la manutenzione ordinaria;
per quale ragione non siano stati previsti i fondi per l'attivazione dei riscaldamenti e in che tempi si intenda risolvere il problema;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto ai casi segnalati in premessa;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
quanti e di che tipo siano i benefici e le misure alternative alla detenzione adottate dalla magistratura di sorveglianza di Catania anno per anno, negli ultimi 5 anni; quanti e di che tipo siano i rigetti

operati dalla magistratura di sorveglianza di Catania, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Catania alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;
se non intenda il Ministro della giustizia prendere in considerazione un'ipotesi normativa che stabilisca che un istituto penitenziario non possa superare il numero dei posti regolamentari per i quali è stato progettato;
se intenda prevedere l'aggiornamento mensile del sito www.giustizia.it quanto alle rilevazioni dei detenuti presenti in ciascuno dei 206 istituti penitenziari italiani.
(4-14404)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
domenica 1o gennaio 2012 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Caltanissetta, accompagnata dai militanti radicali Gianmarco Ciccarelli e Giuseppe Nicosia;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal direttore dell'istituto, Angelo Belfiore, e dal comandante di Polizia penitenziaria, Michelangelo Aiello;
la situazione riscontrata è la seguente: l'istituto, costruito oltre un secolo fa, risulta gravemente sovraffollato; a fronte di una capienza regolamentare di 184 posti, i detenuti presenti sono 265, dislocati in due padiglioni; il primo padiglione ospita 151 detenuti comuni in regime di media sicurezza, nel secondo padiglione sono ristretti 113 detenuti in regime di alta sicurezza; il penitenziario ospita anche un collaboratore di giustizia; i detenuti in attesa di giudizio sono 139 (61 imputati, 50 appellanti, 28 ricorrenti), mentre quelli che scontano una condanna definitiva sono 126; il flusso di nuovi ingressi e scarcerazioni dopo pochi giorni di permanenza è notevole (fenomeno delle cosiddette «porte girevoli»); qualche settimana prima della visita i detenuti presenti erano 360, secondo quanto riferito;
al sovraffollamento e all'elevato turn-over dei detenuti si affianca la carenza di personale del Corpo di polizia penitenziaria: la pianta organica prevede 213 agenti, quelli effettivamente in servizio sono circa 170, secondo quanto riferito dal comandante Aiello; circa 40 agenti prestano servizio presso il Nucleo traduzioni e piantonamenti; «la caserma degli agenti aspetta da 5 anni il finanziamento, il progetto è pronto, ma non riusciamo a farlo finanziare», riferisce il direttore;
l'assistenza sanitaria è assicurata da 6 medici e 6 infermieri; i detenuti tossicodipendenti sono circa 90, il Sert interno dispone di un medico, un infermiere e uno psicologo; le figure specialistiche presenti all'interno dell'istituto sono il dentista, lo psichiatra, il cardiologo, il radiologo, l'ortopedico e l'infettivologo;
gli educatori sono 5; all'interno dell'istituto sono in funzione classi di scuola elementare e media; inoltre sono attivi corsi di lavorazione del legno (per i detenuti in media sicurezza), corsi di computer e di installazione di impianti elettrici civili (per i detenuti in alta sicurezza); a ciascun corso possono accedere 10 detenuti;
i detenuti stranieri sono 39, tutti ristretti nel padiglione media sicurezza; all'interno dell'istituto non è presente la figura del mediatore culturale;
la delegazione visita il primo padiglione, che si articola su 3 livelli (terra, 1o piano e 2o piano); ai ballatoi dei piani sono applicate reti di sicurezza orizzontali, secondo una obsoleta concezione di struttura carceraria; le celle sono di due tipi: i cosiddetti «cameroni», di circa 20 metri quadrati ospitano fino a 7 detenuti; i cosiddetti «cubicoli», di circa 7 metri quadrati, ospitano fino a 2 detenuti sistemati

in un letto a castello; le celle sono provviste di bagno con doccia e bidet; i riscaldamenti, secondo quanto riferito, funzionano durante la notte (dalle 23 alle 7); le condizioni delle celle sono mediocri; alcuni detenuti evidenziano di avere sgabelli e armadietti (le cosiddette «bilancette») rotti; le ore d'aria sono quattro, due al mattino e due al pomeriggio: «il resto lo trascorriamo in cella», lamentano in tanti; molti detenuti sono in condizioni di estrema povertà; la percentuale dei detenuti che lavorano è inferiore al 10 per cento: i posti di lavoro sono 25, con turnazione trimestrale;
nella cella n. 3 sono ristretti 6 detenuti;
G.P. dice di avere solo un mese da scontare in carcere e di aver chiesto un permesso per Natale, senza aver ricevuto alcuna risposta dal magistrato di sorveglianza;
un detenuto sottolinea la difficoltà di vivere in condizioni di sovraffollamento: «come vedete non ci possiamo muovere, primo ero al carcere di Giarre e lì ero più sereno, questa è una cella al massimo per 4 persone ma stare in 6 è impossibile, in queste condizioni è più facile essere nervosi e a volte si litiga anche per una sciocchezza»;
nella cella n. 6 sono ristretti 7 detenuti;
G.P. riferisce di avere un residuo di pena da scontare di soli 6 mesi, e di aver presentato domanda per accedere alla detenzione domiciliare ex legge n. 199 del 2010 lo scorso 23 novembre;
P.B. con fine pena nel 2017, dice di stare in condizioni di salute incompatibili con la detenzione in carcere («sono operato di cuore, ho avuto 175 punti a cuore aperto») e manifesta preoccupazione per le condizioni di salute della madre residente a Palermo: «mia madre è paralitica, non la vedo dall'ultimo permesso, l'aiuto che chiedo è quello di poterla vedere più spesso»;
due detenuti di 23 e 28 anni riferiscono di essere da 11 mesi in attesa di primo giudizio: «siamo cugini, e siamo in carcere per la prima volta»;
un detenuto georgiano riferisce di essere stato «sfollato» dal carcere di Roma al carcere di Enna, e poi a Caltanissetta; «ora mi restano da scontare 10 mesi, vorrei andare in una comunità perché non ho un domicilio», aggiunge;
nella cella n. 4 sono ristretti 6 detenuti; al momento del nostro ingresso nella cella è presente un settimo detenuto ospite in socialità;
P.S. è un detenuto di 35 di Canicattì (Agrigento) che dimostra un'età notevolmente superiore a quella reale: non ha i denti e ha la cassa toracica rotta a causa di un incidente verificatosi quando era bambino, secondo quanto riferito dai compagni di cella; «sono malato di cuore, ho ansia, mangio poco», dice con un filo di voce;
un altro detenuto dice di soffrire di forte depressione: «ho 3 figli e la madre ha seri problemi agli occhi, ha avuto un rigetto della cornea; ho fatto richiesta di lavorare, ma ancora non ho potuto»;
L.M., 60 anni, con fine pena nel 2017, riferisce di essere affetto da disturbi respiratori e apnea notturna, oltre ad avere avuto un infarto e ad essere malato di gotta: «il problema è il sovraffollamento, per quanto riguarda l'assistenza medica non posso lamentarmi»;
N.S. racconta di essere in carcere per un reato commesso nel 1998; anche questo detenuto non ha i denti; «non ho soldi, il mio disagio è che non ho nessun familiare con cui fare un colloquio»;
la cella n. 5 ospita 4 detenuti stranieri; ci mostrano i barattoli vuoti dello zucchero e del caffè, a significare lo stato di indigenza in cui sono costretti a vivere;
un detenuto marocchino racconta di trovarsi in carcere per vendita di CD contraffatti: «sono stato condannato a 9 mesi, la mia pena è definitiva»;

A.A. (Ali Abdi), nato in Somalia in data 1o gennaio 1974, è un detenuto somalo che non parla e non comprende la lingua italiana; Abdi non ha potuto comprendere nemmeno il contenuto dell'ordinanza di aggravamento della misura cautelare (da obbligo di presentazione alla p.g., a custodia in carcere), perché la copia che gli è stata notificata era in lingua araba, e non in lingua somala; in sede di riesame il difensore di Ali Abdi ha eccepito la nullità dell'ordinanza per mancata comprensione del contenuto della stessa, ma l'impugnazione è stata dichiarata inammissibile perché proposta tardivamente;
la delegazione visita gli spazi all'aperto del reparto media sicurezza e incontra alcuni detenuti che trascorrono l'ora d'aria; due passeggi sono di dimensioni notevolmente ridotte, uno è leggermente più ampio; in uno dei passeggi piccoli incontriamo alcuni detenuti del 2o piano; è presente una piccola tettoia e una panca di pietra ricoperta di muschio; «questo è il nostro passeggio, guardate che umidità!», lamenta un detenuto; «quando piove c'è il lago, l'acqua arriva ai pantaloni», lamenta un altro;
in alcuni casi le critiche dei detenuti si appuntano sul funzionamento del magistrato di sorveglianza; «non viene da un mese e mezzo», riferisce un detenuto; altri detenuti invece ritengono che nell'ultimo periodo vi sia stato un miglioramento: «è da un po' di tempo che è più disponibile», evidenzia un detenuto; «da circa 8 mesi funziona meglio», aggiunge un altro;
P.M. trentottenne, condannato in via definitiva con fine pena nel giugno del 2020, si è visto rigettare diverse istanze di trasferimento: «vorrei scontare la pena in un istituto dove posso studiare o lavorare, ho fatto tre istanze per andare nel carcere di Augusta dove è detenuto anche mio fratello, mia madre è morta l'anno scorso e mia sorella fatica a venire sia qui che ad Augusta; nelle istanze che ho presentato ho allegato anche il certificato di famiglia», conclude;
R.A. nato a Palermo l'11 settembre 1981, condannato in via definitiva con fine pena nel 2016, riferisce di aver presentato numerose istanze di trasferimento per poter stare più vicino alla figlia di 7 anni, affetta da patologia cardiorespiratoria: «negli ultimi 3 anni ho fatto più di 20 istanze per essere trasferito nel carcere "Pagliarelli" di Palermo; la mia bambina sta male e le viene difficile venire fino a qua, me la portano una volta al mese; quando viene a trovarmi, soprattutto in estate, poi le esce il sangue dal naso»;
anche M.D. vorrebbe essere trasferito al «Pagliarelli» di Palermo per stare vicino ai quattro figli, di cui due minorenni: «soffro di scoliosi e ho un'ernia al disco», aggiunge;
M.P. detenuto rumeno con fine pena nel 2018, racconta di essere stato trasferito in Sicilia «per sfollamento», senza aver subito alcun rapporto disciplinare, dal carcere «Dozza» di Bologna: «sono in Sicilia dal 2008; prima, quando stavo a Bologna, vedevo la mia famiglia ogni mese, adesso non la vedo da 3 anni»; non ho mai fatto la scuola media, vorrei farla; ho fatto anche richiesta di poter scontare la pena in Romania, ma non mi ha mai risposto nessuno»;
altri detenuti stranieri riferiscono di essere stati trasferiti in carceri siciliane da istituti di pena del nord Italia (Milano San Vittore, Monza e altri), senza particolari ragioni di natura disciplinare, ma per semplice «sfollamento»;
alcuni detenuti lamentano l'assenza di attività: «stiamo in cella 20 ore, per molti di noi non c'è la possibilità di fare i corsi»; «così usciamo più selvaggi di prima»;
il passeggio «grande» è un'area esterna dove spesso i detenuti giocano a pallone; sono presenti un piccolo orinatoio a muro e un rubinetto che perde acqua su un lavandino colmo;
N.H. nato il 1o gennaio 1973, di nazionalità marocchina, condannato in via definitiva con fine pena nel 2020, mostra

il braccio tagliato: «ho fatto autolesionismo perché vorrei andare al carcere di Ragusa», dice;
la delegazione visita la cella n. 22 (piano terra), un «cubicolo» in cui sono ristretti due detenuti, sistemati in un letto a castello; lo spazio è angusto e le possibilità di movimento risultano limitate; il bagno presenta umidità sul tetto; per contro, è dotato di doccia e bidet;
le sale per il colloquio dei detenuti con i familiari sono due; entrambe sono in cattive condizioni e presentano ancora il muretto divisorio; in una delle due sale, utilizzata sia dai detenuti in regime di alta sicurezza che dai detenuti in regime di media sicurezza, sopra il muretto è applicato un vetro di alcune decine di centimetri; l'istituto non è dotato di uno spazio aperto destinato ai colloqui dei detenuti con i familiari minorenni -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il drammatico sovraffollamento della casa circondariale di Caltanissetta, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la grave carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi;
quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche e di formazione;
se intenda adoperarsi per quanto di competenza al fine di potenziare l'assistenza psicologica ex articolo 80 ordinamento penitenziario;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere lo stato di degrado di alcuni luoghi del penitenziario, degrado dovuto essenzialmente allo scarso budget previsto per la manutenzione ordinaria; in particolare, in che tempi le sale colloqui verranno ristrutturate secondo quanto previsto dall'ordinamento penitenziario attraverso l'abbattimento del muretto divisorio e quando verrà allestita l'area verde per i colloqui dei detenuti con i propri figli e parenti minori;
a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale di Caltanissetta;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto a tutti i casi segnalati in premessa;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
quanti e di che tipo siano i benefici e le misure alternative alla detenzione adottate dalla magistratura di sorveglianza di Caltanissetta anno per anno, negli ultimi 5 anni; quanti e di che tipo siano i rigetti verificatesi, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell'esecuzione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri di altre regioni, atteso che anche la casa circondariale di Caltanissetta è gravemente sovraffollata e che la lontananza dal domicilio spesso è motivo di sofferenza per le persone ristrette e per i loro familiari, anche minorenni;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno

dell'istituto penitenziario di Caltanissetta alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;
se non intenda prendere in considerazione un'ipotesi normativa in base alla quale venga prescritto agli istituti di pena di non accettare in nessun caso l'ingresso di altri detenuti una volta raggiunta la propria capienza regolamentare.
(4-14405)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sull'agenzia di stampa ITALPRESS del 3 gennaio 2011, si dà conto del suicidio di Bruno Baldini, 54 anni, il quale si è impiccato in una stanza dell'ospedale Villa Scassi nella quale era recluso in stato di custodia cautelare;
l'uomo era ricoverato al reparto grandi ustionati dallo scorso 4 dicembre 2011; quando, dopo aver tentato di uccidere l'ex moglie e il suo nuovo compagno, si era dato fuoco nella canonica della chiesa di San Teodoro, in Valbisagno;
secondo quanto reso noto dal Sappe «Bruno Baldini era ricoverato in ospedale, nel reparto ustionati del Villa Scassi di Sampierdarena, e il giudice della cautela aveva stabilito che lo stesso dovesse essere controllato saltuariamente» -:
di quali informazioni dispongano sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intendano avviare - negli ambiti di rispettiva competenza e nel rispetto e indipendentemente dalla eventuale inchiesta che sulla vicenda aprirà la magistratura - un'indagine amministrativa interna volta a verificare se, con riferimento al suicidio del detenuto Bruno Baldini, siano ravvisabili responsabilità in capo al personale che aveva il compito di occuparsi del signor Baldini.
(4-14406)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica dello scorso 3 gennaio 2012 è apparso un articolo scritto da Francesca Russi e intitolato: «A Bari, tra scabbia e docce gelate, i carcerati vivono in tre metri, sovraffollamento è del 183 per cento»;
Francesca Russi dà conto della situazione di invivibilità delle carceri ubicate in Puglia. Le strutture penitenziarie in questione presentano caratteristiche di assoluta inadeguatezza rispetto ai fini che la legge gli impone di rispettare, pertanto la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riportare integralmente il contenuto del citato articolo: «Le celle sono grandi 13,50 metri quadrati e in ognuna vivono quattro detenuti. La finestra interna con le sbarre ha una grata molto fitta e la stanza è buia. Nella cella manca anche l'interruttore interno per accendere la luce. Il riscaldamento non esiste e quando piove entra l'acqua. È l'inferno delle carceri pugliesi, teatro di suicidi e morti misteriose. È in questo spazio di tre metri quadrati per ciascuno che i detenuti devono trascorrere 20 ore al giorno. Nelle restanti ore possono lavarsi e andare in bagno: nella toilette però non ci sono finestre e le docce non hanno l'acqua calda. Nel carcere infatti non ci sono celle per la socialità e il campo sportivo è inaccessibile dal 2006. «Sono condizioni inumane». Così undici detenuti del carcere di Taranto hanno deciso di fare ricorso alla Corte Europea dei diritti dell'uomo. A sostenerli c'è l'associazione per i diritti dei detenuti Antigone che negli scorsi giorni ha presentato l'ultimo rapporto sulle carceri. È la Puglia, secondo i dati del dipartimento di amministrazione penitenziaria, la regione dell'emergenza. Con un tasso di sovraffollamento del 183 per cento guida la classifica nazionale delle carceri più sovraffollate. La capienza totale degli 11 istituti penitenziari presenti

in Puglia è di 2mila 458 posti ma i detenuti sono 4mila 486. Quasi il doppio. Le donne sono 221 e gli stranieri 919. Il carcere più a rischio è quello di Lecce: i posti letto a disposizione sono 680 eppure i detenuti sono 1441. L'indice di sovraffollamento è del 212 percento. Segue, distaccato per pochi punti percentuali, il carcere di Taranto: su 315 posti ci sono 655 persone, il tasso è del 208 percento. Situazione tragica anche a Foggia dove i detenuti sono 705 ma i posti 371, la percentuale di sovraffollamento arriva a 190 punti. Il dramma delle carceri si consuma ogni giorno sulla pelle dei detenuti. In cella si suicida una persona ogni mille. Fuori dal carcere una persona ogni ventimila. I numeri raccontano una tragedia quotidiana fatta di violenza e disperazione. La dignità, in carcere, è una parola che non esiste. Lo dimostrano le storie di contagio di tubercolosi e scabbia, malattie ormai dimenticate, nel penitenziario di Lecce; i casi di autolesionismo nel carcere di Brindisi dove un detenuto ha tentato di morire ingoiando un rasoio; i suicidi nelle celle di Foggia e di Bari dove due detenuti l'hanno fatta finita con cappi artigianali: si sono impiccati attaccando al letto un lenzuolo e un paio di pantaloni. Ammalarsi è quasi inevitabile. «Alti tassi di sovraffollamento, forzata promiscuità, fatiscenza delle strutture e insalubrità degli spazi, limitazione dei movimenti e della vita all'aperto - denuncia l'associazione Antigone - sono tutti fattori che rendono quanto mai difficoltoso il tentativo di migliorare le condizioni sanitarie». Ad attaccare la malasanità carceraria è anche il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria: «In una situazione carceraria che è divenuta una discarica sociale, ove oltre la metà dei detenuti soffre di patologie medio gravi, casi come quello accaduto a Trani possono e potranno accadere in qualsiasi momento, considerato che in tanti casi il poliziotto penitenziario, da solo nelle sezioni detentive, deve vestire anche gli abiti dell'infermiere e dello psicologo, tutti compiti che gli sono piovuti addosso grazie anche ad una sanità che non assicura un'assistenza adeguata». L'emergenza sovraffollamento ha avuto una risposta, parziale, con il piano carceri che prevede la costruzione a Bari di un nuovo carcere da 450 posti e tre nuovi padiglioni da 200 posti l'uno a Trani, Taranto e Lecce. Si arriverebbe così a 1050 nuovi posti letto. Ma il problema non sarebbe ancora risolto. Perché il surplus di detenuti è di duemila. Così Antigone ha disegnato una mappa delle carceri fantasma: tutti quegli istituti penitenziari che negli ultimi venti anni sono stati costruiti, spesso ultimati, a volte anche arredati e vigilati, che però sono inutilizzati, sotto utilizzati o in totale d'abbandono. «Anziché varare un nuovo piano carceri non poteva essere più utile e meno costoso, a seconda dei casi, ultimare, mandare a pieno regime questi istituti o adattarli alle nuove necessità?» denuncia l'associazione. In Puglia sono 12 le strutture: ad Accadia un penitenziario consegnato nel 1993, ora di proprietà del Comune e mai utilizzato; ad Altamura una delle tre sezioni dell'istituto non è mai stata inaugurata; a Bovino una struttura da 120 posti, già pronta, chiusa da sempre; a Casamassima e a Spinazzola due edifici dimenticati; a Castelnuovo della Daunia un carcere arredato da 15 anni e mai aperto; a Galatina una struttura inutilizzata e a Maglie solo parzialmente utilizzata per detenuti semiliberi; a Minervino Murge e a Orsara case circondariali mai entrate in funzione; a Monopoli l'ex carcere occupato dagli sfrattati, a Volturara Appula una struttura da 45 posti incompiuta» -:
se il Ministro competente sia informato sulle gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria delle carceri citate nell'articolo riportato in premessa;
se, negli ambiti di rispettiva competenza, non ritengano opportuno acquisire ulteriori informazioni - anche attraverso un'ispezione - in merito alle disfunzioni segnalate in premessa che gettano un'ombra molto grave sulla capacità dell'Italia di conformarsi alle norme del rispetto dei diritti umani che ha sottoscritto;

a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie degli istituti penitenziari pugliesi;
se non ritengano necessario adottare urgentemente ogni provvedimento idoneo a rimuovere le disfunzioni e carenze presenti negli istituti di pena pugliesi, per garantire alle detenute e ai detenuti delle suddette carceri e anche al personale operante all'interno delle relative strutture, le adeguate misure igienico-sanitarie e il rispetto degli standard di sicurezza, al fine di ristabilire un clima più adeguato al processo di rieducazione che è alla base dell'ordinamento carcerario italiano;
se non intenda il Ministro della giustizia prendere in considerazione un'ipotesi normativa che stabilisca che un istituto penitenziario non possa superare il numero dei posti regolamentari per i quali è stato progettato.
(4-14414)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il recente omicidio a scopo di rapina di un commerciante cinese, avvenuto nella borgata romana di Torpignattara e l'escalation di violenza (33 omicidi) che ha segnato il 2011 della Capitale, ripropongono con forza la questione della sicurezza a Roma;
sia pure ancora priva di una organizzazione criminale dominante, come ai tempi della banda della Magliana, la crescita degli episodi di violenza segnala che a Roma è in corso una lotta tra bande criminali diverse, sia nazionali che importate, per il controllo del ricco mercato delle attività illecite nella Capitale (droga, prostituzione, gioco d'azzardo, estorsioni, vendita di beni contraffatti, sfruttamento del lavoro nero, racket accattonaggio, usura e riciclaggio); a questo si aggiunge la crescente presenza di una microcriminalità la cui violenza è aggravata dalla crisi economica;
il sindaco pro tempore Veltroni vantava il fatto che Roma crescesse di 800 abitanti al giorno (circa 290.000 abitanti l'anno) senza rendersi conto che senza strumenti regolatori, tutto ciò finisce per gravare in maniera insostenibile sulle infrastrutture, sui servizi, sulla qualità della vita e infine, sulla sicurezza pubblica; vaste e crescenti aree periferiche o limitrofe alla città sono ormai fuori dal controllo dell'autorità o terreno di scontro tra cittadini esasperati e immigrati; tali aree risultano prive del sufficiente presidio delle forze dell'ordine, mentre all'opposto le aree centrali della città sono iper-presidiate in forza della presenza delle istituzioni;
il sindaco Alemanno aveva fatto della questione della sicurezza uno dei motivi dominanti della sua campagna elettorale, con particolare riferimento all'eliminazione delle aree che si prestano a «coltivare» la criminalità come gli insediamenti abusivi e alla maggiore presenza sul territorio delle forze dell'ordine; il terzo patto per Roma sicura siglato il 21 dicembre 2011; (aggiuntivo al patto siglato il 29 luglio 2008) tra sindaco e Ministro dell'interno, che in sostanza prevede un incremento di 400 unità dei poliziotti presenti sul territorio, può essere lodato per la tempestività, ma si dimostra insufficiente ancor prima di essere attuato;
alle polemiche sollevate dalle forze politiche di sinistra, che imputano alle politiche del sindaco Alemanno la crescita degli episodi criminali, può tranquillamente rispondersi che viceversa è stata la politica lassista e buonista delle amministrazioni di sinistra a predisporre il terreno per l'attuale esplosione del crimine dall'accoglienza tout court, senza tener conto che essa ha bisogno di risorse adeguate ed attualmente indisponibili, alla

tolleranza verso gli insediamenti abusivi, dovuta alla convinzione ideologica che chi li crea sta «esercitando un suo diritto», al depotenziamento delle capacità di intervento delle forze dell'ordine i cui risultati già limitati dalla scarsezza di risorse e di personale, sono annullati da regole iper-garantiste o da decisioni, a giudizio degli interroganti, improvvide della Magistratura;
i problemi di ordine pubblico e sicurezza sono ulteriormente aggravati dall'eccessivo numero di uomini e mezzi impegnati nel servizio di scorta in favore di personaggi pubblici ritenuti a rischio; tale servizio è regolato dalle disposizioni del decreto-legge n. 82 del 2002 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2002, che ha rimesso all'autorità nazionale di pubblica sicurezza la competenza ad adottare i provvedimenti e ad impartire le direttive per la tutela e la protezione delle persone esposte; la medesima legge ha istituito l'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis) con il compito di gestire il sistema di protezione per la sicurezza delle persone esposte a particolari situazioni di rischio;
secondo quanto denunciato da sindacati e associazioni di polizia nel novembre 2011 la spesa per il mantenimento delle scorte ammonterebbe a circa 100 milioni di euro nel solo 2011; nella città di Roma, sarebbero soltanto 50 le volanti delle forze dell'ordine impiegate nel pattugliamento del territorio, contro trecento dedicate ai servizi di scorta; la questura di Roma ha informato che dei 6.000 agenti a disposizione per le esigenze di pattugliamento e di sicurezza della capitale e di tutti i comuni della provincia, ben 1.000 devono essere impiegati per i servizi di scorta;
nel mese di giugno 2011, riferendo dati del Ministero dell'interno, il Ministro per i rapporti con il Parlamento pro-tempore Elio Vito ha dichiarato alla Camera che, a quella data, a livello nazionale, risultavano quotidianamente impegnati nell'espletamento dei servizi di protezione personale 1949 operatori delle varie forze di polizia con l'utilizzo di 678 autovetture -:
se non ritenga opportuno proporre, nelle opportune sedi interistituzionali, l'ampliamento della portata del patto per Roma sicura, valutando se non sia necessario fissarne principi ed obiettivi generali in sede di attuazione del federalismo fiscale, nella parte relativa a Roma Capitale, tenendo conto prioritariamente che gli agenti di pubblica sicurezza debbono essere prioritariamente destinati al controllo del territorio;
se non ritenga opportuno fornire elementi sui numeri e sui costi effettivi del servizio di scorta, nonché avviare una revisione di tutti gli elenchi dei referenti istituzionali sotto scorta, al fine di procedere con la verifica delle reali esigenze di protezione e di sicurezza di tali profili in particolare, facendo cessare il servizio di scorta nei confronti di coloro che non ricoprono più cariche pubbliche;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte ad ampliare la definizione di associazione mafiosa in modo da ricomprendervi, a fini investigativi e di contrasto, anche le specifiche attività delle organizzazioni criminali straniere, quali l'importazione di merci contraffatte e la riduzione in schiavitù;
se non ritenga opportuno utilizzare i penetranti strumenti di controllo fiscale e contributivo recentemente adottati, anche nel contrasto delle attività illecite, del commercio clandestino o di merci contraffatte, nonché per il controllo dei money transfer.
(2-01309)
«Mario Pepe (Misto-R-A), Brugger».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto accaduto ad Ozzano Emilia, grosso centro della

cintura metropolitana di Bologna, dove la notte di Capodanno, «aggiornando» la tradizione del rogo del Vecchione (un pupazzo che rappresenta il vecchio anno e che viene bruciato per festeggiare il nuovo anno) la pro loco ha personalizzato il medesimo dandogli le sembianze del volto di Silvio Berlusconi, avvolto da una bandana;
l'interpellante sottoscritto evidenzia quanto accaduto ad Ozzano come l'ennesima dimostrazione non solo dell'atteggiamento provocatorio che una parte della sinistra bolognese ha da sempre nei confronti dell'avversario politico, ma anche della disinvolta commistione fra ruolo delle istituzioni e rappresentanza politica;
si rileva infatti che lo spiacevole episodio ha avuto l'avallo delle istituzioni locali che hanno dimostrato, a parere dell'interpellante, scarso senso delle istituzioni e hanno offeso quella parte dell'opinione pubblica che si riconosce nella leadership del Presidente Berlusconi;
quanto accaduto ad Ozzano renderebbe opportuno un chiarimento sui limiti che debbono caratterizzare l'operato diretto ed indiretto di un'amministrazione comunale e di un sindaco come rappresentante della collettività intera;
come riportato dagli organi di stampa, inoltre, la vicenda ha determinato, non solo, molto sconcerto ma anche momenti di vera e propria tensione al punto che solo l'intervento delle forze dell'ordine ha consentito di evitare che la situazione degenerasse -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti riportati in premessa e se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza per evitare che si ripetano episodi come quello accaduto ad Ozzano che rischiano di creare un clima di tensione e anche di turbare l'ordine pubblico.
(2-01305) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi due anni, gli assalti armati pirateschi al largo delle coste somale sono stati oltre 445 con 49 navi sequestrate e 1.181 marittimi presi in ostaggio;
nello stesso periodo i predoni catturati dalle navi da guerra internazionali sono stati più di 1.500, sebbene rilasciati poche ore dopo, poiché nessun Paese si assume l'onere di processarli;
l'ennesimo sequestro, avvenuto il 27 dicembre 2011, della petroliera italiana Enrico Ievoli al largo delle coste dell'Oman costituisce solo l'ultimo caso in ordine cronologico di attacco di mercantili avvenuti nel tratto di mare tra l'Africa e la penisola arabica;
il decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, prevede misure urgenti nell'ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria, quali la stipula di convenzioni con l'armatoria privata italiana per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria;
in particolare, l'articolo 5-ter del decreto-legge sopra richiamato dispone che: «Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le modalità attuative dei commi 5, 5-bis e 5-ter, comprese quelle relative al porto e al trasporto delle armi e del relativo munizionamento, alla quantità di armi detenute a bordo della nave e alla loro tipologia, nonché ai rapporti tra il personale di cui al comma 4 ed il comandante della nave durante l'espletamento dei compiti di cui al medesimo comma»;

a tutt'oggi, non è ancora stato emanato il suddetto decreto attuativo;
nel marzo 2012 dovrebbe entrare in azione nel golfo di Aden la prima flotta militare privata della storia recente gestita da una società britannica ed incaricata di proteggere le navi mercantili britanniche in transito da e per il Mar Rosso -:
se si intenda tempestivamente adottare il decreto attuativo di cui sopra, al fine di garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria.
(3-01996)

BURTONE e CUOMO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel periodo compreso tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012 il comprensorio di Pisticci è stato teatro di diverse rapine;
in particolare nel mese di dicembre 2011 presso la popolosa frazione di Marconia di Pisticci si è verificata una rapina alla filiale della banca Carime con un bottino pari a 20 mila euro;
il 3 gennaio 2012, si è poi registrata la rapina al portavalori che stava portando il denaro all'ufficio postale di Pisticci centro con un bottino per i rapinatori intorno ai 200 mila euro;
un altro episodio di minore entità ma che provoca altrettanto sconcerto ha riguardato la rapina a volto coperto ai danni di un circolo ricreativo nel corso principale del paese con l'incasso del giorno pari a circa 300 euro;
episodi che inquietano e alimentano una certa preoccupazione nella pubblica opinione;
anche se i reati risultano in calo rispetto agli anni precedenti come evidenziato dalle forze dell'ordine la percezione è che vi sia maggiore insicurezza;
nel 2011 altri furti avevano riguardato anche la zona industriale di Pisticci in Valbasento ricordando anche il furto alla ditta Meba produttrice di infissi sulla quale il primo firmatario del presente atto ha presentato un interrogazione ancora senza risposta;
il comprensorio in oggetto è molto vasto e richiederebbe maggiori disponibilità di mezzi e uomini per il controllo ricordando il grande lavoro svolto dagli agenti del locale commissariato e dagli uomini della compagnia dell'Arma dei carabinieri di Pisticci;
si sono lette e apprezzate le valutazioni rilasciate dal Ministro agli organi di informazione ed è per questo che servono azioni consequenziali -:
se e quali iniziative intenda adottare il Ministro per rafforzare gli organici e i mezzi delle forze dell'ordine presenti a Pisticci, affinché si possano coordinare in maniera più efficace le politiche per la sicurezza sul territorio.
(3-01997)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel mese di marzo 2011 il consiglio di amministrazione dell'Opera della Metropolitana, «Fabbriceria della Cattedrale di Siena» (Onlus dotata di personalità giuridica, già Magistratura dell'antico stato senese che ha il compito di tutelare, promuovere e valorizzare il complesso artistico-monumentale del «Duomo», del «Duomo Nuovo» e di tutti gli altri beni, sia di proprietà che affidati, che svolge documentata attività fin dal 1180, per cui è una delle più antiche istituzioni italiane ed europee), aveva comunicato alle organizzazioni sindacali, alle Rappresentanze sindacali unitarie ed all'Afi (Associazione delle fabbricerie italiane) che intendeva cedere un proprio ramo di azienda alla Opera Laboratori Fiorentini Spa, con il conseguente trasferimento di 12 dipendenti;
l'Opera della Metropolitana di Siena riveste una funzione strategica per promuovere

la vocazione culturale ed artistica della città (il cui centro storico è sito Unesco patrimonio dell'umanità) e per valorizzare ed incentivare competenze e professionalità legate a tale settore;
tale funzione è evidenziata anche dalla mozione approvata dal Consiglio comunale di Siena il 21 luglio 2011;
va rimarcato, in questa direzione, come l'Opera della Metropolitana di Siena rappresenti anche una fonte di reddito e ricchezza per la collettività, producendo complessivamente annualmente circa un milione di euro di attivo ed un volume di affari di circa 6 milioni di euro;
l'Opera della Metropolitana di Siena è dotata dei seguenti organi: consiglio di amministrazione, rettore e segretario. Il consiglio di amministrazione è composto da sette membri, cinque nominati dal Ministro dell'interno e due dall'ordinario diocesano. Il consiglio di amministrazione elegge, al proprio interno, il rettore e designa anche il segretario dell'Opera;
la cessione del ramo d'azienda è stata poi ufficializzata in data 29 aprile 2011 ed ha riguardato le attività di accoglienza ai visitatori ed iniziative culturali e di marketing, comportando il trasferimento dei 12 dipendenti in forza alla Onlus, con decorrenza dal 30 aprile 2011;
il 18 Aprile 2011 era stata presentata al Ministro dell'interno una interrogazione a risposta in commissione (a prima firma del deputato Franco Ceccuzzi, atto numero 5/04631) con la finalità, in sintesi, di ottenere valutazioni in ordine alla cessione del ramo d'azienda da parte di una Onlus nei confronti di una società per azioni (cui non è stata resa risposta);
in virtù dello stato di agitazione proclamato dai dipendenti, il prefetto di Siena ha svolto vari tentativi di conciliazione tra le organizzazioni sindacali ed i vertici dell'Opera Metropolitana del Duomo di Siena;
undici dipendenti hanno comunque successivamente impugnato la cessione del ramo di azienda davanti al giudice del lavoro di Siena che ha fissato la prima udienza il 23 maggio 2012;
risulta che il ramo di azienda è stato ceduto per l'importo di 41.190 euro e che la perizia giurata allegata all'atto di cessione individua in 11.190 euro il valore dei beni strumentali afferenti il ramo d'azienda ceduto ed in 30.000 euro il valore dell'avviamento, calcolato avendo a riferimento 10.000 euro annui per ognuna delle ultime tre annualità;
risulta inoltre all'interrogante che vi è anche un contratto di appalto di servizi legato alla cessione di tale ramo di azienda: detto documento, stilato nella medesima data del rogito relativo alla cessione, affida in appalto alla Opera Laboratori Fiorentini Spa i servizi di accoglienza, assistenza ai visitatori, marketing, iniziative culturali, pulizia ed altri. Detti servizi, avendo la Onlus ceduto proprio quel ramo di azienda, non possono conseguentemente essere dalla medesima appaltati: si viene a creare una anomalia contrattuale che potrebbe porre dei dubbi sulle reali finalità di tale operazione;
risultano all'interrogante essere presenti clausole contrattuali relative alla determinazione degli oneri per lo svolgimento dei servizi appaltati: nel contratto di appalto è contenuto un meccanismo di calcolo basato su percentuali da applicare ai proventi conseguiti dalla Onlus, che crescono con l'aumentare dei proventi stessi (in pratica l'appaltatore, per i servizi resi, incassa il 35 per cento dei proventi fino a 5.100.000 euro ed il 50 per cento dei proventi superiori a 5.100.000 euro). I pagamenti dei corrispettivi avranno cadenza quindicinale entro il quinto giorno lavorativo successivo;
l'articolo 10, comma 6, lettera b del decreto legislativo n. 460 del 1997 (disciplina delle Onlus), impedisce la distribuzione indiretta di utili, specificando che con questa locuzione si intendono anche gli acquisti di servizi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;

l'affidamento dei servizi in appalto prevede il rispetto di norme di pubblicità e di trasparenza che consentano all'appaltante di scegliere la miglior offerta tra alcune (e qui, vista la rilevanza degli oneri connessi all'appalto, è necessario il rispetto delle regole di pubblicazione della offerta di servizi in appalto come dispone il decreto legislativo n. 163 del 2006, articolo 3, comma 26);
potrebbe pertanto verificarsi un quadro nella gestione amministrativa della Fabbriceria (proprio in qualità di Onlus) con possibili conseguenze sul piano della sopravvivenza dell'ente stesso, la cui scomparsa avrebbe gravi ripercussioni sul territorio cittadino e, vista la rilevanza dei beni sottoposti alla gestione, anche nazionale ed internazionale. Basti ricordare che la perdita della qualifica di Onlus sottopone l'ente al pagamento delle imposte previste per la generalità delle imprese e l'eventuale scioglimento della Fabbriceria comporterebbe la devoluzione del patrimonio, secondo le disposizione dell'articolo 21 dello Statuto, ad un ente ecclesiastico su indicazione dell'Ordinario diocesano e dell'organo di controllo. Per queste disposizioni quindi uno storico patrimonio pubblico verrebbe devoluto ad un ente ecclesiastico;
i dipendenti, che hanno fatto ricorso, hanno chiesto l'accesso alla documentazione contabile relativa ai bilanci di esercizio degli ultimi due anni, rivolgendosi anche alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la quale, con decisione 11 ottobre 2011, numero 19, ha disposto la consegna di tale documentazione, rilevando inoltre che l'attività della Onlus/Fabbriceria sono qualificabili di pubblico interesse disciplinate dal diritto nazionale o comunitario ex articolo 22, comma 1, lettera e), della legge numero 241 del 1990;
l'Opera Metropolitana Onlus, in quanto Fabbriceria, è organismo soggetto alla vigilanza del prefetto ai sensi dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 33 del 1987;
il prefetto di Siena ha organizzato incontri e sollecitata la ricerca di una possibile conciliazione fra le parti, di fatto, non raggiunta;
l'invito contenuto nel dispositivo della mozione approvata dal Consiglio Comunale di Siena riporta: «Invita: Il Signor Sindaco, nel rispetto dei ruoli, a promuovere un'iniziativa che coinvolga tutte le istituzioni cittadine per verificare le possibilità di ripristinare tali funzioni in capo all'ente Opera della Metropolitana, fabbriceria della Cattedrale di Siena, già magistratura dell'Antico stato senese da sempre espressione della Comunità civica senese e da sempre suo patrimonio;
Il Signor Sindaco, anche a seguito di un o.d.g. approvato in data 27 aprile 2011 del Consiglio Provinciale, ad esperire ogni possibile forma di approfondimento e di mediazione per garantire la salvaguardia e il mantenimento delle risorse umane e professionali in maniera permanente e continuata nell'attuale sede di lavoro»;
va ritenuto fondamentale che le procedure attivate debbano, attraverso la loro totale regolarità, salvaguardare l'esistenza stessa di una istituzione pubblica storica di rilevante valenza per il patrimonio artistico della città di Siena e per tutelare la continuità lavorativa e professionale di tutto il personale adibito -:
se l'esternalizzazione (derivata dalla cessione sopracitata del ramo d'azienda), garantisca nel tempo la stabilità dei livelli occupazionali locali o possa causare una perdita di professionalità per l'intera comunità locale nonché minori ricavi in termini economici in un settore chiave per lo sviluppo della città come quello dell'offerta culturale, formativa e turistica;
se l'esternalizzazione possa mettere in discussione la centralità degli enti cittadini nella gestione del proprio patrimonio culturale, diminuendo attività e prestigio di una delle più antiche istituzioni italiane ed europee quale l'Opera della Metropolitana;
se la scelta del consiglio di amministrazione sia concretamente supportata da

ragioni economiche dal momento che le attività dell'Opera della Metropolitana di Siena sembrano produrre utili rilevanti;
se le procedure relative alla cessione del ramo d'azienda, citato in premessa, ai Laboratori Fiorentini Spa siano avvenute nel pieno rispetto delle disposizioni legali e statutarie dell'Opera Metropolitana, Fabbriceria del Duomo di Siena Onlus.
(5-05873)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'UCOII (Unione delle comunità islamiche italiane) non ha firmato la carta di intenti dell'Islam italiano, promossa dal Ministro Amato nel 2009, per la presenza all'interno della stessa della parola «uguaglianza» fra uomo e donna;
il 6/7 e 8 gennaio 2012 a Bellaria (Rimini), si svolgerà il Convegno «Musulmani in Italia: "Essere per testimoniare"»;
al detto convegno, come risulta dalla relativa locandina, parteciperà Sawfat Hijazi, telepredicatore egiziano;
l'articolo di Andrea Morigi su Libero-News del 2 gennaio 2012, documenta analiticamente come Sawfat Hijazi sia stato inserito nel 2009 dal Ministero dell'interno britannico «nella lista nera, fra le 22 personalità indesiderate sul territorio del Regno Unito» per il suo odio verso Israele;
sarà presente anche Rachid Ghannouchi, leader del partito An Nahda, costola tunisina dei Fratelli musulmani;
stando alla locandina del convegno, sarà presente anche Tariq Ramadan, intellettuale di punta dei Fratelli musulmani;
per partecipare al convegno, i partecipanti sono soggetti al pagamento di una quota di iscrizione di 110 euro a persona;
nell'articolo di Morigi si evidenziano con chiarezza documentata i riferimenti al pensiero estremista dei relatori del suddetto convegno -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa;
se il Governo intenda, per quanto di competenza, valutare la possibilità di verificare le modalità di ingresso in Italia di Sawfat Hijazi, personaggio bandito da altri Paesi per estremismo islamico;
se il Governo intenda far sì che venga eseguita, per quanto di competenza, un'azione di controllo sulla destinazione dei fondi dal detto convegno ricavati;
se il Governo intenda far sì che venga eseguita un'azione di controllo sull'attività proselitistica jihadista e qaedista messa in atto dai detti personaggi nel nostro Paese.
(4-14391)

SBAI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i centri di identificazione ed espulsione sono strutture atte ad ospitare stranieri «sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera»;
i centri di identificazione ed espulsione hanno anche la funzione di consentire accertamenti sull'identità di persone trattenute;
Nadia, 19 anni, detenuta nella struttura di Ponte Galeria da più di 30 giorni, è nata in Italia da genitori di origine marocchina;
la sua storia è stata portata alle cronache da un servizio del Tg2;
Nadia è parte lesa in procedimento penale contro il padre, per una situazione di gravi disagi in famiglia;

non ha mai richiesto il permesso di soggiorno, che, compiuta la maggiore età, si disgiunge da quello del padre, per via della fuga da casa;
non risulta a suo carico alcun provvedimento giudiziario per reati commessi;
ha svolto numerose attività lavorative per condurre un'esistenza dignitosa e onesta;
non è mai stata in Marocco, paese di origine dei genitori;
rischia di essere espulsa dal territorio italiano e mandata in Marocco;
durante una visita al CIE, l'interrogante ha potuto constatare l'estraniamento e lo stato depressivo della ragazza a causa della situazione in cui si trova, detenuta senza giusta causa;
non è mai stata presa in considerazione la possibilità di un permesso di soggiorno temporaneo per protezione internazionale, che preludesse alla concessione del permesso per motivi di giustizia -:
come intenda il Governo agire per risolvere questa vicenda;
se intenda il Governo porre in essere iniziative ispettive e di controllo sullo svolgimento dei fatti in questione;
come intenda il Governo agire per tutelare le seconde generazioni da quelli che all'interrogante appaiono abusi come nel caso in questione.
(4-14392)

MURA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riportato da un articolo pubblicato il 3 gennaio dal quotidiano il Resto del Carlino nella cronaca di Ferrara, la signora Valentina Malagutti è affetta da molti anni dalla malattia denominata sensibilità chimica multipla e proprio a causa di questa malattia da circa sei anni è impossibilitata a svolgere il proprio lavoro presso la prefettura di Ferrara.
la sensibilità chimica multipla è una malattia fortemente invalidante che, procurando forme di intolleranza di diversa intensità nei confronti di sostanze chimiche presenti in prodotto di uso comune, costringe chi ne è affetto a vivere praticamente rinchiuso nella propria abitazione per evitare forti dolori muscolari, gravi spasmi respiratori, reazioni allergiche talora fortissime, prodotte dal contatto con dette sostanze;
la sensibilità chimica multipla ufficialmente riconosciuta come malattia invalidante in paesi quali gli Stati Uniti e Canada non è riconosciuta come tale dallo Stato italiano, come ribadito dall'allora Vice Ministro Fazio in risposta all'atto di sindacato ispettivo a prima firma della sottoscritta n. 5-00542;
come detto a causa della sensibilità chimica multipla la signora Malagutti da circa sei anni non è in grado di recarsi presso il proprio posto di lavoro e non potendo essere considerata in malattia risulta di conseguenza assente ingiustificata. Dal 28 ottobre 2009 le è stato sospeso lo stipendio, ma ad oggi la prefettura di Ferrara non ha ancora proceduto al licenziamento della signora;
tale limbo burocratico nel quale si trova suo malgrado a versare procura doppio danno alla signora Malagutti. Da un lato infatti non percepisce più stipendio da due anni e mezzo, dall'altro rimanere ancora formalmente dipendente pubblica le impedisce di stipulare nuovi rapporti di lavoro che potrebbe svolgere da casa attraverso il telelavoro, essendo un tecnico informatico;
per risolvere tale vicenda la signora Malagutti aveva incontrato nel giugno 2010 il prefetto di Ferrara Provvidenza Raimondo, incontro che ad oggi non ha prodotto alcun esito. Come senza esito è rimasta una lettera inviata al precedente Ministro dell'interno;
essendo evidente che al danno di una grave malattia quale la sensibilità chimica multipla, si aggiunge la beffa della disfunzione

burocratica, il risultato prodotto è una situazione incresciosa di sofferenza fisica e psichica, nonché di grave danno economico che, nei limiti del possibile e nel pieno rispetto della legge, deve essere risolta quanto prima -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro al fine di portare a soluzione la drammatica situazione di disagio burocratico-amministrativo riportata in premessa della quale è vittima la signora Valentina Malagutti.
(4-14396)

TOTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a seguito del sisma occorso in Molise il 31 ottobre 2002, nel comune di Santa Croce di Magliano, in provincia di Campobasso, è presente un'aliquota di vigili del fuoco la cui attività si è appalesata sempre più importante e oltremodo utile, essendosi, altresì, consolidata, sul territorio di riferimento, l'operatività di quel prezioso Corpo istituzionale;
in effetti, il comune di Santa Croce di Magliano è stato individuato, di concerto con i vertici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con le organizzazioni sindacali regionali, quale sede di distaccamento permanente dei Vigili del fuoco, nell'ambito del progetto titolato «Soccorso Italia in 20 minuti», elaborato a suo tempo dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con riferimento al quale, il 21 giugno 2011, la Camera dei deputati approvò l'ordine del giorno 9/4357-A/58, accettato dal Governo, col quale, considerata la carenza d'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, impegnò l'Esecutivo a presentare un progetto di revisione dell'organico in base a quanto previsto, giustappunto, dal piano «Soccorso Italia in 20 minuti», e, inoltre, un piano di assunzioni che prevedesse l'implementazione di detto progetto;
nel corso dell'anno 2011, il distaccamento dei vigili del fuoco dislocato in Santa Croce di Magliano, con competenza sui territori di tredici comuni, ha operato, complessivamente, circa cinquecento interventi di soccorso tecnico, in regime di urgenza, dati, questi, che, significativamente, confermano la rilevanza di quel presidio di prevenzione, di protezione e di sicurezza, per persone, animali e beni materiali;
con decreto 13 luglio 2004, il Ministro dell'interno istituì, tra gli altri, il distaccamento vigili del fuoco permanente di Santa Croce di Magliano;
dal canto suo il comando provinciale dei vigili del fuoco di Campobasso ottenne la disponibilità dell'amministrazione comunale di Santa Croce di Magliano a fornire un'area su cui costruire la struttura e il sito messo a disposizione è stato ritenuto, dal suindicato comando, del tutto idoneo alla realizzazione della nuova sede del distaccamento;
la realizzazione dell'opera, invero, è stata, sinora, rinviata nel tempo, per ragioni, verosimilmente, di natura finanziaria, anche in dipendenza delle esigenze complessive rivenienti dalla varietà delle problematiche di settore, nel più generale ambito di livello nazionale;
l'attuale, provvisoria sede del distaccamento permanente dei vigili del Fuoco di Santa Croce in Magliano è ubicata, tuttavia, in una porzione di fabbricato già adibito a edificio scolastico, dismesso a seguito del sisma 31 ottobre 2002, che dovrà essere soggetto a lavori di adeguamento e miglioramento strutturale antisismico. Tale condizione di criticità impedisce la piena utilizzazione dell'immobile, lo rende inadeguato per l'espletamento delle attività che vi si svolgono in funzione delle molteplici esigenze di soccorso e impone gravosi limiti logistici, come risulta essere stato già puntualmente rappresentato dal comando provinciale dei vigili del fuoco di Campobasso ai superiori organi presso il Ministero dell'interno;
è indispensabile, dunque, e anche urgente, procedere alla costruzione, nel comune, di una nuova e idonea sede per

alloggiare il distaccamento dei vigili del fuoco, finalità per la quale, com'è opportuno ribadire e porre ben in evidenza, il consiglio comunale di Santa Croce in Magliano, ha adottato due deliberazioni, rispettivamente, in data 27 aprile 2007 e 29 aprile 2009, con le quali ha posto nella disponibilità, a titolo gratuito, del ministero dell'interno, l'area sulla quale potrà essere realizzata la costruzione della nuova sede del distaccamento permanente dei vigili del fuoco -:
se il Ministro ritenga di confermare la natura territorialmente strategica della presenza vigili del fuoco nel comune di Santa Croce in Magliano;
se il Ministero dell'interno, dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile, abbia redatto ed eventualmente anche finanziato il progetto per la realizzazione di un fabbricato da adibire a sede del distaccamento permanente dei vigili del fuoco di Santa Croce in Magliano;
se, il Governo, nell'ipotesi di insussistenza di qualunque attività pregressa volta alla progettazione, al finanziamento e alla realizzazione dell'immobile di cui in premessa, intenda ribadirne la volontà di svolgimento, in coerenza, da un lato, con la motivata adozione del citato decreto ministeriale istitutivo del distaccamento del corpo nel comune di Santa Croce in Magliano e, dall'altro lato, con il piano «Soccorso Italia in 20 minuti», di cui quel distaccamento è anche espressione, che il Governo è impegnato a implementare, giusta l'approvazione da parte della Camera dei deputati del menzionato ordine del giorno, nonché la sua stessa accettazione da parte del Governo;
quale sia la stima dei tempi occorrenti per pervenire alla realizzazione della detta nuova sede del distaccamento dei vigili del fuoco in Santa Croce in Magliano, ove il Governo ne confermi la prospettiva.
(4-14413)

ZAZZERA e BARBATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta all'interrogante, l'abitazione a Calolziocorte (Lecco) dell'onorevole Michela Vittoria Brambilla ex Ministro del turismo sarebbe sottoposta alla vigilanza delle forze dell'ordine;
davanti all'ingresso della villa dell'onorevole Brambilla, attualmente semplice deputato, continuerebbe ad esserci una pattuglia di carabinieri o della polizia, con almeno due agenti in servizio;
nel novembre 2010 al Ministro Brambilla era stato recapitato un pacco contente una zampa di capra, atto qualificato intimidatorio dagli investigatori;
l'onorevole Brambilla attualmente riveste la carica di deputato, non ricopre incarichi di Governo e, ad avviso dell'interrogante, il già carente personale delle forze dell'ordine potrebbe essere diversamente impegnato -:
qualora tali fatti fossero confermati se e quali motivazioni il Ministro interrogato ritenga che sussistano in ordine al mantenimento del servizio di vigilanza permanente presso l'abitazione dell'onorevole Brambilla.
(4-14419)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il personale A.T.A (amministrativo, tecnico e ausiliario) della scuola ha partecipato alla mobilità professionale nell'anno 2010 attraverso un iter che ha previsto ben tre prove (test di ammissione, corso modulare e prova finale);
il suddetto personale è stato inserito in specifiche graduatorie; solo il 50 per cento di tale personale è stato nominato a tempo indeterminato nell'anno scolastico 2010/2011;

in data 14 luglio 2011 è stata siglata una pre-intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sindacati al fine di prorogare la validità delle graduatorie della mobilità professionale del personale ATA definite per effetto dell'articolo 9 del CCNI del 3 dicembre 2009 da utilizzare nel contesto del piano triennale per le assunzioni a tempo indeterminato;
si è trattato di un giusto riconoscimento per quei lavoratori che si sono sottoposti a prove selettive e che per anni hanno garantito la funzionalità delle scuole svolgendo di fatto mansioni superiori al loro profilo, che ora possono occupare a pieno titolo, liberando in molti casi posti per i precari, come, ad esempio, gli assistenti amministrativi che svolgono le funzioni di Direttore dei servizi generali e amministrativi;
inoltre, la mobilità professionale è ininfluente ai fini delle immissioni in ruolo: il personale vincitore del concorso riservato, infatti, lascia un posto libero che automaticamente viene aggiunto al contingente annuale per le immissioni in ruolo;
l'utilizzo di tali graduatorie oltre a rispondere ad un principio di corretto e pieno utilizzo delle risorse finanziarie già impegnate nelle procedure concorsuali espletate, salvaguarda l'interesse generale e collettivo dell'efficacia ed efficienza dell'azione didattica ed amministrativa delle istituzioni scolastiche, in quanto, come già ribadito, il personale in questione svolge da anni le mansioni del ruolo superiore per il quale ha superato la prova selettiva della mobilità professionale;
la precedente amministrazione ha sostenuto che avrebbe proceduto alla nomina in ruolo di 36 mila unità ATA, ma questo non è avvenuto, poiché sui posti accantonati e destinati alla mobilità non si è provveduto alle nomine a tempo indeterminato;
pertanto, il suddetto personale è rimasto in attesa di veder certificata la pre-intesa, ma in data 20 dicembre 2011, nel corso di una riunione informativa svolta presso gli uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'amministrazione ha illustrato i contenuti di una nota del dipartimento della funzione pubblica che sostanzialmente afferma che l'accordo del 14 luglio 2011 sulla proroga della validità delle graduatorie disciplinate dal precedente contratto integrativo nazionale del 3 dicembre 2009 non può avere ulteriore corso. A tale comunicazione si accompagna una nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, pur evidenziando le criticità relative alla applicazione della, mobilità verticale tra le aree ATA, nel quadro normativo introdotto dal decreto legislativo n. 150 del 2009, riconosce alla procedura criteri di rigore oggettività e selettività e - soprattutto - piena compatibilità economica-finanziaria -:
quali siano le ragioni per cui l'accordo del 14 luglio 2011 sulla proroga della validità delle graduatorie disciplinate dal precedente contratto integrativo nazionale del 3 dicembre 2009 non può avere ulteriore corso, sottolineando il carattere di specialità del reclutamento del personale ATA rispetto ad ogni altra pubblica amministrazione;
se il Ministro intenda effettuare, nel più breve tempo possibile tutti gli approfondimenti normativi del caso per individuare uno strumento che consenta di dare seguito alla mobilità professionale ATA.
(4-14398)

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2012

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, DUSSIN, FABI,

FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, ha disposto, nell'ambito degli interventi in materia pensionistica, il posticipo dell'accesso alla pensione di vecchiaia e l'abolizione di fatto dei trattamenti di anzianità;
a parere degli interroganti la nuova disciplina previdenziale pecca di mancanza di flessibilità nella sua applicazione e le garanzie, pur riconosciute a taluni lavoratori, appaiono tuttavia insufficienti, lasciando completamente prive di tutela alcune particolari situazioni;
ad esempio, sono stati salvaguardati dall'applicazione delle nuove regole per l'accesso al pensionamento i cosiddetti nati nel 1952 iscritti nelle liste di mobilità, i quali potranno andare in pensione nel 2012 con quota 96 più finestra e non si è tenuto conto di quanti, pur nati nel medesimo 1952, sono stati licenziati o hanno perso il lavoro per i più svariati motivi, i quali, invece, dovranno attendere per il conseguimento del diritto alla pensione ben 4 anni e 3 mesi senza alcuna copertura economica e con grandissime difficoltà di reinserimento lavorativo, vista l'età avanzata e la sfavorevole congiuntura economica;
parimenti, le neo misure pensionistiche non hanno considerato tutti coloro che alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 si trovavano in mobilità o in cassa integrazione e che avrebbero maturano quarant'anni di contribuzione nel periodo di percezione del trattamento di sostegno al reddito: costoro si ritroveranno, terminato l'ammortizzatore sociale, senza lavoro e senza pensione;
già i lavoratori/le lavoratrici over 40-50 anni che si trovino in stato di disoccupazione o mobilità rientrano nella categoria dei soggetti «a rischio di esclusione sociale», considerata l'oggettiva difficoltà di un loro reingresso nel mondo del lavoro; prevedere, poi, per costoro un allungamento dell'età pensionabile tout court, senza alcuna gradualità e soprattutto senza alcuna copertura reddituale, significa, di fatto, mettere per strada intere famiglie -:
se sia intenzione del Governo adottare iniziative volte a rivedere la nuova disciplina pensionistica, prevedendo una gradualità o comunque un regime transitorio per i lavoratori/lavoratrici percettori di ammortizzatori e che avrebbero maturato i 40 anni di contribuzione durante la fruizione dell'ammortizzatore medesimo ovvero in favore dei lavoratori/lavoratrici licenziati nel 2011 ed ai quali alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 201 del 2011 mancavano non più di 12 mesi al raggiungimento del diritto al pensionamento, secondo la normativa previgente rispetto all'entrata in vigore del medesimo decreto-legge.
(3-02000)

DELFINO, GALLETTI, DE POLI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, BINETTI, CALGARO, ANNA TERESA FORMISANO, CICCANTI, COMPAGNON, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo la stima effettuata dalla Federazione italiana superamento handicap (Fish), con i tagli agli enti locali imposti dalle manovre finanziarie, una persona su tre non potrà più usufruire dei servizi socio-assistenziali;
ulteriori ripercussioni negative, sempre secondo le associazioni di categoria, potrebbero registrarsi se andrà in porto la

prevista riforma assistenziale, che, così come concepita attualmente, andrà a colpire, soprattutto, le indennità di accompagnamento, le cui conseguenze graveranno ulteriormente, e con diversa intensità, su almeno dieci milioni di famiglie;
i bilanci degli enti locali sono pressoché al collasso, costretti a limitare i servizi socio-assistenziali o, come in alcune regioni, a non elargire, per esempio, più i finanziamenti destinati all'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati;
a fronte dei gravi disagi e delle numerose difficoltà in cui versano le famiglie italiane con persone disabili o anziani a carico, le diverse associazioni hanno chiesto maggiore attenzione per la salvaguardia ed il riconoscimento dei diritti dei soggetti più deboli -:
se non ritenga opportuno promuovere adeguate iniziative al fine di evitare che le misure adottate dal Governo per garantire la tenuta dei conti pubblici penalizzino ulteriormente i soggetti più deboli, in primis i disabili e gli anziani, che scontano già più di altri gli effetti della crisi in corso.
(3-02001)

SALTAMARTINI, BALDELLI e LORENZIN. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in un periodo di crisi economica, come quello attuale, è quanto mai importante lanciare un messaggio di cambiamento al Paese, al fine di modificare i rigidi schemi sociali esistenti, che tendono ad «ingabbiare» le donne e gli uomini in ruoli precostituiti, uscendo da una logica di antagonismo di genere;
in questo quadro appare opportuno investire, da un lato, in politiche di crescita e sviluppo e, dall'altro, valorizzare il capitale della persona;
in tal senso in Italia l'occupazione femminile non ha ancora raggiunto gli obiettivi prefissati dall'agenda europea, malgrado sia ormai certo che laddove ciò accadesse se ne avrebbe un beneficio anche in termini di crescita del prodotto interno lordo nazionale;
nella sua audizione in Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati sulle linee programmatiche del dicastero (6 e 13 dicembre 2011), il Ministro interrogato - che ha anche assunto la delega per le pari opportunità - ha reso, tra l'altro, le seguenti dichiarazioni in materia: «Quando noi vediamo le realtà europee, essendo dentro l'Europa e dovendo confrontarci con questi Paesi, notiamo che l'Italia è assurdamente indietro rispetto all'occupazione femminile. Non è un dato di necessità, non è una questione genetica, non è una questione climatica, ma una questione di organizzazione sociale. Mi si fa notare anche sempre che sono atteggiamenti culturali, come se la cultura richiedesse chissà quali tempi per adattarsi ai cambiamenti. Io credo che la cultura possa cercare di adattarsi ai cambiamenti, se è cultura, con un briciolo di dinamismo. Quello che succede nel mondo è davanti a noi e il fatto che l'Italia sia praticamente sempre ultima nelle graduatorie per l'occupazione femminile e che presenti, lasciatemelo dire, un divario drammatico tra le condizioni al Nord e al Sud non è un dato sul quale possiamo indulgere. Non è a questo passato che dobbiamo guardare, ma alla creazione di una situazione diversa per il futuro»;
con l'articolo 46 del cosiddetto collegato lavoro (legge n. 183 del 2010) è stato riaperto il termine per l'esercizio della delega al Governo finalizzata al riordino della normativa in materia di occupazione femminile, già prevista nella legge n. 247 del 2007;
tra le altre cose, i decreti legislativi attuativi della delega dovrebbero prevedere «incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire l'aumento dell'occupazione femminile», non soltanto mediante una revisione della vigente

normativa in materia di congedi parentali, ma anche con il rafforzamento di istituti, quali il lavoro a tempo parziale e il telelavoro;
uno dei principi direttivi della delega citata indica il rafforzamento delle garanzie per l'applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro, anche attraverso la realizzazione di «sistemi di raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo»;
occorre, dunque, comprendere con chiarezza l'intenzione del Governo su questo versante -:
se intenda procedere fattivamente all'attuazione della delega di cui in premessa e - in caso affermativo - se abbia già stabilito un percorso istruttorio e una tempistica attuativa della delega medesima, atteso che essa viene in scadenza prima del termine del 2012.
(3-02002)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (I.N.P.D.A.P.) concede, su domanda e previa verifica di requisiti, agli iscritti alla «gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociale» istituita presso di esso, mutui ipotecari destinati all'acquisto di unità abitative da adibire a prima casa;
i princìpi, le modalità e le condizioni praticate dall'Istituto per l'erogazione e l'ammortamento dei mutui ipotecari edilizi sono stabiliti in apposito regolamento, approvato dall'Istituto medesimo, la cui attuale versione vige dal 1o ottobre 2011;
l'articolo 26, comma 1, di detto regolamento, stabilisce che il mutuatario deve acquisire, entro dodici mesi dalla di stipula del contratto, la residenza presso l'unità abitativa oggetto del finanziamento, pena la risoluzione del contratto medesimo; il successivo comma 3 pone in obbligo al mutuatario di mantenervi la residenza per cinque anni, fatte salve talune ipotesi esimenti, mentre l'ulteriore comma 4 dispone che il personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate ad ordinamento militare e quello di appartenenza alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile non ha l'obbligo di acquisire la residenza presso l'unità abitativa oggetto del finanziamento; il comma 5, l'ultimo, statuisce, infine, che il mutuatario non può cedere in locazione o in comodato l'unità abitativa per un periodo di cinque anni dalla data di acquisizione della residenza, pena la risoluzione del contratto di mutuo;
circa l'applicabilità anche al personale appartenente alle Forze armate a ordinamento militare e a quello di appartenenza alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile del divieto di cessione in locazione o in comodato dell'immobile di cui si tratta, permangono, anche da parte di uffici dell'Istituto, come è sembrato di riscontrare, dopo il loro interpello, per le vie brevi, da parte di soggetti interessati, incertezze e dubbi sciolti da talune fonti interne all'Istituto, nell'irresolutezza, per via analogica; precisamente, non si esclude dal divieto di cessione in locazione o comodato i soggetti già non obbligati all'acquisizione della residenza, sul semplice assunto dell'assenza di un'espressa esenzione da quello stesso divieto, «analogamente» all'espressa esclusione dall'obbligo di acquisizione della residenza della categoria di personale alla quale è riservata;
invero, così opinando, si desume una prescrizione inibitoria per il personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate ad ordinamento militare e quello di appartenenza alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile che urta non solo con un criterio logico-letterale applicato alle disposizioni regolamentari in argomento ma anche con le evidenze emergenti da un superficiale approccio

interpretativo sistematico dell'articolo 26 del citato regolamento;
la circostanza conferma, preliminarmente, ancora una volta, quello che all'interrogante appare un deplorevole costume, dal quale traspare un'avvilente imperizia o, alternativamente supponendo, una disarmante sciatteria professionale nella confezione a giudizio dell'interrogante infelice, lacunosa, inadeguata e dequalificata di enunciati normativi e, comunque, di testi, nel caso di specie, regolamentari, le cui carenze costituiscono un rilevante problema non solo amministrativo ma, ormai, anche sociale, economico ed etico, per le implicazioni di ogni ordine ad esse conseguenti. Costituiscono, altresì, ad avviso dell'interrogante, la rappresentazione del preoccupante, sconsiderato e vieppiù irreparabile fallimento sostanziale dei vani tentativi sortiti sin dall'epoca della trasmissione al Parlamento del rapporto del Ministro per la funzione pubblica Massimo Severo Giannini, nel novembre 1979, in dipendenza del quale fu anche istituita la cosiddetta Commissione Barettoni Arleri, «Commissione di studio per la semplificazione delle procedure e la fattibilità e l'applicabilità delle leggi nonché l'approntamento dei conseguenti schemi normativi», elettivamente vocata ad approfondire, dunque, anche l'aspetto della «fattibilità» delle normative, in quanto un enunciato non intelligibile o scarsamente intelligibile costituisce un fattore di non «fattibilità»; la puntualità di tale iniziativa risiedeva nella banale considerazione della necessità di norme «concettualmente precise sotto il profilo semantico della chiarezza e della intelligibilità dei termini impiegati, a garanzia della persona e della sua libertà»; infatti, a chiunque dovrebbe essere chiaro o agevolmente verificabile, in ogni momento, cosa gli è consentito e cosa gli è vietato e, per questo, sono decisivi testi legislativi, normativi, regolamentari, «precisi, chiari, contenenti direttive riconoscibili di comportamento»;
il punto controverso evidenziato nel regolamento qui considerato è quello dell'eventuale divieto di cessione in locazione o in comodato, per il personale militare, e anche civile, se appartenente alle Forze di polizia, che, in realtà, non si evince dalla portata letterale del combinato disposto dei commi 1, 4 e 5; infatti, mentre è già letteralmente chiaro che detto personale non ha l'obbligo di «acquisire la residenza» presso l'unità abitativa oggetto del finanziamento, non altrettanto parrebbe esserlo l'esclusione dal divieto di locare o di cedere in comodato l'immobile che, pure, si appalesa, da un lato, coerente con l'esclusione dall'obbligo di «acquisire la residenza» e, dall'altro lato, conferente sul piano teleologico perché non si comprenderebbe la ratio di un'inibizione per soggetti che, notoriamente, possono essere trasferiti pure d'ufficio a una sede di lavoro ubicata in altra provincia o all'estero, determinando, in tal modo, un illogico pregiudizio sul bene che verrebbe, di fatto, posto in stato di «abbandono» per un periodo anche pluriennale, profilandosi per esso il rischio di degrado, com'è intuitivo; senza considerare, infine, che il supposto divieto opererebbe persino in danno dell'erario, posto che, sul corrispettivo della locazione, il locatore, verosimilmente, andrebbe a corrispondere un conguaglio di imposta sul reddito delle persone fisiche. Inoltre, se si accedesse alla tesi inibitoria, si aprirebbe la questione della individuazione, per il personale di cui si tratta, del termine di decorrenza del divieto di locazione o di comodato dell'immobile per il periodo di cinque anni che, per la generalità dei mutuatari, è fissato sotto la data di «acquisizione della residenza» dal cui obbligo, giustappunto, il personale considerato è, invece, escluso -:
se il Ministro non ritenga di dover impartire all'ente vigilato raccomandazioni o direttive per assicurare la chiara e corretta formulazione dei testi normativi o regolamentari di cui abbia competenza che corrisponde a elementari princìpi di certezza del diritto;
se, alla stregua di un'autorevole interpretazione del combinato disposto dei commi 1, 4 e 5 del citato regolamento

dell'I.N.P.D.A.P., il Ministro sia in grado di confermare che per il personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate ad ordinamento militare e quello di appartenenza alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile, escluso dall'obbligo di acquisire la residenza nell'unità abitativa oggetto del finanziamento, non operi il divieto, stabilito nell'articolo 26, comma 5, del richiamato regolamento, di cedere in locazione o in comodato l'unità abitativa oggetto del finanziamento e che, pertanto, esso ne abbia facoltà.
(4-14375)

ZAZZERA, PALADINI e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza della Suprema corte di cassazione n. 12355 del 20 maggio 2010 ha affermato che il personale artistico, teatrale e cinematografico di cui all'articolo 40 n. 5 del regio decreto-legge n. 1827 del 1935 deve ritenersi escluso dall'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, sia a requisiti normali che ridotti;
l'articolo 40 del citato regio decreto-legge dispone che «Non sono soggetti all'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria (...) il personale artistico, teatrale e cinematografico»;
la definizione di personale artistico è riportata dall'articolo 7 del regolamento di cui al regio decreto n. 2270 del 1924, secondo il quale «Non sono considerati appartenenti al personale artistico, così teatrale come cinematografico, (...) tutti coloro che al teatro o al cinematografo prestano opera la quale non richieda una preparazione tecnica, culturale o artistica»;
la stessa sentenza ha altresì stabilito il principio per cui l'effettivo versamento del contributo contro la disoccupazione da parte del lavoratore non è presupposto costitutivo del diritto all'indennità qualora detto contributo sia dovuto;
in conseguenza di tale sentenza, la circolare INPS n. 105 del 5 agosto 2011 ha escluso dal diritto all'indennità di disoccupazione tutte le figure artistiche dei lavoratori dello spettacolo, anche assunti come lavoratori dipendenti, riconoscendo l'indennità solo alle figure tecniche e amministrative;
la Costituzione italiana riconosce il diritto di tutti i lavoratori ad essere assicurati contro la disoccupazione involontaria (articolo 38 secondo comma: «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria»);
come affermato dal Parlamento europeo nella risoluzione del 7 giugno 2007: «nessun artista è totalmente al riparo dalla precarietà in nessuna fase del suo percorso professionale», e che «la natura aleatoria e talvolta incerta della professione artistica deve essere necessariamente compensata dalla garanzia di una protezione sociale sicura»;
il Parlamento europeo, nella proposta di risoluzione del 25 febbraio 1999, invita gli Stati membri a «garantire una protezione sociale adeguata che permetta agli artisti di essere assicurati durante i periodi in cui non percepiscono alcuna retribuzione» -:
se alla luce delle considerazioni svolte, il Governo non ritenga opportuno promuovere l'abrogazione dell'articolo 40, primo comma, numero 5, del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155, nonché dell'articolo 7 del regolamento di cui al regio decreto 7 dicembre 1924, n. 2270, risolvendo in tal modo l'ingiusta, confusa e controproducente situazione in atto.
(4-14393)

ZAZZERA, PALADINI e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'ultima manovra finanziaria il Governo ha approvato l'accorpamento degli enti previdenziali pubblici nell'Inps, unificando l'Enpals, l'Inpdap, e altri enti nell'intento di razionalizzare e di rendere più efficiente la gestione della previdenza pubblica, le cui funzioni possono essere assolutamente svolte da un unico ente;
essendo gli interroganti favorevoli all'unificazione degli enti previdenziali e concordi con la necessità di vincolo di bilancio per l'Inps, a partire dal pareggio per le gestioni speciali occorre considerare che l'attuale sistema previdenziale presenta una serie di criticità che portano all'impossibilità, per moltissimi lavoratori dello spettacolo e dello sport, di ottenere una pensione dignitosa, pur a fronte di contributi versati;
vi è ad esempio l'impossibilità della totalizzazione dei contributi versati ad Enpals ed Inps in periodi coincidenti, cosa che accade frequentemente, poiché molti artisti svolgono di giorno attività di insegnamento e di sera attività di spettacolo. L'ente deputato all'erogazione della pensione è quello presso il quale risulti versato il maggior numero di contributi (a prescindere dall'entità degli stessi), ma se l'ente che eroga la pensione è l'INPS i contributi versati all'ENPALS valgono pochissimo (circa un terzo) qualora la pensione sia calcolata col sistema misto retributivo-contributivo (per gli iscritti con versamenti antecedenti il 1o gennaio 1993). Questa e altre criticità hanno causato l'accumulo di circa due milioni di euro nelle casse dell'ente;
il lavoro nello spettacolo, essendo caratterizzato da una pluralità di datori di lavoro/committenti, diversi luoghi di lavoro, scritture per periodi brevi (anche di un solo giorno), rapporti di lavoro sia autonomo che subordinato, redditi deboli ed aleatori costituiti da remunerazioni di carattere molto diverso, frequente accavallarsi negli stessi giorni di prestazioni artistiche e lavoro di insegnamento, alternato però a lunghi periodi di inattività, è strutturalmente diverso da quello della maggior parte degli altri settori e manca di un adeguato sistema di protezioni sociali, essendo molto difficile quando non impossibile, anche l'accesso alle indennità per malattia e per gravidanza, al godimento di ferie, all'indennità di disoccupazione -:
se il Governo intenda comunicare preventivamente quali saranno le modalità e i tempi di accorpamento dell'ENPALS all'INPS e che fine faranno i circa due milioni di euro citati in premessa ed accumulati presso l'attuale ENPALS;
se il Governo non ritenga opportuno che nella fase di transizione necessaria per la realizzazione dell'accorpamento dei due enti venga costantemente monitorata la gestione dei due milioni accumulati, e che per i lavoratori dello spettacolo venga creato un fondo speciale (mantenendo il criterio del pareggio di bilancio), in cui si apra anche un capitolo dedicato al welfare;
se il Governo non ritenga che debbano essere affrontati e risolti i problemi relativi alla totalizzazione dei contributi attualmente versati presso INPS ed ENPALS, provvedendo anche a fornire delle tabelle di conversione dei contributi fra i due enti che valgano nei due sensi, (senza essere svantaggiose in nessuno dei due).
(4-14394)

DE POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in pochi secoli, l'umanità è riuscita a consumare buona parte dei combustibili fossili naturali accumulati in milioni di anni solo per riscaldarsi, cucinare, farsi la doccia e spostarsi in automobile;
ricercatori ed esperti di tutto il mondo annunciano continuamente che molto presto, la crescente scarsità di queste risorse potrebbe metterci di fronte a un'offerta perennemente insufficiente e a un'esplosione dei costi delle materie prime, per non parlare poi dei danni ambientali;
circa tre quarti dei dannosi gas serra derivano, infatti, dall'uso del petrolio, del gas naturale e del carbone, e le conseguenze di questo fenomeno sono oggi già più che evidenti. Per combattere la minaccia di una catastrofe climatica, i paesi industrializzati hanno firmato, nel 1997 come tutti noi sappiamo, il Protocollo di Kyoto e si sono impegnati a ridurre le loro emissioni di gas serra;
gli statisti nazionali ed internazionali rilevano che il nostro atteggiamento nei confronti dell'energia sta cambiando e si tratta di cambiamenti fattibili ed economicamente sostenibili. Il costo dell'energia fotovoltaica al consumatore si sta riducendo rapidamente, favorito dalla proliferazione degli impianti e dal progressivo aumento della potenza installata e di conseguenza della produzione di energia elettrica fotovoltaica;
secondo il Gifi (Gruppo imprese fotovoltaiche italiane) entro il 2020 anche in Italia raggiungeremo i 16 GW di potenza installata con una produzione annua di 20 TWh di energia elettrica;
le fonti energetiche rinnovabili hanno, un effetto positivo anche sul mercato del lavoro. Sempre secondo il Gifi grazie ai 16 GW installati entro il 2020 sarà possibile creare circa 113.000 nuovi posti di lavoro;
in un periodo di crisi economica come quello attuale queste previsioni lascerebbero ben sperare sul futuro, anche se si apprenda che le principali aziende padovane del settore fotovoltaico hanno firmato un protocollo d'intesa in Provincia con le associazioni di categoria e i sindacati a causa del rischio di licenziamento di 5 mila lavoratori del settore;
già 1.250 lavoratori sono cassaintegrati da novembre;
il protocollo è stato sottoscritto in rappresentanza di circa 200 imprese del distretto e tra le iniziative attuabili contenute nel documento c'è il riconoscimento del valore del settore, il sostegno a ricerca e sviluppo, l'attivazione di fondi di garanzia dal Fondo rotativo per Kyoto, la riduzione dei tempi di allaccio degli impianti alla rete elettrica, garanzie al sistema bancario per finanziamenti e l'apertura di un nuovo tavolo presieduto dal Ministro allo sviluppo economico;
l'assessore al lavoro, formazione, università e ricerca della provincia di Padova come tutti quelli che hanno sostenuto e sottoscritto il Protocollo attendono da parte del Governo un chiaro ed inequivocabile sostegno al settore fotovoltaico italiano -:
come si intenda garantire il posto di lavoro ai 5 mila dipendenti che rischiano di perderlo e sostenere, promuovere per il bene del Paese un settore indiscutibilmente strategico come quello fotovoltaico.
(4-14417)

LENZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
uno degli assi portanti della recente manovra finanziaria proposta dal nuovo Governo, quale suo primo atto, è sicuramente rappresentato dalle misure riguardanti i trattamenti pensionistici, sia sotto il profilo finanziario sia per quanto riguarda l'impatto sociale che ne scaturirà;
le numerose e sostanziali modifiche alla normativa previdenziale previgente apportate con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono volte a conseguire lo scopo esplicito di «garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema

pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo»;
disposizioni differenziate che modificano importanti istituti quali l'estensione a tutti i lavoratori del sistema contributivo attraverso il calcolo pro-rata (comma 2), la flessibilità in uscita e le relative incentivazioni (comma 4), la soppressione del regime delle decorrenze annuali (comma 5), i nuovi requisiti anagrafici per le pensioni di vecchiaia (commi 6, 7 e 9), l'assegno sociale (comma 8), nuovi requisiti per le pensioni anticipate rispetto ai limiti previsti per le pensioni di vecchiaia e penalizzazioni economiche (commi 10 e 11), l'adeguamento dei requisiti anagrafici in ragione delle aspettative di vita (commi 12 e 13), il regime di esenzioni dall'applicazione delle nuove disposizioni per attenuarne alcune asperità (commi 14 e 15), la rideterminazione dei coefficienti di trasformazione (comma 16), una nuova disciplina per i lavori usuranti (comma 17), l'armonizzazione dei requisiti pensionistici di alcuni regimi speciali (comma 18), la totalizzazione dei periodi assicurativi (comma 19), un contributo di solidarietà per il personal di volo (comma 21), gli aumenti delle aliquote contributive dei lavoratori artigiani e commercianti (comma 22), dei lavoratori agricoli, dei coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni (comma 23), il riordino delle casse previdenziali privatizzate (comma 24), la limitazione alla perequazione automatica dei trattamenti pensionistici (comma 25), l'estensione di alcune tutele e prestazioni temporanee ai professionisti della gestione separata (comma 26), l'istituzione di un fondo per l'occupazione giovanile e femminile (comma 27), un nuovo regime di imposta per i trattamenti di fine rapporto di importo superiore a un milione di euro (comma 31), più altre disposizioni di tipo programmatico-promozionali (commi 28, 29 e 30);
un complesso e articolato pacchetto di misure che avrebbe meritato un attento ed approfondito esame parlamentare, ma che, ancora una volta, per esigenze di particolare emergenza economico-politica è stato sacrificato in un iter ancor più accelerato rispetto a quello già sollecito previsto per i decreti-legge;
nonostante tale procedura eccezionale, nel corso dell'esame del richiamato provvedimento, è stato possibile introdurre alcune modifiche che ne hanno parzialmente corretto e limitato alcuni aspetti contraddittori, incongrui o iniqui;
a rendere ancora più impegnativa e difficoltosa l'azione parlamentare si segnala, inoltre, l'impropria tecnica espositiva, ad avviso degli interroganti, degli effetti finanziari attesi dalle diverse e molteplici disposizioni del richiamato articolo 24, in termini aggregati e indistinti per quanto concerne le norme contenute nei primi 20 commi;
ciascuna delle disposizioni in questione attiene a diritti, obblighi, aspettative e progetti di vita che coinvolgono una pluralità spesso vastissima di cittadini e lavoratori, sarebbe stato più che auspicabile poterne valutare l'appropriatezza e l'efficacia non solo in termini astratti di equità sociale, ma anche sotto il profilo della loro reale portata finanziaria, aspetto quest'ultimo di cui non è stato possibile apprezzare fino in fondo la consistenza per ciascuno degli istituti così ridisciplinati in ragione della urgenza;
un corretto e trasparente procedimento decisionale, soprattutto quando attiene a questioni tanto diffuse e di rilievo sociale, non può prescindere da una puntuale conoscenza degli effetti diretti e indiretti che le nuove disposizioni possono determinare sia sulla condizione materiale degli interessati sia per quanto riguarda le conseguenze amministrative e finanziarie per le pubbliche amministrazioni coinvolte -:
quale sia l'impatto finanziario delle singole misure adottate nel breve e nel lungo periodo, tenuto conto della coorte di persone coinvolte e degli effetti pluriennali previsti che si determineranno con riferimento a ciascuna delle misure contenute nell'articolo 24 del citato decreto-legge 201 del 2011.
(4-14420)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 GENNAIO 2012

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

FAVA e BITONCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comparto ippico, settore profondamente radicato nella cultura e nella tradizione di molti territori, versa in gravi difficoltà a seguito degli ultimi provvedimenti di razionalizzazione della spesa pubblica e di riordino degli enti sovvenzionati dallo Stato;
in particolare, il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, disponendo la trasformazione dell'UNIRE in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, struttura tecnico-operativa di interesse nazionale posta sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di fatto lo esclude dal contributo statale riservato invece agli enti a cui il Ministero contribuisce in via ordinaria;
stando ai dati aggiornati diffusi dall'UNIRE, il patrimonio dei cavalli censiti in Italia ammonta a 463.961 capi e il numero degli operatori del comparto ippico in senso stretto ammonta a 48.513 persone e sono oltre 610.000 gli ettari di terreno dedicati all'allevamento e alla produzione di alimenti per cavalli;
la situazione è particolarmente grave in alcune regioni quali la Toscana, dove l'ippodromo fiorentino de Le Mulina è appena stato chiuso, ed altri siti di eccellenza quali l'ippodromo nel parco di San Rossore di Pisa, divenuto polo internazionale per l'allenamento dei purosangue, rischia la stessa sorte, mentre per altri, tra cui il Visarno, si prospettano interventi strutturali significativi come l'accorpamento delle corse di trotto e di galoppo; la costruzione di una seconda pista all'interno del circuito del galoppo compromette la funzionalità dell'impianto e sminuisce la tipicità propria di un ippodromo che è il simbolo della storia dell'ippica toscana;
l'indotto del comparto ippico è enorme e riguarda la produzione di fieno e mangimi, il trasporto di cavalli, sellerie e finimenti, la produzione e il commercio di attrezzature e abbigliamento, i prodotti per la salute e l'igiene dei cavalli, ma anche e soprattutto circa 2.000 circoli ippici affiliati alla federazione italiana sport equestri, circa 440 circoli affiliati Fitetrec - Ante (turismo equestre e monta da lavoro con 15.000 iscritti) e più di 4500 agriturismi;
fino al 1999 PUNIRE è stato ente autosufficiente, in quanto tutte le risorse utili al funzionamento provenivano da scommesse, mentre dal 2000 è stato necessario stanziare i primi contributi statali a fronte del calo di scommesse e la conseguente riduzione del montepremi;
per l'anno 2012 le risorse prospettate come disponibili per l'ASSI (ex UNIRE) ammontano a circa 235 milioni di euro, e i tagli imposti al montepremi, alle risorse per gli impianti e ai costi di funzionamento dell'Agenzia, oltre a non consentire lo svolgimento dell'attività ippica, con la conseguente perdita di lavoro da parte degli operatori del comparto e degli occupati nelle attività dell'indotto, mettono a rischio chiusura almeno 20 delle 45 piste attive in Italia;
nel 2009 è stato predisposto dal Ministro pro tempore Zaia un piano di rilancio del settore denominato «linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica», condiviso dall'UNIRE e da Federippodromi e risultato di un processo di concertazione che ha coinvolto tutti i portatori di interesse del settore ippico italiano e internazionale -:
di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno rilanciare l'intero settore anche avviando con urgenza il piano predisposto nel 2009

al fine di consentire agli ippodromi più virtuosi di superare la fase di crisi economica e finanziaria e continuare a svolgere la loro attività che, in alcune regioni, è non solo volano di sviluppo economico, ma elemento rappresentativo delle identità del territorio.
(4-14386)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

FIORONI, GASBARRA, PEDOTO, MARAN, LENZI, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Policlinico Agostino Gemelli rappresenta una delle più significative istituzioni sanitarie del nostro Paese; è, infatti, il primo ospedale per ricoveri della regione Lazio (circa 100.000 ricoveri l'anno) e il primo ospedale per la quota di prestazioni di alta complessità della stessa regione. Si tratta di un policlinico con una straordinaria capacità di attrazione di pazienti da fuori regione (nel solo 2010 oltre 13.000 degenti extra regione);
lo stesso policlinico rappresenta la più grande struttura oncologica italiana, oltre ad essere polo di riferimento principale in molti ambiti dalla cardiologia al sistema di emergenza/urgenza;
risulta agli interroganti che lo stesso policlinico è in attesa di vedere saldati crediti dalla regione Lazio per il periodo 2000-2006 di circa 224 milioni di euro, richiesta acclarata da un lodo arbitrale proposto dalla regione, che, nonostante quanto stabilito dagli arbitri, ha deciso di fare ricorso alla corte di appello di Roma (ricorso presentato nel 2009, con udienza fissata nel 2014);
fino ad oggi di quella cifra nulla è stato versato dalla regione;
sono, altresì, riconosciuti dalla regione Lazio crediti per il periodo 2006-2010 di altri 78 milioni di euro;
il Policlinico Gemelli aveva stimato per l'anno 2011 un fabbisogno di circa 580 milioni di euro, mentre la regione ha espresso diversa opinione, riconoscendo congrui 510 milioni di euro, e comunque i versamenti effettuati dalla regione ed ottenuti per il 2011 ammontano a 430 milioni di euro;
si tratta di un'enorme entità di crediti pregressi in relazione ad una struttura che poggia la propria copertura economica solo sulla produzione di prestazioni di qualità effettuate dal policlinico, e quindi svolte senza possibilità di filtri, di rifiuti o di limitazione agli accessi tramite pronto soccorso, né per quantità di soggetti, né per complessità delle prestazioni, che vengono dunque svolte con esclusiva finalità pubblica al servizio del territorio e del sistema sanitario nazionale;
sui crediti poggia l'annosa questione degli ospedali classificati (che per legge sono equiparati a strutture pubbliche), essendo evidente che una struttura come il Policlinico Gemelli non può essere paragonata a strutture private, che, seppur convenzionate, hanno l'opportunità di selezionare la complessità e la tipologia degli interventi e che non sostengono gli alti costi di gestione per l'eccellenza, così come li sostiene il Policlinico Gemelli;
il Policlinico Gemelli ha approvato un piano di razionalizzazione e sviluppo per il periodo 2011-2013 ed è disponibile ad una rimodulazione programmata e concordata in un orizzonte temporale di cinque anni, che nulla tolga alle aspettative dei malati e dei pazienti che lì si ricoverano -:
se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adoperarsi affinché sia congrua la definizione dei tempi per la riscossione dei crediti pregressi, favorendo interventi per individuare una rapida soluzione e una risposta adeguata per impedire che una struttura di qualità

e di eccellenza, come il Policlinico Gemelli, rischi di vedere messa in difficoltà e in crisi la propria attività di offerta di cura sempre al servizio dei cittadini malati.
(3-01998)

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Francia trentamila donne che hanno avuto impiantata una protesi al seno di tipo poly implant prothese (Pip) sono state richiamate dalle autorità sanitarie per rimuoverle perché a rischio di poter sviluppare tumori;
tutto è iniziato quando la Pip, con sede a La Seyne sur Mer, ha chiesto l'autorizzazione per produrre e commercializzare protesi al seno circa dieci anni fa. Il marchio europeo è stato rilasciato per un certo tipo di silicone adatto ad un uso medico, ma è stato utilizzato nella forma originariamente prevista solo agli inizi. Poi, l'aumento delle richieste e l'evidente desiderio di un maggiore guadagno a più bassi prezzi di costo ha indotto la ditta ad utilizzare un materiale più scadente, inadatto all'uso negli impianti mammari, destinati in parte a persone operate di tumore al seno e, nella maggiore parte dei casi, per interventi di chirurgia estetica;
dal 2001 infatti nel sud est della Francia è stato usato un gel di silicone diverso da quello previsto a norma di legge per gli usi in sanità, tanto da far moltiplicare negli ultimi anni le segnalazioni di problemi e costringere l'agenzia francese ad un'ispezione nei laboratori della Pip;
le protesi fabbricate dall'azienda francese Pip possono lacerarsi provocando notevoli danni, che vanno dalle infiammazioni, alle possibili forme tumorali; recentemente poi si è aggiunta anche una vera e propria sindrome da stress nelle donne portatrici di queste protesi, perché esse temono da un momento all'altro che esplodano all'interno del loro organismo;
la decisione presa dalle autorità sanitarie francesi non ha precedenti; il Governo di Parigi non ha dubbi sul rapporto tra il difetto della protesi (che si può rompere diffondendo il liquido nel corpo della paziente) e la comparsa dei processi infiammatori o di un possibile cancro;
benché fuori dal mercato italiano da circa due anni, l'allerta si è rapidamente diffusa anche in Italia, dove un numero non ben identificato di donne ha una protesi di questo tipo;
il Ministro interrogato ha convocato d'urgenza il Consiglio superiore di sanità. Un vertice finalizzato a fare il punto sulle protesi finite sotto accusa poiché fabbricate con silicone destinato a usi industriali -:
se non ritenga necessario avviare un'indagine volta a rilevare con certezza il numero delle donne colpite da rischio cancerogeno a seguito dell'operazione chirurgica e quali urgenti iniziative intenda mettere in atto per procedere alla sostituzione di queste protesi, oltre che per impedire che sul mercato italiano vengano immesse protesi che non siano a norma e presentino un alto rischio cancerogeno.
(3-01995)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferito da numerosi quotidiani, agenzie di stampa e siti internet il 29 dicembre 2011 la signora Valeria Lembo, è deceduta dopo una settimana di agonia;
la signora Lembo, di 34 anni, era affetta da linfoma di Hodgkin;

il tumore era al primo stadio, e i medici avevano assicurato che esistevano parecchie possibilità di guarigione;
durante il quarto ciclo di chemioterapia al policlinico di Palermo sarebbero state iniettate alla signora Lembo 90 milligrammi di vinblastina, invece di 9;
la dose eccessiva si è trasformata in veleno che, dopo un'agonia durata una settimana, ha condotto la signora Lembo alla morte;
in particolare, secondo il resoconto del giornalista Felice Cavallaro sul Corriere della Sera dell'8 gennaio 2012, che «il primario del reparto di oncologia professor Sergio Palmeri, che aveva in cura la giovane donna, era assente quando un'infermiera, davanti a quel foglio con la prescrizione dei 90 milligrammi di vinblastina, sorpresa, dubbiosa, ha chiesto l'intervento del medico di guardia, uno specializzando. Un neo-laureato, evidentemente incapace di valutare un dato così importante, gli occhi smarriti sul foglietto e su quel «90» senza la virgola fra il «9» e lo «0»;
l'articolo prosegue raccontando che «...deciso a non chiedere lumi e a "non disturbare" il professore, il neo-laureato avrà pensato che se così è scritto così s'ha da fare. Verdetto ripetuto a una seconda domanda dell'infermiere che mai in vita sua aveva iniettato 15 fiale di quel farmaco tutte insieme nel boccione della flebo, nel cosiddetto cocktail della chemio. Come ha poi fatto su indicazione del neo-laureato nei panni di un praticante con foglio rosa lasciato alla guida di un TIR in autostrada»;
sarebbero occorsi diversi giorni per comprendere il guaio che era stato combinato in un reparto definito «famoso per quel sottoscala dove si praticavano le chemio, fra le proteste di pazienti seguiti anche dalla dottoressa Maria Rosa Valerio coinvolta in un'altra inchiesta su tre cliniche private di Palermo, dove si risparmiava evitando di somministrare l'antivomito ai malati di tumore»;
secondo quanto si legge nella cronaca del quotidiano La Repubblica, dopo il trattamento la signora Lembo si è sentita subito male; il giorno successivo è stata richiamata dal personale del Policlinico. I medici - ha riferito a Repubblica la madre della donna - l'hanno ricoverata col «pretesto» di una gastroenterite. Solo qualche giorno dopo avrebbero ammesso l'errore. A quel punto i familiari hanno deciso di trasferirla all'ospedale Cervello, dove è stata ricoverata in camera sterile nel reparto di ematologia;
la cronaca pubblicata dal Corriere della Sera è accompagnata da un commento di Mario Pappagallo, il contenuto del quale, per la sua gravità, si riporta integralmente: «Uccisa da uno zero di troppo e, secondo la ricostruzione, dal solito "vizio" italiano di lasciare uno specializzando, un medico neolaureato, di guardia in un reparto dove si praticano terapie «velenosissime». E come fa un giovane uscito da una Scuola di medicina dove continua a prevalere la teoria, e la pratica è l'ultima delle preoccupazioni, a sapere se quel numero sulla cartella clinica è assurdo? Lui è lì per specializzarsi e al suo fianco dovrebbe avere sempre qualcuno che sa ciò che lui deve ancora apprendere. Invece, oltre a essere lasciato solo, è pure terrorizzato dall'idea di disturbare al telefono il suo primario per avere lumi. Poi ci scappa il morto, volano tante parole... e nulla cambia» -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze intenda promuovere o adottare al riguardo e, in particolare, in relazione a quanto scritto nel commento da Mario Pappagallo, quali iniziative per contrastare quello che viene definito il «solito vizio italiano».
(5-05881)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito internet del quotidiano La Repubblica in data 12 gennaio 2010 è stato pubblicato l'articolo dal titolo «Amianto sulle navi militari gli ammiragli alla sbarra» in cui si legge «Padova - Navi imbottite di amianto, navi killer che per mezzo secolo - dalla fine della seconda guerra mondiale al disarmo definitivo del 2005 - hanno avvelenato i polmoni di centinaia di Marinai, condannati a una morte lenta ma puntuale. Militari della Marina in servizio nelle basi di Monfalcone, La Spezia e Taranto. Almeno 500 se ne sono andati, negli ultimi dieci anni, falciati dal mesotelioma, il tumore provocato dalle fibre dell'asbesto. Per rendere giustizia a questa strage silenziosa nel tribunale di Padova si apre oggi il primo processo per le vittime dell'amianto in Marina. Gli imputati sono otto alti ufficiali - sei ammiragli, due generali (nell'udienza preliminare ne erano comparsi 14) - rinviati a giudizio con le accuse di omicidio colposo e inosservanza delle norme di sicurezza negli ambienti di lavoro (le navi militari). Dovranno rispondere del decesso di un comandante, Giuseppe Calabro, e di un maresciallo, Giovanni Baglivo, morti a Padova, dopo una lunga agonia, all'età di 61 e 50 anni. Le loro famiglie sono già state risarcite dal Ministero della difesa con 850 e 800 mila euro - un indennizzo arrivato ancor prima della sentenza dei giudici, primo e finora unico caso nella storia della Marina. Ma quel che più importa è che quello celebrato a Padova diventerà una sorta di processo esemplare. Da una parte. E di maxi-processo, dall'altra. La procura padovana, su provvedimento della Cassazione, ha infatti avocato a sé tutti i casi di morti da amianto in Marina: una scia lunga dieci anni, che conta almeno 500 decessi e per la quale i PM Maurizio Block e Sergio Dini attribuiscono responsabilità precise a chi stava ai vertici della Marina militare negli anni in cui le navi - soprattutto cannoniere e dragamine di provenienza americana - solcavano i mari e intanto bombardavano la salute di chi era a bordo. Macchinari, tubature, cabine: tutto, di quelle imbarcazioni, era rivestito con il minerale tossico (...)»;
le agenzie di stampa riportano che la sentenza del processo penale che vede coinvolti alti ufficiali della Marina militare è attesa per il 22 marzo 2012;
la legge 27 marzo 1992, n. 257 ha fissato le norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto;
l'articolo 20, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n. 183 ha tutelato gli alti ufficiali nel disporre che «Fermo restando il diritto al risarcimento del danno del lavoratore, le norme aventi forza di legge emanate in attuazione della delega di cui all'articolo 2, lettera b), della legge 12 febbraio 1955, n. 51, si interpretano nel senso che esse non trovano applicazione in relazione al lavoro a bordo del naviglio di Stato e, pertanto, le disposizioni penali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, non si applicano, per il periodo di loro vigenza, ai fatti avvenuti a bordo dei mezzi del medesimo naviglio. I provvedimenti adottati dal giudice penale non pregiudicano le azioni risarcitorie eventualmente intraprese in ogni sede, dai soggetti danneggiati o dai loro eredi, per l'accertamento della responsabilità civile contrattuale o extracontrattuale derivante dalle violazioni dello disposizioni del citato decreto n. 303 del 1956»;
le discutibili interpretazioni richiamate incidono su una legge delega che ha già esaurito la sua funzione dopo l'adozione attuativa, risultando di fatto inapplicabili e privi di effetti oltre che già abrogate espressamente dall'articolo 304, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

la risposta all'interrogazione 4-12255 del Ministro della difesa pro tempore, pubblicata il 17 novembre 2011, riporta che «tutte le navi in linea sono in possesso di mappature amianto prodotte dal RINA (Registro Italiano Navale), dalle quali risulta che non sono state rilevate situazioni di rischio per la salute del personale e che non si rendono necessari interventi urgenti di bonifica. In relazione alle suddette mappature, è in corso, da parte degli Arsenali, l'attività di bonifica delle unità navali in occasione di soste lavori pianificate ed in aderenza ai fondi resi disponibili per ogni esercizio finanziario. Contestualmente all'attività di bonifica, sulle unità vengono effettuati controlli periodici (di massima annuali) delle fibre aerodisperse secondo un protocollo tecnico-scientifico definito in collaborazione con l'università di Genova. Ad oggi, in nessun caso sono state riscontrate situazioni di inquinamento ambientale con conseguente rischio per il personale» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e urgente assumere un'iniziativa normativa per abrogare l'articolo 20, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n. 183;
se non ritenga doveroso rendere pubblico il registro delle unità navali sottoposte a bonifica e/o controlli periodici, i risultati di detti controlli, le certificazioni, i costi e le eventuali azioni intraprese;
quali siano le unità navali che risultino ancora non completamente bonificate, se siano ancora impiegate, per quali attività e quali siano le misure di prevenzione adottate per tutelare la salute degli equipaggi e del personale militare comunque imbarcato;
dal marzo 1992 ad oggi quanti siano i militari deceduti a causa di mesotelioma e quali siano i risarcimenti economici corrisposti agli eredi o ai familiari.
(4-14374)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la mattina del 18 dicembre 2011 una studentessa di Roma A.S., di 25 anni, dopo aver avuto un rapporto sessuale, ha avuto alcuni dubbi riguardo un rischio di gravidanza a causa di un imprevisto e ha chiamato il suo medico di famiglia per chiedere notizie sulla «pillola del giorno dopo» e per avere eventualmente la prescrizione medica del farmaco;
il medico di famiglia per tutta risposta le ha detto che non poteva fare la prescrizione perché «obiettore di coscienza»;
A.S. allora si è recata nel più vicino pronto soccorso, all'ospedale Spallanzani, nella speranza almeno di avere informazioni; all'ospedale le hanno risposto che in quella struttura si trattavano solo malattie infettive e che si sarebbe dovuta recare in un altro pronto soccorso;
la studentessa si è quindi recata al pronto soccorso dell'ospedale San Camillo e dopo un'attesa di quasi due ore è riuscita a parlare con un medico ginecologo che le ha detto che non poteva fare una prescrizione medica perché si stava occupando di casi molto più urgenti;
a questo punto la studentessa ha telefonato ad un consultorio medico dove le hanno detto che non potevano prescriverle il farmaco perché lei non era di quella zona; successivamente ha contattato il consultorio di via Brugnato a Roma, dove finalmente è riuscita ad avere la prescrizione medica per il farmaco;
recatasi in una farmacia di via Portuense le è stato risposto che erano senza il farmaco e che se voleva potevano ordinarlo per farglielo avere nei giorni successivi; recatasi in un'altra farmacia in via Oderisi da Gubbio le è stato risposto che non potevano darle il farmaco con la seguente motivazione: «sono obiettore di coscienza e ho una morale»; a questo punto, la studentessa, si è recata in una

farmacia di via Ostiense dove finalmente è riuscita ad avere il farmaco -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, in merito a quanto esposto in premessa;
per quale motivo i presidi sanitari di emergenza non diano informazioni ai pazienti su come è possibile avere le prescrizioni mediche riguardo al farmaco denominato «la pillola del giorno dopo»;
per quale motivo il medico ginecologo dell'ospedale San Camillo non possa fare prescrizioni ai pazienti che richiedono tale farmaco;
quanti siano i medici di «base» o «di famiglia» di Roma che si considerano «obiettori di coscienza» e che non prescrivano alcuni tipi di farmaci ai loro pazienti e per quale motivo i consultori medici non prescrivano tale farmaco se le persone che lo richiedono sono di zone diverse;
quante siano le farmacie nel territorio di Roma che non vendono alcuni farmaci, perché i medici si considerano «obiettori di coscienza»;
se esistano nel territorio della regione medici obiettori di coscienza, perché testimoni di Geova, nei reparti sanitari dove si effettuano trasfusioni del sangue;
se non ritenga di intervenire presso l'ordine dei farmacisti del Lazio per chiarire che i medici non si possono rifiutare di vendere alcuni farmaci se prescritti da un medico;
se non ritenga urgente assumere iniziative affinché nei presidi sanitari vengano date informazioni chiare e precise riguardo all'assistenza alle donne che chiedono informazioni e aiuto in merito all'utilizzo e all'accesso al farmaco cosiddetto «pillola del giorno dopo».
(4-14390)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
è notizia di questi giorni che la dirigenza della Alcoa, società multinazionale che opera nel settore della produzione di alluminio primario, ha intenzione di ridurre la capacità produttiva dei suoi stabilimenti, delineandosi così la plausibile chiusura dello stabilimento sardo di Portovesme, centro produttivo dove sono impiegati circa 800 addetti;
il tutto rientra nel piano di ristrutturazione già iniziato negli stabilimenti americani che prevede la riduzione di circa il 12 per cento di capacità totale di produzione di alluminio che quindi coinvolgerebbe pienamente lo stabilimento di Portovesme, interessato negli ultimi anni da una lunga vertenza, in quanto considerato non pienamente competitivo;
già nel 2010 il colosso multinazionale della produzione di alluminio aveva, infatti, prospettato la chiusura (almeno temporanea) degli impianti italiani considerando troppo elevato il costo dell'energia nel territorio italiano ma la vicenda è poi rientrata a seguito dell'intervento del Governo che con un provvedimento d'urgenza ha predisposto un piano di tariffazione agevolata dei costi dell'elettricità per le aziende energivore per le regioni Sicilia e Sardegna fino a tutto il 2012, con possibile proroga per gli anni a seguire, previa verifica da parte dell'Unione europea;
la situazione appare di notevole criticità, soprattutto per le gravissime conseguenze sotto il profilo occupazionale, e necessita di un intervento da parte del Governo nel più breve tempo possibile per evitare una tragica conclusione degli eventi che porterebbe alla chiusura dello stabilimento e al conseguente crollo di tutto il

settore produttivo del Sulcis-Iglesiente, che coinvolge aziende di grande rilevanza nel settore quali la Portovesme srl, la Euroallumina e la Carbosulcis, a cui si aggiungerebbe la perdita di migliaia di posti lavoro in un momento congiunturale difficilissimo e in un territorio già fortemente colpito da anni da una profonda crisi economico/occupazionale -:
se non intenda attivarsi per convocare un tavolo di concertazione tra i vertici dell'azienda, i lavoratori, le sigle sindacali e le rappresentanze politico-istituzionali locali per trovare una soluzione che consenta il prosieguo dell'attività produttiva dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
quali urgenti iniziative intenda intraprendere, anche in via straordinaria, per consentire la prosecuzione dell'attività dello stabilimento in questione e conseguentemente garantire così la produttività di tutto il polo produttivo del Sulcis-Iglesiente e il mantenimento occupazionale delle risorse impiegate nel territorio.
(2-01306) «Mereu, Galletti».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
la DR Motor Company è un'azienda automobilistica italiana, fondata nel 2006 a Macchia d'Isernia da Massimo Di Risio. L'azienda dichiara di importare componenti prodotti dalla Casa automobilistica cinese Chery Automobile, e di assemblarli in Italia. La commercializzazione, per i primi tempi, avveniva tramite un accordo con una rete di supermercati e ipermercati. Oggi la DR dichiara di possedere una propria rete di vendita e officine. L'azienda ha sede a Macchia d'Isernia, in Molise. Fa parte della capogruppo DR Automobiles Groupe, azienda già di proprietà di Di Risio, fondata nel 1995 che importa e distribuisce autovetture di varie marche;
nel 2006 Massimo Di Risio, già fondatore dell'azienda Katay, che si occupa d'importare auto prodotte interamente in Cina, fonda la «DR Motor Company», inizia la distribuzione di modelli prodotti dalla Chery Automobile, rimarchiandoli «DR»;
la DR con l'accordo siglato il 1o dicembre 2011 ha rilevato lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. Solo tre anni fa la Fiat aveva promesso, per quell'area, investimenti complessivi per 500 milioni di euro con l'obiettivo di produrre circa 100 mila nuove auto, modello Ypslon, all'anno. Invece, smentendo sé stessa, ha chiuso Termini Imerese dal 1o gennaio 2012, con la conseguenza che la nuova Ypslon sarà fabbricata in Polonia;
la DR è stata a lungo in trattativa, sempre con Fiat, per rilevare anche lo stabilimento irpino dell'Irisbus, prima di abbandonare per puntare all'impianto siciliano. Dopo una trattativa con gli enti locali, Governo e sindacati, la DR è subentrata alla Fiat nella gestione dello stabilimento siciliano. L'azienda molisana gestirà l'impianto insieme ad altre quatto aziende, dal 2012, con un investimento complessivo di 341 milioni di euro per la riqualificazione della fabbrica;
il gruppo Italia dei Valori è stato l'unico partito a denunciare fin dall'inizio la fuga di fatto della Fiat dall'Italia, chiedendo al precedente Governo di far sentire la propria voce esattamente come fecero la Merkel con la Opel che rischiava la cessione e Sarkozy con la Renault quando intendeva delocalizzate uno stabilimento;
Italia dei Valori su Termini Imerese ha avanzato proposte precise di politica industriale così riassunte: acquisizione dello stabilimento di Termini Imerese da parte della regione Sicilia, al valore di un euro; infrastrutturazione del porto; ammodernamento delle aziende dell'indotto, utilizzo dei 100 milioni di euro di fondi europei previsti nei programmi di investimento destinati alla riqualificazione dell'area industriale di Termini Imerese. Tutto ciò per predisporre un bando internazionale

di gara rivolto a produttori di tutto il mondo, tale da rendere conveniente e interessante l'investimento in Italia per un secondo costruttore di auto. Tale proposta prevede che tutti gli operai siano riassunti dalla nuova azienda in modo da riorganizzare l'intero indotto senza perdita di posti di lavoro. Il piano richiede che la regione si impegni a integrare la cassa integrazione anche facendo ricorso ai fondi europei. Si ritiene che questa proposta sia tuttora valida e che possa essere utile per salvare Termini Imerese da una tragedia occupazionale e sociale e da un imprenditore, Massimo Di Risio, la cui solidità economica, organizzativa ed imprenditoriale non appare chiara;
in un comunicato sindacale del 19 settembre 2011 la Fiom Cgil ha chiesto un incontro alla DR Motor «anche per fare chiarezza circa le mensilità arretrare dei lavoratori della DR». In una lettera inviata il 26 novembre a Il Fatto quotidiano, lo stesso Di Risio rispondendo ad un articolo pubblicato il giorno prima sul medesimo quotidiano, ha ammesso «un debito dell'azienda di 67 milioni per il 2009 che salirà a 68 nel bilancio 2010». Nella stessa lettera però ha assicurato di poter risanare la sua disastrata azienda senza dover ricorrere né all'articolo 67 della legge fallimentare, come denunciato dal Sole 24 ore del 24 novembre 2011 e neppure a 178 milioni di finanziamento pubblico, come è inevitabile sospettare trattandosi di un imprenditore che ha potuto dar vita allo stabilimento di Isernia grazie a 4 milioni di euro presi dai fondi per il terremoto del Molise e utilizzati in una zona che dal terremoto era stata appena lambita;
per un industriale che si lancia nell'impresa di rilevare Termini Imerese azienda che dà lavoro a 1.600 dipendenti diretti a cui si aggiungono altri 600 lavoratori dell'indotto, l'avere già un debito esorbitante e non poter pagare neppure gli attuali 140 dipendenti è un pessimo inizio;
si avrebbe altresì notizia che da diversi mesi la DR Motor di Massimo Di Risio non paga gli stipendi agli impiegati, e agli operai. Inoltre emergerebbe un atteggiamento dell'azienda volto a scoraggiare i lavoratori dal diffondere notizie relative al mancato pagamento con la promessa di essere eventualmente assunti dalla nuova azienda, la DR Industrial di Termini Imerese;
dal Corriere della Sera di martedì 3 gennaio 2012 si apprende, nell'articolo: «Dr apre la partita di Termini. Il sogno del solare made in Usa», che «il capitale che dovrebbe essere messo a disposizione da Di Risio è di 15 milioni, a fronte del quale ha ottenuto 82 milioni di agevolazioni e 95 milioni di garanzie bancarie da parte della Regione Sicilia: non poco per un gruppo ancora in fase di sviluppo, che per due mesi non ha pagato i dipendenti del suo stabilimento di Macchia d'Isernia, ha 35 milioni di debiti e non ha ancora pubblicato il bilancio 2010»;
il giorno 4 gennaio 2012 è pervenuta agli interroganti una nota di 2 pagine, qualificata come «lettera aperta dei dipendenti DR Motor», nella quale vengono formulati ulteriori gravi addebiti, alla società;
diventa dunque più forte il sospetto di trovarci di fronte a una di quelle classiche partite di giro cui troppe volte abbiamo assistito a danno dei lavoratori del Sud in questi ultimi anni: quei giochi vertiginosi alla fine dei quali gli unici a ritrovarsi gabbati, presi in giro e gettati in mezzo a una strada sono i lavoratori con uno spreco clamoroso di denaro pubblico;
se il Governo non interviene immediatamente sia per verificare la reale consistenza della proposta della DR Motor sia per la responsabilità, che deve rimanere di Fiat, sul destino di questi lavoratori, sarebbe molto difficile cogliere la differenza tra il comportamento di questo Governo e quello precedente -:
se il Governo non intenda intervenire per accertare il reale stato finanziario del gruppo guidato da Massimo Di Risio, la reale fattibilità del piano industriale, le

garanzie che il gruppo DR Motor dovrebbe dare a fronte dell'ingente finanziamento pubblico;
se il Governo abbia predisposto o intenda predisporre un piano alternativo più volte invocato dagli interpellanti mentre era in carica il precedente Governo senza mai ricevere una risposta;
se il Governo intenda far valere gli interessi nazionali chiedendo alla Fiat di rispondere del denaro pubblico percepito e di chiarire l'effettivo contenuto del cosiddetto «piano Fabbrica Italia», mantenendo per quanto rientri nelle sue competenze «vincolata in solido» la Fiat all'effettivo risultato del piano industriale e occupazionale annunciato.
(2-01307)
«Leoluca Orlando, Di Pietro, Donadi, Messina, Paladini, Aniello Formisano, Borghesi, Evangelisti, Cimadoro».

Interrogazione a risposta immediata:

MURO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale per il commercio estero ha bandito nell'ottobre 2008, previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, un concorso pubblico a 107 posti area funzionale C, posizione economica C1;
la graduatoria finale di merito è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale il 30 aprile 2010;
da allora, nonostante sia trascorso oltre un anno, l'Istituto nazionale per il commercio estero, nel rispetto della normativa vigente, ha potuto assumere solo le prima 4 unità, su un totale di 107 vincitori;
il concorso pubblico bandito dall'Istituto nazionale per il commercio estero ha comportato un notevole dispendio di risorse pubbliche e fondi dell'istituto, attraverso la realizzazione di complesse procedure di selezione che hanno coinvolto oltre 15.000 giovani impegnati in numerose ed articolate prove di economia internazionale, marketing, politica economica, tecnica degli scambi, diritto amministrativo, lingue straniere;
le procedure di selezione, protratte per quasi due anni, hanno comportato per gli oltre cento vincitori un imponente sacrificio personale in termine di risorse economiche, umane e professionali;
tale investimento per il superamento delle prove selettive ha rappresentato per i giovani vincitori un importane segnale di fiducia nelle istituzioni e nelle prospettive professionali qualificate da esse offerte;
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha previsto la soppressione dell'Istituto nazionale per il commercio estero, abrogando la legge n. 68 del 1997 e sancendo il passaggio delle funzioni precedentemente svolte dall'istituto, del personale di ruolo, delle risorse strumentali e finanziarie al Ministero dello sviluppo economico ed il passaggio delle risorse strumentali ed umane degli uffici della rete estera al Ministero degli affari esteri;
in particolare, il comma 18 dell'articolo 14 del sopra citato decreto-legge stabilisce che «le funzioni attribuite all'ICE dalla normativa vigente e le inerenti risorse di personale, finanziarie e strumentali, compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, sono trasferiti, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, anche giudiziale, al Ministero dello sviluppo economico»;
nel suddetto decreto-legge nulla viene disposto in ordine al regime transitorio né, tantomeno, in ordine alla tutela del personale a tempo determinato con contratto di lavoro atipico, all'assunzione dei vincitori di concorso e relativa tutela delle graduatorie di merito, già aperte con le prime 4 assunzioni;
inoltre, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2011, recante «Autorizzazione ad assumere a

tempo indeterminato e a trattenere in servizio unità di personale per le esigenze di varie amministrazioni dello Stato», autorizza l'istituto, all'indomani della sua soppressione, ad assumere n. 12 unità -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire la tutela della validità delle graduatorie di merito e l'immediato assorbimento delle graduatorie vigenti da parte del Ministero dello sviluppo economico, al pari di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo all'Istituto nazionale per il commercio estero, al fine di garantire effettiva parità di trattamento con i vincitori già assunti, anche attraverso la riorganizzazione delle risorse umane e funzionali del Ministero dello sviluppo economico.
(3-02004)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RIGONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società San Carlo Spa, azienda operante nel settore delle acque termali anche ad uso sanitario nel comune di Massa, attualmente registra una situazione di forte crisi con una progressiva situazione di fermo produttivo legata alla assenza di investimenti e di messa a disposizione del personale lavorativo degli strumenti operativi in termini di realizzazione del prodotto;
la materia è regolata dalla legge regionale 27 luglio 2004, n. 38 e successive modificazioni e integrazioni e dal regolamento n. 11/R del 24 marzo 2009;
con l'entrata in vigore della legge regionale n. 38 del 2004 le funzioni di gestione della materia sono attribuite ai comuni;
sono i comuni a rilasciare i permessi di ricerca (che abilitano appunto a ricercare l'acqua, fare sondaggi, perforazioni e altro) e le concessioni (autorizzazioni ad estrarre l'acqua);
alla luce della normativa regionale, e di conseguenza dell'affidamento delle competenze sul rilascio delle concessioni per l'utilizzo delle acque termali all'ente locale, il ruolo del comune di Massa diventa strategico nella gestione dei rapporti economici tra pubblico e privato;
la società San Carlo di proprietà esclusiva del gruppo Vichi di Roma, gruppo con natura economica prevalentemente legata ad attività immobiliare, occupa circa 7 unità solo nell'ambito dell'imbottigliamento, con una realtà dell'indotto che legata alla attività termale registra tra alberghi ristoranti ed esercizi commerciali oltre le 50 unità;
nel corso degli ultimi mesi è progressivamente venuto meno l'impegno del gruppo Vichi di Roma, con ogni probabilità a seguito del depotenziamento dell'interesse immobiliare dell'iniziativa imprenditoriale, relativamente al mantenimento produttivo della azienda San Carlo, nonostante soprattutto sull'imbottigliamento si registrino ancora ordinativi e quote di mercato accessibili che l'attuale proprietà non sembra in grado di mantenere a fronte delle considerazioni sopra esposte;
il regime concessorio, relativamente all'utilizzo delle acque termali, rappresenta una forte leva per richiedere il rispetto degli accordi sottoscritti;
ai lavoratori devono ancora essere corrisposti gli stipendi di novembre e dicembre e le relative spettanze contrattuali -:
se il Governo non ritenga opportuno impegnarsi nella ricerca di una interlocuzione con il gruppo Vichi convocando un tavolo ad hoc o favorendo un passaggio nel territorio al fine di chiarire le motivazioni che hanno comportato il disimpegno della proprietà;
se esistano strumenti di politica attiva del lavori, atti a salvaguardare le maestranze messe in discussione da quelle che l'interrogante considerare l'assenza della proprietà in termini di investimenti e piani d'impresa;

quali siano le possibili politiche governative volte a favorire sinergie pubbliche o pubblico privato relativamente al settore termale che rappresenta nel nostro Paese un fondamentale motore di sviluppo nel settore turistico, anche per mezzo di una ricerca, da parte governativa, di possibili canali di finanziamento pubblico per iniziative o piani d'impresa volti al recupero anche di territori montani in fase dismissione produttiva.
(5-05875)

IANNUZZI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
già da alcuni anni è stata eliminata l'affrancatura della posta ordinaria ed è stata così soppressa l'apposizione dei timbri di partenza e di arrivo della relativa corrispondenza;
ne derivano conseguenze pregiudizievoli e disagi per i cittadini, soprattutto per quanto attiene alla consegna ed al recapito della posta, contenente bollette o fatture di pagamento, inviate in primo luogo da soggetti gestori di servizi pubblici, quali energia elettrica, gas, acqua, telefonia la cosiddetta «posta massiva»;
infatti il pagamento delle bollette, dopo il decorso della data di scadenza, implica l'addebito sulla bolletta successiva della conseguente sanzione, a danno degli utenti;
in queste ipotesi assai frequenti, nelle quali l'utente ha provveduto al pagamento tardivamente unicamente perché ha ricevuto in ritardo la relativa bolletta, non è possibile dimostrare i tempi di recapito effettivo delle bollette, mancando appunto ed essendo stata eliminata l'apposizione sulla busta del timbro di partenza e di quello di recapito all'interessato;
del resto, per poter applicare la sanzione, il gestore del servizio non deve dimostrare la data di consegna agli uffici postali della corrispondenza in questione, proprio perché manca oramai il timbro di partenza; difettando, poi, anche il timbro di recapito all'utente, non è possibile per il cittadino provare il tempo di consegna effettiva della bolletta rispetto alla sua data di scadenza;
ancora più pesanti e gravi sono i danni che subiscono gli utenti, quando, per effetto della ritardata o addirittura mancata consegna delle bollette, il servizio viene sospeso -:
quali iniziative il Ministro, nell'esercizio dei suoi poteri e delle sue competenze istituzionali, intenda adottare per ripristinare, almeno per la posta contenente bollette e fatture di pagamento, inviate da soggetti gestori di servizi pubblici, la timbratura della data di partenza e di recapito della relativa corrispondenza, per porre così fine ai tanti disagi, ai pregiudizi ed agli oneri economici aggiuntivi che ricadono, spesso ingiustamente, sugli utenti.
(5-05878)

...

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in commissione Zamparutti n. 5-05872, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 566 del 30 dicembre 2011.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
degli oltre tre milioni e 700 mila tonnellate di amianto lavorati dal dopoguerra, il 70 per cento è stato impiegato nell'edilizia e nonostante l'amianto sia stato messo al bando nel '92 per cento, ne esisterebbero ancora 23 milioni di tonnellate;
attraverso la legge 93 del 2001 ed il relativo decreto ministeriale 101 del 2003,

il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha previsto oltre al finanziamento del Programma nazionale bonifiche un ulteriore finanziamento, di importo complessivo pari a circa 9 milioni di euro, per la realizzazione di ulteriori interventi di bonifica urgente e di una mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale;
conseguentemente, nella risposta all'interrogazione n. 5-01233, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva affermato di aver provveduto, con la collaborazione scientifica dell'ISPESL, di concerto con le regioni, ad individuare i primi interventi di bonifica di particolare urgenza e finanziato le attività di mappatura dell'amianto sul territorio nazionale, atteso che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono tenute, ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 101 del 2003, ad effettuare la mappatura dell'amianto sul proprio territorio individuando, in una prima fase, i siti con amianto (tenendo conto di quattro categorie di ricerca: impianti industriali attivi o dimessi; edifici pubblici e privati; presenza naturale; altra presenza di amianto da attività antropica) e, in una seconda fase, selezionando quelli maggiormente a rischio. Tali attività avevano portato a censire 23.000 siti interessati dalla presenza di amianto, con la previsione di completare il quadro, entro la fine dell'anno 2009;
non risultava, infatti, ancora pervenuto alcun elemento relativo alle regioni Calabria e Sicilia e alla provincia autonoma di Trento. La regione Lazio aveva trasmesso, invece, unicamente i dati sulla fase I della mappatura relativi agli edifici di interesse pubblico;
agli interroganti risulta inoltre che la Basilicata abbia censito l'amianto naturale mentre vi sono dubbi sul dettaglio della mappatura della presenza di amianto presso impianti industriali dismessi e ad altra presenza di amianto da attività antropica e manca una normativa regionale per il monitoraggio della presenza di amianto presso edifici privati -:
se le regioni Calabria e Sicilia e la provincia autonoma di Trento abbiano provveduto nel frattempo a trasmettere i dati relativi al monitoraggio di cui in premessa;
se le mappature trasmesse dalle altre regioni siano esaustive e quali iniziative si intendano intraprendere al fine di ottenere il completamento della mappatura della presenza di amianto;
se esiste un prezziario nazionale delle bonifiche da amianto e sulla base di quali presupposti vengano imposti a coloro soggetti a ispezioni i costi derivanti dal controllo ispettivo da parte dell'istituzione pubblica (USL e ARPA) ed i relativi bolli per un totale di 800,00 euro che incidono pesantemente soprattutto sulle piccole entità di bonifica;
quali risorse si intendano metter a disposizione per favorire la bonifica di tutto l'amianto presente sul territorio nazionale;
come si intenda smaltire l'amianto presente in Italia ed in particolare se si ritenga che l'utilizzo di impianti di inertizzazione termica, come avviene in altre nazioni dell'Unione europea, possano abbattere i costi dello smaltimento dell'amianto e quindi favorire l'attuazione della stessa fase di bonifica. (5-05872)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-01859 del 29 settembre 2011.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BORGHESI, DI GIUSEPPE, ROTA e PIFFARI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) ha avviato, di concerto con le regioni, il programma «frutta nelle scuole», cofinanziata dall'Unione europea ed è operativa la seconda annualità del programma;
il programma che fa capo ad una strategia nazionale, che per l'annualità 2010-2011 è stato approvato nella seduta della Conferenza Stato regioni del 29 luglio 2010, prevede la distribuzione nelle scuole di frutta distribuita fresca tal quali, monofrutto, tagliati a fette o in preparati «pronti all'uso» nonché prodotti derivanti da spremute e da processi di centrifugazione realizzati contestualmente alla somministrazione del prodotto;
l'intero progetto verte su una corretta informazione allo studente legata ai tempi della sana alimentazione, della lotta all'obesità e al sovrappeso tenendo conto della stagionalità e dell'origine dei prodotti;
oltre ai citati punti la strategia recita alla fine del punto 2: «Poter contare su prodotti provenienti dalle stesse aree o da aree prossimali alle zone di consumo ha anche una ricaduta positiva sull'ambiente, in conseguenza di trasporti più ridotti e, quindi, maggiori riduzioni di CO2, obiettivo strategico delle politiche ambientali di tutti i Governi sensibili allo sviluppo sostenibile del pianeta»;
ciò premesso il programma Frutta nelle scuole ha un significato ed una valenza forti anche nei confronti del rispetto per l'ambiente;
in questo contesto il ridotto uso di imballaggi in plastiche per la distribuzione del prodotto sarebbe auspicabile, anche come messaggio positivo verso la tutela dell'ambiente, il risparmio energetico e la corretta gestione dei rifiuti ma, risulterebbe agli interroganti che numerosi istituti scolastici abbiamo lamentato un ingente quantitativo di imballaggi usati per il programma in questione che al di là della difficoltà nello smaltirli creerebbe un distorto messaggio educativo per i giovani e le loro famiglie;
addirittura si farebbe uso di plastiche per l'imbustamento di singoli frutti con uno spreco di materiale plastico inquinante enorme se si considera che saranno, solo per quest'anno scolastico, più di un milione e trecentomila i ragazzi coinvolti -:
quali iniziative intenda assumere e direttive intenda impartire per ridurre al

minimo nella distribuzione della frutta nell'ambito del programma «frutta nelle scuole» la presenza di imballaggi e il rilascio di CO2 così come citato in premessa, al fine di evitare un messaggio negativo nei confronti della popolazione studentesca sui temi della difesa dell'ambiente e la riduzione dei rifiuti.
(4-11393)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, concernente le iniziative da assumere per ridurre al minimo gli imballaggi nella distribuzione e/o confezionamento di prodotti ortofrutticoli nell'ambito del programma «frutta nelle scuole» (anno scolastico 2010-2011), vorrei far presente che l'utilizzo di confezioni unitarie flow pack (per frutto o più frutti, fino al raggiungimento della dose minima ad alunno) è stato previsto per garantire la qualità e la sicurezza del prodotto stesso. Infatti, laddove il prodotto viene consumato dal bambino «tal quale» (consumabile con la buccia), è preferibile un confezionamento monodose per evitare possibili contaminazioni durante le fasi di distribuzione delle porzioni.
Le disposizioni tecniche per la realizzazione del citato programma, oltre al rispetto delle pertinenti norme comunitarie e nazionali, prescrivono che le confezioni e gli imballi siano biodegradabili o quantomeno riciclabili e riutilizzabili, nonché rispondenti ai requisiti per i contenitori destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari, di cui al decreto ministeriale 21 maggio 1973 e successivi aggiornamenti.
L'utilizzo della confezione
flow pack monodose, in linea con il regolamento (CE) del Consiglio del 22 ottobre 2007, n. 1234, consente inoltre di apporre «materialmente» l'etichetta recante le indicazioni obbligatorie previste in materia di tracciabilità e origine del prodotto (provenienza del prodotto, certificazioni, peso, qualità, data di confezionamento eccetera).
Peraltro, accanto all'obiettivo primario di garantire qualità e sicurezza del prodotto somministrato, il programma «frutta nelle scuole» ha tenuto conto anche dell'impatto ambientale mediante una specifica premialità per l'aggiudicazione delle offerte tecniche che prevedevano l'utilizzo di materiali biodegradabili per gli imballaggi primari e secondari, ovvero l'applicazione di soluzioni tecnico organizzative a ridotto impatto ambientale nell'ambito delle attività svolte.
Vorrei infine evidenziare che, anche nell'ottica di salvaguardare l'ambiente, il nuovo «Invito» a presentare le offerte per l'attuazione del programma in questione per l'anno scolastico 2011-2012, fermo restando l'obbligo di utilizzare contenitori riciclabili e/o riutilizzabili prevede, l'utilizzo di confezionamenti «pluridose» ed una premialità, ai fini dell'aggiudicazione, per i richiedenti che utilizzeranno contenitori biodegradabili.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo è stato aperto un distributore di benzina lungo la strada statale 7 che collega Matera alla Basentana nei pressi di Ferrandina;
tale distributore è posto in direzione Ferrandina su un'arteria molto trafficata ad unica carreggiata a doppio senso di marcia;
molto spesso gli automobilisti che percorrono la strada statale in direzione Matera per potersi rifornire di carburante sono costretti a compiere infrazione con attraversamento della corsia opposta con grave pericolo per la sicurezza;
il rischio di incidenti è altissimo;
non è assolutamente colpa del distributore che, tra l'altro è l'unico nell'arco di 40 chilometri e, se si proviene dalla Basentana da Potenza, è l'unico dopo Salandra scalo e quindi dopo quasi 60 chilometri;

occorre che l'Anas ipotizzi una modalità di accesso che salvaguardi la sicurezza stradale -:
se il Governo intenda sottoporre all'Anas la richiesta di uno studio di fattibilità per mettere in sicurezza l'accesso al distributore.
(4-12771)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La strada statale n. 7 «Appia» e il raccordo stradale che collega la città di Matera alla strada statale n. 407 «Basentana» sono strade ad unica carreggiata, con una corsia per senso di marcia, per uno sviluppo complessivo di circa 22 chilometri.
Lungo tale itinerario sono presenti due impianti di distribuzione di carburante, distanti tra loro circa 4 chilometri. Il distributore che si trova al chilometro 563+800 è al servizio dei soli mezzi che da Matera viaggiano verso la Basentana, mentre, l'altro, ricadente al chilometro 567+680 è a disposizione degli utenti che sono diretti verso Matera.
Gli utenti della strada statale n. 407 possono, quindi, effettuare il rifornimento, percorrendo solo un breve tratto di statale in più rispetto al distributore citato nell'atto ispettivo che si trova sull'altro lato della strada dove è vigente, peraltro, il divieto di svolta a sinistra.
Si segnala, inoltre, che l'impianto di distribuzione al chilometro 563+800 non è l'unico utilizzabile lungo il percorso per chi proviene dalla Basentana in direzione Matera. Gli utenti possono usufruire, infatti, anche del distributore collocato al chilometro 51+500 della strada statale n. 407, distante circa 37 chilometro dalla stazione di servizio citata dall'interrogante.
Tuttavia, si rappresenta che l'Anas ha comunicato che provvederà, nel prossimo appalto dei lavori di posa in opera della segnaletica stradale verticale, all'installazione di cartelli contenenti maggiori informazioni all'utenza in merito alla dislocazione dei vari distributori di carburante.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

CAPARINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si ha notizia di giovani militari cessati senza demerito dal servizio svolto come volontari in ferma annuale, o VFA, prima che la legge 23 agosto 2004, n. 226, introducesse la figura del volontario in ferma prefissata di un anno, o VFP-1, che ambirebbero ad accedere alle procedure concorsuali per l'immissione nei ranghi dei volontari in ferma prefissata di 4 anni, o VFP-4;
pur avendo i VFA effettuato un servizio militare volontario annuale in tutto e per tutto assimilabile a quello attualmente svolto dai VFP-1, i VFA si vedono escludere dai bandi di concorso per l'accesso alle carriere dei VFP-4 anche quando di età inferiore ai 30 anni;
sussisterebbe conseguentemente una disparità di opportunità priva di apparenti e valide giustificazioni -:
quali ragioni impediscano di equiparare lo svolgimento del servizio militare volontario come VFA a quello attualmente espletato come VFP-1 ai fini dell'ammissione ai concorsi per l'immissione nel ruolo dei VFP-4.
(4-11534)

Risposta. - L'equiparazione auspicata dall'interrogante tra il volontario in ferma annuale (VFA) e il volontario in ferma prefissata di un anno (VFP1) non pare perseguibile per ragioni sia giuridiche sia sostanziali.
Sotto il profilo giuridico, le due figure professionali sono state introdotte nell'ordinamento militare con finalità diverse da due distinte norme.
Infatti, si rammenta che mentre il volontario in ferma annuale è stato istituito dalla legge 18 giugno 1999, n. 186, in un periodo storico in cui ancora lo strumento militare era basato su un modello misto (professionisti e leva), il volontario in ferma prefissata di un anno invece, è stato istituito con la legge 23 agosto 2004, n. 226, che ha sancito la definitiva professionalizzazione

delle Forze armate con la conseguente sospensione del servizio di leva obbligatorio.
Più in particolare, in base alle citate norme, il servizio volontario svolto da volontario in ferma annuale era anche sostitutivo degli obblighi di leva invece, quello prestato in qualità di volontario in ferma prefissata di un anno costituisce
conditio sine qua non per il reclutamento di volontari in ferma prefissata quadriennale nelle Forze armate e l'accesso nelle carriere iniziali della Forze di polizia.
Tuttavia, il legislatore non ha trascurato l'opportunità di garantire, anche ai volontari in ferma annuale, tutte le possibilità che la nuova disciplina riserva in via esclusiva alla figura del volontario in ferma prefissata di un anno.
Infatti, la predetta legge, ha previsto, peraltro unicamente per l'anno 2005, una specifica e consistente riserva del 70 per cento a favore dei volontari in ferma annuale, per al reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno.
Per quanto concerne, invece, il profilo sostanziale, ciò che differenzia in modo piuttosto netto le due fattispecie in argomento è il fatto che il volontario in ferma prefissata di un anno oltre ad essere svincolato dalla leva, più in particolare è assoggettato a procedure di selezione concorsuale,
iter addestrativo e retribuzione economica completamente differenti, in quanto molto più simili agli omologhi parametri dei Volontari in servizio permanente che non a quelli dei volontari in ferma annuale.
Basti pensare che i volontari in ferma annuale, a differenza dei volontari in ferma prefissata di un anno, a suo tempo, venivano reclutati semplicemente sulla base del profilo sanitario definito in sede di visita di leva e dell'ordine temporale di presentazione delle domande e venivano assimilati sempre alla leva in termini di
iter addestrativo e retribuzione economica.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

CARLUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della soppressione dell'Ente teatrale italiano, il Ministero per i beni e le attività culturali ha assorbito circa 160 persone (parastato e privati), fra dirigenti, funzionari, impiegati e operai, provenienti dall'ex ETI direzione generale italiano (24 persone) e dai teatri gestiti dall'ex ente, come il teatro Pergola e il teatro Valle (108 persone), oltre ad altre 17 persone provenienti dal dismesso e privatizzato teatro Quirino, e 11 dal disciolto teatro Duse di Bologna;
recentemente, sono venuti alla luce - a seguito della costituzione da parte del direttore generale del personale del Ministero per i beni e le attività culturali, di una commissione formata da funzionari esperti in materia di inquadramento e analisi di posizioni funzionali, come riportato da organi dell'informazione privi ancora di smentita, gravi irregolarità ed abusi relativi alla gestione del personale dell'ex ETI sia a ridosso del 31 maggio 2010 (data di scioglimento dell'ente), sia dopo la soppressione dello stesso. Tali irregolarità sarebbero da imputare all'ultimo direttore generale Eti dottor Onofrio Cutaia, ora «funzionario delegato» nominato dal direttore generale dello spettacolo dal vivo del Ministero per i beni e le attività culturali, e, laddove riscontrate positivamente, potrebbero configurare profili di responsabilità;
al passaggio della disponibilità del Ministero per i beni e le attività culturali a Roma Capitale del Teatro Valle, il più antico teatro della capitale ed uno tra i più importanti d'Italia, bene storico e vincolato, ai sensi del federalismo demaniale, deve far seguito, come espressamente dichiarato e deliberato dal sindaco e dall'assessore allo cultura del comune l'emanazione di un bando europeo ad evidenza pubblica per l'affidamento della gestione del teatro;
nelle more delle procedure e dei ritardi amministrativi per la definizione

del bando, la gestione transitoria della sala per la prossima stagione teatrale è stata affidata, con delibera del consiglio comunale, da Roma capitale al teatro di Roma per non creare un vuoto di programmazione;
da 50 giorni circa il Teatro Valle è oggetto di occupazione da parte di manifestanti, che promuovono manifestazioni, spettacoli ed incontri, ostacolando le procedure per l'affidamento transitorio del teatro e l'effettuazione della gara pubblica per la futura gestione della sala, senza rispettare le prescrizioni e gli obblighi di legge correlati all'apertura della sala stessa con le connivenze a quanto consta all'interrogante, di parte del personale ex Eti, ora transitato al Ministero per i beni e le attività culturali e pagato quindi dal Ministero per i beni e le attività culturali stesso;
tale situazione che ancora persiste, qualora dovessero verificarsi imprevedibili accadimenti, potrebbe comportare gravi responsabilità agli organi preposti in termini non solo di gestione, del patrimonio pubblico ma anche di sicurezza del personale che lì opera nonché della struttura teatrale -:
quali misure urgenti intenda assumere il Ministero per i beni e le attività culturali per:
a) chiarire la legittimità del percorso e delle motivazioni relative ai contratti di nomina direttoriale ed all'avanzamento di carriera di alcuni dipendenti dell'ex ETI, nonché la legittimità e le motivazioni di avanzamenti e promozioni decise in prossimità e anche dopo il 31 maggio 2010 con aggravio per l'erario;
b) preservare il patrimonio storico del Teatro Valle, tutelandosi da coloro che ad avviso dell'interrogante immotivatamente e illegittimamente lo stanno occupando e rivalendosi economicamente per gli eventuali danni a cose e persone e per i costi nel frattempo sostenuti dallo Stato;
c) ripristinare tutte le condizioni per consentire il tempestivo rilancio sul piano nazionale ed internazionale della sala e non disperdere l'interesse sin qui manifestato dai privati per la gestione del teatro, a seguito, ovviamente di obbligate «procedure di evidenza pubblica» in adesione alle vigenti normative comunitarie e nazionali.
(4-12937)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In ordine al primo quesito, con cui l'interrogante chiede di chiarire la legittimità del percorso e delle motivazioni relative ai contratti di nomina direttoriale ed all'avanzamento di carriera di alcuni dipendenti dell'ex ente teatrale italiano decise in prossimità e anche dopo il 31 maggio 2010, data di soppressione dell'ente si evidenzia quanto segue.
La commissione citata nella premessa dell'interrogazione, competente per lo studio della problematica dell'inquadramento del personale ex Eti all'interno dei ruoli del Ministro per i beni e le attività culturali ha espresso «la necessità di acquisire elementi informativi in merito allo stato giuridico» di tre dipendenti ex Eti.
Con risposta scritta del 31 maggio 2011, protocollo 0093643, e nella successiva audizione, avvenuta lo stesso giorno, il funzionario delegato ha fornito alla commissione i chiarimenti richiesti e la relativa documentazione.
Da tale documentazione si ricava che i provvedimenti contestati, relativi a due dipendenti, sono stati effettivamente adottati dal direttore, generale dell'Eti il 29 maggio 2010, due giorni prima della pubblicazione del decreto legge n. 78 del 2010 che, nell'ambito della legge finanziaria, disponeva la soppressione di 14 enti pubblici, tra cui l'Eti ma non hanno natura di avanzamento di carriera.
Nel primo caso, relativo ad una cassiera del teatro Valle, il provvedimento è consistito nell'eliminare la sosta stagionale di un mese, consuetamente applicata alla dipendente, per consentirle di svolgere il servizio di cassa nei mesi di giugno e luglio presso il teatro Valle, nell'imminenza della partenza della campagna abbonamenti per la stagione teatrale 2010-2011.


Il provvedimento non ha modificato, pertanto, la retribuzione mensile della dipendente, ma ha assicurato alla stessa un mese di lavoro retribuito in più all'anno, a parità di livello di inquadramento giuridico e di mansioni svolte. Tale soluzione risultava essere la meno onerosa per l'amministrazione tra quelle adottabili nell'ambito delle risorse umane disponibili all'interno del teatro.
Nel secondo caso, relativo ad un addetto alla vigilanza antincendio del teatro Valle che, nel corso della stagione teatrale 2009-2010, aveva iniziato ad incrementare le sue prestazioni serali per il venir meno di altro personale, il provvedimento è consistito nel comunicare allo stesso che tale incremento orario diveniva permanente, al fine di assicurare al teatro l'ordinato avvio della nuova stagione teatrale 2010-2011 nonché la conclusione della stagione 2009-2010 con le attività di concessione in uso del teatro tipiche del periodo estivo.
Anche tale mutamento, come il precedente, non ha comportato modifiche nel livello di inquadramento del dipendente, ma solo una trasformazione della tipologia di lavoro, che da lavoro a prestazione con sosta (comunque a tempo indeterminato) è divenuto
full time, senza sosta. In ogni caso, la soluzione adottata risultava essere la meno onerosa per l'amministrazione tra quelle adottabili nell'ambito delle risorse umane disponibili all'interno del teatro.
Emerge, dunque, che entrambi i provvedimenti amministrativi sopra richiamati erano necessari per assicurare il corretto svolgimento delle attività del teatro, facendo ricorso a risorse umane interne al teatro, con contratto a tempo indeterminato, senza produrre avanzamenti di carriera (il livello di inquadramento dei due dipendenti è rimasto immutato) e con il minimo costo possibile per l'amministrazione. A tal fine va ricordato che, dopo lo scioglimento dell'Eti il Ministero per i beni e le attività culturali è subentrato in tutti i rapporti attivi e passivi dell'ente ed ha deciso di continuare per un'altra stagione (2010-2011) la conduzione del teatro Valle, al fine di assicurare l'attività teatrale già largamente programmata alla data di chiusura dell'Eti (31 maggio 2010).
Quanto alla questione della nomina direttoriale, si informa che tale atto si è reso necessario a seguito della malattia e dell'immediatamente successiva presentazione delle dimissioni, in data 2 febbraio 2010, da parte del direttore del teatro Valle, dimissioni poi accettate in data 19 febbraio 2010.
Tale situazione obbligò il direttore generale dell'Eti a prendere immediatamente provvedimenti, sostituendo il direttore con la nomina direttoriale di cui si discute in data 8 febbraio 2010. Tale decisione era motivata dal fatto che una sala teatrale non può trovarsi senza il proprio direttore, pena la paralisi totale ed immediata dei funzionamento che, in quel momento (febbraio 2010), avrebbe rappresentato un'eventualità rovinosa per l'Eti dato che si era nel pieno dello svolgimento della stagione teatrale 2009-2010 e al Valle era in scena la compagnia di Toni Servillo, con lo spettacolo «Trilogia della villeggiatura», che registrava punte massime di affluenza di pubblico.
All'inizio della nuova stagione teatrale 2010-2011 (stagione, come detto sopra, gestita direttamente dal Ministero, subentrato nei rapporti, attivi e passivi, dell'Eti), con lettera protocollo 001339 del 27 settembre 2010, il funzionario delegato, tenuto conto delle necessità impellenti derivanti dall'imminente inizio della nuova stagione teatrale, ha dovuto riconoscere la qualità formale di «direttore» del teatro Valle al medesimo soggetto fino ad allora «facente funzioni», soggetto che aveva, peraltro, già maturato il diritto al riconoscimento avendo già prestato di fatto tali funzioni per un periodo di tempo superiore a quello previsto dal Ccnl Agis (parte I, articolo 6).
La formalizzazione di un diritto già maturato è stata ritenuta evidentemente necessaria per il regolare funzionamento del teatro, nonché per evitare eventuali ricorsi giurisdizionali da parte del lavoratore.
Riguardo, invece, al secondo ed al terzo quesito, entrambi riferiti alla vigilanza e custodia necessarie alla preservazione del teatro Valle, si rappresenta che 19 dei 20

dipendenti del teatro Valle rimasti in servizio dopo la soppressione dell'Eti sono stati assegnati ad uffici del Mibac con sede in Roma e, attualmente, prestano servizio negli uffici suddetti.
Le 19 assegnazioni di sede provvisoria, in attesa dell'inquadramento nei ruoli del Ministero, sono state effettuate in maniera progressiva, man mano che il volume dell'attività svolta dal teatro diminuiva in ragione della prospettiva di dismissione, nel periodo che va dal 21 gennaio al 12 settembre 2011. In particolare, le ultime 6 assegnazioni, che decorrono dal 12 settembre 2011, riguardano personale che durante i mesi estivi ha fruito delle ferie arretrate e dei periodi di sosta previsti prima di poter essere inserito negli uffici del Mibac.
Il ventesimo (ed ultimo) dipendente in questione è il custode del teatro Valle, per il quale si è ritenuto necessario soprassedere momentaneamente ad altra collocazione, per il motivo che la sua mansione di custode garantisce all'Amministrazione il livello minimo di controllo dell'immobile, non avendo ancora il comune di Roma provveduto ad assegnare personale proprio per garantire l'espletamento di tale mansione.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

DI PIETRO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
tra il 2002 e il 2003 il Gruppo di alto livello istituto dalla Commissione europea identifica una lista di progetti importanti per la coesione territoriale, economica e sociale. Tra questi figura il Corridoio 1 Berlino-Palermo, che connette importanti nodi europei lungo la direttrice Nord-Sud ed assume un ruolo fondamentale per le comunicazioni con l'Europa centrale ed orientale;
il Corridoio Berlino-Palermo percorre verticalmente l'Italia, attraversando il Nord-Est a partire dal valico del Brennero e proseguendo, a circa metà percorso, lungo le regioni tirreniche, fino a giungere in Sicilia;
notizie di stampa ripercorrono l'iter in corso per modificare la Rete Transeuropea dei Trasporti, dirottando il Corridoio 1 dal naturale percorso attraverso Calabria e Sicilia per raggiungere, invece, Malta dall'Adriatico;
il documento elaborato dalla Commissione europea nel finanziare i Ten (Trans european network) per gli anni 2014-2020 propone di cancellare il vecchio cosiddetto «corridoio 1» Berlino-Palermo con il «corridoio 5» Helsinki-La Valletta; con il cambio di tracciato che parte da Napoli, virando verso Bari, da cui dovrebbe partire un servizio di navi traghetto per Malta il che produrrà effetti sfavorevoli soprattutto per le regioni meridionali tirreniche (Campania, Calabria, Sicilia);
la decisione sul nuovo percorso del Corridoio 1 non è solo di rilevanza europea, ma ha un immediato risvolto a livello nazionale con ripercussioni gravi che riguardano il piano nazionale dei trasporti;
l'eventuale soppressione del «Corridoio 1», Palermo-Berlino potrebbe rappresentare un duro colpo per lo sviluppo infrastrutturale non solo della Sicilia ma di tutto il Mezzogiorno, isolando di fatto la Sicilia e il Mezzogiorno dall'Europa -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero e in tal caso quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo italiano presso le competenti sedi europee al fine di evitare quello che appare, con tutta evidenza, un atto gravissimo che rischia di affossare completamente lo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno.
(4-13172)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il progetto corridoio 1 Berlino-Palermo rappresenta per questo Governo e per l'intero sistema Paese un'infrastruttura strategica di assoluta rilevanza, in quanto Palermo rappresenta il nodo più meridionale della rete core nell'intera area del bacino mediterraneo

e assolve quindi il compito di raccordare aree periferiche del continente europeo.
Il 26 giugno 2011 è stata pubblicata la proposta di bilancio dell'Unione europea 2020 nella quale si fa riferimento ad una lista preliminare di 10 corridoi prioritari Ten-T, tra cui il corridoio n. 5 «Helsinki-La Valletta», che modifica, tra l'altro, il tracciato del progetto prioritario 1.
Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato presso le competenti istituzioni europee la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile.
In questo ambito è stata altresì rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo di Palermo e di Catania all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta per le seguenti argomentazioni:
Palermo soddisfa i requisiti di città «nodo», in quanto la sua area metropolitana supera il milione di abitanti;
il collegamento marittimo più diretto con l'isola di Malta avviene attraversi i porti della Sicilia (Pozzallo, Catania, Palermo);
per dare realizzazione alla parte meridionale del progetto prioritario europeo 1 (PP 1), con specifico riferimento alla rete ferroviaria sono già stati sostenuti dall'Italia ingenti investimenti.

Inoltre, è stato chiesto che alla Sicilia, che conta una popolazione di 5 milioni di abitanti, fosse garantito lo stesso «grado di libertà» di collegamento alla terraferma concesso ad altri paesi europei (come nel caso di collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia, che ha goduto di contributi Ten-T).
Le motivazioni presentate, espressione della forte volontà dell'Italia di mantenere l'attuale conformazione dell'asse, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione.
Infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice Presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto si sviluppa nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministro della difesa relativo ai «canoni di mercato» degli alloggi militari del 16 marzo 2011 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 2011;
le modalità di calcolo introdotte nel decreto per determinare i nuovi canoni al libero mercato renderanno i costi insostenibili per migliaia di famiglie, a causa, tra l'altro dell'incremento di decine di migliaia di euro del reddito familiare di riferimento per il calcolo del nuovo canone che è inaccettabilmente basato sui mesi di occupazione della casa dove l'utente ha vissuto con la propria famiglia «senza concessione»; l'incremento del reddito di riferimento può raggiungere cifre pari a 27.000, 36.000 o 54.000 euro per 15 anni d'uso dell'abitazione o persino 72.000 euro per 20 anni di utilizzo;
vi è altresì l'aumento annuale del canone al 100 per cento della variazione accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo quando, come d'uso, l'incremento dei canoni di locazione è pari al 75 per cento della variazione annuale dell'ISTAT;
l'8 febbraio 2011 la mozione n. 1-00559 ha impegnato il Governo ad un

maggiore equilibrio e buon senso nella gestione degli alloggi militari;
sebbene l'intento della citata mozione, voluta ed elaborata da tutte le parti politiche, era proprio quello di non lasciare migliaia di famiglie di militari abbandonate a se stesse, oggi con tale decreto, ad avviso dell'interrogante, si palesa tale deleteria situazione e queste famiglie saranno costrette a lasciare la propria abitazione senza prospettive dignitose;
con tale decreto, a giudizio dell'interrogante, non si sono rispettati tutti gli impegni assunti in Parlamento in materia di alloggi militari e le decine di e-mail giunte all'interrogante evidenziano uno stato di angoscia, sofferenza e preoccupazione da parte degli utenti che ribadiscono e sottolineano a più riprese «il perdurare dell'accanimento dei Vertici della Difesa» -:
se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative nel più breve tempo possibile in favore degli utenti degli alloggi della Difesa che con il decreto recentemente pubblicato rischiano di trovarsi in situazioni di estrema gravità, contrariamente alla finalità perseguita con la mozione bipartisan approvata l'8 febbraio 2011.
(4-12417)

Risposta. - Il decreto del Ministro della difesa 16 marzo 2011, cui l'interrogante si riferisce, in applicazione dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, definisce i criteri di rideterminazione del canone dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, nel rispetto dei principi stabiliti dalla citata disposizione.
La menzionata norma prevede che i canoni di occupazione dovuti dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio siano rideterminati con decreto del Ministero della difesa, adottato d'intesa con l'agenzia del demanio, sentito il consiglio centrale della rappresentanza militare.
In particolare, la disposizione stabilisce che tale rideterminazione avvenga sulla base dei prezzi di mercato o, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, nonché del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione.
È stata, quindi, data attuazione alla norma primaria prevedendo che il reddito del nucleo familiare dell'occupante costituisca fattore di ponderazione, tale da costituire, in applicazione, indice correttivo per la determinazione dei canoni.
La durata di detta pregressa occupazione, nella modalità di calcolo meglio ritenuta in armonia con le finalità di legge e con le disposizioni di settore, costituisce, a sua volta, criterio che concorre a determinare un reddito figurativo di riferimento, rispetto al quale sono stati individuati coefficienti correttivi da applicare ai prezzi di mercato per calcolare il nuovo canone.
Tale adeguamento, che tiene conto anche delle reali condizioni di vetustà e d'uso dell'immobile, è determinato in ragione di un coefficiente correttivo - fino al 70 per cento di riduzione - parametrato sui livelli di reddito a vantaggio di quelli meno elevati, raggiungendo il totale adeguamento al canone di mercato unicamente in presenza di condizioni economiche particolarmente favorevoli per l'occupante
sine titulo (redditi annui superiori a 130.000 euro).
In merito alla previsione dell'aggiornamento annuale del canone rideterminato nella percentuale del 100 per cento della variazione annuale accertata dall'Istat, dell'indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, la misura di tale adeguamento risulta coerente con quanto previsto dalla norma primaria a cui il decreto in parola dà attuazione.
Quanto alla misura di adeguamento annuale pari al 75 per cento della citata variazione, cui l'interrogante si riferisce, essa è prevista dall'articolo 295 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che attiene ai canoni applicati agli utenti «in titolo», concessionari di alloggio di servizio in esecuzione

di idonea concessione, fattispecie differente - dalla rideterminazione in argomento.
In ordine, infine, agli impegni assunti dal Governo con la mozione citata nell'atto, essi risultano pienamente attuati dal decreto 16 marzo 2011.
Nel provvedimento, infatti, a favore degli utenti che al 31 dicembre 2010 rientrano nelle cosiddette «categorie protette», individuate dall'articolo 2 del decreto ministeriale 23 giugno 2010, concernente il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della difesa dell'anno 2009, per le quali è prevista la continuazione della conduzione dell'utenza, è esclusa l'applicabilità della rideterminazione del canone.
In attuazione, poi, di altro specifico impegno assunto dal Governo con la mozione citata, dal decreto in argomento è previsto che il canone rideterminato decorra dalla data di notifica agli interessati.
La disposizione, volta a costituire assolvimento dell'impegno assunto, garantisce, altresì uniformità di trattamento e applicazione della norma primaria in maniera indipendente dalla durata degli accertamenti in corso da parte degli organi tecnici delle Forze armate.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

DIMA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sulla stampa regionale, il Corpo forestale dello Stato di Cosenza avrebbe inviato alla procura della Repubblica di Cosenza ed a quella di Rossano due distinti rapporti di polizia giudiziaria in cui si segnalerebbe il taglio abusivo e clandestino di ettari di bosco dell'altopiano silano, più precisamente nei comuni di Spezzano della Sila e di Longobucco, in provincia di Cosenza, e si configurerebbe, di conseguenza, l'esistenza di condotte criminose di danno ambientale;
dal rapporto del Corpo forestale si evincerebbe che sarebbero stati tagliati, senza alcuna autorizzazione o prescrizione di legge, ben seimila e seicento alberi al fine di soddisfare le esigenze di un mercato, quello del legname, che garantisce introiti finanziari ed economici di non poco conto alle aziende di settore;
a seguito di questo importante lavoro d'indagine svolto nei mesi precedenti, le due procure della Repubblica avrebbero aperto un apposito fascicolo d'indagine ed individuato le possibili ipotesi di reato;
il Corpo forestale dello Stato è costantemente impegnato nei controllo delle aree boschive al fine di arginare un fenomeno che sta assumendo proporzioni preoccupanti per la quantità di alberi tagliati abusivamente e per la grandezza delle aree boschive oggetto di interesse di questa attività illegale;
questo «mercato del legname», illegale e clandestino, potrebbe essere gestito dalla criminalità organizzata che ne ricava enormi profitti, tanto che alcune intimidazioni e minacce compiute contro gli amministratori locali e, negli anni scorsi, contro lo stesso comandante provinciale di Cosenza del Corpo forestale dello Stato potrebbero avere la stessa matrice e, cioè, quella delle organizzazioni criminali;
questo fenomeno, a cui si affianca anche quello degli incendi boschivi quasi sempre di natura dolosa e che sono compiuti per il raggiungimento di finalità illecite, rappresenta il campanello d'allarme dell'esistenza di un'attività che deturpa l'ambiente ed il paesaggio -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere per rafforzare l'attività d'indagine, di prevenzione dei fenomeni illegali e di controllo del territorio e delle aree boschive che in questi anni è stata egregiamente compiuta dal Corpo forestale dello Stato nonché per garantire la realizzazione di interventi di competenza volti alla tutela del patrimonio boschivo calabrese.
(4-11193)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, concernente il taglio abusivo e il furto di migliaia di piante (sia di proprietà privata che pubblica) nella regione Calabria (prevalentemente nei boschi dei comuni di Longobucco, Spezzano della Sila, Acri e San Giovanni in Fiore), vorrei anzitutto informare che gli autori dei fatti sono stati denunciati per varie ipotesi di reato tra cui, danni all'ambiente naturale (in violazione del decreto legislativo n. 42 del 2004) e deturpamento delle bellezze naturali (articolo 734 del codice penale).
Peraltro, è bene evidenziare che il rilascio dei pareri sul vincolo idrogeologico e le autorizzazioni boschive in Calabria (fino al 30 giugno 2008 di competenza dei comandi provinciali del Corpo forestale dello Stato sono passati alla regione, competente anche per il taglio dei boschi presenti all'interno del Parco nazionale della Sila in quanto, non essendo ancora approvati il relativo piano né l'inerente regolamento, l'Ente Parco non esprime pareri al riguardo.
Il Corpo forestale dello Stato, quindi, a decorrere da luglio 2008, svolge esclusivamente attività di polizia forestale il cui espletamento, sia in area parco che fuori, ha portato a numerose comunicazioni di notizia di reato (nei confronti sia di titolari di ditte boschive che di privati) nonché ad arresti di soggetti sorpresi, in flagranza di reato, a tagliare e caricare legna su automezzi.
Devo inoltre far presente che, a seguito di controlli svolti sinergicamente con altre forze di polizia, è emerso che taluni soggetti dediti all'attività imprenditoriale boschiva intratterrebbero stretti legami con la criminalità organizzata presente nell'area crotonese.
In tale contesto si potrebbe inquadrare la recente aggressione, da parte dei responsabili di tagli abusivi in proprietà comunale, nei confronti del personale del comando stazione di Caloveto il cui comandante ha riportato talune lesioni.
Da tale vicenda, che ha visto nei giorni successivi l'arresto dell'autore dell'aggressione, è scaturita una serie di controlli ulteriori con conseguente informativa di reato nei confronti di altri componenti della famiglia dediti ad illegali attività boschive.
Per quanto sopra esposto evidenzio che, su proposta del comando regionale per la Calabria, è in fase di valutazione l'attuazione di un programma per l'aggregazione temporanea di Comandi stazione, limitrofi, al fine di assicurare migliore organicità e funzionalità all'azione di controllo.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sulla stampa nazionale e regionale, si apprende che la Commissione europea starebbe procedendo al rifinanziamento delle reti di trasporto strategiche che prevedono la realizzazione, attraverso la sperimentazione di nuove forme di partenariato pubblico/privato, di corridoi multimodali che colleghino tra di loro i nodi più importanti di smistamento e di coordinamento delle reti di trasporto;
tra i corridoi multimodali della rete TEN-T è compreso il «Berlino/Palermo» che la stessa Commissione europea ha definito strategico, nell'ambito della programmazione e della realizzazione di politiche comunitarie di coesione territoriale e sociale, perché diretto ad implementare l'uso del trasporto di merci e passeggeri su rotaia, aumentando la sicurezza, l'efficienza e la qualità del servizio;
il ritardo infrastrutturale rappresenta il vero problema delle politiche nazionali di settore, soprattutto del Mezzogiorno d'Italia, tanto che si sta ripercuotendo negativamente sulle sue dinamiche di sviluppo economico e sociale;
in questo quadro, il corridoio 1 «Berlino/Palermo», che collega il Mezzogiorno d'Italia al Nord Europa, attraverso la realizzazione di una rete di trasporti intermodale, rappresenta un'opportunità per il Paese perché implementerebbe gli ultimi investimenti sostenuti dal Governo

nel settore e valorizzerebbe alcuni progetti di rilievo come l'ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria, la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, la prosecuzione dell'alta velocità da Salerno alla Sicilia, il rilancio dei porti di Palermo e di Gioia Tauro;
la Commissione europea proprio in queste settimane sta procedendo all'elaborazione del documento di indirizzo ed attuazione delle reti di collegamenti e di trasporto per gli anni 2014/2020 e secondo notizie di stampa avrebbe deciso di puntare alla modifica dell'asse di scorrimento dei passeggeri e delle merci non più secondo la direttrice nord sud ma sul nuovo corridoio 5 «Helsinki/La Valletta» che a Napoli devierebbe verso Bari per congiungersi al porto di La Valletta mediante un sistema di trasporto integrato non solo ferroviario ma anche marittimo;
questa decisione finirebbe per escludere dalla rete TEN-T importanti regioni meridionali, per isolare definitivamente le stesse e per determinare un evidente rallentamento nell'esecuzione dei lavori e dei progetti da avviare o già avviati che sono complementari e propedeutici alla realizzazione del corridoio 1 ed, in ogni caso, finirebbe per contraddire scelte e decisioni prese sia a livello nazionale che comunitario negli anni passati -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per scongiurare l'affermarsi in sede europea di un indirizzo contrario agli interessi del Paese e penalizzante per una parte del territorio italiano.
(4-13253)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il progetto corridoio 1 Berlino-Palermo rappresenta per questo Governo e per l'intero sistema Paese un'infrastruttura strategica di assoluta rilevanza, in quanto Palermo rappresenta il nodo più meridionale della rete core nell'intera area del bacino mediterraneo e assolve quindi il compito di raccordare aree periferiche del continente europeo.
Il 26 giugno 2011 è stata pubblicata la proposta di bilancio dell'Unione europea 2020 nella quale si fa riferimento ad una lista preliminare di 10 corridoi prioritari Ten-T, tra cui il corridoio n. 5 «Helsinki-La Valletta», che modifica, tra l'altro, il tracciato del progetto prioritario 1.
Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato presso le competenti istituzioni europee la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile.
In questo ambito è stata altresì rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo di Palermo e di Catania all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta per le seguenti argomentazioni:
Palermo soddisfa i requisiti di città «nodo», in quanto la sua area metropolitana supera il milione di abitanti;
il collegamento marittimo più diretto con l'isola di Malta avviene attraverso i porti della Sicilia (Pozzallo, Catania, Palermo);
per dare realizzazione alla parte meridionale del progetto prioritario Europeo 1 (PP1), con specifico riferimento alla rete ferroviaria sono già stati sostenuti dall'Italia ingenti investimenti.

Inoltre, è stato chiesto che alla Sicilia, che conta una popolazione di 5 milioni di abitanti, fosse garantito lo stesso «grado di libertà» di collegamento alla terraferma concesso ad altri paesi europei (come nel caso del collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia, che ha goduto di contributi Ten-T).
Le motivazioni presentate, espressione della forte volontà dell'Italia di mantenere l'attuale conformazione dell'asse, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione.
Infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice Presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione,

ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto si sviluppa nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

FALLICA, GRIMALDI, STAGNO D'ALCONTRES e TERRANOVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il tratto di Resuttano all'interno dell'autostrada A19 Palermo-Catania, in particolare dal chilometro 84/2 al chilometro 88/8, chiuso dal 2003 per interventi di ristrutturazione risulta tuttora in condizioni precarie ed insufficienti a garantirne la riapertura;
i numerosi restringimenti esistenti, il manto stradale che versa in condizioni pericolose, interi tratti all'altezza dello svincolo di Resuttano, malridotti a causa di cedimenti dei giunti, mai riparati, evidenziano, a giudizio degli interroganti, una situazione non più tollerabile lungo l'arteria che collega le due principali città siciliane, i cui cantieri mai terminati e le esistenti deviazioni oramai da molti anni, rendono la percorrenza una difficile corsa a ostacoli;
il suesposto tratto che interessa gli snodi viari del territorio siciliano, rappresentando tra l'altro per l'autostrada A19 Palermo-Catania, un punto strategico della sua estensione, risulta tra l'altro di notevole importanza, in considerazione del transito giornaliero automobilistico e veicolare rilevante, utilizzato da molti pendolari, studenti e lavoratori nonché dai trasportatori del settore artigianale, industriale e commerciale della zona -:
quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle sue competenze, al fine di verificare l'effettivo livello delle condizioni in cui si trova il tratto autostradale esposto in premessa, i cui lavori di ristrutturazione a distanza di quasi otto anni non sono ancora ultimati;
se non ritenga conseguentemente urgente ed opportuno intervenire al fine di velocizzare il completamento della messa in sicurezza del tratto autostradale di Resuttano, la cui chiusura determina evidenti danni anche economici per l'area siciliana interessata.
(4-12963)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La realizzazione del tratto dell'autostrada A19 «Palermo-Catania» situato tra il chilometro 84+700 e il chilometro 88+920 in direzione Catania - viadotto Cannatello - è una infrastruttura che risale al 1969; attualmente è sottoposta ad una limitazione del transito su una sola corsia per lavori che interessano l'ammaloramento dei giunti di dilatazione, dei dispositivi di ritenuta e delle travi.
Al fine di rendere pienamente fruibile l'opera, l'Anas ha già predisposto il progetto relativo agli interventi di ripristino strutturale e di adeguamento funzionale che prevede lavorazioni da eseguirsi su tutte le 120 campate della carreggiata, in direzione Catania.
L'aggiudicazione del suddetto intervento, per un importo netto pari a circa 6,26 milioni di euro, è avvenuta il 29 giugno 2011 contestualmente alla consegna dei lavori all'impresa Fip Industriale Spa e avrà una durata di circa diciotto mesi. Allo stato attuale sono in corso le fasi lavorative relative al ripristino dell'intradosso del viadotto.
Per completezza d'informazione, si comunica che lungo tutta l'autostrada A 19 sono previsti per l'anno 2012 interventi di ripristino delle pavimentazioni finalizzati al miglioramento delle condizioni di sicurezza, per un importo complessivo pari a circa 15 milioni euro.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

FALLICA, STAGNO D'ALCONTRES, GRIMALDI e TERRANOVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Punta Raisi è uno dei maggiori scali del Mediterraneo; vi transitano, infatti, più di 4.000.000 di passeggeri all'anno;
nel periodo estivo si sono registrati estremi ritardi e irragionevoli disagi per buona parte dei passeggeri in transito: ritardi sugli orari di partenza dei voli, ma soprattutto sul ritiro dei bagagli. Alcuni voli hanno raggiunto come tempo di attesa del bagaglio dopo l'atterraggio anche più di un'ora, spesso, senza alcuna informazione, né assistenza ai viaggiatori; famiglie con bambini e anziani costrette a sostare dentro l'aeroporto per interminabili ore;
è intollerabile che per la scelta delle compagnie aeree di affidarsi a società di handling inadeguate a garantire soddisfacenti servizi a terra, i passeggeri debbano subire tutti questi disagi. Le esigenze di alcune società di risparmiare sui costi di gestione non devono ledere i diritti dei viaggiatori e l'immagine di un aeroporto così importante per il nostro Paese e per il Sud Italia -:
con quali iniziative il Governo intenda intervenire a difesa e tutela dei diritti dei passeggeri per evitare che quest'ultimi vengano ancora danneggiati da continuativi disservizi.
(4-13067)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che l'erogazione dei servizi di assistenza ai passeggeri e ai voli presso l'aeroporto di Palermo Punta Raisi non ha evidenziato particolari criticità nel corso del 2011.
Le
performance dei prestatori dei servizi di assistenza a terra sono risultati conformi agli standard della carta dei servizi del gestore che prevede, quale impegno per il 2011, la riconsegna del 1o bagaglio entro 19 minuti dall'arrivo al parcheggio del volo e 27 per la riconsegna dell'ultimo bagaglio.
Dai monitoraggi effettuati dal gestore si rileva il sostanziale rispetto di tali tempi. Anche dalle ordinarie verifiche effettuate dall'Ente nazionale per l'aviazione civile sull'erogazione di tali servizi, nell'ambito della sorveglianza sulla certificazione, non sono emersi rilievi nei confronti dei suddetti prestatori.
Tuttavia, non è escluso che in occasione dell'arrivo di singoli voli come nei casi evidenziati nell'atto ispettivo si siano verificati ritardi nella riconsegna dei bagagli determinati dal contestuale accavallarsi degli eventi e, pertanto, non riconducibili a
deficit di sistema.
Si rappresenta, infine, che il miglioramento delle infrastrutture aeroportuali, l'implementazione del processo di sorveglianza posto in essere dall'Ente nazionale per l'Aviazione Civile e il coordinamento degli
handlers da parte del gestore hanno determinato, in via generale, un sensibile miglioramento di tutti i servizi offerti dallo scalo aeroportuale agli utenti per l'anno 2011, indipendentemente dal singolo soggetto responsabile della loro erogazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

FIANO, RUGGHIA e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Wikileaks è un'organizzazione internazionale che è entrata in possesso di documenti militari dell'esercito degli Stati Uniti coperti da segreto;
Wikileaks ha reso tali documenti disponibili sul sito web;
tra i documenti riservati resi noti, ve ne sono due che riguardano episodi drammatici che hanno avuto per protagonisti militari italiani operanti in Iraq;
tali documenti presentano una ricostruzione dei fatti diversa da quella fornita dall'Esercito italiano;
nel marzo 2005 morì in Iraq il militare italiano Salvatore Marracino;

la ricostruzione ufficiale parlò di un suicidio avvenuto con uno sparo alla fronte effettuato con l'arma propria del militare;
nei file pubblicati da Wikileaks si accredita invece l'ipotesi che Salvatore Marracino sia stato accidentalmente colpito da fuoco amico durante un'esercitazione -:
quale sia la definitiva ricostruzione dei fatti di cui in premessa, anche alla luce degli elementi che emergono dalla lettura dei suddetti documenti.
(4-09264)

Risposta. - In relazione alla questione affrontata con l'atto in esame, richiamo opportunamente gli elementi informativi del competente organo tecnico-operativo militare.
In primo luogo, si evidenzia che il sergente Domenico Salvatore Marracino non è deceduto per suicidio, ma a causa di evento accidentale a seguito di incauto maneggio dell'arma durante un'esercitazione con armi da fuoco individuali e di reparto pianificata per il mantenimento del livello di operatività dei reparti del contingente, avvenuta presso il poligono «Garibaldi», sito a 30 chilometri da An Nasiriyah in Iraq.
L'inchiesta sommaria effettuata, a suo tempo, in merito all'accaduto ha accertato, senza ombra di dubbio, che il sottufficiale rimase colpito al volto da un colpo partito dalla sua arma che stava tentando di disinceppare in modo non conforme alle procedure.
In particolare, tutte le testimonianze raccolte hanno indotto a considerare che vi sia stata un'azione imprevista, scorretta e improvvisa del sottufficiale nel disinceppare la propria arma, la quale, peraltro, era stata regolarmente manutenzionata il 24 gennaio 2005 da un sottufficiale armaiolo, che ne ha, successivamente, confermato la piena efficienza in sede di colloquio nell'ambito di tale inchiesta.
Ripercorrendo dall'inizio le varie fasi dell'incidente, così come ricostruito dall'ufficiale inquirente, si fa presente che l'esercitazione in questione regolarmente autorizzata, programmata ed effettuata in base alle disposizioni di apposita pubblicazione dello Stato maggiore esercito - iniziava alle ore 10,00 del 15 marzo 2005 con il
briefing di indottrinamento del direttore di esercitazione e comandante della batteria.
Alle ore 13,00 si trovavano in esercitazione quattro operatori a una distanza di sicurezza di 6/7 metri tra cui il sergente Marracino che stava utilizzando l'arma di reparto Minimi cal. 5.56 mm.
Il direttore dei tiri posizionato centralmente alle spalle della linea di tiro avvalendosi di un fischietto impartiva gli ordini agli operatori dopo aver ottenuto l'assenso dal direttore dell'esercitazione.
Durante la predetta attività si inceppava l'arma in uso al Marracino, il quale senza segnalare il problema secondo le procedure previste, come aveva fatto in una precedente ripresa (nel caso del precedente inceppamento, infatti, nulla era successo, avendo il Marracino seguito le corrette procedure), repentinamente appoggiava l'arma al suolo, apriva la cartella, estraeva il nastro caricatore e rialzatosi, dopo aver appoggiato il calciolo a terra, tenendo l'arma per la canna con il vivo di volata direzionato verso il viso, sferrava un calcio al tiretto d'armamento nel tentativo di sbloccarlo provocando l'esplosione di un proiettile che lo colpiva al volto.
Per inciso si rammenta che le procedure previste stabiliscono che le azioni da porre in essere in successione, nei casi di inceppamento dell'arma come quello occorso al Marracino, consistono nel mettere l'arma stessa in sicurezza con il vivo di volata verso le sagome, alzare la mano gridando «arma inceppata», appoggiare l'arma al suolo, aprire la cartella, asportare il nastro caricatore e procedere all'espulsione del colpo rimasto in canna.
Immediatamente venivano avviate le procedure di soccorso e il ferito veniva trasportato in gravissime condizioni, inizialmente, presso il complesso ospedaliero Role 2 e, successivamente, presso il Role 3 di
Kuwait City, ove decedeva alle ore 16,27.


In tale quadro, l'inchiesta in questione è pervenuta alle seguenti conclusioni:
l'organizzazione dell'esercitazione era stata sufficientemente curata sia in fase preparatoria che esecutiva;
il mancato uso dell'elmetto era pienamente giustificato dalla tipologia di esercitazione e, peraltro, anche il suo uso, considerata la dinamica del ferimento, non avrebbe impedito il verificarsi del fatto;
la mancanza degli assistenti sulla piazzola era giustificata:
dal contesto generale in cui è avvenuta l'attività;
dall'esperienza del personale coinvolto, essendo tutto professionista;
dal tipo di attività a fuoco condotta («reazioni automatiche immediate») che non prevede assistenti alla piazzola, ma affida esclusivamente all'operatore ogni responsabilità di azione, rimandando al comandante di squadra il comando/controllo nonché il coordinamento dei militari dipendenti;
nessun rilievo può essere mosso riguardo alla conservazione e manutenzione dell'arma e del munizionamento, atteso il contesto in cui si operava;
il fatto è stato provocato da incauto maneggio dell'arma da parte del sergente Marracino, circostanza presumibilmente dovuta a eccessiva confidenza acquisita con le armi, conseguente al continuo esercizio che ha indotto il medesimo a trascurare le ben note misure di sicurezza;
non vi sono responsabilità del personale dell'
Italian Joint Task Force a qualunque titolo coinvolto nell'evento.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

FUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 23 giugno 2011 si è svolto un incontro tra l'amministrazione comunale di Andria e la Soprintendenza per i beni artistici della Puglia in merito ai programmi in corso e alla tempistica dei lavori di recupero della «laura basiliana» di Santa Croce, cripta di notevole importanza storica e grande rilievo artistico, in particolare per il pregio del ciclo di affreschi che la adorna;
la questione del restauro e della fruizione da parte del pubblico della «laura basiliana» si portava avanti da ormai moltissimi anni, ma senza soluzione. Ora sembra invece che vi possano finalmente essere le condizioni - grazie all'iniziativa del comune di Andria, al rinnovato impegno della Soprintendenza e alla collaborazione offerta anche dalla Diocesi andriese - per dare una svolta positiva -:
quale sia la tempistica prevista per i lavori di restauro da parte della Soprintendenza;
quali eventuali iniziative, per quanto di sua competenza, il Ministro interrogato ritenga di assumere per sensibilizzare la Soprintendenza sull'importanza di questa vicenda.
(4-12639)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede di conoscere la tempistica prevista per i lavori di restauro della «Laura basiliana» di Santa Croce ad Andria, cripta di notevole importanza storica ed artistica, si rappresenta quanto segue.
Con fondi del programma ordinario 2009, approvato con decreto ministeriale 21 aprile 2009, Cap. 2050/1 a carico del Ministero per i beni e le attività culturali e a seguito di redazione di apposita perizia di spesa, approvata con D.D.R. n. 1 del 14 gennaio 2010, sono stati consegnati, in data 8 ottobre 2010, a ditta in possesso dei requisiti di legge, previa gara, i lavori di restauro conservativo del ciclo di dipinti murali, delle superfici interne, del banco roccioso e degli altari della chiesa rupestre specificata in oggetto, a completamento di lotti passati, con ultimazione prevista entro il 7 aprile 2011.


Nel corso del predetto intervento si è constatato il progressivo peggioramento delle condizioni microclimatiche all'interno della chiesa, per infiltrazioni di acque meteoriche a causa dell'insorgenza di nuove fuoriuscite di sali e di nuovi attacchi biologici sulle superfici già trattate.
Tale situazione ha imposto la sospensione dei lavori, in quanto si è evidenziata la necessità di ulteriori interventi, prioritari ed improcrastinabili, non ricompresi in detto lotto di lavori.
Pertanto, la Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici della Puglia, anche a seguito del recupero dei ribassi d'asta, ha approntato una perizia di variante per far fronte alle seguenti ulteriori lavorazioni necessarie per la conservazione del bene: la revisione dei consolidamenti e della pulitura delle superfici affrescate, l'esecuzione di speciale pulitura, la risarcitura di macro lesioni relativamente ai residui frammenti pittorici venuti alla luce, la disinfezione e il trattamento preventivo alla crescita di vegetazione, il consolidamento del banco roccioso e delle colonne, il ripristino della pavimentazione in cotto dei due altari.
Nel contempo, a seguito di incontri promossi dalla citata Soprintendenza, si è avviata una stretta collaborazione, da lungo tempo auspicata, con la diocesi andriese ed il comune, che certamente consentirà di pervenire, grazie all'impegno concreto di tali enti, al completamento del restauro, alla più idonea conservazione delle notevoli testimonianze pittoriche e alla migliore fruizione sia della cripta che dell'intera area circostante, fortemente degradata.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la presidenza polacca dell'Unione europea scade a fine anno ma la stessa è impegnata a definire i «corridoi» della rete di trasporto europea, sembra che la decisione sui «corridoi» debba avvenire entro settembre in quanto dopo che il Parlamento europeo avrà fornito il parere, il Presidente della Commissione Barroso dovrebbe porre, la proposta definitiva, nella riunione dei Capi di Governo fissata per il settembre 2011;
il Ministro interrogato ha dichiarato alla stampa che l'ipotesi ventilata di una modifica del Corridoio 1 che si fermerebbe a Napoli per dirottare con l'alta capacità ferroviaria su Bari è una proposta del commissario ai trasporti l'estone Kallas che l'Italia cercherà di non far approvare;
l'abolizione del Corridoio Berlino-Palermo non solo sarebbe uno schiaffo ingiustificato al Sud d'Italia ma avrebbe conseguenze disastrose soprattutto sul piano dei treni veloci in quanto autorizzerebbe implicitamente le Ferrovie dello Stato Spa a disinteressarsi, cosa che già abbondantemente fanno, dell'alta capacità da Salerno alla Sicilia per il quale al momento sussiste solo un progetto di massima e nessuna risorsa allocata;
si è parlato in passato che i lavori per l'alta capacità al sud e fino in Sicilia si sarebbe parlato dal 2025 questo significherebbe che i lavori non sarebbero portati a termine prima della metà del secolo;
appare evidente che se l'Unione europea abbandona il sud non ci sarà nessuna accelerazione né per quanto riguarda i progetti né tantomeno per quanto riguarda lo stanziamento di risorse;
l'eventuale cancellazione del Corridoio Berlino-Palermo sicuramente significherebbe il «deperimento» dei programmi di trasformazione del porto di Augusta in hub in quanto anche se le navi porta-container potessero attraccare non ci sarebbero linee veloci di treni per portare le merci al nord;
l'abolizione del Corridoio 1, quindi, significherebbe per il sud e la Sicilia, negare semplicemente il futuro -:
quali iniziative siano state intraprese dal Ministro interrogato per evitare di

fatto l'abolizione del Corridoio 1 Berlino-Palermo, e quali siano gli esiti e l'efficacia di tali azioni;
se nella riunione dei Capi di Governo prevista per il 21 settembre 2011, nella quale è presumibile che il Presidente della Commissione europea Barroso porti la proposta definitiva di modifica dei Corridoi, ove fosse ancora prevista l'abolizione del Corridoio Berlino-Palermo, come intenda opporsi a tale gravissima, eventuale, decisione.
(4-13257)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il progetto corridoio 1 Berlino-Palermo rappresenta per questo Governo e per l'intero sistema Paese un'infrastruttura strategica di assoluta rilevanza, in quanto Palermo rappresenta il nodo più meridionale della rete core nell'intera area del bacino mediterraneo e assolve quindi il compito di raccordare aree periferiche del continente europeo.
Il 26 giugno 2011 è stata pubblicata la proposta di bilancio dell'Unione europea 2020 nella quale si fa riferimento ad una lista preliminare di 10 corridoi prioritari Ten-T, tra cui il corridoio n. 5 «Helsinki-La Valletta», che modifica, tra l'altro, il tracciato del progetto prioritario 1.
Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato presso le competenti istituzioni europee la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile.
In questo ambito è stata altresì rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo di Palermo e di Catania all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta per le seguenti argomentazioni:
Palermo soddisfa i requisiti di città «nodo», in quanto la sua area metropolitana supera il milione di abitanti;
il collegamento marittimo più diretto con l'isola di Malta avviene attraverso i porti della Sicilia (Pozzallo, Catania, Palermo);
per dare realizzazione alla parte meridionale del Progetto prioritario europeo 1 (PP1), con specifico riferimento alla rete ferroviaria sono già stati sostenuti dall'Italia ingenti investimenti.

Inoltre, è stato chiesto che alla Sicilia, che conta una popolazione di 5 milioni di abitanti, fosse garantito lo stesso «grado di libertà» di collegamento alla terraferma concesso ad altri paesi europei (come nel caso del collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia, che ha goduto di contributi Ten-T).
Le motivazioni presentate, espressione della forte volontà dell'Italia di mantenere l'attuale conformazione dell'asse, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione.
Infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice Presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il Corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di Corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto si sviluppa nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

GIRLANDA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
come riporta una ricerca condotta dalla Fondazione Italia Usa insieme alla Loyola university Chicago, il flusso di turismo americano in Italia ha fatto registrare una flessione a partire dal 2007;
in particolare si è passati nel biennio 2007-2009 da una quota di mercato per l'Italia del 19,3 per cento del turismo americano all'estero, al 17,5 per cento;

le ragioni evidenziate nella ricerca sono molteplici, ma tra queste i ricercatori americani hanno segnalato anche l'impossibilità per gli studenti americani che visitano il nostro Paese di usufruire degli sconti ed agevolazioni per studenti riservate invece a tutti i giovani dei 27 Paesi dell'Unione europea che visitano le nostre strutture museali, artistiche e culturali -:
se i Ministri interrogati, per quanto di rispettiva competenza, non intendano attivare nell'imminenza della stagione turistica estiva le opportune iniziative affinché anche gli studenti americani possano usufruire delle agevolazioni già in atto per i cittadini dell'Unione europea, provvedendo altresì a pubblicizzare adeguatamente tale provvedimento al fine di incentivare un recupero del flusso turistico degli Stati Uniti verso il nostro Paese.
(4-11826)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Relativamente ai risultati della ricerca condotta dalla Fondazione Italia Usa insieme alla
Loyola university Chicago concernente la flessione del flusso di turismo americano in Italia, le cui cause sarebbero da ricercare, tra l'altro, nell'impossibilità per gli studenti americani che visitano il nostro Paese di usufruire degli sconti ed agevolazioni per studenti riservati invece a tutti i giovani dei 27 Paesi dell'Unione europea che visitano le nostre strutture museali, artistiche e culturali, si deve fare riferimento a quanto disposto dal decreto ministeriale 20 aprile 2006, n. 239, recante Modifiche al regolamento di cui al decreto ministeriale 11 dicembre 1997, n. 507: «Norme per l'istituzione del biglietto d'ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali».
In particolare al comma 7 dell'articolo 1 è esplicitato che ai cittadini di Stati non facenti parte dell'Unione europea, si applicano, a condizione di reciprocità, le disposizioni sull'ingresso gratuito di cui al comma 3 lettera
e) e sulle riduzioni di cui al comma 6.
Si richiama inoltre quanto disposto dal comma 4, che consente forme di gratuità che possono essere accordate, di volta in volta, dai capi di istituto.
Il Ministero degli affari esteri a seguito di richiesta da parte dei competenti Uffici ministeriali di un'apposita verifica delle eventuali condizioni di reciprocità, ha comunicato che negli Usa non esiste una legislazione specifica - né federale, né a livello di singoli Stati - che disciplini le agevolazioni per gli studenti stranieri per l'ingresso alle istituzioni museali americane.
La competente direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, sta già lavorando da qualche mese ad un progetto di revisione complessiva della normativa concernente le modalità di accesso ai luoghi della cultura statali, dipendenti dal ministero. La proposta sarà portata, a breve, all'esame dell'ufficio legislativo.
Questa iniziativa si inquadra all'interno dell'obiettivo generale di migliorare l'offerta dei servizi al pubblico e, in tal senso, un aspetto non secondario è costituito dall'aggiornamento dei criteri generali e delle tipologie attuali di biglietti di ingresso nei luoghi della cultura, tenendo conto anche delle molteplici esigenze del pubblico.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Sardegna ogni anno assistono complessivamente alla cementificazione di circa 10mila ettari di territorio. Di questo suolo cancellato, ben 5mila ettari sono ambienti naturali, coperte da vegetazione spontanea. Un dato che riguarda soprattutto la Sardegna, dove gran parte dei nuovi edifici sorge su aree coperte da vegetazione mediterranea, e in misura minore le province pedemontane dell'ovest Lombardia, che subiscono la

perdita di preziose foreste collinari e di pianura. Questi alcuni dei dati contenuti nel rapporto 2011 sul consumo di suolo (INU edizioni) presentato nei giorni scorsi da Legambiente e INU. Il consumo di suolo non produce solo ferite al paesaggio, ma una vera e propria patologia del territorio. Per questo Legambiente e INU hanno costituito a Milano il centro di ricerca sui consumi di suolo (CRCS) che, grazie ad un progetto di ricerca portato avanti con la collaborazione scientifica del dipartimento di architettura e pianificazione del politecnico di Milano e sostenuto da fondazione Cariplo, ha consentito di raccogliere informazioni, dati e metodi di misura prodotti da studiosi e istituzioni regionali: «il rapporto restituisce un quadro del consumo di suolo agricolo e naturale che non è rallentato ed è avvenuto a velocità differenti, in modo sempre più disperso sul territorio - dichiara Paolo Pileri del politecnico di Milano, uno dei curatori del rapporto -. Ad essere erose sono le risorse agricole e di biodiversità che costituiscono uno dei beni comuni più importanti, oltre ad essere un fattore competitivo nel rapporto con altri Paesi europei nei quali sono in atto da tempo politiche ambientali ed urbanistiche incisive contro il consumo di suolo e i suoi costi sociali. Per questa ragione, contabilità come questa risultano indispensabili per comprendere quanto sia opportuno ed urgente frenare la perdita di suoli liberi»;
uno degli effetti più rilevanti del consumo di suolo è la perdita di superfici agricole, che si riducono ogni anno di 9.400 ettari tra Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Una perdita che equivale alla scomparsa di due medie aziende agricole al giorno, un dato impressionante per un Paese la cui immagine è così fortemente ancorata alla produzione agricola: si tratta di una minaccia incombente sul nostro futuro produttivo, considerando che la filiera alimentare rappresenta il 15 per cento del prodotto interno lordo nazionale e produce esportazioni nell'ordine dei 26 miliardi annui. Nella sola Lombardia le urbanizzazioni hanno già causato la perdita di un quarto delle superfici agricole produttive. «Il territorio italiano si sta rapidamente metropolizzando - rileva il presidente INU, Federico Oliva -. Alla città tradizionale si sta sostituendo una nuova città nella quale accanto alla periferia si sono sviluppate aree a bassa densità sollecitate da motivazioni economiche (il minor costo delle aree) e dalla ricerca di una miglior qualità della vita. Questa nuova città, in cui vive oltre il 60 per cento dell'intera popolazione italiana, presenta una generale condizione di insostenibilità: per l'elevato consumo di suolo, per l'aumento del traffico motorizzato individuale che sollecita, per i nuovi squilibri e le nuove forme di congestione che determina, per la mancanza di spazio pubblico. Contenere la metropolizzazione del territorio e il crescente consumo di suolo deve dunque essere una priorità per le politiche territoriali del nostro Paese»;
nella visione delle organizzazioni fondatrici di CRCS c'è la necessità di affermare, attraverso una riforma normativa, capisaldi giuridici che stabiliscano lo status di «bene comune» per il suolo, e ne facciano discendere norme che disincentivino l'urbanizzazione espansiva. «Nella legislazione italiana, e in quella delle regioni, mancano ancora regole efficaci sulle facoltà di trasformazione dei suoli - dichiara Damiano Di Simone, presidente di Legambiente Lombardia -». Ad incidere sulle dinamiche di consumo di suolo c'è anche il fenomeno turistico: è il caso della provincia di Rimini, che con il 21 per cento di aree urbanizzate ha un indice di copertura più che doppio rispetto alla media della regione Emilia Romagna, ma spicca anche la provincia sarda di Olbia Tempio, non tanto per il dato di copertura - che è pur sempre quello di una regione a bassa densità di urbanizzazione - quanto per la velocità con cui il cemento divora fette di territorio. Con 25,1 metri quadri per abitante all'anno la provincia del nord-est sardo presenta la più alta velocità di urbanizzazione pro-capite, un dato doppio di quello medio regionale e ben 6 volte più alto di quello di una regione come la Lombardia. La popolazione

sarda, complessivamente, è cresciuta pochissimo: solo 12.000 abitanti in cinque anni;
per quanto riguarda le altre regioni italiane, i contributi forniti dai circa 30 autori del Rapporto hanno permesso di introdurre nuovi elementi di conoscenza, che dovrebbero spingere a sviluppare una più sistematica attività di monitoraggio delle trasformazioni del suolo, come auspicato dai ricercatori del JRC (centro comune di ricerca della Commissione Europea) di Ispra, le cui analisi evidenziano come il problema sia comune a tutti gli Stati europei, sebbene l'Italia risulti tra i Paesi in cui più vistoso è il sacrificio di superfici agricole. Gli studiosi dell'ISTAT in particolare mettono in guardia circa la crescita delle superfici edificate in alcune regioni del centro-sud (Marche, Molise, Puglia e Basilicata), mentre l'università di Venezia (IUAV) espone dati estremamente allarmanti dell'espansione del cemento nell'area della pianura veneta centrale, tra Venezia, Padova, Vicenza e Treviso, dove il 22 per cento del territorio è coperto di cemento, con gravi e inevitabili ripercussioni idrogeologiche. Non sfuggono nemmeno le verdi province alpine: è il caso dell'Alto Adige che, in termini di territorio effettivamente insediabile (quindi, in sostanza, le aree di fondovalle), ha già sacrificato oltre il 28 per cento dei suoi terreni, mentre in una situazione leggermente migliore si colloca la Toscana che, nonostante la forte concentrazione urbana nella fascia tra Firenze, Livorno e la Versilia, presenta un indice medio di copertura del 7,4 per cento -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di preservare i territori agricoli e naturali intaccati in questi anni dal forte sviluppo edilizio, non sempre attuato secondo le norme predisposte dalle varie regioni.
(4-12384)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame concernente gli interventi per preservare i territori agricoli e naturali dal forte sviluppo edilizio ivi riscontrato negli ultimi anni, rappresento quanto segue.
La tutela del territorio e dei valori ad esso associati (naturalistici, paesaggistici, storici e culturali oltre che produttivi) sono oggetto di crescente attenzione da parte della politica agricola che, adoperandosi affinché le attività agro-zootecniche vengano svolte secondo i criteri di sostenibilità ambientale, contrasta l'avanzare indiscriminato dello sviluppo edilizio.
Infatti, l'espansione dei centri urbani, delle aree industriali e delle infrastrutture ad esse connesse è una delle cause della progressiva diminuzione delle superfici agricole che, stando ai dati provvisori e non definitivi del 6o censimento dell'agricoltura italiana forniti dall'ISTAT, sono diminuite, dal 2000 al 2010, di circa l'8 per cento in termini di Sat (Superficie agricola totale) e del 2,3 per cento in termini di Sau (Superficie agricola utilizzata).
Gli strumenti a disposizione del mio dicastero e delle amministrazioni regionali (per rendere rilevanti, dal punto di vista economico, le aziende agricole e le aree rurali) sono contenuti nella politica agricola comune (Pac) nel cui ambito, per la tutela del territorio, rientra la cosiddetta «Condizionalità», costituita da una serie di impegni agro-ambientali (criteri di gestione obbligatoria - Cgo - e buone condizioni agronomiche ed ambientali - Bcca) che l'agricoltore deve rispettare per poter ricevere i pagamenti diretti, quelli del primo pilastro, e/o i pagamenti disaccoppiati dello sviluppo rurale.
Difatti, il rispetto dei Cgo e delle Bcaa (espressi, rispettivamente, in atti e norme) consentono di preservare il territorio tutelando la biodiversità, le risorse naturali, quali il suolo e le acque sia superficiali che sotterranee, e gli elementi caratteristici del paesaggio.
Per quanto riguarda le politiche di sviluppo rurale, la cui strategia è delineata all'interno del piano strategico nazionale (Psn), le relative misure sono attuate tramite i programmi di sviluppo rurale (Psr) che ogni Regione/Provincia autonoma è tenuta ad adottare per il territorio di propria competenza.
Le suddette misure, suddivise in assi, consentono di assicurare la competitività

dell'azienda agricola sui mercati internazionali, di garantire un elevato livello qualitativo e quantitativo della produzione alimentare e, al contempo, di preservare l'ambiente mantenendo un tessuto economico vitale nelle aree rurali.
In particolare, il 1o asse
(miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale) concorre a preservare l'agricoltura attraverso azioni di carattere prettamente economico-imprenditoriale, il 2o asse (miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale) contribuisce al mantenimento dei terreni agricoli tramite azioni volte alla conservazione della biodiversità, alla tutela ed alla diffusione di sistemi agro-forestali ad alto valore naturale insieme alla tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche e del territorio. Il 3o e 4o asse (qualità della vita e diversificazione dell'economia rurale e Asse Leader) riguardano, infine, le singole realtà locali per meglio valorizzare il territorio e le relative risorse imprenditoriali e sociali.
Ogni Psr, quindi, attivando un insieme di misure presenti nei diversi assi, può delineare la strategia più idonea al mantenimento e allo sviluppo delle attività da attuare sui terreni agricoli, compresi quelli ricadenti nelle zone svantaggiate.
Pertanto, l'interazione tra le azioni di incentivazione dell'attività economica e quelle dedicate alla tutela del suolo, della biodiversità e del paesaggio (promossa dalla Pac e coordinata dalla mia amministrazione) rappresenta l'elemento cardine per salvaguardare i terreni agricoli dalla pressione di una urbanizzazione indiscriminata.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

MANCUSO, GIAMMANCO, CECCACCI RUBINO e REPETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea in vista dell'applicazione della direttiva CE 1999/74, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 267 del 2003, ha richiesto a tutti gli Stati membri di fornire dati ufficiali relativamente alle consistenze di galline destinate alla produzione di uova e allevate in gabbie di batteria convenzionali alla data del 1° aprile e la stima del numero di galline ovaiole che alla data del 1° gennaio 2012 saranno detenute in gabbie di batteria convenzionali, che da quella data saranno illegali secondo il disposto della direttiva CE 1999/74, come sarà illegale la vendita delle uova prodotte in tali allevamenti;
secondo i dati forniti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, relativi alla consistenza degli animali detenuti in gabbie di batteria convenzionali al 1° aprile 2011, il nostro Paese non potrà rispettare il divieto di allevamento delle galline in gabbie di batteria convenzionali dal 1° gennaio 2011. Inoltre il nostro Paese non ha fornito alla Commissione europea nessun dato sulla stima di non conformità dei sistemi di allevamento alla data del 1° gennaio 2012 come espressamente richiesto da Bruxelles;
gran parte del mondo degli allevatori, nonostante tredici anni di tempo per adeguarsi, non ha rispettato quanto previsto dalla norma ed oggi afferma che preferiranno pagare le sanzioni irrisorie previste dal decreto legislativo n. 267 del 2003, piuttosto che adeguare i propri impianti -:
quali iniziative si intendano intraprendere per:
a) ottenere dai produttori gli adeguamenti degli impianti alle previsioni normative, eliminando quindi le gabbie di batteria convenzionali entro il 1° gennaio 2012;
b) assicurare che tutte le uova prodotte negli allevamenti illegali dal 1° gennaio 2012, cioè in gabbie convenzionali, non saranno immesse sul mercato italiano ed estero;
c) evitare che negli allevamenti registrati con entrambi i sistemi di gabbie presenti, convenzionali e arricchite, le

uova derivanti da sistemi illegali non siano immesse sul mercato mescolando queste uova con quelle derivanti dai sistemi di gabbie arricchite o da sistemi alternativi.
(4-12606)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'adeguamento alla direttiva 1999/74/CE relativa agli impianti di allevamento delle galline ovaiole, vorrei anzitutto far presente che le argomentazioni in essa contenute investono, in via prioritaria, le competenze del dicastero della salute.
Tuttavia, considerata l'importanza strategica che il settore riveste all'interno del comparto agricolo nazionale, la mia Amministrazione, acquisita l'intesa con la Conferenza Stato-regioni nella seduta del 27 luglio 2011, ha già provveduto a quanto di competenza mediante il decreto ministeriale n. 15442 del 3 agosto 2011 (registrato alla Corte dei conti il 4 ottobre 2011 e in attesa di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale) recante «Disposizioni per la presentazione delle istanze di adesione al programma di adeguamento degli impianti di allevamento delle galline ovaiole alle norme per il benessere animale».
Al riguardo, ricordo che la procedura di acquisizione
on line delle istanze presentate dalle aziende interessate, attiva dal 30 settembre 2011, è scaduta il 31 ottobre 2011. Pertanto, le domande presentate dal 1o novembre 2011 saranno acquisite con riserva, in vista della proroga della data di scadenza per la presentazione delle domande al 31 dicembre 2011.
Tale provvedimento consentirà di monitorare e gestire la fase di adeguamento alle disposizioni comunitarie, attivando eventuali strumenti finanziari che si rendessero disponibili per aiutare le aziende in conversione.
Le questioni inerenti l'utilizzo di uova prodotte in allevamenti che, in data successiva al 1o gennaio 2012, non abbiano adeguato o sostituito le gabbie tradizionali, saranno affrontate nelle opportune sedi dell'Unione europea. In ogni caso, il competente dicastero sta provvedendo ad adeguare il regime sanzionatorio nei confronti delle aziende che alla predetta data non saranno in regola con le nuove disposizioni.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

MIGLIORI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in Italia il Corpo militare della C.R.I. è nato con l'Unità del Paese, ha 146 anni ed insieme al Corpo delle infermiere volontarie, che due anni orsono ha festeggiato il secolo di vita, rappresenta la componente ausiliaria delle Forze armate, al fianco delle quali e con le quali opera da sempre nel territorio nazionale e nei vari teatri operativi;
un comunicato diffuso dal Ministero della difesa ha reso noto che il giorno 24 maggio 2011 il Sottosegretario di Stato alla difesa, onorevole Guido Crosetto, ha incontrato il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa, Jakob Kellenberger, che avrebbe auspicato l'attuazione di una riforma legislativa, riguardante l'intera associazione e tutti i suoi appartenenti, comportante lo scioglimento delle componenti ausiliarie delle Forze armate, con possibilità di reimpiego del relativo personale nell'ambito dell'associazione o del pubblico impiego;
tale iniziativa verrebbe sollecitata dal presidente Kellenberger in considerazione del fatto che, conservando lo status militare, sarebbe a suo parere impossibile assicurare la neutralità e l'indipendenza, che sono due dei principi fondamentali della Croce rossa;
a favore di tale ipotetica iniziativa parrebbe trovarsi anche il commissario straordinario della C.R.I., avvocato Francesco Rocca -:
quale sia la posizione del Ministro circa la summenzionata proposta del presidente Kellenberger;

se non si intenda, in tale senso, fornire adeguate assicurazioni circa il mantenimento dell'attuale assetto organizzativo del Corpo militare e del Corpo delle infermiere volontarie della C.R.I.
(4-12444)

Risposta. - Si osserva, in via preliminare, che il Ministero della difesa, come previsto dagli articoli 20 e 197 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, ha funzioni di vigilanza esclusivamente nei confronti della Croce rossa italiana, limitatamente alle componenti ausiliarie delle Forze armate, solo per ciò che attiene l'erogazione dei fondi per la preparazione del personale e l'acquisto di materiali e mezzi al fine di assicurare costantemente l'efficienza dei relativi servizi in qualsiasi circostanza.
Il personale militare della Croce rossa non appartiene alle Forze armate e non ha mai ricevuto una disciplina contestuale con quella del personale statale appartenente alle Forze armate, essendo tra l'altro personale non dell'amministrazione dello Stato, ma di un ente pubblico non economico.
Ciò premesso, quanto al personale della Croce rossa italiana appartenente alle due componenti ausiliarie delle Forze armate, assicuro che il Dicastero si farà carico di vigilare perché siano salvaguardate anche per il futuro, in sede di riforma della Croce rossa italiana, secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, della legge n. 183 del 2010, la loro militarità ed il loro rapporto di ausiliarietà.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

OLIVERIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni disboscamenti selvaggi stanno nuovamente divorando il patrimonio naturalistico della Sila. Centinaia di austeri faggi, possenti abeti e secolari pini vengono tagliati ogni giorno clandestinamente per alimentare il florido mercato del legno;
la tecnica utilizzata per nascondere la silenziosa barbaria è ben collaudata: le ceppaie vengono sepolte sotto mucchi composti di terra e arbusti per non lasciare tracce;
Il Corpo forestale dello Stato ha inviato nei mesi scorsi due rapporti distinti alle procure di Cosenza e Rossano per segnalare quanto è accaduto nei territori di Spezzano Sila e Longobucco. Vaste porzioni di bosco sono state tagliate desertificando ettari ed ettari di montagna, in particolare nel comune di Longobucco il disboscamento è stato causa nel settembre 2009 di un dissesto idrogeologico, i cui danni sono stati quantificati in migliaia di milioni di euro per la comunità locale;
gli uomini del colonnello Francesco Curcio del Corpo forestale dello Stato hanno accertato solo in questi ultimi mesi il taglio complessivo di seimila e seicento alberi. Un numero particolarmente significativo che ha spinto il Corpo forestale ad incrementare tutti i controlli;
gli agenti, negli scorsi giorni, hanno anche sequestrato un'area di quindici ettari e denunciato un imprenditore che avrebbe promosso l'azione distruttiva in un bosco di proprietà dell'Arssa posto sul territorio di Aprigliano;
al disboscamento abusivo sarebbero pure riconducibili intimidazioni e minacce lanciate dalla criminalità organizzata - che dal mercato del legname illegale e clandestino ne ricava ingenti profitti - contro lo stesso comandante del Corpo forestale e gli amministratori locali impegnati nel reprimere il fenomeno del «taglio selvaggio»;
tutto questo sta provocando gravissimi danni al paesaggio e alla biodiversità. A ciò si aggiungono i danni provocate dalle transumanze. Centinaia di capi di bestiame percorrono ogni anno, tra maggio e ottobre, antichi sentieri, risalendo dall'area ionica sino all'altopiano silano;

il passaggio degli animali non sempre è indolore, perché vengono invase proprietà private e distrutte grandi coltivazioni. Diverse, in questi anni, sono state le denunce presentate dai proprietari dei fondi di Macchialonga, Casolesi, Colle dei Neri e del lago di Ariamacina, per segnalare i devastanti effetti delle transumanze effettuate contro qualsiasi criterio di civiltà in contrasto con le disposizioni normative che regolano il fenomeno;
le montagne sono il regno dei silenzi. Un «regno» dove funziona la giustizia privata e non quella repubblicana; dove le «questioni» vengono regolate bruciando e sparando nel nome di «codici» non scritti da sempre cari alla mafia rurale. Per le forze dell'ordine è complicato orientarsi tra i sentieri silani anche perché mai è stata fatta una mappatura della criminalità che governa quest'area della Calabria;
domenica 8 maggio 2011 su Rai Tre alle ore 21,30 il popolare programma della Gabanelli «Reporter» a firma di Emilio Casalini ha dedicato un servizio alle grandi centrali a biomasse legnose d'Italia della Calabria e in particolare della Sila, nel quale si è sottolineato come in questa regione il legno diventa la preda più ambita, dove i boschi sono svenduti per pochi euro, dove aumentano i tagli illegali e di conseguenza il dissesto idrogeologico, dove piante secolari, patrimonio dell'intera umanità sono destinate all'abbattimento e che quando la Guardia forestale impedisce tali abusi gli si spara pure contro -:
se i Ministri interrogati, non ritengano necessario alla luce dei recenti accadimenti, intensificare attraverso gli organi competenti, le attività d'indagine e repressione dei fenomeni illegali in relazione al taglio abusivo di bosco in Sila, affinché gli atti intimidatori e le minacce messe finora in campo non abbiano più a ripetersi;
se i Ministri interrogati, intendano predisporre un piano straordinario di controllo del territorio forestale calabrese - la cui superficie raggiunge i 612.000 ettari e che presenta caratteristiche paesaggistiche straordinarie inglobando anche al suo interno i parchi naturali tra i più grandi d'Italia - attraverso ad esempio l'attivazione di possibili punti stabili di videosorveglianza, posto che anche le Nazioni Unite hanno dedicato l'anno 2011 proprio alla tutela delle foreste, in quanto costituenti una grande eredità economica e di sviluppo per l'intera umanità.
(4-12322)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente il disboscamento abusivo in talune aree della Sila rappresento che, a seguito di controlli operati al riguardo dai reparti territoriali del Corpo forestale dello Stato, è stato accertato che il fenomeno ha interessato vaste aree del comune di Longobucco e, in maniera meno incisiva, i comuni di Spezzano della Sila, Acri e San Giovanni in Fiore.
Alle indagini effettuate sono seguite numerose informative di reato per violazione dell'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2002 e degli articoli 624, 625 e 734 del codice penale nonché, in alcuni casi, anche per reati contro la pubblica amministrazione.
In particolare nel comune di Longobucco, ove è stato riscontrato il maggior numero di tagli illegali di specie arboree, le notizie di reato iscritte sono state 6, mentre 5 sono i soggetti denunciati all'Autorità giudiziaria in quanto responsabili del taglio di circa 12.270 piante.
Nel comune di Spezzano della Sila, invece, le notizie di reato sono state 4 di cui, una, a carico di un soggetto che ha abbattuto illegalmente circa 4.300 piante in località «Pietralba», mentre le altre informative sono riferite al taglio complessivo di ulteriori 6.501 piante.
Anche nei comuni di Appigliano, Cropalati, Serra Pedace e Spezzano Piccolo sono state riscontrate analoghe fattispecie che hanno portato alla segnalazione all'autorità giudiziaria di 3 soggetti per aver ivi tagliato circa 6.905 unità, in violazione degli articoli 734, 624, 625 del codice penale e dell'articolo 142 del decreto legslativo n. 42 del 2002.
Alla luce dei fatti accertati, rassicuro l'interrogante che il personale forestale ha già sensibilmente incrementato l'attività

di controllo delle aree boscate in questione.
In ordine al problema dei «danni provocati dalle transumanze» vi è da dire che, effettivamente, nel corso del mese giugno di ogni anno, allevamenti di bestiame (che stazionano, per lo più, nel territorio della provincia di Crotone e dei comuni del Rossanese) transumano nei territori dei comuni della provincia di Cosenza posti sull'Altopiano silano.
Le mandrie in questione, costituite da circa 7.000 capi di bestiame, possono naturalmente provocare danni alle proprietà private, sia al momento del loro passaggio che nel corso dello stazionamento.
Al riguardo, nel ricordare che il pascolo abusivo nelle proprietà private è perseguibile a querela di parte evidenzio che, ove presentata presso gli uffici del Corpo forestale dello Stato si procede a trasmetterla alla competente procura della Repubblica con specifica informativa di reato.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
migliaia di famiglie di militari fruiscono degli alloggi demaniali del Ministero della difesa e che la mozione n. 1-00559 in merito alle politiche di fruizione degli alloggi demaniali della difesa, approvata l'8 febbraio 2011 con amplissima maggioranza, aveva fatto ben sperare circa l'inserimento di una specifica disposizione all'interno del decreto-legge «Milleproroghe»;
i contenuti sono stati invece completamente disattesi dal decreto-legge «Milleproroghe» lasciando molta perplessità sulla reale volontà dei vertici della difesa, in quanto non si è evidenziato alcun cambio di rotta nella politica avviata, tant'è che nello stesso decreto non compare alcun accenno in merito al rinvio dell'applicazione dei canoni al libero mercato dal 1° gennaio 2011 fino alla notifica all'utente del canone medesimo;
senza il rinvio dei canoni al libero mercato, resta l'esigenza di dare attuazione agli impegni assunti in sede parlamentare in favore delle famiglie di tanti onesti lavoratori dello Stato;
ad avviso dell'interrogante sarebbe auspicabile, ove possibile, che il Ministro della difesa formalizzi il suddetto rinvio in un «atto di indirizzo» allo Stato maggiore della difesa;
occorre dare concretezza allo spirito della mozione, offrendo un segnale concreto di apertura verso le tante famiglie di militari che vivono con angoscia tale situazione nell'attesa di una possibile soluzione -:
se il Ministro interrogato non ritenga utile l'avvio di una politica mirata a dare concretezza allo spirito della mozione di cui in premessa e a dare seguito al rinvio dell'applicazione dei canoni al libero mercato dal 1° gennaio 2011 fino alla notifica all'utente dei canoni medesimi.
(4-11197)

Risposta. - Il decreto del Ministro della difesa 16 marzo 2011, in applicazione dell'articolo 6, comma 21 quater, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, definisce i criteri di rideterminazione del canone dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, nel rispetto dei principi stabiliti dalla citata disposizione.
La menzionata norma prevede che i canoni di occupazione dovuti dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio siano rideterminati con decreto del Ministero della difesa, adottato d'intesa con l'agenzia del demanio, sentito il consiglio centrale della rappresentanza militare.
In particolare, la disposizione stabilisce che tale rideterminazione avvenga sulla base dei prezzi di mercato o, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'agenzia del territorio, nonché del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione.


È stata, quindi, data attuazione alla norma primaria prevedendo che il reddito del nucleo familiare dell'occupante costituisca fattore di ponderazione, tale da costituire, in applicazione, indice correttivo per la determinazione dei canoni.
Ciò posto, in ordine agli impegni assunti dal Governo con la mozione citata nell'atto, essi risultano pienamente attuati dal citato decreto 16 marzo 2011.
Nel provvedimento, infatti, a favore degli utenti che al 31 dicembre 2010 rientrano nelle cosiddette «categorie protette», individuate dall'articolo 2 del decreto ministeriale 23 giugno 2010, concernente il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa dell'anno 2009, per le quali è prevista la continuazione della conduzione dell'utenza, è esclusa l'applicabilità della rideterminazione del canone.
In attuazione, poi, di altro specifico impegno assunto dal Governo con la mozione citata, dal decreto in argomento è previsto che il canone rideterminato decorra dalla data di notifica agli interessati.
La disposizione, volta a costituire assolvimento dell'impegno assunto, garantisce, altresì, uniformità di trattamento e applicazione della norma primaria in maniera indipendente dalla durata degli accertamenti in corso da parte degli organi tecnici delle Forze armate.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

REALACCI e RUBINATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da numerosi organi di stampa si apprende che è intenzione dell'amministrazione provinciale di Treviso e dei comuni di Preganziol e di Casier di dare seguito all'accordo di programma, sottoscritto in data 8 ottobre 2009, per la riqualificazione dell'area adiacente a Villa Albrizzi-Franchetti, tra i comuni di Preganziol e Casier;
l'accordo, ai sensi dell'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 del Veneto, è stato sottoscritto da regione del Veneto, provincia di Treviso, comuni di Casier e di Preganziol e Fondazione Cassamarca, promotrice e finanziatrice di un vasto progetto di sviluppo dell'area metropolitana dei comuni di Casier e Preganziol, comprendente la villa, il parco «Albrizzi-Franchetti» e le aree ad esso adiacenti;
il sopraccitato accordo contrasta inoltre con una precedente intesa sottoscritta tra il comune di Preganziol e la Fondazione Cassamarca, il 7 gennaio 2002, che privilegiava un utilizzo dell'area per funzioni pubbliche, come un complesso universitario, rispetto a destinazioni industriali o ad edificazioni di tipo commerciale;
Villa Albrizzi-Franchetti è una villa veneta del XVII secolo di notevole pregio, artistico e architettonico situata a San Trovaso nel comune di Preganziol ed è di proprietà della provincia di Treviso: consta di un edificio centrale caratterizzato dalle forme tipiche dei palazzi signorili veneti, due barchesse arretrate rispetto al corpo centrale e un grandioso parco di 11 ettari;
Villa Albrizzi-Franchetti è una villa sottoposta a vincolo conservativo, già ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e risulta censita nell'elenco di salvaguardia dell'istituto regionale Ville Venete;
alla fine del 1700 la nobile dimora diventò un attivo centro di vita culturale grazie a Isabella Teotochi Albrizzi che vi ospitò diversi illustri artisti e letterati, tra i quali lo scultore Antonio Canova, Ippolito Pindemonte e Ugo Foscolo, che proprio qui cominciò a comporre l'opera de I Sepolcri;
il progetto di Fondazione Cassamarca prevede la costruzione di nuovi edifici per un volume di circa 535 mila metri cubi, di cui 300 mila metri cubi destinati ad edilizia privata e commerciale e la restante parte minoritaria dedicata alle attività di ricerca e ai servizi per la nuova sede universitaria;

il piano di intervento interessa l'area dell'ex-industria Secco Sistemi, la villa e l'annesso parco Albrizzi-Franchetti ed è pari a circa 411.000 metri quadrati, inseriti in un'area di alto pregio paesaggistico e agricolo, come l'asse delle ville venete tra Treviso e Venezia e il territorio, per entrambi i comuni coinvolti, compreso nel «Consorzio per la tutela del radicchio rosso di Treviso»;
l'iter seguito dalla provincia di Treviso per dare il via al progetto del «nuovo polo universitario, commerciale e residenziale» dell'area di Villa Albrizzi-Franchetti promosso attualmente da Fondazione Cassamarca, è altresì in contrasto con la recente decisione della Corte costituzionale che, nella sentenza del 16 dicembre 2009, n. 340, dichiarava illegittima la prassi seguita dai comuni di cambiare destinazione d'uso agli edifici cittadini senza passare per la variante urbanistica;
in merito all'«accordo di programma Villa Albrizzi-Franchetti» la regione del Veneto ha espresso in una nota della direzione urbanistica del 15 settembre 2009, prot. n. 503540, il seguente parere: «la Regione osserva che, mentre l'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, nonché l'urgenza dei lavori e la variazione degli strumenti urbanistici, l'Accordo di Programma prevede la sola variazione degli strumenti urbanistici. Sarebbe stato invece auspicabile una maggior definizione progettuale dell'intervento per risolvere la relazione tra i nuovi volumi e il rispetto dei corridoi ecologici, del contesto figurativo di villa e parco storico»;
è in corso una civile protesta promossa da un numeroso comitato di cittadini per ottenere una radicale revisione del progetto volto ad una riqualificazione architettonicamente compatibile e a uniche finalità scientifiche e di pubblica utilità -:
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano intraprendere, i Ministri interrogati, per il tramite degli uffici territoriali competenti, al fine valutare l'impatto paesaggistico e architettonico del sopraccitato progetto di Fondazione Cassamarca in un'area così preziosa dal punto di vista paesaggistico e storico-artistico.
(4-06501)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo ministero intenda intraprendere al fine di valutare l'impatto paesaggistico e architettonico del progetto della fondazione Cassamarca relativo alla riqualificazione dell'area adiacente a Villa Albrizzi-Franchetti, tra i comuni di Preganziol e Casier, si riferisce quanto segue.
La competente Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, relativamente alla corrispondenza intercorsa con i soggetti interessati dall'accordo di programma concernente la realizzazione di un centro servizi universitari e culturali nell'area sopracitata, ha riferito che in data 12 febbraio 2002, con integrazione in data 4 giugno 2002, la provincia di Treviso, allora proprietaria del complesso monumentale di villa Albrizzi-Franchetti, sottoposto alle disposizioni di tutela ai sensi della
ex legge n. 1089 del 1939 con decreto ministeriale 14 giugno 1965, ha inoltrato alla suddetta Soprintendenza la richiesta di autorizzazione all'alienazione del compendio architettonico, alla fondazione Cassamarca di Treviso e che, in data 9 dicembre 2002, il Soprintendente regionale pro tempore ha rilasciato, sulla base delle prescrizioni tecniche formulate dalla Soprintendenza, l'autorizzazione all'alienazione.
L'autorizzazione all'alienazione è stata rilasciata tenuto conto della destinazione d'uso proposta a centro internazionale universitario e sede di corsi master, nel pieno rispetto degli edifici (villa e barchesse), del parco e dei suoi padiglioni.
Successivamente è stata rilasciata, in data 7 febbraio 2007, con nota protocollo n. 1459 dal Soprintendente regionale

pro tempore, l'autorizzazione per il cambio d'uso del compendio architettonico purché avente finalità culturali.
La fondazione Cassamarca ha, poi, manifestato l'intento di realizzare un articolato progetto di sviluppo di servizi universitari e culturali nell'area di villa Albrizzi-Franchetti, con il coinvolgimento della provincia di Treviso e dei comuni di Preganziol e Casier.

In data 10 dicembre 2008 è stata indetta, presso palazzo Lindetti della regione, una conferenza di servizi, a cui ha partecipato la Soprintendente pro tempore, relativamente al citato accordo di programma per la realizzazione di un centro servizi universitari nell'area di villa Albrizzi-Franchetti nei comuni di Preganziol e Casier.
Ad oggi non sono pervenute alla suddetta Soprintendenza richieste di partecipazione a conferenze o progetti per l'esame delle proposte segnalate di inserimento di nuovi volumi nel contesto di Villa Albrizzi Franchetti e aree adiacenti.
Inoltre si ritiene utile richiamare l'attenzione su alcune informazioni acquisite mediante una verifica sulla rete internet. Sul sito internet della provincia di Treviso, infatti, risulta pubblicato il testo della convenzione, sottoscritta in data 18 febbraio 2011, tra l'amministrazione provinciale di Treviso e la fondazione Cassamarca per la concessione in uso, dalla prima alla seconda, di villa Albrizzi-Franchetti di Preganziol.
La suddetta convenzione recepisce tutte le prescrizioni poste dall'allora Soprintendenza regionale con la nota protocollo n. 1012 del 20 febbraio 2004, al fine di garantire la tutela del bene culturale de quo.
In particolare, l'articolo 5 della convenzione, concernente le «Prescrizioni poste dalla Soprintendenza» dispone quanto segue: «il concessionario prende atto che per l'intera proprietà immobiliare, vincolata ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, sussistono i seguenti vincoli e prescrizioni dettati dalla soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici, con nota del 20 febbraio del 2004 protocollo 1012, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 283 del 7 settembre 2000:
«edifici»:
si potranno realizzare solo lavori di restauro conservativo e parziali ripristini di parti aggiunte in maniera impropria;
gli interventi dovranno essere rivolti alla conservazione ed all'utilizzo di materiali e tecniche compatibili con l'esistente;
dovranno essere conservate tutte le tecniche costruttive presenti, gli apparati decorativi e gli elementi di finitura superstiti e/o comunque storicizzati;
tutta la nuova impiantistica dovrà essere realizzata senza intaccare elementi decorativi di pregio e/o dati materiali significativi per la storia degli edifici;
le nuove destinazioni d'uso dovranno adattarsi alla peculiarità degli stessi e non viceversa.
«parco»:
non potrà essere effettuata alcuna nuova edificazione;
non potranno essere realizzati garages o altri volumi interrati, se non di piccole dimensioni e per locali tecnico-impiantistici;
non potranno effettuarsi divisioni fisiche di alcun genere, il parco dovrà mantenere la sua integrità dimensionale e funzionale;
non potrà essere variato il disegno paesaggistico pervenutoci, se non laddove le proposte di variazione non siano supportate da documentazione storica e purché tendano comunque a rendere maggiormente leggibili ambiti e manufatti storici del parco;
si potranno effettuare delle trasformazioni contenute solo se le stesse mireranno ad evidenziare caratteri, peculiarità paesaggistiche e compositive del parco, eliminando aggiunte e trasformazioni recenti non congruenti;

non potranno effettuarsi abbattimenti di alberi monumentali se non laddove i soggetti arborei risultino fortemente affetti da fitopatologie incurabili;
non potranno effettuarsi asfaltature, pavimentazioni in materiale estraneo (cementizio, glorit, eccetera).
«padiglioni del parco» (torre moresca, serra giardino d'inverno, canile, borella, chiesetta neogotica, serra di fine ottocento in ferro e vetro, edificio in angolo nord ovest del parco):
non potrà essere effettuata alcuna demolizione totale o parziale dei padiglioni anche se in cattivo stato di conservazione;
si potranno effettuare solo lavori di conservazione e parziali ripristini di elementi strutturali o architettonici;
dovranno essere conservati tutti gli elementi costruttivi, decorativi e di finitura superstiti (intonaci, infissi, decorazioni lapidee, pavimenti, eccetera);
i lavori di adattamento a nuovi usi dovranno essere effettuati e progettati nel massimo rispetto delle murature e degli elementi di finitura dei padiglioni, con elementi impiantistici adeguatamente calibrati al minor impatto visivo e al minor sacrificio dei materiali costruttivi esistenti;
le parti costruttive mancanti dovranno essere ricostruite con tecniche, forma e materiali il più possibile simili all'esistente operando per similitudine a partire dalle tracce residue degli elementi stessi ancora rintracciabili sui padiglioni (coperture, pavimenti, infissi, intonaci, dettagli costruttivi).

Si sottolinea che, per effetto del provvedimento di notifica del 14 giugno 1965, ogni intervento atto a modificare il bene o la sua destinazione dovrà essere sottoposto a preventiva autorizzazione della Soprintendenza territorialmente competente».
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

REALACCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
nella primavera 2002 è stata riscontrata, per la prima volta in Italia, nella zona pedemontana della provincia di Cuneo, area privilegiata per la produzione di castagne, la presenza dell'imenottero cinipide Dryocosmus kuriphilus, originario del nord della Cina e ritenuto unanimemente uno degli insetti più nocivi per il castagno in tutto il mondo;
una delle cause dell'introduzione del pericoloso parassita è stata attribuita allo scambio di marze infette provenienti dall'Asia;
la sopraccitata specie di insetto, mai segnalata in passato in Europa, è in grado di provocare la formazione di galle, ovvero di ingrossamenti di forma tondeggiante e dimensioni variabili da 0,5 a 2 centimetri di diametro, di colore verde o rossastro, sulle foglie e i germogli dei castagni, compromettendo in modo definitivo lo sviluppo vegetativo delle piante e la loro fruttificazione;
nel cuneese fu riscontrata la presenza di galle sia sugli ibridi eurogiapponesi (castanea crenata x C. sativa), sia sul castagno europeo, selvatico o innestato. Il numero di galle per pianta è altresì molto variabile, dipendendo probabilmente, oltre che da una differente sensibilità varietale, anche dall'epoca di insediamento più o meno recente del parassita. La formazione delle galle può infatti coinvolgere i germogli laterali o apicali dei rami, inglobando una parte delle giovani foglie e degli amenti, determinando l'arresto dello sviluppo vegetativo dei getti colpiti;
il Dryocosmus kuriphilus attacca unicamente il genere castanea e presenta una sola generazione annua. Nei mesi di giugno e luglio dalle galle formatesi in primavera fuoriescono le femmine adulte che si presentano come piccole vespe lunghe 2,5 millimetri circa, con una colorazione nera a carico del torace e dell'addome; gli

arti risultano di colore giallo brunastro, ad eccezione dell'ultimo segmento tarsale bruno scuro;
dal 2002, anno in cui si registrò la prima presenza in Italia, il cinipide delle castagne si è diffuso in tutti i boschi di castagno del Paese, colpendo particolarmente le zone a più alta produttività e per valore «tipicità IGP-DOP» come: la già citata cuneese, i castagneti del monte Amiata, i boschi dell'Aretino, in particolar modo nel Casentino, nel Valdarno e nel Pratomagno, la produzione del Monfenera in Veneto, i castagneti IGP campani di Montella Igp, il marrone di Roccadaspide e la «Primitiva» di Roccamonfina;
una produzione annua di 45 milioni di chili di altissima qualità consente all'Italia di conquistare la leadership nella produzione in Europa e il quarto posto a livello mondiale dopo Cina, Corea del Sud e Turchia. Inoltre, secondo la Coldiretti, il primato italiano sul piano qualitativo è confermato dalla presenza di ben nove tipi di castagne che hanno ottenuto riconoscimento europeo di tipicità;
in questo caso i trattamenti antiparassitari di contrasto con fitofarmaci in genere sono scarsamente efficaci, oltre a risultare discutibili dal punto di vista dell'impatto ambientale;
da un articolo del Corriere del Mezzogiorno del settembre 2010 si apprende come parrebbe possibile una lotta biologica alla minaccia del cinipide delle castagne grazie alla diffusione di un insetto antagonista: il Torymus sinensis kannijo, la cui femmina depone le proprie uova nelle galle del cinipide, distruggendo in tal modo le larve del parassita. Tuttavia, lo studio di come sincronizzare il ciclo di vita dei due insetti e di come liberarli nell'ambiente è ancora all'inizio;
in Giappone la lotta biologica con l'introduzione dello specifico limitatore naturale, ovvero l'imenottero calcidoideo Torymus sinensis kamijo, ha però dato buoni risultati. In diverse località, a distanza di quasi venti anni dalla effettuazione dei primi lanci di questo parassitoide, le percentuali di germogli attaccati dal cinipide sono ampiamente al di sotto della soglia di danno;
introdurre in natura parassiti antagonisti potrebbe creare gravi squilibri agli ecosistemi -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati al fine di attuare una campagna informativa nazionale riservata agli operatori del settore castanicolo con l'obiettivo di limitare la diffusione di D. kuriphilus, o cinipide della castagna, oltreché volta al controllo dell'attività vivaistica per evitare la commercializzazione di piante infestate;
se non si ritenga opportuno, per tramite dei centri di ricerca e sperimentazione in agricoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali competenti per territorio e di concerto con le Agenzie regionali per l'ambiente, avviare dei progetti tesi a verificare tutte le possibilità di lotta biologica al cinipide, ad esempio con l'introduzione di parassitoidi specifici, e se questi siano compatibili con la tutela della biodiversità nazionale e con le colture castanicole e non solo;
se non si ritenga infine utile, anche a livello di Unione europea, individuare specifiche forme di indennizzo e di aiuto per la lotta biologica nel settore castanicolo, costituito da centinaia di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, gravemente minacciate dal cinipide delle castagne che rappresentano uno degli ambiti di eccellenza della produzione agricola ed alimentare nazionale.
(4-12102)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame relativa alle iniziative per contrastare i danni causati dal «cinipide del castagno», ricordo che nel gennaio 2010 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha già istituito un apposito tavolo di settore per fronteggiare la crisi in cui versa il comparto, purtroppo acuita, in queste ultime campagne di commercializzazione, dalla diffusione del parassita in tutti gli areali di produzione nazionali.


Peraltro, nella seduta della Conferenza permanente Stato-regioni del 18 novembre 2010, d'intesa con i rappresentanti della filiera, le comunità montane, le associazioni e le amministrazioni locali, è stato sancito l'accordo sul «Piano di settore castanicolo» per tutelare il prodotto «castagna» mediante efficaci azioni sui territori vocati. La medesima Conferenza permanente, il 7 ottobre 2011, ha dato altresì parere favorevole all'istituzione del «Tavolo di filiera della frutta in guscio» comprendente una specifica sezione per la «castanicoltura», formalizzato con decreto n. 4824 del 10 marzo 2011.

Per limitare i danni nei castagneti da frutto, non solo la mia amministrazione ha già previsto un finanziamento di 1 milione di euro per attivare la azioni a supporto del predetto piano, ma è stato altresì istituito, in sede di tavolo di filiera, un «Gruppo di coordinamento tecnico-scientifico» per verificare la costituzione e ubicazione dei centri di moltiplicazione del Torymus sinensys (parassitoide antagonista del cinipide) nei territori regionali vocati alla castanicoltura da frutto per ostacolare il diffondersi della «vespa cinese» e garantire un'autonomia gestionale della problematica a livello territoriale.
Al riguardo, al fine di ottimizzare e coordinare queste azioni, faccio presente che nel mese di febbraio abbiamo chiesto alle regioni informazioni dettagliate sulle azioni e programmi attivi, finanziati o in corso di finanziamento, per evitare la sovrapposizione degli interventi progettuali.
Le regioni hanno inviato alcune proposte operative che, una volta valutate, potranno essere presentate in forma progettuale definitiva e finanziate in funzione dell'importanza della coltura a livello regionale.

Sebbene le azioni in corso di programmazione presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sulla base del piano di settore approvato lo scorso novembre, siano assolutamente necessarie per istituire i «Centri di riproduzione» dell'antagonista naturale, non saranno tuttavia sufficienti a risolvere il problema. Infatti, considerata la rapida evoluzione del parassita in tutti i comprensori regionali a castagno, non si tratta più «solo» di perdita di prodotto, bensì di «emergenza ambientale».
Pertanto, nonostante il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stia attivando le azioni previste dal piano di settore nazionale sui territori regionali, verosimilmente dovranno essere valutate con le Regioni, nel breve periodo, azioni ancora più incisive a salvaguardia del patrimonio castanicolo nazionale, supportate da investimenti mirati sul territorio.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

SBAI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la piccola Martina è stata nei fatti sequestrata dal padre, il signor Hassen Abdeljelil, nazionalità tunisina, per farla vivere islamically correct;
il sequestro in Tunisia prosegue ormai da 8 mesi;
alla madre, Marzia Tolomeo, non è stato permesso né di vedere né di sentire la bambina;
è tuttora in corso il procedimento per l'affidamento definitivo della bambina al padre in Tunisia;
in Italia, con sentenza del tribunale dei minori di Milano, il signor Abdejelil ha perso la patria potestà;
in alcune delle udienze precedenti, le rappresentanze consolari non hanno preso parte al procedimento, lasciando la madre, Marzia Tolomeo, in gravi difficoltà;
il 16 dicembre 2011 avrà luogo l'udienza per l'affido definitivo della bambina;
si sono svolte le prime elezioni libere nella Tunisia del dopo Ben Alì;
il Governo che si formerà, nonostante le sue radici di carattere estremista, ha

promesso di essere all'insegna della moderazione e della cooperazione internazionale -:
come il Governo intenda procedere in relazione a questa vicenda;
se il Governo intenda sollecitare la presenza delle rappresentanze consolari italiane a Tunisi il giorno dell'udienza per l'affido definitivo al padre il 16 dicembre 2011;
se il Governo intenda esercitare un'azione diplomatica presso il Governo provvisorio tunisino al fine di far tornare la bambina;
come il Governo intenda gestire il rapporto diplomatico con la Tunisia, nel caso in cui questa decidesse, sebbene con un nuovo Governo, di non assumere iniziative per il ritorno della bambina.
(4-14163)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri continua a seguire con la massima attenzione, in stretto raccordo con l'ambasciata d'Italia a Tunisi e con l'ambasciatore Benassi in prima persona, la dolorosa vicenda della piccola Martina. La Farnesina intende dare continuità alla forte attività di assistenza consolare sin qui prestata ed all'incessante azione di sensibilizzazione diplomatica condotta ad alto livello presso le autorità tunisine. Dopo essere già intervenuto a più riprese presso il locale Ministero degli affari esteri e presso quello della giustizia, l'ambasciatore a Tunisi continuerà a ribadire presso le istituzioni locali le nostre aspettative in relazione al caso della bambina.
La nostra azione diplomatica, che incontra un limite nel rispetto dovuto alle leggi ed alle autorità giudiziarie tunisine che si dovranno pronunciare sulla vicenda, proseguirà allo scopo di perseguire una soluzione positiva nel superiore interesse di Martina.
Per quanto riguarda l'udienza giudiziaria del 16 dicembre 2011, si fa presente che si tratterà di un'udienza dibattimentale, in primo grado di giudizio, relativa alla causa per l'affidamento definitivo della bambina nell'ambito di un procedimento giudiziario che si preannuncia lungo e complesso, anche alla luce dell'assenza, ancorché comprensibile e giustificata in questo periodo, della signora Tolomeo dalla Tunisia.
Rappresentanti della nostra ambasciata in Tunisia saranno presenti in aula il 16 dicembre assieme al legale della signora Tolomeo, così come avvenuto il 28 ottobre 2011 in occasione della seduta dibattimentale relativa al procedimento per l'affidamento definitivo presso il tribunale di Zaighouan. In linea generale, è opportuno ricordare che l'accompagnamento di rappresentanti dell'ambasciata è in ogni caso sottoposto ad autorizzazione da parte del giudice tunisino e, comunque, alla valutazione dell'avvocato della signora Tolomeo circa l'opportunità nell'interesse esclusivo della bambina.
Per completezza d'informazione, si ricorda che sono pendenti in Tunisia ulteriori procedimenti relativi alla vicenda: quelli sui ricorsi presentati dalla signora Tolomeo contro il provvedimento di affidamento provvisorio della bambina al padre - emesso il 28 settembre 2011 dall'autorità giudiziaria tunisina - e sulla mancata esecuzione dell'autorizzazione alla visita della signora stessa alla bimba il 2 agosto 2011. Vi è inoltre il procedimento sull'exequatur del decreto emesso dal tribunale per i minorenni di Milano il 4 ottobre 2011 a favore della signora Tolomeo.
Il provvedimento in parola è pervenuto all'ambasciata a Tunisi, perfezionato con le apposite legalizzazioni, il 16 novembre 2011 ed è stato consegnato, in pari data, dall'Ambasciata al legale tunisino della nostra connazionale per incardinare il procedimento di riconoscimento. Il 20 dicembre 2011 si è tenuta la prima udienza presso il tribunale di Tunisi. L'iter giudiziario di tutti questi procedimenti continuerà ad essere accompagnato da una costante iniziativa di sensibilizzazione diplomatica ad alto livello, in affiancamento all'azione dei legali della signora Tolomeo.
Parallelamente, al fine di rafforzare la cooperazione con la Tunisia in un settore così delicato, si conferma l'impegno del

Ministero degli affari esteri che continuerà a stimolare, tanto sul piano bilaterale quanto su quello comunitario, le autorità tunisine affinché aderiscano a strumenti internazionali multilaterali quali la convenzione dell'Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori del 1980.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i commi 3, 4 e 4-bis, dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394, stabiliscono rispettivamente che: «3. Prima dell'avvio dei lavori di cui all'articolo 7, comma 7, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, al fine di acquisire elementi utili al prosieguo dei lavori medesimi, ed a seguito dell'emanazione del conseguente decreto del Presidente della Repubblica, al fine di illustrare compiutamente i contenuti del provvedimento approvato, le sezioni COCER sono autorizzate dai Capi di Stato Maggiore di ciascuna Forza armata ad inviare propri delegati presso i COIR della rispettiva Forza armata», che «4. Nelle occasioni di cui al comma 3 presso i COIR potranno intervenire anche delegazioni dei COBAR collegati composte di norma da un rappresentante per ogni categoria interessata, per la successiva informazione del personale delle corrispondenti unità di base, previ accordi con i rispettivi comandanti e fatte comunque salve le esigenze di servizio. Per tale informazione, previa autorizzazione del comandante di regione militare, o di altro alto comando periferico equivalente, limitatamente alle principali unità di base e fatte comunque salve le esigenze di servizio, può partecipare, di norma, un delegato per categoria della rispettiva sezione del Consiglio centrale di rappresentanza.», e che «4-bis. Nel periodo intercorrente fra l'avvio e la conclusione dei lavori di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, I Sezioni COCER sono autorizzate dai Capi di Stato Maggiore di ciascuna Forza Armata a convocare, per una o più volte, delegazioni dei COIR al fine di aggiornare sull'andamento dei lavori stessi.»;
in modo analogo i commi 3, 4 e 4-bis dell'articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395 - Recepimento dell'accordo sindacale del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) e del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della guardia di finanza) - stabiliscono che: «3. Prima dell'avvio dei lavori di cui all'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, al fine di acquisire elementi utili al prosieguo dei lavori medesimi, ed a seguito dell'emanazione del conseguente decreto del Presidente della Repubblica, al fine di illustrare compiutamente i contenuti del decreto approvato, le sezioni COCER sono autorizzate da ciascun comandante generale ad inviare propri delegati presso i COIR della rispettiva Arma o Corpo.»; che «4. Nelle occasioni di cui al comma 3, presso i COIR potranno intervenire anche delegazioni dei COBAR collegati, composte di norma da un rappresentante per ogni categoria interessata, per la successiva informazione del personale delle corrispondenti unità di base, previ accordi con i rispettivi comandanti e fatte comunque salve le esigenze di servizio. Per tale informazione presso gli organismi di rappresentanza a livello di regione, legione, o loro equiparati, previ accordi con i rispettivi comandanti e fatte comunque salve le esigenze di servizio, può partecipare, di norma, un delegato per ogni categoria della rispettiva sezione del Consiglio centrale di rappresentanza.», e che «4-bis. Nel periodo intercorrente fra l'avvio e la conclusione dei lavori di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, le Sezioni COCER sono autorizzate da ciascun Comandante Generale a convocare,

per una o più volte, delegazioni dei COIR al fine di aggiornarle sull'andamento dei lavori stessi.»;
al successivo comma 5 del medesimo articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 394/95 e articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica 395/95 si stabilisce che «5. Per l'espletamento delle attività di cui ai commi precedenti, ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 4 novembre 1979, n. 691, i membri dei Consigli di rappresentanza devono essere messi in condizione di espletare le funzioni per le quali sono stati eletti ed avere a disposizione il tempo che si rende necessario, fatte salve le esigenze operative e quelle di servizio non altrimenti assolvibili.»;
con la nota Prot. n. DFP 0030147 - 10-09-2009 - 1.2.2.1.2 del 10 settembre 2009, avente ad oggetto «comparto Sicurezza e Difesa - biennio economico 20082009. Convocazione incontro per avvio procedure negoziali.», il dipartimento della funzione pubblica convocava per il successivo giorno 16 settembre 2009 i rappresentanti delle organizzazioni sindacali della polizia di Stato e i rappresentanti degli organismi della rappresentanza militare;
risulta all'interrogante che le sezioni Cocer dell'Esercito della Marina, dell'Aeronautica dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, convocate nelle rispettive sedi istituzionali ogni settimana dal lunedì al venerdì fin dall'inizio dell'attuale X mandato, non abbiano proceduto preventivamente ai sensi dei richiamati commi 3, 4 e 4-bis dell'articolo 21 decreto del Presidente della Repubblica 394/95 e dei commi 3, 4 e 4-bis dell'articolo 58 decreto del Presidente della Repubblica 395/95, e nonostante siano state numerose le richieste pervenute dagli organismi di rappresentanza a livello intermedio e di base;
ad avviso dell'interrogante il mancato confronto delle sezioni Cocer con gli organismi di rappresentanza subordinati - Coir e Cobar che risultano essere gli effettivi portatori delle istanze del personale rappresentato - sull'argomento oggetto dell'incontro, lede in modo irreparabile i principi democratici a cui devono uniformarsi le Forze armate;
risulta all'interrogante che possa esservi la possibilità di una proroga degli organi di rappresentanza militare il che aggraverebbe la situazione di scarsa rappresentazione in sede sindacale delle istanze del personale militare; tale possibilità peraltro non pare disgiunta dall'interesse dei rappresentanti in carica a continuare a fruire dello status connesso a tale compito che tuttavia dovrebbe trovare esclusiva legittimazione nel pronunciamento democratico degli esponenti dei corpi;
ad avviso dell'interrogante sarebbe stato più opportuno che i delegati Cocer avessero dedicato il loro tempo - durante l'attività di servizio - ad un più produttivo confronto con gli organismi di rappresentanza di livello intermedio e di base sugli argomenti di maggiore interesse per il personale, quali certamente possono essere le procedure negoziali per il biennio economico 2008-2009, la sicurezza degli ambienti di lavoro, dei mezzi e delle dotazioni, l'arbitrario e improprio uso della potestà disciplinare, la generalizzata situazione di demotivazione e sfiducia che innegabilmente pervade tutti i cittadini militari, da lungo tempo consci della più assoluta mancanza di tutele nei loro confronti -:
quanti siano stati gli incontri ufficiali, previa convocazione, effettuati dalle singole sezioni Cocer con i rappresentanti dei Consigli intermedi e di Base corrispondenti, sull'argomento oggetto della convocazione del dipartimento della funzione pubblica, e quali sono i motivi che hanno impedito la scrupolosa osservanza delle norme citate in premessa;
se il Ministro della Difesa non ritenga di dover rendere pubblici i costi sostenuti dal proprio dicastero per il funzionamento degli organismi della rappresentanza militare con particolare riferimento alle differenti

sezioni dei Consigli Centrali (Cocer) e comunque a tutti quegli organismi della rappresentanza militare che risultano essere permanentemente convocati in differenti attività, anche come gruppi di lavoro;
se non ritenga opportuno disporre l'immediata adozione del trattamento economico di missione che prevede l'aggregazione per il vitto e l'alloggio, presso le strutture militari, anche per tutti i delegati dei consigli della rappresentanza, al fine di limitare le spese che attualmente gravano sulle casse del Ministero della difesa, e contestualmente eliminare le evidenti disparità di trattamento economico di missione che attualmente sussistono all'interno di ogni singola forza armata e forza di polizia ad ordinamento militare, tra il personale che svolge l'incarico di delegato della rappresentanza militare e quello che, invece, non fa parte dei predetti organismi;
se non ritenga di dover disporre degli immediati accertamenti per verificare l'esistenza della violazione delle norme in premessa, e, nel caso, quali siano gli immediati provvedimenti per ristabilire il rispetto e il libero confronto democratico degli organismi intermedi e di base con gli organi centrali della rappresentanza militare;
se non si ritenga di doversi fare carico della ormai unanime volontà del personale militare di dotarsi di strutture di rappresentanza sindacale uguali a quelle della Polizia di Stato, se non reputi di dover assumere iniziative normative per l'abrogazione dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382 e la contestuale applicazione al personale militare delle norme in tema di rappresentanza sindacale di cui agli articoli 82 e ss. della legge 1° aprile 1981, n. 121, in modo tale da garantire il massimo rispetto di quei principi costituzionali e democratici ai quali ha sempre improntato la sua azione di Governo.
(4-04614)

Risposta. - Attesa la molteplicità degli aspetti e delle problematiche evidenziate con l'atto in argomento, ritengo opportuno affrontare subito il merito dei quesiti posti.
Relativamente al primo di essi, riguardante gli incontri ufficiali «effettuati dalle singole sezioni Cocer con i rappresentanti dei Consigli intermedi e di base corrispondenti, sull'argomento oggetto della convocazione del Dipartimento della Funzione Pubblica...», faccio presente che i capi di Stato maggiore dell'esercito, della marina e dell'aeronautica hanno autorizzato rispettivamente 2, 8 e 1 incontro.
Per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri, contrariamente a quanto asserito nell'atto, il Cocer ha partecipato alla riunione del 16 settembre 2009, in quanto formalmente e legittimamente invitato dal dipartimento della funzione pubblica. Peraltro, l'articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1995 non reca un esplicito obbligo, per il Cocer, di inviare i propri rappresentanti durante le diverse fasi della concertazione.
Relativamente, infine, alla Guardia di finanza, il comandante generale ha autorizzato il Cocer a svolgere riunioni congiunte con Coir e Cobar, così come specificamente richiesto dalla sezione Cocer del corpo.
Con riferimento al secondo dei quesiti relativo alla pubblicità dei costi sostenuti «per il funzionamento degli organismi della rappresentanza militare con particolare riferimento alle differenti sezioni dei Consigli Centrali (Cocer)...», non si ravvisano controindicazioni alla pubblicizzazione dei dati e, al riguardo, si allega un prospetto sinottico dei costi della rappresentanza militare, relativo agli oneri di missione, distinto per singola Forza armata/comando generale.
Con riferimento al terzo quesito, relativo all'opportunità di «disporre l'immediata adozione del trattamento economico di missione che prevede l'aggregazione per il vitto e l'alloggio, presso le strutture militari, anche per tutti i delegati dei consigli della rappresentanza... e contestualmente eliminare le evidenti disparità di trattamento economico di missione che attualmente sussistono all'interno di ogni singola Forza armata e Forza di polizia ad ordinamento militare», faccio presente che il trattamento

di missione forfettario è stato introdotto con il provvedimento di concertazione per il quadriennio normativo 2002-2005 (articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002), al fine di contenere le spese di missione e realizzare forti economie sui relativi capitoli del bilancio della Difesa.
La problematica del trattamento economico di missione per i delegati della rappresentanza militare, peraltro, da sempre alla costante attenzione da parte della Difesa, è stata anche oggetto dei lavori di uno specifico tavolo tecnico interforze, al termine del quale è emerso che:
qualsiasi iniziativa volta a modificare, anche parzialmente, l'attuale sistema potrebbe suscitare sensibilità da parte dei componenti del Cocer;
le esigenze e le attività dei delegati Cocer non sono in alcun modo assimilabili a quelle dei frequentatori di corsi o di altre categorie di personale militare per i quali vige il sistema dell'aggregazione;
la diversa articolazione sul territorio propria di ogni singola Forza armata/comando generale e, di conseguenza, la differente distribuzione delle risorse finanziarie da destinare al funzionamento della rappresentanza militare, potrebbero provocare una difformità di trattamento tra delegati.

In ragione di tali considerazioni, si è ritenuto di non far ricorso all'istituto dell'aggregazione (e quindi alle strutture logistiche della Difesa) esclusivamente per il personale delegato Cocer e limitatamente ai periodi di missione per impegni consiliari nella capitale; ciò in considerazione della tipologia delle attività normalmente svolte, nonché delle peculiari caratteristiche della città di Roma, ivi compresa la dispersione e la diversità di disponibilità sul territorio di strutture militari idonee per l'accasermamento.
Tale trattamento differenziato rispetto al restante personale, ivi compreso quello dei consigli di base ed intermedi di rappresentanza, si è reso necessario anche in ragione delle particolari caratteristiche degli impegni consiliari con i diversi organismi dello Stato e per le peculiari attività istituzionali del Consiglio centrale stesso, intense, continuative e protratte nel tempo, nonché per garantire la necessaria omogeneità di trattamento tra i membri del Consiglio centrale di rappresentanza militare interforze; tanto che, in caso di missione per riunioni svolte in località nazionali diverse da Roma, e sempreché vi sia la disponibilità d'idonee strutture logistiche della Difesa, anche per i delegati Cocer si fa ricorso all'aggregazione.
Voglio comunque sottolineare che, a fronte di ciò, le competenti autorità della Difesa hanno sensibilizzato il presidente del Cocer interforze affinché siano razionalizzate, al massimo possibile, le convocazioni della rappresentanza militare al fine di realizzare un risparmio nei costi di missione.
Con il quarto quesito l'interrogante chiede «se non ritenga di dover disporre degli immediati accertamenti per verificare l'esistenza della violazione delle norme in premessa...».
A tal riguardo, posso assicurare l'interrogante che nella materia in argomento, di cui non disconosco l'importanza e la delicatezza, non risultano essersi mai verificate violazioni delle norme sostanziali citate nell'atto.
Con l'ultimo quesito, infine, viene chiesto «se non si ritenga di doversi fare carico della ormai unanime volontà del personale militare di dotarsi di strutture di rappresentanza sindacale uguali a quelle della Polizia di Stato, se non reputi di dover assumere iniziative normative per l'abrogazione dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382...».
Al riguardo, desidero precisare che sulla specifica questione dell'abrogazione del citato articolo 8, ho già fornito adeguato riscontro in risposta ad un'interrogazione dello stesso interrogante (precisamente l'interrogazione n. 4-05023), che ripropongo nelle linee essenziali: «... ritengo assolutamente condivisibile quanto sopra enunciato dai giudici costituzionali e sono fermamente convinto che l'articolo 8 della legge citata costituisca uno strumento necessario per consentire alle Forze armate di operare con efficienza, specialmente nei contesti di teatro

operativo in cui coesione e compattezza della compagine militare costituiscono un requisito indefettibile per la sicurezza collettiva e l'incolumità dell'operatore militare.
Proprio attraverso l'articolo 8 il legislatore ha inteso salvaguardare le ragioni delle Forze armate e, al tempo stesso, dare concreta attuazione al precetto costituzionale secondo cui l'ordinamento militare s'informa allo spirito democratico della Repubblica.
Alla luce di quanto esposto, non ritengo esistano i presupposti per porre in essere quelle iniziative richieste nell'atto e finalizzate "all'abrogazione dell'articolo 8 della legge n. 382"».
Sulla contestuale applicazione al personale militare delle norme in tema di rappresentanza sindacale, di cui alla legge 1o aprile 1981, n. 121, ribadisco che il citato articolo 8 è stato oggetto di sindacato di costituzionalità e in tale sede la Corte costituzionale, con la sentenza n. 449/99, ne ha riconosciuta la piena legittimità alla luce della specificità della compagine militare.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
sia nel 2005 che nel 2006 tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è stata la «Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli» per la realizzazione

del progetto Piazza di Spagna (Rm) - restauro del palazzo di Propaganda Fide e realizzazione di una pinacoteca per un importo totale di euro 5.000.000 (cinquemilioni);
il soggetto destinatario, «Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli» è un dicastero della curia romana della Santa sede;
il 20 luglio del 2005 il decreto ministeriale che approva il programma di Arcus con il finanziamento di Propaganda Fide viene firmato dal Ministro per i beni e le attività culturali e dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore;
il 29 novembre 2005 il consiglio di Arcus approva il progetto di Propaganda Fide;
il 16 dicembre del 2005 monsignor Francesco Di Muzio, allora capo dell'amministrazione di Propaganda Fide, scrive a Francesca Nannelli (inquilina di Propaganda Fide in Via del Governo Vecchio), responsabile del procedimento per il finanziamento erogato alla Curia dalla società Arcus Spa «restituisco la bozza della convenzione con apportate piccole modifiche. In particolare segnalo che sarebbe opportuno che il finanziamento venga erogato secondo le scadenze indicate in bozza, in considerazione del notevole esborso sino ad ora sostenuto dalla Congregazione per l'avanzato stato dei lavori»;
il 23 dicembre del 2005, nella convenzione firmata tra il direttore generale di Arcus Ettore Pietrabissa e il cardinale Sepe, Propaganda Fide ottiene un milione e mezzo di euro entro 30 giorni dalla firma, solo «previa comunicazione dell'effettivo avvio delle attività»; altri 500 mila euro entro 90 giorni salvo un generico «monitoraggio» di Arcus. Solo il restante mezzo milione di euro è legato alla «verifica dell'effettiva conclusione positiva delle attività connesse al progetto»;
nell'articolo 6 della convenzione tra Arcus e Propaganda Fide, è previsto come termine del progetto il 31 dicembre del 2006;
l'articolo 8 prevede che il finanziamento sia revocato in caso di utilizzo «per finalità diverse» oppure qualora il contraente «non completi il progetto nei termini»;
a distanza di quattro anni la Pinacoteca aperta al pubblico non esiste -:
se siano a conoscenza dei fatti descritti e se corrispondano nel testo e nelle date;
se e quando sia stato chiesta a Propaganda Fide la restituzione del finanziamento per inadempimento contrattuale ovvero chi e quando abbia affermato che la convenzione fosse stata rispettata ovvero se fosse stato appurato chi abbia consentito al pagamento dell'intero finanziamento;
se intenda fare piena luce sulla vicenda e in particolare sulle modalità secondo le quali la dottoressa Nannelli abbia adempiuto al proprio incarico considerato che la medesima dottoressa Nannelli risulta inquilina di Propaganda Fide.
(4-07815)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al finanziamento da parte di Arcus del progetto di restauro del palazzo di Propaganda Fide sito a Roma in piazza di Spagna e di realizzazione di una pinacoteca, per quanto di competenza di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
Con riferimento alle richiesta di notizie circa l'apertura al pubblico della pinacoteca oggetto di finanziamento, si fa presente che l'apertura del museo di Propaganda Fide (che comprende, oltre alla pinacoteca, anche la biblioteca Lignea del Borromini e le Cappelle sacre) e l'inaugurazione dell'accesso pubblico al palazzo di Propaganda Fide a piazza di Spagna sono avvenute il 9 dicembre 2010. Da gennaio 2011 il palazzo è normalmente aperto al pubblico e il museo è visitabile in giorni ed orari determinati, facilmente reperibili sul relativo sito internet. Si precisa che tempi e modi di apertura del museo hanno rispettato quanto previsto nel programma dei lavori

che fissava al 31 ottobre 2010 il termine dei lavori di restauro e allestimento e l'apertura ai pubblico nei giorni immediatamente successivi.
Per quanto concerne il finanziamento del progetto, si specifica che il progetto di Propaganda Fide, pur essendo un progetto unitario, e stato suddiviso in due tranche di pari importo (euro 2,5 milioni ciascuna, per un totale di euro 5,0 milioni), così come previsto dal decreto interministeriale del 20 luglio 2005, che assegnava la prima tranche di euro 2,5 milioni all'annualità 2005 e la seconda tranche di euro 2,5 milioni all'annualità 2006.
Tenuto conto delle indicazioni del decreto interministeriale in discorso, si è dato seguito a due diverse, successive contrattualizzazioni.
Il primo contratto, relativo alla prima tranche, è stato sottoscritto a fine 2005. I fondi sono stati interamente erogati, a fronte delle diverse rate di pagamento e a seguito dei necessari controlli effettuati sullo stato dei lavori e sulla documentazione contabile consegnata dalla controparte.
Conclusa la prima tranche è stato sottoscritto il secondo contratto nel 2007, relativo alla seconda tranche di euro 2,5 milioni. A oggi, a fronte delle evidenze maturate sui lavori condotti e sulla documentazione contabile esibita e acquisita agli atti, sono state erogate rate fino alla concorrenza di euro 2,0 milioni.
Infatti, ai sensi della vigente normativa riguardante Arcus, la società effettua una attività di monitoraggio sui progetti finanziati. In particolare, l'articolo 6, comma 3 del decreto interministeriale 24 ottobre 2008, n. 182 dispone che la società Arcus Spa assicura «il controllo e il monitoraggio costante sullo stato di realizzazione degli interventi ammessi al finanziamento al fine di verificare l'esatto adempimento delle condizioni e degli obblighi richiesti».
Sin dall'avvio della propria attività Arcus ha sempre effettuato il monitoraggio costante dei singoli interventi. Tale vaglio viene eseguito sia prima di avviare il progetto per verificarne la fattibilità, sia durate la sua implementazione e, infine, a conclusione delle attività.
I monitoraggi sono diretti sia ad una verifica di corrispondenza tra le attività programmate e quelle realizzate, sia ad una valutazione finanziaria, compiuta in base alle evidenze documentali contabili trasmesse dal destinatario del finanziamento.
Solo a seguito dell'esito positivo delle predette verifiche la società provvede all'erogazione del sostegno finanziario, che è normalmente suddiviso per rate periodiche, ciò anche al fine di consentire una valutazione scadenzata dell'andamento del progetto, così come prescritto anche nei contratti di finanziamento sottoscritti da entrambe le parti.

Nel caso di specie, va chiarito che le attività previste dal cronoprogramma originale dei lavori sono tutte concluse, così come certificato dalla apposita lettera rilasciata dal direttore dei lavori. La corretta conclusione di tutte le attività previste è stata constatata anche all'atto dell'inaugurazione del museo e del palazzo, avvenuta, come detto sopra, il 9 dicembre 2010.
Pertanto, a seguito delle necessarie attività di monitoraggio indicate poco sopra, si è provveduto ai pagamenti periodici come sopra delineati, richiesti dal beneficiario. La rata conclusiva di euro 500.000,00 non è ancora stata erogata perché la società Arcus è ancora in attesa della documentazione conclusiva da parte del beneficiario, necessaria a consentire i controlli previsti per provvedere al pagamento dell'ultima rata.
Il progetto potrà essere ritenuto come concluso solo allorché perverranno i documenti finali, tra cui in primis i documenti di collaudo.
Quanto alle modalità di adempimento dell'incarico da parte della dottoressa Nannelli, storica dell'arte e responsabile dell'istruttoria del progetto, non può che richiamarsi la comprovata e riconosciuta esperienza nel settore dei beni culturali della funzionaria in questione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di stampa ANSA, con una nota del 2 agosto 2010 riportava la notizia che «L'aeroporto militare di Pisa diventerà un hub nazionale per le forze armate. Lo rivela il portavoce della 46esima Brigata aerea, maggiore Giorgio Mattia, che annuncia per «il maggio prossimo l'inizio dei lavori all'interno della base per renderla rispondente alle nuove esigenze entro il 2013, quando l'hub diventerà operativo». «L'aeroporto Dall'Oro - spiega Mattia - sarà quindi il punto di riferimento per tutte le forze armate che avranno bisogno di spostarsi per via aerea per tutte le missioni nei teatri internazionali. Durante i lavori di ampliamento dello scalo, realizzeremo anche una struttura ricettiva che potrà ricevere circa 30 mila uomini perfettamente equipaggiati, per un arco di tempo di almeno un mese». Insomma, un investimento importante che rilancia il ruolo strategico della base pisana e che potrà avere importanti ricadute economiche sul territorio. «Quando sarà operativo l'hub - conclude Mattia - diventerà l'unico posto per le forze armate italiane da dove si partirà per le diverse missioni internazionali e rispecchierà in tutto e per tutto i grandi hub civili con servizi di check in e check out, polizia doganale, ma anche movimentazione bagagli e altri servizi di terra che potranno essere gestiti da ditte civili»;
la legge 30 luglio 2010, n. 122, ha inciso profondamente sull'operatività e sulle attività delle Forze armate, nonché sul trattamento economico del personale militare -:
se quanto rivelato all'agenzia di stampa dal portavoce della 46esima Brigata Aerea corrisponda al vero e, in caso affermativo, a quanto ammonterebbe il complesso degli stanziamenti economici previsti per il completamento delle opere previste per l'ampliamento della struttura militare; quale sia il nome dell'impresa aggiudicataria, per quale importo, se sia stato effettuato un frazionamento in più lotti di gara, se sia prevista la possibilità di subappalto ad altre imprese e con quali limiti;
vista l'attuale situazione economica in cui versa il Paese, se non ritenga opportuno disporre l'immediata sospensione dei lavori fino al 1° gennaio 2014 e conseguentemente disporre che le somme così risparmiate siano destinate al finanziamento delle attività di manutenzione dei sistemi d'arma già acquisiti dalla Difesa, nonché all'addestramento del personale militare e al pagamento dei relativi emolumenti accessori e delle indennità spettanti al personale medesimo.
(4-08323)

Risposta. - Confermo, in premessa, che presso l'aeroporto militare di Pisa verrà realizzato l'hub aereo nazionale della Difesa.
La struttura in argomento sarà dimensionata per movimentare fino a 1000/1200 uomini al giorno, con una capacità ricettiva mensile di 30.000 uomini.
Il programma, complessivamente, comporterà un investimento di 63 milioni di euro, importo destinato per una quota parte alla realizzazione delle infrastrutture verticali e orizzontali (piazzali parcheggio velivoli, raccordi, edifici ed opere di urbanizzazione), e per un'altra quota all'acquisizione dei mezzi e delle attrezzature.

L'investimento sarà realizzato attraverso un programma, ad attuazione pluriennale, che ha preso avvio nell'esercizio finanziario 2010 e terminerà nell'anno 2013.
La progettazione dell'intero complesso di opere infrastrutturali, al momento, è in fase di completamento, mentre si sta procedendo a disciplinare le successive modalità di appalto, aggiudicazione ed esecuzione dei lavori.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 11 maggio 2008 durante lo svolgimento di una esercitazione di pattugliamento il caporalmaggiore scelto Sinesio Sardelletto, in servizio presso il 5° Reggimento artiglieria terrestre si trovava alla guida dell'automezzo militare VM90 veniva violentemente tamponato da un altro automezzo militare che lo seguiva e per tale fatto il comandante di corpo riteneva in data 10 luglio 2008 di dover procedere, nei confronti del predetto militare, dando l'avvio ad un procedimento disciplinare per l'irrogazione di una delle sanzioni di corpo;
l'ordine di operazioni dell'11 maggio 2008 al punto 3, lettera e), n. 3, prevedeva una densità di mezzi pari a 2 in 0.5 chilometri, e una velocità di marcia in centro abitato di 30 chilometri orari;
il mezzo VM90 tg. EI 146DE, condotto dal Sardelletto, che procedeva alla velocità consentita su quel tratto di strada e secondo le disposizioni dell'ordine di servizio, si arrestava sulla linea di arresto nell'incrocio regolato da impianto semaforico, in quanto il repentino mutare della segnalazione dal verde al giallo e poi rosso, nell'arco di pochi secondi, costringeva il militare ad arrestare il mezzo condotto con la decisione e fermezza che il caso, in quel momento, aveva richiesto per evitare di impegnare l'incrocio e quindi la possibilità di arrecare danni a mezzi e persone civili. Dopo alcuni secondi dall'arresto il VM90 condotto da Sardelletto veniva violentemente tamponato da un analogo mezzo militare che lo seguiva;
con il foglio Prot. 0011340/M-D E23603 datato 8 settembre 2008, del 5° reggimento artiglieria terrestre (Lanciarazzi) «SUPERGA» a firma del comandante colonnello a. Maurizio Gulotta, avente ad oggetto «Mancanza commessa dal C.le Magg. Sc. Sinesio Sardelletto, matr. 026800027305.», è stata inflitta al Caporalmaggiore scelto Sinesio Sardelletto la sanzione disciplinare della consegna per giorni tre con la seguente motivazione «Negligenza nell'uso dell'automezzo militare VM90 targato EI146DE coinvolto nell'incidente occorso in data 11 maggio 2008 in località Santa Giulietta (PV), violazione articolo 20, comma 1 RDM»;
il militare dopo aver inutilmente esperito il previsto ricorso gerarchico ha provveduto ad impugnare gli atti con un articolato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;
nel corso dell'adunanza del 12 ottobre 2010 il Consiglio di Stato chiamato ad esprimere il previsto parere sul ricorso N.R.G. 2007 del 2009 proposto dal militare e concludeva per l'accoglimento del ricorso medesimo giungendo ad affermare (parere numero 05087/2010) «La Sezione ritiene che, in assenza di verbali di polizia sul sinistro di cui trattasi ed in presenza di testimonianze non coincidenti in ordine al preciso svolgersi degli eventi, occorra basare le valutazioni del caso su quanto disposto dal Codice della strada vigente all'epoca dell'evento, sulla pubblicazione n. 6462 dello Stato Maggiore Esercito intitolata «Movimenti, trasporti, circolazione e stazionamento» e sull'«Ordine di operazione» per il movimento in data 11 maggio 2008 del nucleo in questione. [...] La Sezione ritiene che alla luce di quanto precede non emerga la riconducibilità al ricorrente del sinistro occorso l'11 maggio 2008, non risultando egli, stando a quanto è dato conoscere in assenza di verbale di polizia e stante la non coincidenza delle dichiarazioni dei militari presenti, aver violato alcuna delle norme e delle disposizioni disciplinanti il movimento di automezzi militari su strade urbane e neppure aver mantenuto atteggiamento contrario alla prudenza ed alle consegne di sicurezza. Del resto dal Verbale prot. n. 0011229/M-D E23603, in data 3 settembre 2008, del 5° Reggimento Artiglieria Terrestre (Lanciarazzi) Superga, relativo a seduta dedicata all'incidente, non risultano i motivi per i quali, a fronte delle articolate e puntuali rappresentazioni da parte del difensore

del ricorrente, il presidente della commissione abbia potuto ravvisare «un comportamento del Caporalmaggiore Scelto Sinesio Sardelletto non perfettamente corretto quale conduttore». Non si comprende infatti a quale condotta, diversa da quella tenuta, avrebbe dovuto ispirarsi il ricorrente nella situazione di cui trattasi. Occorrerebbe piuttosto chiedersi se non sia stato il veicolo seguente, autore del «tamponamento», a non attenersi alle disposizioni regolanti la velocità massima e la distanza minima da mantenere in aree abitate, non potendosi altrimenti comprendere come, anche in presenza di arresto subitaneo del mezzo del ricorrente, abbia potuto verificarsi il sinistro in parola, confermando quindi in punto di fatto e in diritto quanto sostenuto dal maresciallo di 1° classe Luca Marco Comellini, che nell'occasione aveva svolto il ruolo di militare difensore;
il maresciallo Comellini, inoltre rientrato presso la propria sede di servizio presentava al comandante della 3° divisione del comando logistico dell'Aeronautica militare una articolata relazione, datata 9 settembre 2008, nella quale si legge «ho preso visione degli atti e delle dichiarazioni allegate al carteggio del procedimento venendo così a conoscenza del fatto che il predetto militare, in data 11 maggio 2008, con il suo comportamento avrebbe causato un incidente stradale e il danneggiamento dell'automezzo militare VM90 (targato EI 146DE) di cui era conducente. Nel conoscere gli atti del procedimento ho potuto notare alcune incongruenze nelle dichiarazioni rese dai militari coinvolti nell'incidente, in relazione allo stato del luogo alla tipologia dei mezzi e all'ordine e le modalità di servizio.»;
con il foglio prot. n. 0008465/M DE23603 datato 25 giugno 2008, del 5° reggimento artiglieria terrestre (Lanciarazzi) «SUPERGA» a firma del comandante Colonnello a. Maurizio Gulotta è stata effettuata la costituzione in mora del Caporal maggiore Sc. Sinesio Sardelletto per i danni erariali derivati dall'incidente -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali immediate azioni intenda promuovere per riparare agli evidenti danni che il colonnello a. Maurizio Gulotta ha cagionato al caporal maggiore scelto Sinesio Sardelletto e se sia intenzionato a procedere disciplinarmente nei confronti del medesimo ufficiale;
se il comandante della 3° divisione del comando logistico dell'Aeronautica militare, a seguito della ricezione della relazione presentata dal maresciallo Luca Marco Comellini, abbia interessato la competente procura militare se siano state avviate indagini con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-09702)

Risposta. - In via preliminare si sottolinea che gli eventi richiamati con l'interrogazione in esame si sono integralmente svolti presso il 5° reggimento artiglieria terrestre «Superga» dell'esercito ed hanno riguardato personale coinvolto, a vario titolo, in un procedimento disciplinare a carico di un militare dell'esercito.
Ciò premesso, si fa presente che la disciplina del caso concreto, consistente nell'attivazione della procura militare, attraverso la segnalazione di fattispecie astrattamente configurabili come reato militare (comunicazione della cosiddetta «notitia criminis»), è rappresentata dall'articolo 301 codice penale militare di pace nel quale è stabilito che l'onere di tale azione è riservato ai «Comandanti di corpo, di distaccamento o di posto».
In applicazione di tale disposto normativo è evidente che nel caso di specie, l'unico soggetto qualificato ad effettuare questo tipo di segnalazione era il comandante del reparto presso il quale materialmente hanno avuto luogo i fatti in questione, ossia il comandante del predetto 5° reggimento «Superga».
Pertanto, il richiamato comandante della 3° divisione del comando logistico Aeronautica Militare (in qualità di diretto superiore gerarchico del sottufficiale dell'Aeronautica Militare mancato delle funzioni di «difensore» nell'ambito del pre

detto procedimento disciplinare), non rivestendo le funzioni di comandante di corpo nei confronti del personale coinvolto nell'evento di che trattasi, non poteva in alcun modo, sulla base della sola relazione di servizio in cui sinteticamente erano riferite circostanze attinenti ad un procedimento svoltosi altrove, trarre gli elementi necessari per procedere all'inoltro di una segnalazione alla procura militare.
Tale ufficiale, invece, improntando il suo comportamento al rispetto dei propri limiti di cognizione/competenza, e soprattutto in applicazione del predetto dettato normativo, ha proceduto al tempestivo invio di detta relazione all'effettivo comandante del citato 5° reggimento «Superga» per le specifiche valutazioni e le eventuali azioni del caso.
Per quanto riguarda, invece, gli ulteriori aspetti relativi alla sanzione disciplinare, sulla base delle valutazioni del competente organo tecnico operativo militare, si evidenzia che:
dalla lettura del richiamato parere del Consiglio di Stato, la valutazione del provvedimento disciplinare impugnato risulta incentrata sulla riconducibilità o meno dell'incidente al ricorrente. Al contrario, la condotta censurata dal comandante di corpo concerne, piuttosto, la condotta di guida del graduato che ha configurato, per negligenza ed imprudenza, un'autonoma infrazione. Sanzionata, quindi, prescindendo dal suo eventuale apporto causale al verificarsi del sinistro;
il procedimento disciplinare è stato condotto e definito in aderenza alle vigenti disposizioni normative, con l'osservanza delle garanzie sostanziali e procedurali previste in favore dell'incolpato;
l'inchiesta amministrativa esperita ha rilevato profili di colpa grave a carico dei conduttori dei mezzi coinvolti nel sinistro;
i provvedimenti adottati dal comandante di reggimento pro-tempore caratterizzati da ampia autonomia e discrezionalità, risultano completi, esaustivi e aderenti alla normativa vigente;
il giudizio di responsabilità innanzi la Corte dei Conti risulta ancora pendente.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che a diversi medici militari del policlinico militare di Roma sia consentito di impiegare, sulla base di presunti scopi didattico addestrativi, presidi sanitari e strumentario chirurgico, al di fuori della struttura ospedaliera militare;
risulta che in qualche occasione, per interventi urgenti all'interno del Policlinico Militare si è dovuto ricorrere all'utilizzo di kit chirurgici alternativi o a posticipare l'effettuazione degli interventi -:
si chiede pertanto di conoscere se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e nei confronti di quanti e di quali soggetti venga svolta tale attività didattico addestrativa e quali siano le motivazioni poste a sostegno;
se il Ministro della difesa sia a conoscenza di tali procedure, quale ne sia la frequenza e se queste siano compatibili con le norme in vigore, tenuto conto anche dei profili di responsabilità amministrativa correlata;
se nell'eventualità in parola, gli scopi didattico addestrativi possano, per converso, corrispondere all'utilizzo del materiale del policlinico militare per lo svolgimento di attività libero professionali del personale medico militare presso strutture private;
di chi siano imputati gli oneri di sterilizzazione e risterilizzazione degli strumenti di cui in premessa e se siano noti casi di materiale precocemente usurato o danneggiato;
quali urgenti iniziative intenda porre in atto il Ministro interrogato per la problematica segnalata.
(4-11350)

Risposta. - La formazione del personale sanitario rientra tra i compiti istituzionali primari del policlinico militare che si avvale, a tal fine, dell'apposita sezione addestramento, studi e rapporti con la sanità civile.
In particolare, applicando la metodologia dell'apprendere lavorando («training on the Job») per la qualificazione del personale sanitario militare, sia medico che infermieristico, oltre che per assicurare il mantenimento di elevatissimi livelli di capacità tecnica, sono in vigore numerose convenzioni con diverse aziende ospedaliere e con gli atenei di Roma, con i quali sono attivati diversi corsi di formazione: cito, in proposito, le scuole di specializzazione in numerose discipline mediche chirurgiche, il corso di laurea in scienza infermieristiche, i master universitari in varie discipline, tra cui il «master universitario di I livello in infermieristica clinica nel paziente critico» e il «corso di perfezionamento in assistenza chirurgica in camera operatoria».
Presso il policlinico militare vengono svolti, invece, altri corsi di formazione tecnico-professionale, ai quali, sulla base di appositi accordi convenzionali, possono partecipare, in qualità di docente e di studente, sia civili selezionati dagli enti sanitari convenzionati che personale dell'amministrazione.

Nell'ambito di tali attività didattiche, si è verificata, raramente, da parte di ufficiali medici titolari di incarichi di insegnamento in discipline chirurgiche presso vari corsi oppure da parte di ufficiali medici frequentatori di corsi di specializzazione in discipline chirurgiche, l'esigenza di utilizzare, temporaneamente e solo a scopo didattico e dimostrativo, particolari tipologie di strumentario chirurgico (necessario per esercitazioni pratiche, in sede, su modelli sperimentali).
Queste richieste che - ribadisco - hanno avuto carattere occasionale, sono state soddisfatte sempre previa produzione di motivata richiesta scritta, conservata agli atti sino alla restituzione, in perfetto stato di conservazione e, generalmente, entro le 24 ore, del materiale concesso in uso.
Considerata la tipologia di impiego, non è stato mai utilizzato materiale sterile, tantomeno si è mai verificata alcuna interferenza con il normale svolgimento dell'attività operatoria del nosocomio.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una nota dell'agenzia Ansa del 10 maggio 2011 riportava la notizia secondo cui il Ministro interrogato in relazione all'inchiesta della Procura di Lanusei avrebbe affermato che «È interesse delle Forze Armate tutelare la salute dei propri militari e dei civili.[...] Al momento, per quanto io sappia non è stato accertato alcun nesso di causalità tra uranio e decessi [...]»;
il successivo 12 maggio una nota dell'agenzia parlamentare (AGENPARL) riportava le dichiarazioni del segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), Luca Marco Comellini che in merito alle affermazioni del Ministro della difesa riportate dall'Ansa dichiarava «[...] lo voglio informare dell'esistenza della Sentenza del T.A.R. Campania 17232 dello scorso maggio 2010 che, condannando l'amministrazione militare ne riconosce la responsabilità per la mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l'integrità fisica dei dipendenti e quindi il nesso di causalità tra l'esposizione all'uranio impoverito e la patologia accusata da un militare dell'Esercito Italiano [...] Mi auguro che adesso vorrà dare delle risposte, concrete e coerenti con la realtà dei fatti, alla magistratura, agli italiani e soprattutto a coloro che sono vittime del dovere del servizio, perché non siano anche vittime dello Stato. A prescindere comunque dalle risposte che il Ministro dovrà necessariamente dare gli voglio ricordare che i

deputati radicali Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, e Maria Antonietta Farina Coscioni sulla questione hanno presentato diverse interrogazioni parlamentari che attendono ancora delle risposte. [...]» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa, quante siano state le sentenze pronunciate dai tribunali civili, amministrativi e penali che abbiano condannato il Ministero della difesa a risarcire i danni lamentati da militari e civili in conseguenza della dichiarata esposizione ai rischi di contaminazione di sostanze nocive o che siano deceduti o che abbiano riportato patologie che ne abbiano determinato l'invalidità, per la quale sia stata dichiarata la dipendenza dall'esposizione all'uranio impoverito o ai residui derivanti dall'uso di munizionamento contenente detto materiale, quante sentenze siano state eseguite, quante siano quelle appellate, quante siano le cause concluse con una transazione stragiudiziale.
(4-12056)

Risposta. - Le sentenze con le quali l'amministrazione Difesa è stata condannata a risarcire i «danni lamentati da militari e civili in conseguenza della dichiarata esposizione ai rischi di contaminazione di sostanze nocive» sono complessivamente sei, di cui:
2 pronunciate dal tribunale di Roma, per patologie ritenute dal giudice riconducibili all'esposizione all'uranio impoverito e ad altri agenti inquinanti; per entrambe le sentenze l'avvocatura generale dello Stato ha ravvisato i motivi, in fatto e in diritto, per interporre appello, con particolare riferimento alla costatazione che nelle due sentenze non compare lo scomputo dei benefici indennitari - percepiti dai danneggiati per l'accertata riconducibilità delle patologie alle particolari condizioni ambientali e operative di missione (di cui all'articolo 1, comma 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e al decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243) - dalle somme liquidate a titolo di risarcimento. Infatti, la giurisprudenza ordinaria ha da tempo affermato il principio, da ultimo ribadito dalla Corte di cassazione nella sentenza delle sezioni unite civili n. 584 dell'11 gennaio 2008, secondo il quale al danneggiato sono scomputabili dalle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno quelle percepite a titolo di indennizzo in quanto, altrimenti, lo stesso verrebbe a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico del soggetto riconosciuto come responsabile del danno due diverse attribuzioni patrimoniali in ordine al medesimo fatto lesivo;
1 pronunciata dal tribunale di Roma, confermata in appello ed eseguita; si riferisce a patologie ritenute dal giudice riconducibili all'esposizione all'uranio impoverito e ad altri agenti inquinanti;
1 pronunciata dal tribunale amministrativo regionale Campania, già passata in giudicato, ma non eseguita, perché ancora in corso la quantificazione del danno; anche in questo caso, la patologia contratta dal militare è stata ritenuta dal giudice riconducibile all'esposizione all'uranio impoverito e ad altri agenti inquinanti; la stessa patologia è stata, altresì, riconosciuta riconducibile alle particolari condizioni operative di missione e sono stati corrisposti i benefici indennitari di cui all'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2003 e al decreto presidenziale n. 243 del 2006;
1 pronunciata dal tribunale di Firenze, per la quale è in corso l'appello; non vi è stato ancora pronunciamento sulla riconducibilità della patologia alle particolari condizioni operative di missione e quindi sulla possibilità di concedere i benefici indennitari di cui all'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2003 e al decreto presidenziale n. 243 del 2006;
1 pronunciata dal tribunale di Cagliari, per la quale è in corso l'interposizione dell'appello, per patologie ritenute dal giudice riconducibili all'esposizione all'uranio impoverito e ad altri agenti inquinanti.

Non sono state, altresì, effettuate dal Ministero della difesa transazioni per risarcimento danni provocati da esposizione all'uranio impoverito.

Per completezza d'informazione, vorrei anche menzionare:
4 sentenze favorevoli alla Difesa, tutte in materia di risarcimento danni provocati da esposizione all'uranio impoverito, di cui una sola è stata appellata dagli interessati;
1 giudizio instaurato presso il tribunale di Cagliari, per risarcimento danni provocati da esposizione all'uranio impoverito, i cui attori, che avevano già, nel frattempo, percepito dall'amministrazione della Difesa i benefici indennitari per l'accertata riconducibilità della patologia alle particolari condizioni operative di missione, hanno rinunciato all'azione;
infine, sempre in materia di esposizione all'uranio impoverito, 1 sentenza dell'ufficio del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari che, rigettando l'opposizione proposta dagli interessati, ha disposto l'archiviazione del relativo procedimento penale e 1 sentenza della quarta sezione penale della Corte di cassazione, con cui, avallando l'ordinanza di archiviazione disposta dal giudice indagini preliminari di Cagliari nel precedente grado di giudizio, è stato sancito il non luogo a procedere nel processo contro ignoti alfine di individuare specifiche responsabilità dei vertici militari o, comunque, del Ministero della difesa, per la morte di un giovane militare.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
dalla consultazione della rassegna stampa dell'Aeronautica militare di martedì 31 maggio 2011 è possibile apprendere che sul quotidiano Corriere del Trentino e sul quotidiano Adige edizione del giorno 31 maggio 2011 sono pubblicati articoli dai titoli «Patologia ignorata, causa al TAR» e «Botte al teleposto meteo dell'aeronautica al Rolle» con i quali gli autori offrono una sintetica ma efficace ricostruzione dei fatti avvenuti all'interno della struttura militare che in sintesi si possono riassumere: un maresciallo appartenente a detto Teleposto aggredisce un collega in servizio, durante il servizio e per motivi di servizio. L'aggressore viene condannato in primo grado dal Tribunale Militare di Verona. L'aggredito chiede il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle infermità conseguenti e connesse. Trascorso oltre un anno dalla proposizione dell'istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell'infermità sofferta, il Maresciallo aggredito non è stato nemmeno chiamato alla dovuta e prevista visita medico legale presso la competente Commissione medico legale competente di Padova. Per tale ragione, vista l'illegittima inerzia è costretto ad impugnare il silenzio mantenuto dall'Amministrazione con ricorso dinnanzi al tribunale amministrativo regionale competente del Trentino Alto Adige sede di Trento;
il Tribunale amministrativo, in data 30 Maggio 2011 con sentenza n. 165 ha condannato l'Aeronautica Militare per l'illegittimo silenzio ed ha disposto l'obbligo di concludere il procedimento amministrativo con l'assunzione del provvedimento espresso dovuto entro 90 giorni. Si legge nella sentenza che qualora perdurasse il silenzio oltre il termine indicato il Tribunale «(...) adotterà tutti i provvedimenti di competenza, non esclusa la circostanziata segnalazione alle competenti Autorità Giudiziarie penale e contabile (...).». Nel dispositivo della sentenza si legge, ancora, che il Tribunale «(...) Condanna l'Amministrazione della Difesa al pagamento, a favore del ricorrente, delle spese di giudizio che liquida nella complessiva somma di euro 3.000 (tremila), oltre a I.V.A. e C.N.P.A. ed al 12,5 per cento sull'importo dei diritti e degli onorari a titolo di spese generali (...).» Da quanto si evince dagli articoli pubblicati e dalla lettura della sentenza emessa emerge che il comportamento dell'Amministrazione militare è stato ritenuto illegittimo dato che ha violato le disposizioni del Decreto del Presidente

della Repubblica n. 461 del 2001 omettendo anche di tutelare il proprio dipendente;
ad avviso degli interroganti il quadro complessivo del comportamento mantenuto dal Ministero della difesa è causa diretta della condanna subita dall'Amministrazione militare per le omissioni perpetrate da parte di autorità militari direttamente responsabili sia amministrativamente, sia disciplinarmente -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda in premessa;
se ritenga di assumere informazioni dettagliate in merito ai fatti accaduti ed in merito alle omissioni che hanno portato alla condanna del Dicastero e se ritenga di prendere provvedimenti ritenuti più opportuni, anche disciplinari, nei confronti dei responsabili delle omissioni compiute, affinché altri militari non si trovino nelle stesse condizioni del maresciallo aggredito ed affinché l'Amministrazione non debba più soccombere in giudizio per omissioni proprie e, nel caso, come intenda intervenire;
se ritenga opportuno agire nei confronti dei responsabili così individuati per tutti i danni economici conseguenti alla condanna emessa dal tribunale, data la contingente difficoltà e ristrettezza economica dei bilanci e disponibilità dei capitoli di spesa;
se sia a conoscenza di casi analoghi ove sia stata omessa la conclusione del procedimento di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio e quanti essi siano, indicando le somme economiche a cui è stato eventualmente condannato il Ministero e le ragioni della condanna, ed ancora se ritenga di ripetere dette somme nei confronti dei responsabili di eventuali omissioni che hanno legittimato la condanna, a tutela dell'erario dello Stato ed in ossequio alle determinazioni di responsabilizzazione dirigenziale del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
se siano stati adottati, nei confronti del maresciallo aggressore, tutti i provvedimenti necessari e previsti dall'ordinamento vigente, quali essi siano, ed ove rilevate omissioni da parte delle autorità preposte, come intenda intervenire nei confronti dei responsabili;
se sia intenzionato, considerato quanto già rappresentato dagli interroganti con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-11945 in data 17 maggio 2011, a porre in essere tutte le azioni necessarie a garantire il corretto funzionamento di tutti gli organismi a lui subordinati competenti nel procedimento di riconoscimento delle istanze di dipendenza da cause di servizio delle patologie sofferte dai militari.
(4-12196)

Risposta. - La vicenda richiamata dall'interrogante vede il coinvolgimento di due marescialli dell'aeronautica militare che, all'epoca in cui si sono svolti i fatti, erano in servizio presso il teleposto meteo aeronautica militare di san Valentino alla Muta.
Chiarisco subito che il tribunale militare di Verona ha accertato in sede giudiziale la dinamica dello spiacevole evento, dandone una ricostruzione diversa da quella riportata da alcune testate giornalistiche locali: nella sentenza depositata il 30 maggio 2011, emerge, infatti, che si è trattato di un acceso diverbio verbale con danni materiali alle cose, senza alcun contatto fisico.
Il giudice militare ha condannato il sottufficiale autore dell'aggressione per il reato di insubordinazione, con ingiuria aggravata e danneggiamento di edificio militare continuato e aggravato.
In relazione alle eventuali responsabilità del militare, i fatti accertati dalla magistratura saranno oggetto di valutazione nell'ambito di un procedimento disciplinare, non appena la sentenza di condanna a carico dello stesso passerà in giudicato; l'Autorità militare competente procederà, altresì, all'accertamento di responsabilità amministrative e all'addebito di eventuali oneri, ai sensi dell'articolo 452 e seguenti del Testo unico dell'ordinamento militare.

Il sottufficiale che ha subito l'aggressione verbale, invece, con domanda prodotta in data 30 marzo 2010, ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie (di natura depressiva) lamentate a seguito dell'accaduto.
Va chiarito, in proposito, che in data 21 giugno 2010 il maresciallo è stato visitato dalla commissione medico ospedaliera di Padova per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una diversa infermità, precedentemente richiesta con istanza del 4 settembre 2009 e per la quale è stato già emesso il decreto di riconoscimento (13 luglio 2011) per patologia non ascrivibile ad alcuna categoria di pensione.
In sede di visita, la commissione, sulla base di un obiettivo esame e di accertamenti clinici strumentali ha ritenuto, tra l'altro, il sottufficiale idoneo al servizio militare incondizionato.
Nel frattempo, l'amministrazione ha provveduto alla gestione della documentazione relativa alla seconda istanza, in quanto l'interessato ha prodotto, in data 13 aprile 2010, una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà relativa alle copie dei certificati medici attestanti l'esistenza della dichiarata infermità, inviata al centro nazionale meteorologia e climatologia aeronautica che ha richiesto, a sua volta, la copia del foglio matricolare, necessaria per il corredo della pratica, al 51° stormo di Istrana, immediatamente attivatosi per ottenere la parifica del documento, effettuata in data 10 giugno 2011.
Ovviamente, il procedimento amministrativo per il riconoscimento della causa di servizio è stato reso più complesso dagli adempimenti connessi sia con il passaggio delle competenze relative alla gestione dei fogli matricolari del personale in servizio presso il teleposto dal 3o stormo di Villafranca al 151o stormo di Istrana, sia con le numerose movimentazioni del maresciallo: ciò ha comportato l'acquisizione della documentazione sanitaria da parte di quattro enti.
Chiarito ciò, preciso che, in relazione alle patologie denunciate con la seconda richiesta (30 marzo 2010), l'istante è stato convocato a visita medica per il giorno 27 giugno 2011 presso la menzionata commissione medico ospedaliera di Padova, visita che è stata, però, rinviata al 29 luglio 2011 su istanza dell'interessato, in quanto la convocazione, pervenuta con troppo poco preavviso, non gli ha consentito di nominare il proprio medico di fiducia.
L'interessato è stato dichiarato dalla commissione «non idoneo temporaneamente al servizio d'istituto per 90 giorni a decorrere dal 29 luglio 2011» ed è stato sottoposto a nuova visita il 4 novembre 2011.
Aggiungo, ancora, che a seguito del parere negativo reso dal comitato di verifica per le cause di servizio, trasmesso in data 25 ottobre 2011 alla direzione generale competente in materia, è stato emanato, in pari data, il relativo decreto di non dipendenza da causa di servizio.
Quanto al «comportamento dell'Amministrazione militare», ritengo sia evidente come l'amministrazione non sia affatto rimasta inerte riguardo alla domanda prodotta dall'interessato in data 31 marzo 2010, tanto meno rispetto a quella precedente del 4 agosto 2009, avendo, al contrario, posto in essere tutti gli adempimenti previsti per lo svolgimento del procedimento nei tempi che si sono rivelati necessari.
Con riferimento, poi, alla richiamata sentenza del «Tribunale amministrativo», preciso che l'interessato, ritenendo di essere vittima dell'inerzia della pubblica amministrazione, ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale (Tar) di Trento che, con sentenza del 30 maggio 2011, ha accertato l'illegittimità del silenzio/inadempimento dell'amministrazione militare in relazione alla istanza di dipendenza da causa di servizio prodotta dall'interessato, ordinando alla Difesa di «provvedere sull'istanza del ricorrente», nei modi e nei termini indicati in sentenza, compresa la rifusione delle spese processuali.
Faccio presente, altresì, che la Difesa ha interessato l'Avvocatura generale dello Stato in merito alla possibile proposizione dell'appello al Consiglio di Stato avverso la citata sentenza del Tar di Trento, anche al fine di recuperare le spese del doppio

grado di giudizio; l'ufficio legale ha ritenuto, tuttavia, di non dover procedere, «... anche in considerazione della modesta entità delle spese di lite...» che attengono, comunque, alla normale dialettica delle vicende processuali.
Concludendo, nel ribadire che non si ravvisano profili d'illegittimità nell'agire dell'amministrazione, vorrei anche ricordare che, ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è demandato al «Comitato di verifica per le cause di servizio» - il cui parere assume carattere vincolante - istituito ed operante alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio intermedio di rappresentanza militare (COIR) delle forze operative terrestri con delibera n. 16 del 7 giugno 2011 ha chiesto al COCER Esercito di attivare la procedura prevista dall'articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 52 del 2009 per addivenire alla corretta applicazione della norma istituita del compenso forfettario d'impiego (C.F.I.) per il personale delle forze armate di cui all'articolo 9, comma 6 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002 e seguenti decreti di recepimento delle concertazioni.
Il COIR in tale delibera evidenzia che lo S.M.E. con la direttiva sull'istituto dello straordinario ed istituti connessi (4° serie aggiunte e varianti) ha stabilito che il C.F.I. «[...] inoltre, tenuto conto della natura del C.F.I. che è giornaliero, non frazionabile e da corrispondere per l'intera giornata calendariale, qualora l'inizio/termine dell'attività non coincida con l'inizio/termine del giorno calendariale, il maggiore impiego del personale in tali giornate deve essere remunerato con lo straordinario/recupero compensativo. [...]»;
l'articolo 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002 stabilisce «A decorrere dal 1° gennaio 2003 in attuazione all'articolo 3 della legge 29 marzo 2001, n. 86 è istituito il compenso forfettario d'impiego nelle misure giornaliere riportate nell'allegata tabella 3 da corrispondere in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro» e «il compenso di cui al comma 6 è corrisposto al personale impiegato in esercitazioni od operazioni militari, caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore con l'obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o nell'area di esercitazione»;
alcuni enti dell'Esercito italiano stanno procedendo a carico del personale dipendente al recupero forzato delle somme corrisposte per il primo e l'ultimo giorno di esercitazioni effettuati negli scorsi anni -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali siano i reparti e quale il totale delle somme per le quali è stata disposta la ripetizione nei confronti del personale militare, per ogni singola forza armata;
se il Ministro non ritenga di dover disporre la sospensione delle procedure di recupero e nel contempo di richiedere al Consiglio di Stato la corretta interpretazione della normativa in premessa, diversamente quale sia l'uso delle somme recuperate e se non ritenga di doverle destinare al finanziamento dei provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale non direttivo e non dirigente delle Forze armate e delle Forze di polizia di cui all'articolo 3, comma 155, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
(4-12390)

Risposta. - Il compenso forfettario di impiego (CFI) è stato istituito dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002, così come integrato dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 2007, che ne prevede la corresponsione in favore del personale impiegato in esercitazioni/operazioni in territorio nazionale contraddistinte da:
impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro; o durata minima di 48 ore senza soluzione di continuità;
obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o dell'area di esercitazione.

Nel merito, al fine di uniformare le modalità attuative in ambito interforze di detta normativa, il competente Stato maggiore della difesa ha emanato specifiche «linee di indirizzo», volte a:
far rispettare pienamente il dettato normativo, apparendo evidente la natura forfettaria e giornaliera del compenso;
garantire al personale un equo compenso, direttamente commisurato alla durata della prestazione resa nelle giornate «incomplete».

In particolare, tali linee di indirizzo hanno previsto che il compenso forfettario di impiego, non essendo frazionabile, sia corrisposto soltanto per l'intera giornata calendariale e che, pertanto, qualora l'inizio/termine delle esercitazioni/operazioni non coincida con l'inizio/termine del giorno calendariale (00.00 - 24.00), il maggiore impegno del personale in quella giornata di attività venga compensato con gli ordinari strumenti della normativa sull'orario di lavoro (straordinario/recupero compensativo).
Sulla specifica questione sollevata nell'atto, i competenti organi tecnico-militari dell'Esercito hanno precisato di non essere a conoscenza di casi di errata corresponsione del compenso forfettario di impiego per la giornata iniziale/finale di esercitazioni/operazioni, rilevati in occasione di ispezioni amministrativo-contabili presso gli enti e reparti della Forza armata.
Al contempo, si ritiene verosimile che le procedure di recupero siano state avviate autonomamente a livello periferico, ovvero siano riferite ad altre irregolarità nei pagamenti, in particolare a seguito di ispezione amministrativo-contabile.
Infine, per ciò che concerne le somme recuperate, peraltro, di importo modesto, esse vengono direttamente introitate dall'erario quali «proventi non riassegnabili» e quindi sottratte alla disponibilità del dicastero della Difesa.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato il 16 giugno 2011 sul quotidiano La Sicilia, dal titolo «"Campi elettromagnetici" chiarezza sulla servitù militare» si legge che «Fare chiarezza su quanto si sta realizzando a Timpone Guddino di contrada Casazze, onde evitare l'esposizione della cittadinanza a rischio di campi elettromagnetici [...] Si tratta di un progetto preliminare relativo alle opere infrastrutturali, impianti e radome relative alla fornitura in opera di un sistema Fadr. Per questo, l'Aeronautica "ha iniziato ad inviare ai proprietari dell'area interessata documentazione inerente l'indennizzo annuo da corrispondere". L'area interessata alla servitù ha un raggio di 600 metri dal centro della base delle antenne e ricade nelle contrade Casazze, Paolini, Ferino, Bufalata e Madonna Cava Bufalata. [...] Si tratta di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (Cem), che in queste contrade limitrofe all'impianto radar già esistente vi è un indice di mortalità dovuta a malattie tumorali elevato, sia bambini, ragazzi e anziani [...] quello che più preoccupa i numerosi abitanti di questo versante del Marsalese, al centro del quale c'è il radar dell'Aeronautica

divenuto famoso per il caso del DC-9 abbattuto sopra il mare di Ustica, è che dai nuovi impianti possano arrivare pericoli alla loro salute» -:
quale sia l'importo dell'indennizzo annuo riferito nell'articolo in premessa, quale sia l'impegno di spesa per il progetto citato nel medesimo articolo, quali siano i livelli delle emissioni elettromagnetiche del sistema radar nell'aree interessate e comunque fino a 5.000 metri dalle antenne, quali siano gli investimenti destinati alla tutela della salute pubblica;
se non ritenga di dover disporre l'avvio di immediate indagini volte a stabilire l'indice effettivo della mortalità e le cause dei decessi nelle aree interessate.
(4-12514)

Risposta. - L'importo annuo dell'indennizzo da corrispondere al comune di Marsala e ai proprietari dell'area - su cui grava l'imposizione della servitù militare - interessata dalla installazione del sistema Fixed air defence radar (Fadr) è pari a 97.729,50 euro, per un impegno complessivo di spesa, per il quinquennio di validità 2010-2014, equivalente a 488.647,50 euro.
La spesa per il progetto del Fadr ammonta a circa 17 milioni di euro e comprende gli equipaggiamenti del sistema radar, le opere infrastrutturali, gli impianti accessori, il «radome» a protezione dell'antenna radar, nonché l'avviamento operativo del sistema integrato nella rete di difesa aerea.
Il progetto preliminare relativo alla realizzazione del nuovo radar Fadr, in sostituzione di quello attualmente in uso, è stato sottoposto all'approvazione del comitato misto paritetico della regione Sicilia che, nella seduta del 7 ottobre 2010, lo ha esaminato e approvato all'unanimità.
In tale sede, sono stati presentati tutti gli elementi basati sulle analisi teoriche relative al «campo aperto», importanti per valutare preliminarmente l'impatto ambientale dell'opera da realizzare e dai quali emerso come il nuovo radar, grazie al tipo di realizzazione e ad una tecnologia molto avanzata, presenti caratteristiche migliori rispetto al radar già esistente e sito nella medesima area, sia in termini di efficienza che di livelli di emissione elettromagnetica.
Nello specifico, si è appurato come il nuovo radar:
riduca la potenza di picco di trasmissione del 50 per cento circa;
sia posizionato su una torre di sostegno alta 13 metri con livelli di emissione dell'energia elettromagnetica verso il basso praticamente nulli (il fascio delle emissioni parte dal centro antenna, posto ad un'altezza di circa 20 metri rispetto al suolo ed è orientato verso lo spazio aereo);
riduca del 75 per cento il consumo di energia elettrica.

Inoltre, come previsto per tutti i siti, a seguito del completamento dell'installazione, è programmata l'effettuazione di una campagna di misure dei livelli effettivi di emissione elettromagnetica nelle zone ritenute di interesse, sia all'interno che all'esterno della base, a cura del centro interforze studi e applicazioni militari (Cisam).
Vorrei specificare, in proposito, che essendo la potenza emessa dal nuovo radar notevolmente inferiore a quella del radar attuale, esistono tutti i presupposti affinché vi siano, nelle zone circostanti, emissioni elettromagnetiche inferiori alle attuali che sono, peraltro, già entro i limiti di legge vigenti.
Infatti, il valore massimo (picco) del campo elettrico prodotto dal radar attualmente in uso e riscontrato lungo la contrada Bufalata (a circa 1 chilometro dall'installazione militare) è di circa un quarto del limite previsto di 1952 V/m, mentre il valore massimo (medio) del campo elettrico (sempre a circa 1 chilometro dall'installazione militare), è di circa 7 millesimi del limite previsto di 61 V/m.
Con specifico riferimento ad eventuali azioni da porre in essere per la tutela della salute pubblica, è evidente, sulla base di tali dati - emersi a seguito degli studi effettuati dal Cisam all'esterno della installazione militare - come non si ravvisi l'opportunità

di prevedere particolari attività o «investimenti» nell'ambito del progetto per la realizzazione del nuovo radar Fadr o di avviare «immediate indagini».
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il foglio prot. MD-E24244 18414 del 5 settembre 2011 il comandante del 1° Reggimento Bersaglieri, colonnello Cosimo Orlando, su invito del generale Antonio Vittiglio, ha chiesto al caporal maggiore capo Antonio Mandarino di fornire chiarimenti su alcune frasi contenute nell'atto di ricorso gerarchico con il quale aveva a suo tempo impugnato una sanzione disciplinare di corpo ritenendola ingiusta, e gli ha altresì comunicato l'avvio di un nuovo procedimento disciplinare. Il medesimo ricorso gerarchico non era stato comunque accolto;
nella nota di richiesta di chiarimenti e di comunicazione di avvio del procedimento disciplinare di corpo si richiedono chiarimenti in merito alle specifiche affermazioni rese dal caporal maggiore capo nell'atto di ricorso: «il provvedimento impugnato, inoltre, è viziato anche sotto il profilo dello sviamento di potere avendo l'Amministrazione posto in essere un atto ed esercitato la potestà disciplinare per fini diversi da quelli per i quali la legge gli ha in astratto attribuito tale potere, al solo scopo di sostenere, in ipotesi, che il fatto contestato sia verosimilmente accaduto, ovvero rendere credibile la descrizione dei fatti così come enunciata nella relazione redatta dal Comandante di Compagnia, capitano Gianfilippo Cambera il 27 aprile 2011»;
«il Comandante del Corpo ha, evidentemente, acquisito agli atti del procedimento solo le errate convinzioni/dichiarazioni degli altri militari coinvolti, apparentemente rese per giustificare i comportamenti di altri»;
posto che il diritto di difesa è indefettibile, anche nei procedimenti finalizzati a irrogare ai militari sanzioni disciplinari, e si esplica in tutte le sue forme normativamente consentite nell'ambito del princìpio sancito dall'articolo 24 della Costituzione, agli interroganti appare certamente fuori luogo, illegittima se non addirittura illecita, l'azione posta in essere dai due alti ufficiali;
apprendere dell'esistenza di simili comportamenti discutibili sul piano della legalità e della funzione di comando che dovrebbe caratterizzare ogni ufficiale delle Forze armate, ancor più se trattasi di ufficiale superiore e generale lascia profondamente sconcertati gli interroganti -:
quali immediati provvedimenti intenda adottare in relazione a quanto descritto in premessa;
se ritenga opportuno informare la competente autorità giudiziaria dei fatti in premessa.
(4-13147)

Risposta. - Confermo, in premessa, che effettivamente il comandante della brigata «Garibaldi» ha chiesto al comandante del 1° reggimento bersaglieri i necessari chiarimenti al fine di verificare se le asserzioni del caporale maggiore Mandarino, contenute nel ricorso gerarchico, configurassero violazioni disciplinari sanzionabili a norma del codice dell'ordinamento militare.
Dal tenore letterale della missiva del comandante di brigata, peraltro, appare evidente la natura dubitativa della richiesta, volta ad accertare se ed in quale misura si sia prodotto un vulnus all'ordinamento militare.
Ciò premesso, l'asserita illegittimità della condotta dei due ufficiali è priva di fondamento in quanto il caporale maggiore Mandarino ha potuto esercitare il diritto di difesa, manifestando liberamente il suo pensiero, nell'ambito del ricorso gerarchico presentato avverso la sanzione disciplinare che gli era stata comminata.

Osservo che altrettanto legittimamente la competente linea gerarchica ha ritenuto di valutare se le espressioni usate dal militare concretizzassero violazioni dell'ordinamento disciplinare, considerato anche che l'esercizio corretto del diritto di difesa va contemperato con il senso del dovere, proprio dello status di militare, di improntare i propri comportamenti ad una condotta leale.
Invero, i comandanti a tutti i livelli sono investiti della prerogativa e responsabilità di conseguire e mantenere la disciplina, ai sensi dell'articolo 1346 del codice dell'ordinamento militare.
Ribadisco, in conclusione, sulla base delle argomentazioni sopra esposte, che nessun addebito è dato riscontrare nel comportamento dei superiori gerarchici del militare nell'espletamento delle specifiche attribuzioni nel campo disciplinare.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
«A.M. News» è il Bollettino periodico d'informazione interna dell'Aeronautica militare edito a cura dello SMA 5° reparto;
sul n. 31, anno III, come già avvenuto in modo analogo sui numeri precedenti, sono pubblicati annunci pubblicitari di offerte per la vendita di prodotti riservati al personale militare -:
quale sia la ragione di tali pubblicazioni e quali siano gli importi corrisposti dalle aziende venditrici per l'acquisto degli spazi pubblicitari sul Bollettino di cui in premessa.
(4-13187)

Risposta. - Il bollettino «Aeronautica Militare News» (E-zine) è una newsletter elettronica, periodica, che raccoglie le informazioni ritenute di maggiore interesse per il personale della Forza armata, tra le quali anche quelle relative al benessere e ad agevolazioni commerciali.
Nel merito, si precisa che alle aziende fornitrici non viene venduto spazio pubblicitario, per cui ad esse evidentemente non viene richiesto alcun importo.
Infine, per completezza d'informazione, si fa osservare che le offerte pubblicizzate non riguardano prodotti riservati al personale militare, ma si riferiscono soltanto alle condizioni più vantaggiose per l'acquisto di beni e servizi normalmente in vendita nel libero mercato.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito internet www.palermotoday.it/cronaca/sardegna-muore-sergente-palermo-salvatore-scalici.html è pubblicato, con data 23 settembre 2011, un articolo dal titolo «Drammatica esercitazione in mare, muore un sergente palermitano»;
nello scritto viene testualmente riportato che «[...] Un militare palermitano, Salvatore Scalici di 34 anni, è morto durante un esercitazione in mare nei pressi di Nuoro. Scalici era sergente del 9° reggimento d'assalto paracadutisti incursori "Col Moschin", reparto di forze speciali dell'esercito. Secondo quanto trapelato pare che il sergente si fosse immerso con le bombole nel mare di Dorgali. Ma qualcosa non è andata per il verso giusto e i compagni non lo hanno visto più riaffiorare. Subito sono state avviate le ricerche e il corpo di Scalici è stato recuperato qualche ora dopo. Le cause della morte sono da accertare, anche se il malore appare l'ipotesi più avvalorata. Già da oggi inizierà la raccolta di testimonianze per cercare di capire di più su questa tragica esercitazione.» -:
quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato sul fatto

esposto in premessa e se siano noti gli esiti della autopsia;
quali siano i protocolli di selezione per l'idoneità al particolare e gravoso servizio presso il reparto di forze speciali «Col Moschin»;
di quali apparecchiature e strumentazioni sia dotato il personale che svolge l'incarico di paracadutista incursore;
chi sia il responsabile dell'attività addestrativa e se siano state eseguite preventivamente tutte le procedure di sicurezza nel teatro addestrativo in cui ha perso la vita il sergente Salvatore Scalici.
(4-13365)

Risposta. - In merito alla vicenda affrontata con l'atto in esame, si richiamano opportunamente gli elementi di informazione dei competenti organi tecnico-operativi militari.
In primo luogo, si precisa che il militare in argomento, effettivo al 9° reggimento d'assalto paracadutisti incursori «Col Moschin», era stato rischierato con l'unità di appartenenza a Cala Gonone (Nuoro) per lo svolgimento di attività addestrative in ambiente montano regolarmente pianificate, alle quali il medesimo aveva partecipato con professionalità ed entusiasmo, anche nel giorno del tragico evento.
Il giovane era appassionato di attività subacquea che svolgeva assiduamente, in ambito civile, nei periodi liberi dal servizio, ma non era in possesso di brevetti e/o abilitazioni militari che lo qualificassero allo svolgimento di attività subacquea militare.
Si esclude, pertanto, che il decesso del citato militare sia avvenuto durante un'esercitazione.
La richiamata notizia riportata sul citato sito internet è, dunque, priva di qualsiasi fondamento.
Infatti, più precisamente, risulta che il giorno 22 settembre scorso, il sottufficiale, fuori dall'attività di servizio, aveva effettuato, privatamente, un'immersione subacquea organizzata da un diving club della zona che risulterebbe essere regolarmente autorizzato a svolgere tale tipologia di attività sportive e ricreative.
A quanto risulta, il militare, durante la citata immersione, colto probabilmente da un malore, si distaccava dal gruppo di sub con il quale si trovava e veniva intravisto mentre scompariva nelle profondità.

Conseguentemente, tutti gli elementi di informazione richiesti dall'interrogante, relativi ai protocolli di selezione del personale per il reparto in parola, alle apparecchiature e strumentazioni in dotazione ai paracadutisti incursori, nonché alle procedure di sicurezza, non possono essere messi, strumentalmente, in relazione ad un evento avvenuto fuori dall'orario di servizio e durante un'attività svolta privatamente dall'interessato.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul quotidiano il manifesto dal titolo «Esercito "Strade sicure" Non piace ai soldati: "Usati dal governo«» del 30 settembre 2011, si è potuto apprendere che anche a Roma, come già precedentemente segnalato dal medesimo quotidiano il 16 luglio 2011 con un articolo dal titolo «Signornò, soldati contro le missioni farsa in città», i militari impiegati nell'operazione «Strade sicure» subiscono un trattamento che non appare consono alla dignità del loro status e del loro lavoro -:
quali siano le condizioni di impiego dei militari in premessa e quali siano i costi complessivi della citata operazione e quali siano i risultati reali in termini di sicurezza offerta ai cittadini;
quali siano le immediate azioni per garantire il pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie e alloggiative per quanto concerne la sistemazione logistica del personale del ruolo truppa e quali siano

quelle per garantire il rispetto dei loro diritti durante lo svolgimento del servizio.
(4-13423)

Risposta. - L'operazione strade sicure è un'operazione avviata il 4 agosto 2008 nelle più importanti città italiane nell'ambito del concorso delle Forze armate per le esigenze di controllo del territorio.
Ad oggi il concorso in parola è stabilito in 4.250 unità, con ripartizione del dispositivo per tipologia di servizio prevista da decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero della difesa in data 15 luglio 2011.
Sostanzialmente i compiti, previsti dal predetto decreto, ai quali sono deputati i militari consistono in:
vigilanza dei siti sensibili per liberare agenti di polizia di Stato e carabinieri da destinare a compiti investigativi e similari;
vigilanza dei centri d'identificazione ed espulsione degli immigrati clandestini;
pattugliamento a piedi, insieme a Carabinieri e Polizia, nei luoghi e quartieri considerati a rischio.

In tale quadro, la tipologia dell'uniforme e dell'armamento sono stabiliti dall'autorità prefettizia locale. Nel merito, viene impiegata di massima l'arma lunga nella vigilanza dei centri per l'immigrazione, l'arma corta per pattugliamento.
Le modalità di svolgimento dei servizi con relative turnazioni sono definite da consegne scritte, predisposte da autorità militari e approvate dall'autorità prefettizia.
Il personale interessato viene alloggiato in infrastrutture militari viciniori alla località di svolgimento del servizio o in strutture alberghiere convenzionate.
I costi dell'operazione sono definiti, per il 2011, dalle leggi 31 dicembre 2010 n. 220 e 15 luglio 2011 n. 111, con destinazione complessiva di 36,4 milioni di euro a semestre, di cui 33,5 a favore del Ministero della difesa (compresi i carabinieri) ed i restanti a favore del Ministero dell'interno (per le forze di polizia ad ordinamento civile).
Per quanto concerne, infine, le eventuali valutazioni relative alla valenza del servizio in questione, le stesse rientrano più propriamente nella sfera di competenza del Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, responsabile delle problematiche afferenti l'ordine e la sicurezza pubblica.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il personale dell'Aeronautica militare ha ricevuto all'indirizzo di posta istituzionale una comunicazione a firma del sottocapo di stato maggiore dell'Aeronautica militare in cui si legge: «La forte incidenza dei sistemi di comunicazione di massa sui processi decisionali di natura strategica e sulla formazione della coscienza collettiva nella "società globale" del XXI secolo ha indotto anche la Forza Armata ad interagire in modo incisivo e trasparente con l'opinione pubblica, veicolando le finalità ultime della missione assegnata ed i valori etici cui costantemente informa il proprio operato. Tale esigenza, peraltro, scaturisce anche dalla necessità di conformarsi ai princìpi di efficienza e buon andamento dell'azione amministrativa introdotti nell'ordinamento giuridico italiano agli inizi degli anni '90 e volti a garantire, fra l'altro, un rapporto più immediato e diretto con i cittadini. In quest'ottica sono state intraprese numerose iniziative (esempio: costituzione degli Uffici Relazioni con il pubblico, potenziamento dei servizi di Pubblica Informazione ed incremento dell'attività divulgativa, organizzazione di Master, Convegni e Seminari per diffondere la cultura aeronautica all'esterno dell'organizzazione militare eccetera) che hanno avuto il merito di rafforzare nell'opinione pubblica un sentimento di profondo rispetto verso l'istituzione militare è di incondizionata stima per i suoi componenti. Questa apertura alla società civile, incentivata

anche dalle Autorità politiche, ha generato in taluni l'erronea convinzione di poter liberamente e discrezionalmente divulgare notizie d'interesse militare. Al riguardo va sottolineato che la comunicazione verso l'esterno trova un limite invalicabile nella necessità di tutelare in ogni circostanza la sicurezza delle installazioni militari e del personale che vi opera, a presidio della quale la normativa vigente impone ad ogni appartenente alle Forze Armate cautele nella libera manifestazione del pensiero nonché l'obbligo di mantenere il dovuto riserbo sulle questioni militari. Si tratta di princìpi fondamentali, ma non di rado fraintesi, poiché continuano a verificarsi inaccettabili episodi di divulgazione non autorizzata di notizie e immagini di sensibilità militare attraverso gli strumenti più disparati (organi di stampa, internet, telefoni cellulari eccetera), tali anche da compromettere la riservatezza di informazioni classificate ed arrecare serio pregiudizio alla sicurezza nazionale. In particolare è stato rilevato che il ricorso alla rete internet e ai vari social network consente la diffusione di notizie riservate, o riferibili al servizio, delle quali non è possibile prevedere e circoscrivere il successivo utilizzo e le possibili manipolazioni. Parimenti censurabile è l'abitudine, piuttosto consolidata, ad intrattenere conversazioni private anche in luoghi aperti al pubblico su argomenti afferenti o collegati al servizio, nel corso delle quali, talvolta in buona fede e sottovalutando la reale portata dei fatti riferiti, vengono rese informazioni suscettibili di facili e perniciose strumentalizzazioni. Per fugare ogni dubbio sulla cogenza delle menzionate prescrizioni ritengo doveroso, in questa sede, richiamare le principali norme di riferimento in materia:
articoli 1472 del Codice dell'Ordinamento Militare: [...];
articolo 722 del Testo Unico delle Disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare: [...];
il tenore letterale delle citate disposizioni è inequivocabile: se la libera manifestazione del pensiero su tutte le questioni d'interesse militare o comunque correlabili al servizio è subordinata alla preventiva autorizzazione degli organi competenti (per l'A.M. lo Stato Maggiore), il dovere di riserbo, che caratterizza lo status di militare, è assoluto e sussistente anche laddove si ritenga di trattare argomenti di marginale importanza o comunque non particolarmente lesivi della sicurezza dell'organizzazione. Ne consegue che l'accertata violazione dei suddetti doveri comporta nei confronti dei responsabili l'adozione di severi provvedimenti disciplinari e, nei casi più gravi, quali ad esempio la divulgazione di notizie segrete o riservate (articolo 127 c.p.m.p.) e il rilascio arbitrario di attestazioni o dichiarazioni (articolo 185 c.p.m.p.), l'esercizio dell'azione penale. Sensibilizzo, pertanto, le Autorità cui è devoluta l'azione di comando affinché, attraverso una mirata opera di informazione ed indottrinamento rivolta al personale dipendente, assicurino sempre lo scrupoloso rispetto dell'obbligo della riservatezza su questioni concernenti il servizio. Nell'occasione mi rivolgo anche a ciascun militare evidenziando come un'adeguata cultura nello specifico settore della sicurezza debba caratterizzare il proprio patrimonio di conoscenze tecnico-professionali e rappresentare, allo stesso tempo, un irrinunciabile valore morale. Il Sottocapo di stato maggiore A.M. Gen. S.A. Roberto Corsini»;
la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ritenuto che nell'articolo 9, legge 11 luglio 1978, n. 382 - ora recepito in modo difforme nelle norme ripetute nel citato messaggio -, dove stabilisce che non è consentito ai militari manifestare pubblicamente il proprio pensiero senza previa autorizzazione su argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, afferma che non possono essere inclusi ogni forma di attività e ogni aspetto del servizio, specialmente se normali e notori, e comunque l'Amministrazione, ove ritenga violata la predetta norma, è tenuta a contestare esplicitamente all'interessato il carattere riservato dell'argomento da lui trattato in

un pubblico dibattito, in modo da consentirgli di svolgere le sue precisazioni e le sue argomentazioni sul punto (Consiglio di Stato, sezione IV, 24 gennaio 1985, n. 19);
grazie alle notizie trapelate dagli ambienti militari nel tempo hanno preso il via importanti inchieste e indagini penali, conclusesi con il rinvio a giudizio di alti ufficiali e dei vertici militari pro tempore;
la preventiva comunicazione sostanzialmente tesa a dissuadere i militari da ogni possibile forma di libera comunicazione o commento ad attività di servizio, come di fatto lo è la nota citata, appare, agli interroganti, un'azione che rischia di essere vista come intimidatoria e esagerata al punto da far ritenere, ad esempio, che anche le attività sportive recentemente esaltate dal Ministro interrogato possano rientrare tra gli argomenti vietati dall'interpretazione restrittiva data alla norma in argomento, o ancora che la morte, le modalità del decesso, di un militare impiegato nelle missioni internazionali di guerra siano un fatto riservato la cui divulgazione può nuocere alla sicurezza nazionale e alle Forze armate;
ad avviso degli interroganti la reticenza comunicativa e le limitazioni imposte dai vertici militari anche sugli argomenti e gli aspetti del servizio ritenuti «normali e notori» ha impedito alle Forze armate di svilupparsi pienamente come uno strumento al servizio della collettività, la cui integrazione sociale e la consapevole e trasparente partecipazione alla vita del Paese fossero intese come baluardo posto alle possibili deviazioni dai compiti ad esse affidati dalla Costituzione;
l'interpretazione estensiva delle norme citate potrebbe, in astratto, essere tesa ad evitare la conoscenza da parte dei cittadini non appartenenti alle Forze armate di fatti riguardanti la commissione da parte di militari, di ogni ordine e grado, di possibili reati ai danni della collettività, della salute pubblica e della sicurezza nazionale -:
se sia intenzionato a dettagliare in modo estremamente preciso gli argomenti ritenuti di vietata divulgazione al fine di prevenire comportamenti sanzionatori nei confronti dei militari che potrebbero in astratto compromettere il sereno svolgimento dei compiti istituzionali e dei servizi ai medesimi affidati;
se sia intenzionato a garantire il pieno e libero esercizio del diritto costituzionale della libertà di espressione e di opinione.
(4-13659)

Risposta. - In via preliminare, preciso che il richiamato messaggio recapitato al personale dell'Aeronautica militare non può essere interpretato nel senso indicato dall'interrogante, se si tiene conto da un lato dei princìpi ai quali ogni militare deve conformare il proprio comportamento e dall'altro dell'adempimento dei doveri connessi ai compiti istituzionali di difesa dello Stato e di partecipazione alle operazioni internazionali di pace.
Tale messaggio, infatti, costituisce innanzitutto un ausilio all'esercizio dell'azione di comando da parte delle autorità preposte, la quale - va rammentato - è costantemente tesa alla promozione, tra l'altro, della formazione della coscienza civica, della preparazione professionale e della consapevole partecipazione del personale militare, in armonia con quanto stabilito dal nostro ordinamento giuridico (articolo 725, comma 2, del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010).
I princìpi giuridici posti a fondamento del predetto messaggio sono espressamente previsti dalla normativa nel medesimo richiamata, ovvero dal codice recepito con fonte di rango primario (decreto legislativo) e dal discendente regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010).
Pertanto, la comunicazione in questione, con la quale evidentemente si è inteso

sensibilizzare l'attenzione del personale sulla puntuale osservanza di quanto sancito dalle vigenti disposizioni di legge e regolamentari, non può che essere interpretato come un atto costruttivo ed ineludibile per rammentare a tutti coloro che, ad ogni livello, hanno prestato solenne giuramento di fedeltà alle istituzioni repubblicane, la necessità di ispirare la propria condotta a princìpi di scrupolosa fedeltà alla Costituzione ed alle ragioni di sicurezza dello Stato (articolo 1348 del codice dell'ordinamento militare) nonché di rispettare con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti, tra l'altro, alla disciplina (articolo 1346 del codice dell'ordinamento militare).
Il contenuto del citato messaggio, nel richiamare il dovere dell'obbligo di riserbo su questioni concernenti il servizio, aderisce ai recenti orientamenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato, peraltro recepiti dal menzionato codice e dal testo unico che circoscrivono l'esercizio della libera manifestazione del pensiero da parte del personale militare.
Tale richiamo è apparso, peraltro, maggiormente opportuno anche alla luce di alcuni procedimenti penali avviati dall'autorità giudiziaria nei confronti di personale militare, il quale ha ritenuto di poter liberamente divulgare notizie afferenti o collegate al servizio o comunque di interesse militare attraverso i nuovi strumenti di comunicazione (siti internet, social network, e altri).
Ciò probabilmente è avvenuto in quanto tali militari, ignorando che le norme contenute nella legge n. 382 del 1978 e nel regolamento di disciplina militare fossero state recepite dal codice dell'ordinamento militare e dal discendente testo unico, potrebbero avere ritenuto superati i principi che limitano la libera manifestazione del pensiero degli appartenenti alle Forze armate.
Pertanto con il prefato messaggio si è inteso, tra l'altro, sensibilizzare il personale anche ai finì di quella proficua collaborazione ed attenzione per la messa in atto, nel rispetto della normativa oggi vigente, delle cautele indispensabili per la sicurezza della collettività nazionale.
Si tratta, infatti, di un'esigenza mai superata, ma che anzi assume ancor più rilevanza alla luce dell'attuale delicato scenario globale, caratterizzato dall'attiva partecipazione della Nazione a diverse missioni, anche articolatesi sul territorio nazionale, intraprese ai fini del tutela della pace e della sicurezza internazionale, nonché della lotta al terrorismo internazionale a salvaguardia delle istituzioni democratiche.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi zone della Liguria ed Alta Toscana sono state colpite da una grave alluvione che ha portato anche ad alcune vittime e ad ingenti danni -:
quali strutture e reparti delle Forze armate siano stati o siano tuttora impegnati nelle iniziative di soccorso.
(4-13782)

Risposta. - In relazione alla questione affrontata con l'atto in esame e relativa alla grave alluvione che ha colpito la Liguria e l'alta Toscana, si evidenzia che le attività concorsuali delle Forze armate - che hanno visto l'impegno complessivo di 508 unità e 134 mezzi - sono terminate lo scorso mese di novembre, rispettivamente il giorno 16 a Genova ed il giorno 22 a Livorno (Isola d'Elba) e Massa Carrara.
Rimane attivo un residuale concorso a favore della prefettura di La Spezia, consistente in 10 carabinieri, con compiti di antisciacallaggio, ed un elicottero AB 212 della Marina militare in stato di prontezza operativa (intervento in 120 minuti) presso la base di Luni (Massa Carrara).
Ad ogni buon conto, si allega, ai fini di una più agevole consultazione, una scheda contenente i dati riassuntivi del numero degli uomini e mezzi, ripartiti per singola Forza armata e per città di effettivo impiego, nell'ambito delle attività in parola.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto documenta un video di Gennaro Savio, attualmente e da anni, secondo i pescatori di Forio d'Ischia, pescherecci della Terraferma «posizionano in modo fisso e stabile migliaia di nasse in lunghissimi filari quasi paralleli a pochi metri dalla costa. Ciò ha creato una barriera nella quale qualsiasi esemplare che si imbatte, di dimensione anche ridotta, viene inevitabilmente attratto dall'esca che vi è all'interno e di conseguenza catturato. Per effetto di ciò si è gravemente alterato l'equilibrato sviluppo della fauna ittica in quanto è venuta a mancare una corretta riproduzione ciclica. Di conseguenza la già scarsa presenza faunistica si è ulteriormente impoverita»;
i pescatori di Forio da anni hanno rinunciato alla pesca con le nasse per evitare di arrecare danno all'ambiente marino;
le nasse sono dei contenitori reticolati nei quali si inseriscono dei pesci morti che fanno da esca attirando pesci di varie dimensioni che rimangono impigliati al loro interno. La nassa viene definita trappola mobile perché per legge (articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968 n. 1639) deve essere calata in mare e salpata dopo una breve sosta;
tale tipo di pesca, viene effettuato indiscriminatamente ed in modo contrario a quanto previsto dalla legge perché le nasse risultano essere costantemente immerse e vengono salpate solo per pochi minuti al fine di prelevare il pescato. Ciò comporta un ulteriore problema poiché detto attrezzo è fonte di inquinamento

del mare. L'esca all'interno delle nasse, costituita di piccoli pesci o crostacei già morti, viene lasciata per lunghi periodi immersa unitamente alle nasse e quindi va in decomposizione e putrefazione. Se si calcola che i menzionati attrezzi sono disseminati a migliaia lungo le coste, si può facilmente immaginare la vastità dell'inquinamento che essi producono; inoltre le nasse intralciano gli altri attrezzi da pesca dei pescatori locali, in speciale modo le reti da posta. Difatti la presenza delle nasse nei fondali non è affatto segnalata e spesso capita che nelle immediate vicinanze al di sopra vi sono le reti dei pescatori locali. Nel tirare le nasse i pescherecci imbrigliano di conseguenza anche la rete e la rovinano irrimediabilmente, tagliano e gettano a mare i resti. Ciò capita in qualsiasi orario, sia di giorno che di notte e quindi resta pure difficile prevenire le operazioni dei pescherecci;
come evidenziano i pescatori locali in un esposto inviato dal presidente Domenico Barone al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, alla Capitaneria del porto di Napoli e all'Ufficio circondariale marittimo di Ischia, occorrerebbe quindi apportare dei correttivi alla normativa riguardante tale tipo di pesca, con limitazioni sia di carattere temporale, che territoriale, in modo da consentire il naturale ciclo produttivo della fauna ittica -:
quali iniziative intenda in proposito assumere il Ministro in merito al problema evidenziato in premessa;
in particolare se ritenga di consentire, come da antica consuetudine, la pesca con le nasse solo nel periodo antecedente alle festività natalizie e in prospettiva di tali ricorrenze il che consentirebbe di salvaguardare le specie marine nel periodo della fecondazione e riproduzione che avviene in primavera e nei primi mesi della stagione estiva;
se e come intenda meglio regolamentare l'uso delle nasse.
(4-12186)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la pesca con le nasse nella zona di mare prospiciente il comune di Forio d'Ischia (Napoli) ricordo che il decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639 definisce tali attrezzi come trappole mobili che vengono calate in mare per ogni singola operazione di pesca e issate dopo breve sosta.
Si tratta, in sostanza, di strumenti tipici utilizzati nella pesca artigianale, rientranti tra quelli cosiddetti «passivi» (perché non procurano un grave disturbo meccanico alla biocenosi di fondo), a ridotto impatto sul fondale (in quanto è la preda stessa che va ad incontrarli) ed estremamente selettivi, cioè capaci di catturare un numero esiguo di specie bersaglio e limitate specie accessorie, consentendo altresì la fuga degli individui di dimensioni inferiori alla taglia di prima maturità.
Ciò premesso evidenzio che la regolamentazione relativa all'utilizzo degli attrezzi (decreto del Presidente della Repubblica n. 1639 del 1968) non fissa limiti riguardo alle zone, i periodi di pesca e il numero delle nasse utilizzabili, mentre prevede che le modalità per l'eventuale disciplina di tale tipologia di pesca siano definite in ambito locale, tramite ordinanze dell'Autorità marittima ovvero provvedimenti delle amministrazioni regionali, previa consultazione della competente Commissione consultiva locale per la pesca marittima.
Pertanto, le problematiche di cui alla presente interrogazione possono essere risolte a livello regionale, con particolare riferimento agli specifici contesti locali.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un incendio sviluppatosi il 29 agosto, intorno alle 7 di mattina, all'interno dell'allevamento

avicolo lungo la strada di campagna che da Collesecco porta a Sismano, frazione di Avigliano Umbro ha in pochi minuti colpito la batteria che conteneva galli e galline;
da una prima stima sarebbero almeno 4.000 gli animali morti, ma si tratta di una cifra probabilmente sottostimata;
le squadre dei vigili del fuoco hanno lavorato fino a mezzogiorno per circoscrivere l'incendio ad uno solo dei 7 capannoni ed impedire l'estendersi del fuoco alla vicina boscaglia e alle case che si trovano a poca distanza;
l'impianto, diversi anni fa subì un incendio ma era stato recentemente rimodernato ed appartiene al gruppo Amadori -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alle cause dell'incendio e se l'impianto abbia regolari autorizzazioni.
(4-13062)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame concernente le cause che hanno determinato l'incendio sviluppatosi il 29 agosto 2011 all'interno di un allevamento avicolo nella frazione di Avigliano Umbro (Terni) vorrei precisare che l'evento ha interessato uno dei 7 capannoni dell'Azienda avicola «A.M.G. srl», regolarmente iscritta con codice IT033TR047, ove viene svolta la produzione di uova fecondate da destinare ad incubatoi, in particolare, gli avicoli risultano di proprietà, per l'80 per cento del gruppo Amadori e, per il restante 20 per cento della predetta Azienda.
Il capannone in questione, realizzato con telo in polietilene e materiale isolante (il tetto) e pareti in metallo isolate, risulta ristrutturato circa un anno fa mediante il rifacimento anche dell'impianto elettrico, per il quale è stato rilasciato il certificato di prevenzione incendi dai vigili del fuoco di Terni nel luglio 2011.
Da quanto emerso dai primi rilievi eseguiti dai vigili del fuoco territorialmente competenti, l'incendio sarebbe stato causato da un corto circuito dovuto, presumibilmente, al danneggiamento dei cavi da parte di topi. La ditta è comunque in possesso di assicurazione.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.