XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 17 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):

La Camera,
premesso che:
la difficile situazione internazionale, caratterizzata da una crisi economica e monetaria che da diversi mesi coinvolge tutta l'Europa, ha determinato gravi ripercussioni anche sul nostro Paese, nel quale la restrizione economica causa un crescente stato di preoccupazione tra ampie fasce della popolazione;
alla già difficile crisi economica si affianca l'inadeguatezza dell'attuale Governo che ha incentrato la propria politica volta al contenimento del deficit solo su misure caratterizzate dall'aumento dell'imposizione fiscale in luogo della diminuzione della spesa pubblica;
le prospettive del Paese per il futuro, contrariamente ad un immotivato entusiasmo iniziale, sono oggi assolutamente negative, così come evidenziato dai principali indicatori macroeconomici che certificano una recessione economica già in atto per l'anno in corso e in chiaro peggioramento senza che le misure sin qui adottate abbiano potuto invertire il trend recessivo;
il bilancio dell'attuale Governo in materia di politiche di sviluppo economico può pertanto definirsi secondo i firmatari del presente atto di indirizzo ad oggi disastroso, e ciò si evidenzia chiaramente sia dal negativo giudizio dei mercati finanziari, sia dal recente declassamento del nostro Paese da parte delle principali agenzie di rating;
nella evidente insensibilità dell'attuale Governo rispetto alla necessità del rilancio della crescita economica del Paese, spicca a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo la sostanziale inerzia del Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, che, peraltro, assomma in sé un inedito pacchetto di competenze con la titolarità anche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
la tanto annunciata fase 2 dell'azione economica del Governo si esaurisce in alcune prospettate misure di liberalizzazione delle professioni e delle attività commerciali, che prefigurano dei vantaggi competitivi a favore solo dei grandi operatori a discapito, inevitabilmente, delle centinaia di migliaia di piccoli operatori che da sempre caratterizzano il tessuto economico del Paese e che già subiscono la difficile congiuntura;
la situazione in atto richiederebbe, proprio in ragione della sua gravità, politiche economiche in grado di tutelare i nostri produttori, di rilanciare la competitività del nostro sistema, di aumentare la produttività del lavoro, di implementare la dotazione infrastrutturale e tecnologica del Paese, mentre, al contrario, le annunciate proposte di falsa liberalizzazione produrranno effetti opposti, e cioè la marginalizzazione dei piccoli operatori economici, il consolidamento di una rete commerciale incentrata solo sulla grande distribuzione, la concorrenza al ribasso con gli operatori stranieri, l'ingresso di capitali, anche stranieri, nelle professioni e nella gestione dei servizi pubblici locali;
la totale inadeguatezza dell'attuale Ministro dello sviluppo economico, che detiene la principale competenza a farsi promotore delle misure sopra auspicate, rispetto alle sfide poste dalla situazione presente, sono certificate dalle unanimi reazioni negative delle associazioni rappresentative del mondo produttivo e delle professioni, dai tassisti ai commercialisti, dai trasportatori agli avvocati, dai benzinai ai farmacisti, dai liberi professionisti ai commercianti;
dette categorie hanno annunciato una serie di forme di protesta, a partire da quella dei taxisti, che determineranno, quasi certamente, un blocco totale del Paese e delle attività economiche con gravi ripercussioni sulla già difficile situazione in atto;

visti gli articoli 94 della Costituzione e 115 del regolamento della Camera dei deputati, esprime sfiducia al Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti Corrado Passera e lo impegna a rassegnare le dimissioni.
(1-00819)
«Reguzzoni, Bossi, Iannaccone, Lussana, Montagnoli, Fedriga, Martini, Belcastro, Lehner, D'Anna, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Alessandri, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Fogliato, Scilipoti».

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
le malattie rare rappresentano un esteso gruppo di patologie, circa 7-8 mila, che si caratterizzano per la bassa diffusione nella popolazione. Secondo la normativa europea regolamento (CE) n. 141/2000 sono definite rare quelle affezioni che colpiscono non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti;
circa l'80 per cento delle patologie in questione è di origine genetica, il restante 20 per cento deriva da diversi fattori, quali quelli ambientali ed alimentari. Oltre ad essere numerose, si presentano in modo estremamente eterogeneo per quanto riguarda l'età dell'insorgenza, l'eziopatogenesi e la sintomatologia. Data la varietà delle caratteristiche risulta, pertanto, particolarmente complesso effettuare una diagnosi tempestiva e corretta;
la bassa diffusione delle malattie rare non significa che le persone affette siano poche: in Italia se ne calcolano circa 2 milioni, di cui il 70 per cento bambini in età pediatrica;
l'Unione europea, già nel 1999, aveva qualificato le malattie rare come una priorità dell'azione comunitaria nell'ambito della sanità pubblica ed approvato la decisione n. 1295/1999/CE del 29 aprile 1999 che fissava una serie di azioni nel settore sanitario pubblico: miglioramento delle conoscenze scientifiche su tali patologie, formazione ed aggiornamento degli operatori sanitari per diagnosi più efficaci, sostegno del monitoraggio negli Stati membri;
in Italia, il piano sanitario nazionale (PSN) 1998-2000 fissava tra le sue priorità la «tutela dei soggetti affetti da malattie rare» e prevedeva tra gli interventi prioritari la realizzazione di una rete nazionale delle malattie rare;
nel maggio 2001 è stato emanato il decreto ministeriale n. 279/2001 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie» che, nell'allegato 1, include l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal Servizio sanitario nazionale;
l'articolo 8 del suddetto decreto prevede testualmente che «i contenuti del presente regolamento sono aggiornati, con cadenza almeno triennale, con riferimento all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni»;
ad oggi non risulterebbe alcun aggiornamento, nonostante il decreto del

Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008, mai entrato in vigore, recasse, nell'allegato 7, un aggiornamento della malattie riconosciute come rare a seguito dell'individuazione di altre 109 patologie ad integrazione dell'allegato 1 del decreto ministeriale 279/2001;
allo stato, pertanto, non vi è una normativa adeguata a garantire sostegno ai malati e alle loro famiglie costretti ogni giorno ad affrontare difficoltà di ordine economico e carenze assistenziali, soprattutto domiciliari; a ciò si aggiunga la mancanza di strutture e di farmaci per la cura di tali patologie;
sul punto la Francia ha adottato un piano nazionale per le malattie rare e dal 1994 è in vigore l'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci orfani che ha consentito a più di 400 prodotti farmaceutici di ottenere l'autorizzazione temporanea di utilizzo (ATU), permettendo ai pazienti di utilizzarli in media 12 mesi prima dell'ottenimento dell'autorizzazione all'immissione in commercio;
un simile sistema ATU, applicato ai farmaci destinati alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti italiani di avere a disposizione farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari per la conclusione dell'iter autorizzativo;
occorre ricordare, infatti, che in Italia la possibilità di accedere a farmaci non ancora dotati di autorizzazione all'immissione in commercio è riservata ai casi espressamente previsti dal decreto del Ministero della salute 8 maggio 2003, relativo al cosiddetto uso compassionevole, e dai decreto-legge n. 536 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 648 del 1996, relativo a misure per il contenimento della spesa farmaceutica, con la conseguenza che i suddetti farmaci possono essere somministrati ai pazienti solo in presenza di sperimentazioni cliniche in fase già avanzata;
un ruolo essenziale nel monitoraggio dell'insorgenza delle malattie rare deve essere svolto dai medici di base che rappresentano un punto qualificato di contatto tra la sanità ed i pazienti;
la ricerca scientifica può fornire un fondamentale sostegno nella lotta contro le malattie rare attraverso la scoperta di farmaci e di conoscenze utili alla cura ed alla prevenzione delle stesse,


impegna il Governo:


a procedere con urgenza all'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare di cui al decreto ministeriale n. 279 del 2001 al fine di includere le 109 patologie, già individuate dall'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008 mai entrato in vigore, nonché all'inserimento di tutte la patologie diagnosticate come rare;
ad istituire presso il Ministero della salute il Comitato nazionale delle malattie rare, coinvolgendo adeguatamente la rete informativa territoriale costituita dai medici di base, con lo scopo di assicurare il monitoraggio delle patologie sull'intero territorio nazionale;
ad incentivare la ricerca scientifica sulle malattie rare presso le università e i centri di ricerca pubblici e di attivare sinergie con enti di ricerca di altri Paesi attivi nel medesimo campo di indagine;
a promuovere nell'ambito delle proprie competenze le azioni necessarie a garantire un supporto quotidiano alle persone affette da malattie rare ed alle loro famiglie, con particolare riferimento all'assistenza domiciliare ed al sostengo psicologico degli stessi;
a favorire l'adozione di una normativa che consenta l'autorizzazione temporanea di utilizzo per agevolare l'accesso ai farmaci innovativi per la cura delle malattie rare.
(1-00814)
«Mosella, Pisicchio, Tabacci, Brugger».

La Camera,
premesso che:
un sistema di trasporti competitivo ed efficiente in grado di soddisfare le esigenze di mobilità di persone e beni in base a standard di qualità elevati è requisito fondamentale per garantire l'accessibilità dei territori periferici favorendo la coesione economica, sociale e territoriale; la costruzione di un compiuto sistema dei trasporti nel Mezzogiorno che valorizzi gli asset esistenti, colmi i deficit infrastrutturali e colga i vantaggi competitivi offerti dalla internazionalizzazione dell'economia e dei mercati, costituisce un obiettivo prioritario per lo sviluppo della macro-area meridionale italiana;
il Mezzogiorno d'Italia registra un elevato deficit nelle infrastrutture e nei servizi di trasporto e nella logistica che non gli consente di agganciare quella necessaria trasformazione economica in linea con le aree europee produttive più sviluppate: il risultato è una pesante marginalizzazione e compromissione nel suo ruolo di core network nel Mediterraneo, in quanto le scelte di mercato dei vettori internazionali si dirigono verso nodi infrastrutturali, soprattutto navali ed aeroportuali, africani e maltesi, oggi più competitivi;
nel Mezzogiorno si ha un «non sistema» dei trasporti, con strade e ferrovie non integrate ai porti agli aeroporti, con insufficienti collegamenti strategici e con l'assenza di nodi di scambio tra le principali modalità di trasporto; per questi territori la creazione di un sistema di trasporti è, quindi, la fondamentale premessa per garantire il superamento delle condizioni di perifericità territoriale ed economica e il necessario sviluppo;
in un contesto internazionale in continua evoluzione dal punto di vista delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità delle persone e delle merci, il Mezzogiorno deve individuare in tempi utili concrete strategie di posizionamento all'interno dei mercati globali; pertanto deve superare con velocità la situazione attuale di infrastrutturazione di base alquanto carente rispetto al resto del Paese che rischia seriamente di comprometterne lo sviluppo futuro;
occorre «mettere in rete» i territori meridionali tra di loro e con le altre aree del mondo, creando un tessuto locale di interconnessioni che consenta di far circolare in tempi compatibili uomini e merci, una condizione che consenta di migliorare subito la dipendenza economica delle regioni del Sud e di attrarre nuove iniziative produttive anche per lo stimolo offerto dalla domanda interna; la stessa geografia del Mezzogiorno - considerata all'interno del più ampio «sistema mediterraneo» - sollecita la creazione di un sistema integrato di porti, interporti ed aeroporti, una vera e propria infrastruttura sistemica, fortemente integrata con le grandi reti di trasporto nazionali, che consenta di superare le profonde discontinuità territoriali, la dispersione delle risorse e la fragilità dei sistemi locali al fine di agganciare le grandi potenzialità di sviluppo derivanti dall'inserimento nella rete globale di scambio commerciale dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, in termini di offerta di lavoro giovanile e risorse naturali;
sui divari infrastrutturali, studi della Svimez e della Banca d'Italia confermano i ritardi crescenti del Paese rispetto all'Europa e del Mezzogiorno rispetto al Paese, aggiungendovi ulteriori elementi di riflessione riguardanti non solo le dotazioni fisiche, ma anche la capacità di servizio delle infrastrutture, in termini di accessibilità e integrazione dei nodi e delle reti, la scarsa efficienza degli investimenti, in termini di maggiori costi realizzativi per unità di capitale fisso sociale e, in generale, il livello qualitativo e di utilizzazione da parte della domanda;
la disponibilità di infrastrutture di trasporto adeguate e di servizi utili a soddisfare le esigenze di una domanda in continua evoluzione offrirebbero al Mezzogiorno una importante opportunità di

crescita economica mediante una operatività logistica a servizio non solo dei sistema endogeno meridionale e italiano, ma principalmente quale territorio di concentrazione e smistamento di traffico lungo le direttrici dell'oriente e del Nord Africa;
al contrario oggi l'80 per cento del traffico intermodale ferroviario di container movimentato dai porti italiani è generato dai porti di Genova, La Spezia e Livorno; l'insieme dei porti del Mezzogiorno ne movimenta circa il 12 per cento; la competitività di servizi intermodali ferroviari dei porti di Gioia Tauro e Taranto, pur essendo tra i principali hub del Mediterraneo è fortemente compromessa dalle carenze e dalle restrizioni delle infrastrutture ferroviarie che ne riducono fortemente la capacità di trasporto di container marittimi e comportano un aumento del costo unitario trasportato;
al fine di promuovere la ripresa dell'economia europea, la Commissione europea nella comunicazione «Pacchetto per la crescita: integrazione delle infrastrutture europee» (COM(2011)676), ha affermato l'esigenza di investire nelle infrastrutture attribuendo un'importanza fondamentale agli investimenti per le reti transeuropee dei trasporti - reti TENT-T - indispensabili per favorire la coesione economica, sociale e territoriale nell'Unione europea e, di conseguenza, la completa integrazione del mercato unico ed il perseguimento degli obiettivi della Strategia UE 2020;
il connecting europe facility (COM(2011)665), ossia il «meccanismo per collegare l'Europa», prevede un piano di investimento nel settore dei trasporti, per il prossimo quadro finanziario relativo al periodo 2014-2020, pari a 31,7 miliardi di euro, di cui 10 miliardi provenienti dal fondo di coesione. Potranno beneficiare di tali finanziamenti i progetti destinati a sopprimere le strozzature, realizzare i collegamenti mancanti, garantire trasporti efficienti e sostenibili a lungo termine nonché favorire l'integrazione, l'interconnessione e l'interoperabilità tra le varie modalità di trasporto;
il 19 ottobre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2011)650) che segna un cambiamento di approccio nell'ambito della politica delle reti TENT-T «Linee guida per lo sviluppo delle reti transeuropee» (decisione n. 884/2004) risultato di un accordo politico raggiunto dopo lunghi negoziati dall'Italia nel suo semestre di presidenza dell'Unione europea nel 2003; in tale accordo l'Unione europea riconosceva il carattere strategico dell'Italia nell'area euro-mediterranea;
richiamandosi ai risultati della consultazione svolta sul Libro verde «Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti» (COM(2009)44), nella proposta in esame si ipotizza la realizzazione di una rete TEN-T articolata in due livelli: una rete globale, da realizzare entro il 2050 e una rete centrale a livello di Unione europea o core network, da realizzare entro il 2030 contenente i progetti strategici prioritari che contestualmente sono ridefiniti;
in particolare, la proposta della Commissione struttura il core network attorno a 10 corridoi plurimodali europei della mobilità che riconfigurano i 30 progetti prioritari individuati con la decisione n. 884/2004 prospettando uno scenario che rischia di accentuare il divario economico tra i Paesi del Centro Nord Europa e quelli mediterranei;
in particolare, sembra emergere un rischio di penalizzazione per il Mezzogiorno italiano, in quanto il nuovo corridoio Helsinky-Valletta proposto dalla Commissione sostituisce di fatto il progetto prioritario Berlino-Palermo e pur mantenendo in vita la realizzazione anche dell'asse Napoli-Palermo registra nei fatti quello spostamento di mercato e di traffici internazionali, dall'Italia meridionale verso le coste del Nord Africa e di Malta, già registrato dai vari istituti di ricerca che ne indicano la causa nelle gravi carenze delle infrastrutture di trasporto e dei servizi ad esso connessi;

appare poco condivisibile la nuova regola prevista per l'accesso al co-finanziamento dell'Unione europea delle reti TEN-T che ne regola l'attribuzione sulla base di criteri competitivi che assegnano maggiori risorse non al miglior progetto o a quello che soddisfa un maggior fabbisogno in termini infrastrutturali e sociali ma in base al principio dei «primi arrivati»;
la posizione geografica del Mezzogiorno resta, nonostante la concorrenza di altre aree del Mediterraneo, ancora quella più favorevole per gestire flussi di merci e di persone da e verso l'Europa, su scala globale, a condizione che l'infrastrutture ed i servizi connessi siano capaci di attrarre traffici internazionali offrendo condizioni efficienti e vantaggiose di lavorazione e di trasporto merci,


impegna il Governo:


con particolare riferimento al corridoio 1:
a) a promuovere la concentrazione delle risorse nazionali ed europee nelle infrastrutture di trasporti, quali i corridoi TEN-T, e sui progetti di sviluppo industriale ed economico con essi integrati, che consentano di realizzare un'effettiva riduzione, in tempi definiti, dei divari strutturali e socio economici;
b) a predisporre e ad avviare in tempi brevi un piano di sviluppo per le infrastrutture di trasporto del Mezzogiorno connesse alle reti TEN-T in cui siano esplicitati gli obiettivi, in particolare per quanto riguarda le prestazioni in termini di qualità di servizio;
c) ad agevolare, anche mediante adeguati interventi normativi, forme di finanza di progetto e di partenariato pubblico-privato, al fine di impostare un programma di priorità infrastrutturali connesso alle reti TEN-T che massimizzino l'efficacia della spesa pubblica investita;
d) ad intervenire in sede negoziale con l'Unione europea al fine di riaffermare la strategicità degli interventi che riconoscono alle aree del Mezzogiorno d'Italia centralità nell'ambito dei collegamenti e delle correnti commerciali nel Mediterraneo;
e) ad intervenire in sede di Consiglio europeo in modo tale che le azioni beneficiarie del finanziamento TEN-T non siano selezionate sulla base del principio dei «primi arrivati», ma in base al fabbisogno sociale ed economico di infrastrutture di trasporto, alla qualità del progetto e ad un opportuno criterio di diversificazione settoriale e geografica.
(1-00815)
«Meta, Laratta, Bonavitacola, Velo, Lovelli, Boffa, Cardinale, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Zampa, Laganà Fortugno, Capodicasa».

La Camera,
premesso che:
nella proposta di bilancio redatta dalla Commissione europea e presentata al Parlamento europeo il 29 giugno 2011, vengono individuate, sulla scorta delle priorità riguardanti le reti trans europee di trasporto TEN-T, le risorse finanziarie per la realizzazione dei progetti indicati;
nel documento elaborato dalla Commissione europea si ritiene di cancellare il cosiddetto «corridoio 1 Berlino-Palermo» a vantaggio del «corridoio 5 Helsinki-La Valletta»;
è di tutta evidenza che si tratta di una decisione che coinvolge fortemente il piano nazionale dei trasporti, con gravi danni per lo sviluppo infrastrutturale soprattutto nel Meridione d'Italia, che sarebbe così tagliato fuori dai collegamenti con il resto d'Europa;
la situazione dei collegamenti con il Mezzogiorno d'Italia è già deficitaria: il gruppo Ferrovie dello Stato italiane spa - dopo la soppressione, a seguito del nuovo piano industriale 2011-2015, di otto treni a lunga percorrenza, sedici tra intercity ed

espressi, la chiusura delle officine di manutenzione di Messina, Siracusa, Palermo, della sala operativa di Palermo e di tutti gli uffici collegati e la soppressione delle navi che traghettano i treni nello Stretto di Messina - persevera nella progressiva eliminazione dei treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia;
nel 2005 i treni circolanti da Nord a Sud, e viceversa, erano 56, ridotti poi a 26 ed oggi ancora a 10; inoltre, questi 10 convogli ferroviari arresteranno la loro corsa a Roma, eliminando di fatto i collegamenti con Torino, Milano e Venezia;
all'alta velocità del Nord si contrappone un trasporto nel Meridione in totale stato di abbandono; la Sicilia, più delle altre regioni del Sud, viene estromessa dal sistema-Paese, acuendo così l'immagine di un Paese a «due velocità»;
drammatica conseguenza di queste scelte di politica industriale sarà, e già è, una drastica riduzione dei posti di lavoro in una realtà depressa come quella del Sud Italia;
le numerose denunce da parte dei sindacati, le manifestazioni di protesta della società civile, gli interventi nelle sedi istituzionali non hanno avuto riscontro proficuo né da parte dei vertici di Trenitalia, né da parte del Governo;
in questo quadro, in cui si registra da parte di Ferrovie dello Stato italiane spa l'assenza assoluta di risorse da destinare allo sviluppo e all'ammodernamento della rete ferroviaria nel Meridione d'Italia, sarebbe senz'altro opportuno dare piena attuazione alla prevista liberalizzazione del settore, consentendo l'accesso ad altri operatori, sia per il trasporto passeggeri che per quello merci;
il decreto-legge 8 luglio 2003, n. 188, fra i princìpi che devono disciplinare il settore ferroviario, individua quello della «libertà di accesso al mercato dei trasporti di passeggeri e di merci per ferrovia da parte delle associazioni internazionali di imprese ferroviarie e delle imprese ferroviarie, in conformità alle prescrizioni contenute nelle direttive comunitarie e negli articoli 49 e seguenti del Trattato CE, a condizioni eque, non discriminatorie e tali da garantire lo sviluppo della concorrenza nel settore ferroviario»;
il processo in atto di liberalizzazione del trasporto ferroviario nazionale di persone e di merci rappresenta un impegno di carattere giuridico e istituzionale, ma soprattutto uno stimolante e condivisibile obiettivo di politica economica;
senza una rete di trasporti adeguata ed efficiente nessun investimento infrastrutturale nel Meridione d'Italia troverebbe un realistico fondamento economico;
in particolare, per quanto riguarda il progetto di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, andrebbe avviata una riflessione al fine di considerare la possibilità di destinare le risorse, soprattutto in una fase di grave crisi economica e di carenza infrastrutturale, ad opere prioritarie,


impegna il Governo:


a farsi promotore presso l'Unione europea affinché si assicuri la realizzazione del corridoio TEN-T1 Berlino-Palermo;
a prevedere un nuovo piano industriale in accordo con le Ferrovie dello Stato italiane spa al fine di incentivare lo sviluppo e l'ammodernamento della rete ferroviaria nel Meridione d'Italia e al potenziamento dei servizi nella tratta Nord-Sud;
a dare piena attuazione alla liberalizzazione del trasporto ferroviario nazionale, consentendo l'accesso ad altri operatori, sia per il trasporto passeggeri che per quello merci.
(1-00816)
«Toto, Della Vedova, Briguglio, Granata, Lo Presti, Barbaro, Bocchino, Bongiorno, Consolo,

Giorgio Conte, Di Biagio, Divella, Lamorte, Menia, Moroni, Muro, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Scanderebech, Ruben».

La Camera,
premesso che:
tra le ragioni della crisi, che sta avendo effetti devastanti sul nostro Paese, vi è il comportamento di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno effettuato speculazioni traendo indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione sulle transazioni finanziarie;
una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenta un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che, a causa della crisi, hanno subito un forte aumento del loro debito;
la suddetta tassa assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali;
si garantirebbe, in tal modo, anche la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici;
l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minor rischi degli investimenti esteri;
la suddetta imposta potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo;
il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2010 una risoluzione [P7-TA(2010)0056] favorevole all'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie e ha chiesto alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea in materia;
le analisi indipendenti del Fondo monetario internazionale (Matheson, marzo 2011; Brondolo, agosto 2011), hanno individuato in essa una delle misure adeguate a regolamentare il mercato finanziario;
la Commissione europea ha presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014. La proposta è stata accompagnata dalla pubblicazione della valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità della tassa sulle transazioni finanziarie e la sua possibile applicazione a livello regionale;
il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace nella sua nota pubblicata il 24 ottobre 2011 indirizzata ai leader del G20 annovera la tassazione delle transazioni finanziarie tra le misure da adottare per «promuovere lo sviluppo globale e sostenibile secondo principi di giustizia sociale e della solidarietà» nel più ampio processo di riforma che ristabilisca «il primato della politica - responsabile del bene comune - sull'economia e la finanza»;
il rapporto del Leading group on solidarity levies to fund development (giugno 2010), di cui l'Italia è membro promotore, ed il rapporto della Bill and Melinda Gates Foundation (novembre 2011)

sostengono fortemente l'adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie quale efficace fonte di finanziamento innovativo per lo sviluppo;
nelle conclusioni dei leader del G20 riunitisi recentemente a Cannes il 3 e 4 novembre 2011, per la prima volta si fa esplicito riferimento alla proposta di tassazione delle transazioni finanziarie e viene riconosciuta l'iniziativa di alcuni Paesi pronti ad applicare questo tipo di tassazione per varie finalità, tra cui anche quella dell'aiuto allo sviluppo. Durante il vertice di Cannes, la Presidenza francese si è prodigata per l'ampliamento del consenso politico in merito a questa imposta che vede già il sostegno di diversi Stati membri dell'Unione europea, e alcuni Paesi delle economie emergenti - Brasile, Argentina e Sud Africa - nonché il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, si sono pubblicamente espressi in favore della suddetta tassa;
il Governo italiano sarà chiamato ad esprimersi in sede europea in merito alla proposta di direttiva [COM(2011)594] ed ha aperto presso il dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze una consultazione pubblica in materia;
il Governo italiano pro tempore nel suo parere alle risoluzioni 7-00328, 7-00333, 7-00346 (Commissione affari esteri della Camera, giugno 2010) ha affermato di considerare tale tassazione utile e proficua soltanto se condivisa e attuata da tutti i Paesi e nella risposta all'interrogazione 5-04529 (Commissione affari esteri della Camera, maggio 2011) ha dichiarato di voler attendere la valutazione di impatto della Commissione Europea per esprimere ulteriori orientamenti in materia;
sondaggi condotti in Italia da YouGov Ple per conto di Oxfam (marzo 2011) e da Eurobarometro (giugno 2011) evidenziano come la maggioranza degli italiani sia favorevole a questa tassa e ritenga giusto che il settore bancario e finanziario debba contribuire a riparare i danni causati dalla crisi;
l'introduzione di questa tassa è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la campagna ZeroZeroCinque che riunisce circa 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e ONG di sviluppo. Le associazioni delle autorità locali ANCI e UPI hanno recentemente espresso il loro pieno sostegno alla proposta. Cento economisti italiani hanno sostenuto l'appello a favore di questa tassa firmato da mille economisti di fama mondiale, tra cui Dani Rodrik, Joseph Stiglizt, Toni Atkinson,


impegna il Governo:


a esprimere immediatamente il proprio consenso all'applicazione della tassazione sulle transazioni finanziarie a livello Unione europea o a livello Eurozona collaborando con le istituzioni europee e con gli altri Governi europei già favorevoli;
a sostenere in sede di Unione europea la proposta di direttiva europea [COM(2011)594] assicurando che la proposta possa essere migliorata prevedendo di: a) collegare il pagamento dell'imposta anche alla nazionalità dello strumento finanziario al fine di ridurre ulteriormente il rischio di manovre elusive; b) estendere la base imponibile anche al mercato valutario; c) assicurare la destinazione del gettito per politiche sociali interne agli Stati membri (50 per cento), per programmi di lotta alla povertà nel mondo (25 per cento) e di contrasto ai cambiamenti climatici (25 per cento);
a operare di concerto con gli altri Paesi per facilitare una graduale applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie anche a livello mondiale.
(1-00817)
«Volontè, Galletti, Occhiuto, Ciccanti, Calgaro, Cera, Compagnon, Naro».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
tra le ragioni della crisi, che sta avendo effetti devastanti sul nostro Paese, vi è il comportamento di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno effettuato speculazioni traendo indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione sulle transazioni finanziarie;
una tassa sulle transazioni finanziarie (ttf), pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenta un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che, a causa della crisi, hanno subito un forte aumento del loro debito;
la suddetta tassa assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali;
si garantirebbe, in tal modo, anche la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici;
l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minori rischi degli investimenti esteri;
la suddetta imposta potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo;
il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2010 una risoluzione [P7-TA(2010)0056] favorevole all'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie e ha chiesto alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea in materia;
le analisi indipendenti del Fondo monetario internazionale (Matheson, marzo 2011; Brondolo, agosto 2011), hanno individuato in essa una delle misure adeguate a regolamentare il mercato finanziario;
la Commissione europea ha presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014. La proposta è stata accompagnata dalla pubblicazione della valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità della tassa sulle transazioni finanziarie e la sua possibile applicazione a livello regionale;
il Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, nella sua nota pubblicata il 24 ottobre 2011 indirizzata ai leader del G20, annovera la tassazione delle transazioni finanziarie tra le misure da adottare per «promuovere lo sviluppo globale e sostenibile secondo principi di giustizia sociale e della solidarietà» nel più ampio processo di riforma che ristabilisca «il primato della politica - responsabile del bene comune - sull'economia e la finanza»;
il rapporto del Leading group on solidarity levies to fund development (giugno 2010), di cui l'Italia è membro promotore, ed il rapporto della Bill and Melinda Gates Foundation (novembre 2011) sostengono fortemente l'adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie quale efficace fonte di finanziamento innovativo per lo sviluppo;
nelle conclusioni dei leader del G20 riunitisi recentemente a Cannes il 3 e 4 novembre 2011, per la prima volta si fa esplicito riferimento alla proposta di tassazione delle transazioni finanziarie e viene riconosciuta l'iniziativa di alcuni Paesi pronti ad applicare questo tipo di tassazione per varie finalità, tra cui anche quella dell'aiuto allo sviluppo. Durante il vertice di Cannes, la Presidenza francese si è prodigata per l'ampliamento del consenso politico in merito a questa imposta che vede già il sostegno di diversi Stati membri dell'Unione europea e alcuni Paesi delle economie emergenti - Brasile, Argentina e Sud Africa - nonché il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, si sono pubblicamente espressi in favore della suddetta tassa;
il Governo italiano sarà chiamato ad esprimersi in sede europea in merito alla proposta di direttiva [COM(2011)594] ed ha aperto presso il dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze una consultazione pubblica in materia;
il Governo italiano pro tempore, nel suo parere alle risoluzioni n. 7-00328, n. 7-00333 e n. 7-00346 (Commissione affari esteri della Camera, giugno 2010) ha affermato di considerare tale tassazione utile e proficua soltanto se condivisa e attuata da tutti i Paesi e nella risposta all'interrogazione 5-04529 (Commissione affari esteri della Camera, maggio 2011) ha dichiarato di voler attendere la valutazione di impatto della Commissione europea per esprimere ulteriori orientamenti in materia;
da ultimo, nella seduta del 25 gennaio 2012, nel corso dell'esame delle mozioni sulla politica europea dell'Italia, sono stati approvati impegni volti all'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie in ambito comunitario, prospettando, altresì, l'opportunità di perseguire contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
sondaggi condotti in Italia da YouGov per conto di Oxfam (marzo 2011) e da Eurobarometro (giugno 2011) evidenziano come la maggioranza degli italiani sia favorevole a questa tassa e ritenga giusto che il settore bancario e finanziario debba contribuire a riparare i danni causati dalla crisi;
l'introduzione di questa tassa è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la campagna Zerozerocinque che riunisce circa 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e organizzazioni non governative di sviluppo. Le associazioni delle autorità locali Anci e Upi hanno recentemente espresso il loro pieno sostegno alla proposta. Cento economisti italiani hanno sostenuto l'appello a favore di questa tassa firmato da mille economisti di fama mondiale, tra cui Dani Rodrik, Joseph Stiglizt, Toni Atkinson,


impegna il Governo:


ad operare di concerto con gli altri Paesi che hanno già espresso un orientamento favorevole alla proposta di direttiva, affinché anche i Paesi dell'Unione europea meno disponibili all'introduzione della tassazione sulle transazioni finanziarie, in primis la Gran Bretagna, si convincano dell'opportunità del recepimento della direttiva da parte di tutti i Paesi dell'Unione europea a 27 ai fini del ripristino della sovranità dei singoli Paesi sulla politica monetaria e per scoraggiare gli speculatori internazionali;
a sostenere l'opportunità di inserire alcune modifiche alla proposta di direttiva [COM(2011)594] che prevedano di:
a) collegare il pagamento dell'imposta anche alla nazionalità dello strumento finanziario al fine di ridurre ulteriormente il rischio di manovre elusive;
b) estendere la base imponibile anche al mercato valutario;
c) assicurare la destinazione del gettito (stimato dalla Commissione europea in 57 miliardi di euro) per politiche sociali interne agli Stati membri (50 per cento), per programmi di lotta alla povertà nel mondo (25 per cento) e di contrasto ai cambiamenti climatici (25 per cento);
ad assumere ogni iniziativa utile, di concerto con gli altri partner europei, per facilitare una graduale applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie anche a livello mondiale;
a prevedere eventuali meccanismi di correzione al fine di evitare che l'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie, incidendo sugli scambi di obbligazioni nel mercato secondario (oltreché di azioni), possa produrre un rallentamento delle transazioni con effetti negativi sulla liquidità e, conseguentemente, sulle condizioni di finanziamento del debito;
a considerare l'opportunità di elaborare una propria relazione annuale (rispetto a quella quinquennale prevista dalla direttiva) per esaminare l'impatto della nuova tassazione sul mercato finanziario italiano e sull'economia reale.
(1-00817)
(Nuova formulazione) «Volontè, Buttiglione, Galletti, Adornato, Occhiuto, Ciccanti, Calgaro, Cera, Compagnon, Naro».

La Camera,
premesso che:
i mercati hanno costretto le travagliate economie europee ad affrontare austerità e riforme, ma sono i politici a stabilire come; i mercati hanno richiesto alla Germania e alle altre nazioni creditrici di finanziare un salvataggio, ma saranno i politici a stabilire cosa chiedere in cambio; i mercati chiedono un'organizzazione della governance dell'euro, ma saranno i politici a decretare con quanta energia l'Unione europea sposerà il federalismo;
la crisi finanziaria e la crisi dei debiti sovrani nella zona euro rappresentano la più grave sfida alla costruzione europea e alla stabilità e prosperità stessa del nostro Paese. Occorre pertanto una risposta politica innanzitutto e poi economico-finanziaria ed istituzionale a più livelli in grado di portare presto l'Europa fuori da questa crisi devastante e questo può avvenire solo con misure specifiche sulla governance economica, la crescita e il risanamento dei bilanci pubblici, ma tali misure devono essere capaci anche di affrontare la prospettiva di una vera Unione federale, democratica e solidale al suo interno;
l'Unione europea deve fornire la risposta politica ed economica adeguata a dare stabilità e certezza all'euro e a certificare un investimento solidale e condiviso nel progetto europeo, mettendo in campo un impegno politico al più alto livello per garantire all'interno della zona euro la stabilità finanziaria e il corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, con adeguate azioni e misure di carattere immediato per contrastare le tensioni speculative e il rischio di razionamento del credito;
per il nostro Paese il rafforzamento e il completamento del progetto europeo, il mantenimento dell'euro, il rispetto del metodo comunitario rappresentano interessi nazionali strategici imprescindibili;
l'Italia in questo contesto si è pienamente assunta la responsabilità di inserire nella propria Carta costituzionale l'obbligo del pareggio di bilancio e di manovre economiche impegnative, che porteranno al raggiungimento di detto obiettivo entro il 2013 e che già oggi determinano una consistente riduzione del fabbisogno dello Stato e un significativo avanzo primario, il che autorizza a dire che il nostro Paese ha iniziato a fare la propria parte ed è determinato a continuare nell'azione di riduzione dello stock del debito nazionale, di miglioramento dei bilanci pubblici e di rilancio della crescita, in modo da contribuire al miglioramento della solidità dell'euro;
gli strumenti di intervento - Fondo europeo per la stabilità finanziarie (FESF) e Meccanismo europeo di stabilità (MES) - nei mercati finanziari devono essere potenziati sia sotto il profilo quantitativo sia sotto quello delle modalità di intervento e devono essere messi in grado di agire senza ritardi o vincoli, così come occorre prevedere forme di integrazione dei debiti pubblici nazionali e di emissione di titoli di debito pubblico europeo, tutti elementi non ancora presenti nei testi provvisori del Trattato in via di negoziazione né inseriti, con sufficiente chiarezza, nelle dichiarazioni politiche dei Consigli europei;
è quindi essenziale ribadire, in sede negoziale, che i soli obiettivi del rigore finanziario e della riduzione del debito pubblico non possono esaurire l'orizzonte della risposta europea alla crisi, occorrendo integrare le misure a favore del consolidamento delle finanze pubbliche con una nuova politica a sostegno della crescita dell'occupazione a livello europeo;
il ricorso al Trattato internazionale, al di fuori delle procedure per la revisione dei Trattati europei e dello stesso quadro istituzionale dell'Unione, solleva tantissimi dubbi e pertanto la modalità scelta è da considerarsi un'eccezione da riportare al più presto possibile nell'ambito dell'ordinamento europeo e del quadro

istituzionale in vigore, evitando in futuro problemi ed ambiguità per il corretto funzionamento dell'Unione, secondo lo spirito degli emendamenti alla bozza di trattato proposti sia dal Parlamento europeo che dal Governo Italiano;
si renderà poi necessaria una più complessiva riforma dei Trattati per completare la costruzione di un'Europa democratica e federale, le cui istituzioni siano pienamente legittimate dal popolo europeo, riconosciute come rappresentative, rafforzate nelle loro competenze ed in grado di promuovere una reale integrazione fiscale, un'armonizzazione della legislazione sociale e un vero e proprio governo economico e sociale dell'Europa, caratterizzato da maggiore legittimazione democratica, sottratto ad un mero ed inefficace coordinamento intergovernativo e dotato di un «Ministro europeo dell'economia», che sia al tempo stesso vicepresidente della Commissione e Presidente del Consiglio Ecofin e che rappresenti l'Unione nelle sedi finanziarie internazionali;
è necessario rafforzare in ciascun Paese il rapporto tra Governi e Parlamenti al fine di garantire un'informazione tempestiva nei confronti delle assemblee legislative e una loro effettiva capacità di indirizzo nell'azione dei rispettivi Governi nazionali anche nelle materie europee,


impegna il Governo:


a perseguire con determinazione il rafforzamento del tradizionale ruolo dell'Italia quale membro fondatore dell'Unione europea, con l'obiettivo di riaffermare il metodo comunitario quale asse centrale del processo di integrazione, riducendo il peso oggi eccessivo del metodo intergovernativo e rilanciando la prospettiva dell'Europa federale;
ad assicurare che l'adozione di politiche di rigore di bilancio e di riduzione del deficit e degli stock di debito nazionale sia necessariamente contestuale ad un impegno forte per la stabilità finanziaria ed il corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, con adeguate azioni e misure di carattere immediato per contrastare le tensioni speculative ed il rischio di razionamento del credito;
a sostenere le proposte emendative alla bozza di «Trattato per l'Unione economica rafforzata» volte ad assicurare il ruolo, le/prerogative e le funzioni della Commissione europea, in particolare per quanto riguarda la fissazione degli specifici parametri nazionali di riferimento e il calendario di convergenza verso gli stessi di cui all'articolo 3 della bozza di Trattato e al monitoraggio sul rispetto degli impegni assunti, evitando l'attribuzione alla Corte di giustizia di funzioni improprie di verifica e sanzione rispetto ad eventuali inadempimenti da verificare;
a chiedere una riformulazione delle previsioni di cui agli articoli 3 e 4 della bozza medesima, relativi alla disciplina di bilancio e ai percorsi di riduzione del debito nazionale, che senza mettere in dubbio il risultato finale nei parametri di convergenza europei eviti automatismi e rigori eccessivi, tenga in considerazione l'impatto del ciclo economico, nonché attribuisca forte rilevanza ad una serie di ulteriori «fattori rilevanti» come il risparmio privato e la sostenibilità del sistema pensionistico;
a rimettere al centro dell'azione politica europea la crescita, sostenendo la introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali nonché quelle relative ai project bond;
a sostenere le iniziative volte a rafforzare l'Eurogruppo anziché formalizzare nuove strutture di cui all'articolo 13 e seguenti della bozza, svincolate dal controllo dell'Europarlamento;
a promuovere l'inserimento nel Trattato di una dichiarazione che preveda la convocazione di una convenzione per riaprire e completare il processo costituente verso un'Unione politica aperta a tutti i Paesi ed i popoli che sceglieranno di parteciparvi;

a informare in modo sistematico e tempestivo le Camere delle nuove iniziative di politica europea, delle misure legislative in materia di governance economica e dei negoziati del nuovo Trattato e ad assumere posizioni coerenti con gli indirizzi parlamentari.
(1-00818)«Cambursano, Brugger».

Risoluzione in Commissione:

La X Commissione,
premesso che:
le recenti vicende concernenti i lavori per la riqualificazione delle aree delle acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, in relazione alle quali sono ipotizzate responsabilità a carico dell'ex presidente della provincia di Milano, al pari di altre notizie dalle quali sono emerse la conferma di un fatto risaputo da sempre, cioè che nella gestione del sistema sanitario assistenziale dell'Emilia-Romagna le cooperative occupano una posizione quasi monopolistica, segnalano la necessità di una riflessione sull'organizzazione e sull'attività delle società cooperative in Italia;
tale riflessione dovrà partire da un'attenta verifica dei fatti che, iniziando dall'esame di talune vere e proprie anomalie esistenti nel settore, individui non solo le eventuali violazioni della legge, ma anche le aree di opacità del contesto socio-economico, politico e normativo in cui tali anomalie hanno potuto crescere e radicarsi;
in questo senso per comprendere queste deviazioni occorre fare luce sulle relazioni d'affari che hanno visto coinvolti settori del sistema cooperativo prevalentemente, ma non solo, legati alla sinistra. Si tratta di fenomeni in cui la politica, in parte pesantemente implicata, non può esimersi dall'assumere in pieno le proprie responsabilità, senza delegarle alla magistratura che soprattutto per il passato, in tutto il territorio nazionale e in particolare in Emilia-Romagna, non ha sempre dato prova di adeguate capacità di controllo, nonostante numerosi indizi o addirittura segnalazioni relativi a situazioni connotate da scarsa trasparenza;
come noto a tutti, la forma cooperativa nasce da una profonda istanza solidaristica e sociale, quale strumento per l'organizzazione dell'esercizio di attività economiche mediante l'associazione tra soggetti che sono al tempo stesso produttori e destinatari, ancorché non esclusivi, dei beni e dei servizi alla cui produzione è diretta l'attività. In quanto tale, essa è stata favorita dal legislatore mediante l'assoggettamento a una disciplina speciale e - subordinatamente alla prevalenza del carattere mutualistico - il riconoscimento di agevolazioni tributarie. Tale disciplina trova il proprio fondamento nell'articolo 45 della Costituzione, a norma del quale «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
in conformità alla norma costituzionale citata, il carattere mutualistico rappresenta in ogni caso un requisito costitutivo indefettibile nella nozione stessa di società cooperativa, in forza dell'articolo 2511 del medesimo codice, che la definisce come «società a capitale variabile con scopo mutualistico»,


impegna il Governo


ad attivarsi per il ristabilimento della vera e propria funzione sociale del sistema cooperativo nel suo insieme, anche quale applicazione del principio di sussidiarietà, di cui la cooperazione rappresenta uno strumento essenziale, considerando la distinzione tra cooperative legate storicamente a un partito politico e altre che fin dal dopoguerra hanno avuto una relativa autonomia dedicandosi solo ad attività sociali, posto che è difficile negare che l'originario fine solidaristico contemplato dal legislatore sia stato violato, nello spirito

e forse anche nella lettera del dettato normativo, da vere e proprie holding economiche, con centinaia o migliaia di dipendenti e con pochi soci, che competono sul mercato con privilegi eccessivi rispetto all'imprenditoria privata, con la possibilità di alterare le regole di funzionamento del medesimo e forse addirittura in contrasto la legge anche in considerazione dei rapporti, a giudizio dell'interrogante, anomali, con molti enti locali.
(7-00753)«Garagnani».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
nel gennaio del 2008 l'attuale Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Filippo Patroni Griffi, ha acquistato un appartamento sito in via Monte Oppio a Roma, di 109 metri quadrati e di proprietà dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
per l'acquisto il Ministro, allora membro del Consiglio di Stato, ha versato un importo di circa 177mila euro a fronte di una stima di mercato di oltre 800mila euro;
stando alle notizie riportate dalla stampa, la procura della Repubblica di Roma avrebbe aperto un fascicolo per verificare eventuali illeciti legati all'acquisto dell'immobile;
la procura starebbe indagando in particolare sulla sentenza del Consiglio di Stato che nel luogo del 2005 concesse agli inquilini di acquistare le abitazioni di proprietà dell'Inps di via Monte Oppio dichiarandole «non di pregio», nonostante fossero nelle prossimità del Colosseo e dei Fori Imperiali;
i cittadini italiani, chiamati a fare enormi sacrifici per via delle manovre varate dall'Esecutivo, hanno il diritto di conoscere la verità sulla gestione degli immobili di proprietà degli istituti di previdenza -:
come il Governo affrontare la delicata questione delle abitazioni di proprietà degli enti di previdenza e, in generale, dello Stato, e se non ritenga di dover avviare una fase di ricognizione degli stessi al fine di poterli alienare al loro effettivo prezzo di mercato;
quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda adottare nei confronti del Ministro Filippo Patroni Griffi e se non ritenga di doverne chiedere le dimissioni alla luce della imbarazzante vicenda che lo riguarda.
(2-01316)
«Iannaccone, Belcastro, Porfidia».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
lo statuto siciliano è stato approvato con regio decreto legislativo n. 455 del 15 maggio 1946 ed è stato convertito in legge costituzionale con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2;
con decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241, concernente: «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana, recante attuazione dell'articolo 37 dello Statuto e simmetrico trasferimento di competenze», emanato, viste le determinazioni della Commissione paritetica prevista dell'articolo 43 dello statuto della regione siciliana, si dà finalmente attuazione all'articolo 37 dello statuto speciale della regione siciliana che recita testualmente: «Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori dal territorio della Regione,

ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota di reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta relativa a detta quota compete alla regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima»;
con sentenza della Corte costituzionale n. 145 del 2008 è stato chiarito, tra l'altro, con riferimento al comma 661 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che con il «criterio di simmetria», in caso di trasferimento dallo Stato alla regione del gettito di imposta sono trasferite «simmetricamente» solo le competenze in ordine alla riscossione di tale imposta. Infatti, l'articolo 1 del decreto legislativo n. 241 del 2005, nel dare attuazione all'articolo 37 dello Statuto, si limita a disporre che, con riferimento all'imposta relativa alle quote del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti siti nel territorio della regione siciliana di imprese industriali e commerciali aventi la sede centrale fuori da tale territorio, «sono trasferite alla Regione, "simmetricamente" al trasferimento del gettito di tale imposta, anche le "competenze" previste dallo Statuto sino ad ora esercitate dallo Stato», e, cioè esclusivamente le competenze in ordine alla riscossione di tale imposta»;
in data 17 febbraio 2009 la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00061, come modificata su richiesta del Governo, che ha impegnato il Governo a «procedere, in tempi brevi, alla definizione delle modalità applicative in conformità a quanto disposto dal decreto legislativo n. 241 del 2005, che rappresenta il soddisfacimento di un diritto della Regione siciliana, che per troppo tempo è stato disatteso, in conformità alla più recente giurisprudenza costituzionale e in coerenza con i principi del federalismo fiscale»;
a distanza di tre anni dall'approvazione della predetta mozione, non è avvenuto nulla di concreto per attuare il decreto legislativo n. 241 del 2005 e la sentenza della Corte costituzionale n. 245 del 2008, che ha specificato chiaramente che il «criterio di simmetria» in caso di trasferimento dallo Stato alle regioni del gettito d'imposta è riferito solo alle competenze in ordine alla riscossione di tale imposta e non ad altre competenze;
questo ritardo è assolutamente ingiustificato in quanto le leggi dello Stato e le sentenze della Corte costituzionale devono essere applicate senza ritardo da parte delle amministrazioni pubbliche e non è accettabile il ricorso a quelli che agli interpellanti appaiono cavilli burocratici che sono evidenti pretesti per l'inerzia -:
quali siano le ragioni di tale ingiustificato ritardo e se non si ritenga assolutamente indispensabile e urgente dare attuazione al decreto legislativo del 3 novembre 2005, n. 241 e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 145 del 2008, andando incontro finalmente ad un fondamentale diritto della regione siciliana nel campo essenziale dell'autonomia finanziaria, diritto che per troppo tempo è stato disatteso.
(2-01318)
«La Loggia, Angelino Alfano, La Russa, Di Virgilio, Scapagnini, Germanà, Nizzi, Pagano, Ceccacci Rubino, Girlanda, Biancofiore, Cazzola, Catanoso, Gelmini, Vincenzo Antonio Fontana, Garofalo, De Girolamo, Lunardi, De Nichilo Rizzoli, Pescante, Lazzari, Dell'Elce, Di Caterina, Faenzi, Formichella, Crosetto, Abelli, Bellotti, Leo, Milanese, Paniz, Marinello, Costa, Mazzuca, Cassinelli, Scalera, Stracquadanio, Bernardo, Lorenzin, Speciale, Scalia, Urso, Prestigiacomo, Bruno, Osvaldo Napoli, Marsilio, Lisi, Gregorio Fontana, Renato Farina, Scelli, Baccini, Distaso, Ventucci, Nirenstein, Beccalossi, D'Alessandro, Laboccetta, Torrisi, Cannella, Vitali, Pianetta, Fucci, Rosso, Bianconi, Giammanco».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
com'è noto, Intesa San Paolo, la prima banca italiana, ha appena versato al fisco 270 milioni di euro più interessi;
a tanto ammontavano le imposte evase contestate dall'Agenzia delle entrate fra il 2005 e il 2007;
lo stesso hanno fatto di recente i principali istituti di credito: Montepaschi (260 milioni), Bpm (170), Credem (53,4), Unicredit (99);
in totale nel 2011 alcuni dei maggiori gruppi bancari hanno dovuto versare un miliardo di tasse non pagate;
stante questa situazione, con un Governo tecnico composto da persone che dovrebbero essere al di sopra di qualsiasi interesse di parte e protese solo al bene del Paese, appaiono all'interrogante alquanto contraddittori i rapporti che alcuni degli attuali Ministri avevano negli anni «incriminati» con il gruppo Intesa San Paolo;
infatti non può essere dimenticato che in quegli anni l'attuale Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, professor Corrado Passera, ricopriva il ruolo di amministratore delegato del gruppo Intesa e che la dottoressa Elsa Fornero, attuale Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità, ne era vicepresidente del consiglio di sorveglianza;
conseguentemente è quantomeno legittimo domandarsi come sia potuto accadere che, stante il ruolo che ricoprivano, non si siano accorti delle mancanze sopracitate;
tutto ciò, in un Paese in cui la gente e le piccole e medie imprese sono sottoposte a sacrifici crescenti; appare inaccettabile tale situazione e non si riesce a comprendere come illustri professionisti che dovrebbero risolvere la grave crisi economica italiana possano essere stati legati, in questo modo, a grossi gruppi bancari che sono risultati essere tra i più grandi evasori fiscali -:
se non si ritenga che, stante la grave situazione economica, sociale e politica in cui versa il Paese e la volontà, più volte espressa dal Governo, di distribuire in maniera equa e trasparente i sacrifici, sia opportuno esercitare i massimi controlli sul sistema bancario italiano al fine di smascherare ulteriori evasioni fiscali e allo stesso tempo garantire al di sopra di ogni legittimo dubbio, una squadra di Governo estranea ad ogni interesse di parte.
(2-01321) «Scilipoti».

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2012

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
la grave situazione di emergenza che si continua a protrarre nella gestione, trattamento e smaltimento dei rifiuti in varie parti del Paese non fa che aumentare la possibilità di rischi per la salute dei cittadini;
tutto ciò contribuisce ad alimentare la sostanziale diffidenza e la sfiducia dei cittadini verso quelle istituzioni che non riescono a tutelare nella giusta misura la salute pubblica;
più in generale non è più possibile sottovalutare il problema della salvaguardia del diritto alla salute dei cittadini da eventuali danni arrecati dall'inquinamento delle acque, del suolo e dell'aria;

più volte si è tentato di dare un assetto più organico alla legislazione vigente, in linea con quanto stanno facendo gli altri Paesi membri dell'Unione europea in materia di sicurezza ambientale e in ossequio anche al riconoscimento dell'esclusività della potestà legislativa statale sulla tutela del paesaggio da parte della Corte costituzionale;
non va dimenticato, inoltre, che tale materia ha rilevanza istituzionale, come indicato dall'articolo 32, primo comma, della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e della collettività;
tale problematica non può essere affrontata solo quando vi sono dei «picchi» di emergenza per poi essere lasciata nel dimenticatoio, ma è necessario affrontarla in maniera organica garantendo, in maniera compiuta, la salute pubblica;
in questo senso appare necessario arrivare ad un impegno preciso, attraverso lo strumento della delega al Governo affinché si tuteli la salute pubblica nei luoghi ove insistono o sono presenti impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento dei rifiuti -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative normative che consentano al Governo, sull'intero territorio nazionale, di garantire la salvaguardia della salute pubblica dai rischi di inquinamento ambientale, con particolare riferimento alla falde idriche, ai terreni e alla qualità dell'aria, nelle zone ove insistono, o sono in via di realizzazione, impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali;
se non si ritenga necessario, per quanto attiene, in particolare agli impianti di selezione e trattamento di termovalorizzatori dei rifiuti dei siti adibiti a discariche, nonché agli impianti per il deposito temporaneo, attivi o da attivare, di assumere iniziative, anche normative, per assicurare:
a) la realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente delle acque di falda delle aree interessate e comunque delle acque potabili dei comuni ubicati, in tali aree, assicurando la conoscenza dei relativi dati da parte delle popolazioni coinvolte;
b) realizzazione di una rete di rilevamento dei gas maleodoranti (NH3-ammoniaca; H2S-acido solforico; mercaptani; VOCs-composti organici volatili) e di un sistema di allarme e di gestione degli impianti, al fine di consentire, ove necessario, il blocco di tali impianti qualora siano superate le soglie di molestia olfattiva previste dalla normativa comunitaria, assicurando, altresì, la conoscenza dei dati rilevati da parte delle popolazioni coinvolte;
c) la realizzazione di una rete di rilevamento della qualità dell'aria in grado di monitorare gli inquinanti convenzionali e i microinquinanti, in modo da valutare le eventuali perturbazioni della qualità dell'aria da essi provocata, al fine di adottare, ove necessario, adeguati provvedimenti a tutela della salute pubblica;
d) la realizzazione di termovalorizzatori alimentati con combustibile derivato da rifiuto (CDR) aventi caratteristiche chimico-fisiche conformi ai requisiti stabiliti dalla normativa di settore;
e) che i fattori di emissione degli inquinanti convenzionali (S02-anidride solforosa; NOx-collettività di ossidi di azoto; HCL-acido cloridrico; CO-monossido di carbonio e altri) è dei microinquinanti (diossine; IPA-idrocarburi policiclici aromatici; PM; metalli pesanti) dei termovalorizzatori realizzati ai sensi della lettera d) siano inferiori, rispettivamente, ad almeno un ordine e due ordini di grandezza rispetto ai valori limite stabiliti dalla legge, al fine di mitigare gli impatti ambientali degli impianti e i rischi associati per i cittadini residenti nell'area interessata;
f) che i sistemi di monitoraggio e di rilevamento di cui alle lettere a), b) e c), e le azioni di controllo sulla salute pubblica e sull'ambiente siano estesi a tutte le

regioni, e, in via prioritaria, a quelle interessate dalla presenza di impianti destinati al deposito e al trattamento dei rifiuti urbani e industriali.
(2-01319) «Scilipoti, Moffa».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2012 la nave da crociera «Costa Concordia», con 4.200 persone a bordo, partita da Civitavecchia per un giro del Mediterraneo e diretta a Savona, si è incagliata a pochi metri dal porto dell'isola del Giglio;
il tragico bilancio ancora provvisorio, parla attualmente di 11 morti, numerosi feriti e 29 persone ancora disperse, e rischia di aggravarsi ulteriormente, anche se i soccorsi scattati immediatamente e che proseguono senza sosta, e che vedono impegnati tra l'altro 12 mezzi navali e 9 elicotteri, stanno consentendo di limitare il bilancio drammatico di questo incidente;
portata prioritariamente a conclusione l'operazione di salvataggio e di ricerca delle persone ancora disperse, è indispensabile intervenire immediatamente con interventi coordinati volti a evitare che alla tragedia per la morte di 11 persone si aggiunga un possibile disastro ambientale: a bordo della nave da crociera sono infatti ancora contenute nei serbatoi circa 2.300 tonnellate di gasolio denso, e la sua fuoriuscita avrebbe effetti devastanti sui fondali, sulle coste, alla fauna del luogo, nonché in termini di inquinamento diffuso marino;
ricordiamo che parliamo di un'area marina tra le più pregiate e vulnerabili: area di parco nazionale e santuario dei cetacei. E proprio l'arcipelago toscano è tra le aree più a rischio in Italia insieme alla laguna di Venezia;
come ha sottolineato nelle scorse ore lo stesso Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare Corrado Clini, l'area interessata dal potenziale disastro ambientale è sicuramente l'Isola del Giglio, probabilmente l'intero arcipelago, forse la costa;
è evidente che al di là delle responsabilità individuali, è necessario ora rivedere in senso molto più restrittivo un po' tutta la normativa che consente a queste super-navi da crociera, così come alle navi che trasportano merci pericolose, di lambire aree ambientalmente sensibili e di grande pregio;
peraltro solo poche settimane fa, il 17 dicembre 2011, sempre l'arcipelago toscano, e in particolare il mare vicino l'isola di Gorgona, è stato interessato dalla gravissima perdita in mare di circa 200 fusti contenenti, materiali tossici, caduti dall'eurocargo «Venezia», della Grimaldi Lines, che trasportava circa 40 tonnellate di sostanze tossiche;
come ha sottolineato lo stesso Ministro, Corrado Clini: «Sulle rotte delle navi vicine alla costa è necessario fare una valutazione economica in quanto il turismo è una fonte economica fondamentale del nostro Paese, ma non si può mettere a rischio la sicurezza. Quindi le bellezze dell'Italia potranno essere viste da navi che rimangono a largo» -:
quali azioni si intendano mettere in atto per fronteggiare l'emergenza e il possibile disastro ambientale conseguente all'eventuale fuoriuscita delle tonnellate di gasolio denso ancora presente nei serbatoi della nave;
se non si intendano assumere iniziative, anche normative, dirette a rivedere i limiti alla navigazione marittima, troppo spesso più attenta alle esigenze turistiche che alla tutela del patrimonio naturale e ambientale del nostro Paese, e comunque se non ritenga di attivarsi affinché siano rispettate pienamente le direttive comunitarie e le convezioni internazionali in materia;
se non si ritenga indispensabile escludere le grandi navi e quelle con carichi pericolosi, dalle rotte considerate più a rischio, tra cui quelle che interessano aree ad altissimo valore naturale, arcipelaghi, o addirittura le stesse «aree urbane» come nel caso della laguna di Venezia.
(2-01322) «Palagiano, Evangelisti, Donadi, Piffari, Monai».

Interrogazione a risposta immediata:

BUONFIGLIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i nostri mari sono solcati, quotidianamente, da centinaia di navi cariche di merci e passeggeri;
gli affondamenti si verificano per una serie di cause non solo in conseguenza di incidenti, ma anche di azioni mirate dell'uomo, come narrano le cronache giudiziarie;
in questi giorni, l'attenzione dei media è focalizzata sul disastro che ha coinvolto la nave Concordia davanti all'isola del Giglio; il rischio è, come spesso accade, che la cronaca si soffermi sulle operazioni di salvataggio e soccorso, sulla sorte dei naufraghi - oltre che dei dispersi - sulle dinamiche dell'incidente e sull'individuazione delle responsabilità, trascurando gli effetti drammatici che il disastro produce sulla salute dell'ecosistema marino e dell'intera economia del mare;
peraltro, dalla stampa si apprende che le attività di recupero e di bonifica sono state affidate alla società Smit di Rotterdam che si è occupata della bonifica della petroliera Haven, affondata a largo di Arenzano nel 1991, davanti al porto petroli di Genova Multedo;
il disastro ecologico che ne è seguito può essere definito come uno dei più gravi dovuti all'affondamento di superpetroliere e come il più catastrofico evento inquinante del Mediterraneo. Dopo un incendio di quattro giorni, causato da un'esplosione a bordo durante un'operazione di travaso di greggio, la petroliera Amoco Milford Haven, da 232.166 tonnellate di portata lorda e con una lunghezza fuori tutto di 344 metri, si è inabissata. Al momento dell'incidente conteneva 144.244 tonnellate di petrolio greggio e 1.223 tonnellate di combustibile per la propulsione della nave;
nonostante l'incendio abbia consumato una grande massa di petrolio, l'impatto ambientale è stato enorme e, negli anni, sono stati necessari diversi e costosi interventi di bonifica per rimuovere il greggio intrappolato. Ancora oggi, però, le conseguenze di tale tragedia permangono poiché piccole quantità di idrocarburi fuoriescono dal relitto principale e sono tuttora presenti, in una vasta area di fondale dai confini indefiniti, notevoli quantità di catrame depositato;
il disastro della Concordia è, poi, di poco successivo a quello avvenuto il 17 dicembre 2011 nel tratto di mare tra Gorgona e il Banco di Santa Lucia, specchio d'acqua con profondità variabile dai 250 ai 400 metri. Secondo la ricostruzione effettuata dalla capitaneria di porto di Livorno, la motonave Eurocargo Venezia ha perso in mare due semirimorchi trasportati in coperta, contenenti fusti di catalizzatori esausti utilizzati per la desolforazione del petrolio;
eppure, solo il 2 gennaio 2012, quindi 17 giorni dopo l'accaduto, la capitaneria di porto ha disposto una serie di precauzioni in caso di recupero del materiale disperso in mare o a seguito di spiaggiamento;
l'evento genera il rischio immediato di autocombustione per esposizione all'aria del materiale asciutto che arrivasse sugli arenili. Tant'è che la capitaneria ha evidenziato come il materiale disperso diventi pericoloso surriscaldandosi a contatto con l'aria;
v'è poi il rischio, come in ogni affondamento, di contaminazione della catena alimentare. Tenuto conto della forma e della natura chimica delle sostanze, la loro immissione nella catena trofica può avvenire essenzialmente attraverso gli organismi detritivori e, successivamente, attraverso i loro predatori. In questa fase, una possibile contaminazione può avvenire solo da sacchi che

si fossero aperti durante la caduta in mare o, successivamente, al momento di un loro spiaggiamento su una scogliera. Date le condizioni del mare, in entrambi i casi, è verosimile una rilevante diluizione del materiale che rende minimo il rischio di una contaminazione significativa dei pesci di una zona. Eppure la contaminazione della catena alimentare, per quanto remota, non si può escludere. Il rischio potrebbe invece diventare più consistente se il carico in fondo al mare, che si presume contenga la gran parte dei fusti dispersi, dovesse rimanervi a lungo senza essere recuperato. Infatti, prima o poi, per l'aggressività dell'ambiente marino, la tenuta dei fusti e dei sacchi verrà meno, rendendo così disponibile una quantità rilevante e concentrata di materiale inquinante. In tal caso, gli effetti dell'ambiente e la biodiversità potrebbero essere assai gravi, non solo per le implicazioni per la salute umana legata al consumo di pesce, ma anche per la presenza in quell'area di una rilevante nursery di naselli e per l'interessamento della zona della riserva marina, santuario dei cetacei -:
quali iniziative il Governo intenda adottare, in generale, per accelerare le operazioni di ritrovamento e recupero del materiale disperso in mare e per arginare il rischio di contaminazione delle acque e degli organismi viventi acquatici, generato da sostanze depositate sul fondale a seguito degli affondamenti, nonché di quali strumenti intenda avvalersi per effettuare le necessarie attività di monitoraggio successive alle operazioni di recupero, per valutare la sussistenza di rischi per il trasporto e lo stoccaggio e assicurare la salubrità dei luoghi, degli organismi viventi e la sicurezza alimentare.
(3-02019)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

DIONISI e DELFINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il territorio del comune di Savigliano, in provincia di Cuneo, è stato interessato da numerosi eventi alluvionali gravi causati dall'esondazione dei torrenti Mellea e Maira;
da uno studio condotto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risulterebbe che il 9,8 per cento della superficie nazionale, pari all'81,9 per cento dei comuni italiani è ad alto rischio idrogeologico;
in particolare, per la messa in sicurezza del torrente Mellea è stato già da tempo approvato il progetto relativo alla realizzazione delle sponde artificiali, indispensabili per contrastare gli effetti negativi di un eventuale evento calamitoso, per il quale, però, la regione Piemonte sta ancora aspettando il trasferimento dei fondi FAS ad essa spettanti;
con la legge finanziaria per il 2010 sono stati destinati 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
con il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, sono state ridotte di 100 milioni di euro le risorse disponibili al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale e di messa in sicurezza delle aree ad alto rischio idrogeologico;
tale norma prevede che le risorse disponibili possano essere utilizzate anche tramite un accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel quale venga definita la quota di cofinanziamento regionale;
tale strumento, convogliando in un unico piano coordinato sia le risorse statali che quelle regionali, avrebbe dovuto evitare la duplicazione degli interventi e la frammentazione della spesa, nonché agevolare una più rapida attuazione degli interventi e un monitoraggio più incisivo;

ad oggi, però, risulterebbe che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ancora ottenuto il trasferimento integrale della sopracitata cifra, pregiudicandosi così i positivi risultati derivanti dalla stipula degli accordi di programma;
secondo quanto affermato dal Sottosegretario all'ambiente e alla tutela del territorio e del mare pro tempore, onorevole Belcastro, in una precedente interrogazione, il decreto di messa a disposizione delle risorse a favore della regione Piemonte risulterebbe ancora al vaglio dell'ufficio centrale di bilancio;
nella medesima circostanza, il Sottosegretario non ha altresì fornito alcuna indicazione sui tempi necessari all'effettivo trasferimento dei fondi alla regione;
con l'approssimarsi della stagione invernale e quindi del rischio di nuovi eventi alluvionali risulta doveroso sollecitare una rapida erogazione dei fondi necessari per i lavori di messa in sicurezza del torrente Mellea, ormai non più procrastinabili -:
quali iniziative abbia assunto o intenda assumere per accelerare al massimo le procedure di assegnazione delle risorse necessarie a realizzare gli interventi straordinari previsti dall'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, per la messa in sicurezza del territorio e, in particolare, nell'ambito degli interventi per la messa in sicurezza del territorio nella regione Piemonte, gli interventi diretti a rimuovere le attuali criticità presenti nel territorio saviglianese.
(5-05934)

DUSSIN, NEGRO, LANZARIN e TOGNI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la situazione di rischio idrogeologico del territorio italiano è nota e conclamata. Uno studio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare evidenzia che il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e che sono 6.633 i comuni interessati pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
l'articolo 2, comma 240, della legge finanziaria per il 2010, ha destinato 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile);
il comma 12-quinques dell'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha ridotto di 100 milioni di euro le risorse disponibili, già preordinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale e degli interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, come sopra citato;
la norma in questione stabilisce che le risorse disponibili possano essere utilizzate anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e nell'ambito del quale venga definita la quota di cofinanziamento regionale;
lo strumento dell'accordo di programma ha consentito di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio;
risulterebbe che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ancora ottenuto il trasferimento

integrale della predetta cifra e ciò pregiudica l'esecuzione dei predetti accordi di programma -:
quali iniziative il Ministro abbia assunto o intenda assumere ai fini dell'immediata assegnazione delle risorse di cui all'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, come previste a legislazione vigente, al fine di dare attuazione agli interventi straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico presenti nel territorio nazionale.
(5-05935)

DI BIAGIO e MENIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 13 gennaio 2012, una delle navi crociere più grandi della compagnia di navigazione Costa, la Concordia, con a bordo 4.234 persone è stata protagonista di un drammatico incidente a poco più di 100 metri dalle coste dell'Isola del Giglio, in Toscana;
l'incidente è avvenuto verso le ore 22 di venerdì 13 gennaio 2012, ed il bilancio provvisorio è di 6 morti e 16 dispersi;
stando alle ricostruzioni operate dagli inquirenti, lo scafo della struttura sarebbe stato squarciato per oltre 70 metri nella parte destra dai fondali rocciosi che caratterizzano la citata area paesaggistica, tale da comportare un'inclinazione della struttura di oltre 80 gradi, e il successivo graduale affondamento, già dalle prime ore immediatamente dopo l'incidente;
la nave Concordia, che risulta essere un colosso del mare ed uno dei fiori all'occhiello del settore della navigazione passeggeri italiana, ha una stazza di circa 114.500 tonnellate e una capacità di circa 2.300 tonnellate di carburante che rischiano al momento di fuoriuscire dalla struttura: un eventuale sversamento di carburante potrebbe creare un danno ambientale senza precedenti capace di contaminare l'intero arcipelago toscano;
a tali criticità si aggiungono le difficili condizioni meteo-climatiche, che sollecitano la struttura determinando il rischio che essa possa scivolare lentamente verso il fondale;
stando alle informazioni al momento disponibili, le autorità competenti si stanno limitando a monitorare il tratto di mare intorno alla nave non potendo ancora intervenire essendo in corso l'evacuazione e gli interventi di salvataggio e recupero dei dispersi;
nelle ultime ore il Ministro interrogato ha dichiarato che «bisogna intervenire subito per scongiurare un disastro ambientale. Bisogna fare in fretta perché se cambiano le condizioni meteo-climatiche aumentano i rischi per la tenuta dello scafo» ma non sono ancora state delineate le modalità di intervento su una struttura che sta lentamente scomparendo in mare;
tale emergenza è stata segnalata dalle autorità locali e dal Ministro interrogato che non ha esitato nell'evidenziare che bisogna anche «intervenire decisamente e rapidamente per evitare che queste grandi navi possano entrare in zone che sono troppo delicate per correre questi rischi»;
malgrado i buoni propositi in materia di disciplina della navigazione evidenziati dalle autorità e dalle istituzioni e la dichiarata denuncia del comportamento del comandante della Concordia, atteggiamento ritenuto anomalo e pericoloso, navi passeggeri che si avvicinano alla costa, segnatamente in zone strategiche e complesse sotto il profilo naturalistico, rappresentano talvolta una prassi;
negli ultimi anni il bacino del mediterraneo è diventato il teatro di una competizione aggressiva tra compagnie di navigazione che offrono prodotti sempre più suggestivi al fine di attrarre a sé il maggior numero di passeggeri, con l'inevitabile conseguenza del consolidarsi di prassi, normativamente discutibili, che mettono a repentaglio la sicurezza e l'ambiente;
nello specifico, nel nostro Paese che vanta un massiccio turismo di navigazione,

essendo terra di importanti e riconosciute compagnie che operano viaggi di navi da crociera, ferma restando l'indiscutibile potenzialità economica e turistica di queste, alla luce dei vuoti normativi in materia si rischia uno schiacciamento della qualità e della sicurezza della navigazione stessa a vantaggio delle coreografie turistiche, come quella del saluto alla terra ferma, cosiddetto «inchino» come è accaduto nella serata del citato incidente;
esistono in tutto il territorio nazionale molte aree marine cosiddette di pregio e circa tredici rotte «delicate» che rappresentano sicuramente un patrimonio inestimabile e che rischia di essere quotidianamente intaccato da un prassi consolidata e deprecabile, che mette al primo posto le «emozioni dei turisti» come evidenziato dallo stesso Ministro interrogato;
ai sensi del regolamento (UE) n. 1286/2011 recante adozione di una metodologia comune d'indagine sui sinistri e sugli incidenti marittimi a norma dell'articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2009/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio «applicando all'inchiesta la metodologia comune e un approccio obiettivo e sistematico, l'organo inquirente dovrebbe trovarsi nelle migliori condizioni per trarre insegnamenti da ogni incidente e migliorare così la sicurezza marittima»;
in virtù di tali aspetti, con la tragedia di queste ore è possibile fare doverosi bilanci per procedere ad una rettifica della normativa attualmente vigente in materia di trasporti navali, che ha consentito negli anni il consolidamento di una vera e propria deregulation, al fine di salvaguardare l'ambiente e nel contempo garantire la sicurezza del mare e dei naviganti -:
in che modo si intenda intervenire nello specifico al fine di scongiurare il disastro ambientale al largo dell'isola del Giglio e che tipo di iniziative si intendano definire al fine di affrontare sotto il profilo normativo la disciplina della navigazione delle grandi navi, segnatamente quelle passeggeri, nelle aree di pregio ambientale e sulle cosiddette «rotte delicate».
(5-05936)

MARIANI, VELO, SANI, REALACCI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA e VIOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come già segnalato con l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-05921 del 12 gennaio 2012, il 17 dicembre 2011, nel mare Tirreno, a circa 20 miglia al largo di Livorno, sono stati abbandonati per cause ancora da accertare circa 200 fusti di sostanze pericolose;
sulla vicenda si era registrata una scarsa attenzione fino a quando, il 29 dicembre, il giornale Il Tirreno ha pubblicato con grande risalto la notizia della «perdita» di un carico di sostanze tossiche; sulla base di una comunicazione inviata il giorno prima dalla guardia costiera ai sindaci dei comuni di Cecina e di Bibbona, è emerso che durante una tempesta, il cargo-traghetto «Venezia» della compagnia Grimaldi, in navigazione da Catania a Genova, avrebbe «perso» i due semirimorchi carichi di «sostanze solide inorganiche»; non sono state specificate qualità e quantità del materiale disperso in mare ma si è ipotizzato si tratti di sostanze infiammabili; inoltre la compagnia Grimaldi, a cui erano stati chiesti chiarimenti in merito, non aveva dato, alcuna risposta, mentre l'allarme è stato dato ben 11 giorni dopo l'inabissamento dei fusti;
sull'episodio la procura di Livorno ha aperto un'inchiesta e ha indagato il comandante della nave per violazione delle norme che regolano il carico e il trasporto di rifiuti speciali;
la direzione marittima livornese ha poi diffidato la compagnia Grimaldi a impegnarsi in ricerca, recupero ed eliminazione dei bidoni contenenti catalizzatori a base di monossido di cobalto e molibdeno (per circa 40 tonnellate);

il 30 dicembre il sito Greenreport ha pubblicato il preoccupato allarme di Legambiente arcipelago toscano, con cui si è chiesto alle istituzioni ed al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di attivarsi immediatamente per chiarire le responsabilità della vicenda e per impedire che abbia gravi ripercussioni sull'ecosistema marino;
solo il 31 dicembre sono state rese pubbliche notizie più dettagliate sulla vicenda: secondo quanto affermato dall'ammiraglio comandante della capitaneria di porto di Livorno, Ilarione Dell'Anna, i fusti sarebbero stati 224 contenenti ciascuno 200 chili di catalizzatori di monossido di cobalto e molibdeno; queste sostante, al contatto con l'aria, possono infiammarsi sprigionando polveri e gas nocivi, mentre la loro dispersione in acqua potrebbe provocare danni ingenti alla fauna ittica e ai fondali, come confermato da fonti ISPRA e ARPAT, citate nelle pagine regionali di Repubblica;
il «Venezia» avrebbe perso i due semirimorchi al largo della Gorgona ma l'equipaggio si sarebbe accorto della «scomparsa» solo diverse ore dopo, all'arrivo al porto di Genova;
un altro aspetto inquietante riguarda l'avvio di interventi e di ricerche da parte delle autorità competenti, che sarebbe avvenuto senza alcuna comunicazione ufficiale, avvalorando, ad avviso dell'interrogante, concretamente l'ipotesi che vi sia stata la volontà di non informare la popolazione sui pericoli per la salute e l'ambiente determinati dalla caduta in mare dei fusti tossici;
analoghe perplessità suscita la decisione di non prevedere alcun intervento di limitazione della pesca, pur essendo in presenza di tangibile pericolo di contaminazione della fauna ittica;
anche la prefettura sembra abbia preferito minimizzare la gravità del problema, pur avviando azioni ed interventi che lasciano trasparire un clima di evidente preoccupazione;
la vicenda contribuisce ad aggravare una situazione nota da tempo e che, come riportato da un articolo pubblicato sul quotidiano l'Unità del 4 gennaio a firma Gianni Lannes, vede il fondale antistante la costa livornese disseminato di bidoni contenenti sostanze tossiche;
il 10 gennaio il presidente della regione Toscana e il sindaco di Livorno hanno denunciato, in una conferenza stampa congiunta, ampiamente ripresa dai media, l'assoluta gravità della situazione, chiedendo un immediato intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
appena un mese dopo, il 15 gennaio 2012, si è registrata un'altra drammatica sciagura nel mare Tirreno, con il naufragio della nave da crociera «Concordia» della compagnia «Costa»;
al di là delle prioritarie considerazioni in materia di sicurezza navale e di tutela dell'incolumità delle persone su cui la stessa magistratura ha avviato delle inchieste, l'affondamento di una nave di quelle dimensioni a pochi metri dall'isola del Giglio e a pochi chilometri dalla costa tirrenica rappresenta un enorme rischio di carattere ambientale;
come sottolineato dall'associazione ambientalista «Greenpeace», nelle cisterne della nave ci sarebbero circa 2.400 tonnellate di carburante; una quantità pazzesca se si considera che lo sversamento di solo tre/quattrocento tonnellate di carburante dal portacontainer RENA, in Nuova Zelanda, è stata sufficiente per uccidere circa 20 mila uccelli marini e inquinato decine di chilometri di costa;
sarebbe molto grave, se confermata, la notizia di accordi intercorsi tra il sindaco dell'isola del Giglio e il comandante della nave per modificare la rotta programmata in modo da far avvicinare pericolosamente il natante alla costa dell'isola, con tutti i rischi che questa condotta poteva comportare;
l'emergenza ambientale che si profila nel caso della Costa Concordia è tristemente

simile a quella che ha seguito l'affondamento, il 5 aprile 2007, della nave da crociera Sea Diamond a Santorini (Grecia) e ripropone la questione dei rischi causati dall'avvicinamento alla costa dei grandi traghetti;
desta preoccupazione che in un'area teoricamente protetta come il Santuario dei cetacei non esista alcuno strumento per bloccare una nave con carico pericoloso se è in corso una tempesta, come nel caso della Grimaldi Lines, o impedire alle navi da crociera di avvicinarsi pericolosamente alla costa, come avvenuto per la Costa Concordia;
il Santuario dei cetacei nasce da un accordo tra Italia, Francia e Monaco e dovrebbe tutelare l'Alto Tirreno e il Mar Ligure per le eccezionali caratteristiche ambientali dell'area; purtroppo il parco non è ancora stato attuato concretamente e non sono state avviate efficaci misure di gestione -:
se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di competenza, di dover fare piena luce su entrambe le vicende, accertandone tutte le responsabilità, che non possono essere limitate ai singoli episodi, ma ad un evidente leggerezza con cui vengono permessi piani di navigazione potenzialmente pericolosi per l'incolumità delle persone e per la tutela ambientale, altresì riferendo quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, per provvedere, scongiurando ogni rischio di disastro ambientale, alla messa in sicurezza e alla bonifica della zona di mare interessata dalla dispersione dei fusti tossici, nonché allo svuotamento delle cisterne di carburante della nave Concordia e alla rimozione del suo scafo in condizioni di massima sicurezza.
(5-05937)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le recenti cronache giudiziarie e le inchieste della magistratura hanno portato alla luce l'inquietante intreccio illecito tra alcuni esponenti politici e mondo degli affari nella gestione dei rifiuti, spesso di natura speciale, altamente nocivi o pericolosi, nell'autorizzazione di nuove discariche o interventi di bonifica;
alcune di queste speculazioni, come quella che ha portato all'arresto dell'imprenditore Grossi recentemente scomparso, o del vicepresidente della regione Lombardia Niccoli Cristiani, nell'ambito dell'inchiesta sulla discarica d'amianto di Cappella Cantone, hanno inevitabilmente gettato un'ombra sull'intera politica ambientale regionale, ivi compresi il piano regionale di bonifica da amianto e il piano cave, innescando un effetto a cascata su numerose altre aree del territorio lombardo, fino a interessare i cantieri di grandi infrastrutture come Bre.be.mi;
la bonifica del territorio nazionale dall'amianto, il cui livello nocivo sulla salute dei cittadini e i gravissimi danni provocati sono dati tristemente consolidati e talmente prioritari da indurre il Ministero a individuare l'azione di recupero di tali aree come interesse nazionale -:
quale sia lo stato dell'arte e delle risorse destinate al processo di bonifica dei siti di interesse nazionale individuati in regione Lombardia, con particolare riferimento all'amianto.
(5-05938)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il dramma del naufragio della Costa Concordia, al largo dell'isola del Giglio, rischia di essere aggravato da un emergenza ambientale per la presenza nei serbatoi della nave affondata di 2.400 tonnellate di carburante oltre a vernici, oli lubrificanti e altre sostanze (forse anche amianto) pericolose con il rischio che in caso di mareggiata la nave si spezzi e/o scivoli su un fondale più profondo;

nonostante sia evidente che in nessun caso una nave di quelle dimensioni si deve avvicinare così tanto alla costa, a meno che non sia diretta a un porto, non esiste alcun sistema di controllo, elettronico o satellitare in grado di impedire, o eventualmente sanzionare, questi comportamenti pericolosi, nonostante il pericolo di un intenso traffico navale nell'area sia stato da tempo segnalato da associazioni come Greenpaece che nel rapporto «Divieto di balneazione», del luglio 2010 a pagina 4 dice:
«Il Santuario è sede di un traffico navale molto intenso, per il quale purtroppo non è stata emanata alcuna regola. Le problematiche sono diverse, dal pericolo rappresentato dal passaggio di navi con carichi pericolosi, come le petroliere, all'aumento delle rotte effettuate da navi passeggeri che collegano regolarmente la costa Italiana e Francese, in particolar modo, con Corsica e Sardegna»;
si ripete in questi giorni che il parco dell'arcipelago Toscano sarebbe «la più grande area marina protetta d'Europa», ma all'isola del Giglio non c'è un singolo metro quadro di mare protetto;
la tragedia della Costa Concordia è avvenuta a poche settimane di distanza dalla perdita in mare, nel tratto di mare tra Gorgona ed il Banco di S. Lucia, avvenuta il 17 dicembre 2011, dalla motonave Eurocargo Venezia, di due semirimorchi trasportati in coperta, contenenti fusti di catalizzatori esausti utilizzati per la desolforazione del petrolio;
queste recenti vicende evidenziano le problematiche connesse all'assenza di governance del Santuario dei cetacei, istituito nel 1999, ma a tutt'oggi privo di concrete possibilità operative -:
con quali modalità ed in che tempi il Governo intenda fare fronte all'emergenza dello svuotamento delle cisterne dal carburante;
come intenda assicurarsi che il relitto sia rimosso;
se non si ritenga di utilizzare i sistemi di controllo elettronico e satellitare del traffico navale già utilizzati (AIS: automatic identification system) per mettere a punto un sistema d'intervento in tempo reale che miri a prevenire e sanzionare condotte pericolose, per evitare il ripetersi di una tragedia come quella della Costa Concordia;
per quale motivo il mare dell'isola del Giglio non sia stato incluso nel perimetro del parco nazionale dell'Arcipelago Toscano;
quali azioni si intendano promuovere per rendere pienamente operativo il Santuario dei cetacei.
(5-05940)

PICIERNO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Corte costituzionale, con sentenza n. 335 del 15 ottobre 2008, ha provveduto a dichiarare l'incostituzionalità dell'articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante «Disposizioni in materia di risorse idriche», come anche successivamente modificato dall'articolo 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179, recante «Disposizioni in materia ambientale», ove si dispone che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi». Per analoga ragione, la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale». La citata sentenza della Corte costituzionale, dunque, determina la cessazione del pagamento della tariffa relativa al servizio di depurazione, nel caso in cui il cittadino-utente non usufruisca della relativa prestazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico;
il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione

dell'ambiente», convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, ha confermato, dando seguito alla citata sentenza della Corte costituzionale, che la quota da parte degli utenti del servizio idrico e di depurazione di cui non usufruiscono non è dovuta, quantomeno fino all'«avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati», ai sensi dell'articolo 8-sexies, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208. Peraltro, il comma 2 dell'articolo 8-sexies impone l'obbligo in capo ai gestori del servizio idrico di rimborsare la quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione non espletato, al netto degli oneri «derivanti dalle attività di progettazione, di realizzazione, di completamento o avviate», anche in forma rateizzata «entro un massimo di 5 anni a decorrere dal 1o ottobre 2009». I successivi commi 4 e 5 dell'articolo 8-sexies, del citato decreto, impongono ai singoli gestori di fornire agli utenti «le informazioni minime in ordine al programma per la realizzazione, il completamento, l'adeguamento e l'attivazione degli impianti di depurazione previsto dal rispettivo Piano d'ambito, nonché al suo grado di progressiva attuazione, e le relative forme di pubblicità, ivi inclusa l'indicazione all'interno della bolletta». Inoltre, nell'ambito delle informazioni fornite all'utenza devono rientrare anche «quelle inerenti al consuntivo delle spese già sostenute ed al preventivo delle spese che il gestore deve ancora sostenere, a valere sulla quota di tariffa vincolata a coprire gli oneri derivanti dalle attività di cui al comma 4, nonché all'osservanza dei tempi di realizzazione previsti»;
con un successivo decreto attuativo del 30 settembre 2009, n. 102, recante «Criteri per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione», in attuazione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provveduto a stabilire i criteri ed i parametri per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta;
da quanto risulta da un parere depositato presso il comune di Carinola, da parte del gruppo consiliare denominato «Coraggio e Libertà», il comune, in qualità di gestore del servizio idrico e depurazione per il proprio territorio, non ha provveduto né a ricostruire il programma temporale delle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento eventualmente avviate alla data di pubblicazione della citata sentenza della Corte costituzionale, dandone comunicazione al cittadino-utente ai sensi dei commi 4 e 5 dell'articolo 8-sexies del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, e dell'articolo 8 del decreto attuativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, n. 102, né ha provveduto ad adeguare la tariffa applicata per il servizio di depurazione ai sensi del citato decreto-legge n. 208, così come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, atteso che, da quanto risulta, non c'è una prestazione corrispondente ed adeguata in riferimento al servizio di depurazione, inteso come trattamento e smaltimento delle acque reflue e dei fanghi di risulta mediante idonei processi tecnologici. Lo stesso comune di Carinola, peraltro, non sembra aver ottemperato nemmeno alla rielaborazione delle bollette relative agli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, adeguandole alla normativa intervenuta a seguito della sentenza 335/2008 della Corte costituzionale, e calcolando le somme eventualmente riscosse indebitamente dal gestore-comune, da restituire nei tempi e nelle modalità previste dagli articoli 6 e 7 del decreto attuativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 102 del 2009;
in ordine alla procedura di informazione agli utenti e monitoraggio degli obblighi informativi previsti dagli articoli 8 e 9 del decreto attuativo n. 102 del 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed alla perdurante

inadempienza dell'amministrazione comunale di Carinola, va chiarito che il comma 2 dell'articolo 9 del citato decreto attuativo dispone che «nel caso di inadempienze del gestore si applicano le disposizioni di cui all'articolo 152, commi 2 e 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152», ove si prevede che «qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario ad acta». Qualora la stessa regione non adempia, i predetti poteri sostitutivi «sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario ad acta»;
il tema della scarsa efficienza, se non del cattivo funzionamento, di alcuni impianti di depurazione in Campania, tra cui quello di Orta di Atella, Marcianise, Cuma, Napoli Nord e Foce Regi Lagni - quelli, cioè, realizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno ed affidati nel 2006 ad Hydrogest, in project financing, affinché li mettesse a norma e li potenziasse - appare necessitante di un supplemento di attenzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Occorre far menzione, ancorché sinteticamente, di alcune vicende giudiziarie che riguarderebbero alcune imprese trasportatrici delle scorie, vale a dire dei fanghi prodotti dai depuratori, per presunte infiltrazioni malavitose. Sono note anche alcune inchieste giudiziarie a carico della stessa Hydrogest, per cui è ipotizzato addirittura il reato di disastro ambientale, e quelle che hanno portato all'arresto di Enrico Fabozzi, presidente della commissione regionale di inchiesta Hydrogest, che avrebbe dovuto appurare eventuali illeciti e vigilare sull'operato dell'impresa, citato da due pentiti del clan Bidognetti -:
se il Ministro sia a conoscenza delle situazioni di fatto in premessa, e se intenda avviare, ai sensi dell'articolo 152, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, previa diffida, le procedure di nomina di un commissario ad acta, attese le inadempienze e l'immobilismo della regione Campania in tal senso;
quali iniziative eventualmente intende attuare, per quanto di sua competenza, per far piena luce sulle oscure vicende concernenti le strutture di depurazione delle acque reflue citate in premessa.
(5-05943)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Enna, si manifesta una forte pressione da parte di società operanti nel settore dell'eolico che hanno presentato ben 39 progetti di tipo industriale eolico che si aggiungerebbero a quelli già realizzati, in un territorio a forte vocazione agro-pastorale e turistica;
tra questi, risulta pubblicato presso il comune di Enna, in data 24 novembre 2011, un avviso da parte della Geowind srl di Adrano, per la realizzazione di un parco eolico in contrada Castellazzo, con sette torri di oltre cento metri di altezza e quasi cinquanta metri di estensione della pala eolica; il progetto, già presentato anni fa, ebbe nel 2005 parere negativo dell'assessorato provinciale all'ambiente e interessa una zona che ricade tra le contrade Castellazzo, Bubudello, S. Antonino - bacino idrogeologico con la presenza di abbeveratoi e sorgenti, da cui parte l'acquifero Castellazzo-Caltanissetta per il rifornimento idrico della città;
si tratta di una tra le zone più belle dell'interno Sicilia, per verginità e ampiezza di paesaggio con apertura a 360o dei boschi di piazza Armerina, del sito archeologico della Montagna di Marzo,

verso l'Etna, Pizzo S. Calogero e le Madonie, Caltanissetta, Monte Cammarata, Mazzarino;
la contrada è al centro di un'accoglienza turistica fondata su cultura e ruralità con agriturismi già avviati, allevamenti di bestiame secondo le normative europee, colture biologiche incompatibili con l'eolico industriale;
l'articolo 9 della Costituzione Italiana, recita: «la Repubblica Italiana tutela il paesaggio e il patrimonio Storico e artistico della Nazione»;
la contrada è corridoio di migrazione e ricchissima di avifauna specie falchi, poiane, seguita una coppia nidificante di aquile del Bonelli, ad altissimo rischio di collisione con le pale (alte ben 150 metri). A quest'ultimo proposito quasi tutte le specie di rapaci italiani sono incluse nell'allegato I della direttiva 79/409/CEE, che comprende le specie particolarmente meritevoli di tutela per le quali gli Stati membri (articolo 4) sono tenuti all'adozione di misure speciali di conservazione dei loro habitat di vita. Dunque la realizzazione delle centrali eoliche in tali ambienti costituirebbe un'evidente infrazione a precisi obblighi comunitari e vanificherebbe il lavoro di decenni per la salvaguardia delle specie protette;
la mole di progetti eolici che interessano la provincia di Enna impediscono una effettiva partecipazione dei cittadini al processo di formazione delle decisioni ed una sana programmazione energetica -:
quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare in relazione alla realizzazione del suddetto parco eolico per assicurare il rispetto del valore costituzionalmente protetto del paesaggio e dei vincoli citati in premessa con particolare riferimento alla protezione degli uccelli;
quali iniziative anche normative si intendano promuovere per favorire la partecipazione dei cittadini alle decisioni relative all'utilizzo dei rispettivi territori;
se non si ritenga di rivedere il sistema degli incentivi alle rinnovabili elettriche in modo da disincentivare la realizzazione di parchi eolici di dimensione industriale.
(4-14521)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
nell'agosto del 2010 il Ministero per i beni e le attività culturali emetteva un «Avviso pubblico per la ricerca di sponsor per la realizzazione di lavori dell'ambito A - secondo Piano degli interventi - Colosseo, Roma» fissando come termine ultimo per la presentazione delle offerte il 30 ottobre 2010;
a seguito della mancanza di proposte idonee venne avviata una trattativa che portò, il 21 gennaio 2011, alla stipula del contratto con Tod's per il finanziamento dei lavori pari a 25 milioni di euro, registrato e divenuto pienamente operativo nel mese di giugno 2011;
a seguito di una segnalazione del Codacons, nel mese di dicembre 2011 l'Autorità della concorrenza e del mercato ha inviato una segnalazione al commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, Roberto Cecchi, nella quale si segnalava la presenza di distorsioni nella procedura con cui era stata affidata la sponsorizzazione dell'anfiteatro Flavio al gruppo Tod's guidato da Diego Della Valle;
per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato lo sponsor avrebbe dovuto assumere la responsabilità del completamento dell'attività di progettazione e direzione dei lavori, il coordinamento

della sicurezza, l'appalto a terzi o l'esecuzione diretta dei lavori, anche mediante imprese esecutrici dei lavori, mentre l'accordo siglato, invece, prevede il mero finanziamento dell'opera, che si risolve nella semplice messa a disposizione di una somma di denaro, a fronte della possibilità di avvalersi dei diritti di sfruttamento dell'immagine del Colosseo;
inoltre, l'aver optato per la procedura negoziata, interpellando un numero molto limitato di soggetti, secondo l'Antitrust appare come una indebita restrizione del confronto concorrenziale che avrebbe potenzialmente potuto portare l'amministrazione appaltante a beneficiare di un'offerta più vantaggiosa;
infine, per quanto riguarda i tempi ristretti entro cui si è svolta la trattativa privata con i soggetti interessati, una volta ricevuta la proposta del gruppo Tod's, l'amministrazione appaltante avrebbe infatti assegnato agli altri soggetti interessati un termine inferiore a 48 ore per la presentazione delle offerte; una scadenza così imminente è inadeguata a consentire l'esperimento di una effettiva competizione tra i soggetti convocati;
presso il TAR del Lazio giace al riguardo anche un ricorso del Codacons in cui si chiede la sospensione della sponsorizzazione a causa della sussistenza di violazioni nell'avviso pubblico di alcune disposizioni contenute nel codice degli appalti;
anche la procura di Roma e la Corte dei Conti hanno aperto un'indagine per abuso d'ufficio;
il gruppo Tod's ha precisato che «la situazione è cristallina» e si spera che l'indagine chiarisca al più presto, senza lasciar passare troppo tempo anche perché il gruppo è quotato in borsa. L'imprenditore Della Valle ha precisato che l'intenzione era di «sponsorizzare l'immagine del Colosseo senza nulla in cambio, che non fosse un'operazione commerciale (...) Volevamo raccontare il restauro in giro per il mondo, costruire una Onlus, quindi senza fini di lucro, e un centro servizi. La cifra di 25 milioni di euro era relativa al fabbisogno dei lavori. Nelle casse del ministero ce ne sono già 10» e che «se qualcuno non è contento, noi ci mettiamo da parte e subentrino altri. L'importante è che non si faccia cadere a pezzi il Colosseo»;
il sindaco Alemanno si è detto «sconcertato dall'ostinazione con cui alcune realtà associative cercano di impedire o rinviare gli appalti per il restauro» dell'anfiteatro Flavio e che si tratta solo di «una battaglia ideologica contro un gruppo che, dopo una gara pubblica a bando europeo, mette a disposizione del Ministro dei beni culturali 25 milioni di euro in sponsorizzazioni per restauri che saranno affidati in base a bandi emessi dalla pubblica amministrazione»;
in una nota del Ministero per i beni e le attività culturali si legge che «è convinzione del ministro Ornaghi che il buon esito dell'iniziativa, la quale vede per la prima volta affiancati pubblico e privato in una così importante operazione di tutela e valorizzazione di un bene culturale straordinario quale è il Colosseo, sia significativa e paradigmatica in una fase in cui il Paese intende rilanciare fattori e motivazioni del proprio sviluppo», manifestando fiducia e stima anche al Sottosegretario Roberto Cecchi;
fonti vicine alla stessa struttura commissariale del Colosseo hanno messo in evidenza che quelle dell'Antitrust sono solo «riflessioni» e che il percorso seguito dalla struttura commissariale «si è svolto nel pieno rispetto degli adempimenti pro-concorrenziali e di trasparenza-pubblicità dell'azione amministrativa del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per quei contratti che, come lo è la sponsorizzazione, sono esclusi dall'applicazione del codice medesimo;
ad avviso degli interpellanti, la sponsorizzazione dei lavori di restauro del Colosseo è un modo coraggioso ed innovativo di provvedere alla salvaguardia di un monumento che è un simbolo dell'identità

nazionale italiana e sarebbe un grave errore scoraggiare e punire chi si è adoperato per favorirne il restauro;
sarebbe opportuno predisporre un intervento legislativo che favorisca l'intervento del privato per la tutela del nostro patrimonio culturale sia in una fase come quella presente in cui la penuria di mezzi da parte del Ministero è drammatica che in momenti in cui la situazione della finanza pubblica consente una ragionevole abbondanza di risorse, tenendo conto che il patrimonio culturale italiano ha dimensioni tali da richiedere uno sforzo molto ingente per la sua tutela anche in condizioni ottimali;
nei giorni scorsi altri due frammenti sono caduti all'esterno dal Colosseo nei pressi dell'arco di Costantino, rendendo non più rinviabile l'inizio dei lavori di restauro -:
se non ritenga opportuno fornire chiarimenti su tale vicenda anche al fine di evitare che possano andare diverse risorse vitali per il restauro di un bene culturale straordinario quale è il Colosseo, che rischierebbe di subire ulteriori deterioramenti se non si dovesse intervenire prontamente come dimostrato dal recente distacco di due frammenti;
se non ritenga di adottare iniziative normative volte ad agevolare e favorire l'intervento del privato per la tutela del nostro patrimonio culturale le cui dimensioni sono tali da richiedere uno sforzo molto ingente per un vera tutela.
(2-01317)
«Buttiglione, Galletti, Capitanio Santolini, Carlucci, Enzo Carra, Rao, Dionisi, Adornato, Binetti».

Interrogazione a risposta immediata:

BARBIERI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato a pagina 5 del quotidiano Il Corriere della Sera dell'11 gennaio 2012, l'ex direttore del settore cinema del Ministero dei beni e delle attività culturali, Gaetano Blandini, nominato nell'ottobre 2009 direttore generale della Siae, avrebbe firmato, il 28 dicembre 2011, un atto notarile con il quale si dispone la cessione dei palazzi del fondo pensioni della Siae a un non bene determinato «Fondo Aida»;
si tratta di un blocco di sei immobili che si trovano a Roma il cui prezzo è stato fissato in 80 milioni di euro, mentre il valore iscritto nel bilancio 2010 era stato indicato in 103 milioni di euro, con una perdita secca pari a 23 milioni di euro;
risulterebbe, altresì, che anche gli immobili della Siae siano stati ceduti e conferiti nel «Fondo Norma» al prezzo concordato di 180 milioni di euro, mentre il valore dei palazzi è già stato stimato in 360 milioni di euro, esattamente il doppio;
l'intera operazione finanziaria sarebbe affidata alla «Sorgente Group» e si prevede che entro il 31 gennaio 2012 il cento per cento di «Aida» venga acquisito da «Norma»;
a fronte di immobili stimati complessivamente in 463 milioni di euro, gli introiti risulterebbero dunque pari a 260 milioni di euro;
incalzato dalle organizzazioni sindacali, con una lettera firmata il 3 gennaio 2012, il direttore generale Blandini ha specificato che «le scelte amministrative, tutte improntate al più rigoroso rispetto della legalità e alla ricerca della massima efficienza gestionale, non sono oggetto di confronto o di informativa» -:
se tali fatti corrispondano al vero e quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito.
(3-02013)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

LO MONTE, BRUGGER e ZELLER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha anticipato al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sul federalismo municipale;
la nuova imposta sugli immobili non prevede alcuna eccezione espressa con riguardo agli immobili storico-artistici ad uso privato, la cui manutenzione è particolarmente onerosa, perché soggetta agli stessi vincoli previsti per i fabbricati storico-artistici destinati a usi culturali di cui all'articolo 5-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, per i quali invece continua ad operare un'agevolazione per effetto dell'articolo 9, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011;
il decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, emanato subito dopo l'entrata in vigore, il 1o gennaio 1993, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che aveva istituito l'imposta comunale sugli immobili (ICI), all'articolo 2, comma 5, aveva invece prontamente provveduto ad inserire un trattamento di favore anche per gli immobili storico-artistici ai sensi dell'articolo 3 della legge 1o giugno 1939, n. 1089, con riferimento al calcolo della base imponibile ai fini dell'imposta;
tale misura di favore, nell'ottica di una interpretazione conforme a Costituzione, sembra essere applicabile e compatibile anche con il nuovo regime IMU;
peraltro, successivamente, è intervenuta anche la Corte costituzionale, con le sentenze n. 345 e n. 346 del 28 novembre 2003, estendendo il trattamento agevolato anche ai fabbricati storici o artistici posseduti dagli enti pubblici o dalle persone giuridiche private senza fine di lucro, anche se concessi in locazione;
è necessario tenere in debito conto il principio fondamentale contenuto nell'articolo 9, secondo comma, della Costituzione, che attribuisce allo Stato il compito di tutelare il patrimonio storico e artistico -:
se ritenga opportuno chiarire che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, il trattamento di favore per gli immobili storico-artistici ai sensi dell'articolo 3 della legge 1o giugno 1939, n. 1089, previsto con riferimento alla vecchia ICI dall'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, e non espressamente derogato, si applichi anche sotto la vigenza del nuovo regime dell'IMU e se, in caso contrario, alla luce dell'articolo 9, secondo comma, della Costituzione, ritenga opportuno assumere tempestivamente iniziative per reintrodurre il trattamento di favore per tali immobili storici ai fini dell'IMU.
(5-05930)

PAGANO e RAVETTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo indiscrezioni emerse recentemente, Borsa Italiana spa sembrerebbe orientata ad operare una fusione tra i mercati non regolamentati dedicati alla quotazione in borsa delle società di medie dimensioni, denominati MAC (mercato alternativo del capitale), attivo dal settembre 2007, e AIM -(Alternative investment market) Italia, attivo dal maggio 2009;
in particolare, il MAC, grazie ai costi, relativamente bassi, di quotazione e di permanenza sul mercato, al meccanismo dell'asta giornaliera, ed alla possibilità che il flottante della società quotata possa essere sottoscritto, in fase di collocamento,

anche da un singolo investitore, costituisce un segmento di mercato particolarmente adatto a favorire la quotazione e, conseguentemente, la capitalizzazione, di società di dimensioni ridotte, le quali difficilmente potrebbero trovare conveniente quotarsi sul mercato ordinario;
anche alla luce delle risultanze dell'indagine conoscitiva, recentemente svolta dalla Commissione finanze, sui mercati degli strumenti finanziari, uno degli elementi di più grave debolezza del tessuto imprenditoriale italiano, che ostacola la crescita dell'economia nazionale, è appunto costituito dalla limitata estensione del mercato borsistico, segnatamente dalla difficoltà, per le società di medie e piccole dimensioni, di accedere al mercato dei capitali e di diversificare in tal modo i canali per reperire liquidità finanziaria, che attualmente dipende in modo eccessivo dall'indebitamento bancario;
la prospettiva di una sostanziale fusione tra i due predetti mercati suscita alcune perplessità proprio sotto quest'ultimo profilo, laddove ciò dovesse comportare un irrigidimento dei criteri di quotazione che, di fatto, impedirebbe alle società minori di quotarsi;
in tale contesto appare fondamentale che il Governo, anche avvalendosi dell'attività della CONSOB, monitori attentamente le iniziative che saranno assunte da Borsa Italiana relativamente a tali mercati non regolamentati, sia pure nel pieno rispetto delle autonome scelte imprenditoriali di Borsa Italiana spa -:
di quali elementi disponga e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare le prospettive di un'eventuale fusione, da parte di Borsa Italiana spa, dei mercati regolamentati denominati MAC e AIM, ed in ordine ad una modifica dei requisiti richiesti per il collocamento e la quotazione su tali mercati, nonché al fine di monitorare le conseguenze negative che tale decisione potrebbe determinare rispetto alle opportunità di collocamento sul mercato delle società di minori dimensioni e rispetto alle opportunità di rafforzamento della capitalizzazione e di crescita dimensionale delle predette società.
(5-05931)

CAUSI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso della seduta del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, i Governi dell'Unione europea hanno concordato alcune misure volte a consolidare la patrimonializzazione delle banche per tenere conto del possibile rischio di insolvenza del debito sovrano di alcuni Paesi membri;
per determinare l'ammontare dei maggiori requisiti patrimoniali è stato svolto dall'European Banking Authority (EBA) un apposito esercizio da cui è emerso un fabbisogno aggiuntivo di capitale per le banche italiane, che tiene conto della valutazione al prezzo di mercato delle esposizioni sul debito sovrano, stimato in 15,4 miliardi di euro;
l'esercizio sul capitale proposto dall'EBA e concordato dal Consiglio europeo richiede alle banche un rafforzamento del proprio capitale attraverso la costituzione di un buffer patrimoniale aggiuntivo, temporaneo ed eccezionale, per fronteggiare la preoccupazione dei mercati per il rischio sovrano e gli altri rischi creditizi collegati all'attuale difficile fase congiunturale;
il mercato, lungi dall'essere rassicurato, ha reagito negativamente all'annuncio dell'esercizio in questione;
la decisione è stata presa dagli investitori come una conferma della possibilità che alcuni Paesi dell'area euro possono fallire: ne sono derivati un aumento della volatilità delle quotazioni dei CDS sui titoli sovrani, un incremento degli spread verso il bund tedesco e una maggiore difficoltà di collocamento da parte degli Stati membri;
di fatto, si è inciso sulla possibilità delle banche di rinnovare o aumentare la dotazione dei titoli di Stato in portafoglio;

la scelta di valutare al mark to market i titoli di Stato detenuti a scadenza ha l'effetto perverso di disincentivare l'acquisto, se non addirittura incentivare la vendita, di titoli di Stato italiano da parte delle banche, in linea con quanto hanno fatto gli intermediari esteri;
ciò contribuirebbe in modo rilevante a mettere sotto pressione il mercato dei titoli di Stato italiani;
nel corso della conferenza stampa che segue la decisione del comitato esecutivo della Banca centrale europea, il presidente della BCE, pur riconoscendo la correttezza delle ricapitalizzazioni imposte dall'Eba agli istituti di credito, non ha tuttavia mancato di far notare che sono state decise quando le ondate di vendite sui titoli di Stato erano ancora moderate ed il rischio di tornare in recessione nel 2012 era remoto;
in questa fase di mercato, sempre secondo il presidente della Banca centrale europea, l'esercizio Eba sarebbe diventato «prociclico», aggravando ulteriormente le difficoltà delle banche e generando un nuovo congelamento del mercato interbancario;
la richiesta di un'accelerazione nei requisiti patrimoniali ha infatti sicuri effetti negativi pronunciati sulla congiuntura economica: il vero rischio che stanno affrontando le diverse economie, e in particolare la nostra, è una forte riduzione del credito erogato all'economia, famiglie e imprese, senza peraltro risolvere i veri problemi oggi presenti -:
se il Governo non intenda richiedere, in vista del prossimo Consiglio europeo, uno slittamento dell'applicazione delle raccomandazioni Eba, anche in considerazione delle ultime dichiarazioni del presidente della Banca centrale europea.
(5-05932)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
su «Il Fatto Quotidiano» del 15 gennaio 2012, in un'intervista rilasciata dal dottor Luigi Magistro, direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate ai giornalisti Marco Travaglio e Giorgio Meletti, lo stesso dottor Magistro ha dichiarato che in Italia «la lobby più forte sono i 10 milioni di furbi, un contribuente su tre» i quali evadono il fisco;
secondo l'alto funzionario dell'Agenzia c'è addirittura un 30 per cento di accertamenti per i quali il contribuente, non solo non paga gli importi dovuti, ma neppure impugna i provvedimenti del fisco e, con consapevolezza di impunità, sembra in tal modo sfidare lo Stato;
oltre all'attività evasiva appaiono altrettanto preoccupanti i comportamenti elusivi utilizzati soprattutto dalle grandi imprese;
a tale riguardo appare particolarmente significativa la vicenda, richiamata nella predetta intervista, di cinque grandi banche italiane che hanno appena dovuto versare al fisco circa un miliardo di euro per comportamenti elusivi o evasivi;
sempre secondo i dati richiamati nel citato articolo di stampa, in tale vicenda risulta coinvolto anche il gruppo Intesa San Paolo che, all'epoca dei fatti, era guidato dall'attuale Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera;
in particolare, risulterebbe che la banca, a fronte di atti, volti a ridurre il proprio carico tributario e suscettibili di determinare un contenzioso tributario, abbia preferito accedere agli strumenti definitori previsti dall'ordinamento tributario: nel caso di specie Intesa San Paolo avrebbe chiuso la sua posizione con il versamento di circa 350 milioni di euro;
in tale contesto suscita evidente imbarazzo la posizione del Ministro Passera, il quale, dopo aver rivestito responsabilità gestionali al massimo livello in un gruppo bancario coinvolto in episodi di evasione o, quanto meno, di elusione tributaria, si trova ora a ricoprire un'importante carica in un Governo che afferma di porre

l'obiettivo della lotta all'evasione fiscale fra i propri obiettivi programmatici prioritari -:
di quali informazioni disponga in merito alla transazione recentemente effettuata con l'amministrazione tributaria da alcuni tra i maggiori gruppi bancari italiani, a quanto ammonti l'ammontare complessivo del debito tributario accertato nei confronti del gruppo Banca Intesa, quale sia la somma effettivamente versata da tale ultimo gruppo, e se non intenda assumere iniziative per inasprire le norme che consentono la definizione dei contenziosi tributari in essere, laddove si evidenzino somme evase di ammontare particolarmente rilevante, anche introducendo forme di decadenza o di impedimento a rivestire cariche di vertice in società a carico di quei soggetti che si siano resi responsabili di evasione tributaria.
(5-05933)

Interrogazione a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
in data 2 agosto 2011 prot. n. 2011/104701 l'Agenzia delle entrate ha emanato un provvedimento per una procedura di interpello per l'individuazione di sette funzionari, appartenenti alla terza area funzionale, da destinare agli uffici territoriali di Perugia e Terni direzione regionale dell'Umbria;
si è disposto al punto 2.2 - per esigenze funzionali - il divieto alla partecipazione dei funzionari dipendenti dalla direzione regionale Lombardia;
in data 29 agosto 2011 l'Agenzia delle entrate con prot. n. 2011/115270 ha di nuovo avviato una procedura di interpello per l'individuazione di dieci funzionari da destinare alla direzione provinciale di Cosenza direzione regionale della Calabria;
anche su questo interpello (punto 2.2) vengono esclusi i funzionari della regione Lombardia;
la normativa in forza della quale è consentito di escludere funzionari appartenenti agli uffici della regione Lombardia non risulta evidenziata e, di conseguenza, appare all'interrogante anomala e sicuramente foriera di un notevole contenzioso -:
se non ritengano i Ministri interrogati di intervenire nei confronti dell'Agenzia delle entrate, allo scopo di modificare gli interpelli citati nel rispetto delle norme vigenti.
(4-14522)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

VOLONTÈ. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il prossimo 24 gennaio 2011, è previsto il debutto, presso il teatro Parenti di Milano, dello spettacolo «Sul concetto di volto nel figlio di Dio» di Romeo Castellucci;
prima ancora del debutto lo spettacolo è stato accusato di blasfemia, e la curia arcivescovile di Milano ha già chiesto l'intervento delle autorità religiose e civili di Milano, domandando che fosse «riconosciuta e rispettata la sensibilità di quanti cittadini, e non sono pochi, vedono nel volto di Cristo l'incarnazione di Dio»;
durante tale rappresentazione si arriva addirittura a gettare contro la sacra immagine degli escrementi;
secondo la nota della curia «la libertà di espressione possiede sempre una valenza sociale. Questa deve essere tenuta particolarmente in conto da chi dirige istituzioni di rilevanza pubblica, per evitare

che un'esaltazione unilaterale della dimensione individuale della libertà di espressione conduca a un "tutti contro tutti" ideologico poi difficilmente governabile. Di questa dimensione sociale della libertà di espressione avrebbe potuto farsi carico più attentamente al momento della programmazione la direzione del Teatro»;
contro lo spettacolo, alcuni cittadini hanno presentato un esposto in Procura;
simili atti di oltraggio e intolleranza nei confronti del credo religioso contribuiscono ad alimentare il non rispetto e l'intolleranza tra le culture e le religioni -:
se non intenda adottare urgenti iniziative normative al fine di evitare che la libertà di espressione diventi un alibi per offendere la sensibilità umana e religiosa e che in futuro possano verificarsi casi analoghi.
(3-02020)

Interrogazione a risposta scritta:

LEO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
cinque appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale «Brissogne» di Aosta vedevano, in data 17 agosto 2010, definitivamente archiviata la notizia di reato di calunnia sollevata a loro carico;
la motivazione della richiesta di archiviazione faceva pensare che, se di calunnia si era trattato, detta fattispecie sarebbe stata perpetrata non dai suddetti cinque ma a danno degli stessi. E che, quindi, le indagini, qualora dovute, avrebbero dovuto rivolgersi contro altri soggetti che, stando a quanto risulta dagli atti, potevano essere identificati con estrema precisione. Tutto ciò non è stato fatto, nonostante le richieste di prosecuzione delle indagini motivate dai cinque agenti succitati;
non solo, dall'istruttoria e da quanto risulta nel decreto di archiviazione emergevano ulteriori gravi comportamenti di appartenenti al Corpo, non sanzionati né redarguiti dall'attuale direttore della casa circondariale di Aosta, il quale, in luogo di intervenire come avrebbe meritato la situazione, formava una serie di atti e gravemente pregiudizievoli nei confronti di alcuni soggetti fra i quali si stigmatizza, tra gli altri, la riduzione del giudizio complessivo annuale ai rappresentanti della sigla sindacale OSAPP (alla quale peraltro aderivano i cinque ex indagati);
in tale contesto il direttore non si peritava nemmeno, come prassi cautelare suggerirebbe, di procurare l'allontanamento di quei soggetti che, in concorso tra loro, avevano denunciato chi sapevano innocente, soggetti che erano, e sono, come sopra accennato, ben identificabili;
in tale contesto non si hanno elementi conoscitivi in ordine all'attività svolta dalla procura di Aosta con riferimento alle denunce sporte dagli ex indagati tanto che taluno di questi ha chiesto alla procura delle Repubblica di Torino l'avocazione delle indagini sollecitate vanamente alla procura di Aosta -:
se si ritenga utile disporre una ovvero più ispezioni presso la casa circondariale di Aosta allo scopo di accertare l'operato del direttore e dei membri del Corpo di polizia penitenziaria di cui in premessa;
se si ritenga utile ed opportuno accertare le cause della mancata attivazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel disporre, come in altri casi, accertamenti sui fatti descritti in premessa;
se si ritenga utile e doveroso, nel caso di accertata inattività da parte del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, assumere per quanto di competenza iniziative di natura disciplinare nel caso nel quale, a seguito delle ispezioni, si rilevino fattispecie rilevanti sotto questo profilo;
se si ritenga utile ed opportuno porre rimedio, per quanto di competenza, alla situazione del personale della casa circondariale di Aosta descritta in premessa.
(4-14516)

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2012

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da oltre trenta anni la popolazione valtellinese attende la messa in sicurezza della strada statale n. 38 interessata da un traffico sempre più intenso e spesso teatro di frequenti incidenti, purtroppo anche mortali, a causa delle numerose intersezioni con le strade locali;
la strada statale n. 38, meglio conosciuta come Nazionale dello Stelvio, è stata realizzata nel XIX secolo dall'Impero d'Austria e, oggi, è al centro di un consistente progetto di rinnovamento allo scopo di rispondere alle improrogabili esigenze di messa in sicurezza del tracciato;
la strada statale n. 38 rappresenta l'unica via di accesso e di attraversamento della Valtellina ed è percorsa non solo dai 180.000 abitanti della provincia di Sondrio, ma anche dagli oltre 2 milioni di turisti che annualmente giungono sul territorio;
dopo anni di attesa sono stati iniziati i lavori per la realizzazione del primo tratto della nuova strada statale n. 38 che sarà ultimato entro il 2012;
per rendere effettivamente funzionale il primo tratto in corso di esecuzione, è fondamentale realizzare il tratto della tangenziale di Morbegno, che rappresenta un tratto importantissimo per l'intera variante ed è inserito nella legge obiettivo, quale secondo stralcio, come opera strategica nazionale;
il costo complessivo della nuova tangenziale è di 280 milioni di euro;
tutto il territorio compartecipa al finanziamento della nuova statale; infatti, gli enti locali, la provincia, le comunità montane, i comuni e la Camera di commercio hanno dato un forte segnale di coesione rispetto ad un obiettivo condiviso da tutti, con oltre 80 milioni di euro;
anche la regione Lombardia ha dimostrato il proprio interesse per l'improrogabile realizzazione della variante, stanziando 50 milioni di euro su una disponibilità totale pari a 130 milioni di euro per le infrastrutture dell'intero territorio lombardo;
per la chiusura del quadro economico mancano 50 milioni di euro, che lo Stato dovrebbe stanziare allo scopo di fare approvare la tangenziale di Morbegno dal Cipe, in quanto il progetto ha concluso il restante iter procedurale;
i ribassi d'asta dall'appalto dei lavori della variante di Morbegno, come sottoscritto nell'accordo di programma con la regione Lombardia, possono essere utilizzati per la realizzazione della tangenziale di Tirano, che rappresenta un nodo viabilistico altrettanto critico come quello di Morbegno;
la realizzazione della tangenziale di Morbegno è, pertanto, importante e funzionale anche per la realizzazione della tangenziale di Tirano, il cui costo è stimato in 136 milioni di euro;
con 50 milioni di euro lo Stato potrebbe, pertanto, consentire la realizzazione di opere per un totale di 416 milioni

di euro, risolvendo i problemi della viabilità della Valtellina, con evidenti benefici per l'economia locale e per l'indotto;
ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come ultimamente modificato dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, si prevede il finanziamento anche delle opere di interesse strategico attraverso il «Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico»;
le risorse del fondo sono assegnate dal Cipe, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e provengono anche dal definanziamento di opere della legge obiettivo -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per individuare le risorse occorrenti, pari a 50 milioni di euro, o a carico del «Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico», o a carico di fondi diversi dello Stato, allo scopo di permettere l'immediata presentazione al Cipe e l'approvazione definitiva del progetto della tangenziale di Morbegno sulla strada statale n. 38.
(3-02016)

CICCANTI, GALLETTI, MEREU, COMPAGNON, BONCIANI, ANNA TERESA FORMISANO, RUGGERI e PEZZOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei prossimi giorni è stato preannunciato uno sciopero generalizzato da parte degli autotrasportatori appartenenti all'Unatras;
a fronte, infatti, di una già penalizzante situazione economica ampiamente depressiva, viene denunciata l'insostenibilità di alcune norme recentemente introdotte che graverebbero profondamente sul comparto dell'autotrasporto con conseguenze gravissime sulla sostenibilità e lo sviluppo del settore;
nello specifico, le questioni al centro della protesta riguardano l'aumento vertiginoso del costo del gasolio, i costanti aumenti dei premi assicurativi, l'aumento delle giornate di divieto di circolazione, il rischio della cancellazione dei costi di sicurezza e la deregolamentazione delle norme per l'accesso alla professione di autotrasportatore, che i rappresentanti delle sigle sindacali lamentano compromettere la sicurezza sulle strade e ridurre la competitività delle imprese;
materia di particolare contestazione risulta essere, inoltre, quella relativa ai pesantissimi aumenti del costo del petrolio susseguenti all'aumento delle accise applicate con il recente decreto-legge cosiddetto salva-Italia, che sono stati calcolati incidere per oltre 7 mila euro in più in un anno di lavoro per ogni operatore, che, unitamente all'abrogazione operata nello stesso testo delle disposizioni che prevedono l'indicazione di «prezzi o tariffe» in materia di trasporto, rischiano fortemente di far collassare l'intero sistema;
nonostante l'autotrasporto, in particolare quello commerciale, rappresenti un settore fondamentale e portante per lo sviluppo di tutta l'economia nazionale, esso oggi vive una profondissima crisi di sostenibilità che sta provocando la sempre più ricorrente chiusura piuttosto che il concreto rischio di fallimento di numerose imprese;
la situazione è di estrema criticità e necessita di un intervento immediato e chiaro indirizzato all'intero settore che rischia seriamente il completo collasso in mancanza di provvedimenti capaci di rilanciarne lo sviluppo;
durante l'esame in Aula del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 (cosiddetto decreto salva-Italia), il Governo ha espresso parere favorevole ad alcuni ordini del giorno che richiedevano,

nel dispositivo, l'adozione di provvedimenti in favore della categoria, ma, ad oggi, in realtà nessuna iniziativa sembra essere stata intrapresa per darne seguito -:
se non ritenga urgente ed opportuno adottare misure concrete atte a sostenere il settore dell'autotrasporto colpito da una pesantissima crisi di sistema (aumenti del costo dei carburanti, aumento del costo delle assicurazioni, aumenti del costo delle autostrade, revisione degli studi di settore, esclusione dai benefici per l'accesso al credito agevolato, crescenti fenomeni di dumping che si riflettono sulla sicurezza e comportano fenomeni di illegalità), prima che la situazione precaria in cui versano le aziende operanti nel settore non risulti definitivamente compromessa.
(3-02018)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 1o marzo 2011, a seguito di una piena del fiume Basento, a causa di fortissime precipitazioni piovose il viadotto della strada statale n. 407 Basentana nei pressi di Calciano in direzione Metaponto (Matera), si è abbassato vertiginosamente;
le campate del viadotto furono abbattute successivamente e il 26 marzo 2011, è divenuta nuovamente percorribile in entrambe le direzioni ma solo attraverso un cambio di carreggiata;
da allora questa arteria strategica che collega la A3 alla strada statale n. 106 è priva di questo viadotto;
è quasi trascorso un anno e non si sa quale sia e se vi sia un crono programma per la costruzione del viadotto abbattuto -:
se l'Anas abbia già predisposto un progetto e quali siano i tempi per il ripristino della infrastruttura in questione.
(5-05939)

Interrogazione a risposta scritta:

MINARDO, VINCENZO ANTONIO FONTANA, GIAMMANCO, GIBIINO, GAROFALO, MARINELLO e PAGANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa si apprende che sarebbero a rischio i finanziamenti comunitari per i lotti 6, 7 ed 8, tratta Rosolini-Modica dell'autostrada Siracusa-Gela;
già altri tratti hanno usufruito dei fondi europei;
l'Unione europea ha manifestato il timore che tale finanziamento si configuri come aiuto di Stato;
la Commissione europea è già in possesso, e sta valutando, la scheda «grande progetto» predisposta dall'Anas e dalla regione siciliana, che dimostrerebbe che non si determina alcun aiuto di Stato;
si tratta di un'opera attesa da oltre venti anni a causa delle lungaggini burocratiche a livello locale, che stanno contribuendo a mettere a rischio tali finanziamenti;
i lotti in questione si trovano in una zona del meridione d'Italia già fortemente penalizzata dal punto di vista dei trasporti e dei collegamenti;
la realizzazione di questi tre lotti rientra nell'elenco delle 19 opere pubbliche di importanza strategica realizzato dall'assessore regionale alle infrastrutture e mobilità -:
se il Ministro interrogato non intenda occuparsi prioritariamente del problema, attivandosi in sede comunitaria per evitare il taglio dei finanziamenti per i lotti Rosolini-Modica;
se non ritenga necessario intervenire quanto prima, di concerto con l'Anas e la regione siciliana, affinché si arrivi all'approvazione definitiva della scheda «grande progetto» redatta dagli uffici competenti dell'Anas e della regione, al fine di consentire la pubblicazione del bando e la realizzazione dell'opera.
(4-14517)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

ANIELLO FORMISANO, DONADI, ROTA, FAVIA, EVANGELISTI e BORGHESI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei primissimi giorni di gennaio 2012 il Ministro dell'interno ha emanato una circolare, per «rendere più funzionale il servizio di protezione ravvicinata» a centinaia di persone tra magistrati, politici e anche giornalisti;
il documento, inviato a 103 questori e 103 prefetti, detta alcuni correttivi all'attività, onerosa, delle scorte;
nella circolare si specifica che si introducono correttivi al decreto ministeriale del 2003, ultimo provvedimento legislativo che fornisce disposizioni sul servizio scorte in Italia;
le disposizioni per il contenimento delle spese investono i cosiddetti terzi e quarti livelli di protezione, ovvero quelli destinati ai casi meno gravi, per i quali è previsto l'impiego di un'auto blindata con due agenti, e di un'auto non blindata con due agenti di vigilanza;
il primo e il secondo livello di protezione (previsto per gravi minacce) invece prevedono due auto blindate e sei agenti di scorta;
pertanto, lo scortato che rientra nei livelli meno gravi di protezione, secondo alcune interpretazioni, potrebbe essere chiamato a provvedere a sue spese all'autista e all'auto per gli spostamenti, mentre al Ministero dell'interno spetterà la disciplina dei turni e delle presenze del personale impiegato;
la circolare non entra nel merito della data dell'operatività della circolare stressa, né nel merito dell'assegnazione delle scorte, che spetta alle decisioni del comitato operativo che si riunisce periodicamente nelle singole prefetture italiane. La circolare non parla di riduzioni o limitazioni, ma spiega che, dalla prima riunione utile del comitato, volta per volta, dovrà essere applicata la nuova regola. Alla rigidità delle nuove disposizioni sono previste eccezioni e, tutto sommato, a prevalere è sempre il criterio dell'interpretazione sul singolo;
la circolare specifica non solo che si valuterà caso per caso, ma anche che si potranno fare delle eccezioni quando lo scortato dimostri di non essere in grado di fornire auto o autista;
sembra che la decisione finale sulle scorte e sulle loro modalità spetterà sempre ai comitati operativi delle singole prefetture e varrà sempre il criterio dell'interpretazione dei singoli casi;
anche sui tempi dell'applicazione non c'è una data certa, ma soltanto il riferimento alle future riunioni dei citati comitati;
se per i magistrati è già previsto che le loro auto da scortare siano fornite dal Ministero della giustizia da cui dipendono, da adesso lo stesso criterio dovrà essere seguito per gli altri dipendenti della pubblica amministrazione;
non vi è chiarimento su quanto debba avvenire, invece, per scortati non dipendenti pubblici, come giornalisti o sindacalisti;
risulta, quindi, che, a pochi giorni dall'arrivo della circolare, sul documento non ci sia interpretazione univoca -:
se non ritenga opportuno fornire elementi sui contenuti e sulle modalità di applicazione del servizio di scorta ai terzi e quarti livelli di protezione.
(3-02014)

GRANATA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'imprenditore Ignazio Cutrò ha da tempo denunciato richieste estorsive da parte di esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso;

per queste coraggiose denunce, allo stesso è stata assegnata una scorta che tuteli la sua incolumità;
nei giorni scorsi gli è stata recapitata una «comunicazione preventiva di ipoteca» da parte della Serit Sicilia per un importo complessivo di 85.562,65 euro;
la Serit Sicilia intende dar corso al recupero della somma nonostante vi sia stata, anche se in ritardo, la sospensione della cartella operata dal prefetto ai sensi della legge in tema di antiracket e di testimoni di giustizia;
a ciò si aggiunge che al Cutrò non è stata neanche rilasciata la documentazione necessaria per riavviare l'azienda, nonostante la sua coraggiosa decisione di rimanere a fare l'imprenditore in Sicilia;
risulta da fonti di stampa che ci sarebbe stato un intervento del Ministero dell'interno sulla questione -:
se - per quanto di sua competenza - non ritenga opportuno adottare iniziative volte a garantire la piena applicazione della legge italiana sui testimoni di giustizia, nonché dirette alla sospensione della comunicazione preventiva di ipoteca di cui in premessa.
(3-02015)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
nell'autunno del 2009, dopo la pubblicazione del decreto ministeriale n. 42 del 2009 e della conseguente riformulazione delle graduatorie permanenti ad esaurimento, alcuni docenti precari hanno presentato ricorsi al TAR del Lazio, sede di Roma, in primo luogo molti di questi ricorsi erano stati proposti avverso il decreto ministeriale n. 42 del 2009 che prevedeva la creazione di code in seno alle graduatorie permanenti e solo in seconda battuta avverso le graduatorie;
nella primavera del 2011 a seguito delle ordinanze del commissario ad acta, sono stati inseriti, in modo autoritario i ricorrenti, a pettine nelle graduatorie permanenti/ad esaurimento delle tre province in cui, tali docenti si trovavano inseriti solo in coda;
successivamente gli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla Corte di cassazione ed in seguito l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 12 luglio 2011, hanno stabilito che spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie riguardanti tali graduatorie, e non al giudice amministrativo (TAR), giudice al quale i ricorrenti hanno proposto ricorso;
a fine agosto 2011, durante le nomine a tempo indeterminato, dalle graduatorie ad esaurimento, con nomine retrodatate all'anno scolastico 2010/2011, i vari uffici scolastici regionali d'Italia, fra cui quelli della Lombardia, Emilia-Romagna, e altri, hanno emanato note in cui si provvedeva ad accantonare i posti sino alla definizione dei giudizi avanti al giudice amministrativo con sentenza nel merito, questa era la dicitura presente negli avvisi di convocazione per le nomine a tempo indeterminato, nei vari uffici scolastici provinciali;
ai primi del mese di ottobre del 2011 la sezione III/bis del TAR del Lazio, sede di Roma, ha depositato oltre venti decisioni su ricorsi riguardanti le graduatorie permanenti/ad esaurimento, dichiarandoli in tutti i casi inammissibili per difetto di giurisdizione. Sembra quindi evidente che la Sezione del TAR del Lazio, abbia recepito pienamente gli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla Corte di cassazione e recentemente dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo i quali spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie riguardanti tali graduatorie;
inoltre, recentemente il 16 dicembre il TAR del Lazio si è giudicato non competente

su alcuni ricorsi relative alle nomine da graduatorie, e si attende che a breve si dichiarerà non competente anche per la querelle pettine;
con questa definitiva sentenza del Tar del Lazio cadranno automaticamente tutti gli inserimenti a pettine disposti dal commissario ad acta ed anche il congelamento di circa 3.000 posti bloccati per le immissioni in ruolo accantonati in attesa di giudizio;
pertanto, quei 3.000 posti accantonati e bloccati dovrebbero essere assegnati per le immissioni in ruolo, ai docenti presenti a pettine nelle graduatorie permanenti ad esaurimento per l'anno scolastico 2010/2011. Tali assegnazioni retrodatate dovrebbero essere eseguite entro il mese di febbraio 2012, termine ultimo per la mobilità dei docenti di ruolo, così che questi 3.000 docenti possano assumere effettivamente il ruolo nella provincia in cui erano a pettine nel 2010 -:
se il Governo intenda verificare, la situazione relativa alla questione descritta in premessa al fine di chiarire se le assegnazioni per le immissioni a ruolo saranno effettivamente portate a compimento nel febbraio 2012 e nel rispetto sia della graduatoria ma anche degli anni di permanenza e continuità lavorativa nella stessa provincia.
(2-01320) «Garagnani».

Interrogazione a risposta orale:

CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'insegnante di storia e filosofia del liceo classico «Massimo d'Azeglio», Renato Pallavidini, si è reso protagonista di gravissime e deliranti frasi razziste e antisemite pubblicate su Facebook, tra cui una minaccia di strage di ebrei in una sinagoga;
il dirigente della suddetta istituzione scolastica avrebbe deciso di non adottare alcun provvedimento di censura, poiché il docente in parola, attualmente in congedo per motivi di salute fino al 31 marzo 2012, avrebbe avanzato richiesta di prepensionamento;
pur essendo in congedo il professor Pallavidini sarebbe rimasto in contatto, attraverso il citato social network, con alcuni studenti dando spazio alle sue farneticazioni ideologiche e razziste, sottolineando di «non voler pagare l'Ici per l'assistenza a negri, zingari nonché handicappati e mongoloidi», incitando addirittura all'applicazione delle teorie del «dottor Mengele»;
appaiano inoltre inquietanti alcune dichiarazioni rilasciate dal docente stesso che recitano: «Sono insegnante di storia e filosofia in un liceo classico e, infatti, nel 2007 gli ebrei hanno cercato di farmi fuori senza riuscirci. Alla fine sono riusciti a farmi assegnare solo due settimane di sospensione nel 2008, poi ho fatto ricorso e l'ho vinto. Hanno dovuto reintegrarmi lo stipendio e lo scatto d'anzianità. Sono molto orgoglioso di essere una delle poche persone, dopo la morte del Fuhrer, che è riuscita nel suo piccolo a sconfiggere gli ebrei». Un concetto che ha voluto ribadire anche in una e-mail inviata all'Osservatorio sul pregiudizio anti-ebraico della Fondazione Cdec di Milano: «Io comunque ho avuto la piena riconferma della mia cattedra liceale, alla faccia vostra»;
è evidente che il professor Pallavidini inneggi a una repubblica fondata sui valori degli epuratori, sulla lotta armata fatta da banditi, dinamitardi e bombaroli. E altrettanto chiaro che non abbia mai tentato di coniugare la conoscenza e la comprensione della storia con l'impulso a stimolare nei giovani la costruzione di una coscienza etica e politica fondata sul valore della vita umana e dei principi democratici -:
se non ritenga opportuno verificare se, durante la trentennale carriera didattica in vari licei di Torino e provincia, siano mai state avanzate critiche sull'insegnamento del professor Pallavidini anche da parte di genitori cattolici e laici e,

nel caso, se ci siano stati sottovalutazioni da parte delle competenti gerarchie periferiche;
in caso di reiterate proteste da parte di genitori, studenti e comunità interessate, nonché in considerazione del plagio ideologico-culturale che il professor Pallavidini ha potuto eventualmente arrecare ad alcuni dei suoi allievi adolescenti, se non ritenga opportuno intervenire affinché il docente in parola sia rimosso al più presto dalla sua funzione, prima del relativo prepensionamento, come segno di rispetto dei valori costituzionali nati dal superamento della tragedia nazi-fascista.
(3-02021)

Interrogazione a risposta scritta:

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 dicembre 1999, n. 482, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» prevede espressamente la tutela della lingua e della cultura delle popolazioni slovene, germaniche e di quelle parlanti la lingua friulana;
con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, recante «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», e in particolare l'articolo 10 (disposizioni relative alla scuola primaria) e l'articolo 11 (disposizioni relative all'istruzione secondaria di primo grado) è sancita la possibilità, nelle scuole funzionanti nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, di costituire classi con un numero di alunni inferiore al numero minimo previsto per le altre classi e, comunque, non inferiore a 10 alunni;
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, conferma la previsione di deroga ai parametri numerici nazionali per quanto attiene il dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome site nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;
il comune di Medea (provincia di Gorizia), si è visto negare la richiesta di attivazione di una classe prima, con insegnamento della lingua friulana, sulla base dalle scelte operate dai genitori di undici alunni in ossequio alle previsioni di legge in materia di tutela delle lingue minoritarie;
l'amministrazione provinciale di Gorizia e la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, con propri distinti atti amministrativi hanno riconosciuto e supportato la richiesta avanzata dal comune di Medea a tutela di quanto avanzato con le procedure di legge dalle famiglie degli alunni interessati alla istituzione della classe prima;
esiste una corposa corrispondenza tra il comune di Medea e le autorità scolastiche comprensoriali, provinciali e regionali che mette in evidenza la classica situazione «all'italiana» di un sostanziale scarica-barile di responsabilità nella determinazione - di fatto - del diniego alla attivazione della classe prima - pur essendoci tutti i requisiti di legge - nel quadro della legittima e doverosa tutela della minoranza linguistica friulana, in attuazione di quanto sancito dagli articoli 3 e 6 della Costituzione della Repubblica italiana -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica sopra descritta da cui emerge secondo l'interrogante una palese violazione del diritto alla tutela di una minoranza linguistica;
quali urgenti iniziative intende assumere per rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono al pieno e legittimo esercizio di un diritto fondamentale per gli alunni interessati e per le loro famiglie che nonostante il totale sostegno del comune di Medea, della provincia di Gorizia e della

regione Friuli Venezia Giulia, non hanno ottenuto la attivazione della classe prima con l'insegnamento della lingua friulana.
(4-14524)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BERRETTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Cesame spa, è un'azienda che, fino ad alcuni anni fa, era una delle più floride realtà dell'economia catanese. Purtroppo, nel 2009, l'azienda è stata dichiarata fallita e, da allora, i lavoratori sono rimasti senza un'occupazione stabile, ricevendo il trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria sino al 13 settembre 2010 e solo in tale data, successiva al fallimento, sono stati licenziati;
a seguito del licenziamento, i lavoratori hanno presentato domanda di ammissione allo stato passivo per il pagamento del trattamento di fine rapporto;
tuttavia, il giudice delegato non ha ammesso tali crediti al fallimento, sull'assunto che lo stato passivo del fallimento è divenuto esecutivo in data 17 novembre 2009 e, pertanto, in applicazione dell'articolo 101, comma 1, della legge fallimentare, il termine ultimo per la presentazione delle domande di insinuazione sarebbe scaduto il 17 novembre 2010;
le domande, pertanto, secondo tale interpretazione, sarebbero state presentate oltre il termine ultimo previsto dalla legge. I lavoratori, dunque, pur essendo creditori privilegiati sono rimasti senza alcuna tutela dei crediti maturati;
i lavoratori sono stati ammessi al trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria fino alla data del 13 settembre 2010 e, solo in tale data, è cessato il rapporto e pertanto appare logico che a decorrere dalla suddetta data, avrebbero potuto presentare le domande di ammissione al passivo del fallimento per i crediti maturati e, in casi analoghi, il termine annuale previsto dall'articolo 101, comma 1, dovrebbe decorrere non dal deposito dello stato passivo, bensì dal momento in cui il credito è sorto ed è divenuto esigibile per i lavoratori (nella fattispecie, a decorrere dal 13 settembre 2010);
tale vicenda evidenzia, ad avviso dell'interrogante, una lacuna nell'ordinamento quantomeno con riferimento ai lavoratori per i quali, alla data di deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, il rapporto di lavoro è sospeso, perché si trovano in Cassa integrazione guadagni straordinaria -:
se non ritenga di assumere iniziative normative, anche di interpretazione autentica, che sanciscono il principio in base al quale, per i crediti dei lavoratori che decorrono al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il termine di dodici mesi per la presentazione della domanda non può che iniziare a decorrere dalla data in cui il diritto alla pretesa creditoria diviene esigibile.
(5-05929)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferito da numerosi organi di stampa, agenzie di informazione e siti internet, un uomo di 73 anni, il signor V.D.T, di Bari si è tolto la vita;

il tragico gesto appare motivato dal fatto che l'uomo aveva ricevuto dall'INPS la richiesta di restituire parte del denaro della pensione percepito negli ultimi anni;
l'uomo aveva lavorato come operaio prima in Germania, poi in Olanda e infine a Bari, dov'era nato;
l'anziano percepiva una pensione sociale di 450 euro e un'altra, per gli anni trascorsi all'estero, di 250 euro;
nei giorni scorsi aveva ricevuto una comunicazione dall'Inps nella quale l'ente riferiva di avergli corrisposto indebitamente, per un errore di calcolo, cinquemila euro negli ultimi anni, denaro da restituire con rate di 50 euro al mese;
secondo quanto riferito, il pensionato ha cominciato a temere di non farcela e di rischiare di perdere la casa. Su suggerimento del medico curante, l'anziano ha iniziato ad assumere tranquillanti che non gli hanno comunque consentito di dormire serenamente, fino alla decisione di farla finita, lanciandosi dal balcone della sua abitazione -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
in caso affermativo quale sia l'orientamento del Ministro in ordine all'accaduto;
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà perché non abbiano più a ripetersi situazioni ed episodi come quello che ha portato il signor V.D.T. a togliersi la vita, sconvolto per un errore che certamente non era stato da lui commesso;
se sia in grado di comunicare quanti simili errori sono stati commessi da parte dell'INPS negli anni 2009, 2010 e 2011;
quale sia l'entità di tali errori e in quali località si sono verificati.
(4-14520)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:

RUVOLO e GIANNI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da diversi mesi, gli allevatori, gli agricoltori e, conseguentemente, gli autotrasportatori, del Mezzogiorno d'Italia e, in particolare, della Sicilia, hanno dato vita a forme varie di protesta;
come simbolo della protesta il movimento ha scelto il forcone, che simboleggia il lavoro duro della campagna che, da troppo tempo, non genera più profitti ma solo perdite;
fare oggi gli agricoltori o gli allevatori nel Mezzogiorno non ha quasi più alcun margine di guadagno perché i prodotti importati da altre nazioni che arrivano nei mercati hanno prezzi più bassi e concorrenziali;
l'aumento della benzina e la mancanza di infrastrutture rendono ancora più cari i prodotti che, dalle campagne del Sud, devono raggiungere i mercati del Nord;
dal 17 gennaio 2012, e per tutta la settimana, in Sicilia è stato indetto uno sciopero spontaneo dalle medesime categorie;
si preannunciano proteste similari e diffuse in tutte le regioni del Sud;
la situazione, stante la condizione disperata in cui versano ormai tutte le aziende del settore, sta degenerando con gravi problemi per l'ordine pubblico;
i manifestanti non sono più in grado di affrontare la grave crisi che ha colpito il settore con le istituzioni che subiscono criteri e scelte dell'Unione europea che rischiano di affossare definitivamente uno dei pilastri fondamentali dell'economia meridionale e richiedono: la defiscalizzazione dei carburanti e dell'energia elettrica;

l'uso dei fondi europei per lo sviluppo da utilizzare per arginare la crisi dell'agricoltura; il congelamento delle procedure di Equitalia-Serit, agenzie che si occupano della riscossione dei tributi -:
se il Governo intenda andare incontro alle giuste richieste del «movimento dei forconi» richiedendo, in sede europea, l'utilizzo in deroga, per altri quattro o cinque anni, dei fondi del Piano di sviluppo rurale (2007-2013) per affrontare la grave crisi che colpisce il settore o, in alternativa, anche attraverso i fondi per le aree sottoutilizzate, come si intenda affrontare e finanziare la grave crisi che agricoltori, allevatori e autotrasportatori stanno vivendo nel Mezzogiorno d'Italia.
(3-02012)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
l'operazione di un ingente sequestro di falsi prodotti biologici, da parte della Guardia di finanza, nel mese di dicembre 2011 richiede, a giudizio dell'interrogante, indispensabile ed urgente una riorganizzazione efficace e trasparente del sistema di controllo e di certificazione dell'agricoltura biologica nel nostro Paese, attraverso interventi volti a difendere un settore importante dell'agricoltura di qualità nel nostro Paese;
il giro d'affari calcolabile in oltre 2 miliardi di euro l'anno, a favore dell'agricoltura biologica, conferma come i numerosi produttori biologici, che operano in Italia, attendono dalle competenti istituzioni, una serie di proposte per tutelare e valorizzare questo tipo di agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, quale naturale fertilità del suolo, favorendola con interventi limitati, attraverso la promozione della biodiversità dell'ambiente in cui opera, escludendone infine l'utilizzo di prodotti di sintesi (salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario) e organismi geneticamente modificati;
numerose associazioni agricole, hanno evidenziato nei confronti del suddetto comparto, anche a seguito del maxi sequestro da parte dei suddetti militari, una grave situazione determinata da malfunzionamenti e le non conformità evidenziate, nel corso dell'operazione di confisca, hanno ulteriormente determinato forti perplessità sull'affidabilità dell'intero sistema «bio», imponendone non semplici correttivi, ma profondi miglioramenti;
appare essenziale, a giudizio dell'interrogante, emanare con urgenza, il decreto ministeriale che impone agli operatori notificati, la scelta di un unico organismo di controllo unitamente ad un progetto di informatizzazione del settore, che andrebbe attivato e implementato, in modo tale da gestire in tempo reale tutte le notifiche di variazione che intervengono nel corso dell'anno;
appare inoltre determinante, a giudizio dell'interrogante, predisporre una banca dati unica, in grado di incrociare tutte le informazioni e i dati raccolti attualmente dal sistema e che sono dispersi tra i diversi soggetti quali: il Ministero interrogato, l'Icqrf, le regioni e gli organismi di controllo;
secondo quanto affermato, dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori inoltre, nel predetto frazionamento di informazioni, si sono verificati disallineamenti e profonde lacune che hanno permesso alla suesposta frode, di riporsi e svilupparsi nel tempo;
ulteriori profili di criticità, a giudizio dell'interrogante, sono da ascrivere alla carenza di funzioni di accreditamento, autorizzazioni, controlli e vigilanza degli organismi di sistema, che attualmente sono distribuite tra il Ministero interrogato, due direzioni dell'Icqrf, le regioni e l'Accredia, che determinano una opaca distinzione tra le funzioni autorizzative, nonché la vigilanza in capo alla pubblica

amministrazione e quelle di accreditamento e di controllo in capo al sistema Accredia/Organismi di certificazione;
nel suddetto ambito, risulta conseguentemente necessario ed urgente, a giudizio dell'interrogante, un'azione di verifica dell'attuale quadro sanzionatorio al fine di valutarne in modo approfondito l'adeguatezza;
secondo la suesposta confederazione agricola, andrebbe inoltre valutata la possibilità di tracciare all'interno della banca dati precedentemente riportata, le transazioni commerciali al di sopra di una certa dimensione, in particolare con riferimento agli scambi con l'estero e soprattutto in attesa di un adeguamento doganale al biologico;
appare necessario peraltro che la suesposta banca dati, sia per quanto possibile e di competenza, accessibile oltre che alle istituzioni competenti e gli organismi di controllo, anche a tutti gli operatori per la verifica diretti delle liste di fornitori;
il sistema di controllo alle dogane inoltre, a giudizio della Confederazione italiana agricoltori, è attualmente inefficace e particolarmente carente e necessita una regolamentazione comunitaria, che andrebbe promossa e sollecitata a partire dalla individuazione di appropriati codici doganali relativi al settore biologico, prevedendo procedure di controllo più incisive per le importazioni, compresa la tracciabilità delle transazioni commerciali -:
quali orientamenti intendano esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano conseguentemente intraprendere, al fine di rendere maggiormente rigoroso il sistema dei controlli nell'ambito dell'agricoltura biologica;
se non ritengano opportuno, prevedere all'interno della banca dati descritta, oltre ai requisiti riportati in premessa, anche: l'anagrafica delle aziende, i piani annuali di produzione e le relative variazioni nonché lo stato della certificazione inteso quali sanzioni o variazioni di vario genere;
se non ritengano altresì opportuno, emanare il decreto ministeriale di cui alla premessa, al fine di imporre agli operatori notificati la scelta di un unico organismo di controllo;
se non intendano infine, prevedere nel complesso, ulteriori iniziative a tutela dell'intero sistema di controllo e di certificazione dell'agricoltura biologica nazionale, valorizzandolo anche attraverso le misure di miglioramento a sostegno del comparto, esposte in premessa.
(5-05941)

RAINIERI, NEGRO e ASCIERTO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1-ter, comma 2, lettera c) del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, ha previsto che nell'ambito delle disponibilità esistenti sull'autorizzazione di spesa disposta per la prosecuzione degli interventi relativi al progetto speciale promozionale per le aree interne del Mezzogiorno per la valorizzazione dei prodotti agricoli tipici, approvato con deliberazione del CIPE n. 132 del 6 agosto 1999, pubblicata nel supplemento ordinario n. 189 alla Gazzetta Ufficiale n. 255 del 29 ottobre 1999, il commissario ad acta di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, e successive modificazioni, opera anche attraverso specifiche convenzioni con gli organismi di valorizzazione e tutela di produzioni agricole di qualità per iniziative volte a favorire l'aggregazione dei produttori e ad accrescere la conoscenza delle peculiarità delle produzioni agricole mediterranee, e in particolare siciliane;
l'articolo 16-bis del decreto legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni,

dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha tra l'altro disposto che valere sulle economie realizzate sui fondi assegnati fino alla data del 31 dicembre 2008, al predetto commissario ad acta, gravassero le citate attività di cui all'articolo 1-ter, comma 2, lettera c), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231;
a seguito di tali disposizioni, tramite i criteri di assegnazione dei contributi in favore di piccole e medie imprese attive nel settore della produzione di prodotti agricoli di qualità di cui al decreto commissariale n. 222 del 7 dicembre 2010, nonché l'assenso all'esecuzione di tali criteri da parte della Commissione europea, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha autorizzato, l'11 aprile 2011, l'utilizzo di 10 milioni di euro quale importo massimo di finanziamento alle sopra richiamate finalità assentito da parte della Commissione dell'Unione europea per l'aiuto;
previo avviso pubblico pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 aprile 2011, sono stati disposti gli inviti i soggetti interessati a partecipare alla selezione competitiva per la concessione dei suddetti contributi, i quali avrebbero potuto coprire non oltre il 90 per cento delle spese complessive dei relativi interventi;
al termine delle procedure in questione e delle valutazioni effettuate dall'apposita commissione di esame comparativo, su 111 richieste di contributi pervenute, ne sono state ammesse 79 e di queste ne sono state finanziate 20 per un importo complessivo di 9.857.736 euro;
esaminando l'elenco dei soggetti ammessi al finanziamento, a parere dell'interrogante sembra di trovarsi di fronte ad una sorprendente incongruenza quantitativa, ossia che la stragrande maggioranza delle imprese finanziate avrebbero ottenuto contributi di gran lunga superiori rispetto al fatturato delle produzioni cui sono destinati e che soprattutto risultano presenti quasi esclusivamente realtà del Centro Sud a scapito di quelle del Centro Nord -:
se il Ministro possa riferire quali siano i criteri adottati dal commissario ad acta di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, e successive modificazioni per finanziare le 20 imprese partecipanti alla concessione degli aiuti autorizzati a norma del proprio provvedimento n. 3316 dell'11 aprile 2011, ed in tale ambito quante imprese del Cento Nord abbiano partecipato e di queste quante e perché siano state escluse.
(5-05942)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

PALAGIANO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto previsto dal Piano sanitario nazionale 2011-2013, entro il 2018 in Italia, mancheranno 22.000 medici a causa del calo progressivo di laureati in medicina e chirurgia nel nostro Paese;
in Italia esiste una forte concentrazione di personale medico nella fascia di età superiore o uguale ai 60 anni, per cui è possibile ipotizzare che circa 17 mila medici lasceranno il servizio sanitario nazionale entro il 2015 per aver raggiunto l'età della pensione;
proprio il 2012 potrebbe segnare l'inizio di un «saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni». Uno squilibrio che sarà ancora più evidente nelle regioni in deficit che devono gestire rigidi piani di rientro;
secondo Stefano Biasioli, segretario della Confedir, la Confederazione dei dirigenti

in pubblica amministrazione, «lo squilibrio tra necessità e programmazione nelle scuole di specializzazione in medicina è un fenomeno già presente che si sta aggravando anche perché il numero di posti nelle scuole non viene adattato alle esigenze di mercato»;
da dati recenti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), emerge che vi sarà una particolare carenza di alcune specialità che sono in uno stato di sofferenza cronica. Ad esempio anestesia, radiologia, pediatria, nefrologia, geriatria (con la popolazione che invecchia) e tutta la chirurgia;
in particolare, la stessa Fnmoceo ipotizza il pensionamento del 48 per cento dei medici occupati in regime di dipendenza dai servizi sanitari regionali e dall'università, il 62 per cento dei medici di medicina generale, il 58 per cento dei pediatri di libera scelta e il 55 per cento degli specialisti convenzionati interni;
allo stesso tempo, però, cresce la presenza di medici stranieri che lavorano nel nostro Paese, dentisti compresi. In 10 anni il loro numero è cresciuto del 30 per cento passando dai 10.900 del 2001 fino circa 15mila allo stato attuale;
la motivazione di questo progressivo, ma apparentemente inarrestabile calo, potrebbe essere ricercata - secondo quanto dichiarato dal professor Giuseppe Novelli, preside della facoltà di medicina chirurgia dell'università Tor Vergata di Roma - in un calcolo del fabbisogno di medici errato. Il numero di posti disponibili nelle facoltà era stato stabilito sulla base di un bisogno pregresso, che poi si è rivelato inferiore al necessario;
non è solo il nostro Paese ad aver calcolato male il fabbisogno di medici. Anche il Regno Unito sta affrontando un problema simile e si è trovato, negli ultimi anni, ad assumere medici dall'estero. Una vera e propria stortura in un Paese in cui si hanno le università con i migliori ranking internazionali ma a causa di una programmazione inadeguata si è stati costretti ad importare medici del Bangladesh;
in altri Paesi (come Usa, Francia e Spagna) le università accolgono un numero di studenti in medicina proporzionale ai reali bisogni sociali di medici;
è altamente probabile quindi che, per aver contenuto, mediante un numero chiuso non programmato, le matricole universitarie delle scuole di medicina, ci troveremo presto a dover importare medici da altri Paesi (Romania, Grecia, e altri) per far fronte al fabbisogno nazionale, perpetuando - tra l'altro - una disoccupazione giovanile ed una migrazione professionale;
si ricorda che nel nostro Paese un medico si forma completamente soltanto dopo 6 anni di studi e cinque anni di specializzazione, 11 anni complessivi. Non ci sono esempi di un percorso così lungo per divenire medico specialista nel resto del mondo;
inoltre, il livello di esperienza professionale sul campo in Italia non è sufficientemente normato e, ancorché regolamentato, non adeguatamente vigilato per la formazione reale ottenuta dai neolaureati, con il risultato di avere medici affidabili per l'80 per cento delle performance solo sulla soglia dei 40 anni -:
se i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, intendano rivalutare il sistema di rilevamento del fabbisogno formativo delle facoltà di medicina e chirurgia, se esistano, attualmente, delle stime di necessità di medici nel Paese a 5, 10 e 15 anni e se, sulla base delle motivazioni su esposte, siano previste semplificazioni o abbreviazioni dei corsi di laurea in medicina, uniformando così i piani di studio alla Gran Bretagna o agli Stati Uniti, dove in 6 anni complessivi si hanno medici specialisti (non meno capaci di quanti sono stati formati nel nostro sistema).
(4-14519)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è stato sancito l'accordo (rep. atti n. 95/CU seduta del 13 ottobre 2011), ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 28 agosto 1997, n. 281, sul documento recante «integrazioni agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle case di cura e custodia (CCC) di cui all'allegato C al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008» (Comitato paritetico interistituzionale);
la notte del 2 gennaio 2012 presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto si è registrato l'ennesimo decesso di un paziente-detenuto, un internato di 56 anni;
l'uomo, originario della Calabria era da tempo gravemente malato e in condizioni di salute precarie, costretto a far ricorso alle bombola ad ossigeno;
secondo quanto riferito dal dottor Dario Stefano Dell'Aquila, componente del direttivo nazionale dell'associazione «Antigone», l'uomo si era visto prorogare la misura di sicurezza per ben quattordici volte -:
di quali elementi disponga il Governo sulle cause che hanno provocato la morte del paziente-detenuto;
se sia vero che da tempo era gravemente malato, in condizioni precarie e costretto a fare ricorso alle bombole ad ossigeno;
se sia noto perché, nonostante le sue precarie condizioni di salute fosse ristretto all'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto e non in un ospedale o in una clinica;
se sia vero che per ben quattordici volte si sia visto prorogata la misura di sicurezza;
per quale motivo il paziente si trovasse ristretto nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto;
confermare o smentire che nei soli ospedali psichiatrici giudiziari italiani si sono registrati negli ultimi dodici mesi undici morti, e nella sola Barcellona Pozzo di Gotto negli ultimi sei mesi si sono registrati tre suicidi;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, si intendano promuovere, adottare, sollecitare in ordine a quanto sopra esposto;
se siano stati definiti la tipologia assistenziale e le forme della sicurezza, gli standard di organizzazione e i rapporti di collaborazione tra le amministrazioni coinvolte, tra il Ministero della giustizia ed il Servizio sanitario nazionale a livello nazionale, regionale e locale.
(4-14523)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

GENTILONI SILVERI, META, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BOFFA, BONAVITACOLA, CARDINALE, GASBARRA, GINEFRA, LARATTA, LOVELLI, PIERDOMENICO MARTINO, GIORGIO MERLO, TULLO, VELO e ZAMPA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo spettro elettromagnetico rappresenta una risorsa pubblica scarsa e di crescente valore;
lo sviluppo di internet e, in particolare, dell'accesso al web da reti mobili è sempre più veloce nel mondo e in Italia;
il valore delle frequenze è stato confermato appena cinque mesi fa da un'asta pubblica in cui ciascuna frequenza è stata assegnata per un valore di circa 350 milioni di euro;

il beauty contest lanciato su analoghe frequenze consentirebbe agli aggiudicatari di disporre gratuitamente dello stesso bene pubblico, salvo poterlo rivendere dopo appena cinque anni;
il meccanismo del beauty contest in atto finisce per non aprire nemmeno il mercato delle frequenze televisive a nuovi ingressi, al contrario favorirebbe il consolidamento delle posizioni dominanti;
gli evidenti squilibri, a danno di operatori delle televisioni minori e locali, realizzati con la transizione al digitale possono essere risolti con una porzione molto limitata delle frequenze inserite nel beauty contest;
il Governo nel mese di dicembre 2011 ha espresso parere favorevole nei confronti degli ordini del giorno presentati dal gruppo Partito democratico e da altri gruppi parlamentari al decreto-legge n. 201 del 2011 - Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, impegnandosi ad annullare la procedura del beauty contest -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, e in quali tempi, al fine di azzerare la procedura in corso di beauty contest, per poter bandire un'asta a rilanci competitivi per i diritti d'uso di una parte o di tutte le relative frequenze.
(3-02017)

Interrogazioni a risposta scritta:

PELUFFO, MOSCA, FIANO, DE BIASI, FARINONE, QUARTIANI, RENATO FARINA, VOLONTÈ, BERNARDO, PANIZ e ZACCARIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Radio Lombardia è autorizzata a trasmettere ed operare con la frequenza 100.300 Mhz dal centro trasmittente di Valcava località Caprino Bergamasco (Bergamo);
da anni Radio Lombardia denuncia interferenze provocate dalla frequenza 100.400 Mhz;
nel 1994 con decreto n. 8/CD/7149/R/903980 il Ministero delle telecomunicazioni dava parere negativo alla richiesta di concessione per le trasmissioni a Radio Studio 5;
il 19 giugno 1998, Radio Studio Cinque ha ceduto a Radio Amica la frequenza 100.400;
in una comunicazione successiva inviata a Radio Amica srl (ora Publicitè Ciblè B4 SARL e GRT srl), prot. ITL/III/148 DIM/6772 del 2004, l'ispettorato territoriale della Lombardia - Ministero delle comunicazioni, affermava che l'impianto in questione è stato ceduto da un soggetto operante in regime di sospensiva (Radio studio cinque - 903980); e che, considerato che alla data della sua cessione in favore della Radio Amica (904838), l'impianto era in stato di conclamate interferenze, quindi non è applicabile quanto previsto ai sensi dell'articolo 1, comma 7, ex legge n. 122 del 1998. Nella stessa nota si evidenzia che l'esercizio di trasmissione di Radio Amica è da considerarsi illegittimo;
si aggiunge, infine, la posizione di Radio Studio 5 esula dalla situazione prevista dal comma 13 dell'articolo 1 della legge n. 650 del 1996, richiamata dal comma 7, dell'articolo 1 legge n. 122 del 1998, perché i trasferimenti sono consentiti tra emittenti concessionarie, che, hanno ottenuto il decreto di concessione, che come espresso in precedenza, invece a Radio Studio Cinque era stato negato;
questi impianti senza concessione creano turbativa come sopra descritto;
il Tribunale amministrativo regionale Lazio con sentenza definitiva n. 00517/2010 del 19 gennaio 2010, rigettava il ricorso presentato dallo stesso titolare di Radio Studio Cinque contro il diniego di concessione del Ministero delle comunicazioni -:
quali siano i motivi per i quali nonostante provvedimento di rigetto da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Radio Amica ha la facoltà di trasmettere

con l'impianto 100.400 frequenza da Campo dei Fiori (Varese) e se siano rispettati i dettati dell'articolo 2, comma 12, della legge n. 122 del 1998;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire le radio che hanno regolare concessione come Radio Lombardia.
(4-14518)

ARACRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i tempi medi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, prestazioni, forniture e appalti raggiungono nel Paese livelli intollerabili sia in termini comparativi che in termini di sostenibilità per le imprese fornitrici e prestatrici di opere e servizi;
il ritardo nel pagamento di fatture scadute è diventato presso talune amministrazioni una regola fissa e in certi casi il ritardo nei pagamenti si misura in anni;
secondo la stima del Ministro dello sviluppo economico, riportata anche in un'intervista al Corriere della Sera dell'8 gennaio, lo scaduto dei pagamenti privati e pubblici raggiunge ormai la cifra di 60-80 miliardi di euro di debito forzoso;
il fenomeno del ritardo nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni appare intollerabile in primo luogo dal punto di vista dei principi liberali di tutela della buona fede, dell'affidamento e della certezza delle relazioni giuridiche;
le amministrazioni mettono in pratica politiche di rigore sul versante degli adempimenti fiscali e del recupero dei tributi non pagati mentre, nello stesso tempo e contro gli stessi soggetti, sono più o meno disattente nel rispetto di regole contrattuali, mettendo in dubbio la loro onorabilità, legittimità e in ultima analisi la credibilità dell'intero sistema statale;
tutto ciò nel contesto dell'attuale crisi economico-finanziaria internazionale assume una importante valenza per la politica economica poiché si è verificata una forte e preoccupante stretta creditizia nei confronti delle imprese che sono sempre più spesso in difficoltà nell'accesso al credito bancario o chiamate a rientrare della propria esposizione creditizia;
nonostante la tendenziale eterogeneità, in alcuni casi anche molto consistente, dei dati relativi ai tempi medi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni nelle diverse aree del Paese, la capillare distribuzione delle piccole e medie imprese sul territorio e i drammatici eventi succedutisi nell'ultimo periodo impongono di considerare il fenomeno un problema di indubbia portata nazionale -:
se ritenga di elaborare misure di carattere strutturale che impediscano l'accumularsi di ulteriori debiti da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti di privati, mediante la fissazione di termini di pagamento la cui inderogabilità sia resa effettiva da prescrizioni efficaci in termini di deterrenza;
se non intenda assumere le iniziative necessarie per recepire e dare sollecita attuazione alla direttiva 2011/7/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce termini rigorosi e non derogabili per l'adempimento delle obbligazioni monetarie delle pubbliche amministrazioni, prima del termine di recepimento, fissato al 16 marzo 2013;
se intenda rendere pienamente operative mediante l'adozione dei relativi decreti attuativi le disposizioni di cui all'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, introdotto dall'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che prevedono la compensabilità dei crediti non prescritti certi, liquidi ed esigibili nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo;

se ritenga di valutare la passibilità di introdurre ulteriori meccanismi di compensazione dei crediti vantati dai privati nei confronti delle pubbliche amministrazioni con le obbligazioni di natura fiscale, per consentire un rientro dello stock di debiti delle pubbliche amministrazioni accumulato sino ad oggi;
nell'ambito dell'attuazione del federalismo fiscale, se intenda valorizzare gli strumenti di responsabilizzazione delle amministrazioni locali e i meccanismi di premio e sanzione al fine di incentivare le pratiche virtuose nelle aree del Paese in cui il ritardo nei pagamenti assume dimensioni medie più consistenti;
quando ritenga di mettere in atto le iniziative sopra ricordate.
(4-14525)

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2012

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Reguzzoni e altri n. 1-00803, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rainieri, Caparini, Gidoni, Grimoldi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in commissione Meta n. 5-04524, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ginefra.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Lo Monte n. 1-00699, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 507 del 26 luglio 2011.

La Camera,
premesso che:
ai corridoi europei è attribuito anche il compito di togliere dall'isolamento alcune aree dei Paesi ricompresi ed a generare fattori di avvicinamento al cuore dell'Europa, riducendo in maniera significativa i tempi di spostamento e offrendo un servizio di tipo capillare, che vada a distribuire sul territorio in maniera agevole i flussi di traffico, passeggeri e merci;
il Mezzogiorno riveste oggi un ruolo, strategico per l'intero Paese, grazie alla posizione strategica al centro del Mediterraneo;
il Meridione è il termine naturale della realizzazione, delle reti transeuropee TEN (trans european network), in un quadro sistemico europeo di trasporto integrato;
il progetto TEN corridoio 1, nella sua iniziale previsione, rappresentava un asse fondamentale di trasporto per i collegamenti a livello comunitario, prevedendo l'attraversamento da nord a sud dell'intera Germania, Austria e Italia. Oltre un terzo dell'intero traffico transalpino, infatti, interessa il passo del Brennero, il valico alpino a quota più bassa, che riveste, quindi, un'importanza cruciale nell'ambito del trasporto persone e dell'interscambio tra il nord e il sud del continente europeo;
la Commissione europea, nell'analisi del progetto di bilancio comunitario per il 2020, presentato il 29 giugno 2011, ha proposto, cambiando la geografia europea delle grandi infrastrutture, di cancellare il suddetto progetto TEN corridoio 1 Berlino-Palermo, per sostituirlo con un nuovo corridoio 5 Helsinki-La Valletta;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo tale ridisegno del tracciato, oltre ad apparire illogico dal punto di vista geografico ed economico, violerebbe i principi di coesione territoriale, sociale ed economica, sui quali si fonda il Trattato dell'Unione europea;

la proposta contrasterebbe, inoltre, in maniera stridente con il regolamento 913/2010 che disciplina il traffico delle merci e che ha disegnato, in virtù delle nuove adesioni all'Unione europea di Paesi del Nord Europa, un corridoio speciale per le merci, il numero 4, che nasce a Stoccolma e termina a Palermo, secondo una logica completamente diversa, e che adesso verrebbe abbandonata;
la decisione sul nuovo percorso del corridoio 1 non è solo, di rilevanza europea, ma ha un immediato risvolto a livello nazionale, con ripercussioni assai gravi che riguardano il piano nazionale dei trasporti;
le suddette motivazioni addotte da vari attori istituzionali, primi fra tutti i governatori delle due regioni Calabria e Sicilia, espressione della forte volontà dell'Italia di mantenere la coesione nazionale del Paese, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione europea che con decisione del 21 ottobre 2011 hanno stabilito che la nuova configurazione del corridoio 5 oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto dovrà svilupparsi nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo;
la stessa Commissione europea nel dare il via libera alla proposta di regolamento bilancio, Europa 2000, che indica i progetti prioritari nel quadro delle grandi reti transeuropee per il periodo 2014-2020, nella cui lista dei progetti strategici figurano i collegamenti ferroviari Napoli-Bari, Napoli-Reggio e Messina-Palermo, non ha compreso né contemplato tra questi ultimi il ponte sullo Stretto di Messina;
il ponte sullo Stretto è la risposta concreta al bisogno di un più efficiente e moderno sistema di collegamento tra la Sicilia, il resto del Paese e l'Europa e la sua realizzazione consentirebbe di creare le condizioni favorevoli per il rilancio economico-sociale dell'area dello Stretto, con un impatto economico complessivo di oltre 8 miliardi di euro, e notevoli ricadute occupazionali per le regioni su cui insiste il ponte, ponendo anche un argine al fenomeno di disoccupazione che colpisce le aree del Messinese;
inoltre ogni eventuale ritardo nella realizzazione dell'opera si tradurrebbe inevitabilmente in un danno per il Paese, in termini di investimenti persi e di penali da corrispondere, che ammonteranno circa 1 miliardo di euro, ed ancor più in una grave perdita di opportunità per lo sviluppo e per l'immagine dell'Italia intera,


impegna il Governo:


ad intervenire in tutte le sedi affinché, nella nuova previsione della Commissione Europea vengano comunque garantiti il finanziamento e la realizzazione di tutte le opere infrastrutturali già previste nella originaria configurazione del Corridoio 1 Berlino-Palermo;
ad intervenire presso le autorità europee al fine di far includere nella proposta di Bilancio, Europa 2000, la concreta realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina il cui avvio consentirebbe anche di attivare immediatamente straordinarie ricadute socio-economiche, con effetti importanti e decisivi per l'attuale contesto di crisi;
a valutare attentamente le opere infrastrutturali da realizzare dal punto di vista della loro sostenibilità economica ed ambientale e della loro funzionalità, concentrando le risorse verso interventi infrastrutturali realmente utili al Paese e definendo uno specifico piano infrastrutturale per il Mezzogiorno, in particolare assumendo come fondamentale il completamento dell'autostrada Reggio Calabria-Salerno e la realizzazione e l'ammodernamento di fondamentali opere di viabilità primaria e secondaria.
(1-00699)
(Nuova formulazione) «Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri, Brugger».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Binetti n. 1-00780, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 558 del 6 dicembre 2011.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di alcun tipo, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, limitano l'eguaglianza dei cittadini per varie ragioni, comprese quelle che riguardano la loro salute (uguaglianza sostanziale, comma 2);
in tal modo la Costituzione sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità», intendendo la dignità umana o come fondamento costituzionale di tutti i diritti collegati allo sviluppo della persona, principio cardine dell'ordinamento democratico, su cui si fonda il valore di ogni essere umano;
a tale riguardo è d'obbligo precisare che il bene «salute» è tutelato dall'articolo 32, primo comma, della Costituzione, non solo come diritto fondamentale dell'individuo, ma anche come interesse della collettività, per questo richiede piena ed esaustiva tutela in quanto diritto primario ed assoluto pienamente operante anche nei rapporti tra privati. Tale tutela è garantita attraverso il servizio sanitario (istituito e disciplinato dalla legge n. 833 del 1978 e dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni). La possibilità di accedere a cure sanitarie adeguate è uno degli elementi principali che contribuiscono alla realizzazione del diritto alla tutela della salute, riconosciuto a ciascun individuo;
al di là delle mere affermazioni di principio, appare evidente che occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, territoriale ed economica esistenti. Tale criticità appare maggiormente complessa se applicata al contesto delle malattie rare. Le «malattie rare» sono patologie debilitanti e fortemente invalidanti, potenzialmente letali, caratterizzate da bassa prevalenza ed elevato grado di complessità, in gran parte di origine genetica, circa nell'80 per cento dei casi, mentre per il restante 20 per cento dei casi sono acquisite e comprendono anche forme tumorali rare, malattie autoimmuni, patologie di origine infettiva o tossica;
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e precedenti normative, sono considerate rare quelle patologie «la cui prevalenza non è superiore a 5 su 10.000 abitanti». In Italia si calcola una stima approssimativa di circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica. Se si raffronta questo dato con quello dei 27 Stati membri dell'Unione europea si nota che per ciascuna popolazione ci sono 246.000 malati. Oggi, nell'Unione europea, le 5.000-8.000 malattie rare esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone;
l'arbitraria definizione di «rara» non ha favorito il processo di ricerca e di attenzione sulle cause di tali patologie, frenando gli investimenti sia in campo diagnostico che terapeutico, per cui se da un lato sono pochi i centri in cui è possibile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta, è complessivamente scarsa anche la ricerca per la produzione di nuove molecole, con conseguenti ritardi nella diagnosi e nelle cure;
se la rarità incide anche sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall'esiguo numero di pazienti arruolabili nei trial clinici, dall'altra parte il ricorso a una casistica multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono essere disomogenei;
negli ultimi anni, anche grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata avanti dalle associazioni dei pazienti,

sono stati raggiunti importanti risultati per sopperire alle esigenze di coloro che sono affetti da patologie rare, con la Decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo, è stato adottato un Programma d'azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999- 2003. Sempre a livello europeo, nel 2000 è stato pubblicato il Regolamento n. 141/2000 concernente i medicinali orfani con l'istituzione della procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano. Per svolgere questa attività è stato istituito nell'ambito dell'European Medicines Agency (EMEA) il Committee for Orphan Medicinal Products (COMP);
il decreto del Ministro della sanità del 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie») reca, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal Servizio sanitario nazionale;
l'articolo 8 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevede testualmente che «i contenuti del presente regolamento sono aggiornati, con cadenza almeno triennale, con riferimento all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni»;
nonostante le previsioni di cui sopra, non si è proceduto ad alcun aggiornamento, sebbene il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008, mai entrato in vigore, recasse, all'allegato 7, un aggiornamento delle malattie riconosciute come rare, integrando e sostituendo l'allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001; l'allegato 7 al decreto rappresenterebbe, dunque, l'unico documento ufficiale, con i limiti evidenti conseguenti dall'emergere, nel tempo, di nuove patologie, prima sconosciute. Esso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, indicherebbe in 109 le patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare; queste 109 patologie però non sono mai state realmente incluse negli elenchi ufficiali e i pazienti che ne sono affetti non godono di nessuno dei benefici previsti;
contemporaneamente all'azione mirata dell'Unione europea, anche l'Italia, a partire dal 1999, ha identificato nelle malattie rare un'area di priorità in sanità pubblica, ha esplicitato priorità ed obiettivi da raggiungere ed è intervenuta con un provvedimento specifico, il decreto ministeriale n. 279 del 2001. Le regioni italiane, trasferita loro la competenza in tema di programmazione ed organizzazione sanitaria, hanno preso in carico l'applicazione della normativa nazionale. Nell'attuale negativa congiuntura economica, occorre tener conto anche del cambiamento radicale del Sistema sanitario nazionale, provocato dal passaggio di competenze in materia sanitaria dallo Stato alle regioni, dovuto alla modifica del titolo V, parte seconda, della Costituzione. Di fatto, si sono creati 21 sistemi sanitari regionali, molto diversi tra di loro per quanto riguarda sia le politiche fiscali che la disponibilità di bilancio, pur rimanendo identica la ratio che li ha generati. La diversa disponibilità e, quindi, la diversa accessibilità ai fondi regionali, si tramuta, inevitabilmente, in difformità nell'accesso alle opportunità di cura e in disparità di trattamento per i pazienti, sulla base della semplice appartenenza regionale sul territorio nazionale;
è necessario che il sistema mantenga un corretto equilibrio tra le autonomie locali ed il livello centrale. L'obiettivo dell'uniformità qualitativa e quantitativa dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria necessita della previsione di linee guida e direttive in tale ambito, che siano sufficientemente omogenee e capaci di coniugare il rispetto delle specificità locali e le esigenze di razionalizzazione del sistema sanitario con il diritto di accesso alle cure;

ad oggi in Italia, nonostante un accordo Stato-regioni datato 8 luglio 2010, che prevede una quota vincolata di 20.000.000 di euro per progetti relativi alle malattie rare e ripartita in base alla popolazione di riferimento, non esiste una normativa adeguata a sostegno dei malati e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di carattere economico-assistenziale, avuto particolare riguardo a ciò che concerne la terapia domiciliare; a ciò va a sommarsi la grave carenza di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie;
tutte le associazioni di pazienti affetti da malattie rare sostengono con energia come il nostro Paese debba allinearsi il più rapidamente possibile alle procedure che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini, affetti da malattie rare, un accesso tempestivo alle terapie innovative;
in Francia, con una interpretazione della normativa europea non condivisa da tutti, è stato adottato fin dal 1994 un piano nazionale per le malattie rare, che consente una autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (atu), con lo scopo di garantire l'accesso alle cure da parte dei pazienti e l'utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio. La condizione necessaria è che il farmaco sia in fase di sviluppo avanzato, abbia possibilmente superato la fase sperimentale III, ci siano segni di una accertata efficacia, e non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco regolarmente autorizzato (ad esempio, prodotti che abbiano profili di sicurezza già accertati o un documento di autorizzazione di immissione sul mercato in fase di stesura o in corso di registrazione);
lo schema dell'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci, applicato alle medicine destinate alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici ed all'ottenimento dell'autorizzazione alla commercializzazione;
con il Decreto Ministeriale 279/2001 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12 luglio 2001 - Suppl. Ordinario n. 180/L si prevede l'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal medico curante tra quelle incluse nei LEA secondo criteri di appropriatezza ed efficacia rispetto alle condizioni cliniche individuali e, per quanto possibile, sulla base di protocolli clinici concordati con il presidio di riferimento competente. Ai fini dell'esenzione il regolamento individua 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare;
in Italia, l'inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri e nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali spesso ritarda ulteriormente l'accesso alla terapia da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Le amministrazioni regionali non differenziano i farmaci orfani all'interno delle loro delibere attuative e di indirizzo, creando così ulteriori difficoltà (quali limitazioni nella dispensazione del medicinale e non solo della prescrizione) ai pochi, talvolta addirittura unici, centri di riferimento regionali;
il regolamento (CE) n. 141/2000 stabilisce i criteri per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani nell'Unione europea e prevede incentivi per stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare; con determinazione del 20 marzo 2008, l'Agenzia italiana del farmaco (Alfa) ha stabilito le «Linee guida per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci»;
l'associazione culturale «Giuseppe Dossetti: I Valori-Sviluppo e Tutela dei Diritti» da oltre dieci anni si batte per

ottenere una legislazione adeguata, che dia, a tutti i pazienti, le stesse possibilità di diagnosi, cura, assistenza e che incentivi la ricerca e la produzione di farmaci. L'associazione, che esplica la sua attività anche attraverso l'Osservatorio di tutela civica dei diritti, chiede da tempo che vengano adottate le misure legislative necessarie per incentivare e promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei medicinali cosiddetti «orfani», ossia di tutti quei medicinali destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una malattia considerata, in base ai dettami dell'Unione europea «rara»;
si tratta certamente di primi passi, significativi ma non ancora adeguati, a dare soluzioni concrete e definitive a problemi così rilevanti, primo fra tutti il problema che sia a livello nazionale sia a livello regionale, i cittadini affetti da malattie rare non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN) per tutti gli altri pazienti ed ancora, la disparità di trattamento avviene anche fra le varie regioni e persino all'interno delle medesime regioni e, addirittura, all'interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del SSN,


impegna il Governo:


ad adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido svolgimento dell'esame parlamentare del testo unificato in materia di malattie rare;
a verificare in che modo e fino a che punto i bisogni di salute di questi pazienti vengano attualmente soddisfatti, tenendo conto che, in questo particolare momento di risanamento economico del Paese, esiste una categoria di cittadini già gravemente penalizzata, sulla quale si chiede di non incidere ulteriormente;
a istituire a livello nazionale e a promuovere l'istituzione in ambito regionale dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da fare chiarezza sulle cifre reali dei pazienti che ne sono affetti, consentendo l'utilizzo mirato delle risorse pubbliche;
a promuovere l'adozione in tutte le regioni, gradatamente e progressivamente secondo lo standard delle regioni virtuose, iniziative che consentano a tutti i bambini che nascono di accedere ad adeguati screening neonatali, indispensabili per individuare precocemente molte patologie, anche di tipo metabolico, consentendo di iniziare precocemente la terapia opportuna ed evitando successivi stati di grave invalidità;
a istituire il Comitato nazionale delle malattie rare, presso il Ministero della salute, tenendo conto nella composizione dei rappresentanti delle regioni, dell'Istituto superiore di sanità e delle associazioni di tutela dei malati, nonché dei rappresentanti dei Ministeri competenti in merito (Ministero della salute, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero del lavoro e delle politiche sociali);
ad accelerare la revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) per inserirvi un elenco aggiornato delle malattie rare, a cominciare dalle 109 nuove patologie rare, indicate nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 2008, mai entrato in vigore;
a valutare iniziative volte ad ampliare la copertura finanziaria della legge n. 648 del 1996 al fine di permettere un più ampio e veloce accesso a cure innovative, non ancora approvate in Italia;
a recepire le raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea in forma tempestiva, partendo dall'istituzione di un fondo ad hoc per garantire che i farmaci «orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «c» indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente, tramite l'inserimento,

in modo omogeneo in tutti i prontuari regionali, una volta ottenuta l'autorizzazione alla commercializzazione;
a prevedere una adeguata semplificazione delle procedure che autorizzano la messa in commercio di farmaci orfani, nel rispetto dei principi generali del settore e a prevedere il sostegno del governo ad iniziative normative quali ad esempio: l'esenzione dei diritti da versare per l'immissione in commercio; procedure di registrazione accelerata; e un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sperimentazione clinica; un periodo di esclusività di mercato di sette anni;
a valutare l'opportunità di assumere iniziative affinché nel caso delle malattie rare, e in altre patologie croniche, in deroga alle disposizioni attuali in materia di prescrizioni farmaceutiche, siano possibili prescrizioni ripetibili in un arco di tempo determinato, in modo da evitare al paziente di dover tornare con eccessiva frequenza dal medico per ottenere la ricetta, su cui oltretutto dovrebbe pagare anche il ticket;
ad istituire un tavolo di lavoro e concertazione permanente con tutti gli stakeholder, che verrà consultato con cadenza bimestrale, al fine di intraprendere le azioni necessarie a colmare le carenze normative ancora riscontrabili in tema di malattie rare e monitorare le azioni intraprese in tale ambito;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per assicurare l'effettiva trasmissione dei dati e l'aggiornamento dei registri regionali e nazionali;
ad adottare un Piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale, finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell'informazione sulle malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell'assistenza, l'accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l'accesso ad una diagnosi tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del Piano nazionale.
(1-00780)
(Nuova formulazione) «Binetti, Miotto, Laura Molteni, Barani, Mosella, Palagiano, Di Biagio, Argentin, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Delfino, Adornato, Enzo Carra, Pezzotta, Ria, Mereu, D'Ippolito Vitale, Rao, Mondello, Patarino, Martini, Rondini, Bossa, Zinzi, Poli, Porcu, Iannuzzi, Zazzera, Pedoto, Palomba, Sbrollini, Verini, De Nichilo Rizzoli, Di Virgilio, Vella, Di Caterina, Mario Pepe (PD), Compagnon, Garofalo, Bocciardo, Commercio, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Fava, Fabi, Farina Coscioni, Sbai».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Franceschini n. 1-00800 già pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 567 del 10 gennaio 2012.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale e la crisi dei debiti sovrani nella zona euro rappresentano la più grave sfida alla costruzione europea e alla stabilità, e prosperità stessa del nostro Paese e pertanto richiedono una risposta politica, economica e istituzionale a più livelli, in grado

innanzitutto di portare presto l'Europa fuori dal pericolo più immediato, con misure specifiche sulla governance economica, la crescita e il risanamento dei bilanci pubblici ma capace anche di affrontare con un respiro più ampio la prospettiva di una vera Unione federale, democratica e solidale al suo interno;
per l'Italia il rafforzamento e il completamento del progetto europeo, il mantenimento dell'euro, il rispetto del metodo comunitario rappresentano interessi nazionali strategici imprescindibili;
in questo contesto l'Italia si è pienamente e responsabilmente assunta la responsabilità di manovre economiche impegnative che porteranno al pareggio di bilancio entro il 2013 e già oggi determinano una consistente riduzione del fabbisogno dello Stato e un significativo avanzo primario il che autorizza a dire che il nostro Paese ha iniziato a fare la propria parte ed è determinato a continuare nell'azione di riduzione dello stock di debito nazionale, miglioramento dei bilanci pubblici e rilancio della crescita, in modo da contribuire al miglioramento della solidità dell'euro;
l'Unione europea deve fornire la risposta politica ed economica adeguata a dare solidità e certezza all'euro e a certificare un investimento solidale e condiviso nel progetto europeo, mettendo in campo un impegno politico al più alto livello per garantire all'interno della zona euro la stabilirà finanziaria e il corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, con adeguate azioni e misure di carattere immediato per contrastare le tensioni speculative e il rischio di razionamento del credito;
a questo fine è necessario che gli strumenti di intervento nei mercati finanziari siano potenziati sia sotto il profilo quantitativo sia sotto quello delle modalità di intervento e messi in grado di agire senza eccessivi ritardi o vincoli - con riferimento al Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e soprattutto al Meccanismo europeo di stabilità (MES) ancora inadeguati nelle attuali previsioni - così come occorre prevedere forme di integrazione dei debiti pubblici nazionali e di emissione di titoli di debito pubblico europeo, tutti elementi non ancora presenti nei testi provvisori del Trattato in via di negoziazione né inseriti, con sufficiente chiarezza, nelle dichiarazioni politiche dei Consigli europei;
è quindi essenziale ribadire, in sede negoziale, che i soli obiettivi del rigore finanziario e della riduzione del debito pubblico non possono esaurire l'orizzonte della risposta europea alla crisi occorrendo, invece, integrare le misure a favore del consolidamento delle finanze pubbliche con una nuova politica a sostegno della crescita e dell'occupazione a livello europeo;
in questo contesto sarebbe stato comunque preferibile far ricorso alle ordinarie procedure di revisione dei trattati europei piuttosto che a un Trattato intergovernativo, modalità che e da considerare una parentesi del tutto eccezionale e quindi da ricondurre, il più rapidamente possibile, nell'alveo dell'ordinamento europeo e del quadro istituzionale vigenti, altresì evitando di introdurre disposizioni che possano complicare o rendere meno efficiente il futuro funzionamento dell'Unione, secondo lo spirito degli emendamenti alla bozza di trattato proposti dal Parlamento europeo;
in un secondo tempo, con un orizzonte più lungo, si renderà necessaria una più complessiva riforma dei trattati per completare la costruzione di un'Europa democratica e federale, le cui istituzioni siano pienamente legittimate dal popolo europeo, riconosciute come rappresentative, rafforzate nelle loro competenze e quindi politicamente in grado di promuovere una reale integrazione fiscale, lo sviluppo dell'Europa sociale, assicurare la crescita, lo sviluppo e la protezione dei diritti dei cittadini europei, un vero e proprio «governo economico e sociale» dell'Eurozona, dotato di maggiore legittimazione

democratica e sottratto al mero inefficace coordinamento intergovernativo, dotato di un «Ministro europeo dell'economia», che sia al tempo stesso vicepresidente della Commissione e presidente del Consiglio Ecofin e rappresenti l'Unione nelle sedi finanziarie internazionali;
in questa prospettiva l'Italia, recuperando in pieno la leadership politica a livello europeo, dovrebbe sostenere, una volta sfruttate le pur notevoli potenzialità evolutive del trattato di Lisbona, la convocazione di una nuova Convenzione per la riforma dei Trattati in cui i parlamentari europei, nazionali, i rappresentanti dei governi e delle istituzioni europee siano chiamati a costruire una vera e propria federazione europea, rinnovando con coraggio l'architettura istituzionale dell'Unione così da garantire un equilibrio democratico alla rappresentanza di Stati e popoli e da assicurare il principio di responsabilità del governo dell'Unione di fronte ai cittadini d'Europa;
l'importanza storica dell'attuale momento, il crescente peso del ruolo e delle competenze dell'Unione europea sulle scelte di politica economica e di finanza pubblica nazionali rendono necessario rafforzare in ciascun Paese il rapporto tra Governi e Parlamenti al fine di garantire un'informazione tempestiva nei confronti delle Assemblee legislative e una loro effettiva capacità di indirizzo dell'azione dei rispettivi governi nazionali anche nelle materie europee, essendo preferibile e maggiormente incisiva tale strada rispetto a quella di un'eventuale costituzione di nuove e più deboli forme di consultazione interparlamentare a livello europeo;
in questo spirito è indispensabile non solo assicurare un'informazione sistematica e tempestiva del Parlamento italiano da parte del Governo nell'attuale fase negoziale ma rafforzare e rendere più efficace e sistematico il raccordo ordinario nelle materie europee anche accelerando la conclusione dell'iter del progetto di riforma della legge n. 11 del 2005 e avviando la revisione dei regolamenti parlamentari,


impegna il Governo:


a continuare a perseguire con determinazione il rafforzamento del tradizionale ruolo dell'Italia quale membro fondatore dell'Unione europea con l'obiettivo di riaffermare il metodo comunitario quale asse centrale del processo di integrazione, riducendo il peso, oggi eccessivo, del metodo intergovernativo e rilanciando la prospettiva dell'Europa federale;
ad assicurare che l'adozione di politiche di rigore di bilancio, riduzione del deficit e degli stock di debito nazionale sia necessariamente contestuale ad un impegno per la stabilità finanziaria e il corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, con misure adeguate e immediate per contrastare le tensioni speculative e il rischio di razionamento del credito, nonché chiedendo la revisione o il differimento delle recenti decisioni dell'Autorità di vigilanza bancaria europea che, non tenendo conto dell'impatto del ciclo economico sul sistema bancario nazionale, rischiano di far contrarre la concessione del credito relativo alle PMI e alle famiglie;
a far sì che tali azioni siano inscritte in una prospettiva di «più stretta integrazione economica all'interno dell'Unione, in particolare con lo sviluppo progressivo di titoli di debito pubblico comuni dell'area euro e la creazione di una tesoreria europea, parte della Commissione e responsabile di fronte al Parlamento europeo» secondo la formulazione proposta dalla Commissione europea nell'ambito delle premesse della bozza di «Trattato per un'Unione economica rinforzata»;
a rendere più evidente nel testo del Trattato il collegamento tra l'azione di risanamento e quella a favore della crescita, sostenendo le proposte volte ad impegnare esplicitamente gli Stati contraenti ad accelerare la definitiva approvazione in sede europea delle proposte, avanzate dalla Commissione, sull'istituzione di una

tassa sulle transazioni finanziarie internazionali nonché su forme di mutualizzazione del debito;
a sostenere le proposte emendative alla bozza di «Trattato per un'Unione economica rinforzata» volte ad assicurare il ruolo, le prerogative e le funzioni della Commissione europea in particolare per quanto attiene alla fissazione degli specifici parametri nazionali di riferimento e il calendario di convergenza verso gli stessi di cui all'articolo 3 della bozza del Trattato, al monitoraggio sul rispetto degli impegni assunti, evitando l'attribuzione alla Corte di giustizia di funzioni improprie di verifica e sanzione rispetto ad eventuali inadempimenti da verificare;
ad esigere una riformulazione delle previsioni, di cui al Titolo V della bozza del Trattato, relativi alla disciplina di bilancio e ai percorsi di riduzione del debito nazionale, che senza mettere dubbio il risultato finale di rientro nei parametri di convergenza europei eviti automatismi e rigori eccessivi, tenga in considerazione l'impatto del ciclo economico, nonché attribuisca forte rilevanza ad una serie di ulteriori fattori rilevanti come il risparmio privato e la sostenibilità del sistema pensionistico;
a sostenere le proposte di modifica volte ad assicurare la partecipazione al cosiddetto Eurosummit dei capi di Stato e di Governo, di cui all'articolo 13 e seguenti della bozza, di tutti i rappresentanti delle istituzioni europee, a partire dal presidente del Parlamento europeo e della Commissione;
ad assicurare che le condizioni per l'entrata in vigore del Trattato, pur non pregiudicando una tempestiva operatività, garantiscano l'adesione di un numero congruo e ampio di Paesi;
a sostenere in sede europea la necessità di superare l'attuale sistema di valutazione del merito di credito degli Stati sovrani, oggi basato sul giudizio di agenzie di rating private e controllate da operatori finanziari, valutando l'istituzione di un'agenzia europea di rating pubblica;
a promuovere, in una dichiarazione a latere del Trattato, la necessità di convocare una Convenzione europea ai fine di riaprire e completare in un più ampio orizzonte temporale, il processo costituente verso un'Unione politica aperta a tutti i Paesi e i popoli che sceglieranno di parteciparvi;
informare in modo sistematico e tempestivo le Camere delle nuove iniziative di politica europea, delle misure legislative in materia di governance economica, dei negoziati del nuovo Trattato e ad assumere posizioni coerenti con gli indirizzi parlamentari.
(1-00800)
«Franceschini, Gozi, Tempestini, Baretta, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Pistelli».

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Volontè n. 1-00784 del 15 dicembre 2011;
mozione Laura Molteni n. 1-00808 del 16 gennaio 2012;
mozione Miotto n. 1-00809 del 16 gennaio 2012;
mozione Mosella n. 1-00814 del 17 gennaio 2012.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Delfino n. 5-05740 del 29 novembre 2011.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Leo n. 5-05529 del 17 ottobre 2011 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14516;
interrogazione a risposta scritta Berretta n. 4-14327 del 21 dicembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05929.