XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di lunedì 16 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 19 GENNAIO 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 16 gennaio 2012.

Albonetti, Alessandri, Bindi, Bratti, Caparini, Cenni, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Della Vedova, Donadi, Giancarlo Giorgetti, Leone, Lupi, Mecacci, Migliori, Milanato, Moffa, Leoluca Orlando, Pecorella, Proietti Cosimi, Reguzzoni, Stefani, Stucchi, Volpi.

Annunzio di proposte di legge.

In data 12 gennaio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CODURELLI: «Modifiche alla legge 3 dicembre 1999, n. 493, in materia di assicurazione contro gli infortuni domestici» (4879);
GALLI: «Disciplina dell'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni» (4880);
GALLI: «Istituzione di una zona franca nel territorio della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e di punti franchi presso lo scalo merci ferroviario di DOMO 2 e presso il centro intermodale merci di Novara» (4881);
OLIVERI: «Istituzione della Festa nazionale della famiglia» (4882).

In data 13 gennaio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
MANCUSO: «Modifica all'articolo 182 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di uso del casco protettivo da parte dei conducenti di velocipedi» (4883);
JANNONE: «Modifica all'articolo 87 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, in materia di azione di regresso del fideiussore nel caso di insolvenza dello spedizioniere doganale" (4884).

Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
GASBARRA ed altri: «Modifica all'articolo 80 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di attribuzione degli oneri per permessi retribuiti spettanti ai componenti dei consigli e delle giunte degli enti locali» (1163) Parere delle Commissioni V e XI;
SANTELLI: «Norme in materia di trasparenza dell'attività amministrativa» (4848) Parere delle Commissioni II, V, VIII, X, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE DAL LAGO ed altri: «Abrogazione del secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione, concernente la nomina dei senatori a vita» (4853).
III Commissione (Affari esteri):
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kazakhstan di cooperazione nel contrasto alla criminalità organizzata, al traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, di precursori e sostanze chimiche impiegate per la loro produzione, al terrorismo e ad altre forme di criminalità, fatto a Roma il 5 novembre 2009» (4866) Parere delle Commissioni I, II e V.
VI Commissione (Finanze):
MOFFA ed altri: «Disposizioni per la riduzione del debito e per la promozione degli investimenti e dello sviluppo mediante la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico» (4843) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
OLIVERIO ed altri: «Norme per la salvaguardia, il restauro e la valorizzazione del percorso storico-artistico denominato "Itinerario basiliano"» (4777) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
OLIVERIO ed altri: «Norme per la valorizzazione e la salvaguardia dell'area della Magna Grecia» (4782) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XI Commissione (Lavoro):
POLI e RUGGERI: «Norme in materia di gestione della previdenza complementare da parte dell'Istituto nazionale della previdenza sociale» (4851) Parere delle Commissioni I e V.
Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa):
DI STANISLAO: «Istituzione di una Commissione parlamentare per l'elaborazione di un nuovo modello di difesa e di sicurezza nazionale» (4839) Parere delle Commissioni I, V, X e XIV.

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 13 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la delibera CIPE n. 78/2011 del 30 settembre 2011, concernente «Individuazione ed assegnazione di risorse a favore di interventi di rilevanza strategica nazionale e regionale per l'attuazione del Piano nazionale per il Sud. Priorità strategica «innovazione, ricerca e competitività».

Tale delibera è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea

Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 12 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Nell'ambito dei predetti documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sul documento n. 5065/2012 - Consiglio europeo - Tabella di marcia per il semestre europeo, che è assegnato in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).
Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativi ai fondi europei di venture capital (COM(2011)860 definitivo) e ai fondi europei per l'imprenditoria sociale (COM(2011)862 definitivo), che, in data 11 gennaio 2012, sono state assegnate in sede primaria alla VI Commissione (Finanze), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero (COM(2011)866 definitivo), che, in data 11 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici (COM(2011)896 definitivo), che è stata assegnata, in data 11 gennaio 2012, in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente), nonché, in data 12 gennaio 2012, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (COM(2011)897 definitivo), che, in data 11 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Comunicazione della Commissione - Meccanismi di governance e d'incentivazione per la realizzazione di SESAR, pilastro tecnologico del cielo unico europeo (COM(2011)923 definitivo), che, in data 30 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
Relazione della Commissione - Quarta relazione annuale relativa all'attuazione del Fondo europeo per la pesca (2010) (COM(2011)927 definitivo), che, in data 10 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

La Commissione europea, in data 12 e 13 gennaio 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Parere della Commissione a norma dell'articolo 294, paragrafo 7, lettera c), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sugli emendamenti del Parlamento europeo alla posizione del Consiglio riguardante la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 78/660/CEE del Consiglio relativa ai conti annuali di taluni tipi di società per quanto riguarda le microentità (COM(2012)1 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio sull'adozione di una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma strategico pluriennale in materia di spettro radio (COM(2012)3 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Una disciplina di qualità per i servizi di interesse generale in Europa (COM(2011)900 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e X (Attività produttive);
Proposta di regolamento del Consiglio che estende agli Stati membri non partecipanti l'applicazione del regolamento (UE) che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle 2020») (COM(2011)910 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il programma Hercule III per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea (COM(2011)914 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)1611 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Iniziativa «Opportunità per i giovani» (Youth Opportunities Initiative) (COM(2011)933 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VII (Cultura) e XI (Lavoro);
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio su un meccanismo unionale di protezione civile (COM(2011)934 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)1630 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente).

Comunicazioni di nomine ministeriali

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 12 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4, 5-bis e 6 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
alla XI Commissione (Lavoro) la comunicazione concernente i seguenti incarichi:
alla dottoressa Concetta Ferrari, l'incarico di direttore della direzione generale per le politiche del personale, l'innovazione, il bilancio e la logistica;
al dottor Natale Forlani, l'incarico di direttore della direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione;
al dottor Edoardo Gambacciani, l'incarico di direttore della direzione generale per le politiche previdenziali ed assicurative;
al dottor Angelo Raffele Marmo, l'incarico di direttore della direzione generale per la comunicazione e l'informazione in materia di lavoro e politiche sociali;
al consigliere Paola Paduano, l'incarico di direttore della direzione generale per le politiche attive e passive del lavoro;

alla XII Commissione (Affari sociali) la comunicazione concernente il seguente incarico:
al dottor Danilo Giovanni Festa, l'incarico di direttore della direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 28 maggio 2008, a pagina 3, seconda colonna, diciannovesima e ventesima riga, deve leggersi: «Modifiche all'articolo 80» e non: «Modifica all'articolo 80», come stampato.

Nell'Allegato A al resoconto della seduta dell'11 gennaio 2012, a pagina 4, prima colonna, quarta riga, il numero: «VII» si intende sostituito dal seguente: «VIII».

MOZIONI GAROFALO ED ALTRI N. 1-00704, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00699, BELCASTRO ED ALTRI N. 1-00697, DONADI ED ALTRI N. 1-00807, GALLETTI ED ALTRI N. 1-00812 E MOFFA ED ALTRI N. 1-00813 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LO SVILUPPO DEL SISTEMA DEL TRASPORTO FERROVIARIO DI PERSONE E MERCI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RIPRISTINO DELLA PRIORITÀ IN AMBITO COMUNITARIO DEL CORRIDOIO 1 BERLINO-PALERMO NELLA SUA CONFIGURAZIONE ORIGINARIA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, il 28 marzo 2011, ha adottato il nuovo libro bianco dei trasporti Roadmap to a single European transport Area - towards a competitive and resource efficient transport system contenente una complessa strategia di ampio respiro sino al 2050, con la quale perseguire l'obiettivo di creare uno spazio europeo unico dei trasporti che sia caratterizzato da una maggiore concorrenza, che si basi su di una rete di trasporti pienamente integrata che colleghi i diversi modi e permetta un profondo cambiamento nei modi di trasporto per passeggeri e merci;
tra i dieci obiettivi la Commissione europea prevede che la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri debba avvenire mediante ferrovia, per cui va completata la rete ad alta velocità a livello europeo, ed è necessario che venga creato il necessario collegamento tra reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali;
il regolamento (CE) n. 1370/2007, del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, nei «considerando» n. 4 e n. 5 individua l'obiettivo per gli Stati membri di «garantire servizi di trasporto passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che assicuri anche la trasparenza e l'efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, tenendo conto, in particolare, dei fattori sociali, ambientali e di sviluppo regionale, o nell'offrire condizioni tariffarie specifiche a talune categorie di viaggiatori», evidenziando che «molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell'interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale. Occorre che le autorità competenti degli Stati membri abbiano la possibilità di intervenire per garantire la prestazione di tali servizi»;
ancora, il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, nel «considerando» n. 1 prevede che: «Nel quadro della politica comune dei trasporti, è importante tutelare i diritti dei passeggeri in quanto utenti del trasporto ferroviario, nonché migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi di trasporto ferroviario di passeggeri per aiutare il trasporto su rotaia ad aumentare la sua quota di mercato rispetto ad altri modi di trasporto»;
il raggiungimento dei sopra menzionati obiettivi, sanciti a livello europeo, in Italia appare assai remoto, considerando che, al contrario, si assiste all'interno del Paese ad un aumento del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il Nord ed il Sud, con notevole aggravio delle problematiche della mobilità, in particolare nella regione Sicilia;
l'inasprimento delle suddette problematiche in Sicilia, in special modo nell'area dello Stretto di Messina, che ledono gravemente il diritto alla mobilità, quale strumento di coesione sociale, dei cittadini di fronte allo svantaggio dell'insularità, nonché lo sviluppo economico e sociale di un territorio per il quale dovrebbe essere garantita la continuità territoriale per un principio di equità, deriva principalmente dal perpetuarsi di politiche di dismissione messe in atto dal gruppo Ferrovie dello Stato, che di recente, nonostante, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dirigano la propria azione solo verso una parte del Paese, hanno assunto la nuova denominazione di Ferrovie dello Stato italiane;
negli anni si è registrata, infatti, per la Sicilia la costante e graduale riduzione del servizio di trasporto viaggiatori, soprattutto a lunga percorrenza, nonché del trasporto merci, la scarsità di ammodernamento dei servizi e della flotta navale, l'insufficienza di investimenti nella rete, la dismissione di attività ferroviarie ancora produttive, con ricadute negative sui flussi di traffico passeggeri e merci, sulla competitività delle aree, sull'occupazione e sui flussi turistici, in nome di un progetto di complessiva razionalizzazione dei servizi e della rete finalizzato unicamente alla contrazione dei costi;
il descritto quadro trova conferma nel nuovo piano industriale di Ferrovie dello Stato italiane per gli anni 2011-2015, presentato il 22 giugno 2011 dall'amministratore delegato Mauro Moretti, che prevede investimenti di ammontare complessivo pari a 27 miliardi di euro, di cui solo il 2 per cento destinato al trasporto ferroviario regionale siciliano, a fronte di ben 24,5 miliardi finalizzati, nell'arco di 4 anni, al potenziamento dell'alta velocità;
in una delle tabelle illustrative del piano contenente le «principali opere in corso» sono indicati, unicamente, il raddoppio della tratta Palermo-Messina (Fiumetorto-Castelbuono) - in particolare, tra le attivazioni tra il 2011 e il 2015), il raddoppio Fiumetorto-Ogliastrillo ed il raddoppio Messina-Catania (nodo Catania);
le citate opere, insieme all'asse ferroviario Palermo-Punta Raisi-Trapani, il nodo di Palermo, l'asse ferroviario Catania-Siracusa, fanno parte di una serie di interventi progettati, nessuno dei quali, in un arco temporale che va dal 1981, anno in cui vennero trasferiti alle Ferrovie dello Stato 12.000 miliardi di lire per il rilancio dell'intera rete ferroviaria italiana, ad oggi è stato ultimato;
sono, infatti, rimasti incompiuti in trent'anni i 250 chilometri della rete ferroviaria della regione Sicilia a fronte di 1050 chilometri di nuova rete ad alta velocità, all'interno dei quali ci sono, ad esempio, addirittura 90 chilometri di galleria nella relazione Firenze-Bologna, portati a compimento in 14 anni;
a dimostrazione di questo perdurante ed iniquo ordine di priorità del gruppo, vengono destinate nel piano cifre ingenti per la realizzazione delle nuove stazioni dell'alta velocità come Torino Porta Susa, Firenze, Reggio Emilia, Napoli Afragola e Vesuvio Est, Roma Tiburtina, mentre nulla è previsto per la nuova stazione di Messina, che dovrebbe essere prevista nell'ambito del progetto delle opere ferroviarie connesse alla costruzione del ponte sullo Stretto, nonostante il gruppo Ferrovie dello Stato italiane un anno fa avesse esplicitato la necessità del collegamento delle più importanti città siciliane con linee dotate delle stesse caratteristiche delle principali linee nazionali;
occorre, altresì, rilevare l'assenza nel piano industriale di linee programmatiche riferite all'area dello Stretto di Messina riguardanti il segmento della navigazione, quali, ad esempio, l'implementazione dei volumi di traffico Metromare ed il segmento gommato-pendolare;
in linea con la ben nota logica aziendale di Ferrovie dello Stato italiane tesa al perseguimento di obiettivi economico-finanziari che premia solo i servizi ferroviari maggiormente remunerativi, non si riscontra nel piano alcun riferimento al servizio ferroviario di lunga percorrenza da e verso la Sicilia, in quanto servizio in perdita, nonostante svolga un ruolo fondamentale date le peculiarità geografiche e morfologiche del territorio, per garantire ai cittadini la mobilità tra i diversi territori per fini di lavoro, di studio e turistici, servendo diverse regioni e centri urbani medio-grandi, non interessati dall'alta velocità;
la suddetta logica della redditività, applicata indiscriminatamente, contrasta in maniera vistosa con il ruolo di concessionario di un servizio pubblico universale rivestito da Ferrovie dello Stato italiane, la cui strategia aziendale dovrebbe essere coerente con un rapporto domanda-offerta legato al contratto di servizio con lo Stato, finalizzato a garantire quei servizi di trasporto ferroviario che, indipendentemente dal loro equilibrio finanziario, sono ritenuti di utilità sociale e i cui obblighi non possono essere puntualmente disattesi a causa di incapacità gestionale;
occorre, inoltre, sottolineare l'assenza di ogni programmazione finalizzata non solo all'incremento, ma anche alla competitività e produttività del servizio attualmente offerto attraverso investimenti finalizzati alla modernizzazione delle rete, nonché alla messa in circolazione di carrozze nuove, stante il fatto che in Sicilia molte linee ferroviarie sono vetuste e prive di doppi binari e su queste viaggiano treni lenti e con carrozze vecchie e malridotte;
le descritte assenze nella programmazione industriale recentemente illustrata da Ferrovie dello Stato italiane costituiscono, dunque, l'ultimo segnale di un'opera che, lungi dall'essere un progetto chiaro di complessiva razionalizzazione ed efficientamento delle peculiari attività ferroviarie nell'area dello Stretto, dal traghettamento alle realtà manutentive esistenti, si sta traducendo da anni in una serie di disorganiche operazioni di smantellamento;
in particolare, ciò viene mostrato dall'annunciata chiusura dell'officina grandi riparazioni di Gazzi, la più grande realtà manutentiva di vetture ferroviarie della Sicilia, sempre in linea con gli obiettivi aziendali, che dovrebbe avvenire entro i prossimi 30 mesi, in conseguenza del ridisegno del reticolo manutentivo nazionale dal quale verrebbe esclusa proprio la realtà messinese con l'utilizzo esclusivo delle infrastrutture industriali del Nord, ufficialmente motivata dalla necessità di liberare le aree indispensabili per la costruzione del ponte sullo Stretto, sebbene non vi sia chiarezza su quali siano le superfici realmente interessate dai futuri lavori e su quale sia la specifica destinazione d'uso delle aree in questione;
ulteriore segnale della suddetta opera di dismissione delle attività esistenti è la chiusura, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo immotivata, prevista entro il 2011, della sede di Messina della Italferr s.p.a., società che espleta da anni con successo compiti di progettazione ed esecuzione delle linee ad alta velocità/capacità e degli itinerari e nodi ferroviari, che comporterà notevoli disagi nonché danni economici ai qualificati soggetti che vi operano e alle loro famiglie costretti al trasferimento;
nel piano, inoltre, non si riscontra alcun riferimento all'alta velocità/alta capacità per la Sicilia, nonostante il gruppo Ferrovie dello Stato italiane abbia preso precisi impegni per il completamento del corridoio 1 Berlino-Palermo e per il miglioramento della rete ferroviaria siciliana, secondo quanto esplicitamente dichiarato dall'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane in occasione della presentazione del progetto per il ponte sullo Stretto;
con riferimento al citato corridoio 1, tra l'altro, la Commissione europea si è espressa per la modifica dell'asse di scorrimento del traffico merci e passeggeri, non più secondo la direttrice nord-sud, ma sul nuovo corridoio 5 Helsinki-La Valletta, che a Napoli devierebbe verso Bari per congiungersi al porto di La Valletta mediante un sistema di trasporto integrato, non solo ferroviario ma anche marittimo;
in particolare, infatti, il 29 giugno 2011 la Commissione europea ha presentato al Parlamento e al Consiglio un pacchetto di proposte legislative e relativi allegati [COM(2011)500 definitivo], che rappresenta un quadro politico di riferimento di medio termine e che esprime in termini finanziari le priorità politiche dell'Unione europea;
nella parte II della comunicazione COM (2011), alla voce «Tratti da finanziare fino al 2020», per quanto riguarda l'Italia meridionale, compaiono solo quelli relativi al suddetto corridoio 5;
nel contesto del suddetto quadro finanziario pluriennale della Commissione europea si inserisce la nuova proposta di regolamento elaborata dal Commissario europeo per i trasporti Siim Kallas relativa alla rete transeuropea dei trasporti, che prevede, accanto ad una rete globale di base, costituita da tutte le infrastrutture per i trasporti di rilevanza europea, una rete principale costituita dalle parti più importanti della rete transeuropea dei trasporti, cosiddetto core network;
nella definizione della suddetta proposta di regolamento, che sostituirà la decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sugli orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, si sta valutando l'opportunità politica relativa alla realizzazione dei singoli progetti ed è proprio in quest'ambito che urge riaffermare la priorità del corridoio 1 Berlino-Palermo;
se così non fosse, si concretizzerebbe il rischio concreto di vanificare gli investimenti già sostenuti dal Governo e di minare l'intero progetto infrastrutturale per il rilancio del Sud, che comprende l'ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, l'alta velocità ferroviaria nella medesima tratta, il ponte sullo Stretto di Messina, l'alta velocità Messina-Catania-Palermo ed il rilancio dei porti di Gioia Tauro e di Palermo,

impegna il Governo:

ad intervenire, in qualità di azionista unico del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e di decisore strategico, in modo risolutivo e tempestivo per assicurare servizi di mobilità uniformi in tutto il territorio nazionale e per ripristinare il servizio universale del trasporto ferroviario in Sicilia;
a rafforzare il ruolo di indirizzo e di programmazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella politica industriale nel settore dei trasporti ferroviari passeggeri e merci, al fine di impedire lo smantellamento indiscriminato delle attività ferroviarie gestite da Ferrovie dello Stato italiane e dalle società del gruppo in Sicilia e, in particolare, nell'area dello Stretto di Messina;
ad attivare strumenti di interlocuzione col Parlamento in merito alla suddetta politica industriale per il trasporto ferroviario passeggeri e merci, attraverso i quali rendere noti e trasparenti i parametri essenziali, in base ai quali si compongono costi e remunerazioni del servizio ferroviario universale, nonché i criteri utilizzati per l'individuazione delle priorità e delle conseguenti dismissioni di servizi;

a definire una precisa e chiara strategia di sostegno e di sviluppo del sistema dei trasporti ferroviari di persone e merci che contemperi le esigenze di risanamento e di razionalizzazione con la necessità di rilancio dell'offerta ferroviaria in Sicilia, con particolare riguardo all'area dello Stretto di Messina, con la salvaguardia delle attività produttive esistenti, in modo da garantire l'efficienza, in termini quantitativi e qualitativi, dei servizi ai cittadini;
ad adottare strumenti di pianificazione per la gestione degli investimenti programmatici tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il gestore dell'infrastruttura ferroviaria dotati di obbligatorietà, anche sotto il profilo dell'impegno di spesa, in modo da consentire che le opere ferroviarie di cui sia avviata la fase della programmazione possano giungere in tempi certi alla progettazione esecutiva ed alla relativa realizzazione;
ad intervenire tempestivamente in sede europea, in particolare in seno al Consiglio, per quanto riguarda l'adozione del quadro finanziario generale, e già nella fase precedente all'adozione della proposta legislativa finale del regolamento relativo alla rete transeuropea dei trasporti, al fine di ripristinare la priorità del corridoio 1 Berlino-Palermo nell'ambito della rete TEN-T, al fine di scongiurare il pericolo del definitivo isolamento della Sicilia dal resto d'Europa e di riconsiderare le regioni del Meridione il futuro baricentro della zona di libero scambio euromediterraneo.
(1-00704)
«Garofalo, Antonio Martino, La Loggia, Valducci, Laffranco, Santelli, Bernardo, Catanoso, Cristaldi, Dima, D'Ippolito Vitale, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Galati, Germanà, Giammanco, Gibiino, Golfo, Marinello, Minardo, Misuraca, Pagano, Palumbo, Scapagnini, Torrisi, Traversa, Versace».

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, il 28 marzo 2011, ha adottato il nuovo libro bianco dei trasporti Roadmap to a single European transport Area - towards a competitive and resource efficient transport system contenente una complessa strategia di ampio respiro sino al 2050, con la quale perseguire l'obiettivo di creare uno spazio europeo unico dei trasporti che sia caratterizzato da una maggiore concorrenza, che si basi su di una rete di trasporti pienamente integrata che colleghi i diversi modi e permetta un profondo cambiamento nei modi di trasporto per passeggeri e merci;
tra i dieci obiettivi la Commissione europea prevede che la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri debba avvenire mediante ferrovia, per cui va completata la rete ad alta velocità a livello europeo, ed è necessario che venga creato il necessario collegamento tra reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali;
il regolamento (CE) n. 1370/2007, del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, nei «considerando» n. 4 e n. 5 individua l'obiettivo per gli Stati membri di «garantire servizi di trasporto passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che assicuri anche la trasparenza e l'efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, tenendo conto, in particolare, dei fattori sociali, ambientali e di sviluppo regionale, o nell'offrire condizioni tariffarie specifiche a talune categorie di viaggiatori», evidenziando che «molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell'interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale. Occorre che le autorità competenti degli Stati membri abbiano la possibilità di intervenire per garantire la prestazione di tali servizi»;
ancora, il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, nel «considerando» n. 1 prevede che: «Nel quadro della politica comune dei trasporti, è importante tutelare i diritti dei passeggeri in quanto utenti del trasporto ferroviario, nonché migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi di trasporto ferroviario di passeggeri per aiutare il trasporto su rotaia ad aumentare la sua quota di mercato rispetto ad altri modi di trasporto»;
il raggiungimento dei sopra menzionati obiettivi, sanciti a livello europeo, in Italia appare assai remoto, considerando che, al contrario, si assiste all'interno del Paese ad un aumento del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il Nord ed il Sud, con notevole aggravio delle problematiche della mobilità, in particolare nella regione Sicilia;
l'inasprimento delle suddette problematiche in Sicilia, in special modo nell'area dello Stretto di Messina, che ledono gravemente il diritto alla mobilità, quale strumento di coesione sociale, dei cittadini di fronte allo svantaggio dell'insularità, nonché lo sviluppo economico e sociale di un territorio per il quale dovrebbe essere garantita la continuità territoriale per un principio di equità, deriva principalmente dal perpetuarsi di politiche di dismissione messe in atto dal gruppo Ferrovie dello Stato, che di recente, nonostante, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dirigano la propria azione solo verso una parte del Paese, hanno assunto la nuova denominazione di Ferrovie dello Stato italiane;
negli anni si è registrata, infatti, per la Sicilia la costante e graduale riduzione del servizio di trasporto viaggiatori, soprattutto a lunga percorrenza, nonché del trasporto merci, la scarsità di ammodernamento dei servizi e della flotta navale, l'insufficienza di investimenti nella rete, la dismissione di attività ferroviarie ancora produttive, con ricadute negative sui flussi di traffico passeggeri e merci, sulla competitività delle aree, sull'occupazione e sui flussi turistici, in nome di un progetto di complessiva razionalizzazione dei servizi e della rete finalizzato unicamente alla contrazione dei costi;
il descritto quadro trova conferma nel nuovo piano industriale di Ferrovie dello Stato italiane per gli anni 2011-2015, presentato il 22 giugno 2011 dall'amministratore delegato Mauro Moretti, che prevede investimenti di ammontare complessivo pari a 27 miliardi di euro, di cui solo il 2 per cento destinato al trasporto ferroviario regionale siciliano, a fronte di ben 24,5 miliardi finalizzati, nell'arco di 4 anni, al potenziamento dell'alta velocità;
in una delle tabelle illustrative del piano contenente le «principali opere in corso» sono indicati, unicamente, il raddoppio della tratta Palermo-Messina (Fiumetorto-Castelbuono) - in particolare, tra le attivazioni tra il 2011 e il 2015), il raddoppio Fiumetorto-Ogliastrillo ed il raddoppio Messina-Catania (nodo Catania);
le citate opere, insieme all'asse ferroviario Palermo-Punta Raisi-Trapani, il nodo di Palermo, l'asse ferroviario Catania-Siracusa, fanno parte di una serie di interventi progettati, nessuno dei quali, in un arco temporale che va dal 1981, anno in cui vennero trasferiti alle Ferrovie dello Stato 12.000 miliardi di lire per il rilancio dell'intera rete ferroviaria italiana, ad oggi è stato ultimato;
sono, infatti, rimasti incompiuti in trent'anni i 250 chilometri della rete ferroviaria della regione Sicilia a fronte di 1050 chilometri di nuova rete ad alta velocità, all'interno dei quali ci sono, ad esempio, addirittura 90 chilometri di galleria nella relazione Firenze-Bologna, portati a compimento in 14 anni;
a dimostrazione di questo perdurante ed iniquo ordine di priorità del gruppo, vengono destinate nel piano cifre ingenti per la realizzazione delle nuove stazioni dell'alta velocità come Torino Porta Susa, Firenze, Reggio Emilia, Napoli Afragola e Vesuvio Est, Roma Tiburtina, mentre nulla è previsto per la nuova stazione di Messina, che dovrebbe essere prevista nell'ambito del progetto delle opere ferroviarie connesse alla costruzione del ponte sullo Stretto, nonostante il gruppo Ferrovie dello Stato italiane un anno fa avesse esplicitato la necessità del collegamento delle più importanti città siciliane con linee dotate delle stesse caratteristiche delle principali linee nazionali;
occorre, altresì, rilevare l'assenza nel piano industriale di linee programmatiche riferite all'area dello Stretto di Messina riguardanti il segmento della navigazione, quali, ad esempio, l'implementazione dei volumi di traffico Metromare ed il segmento gommato-pendolare;
in linea con la ben nota logica aziendale di Ferrovie dello Stato italiane tesa al perseguimento di obiettivi economico-finanziari che premia solo i servizi ferroviari maggiormente remunerativi, non si riscontra nel piano alcun riferimento al servizio ferroviario di lunga percorrenza da e verso la Sicilia, in quanto servizio in perdita, nonostante svolga un ruolo fondamentale date le peculiarità geografiche e morfologiche del territorio, per garantire ai cittadini la mobilità tra i diversi territori per fini di lavoro, di studio e turistici, servendo diverse regioni e centri urbani medio-grandi, non interessati dall'alta velocità;
proprio a riguardo del servizio di media e lunga percorrenza, addirittura con l'entrata in vigore della nuova offerta ferroviaria 2011-2012 di Trenitalia, il 12 dicembre 2011 sono stati soppressi tutti i treni notturni da e per la Sicilia e, precisamente, le tre coppie di collegamenti giornalieri notturni che circolavano sulle relazioni Palermo-Torino/Milano/Venezia, con sezioni da/per Siracusa, e che viceversa oggi si attestano a Roma con interscambio con i servizi di alta velocità per le citate destinazioni;
il disastroso intervento, nato allo scopo di «riorganizzare» l'offerta considerata la mancata redditività del servizio, sta provocando enormi disagi all'utenza sia in termini economici poiché i prezzi dei biglietti per la percorrenza delle suddette tratte sono lievitati sia per l'oggettiva difficoltà e scomodità di effettuare in piena notte trasbordi da un treno all'altro;
tale decisione aziendale ha comportato, altresì, una grave crisi occupazionale essendosi registrati circa 1700 esuberi, 900 tra il personale di Trenitalia e oltre 800 tra i dipendenti delle ditte in appalto o in subappalto, di questi 85, solo a Messina, sono dipendenti della Servirail ex-Wagon Lits;
la suddetta logica della redditività, applicata indiscriminatamente, contrasta in maniera vistosa con il ruolo di concessionario di un servizio pubblico universale rivestito da Ferrovie dello Stato italiane, la cui strategia aziendale dovrebbe essere coerente con un rapporto domanda-offerta legato al contratto di servizio con lo Stato, finalizzato a garantire quei servizi di trasporto ferroviario che, indipendentemente dal loro equilibrio finanziario, sono ritenuti di utilità sociale e i cui obblighi non possono essere puntualmente disattesi a causa di incapacità gestionale;
occorre, inoltre, sottolineare l'assenza di ogni programmazione finalizzata non solo all'incremento, ma anche alla competitività e produttività del servizio attualmente offerto attraverso investimenti finalizzati alla modernizzazione delle rete, nonché alla messa in circolazione di carrozze nuove, stante il fatto che in Sicilia molte linee ferroviarie sono vetuste e prive di doppi binari e su queste viaggiano treni lenti e con carrozze vecchie e malridotte;
le descritte assenze nella programmazione industriale recentemente illustrata da Ferrovie dello Stato italiane costituiscono, dunque, l'ultimo segnale di un'opera che, lungi dall'essere un progetto chiaro di complessiva razionalizzazione ed efficientamento delle peculiari attività ferroviarie nell'area dello Stretto, dal traghettamento alle realtà manutentive esistenti, si sta traducendo da anni in una serie di disorganiche operazioni di smantellamento;
in particolare, ciò viene mostrato dall'annunciata chiusura dell'officina grandi riparazioni di Gazzi, la più grande realtà manutentiva di vetture ferroviarie della Sicilia, sempre in linea con gli obiettivi aziendali, che dovrebbe avvenire entro i prossimi 30 mesi, in conseguenza del ridisegno del reticolo manutentivo nazionale dal quale verrebbe esclusa proprio la realtà messinese con l'utilizzo esclusivo delle infrastrutture industriali del Nord, ufficialmente motivata dalla necessità di liberare le aree indispensabili per la costruzione del ponte sullo Stretto, sebbene non vi sia chiarezza su quali siano le superfici realmente interessate dai futuri lavori e su quale sia la specifica destinazione d'uso delle aree in questione;
ulteriore segnale della suddetta opera di dismissione delle attività esistenti è la chiusura, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo immotivata, prevista entro il 2011, della sede di Messina della Italferr s.p.a., società che espleta da anni con successo compiti di progettazione ed esecuzione delle linee ad alta velocità/capacità e degli itinerari e nodi ferroviari, che comporterà notevoli disagi nonché danni economici ai qualificati soggetti che vi operano e alle loro famiglie costretti al trasferimento;
nel piano, inoltre, non si riscontra alcun riferimento all'alta velocità/alta capacità per la Sicilia, nonostante il gruppo Ferrovie dello Stato italiane abbia preso precisi impegni per il completamento del corridoio 1 Berlino-Palermo e per il miglioramento della rete ferroviaria siciliana, secondo quanto esplicitamente dichiarato dall'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane in occasione della presentazione del progetto per il ponte sullo Stretto;
con riferimento al citato corridoio 1, si registra la nuova proposta di regolamento elaborata dal Commissario europeo per trasporti Siim Kallas relativa alla rete trans-europea dei trasporti, che prevede, accanto ad una rete globale di base, costituita da tutte le infrastrutture per i trasporti di rilevanza europea, una rete principale costituita dalle parti più importanti della rete trans-europea dei trasporti, cosiddetto core network;
la suddetta proposta di regolamento, che sostituirà la decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sugli orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, è stata presentata dal vice Presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011 e comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta;
tale corridoio, oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio della regione Sicilia secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo;
tale previsione risulta indispensabile per riaffermare l'intero progetto infrastrutturale per il rilancio del Sud, che comprende l'ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, l'alta velocità ferroviaria nella medesima tratta, il ponte sullo Stretto di Messina, l'alta velocità Messina-Catania-Palermo ed il rilancio dei porti di Gioia Tauro e di Palermo,

impegna il Governo:

ad intervenire, in qualità di azionista unico del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e di decisore strategico, in modo risolutivo e tempestivo per assicurare servizi di mobilità uniformi in tutto il territorio nazionale e per ripristinare il servizio universale del trasporto ferroviario in Sicilia, anche con riferimento alle recenti scelte che hanno inopinatamente penalizzato il servizio dei treni notturni, con gravi ricadute occupazionali;
a rafforzare il ruolo di indirizzo e di programmazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella politica industriale nel settore dei trasporti ferroviari passeggeri e merci, al fine di impedire lo smantellamento indiscriminato delle attività ferroviarie gestite da Ferrovie dello Stato italiane e dalle società del gruppo in Sicilia e, in particolare, nell'area dello Stretto di Messina;
ad attivare strumenti di interlocuzione col Parlamento in merito alla suddetta politica industriale per il trasporto ferroviario passeggeri e merci, attraverso i quali rendere noti e trasparenti i parametri essenziali, in base ai quali si compongono costi e remunerazioni del servizio ferroviario universale, nonché i criteri utilizzati per l'individuazione delle priorità e delle conseguenti dismissioni di servizi;
a definire una precisa e chiara strategia di sostegno e di sviluppo del sistema dei trasporti ferroviari di persone e merci che contemperi le esigenze di risanamento e di razionalizzazione con la necessità di rilancio dell'offerta ferroviaria in Sicilia, con particolare riguardo all'area dello Stretto di Messina, con la salvaguardia delle attività produttive esistenti, in modo da garantire l'efficienza, in termini quantitativi e qualitativi, dei servizi ai cittadini;
ad adottare strumenti di pianificazione per la gestione degli investimenti programmatici tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il gestore dell'infrastruttura ferroviaria dotati di obbligatorietà, anche sotto il profilo dell'impegno di spesa, in modo da consentire che le opere ferroviarie di cui sia avviata la fase della programmazione possano giungere in tempi certi alla progettazione esecutiva ed alla relativa realizzazione;
a svolgere presso le istituzioni europee una costante azione di monitoraggio delle fasi per l'adozione del nuovo regolamento relativo alla rete trans-europea dei trasporti affinché all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta sia rimarcata la centralità dello sviluppo dell'estensione da Napoli a Palermo, al fine di scongiurare ogni pericolo d'isolamento della Sicilia dal resto d'Europa, con la previsione per l'isola delle stesse garanzie di collegamento alla terraferma concesse ad altri Paesi europei, e di riaffermare il Meridione quale futuro baricentro della zona di libero scambio euromediterraneo.
(1-00704)
(Nuova formulazione) «Garofalo, Antonio Martino, La Loggia, Valducci, Laffranco, Santelli, Bernardo, Catanoso, Cristaldi, Dima, D'Ippolito Vitale, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Galati, Germanà, Giammanco, Gibiino, Golfo, Marinello, Minardo, Misuraca, Pagano, Palumbo, Scapagnini, Torrisi, Traversa, Versace».
(3 agosto 2011)

La Camera,
premesso che:
il Mezzogiorno riveste oggi un ruolo strategico per l'intero Paese, grazie alla posizione strategica al centro del Mediterraneo;
il Meridione è il termine naturale della realizzazione delle reti transeuropee TEN (trans european network), in un quadro sistemico europeo di trasporto integrato;
il progetto TEN corridoio 1 rappresenta un asse fondamentale di trasporto per i collegamenti a livello comunitario, poiché attraversa da nord a sud l'intera Germania, l'Austria e l'Italia. Oltre un terzo dell'intero traffico transalpino interessa il passo del Brennero, il valico alpino a quota più bassa, che riveste, quindi, un'importanza cruciale nell'ambito del trasporto persone e dell'interscambio tra il nord e il sud del continente europeo;
la Commissione europea, nell'analisi del progetto di bilancio comunitario per il 2020, presentato il 29 giugno 2011, ha proposto, cambiando la geografia europea delle grandi infrastrutture, di cancellare il suddetto progetto TEN corridoio 1 Berlino-Palermo, per sostituirlo con un nuovo corridoio 5 Helsinki-La Valletta, di fatto confinando la Sicilia ad una dimensione interregionale, trascurando anche la sua funzione di gateway verso l'Africa;
la novità, che potrebbe apparire marginale e che prevede un allungamento del tracciato per includere nuovi territori che sono entrati a far parte dell'Unione europea, tra i quali Malta, nella realtà non si limita a modificare solo i capilinea del corridoio, spostandoli rispettivamente più a nord, da Berlino ad Helsinki, e più a sud, da Palermo a Malta, ma anche l'asse di «scorrimento» del traffico di merci e passeggeri, che non si muoverebbe più secondo la direttrice nord-sud, ma interromperebbe a Napoli il suo percorso naturale verso il confine meridionale d'Europa per deviare verso Bari, da dove, attraverso una nuova «autostrada del mare», si collegherebbe al porto di La Valletta;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, tale ridisegno del tracciato, oltre ad essere illogico dal punto di vista geografico ed economico, viola i principi di coesione territoriale, sociale ed economica, sui quali si fonda il Trattato dell'Unione europea;
la proposta contrasta, inoltre, in maniera stridente con il regolamento (CE) n. 913/2010 che disciplina il traffico delle merci e che ha disegnato, in virtù delle nuove adesioni all'Unione europea di Paesi del Nord Europa, un corridoio speciale per le merci - il numero 4 - che nasce a Stoccolma e termina a Palermo, secondo una logica completamente diversa, che adesso si vorrebbe abbandonare;
la decisione sul nuovo percorso del corridoio 1 non è solo di rilevanza europea, ma ha un immediato risvolto a livello nazionale, con ripercussioni assai gravi che riguardano il piano nazionale dei trasporti;
senza un collegamento di primo livello nessuna infrastruttura progettata a sud di Napoli avrebbe più un fondamento economico. L'esclusione delle due regioni Calabria e Sicilia dall'asse principale dei trasporti nord-sud escluderebbe anche la finanziabilità di tutte le infrastrutture connesse, facendo saltare tutto il sistema dei trasporti dell'Italia meridionale, l'alta capacità ferroviaria fra Napoli e Reggio Calabria, la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, l'ammodernamento delle ferrovie tra le aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo, il collegamento ferroviario ad alta capacità con i porti di Augusta e Pozzalla;
si vanificherebbero grossi investimenti già fatti per la realizzazione di opere previste dalla «legge obbiettivo», da quelle già realizzate a quelle appaltate o solo progettate, che diverrebbero antieconomiche per definizione, delineando uno scenario antitetico rispetto alla programmazione nazionale, che prevede di dotare il Mezzogiorno di un livello adeguato di infrastrutture;
con riferimento alla nuova autostrada del mare che collegherebbe Bari con La Valletta, si tratta di un lungo e improbabile collegamento navale lungo circa 420 miglia, per oltre 24 ore di navigazione, pari a dieci volte, in termini di tempi e di distanza, quello che separa la Sicilia dall'isola di Malta;
la Commissione europea avrà tempo fino al 21 settembre 2011 per ufficializzare la sua proposta ed affidarla al lungo processo di codecisione che coinvolge il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale ed infine il Consiglio dei ministri europei,

impegna il Governo:

ad intervenire presso le autorità europee affinché il corridoio n. 1 Berlino-Palermo sia ripristinato nella sua configurazione originaria, al fine di scongiurare il pericolo del definitivo isolamento di importanti regioni meridionali dal resto d'Europa;
ad assegnare la massima priorità, nell'ambito degli interventi per la realizzazione delle opere incluse nel programma operativo nazionale «trasporti», alla realizzazione del corridoio paneuropeo n. 1 (Berlino-Palermo);
a valutare attentamente le opere infrastrutturali da realizzare dal punto di vista della loro sostenibilità economica ed ambientale e della loro funzionalità, concentrando le risorse verso interventi infrastrutturali realmente utili al Paese e definendo uno specifico piano infrastrutturale per il Mezzogiorno, in particolare assumendo come fondamentale la definizione del corridoio 1 Berlino-Palermo, attraverso la costruzione del ponte sullo Stretto, il completamento dell'autostrada Reggio Calabria-Salerno e la realizzazione e l'ammodernamento di fondamentali opere di viabilità primaria e secondaria.
(1-00699)
«Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
nella proposta di bilancio elaborata dalla Commissione europea e inviata al Parlamento europeo il 29 giugno 2011 è contenuta una complessiva ridefinizione dei grandi corridoi europei avviati con i TEN (trans european network);
stando a questa ridefinizione l'ex corridoio 1 Berlino-Palermo, ora diventato corridoio 5 Helsinki-La Valletta, giunto a Napoli vira verso Bari, anziché scendere in Calabria per arrivare a Palermo;
in virtù di questa rivisitazione il ponte sullo Stretto di Messina è stato cancellato dalle grandi opere infrastrutturali che dovranno essere realizzate nei prossimi anni;
questa decisione è, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inspiegabile, non solo perché penalizzerebbe fortemente il Mezzogiorno, ma soprattutto perché prevede che da Napoli e da Bari si debbano organizzare degli improbabili servizi di navi traghetto per i collegamenti successivi con il resto del Mediterraneo;
il documento della Commissione europea chiarisce che per le infrastrutture saranno disponibili complessivamente 50 miliardi di euro, di cui 10 andranno ai fondi di coesione (per il Mezzogiorno in Italia), 9,1 agli impianti energetici, 9,2 alle reti digitali e 21,7 miliardi, alle infrastrutture di trasporto;
il ponte sullo Stretto, se realizzato, costituirebbe un eccezionale volano di sviluppo che può fungere, nel contempo, da traino per la realizzazione di un sistema infrastrutturale più ampio, per il potenziamento e il definitivo completamento del sistema autostradale della Salerno-Reggio Calabria e per lo sviluppo della rete ferroviaria ad alta velocità, che, al momento, giunge a Salerno;
il ponte sullo Stretto di Messina costituisce, dunque, un'opera fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno;
l'Esecutivo ha inserito tale opera nel piano per il Sud,

impegna il Governo:

ad assumere con determinazione ogni iniziativa di competenza nelle opportune sedi dell'Unione europea affinché sia rivista la decisione di escludere il ponte sullo Stretto di Messina dalle grandi opere da finanziare e realizzare, dettata da logiche che non favoriscono lo sviluppo del Paese e del Mezzogiorno.
(1-00697)
«Belcastro, Moffa, Iannaccone, Porfidia, D'Anna, Grassano, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Nola, Orsini, Pionati, Pisacane, Razzi, Ruvolo, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
nella proposta di bilancio elaborata dalla Commissione europea e inviata al Parlamento europeo il 29 giugno 2011 è contenuta una complessiva ridefinizione dei grandi corridoi europei avviati con i TEN (trans european network);
stando a questa ridefinizione l'ex corridoio 1 Berlino-Palermo, ora diventato corridoio 5 Helsinki-La Valletta, giunto a Napoli vira verso Bari, anziché scendere in Calabria per arrivare a Palermo;
in virtù di questa rivisitazione il ponte sullo Stretto di Messina è stato cancellato dalle grandi opere infrastrutturali che dovranno essere realizzate nei prossimi anni;
questa decisione è, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inspiegabile, non solo perché penalizzerebbe fortemente il Mezzogiorno, ma soprattutto perché prevede che da Napoli e da Bari si debbano organizzare degli improbabili servizi di navi traghetto per i collegamenti successivi con il resto del Mediterraneo;
il documento della Commissione europea chiarisce che per le infrastrutture saranno disponibili complessivamente 50 miliardi di euro, di cui 10 andranno ai fondi di coesione (per il Mezzogiorno in Italia), 9,1 agli impianti energetici, 9,2 alle reti digitali e 21,7 alle infrastrutture di trasporto;
il ponte sullo Stretto, se realizzato, costituirebbe un eccezionale volano di sviluppo che può fungere, nel contempo, da traino per la realizzazione di un sistema infrastrutturale più ampio, per il potenziamento e il definitivo completamento del sistema autostradale della Salerno-Reggio Calabria e per lo sviluppo della rete ferroviaria ad alta velocità, che, al momento, giunge a Salerno;
il ponte sullo Stretto di Messina costituisce, dunque, un'opera fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno;
il precedente Esecutivo ha inserito tale opera nel piano per il Sud,

impegna il Governo

ad assumere con determinazione ogni iniziativa di competenza nelle opportune sedi dell'Unione europea affinché sia rivista la decisione di escludere il ponte sullo Stretto di Messina dalle grandi opere da finanziare e realizzare, dettata da logiche che non favoriscono lo sviluppo del Paese e del Mezzogiorno.
(1-00697)
(Nuova formulazione) «Belcastro, Iannaccone, Porfidia, Brugger».
(21 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
il 29 giugno 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione COM(2011)500 sulle prossime prospettive finanziarie dell'Unione europea relative al periodo 2014-2020 nella quale, in vista dell'imminente revisione delle priorità riguardanti le reti transeuropee di trasporto TEN-T, vengono individuate le risorse finanziarie ad esse destinate con l'indicazione dei progetti che potranno beneficiarne;
fra tali progetti figura, tra l'altro, il corridoio Helsinki-La Valletta, che dovrebbe sostituire il progetto prioritario n. 1 riguardante il corridoio Berlino-Palermo, di cui alla decisione n. 884/2004/CE relativa agli orientamenti comunitari per le reti transeuropee di trasporto (TEN-T);
in base al nuovo tracciato:
a) il corridoio verrebbe esteso da Berlino verso il nord Europa fino ad Helsinki;
b) nella parte centrale si sovrapporrebbe sostanzialmente al percorso originario del corridoio 1 e comprenderebbe, pertanto, i collegamenti ferroviari Monaco-Verona attraverso il tunnel di base del Brennero, nonché Verona-Bologna-Roma-Napoli;
c) a questo punto si prevede una soppressione della tratta Napoli-Palermo che verrebbe sostituita da una nuova tratta Napoli-Bari;
d) da Bari il corridoio proseguirebbe, mediante le autostrade del mare, fino a La Valletta;
la proposta della Commissione europea ha suscitato reazioni da parte delle istituzioni italiane e dei rappresentanti italiani presso le istituzioni europee per il timore che le modifiche prospettate possano comportare una marginalizzazione delle regioni del sud Italia;
anche il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, attraverso l'interrogazione a risposta scritta n. 4-13172 a firma dell'onorevole Antonio Di Pietro in data 13 settembre 2011, aveva manifestato le proprie richieste di chiarimento al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Altero Matteoli, in ordine alla decisione sul nuovo percorso del Corridoio 1 per le gravi ripercussioni che si sarebbero potute arrecare allo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno;
a tale interrogazione, l'attuale Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, ha risposto, il 10 gennaio 2012, che il progetto corridoio 1 rappresenta per il Governo e per l'intero sistema Paese un'infrastruttura strategica di assoluta rilevanza, in quanto Palermo rappresenta il nodo più meridionale della rete core network nell'intera area del bacino mediterraneo e assolve, quindi, il compito di raccordare le aree periferiche del continente europeo;
in particolare, nel testo di tale risposta si legge: «Il 26 giugno 2011 è stata pubblicata la proposta di bilancio dell'Unione europea 2020 nella quale si fa riferimento ad una lista preliminare di 10 corridoi prioritari Ten-T, tra cui il corridoio n. 5 "Helsinki-La Valletta", che modifica, tra l'altro, il tracciato del progetto prioritario 1. Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato presso le competenti istituzioni europee la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile. In questo ambito è stata, altresì, rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo di Palermo e di Catania all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta per le seguenti argomentazioni: Palermo soddisfa i requisiti di città "nodo", in quanto la sua area metropolitana supera il milione di abitanti; il collegamento marittimo più diretto con l'isola di Malta avviene attraversi i porti della Sicilia (Pozzallo, Catania, Palermo); per dare realizzazione alla parte meridionale del progetto prioritario europeo 1 (PP 1), con specifico riferimento alla rete ferroviaria sono già stati sostenuti dall'Italia ingenti investimenti. Inoltre, è stato chiesto che alla Sicilia, che conta una popolazione di 5 milioni di abitanti, fosse garantito lo stesso "grado di libertà" di collegamento alla terraferma concesso ad altri Paesi europei (come nel caso di collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia, che ha goduto di contributi TEN-T). Le motivazioni presentate, espressione della forte volontà dell'Italia di mantenere l'attuale conformazione dell'asse, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione europea. Infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio, oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo.»;
precedentemente al 19 ottobre 2011 - ovvero alla data di presentazione della nuova rete di trasporto europea comprendente il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta - e segnatamente in data 30 settembre 2011, si era svolto a Bruxelles un incontro a livello tecnico tra il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Roberto Castelli, e la Commissione europea nel corso del quale la Commissione stessa avrebbe riconosciuto il valore oggettivo delle motivazioni addotte dall'Italia circa l'importanza del corridoio Berlino-Palermo, in quanto:
a) uno dei presupposti della revisione delle reti TEN è far salvi i corridoi originari; l'Italia ha già investito 32 miliardi di euro per la realizzazione del corridoio Berlino-Palermo, più di quanto abbia investito qualsiasi altro Stato membro su un corridoio transeuropeo;
b) Palermo è un «nodo» alla luce di una legge regionale che lao definisce area metropolitana e, quindi, deve entrare nella rete principale dei trasporti ferroviari europei;
c) Palermo è la porta più razionale per i collegamenti con Malta;
nell'ambito di tale riunione la questione del ponte sullo Stretto non è stata affrontata, in quanto si è parlato del corridoio Berlino-Palermo nel suo complesso e non delle singole opere;
sotto tale ultimo profilo, particolare preoccupazione suscita il riferimento fatto dal Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, nell'ambito della citata risposta all'interrogazione n. 4-13172, al collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia e che ha goduto di contributi TEN-T, al fine di garantire alla Sicilia lo stesso grado di libertà di collegamento alla terraferma concesso ad altri Paesi europei;
il collegamento fisso di Malmoe altro non è che il Ponte di Øresund o di Öresund, ovvero una tratta di 15,9 chilometri che collega la Svezia alla Danimarca, in prossimità rispettivamente delle due città di Malmö e Copenaghen. Esso è il più lungo ponte strallato d'Europa adibito al traffico stradale e ferroviario con una campata centrale di 490 metri;
in buona sostanza, la risposta fornita dal Ministro all'onorevole Antonio Di Pietro appare in qualche modo ambigua circa le determinazioni relative alla realizzazione di un'opera, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, inutile e faraonica come quella del ponte sullo Stretto di Messina;
una cosa è promuovere a livello nazionale e comunitario la realizzazione del corridoio 1 per finanziare l'alta capacità ferroviaria in Campania e in Calabria, l'ammodernamento delle ferrovie tra le aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo e sviluppare l'hub portuale di Palermo, altra cosa è puntare alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina per risolvere il gap infrastrutturale del Mezzogiorno;
il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Castelli, in data 1o ottobre 2011, ha dichiarato alla stampa nazionale, in esito al citato incontro tenutosi a Bruxelles in data 30 settembre 2011, che il progetto del ponte sullo Stretto può essere finanziato dall'Europa anche al di fuori del Corridoio 1 Berlino-Palermo;
in data 27 ottobre 2011 la Camera dei deputati ha approvato, con il parere favorevole del Governo Berlusconi pro tempore, la mozione n. 1-00713 ove si chiedeva espressamente di assumere iniziative volte a reperire le risorse economiche necessarie per finanziare il trasporto pubblico locale, anche eventualmente ricorrendo alla soppressione dei finanziamenti che il Governo ha previsto, sino ad oggi, per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni iniziativa di competenza presso le autorità europee volta ad assegnare massima priorità allo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno nell'ambito dei corridoi paneuropei, scongiurando in ogni caso l'effettivo rischio di marginalizzazione di alcune regioni del Sud che comprendono la Campania meridionale, la Basilicata, la Sicilia e la Calabria, abitate attualmente da ben 10 milioni di persone;
a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta a realizzare in tale quadro l'alta capacità ferroviaria nelle predette regioni del Sud, anche in considerazione dei numerosi interventi infrastrutturali già realizzati a partire dal 2004, tra cui la linea alta velocità Napoli-Battipaglia, o gli interventi per la realizzazione dell'alta velocità sulla linea Salerno-Reggio Calabria, o ancora le opere ferroviarie in fase di realizzazione in Sicilia (raddoppio della linea Messina-Palermo e della linea Messina-Catania-Siracusa);
a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta ad assicurare lo sviluppo infrastrutturale dei porti e delle piastre logistiche del Mezzogiorno e in particolare della regione Sicilia, funzionali tra l'altro alla realizzazione delle autostrade del mare e al sostegno ai crescenti traffici internazionali verso l'estremo Oriente;
ad escludere in modo chiaro ed inoppugnabile l'intenzione dell'attuale Governo di promuovere la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e, comunque, ad assumere una posizione definitiva in merito.
(1-00807)
«Donadi, Borghesi, Evangelisti, Di Pietro, Leoluca Orlando, Messina, Monai, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».
(16 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

La Camera,
premesso che:
tra il 2002 e il 2003 il Gruppo di alto livello istituto dalla Commissione europea identifica una lista di progetti importanti per la coesione territoriale, economica e sociale e, tra questi, inserisce il corridoio 1 Berlino-Palermo, che connette importanti nodi europei lungo la direttrice nord-sud ed assume un ruolo fondamentale per le comunicazioni con l'Europa centrale ed orientale, interessando ampiamente il territorio nazionale nella sua completa nord-sud, considerando preminente il collegamento con il Mezzogiorno del Paese lungo la dorsale tirrenica e le isole;
nella fase di predisposizione e presentazione del progetto di bilancio comunitario per il 2020 l'Unione europea ha proposto di ripercorrere l'iter in corso per modificare la rete transeuropea dei trasporti, dirottando il corridoio 1 dal naturale percorso attraverso la Calabria e la Sicilia per raggiungere, invece, Malta dall'Adriatico con il potenziamento delle autostrade del mare che collegano la Puglia e il suo porto principale, Bari, a Malta;
il documento elaborato dalla Commissione europea nel finanziare i TEN-T per gli anni 2014-2020, quindi, propone di cancellare il vecchio cosiddetto «corridoio 1» Berlino-Palermo con il «corridoio 5» Helsinki-La Valletta, rivedendo il tracciato che, al raggiungimento da Napoli, virerebbe, quindi, verso Bari da cui, di conseguenza, dovrebbe partire un servizio di navi traghetto per Malta;
la decisione sul nuovo percorso del corridoio 1 non è solo di rilevanza europea, ma ha un immediato risvolto a livello nazionale con ripercussioni gravi che riguardano il piano nazionale dei trasporti; la rivisitazione del tracciato, infatti, così come prospettata provocherebbe un durissimo colpo allo sviluppo infrastrutturale di tutto il Mezzogiorno, isolandolo di fatto dall'Europa;
il Mezzogiorno del Paese, infatti, oltre a non ricevere più ossigeno per dar luogo ad un necessario ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie sarebbe tagliato fuori completamente dall'asse virtuoso delle merci e dei passeggeri, incrementando ancora di più il divario rispetto al resto del Paese e delle altre aree europee interessate, mettendo definitivamente in ginocchio un sistema economico già gravato da gravissime carenze infrastrutturali oltreché commerciali e occupazionali;
l'Italia, anche se indietro con le previsioni iniziali, ha già investito parecchie centinaia di milioni di euro per mettere in atto un programma di interventi mirati alla realizzazione della parte meridionale del progetto prioritario europeo corridoio 1, con specifico riferimento alla rete ferroviaria;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato, presso le competenti istituzioni europee, la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile. In questo ambito, è stata altresì rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo siciliano all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta;
le motivazioni presentate sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione; infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio, oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio calabrese e siciliano, per consentire di servire i principali nodi urbani calabresi dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Gioia Tauro, Messina, Catania, Augusta e Palermo;
nel progetto iniziale veniva assegnata, inoltre, anche una certa rilevanza all'allargamento della capacità commerciale nell'intero bacino mediterraneo con il potenziamento delle linee di collegamento marittimo tra l'Italia, la Francia e le coste iberiche, coinvolgendo la Sardegna in modo da non isolarla dalle direttrici dei traffici; ad oggi, però, non si fa più menzione di questo aspetto e nessun passo formale è stato svolto in tal senso, provocando un ritardo non da meno alle potenzialità di sviluppo infrastrutturale dell'area sarda;
a questo quadro molto preoccupante che si configura per il Meridione d'Italia, che già vanta un rilevante gap infrastrutturale con il resto del Paese e dell'Europa, c'è da aggiungere il richiamo al persistente e costante ridimensionamento del servizio di trasporto ferroviario operato da Ferrovie dello Stato che, insieme all'arretratezza dei servizi navali, alla mancanza di miglioramento e potenziamento delle reti, nonché alla non meno importante dismissione di attività ferroviarie e di strutture operanti nel territorio e alla mancanza di investimenti rivolti a politiche di rilancio, sviluppo e modernizzazione delle reti ferroviarie e navali, incide ancor di più sulla competitività e sullo sviluppo del meridione del nostro Paese;
si riscontra, infatti, nel piano industriale di Trenitalia - Ferrovie dello Stato, l'assenza assoluta di risorse da destinare allo sviluppo e all'ammodernamento della rete ferroviaria riferita al meridione d'Italia, Calabria, Sicilia e Sardegna in particolare, a fronte invece di un impegno più cospicuo da indirizzare per il potenziamento dell'alta velocità nella direttrice nord;
sono sempre più numerosi i disagi e i disservizi, non degni di un Paese occidentale, denunciati da milioni di cittadini meridionali, che ogni giorno necessitano dell'utilizzo dei mezzi di trasporto per raggiungere il proprio posto di lavoro, di studio o i luoghi di interesse sociale diffusi nel territorio e l'attuale assenza di risorse finanziarie adeguate per il settore dei trasporti e della circolazione colpisce, in particolar modo, le fasce meno abbienti della popolazione;
l'insufficiente erogazione di fondi al comparto del trasporto su ferro penalizza investimenti in funzione dell'adeguamento tecnologico del materiale rotabile e delle vetture e delle misure volte alla sicurezza e alla manutenzione degli stessi, nonché al rispetto dei parametri ambientali a fronte, invece, delle realtà dei maggiori Paesi europei (Francia e Germania tra tutti) che hanno concluso accordi-quadro con l'industria nazionale per svariati miliardi di euro,

impegna il Governo:

a farsi promotore, presso le competenti sedi dell'Unione europea, affinché la realizzazione del corridoio TEN-T 1 Berlino-Palermo venga garantito nella sua previsione iniziale mantenendo il coinvolgimento della direttrice interessata alle regioni del sud Italia e delle isole maggiori;
a farsi promotore per l'inserimento nel piano TEN-T 1 corridoio Berlino-Palermo della previsione di potenziare le direttrici commerciali navali da e verso il Mediterraneo occidentale, coinvolgendo così anche i porti e le piattaforme logistiche nella regione Sardegna;
a prevedere urgentemente un nuovo piano industriale, concordato con Ferrovie dello Stato, che impegni risorse finanziarie adeguate per realizzare i necessari investimenti nel settore del trasporto ferroviario, finalizzato al potenziamento della rete ferroviaria e del miglioramento dei servizi nella direttrice nord-sud, al fine di garantire ai cittadini, in particolare nel Mezzogiorno del Paese, un'adeguata offerta del servizio e il mantenimento di elevati standard di qualità ed efficienza pari a quelli del resto del Paese e degli altri Paesi europei;
ad assumere immediate iniziative volte a garantire l'innalzamento degli standard qualitativi e di dignità per il servizio ferroviario nelle regioni del Sud e nelle isole maggiori.
(1-00812)
«Galletti, Mereu, Compagnon, Bonciani, Tassone, Ciccanti, Naro, Volontè».
(16 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea è stata impegnata negli scorsi mesi a definire i «corridoi» della rete di trasporto europea;
la creazione di una rete transeuropea di trasporto capace di essere sistema e di mettere in connessione tutti gli Stati europei, in relazione sia al trasporto merci che alla mobilità delle persone, rappresenta un elemento strategico che va sostenuto e ulteriormente aggiornato;
la garanzia di un sistema integrato a livello europeo di mobilità per i passeggeri e di trasporto merci deve sussistere unitariamente su tutto il territorio europeo e, in particolare, in Italia attraverso la creazione di una rete di trasporto che sia efficiente ed efficace a partire dalle regioni del Meridione; questo può derivare solo dalla contestualità della realizzazione dei corridoi di collegamento con gli altri Paesi europei previsti in Italia e non dalla modifica contingente degli stessi; in tale contesto i corridoi che interessano l'Italia rappresentano l'occasione per l'affermazione di una politica dei trasporti strategica che va colta, sostenuta e migliorata, la sola che può ridurre il gap ed il deficit nel trasporto di persone e merci tra il Nord e il Sud, la sola politica di effettiva continuità territoriale;
il corridoio 5, così come proposto dalla Commissione europea, rappresenta una decisione grave, in quanto di fatto crea una deviazione forzosa rispetto all'ex corridoio 1 Berlino-Palermo; in questo modo l'intero Meridione e la Sicilia sono esclusi dal trasporto integrato di merci e delle persone, con una visione della politica dei trasporti che tende a mantenere il Sud e la Sicilia ai margini o esclusi dalla rete non solo europea ma anche nazionale;
nella comunicazione COM(2011)500 la scelta di marginalizzare il Sud e la Sicilia da parte della Commissione europea si evince dal fatto che le tratte oggetto di finanziamento da qui al 2020 per l'Italia meridionale sarebbero solo quelle derivanti da quanto previsto dal corridoio 5;
l'abolizione, o anche la sola proroga nel tempo, del corridoio 1 Berlino-Palermo è non solo un atto ingiustificato nei confronti del Sud d'Italia, ma avrebbe conseguenze disastrose soprattutto sul piano dei treni veloci, in quanto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, autorizzerebbe implicitamente Ferrovie dello Stato italiane spa a disinteressarsi, cosa che già abbondantemente fanno, dell'alta velocità/capacità da Salerno alla Sicilia, per la quale al momento sussiste solo un progetto di massima e non c'è nessuna risorsa allocata;
si è sostenuto che dei lavori per l'alta velocità/capacità al Sud e fino in Sicilia si sarebbe parlato solo a partire dal 2025 e questo significa che i lavori non sarebbero portati a termine prima della metà del secolo, una scelta di pura miopia;
è, altresì, evidente che, nel contesto di quanto affermato in precedenza, il corridoio Berlino-Palermo e il corridoio Baltico-Adriatico non vanno visti in maniera alternativa ma integrata, rappresentando entrambi un'occasione strategica nello sviluppo del Mezzogiorno, ma solo se vengono realizzati contestualmente e non diventano uno alternativo dell'altro;
appare, altresì, evidente che se l'Unione europea abbandona il Mezzogiorno del nostro Paese non ci sarà nessuna accelerazione, né per quanto riguarda i progetti, né tantomeno per quanto riguarda lo stanziamento di risorse;
l'eventuale cancellazione del corridoio Berlino-Palermo sicuramente significherebbe anche il «deperimento» dei programmi di trasformazione del porto di Augusta in hub, in quanto, anche ove le navi portacontainer potessero attraccare, non ci sarebbero linee veloci di treni per portare le merci al Nord;
nel porto di Augusta (Siracusa), il più vicino dei porti del Mezzogiorno al Canale di Suez e lungo la rotta per l'Atlantico, sono programmati importanti interventi infrastrutturali attraverso lo sviluppo e l'ampliamento di banchine e piazzali; si tratta di interventi che una volta portati a termine potranno dare al porto di Augusta una nuova dimensione e prospettive di sviluppo interessanti, a maggior ragione se questo si integra con l'avvio e il completamento della rete prevista dal corridoio 1 Berlino-Palermo;
in particolare, l'esclusione dal piano europeo 2014-2020 del corridoio 1 farebbe venire meno i finanziamenti relativi ai lavori per il potenziamento del porto di Augusta;
il superamento del corridoio Berlino-Palermo, se questo non fosse definito una priorità nell'agenda dell'Unione europea, significherebbe per il Sud e, in particolare, per la Sicilia negare semplicemente il futuro,

impegna il Governo:

ad attivarsi immediatamente nei confronti dell'Unione europea affinché la realizzazione del corridoio Berlino-Palermo sia prioritaria e questa opera entri di diritto nelle «Tratte da finanziare fino al 2020»;
a garantire i finanziamenti, e la loro continuità, relativi sia all'ampliamento di banchine e piazzali che alla bonifica del porto di Augusta;
ad assumere un'energica iniziativa nei confronti di Ferrovie dello Stato italiane spa affinché ai cittadini del Mezzogiorno e, in particolare, della Sicilia siano garantiti servizi di trasporto per passeggeri e merci efficaci ed efficienti e affinché sia abbandonata quella che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo una politica di disimpegno da parte di Ferrovie dello Stato italiane spa nei confronti del Sud e, in particolare, della Sicilia, garantendo quella continuità territoriale che è condizione imprescindibile per un reale sviluppo economico e per l'azzeramento del deficit infrastrutturale con il Nord del Paese;
ad attivarsi concretamente affinché, sia con finanziamenti nazionali che con finanziamenti provenienti dall'Unione europea, il ponte sullo Stretto di Messina resti tra le grandi opere strategiche da realizzare, in quanto essenziale anche per il completamento del corridoio Berlino-Palermo.
(1-00813)
«Moffa, Gianni, Pionati, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pisacane, Polidori, Razzi, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».
(16 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

MOZIONI BINETTI ED ALTRI N. 1-00780, LAURA MOLTENI ED ALTRI N. 1-00808 E MIOTTO ED ALTRI N. 1-00809 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI MALATTIE RARE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di alcun tipo, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, limitano l'eguaglianza dei cittadini per varie ragioni, comprese quelle che riguardano la loro salute (uguaglianza sostanziale, comma 2);
in tal modo la Costituzione sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità», intendendo la dignità umana come fondamento costituzionale di tutti i diritti collegati allo sviluppo della persona, principio cardine dell'ordinamento democratico, su cui si fonda il valore di ogni essere umano;
a tale riguardo è d'obbligo precisare che il bene «salute» è tutelato dall'articolo 32, primo comma, della Costituzione, non solo come diritto fondamentale dell'individuo, ma anche come interesse della collettività, per questo richiede piena ed esaustiva tutela in quanto diritto primario ed assoluto pienamente operante anche nei rapporti tra privati. Tale tutela è garantita attraverso il servizio sanitario (istituito e disciplinato dalla legge n. 833 del 1978 e dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni). La possibilità di accedere a cure sanitarie adeguate è uno degli elementi principali che contribuiscono alla realizzazione del diritto alla tutela della salute, riconosciuto a ciascun individuo;
al di là delle mere affermazioni di principio, appare evidente che occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, territoriale ed economica esistenti. Tale criticità appare maggiormente complessa se applicata al contesto delle malattie rare. Le «malattie rare» sono patologie debilitanti e fortemente invalidanti, potenzialmente letali, caratterizzate da bassa prevalenza ed elevato grado di complessità, in gran parte di origine genetica, circa nell'80 per cento dei casi, mentre per il restante 20 per cento dei casi sono acquisite e comprendono anche forme tumorali rare, malattie autoimmuni, patologie di origine infettiva o tossica;
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e precedenti normative, sono considerate rare quelle patologie «la cui prevalenza non è superiore a 5 su 10.000 abitanti». In Italia si calcola una stima approssimativa di circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica. Se si raffronta questo dato con quello dei 27 Stati membri dell'Unione europea si nota che per ciascuna popolazione ci sono 246.000 malati. Oggi, nell'Unione europea, le 5.000-8.000 malattie rare esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone;
l'arbitraria definizione di «rara» non ha favorito il processo di ricerca e di attenzione sulle cause di tali patologie, frenando gli investimenti sia in campo diagnostico che terapeutico, per cui se da un lato sono pochi i centri in cui è possibile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta, è complessivamente scarsa anche la ricerca per la produzione di nuove molecole, con conseguenti ritardi nella diagnosi e nelle cure;
il decreto del Ministro della sanità del 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie») reca, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal Servizio sanitario nazionale;
l'articolo 8 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevede testualmente che «i contenuti del presente regolamento sono aggiornati, con cadenza almeno triennale, con riferimento all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni»;
nonostante le previsioni di cui sopra, non si è proceduto ad alcun aggiornamento, sebbene il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008, mai entrato in vigore, recasse, all'allegato 7, un aggiornamento delle malattie riconosciute come rare, integrando e sostituendo l'allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001; l'allegato 7 al decreto rappresenterebbe, dunque, l'unico documento ufficiale, con i limiti evidenti conseguenti dall'emergere, nel tempo, di nuove patologie, prima sconosciute. Esso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, indicherebbe in 109 le patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare; queste 109 patologie però non sono mai state realmente incluse negli elenchi ufficiali e i pazienti che ne sono affetti non godono di nessuno dei benefici previsti;
contemporaneamente all'azione mirata dell'Unione europea, anche l'Italia, a partire dal 1999, ha identificato nelle malattie rare un'area di priorità in sanità pubblica, ha esplicitato priorità ed obiettivi da raggiungere ed è intervenuta con un provvedimento specifico, il decreto ministeriale n. n. 279 del 2001. Le regioni italiane, trasferita loro la competenza in tema di programmazione ed organizzazione sanitaria, hanno preso in carico l'applicazione della normativa nazionale. Nell'attuale negativa congiuntura economica, occorre tener conto anche del cambiamento radicale del Sistema sanitario nazionale, provocato dal passaggio di competenze in materia sanitaria dallo Stato alle regioni, dovuto alla modifica del titolo V, parte seconda, della Costituzione. Di fatto, si sono creati 21 sistemi sanitari regionali, molto diversi tra di loro per quanto riguarda sia le politiche fiscali che la disponibilità di bilancio, pur rimanendo identica la ratio che li ha generati. La diversa disponibilità e, quindi, la diversa accessibilità ai fondi regionali, si tramuta, inevitabilmente, in difformità nell'accesso alle opportunità di cura e in disparità di trattamento per i pazienti, sulla base della semplice appartenenza regionale sul territorio nazionale;
è necessario che il sistema mantenga un corretto equilibrio tra le autonomie locali ed il livello centrale. L'obiettivo dell'uniformità qualitativa e quantitativa dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria necessita della previsione di linee guida e direttive in tale ambito, che siano sufficientemente omogenee e capaci di coniugare il rispetto delle specificità locali e le esigenze di razionalizzazione del sistema sanitario con il diritto di accesso alle cure;
ad oggi in Italia, nonostante un accordo Stato-regioni datato 8 luglio 2010, che prevede una quota vincolata di 20.000.000 di euro per progetti relativi alle malattie rare e ripartita in base alla popolazione di riferimento, non esiste una normativa adeguata a sostegno dei malati e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di carattere economico-assistenziale, avuto particolare riguardo a ciò che concerne la terapia domiciliare; a ciò va a sommarsi la grave carenza di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie;
tutte le associazioni di pazienti affetti da malattie rare sostengono con energia come il nostro Paese debba allinearsi il più rapidamente possibile alle procedure che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini, affetti da malattie rare, un accesso tempestivo alle terapie innovative;
in Francia, in particolare, è stato adottato da tempo un piano nazionale per le malattie rare e già dal 1994 è in vigore l'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (atu), con lo scopo di garantire l'accesso alle cure da parte dei pazienti e l'utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio, purché il farmaco sia in fase di sviluppo avanzato e non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco regolarmente autorizzato (ad esempio, prodotti che abbiano profili di sicurezza già accertati o un documento di autorizzazione di immissione sul mercato in fase di stesura o in corso di registrazione);
lo schema dell'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci, applicato alle medicine destinate alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici ed all'ottenimento dell'autorizzazione alla commercializzazione;
in Italia, l'inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri e nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali spesso ritarda ulteriormente l'accesso alla terapia da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Le amministrazioni regionali non differenziano i farmaci orfani all'interno delle loro delibere attuative e di indirizzo, creando così ulteriori difficoltà (quali limitazioni nella dispensazione del medicinale e non solo della prescrizione) ai pochi, talvolta addirittura unici, centri di riferimento regionali;
il regolamento (CE) n. 141/2000 stabilisce i criteri per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani nell'Unione europea e prevede incentivi per stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare; con determinazione del 20 marzo 2008, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha stabilito le «Linee guida per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci»;
l'associazione culturale «Giuseppe Dossetti: I Valori-Sviluppo e Tutela dei Diritti» da oltre dieci anni si batte per ottenere una legislazione adeguata, che dia, a tutti i pazienti, le stesse possibilità di diagnosi, cura, assistenza e che incentivi la ricerca e la produzione di farmaci. L'associazione, che esplica la sua attività anche attraverso l'Osservatorio di tutela civica dei diritti, chiede da tempo che vengano adottate le misure legislative necessarie per incentivare e promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei medicinali cosiddetti «orfani», ossia di tutti quei medicinali destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una malattia considerata, in base ai dettami dell'Unione europea «rara»,

impegna il Governo:

a verificare in che modo e fino a che punto i bisogni di salute di questi pazienti vengano attualmente soddisfatti, tenendo conto che, in questo particolare momento di risanamento economico del Paese, esiste una categoria di cittadini già gravemente penalizzata, sulla quale si chiede di non incidere ulteriormente;
a istituire a livello nazionale e a promuovere l'istituzione in ambito regionale dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da fare chiarezza sulle cifre reali dei pazienti che ne sono affetti, consentendo l'utilizzo mirato delle risorse pubbliche;
a dare una definizione tempestiva delle «malattie rare» da includere nell'elenco delle patologie da sottoporre a screening neonatale obbligatorio, posto che la diagnosi neonatale consentirebbe, infatti, di tutelare la vita dei bambini affetti da queste patologie, consentendo di iniziare precocemente la terapia opportuna, prima che i danni diventino irrimediabili;
a istituire il Comitato nazionale delle malattie rare, presso il Ministero della salute, tenendo conto nella composizione dei rappresentanti delle regioni, dell'Istituto superiore di sanità e delle associazioni di tutela dei malati, nonché dei rappresentanti dei Ministeri competenti in merito (Ministero della salute, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero del lavoro e delle politiche sociali);
a emanare urgentemente un provvedimento di aggiornamento dell'elenco delle malattie rare attraverso l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza delle 109 patologie rare indicate nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 2008, mai entrato in vigore;
ad assumere iniziative dirette ad ampliare la copertura finanziaria della legge n. 648 del 1996 al fine di permettere un più ampio e veloce accesso a cure innovative, non ancora approvate in Italia;
ad attuare ogni disposizione normativa atta a rendere vincolante la valutazione dell'Ema, (European Medicines Agency), in tutti gli Stati europei, in quanto la ratio della norma prevede, nello specifico, che il farmaco, che ha già ricevuto dall'Ema la qualifica di «medicinale orfano», possa automaticamente beneficiare di una procedura accelerata di autorizzazione sulla base della valutazione dei soli dati a supporto della sicurezza del principio attivo, prescindendo dalle complesse valutazioni dell'efficacia, che non si conciliano con le particolarità delle malattie orfane e nel rispetto della speranza/diritto del paziente a beneficiare di un trattamento senza dover aspettare la conclusione dei normali procedimenti autorizzativi, prescindendo cioè dalla valutazione discrezionale circa l'esistenza di un major public health need;
ad assumere iniziative normative che consentano di assicurare ai farmaci orfani, sul modello vigente negli Usa: l'esenzione dei diritti da versare per l'immissione in commercio; una procedura di registrazione accelerata; un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sperimentazione clinica; un periodo di esclusività di mercato di sette anni;
ad istituire un tavolo di lavoro e concertazione permanente con tutti gli stakeholder, che verrà consultato con cadenza bimestrale, al fine di intraprendere le azioni necessarie a colmare le carenze legislative ancora riscontrabili in tema di malattie rare e monitorare le azioni intraprese in tale ambito.
(1-00780)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Delfino, Adornato, Enzo Carra, Pezzotta, Ria, Mereu, D'Ippolito Vitale, Rao, Mondello, Mosella, Bossa, Zinzi, Poli, Porcu, Iannuzzi, Zazzera, Palomba, Sbrollini, Verini, Di Biagio, De Nichilo Rizzoli, Di Virgilio, Vella, Barani, Di Caterina, Mario Pepe (PD), Compagnon, Garofalo, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Palagiano».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge;
l'articolo 32 della Costituzione sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti;
l'Organizzazione mondiale della sanità riconosce la salute quale diritto fondamentale dell'uomo e il godimento del miglior stato di salute raggiungibile come uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano;
in data 11 novembre 2008 la Commissione europea ha adottato la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «malattie rare: una sfida per l'Europa» (COM 2008/679), al fine di stabilire una strategia comune per affrontare le malattie rare sulle base delle migliori pratiche esistenti;
il regolamento (CE) n. 141/2000 considera «malattie rare» quelle patologie che colpiscono cinque soggetti su diecimila;
in Europa i soggetti colpiti da malattie rare sono circa 24 milioni e in Italia oltre 2 milioni, soprattutto in età infantile;
trattasi per l'80 per cento di malattie di origine genetica e per il restante 20 per cento di malattie acquisite;
le malattie rare sono anche definite «malattie orfane», in quanto prive di adeguate attività di ricerca e di interesse da parte del mercato e delle politiche di sanità pubblica; di conseguenza, si considerano «orfani», ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000, i farmaci innovativi per contrastare le malattie rare, ancora scarsamente commercializzati a causa dei costi eccessivi;
il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie»), contiene, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal servizio sanitario nazionale (per le quali è prevista l'esenzione dai costi delle relative prestazioni sanitarie) e prevede che tale elenco sia aggiornato almeno ogni tre anni;
non è stato ancora approntato alcun aggiornamento dell'elenco sopra menzionato, nonostante l'emersione di nuove patologie (risultano ad oggi individuate circa 109 patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare, di fatto mai incluse negli elenchi ufficiali);
sino ad oggi sono stati depositati in Parlamento 31 disegni e progetti di legge in materia, per nessuno dei quali è stato sino ad oggi concluso l'esame parlamentare;
le malattie rare costituiscono un grave problema sociale ed assistenziale, poiché sono caratterizzate da difficoltà diagnostiche e necessitano della sperimentazione di nuovi farmaci attraverso l'impiego di metodologie avanzate; esse sono, inoltre, malattie per la gran parte genetiche, croniche e invalidanti;
gli alti costi per la ricerca, la sperimentazione e la commercializzazione dei «farmaci orfani», non sono sopportabili dalle industrie farmaceutiche e la scarsità di investimenti pubblici nella ricerca e nella sperimentazione non favorisce l'azione di contrasto alle suddette patologie, determinando, di conseguenza, alti costi sanitari e socio-assistenziali;
attualmente, in Italia, il servizio sanitario nazionale riconosce l'esenzione per l'acquisto solo di determinati farmaci, vista la difficoltà riscontrata nella classificazione di queste malattie, con conseguente aggravio per le famiglie dei pazienti, che spesso non possiedono le necessarie risorse finanziarie e nemmeno possono usufruire di specifiche strutture sanitarie,

impegna il Governo:

ad adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido svolgimento dell'esame parlamentare del testo unificato in materia di malattie rare;
a modificare il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, prevedendo l'aggiornamento annuale dell'allegato n. 1, contenente l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo sanitario, con l'inserimento in esso di tutte le patologie fino ad ora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008;
a tenere conto, nell'aggiornamento del predetto elenco, del fatto che le esenzioni e l'introduzione nei livelli essenziali di assistenza delle patologie emergenti debbano essere valutate anche in relazione alla gravità ed alla permanenza nel tempo delle eventuali invalidità derivanti da tali malattie e non solo in relazione all'attuale raggruppamento in base agli apparati e/o sistemi metabolici colpiti;
ad istituire a livello nazionale e a promuovere l'istituzione a livello regionale dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da garantire il monitoraggio dei pazienti che ne sono affetti, consentendo un utilizzo mirato delle risorse pubbliche;
ad adottare, d'intesa con le regioni, un piano strategico per le malattie rare, finalizzato ad assicurare un equo accesso ai servizi socio-sanitari presenti sul territorio nazionale ed improntato alla prevenzione, diagnosi tempestiva, monitoraggio, trattamento, assistenza, riabilitazione e assistenza protesica a tutti i pazienti affetti da tali patologie, nonché la necessaria assistenza alle famiglie in cui sono presenti uno o più malati rari, migliorando la qualità della vita delle persone affette da tali patologie e delle loro famiglie;
ad assumere iniziative per permettere un più ampio e veloce accesso alle cure innovative, non ancora introdotte in Italia, attraverso una normativa che preveda l'autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l'accesso ai farmaci orfani, sul modello francese;
ad assumere iniziative volte a prevedere, in materia di prescrizioni farmaceutiche relative ad una malattia rara, che il numero di pezzi prescrivibili per ricetta possa essere superiore a tre e la distribuzione sia riservata ai centri e/o ospedali individuati in apposito elenco o previo accordo per la distribuzione con le farmacie di supporto;
a favorire lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, in particolare attraverso la predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica attraverso un apposito piano di incentivi alla ricerca;
ad adottare iniziative per recepire le raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea in forma tempestiva, partendo dall'istituzione di un fondo ad hoc per garantire che i farmaci «orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «C» indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente, tramite l'inserimento, in modo omogeneo in tutti i prontuari regionali, in tempi prestabiliti, una volta ottenuta l'autorizzazione alla commercializzazione;
a promuovere una revisione delle disposizioni riguardanti i farmaci previste dall'articolo 17, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», al fine di prevedere, nell'ambito del regolamento ivi richiamato, un regime applicativo particolare per i farmaci orfani;
ad individuare, d'intesa con la Conferenza unificata, per ogni malattia rara almeno un centro di riferimento nazionale a cui indirizzare la maggior parte dei finanziamenti destinati allo studio, alla diagnosi ed alla terapia di tale patologia, al fine di ottimizzare al massimo la possibilità di ottenere risultati sia da un punto di vista terapeutico che della ricerca.
(1-00808)
«Laura Molteni, Martini, Rondini, Fava, Fabi, Fugatti, Torazzi, Fedriga, Desiderati, Maggioni».
(16 gennaio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

La Camera,
premesso che:
nonostante nel corso degli ultimi venti anni la ricerca scientifica abbia compiuto notevoli progressi, vi sono ancora moltissimi stati patologici non adeguatamente conosciuti e non ancora classificati, moltissime malattie per le quali non sono possibili né sussidi diagnostici, né adeguate forme di prevenzione, né terapie, ed altre ancora che colpiscono un numero relativamente basso di persone, le cosiddette malattie rare;
il numero delle malattie rare è stimato dall'Organizzazione mondiale della sanità intorno a 5.000, l'80 per cento delle quali di origine genetica, anche se il manifestarsi delle patologie e la loro concentrazione cambiano a seconda dei Paesi interessati e il Parlamento europeo ha definito un limite di prevalenza non superiore a cinque casi per ogni 10.000 abitanti degli Stati membri dell'Unione europea;
le malattie rare talvolta sono fortemente invalidanti e chi ne è colpito spesso non riesce a sopravvivere; la definizione di «rara» non ha agevolato il processo di ricerca e di attenzione sulle cause delle malattie rare, se non da parte di centri privati, con la conseguenza non solo di non offrire al paziente cure adeguate e una diagnosi tempestiva, ma soprattutto di lasciarlo isolato nell'affrontare la propria malattia insieme alla sua famiglia;
la scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche, che scaturisce proprio dalla rarità, determina spesso lunghi tempi di latenza tra l'esordio della patologia e la diagnosi, cosa che incide negativamente sulla prognosi del paziente, ed inoltre le industrie farmaceutiche, a causa della limitatezza del mercato di riferimento, hanno scarso interesse a sviluppare la ricerca e la produzione dei cosiddetti «farmaci orfani», potenzialmente utili per tali patologie;
se la rarità incide anche sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall'esiguo numero di pazienti arruolabili nei trial clinici, dall'altra parte il ricorso a una casistica multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono essere disomogenei;
infine, la rarità della malattia fa scaturire un'altra conseguenza per la stessa, ovvero l'essere «orfana», in quanto non riceve le attenzioni e il sostegno economico-sociale adeguati;
negli ultimi anni, anche grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata avanti dalle associazioni dei pazienti, sono stati raggiunti importanti risultati per sopperire alle esigenze di coloro che sono affetti da patologie rare; con la decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del Consiglio europeo è stato adottato un programma d'azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999-2003. Sempre a livello europeo, nel 2000 è stato pubblicato il regolamento (CE) n. 141/2000 concernente i medicinali orfani con l'istituzione della procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano. Per svolgere questa attività è stato istituito, nell'ambito dell'European medicines agency (Emea), il Committee for orphan medicinal products (Comp);
diversi Stati membri hanno recepito le indicazioni dell'Unione europea, ponendo in essere una crescente attenzione e sensibilità verso tali patologie: in Francia; in particolare, da tempo è stato adottato un piano nazionale per le malattie rare ed è stato innovata la normativa riguardante l'approvvigionamento dei farmaci; in Spagna, Belgio e Romania sono state assunte iniziative in tal senso;
l'Italia è sempre stata sensibile su questo tema, non solo inserendolo tra i punti fondamentali del piano sanitario nazionale già nel triennio 1998-2000, ma anche predisponendo il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, con cui si stabiliva l'esenzione dai costi sanitari per circa 350 patologie, ed istituendo il registro nazionale delle malattie rare presso l'Istituto superiore di sanità, il quale raccoglie i dati epidemiologici forniti dai vari centri regionali, al fine di avere una visione organica delle malattie rare e di favorire, conseguentemente, la ricerca su di esse;
con il decreto ministeriale n. 279 del 2001, «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 160 del 12 luglio 2001 - supplemento ordinario n.180/L, si prevede l'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal medico curante tra quelle incluse nei livelli essenziali di assistenza secondo criteri di appropriatezza ed efficacia rispetto alle condizioni cliniche individuali e, per quanto possibile, sulla base di protocolli clinici concordati con il presidio di riferimento competente. Ai fini dell'esenzione il regolamento individua 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare;
il diritto all'esenzione è previsto anche per le prestazioni diagnostiche necessarie a confermare o escludere il sospetto diagnostico di una delle malattie rare incluse, formulato da uno specialista del servizio sanitario nazionale;
a tale proposito è opportuno segnalare che la revisione dei livelli essenziali di assistenza è ferma all'ormai lontano 2001, visto che il nuovo decreto emesso dall'allora Governo Prodi nel 2008 fu invece revocato dal successivo Governo Berlusconi, in considerazione di un rilievo mosso dalla Corte dei conti, la quale ritenne che i nuovi livelli essenziali di assistenza sarebbero costati circa 800 milioni di euro in più su base annua e tale copertura non sarebbe prevista;
la mancata revisione dei livelli essenziali di assistenza e dell'elenco delle malattie rare esentate dal pagamento del ticket, fermo a livello nazionale al 2004, comporta un grave nocumento per tutte quelle persone affette da tali malattie e costrette a pagare il ticket per potersi curare;
a partire dal 2001 le regioni hanno iniziato a individuare i presidi per l'assistenza ai pazienti affetti da malattie rare e attualmente le reti regionali sono indicate su quasi tutto il territorio nazionale;
dal luglio 2002 è stato istituito nell'ambito della Conferenza Stato-regioni un gruppo tecnico interregionale permanente, al quale partecipano il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità, il cui obiettivo è rappresentato dall'ottimizzazione del funzionamento delle reti regionali e dalla salvaguardia del principio di equità dell'assistenza per tutti i cittadini;
dal 10 maggio 2007 è stato siglato il secondo accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul riconoscimento di centri coordinamento regionali e/o interregionali, di presidi assistenziali sovraregionali per le patologie a bassa prevalenza e sull'attivazione dei registri regionali ed interregionali delle malattie rare;
si tratta certamente di primi passi significativi ma non ancora adeguati, però, a dare soluzioni concrete e definitive a problemi così rilevanti, primo fra tutti il problema che, sia a livello nazionale sia a livello regionale, i cittadini affetti da malattie rare non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste da parte del servizio sanitario nazionale per tutti gli altri pazienti ed ancora la questione della disparità di trattamento che avviene anche fra le varie regioni e persino all'interno delle medesime regioni e, addirittura, all'interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo:

a porre in essere tutte le iniziative necessarie per garantire la presa in carico dei malati affetti da malattie rare e delle loro famiglie, in particolare attraverso l'accesso alle cure e all'assistenza materiale, economica e psicologica, in modo da ottemperare alle indicazioni dell'Unione europea;
a prevedere per le persone affette da malattie rare il diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per tutte le prestazioni sanitarie, incluse nei livelli essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per la diagnosi, il trattamento, il monitoraggio dell'evoluzione della malattia rara e la prevenzione degli aggravamenti, comprese le prestazioni riabilitative e di assistenza protesica, nonché l'acquisto dei farmaci di fascia C necessari per il trattamento delle malattie rare e dei trattamenti considerati non farmacologici, quali alimenti, integratori alimentari, dispositivi medici e presidi sanitari;
ad assumere iniziative dirette ad aggiornare l'allegato n. 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, contenente l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo, con cadenza annuale e non più triennale, prevedendo l'inserimento nello stesso di altre malattie rare finora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare inserite nel suddetto elenco dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008, approvato dal Governo Prodi e successivamente ritirato per mancanza di copertura finanziaria dal Governo Berlusconi;
ad adottare iniziative che consentano l'accesso universale allo screening neonatale che sarebbe in grado di individuare precocemente nei neonati decine di malattie metaboliche ereditarie, evitando così gravissimi stati di invalidità;
ad adottare le iniziative necessarie affinché le diagnosi di malattia rara siano effettuate dai presidi della rete di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, sulla base di appositi protocolli diagnostici e affinché gli stessi presidi della rete provvedano all'emissione della relativa certificazione di malattia rara con validità illimitata nel tempo e su tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare l'erogazione a totale carico del servizio sanitario nazionale di tutte le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza;
ad adottare le iniziative necessarie per assicurare l'immediata disponibilità e gratuità delle prestazioni e l'aggiornamento dei prontuari terapeutici, prevedendo che i farmaci commercializzati in Italia che abbiano ottenuto riconoscimento di farmaco orfano dall'Agenzia europea per la valutazione dei medicinali (Emea) siano forniti gratuitamente ai soggetti portatori delle patologie, a cui la registrazione fa riferimento e che, pertanto, possano essere inseriti nel prontuario nazionale dei farmaci nelle fasce esenti da compartecipazione alla spesa;
ad adottare un piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale, finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell'informazione sulle malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell'assistenza, l'accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l'accesso ad una diagnosi tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del piano nazionale;
a rafforzare le funzioni del Centro nazionale malattie rare presso l'Istituto superiore di sanità, al fine di perfezionare il monitoraggio delle patologie e del funzionamento dei servizi, affinché sia reso omogeneo su tutto il territorio nazionale l'accesso e l'assistenza ai pazienti affetti da tali patologie;
ad assumere iniziative dirette a prevedere, in deroga alle disposizioni in materia di prescrizioni farmaceutiche per le prescrizioni relative ad una malattia rara, che il numero di pezzi prescrivibili per ricetta possa essere superiore a quelli attualmente previsti;
ad adottare le iniziative necessarie per favorire la ricerca clinica e preclinica finalizzata alla produzione dei farmaci orfani, prevedendo che ai soggetti pubblici e privati che svolgono tali attività di ricerca o che investono in progetti di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani svolti da enti di ricerca pubblici o privati si applichi un sistema di incentivi e di agevolazioni fiscali per le spese sostenute per l'avvio e la realizzazione di progetti di ricerca.
(1-00809)
«Miotto, Lenzi, Livia Turco, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Murer, Pedoto, Sarubbi, Sbrollini».
(16 gennaio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

MOZIONI REGUZZONI ED ALTRI N. 1-00803, LEOLUCA ORLANDO ED ALTRI N. 1-00805, CICCHITTO ED ALTRI N. 1-00806, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00810 E AMICI ED ALTRI N. 1-00811 SULLA COOPERAZIONE CON IL GOVERNO LIBICO PER LA GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI ORIGINATI DALLA LIBIA DURANTE IL RECENTE CONFLITTO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
a seguito degli avvenimenti in Nord Africa, iniziati nei primi mesi del 2011 che hanno sconvolto gli assetti politico-sociali dei Paesi nella fascia del Maghreb e, in particolare, del conflitto in territorio libico, si è posta l'esigenza di affrontare l'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari sul territorio del nostro Paese;
per fronteggiare questa situazione l'azione del Governo è stata tempestiva. Il 12 febbraio 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza umanitaria; quindi, il 5 aprile 2011 è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono state definite le misure umanitarie di protezione temporanea da assicurare agli immigrati, giunti dal 1o gennaio al 5 aprile 2011, di nazionalità tunisina;
il 6 aprile 2011 si è raggiunto un accordo tra Governo e regioni, al quale ha fatto seguito l'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri del 13 aprile 2011, con la quale è stato disposto che l'accoglienza dei migranti provenienti dal Nord Africa sarebbe stata affidata a tutte le regioni del Paese, attribuendo al sistema di protezione civile nazionale la pianificazione delle attività necessarie alla dislocazione nelle singole regioni dei cittadini extracomunitari in modo equilibrato, nonché l'utilizzazione del fondo di protezione civile per il reperimento delle risorse occorrenti;
nel medesimo periodo, mentre diminuivano i flussi provenienti dalla Tunisia, aumentava il numero degli stranieri provenienti dalle coste libiche. Per far fronte a questo ulteriore eccezionale afflusso il precedente Governo, oltre a garantire l'assistenza, provvedeva, da un lato, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2011 ad incentivare i rimpatri assistiti per chi volesse rientrare nel proprio Paese e, dall'altro, ad accelerare le procedure delle domande di asilo;
l'emergenza migratoria legata agli eventi nordafricani è stata successivamente prorogata a tutto il 2012 con provvedimento del 6 ottobre 2011, in tempo utile anche al fine dell'organizzazione delle attività da parte delle regioni e degli enti coinvolti nell'assistenza;
l'Italia, tra i primi Paesi ad aver riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione libico, già durante le fasi del conflitto aveva intrattenuto rapporti positivi con i rappresentanti del Governo transitorio, con una serie di incontri bilaterali tra i rispettivi Ministri degli esteri (17 giugno 2011) e dell'interno (26 luglio 2011 e 21 ottobre 2011), al centro dei quali è stata sempre posta la questione degli immigrati partiti dalle coste libiche. In particolare, il 17 giugno 2011, è stato firmato un memorandum di intesa sulla collaborazione in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, con cui il Consiglio nazionale di transizione si è impegnato a rispettare i precedenti accordi italo-libici ed a rafforzare la collaborazione bilaterale in materia di sicurezza sulla base dell'accordo italo-libico del 2000 in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata ed all'immigrazione clandestina e dei successivi protocolli in materia migratoria;
il Trattato di amicizia italo-libico del 30 agosto 2008, che costituisce il quadro normativo ed economico per tutti i bilaterali con Tripoli in materia di contrasto, gestione e rimpatrio degli immigrati, sospeso di fatto durante il conflitto, risulta essere stato ripristinato nei suoi effetti il 15 dicembre 2011, a seguito della decisione in tal senso assunta nel corso di un incontro a palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti e il Presidente libico Mustafà Abdul Jalil;
sebbene i trattati bilaterali siano stati ripristinati e possa ora riprendere l'azione di contrasto all'immigrazione dalla Libia, nulla sembra si stia facendo in tal senso. Sono stati circa 28.000 gli immigrati giunti dalla Libia nel corso del 2011. Molti di questi sono fuggiti perché hanno perso il lavoro e non avranno probabilmente diritto all'asilo, ma sono comunque assistiti dalle regioni e dai comuni. Rischia, pertanto, di crearsi un «limbo» giuridico, nel quale non è chiaro né quale sia il loro titolo di soggiorno, né quale debba essere l'obiettivo della loro permanenza nelle strutture messe a disposizione, né come e quando possano trovare una sistemazione definitiva con il rimpatrio o l'asilo. Si pone, inoltre, un notevole e ricorrente problema di rifinanziamento del fondo destinato a coprire le spese di sostentamento, che non devono in alcun modo ricadere sui già sofferenti bilanci regionali;
è fissata per il 21 gennaio 2012 una visita del Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti a Tripoli, durante la quale sono previsti gli incontri con il Presidente ad interim Jalil e con il Primo Ministro libico, nonché con il Ministro per il petrolio. Mentre da più parti si conferma che la visita avrà per oggetto la ridefinizione dei rapporti commerciali tra i due Paesi principalmente con riguardo alle fonti energetiche, nulla è stato detto riguardo al destino dei cittadini extracomunitari arrivati dalla Libia nel corso del 2011,

impegna il Governo

a risolvere, nel più breve tempo possibile, la questione delle migliaia di cittadini extracomunitari giunti in Italia durante il recente conflitto in Libia e temporaneamente presi in carico dalle diverse regioni italiane, definendone le condizioni per il rimpatrio con la controparte libica, a partire dal prossimo viaggio a Tripoli del 21 gennaio 2012 del Presidente del Consiglio dei ministri.
(1-00803)
«Reguzzoni, D'Amico, Montagnoli, Lussana, Fogliato, Fedriga, Vanalli, Fabi, Pastore, Volpi, Bragantini, Maggioni, Pini, Stucchi, Consiglio».

La Camera,
premesso che:
sin dai primi giorni del 2011, la quasi totalità dei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo è stata investita da una crisi politica, sociale ed economica che ha portato anche ad azioni violente; seppur con sostanziali differenze da Paese a Paese, significativi moti popolari, sorti dapprima in Algeria, si sono estesi in Tunisia, Marocco, Egitto, Libia, Bahrain, Yemen e Siria;
in Libia, come è noto, si è giunti drammaticamente a combattere una vera e propria guerra civile culminata con l'uccisione del colonnello Gheddafi, di componenti della sua famiglia e di esponenti politici a lui fedeli;
va sottolineato che, a seguito di tali sconvolgimenti in quell'area, da alcuni profeti di sventura, politicamente sostenitori del precedente Governo, era stato annunciato un approdo sulle coste italiane pari a un esodo biblico di migranti dal Nord Africa, che non c'è stato, almeno nelle dimensioni paventate (poche decine di migliaia di arrivi, laddove se ne annunciavano milioni);
è sempre più evidente come, per affrontare tale problema, occorra una politica europea comune;
d'altra parte, la sola riattivazione del trattato con la Libia del 2008 non appare uno strumento in grado di affrontare efficacemente la questione, tanto più in quanto fatto oggetto di forti critiche da parte delle Nazioni Unite, dell'Unhcr, dell'Unicef, di Amnesty international e di ogni organizzazione umanitaria del mondo su quasi tutto l'impianto normativo del trattato stesso, in particolare per quanto riguarda la politica relativa al controllo dei flussi migratori;
il trattato di Lisbona, in vigore da più di un anno e mezzo, pur confermando l'impegno dell'Unione europea a elaborare una politica comune per l'immigrazione, non ha peraltro assegnato all'Unione europea competenze normative sull'ingresso di migranti per motivi di lavoro, lasciando questa materia cruciale integralmente alla competenza dei singoli Stati membri;
comunque, va sottolineato che il 16 dicembre 2011, Cecilia Malmström (Commissaria europea per gli affari interni) e László Andor (Commissario europeo per l'occupazione, gli affari sociali e l'integrazione), attraverso un articolo apparso sul quotidiano Il Messaggero, hanno affermato che: «Se l'Europa vuole mantenersi forte e conservare la posizione che occupa sul mercato globale in mezzo a economie in rapida crescita come Cina e India deve fare in modo che il suo mercato del lavoro risulti più attraente per i futuri immigrati»; e ancora: «Parallelamente, dobbiamo combattere più a fondo l'immigrazione irregolare e migliorare le capacità di controllo su chi entra nel territorio europeo. Ogni Stato membro resterà ovviamente libero di definire il suo fabbisogno di lavoratori immigrati, materia in cui l'Unione europea non può né intende prendere decisioni; ma è importante poter contare su un quadro comune (...). Solo restando aperta al resto del mondo l'Unione europea può evitare di cadere nell'intolleranza, nell'immobilismo o nell'autoesaltazione. Solo un mercato del lavoro europeo aperto e competitivo può tenere testa alle sfide demografiche ed economiche che si preparano.»;
è previsto per il 21 gennaio 2012 a Tripoli un incontro ufficiale tra il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e il Presidente del Consiglio nazionale transitorio della Libia, Mustafa Abdel Jalil, sostanzialmente per la riattivazione e ridefinizione degli scambi commerciali tra i due Paesi;
inoltre, l'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, integrato con le disposizioni previste dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», stabilisce che in nessun caso può disporsi il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione,

impegna il Governo:

ad assumere, con particolare riferimento alla visita del Presidente del Consiglio dei ministri a Tripoli il 21 gennaio 2012, le necessarie iniziative sul piano politico-diplomatico volte ad assicurare la piena applicazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 6 del trattato italo-libico del 2008 e a consentire che le operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina siano pienamente conformi alle norme di diritto internazionale, in particolare per quel che concerne i richiedenti asilo, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e in linea con gli obblighi internazionali dell'Italia;
a definire gli intendimenti in merito a quanti sono dovuti scappare a seguito del conflitto libico e provvisoriamente accolti dalle varie istituzioni regionali italiane in quanto rifugiati;
a migliorare sensibilmente, in ogni caso, le condizioni dei migranti sistemati nei centri di accoglienza, nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri di accoglienza dei richiedenti asilo - oggi ridotti a veri e propri luoghi di sofferenza e di mancanza di rispetto dei diritti umani - permettendo il monitoraggio delle situazioni esistenti, non solo ai parlamentari della Repubblica ma anche a tutte le organizzazioni ed enti riconosciuti, a carattere assistenziale e umanitario, che possano portare il loro contributo agli ospiti di detti centri;
ad attivarsi nelle sedi opportune e a livello bilaterale affinché, quanto prima, la nuova dirigenza libica si adoperi per ratificare la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati;
a cooperare con gli altri Paesi dell'Unione europea per un governo europeo dei fenomeni migratori, affiancato da un nuovo modello di governance, che coinvolga tanto i Paesi di origine, quanto quelli di destinazione dei flussi migratori, promuovendo intese e forme comuni di disciplina.
(1-00805)
«Leoluca Orlando, Evangelisti, Di Pietro, Donadi, Borghesi, Di Stanislao».
(16 gennaio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

La Camera,
premesso che:
a partire dai primi mesi del 2011 i principali Paesi africani dell'area mediterranea sono stati coinvolti in uno storico rivolgimento dei propri assetti politici ed istituzionali, l'intera fascia del Maghreb è stata interessata da rivolgimenti profondi che hanno sconvolto gli equilibri interni dei principali Paesi di un'area strategica per il futuro, non solo del Mediterraneo ma dell'Europa e dell'intero pianeta;
inevitabilmente tali avvenimenti hanno posto la comunità internazionale, l'Europa e, in particolare, il nostro Paese di fronte all'esigenza di affrontare un'eccezionale migrazione di cittadini extracomunitari;
di fronte a tale situazione l'azione del Governo italiano è stata efficace e tempestiva. Il 12 febbraio 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza umanitaria; il 5 aprile 2011 è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono state definite le misure umanitarie di protezione temporanea da assicurare agli immigrati, giunti dal 1o gennaio al 5 aprile 2011, di nazionalità tunisina;
il Governo ha anche raggiunto il 6 aprile 2011 uno specifico accordo con le regioni, seguito dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 aprile 2011, con la quale è stato disposto che l'accoglienza dei migranti provenienti dal Nord Africa sarebbe stata affidata a tutte le regioni del Paese, attribuendo al sistema di protezione civile nazionale la pianificazione delle attività necessarie alla dislocazione nelle singole regioni dei cittadini extracomunitari in modo equilibrato, nonché l'utilizzazione del fondo di protezione civile per il reperimento delle risorse occorrenti;
la cronologia degli eventi ed il suo rapido susseguirsi hanno determinato una situazione in quei mesi particolarmente critica; mentre, infatti, cominciavano a diminuire i flussi provenienti dalla Tunisia, hanno cominciato ad aumentare quelli provenienti dalla Libia. Per far fronte a questo ulteriore eccezionale afflusso il precedente Governo, oltre a garantire l'assistenza, ha provveduto, da un lato, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2011 ad incentivare i rimpatri assistiti per chi volesse rientrare nel proprio Paese e, dall'altro, ad accelerare le procedure delle domande di asilo;
l'emergenza migratoria legata agli eventi nordafricani è stata successivamente prorogata a tutto il 2012 con provvedimento del 6 ottobre 2011, in tempo utile anche al fine dell'organizzazione delle attività da parte delle regioni e degli enti coinvolti nell'assistenza;
l'Italia è stato uno tra i primi Paesi ad aver riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione libico, e già durante le fasi del conflitto aveva intrattenuto rapporti positivi con i rappresentanti del Governo transitorio, con una serie di incontri bilaterali tra i rispettivi Ministri degli esteri (17 giugno 2011) e dell'interno (26 luglio 2011 e 21 ottobre 2011), al centro dei quali è stata sempre posta responsabilmente la questione degli immigrati partiti dalle coste libiche;
il 17 giugno 2011, è stato firmato un memorandum di intesa sulla collaborazione in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, con cui il Consiglio nazionale di transizione si è impegnato a rispettare i precedenti accordi italo-libici ed a rafforzare la collaborazione bilaterale in materia di sicurezza sulla base dell'accordo italo-libico del 2000 in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata ed all'immigrazione clandestina e dei successivi protocolli in materia migratoria;
il Trattato di amicizia italo-libico del 30 agosto 2008, che costituisce il quadro normativo ed economico per tutti i bilaterali con Tripoli in materia di contrasto, gestione e rimpatrio degli immigrati, sospeso di fatto durante il conflitto, risulta essere stato ripristinato nei suoi effetti il 15 dicembre 2011, a seguito della decisione in tal senso assunta nel corso di un incontro a palazzo Chigi tra il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e il Presidente libico Mustafa Abdul Jalil;
sulla base dell'applicazione dei trattati bilaterali l'azione comune per la prevenzione ed il contrasto al traffico di esseri umani è già ripresa, dal momento della definitiva liberazione della Libia, come dimostra l'azzeramento pressoché totale dei flussi di immigrati clandestini verso l'Italia;
occorre ora, con il ripristino del Trattato bilaterale di amicizia, definire con la parte libica le condizioni per il rimpatrio di coloro che sono giunti in Italia e che risulteranno, secondo le procedure italiane, privi del titolo di rifugiato, fermo restando l'obbligo dell'Italia di applicare a coloro che saranno riconosciuti come rifugiati le vigenti disposizioni nazionali e internazionali sul soggiorno e l'accoglienza;
in occasione, quindi, della visita in Libia del Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, programmata per il 21 gennaio 2011, sarà dunque necessario inserire nell'agenda dei colloqui con le autorità libiche il tema del trattamento dei migranti economici giunti in Italia e qui temporaneamente accolti;
nel quadro delle relazioni tra il nuovo regime libico ed i Paesi mediterranei, anche non europei, l'Italia ha un interesse strategico primario a mantenere la relazione privilegiata positiva che il Trattato di amicizia garantisce;
è necessario, di conseguenza, coniugare la richiesta di collaborazione nel settore del contrasto all'immigrazione con atteggiamenti pragmatici volti ad evitare rigide posizioni che si rivolgerebbero a danno dell'interesse nazionale e delle migliaia di imprese che dal Nord al Sud operano ed hanno ulteriore interesse ad operare nel nuovo contesto libico,

impegna il Governo

a definire con le autorità libiche, in riferimento a coloro cui non spetta lo status di rifugiato, modalità operative per un piano di rimpatri nel pieno rispetto dei principi europei, stabiliti nella direttiva «rimpatri», e delle convenzioni internazionali.
(1-00806)
«Cicchitto, Frattini, Biancofiore».
(16 gennaio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

La Camera,
premesso che:
l'attuazione dell'articolo 19 del Trattato di amicizia italo-libico del maggio 2009 ha comportato il respingimento dalle acque internazionali verso il territorio libico di oltre 800 cittadini stranieri, rifugiati e migranti, tra cui cittadini eritrei, sudanesi, etiopi fuggiti dai loro Paesi per motivi politici;
a seguito di tali respingimenti indiscriminati, in violazione degli obblighi internazionali e comunitari nonché della legge nazionale, queste persone sono state detenute in territorio libico in appositi centri ove venivano praticati sistematicamente tortura, trattamento inumano e stupri, come risulta da numerose testimonianze dirette, nonché da rapporti di organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani;
l'Italia rischia, per questi fatti, la condanna da parte della Corte europea per i diritti umani di Strasburgo, nella causa Hirsi e altri ancora pendente. Si tratta di un ricorso particolarmente rilevante per la questione del respingimento in altro mare, poiché i clandestini, secondo quanto esposto dai ricorrenti, sono stati salvati da una nave da guerra italiana a 35 miglia a sud di Lampedusa e ricondotti a Tripoli, senza essere informati della loro destinazione;
sempre in attuazione dell'articolo 19 del Trattato di amicizia, mentre durante tutto l'anno 2010 il Governo di Gheddafi ha impedito qualunque partenza di rifugiati dal proprio territorio verso l'Europa, nel corso del conflitto del 2011 lo stesso ha adottato, come rappresaglia contro l'Italia, la politica opposta, costringendo migliaia di rifugiati e migranti ad imbarcarsi in natanti del tutto inadeguati;
questa politica ha contribuito nel solo 2011 alla perdita di più di 2000 persone durante l'attraversamento del Canale di Sicilia;
la Libia tuttora non ha aderito, come unico Stato africano, alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati e non offre alcuna possibilità di ottenere protezione per chi è costretto a fuggire dal proprio Paese;
la Libia tuttora non conta su una legislazione che garantisce i diritti elementari dei lavoratori migranti presenti nel proprio territorio;
il Governo italiano il 15 dicembre 2011 ha ritenuto di confermare la validità del Trattato di amicizia, incluso il suo articolo 19;
nel 2011 sono stati accolti circa 28.000 stranieri provenienti da molti Paesi dell'Africa sub-sahariana, costretti a fuggire dalla Libia durante il conflitto;
la stragrande maggioranza di queste persone ha richiesto asilo in Italia e dette richieste sono attualmente all'esame delle apposite commissioni territoriali e dei tribunali;
molte di queste persone in questo periodo hanno espresso la volontà di ritornare in Libia e di riprendere le proprie attività lavorative, una volta che siano accertate le condizioni per realizzare il rientro,

impegna il Governo:

in occasione dell'incontro italo-libico previsto per il 21 gennaio 2012:
a) ad avviare una cooperazione tra i due Paesi in materia di asilo e immigrazione basata sul rispetto dei diritti umani, sul concetto di protezione internazionale e sulla gestione del fenomeno migratorio conforme agli obblighi internazionali;
b) a sollecitare il Governo libico affinché venga ratificata la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati;
c) a prevedere un programma di ritorno volontario assistito in Libia per i cittadini stranieri accolti in Italia, nonché un sistema di monitoraggio indipendente sul trattamento di queste persone dopo il loro rientro in Libia;
d) a procedere, nelle more della determinazione delle soluzioni più adatte alle circostanze individuali, all'adozione di misure di protezione temporanea per rilevanti esigenze umanitarie, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico sull'immigrazione);
a sostenere presso le sedi opportune la necessità di incrementare la cooperazione in materia di gestione dei processi migratori e di assicurare una maggior solidarietà a livello europeo per una miglior ripartizione delle responsabilità in tale ambito.
(1-00810)
«Pezzotta, Adornato, Galletti, Enzo Carra, Tassone, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro».
(16 gennaio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

La Camera,
premesso che:
il 30 agosto del 2008 è stato firmato il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Libia, poi ratificato dal Parlamento italiano con la legge 6 febbraio 2009, n. 7;
tale trattato costituiva la cornice giuridico-normativa complessiva su cui si fondavano i rapporti bilaterali con la Libia, prevedendo non solo norme relative alla chiusura del capitolo del passato coloniale e dei contenziosi, ma anche diverse disposizioni in materia di cooperazione in ambito scientifico, culturale e di collaborazione economica e industriale, energetica, nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina, nel settore della difesa, in quello della non-proliferazione e del disarmo e in ambito parlamentare e tra enti locali;
nel febbraio del 2011, a seguito del deflagrare dei noti eventi bellici e dell'adozione della prima delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite - la n. 1970, approvata all'unanimità nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 2011 - il trattato è rimasto di fatto sospeso per diversi mesi, per essere poi ripristinato nei suoi effetti il 15 dicembre del 2011, a seguito della decisione in tal senso assunta dall'attuale Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente libico Mustafa Abdul Jalil, in un incontro tenutosi a Palazzo Chigi;
non appena la sospensione degli eventi bellici lo ha permesso, l'Italia, infatti, ha immediatamente riavviato un dialogo diretto e intenso con il partner libico, come confermato anche dalla visita prevista a Tripoli per il 21 gennaio 2012 del Presidente del Consiglio dei ministri, durante la quale sarebbero stati previsti incontri con il Presidente ad interim Jalil, con il Primo ministro libico e con il Ministro del petrolio;
proprio tale incontro dovrebbe essere l'occasione per verificare e aggiornare il futuro dei rapporti non solo economici e commerciali, ma anche culturali, scientifici e in materia dei diritti umani, adeguando il quadro normativo del trattato alla nuova situazione politica intervenuta;
come è noto, inoltre, gli eventi che hanno coinvolto i Paesi del Mediterraneo negli ultimi mesi, riconducibili alla cosiddetta «Primavera araba», hanno comportato una crescente attenzione ai problemi che accompagnano i flussi migratori, riproponendo in maniera crescente all'attenzione quest'area che da sempre è considerata prioritaria nella politica estera dell'Italia;
appare, dunque, sempre più importante e centrale il ruolo dell'Italia nel bacino del Mediterraneo, che si accompagna all'esigenza evidente che il nostro Paese si renda partecipe, in quanto «strategico», nel fornire un contributo alla risoluzione dei problemi connessi ai cambiamenti nella regione, come quello dei flussi migratori, in un ambito europeo, promuovendo e rafforzando il dialogo euromediterraneo;
sulle nostre coste, in seguito ai fatti sopra esposti, si è, infatti, registrato un aumento, che era da considerare ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo del tutto prevedibile, degli sbarchi (molti dei quali, purtroppo, finiti in tragedia con centinaia e centinaia di morti in mare), in particolare a Lampedusa;
il Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, dichiarava in data 12 febbraio 2011 «lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari nel territorio nazionale»; in realtà, l'emergenza annunciata non si è rivelata delle dimensioni paventate dal Governo, cosa evidenziata anche dall'Europa, per bocca del Commissario europeo agli affari interni, in quanto l'afflusso dei cittadini stranieri nel territorio italiano si è rivelato inferiore rispetto alle cifre paventate: si è parlato di meno di 55.000 persone, in luogo del mezzo milione di migranti annunciati dalle autorità italiane;
va, inoltre, considerato che l'Italia ha recepito, con forte ritardo, la direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008, la cosiddetta direttiva rimpatri, adottata attraverso la procedura di codecisione da Parlamento e Consiglio, che mira a stabilire delle regole comuni che disciplinino la fattispecie del rimpatrio dei cittadini non comunitari;
la direttiva 2008/115/CE definisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri relativamente alle procedure di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi, il cui soggiorno risulti irregolare: tali procedure devono essere eseguite nel rispetto dei diritti fondamentali, in quanto considerati principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, e sempre nel rispetto degli obblighi previsti in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo; la direttiva chiarisce come il rimpatrio sia cosa diversa dal respingimento, quest'ultimo, infatti, avviene alle frontiere, al momento dell'accesso illegale dello straniero non comunitario nel «territorio Schengen»;
la situazione attuale, sia in termini di effettivi rimpatri, che di respingimenti e di gestione dei centri di identificazione ed espulsione, è assolutamente critica; in particolare, la situazione si è aggravata a seguito della decisione del precedente Governo di estendere da 6 a 18 mesi il periodo massimo di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione in linea, da un punto di vista meramente formale, con quanto previsto dalla direttiva: tuttavia, da un punto di vista sostanziale, la direttiva prevede che il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione debba avere durata «quanto più breve possibile» e mai oltre il termine strettamente necessario per raggiungere lo scopo dell'allontanamento. Inoltre, il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione può essere disposto solamente se, nel «caso concreto», non possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive. Il precedente Governo, nel recepire la direttiva, si è, quindi, ispirato fondamentalmente ad una logica repressiva, in contrasto con la ratio della direttiva che prevede che il trattenimento debba essere una misura residuale;
ad aggravare ulteriormente la situazione ha concorso, inoltre, la decisione, diventata operativa con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della relativa ordinanza promossa dall'allora Ministro dell'interno Roberto Maroni, di trasformare in centri di identificazione ed espulsione i centri di accoglienza per richiedenti asilo, che erano stati creati ad hoc per gestire «l'emergenza profughi» successiva agli sconvolgimenti del bacino del Mediterraneo,

impegna il Governo:

ad affrontare, in tutte le sedi utili e con tutti gli strumenti a sua disposizione, a partire dall'imminente incontro del Presidente del Consiglio dei ministri con le autorità libiche, previsto a Tripoli per il 21 gennaio 2012, il tema della gestione dei flussi migratori, con particolare riferimento ai cittadini stranieri giunti nel nostro Paese in seguito ai conflitti e alle rivolte nel bacino del Mediterraneo, nonché ad attivarsi per la definizione di regole comuni per il diritto di asilo;
a prevedere che le procedure di rimpatrio e, più in generale, le politiche di contrasto all'immigrazione irregolare vengano effettuate all'interno di un quadro complessivo di riorganizzazione della gestione del fenomeno migratorio, nel rispetto della legalità internazionale e delle normative comunitarie in materia;
a rivedere radicalmente la politica degli ultimi anni in materia di centri di identificazione ed espulsione e centri di accoglienza per richiedenti asilo, rivelatasi del tutto insufficiente anche nelle recenti circostanze, la quale, oltre a ledere profondamente i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, si sta dimostrando, oltre che decisamente fallimentare sotto il profilo dell'efficacia della gestione di un fenomeno così complesso e centrale come quello dei flussi migratori, anche profondamente lesiva dei diritti umani e sta mettendo seriamente alla prova un comparto, quello della sicurezza, già pesantemente colpito da tagli di mezzi e risorse;
a farsi promotore e ad avviare modelli efficienti di partenariato europeo con i Paesi del bacino del Mediterraneo, come Libia, Tunisia, Egitto e Marocco, volti alla gestione del fenomeno dell'immigrazione e ad una politica di contrasto dell'immigrazione irregolare che passi dalla cooperazione e dall'aiuto allo sviluppo dei Paesi partner, nonché da una regolamentazione ragionevole dei flussi regolari che tenga in considerazione anche i nuovi scenari legati alla crisi economica internazionale.
(1-00811)
«Amici, Tempestini, Maran, Livia Turco, Bressa, Zaccaria, Porta, Barbi, Bordo, Colombo, Corsini, D'Antona, Fedi, Ferrari, Fiano, Fontanelli, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Narducci, Pollastrini, Touadi, Vassallo».
(16 gennaio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).