XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 12 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 27 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'ideale dei padri fondatori dell'Europa puntava ad una profonda ed integrata identità europea per il rilancio dei valori e delle tradizioni comuni dopo le devastazioni totalitariste;
nel momento della attuale devastante crisi, è necessario tornare alla riaffermazione della identità e del metodo comunitari, accompagnando la perdita della sovranità nazionale ad un acquisto di sovranità politica da parte delle istituzioni europee come tali, in un quadro realmente comunitario e non puramente intergovernativo;
senza limitarsi alla dimensione meramente economicistica dell'attuale fase congiunturale, ciò impone un forte impegno per rilanciare l'azione politica europea sui grandi temi globali;
il percorso di integrazione europea ed il consolidamento della zona euro sono minacciati da una crisi globale, contagiosa perché dagli USA ha investito l'Europa, e che colpisce ormai direttamente gli Stati membri ed i loro debiti sovrani e deriva anche da evidenti limiti riguardanti il fatto che l'euro non è sostenuto da una governance realmente comunitaria dell'economia e dai limiti della funzione finora assegnata alla Banca centrale europea;
la risposta, ad avviso dell'Italia, deve essere un rafforzamento dell'Europa e del metodo comunitario, puntando anzitutto sul ruolo della Commissione, del Parlamento europeo e della Banca centrale europea;
l'opzione da perseguire, malgrado la grave rottura britannica durante il Consiglio europeo dell'8 e 9 dicembre 2011, è quella di modifiche ai trattati nell'ambito delle procedure comunitarie, in tal modo scongiurando l'opzione di un trattato intergovernativo, del quale, in ogni caso, si dovrebbe sottolineare - qualora non vi fossero alternative - la natura eccezionale e derogatoria rispetto al funzionamento ordinario dell'Unione;
nella sostanza, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell'eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di un medesimo accordo onnicomprensivo;
ulteriori strumenti di flessibilità istituzionale, quali i regolamenti ex articolo 136 del trattato di Lisbona, potranno essere utilizzati senza riaprire un percorso di completa riforma di trattati, che inevitabilmente esporrebbe a rischi di reazioni negative o di bocciature referendarie riproducendo la ben nota fase di crisi del 2005 durante la ratifica del progetto di trattato costituzionale;
nel merito del trattato è indispensabile che gli obiettivi di pareggio del bilancio e di riduzione del debito pubblico si integrino con una politica fiscale funzionale alla crescita per evitare recessioni che renderebbero impraticabili gli stessi obiettivi di rigore finanziario e di equilibrio dei conti;
l'esercizio dell'EBA è sbagliato nel metodo, nel merito e nei tempi di attuazione perché la richiesta di un'accelerazione nei requisiti patrimoniali ha sicuri effetti negativi sulla congiuntura economica. Infatti, il vero rischio che stanno affrontando le diverse economie, e in particolare la nostra, è una forte riduzione del credito erogato all'economia, famiglie e imprese. Da tutto ciò è derivato un aumento della volatilità delle quotazioni dei CDS (credit deficit swap) sui titoli sovrani, un incremento degli spread verso il bound tedesco e una maggiore difficoltà di collocamento da parte degli Stati membri incidendo sulla possibilità delle banche di rinnovare o aumentare la dotazione dei titoli di Stato in portafoglio;
sono stati avviati, in sede tecnica, i negoziati occorrenti per predisporre l'accordo

intergovernativo europeo per il rafforzamento dell'Unione economica (il cosiddetto «fiscal Compact»); l'accordo dovrà riguardare:
a) la regola del pareggio di bilancio ed il suo inserimento nella normativa nazionale di livello costituzionale;
b) l'attribuzione alla Corte di giustizia di un ruolo in merito alla trasposizione di tale regole del pareggio negli ordinamenti interni, evitando che ad essa siano attribuite funzioni improprie;
c) il riferimento alla regola del debito in una normativa di diritto internazionale;
d) i programmi di partenariato giuridicamente vincolati per i Paesi sotto procedura per deficit eccessivo;
e) l'applicazione della regola della maggioranza qualificata «invertita» nella procedura per deficit eccessivo;

la tematica dell'accordo tocca temi nevralgici del sistema europeo, quali la tutela dell'unitarietà del diritto comunitario, il ruolo delle istituzioni europee, il coinvolgimento dei Paesi non euro;
l'obiettivo dell'accordo è incorporare le sue disposizioni nei trattati;
in ogni caso, l'accordo ha valenza anzitutto politica, riguardando disposizioni che non avrebbero richiesto, per la loro vigenza giuridica, un nuovo strumento internazionale;
nel corso del negoziato sarà indispensabile considerare e far valere alcuni interessi prioritari nazionali, ed in particolare:
a) assicurare la coerenza dell'accordo con obblighi già assunti dai Paesi membri, quali ad esempio i regolamenti del cosiddetto «six pack» ed in particolare i regolamenti (CE) n. 1175/2011 e (CE) n. 1177/2011 con i relativi riferimenti alle riforme strutturali, alle soglie consentite per il deficit strutturale annuale ed ai fattori rilevanti per la valutazione della riduzione annuale del debito dei Paesi;
b) sottolineare il ruolo centrale delle istituzioni comunitarie, in primo luogo la Commissione e la Corte di giustizia, evitando la creazione di entità - quali un «eurosummit» a 17 con un proprio presidente - che sarebbero fonte di duplicazione e di alterazione dell'equilibrio interistituzionale Commissione - Consiglio - Parlamento;
c) ribadire il principio della unitarietà del diritto comunitario e del primato del metodo comunitario;
d) sottolineare, in considerazione del carattere prettamente politico dell'accordo, la necessità che esso tocchi i temi della crescita, della occupazione e dei meccanismi di stabilizzazione, ancorché non si tratti dell'oggetto specifico dell'accordo stesso;
e) considerare una regola appropriata per la decorrenza dell'entrata in vigore dell'accordo, essendo quest'ultimo uno strumento di «cooperazione rafforzata» con caratteristiche peculiari, ed evitando così che esso possa entrare in vigore con la ratifica di soli nove Paesi aderenti;

è interesse prioritario dell'Italia che sul negoziato in corso vi sia piena e trasparente informazione e valutazione delle nuove regole nel Parlamento, affinché il Governo abbia un ampio sostegno per far valere soluzioni ambiziose, corrispondenti all'interesse dell'Italia ed al rafforzamento dell'integrazione europea attraverso la più ampia applicazione del metodo comunitario,


impegna il Governo:


a considerare, nel corso del negoziato di cui in premessa, i seguenti aspetti:
a) promuovere l'inserimento di un riferimento al vigente accordo «six pack» ed ai relativi regolamenti sia nel preambolo che nell'articolato dell'accordo, considerando in particolare che il percorso di

riduzione del debito, da attuarsi con rigore tenga conto di tutti i fattori rilevanti in ciascuno Stato membro per la sostenibilità complessiva del sistema che richiede anche politiche fiscali funzionali alla crescita;
b) promuovere la precisazione di concetti richiamati nell'accordo sulla produzione e sulla attuazione della normativa ed il richiamo al ruolo delle istituzioni dell'Unione europea, ed anzitutto della Commissione;
c) stabilire che gli strumenti di ratifica siano depositati presso il Governo italiano, così come è avvenuto per tutti i trattati dell'Unione europea sin da quello istitutivo, firmato a Roma nel 1957;
d) adottare, nel preambolo, riferimenti precisi agli altri elementi della complessiva risposta europea alla crisi globale con riferimento alla crescita e alla competitività, alla coesione sociale ed alla flessibilità del mercato del lavoro, al completamento e al rafforzamento del mercato interno consolidando i diritti dei consumatori in un quadro di piena concorrenza, ed altresì alle politiche per le piccole e medie imprese, alla ricerca e all'innovazione, in particolare, sostenendo, per incentivare la crescita, nelle sedi opportune l'applicabilità anticipata rispetto a marzo 2013 della direttiva dell'Unione europea sul ritardo dei pagamenti, nonché l'applicazione equa dei requisiti di capitale previsti da «Basilea 3» con riferimento alle banche che mantengono adeguato livello di credito verso i cittadini e le imprese e facendo sì che l'Accordo sia posto in collegamento sistemico condii trattato sull'ESM (European stability mechanism) e la sua entrata in vigore anticipata a luglio 2012, misure di interazione fiscale ed economica in agenda ai Consigli europei dei prossimi mesi;
e) indicare, per l'entrata in vigore dell'accordo, le necessità di ratifica dei 17 Paesi della zona euro, posto che le regole «ordinarie» della cooperazione rafforzata (sufficienza di soli 9 Paesi per l'entrata in vigore) esporrebbero al grave pericolo di «spaccature» nell'area EURO;
f) specificare il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea in relazione al controllo dell'attuazione del principio della golden rule negli ordinamenti nazionali;
g) stabilire un giusto equilibrio fra la politica di riduzione del deficit e del debito e la politica per la crescita attraverso molteplici interventi riguardanti l'aumento delle risorse del Fondo europeo di stabilità finanziaria, un nuovo ruolo della Banca centrale europea, l'emissione degli eurobond;
h) confermare il principio del ruolo attivo della Banca centrale europea su percorsi di stabilizzazione oltreché di sostegno agli Stati membri, individuando modalità che garantiscano l'effettiva destinazione di prestiti della Banca centrale europea con condizioni particolarmente privilegiate all'ampliamento del credito per le imprese, soprattutto quelle medie e piccole, e per i cittadini;
i) rappresentare, nel quadro delle riflessioni sull'introduzione di una tassazione sulle transizioni finanziarie (impropriamente indicata come «tobin tax»), la necessità inderogabile che il meccanismo di tassazione, ove stabilito, si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e non soltanto ad alcuni, perseguendo una più ampia intesa globale per la creazione di una piattaforma omogenea nelle sedi multilaterali internazionali;
l) sostenere una riformulazione delle indicazioni contenute negli articoli 3 e 4 della bozza del trattato, affinché, fermo rimanendo l'obiettivo costituito dai parametri di convergenza europei, siano evitati automatismi rigoristici, che potrebbero avere esiti recessivi che vanificherebbero gli stessi obiettivi di pareggio del bilancio;
m) attivarsi per ottenere una modifica della decisione del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011 quanto alla metodologia sottostante alla raccomandazione EBA, chiedere un differimento della data ora prevista per l'attuazione dell'esercizio

dell'EBA, tenuto conto del peggioramento delle prospettive di crescita dell'economia e del fatto che i rischi di recessione si fanno sempre più concreti e sensibilizzare la Banca d'Italia, nell'ambito della sua autonomia, in merito all'opportunità di adottare un approccio non penalizzante, rispetto ai criteri adottati negli altri Paesi europei, nella valutazione dei piani di ricapitalizzazione che le banche dovranno presentare entro il 20 gennaio 2012.
(1-00802)«Cicchitto, Corsaro, Frattini».

La Camera,
premesso che:
a seguito degli avvenimenti in Nord Africa, iniziati nei primi mesi del 2011 che hanno sconvolto gli assetti politico-sociali dei Paesi nella fascia del Maghreb e, in particolare, del conflitto in territorio libico, si è posta l'esigenza di affrontare l'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari sul territorio del nostro Paese;
per fronteggiare questa situazione l'azione del Governo è stata tempestiva. Il 12 febbraio 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza umanitaria; quindi, il 5 aprile 2011 è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono state definite le misure umanitarie di protezione temporanea da assicurare agli immigrati, giunti dal 1o gennaio al 5 aprile 2011, di nazionalità tunisina;
il 6 aprile 2011 si è raggiunto un accordo tra Governo e regioni, al quale ha fatto seguito l'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri del 13 aprile 2011, con la quale è stato disposto che l'accoglienza dei migranti provenienti dal Nord Africa sarebbe stata affidata a tutte le regioni del Paese, attribuendo al sistema di protezione civile nazionale la pianificazione delle attività necessarie alla dislocazione nelle singole regioni dei cittadini extracomunitari in modo equilibrato, nonché l'utilizzazione del fondo di protezione civile per il reperimento delle risorse occorrenti;
nel medesimo periodo, mentre diminuivano i flussi provenienti dalla Tunisia, aumentava il numero degli stranieri provenienti dalle coste libiche. Per far fronte a questo ulteriore eccezionale afflusso il precedente Governo, oltre a garantire l'assistenza, provvedeva, da un lato, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2011 ad incentivare i rimpatri assistiti per chi volesse rientrare nel proprio Paese e, dall'altro, ad accelerare le procedure delle domande di asilo;
l'emergenza migratoria legata agli eventi nordafricani è stata successivamente prorogata a tutto il 2012 con provvedimento del 6 ottobre 2011, in tempo utile anche al fine dell'organizzazione delle attività da parte delle regioni e degli enti coinvolti nell'assistenza;
l'Italia, tra i primi Paesi ad aver riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione libico, già durante le fasi del conflitto aveva intrattenuto rapporti positivi con i rappresentanti del Governo transitorio, con una serie di incontri bilaterali tra i rispettivi Ministri degli esteri (17 giugno 2011) e dell'interno (26 luglio 2011 e 21 ottobre 2011), al centro dei quali è stata sempre posta la questione degli immigrati partiti dalle coste libiche. In particolare, il 17 giugno 2011, è stato firmato un memorandum di intesa sulla collaborazione in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, con cui il Consiglio nazionale di transizione si è impegnato a rispettare i precedenti accordi italo-libici ed a rafforzare la collaborazione bilaterale in materia di sicurezza sulla base dell'accordo italo-libico del 2000 in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata ed all'immigrazione clandestina e dei successivi protocolli in materia migratoria;
il Trattato di amicizia italo-libico del 30 agosto 2008, che costituisce il quadro normativo ed economico per tutti

i bilaterali con Tripoli in materia di contrasto, gestione e rimpatrio degli immigrati, sospeso di fatto durante il conflitto, risulta essere stato ripristinato nei suoi effetti il 15 dicembre 2011, a seguito della decisione in tal senso assunta nel corso di un incontro a palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti e il Presidente libico Mustafà Abdul Jalil;
sebbene i trattati bilaterali siano stati ripristinati e possa ora riprendere l'azione di contrasto all'immigrazione dalla Libia, nulla sembra si stia facendo in tal senso. Sono stati circa 28.000 gli immigrati giunti dalla Libia nel corso del 2011. Molti di questi sono fuggiti perché hanno perso il lavoro e non avranno probabilmente diritto all'asilo, ma sono comunque assistiti dalle regioni e dai comuni. Rischia, pertanto, di crearsi un «limbo» giuridico, nel quale non è chiaro né quale sia il loro titolo di soggiorno, né quale debba essere l'obiettivo della loro permanenza nelle strutture messe a disposizione, né come e quando possano trovare una sistemazione definitiva con il rimpatrio o l'asilo. Si pone, inoltre, un notevole e ricorrente problema di rifinanziamento del fondo destinato a coprire le spese di sostentamento, che non devono in alcun modo ricadere sui già sofferenti bilanci regionali;
è fissata per il 21 gennaio 2012 una visita del Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti a Tripoli, durante la quale sono previsti gli incontri con il Presidente ad interim Jalil e con il Primo Ministro libico, nonché con il Ministro per il petrolio. Mentre da più parti si conferma che la visita avrà per oggetto la ridefinizione dei rapporti commerciali tra i due Paesi principalmente con riguardo alle fonti energetiche, nulla è stato detto riguardo al destino dei cittadini extracomunitari arrivati dalla Libia nel corso del 2011,


impegna il Governo:


a risolvere, nel più breve tempo possibile, la questione delle migliaia di cittadini extracomunitari giunti in Italia durante il recente conflitto in Libia e temporaneamente presi in carico dalle diverse regioni italiane, definendone le condizioni per il rimpatrio con la controparte libica, a partire dal prossimo viaggio a Tripoli del 21 gennaio 2012 del Presidente del Consiglio dei ministri.
(1-00803) «Reguzzoni, D'Amico, Montagnoli, Lussana, Fogliato, Fedriga, Vanalli, Fabi, Pastore, Volpi, Bragantini, Maggioni, Pini, Stucchi, Consiglio, Rainieri, Caparini, Gidoni, Grimoldi».

La Camera,
premesso che:
nel mese di ottobre 2011 la Commissione europea ha inserito la nuova linea ferroviaria Torino-Lione (NLTL) tra le dieci infrastrutture prioritarie, dando il via libera ai finanziamenti comunitari 2014/2020 per le reti Ten-T;
tra Italia e Francia si è giunti a un accordo sulla ripartizione dei costi, con la riduzione della quota a carico dell'Italia dal 63 al 60 per cento che verrà sancito nel nuovo trattato la cui firma è prevista per le prossime settimane;
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità 4 mozioni che impegnavano il Governo a confermare la valenza strategica della realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione come asse decisivo per i collegamenti europei; a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera; a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase; ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte;
il 3 agosto 2011 il CIPE ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, prevedendo il cosiddetto «fasaggio», ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura (tunnel di

base, stazione internazionale a Susa, interconnessione con la linea storica a Bussoleno, interventi sul «nodo» di Torino), con un rilevante risparmio sui costi;
entro il 31 dicembre 2012 è prevista la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere del tunnel di base entro il 2013;
nel mese di giugno 2011 nella località di Chiomonte, in Valle di Susa, sono iniziati i lavori per l'installazione del cantiere di realizzazione del tunnel geognostico;
nonostante i periodici violenti assalti condotti da frange fanatiche dei comitati che si oppongono alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione hanno provocato centinaia di feriti e contusi tra le forze dell'ordine), i lavori nel cantiere proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma, e nelle prossime settimane Ltf avvierà le procedure di esproprio di diversi appezzamenti di terreno al termine delle quali l'estensione del cantiere passerà dagli attuali 4.5 ettari ai futuri 7 ettari;
nel mese di novembre 2011 il cantiere di Chiomonte è stato dichiarato «sito strategico di interesse nazionale»: la normativa diventerà operativa a partire dal gennaio 2012, per cui il cantiere continuerà ad essere presidiato dalle forze dell'ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza e guardia forestale), con immutate regole di ingaggio, ma con un inasprimento delle pene nei confronti degli eventuali assalitori;
nonostante in Valle di Susa si registri una ancora diffusa contrarietà alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione è oramai sempre più netta ed evidente la separazione tra i gruppi antagonisti, composti in larga parte da persone estranee al territorio, e la maggioranza della popolazione valsusina, e, in particolare si registra un malcontento da parte dei settori economici, imprenditoriali e commerciali che stanno subendo gravi conseguenze dall'operato dei No Tav, soprattutto nell'ambito del turismo,


impegna il Governo


ad assumere iniziative volte a stanziare 100 milioni di euro per finanziare le opere e gli interventi previsti dal «Piano strategico per il territorio interessato dalla Direttrice Torino-Lione» definito dalla provincia di Torino, in particolare gli interventi relativi al «nodo» di Torino previsti dall'accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 (cosiddetto «accordo di Pracatinat») e dall'atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009.
(1-00804)
«Osvaldo Napoli, Ghiglia, Saltamartini, Laffranco, Bianconi, Bernardo, Aracu, Bertolini, Gregorio Fontana, Cicu, Santelli, Picchi, Pianetta, Marsilio».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da autorevoli fonti di stampa si è appreso che a breve «si terrà una nuova riunione del Cipe che potrebbe sbloccare una serie di opere immediatamente cantierabili e che (...) è possibile che all'ordine del giorno venga inserita anche la valutazione finale sul progetto del ponte sullo Stretto»;
un attento esame dei documenti di progetto evidenzia gravi lacune ed apparenti inosservanze rispetto alle prescrizioni

e raccomandazioni con cui il Cipe aveva a suo tempo approvato la progettazione preliminare;
in particolare, il progetto cosiddetto «definitivo» manca di elementi affidati alla progettazione di enti terzi (progettazione dello scalo ferroviario sul lato-Sicilia, raccordo con la rete ferroviaria sul lato-Calabria, raddoppio della carreggiata per il collegamento tra la rete autostradale siciliana); evidenzia carenze di indagine sismica, apertamente dichiarate dalla stessa «Relazione Geologica Generale» nella quale si legge che: «per descrivere le strutture tettoniche presenti nello Stretto» ci si è basati «sui dati del progetto preliminare, in quanto non sono disponibili elementi nuovi», concludendo che: «in sede di Progetto Esecutivo sarebbe auspicabile che si aggiornassero i profili sismici del progetto preliminare ed acquisire dati aggiornati delle aree marine» (Doc. PB0004_FO, pag. 63);
lo stesso progetto mostra, sempre in relazione al profilo sismico, «lacune a livello di ricerche sul campo e/o interpretazione dei dati» e risulta non cartografata «una faglia che, se attiva, va ad incidere direttamente sulle fondamenta dei piloni o nelle sue immediate prossimità» (Osservazioni delle Associazioni ambientaliste al Progetto Definitivo, 27 novembre 2011, pag. 168);
non risulta prodotta nuova via in relazione alle importanti variazioni del manufatto principale, del quale sono stati modificati posizionamento, altezza, peso;
il progetto sopra citato non risponde in maniera soddisfacente alla raccomandazione n. 1 del CIPE ed ai rilievi della Corte dei conti in materia di aggiornamento dei flussi di traffico; il modello trasportistico utilizzato nella apposita «relazione» (Doc. G0322_F0), infatti, appare di dubbia affidabilità ed è molto probabile che mantenga elevati livelli di sovrastima dei passaggi, dato che: considera per un periodo di tempo molto lungo (oltre 30 anni) una sola variabile (la crescita del Pil) come determinante del volume di traffico, trascurando del tutto altre variabili strutturali (ad esempio, la dinamica demografica della popolazione, la dinamica del «parco-automezzi») la cui tendenza stazionaria riduce l'impatto del Pil sulla domanda di trasporto; non tiene conto nell'analisi di previsione del costante calo di passeggeri in attraversamento sullo Stretto di Messina negli ultimi 15 anni, pur debitamente descritto nell'apposito paragrafo; sussistono notevoli incertezze in relazione sia alla natura statistica che al valore dei parametri utilizzati per convertire la crescita del Pil in variazione dei passaggi sul ponte (parametri che lo studio applica al loro livello massimo);
dopo aver proceduto a stime di breve e di lungo periodo del Pil per la Sicilia e l'Italia, lo studio sostanzialmente raddoppia i tassi di crescita di Sicilia e Calabria per un periodo di 12 anni (6 precedenti e 6 seguenti l'avvio dell'esercizio del ponte), senza esporre le ragioni e gli sviluppi analitici di tali effetti e menzionando solo un oscuro effetto «trascinamento»;
in relazione all'evoluzione attesa della domanda di passaggi da/per la Sicilia, il progetto definitivo prevede già dall'anno 2011 una brusca impennata, lontana sia dal trend storico che dalla realtà attuale;
lo stesso studio ipotizza che l'esistenza del ponte modificherà le preferenze modali dei passeggeri da/per la Sicilia, riducendo in maniera significativa la percentuale di domanda rivolta al mezzo aereo ed incrementando fortemente la domanda di uso dei mezzi gommati, basando tali previsioni su indagini prevalentemente telefoniche, poco adatte a rilevare preferenze relative a scenari ipotetici complessi, quale quello determinato dall'eventuale esistenza del ponte;
le previsioni non tengono conto del rischio di chiusura dell'opera per alcuni giorni l'anno a causa dei venti;
ad esito di tali «forzature», vengono offerte previsioni di utilizzo del ponte in

linea con gli scenari intermedi del progetto preliminare le quali, non finalizzate ad analisi costi-benefici, non offrono alcun elemento di valutazione per la sostenibilità economica e finanziaria dell'opera;
nell'analisi costi-benefici del progetto preliminare, gli scenari fondati sugli stessi livelli di attraversamento generavano valori attuali negativi quando si simulava un incremento del costo dell'opera del 15 per cento. Poiché tale costo è passato da 4,4 ad 8,5 miliardi di euro, crescendo del 93 per cento (ovvero del 39 per cento, se si considera l'importo messo a base della gara al lordo degli oneri di interessi), non risulta credibile che l'opera sia economicamente e finanziariamente sostenibile;
risulta non conclusa la procedura di via del Ministero dell'ambiente in relazione allo stesso progetto;
nel settembre 2009 è intervenuto tra Stretto di Messina spa contraente generale un accordo che ha alterato ex-post in maniera sostanziale alcuni requisiti e condizioni posti a base della gara e dichiarati a suo tempo non negoziabili dallo stesso amministratore delegato della società concessionaria (risposta del dottor Pietro Ciucci alla Senatrice Anna Donato del 21 dicembre 2005, prot. n. 1899); in particolare, nella citata risposta il dottor Ciucci aveva affermato che: «La disciplina dei rapporti tra la Concessionaria ed il Contraente Generale dell'opera non è stata né dovrà costituire oggetto di una puntuale negoziazione tra le parti» perché l'articolato del contratto «è stato inviato ai tre raggruppamenti ammessi a concorrere per l'affidamento con gli altri documenti di gara.» In risposta a ciò, i concorrenti hanno dovuto fornire «a pena di esclusione, la formale attestazione "di aver verificato e di accettare senza condizioni in riserva alcuna tutte le norme, disposizioni, clausole e condizioni di cui... allo schema di contratto e suoi allegati,... avendo di ciò tenuto conto nel formulare la propria offerta"». Ancora nello stesso documento Ciucci chiariva che: «il contratto consisterà nello schema anzidetto con il solo inserimento dei contenuti economici dell'offerta accolta»; inoltre, in merito alle penali, richiamando lo schema di contratto, veniva chiarito che dopo l'approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe, qualora la società Stretto di Messina non avesse approvato il progetto esecutivo o non avesse avviato i cantieri, il contratto avrebbe potuto essere unilateralmente risolto riconoscendo al contraente generale «le prestazioni regolarmente effettuate, il rimborso delle spese sostenute se documentate e ritenute congrue, nonché una ulteriore somma pari al 10 per cento dell'importo predetto» (Articolo 44 del contratto);
in contrasto con tali affermazioni l'accordo intervenuto nel settembre 2009, all'articolo 3 ed all'articolo 5: ha ridotto dal 15 per cento (percentuale contenuta nell'offerta accolta) al 10 per cento l'importo di «prefinanziamento a carico del contraente generale, prevedendo la possibilità di una ulteriore riduzione fino al limite minimo del 5 per cento (il limite minimo previsto nel bando era fissato alla percentuale doppia del 10 per cento) (articolo 3); ha previsto che, a seguito dell'approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe, la mancata approvazione del progetto esecutivo da parte di società Stretto di Messina o il mancato avvio dei cantieri obblighino a riconoscere «ad Eurolink il pagamento delle prestazioni rese e delle spese sino a quel momento sostenute come previste all'articolo 44.4 del Contratto senza alcuna maggiorazione ed incluse quelle precedenti alla stipula del presente atto, nonché di quelle da sostenere per la smobilitazione delle attività, oltre a un indennizzo per la perdita del contratto nella misura del 5 per cento dell'importo risultante dal progetto definitivo diminuito di un quinto» (articolo 5);
tale accordo stravolge le clausole del contratto, favorendo il Contraente generale e danneggiando la parte pubblica, determinando fin dall'approvazione del progetto definitivo un ipotetico diritto a penali di importo elevatissimo, in aperta contraddizione a quanto ufficialmente dichiarato

dall'amministratore delegato della società concessionaria;
il Presidente del Consiglio ha correttamente sostenuto la necessità di «procedere ad una verifica puntuale delle opere» (Sole 24 ore, 27 dicembre 2011) da valutare, ma occorre altresì considerare i fondati dubbi sulle reali caratteristiche di «definitività» del progetto del ponte sullo Stretto di Messina, le carenze documentali, le inadeguatezze analitiche, la reiterata inaffidabilità delle stime di traffico, la conseguente probabile insostenibilità finanziaria dell'opera, il non completamento della procedura di via, l'assenza della valutazione di incidenza richiesta dalla Comunità europea, la non corretta considerazione dei vincoli paesaggistici e di quelli idrogeologici, l'esclusione del progetto dal core network dei dieci corridoi delle Reti transeuropee di trasporto (TEN-T) dell'Unione europea, nonché l'intervenuta alterazione a posteriori di condizioni e clausole che costituivano parte integrante del bando di gara per l'individuazione del contraente generale -:
se non ritenga opportuno:
a) adoperarsi affinché il CIPE consideri - secondo quanto previsto dal Contratto - il progetto definitivo del ponte, a proprio insindacabile giudizio, meritevole di approvazione senza che il Contraente Generale possa avanzare richieste per il riconoscimento di maggiori compensi;
b) valutare in maniera approfondita la legittimità dell'accordo sottoscritto nel settembre 2009 tra la società concessionaria ed il contraente generale;
c) considerare in maniera meditata l'adeguatezza degli attuali organi di amministrazione della società Stretto di Messina spa, titolare di una concessione dello Stato, ai fini della tutela dell'interesse pubblico, promuovendone eventualmente la rimozione;
valutare altresì l'utilità (ove venisse rescisso il contratto con il contraente generale) della esistenza stessa della società Stretto di Messina spa, promuovendone eventualmente lo scioglimento.
(2-01313)
«Genovese, Mariani, Granata, Realacci, Margiotta, Bratti, Braga, Morassut, Antonino Russo, Siragusa, Schirru, Tempestini, Pes, Scarpetti, Bossa, Samperi, Rosato, Gozi, Sani, Fadda, Mattesini, Boccia, Cardinale, Piccolo, Pizzetti, Sanga, Benamati, Losacco, Pierdomenico Martino, Lolli, Ginefra, Cuomo, Burtone, Oliverio, Giulietti, Ginoble, Bellanova, Gasbarra, D'Antoni, Laganà Fortugno, Grassi, Marchi, Causi, Berretta, Verini, Marantelli, Murer, Di Biagio, Perina».

Interrogazioni a risposta scritta:

DE MICHELI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in seguito al terremoto che ha colpito il Molise nel 2002, l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2002, n. 3253, all'articolo 7, comma 1, disponeva la sospensione del pagamento dei contributi di previdenza ed assistenza obbligatoria, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori, per i soggetti di lavoro residenti o aventi sede legale od operativa, alla data dell'evento sismico, nei territori colpiti, fino a determinate scadenze successivamente prorogate;
la medesima ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, all'articolo 7, comma 2, stabiliva inoltre che la riscossione dei contributi non corrisposti dovesse essere effettuata mediante rate mensili pari a otto volte i mesi interi di durata della sospensione, con versamenti a partire dal terzo mese successivo al termine della sospensione;

l'ultima proroga, stabilita con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo 2004, n. 3344, fissava il termine della sospensione al 31 dicembre 2005, con recupero a partire da marzo 2006;
successivamente, il decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito con modificazioni dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, all'articolo 6, comma 1-bis, specificava che il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali dovesse essere riservato «esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile»;
l'INPDAP pertanto, con circolare n. 1463 del 16 aprile 2007, rendeva operativa la disciplina legislativa e, precisando l'esclusione dalla sospensione per le amministrazioni e gli enti pubblici, richiedeva per i dipendenti pubblici il versamento del debito contributivo, in un'unica soluzione, ovvero con un pagamento dilazionato in massimo 60 rate e con applicazione dell'interesse composto, ai sensi della normativa generale in materia di rateizzazioni contributive;
nel 2007 interveniva il TAR Molise che, nel corso di alcuni giudizi, sollevava con una serie di ordinanze di analogo contenuto la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1-bis della legge n. 290 del 2006;
con la sentenza n. 325 del 2008, la Corte Costituzionale respingeva la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Molise e confermava l'ambito soggettivo di applicabilità della normativa di sospensione contributiva ai soli enti datori di lavoro privati, residenti o aventi sede legale od operativa, alla data degli eventi sismici, nella regione Molise;
il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, introduceva all'articolo 6, comma 4-bis, una disciplina derogatoria a favore di soggetti pubblici specificamente individuati, prevedendo la corresponsione del debito contributivo, al netto dei versamenti già eseguiti, ridotto al 40 per cento in 120 rate mensili di pari importo e senza interessi, a decorrere dal giugno 2009;
individuati i 14 comuni della provincia di Campobasso destinatari della restituzione agevolata, l'INPDAP ribadiva, per le amministrazioni e gli enti pubblici dei restanti territori, l'obbligo di versare il debito contributivo sospeso per il periodo 2002-2005 secondo le modalità precedentemente stabilite (circolare n. 4 del 22 febbraio 2010);
a partire da maggio-giugno 2011, circa 8.000 dipendenti pubblici della provincia di Campobasso, in gran parte del settore scuola, si sono visti applicare pertanto le ritenute in busta paga dei contributi previdenziali, prima con una rateizzazione di 288 mensilità di circa 20 euro (come per il settore privato) e poi, dal mese di novembre 2011, con una rateizzazione di 43 mensilità di importo rapportato all'entità dello stipendio da 100 a 300 euro;
tali disposizioni non solo determinano una disparità di trattamento tra i lavoratori in ordine alla restituzione del debito contributivo, ma espongono anche i dipendenti del settore pubblico ad una consistente decurtazione dello stipendio che, in una situazione economica nazionale particolarmente grave, comporta in molti casi la necessità di rivolgersi a forme di finanziamento per affrontare finanche le spese ordinarie;
nelle ultime settimane si sono ulteriormente intensificate le iniziative e le istanze di ricorso presentate dai dipendenti pubblici per chiedere il riconoscimento di un trattamento meno penalizzante, non solo rispetto ai dipendenti privati ma anche ad altri cittadini italiani in eventi calamitosi simili; a tal proposito si evidenzia la nota inviata, in data 26 novembre 2011, dal consigliere regionale del Molise, Michele Petraroia, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione,

dell'università e della ricerca e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali con la quale si chiedeva un urgente intervento normativo per risolvere questa situazione -:
quali urgenti iniziative, e in quali tempi, il Governo intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di garantire l'uguaglianza di trattamento tra i lavoratori privati e pubblici, consentendo anche a questi ultimi di restituire l'importo dei contributi previdenziali dovuti in 288 rate mensili, ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2002, n. 3253.
(4-14441)

DUILIO, BELLANOVA e MELIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (di seguito INPS), con lettere (a quanto sinora risulta) del mese di dicembre ha indirizzato a numerosi titolari di pensione la richiesta di ripetizione di indebito per somme erroneamente corrisposte per periodi che vanno dal gennaio 1993 alla prima metà del 2003;
la motivazione addotta a fondamento di tale pretesa è stata genericamente indicata nella (tautologica) espressione «A seguito della revisione delle operazioni di calcolo è risultato che l'importo della pensione spetta in misura inferiore a quella corrisposta»;
la lettera di richiesta, con formula burocraticamente asettica, si limita ad informare che può essere presentato ricorso amministrativo «esclusivamente on line» entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, in via diretta se il titolare possiede codice PIN ovvero tramite i patronati e gli intermediari autorizzati dall'INPS;
dinanzi ad un mancato esito del ricorso amministrativo, il destinatario della richiesta può proporre azione giudiziaria da notificare all'INPS;
in caso di mancato riscontro, l'Istituto procederà al recupero coattivo del credito;
la richiesta non tiene in alcun conto della situazione reddituale, sociale e familiare dei titolari di pensione, nonostante sia ampiamente consolidata, in alcune fattispecie, l'applicazione del principio del cosiddetto «affidamento», secondo il quale la pretesa della Pubblica Amministrazione fondata sul principio dell'autotutela della stessa in caso di errore deve conciliarsi con la situazione reale del cittadino che sul reddito pensionistico faccia affidamento per condurre una vita minimamente libera e dignitosa;
la stessa, peraltro solo genericamente motivata, non menziona alcuna possibilità di rateazione, pur in presenza di una pretesa in molti casi di assoluta consistenza;
l'istituto previdenziale, interessato per le vie brevi nell'ufficio del presidente, non ha ritenuto di fornire riscontro alle informazioni richieste;
organi di stampa riferiscono situazioni diffuse di allarme sociale per il comportamento dell'INPS (allarme sociale sfociato in almeno un caso, sempre secondo organi stampa, nel suicidio di una persona anziana raggiunta dalla comunicazione in parola) -:
se il Governo non ritenga di intervenire con urgenza per:
a) eseguire una ricognizione delle dimensioni e della diffusione del fenomeno;
b) approfondire e riferire le ragioni che hanno determinato l'errore di che trattasi, in molti casi risalenti a circa venti anni addietro;
c) emanare disposizioni di indirizzo all'istituto previdenziale, sia per rimediare al procurato allarme sociale con un'esauriente spiegazione di quanto avvenuto che con la prospettazione di ogni misura idonea ad attutire, se non eliminare, non sopportabili decurtazioni reddituali a

molte persone e/o famiglie che percepiscono pensioni di importi comunque modesti (compresa la massima rateazione possibile, in alcuni casi, ad avviso degli interroganti, da offrire per un periodo quantomeno non inferiore al periodo di riferimento dell'errore notificato);
d) valutare l'opportunità, per lo meno in alcune situazioni eclatanti, di assumere iniziative normative «ad hoc» tese a soprassedere al recupero delle somme indebitamente erogate.
(4-14444)

MONAI, GOTTARDO, COMPAGNON, MARAN e STRIZZOLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 440 del 1985, nota anche come legge «Bacchelli», prevede l'assegnazione di un assegno straordinario vitalizio a quei cittadini che si siano distinti nella cultura, nell'arte, nello spettacolo o nello sport e che versino in situazioni di indigenza;
Pierluigi Cappello, nato a Gemona del Friuli l'8 agosto 1967, è un poeta italiano che versa in condizioni economiche molto disagiate. Ha frequentato la facoltà dimettere presso l'Università di Trieste. Nel 1999 ha ideato e diretto per diverso tempo. La barca di Babele, una collana di poesia edita dal circolo culturale di Meduno, che accoglie autori noti dell'area friulana, veneta e triestina. Attualmente vive a Tricesimo dove scrive e dove è impegnato in un'intensa attività artistica e di diffusione della cultura anche nelle scuole e all'università. Varie e significative sono le iniziative culturali sviluppate in Friuli che fanno capo a questo poeta, legate alla poesia, alla saggistica, al teatro. Numerosi i premi nazionali vinti con i suoi libri di versi: per Il me Donzel ha ricevuto i premi, città di San Vito 1999 e Lanciano-Mario Sansone 1999, quest'ultimo ex aequo con Bianca Dorato. Con Dittico, che comprende poesie inedite in friulano e in italiano, ha vinto il premio Montale 2004. Nel 2006 ha pubblicato quasi tutte le raccolte delle sue poesie in Assetto di volo, a cura di Anna De Simone, con introduzione di Giovanni Tesio, Crocetti Editore, Milano. Per questo libro ha vinto il Premio Nazionale Letterario Pisa; il Premio Bagutta 2007 sezione Opera Prima, il Superpremio San Pellegrino 2007, il Premio Speciale della Giuria «Lagoverde 2010». Un nuovo libro di poesie, Mandate a dire all'imperatore, con postfazione di Eraldo Affinati, è stato pubblicato da Crocetti Editore, Milano 2010, e con quest'opera Cappello si è aggiudicato il Premio Viareggio-Rèpaci 2010 per la poesia.
sue poesie sono apparse sulle seguenti riviste e antologie: Caffè Michelangiolo, clanDestino, Diverse Lingue, La Battana, Poesia, Tratti; Il pensiero dominante, a cura di F. Loi e D. Rondoni, Garzanti, Milano 2000; Fiorita periferia. Itinerari nella nuova poesia in friulano, a cura di G. Vit e G. Zoppelli, Campanotto, Udine 2002; Tanche giaiutis (Come averle). La poesia friulana da Pasolini ai nostri giorni, a cura e con un saggio introduttivo di A. Giacomini, Associazione Colonos, Lestizza (Ud) 2003; La stella polare. Poeti italiani dei tempi «ultimi», a cura di Davide Brullo, Città Nuova Editrice, Roma 2008;
«Mandate a dire all'imperatore», in «Poesia», Anno XXII, Marzo 2009, N. 236, pp. 17-22. Ha pubblicato, riunite in volume, anche prose liriche comparse precedentemente su riviste, libri, monografie di poeti, con il titolo Il dio del mare, Lineadaria Editore, Biella 2008. Sulla sua poesia hanno scritto tra gli altri, Giovanni Tesio, che è l'autore di gran parte delle introduzioni ai suoi libri, Anna De Simone, Amedeo Giacomini, Alessandro Fo, Franco Loi, Mario Turello, Gian Mario Villalta.
per la concessione dei benefici della legge Bacchelli al poeta Cappello si sono già espresse diverse istituzioni locali e non solo: in primis la regione Friuli Venezia Giulia, mentre presso il consiglio provinciale di Udine dev'essere discusso un ordine del giorno a firma delle consigliere Burtolo e Schiratti che auspica l'appoggio

dell'Ente a tale richiesta. Giorni fa anche un'autorevole quotidiano on line, Repubblica.it, ha rilanciato l'appello per la concessione dei privilegi previsti dalla legge Bacchelli a uno dei più grandi poeti italiani contemporanei, costretto a vivere nell'indigenza, scrivendo così di Cappello: «è uno dei più grandi poeti italiani contemporanei (...) e la sua è una storia dolorosa, la storia di un uomo che ha bisogno d'aiuto (....). Cappello versa in condizioni di estrema indigenza ed è paralizzato su una sedia a rotelle dal 1983: aveva 16 anni, era un brillante centometrista, sognava di fare l'aviatore, quando un amico gli diede un passaggio in moto. Ebbero un incidente, l'amico morì sul colpo e Pierluigi iniziò un calvario di interventi chirurgici, rieducazioni e fisioterapia, un percorso che gli ha permesso di continuare a vivere ma gli ha provocato un'estrema fragilità fisica. Da tempo ha bisogno di assistenza 24 ore su 24, e l'assistenza costa. Fino al mese scorso, Pierluigi Cappello ha vissuto in un prefabbricato del terremoto a Tricesimo, nei pressi di Udine, una baracca donata nel 1976 dall'Austria al Friuli, una catapecchia abbandonata prima di Natale perché ormai inabitabile e infestata dai topi. Oggi Pierluigi vive con la madre in un minuscolo appartamento dove non esiste neppure il collegamento a Internet, essenziale per una persona isolata dal resto del mondo, per un intellettuale che può comunicare - poesie a parte - solo grazie alla Rete e al telefono. Tutti i suoi libri sono rimasti negli scatoloni, il letto è in realtà un piccolo divano, l'assistenza a domicilio è un peso insostenibile per chi non ha alcun tipo di reddito, ma solo un'esigua piccola pensione di invalidità. La situazione di Cappello ha spinto la Regione Friuli Venezia Giulia a chiedere la concessione dei benefici della Legge Bacchelli, la quale prevede un piccolo vitalizio per gli artisti di chiara fama che versino in condizioni disagiate. L'appello è stato raccolto e sottoscritto dalle Università di Siena, Firenze, Udine, Roma Tre e dall'Accademia della Crusca, oltre che da migliaia di privati cittadini e intellettuali. Anche Facebook e Twitter si sono mobilitati per aiutare Pierluigi Cappello, e la stessa cosa intende fare Repubblica.it, lanciando questo appello alle istituzioni» -:
se sia intenzione del Governo concedere l'applicazione dei benefici previsti dalla legge n. 440 del 1985 in favore del poeta Pierluigi Cappello.
(4-14445)

GIRLANDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, come modificato dalla legge di conversione definitivamente approvata dal Parlamento il 22 dicembre 2011, ha introdotto una serie di nuove tasse e parametri fiscali volti a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013;
alcune di queste norme riguardano settori inerenti a beni e servizi di interesse generale e di ampia fruizione da parte dei cittadini, come le misure sulla casa, l'iva ed i carburanti;
tutto questo andrà ad incidere inevitabilmente sui consumi e sul potere d'acquisto dei singoli e delle famiglie, soprattutto quelle formate da componenti a reddito fisso, che pagano maggiormente i rincari sulle categorie sopra evidenziate;
queste stesse categorie sono frequentemente oggetto di speculazioni di natura inflattiva, soprattutto a fronte dei rincari su luce, acqua, gas e carburanti attivi dal 1° gennaio 2012, anche a fronte di particolari imposte regionali, che generano sensibili ripercussioni su un'ampia gamma di beni di prima necessità, a cominciare da quelli del settore alimentare;
dopo l'entrata in vigore dell'aumento dell'aliquota ordinaria ai sensi del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, legge 14 settembre 2011, n. 148, si erano verificati fenomeni di crescita del prezzo al consumatore di beni e servizi ben oltre la percentuale dell'1 per cento applicata ai prodotti interessati, dando origine ad un'impennata speculativa, fortemente deprimente

per i consumi e di conseguenza potenzialmente inibitrice dei princìpi ispiratori della norma stessa -:
come il Governo intenda tutelare il potere d'acquisto dei consumatori a fronte delle disposizioni introdotte, o di prossima introduzione, e tenere sotto controllo eventuali aumenti di carattere speculativo su beni e servizi di prima necessità.
(4-14448)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sulla base dei dati forniti dall'ARPAV (agenzia regionale protezione ambientale del Veneto) nel comune di Padova si registra un superamento del valore limite giornaliero imposto dalla normativa di riferimento in materia di qualità dell'aria ai sensi di quanto previsto dal decreto ministeriale n. 60 del 2002 e dal decreto legislativo n. 155 del 2010 dal 2005 al 2011 per l'inquinante Pm10, dal 2006 al 2010 per il biossido di azoto (NO2), dal 1999 al 2010 per il benzo(a)pirene;
in particolare per l'intero periodo 2005-2011 per le polveri sottili PM10 non è stato rispettato il valore limite giornaliero per la protezione della salute umana (max 35 volte l'anno) in tutte le stazioni della rete di monitoraggio della qualità dell'aria:
i valori annuali sono superiori a quelli previsti dai margini di tolleranza: per le polveri fini PM10 sono stati rilevati valori superiori al limite annuale per la protezione della salute umana di 40 µg/m3 per l'intero periodo 2005-2009 nelle stazioni Arcella e Mandria;
per l'intero periodo 2006-2010 nella stazione dell'Arcella per l'inquinante biossido di azoto (NO2) non è stato rispettato il valore limite giornaliero per la protezione della salute umana imposto dalla normativa di riferimento in materia di qualità dell'aria decreto ministeriale n. 60 del 2002 e decreto legislativo n. 155 del 2010 (Limite annuale per la protezione della salute umana 48 µg/m3 (dal 2006) - 46 µg/m3 (dal 2007) - 44 µg/m3 (dal 2008) - 42 µg/m3 (dal 2009) - 40 µg/m3 (dal 2010);
secondo un'indagine epidemiologica condotta dal dipartimento di prevenzione delle AULSS 12 e 13 del Veneto e il dipartimento di medicina ambientale e sanità pubblica dell'università di Padova su una popolazione di bambini affetti da asma risulta che il biossido di azoto (NO2) risulta il parametro più sensibile per individuare effetti nocivi sulla salute giungendo alla conclusione che gli inquinanti gassosi risulterebbero associati ad effetti sanitari maggiori di quelli prodotti dalle polveri;
per l'intero periodo 1999-2009 il benzo(a)pirene a Padova è sempre risultato sopra il limite imposto dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e dal decreto legislativo n. 155 del 2010;
il Sindaco e l'assessore all'ambiente del comune di Padova, dal 2005 al 2011, evitano di predisporre e adottare il piano di azione per la tutela e il risanamento dell'aria così come previsto dalle norme del piano regionale di tutela e risanamento dell'aria (P.R.T.R.A) par. 6.1.2 di cui alla delibera del consiglio regionale del Veneto n. 57 novembre 2004 ed ex articolo 7 del decreto legislativo n. 351 del 1999 che impone la valutazione ambientale strategica VAS. La regione Veneto ha precisato (doc. 554140/45.06/E.400.011 del 23/10/2008) che i piani di azione, risanamento e mantenimento sono ricompresi fra i piani e programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica V.A.S. La normativa comunitaria (direttiva 2001/42 CE) entrata in vigore il 21 luglio 2004, recepita con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale», che relativamente a ciò che concerne le procedure

di VAS, di VIA e di ICCP, disciplinate dalla Parte II, è entrato in vigore il 31 luglio 2007. La normativa di VAS è sostanzialmente volta a garantire ed a valutare la sostenibilità dei piani/programmi, con lo scopo di integrare gli aspetti ambientali al pari di quelli economici, sociali e territoriali. In particolare la procedura valutazione ambientale strategica rappresenta lo strumento che evidenzia le modalità con le quali è stata integrata la variabile ambientale nel piano, definendo la stima dei possibili effetti significativi sull'ambiente, ed individuando le misure di mitigazione e di compensazione e le misure di monitoraggio. La valutazione ambientale strategica definisce quali siano gli inquinanti maggiormente pericolosi, quali le fonti responsabili a livello emissivo, quali le strategie di intervento, e fissa obiettivi di riduzione che devono essere monitorati ed eventualmente aggiornati, al fine di raggiungere i parametri di qualità dell'aria fissati dalla normativa in vigore. Inoltre il piano di azione e risanamento sottoposto a valutazione ambientale strategica V.A.S. costituisce uno dei documenti di riferimento per l'armonizzazione dei diversi atti di programmazione e pianificazione, con particolare riferimento al settore dei trasporti e dell'energia. La tutela della qualità dell'aria necessità infatti di strumenti trasversali, richiedendo il coinvolgimento attivo di tutti i settori comunali, delle aziende partecipate, degli enti pubblici, delle imprese e dei singoli cittadini;
dal 2005 al 2011 il comune di Padova ha adottato provvedimenti a carattere emergenziale con azioni a breve termine che si manifestano nei periodi invernali. I provvedimenti del comune non considerano ogni elemento della pianificazione territoriale a norma del piano regionale per la tutela e risanamento dell'aria al punto 6.2.1.3: - impianti industriali - traffico - produzione energetica - edilizia: consumo energetico - sistema agricolo e zootecnico - uso del territorio. Gli interventi programmati risultano palesemente irrilevanti rispetto alle finalità di tutela della salute imposte dalla legge, in quanto le ordinanze sindacali che impongono alcune limitazioni del traffico non incidono, se non in parte trascurabile, sul parco macchine circolante e sull'inquinamento provocato;
l'ente provincia di Padova, che ai sensi dell'articolo 6, comma 1, delle norme del piano regionale per la tutela e il risanamento dell'aria deve approvare i piani di azione, i piani di risanamento e i piani di mantenimento dei comuni, ma dal 2005 al 2011 non è in grado di approvare il piano di azione e risanamento del comune di Padova poiché lo stesso manca della valutazione ambientale strategica. Altresì la provincia di Padova dal 2005 al 2011 non ha approvato i piani di azione e risanamento di tutti i comuni del territorio di sua competenza;
nel quartiere 3 di Padova sono situati due impianti a forte impatto ambientale: un inceneritore attivo dal 1962 e un'acciaieria attiva dal 1974. Dal 2010 l'inceneritore ha raddoppiato la sua capacità di smaltimento portando a 600 tonnellate la quantità giornaliera di smaltimento di rifiuti;
per le polveri fini PM10 sono stati rilevati valori superiori al limite giornaliero per la protezione della salute umana di 50 µg/m3 per 17 giorni consecutivi con una media giornaliera di 134 µg/m3. Il picco massimo del 7 febbraio è di 236 µg/m3, che supera più di quattro volte il limite sanitario di 50 µg/m3 fissato dal decreto legislativo n. 155 del 2010;
nel 2011 sono stati rilevati valori superiori al limite giornaliero per la protezione della umana di 50 µg/m3 per 23 giorni consecutivi, dal 13 novembre al 5 dicembre, con una media giornaliera di 76 µg/m3;
nel 2010 sono stati rilevati valori superiori al limite giornaliero per la protezione della umana di 50 µg/m3 per 20 giorni consecutivi dall'11 al 30 gennaio;
nel 2009 sono stati rilevati valori superiori al limite giornaliero per la protezione

della umana di 50 µg/m3 per 15 giorni consecutivi dal 12 al 26 novembre;
la soglia di informazione per l'ozono (decreto legislativo n. 183 del 2004 e decreto legislativo n. 155 del 2010) viene definita come il livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana (180 µg/m3), in caso di esposizione di breve durata e per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione;
raggiunta tale soglia è necessario comunicare al pubblico una serie dettagliata di informazioni inerenti il luogo, l'ora del superamento, le previsioni per la giornata successiva e le precauzioni da seguire per minimizzare gli effetti di tale inquinante;
per l'intero periodo 2005-2010 nella stazione Mandria per l'inquinante ozono la soglia di informazione oraria di 180 µg/m3 è stata costantemente superata (decreto legislativo n. 183 del 2004 e decreto legislativo n. 155 del 2010);
nel corso dei suesposti episodi di inquinamento acuto per il PM10 e il superamento delle soglie di informazione per l'ozono il Sindaco e l'assessore all'ambiente hanno evitato di adottare i provvedimenti di comunicazione e diffusione al pubblico dello stato della qualità dell'aria attraverso la esposizione sui monitor cittadini e con la comunicazione agli organi di stampa, in presenza dell'urgenza sostanziale di evitare gravi conseguenze sul bene primario della salute dei cittadini, e ciò facendo in violazione degli atti normativi costitutivi nei loro confronti di una specifica posizione di garanzia a tutela della salute e della incolumità di tutte le persone presenti sul territorio del comune;
il valore bersaglio per la protezione della salute umana da non superare per più di 25 giorni all'anno fissato dal decreto legislativo n. 183 del 2004 e dal decreto legislativo n. 155 del 2010 non è stato rispettato;
a Padova nel 2011 gli indicatori ambientali sono peggiorati rispetto al 2010, nonostante nella città sia stato avviato il metrotram, sistema di trasporto pubblico di massa a guida vincolata, realizzate nuove infrastrutture, le tangenziali e le strade a scorrimento veloce, il completamento del cavalcaferrovia che collega via Sarpi a via Dalmazia, la realizzazione di una rete di tangenziali e bretelle che permettono al traffico di scorrimento di evitare il cavalcavia Borgomagno;
dal 2005 al 2011 sindaco e assessore all'ambiente evitano di adottare il Piano di Azione per la Tutela e il Risanamento dell'aria con lo studio di valutazione ambientale strategica, che attribuisce al comune un ruolo di ente guida per l'area metropolitana con il compito di garantire e valutare la sostenibilità dei piani/programmi dei comuni contermini con lo scopo di integrare gli aspetti ambientali al pari di quelli economici, sociali e territoriali. La pianificazione sul territorio è in realtà lo strumento principe per ottenere delle efficaci politiche di riduzione dell'inquinamento, ed è quindi fondamentale che gli obiettivi dei piani e dei programmi elaborati da ogni entità territoriale siano coerenti con gli obiettivi del piano di azione, risanamento e mantenimento dell'aria;
il sindaco e l'assessore all'ambiente, dal 2005 al 2010, hanno avuto piena conoscenza, in quanto giornalmente informati dai risultati delle centraline di rilevamento, dell'andamento della qualità dell'aria - ambiente sul proprio territorio, del persistere dei fenomeni negativi di inquinamento con superamento dei limiti di legge e della completa incoerenza tra gli obiettivi di qualità imposti dalla legge e il programma di interventi adottati e concordati, sia con riferimento ai limiti per i superamenti dei picchi giornalieri sia con riferimento agli andamenti delle medie su base annua;
il sindaco e l'assessore all'ambiente sono responsabili del governo locale del territorio anche in ordine alla salute dell'ambiente. Il sindaco è responsabile della salute dei cittadini residenti in virtù delle competenze generali attribuitegli dalla legge. Il sindaco in particolare è direttamente

investito del potere-dovere di impedire o di attenuare gli effetti del deterioramento della qualità dell'aria ambiente avendo piena consapevolezza delle gravi e attuali conseguenze per la salute umana, dovute alla prolungata esposizione della popolazione a valori di inquinanti dell'aria superiori ai limiti fissati dalla normativa comunitaria, anche alla luce del contenuto dei piani sanitari nazionali emanati dal Ministero della sanità negli ultimi anni (piani 2003-2005, 2006-2008), che recepiscono recenti studi epidemiologici;
occorre tenere presente:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 2003, approvazione del Piano sanitario nazionale 2003-2005 (Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003 - supplemento ordinario n. 95) con particolare riferimento al punto 4.2 (tutela della salute in relazione all'inquinamento atmosferico) ove vengono sottolineati i gravi problemi sanitari in termini di aumento di gravi patologie e di incremento dei decessi causati dall'inquinamento dell'aria ambiente;
b) il Piano sanitario nazionale 2006-2008 con particolare riferimento al punto 5.12 (tutela della salute in relazione all'inquinamento atmosferico) ove vengono ribadite le emergenze sanitarie del piano sanitario precedente connesse con la qualità dell'aria ambiente e in particolare si legge al paragrafo intitolato «inquinamento atmosferico e qualità dell'aria» che «Sulla base degli studi epidemiologici condotti in ambito internazionale ed italiano, si può affermare con assoluta certezza che all'inquinamento atmosferico è attribuibile oggi una quota rilevante di morbosità acuta e cronica, la diminuzione della speranza di vita dei cittadini che vivono in aree con livelli di inquinamento elevato, e che non sembra esserci una soglia al di sotto della quale non si osservano danni» e ancora in un passo immediatamente successivo «... la gravità degli effetti sulla salute umana, sia a breve che a lungo periodo, di questi inquinanti è direttamente proporzionale alla concentrazione degli inquinanti, al tempo e/o modalità di esposizione e la associazione con ulteriori fattori di rischio può rafforzare considerevolmente l'entità dei singoli rischi»;
il dottor Andrea Vianello, direttore di Fisiopatologia respiratoria all'ospedale di Padova afferma che l'inquinamento influisce molto sulle malattie respiratorie e questo è stato ben documentato e spiega che nelle giornate in cui l'inquinamento è più elevato ci sono più accessi al pronto soccorso per asma bronchiale, che ci sono più necessità di ricovero, che c'è maggior consumo di farmaci anti asmatici e antibronchitici. In più, in campo medico, si discute anche che importanza abbia questa esposizione a lungo termine nel far peggiorare progressivamente la capacità respiratoria delle persone;
un grande studio (studio italiano MISA-2) pianificato di metanalisi sugli effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici, coordinato da Annibale Biggeri, università di Firenze, Pierantonio Bellini, università di Padova e Benedetto Terracini, università di Torino ha misurato direttamente gli effetti del Pm10 presente nell'aria delle nostre città stabilendo che l'aumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni successivi al picco di inquinamento. L'aumento di mortalità per cause respiratorie si protrae per almeno 10 giorni;
un'indagine commissionata dal comune di Milano e condotta da 5 ospedali della città, ha attestato che ogni giorno a Milano ci sono 73 ricoveri al giorno correlabili all'inquinamento. In due anni, dall'inizio del 2007 alla fine del 2008, sono stati 53.514 i casi di accesso nei pronto soccorso avvenuti per cause riconducibili all'inquinamento, per malattie e disturbi correlabili all'inquinamento. Nello studio viene sottolineato che ai picchi di agenti inquinanti corrisponde un aumento del rischio di visite al pronto soccorso del 10-15 per cento. Secondo il primario di pneumologia del San Carlo Sandro Amaducci, uno dei curatori della ricerca, «Per ogni aumento di 10 microgrammi

di polveri sottili concentrate nell'aria, cresce del 3 per cento il rischio di problemi respiratori tipici dei bambini». Ciò significa che se si arriva a cento microgrammi il rischio aumenta del 20 per cento;
è recente la presentazione del progetto Aphekom, condotto in 25 città europee (Roma per l'Italia) che ha seguito un nuovo approccio per analizzare l'impatto sulla salute e i relativi costi dell'inquinamento atmosferico nelle città europee. Il progetto dimostra che se i livelli di polveri sottili nelle città europee si riducessero ai livelli raccomandati dalla Organizzazione mondiale della Sanità migliorerebbe la speranza di vita e vi sarebbero grandi benefici economici; i risultati mostrano che vivere in prossimità di strade molto trafficate aumenta notevolmente la possibilità di avere malattie attribuibili all'inquinamento atmosferico, ed evidenzia che i vantaggi nel ridurle l'inquinamento sarebbero superiori a quelli già conseguiti dall'attuale legislazione dell'Unione europea. Se a Roma la concentrazione media annuale di PM2.5 si riducesse a 10 µg/m3, sarebbero evitate 1278 morti (997 per cause cardiovascolari) e la popolazione di 30 anni guadagnerebbe un anno di vita, con un beneficio economico superiore ai 2 miliardi di euro. In termini economici l'impatto dell'inquinamento dell'aria in 25 città europee, l'Italia è rappresentata da Roma, la cifra è da capogiro: 31,5 miliardi di euro vengono «buttati via» per lo smog, pari a 19mila morti (di cui 15mila per malattie cardiovascolari). Ogni anno. Ne basterebbero molti meno per risanare l'aria, agendo su traffico, emissioni industriali e riscaldamenti;
l'Italia non è riuscita ad evitare il deferimento alla Corte di giustizia europea e ora attende il verdetto che comporterà una pesante sanzione economica. I capi di accusa della Corte di giustizia riguardano le relazioni degli anni dal 2005 al 2007 in cui si registra un continuo superamento dei valori limite da inquinamento da PM10, ben oltre la tolleranza consentita. Saranno le regioni a pagare le sanzioni imposte dalla Commissione europea. Questo si evince dalla legge italiana che ha messo i piani antismog interamente a carico delle regioni;
alla luce di quanto illustrato, all'interrogante appare come lo stato di degrado ambientale derivante dalla gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico nella città di Padova sia il risultato di una manifesta volontà dell'amministrazione del comune di Padova di non applicare la legge posta a tutela della qualità dell'aria. Il comune di Padova si pone in uno stato di illegalità che si traduce nella incostituzionale denegazione di diritti fondamentali del cittadino quali quelli del bene primario alla salute e a vivere in un ambiente sano;
la situazione di pregiudizio per i cittadini è tale da richiedere l'adozione di provvedimenti straordinari ed urgenti al fine di consentire l'esecuzione degli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza -:
se non ritenga di intervenire per evitare che l'Italia incorra, anche a causa del mancato rispetto della normativa comunitaria relativa al superamento dei limiti di legge posti a tutela della qualità dell'aria dell'Unione europea - in grandi città come Padova - in ulteriori dure sanzioni della Commissione europea;
quali iniziative il Governo intenda urgentemente adottare su quanto segnalato in premessa e se non ritenga opportuno avvalersi dei poteri sostitutivi previsti dalla normativa in materia di cui all'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, anche mediante la nomina di un commissario al fine di tutelare la salute e l'incolumità pubblica della popolazione di Padova posto che si configura un danno economico per l'erario pubblico alla luce del mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, e considerato che il degrado ambientale derivante dall'inquinamento atmosferico determina gravi disturbi alla salute con relativo incremento dei costi sociali ai medesimi

connessi, costi materiali generati dalla malattia che comprendono anche gli effetti psicologici sopportati dal malato.
(4-14461)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è stata presentata in data 28 ottobre 2010 un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-09248), che non ha mai trovato risposta. In quella occasione si chiedeva quali fossero le intenzioni del Governo rispetto alla «costruenda» strada a pedaggio sull'argine destro dell'incompiuto canale tra Padova e Venezia, detta «camionabile», rispetto alla sentenza della Corte Costituzionale n. 293/2010. La Consulta aveva giudicato incostituzionale il meccanismo, per il quale veniva sanato un esproprio, eseguito da un ente pubblico, che veniva poi dichiarato illegittimo. Il riferimento, nel caso, era per la nuova destinazione da dare ai terreni a suo tempo espropriati per fare un'idrovia navigabile e ora invece ridestinati per «la camionabile». La «Camionabile» è stata inserita dal Cipe nelle opere della legge obiettivo, quale complementare al passante mestrino;
i piani di sviluppo del porto di Venezia, confermati dal CIPE, prevedono la costruzione di un terminal off shore al largo del Lido. Questa fondamentale infrastruttura, dal costo di almeno 3-4 miliardi di euro, permetterà a navi con pescaggio intorno a 17-18 metri di aggiungere alle loro rotte transoceaniche anche lo scalo veneziano, preferendolo ad altri che sulla sponda europea del Mediterraneo non offrono la stessa profondità. In 24-36 ore su quel molo scaricheranno almeno 2-3.000 TEU. Se fossero di meno, non avrebbe senso per le grandi compagnie di navigazione fermarsi al terminal off shore veneziano con navi da 16-18.000 TEU. Se questa operazione di smistamento e spedizione non fosse possibile secondo il ritmo imposto dagli arrivi-partenze navali e non potesse rimanere costante ed affidabile tutto l'anno, le compagnie farebbero presto a spostarsi altrove e il terminal off shore diverrebbe un grande fallimento;
una politica che contempli autostrade anche là dove si potrebbero usare vie d'acqua, come ad esempio la «camionabile» affianco all'idrovia Padova-Venezia o anche la Nogara-Mare affianco al canale Fissero Tartaro CanalBianco, è una scelta particolarmente infelice, dal momento che il settore dell'autotrasporto nazionale ha dovuto essere sostenuto da capitali pubblici a fondo perduto per circa 3,5 miliari di euro negli ultimi 5 anni, a danno di altre opzioni trasportistiche più convenienti ed ecologicamente opportune. E a danno anche della libera concorrenza, esercitata dal trasporto su barche;
il piccolo cabotaggio lungo la costa dell'Alto Adriatico, avente come fulcro il terminal off shore veneziano potrebbe benissimo sostituire la linea TAV sul tratto Venezia-Trieste, come pure la costruzione della Nuova Romea fino a Ravenna. Se la vera interfaccia per lo scambio delle merci tra il continente e il mare si realizza su quella piattaforma e non al porto di Marghera, allora vale la pena che il Governo consideri costi e tempi per la configurazione di un «porto diffuso». Un modello portuale che utilizza qualunque scalo fluvio-marittimo, anche il minore, esistente sulla costa o all'interno della pianura padana, che possa ricevere o spedire container dal terminal off shore -:
se il Governo intenda applicare alla realtà descritta il recente decreto legislativo col quale è stata istituita la valutazione preliminare dei progetti infrastrutturali;
se intenda confrontare costi e tempi realizzativi delle opzioni stradali e ferroviarie, rispetto a quelle fluvio-marittime descritte in premessa, ivi compreso il tratto TAV Venezia-Verona, sconsigliato da RFI che andrebbe comparato con il canale già esistente Fissero Tartaro Canal

Bianco, esteso con un nuovo braccio fino a Isola della Scala, là dove incontra la linea ferroviaria per il Brennero.
(4-14463)

STRIZZOLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
nell'anno appena trascorso sono state interrotte le convenzioni della regione Friuli Venezia Giulia a sostegno delle trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua friulana sia presso la Rai regionale sia presso le emittenti radiotelevisive private;
per l'emittenza privata la regione Friuli Venezia Giulia ha messo a disposizione per convenzioni da sottoscriversi per il 2012 un contributo complessivo di 150.000 euro, cifra comunque inferiore a quelle stanziate sino al 2009;
al contempo restano sospese le trasmissioni in lingua friulana della Rai, facendo così mancare un servizio pubblico fondamentale previsto dalla legge n. 482 del 1999;
il nuovo contratto di servizio tra la Rai, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e il Ministero dello sviluppo economico, all'articolo 17, oltre ad affermare i principi di valorizzazione e promozione delle lingue e culture locali, prevede la clausola che «sulla base di apposita convenzione, la Rai si impegna ad effettuare trasmissioni radiofoniche in lingua friulana» -:
se gli interrogati siano a conoscenza del fatto che - in concreto - in questa fase non sono state attivate le soprarichiamate iniziative a tutela della lingua friulana anche attraverso la effettiva trasmissione di programmi in lingua minoritaria tutelata dalla legge n. 482 del 1999;
quali iniziative intendano porre in essere - e con quale tempistica - per dare effettiva attuazione ad un diritto che deriva dalla Costituzione repubblicana che, all'articolo 6, stabilisce «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche».
(4-14479)

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo del Corriere della Sera dal titolo «Quell'affare segreto con i beni della Siae» pubblicato l'11 gennaio 2012, si apprende che il 28 dicembre 2011 il patrimonio immobiliare della Siae e del Fondo pensioni è stato dismesso per un valore che potrebbe essere addirittura la metà di quello di mercato: 260 milioni di euro a fronte di un valore già stimato che supera i 460 milioni di euro;
la gestione dell'ente pubblico che si occupa dei diritti d'autore (Siae) è affidata a Gaetano Blandini, ex direttore del settore cinema del Ministero per i beni e le attività culturali. Anche lui, come Carlo Malinconico, era molto legato al provveditore Angelo Balducci e ai suoi amici, in particolare Diego Anemone. I rapporti di amicizia e di affari tra questi personaggi emergono dalle intercettazioni dell'inchiesta che nel febbraio 2009 portò in carcere molti componenti della «cricca» grandi eventi, con Baldini che segnala una persona da assumere e in cambio si adopera per le società di produzione gestite dalle mogli di Balducci e Anemone. Blandini finanzia anche un film dove recita Lorenzo Balducci figlio di Angelo Balducci;
il 28 dicembre 2011, è stato firmato un atto notarile che ha disposto la cessione dei palazzi del Fondo pensioni della Siae a un misterioso «Fondo Aida». Si tratta di sei immobili che si trovano a Roma. Il prezzo è stato fissato in 80 milioni di euro. In realtà il valore di mercato è molto più alto. Basterebbe guardare il bilancio 2010 per scoprire che il valore di questi immobili è indicato in 103 milioni di euro e dunque la perdita secca già equivale ad almeno 23 milioni di euro;

per quanto riguarda gli immobili Siae, anch'essi vengono ceduti e confluiscono in un altro fondo, il «Fondo Norma», per un prezzo concordato di 180 milioni di euro a fronte di un valore dei palazzi già stimato in 360 milioni di euro, esattamente il doppio. Tutta l'operazione finanziaria è affidata alla «Sorgente Group» e prevede che entro il prossimo 31 gennaio 2012 il 100 per cento del «Fondo Aida» venga acquisito dal «Fondo Norma»;
volendo trarre le somme dell'intera operazione si scopre che a fronte di stabili stimati complessivamente 463 milioni di euro, gli introiti sono pari a 260 milioni, praticamente la metà del loro valore reale;
altri aspetti poco chiari della vicenda, denunciati anche dalle organizzazioni sindacali che rappresentano i 1.200 tra dipendenti e pensionati Siae, riguardano l'affitto che la Siae dovrà versare per gli uffici della direzione generale dell'Eur che ammonta a 600 mila euro all'anno, elemento che ha fatto sorgere ai sindacati la legittima domanda su quanto si dovrà sborsare per tutti gli altri uffici sparsi in Italia, facendo le debite proporzioni. Un altro aspetto riguarda il pagamento degli stipendi e del Tfr. Infatti, secondo l'accordo del 28 dicembre, entro il 31 gennaio 2012 sarà stipulata una polizza assicurativa con la società Allianz Ras di 86 milioni di euro per il pagamento delle pensioni. Sul resto rimane il mistero, visto che secondo lo statuto sono proprio gli immobili a garantire il pagamento dei salari e delle liquidazioni;
ulteriore enigma da chiarire riguarda il ruolo di «Sorgente Group», il cui sito internet ufficiale la presenta come «una società di diritto italiano al vertice di un gruppo che opera nel settore della finanza immobiliare con quattro società di gestione del risparmio (in Italia, Svizzera, Lussemburgo e Stati Uniti) e con 25 società immobiliari». Ciò che non si comprende è come mai si è scelto di affidarsi a questa azienda per poi far confluire gli immobili nei due fondi «Aida» e «Norma»;
risulta inoltre incomprensibile la scelta di procedere a trattativa privata nonostante già in passato ci fossero offerte di acquisto di importo ben più alte per gli immobili;
il timore dell'interrogante è che questa svendita del patrimonio abbia lo scopo di creare in maniera artificiosa condizioni di crisi svuotando la Siae di tutti i beni reali che sono a garanzia di pensioni, di stipendi e della propria solidità finanziaria per poi procedere, in una seconda fase, ad un'ulteriore privatizzazione con meri intenti speculativi ignorando totalmente il ruolo e la funzione di sostegno a tutti gli autori, anche a quelli al di fuori del grande giro delle multinazionali e agli editori, in particolare a quelli piccoli e medi -:
se il Governo intenda assumere immediatamente ogni iniziativa di competenza per bloccare le cessioni di beni fino a che non sia ricostruita tutta l'operazione con l'indispensabile trasparenza;
se il Governo non ritenga opportuno che eventuali cessioni possano avvenire solo nella piena garanzia patrimoniale delle pensioni e degli stipendi dei 1.200 dipendenti;
se il Governo non ritenga utile che per la cessione del patrimonio immobiliare si proceda attraverso un bando internazionale di gara e non attraverso trattative private e personali;
quale sia secondo il Governo il ruolo della Siae e quali garanzie pubbliche, svincolate dall'oligopolio dei grandi gruppi, vengano date agli autori ed editori italiani.
(4-14482)

FUGATTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 16 novembre 2011 si è insediato il Governo presieduto dal senatore Monti e il 4 dicembre il neo Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato quello che è

stato definito, a giudizio dell'interrogante, enfaticamente il decreto «salva Italia»;
il giorno stesso della presentazione della manovra, il Presidente del Consiglio Monti prometteva che il Governo avrebbe applicato criteri di trasparenza «a livello delle migliori pratiche internazionali» e tutti i componenti avrebbero reso pubbliche non solo le dichiarazioni dei redditi e dei patrimoni secondo la modulistica in vigore, ma le dichiarazioni di tutto il patrimonio detenuto;
tale buon proposito voleva andare incontro ad una forte richiesta di trasparenza da parte di tutti i settori della società verso la classe politica e verso i membri del Governo;
oggi, a quasi due mesi dell'insediamento, nessuna forma di pubblicizzazione è stata data ai redditi e ai patrimoni dei componenti il Governo;
tale comportamento, ad avviso dell'interrogante, non è senz'altro in linea con l'operazione di trasparenza annunciata dal Presidente del Consiglio, ma ancora lontana dalla concreta applicazione -:
quando i membri del Governo renderanno pubbliche le proprie dichiarazioni reddituali e patrimoniali e se gli stessi manterranno fede all'impegno preso dal Presidente del Consiglio di fornire tutti i dati sui patrimoni detenuti, non limitandosi ai dati attualmente richiesti.
(4-14484)

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2012

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
alla guerra civile in Libia l'Italia ha partecipato con un proprio contingente e supporto logistico all'interno della missione Nato «Unfied Protector»;
fino ad allora il nostro Paese era stato il principale partner commerciale della Libia, con un volume di scambi pari a 20 miliardi di euro nel 2008, successivamente sceso nel 2010 a 11,5 miliardi;
nel Paese nordafricano operano migliaia di microimprese italiane, nonché colossi industriali come Eni, Ansaldo, Saipem, Finmeccanica e Impregilo;
con la cessazione della guerra civile diverse aziende hanno cominciato a lavorare per rilanciare le proprie attività in Libia e soprattutto riallacciare le relazioni commerciali, ma l'attuale scenario politico ancora in evoluzione rischia di lasciare le imprese italiane, piccole e in gravi difficoltà economiche a causa della crisi e dei crediti non riscossi, in una condizione difficilissima;
la riattivazione del trattato di amicizia tra i due Paesi, avvenuto il 15 dicembre 2011, tra Mario Monti e Mustafa Abdul Jalil pone le indispensabili premesse per il riavvicinamento dei due Paesi e la ripresa dei negoziati sui contratti e le forniture strategiche, soprattutto in relazione ai prodotti energetici e petroliferi -:
a quanto si sia attestato il volume di scambi tra Italia e Libia nel 2011;
quali siano stati i settori maggiormente interessati da una flessione o da una crescita del volume degli scambi;
come il Governo intenda operare a breve e medio termine per favorire la ripresa di un considerevole volume di scambi tra i due Paesi e tutelare gli interesse delle piccole e grandi imprese italiane presenti in Libia.
(4-14450)

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le recenti tensioni diplomatiche recentemente intercorse tra l'Iran e la comunità internazionale a seguito di esercitazioni militari iraniane, dichiarazioni «bellicose» e provocazioni verbali di illustri

esponenti del regime degli Ayatollah hanno ampliato le distanze tra tale Repubblica ed il resto della comunità internazionale:
la ripresa del processo di arricchimento dell'uranio da parte dell'Iran potrebbe portare ad un rafforzamento delle sanzioni nei confronti della Repubblica islamica, al cui proposito si riunirà il 23 gennaio 2012 il Consiglio dei 27 ministri degli Affari esteri dell'Unione europea;
la stessa diplomazia statunitense non esclude un ricorso alle armi nei confronti dell'Iran, qualora quest'ultimo perseverasse in un atteggiamento non collaborativo od ostativo in relazione all'accesso alle fonti energetiche dell'area mediorientale o a passaggi strategici, come lo stretto di Hormuz;
l'Italia è il primo partner commerciale europeo dell'Iran, il cui volume di scambi ha raggiunto nel 2010 la quota di 6,1 miliardi di euro, suddivisi approssimativamente in 2,2 miliardi di esportazioni e 3,9 miliardi di importazioni, consistenti soprattutto in risorse energetiche -:
quali ripercussioni possano avere per la bilancia commerciale italiana un conflitto armato con l'Iran da parte della comunità internazionale, o un significativo raffreddamento dei rapporti economici e diplomatici, con riferimento particolare agli effetti sull'approvvigionamento di risorse energetiche;
se siano state avviate, o si intendano avviare, iniziative nei confronti degli altri maggiori partner economici e commerciali italiani di prodotti energetici, al fine di approfondire le possibilità di incrementare le nostre importazioni in seguito ad una delle situazioni sopra indicate.
(4-14451)

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con gli atti di sindacato ispettivo n. 4-08569 e n. 4-10780 l'interrogante avevo chiesto di conoscere quale fosse lo stato delle iniziative sul piano diplomatico e giuridico con i Governi delle Repubbliche di Slovenia e Croazia in relazione alla restituzione dei beni espropriati ai cittadini italiani a seguito delle leggi di nazionalizzazione jugoslave nel dopoguerra;
si ribadisce quanto esposto nei due atti di sindacato ispettivo sopra citati in relazione al problema delle restituzione dei beni confiscati ai nostri connazionali, prendendo atto delle risposte fornite dal precedente esecutivo;
l'avvicinarsi del «Giorno del Ricordo» del 10 febbraio impone tuttavia una particolare attenzione al tema dei diritti degli italiani che dovettero affrontare l'esodo dalle terre italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia, nonché degli eredi delle migliaia di morti infoibati -:
se vi siano state evoluzioni nelle iniziative volte a tutelare le legittime rivendicazioni dei nostri connazionali a livello giuridico e diplomatico con le autorità slovene e croate;
come il Ministro intenda agire su questo fronte.
(4-14452)

MORASSUT, GIULIETTI, CODURELLI e CORSINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la stampa nazionale ha riportato con grande rilievo la notizia che il console italiano a Osaka, Mario Vattani, risulta essere aderente ad organizzazioni politiche e culturali che si richiamano esplicitamente alla Repubblica di Salò e che professano ideologie neofasciste in aperta e palese contraddizione con i valori fondanti della Repubblica Italiana e della Costituzione;
lo stesso Vattani non ha nascosto tale sua adesione e ideologia manifestando altresì apertamente la sua appartenenza e arrivando pubblicamente a definire la Repubblica italiana un Repubblica di epuratori;

peraltro nel corso di manifestazioni pubbliche il consigliere Vattani ha connotato tale sua ispirazione ideologica anche in forme di spettacolo partecipando ad esibizioni musicali di gruppi «fascio-rock» con l'appellativo di «Katanga»;
tutto ciò - lungi dal rappresentare una forma di discriminazione politico-ideologica - appare evidentemente incompatibile con incarichi rilevanti di rappresentanza diplomatica della Repubblica italiana presso sedi estere e più in generale di rappresentanza istituzionale di qualsivoglia natura;
a seguito di tali notizie il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi ha pubblicamente espresso attraverso gli organi del Ministero la decisione di deferire il consigliere Vattani alla commissione di disciplina della Farnesina, comunicandolo personalmente all'interessato;
l'inaspettata vicenda ha sollevato sorpresa e proteste da parte del mondo delle associazioni da sempre impegnate per conservare e rinnovare la memoria della Resistenza che è alla base della Costituzione e della costruzione repubblicana -:
quali siano lo stato e i tempi della procedura del deferimento disciplinare annunciato;
quali iniziative siano state assunte per accelerare il ritiro della delega a console al consigliere Vattani che rappresenterebbe un elemento di negativa immagine del nostro Paese in Giappone e nel mondo.
(4-14466)

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in un interrogazione del 7 settembre 2011 (n. 4-13141), l'interrogante poneva la questione dell'oppressione politica in Ungheria a opera di un Governo - quello presieduto da Viktor Orban - che conculca i diritti delle minoranze politiche ed etniche, con chiare inclinazioni nazi-fasciste e antisemite;
una risposta a tale atto di sindacato ispettivo è pervenuta alla fine del mese di settembre per la firma del sottosegretario pro-tempore Mantica;
la risposta è stata dunque tempestiva ma assolutamente insoddisfacente;
nell'atto di sindacato ispettivo si dava conto dei dubbi sul carattere democratico della situazione politica e sociale ungherese e si sosteneva che da una dittatura della maggioranza si stesse passando a una dittatura tout court, con la persecuzione degli ebrei, dei rom, dei non ungheresi e con l'assoggettamento di tutte le autorità indipendenti;
nella risposta dell'onorevole Mantica si invitava l'interrogato a stare tranquillo, giacché la coalizione nazionalista di destra al Governo ha riportato la maggioranza qualificata dei seggi in Parlamento dopo le elezioni. Anche Mussolini e Hitler avevano vinto un passaggio elettorale e così Fujimori in Perù. Il problema che l'interrogazione poneva era se - dopo le elezioni - si fosse usato il proprio potere per conculcare i diritti delle minoranze e delle persone in genere;
è per questo che il sottoscritto interrogante è dovuto tornare sull'argomento con l'atto (n. 4-14229) per segnalare diversi episodi inquietanti tra cui i funerali tributati con gli onori militari a un criminale di guerra nazista (Sandor Képiro, un ufficiale della gendarmeria ungherese, collaborazionista e assassino di migliaia di ebrei);
a tale atto non è ancora pervenuta risposta;
nel frattempo - oltre all'Economist che da molti mesi fa un'analisi preoccupata delle politiche di Victor Orban, un personaggio dai modi e dalle strategie inquietanti - anche Le Monde dedica da molti giorni (vedi per esempio le edizioni del 30 e del 31 dicembre 2011 e del 3 e 4 gennaio 2012) ampio risalto ai fatti d'Ungheria, con da ultimo la notizia assurda del 4 gennaio 2011: mentre nella piazza antistante al teatro nazionale molte

migliaia di persone protestavano e manifestavano il loro dissenso sia contro le novità istituzionali sia contro le concrete politiche, economica e sociale, di Orban che hanno fatto registrare sinora solo un aumento del debito pubblico sia un netto peggioramento del cambio del fiorino ungherese contro l'euro, Orban stesso celebrava grottescamente all'interno del teatro l'entrata in vigore della nuova Costituzione. Tali notizie da qualche giorno fanno finalmente capolino anche sugli organi d'informazione italiani;
la nuova Costituzione altera del tutto l'equilibrio dei poteri: l'ambito di sindacato della Corte costituzionale ungherese è stato ristretto e la nuova legislazione ha anche ristretto l'ambito del controllo contabile delle corti indipendenti. È stato anche cambiato il meccanismo di nomina del membro ungherese del board della Banca centrale europea, tanto che la stessa Banca centrale da Francoforte ha espresso la sua formale preoccupazione;
che recenti sondaggi diano in calo il partito di Orban non tranquillizza affatto i sinceri democratici, che vedono un Paese amico attanagliato dal peggior regime politico dal 1989 a oggi. Tanto più che, per rimediare al calo nei sondaggi, Orban ha fatto approvare una legge elettorale «truffa» per cui gli basterebbe il 30 per cento dei suffragi per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi nelle prossime elezioni;
è per questo che finalmente, in data 5 gennaio 2012, i gruppi del Parlamento europeo socialista democratico e liberal-democratico hanno proposto l'adozione di sanzioni nei confronti dell'Ungheria come fu per l'Austria di Haider -:
se risulti che per la precedente risposta all'interrogazione del 7 settembre 2011 siano state compulsate le fonti diplomatiche e, in caso positivo, quali precise notizie queste abbiano fornito sulle persecuzioni degli oppositori;
se il Ministro interrogato intenda svolgere proprie e nuove valutazioni sulla situazione ungherese e quali ulteriori informazioni intenda assumere;
quali iniziative di politica estera e in sede europea intenda il nuovo Ministro promuovere.
(4-14468)

LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
alcuni volontari internazionali si trovano a Gaza, dove continuano il lavoro di Vittorio Arrigoni in favore della popolazione civile che subisce quotidianamente la violenza e l'oppressione dell'assedio israeliano;
fra i volontari, vi sono due cittadine italiane, Rosa Schiano e Daniela Riva e una delle attività che svolgono consiste nella partecipazione alle operazioni di osservazione e testimonianza compiute dalla barca «Oliva» del Civil Peace Service Gaza, che accompagna i pescherecci palestinesi nelle loro uscite in mare;
il Governo israeliano ha imposto unilateralmente e illegalmente ai pescatori di Gaza un limite di tre miglia dalla costa, quando il limite delle acque territoriali internazionalmente riconosciuto è di venti miglia; le piccole barche dei pescatori palestinesi sono frequentemente oggetto degli attacchi delle navi da guerra israeliane, persino all'interno delle tre miglia dalla costa, e la presenza di «Oliva» e dei volontari internazionali costituisce un piccolo deterrente nei confronti delle aggressioni;
negli ultimi giorni, mentre i vertici militari israeliani minacciano una nuova guerra contro Gaza, si assiste a un aumento dell'aggressività della marina militare israeliana sia nei confronti dei pescatori sia verso la nave «Oliva», come testimoniano i racconti e le immagini che Rosa e Daniela inviano in Italia, facilmente reperibili in rete anche attraverso youtube;
la mattina del 29 dicembre 2011, «Oliva» e alcune barche da pesca sono state attaccate da una nave da guerra israeliana, che ha tentato di rovesciarle. Il

capitano di «Oliva» è caduto in mare, rimanendo ferito in diverse parti del corpo, mentre Rosa e Daniela sono state travolte dalle ondate sollevate dalla nave israeliana. Fortunatamente, l'imbarcazione non si è rovesciata e ha potuto fare ritorno in porto;
forte è il rischio di dover di nuovo piangere un altro Vittorio Arrigoni;
dal sito www.resistenze.org si apprende che nel 2011 (dal 10 dicembre 2010 al 10 dicembre 2011) le forze d'occupazione israeliane avrebbero ucciso circa 130 palestinesi, tra cui 16 bambini e 2 donne; Al-Mezan, Centro per i diritti umani, ha reso noti questi dati il 10 dicembre 2011, in concomitanza con il 60o anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani;
dagli stessi dati si evince come nello stesso periodo 150 abitazioni palestinesi sarebbero state danneggiate dall'offensiva israeliana e 10 sarebbero state totalmente distrutte; e ancora, oltre novemila ettari di terreno a uso agricolo sarebbero stati deturpati dalle forze d'occupazione israeliane, mentre 50 strutture sarebbero state parzialmente distrutte e quattro totalmente; anche 21 strutture destinate all'istruzione palestinese e una alla sanità sarebbero state abbattute; sarebbero stati distrutti 20 negozi e 22 fabbriche, sei delle quali completamente, 17 veicoli di civili palestinesi, 3 completamente;
in occasione dell'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, Al-Mezan ha denunciato la continuazione dell'occupazione israeliana sulla terra e sulle vite dei palestinesi: uccisioni di civili e l'imposizione di punizioni collettive per mezzo di divieti e limiti alle libertà, in violazione delle leggi internazionali sui diritti umani;
il 9 novembre 2011, a Cape Town (Sudafrica), si è conclusa la terza sessione del Tribunale Russell sulla Palestina nel corso della quale giuristi, intellettuali, diversi premi Nobel e attivisti provenienti da tutto il mondo si sono confrontati sulle pratiche israeliane contro la popolazione palestinese in violazione del diritto internazionale. La conclusione è stata una netta affermazione di responsabilità nei confronti di Israele: il tribunale Russell ha affermato che il popolo palestinese è «soggetto a un regime istituzionalizzato di dominazione che integra la nozione di apartheid come definita in diritto internazionale» (www.russelltribunalonpalestine.com);
tale tribunale, come è noto, vuole essere una risposta all'inazione della comunità internazionale di fronte alle accertate violazioni del diritto internazionale commesse da Israele. Due sessioni sono già state celebrate nel corso del 2010, la prima a Barcellona e la seconda a Londra, dedicate rispettivamente alle responsabilità dell'Unione europea rispetto alle violazioni commesse contro i palestinesi da parte dello Stato di Israele;
le pratiche discriminatorie perpetrate da Israele ai danni del popolo palestinese, ha affermato Raji Sourani, il direttore del Centro palestinese per i diritti umani (PCHR) di Gaza hanno messo in luce come esse siano diverse a seconda che si tratti della minoranza palestinese residente in Israele, dei palestinesi in Cisgiordania o a Gerusalemme Est o dell'oltre milione e mezzo di palestinesi di Gaza, senza voler dimenticare che nella sostanza poco cambia perché il complesso delle gravi discriminazioni commesse ai danni dei palestinesi nei territori occupati integra una forma di apartheid, che sebbene non coincidente nella forma quella a suo tempo praticata in Sud-Africa, ne ricalca la sostanza;
è stato ampiamente dimostrato che lo Stato di Israele viene continuamente meno al suo obbligo, imposto dal diritto internazionale come potenza occupante, di garantire il benessere e la sicurezza della popolazione civile del territorio occupato (è bene notare che quasi tutte le infrastrutture nel territorio palestinese, incluse le scuole, gli ospedali, le strade, gli acquedotti sono opera di donors stranieri e agenzie di aiuti internazionali);

come ha affermato recentemente anche John Dugard, professore emerito di diritto internazionale, ex special rapporteur all'Onu sulla situazione dei diritti umani nel territorio palestinese occupato, Israele pratica il colonialismo, sfruttando le risorse idriche e la terra dei palestinesi mediante una aggressiva comunità di coloni che non ha alcun interesse nel benessere degli abitanti della zona; e ancora: «Se non è apartheid questa, occorre allora coniare una nuova parola per descrivere il crimine che i palestinesi stanno subendo, una parola che rispecchi la disumanità delle politiche di soggiogamento e oppressione di una intera popolazione da oltre 44 anni» -:
con quali iniziative il Governo intenda intervenire, presso il Governo israeliano, affinché questi ponga fine alle aggressioni contro la nave «Oliva» e i pescatori palestinesi, sollecitando altresì l'intervento dell'Unione europea e dell'ONU;
quali iniziative intenda assumere per tutelare i nostri connazionali impegnati in un legittimo e meritorio intervento di pace;
quale sia la posizione del nostro Paese a fronte di una situazione divenuta intollerabile e inaccettabile;
se non ritenga di volersi fare promotore, nel solco della confermata amicizia tra Italia e Israele, di iniziative, anche a carattere bilaterale, soprattutto nell'elaborazione di eventuali futuri accordi di cooperazione, atte a favorire un ripensamento della politica sopra evidenziata nonché l'auspicato e necessario percorso di pace.
(4-14478)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO, MARIANI, ALBINI, CENNI, BINDI, CUPERLO, DE PASQUALE, FLUVI, FONTANELLI, GATTI, GIACOMELLI, LULLI, MATTESINI, NANNICINI, REALACCI, RIGONI, SANI, SCARPETTI e VENTURA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 17 dicembre 2011, il cargo «Venezia», a circa 20 miglia al largo di Livorno, ha perso in mare due semirimorchi con circa 200 fusti di sostanze pericolose; si tratta di un tratto di mare che arriva ad una profondità di 600 metri ed ha un fondale fangoso, per cui quando i fusti toccano il fondo, sprofondano e vengono immediatamente ricoperti dalle correnti e dalle mareggiate successive, da strati e strati di sabbia; la notizia, nonostante la sua evidente gravità, è apparsa, nei primi giorni successivi, con scarso rilievo sulla stampa cittadina e nelle cronache regionali di Repubblica;
il 29 dicembre 2011 Il Tirreno, cronaca di Cecina, ha pubblicato con grande risalto la notizia della «perdita» di un carico di sostanze tossiche; sulla base di una comunicazione inviata il giorno prima dalla Guardia costiera ai sindaci dei comuni di Cecina e di Bibbona, è emerso che il 17 dicembre, durante la tempesta che aveva provocato venti fino a 120 chilometri orari e onde alte fino a 9 metri, il cargo-traghetto «Venezia» della Compagnia Grimaldi, in navigazione da Catania a Genova, avrebbe «perso» i due semirimorchi carichi di «sostanze solide inorganiche»; non sono state specificate qualità e quantità del materiale disperso in mare ma si è ipotizzato si tratti di sostanze infiammabili; inoltre la compagnia Grimaldi, a cui erano stati chiesti chiarimenti in merito, non aveva dato alcuna risposta, mentre l'allarme è stato dato ben 11 giorni dopo l'inabissamento dei fusti;
sull'episodio la procura di Livorno ha aperto un'inchiesta e ha indagato il comandante della nave per violazione delle norme che regolano il carico e il trasporto di rifiuti speciali;
la direzione marittima livornese ha poi diffidato la Compagnia Grimaldi a

impegnarsi in ricerca, recupero ed eliminazione dei bidoni contenenti catalizzatori a base di monossido di cobalto e molibdeno (per circa 40 tonnellate);
il 30 dicembre il sito Greenreport ha pubblicato il preoccupato allarme di Legambiente arcipelago toscano, con cui si è chiesto alle istituzioni ed al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di attivarsi immediatamente per chiarire le responsabilità della vicenda e per impedire che abbia gravi ripercussioni sull'ecosistema marino;
solo il 31 dicembre 2011 sono state rese pubbliche notizie più dettagliate sulla vicenda: secondo quanto affermato dall'ammiraglio comandante della capitaneria di porto di Livorno, Ilarione Dell'Anna, i fusti sarebbero stati 224 contenenti ciascuno 200 chili di catalizzatori di monossido di cobalto e molibdeno; queste sostanze, al contatto con l'aria, possono infiammarsi sprigionando polveri e gas nocivi, mentre la loro dispersione in acqua potrebbe provocare danni ingenti alla fauna ittica e ai fondali, come confermato da fonti ISPRA e ARPAT, citate nelle pagine regionali di Repubblica;
il «Venezia» avrebbe perso i due semirimorchi al largo della Gorgona ma l'equipaggio si sarebbe accorto della «scomparsa» solo diverse ore dopo, all'arrivo al porto di Genova;
un altro aspetto inquietante riguarda l'avvio di interventi e di ricerche da parte delle autorità competenti, senza alcuna comunicazione ufficiale, avvalorando concretamente l'ipotesi che vi sia stata la volontà di non informare la popolazione sui pericoli per la salute e l'ambiente determinati dalla caduta in mare dei fusti tossici;
analoghe perplessità suscita la decisione di non prevedere alcun intervento di limitazione della pesca, pur essendo in presenza di tangibile pericolo di contaminazione della fauna ittica;
anche la prefettura sembra abbia preferito minimizzare la gravità del problema, pur avviando azioni ed interventi che lasciano trasparire un clima di evidente preoccupazione;
la vicenda contribuisce ad aggravare una situazione nota da tempo e che, come riportato da un articolo pubblicato sul quotidiano l'Unità del 4 gennaio a firma Gianni Lannes, vede il fondale antistante la costa livornese disseminato da bidoni contenenti sostanze tossiche;
il 10 gennaio 2011 il presidente della regione Toscana e il sindaco di Livorno hanno denunciato, in una conferenza stampa congiunta, ampiamente ripresa dai media, l'assoluta gravità della situazione, chiedendo un immediato intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la compagnia Grimaldi, il principale responsabile del disastro ambientale, ha, secondo gli interroganti tenuto un pesante silenzio su tutta la vicenda, che contiene aspetti molto fumosi ed incerti e che meritano di essere chiariti quanto prima -:
per quale ragione capitaneria e prefettura abbiano atteso oltre dieci giorni per informare la popolazione sulla vicenda;
per quale motivo siano stati informati solo i sindaci dei comuni di Cecina e Bibbona, mentre i comuni il cui territorio potrebbe essere interessato dalle conseguenze della presenza dei fusti tossici sono molti di più;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover fornire tutte le informazioni necessarie sulla vicenda, con particolare riferimento alla quantità ed alla pericolosità del materiale disperso in mare;
se il Governo intenda avviare quanto in proprio potere per accertare eventuali responsabilità, omissive o commissive, su quanto esposto;
quali iniziative intenda assumere il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per avviare il monitoraggio dell'area, per valutare gli elementi

di rischio e per programmare i necessari interventi di bonifica e risanamento della zona interessata.
(5-05921)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
lo sviluppo di fonti energetiche innovative rinnovabili per la realizzazione di ambienti urbani sostenibili, coinvolge da diversi anni i governi dei Paesi occidentali, sia sotto il profilo riconducibile all'inquinamento ambientale, che per le opportunità legate alla diversificazione delle fonti di energia, sia inoltre ad un'esigenza supplementare con cui il nostro Paese si confronta, ovvero quella di conciliare la realizzazione degli impianti industriali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, con un paesaggio nazionale caratterizzato da straordinari valori storici, paesaggistici e naturali;
il quadro d'intervento normativo e le linee di indirizzo sulla competenza della realizzazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile, in ottemperanza al processo di decentramento amministrativo avviato in Italia, attraverso il decreto legislativo n. 112 del 1998, che conferisce alle regioni e agli enti locali funzioni e compiti amministrativi in attuazione del capo I della legge n. 59 del 1997 ha trasferito in capo alle regioni e sugli enti locali competenze anche in materia energetica, tra le quali anche l'autorizzazione all'installazione e all'esercizio di impianti di produzione energetica;
appare tuttavia importante evidenziare, a giudizio dell'interrogante, che le regioni, non individuino autonomamente i siti nei quali, è consentita la costruzione degli impianti alimentati da fonte di energia rinnovabile, in considerazione che quanto predetto, può avvenire solo sulla base delle linee guida nazionali;
la Corte Costituzionale infatti, attraverso la sentenza n. 308 del 2011, dichiarando incostituzionale la legge regionale del Molise, recante «Nuova disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel territorio della regione Molise», ha stabilito che alcune aree siano non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in particolare quelli eolici, in considerazione che le medesime aree siano da ritenersi di notevole interesse culturale e paesaggistico;
il suddetto organo costituzionale ha pertanto previsto delle modalità di equilibrio tra le competenza esclusiva statale in materia di ambiente e paesaggio e quella in materia di energia, con riguardo al bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di energia e gli interessi ambientali, imponendo una preventiva ponderazione concertata nel rispetto del principio di leale cooperazione, giustificando l'attribuzione alla Conferenza unificata della competenza nell'approvare le linee guida;
il decreto del Ministro dello sviluppo economico del settembre 2010, ha indicato i criteri e i principi che le regioni devono rispettare al fine di individuare le zone nelle quali non è possibile realizzare gli impianti alimentati da fonti di energia alternativa, stabilendo che gli stessi enti locali possono procedere alla individuazione di aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti secondo la modalità e i criteri previsti dalla suesposte linee guida;
nel territorio di Sciacca in provincia di Agrigento, secondo quanto riportato recentemente dagli organi di stampa, sono stati avviati procedimenti per investimenti volti alla realizzazione di tre impianti industriali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, di notevoli dimensioni, individuati in un'area geografica ad alta densità turistica e dalle caratteristiche

paesaggistiche e ambientali fragili e delicate dal punto di vista morfologico, che a giudizio dell'interrogante, destano perplessità sulle modalità e i criteri con cui le autorità locali preposte, hanno osservato i parametri stabiliti dal suddetto decreto ministeriale nonché dalle linee guida;
nel medesimo territorio agrigentino sono già presenti attualmente, stabilimenti industriali per la produzione di impianti energetici derivanti da fonti rinnovabili, sia eolici, che fotovoltaici, che della trasformazione della biomassa, che unitamente a quelli precedentemente esposti e in attesa di definitiva autorizzazione, alimentano il rischio, a giudizio dell'interrogante, di determinare un possibile impatto ambientale negativo e penalizzante per l'intera area della Sicilia;
appare evidente, a giudizio dell'interrogante, come siano necessarie forme di monitoraggio a livello nazionale, che considerino anche gli aspetti paesaggistici, oltre che ambientali, con quelli industriali riconoscendo nelle linee guida, precedentemente, una piattaforma comune di riferimenti conoscitivi, strumenti tecnici e operativi, orientamenti progettuali e di valutazione, che rendano più omogenei e di elevata qualità, i progetti di produzione di energia derivante da fonti rinnovabili, coniugabile con le caratteristiche dei paesaggi realizzati in Italia;
in un precedente atto di sindacato ispettivo, n. 4-10653 del 31 gennaio 2011, l'interrogante aveva già manifestato una serie di dubbi sulle numerose richieste in attesa di autorizzazione, da parte di società alcune delle quali multinazionali, di installare impianti industriali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in un'area circoscritta come quella del comune di Sciacca, in cui peraltro sono già presenti altri stabilimenti per lo sviluppo di fonti energetiche alternative, evidenziando come le regioni osservino scrupolosamente le linee guida previste per l'approvazione dell'installazione dei medesimi impianti, ad esclusione delle aree in cui è persistente la vulnerabilità di territori fortemente antropizzati -:
quale orientamento intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
se siano rispettati sia i criteri previsti dalle linee guida esposti in premessa che i requisiti previsti dal decreto ministeriale anch'esso esposto in premessa al fine dell'ottemperanza nell'installazione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esempio nel territorio di Sciacca;
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano assumere al fine di intervenire per tutelare zone del territorio nazionale note per la bellezza del paesaggio come, ad esempio, il comune di Sciacca.
(4-14464)

PALAGIANO e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Sorrento, località Marina Grande, è sito in via del Mare n. 33 un impianto di depurazione gestito dalla GORI Spa (per conto dell'ente d'ambito Sarnese Vesuviano) autorizzato dalla provincia di Napoli a immettere nel mare i reflui depurati;
detto impianto, secondo quanto testualmente indicato nel sito istituzionale della G.o.r.i. S.p.a. (http://www.goriacqua.com/ViewDocument.aspx?catid=a7cd4429
fcaf4696b3c0ec8de445410c&docid=73f588
754b6242c19908e6ba3f46393c) «è stato consegnato a GORI nel 2003 in una condizione di inefficienza, come ampiamente documentato nelle sedi istituzionali. GORI ha dato efficienza all'impianto, secondo i seguenti step operativi: pulizia di vasche e apparecchiature abbandonate, all'interno delle quali era cresciuta una folta vegetazione, a seguito dell'uso improprio come deposito di fanghi; ripristino della funzionalità delle apparecchiature elettromeccaniche asservite al ciclo di depurazione e messa a norma dell'impiantistica secondo la normativa vigente sulla sicurezza sul

lavoro; riconversione del ciclo di trattamento dell'impianto da chimico-fisico a biologico a fanghi attivi; nel 2006-2007, tramite gara pubblica con il sistema dell'appalto concorso, sono stati portati a termine i lavori di raddoppio delle linee di trattamento ed adeguamento normativo dello scarico dell'impianto di depurazione, con la realizzazione di una linea supplementare per il trattamento biologico con innovativo sistema MBBR (Mobile Biological Bad Reactor). In tal modo si è messo in condizione l'impianto di rispondere adeguatamente anche ai sovraccarichi di inquinanti in arrivo nei periodi di maggior flusso turistico. A seguito di tutti gli interventi eseguiti da GORI nel corso della gestione e descritti sinteticamente, dal 2007 lo scarico dell'impianto è regolarmente autorizzato dalla Provincia di Napoli, autorità preposta in materia (decreto legislativo 152/06 e ss.mm.ii.), ad immettere nel mare; i reflui depurati ed è, quindi, assoggettato a continui controlli da parte dell'ARPAC e a rigide prescrizioni tecnico-amministrative.»;
nell'anno 2011, nello specchio acqueo antistante il borgo di Marina Grande è stato ordinato il divieto di balneazione ben due volte, con ordinanze sindacali n. 192 del 19 aprile 2011 (protocollo n. 14.366), revocato in data 17 maggio 2011 (protocollo n. 17.652), e n. 29.717 del 20 agosto 2011, successivamente revocato;
in data 12 luglio 2011 è stata presentata dall'interrogante un'altra interrogazione parlamentare (n. 4/12654) indirizzata al Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, riguardante lo stato di inquinamento delle acque all'interno del Golfo di Napoli, ed anche dello specchio acqueo di Marina Grande;
da numerosi articoli di stampa, locale (il settimanale Agorà o il quotidiano on line Positanonews) e regionale (i quotidiani Metropolis e Corriere del Mezzogiorno), emerge una situazione di forte disagio da parte di residenti, titolari di esercizi commerciali e attività turistico/ricettive, delle aree circostanti l'impianto di depurazione, che lamentano la presenza di odori nauseanti e insopportabili, specie in alcuni periodi dell'anno, e particolarmente nella stagione estiva, di cui non si conoscono le cause;
in data 5 gennaio 2012, l'avvocato Giovanni Antonetti ha presentato una dettagliata nota alla procura della Repubblica di Torre Annunziata, corredata da un dossier di circa 400 pagine, comprendente i tabulati, e documenti correlati, delle analisi delle acque, effettuati nello specchio acqueo di Marina Grande, relativi all'impianto di depurazione in oggetto, effettuate negli ultimi 5 anni (2007-2008-2009-2010-2011), da parte dell'Arpac;
nonostante le richieste d'incontro, da parte dello stesso Antonetti, inviate a mezzo fax nei mesi di settembre ed ottobre 2011, con i rappresentanti e responsabili d'area della Gori S.p.a., soggetto gestore dell'impianto in parola, aventi ad oggetto le problematiche innanzi evidenziate, a tutt'oggi non è giunto alcun riscontro -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta e come intendano intervenire per quanto di competenza al fine di tutelare la salute pubblica dei residenti della zona, e preservare la salubrità dell'ambiente circostante e delle acque antistanti l'area in parola;
se non si ritenga di inviare un'ispezione del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente presso il depuratore sito in località Marina Grande.
(4-14481)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il nostro Paese come noto, si distingue per l'immensa ricchezza di opere

d'arte e di reperti archeologici di valore incalcolabile, ma proprio per questo in Italia il traffico di beni culturali illecitamente sottratti è a dir poco impressionante;
un articolo del Corriere della Sera del 1o dicembre 2011 riporta che in Italia sono state rubate ben 5295 opere «di particolare importanza», contro un numero assolutamente irrisorio di sentenze definitive di condanna per gli autori dei reati;
Fabio Isman, autore de «I predatori dell'arte perduta» ha dichiarato sul succitato quotidiano, che si tratta di una «razzia immensa», al punto che anni fa un'indagine della Camera dei Comuni di Londra valutò che «il traffico illecito di antichità e cultura supera i 6 miliardi di dollari l'anno. Per buona parte, oggetti italiani» (Corriere della Sera del 1o dicembre 2011);
secondo El Mundo, «In Italia esistono più di 3.500 musei e 2.000 siti archeologici che sono costantemente saccheggiati da ladri senza scrupoli che vendono poi la merce al mercato nero. Nel Paese con il maggiore patrimonio artistico e culturale dell'umanità, praticamente nessun tipo di opera pittorica, scultorea o architettonica è in salvo» (come riportato dal Corriere della Sera del 1o dicembre 2011);
l'elevato numero dei furti è probabilmente connesso ad un impianto sanzionatorio particolarmente «morbido» che prevede sanzioni talmente basse da escludere di fatto la pena detentiva. Basti pensare a Giacomo Medici, noto trafficante internazionale, ancora a «piede libero» nonostante abbia sottratto centinaia di reperti archeologici;
in merito il magistrato Paolo Ferreri ha dichiarato: «Se in un negozio rubi un maglione da 19 euro rompendo un sigillo puoi essere arrestato, incarcerato e rischi fino a 10 anni, se ti prendono col Cratere di Eufonio o qualche altro pezzo che vale milioni, no» (Corriere della Sera del 1o dicembre 2011);
tutto ciò considerato, il Ministro pro tempore Giancarlo Galan adottò una iniziativa per frenare questo fenomeno illegale, portando al Consiglio dei ministri del 20 settembre 2011 un disegno di legge per raddoppiare le pene detentive da tre a sei anni;
con la cessazione del mandato del precedente Governo, tuttavia, secondo quanto risulta all'interrogante, il provvedimento Galan non sarebbe più stato presentato -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative per inasprire la pena detentiva così come previsto nel disegno di legge citato in premessa.
(5-05916)

Interrogazioni a risposta scritta:

PINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la pieve di Pastino, intitolata a San Giovanni Battista, è un importante monumento storico sulle prime colline della pianura est di Bologna, nel comune di Ozzano Emilia, su di un'altura lungo la strada verso Settefonti;
prima di «Pastino» la pieve di San Giovanni Battista era nominata in Toraciano. La prima carta che attesta la presenza dell'edificio è del 1012, il nuovo toponimo in Pasteno è del 1030 ed è conservato nell'abbazia della Fontana Taona, ma è lecito pensare che l'edificio primitivo fosse ben più antico come dimostrerebbe la cripta a oratorio sottostante la chiesa, molto simile alle cripte delle vicine chiese di Varignana e Settefonti; fino a trent'anni fa la cripta era ancora visibile, attualmente non lo è più, dopo che le aperture vennero murate, ma si può solo sperare che sia rimasta incolume dopo il crollo del tetto perché sarebbe questa la parte più antica dell'edificio, ascrivibile molto probabilmente all'alto medioevo;

attualmente il terreno su cui si imposta la Pieve di Pastino è di proprietà dell'Alma Mater, università degli studi di Bologna, l'ente non è in grado di intervenire ed ha dichiarato l'intenzione di vendere questo ed altri terreni circostanti di sua proprietà;
lo stato attuale dell'edificio è molto precario: nel corso degli ultimi venti anni il tetto è crollato causando un'apertura molto evidente nella facciata, se non fosse per i puntelli che tengono fermi il muro perimetrale il crollo completo sarebbe inevitabile;
qualche anno fa la Pieve venne inserita in un progetto di restauro assieme ad altri tre siti nella zona (il campanile e la chiesa di Settefonti, San Pietro di Ozzano e Claterna), gli altri siti furono restaurati con grandi risultati, ma la Pieve di Pastino rimase fuori dai lavori, probabilmente per motivi economici;
il manufatto si trova in uno stato di degrado pericoloso ed è a rischio di crollo totale, meriterebbe un intervento urgente per restituirlo al suo splendore ed inserirlo nel circuito turistico delle pievi della provincia di Bologna; i tempi stringono, la situazione da un punto di vista statico sta diventando drammatica, non si può attendere una soluzione «privata», sicuramente meno sensibile ed efficace rispetto a quella «istituzionale»;
la Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, nel suo sito internet istituzionale, cita la Chiesa di San Giovanni Battista, leggi Pieve Pastino, fra i beni architettonici di maggior rilievo di sua competenza e come tale meriterebbe di essere trattata -:
se non si ritenga opportuno intervenire direttamente o tramite la soprintendenza, per salvare l'importante struttura di Pieve Pastino, con gli strumenti propri del Ministero, che sicuramente manifesta la massima sensibilità nei confronti del valore storico e culturale del nostro patrimonio architettonico.
(4-14442)

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Quella di Ostia antica è la più vasta area archeologica italiana dopo Pompei;
dal 2010 il personale della soprintendenza ai beni archeologici del sito ostiense è stato accorpato a quello di Roma;
dal 2006, anno in cui è andata in pensione Anna Gallina Zevi, il posto di soprintendente è vacante e dalla sede romana vengono inviati supplenti che rimangono sul posto solo pochi mesi;
dal 2009 la gestione del sito è commissariata;
il Governo Berlusconi aveva predisposto lo stanziamento di 4 milioni di euro per il sito di Ostia Antica, ma lo stanziamento non è stato confermato dall'attuale Governo;
oggi il personale operativo per l'area archeologica di Ostia antica si compone di 4 archeologi, 2 restauratori, 2 operai e 1 giardiniere, assolutamente insufficienti per offrire un servizio degno ai visitatori -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per tutelare l'area archeologica di Ostia antica ed evitarne la chiusura;
se il Governo intenda confermare lo stanziamento di 4 milioni di euro stabilito dal precedente Governo.
(4-14454)

MORASSUT e GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano nazionale Corriere della Sera ha riportato il giorno 11 gennaio del 2012 la notizia della conclusione di una procedura di alienazione di immobili dell'ente pubblico SIAE per un valore stimato complessivo di 463 milioni di euro;
tali immobili sono stati alienati ad un prezzo totale di 260 milioni di euro con un evidente abbattimento di introiti per le casse della SIAE;

una valutazione di mercato avrebbe presumibilmente condotto ad una quantificazione del valore degli immobili superiore agli stessi 463 milioni di euro iscritti a libro della società;
le procedure di alienazione sembrano - secondo le notizie riportate - essersi svolte senza evidenza pubblica ma a trattativa privata con Fondi immobiliari la cui identità non appare chiara;
gli immobili costituivano per la SIAE la principale garanzia per il pagamento degli stipendi e dei TFR degli oltre 1.200 dipendenti della Società;
per tali motivi si è immediatamente diffuso un allarme tra i lavoratori della SIAE con mobilitazioni sindacali e proteste che chiedono di chiarire l'andamento dei fatti e minacciano di rivolgersi alla magistratura;
sempre secondo le ricostruzioni giornalistiche - la SIAE dovrà ora affittare le proprie sedi con esborsi di denaro e di liquidità che possono metterne a rischio la stabilità economico-finanziaria aggravando i rischi di messa in mobilità del personale;
l'operazione - se effettivamente le notizie risultassero fondate - appare del tutto inopportuna e intempestiva alla vigilia di un vasto e organico programma di dismissioni di patrimonio immobiliare che il Governo ha annunciato e che dovrà passare al vaglio delle Camere;
la stessa annunciata riforma del catasto edilizio urbano con la revisione dei criteri e del classamento delle rendite catastali avrebbe condotto nei prossimi tempi ad una vantaggiosa revisione del valore degli immobili ora ceduti -:
quali procedure siano state adottate e applicate per giungere all'alienazione degli immobili;
come la SIAE intenda ora affrontare le inevitabili conseguenze sul piano occupazionale e pensionistico derivanti dalla mancata garanzia degli immobili rispetto alle banche e alle compagnie assicurative;
se esista una perizia di stima degli immobili alienati ed eventualmente sulla base di quali criteri essa sia stata redatta.
(4-14462)

MORASSUT. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la regione Lazio ha approvato con voto del consiglio regionale nel mese di ottobre 2011 un provvedimento legislativo detto «piano casa» che si pone - almeno teoricamente - l'obbiettivo di stimolare la ripresa dell'iniziativa privata per venire incontro alla grave emergenza abitativa che in modo sempre più esteso si diffonde tra migliaia di famiglie nel Paese ed, in particolare, a Roma e nel Lazio;
tale provvedimento recepisce analogo provvedimento del Governo che intendeva favorire il rilancio del settore edilizio e la produzione di nuove abitazioni attraverso un'azione di incentivazione di ampliamenti delle unità abitative esistenti ma senza una organica politica di rilancio dell'edilizia residenziale pubblica con finanziamenti pubblici e forme innovative di raccordo pubblico-privato comunemente conosciute come «social housing»;
i risultati sul territorio nazionale del piano casa del Governo si sono rivelati molto al di sotto delle necessità e le domande registrate nelle varie regioni e nelle principali città italiane sono ad oggi scarsissime e inducono a ritenere l'iniziativa «piano casa» sostanzialmente non riuscita;
l'impostazione della legge nazionale e di quella regionale del Lazio hanno un carattere meramente «edilizio» e giungono a far coincidere - di fatto - l'ampliamento delle unità abitative esistenti e la modifica delle destinazioni d'uso di immobili e terreni con l'incremento dell'offerta di nuove abitazioni per i ceti medi e popolari;
tale impostazione si dimostra erronea e inadeguata perché non affronta il problema

fondamentale di una seria ed efficace politica di rilancio dell'edilizia di carattere sociale: la creazione di nuova offerta in un quadro di sostenibilità ambientale e di recupero urbanistico;
i rischi di una espansione edilizia incontrollata senza adeguati servizi e standard urbanistici sono stati sollevati da numerose associazioni ambientaliste e da personalità del mondo della cultura e da esperti della materia urbanistica;
in particolare la legge del Lazio ha evidenziato elementi di incostituzionalità in diversi articoli che sono stati osservati ed impugnati dallo stesso Governo presso la Corte costituzionale su iniziativa dei Ministri per i beni e le attività culturali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare direttamente competenti in materia di tutela dei beni ambientali, culturali e paesaggistici -:
quali siano gli orientamenti del Governo in relazione al ricorso presentato dal precedente Governo presso la Corte costituzionale.
(4-14467)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 9 gennaio 2012 sul sito Vittimeuranio.com è stato pubblicato un articolo dal titolo «L'inquinamento nascosto del Poligono di Quirra»;
nell'articolo si torna a parlare dell'inquinamento legato alle attività militari nel poligono di Quirra e si afferma che i contaminanti potrebbero essersi annidati nel vasto sistema di grotte sottostanti l'area militare;
risulta essere una problematica già presa in considerazione circa tre anni, ma non risulta che sia stato approntato alcun piano investigativo per vagliare l'ipotesi. Il semplice prelevamento di campioni di acque dalle sorgenti potrebbe fornire valori falsamente confortanti se non si procederà all'analisi dei sedimenti depositatisi all'interno delle grotte. Il sistema di cavità de Is Angurtidorgius consta di oltre 11 chilometri di gallerie solcate da un fiume e con numerosi laghi che costituiscono una riserva idrica di notevole valore;
sempre nell'articolo si legge che i calcari si comportano come una sorta di gigantesca spugna che assorbe, senza filtrarla, qualunque sostanza rilasciata in superficie e, se non si procederà alla ricerca degli inquinanti nei depositi sedimentari delle grotte, si corre il rischio che le persone continuino ad ammalarsi per cause «misteriose»;
i tempi di transito degli inquinanti all'interno del sistema di cavità non possono essere determinati con certezza in virtù delle numerose variabili che ne governano il passaggio (clima, tassi di sedimentazione e di erosione, periodi di attività o di inattività del poligono, interazione con le argille e/o minerali, profondità di seppellimento all'interno dei sedimenti, e altro). Anche nella frazione di Quirra esiste un sistema di cavità, indipendente da quello dell'altopiano, in cui potrebbe essersi riversata una frazione delle sostanze dannose provenienti dal poligono. Se ciò risultasse vero i tempi di permanenza degli inquinanti nel sottosuolo potrebbero dilatarsi a dismisura;
viene citato inoltre anche il poligono di Teulada che insiste in parte su una zona carsica della quale, però, si sa ben poco perché gli speleologi hanno avuto scarsissime occasioni per esplorarla;
in conclusione, si afferma che le attività dei poligoni in zone carsiche possono produrre effetti deleteri per la salute a parecchi chilometri di distanza in aree apparentemente protette. Le analisi epidemiologiche non possono prescindere dalle condizioni geologiche soprattutto quando sono presenti sistemi di grotte in grado di

veicolare sostanze pericolose molto lontano dal punto di immissione e in zone insospettabili. Sotto questa luce le vittime delle attività dei poligoni purtroppo potrebbero aumentare -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti e delle informazioni citate in premessa e se abbia mai disposto ricerche ed analisi che vadano in tale direzione;
se, considerato che una parte del paese di Villaputzu utilizza l'acqua di una sorgente posta alla base del Salto di Quirra, siano mai state eseguite analisi ad hoc per individuare la presenza di nanoparticelle e se siano state rilevate incidenze anomale di malattie tra la popolazione dei rioni serviti.
(4-14446)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
gli organismi di protezione sociale (OPS) hanno lo scopo di favorire l'efficienza psico-fisica, l'aggregazione sociale, l'arricchimento culturale nonché rapporti di democratica interazione con la collettività esterna per il pieno sviluppo della persona umana dedicata al bene comune della difesa della Patria. Inoltre hanno lo scopo di conservare vincoli di solidarietà militare tra ufficiali, sottufficiali e sottocapi;
a Taranto, è stato indetto un avviso di gara per «affidamento della gestione dei servizi degli O.P.S.» delle spiagge dei sottufficiali e sottocapi in località San Vito e Isola di San Pietro, esternalizzando nei «fatti» tutti i singoli servizi, serate danzanti comprese, cambiando nella sostanza il sistema di gestione;
tutto ciò avviene, senza il coinvolgimento della rappresentanza militare, nonostante sia deputata per legge a trattare materie riguardanti il benessere del personale e quindi anche gli OPS;
in un contesto di tagli sugli stipendi, questi organismi diventano indispensabili per il benessere del personale, le loro famiglie e per il funzionamento dello strumento militare;
nell'avviso di gara non è specificato se l'affidamento di tali servizi è annuale e, se si intende mantenere le cifre dei fruitori come gli anni precedenti;
attualmente si discute di esuberi del personale militare;
la ditta appaltatrice introiterà la quasi totalità degli introiti, che oggi vanno all'amministrazione difesa;
in città vi è un esempio a livello nazionale che è il castello Aragonese, dove 7 dipendenti civili e 5 sottufficiali stanno facendo splendere, con il loro quotidiano lavoro, un tesoro di inestimabile valore, al quale stile si potrebbero uniformare in particolare gli organismi di protezione sociale;
il bando è stato pubblicato sul sito ufficiale della Marina militare il 22 dicembre 2011 alla vigilia (lavorativa) delle festività natalizie. Il termine è stato fissato 28 giorni dopo, cioè la vigilia della partenza dell'attuale comandante in capo del dipartimento marittimo, non dando la possibilità a tutti di organizzarsi (associazioni militari comprese), creando perplessità e disagio fra il personale -:
se il Governo intenda, alla luce di quanto esposto in premessa, sospendere immediatamente il bando;
quali siano i motivi del mancato coinvolgimento della rappresentanza in considerazione del fatto che nella sostanza vi è un cambiamento della gestione di tali organismi;
quali siano i motivi per i quali il bando ha fissato soli 28 giorni per concorrervi in considerazione del fatto che ricadevano a pieno nel periodo natalizio;
se il Governo intenda disporre a riguardo, l'apertura di un tavolo di lavoro presso lo Stato Maggiore con le rappresentanze;

se il Governo intenda disporre a breve termine, per la sede di Taranto, il coinvolgimento delle rappresentanze e le associazioni d'arma o di categorie, così come richiamato dall'articolo 465 del nuovo codice dell'ordinamento militare.
(4-14449)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il militare Cosimo Cassano è stato arruolato in data 28 ottobre 1999 nella Marina militare quale volontario in ferma breve triennale; ammesso alla rafferma per ulteriori due anni e poi risultato vincitore di concorso per il servizio permanente effettivo, prestò da ultimo servizio quale sottocapo «SPP/CNA-L/5», presso la caserma Paolucci di Roma - ufficio automobilistico;
il giorno 9 ottobre 2002 il militare mentre si trovava nella caserma Paolucci, a causa del pavimento scivoloso cadde a terra battendo la testa contro la maniglia metallica di una porta. Alzatosi poco dopo in piedi accusò un intenso dolore alla testa accompagnato da conati di vomito che continuarono a persistere e un'amnesia che regredì nel giro di un'ora fino a scomparire;
a causa di gravi motivi di salute del genitore, il militare fu costretto a partire subito dopo per Lecce. Durante il viaggio i dolori alla testa si accentuarono costringendolo, una volta giunto a destinazione, a restare a letto per i successivi 4 giorni. Il 13 ottobre ripartì per Roma con l'intento di riprendere servizio, ma all'arrivo fu ricoverato all'ospedale S. Pertini al reparto neuro-chirurgico per un'emorragia cerebrale. Il giorno dopo fu operato d'urgenza;
il signor Cassano dopo mesi di degenza in ospedali e in centri di riabilitazioni specializzati, fu dapprima ritenuto temporaneamente non idoneo al servizio e successivamente non idoneo al proseguimento del servizio quale volontario in ferma breve;
la patologia riscontrata fu «emiparesi facio-brachio-crurale sinistra quale esito emorragia in parietale destra evacuata chirurgicamente in altra sede»;
con decreto 10 agosto 2004 n. 1209/04 il vice direttore generale della direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa non riconobbe l'infermità come dipendente da causa di servizio;
considerato che l'infermità del militare si è verificata nella condizione di «in permanenza di servizio», dovevano essere attribuiti i risarcimenti/indennizzi previsti dalla legge 308 del 1981 all'epoca dei fatti in vigore, tra cui la «speciale elargizione» -:
quali siano i criteri per l'attribuzione delle provvidenze economiche in relazione ad infortuni come quello di cui in premessa e se esistano casi analoghi a quello descritto.
(4-14476)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il «Memorandum of Understanding» del Joint Strike Fighter (in pratica, l'accordo fra i Paesi compartecipanti) sottoscritto anche dall'Italia con la firma apposta il 7 febbraio del 2007 prevede che l'uscita del nostro Paese dal programma non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione;
è una notizia ripresa e diffusa nei giorni da Altreconomia che con la sua inchiesta ha analizzato in dettaglio i rapporti che legano l'Italia al programma dei 131 F35 JSF. La sezione XIX del documento stabilisce che qualsiasi Stato partecipante possa «ritirarsi dall'accordo con un preavviso scritto di 90 giorni da notificarsi agli altri compartecipanti» (par 19.4). In tale evenienza il comitato esecutivo del Jsf deciderà i passi successivi e il Paese che ha deciso di lasciare il consorzio

continuerà a fornire il proprio contributo, finanziario o di natura operativa, fino alla data effettiva di ritiro;
in caso di ritiro precedente alla sottoscrizione di qualsiasi contratto di acquisto finale degli aerei nemmeno i costi di chiusura della linea produttiva, altrimenti condivisi, potrebbero essere imputati (par. 19.4.2) e «in nessun caso il contributo finanziario totale di un Paese che si ritira - compresi eventuali costi imprevisti dovuti alla terminazione dei contratti - potrà superare il tetto massimo previsto nella sezione V del Memorandum of Understanding» (par. 19.4.3);
i costi non-ricorrenti e condivisi di produzione, sostentamento e sviluppo del progetto siano distribuiti, secondo tabelle aggiornate a fine 2009, in base al grado di partecipazione al programma di ciascun Stato. Per l'Italia ciò significa, nell'attuale fase (denominata «PSFD»: production, sustainment, follow-on development), una cifra massima totale, calcolata a valori costanti del dollaro, di 904 milioni;
proprio sulla base di queste parti dell'accordo Norvegia, Canada, Australia e Turchia hanno di recente messo in discussione la loro partecipazione al programma, in qualche caso arrivando a una vera e propria sospensione;
alla spesa che l'Italia ha già pagato per il programma Jsf occorre aggiungere inoltre il miliardo di euro circa pagato per la precedente fase di sviluppo SDD (system development and demonstration) e i circa 800 milioni (di euro) previsti complessivamente ed in autonomia per l'impianto Final Assembly and Check Out (Faco) di Cameri. L'insediamento costituirà il secondo polo mondiale di assemblaggio degli F-35, ed è stato voluto fortemente dal governo italiano in cooperazione con i Paesi Bassi. Cameri è la sede in cui Alenia (un'industria privata in un insediamento produttivo pubblico) dovrebbe costruire le ali (ma solo quelle sinistre) del velivolo. L'appalto è stato assegnato alla società controllata da Finmeccanica per sub-contratto;
il totale degli oneri già determinati a carico del contribuente italiano ammonta a 2,7 miliardi di euro;
la situazione sarebbe completamente diversa in caso di sottoscrizione già avvenuta del contratto di acquisto degli aerei: non più un accordo tra Stati partner per la suddivisione di costi di un progetto congiunto, ma vero e proprio ordine di acquisto inoltrato all'azienda capo-commessa Lockheed Martin. In tale caso l'investimento andrebbe a lievitare sia per il costo in sé dei 131 velivoli previsti, sia per le penali in caso di ritiro che sicuramente l'impresa Usa non mancherebbe di esplicitare;
altresì, le più recenti stime basate sui dati del Pentagono proiettano il costo finale di ciascun esemplare a più del doppio dell'ipotesi iniziale elaborata dai tecnici del programma. Inoltre, in particolare per i progetti aeronautici, i costi maggiori si hanno dopo con il mantenimento e la gestione dei velivoli;
studi recenti dimostrano che spostare un miliardo di dollari dalla Difesa al comparto delle energie rinnovabili aumenterebbe del 50 per cento il tasso di occupazione: addirittura del 70 per cento se re-investiti in ambito sanitario;
le proiezioni occupazionali fatte dal Ministero della difesa legate alla produzione degli F-35 JSF si sono già ridimensionate di circa un terzo -:
se risulti chi abbia reso dichiarazioni riportate in fondi di stampa circa l'impossibilità di uscire dal programma degli F-35 JSF a causa delle ingenti penali e a fronte delle centinaia di posti di lavoro previsti, rivelatesi, come citato in premessa, infondate;
quali siano i motivi e gli interessi che spingono l'Italia a restare tra i Paesi compartecipanti all'accordo.
(4-14486)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

BARBIERI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
intervenendo in Assemblea al Senato sul tema del ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri fornitori, al termine della discussione generale sul decreto-legge «Salva-Italia», il vice Ministro Grilli avrebbe dichiarato che si tratta di un problema molto serio, che sono allo studio una serie di proposte che prevedono la cessione dei crediti vantati dai fornitori verso le pubbliche amministrazioni ad istituti finanziari ma che, al tempo stesso, queste misure finalizzate a saldare i debiti con le imprese italiane (per un totale di circa 60 miliardi di euro) pongono tuttavia delle criticità in termini di impatto sul debito pubblico, nonché in alcuni casi anche sull'indebitamento netto;
considerata la situazione in cui versano i conti pubblici italiani tale affermazione sarebbe naturale e comprensibile se non ci fossero alcuni inquietanti fatti:
a) nel Nord-est sono stati registrati 50 suicidi di imprenditori piccoli e medi che sono falliti perché lo Stato non ha pagato i crediti che questi ed altre migliaia di piccole e medie imprese attendono dalla Pubblica Amministrazione;
b) le banche italiane hanno ricevuto dalla Banca centrale europea un prestito di tre anni al tasso dell'1 per cento per un totale di 125 miliardi di euro, il 25 per cento del totale europeo, e la tendenza è di non mettere in circolo tali preziose risorse (che, sino a prova contraria rappresentano risorse finanziarie italiane, di proprietà di tutti, gestite dalla Banca centrale europea) che verrebbero utilizzate, in parte, per la loro ricapitalizzazione ed, in parte, per ricavare alti benefici investendo sui mercati finanziari e lucrando la differenza con il tasso all'1 per cento delle risorse ricevute dalla Banca centrale europea;
c) c'è stata una stretta di credito nei confronti del 78 per cento delle imprese italiane (dati SWG di Trieste) peggiore di quella registrata nel 2008-2009;
d) le piccole e medie imprese, davanti ai rischi di recessione, temono di essere lasciate da sole, in particolare dalle banche, mentre sarebbe opportuno che imprese e banche si muovessero insieme, ogni giorno, sul territorio, per rimettere in moto il Paese;
e) la proposta del Ministro Passera di pagare i debiti dello Stato alle imprese italiane con bot, btp e/o altri titoli di Stato e consentire loro di darli in garanzia alle banche per ricevere almeno quote importanti dei loro crediti con lo Stato, a quanto consta all'interrogante, è stata bocciata;
f) con le risorse dei 125 miliardi di euro ricevuti dalle banche italiane, si dovrebbe invece operare per evitare la stretta sul credito e finanziare l'economia reale -:
se non ritenga, in vista della predisposizione di nuove iniziative in favore dell'economia reale, prevedere misure incisive volte a eliminare le criticità evidenziate in premessa, al fine di sostenere la ripresa economica del Paese, soprattutto di quelle realtà piccole e medie che hanno sofferto e soffrono tuttora maggiormente le conseguenze della crisi sistemica che il Paese sta vivendo.
(3-02009)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 19 gennaio 2010 l'Italia ha chiesta all'Unione europea l'autorizzazione per un finanziamento pubblico di 15,8 milioni di euro (pagabile in tre rate tra il 2010 e il

2013) alla Fiat Powertrain di Verrone, in provincia di Biella, per un investimento iniziato nel 2008 riguardante la costruzione di un nuovo tipo di cambio;
per avere tale finanziamento la Fiat si impegna ad assumere seicento persone, portando il totale dei dipendenti a quota 1083, ma nella primavera del 2011 le assunzioni effettuate sono state soltanto cento;
le cento persone assunte sarebbero state semplicemente trasferite da un altro stabilimento del gruppo Fiat, quello di Mirafiori, sicché, sostanzialmente, non vi è stata alcuna assunzione da parte di Fiat;
in esito alla seduta del 5 maggio 2011 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (C.I.P.E.) del 5 maggio 2011 avente ad oggetto l'attuazione del programma delle infrastrutture strategiche in applicazione della legge n. 443 del 2001 è stata approvata la sottoscrizione dal parte del Ministero dello sviluppo economico di tre nuovi contratti di programma nel settore della produzione di autoveicoli, con un investimento complessivo di 630 milioni di euro e la creazione di circa 800 posti di lavoro;
le agevolazioni pubbliche approvate dal Comitato ammontano a complessivi 52 milioni di euro, di cui euro 22,5 milioni per il contratto di programma «Fiat Powertrain Technologies S.p.A», per investimenti da realizzarsi nel comune di Verrone (Biella);
lo stesso sindaco del comune di Verrone ha lamentato la clamorosa inadempienza da parte di Fiat in relazione allo stabilimento di Verrone (Biella) dandone comunicazione in modo estremamente determinato sulla stampa locale, e coinvolgendo altri enti quali la regione Piemonte e la provincia di Biella che, avendo creduto agli intendimenti manifestati dall'azienda torinese, avevano fattivamente partecipato agli accordi formali intercorsi -:
se, in esecuzione degli accordi intervenuti, risulti che Fiat, in relazione al progetto coinvolgente lo stabilimento di Verrone (Biella), abbia incassato somme provenienti dall'Unione europea e dal Governo italiano;
in caso affermativo, a quanto ammontino i finanziamenti effettivamente già erogati;
quali siano gli impegni formali assunti da Fiat in ordine alle assunzioni previste presso lo stabilimento di Verrone (Biella);
in caso di inosservanza degli impegni assunti, quali siano le iniziative che il Governo intenda assumere per indurre Fiat al rispetto degli impegni assunti in tema di occupazione o, in via alternativa, per ottenere la restituzione di qualsiasi finanziamento eventualmente in concreto erogato all'azienda torinese.
(5-05910)

RUBINATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in Treviso sono siti due fabbricati Inpdap, denominati «A» e «B», la cui costruzione risale a oltre 36 anni fa, ma, mentre quello denominato «B» è stato venduto alla quasi totalità degli inquilini più di quattro anni orsono, è tuttora pendente la vicenda relativa alla vendita del fabbricato «A» (che ospita 65 famiglie), sebbene di qualche anno più vetusto;
più precisamente, la vicenda relativa alla vendita agli inquilini degli immobili di proprietà INPDAP siti in Treviso, via Albona nn. 3, 9 e 11 e via Capodistria nn. 5 e 9, ha avuto inizio nel 1998, quando con nota n. 527 del 16 marzo l'INPDAP di Treviso ebbe a comunicare l'avvio del processo di dismissione del patrimonio immobiliare in attuazione del decreto legislativo n. 104 del 1996 e chiese agli inquilini una dichiarazione di disponibilità all'acquisto dell'alloggio;
la direzione centrale del patrimonio di Roma con successiva nota n. 1019 dell'8 febbraio 2000 riconobbe ai conduttori il

diritto di acquistare l'alloggio in locazione, allegando un questionario da restituire che prevedeva - tra l'altro - la dichiarazione di propensione all'acquisto;
a seguito dell'approvazione del decreto-legge n. 351 del 25 settembre 2001, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001 n. 410, che istituì la SCIP 2 (Società per la cartolarizzazione immobili pubblici) indicando le modalità di vendita agli inquilini, l'agenzia del demanio, con decreto del 1o luglio 2002, identificò gli immobili da trasferire alla SCIP per la vendita e, relativamente a Treviso, vi incluse quelli siti in Capodistria (fabbricato «B» e via Pinelli), omettendo il fabbricato «A» di via Albona e via Capodistria, anche se successivamente, il 19 dicembre 2002, la GEFI-CIEMME, società di gestione immobiliare per conto dell'INPDAP, comunicò con lettera n. 446 che dal 28 novembre 2002 anche il predetto fabbricato era stato trasferito alla SCIP per la vendita;
l'esclusione formale del fabbricato «A» nel primo elenco dei beni da alienare sembra sia dipesa quindi da un errore di annotazione catastale, da ricondurre alla leggerezza con cui sono stati stilati gli elenchi dei beni da alienare, visto che si tratta di edificio che da circa 35 anni è adiacente all'altro, denominato «B», entrambi di proprietà e amministrati dall'INPDAP di Venezia;
nel 2003 la medesima Gefi - Ciemme, società mandataria, quale procuratore della SCIP, inviò a tutti gli inquilini la disdetta del contratto di locazione alla sua naturale scadenza, in ossequio a quanto disposto dal decreto ministeriale 21 novembre 2002 del Ministero dell'economia, che imponeva agli enti di gestione il divieto di rinnovare contratti di locazione nuovi e in essere, allo scopo di favorire il processo di dismissione;
nel 2005, circa 80 inquilini ebbero a promuovere un'azione legale presso il tribunale di Treviso nei confronti dell'INPDAP di Venezia, per le spese condominiali richieste dalla società mandataria Gefi; nel 2007 trentuno ricorrenti (tutti inquilini del fabbricato «B») per poter acquistare, si determinarono a rinunciare alla causa in corso allo scopo di non perdere talune agevolazioni previste dalla normativa e nel settembre dello stesso anno gli alloggi vennero loro ceduti;
per trasferire alla SCIP 2 il fabbricato «A» - unitamente ad altri esclusi per errore - venne avviata un'operazione di cosiddetto «concambio» coordinata dal Ministero dell'economia e delle finanze, volta a sostituirli a quelli che, pur non vendibili, risultavano cartolarizzati; infatti il 21 novembre 2007, con nota n. 113457, il dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze comunicò che il fabbricato «A» era presente nell'elenco dei beni oggetto di concambio e che si attendeva l'adeguamento del bene alla normativa antincendio (avvenuto nel 2009) al fine di poter alienare il medesimo ai conduttori e con decreto in data 18 febbraio 2008 (GU n. 52 del 1o marzo 2008) l'Agenzia del demanio individuò i beni immobili dell'INPDAP in precedenza «dimenticati», includendovi finalmente anche il fabbricato «A» di via Albona e via Capodistria;
successivamente il decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 207, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 27 febbraio 2009, dispose la chiusura della Scip 2, la retrocessione nella proprietà dell'Inpdap del patrimonio immobiliare relativo alla prima e seconda cartolarizzazione con la possibilità di procedere alla vendita diretta, nonché il cosiddetto «concambio», segnatamente al comma 12 dell'articolo 43-bis; la vicenda in oggetto si complicò così ulteriormente per questioni interpretative;
con nota n. 357 in data 4 marzo 2009 il Dirigente del patrimonio della direzione centrale INPDAP in Roma ebbe tuttavia a ribadire che la predetta legge n. 14 del 2009 consentiva all'INPDAP di procedere all'alienazione del fabbricato in oggetto, tanto che, previa ulteriore conferma di ciò da parte del capo di gabinetto del Ministero

dell'economia e delle finanze (con nota n. 9586 del 2 aprile 2009), la Direzione generale dell'Inpdap con la delibera n. 178 del 21 aprile 2010 dispose il cosiddetto concambio, stabilendo che il fabbricato «A» rientrava nella SCIP 2 e quindi doveva essere venduto al posto di altro già incluso ma invendibile;
nonostante il comma 15 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, abbia ulteriormente prolungato i tempi della vendita, il dirigente generale della direzione regionale INPDAP del Veneto ebbe ad assicurare gli inquilini che la cessione sarebbe avvenuta entro il 2011;
nel frattempo, il 6 luglio del 2010 il Tribunale di Treviso - adito dalla maggioranza degli inquilini interessati - emetteva la sentenza n. 365, che, tra le altre statuizioni, dichiarava cessata la locazione, ma il giudice, tuttavia, «non ritiene di condannare il conduttore alla riconsegna dell'immobile»; peraltro gli inquilini hanno continuato a versare il canone e le spese condominiali, pur non essendo stati stipulati ulteriori contratti di locazione;
dal settembre del 2010 gli inquilini interessati ebbero a chiedere più volte di incontrare il dirigente del patrimonio INPDAP di Venezia, per conoscere la reale situazione della procedura di vendita e le diverse questioni ad essa connesse, senza mai ricevere alcun riscontro fattivo e concreto; appreso in seguito che il direttore compartimentale era andato in pensione e che la dirigente del patrimonio Inpdap di Venezia era stata trasferita ad altra sede, richiesero ai nuovi dirigenti insediatisi un colloquio, che si tenne l'11 febbraio del 2011;
dato il breve periodo trascorso dall'assunzione del nuovo incarico e la dismissione del patrimonio della sede di Padova in corso di ultimazione, i nuovi dirigenti chiesero un po' di tempo per poter verificare la situazione degli immobili di Treviso e fornire quindi la definitiva risposta, definendo paradossale la situazione determinatasi con riferimento al fabbricato «A», pur esternando delle generiche rimostranze sull'esito della causa già conclusa presso il tribunale di Treviso;
il 13 aprile successivo gli inquilini vennero quindi convocati e venne loro confermata la ferma intenzione della direzione generale e dipartimentale di procedere quanto prima alla vendita degli alloggi a loro favore, ma che vi erano dei residui problemi di natura tecnica la cui soluzione era prevista, al massimo, per la fine del mese successivo; in tale occasione i dirigenti dell'Inpdap prospettarono agli inquilini l'opportunità di una loro dichiarazione di disponibilità alla rinuncia degli effetti loro favorevoli (crediti) della su citata sentenza;
in data 12 luglio 2011, la direzione regionale del patrimonio INPDAP di Venezia, dopo aver ricevuto dagli inquilini la (richiesta) dichiarazione di disponibilità di rinuncia ai crediti in forza della predetta sentenza, inviò una lettera a tutti i predetti (protocollo n. 5184 per quelli in causa, protocollo n. 5183 per quelli non in causa) con cui richiese l'ennesima dichiarazione, a mezzo raccomandata, di propensione all'acquisto dell'immobile a suo tempo assegnato in locazione; il 98 per cento degli inquilini aderì alla richiesta, avendo la dirigenza assicurato verbalmente che l'offerta di vendita sarebbe pervenuta agli inquilini entro il mese di settembre 2011;
ai primi di novembre 2011, in assenza di fatti concreti, gli inquilini hanno richiesto un incontro chiarificatore, senza avere alcuna risposta, mentre uno di essi, che aveva inviato una lettera raccomandata, per chiedere conferma sulla vendita e sui tempi d'attuazione, ha ricevuto una lettera nella quale la dirigenza del patrimonio Inpdap di Venezia, senza fornire più preciso riscontro, attribuiva l'ulteriore ritardo alla definizione delle spese condominiali;
in questa situazione interviene da ultimo il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, il quale all'articolo 21 stabilisce la soppressione dell'INPDAP, a seguito della cui entrata in

vigore viene paventato che le attività in corso, inclusa la vendita degli appartamenti, siano sospese;
da quanto esposto appare evidente la situazione paradossale in cui si trovano gli inquilini degli immobili in oggetto, i quali da oltre 10 anni stanno aspettando la vendita degli appartamenti in una incomprensibile alternanza di promesse e smentite, nonostante l'Inpdap abbia da anni emesso una delibera che stabilisce il concambio e autorizzato la vendita del fabbricato, già incluso nel decreto di data 18 febbraio 2008 dell'Agenzia del demanio; ed ora la prevista soppressione dell'INPDAP viene loro prospettata come l'ennesimo «ostacolo» che fa temere deleteri scenari, ulteriori lungaggini, mettendo a repentaglio il riconosciuto diritto all'acquisto da molti anni atteso e sempre differito per inefficienze burocratiche;
questa vicenda appare altresì profondamente iniqua se confronta con le scandalose vicende legate alla cosiddetta cartolarizzazione, rese note dalla dottoressa Milena Gabanelli nella trasmissione «Report» di qualche anno fa, e con la vendita di mega appartamenti e superattici a Roma, a soggetti politici a prezzi assolutamente stracciati, resa nota dall'inchiesta «Casa Nostra» apparsa su l'Espresso n. 35 del 6 settembre 2007;
la situazione è ancor più assurda ove si consideri che alcuni degli immobili (circa 18 appartamenti) sono sfitti da anni e dunque improduttivi per l'Inpdap, in quanto alcuni degli ex inquilini per le su descritte lungaggini burocratiche hanno rilasciato gli alloggi, e che, per la vetustà ed il degrado dell'edificio, ogni ulteriore rinvio della vendita cagiona una perdita del valore delle unità immobiliari a danno delle casse pubbliche, da un lato, e, dall'altro è fonte di maggiori gravami economici sui conduttori, mentre vi è la necessità impellente di reperire urgentemente fondi per sanare la disastrosa situazione attuale della finanza pubblica -:
se non ritengano di intervenire con sollecitudine nel caso in oggetto, nelle forme e modalità ritenute opportune, per dare impulso al procedimento amministrativo affinché siano realizzate le condizioni per procedere quanto prima alla vendita agli inquilini degli immobili di cui al fabbricato «A» di proprietà dell'Indap siti in Treviso, verificando anche eventuali responsabilità dei soggetti già preposti alla procedura per il grave ritardo nella sua definizione;
se non ritengano di impartire precisi indirizzi in sede amministrativa al fine di evitare che la disposta soppressione dell'Inpdap (ed il suo accorpamento con l'Inps) non comporti ulteriori ritardi alle procedure di vendita ancora in corso aventi ad oggetto immobili già compresi nella SCIP 2 quali quelli oggetto della presente interrogazione.
(5-05919)

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la comunità dei nomadi in Italia ormai conta oggi più di 150.000 persone, distribuite su tutto il territorio nazionale ma con aggregazioni più numerose nelle zone del centro-nord Italia;
organi di stampa locali della provincia di Treviso affermano come i giudici della corte d'appello di Venezia abbiano recentemente bocciato il congelamento dei beni del capo rom Adriano Hudorovic e disposto dal procuratore di Treviso Antonio Fojadelli;
il procuratore di Treviso aveva, infatti, ordinato il blocco del patrimonio del Hudorovic sulla base del fatto che lo stesso patrimonio, stimato in circa un milione di euro tra beni mobili ed immobili, era ben al di sopra delle possibilità del Hudorovic, e che, proprio in ragione del fatto che questi non svolgesse una attività stabile, si presumeva avesse accumulato tale patrimonio grazie ad attività illecite;

Adriano Hudorovic, che non dichiara alcun reddito dal 1995, è persona non nuova a tali attività, dal momento che, come evidenziato anche dagli inquirenti, egli è coinvolto in altre inchieste per reati inerenti al patrimonio, come la truffa, per la quale è stato già condannato, estorsione, falso, e altro;
in queste ultime settimane sono in atto diverse e numerose operazioni da parte del personale delle Agenzie delle entrate, al fine di individuare le maggiori situazioni di irregolarità fiscale, rispondendo così agli inviti dell'Esecutivo che ha più volte evidenziato come si renda assolutamente necessario rafforzare la lotta all'evasione fiscale -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in merito a quanto sopra esposto e se, considerata l'importanza dell'azione dell'Agenzia delle entrate, non ritenga opportuno adottare iniziative di accertamento anche in situazioni come quella sopra descritta.
(4-14469)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

LUSSANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia riguardante la concessione del regime di semilibertà a favore di Marino Occhipinti, l'ex poliziotto che nel 1988 aveva compiuto l'omicidio della guardia giurata Carlo Beccari durante l'assalto ad un furgone portavalori davanti alla Coop di Casalecchio, in provincia di Bologna;
l'ex poliziotto era un componente della squadra mobile di Bologna, ma con i tre fratelli Savi faceva parte della cosiddetta banda della «Uno Bianca», organizzazione criminale assurta alle cronache per aver compiuto ben ventiquattro omicidi e provocato il ferimento di oltre cento persone tra Bologna, la Romagna e le Marche negli anni compresi tra il 1987 e il 1994;
la notizia della richiesta della misura di detenzione alternativa, raggiunti i termini per presentarla, era arrivata alla vigilia dell'anniversario dell'eccidio del Pilastro, il 4 gennaio, ed aveva già fatto discutere, ma la concessione della semilibertà da parte del tribunale di sorveglianza di Venezia ha giustamente scatenato la reazione indignata dei familiari delle vittime, tra le quali va annoverata in primo luogo quella di Luigi Beccari, l'anziano padre della giovane guardia giurata uccisa ventiquattro anni fa;
già in passato si erano sollevate polemiche riguardo al regime di detenzione riservato ad Occhipinti, che stava scontando la pena dell'ergastolo, in particolare quando nel 2010 aveva potuto usufruire del permesso per partecipare ad una via crucis, circostanza che ancora una volta non sembrava tenere conto del rispetto dovuto ai familiari della vittima, colpiti duramente nei loro affetti più cari;
la decisione della magistratura di concedere il regime di semilibertà ad uno dei killer della «Uno Bianca», comporterà per costui la possibilità di trascorrere parte della giornata fuori dal carcere, per partecipare ad attività lavorative e sociali, e pur rispondendo ad una applicazione rigorosa della legge, non manca di suscitare sconcerto ed indignazione dato che sarebbe stato preferibile un pronunciamento diverso che tenesse conto delle circostanze e dell'efferatezza di ciò che è stato compiuto dalla banda criminale e fatto subire alle persone coinvolte, ai loro familiari e a tutti i cittadini;
il caso summenzionato, a parere dell'interrogante, appare emblematico di una situazione, generalizzata e molto più diffusa di quanto non appaia, in cui non sembra avere alcuna considerazione la dignità delle persone offese dal reato;
in generale, non appare essere stato garantito un adeguato livello di protezione

e sostegno nei confronti delle persone offese dai reati, anche sotto il profilo risarcitorio -:
se e quali strumenti di tutela ritenga necessario introdurre nel nostro ordinamento per garantire una maggior tutela alle vittime di reati, soprattutto se violenti, nonché ai loro familiari.
(5-05918)

Interrogazioni a risposta scritta:

DE MICHELI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'organico degli agenti penitenziari in forza presso la casa circondariale di Piacenza continua ad essere insufficiente, nonostante le numerose segnalazioni da parte della direzione carceraria e dell'amministrazione penitenziaria regionale;
la cronica carenza di personale dipende anzitutto dalla pianta organica, la quale risale al 2001 ed è stata concepita sin da allora sottostimando le reali necessità della struttura, risultando ancor più inadeguata al numero attuale dei detenuti che, seppur in calo, è ben oltre la capienza regolamentare;
negli ultimi cinque anni c'è stato un costante decremento del personale effettivo, a causa delle procedure di mobilità e dei collocamenti a riposo: gli agenti andati in pensione non sono stati sostituiti e dei 146 agenti in forza solamente un'ottantina è realmente presente, mentre il restante personale è stato distaccato presso altre strutture;
per coprire la carenza di organico, gli agenti penitenziari sono attualmente costretti a lavorare su 3 turni anziché 4, prolungando l'orario di servizio in violazione degli accordi in materia di lavoro straordinario, programmazione e riposi compensativi;
a fronte di tale situazione, l'apertura del nuovo padiglione e l'attivazione del reparto psichiatrico richiederebbero invece un ampliamento dell'organico: sarebbe necessaria l'integrazione di almeno una ventina di agenti in più per garantire un livello minimo di funzionalità e sicurezza, oltreché i diritti del personale;
già in data 9 giugno 2010, l'interrogante ha depositato un'interrogazione parlamentare a risposta scritta (n. 4-07517) al Ministro della giustizia, in cui si segnalava la richiesta da parte della direzione carceraria di un ampliamento dell'organico, ricordando altresì che, per ammissione dello stesso provveditore regionale, nella struttura piacentina servirebbero dagli 80 ai 90 nuovi agenti;
il 30 settembre 2011 si è concluso il 163o corso di formazione per allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria, che ha visto l'ingresso di circa 750 nuovi agenti;
come richiesto dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), il provveditorato regionale dell'Emilia Romagna ha inoltrato la proposta di assegnazione delle 67 unità di personale rese disponibili dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per il complesso degli istituti della regione, domandandone 6 per la casa circondariale di Piacenza;
risulta all'interrogante che delle 6 unità domandate ne arriveranno soltanto 2 -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione in cui versa la casa circondariale di Piacenza;
quali siano stati i criteri utilizzati dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per l'assegnazione dei nuovi agenti penitenziari e quale sia il contingente sino ad ora effettivamente assegnato alla struttura piacentina;
se il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria intenda assicurare quantomeno il rimpiazzo del agenti trasferiti o andati in pensione;
se il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria intenda procedere, e in quali tempi, alla revisione della pianta organica della struttura per adeguarla alle reali necessità;

quali ulteriori e tangibili provvedimenti il Ministro intenda porre in essere al fine di superare o, almeno, attenuare la cronica carenza di personale della struttura e garantire un livello minimo di sicurezza e tutela dei diritti del personale.
(4-14440)

LAFFRANCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i collegi provinciali dei periti agrari sono stati chiamati ad esprimere il proprio voto per il rinnovo delle cariche del consiglio nazionale entro il 26 settembre del 2011;
la modalità di voto con cui si esprimono i collegi provinciali consiste nell'invio della scheda elettorale all'ufficio preposto del Ministero della giustizia;
per le operazioni di scrutinio è incaricata una commissione elettorale formata da cinque periti agrari scelti dal Ministero, tra una rosa di quindici indicati con delibera del collegio nazionale. Le funzioni di segretario di tale commissione sono svolte da un incaricato del Ministero della giustizia;
il 30 novembre 2011 sono stati pubblicati sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia i nomi dei membri della commissione, che riunitasi il 15 dicembre ha terminato le operazioni di scrutinio il giorno stesso;
a quanto si apprende, i risultati, seppur non ufficiali, sono comunque stati resi pubblici;
sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia del 31 dicembre 2011 non compare la proclamazione degli eletti;
tale situazione si sta sviluppando in un contesto particolarmente complesso, caratterizzato da un'evidente contrapposizione tra consiglio nazionale e alcuni collegi provinciali dei periti agrari che negli ultimi anni, ha portato ad una serie di denunce penali ed anche ad una condanna di primo grado, attualmente in sede di appello;
alla luce di una situazione evidentemente tesa, appare necessario evitare che tale condizione si protragga ulteriormente -:
quali siano i motivi dell'attuale ritardo nella pubblicazione degli eletti al consiglio nazionale dei periti agrari e cosa intenda fare, per quanto di competenza, affinché la medesima pubblicazione avvenga nel più breve tempo possibile.
(4-14473)

PUGLIESE, FALLICA, IAPICCA, SOGLIA, GRIMALDI, STAGNO D'ALCONTRES, TERRANOVA e MISITI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la delega al Governo sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, contenuta nella legge di conversione del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha quale obiettivo la riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, entro un periodo di un anno con ulteriori due anni per eventuali correzioni del piano;
la riduzione delle circoscrizioni giudiziarie avrà inizio dagli uffici di primo grado e prevede che sia garantita l'esistenza di un tribunale ordinario nei circondari dei capoluoghi di provincia e per ogni distretto di corte d'appello la presenza di almeno tre dei tribunali attuali con le relative procure, mentre saranno ridotte le sezioni distaccate dei tribunali;
in ordine alle procure la delega al Governo stabilisce che sia possibile accorpare più uffici di procura indipendentemente dall'eventuale accorpamento dei relativi tribunali, prevedendo, nel caso, che l'ufficio di procura accorpante possa svolgere le funzioni requirenti in più tribunali;
anche gli uffici del giudice di pace non circondariali potranno essere ridotti, con l'opportunità, entro sessanta giorni

dalla pubblicazione degli elenchi degli uffici da sopprimere, che gli enti locali interessati possano evitare la soppressione facendosi carico dei costi;
la revisione delle circoscrizioni giudiziarie è una riforma certamente necessaria e più volte ritenuta urgente e tuttavia per i criteri e gli indirizzi adottati tramite legge delega suscita forti preoccupazioni in ordine alle conseguenze che avrebbe una soppressione indiscriminata dei piccoli tribunali con un aggravamento della già difficile situazione relativa alle pendenze di fascicoli procedimentali;
i piccoli tribunali, infatti, rappresentano in molte zone del Paese, soprattutto al Sud nonché nelle aree interne, un indispensabile presidio dello Stato in termini di prevenzione, di legalità e di giustizia al fine di fronteggiare il fenomeno della piccola e grande criminalità organizzata;
la presenza sul territorio dei tribunali dovrebbe essere garantita e semmai sostenuta in modo da assicurare ai cittadini il principio di diritto di prossimità della giustizia, intervenendo semmai in ordine alla efficienza del sistema giudiziario che oggi configura, in particolare per quel che riguarda la giustizia civile, sempre di più casi di denegata giustizia;
sia l'associazione nazionale dei magistrati, sia l'Organismo unitario dell'avvocatura, anche da diversi punti ai vista, hanno espresso osservazioni e dubbi in ordine ai criteri di attuazione della riforma ed ai suoi effettivi risultati, se non modificata;
il precedente Ministro della giustizia ha costituito un gruppo di lavoro presso il Ministero «specificamente dedicato a questa riforma» -:
quali modalità il Ministro intenda adottare in sede di attuazione della legge delega, al fine di evitare che tale revisione abbia conseguenze devastanti sul territorio e per i cittadini.
(4-14474)

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2011, la Corte di giustizia di Lussemburgo ha giudicato «contraria al diritto dell'Unione europea» la limitazione, prevista dalla legge italiana, della responsabilità civile dei magistrati;
l'Italia, secondo l'Unione europea, ha limitato la possibilità di invocare la responsabilità civile dello Stato solo in caso di dolo o colpa grave;
i giudici comunitari hanno dato ragione alla Commissione di Bruxelles;
a occuparsi delle sanzioni disciplinari in magistratura è la sezione disciplinare incardinata nel Consiglio superiore della magistratura, di cui fanno parte 2 laici e 4 togati;
i togati, preponderanti nella commissione disciplinare, sono eletti sulla base dell'appartenenza a correnti e, quindi, è inevitabile che l'indagato faccia riferimento alla propria corrente;
nel 1997, un intento della Bicamerale per le riforme presieduta da Massimo D'Alema, prevedeva che la sezione disciplinare fosse presieduta da un giudice terzo, nominato dalle cariche più alte dello Stato e svincolato da criteri elettivi sindacali, ma non fece seguito nessun intervento concreto;
la legge varata all'indomani del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati ha avuto l'unico effetto di far sottoscrivere a giudici un'assicurazione, dal costo di circa 200 euro l'anno, che copre i rischi tranne che in presenza di dolo -:
se il Governo intenda sanare la discrepanza rilevata dall'Unione europea assumendo iniziative normative per assicurare un'attività disciplinare super partes e non legata a correnti per la categoria della magistratura.
(4-14483)

TORAZZI, COMAROLI, FAVA e MAGGIONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la garanzia della sicurezza e dell'incolumità dei cittadini è il compito principale dello Stato, che assorbe, con varie articolazioni burocratiche e operative della macchina pubblica, una parte consistente del gettito delle tasse pagate dai cittadini;
si apprende dal quotidiano La Provincia che il tribunale di Cremona ha rilasciato dopo pochi giorni, senza nessuna misura cautelare, eccetto l'obbligo di firma due volte a settimana presso la stazione dei carabinieri di Soresina, il signor Mustafà Attash, cittadino marocchino responsabile di vari episodi di violenza nel comune di Annicco, in provincia di Cremona, tanto da essere diventato un autentico incubo per i residenti;
il signor Mustafà Attash era stato arrestato in seguito alla denuncia per rissa presentata dalle due giovani titolari del bar Blue Rose di Annicco, ma gli episodi di provocazione, prepotenza e violenza duravano da tempo coinvolgendo indifferentemente i cittadini o le loro proprietà;
le indagini che avevano portato al suo arresto in seguito alla rissa al Blue Rose, come riferisce La Provincia, erano partite da un'altra rissa di cui si era reso protagonista il signor Mustafà Attash, in agosto, in località Barzaniga, che si era conclusa con l'accoltellamento di un altro cittadino marocchino;
dopo la fulminea liberazione, che, ad avviso degli interroganti, presenta profili di abnormità, come riferisce ancora La Provincia il signor Mustafà Attash rientrava immediatamente ad Annicco in taxi, dove, non vigendo alcun impedimento, si recava al Blue Rose Bar;
nel locale, si premurava di informare le «bariste coraggio», come le ha soprannominate La Provincia, di non essersi dimenticato della loro denuncia, e visto il suo stato di libertà certificato dal tribunale Cremona, di avere intenzione di saldare il debito con la dovuta riconoscenza -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto, se non ritenga necessario disporre un'ispezione presso gli uffici giudiziari che hanno gestito la vicenda e quali iniziative, anche normative, intenda assumere per evitare il ripetersi di simili situazioni.
(4-14485)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il cosiddetto «decreto Salva Italia» che gli interpellanti hanno condiviso e votato poggia le sue basi sui principi di unità e coesione nazionale. Presupposti indispensabili per restituire competitività e occasioni di crescita all'intero Paese. Dato fondamentale che con rammarico si è costretti a registrare assente nella politica, che gli interpellanti ritengono scellerata, che Trenitalia sta realizzando in buona parte della nostra nazione e nel Sud e in Puglia in particolare;
dei ritardi «epici» degli Eurostar in partenza dalla regione Puglia, della loro sostituzione con gli Intercity, della soppressione graduale dei treni di lunga percorrenza sulla dorsale adriatica e sul collegamento Reggio Calabria-Taranto verso il nord la Camera dei deputati e le rispettive Commissioni permanenti possiedono ampia e documentata memoria (a cominciare dalle interrogazioni presentate nel lontano 2007 sul caso dell'Eurostar Lecce-Roma rimasto bloccato per oltre 6 ore alla vigilia del Natale). Così come vi è certificata documentazione (persino una recente inchiesta giornalistica) che racconta del modo incivile in cui i cittadini del Sud

sono costretti a viaggiare quelle rare volte in cui questo diritto universale nonché servizio sociale è ancora consentito. Si parla di carrozze maleodoranti e obsolete, di locomotori trainati, di ritardi di molte ore fino ai recenti tagli che in Puglia hanno riguardato tutte le tratte dirette verso il centro-nord e soprattutto i treni a lunga percorrenza notturni, usati dalle famiglie, da studenti e lavoratori;
sul grado di efficienza e qualità del servizio offerto da Trenitalia ai cittadini di questa regione sarebbe il caso di indagare responsabilità e colpevoli inadempienze, proprio mentre l'Italia prova a viaggiare unita verso la sua indispensabile occasione di riscatto che veda il Nord infrastrutturato e altamente capace dal punto di vista dei trasporti al fianco di quella parte del Paese che non ha più voglia di rappresentare il locomotore rotto da trainare;
anche sul tema delle scelte economiche operate da Trenitalia sarebbe il caso di approfondire dati e statistiche, anche in virtù di una richiesta sempre più pressante di servizi di trasporto da parte dei cittadini del Sud che mal si conciliano con i rincari nel costo del biglietto specie se raffrontati con il servizio realmente offerto. Scelte diseconomiche e illogiche che contribuiscono ancora una, volta ad alimentare nei cittadini della nostra regione l'idea di uno Stato che appare distante e disinteressato alle grandi potenzialità di un territorio tra i più vivaci del sud Italia;
malgrado i vari tentativi posti in essere da tutti gli amministratori, gli enti istituzionali e i rappresentanti il governo regionale della Puglia di giungere ad una revisione delle scelte messe in atto da Trenitalia contro i cittadini pugliesi, ancora oggi si registra l'assoluta mancanza di risposte adeguate e ragionevoli da parte dell'amministratore delegato della compartecipata statale, dottor Moretti;
in tal senso non è escluso il ricorso ad una class action e a forti azioni di protesta provenienti da tutti i comparti produttivi, economici, sindacali, istituzionali e sociali della Puglia che non possono assolutamente più subire tali prevaricazioni e negazioni di un diritto -:
se il Ministro intenda assumere tutte le informazioni necessarie per capire in quale condizione sia costretta a viaggiare buona parte del Sud e della Puglia in particolare e come intenda garantire il ripristino dei treni notte soppressi che sinora hanno già registrato calo nel mercato ferroviario a tutto vantaggio di quello su gomma e centinaia di licenziamenti per tutto il personale impegnato nelle tratte notturne;
se intenda altresì convocare rapidamente le istituzioni della regione Puglia per affrontare e risolvere le questioni poste.
(2-01314)
«Vico, Distaso, Ria, Pisicchio, Buttiglione, Boccia, D'alema, Fitto, Cesa, Antonio Pepe, Ginefra, Bellanova, Fucci, Zazzera, Concia, Bordo, Servodio, Lazzari, Vitali, Lisi, Sisto, Capano, Ruggeri, Mastromauro, Grassi, Losacco, Sardelli, Patarino, Carlucci, Gaglione, Cera, Di Cagno Abbrescia».

Interrogazione a risposta orale:

CAPODICASA, TIDEI, CAUSI e ANTONINO RUSSO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Società Ferrovie dello Stato è proprietaria degli immobili insistenti sulla linea ferrata dismessa Porto Empedocle-Castelvetrano, nello specifico manufatti e terreni di pertinenza degli stessi;
incombe sulla suddetta società l'obbligo di manutenere, vigilare e controllare gli immobili di cui è proprietaria, al fine, non soltanto di evitare che possano essere abusivamente occupati, ma, altresì, al fine

di evitare che l'incuria ed il degrado mettano a rischio la sicurezza pubblica e l'incolumità di terzi;
tuttavia un'amministrazione poco accorta ha fatto sì che la gran parte degli immobili, siano essi terreni o fabbricati, versino in stato di abbandono e fatiscenza: i fabbricati sono in maggioranza diroccati con conseguente perdita di valore oltre a rappresentare un rischio per la pubblica incolumità;
i fondi, quasi tutti composti dal sito della ex linea ferrata, essendo nell'assoluto abbandono, sembrerebbe che siano in balia di vandali e di occupanti abusivi;
inoltre, a causa della mancata manutenzione, i canali per la raccolta delle acque piovane sono ostruiti e tracimano nei terreni sottostanti causando ingenti danni alle colture di privati;
in particolare, da notizie ricevute da cittadini del luogo, le proprietà immobiliari delle Ferrovie dello Stato, site nel territorio della provincia di Agrigento, case cantoniere o caselli ferroviari e i terreni limitrofi e di collegamento che erano il sito della ex linea ferrata Porto Empedocle-Castelvetrano, da molti anni dismessa, sono lasciati all'incuria e all'abbandono;
i terreni risulterebbero spesso occupati senza alcun titolo e, a causa dell'assenza di controlli oltre che per la mancata manutenzione, sono scomparsi i canali per la raccolta e il normale flusso delle acque piovane che straripano ad ogni stagione invernale, provocando inondazioni nei terreni limitrofi e sottostanti con ingenti danni alle colture di privati;
a ridosso dei confini, a volte costituiti solamente da muri vetusti con una altezza che varia da uno a due metri, crescono alberi ad alto fusto e/o arbusti vari a macchie, che inevitabilmente provocherebbero il dissesto degli stessi che in diversi punti appaiano oramai diroccati creando costante pericolo di danni a cose e persone;
tale situazione, che pare sia generalizzata rischierebbe di compromettere, inevitabilmente, l'importante patrimonio immobiliare delle Ferrovie dello Stato;
provocherebbe e continuerebbe a provocare danni a cose e persone, nonché alla produttività, in una zona già economicamente depressa;
pone la società Ferrovie dello Stato al rischio esponenziale di ulteriore aggravio economico per eventuali procedimenti che potrebbero essere instaurati, rappresenta un grave rischio per la pubblica incolumità -:
se la descritta situazione corrisponda al vero;
quali iniziative si intenda intraprendere al fine di tutelare e valorizzare la proprietà immobiliare delle Ferrovie dello Stato evitando da un lato speculazioni degli occupanti abusivi e dall'altro l'aggravio economico di legittime richieste risarcitorie per danni subiti a cose, persone o alle colture;
quali iniziative si intenda intraprendere a salvaguardia della pubblica incolumità e a salvaguardia delle colture dei proprietari dei terreni limitrofi;
se sia vero che la suddetta società, o sua mandataria, abbia ricevuto parecchie richieste di vendita alle quali non ha mai dato riscontro, agevolando di fatto l'occupazione abusiva;
se non ritenga di assumere iniziative per la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare in premessa;
quali iniziative si intendano intraprendere, anche di concerto con le altre istituzioni coinvolte, al fine di salvaguardare la pubblica incolumità, i diritti di terzi e la proprietà immobiliare delle Ferrovie dello Stato.
(3-02008)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche

sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le scuole sono il luogo, dopo l'ambiente domestico, dove i minori passano quotidianamente il maggior numero di ore;
a oggi, anche nelle regioni più virtuose, il 30 per cento delle scuole non ha ancora terminato l'abbattimento delle cosiddette barriere architettoniche;
secondo l'indagine ISTAT sugli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, statali e non statali, relativa all'anno scolastico 2009/2010 le scale e i servizi igienici a norma sono presenti in più del 75 per cento delle scuole, mentre, complessivamente, poco più del 65 per cento delle scuole sembra avere percorsi interni ed esterni accessibili;
l'indagine si è svolta tra il 20 aprile e il 22 maggio del 2009 e tra il 26 aprile e il 30 maggio del 2010. Il tasso di risposta per l'indagine relativa all'anno scolastico 2008/2009 è stato del 77 per cento, con 20.426 scuole che hanno compilato il questionario. Il tasso di risposta per l'indagine dell'anno successivo è stato dell'89 per cento, con 23.451 scuole che hanno partecipato all'indagine;
nella scuola dell'obbligo, negli ultimi 20 anni, si è assistito a una crescita progressiva della presenza di alunni con disabilità. Nell'anno scolastico 2009/2010 sono poco più di 130 mila; di questi, circa 73 mila sono studenti della scuola primaria e circa 59 mila della scuola secondaria di I grado -:
attraverso quali meccanismi il Governo intenda monitorare tale situazione;
se il Governo intenda assumere iniziative volte a stanziare appositi fondi per far sì che tutte le scuole del Paese siano accessibili ai minori disabili.
(4-14456)

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore del nuovo orario invernale, Ferrovie dello Stato ha soppresso ventuno treni a lunga percorrenza da e per la Calabria ed ha modificato l'organizzazione dei treni regionali ed interregionali, manifestando, di conseguenza ed ancora una volta, un forte disimpegno verso questa regione e provocando ulteriori disagi ai viaggiatori;
questa scelta sta avendo ripercussioni gravissime sulla già fortemente penalizzata fascia ionica, nei cui confronti, ormai da decenni, si segnala un chiaro disinteresse da parte di Ferrovie dello Stato e degli altri organismi competenti che si traduce non solo nella mancata elettrificazione o raddoppio della stessa linea ferroviaria ma anche in una costante e continua diminuzione del numero di corse;
la riduzione dei finanziamenti statali non può tradursi in uno smantellamento del contratto universale di servizio che assolve, proprio nel Mezzogiorno dove è sempre più evidente l'assenza di infrastrutture capaci di garantire ottimali condizioni di trasporto, ad una vera e propria funzione sociale tanto più se si considera il fatto che questa decisione sta avendo ripercussioni ancora più gravi nei confronti del traffico ferroviario regionale ed interregionale che è prevalentemente utilizzato da studenti e lavoratori;
nello specifico, vanno segnalati i disagi sopportati dai pendolari sulla tratta ferroviaria Sibari/Metaponto/Taranto e le difficoltà nel raggiungere le sedi di lavoro o di studio a causa del fatto che, con l'entrata in vigore dell'orario invernale ed a seguito di una presunta razionalizzazione del servizio in questione, in particolar modo, il treno interregionale n. 12730 in partenza da Sibari con destinazione Taranto termina la sua corsa a Metaponto per essere sostituito da un autobus che prosegue per Taranto, mentre invece in partenza da Taranto per Metaponto

è utilizzato il servizio di autobus che è poi sostituito da quello ferroviario fino a Sibari;
risulterebbe ai più sconosciuta la logica che ha spinto Ferrovie dello Stato ad organizzare il servizio in questi termini; si evidenzia inoltre il fatto che è sempre difficile assemblare il trasporto su rotaia con quello su gomma tanto è vero che le coincidenze su Metaponto non sarebbero quasi mai rispettate con le conseguenze che ne derivano per i pendolari e che sono amplificate dal fatto che questo treno è molto spesso utilizzato anche da tanti viaggiatori diretti, attraverso Taranto, verso il Nord e, attraverso Sibari, verso il Sud del Paese -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire il diritto alla mobilità dei calabresi, evitando che si possano arrecare ulteriori danni al sistema dei trasporti regionali sempre più ridotti ad un'evidente condizione di marginalità e provvisorietà.
(4-14458)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da tempo in Valcellina (Pordenone) è in corso un fronte di protesta che coinvolge anche il Servizio nazionale delle dighe, gli enti locali di zona e gli operatori turistici;
tutto dipende da un progetto, presentato dal gestore dell'invaso idroelettrico di Barcis, di realizzazione di una nuova conduttura di scarico da affiancare a quella già esistente ma poco funzionale e efficiente;
secondo l'azienda, l'opera si rende necessaria per questioni di pubblica incolumità, non potendo altrimenti garantire la piena sicurezza degli svasi d'urgenza del bacino;
il problema è che, a detta del comune di Barcis, il condotto di pescaggio dell'acqua in eccesso verrebbe ad essere materialmente costruito in un'ansa del lago ad alta valenza turistica -:
se e quali iniziative abbiano posto in essere gli uffici ministeriali competenti e gli organi correlati rispetto alla tematica indicata in premessa e quali siano le tempistiche di realizzazione della presa per il rapido svaso del lago di Barcis, così come preventivata dall'azienda di gestione dell'impianto.
(4-14460)

BARANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 11 dicembre 2011, con l'entrata in vigore dell'orario ufficiale invernale delle Ferrovie dello Stato, sono stati eliminati tutti i servizi dei treni notturni diretti, ben 21 collegamenti fra Nord e Sud del Paese;
tra i «treni storici» soppressi vi sono il Trinacria, il Treno del Sole, la Freccia della Laguna che, con le cuccette provenienti dalla Sicilia e la Calabria attraversavano il Paese intero per arrivare rispettivamente a Torino, Milano, Venezia;
la politica aziendale attuata da Trenitalia ha provocato gravissimi danni al diritto alla mobilità dei cittadini di Sicilia, Calabria, Basilicata Campania e Puglia, poiché ha privato le famiglie del Sud del mezzo di trasporto più utilizzato per raggiungere il posto di lavoro o di studio, o i centri ospedalieri o per andare a trovare i figli;
Trenitalia ha generato con la soppressione dei treni notturni a lunga percorrenza l'aumento dei costi di trasporto delle famiglie in un momento economico così delicato nonché l'aumento dei tempi di percorrenza e della difficoltà di organizzazione dei viaggi, visto che si è costretti a frequenti cambi di treni;
questa politica aziendale ha generato non solo problemi e forti disagi per la popolazione del Sud, ma ha determinato anche la mobilità di circa 800 dipendenti,

di cui circa 500 come personale viaggiante, della Servirail Italia srl, Wasteels, RSI, mettendo a repentaglio il lavoro e la serenità di 800 famiglie;
la mobilitazione è stata generale, sia da parte dei lavoratori colpiti, sia da parte dei cittadini viaggiatori, che ad oggi è ancora un servizio universale affidato ad una società dello Stato italiano quale le FS s.p.a. di proprietà al 100 per cento dello Stato;
le Ferrovie dello Stato hanno di fatto derogato al servizio universale adducendo uno scarso numero di viaggiatori lungo le tratte Sud-Nord e, come pubblicato sui principali quotidiani italiani sembra che abbia sostanzialmente scoraggiato la fruizione del servizio da parte dell'utenza -:
quali iniziative urgenti intendano attuare affinché vengano ripristinati i treni notturni a lunga percorrenza a salvaguardia sia della popolazione del Sud, sia dei tanti lavoratori ingiustamente colpiti e di quali elementi disponga in ordine al presunto tentativo delle Ferrovie dello Stato spa di indurre la clientela ad abbandonare il servizio al fine di giustificare il taglio del servizio medesimo.
(4-14475)

GIULIO MARINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'incremento del traffico dello scalo aeroportuale urbano di Roma Ciampino, divenuto insostenibile per i residenti dell'area interessata densamente abitata e frequentata, sotto i profili ambientali e della sicurezza, ha determinato l'avvio di un complesso iter procedurale per l'individuazione di una valida alternativa aeroportuale per delocalizzare i voli offerti dalle compagnie aeree a basso costo, cosiddette low cost, dalla capitale;
a seguito di una prolungata e approfondita istruttoria, sostenuta anche dai pareri dell'Enac, dell'Enav, dell'Aeronautica militare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha individuato nel comune di Viterbo, la sede per il terzo scalo aeroportuale laziale;
il predetto Ministero, attraverso una nota (n. 0019164) del 29 novembre 2007, ha infatti inviato una relazione sui risultati conseguiti della commissione per l'ampliamento del sistema aeroportuale del Lazio, istituita dal medesimo dicastero, nella quale si riconosceva nel comprensorio di Viterbo, la realtà più confacente, al fine di soddisfare l'esigenza di procedere alla delocalizzazione funzionale del traffico aereo che coinvolge il secondo scalo aeroportuale della capitale, pianificando al contempo le modalità di assorbimento dello sviluppo previsto della domanda futura del traffico aereo;
l'articolo 18 del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha inoltre semplificato e reso operativo il trasferimento del traffico aereo da Roma-Ciampino a Viterbo;
la suesposta disposizione, in particolare, modificando il comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, in materia di revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della legge 9 novembre 2004, n. 265, ha esteso alle delocalizzazioni funzionali, la deroga della disciplina delle concessioni aeroportuali, assegnando di fatto alla società Aeroporti di Roma, direttamente la gestione complessiva del futuro scalo aeroportuale viterbese;
il 31 gennaio 2008, presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stato firmato l'atto d'intesa programmatica tra lo stesso Ministero e il presidente della regione Lazio, nel quale s'individuava la città di Viterbo, quale sede aeroportuale aperta al traffico, civile e commerciale;
il predetto documento disponeva inoltre, che entrambi le parti firmatarie si impegnavano, nell'ambito delle rispettive competenze, a promuovere tutte le attività

necessarie alla delocalizzazione del traffico aereo il cui flusso attualmente gravita sull'aeroporto di Roma-Ciampino, favorendo inoltre, le procedure e gli adempimenti idonei alla realizzazione di nuove infrastrutture, nonché al reperimento dei necessari strumenti finanziari, con l'impegno da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di avviare entro tempi certi, la fase attuativa, della conferenza di servizi;
il 10 settembre 2008, presso la direzione generale dell'Enac, è stato siglato tra il medesimo ente e la società Aeroporti di Roma, un ulteriore atto d'intesa programmatica delle attività preparatorie per la concessione della gestione aeroportuale dello scalo di Viterbo, il cui protocollo, firmato sia dal presidente dell'Enac che dal presidente degli Aeroporti di Roma, definiva le fasi propedeutiche per la progettazione del nuovo aeroporto;
il medesimo documento stabiliva che l'Enac, attraverso la delega del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avrebbe attivato, nel rispetto delle direttive comunitarie, ogni iniziativa volta a favorire la più rapida realizzazione per la delocalizzazione funzionale delle attività civili dallo scalo dell'aeroporto di Roma-Ciampino verso quello di Viterbo;
la società Aeroporti di Roma invece, secondo quanto risulta dallo stesso documento precedentemente descritto, avrebbe previsto l'impegno alla redazione:
a) di uno studio di pre-fattibilità tecnico-operativo per l'aeroporto di Viterbo che contempli gli aspetti aeronautici e di traffico, nonché la configurazione dei principali sottosistemi aeroportuali e definisca la consistenza del sedime aeroportuale;
b) di un rapporto ambientale preliminare sui possibili e significativi impatti della realizzazione, per l'avvio della consultazione di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive integrazioni e modifiche;
c) di uno studio sulla capacità ambientale per l'aeroporto di Ciampino, onde configurare un modello ridimensionato di traffico economicamente sostenibile, da adottare in forma vincolante per il futuro, che soddisfi le condizioni di compatibilità con il territorio;
d) del master plan aeroportuale, che contempli la contestualità del ridimensionamento dello scalo di Ciampino con l'avvio operativo del nuovo scalo di Viterbo, con il relativo studio di impatto ambientale; sarà altresì richiesto un adeguato approccio alla valorizzazione commerciale delle attività non aviation sia all'interno che all'esterno del sedime aeroportuale, nonché alle tematiche di definizione di un sistema di infrastrutture dei trasporti idoneo ad assecondare il flusso di traffico generato dalla realizzazione del nuovo scalo;
e) del piano economico-finanziario, per dare attendibilità al programma realizzativo delle opere, con la stima dei costi e la copertura degli interventi, individuando le risorse proprie e le eventuali fonti di finanziamento esterne;
f) del piano di adeguamento infrastrutturale dell'aeroporto di Ciampino, riconfigurando le attività con la modularità necessaria ad assicurare la coerenza temporale con l'attivazione e la messa a regime dello scalo di Viterbo;
per l'espletamento delle attività di carattere amministrativo, sia l'Enac che la società Aeroporti di Roma, stanno provvedendo alle attività connesse allo svolgimento delle procedure preliminari per la concertazione con gli enti territoriali e locali ed alle successive procedure formali con i soggetti statali e territoriali ai fini del conseguimento delle autorizzazioni in materia urbanistico-ambientale nonché alle attività espropriative per le aree da acquisire;
risulta inoltre all'interrogante che l'Enac avrebbe, fra l'altro, attivato la procedura prevista dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 2408/92 ai fini dell'inserimento

di Viterbo nel sistema aeroportuale di Roma, oggi costituito dagli aeroporti di Fiumicino e di Roma-Ciampino;
a giudizio dell'interrogante, è importante evidenziare, inoltre, come sia il fatto che Cipe, il 6 novembre 2009, abbia preso atto del piano di prefattibilità del futuro scalo aeroportuale di Viterbo, che il risultato di un'audizione sull'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale, presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati, il 19 maggio 2009, in cui è stata confermata la volontà di accelerare la realizzazione dell'aeroporto di Viterbo, costituiscano delle importanti valutazioni a sostegno del compimento del medesimo scalo nella città laziale;
nell'ambito della suddetta audizione, occorre rilevare come lo stesso presidente della società Aeroporti di Roma, nel denunciare la mancanza di un chiaro piano di integrazione tra i diversi scali nazionali e le politiche di sviluppo e di competitività certe, ha segnalato la necessità di giungere nel più breve tempo possibile, all'affidamento della concessione dello scalo viterbese, al fine di un'adeguata programmazione tra l'infrastruttura aeroportuale e l'area territoriale interessata, assicurandone il collegamento;
nel corso dell'indagine della Commissione trasporti della Camera dei deputati sul sistema aeroportuale italiano, deliberata il 12 febbraio 2009, in cui sono state svolte 41 audizioni tra cui i soggetti istituzionali competenti, le più importanti compagnie aeree italiane e straniere, oltre che le parti sociale e le associazioni rappresentative, è emerso inoltre che lo scalo aeroportuale viterbese rappresenta l'unica infrastruttura strategica di interesse nazionale, di prossima realizzazione, come confermato anche dallo schema di decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013 previsto dall'allegato IV (allegato infrastrutture);
a giudizio dell'interrogante, inoltre, risulta importante rilevare che all'interno dell'atto di indirizzo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del giugno 2010, concernente l'individuazione delle priorità in ordine al disegno funzionale e allo sviluppo infrastrutturale della rete aeroportuale del Lazio, il sistema aeroportuale regionale, sarà articolato sui tre aeroporti di Fiumicino, di Roma-Ciampino e del nuovo scalo di Viterbo, ognuno dei quali finalizzato a rispondere alle seguenti priorità:
«priorità 1» - aeroporto di Roma Fiumicino - definizione del ruolo commerciale dell'aeroporto quale snodo strategico primario, di valenza intercontinentale, nel contesto del nuovo futuro sistema aeroportuale comunitario, nazionale e regionale;
«priorità 2» - aeroporto di Ciampino - definizione del ruolo dello scalo, soggetto a limitazioni operative in relazione al collocamento all'interno urbano, nella previsione di delocalizzazione di parte del traffico commerciale della regione nel previsto nuovo polo aeroportuale di Viterbo;
«priorità 3» - aeroporto di Viterbo - realizzazione del nuovo scalo del sistema aeroportuale della Capitale e polo di delocalizzazione del traffico aeroportuale di Ciampino;
è stata siglata inoltre recentemente una bozza d'accordo tra l'Enac, ADR, RFI, comune di Viterbo, provincia di Viterbo e società VDP srl - progettazione integrata ambiente, intitolata «Convenzione per l'affidamento e la redazione dello studio d'impatto ambientale del nuovo aeroporto di Viterbo comprendente sia le infrastrutture intermodali e di accessibilità che le emergenze storiche e le peculiarità naturalistiche del territorio», in cui è prevista, tra l'altro, la redazione da parte dei sottoscrittori dello studio d'impatto ambientale per il futuro scalo;
il contratto di programma 2012-2021 di Enac-ADR sulla previsione dell'evoluzione del traffico nel sistema aeroportuale di Roma, presentato il 9 novembre 2011 ha previsto fra l'altro, che l'aeroporto di Roma-Ciampino, mantenga l'attuale limite

di capacità allocabile pari a 100 movimenti commerciali al giorno, attualmente completamente utilizzata, fino alla disponibilità dello scalo di Viterbo, la cui operatività sarà prevedibile nel 2019;
a partire dalla fine del predetto anno, sarà previsto per l'aeroporto viterbese, a determinate condizioni previste dal piano di sviluppo, un graduale deviamento dei flussi dei voli cosiddetti low cost, attualmente concentrati sullo scalo di Roma-Ciampino;
nel medesimo documento è prevista la realizzazione di una nuova pista di volo, di un nuovo terminal e di tutte le infrastrutture necessarie a garantire il funzionamento ideale in termini di efficienza e servizi resi ai passeggeri, con capacità finale di 10 milioni di passeggeri/anno;
a giudizio dell'interrogante, al fine di consentire una completa fruibilità all'utenza, è necessario che l'aeroporto di Viterbo sia dotato delle infrastrutture di accesso stradali e ferroviarie per le quali Enac e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono già impegnati nelle azioni dirette a sollecitare i soggetti competenti ad assumere le iniziative necessarie alla loro realizzazione;
la certezza dell'effettiva realizzazione dei lavori di connessione stradale e ferroviaria da parte dei soggetti istituzionalmente competenti, a giudizio dell'interrogante, potrà intendersi avverato solo a seguito della definitiva approvazione dei progetti di tali lavori, del loro finanziamento e dell'avvio dei relativi cantieri, rappresentando conseguentemente un presupposto necessario per dare avvio agli investimenti sulle infrastrutture aeroportuali di Viterbo;
le attuali infrastrutture di collegamento tra Viterbo e Roma, sono infatti da ritenersi, a giudizio dell'interrogante, del tutto insufficienti per consentire ai vettori, che attualmente volano su Ciampino, di spostare profittevolmente l'operatività sul nuovo scalo di Viterbo;
in considerazione di quanto precedentemente esposto, appare pertanto evidente che la realizzazione dello scalo aeroportuale viterbese, rappresenterà, a giudizio dell'interrogante, un punto nevralgico e strategico per l'intero sistema-Paese, sia sotto il profilo del volume traffico dei passeggeri, che del trasporto dei cargo, la cui collocazione all'intero della filiera della logistica di eccellenza comprensiva tra il porto di Civitavecchia e l'interporto di Orte, garantirà inevitabili risultati positivi in termini di sviluppo e competitività -:
se intendano assumere ulteriori iniziative, oltre a quelle esposte in premessa, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di rendere operativo lo scalo aeroportuale di Viterbo, nei tempi indicati dal contratto di programma sul sistema aeroportuale romano, in considerazione anche dell'imminente affidamento del nuovo piano regolatore della città di Viterbo;
se intendano assumere altresì, nell'ambito delle rispettive competenze, iniziative volte a rendere cantierabili le necessarie opere infrastrutturali e ferroviarie, al fine di potenziare il collegamento tra le città di Viterbo e di Roma, nonché al fine di completare la trasversale Orte-Civitavecchia, le cui opere sono propedeutiche alla realizzazione dello scalo.
(4-14477)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa locale di questi giorni che il distaccamento dei vigili del fuoco di Merate (Lecco) si trova ad operare privo di un'autoscala. Il mezzo in questione nel corso di un intervento effettuato

a Lecco si è rotto e il Ministero dell'interno non ha concesso l'autorizzazione necessaria per la riparazione;
per la riparazione del mezzo, che ha più di 30 anni, sono necessari circa 40 mila euro; per l'acquisto di una nuova autoscala occorrerebbero circa 300 mila euro; per l'acquisto di un mezzo usato ne basterebbero circa 50 mila euro;
nel corso degli ultimi mesi gli incendi ai tetti nel Meratese sono aumentati (gli incendi ai tetti sono ormai una delle principali cause di intervento dei vigili del fuoco nel periodo autunnale e invernale) e i vigili del fuoco locali sono intervenuti senza l'ausilio dell'autoscala ma con altri mezzi a disposizione (semplici scale), o sono rimasti in attesa che da Lecco arrivasse l'autoscala;
è risaputo che spegnere un incendio al tetto senza poter contare sull'autoscala risulta più pericoloso, ma anche meno efficace;
i sindaci del territorio (Robbiate, Osnago, Casatenovo, ecc.) a fronte di tale grave mancanza hanno «provocatoriamente» dichiarato di essere disposti a stanziare le risorse per permettere ai vigili del fuoco di Merate di poter contare su una nuova autoscala;
appare ingiusto che ancora una volta, per una mancanza dello Stato, siano le amministrazioni locali, già gravate dai tagli dello Stato centrale e dai limiti imposti dal patto di stabilità, a farsi carico della sicurezza dei cittadini -:
se non ritenga doveroso assumere iniziative per stanziare le risorse dovute per l'acquisto dell'autoscale considerando che già il servizio essenziale dei vigili del fuoco è di natura volontaria e non grava sul bilancio del dicastero dell'interno.
(5-05908)

Interrogazioni a risposta scritta:

CAPODICASA, BERRETTA, BURTONE, CARDINALE, ANTONINO RUSSO, SAMPERI e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da anni nell'area del Mediterraneo si è sviluppato un flusso migratorio clandestino che dalle coste del nord Africa si indirizza verso l'Europa scegliendo come terra di primo approdo le coste italiane e come principale «porta d'accesso» l'isola di Lampedusa per la sua prossimità ai luoghi di provenienza;
l'isola, pertanto, è divenuta di fatto, anche per l'abnegazione e la sensibilità dei suoi abitanti, e sopportando oneri sociali e d'immagine non indifferenti, «area di prima accoglienza» pronta ad ospitare le decine di migliaia di disperati che attraversano il Canale di Sicilia alla ricerca di una vita migliore;
è stato possibile fronteggiare tali evenienze grazie alla presenza sull'isola di una struttura (CSPA) destinata dal Ministero dell'interno proprio alla prima accoglienza del flusso migratorio;
che a gestire ininterrottamente dal giugno 2007 il CSPA di Lampedusa è la LampedusAccoglienza, società formata da cooperative siciliane che ha gestito egregiamente in questi anni la delicatissima questione venutasi a creare soprattutto negli ultimi tempi, non si dimentichi infatti che si è ancora in piena «Primavera Africana» ed i riflessi sull'isola durante il suo «picco» sono stati dirompenti. Basti ricordare che a Lampedusa, che conta circa 6.000 abitanti, nei mesi estivi del 2011 erano presenti immigrati in numero superiore agli abitanti dell'isola e con centro di accoglienza capiente in misura di 800 posti;
nel corso del 2011 sono giunti sull'isola di Lampedusa, oltre 50.000 immigrati con un'ondata migratoria senza precedenti che ha avuto inizio l'8 febbraio 2011;
in data 20 settembre 2011, quando già da tempo sull'isola si respirava un'aria «pesante» per effetto dei mancati trasferimenti degli immigrati ad altra destinazione,

è stato incendiato un padiglione del CSPA mentre erano presenti oltre 1500 ospiti;
nonostante il padiglione fosse andato distrutto ciò non ha pregiudicato lo svolgimento dell'attività, in quanto gli stessi luoghi sono stati messi in sicurezza e recintati;
inspiegabilmente i lavori di messa in sicurezza della struttura sono stati interrotti (necessitano solo di qualche ulteriore giorno di manutenzione), pregiudicando, stavolta sì, il proseguimento dell'attività di accoglienza anche se limitata a 440 posti considerato che, infatti, risultano funzionanti nell'altro padiglione (capace di ospitare 390 persone), l'infermeria con al suo interno 50 posti letto, i locali di cucina nonché gli uffici amministrativi, ivi compresi quelli delle forze dell'ordine;
in data 23 settembre 2011 l'auto dell'amministratore delegato della LampedusAccoglienza è stata incendiata da ignoti e completamente distrutta;
in data 11 novembre 2011, in assenza di attività - il centro non accoglie immigrati dal 28 settembre 2011 - è stato incendiato un furgone della LampedusAccoglienza;
ancora in data 13 novembre 2011 è stato appiccato il fuoco da ignoti, ad un pullman di proprietà dello stesso ente gestore;
in data 2 dicembre 2011, ignoti hanno dato fuoco ad un magazzino di oltre 500 mq utilizzato dalla società LampedusAccoglienza per lo svolgimento dell'attività d'impresa; nel magazzino erano presenti indumenti e materiale di cucina per un valore stimabile in circa 300.000,00 euro;
ancora in data 18 dicembre 2011 la macchina del direttore del centro di prima accoglienza è stata danneggiata;
il CSPA alla data risulta chiuso;
in data 17 dicembre 2011 sulle spiagge di Lampedusa sono sbarcati 69 immigrati di provenienza libica;
dopo essere arrivati sull'isola, gli immigrati non hanno ricevuto la giusta accoglienza e dopo tre ore di attesa in condizioni estreme, sono stati «sistemati» in appartamenti in località «Calacreta»;
sembrerebbe in tali appartamenti non sia stata fornita alcuna assistenza fatta eccezione per i pasti caldi e, solo dopo 24 ore, degli indumenti -:
come si intenda affrontare la grave situazione riguardante l'ordine pubblico nell'isola di Lampedusa in considerazione del fatto che gli atti delinquenziali denunciati sopra non hanno ancora visto individuati gli autori e che tali atti continuano a verificarsi;
quali iniziative intenda adottare il Governo per tutelare l'ordine pubblico nell'isola nonché garantire lo svolgimento sereno dell'attività di chi ha espletato con impegno e dedizione il proprio lavoro, a volte in condizioni proibitive, nell'esclusivo interesse del popolo italiano;
se non ritenga che la chiusura del centro possa causare anche un problema di carattere internazionale in vista di ulteriori sbarchi che potrebbero interessare l'isola delle Pelagie;
come intenda il Governo, in caso di ulteriori sbarchi, garantire l'accoglienza e le attività di primo soccorso.
(4-14447)

DIMA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del comune di San Giovanni in Fiore (CS) è da tempo oggetto di atti intimidatori che si stanno traducendo nel danneggiamento di beni di sua proprietà o della sua famiglia;
questi atti vandalici, che potrebbero avere una chiara matrice intimidatoria, stanno ingenerando preoccupazione nel tessuto sociale ed istituzionale della città,

perché molto probabilmente diretti ad interferire nell'attività amministrativa della compagine di governo;
il rapporto annuale delle autonomie locali calabresi evidenzia come gli atti di intimidazione nei confronti dei sindaci continuino ad aumentare e questo a dimostrazione del fatto che la criminalità organizzata punta a condizionare e ad interferire nel governo degli enti locali;
il meritevole lavoro portato avanti dal sindaco di San Giovanni in Fiore in favore della comunità amministrata, che è tutto proteso alla soluzione dei tanti problemi esistenti, deve essere sostenuto e supportato dalle istituzioni a tutti i livelli -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire la sicurezza del sindaco di San Giovanni in Fiore e, più in generale, dei tanti amministratori pubblici calabresi che quotidianamente rappresentano lo Stato in territori dalla forte presenza criminale.
(4-14459)

MURER. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre 2011 l'Italia è stata scossa da un evento drammatico: a Firenze, due uomini, di nazionalità senegalese, Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni, sono stati barbaramente uccisi da Gianluca Casseri, un cittadino fiorentino, che, poche ore dopo il duplice delitto, accerchiato dalle forze di polizia, si è suicidato;
l'assassino è risultato essere un assiduo militante politico dell'estrema destra, in particolare del movimento denominato CasaPound, che ha sedi in molte città italiane, e si è reso protagonista, in più occasioni, di gesti e di linguaggi che, oltre a richiamarsi al fascismo, hanno anche, a parere della scrivente, alimentato un clima di intolleranza razziale e odio xenofobo, soprattutto verso i migranti;
la dinamica dei fatti di Firenze, nella ricostruzione degli stessi inquirenti, dimostra lo sfondo razziale del duplice delitto. Casseri, infatti, fin dalle prime ricostruzioni degli inquirenti, non ha voluto sparare contro gli agenti, nonostante la sua pistola fosse carica; così come, poco prima dell'azione, non aveva sparato contro l'edicolante italiano, che quasi lo aveva bloccato, limitandosi a minacciarlo; dimostrando che il suo unico obiettivo erano i senegalesi, quei venditori ambulanti che affollano i mercati fiorentini e delle altre città italiane, con i quali, peraltro, non aveva mai avuto alcun diverbio personale;
nelle ore successive al delitto, su Internet, c'è stata da una parte una ondata di indignazione per il drammatico fatto e di solidarietà verso la comunità senegalese, e dall'altra una agghiacciante sequenza di inneggiamenti all'azione del killer;
secondo notizie di stampa, sul web c'è stato chi ha proposto di dare una medaglia all'assassino, e chi di intitolargli una strada. Gli stessi slogan di sostegno che tempo prima c'erano stati per il mostro di Oslo, Anders Breivik, che nel luglio scorso uccise 77 persone;
messaggi come «Casseri santo subito» o «Casseri uno di noi», circolavano sul web già dopo pochi minuti che il nome del killer era stato reso noto. I primi sono apparsi su siti web collegati all'estrema destra, che si richiamano apertamente all'ideologia criminale nazifascista; siti che, talvolta, fin dalla home page farcita di croci celtiche o di altri simboli simili, lasciano poco all'immaginazione;
c'è anche chi ha approfittato di Facebook o degli stessi siti dei quotidiani per inneggiare a Casseri. Sul social network sono state create, tutte in modo anonimo, pagine con la foto del killer e frasi che inneggiano a lui. «Casseri eroe bianco vittima di un complotto volto a nascondere la verità, e cioè che Firenze è ormai contesa tra bande di sporchi negri criminali» è uno dei messaggi apparsi sul sito di un quotidiano, e che proseguiva invitando a fare «pulizia»;
la procura della Repubblica di Firenze, contro gli autori di questi e di altri

messaggi, avrebbe deciso di aprire un fascicolo ipotizzando l'accusa di apologia di reato;
nella giornata del 20 dicembre 2011, notizie di stampa hanno riportato la pubblicazione sul sito web denominato «stormfront.org» di una lista di personalità varie del mondo politico, culturale, sociale italiano, indicate come «colpevoli» di aver creato e sostenuto iniziative solidali o antirazziste;
nell'elenco erano presenti sindaci, prelati, giornalisti, magistrati, operatori sociali, attivisti dei diritti umani che si occupano di immigrati; la pubblicazione dell'elenco è stata accompagnata da insulti, anche di carattere razzista e omofobo;
già in passato sul forum Stormfront, ispirato ai folli principi della superiorità della razza bianca predicati da Don Black, ex leader del Ku Klux Klan, sono state pubblicate blacklist di ebrei italiani del mondo della cultura, della politica, dell'informazione e della tv;
anche sulle liste del sito Stormfront è stata aperta una inchiesta, questa volta da parte della procura della Repubblica di Roma, che indaga contro ignoti per diffamazione e incitazione all'odio razziale;
le fattispecie qui descritte e più in generale le attività di questi siti sembrano, secondo l'interrogante, rientrare nelle ipotesi di reato della cosiddetta legge Mancino, vale a dire il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122 -:
se il Governo disponga di elementi in relazione agli accertamenti in corso;
se non si ritenga di avviare iniziative, per quanto di propria competenza, per garantire un'applicazione più puntuale della legge Mancino, con un rafforzamento degli strumenti di vigilanza contro la dilagante propaganda nazifascista su temi razziali, xenofobi, discriminatori;
se non si ritenga che in ragione della gravità e della pericolosità delle affermazioni diffuse non si debbano assumere iniziative dirette, come già accaduto in altri Paesi europei, alla chiusura di siti web a sfondo razzista e quali iniziative siano state assunte in questo senso; se ritenga gli strumenti normativi vigenti sulla lotta alla propaganda razzista e discriminatoria adeguati alla gravità della situazione e se non ritenga necessario avviare un processo di revisione della stessa normativa per avere strumenti più efficaci e più rapidi.
(4-14465)

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con nota regionale unitaria del 5 dicembre 2012 le organizzazioni sindacali siciliane hanno denunciato le criticità venutesi a determinare in Sicilia, in conseguenza della mobilità dei vigili del fuoco qualificati operata con decorrenza 31 ottobre;
il provvedimento ha determinato al comando di Catania una carenza di 40 unità capi squadra a fronte di una insistente carenza cronica di capi reparto;
era stato, altresì, segnalato che, con l'avvio del corso a capo squadra quota 40 per cento 2008, si sarebbero venute a determinare, sempre al comando di Catania, con decorrenza 12 dicembre 2011, ulteriori 10 carenze di vigili permanenti;
questa situazione, già grave di per sé, sarà ulteriormente aggravata nei prossimi mesi e sarà molto difficile gestire le emergenze;
con nota del 2 gennaio indirizzata alle organizzazioni sindacali rappresentative è stato comunicato che con decorrenza 5 marzo 2012, saranno mobilitati i capi squadra con decorrenza 1o gennaio 2008, quota 60 per cento, e con decorrenza a partire dal 2 aprile 2010 si procederà all'anticipazione dei movimenti dei vigili permanenti assunti entro il 31 dicembre 2005 oltre che quelli beneficiari delle misure di cui alla legge n. 104 del 1992 e decreto legislativo n. 267 del 2000;

in conseguenza delle succitate mobilità, si verrà a determinare una carenza di ulteriori 23 unità vigile permanente rispetto a un percorso, del quale non si conoscono i tempi previsti, a conclusione del quale si garantirà l'incremento nel profilo da vigile permanente di 38 unità (100 in ingresso e 62 in uscita) con il recupero dei 10 vigili permanenti avviati al corso di formazione a capo squadra;
naturalmente non sono state considerate nuove carenze in conseguenza dell'applicazione dei trasferimenti dei soggetti tutelati dalle procedure di salvaguardia (legge n. 104 del 1992 e decreto legislativo n. 267 del 2000) poiché i nomi non sono attualmente comunicati per privacy;
considerati i provvedimenti di cui sopra, il comando di Catania, si troverà a sostenere a partire dal 2 aprile 2012 una fortissima carenza organica quantificata in circa 80 unità che certamente determinerà disservizi e disfunzioni nella già difficile gestione dei servizi istituzionali -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-14471)

TOUADI e VELTRONI. - Al Ministro dell'interno. - per sapere - premesso che:
il territorio di Anzio risulta fortemente infiltrato da organizzazioni criminali: in tale territorio da anni opera il clan Gallace, come testimoniato dai processi APPIA e MITHOS pendenti innanzi al tribunale di Velletri per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale;
l'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Roma PAREDRA e le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano INFINITO e BAGLIORI hanno confermato l'operatività della cosca e le sue proiezioni anche in Lombardia;
nel territorio in questione risulta operativo, altresì, il clan dei casalesi come attestano le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Roma nonché la sentenza emessa dal tribunale di Latina a carico di Pasquale Noviello ed altri per gravi reati aggravati dalle modalità mafiose;
il tribunale di Latina ha condannato già in primo grado numerosi appartenenti a tale sodalizio per reati gravi come il tentato omicidio, la detenzione di armi da guerra aggravati dalle modalità mafiose;
l'indagine ARCOBALENO coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli portava ad individuare consistenti investimenti immobiliari del clan camorrista dei Mallardo nel territorio di Nettuno ed Anzio;
nell'ambito dell'operazione veniva tratto in arresto per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale Pietro Dell'Aquila in un cantiere per la realizzazione di immobili;
nel dicembre del 2005 il consiglio comunale di Nettuno (a pochi chilometri da Anzio) è stato sciolto per gravi condizionamenti da parte della criminalità organizzata, decisione confermata in tutti i gradi di giudizio dalla giustizia amministrativa;
la sentenza del TAR di Roma del 7 giugno del 2006, che conferma lo scioglimento del consiglio comunale affermava tra l'altro in relazione al settore dell'urbanistica e dell'edilizia, precisato che «il controllo sul territorio per l'attività di contrasto all'abusivismo edilizio si svolge quasi esclusivamente sulla base degli esposti», evidenzia: a) che l'amministrazione aveva «rilasciato titoli concessori prevalentemente in variante al piano regolatore», apparendo la concessione «in alcuni casi [...] strumentale a favorire operazioni di lievitazione del prezzo dell'immobile o ad incrementare l'attività di società di costruzione vicine ad esponenti della criminalità organizzata locale»; b) in altri casi, che «i passaggi di proprietà dei terreni oggetto di concessioni edilizie e le conseguenti volture del titolo concessorio [apparivano] unicamente finalizzati ad evitare il decorso del termine di scadenza della concessione o ad aspettare l'approvazione delle varianti al piano regolatore

generale per sanare eventuali abusi edilizi. Anche in tali casi, beneficiari delle procedure dilatorie figurano soggetti contigui ad ambienti criminali»; c) che in relazione a «titoli concessori rilasciati a seguito di lottizzazioni di aree site in diverse località del territorio comunale, [erano] presenti quali diretti intestatari, quali amministratori, rappresentanti o soci delle imprese titolari, esponenti della malavita locale, alcuni dei quali gravati da diversi precedenti e di recente indagati anche per il reato di associazione illecita per traffico di sostanze stupefacenti»;
l'indagine ZETA, del 12 novembre del 2007, della procura di Velletri che portava all'individuazione di una pericolosa associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, composta da funzionari apicali della polizia locale di Anzio e da funzionari dell'ufficio tecnico partiva in seguito ai lavori della commissione d'accesso insediata ad Ardea per verificare infiltrazioni mafiose nell'ente comunale della città; la commissione attenzionava l'attività imprenditoriale di due soggetti di origine campana attivi nel settore immobiliare tra Ardea ed Anzio;
risultano pendenti presso la procura di Velletri diverse indagini che riguardano la concessione di permessi ad edificare; in particolare la procura ha più volte perquisito ed acquisito documentazione presso l'ufficio tecnico;
risultano essere stati raggiunti da informazione di garanzia emessa dalla procura di Velletri i consiglieri comunali Giulio Godente, Nello Monti e il dirigente dell'ufficio tecnico Marco Pistelli;
nella giunta di Anzio siede l'assessore Pasquale Perronace fratello del defunto Nicola Perronace già tratto in arresto su richiesta delle Direzioni distrettuali antimafia di Roma e Catanzaro per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, nonché rinviato a giudizio per tale delitto;
Nicola Perronace già nel 1983 era stato attinto da mandato di cattura emesso dal giudice istruttore di Locri per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e sequestro di persona a scopo di estorsione;
le attività di indagine dei carabinieri portavano a sostenere che Nicola Perronace sosteneva la latitanza di importanti boss della 'ndrangheta già negli anni Ottanta come Cosimo Ruga;
il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro riferiva: «io passai il Natale e il Capodanno del 1978 a Roma, in località Falasche di Nettuno, assieme ad altri latitanti facenti parte del crimine organizzato della provincia ionica di Reggio Calabria, mi riferisco a Cosimo Ruga (tuttora vivente), Andrea Gallella (deceduto per cause di omicidio), Francesco Musitano di Platì. Facevamo la latitanza, perché durante l'inverno nelle nostre montagne fa freddo e allora il latitante va e cerca un riparo. Quindi loro a novembre e i primi di dicembre erano saliti dalla Calabria, dalla zona di Guardavalle, Gioiosa, Platì e si erano trasferiti presso Nicola Perronace di Guardavalle che aveva casa e abitazione a Falasche» (dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Lauro, rilasciate durante l'udienza del 1o dicembre 1998 del processo per l'omicidio Pecorelli in www.radioradicale.it);
Pasquale Perronace, inoltre, risulta essere cugino di primo grado di Agazio e Vincenzo Gallace esponenti apicali del clan Gallace;
nell'ambito dell'inchiesta a carico del pregiudicato narcotrafficante Franco D'Agapiti ed altri coordinata dalla procura di Velletri nel 2005 risultarono contatti tra lo stesso D'Agapiti e l'allora direttore del comune di Anzio Giorgio Zucchini e attuale consigliere del PdL di Anzio;
il 29 marzo 2008 veniva distrutta da un incendio doloso l'autovettura del candidato Bruno Mugnai per la lista Uniti per Anzio che sosteneva l'attuale sindaco Luciano Bruschini;
le numerose indagini della procura di Velletri sull'ufficio tecnico ed i pesanti provvedimenti emessi in capo a responsabili

apicali della polizia locale testimoniano la permeabilità degli uffici comunali alle illegalità;
tale permeabilità potrebbe essersi realizzata anche nei confronti di soggetti ascrivibili alle organizzazioni criminali di diversa matrice attive nel territorio; l'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Arcobaleno e i lavori della commissione d'accesso di Nettuno hanno dimostrato i forti interessi delle consorterie criminali per il settore dell'urbanistica;
risultano pendenti innanzi alla procura di Velletri anche indagini relative ai precedenti appalti per la raccolta dei rifiuti nel comune -:
se il Ministro sia al corrente di tali gravi fatti e se si intenda insediare una commissione d'accesso in seno al comune di Anzio per verificare, ai sensi della normativa vigente, la presenza di condizionamenti da parte della criminalità organizzata.
(4-14480)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il «Secondo rapporto sulla non autosufficienza: assistenza territoriale e cure domiciliari», predisposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali a firma del Ministro pro tempore Sacconi, evidenzia come il nostro Paese presenti, anche sotto questo aspetto, due volti molto differenti;
in Italia gli anziani assistiti in strutture sanitarie residenziali sfiorano il 2 per cento e sono in crescita costante;
in Sardegna, Calabria, Sicilia e Campania si contano dieci assegni di accompagnamento ogni mille abitanti, il doppio che in Lombardia e in Veneto;
la delega fiscale e assistenziale, ora all'esame del Parlamento, prevede maxi-tagli per 20 miliardi di euro all'assistenza attraverso una riforma del settore già delineata dal Governo Berlusconi;
oggi si spende l'1,9 per cento del prodotto interno lordo (di cui lo 0,83 per cento per indennità di accompagnamento) per l'assistenza ad anziani non autosufficienti, ma tra trent'anni sarà necessario almeno il 2,9 per cento della ricchezza prodotta ogni anno;
il rapporto ministeriale sottolinea che «lo Stato non è più in grado di reggere il peso» di questa fetta del sistema sanitario e sottolinea che, per questo motivo, «il pubblico dovrà modificare il proprio ruolo da erogatore di buona parte dei servizi e provvidenze a soggetto regolatore dei processi assistenziali, pubblici e privati, del terzo settore»;
il rapporto indica come misure necessarie la deospedalizzazione a favore di una maggiore dotazione di servizi residenziali, semi-residenziali e domiciliari;
risulta di fondamentale importanza «il trasferimento di funzioni e risorse dall'ambito ospedaliero al territorio, alle non autosufficienze, alla domiciliarità, nel rispetto dei costi standard dei macro-livelli assistenziali» -:
se il Governo intenda proseguire la linea d'azione individuata dal «Secondo rapporto sulla non autosufficienza»;
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per assicurare il livellamento della qualità dei servizi offerti agli anziani non autosufficienti dai sistemi regionali italiani.
(5-05911)

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'immaginario collettivo i professionisti sono spesso erroneamente considerati dei lavoratori ad altissimo reddito ed evasori fiscali recidivi;

in realtà il 44,6 per cento dei professionisti recepisce un reddito inferiore ai 15 mila euro;
il dato si aggrava considerando solo la platea dei giovani professionisti;
i professionisti, avendo come riferimento previdenziale, la propria cassa privatizzata di categoria e non lo statale INPS, non godono di alcun ammortizzatore sociale, pur pagandone il costo allo Stato attraverso le tasse;
le richieste del Ministro interrogato alle casse di previdenza dei professionisti porteranno inevitabilmente alla richiesta di contributi più alti e, quindi, a un peggioramento della situazione reddituale dei professionisti;
i professionisti, oltre a versare i contributi richiesti dal proprio ente previdenziale privato, in quanto cittadini, pagano, con le tasse, anche il buco degli enti previdenziali pubblici che, ad oggi, non possono certo vantare stabilità o saldi previdenziali positivi -:
quali iniziative intenda assumere il Governo a tutela della categoria dei 2 milioni di professionisti italiani;
se il Ministro non ritenga opportuno riconsiderare le sue richieste alle casse di previdenza privatizzate, in considerazione dell'impatto che esse avrebbero sul reddito dei professionisti, in particolare di quelli più giovani.
(5-05912)

GATTI, FONTANELLI e REALACCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la dottoressa Annamaria Venezia, direttrice della sede della direzione territoriale (già provinciale) del lavoro di Pisa, nel corso di una conferenza stampa indetta l'11 gennaio 2011, ha denunciato un grave episodio verificatosi il giorno precedente ai danni di due ispettori del lavoro, durante lo svolgimento di attività di vigilanza esterna nella provincia di Pisa;
i due pubblici ufficiali, nell'ambito dell'attività di vigilanza programmata, hanno denunciato di essere stati aggrediti dal titolare di una ditta di autolavaggio sita a San Miniato, nella provincia di Pisa, dopo averlo informato delle conseguenze (provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, revocabile solo mediante immediata regolarizzazione della posizione del lavoratore e pagamento di una somma di 1.500 euro) legate all'accertamento della irregolarità del rapporto di lavoro di una delle due persone in servizio presso l'officina, rapporto che non era stato preventivamente comunicato al centro per l'impiego né risultava da altra documentazione obbligatoria di lavoro;
la dottoressa Venezia ha precisato che il titolare dell'autolavaggio, al momento della stesura del verbale di primo accesso ispettivo, ha cominciato a inveire contro i due ispettori del lavoro e ha rovesciato il tavolo di plastica sul quale si stava effettuando la verbalizzazione del provvedimento, colpendo alla gamba uno di questi; solo l'intervento del dipendente, l'allontanamento dei funzionari rifugiatisi in un bar e l'intervento di una pattuglia dei carabinieri consentiva di concludere le operazioni di verbalizzazione, che per ragioni di sicurezza veniva comunque effettuata presso la locale caserma dei Carabinieri;
la direttrice della direzione territoriale di Pisa ha dichiarato che «purtroppo il clima sulle verifiche fiscali è sempre più teso e siamo finiti nel mirino un po' come Equitalia... È incredibile che funzionari pubblici debbano rischiare la loro incolumità nell'adempiere il loro lavoro»;
non si può non concordare con le affermazioni di cui sopra. In questo difficilissimo momento economico e sociale è necessario tutelare con tutti i mezzi possibili la sicurezza del personale addetto ad attività di garanzia dei diritti dei lavoratori -:
se sia al corrente del grave episodio citato in premessa e quali iniziative intenda adottare per garantire la sicurezza del personale addetto alla delicata funzione di ispettorato del lavoro;

se non ritenga che sia indispensabile, per meglio favorirne l'attività in periodi così difficili, confermare la presenza capillare degli uffici e delle sedi dell'ispettorato del lavoro, anche nell'ambito dell'annunciata riorganizzazione.
(5-05920)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ANMIL (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) rivendica il diritto dei lavoratori, nel nostro Paese, alla costruzione di un'attenta cultura sulla sicurezza e ad un'adeguata formazione degli stessi lavoratori;
in Italia ogni giorno continuano a morire 3 persone sul lavoro e si verificano in media oltre 2.000 incidenti;
in Italia, in un anno, circa 30.000 vittime rimangono permanentemente invalide, per un totale di 775.374 infortuni accaduti nel 2010;
nel 2010 si è verificato un aumento delle denunce per malattie professionali del 22 per cento dalle 34.750 del 2009 alle 42.350 dell'anno successivo;
la spesa nazionale complessiva per incidenti sul lavoro è di circa 35 miliardi di euro l'anno -:
se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, per l'abolizione del divieto di cumulo tra le prestazioni liquidate dall'INPS a seguito di infortunio o malattia professionale e le rendita INAIL che ha per oggetto lo stesso evento invalidante;
se il Governo intenda considerare la riforma il sistema di indennizzo del danno biologico, prima di tutto con un abbassamento del grado di menomazione indennizzabile in rendita, dall'attuale 16 per cento all'11 per cento;
se il Governo intenda prevedere un meccanismo di adeguamento automatico degli importi della tabella di indennizzo del danno biologico, assicurando altresì l'adeguamento del sistema ai tempi e ai cambiamenti della nostra società;
se il Governo intenda assumere iniziative per sbloccare i fondi previsti dall'articolo 4 della legge n. 68 del 1999, finalizzati alla riqualificazione professionale degli invalidi del lavoro e attualmente giacenti presso il Ministero dell'economia e delle finanze;
quali iniziative intenda mettere in atto il Governo per garantire la costituzione nel nostro Paese di una cultura della sicurezza sul lavoro.
(4-14453)

NIZZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 18, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011 stabilisce che: «Con specifico riferimento all'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio (ENASARCO) compreso tra gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, si conferma che la relativa copertura contributiva ha natura integrativa, rispetto a quella istituita dalla legge 22 luglio 1966, n. 613, come previsto dall'articolo 2 della legge 2 febbraio 1973, n. 12»;
la fondazione Enasarco rientra fra gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e risulta essere l'unico ente - nell'ordinamento pensionistico italiano con copertura contributiva integrativa - a prevedere la contribuzione obbligatoria (che diventa doppia per i soggetti che sono obbligati a versare anche all'INPS), ai fini dell'erogazione di prestazioni previdenziali paragonabili a un qualsiasi altro fondo di previdenza di base;
a differenza degli altri lavoratori, agli iscritti Enasarco, è preclusa la possibilità di totalizzare i periodi contributivi, in quanto - come ribadito dal Ministero del

lavoro e delle politiche sociali con la direttiva del 2 marzo 2006 -, per gli agenti di commercio la totalizzazione dei periodi contributivi versati all'ENASARCO ed all'INPS non trova applicazione;
lo scopo della totalizzazione è quello di coprire periodi di contribuzione non coincidenti;
per l'agente di commercio, vi è ex lege un contemporaneo obbligo d'iscrizione - e di versamenti dei contributi previdenziali -, sia verso la gestione commercianti dell'INPS, sia verso la Fondazione ENASARCO, risultando tuttavia impossibile utilizzare la totalizzazione;
tale singolarità ha conseguentemente generato un fenomeno distorsivo ed iniquo, definito dalla stampa come il caso dei «silenti Enasarco» e che rappresenta un'anomalia, tutta italiana, per la quale ad una doppia contribuzione obbligatoria non corrisponde la possibilità di totalizzare, né di richiedere - salvo rari casi - la liquidazione dei contributi versati, neanche in parte o pro rata;
con il nuovo regolamento Enasarco, approvato con nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 24/VI/0012674/MA004.A007/RAP-L-42 del 19 luglio 2011, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 11 agosto 2011, la fattispecie in questione, pur trovando parziale soluzione (articolo 16 dello statuto dell'Ente), si caratterizza ancora per una condizione di disparità di trattamento, perché le novazioni normative non pongono rimedio alle posizioni antecedenti il 2012;
secondo dati forniti da ANASF (Associazione nazionale servizi finanziari) la disparità di trattamento sopra richiamata riguarda più di 50.000 persone, che peraltro rappresentano solo una parte del problema in questione;
sull'anomala situazione previdenziale dei promotori finanziari, il Parlamento ha più volte fatto oggetto il Governo di atti di indirizzo e di sindacato ispettivo, invitandolo a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative normative ed interpretative atte a modificare l'attuale assetto contributivo dei promotori finanziari, ma ad oggi non si riscontrano iniziative efficaci;
in ultimo, la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza, nella seduta del 27 gennaio 2010 ha auspicato la soluzione del problema;
il Ministro interrogato ha recentemente, e più volte, richiamato l'esigenza di un'applicazione universale del sistema della totalizzazione contributiva -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, intenda avviare iniziative al fine di realizzare un puntuale studio sulle problematiche esposte in premessa anche al fine di accertare se i dati forniti da ANASF (Associazione nazionale servizi finanziari) corrispondano alla realtà e in che forma lo stesso Ministro intenda porre tali risultati a disposizione delle categorie interessate;
se il Ministro interrogato ritenga di assumere iniziative - nell'ambito dell'attuazione della linea politica per il proprio dicastero - per modificare la disciplina introdotta dal decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, «disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi» al fine di garantire l'effettiva rimozione delle iniquità, cui sono soggetti i promotori finanziari, come citate in premessa.
(4-14472)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CALLEGARI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la riforma della politica agricola comune definita nella proposta legislativa all'esame delle istituzioni comunitarie,

mira, tra l'altro, al miglioramento delle prestazioni ambientali attraverso la previsione di una componente obbligatoria di inverdimento dei pagamenti diretti, anche detta «greening», a sostegno di pratiche agricole benefiche per il clima e l'ambiente per finanziare la quale gli Stati membri utilizzano il 30 per cento del loro massimale nazionale;
il pagamento «greening», aggiuntivo a quello disaccoppiato di base, è subordinato al rispetto, da parte dell'agricoltore, di pratiche obbligatorie, realizzate in forma di attività semplici, generalizzate e non contrattualizzate che vadano oltre la condizionalità e siano strettamente collegate all'agricoltura, quali la diversificazione delle colture (articolo 30) e il mantenimento di prati permanenti (articolo 31) e di aree di interesse ecologico (articolo 32), per le quali è previsto che almeno il 7 per cento della superficie aziendale sia riservata a terreni lasciati a riposo, terrazze, fasce tampone e superfici oggetto di imboschimento;
gli obiettivi del pagamento ecologico, se assolutamente condivisibili in linea di principio, vengono perseguiti con modalità estremamente criticabili; la componente verde infatti, oltre a complicare il sistema dei pagamenti diretti e gli oneri per gli agricoltori, pone una serie di condizionalità aggiuntive la cui efficacia ambientale è molto dubbia: la diversificazione delle colture ha poco a che vedere con la rotazione, la cui virtuosità sotto il profilo ambientale è ovvia, e la misura delle superfici a valenza ecologica, ai fini del miglioramento degli ecosistemi agricoli con preziosi benefìci per flora e fauna, mal si adegua alla realtà agricola italiana e mediterranea;
lo svantaggio più consistente si produrrebbe a carico delle aree monoculturali e di quelle dove il clima rende complicata la diversificazione, per cui da stime ufficiali si calcola che almeno un quarto delle aziende lombarde si troverà nell'impossibilità di accedere al finanziamento aggiuntivo come moltissime imprese che operano in aree ad agricoltura intensiva della pianura padana;
assicurare il «greening» esclusivamente a pascoli permanenti e aree di interesse ecologico, senza considerare le specificità ambientali dalla nostra agricoltura, quali l'olivicoltura, la frutticoltura, la viticoltura, l'agrumicoltura e le colture intercalari è una scelta discutibile sotto il profilo ambientale ed estremamente penalizzante per l'agricoltura italiana e mediterranea e sembra invece favorire i sistemi agricoli dei Paesi nord europei;
al fine di migliorare gli effetti ambientali della misura ecologica proposta, sarebbe più utile associare il pagamento «greening» con l'applicazione di una rotazione nell'unità oggetto del pagamento comprendente tre colture diverse nell'arco di 4-5 anni. Tale applicazione della rotazione garantirebbe automaticamente a livello di area vasta la presenza di più colture contemporaneamente, semplificando le incombenze per le aziende che allo stesso modo darebbero attuazione a più normative e ai relativi controllori; ciò risulterebbe in linea con gli effetti di altre norme comunitarie, come il regolamento (CE) 128/2009 e diverse misure dei piani di sviluppo rurale;
uno sviluppo sostenibile dell'agricoltura è obiettivo fondamentale tanto degli agricoltori quanto dei cittadini europei, destinatari indiretti della politica agricola nella misura in cui beneficiano della sicurezza alimentare, della salvaguardia degli approvvigionamenti nonché della fruibilità dei suoli e dei paesaggi, e tuttavia, l'ecologismo non può essere antitetico alla produttività, e la sostenibilità ambientale deve coniugarsi con quella economica al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi -:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa, e se non ritenga opportuno intervenire in fase di negoziato della proposta legislativa al fine di:
a) chiarire come dovrà svolgersi il controllo del rispetto dei criteri del «greening»

al fine di non aumentare ulteriormente l'intermediazione statale e/o regionale;
b) inserire, tra i parametri per l'accesso al pagamento «greening», le specificità dell'agricoltura italiana, come evidenziato in premessa;
c) riconsiderare il requisito della riserva obbligatoria del 7 per cento della superficie aziendale, posto che imporre una percentuale di destinazione ecologica uguale per tutti significa dover sostenere, da parte degli agricoltori, costi molto differenziati da zona a zona, sia all'interno del territorio unionale che di ciascuno Stato membro;
d) proporre l'associazione del pagamento «greening» con l'applicazione di una rotazione nell'unità oggetto del pagamento comprendente tre colture diverse nell'arco di 4-5 anni.
(5-05913)

DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo una stima della Coldiretti, su dati Ismea, la mozzarella è il formaggio più acquistato ed è presente sulle tavole di quasi sei italiani su dieci che, in un anno ne consumano a casa ben 164 milioni di chilogrammi, acquistandole nel 39 per cento dei casi nei supermercati, per il 26 per cento negli ipermercati, per il 14 per cento nei discount e per il 21 per cento nel dettaglio tradizionale, ma allo stesso tempo la mozzarella è anche il formaggio più taroccato a livello nazionale e all'estero;
il caso delle mozzarelle blu, esplose per la prima volta nel giugno 2010, quando nel torinese vennero sequestrate 70 mila confezioni di formaggio che diventava blu all'apertura della bustina. Si trattava di mozzarelle prodotte in Germania per una società italiana che le commercializzava;
in seguito, numerose segnalazioni si erano ripetute in tutta Italia e lo scandalo aveva coinvolto anche due grandi produttori della penisola;
ancora oggi nuovi allarmanti episodi si susseguono, il giorno 3 gennaio 2012, in un supermercato di Frosinone è stata sequestrata una partita di mozzarelle, dopo la denuncia di una insegnante che aveva acquistato i latticini, e all'apertura della confezione, le mozzarelle avevano assunto una pigmentazione blu;
il giorno seguente, il 4 gennaio 2012 è scattato un nuovo sequestro in un altro supermercato della città dove gli agenti della squadra mobile hanno portato via confezioni di mozzarella dopo la denuncia fatta da un uomo residente a Torrice, nel frusinate;
non è ancora chiaro se la merce sequestrata sia arrivata dall'estero, in quanto dagli accertamenti svolti dalla questura, la merce non risulterebbe prodotta né confezionata in provincia di Frosinone, ma potrebbe essere arrivata da un Paese straniero. Dai lotti sequestrati sono state repertate diverse mozzarelle con inequivocabili macchie blu di ampia estensione;
secondo un parere espresso dalla dottoressa Patrizia Laurenti, docente di igiene all'università cattolica di Roma, i rischi per la salute dovuti a un eventuale consumo di mozzarelle blu sarebbero quasi nulli, poiché il batterio responsabile della colorazione, lo speudomonas fluorescens, non è patogeno, ma la presenza di tale batterio è chiaro indice di scarsissima igiene e cattiva qualità e sicurezza dell'alimento in questione, quindi potrebbe creare qualche fastidio quale la gastroenterite, essenzialmente in soggetti suscettibili come i bambini, gli anziani o le persone immunodepresse;
secondo quanto appreso dalla dottoressa Valentina Coppola, presidente di Earth-associazione per la difesa dell'ambiente e degli animali, il marchio della mozzarella contaminata non è apparso

nemmeno sugli avvisi di sicurezza del Ministero della salute, grave segno di quanto poco ci si preoccupi della salute pubblica e della sicurezza alimentare degli italiani, dato che il rischio di infezione per le persone debilitate o immunodepresse, è comunque molto alto;
in via cautelativa, la polizia di Stato e la questura di Frosinone a seguito dei sequestri, hanno invitato i consumatori a controllare bene il prodotto acquistato in attesa di ulteriori disposizioni sanitarie o ministeriali -:
quali iniziative di competenza intenda assumere in merito alla vicenda e a tutela della salute dei cittadini e, se ritenga opportuno rendere pubblico il nome dell'industria casearia coinvolta affinché i consumatori possano regolarsi con consapevolezza;
quali iniziative, nel rispetto delle normative europee, si intendano intraprendere in modo da assicurare una più efficace tutela dei consumatori e una maggiore valorizzazione dei prodotti agro-alimentari del made in Italy, anche al fine di tutelare gli allevatori italiani impegnati a garantire qualità e sicurezza alimentare.
(5-05914)

BURTONE e CUOMO. - Al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il comparto dell'olivicoltura in Basilicata conta su 29 mila ettari di superficie olivetata e una produzione annua pari a 6 mila e 500 tonnellate di olio di pressione;
operano circa 142 frantoi con un dato occupazionale non irrilevante;
il piano olivicolo nazionale continua a non offrire ai produttori lucani risposte rispetto ai gravi problemi che il comparto sopporta;
si registrano costi in ascesa il prezzo delle olive è crollato in modo drammatico;
è presente una fortissima concorrenza proveniente dai Paesi del nord Africa e dalla Turchia;
anche la campagna 2011-2012 nonostante le buone aspettative ha fatto registrare a causa di speculazioni e concorrenza sleale, anche a discapito della qualità, un crollo dei prezzi che mette in difficoltà gli operatori del settore;
non basta la dop del vulture ma occorre una tutela per tutto l'olio della Basilicata e in particolare per la produzione tipica dell'area di Ferrandina, la cosiddetta «majatica»;
si tratta di una pregiatissima produzione che andrebbe tutelata adeguatamente anche in riferimento alle «olive nere al forno» che sono una specialità del comprensorio ferrandinese e della collina materana -:
se e quali iniziative il Ministro intenda promuovere, anche in sede di Unione europea, per il riconoscimento della denominazione di origine protetta (DOP) per l'olio extravergine lucano e per la majatica di Ferrandina anche in riferimento alla produzione delle olive nere al forno, assicurando così al settore olivicolo lucano una adeguata tutela nei confronti di produzioni di peggiore quantità e salvaguardando anche i livelli occupazionali nel settore.
(5-05915)

Interrogazione a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il provvedimento di conversione in legge con modificazioni, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, approvato lo scorso mese di dicembre, ha introdotto una serie di disposizioni che investono il settore agricolo, negative e penalizzanti,

a giudizio dell'interrogante, in considerazione delle numerose norme incidenti in massima parte nel profilo del contenimento della spesa pubblica e nell'aumento della pressione tributaria per le imprese del settore, senza prevedere invece adeguati strumenti legislativi volti a sostenere la crescita e la competitività del settore;
l'incremento del 60 per cento dell'imposta municipale propria (IMU), che coinvolge i terreni agricoli e i fabbricati rurali, che costituiscono strumenti di lavoro per gli agricoltori, il cui reddito era compreso nel valore fondiario dei terreni aumenterà conseguentemente con valori insostenibili per l'intero comparto agricolo nazionale, attraverso un aumento della pressione dell'imposta municipale propria (IMU), calcolabile secondo quanto sostiene la Confagricoltura, del 400-500 per cento rispetto alla precedente imposta comunale sugli immobili ICI;
appaiono condivisibili, a giudizio dell'interrogante, le preoccupazioni e le perplessità, da parte delle imprese agricole, con riferimento alla tassazione dei terreni agricoli e dei fabbricati rurali, per i riflessi depressivi che tali misure possono determinare per il comparto primario come quello interessato, che rappresenta il 3 per cento del prodotto interno lordo -:
quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
se non intenda assumere iniziative per rivedere la disposizione esposta in premessa, riguardante l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), che coinvolge i terreni agricoli e i fabbricati rurali e prevedere una ricognizione più diligente, al fine di rivedere il calcolo e la sostenibilità dell'aumento della pressione fiscale causata dalla suddetta imposta riequilibrando l'impatto tributario sull'intero settore agricolo nazionale.
(4-14443)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
molti animali, soprattutto cani e gatti randagi finiscono nel giro delle finte adozioni e vengono, invece, spediti ai laboratori di ricerca o come fornitori di pellicce;
il business del randagismo e dei canili viene valutato intorno ai 200 milioni di euro, anche se l'ultimo rapporto «Zoomafia» stima il giro complessivo del traffico di cani in 500 milioni di euro;
il portale «ilirespiro.eu», moderato da Margherita D'Amico, scrittrice e giornalista ambientalista, ha condotto un'inchiesta che dà corpo a dubbi e sospetti: «Spediti in carichi su furgoni, station wagon oppure affidati ai cosiddetti padrini di volo, cani e gatti randagi provenienti dall'Italia, ma anche da Spagna, Grecia o Turchia, confluiscono ogni anno nei paesi del nord Europa, in Germania arrivano dai 250 ai 400mila cani»;
il 19 dicembre è iniziato, a Napoli, un processo sul traffico di cani e gatti da Ischia in Germania;
spesso basterebbe una maggiore attenzione da parte delle autorità competenti: non si comprende come non ci si insospettisca davanti alle stesse persone che richiedono decine di lasciapassare per volta;
la mala gestione dei canili aiuta tale traffico illecito;
i comuni stipulano convenzioni con società private, spesso con aste al ribasso, che chiedono solo 50 centesimi al giorno per ogni cane. Ma, fatto l'accordo, viene a mancare qualsiasi forma di controllo;
a ottobre 2011, il Ministero della salute ha pubblicato, sul sito www.salute.gov.it un

video dei peggiori canili d'Italia, girato durante le ispezioni di 39 strutture da parte della task force per la tutela degli animali, formata da 9 veterinari e 2 amministrativi;
nel Sud del Paese la situazione è anche peggiore, in quanto controllata dalla malavita organizzata;
ogni anno molti veterinari subiscono intimidazioni o anche aggressioni perché denunciano la situazione in questione;
l'articolo 2, comma 371, della legge finanziaria per il 2008 stabilisce che le convenzioni possono essere stipulate solo con quei canili che consentono un'apertura al pubblico e ai volontari, ma tale normativa a quanto consta all'interrogante non viene rispettata perché comporterebbe una perdita economica;
dal 2005 al 2008 il Ministero della salute ha stanziato circa 16 milioni di euro per combattere il randagismo, ma molte regioni non hanno nemmeno richiesto i fondi;
dal 1991 esiste una legge, la n. 281, che stabilisce che i randagi non vanno soppressi, che deve esistere un'anagrafe canina, che ogni animale deve avere un microchip per l'identificazione;
sono pochi i comuni che rispettano la legge n. 281 del 1991 e vengono disattese anche le ordinanze regionali;
la legge n. 281 del 1991 è in fase di aggiornamento e revisione e in questo momento la relativa proposta di legge è all'esame della XII Commissione -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per normare la situazione relativa alle spedizioni di animali, in particolare di cani e gatti;
quali iniziative normative il Governo intenda intraprendere per normare la gestione dei canili municipali e vigilare sul rispetto delle norme al loro interno.
(5-05917)

Interrogazione a risposta scritta:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fondazione S. Lucia Ircss, di Roma, ha inserito una ventina di pazienti malati di sclerosi multipla in un programma di cura sperimentale;
la fondazione non è più in grado di pagare le forniture di medicinali e non ha nemmeno potuto saldare in totale le precedenti, pur avendo anticipato due milioni di euro;
la fondazione ha informato con molto anticipo la regione Lazio della situazione, ma dalla stessa non è pervenuta alcuna risposta;
la Bayer Healthcare, che fornisce il BetaferonR, ha deciso di assicurare comunque la fornitura del farmaco, riservandosi di affrontare la questione economica successivamente;
il problema, comunque, è solo spostato nel tempo -:
quali azioni intenda attivare il Governo anche per il tramite del Commissario per il rientro dal deficit sanitario in relazione alla situazione della fondazione S. Lucia Ircss.
(4-14470)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
con un comunicato ufficiale la società Alcoa ha annunciato il 9 gennaio 2012 che intende fermare le proprie produzioni in tre stabilimenti di alluminio primario in Europa nel quadro di una ristrutturazione già annunciata nella globale attività primaria;

la ristrutturazione ridurrà - secondo il comunicato ufficiale - la capacità globale di fusione della Società del 12 per cento pari a 531.000 tonnellate;
gli stabilimenti interessati da questa fermata sono quello di Portovesme in Italia, La Coruña e Avilés, in Spagna;
la fermata - secondo quanto riporta il comunicato ufficiale - dovrebbe essere completata nella prima metà del 2012;
nel comunicato ufficiale si legge: le strutture hanno tra i più alti costi dei produttori nel sistema Alcoa;
a Portovesme, Alcoa avvierà - è scritto nel comunicato - il processo di consultazione per chiudere definitivamente l'impianto. Per gli stabilimenti di La Coruña e Avilés sono previste riduzioni parziali e temporanee;
nel comunicato ufficiale si sostiene: un costo energetico non competitivo, combinato con l'aumento dei costi delle materie prime e la caduta dei prezzi di alluminio; ha portato alla fermata delle strutture;
Alcoa ha chiuso il quarto trimestre del 2011 con ricavi pari a 6 miliardi di dollari, in calo del 7 per cento rispetto ai 6,4 miliardi del trimestre precedente ma in rialzo del 6 per cento rispetto ad un anno fa quando si erano attestati a 5,7 miliardi;
la perdita netta è stata di 193 milioni di dollari, ossia 0,18 dollari per azione, rispetto ai 172 milioni, ossia 0,15 dollari per azione, del terzo trimestre e i 258 milioni (0,24 dollari per azione) dello stesso periodo dell'anno scorso. L'Ebitda rettificato trimestrale si è attestato a 445 milioni di dollari;
per quanto riguarda l'intero 2011, la società ha riportato ricavi pari a 25 miliardi di dollari contro i 21 miliardi del 2010, mentre l'utile netto è stato di 611 milioni di dollari (0,55 dollari per azione) rispetto ai 254 milioni (0,24 dollari per azione) di un anno fa;
l'alluminio è un materiale cruciale per qualsiasi sistema economico che si prefigga una crescita compatibile con il rispetto dell'ambiente;
il tasso di crescita della domanda di alluminio è attualmente superiore a quello di ogni altro metallo, oltre che del prodotto interno lordo delle diverse economie mondiali;
l'alluminio è una «commodity»: il prezzo internazionale si forma nelle negoziazioni di borsa al London Metal Exchange e le variazioni locali dei costi di produzione della materia prima non sono trasferibili sul prezzo finale del metallo;
l'andamento di detto prezzo è caratterizzato da una discreta volatilità e, in termini reali, risulta decrescente, con un tasso di riduzione annuo prossimo al 2 per cento, conseguenza anche del miglioramento dell'efficienza dei processi produttivi;
un'industria di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e alla capacità di innovazione e sviluppo delle applicazioni fa dell'Europa il secondo mercato mondiale dell'alluminio, con ulteriori e significativi margini di crescita;
la produzione europea di metallo primario non è stata in alcun modo in grado di contribuire allo sviluppo di detta domanda, ed il tasso di copertura sul mercato attuata con metallo autoprodotto è sceso dal 60 per cento del 1980 al 27 per cento del 2003;
l'import di alluminio primario dai Paesi extra - Unione europea è costantemente cresciuto oltre il 36,5 per cento del fabbisogno totale di alluminio ed il 56 per cento del fabbisogno di alluminio primario;
il mercato interno europeo è fortemente deficitario di alluminio e il tasso di import, è a livelli mai prima raggiunti;
l'industria europea non è in grado di coprire il deficit di metallo con una crescita delle produzioni primarie da lungo tempo a livelli stazionari;

le produzioni secondarie sono state sviluppate sino al limite massimo della disponibilità di rottame, utilizzando pienamente la generazione interna e trovando difficoltà crescenti al reperimento di rottame dall'esterno;
l'industria dell'alluminio primario è ad alta intensità di capitale con investimenti ad elevata durata di vita economica;
l'industria dell'alluminio primario è, per sua natura, un'industria energy intensive; l'energia elettrica è la vera materia prima del processo produttivo incidendo per oltre il 30 per cento sui costi operativi;
la disponibilità energetica a prezzi sostenibili è, quindi, il principale fattore di sopravvivenza economica degli impianti esistenti, ed è elemento chiave per la localizzazione dei nuovi impianti di produzione primaria (i cosiddetti smelters);
negli ultimi anni alla posizione competitiva degli impianti italiani, e di quello sardo in particolar modo, anche per le condizioni insulari della Sardegna, si è aggiunto l'aumento del costo dell'energia elettrica, indotto non solo da fattori congiunturali attinenti alle oscillazioni dei costi delle materie prime energetiche (olio e carbone), ma anche dall'attuazione delle politiche dell'Unione europea in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia;
il processo di liberalizzazione del mercato dell'energia in Europa è lontano dall'avere realizzato gli obiettivi di ampliamento della base produttiva, di competitività e di riduzione di prezzo attesi;
il mercato al momento non è equilibrato, funziona ancora in un regime di oligopolio, non è affatto trasparente e, conseguentemente, non è competitivo per i clienti energy intensive, quali i produttori di alluminio;
la carenza di riserva di generazione elettrica ed i vincoli di varia natura alla trasmissione dell'energia pongono un evidente limite strutturale ad uno sviluppo equilibrato dello stesso;
le attuali regole di funzionamento del mercato, che opera ancora in difetto di reale concorrenza, soprattutto in Sardegna, e di negoziazione dei prezzi, e che vedono una posizione di forza preponderante dei fornitori, non sono adeguate per negoziare acquisti di energia a lungo termine;
la formulazione del prezzo di borsa è svincolata dai fondamentali elementi di costo, o è volta a remunerare il costo marginale del produttore meno competitivo;
l'industria dell'alluminio primario, data l'intensità del consumo energetico, è di gran lunga la più esposta all'imperfetto funzionamento del mercato energetico ed ai conseguenti aumenti dei costi;
nelle condizioni attuali del mercato dell'energia, senza adeguati interventi strategici e contingenti, si prefigura il seguente scenario:
a) sarà impossibile la rinegoziazione dei contratti a condizioni e prezzi internazionalmente competitivi;
b) l'incremento del prezzo dell'energia risulterà incompatibile con la sopravvivenza economica degli impianti che conseguentemente non saranno più in condizioni di operare;
c) la produzione verrà delocalizzata in Paesi che adottano politiche energetiche compatibili con le loro ambizioni di sviluppo industriale;
d) per la natura di «capital intensive» dell'industria del primario la delocalizzazione sarà per lungo tempo irreversibile;
e) il metallo prodotto in tali aree, spesso a condizioni agevolate ed incentivate da risorse pubbliche, sarà importato nei Paesi della Comunità;
f) l'Europa pagherà i costi sociali ed economici connessi con la delocalizzazione;
g) l'Europa perderà la corrispondente occupazione diretta ed indotta;

la competitività europea sarà penalizzata in quanto:
a) l'industria di trasformazione perderà il supporto che deriva dalla disponibilità in loco di metallo primario;
b) l'industria manifatturiera perderà le ricadute tecnologiche apportate dalle attività primarie;
c) il sistema europeo si troverà a dipendere completamente da importazioni extra Unione europea con ricadute negative, nel lungo periodo, anche sui consumatori;
è indispensabile che le attuali distorsioni del mercato dell'energia vengano corrette al fine di ristabilire un bilanciamento tra fornitori e consumatori energy intensive creando un mercato competitivo che renda attraente per i produttori negoziare contratti competitivi a lungo termine con utenti «baseload»;
l'Italia, con un consumo di alluminio di oltre 1.600.000 tonnellate/annue è il secondo Paese consumatore del metallo leggero in Europa, e dispone di una industria di trasformazione (laminazione ed estrusi) ancora importante e relativamente competitiva; la produzione nazionale di primario è pari a circa 190.000 tonnellate/annue, e copre quindi solo il 12 per cento del fabbisogno interno, il valore più basso tra i Paesi industrializzati;
la produzione di alluminio secondario, derivante dal riciclo dell'alluminio, assomma a 700.000 tonnellate/annue, pari al 43 per cento dell'intera domanda;
l'import assomma a circa 764.000 tonnellate/annue, pari al 47 per cento del fabbisogno;
la produzione di alluminio primario in Italia è effettuata in due stabilimenti, entrambi appartenenti alla multinazionale Alcoa, che li ha acquistati in seguito alla privatizzazione dell'industria nazionale dell'alluminio:
a) Portovesme, nel Sulcis Iglesiente (Sardegna) con capacità di 150.000 tonnellate/annue;
b) Fusina, nel Veneto, con capacità di 45.000 tonnellate/annue;
nel caso italiano, la produzione di alluminio primario risulta particolarmente strategica per le motivazioni seguenti:
a) è integrata all'industria di trasformazione a monte e a valle della filiera produttiva, e ne costituisce una importante salvaguardia;
b) costituisce un indiretto sostegno dell'industria del secondario, la più evoluta in Europa, che incontra difficoltà crescenti nell'approvvigionamento dall'estero del rottame;
in Sardegna la produzione del primario costituisce l'attività principale del nucleo industriale del Sulcis Iglesiente, e fornisce un contributo insostituibile al tessuto socio-economico della regione;
il comparto dell'alluminio primario italiano è stato privatizzato nel 1996 con l'acquisizione degli stabilimenti da parte della multinazionale Alcoa, leader mondiale del settore;
condizione essenziale per il perfezionamento di tale privatizzazione fu la fornitura ai suddetti stabilimenti di energia elettrica ad un prezzo allineato a quello medio applicato nel resto dell'Europa per un periodo di almeno dieci anni, ossia sino al 31 dicembre 2005;
alle intese sottoscritte all'atto della privatizzazione si diede attuazione tramite il decreto del Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato del 19 dicembre 1995, in forza del quale i due smelter italiani usufruirono di un regime tariffario speciale restato in vigore sino a tutto il 2005;
l'accordo sul prezzo dell'elettricità fu approvato dalla Unione europea, riconoscendo i termini dell'intesa finalizzata a garantire il prezzo medio dell'energia a livello europeo senza configurare un ricorso ad «aiuti di Stato»; nel definire una durata decennale del provvedimento si era ipotizzato che il mercato dell'elettricità si sarebbe evoluto in maniera da poter offrire,

trascorso tale periodo, prezzi sostenibili da uno smelter in competizione sul mercato mondiale;
oggi si deve, invece, prendere atto del fatto che il lento e difficile processo di liberalizzazione del mercato dell'energia, (liberalizzazione ad oggi solo parziale e in Sardegna assolutamente inesistente) è ancora ben lontano dal realizzare gli effetti di riduzione dei prezzi e aumento dell'offerta giustamente auspicati;
non si intravede alcuna ragionevole possibilità di negoziare in Italia (e, più in genere, all'interno del mercato europeo) una fornitura di energia, sul cosiddetto «libero mercato», in quantitativi ed a prezzi che consentano l'esercizio economicamente sostenibile di uno smelter di alluminio;
le distorsioni al funzionamento del mercato, la sua natura essenzialmente oligopolistica, (e, spesso, di fatto ancora monopolistica, specie per quantitativi di energia particolarmente significativi) i vincoli tecnici alla produzione e distribuzione dell'energia e le inefficienze del sistema determinano una effettiva carenza di offerta, e un conseguente aumento dei costi, non giustificabile in base a quelle che sarebbero le logiche di un mercato effettivamente sviluppato;
in tutti i Paesi dell'Unione europea la produzione di alluminio, sia primario che secondario, come detto, risulta fortemente deficitaria rispetto al fabbisogno interno generando un deficit strutturale, sia in relazione sia allo sviluppo della domanda, sia per la struttura del costo dei fattori produttivi in Europa, con particolare riferimento alla disponibilità ed al costo dell'energia, fattori a loro volta negativamente influenzati dall'imperfetto e distorto funzionamento del «libero mercato» dell'energia;
il mantenimento in produzione della ridotta capacità di primario in Italia (12 per cento della domanda nel Paese) non può quindi togliere quote di mercato a nessun concorrente europeo, né può ostacolare l'ingresso di nuovi operatori sul mercato;
il mantenimento per la produzione italiana di alluminio di un prezzo dell'energia equiparato alla media della concorrenza non può influenzare in alcun modo il corso del prezzo del metallo;
il mantenimento di tale prezzo dell'energia non può danneggiare alcun concorrente europeo sotto il profilo del prezzo praticabile negli scambi intracomunitari;
il mantenimento di condizioni di fornitura dell'energia elettrica a condizioni competitive, apporta dei concreti benefici al mercato ed al sistema socio economico non solo della Sardegna ma dell'intera nazione;
il mantenimento della produzione dell'alluminio primario in Italia riduce il rischio di delocalizzazione delle produzioni (gli annunci della Hydro in Germania evidenziano quanto questa eventualità sia reale) a vantaggio di produzioni effettuate in Paesi dove l'energia è fornita sottocosto, e dove le tutele legali sociali ed ambientali sono a livelli infinitamente più bassi rispetto agli standard comunitari, e tali da consentire spesso l'importazione in dumping all'interno del mercato comunitario di metallo prodotto al di fuori dell'Unione;
il mantenimento della produzione evita la conseguente distruzione e/o depauperamento sia di risorse private (per sostenere i costi di chiusura degli impianti e la loro delocalizzazione) che pubbliche (per la riconversione del personale, gli ammortizzatori sociale ed il sostegno alle economie dei territori interessati alle chiusure), a danno del mercato europeo ed a vantaggio di produzioni extra - Unione europea;
il mantenimento delle produzioni evita la perdita di competitività del sistema industriale nel suo complesso sul mercato globale, perdita che conseguirebbe inevitabilmente alle ricadute di varia natura connesse con la rinuncia ad una forma di

approvvigionamento interna di metallo, con la conseguente totale dipendenza economica da importazioni extra - Unione europea, e con la crescente carenza di materia prima, sempre più desinata ai consumi interni, che scaturisce dallo sviluppo dei Paesi tradizionalmente esportatori (tra cui la Cina, la Russia, ed il Sud-est asiatico);
il mantenimento di tariffe ad hoc per le produzioni energivore dell'alluminio primario in Italia non può confliggere con quanto previsto dall'articolo 87 del Trattato, in base al quale «sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza»;
non si riscontrerebbero, nel caso di specie, né la richiesta «incidenza sugli scambi tra Stati membri», né, soprattutto, sarebbe favorita la «falsificazione», o «minaccia di falsificazione», della concorrenza a livello comunitario; al contrario, ci si limiterebbe a consentire la sopravvivenza, sul mercato globale, di un'importante industria europea altrimenti destinata ad un irreversibile declino per la concorrenza attuata da aree del mondo le cui regolamentazioni normative del mercato non sono neppure comparabili con quelle comunitarie;
la fornitura di energia elettrica a prezzi internazionalmente competitivi è assolutamente essenziale per la produzione di alluminio primario;
la legge n. 80 del 2005 finalizzata al mantenimento della competitività del sistema industriale nazionale ha esteso al 2010 il regime energetico speciale per la produzione di alluminio primario allora in vigore ed a suo tempo approvato nel 1996 dalla Commissione europea nel quadro della privatizzazione dell'industria italiana dell'alluminio;
nel luglio 2006, la Commissione, ritenendo che il suddetto regime potesse costituire un aiuto di Stato, ha aperto un'indagine conoscitiva conclusasi con una pesante, quanto ingiustificabile, condanna per il Governo italiano, e conseguentemente per Alcoa, al pagamento di oltre 300.000.000 di euro;
il 17 maggio 2010 presso il Ministero dello sviluppo economico veniva definito e sottoscritto un accordo tra Alcoa, le organizzazioni sindacali e il Governo con il quale si stabilivano nuove condizioni per l'approvvigionamento energetico e la ripresa produttiva sia a Portovesme che Fusina;
nello stesso accordo era scritto: «l'azienda conferma la propria volontà di rimanere in Italia nei due siti produttivi di Portovesme e Fusina, quest'ultimo costituito dai reparti di elettrolisi e laminazione, secondo le linee guida del Piano industriale»...;
è del tutto evidente che tale decisione di chiudere gli impianti sardi dell'Alcoa debba essere energicamente respinta considerato che lo stesso stabilimento di Portovesme fu acquisito dall'Alcoa attraverso il piano di dismissione dell'Efim con conseguente obbligo al mantenimento produttivo dell'impianto stesso;
appare evidente che occorre avviare con urgenza un tavolo negoziale con l'Alcoa ai massimi livelli per scongiurare in tutti i modi una decisione che costituirebbe proprio per gli elementi sopra richiamati un grave danno al sistema Italia e al comparto industriale in particolar modo;
risulta improponibile sul piano sociale la chiusura di uno stabilimento che vede impegnati oltre 2000 lavoratori tra diretti e indiretti, considerando nel sistema alluminio anche l'Eurallumina di Portovesme -:
se non ritenga il Governo di porre in essere tutte le autorevoli ed urgenti iniziative necessarie a scongiurare la decisione annunciata dalla società Alcoa;

se non ritengano i Ministri interpellati di attivare urgentemente un tavolo di confronto con la multinazionale e con la stessa amministrazione americana per affrontare senza riserve e con urgenza la vertenza Alcoa Italia;
se non ritenga il Governo indispensabile e prioritario, al fine di definire un piano strategico di rilancio dell'industria dell'alluminio primario in Italia, proporre alla Commissione europea un vertice dei Ministri competenti per definire con sollecitudine una strategia che scongiuri la delocalizzazione dall'Europa dell'industria primaria di alluminio, non solo attivando quelle azioni indispensabili per favorire il mantenimento degli asset produttivi in Europa.
(2-01311)«Pili, Baldelli».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il raddoppio del viale Leonardo da Vinci, quale asse portante dell'intero sistema urbano del comune di Prato, è stato inserito nell'atto aggiuntivo all'accordo quadro per la realizzazione delle infrastrutture strategiche stipulato tra il Governo Berlusconi e la regione Toscana il 16 giugno 2011;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore si è impegnato a reperire le risorse necessarie entro la data di inizio dei lavori prevista per il primo semestre del 2012;
nell'accordo è stato riconosciuto il ruolo strategico del territorio di Prato nell'ambito del più ampio sistema infrastrutturale regionale e nazionale, e si è convenuto di avviare tutte le azioni ritenute necessarie al fine della definizione di un quadro omogeneo di interventi volti all'adeguamento e al potenziamento dell'attuale rete stradale e ferroviaria di collegamento con tutti i sistemi produttivi economici presenti;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la regione, si è impegnato a sviluppare un piano dettagliato delle opere da programmare in ordine sia alle fasi progettuali e realizzative, sia ai profili di carattere finanziario;
le opere individuate per supportare il ruolo strategico del nodo di Prato sono le seguenti:
a) completamento della seconda tangenziale di Prato;
b) collegamento dell'asse delle industrie alla bretella Prato-Signa;
c) completamento del raddoppio di viale Leonardo da Vinci quale asse portante dell'intero sistema urbano;
d) completamento e sviluppo dell'interporto di Prato;
e) sviluppo dei collegamenti su ferro all'interno dell'area metropolitana con utilizzo della tratta Prato-Firenze con tecnologie innovative per collegamenti veloci da e per Firenze;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la regione Toscana, si è impegnato a inserire nell'aggiornamento dell'allegato infrastrutture al documento di economia e finanza le opere suindicate per consentirne così il relativo inserimento nella legge obiettivo;
le attività di monitoraggio dello stato di avanzamento dei lavori saranno assicurate attraverso l'attivazione di un tavolo permanente appositamente istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
a che punto sia l'attuazione dell'accordo quadro sottoscritto dal precedente Governo con la regione Toscana il 16 giugno 2011;
se sia confermato l'impegno di considerare strategico il raddoppio del viale Leonardo da Vinci come infrastruttura strategica;

se sia confermato l'impegno finanziario, stimato in circa 16 milioni di euro, per realizzare l'opera.
(2-01312)
«Mazzoni, Massimo Parisi, Castellani, Faenzi, Savino, Di Virgilio, Toto, Mottola, Picchi, Pelino, Gottardo, Vignali, Mazzuca, Renato Farina, Bianconi, Speciale, Giulio Marini, Holzmann, Tortoli, Barani, Girlanda, Toccafondi, Cicu, Nola, Moles, Nirenstein, Bergamini, Calderisi, D'Alessandro, Sisto, Petrenga».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso:
le cosiddette liberalizzazioni, per come sono state configurate, presentano parecchie ambiguità e rischiano al di la delle intenzioni di creare una vera e propria anarchia nel mercato, non favorendo certo la libera concorrenza ma al contrario dando carta libera, ad esempio nel settore distributivo, alle grosse concentrazioni commerciali (ad esempio, le cooperative di distribuzione);
tale provvedimento, se così sarà, consentirà alle grandi distribuzioni di soppiantare definitivamente i piccoli esercizi, già ora in grave disagio, costringendoli a chiudere non avendo i medesimi, essendo a conduzione familiare, la possibilità di garantire l'apertura per intere giornate ed eventualmente anche la notte;
per quanto riguarda in particolare la vicenda della liberalizzazione dei tassisti, con riferimento specialmente alla città di Bologna, occorre ricordare che questa categoria è da tempo in difficoltà per un notevole ampliamento delle licenze e per il venir meno conseguentemente di un certo numero di clienti; pertanto, a parere dell'interpellante, l'introduzione di una ulteriore liberalizzazione non favorirebbe certo il consumatore ma creerebbe ulteriori disagi difficili da controllare;
un minimo di regolamentazione in questo settore è indispensabile per favorire, da un lato, l'utente o consumatore e, dall'altro, per evitare guerre tra poveri che danneggerebbero in ultima istanza, oltre che i gestori, anche i beneficiari del provvedimento -:
sarebbe opportuno che il comune di Bologna si facesse carico di questo problema in modo più serio ed approfondito sulla base delle sue competenze specifiche, evitando di incorrere in luoghi comuni, come affermato dall'assessore comunale Monti, che non può limitarsi a giustificare questo provvedimento con l'osservazione che Bologna è una città turistica, dal momento che tutti sanno la limitata consistenza di questo fenomeno per effetto delle politiche sbagliate delle giunte di sinistra -:
se il Governo intenda rivedere, almeno in alcuni aspetti, le proprie scelte in materia di liberalizzazioni.
(2-01310) «Garagnani».

Interrogazione a risposta orale:

BARBATO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come è noto, il Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, ha ricoperto, fino all'assunzione della sua carica di Governo, il ruolo di amministratore delegato del Gruppo Banca Intesa;
nella sua precedente veste, il Ministro Passera risultava azionista del Gruppo Banca Intesa per un ammontare pari, secondo un recente articolo di Milena Gabanelli, pubblicato sul Corriere.it, a circa 7 milioni e mezzo di azioni, oltre a possedere altre partecipazioni in società operanti nel settore della sanità ed in quello alberghiero;
risulta evidente come, al di là delle specifiche previsioni di legge vigenti in

materia, non sia in alcun modo accettabile che il Ministro dello sviluppo economico risulti azionista di un gruppo bancario, in quanto ciò getterebbe gravi ombre sulla trasparenza e sulla necessaria terzietà della sua azione, la quale necessariamente prevede frequenti rapporti ed una costante interlocuzione con il mondo creditizio;
lo stesso Ministro Passera si è reso conto dell'inopportunità di possedere, per evidenti ragioni etiche e di trasparenza, un rilevante numero di azioni di una delle principali banche italiane, ed ha dichiarato, in una lettera aperta, pubblicata sul Corriere della Sera del 31 dicembre 2011, di aver venduto tutte le sue azioni di Intesa SanPaolo, pur non avendo alcun obbligo di farlo;
al di là di tale dichiarazione pubblica, non risulta tuttavia come sia avvenuta la cessione di tale partecipazione, in che tempi ed a favore di chi sia stata effettuata, essendo evidente come un'eventuale cessione nei confronti di parenti, affini o «amici di fiducia» non farebbe altro che eludere il problema;
tali elementi assumono notevole rilevanza, al fine di verificare se siano state del tutto fugate le ragioni di dubbio circa l'assoluta indipendenza delle scelte istituzionali del Ministro Passera rispetto a suoi personali interessi economici e finanziari e di fornire al Parlamento un quadro informativo chiaro al riguardo -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alle modalità e ai tempi di cessione delle quote azionarie possedute dal Ministro Passera nel Gruppo Banca Intesa o in altre società quotate.
(3-02010)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FORCOLIN, FOLLEGOT e DESIDERATI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in seguito al passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre, i cittadini residenti nei territori di confine fra Veneto e Friuli lamentano numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale Rai, e in alcuni casi le tre reti del servizio pubblico risultano addirittura oscurate;
lo spegnimento totale del segnale precedentemente trasmesso dalle tv nazionali e locali sembra essere entrato in funzione senza che per gli utenti fossero garantite condizioni di accesso alle reti almeno pari se non superiori, alla situazione garantita con il sistema analogico;
le cause che generano tale problema sembrerebbero imputabili alla debolezza del segnale trasmesso dall'impianto di Piancavallo, che non è in grado di garantire una ricezione adeguata dei canali Rai e il problema potrebbe essere risolto aumentando semplicemente la potenza del trasmettitore o ridefinendo la rete digitale in modo tale da consentire la visione dei canali Rai a tutti gli utenti;
la soluzione proposta dalla Rai, e avallata dal Governo, consiste nel cambiare l'orientamento delle antenne degli utenti verso un altro trasmettitore, obbligando quindi i cittadini a sostenere personalmente una spesa stimabile fra i 150 e i 200 euro;
il nuovo sistema di trasmissione in digitale terrestre doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente, e a questo scopo sono state destinate alla Rai, negli ultimi anni, ingenti risorse e nel decreto-legge n. 225 del 2010, circa 60 milioni;
la Rai, in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dovrebbe svolgere un servizio pubblico sul territorio italiano, sulla base di un contratto nazionale stipulato con il Ministero delle comunicazioni, assicurando a tutti i cittadini la possibilità di usufruire di tale servizio;
all'articolo 6 del nuovo contratto di servizio 2010-2012 stipulato fra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, si

legge che «la Rai si dota di capacità diffusiva adeguata alla distribuzione della propria offerta televisiva con elevata qualità dell'immagine e del suono, allo sviluppo dell'alta definizione e all'assolvimento dei propri compiti di sperimentazione ed innovazione», e all'articolo 8 del medesimo contratto si legge che «la Rai si impegna a sviluppare, direttamente o attraverso le più opportune forme di cooperazione, associazione o intesa, anche attraverso partecipazione a società o consorzi, i servizi più utili al buon funzionamento della televisione digitale terrestre». La discordanza fra quanto espresso nel contratto di servizio e la realtà dei fatti mina la credibilità e la trasparenza del sistema radiotelevisivo pubblico, e ne mette in dubbio l'affidabilità;
il paradosso che stanno vivendo i cittadini dei territori al confine fra Friuli e Veneto è che non solo il servizio pubblico radiotelevisivo è stato loro negato, non solo viene loro chiesto di provvedere privatamente a risolvere un problema imputabile alla concessionaria, ma in più viene loro chiesto di pagare regolarmente il canone -:
quali azioni il Ministro intenda intraprendere per far sì che il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo sia garantito, attraverso la trasmissione in tecnica digitale terrestre, a tutti i cittadini italiani con copertura integrale sul territorio, in ottemperanza a quanto previsto dal decreto legislativo n. 177 del 2005 e dal contratto di servizio in vigore;
se non ritenga urgente e doveroso, a causa dei disagi subiti dai cittadini delle zone di confine fra Veneto e Friuli assumere iniziative per sospendere immediatamente il pagamento del canone Rai fintantoché non sia ripristinato il servizio di trasmissione, escludendo gli utenti delle zone di cui sopra dal rinnovo del pagamento del canone in riscossione in questi giorni e prevedere un rimborso per tutti gli abbonati Rai che hanno pagato per un servizio di cui non usufruiscono.
(5-05909)

Interrogazioni a risposta scritta:

MONAI, COMPAGNON, STRIZZOLO, FOLLEGOT, FEDRIGA, DI CENTA e GOTTARDO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il futuro di undici uffici postali in Friuli Venezia Giulia è a rischio di chiusura; altri quindici uffici si avviano all'orario ridotto. Poste Italiane spa pare abbia in corso un progetto aziendale di chiusura e di «razionalizzazione» degli uffici postali della regione;
tale prospettiva è molto grave, in ragione delle specificità territoriali perché le chiusure e le riduzioni d'orario colpiscono in modo particolarmente pesante le zone collinari e la pedemontana;
l'elenco degli uffici destinati a chiudere definitivamente sono, in provincia di Pordenone, quelli di Casiacco e Pielungo (Vito d'Asio), Chievolis (Tramonti di Sopra), Dardago (Budoia), Solimbergo (Sequals) e Toppo (Travesio); in provincia di Udine chiuderanno gli uffici di Cornino e Flagogna (Forgaria), Madonna e Urbignacco (Buja), Mels (Colloredo di Monte Albano), Rivarotta (Teor), Plasencis (Mereto di Tomba), Romans (Varmo), San Tommaso (Majano), Socchieve, Torsa (Pocenia) e Trava (Lauco);
sono previste riduzioni d'orario che, in concreto, comporteranno il funzionamento su due, massimo tre giorni alla settimana, per gli uffici di Medea in provincia di Gorizia; Fagnigola (Azzano Decimo), Giais (Aviano), San Leonardo Valcellina (Montereale Valcellina) e San Martino Campagna (Aviano) in provincia di Pordenone; Comeglians, Forni Avoltri, Montenars, Ospedaletto, Ravascletto, Resiutta, San Leonardo, San Vito al Torre, Sauris e Vedronza (Lusevera) in provincia di Udine;
la riduzione o soppressione di tali servizi sta avvenendo in modo repentino ed unilaterale, con inconcludenti relazioni sindacali e senza alcuna trattativa né concertazione con le amministrazioni dei comuni

interessati, le quali stanno manifestando in modo deciso e motivato la loro contrarietà e intendono anche promuovere delle azioni legali;
va infine segnalata la frequente mancata consegna della posta in alcune delle zone citate, in particolare a Tramonti di Sopra e di Sotto -:
se il Ministro intenda intervenire con opportune iniziative al fine di evitare i contrasti istituzionali in atto tra Poste Italiane spa e gli enti locali, favorendo il mantenimento e garantendo l'efficienza dell'essenziale servizio pubblico nelle aree disagiate colpite dagli imminenti provvedimenti di chiusura o di riduzione delle aperture dei citati sportelli postali.
(4-14455)

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un recente allarme dell'Associazione degli operatori elettrici europei Entso-E riguarda possibili black out invernali in caso di temperature più rigide del normale;
il rischio di interruzioni nell'erogazione dell'energia elettrica in Italia dipenderebbe da uno squilibrio nelle interconnessioni tra Stati europei;
l'origine del pericolo sarebbe individuabile in eventuali aumenti della domanda in Francia e in Germania, alle prese, peraltro, con una ridefinizione delle rispettive produzioni nucleari;
consta che la stessa Autorità per l'energia e il gas, a seguito della diffusione dei dati del Winter Outlook Report, si sia attivata per incrementare le connessioni tra reti nazionali ma che tale intervento non sia, comunque, risolutore -:
se sia a conoscenza della situazione indicata in premessa e quali iniziative urgenti abbia già posto in essere per scongiurare possibili disguidi nella distribuzione dell'energia elettrica sul territorio nazionale.
(4-14457)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Binetti e altri n. 1-00780, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bocciardo.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Dussin n. 7-00750, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta De Poli n. 4-14417, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 567 del 10 gennaio 2012.

DE POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in pochi secoli, l'umanità è riuscita a consumare buona parte dei combustibili fossili naturali accumulati in milioni di anni solo per riscaldarsi, cucinare, farsi la doccia e spostarsi in automobile;
ricercatori ed esperti di tutto il mondo annunciano continuamente che molto presto, la crescente scarsità di queste risorse potrebbe metterci di fronte a un'offerta perennemente insufficiente e a un'esplosione dei costi delle materie prime, per non parlare poi dei danni ambientali;
circa tre quarti dei dannosi gas serra derivano, infatti, dall'uso del petrolio, del

gas naturale e del carbone, e le conseguenze di questo fenomeno sono oggi già più che evidenti. Per combattere la minaccia di una catastrofe climatica, i paesi industrializzati hanno firmato, nel 1997 come tutti noi sappiamo, il Protocollo di Kyoto e si sono impegnati a ridurre le loro emissioni di gas serra;
gli statisti nazionali ed internazionali rilevano che il nostro atteggiamento nei confronti dell'energia sta cambiando e si tratta di cambiamenti fattibili ed economicamente sostenibili. Il costo dell'energia fotovoltaica al consumatore si sta riducendo rapidamente, favorito dalla proliferazione degli impianti e dal progressivo aumento della potenza installata e di conseguenza della produzione di energia elettrica fotovoltaica;
secondo il Gifi (Gruppo imprese fotovoltaiche italiane) entro il 2020 anche in Italia raggiungeremo i 16 GW di potenza installata con una produzione annua di 20 TWh di energia elettrica;
le fonti energetiche rinnovabili hanno, un effetto positivo anche sul mercato del lavoro. Sempre secondo il Gifi grazie ai 16 GW installati entro il 2020 sarà possibile creare circa 113.000 nuovi posti di lavoro;
in un periodo di crisi economica come quello attuale queste previsioni lascerebbero ben sperare sul futuro, anche se si apprenda che le principali aziende padovane del settore fotovoltaico hanno firmato un protocollo d'intesa in Provincia con le associazioni di categoria e i sindacati a causa del rischio di licenziamento di 5 mila lavoratori del settore;
già 1.250 lavoratori sono cassaintegrati da novembre;
il protocollo è stato sottoscritto in rappresentanza di circa 200 imprese del distretto e tra le iniziative attuabili contenute nel documento c'è il riconoscimento del valore del settore, il sostegno a ricerca e sviluppo, l'attivazione di fondi di garanzia dal Fondo rotativo per Kyoto, la riduzione dei tempi di allaccio degli impianti alla rete elettrica, garanzie al sistema bancario per finanziamenti e l'apertura di un nuovo tavolo presieduto dal Ministro allo sviluppo economico;
l'assessore al lavoro, formazione, università e ricerca della provincia di Padova come tutti quelli che hanno sostenuto e sottoscritto il Protocollo attendono da parte del Governo un chiaro ed inequivocabile sostegno al settore fotovoltaico italiano -:
come si intenda garantire il posto di lavoro ai 5 mila dipendenti che rischiano di perderlo e sostenere, promuovere per il bene del Paese un settore indiscutibilmente strategico come quello fotovoltaico.
(4-14417)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
Interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-05897 dell'11 gennaio 2012