XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 18 gennaio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
i rapporti tra Italia e Libia, anche in materia di immigrazione, sono regolati a partire dalla cornice giuridica del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato nell'agosto del 2008 e poi ratificato dal Parlamento italiano ed entrato in vigore nel febbraio 2009;
tale Trattato ha rappresentato la premessa, come hanno dimostrato i fatti e come dichiarato dal Ministro dell'interno pro tempore Maroni e dal Ministro della difesa pro tempore La Russa, per l'avvio da parte del Governo Berlusconi della politica dei «respingimenti in mare», e cioè dell'intercettazione in mare dei migranti provenienti dalla Libia e della loro riconsegna alle autorità libiche in assenza di alcun accertamento del loro status, a partire dalla potenziale garanzia di protezione internazionale da parte delle autorità del nostro Paese;
la politica dei respingimenti è stata più volte stigmatizzata da istituzioni internazionali come l'unione europea, le Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa perché considerata in violazione delle norme internazionali sottoscritte dall'Italia e perché realizzata verso il regime autoritario di Gheddafi, noto per le violazioni dei diritti umani, in particolare ai danni dei migranti provenienti dalla zone dell'Africa martoriate dalle guerre e dalle carestie;
con l'avvio del conflitto bellico tra la Nato e la Libia nel 2011, è ripresa da parte del regime libico una politica di promozione dei viaggi, organizzati dalla criminalità organizzata, dei migranti verso l'Italia, come confermato da fonti di intelligence e dalle attività di monitoraggio del Mediterraneo;
questa politica ha determinato la morte di molte centinaia di persone nel Mediterraneo che si sono aggiunte alle migliaia che nel tempo hanno perso la vita per raggiungere le coste dell'Europa;
solo in quel momento il Governo Berlusconi ha opportunamente sospeso le politiche dei respingimenti verso la Libia che avrebbero potuto determinare tragedie di proporzioni ben maggiori ed ha accolto i migranti nei centri di accoglienza del nostro Paese;
dall'analisi dei flussi di migranti giunti nel nostro Paese dalla Libia nel corso degli ultimi mesi, emerge chiaramente come la quasi totalità delle persone non siano di nazionalità libica, bensì di paesi dove sono in corso conflitti armati come la Somalia, l'Eritrea, il Sudan, il Congo ed altri, o dove siano in corso crisi umanitarie, trattandosi dunque di persone potenzialmente soggette a protezione internazionale e non da considerare immigrati clandestini;
inoltre, dopo la caduta del regime di Gheddafi e l'insediamento del nuovo Governo libico, la Libia non ha ancora provveduto ad adattare il proprio ordinamento al rispetto degli standard minimi per il rispetto dei diritti dei migranti, a partire dalla ratifica della convenzione Onu sui diritti dei rifugiati del 1953 e dal suo recepimento interno, ed e tutt'ora, tra l'altro, un Paese nel quale vige la pena di morte,


impegna il Governo:


ad adoperarsi per far sì che sia garantita la protezione internazionale, e nel casi consentiti, il diritto di asilo, secondo quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge italiana, alle persone giunte dalla Libia nel corso degli ultimi mesi che provengano da Paesi dove sono in corso conflitti o crisi umanitarie, o dove comunque la loro incolumità sarebbe a rischio;
a non riprendere in nessun caso anche di fronte a nuovi arrivi di migranti, le politiche di respingimento, né verso la Libia né verso altri Paesi;

a chiedere in occasione della visita del Presidente del Consiglio dei ministri in Libia del 21 gennaio 2012, che il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, sia adeguato, in tempi e modi da concordare con la controparte, al rispetto dei diritti umani fondamentali, compresi quelli dei migranti;
a chiedere che il nuovo Governo libico, come ha peraltro fatto quello Tunisino appena insediatosi, ratifichi tutti gli strumenti internazionali in materia di diritti umani, a partire dalla convenzione ONU sui diritti dei rifugiati del 1953 e dallo statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale, e attui la moratoria legale della pena di morte;
a promuovere in sede europea un'iniziativa affinché si sviluppi rapidamente una politica comune in materia di immigrazione e di diritto di asilo, sollecitando, non solo nei momenti di crisi, il consolidamento della solidarietà tra i Paesi e le istituzioni comunitarie e, abbandonando deleterie retoriche antieuropee e vetero-nazionaliste estranee alla tradizione politica italiana.
(1-00820)
«Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Sarubbi, Duilio, Touadi, Corsini, Colombo».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile prevede, all'articolo 9, la creazione di una commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi quale organo consultivo e propositivo del Servizio nazionale della protezione civile su tutte le attività di protezione civile volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio;
la commissione fornisce le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all'esame dei dati forniti dalle istituzioni ed organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi previsti dalla presente legge ed alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti, nonché all'esame di ogni altra questione inerente alle attività ad essa rimesse dalla legge summenzionata;
l'articolo 4 del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 gennaio 2006, n. 21, recante «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile», nel definire la commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi organo di consulenza tecnico-scientifica del dipartimento della protezione civile, ha rinviato, per la composizione e le modalità di funzionamento della Commissione stessa, ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del capo del dipartimento della protezione civile;
in attuazione del suddetto articolo 4, è stato emanato dapprima il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 aprile 2006, n. 1250 «Composizione e modalità di funzionamento della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi. (repertorio n. 1250)» e, recentemente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 ottobre 2011 «Riorganizzazione della Commissione Nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi», firmato dal Presidente del Consiglio pro tempore Berlusconi;
ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri

7 ottobre 2011 la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi si articola in un ufficio di presidenza e in cinque settori inerenti alle diverse tipologie di rischio, di seguito elencati: settore rischio sismico; settore rischio vulcanico; settore rischi meteo-idrologico, idraulico e di frana; settore rischi chimico, nucleare, industriale e trasporti; settore rischio ambientale e incendi boschivi. L'ufficio di presidenza è composto da un presidente emerito, da un presidente e da un vicepresidente con funzione anche di presidente vicario, scelti tra indiscusse e riconosciute personalità di alto prestigio scientifico, culturale ed istituzionale, e dai referenti dei settori di rischio. Ogni settore di rischio è composto da rappresentanti dei centri di competenza, di cui al decreto del capo dipartimento della protezione civile n. 3593 del 20 luglio 2011, e da altri esperti di comprovata esperienza in materia, per un numero complessivo compreso tra 5 e 12. Per ogni settore è individuato un referente. Alla nomina dei componenti della commissione si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Con il medesimo decreto si procede, altresì, alla designazione dei referenti dei settori di rischio;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 dicembre 2011 «Nomina dei componenti della Commissione Nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi» (repertorio n. 6696), non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sono stati nominati 3 componenti dell'ufficio di presidenza della commissione e, in relazione ai cinque settori inerenti alle diverse tipologie di rischio, sono stati altresì nominati ben 55 componenti, di cui nessuno appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che, cosa forse poco nota, è la più grande «società» di ingegneria italiana;
ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è componente fondamentale della protezione civile;
quotidianamente i vigili del fuoco sono pronti ad intervenire a soccorso di persone, a salvaguardia di beni, a tutela dell'ambiente e la rapidità di intervento, la competenza e l'esperienza acquisita si rivelano fondamentali nell'opera di soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali o grandi eventi disastrosi, ma nello stesso tempo forniscono anche preziosi supporti informativi per l'attività di prevenzione;
all'impegno sempre massimo ed alla professionalità dimostrate in ogni occasione da tutti i componenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco si affiancano mezzi e tecnologie sempre più efficaci, frutto dell'esperienza quotidiana nel soccorso -:
se si ritenga opportuno valutare l'ipotesi di inserire tra i componenti della commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi unità di personale qualificato appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, stante il contributo importantissimo che gli stessi possono fornire, in termini di esperienza, tecnica e preparazione ingegneristica, nella previsione e prevenzione dei rischi;
se, vista l'attuale situazione di crisi finanziaria, non si ritenga opportuno attingere a risorse qualificate nell'ambito del personale della pubblica amministrazione che ha maturato esperienza nel settore del soccorso, dell'emergenza e della protezione civile;
se si ritenga opportuno, in generale, inserire tra i criteri di nomina dei componenti la commissione nazionale grandi rischi quello dell'esperienza sul campo in materia di prevenzione e previsione dei grandi rischi.
(5-05952)

BARETTA e CAUSI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da fonti di stampa si apprende che il sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, avrebbe dichiarato di avere «salvato

la città dal rischio default e ridotto di 3 miliardi i debiti accumulati dal Campidoglio prima del 2008»;
una seria e oggettiva ricostruzione di quanto avvenuto a Roma sulla gestione del debito, a partire dalla scelta della separazione tra gestione ordinaria e straordinaria di Roma Capitale stabilita dall'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dimostra, ad avviso degli interroganti, l'estrema superficialità e approssimazione di tale giudizio. A distanza di anni è possibile affermare che tale separazione era infondata nei suoi presupposti, poiché una crisi di liquidità del comune, indotta dalla crisi finanziaria della regione Lazio, è stata scambiata per una crisi di tipo strutturale; ha comportato una perdita di efficienza, di trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria della Capitale; ha prodotto un'allocazione inefficace e distorta delle risorse aggiuntive create per finanziare il piano di rientro, a carico sia della finanza statale sia dei contribuenti romani;
in merito ai presupposti che determinarono la separazione delle gestioni, come già sostenuto nell'interpellanza n. 2/00192 e nell'ordine del giorno n. 9/01891/086, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista contabile non sussisteva alcuna necessità di procedere al commissariamento del comune di Roma poiché l'esposizione finanziaria denunciata derivava da talune anticipazioni di cassa resesi necessarie per il mancato trasferimento da parte della regione Lazio di risorse dovute al comune di Roma per un ammontare superiore ad un miliardo di euro, di cui 738 milioni per i servizi minimi del trasporto pubblico locale e 268 milioni per interventi in vari settori (casa, scuola, assistenza);
analizzando il debito primario del comune di Roma, circa 7 miliardi di euro (di cui 1.499 milioni di emissioni obbligazionarie, 2.363 milioni di mutui con la Cassa depositi e prestiti, 2.777 milioni di mutui bancari e 644 milioni di aperture di credito correlate a gare aggiudicate, oltre a qualche posta minore) esso appariva del tutto compatibile con una gestione ordinaria e, se valutato in termini pro capite, debito denunciato come «insostenibile» risultava inferiore a quello dei comuni di Milano e di Torino, oltre che di molti altri comuni italiani;
in attuazione del citato articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, che stabiliva la separazione delle gestioni, la nuova giunta predispose un piano di rientro approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 5 dicembre 2008 che si configurava essenzialmente come una lunga lista di spese che necessitavano di copertura e in cui si evidenziava un debito totale di 9 miliardi e 422 milioni di euro che, nella seconda versione del piano, datata 15 giugno 2010, diventavano miracolosamente 13.410 milioni di euro, una cifra ottenuta attraverso il discutibile inserimento di una serie di voci di spesa;
si tratta, in primo luogo, di quelle i cui impegni giuridici non si erano concretizzati alla data del 28 aprile 2008 ma sarebbero potuti emergere in futuro, con un rilevante grado d'incertezza sull'an, sul quantum e sul profilo temporale di tali obblighi (ad esempio, i presunti oneri per sentenze avverse connesse all'attuale contenzioso giudiziario, relativo soprattutto ad espropri oppure i debiti fuori bilancio);
in secondo luogo, sempre nelle passività, venivano conteggiate le spese di parte corrente maturate dall'ordinaria attività dell'amministrazione nel periodo intercorrente fra il primo gennaio e il 28 aprile del 2008 ma non le analoghe voci di entrata, regolarmente incassate dal bilancio comunale, per una somma di circa un miliardo che nulla ha a che vedere con il concetto di «debito pregresso» ma è un mero artificio contabile per ottenere il riconoscimento da parte dello Stato di risorse aggiuntive;
in questo modo, accollando alla gestione commissariale anche spese ordinarie dei primi quattro mesi dell'anno 2008

senza poter utilizzare, in quella gestione, la corrispondente quota parte di entrate, si creava, a giudizio degli interroganti, artificialmente uno sbilancio tra le due gestioni che consentiva al consiglio comunale di approvare il rendiconto 2008 con un avanzo, senza consistenza reale, di 699,5 milioni di euro; e si creavano anche le basi per l'accumulazione di un ingente debito commerciale dell'amministrazione nei confronti dei suoi fornitori;
al di là della insussistenza dei presupposti formali di questa scelta e della opinabile definizione dell'entità del debito, la gestione straordinaria ha comportato una perdita di efficienza, di trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria della Capitale. Essa non solo non ha prodotto alcun valore aggiunto nello smaltimento del debito ma ha creato problemi tali da richiedere l'intervento del giudice, poiché la frattura artificiale tra creditori ante e post 28 aprile 2008 ha determinato il moltiplicarsi di azioni giudiziarie di natura amministrativa, attivate dai creditori del comune. Pronunciandosi sullo sdoppiamento della contabilità, il Consiglio di Stato e il TAR del Lazio hanno sostenuto, infatti, che la separazione delle gestioni «non rende in alcun modo dubbia l'individuabilità della parte debitrice dell'ente locale» richiamato a dare esecuzione alle sentenze oggetto del giudizio di ottemperanza entro il termine di 60 giorni;
da fonti di stampa si apprende che Campidoglio e commissario straordinario stanno iniziando a pagare i creditori. Si tratta senza dubbio di una buona notizia per le imprese fornitrici, e cioè che si è avviato il superamento di un problema creato dalla stessa amministrazione comunale con la scelta della separazione; ancora più soddisfatti potrebbero essere i creditori se la scelta sui criteri con cui essi vengono selezionati fosse informata a parametri oggettivi e conoscibili;
il problema della trasparenza si pone anche con riferimento alle modalità di finanziamento del piano di rientro, atteso che non è stata seguita la strada inizialmente ipotizzata, e cioè il ribaltamento in un mutuo di lungo periodo della massa debitoria, utilizzando i previsti 500 milioni di euro annui per il pagamento di ratei e interessi; questa circostanza avvalora la tesi, qui sostenuta, secondo cui la massa debitoria del piano di rientro era di fatto gonfiata ed eccessiva al confronto con lo sviluppo temporale effettivo degli obblighi giuridici di pagamento;
poiché il finanziamento del piano di rientro dipende in parte da risorse statali - a fronte delle quali è stata prosciugata ogni ulteriore fonte finanziaria aggiuntiva per Roma Capitale, a partire dalla legge 15 dicembre 1990 n. 396 - e in parte da un rilevante sforzo fiscale della comunità amministrata, è necessario a questo punto domandarsi se una gestione finanziaria che riunifichi l'ordinario con lo straordinario non sarebbe in grado di fornire maggiore stabilità e certezza alle risorse per la città rispetto all'attuale regime consolidatosi dopo le scelte del 2008;
la scelta della gestione straordinaria, infatti, si è rilevata molto costosa. Per le spese di funzionamento sono a disposizione 2,5 milioni di euro, 250 mila euro sono destinati al compenso del commissario e risulta che dal 1o dicembre 2011 ci si avvalga di una consulenza per il supporto legale e giuridico da parte della società «21 aprile srl», del gruppo Fintecna, di cui lo stesso commissario, professor Varazzani, è amministratore delegato. Peraltro, fonti di stampa riportano che ancora oggi la nomina dell'attuale commissario è soggetta a incertezza per via dei ricorsi avanzati nelle sedi competenti dal commissario precedentemente nominato e poi rimosso -:
se il Governo intenda rendere pubblica la rendicontazione delle attività svolte dal commissario inviata periodicamente, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, tramite comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze;
se il Governo intenda chiedere al commissario l'esplicitazione dei criteri che hanno informato le procedure per la selezione

dei creditori da soddisfare, al fine di rendere pubblica tale documentazione e trasparenti i criteri di scelta sottostanti.
(5-05958)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre del 2002, i territori delle province di Campobasso e di Foggia sono stati colpiti da un forte terremoto;
in questi anni sono state stanziate risorse e sono stati predisposti interventi diretti a fronteggiare i danni conseguenti ai suddetti gravi eventi sismici;
permane ancora una diffusa situazione di criticità, tale da evidenziare la necessità di assicurare, nella continuità amministrativa, il monitoraggio sull'attuazione delle attività poste in essere in regime straordinario, nonché il completamento degli interventi finalizzati al definitivo ritorno alla normalità;
già con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 2010, n. 3916, si era provveduto a prolungare fino al 31 dicembre 2011, lo stato di criticità per i suddetti territori colpiti dagli eventi sismici;
è peraltro indispensabile portare a conclusione gli interventi collegati alla ricostruzione in tutti i comuni terremotati, consentendo la prosecuzione delle attività legate al supporto per i cittadini residenti nei centri colpiti dal sisma del 2002, e alla gestione dei vari interventi -:
se non si intenda prevedere una proroga di un ulteriore anno dello stato di criticità per i territori delle province di Campobasso e di Foggia colpiti dagli eventi sismici dell'ottobre del 2002, al fine di consentire il completamento degli interventi finalizzati al definitivo ritorno alla normalità per i suddetti territori e le loro popolazioni.
(4-14527)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il sistema di navigazione Vtmis (vessel traffic management information system), sviluppato dall'azienda Selex-Finmeccanica, è stato acquistato dallo Stato attraverso due contratti, il primo nel 1999 per un importo di 120 milioni; il secondo, firmato il 7 dicembre 2005 per circa 200 milioni di euro, avrebbe dovuto completare il controllo dei nostri mari prevedendo un progetto esecutivo entro sei mesi e che i siti fossero completati entro l'inizio del 2009 -:
se i contratti prevedessero una penale in caso di ritardata realizzazione;
se i contratti siano stati onorati e, in caso contrario, quali iniziative siano state prese nei confronti della società.
(4-14529)

STUCCHI, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli effetti delle manovre del Governo si ripercuotono pesantemente anche sui dipendenti dell'azienda Poste italiane;
il decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, cosiddetto «Salva Italia», convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha aperto un buco contributivo per 225 lavoratori bergamaschi di Poste italiane;
molti di loro hanno, infatti, sottoscritto con l'azienda un piano di esodo anticipato con accompagnamento alla pensione e si trovano ora, per effetto, del decreto «Salva Italia» a fare i conti con uno stravolgimento completo dei requisiti di accesso e, dunque, con un buco contributivo;
nella sola provincia di Bergamo tali ripercussioni riguardano circa 225 dipendenti

postali che hanno sottoscritto negli ultimi mesi l'accordo con Poste italiane, con cui il lavoratore acconsente a presentare le dimissioni volontarie ma gli viene garantito l'accompagnamento fino alla maturazione del requisito per la pensione;
al momento della sottoscrizione del piano di esodo con Poste italiane, i lavoratori - che a livello nazionale sono circa 5.000 - avevano una previsione di maturazione dei requisiti alla pensione tra il 2012 e il 2013 con meccanismi differenti: chi per il raggiungimento dei 40 anni di lavoro e chi per effetto dell'età;
il citato decreto-legge ha scardinato completamente le aspettative di pensionamento di questi lavoratori, che si ritrovano così senza un lavoro e con un buco contributivo che impedisce il raggiungimento dei requisiti minimi per l'accesso alla pensione;
Poste italiane spa fino ad ora, nonostante ripetute richieste sindacali di affrontare urgentemente la questione, non ha dato segnali di reale interessamento e, dopo la convocazione di un incontro sul tema fatta per il 14 dicembre 2011, ha rinviato la discussione a data da destinarsi;
con grande disinvoltura prima Poste italiane invita i propri dipendenti ad uscite «volontarie» anticipate dall'azienda, poi li «dimentica» quando questi vengono travolti da provvedimenti, secondo gli interroganti, iniqui;
lo stesso Governo non sembra dedicare attenzione alcuna alla problematica sopra esposta -:
se il Governo non ritenga doveroso assumere urgenti iniziative per rivedere le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 201 del 2011, al fine di applicare a tutti i lavoratori interessati alle procedure di dimissioni volontarie con accompagnamento alla pensione le norme e gli accordi siglati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge medesimo;
se il Governo intenda, in subordine, convocare con urgenza un tavolo istituzionale con l'azienda Poste italiane e i rappresentanti dei lavoratori, al fine di individuare ogni utile soluzione che possa permettere ai dipendenti interessati di ottenere garanzie circa il loro futuro.
(4-14531)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge sul conflitto di interessi (n. 215 del 2004) all'articolo 2, comma 1 lettera b) stabilisce che «il titolare di cariche di Governo, nello svolgimento del proprio incarico, non può ricoprire cariche o uffici o svolgere altre funzioni comunque denominate in enti di diritto pubblico, anche economici»;
al 17 gennaio 2012 risulta che l'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, professor Francesco Profumo, rivesta ancora la carica di Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);
nel mese di novembre il professor Francesco Profumo ha annunciato di «autosospendersi» dalla carica di Presidente del consiglio nazionale delle ricerche, in attesa di un parere dell'Antitrust;
l'articolo 2, comma 3 della legge n. 215 del 2004 stabilisce che «Gli incarichi e le funzioni indicati al comma 1 cessano dalla data del giuramento relativo agli incarichi di cui all'articolo 1 e comunque dall'effettiva assunzione della carica (...)»;
la carica di presidente di CNR ricoperta dal professor Francesco Profumo, non può considerarsi «autosospesa», poiché tale istituto giuridico è alieno al nostro ordinamento, ma va considerata cessata di diritto avendo egli giurato ed esercitato da

molte settimane in modo effettivo la funzione di Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
il giuramento relativo all'incarico ministeriale, appare con tutta evidenza, il fatto idoneo a determinare la cessazione di diritto dalla funzione incompatibile;
l'interpretazione sulla immediata applicazione delle norme di incompatibilità per i Ministri con le cariche in enti di diritto pubblico (come il CNR), è confermata anche dalla relazione semestrale dell'Antitrust del giugno 2011 presentata dal professor Catricalà (Attualmente Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) nella quale si afferma, a pagina 5, che: «(...) Più in dettaglio, l'Autorità ha chiarito che l'articolo 2 della legge (che disciplina le incompatibilità governative) prevede una serie di incompatibilità operanti tout court, cioè a prescindere dalle funzioni in concreto esercitate, accompagnate da altre che, invece, sono direttamente connesse con le attribuzioni proprie della specifica carica ricoperta dal titolare. In particolare, con l'assunzione del nuovo ufficio continuano a operare i divieti relativi: alle cariche in enti di diritto pubblico (articolo 2, comma 1, lettera b)); alle cariche in società lucrative o in attività di rilievo imprenditoriale (lettera c)); ai rapporti di impiego pubblico»;
tale situazione di incompatibilità prevista dal conflitto di interessi, è ancora più evidente dal punto di vista politico nel caso di specie, poiché esiste anche un rapporto funzionale diretto tra il ruolo svolto dal presidente del CNR e quello del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tanto che è quest'ultimo che nomina il Presidente del CNR -:
cosa intenda fare il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'esercizio della funzione prevista dall'articolo 95, comma 1, della Costituzione in base al quale «Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri.» affinché il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in ragione dell'intervenuta estinzione dell'incarico da egli stesso ricoperto, provveda al più presto a nominare il nuovo presidente del CNR, anche in ragione del lasso di tempo occorrente affinché il fatto estintivo della carica venga accertato dalle autorità competenti.
(4-14541)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

GRIMOLDI e MERONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 18 dicembre 2011 si è verificato un caso di sottrazione di minore a Vimercate (MB);
come riportato dalla stampa in data 22 dicembre 2011, Kharat Mohammed, 25 anni, ha informato la moglie Alice Rossini, con un sms inviato il 19 dicembre 2011 (e localizzato a Damasco in Siria), di aver rapito la figlioletta di 21 mesi, Houda Emma, e di essere intenzionato a non riportarla più in Italia;
l'uomo, assente dal lavoro ufficialmente per malattia, è stato denunciato per sottrazione di minore ai carabinieri di Vimercate ed è ricercato dall'Interpol;
una donna, Sabrina Colnaghi, di Cornate d'Adda (MB), si sarebbe imbarcata con padre e figlia (forse, inconsapevolmente, nei panni della vera mamma) e con loro avrebbe compiuto la prima e unica tappa nota del viaggio: Milano/Malpensa-Atene;
da quel momento dei tre non si sa più nulla e non è chiaro se e come abbiano proseguito il viaggio diretti a Damasco;

peraltro, non è certo che a spedire l'sms dalla Siria sia stato Kharat e non, invece, un amico -:
se il Ministro sia a conoscenza della grave situazione e se non intenda utilizzare tutti i mezzi diplomatici e non in suo possesso per chiudere positivamente questa drammatica vicenda.
(4-14538)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

TORAZZI, DESIDERATI, RONDINI e MAGGIONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i pendolari che utilizzano regolarmente il treno nella tratta Crema-Milano subiscono da anni ormai continui disservizi da parte di Trenitalia, viaggiando in condizioni disastrose, su vagoni sovraccarichi, con condizionatori per regolare la temperatura frequentemente fuori uso, senza considerare i continui ritardi che creano considerevoli disagi sui luoghi di lavoro;
mentre i servizi restano scadenti e le informazioni agli utenti relative a ritardi e soppressioni delle corse sono insufficienti, i prezzi dei biglietti e degli abbonamenti aumentano costantemente, oltre il tetto dell'inflazione;
l'episodio accaduto il 4 gennaio 2012, in cui i passeggeri hanno impiegato 3 ore e mezza per percorrere la tratta Milano-Crema, sul treno interregionale per Venezia delle 17.25 alla velocità media di 11,4 chilometri orari, è un esempio preoccupante dei disagi che subiscono regolarmente i passeggeri -:
se il Governo non reputi opportuno intervenire presso Trenitalia, per quanto di sua competenza, con tutte le azioni necessarie a beneficio dei cittadini utenti che utilizzano regolarmente per necessità lavorative e di studio la tratta Milano-Treviglio, che riveste una grande rilevanza economica e sociale;
se il Governo reputi garantito ed efficace il servizio pubblico offerto da Trenitalia, in particolare per le tratte pendolari gravitanti su Milano, e se non ritenga opportuno avviare una verifica sulle conseguenze ambientali derivanti dai pendolari che preferiscono utilizzare l'auto privata in alternativa al treno.
(5-05945)

Interrogazione a risposta scritta:

SCANDROGLIO, DAMIANO, POLI, MELONI, CASSINELLI, PORTAS, MOFFA, MURO, PALADINI, BOBBA, REALACCI, CAZZOLA, PELINO, CECCACCI RUBINO, MOTTOLA, BONINO, BELLOTTI e GAROFALO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fino a che le agenzie di rating effettuano un servizio «pubblico» pur essendo società private e quotate in borsa, occorre che di loro si sappia tutto e che siano messe in condizioni di non incorrere in errore per rispetto ai Paesi e ancora di più ai popoli che con una loro parola possono ridurre sul lastrico. Con le loro scelte, molto spesso discutibili, sono capaci di far crollare la fiducia degli investitori in società e nazioni;
le agenzie di rating sono a giudizio degli interroganti piene di conflitti di interessi e corresponsabili di una crisi sistemica mondiale: sono state incapaci di vedere l'avvicinarsi della crisi americana dei sub-prime nel 2007, prodotti da loro dotati di tripla A, fino al giorno del loro crollo; non sono riuscite a prevedere la crisi del debito sovrano della zona euro come sottolinea il Fondo monetario internazionale e, neppure il tracollo della Lehman Brother nel 2008. Non hanno previsto

per tempo i mega-fallimenti di imprese come Enron, WorldCom e Parmalat -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per contrastare con fermezza questa azione di delegittimazione del nostro Paese, innanzitutto facendo sì che sia reso noto chi sono i veri proprietari o azionisti delle società di rating in grado di mettere a repentaglio la sicurezza economica di milioni di cittadini, standosene anonimamente «asserragliati» nei loro grattacieli senza responsabilità alcuna.
(4-14537)

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
è stato performato in Francia e sarà messo in scena a Milano dal 24 al 28 gennaio 2012 lo spettacolo blasfemo di Romeo Castellucci intitolato «Sul concetto del volto di Dio» dove viene oltraggiata con liquame e altro l'immagine del Cristo di Antonello Da Messina;
si sta diffondendo anche tra gli organizzatori sempre maggior imbarazzo intorno a detto spettacolo soprattutto in ragione della protesta dei cattolici che si allarga, tanto che si sta studiando la possibilità di rimuovere o modificare alcune delle scene più provocatorie dell'opera e l'annunzio della sua messa in scena a Milano, dal 24 al 28 gennaio, non poteva non suscitare in Italia dissenso per il suo carattere violentemente dissacratorio;
per impedire la messa in scena del vergognoso spettacolo, si stanno organizzando a Milano diverse iniziative e nei giorni scorsi si è costituito a Milano il Comitato San Carlo che si è fatto promotore di una petizione al cardinale Angelo Scola, affinché, mobiliti fedeli ed associazioni e intervenga presso le autorità civili, mentre numerose associazioni stanno organizzando un «sit in» all'ingresso del teatro Franco Parenti, nelle serate previste per le rappresentazioni dal 24 al 28 gennaio, per manifestare pubblicamente il loro sdegno e la loro sacrosanta protesta nei confronti dello spettacolo blasfemo;
suscita sconcerto che la messa in opera di tale spettacolo non abbia ancora attivato le autorità competenti dato che costituisce anche una violazione del codice penale, come messo in evidenza da alcune denunce, presentate nei giorni scorsi presso la procura della Repubblica di Bergamo e quella di Milano, sia contro Romeo Castellucci che nei confronti dei responsabili del teatro Franco Parenti per i reati di cui agli articoli 403 e 404 del codice penale;
è prevista una precisa attività censoria, nei confronti di spettacoli indecenti e palesemente offensivi come quelli indicati, che trova la sua piena legittimità nell'ultimo comma dell'«articolo 21» della Costituzione che vieta «le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buoncostume»;
motivi di ordine pubblico consiglierebbero un intervento di sospensione della programmazione di detto spettacolo;
la Camera ha approvato il 12 gennaio 2011 una mozione contro la cristianofobia che, evidentemente, deve richiamarsi nel caso in questione e che sosterrebbe pertanto un intervento preventivo istituzionale -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare in merito alla vicenda segnalata sotto il profilo dell'ordine

pubblico, della lotta alla cristianofobia e della pubblica decenza.
(2-01324)
«Polledri, Bitonci, Rondini, Lussana, Renato Farina, Pagano, Capitanio Santolini, Raisi, Bonino, Maggioni, Mistrello Destro, Togni, Paolini, Polidori, Catone, Meroni, Fabi, Callegari, D'Amico, Forcolin, Marmo, Goisis, Binetti, Di Centa, Fogliato, Martini, Laura Molteni, Ciccanti, Carlucci, Simonetti, Barbaro, Muro, Bertolini, Baccini, Toccafondi, De Angelis, Allasia, Cavallotto, Soglia, Roccella, Cimadoro, Piffari, Volontè, Centemero, Palmieri, Saltamartini, Frassinetti».

Interpellanze:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla vicenda che riguarda la concessione della semilibertà (dopo 17 anni di detenzione) a Marino Occhipinti, componente insieme ai fratelli Savi della banda della Uno bianca, protagonista di efferati crimini che hanno seminato paura, sangue e dolore e che tanto hanno turbato la città di Bologna;
per quanto riguarda Marino Occhipinti la crudeltà dei reati da lui compiuti non giustifica, a parere dell'interpellante, la concessione della semilibertà dal momento che la legge stessa prevede particolari condizioni che non sembrano sussistere nel caso in questione e che comunque sono da considerare troppo blande e non applicabili indistintamente a tutti i reati;
ed infatti all'articolo 50 della legge n. 354 del 1975 sono previste le seguenti ipotesi: «1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. 2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena (.....) 5. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena. 6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita la semilibertà può essere altresì disposta successivamente all'inizio dell'esecuzione della pena. Si applica l'articolo 47, comma 4, in quanto compatibile»;
la legge Gozzini risente di un clima falsamente buonista che ha imperversato in questi anni nella società italiana ed in parte in magistratura, tendente a vedere nel responsabile di gravi delitti sempre e comunque una persona «redenta, redimibile e pentita», senza curarsi della giusta espiazione della pena e di un minimo di giustizia e di solidarietà che deve essere riconosciuta alle vittime e ai loro parenti;
il pentimento e la buona condotta del reo sono sicuramente elementi significativi nella decisione di un giudice ma altrettanto significativi sono i diritti dello Stato e dei parenti, non alla vendetta ma al rispetto della giusta pena e della legalità -:
se non sia il caso di promuovere una radicale modifica della legge «Gozzini» e nello specifico dell'articolo 50 di cui sopra, che riduca drasticamente i termini per la semilibertà e stabilisca una giusta proporzione fra gravità del reato, responsabilità accertate degli esecutori e gravità delle pene, al fine di evitare che casi come quello di Occhipinti si ripetano.
(2-01323)
«Garagnani, Beccalossi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
la Corte di cassazione, nell'affrontare la questione della responsabilità dei medici per omessa informazione ai genitori in

ordine a malformazioni del feto, ha recentemente stabilito che la mancata e corretta informazione sullo stato di salute del nascituro determina la lesione di alcuni beni fondamentali, quali la salute psichica dei genitori, oltre alla lesione di alcuni beni patrimoniali ed economici;
nello specifico, la sentenza della Corte di cassazione n. 25559 del 30 novembre 2011, stabilisce che l'università La Sapienza di Roma, a cui fa capo la clinica ove si erano rivolti i genitori, è obbligata a risarcire loro i danni in quanto «non aveva informato la gestante della oggettiva inaffidabilità dell'esito della funicolocentesi e quindi sulla necessità di ripetere l'esame entro e non oltre la 24esima settimana», termine massimo, secondo i giudici, per poter abortire;
come risulta dalla stampa la giurisprudenza ha qualificato i danni subiti dalla coppia nel caso di errori diagnostici a fronte dei quali venivano al mondo bambini con handicap fisici o mentali innanzitutto nel danno biologico subito dai genitori nel mettere al mondo un figlio non voluto, nel danno esistenziale nel quale è intaccato il benessere morale della vita della coppia, costretta per tutta la vita a prendersi cura del figlio e ad affrontare preoccupazioni ed ansie estranee ai genitori di figli normodotati, ed infine nel danno patrimoniale, legato alle spese che dovranno essere affrontate per educare e crescere un figlio non voluto e affetto da un vero e proprio handicap fisico e mentale;
dalla sentenza si evince il principio secondo il quale l'omissione del personale medico è lesiva del diritto di autodeterminazione della donna ad interrompere la gravidanza, ovvero di decidere liberamente se optare per un intervento abortivo eugenetico in quei casi in cui per legge i genitori sono dispensati dall'obbligo di far continuare la gravidanza;
in via preliminare va chiarito che più volte la Cassazione è intervenuta nel caso di omessa informazione verso i genitori da parte del medico in ordine alle malformazioni del feto, in quanto spesso i coniugi hanno lamentato la violazione del combinato disposto degli articoli 6, lettera b, e 7 della legge n. 194 del 1978 che offre la possibilità, dopo la scadenza del termine di novanta giorni previsto dalla legge, di interrompere la gravidanza nel momento in cui si accertino difetti genetici, anomalie o malformazioni del nascituro;
nel caso in oggetto, la Cassazione, nelle sue motivazioni considera il rapporto intercorrente tra l'università e la gestante di natura contrattuale, con la conseguenza che, nel caso di specie, non rileverebbe tanto la questione morale, bensì la mancata ottemperanza ad alcuni oneri contrattuali, individuati nell'obbligo di dover debitamente informare l'altro contraente di ogni particolare riguardante il contratto stesso, compresi i rischi sottesi;
ad avviso della Corte di cassazione, l'università La Sapienza sarebbe venuta meno ai suoi obblighi giuridici di comunicazione e, pertanto, è tenuta, a titolo di responsabilità contrattuale, a risarcire i danni legati ad una nascita indesiderata;
infatti si è ritenuto - come si legge nella motivazione della sentenza - che, sulla base dei princìpi in tema di responsabilità per inadempimento dell'obbligazione, la scorretta esecuzione della prestazione obblighi il responsabile al risarcimento di tutti i danni che, in conseguenza del suo operato, si siano verificati nel patrimonio del creditore;
inoltre, si ribadisce che mentre nei confronti del nascituro ciò che è tutelato attiene all'interesse della gestante alla conservazione dell'integrità psico-fisica, invece nei rapporti tra paziente e medico anche l'aspetto patrimoniale acquista rilevanza e, come tale, deve essere reintegrato in caso di lesione conseguente ad inadempimento;
pertanto il risarcimento del danno parrebbe teso al ristoro dallo sconvolgimento delle abitudini di vita in relazione alla esigenza di provvedere ai bisogni e alle necessità del figlio;

la trattazione della tematica in oggetto suscita perplessità in consideratone del fatto che la nascita di un essere umano affetto da anomalie appare considerata, nella giurisprudenza, come fonte di danno secondo le categorie civilistiche del nostro ordinamento giuridico;
ciò appare, ad avviso degli interpellanti, in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione -:
se non ritenga di assumere iniziative normative perché in situazioni quali quella descritta in premessa il valore della vita umana venga considerato centrale e prevalente evitando che si affermino nel nostro ordinamento princìpi come quelli che sembrano emergere dalla rassegna della giurisprudenza ricordata in premessa.
(2-01325)
«Polledri, Fugatti, Isidori».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa hanno riportato quanto accaduto a Trieste dove, durante una perquisizione ad un campo nomadi, gli agenti accertavano la presenza di due persone che erano state arrestate, insieme ad una terza, in seguito alla rapina compiuta ai danni di un giovane operaio picchiato selvaggiamente mentre tentava di impedire la fuga degli stessi, anche col ricorso a colpi di cacciavite, che sfondavano addirittura il casco da motociclista indossato da quest'ultimo;
a fronte della richiesta del pubblico ministero Giorgio Milillo di applicare la custodia in carcere, il giudice per le indagini preliminari di Trieste, dottor Enzo Truncellito, ha disposto gli arresti domiciliari per uno dei responsabili nel mentre ha rimesso in libertà un secondo accusato;
la vicenda ha provocato pubblico sconcerto rimbalzato sulle pagine dei quotidiani e nei servizi dedicati da diverse televisioni locali al punto che anche il questore ha ammesso che si tratta di «una scelta difficile da capire» -:
se non intenda avvalersi delle prerogative ispettive previste dalla legge in relazione a quanto accaduto.
(5-05949)

OLIVERIO e LARATTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in merito al riordino della distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari è in corso, ormai da diversi anni, un articolato dibattito sulla funzionalità operativa e la loro sostenibilità finanziaria;
l'irrompere e l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica mondiale ha accelerato da parte del Governo il processo di ridefinizione dell'organizzazione delle sedi giudiziarie, per recuperare risorse economiche e garantire ai cittadini maggiore efficienza;
in attuazione dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari il Consiglio dei ministri n. 7 del 16 dicembre 2011 ha approvato il primo decreto legislativo di attuazione della delega per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie relativo ai giudici di pace;
in relazione agli uffici dei giudici di pace, il decreto-legge n. 138 del 2011 ha previsto che oggetto della revisione in questione fossero esclusivamente gli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale;
i criteri direttivi indicati dal legislatore per attuare l'operazione di riduzione degli uffici del giudice di pace sono, in particolare, quelli di cui all'articolo 1, comma 2, lettera l) della legge delega; tale norma prevede che venga previamente

operata, relativamente gli uffici in parola, una specifica analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro;
dalla relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo si legge che: «per conseguire l'obiettivo di una razionalizzazione nella distribuzione degli uffici del giudice di pace e delle risorse umane a questi afferenti si è reso necessario effettuare un'analisi statistica multivariata, caratterizzata, da un lato dall'individuazione della capacità di smaltimento effettivo, a livello nazionale, dei giudici in servizio nel periodo di riferimento e, dall'altro, dall'individuazione dei carichi di lavoro del singolo ufficio, ottenuta suddividendo le iscrizioni rilevate per la dotazione organica prevista. Ai fini di una corretta valutazione dell'analisi svolta, occorre evidenziare che i dati statistici utilizzati sono quelli rilevati dalla Direzione generale delle statistiche relativamente agli anni solari 2005-2009. L'analisi condotta si è distinta in più fasi successive, di cui di seguito si riporta una rappresentazione schematica: FASE A: Calcolo della produttività media (Valore soglia), FASE B: Individuazione carichi di lavoro degli uffici: FASE C: Individuazione uffici con carichi di lavoro inferiori al valore soglia; FASE D: Selezione degli uffici sulla base del bacino di utenza e individuazione degli uffici»;
la suddetta metodologia ha consentito la generazione di un elenco di 674 uffici con un numero di iscrizioni pro-capite inferiori al valore soglia (568,3), cioè alla capacità di smaltimento di un singolo giudice ed un bacino di utenza inferiore alle 100.000 unità. Sulla base della metodologia adottata, il carico di lavoro afferente a tali uffici non giustifica, secondo quanto indicato nello schema di decreto legislativo, la previsione in organico delle unità di personale giudicante assegnate, che, mediante l'accorpamento delle sedi giudiziarie, possono più opportunamente essere utilizzate laddove la domanda di giustizia è più elevata;
il risultato delle valutazioni effettuate secondo i criteri sinora precisati è stato trasfuso nel contenuto degli articoli 1 e 2 dello schema di decreto legislativo che prevede quindi la soppressione, in tutta Italia, di 674 sedi uffici del giudice di pace, dislocati in località diverse da quelle circondariali pari al 71,9 per cento del totale nazionale a cui dovrebbe fare seguito la riduzione e l'accorpamento di tribunali, sezioni distaccate e procure;
nei territori potenzialmente interessati da questi interventi si sta sviluppando un ampio e radicato movimento civico di opposizione rispetto alle scelte che il Governo adotterà, fondato innanzitutto sulla scarsa conoscenza dei criteri individuati per la selezione degli uffici da accorpare e/o tagliare;
solo in Calabria verranno cancellati 60 sedi di giudice di pace e ne resteranno soltanto undici prevalentemente nelle città capoluogo. Le soppressioni riguarderanno i seguenti distretti: Locri: Bianco, Caulonia, Gioiosa Ionica, Siderno, Staiti in Brancaleone, Stilo; Palmi: Cinquefrondi, Laureana di Borrello, Oppido, Sinopoli, Taurianova; Reggio Calabria: Gallina, Melito di Porto Salvo, Villa San Giovanni; Castrovillari: Cassano Jonio, Lungro, Mormanno, Oriolo, San Sosti, Spezzano Albanese, Trebisacce; Catanzaro: Badolato, Borgia, Chiaravalle Centrale, Cropani, Davoli, Squillace, Taverna, Tiriolo; Cosenza: Acri, Montalto Uffugo, Rogliano, San Giovanni in Fiore, San Marco Argentano, Spezzano della Sila; Crotone: Cirò, Petilia Policastro, Santa Severina, Savelli, Strongoli; Lamezia Terme: Filadelfia, Maida, Nocera Terinese, Soveria Mannelli; Paola: Amantea, Belvedere, Cetraro, Scalea; Rossano: Campana, Cariati, Corigliano, Cropalati, San Demetrio Corone; Vibo Valentia: Arena, Mileto, Nicotera, Pizzo, Serra San Bruno, Soriano Calabro, Tropea;
in una realtà come quella calabrese, dove il problema della giustizia è particolarmente sentito, questa decisione rappresenta un notevole colpo all'amministrazione della stessa, e sarà destinata a fare aumentare i disagi per i cittadini costretti, per potersi recare nelle nuove sedi dei

giudici di pace, a percorrere moltissimi chilometri, su strade particolarmente pericolose per chi le percorre, prima fra tutte la strada statale 106 jonica, vista anche la carenza di altre infrastrutture;
entro sessanta giorni dalla pubblicazione delle tabelle allegate allo schema di decreto legislativo contenente l'elenco degli uffici dei giudici di pace soppressi, gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, possano richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace, con competenza sui rispettivi territori, di cui è proposta la soppressione, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi; in tali ipotesi dovrà essere messo a disposizione dagli enti locali anche il personale amministrativo necessario alla gestione dell'ufficio e rimarrà a carico dell'amministrazione giudiziaria unicamente la determinazione dell'organico del personale di magistratura onoraria entro i limiti della dotazione nazionale complessiva nonché la formazione del personale amministrativo -:
se intenda tenere in considerazione, nel valutare una eventuale ipotesi di modifica dell'elenco delle sedi dei giudici di pace soppressi, anche le problematiche connesse, in particolare, alla conformazione orografica del territorio, alla dotazione di idonee infrastrutture, alla disponibilità di un adeguato servizio pubblico di trasporto e, in generale, alle esigenze del territorio, dell'utenza e dei lavoratori onde garantire, il più possibile una «giustizia di prossimità»;
se intenda valutare, in particolare, la specificità dei tribunali calabresi stante la presenza di fenomeni criminali di tipo mafioso e il relativo carico di lavoro e se intenda aprire un tavolo di discussione per valutare l'impatto della chiusura degli uffici dei giudici di pace in Calabria;
se non ritenga altresì inattuabile, stante l'attuale gravissima crisi economico finanziaria che ha colpito il nostro Paese e in particolare gli enti locali, assumere iniziative, se del caso normative, che attribuiscano, qualora ciò sia possibile, la possibilità agli enti locali di richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi.
(5-05957)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'Islam chi si converte al cristianesimo si macchia di «apostasia»;
per «apostasia» si intende nell'Islam non una conversione ma il rinnegare la religione musulmana;
della macchia dell'apostasia non ci si libera mai e la vita del convertito diventa un inferno;
in alcuni Paesi in cui l'estremismo islamico vige come legge di Stato, l'apostata viene il più delle volte condannato a morte;
laddove non c'è invece questo modus operandi, esiste una condanna morale perpetua;
durante la trasmissione televisiva Rai «Uno Mattina» è stata mandata in onda l'esperienza del signor Khalid Makhlou;
i due figli del signor Khalid Makhlou, un maschio di 5 anni è una femmina di 3 anni, sono cristiani e sono stati affidati, contro la sua volontà, ad una famiglia musulmana;
l'affido è avvenuto in virtù dell'ammalarsi della moglie (depressione post-partum) e dell'impossibilità del detto Makhlou a badare ai figli per via degli orari di lavoro massacranti;
non si comprende la ratio di un provvedimento del genere che non può essere rinvenuta se non in una cattiva interpretazione culturale;

la famiglia temporaneamente affidataria ha compiuto un'azione illegale portando in viaggio la figlia femmina in Egitto, cosa testimoniata da foto scattate durante il soggiorno;
sul signor Khalid Makhlou non pende alcun provvedimento restrittivo;
il signor Khalid Makhlou aveva chiesto al tribunale e al servizio sociale un contributo economico per l'assunzione di una persona che potesse badare ai bambini;
il signor Khalid Makhlou aveva chiesto al tribunale di affidare i bambini alla suocera o agli zii, che potevano prendersene cura finché la moglie non fosse migliorata;
tali richieste rientrano perfettamente, peraltro, nel dettato della legge n. 149 del 2001, in tema di affido e adottabilità, la quale prevede che il minore abbia il diritto inviolabile di crescere nel suo nucleo familiare fino al terzo grado di parentela;
è stata scritta dall'interrogante una lettera di denuncia alla procura della Repubblica di Roma e una lettera informativa alla Corte di giustizia europea;
se non intende adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per evitare il ripetersi di vicende analoghe a quella rappresentata in premessa.
(4-14536)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Michele Cicala, attualmente detenuto nel carcere di Taranto, è affetto da una grave patologia e chiede attraverso i suoi avvocati, Gaetano Vitale e Patrizia Boccuni, di essere curato in una struttura qualificata;
Michele Cicala, presunto boss di Tramontone di 31 anni, fu arrestato il 27 marzo del 2007 nell'ambito dell'operazione antimafia denominata «Mediterraneo»; nei due gradi di giudizio, è caduta l'accusa di mafia ma hanno retto le contestazioni di associazione a delinquere ed estorsione, tanto che Cicala ha rimediato l'11 febbraio 2011 la condanna in secondo grado a 18 anni e 6 mesi di reclusione; il 15 ottobre del 2010, poi, a Cicala è stata notificata una ulteriore ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'operazione «Scarface», operazione per la quale è stato poi rinviato a giudizio;
il 31 dicembre 2011, la moglie di Michele Cicala, Maria Grazia Russo, si è rivolta alla Gazzetta del Mezzogiorno per sollecitare la magistratura tarantina a mettere suo marito nelle condizioni di subire il delicato intervento chirurgico che più specialisti, incaricati dai suoi avvocati oltre che dagli stessi giudici che si occupano del caso, ritengono indispensabile per garantirgli una esistenza serena e evitargli il calvario della dialisi;
«Mio marito ha bisogno di medicinali particolari che però l'ospedale Ss. Annunziata di Taranto non fornisce più al carcere - ha detto Maria Grazia Russo alla Gazzetta - e questo fatto aggrava le sue condizioni di salute. L'infermeria della casa circondariale e tutti gli operatori del carcere cercano in tutte le maniere di alleviare la sua sofferenza ma non possono molto. Sono diversi i dottori che giudicano le sue condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario ma questi pareri, per quanto autorevoli, sinora non hanno sortito alcun effetto. Lui chiede semplicemente di essere curato, chiede che gli venga garantito il diritto alla salute ma le sue richieste sinora sono rimaste senza adeguata risposta»;
i primi segnali della malattia vennero avvertiti da Michele Cicala nel giugno del 2010 durante la sua detenzione a Siracusa. Secondo gli avvocati, gli furono somministrate delle cure che non solo non hanno fatto passare la malattia, ma l'hanno addirittura aggravata. Gli avvocati si sono rivolti allora al giudice per le indagini preliminari Antonia Martalò, firmataria dell'ordinanza di custodia cautelare del

procedimento «Scarface», che a sua volta affidò una perizia a uno specialista. Il medico diagnosticò la gravità situazione, parlò dell'urgenza di un intervento chirurgico, tanto che ad ottobre il giudice dispose il trasferimento nel carcere di Verona perché è nell'ospedale di quella città che ci sono gli specialisti in grado di operare Cicala ma quella decisione non è mai stata eseguita. «I medici di Verona ci dicono - ha spiegato l'avvocato Vitale alla Gazzetta - che nella loro struttura non vengono accettati i detenuti e dunque è necessario far avere a Michele Cicala gli arresti domiciliari per permettergli di eseguire gli accertamenti preliminari e poi di farsi operare dagli specialisti individuati»;
in una lettera indirizzata al tribunale e in parte ripresa il 7 gennaio 2012 dal quotidiano tarantino Corriere del Giorno, lo stesso Cicala ha scritto: «Ho evidenziato più volte che nonostante assumevo quantità, massicce di terapia farmacologica i dolori persistevano e sentivo l'aggravarsi della patologia. Ma a quanto pare delle condizioni di un pregiudicato è meglio non tenere conto. Probabilmente vi è il pregiudizio che un detenuto menta ed è preferibile che crepi»;
l'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999 afferma che «I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate»;
l'articolo 11 della legge n. 354 del 1975, al comma 2, recita «Ove siano necessarie cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura (...)»; al comma 5 «All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati»; al comma 6 «Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche»;
con la recentissima sentenza n. 46479 del 14 dicembre 2011, la quarta sezione penale della cassazione ha fatto notare che «il diritto alla salute va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture» -:
se il Governo disponga di elementi in relazione alla gravità dell'attuale stato di salute del Michele Cicala;
come mai non sia mai stata eseguita la decisione del giudice di disporre il trasferimento del signor Cicala nel carcere di Verona, considerato che nell'ospedale di quella città ci sarebbero gli specialisti in grado di operare Cicala;
cosa intenda fare ora, passati quasi due anni dalla evidenza della patologia, per evitare che si perda altro tempo per una cura adeguata del male quale emergerebbe dalle perizie di più specialisti, compresi quelli incaricati dagli stessi giudici che si occupano del caso.
(4-14540)

D'ANNA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sono stati pubblicati articoli dai giornali La Civetta e Magma relativi ad una serie di atti e comportamenti che coinvolgerebbero l'avvocato Piero Amara, noto avvocato del Foro di Catania ed alcuni magistrati del distretto della corte d'appello di Catania tra i quali, il dottor Ugo Rossi, il dottor Maurizio Musco e il dottor Giuseppe Toscano;
dalla lettura di notizie pubblicate da altri giornali locali, quali Il Diario, I fatti, Il Ponte e dalla consultazione della documentazione

in possesso dell'interrogante, risulta che le notizie pubblicate dai giornali La Civetta e Magma siano assolutamente prive di fondamento e appaiono all'interrogante palesemente manipolate con intenti del tutto oscuri in quanto:
a) non corrisponde al vero, come affermato negli articoli dei citati giornali che il dottor Maurizio Musco intrattiene rapporti di natura societaria con avvocati del Foro di Siracusa o del Foro di Catania. Risulta, piuttosto, che il dottor Maurizio Musco ha semplicemente stipulato un contratto di locazione con una società in cui uno dei due soci è l'avvocato Amara, senza intrattenere rapporti di impresa, societari affaristici con alcuno;
b) i giornalisti nei citati articoli hanno taciuto che il contratto di locazione in questione era stato rescisso in data 28 ottobre 2011 prima ancora che cominciasse la campagna contro la procura di Siracusa. Appare evidente che si è discusso e si continua a discutere di un contratto di locazione non più in essere;
c) i giornalisti negli articoli citati hanno taciuto che il dottor Musco ha costituito la società di cui si discute con la propria sorella al fine di realizzare, quale forma di investimento immobiliare, del resto come milioni di italiani, un impianto fotovoltaico;
d) i giornalisti negli articoli citati hanno taciuto che un'impresa che realizza un impianto fotovoltaico, ha come unico interlocutore lo Stato senza che possano sussistere, in concreto, rapporti concorrenziali con chicchessia e che il CSM ha espressamente stabilito nella seduta del 6 maggio 2009, che i magistrati possono essere parte di società di capitali, purché, come in questo caso, l'attività in concreto svolta dalla società non possa pregiudicare i connotati di indipendenza e trasparenza che qualificano l'azione della magistratura;
e) i giornalisti nei citati articoli hanno riportato talune vicende giudiziarie in modo difforme dalla realtà;

per ciò che concerne la vicenda Open Land, non è affatto vero che l'accusa contro tale ingegner Borgione, è caduta per effetto del provvedimento del giudice del riesame. Il tribunale del riesame, infatti, si è limitato ad affermare che i comportamenti dell'ingegner Borgione «potrebbero al più integrare la fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 322, comma 3, del codice penale (istigazione alla corruzione) in relazione alla quale non è consentita l'emissione di misura cautelare». Si tratta evidentemente di una prospettazione per nulla diversa da quella della pubblica accusa;
per ciò che concerne la vicenda Sai 8 spa, i citati giornali hanno affermato che «la Sai 8 spa ha continuato quindi a gestire il servizio idrico nonostante la posizione di 12 sindaci che non consegnarono gli impianti e la durissima sentenza del CGA (Consiglio di Giustizia Amministrativa); anche in questo caso gli avvocati che si occupano della vicenda sono Pietro Amara, Giuseppe Calafiore e Attilio, Luigi Maria Toscano»;
il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, smentendo le tesi sostenute dai citati giornali e citate nella interrogazione, ha dato pienamente ragione ai legali della Sai 8 spa, affermando che il contratto è pienamente valido ed efficace per tutta la sua durata;
f) la circostanza che un fratello del magistrato dottor Musco abbia costituito a sua volta la società Novalux srl, è fatto assolutamente lecito e non si comprende in che modo possa gettare discredito nei confronti del dottor Musco;
g) la partecipazione del signor Edo Rossi e del professor Attilio Toscano nella società Gida srl, è stata regolarmente comunicata alla camera di commercio e per quanto di conoscenza dell'interrogante non esiste alcuna norma penale, civile o di altra natura che impedisca la partecipazione di figli di magistrati a società di capitale;
h) all'interno della società Gida, peraltro, non risulta essere socio l'avvocato

Amara bensì sua moglie Sebastiana Bona che svolge, autonomamente dal marito l'attività di imprenditore, quindi, contrariamente a quanto affermato negli articoli dei citati giornali, non appare costituire notizia da interessare l'opinione pubblica;
i) la circostanza che la famiglia dell'avvocato Piero Amara abbia costituito una serie di società di capitale, con capitale interamente intestato agli stessi famigliari, non appare costituire notizia tale da interessare l'opinione pubblica -:

se intenda adottare tutte le azioni e i provvedimenti di propria competenza per assicurare l'imparzialità e l'indipendenza della magistratura siracusana che a giudizio dell'interrogante è oggetto di una palese campagna a carattere diffamatorio.
(4-14542)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI e GIOVANELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 12 dicembre 2011 sono state soppresse le fermate dei treni Frecciabianca alla stazione di Pesaro;
la decisione di Trenitalia ha suscitato sconcerto nella opinione pubblica ed incomprensione da parte degli operatori sociali ed economici;
la regione Marche soffre già di un conclamato «gap» infrastrutturale, soprattutto in campo ferroviario, essendo mal collegata con l'interno del Paese e soffrendo la linea Adriatica di ben note carenze;
la soppressione delle fermate aggrava ulteriormente la situazione;
la provincia di Pesaro e Urbino con oltre 300.000 abitanti è molto operosa, con una delle più importanti università del centro Italia quale quella di Urbino e con un forte richiamo turistico ed ha assoluta necessità di infrastrutture;
il 10 gennaio tutte le istituzioni locali della intera provincia si sono riunite per analizzare la situazione e decidere le iniziative conseguenti;
tutti i rappresentanti coordinati dalla camera di commercio e dall'amministrazione provinciale hanno condiviso la necessità di una forte azione di sensibilizzazione per evitare la penalizzazione prevista in grado di incidere negativamente sul sistema socio-economico chiedendo un incontro con il Ministro interrogato e l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane;
hanno altresì convocato una manifestazione istituzionale con «occupazione simbolica» della stazione di Pesaro per il 26 gennaio 2012 al fine di comunicare all'opinione pubblica l'enormità di tale scelta sbagliata -:
se il Ministro, in forza del suo ruolo di indirizzo e controllo, intenda assumere iniziative nei confronti di Trenitalia affinché vengano prontamente ripristinate le fermate dei treni Frecciabianca nella stazione di Pesaro.
(5-05951)

LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Servirail Italia s.r.l. appartenente al gruppo internazionale Newrest-Wagon Lits, gestiva con la società Wasteels International Italia s.r.l. e in regime di appalto concesso dalla società Trenitalia s.p.a. il servizio di accoglimento, accompagnamento e assistenza alla clientela sui treni notte con cuccette circolanti sul territorio nazionale e internazionale;
nel mese di ottobre 2011 i lavoratori di Servirail del gruppo Newrest-Wagon Lits hanno ricevuto un preavviso di licenziamento, motivato attraverso l'inflessione

della domanda registrata negli ultimi anni ed il conseguente taglio nei collegamenti ferroviari notturni;
l'avviso di licenziamento è diventato esecutivo a partire dal mese di dicembre 2011, comportando la perdita di lavoro di circa 800 persone in tutta Italia, tra addetti Servirail Italia s.r.l e personale dell'indotto (pulizia e manutenzione treni notte);
il taglio ai servizi di collegamento ferroviario notturno tra Nord le Sud Italia e la conseguente perdita di lavoro del personale, nel mese di dicembre era già stata al centro di un'interrogazione a risposta immediata in assemblea «Misure per finanziare il sistema della mobilità pubblica, con riferimento al trasporto pubblico locale e agli obblighi di servizio pubblico, alla luce della recente decisione di Trenitalia di ridurre i collegamenti a media e lunga percorrenza - (n. 3-01968)» firmata da deputati del Partito Democratico della IX Commissione. All'atto di sindacato ispettivo era stata fornita risposta il 7 dicembre 2011, dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, il quale aveva evidenziato la consapevolezza del Governo in merito alla necessità di potenziare il sistema dei trasporti, adoperandosi con la dovuta attenzione per individuare idonee soluzioni alle problematiche ad esso connesse;
nei giorni scorsi le vicissitudini degli ex lavoratori Servirail Wagon Lits, che dopo i licenziamenti hanno dato avvio ad una serie di proteste e manifestazioni pubbliche nelle principali stazioni italiane, sono state prese in considerazione anche dai sindaci di Milano e Torino, Giuliano Pisapia e Piero Fassino. I due amministratori, oltre ad avere sottoscritto una petizione per il ripristino dei treni notte a lunga percorrenza, hanno poi anticipato che prossimamente invieranno una nuova lettera al Ministro interrogato per chiedere che venga rivista la scelta di eliminare il servizio dei treni notte, unico mezzo di collegamento tra il Nord ed il Sud economicamente accessibile per le fasce più deboli della popolazione italiana -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per mantenere i collegamenti ferroviari a media e lunga percorrenza previsti dagli obblighi di servizio pubblico sulla base delle istanze dei sindaci in premessa evidenziate;
quali iniziative il Governo intenda assumere per la tutela dei lavoratori coinvolti nella riorganizzazione dei treni notte.
(5-05954)

LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione pendolari del novese ha segnalato criticità legate ai nuovi orari ferroviari nei collegamenti Novi Ligure-Milano;
in particolare, si rilevano una serie di disagi legati ai ritardi, alla conseguente perdita di coincidenze e addirittura ad eventuali soppressioni nei treni del mattino (treno 2180 con partenza da Novi alle 6,20 e previsto arrivo a Milano Centrale alle 7,55; treno 2882 con partenza da Novi alle 6,34 e arrivo previsto a Milano Certosa alle 8,28; treno 2674 con partenza da Novi alle 7,45 e arrivo previsto a Milano Centrale alle 9,30) e del rientro serale (treno 2645 con partenza da Milano Porta Garibaldi alle ore 17,12 e arrivo previsto a Novi alle 19,03; treno 2669 con partenza da Milano Centrale alle ore 18,10 e arrivo previsto a Novi alle 19,44; treno 2667 con partenza da Milano Centrale alle 19,30 e arrivo previsto a Novi alle 21,02);
tale situazione penalizza un nodo ferroviario importante come quello di Novi Ligure, che dovrebbe invece essere potenziato, soprattutto in relazione ai nuovi progetti che concernono la direttrice Genova-Milano -:
se l'Esecutivo sia a conoscenza della situazione di criticità precedentemente descritta sulla linea di trasporto passeggeri Genova-Milano;

quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere affinché Trenitalia apporti i necessari correttivi in risposta alle esigenze degli utenti pendolari.
(5-05955)

Interrogazioni a risposta scritta:

DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il traffico aereo di linea fra due Stati è regolamentato da accordi bilaterali, articolati in base a schemi fissi, sottoscritti dai Governi dei due Paesi interessati e che attraverso la stipula di un accordo bilaterale viene sancito un regime regolamentare che definisce la quantità di voli offerti, il numero dei soggetti ammessi ad operare e il numero di destinazioni servite tra i due Paesi;
tali accordi non vengono sottoscritti esclusivamente secondo puri criteri commerciali e possono essere di due tipi: open sky o accordi tradizionali;
gli accordi open sky consentono a tutti i vettori delle due parti di collegare qualsiasi punto del proprio territorio con tutti i punti della controparte, in genere senza limitazioni di frequenze (ad esempio Italia/USA e da marzo 2008 UE/USA);
gli accordi tradizionali prevedono il numero di vettori designabili da ciascuna parte e abilitati ad operare i collegamenti tra i due Paesi (designazione singola, designazione multipla), prevedono i punti d'accesso di ciascuna parte presso i quali i vettori designati possono atterrare (ogni compagnia è invece generalmente libera di partire da qualsiasi punto all'interno del proprio Paese) e prevedono altresì il numero di frequenze operabili tra i due Paesi, i posti offerti e le tariffe;
l'area di Milano e del Nord Italia subisce attualmente forti limitazioni in termini di accessibilità aerea dovute all'attuale configurazione degli accordi bilaterali vigenti che, di fatto, ostacolano o impediscono il concreto sviluppo del trasporto aereo in tale area, attraverso la predeterminazione del vettore designato (monodesignazione), la limitazione delle frequenze e dei punti di accesso;
il riposizionamento su Roma della maggior parte dei servizi extra europei di Alitalia accentua pesantemente queste limitazioni soprattutto, ma non solo, con riferimento all'aeroporto di Malpensa al quale non sono al momento garantite paritarie condizioni di accessibilità con l'altro principale scalo nazionale pur in presenza di richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare, nel breve-medio termine, nuovi collegamenti e/o ad incrementare il numero delle frequenze su detto aeroporto;
tali richieste, il cui accoglimento è ostacolato dai vigenti accordi bilaterali o dalla concreta attuazione data agli stessi, riguardano:
a) l'accesso su Milano dei seguenti vettori: Belavia (Bielorussia), Malaysia Airlines (Malesia), Korean Air/Asiana (Corea del Sud), Biman (Bangladesh), Air Moldova (Moldova), Gulf Air (Bahrain), Air Astana (Kazakistan), Kuwait Airways (Kuwait), China Airlines/Eva Air (Taiwan);
b) l'incremento di frequenze nei seguenti collegamenti: Riyadh/Milano (Saudi Arabia-Arabia Saudita), Amman/Milano (Royal Jordanian-Giordania), Tripoli/Milano (Lybian Arab/Afrigiyah-Libia), Tunisi/Milano (Tunis Air-Tunisia);
c) l'attivazione di nuovi collegamenti da Milano o incremento degli attuali da parte dei seguenti vettori nazionali: Air Italy, Blue Panorama, Eurofiy/Meridiana, Livingston, Neos verso i seguenti paesi: Argentina, Brasile, Egitto, Ghana, Giappone, Israele, Nigeria, Russia, Tunisia, Venezuela;
inoltre, con riferimento agli altri aeroporti, risultano inevase numerose e fondate richieste miranti a ristabilire per tutti gli aeroporti del Paese regole di libero mercato e condizioni di parità di accesso;

alla luce del riposizionamento di Alitalia sullo scalo di Roma, i vigenti accordi aeronautici bilaterali determinano su Milano e sugli altri aeroporti notevoli elementi di criticità in quanto, nella maggior parte dei casi, il numero delle frequenze previste, pur in presenza di pluridesignazione, è interamente, o quasi interamente, operato da Alitalia (ad esempio Argentina, Algeria, Ghana, Brasile);
inoltre, le previsioni di monodesignazione limitano alla sola Alitalia il diritto di operare alcune tratte e le eventuali previsioni di limitazione dei punti di accesso sono state finora attuate unicamente a favore di Roma;
il Governo pro tempore, in data 10 giugno 2008, ha accolto l'ordine del giorno Cota, Reguzzoni, Dal Lago (A.C. 9/1094-A-R/2), impegnandosi «ad adottare ogni possibile iniziativa ed impartire ogni necessaria istruzione affinché si pervenga ad un'urgente revisione/ridefinizione dei vigenti accordi bilaterali in modo da garantire, anche su Malpensa e sugli altri aeroporti, l'effettiva liberalizzazione dei diritti di traffico con riguardo al numero dei vettori designati, al numero delle frequenze consentite e al numero dei punti di accesso»;
il processo di privatizzazione di Alitalia e la sua fusione con Air One hanno creato non solo una situazione di monopolio su alcune rotte, ma anche il pericoloso e non accettabile ruolo di una compagnia privata cui viene affidato in esclusiva il collegamento del nostro paese con alcuni paesi terzi;
l'articolo 9, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con l'Enac promuova la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo nonché la modifica di quelli vigenti;
in data 7 settembre 2009, l'onorevole Reguzzoni ha presentato un'interrogazione per conoscere la situazione relativa agli accordi bilaterali fra l'Italia e il Brasile in tema di collegamenti aerei fra i due Stati;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, rispondendo alla predetta interrogazione 4-03738 ha fatto riferimento alla proposta avanzata dal Governo italiano all'autorità brasiliana riguardante sia aspetti di diritto, quali l'introduzione delle cosiddette clausole standard comunitarie, sia alcuni aspetti tecnici quali l'aumento della capacità delle frequenze dei voli;
al momento della risposta alla suddetta interrogazione, in data 16 novembre 2009, si era in attesa di riscontro da parte delle autorità brasiliane, che stavano svolgendo i necessari approfondimenti -:
se sia pervenuta risposta, da parte delle autorità brasiliane, alla proposta avanzata dal Governo italiano in tema di incremento dei collegamenti aerei fra i due Stati, e, in caso affermativo, quali siano i contenuti dell'accordo stipulato fra le parti.
(4-14528)

BENAMATI, MOTTA, FRONER e GNECCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Air Alps è una compagnia aerea regionale con sede a Innsbruck, Austria;
questa compagnia opera anche in Italia e collega aeroporti come Bolzano e Parma con Roma-Fiumicino e con Milano Malpensa-Salerno;
questa azienda è partecipata, in quota minoritaria, anche da aziende e enti locali italiani fra i quali la regione Trentino Alto Adige;
Air Alps opera sul mercato italiano in collaborazione con Alitalia;
da notizie stampa si apprende che le autorità austriache avrebbero revocato la licenza di volo all'Air Alps, mentre da alcuni giorni sono stati sospesi i voli di collegamento da e per Roma e da e per Milano Malpensa;

la revoca della licenza di volo sarebbe connessa alla gravissima situazione finanziaria dell'azienda che avrebbe una situazione di bilancio connotata da perdite di qualche decina di milioni di euro;
per quanto riguarda Parma, oltre ad essere un territorio interessato da un importane distretto industriale, la città è anche sede dell'autorità europea sulla sicurezza alimentare (EPSA);
la brusca interruzione dei voli per Roma, anche a fronte di una continua e pervicace mancanza di informazioni puntuale e precisa da parta della compagnia, è già fonte di sensibili disagi e di danni economici ai cittadini ed in prospettiva all'aeroporto Verdi ed a tutta la città di Parma;
non è al momento prevedibile quali soluzioni possa trovare la crisi della compagnia e quali soluzioni possano essere individuate per garantire la regolarità dei collegamenti da e per Parma;
non sono, inoltre, chiare le ripercussioni occupazionali della crisi in atto sul personale della compagnia -:
se quanto riportato corrisponda al vero e quali iniziative intenda porre in atto il Ministero, nell'ambito delle sue competenze ed in collaborazione con i soggetti interessati, per evitare che la crisi della compagnia porti ad una definitiva cancellazione delle rotte in questione ed a penalizzazioni del personale dipendente.
(4-14530)

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INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

NACCARATO, MIOTTO e VIOLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 15 gennaio 2012 - nel corso di un'operazione condotta in collaborazione con la direzione distrettuale antimafia di Napoli - il nucleo investigativo dei carabinieri di Padova ha arrestato a Brugine (Padova) Nicola Imbriani, 56 anni, originario di Quarto Flegreo (Napoli), ritenuto un esponente di spicco del clan camorristico Polverino, su cui pendeva un mandato di cattura da oltre sei mesi. Insieme a Imbriani sono stati condotti in carcere con l'accusa di favoreggiamento della latitanza Giorgio Cecere, 36 anni - che fungeva da autista di Imbriani - e Salvatore Sciccone, 51 anni, residente a Brugine da circa dieci anni, che avrebbe fornito il supporto logistico alla latitanza di Imbriani;
secondo gli investigatori Imbriani si occupava per conto del clan Polverino di reinvestire nel settore dell'edilizia privata nel Veneto i proventi delle attività criminose del gruppo camorrismo campano. A maggio 2011 Imbriani era riuscito a sfuggire all'operazione delle forze dell'ordine conclusasi con l'arresto di circa 40 persone affiliate al clan Polverino, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, usura, traffico e spaccio di stupefacenti, trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori, reinvestimento di capitali illeciti in attività di natura imprenditoriale, immobiliare, finanziaria e commerciale;
Imbriani, come riportato dalla stampa locale (Il Gazzettino, edizione del 16 gennaio 2012), «partecipava attivamente anche alla vita politica di Quarto. Secondo quanto accertato dai militari nel 2007 finanziò la campagna elettorale di un candidato sindaco di una lista civica, in modo da assicurarsi i giusti contatti per poter poi condizionare a proprio vantaggio e soprattutto a vantaggio del clan Polverino qualsiasi decisione politica legata allo sviluppo dell'edilizia nell'area flegrea»;
il fatto sopra descritto è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi sintomatici del livello di proliferazione delle attività illecite raggiunto dagli esponenti della criminalità organizzata nel Veneto, come sottolineato nelle più recenti relazioni semestrali del Ministro dell'interno al Parlamento

sulle attività e i risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia;
le citate relazioni, infatti, indicano da tempo il pericolo che la criminalità organizzata - già presente nelle regioni settentrionali, compreso il Veneto, con proprie attività finalizzate al riciclaggio di denaro attraverso investimenti in attività economiche legali - provi a utilizzare l'attuale situazione di crisi economica per rafforzare la propria presenza -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
quali interventi di competenza il Ministro intenda porre in essere al fine di contribuire per quanto di competenza all'individuazione dei complici e della rete di relazioni che hanno consentito la latitanza di Imbriani in provincia di Padova;
quali misure di competenza il Ministro intenda predisporre per potenziare le strutture della direzione investigativa antimafia con la finalità di aumentare l'azione di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata, in particolare nelle regioni settentrionali e in Veneto.
(4-14534)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

MELIS e PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il bando PRIN (progetti di ricerca di interesse nazionale) di cui al decreto ministeriale 27 dicembre 2011, n. 1152/ric., modificato successivamente dal decreto ministeriale del 12 gennaio 2012, ha fissato le nuove regole di presentazione dei progetti per il prossimo anno;
rispetto a tali regole tutte le principali associazioni scientifiche dell'area umanistica hanno formulato, in una nota comune, rilievi e critiche che meritano di essere presi in seria considerazione;
in particolare, sotto il profilo finanziario si continua a manifestare una forte sperequazione tra le varie aree disciplinari, a netto svantaggio di quelle che si potrebbero genericamente indicare come umanistiche o socio-umanistiche. Infatti, mentre per la maggior parte delle aree (da 1 a 9 e le 13-14) si registrano incrementi percentuali reali di risorse su base annua anche consistenti (come in particolare accade nell'area 7), per le aree 10-12 si verificano diminuzioni nette di entità fino al 25 percento (specificamente per l'area 10); ciò appare tanto più grave se si pensa che le sole tre aree 10, 11 e 12 raggruppano il 26 per cento dei docenti/ricercatori;
un ulteriore punto critico è rappresentato dall'entità finanziaria minima e massima prevista per i singoli progetti di ricerca: i progetti delle aree delle scienze umane e sociali devono infatti presentare costi non inferiori a euro 400.000 e fino a 1.600.000. Ciò implica la formazione obbligatoria e artificiosa di raggruppamenti tra università, senza che sia in alcun modo garantito che queste aggregazioni avvengano su reali compartecipazioni a linee di ricerca e a obiettivi comuni;
quanto alle procedure previste, il numero dei progetti presentabili da ciascuna università è fissato inderogabilmente dal decreto nella misura massima dello 0,75 per cento rispetto al numero di docenti e ricercatori presenti nei ruoli al momento della scadenza del bando. Anche nelle modifiche introdotte, di cui all'articolo 5, comma 3, permane una forte penalizzazione ai danni delle medie e delle piccole università (da un calcolo sommario, ad esempio, un ateneo medio-piccolo come quello di Teramo potrebbe presentare non più di 2 progetti);
il decreto non tiene in alcun conto l'elemento fattuale che molte aree, in particolare nel campo socio-umanistico, sono al loro interno composite, cioè contengono

settori disciplinari contigui ma distinti per metodologie, contenuti culturali e tradizioni di ricerca; poiché la selezione di un progetto implica l'esclusione di altri della stessa area, è prevedibile che il pluralismo interno di area ne verrà sacrificato anche in presenza di più progetti di alta qualità;
in generale, la preselezione a livello di ateneo, configurata com'è nel decreto sulla base di limiti meramente quantitativi ancorati al numero dei docenti/ricercatori dell'area, prescinde totalmente dai criteri di qualità, facendo ancora una volta prevalere quale unico criterio quello dei limiti quantitativi sulle scelte di merito, sottratte totalmente agli atenei;
nella seconda fase della selezione, quella affidata ai 14 comitati di selezione, uno per ogni area Cun, formati da 3 esperti designati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca, 25 sui 100 punti disponibili continuano ad essere assegnati a progetti strettamente relazionati agli obiettivi del VII programma europeo «Horizon 2020»: ma gli obiettivi della ricerca socio-umanistica difficilmente possono rientrare nel contesto di quelli previsti in quel programma; il punto è tanto più rilevante se si considera che la conformità al suddetto VII programma europeo è considerata decisiva per la priorità nei casi di ex-aequo;
infine le scadenze di presentazione dei progetti (29 febbraio e 7 marzo), fissate nel bando pubblicato solo il 28 dicembre, in un periodo festivo che si è protratto sino almeno al 7 gennaio, sono state spostate in avanti di una sola settimana e contrastano, per i tempi esageratamente ristretti, con l'intento, apprezzabilissimo, di coinvolgere istituzioni e ricercatori stranieri -:
se non ritenga il Ministro di dover riconsiderare ancora una volta le criticità sopra menzionate, anche attraverso una revisione del bando del 28 dicembre 2011;
quali garanzie esistano, allo stato attuale, che le modalità e le metodologie di ricerca specifiche dell'area socio-umanistica nelle sue varie accezioni disciplinari trovino adeguata corrispondenza nei criteri di valutazione, nei meccanismi di selezione e in definitiva nella politica della ricerca del Governo.
(4-14533)

PERINA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 11 novembre 2011, la procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, ha emesso l'avviso di conclusione delle indagini preliminari a carico di dieci indagati nel procedimento relativo alla regolarità della elezione del rettore dell'università degli studi di Siena per il quadriennio accademico 2010/2014 e le suddette indagini ipotizzano a carico degli indagati il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici in qualità di componenti del seggio elettorale e della commissione elettorale;
tra gli atti oggetto di falsità vi è anche il decreto del 2 novembre 2010 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro-tempore - onorevole Maria Stella Gelmini - procedeva alla proclamazione del neoletto rettore Angelo Riccaboni, e per il quale fu ascoltata dalla procura di Siena il 24 febbraio 2011 in qualità di persona informata sui fatti;
in data 16 novembre 2011, la procura della Repubblica presso il tribunale di Siena ha inoltre portato a conclusione il filone principale dell'indagine sul cosiddetto «buco dell'Università» di 200 milioni di euro, notificando 18 avvisi di garanzia e contestuali conclusioni d'indagini nei confronti degli indagati - tra cui due ex rettori - a vario titolo accusati di falsità ideologica in atti, abuso d'ufficio e peculato;
è pendente per le suddette irregolarità anche un ricorso al TAR della Toscana, sezione I presentato da un docente che mette in evidenza ulteriori criticità di tipo amministrativo;

l'adozione di un'inderogabile ed efficace strategia di riduzione del deficit strutturale dell'università di Siena impone, quale premessa indubitabile, una forte ed autorevole guida da parte dell'attuale rettore - sulla cui elezione grava l'indagine giudiziaria in premessa - nonché del direttore amministrativo, il quale risulta condannato, nel 2007, dalla Corte dei conti dell'Emilia-Romagna per gravi irregolarità amministrativo contabili nell'esercizio delle sue funzioni nel medesimo incarico di direttore amministrativo dell'università di Bologna;
in oltre un anno non è stato intrapreso alcun percorso di riduzione del disavanzo strutturale, tanto che fino a pochi giorni fa le uniche possibilità prospettate dall'attuale rettore sono state la rimodulazione dei mutui in essere e la vendita degli immobili di proprietà dell'ateneo, anche di quelli funzionali all'attività didattica e di ricerca;
il decreto legislativo 27 ottobre 2011, n. 199, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 30 dicembre 2012 n. 240, ha innovato la disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli atenei, prevedendo la dichiarazione di dissesto da parte delle università affette da particolari squilibri nei propri conti e l'approvazione di un piano di rientro, a pena di commissariamento;
l'università non ha ancora dato corso alle nuove procedure di dissesto e risanamento previste dal decreto legislativo sopra citato:
suscita ulteriore preoccupazione il fatto che alcuni professori, già iscritti nel registro degli indagati nel merito dell'inchiesta sui presunti brogli per l'elezione rettore, siano stati recentemente eletti a cariche di particolare rilievo all'interno degli organi dell'università di Siena -:
se, nel dovuto rispetto dell'autonomia dell'università di Siena - il Ministro non ritenga opportuna una revoca del decreto di nomina del rettore dell'Università di Siena in esercizio di autotutela, con conseguente indizione di nuove elezioni al fine di conferire piena legittimazione al vertice dell'ateneo;
se sussistono le condizioni di diritto per procedere al commissariamento per dissesto dell'università di Siena;
se non ritenga opportuno, in virtù del principio di autotutela della pubblica amministrazione, nonché per le responsabilità istituzionali del dicastero quale erogatore del Fondo di finanziamento ordinario destinato all'ateneo senese che il Ministero si costituisca anch'esso parte civile negli eventuali procedimenti giudiziari scaturenti sia dalle indagini sul dissesto economico-finanziario, sia da quelle riguardanti l'elezione dell'attuale rettore dell'università di Siena.
(4-14539)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10 («Riforma degli ordini professionali») della legge n. 183 del 2011 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)», prevede che conditio sine qua non per l'accesso ad una professione intellettuale sia il superamento di un esame di Stato;
questo comporterà l'eliminazione, da agosto 2012, dell'albo dei giornalisti pubblicisti che, pur non avendo sostenuto un tirocinio retribuito e l'esame di Stato, svolgono l'attività giornalistica a latere di un'altra occupazione;
ad oggi i pubblicisti iscritti al relativo ordine che versano i propri contributi regolarmente all'INPGI (la cassa di previdenza dei giornalisti) sono circa 80.000;

una delle proposte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del presidente dell'ordine lombardo, Franco Abruzzo, era l'utilizzo del criterio discriminante della soglia di reddito, al fine di individuare che eserciterebbe la professione giornalistica «in nero» o non come primo lavoro;
la maggior parte dei pubblicisti esercitano la professione sottopagati e con un contratto di collaborazione free lance, e non rientrerebbero quindi nei parametri;
dopo il 13 agosto 2012, chi eserciterà la professione giornalistica, magari sul web, senza aver sostenuto l'esame di Stato, potrà essere denunciato per esercizio abusivo della professione -:
secondo quali modalità il Governo intenda gestire gli 80.000 pubblicisti iscritti all'ordine;
quale soluzione intenda approntare il Governo per i rapporti di lavoro già in essere che coinvolgano giornalisti pubblicisti;
secondo quali criteri il Governo intenda modulare la situazione previdenziale dei giornalisti pubblicisti, anche tenendo conto di tutti i contributi da essi già versati all'INPGI.
(5-05946)

BELLANOVA, DAMIANO, BOBBA, MOSCA, BERRETTA, BOCCUZZI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la crisi che ha investito l'Italia ha determinato effetti economici ed occupazionali ingenti che hanno, purtroppo, arrestato la crescita del Paese, toccato duramente le finanze della maggioranza delle famiglie italiane e posto in discussione uno dei fondamenti della nostra Costituzione: il lavoro;
il precedente Governo, nonostante il perdurare della cogente crisi, ha inteso compiere nella legge finanziaria per il 2010, tagli alle risorse a sostegno del lavoro che nelle varie misure, sono ammontati a circa 2 miliardi e 89 milioni di euro, utilizzando, inoltre, come risorse per la copertura degli ammortizzatori sociali buona parte di quelle destinate al fondo per le aree sottoutilizzate;
l'assenza di misure idonee atte a fronteggiare questa situazione critica ha provocato uno stallo economico nel quale sono scivolate le imprese italiane grandi, medie e piccole, le quali sono dovute ricorrere, sempre in misura maggiore, allo strumento della cassa integrazione;
l'attuale situazione sul fronte occupazionale risulta essere ancora, purtroppo, emergenziale e rischia, in assenza di misure idonee di aggravarsi maggiormente;
secondo gli ultimi dati forniti dall'Istat, infatti, a novembre 2011 gli occupati in Italia sono 22.906 mila, con un tasso di occupazione che si attesta al 56,9 per cento. Il numero dei disoccupati, sempre secondo l'Istituto, nello stesso periodo sarebbe pari a 2.142 con un tasso di disoccupazione che si attesta all'8,6 per cento. Il tasso di disoccupazione giovanile nello stesso periodo, purtroppo, si attesta al 30,1 per cento;
secondo i dati forniti dall'Inps i lavoratori che hanno ricevuto una qualche forma di prestazione al reddito (cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga, di mobilità e di disoccupazione) sono stati circa 4 milioni ogni anno negli ultimi tre anni, per una spesa di 18-20 miliardi all'anno, considerando anche i contributi figurativi accreditati;
in particolare, nel triennio considerato, le ore di cassa integrazione autorizzate dall'Inps sono state: più di 914 milioni di ore nel 2009, 1 miliardo e 203 mila ore nel 2010 e circa un miliardo di ore per il 2011;
nello specifico nel 2011 per la cassa integrazione ordinaria sono state autorizzate 226.168.922 ore di cui 166.681.100 nel settore industria e 59.487.822 nel settore

edilizia. Per la cassa integrazione straordinaria le ore autorizzate ammontano a 411.490.663 di cui 373.593.622 nell'industria, 16.408.473 nell'edilizia, 58.705 nell'artigianato, 21.140.283 nel commercio e 289.580 per vari comparti produttivi che interessano il credito, gli enti pubblici, l'agricoltura ed altro. Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga complessivamente le ore autorizzate sono 315.847.211, di cui 128.647.092 nel settore industria, 10.063.500 nell'edilizia, 78.689.304 nell'artigianato, 96.859.204 nel commercio e 1.588.111 per vari comparti produttivi che interessano il credito, gli enti pubblici, l'agricoltura ed altro;
appare evidente che in questa situazione occorre intervenire con celerità attraverso un piano strategico che si occupi di far ripartire il motore delle imprese italiane, tutelando nel frattempo i livelli occupazionali;
una eventuale ed ulteriore riduzione delle risorse da destinare al sostegno della vastissima platea di lavoratori che oggi percepiscono l'indennizzo derivante dagli ammortizzatori sociali, vorrebbe dire, di fatto, azzerare il necessario supporto a tantissime famiglie italiane in difficoltà e ciò nel contempo contribuirebbe a bloccare ulteriormente la ripresa dei consumi;
in moltissime realtà territoriali d'Italia, come si può evincere da numerosi articoli di stampa nonché dagli stessi atti parlamentari che l'interrogante ha più volte presentato, si riscontrano ritardi nei pagamenti circa l'indennizzo di cassa integrazione in deroga che puntualmente lasciano economicamente scoperte migliaia di lavoratori e le loro famiglie; questo crea inevitabilmente un disagio considerevole, dato il momento di crisi congiunturale che si sta attraversando;
sono in fase di definizione le specifiche linee guida del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in ordine alla cassa integrazione -:
quante siano attualmente le risorse già utilizzate a favore delle singole regioni per ciò che riguarda gli ammortizzatori sociali in deroga ed a quanto ammonti la parte di risorse da stanziare per l'anno 2012;
se il Ministro non ritenga utile attivare un monitoraggio per singole regioni volto a constatare sino a quale data sia stato effettivamente corrisposto l'indennizzo di cassa integrazione in deroga ed invece, quali realtà risultino ancora in pendenza con pratiche inevase, ciò al fine di valutare modalità d'intervento utili ad azzerare eventuali inefficienze affinché non siano i cosiddetti lavoratori «deboli» a dover essere ulteriormente penalizzati.
(5-05950)

VANNUCCI e ZUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende di un fenomeno preoccupante circa un aumento esponenziale di richieste di assegno sociale da parte di cittadini stranieri di oltre 65 anni;
il fenomeno è stato rilevato in maniera preponderante nella provincia di Modena, ma sembra presente in tutto il Paese;
come è noto, la legge n. 388 del 2000 prevede che l'assegno sociale, entro limiti di reddito definiti, sia corrisposto anche a cittadini stranieri;
la norma richiamata potrebbe indurre le famiglie di extracomunitari regolari a favorire il ricongiungimento familiare, facendo venire in Italia gli anziani della famiglia esclusivamente o prevalentemente per poter beneficiare di tale possibilità;
aggravi si potrebbero avere anche per il servizio sanitario;
è opportuna una verifica approfondita al fine di stabilire l'entità del fenomeno ed i relativi costi considerato che

ogni assegno sociale corrisposto supera i 7000 euro annui -:
se trovi conferma l'esistenza del fenomeno;
quanti siano gli «assegni sociali» corrisposti a cittadini stranieri ultra sessantacinquenni;
come siano territorialmente distribuiti ed a quanto ammonti il costo complessivo.
(5-05953)

VANNUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il signor Cesare Venturi, residente a Pesaro, è stato colpito da una mina tedesca il 14 settembre 1944;
a seguito dell'evento bellico, il signor Venturi, in giovanissima età, ha subito la completa amputazione bilaterale delle gambe dal terzo superiore delle cosce e pertanto non può risolvere il suo caso con protesi, come previsto nel decreto ministeriale;
ha subìto un aggravamento di sesta CTG;
il signor Venturi, attraverso la sua forza di volontà, ha comunque affrontato le difficoltà servendo il proprio Paese nel lavoro e nell'attività sociale e di volontariato;
per questo è stato insignito della onorificenza di Cavaliere di Gran Croce;
il signor Venturi ha sempre beneficiato dell'accompagnatore militare o, in alternativa, dopo la riforma dell'Esercito, dell'assegno sostitutivo;
dal 2010 non gli viene più riconosciuto l'assegno in quanto, secondo l'Agenzia delle entrate, è inserito nella terza priorità non finanziata;
il signor Venturi ha contestato l'inserimento del suo caso nella terza priorità vista la gravità del suo stato ritenendo che sia stato commesso un errore;
l'infermità del signor Venturi Cesare ha il trattamento 1a CTG - Tab. E lettera A-bis più assegno per cumulo di 6a CTG e pertanto non dovrebbe stare nella terza priorità;
non si hanno notizie circa la possibilità di finanziamento da parte dello Stato della terza priorità;
la presente interrogazione viene presentata in quanto le rimostranze del signor Venturi non hanno ricevuto risposta e nella convinzione che esistano altri casi analoghi sui quali fare chiarezza -:
se il Ministro intenda sottoporre a verifica il caso sollevato ed effettuare una ricognizione generale sulle problematiche segnalate e quali intenzioni abbia sul finanziamento della terza priorità.
(5-05956)

Interrogazione a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sempre più allarmanti sono i problemi occupazionali della categoria degli informatori scientifici del farmaco. Da troppo tempo si sta infatti assistendo a un numero elevatissimo di licenziamenti di informatori scientifici del farmaco da parte dalle imprese farmaceutiche italiane, che ne scaricano il costo sociale sul loro «cliente unico», lo Stato;
migliaia di licenziamenti - circa il 50 per cento - del personale impiegato nell'informazione medico-scientifica, spesso mascherati da fittizie cessioni di ramo, cessioni di contratto, blocco del turnover, ed ultimamente con strumentali mobilità, caricando costi ingiustificabili a carico

della collettività attraverso il ricorso ingiustificato ad ammortizzatori sociali;
a fronte di licenziamenti e di previsioni di ulteriori consistenti esuberi tra gli informatori scientifici, non corrisponde in realtà una particolare crisi di gran parte delle aziende farmaceutiche, le vendite sono in aumento e il settore continua a essere decisamente remunerativo;
peraltro va segnalato come a fronte dell'abbattimento del costo del personale, non corrisponde un'adeguata diminuzione del prezzo dei farmaci;
dopo i licenziamenti già effettuati, le aziende Astrazeneca, Sanofi Aventis, Sigma Tau, hanno comunicato nuovi consistenti esuberi. Il licenziamento dei lavoratori addetti al servizio di informazione scientifica sui farmaci da parte delle suddette aziende, non è giustificabile né da una erosione - mai avvenuta - del prezzo dei farmaci, né da forti limitazioni subite dalla spesa ospedaliera. Peraltro gli incontri avvenuti tra le organizzazioni sindacali e le suddette aziende farmaceutiche, hanno visto una scarsa disponibilità da parte delle medesime aziende ad accogliere proposte concrete volte a «recuperare» il maggior numero possibile di lavoratori evitandone il loro licenziamento -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non si ritenga indispensabile attivare al più presto un tavolo tecnico - prima che si esauriscano i tempi previsti dalla legge n. 223 del 1991 in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione - con il Ministero della salute e la partecipazione dei rappresentanti delle categorie professionali e dei soggetti interessati, nonché di rappresentanti della Conferenza delle regioni, al fine di valutare il rapporto tra risorse finanziarie pubbliche erogate dal Servizio sanitario nazionale, fatturato ed occupazione, e di individuare delle soluzioni in grado di tutelare il posto di lavoro e i diritti degli informatori scientifici del farmaco, quali professionisti ad alto profilo professionale, in grado di garantire l'appropriatezza prescrittiva e il monitoraggio sui farmaci.
(4-14526)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE, OLIVERIO, CUOMO e SERVODIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni migliaia di produttori agricoli siciliani e calabresi e di braccianti stanno contestando l'assenza di interventi dei Governi nazionale e regionale per fronteggiare la difficile situazione congiunturale nel comparto agrumicolo e per superare le difficoltà economiche causate dalle crisi di mercato;
i costi di produzione, tra il 2000 e il 2012, hanno subìto l'aumento del 31 per cento, mentre nello stesso arco di tempo i prezzi all'origine non sono cresciuti;
su oltre 250 mila imprese attive in Sicilia e in Calabria sono oltre il 20 per cento quelle a rischio chiusura nel 2012, per un totale di circa 3,5 milioni di giornate lavorative in meno e un taglio di 40 mila posti di lavoro -:
se non ritenga necessario, anche attraverso le opportune iniziative normative:
a) dichiarare lo stato di crisi per tutto il settore agrumicolo e conseguente esenzione dal pagamento degli oneri fiscali e previdenziali;
b) promuovere l'estensione dei benefici previsti per le avversità atmosferiche anche ai danni economici provocati dalla crisi di mercato;
c) promuovere il finanziamento, in maniera adeguata, del Fondo di solidarietà nazionale e, di concerto con la regione siciliana e la Regione Calabria, un intervento

finanziario per favorire il conferimento del prodotto a scopi umanitari;
d) determinare per il prossimo triennio la riduzione degli oneri previdenziali per le aree montane e svantaggiate;
e) promuovere le sospensioni sull'obbligatorietà del durc;
f) bloccare per le aree agrumetate la rivalutazione degli estimi catastali;
g) promuovere un'intesa sottoscritta fra Ministero dell'economia e delle finanze, ABI e organizzazioni agricole per riconoscere ai produttori agrumicoli crediti agevolati;
h) modificare i rapporti all'interno della filiera agro-alimentare, per un riequilibrio della catena del valore, al fine di assicurare la giusta remunerazione dei produttori e favorire la ripresa dei consumi alimentari.
(5-05947)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
il 12 ottobre 2011 la Commissione europea ha emanato un progetto di riforma della politica agraria comune (PAC) 2014-2020, all'interno di un quadro di proposte relative al piano di indirizzamento delle risorse finanziarie;
gli obiettivi della nuova Pac sono quelli di fornire una risposta adeguata alle future sfide della produzione alimentare, in un'ottica di sostenibilità e di sviluppo equilibrato su tutto il territorio dell'Unione europea. Va infatti evidenziato il fatto che la programmazione per il periodo di 2014-2020 prevederà una redistribuzione delle risorse disponibili per i piani di finanziamento (la cosiddetta «convergenza»), dovuto all'allargamento dell'Unione da 15 a 27 membri;
tra le proposte legislative varate dalla Commissione le principali novità interessano le dinamiche relative ai pagamenti diretti e la volontà di ispirare la politica comunitaria a principi di «inverdimento» (greening);
nel corso della recente audizione del 18 novembre 2011 il Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, Dacian Ciolos, ha evidenziato come le strategie di lavoro della Commissione siano ispirate in primo luogo dalla volontà di andare incontro alle problematiche reddituali degli agricoltori. In secondo luogo si è voluto premiare «il loro ruolo, il contributo che danno, lavorando la terra, alla buona gestione della risorsa naturale da essa rappresentata [...] un bene pubblico»;
il commissario ha altresì ribadito la volontà di «far sì che la PAC rimanga una politica di bilancio europea forte per il futuro, credibile e accettata da tutta la società europea», evidenziando inoltre la predisposizione di un capitolo specifico per la ricerca e l'innovazione relativamente al quale ha espresso la persuasione che «le imprese agro-alimentari italiane, che spesso sono molto avanti sul piano tecnologico, riusciranno a valorizzare tutto ciò»;
di fronte a questi obiettivi che rappresentano senz'altro una volontà altamente condivisibile, non si può fare a meno di evidenziare che, nella traduzione dei principi, le misure proposte risultano di fatto altamente penalizzanti per l'Italia, che subirà una riduzione complessiva dei finanziamenti pari a circa il 18 per cento delle attuali disponibilità, di cui un 12 per cento è dovuto alla contrazione delle risorse disponibili complessivamente, mentre un 6 per cento dovuto al calcolo della convergenza;
le cifre evidenziate testimoniano che l'Italia è il più penalizzato tra i Paesi contributori netti. È evidente che si assiste ad una generale contrazione delle risorse, che interessa tutti gli Stati e mette in luce la necessità di sollecitare una maggiore attenzione in sede comunitaria alle problematiche del settore agricolo. Ma d'altro canto, il calcolo della cosiddetta «convergenza»

risulta altamente penalizzante per il nostro Paese per via dei criteri di riferimento adottati per il calcolo stesso, che determinano un evidente squilibrio, in negativo, a discapito del nostro Paese;
allo stato attuale si è infatti utilizzato come unico parametro di riferimento la sola Sau (superficie agricola utilizzata), senza tener conto di altri importanti elementi, quali, ad esempio, il valore aggiunto delle produzioni o la presenza effettiva di manodopera impiegata nelle aziende;
inoltre, il metodo di calcolo utilizzato, con la specifica della sola Sau ammissibile ai premi della PAC 2009 determina un'ingiusta penalizzazione del nostro Paese. Nel calcolo si considera, infatti, solo il 70 per cento e non il 100 per cento delle superfici coltivate. Ciò determina una distorsione dei risultati a totale svantaggio del nostro Paese che pagherà una quota molto elevata dell'intero ammontare delle risorse spostate dalla convergenza. Secondo quanto riferito dalla stampa di settore, la diminuzione degli aiuti diretti destinati agli agricoltori italiani ammonterà a circa 285 milioni di euro tra il 2013 e il 2019;
alcune perplessità sorgono inoltre sui parametri di accesso alle contributo per il greening, previsto nella nuova suddivisione dei pagamenti diretti, nonché sul rischio che tale suddivisione determini un incremento degli impegni burocratici a carico degli agricoltori, che renderebbero più complesso l'accesso ai finanziamenti;
in particolare, i parametri di accesso al contributo per il greening, che rappresenta uno degli elementi chiave della nuova PAC, non sembrano molto adeguati alla realtà agricola dell'Italia e, più in generale, alle specificità agricole dell'Europa mediterranea;
in tal senso il nostro Paese - in particolare le piccole aziende difficilmente in grado di diversificare la produzione - si troverebbe ulteriormente penalizzato, di fronte ai Paesi del nord Europa, nonostante la consolidata e rinomata tradizione agricola, che contempla anche numerose pratiche «virtuose» a tutela dei terreni, quali ad esempio l'inerbimento, le colture intercalari, le pratiche antierosione o la stessa coltura di uliveti, vigneti e alberi da frutta;
ulteriori perplessità sono state sollevate dalle associazioni di categoria circa la definizione di «agricoltore attivo» utilizzata per rispondere all'esigenza, pur condivisibile, di garantire gli aiuti unicamente a coloro che ne sarebbero effettivamente titolati in quanto impegnati attivamente nel settore. Anche in questo caso i parametri adottati si adatterebbero con difficoltà alle specificità della realtà italiana, che contempla diverse tipologie di agricoltura multifunzionale, pluriattiva e part time a conduzione familiare o meno, di fondamentale importanza per il nostro Paese, come testimoniato dallo studio dell'ISPRA 128/2010 «Multifunzionalità dell'azienda agricola e sostenibilità ambientale»;
a preoccupare sono altresì le stime relative alle aziende agricole che vedrebbero seriamente compromesso il proprio futuro: si parla di imprese agricole che garantiscono l'occupazione a circa un milione di dipendenti, per produzioni che interessano 17 milioni di ettari di terreno coltivato e sono destinate a garantire il primato e il prestigio del marchio made in Italy nel mondo -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere affinché le misure proposte nella nuova PAC siano ispirate ad un reale equilibrio tra le realtà nazionali rappresentate in sede di Unione europea, tenendo anche conto delle specificità della realtà mediterranea, in particolare italiana, e della sua lunga e consolidata tradizione agricola;
quali iniziative si assumeranno al fine di evitare che, dalle nuove misure, derivino maggiori impegni e oneri burocratici per gli attori coinvolti;
quali misure, in particolare, si intenderà proporre al fine di un'opportuna ed

equilibrata definizione del concetto di «agricoltore attivo» e dei parametri di accesso al contributo per il greening, affinché essi siano resi compatibili con le caratteristiche ambientali e settoriali della agricoltura italiana.
(4-14532)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il sistema informativo agricolo nazionale, SIAN, istituito con la legge del 4 giugno 1984, n. 194, allo scopo di fornire agli utenti del comparto agricolo uno strumento integrato di accesso e di fruizione dei servizi informatici disponibili, la cui gestione è attualmente affidata all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), per conto del Ministero interrogato, secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano on line del Gambero Rosso, con particolare riferimento al settore vinicolo italiano, sembrerebbe non essere in grado di garantire un adeguato servizio e le necessarie prestazioni, nei riguardi degli imprenditori del suddetto comparto, a causa di un programma informatico applicativo fornito dalla suddetta Agenzia, ritenuto inefficiente;
circa 400 mila produttori vinicoli, hanno presentato recentemente la dichiarazione unificata di vendemmia, produzione e rivendicazione, il cui documento è considerato molto importante, se si valuta che in gioco vi è la certificazione di oltre 40 milioni di ettolitri di vino e un potenziale produttivo di oltre 720 mila ettari vitati, la cui attendibilità in conseguenza del malfunzionamento del sistema informatico suddetto, risulta parziale;
le inefficienze del suddetto programma informatico, sono causate dalla mancata corrispondenza tra il numero delle bottiglie prodotte e gli ettari coltivati e dal mancato aggiornamento, da parte delle regioni, degli schedari viticoli e dei centri di assistenza agricola, CAA, che sono stati intasati di richieste per la comunicazione dei dati vendemmiali che presentano attualmente disallineamenti del sistema;
le predette inefficienze, denunciate dall'articolo del quotidiano on line precedentemente riportato, erano state annunciate da diverso tempo e, secondo la medesima rivista culinaria, si sono puntualmente verificate, destando evidenti preoccupazioni fra gli imprenditori del settore vinicolo nazionale;
il nuovo sistema di calcolo, secondo quanto sostiene il responsabile vini della Confederazione italiana agricoltori, è pertanto partito in grave ritardo e, conseguentemente, occorrerebbe utilizzare i dati numerici del 2010, che tuttavia sono più omogenei;
il suesposto programma informatico fornito dall'AGEA avrebbe dovuto consentire alla regioni di accumulare, per via informatica, tutti i dati produttivi, attraverso i disallineamenti delle superfici dei vigneti rilevati con la tecnologia gis (sistema informatico geografico), garantendo conseguentemente un adeguato supporto al sistema delle imprese del settore;
il risultato negativo, a causa di quanto predetto, ha determinato l'impossibilità di incrociare i dati di superficie dei vigneti, causando il mancato funzionamento del sistema di certificazione;
ulteriori profili di criticità, a giudizio dell'interrogante, sono determinati dalle difficoltà di coordinamento tra i diversi organismi pagatori, in considerazione del fatto che molte aziende vinicole, possiedono vigneti in differenti regioni, come ad esempio la doc interregionale Prosecco, che evidenzia l'esistenza per i produttori di schedari diversi tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia -:
quali iniziative, intenda intraprendere con riferimento alle problematiche esposte in premessa ed, in particolare, alla scarsa produttività da parte del sistema informatico gestito dal SIAN, che come esposto in premessa, ha causato una serie di distorsioni e inefficienze per le imprese

viticole nazionali, rallentandone di conseguenza le procedure di inserimento dei dati anche per quanto riguarda le domande pac, accrescendo inoltre le difficoltà per gli operatori del settore, a causa del posticipo annuale della data di scadenza di presentazione delle domande per accedere agli aiuti comunitari;
se non intenda temporaneamente prevedere la possibilità di consentire ai produttori vinicoli un documento cartaceo, con l'indicazione agli enti certificatori, di gestire singolarmente le pratiche in attesa di migliorare il sistema informatico SIAN, gestito dall'AGEA, i cui risultati come precedentemente riportato non sono stati evidentemente soddisfacenti.
(4-14535)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

PALAGIANO e ZAZZERA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
soltanto qualche settimana fa, il nostro Paese è stato scosso dalla notizia della nocività delle protesi mammarie PIP (da Poly Implant Prothese, nome dell'azienda francese produttrice), potenzialmente correlate alla comparsa di un raro tipo di linfoma - il cosiddetto linfoma anaplastico a cellule giganti;
il 13 gennaio 2012, la trasmissione Striscia la Notizia, ha condotto un'inchiesta sulla potenziale pericolosità di alcune protesi d'anca utilizzate in Italia;
in particolare, intervenendo nella stessa puntata, il professor Francesco Bizzari, medico ortopedico, ha segnalato che nell'agosto 2010 la società americana De Puy, produttrice di protesi ortopediche, ha inviato una lettera alle ASL italiane e del mondo segnalando un modello di protesi per l'anca - il cosiddetto ASR - pericoloso per la salute dei soggetti su cui è stato effettuato l'impianto, in quanto difettoso e soggetto al rilascio di particelle di cobalto;
nella lettera, reperibile anche sul sito web, della società De Puy, la stessa ipotizzava, addirittura, il ritiro dello specifico modello di protesi dal commercio ed invitava le aziende sanitarie locali a contattare i pazienti interessati e a raccomandare loro esami clinici di controllo, oltre che analisi del sangue specifiche per la ricerca di cobalto;
in particolare, il problema segnalato riguarda le artroprotesi realizzate tra il 2003 e l'agosto 2010, il cui modello dovrebbe essere segnalato nella cartella clinica di ciascun paziente sottoposto ad impianto;
essendo difettose, tali protesi potrebbero, quindi, danneggiarsi o lesionarsi rilasciando nell'organismo particelle di cobalto, un metallo potenzialmente tossico per l'uomo e causa di diverse patologie;
nello specifico, è stato provato che alte dosi di cobalto possono essere causa di distiroidismi e di eritrocitosi o policitemia, ossia l'aumento dei globuli rossi. Sono stati registrati anche casi di aumento della massa cellulare ematica o iperplasia normoblastica del midollo osseo. Sono stati registrati, inoltre, anche casi di effusione pericardica, iperplasia tiroidea e disturbi neurologici;
tra i sintomi meno gravi, associati all'assorbimento di cobalto, si possono annoverare pallore, stanchezza, diarrea, palpitazioni, intorpidimento delle dita delle mani e dei piedi;
l'associazione internazionale per la ricerca contro il cancro (IARC) colloca il cobalto ed i composti di cobalto all'interno del gruppo 2B (agenti che possono essere cancerogeni per gli esseri umani);
il Ministero interrogato, per voce della dottoressa Marcella Marletta della

direzione generale farmaci, ha confermato - sempre all'interno della stessa trasmissione televisiva del 13 gennaio 2012 - tale situazione, invitando pubblicamente i pazienti ad una verifica della propria protesi e ad un immediato controllo;
l'informazione ai cittadini, appare, agli occhi dell'interrogante, poco efficiente anche in relazione al fatto che la corretta comunicazione dell'azienda è arrivata alle ASL e non certo ai pazienti e non è dimostrato che le ASL abbiano effettivamente e tempestivamente contattato tutte le persone interessate;
bisogna sottolineare che la De Puy è riuscita ad individuare il problema e segnalarlo tempestivamente anche grazie allo studio e all'esame periodico dei diversi registri di impianti protesici esistenti nei diversi Paesi;
in Italia non esiste un registro nazionale degli impianti protesici, per questo l'interrogante ha presentato, proprio poche settimane fa, una proposta di legge (AC. 4868) che prospetta l'istituzione di tale registro al fine di tracciare, nel massimo rispetto della privacy, le protesi impiantate in Italia, ma soprattutto conoscere tutti i materiali componenti queste protesi, al fine di tutelare in maniera completa la salute dei cittadini italiani -:
quali chiarimenti intenda fornire in merito a tale grave vicenda soprattutto ai cittadini italiani che hanno il diritto di conoscere i rischi ai quali le protesi suddette li hanno esposti e se non intenda, nell'ambito delle proprie competenze, promuovere urgentemente l'istituzione di un registro nazionale degli impianti protesici favorendo per quanto di competenza, un rapido iter della proposta di legge succitata.
(5-05944)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni la Sicilia è paralizzata dalla protesta di un variegato movimento che mette insieme autotrasportatori, agricoltori, pescatori e commercianti;
alla base della contestazione ci sono l'aumento spropositato del costo del carburante, le tasse e i balzelli vari (il ticket dei traghetti, l'ecopass sullo stretto), il credito che strozza, le lobby della grande distribuzione organizzata;
si stanno determinando danni economici ai comparti produttivi e disagi ai cittadini -:
quali iniziative intenda urgentemente adottare per rassicurare i settori interessati con la previsione di risorse per la modernizzazione della rete infrastrutturale e viaria.
(3-02022)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CASTAGNETTI e OLIVERIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
le infrastrutture di trasporto - e ancor più - il «sistema» di trasporto è condizione necessaria allo sviluppo e alla crescita equilibrata dei territori meridionali, e in particolare delle regioni, come la Calabria, che per condizioni geomorfologiche, ma soprattutto per disponibilità e accessibilità di infrastrutture di trasporto si trova in una condizione di elevata perifericità territoriale;
la Calabria e, in particolare la costa jonica e la provincia di Crotone, con le sue città come Cirò, Strongoli, Cutro, e Melissa, non ha collegamenti efficienti tra comuni, anche contermini, e soprattutto

con il nord del Paese e con importanti nodi ferroviari come Bologna; i residenti di queste vitali e popolose località dell'entroterra ionico calabrese, sono emigrati, nella seconda metà del novecento, in Germania e nell'Italia settentrionale, in particolare in Emilia-Romagna e in Lombardia, dove attualmente risiedono circa 10.000 persone d'origine cutrese; la più folta comunità d'origine cutrese si trova a Reggio Emilia (le due città, tra l'altro, sono anche gemellate) dove è presente da più generazioni ed è integrata nel tessuto sociale, anche imprenditoriale;
nonostante l'insufficiente dotazione ferroviaria, per la Calabria le prospettive di adeguamento delle reti nelle tecnologie e negli standard di servizio restano orientate nel lunghissimo termine e impostate su logiche incomprensibili, con soppressione senza preavviso delle corse, carenza di informazione e guasti tecnici che affliggono l'ormai obsoleto materiale rotabile delle linee ancora in servizio;
le politiche «anticicliche» adottate dal precedente Governo, «neutrali» sotto il profilo dell'equilibrio di bilancio, si sono rivelate molto onerose per il sistema Paese, soprattutto perché in aperta competizione con le politiche di sviluppo delle aree sottoutilizzate già concordate con l'Unione europea; in particolare, hanno ridotto in misura rilevante le risorse per i servizi di trasporto e per le infrastrutture connesse, con il taglio dei trasferimenti operato con le varie manovre finanziarie e, in particolare, con il decreto-legge n. 78 del 2010, che ha ridotto del 15 per cento le risorse destinate al trasporto pubblico locale, penalizzando in particolare il trasporto ferroviario regionale;
a partire dal decreto-legge n. 112 del 2008 e con i successivi provvedimenti anticrisi il Governo ha avviato una riprogrammazione, riallocazione e rimodulazione delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate del Quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013, anche per la quota di competenza regionale; le risorse assegnate per tale periodo di programmazione erano riservate, per una quota non inferiore al 30 per cento, al finanziamento di infrastrutture e servizi di trasporto di rilievo strategico nelle regioni meridionali; non si è realizzata, di contro, nemmeno l'annunciata concentrazione delle suddette risorse FAS su interventi di rilevanza strategica nazionale, quali i corridoi transeuropei intermodali di trasporto;
nel trasporto ferroviario, in particolare, si registra un grave taglio dell'offerta dei servizi a fronte di un rincaro delle tariffe e della riduzione degli addetti; il trasporto pubblico locale si trova in una situazione di vera emergenza; il decreto-legge n. 78 del 2010, ha sostanzialmente «azzerato» i trasferimenti alle regioni per il trasporto pubblico locale, per complessivi 1.635 milioni, di cui 1.181 milioni destinati al servizio ferroviario svolto da Trenitalia;
il taglio complessivo dei trasferimenti destinati al trasporto pubblico locale è di 1.665 milioni di euro, al netto dei 400 milioni di dotazione del nuovo fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario; gran parte dei tagli ricadono sui contratti relativi al servizio ferroviario, con una decurtazione pari a 1.200 milioni;
le conseguenze di tali tagli sono insostenibili e minacciano il diritto universale alla mobilità: si prospetta un forte ridimensionamento del servizio; l'azzeramento degli investimenti in materiale rotabile; l'aumento delle tariffe, oltre a quelli già intervenuti nel corso del 2011 e in misura socialmente insostenibile; l'esubero di migliaia di dipendenti del comparto, con gravi ricadute sul sistema sociale ed economico del territorio, sugli utenti, sulla congestione e sull'inquinamento; si prevedono effetti significativi anche sull'indotto, e in particolare sulle imprese di fornitura del materiale rotabile e su quelle di manutenzione del servizio; si prospettano ulteriori costi anche in termini di contenzioso con le aziende ferroviarie e di trasporto pubblico locale, per il mancato rispetto dei contratti sottoscritti;

il diritto universale alla mobilità appare minacciato anche dalla totale assenza di risorse per la sicurezza e la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie;
risulta che dall'11 dicembre 2011 Trenitalia abbia disposto la riorganizzazione dei servizi a contratto e, in particolare, di sopprimere il servizio cuccette e vagoni letto nei treni notturni che garantiscono il collegamento tra il nord e i sud del Paese, nonostante il servizio sia ampiamente fruito da oltre un milione e mezzo di viaggiatori all'anno, con un incremento della domanda del 12 per cento nel 2010; la decisione di Trenitalia implica, tra l'altro, la perdita del posto di lavoro per oltre 800 lavoratori, tra addetti al servizio e lavoratori dell'indotto;
Trenitalia, oltre alla soppressione dei treni a lunga percorrenza, ha disposto la soppressione di numerose fermate per i treni ES e Intercity, mentre vi è totale incertezza sulla futura programmazione delle linee e degli orari dei treni IC;
le conseguenze della soppressione dei treni notturni e di treni a lunga percorrenza IC ed ES City hanno gravi ricadute sui collegamenti nord-sud, che di fatto isolano gli abitanti della provincia di Crotone, sul trasporto merci - prevalentemente notturno - sui flussi legati al lavoro e al turismo;
nel mese di ottobre alcuni lavoratori Servirail del Gruppo Newrest-Wagon Lits che gestisce per Trenitalia il servizio notturno sulle vetture con cuccette e letti, hanno ricevuto preavviso di licenziamento; a partire dal mese di dicembre 2011 sono stati disposti licenziamenti per 480 persone; il taglio dell'occupazione nel servizio ferroviario notturno ricade anche sull'indotto - imprese di pulizie e servizi connessi - che impiega circa 350-400 lavoratori in Italia; tagliati inevitabilmente anche i posti di lavoro di macchinisti, manovratori, capotreni, e dipendenti delle stazioni;
il servizio ferroviario di trasporto notturno ha un ruolo essenziale nel collegamento tra il Nord e il Sud del Paese, anche per i ricongiungimenti familiari, e interessa in particolare relazioni di pendolarismo non giornaliero; peraltro, il trasporto notturno implica costi elevati, sia in termini di personale che di materiale, che, per la valenza sociale del servizio, non possono essere compensati da tariffe elevate;
la soppressione del servizio ferroviario notturno di lunga percorrenza non sembra poter essere sostituito dal trasporto aereo low-cost sulle medesime tratte; le rilevanti innovazioni normative nel sistema di regolazione economica e sui diritti aeroportuali rischiano peraltro di determinare concrete difficoltà di esercizio del servizio di voli low cost nel nostro Paese;
nonostante le risorse scarse - e lo squilibrio tra costi e ricavi (inclusi tra questi, i contributi pubblici) - i treni a lunga percorrenza restano servizi essenziali, anche in ragione delle alternative modali esistenti; l'insufficiente livello della domanda e la velocità commerciale più limitata (anche a motivo della caratteristiche dell'infrastruttura), il gap strutturale tra costi e ricavi non giustificano ulteriori riduzioni o tagli al servizio;
l'intero mezzogiorno d'Italia e la regione Calabria in particolare, riscontrano un elevato deficit di infrastrutture di trasporto che rendono assai gravose le condizioni di perifericità geografica, logistica ed economica di tali territori; in Calabria le infrastrutture di trasporto - soprattutto del comparto ferroviario - non sono in grado di fornire un servizio adeguato alla vita civile e produttiva, in termini di accessibilità, di potenzialità di collegamenti regionali e interregionali tra province e a sostegno della logistica dei sistemi produttivi locali;
la Calabria si presenta come caso esemplare, nel mezzogiorno, di «non sistema» nei trasporti: la considerazione del solo indice sintetico relativo alle «reti» (strade, ferrovie) non integrato con quello relativo ai «nodi di scambio» (porti, aeroporti, centri intermodali) presenta la

Calabria in una situazione apparentemente migliore rispetto ad altre regioni italiane e meridionali; ma se all'analisi della dotazione «fisica» (espressa, ad esempio, dalla lunghezza delle strade di interesse nazionale o delle reti ferroviarie in rapporto alla popolazione) si affianca la valutazione di «maglie» essenziali del reticolo del trasporti come i nodi di interscambio merci o le reti di trasporto su rotaia in aree urbane, nonché la considerazione dei «vuoti» nella filiera delle infrastrutture fisiche e della bassa produttività dei servizi appare evidente che la Calabria non riesce ad attivare scambi ed interazioni efficienti con le regioni del Centro-Nord e tra le diverse aree dello stesso territorio regionale per l'insufficienza di vincoli strategici tra gli assi portanti di collegamento e per l'assenza di nodi di scambio tra le principali modalità di trasporto;
viene così preclusa all'economia calabrese ogni ragionevole prospettiva di sviluppo, soprattutto se si pensa al Mezzogiorno, e alla Calabria in particolare, come «porta di accesso» ai mercati europei dei traffici commerciali dell'Est asiatico, attraverso la rotta del Canale di Suez ed il Mediterraneo; la Calabria è infatti in una posizione centrale che si configura come nodo di transito privilegiato fra tre continenti;
con la soppressione del servizio ferroviario notturno viene di fatto, interrotta o ridotta in modo drastico ogni possibilità di collegamento tra nord e sud, aggravata anche dall'insufficienza di efficaci sistemi di trasporto tra i capoluoghi di regione, in Calabria e in tutte le regioni del sud;
nel Sud non esistono distretti (industriali, tecnologici, di servizio) con adeguati sistemi di trasporto e di collegamento in grado di configurarsi come un assetto geografico-economico efficiente; un sistema di trasporto inefficiente conferma e ricrea il circolo vizioso del sottosviluppo: sistemi di comunicazione inadeguati scoraggiano l'utenza (soprattutto l'iniziativa economica che ha bisogno di contare su un servizio regolare ed affidabile) sicché - considerato il basso livello di domanda, scoraggiata dall'inefficienza, dalla precarietà e dall'insicurezza del servizio - tendono ad essere sempre più sacrificati dai soggetti - quali ANAS, Ferrovie - che danno impulso alla realizzazione di infrastrutture solo se stimolati da una forte domanda dei potenziali utilizzatori di quell'opera;
domanda e offerta di infrastrutture sono infatti legate da una forte interdipendenza: da un lato, l'assenza, la scarsità o l'inaccessibilità delle infrastrutture di trasporto e per la logistica (si pensi agli interporti o ai terminali intermodali) sono un vincolo rilevante allo sviluppo economico e alla domanda di infrastrutturazione; dall'altro, sono le stesse dinamiche di sviluppo che agiscono da stimolo ad ulteriore crescita che genera domanda di infrastrutturazione; mancano interventi e politiche pubbliche industriali e di trasporto che diano impulso alla crescita dei territori sottoutilizzati e creino le condizioni essenziali al benessere economico, sociale e civile delle popolazioni;
sia per i territori meridionali che per le aree sviluppate occorre programmare gli interventi infrastrutturali necessari a colmare il deficit esistente e a superare, per rafforzare la competitività della produzione nazionale, gli svantaggi di contesto, primo fra tutti l'inefficienza delle comunicazioni;
la soppressione dei treni notturni a lunga percorrenza contrasta con l'esigenza di creare un effettivo «sistema» di trasporti che supporti le logiche di rete e di integrazione e interconnessione tra le reti alle diverse scale territoriali: europea, nazionale, regionale e locale; la capacità di «fare sistema» tra i diversi ambiti territoriali è infatti non solo un vantaggio competitivo, ma può essere considerato un fattore di produzione al pari di altri, soprattutto tra territori che presentino caratteristiche complementari per risorse naturali, capitale umano, capacità di interscambio;

le conseguenze economiche, sociali e civili del non-sistema dei trasporti per la popolazione del mezzogiorno, in particolare della Calabria fa emergere l'esigenza di «mettere in rete» prioritariamente i territori meridionali, creando un tessuto locale di interconnessioni per far circolare in tempi compatibili uomini e merci, una condizione necessaria per ridurre la dipendenza economica delle regioni del sud e attrarre nuove iniziative produttive anche per lo stimolo offerto dalla domanda interna; la stessa geografia del mezzogiorno - soprattutto se considerata all'interno del più ampio «sistema mediterraneo» - sollecita la creazione di un sistema fortemente integrato con le grandi reti di trasporto nazionali, in grado di superare le profonde discontinuità territoriali, la dispersione delle risorse, la fragilità dei sistemi locali -:
quali siano le ragioni del drastico ridimensionamento di un servizio essenziale, quale quello dei treni notturni a lunga percorrenza;
quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere:
per giungere al ripristino dei servizi di collegamento notturno tra Nord e Sud del Paese di «utilità sociale» e per garantire una sufficiente copertura del territorio, in particolare per la provincia di Crotone e per le località della costa jonica, come per esempio Cutro, la cui popolazione è emigrata da molto tempo in Lombardia e in Emilia Romagna ed in particolare a Reggio Emilia, che soffrono per una elevata perifericità, a ragione della configurazione geografica e degli insufficienti servizi di trasporto;
per assicurare un congruo sostegno pubblico al trasporto ferroviario notturno di lunga percorrenza, in misura sufficiente anche al finanziamento dei contratti dei lavoratori che operano nell'ambito del trasporto ferroviario notturno e nell'indotto e in modo da garantire pieno rispetto degli standard qualitativi «europei» in merito a puntualità, affidabilità, affollamento, pulizia, comfort, decoro e informazione;
per istituire, con le regioni interessate, un tavolo di concertazione in grado di garantire un costante monitoraggio del funzionamento del servizio di collegamento tra la Calabria e il nord del Paese.
(5-05948)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione di sfiducia Reguzzoni e altri n. 1-00819, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scilipoti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Rubinato e altri n. 5-05870, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baretta.

L'interrogazione a risposta scritta Morassut e Giulietti n. 4-14466, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Codurelli, Corsini.

L'interrogazione a risposta scritta Minardo e altri n. 4-14517, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pagano.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Paladini n. 2-01262 dell'8 novembre 2011.

ERRATA CORRIGE

Mozione Binetti, Miotto, Laura Molteni, Barani, Mosella, Palagiano, Di Biagio ed altri n. 1-00780 (nuova formulazione) pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 571 del 17 gennaio 2012. Alla pagina 26903, seconda colonna, dalla riga trentesima alla riga trentatreesima, deve leggersi: «Mario Pepe (PD), Compagnon, Garofalo, Bocciardo, Commercio, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Fava, Fabi, Farina Coscioni, Sbai», e non «Mario Pepe (PD), Compagnon, Garofalo, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Fava, Fabi, Farina Coscioni, Sbai», come stampato.

Nell'Allegato B al resoconto della seduta n. 571 del 17 gennaio 2012: alla pagina 26845, seconda colonna, dopo le parole:

Scilipoti 2-01319 26861

inserire:

Palagiano 2-01322 26863

alla pagina 26863, prima colonna, dopo le parole:
(2-01319) «Scilipoti, Moffa».
inserire la seguente interpellanza urgente:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2012 la nave da crociera Costa Concordia, con 4.200 persone a bordo, partita da Civitavecchia per un giro del Mediterraneo e diretta a Savona, si è incagliata a pochi metri dal porto dell'isola del Giglio;
il tragico bilancio ancora provvisorio parla attualmente di 11 morti, numerosi feriti e 29 persone ancora disperse e rischia di aggravarsi ulteriormente, anche se i soccorsi scattati immediatamente, che proseguono senza sosta e che vedono impegnati, tra l'altro, 12 mezzi navali e 9 elicotteri, stanno consentendo di limitare il bilancio drammatico di questo incidente;
portata prioritariamente a conclusione l'operazione di salvataggio e di ricerca delle persone ancora disperse, è indispensabile intervenire immediatamente con iniziative coordinate volte a evitare che, alla tragedia per la morte di 11 persone, si aggiunga un possibile disastro ambientale: a bordo della nave da crociera sono, infatti, ancora contenute nei serbatoi circa 2.300 tonnellate di gasolio denso e la sua fuoriuscita avrebbe effetti devastanti sui fondali, sulle coste, sulla fauna del luogo, nonché in termini di inquinamento diffuso marino;
si ricorda che si tratta di un'area marina tra le più pregiate e vulnerabili: area di parco nazionale e santuario dei cetacei. E proprio l'arcipelago toscano è tra le aree più a rischio in Italia insieme alla laguna di Venezia;
come ha sottolineato nelle scorse ore lo stesso Ministro interpellato, l'area interessata dal potenziale disastro ambientale è sicuramente l'isola del Giglio, probabilmente l'intero arcipelago e forse la costa;
è evidente che, al di là delle responsabilità individuali, è necessario ora rivedere in senso molto più restrittivo un po' tutta la normativa che consente a queste super-navi da crociera, così come alle navi che trasportano merci pericolose, di lambire aree ambientalmente sensibili e di grande pregio;
peraltro, solo poche settimane fa, il 17 dicembre 2011, sempre l'arcipelago toscano, e in particolare il mare vicino l'isola di Gorgona, è stato interessato dalla gravissima perdita di circa 200 fusti contenenti materiali tossici, caduti dall'eurocargo Venezia, della Grimaldi Lines, che trasportava circa 40 tonnellate di sostanze tossiche;
come ha sottolineato lo stesso Ministro interpellato: «Sulle rotte delle navi vicine alla costa è necessario fare una valutazione economica in quanto il turismo è una fonte economica fondamentale

del nostro Paese, ma non si può mettere a rischio la sicurezza. Quindi le bellezze dell'Italia potranno essere viste da navi che rimangono a largo» -:
quali azioni si intendano mettere in atto per fronteggiare l'emergenza e il possibile disastro ambientale conseguente all'eventuale fuoriuscita delle tonnellate di gasolio denso ancora presente nei serbatoi della nave;
se non si intendano assumere iniziative, anche normative, dirette a rivedere i limiti alla navigazione marittima, troppo spesso più attenta alle esigenze turistiche che alla tutela del patrimonio naturale e ambientale del Paese, e, comunque, se non ritenga di attivarsi affinché siano rispettate pienamente le direttive comunitarie e le convenzioni internazionali in materia;
se non si ritenga indispensabile escludere le grandi navi e quelle con carichi pericolosi dalle rotte considerate più a rischio, tra cui quelle che interessano aree ad altissimo valore naturale, arcipelaghi, o addirittura le stesse «aree urbane» come nel caso della laguna di Venezia.
(2-01322)
«Palagiano, Evangelisti, Donadi, Piffari, Monai».