XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 26 gennaio 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 gennaio 2012.

Albonetti, Alessandri, Bergamini, Bindi, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Gianni Farina, Renato Farina, Fava, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lussana, Malgieri, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Mistrello Destro, Moffa, Mogherini Rebesani, Mura, Nucara, Pisicchio, Reguzzoni, Rigoni, Paolo Russo, Sanga, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali, Volontè, Zeller.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bergamini, Bindi, Bongiorno, Boniver, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Gianni Farina, Fava, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lussana, Malgieri, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Mistrello Destro, Moffa, Mogherini Rebesani, Mura, Nucara, Pisicchio, Reguzzoni, Rigoni, Paolo Russo, Sanga, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali, Volontè, Zeller.

Annunzio di proposte di legge.

In data 25 gennaio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GOISIS: «Norme di principio sull'organizzazione dei cicli scolastici della scuola dell'obbligo» (4902);
ZAZZERA: «Limiti all'emissione di diossine da processi di combustione controllata e da impianti industriali nell'atmosfera» (4903);
ZAMPARUTTI ed altri: «Modifica dell'articolo 5-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, concernente la riconversione di impianti di produzione di energia elettrica» (4904);
NASTRI: «Modifiche al codice penale in materia di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari» (4905);
FERRANTI: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato» (4906);
BRAGANTINI: «Disposizioni per la celebrazione del centenario del festival lirico dell'Arena di Verona» (4907);
GALLI: «Princìpi di deontologia e disposizioni in materia di accettazione di doni da parte dei titolari di cariche pubbliche, dei loro collaboratori e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni» (4908).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

In data 25 gennaio 2012 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:
LO MORO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali» (doc. XXII, n. 30).

Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge BERNARDINI ed altri: «Modifiche all'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visite agli istituti penitenziari» (3722) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Ria.

La proposta di legge BERNARDINI ed altri: «Modifiche agli articoli 274, 275, 284 e 308 del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali» (4616) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Siliquini.

Trasmissione dal Senato.

In data 26 gennaio 2012 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 3074. «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri» (approvato dal Senato) (4909).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
VI Commissione (Finanze):
ROTONDI ed altri: «Istituzione di un contributo straordinario per il riequilibrio del debito pubblico» (4863) Parere delle Commissioni I, II, III, V, VII, VIII, X, XI, XII e XIV.

IX Commissione (Trasporti):
VELO ed altri: «Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285» (4845) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XII Commissione (Affari sociali):
LAURA MOLTENI e RONDINI: «Disposizioni concernenti l'adozione degli embrioni residuali crioconservati in stato di abbandono» (4831) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal ministro della giustizia.

Il ministro della giustizia, con lettera in data 24 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 1o luglio 1977, n. 404, la relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria per l'anno 2011 (doc. CXVI, n. 4).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissioni dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 24 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, la relazione concernente l'attuazione della procedura di cessione dei crediti da parte delle amministrazioni pubbliche, riferita all'anno 2010 (doc. XLIV, n. 4).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 24 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 14, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni, la relazione sullo stato dell'attività di riscossione al fine di verificare l'efficacia e l'efficienza dell'attività svolta da Equitalia Spa, aggiornata al 31 dicembre 2010 (doc. CCXIII, n. 4).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea

Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 24 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Nell'ambito dei predetti documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sulla proposta congiunta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 961 del 2010 concernente misure restrittive nei confronti dell'Iran (COM(2012)23 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (EUROSUR) (COM(2011)873 definitivo), che, in data 23 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Una visione europea per i passeggeri: comunicazione sui diritti dei passeggeri in tutti i modi di trasporto (COM(2011)898 definitivo), che, in data 23 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad alcune procedure di applicazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, e dell'accordo interinale tra la Comunità europea, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra (COM(2011)938 definitivo), che, in data 19 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Libro Verde - Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, internet e telefono mobile (COM(2011)941 definitivo), che, in data 23 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sulla strategia dell'Unione europea per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015 (COM(2012)6 definitivo), che, in data 23 gennaio 2012, è stata assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Progetto di decisione del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni recante modifica della decisione 2009/496/CE, Euratom relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea (SEC(2011)1507 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stato assegnato in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 24 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione (18733/1/11 REV 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

La Commissione europea, in data 25 gennaio 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2000/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (COM(2012)15 definitivo), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). Tale proposta è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 26 gennaio 2012.

La proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio su un meccanismo unionale di protezione civile (COM(2011)934 definitivo), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 16 gennaio 2012, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 26 gennaio 2012.

Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Sardegna.

Il Garante del contribuente della regione Sardegna, con lettera in data 24 gennaio 2012, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuente nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2011, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 29 DICEMBRE 2011, N. 216, RECANTE PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE (A.C. 4865-A/R)

A.C. 4865 - A/R - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
la legge 10 gennaio 2000, n. 6, che modifica la legge 28 marzo 1991, n. 113, affida al Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca) l'adozione di iniziative finalizzate a favorire la diffusione della cultura tecnico-scientifica e a contribuire alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico di interesse storico conservato in Italia;
tra le iniziative affidate al Ministro vi sono quelle riguardanti:
a) la riorganizzazione e il potenziamento delle istituzioni già impegnate nella diffusione della cultura tecnico-scientifica, nonché l'attivazione di nuove istituzioni e città-centri delle scienze e delle tecniche;
b) la promozione della ricognizione delle testimonianze storiche delle scienze e delle tecniche conservate nel Paese, nonché delle relative risorse bibliografiche e documentali;
c) l'incentivo delle attività di formazione necessaria per la gestione dei musei e delle città centri delle scienze e delle tecniche, anche in collaborazione con le università e altre istituzioni italiane e straniere;
d) la promozione dell'informazione e della divulgazione scientifica e storico-scientifica, anche mediante la realizzazione di iniziative editoriali ed espositive;
la legge prevede, quindi, un impegno finanziario annuo di circa 10.329.137,98 euro a decorrere dal 1999, stabilendo che almeno il 60 per cento di tale somma è riservato annualmente al finanziamento ordinario di enti, fondazioni, strutture e consorzi, nonché delle intese e degli accordi;
i soggetti che svolgono attività di diffusione della cultura scientifica, in possesso dei requisiti prescritti, sono inseriti, a domanda, in una tabella triennale emanata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Comitato tecnico scientifico (CTS) appositamente costituito e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. L'inserimento nella tabella dà titolo a fruire del finanziamento triennale per il loro funzionamento;
l'assegnazione annuale del contributo avviene con decreto ministeriale da emanare, sentito il Comitato tecnico-scientifico, entro il mese di gennaio di ogni anno, previa presentazione di una relazione che indichi le attività svolte nell'anno precedente e il programma per l'anno in corso. La quota residua è assegnata a singoli progetti per attività coerenti con le finalità della legge, rispondenti alle indicazioni di un bando ministeriale emanato con cadenza annuale;
la tabella triennale, relativa ai soggetti beneficiari dei finanziamenti per iniziative per la diffusione della cultura scientifica, è scaduta il 31 dicembre 2011 e ad oggi non è stato pubblicato il bando per il rinnovo della tabella triennale 2012-2014,

impegna il Governo

a porre in essere ogni utile azione per ovviare in tempi rapidi al vuoto normativo al fine di evitare di compromettere la stabilità economico-finanziaria di enti ed istituzioni di fama e prestigio internazionali.
9/4865-AR/1. Germanà.

La Camera,
premesso che:
la legge 10 gennaio 2000, n. 6, che modifica la legge 28 marzo 1991, n. 113, affida al Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca) l'adozione di iniziative finalizzate a favorire la diffusione della cultura tecnico-scientifica e a contribuire alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico di interesse storico conservato in Italia;
tra le iniziative affidate al Ministro vi sono quelle riguardanti:
a) la riorganizzazione e il potenziamento delle istituzioni già impegnate nella diffusione della cultura tecnico-scientifica, nonché l'attivazione di nuove istituzioni e città-centri delle scienze e delle tecniche;
b) la promozione della ricognizione delle testimonianze storiche delle scienze e delle tecniche conservate nel Paese, nonché delle relative risorse bibliografiche e documentali;
c) l'incentivo delle attività di formazione necessaria per la gestione dei musei e delle città centri delle scienze e delle tecniche, anche in collaborazione con le università e altre istituzioni italiane e straniere;
d) la promozione dell'informazione e della divulgazione scientifica e storico-scientifica, anche mediante la realizzazione di iniziative editoriali ed espositive;
la legge prevede, quindi, un impegno finanziario annuo di circa 10.329.137,98 euro a decorrere dal 1999, stabilendo che almeno il 60 per cento di tale somma è riservato annualmente al finanziamento ordinario di enti, fondazioni, strutture e consorzi, nonché delle intese e degli accordi;
i soggetti che svolgono attività di diffusione della cultura scientifica, in possesso dei requisiti prescritti, sono inseriti, a domanda, in una tabella triennale emanata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Comitato tecnico scientifico (CTS) appositamente costituito e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. L'inserimento nella tabella dà titolo a fruire del finanziamento triennale per il loro funzionamento;
l'assegnazione annuale del contributo avviene con decreto ministeriale da emanare, sentito il Comitato tecnico-scientifico, entro il mese di gennaio di ogni anno, previa presentazione di una relazione che indichi le attività svolte nell'anno precedente e il programma per l'anno in corso. La quota residua è assegnata a singoli progetti per attività coerenti con le finalità della legge, rispondenti alle indicazioni di un bando ministeriale emanato con cadenza annuale;
la tabella triennale, relativa ai soggetti beneficiari dei finanziamenti per iniziative per la diffusione della cultura scientifica, è scaduta il 31 dicembre 2011 e ad oggi non è stato pubblicato il bando per il rinnovo della tabella triennale 2012-2014,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni utile azione per ovviare in tempi rapidi al vuoto normativo al fine di evitare di compromettere la stabilità economico-finanziaria di enti ed istituzioni di fama e prestigio internazionali.
9/4865-AR/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Germanà.

La Camera,
premesso che:
le prospettive del nostro Paese non possono prescindere dalle potenzialità presenti nelle Regioni del Mezzogiorno, nonostante i ritardi e gli squilibri territoriali che per talune questioni, come la disoccupazione giovanile, assumono ormai caratteristiche di vera e propria emergenza sociale;
per rilanciare il Mezzogiorno d'Italia, come si evince anche dalle dichiarazioni del Governo, e dare prospettive concrete ai nostri giovani, occorre mettere a punto nuove strategie di sviluppo, rimodulando le risorse da investire e concentrandole nei settori ad alto impatto socioeconomico, da tutti riconosciuti come fondamentali per una crescita solida e durevole,

impegna il Governo

in attuazione degli impegni assunti a livello europeo per il rilancio del Mezzogiorno, a valutare l'opportunità di promuovere, attraverso una più forte e leale collaborazione istituzionale con le regioni e gli altri enti locali, misure specifiche per accelerare la realizzazione degli interventi già programmati, riguardanti le grandi opere strategiche, e garantire la qualità degli investimenti, concentrandoli su un numero ristretto di priorità, a cominciare dalle aree maggiormente colpite dalla crisi economica e produttiva, come quelle della Campania interna dove si registra uno stato di precarietà diffusa.
9/4865-AR/2. Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
la crisi globale che ha colpito l'Italia ha causato la chiusura di molte imprese e la perdita di numerosi posti di lavoro, soprattutto nelle aree della Campania interna, evidenziando l'urgenza e la necessità di formalizzare un percorso di riforma degli ammortizzatori sociali;
tale riforma deve essere accompagnata da un miglioramento delle politiche attive del lavoro, da perseguire attraverso l'offerta di percorsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione della forza lavoro e la rimodulazione degli incentivi economici finalizzati all'inserimento lavorativo,

impegna il Governo

a fronte di un quadro economico e produttivo fortemente debilitato, a valutare l'opportunità di potenziare e rafforzare, in stretto raccordo con le autonomie locali, il sistema degli ammortizzatori sociali, garantendo, compatibilmente con la loro sostenibilità economica, certezza delle risorse per la cassa integrazione e sostegno al reddito per i tanti lavoratori precari.
9/4865-AR/3. Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
appare necessario attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza ed evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di stato che si osserva nel mercato azionario - le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno natura straordinaria e sono scadute il 31 dicembre 2011, mentre in Francia e Germania sono state introdotte norme di natura strutturale che determinano uno svantaggio competitivo per le imprese italiane;
si considera opportuna l'introduzione di una previsione normativa che consenta l'utilizzo del valore di acquisto dei titoli obbligazionari, anziché del loro valore corrente, fatta eccezione per le perdite durevoli riscontrabili dal conto economico e a condizione che i titoli non vengano ceduti prima della loro scadenza,

impegna il Governo:

ad adottare in via strutturale una norma simile a quella in vigore in Francia e Germania;
a promuovere - nell'ambito della proroga degli effetti derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni - una norma volta a prevedere che - ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche - le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/4. Girlanda.

La Camera,
premesso che:
appare necessario attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza ed evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di stato che si osserva nel mercato azionario - le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno natura straordinaria e sono scadute il 31 dicembre 2011, mentre in Francia e Germania sono state introdotte norme di natura strutturale che determinano uno svantaggio competitivo per le imprese italiane;
si considera opportuna l'introduzione di una previsione normativa che consenta l'utilizzo del valore di acquisto dei titoli obbligazionari, anziché del loro valore corrente, fatta eccezione per le perdite durevoli riscontrabili dal conto economico e a condizione che i titoli non vengano ceduti prima della loro scadenza,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare in via strutturale una norma simile a quella in vigore in Francia e Germania;
a promuovere - nell'ambito della proroga degli effetti derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni - una norma volta a prevedere che - ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche - le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Girlanda.

La Camera,
premesso che:
secondo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto in esame viene prorogato al 31 dicembre 2012 il termine di cui all'articolo 20, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 31 marzo 2011, risultava già prorogato al 31 dicembre 2011 il termine di cui all'articolo 20, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su indicato è stato emanato ai sensi del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225 (cosiddetto milleproroghe) convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011 n. 10;
la proroga in oggetto riguarda quanto previsto all'articolo 2, comma 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274/2003 e cioè l'obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assuma rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso;
l'obbligo di verifica riguarda tutte le opere (edifici e opere infrastrutturali) strategiche e rilevanti, progettate secondo normative sismiche antecedenti al 1984 e di quelle situate in Comuni la cui attuale classificazione sismica risulti più severa rispetto a quella dell'epoca di realizzazione;
tali verifiche inizialmente dovevano essere effettuate entro cinque anni dalla data dell'ordinanza, quindi entro il 2008;
l'accertamento dell'idoneità statica e sismica degli edifici e delle infrastrutture strategiche ai fini della protezione civile (es. scuole, municipi, ospedali, ponti) è elemento basilare, come dimostrato nei recenti sismi che hanno colpito il nostro Paese, nella mitigazione del rischio per la popolazione e nella definizione ed esecuzione di efficaci misure di intervento;
il Dipartimento della Protezione Civile ha richiesto il censimento (mediante la compilazione di schede sintetiche) di tutte le opere (edifici e ponti) di interesse strategico e rilevanti e la redazione di cronoprogrammi per il completamento delle attività di verifica qualora non già concluse;
l'attività in materia di verifiche sta procedendo con difficoltà, legate sia alla fase economica che stiamo attraversando sia alla grande quantità di opere ricadenti in questo obbligo, e risulta ancora lontana la completa attuazione di tali analisi, essenziali anche al fine di definire una programmazione nazionale di interventi che interessi tutte le Amministrazioni coinvolte;
per fare fronte ai costi necessari sono stati, fra gli altri, resi disponibili finanziamenti statali alle Amministrazioni pubbliche ai sensi delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri 3362/04, 3376/04, 3502/06 e 3505/06;
il Dipartimento della Protezione Civile a partire dal 2008 subordina l'assegnazione di contributi per la riduzione del rischio sismico di edifici pubblici allo svolgimento delle verifiche tecniche, con meccanismi finalizzati a dare priorità agli interventi su edifici per i quali maggiore risulti la vulnerabilità sismica;
molte amministrazioni hanno, fra le altre cose, segnalato l'opportunità di rilascio dei vincoli di bilancio legati al rispetto del Patto di stabilità nel caso di interventi mirati alla prevenzione del rischio sismico di edifici ed opere strategiche o rilevanti anche al fine di rendere disponibile la loro quota di cofinanziamento;
l'obbligo di verifica, in quanto legato alla funzione strategica e rilevante della costruzione, riguarda anche proprietà private (es. scuole), per le quali non è prevista la possibilità di accedere a finanziamento, pur a fronte di un significativo numero di edifici soggetti a tale obbligo;
per tali verifiche potrebbe essere opportuno verificare la possibilità di concedere una detrazione di imposta lorda per una quota del 55 per cento delle spese documentate (quanto meno per i costi di progettazione, analisi e prove tecniche richiesti per l'elaborazione di dette verifiche);
l'attuale situazione ed i recenti drammatici fatti, ultimo dei quali il sisma che ha interessato l'Abruzzo, dimostrano l'esigenza di uno sforzo prioritario e straordinario nel settore della prevenzione sismica nel nostro Paese,

impegna il Governo:

a porre in essere tutte le azioni di propria competenza, in correlazione con il sistema delle autonomie locali, per far sì che si concludano quanto prima le verifiche previste dalla vigente normativa, anche al fine della più puntale definizione di programmi di intervento, prevenzione e di protezione civile in campo sismico nel nostro Paese;
a valutare se esistano le condizioni per concedere una specifica detrazione di imposta per le spese connesse ad interventi di verifica e adeguamento sismico degli edifici.
9/4865-AR/5. Benamati, Mariani, Braga, Ginoble, Mariani, Lolli.

La Camera,
premesso che:
ogni anno vengono dismessi 380 mila tonnellate di pneumatici esausti e di questi oltre 100 mila finiscono nel mercato illegale della mafia. In pratica, una gomma ogni quattro delle nostre macchine va ad arricchire il mercato nero;
solo nell'ultimo anno la Polizia ha sequestrato 286 discariche abusive in Italia su un'area occupata di circa 822 mila metri quadrati, mentre sono state 1334 i sequestri di aree illegali;
da recenti analisi è emerso che la perdita economica per il bilancio statale è fra i 140 e i 170 milioni di euro solo per il mancato gettito d'Iva sulle vendite di pneumatici e una decina di milioni di euro per il mancato pagamento sulle attività di trattamento dei pneumatici e sugli smaltimenti;
sono quantificati in circa 30 milioni di euro i mancati ricavi degli impianti costretti a lavorare a regime ridotto e gli eventuali costi di bonifica delle 1334 discariche abusive di pneumatici sequestrate negli ultimi 6 anni oscillerebbero fra i 400 e i 500 milioni di euro;
oltre all'illegalità di smaltire pneumatici in discariche in quanto vanno smaltiti separatamente, il danno a volte irreparabile si evidenzia dal punto di vista ambientale e paesaggistico;
in molte città l'utilizzo dei copertoni esausti per appiccare i roghi nelle discariche abusive è diventato il simbolo dell'ecomafia dove gli inceneritori a cielo aperto della camorra bruciano tutto il giorno e cancellano le tracce degli scarichi;
dallo scorso settembre il consumatore che compra gomme nuove versa un contributo per i costi di gestione e recupero degli pneumatici fuori uso;
per gli investigatori gli pneumatici dismessi sono una delle tipologie più ricercate di rifiuti perché hanno un riutilizzo in vari settori;
nell'ambito delle iniziative in materia ambientale e delle disposizioni contenute nell'articolo 13 del provvedimento in esame,

impegna il Governo:

ad affrontare in maniera più incisiva ed efficace il business delle ecomafie e del mercato nero degli pneumatici dismessi al fine di sopperire agli ammanchi nelle casse dello Stato e nelle aziende che operano nel settore;
ad affrontare la questione sotto il profilo ambientale ed ecologico in termini di inquinamento e bonifica dei territori.
9/4865-AR/6. Di Stanislao, Piffari.

La Camera,
premesso che:
nell'ottobre del 2002, i territori delle province di Campobasso e di Foggia sono stati colpiti da un forte terremoto;
in questi anni sono state stanziate risorse e predisposti interventi volti a sostenere le popolazioni colpite e a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi sismici. Ciò nonostante, permane ancora una diffusa situazione di criticità, e conseguentemente la necessità di assicurare, nella continuità amministrativa, il monitoraggio sull'attuazione delle attività poste in essere in regime straordinario, nonché il completamento degli interventi finalizzati al definitivo ritorno alla normalità;
già con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 2010, n. 3916, si era provveduto a prolungare fino al 31 dicembre 2011 lo stato di criticità per i suddetti territori colpiti dagli eventi sismici;
è però indispensabile portare a conclusione gli interventi collegati alla ricostruzione in tutti i Comuni terremotati, consentendo la prosecuzione delle attività legate al supporto per i cittadini residenti nei centri colpiti dal sisma del 2002, e alla gestione dei vari interventi,

impegna il Governo

a prevedere una proroga di un ulteriore anno dello stato di criticità per i territori delle province di Campobasso e di Foggia colpiti dagli eventi sismici dell'ottobre del 2002, a fine di consentire il completamento degli interventi finalizzati al definitivo ritorno alla normalità per i suddetti territori e le loro popolazioni.
9/4865-AR/7. Di Pietro, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
nell'ottobre del 2002, i territori delle province di Campobasso e di Foggia sono stati colpiti da un forte terremoto;
in questi anni sono state stanziate risorse e predisposti interventi volti a sostenere le popolazioni colpite e a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi sismici. Ciò nonostante, permane ancora una diffusa situazione di criticità, e conseguentemente la necessità di assicurare, nella continuità amministrativa, il monitoraggio sull'attuazione delle attività poste in essere in regime straordinario, nonché il completamento degli interventi finalizzati al definitivo ritorno alla normalità;
già con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 2010, n. 3916, si era provveduto a prolungare fino al 31 dicembre 2011 lo stato di criticità per i suddetti territori colpiti dagli eventi sismici;
è però indispensabile portare a conclusione gli interventi collegati alla ricostruzione in tutti i Comuni terremotati, consentendo la prosecuzione delle attività legate al supporto per i cittadini residenti nei centri colpiti dal sisma del 2002, e alla gestione dei vari interventi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una proroga di un ulteriore anno dello stato di criticità per i territori delle province di Campobasso e di Foggia colpiti dagli eventi sismici dell'ottobre del 2002, a fine di consentire il completamento degli interventi finalizzati al definitivo ritorno alla normalità per i suddetti territori e le loro popolazioni.
9/4865-AR/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Pietro, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi economica internazionale sono andati ad aggiungersi a una pesante situazione di difficoltà già in essere nel distretto industriale di Prato, il più importante centro dell'industria tessile-abbigliamento in Toscana e in Italia;
la peculiare situazione di forte difficoltà economica e sociale del distretto pratese è stata riconosciuta dal Governo Berlusconi, che ha accolto la richiesta di attivare misure straordinarie per la gestione dell'emergenza occupazionale;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha individuato per il 2011 la somma di 25 milioni di euro a carico del Fondo Sociale per l'occupazione e la formazione;
questo finanziamento ha consentito di fornire ai lavoratori colpiti dalla crisi e privi di ogni ammortizzatore sociale, da un lato, un sostegno al reddito e l'inclusione in percorsi di reinserimento nel mercato del lavoro; dall'altro interventi per l'accompagnamento alla pensione mediante assunzioni agevolate per far raggiungere i requisiti per la pensione;
i lavoratori inseriti nel percorso, provenienti da mobilità, sia ai sensi della legge n. 223 del 1991 che della legge n. 236 del 1993, avrebbero raggiunto i requisiti nel corso del 2012 e del 2013;
le nuove disposizioni in materia pensionistica impattano in maniera pesante sulla situazione del distretto tessile, rischiando di rendere inutili le iniziative intraprese sul Fondo per l'occupazione, visto che le nuove norme, sia per le pensioni di vecchiaia che di anzianità colpiscono non solo questi lavoratori, ma tutti quelli che - con la crisi del tessile - hanno perso prima l'occupazione e successivamente hanno terminato i vari tipi di ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

a far sì che i lavoratori che hanno perso il lavoro nelle aree di crisi (in cui Prato è stata inserita ai primi posti) e sono tuttavia vicini a raggiungere i requisiti per la pensione con i vecchi criteri, lo possano fare sia che derivino la loro situazione da accordi di mobilità, sia che provengano da accordi individuali basati sulle prospettive di collocamento in pensione presenti al momento della stipula, come richiesto con una lettera al Ministro del lavoro e delle politiche sociali inviata dal Tavolo di distretto che raggruppa Comune, Provincia e tutte le forze imprenditoriali e sindacali dell'area pratese.
9/4865-AR/8.Mazzoni.

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi economica internazionale sono andati ad aggiungersi a una pesante situazione di difficoltà già in essere nel distretto industriale di Prato, il più importante centro dell'industria tessile-abbigliamento in Toscana e in Italia;
la peculiare situazione di forte difficoltà economica e sociale del distretto pratese è stata riconosciuta dal Governo Berlusconi, che ha accolto la richiesta di attivare misure straordinarie per la gestione dell'emergenza occupazionale;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha individuato per il 2011 la somma di 25 milioni di euro a carico del Fondo Sociale per l'occupazione e la formazione;
questo finanziamento ha consentito di fornire ai lavoratori colpiti dalla crisi e privi di ogni ammortizzatore sociale, da un lato, un sostegno al reddito e l'inclusione in percorsi di reinserimento nel mercato del lavoro; dall'altro interventi per l'accompagnamento alla pensione mediante assunzioni agevolate per far raggiungere i requisiti per la pensione;
i lavoratori inseriti nel percorso, provenienti da mobilità, sia ai sensi della legge n. 223 del 1991 che della legge n. 236 del 1993, avrebbero raggiunto i requisiti nel corso del 2012 e del 2013;
le nuove disposizioni in materia pensionistica impattano in maniera pesante sulla situazione del distretto tessile, rischiando di rendere inutili le iniziative intraprese sul Fondo per l'occupazione, visto che le nuove norme, sia per le pensioni di vecchiaia che di anzianità colpiscono non solo questi lavoratori, ma tutti quelli che - con la crisi del tessile - hanno perso prima l'occupazione e successivamente hanno terminato i vari tipi di ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di far sì che i lavoratori che hanno perso il lavoro nelle aree di crisi (in cui Prato è stata inserita ai primi posti) e sono tuttavia vicini a raggiungere i requisiti per la pensione con i vecchi criteri, lo possano fare sia che derivino la loro situazione da accordi di mobilità, sia che provengano da accordi individuali basati sulle prospettive di collocamento in pensione presenti al momento della stipula, come richiesto con una lettera al Ministro del lavoro e delle politiche sociali inviata dal Tavolo di distretto che raggruppa Comune, Provincia e tutte le forze imprenditoriali e sindacali dell'area pratese.
9/4865-AR/8.(Testo modificato nel corso della seduta) Mazzoni.

La Camera,
premesso che:
il Presidente del Parco, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 394 del 1991, ha la legale rappresentanza dell'Ente parco ne coordina l'attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva;
il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente d'intesa con i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale;
gli enti Parco sono enti di diritto pubblico, tenuti, entro termini stabiliti dal legislatore, ad adottare e a trasmettere, per la loro approvazione, il Regolamento del Parco, il Piano del Parco e il Piano Pluriennale Economico-Sociale, e a esprimere il nulla osta sulle trasformazioni edilizie nelle aree comprese nel Parco, come pure sugli strumenti urbanistici dei Comuni e/o delle Province compresi;
il piano è predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi e, una volta approvato dal consiglio direttivo, viene inoltrato alla Regione e adottato entro novanta giorni dal suo inoltro;
il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate per la presentazione delle osservazioni, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni; entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la regione si pronuncia sulle osservazioni presentate e, d'intesa con l'Ente parco e con i comuni interessati, emana il provvedimento d'approvazione;
qualora il Piano del Parco non venga approvato entro ventiquattro mesi dalla istituzione dell'Ente parco, alla regione si sostituisce un comitato misto costituito da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e da rappresentanti delle regioni e province autonome;
in caso di inosservanza dei termini previsti per l'adozione del Piano da parte dell'Ente Parco, si sostituisce all'amministrazione inadempiente il Ministro dell'ambiente, che provvede nei medesimi termini con un commissario ad acta;
il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni dieci anni;
per tutto il 2012, non si applica ai presidenti degli enti parco la disposizione di carattere generale, adottata con il decreto-legge n.78 del 2010, che prevede il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche;
la scelta di sottrarre i presidenti degli enti parco a una regola di austerità imposta dalla grave situazione dei conti pubblici va necessariamente commisurata e comparata alle prestazioni assicurate, ai risultati conseguiti dagli enti parco - di cui i Presidenti devono coordinare l'attività - in materia di pianificazione e gestione delle aree protette;
il quadro riepilogativo sullo stato di attuazione dei procedimenti relativi all'approvazione dei Piani dei Parchi nazionali aggiornato al 21 dicembre 2011, pubblicato sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare evidenzia che:
per quanto riguarda il Parco Appennino Lucano-Val d'Agri-Lagonegrese, è stata avviata la procedura per la redazione delle linee guida per la formazione del Piano del Parco;
per quanto riguarda il Parco dell'Arcipelago de La Maddalena, è stata redatta e consegnata una bozza del Piano;
per quanto riguarda il Parco del Circeo, la bozza del Piano è in discussione presso gli organi dell'Ente Parco;
per quanto riguarda il Parco della Sila, si resta in attesa dell'approvazione del Piano da parte del Consiglio Direttivo;
per quanto riguarda i Parchi dell'Alta Murgia, del Gargano, del Pollino, dell'Abruzzo, Lazio e Molise, del Gran Paradiso, dell'Appennino Tosco Emiliano, della Val Grande, i Piani del Parco sono stati adottati dall'Ente ed inoltrati per il proseguo di competenze alle Regioni interessate;
per quanto riguarda i Parchi dei Monti Sibillini e del Gran Sasso Monti della Laga, i Piani sono stati adottati dalla regione ed è in corso l'esame delle osservazioni presentate a seguito della pubblicazione degli elaborati;
per quanto riguarda il Parco delle Dolomiti Bellunesi, il Piano è stato approvato ed è in vigore dal 26 gennaio 2001 e non risultano censite attività finalizzate all'aggiornamento del medesimo Parco,

impegna il Governo:

a procedere alla nomina dei Presidenti mediante procedure di evidenza pubblica ovvero attraverso la pubblicazione di un avviso a presentare manifestazioni di interesse a svolgere il ruolo di Presidente, corredate dai curricula attestanti il possesso dei requisiti necessari nonché da un «position paper» nel quale i singoli candidati espongano le linee guida ovvero i punti qualificanti e salienti, i riferimenti culturali nonché i possibili modelli operativi, nazionali e internazionali, cui intendono ispirare e/o orientare l'attività dell'ente Parco che intendono presiedere;
a disporre quanto necessario per la formazione e il costante aggiornamento di un'Anagrafe dei Presidenti degli Enti Parco che contenga e aggiorni costantemente le informazioni sullo stato patrimoniale dei Presidenti, e per la predisposizione, da parte degli stessi Presidenti, di un report semestrale sulle attività degli Enti Parco e una relazione annuale sullo stato delle aree incluse nei Parchi Nazionali, da rimettere alle Commissioni Parlamentari competenti;
a subordinare l'eventuale reiterabilità della norma approvata con il presente decreto, per gli anni a seguire, a beneficio dei Presidenti degli Enti Parco che abbiano approvato e inoltrato il Piano del Parco, nei termini prescritti dalla legge n. 394 del 1991 ovvero che abbiano provveduto regolarmente all'aggiornamento dei medesimi Piani ove siano decorsi i termini definiti dalla legge;
ad attivare le procedure sostitutive previste dalla legge n. 394 del 1991 nei confronti degli enti Parco che non hanno ancora completato la procedura di adozione del Piano del Parco ovvero al loro adeguamento e nei confronti delle Regioni, in tutti i casi in cui il medesimo Piano adottato e successivamente pubblicato non sia stato approvato a titolo definitivo con le modalità ed entro i termini stabiliti dal legislatore.
9/4865-AR/9. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi 31 anni Croce Rossa Italiana è stata commissariata per quasi 25 anni e in base a quanto rilevato dalla Corte dei Conti la situazione economica attuale, tutto sommato, non si discosta di molto da quella che il commissario straordinario, Avvocato Francesco Rocca, ha trovato al suo insediamento nel mese di novembre del 2008;
la relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria dell'Associazione Croce Rossa Italiana per gli esercizi dal 2005 al 2010, di cui alla Determinazione n. 117/2011, evidenzia che «attualmente persistono criticità organizzative e gestionali» consistenti nell'inesistenza di una dotazione organica del personale militare i cui oneri sono aumentati nel 2009 rispetto al 2008, nella notevole complessità organizzativa e gestionale che determina discrasie gestionali, nella mancata istituzione in tutte le sedi periferiche della Tesoreria unica, nell'incidenza dei residui attivi provenienti dagli esercizi pregressi che condizionano il risultato di amministrazione, con la conseguenza che l'avanzo di amministrazione realmente disponibile (per l'esercizio finanziario 2010) non è completamente utilizzabile, nell'esistenza di convenzioni «in perdita» per i servizi di pronto soccorso e trasporto infermi e infine nell'impatto negativo che la questione della Siciliana Servizi Emergenza SpA posta in liquidazione e della quale la Croce Rossa Italiana è socio unico ha avuto sui medesimi bilanci;
l'evidente precarietà della situazione economica dell'Ente nel 2010 ha determinato un risultato finanziario complessivamente negativo per oltre 9 milioni di euro;
la «meritocrazia» che dovrebbe essere ormai il principio cardine nella gestione delle pubbliche amministrazioni, e quindi degli enti da queste vigilati, imporrebbe, visto il tempo trascorso e i risultati ottenuti, che il compenso annuo lordo per il Commissario straordinario annualmente determinato in euro 229.489,43 sia ridotto nella misura del 50 per cento, anche al fine di evitare che questa nuova proroga, resasi necessaria per non lasciare l'Ente privo del vertice, possa rappresentare una misura premiale per non aver eliminato le criticità organizzative e gestionali poc'anzi citate;
occorre che la proroga del mandato dell'attuale Commissario straordinario sia caratterizzata, con estrema chiarezza, dai compiti prioritari da assolvere entro scadenze temporali ben definite, consistenti nell'approvazione, entro il 30 marzo 2012, del bilancio complessivo dell'Ente relativo all'anno 2011 e delle convocazioni per l'elezione degli organi statutari ai vari livelli entro il 1o giugno 2012,

impegna il Governo

a porre in essere ogni utile azione affinché sia data completa e puntuale attuazione agli ultimi due capoversi della premessa.
9/4865-AR/10. Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni di contenuto eterogeneo, unificate dalla finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti, caratterizzati complessivamente da una portata finanziaria contenuta;
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, ha introdotto una serie di misure di carattere tributario e fiscale, alcune delle quali di differimento dei termini, volte complessivamente ad inasprire il livello della tassazione nel nostro Paese;
la reintroduzione del prelievo dell'imposta municipale propria (IMU) nel possesso di immobili, ovvero di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 504 del 1992, compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa, prevista dal suddetto provvedimento, richiede l'esigenza di una riflessione volta a garantire una maggiore equità nella tassazione del settore immobiliare;
con riferimento alle imposte sui terreni agricoli risulta conseguentemente indifferibile prevedere urgenti correttivi o delle misure di compensazione in considerazione che essi rappresentano l'elemento fondamentale delle imprese agricole;
per il settore agricolo, il decreto-legge in esame, indica all'articolo 29, comma 8, che sancisce l'efficacia delle domande di variazione della categoria catastale dei fabbricati volte al riconoscimento della ruralità degli immobili a fini fiscali, la proroga dei termini per la presentazione;
il riconoscimento del requisito della ruralità degli immobili assume rilievo, in particolare, ai fini dell'individuazione degli immobili assoggettati all'imposta comunale sugli immobili (ICI) e dal 2012, anche dell'imposta municipale (IMU), i cui effetti negativi e penalizzanti non tarderanno a manifestarsi sull'intero sistema imprenditoriale agricolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere le disposizioni introdotte dai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, esposto in premessa, nei confronti del settore agricolo, per il quale l'incremento delle diverse imposizioni comporterà un onere insostenibile per l'intera categoria degli agricoltori e conseguentemente a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a riconsiderare la proroga delle disposizioni previste dal presente provvedimento in tema di imposta municipale nei confronti delle imprese agricole ed esposte anch'esse in premessa.
9/4865-AR/11. Nastri.

La Camera,
premesso che:
all'emittenza televisiva locale è stato riconosciuto il ruolo fondamentale delle tv private nell'informazione locale;
le somme originariamente stanziate a favore dell'eminenza locale, ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 1993, n. 422, erano rapportate alle quote di competenza delle amministrazioni statali del canone di abbonamento alla radiotelevisione;
il citato articolo 10 prevede che i finanziamenti da erogare alle emittenti locali sono da prelevare dal canone Rai versato annualmente dai cittadini. Esso recita, infatti: « Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo emana un regolamento con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con il Ministro del tesoro, sentiti il Garante per la radiodiffusione e l'editoria e le competenti commissioni parlamentari, per la definizione di nuovi criteri di determinazione dei canoni di concessione per la radiodiffusione e per la definizione di un piano di interventi e di incentivi a sostegno dell'emittenza televisiva locale e dell'emittenza radiofonica locale e nazionale, prevedendo a tale scopo l'utilizzazione di una parte non inferiore a tre quarti delle quote di competenza delle amministrazioni statali del canone di abbonamento alla radiotelevisione, e degli introiti equiparati al canone determinato ai sensi dell'articolo 4 della legge 25 giugno 1993, n. 206»;
tale legge fu approvata all'unanimità dal Parlamento in virtù del ruolo propulsivo rivestito dalle Tv locali nel sistema economico del Paese. Queste, pubblicizzando i prodotti delle piccole e medie imprese, ne stimolano i consumi, determinandone la crescita dei fatturati e dei livelli occupazionali;
tagliare le risorse alle Tv locali, quindi, oltre a penalizzare il pluralismo dell'informazione, significherebbe frenare lo sviluppo dell'economia del Paese, il cui asse portante è proprio costituito dalle PMI, che ne rappresentano il 70,8 per cento del valore aggiunto totale,

impegna il Governo:

a dare certezza alle norme contenute nel decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 1993, n. 422, e, conseguentemente, a dare attuazione, entro tre mesi dall'approvazione del presente decreto, alla disposizione contenuta nell'articolo 10 del citato decreto-legge che prevede la ripartizione del canone di possesso tra la Rai e le TV locali;
a fare in modo che anche l'emittenza locale, che dà prova di qualità del prodotto, possa essere messa in grado di operare attraverso finanziamenti da erogarsi con un programma triennale. Solo in tal modo le Tv locali potranno crescere e, insieme ad esse, potrà crescere il pluralismo e l'intero sistema economico del Paese.
9/4865-AR/12. Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Misiti, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
premesso che:
la ben nota situazione di gravissima crisi del comparto agricolo ha ormai raggiunto nelle regioni del Sud dell'Italia dimensioni tali da far temere per la stessa sopravvivenza del settore;
in Puglia e nella provincia di Taranto in particolare, lo stesso accesso alla risorsa terra per finalità agricole è gravemente in pericolo. La crescita incontrollata dei costi di produzione e degli oneri diretti e indiretti, il crollo dei prezzi di vendita, il mancato sostegno della domanda, la concorrenza sleale e la contraffazione, hanno concorso a determinazione una situazione insostenibile, nella quale ben 176 aziende nel solo territorio della Provincia di Taranto, nel corso dell'ultimo anno, sono state messe all'asta non potendo far fronte con ricavi aziendali alle gravi passività maturate;
da tutto ciò deriva una condizione di gravissimo disagio per le famiglie e per i lavoratori che hanno sin qui lavorato nel settore agricolo e che si trovano adesso privi di reddito e di occupazione e senza alcuna concreta prospettiva in un prossimo futuro;
la crisi del settore e l'abbandono delle produzioni determina altresì gravi ripercussioni in termini ambientali e di corretta gestione del territorio agricolo, per il venir meno dell'essenziale funzione di salvaguardia del patrimonio naturale che soltanto il continuativo e diffuso esercizio dell'attività agricola può garantire;
la provincia di Taranto ha posto al centro della propria azione, in collaborazione con le organizzazioni professionali agricole, una strategia di costante attenzione verso il settore agricolo ed agro-alimentare, promovendo tutte le iniziative utili a favorire la commercializzazione dei prodotti ed il recupero di una possibile redditività delle imprese, anche attraverso il sostegno delle produzioni di eccellenza che caratterizzano questa provincia;
il perdurare e l'aggravarsi della situazione di crisi, peraltro, e la sua stessa dimensione rendono ormai urgente ed indifferibile un intervento complessivo, a livello europeo, che prenda atto della crisi che è ormai sotto gli occhi di tutti e solleciti, pertanto, l'adozione di tutti gli interventi immediati idonei ad assicurare un primo urgente sollievo per un intero comparto produttivo, che rischia di scomparire se non verranno adottate le misure necessarie;
il Parlamento europeo ha di recente sottolineato che occorre mantenere nel territorio europeo un'agricoltura dinamica, efficiente e sostenibile che, tra l'altro, costituisce una scelta strategica essenziale anche per le generazioni future. Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona il Parlamento europeo ha assunto un ruolo centrale nelle scelte per la politica agricola comune e lo sta confermando nell'ampio dibattito che la Commissione Agricoltura del Senato ha aperto con le altre istituzioni dell'Unione, in vista della scadenza del 2013,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché in sede europea - così come avvenuto in altre recenti significative occasioni - sia assunta, con l'urgenza richiesta della situazione in essere, ogni possibile iniziativa per sollecitare nell'immediato l'avvio di misure per il ritiro delle produzioni agricole invendute, per il sostegno dei prezzi e per formalizzare il riconoscimento dell'evidente situazione di crisi in essere, con la conseguente adozione di ogni altra idonea misura economica, finanziaria e regolatoria per alleviare gli oneri diretti ed indiretti gravanti sulle imprese agricole.
9/4865-AR/13. Pugliese, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Misiti, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 aprile 1941, n. 392, tratta del trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari;
essa prevede che una serie di spese necessarie per lo stabilimento delle Corti e Sezioni di Corti di appello, per le Procure generali, per le Corti di assise, dei Tribunali, per i locali ad uso degli Uffici giudiziari, per gli affitti, riparazioni, manutenzione, illuminazione, riscaldamento, per le provviste di acqua, il servizio telefonico, ed altre indicate nell'articolo 1 siano a carico esclusivo dei Comuni nei quali hanno sede gli Uffici giudiziari, senza alcun concorso nelle stesse da parte degli altri Comuni componenti la circoscrizione giudiziaria;
ai detti Comuni sedi di Uffici giudiziari viene corrisposto invece dallo Stato un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla legge;
sarebbe opportuno modificare la citata legge n. 392 qualora, mediante l'introduzione del leasing per la quota di fitto che il Ministero della giustizia rimborsa ai comuni, il Comune decida che sia più conveniente l'acquisto dell'immobile, visto che è preferibile la patrimonializzazione piuttosto che buttare via soldi pagando fitti,

impegna il Governo

a prevedere che i contratti di locazione di immobili destinati ad Uffici giudiziari e finanziari, stipulati fra lo Stato ed i comuni, possono essere trasformati in contratti di leasing per l'acquisto degli immobili, sedi di Uffici giudiziari, da parte dei comuni, utilizzando quale rata di pagamento la quota del contributo a carico del Ministero della giustizia, previsto dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 392 del 1941 relativo alle pigioni.
9/4865-AR/14. Iapicca, Pugliese, Fallica, Grimaldi, Miccichè, Misiti, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
premesso che:
la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari di primo grado, debba avvenire in modo graduale al fine di verificare l'impatto sulle comunità locali e sull'economia dei territori del riordino degli uffici del giudice di pace e delle sezioni staccate dei tribunali previsti dalla legge delega;
la riorganizzazione della geografia giudiziaria dei tribunali, abbisogna dell'acquisizione di dati certi ed oggettivi in ordine alla specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, elementi previsti dall'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 14 settembre 2011, n. 148, da verificarsi per ciascun circondario di tribunale;
tale verifica è preliminare all'adozione dei criteri necessari all'attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi di tribunali, prevista dalla medesima lettera b);
l'eliminazione dell'arretrato, soprattutto in campo civile, deve passare attraverso strumenti di riorganizzazione del processo, come confermato dalla relazione del Ministro della giustizia del 16 gennaio 2012, al fine di abbattere la domanda di giustizia;
la necessità di intervento urgente finalizzato allo smaltimento dell'arretrato è prodromica alla riorganizzazione degli uffici giudiziari di primo grado dato che la concomitanza delle due azioni avrebbe come effetto di rallentare lo smaltimento dell'arretrato dovendosi contemporaneamente provvedere allo smaltimento dell'arretrato e agli adempimenti processuali derivanti dalla riorganizzazione degli uffici in particolare per quanto riguarda l'enorme mole di notifiche da eseguire,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di porre in essere tutte le iniziative necessarie a limitare quanto esposto al comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 148 del 2011 ai soli uffici del Giudice di Pace e delle sezioni staccate di tribunale.
9/4865-AR/15. Grimaldi, Fallica, Iapicca, Miccichè, Misiti, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
premesso che:
appare necessario attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza ed evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di stato che si osserva nel mercato azionario - le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno natura straordinaria e sono scadute il 31 dicembre 2011, mentre in Francia e Germania sono state introdotte norme di natura strutturale che determinano uno svantaggio competitivo per le imprese italiane;
si considera opportuna l'introduzione di una previsione normativa che consenta l'utilizzo del valore di acquisto dei titoli obbligazionari, anziché del loro valore corrente, fatta eccezione per le perdite durevoli riscontrabili dal conto economico e a condizione che i titoli non vengano ceduti prima della loro scadenza,

impegna il Governo:

ad adottare in via strutturale una norma simile a quella in vigore in Francia e Germania;
a promuovere - nell'ambito della proroga degli effetti derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni - una norma volta a prevedere che - ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche - le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/16. Cesario.

La Camera,
premesso che:
appare necessario attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza ed evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di stato che si osserva nel mercato azionario - le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno natura straordinaria e sono scadute il 31 dicembre 2011, mentre in Francia e Germania sono state introdotte norme di natura strutturale che determinano uno svantaggio competitivo per le imprese italiane;
si considera opportuna l'introduzione di una previsione normativa che consenta l'utilizzo del valore di acquisto dei titoli obbligazionari, anziché del loro valore corrente, fatta eccezione per le perdite durevoli riscontrabili dal conto economico e a condizione che i titoli non vengano ceduti prima della loro scadenza,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare in via strutturale una norma simile a quella in vigore in Francia e Germania;
a promuovere - nell'ambito della proroga degli effetti derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni - una norma volta a prevedere che - ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche - le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Cesario.

La Camera,
premesso che:
la grave situazione economica e finanziaria impone che tutte le istituzioni si facciano carico dell'equilibrio dei conti pubblici e, allo stesso tempo, di rilanciare la crescita del Paese;
solo attraverso l'impegno e il concorso di tutte le istituzioni della Repubblica è possibile coniugare risanamento, equità e crescita in una prospettiva di coesione sociale e territoriale;
il Paese ha oggi bisogno di un profondo processo di riordino istituzionale con un percorso di riduzione degli sprechi nella spesa;
il Parlamento il 22 dicembre 2011 ha approvato in via definitiva la legge di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 che contiene, nell'articolo 23, commi 14-22, disposizioni che prefigurano uno svuotamento dell'istituzione Provincia, fino alla scomparsa della stessa;
il Governo ha definito e varato norme che impattano direttamente su istituzioni che sono previste come elementi costitutivi della Repubblica dalla Costituzione senza prevedere qualunque forma di confronto e preventiva condivisione con i rappresentanti delle Province;
l'articolo 23, commi 14-22, dal punto di vista del merito, è, ad avviso dei presentatori, palesemente in contrasto con i principi e le disposizioni costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali ed, in particolare, gli articoli 5, 114, 117 (secondo comma, lettera p) e comma 6), 118 e 119 della Costituzione ed è, altresì, incongruente con i principi generali e con la disciplina degli enti locali del nostro ordinamento;
la norma, lungi dal consentire risparmi - come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse - produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori;
la norma non tiene minimamente conto dell'aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25 per cento in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni;
il decreto non considera l'impatto che il trasferimento delle funzioni e delle risorse oggi gestite dalle Province (12 miliardi di euro secondo gli ultimi dati del Siope) avrà sui bilanci e sull'organizzazione delle Regioni e dei Comuni già oggi gravati dalle difficili condizioni di sostenibilità del loro patto di stabilità;
il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l'impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.;
la norma impone una modifica della normativa tributaria, poiché le entrate tributarie, patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l'attuazione delle norme sul federalismo fiscale;
la norma avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali UE o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa,

impegna il Governo:

a prorogare sino al 31 marzo 2013 gli organi di governo delle province che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012, in modo tale da poter approvare entro tale data una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta che sia basata sulle seguenti priorità:
1. intervento immediato di razionalizzazione delle Province attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni: la razionalizzazione dovrà essere effettuata in ambito regionale, con la previsione di accorpamenti tra Province, mantenendo comunque saldo il principio democratico della rappresentanza dei territori, con organi di governo eletti dai cittadini e non nominati dai partiti;
2. ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta;
3. eliminazione di tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni democraticamente elette previste dalla Costituzione;
4. istituzione delle Città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree metropolitane;
5. riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato, legato al riordino delle Province;
6. destinazione dei risparmi conseguiti con il riordino degli enti di area vasta ad un fondo speciale per il rilancio degli investimenti degli enti locali. Il tutto assumendo le iniziative di propria competenza per l'immediata approvazione della Carta delle Autonomie, per definire «chi fa che cosa» ed eliminare i costi e le disfunzioni prodotti dalle duplicazioni delle funzioni e per razionalizzare l'intero sistema istituzionale locale, in attuazione dei principi previsti dal nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione e per la rapida approvazione delle proposte di riforma costituzionale attualmente in discussione nel comitato ristretto presso la I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati sul riordino delle Province e delle Città metropolitane, per assegnare alle Regioni un ruolo centrale nel dimensionamento di tutte le istituzioni territoriali.
9/4865-AR/17. Simonetti, Pastore, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, reca disposizioni in materia di accise sui prodotti energetici, in particolare incrementando la misura delle accise sui carburanti. Lo stesso articolo prevede il rimborso differito del maggior onere derivante dagli aumenti di accisa in favore di alcune categorie di soggetti esercenti l'attività di trasporto (autotrasportatori, enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto pubblico locale, imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale);
il suddetto incremento del costo del carburante, del 40 per cento rispetto all'anno precedente, è alla base delle recenti rivendicazioni avanzate da agricoltori, allevatori, pescatori, autotrasportatori e cittadini siciliani;
tra le suddette rivendicazioni vi è la mancata attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana, e in particolare dell'articolo 36, con cui si stabilisce che spettano alla Regione il gettito dell'imposta di produzione dei prodotti petroliferi e il gettito sulla raffinazione, che assicurerebbero all'isola introiti fiscali che permetterebbero un calo sostanziale della pressione fiscale e una redistribuzione più ampia di risorse economiche provenienti da tasse che i vari stabilimenti industriali installati in Sicilia e con sede altrove dovrebbero pagare alla regione, norma che però non ha ancora trovato il tempestivo accoglimento da parte del Parlamento;
la Sicilia con le sue cinque raffinerie, tre in provincia di Siracusa (Augusta, Melilli e Priolo), una in provincia di Messina (Milazzo) e una in provincia di Caltanissetta (Gela), fornisce un contributo importante alla lavorazione del petrolio per l'intero territorio nazionale, raffinando circa il 42 per cento del totale di greggio lavorato in Italia;
i costi di queste lavorazioni sull'ambiente e le dannose ricadute sulla salute dei cittadini sono rilevanti: i siti siciliani ed i territori circostanti ove sono localizzate le suddette raffinerie hanno subito una grave compromissione del suolo, delle falde acquifere, delle coste e dell'atmosfera;
la Sicilia consuma 2.258.000 tonnellate di carburanti, circa il 6,3 per cento del totale dei consumi, e sui quali viene pagata dai consumatori l'accisa;
la legislazione nazionale prevede, in alcuni casi, l'esenzione per alcune categorie e situazioni particolari e la riduzione del prezzo alla pompa in alcune zone di confine: la legge consente alla Regione Valle d'Aosta, che è zona franca, con un accordo Stato-regione di far entrare nel territorio regionale contingenti di benzine in regime di esenzione, mentre la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la finanziaria 1996, è stata autorizzata a praticare una riduzione consistente dell'imposta di fabbricazione, a carico del bilancio regionale, determinando un incremento dei consumi con conseguente aumento delle entrate regionali;
nel mese di dicembre 2011 l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità uno schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie che consente di procedere ulteriormente nella definizione dell'annoso problema del trasferimento da parte dello Stato alla Regione Siciliana delle risorse relative alle accise, prevedendo che, a compendio dell'integrale spettanza tributaria, lo Stato riconosce alla Regione, oltre al gettito dell'imposta di produzione sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi e sui gas petroliferi raffinati ed immessi in consumo nel territorio regionale, ed a titolo di ristoro ambientale, anche il venti per cento del gettito dell'imposta di produzione sugli stessi prodotti raffinati nel territorio regionale, ma immessi in consumo in quello delle altre regioni,

impegna il Governo

nel quadro delle politiche economiche per il Mezzogiorno, ad adottare iniziative legislative atte a compensare parzialmente lo squilibrio economico della regione Sicilia, anche attraverso il risarcimento dei cittadini dai danni all'ambiente ed alla salute causati dalle attività di estrazione e raffinazione dei petrolio e dei suoi derivati, riconoscendo loro il diritto all'abbattimento di parte delle accise sui prodotti petroliferi.
9/4865-AR/18. Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, reca disposizioni in materia di accise sui prodotti energetici, in particolare incrementando la misura delle accise sui carburanti. Lo stesso articolo prevede il rimborso differito del maggior onere derivante dagli aumenti di accisa in favore di alcune categorie di soggetti esercenti l'attività di trasporto (autotrasportatori, enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto pubblico locale, imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale);
il suddetto incremento del costo del carburante, del 40 per cento rispetto all'anno precedente, è alla base delle recenti rivendicazioni avanzate da agricoltori, allevatori, pescatori, autotrasportatori e cittadini siciliani;
tra le suddette rivendicazioni vi è la mancata attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana, e in particolare dell'articolo 36, con cui si stabilisce che spettano alla Regione il gettito dell'imposta di produzione dei prodotti petroliferi e il gettito sulla raffinazione, che assicurerebbero all'isola introiti fiscali che permetterebbero un calo sostanziale della pressione fiscale e una redistribuzione più ampia di risorse economiche provenienti da tasse che i vari stabilimenti industriali installati in Sicilia e con sede altrove dovrebbero pagare alla regione, norma che però non ha ancora trovato il tempestivo accoglimento da parte del Parlamento;
la Sicilia con le sue cinque raffinerie, tre in provincia di Siracusa (Augusta, Melilli e Priolo), una in provincia di Messina (Milazzo) e una in provincia di Caltanissetta (Gela), fornisce un contributo importante alla lavorazione del petrolio per l'intero territorio nazionale, raffinando circa il 42 per cento del totale di greggio lavorato in Italia;
i costi di queste lavorazioni sull'ambiente e le dannose ricadute sulla salute dei cittadini sono rilevanti: i siti siciliani ed i territori circostanti ove sono localizzate le suddette raffinerie hanno subito una grave compromissione del suolo, delle falde acquifere, delle coste e dell'atmosfera;
la Sicilia consuma 2.258.000 tonnellate di carburanti, circa il 6,3 per cento del totale dei consumi, e sui quali viene pagata dai consumatori l'accisa;
la legislazione nazionale prevede, in alcuni casi, l'esenzione per alcune categorie e situazioni particolari e la riduzione del prezzo alla pompa in alcune zone di confine: la legge consente alla Regione Valle d'Aosta, che è zona franca, con un accordo Stato-regione di far entrare nel territorio regionale contingenti di benzine in regime di esenzione, mentre la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la finanziaria 1996, è stata autorizzata a praticare una riduzione consistente dell'imposta di fabbricazione, a carico del bilancio regionale, determinando un incremento dei consumi con conseguente aumento delle entrate regionali;
nel mese di dicembre 2011 l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità uno schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie che consente di procedere ulteriormente nella definizione dell'annoso problema del trasferimento da parte dello Stato alla Regione Siciliana delle risorse relative alle accise, prevedendo che, a compendio dell'integrale spettanza tributaria, lo Stato riconosce alla Regione, oltre al gettito dell'imposta di produzione sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi e sui gas petroliferi raffinati ed immessi in consumo nel territorio regionale, ed a titolo di ristoro ambientale, anche il venti per cento del gettito dell'imposta di produzione sugli stessi prodotti raffinati nel territorio regionale, ma immessi in consumo in quello delle altre regioni,

impegna il Governo

nel quadro delle politiche economiche per il Mezzogiorno, a valutare l'opportunità di adottare iniziative legislative atte a compensare parzialmente lo squilibrio economico della regione Sicilia, anche attraverso il risarcimento dei cittadini dai danni all'ambiente ed alla salute causati dalle attività di estrazione e raffinazione dei petrolio e dei suoi derivati, riconoscendo loro il diritto all'abbattimento di parte delle accise sui prodotti petroliferi.
9/4865-AR/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
nei giorni del 22 e 23 novembre scorsi, intense e persistenti piogge hanno interessato la provincia di Messina: i comuni più colpiti sono stati Saponara, Villafranca Tirrena, Rometta e Barcellona Pozzo di Gotto, con 4 morti e circa 700 persone sfollate. La provincia di Messina si è trovata, dunque, a rivivere gli eventi infausti che già aveva vissuto nel 2009 quando le forti precipitazioni causarono la morte di 37 persone nel comune di Messina nelle località di Giampilieri, Molino, Altolia, Briga, Pezzolo, Santa Margherita Marina, e nei comuni di Scaletta Zanclea e Itala;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 25 novembre 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza nei territori sopra citati con la finalità di garantire la realizzazione dei primi interventi finalizzati al soccorso della popolazione ed alla rimozione delle situazioni più immediate di pericolo;
in sede di esame referente del presente decreto, è stato approvato un emendamento che dispone anche nei confronti dei soggetti interessati dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi il giorno 22 novembre 2011 nel territorio della provincia di Messina la sospensione al 16 luglio 2012 dei termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali che scadono nel periodo dal 22 novembre 2011 al 30 giugno 2012;
a tutt'oggi i comuni colpiti sono ancora in attesa dell'adozione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, indispensabile per la messa in sicurezza ed il ripristino delle situazioni di vita ordinata e civile per le popolazioni interessate e per evitare che tali popolazioni non subiscano danni irreversibili anche alle attività produttive già gravemente colpite dalla crisi generale;
sembrerebbe che tale ritardo sia ascrivibile alla difficoltà di reperimento delle risorse finanziarie utili a coprire gli interventi urgenti da disporre nel suddetto provvedimento di protezione civile in quanto, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, così come modificato dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, deve farsi carico di tali costi la regione interessata dall'evento ed anche lo Stato, attingendo alle risorse del Fondo nazionale di protezione civile, nel caso di insufficienza delle risorse regionali;
con riferimento alle ultime ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate per gli eccezionali eventi atmosferici verificatisi in Liguria e in Toscana si fa presente che le risorse in tutti i casi sono state reperite attingendo a risorse regionali e a risorse statali;
in particolare, nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3973/2011, riferita agli eventi alluvionali verificatisi a La Spezia nel mese di ottobre del 2011, viene stanziata la somma di 54,5 milioni di euro - di cui 40 milioni da porre a carico del Fondo della protezione civile, 1,5 milioni a valere sulla disponibilità del bilancio regionale e 8 milioni derivanti dall'aumento di 2,42 centesimi di euro per litro dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398 - ridotta a 49,5 dall'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3985 del 2 dicembre 2011;
ancora, per l'alluvione di La Spezia e per quella verificatasi dal 4 all'8 novembre 2011 a Genova, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3980/2011 dell'11 novembre 2011 sono stati assegnati ulteriori 10 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi diretti a superare le relative emergenze con oneri a carico del bilancio dello Stato, in particolare a valere prevalentemente sui capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare accantonati per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico;
per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel territorio di Massa Carrara con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3974/2011 è stata stanziata la somma di 85 milioni di euro di cui 60 milioni a carico del bilancio regionale e 25 milioni a carico del Fondo della protezione civile,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza l'ordinanza prevista dall'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e successive modificazioni, per fronteggiare i danni derivanti dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 22 e 23 novembre 2011 nei territori della provincia di Messina.
9/4865-AR/19. Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
la discontinuità territoriale della Sicilia determina un oggettivo rallentamento del processo di sviluppo della sua economia, nonché evidenti difficoltà e maggiori costi per i cittadini siciliani relativamente ai trasporti e alla mobilità interna e con il resto del Paese;
negli ultimi anni si è assistito ad un vorticoso rincaro dei prezzi nel settore dei trasporti: dal pedaggio autostradale, al prezzo del carburante, al costo dei traghetti e del trasporto navale e ferroviario, tutte voci di spesa che pesano da una parte sui cittadini costretti a spostarsi quotidianamente per motivi di lavoro, il cui reddito pro capite è tra i più bassi in Italia, e dall'altra sugli autotrasportatori siciliani che dal canto loro, sopportano costi di gran lunga più elevati dei loro competitori che invece operano nella terraferma continentale, maggiori costi derivanti dagli oneri per la traversata marittima da e per la Sicilia, comprensivi sia dei diritti portuali d'imbarco e sbarco sia delle tariffe imposte dalle società di navigazione;
la continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti, si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea. Il diritto alla mobilità previsto all'articolo 16 della Costituzione, costituisce un servizio di interesse generale e, quindi, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica,

impegna il Governo:

a garantire, mediante congrue agevolazioni tariffarie, l'esercizio del diritto costituzionale dei cittadini siciliani alla mobilità sulle tratte marittime da e per il Continente, con la previsione di agevolazioni tariffarie per i residenti delle regioni Sicilia e Calabria;
ad assumere iniziative per sostenere il settore dell'autotrasporto siciliano, penalizzato anche dalla dislocazione geografica dei vettori, prevedendo la continuità territoriale per le merci con forme di sgravio ed incentivi alle imprese condannate ad un pericoloso ed inesorabile squilibrio finanziario.
9/4865-AR/20. Oliveri, Lo Monte, Commercio, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
le recenti vicende concernenti i lavori per la riqualificazione delle aree delle acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, in relazione alle quali sono ipotizzate responsabilità a carico dell'ex presidente della provincia di Milano, al pari di altre notizie dalle quali sono emerse la conferma di un fatto risaputo da sempre, cioè che nella gestione del sistema sanitario assistenziale dell'Emilia-Romagna le cooperative occupano una posizione quasi monopolistica, segnalano la necessità di una riflessione sull'organizzazione e sull'attività delle società cooperative in Italia;
tale riflessione dovrà partire da un'attenta verifica dei fatti che, iniziando dall'esame di talune vere e proprie anomalie esistenti nel settore, individui non solo le eventuali violazioni della legge, ma anche le aree di opacità del contesto socio-economico, politico e normativo in cui tali anomalie hanno potuto crescere e radicarsi;
in questo senso per comprendere queste deviazioni occorre fare luce sulle relazioni d'affari che hanno visto coinvolti settori del sistema cooperativo prevalentemente, ma non solo, legati alla sinistra. Si tratta di fenomeni in cui la politica, in parte pesantemente implicata, non può esimersi dall'assumere in pieno le proprie responsabilità, senza delegarle alla magistratura che soprattutto per il passato, in tutto il territorio nazionale e in particolare in Emilia-Romagna, non ha sempre dato prova di adeguate capacità di controllo, nonostante numerosi indizi o addirittura segnalazioni relativi a situazioni connotate da scarsa trasparenza;
come noto a tutti, la forma cooperativa nasce da una profonda istanza solidaristica e sociale, quale strumento per l'organizzazione dell'esercizio di attività economiche mediante l'associazione tra soggetti che sono al tempo stesso produttori e destinatari, ancorché non esclusivi, dei beni e dei servizi alla cui produzione è diretta l'attività. In quanto tale, essa è stata favorita dal legislatore mediante l'assoggettamento a una disciplina speciale e - subordinatamente alla prevalenza del carattere mutualistico - il riconoscimento di agevolazioni tributarie. Tale disciplina trova il proprio fondamento nell'articolo 45 della Costituzione, a norma del quale «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
in conformità alla norma costituzionale citata, il carattere mutualistico rappresenta in ogni caso un requisito costitutivo indefettibile nella nozione stessa di società cooperativa, in forza dell'articolo 2511 del medesimo codice, che la definisce come «società a capitale variabile con scopo mutualistico»,

impegna il Governo

ad attivarsi, anche in altro provvedimento, per il ristabilimento della vera e propria funzione sociale del sistema cooperativo nel suo insieme, anche quale applicazione del principio di sussidiarietà, di cui la cooperazione rappresenta uno strumento essenziale, considerando la distinzione tra cooperative legate storicamente a un partito politico e altre che fin dal dopoguerra hanno avuto una relativa autonomia dedicandosi solo ad attività sociali, posto che è difficile negare che l'originario fine solidaristico contemplato dal legislatore sia stato violato, nello spirito e forse anche nella lettera del dettato normativo, da vere e proprie holding economiche, con centinaia o migliaia di dipendenti e con pochi soci, che competono sul mercato con privilegi eccessivi rispetto all'imprenditoria privata, con la possibilità di alterare le regole di funzionamento del medesimo e forse addirittura in contrasto la legge anche in considerazione dei rapporti, a giudizio dell'interrogante, anomali, con molti enti locali.
9/4865-AR/21. Garagnani.

La Camera,
premesso che:
la legge 14 dicembre 2000, n. 379, ha consentito il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone originarie dei territori appartenuti all'Impero austro-ungarico, emigrate prima dell'entrata in vigore del trattato di Saint Germain del 1920, e ai loro discendenti;
la legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha prorogato di cinque anni i termini per la presentazione delle domande da parte degli interessati, portandoli al 31 dicembre 2010;
solo una parte limitata delle persone interessate ha potuto avere il riconoscimento dei suoi diritti a causa della lentezza con cui procede l'esame delle pratiche presso l'apposita commissione operante al Ministero dell'interno e per la lunghezza delle liste d'attesa per la consegna delle domande presso diversi consolati in America Latina, dove risiede il maggior numero degli interessati;
il criterio della definizione di un termine di scadenza per la manifestazione di volontà in ordine al riconoscimento della cittadinanza è stato successivamente superato in sede normativa, come dimostra la legge 8 marzo 2006, n. 124, riguardante gli abitanti dei territori dell'ex Jugoslavia, per i quali non è prevista alcuna scadenza;
in Parlamento sono state presentate proposte di legge orientate ad eliminare permanentemente i termini di presentazione delle richieste di riconoscimento da parte dei residenti nell'ex Impero austro-ungarico e, dunque, il prolungamento dei termini già scaduti consentirebbe al legislatore di avere il tempo di decidere in modo sereno e approfondito sulla questione;
il numero dei potenziali richiedenti sarebbe in ogni caso limitato, sia per l'attribuzione della facoltà di richiesta del riconoscimento solo alle persone provenienti da territori circoscritti, sia per il carattere residuale delle domande rispetto a quelle già avanzate in passato presso i nostri consolati,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di un'iniziativa normativa, da promuovere in tempi ragionevolmente brevi, che consenta un'ulteriore proroga dei termini di presentazione delle domande di riconoscimento della cittadinanza a beneficio dei provenienti dai territori dell'ex Impero austro-ungarico.
9/4865-AR/22. Porta, Froner, Narducci, Gianni Farina, Fedi, Garavini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, comma 1, del disegno di legge in esame richiama espressamente il decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2010, n. 98, recante disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero;
con l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, sono stati prorogati ulteriormente i termini delle elezioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero (COMITES) e, conseguentemente, del Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) al 31 dicembre 2012;
gli organi di rappresentanza degli italiani all'estero offrono un importante contributo per lo sviluppo sociale, culturale e civile delle nostre comunità all'estero: essi promuovono e agevolano lo sviluppo delle condizioni di vita delle comunità italiane all'estero, rafforzano il collegamento di tali comunità con la vita politica, culturale, economica e sociale dell'Italia e assicurano la più efficace tutela dei diritti degli italiani all'estero, facilitandone l'integrazione nelle società di accoglimento;
gli attuali componenti dei Comites e del CGIE sono in carica dal 2004, i termini per le elezioni di rinnovo degli organi di rappresentanza, che avrebbero dovuto tenersi già nel 2009, sono stati ripetutamente prorogati;
a seguito della chiusura di numerose sedi consolari e dei tagli alle politiche a favore delle nostre comunità all'estero, gli organi di rappresentanza sul territorio sono divenuti un punto di riferimento ancora più importante per i connazionali;
il susseguirsi di proroghe e rinvii delle elezioni di rinnovo, unito alla limitazione delle possibilità d'intervento dovuta alle decurtazioni finanziarie, rischia di pregiudicare la funzionalità degli organi di rappresentanza, che si basano sul lavoro volontario, e di frenare lo spirito di partecipazione che ne assicura l'operatività;
il comma 3 dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 2003, n. 286, recante norme relative alla disciplina dei Comitati degli italiani all'estero, dispone che «in casi particolari, tenuto conto delle dimensioni della circoscrizione consolare, della presenza di consistenti nuclei di cittadini italiani e di cittadini stranieri di origine italiana, e quando le condizioni locali lo richiedono, [...], sono istituiti [...] più Comitati all'interno della medesima circoscrizione consolare»;
alla luce del venir meno, soprattutto in Europa, di un numero considerevole di circoscrizioni consolari, appare quindi opportuno che i Ministri competenti autorizzino il rinnovo di tutti i Comites attualmente esistenti, al fine di non privare del supporto degli organi di rappresentanza proprio le comunità che sono state recentemente già colpite dalla chiusura dei consolati;
a tale impegno non ostano questioni finanziarie, giacché le spese necessarie al rinnovo degli organi di rappresentanza sono spese obbligatorie, il cui importo è regolarmente previsto nel bilancio del Ministero degli affari esteri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di evitare un ulteriore deterioramento della funzionalità degli organi di rappresentanza e, in conseguenza, di operare affinché le elezioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero esistenti e del CGIE si svolgano entro l'autunno dell'anno 2012, sulla base della normativa vigente.
9/4865-AR/23. Garavini, Gianni Farina, Fedi, Porta.

La Camera,
premesso che:
appare necessario attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza ed evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato che si osserva nel mercato azionario - le compagnie si trovino costrette e ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno natura straordinaria e sono scadute il 31 dicembre 2011, mentre in Francia e Germania sono state introdotte norme di natura strutturale che determinano uno svantaggio competitivo per le imprese italiane;
si considera opportuna l'introduzione di una previsione normativa che consenta l'utilizzo del valore di acquisto dei titoli obbligazionari, anziché del loro valore corrente, fatta eccezione per le perdite durevoli riscontrabili dal conto economico e a condizione che i titoli non vengano ceduti prima della loro scadenza,

impegna il Governo:

ad adottare in via strutturale una norma simile a quella in vigore in Francia e Germania;
a promuovere - nell'ambito della proroga degli effetti derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni - una norma volta a prevedere che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/24. Fucci.

La Camera,
premesso che:
appare necessario attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza ed evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato che si osserva nel mercato azionario - le compagnie si trovino costrette e ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno natura straordinaria e sono scadute il 31 dicembre 2011, mentre in Francia e Germania sono state introdotte norme di natura strutturale che determinano uno svantaggio competitivo per le imprese italiane;
si considera opportuna l'introduzione di una previsione normativa che consenta l'utilizzo del valore di acquisto dei titoli obbligazionari, anziché del loro valore corrente, fatta eccezione per le perdite durevoli riscontrabili dal conto economico e a condizione che i titoli non vengano ceduti prima della loro scadenza,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare in via strutturale una norma simile a quella in vigore in Francia e Germania;
a promuovere - nell'ambito della proroga degli effetti derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni - una norma volta a prevedere che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Fucci.

La Camera,
premesso che:
con uno strumento legislativo di emergenza e temporaneo già più volte reiterato (da ultimo, decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 27 luglio 2011), sono stati ridotti per il settore assicurativo gli effetti della fortissima volatilità osservata nei mercati finanziari;
in Francia e Germania è stata introdotta da tempo una norma di natura strutturale e continuativa per conseguire i medesimi effetti;
la scadenza del suddetto provvedimento e il perdurare della crisi finanziaria rendono necessario un intervento volto a neutralizzare le ampie oscillazioni dei prezzi osservate nelle scorse settimane per i titoli di Stato italiani;
appare necessario adottare con legislazione primaria una norma che preveda che - ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche - le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione. Ciò ovviamente a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole;
la soluzione sopra indicata è identica alle regole vigenti in Germania, mentre in Francia la normativa è ancora più estesa, in quanto sterilizza anche la volatilità del mercato azionario;
detta soluzione non solo eviterebbe che le nostre compagnie venissero, a differenza di quelle tedesche e francesi, penalizzate ma attenuerebbe anche l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza;
detta soluzione permetterebbe inoltre di evitare che - per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato osservata nelle settimane recenti - le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari, evento non auspicabile visto che nel corso del solo primo trimestre 2012 andranno a scadere titoli del debito sovrano italiano per un ammontare di quasi 300 miliardi di euro;
detta soluzione dovrebbe aver effetto solo fino all'entrata in vigore della direttiva europea Solvency II,

impegna il Governo

a promuovere una modifica legislativa che consenta alle imprese di assicurazioni, ai fini della solvibilità individuale e di quella corretta nonché ai fini della copertura delle riserve tecniche, di tener conto del costo di acquisto dei titoli obbligazionari, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole rilevate a conto economico, a condizione che la cessione dei titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza.
9/4865-AR/25. Aracu.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 13-bis, prevede, a seguito delle modifiche intervenute in sede referente, la proroga sino al 31 dicembre 2012 di tutte le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche se ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, che risultavano in essere al 31 dicembre 2011, fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25;
in particolare, il nuovo articolo 13-bis prevede testualmente che: «Le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, comunque in essere al 31 dicembre 2011, sono prorogate al 31 dicembre 2012, fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25»;
con specifico riferimento alla proroga delle concessioni in essere, si evidenzia che il già citato comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009, ha prorogato, sino al 31 dicembre 2015, le concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico ricreative in essere al 30 dicembre 2009;
il citato nuovo articolo 13-bis è il frutto di una precisa volontà politica. Le concessioni demaniali marittime diverse da quelle turistico-ricreative sono state, infatti, escluse dalla proroga al 31 dicembre 2015, e tale situazione ha messo gravemente a rischio l'esistenza di migliaia di aziende che insistono nelle aree portuali e lacuali come i porti turistici, i cantieri navali e altre attività aventi finalità diverse da quelle turistico-ricreative che chiedono con forza l'equiparazione con la situazione in cui versano gli operatori balneari. L'articolo in questione ha, dunque, l'obiettivo di porre fine ad uno stato di incertezza che durava ormai da più di un anno e conseguentemente di bloccare le aste in corso per le concessioni portuali che avrebbero messo a repentaglio il futuro di numerose imprese, di innumerevoli posti di lavoro e famiglie,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a chiarire che le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, comunque in essere al 31 dicembre 2011, contenute nel nuovo articolo 13-bis del provvedimento in esame, debbano essere interpretate nel senso di ricomprendere nell'ambito della suddetta proroga tutte le concessioni rilasciate entro il 31 dicembre 2011, ivi comprese quelle già scadute alla data del 31 dicembre 2011, ma la cui attività di gestione imprenditoriale risulti comunque in essere alla medesima data del 31 dicembre 2011.
9/4865-AR/26. Favia, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 13-bis, prevede, a seguito delle modifiche intervenute in sede referente, la proroga sino al 31 dicembre 2012 di tutte le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche se ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, che risultavano in essere al 31 dicembre 2011, fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25;
in particolare, il nuovo articolo 13-bis prevede testualmente che: «Le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, comunque in essere al 31 dicembre 2011, sono prorogate al 31 dicembre 2012, fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25»;
con specifico riferimento alla proroga delle concessioni in essere, si evidenzia che il già citato comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009, ha prorogato, sino al 31 dicembre 2015, le concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico ricreative in essere al 30 dicembre 2009;
il citato nuovo articolo 13-bis è il frutto di una precisa volontà politica. Le concessioni demaniali marittime diverse da quelle turistico-ricreative sono state, infatti, escluse dalla proroga al 31 dicembre 2015, e tale situazione ha messo gravemente a rischio l'esistenza di migliaia di aziende che insistono nelle aree portuali e lacuali come i porti turistici, i cantieri navali e altre attività aventi finalità diverse da quelle turistico-ricreative che chiedono con forza l'equiparazione con la situazione in cui versano gli operatori balneari. L'articolo in questione ha, dunque, l'obiettivo di porre fine ad uno stato di incertezza che durava ormai da più di un anno e conseguentemente di bloccare le aste in corso per le concessioni portuali che avrebbero messo a repentaglio il futuro di numerose imprese, di innumerevoli posti di lavoro e famiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a chiarire che le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, comunque in essere al 31 dicembre 2011, contenute nel nuovo articolo 13-bis del provvedimento in esame, debbano essere interpretate nel senso di ricomprendere nell'ambito della suddetta proroga tutte le concessioni rilasciate entro il 31 dicembre 2011, ivi comprese quelle già scadute alla data del 31 dicembre 2011, ma la cui attività di gestione imprenditoriale risulti comunque in essere alla medesima data del 31 dicembre 2011.
9/4865-AR/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Favia, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari è svolto da Radio radicale fin dal 1994 a seguito di una gara svoltasi nello stesso anno e sulla base di una convenzione triennale tra il Ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, con un onere iniziale quantificato in 11 miliardi di lire annui;
a partire dal 1998 anche la Rai ha istituito un analogo servizio attraverso GR parlamento;
con l'articolo 1 della legge 11 luglio 1998 n. 224 si è disposto che «allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, e confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri saranno definiti nel quadro dell'approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni, in via transitoria la convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione S.p.A., stipulata ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 602, ed approvata con decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni del 21 novembre 1994, è rinnovata con decorrenza 21 novembre 1997 per un ulteriore triennio;
il principio della gara pur formalmente ribadito dalla legge predetta non è stato compiutamente introdotto nella pratica;
si è successivamente proceduto solo attraverso proroghe a favore del Centro di produzione spa e che le proroghe triennali della convenzione sono state autorizzate e finanziate prevalentemente con le leggi finanziarie. In particolare per la proroga della convenzione scaduta il 21 novembre 2000, l'articolo 145, comma 20, della legge finanziaria 2001 (legge n.388 del 2000) ha autorizzato la spesa di 15 miliardi di lire (circa 7.75 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003; l'articolo 4, comma 7 della legge finanziaria 2004 (legge n.350 del 2003) ha autorizzato una spesa di 8.5 milioni di euro per gli anni 2004, 2005 e 2006; l'articolo 1, comma 1242, della finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009;
la penultima proroga è stata disposta con il decreto legge n. 194 del 2009 (legge n. 25 del 2010): l'articolo 2, comma 3, del provvedimento ha autorizzato la spesa di 9.9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011;
infine l'articolo 33, comma 39 della legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183 del 2011) ha autorizzato una nuova proroga della convenzione con una spesa di 3 milioni di euro per il 2012;
con l'articolo 28 del decreto legge in esame, al fine di consentire la proroga per l'intero anno 2012 della suddetta convenzione con il Centro di produzione spa, è stata autorizzata l'ulteriore spesa di 7 milioni per un totale complessivo di 10 milioni di euro;
il Governo ha disposto nel periodo più recente una forte riduzione dei contributi in precedenza assegnati al settore dell'editoria;
il decreto legge in materia di liberalizzazioni introduce e generalizza il principio della gara in svariati settori economici;
considerato che il principio della gara in questo settore è già formalmente richiesto da una legge dello Stato (legge n. 224 del 1998),

impegna il Governo

ad evitare qualsiasi ulteriore proroga della convenzione per il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari al di là della scadenza dell'anno 2012 e a voler tempestivamente provvedere, in caso di mantenimento del servizio, affinché il Ministero dello sviluppo economico disponga, in attuazione della legge 11 luglio 1998 n.224, l'effettuazione di una pubblica gara in tempi congrui per arrivare all'aggiudicazione del servizio entro la fine dell'anno in corso.
9/4865-AR/27.Zaccaria, Levi, Naccarato, De Torre, Zampa.

La Camera,
considerato che:
a seguito degli eventi meteorologici eccezionali ed avversi dell'Ottobre e del novembre 2011, molti territori delle province di Genova, La Spezia,Massa Carrara, Livorno, Messina sono stati colpiti da drammatiche alluvioni, che hanno determinato vittime e gravi danni infrastrutturali, nonché compromesso molte attività commerciali e produttive e migliaia sono stati i danni a singoli cittadini;
con il decreto in discussione il Governo ha giustamente prorogato al 16 luglio 2012 i termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
che tale proroga potrebbe risultare insufficiente, e che con un emendamento si proponeva di prorogare fino al 31 dicembre 2012;
il lavoro di ricostruzione ad opera degli enti locali è in atto, pur nelle difficoltà di bilancio degli stessi e in tal senso è auspicabile un intervento centrale a sostegno,

impegna il Governo

a verificare nei prossimi mesi, in relazione con i Commissari delegati e i Comuni interessati lo stato dei lavori di ricostruzione e della ripresa delle attività economiche, predisponendo se necessario un ulteriore proroga dei termini degli adempimenti fiscali previsti dal decreto fino al 31 dicembre 2012.
9/4865-AR/28.Tullo, Rossa, Cassinelli, Velo, Andrea Orlando, Di Vizia, Mariani, Vico, D'Antoni, Scandroglio, Biasotti, Burtone, Antonino Russo, Marini, Zunino, Lovelli, Melandri.

La Camera,
considerato che:
a seguito degli eventi meteorologici eccezionali ed avversi dell'Ottobre e del novembre 2011, molti territori delle province di Genova, La Spezia,Massa Carrara, Livorno, Messina sono stati colpiti da drammatiche alluvioni, che hanno determinato vittime e gravi danni infrastrutturali, nonché compromesso molte attività commerciali e produttive e migliaia sono stati i danni a singoli cittadini;
con il decreto in discussione il Governo ha giustamente prorogato al 16 luglio 2012 i termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
che tale proroga potrebbe risultare insufficiente, e che con un emendamento si proponeva di prorogare fino al 31 dicembre 2012;
il lavoro di ricostruzione ad opera degli enti locali è in atto, pur nelle difficoltà di bilancio degli stessi e in tal senso è auspicabile un intervento centrale a sostegno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare nei prossimi mesi, in relazione con i Commissari delegati e i Comuni interessati lo stato dei lavori di ricostruzione e della ripresa delle attività economiche, predisponendo se necessario un ulteriore proroga dei termini degli adempimenti fiscali previsti dal decreto fino al 31 dicembre 2012.
9/4865-AR/28.(Testo modificato nel corso della seduta) Tullo, Rossa, Cassinelli, Velo, Andrea Orlando, Di Vizia, Mariani, Vico, D'Antoni, Scandroglio, Biasotti, Burtone, Antonino Russo, Marini, Zunino, Lovelli, Melandri.

La Camera,
premesso che:
la costituzione garantisce il pluralismo dell'informazione e lo stesso Presidente della Repubblica a più volte ricordato al Governo l'impegno ad adoperarsi a tutelare questo principio;
si rischia di creare in Italia una situazione di monopolio dell'informazione a vantaggio, politico ed economico, di quei «soliti noti» che manovrano dietro le quinte dei Palazzi e a detrimento del diritto - assolutamente prioritario sotto il profilo della stessa Costituzione - dell'opinione pubblica a potere «usufruire» di un libero, variegato e approfondito sistema di informazione;
nella situazione attuale, la libertà di informazione è in pericolo, in quanto si sta generando una dipendenza per molte testate, ai fini della propria sopravvivenza, dalla pubblicità; fenomeno questo che potrebbe determinare l'affermazione di situazioni di monopolio delle informazioni da parte di grandi finanziatori;
il rischio è assolutamente concreto e dunque molto urgente la necessità di porvi rimedio: sono infatti decine le testate giornalistiche, di area, affini e di partito, nell'ambito della carta stampata come pure dell'emittenza radiofonica e televisiva a rischiare a breve la chiusura, con migliaia di posti di lavoro appesi a un filo;
occorre decidere con la massima urgenza, perché le aziende editoriali interessate non sono nelle condizioni di poter chiudere i rispettivi bilanci con riferimento alle somme previste per il contributo dell'anno 2011;
la stampa italiana e scesa al 60o posto nella classifica di libertà di stampa, mentre nel 2010 era al 50o posto;
stato sottoscritto, con spirito «bipartisan», dalle varie forze politiche, un emendamento che avrebbe garantito la possibilità per i giornali e le emittenti interessate di continuare ad attingere alle risorse finanziarie previste dal fondo per l'editoria,

impegna il Governo

ad adoperarsi per ricercare i fondi necessari a garantire la sopravvivenza delle varie testate giornalistiche, di area, affini e di partito nell'ambito della carta stampata come pure dell'emittenza radiofonica e televisiva.
9/4865-AR/29.Comaroli, Giulietti, Polledri, Barbieri, Rivolta, Goisis.

La Camera,
premesso che:
in ordine al comparto agricolo, l'Assemblea ha votato e approvato un ordine del giorno con il quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità di ridurre l'aggravio fiscale sui fabbricati rurali ad uso abitativo e strumentali, determinato dall'articolo 13, del decreto-legge n. 201 del 2011;
il comparto agricolo si trova a dover fronteggiare una situazione, imprevista ed improvvida, fiscalmente insostenibile, a fronte della soppressione delle agevolazioni previste dalle normative IRPEF e ICI per i fabbricati rurali ed ai contestuali elevatissimi incrementi introdotti dalle disposizioni del suddetto articolo - pari al 60 per cento della base imponibile sui fabbricati rurali ad uso abitativo e del 30 per cento, a regime, per i fabbricati rurali strumentali - ai fini del pagamento della nuova imposta (IMU);
nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento è stato presentato, e successivamente ritirato, un emendamento che disponeva una riduzione del carico fiscale per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, con riguardo all'imposta sui terreni,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, a prevedere una riduzione degli aggravi d'imposta sui suddetti fabbricati rurali e sui terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, inserendo le misure necessarie in uno dei provvedimenti legislativi che è in procinto di adottare.
9/4865-AR/30.Di Giuseppe, Messina.

La Camera,
premesso che:
in ordine al comparto agricolo, l'Assemblea ha votato e approvato un ordine del giorno con il quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità di ridurre l'aggravio fiscale sui fabbricati rurali ad uso abitativo e strumentali, determinato dall'articolo 13, del decreto-legge n. 201 del 2011;
il comparto agricolo si trova a dover fronteggiare una situazione, imprevista ed improvvida, fiscalmente insostenibile, a fronte della soppressione delle agevolazioni previste dalle normative IRPEF e ICI per i fabbricati rurali ed ai contestuali elevatissimi incrementi introdotti dalle disposizioni del suddetto articolo - pari al 60 per cento della base imponibile sui fabbricati rurali ad uso abitativo e del 30 per cento, a regime, per i fabbricati rurali strumentali - ai fini del pagamento della nuova imposta (IMU);
nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento è stato presentato, e successivamente ritirato, un emendamento che disponeva una riduzione del carico fiscale per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, con riguardo all'imposta sui terreni,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, a valutare l'opportunità di prevedere una riduzione degli aggravi d'imposta sui suddetti fabbricati rurali e sui terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, inserendo le misure necessarie in uno dei provvedimenti legislativi che è in procinto di adottare.
9/4865-AR/30.(Testo modificato nel corso della seduta) Di Giuseppe, Messina.

La Camera,
premesso che:
l'A.C. 4865 opportunamente proroga alcuni termini di disposizioni legislative che hanno un'incidenza sull'economia;
il Paese è costretto, dalla situazione economica, di mettere ordine nei conti pubblici in modo da tranquillizzare i mercati;
il Parlamento, di recente, ha approvato un importante provvedimento proposto dal Governo presieduto dal Senatore Mario Monti, che avvia il risanamento dei conti pubblici;
è imminente l'avvio della seconda fase di promozione della crescita;
lo sviluppo per realizzarsi ha bisogno di tutte le aree del Paese;
in particolare le inutilizzate risorse del Mezzogiorno, se incentivate, possono dare un contributo decisivo;
la realizzazione del disegno di sviluppo del Mezzogiorno presuppone un coerente impegno per risolvere l'annoso problema dell'arretratezza delle infrastrutture, dei trasporti, della presenza minacciosa e oppressiva delle organizzazioni delinquenziali, dei ritardi nella costruzione delle reti immateriali e via di seguito;
il Mezzogiorno presenta al suo interno regioni più forti ed aree più deboli;
la Calabria soffre più delle altre di condizioni di debolezza nell'ordine pubblico e sicurezza, nelle infrastrutture, nei trasporti, nei servizi, eccetera;
la dotazione infrastrutturale e dei servizi in Calabria è strategica per la futura apertura di un grande mercato di scambio nel Mediterraneo, reso possibile dalla primavera Araba,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare, nei futuri programmi di investimento, la necessità di avviare a soluzione il dualismo economico del Paese, promuovendo le grandi infrastrutture, i servizi, l'alta velocità, la formazione, rinnovazione, il completamento della rete portuale e aeroportuale e garantendo un impegno costante nella repressione delle azioni eversive delle mafie. In questo quadro di considerare la Calabria con particolare attenzione.
9/4865-AR/31.Marini, Laratta, Lo Moro.

La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che siano consentite assunzioni di personale educativo scolastico anche agli enti locali che abbiano superato il limite del 50 per cento delle spese correnti (comprendendo anche il personale delle aziende in house) di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
9/4865-AR/32.Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011 ha riformato il sistema pensionistico italiano;
tale riforma è stata caratterizzata da elementi di forte iniquità, facendo pagare ai lavoratori e alle lavoratrici il costo di una crisi determinata dalle speculazioni finanziarie e da un debito pubblico estremamente pesante generato da decenni di cattiva politica;
ciò è avvenuto nonostante il sistema pensionistico italiano, a seguito delle numerose riforme che l'hanno interessato negli ultimi venti anni, fosse in equilibrio e sostenibile per molti anni;
se appare condivisibile l'applicazione del principio contributivo a tutti i lavoratori e le lavoratrici, non altrettanto lo sono le altre scelte;
si è elevata l'età anagrafica per andare in pensione di vecchia applicando una gradualità che di graduale ha poco e che potrebbe crescere ulteriormente applicando gli incrementi commisurati alla crescita delle aspettative di vita;
si sono cambiate le regole per la pensione anticipata, che ha sostituito quella di anzianità, non solo elevando l'età anagrafica, ma soprattutto portando gli anni contributivi richiesti fino a 42 per gli uomini e 41 per le donne, senza alcuna gradualità, senza tenere conto dell'età in cui la vita lavorativa delle persone è cominciata, dei progetti che ciascun lavoratore e ciascuna lavoratrice aveva fatto, senza porre vera attenzione alla diversa usura che i mestieri comportano;
è stata creata ima sorta di lotteria, ai commi 14 e 15 dell'articolo 24, che consente ad alcune lavoratrici e ad alcuni lavoratori, che si trovano in particolare condizioni lavorative, di poter andare in pensione con le vecchie regole, ma solo se sono tanto fortunati da rientrare nel tetto dei 600 mila previsti e solo se le risorse stanziate per ogni anno fino al 2019 saranno sufficienti;
nell'elenco di coloro che potranno beneficiare di questa possibilità - se di beneficio si possa parlare - sono stati dimenticati in tanti, dai lavoratori e dalle lavoratrici cosiddetti esodati, a coloro che non sono mai stati coperti o non sono più coperti da misure di sostegno al reddito in seguito alla perdita del lavoro;
in tal modo ci sono persone che dopo aver lavorato una vita intera, a causa della crisi delle proprie aziende o di un licenziamento, rimarranno anni, molti anni, senza pensione e senza stipendio; si sono create le premesse per aumentare la povertà, già a livelli record in Italia, e conservare la ricchezza nelle mani dei pochi che la detengono. Solo a dicembre la Banca d'Italia certificava che il 45 per cento della ricchezza è nelle mani del 10 per cento delle famiglie. Ma questi non sono stati significativamente toccati nella consistenza dei propri patrimoni;
il decreto legge in titolo pur essendo intervenuto in materia di penalizzazione per chi va in pensione anticipata avendone i requisiti contributivi e in materia di lavoratori esodati, non ha risolto nessuno dei due problemi, sia per i contenuti delle disposizioni e la platea dei lavoratori che beneficia, sia per le scarse o improbabili coperture individuate,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche legislative, che mettano riparo all'iniquità della riforma previdenziale contenuta nel decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, con riguardo ai lavoratori cosiddetti esodati e a coloro che per caratteristiche di età, correlate alla loro professionalità o al lavoro che svolgevano, non rientreranno più nel mercato del lavoro e nel contempo non godranno di misure di sostegno al reddito fino all'età della pensione, che la riforma ha spostato molto avanti nel tempo.
9/4865-AR/33.Borghesi, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011 ha riformato il sistema pensionistico italiano;
tale riforma è stata caratterizzata da elementi di forte iniquità, facendo pagare ai lavoratori e alle lavoratrici il costo di una crisi determinata dalle speculazioni finanziarie e da un debito pubblico estremamente pesante generato da decenni di cattiva politica;
ciò è avvenuto nonostante il sistema pensionistico italiano, a seguito delle numerose riforme che l'hanno interessato negli ultimi venti anni, fosse in equilibrio e sostenibile per molti anni;
se appare condivisibile l'applicazione del principio contributivo a tutti i lavoratori e le lavoratrici, non altrettanto lo sono le altre scelte;
si è elevata l'età anagrafica per andare in pensione di vecchia applicando una gradualità che di graduale ha poco e che potrebbe crescere ulteriormente applicando gli incrementi commisurati alla crescita delle aspettative di vita;
si sono cambiate le regole per la pensione anticipata, che ha sostituito quella di anzianità, non solo elevando l'età anagrafica, ma soprattutto portando gli anni contributivi richiesti fino a 42 per gli uomini e 41 per le donne, senza alcuna gradualità, senza tenere conto dell'età in cui la vita lavorativa delle persone è cominciata, dei progetti che ciascun lavoratore e ciascuna lavoratrice aveva fatto, senza porre vera attenzione alla diversa usura che i mestieri comportano;
è stata creata ima sorta di lotteria, ai commi 14 e 15 dell'articolo 24, che consente ad alcune lavoratrici e ad alcuni lavoratori, che si trovano in particolare condizioni lavorative, di poter andare in pensione con le vecchie regole, ma solo se sono tanto fortunati da rientrare nel tetto dei 600 mila previsti e solo se le risorse stanziate per ogni anno fino al 2019 saranno sufficienti;
nell'elenco di coloro che potranno beneficiare di questa possibilità - se di beneficio si possa parlare - sono stati dimenticati in tanti, dai lavoratori e dalle lavoratrici cosiddetti esodati, a coloro che non sono mai stati coperti o non sono più coperti da misure di sostegno al reddito in seguito alla perdita del lavoro;
in tal modo ci sono persone che dopo aver lavorato una vita intera, a causa della crisi delle proprie aziende o di un licenziamento, rimarranno anni, molti anni, senza pensione e senza stipendio; si sono create le premesse per aumentare la povertà, già a livelli record in Italia, e conservare la ricchezza nelle mani dei pochi che la detengono. Solo a dicembre la Banca d'Italia certificava che il 45 per cento della ricchezza è nelle mani del 10 per cento delle famiglie. Ma questi non sono stati significativamente toccati nella consistenza dei propri patrimoni;
il decreto legge in titolo pur essendo intervenuto in materia di penalizzazione per chi va in pensione anticipata avendone i requisiti contributivi e in materia di lavoratori esodati, non ha risolto nessuno dei due problemi, sia per i contenuti delle disposizioni e la platea dei lavoratori che beneficia, sia per le scarse o improbabili coperture individuate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche legislative, che mettano riparo all'iniquità della riforma previdenziale contenuta nel decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, con riguardo ai lavoratori cosiddetti esodati e a coloro che per caratteristiche di età, correlate alla loro professionalità o al lavoro che svolgevano, non rientreranno più nel mercato del lavoro e nel contempo non godranno di misure di sostegno al reddito fino all'età della pensione, che la riforma ha spostato molto avanti nel tempo.
9/4865-AR/33.(Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Paladini.

La Camera,
considerato che:
non accenna a placarsi la protesta organizzata dagli auto trasportatori siciliani aderenti alle sigle Aias e Aitras iniziata il 16 gennaio e denominata «Operazione Vespri Siciliani»; ad essa hanno aderito i lavoratori che aderiscono al movimento «Forza d'Urto», insieme agli agricoltori del «Movimento dei Forconi. L'organizzazione della protesta ha avuto una particolare cassa di risonanza su internet, e sui social network, come dimostra la pagina del «Movimento dei Forconi», movimento di agricoltori, allevatori e autotrasportatori, che rivolge una vera e propria chiamata all'azione a quanti sono «stanchi del disinteresse» e «del maltrattamento da parte delle istituzioni»;
dopo pochi giorni il blocco dei TIR ha prodotti i suoi effetti: supermarket semivuoti, distributori di carburante, rifornimenti d'emergenza per i servizi essenziali; autotrasportatori,agricoltori e pescatori hanno presidiato autostrade e strade porti e tangenziali, rallentando la circolazione per distribuire volantini impedendo i rifornimenti a grandi magazzini, industrie, distributori di benzina;
ben presto alle iniziali rivendicazioni - riduzione del costo del carburante, dell'energia elettrica e dei pedaggi autostradali - si è aggiunto il malessere sociale dovuto all'aumento delle tasse, alla crisi economica, al calo dei consumi, alle procedure di recupero fiscale e contributivo di Equitalia-Serit. Dopo alcuni giorni le richieste si sono fatte più precise: , il blocco dei prodotti agricoli provenienti dalla Cina e dai Paesi esteri; costo dell'energia elettrica a 0,030 euro; prezzo del gasolio e della benzina a 0,70 euro; riduzione dell'IMU sui terreni agricoli; attuazione dello Statuto siciliano; rimodulazione del programma, per lo sviluppo regionale (Psr); blocco delle cartelle esattoriali;
il blocco dei trasporti in Sicilia ha ben presto prodotto effetti devastanti sull'attività di centinaia di aziende agricole e la sospensione dal lavoro di migliaia di operai del settore agricolo della regione, con ripercussioni pesanti su tutta la filiera alimentare anche nel resto del paese; tonnellate di frutta e verdura stanno marcendo in quanto non riescono a raggiungere i negozi, le vasche di raccolta del latte ormai piene, rendono impossibile le consegne dalle stalle, con perdite notevoli per i produttori e disagi a danno dei consumatori; in pochi giorni la quantificazione dei danni ha raggiunto i 500 milioni di euro;
in analoga situazione si trova il settore della pesca, afflitto dalla crescita esponenziale dei costi di gestione, dalla diminuzione del pescato e dalla concorrenza sleale che offre sui mercati prodotti non conformi alle norme igienico sanitarie e di dubbia provenienza;
come se gran parte del Paese aspettasse un segnale, il 23 gennaio la protesta si è estesa in ampie aree della nazione, in tutta Italia si sono registrati incolonnamenti su strade ed autostrade, in alcune regioni le proteste hanno portato alla chiusura dei caselli: in Lazio Sulla Al, nel tratto Roma-Napoli, sono chiusi i caselli di Frosinone e Anagni; in Puglia sulla Al 4 Bologna-Taranto sono bloccate le entrate di Poggio Imperiale, San Severo, Foggia e Andria; in Emilia Romagna sulla A14 è off limits il casello di Cesena; e nelle Marche il fermo riguarda i caselli di San Benedetto del Tronto, Porto Sant'Elpidio, Civitanova Marche e Ancona Sud. A Napoli in città bloccati gli accessi e le uscite per e da l'A3;
in Sardegna dove agricoltori e pescatori vivono in una situazione analoga a quella della Sicilia le proteste sono state particolarmente accese con blocchi sulle principali strade dell'Isola, sit-in davanti alla Saras di Sarroch e presidio al Porto canale di Cagliari; il 25 gennaio il movimento di protesta sardo composto dal Movimento artigiani e commercianti liberi, il Movimento pastori sardi, gli autotrasportatori di Sardegna in Movimento, i gruppi anti-Equitalia, gli indipendentisti di Sardigna Natzione e dell'Irs ha occupato 81 comuni dell'isola;
le accuse di infiltrazione di elementi della malavita organizzata, infiltrazione sempre possibile nei movimenti di popolo, non devono stornare lo sguardo del Parlamento dal crescente malessere popolare ed in particolare delle fasce più colpite dalla crisi: agricoltori, pescatori, trasportatori e operai delle regioni Meridionali e dai conseguenti rischi per la democrazia che ne possono derivare;
d'altro canto va stigmatizzata qualsiasi pratica della violenza, nonché l'uso indiscriminato dei blocchi stradali, che si risolvono in danno dei cittadini e delle stesse categorie manifestanti, essendo viceversa necessario individuare modalità di confronto, anche aspro, ma inquadrato nelle regole democratiche,

impegna il Governo:

a dichiarare lo stato di emergenza per le imprese di autotrasporto, agricoltura e pesca della Regione Sicilia;
a predisporre quanto prima disposizioni per la piena attuazione agli articoli 37, sul versamento alla Regione Sicilia delle imposte sui redditi prodotti in Sicilia dalle imprese che hanno stabilimenti ed impianti nel territorio della Regione e 38 sul contributo di solidarietà nazionale, dello Statuto della Regione Siciliana;
ad adoperarsi in sede comunitaria per la valorizzazione della pesca Mediterranea, che risulta penalizzata, sia sotto forma di sostegni, che per quel che riguarda i limiti di cattura e di taglia del pescato, rispetto alla pesca atlantica;
in sede di conversione del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 concernente disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività;
a valutare la possibilità di ridurre il prezzo dell'energia elettrica e dei carbo-lubrificanti per le imprese operanti nei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'autotrasporto;
a valutare la possibilità di disporre al 2013 la proroga dei termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in scadenza nell'anno 2012;
a valutare la possibilità di sospendere i procedimenti e i giudizi pendenti relativi ad adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in Sicilia e Sardegna;
ad introdurre disposizioni che incrementi i redditi agricoli tramite il contrasto alle infiltrazioni della malavita organizzata nella filiera produttiva e l'introduzione di norme volte a contrastare la concorrenza sleale e la competizione impari con i prodotti alimentari della Cina, del nord Africa o della Turchia;
ad introdurre disposizioni volte a sbloccare i fondi comunitari destinati allo sviluppo e al sostegno dell'agricoltura e della pesca.
9/4865-AR/34.Capodicasa, Commercio, Fallica, Genovese, Lo Presti, Marinello.

La Camera,
considerato che:
non accenna a placarsi la protesta organizzata dagli auto trasportatori siciliani aderenti alle sigle Aias e Aitras iniziata il 16 gennaio e denominata «Operazione Vespri Siciliani»; ad essa hanno aderito i lavoratori che aderiscono al movimento «Forza d'Urto», insieme agli agricoltori del «Movimento dei Forconi. L'organizzazione della protesta ha avuto una particolare cassa di risonanza su internet, e sui social network, come dimostra la pagina del «Movimento dei Forconi», movimento di agricoltori, allevatori e autotrasportatori, che rivolge una vera e propria chiamata all'azione a quanti sono «stanchi del disinteresse» e «del maltrattamento da parte delle istituzioni»;
dopo pochi giorni il blocco dei TIR ha prodotti i suoi effetti: supermarket semivuoti, distributori di carburante, rifornimenti d'emergenza per i servizi essenziali; autotrasportatori,agricoltori e pescatori hanno presidiato autostrade e strade porti e tangenziali, rallentando la circolazione per distribuire volantini impedendo i rifornimenti a grandi magazzini, industrie, distributori di benzina;
ben presto alle iniziali rivendicazioni - riduzione del costo del carburante, dell'energia elettrica e dei pedaggi autostradali - si è aggiunto il malessere sociale dovuto all'aumento delle tasse, alla crisi economica, al calo dei consumi, alle procedure di recupero fiscale e contributivo di Equitalia-Serit. Dopo alcuni giorni le richieste si sono fatte più precise: , il blocco dei prodotti agricoli provenienti dalla Cina e dai Paesi esteri; costo dell'energia elettrica a 0,030 euro; prezzo del gasolio e della benzina a 0,70 euro; riduzione dell'IMU sui terreni agricoli; attuazione dello Statuto siciliano; rimodulazione del programma, per lo sviluppo regionale (Psr); blocco delle cartelle esattoriali;
il blocco dei trasporti in Sicilia ha ben presto prodotto effetti devastanti sull'attività di centinaia di aziende agricole e la sospensione dal lavoro di migliaia di operai del settore agricolo della regione, con ripercussioni pesanti su tutta la filiera alimentare anche nel resto del paese; tonnellate di frutta e verdura stanno marcendo in quanto non riescono a raggiungere i negozi, le vasche di raccolta del latte ormai piene, rendono impossibile le consegne dalle stalle, con perdite notevoli per i produttori e disagi a danno dei consumatori; in pochi giorni la quantificazione dei danni ha raggiunto i 500 milioni di euro;
in analoga situazione si trova il settore della pesca, afflitto dalla crescita esponenziale dei costi di gestione, dalla diminuzione del pescato e dalla concorrenza sleale che offre sui mercati prodotti non conformi alle norme igienico sanitarie e di dubbia provenienza;
come se gran parte del Paese aspettasse un segnale, il 23 gennaio la protesta si è estesa in ampie aree della nazione, in tutta Italia si sono registrati incolonnamenti su strade ed autostrade, in alcune regioni le proteste hanno portato alla chiusura dei caselli: in Lazio Sulla Al, nel tratto Roma-Napoli, sono chiusi i caselli di Frosinone e Anagni; in Puglia sulla Al 4 Bologna-Taranto sono bloccate le entrate di Poggio Imperiale, San Severo, Foggia e Andria; in Emilia Romagna sulla A14 è off limits il casello di Cesena; e nelle Marche il fermo riguarda i caselli di San Benedetto del Tronto, Porto Sant'Elpidio, Civitanova Marche e Ancona Sud. A Napoli in città bloccati gli accessi e le uscite per e da l'A3;
in Sardegna dove agricoltori e pescatori vivono in una situazione analoga a quella della Sicilia le proteste sono state particolarmente accese con blocchi sulle principali strade dell'Isola, sit-in davanti alla Saras di Sarroch e presidio al Porto canale di Cagliari; il 25 gennaio il movimento di protesta sardo composto dal Movimento artigiani e commercianti liberi, il Movimento pastori sardi, gli autotrasportatori di Sardegna in Movimento, i gruppi anti-Equitalia, gli indipendentisti di Sardigna Natzione e dell'Irs ha occupato 81 comuni dell'isola;
le accuse di infiltrazione di elementi della malavita organizzata, infiltrazione sempre possibile nei movimenti di popolo, non devono stornare lo sguardo del Parlamento dal crescente malessere popolare ed in particolare delle fasce più colpite dalla crisi: agricoltori, pescatori, trasportatori e operai delle regioni Meridionali e dai conseguenti rischi per la democrazia che ne possono derivare;
d'altro canto va stigmatizzata qualsiasi pratica della violenza, nonché l'uso indiscriminato dei blocchi stradali, che si risolvono in danno dei cittadini e delle stesse categorie manifestanti, essendo viceversa necessario individuare modalità di confronto, anche aspro, ma inquadrato nelle regole democratiche,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di dichiarare lo stato di emergenza per le imprese di autotrasporto, agricoltura e pesca della Regione Sicilia;
di predisporre quanto prima disposizioni per la piena attuazione agli articoli 37, sul versamento alla Regione Sicilia delle imposte sui redditi prodotti in Sicilia dalle imprese che hanno stabilimenti ed impianti nel territorio della Regione e 38 sul contributo di solidarietà nazionale, dello Statuto della Regione Siciliana;
di adoperarsi in sede comunitaria per la valorizzazione della pesca Mediterranea, che risulta penalizzata, sia sotto forma di sostegni, che per quel che riguarda i limiti di cattura e di taglia del pescato, rispetto alla pesca atlantica;
in sede di conversione del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 concernente disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività;
di valutare la possibilità di ridurre il prezzo dell'energia elettrica e dei carbo-lubrificanti per le imprese operanti nei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'autotrasporto;
di valutare la possibilità di disporre al 2013 la proroga dei termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in scadenza nell'anno 2012;
di valutare la possibilità di sospendere i procedimenti e i giudizi pendenti relativi ad adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in Sicilia e Sardegna;
di introdurre disposizioni che incrementi i redditi agricoli tramite il contrasto alle infiltrazioni della malavita organizzata nella filiera produttiva e l'introduzione di norme volte a contrastare la concorrenza sleale e la competizione impari con i prodotti alimentari della Cina, del nord Africa o della Turchia;
di introdurre disposizioni volte a sbloccare i fondi comunitari destinati allo sviluppo e al sostegno dell'agricoltura e della pesca.
9/4865-AR/34.(Testo modificato nel corso della seduta) Capodicasa, Commercio, Fallica, Genovese, Lo Presti, Marinello.

La Camera,
premesso che:
in sede di Commissioni referenti riunite è stata approvata, all'articolo 6 del decreto legge 29 dicembre 2011 n, 216, un emendamento (comma 2-quater) che prevede la mancata applicazione della riduzione percentuale sui trattamenti pensionistici, di cui all'articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo del decreto legge n. 201 del 2011, ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la predetta anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria;
secondo i dati degli Istituti previdenziali, i tre quarti dei lavoratori che attualmente usufruiscono del pensionamento di anzianità si avvalgono del canale che richiede soltanto il prescritto requisito contributivo a prescindere da qualunque requisito anagrafico;
vi è una concreta possibilità che si riscontri, in rilevante misura fino a tutto il 2017, un esodo anticipato di soggetti con un'età inferiore ai 62 anni o ancora più ridotta, tanto da incidere sugli effetti complessivi della riforma,

impegna il Governo

a predisporre un'attenta e puntuale azione di monitoraggio degli andamenti del pensionamento anticipato al fine di valutare, ove del caso, nuovi provvedimenti correttivi.
9/4865-AR/35.Cazzola.

La Camera,
premesso che:
in assenza di nuove e appropriate normative in materia, l'usuale annuale proroga dei termini per il pagamento delle sanzioni dovute da singoli candidati, partiti e raggruppamenti politici alle amministrazioni comunali per violazione degli spazi di affissione durante le campagne elettorali per il rinnovo degli organi rappresentativi delle amministrazioni locali, regionali, dei Parlamenti europeo e nazionale, non ha trovato ad oggi adeguata risposta normativa;
la conseguenza di quanto sopra richiamato può determinare il realizzarsi di un'altissima quantità di contenziosi, nonché la lievitazione di somme che i Comuni rischiamo di non incamerare, diversamente da quanto nelle previsioni di bilancio questi ultimi abbiano contemplato;
anche al fine di garantire che le risorse attese dai Comuni relative al pagamento delle sanzioni sopra richiamate possano effettivamente rappresentare una fonte certa di entrata per gli enti locali;
la riconducibilità ai responsabili delle omissioni delle norme che regolano le affissioni è certa ed accertabile, poiché i committenti responsabili e i candidati sono essi stessi riconducibili ad una appartenenza ad un partito o raggruppamento politico nazionale al quale è in ultima istanza possibile riportare la responsabilità di tipo amministrativo qualora le somme dovute in prima istanza non dovessero dai committenti e dai candidati medesimi risultare versate nei tempi e secondo le modalità previsti dalla normativa vigente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento di legge utile, una norma che consenta ai Comuni di recuperare le somme non versate dai candidati, dai partiti, e dai raggruppamenti politici, autorizzando l'amministrazione centrale dello Stato a trattenere all'origine dalla voce di bilancio relativa al rimborso elettorale per le elezioni europee, nazionali e regionali prevista per i partiti e per i raggruppamenti politici una quota pari al 2 per cento del totale, istituendo un apposito fondo al quale i Comuni, su richiesta documentata, possano attingere al fine di dispone di entrate certe equivalenti ai mancati introiti in materia di sanzioni per affissioni abusive e irregolari intervenute nel corso delle campagne elettorali, prevedendo inoltre che la medesima ritenuta all'origine delle somme dovute possa determinare l'estinzione delle sanzioni non onorate dagli interessati responsabili, così recuperando le risorse per le sanzioni previste, e non introitate dalle amministrazioni comunali, attraverso un meccanismo che chiama in causa in ultima istanza gli organi nazionali dei partiti e dei raggruppamenti politici di riferimento dei candidati e dei committenti responsabili sanzionati e inadempienti, a ristoro delle infrazioni registratesi nell'ambito delle richiamate affissioni irregolari e delle relative somme in prima istanza non riscosse dalle amministrazioni locali per mezzo dei committenti responsabili e dei candidati ai quali sono state indirizzate e comminate le sanzioni di cui sopra.
9/4865-AR/36.Quartiani, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 all'esame della Camera, come modificato nel corso dell'esame in Commissione, interviene in materia di proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti e, in particolare, in tema di proroghe di concessioni;
l'articolo 2, comma 202, lettera b) della legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191) come sostituito dall'articolo 47, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto che l'Anas S.p.A., entro il 31 dicembre 2010, avviasse le procedure ad evidenza pubblica per l'individuazione dei nuovi concessionari per le tratte autostradali in concessione in scadenza al 31 dicembre 2014;
la disposizione sopra richiamata interesserà anche l'autostrada A22 Modena-Brennero, attualmente in gestione alla società Autostrade del Brennero spa, società partecipata dalla regione Trentino-Alto Adige e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, che vedrà scadere la propria concessione entro il 2014, le quali, secondo quanto disposto dall'articolo 55, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, destinano una quota prevalente dei proventi realizzati con i pedaggi per il rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria del Brennero e la realizzazione delle relative gallerie;
essendo note le attuali difficoltà inerenti al bando di gara europeo già pubblicato il 12 settembre 2011 per l'affidamento della concessione della A22, relative in particolare a contenziosi che si sono aperti in seguito, sarebbe necessario prorogarne ulteriormente il termine,

impegna il Governo

a prorogare al 31 dicembre 2012 il termine di cui all'articolo 8-duodecies comma 2-bis del decreto-legge n. 59 del 2008 convertito con modificazioni della legge 6 giugno 2008 n. 101 al fine di assumere le decisioni più opportune per garantire la realizzazione di un'opera infrastrutturale decisiva per lo sviluppo del paese.
9/4865-AR/37.Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 all'esame della Camera, come modificato nel corso dell'esame in Commissione, interviene in materia di proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti e, in particolare, in tema di proroghe di concessioni;
l'articolo 2, comma 202, lettera b) della legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191) come sostituito dall'articolo 47, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto che l'Anas S.p.A., entro il 31 dicembre 2010, avviasse le procedure ad evidenza pubblica per l'individuazione dei nuovi concessionari per le tratte autostradali in concessione in scadenza al 31 dicembre 2014;
la disposizione sopra richiamata interesserà anche l'autostrada A22 Modena-Brennero, attualmente in gestione alla società Autostrade del Brennero spa, società partecipata dalla regione Trentino-Alto Adige e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, che vedrà scadere la propria concessione entro il 2014, le quali, secondo quanto disposto dall'articolo 55, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, destinano una quota prevalente dei proventi realizzati con i pedaggi per il rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria del Brennero e la realizzazione delle relative gallerie;
essendo note le attuali difficoltà inerenti al bando di gara europeo già pubblicato il 12 settembre 2011 per l'affidamento della concessione della A22, relative in particolare a contenziosi che si sono aperti in seguito, sarebbe necessario prorogarne ulteriormente il termine,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare al 31 dicembre 2012 il termine di cui all'articolo 8-duodecies comma 2-bis del decreto-legge n. 59 del 2008 convertito con modificazioni della legge 6 giugno 2008 n. 101 al fine di assumere le decisioni più opportune per garantire la realizzazione di un'opera infrastrutturale decisiva per lo sviluppo del paese.
9/4865-AR/37.(Testo modificato nel corso della seduta) Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, commi 7-8, del decreto-legge in esame dispone l'ulteriore differimento, dal 31 marzo 2011 al il dicembre 2012, del termine indicato dalla normativa vigente per completare gli adempimenti in materia di prevenzione incendi relativi alla messa a norma delle strutture ricettive turistiche alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994;
la norma proroga al 31 dicembre 2012 il termine fissato per completare, ai sensi dell'articolo 23, comma 9, del decreto-legge del 1o luglio 2009, n. 78, gli adempimenti in materia di prevenzione incendi relativi alla messa a norma delle strutture alberghiere, che siano ammesse, a domanda, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto ministeriale, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in questione;
il termine di proroga stabilito dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, per il completo adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi non risulta essere compatibile con l'entità dei lavori, di tipo strutturale, che devono essere effettuati;
il decreto-legge fa riferimento ad un piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno e sarebbe il caso di commisurare il termine alla durata del suddetto piano straordinario,

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente il termine di cui all'articolo 15, commi 7-8, di due anni al fine di concedere alle strutture ricettive turistico alberghiere il tempo necessario per il completo adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e a delegare il Ministero dell'interno, provvedendo ad una loro semplificazione per quanto attiene le strutture con un massimo di 50 posti letto, in conformità ai metodi di gestione della sicurezza che si vanno affermando in Europa.
9/4865-AR/38.Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, commi 7-8, del decreto-legge in esame dispone l'ulteriore differimento, dal 31 marzo 2011 al il dicembre 2012, del termine indicato dalla normativa vigente per completare gli adempimenti in materia di prevenzione incendi relativi alla messa a norma delle strutture ricettive turistiche alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994;
la norma proroga al 31 dicembre 2012 il termine fissato per completare, ai sensi dell'articolo 23, comma 9, del decreto-legge del 1o luglio 2009, n. 78, gli adempimenti in materia di prevenzione incendi relativi alla messa a norma delle strutture alberghiere, che siano ammesse, a domanda, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto ministeriale, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in questione;
il termine di proroga stabilito dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, per il completo adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi non risulta essere compatibile con l'entità dei lavori, di tipo strutturale, che devono essere effettuati;
il decreto-legge fa riferimento ad un piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno e sarebbe il caso di commisurare il termine alla durata del suddetto piano straordinario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente il termine di cui all'articolo 15, commi 7-8, di due anni al fine di concedere alle strutture ricettive turistico alberghiere il tempo necessario per il completo adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e a delegare il Ministero dell'interno, provvedendo ad una loro semplificazione per quanto attiene le strutture con un massimo di 50 posti letto, in conformità ai metodi di gestione della sicurezza che si vanno affermando in Europa.
9/4865-AR/38.(Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 8, del decreto-legge in esame, come modificato nel corso dell'esame in Commissione, proroga l'efficacia delle domande di variazione della categoria catastale dei fabbricati volte al riconoscimento della ruralità degli immobili a fini fiscali, purché siano inoltrate entro il 30 giugno 2012;
è bene ricordare che il decreto-legge 201 del 2011, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, abrogando espressamente la procedura prevista con la precedente manovra estiva, di cui all'articolo 7, commi da 2-bis a 2-ter, del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha introdotto una specifica procedura per la modifica della categoria catastale degli immobili, volta al riconoscimento del carattere rurale dei fabbricati, attraverso la nuova disciplina prevista dall'articolo 13, commi da 14-bis a 14-quater, creando in tal modo grandi incertezze per i soggetti interessati dalla nuova normativa che, nell'arco di pochi mesi, hanno visto sovrapporsi norme del tutto eterogenee;
ai sensi del comma 14-bis del decreto-legge 201 del 2011, le domande di variazione della categoria catastale volte al riconoscimento della ruralità degli immobili, presentate anche dopo il 30 settembre 2011, e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo, con un decreto ministeriale verranno stabilite le modalità di inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo;
ai sensi del comma 14-ter, è fatto obbligo di dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal regolamento in materia di automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari (decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701),

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente il termine di cui all'articolo 29, comma 8, al 30 novembre 2012, uniformandolo così al termine previsto nel comma 14-ter dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha disciplinato entro questa stessa data, l'obbligo di dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni, al fine di agevolare i proprietari di fabbricati rurali interessati dai recenti e ripetuti cambiamenti normativi.
9/4865-AR/39.Nicco, Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 8, del decreto-legge in esame, come modificato nel corso dell'esame in Commissione, proroga l'efficacia delle domande di variazione della categoria catastale dei fabbricati volte al riconoscimento della ruralità degli immobili a fini fiscali, purché siano inoltrate entro il 30 giugno 2012;
è bene ricordare che il decreto-legge 201 del 2011, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, abrogando espressamente la procedura prevista con la precedente manovra estiva, di cui all'articolo 7, commi da 2-bis a 2-ter, del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha introdotto una specifica procedura per la modifica della categoria catastale degli immobili, volta al riconoscimento del carattere rurale dei fabbricati, attraverso la nuova disciplina prevista dall'articolo 13, commi da 14-bis a 14-quater, creando in tal modo grandi incertezze per i soggetti interessati dalla nuova normativa che, nell'arco di pochi mesi, hanno visto sovrapporsi norme del tutto eterogenee;
ai sensi del comma 14-bis del decreto-legge 201 del 2011, le domande di variazione della categoria catastale volte al riconoscimento della ruralità degli immobili, presentate anche dopo il 30 settembre 2011, e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo, con un decreto ministeriale verranno stabilite le modalità di inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo;
ai sensi del comma 14-ter, è fatto obbligo di dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal regolamento in materia di automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari (decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente il termine di cui all'articolo 29, comma 8, al 30 novembre 2012, uniformandolo così al termine previsto nel comma 14-ter dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha disciplinato entro questa stessa data, l'obbligo di dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni, al fine di agevolare i proprietari di fabbricati rurali interessati dai recenti e ripetuti cambiamenti normativi.
9/4865-AR/39.(Testo modificato nel corso della seduta) Nicco, Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-quater, dell'articolo 6 del decreto-legge in esame, così come modificato dalla Commissione, modifica l'articolo 24, comma 14, lettera e) del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha disposto l'applicazione delle disposizioni previgenti in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici (cosiddette «finestre»), tra gli altri, ai lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi individuali o collettivi, stipulati entro la data del 4 dicembre 2011, il diritto di accesso ai Fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996;
le situazioni che consentono di usufruire della contribuzione figurativa non si esauriscono in quelle previste dal comma in esame, ma interessano altre fattispecie, tra cui anche i lavoratori cessati dal servizio in base ad accordi stipulati con la loro azienda, relativi all'esodo incentivato in attesa di pensione;
il caso esemplificativo è proprio quello di Poste Italiane che nel 2011 ha proceduto, a seguito di accordi di ristrutturazione con le organizzazioni sindacali di categoria siglati anche in anni precedenti, a ricercare, attraverso l'istituto degli «esodi incentivati», il consenso dei lavoratori alla risoluzione del rapporto di lavoro al fine di ridurre il numero delle eccedenze occupazionali con un impatto su circa 5.000 lavoratori esodati;
nonostante un lungo dibattito, nel corso dell'iter del provvedimento, su alcune proposte emendative presentate in merito non è stato possibile correggere questa disparità di trattamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere attraverso ulteriori iniziative normative anche ai lavoratori delle società totalmente partecipate dallo Stato, l'efficacia delle disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, già prevista per alcune specifiche fattispecie di lavoratori.
9/4865-AR/40.Ciccanti, Poli.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'iter del provvedimento è stato approvato un emendamento che sospende fino al 16 luglio 2012 i termini degli adempimenti e dei versamenti tributari, previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, in scadenza, per i soggetti interessati dagli eventi alluvionali verificatisi nella provincia di Messina il 22 novembre scorso;
tale intervento si è reso necessario per venire incontro alle medesime richieste che furono avanzate dalle province di La Spezia, Genova e Massa Carrara, cui si sono aggiunte in questa sede quelle della provincia di Livorno;
tuttavia, l'emergenza dopo le alluvioni e le frane non è ancora rientrata e risultano ancora in condizioni critiche i comuni maggiormente colpiti dagli eventi eccezionali del 22 novembre;
si rileva la necessità di interventi significativi nel settore della viabilità, atteso che frazioni e interi quartieri dei comuni interessati risulterebbero ancora isolati, ma le richieste più urgenti riguardano il recupero ed il ripristino di impianti di depurazione, della rete fognaria e delle condotte di smaltimento delle acque piovane, per le ovvie implicazione di carattere igienico sanitario,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di contenimento della spesa pubblica e qualora si rendessero risorse aggiuntive, a sostenere con adeguati interventi, anche di tipo finanziario, i comuni alluvionati della provincia di Messina nell'opera di ricostruzione e ripristino delle infrastrutture primarie.
9/4865-AR/41.Naro.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'iter del provvedimento è stato approvato un emendamento che sospende fino al 16 luglio 2012 i termini degli adempimenti e dei versamenti tributari, previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, in scadenza, per i soggetti interessati dagli eventi alluvionali verificatisi nella provincia di Messina il 22 novembre scorso;
tale intervento si è reso necessario per venire incontro alle medesime richieste che furono avanzate dalle province di La Spezia, Genova e Massa Carrara, cui si sono aggiunte in questa sede quelle della provincia di Livorno;
tuttavia, l'emergenza dopo le alluvioni e le frane non è ancora rientrata e risultano ancora in condizioni critiche i comuni maggiormente colpiti dagli eventi eccezionali del 22 novembre;
si rileva la necessità di interventi significativi nel settore della viabilità, atteso che frazioni e interi quartieri dei comuni interessati risulterebbero ancora isolati, ma le richieste più urgenti riguardano il recupero ed il ripristino di impianti di depurazione, della rete fognaria e delle condotte di smaltimento delle acque piovane, per le ovvie implicazione di carattere igienico sanitario,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di contenimento della spesa pubblica e qualora si rendessero risorse aggiuntive, a valutare l'opportunità di sostenere con adeguati interventi, anche di tipo finanziario, i comuni alluvionati della provincia di Messina nell'opera di ricostruzione e ripristino delle infrastrutture primarie.
9/4865-AR/41.(Testo modificato nel corso della seduta) Naro.

La Camera,
premesso che:
dopo le precedenti proroghe, l'articolo 15, comma 1 del provvedimento ha ulteriormente rinnovato di sei mesi il termine di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, concernente i contratti a tempo determinato delle 650 unità di personale impiegate presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture-uffici territoriali del Governo e presso gli uffici immigrazione delle questure;
con questa ultima proroga il Governo ha garantito la piena operatività degli uffici competenti allo svolgimento delle delicate funzioni in materia di immigrazione, uffici che, già fortemente impegnati nel completamento delle complesse procedure di emersione del lavoro irregolare, saranno ulteriormente impegnati nell'attuazione dell'accordo di integrazione, la cui entrata in vigore dal marzo 2012 richiederà uno straordinario sforzo organizzativo, con il determinante apporto della matura esperienza professionale ormai acquisita dal personale interessato;
la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'operazione viene assicurata a carico del fondo di riassegnazione istituito dalla recente legge di stabilità 2012,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con i vincoli di bilancio, di procedere alla definitiva stabilizzazione e alla trasformazione dei contratti in parola in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, evitando in tal modo di disperdere un patrimonio di know how e professionalità specifica, maturato in anni di lavoro precario ed esperienza sul campo.
9/4865-AR/42.Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il comma 3 dell'articolo 13 decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha stabilito l'incompatibilità tra mandato parlamentare nazionale e qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 5.000 abitanti;
non si ritiene ragionevole l'aver invocato il conflitto di interessi quale motivazione di tale scelta mentre sono stimabili gli effetti negativi in termini di aggravio di spesa per i bilanci degli enti locali che la nuova norma produrrà atteso che attualmente vige il divieto di cumulo sia per le indennità che per i gettoni di presenza per coloro che ricoprono il doppio incarico di sindaco e parlamentare;
appare inoltre penalizzante e discriminatorio sollecitare la scelta per quei sindaci di comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti eletti in un momento in cui non era prevista alcuna incompatibilità dall'ordinamento,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di modificare la norma in premessa ripristinando il limite previgente dei 20.000 abitanti oltre il quale la carica dell'organo di governo monocratico elettivo è considerata incompatibile con le cariche parlamentare nazionale, anche in considerazioni dei risparmi che ne conseguirebbero per l'ente locale medesimo.
9/4865-AR/43.Cera.

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, con la decisione C(2009) 5497 del 13 luglio 2009, ha ritenuto incompatibile con la normativa dell'Unione in materia di aiuti di Stato le disposizioni italiane che prevedevano l'esenzione totale dall'accisa per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre;
il venir meno dell'agevolazione ha già prodotto conseguenze negative soprattutto per il settore florovivaistico che, peraltro, non usufruisce di integrazioni finanziarie da parte dell'Unione, in termini di contrazioni delle esportazioni e di perdita di competitività;
nonostante il Ministero delle politiche agricole abbia più volte proposto una riduzione dell'accisa sul gasolio destinato al riscaldamento delle serre fino al livello minimo di imposizione definito dalla direttiva 2003/96/CE (pari a 21 euro per 1.000 litri) per le imprese agricole che si impegnassero a rispettare, nell'arco di 10 anni, una progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali, attualmente al gasolio utilizzato per gli impieghi in questione si applica la stessa accisa prevista per tutti i carburanti fossili destinati ai medesimi usi, pari al 22 per cento dell'accisa ordinaria, a condizione che i richiedenti siano imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese;
per finanziare l'introduzione della ricordata imposizione, conforme alla normativa comunitaria sulla tassazione dei prodotti energetici e tenendo conto dei dati relativi all'approvvigionamento di gasolio forniti dall'Agenzia delle dogane, sarebbe necessaria una dotazione finanziaria annua pari a 17 milioni di euro;
se si circoscrive il predetto intervento ai soggetti «professionali» per i quali l'attività imprenditoriale agricola costituisce l'esclusivo o comunque il prevalente fattore produttivo, da individuare nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella gestione previdenziale ed assistenziale agricola, l'onere derivante per coprire la minore entrata si riduce a 7 milioni di euro;
la Commissione europea, al fine di promuovere l'uso di carburanti di origine agricola e di rendere i biocarburanti più competitivi rispetto ai carburanti di origine fossile, ha recentemente stabilito la compatibilità, con il mercato comune, dell'esenzione dall'accisa sugli oli vegetali;
lo scorso 13 aprile, la Commissione UE ha adottato una proposta di revisione della Direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario della tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità;
tra le misure proposte, a conferma della fattibilità della indicata riduzione, si prevede la ristrutturazione della base imponibile dell'accisa (con l'introduzione di una componente di tassazione commisurata alle emissioni di CO2 e l'utilizzo del contenuto energetico del singolo prodotto per il calcolo della componente relativa al consumo energetico);
la manovra economica di dicembre colpisce le imprese sotto l'aspetto dei costi di produzione legati all'approvvigionamento del gasolio, in continua ascesa da due anni, che costerà in media circa 5 mila euro ad azienda agricola;
l'aspetto più negativo è quello dell'incremento delle accise dei prodotti petroliferi: una misura severa per i cittadini, ma addirittura inclemente con gli agricoltori, che in questi ultimi due anni hanno visto aumentare il prezzo del gasolio agricolo del 130 per cento, passando dallo 0,49 euro del gennaio 2010 agli attuali 1,13 euro e concentrando questa ascesa soprattutto nel 2011, quando è cresciuto del 43 per cento, contro la maggiorazione del 21 per cento registrata nel 2010;
tutto ciò, tradotto in termini di bilancio aziendale, vuol dire che ogni impresa in questi due anni ha speso in media 5 mila euro in più per utilizzare le attrezzature agricole o per riscaldare le serre, per un totale di 2 miliardi di euro solo nel 2011. Costo che quest'anno, visti i rimbalzi giornalieri del prezzo del carburante, potrà raggiungere i 2,6 miliardi di euro. Basti pensare, infatti, che il rincaro di un centesimo al litro di carburante agricolo corrisponde a una spesa aggiuntiva di 100 euro per azienda,

impegna il Governo

a definire con urgenza un intervento per il ripristino di adeguate agevolazioni per il gasolio per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, analogamente a quanto riconosciuto ad altre categorie, per evitare che i continui aumenti del prezzo del gasolio producano effetti nefasti sulle aziende agricole, soprattutto per quelle dei settori floricolo e orticolo.
9/4865-AR/44.Delfino, Naro, Mondello, Beccalossi, Faenzi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Oliverio, Mario Pepe (Pd), Sani, Servodio, Trappolino, Zucchi, Mondello.

La Camera,
premesso che:
la manovra economica di dicembre anticipa al 2012, in via sperimentale, l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale;
il presupposto dell'imposta è individuato nel possesso di immobili e cioè di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli e la base imponibile è costituita dal valore di tali immobili;
per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento, un moltiplicatore originariamente fissato a 120;
nel corso della conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 è stato approvato un emendamento che differenzia la misura del moltiplicatore in relazione alla qualifica soggettiva del possessore dei terreni agricoli; infatti, il suddetto moltiplicatore è stato portato a 130 per la generalità dei soggetti passivi ed è stato ridotto a 110 per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola;
si tratta di una scelta di politica economica che merita di essere ulteriormente sviluppata nell'ottica di attenuare l'impatto del suddetto effetto moltiplicatore per i soggetti «professionali» per i quali il fattore terra rappresenta strumento fondamentale per l'esercizio della propria attività imprenditoriale agricola;
in particolare, si ritiene opportuno accentuare la suddetta distinzione portando il coefficiente base per la maggior parte dei soggetti passivi a 150 e riducendolo per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali a 90. Per gli altri imprenditori agricoli il moltiplicatore potrebbe essere determinato nella misura di 120, originariamente fissata quale coefficiente di carattere generale;
tale esigenza è stata fatta propria dai relatori del disegno di legge n. 4865, di conversione in legge del decreto-legge n. 216 del 2011, sulla proroga dei termini, al nostro esame, con la presentazione di un apposito emendamento che successivamente è stato ritirato, per motivi di carattere tecnico legati al contenuto proprio del decreto-legge,

impegna il Governo

ad introdurre le indicate correzioni ai coefficienti di moltiplicazione dei redditi dominicali riferiti ai terreni utilizzati a fini produttivi dalle imprese agricole che consentono, in ogni caso, di mantenere immutato il gettito previsto dalla relazione tecnica al citato provvedimento sull'IMU.
9/4865-AR/45.Occhiuto, Delfino.

La Camera,
premesso che:
la manovra economica di dicembre anticipa al 2012, in via sperimentale, l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale;
il presupposto dell'imposta è individuato nel possesso di immobili e cioè di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli e la base imponibile è costituita dal valore di tali immobili;
per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento, un moltiplicatore originariamente fissato a 120;
nel corso della conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 è stato approvato un emendamento che differenzia la misura del moltiplicatore in relazione alla qualifica soggettiva del possessore dei terreni agricoli; infatti, il suddetto moltiplicatore è stato portato a 130 per la generalità dei soggetti passivi ed è stato ridotto a 110 per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola;
si tratta di una scelta di politica economica che merita di essere ulteriormente sviluppata nell'ottica di attenuare l'impatto del suddetto effetto moltiplicatore per i soggetti «professionali» per i quali il fattore terra rappresenta strumento fondamentale per l'esercizio della propria attività imprenditoriale agricola;
in particolare, si ritiene opportuno accentuare la suddetta distinzione portando il coefficiente base per la maggior parte dei soggetti passivi a 150 e riducendolo per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali a 90. Per gli altri imprenditori agricoli il moltiplicatore potrebbe essere determinato nella misura di 120, originariamente fissata quale coefficiente di carattere generale;
tale esigenza è stata fatta propria dai relatori del disegno di legge n. 4865, di conversione in legge del decreto-legge n. 216 del 2011, sulla proroga dei termini, al nostro esame, con la presentazione di un apposito emendamento che successivamente è stato ritirato, per motivi di carattere tecnico legati al contenuto proprio del decreto-legge,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre le indicate correzioni ai coefficienti di moltiplicazione dei redditi dominicali riferiti ai terreni utilizzati a fini produttivi dalle imprese agricole che consentono, in ogni caso, di mantenere immutato il gettito previsto dalla relazione tecnica al citato provvedimento sull'IMU.
9/4865-AR/45.(Testo modificato nel corso della seduta) Occhiuto, Delfino.

La Camera,
premesso che:
la negativa congiuntura economica che stiamo vivendo non ha risparmiato il settore dell'ippica che per storia e tradizione ha rappresentato per l'Italia un comparto produttivo importante sia in termini economici che occupazionali;
attualmente sono censiti in Italia 463.961 cavalli e 48.513 operatori del comparto ippico in senso stretto; si tratta di numeri importanti ma la situazione emergenziale in cui versa il settore, rischia di far chiudere le aziende dell'intera filiera e destinare un gran numero di cavalli al macello;
vi è il fondato rischio, inoltre, che i cavalli possano diventare oggetto di un commercio con la criminalità organizzata che si appresterebbe a gestire un fiorente gioco clandestino;
la crisi dell'ippica italiana è stata affrontata nel corso dell'esame del decreto-legge in oggetto, a testimonianza di una diffusa sensibilità nei confronti di questo importante settore tra le forze politiche;
alcune proposte emendative presentate in merito intendevano recuperare risorse da destinare al comparto attraverso una estensione dell'applicazione della legge n. 185/2008 che riconosceva al settore ippico una quota del gettito sulle slot machine,

impegna il Governo

ad adottare in tempi rapidi misure, anche di tipo transitorio, volte a sostenere il settore dell'ippica italiana colpito da una crisi che ha coinvolto l'intera filiera, dall'allevamento alla raccolta delle scommesse, al fine di evitare gravi ricadute economiche occupazionali e di destinare un gran numero di cavalli al macello.
9/4865-AR/46.Poli, Ciccanti, Delfino.

La Camera,
premesso che:
la negativa congiuntura economica che stiamo vivendo non ha risparmiato il settore dell'ippica che per storia e tradizione ha rappresentato per l'Italia un comparto produttivo importante sia in termini economici che occupazionali;
attualmente sono censiti in Italia 463.961 cavalli e 48.513 operatori del comparto ippico in senso stretto; si tratta di numeri importanti ma la situazione emergenziale in cui versa il settore, rischia di far chiudere le aziende dell'intera filiera e destinare un gran numero di cavalli al macello;
vi è il fondato rischio, inoltre, che i cavalli possano diventare oggetto di un commercio con la criminalità organizzata che si appresterebbe a gestire un fiorente gioco clandestino;
la crisi dell'ippica italiana è stata affrontata nel corso dell'esame del decreto-legge in oggetto, a testimonianza di una diffusa sensibilità nei confronti di questo importante settore tra le forze politiche;
alcune proposte emendative presentate in merito intendevano recuperare risorse da destinare al comparto attraverso una estensione dell'applicazione della legge n. 185/2008 che riconosceva al settore ippico una quota del gettito sulle slot machine,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare in tempi rapidi misure, anche di tipo transitorio, volte a sostenere il settore dell'ippica italiana colpito da una crisi che ha coinvolto l'intera filiera, dall'allevamento alla raccolta delle scommesse, al fine di evitare gravi ricadute economiche occupazionali e di destinare un gran numero di cavalli al macello.
9/4865-AR/46.(Testo modificato nel corso della seduta) Poli, Ciccanti, Delfino.

La Camera,
premesso che:
alla luce dell'attuale situazione di crisi dei consumi occorre evitare che molti operatori del settore commerciale e turistico siano costretti a cessare anticipatamente l'attività senza poter usufruire dell'attuale forma, categoriale, di sostegno al reddito;
l'articolo 1 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, istituisce, a decorrere dal 1o gennaio 1996, un indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale ai soggetti che esercitano, in qualità di titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ovvero che esercitano attività commerciale su aree pubbliche;
l'intervento, d'importo pari alla pensione minima, viene concesso a favore degli esercenti attività commerciali costretti a cessare anticipatamente l'attività nel tre anni precedenti il pensionamento di vecchiaia;
si tratta di una particolare forma di ammortizzatore sociale la cui erogazione non comporta alcun onere per lo Stato, dal momento che viene autofinanziato dalla categoria attraverso una specifica contribuzione a carico di tutti gli iscritti alla gestione pensionistica commercianti presso l'INPS;
attualmente il Fondo indennizzi commerciali presso l'INPS fa registrare (dati consuntivo 2010) 306 milioni di euro di attivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare l'accesso di tali soggetti agli indennizzi per le aziende commerciali in crisi per l'intero anno 2012.
9/4865-AR/47.Tassone, Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno ridotto gli effetti della fortissima volatilità osservata nei mercati finanziari;
l'articolo 15, comma 13 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, considerata l'eccezionale turbolenza nei mercati finanziari, ha consentito ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali, nell'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del predetto decreto, di valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione, così come risultante dall'ultimo bilancio o, ove possibile, dall'ultima relazione semestrale regolarmente approvati anziché al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole;
ai sensi del successivo comma 14 per le imprese di assicurazione e riassicurazione le modalità attuative di tali disposizioni sono state stabilite dall'ISVAP con apposito regolamento, che disciplina altresì le modalità applicative degli istituti prudenziali in materia di attivi a copertura delle riserve tecniche e margine di solvibilità di cui ai Capi III e IV del Titolo III del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;
con comma 15-bis del medesimo articolo, considerata l'evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari, è stato consentito alle imprese del settore assicurativo, ai fini della verifica della solvibilità corretta di cui al capo IV del titolo XV del medesimo decreto, per l'esercizio 2010 e fino al 30 giugno 2011, di poter tenere conto del valore di iscrizione nel bilancio individuale dei titoli di debito destinati a permanere durevolmente nel patrimonio ed emessi o garantiti da Stati dell'Unione europea;
entrambi i citati commi 13 e 15-bis prevedono che tali misure, in relazione all'evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari, possano essere reiterate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;
si tratta di uno strumento legislativo di emergenza e temporaneo, a differenza di quanto avvenuto in Francia e Germania che hanno introdotto una norma di natura strutturale e continuativa;
il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 27 luglio 2011 ha, da ultimo, prorogato a tutto l'esercizio 2011 le disposizioni di cui all'articolo 15, commi 13, 14, 15, 15-bis e 15-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
considerata la scadenza delle disposizioni e visto il perdurare della crisi finanziaria, si rende necessario un aggiustamento dell'attuale normativa che risulta essere insufficiente a neutralizzare le ampie oscillazioni dei prezzi osservate nelle scorse settimane per i titoli di Stato italiani;
sarebbe pertanto indispensabile adottare con legislazione primaria una norma che preveda che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione, a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole;
tale disposizione sarebbe analoga alle norme vigenti in Germania, mentre in Francia la normativa è ancora più estesa, in quanto sterilizza anche la volatilità del mercato azionario;
questa soluzione non solo eviterebbe che le nostre compagnie di assicurazione venissero, a differenza di quelle tedesche e francesi, penalizzate, ma attenuerebbe anche l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza e, soprattutto, permetterebbe di evitare che, per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato osservata nelle settimane recenti, le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;
nel corso del solo primo trimestre 2012 andranno a scadere titoli del debito sovrano italiano per un ammontare di quasi 300 miliardi di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre una normativa strutturale e continuativa in materia di valutazione di titoli obbligazionari detenuti dalle imprese di assicurazioni e di calcolo della solvibilità corretta dei gruppi assicurativi, in analogia alle disposizioni vigenti in Francia e Germania.
9/4865-AR/48.Calgaro, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
con gli ultimi provvedimenti varati dal Governo e convertiti in legge del Parlamento è stato stabilito un incremento delle accise sul carburanti che sta determinando pesanti ripercussioni sulle vendite dei prodotti per autotrazione nella Regione Friuli-Venezia Giulia, confinante con la Slovenia e in alcune aree della Lombardia e del Piemonte, confinanti con la Svizzera;
l'aumento delle accise ha come concreta conseguenza per l'Italia una fiscalità di svantaggio rispetto agli Stati confinanti sopra richiamati, in particolare, rispetto alla Slovenia, la fiscalità di svantaggio oscilla tra 25 e 29 centesimi al litro per la benzina e tra 22 e 31 centesimi al litro che comporta un prezzo di svantaggio nelle aree di confine del Friuli-Venezia Giulia variabile tra 38 e 39 centesimi al litro per la benzina e tra 33 e 42 centesimi al litro per il gasolio;
l'elevatissimo divario nei prezzi che, per il Friuli Venezia Giulia si aggira sui 38-39 centesimi al litro per la benzina e sui 33 e 42 centesimi al litro per il gasolio, sta provocando un accentuato «esodo da carburanti» con effetti diretti e indiretti estremamente negativi per l'erario, con un'evasione dei consumi che si stima per l'anno 2012, nelle aree confinanti con la Slovenia della Regione Friuli- Venezia Giulia, nell'ordine di circa 240 milioni di litri complessivi tra benzina e gasolio e di 247 milioni di litri nelle aree lombardo-piemontesi confinanti con la Confederazione Elvetica;
la perdita per l'erario, derivante dal mancato introito delle accise e dell'imposta sul valore aggiunto su tali cospicui quantitativi di carburante, viene stimata per l'anno 2012 nell'ordine di circa 265 milioni di euro per le aree confinanti con la Svizzera e di circa 230 milioni di euro per le aree confinanti con il Friuli-Venezia Giulia, per complessivi quasi 500 milioni di euro, corrispondenti ad oltre il 10 per cento del maggior gettito erariale previsto dall'aumento determinato ai sensi dell'articolo 15 del decreto-legge n. 201 del 2011;
considerato, altresì,
l'entità dei contributi oggi operanti per il sostegno all'acquisto dei carburanti per i residenti in Friuli-Venezia Giulia, come disciplinata dalla normativa regionale è chiaramente insufficiente a coprire il divario con i prezzi applicati nella vicina Slovenia per l'acquisto dei carburanti medesimi;
tenuto altresì conto che il calo delle erogazioni di carburante - nelle aree in cui si determina la fiscalità di svantaggio - avrà gravi ripercussioni sull'attività degli operatori della distribuzione dei carburanti e di altri settori «colpiti» dall'esodo come tabacchi e generi di consumo alimentare con preoccupanti ricadute occupazionali e, di nuovo, tributarie e fiscali in danno dello Stato e delle Regioni interessate;
tenuto conto, inoltre, che l'entità delle compartecipazioni al gettito dell'accisa sulle benzine e sul gasolio che competono alla regione Friuli-Venezia Giulia come stabilite dall'articolo 1, comma 189, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è decisamente inefficace a contrastare l'evasione dei consumi e i conseguenti minori introiti,

impegna il Governo:

a prevedere idonee e tempestive misure di proroga e di Incremento e rimodulazione degli sconti di prezzo del gasolio e dette benzine per autotrazione erogati nelle aree di confine con la Slovenia e con la Svizzera, in modo da evitare che gli svantaggi della maggior fiscalità e del maggior prezzo si traducano In una pesante diminuzione del gettito erariale;
ad attivarsi con iniziative di competenza affinché sia prorogato e incrementato in termini adeguati il limite di cui al comma 6 dell'articolo 2-ter del decreto-legge n. 154 del 2008, quale copertura del minor gettito derivante dall'applicazione delle misure di incremento degli sconti di prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione in modo da rendere incisivamente efficaci le misure disposte dalle regioni interessate con proprie leggi e ciò anche, per quanto riguarda la Regione Friuli Venezia Giulia, rinegoziando l'entità della compartecipazione al gettito delle accise di competenza regionale nella misura dello 0,075 per cento a titolo di tributo proprio e prevedendo norme volte a contrastare la perdita di gettito erariale e l'evasione dei consumi e a recuperare il 38 per cento del gettito dell'accisa sulle benzine e il 38 per cento del gettito dell'accisa sul gasolio consumati in Friuli-Venezia Giulia per uso autotrazione, rideterminando le quote di assegnazione previste dallo statuto di autonomia e garantendo, al contempo, sicuri introiti erariali di esclusiva competenza statale.
9/4865-AR/49.Strizzolo, Rosato, Maran, Compagnon, Fedriga, Menia.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 26 del provvedimento in esame si proroga di 2 anni il termine per riutilizzo di risorse da parte della Scuola superiore dell'economia o delle finanze per le attività di documentazione studio e ricerca in materia di federalismo fiscale (legge 5/5/2009 n. 42);
con il comma 1 dell'articolo 29 si proroga di 4 mesi il termine per la determinazione dei fabbisogni standard di comuni e province nell'ambito dell'attuazione della legge delega 42/2009 (federalismo demaniale);
le due norme già contenute nel testo del decreto e non modificate dalle commissioni parlamentari testimoniano la volontà del Governo di procedere con l'attività legislativa riferita al federalismo;
è opportuno provvedere ad una esatta ricognizione sullo stato di avanzamento dei decreti, sulle scadenze previste dando informazione al Parlamento della tempistica circa le intenzioni del Governo;
alcuni decreti in particolare hanno creato nel sistema degli enti locali molte aspettative ed attese che rischiano di andate deluse dai ritardi che si stanno registrando;
il decreto legislativo n. 85 in materia di federalismo demaniale (modificato all'articolo 5 dal decreto-legge 13/05/2011 n. 70) è senz'altro l'atto più atteso;
molti enti locali hanno programmato la loro azione in forza degli effetti di tale decreto;
è interesse della Pubblica Amministrazione che i beni che potrebbero essere interessati dal decreto siano valorizzati e utilizzati e nel caso venduti, concorrano al 100% all'abbattimento del debito pubblico come il provvedimento prevede;
i primi provvedimenti di attuazione con iniziale elenco dei beni non hanno trovato l'intesa della conferenza unificata;
occorre riprendere il percorso attuativo riproponendo l'intesa in diversa forma o modificando l'iter approvativo,

impegna il Governo:

a produrre al Parlamento una ricognizione sullo stato di avanzamento dei decreti attuativi della legge delega 42/2009 sul federalismo fiscale e sulla tempistica circa le intenzioni e previsioni del Governo sulla attuazione della delega;
a sbloccare l'iter di approvazione dei provvedimenti conseguenti al decreto legislativo n. 85 (federalismo demaniale) come modificato dal decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011.
9/4865-AR/50.Vannucci, Bitonci, D'Ami co, Bragantini, Forcolin, Di Vizia, Comaroli, Fugatti, Vanalli, Alessandri, Lanzarin, Negro, Gidoni, Polledri, Isidori, Pini, Fedriga, Fogliato, Simonetti, Montagnoli, Martini, Meroni, Consiglio, Dozzo, Follegot, Fabi, Callegari, Nicola Molteni, Chiappori, Goisis, Maggioni, Cavallotto, Allasia, Bonino, Torazzi, Desiderati, Grimoldi.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana sta vivendo uno dei periodi più difficili degli ultimi trent'anni. I costi produttivi, contributivi e burocratici hanno raggiunto livelli insostenibili, mentre i prezzi praticati sui campi non sono affatto remunerativi. Così i redditi degli agricoltori si sono praticamente dimezzati;
su un'annosa situazione di grave disagio economico di numerosi settori agricoli si abbattono ora tassazioni e imposizioni fiscali che rischiano di far chiudere un numero in calcolato di aziende agricole con tutti i drammatici effetti collaterali che un evento del genere comporterebbe;
la fase di emergenza dei mercati agricoli e la conseguente diffusa volatilità dei prezzi, derivante dallo smantellamento di una regolamentazione globale del mercato delle merci, che ha caratterizzato il settore nell'ultimo decennio, continua a manifestare i propri segnali;
il numero delle aziende attive nel 2011 è pari a 1.630.420, il 30% in meno rispetto al 2000,essendo state espulse dal settore circa 700 mila aziende nell'ultimo decennio;
l'indebitamento riguarda sia debiti nei confronti delle pubbliche amministrazioni (Inps, Agenzia delle entrate, Equitalia, eccetera), che debiti verso il sistema bancario ed i fornitori. I dirigenti di Equitalia hanno dichiarato che ben 980 mila aziende agricole in Italia sono esposte verso banche, Inps e fornitori per una somma complessiva di oltre 50 miliardi, di cui i due terzi nel Mezzogiorno;
gli altri paesi europei hanno già adottato provvedimenti a favore del settore: la Francia ha già messo in atto un piano da un miliardo e 800 milioni di euro e la Germania da 700 milioni. Si tratta di interventi che cercano di dare una risposta nazionale in attesa di misure europee anticrisi;
la situazione del credito agricolo, anche a seguito degli andamenti dello spread, è molto difficile sia per le aziende che non hanno problemi di insolvenza, ma iniziano ad accusare deficit di liquidità, sia per quelle colpite da procedure di pignoramento e ingiunzioni di pagamento per le quali le procedure di esdebitazione sono ancora incerte;
non è ancora ben chiaro a favore di quali aziende agricole possa produrre benefici la procedura di esdebitazione. Infatti, per la legislazione vigente solo le aziende agricole in procedura concorsuale potrebbero beneficiarne, in quanto l'attuale legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modifiche), all'articolo 1, dispone espressamente che solo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo escludendo chi esercita un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia come i coltivatori diretti del fondo;
se ciò fosse vero, dall'estensione del predetto istituto beneficerebbero solo le società di capitali agricole ovvero le grosse imprese che hanno natura agro industriale, non di certo gli agricoltori e gli allevatori, in particolare del Mezzogiorno, verso cui si rende urgente un provvedimento, anche alla luce delle recenti tensioni sociali;
le misure previste dal Governo nel decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, sono risultate inequivocabilmente insufficienti, anche in considerazione dello scenario socio-economico delineato e della necessità di realizzare i necessari interventi a favore della crescita, come richiesto al nostro Paese anche dalle maggiori istituzioni europee;
fino ad ora non vi è stato alcun intervento finalizzato al rilancio e alla crescita competitiva del settore agricolo, mentre il decreto legge in esame poteva rappresentare l'occasione per alcuni interventi sia pure parziali per fornire risposte concrete ai problemi dei comparti dell'agricoltura;
occorre prevedere da parte del nostro Paese un rilancio competitivo dell'agricoltura che sappia tenere conto dei cambiamenti strutturali in atto a livello comunitario e mondiale, i quali impongono un adeguamento alle nuove strategie e politiche di settore, con particolare riferimento alle profonde modifiche della Politica Agricola Comune dopo il 2013,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare misure che consentano l'adozione di una moratoria per il settore agricolo verso i debiti pubblici e privati e, in particolare, misure che favoriscano l'accesso al credito, in grado di assicurare maggiore certezza nel prossimo futuro alle imprese agricole;
a valutare, attraverso un incontro con l'ABI, le rappresentanze delle imprese agricole, le modalità di una moratoria delle scadenze e dell'utilizzo degli strumenti di garanzia anche per le imprese agricole in sofferenza;
a valutare, altresì, l'opportunità di prevedere una moratoria sui contributi Inps e la sospensione delle procedure esecutive in corso, almeno per un anno, a favore delle aziende in difficoltà del comparto agricolo previo riconoscimento del debito.
9/4865-AR/51.Messina, Di Giuseppe, Rota.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame in Commissione è stato approvato un emendamento che autorizza l'inserimento nelle graduatorie del personale abilitato, laureato presso i corsi di laurea delle facoltà di Scienze della formazione primaria e specializzato presso i Conservatori e le Accademie;
a questi docenti non era stato illegittimamente consentito, fino ad oggi, l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, sebbene fossero in possesso dell'abilitazione come tutti gli altri;
pertanto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 9, comma 20, del decreto-legge 13 maggio 2011, n, 70, la proposta emendativa mira a prorogare, in favore di alcune categorie di personale docente, i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
l'esigenza di tale proroga risulta, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana, dalla necessità di sanare una evidente disparità di trattamento tra personale in possesso di pari titolo abilitante, permettendo ai docenti che hanno conseguito o che stanno per conseguire il titolo abilitante tramite procedure di reclutamento autorizzate prima dell'approvazione del nuovo regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti (decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249) di godere degli stessi diritti costituzionali dei docenti per i quali il Parlamento consentì l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento nell'anno 2009 (articolo 5-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169);
tuttavia la modifica introdotta si può considerare soltanto un primo passo visto che restano fuori dalla possibilità di inserimento nelle graduatorie i partecipanti ai corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn. 21 e 85 del 2005;
permane il problema del personale precario, inserito nelle graduatorie ad esaurimento, già in possesso dei titoli oltre che del servizio e legittimamente in attesa della stabilizzazione anche nel rispetto della direttiva comunitaria;
in relazione alla situazione degli organici delle scuole secondarie, per effetto delle riforme Gelmini (decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 15 marzo 2010 relativo agli istituti professionali, decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 15 marzo 2010 relativo agli istituti tecnici e decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 15 marzo 2010 relativo ai licei) e degli iniqui e antididattici criteri con cui sono state stabilite alcune confluenze delle classi di concorso sugli insegnamenti dei bienni già interessati dal riordino (cfr. nota ministeriale n. 272 del 14 marzo 2011), si sono prodotti diversi esuberi di personale in molte classi di concorso, a causa dell'eliminazione di alcune discipline e della drastica riduzione del monte ore di altre;
il preoccupante numero di esuberi ha fortemente ridotto le possibilità occupazionali degli insegnanti precari più penalizzati dagli effetti delle suddette riforme,

impegna il Governo:

ad intervenire affinché i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, siano prorogati anche per i partecipanti ai corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn. 21 e 85 del 2005, rimasti esclusi, analizzando, altresì, in modo attento e responsabile l'attuale assetto delle graduatorie ad esaurimento al fine di garantire la massima occupazione dei docenti in esse inseriti, anche elaborando un piano di assunzioni triennale che parta dal rispetto della normativa europea in materia di stabilizzazioni; risulta evidente che, a tale scopo, il Governo dovrà necessariamente prendere le mosse dalla ridefinizione degli organici della scuola, messa in ginocchio da anni di tagli lineari, e dovrà modificare quanto stabilito dall'articolo 19 comma 7 della legge n. 111 del 15 luglio 2011 che, nell'impedire, a partire dall'a.s. 2012/2013, un'integrazione degli organici rispetto all'a.s. 2011-2012, sancisce di fatto l'impossibilità di stabilizzare in tempi ragionevoli i precari attualmente inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e annulla le premesse indispensabili per favorire l'accesso delle nuove generazioni alla professione docente.
9/4865-AR/52.Zazzera.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame in Commissione è stato approvato un emendamento che autorizza l'inserimento nelle graduatorie del personale abilitato, laureato presso i corsi di laurea delle facoltà di Scienze della formazione primaria e specializzato presso i Conservatori e le Accademie;
a questi docenti non era stato illegittimamente consentito, fino ad oggi, l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, sebbene fossero in possesso dell'abilitazione come tutti gli altri;
pertanto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 9, comma 20, del decreto-legge 13 maggio 2011, n, 70, la proposta emendativa mira a prorogare, in favore di alcune categorie di personale docente, i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
l'esigenza di tale proroga risulta, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana, dalla necessità di sanare una evidente disparità di trattamento tra personale in possesso di pari titolo abilitante, permettendo ai docenti che hanno conseguito o che stanno per conseguire il titolo abilitante tramite procedure di reclutamento autorizzate prima dell'approvazione del nuovo regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti (decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249) di godere degli stessi diritti costituzionali dei docenti per i quali il Parlamento consentì l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento nell'anno 2009 (articolo 5-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169);
tuttavia la modifica introdotta si può considerare soltanto un primo passo visto che restano fuori dalla possibilità di inserimento nelle graduatorie i partecipanti ai corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn. 21 e 85 del 2005;
permane il problema del personale precario, inserito nelle graduatorie ad esaurimento, già in possesso dei titoli oltre che del servizio e legittimamente in attesa della stabilizzazione anche nel rispetto della direttiva comunitaria;
in relazione alla situazione degli organici delle scuole secondarie, per effetto delle riforme Gelmini (decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 15 marzo 2010 relativo agli istituti professionali, decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 15 marzo 2010 relativo agli istituti tecnici e decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 15 marzo 2010 relativo ai licei) e degli iniqui e antididattici criteri con cui sono state stabilite alcune confluenze delle classi di concorso sugli insegnamenti dei bienni già interessati dal riordino (cfr. nota ministeriale n. 272 del 14 marzo 2011), si sono prodotti diversi esuberi di personale in molte classi di concorso, a causa dell'eliminazione di alcune discipline e della drastica riduzione del monte ore di altre;
il preoccupante numero di esuberi ha fortemente ridotto le possibilità occupazionali degli insegnanti precari più penalizzati dagli effetti delle suddette riforme,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di intervenire affinché i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, siano prorogati anche per i partecipanti ai corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn. 21 e 85 del 2005, rimasti esclusi, analizzando, altresì, in modo attento e responsabile l'attuale assetto delle graduatorie ad esaurimento al fine di garantire la massima occupazione dei docenti in esse inseriti, anche elaborando un piano di assunzioni triennale che parta dal rispetto della normativa europea in materia di stabilizzazioni; risulta evidente che, a tale scopo, il Governo dovrà necessariamente prendere le mosse dalla ridefinizione degli organici della scuola, messa in ginocchio da anni di tagli lineari, e dovrà modificare quanto stabilito dall'articolo 19 comma 7 della legge n. 111 del 15 luglio 2011 che, nell'impedire, a partire dall'a.s. 2012/2013, un'integrazione degli organici rispetto all'a.s. 2011-2012, sancisce di fatto l'impossibilità di stabilizzare in tempi ragionevoli i precari attualmente inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e annulla le premesse indispensabili per favorire l'accesso delle nuove generazioni alla professione docente.
9/4865-AR/52.(Testo modificato nel corso della seduta) Zazzera.

La Camera,
premesso che:
il comma 15 dell'articolo 29 del decreto-legge in esame, proroga al 16 luglio 2012 i termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali per i soggetti interessati dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel corso dei mesi di ottobre e novembre 2011 nei territori delle province di La Spezia, Massa Carrara, Genova e Livorno;
a tal proposito si rileva un'anomalia che si è verificata a danno dei dipendenti pubblici nell'evento sismico del 2002 che ha interessato la Regione Molise e Puglia ai fini della restituzione dei contributi previdenziali ed assistenziali sospesi dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 29 novembre 2002;
il decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito nella Legge 6 dicembre 2006, n. 290, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 dicembre 2006, nei dettare misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, all'articolo 6, stabilisce che ai soggetti destinatari delle ordinanze di protezione civile emanate ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, sia riservato il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile, ed escludendo dunque dal beneficio stesso enti e dipendenti pubblici;
la sentenza n. 325 del 2008 della Corte Costituzionale con la quale sono state respinte le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Molise in merito al disposto di cui all'articolo 6, comma 1-bis, della legge n. 290/2006, conferma l'ambito soggettivo di applicabilità della normativa di sospensione contributiva ai soli Enti datori di lavoro privati residenti o aventi sede legale od operativa, alla data degli eventi sismici, nella Regione Molise;
è importante evidenziare che il disposto ex-Circolare n. 4 dell'INPDAP del 22 febbraio 2010, che obbliga tutte le Amministrazioni Pubbliche, con la sola eccezione dei 14 comuni molisani dell'area del cratere sismico, a restituire i contributi sospesi per il periodo 2002-2005 in un'unica soluzione oppure con rateizzazione fino ad un massimo di 60 rate, in rapporto all'entità del debito, sia versando la parte dovuta dal datore di lavoro che trattenendo in busta paga la quota a carico del dipendente;
inoltre i circa 8.000 dipendenti pubblici della provincia di Campobasso, di cui in gran parte operanti nel settore scuola, in ottemperanza a quanto stabilito con ex-Ordinanza P.C.M. 3253/2002 si sono visti applicare a partire da maggio/giugno 2011 prima le ritenute in busta paga dei contributi previdenziali con una rateizzazione pari a 288 rate di circa 20 euro poi trasformate nel corrente mese in 43 rate mensili dell'importo rapportato all'entità dello stipendio variabile da 100 a 300 euro mensili netti;
tali disposizioni determinano di fatto una disparità di trattamento tra i lavoratori pubblici e privati in ordine alla restituzione dei contributi previdenziali e espongono i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico ad una drastica riduzione degli stipendi che in una situazione economica nazionale difficile in cui le famiglie si vedono costrette in molti casi per affrontare spese legate allo studio dei figli e per la normali necessità familiari a dover accedere a forme di finanziamento porta di fatto molti lavoratori a vedersi decurtato oltre il quinto dello stipendio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento al fine di garantire l'uguaglianza di trattamento tra i lavoratori privati e pubblici, consentendo anche a quest'ultimi di restituire l'importo dei contributi previdenziali dovuti, ai sensi del menzionato DPCM del 29 novembre 2002, in 288 rate mensili.
9/4865-AR/53.De Camillis.

La Camera,
premesso che:
il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) è un organo di rilevanza costituzionale, previsto dall'articolo 99 della Costituzione;
l'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, al comma 8, reca modifiche alla legge 30 dicembre 1986, n. 936 in materia di composizione del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL);
la modifica della composizione del CNEL in corso di consiliatura potrebbe comportare l'interruzione della sua attività istituzionale oltre che il possibile insorgere di controversie e ricorsi da parte dei consiglieri che verrebbero a decadere nel corso del regolare mandato loro conferito per la durata della consiliatura;
l'insorgere di ricorsi e controversie comporterebbe per lo Stato un costo ben superiore al risparmio previsto dalla riorganizzazione che peraltro resta nella disponibilità del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e non risulta chiaramente determinato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire il naturale decorso della consiliatura in atto e ad applicare le norme di cui all'articolo 23 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni della legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di nuova composizione del CNEL, solo a decorrere dal prossimo rinnovo del CNEL.
9/4865-AR/54.Lo Presti, Barbaro.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni in esame introducono disposizioni atte ad escludere talune categorie di lavoratori, nella fattispecie esodati e precoci dall'applicazione della riforma previdenziale ex articolo 24 della legge 201/2011;
malgrado le premesse, i criteri di esclusione dalla suindicata applicazione sono diventati particolarmente stringenti ed escludono di fatto molti lavoratori;
le conseguenze dell'entrata in vigore della riforma previdenziale di cui alla normativa citata rischia di fatto di creare insostenibili criticità in capo ai lavoratori, licenziati negli ultimi anni da piccole aziende, e che avrebbero maturato i requisiti di accesso alla pensione nei prossimi mesi;
tali lavoratori, anche se iscritti alle liste di mobilità, non ricevono alcun tipo di indennizzo e quindi attendono il riconoscimento della pensione per poter avere un minimo di sostentamento economico;
si tratta di un'intera generazione di lavoratori, per lo più precoci, che si ritrova a dover attendere diversi anni per accedere alla pensione e non potendo nel contempo svolgere alcun tipo di lavoro essendo stati licenziati e non più integrati nel mondo del lavoro per via dell'età certamente poco competitiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con apposita disposizione una deroga all'applicazione delle citate disposizioni in materia previdenziale per quei lavoratori, anche se non iscritti alle liste di mobilità ai sensi dell'articolo 4, comma 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, licenziati da imprese che occupano anche meno di quindici dipendenti antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, e che maturino i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2013.
9/4865-AR/55.Di Biagio, Patarino.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni in esame introducono disposizioni atte a prorogare e in taluni casi a migliorare le previgenti disposizioni materia di lavoro, segnatamente sul fronte degli apprendisti e dei collaboratori coordinati e continuativi;
la normativa vigente in materia di disciplina degli stage e dei tirocini formativi continua ad essere confusa e di complessa applicazione;
malgrado la normativa preveda che i tirocini di reinserimento/inserimento al lavoro siano regolamentati dalle regioni, molte aziende continuano ad applicare a questa fattispecie i limiti previsti per le altre forme di tirocinio ai sensi della legge n. 148 del 2011;
appare opportuno smussare con adeguata specifica normativa, i limiti stringenti entro cui appare possibile attivare uno stage/tirocinio al fine di dare possibilità a quanti più giovani, rendendo in questo modo rispondente la normativa in materia di gestione del tirocinio alla realtà lavorativa dei giovani;
infatti a distanza di 12 mesi dalla laurea/diploma i giovani sono senza lavoro e potrebbero trarre giovamento da un tirocinio formativo a loro negato dall'attuale normativa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ampliare il limite temporale sancito dall'articolo 11 comma l del decreto legge 138/2011, convertito in legge 148/2011 da «dodici mesi» a «ventiquattro mesi», ribadendo l'esclusione da tale disposizione dei tirocini di reinserimento/inserimento al lavoro.
9/4865-AR/56.Patarino, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
recentemente sono state approvate alcune mozioni che impegnavano il Governo ad assumere ogni iniziativa per aumentare le risorse destinate al fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, a fronte di una situazione che ha visto le fasce deboli della popolazione fortemente penalizzate dai tagli «inferti» a questo settore socialmente sensibile;
l'articolo 27, comma 1 del decreto 216/11 in discussione, che persegue dichiaratamente obiettivi di efficientamento e di razionalizzazione del trasporto pubblico locale in un prospettiva triennale, manca di una esplicita ordinazione al mantenimento dei valori sociali del trasporto pubblico locale,

impegna il Governo:

a considerare l'inclusione nella logica di efficienza e di razionalizzazione quella di garanzia della fruibilità economica e funzionale del trasporto locale, con particolare riguardo alle fasce sociali più deboli, studenti, anziani, lavoratori; a considerare, inoltre, la possibilità di affrontare le questioni del trasporto locale, stanti le limitate, risorse pubbliche ad esso destinate, in una logica di liberalizzazione dei connessi servizi, stabilendo parametri generali di garanzia di un sistema di mobilità sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico e consentendo l'instaurazione di servizi in concorrenza, sia privati che pubblici, nell'interesse generale dei cittadini e del Paese.
9/4865-AR/57.Mosella, Pisicchio, Tabacci, Versace, Vernetti, Fabbri, Lanzillotta.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-ter all'articolo 14, prevede l'emanazione di un decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, entro l'anno 2012-2013, dei docenti scritti per il conseguimento dell'abilitazione, negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011, presso le Facoltà di Scienze della Formazione, le Università, le Accademie a i Conservatori,

impegna il Governo:

a consentire, in occasione dell'aggiornamento straordinario, nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 1, comma 1-bis e dall'articolo 2 della legge n. 149 del 4 giugno 2004, il reinserimento nelle graduatorie del docenti che hanno ripresentato domanda durante l'ultimo aggiornamento disposto al sensi del decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011, l'inserimento dei docenti che risultavano iscritti al corsi attivati dalle Università ai sensi del decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005 e del decreto ministeriale n. 85 del novembre 2005, o comunque, provvisti di un'abilitazione conseguita in Italia all'atto della conversione in legge del decreto-legge n. 216 del 30 dicembre 2011; a sciogliere la riserva per il personale docente inserito nelle suddette graduatorie in possesso delta relativa abilitazione, e a valutare l'opportunità di consentire, altresì, l'inserimento dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione all'estero, accertata la conformità ai principi della direttiva comunitaria 2005/36, da parte dei ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
9/4865-AR/58.Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-ter all'articolo 14, prevede l'emanazione di un decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, entro l'anno 2012-2013, dei docenti scritti per il conseguimento dell'abilitazione, negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011, presso le Facoltà di Scienze della Formazione, le Università, le Accademie a i Conservatori,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di consentire, in occasione dell'aggiornamento straordinario, nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 1, comma 1-bis e dall'articolo 2 della legge n. 149 del 4 giugno 2004, il reinserimento nelle graduatorie del docenti che hanno ripresentato domanda durante l'ultimo aggiornamento disposto al sensi del decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011, l'inserimento dei docenti che risultavano iscritti al corsi attivati dalle Università ai sensi del decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005 e del decreto ministeriale n. 85 del novembre 2005, o comunque, provvisti di un'abilitazione conseguita in Italia all'atto della conversione in legge del decreto-legge n. 216 del 30 dicembre 2011; a sciogliere la riserva per il personale docente inserito nelle suddette graduatorie in possesso delta relativa abilitazione, e a valutare l'opportunità di consentire, altresì, l'inserimento dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione all'estero, accertata la conformità ai principi della direttiva comunitaria 2005/36, da parte dei ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
9/4865-AR/58.(Testo modificato nel corso della seduta) Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha anticipato in via sperimentale dal 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e regolata dal decreto legislativo sul federalismo municipale (decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23); l'applicazione a regime dell'imposta è prevista a decorrere dal 2015;
il citato decreto ha stabilito quale base imponibile dell'imposta municipale propria il valore dell'immobile come determinato ai fini ICI (ai sensi dell'articolo 5, comma 1 del decreto legislativo n. 504/1992) ma ha modificato, aumentandoli, i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali: in particolare, per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A il valore è determinato applicando il moltiplicatore 160 all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento; attualmente ai fini ICI per i fabbricati del gruppo catastale A (abitazioni) tale moltiplicatore è pari a 100;
l'imposta municipale propria si applicherà anche all'abitazione principale e alle pertinenze della medesima; il decreto dispone una detrazione pari a 200 euro dall'imposta dovuta sull'abitazione principale, fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta; questa detrazione si applica anche agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (come già previsto dall'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1992); il decreto 201 ha stabilito altresì che l'agevolazione «prima casa» si applichi alle pertinenze nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna abitazione, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo;
considerato che:
la disciplina IMU così definita determinerà un aggravio del prelievo tributario - già insostenibile - sugli alloggi sociali - in proprietà degli Istituti Autonomi Case Popolari comunque denominati;

impegna il Governo

a prevedere per gli Istituti Autonomi Case Popolari, comunque denominati (ed anche agli enti gestori dell'ERP) già esenti dall'ICI, a norma dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dal decreto-legge 27 maggio 2008 n, 93, la proroga del termine previsto per l'applicazione dell'imposta municipale propria, in via sperimentale - a norma dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, consentendo così a tali enti di continuare a fruire del regime di esenzione previsto per gli alloggi sociali dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992.
9/4865-AR/59.Gibiino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha anticipato in via sperimentale dal 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e regolata dal decreto legislativo sul federalismo municipale (decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23); l'applicazione a regime dell'imposta è prevista a decorrere dal 2015;
il citato decreto ha stabilito quale base imponibile dell'imposta municipale propria il valore dell'immobile come determinato ai fini ICI (ai sensi dell'articolo 5, comma 1 del decreto legislativo n. 504/1992) ma ha modificato, aumentandoli, i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali: in particolare, per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A il valore è determinato applicando il moltiplicatore 160 all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento; attualmente ai fini ICI per i fabbricati del gruppo catastale A (abitazioni) tale moltiplicatore è pari a 100;
l'imposta municipale propria si applicherà anche all'abitazione principale e alle pertinenze della medesima; il decreto dispone una detrazione pari a 200 euro dall'imposta dovuta sull'abitazione principale, fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta; questa detrazione si applica anche agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (come già previsto dall'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1992); il decreto 201 ha stabilito altresì che l'agevolazione «prima casa» si applichi alle pertinenze nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna abitazione, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo;
considerato che:
la disciplina IMU così definita determinerà un aggravio del prelievo tributario - già insostenibile - sugli alloggi sociali - in proprietà degli Istituti Autonomi Case Popolari comunque denominati;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere per gli Istituti Autonomi Case Popolari, comunque denominati (ed anche agli enti gestori dell'ERP) già esenti dall'ICI, a norma dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dal decreto-legge 27 maggio 2008 n, 93, la proroga del termine previsto per l'applicazione dell'imposta municipale propria, in via sperimentale - a norma dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, consentendo così a tali enti di continuare a fruire del regime di esenzione previsto per gli alloggi sociali dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992.
9/4865-AR/59.(Testo modificato nel corso della seduta) Gibiino.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 5 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto l'anticipazione - in via sperimentale - dal 1o gennaio 2012 - dell'imposta municipale propria (IMU) di cui al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;
il decreto legislativo sul federalismo municipale n. 23 del 2011 ha disposto che l'IMU - imposta municipale propria - si applichi anche all'abitazione principale e alle relative pertinenze, con una detrazione pari a 200 euro dall'imposta dovuta sulla prima casa e per una sola unità pertinenziale;
il decreto 201/2011 ha modificato, aumentandoli, i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali ai fini della determinazione della base imponibile IMU: per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A (abitazioni) si applica il moltiplicatore 150 - prima pari a 100 per l'ICI - alle rendite catastali;
l'IMU, con la detrazione «prima casa» - e la prevista rivalutazione degli estimi catastali - si applica anche agli alloggi degli Istituti autonomi per le case popolari comunque denominati, prima esenti dall'ICI ai sensi dell'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1992;
considerato che
tale prelievo pesa in misura insostenibile sulla già difficile economia del settore, che applica canoni sociali, fissati con legge regionali, inferiori a 70 euro, in media, al mese; tali canoni sono già assoggettati al prelievo IRES, IRAP e alle tasse di registro;
le risorse degli IACP comunque denominati - sono quasi azzerate dal prelievo fiscale - e sono pertanto del tutto insufficienti per costruire nuovi alloggi e a garantire a quelli esistenti decoro, sicurezza e salubrità;

impegna il Governo

a prevedere per gli alloggi degli Istituti Autonomi Case Popolari comunque denominati la proroga del termine per l'entrata in vigore dell'IMU in una sperimentale applicando, per l'anno 2012, il regime di esenzione previsto per tali alloggi dall'articolo comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992.
9/4865-AR/60.Rubinato.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 5 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto l'anticipazione - in via sperimentale - dal 1o gennaio 2012 - dell'imposta municipale propria (IMU) di cui al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;
il decreto legislativo sul federalismo municipale n. 23 del 2011 ha disposto che l'IMU - imposta municipale propria - si applichi anche all'abitazione principale e alle relative pertinenze, con una detrazione pari a 200 euro dall'imposta dovuta sulla prima casa e per una sola unità pertinenziale;
il decreto 201/2011 ha modificato, aumentandoli, i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali ai fini della determinazione della base imponibile IMU: per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A (abitazioni) si applica il moltiplicatore 150 - prima pari a 100 per l'ICI - alle rendite catastali;
l'IMU, con la detrazione «prima casa» - e la prevista rivalutazione degli estimi catastali - si applica anche agli alloggi degli Istituti autonomi per le case popolari comunque denominati, prima esenti dall'ICI ai sensi dell'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1992;
considerato che
tale prelievo pesa in misura insostenibile sulla già difficile economia del settore, che applica canoni sociali, fissati con legge regionali, inferiori a 70 euro, in media, al mese; tali canoni sono già assoggettati al prelievo IRES, IRAP e alle tasse di registro;
le risorse degli IACP comunque denominati - sono quasi azzerate dal prelievo fiscale - e sono pertanto del tutto insufficienti per costruire nuovi alloggi e a garantire a quelli esistenti decoro, sicurezza e salubrità;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere per gli alloggi degli Istituti Autonomi Case Popolari comunque denominati la proroga del termine per l'entrata in vigore dell'IMU in una sperimentale applicando, per l'anno 2012, il regime di esenzione previsto per tali alloggi dall'articolo comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992.
9/4865-AR/60.(Testo modificato nel corso della seduta) Rubinato.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 4, sono state introdotte misure per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori;
in particolare, in attesa del rafforzamento delle infrastrutture di trasmissione energetica destinate a ridurre l'isolamento delle reti elettriche di Sardegna e Sicilia, il decreto ha istituito un nuovo servizio di interrompibilità, volto a garantire la sicurezza del sistema elettrico nelle due isole mediante la possibilità di ridurre la domanda elettrica secondo le istruzioni della società Tema Spa, nonché volto a ridurre le tariffe elettriche per i clienti finali, soprattutto quelli energivori, che hanno sottoscritto il servizio;
il rafforzamento delle infrastrutture energetiche con le isole maggiori non è ancora stato completato e le tariffe elettriche di Sardegna e Sicilia sono tra le più alte d'Europa;

impegna il Governo:

ad utilizzare il primo provvedimento utile per prorogare fino al 2015 l'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 4, contenente misure per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori;
ad adoperarsi per la piena attuazione dell'articolo 32 della legge 23 luglio 2009, n. 99 riguardante lo sviluppo delle infrastrutture di interconnessione elettrica con il coinvolgimento di clienti finali energivori, al fine di consentire a questi ultimi l'accesso a tariffe elettriche concordate e competitive.
9/4865-AR/61.Cicu.

La Camera,
premesso che:
con il comma 10 dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262; «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari» si è stabilita la ridefinizione dell'assetto proprietario della Banca d'Italia quale istituto di diritto pubblico;
in tale ambito la norma prevedeva il ritorno in mano pubblica entro tre anni delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soletti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici;
il suddetto termine è scaduto senza che il Governo abbia dato corso a questa norma, che deve considerarsi di assoluto buonsenso per quel che riguarda il ruolo dell'Istituto, la certezza del diritto e la stabilità dei mercati;

impegna il Governo

a dare corso al disposto del comma 10 dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, in materia di ritorno in mano pubblica delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, il cui termine risulta scaduto da tre anni.
9/4865-AR/62.Rampelli, Marsilio, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 della legge 6 febbraio 2009 n. 7 contiene disposizioni per indennizzo ai soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative o a espropri, con un impegno di spesa di 50 milioni di euro tra il 2009 e il 2011;
gli indennizzi erogati non hanno tuttavia integralmente coperto le richieste degli aventi diritto;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prorogare per il 2012 l'impegno di spesa di cui all'articolo 4 della legge 6 febbraio 2009 n, 7 in materia di indennizzi ai soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative.
9/4865-AR/63.Marsilio.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 14, comma 2 del provvedimento in esame si prevedono misure per assicurare il funzionamento del Consiglio nazionale della pubblica istruzione e del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale per l'anno 2012, in attesa del completamento della riforma dell'alta formazione artistica e musicale;
le proroghe si rendono necessarie, in attesa di una riforma degli organi collegiali della scuola e al fine di assicurare continuità nella delicata fase di completamento della riforma dell'alta formazione artistica e musicale;
in tale ambito l'attuale dirigenza dell'Accademia nazionale di danza è in carica dal 1996, grazie ad un sistema di nomina che non consente facilmente il ricambio gestionale;

impegna il Governo

a provvedere con sollecitudine all'attuazione della riforma dell'alta formazione artistica e musicale, anche ai fini del completo rinnovo delle cariche dirigenziali dei diversi istituti;
a riferire con sollecitudine al Parlamento sulla situazione economica e gestionale dei diversi istituti di alta formazione artistica e musicale.
9/4865-AR/64.Mario Pepe (Misto).

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto legge in esame detta disposizioni in materia di proroga dei termini di norma nel settore postale;
in particolare il comma 1 del citato articolo 21 del decreto legge in esame, stabilisce che «1. Sono prorogati fino alla conclusione delle procedure di inquadramento e comunque non oltre il 31 dicembre 2012, i comandi del personale appartenente a Poste Italiane S.p.A. che non sia stato ancora inquadrato, ai sensi dell'articolo 3, comma 112, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nei ruoli delle Amministrazioni presso cui presta servizio in posizione di comando o presso le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ai sensi degli articoli 30, 33 e 34-bis del predetto decreto.»;
si tratta quindi di fattispecie riconducibile alle diverse situazioni previste all'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214 il quale prevede che il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze emolumenti o retribuzione nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazione statali di cui all'articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo non possa essere superiore al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione;
il comma 2 del citato articolo 23-ter stabilisce che il medesimo personale chiamato all'esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa presso Ministeri, o enti pubblici nazionali comprese le autorità amministrative indipendenti, ove conservi il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza, non possa ricevere a titolo di retribuzione o di indennità per l'incarico ricoperto o anche soltanto per il rimborso delle spese più del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico percepito;
è di tutta evidenza, quindi, che anche al personale di cui all'articolo 21 del decreto legge in esame, in quanto comunque comandato presso le amministrazioni che rientrano nell'ambito applicativo del citato articolo 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214, si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 23-ter che, in coerenza con quanto già riconosciuto dal Governo in relazione all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, vanno interpretate nel senso che esse si applicano al trattamento economico annuo onnicomprensivo effettivamente a carico delle finanze pubbliche e quindi, nell'ipotesi in cui le disponibilità finanziarie a tal fine rilevanti siano a carico solo in parte delle finanze pubbliche, gravando per il resto su contribuzioni esterne al perimetro della pubblica amministrazione, per la parte percentuale (calcolata sulla base dell'incidenza nel bilancio complessivo dell'amministrazione/ente interessati della contribuzione a carico delle finanze pubbliche) corrispondente all'incidenza della contribuzione in realtà a carico delle finanze pubbliche. Ciò al fine di assicurare rigorosa corrispondenza con la volontà della legge; tale intervento interpretativo è di assoluto rilievo al fine di consentire il corretto svolgimento dell'azione di ogni amministrazione/ente cui si applicano le disposizioni sopra richiamate le quali, in considerazione del fatto che possono contare anche su finanziamenti che non gravano interamente a carico delle finanze pubbliche, in quanto oggetto di contribuzioni esterne al perimetro della pubblica amministrazione, vedrebbero diversamente penalizzato il loro impegno istituzionale per effetto di una legge che andrebbe a comprimere, qualora diversamente applicata, anche i compensi retributivi la cui erogazione non grava a carico delle finanze pubbliche ovvero vi grava in misura del tutto marginale. Di tal ché sarebbe del tutto iniquo un assoggettamento indiscriminato alle disposizioni di cui al citato articolo 23-ter, senza che venga preso in considerazione quanto effettivamente il trattamento economico onnicomprensivo da corrispondere incide, in misura percentuale, sul bilancio dello Stato;
quanto sopra anche in considerazione del fatto che qualora al citato personale di cui all'articolo 21 del decreto legge in esame, per effetto della proroga contenuta nel medesimo articolo 21, venga rinnovato il comando nelle more dell'inquadramento ivi previsto, tale rinnovo del comando determina comunque l'assoggettamento alle sopra richiamate disposizioni indicate nell'articolo 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214, le quali, così come quelle dell'articolo 23-bis del medesimo decreto legge n. 201 del 2011, sono applicate ai contratti stipulati o rinnovati e agli incarichi conferiti dopo l'entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 primo periodo dell'articolo 23-ter.

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare, anche per il personale di cui all'articolo 21 del decreto legge in esame, la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 23-ter citato nelle premesse con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa come riconosciuta da questo stesso corpo legislativo nonché dal Governo in relazione all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che le disposizioni di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, che si applicano ai contratti stipulati o rinnovati e agli incarichi conferiti dopo l'entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 primo periodo del medesimo articolo 23-ter, vanno interpretate nel senso che esse si applicano al trattamento economico onnicomprensivo annuo effettivamente a carico delle finanze pubbliche e quindi, nell'ipotesi in cui le disponibilità finanziarie a tal fine rilevanti siano a carico solo in parte delle finanze pubbliche, gravando per il resto su contribuzioni esterne al perimetro della pubblica amministrazione, per la parte percentuale (calcolata sulla base dell'incidenza nel bilancio complessivo dell'amministrazione/ente interessati della contribuzione a carico delle finanze pubbliche) corrispondente all'incidenza della contribuzione in realtà a carico delle finanze pubbliche.
9/4865-AR/65.Berardi.

La Camera,
premesso che:
il programma «Soccorso Italia in 20 minuti» prevede un incremento del personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco per garantire un servizio più immediato ed efficiente e, a tal fine, risulta indispensabile adeguare gli organici;
le manovre finanziarie del precedente governo hanno drasticamente tagliato le risorse dei Vigili del Fuoco cosiddetti discontinui, mettendo in difficoltà i comandi provinciali nell'organizzazione del soccorso considerato che, quel personale rappresenta ormai un concorso stabile al dispositivo giornaliero, formato da giovani ormai preparati e affiatati;
con l'approvazione di un emendamento al decreto all'ordine del giorno, la Camera ha prorogato al 31 dicembre 2013, conformemente al parere favorevole espresso dal Governo, il termine della validità della graduatoria di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che ha avviato la procedura di stabilizzazione del personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;

impegna il Governo:

a reperire risorse aggiuntive a quelle oggi previste per il turn over - che comunque lascia migliaia di posti vuoti in organico - al fine di garantire almeno la copertura dei servizi fino a qualche settimana fa assicurati con i richiami dei discontinui;
ad adottare le iniziative di sua competenza volte a prorogare al 31 dicembre 2013, la graduatoria del concorso per 814 posti da Vigili del Fuoco di cui al decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008;
a predisporre una nuova regolamentazione del servizio del volontariato nel corpo che distingua nuovamente la figura del discontinuo, che a tutti gli effetti è un lavoratore a tempo determinato, da quella del volontario;
a valutare misure idonee a garantire un'opportunità di ingresso nel Corpo nazionale alle ulteriori fasce di precariato che non hanno potuto accedere alle forme concorsuali di cui alla stabilizzazione prevista dalle procedure avviate ai sensi dell'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 o dal concorso a 814 posti, o ancora presenti in graduatorie concorsuali non utilizzate;
ad avviare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, e di concerto con le organizzazioni sindacali, la ridefinizione degli organici sulla base dei nuovi impegni previsti dal come prevista dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti.»
9/4865-AR/66.Rosato, Piano, Sbrollini, Sereni, Garofani, Recchia, Margiotta, Braga, Pedoto, Sarubbi, Murer, Marchioni, Mogherini Rebesani, Garavini, Vannucci, Zucchi, Marco Carra, Lovelli, Strizzolo, Rugghia, Touadi, Tullo, Fontanelli, Marchi, Bratti, Realacci, Viola, Zamparutti, Velo, Soro, Zunino, Bocci, Brandolini, Cenni, Colaninno, Fedi, Ferrari, Ghizzoni, Giacomelli, Gnecchi, Gozi, Lenzi, Lucà, Marantelli, Marchi, Margiotta, Melis, Merloni, Miglioli, Motta, Naccarato, Narducci, Oliverio, Pistelli, Porta, Quartiani, Rigoni, Rossomando, Rubinato, Schirru, Servodio, Siragusa, Verini, Villecco Calipari, Lolli, Baretta, Benamati, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il programma «Soccorso Italia in 20 minuti» prevede un incremento del personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco per garantire un servizio più immediato ed efficiente e, a tal fine, risulta indispensabile adeguare gli organici;
le manovre finanziarie del precedente governo hanno drasticamente tagliato le risorse dei Vigili del Fuoco cosiddetti discontinui, mettendo in difficoltà i comandi provinciali nell'organizzazione del soccorso considerato che, quel personale rappresenta ormai un concorso stabile al dispositivo giornaliero, formato da giovani ormai preparati e affiatati;
con l'approvazione di un emendamento al decreto all'ordine del giorno, la Camera ha prorogato al 31 dicembre 2013, conformemente al parere favorevole espresso dal Governo, il termine della validità della graduatoria di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che ha avviato la procedura di stabilizzazione del personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di reperire risorse aggiuntive a quelle oggi previste per il turn over - che comunque lascia migliaia di posti vuoti in organico - al fine di garantire almeno la copertura dei servizi fino a qualche settimana fa assicurati con i richiami dei discontinui;
di adottare le iniziative di sua competenza volte a prorogare al 31 dicembre 2013, la graduatoria del concorso per 814 posti da Vigili del Fuoco di cui al decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008;
di predisporre una nuova regolamentazione del servizio del volontariato nel corpo che distingua nuovamente la figura del discontinuo, che a tutti gli effetti è un lavoratore a tempo determinato, da quella del volontario;
di valutare misure idonee a garantire un'opportunità di ingresso nel Corpo nazionale alle ulteriori fasce di precariato che non hanno potuto accedere alle forme concorsuali di cui alla stabilizzazione prevista dalle procedure avviate ai sensi dell'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 o dal concorso a 814 posti, o ancora presenti in graduatorie concorsuali non utilizzate;
di avviare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, e di concerto con le organizzazioni sindacali, la ridefinizione degli organici sulla base dei nuovi impegni previsti dal come prevista dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti.»
9/4865-AR/66.(Testo modificato nel corso della seduta) Rosato, Piano, Sbrollini, Sereni, Garofani, Recchia, Margiotta, Braga, Pedoto, Sarubbi, Murer, Marchioni, Mogherini Rebesani, Garavini, Vannucci, Zucchi, Marco Carra, Lovelli, Strizzolo, Rugghia, Touadi, Tullo, Fontanelli, Marchi, Bratti, Realacci, Viola, Zamparutti, Velo, Soro, Zunino, Bocci, Brandolini, Cenni, Colaninno, Fedi, Ferrari, Ghizzoni, Giacomelli, Gnecchi, Gozi, Lenzi, Lucà, Marantelli, Marchi, Margiotta, Melis, Merloni, Miglioli, Motta, Naccarato, Narducci, Oliverio, Pistelli, Porta, Quartiani, Rigoni, Rossomando, Rubinato, Schirru, Servodio, Siragusa, Verini, Villecco Calipari, Lolli, Baretta, Benamati, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 reitera la proroga in vigore sin dal 1998 dei comandi in atto per il personale di Poste Italiane SpA presso pubbliche amministrazioni e enti;
a questo personale sono applicabili le norme vigenti che ne prevedono l'inquadramento nei ruoli delle amministrazioni dello Stato presso cui presta servizio;
l'inquadramento di tale personale nei ruoli della pubblica amministrazione consoliderebbe situazioni occupazionali che si protraggono da lungo tempo e consentirebbe la più efficace utilizzazione delle professionalità nel frattempo acquisite e maturate;
indubbi sarebbero i vantaggi derivanti dall'inquadramento in termini di gestione dei rapporti tra Poste italiane SpA e le amministrazioni dello Stato presso le quali presta attività lavorativa tale personale;
dall'inquadramento non deriverebbero nuovi o maggiori oneri per l'Erario perché le amministrazioni già sopportano i costi per il personale in posizione di comando

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento volto ad assicurare l'inquadramento del personale di Poste Italiane SpA nei ruoli delle amministrazioni dello Stato e degli enti presso i quali presta servizio in posizione di comando, in applicazione della vigente normativa.
9/4865-AR/67.Laboccetta.

La Camera,
premesso che:
il presente disegno di legge, all'articolo 29 - comma 8, stabilisce che le domande per il riconoscimento dei requisiti di ruralità di cui al comma 2-bis dell'articolo 7 decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, mantengono il loro effetto anche se presentate dopo la scadenza dei termini originariamente previsti, purché entro il 30 giugno 2012;
tale norma rappresenta un importante segnale di attenzione da parte del Governo nei confronti del mondo dell'agricoltura;
in base al cosiddetto decreto «Salva Italia», decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, anche i «fabbricati strumentali» dell'agricoltura sono soggetti al pagamento della nuova Imu (Imposta Municipale Unica), ossia la tassa sugli immobili che succede alla vecchia lei;
diverse sentenze della Corte Costituzionale hanno sancito in passato che gli edifici, in quanto strumentali all'attività fondiaria, sono già tassati allorquando vengono pagate le imposte (Irpef e lei);
l'agricoltura è un settore notoriamente ad alta patrimonializzazione ma a bassa redditività e spostando le imposizioni dal reddito al patrimonio si determina un danno evidente a un comparto già in chiara difficoltà e composto, per larga parte, da aziende di piccole e medie dimensioni che difficilmente reggerebbero l'impatto di un consistente aumento del carico impositivo;
per i terreni agricoli, infatti, con la nuova normativa, il valore del fabbricato, ai fini dell'imposizione, è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 120;
sui terreni agricoli, dunque, il moltiplicatore è salito da 75 a 120 e l'aliquota è ora fissata al 0,76 per cento contro il precedente 0,4 per cento;
per gli edifici strumentali (capannoni, alloggi agrituristici, locali di degustazione, trasformazione), prima esentati, l'aliquota è invece fissata allo 0,2 per cento e il coefficiente moltiplicatore, per la categoria D10, a 60;
come denunciato dalla Confagricoltura, l'incremento della base imponibile ai fini Imu, assieme alle nuove tasse sui fabbricati rurali, comporta incrementi di tassazione dal 100 per cento sino a valori assurdi del 400 per cento;
l'introduzione dell'IMU rischia, inoltre, di penalizzare oltremodo un settore importante come quello agrituristico che già nel 2011 ha subito una flessione del numero di presenze superiore all'8 per cento;
le associazioni di categoria hanno stimato che la nuova tassazione sugli edifici rurali produrrà un taglio fino al 20 per cento del reddito degli agriturismi, con un aggravio di costi vicino ai 2 mila euro per ogni azienda;
l'insieme di queste misure rischia di penalizzare oltre modo l'agricoltura in genere e le attività connesse ad essa;

impegna il Governo

a valutare, in un successivo provvedimento, la possibilità di introdurre una forma di tassazione diversa e più equa sui terreni agricoli e, in particolare, sui fabbricati rurali funzionali all'attività.
9/4865-AR/68.Boffa.

La Camera,
premesso che:
il 19 dicembre 2011 le associazioni di categoria del trotto, del galoppo e degli ippodromi hanno inviato una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti per denunciare la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che a partire dall'inizio del prossimo anno rischia la chiusura delle attività;
la drastica riduzione per il 2012 dello stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi mette tutta la filiera ippica italiana nelle condizioni di non avere un futuro, con migliaia di persone private di lavoro e quindicimila cavalli da destinare al macello con effetti disastrosi sull'indotto e con l'impossibilità da parte dello Stato di introitare, come è avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte;
gli ippodromi hanno dichiarato la propria disponibilità a riavviare temporaneamente le loro attività, seppur in perdita, nel caso in cui il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali avviasse un percorso di ristrutturazione del settore non più rimandabile;
le condizioni di profonda difficoltà del settore ippico vengono ormai da lontano, almeno da quando lo Stato, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 1998 in attuazione della legge 23 dicembre 1996 n. 662, ha trasferito dall'UNIRE al Ministero dell'economia e delle finanze la gestione delle scommesse sulle corse dei cavalli senza la tutela e gli investimenti che sarebbero stati necessari per evitare la riduzione degli spettatori negli ippodromi e dei volumi di gioco come invece è avvenuto in altri Paesi;
l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) ha costruito sulle reti di raccolta delle scommesse ippiche buona parte del grande sviluppo del gioco pubblico promuovendo e valorizzando tipologie di giochi che, non avendo alcuna filiera da sostenere, hanno fidelizzato il grande pubblico grazie ad una percentuale di premi enormemente più alta;
la raccolta totale dai giochi per il 2011 è stata pari a 80 miliardi di euro, di cui 11 destinati all'erario; risulta pertanto difficile pensare che non si possano reperire le risorse necessarie a salvare il settore dell'ippica italiana in funzione di una sua profonda ristrutturazione secondo criteri di trasparenza delle corse, l'applicazione tempestiva delle sanzioni della giustizia sportiva, la qualità e la selezione degli impianti e degli operatori, gli investimenti finalizzati ad aumentare l'efficacia, l'autonomia e la competitività del settore seguendo le indicazioni elaborate dalle «Linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica italiana» del 29 luglio 2009, elaborato dal dicastero agricolo con il concorso delle associazioni di categoria e rimasto, fino ad ora inattuato;

impegna il Governo

ad assicurare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento al settore ippico prorogando l'applicazione delle disposizioni legislative che gli attribuiscono quota parte delle entrate derivanti dai giochi e le scommesse pubbliche ovvero, in caso contrario, ad individuare nuove fonti di finanziamento che consentano l'effettiva trasformazione e ristrutturazione del settore per il superamento della crisi che investe l'intera filiera e garantire un orizzonte pluriennale alle componenti maggiormente qualitative della stessa.
9/4865-AR/69.Brandolini, Oliverio, Sani, Agostini, Marco Carra, Zucchi, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
il 19 dicembre 2011 le associazioni di categoria del trotto, del galoppo e degli ippodromi hanno inviato una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti per denunciare la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che a partire dall'inizio del prossimo anno rischia la chiusura delle attività;
la drastica riduzione per il 2012 dello stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi mette tutta la filiera ippica italiana nelle condizioni di non avere un futuro, con migliaia di persone private di lavoro e quindicimila cavalli da destinare al macello con effetti disastrosi sull'indotto e con l'impossibilità da parte dello Stato di introitare, come è avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte;
gli ippodromi hanno dichiarato la propria disponibilità a riavviare temporaneamente le loro attività, seppur in perdita, nel caso in cui il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali avviasse un percorso di ristrutturazione del settore non più rimandabile;
le condizioni di profonda difficoltà del settore ippico vengono ormai da lontano, almeno da quando lo Stato, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 1998 in attuazione della legge 23 dicembre 1996 n. 662, ha trasferito dall'UNIRE al Ministero dell'economia e delle finanze la gestione delle scommesse sulle corse dei cavalli senza la tutela e gli investimenti che sarebbero stati necessari per evitare la riduzione degli spettatori negli ippodromi e dei volumi di gioco come invece è avvenuto in altri Paesi;
l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) ha costruito sulle reti di raccolta delle scommesse ippiche buona parte del grande sviluppo del gioco pubblico promuovendo e valorizzando tipologie di giochi che, non avendo alcuna filiera da sostenere, hanno fidelizzato il grande pubblico grazie ad una percentuale di premi enormemente più alta;
la raccolta totale dai giochi per il 2011 è stata pari a 80 miliardi di euro, di cui 11 destinati all'erario; risulta pertanto difficile pensare che non si possano reperire le risorse necessarie a salvare il settore dell'ippica italiana in funzione di una sua profonda ristrutturazione secondo criteri di trasparenza delle corse, l'applicazione tempestiva delle sanzioni della giustizia sportiva, la qualità e la selezione degli impianti e degli operatori, gli investimenti finalizzati ad aumentare l'efficacia, l'autonomia e la competitività del settore seguendo le indicazioni elaborate dalle «Linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica italiana» del 29 luglio 2009, elaborato dal dicastero agricolo con il concorso delle associazioni di categoria e rimasto, fino ad ora inattuato;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento al settore ippico prorogando l'applicazione delle disposizioni legislative che gli attribuiscono quota parte delle entrate derivanti dai giochi e le scommesse pubbliche ovvero, in caso contrario, ad individuare nuove fonti di finanziamento che consentano l'effettiva trasformazione e ristrutturazione del settore per il superamento della crisi che investe l'intera filiera e garantire un orizzonte pluriennale alle componenti maggiormente qualitative della stessa.
9/4865-AR/69.(Testo modificato nel corso della seduta) Brandolini, Oliverio, Sani, Agostini, Marco Carra, Zucchi, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 8, del decreto legge in commento sancisce l'efficacia delle domande di variazione della categoria catastale dei fabbricati volte al riconoscimento della ruralità degli immobili a fini fiscali, anche se presentate oltre il termine del 30 settembre 2011, purché inoltrate entro e non oltre il 30 giugno 2012;
tale proroga è molto importante per il settore primario che, a seguito della nuova disciplina in materia di imposta municipale unica (IMU) contenuta nell'articolo 13 del decreto legge 201/2011 deve sostenere un ulteriore considerevole incremento del peso fiscale in quanto si prevede un incremento di tassazione sulle abitazioni rurali e sui fabbricati strumentali all'attività agricola, oltre all'incremento della base imponibile per i terreni agricoli;
l'introduzione del principio di differenziazione della tassazione dei terreni agricoli in funzione della «professionalità» dei soggetti interessati, ossia riducendo la base imponibile per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionisti - per i quali il terreno non è una rendita ma un fattore produttivo - è stato un primo segnale minimo che ha segnato la strada da seguire;
è fondamentale che il legislatore tuteli il settore primario mediante norme che premino l'attività agricola e non contribuiscano, invece, ad aggravare quelle condizioni pesanti in cui versa l'agricoltura schiacciata dalla dinamica prezzi volatili-costi di produzione elevati;
gli esperti del settore denunciano che a seguito delle novità suddette un'impresa tipo condotta da un agricoltore iscritto nelle liste dei coltivatori diretti, proprietario di un terreno di pianura coltivato a frutteto nel 2012 subirà un aggravio del carico fiscale del 250 per cento rispetto all'anno in corso;
al riguardo le associazioni di categoria lanciano l'allarme: l'anno scorso 20mila aziende agricole hanno chiuso i battenti e la loro uscita di scena è solo in parte compensata dall'aumento della superficie media delle unità di alcuni settori; in particolare I piccolo agricoltori schiacciati dalla crisi generale e dalla globalizzazione escono dal mercato;
si calcola che l'Imu sui terreni e sui fabbricati rurali costerà agli agricoltori un miliardo di euro in più nel 2012;

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente il termine utile ai fini del riconoscimento fiscale della ruralità degli immobili e ad intervenire con urgenza al fine di differenziare limitare ulteriormente il peso fiscale dei terreni agricoli per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali.
9/4865-AR/70.Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 8, del decreto legge in commento sancisce l'efficacia delle domande di variazione della categoria catastale dei fabbricati volte al riconoscimento della ruralità degli immobili a fini fiscali, anche se presentate oltre il termine del 30 settembre 2011, purché inoltrate entro e non oltre il 30 giugno 2012;
tale proroga è molto importante per il settore primario che, a seguito della nuova disciplina in materia di imposta municipale unica (IMU) contenuta nell'articolo 13 del decreto legge 201/2011 deve sostenere un ulteriore considerevole incremento del peso fiscale in quanto si prevede un incremento di tassazione sulle abitazioni rurali e sui fabbricati strumentali all'attività agricola, oltre all'incremento della base imponibile per i terreni agricoli;
l'introduzione del principio di differenziazione della tassazione dei terreni agricoli in funzione della «professionalità» dei soggetti interessati, ossia riducendo la base imponibile per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionisti - per i quali il terreno non è una rendita ma un fattore produttivo - è stato un primo segnale minimo che ha segnato la strada da seguire;
è fondamentale che il legislatore tuteli il settore primario mediante norme che premino l'attività agricola e non contribuiscano, invece, ad aggravare quelle condizioni pesanti in cui versa l'agricoltura schiacciata dalla dinamica prezzi volatili-costi di produzione elevati;
gli esperti del settore denunciano che a seguito delle novità suddette un'impresa tipo condotta da un agricoltore iscritto nelle liste dei coltivatori diretti, proprietario di un terreno di pianura coltivato a frutteto nel 2012 subirà un aggravio del carico fiscale del 250 per cento rispetto all'anno in corso;
al riguardo le associazioni di categoria lanciano l'allarme: l'anno scorso 20mila aziende agricole hanno chiuso i battenti e la loro uscita di scena è solo in parte compensata dall'aumento della superficie media delle unità di alcuni settori; in particolare I piccolo agricoltori schiacciati dalla crisi generale e dalla globalizzazione escono dal mercato;
si calcola che l'Imu sui terreni e sui fabbricati rurali costerà agli agricoltori un miliardo di euro in più nel 2012;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente il termine utile ai fini del riconoscimento fiscale della ruralità degli immobili e ad intervenire con urgenza al fine di differenziare limitare ulteriormente il peso fiscale dei terreni agricoli per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali.
9/4865-AR/70.(Testo modificato nel corso della seduta) Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in commento proroga fino al 30 settembre 2012 l'incarico del commissario straordinario della Croce rossa italiana (CRI) anche in considerazione degli adempimenti richiesti dallo schema di decreto legislativo in materia di riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa ancora all'esame delle competenti Commissioni parlamentari;
anche l'attività del Commissario Straordinario delle quote latte istituito dalla legge 33 del 9 aprile 2009, in scadenza alla fine dell'anno 2011, necessiterebbe di una proroga motivata dal fatto che le sue attività sono in una fase cruciale ai fini del rispetto della legalità e della normativa nazionale e comunitaria;
la proroga dell'attività del commissario straordinario è indispensabile in quanto le ripetute proroghe dei termini per i pagamenti delle rate delle multe previste dai piani di rateizzazione concessi a chi ha aderito alla sanatoria impongono al commissario, anche nel 2012, di dover provvedere agli adempimenti a suo carico in materia di accettazione delle domande di rateizzazione e di revoca delle quote aggiuntive, assegnate in base alla legge 33/2009, ai produttori oggetto di intimidazione di pagamento che non abbiamo aderito ai piani di rateizzazione;
al riguardo si segnala che è in carico al Commissario straordinario anche la gestione dei contenziosi amministrativi connessi ai provvedimenti adottati;

impegna il Governo

al fine di dare una corretta e completa attuazione alle disposizioni contenute nella legge n. 33 del 2009 in materia di quote latte, a prorogare anche per il 2012 l'attività del Commissario straordinario.
9/4865-AR/71.Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
Alcoa Inc. è un'azienda americana terza nel mondo come produttrice di alluminio e rappresenta, non solo per la Sardegna, ma per tutta l'Italia, la più importante realtà produttiva di alluminio;
Alcoa, nel contesto di una propria politica industriale, che prevede un taglio del 12 per cento della produzione mondiale, ha deciso unilateralmente di chiudere gli impianti di produzione di alluminio a Portovesme, in quanto, secondo il management statunitense dell'azienda, non risponderebbero ai requisiti di competitività oggi richiesti da un mercato globale condizionato da costi di produzione più alti e prezzo del metallo in caduta libera;
la chiusura degli impianti di Portovesme potrebbe determinare, a catena, il fermo di tutta la filiera dell'alluminio coinvolgendo le altre realtà produttive come l'Euroallumina e la Ila con la conseguenza drammatica della perdita di posti di lavoro per migliaia di dipendenti e l'inasprimento del disagio economico e sociale in cui si trova il territorio del Sulcis che già sconta purtroppo gli effetti devastanti di una crisi mondiale;
l'importanza strategica degli impianti Alcoa è stata ribadita più volte in occasione della discussione nel marzo del 2010 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, cosiddetto decreto «salva Alcoa», convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, ed in quella occasione è stato ribadito con fermezza il pericolo che è insito nella tendenza dei grandi gruppi industriali a delocalizzare i propri impianti là dove gli spazi sono pressoché illimitati, i vincoli ambientali inesistenti, l'energia a buon prezzo, i diritti dei lavoratori sono deboli e le loro retribuzioni notevolmente più basse;
le organizzazioni sindacali hanno annunciato un mese di lotte e anticipato al 9 marzo lo sciopero dei settori produttivi e dei servizi in relazione alla grave crisi che investe tutta la Sardegna;
fino ad oggi la politica industriale del Governo e della Giunta Regionale non è stata adeguata e sufficiente a contrastare i fenomeni di crisi dei diversi distretti industriali, tra i quali quello di Portovesme, e non sono stati adottati provvedimenti e iniziative sufficienti a scongiurare l'abbandono del territorio del Sulcis;
il Sulcis è una delle province più povere d'Italia, il malessere già molto diffuso può trasformarsi in tensioni sociali preoccupanti e imprevedibili;
il Governo deve esercitare con forza ed autorevolezza quella politica di persuasione necessaria perché l'ENEL realizzi accordi bilaterali capaci di scontare prezzi energetici più bassi di quelli che si registrerebbero nel libero mercato;
ENEL non può, in ragione della sua posizione di monopolio e della partecipazione azionaria dello Stato, pensare di poter curare solo il proprio legittimo interesse a guadagnare e non anche a svolgere un ruolo strategico nell'interesse superiore del Paese;
al Governo è altresì affidato il compito di creare le condizioni più favorevoli per la realizzazione in tempi brevi del gasdotto, Algeria-Sardegna, al fine di conseguire non solo un ulteriore miglioramento delle condizioni di prezzo dell'energia, ma anche il raggiungimento dell'obiettivo di dotare tutta la Sardegna dell'approvvigionamento di metano,

impegna il Governo:

a confermare la rilevanza strategica della produzione di alluminio in Italia e affrontare con determinazione i problemi che ostacolano la continuazione della produzione dello stabilimento Alcoa di Portovesme, anche per salvaguardare i posti di lavoro nell'area;
a individuare entro brevissimo tempo lo strumento legislativo per la proroga di almeno tre anni delle misure finalizzate a garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3 convertito con modificazioni dalla legge 22 marzo 2010, n. 41;
ad esercitare con forza adeguate pressioni affinché l'ENEL realizzi accordi bilaterali capaci di scontare prezzi energetici più bassi di quelli che si registrerebbero sui liberi mercati, come già avviene negli altri Paesi europei;
a intervenire perché finalmente inizino i lavori dell'infrastruttura del gasdotto Algeria-Italia;
a contribuire, insieme alla regione Sardegna, alla realizzazione delle infrastrutture necessarie, in particolare quella portuale per superare i costi dell'approvvigionamento della materia prima;
a chiedere alla Alcoa la sospensione immediata della procedura di mobilità del personale, aperta in forma assolutamente incomprensibile dall'azienda;
a continuare ad esercitare tutte le pressioni necessarie per tentare di trattenere Alcoa nel ciclo produttivo di Portovesme prevista dall'accordo stipulato in data 18 maggio 2010 e, nel caso ciò non fosse possibile, a individuare una nuova compagine imprenditoriale che continui e consolidi l'attività produttiva;
nell'eventualità che Alcoa, nonostante gli impegni per risolvere il problema del costo dell'energia e delle infrastrutture, dovesse confermare la chiusura dello stabilimento, a costringere l'azienda al ripristino ambientale e a pagare la sanzione di 300 milioni di euro comminata ad Alcoa dall'Unione Europea.
9/4865-AR/72.Fadda, Calvisi, Marrocu, Melis, Parisi, Pes, Schirru, Soro, Lulli, Froner, Vico.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 22, comma 1-bis, sostituendo il comma 9-ter dell'articolo 40 del decreto-legge 201/2011, precisa l'ambito di applicazione della proroga al 31 dicembre 2012 - concessa dal decreto-legge 201/2011 - dei termini previsti per il completamento delle iniziative agevolate finanziate a valere sulla programmazione negoziata. In particolare, la nuova formulazione del comma restringe l'ambito di applicazione della proroga alle sole iniziative che, al 31 dicembre 2011, risultino realizzate in misura non inferiore all'80 per cento degli investimenti ammessi, a condizione che le stesse siano completate entro il 31 dicembre 2012. L'agevolazione per le iniziative oggetto di proroga dovrà, inoltre, essere rideterminata nel limite massimo delle quote di contributi maturati per investimenti già realizzati alla data del 28 dicembre 2011, anziché nel limite massimo delle anticipazioni già erogate al beneficiario alla medesima data, come previsto dal vigente comma 9-ter,

impegna il Governo

a considerare in ogni caso valido, nei Contratti di Programma di cui all'articolo 2, comma 203, lettera e) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni ed integrazioni, l'esercizio «a regime» che le singole iniziative imprenditoriali abbiano completato anteriormente al 31 dicembre 2011, ai sensi dell'articolo 6.8 della circolare n. 900516 del 13 dicembre 2000 del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
9/4865-AR/73.Soro.

La Camera,
premesso che:
il drastico taglio dei fondi per il sostegno all'editoria, operato con la Legge di stabilità 2012, ha messo sull'orlo della chiusura un centinaio di testate, tra quotidiani e periodici, alcune delle quali hanno già chiuso, altre hanno annunciato la cessazione della pubblicazione nelle prossime settimane;
ormai da tempo il fondo editoria sia stato assoggetto ad un accelerato processo di riduzione sino alle attuali dimensioni 53,5 milioni e che, più volte, la Camera dei Deputati - in piena sintonia con l'altro ramo del Parlamento e nella piena convinzione che la qualità, il pluralismo e la completezza dell'informazione costituiscono la misura effettiva della qualità e dello spessore della democrazia - ha sollecitato una maggiore finalizzazione delle risorse pubbliche stanziate a sostegno dell'editoria, un maggior rigore nella selezione dei soggetti beneficiari onde evitare l'accesso a profittatori di circostanza ma nel contempo di garantire il sostegno, e certo ed adeguato, ai veri giornali;
occorre operare con assoluta urgenza per evitare la scomparsa di tale e tanta offerta informativa che produrrebbe la cancellazione di oltre 500.000 copie giornaliere, la perdita di oltre 4000 posti di lavoro tra giornalisti, poligrafici e lavoratori dell'indotto, un colpo durissimo al pluralismo dell'informazione ed una limitazione del diritto dei cittadini ad essere pienamente e correttamente informasti;
più complessivamente, si registra all'interno del settore un pesante malessere e una grande preoccupazione per i rischi della caduta del pluralismo dell'informazione manifestata dalle fasce più accorte della popolazione e dalle massime autorità dello Stato;
nel corso della conversione in legge del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201 alla Camera dei Deputati, con l'articolo 30 comma 8.bis, all'elenco 3, allegato all'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 138, accanto agli altri sono stati inseriti «interventi di sostegno all'editoria e al pluralismo dell'informazione»,

impegna il Governo

a procedere rapidamente alla ripartizione dei fondi tra gli interventi indicati nell'elenco 3, allegato all'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 138, garantendo per il sostegno all'editoria un incremento della dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2012, indispensabile per l'erogazione dei contributi relativi all'anno 2011.
9/4865-AR/74.De Biasi.

La Camera,
premesso che:
le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno ridotto gli effetti della volatilità osservata nei mercati finanziari;
in particolare, considerata l'eccezionale turbolenza nei mercati finanziari, l'articolo 15, comma 13 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha consentito alle imprese di assicurazione o di riassicurazione di cui all'articolo 210, commi 1 e 2, del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), ai fini della verifica della solvibilità corretta di cui al capo IV del titolo XV del medesimo decreto, per l'esercizio 2010 e fino al 30 giugno 2011, di poter tenere conto del valore di iscrizione nel bilancio individuale dei titoli di debito destinati a permanere durevolmente nel patrimonio ed emessi o garantiti da Stati dell'Unione europea;
l'ISVAP, in considerazione del permanere di una situazione di volatilità dei corsi e quindi di turbolenza dei mercati finanziari, ha rappresentato l'opportunità di estendere a tutto l'esercizio 2011 l'applicazione delle misure anticrisi di cui al citato articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185;
con decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze del 27 luglio 2011, sono state prorogate le disposizioni di cui all'articolo 15, commi 13, 14, 15, 15-bis e 15-ter, del citato decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, prevedendone l'applicazione anche per tutto l'esercizio in corso al 2011;
i provvedimenti finora adottati hanno natura straordinaria e sono divenuti inefficaci dal 31 dicembre 2011 a differenza di quanto avviene in Francia e Germania che hanno introdotto una norma di natura strutturale;
in considerazione del perdurare della crisi finanziaria, si renderebbe necessario un aggiustamento della normativa che risulta essere insufficiente a neutralizzare le ampie oscillazioni dei prezzi osservate nelle scorse settimane per i titoli di Stato italiani;
per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato, le compagnie si troverebbero costrette a ridurre gli investimenti in obbligazioni pubbliche proprio nel momento in cui, secondo il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, nel primo trimestre del 2012, verranno a scadenza 230 miliardi di obbligazioni bancarie, 300 miliardi di titoli pubblici, e più di 200 miliardi di debito a collaterale;
per evitare una penalizzazione delle imprese di assicurazione nazionali rispetto le concorrenti europee ed attenuare l'effetto pro-ciclico delle regole di vigilanza, sarebbe opportuno, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, che le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, una norma di rango primario, che consenta, in modo permanente, alle imprese di assicurazione e di riassicurazione di poter valutare le obbligazioni nel portafoglio al valore di carico in bilancio anziché al valore di mercato.
9/4865-AR/75.Duilio, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame, si interviene in materia di esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo sospendendone l'efficacia fino al 31 dicembre 2012;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 2, comma 627 (le cui previsioni sono ora confluite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2010), ha previsto che il Ministro della difesa predisponga un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e le ristrutturazioni di alloggi di servizio al fine di soddisfare una necessità pianificata dallo stesso Ministero della difesa pari a circa 51 mila unità abitative, da attuarsi anche attraverso l'alienazione di alloggi non più utili alle esigenze dell'amministrazione della difesa;
in attuazione di quanto sopra è stato emanato il decreto ministeriale n. 112 del 18 maggio 2010 recante il «Regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione l'acquisto, e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare, di cui all'articolo 2, comma 629, della legge 24 dicembre 2004 n. 244 (legge finanziaria 2008);
con decreto direttoriale n. 14/2/2010 del 22 novembre 2010 è stato individuato un primo lotto di alloggi in uso al Ministero della difesa (Gazzetta Ufficiale n.70 del 26 marzo 2011) da alienare, per un totale di 3.020 unità;
con decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011 sono state dettate disposizioni in materia di rideterminazione nel canone degli alloggi di servizio militari occupata da utenti senza titolo ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010;
agli alloggi appena individuati con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per la imminente alienazione e vendita debbono seguire ulteriori elenchi di alloggi non più utili, superando momentanei impedimenti determinati da contenziosi amministrativi o da difficoltà di accatastamento, che potrebbero essere risolti nel breve periodo;
ad un attento esame del regolamento n. 112 del 18 maggio 2010, sono emerse alcune evidenti discordanze rispetto alle tutele dei conduttori degli alloggi, non osservate, relativamente alle famiglie ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dall'articolo 306, comma 3, del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, che prevede il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, e nel quale viene in particolare sancito che sia assicurata «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliare e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT;
nello stesso regolamento di cui al decreto n. 112 del 18 maggio 2010 all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), vengono previsti meccanismi reddituali che artificialmente e senza motivazione tendono ad annullare il sistema di abbattimento del prezzo su cui esercitare il diritto di opzione descritto nella legge 24 dicembre 2007, n. 244;
nel decreto del Ministro della difesa 16 marzo 2011 sui canoni di mercato pubblicato sulla del Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011, all'articolo 2, comma 3 vengono introdotti con lo stesso metodo, aumenti del reddito reale non corretti, tendenti a determinare un canone più oneroso;
inoltre, nello stesso decreto sui canoni di mercato, all'articolo 2, comma 6, viene stabilito che ai fini dell'aumento annuale dei canoni, venga applicata per intero (100 per cento la misura dell'aggiornamento annuale ISTAT anziché quella ridotta, universalmente applicata, anche per i canoni privati, pari al 75 per cento;
i canoni cosiddetti di mercato, sono stati imposti per decreto legge e individuati nella loro entità attraverso un regolamento che, proprio in ragione della sua natura regolamentare, non è stato oggetto di parere parlamentare, ma mette un grande numero di utenti nella assoluta impossibilità di farvi fronte visto che il cannone richiesto supera i trattamenti economici che vengono loro corrisposti sotto forma di stipendio o di pensione, prefigurando nei loro confronti le condizioni per il recupero forzoso dell'alloggio per morosità;
la quasi totalità degli alloggi lasciati liberi dai conduttori cosiddetti sine titulo non risulta assegnata da parte dei comandi competenti a nuovi utenti, facendo così venir meno anche lo scopo dichiarato di sostituire un utente sine titulo con un altro avente titolo;
il piano di ampliamento del patrimonio abitativo della Difesa, da destinare in primis ai soldati di carriera, è stanzialmente fermo mentre, al di là delle resistenze manifestate da qualche ente locale e che sono oggetto della magistratura amministrativa, sono rimaste senza risposta offerte formalizzate al Ministero della difesa da imprenditori privati con il pieno consenso degli enti locali interessati,

impegna il Governo:

a rivedere attraverso ulteriori iniziative normative i criteri di calcolo dell'intera disciplina dei canoni da corrispondere per la concessione di un alloggio di servizio con particolare riguardo alla insostenibilità dei cosiddetti canoni di mercato per raggiungere un punto di equilibrio che possa tutelare l'interesse dell'amministrazione e adeguato al reddito dei conduttori;
a non intraprendere fino al 31 dicembre 2012 azioni di recupero forzoso sospendendo l'esecuzione di quelle eventualmente già avviate.
9/4865-AR/76.Vico.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame, si interviene in materia di esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo sospendendone l'efficacia fino al 31 dicembre 2012;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 2, comma 627 (le cui previsioni sono ora confluite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2010), ha previsto che il Ministro della difesa predisponga un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e le ristrutturazioni di alloggi di servizio al fine di soddisfare una necessità pianificata dallo stesso Ministero della difesa pari a circa 51 mila unità abitative, da attuarsi anche attraverso l'alienazione di alloggi non più utili alle esigenze dell'amministrazione della difesa;
in attuazione di quanto sopra è stato emanato il decreto ministeriale n. 112 del 18 maggio 2010 recante il «Regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione l'acquisto, e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare, di cui all'articolo 2, comma 629, della legge 24 dicembre 2004 n. 244 (legge finanziaria 2008);
con decreto direttoriale n. 14/2/2010 del 22 novembre 2010 è stato individuato un primo lotto di alloggi in uso al Ministero della difesa (Gazzetta Ufficiale n.70 del 26 marzo 2011) da alienare, per un totale di 3.020 unità;
con decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011 sono state dettate disposizioni in materia di rideterminazione nel canone degli alloggi di servizio militari occupata da utenti senza titolo ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010;
agli alloggi appena individuati con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per la imminente alienazione e vendita debbono seguire ulteriori elenchi di alloggi non più utili, superando momentanei impedimenti determinati da contenziosi amministrativi o da difficoltà di accatastamento, che potrebbero essere risolti nel breve periodo;
ad un attento esame del regolamento n. 112 del 18 maggio 2010, sono emerse alcune evidenti discordanze rispetto alle tutele dei conduttori degli alloggi, non osservate, relativamente alle famiglie ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dall'articolo 306, comma 3, del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, che prevede il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, e nel quale viene in particolare sancito che sia assicurata «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliare e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT;
nello stesso regolamento di cui al decreto n. 112 del 18 maggio 2010 all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), vengono previsti meccanismi reddituali che artificialmente e senza motivazione tendono ad annullare il sistema di abbattimento del prezzo su cui esercitare il diritto di opzione descritto nella legge 24 dicembre 2007, n. 244;
nel decreto del Ministro della difesa 16 marzo 2011 sui canoni di mercato pubblicato sulla del Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011, all'articolo 2, comma 3 vengono introdotti con lo stesso metodo, aumenti del reddito reale non corretti, tendenti a determinare un canone più oneroso;
inoltre, nello stesso decreto sui canoni di mercato, all'articolo 2, comma 6, viene stabilito che ai fini dell'aumento annuale dei canoni, venga applicata per intero (100 per cento la misura dell'aggiornamento annuale ISTAT anziché quella ridotta, universalmente applicata, anche per i canoni privati, pari al 75 per cento;
i canoni cosiddetti di mercato, sono stati imposti per decreto legge e individuati nella loro entità attraverso un regolamento che, proprio in ragione della sua natura regolamentare, non è stato oggetto di parere parlamentare, ma mette un grande numero di utenti nella assoluta impossibilità di farvi fronte visto che il cannone richiesto supera i trattamenti economici che vengono loro corrisposti sotto forma di stipendio o di pensione, prefigurando nei loro confronti le condizioni per il recupero forzoso dell'alloggio per morosità;
la quasi totalità degli alloggi lasciati liberi dai conduttori cosiddetti sine titulo non risulta assegnata da parte dei comandi competenti a nuovi utenti, facendo così venir meno anche lo scopo dichiarato di sostituire un utente sine titulo con un altro avente titolo;
il piano di ampliamento del patrimonio abitativo della Difesa, da destinare in primis ai soldati di carriera, è stanzialmente fermo mentre, al di là delle resistenze manifestate da qualche ente locale e che sono oggetto della magistratura amministrativa, sono rimaste senza risposta offerte formalizzate al Ministero della difesa da imprenditori privati con il pieno consenso degli enti locali interessati,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di rivedere attraverso ulteriori iniziative normative i criteri di calcolo dell'intera disciplina dei canoni da corrispondere per la concessione di un alloggio di servizio con particolare riguardo alla insostenibilità dei cosiddetti canoni di mercato per raggiungere un punto di equilibrio che possa tutelare l'interesse dell'amministrazione e adeguato al reddito dei conduttori;
di non intraprendere fino al 31 dicembre 2012 azioni di recupero forzoso sospendendo l'esecuzione di quelle eventualmente già avviate.
9/4865-AR/76.(Testo modificato nel corso della seduta) Vico.

La Camera,
premesso che:
le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (ii.pp.aa.bb.) svolgono attività prevalentemente di carattere assistenziale nei confronti di persone in stato di bisogno e sono disciplinate dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, cosiddetta legge «Crispi»;
nel 2000, con la legge n. 328 che approva la riforma del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, le ii.pp.aa.bb. hanno trovato un inquadramento più consono al mutato quadro istituzionale intervenuto con i decreti Bassanini. In particolare, l'articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328, conferiva una delega al Governo per il riordino delle ii.pp.aa.bb., esercitata con il decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, che ha segnato quindi il definitivo superamento della vecchia legge «Crispi»;
con il decreto legislativo n. 207 dei 2001, le regioni hanno avuto la possibilità di approvare le leggi di riordino e gli enti hanno proceduto alla trasformazione avvalendosi della agevolazione fiscale disposta dal comma 4 dell'articolo 4 del citato decreto legislativo che così recita: «In sede di prima applicazione e comunque fino al 31 dicembre 2003, gli atti di riordino delle Istituzioni in aziende di servizi o in persone giuridiche di diritto privato sono esenti dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali e sull'incremento del valore degli immobili e relativa imposta sostitutiva»;
le operazioni di riordino non sono state decise in modo uniforme e tempestivo sul territorio nazionale e pertanto si è reso necessario a più riprese prorogare il termine inizialmente previsto del 31-12-2003, ai fini dell'accesso al regime fiscale agevolato. In particolare:
con la legge 24.12.2003, n. 350, articolo 2, comma 24, il termine del 31 dicembre 2003 è stato prorogato al 31 dicembre 2005;
con la legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 127, il termine del 31 dicembre 2005 è stato prorogato al 31 dicembre 2006;
con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 338, il termine del 31 dicembre 2006 è stato prorogato al 31 dicembre 2007;
con decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, articolo 51-ter, il termine del 31 dicembre 2007 è stato prorogato al 31 dicembre 2008;
con decreto-legge 27.5. 2008, n. 93, articolo 5, co. 10, lett. c), il termine del 31.12.2008 è stato retrocesso al 30.6.2008, ma con successiva legge 22.12.2008, n. 203, articolo 2, co. 10, è stata estesa la esenzione a tutti gli atti effettuati nel 2009;
dal 1o gennaio 2010 la trasformazione degli enti è onerosa e pertanto le ii.pp.aa.bb. che procedono al riordino nel corso del 2012 sono sottoposte ad onerosi imposizioni tributarie, per effetto dei ritardi nell'approvazione delle leggi regionali di recepimento del decreto legislativo n. 207 del 2001;
gli oneri finanziari, conseguentemente, vanno a gravare sul bilancio degli enti e direttamente sull'ammontare delle rette pagate dai cittadini o dagli enti locali, quale corrispettivo delle prestazioni erogate dalle ii.pp.aa.bb. oggetto di trasformazione;
appare del tutto ingiustificato gravare sui cittadini per la negligenza o per i ritardi nell'adozione delle leggi regionali di riordino degli enti,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure normative necessarie affinché sia prorogato il termine dell'esenzione di cui all'articolo 4 comma 4 del decreto legislativo n. 207 dei 2001 almeno fino al 31 dicembre 2012.
9/4865-AR/77.Miotto, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
la legge 18 luglio 1957, n. 614, ha affidato alla Gestione governativa navigazione laghi l'esercizio delle linee di navigazione in servizio pubblico sui laghi di Como, Garda e Maggiore, prevedendo che l'eventuale disavanzo di bilancio sia coperto con i fondi stanziati annualmente dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, a cui spetta la vigilanza sull'amministrazione affidata al gestore;
nel corso degli ultimi anni il fabbisogno di risorse per il finanziamento del servizio di navigazione lacuale, a carico dello Stato, si è assestato su circa 26 milioni di euro;
la legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilita 2012), ha determinato il dimezzamento delle risorse destinate al finanziamento della Gestione Governativa; tagli lineari, di simile consistenza, erano già stati operati dalla Legge finanziaria 2009 e dalla Legge di stabilità 2011, e solo parzialmente compensati con successivi provvedimenti legislativi che consentivano di utilizzare gli avanzi di amministrazioni risultanti dai bilanci 2007 e 2009, al fine di fronteggiare le spese per la gestione dei servizi di navigazione e scongiurare la compromissione del servizio;
la legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225 attribuiva alla Gestione governativa un finanziamento aggiuntivo di due milioni di euro per l'anno 2011, che in parte attenuava la gravita dei tagli di risorse operate;
la situazione di difficoltà dei servizi di navigazione è attualmente ulteriormente aggravata a causa del progressivo rincaro del costo del carburante necessario ai natanti, nonché per effetto delle disposizioni previste dalla Legge 15.12.2011 n. 217, secondo cui sono assoggettati al pagamento dell'IVA gli acquisti relativi al parco natanti, che, in precedenza, erano esenti ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 633/1972;
la direzione della Gestione governativa navigazione laghi, al fine di conservare l'equilibrio economico-finanziario, ha deciso ed in parte già operato per l'anno 2012, scelte di riduzione del servizio di trasporto passeggeri, in particolare delle corse veloci, e di traghettamento degli autoveicoli, nonché l'aumento delle tariffe applicate, che colpiscono in particolare gli utenti pendolari; tale scelta rischia anche di avere pesanti ripercussioni occupazionali ed incide in maniera negativa sulle potenzialità della mobilità lacuale come fattore di sviluppo economico dei territori interessati;
l'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, riprendendo l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, prevedeva che entro il 1o gennaio 2000 la gestione del servizio di navigazione fosse trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla Provincia autonoma di Trento, previo risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato, da realizzare in base a un piano predisposto dal Ministero dei Trasporti ed approvato, entro il 31 marzo 1998, dal Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, a seguito di intesa con le regioni interessate e con la Provincia autonoma di Trento;
nonostante l'articolo 2, comma 8, della legge 18 giugno 1998, n. 194 avesse disposto un finanziamento urgente ai fini del risanamento tecnico ed economico del servizio, ai fini della regionalizzazione, i termini per l'attuazione sono decorsi inutilmente per mancato accordo tra le Regioni competenti, con conseguente perdita dei fondi stanziati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare, anche per l'anno 2012, la misura prevista dalla legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, relativa all'attribuzione di risorse alla Gestione governativa e di individuare ulteriori ed adeguati stanziamenti per il finanziamento del trasporto pubblico lacuale, al fine di scongiurare la compromissione di un servizio essenziale per i territori interessati, sostenendo, per quanto di competenza, il processo di regionalizzazione previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 422.
9/4865-AR/78.Braga, Codurelli, Nicola Molteni, Rivolta.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, introduce una nuova disciplina previdenziale e l'articolo 24, comma 14 stabilisce che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore della legge continuano ad applicarsi ai soggetti che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011, senza tener conto della particolare specifica normativa che permette, invece, agli insegnanti di accedere al pensionamento esclusivamente in coerenza con il calendario scolastico;
come dimostrano gli ultimi dati ufficiali forniti dal Miur, che collocano i docenti italiani tra i più anziani dei Paesi Europei, gli interventi volti a ridurre le cessazioni del rapporto di lavoro per pensionamento incidono sull'invecchiamento del corpo insegnante,

impegna il Governo

in sede di discussione del primo provvedimento utile a prevedere un intervento normativo volto a introdurre il termine del 31 agosto 2012 per il personale del comparto scuola che ha maturato i requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/4865-AR/79.Ghizzoni, Gnecchi, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Russo, Siragusa, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
i tagli lineari che negli ultimi anni hanno ripetutamente falciato il fondo per l'editoria mettono a serio rischio la sopravvivenza di decine e decine di testate e quindi di centinaia di posti di lavoro e inoltre, determinano un impoverimento del pluralismo informativo, del dibattito pubblico, del patrimonio culturale del nostro Paese;
occorre provvedere con massima urgenza ad una attenta riforma della disciplina relativa alla concessione di contributi e provvidenze per l'editoria allo scopo di garantire l'effettivo pluralismo dell'informazione e la sopravvivenza di diverse testate, altrimenti destinate a sparire dalla scena,

impegna il Governo

nelle more della indispensabile definizione di una organica riforma del sostegno pubblico all'editoria che elimini ogni fonte di spreco e assicuri una rigorosa e trasparente selezione nell'accesso alle risorse, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad incrementare il fondo per i contributi pubblici all'editoria in una misura tale che assicuri la necessaria continuità degli interventi per l'anno 2012, permetta la sopravvivenza di tante testate altrimenti costrette alla chiusura, garantisca la tutela del pluralismo dell'informazione.
9/4865-AR/80.Levi, De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Pasquale, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
per i soggetti, di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 e quelli con patologie oncologiche di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, il diritto alla riserva e l'inserimento di tale titolo nelle graduatorie provinciali di cui all'articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006 viene previsto solo al momento dell'aggiornamento delle stesse, ogni tre anni;
ciò lede gli stessi principi sanciti dalle succitate leggi che hanno come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato,

impegna il Governo

a garantire i diritti previsti dalla legge 12 marzo 1999, n. 68 e dall'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, e a consentire l'inserimento del titolo riserva nelle graduatorie provinciali ad esaurimento con cadenza almeno annuale.
9/4865-AR/81.Bachelet, Siragusa, Ghizzoni, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Russo.

La Camera,
premesso che:
per i soggetti, di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 e quelli con patologie oncologiche di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, il diritto alla riserva e l'inserimento di tale titolo nelle graduatorie provinciali di cui all'articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006 viene previsto solo al momento dell'aggiornamento delle stesse, ogni tre anni;
ciò lede gli stessi principi sanciti dalle succitate leggi che hanno come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire i diritti previsti dalla legge 12 marzo 1999, n. 68 e dall'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, e a consentire l'inserimento del titolo riserva nelle graduatorie provinciali ad esaurimento con cadenza almeno annuale.
9/4865-AR/81.(Testo modificato nel corso della seduta) Bachelet, Siragusa, Ghizzoni, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Russo.

La Camera,
premesso che:
i mutamenti introdotti a partire dal decreto-legge n. 187 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008, con l'introduzione del maestro unico, hanno profondamente mutato il sistema della scuola primaria, restringendo all'inglese il campo delle lingue insegnate;
con il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009 si è affidato l'insegnamento della lingua inglese a insegnanti specializzati che vanno a sostituire progressivamente quelli specialisti;
all'articolo 10, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, inoltre, per coloro che non sono specializzati si prevede la partecipazione ad appositi corsi triennali di formazione linguistica, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione;
successivamente, con nota ministeriale AOODGPER n. 17119 del 12 novembre 2009 si è poi sottolineata l'opportunità di limitare i corsi in questione ai docenti neoassunti nonché ai docenti generalisti in servizio;
i docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento non abilitati all'insegnamento della lingua inglese, pur essendolo in quello di altre lingue dell'Unione europea, sono stati quindi fortemente penalizzata dai cambiamenti introdotti e dal mutamento delle regole e vengono esclusi da immissioni in ruolo e da incarichi a tempo determinato, proprio a causa del fatto che non sono in possesso dell'abilitazione in inglese,

impegna il Governo

a predisporre un intervento volto ad estendere anche ai docenti precari iscritti nelle graduatorie ad esaurimento della scuola primaria la possibilità di conseguire l'abilitazione all'insegnamento della lingua inglese.
9/4865-AR/82.Siragusa, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Russo.

La Camera,
premesso che:
i mutamenti introdotti a partire dal decreto-legge n. 187 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008, con l'introduzione del maestro unico, hanno profondamente mutato il sistema della scuola primaria, restringendo all'inglese il campo delle lingue insegnate;
con il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009 si è affidato l'insegnamento della lingua inglese a insegnanti specializzati che vanno a sostituire progressivamente quelli specialisti;
all'articolo 10, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, inoltre, per coloro che non sono specializzati si prevede la partecipazione ad appositi corsi triennali di formazione linguistica, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione;
successivamente, con nota ministeriale AOODGPER n. 17119 del 12 novembre 2009 si è poi sottolineata l'opportunità di limitare i corsi in questione ai docenti neoassunti nonché ai docenti generalisti in servizio;
i docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento non abilitati all'insegnamento della lingua inglese, pur essendolo in quello di altre lingue dell'Unione europea, sono stati quindi fortemente penalizzata dai cambiamenti introdotti e dal mutamento delle regole e vengono esclusi da immissioni in ruolo e da incarichi a tempo determinato, proprio a causa del fatto che non sono in possesso dell'abilitazione in inglese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre un intervento volto ad estendere anche ai docenti precari iscritti nelle graduatorie ad esaurimento della scuola primaria la possibilità di conseguire l'abilitazione all'insegnamento della lingua inglese.
9/4865-AR/82.(Testo modificato nel corso della seduta) Siragusa, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Russo.

La Camera,
premesso che,
molti comuni si sono avvalsi della facoltà prevista dall'articolo 31, commi da 45 a 49 della legge n. 448 del 23.12.1998 e precisamente:
della possibilità di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie ai sensi dell'articolo 35, quarto comma, della legge n. 865/71 (comma 45, articolo 31 L. 448/98);
della possibilità di modificare le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 35 della legge 865/71 precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 179/92, per la cessione del diritto di proprietà (comma 46, articolo 31 L. 448/98);
il prezzo sia per la trasformazione del diritto di superficie in proprietà che per la modifica della convenzione è determinato in applicazione del criterio stabilito dal comma 48, articolo 31 della Legge 448/98;
con la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà nonché con la sostituzione delle convenzioni per le aree concesse in diritto di proprietà non vengono eliminati tutti vincoli: resta vigente il vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi e relative pertinenze nonché del canone massimo di locazione degli stessi;
la durata del vincolo del prezzo massimo di cessione dell'alloggio è di trenta anni decorrente dalla data di stipulazione della convenzione originaria diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione (comma 46, articolo 31 L. 448/98);
l'articolo 5 comma 3-bis, del decreto legge 13 maggio, 2011, n. 70, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio, 2011, n. 106, ha dettato le modalità attraverso le quali i Comuni possono rimuovere i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, previsti nelle convenzioni stipulate ex articolo 35 legge 865/1971, e s.m. (per la cessione del diritto di proprietà e del diritto di superficie) anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
il nuovo comma 49-bis dell'articolo 31 L. 448/98 prevede che il corrispettivo per la eliminazione dei vincoli debba essere determinato «in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48»;
il suddetto intervento attribuisce la competenza, a stabilire la misura della percentuale per il corrispettivo, al MEF che, nel rispetto di termini non indicati nella norma, deve emanare un decreto di natura non regolamentare;
si evidenzia che l'emanazione del decreto è essenziale non solo per andare incontro alle richieste dei cittadini che vogliono rimuovere i vincoli sopra indicati ma anche perché le somme richieste sono fonte di entrata per i comuni;
l'urgenza della definizione di detta questione è stata messa in evidenza anche da numerosi Sindaci e dall'ANCI che ha più volte sollevato la questione in sedi qualificate,

impegna il Governo

ad intervenire tempestivamente con l'emanazione del decreto indicato in premessa che risulta essere urgente ed indispensabile tanto nell'interesse dei cittadini quanto dei Comuni.
9/4865-AR/83.De Pasquale, Albini, Cenni.

La Camera,
premesso che:
in sede di esame di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative si è ritenuto importante e utile riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati aspetti di criticità;
già in occasione dell'esame delle citate disposizioni di riforma del sistema pensionistico si era registrata un'ampia convergenza sulla necessità di rivedere la disciplina in materia di penalizzazioni di alcuni punti percentuali sull'importo dell'assegno pensionistico dei lavoratori che hanno comunque maturato un'anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini, e 41 anni e un mese per le donne, qualora la loro età anagrafica risulti inferiore a 62 anni;
dando corso a quegli orientamenti, formalizzati nell'ordine del giorno 4829-A/165, con il presente provvedimento si sono introdotte importanti modifiche che ne attenuano significativamente l'impatto su quei cittadini che sin dalla più giovane età hanno iniziato la loro attività lavorativa;
tuttavia, laddove non previste ulteriori e specifiche deroghe, tra i soggetti che maggiormente rischiano di subire gli effetti più pesanti di tale meccanismo penalizzante ci sono proprio alcune categorie di lavoratori che in virtù delle particolari condizioni di esecuzione della loro attività lavorativa sono stati riconosciuti meritevoli di apposite disposizioni di tutela, quali i lavoratori che svolgono lavori usuranti o i lavoratori che sono stati esposti per periodi prolungati all'amianto;
sembrerebbe paradossale che proprio i lavoratori che si trovano a vivere condizioni di maggior fatica e pericolo per la loro salute debbano essere maggiormente penalizzati economicamente per l'effetto dell'applicazione di divergenti disposizioni di legge, ovvero quelle che da una parte prevedono delle specifiche anticipazioni dei requisiti anagrafici e dall'altra quelle dell'articolo 24, comma 10, del richiamato decreto 201, che prevedono una decurtazione dell'assegno pensionistico qualora si vada in pensione prima del compimento dei 62 anni,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, ad assumere ogni iniziativa utile volta a rivedere la disciplina in materia di penalizzazioni per i lavoratori che lasciano l'attività lavorativa prima del compimento dei 62 anni, pur avendo maturato un'anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini, e 41 anni e un mese per le donne, prevedendo specifiche deroghe per i lavoratori che rientrano nell'applicazione della disciplina sui lavori usuranti e per quelli esposti all'amianto.
9/4865-AR/84.Boccuzzi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
in sede di esame di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative si è ritenuto importante e utile riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati aspetti di criticità;
già in occasione dell'esame delle citate disposizioni di riforma del sistema pensionistico si era registrata un'ampia convergenza sulla necessità di rivedere la disciplina in materia di penalizzazioni di alcuni punti percentuali sull'importo dell'assegno pensionistico dei lavoratori che hanno comunque maturato un'anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini, e 41 anni e un mese per le donne, qualora la loro età anagrafica risulti inferiore a 62 anni;
dando corso a quegli orientamenti, formalizzati nell'ordine del giorno 4829-A/165, con il presente provvedimento si sono introdotte importanti modifiche che ne attenuano significativamente l'impatto su quei cittadini che sin dalla più giovane età hanno iniziato la loro attività lavorativa;
tuttavia, laddove non previste ulteriori e specifiche deroghe, tra i soggetti che maggiormente rischiano di subire gli effetti più pesanti di tale meccanismo penalizzante ci sono proprio alcune categorie di lavoratori che in virtù delle particolari condizioni di esecuzione della loro attività lavorativa sono stati riconosciuti meritevoli di apposite disposizioni di tutela, quali i lavoratori che svolgono lavori usuranti o i lavoratori che sono stati esposti per periodi prolungati all'amianto;
sembrerebbe paradossale che proprio i lavoratori che si trovano a vivere condizioni di maggior fatica e pericolo per la loro salute debbano essere maggiormente penalizzati economicamente per l'effetto dell'applicazione di divergenti disposizioni di legge, ovvero quelle che da una parte prevedono delle specifiche anticipazioni dei requisiti anagrafici e dall'altra quelle dell'articolo 24, comma 10, del richiamato decreto 201, che prevedono una decurtazione dell'assegno pensionistico qualora si vada in pensione prima del compimento dei 62 anni,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa utile volta a rivedere la disciplina in materia di penalizzazioni per i lavoratori che lasciano l'attività lavorativa prima del compimento dei 62 anni, pur avendo maturato un'anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini, e 41 anni e un mese per le donne, prevedendo specifiche deroghe per i lavoratori che rientrano nell'applicazione della disciplina sui lavori usuranti e per quelli esposti all'amianto.
9/4865-AR/84.(Testo modificato nel corso della seduta) Boccuzzi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24, comma 15-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto, all'interno di una radicale ristrutturazione del sistema pensionistico italiano, un regime agevolato di accesso al sistema pensionistico per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti del settore privato;
la norma stabilisce che, in via eccezionale, per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni sono liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima: i lavoratori che abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 i quali avrebbero maturato, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, i requisiti per il trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2012 ai sensi della tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un'età anagrafica non inferiore a 64 anni; le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, con un'età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un'anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un'età anagrafica di almeno 60 anni;
tale disposizione, pur apprezzabile negli intenti, appare però particolarmente e ingiustificatamente penalizzante nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore pubblico, già ampiamente danneggiati dai provvedimenti che hanno riguar- dato le modifiche del sistema pensionistico italiano negli ultimi anni,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza ad assumere tutte le iniziative tese ad estendere anche alle lavoratrici e ai lavoratori del settore pubblico le disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 15-bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/4865-AR/85.Mattesini, Damiano, Boccuzzi, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24, comma 15-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto, all'interno di una radicale ristrutturazione del sistema pensionistico italiano, un regime agevolato di accesso al sistema pensionistico per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti del settore privato;
la norma stabilisce che, in via eccezionale, per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni sono liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima: i lavoratori che abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 i quali avrebbero maturato, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, i requisiti per il trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2012 ai sensi della tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un'età anagrafica non inferiore a 64 anni; le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, con un'età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un'anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un'età anagrafica di almeno 60 anni;
tale disposizione, pur apprezzabile negli intenti, appare però particolarmente e ingiustificatamente penalizzante nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore pubblico, già ampiamente danneggiati dai provvedimenti che hanno riguardato le modifiche del sistema pensionistico italiano negli ultimi anni,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative tese ad estendere anche alle lavoratrici e ai lavoratori del settore pubblico le disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 15-bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/4865-AR/85.(Testo modificato nel corso della seduta) Mattesini, Damiano, Boccuzzi, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, emanato in un momento di estrema difficoltà economica e politica del nostro Paese, ha disposto una strutturale modifica del sistema pensionistico italiano;
le donne sono risultate essere tra i soggetti più penalizzati dal provvedimento, sia per ciò che concerne l'applicazione del sistema contributivo che per quel riguarda i nuovi limiti anagrafici per l'accesso al pensionamento;
nel suddetto decreto, tra le misure adottate al fine di alleviare la portata di interventi così incisivi nei confronti delle categorie meno tutelate, non compariva, purtroppo, quella di estendere il diritto di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335, riguardante la contribuzione figurativa per i periodi dedicati all'educazione dei figli fino al sesto anno di età, per l'assistenza dei figli, del coniuge o del genitore con disabilità o, infine, per maternità;
il Governo si mostrava però consapevole della esigenza di porre rimedio a una situazione particolarmente svantaggiosa per le donne, accogliendo l'ordine del giorno 9/04829-A/169, con il quale si impegnava a «favorire una modifica dell'attuale disciplina al fine di estendere il diritto alla contribuzione figurativa di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335 anche ai lavoratori con il sistema di calcolo previdenziale misto»;
il decreto legge in esame, pur recependo alcune indicazioni fornite nel corso del dibattito politico-parlamentare svoltosi nell'ultimo mese, non tiene conto, purtroppo, degli impegni assunti;

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, ad assumere tutte le iniziative aventi l'obiettivo di estendere il diritto alla contribuzione figurativa di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335 anche alle lavoratrici e ai lavoratori cui si applica il sistema di calcolo previdenziale misto.
9/4865-AR/86.Gatti, Damiano, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, emanato in un momento di estrema difficoltà economica e politica del nostro Paese, ha disposto una strutturale modifica del sistema pensionistico italiano;
le donne sono risultate essere tra i soggetti più penalizzati dal provvedimento, sia per ciò che concerne l'applicazione del sistema contributivo che per quel riguarda i nuovi limiti anagrafici per l'accesso al pensionamento;
nel suddetto decreto, tra le misure adottate al fine di alleviare la portata di interventi così incisivi nei confronti delle categorie meno tutelate, non compariva, purtroppo, quella di estendere il diritto di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335, riguardante la contribuzione figurativa per i periodi dedicati all'educazione dei figli fino al sesto anno di età, per l'assistenza dei figli, del coniuge o del genitore con disabilità o, infine, per maternità;
il Governo si mostrava però consapevole della esigenza di porre rimedio a una situazione particolarmente svantaggiosa per le donne, accogliendo l'ordine del giorno 9/04829-A/169, con il quale si impegnava a «favorire una modifica dell'attuale disciplina al fine di estendere il diritto alla contribuzione figurativa di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335 anche ai lavoratori con il sistema di calcolo previdenziale misto»;
il decreto legge in esame, pur recependo alcune indicazioni fornite nel corso del dibattito politico-parlamentare svoltosi nell'ultimo mese, non tiene conto, purtroppo, degli impegni assunti;

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative aventi l'obiettivo di estendere il diritto alla contribuzione figurativa di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335 anche alle lavoratrici e ai lavoratori cui si applica il sistema di calcolo previdenziale misto.
9/4865-AR/86.(Testo modificato nel corso della seduta) Gatti, Damiano, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21, comma 1, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, ha disposto la soppressione, con decorrenza dal 1 gennaio 2012, dell'INPDAP e dell'ENPALS, con l'attribuzione delle relative funzioni all'INPS, il quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi;
il comma 2 del suddetto articolo 21, stabilisce che la dotazione organica dell'INPS sia incrementata di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi, mentre in riferimento alle posizioni soprannumerarie, rispetto alla dotazione organica degli enti soppressi, dispone che esse non siano trasferite e che costituiscano eccedenze ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165;
tale disposizione configurava una inspiegabile diversità di trattamento per le medesime tipologie di lavoratori a seconda che siano state impiegate presso l'INPS o presso INPDAP ed ENPALS;
l'articolo 1, comma 6-ter del provvedimento in esame, stabilisce che l'INPS, con riferimento al personale soprannumerario, prima di avvalersi delle proroghe di cui ai commi 1, 2 e 4 del medesimo articolo, proceda al riassetto organizzativo e funzionale previsto dall'articolo 21, comma 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201; a tal fine il termine previsto dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, per l'INPS è prorogato all'atto del riassetto organizzativo e funzionale previsto dall'articolo 21, comma 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
alla luce di quanto esposto, al fine di garantire il completo riassorbimento presso l'INPS delle posizioni soprannumerarie e delle eventuali eccedenze, sembra necessario un ulteriore intervento di coordinamento delle varie disposizioni citate;

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative, anche di carattere normativo, volte a garantire che, al termine del riassetto organizzativo e funzionale previsto dall'articolo 21, comma 7, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, sia conseguito il riassorbimento presso l'INPS delle posizioni soprannumerarie e delle eventuali eccedenze dichiarate ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165.
9/4865-AR/87.Giovanelli, Damiano, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
in sede di esame di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative si è ritenuto importante e utile riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati elementi di criticità;
il forte impatto sociale delle misure della richiamata riforma pensionistica hanno comportato un significativo sacrificio per i lavoratori, nonostante i conti previdenziali, almeno per quanto riguarda il comparto del lavoro dipendente, fossero sostanzialmente in equilibrio e nonostante che a seguito dei precedenti interventi, dal 2004 al 2011, si fossero già conseguiti ingenti risparmi, stimati nell'ordine di circa 1,4 punti di Pil all'anno;
tra le disposizioni che più sono apparse meritevoli di un ripensamento, per attenuarne gli effetti su alcune specifiche classi anagrafiche di lavoratori, vi sono senz'altro quelle relative al brusco innalzamento, senza precedenti, dei requisiti anagrafici per l'accesso al trattamento pensionistico, ancora più vistosi per le lavoratrici;
tale innalzamento del requisito anagrafico è stato solo parzialmente ridimensionato ai sensi del comma 15-bis, del richiamato articolo 24, grazie ad un ampia iniziativa parlamentare, prevedendo solo per i lavoratori e le lavoratrici del settore privato la possibilità di accedere alla pensione, nella condizione che nel corso del 2012 detti lavoratori abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni e 60 anni di età. Si tratta, comunque, di un innalzamento di ben quattro anni del limite anagrafico per l'accesso alla pensione per coloro che si trovano in particolari condizioni, mentre per tutti gli altri il requisito anagrafico si innalza addirittura di 5 o 6 anni;
come si vede, si tratta di una misura che incide profondamente sulla condizione lavorativa e sui progetti di vita di molte lavoratrici e molti lavoratori, creando un aggravio molto significativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa utile, sin dai prossimi provvedimenti di analogo tenore, al fine di assicurare - a fronte dell'insorgenza, di fenomeni di particolare criticità sociale, come richiamato dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri in occasione del discorso di fine anno - un meccanismo di adeguamento dei requisiti anagrafici più graduale rispetto a quanto previsto dalle nuove disposizioni recate dal richiamato articolo 24, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.
9/4865-AR/88.Damiano, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
l'Enam (Ente nazionale assistenza magistrale) è stato istituito con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 21 ottobre 1947, ratificato con legge 21 marzo 1953 n. 190 e modificato con legge 7 marzo 1957 n. 53, con finalità assistenziali, autofinanziato esclusivamente dagli insegnanti della scuola primaria e dell'infanzia, nonché dai dirigenti scolastici ex direttori didattici, attraverso la trattenuta obbligatoria dello 0.80 per cento sullo stipendio;
il Consiglio di Stato, con parere n. 681 del 22 febbraio 2010, ha sostenuto che «l'attività assistenziale è posta in essere attraverso misure dirette e indirette di erogazione delle prestazioni e può affermarsi che all'Enam è affidata, ormai da anni e nei limiti imposti dalla legge, il ruolo di attore all'interno del sistema sociale in quanto l'ente integra, con le proprie attività, l'efficacia dello stesso al fine di mettere in campo misure idonee a sostenere e supportare fasce di cittadini che potrebbero essere non sufficientemente sorrette dal sistema pubblico, anche alla luce della tendenza della contrazione della spesa pubblica»;
ciò nonostante, con legge n. 122 del 30 luglio 2010, l'ente è stato soppresso con il trasferimento delle sue funzioni all'INPDAP, accorpando un ente con finalità esclusivamente assistenziali ad un istituto con finalità prevalentemente previdenziali;
l'articolo 21, comma 1, del decreto- legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, ha disposto la soppressione, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, dell'INPDAP e dell'ENPALS, con l'attribuzione delle relative funzioni all'INPS, il quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi;
l'articolo 21 - comma 6 - del decreto legge 201 del 2011 ha previsto l'integrazione del CIV (comitato indirizzo e vigilanza) dell'INPS di ulteriori sei componenti «per assicurare una adeguata rappresentanza degli interessi cui corrispondono le funzioni istituzionali di ciascuno degli enti soppressi»,

impegna il Governo

ad assicurare, per quanto di sua competenza, che nell'ambito dell'integrazione del Comitato di indirizzo e vigilanza del nuovo Inps, ai sensi del richiamato articolo 21, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, sia riconosciuta una rappresentanza anche alla categoria magistrale di cui al soppresso Ente Nazionale Assistenza Magistrale (ENAM).
9/4865-AR/89.Pedoto.

La Camera,
premesso che:
in sede di esame del Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative si è ritenuto importante e utile riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati aspetti di criticità;
le numerose e sostanziali modifiche alla normativa previdenziale previgente apportate con le richiamate disposizioni, sono volte a conseguire lo scopo esplicito di «garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo»;
già durante l'esame della richiamata riforma, si evidenziò l'impropria tecnica espositiva degli effetti finanziari attesi dalle diverse e molteplici disposizioni del richiamato articolo 24, in termini aggregati e indistinti per quanto concerne le norme contenute nei primi 20 commi. Tale circostanza ha condizionato anche l'esame delle correzioni apportate dal presente provvedimento;
sulla specifica questione è stato presentato un apposito atto di sindacato ispettivo, il 4-14420, su cui a tutt'ora non è pervenuta risposta;
un corretto e trasparente procedimento decisionale, soprattutto quando attiene a questioni tanto diffuse e di rilievo sociale, non può prescindere da una puntuale conoscenza degli effetti diretti e indiretti che le nuove disposizioni possono determinare sia sulla condizione materiale degli interessati sia per quanto riguarda le conseguenze amministrative e finanziarie per le pubbliche amministrazioni coinvolte,

impegna il Governo

a fornire un quadro dettagliato e periodico dell'impatto finanziario delle singole misure adottate nel breve e nel lungo periodo, tenuto conto della coorte di persone coinvolte e degli effetti pluriennali previsti che si determineranno con riferimento a ciascuna delle misure contenute nella recente riforma pensionistica, anche alla luce delle modifiche apportate dal presente provvedimento.
9/4865-AR/90.Lenzi.

La Camera,
premesso che:
la legge 3 dicembre 2009 n. 184 «Disposizioni concernenti l'assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare per il 2009», ha previsto la possibilità di ottenere, a domanda, un accompagnatore del servizio civile o, in alternativa, un assegno mensile sostitutivo dell'accompagnatore militare;
tale provvedimento ha comportato il miglioramento delle condizioni di vita di una categoria di persone gravemente colpite dagli eventi e ormai in età avanzata, permettendo loro di usufruire di un valido strumento normativo in grado di garantire un parziale stato di tranquillità;
i benefici di tale disposizione sono però stati validi solo fino al 2009, poiché negli anni successivi è mancata la copertura economica necessaria a coprire le spese per finanziare le indennità di accompagnamento previste;
il provvedimento in esame sembrava poter essere idoneo ad autorizzare la proroga dello stanziamento necessario per le limitate esigenze economiche di cui la categoria beneficiaria dell'assegno necessita; anche in questo caso, purtroppo, non è invece stata colta l'occasione per ridare serenità a un gruppo di persone duramente provata dalla vita,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, ad assumere tutti i provvedimenti necessari affinché sia autorizzata la corresponsione, per gli anni 2010, 2011 e 2012, delle risorse necessarie alla copertura economica della legge 3 dicembre 2009, n. 184, riguardante l'assegno sostituivo dell'accompagnatore militare.
9/4865-AR/91.Schirru, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Damiano, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
la legge 3 dicembre 2009 n. 184 «Disposizioni concernenti l'assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare per il 2009», ha previsto la possibilità di ottenere, a domanda, un accompagnatore del servizio civile o, in alternativa, un assegno mensile sostitutivo dell'accompagnatore militare;
tale provvedimento ha comportato il miglioramento delle condizioni di vita di una categoria di persone gravemente colpite dagli eventi e ormai in età avanzata, permettendo loro di usufruire di un valido strumento normativo in grado di garantire un parziale stato di tranquillità;
i benefici di tale disposizione sono però stati validi solo fino al 2009, poiché negli anni successivi è mancata la copertura economica necessaria a coprire le spese per finanziare le indennità di accompagnamento previste;
il provvedimento in esame sembrava poter essere idoneo ad autorizzare la proroga dello stanziamento necessario per le limitate esigenze economiche di cui la categoria beneficiaria dell'assegno necessita; anche in questo caso, purtroppo, non è invece stata colta l'occasione per ridare serenità a un gruppo di persone duramente provata dalla vita,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, a valutare l'opportunità di assumere tutti i provvedimenti necessari affinché sia autorizzata la corresponsione, per gli anni 2010, 2011 e 2012, delle risorse necessarie alla copertura economica della legge 3 dicembre 2009, n. 184, riguardante l'assegno sostituivo dell'accompagnatore militare.
9/4865-AR/91.(Testo modificato nel corso della seduta) Schirru, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Damiano, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
a seguito della chiusura, circa un anno fa, dello stabilimento Basell di Terni, l'intero Polo chimico della città umbra è entrato in crisi;
il Polo chimico della Città di Terni ha sempre rappresentato un asset strategico per la crescita e lo sviluppo non solo della regione Umbria ma dell'intero Paese;
la società Novamont ha mostrato da tempo interesse a rilevare lo stabilimento Basell e a sviluppare nell'area produzioni di chimica verde, in particolare quella dei sacchetti biodegradabili oggi adottati negli esercizi commerciali;
ad oggi, inspiegabilmente, la Basell non ha ancora dimostrato l'intenzione di instaurare una seria trattativa con la Novamont per la cessione dello stabilimento, consentendo così di far ripartire la produzione e l'occupazione nel Polo chimico;
in questa situazione si inserisce anche la crisi del polo siderurgico, che rischia una dannosa frammentazione delle attività, se non verrà individuato un soggetto imprenditoriale in grado di rilevarlo garantendo i livelli produttivi, occupazionali e di competitività sul mercato internazionale che l'hanno sempre caratterizzato,

impegna il Governo

ad intervenire affinché la cessione dello stabilimento Basell possa essere portata a termine in tempi brevi e affinché possa essere individuata una soluzione efficace anche per il polo siderurgico.
9/4865-AR/92.Bocci.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 24 del decreto legislativo 1 giugno 2011 n. 93, prevede che gli enti locali che, per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale all'entrata in vigore del decreto medesimo, in caso di procedura di gara aperta, abbiano pubblicato bandi di gara, o, in caso di procedura di gara ristretta, abbiano inviato anche le lettere di invito, e non siano pervenuti alla giudicazione dell'impresa vincitrice possano procedere all'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale secondo le procedure applicabili alla data di indizione della relativa gara;
appare opportuno, al fine di tutelare i legittimi affidamenti delle imprese partecipanti alle gare. Per l'aggiudicazione che gli enti locali che si trovano nelle condizioni descritte dalla precedente premessa, possano per ulteriore lasso di tempo, procedere per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale secondo le regole previgenti,

impegna il Governo

a valutare con urgenza la necessità di prorogare il termine di cui il comma 4 dell'articolo 24 del decreto legislativo 1 giugno 2011 n. 93, siano al 31 Dicembre 2012.
9/4865-AR/93.Desiderati, Montagnoli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate le misure introdotte come sufficienti a sostenere la crescita e lo sviluppo;
premesso che:
la grave crisi economico-finanziaria che ormai investe l'intera Europa incidendo negativamente su tutti i settori produttivi, ha ulteriormente aggravato la condizione del comparto agricolo europeo già in forte difficoltà a seguito della volatilità dei prezzi delle materie prime agricole, sempre più dipendenti dai movimenti finanziari piuttosto che dall'andamento reale della domanda e dell'offerta in un mercato globalizzato che sfugge a qualsiasi regola, responsabilità e trasparenza;
tale provvedimento prosegue la politica già intrapresa con il decreto 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, foriera esclusivamente di un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
in particolare, l'articolo 13 del suddetto decreto, penalizza ulteriormente il comparto agricolo nella misura in cui anticipa l'istituzione dell'imposta municipale propria all'anno 2012 estendendola ai fabbricati rurali ad uso abitativo e a quelli strumentali all'attività agricola e, stabilisce inoltre, con riferimento alla tassazione dei terreni agricoli, che l'imposta sia corrisposta sulla base di un valore incrementato del 60 per cento;
tale aumento delle imposte a carico degli agricoltori comporta un incremento del peso fiscale pari a tre volte quello attuale con devastanti ricadute sui costi di produzione e conseguenti diminuzioni degli utili per l'intero settore,

impegna il Governo

a valutare con urgenza la necessità di escludere dall'imposizione dell'imposta municipale unica le abitazioni e i fabbricati rurali e a ripristinare le attuali agevolazioni a favore dei terreni agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi anche a seguito dei ridimensionati aiuti comunitari.
9/4865-AR/94.Negro, Callegari, Fogliato, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate le misure introdotte come sufficienti a sostenere la crescita e lo sviluppo;
premesso che:
la grave crisi economico-finanziaria che ormai investe l'intera Europa incidendo negativamente su tutti i settori produttivi, ha ulteriormente aggravato la condizione del comparto agricolo europeo già in forte difficoltà a seguito della volatilità dei prezzi delle materie prime agricole, sempre più dipendenti dai movimenti finanziari piuttosto che dall'andamento reale della domanda e dell'offerta in un mercato globalizzato che sfugge a qualsiasi regola, responsabilità e trasparenza;
tale provvedimento prosegue la politica già intrapresa con il decreto 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, foriera esclusivamente di un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
in particolare, l'articolo 13 del suddetto decreto, penalizza ulteriormente il comparto agricolo nella misura in cui anticipa l'istituzione dell'imposta municipale propria all'anno 2012 estendendola ai fabbricati rurali ad uso abitativo e a quelli strumentali all'attività agricola e, stabilisce inoltre, con riferimento alla tassazione dei terreni agricoli, che l'imposta sia corrisposta sulla base di un valore incrementato del 60 per cento;
tale aumento delle imposte a carico degli agricoltori comporta un incremento del peso fiscale pari a tre volte quello attuale con devastanti ricadute sui costi di produzione e conseguenti diminuzioni degli utili per l'intero settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dall'imposizione dell'imposta municipale unica le abitazioni e i fabbricati rurali e a ripristinare le attuali agevolazioni a favore dei terreni agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi anche a seguito dei ridimensionati aiuti comunitari.
9/4865-AR/94.(Testo modificato nel corso della seduta) Negro, Callegari, Fogliato, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo,
valutate le misure introdotte come insufficienti a sostenere la crescita e lo sviluppo; considerato che tale provvedimento prosegue la politica già intrapresa con il decreto 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, foriera esclusivamente di un forte inasprimento della pressione fiscale particolarmente penalizzante per alcuni comparti come quello agricolo, dove la crisi in atto colpisce in modo particolare il settore zootecnico;
accertato che nelle campagne lattiere 2009/2010 e 2010/2011 non si è riscontrato un superamento della quota nazionale assegnata dall'Ue e pertanto nessun pagamento è dovuto all'Ue a titolo di prelievo supplementare;
considerato che nella gestione dei versamenti mensili del prelievo supplementare latte, richiesti in applicazione della legge 119 del 2003 e successive modifiche e integrazioni, la disposizione contenuta nel disposto normativo di cui all'articolo 18, della legge 165 del 2009, è finalizzata ad evitare un superfluo drenaggio di liquidità nei confronti degli allevatori che si trovano nella condizione prevista dall'articolo 9, comma 4-ter, lettera a), della legge n. 119 del 2003 come modificata dalla legge n. 33 del 2009;
visto che nell'articolato si prevede che a decorrere dal periodo 2009/2010, le trattenute e i relativi versamenti siano operati dagli acquirenti nella misura del 5 per cento, percentuale che sale al 10 per cento per il periodo 2010/2011, esclusivamente per le aziende che non superino il livello produttivo conseguito nel periodo 2007/2008 e che gli effetti della norma cessano con la chiusura della campagna lattiera 2010/2011 essendo richiesto dalla successiva, 2011/2012, il versamento mensile del 100 per cento dell'esubero riscontrato;
considerata l'opportunità di evitare l'effetto perverso verso gli allevatori di richiedere un versamento mensile di somme che dovranno poi essere restituite nel mese di luglio, in caso di mancato superamento del QNG (Quantitativo Nazionale Garantito), oltretutto nel corso di una forte crisi economico-finanziaria che colpisce in particolare il settore lattiero-caseario,

impegna il Governo

a valutare con urgenza l'opportunità di rivedere la gestione dei versamenti mensili del prelievo supplementare e stabilire che le trattenute e i versamenti di cui all'articolo 18 del decreto-legge 25 settembre 2009, n, 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, siano effettuate nella misura del 5 per cento a partire dal periodo 2011-2012.
9/4865-AR/95. Fogliato.

La Camera,
premesso che:
la grave difficoltà nella quale si ritrovano numerosi enti locali in ragione della difficile situazione economica dovuta alla crisi internazionale, ha notevolmente ridotto le risorse a disposizione, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda le risorse umane e determinando la conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
la problematicità, soprattutto per i Comuni, deriva sia dal difficoltoso rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, dovuta a sua volta dall'oggettiva complessità economico-finanziaria e dalla complessa modalità con la quale si chiede agli enti periferici di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e che non appare chiara e basata su equi principi, sia dal restringimento dei limiti di indebitamento, così come determinato dall'ultima legge di stabilità 2012;
la complicazione evidenziata dagli enti nel riuscire a sostenere questo tipo di vincoli, oltre a rallentare il pagamento da parte degli enti stessi verso le aziende che realizzano le opere pubbliche, impedisce anche agli enti medesimi di poter investire ulteriori risorse per la realizzazione di nuove opere,

impegna il Governo

a considerare la necessità di rivedere la normativa in materia di limiti per l'indebitamento degli enti locali riportandola ai valori massimi precedentemente stabiliti dalla Legge di Stabilità 220 del 2011 così da consentire agli enti che hanno già fatto la programmazione triennale di poter eseguire quanto pianificato.
9/4865-AR/96.Bitonci.

La Camera,
premesso che:
analizzato il decreto-legge in esame e nel caso specifico il comma 5 dell'articolo 15 che prevede la proroga del termine in materia di contributi a favore dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali;
in sede di conversione del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 con legge n. 122 del 2010 è stata soppressa l'Agenzia Autonoma per la Gestione dell'Albo dei Segretari Comunali e Provinciali e prevista la successione alla stessa, a titolo universale, del Ministero dell'interno. Sono, pertanto, decaduti gli organi di gestione (Consiglio di Amministrazione nazionale, Consigli di amministrazione delle sezioni regionali, Presidente, Vice Presidente) e cessati dagli incarichi il Direttore generale ed il Vice Direttore generale;
conseguenza logica della soppressione dell'Agenzia Autonoma per la Gestione dell'Albo dei Segretari Comunali e Provinciali sarebbe stata la prevista soppressione del contributo a carico di Comuni e Province finalizzato a contribuire al finanziamento della stessa;
nel parere del comitato per la legislazione si evidenzia quanto segue: «l'articolo 15, comma 5, proroga in maniera non testuale il termine in materia di contributi a favore dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali, ancorché la suddetta Agenzia sia stata soppressa dal decreto-legge n. 78 del 2010»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare tale proroga in quanto non congrua, considerata l'avvenuta soppressione, oramai dal 31 maggio 2010 dell'Agenzia Autonoma per la Gestione dell'Albo dei Segretari Comunali e Provinciali, in particolar modo anche al fine di non gravare ulteriormente sulle risorse a disposizione degli enti locali territoriali.
9/4865-AR/97.Dal Lago, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
quanto previsto dal Governo nel decreto-legge 201 del 2011 mette a rischio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dai grandi centri commerciali, gli unici in grado di rimanere aperti tutte le domeniche;
il decreto di Monti finirà per creare un grave danno proprio alla concorrenza, quel principio cioè che afferma di voler sostenere;
la liberalizzazione degli orari domenicali consentirà solo alle strutture di grandi dimensioni di restare aperte sette giorni su sette;
la realtà italiana non prevedeva di arrivare a delle aperture così prolungate e per così tanti giorni, poiché il sistema italiano è un sistema commerciale aperto e pluralista, con diverse modalità di distribuzione come il piccolo dettaglio, i negozi di medie dimensioni e i discount;
la riforma introdotta dal governo metterà in difficoltà i piccoli esercizi, danneggerà questa pluralità di offerta di servizio che rappresenta una ricchezza, che produce concorrenza, cioè proprio quel valore che si vorrebbe favorire aprendo indiscriminatamente;
il commercio al dettaglio non ha il numero di dipendenti necessari per sostenere orari prolungati di apertura per 15-18 ore al giorno. Le liberalizzazioni del governo Monti portano quindi i piccoli negozi a subire la concorrenza agguerrita della grande distribuzione, che al contrario può coprire una fascia oraria più ampia,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi al fine di tutelare un comparto che per storia, organizzazione e potenzialità non può reggere la concorrenza che verrà lanciata dalla grande distribuzione e dai grandi centri commerciali.
9/4865-AR/98.Pini, Vanalli, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
valutate le modifiche apportate all'articolo 6 del provvedimento, con l'inserimento del comma 2-bis;
ricordato che con question-time del 10 gennaio scorso la lega Nord aveva sollevato il problema dei lavoratori della piccola impresa che hanno siglato accordi personali con il datore di lavoro convinti di andare in pensione entro pochi mesi ed ora, a seguito delle nuove norme pensionistiche introdotte con il decreto-legge n.201 del 2011, si ritrovano senza alcuna copertura reddituale;
preso atto che il Governo ha ascoltato le istanze della Lega Nord ma è stato incapace di tradurle concretamente, considerato che l'attuale formulazione del citato comma 2-bis fa salvi dai nuovi requisiti per l'accesso alla pensione i cosiddetti «lavoratori esodati» alla data del 31 dicembre 2011, ovvero solo coloro il cui rapporto di lavoro si sia risolto al 31 dicembre scorso, ignorando l'esistenza di quanti hanno siglato accordi prima della manovra economica di cui al decreto-legge n.201 del 2011, la cui efficacia però decorre dopo il 31 dicembre, creando di fatto esodati di serie A e di serie B,

impegna il Governo

ad estendere, nelle more di attuazione del provvedimento, il beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n.201 del 2001 a tutti i lavoratori che hanno siglato accordi per la risoluzione del rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011, indipendentemente dalla data di efficacia di detti accordi.
9/4865-AR/99.Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
valutate le modifiche apportate all'articolo 6 del provvedimento, con l'inserimento del comma 2-bis;
ricordato che con question-time del 10 gennaio scorso la lega Nord aveva sollevato il problema dei lavoratori della piccola impresa che hanno siglato accordi personali con il datore di lavoro convinti di andare in pensione entro pochi mesi ed ora, a seguito delle nuove norme pensionistiche introdotte con il decreto-legge n.201 del 2011, si ritrovano senza alcuna copertura reddituale;
preso atto che il Governo ha ascoltato le istanze della Lega Nord ma è stato incapace di tradurle concretamente, considerato che l'attuale formulazione del citato comma 2-bis fa salvi dai nuovi requisiti per l'accesso alla pensione i cosiddetti «lavoratori esodati» alla data del 31 dicembre 2011, ovvero solo coloro il cui rapporto di lavoro si sia risolto al 31 dicembre scorso, ignorando l'esistenza di quanti hanno siglato accordi prima della manovra economica di cui al decreto-legge n.201 del 2011, la cui efficacia però decorre dopo il 31 dicembre, creando di fatto esodati di serie A e di serie B,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere, nelle more di attuazione del provvedimento, il beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n.201 del 2001 a tutti i lavoratori che hanno siglato accordi per la risoluzione del rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011, indipendentemente dalla data di efficacia di detti accordi.
9/4865-AR/99.(Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
apprezzate le misure adottate dal Governo in materia di proroghe di termini in scadenza;
considerata la perdurante necessità di provvedere alla riduzione della spesa pubblica perseguendo contestualmente l'incremento dell'efficienza dell'azione amministrativa,

impegna il Governo

a considerare, nel prosieguo della propria azione, interventi strutturali sulla spesa dell'Amministrazione dell'interno, in particolare ponendo allo studio la soppressione delle Prefetture-Uffici Territoriali del Governo ed il parallelo trasferimento ai questori territorialmente competenti delle funzioni attualmente esercitate dai Prefetti in relazione al mantenimento dell'ordine pubblico.
9/4865-AR/100.Caparini, Grimoldi, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla Gestione Governativa Laghi, portandoli da 26 a 13 milioni;
la gestione del trasporto pubblico su laghi è equiparata, con la nuova normativa, dal punto di vista contabile, all'amministrazione degli enti locali e pertanto dovrà chiudersi in pareggio e non sarà più possibile compensare le minori entrate attingendo dai residui di bilancio come avveniva negli anni passati;
le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti ed in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como;
per compensare le minori entrate e i maggiori costi sono state annunciate una riduzione drastica delle corse veloci e un aumento delle tariffe pari al 15-20 per cento contraddicendo, nei fatti, le prospettive di potenziamento del servizio di navigazione lacuale;
in alcune regioni italiane, e in primis la Lombardia, la domanda di trasporto pubblico locale lacuale interessa una significativa parte della popolazione regionale che sceglie di utilizzarlo come servizio alternativo a quello su gomma, contribuendo a migliorare le condizioni ambientali e di gestione della mobilità;
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, prevedeva la destinazione di 2 milioni di euro per l'anno 2011 per il finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale ed è necessario prorogare tale finanziamento,

impegna il Governo

al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, a prorogare anche per l'anno 2012 le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 12-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n. 614.
9/4865-AR/101.Fabi, Rivolta, Nicola Molteni, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla Gestione Governativa Laghi, portandoli da 26 a 13 milioni;
la gestione del trasporto pubblico su laghi è equiparata, con la nuova normativa, dal punto di vista contabile, all'amministrazione degli enti locali e pertanto dovrà chiudersi in pareggio e non sarà più possibile compensare le minori entrate attingendo dai residui di bilancio come avveniva negli anni passati;
le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti ed in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como;
per compensare le minori entrate e i maggiori costi sono state annunciate una riduzione drastica delle corse veloci e un aumento delle tariffe pari al 15-20 per cento contraddicendo, nei fatti, le prospettive di potenziamento del servizio di navigazione lacuale;
in alcune regioni italiane, e in primis la Lombardia, la domanda di trasporto pubblico locale lacuale interessa una significativa parte della popolazione regionale che sceglie di utilizzarlo come servizio alternativo a quello su gomma, contribuendo a migliorare le condizioni ambientali e di gestione della mobilità;
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, prevedeva la destinazione di 2 milioni di euro per l'anno 2011 per il finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale ed è necessario prorogare tale finanziamento,

impegna il Governo

al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, a valutare l'opportunità di prorogare anche per l'anno 2012 le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 12-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n. 614.
9/4865-AR/101.(Testo modificato nel corso della seduta) Fabi, Rivolta, Nicola Molteni, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n. 148, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha previsto una delega al Governo da attuare nel termine di dodici mesi, tesa alla riorganizzazione e distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza;
in ottemperanza alle finalità predette, è stata costituita una commissione consultiva ministeriale per l'attuazione della delega di cui alla legge n. 148 del 2011, in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, nell'ambito della quale sono oggetto di analisi ed valutazione tutti i criteri indicati dalla legge delega, riferiti all'estensione del territorio, al numero degli abitanti, ai carichi di lavoro, all'indice delle sopravvenienze, alla specificità territoriale del bacino di utenza ed al tasso di impatto della criminalità organizzata;
pur riconoscendo la validità di tale intervento da parte del precedente Governo, teso ad attribuire efficienza al sistema giudiziario e realizzare una razionale distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari, si ritiene necessario che il progetto di geografia giudiziaria avvii una positiva revisione delle sedi, dando tuttavia adeguato spazio a tutte le indicazioni provenienti dagli operatori del settore e dalle diverse istituzioni territoriali, onde evitare una indiscriminata e generica soppressione degli uffici giudiziari;
in tal senso i termini della delega, da attuare in dodici mesi, risultano troppo ristretti per poter attuare una oculata e condivisa riorganizzazione sul territorio degli attuali uffici giudiziari, tale da non mettere a repentaglio il funzionamento della giustizia e la possibilità di continuare a erogare tale servizio fondamentale ai cittadini;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare a ventiquattro mesi il termine in materia di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziaria di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, onde poter garantire, attraverso una scadenza temporale meno ravvicinata, un'ampia e complessiva disamina delle esigenze socio-economico territoriali ed una efficace distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari e l'adeguatezza della loro struttura dimensionale.
9/4865-AR/102.Nicola Molteni, Rivolta, Consiglio, Lanzarin, Reguzzoni, Bitonci, Pugliese, Grimoldi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 34 del decreto-legge 201/2011 in discussione, tende a promuovere una sostanziale liberalizzazione delle attività economiche: imprenditoriali, commerciali, artigianali e autonome; analogamente alla norma sul commercio, contenuta nell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, l'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 in esame elenca, al comma 3, le tipologie di restrizione che, ove contenute in preesistenti normative di settore, sono da considerarsi abrogate, tra cui: il divieto di esercizio di un'attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;
l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica;
il divieto di esercizio di un'attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;
l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi; la norma in commento è sicuramente deleteria per le rivendite di giornali;
in passato, l'apertura di una rivendita di giornali era subordinata al rilascio di una licenza da parte del Comune interessato, in base al numero di abitanti, nonché alla distanza geografia tra le differenti «edicole»;
pur condividendo i presupposti e principi costituzionali e comunitari, costituiti dalla libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità e corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché dall'esigenza di garantire ai consumatori un livello minimo e uniforme di accesso ai beni e servizi sul territorio nazionale, al fine di rendere il mercato più competitivo e favorendo in questo modo l'acquirente finale, il prodotto in vendita nelle edicole ha un prezzo imposto, stabilito dall'editore, da cui il rivenditore non può assolutamente derogare;
tutto ciò premesso, appare decisamente impossibile favorire la concorrenza tra rivenditori di giornali che operino nella medesima area geografica;
l'accordo nazionale per la rivendita di quotidiani e periodici che regola la categoria prevede difatti che «il rivenditore finale venga pagato in percentuale sul venduto e che tale percentuale possa variare in base alla tipologia del prodotto»;
la norma contenuta nell'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 esclude invece l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per l'acquisizione di beni mediante l'applicazione di un coefficiente di profitto o di un qualsiasi calcolo percentuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rinviare fino al 31 dicembre 2012 l'applicazione della sopra descritta disciplina di liberalizzazione alla categoria che opera nel settore della rivendita dei giornali.
9/4865-AR/103.Rondini, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, cosiddetto «Salva Italia», convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha introdotto nuove misure, nuovi tagli ed obblighi per gli Enti locali, senza specificare però in modo univoco i criteri e gli ambiti di applicazione;
gli Amministratori locali si trovano a dover forzatamente ritardare la redazione dei bilanci preventivi la cui scadenza naturale sarebbe al 31/12, prorogata ad oggi al 30 giugno 2012, compilando «ad evidenza» un bilancio preventivo di soltanto sei mesi;
con l'introduzione del nuovo gettito Imu e con gli speculari tagli che verranno apportati ai fondi degli Enti locali, gli Amministratori non riescono ad effettuare calcoli prospettici e sono costretti a sottostimare gli introiti che restano ai comuni;

impegna il Governo:

a rendere noti agli Enti locali, gli strumenti necessari alla redazione dei bilanci preventivi per il 2012, al fine di ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, nonché rendere l'attività degli Amministratori locali snella ed efficiente;
a prevedere l'utilizzo degli oneri di urbanizzazione anche per il biennio 2013/2014, in modo tale da permettere agli Amministratori locali di redigere i bilanci prudenziali senza rischiare di assumere scelte inopportune, considerata la difficoltà esposta in premessa di quantificare la disponibilità economica.
9/4865-AR/104.Stucchi, Consiglio, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, cosiddetto «Salva Italia», convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha introdotto nuove misure, nuovi tagli ed obblighi per gli Enti locali, senza specificare però in modo univoco i criteri e gli ambiti di applicazione;
gli Amministratori locali si trovano a dover forzatamente ritardare la redazione dei bilanci preventivi la cui scadenza naturale sarebbe al 31/12, prorogata ad oggi al 30 giugno 2012, compilando «ad evidenza» un bilancio preventivo di soltanto sei mesi;
con l'introduzione del nuovo gettito Imu e con gli speculari tagli che verranno apportati ai fondi degli Enti locali, gli Amministratori non riescono ad effettuare calcoli prospettici e sono costretti a sottostimare gli introiti che restano ai comuni;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di rendere noti agli Enti locali, gli strumenti necessari alla redazione dei bilanci preventivi per il 2012, al fine di ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, nonché rendere l'attività degli Amministratori locali snella ed efficiente;
di prevedere l'utilizzo degli oneri di urbanizzazione anche per il biennio 2013/2014, in modo tale da permettere agli Amministratori locali di redigere i bilanci prudenziali senza rischiare di assumere scelte inopportune, considerata la difficoltà esposta in premessa di quantificare la disponibilità economica.
9/4865-AR/104.(Testo modificato nel corso della seduta) Stucchi, Consiglio, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo e in particolare la proroga, contenuta nell'articolo 10, comma secondo, del termine di cui all'articolo 1, comma 2, secondo periodo, della legge 3 agosto 2007, n. 120, e successive modificazioni, come prorogato ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2011, recante ulteriore proroga di termini relativa al Ministero della salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 31 marzo 2011;
considerato che la norma summenzionata costituisce l'ennesima proroga del termine per l'esercizio dell'attività intramuraria allargata, senza che il problema venga di fatto affrontato e risolto in tempi rapidi;
considerato che la periodica reiterazione della proroga dell'intra-moenia allargata è connessa da un lato all'inadempienza da parte di alcune Regioni rispetto a quegli interventi di natura organizzativa di loro competenza, al fine di permettere la libera attività professionale ai medici all'interno delle strutture sanitarie pubbliche erogatrici delle prestazioni, con l'identificazione di quelle aree a tal fine destinate, dall'altro alla lunghezza di liste di attesa in assenza di un provvedimento, emanato dalle Regioni stesse, per la loro corretta gestione in base a codici di priorità assegnati dal medico prescrittore, medico di famiglia o specialista, in base alla graduazione della patologia o del sospetto di diagnosi, che permetterebbe di gestire al meglio i flussi di prestazioni nel diritto del paziente sancito dall'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo:

ad assumere in tempi rapidi, d'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, gli opportuni provvedimenti volti a superare le attuali inadempienze sopracitate;
a valutare, nell'ambito degli stanziamenti già predisposti in bilancio, da destinare all'edilizia sanitaria ai sensi dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, concernente il piano straordinario di edilizia sanitaria, appositi fondi finalizzati alla costruzione o ristrutturazione di aree destinate alla libera attività professionale intra-moenia dei medici.
9/4865-AR/105.Martini, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo e in particolare la proroga, contenuta nell'articolo 10, comma secondo, del termine di cui all'articolo 1, comma 2, secondo periodo, della legge 3 agosto 2007, n. 120, e successive modificazioni, come prorogato ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2011, recante ulteriore proroga di termini relativa al Ministero della salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 31 marzo 2011;
considerato che la norma summenzionata costituisce l'ennesima proroga del termine per l'esercizio dell'attività intramuraria allargata, senza che il problema venga di fatto affrontato e risolto in tempi rapidi;
considerato che la periodica reiterazione della proroga dell'intra-moenia allargata è connessa da un lato all'inadempienza da parte di alcune Regioni rispetto a quegli interventi di natura organizzativa di loro competenza, al fine di permettere la libera attività professionale ai medici all'interno delle strutture sanitarie pubbliche erogatrici delle prestazioni, con l'identificazione di quelle aree a tal fine destinate, dall'altro alla lunghezza di liste di attesa in assenza di un provvedimento, emanato dalle Regioni stesse, per la loro corretta gestione in base a codici di priorità assegnati dal medico prescrittore, medico di famiglia o specialista, in base alla graduazione della patologia o del sospetto di diagnosi, che permetterebbe di gestire al meglio i flussi di prestazioni nel diritto del paziente sancito dall'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere in tempi rapidi, d'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, gli opportuni provvedimenti volti a superare le attuali inadempienze sopracitate;
a valutare, nell'ambito degli stanziamenti già predisposti in bilancio, da destinare all'edilizia sanitaria ai sensi dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, concernente il piano straordinario di edilizia sanitaria, appositi fondi finalizzati alla costruzione o ristrutturazione di aree destinate alla libera attività professionale intra-moenia dei medici.
9/4865-AR/105.(Testo modificato nel corso della seduta) Martini, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 - Disposizioni urgenti per lo crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici - conosciuto anche come «decreto salva Italia», all'Articolo 16, comma 2, ha reintrodotto, a decorrere dal 1o maggio 2012, nel nostro ordinamento l'obbligo del pagamento di una tassa di stazionamento annuale, dovuta da tutte le unità da diporto che stazionino in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche, anche se in concessione a privati, di lunghezza superiore a 10 metri, disponendo alcune esenzioni. La tassa di stazionamento è dovuta per ogni giorno di effettiva «messa in acqua» dell'unità da diporto;
la «vecchia» tassa di stazionamento era stata abolita nel 2003 dall'articolo 15 della Legge 8 luglio 2003, n. 172 di riforma della nautica («Disposizioni per il riordino e il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico»);
la nuova tassa, a differenza dalla vecchia tassa di stazionamento, va pagata per ogni giorno o frazione di effettiva messa in acqua dell'unità da diporto ed indipendentemente dalla nazionalità della stessa;
vengono escluse dal pagamento della tasse le unità da diporto appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici, quelle obbligatorie di salvataggio, ai battelli di servizio, purché questi rechino l'indicazione dell'unità da diporto al cui servizio sono posti. Sono esenti inoltre le unità da diporto possedute ed utilizzate da enti ed associazioni di volontariato esclusivamente ai fini di assistenza sanitaria e pronto soccorso. Sono altresì escluse e unità nuove con targa di prova, nella disponibilità a qualsiasi titolo del cantiere costruttore, manutentore o del distributore, ovvero per quelle usate ritirate dai medesimi cantieri o distributori con mandato di vendita e in attesa del perfezionamento dell'atto;
secondo quanto previsto dalla norma la tassa di stazionamento è ridotta alla metà nel caso si tratti di unità a vela con motore ausiliario; unità di lunghezza fino a 12 metri, utilizzata esclusivamente dal proprietario residente, come proprio mezzo di locomozione abituale, nei comuni ubicati nelle isole minori italiane oppure nella laguna di Venezia, infine per vetustà dell'unità da diporto;
la tassa di stazionamento non è un rimedio efficace per colpire i proprietari di yacht. Con questa tassa il proprietario di una barca di grandi dimensioni, per sottrarsi dal pagamento della tassa, potrebbe essere indotto a non frequentare più i porti del nostro Paese ed indotto a portarla ai porti dei paesi confinanti, dove questa tassa non viene applicata, con grave nocumento per il turismo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di differire al 1o gennaio 2013, o meglio eliminare, l'applicazione della tassa di stazionamento poiché tali misure non solo non determinerebbero alcun vantaggio per l'erario, in quanto probabilmente verrebbe elusa, ma rischierebbero di compromettere seriamente il settore della nautica e quello turistico che sono già fortemente in crisi.
9/4865-AR/106.Stefani, Caparini, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate le misure introdotte come insufficienti a supportare lo sviluppo dell'economia reale;
considerato che tale provvedimento prosegue la politica già intrapresa con il decreto-legge 201/2011, foriera esclusivamente di un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, la modifica prevista a partire dal 2012 della disciplina dell'IMU; l'imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal Governo Monti, che ha assoggettato a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed ha introdotto pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
considerato che l'IMU colpisce tutte le abitazioni, anche quelle di valore modesto, destinate ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, detenuti direttamente dagli enti locali o dagli enti regionali che gestiscono tali immobili;

impegna il Governo

ad escludere dall'applicazione dell'IMU gli immobili ed i terreni di proprietà degli enti locali e degli enti regionali patrimoniali detentori di alloggi destinati ad edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e convenzionata.
9/4865-AR/107.Allasia, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate le misure introdotte come insufficienti a supportare lo sviluppo dell'economia reale;
considerato che tale provvedimento prosegue la politica già intrapresa con il decreto-legge 201/2011, foriera esclusivamente di un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, la modifica prevista a partire dal 2012 della disciplina dell'IMU; l'imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal Governo Monti, che ha assoggettato a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed ha introdotto pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
considerato che l'IMU colpisce tutte le abitazioni, anche quelle di valore modesto, destinate ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, detenuti direttamente dagli enti locali o dagli enti regionali che gestiscono tali immobili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dall'applicazione dell'IMU gli immobili ed i terreni di proprietà degli enti locali e degli enti regionali patrimoniali detentori di alloggi destinati ad edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e convenzionata.
9/4865-AR/107.(Testo modificato nel corso della seduta) Allasia, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
considerato che le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno ridotto gli effetti della fortissima volatilità osservata nei mercati finanziari;
considerato che i provvedimenti in vigore, da ultimo il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 27 luglio 2011, hanno però natura straordinaria, sono scaduti il 31 dicembre 2011 e possono essere reiterati per il 2012 sempre attraverso un decreto del Ministro dell'economia;
valutato che si tratta di uno strumento legislativo di emergenza e temporaneo già più volte reiterato, a differenza di quanto avvenuto in Francia e Germania che hanno introdotto una norma di natura strutturale e continuativa;
considerato che l'adozione di una norma che preveda che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione permetterebbe di evitare che, per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato osservata nelle settimane recenti, le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;

impegna il Governo

a rendere stabili le misure anticrisi in essere fino al 31 dicembre 2011 per il settore assicurativo, in modo che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione; ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/108.Polledri, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
considerato che le misure anticrisi in essere per il settore assicurativo hanno ridotto gli effetti della fortissima volatilità osservata nei mercati finanziari;
considerato che i provvedimenti in vigore, da ultimo il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 27 luglio 2011, hanno però natura straordinaria, sono scaduti il 31 dicembre 2011 e possono essere reiterati per il 2012 sempre attraverso un decreto del Ministro dell'economia;
valutato che si tratta di uno strumento legislativo di emergenza e temporaneo già più volte reiterato, a differenza di quanto avvenuto in Francia e Germania che hanno introdotto una norma di natura strutturale e continuativa;
considerato che l'adozione di una norma che preveda che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione permetterebbe di evitare che, per neutralizzare l'anomala volatilità dei prezzi dei titoli di Stato osservata nelle settimane recenti, le compagnie si trovino costrette a ridurre gli investimenti in questi strumenti finanziari;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere stabili le misure anticrisi in essere fino al 31 dicembre 2011 per il settore assicurativo, in modo che, ai fini della solvibilità individuale e di gruppo, nonché degli attivi a copertura della riserve tecniche, le eventuali minusvalenze e plusvalenze latenti su tutte le obbligazioni non siano prese in considerazione; ciò a condizione che, alla luce dell'evoluzione del portafoglio assicurativo, la cessione di tali titoli non si renda necessaria prima della loro scadenza e che si tenga conto di eventuali perdite di carattere durevole.
9/4865-AR/108.(Testo modificato nel corso della seduta) Polledri, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
considerato che il comma 25 dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha stabilito che, a decorrere dal primo rinnovo dell'organo di revisione successivo all'entrata in vigore dello stesso decreto 138, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonché gli iscritti all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
considerato che, soprattutto nei piccoli comuni, si tende a valorizzare le risorse professionali del territorio, inseriti nella comunità locale e, dunque, perfettamente a conoscenza della realtà comunale;
rilevato che l'estrazione farebbe venir meno tale legame, rischiando, inoltre, di dover chiamare revisori distanti decine di chilometri con indubbi svantaggi sia per il revisore sia per l'ente locale;

impegna il Governo

a posticipare l'entrata in vigore della norma prevista dal comma 25 dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, al 1o gennaio 2014.
9/4865-AR/109.Forcolin, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 28, che autorizza la spesa di 7 milioni di euro per il 2012 per consentire la proroga della convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998 tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a., titolare dell'emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
considerato che la legge 224/1998 aveva disposto in via generale l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari mediante gara pubblica;
verificato che, allo scopo di garantire la continuità del servizio è stato tuttavia disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 602 del 1994 ed approvata con decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 21 novembre 1994 tra il Ministero delle comunicazioni ed il Centro servizi Spa;
considerato che si sono poi susseguite proroghe triennali, autorizzate e finanziate da varie manovre finanziarie;
preso atto che Radio Radicale continua da anni a beneficiare di un consistente contributo statale senza essersi aggiudicata alcuna gara pubblica;

impegna il Governo

nell'ambito del piano di liberalizzazioni intrapreso, a procedere all'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari mediante gara pubblica.
9/4865-AR/110.Vanalli, Fabi, Pastore, Volpi, Bragantini, Bitonci, D'Amico, Polledri, Simonetti, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
preso atto che a decorrere dal 1o gennaio 2012 del pesante aumento delle accise sui carburanti, che, oltre al maggior costo diretto, comporta l'aumento dei costi dei beni di prima necessità, causando un doppio danno alle famiglie;
considerato che per i cittadini residenti nelle zone confinanti con la Confederazione Svizzera, in conseguenza dell'ulteriore aumento delle accise, nonostante le agevolazioni attualmente concesse dalle regioni tramite la carta sconto benzina, torna ad essere conveniente varcare il confine e riempire i serbatoi delle proprie vetture;
considerato che la legge nazionale che autorizza le agevolazioni in Lombardia e Piemonte attualmente mette a disposizione 20 milioni di euro, chiaramente insufficienti per contrastare gli aumenti: l'entità degli sconti attualmente operanti per i residenti delle province confinanti della Lombardia è ormai inadeguata a colmare il divario dei prezzi, sia per la fascia territoriale che va da 10 a 20 chilometri di distanza dal valico di frontiera, sia per la fascia territoriale fino a 10 chilometri;
valutato che l'attività dei gestori degli impianti è seriamente a rischio e centinaia di posti di lavoro rischiano di venire meno nelle sole province lombarde di confine;
ritenuto indispensabile aumentare a 60 milioni di euro il finanziamento delle agevolazioni, in modo da aumentare lo sconto sulla benzina e introdurre lo sconto anche sul gasolio, considerato che ormai il prezzo alla pompa di quest'ultimo è ormai prossimo a quello della benzina;
valutato che tale incremento consentirebbe di evitare il massiccio approvvigionamento di carburante oltre confine, consentendo all'erario di incassare i 243 milioni di euro/anno di accise ed IVA che altrimenti andrebbero perse;

impegna il Governo

ad incrementare lo stanziamento previsto dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, portandolo ad almeno 60 milioni di euro, in modo da consentire l'aggiornamento del meccanismo dello sconto attualmente vigente, al fine di rideterminare le fasce territoriali, di rimodulare l'entità dello sconto per fascia e di estendere l'agevolazione anche al gasolio.
9/4865-AR/111.Rivolta, Nicola Molteni, Consiglio, Reguzzoni, Bitonci, Braga.

La Camera,
premesso che:
considerato che tale provvedimento prosegue la politica già intrapresa con il decreto-legge 201/2011, foriera esclusivamente di un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie; valutato, in particolare, la modifica prevista a partire dal 2012 della disciplina dell'IMU; tale imposta è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
considerato che, contrariamente a quello che accadeva per l'ICI, viene riservata allo Stato una quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze, l'aliquota di base pari allo 0,76 per cento;
valutato che tale disposizione colpirà soprattutto i comuni turistici, che registreranno un sensibile minor gettito che li costringerà ad aumentare altre leve fiscali;
considerato che nei comuni turistici i cittadini residenti devono sopportare in gran parte i costi dei servizi che necessariamente vanno a beneficio di persone che non vivono tutto l'anno nel comune stesso; uno di questi è il servizio idrico, che in alta stagione deve essere in grado di garantire l'erogazione dell'acqua ad un numero di persone di gran lunga superiore a quello che mediamente, durante l'anno usufruisce del servizio;
considerato che è necessario ripartire in modo più equo, per i cittadini residenti, i costi di gestione del servizio, che necessariamente deve essere sovradimensionato rispetto alle esigenze delle utenze residenti;

impegna il Governo

a consentire al gestore che abbia completato la manovra di eliminazione del cosiddetto «minimo impegnato», fermo restando il limite della copertura integrale dei costi di gestione del servizio idrico integrato, l'adeguamento, per le utenze domestiche, dell'importo relativo alla «quota fissa» (ex nolo contatore) stabilito dalla delibera CIP n. 45/1974, in funzione della rivalutazione monetaria intercorsa dalla data del citato provvedimento CIP alla data del 31 dicembre 2008, sulla base dei parametri ISTAT di rivalutazione.
9/4865-AR/112.Chiappori, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni volte a prorogare termini in scadenza previsti da disposizioni legislative;
tra le misure introdotte, l'articolo 11 differisce una serie di termini in materia di infrastrutture e trasporti;
in particolare, ai commi 5 e 6 risultano prorogati taluni termini riguardanti l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, istituita e disciplinata dai commi da 1 a 10 dell'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2001, n. 111;
considerata l'importanza strategica della previsione di cui all'articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, che consente alla società ANAS S.p.a. di pubblicare entro il 31 dicembre 2010 il bando di gara per l'affidamento della concessione di realizzazione dell'infrastruttura ivi prevista e delle necessarie opere complementari, anche urbane;
tenuto conto che tale previsione attribuisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di impartire direttive volte a definire un preciso piano di obblighi assunti dal concessionario che garantiscano il finanziamento dell'opera infrastrutturale e consentano comunque di assicurare i medesimi introiti per il bilancio dello Stato;

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative volte a prevedere la proroga al 31 dicembre 2012 del termine di cui all'articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, assumendo le misure conseguenti in merito alle procedure in essere.
9/4865-AR/113.Bragantini, Fugatti, Negro, Vanalli, Pastore, Volpi, Fabi, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni volte a prorogare termini in scadenza previsti da disposizioni legislative;
tra le misure introdotte, l'articolo 11 differisce una serie di termini in materia di infrastrutture e trasporti;
in particolare, ai commi 5 e 6 risultano prorogati taluni termini riguardanti l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, istituita e disciplinata dai commi da 1 a 10 dell'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2001, n. 111;
considerata l'importanza strategica della previsione di cui all'articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, che consente alla società ANAS S.p.a. di pubblicare entro il 31 dicembre 2010 il bando di gara per l'affidamento della concessione di realizzazione dell'infrastruttura ivi prevista e delle necessarie opere complementari, anche urbane;
tenuto conto che tale previsione attribuisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di impartire direttive volte a definire un preciso piano di obblighi assunti dal concessionario che garantiscano il finanziamento dell'opera infrastrutturale e consentano comunque di assicurare i medesimi introiti per il bilancio dello Stato;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le opportune iniziative volte a prevedere la proroga al 31 dicembre 2012 del termine di cui all'articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, assumendo le misure conseguenti in merito alle procedure in essere.
9/4865-AR/113.(Testo modificato nel corso della seduta) Bragantini, Fugatti, Negro, Vanalli, Pastore, Volpi, Fabi, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato negativamente l'impatto delle misure introdotte dal decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
considerato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13 del provvedimento suindicato che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dalla manovra finanziaria prevista dal presente nuovo Governo, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
valutata negativamente la disposizione di cui al comma 11 dell'articolo 13 richiamato, che, contrariamente a quello che accadeva per l'ICI, riserva allo Stato una quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato, applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze, l'aliquota di base pari allo 0,76 per cento;
considerato che tale disposizione colpirà soprattutto i comuni turistici, che registreranno un minor gettito che li costringerà ad aumentare altre leve fiscali;

impegna il Governo

a destinare ai comuni l'intero gettito dell'imposta municipale propria, tornando all'originaria ratio della norma costitutiva dell'IMU, che poneva i comuni stessi come unici beneficiari delle imposte sugli immobili.
9/4865-AR/114.Montagnoli, Bragantini, Vanalli, Pastore, Volpi, Fabi, Reguzzoni, Maggioni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
i commi 3, 3-bis e 4 dell'articolo 13, prorogano il termine di entrata in operatività del nuovo sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sia per le grandi imprese, con oltre 10 dipendenti e per i trasportatori di rifiuti, sia per le piccole imprese con meno di 10 dipendenti;
tale proroga ha lo scopo di permettere una revisione del sistema, soprattutto per venire incontro agli operatori che, attraverso le proprie associazioni di categoria, lamentano problemi e disservizi che sembra interessino il 90 per cento delle imprese del Paese;
i termini sono stati ulteriormente prorogati al 30 giugno 2012 nel corso dell'esame del decreto-legge in sede referente, ma è rimasto inalterato il termine del 2 luglio 2012, previsto dal comma 4, che proroga al 2 luglio 2012 l'obbligo di iscrizione al Sistri per gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento o che conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario;
secondo la normativa originaria in materia di SISTRI, le piccole imprese agricole che producono e trasportano modesti quantitativi di rifiuti sono state obbligate ad iscriversi al SISTRI in una data posticipata di 6 mesi rispetto agli altri operatori;
tale posticipazione ha avuto lo scopo di favorire la categoria degli agricoltori, proprio in quanto trattano modeste quantità di rifiuti;
in ragione dello slittamento del termine di iscrizione per le altre categorie di soggetti obbligati, sarebbe opportuna uno slittamento di ulteriori 6 mesi anche del termine per l'adesione al SISTRI delle citate imprese agricole;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilire, con un prossimo provvedimento di carattere di urgenza una ulteriore proroga, di almeno 6 mesi rispetto al termine previsto per gli altri soggetti obbligati al SISTRI, per l'adesione al SISTRI delle imprese agricole che producono e trasportano modesti quantitativi di rifiuti, ai sensi dell'articolo 39, comma 9 del decreto legislativo n. 205 del 2010.
9/4865-AR/115.Munerato, Negro, Togni, Dussin, Alessandri, Lanzarin, Montagnoli, Bragantini, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13, commi 3, 3-bis e 4, proroga il termine di entrata in operatività del nuovo sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sia per le grandi imprese, con oltre 10 dipendenti e per i trasportatori di rifiuti, sia per le piccole imprese con meno di 10 dipendenti;
tale proroga ha lo scopo di permettere una revisione del sistema, soprattutto per venire incontro agli operatori che, attraverso le proprie associazioni di categoria, lamentano problemi e disservizi che sembra interessino il 90 per cento delle imprese del Paese;
pur condividendo gli obiettivi del sistema di tracciabilità dei rifiuti, che dovrebbe servire a garantire maggiore trasparenza e a combattere la criminalità organizzata in un settore critico, nonché a semplificare la gestione dei rifiuti, eliminando la documentazione cartacea, le rappresentanze delle imprese ritengono che così com'è stato realizzato il sistema si rischia di far ritrovare le imprese in una situazione troppo complessa da gestire, che rende impossibile il rispetto della normativa vigente in materia con la conseguente possibile soggezione delle imprese stesse a sanzioni, ritenute oltretutto sproporzionate rispetto alla reale gravità della violazione;
nelle imprese la preoccupazione è fortissima e il malumore generalizzato soprattutto in considerazione del fatto che esse hanno già versato sia il contributo per l'anno 2010, sia quello dovuto per il 2011, senza che il sistema sia ad oggi funzionante;
oltre sette mila imprese hanno infatti chiesto la revisione dei contributi versati o la loro restituzione;
i contributi annui al SISTRI vanno versati entro il 30 aprile di ciascuna anno, come previsto dall'articolo 7 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 febbraio 2011, n. 52, che ha sostituito il disposto dell'articolo 4 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 20;
tale data risulta, ancora una volta, antecedente all'effettiva entrata in vigore del SISTRI;

impegna il Governo:

ad assumere le opportune iniziative per prorogare, con un prossimo decreto ministeriale, il termine fissato per il versamento dei contributi dovuti per l'anno 2012, in data posteriore all'effettiva entrata in vigore del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI);
a valutare l'opportunità di stabilire, con un prossimo provvedimento di carattere di urgenza, che il contributo di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 febbraio 2011, n. 52, sia dovuto solo a decorrere dalla effettiva entrata in vigore del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), prevedendo, altresì, che eventuali contributi già versati siano computati in compensazione con futuri contributi o rimborsati in caso di cessata attività del soggetto iscritto.
9/4865-AR/116.Togni, Alessandri, Dussin, Lanzarin, Montagnoli, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente sui servizi pubblici locali, ultimamente modificata dall'articolo 4 del decreto-legge 138/2011, come modificato dalla legge di conversione n. 148 del 2011, ha lo scopo di favorire la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica da parte di soggetti scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica e, a tal fine, limita i casi di affidamento diretto della gestione, consentendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che «non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato»;
tale normativa esclude il settore dell'acqua in quanto il Paese, con maggioranza assoluta, si è espresso per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico integrato fuori da ogni logica di profitto;
peraltro il relativo quesito referendario era riferito a tutti i servizi pubblici locali e pertanto non è ancora chiara la costituzionalità della normativa soprarichiamata;
nonostante la gestione dei servizi pubblici locali da parte di società interamente pubbliche sia consentita a livello comunitario, e nonostante non risulti ancora chiara la costituzionalità delle norme in vigore, le nostre amministrazioni locali si trovano nella necessità di bandire le gare per l'affidamento a soggetti privati di almeno il 40% delle quote societarie di gestione dei servizi pubblici locali, entro il 31 marzo prossimo, con particolare riferimento al settore dei rifiuti;
il servizio pubblico locale di gestione dei rifiuti urbani è strettamente legato al proprio ambito territoriale ottimale, ATO, le cui Autorità, AATO, attraversano attualmente una fase transitoria, in quanto risultano in corso di ridefinizione da parte dalle regioni;
l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 216/2011, proroga al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale le regioni devono individuare i nuovi soggetti cui passare le funzioni delle soppresse AATO;
rientrano nelle competenze delle AATO, le funzioni di organizzazione, affidamento e controllo della gestione del servizio dei rifiuti e, pertanto, fino alla ridefinizione delle AATO da parte delle regioni, i comuni non solo non sono in grado di effettuare le gare per la scelta del gestore privato ma addirittura non sono nemmeno legittimati a farlo essendo l'AATO il soggetto competente;
fino a che non vengano ridefinite le AATO non possono essere sciolte le società in house già esistenti;

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per prorogare la data di scadenza delle attuali gestioni in house dei rifiuti solidi urbani in una data posteriore alla data del 31 dicembre 2012 che sia idonea a consentire il periodo di tempo necessario per la preparazione delle gare da parte dei nuovi soggetti AATO definiti dalle Regioni.
9/4865-AR/117.Lanzarin, Dussin, Alessandri, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 195, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, affida alle competenze dello Stato la determinazione dei «limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi»;
il recupero dei rifiuti è tra gli obbiettivi prioritari della normativa europea e nazionale in particolare è fondamentale il recupero della frazione organica con produzione di compost di qualità liberamente utilizzabile in agricoltura;
il compost o ammendante compostato è un fertilizzante le cui caratteristiche sono definite nel decreto legislativo 75/2010 «Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti», proveniente soprattutto dalla frazione organica del rifiuti, ma i relativi decreti sui limiti di accettabilità, ai sensi del citato articolo 195, non sono stati ancora emanati da parte del Governo;
in assenza degli appositi decreti ministeriali, si tende ad applicare, sulla base di un'erronea interpretazione della giurisprudenza maturata negli ultimi tempi, i limiti previsti dalla colonna A della tabella 1, allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo 152/06 relativa alle bonifiche, in un ambito che non è proprio ad un prodotto destinato all'ammendamento dei suoli agricoli;
ciò impedisce l'utilizzo in agricoltura del compost, con alcune importanti conseguenze:
1. gli impianti di compostaggio dovrebbero avviare a smaltimento ingenti volumi di compost sprecando così una risorsa e avendo poi la necessità di individuare idonei siti di collocazione del compost (discarica? Inceneritore?) con un conseguente aggravio dei costi di gestione che si ripercuoterebbero sulla collettività;
2. perderebbe di qualsiasi significato la raccolta differenziata e la separazione secco/umido, e ciò in aperto contrasto con la politica europea, recepita a livello nazionale, che mira a raggiungere elevati obiettivi di raccolta differenziata, per li conseguimento del quali il recupero della frazione organica dei rifiuti costituisce un passo indispensabile;
3. il settore agricolo sarebbe privato di un importante mezzo tecnico. È infatti ormai assodato che il compost prodotto a partire da matrici selezionate aumenta il contenuto di sostanza organica del terreno agrario e ne migliora significativamente le caratteristiche chimico-fisiche;
4. il rischio, in ultima analisi, è quello di vanificare investimenti e risorse impiegate nello sviluppo e nel consolidamento di un nuovo settore economico e di una mentalità che sempre più va diffondendosi veramente rispettosa e interessata alla salvaguardia dell'ambiente;

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di competenza affinché, fino all'emanazione dei decreti ministeriali di cui al comma 2, lettera c, dell'articolo 195 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che dovranno nel dettaglio regolamentare i limiti di accettabilità e le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche del compost, le Regioni possano definire proprie norme tecniche e regolamentari, per non bloccare le raccolte differenziate, facendo altresì salvi gli effetti delle disposizioni regolamentari e tecniche e del relativi adeguamenti già adottati dalle regioni e le province autonome, in materia.
9/4865-AR/118.Dussin, Alessandri, Lanzarin, Togni, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
dal primo gennaio 2011 è divenuta efficace la norma che vieta la commercializzazione dei sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci, ossia di quelli che non sono conformi ai criteri sulla biodegradabilità previsti dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario;
la disposizione è contenuta nei commi da 1129 a 1130 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), che a tal fine ha disposto che ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali, è avviato, a partire dall'anno 2007, un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili;
oggi vi è molta confusione in materia. Esistono molti prodotti definiti «biodegradabili» dagli stessi produttori, ma di fatto non è possibile dimostrare che lo siano in quanto non esiste una norma tecnica europea armonizzata in ambito comunitario ed a cui fare riferimento in caso di prove di conformità a tali norme e quindi aventi valore legale;
tale confusione, oltre a mettere a rischio numerose imprese, soprattutto del Nord, che producono o che riciclano «buste di plastica» tradizionali, permette il proliferare di fenomeni distorsivi della concorrenza ed elusivi e fraudolenti rispetto alle norme tecniche e commerciali, che, oltre a destabilizzare il relativo settore degli imballaggi, sta provocando incertezze e disorientamenti negli operatori onesti che con forza denunciano la situazione e chiedono chiarimenti sui comportamenti da adottare;
ultimamente si sta assistendo ad una incredibile proliferazione di sacchi per l'asporto di dubbia legalità ed incerta provenienza, che vengono definiti biodegradabili sulla base di incerte o sconosciute norme tecniche o di autocertificazioni motivate da formule empiriche puramente presuntive e non dimostrate;
è certo che possono essere commercializzati i sacchi per l'asporto delle merci realizzati con materiali vegetali, conformi alla norma armonizzata EN 13432:2002 che reca i «Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi». Tali prodotti sono quelli utilizzati per la raccolta dei rifiuti organici nella raccolta differenziata, ai sensi dell'articolo 182-ter del decreto legislativo n. 152/2006 come allo scopo modificato dal decreto legislativo n. 205/2010. Esso prevede che «La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002»;
occorre disporre una norma di chiarimento circa i sacchi per l'asporto delle merci che si possono commercializzare, almeno fino a quando non saranno armonizzate in sede comunitaria le altre norme tecniche relative alla biodegradabilità;
in tale ambito occorre lasciare spazio alle migliori opzioni che permettono l'osservanza dei principi ispiratori delle norme ambientali relative ai rifiuti, ossia l'uso di materiali il più possibile ecocompatibili e naturali (bioplastiche conformi alla citata norma EN 13423:2002) o l'uso di borse, di qualsiasi materiale, purché riutilizzabili e riciclabili, in tal senso aventi spessori atti a soddisfare tale scopo (maggiore di 40 micron); ciò ai fini della tutela ambientale, della protezione del territorio e della riduzione delle emissioni climalteranti, nonché per prevenire la produzione di rifiuti e ridurre quelli derivanti da imballaggi e concorrere alla lotta contro comportamenti illeciti o fraudolenti a danno dell'ambiente e dei consumatori;

impegna il Governo

nelle more dell'emanazione di criteri fissati dalla normativa comunitaria per definire l'effettiva biodegradabilità dei sacchi per l'asporto delle merci e consentire la certificazione della conformità dei predetti sacchi biodegradabili, a fissare appositi criteri per la commercializzazione dei sacchi per l'asporto delle merci, che, in ogni caso devono essere realizzati in conformità alle norme EN 13432:2002, ovvero riutilizzabili e riciclabili con uno spessore non inferiore a 40 micron.
9/4865-AR/119.Alessandri, Dussin, Lanzarin, Togni, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo sul federalismo municipale prevedeva l'applicazione dell'imposta municipale propria a partire dal 2014, mentre il decreto-legge 201/2011 anticipa di due anni la imposta stessa estendendo la stessa anche alle abitazioni principali;
ad oggi non appare chiaro quali siano, per il 2012, le effettive entrate a favore dei Comuni e derivanti dalla applicazione dell'lMU, sia in ragione del fatto che per molti Comuni non è ancora possibile stimare l'impatto derivante dall'applicazione dell'imposta sia perché, anche per quanto riguarda le esenzioni, molti comuni, in ragione dell'effetto combinato degli articoli 9 del decreto legislativo 23/2011 e dell'articolo del citato decreto-legge 201/2011, potrebbero vedersi costretti a versare allo Stato anche la quota di IMU retativi a fabbricati e terreni di proprietà degli enti locali non utilizzati a scopo istituzionale;

impegna il Governo

a rivedere, anche in ragione della difficile situazione economica che interessa gli enti locali. Il provvedimento oggi previsto in materia di imposta municipale propria, prorogando al 1o Gennaio 2013 l'applicazione della quota di IMU a favore dello Stato per i beni ed i fabbricati di proprietà degli enti locali e non utilizzati dagli stessi per fini istituzionali, al fine di adottare gli opportuni chiarimenti per definire con certezza i criteri per definire i beni istituzionali medesimi.
9/4865-AR/120.D'Amico, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo sul federalismo municipale prevedeva l'applicazione dell'imposta municipale propria a partire dal 2014, mentre il decreto-legge 201/2011 anticipa di due anni la imposta stessa estendendo la stessa anche alle abitazioni principali;
ad oggi non appare chiaro quali siano, per il 2012, le effettive entrate a favore dei Comuni e derivanti dalla applicazione dell'lMU, sia in ragione del fatto che per molti Comuni non è ancora possibile stimare l'impatto derivante dall'applicazione dell'imposta sia perché, anche per quanto riguarda le esenzioni, molti comuni, in ragione dell'effetto combinato degli articoli 9 del decreto legislativo 23/2011 e dell'articolo del citato decreto-legge 201/2011, potrebbero vedersi costretti a versare allo Stato anche la quota di IMU retativi a fabbricati e terreni di proprietà degli enti locali non utilizzati a scopo istituzionale;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere, anche in ragione della difficile situazione economica che interessa gli enti locali. Il provvedimento oggi previsto in materia di imposta municipale propria, prorogando al 1o Gennaio 2013 l'applicazione della quota di IMU a favore dello Stato per i beni ed i fabbricati di proprietà degli enti locali e non utilizzati dagli stessi per fini istituzionali, al fine di adottare gli opportuni chiarimenti per definire con certezza i criteri per definire i beni istituzionali medesimi.
9/4865-AR/120.(Testo modificato nel corso della seduta) D'Amico, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la tutela della biodiversità avviene principalmente con l'istituzione e successiva gestione delle aree naturali protette (parchi e riserve) e delle aree costituenti la rete ecologica europea Natura 2000. Questa rete si compone di ambiti territoriali designati come Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.), che al termine dell'iter istitutivo divengono Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.), e Zone di Protezione Speciale (Z.P.S.) in funzione della presenza e rappresentatività sul territorio di habitat e specie animali e vegetali;
ad oggi sono state individuate da parte delle Regioni italiane 2255 (di cui 284 coincidenti con ZPS designate, i cosiddetti siti di tipo C) che, rispondendo ai requisiti della Direttiva Habitat, sono state proposte dal nostro Paese alla Comunità Europea, come Siti di Importanza Comunitaria (SIC);
è doveroso inserire nell'ambito della normativa relativa alla progettazione delle infrastrutture aereoportuali del decreto legislativo 9 maggio 2005, n.96, il divieto chiaro ed esplicito di ampliamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria per gli aeroporti i cui sedimi incidono su siti in zone SIC e ZPS o nelle loro immediate vicinanze;

impegna il Governo

a mettere in atto ogni azione necessaria, anche di carattere normativo, per tutelare le aree naturali protette, anche prevedendo il divieto per gli aeroporti i cui sedimi incidono su siti in zone SIC e ZPS o nelle loro immediate vicinanze, di procedere con opere di costruzione, ampliamento o ristrutturazione volte all'aumento del numero dei movimenti dei velivoli rispetto a quello già autorizzato al 31 dicembre 2011.
9/4865-AR/121.Dozzo, Reguzzoni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
ai sensi del comma 2 dell'articolo 31 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità del medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32 del medesimo testo unico, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione dell'opera abusiva;
ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 31 l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione di una costruzione abusiva emesso dall'autorità comunale comporta l'automatica acquisizione gratuita dell'immobile al patrimonio disponibile del comune;
la demolizione dell'opera abusiva da parte della pubblica amministrazione (o, in caso di inerzia di quest'ultima, in via sussidiaria da parte dell'autorità giudiziaria) risponde a criteri di tutela ambientale e di salvaguardia del territorio;
attualmente sussiste sull'intero territorio nazionale un reale problema legato all'effettiva esecuzione delle demolizioni di immobili abusivi, per la difficoltà a reperire imprese disponibili ad eseguire i citati lavori;
una possibile soluzione potrebbe essere quella di sancire l'obbligo per le imprese edili, già in possesso dei requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici ai sensi dell'articolo 34 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, di iscriversi ad appositi albi (specializzati) per l'abbattimento delle opere edili abusive al fine di dare esecuzione ai provvedimenti di demolizione totale o parziale della pubblica amministrazione o dell'autorità giudiziaria;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, già a partire dai prossimi provvedimenti, di introdurre specifiche misure, anche di natura normativa, volte a garantire l'effettiva e tempestiva esecuzione dei provvedimenti della pubblica amministrazione o dell'autorità giudiziaria di demolizione di opere edilizie abusive o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi della pubblica amministrazione o dell'autorità giudiziaria, eventualmente sulla base delle soluzioni illustrate in premessa.
9/4865-AR/122.Granata.

La Camera,
premesso che:
la Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre, prevista all'art 23 del Decreto Legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 è chiamata a svolgere importanti compiti indicati negli articoli 22 comma 1 e all'articolo 23 comma 9;
l'attività della Fondazione per la mutualità non comporta oneri aggiuntivi a carico delle Finanze dello Stato;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire che la Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre possa svolgere le funzioni e i compiti ad essa assegnati ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 dal 1 luglio 2012, con effetti a partire dalla stagione sportiva 2012/2013.
9/4865-AR/123.Barbaro, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il comma 558 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha autorizzato gli enti di cui al precedente comma 557, a procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3 anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;
la lettera B del comma 90 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 ha successivamente autorizzato le Amministrazioni Regionali e locali ad ammettere alla procedura di stabilizzazione di cui al suddetto comma 558 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, anche il personale che consegue i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007, spostando quindi il termine di un anno;
è accaduto, tuttavia, che in alcuni enti regionali o locali taluni dipendenti a tempo determinato non hanno potuto usufruite della norma avendo maturato i requisiti richiesti soltanto qualche giorno dopo la data di riferimento (28 settembre 2007);
in molti casi l'impossibilità della loro stabilizzazione o almeno della loro proroga alla scadenza dei singoli contratti, ha compromesso o potrebbe compromettere l'espletamento di servizi anche essenziali quali, ad esempio, i servizi di Protezione Civile o di tutela dell'ambiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare il termine dal 28 settembre 2007 al 31 dicembre 2007 o almeno alla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007 n. 244, e a prolungare il triennio 2010-2012 per lo svolgimento delle operazioni di stabilizzazione spostando il termine di scadenza di 12-24 mesi. L'operazione non avrebbe costi per lo Stato mentre per gli enti costituirebbe soltanto una autorizzazione, subordinata a una serie di condizioni legislativamente previste quali l'esistenza di posti in organico, la compatibilità finanziaria delle stabilizzazioni con le condizioni di bilancio, la necessità che lo svolgimento dei servizi venga assicurato da dipendenti già in possesso della necessaria professionalità, nonché, nei casi previsti dalla legge, l'espletamento di prove selettive, così come già avvenuto per tutti gli altri dipendenti per i quali è stato attuato o è in corso di attuazione il processo di stabilizzazione.
9/4865-AR/124.Cardinale, Antonino Russo, Fallica.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi giorni in Sicilia si è sviluppato un forte movimento di protesta fondato sui problemi derivanti da una crisi economica devastante, che sta distruggendo da tempo interi comparti produttivi, soprattutto quello agricolo e della pesca;
l'aumento spropositato del gasolio e della benzina, dell'Iva, dei ticket autostradali e dei traghetti creano grosse difficoltà economiche alle imprese ed hanno effetti recessivi e inflazionistici che interessano particolarmente le fasce più deboli della popolazione;

impegna il Governo

a porre in essere tutte le necessarie iniziative volte a scongiurare il collasso del sistema economico Siciliano e di tutto il Sud.
9/4865-AR/125.Miccichè, Fallica, Misiti, Terranova, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Iapicca, Pugliese, Soglia.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi giorni in Sicilia si è sviluppato un forte movimento di protesta fondato sui problemi derivanti da una crisi economica devastante, che sta distruggendo da tempo interi comparti produttivi, soprattutto quello agricolo e della pesca;
l'aumento spropositato del gasolio e della benzina, dell'Iva, dei ticket autostradali e dei traghetti creano grosse difficoltà economiche alle imprese ed hanno effetti recessivi e inflazionistici che interessano particolarmente le fasce più deboli della popolazione;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le necessarie iniziative volte a scongiurare il collasso del sistema economico Siciliano e di tutto il Sud.
9/4865-AR/125.(Testo modificato nel corso della seduta) Miccichè, Fallica, Misiti, Terranova, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Iapicca, Pugliese, Soglia.

La Camera,
premesso che:
con la legge 214/2011 sono numerose e sostanziali le modifiche alla normativa previdenziale previgente volte a conseguire lo scopo esplicito di «garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo dei sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo»;
la necessità di approvare con urgenza la manovra salva Italia ha comportato l'impossibilità di approfondire il relativo impatto e le conseguenti ricadute;
è assolutamente necessario conoscere gli effetti diretti e indiretti che le nuove disposizioni in materia previdenziale, possono determinare nei progetti di vita di lavoratori e lavoratrici;
è grave in particolare la situazione delle donne che con le norme previgenti potevano godere della pensione di vecchiaia dal 60 anni; tenuto conto che le pensioni di vecchiaia liquidate alle donne nel 2010 nella AGO, fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono state 68774 e sono di importo medio di 634,78 euro mensili e che per ogni singola donna l'innalzamento del requisito anagrafico così significativo può comportare una reale situazione di povertà per la pensione mancata per 4 o 5 anni, è assolutamente indispensabile un attento monitoraggio;
il complesso di deroghe, previste dall'articolo 24 comma 14 della legge 214/2011, anche integrate dal decreto mille proroghe, copre solo una parte di platea di lavoratori e lavoratrici più deboli che, a seguito della riorganizzazione delle imprese o a causa della perdurante crisi economica di questi ultimi anni, sono stati esodati o licenziati, con varie scadenze temporali dalle imprese stesse, in quanto prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici a normativa vigente in quel tempo, e che si ritroveranno invece nella disperata situazione di non poter accedere alla pensione e senza una concreta possibilità di riprendere il vecchio posto di lavoro o di trovare una nuova occupazione, e per 1 quali i 24 mesi introdotti come spazio per la decorrenza della pensione sono una boccata di ossigeno, ma non sufficiente;
appare opportuno approfondire la reale situazione delle persone senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e che contavano sulla pensione come unica fonte di sostentamento, per colmare siffatta lacuna per evidenti esigenze di equità, visto che peraltro in molte dichiarazioni pubbliche, sia il Presidente del Consiglio che il Ministro del Lavoro, hanno rimarcato che i provvedimenti del Governo, non avrebbero portato le persone in situazione di mancanza di reddito;

impegna il Governo

ad effettuare attente verifiche confrontando i dati, almeno degli ultimi 5 anni, delle nuove liquidazioni di pensioni, suddivise per tipologia e genere, con il supporto degli enti previdenziali, consultate preventivamente le parti sociali, procedendo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge 214/2011, ad effettuare un'azione di monitoraggio sugli effetti dell'applicazione della suddetta legge, verificando nello specifico quali e quanti soggetti siano rimasti colpiti oltremodo dagli effetti della riforma previdenziale e si trovino o si troveranno, senza ammortizzatori sociali, senza reddito da lavoro e senza pensione. Degli esiti del suddetto monitoraggio, il Governo relazionerà alle commissioni competenti.
9/4865-AR/126.Gnecchi.

La Camera,
premesso che:
con la legge 214/2011 sono numerose e sostanziali le modifiche alla normativa previdenziale previgente volte a conseguire lo scopo esplicito di «garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo dei sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo»;
la necessità di approvare con urgenza la manovra salva Italia ha comportato l'impossibilità di approfondire il relativo impatto e le conseguenti ricadute;
è assolutamente necessario conoscere gli effetti diretti e indiretti che le nuove disposizioni in materia previdenziale, possono determinare nei progetti di vita di lavoratori e lavoratrici;
è grave in particolare la situazione delle donne che con le norme previgenti potevano godere della pensione di vecchiaia dal 60 anni; tenuto conto che le pensioni di vecchiaia liquidate alle donne nel 2010 nella AGO, fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono state 68774 e sono di importo medio di 634,78 euro mensili e che per ogni singola donna l'innalzamento del requisito anagrafico così significativo può comportare una reale situazione di povertà per la pensione mancata per 4 o 5 anni, è assolutamente indispensabile un attento monitoraggio;
il complesso di deroghe, previste dall'articolo 24 comma 14 della legge 214/2011, anche integrate dal decreto mille proroghe, copre solo una parte di platea di lavoratori e lavoratrici più deboli che, a seguito della riorganizzazione delle imprese o a causa della perdurante crisi economica di questi ultimi anni, sono stati esodati o licenziati, con varie scadenze temporali dalle imprese stesse, in quanto prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici a normativa vigente in quel tempo, e che si ritroveranno invece nella disperata situazione di non poter accedere alla pensione e senza una concreta possibilità di riprendere il vecchio posto di lavoro o di trovare una nuova occupazione, e per 1 quali i 24 mesi introdotti come spazio per la decorrenza della pensione sono una boccata di ossigeno, ma non sufficiente;
appare opportuno approfondire la reale situazione delle persone senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e che contavano sulla pensione come unica fonte di sostentamento, per colmare siffatta lacuna per evidenti esigenze di equità, visto che peraltro in molte dichiarazioni pubbliche, sia il Presidente del Consiglio che il Ministro del Lavoro, hanno rimarcato che i provvedimenti del Governo, non avrebbero portato le persone in situazione di mancanza di reddito;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di effettuare attente verifiche confrontando i dati, almeno degli ultimi 5 anni, delle nuove liquidazioni di pensioni, suddivise per tipologia e genere, con il supporto degli enti previdenziali, consultate preventivamente le parti sociali, procedendo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge 214/2011, ad effettuare un'azione di monitoraggio sugli effetti dell'applicazione della suddetta legge, verificando nello specifico quali e quanti soggetti siano rimasti colpiti oltremodo dagli effetti della riforma previdenziale e si trovino o si troveranno, senza ammortizzatori sociali, senza reddito da lavoro e senza pensione. Degli esiti del suddetto monitoraggio, il Governo relazionerà alle commissioni competenti.
9/4865-AR/126.(Testo modificato nel corso della seduta) Gnecchi.

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative in merito alla crisi del settore ippico - 2-01302

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il comparto ippico segnala ormai da molti anni una crisi divenuta strutturale, che coinvolge l'intera filiera imprenditoriale (dall'allevamento fino alla raccolta delle scommesse), le cui conseguenze rischiano di determinare una situazione di ulteriore criticità sia sul piano economico, a causa delle drastiche riduzioni delle agenzie di scommesse, che ha causato un progressivo decremento degli introiti sulle corse dei cavalli in un mercato sempre più inflazionato dai giochi non ippici, che sul piano occupazionale, il cui effetto, connotato anche dalla presenza di lavoro irregolare e dallo scarso rigore nel rispetto delle norme di legge, ha determinato un'evidente riduzione del numero degli occupati diretti;
le previsioni per il 2012 prospettano uno scenario complessivamente negativo e penalizzante nei riguardi del settore interessato, in considerazione della riduzione di 100 milioni di euro quale contributo previsto all'Assi - Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ex Unire), che comporterà una riduzione delle entrate stimata per oltre il 40 per cento;
appare evidente, a giudizio degli interpellanti, che il mancato sostegno e la conseguente drastica riduzione dei fondi destinati alle corse, all'allevamento e all'intera gestione degli ippodromi provocherà a partire dall'inizio del 2012 effetti disastrosi per l'intera filiera ippica nazionale, con un'ulteriore riduzione di migliaia di lavoratori del settore privi di occupazione e oltre 15 mila cavalli da destinare al macello, con conseguenze devastanti sull'indotto e con l'impossibilità da parte dell'amministrazione statale di introitare, come avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte tributarie;
le evidenti responsabilità negative della gestione del suddetto comparto, da parte dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che per oltre un decennio ha governato le scommesse ippiche e la modulazione delle risorse finanziarie per il settore, a giudizio degli interpellanti, appaiono pertanto chiare, con particolare riferimento alla questione dei cosiddetti minimi garantiti che sarebbero dovuti essere corrisposti in maniera assolutamente regolare nei riguardi dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, affinché entrassero a regime nel settore, ed invece non sono stati mai attribuiti alla medesima agenzia;
risulta altrettanto evidente, a giudizio degli interpellanti, il carattere approssimativo con cui i concessionari delle scommesse ippiche e l'ente preposto alla tutela del settore hanno contrastato una successione di situazioni critiche, che, a causa di palesi inesattezze nella gestione, hanno danneggiato profondamente l'ippica italiana;
in una fase economica e finanziaria di emergenza come quella attuale, in cui la crescita dell'economia italiana risente del rallentamento di quella globale e la razionalizzazione e l'ottimizzazione delle risorse disponibili non consentono obiettivamente ampi margini d'intervento per gli investimenti e per i finanziamenti ad hoc a favore delle disciplina sportive, appare, tuttavia, evidente, a giudizio degli interpellanti, intervenire a favore di un settore, come quello ippico, di tradizioni prestigiose, che ha contribuito ad accreditare l'immagine vincente dell'Italia nel mondo, salvaguardandolo dai rischi obiettivamente concreti di una definitiva scomparsa;
il comparto ippico, in considerazione di quanto esposto in premessa, necessita conseguentemente di una rivisitazione complessiva ed organica dell'impianto normativo, che non riguardi soltanto la politica di gestione delle scommesse, ma che sia nelle condizioni di adottare una serie di provvedimenti per la definizione delle situazioni pregresse, al fine di costituire un punto di partenza per l'impostazione della nuova convenzione nell'ambito di un processo di rivisitazione dell'attuale circuito ippico nazionale -:
quali iniziative urgenti e necessarie intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di prevedere gli strumenti necessari per affrontare e risolvere la crisi del settore ippico, le cui criticità, esposte in premessa, destano evidenti preoccupazioni nei riguardi di un comparto dalla tradizione centenaria, composto da migliaia di operatori, che richiede una profonda ristrutturazione, sia per garantire i livelli occupazionali, sia in relazione alla struttura distributiva delle scommesse ippiche.
(2-01302)
«Marinello, Gioacchino Alfano, Ceroni, Germanà, Pizzolante, Nola, Aracu, Mazzuca, Luciano Rossi, Tommaso Foti, Di Cagno Abbrescia, Ghiglia, Porfidia, Osvaldo Napoli, Mazzoni, Speciale, Rampelli, Minardo, Iannaccone, Pugliese, Fallica, Bernardo, Torrisi, Cassinelli, Catanoso Genoese, Antonio Pepe, Cannella, Ciccanti, Laboccetta, De Camillis, De Luca, Barani, Belcastro, Cosenza, Marsilio, Cesaro».
(21 dicembre 2011)

Chiarimenti in merito ai costi dell'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici - 2-01326

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il Governo ha diminuito la soglia al di sopra della quale le transazioni commerciali non possono essere regolate in contanti; tale limite, già abbastanza restrittivo, è stato portato a 1.000 euro; con lo stesso decreto-legge il Governo ha stabilito che le operazioni di pagamento delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro enti di importo superiore ai mille euro devono essere effettuate mediante l'utilizzo di strumenti telematici, in via ordinaria mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali dei creditori, ovvero con le modalità offerte dai servizi elettronici di pagamento interbancari prescelti dal beneficiario; lo stesso limite di mille euro è stato fissato per la corresponsione degli stipendi, delle pensioni, dei compensi corrisposti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dai loro enti, che devono essere erogati con strumenti di pagamento elettronici bancari o postali;
tali norme, di fatto, costringeranno tutti i cittadini ad avere un conto corrente bancario o postale, sul quale far accreditare gli stipendi e le pensioni, con il quale staccare assegni per i pagamenti sopra i mille euro e sul quale appoggiare la carta di credito per i pagamenti delle transazioni commerciali; l'apertura dei nuovi conti correnti genererà maggiori introiti per lo Stato, grazie all'imposta di bollo sui rapporti, ma soprattutto per le banche, unici e veri beneficiari delle norme introdotte con il decreto «salva Italia», le quali registreranno un'impennata dei ricavi grazie alle commissioni applicate alle transazioni e agli interessi debitori dei correntisti;
in questi giorni gli organi di stampa riportano alcune anticipazioni dei contenuti del cosiddetto «decreto liberalizzazioni», che sarà varato prossimamente dal Governo; tra queste viene previsto l'obbligo per le banche di proporre alla clientela un conto corrente di base, esente dall'imposta di bollo, con una struttura dei costi semplice e trasparente e un pacchetto di operazioni già incluse nell'offerta; tale offerta verrà, però, proposta esclusivamente ai cittadini che versano in condizioni economiche svantaggiate, generando comunque ingenti maggiori costi a tutti gli altri cittadini costretti ad aprire nuovi conti correnti;
oltre al conto corrente di base, il «decreto liberalizzazioni» dovrebbe contenere le misure per favorire la diffusione dei pagamenti mediante moneta elettronica e la riduzione delle transazioni in contante; la Lega Nord auspicava misure che andassero a ridurre i costi delle transazioni sia per gli acquirenti, sia per i commercianti, in modo da incentivare effettivamente l'uso della moneta elettronica anche tra i cittadini finora restii all'uso delle carte di credito o di debito; invece pare che il Governo si stia indirizzando verso l'addebito delle spese delle transazioni al pagatore;
in particolare, la Banca d'Italia potrà stabilire con proprio regolamento che l'esercente applichi spese al cliente per l'utilizzo del pos e degli strumenti similari; in questo modo i costi delle transazioni, di fatto, andranno ad incrementare il costo finale del prodotto acquistato, generando una forte crescita dei prezzi al consumo;
tale misura, inoltre, non raggiungerà lo scopo che il Governo si è prefisso, anzi, l'addebito al pagatore delle commissioni causerà necessariamente una restrizione dell'uso delle carte elettroniche, soprattutto in una fase economica di pesante crisi come quella che si sta vivendo, nella quale i cittadini sono giustamente attenti al minimo incremento dei costi; non si comprende, infatti, perché un cittadino dovrebbe pagare la spesa al supermercato o il maglione in negozio con la carta di credito, per pagare magari un euro in più, che andrà di nuovo a favore del sistema finanziario -:
se le anticipazioni fatte in questi giorni da alcuni giornali sull'introduzione nel prossimo «decreto liberalizzazioni» della norma che addebiterebbe al soggetto pagatore i costi dell'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici corrispondano al vero e se il Governo ritenga questa misura realmente efficace per realizzare l'obiettivo di diffondere l'utilizzo di questi strumenti di pagamento.
(2-01326)
«Reguzzoni, Montagnoli, Bitonci, Comaroli, Polledri, D'Amico, Simonetti, Fugatti, Forcolin».
(19 gennaio 2012)

Elementi ed iniziative in merito all'effettivo impiego da parte degli istituti bancari italiani dei capitali recentemente concessi dalla Banca centrale europea al fine di favorire l'accesso al credito - 2-01332

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il 21 dicembre 2011, in occasione della prima asta di rifinanziamento organizzata dalla Banca centrale europea, le banche europee hanno ottenuto circa 500 miliardi di euro di nuovi fondi per allontanare il pericolo di una contrazione del credito;
di queste nuove risorse gli istituti italiani hanno chiesto e ottenuto 116 miliardi, concessi al tasso agevolato dell'1 per cento;
piuttosto che mettere a disposizione di famiglie e imprese un'accresciuta liquidità ad un costo inferiore, secondo le indicazioni della Banca centrale europea, gli istituti creditizi risultano aver impiegato il capitale ricevuto per acquistare titoli del debito pubblico, in un momento in cui il rendimento di questi è assai elevato;
l'accesso al credito per le imprese è diventato ancora più rigido, come dimostra un'indagine condotta dalla Swg per la Confederazione nazionale dell'artigianato, in base alla quale l'80 per cento del campione è preoccupato del rapporto con le banche, il 78 per cento ritiene la stretta creditizia forte e le difficoltà maggiori rispetto al periodo negativo del 2008, il 56 per cento degli imprenditori considera più rigidi i criteri applicati per la concessione dei crediti o per l'apertura di linee di crediti;
le crescenti difficoltà di accesso al credito rischiano di alimentare preoccupanti fenomeni come l'usura, che lo Stato deve tenacemente combattere in nome della lotta all'illegalità -:
se il Governo sia a conoscenza di come sono stati impiegati i capitali concessi dalla Banca centrale europea e se ritenga opportuno promuovere un tavolo di confronto fra Governo, Banca d'Italia e istituti di credito, per individuare modi e strumenti per stimolare la liquidità messa a disposizione.
(2-01332) «Barbaro, Della Vedova».
(24 gennaio 2012)

Tempi per l'adozione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri per fronteggiare i danni conseguenti alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 22 e 23 novembre 2011 nella provincia di Messina - 2-01327

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
eccezionali avversità atmosferiche hanno colpito e devastato il territorio della provincia di Messina nei giorni 22 e 23 novembre 2011, causando l'ennesima tragedia del maltempo, con i tristemente noti eventi luttuosi verificatisi a Saponara, oltre ai movimenti franosi, alle colate detritiche, alle esondazione di fiumi e torrenti, alle colate di fango e agli allagamenti di abitazioni e di insediamenti produttivi;
il fenomeno alluvionale manifestatosi con violenza straordinaria ha ferito nuovamente un territorio che ha rivissuto l'incubo del 2009, quando le forti precipitazioni causarono la morte di 37 persone nel comune di Messina, nelle località di Giampilieri, Molino, Altolia, Briga, Pezzolo, Santa Margherita Marina, ed i comuni di Scaletta Zanclea e Itala;
tali accadimenti mostrano in tutta la loro evidenza l'attuale vulnerabilità dei territori siciliani che richiede, nell'immediato, un'efficace e tempestiva gestione dell'emergenza, ma anche un ripensamento generale sulla legislazione vigente per la gestione del rischio idrogeologico ed una pianificazione e riordino degli strumenti della prevenzione, avendo come obiettivo la sicurezza e la salvaguardia dei cittadini;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 25 novembre 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza nei territori della provincia di Messina in relazione alle richiamate eccezionali avversità atmosferiche, con la finalità di garantire la realizzazione dei primi interventi finalizzati al soccorso della popolazione ed alla rimozione delle situazioni più immediate di pericolo;
a quasi due mesi dal verificarsi dell'alluvione, il territorio attende ancora quegli indifferibili provvedimenti contenenti misure concrete ed utili a rimettere in piedi ciò che l'acqua ed il fango hanno tristemente spazzato via;
non risultano chiare le ragioni dell'indugio nell'adozione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, indispensabile per la messa in sicurezza ed il ripristino delle situazioni di vita ordinata e civile per le popolazioni interessate e per evitare che tali popolazioni non subiscano danni irreversibili anche alle attività produttive già gravemente colpite dalla crisi generale;
sembrerebbe che tale ritardo sia ascrivibile alla difficoltà di reperimento delle risorse finanziarie utili a coprire gli interventi urgenti da disporre nel suddetto provvedimento di protezione civile, in quanto, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, così come modificato dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, deve farsi carico di tali costi la regione interessata dall'evento ed anche lo Stato, attingendo alle risorse del fondo nazionale di protezione civile, nel caso di insufficienza delle risorse regionali;
con riferimento alle ultime ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate per gli eccezionali eventi atmosferici verificatisi in Liguria e in Toscana, si fa presente che le risorse in tutti i casi sono state reperite attingendo a risorse regionali e a risorse statali;
in particolare, nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3973 del 2011, riferita agli eventi alluvionali verificatisi a La Spezia nel mese di ottobre del 2011, viene stanziata la somma di 54,5 milioni di euro - di cui 40 milioni da porre a carico del fondo della protezione civile, 1,5 milioni a valere sulla disponibilità del bilancio regionale e 8 milioni derivanti dall'aumento di 2,42 centesimi di euro per litro dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398 - ridotta a 49,5 dall'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2011, n. 3985;
ancora, per l'alluvione di La Spezia e per quella verificatasi dal 4 all'8 novembre 2011 a Genova, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 11 novembre 2011, 3980, sono stati assegnati ulteriori 10 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi diretti a superare le relative emergenze con oneri a carico del bilancio dello Stato, in particolare a valere prevalentemente sui capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare accantonati per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico;
per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel territorio di Massa Carrara con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3974 del 2011 è stata stanziata la somma di 85 milioni di euro, di cui 60 milioni a carico del bilancio regionale e 25 milioni a carico del fondo della protezione civile;
infine, l'ordinanza 2 gennaio 2012, n. 3993, per la prosecuzione delle iniziative necessarie volte a fronteggiare i danni verificatisi nei mesi di ottobre e novembre 2011 in Liguria ha autorizzato il commissario delegato ad utilizzare le economie quantificate in circa 7 milioni e mezzo di euro, rinvenienti dalle ordinanze n. 3192 del 2002, n. 3258 del 2002, n. 3277 del 2003, n. 3311 del 2003, n. 3312 del 2003 e n. 3338 del 2004 -:
quali siano le cause del ritardo nell'adozione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ex articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e successive modificazioni, per fronteggiare i danni conseguenti alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 22 e 23 novembre 2011 nei territori della provincia di Messina, nei quali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 novembre 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza e quali siano i tempi previsti per l'adozione della stessa.
(2-01327)
«Garofalo, Minardo, Germanà, Vincenzo Antonio Fontana, Misuraca, Torrisi, Antonio Martino, Luciano Rossi, Tortoli, Scandroglio, Ceroni, Nizzi, Vella, Girlanda, Barani, De Luca, Murgia, Di Cagno Abbrescia, Stradella, Ghiglia, Palmieri, Prestigiacomo, Scalia, Moles, Catanoso Genoese, Toccafondi, La Loggia, Di Caterina, Nastri, Gibiino, Marinello, Pagano, Aracri, Armosino, Antonino Foti, Pizzolante».
(19 gennaio 2012)

Iniziative di competenza volte ad evitare il ridimensionamento del servizio ferroviario di Trenitalia Spa da e per le regioni Calabria e Sicilia - 2-01267

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
gli investimenti effettuati in Italia negli ultimi anni hanno interessato per il 95 per cento solo il territorio del Centro-Nord, per un ammontare di 152 miliardi di euro, mentre al Sud è pervenuto appena un miliardo di euro, pari allo 0,6 per cento del totale;
con riferimento all'ultimo triennio, in particolar modo, solo l'1,2 per cento delle somme investite nella rete ferroviaria è stato destinato alla regione Sicilia, con la conseguenza ovvia dell'aumento del gap infrastrutturale tra il Nord e la Sicilia;
la ghettizzazione della Sicilia rischia di cronicizzarsi ulteriormente, a causa dell'ennesimo ridimensionamento dei convogli ferroviari che collegano l'isola al Nord dell'Italia, misura in vigore dall'11 dicembre 2011;
nello specifico si passerà dagli attuali 26 convogli ordinari a 5 collegamenti tra Palermo e Roma ed altrettanti tra Siracusa e la capitale; inoltre, non partiranno più i treni a lunga percorrenza alla volta delle grandi città settentrionali, quali Venezia, Torino e Milano, dovendo tutti i passeggeri cambiare treno alla stazione di Roma; stessa sorte toccherà alla città dei templi, Agrigento, con l'annullamento della tratta Roma-Agrigento e viceversa;
la nuova offerta commerciale di Trenitalia spa prevede, altresì, un ridimensionamento anche dei treni in partenza dalla Calabria, con una riduzione pari al 70 per cento dei servizi notturni;
tale ridimensionamento, ad avviso degli interpellanti inaccettabile, avrà ripercussioni negative sui livelli occupazionali siciliani e calabresi, essendo già previsti tagli per 170 unità lavorative (macchinisti, operatori della manutenzione e personale dell'indotto);
consentire a Trenitalia spa una simile operazione è in netto contrasto con la cantierizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, il cui obiettivo principale è la creazione di condizioni favorevoli per il rilancio economico-sociale e di un sistema di trasporti e di logistica più competitivo, che consenta di veicolare più rapidamente e a costi più ridotti le merci del Meridione;
appare stridente, poi, a fronte della riduzione dei convogli ferroviari, che le Ferrovie dello Stato siano azioniste della società Stretto di Messina, con la quale hanno concordato una serie di investimenti che porteranno nell'arco di trent'anni all'esborso di 3 miliardi di euro;
la contraddizione risulta ancora più evidente se si considera che il progetto del ponte prevede una serie di collegamenti non solo alla rete stradale, ma anche a quella ferroviaria, con circa 20 chilometri di raccordi per ogni sponda -:
se il Ministro interpellato intenda, alla luce di quanto esposto, assumere iniziative volte ad evitare la realizzazione del ridimensionamento ferroviario voluto da Trenitalia spa, che, oltre ad accrescere i disagi e a ghettizzare ulteriormente la popolazione siciliana e calabrese, rischia di invalidare e svilire anche il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, che, privato di una rete infrastrutturale adeguata e complessa, rischia di perdere la sua ragion d'essere.
(2-01267)
«Gibiino, Germanà, Palumbo, Ghiglia, Tommaso Foti, Misuraca, D'Alessandro, Mannucci, Barba, Ciccioli, Marinello, Vincenzo Antonio Fontana, Minardo, Garofalo, Tortoli, Gioacchino Alfano, Giammanco, Antonino Foti, Luciano Rossi, Scapagnini, De Corato, Torrisi, Fucci, Catanoso, Bernardo, Bertolini, Santelli, Aracu, Laffranco, Bianconi, Biasotti, Garagnani, Vessa, Boniver, Scalera».
(12 novembre 2011)

Iniziative di competenza in relazione ad uno spettacolo in scena al teatro Franco Parenti di Milano dal 24 al 28 gennaio 2012 - 2-01324

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri della giustizia, per i beni e le attività culturali, dell'interno e del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
è stato performato in Francia e sarà messo in scena a Milano dal 24 al 28 gennaio 2012 lo spettacolo blasfemo di Romeo Castellucci, intitolato «Sul concetto del volto di Dio», dove viene oltraggiata con liquame e altro l'immagine del Cristo di Antonello Da Messina;
si sta diffondendo anche tra gli organizzatori sempre maggior imbarazzo intorno a detto spettacolo, soprattutto in ragione della protesta dei cattolici che si allarga, tanto che si sta studiando la possibilità di rimuovere o modificare alcune delle scene più provocatorie dell'opera, e l'annunzio della sua messa in scena a Milano, dal 24 al 28 gennaio 2012, non poteva non suscitare in Italia dissenso per il suo carattere violentemente dissacratorio;
per impedire la messa in scena del vergognoso spettacolo si stanno organizzando a Milano diverse iniziative e nei giorni scorsi si è costituito a Milano il «Comitato San Carlo», che si è fatto promotore di una petizione al cardinale Angelo Scola, affinché mobiliti fedeli ed associazioni e intervenga presso le autorità civili, mentre numerose associazioni stanno organizzando un «sit in» all'ingresso del teatro Franco Parenti nelle serate previste per le rappresentazioni dal 24 al 28 gennaio 2012, per manifestare pubblicamente il loro sdegno e la loro sacrosanta protesta nei confronti dello spettacolo blasfemo;
suscita sconcerto che la messa in opera di tale spettacolo non abbia ancora attivato le autorità competenti, dato che costituisce anche una violazione del codice penale, come messo in evidenza da alcune denunce presentate nei giorni scorsi presso la procura della Repubblica di Bergamo e quella di Milano, sia contro Romeo Castellucci che nei confronti dei responsabili del teatro Franco Parenti, per i reati di cui agli articoli 403 e 404 del codice penale;
è prevista una precisa attività censoria nei confronti di spettacoli indecenti e palesemente offensivi come quelli indicati, che trova la sua piena legittimità nell'ultimo comma dell'articolo 21 della Costituzione, che vieta «le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buoncostume»;
motivi di ordine pubblico consiglierebbero un intervento di sospensione della programmazione di detto spettacolo;
la Camera dei deputati ha approvato il 12 gennaio 2011 una mozione contro la cristiano fobia, che, evidentemente, deve richiamarsi nel caso in questione e che sosterrebbe pertanto un intervento preventivo istituzionale -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare in merito alla vicenda segnalata sotto il profilo dell'ordine pubblico, della lotta alla cristianofobia e della pubblica decenza.
(2-01324)
«Polledri, Bitonci, Rondini, Lussana, Renato Farina, Pagano, Capitanio Santolini, Raisi, Bonino, Maggioni, Mistrello Destro, Togni, Paolini, Polidori, Catone, Meroni, Fabi, Callegari, D'Amico, Forcolin, Marmo, Goisis, Binetti, Di Centa, Fogliato, Martini, Laura Molteni, Ciccanti, Carlucci, Simonetti, Barbaro, Muro, Bertolini, Baccini, Toccafondi, De Angelis, Allasia, Cavallotto, Soglia, Roccella, Cimadoro, Piffari, Volontè, Centemero, Palmieri, Saltamartini, Frassinetti».
(18 gennaio 2012)

Iniziative di competenza volte ad evitare la chiusura dello stabilimento Alcoa di Portovesme e a rilanciare l'industria dell'alluminio primario in Italia - 2-01311

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dello sviluppo economico e degli affari esteri, per sapere - premesso che:
con un comunicato ufficiale la società Alcoa ha annunciato il 9 gennaio 2012 che intende fermare le proprie produzioni in tre stabilimenti di alluminio primario in Europa, nel quadro di una ristrutturazione già annunciata nella globale attività primaria;
la ristrutturazione ridurrà - secondo il comunicato ufficiale - la capacità globale di fusione della società del 12 per cento, pari a 531.000 tonnellate;
gli stabilimenti interessati da questa fermata sono quello di Portovesme in Italia, La Coruña e Avilés, in Spagna;
la fermata - secondo quanto riporta il comunicato ufficiale - dovrebbe essere completata nella prima metà del 2012;
nel comunicato ufficiale si legge: le strutture hanno tra i più alti costi dei produttori nel sistema Alcoa;
a Portovesme, Alcoa avvierà - è scritto nel comunicato - il processo di consultazione per chiudere definitivamente l'impianto. Per gli stabilimenti di La Coruña e Avilés sono previste riduzioni parziali e temporanee;
nel comunicato ufficiale si sostiene che un costo energetico non competitivo, combinato con l'aumento dei costi delle materie prime e la caduta dei prezzi di alluminio, ha portato alla fermata delle strutture;
Alcoa ha chiuso il quarto trimestre del 2011 con ricavi pari a 6 miliardi di dollari, in calo del 7 per cento rispetto ai 6,4 miliardi di dollari del trimestre del 2010, ma in rialzo del 6 per cento rispetto al 2010, quando si erano attestati a 5,7 miliardi;
la perdita netta è stata di 193 milioni di dollari, ossia 0,18 dollari per azione, rispetto ai 172 milioni, ossia 0,15 dollari per azione, del terzo trimestre e i 258 milioni (0,24 dollari per azione) dello stesso periodo del 2010. L'Ebitda rettificato trimestrale si è attestato a 445 milioni di dollari;
per quanto riguarda l'intero 2011, la società ha riportato ricavi pari a 25 miliardi di dollari contro i 21 miliardi del 2010, mentre l'utile netto è stato di 611 milioni di dollari (0,55 dollari per azione) rispetto ai 254 milioni (0,24 dollari per azione) del 2010;
l'alluminio è un materiale cruciale per qualsiasi sistema economico che si prefigga una crescita compatibile con il rispetto dell'ambiente;
il tasso di crescita della domanda di alluminio è attualmente superiore a quello di ogni altro metallo, oltre che del prodotto interno lordo delle diverse economie mondiali;
l'alluminio è una commodity: il prezzo internazionale si forma nelle negoziazioni di borsa al London metal exchange e le variazioni locali dei costi di produzione della materia prima non sono trasferibili sul prezzo finale del metallo;
l'andamento di detto prezzo è caratterizzato da una discreta volatilità e, in termini reali, risulta decrescente, con un tasso di riduzione annuo prossimo al 2 per cento, conseguenza anche del miglioramento dell'efficienza dei processi produttivi;
un'industria di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e la capacità di innovazione e sviluppo delle applicazioni fa dell'Europa il secondo mercato mondiale dell'alluminio, con ulteriori e significativi margini di crescita;
la produzione europea di metallo primario non è stata in alcun modo in grado di contribuire allo sviluppo di detta domanda, e il tasso di copertura sul mercato attuata con metallo autoprodotto è sceso dal 60 per cento del 1980 al 27 per cento del 2003;
l'import di alluminio primario dai Paesi extraeuropei è costantemente cresciuto oltre il 36,5 per cento del fabbisogno totale di alluminio e oltre il 56 per cento del fabbisogno di alluminio primario;
il mercato interno europeo è fortemente deficitario di alluminio e il tasso di import è a livelli mai prima raggiunti;
l'industria europea non è in grado di coprire il deficit di metallo con una crescita delle produzioni primarie da lungo tempo a livelli stazionari;
le produzioni secondarie sono state sviluppate sino al limite massimo della disponibilità di rottame, utilizzando pienamente la generazione interna e trovando difficoltà crescenti al reperimento di rottame dall'esterno;
l'industria dell'alluminio primario è ad alta intensità di capitale con investimenti ad elevata durata di vita economica;
l'industria dell'alluminio primario è, per sua natura, un'industria energy intensive; l'energia elettrica è la vera materia prima del processo produttivo incidendo per oltre il 30 per cento sui costi operativi;
la disponibilità energetica a prezzi sostenibili è, quindi, il principale fattore di sopravvivenza economica degli impianti esistenti, ed è elemento chiave per la localizzazione dei nuovi impianti di produzione primaria (i cosiddetti smelter);
negli ultimi anni alla posizione competitiva degli impianti italiani, e di quello sardo in particolar modo, anche per le condizioni insulari della Sardegna, si è aggiunto l'aumento del costo dell'energia elettrica, indotto non solo da fattori congiunturali attinenti alle oscillazioni dei costi delle materie prime energetiche (olio e carbone), ma anche dall'attuazione delle politiche dell'Unione europea in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia;
il processo di liberalizzazione del mercato dell'energia in Europa è lontano dall'avere realizzato gli obiettivi di ampliamento della base produttiva, di competitività e di riduzione di prezzo attesi;
il mercato al momento non è equilibrato, funziona ancora in un regime di oligopolio, non è affatto trasparente e, conseguentemente, non è competitivo per i clienti energy intensive, quali i produttori di alluminio;
la carenza di riserva di generazione elettrica ed i vincoli di varia natura alla trasmissione dell'energia pongono un evidente limite strutturale ad uno sviluppo equilibrato dello stesso;
le attuali regole di funzionamento del mercato, che opera ancora in difetto di reale concorrenza soprattutto in Sardegna, e di negoziazione dei prezzi, che vedono una posizione di forza preponderante dei fornitori, non sono adeguate per negoziare acquisti di energia a lungo termine;
la formulazione del prezzo di borsa è svincolata dai fondamentali elementi di costo, o è volta a remunerare il costo marginale del produttore meno competitivo;
l'industria dell'alluminio primario, data l'intensità del consumo energetico, è di gran lunga la più esposta all'imperfetto funzionamento del mercato energetico e ai conseguenti aumenti dei costi;
nelle condizioni attuali del mercato dell'energia, senza adeguati interventi strategici e contingenti, si prefigura il seguente scenario:
a) sarà impossibile la rinegoziazione dei contratti a condizioni e prezzi internazionalmente competitivi;
b) l'incremento del prezzo dell'energia risulterà incompatibile con la sopravvivenza economica degli impianti che, conseguentemente, non saranno più in condizioni di operare;
c) la produzione verrà delocalizzata in Paesi che adottano politiche energetiche compatibili con le loro ambizioni di sviluppo industriale;
d) per la natura di capital intensive dell'industria del primario la delocalizzazione sarà per lungo tempo irreversibile;
e) il metallo prodotto in tali aree, spesso a condizioni agevolate ed incentivate da risorse pubbliche, sarà importato nei Paesi dell'Unione europea;
f) l'Europa pagherà i costi sociali ed economici connessi con la delocalizzazione;
g) l'Europa perderà la corrispondente occupazione diretta ed indotta;
la competitività europea sarà penalizzata in quanto:
a) l'industria di trasformazione perderà il supporto che deriva dalla disponibilità in loco di metallo primario;
b) l'industria manifatturiera perderà le ricadute tecnologiche apportate dalle attività primarie;
c) il sistema europeo si troverà a dipendere completamente da importazioni extra-Unione europea con ricadute negative, nel lungo periodo, anche sui consumatori;
è indispensabile che le attuali distorsioni del mercato dell'energia vengano corrette al fine di ristabilire un bilanciamento tra fornitori e consumatori energy intensive, creando un mercato competitivo che renda attraente per i produttori negoziare contratti competitivi a lungo termine con utenti base load;
l'Italia, con un consumo di alluminio di oltre 1.600.000 tonnellate annue, è il secondo Paese consumatore del metallo leggero in Europa e dispone di un'industria di trasformazione (laminazione ed estrusi) ancora importante e relativamente competitiva; la produzione nazionale di primario è pari a circa 190.000 tonnellate annue e copre, quindi, solo il 12 per cento del fabbisogno interno, il valore più basso tra i Paesi industrializzati;
la produzione di alluminio secondario, derivante dal riciclo dell'alluminio, assomma a 700.000 tonnellate annue, pari al 43 per cento dell'intera domanda;
l'import assomma a circa 764.000 tonnellate annue, pari al 47 per cento del fabbisogno;
la produzione di alluminio primario in Italia è effettuata in due stabilimenti, entrambi appartenenti alla multinazionale Alcoa, che li ha acquistati in seguito alla privatizzazione dell'industria nazionale dell'alluminio: Portovesme, nel Sulcis Iglesiente (Sardegna) con capacità di 150.000 tonnellate annue; Fusina, nel Veneto, con capacità di 45.000 tonnellate annue;
nel caso italiano, la produzione di alluminio primario risulta particolarmente strategica per le seguenti motivazioni: è integrata all'industria di trasformazione a monte e a valle della filiera produttiva, e ne costituisce una importante salvaguardia; costituisce un indiretto sostegno dell'industria del secondario, la più evoluta in Europa, che incontra difficoltà crescenti nell'approvvigionamento dall'estero del rottame;
in Sardegna, la produzione del primario costituisce l'attività principale del nucleo industriale del Sulcis Iglesiente, e fornisce un contributo insostituibile al tessuto socio-economico della regione;
il comparto dell'alluminio primario italiano è stato privatizzato nel 1996 con l'acquisizione degli stabilimenti da parte della multinazionale Alcoa, leader mondiale del settore;
condizione essenziale per il perfezionamento di tale privatizzazione fu la fornitura ai suddetti stabilimenti di energia elettrica ad un prezzo allineato a quello medio applicato nel resto dell'Europa per un periodo di almeno dieci anni, ossia sino al 31 dicembre 2005;
alle intese sottoscritte all'atto della privatizzazione si diede attuazione tramite il decreto del Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato del 19 dicembre 1995, in forza del quale i due smelter italiani usufruirono di un regime tariffario speciale restato in vigore sino a tutto il 2005;
l'accordo sul prezzo dell'elettricità fu approvato dall'Unione europea, riconoscendo i termini dell'intesa finalizzata a garantire il prezzo medio dell'energia a livello europeo, senza configurare un ricorso ad «aiuti di Stato»; nel definire una durata decennale del provvedimento, si era ipotizzato che il mercato dell'elettricità si sarebbe evoluto in maniera da poter offrire, trascorso tale periodo, prezzi sostenibili da uno smelter in competizione sul mercato mondiale;
oggi si deve, invece, prendere atto del fatto che il lento e difficile processo di liberalizzazione del mercato dell'energia, (liberalizzazione ad oggi solo parziale e, in Sardegna, assolutamente inesistente) è ancora ben lontano dal realizzare gli effetti di riduzione dei prezzi e di aumento dell'offerta giustamente auspicati;
non si intravede alcuna ragionevole possibilità di negoziare in Italia (e, più in genere, all'interno del mercato europeo) una fornitura di energia, sul cosiddetto «libero mercato», in quantitativi e a prezzi che consentano l'esercizio economicamente sostenibile di uno smelter di alluminio;
le distorsioni al funzionamento del mercato, la sua natura essenzialmente oligopolistica (e, spesso, di fatto ancora monopolistica, specie per quantitativi di energia particolarmente significativi), i vincoli tecnici alla produzione e alla distribuzione dell'energia e le inefficienze del sistema determinano un'effettiva carenza di offerta e un conseguente aumento dei costi, non giustificabile in base a quelle che sarebbero le logiche di un mercato effettivamente sviluppato;
in tutti i Paesi dell'Unione europea la produzione di alluminio, sia primario che secondario, come detto, risulta fortemente deficitaria rispetto al fabbisogno interno, generando un deficit strutturale, sia in relazione sia allo sviluppo della domanda, sia per la struttura del costo dei fattori produttivi in Europa, con particolare riferimento alla disponibilità e al costo dell'energia, fattori a loro volta negativamente influenzati dall'imperfetto e distorto funzionamento del «libero mercato» dell'energia;
il mantenimento in produzione della ridotta capacità di primario in Italia (12 per cento della domanda nel Paese) non può, quindi, togliere quote di mercato a nessun concorrente europeo, né può ostacolare l'ingresso di nuovi operatori sul mercato;
il mantenimento per la produzione italiana di alluminio di un prezzo dell'energia equiparato alla media della concorrenza non può influenzare in alcun modo il corso del prezzo del metallo;
il mantenimento di tale prezzo dell'energia non può danneggiare alcun concorrente europeo sotto il profilo del prezzo praticabile negli scambi intracomunitari;
il mantenimento di condizioni di fornitura dell'energia elettrica a condizioni competitive apporta dei concreti benefici al mercato ed al sistema socio economico non solo della Sardegna, ma dell'intera nazione;
il mantenimento della produzione dell'alluminio primario in Italia riduce il rischio di delocalizzazione delle produzioni (gli annunci della Hydro in Germania evidenziano quanto questa eventualità sia reale) a vantaggio di produzioni effettuate in Paesi dove l'energia è fornita sottocosto, e dove le tutele legali, sociali ed ambientali sono a livelli infinitamente più bassi rispetto agli standard comunitari, e tali da consentire spesso l'importazione in dumping all'interno del mercato comunitario di metallo prodotto al di fuori dell'Unione europea;
il mantenimento della produzione evita la conseguente distruzione e/o depauperamento sia di risorse private (per sostenere i costi di chiusura degli impianti e la loro delocalizzazione) che pubbliche (per la riconversione del personale, gli ammortizzatori sociale ed il sostegno alle economie dei territori interessati alle chiusure), a danno del mercato europeo ed a vantaggio di produzioni extra-Unione europea;
il mantenimento delle produzioni evita la perdita di competitività del sistema industriale nel suo complesso sul mercato globale, perdita che conseguirebbe inevitabilmente alle ricadute di varia natura connesse con la rinuncia ad una forma di approvvigionamento interna di metallo, con la conseguente totale dipendenza economica da importazioni extra-Unione europea, e con la crescente carenza di materia prima, sempre più destinata ai consumi interni, che scaturisce dallo sviluppo dei Paesi tradizionalmente esportatori (tra cui la Cina, la Russia, ed il Sud-Est asiatico);
il mantenimento di tariffe ad hoc per le produzioni energivore dell'alluminio primario in Italia non può confliggere con quanto previsto dall'articolo 87 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in base al quale «sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza»;
non si riscontrerebbero, nel caso di specie, né la richiesta «incidenza sugli scambi tra Stati membri», né, soprattutto, sarebbe favorita la «falsificazione», o «minaccia di falsificazione», della concorrenza a livello comunitario; al contrario, ci si limiterebbe a consentire la sopravvivenza, sul mercato globale, di un'importante industria europea altrimenti destinata ad un irreversibile declino per la concorrenza attuata da aree del mondo le cui regolamentazioni normative del mercato non sono neppure comparabili con quelle comunitarie;
la fornitura di energia elettrica a prezzi internazionalmente competitivi è assolutamente essenziale per la produzione di alluminio primario;
la legge n. 80 del 2005, finalizzata al mantenimento della competitività del sistema industriale nazionale, ha esteso al 2010 il regime energetico speciale per la produzione di alluminio primario allora in vigore e a suo tempo approvato nel 1996 dalla Commissione europea nel quadro della privatizzazione dell'industria italiana dell'alluminio;
nel luglio 2006, la Commissione europea, ritenendo che il suddetto regime potesse costituire un aiuto di Stato, ha aperto un'indagine conoscitiva conclusasi con una pesante, quanto ingiustificabile, condanna per il Governo italiano, e conseguentemente per Alcoa, al pagamento di oltre 300.000.000 di euro;
il 17 maggio 2010 presso il Ministero dello sviluppo economico veniva definito e sottoscritto un accordo tra Alcoa, le organizzazioni sindacali e il Governo con il quale si stabilivano nuove condizioni per l'approvvigionamento energetico e la ripresa produttiva sia a Portovesme che Fusina;
nello stesso accordo era scritto: «l'azienda conferma la propria volontà di rimanere in Italia nei due siti produttivi di Portovesme e Fusina, quest'ultimo costituito dai reparti di elettrolisi e laminazione, secondo le linee guida del Piano industriale»;
è del tutto evidente che tale decisione di chiudere gli impianti sardi dell'Alcoa debba essere energicamente respinta, considerato che lo stesso stabilimento di Portovesme fu acquisito dall'Alcoa attraverso il piano di dismissione dell'Efim con conseguente obbligo al mantenimento produttivo dell'impianto stesso;
appare evidente che occorre avviare con urgenza un tavolo negoziale con l'Alcoa ai massimi livelli per scongiurare in tutti i modi una decisione che costituirebbe, proprio per gli elementi sopra richiamati, un grave danno al sistema Italia e al comparto industriale in particolar modo;
risulta improponibile sul piano sociale la chiusura di uno stabilimento che vede impegnati oltre 2000 lavoratori tra diretti e indiretti, considerando nel sistema alluminio anche l'Eurallumina di Portovesme -:
se non ritenga il Governo di porre in essere tutte le autorevoli ed urgenti iniziative necessarie a scongiurare la decisione annunciata dalla società Alcoa;
se non ritengano i Ministri interpellati di attivare urgentemente un tavolo di confronto con la multinazionale e con la stessa amministrazione americana per affrontare senza riserve e con urgenza la vertenza Alcoa-Italia;
se non ritenga il Governo indispensabile e prioritario, al fine di definire un piano strategico di rilancio dell'industria dell'alluminio primario in Italia, proporre alla Commissione europea un vertice dei Ministri competenti per definire, con sollecitudine, una strategia che scongiuri la delocalizzazione dall'Europa dell'industria primaria di alluminio, non solo attivando quelle azioni indispensabili per favorire il mantenimento degli asset produttivi in Europa.
(2-01311) «Pili, Baldelli».
(12 gennaio 2012)