XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 31 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
i recenti dati resi noti dalla Guardia di finanza sul recupero dell'evasione fiscale fotografano un quadro allarmante: nel 2011 sono stati scoperti redditi non dichiarati per oltre 50 miliardi di euro e imposta sul valore aggiunto evasa per oltre 8 miliardi di euro, mentre 7.500 è il numero degli evasori totali scoperti nell'anno 2011;
nello specifico, dai dati risulta che nelle indagini sulle frodi e i reati fiscali sono stati denunciati 12 mila soggetti perlopiù per aver utilizzato o emesso fatture false (1.981 violazioni), per non aver versato l'imposta sul valore aggiunto (402 casi), per aver omesso la dichiarazione dei redditi (2 mila violazioni), o per aver distrutto o nascosto la contabilità (oltre 2 mila casi). Sono stati oltre 902 milioni gli euro sequestrati immediatamente ai responsabili dei reati fiscali. Con riferimento all'evasione fiscale internazionale i redditi non dichiarati, messi in luce dalla Guardia di finanza, sono pari a circa 11 miliardi di euro nel 2011. Le indagini si sono concentrate, in particolare, sui trasferimenti «di comodo» delle residenze di persone e società nei paradisi fiscali e sullo spostamento all'estero di capitali per non pagare le tasse in Italia;
è evidente che l'evasione fiscale determina effetti devastanti sull'economia di un Paese come l'Italia e rappresenta un ostacolo nel cammino verso il risanamento e lo sviluppo, una vera e propria piaga che le stime attestano ormai sui 120 miliardi di euro;
per troppo tempo le norme tributarie di difficile interpretazione hanno agevolato fenomeni elusivi e incrementato il contenzioso; le politiche, che nel corso degli anni hanno sostenuto l'adozione di condoni e scudi fiscali, hanno inferto un duro colpo all'attività di contrasto all'evasione, regolarizzando la posizione di quanti, fino a quel momento, avevano agito nell'illegalità;
le iniziative intraprese con l'ultima manovra economica, il decreto-legge n. 201 del 2011, forniscono strumenti essenziali nella lotta al fenomeno dell'evasione: tra questi vi è l'obbligo, per gli operatori finanziari, di comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno riguardato ogni utente ed ogni informazione utile ai fini dei controlli fiscali e la limitazione della soglia legale di utilizzo del contante, al fine di garantirne la tracciabilità, che si aggiungono agli altri strumenti a disposizione dello Stato per combattere l'evasione, quali il redditometro e studi di settore sempre più analitici;
una priorità, tuttavia, come emerso anche dal rapporto realizzato dal gruppo di lavoro guidato dal presidente dell'Istat Giovannini sull'evasione fiscale e l'economia sommersa, è rappresentata dall'esigenza di quantificare il fenomeno dell'evasione e di poter disporre di dati ufficiali e trasparenti;
la stima precisa del fenomeno, basata su modelli utilizzati anche all'estero, quali, ad esempio, il tax gap, cioè la differenza tra quello che dovrebbe essere il gettito e quello che in realtà è, se pubblicata annualmente, consente di verificare i progressi ottenuti nella lotta all'evasione ed eventualmente valutare l'efficacia delle azioni condotte;
in tal modo, parte dell'evasione recuperata potrebbe essere utilizzata per consentire la riduzione delle aliquote fiscali;
i controlli e le indagini bancarie sono strumenti efficaci nelle differenti azioni di contrasto all'evasione, ma appaiono tuttavia non ancora del tutto sufficienti;
l'evasione sottrae le risorse per le politiche sociali e la collettività, impedisce

il corretto funzionamento del mercato e della concorrenza ed è all'origine dell'economia sommersa,


impegna il Governo:


a realizzare annualmente una stima effettiva ed ufficiale della portata del fenomeno dell'evasione attraverso la verifica della misura delle imposte dovute e non pagate, sia complessivamente che per singolo tributo, al fine di valutare i progressi e l'efficacia degli strumenti di contrasto all'evasione rispetto all'anno precedente;
a prevedere iniziative di semplificazione della normativa tributaria al fine di garantire maggiore trasparenza e chiarezza nell'interpretazione ed evitare, in questo modo, fenomeni elusivi e di aggiramento di norme;
ad adottare iniziative finalizzate a garantire certezza del diritto e rapidità del giudizio nel contenzioso tributario;
ad adottare iniziative per predisporre l'ulteriore progressiva riduzione del limite di utilizzo del contante;
a promuovere una revisione della normativa in tema di sanzioni amministrative e penali per i reati connessi al fenomeno dell'evasione;
ad adottare iniziative per rafforzare il ruolo della Guardia di finanza e la sua azione di contrasto all'evasione e per garantirne un migliore coordinamento con l'Agenzia delle entrate.
(1-00845)
«Pisicchio, Fabbri, Lanzillotta, Mosella, Tabacci, Brugger».

La Camera,
premesso che:
l'Italia è l'ottava potenza al mondo ed uno dei principali Paesi esportatori; con il 2,9 per cento della quota del commercio mondiale;
le imprese italiane che esportano e operano sui mercati esteri sono 190.000, con una crescente presenza di medie imprese multinazionali;
l'Italia è al secondo posto in Europa dopo la Germania per esportazioni manifatturiere e al settimo posto al mondo, con una quota del 3,4 per cento;
nel corso dell'ultimo trimestre 2011 il trend delle esportazioni ha mantenuto un valore positivo soprattutto nei mercati extra Unione europea (+1,4 per cento) rispetto ai mercati Unione europea (+0,6 per cento), a fronte di una caduta dei consumi interni che ha determinato la recessione;
nel 2011 si rileva un leggero riequilibrio della bilancia commerciale con aumento dell'11,9 per cento dell'export, rispetto al +10,6 per cento dell'import, con aumenti più consistenti per i mercati extra Unione europea;
l'Italia è ancora oggi uno dei maggiori paesi per attrattiva turistica, meta crescente per i nuovi flussi che giungono dai paesi emergenti, con circa il 4 per cento della quota di mercato turistico internazionale;
la ripresa dell'Italia può realizzarsi a breve solo puntando sull'export, sul turismo e sulla internazionalizzazione delle imprese sui nuovi mercati, in attesa che le riforme riescano ad attivare nel medio lungo termine la crescita interna;
il recente decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «Salva Italia», ha predisposto la creazione dell'Ace in sostituzione dell'Ice, di recente soppresso, ma sulla cui funzionalità vi sono già numerosi dubbi, anche per la scarsità delle risorse ad essa destinate;
è necessario utilizzare tutte le energie del sistema Italia, pubbliche e private, al fine di razionalizzare risorse umane e finanziarie a sostegno delle imprese nei diversi canali dell'internazionalizzazione;
a politica della crescita e della competizione può essere favorita anche da

un'adeguata politica monetaria di riallineamento dell'euro sul dollaro, sia per quanto riguarda la competitività delle nostre merci sui mercati esteri, sia soprattutto per quanto riguarda il turismo in Italia e gli investimenti esteri sul nostro territorio,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative, anche normative, per:
a) realizzare una Agenzia Italia che svolga il ruolo che in passato assolvevano l'Ice ed Enit, puntando sulla promozione del sistema Italia, di imprese ed export, di attrazione degli investimenti diretti esteri e promozione del turismo, strutturata come una spa a capitale in prevalenza pubblico, con soci pubblici (Sace, Simest, Invitalia, Cassa depositi e prestiti e regioni), soci privati (Abi, Confindustria, sistema camerale), con l'indirizzo politico di Mise e Mae, organico ridotto e professionale, prevalentemente collocato presso le rappresentanze diplomatiche;
b) riordinare e razionalizzazione il sistema degli incentivi attualmente allocati presso gli enti per l'internazionalizzazione, con particolare attenzione al credito all'export, vero fattore competitivo su scala globale soprattutto in questa fase di difficoltà del sistema bancario;
c) realizzare in sede di Unione europea una politica attiva al fine della approvazione del regolamento europeo sulla etichettatura obbligatoria del «made in» sui prodotti manifatturieri importanti nell'Unione europea, già approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo ed attualmente all'esame del Consiglio europeo, per meglio tutelare i consumatori e i produttori europei dalla concorrenza sleale, fattore tanto più importante in questa fase di riduzione dei consumi e di contrazione occupazionale;
d) realizzare una serrata politica antidumping in sede di politica commerciale europea, per contrastare i fenomeni di concorrenza sleale;
e) attuare con gli strumenti della politica nazionale una efficace lotta alla contraffazione nelle dogane e sul territorio, in difesa dei consumatori e della produzione nazionale;
f) supportare la Commissione europea nel negoziato multilaterale in sede WTO per la realizzazione del cosiddetto Doha round, al fine di adeguare le norme alle attuali forze in campo, e rilanciare con il commercio equo anche lo sviluppo economico e sociale;
g) sollecitare Commissione e Consiglio europeo a realizzare una politica commerciale bilaterale con la realizzazione di accordi di libero scambio di preminente interesse nazionale, a cominciare da quelli con Stati Uniti, Giappone, Consiglio di cooperazione del Golfo, Mercosur;
h) favorire la piena attuazione dell'area euromediterranea secondo quanto deliberato nel processo di Barcellona, anche attraverso la realizzazione di adeguati supporti finanziari per PMI.
(1-00846)
«Urso, Buonfiglio, Scalia, Ronchi, Antonione, Belcastro, Craxi, Holzmann, Iannaccone, Mazzuca».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
mentre in tutta la Repubblica Popolare Cinese avvenivano le celebrazioni per il capodanno, i giorni 23 e 24 gennaio le forze dell'ordine hanno aperto il fuoco in modo indiscriminato nei confronti di centinaia di tibetani che protestavano in modo pacifico nei centri di Drakgo, Serthat, Ngaba, Gyarong, con un bilancio di sei tibetani uccisi e secondo notizie di stampa oltre sessanta feriti, alcuni in modo grave;
a questi episodi si aggiungono le molte e tragiche auto-immolazioni che si sono succedute in questi mesi di monaci tibetani per protestare nei confronti del regime della Repubblica Popolare Cinese che persiste nel negare alla minoranza tibetana i suoi diritti fondamentali;


sono sedici i monaci e le monache che si sono dati fuoco a partire dal marzo del 2011, di cui quattro nel solo mese di gennaio del 2012;
tali episodi testimoniano la disperazione estrema in cui vivono i religiosi tibetani ai quali viene sistematicamente negato il diritto di professare liberamente il proprio credo;
dopo più di sessant'anni dall'occupazione militare del Tibet nel 1959, il Governo della Repubblica Popolare Cinese ha praticato una politica di assimilazione forzata e di marginalizzazione del Tibet;
i diritti umani fondamentali sono sistematicamente negati per i tibetani: non è concessa alcuna libertà politica, la lingua e la cultura tibetana sono progressivamente assimilate, non vi è libertà religiosa e il solo possedere un'immagine del Dalai Lama è considerato un reato, i tibetani sono sistematicamente marginalizzati nelle attività economiche e nell'accesso all'istruzione;
il Tibet è dal 2008, l'anno dell'ultima e diffusa rivolta popolare tibetana, praticamente inaccessibile al turismo straniero e nell'intera regione è applicata una non dichiarata legge marziale,


impegna il Governo:


a compiere un passo formale nei confronti della Repubblica Popolare Cinese affinché vengano immediatamente interrotte le violenze nei confronti della popolazione e dei religiosi tibetani e che si crei nelle aree popolate dalla minoranza tibetana un clima di dialogo e tolleranza;
a invitare il Governo della Repubblica Popolare Cinese a riprendere il dialogo con il Dalai Lama ed il Governo Tibetano in esilio, finalizzato all'individuazione di una soluzione condivisa, in grado di permettere alla comunità tibetana in Cina di poter godere di una genuina autonomia, e a riaprire il Tibet al mondo esterno permettendo un accesso libero e senza condizioni ai media internazionali;
a farsi promotore di un'iniziativa in sede di Unione europea affinché in occasione del prossimo summit UE/Cina venga sollevato con decisione il tema del rispetto dei diritti umani fondamentali in Tibet e in tutta la Repubblica Popolare Cinese;
a farsi promotore presso le sedi competenti delle Nazioni Unite di una iniziativa di indagine sul rispetto dei diritti umani in Tibet.
(7-00763) «Vernetti, Tempestini, Boniver, Adornato, Pianetta, Nirenstein».

L'VIII Commissione,
premesso che:
gli impianti «a rischio di incidente rilevante» (RIR) devono essere adeguatamente protetti anche dalle catastrofi naturali, tra cui gli eventi sismici e gli altri fenomeni incidentali che possono essere da essi innescati (in particolare i maremoti, per terremoti violenti con epicentro in mare od anche, se questo è in prossimità della costa, in terra); tali impianti includono non solo quelli nucleari, ma anche numerose tipologie di installazioni e componenti chimici, in particolare i cosiddetti serbatoi di gas naturale liquefatto (Liquefied Natural Gas o LNG), che sono di grandi dimensioni (con volumi fino a 150.000 metri cubi ed oltre), costituiti da un serbatoio interno in acciaio criogenico ed un rivestimento esterno in cemento, ed anche i serbatoi di stoccaggio sferici o cilindrici presenti, ad esempio, negli stabilimenti petrolchimici, la cui pericolosità è funzione crescente del loro elevato numero in ciascun stabilimento;
un numero significativo di tali serbatoi ha già riportato gravi danni in vari Paesi, in occasione di eventi sismici;
come storicamente dimostrato, gran parte del territorio italiano è caratterizzata da pericolosità sismica elevata (fino a valori della magnitudo almeno pari a M = 7,0-7,5) o quantomeno significativa; alcune aree italiane, inoltre, sono esposte a consistenti rischi da maremoto, anche in zone di acque basse;

attualmente sono presenti, in Italia, più di un migliaio di stabilimenti industriali RIR soggetti agli obblighi del decreto legislativo n. 334 del 1999 (Seveso II), nei quali, cioè, sono presenti sostanze potenzialmente pericolose in quantità tali da superare determinate soglie; molti di questi sono anche soggetti all'autorizzazione ambientale integrata (AIA);
alcuni di tali impianti sono situati in aree ad elevata pericolosità sismica, come, ad esempio, in Sicilia, in quella di Milazzo od in quella di Priolo-Gargallo (dove è anche prevista la realizzazione di un importante rigassificatore); si ricorda, in particolare, che, nel 1693, la piana di Catania, che include l'area di Priolo-Gragallo, fu colpita da uno dei più devastanti terremoti verificatisi in Italia, probabilmente più violento di quello di Messina e Reggio Calabria del 1908 (M = 7,2), e che (come in seguito nel 1908) tale terremoto generò un maremoto di elevata entità; nei suddetti siti, nel caso in cui in essi fossero presenti impianti RIR non sufficientemente protetti dal terremoto, un evento di magnitudo M intorno a 7,0 (del tutto possibile) innescherebbe gravissimi incidenti, con effetti gravissimi per la popolazione e per l'ambiente, oltre che economici;
come da diversi anni riportato da alcune pubblicazioni scientifiche e, recentemente (dopo il terremoto e maremoto di Tohoku), anche dalla stampa, in Italia, nonostante siano da tempo disponibili mappe riguardanti sia il rischio sismico sia quello da maremoto, per gli impianti chimici, anche RIR (contrariamente a quanto avviene per le costruzioni civili da una parte e per gli impianti nucleari dall'altra), non esiste ancora un assetto normativo organico riguardante la loro progettazione antisismica e le misure da adottare per proteggerli (quando necessario) dal maremoto;
gli impianti chimici RIR, ad oggi, sono progettati assumendo come carico sismico quello definito dalla normativa nazionale, che si basa fondamentalmente sulle caratteristiche degli edifici civili ed utilizza un approccio probabilistico (probabilistic seismic hazard assessment o PSHA);
occorrerebbe rafforzare la nostra metodologia di definizione della pericolosità sismica, affiancando all'uso dell'approccio probabilistico quello dell'approccio deterministico (neo-deterministic seismic hazard assessment o NDSHA), che, diversamente dal primo, si basa sulla fisica dei fenomeni in gioco e che si sta dimostrando sempre più affidabile e capace di adeguarsi rapidamente agli sviluppi derivanti dalla ricerca avanzata;
da qualche anno diverse istituzioni ed enti di ricerca stanno sviluppando metodologie per la definizione e la mitigazione del rischio sismico dei grandi impianti industriali;
sarebbe quindi auspicabile affidare ad un apposito gruppo di lavoro composto dai massimi esperti italiani in materia il compito di tradurre e rivedere la guida tecnica dell'IAEA (International atomic energy agency), in modo tale da elaborare un documento nazionale di riferimento per la progettazione antisismica di nuovi impianti RIR e per l'adeguamento o miglioramento (retrofit) di quelli esistenti in base alla loro complessità e pericolosità, che permetta una significativa mitigazione della vulnerabilità sismica di tali impianti, anche a costi contenuti;
il documento di cui trattasi potrebbe anche contenere indicazioni sulla vulnerabilità sismica delle diverse tipologie di impianti RIR e criteri (sviluppati tenendo conto pure della normativa applicabile agli edifici civili) per la definizione di tecniche di mitigazione del rischio sismico di tali impianti, sia di nuova costruzione sia esistenti, e per la relativa progettazione;
a tal fine risulterebbe molto utile anche l'esperienza già acquisita in Italia grazie agli studi effettuati nell'ambito di significativi progetti di ricerca, riguardanti sia la valutazione della vulnerabilità sismica

degli impianti chimici RIR, sia la definizione di tecniche innovative di protezione dei nuovi impianti e di interventi di retrofit su quelli esistenti mediante isolamento sismico, dissipazione d'energia od altri sistemi innovativi, la cui efficacia è potenziata dalla disponibilità della definizione della pericolosità con il metodo NDSHA;
l'isolamento sismico, in particolare, potrebbe comportare elevati vantaggi per gli impianti chimici RIR, non solo perché è in grado di accrescere la loro sicurezza sismica, ma anche perché spesso permette di raggiungere tale risultato eliminando le complicazioni del loro lay-out che, nel caso di fondazioni convenzionali, si rendono necessarie per assicurare loro un'adeguata protezione dal terremoto e perché, in molti casi con tale tecnica sono agevolmente adeguabili sismicamente componenti esistenti;
sullo sviluppo dei suddetti sistemi innovativi e sulla loro applicazione alle diverse tipologie di strutture (civili ed industriali) l'ENEA vanta un'esperienza ultraventennale; in particolare, per quanto attiene all'uso di tali sistemi negli impianti chimici RIR, sono da citare gli studi condotti nell'ambito dei progetti di ricerca ISI (valutazione dell'applicabilità dell'isolamento sismico alla protezione sismica di componenti di Impianti industriali) ed INDEPTH (development of innovative devices for seismic protection of peTrocHemical facilities), che hanno anche evidenziato l'importanza di stime adeguate dello spostamento del suolo, rese possibili dall'applicazione di NDSHA;
il progetto INDEPTH (2002-2005), promosso dall'ENEA e parzialmente finanziato dalla Commissione europea, è stato da essa affidato, oltre che all'ENEA, al CESI di Seriate (Bergamo), che lo ha coordinato, all'industria manifatturiera di isolatori sismici FIP industriale di Selvazzano Dentro (Padova), nonché a partner tedeschi, greci, spagnoli, inglesi e svedesi; in tale progetto sono stati studiati e sviluppati sistemi antisismici per strutture critiche presenti in impianti chimici, prendendo in considerazione, in particolare, serbatoi di stoccaggio e grandi serbatoi criogenici LNG;
i serbatoi di stoccaggio sferici si sono rivelati particolarmente vulnerabili dal punto di vista sismico, a causa della grande massa del fluido in essi disposta ad una notevole altezza dal suolo e della scarsa resistenza ai carichi orizzontali offerta dal sistema dei controventi in essi presente;
per il loro retrofit, è risultato che, quando il valore di progetto dell'accelerazione massima orizzontale del terreno in caso di sisma (Peak Ground Acceleration o PGA) è superiore a 0,25 g, l'inserimento di controventi dissipativi comporta una notevole riduzione del danno causato dal sisma, rispetto ad interventi di rinforzo convenzionali, a parità di costo, assicurando protezione fino a valori di PGA pari a circa 0,6 g; per i suddetti serbatoi, se di nuova costruzione, invece, si è verificato che, per valori di PGA superiori a circa 0,25 g, l'isolamento sismico evita danni a costi inferiori rispetto a quelli richiesti dalla progettazione tradizionale;
per i serbatoi LNG, visti le grandi dimensioni ed i notevoli pesi in gioco, l'isolamento alla base è stata considerata la soluzione di riferimento per la protezione sismica, per valori di PGA maggiori di 0,25 g;
più in generale, l'ENEA dispone di notevoli altre competenze nel settore impiantistico, sviluppate in ambito nucleare, che potrebbero essere molto utilmente impiegate a supporto della progettazione strutturale e realizzazione di nuovi impianti e componenti chimici RIR e di interventi di retrofit su quelli esistenti;
tali interventi, non potendo essere simultanei, potrebbero essere pianificati secondo una priorità oggettivamente definita anche in accordo con le stime di pericolosità dipendenti dal tempo, basate sull'identificazione, sistematicamente ag-giornata,

delle aree dove risulta aumentata la probabilità di un forte terremoto,


impegna il Governo:


a valutare l'opportunità di istituire un gruppo di lavoro italiano, integrato, se ritenuto opportuno, da alcuni esperti di fama internazionale, con lo scopo di scrivere la guida tecnica (GT) per la, progettazione antisismica degli stabilimenti RIR, utilizzando, per la definizione della pericolosità sismica, come documento di base l'analoga guida tecnica elaborata dall'IAEA per la realizzazione degli impianti nucleari e tenendo conto, allo stesso fine, dei più recenti sviluppi in campo sismologico;
a verificare, nelle circostanze che potranno scaturire dalla GT, la necessità di costituire un comitato nazionale per la messa in atto di quanto in essa contenuto e stabilire una procedura che preveda che il gestore calcoli, con la metodologia definita dalla GT, il terremoto di riferimento per la progettazione degli impianti chimici RIR nelle aree in cui essi sono ubicati, verifichi, con tale input, l'adeguatezza degli impianti e, se del caso, definisca gli interventi strutturali di protezione o miglioramento/adeguamento sismico, in accordo con i criteri pure definiti nella GT e in tale ambito verificando se si possa far riferimento anche alle competenze disponibili in seno all'ENEA, riguardanti sia la progettazione antisismica sia, più in generale, l'impiantistica.
(7-00764)«Alessandri».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore ittico nazionale registra un calo della produzione del 41 per cento negli ultimi cinque anni, oltre ad un crollo fatturato del 25 per cento ben 17 mila posti di lavoro in meno;
i costi di produzione sono aumentati del 60 per cento, a causa dell'incidenza del gasolio mentre i consumi hanno evidenziato un calo del 2,6 per cento;
il settore pesca vanta un vasto indotto ed un ruolo di primo piano in quella economia marittima che desta crescente attenzione da parte dell'Europa;
nel nostro Paese, la pesca, con un contributo di 4,4 miliardi genera il 15 per cento del prodotto interno lordo delle attività marittime, al pari della cantieristica navale, e il maggior numero di occupati, pari a circa 60 mila addetti diretti, acquacoltura compresa, rispetto agli altri comparti del sistema marittimo italiano;
purtroppo, però è anche un settore che attraversa da tempo una crisi economica, sociale e ambientale, talmente grave da renderlo un settore in possibile dismissione;
infatti, negli ultimi dieci anni, hanno subito un crollo verticale le catture (- 48,8 per cento), il personale imbarcato (- 38,26 per cento), la flotta da pesca (- 28,1 per cento), i ricavi (- 31 per cento) con una crisi di redditività che ha ormai raggiunto dimensioni straordinarie, come il parallelo deficit della bilancia commerciale ittica nazionale;
questo stato di emergenza è dovuto ad un aumento dei costi di produzione delle imprese, strutturalmente deboli, con bassa capitalizzazione e di piccole dimensioni, incapaci di incidere sui meccanismi di formazione del prezzo in un mercato sempre più globalizzato e soggetto alle importazioni, che registrano una spesa sui mercati stranieri di più di 11 milioni di euro al giorno;
la legge di stabilità del 2012 ha stabilito una riduzione nel limite del 60 per cento, nel 2012, degli sgravi contributivi per la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, previsti dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30,


impegna il Governo


a valutare l'adozione di provvedimenti in grado di far fronte all'emergenza del comparto in questione, al fine di sostenere le imprese del settore gravate oggi da costi

ormai inaccessibili e da limitazioni imposte da una normativa comunitaria che rischia di compromettere il precario equilibrio di un settore in crisi da parecchio tempo.
(7-00765) «Delfino, Naro».

La XIII Commissione,
premesso che:
i pescatori italiani lamentano un pesante calo del reddito, tanto grave da minacciare la loro esistenza e da portarli a dimostrare nelle piazze la loro paura del futuro;
i motivi connessi alla diminuzione del reddito del settore della pesca a livello europeo sono di diversa natura; innanzitutto la diminuzione degli stock ittici; poi il calo generale dei prezzi nelle aree in cui anche se gli stock ittici sono integri l'offerta è troppo alta e infine l'incremento dei costi di produzione a causa dell'aumento del prezzo dei prodotti petroliferi;
tale situazione, in Italia, è resa più grave dalle condizioni di contesto del settore della pesca che risultano già fortemente compromesse da problemi di carattere strutturale che si protraggono ormai da lungo tempo;
il settore della pesca è gravato da disfunzioni strutturali quali: la polverizzazione dei punti di sbarco; la frammentarietà della distribuzione; la prevalenza di strutture artigianali con bassa efficienza gestionale; l'insufficiente patrimonializzazione e sottocapitalizzazione delle imprese; la scarsa capacità di accesso al credito, a cui si aggiungono come aggravanti l'incapacità delle imprese di concentrare l'offerta dei prodotti a fronte di una rete distributiva sempre più esigente ed in mano ai grossisti ed ai commercianti;
l'effetto congiunto di tutti i fenomeni fin qui illustrati è quello di non riuscire più a produrre reddito; gli operatori ittici di tutta la filiera e l'indotto rischiano il fallimento e l'uscita dal mercato con gravissime ripercussioni sui livelli occupazionali e, più in generale, sulle aspettative di ripresa dell'economia del Paese;
la pesca rappresenta una delle attività più antiche dell'uomo e il pesce è un elemento fondamentale della alimentazione umana di cui occorre garantire la disponibilità, attraverso la preservazione ed il mantenimento in buone condizioni degli stock ittici, tanto per le generazioni attuali che per quelle future; in tale ottica l'Unione europea sta sviluppando una riflessione sul contributo che la politica comune della pesca può fornire alla produzione di beni pubblici attraverso tre filoni principali: produzione, trasformazione e commercializzazione;
ai fini della sostenibilità e della modernizzazione del settore pesca è necessario utilizzare strumenti nuovi e moderni in linea con le esigenze del mercato che consentano di garantire le necessarie opportunità di lavoro e trattenere i giovani nelle aree meno sviluppate;
se è innegabile che il settore della pesca dipende totalmente dallo stato di salute degli stock ittici e dall'equilibrio dell'ecosistema è altrettanto vero che una gestione della pesca sempre più in linea con gli obiettivi di sostenibilità e di remunerazione dell'attività non può avvenire senza prendere atto della grave crisi che il settore vive allo stato attuale e pertanto, risulta fondamentale predisporre una doppia strategia di intervento: una che dia risposte nell'immediato sostenendo i redditi ed evitando l'uscita dal mercato di numerose aziende ittiche e un'altra che riorienti il settore della pesca verso una nuova programmazione che sia in linea con gli obiettivi della politica comune della pesca (PCP) riformata garantendo la sostenibilità del settore e la giusta remunerazione agli operatori;
in tale contesto è opportuno rilevare come il regolamento (CE) n. 1967/2006 relativo all'introduzione di misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo

entri in vigore in un momento di grave e perdurante crisi economica mondiale ed europea che, per quanto riguarda il settore dell'economia ittica italiana, registra nell'ultimo decennio un peggioramento di tutti gli indici macroeconomici: 17.000 posti di lavoro in meno; le catture sono diminuite del 48 per cento; la redditività dell'impresa è diminuita del 31 per cento; le risorse nazionali per la programmazione sono state tagliate del 77 per cento;
anche la normativa nazionale ha inciso negativamente sul reddito disponibile del comparto limitando gli sgravi contributivi per la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare dall'80 per cento al 60 per cento;
infine il recente chiarimento del Governo in merito all'ipotesi di tassazione delle forniture di carburante e lubrificante delle navi adibite alla pesca costiera, paventata nella legge comunitaria 2010 sgombra il campo da una iniziativa che avrebbe contribuito ulteriormente a ridurre il reddito disponibile dei pescatori aggravandone la crisi;
l'attività della pesca contribuisce alla produzione di beni comuni e una sua modernizzazione che garantisca la gestione sostenibile dell'ambiente e degli ecosistemi deve fornire risposte anche nell'immediato per tutelare i redditi dei pescatori e salvaguardare gli equilibri socio economici di quei territori aree costiere ed isole, in cui le attività di pesca incidono maggiormente; l'attenzione a tali situazioni è particolarmente importante per le comunità delle aree in questione, spesso caratterizzate da situazioni di svantaggio, carenza di posti di lavoro ed economie deboli,


impegna il Governo:


a confermare la non imponibilità dell'IVA per le forniture di carburante e lubrificante delle navi adibite alla pesca costiera;
a dare attuazione agli impegni assunti dal precedente Governo per la riduzione dei costi di produzione connessi all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi reperendo le risorse necessarie quantificabili in circa 13 milioni di euro;
a convocare con urgenza una Conferenza nazionale della pesca per definire un piano di rilancio del settore in linea con le indicazioni europee a partire da una revisione della proposta sul fermo biologico, prevedendo un prolungamento dei giorni, nell'ambito di una diversificazione dei periodi di fermo e di una diversificazione per specie;
a definire con urgenza, di concerto con le regioni, gli ambiti su cui predisporre i piani di gestione previsti dal regolamento (CE) n. 1967/2006 al fine di ottimizzare l'applicazione del citato regolamento adeguandolo alle specificità dei mari italiani;
a valutare la possibilità di assumere iniziative per prorogare di sei mesi l'entrata in vigore del decreto legislativo recante misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura al fine di consentire agli operatori del settore un pieno adeguamento alle nuove norme.
(7-00766)
«Agostini, Oliverio, Brandolini, Sani, Zucchi, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
è trascorso quasi un anno dallo scoppio della grave crisi politico-istituzionale

che ha colpito la Libia e numerose imprese italiane, specialmente quelle medie e piccole che non avevano stipulato l'assicurazione SACE (stipulata da due imprese su 130 operanti in Libia), hanno oggettive difficoltà a seguito della mancata riscossione dei crediti maturati per forniture di beni e servizi effettuate in quel Paese;
tali crediti, già iscritti, in adempimento agli obblighi civilistici e fiscali, a bilancio, risultano attualmente inesigibili;
dette imprese si trovano a subire un duplice danno consistente, per un verso, nella mancata acquisizione dei crediti maturati e, per altro verso, nella impossibilità di dar corso al pagamento delle imposte per la crisi in corso che le espone a sanzioni anche di tipo penale, imposte che dovrebbero essere sospese in applicazione dell'articolo 9 della legge 27 luglio 2000 n. 212;
nell'aprile del 2011 la III Commissione (Affari esteri) ha approvato una risoluzione, che riguarda i problemi delle imprese che operavano nei Paesi del Mediterraneo in crisi, e successivamente nel maggio 2010 è stata presentata una proposta di legge, la n. 4394, in favore delle imprese o società italiane coinvolte nella crisi socio-politica sviluppatasi in Libia, Tunisia ed Egitto, non ancora esaminata;
non sono stati ancora attuati gli ordini del giorno accettati dal Governo Berlusconi (il 2 agosto 2011 in ordine alfabetico, Compagnon (UdC - 4551-19); Gidoni (LN - 4551-1), Gottardo (PdL - 4551-20) e Rosato (PD - 4551-23) e dal Governo Monti (Gidoni 9/4829-A/194) con i quali si trattano i crediti maturati e la sospensione delle imposte;
al Parlamento europeo le risposte ad alcune interrogazioni (Angelilli, Cancian, ecc. E-008353/2011 risposta 14 novembre 2011; Serracchiani E-007827/2011 risposta del 25 ottobre 2011; Oreste Rossi risposta del 4 gennaio 2012) presentate al Consiglio europeo ritengono autorizzabile la liquidazione dei crediti maturati attraverso l'utilizzo dei fondi libici congelati, specialmente a quelle società che operavano con enti pubblici o ad essi equiparabili;
per quanto riguarda la liquidazione dei crediti maturati è stato effettuato un censimento dal quale risulta che le aziende che richiedono la liquidazione sono circa 80 e l'importo è di circa 230 milioni di euro;
il Ministero degli affari esteri ha raccolto la documentazione giustificativa dei crediti maturati nel novembre 2011;
è urgentissimo ed improrogabile che il Ministero degli affari esteri proceda direttamente o tramite altri soggetti, alla verifica della documentazione presentata dalle società che operavano in Libia per consentire la immediata liquidazione degli importi accertati al fine di consentire, specialmente alle aziende medie e piccole, di salvarsi dal fallimento e riprendere le attività che avevano in corso in Libia;
nella recente visita in Libia il Presidente Mario Monti ha sottoscritto con Capo del Governo provvisorio libico Abdel Rahim Al Kib la Dichiarazione di Tripoli che comporta una nuova visione dei rapporti bilaterali e multilaterali rispetto al trattato di amicizia firmato nel 2008, com'è scritto nel testo, e dal punto di vista più strettamente operativo, questo si è tradotto in un'intesa fra i due Governi sul recupero dei crediti legittimi fra i rispettivi enti e imprese;
la liquidazione dei crediti maturati può essere effettuata con i fondi libici congelati (7 miliardi) o con i fondi del trattato di amicizia Italo Libico (5 miliardi) o anticipati con altri fondi anche in percentuale delle somme richieste;
l'aiuto alle società che operavano in Libia, prima dello scoppio della crisi, è essenziale sia perché queste ultime contribuiscono allo sviluppo economico dell'Italia, sia perché possano mantenere le attività ed i contratti che avevano in corso senza che vengano sostituite da aziende straniere che sono già pronte a farlo -:
quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare tempestivamente per

la liquidazione dei crediti maturati alle società già operanti in Libia allo scoppio della crisi e che hanno presentato la documentazione al Ministero degli affari esteri;
quali iniziative normative si intenda assumere per la sospensione delle imposte stabilendo una posticipazione delle scadenze ad una data successiva alla liquidazione dei crediti maturati in Libia.
(2-01336)
«Gottardo, Pecorella, Contento, Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Palmieri, Minardo, Germanà, De Corato, Distaso, Fitto, Piso, Mussolini, Lorenzin, Formichella, Tommaso Foti, Nizzi, Golfo, Biancofiore, Stanca, Dell'Elce, Pelino, Beccalossi, Faenzi, Nastri, Garagnani, Scandroglio, Minasso, Bocciardo, Paolo Russo, Dima, De Camillis, Mantovano, Del Tenno, Torrisi, Milanese, Castiello, Leo, Bellotti, Nicolucci, Brambilla, Sbai, Porcu, Lehner».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il Ministero dello sviluppo economico, attraverso il Sottosegretario De Vincenti, rispondendo il 12 gennaio 2012 all'interpellanza urgente n. 2-01281 presentata dall'onorevole Vico e altri, in relazione allo scorporo del settore stainless global di ThyssenKrupp, che riguarda direttamente l'AST di Terni, annunciava la convocazione del tavolo nazionale di confronto a cui avrebbero partecipato le parti datoriali, sindacali e le istituzioni;
in data 20 gennaio 2012 la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, sollecitando alla riconvocazione del tavolo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, riunitosi il 27 luglio 2011;
nella lettera la presidente Marini segnala la condivisibile esigenza di un'opportuna «iniziativa di diplomazia economica, congiunta ad un monitoraggio costante dell'evoluzione delle trattative, che collochi la questione in una coerente dimensione di politica industriale e di sviluppo del sistema produttivo nazionale»;
a seguito dell'annuncio dello spin-off del ramo stainless global, ThyssenKrupp ha costituito uno specifico veicolo societario - Inoxum - in cui sono confluite tutte le società del gruppo attive nel settore «stainless» ivi compresa AST di Terni;
con un comunicato ThyssenKrupp, in queste ore, ha confermato di aver raggiunto un accordo di principio con la finlandese Outokumpu per la cessione della controllata Inoxum, di cui fa parte la Tk-Ats di Terni, a un prezzo di 2,7 miliardi di euro;
è opinione condivisa da tutte le parti sociali della città e della regione Umbria che le diverse soluzioni in campo non devono in ogni caso prevedere la fine del ciclo integrato delle lavorazioni e quindi l'eventualità di quello che viene definito «spezzatino» che pregiudicherebbe la continuità industriale di un sito che, per quantità e qualità delle produzioni, quote di mercato ed eccellenza della manodopera, resta strategico per l'industria italiana ed europea -:
se il Governo sia a conoscenza dell'avvenuta acquisizione da parte di Outokumpu della società Inoxum del gruppo ThyssenKrupp AG e, in particolare, di quali siano le condizioni dell'accordo in relazione al futuro del sito industriale di Terni (ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni spa);
se il Governo, considerata la rilevanza e la specificità della situazione del sito industriale ternano, non ritenga opportuno convocare il tavolo di confronto

istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con ThyssenKrupp-AG, parti sociali e istituzioni.
(2-01338)
«Trappolino, Sereni, Bocci, Vico, Gozi, Verini, Lulli, Damiano, Fontanelli, Marco Carra, Bonavitacola, Boffa, Berretta, Froner, Brandolini, Zucchi, Agostini, Zampa, Braga, Rosato, Meta, Naccarato, Albini, Cenni, Marantelli, Marchi, Zunino, Gnecchi, Villecco Calipari, Cavallaro, Cuperlo, Pollastrini, Corsini, Concia, Codurelli, Santagata, Boccuzzi, D'Incecco, Misiani, Martella, Carella, Tidei, Capodicasa, Fiorio, Albonetti, Gianni Farina».

Interrogazione a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
alcuni giorni orsono, come riferito dagli organi di stampa, un evento franoso - la cui entità e le cui cause sono ancora da definire - ha interessato il settore sud della rupe di Orvieto;
altri fenomeni di progressivo degrado, più o meno rilevanti, hanno riguardato negli ultimi anni le pareti di tufo e le pendici sulle quali le prime poggiano;
i dati storici sui movimenti franosi della rupe risalgono al 1571, 1835, 1886, 1894, 1895, 1900 (Porta Cassia), 1904, 1937, 1977, 1979, 1980, 1981. Proprio per la singolare conformazione geologica e per gli evidenti fenomeni di dissesto idrogeologico. Orvieto fu inserito nel 1937 tra gli abitati da consolidare a cura e spese dello Stato. Nel 1972 la materia fu trasferita in capo alle regioni. Sin da subito il governo umbro cominciò ad inquadrare le problematiche di dissesto idrogeologico del territorio regionale, con particolare riferimento a Orvieto e Todi. Con il contributo scientifico di università Centro nazionale delle ricerche vennero definiti una serie di interventi globali di salvaguardia che esulavano dalle normali possibilità finanziarie di un bilancio regionale;
di concerto tra il consiglio regionale, i comuni di Todi e Orvieto e alcuni parlamentari umbri fu avanzata e approvata dal Parlamento una proposta di legge speciale - n. 230 del 25 maggio 1978 «Provvedimenti urgenti per il consolidamento della Rupe di Orvieto e del Colle di Todi a salvaguardia del patrimonio paesistico, storico, archeologico ed artistico delle due città» - che, grazie ad un primo finanziamento, consentì l'avvio di alcuni interventi essenziali;
la legge n. 230 del 1978 fu successivamente rifinanziata per rendere possibili ulteriori e urgenti interventi. Nel 1987 fu approvata un'altra legge - 29 dicembre 1987 n. 545 «Disposizioni per il definitivo consolidamento della Rupe di Orvieto e del Colle di Todi» - che, rifinanziata con un'ulteriore legge (n. 242 del 1997), ha affrontato in maniera organica le diverse criticità legate al dissesto idrogeologico, all'accessibilità del centro e alla riqualificazione delle principali emergenze architettoniche e archeologiche, consentendo la messa a punto di progetti generali di intervento e la realizzazione di interventi di bonifica e consolidamento;
per l'entità delle risorse impiegate, la complessità degli interventi di consolidamento realizzati in un contesto di particolare fragilità strutturale, gli innovativi interventi sulla mobilità e il recupero e i restauri di edifici storici e beni artistici e archeologici, le leggi speciali sopra menzionate hanno consentito alle due città umbre di realizzare un modello di salvaguardia di assoluto interesse nazionale e internazionale;
con quelle leggi si afferma, forse in Italia per la prima volta, il principio di assicurare, con un'attenta manutenzione, il funzionamento delle opere di riduzione e controllo del rischio idrogeologico e un

costante monitoraggio strumentale sulle aree e sugli interventi effettuati anche al fine di controllare nel tempo l'efficacia degli stessi. Tale principio è stato realizzato con l'istituzione l'osservatorio per la manutenzione permanente della rupe di Orvieto e del colle di Todi che agisce con due nuclei operativi a livello comunale e con un'attività di supervisione a livello regionale;
proprio dall'attività dell'osservatorio, unitamente all'attività scientifica dell'associazione culturale - «Alta Scuola» dentro di alta specializzazione e centro studi per la manutenzione e conservazione dei centri storici in territori instabili è stato possibile accertare e monitorare la persistenza di criticità che si riferiscono, in ugual misura, sia la rupe di Orvieto sia il colle di Todi. In particolare, per Orvieto, sono stati evidenziati nuove situazioni di dissesto idrogeologico che interessano le pendici (nelle zone di Porta Cassia, Fortezza Albornoz e Tombe Etrusche);
con l'esaurimento delle risorse assicurate dalla legge 29 dicembre 1987 n. 545 (rifinanziata dalla legge n. 242 del 1997) gli interventi di manutenzione delle pendici della rupe di Orvieto e del colle di Todi sono stati meno incisivi e puntuali. Parimenti, l'assenza di risorse non ha consentito la realizzazione di ulteriori interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico in zone inizialmente ritenute caratterizzate da un minore rischio e che, con il passare degli anni, stanno purtroppo destando una crescente apprensione;
la stessa fondamentale e preziosa attività dell'osservatorio ha scontato un vuoto di risorse che ha impedito, e impedisce, di integrare la rete di monitoraggio strumentale e geodetica già in opera con l'installazione di nuova strumentazione per sostituire quella fuori uso e assicurare lo volgersi, delle attività di manutenzione periodica o straordinaria;
gli ulteriori interventi richiesti per la manutenzione e la messa in sicurezza delle pendici della rupe di Orvieto e del colle di Todi - non realizzabili con le risorse delle rispettive amministrazioni comunali - si rendono necessari per salvaguardare e tutelare le opere di consolidamento e di mitigazione del rischio idrogeologico, realizzate con ingenti risorse pubbliche assicurate dalle leggi 230 del 1978, 545 del 1987 e 242 del 1997, e che rischiano di essere seriamente compromesse in assenza di misure adeguate -:
se il Ministro intenda acquisire ulteriori elementi al fine di valutare con giusta cognizione, anche alla luce del recente evento franoso menzionato in premessa, l'evoluzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico che ancora oggi interessano la Rupe di Orvieto;
se il Ministro intenda avviare un confronto con la regione Umbria, le amministrazioni comunali di Todi e Orvieto e con gli altri soggetti a vario titolo coinvolti (Università e CNR) per definire un ordine delle priorità relativamente ai nuovi fabbisogni strutturali e manutentivi atti ad assicurare l'integrità delle opere di consolidamento, finanziate dalle leggi sopra menzionate, realizzate a salvaguarda e tutela della rupe di Orvieto e del Colle di Todi;
qualora vi fosse una richiesta in tal senso se si ritenga di consentire l'utilizzo dei fondi gestiti dalla protezione civile.
(5-06054)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato il 19 gennaio 2012 dal quotidiano l'Unità a firma Umberto De Giovannangeli e dal titolo «L'export di armi cresce verso i regimi con meno democrazia» viene riportata la considerazione di Giorgio Beretta, analista della Rete Disarmo secondo il quale mentre la relazione ufficiale della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armamenti

italiani per l'anno 2010 riporta come «operazioni di esportazione effettuate» un valore di circa 2.754 milioni di euro, il Governo italiano ha segnalato all'Unione europea esportazioni effettuate per soli 615 milioni di euro;
la divergenza tra le cifre evidenzia un'anomalia poiché si tratta di consegne già effettuate nel 2010 e quindi di armamenti già passati e registrati dall'Agenzia delle dogane;
secondo un rapporto di Amnesty International intitolato «Trasferimenti di armi in Medio Oriente e Africa del Nord: le lezioni per un efficace Trattato sul commercio delle armi», che esamina le esportazioni verso Bahrein, Egitto, Libia, Siria e Yemen a partire dal 2005, tra i principali fornitori di armi ai cinque Paesi figura l'Italia insieme a Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Russia e Stati Uniti d'America; Amnesty riconosce che «quest'anno la comunità internazionale ha fatto alcuni passi avanti, limitando i trasferimenti internazionali di armi a Bahrein, Egitto, Libia, Siria e Yemen», tuttavia, secondo l'organizzazione «sono gli attuali controlli sulle armi a non aver impedito i trasferimenti negli anni scorsi»;
ai sensi dell'articolo 15 della posizione comune dell'Unione europea sulle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari, è prevista nel 2012 una revisione della normativa dell'Unione europea sulle esportazioni di armamenti;
a giudizio degli interroganti, tale revisione può essere efficace solo se si basa su informazioni attendibili e complete e su un dibattito informato -:
quali siano le ragioni della divergenza tra il valore di esportazioni di armamenti per il 2010 contenuti nella relazione ufficiale della Presidenza del Consiglio e la cifra comunicata all'Unione europea;
quale posizione intenda tenere il Governo nell'ambito della revisione della normativa dell'Unione europea sulle esportazioni degli armamenti prevista per il 2012.
(4-14679)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2012

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal quotidiano La gazzetta del Mezzogiorno del 27 gennaio 2012, nel rapporto annuale del piano d'azione per il raggiungimento degli obiettivi di servizio (Raos 3) per l'anno 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Basilicata, il n. 2 del 16 gennaio 2012, rispuntano due termovalorizzatori, uno per provincia con risorse iniziali provenienti dal Po Fesr 2007-2013. Gli stessi previsti in un Bur precedente, il n. 16 del 2010, e ripresentati tal quale, dopo due anni, nel secondo Bur del 2012;
l'importo previsto è pari a 4,5 milioni di euro destinati alla «valorizzazione dei sovvalli e frazioni ad alto potere calorifico con impianti per la produzione di Cdr-Q». Sembrerebbero due inceneritori composti sia di una fornace che di un impianto di compostaggio grigio per la produzione del combustibile da rifiuti, il Cdr-Q;
tuttavia, il volume dei rifiuti lucani, pur pensando di non recuperare l'umido, ma di destinarlo con l'indifferenziato all'incenerimento (il che significa circa il 70 per cento di poco più di 220 mila tonnellate annue di rsu lucani), è tale che non può giustificare i costi neppure di un inceneritore;
nell'articolo si legge che per la provincia di Potenza, ci sarebbe già la proposta di una sede, a Lauria, mentre per il

materano non ce n'è ancora una specifica e per la provincia di Matera ci si è avvalsi della consulenza della società Sogesid. La stessa società a partecipazione pubblica (Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti), ma con una presenza di privati, come l'Acea di Francesco Gaetano Caltagirone, che ha vinto un recente appalto di 4 milioni di euro per una bonifica parziale del Valbasento;
la provincia di Matera, che tra l'altro, dovrebbe a breve presentare il piano rifiuti definitivo, emendato con le osservazioni di sindaci e associazioni, per voce del vicepresidente, Giovanni Bonelli, afferma di non saperne nulla e comunque di non voler alcun inceneritore -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
che tipo di consulenza stia dando la società Sogesid, in particolare per quanto attiene a futuri inceneritori nella provincia di Matera.
(4-14690)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione n. 4-10287 si evidenziavano le problematiche connesse alla presenza di amianto nel sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, comune di Oricola (Aquila);
nella seconda quindicina del mese di gennaio 2012, risultano iniziati i lavori di sgombero e/o bonifica del suddetto sito poiché secondo quanto riferito da esponenti l'Associazione italiana esposti amianto (AIEA) - sono stati rimossi i sigilli d'ingresso al sito;
c'è movimento di uomini e macchine di scavo, taglio, movimentazione terra, e altro;
il dipartimento di prevenzione dell'ASL, informato via telefono il 23 e il 25 e via e-mail il 24 del mese di gennaio 2012, ha confermato i lavori;
si tratta di un sito dove un capannone di diecimila metri quadri in cemento/amianto è stato aggredito da fattori antropici e naturali, oggetto da circa un ventennio di sfaldamenti e crolli, e un cedimento definitivo accrescerebbe a dismisura l'amianto aerodisperso con effetti verosimilmente devastanti per la popolazione residente;
tuttavia, nonostante l'inizio dei lavori in un sito così delicato da un lato e pericoloso dall'altro, non vi è alcuna evidenza di inizio lavori, né di cartelli di avviso per la popolazione residente né risulta la presenza di personale «qualificato» (con apposite tute, maschere protettive, specifiche attrezzature, e altro);
tale situazione fa temere che lo sgombero dell'amianto avvenga in violazione della prevista normativa, con il rischio di contaminare ulteriormente e pesantemente l'ambiente di fibre aerodisperse e di sottoporre i cittadini a grave contaminazione;
si fa presente che gli esami ARTA hanno rilevato sensibili quantitativi di polveri amiantifere giacenti sul terreno del sito; per cui se gli attuali lavori in corso fossero soltanto finalizzati all'ampliamento della strada di accesso e allo sgombero di terra/vegetazione dall'interno della fornace essi dovrebbero essere svolti da ditta qualificata, autorizzata e iscritta con tutte le protezioni e cautele del caso -:
se quanto riferito in premessa sia vero;
quale sia il nominativo/ragione sociale della ditta incaricata dei lavori e se sia regolarmente iscritta all'apposito elenco del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
quali ulteriori iniziative di competenza si intendano adottare per assicurare che i lavori avvengano nel pieno rispetto

delle norme sullo smaltimento dell'amianto nell'interesse della salute dei cittadini e dell'ambiente;
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa.
(4-14696)

TOTO e DI BIAGIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, reca, all'articolo 2, comma 1, la proroga del divieto di commercializzazione dei sacchi di plastica non biodegradibili per l'asporto di merci, fino all'emanazione, entro il termine del 30 giugno 2012, di un decreto interministeriale di concerto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico che recherà le specifiche tecniche e le modalità di informazione ai consumatori;
in prospettiva di breve termine, dunque, si accederà a uno scenario normativo e commerciale nel quale sembra che troverà spazio solo un prodotto «compostabile», ossia, realizzato con materia prima derivante, in parte, da fonti rinnovabili qual è il mais, anche sull'assunto che la caratteristica della compostabilità coincida con quella della biodegradabilità. In realtà, si tratta di caratteristiche radicalmente diverse, essendo, il compostaggio, un processo biologico, governato dall'uomo, da cui esita una miscela, il cosiddetto «compost», derivata da residui vegetali e animali. Il «compost» è un ammendante, ossia un materiale in grado di migliorare le caratteristiche bio-chimico-fisiche dei terreni, altrimenti definibile fertilizzante, organico; in altri termini, è un prodotto commerciale. La biodegradazione, invece, è una condizione più generale che comporta che una sostanza o un manufatto, collocato nell'ambiente, e, dunque, non necessariamente in un impianto di compostaggio, si trasformi in acqua, anidride carbonica e biomassa;
il requisito della compostabilità, eventualmente imposto con la programmata decretazione, previsto per i sacchi per l'asporto di merci, lungi dall'implementare le connotazioni ecologiche dei materiali che rilevano nel ciclo della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, costituirebbe un fattore di criticità del sistema. La ragione principale consiste, intanto, nella ben nota scarsità di impianti di compostaggio, in Italia, per giunta anche disomogeneamente distribuiti sul territorio. La maggior parte dei sacchi «compostabili», dunque, verrebbe conferito in discarica, in un inceneritore o nella filiera del riciclo della plastica convenzionale; sennonché, la bioplastica, in discarica, sviluppa metano, un gas serra notevolmente più nocivo dell'anidride carbonica, risultando, quindi, molto più inquinante della plastica convenzionale o con additivi; la bioplastica, ancora considerando, ha un potere calorifico minimo, pertanto, negli inceneritori non apporta contributi alla produzione di energia; tutte le fasi energeticamente rilevanti della produzione di bioplastica: coltivazione dei campi, fertilizzazione, trasporto, produzione, e altro, approderebbero ad un nulla di fatto, laddove, la plastica convenzionale o con additivi ha un potere energetico elevato e se viene termo valorizzata non sviluppa sostanze tossiche; la bioplastica, inoltre, non può essere facilmente riciclata, né, tanto meno, riciclata con la plastica convenzionale, contaminandone, della relativa filiera, nell'eventualità, il flusso e determinando problemi tecnici non lievi agli operatori del settore. Per questo, l'utilizzo dei sacchi in bioplastica dovrebbe essere circoscritto alla raccolta della frazione umida dei rifiuti differenziati, come, peraltro, già disposto dall'articolo 182-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale. Rifiuti organici», modificato dall'articolo 9 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205. Le applicazioni alternative sono sconsigliabili, anzi da evitare;
alla stregua delle considerazioni che precedono, apparirebbe sviante una disciplina normativa che facesse perno, relativamente

alle caratteristiche tecniche dei sacchi per l'asporto di merci, sulla loro compostabilità, posto che al compostaggio dovrebbero essere conferiti, principalmente, rifiuti di origine biologica e la bioplastica dovrebbe assolvere, al più, a una funzione di contenimento;
un tema collaterale, trattando l'argomento dei sacchi per l'asporto di merci, è quello dell'abbandono dei rifiuti e della contaminazione dell'ambiente, strumentalizzato per contrapporre la bioplastica alla plastica convenzionale anche con additivi. In realtà, la bioplastica biodegrada rapidamente nel compostaggio ma non nell'ambiente dove persiste anche per periodi molto lunghi, analogamente alla plastica convenzionale. Al contrario, la plastica convenzionale (polietilene o polipropilene), mediante l'introduzione di additivi oxo-biodegradabili, biodegrada rapidamente ed efficacemente nell'ambiente, non semplicemente frantumandosi ma trasformandosi in acqua, anidride carbonica e biomassa. Essa viene completamente assimilata da batteri e da funghi. Di siffatto processo, l'università di Pisa e altri istituti di ricerca stranieri hanno fornito inconfutabili prove. Pertanto, se l'abbandono dei rifiuti plastici e l'inquinamento ambientale sono un problema grave, è proprio la plastica con additivi oxo-biodegradabili, non certo la bioplastica a costituire la soluzione migliore, con il conforto delle conclusioni del mondo scientifico; se non lo è, non si comprenderebbe neppure la ragione di dover imporre la caratteristica della biodegradabilità per i sacchi per l'asporto di merci;
un profilo emergente nella considerazione attorno alla preferibilità dell'utilizzo di sacchi in bioplastica in luogo di quelli in plastica convenzionale o con additivi oxo-biodegradabili, è quello che attiene alla materia prima di cui sono, rispettivamente, derivazione. Quella della bioplastica è, in parte, da materie rinnovabili mentre la plastica convenzionale dalla lavorazione del petrolio. Occorre, però, precisare esattamente i termini della questione per evitare l'ingenerarsi di suggestivi e fuorvianti equivoci che solo apparentemente dirimerebbero punti in contrasto del confronto tra le due categorie di prodotti. Intanto, è bene chiarire che la plastica non è responsabile dell'esaurimento dei giacimenti fossili, essendo ottenuta dalla lavorazione della nafta, che è un sottoprodotto della raffinazione petrolifera. Esso è disponibile in quantità cospicue in quanto è elevatissimo il consumo di carburanti e di lubrificanti fossili e sino alla sostituzione dei carburanti fossili con altri, alternativi, appare privo di senso bruciare nafta convertendola in anidride carbonica, potendo, almeno in parte, trasformarla in plastica per applicazioni tecniche e vantaggiose. Il problema dell'esaurimento dei giacimenti fossili, pertanto, è un problema energetico e non è riconducibile alla produzione della plastica che, semmai, costituisce un impiego nobile di sottoprodotti fossili, altrimenti non utilizzabili. In ogni caso, non è neppure vero che le bioplastiche non consumano risorse fossili. Al contrario, per ottenere la bioplastica occorre coltivare campi utilizzando mezzi meccanici che consumano carburante fossile e spargendo fertilizzanti e diserbanti in gran parte di provenienza fossile e la cui eco-compatibilità è, pure, molto spesso, incerta. Inoltre, anche i processi chimici e di trasformazione che dalle risorse vegetali approdano alla bioplastica fanno uso di energia, in larga misura di origine fossile. Ancora, la bioplastica può contenere percentuali significative, anche di valore pari o superiore al 30 per cento di materiali polimerici di derivazione petrolchimica, introdotti al fine di impartirle accettabili caratteristiche di resistenza fisico-meccanica. Senza un quantitativo di plastica convenzionale, infatti, il sacco in bioplastica non starebbe insieme. Peraltro, anche con detti quantitativi di plastica convenzionale le sue caratteristiche meccaniche risultano tutt'altro che eccezionali, com'è chiaro, ormai, all'esperienza di tutti i consumatori;
recenti studi di LCA (Life Cycle Assessment allegato), poi, hanno dimostrato che, in termini di sottrazione di risorse, la valutazione dell'impatto complessivo sull'ambiente

porta a conclusioni di assoluto sfavore per la bioplastica rispetto alla plastica convenzionale ed alla plastica con additivi oxo-biodegradabili, occorrendo molta più energia per produrre e gestire un manufatto realizzato in bioplastica che non un manufatto di plastica additivata;
un particolare equivoco, ancora, emerge nella considerazione superficiale e frettolosa alla stregua della quale si vuole ritenere, da talune parti, che una risorsa, in quanto rinnovabile, sia anche disponibile sine die. Evidentemente, così non è. La bioplastica, infatti, sottrae terreni a un pianeta già in crisi alimentare. A fronte della previsione di massicci incrementi della domanda di alimenti, soprattutto per il miglioramento delle condizioni economiche di tutta la popolazione asiatica e, oggi, anche di parte di quella del continente africano, l'aumento delle future produzioni agricole è incerto. Quantunque sia difficile operare calcoli precisi, è verosimile che le risorse alimentari potrebbero già oggi essere insufficienti per l'intera popolazione mondiale, se si considera che oltre un miliardo di persone sono denutrite. Orbene, un eventuale produzione massiccia di bioplastiche e biocarburanti potrebbe avere ulteriori, gravi effetti negativi sul prezzo e sulla disponibilità di risorse per l'alimentazione umana e animale. Ci sono, infine, valide ragioni per sospettare che i vegetali utilizzati nella produzione della bioplastica possano essere di natura organismi geneticamente modificati e che vengano coltivati con abbondante uso di pesticidi, in nazioni del terzo mondo dove si sfrutta anche manodopera minorile priva di ogni elementare tutela e garanzia, come indirettamente si potrebbe verificare imponendo a produttori di bioplastica di fornire garanzie in merito alla provenienza, all'eco-compatibilità e all'eticità delle materie prime;
un ulteriore argomento attiene all'efficacia degli additivi, che si suole porre in dubbio adducendo l'inesistenza di protocolli validi per misurarla. In vero, non esiste in Italia una regolamentazione in merito ma, invece, esiste altrove, da anni, la norma ASTM D6954;04 (Standard Guide for Exposing and Testing Plastics that Degrade in the Environment by a Combination of Oxidation and Biodegradation) ed è stata recentemente approvata la norma inglese BS 8472 (Methods for determining the oxo-biodegradation and phytotoxicity of plastics). Esistono, poi, numerosi altri standard applicabili come ISO EN 17556, ISO 14852. L'assenza di una norma regolatrice anche in Italia è, peraltro, un falso problema, perché evidentemente frutto di una censurabile volontà di non adottarla, ed è anche, in ogni caso, da ascrivere esclusivamente alla negligente inerzia di UNI;
è opportuno soggiungere che assumere una norma tecnica qual è quella UNI EN 13432:2002 in una disposizione legislativa, così come operato nella formulazione, rispettivamente, degli articoli 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2 e 9 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, è un procedimento controverso dal punto di vista giuridico. Appare, infatti, discutibile, il richiamo espresso e vincolante a una norma tecnica che, nel caso di specie, non rappresenta affatto una regola del diritto comunitario, non essendo stata neppure adottata o emanata da alcuna delle istituzioni comunitarie. Occorre precisare, infatti, che l'ente produttore di norme tecniche in Europa, il CEN-Comitato europeo di normazione, è un'associazione di diritto privato belga, analogamente aliante nazionale di unificazione-UNI, che è un'associazione di diritto privato italiano. Né, d'altronde, una norma tecnica può costituire o certificare un incontrovertibile dato di progresso scientifico, trattandosi, bensì, di un'autoregolamentazione interna dell'ente che l'ha predisposta. Ad abundantiam, la norma tecnica in richiamo, UNI EN 13432:2002, che, in quanto armonizzata, può essere utilizzata quale mera presunzione di conformità, giammai potrebbe connotarsi con l'obbligatorietà di una norma giuridica, senza violare ulteriormente i criteri del nuovo approccio del diritto comunitario in materia di standard e norme tecniche e, specificatamente, le disposizioni delle direttive comunitarie 94/62/CE e 98/34/CE.

In particolare, la menzionata norma tecnica, indipendentemente dalle valutazioni di merito, di cui si accennerà infra, ha specifici limiti di congruenza ed efficacia ben evidenziati, da ultimo, dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale-ISPRA, proprio in ordine ai parametri di biodegradabilità e compostabilità, i quali sono e restano distinti e separati e restando all'evidenza che, anche da un punto di vista scientifico, l'ISPRA rileva talune criticità per l'ambiente e la tossicità per l'uomo dei cosiddetti biopolimeri e delle relative cosiddette bioplastiche;
secondo opinioni secondo l'interrogante interessate e strumentali, poi, la plastica con additivi oxo-biodegradabili interferirebbe con il processo di compostaggio. Punto sul quale va precisato, intanto, che l'informazione circa l'inidoneità dei manufatti in plastica oxo-biodegradabili per il contenimento della frazione umida dei rifiuti può ben essere riportata nei modi acconci ai fini della visibilità sui manufatti; in secondo luogo, va sottolineato come la plastica oxo-biodegradabile, anche se non soddisfa tutti i requisiti della norma UNI EN 13432, è ugualmente compatibile con il compostaggio e conferisce un apporto positivo in termini di quantità e di valore nutritivo del compost, perché la gran parte del carbonio contenuto nella plastica è disponibile sotto forma di prodotti intermedi di ossidazione, sostanze umificate e biomassa, laddove la plastica compostabile, invece, bio-incenerisce. Ciò a significare che persino il conferimento accidentale di plastica oxo-biodegradabile al compostaggio non rappresenterebbe un problema, se non temporale, poiché biodegraderebbe come la bioplastica, solo impiegando un tempo leggermente superiore. Per una rappresentazione corretta della questione, basti dire che anche una buccia di banana impiega più tempo, rispetto alla bioplastica, a biodegradare, così come, alla stregua della norma UNI EN 13432:2002 essa risulterebbe incompatibile con il compostaggio;
deriva, dalle considerazioni immediatamente sopra esposte, ossia, che la non aderenza delle caratteristiche tecniche della plastica oxo-biodegradabile ai dettami della norma UNI EN 13432:2002 non significa necessariamente che vi sia incompatibilità sostanziale con il processo di compostaggio, ma, in ipotesi, alimentata da un fondato dubbio, che la norma UNI EN 13432:2002 sia incoerente o risponda, nella stesura che ne hanno fatta i suoi estensori, a logiche non strettamente ed esclusivamente circostanziate a evidenze scientifiche; a tal proposito sarebbe interessante conoscere i passaggi dell'elaborazione, in sede comunitaria, della norma in rilievo e anche l'indicazione nominativa dei soggetti che vi hanno reso parte, per avere contezza dell'imparzialità assoluta, che, invero, si appalesa assai incerta, in detto processo di normazione;
un'ulteriore problematica viene richiamata in associazione con la plastica oxo-biodegradabile consistente nella questione della sua compatibilità con il riciclo della plastica convenzionale ma, anche in quest'ambito, vi sono solide evidenze scientifiche che assicurano la completa compatibilità della plastica oxo-biodegradabile con il richiamato processo di riciclo che, d'altronde, dal punto di vista operativo, in Italia, nessuno ha contestata. È appena però il caso di sottolineare che, al contrario, la bioplastica provoca, invece, importanti disservizi agli impianti di riciclo della plastica convenzionale, allorquando vi viene erroneamente indirizzata;
è evidente, dunque, che gli additivi oxo-biodegradabili vadano riguardati con valutazioni scevre da pregiudizi o preconcetti, nella considerazione più generale che non esiste il «prodotto ideale», posto che anche la bioplastica manifesta limitazioni e criticità significative e, in quest'ottica, non trova giustificazione l'ostracismo eventualmente dichiarato per un prodotto, nel caso di specie la plastica oxo-biodegradabile, che può ben convivere con l'utilizzo della bioplastica, in una diversificazione di prodotti tutti eco-compatibili;

da ultimo, si inserisce nella rassegna dei fattori rilevanti nell'argomento in evidenza il discorso di natura economica rispetto al quale occorre porre l'accento sulle implicazioni logistiche e organizzative della lavorazione della bioplastica. Infatti, essa richiede locali idonei, molto spesso più ampi e di altezza maggiore rispetto a quelli oggi a disposizione, e attrezzature costose. I piccoli trasformatori non sono in grado di utilizzarla e non possono sopportare, specie nell'attuale sfavorevolissima congiuntura, gli oneri finanziari riconnessi all'eventuale adeguamento delle infrastrutture e dei beni strumentali occorrenti. Il processo di trasformazione della bioplastica, inoltre, implica un consumo di energia elettrica in misura maggiore rispetto a quella per la plastica convenzionale e oxo-biodegradabile in quanto la lavorazione deve necessariamente essere più lenta e la resa, in termini di produttività, è inferiore. Imporre a tutta una filiera l'utilizzo esclusivo della bioplastica comporterebbe, anche, ripercussioni negative notevoli sui livelli occupazionali nel settore, con una perdita di posti di lavoro stimabile in circa diecimila unità lavorative, al netto degli ulteriori effetti sull'indotto;
è imprescindibile, infine, una riflessione, in quanto pregna di significati e di illuminanti spunti utili a chiarire i termini troppe volte criptici o confusi della problematica in rassegna, che investa la realtà attuale del mercato che vede, in posizione dominante se non, tout court in regime di monopolio di fatto, come produttore di bioplastica, in particolare della famiglia di biopolimeri che utilizza componenti vegetali come l'amido di mais, denominata «mater-bi», la società NOVAMONT S.p.A., la maggioranza delle cui quote è detenuta dall'istituto di credito Intesa Sanpaolo e che vede cointeressata alle sue attività anche Eni, attraverso la controllata Polimeri Europa S.p.A., con cui ha stretto una joint-venture denominata MATRICA, per lo sviluppo di un progetto nel settore chimico, ambientato in Sardegna; la rilevanza e l'autorevolezza di NOVAMONT S.p.A. nel settore è nota ed è indirettamente confermata da una circostanza, alquanto discutibile ma eloquente, data dalla presidenza di una sottocommisione UNI-ente nazionale italiano di unificazione, SC21/GS4, competente per i «materiali plastici biodegradabili e compostabili», nella persona del dottor Francesco degli Innocenti che, tuttavia, è anche dipendente di Novamont spa, in uno stridente conflitto di interessi che sarebbe auspicabile veder risolto;
lo scenario di settore che abbisogna di essere chiarito e normato prospetta, in assenza di attente considerazioni in ordine alle questioni, ai profili e alle realtà richiamate nel presente atto, rischi di anomalie aggiuntive, direttamente incidenti sulla libertà d'impresa e sul diritto alla libera concorrenza sancite nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, per esempio per la fornitura dei sacchi per l'asporto di merci a grandi catene di distribuzione che potrebbe essere di fatto nelle mani di pochissimi produttori se non soltanto di NOVAMONT S.p.A. -:
se il Ministro conosca la situazione rappresentata, relativa al settore degli imballaggi, ossia dei sacchi per l'asporto di merci, e sulla scorta degli elementi conoscitivi acquisiti se non ritenga di dover disporre un approfondimento delle questioni tecniche sottese, al fine di chiarire se non sia possibile, come si appalesa, ricomprendere, accreditandoli, tra le tipologie ammissibili di manufatti, per l'utilizzo di cui si tratta, anche gli shopper in plastica con additivi oxo-biodegradabili;
se, alla luce delle prospettazioni in premesse descritte, il Governo non ritenga di adottare ogni idonea, opportuna e consentita decisione e ogni adeguata soluzione atta a prevenire e scongiurare, da un lato, situazioni critiche, anche sul piano occupazionale, per le aziende del comparto delle materie plastiche e, dall'altro lato, situazioni in pregiudizio dei principi di libera concorrenza libero, confliggenti con le regole date, nell'ordinamento italiano e in quello comunitario, a tutela del mercato.
(4-14698)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in risposta all'interrogazione 4-05813, relativa al recupero del teatro romano di Teramo sul quale insistono due edifici, Adiamoli e Salvoni, oggetto, a giudizio degli interroganti, di indubbie operazioni di speculazione, il Ministro per i beni culturali il 19 aprile 2010 affermava che «per giungere ad un totale e pieno recupero del monumento, non sarebbe sufficiente, come richiesto nell'interrogazione parlamentare e caldeggiato dall'associazione Teramo Nostra, la sola demolizione del caseggiato Adamoli e di palazzo Salvoni, ma andrebbero previste ben più ampie demolizioni», «ipotesi che non appare al momento percorribile, non solo per la limitatezza dei fondi attualmente disponibili, ma anche, e soprattutto, perché non sono mai state condotte indagini archeologiche che confermino con certezza la presenza dei presunti resti del teatro Romano al di sotto degli edifici esistenti»;
ciò premesso, nella risposta all'interrogazione si affermava di ritenere prioritario affrontare i lavori che di seguito si espongono:
a) un intervento sulle strutture ai fini del consolidamento statico (con alleggerimento delle volte di sostegno della cavea, cerchiature con fibre in acciaio dei pilastri, tirantature negli archivolti e sostituzione dei conci deteriorati e non più strutturali degli archi), strutture con certezza sottoposte a stress statico a seguito del sisma del 6 aprile 2009;
b) uno scavo archeologico in prossimità delle strutture del fronte scena e della cavea, al fine di acquisire maggiori dati sulla reale esistenza di strutture sepolte pertinenti al teatro Romano;
c) uno spostamento di scarichi e sottoservizi che incombono in quest'area del teatro, elementi che incidono significativamente sul decoro dell'area (sono infatti a vista) e sono fonte di potenziale danno al monumento in caso di perdite di acque e liquami;
d) valorizzare l'area attuale della struttura antica, attraverso un impianto di illuminazione scenica e realizzazione di opere per permettere l'accesso al teatro anche ai portatori di handicap;
e) recuperare tutti i materiali lapidei pertinenti al teatro e oggi ingombranti l'area del monumento, ai fini del loro studio anche in vista della musealizzazione dell'intera area;
dopo l'annuncio da parte dell'amministrazione comunale di Teramo del suddetto progetto ed in particolare della volontà di procedere alla rimozione di quel migliaio di reperti archeologici che erano stati divelti dai quattro fornici sudorientali a seguito della non corretta demolizione di casa Forti nel luglio 1960 e che giacciono ammassati nell'area (come in tutti i siti archeologici del mondo), nel dicembre 2010 l'associazione Teramo Nostra impedì l'asportazione di tali reperti archeologici, con un gesto estremo, impedendo al camion della ditta, che aveva già caricato tutti i suddetti reperti per portarli fuori dal cantiere, di uscire dal cantiere stesso;
di fronte a quanto accaduto, il sindaco di Teramo ritenne opportuno sospendere tale operazione per indire un'assemblea nella casa comunale, con direttore dei lavori, sovrintendenza, capigruppo del consiglio comunale e tutti i cittadini che volevano partecipare. L'associazione Teramo Nostra, presente all'assemblea, ribadì la precisa volontà di impedire l'asportazione dei reperti dall'area. L'architetto Pessina (sovrintendente archeologico), il direttore dei lavori, il sindaco, i capigruppo e le associazioni raggiunsero in

serata, dopo un sopralluogo, la decisione di far rimanere nell'area del cantiere i reperti in questione. L'indomani, la ditta appaltatrice, su indicazione del direttore dei lavori e del Sovrintendente, rese esecutiva tale decisione cittadina accantonando i reperti in un angolo dell'area del cantiere in maniera tale da non creare intralcio ai lavori, e da gennaio 2011 tali reperti sono ancora lì;
a seguito di una campagna condotta da Teramo Nostra e da esponenti Radicali che ha avuto anche rilevanza nazionale, con in particolare un articolo pubblicato dal Corriere della Sera a firma Carlo Vulpio il 17 gennaio 2011, dal titolo «Teramo: i due palazzi (intoccabili) al centro del teatro augusteo», il sindaco di Teramo affermava che la sua amministrazione «ha realizzato un protocollo d'intesa con tutte le parti interessate, commissionato una serie di progetti per il recupero che sono stati posti all'attenzione del Consiglio comunale affermando che si è sempre parlato di abbattimento dei due caseggiati che insistono sul teatro stesso» (gennaio 2011) e ancora, l'11 febbraio 2011, un comunicato stampa del sindaco di Teramo rendeva noto che «la valutazione dei quattro progetti per il recupero funzionale del teatro romano è stata compiuta e una scelta è stata fatta. Si è tenuto infatti nei giorni scorsi un nuovo incontro (tra il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, e la soprintendenza) durante il quale sarebbe arrivato l'accordo, che verrà siglato nei prossimi giorni, sul progetto che meglio risponde alla conservazione e al recupero dell'area archeologica. L'ipotesi approvata è quella che prende in considerazione l'abbattimento di Casa Adamoli e Palazzo Salvoni e la ricostruzione parziale della cavea. In questo caso l'intervento consentirebbe di recuperare la platea con l'ottenimento di circa 400/500 posti»;
il cantiere ha successivamente sospeso i lavori e l'auspicato progetto presentato in consiglio comunale e da questo condiviso - che prevedeva anche l'abbattimento dei due caseggiati incongrui insistenti nella cavea - non è stato portato avanti;
secondo notizie stampa del 24 dicembre 2011, veniva reso noto che, a seguito di un incontro a Roma al quale hanno partecipato il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, l'assessore alla pianificazione strategica Giacomo Agostinelli e Fabrizio Magnani, direttore della sovrintendenza regionale archeologica, entro fine gennaio 2012 si sarebbe firmata il protocollo d'intesa per il recupero del teatro romano in virtù di un interesse del Ministero per i beni e le attività culturali per il progetto che coinvolge comune, regione e Fondazione Tercas. Nell'articolo si legge che il ministro, Lorenzo Ornaghi, già docente all'università di Teramo, non era presente alla riunione perché impegnato con il voto della manovra economica in Senato. Al suo posto, però, c'era il sottosegretario Roberto Checchi il quale, nonostante il momento di grave difficoltà economica, ha assicurato la disponibilità del Ministero a contribuire alla realizzazione dell'intervento da dieci milioni di euro. La sottoscrizione del protocollo consentirà all'amministrazione cittadina di avviare la progettazione definitiva, affidandola all'architetto Giovanni Carbonara che ha già stilato lo studio di fattibilità dell'opera. Il progetto prevede l'abbattimento di casa Salvoni e della parte ancora in piedi di palazzo Adamoli, la realizzazione di nuovi scavi archeologici per riportare alla luce la cavea del teatro, nonché il riutilizzo della platea con l'allestimento di 500 posti per assistere a spettacoli teatrali e concerti. Il costo previsto per il primo blocco di lavori è di 4,5 milioni di euro che verrebbero stanziati in parti uguali dalla Fondazione Tercas, regione e ministero. L'amministrazione, però, ha anche ipotizzato un intervento molto più ampio che aggiunge la pedonalizzazione dell'area intorno al teatro romano con una spesa di altri 5,5 milioni;
il sindaco di Teramo, recentemente, in contrasto con quanto affermato un anno prima circa la non rimozione delle

pietre, avrebbe fatto fare dichiarazioni a suoi portavoce che la prima iniziativa sull'area archeologica del teatro romano sarebbe stata quella preliminare della rimozione dei reperti da allocare nell'area industriale della città -:
se sia cambiata la posizione del Ministero rispetto a quanto riferito con la risposta all'interrogazione 4-05813 per cui ora vi è un favore alla demolizione del caseggiato Adamoli e di palazzo Salvoni;
se quindi sia stato firmato il protocollo d'intesa per il recupero del teatro romano di Teramo, per quale ammontare e se sia previsto l'abbattimento dei due edifici, Adamoli e Salvoni;
se non ritenga il Ministro, anche per risparmiare denaro pubblico, di interdire il trasferimento dei reperti archeologici dal teatro romano quantomeno fintanto che non sia in fase di esecuzione il protocollo di intesa che prevede il recupero del teatro romano di Teramo attraverso l'abbattimento dei due edifici, Adamoli e Salvoni;
se non ritenga il Ministro di istituire comunque un tavolo tecnico che veda il pieno coinvolgimento dell'associazione Teramo Nostra;
se non ritenga il Ministro di verificare la possibilità di abbattere i due edifici senza dover rimuovere i reperti archeologici dal Teatro Romano.
(4-14678)

BURTONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è stata rubata dalla Chiesa di San Rocco di Picerno (Potenza) una preziosissima tela ad olio del 1769 firmata Deodato Da Tolve e raffigurante i Santi Cataldo, Biagio e Liborio;
si tratta di un'opera di altissimo valore;
la chiesa di San Rocco di Picerno è stata dichiarata inagibile da circa due anni a causa della pericolosità del tetto;
va detto che la comunità picernese è molto devota al Santo di Montpellier e celebra ogni anno una sentitissima festa la prima domenica dopo ferragosto -:
se e quali iniziative intenda adottare per la ricerca della preziosissima tela rubata e quali iniziative siano possibili in relazione alle responsabilità del Ministero per l'attivazione di un protocollo di sicurezza relativo a tutto il patrimonio artistico delle chiese di Picerno.
(4-14683)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della difesa dispone di una Scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, Via Mattia Battistini, n. 113-117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione per i dipendenti civili del predetto dicastero;
la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e deputato a coadiuvare, nel suo complesso, il sistema della difesa nazionale;
con la precedente interrogazione a risposta scritta n. 4-12349, presentata nella seduta del 16 giugno 2011 n. 487, si rappresentava la necessità di chiarire le modalità di compilazione e gestione dell'albo docenti della scuola suindicata onde garantire la massima trasparenza delle relative procedure; acclarato che, in forza della risposta dell'onorevole Ministro pubblicata in data 18 novembre 2011 nell'allegato B

della seduta n. 551, si comunicava che il comitato direttivo costituito con decreto ministeriale 11 agosto 1970, deputato a fissare le direttive per il funzionamento della scuola nonché i criteri per l'organizzazione dei corsi, «nel corso degli anni (...) non si è più riunito, essendo venute meno parte delle figure che lo componevano» con la ovvia conseguenza che «la tenuta di un albo docenti non ha avuto più, negli anni a seguire, il necessario e costante aggiornamento» e attualmente l'attività dell'ex comitato direttivo, in via meramente surrogatoria, «è svolta dalla divisione corsi e dall'ufficio corsi militari che provvedono all'acquisizione di personale docente, sulla base di curricula presentati dagli interessati e vagliati dai componenti uffici»;
sulla scorta di quanto sopra: la scuola risulta non avere una struttura ad hoc deputata alla selezione del docenti cui affidare lo svolgimento dei corsi di formazione per il personale civile, quale era l'ex comitato direttivo, organo del tutto distinto dagli uffici interni della scuola di formazione quali sono invece la divisione corsi e l'ufficio corsi militari che ora adempiono il suo ruolo;
l'albo della scuola non solo non risulta più essere stato aggiornato costantemente, ma vieppiù risulta difettare di qualsivoglia forma di ufficializzazione, anche attraverso la sua ostensione pubblica;
per quanto la scuola abbia «sempre mantenuto rigidi criteri di trasparenza basati su elementi consolidatisi nel tempo», la scelta dei docenti risulta comunque avvenire in assenza di qualsivoglia procedura pubblica che garantisca la trasparenza nell'iter attraverso la pubblicità di un bando di ricerca dei docenti che predetermini requisiti minimi di partecipazione e per la scelta delle candidature, con relativa garanzia di pubblicità dei soggetti destinatari delle docenze attraverso la pubblicazione per via telematica del relativo albo docenti come avviene per altre scuole di formazione ministeriale, fra cui, per esempio, quelle del personale del personale dell'amministrazione dell'interno e del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia -:
se il Ministro interrogato intenda o meno provvedere alla ricostituzione del comitato direttivo della scuola di formazione e perfezionamento del personale civile del Ministro della difesa (CivilScuolaDife), già istituito con decreto ministeriale 11 agosto 1970 e successivamente non più riunitosi, o comunque di altro organo collegiale, al fine di garantire che la scelta dei docenti affidatari di corsi avvenga da parte di corpo terzo ed indipendente dagli uffici interni della scuola medesima al fine di garantire la massima imparzialità nel vaglio delle candidature;
se e quali iniziative intenda assumere ai fine di assicurare la costituzione di un formale ed aggiornato albo dei docenti della predetta scuola, anche attraverso la pubblicazione di un avviso pubblico per la presentazione di candidature, onde garantire la relativa massima partecipazione di candidature e la relativa selezione e scelta di docenti in possesso di adeguati curriculum scientifico-professionale in relazione ai corsi formativi da somministrare al personale;
se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicazione per via telematica sulle pagine del sito della scuola del relativo albo docenti, ufficiale ed aggiornato.
(4-14686)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un articolo dal titolo «Il radar che avrebbe potuto salvare il Concordia» pubblicato

dal quotidiano Il Fatto quotidiano il 18 gennaio 2012 si legge che un contratto da 320 milioni prevedeva la realizzazione di un sistema di controllo (vessel, traffic management system) che avrebbe potuto evitare la tragedia della Costa Concordia ma che non è ancora in funzione, nonostante dovesse essere pronto dal 2009;
si tratta di un sistema integrato a livello nazionale che ha sviluppato Selex-Finmeccanica e che è stato finanziato nella prima fase dall'Unione europea con un raggio d'azione superiore all'attuale sistema Pac che risale ai primi anni Novanta;
secondo la ricostruzione dell'ammiraglio Lolli: «Il contratto prevedeva due fasi. La prima (siglata nel 1999 per circa 120 milioni), riguardava zone delicate come lo Stretto di Messina, le Bocche di Bonifacio. Poi le coste siciliane, pugliesi, e anche il porto di Genova. Qui il sistema è già attivo. Poi il 7 dicembre 2005 è stata siglata la seconda fase per circa 200 milioni, relativa a tutto il resto del nostri mari. L'accordo prevedeva che il progetto esecutivo fosse pronto entro sei mesi e che i siti fossero completati entro l'inizio del 2009. Per la zona del disastro della Concordia erano previsti gli impianti radar del monte Capanne (Elba) e dell'Argentario. Ecco, i soldi erano già stati stanziati, ma finora nessun sito è stato consegnato. Io avevo proposto la risoluzione dei contratto per inadempienza» ma secondo Finmeccanica e Selex non erano previste scadenze e, secondo Selex, se ci sono stati ritardi, ciò è dovuto a problemi nell'individuazione dei siti;
quanto alla Toscana, dove è avvenuto il naufragio, il sistema Vtmis non è attivo ma c'è, però, a Livorno, secondo Selex, che sarebbe stata smentita da fonti portuali e militari di Livorno interpellate dal quotidiano secondo le quali «L'impianto non è assolutamente in servizio. Lo sarà, forse, a metà anno» -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
se il contratto citato in premessa preveda scadenze;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione del sistema di controllo vessel traffic management information system nella zona del disastro e come siano state usate quelle somme.
(4-14693)

LABOCCETTA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il signor Antonio Cerrota nato ad Aversa (Caserta) il 6 maggio 1985 ha partecipato al concorso pubblico per l'ammissione di 148 allievi al 188o corso dell'accademia militare di Modena (Anno Accademico 2006-2007), indetto con decreto dirigenziale del 20 dicembre 2005, pubblicato in Gazzetta Ufficiale - 4a Serie Speciale, n. 103 del 30 dicembre 2005;
l'articolo 5 del surrichiamato bando individua le fasi in cui si articola lo svolgimento del concorso in parola: a) prova di selezione culturale con quesiti a risposta multipla; b) prove di efficienza fisica; c) accertamenti sanitari; d) accertamento attitudinale; e) prova orale di matematica; f) prova orale facoltativa di lingua straniera; g) tirocinio di durata non superiore a sessanta giorni (45 giorni circa per l'esattezza);
il Cerrota è risultato idoneo in tutte le prove selettive ed è stato inserito nella graduatoria degli ammessi al tirocinio, classificandosi al 43o posto su 148 posti da assegnare, tirocinio che ha avuto inizio il giorno 4 settembre 2006 ed è terminato in data 23 ottobre 2006 data in cui lo stesso venne escluso dal concorso;
invero in data 23 ottobre 2006 la commissione di valutazione del rendimento durante il tirocinio espresse nei confronti del Cerrota un giudizio di non idoneità all'ammissione all'Accademia Militare, sulla seguente motivazione: «ha mantenuto, in più occasioni, un comportamento sleale nei confronti dei superiori e dei colleghi. Si è dimostrato, inoltre, molto poco disinvolto»;

avverso tale giudizio Antonio Cerrota propose ricorso innanzi al TAR Campania di Napoli ivi rubricato al n. RG 7399/2006;
in tale ricorso si deducevano numerosi vizi dell'atto che venivano ritenuti fondati dal giudice amministrativo adito che emise la sentenza n. 550/2008 del 5 febbraio 2007 che l'amministrazione della difesa gravò di immediato ricorso in grado di appello;
con gravame, infatti, depositato al Consiglio di Stato in data 31 luglio 2008, ivi rubricato al n. RG 6393/2008 e tuttora pendente, l'amministrazione della Difesa impugnò la descritta sentenza, contestualmente formulando tempestiva istanza di sospensione cautelare;
in data 8 agosto 2008, e quindi dopo ben due lunghi anni, periodo durante il quale Antonio Cerrota partecipa e vince il concorso di VFP1 e svolge la normale attività di soldato nel grado di caporale, lo Stato Maggiore dell'Esercito, in esecuzione alla sentenza in oggetto comunica che «il signor Antonio Cerrota è stato collocato al 4o posto per la Facoltà di Ingegneria Meccanica - corso di laurea in vigore nell'anno accademico 2006/2007 della graduatoria generale di merito per 9 posti per il Corpo degli ingegneri dell'esercito e, per l'effetto è stato dichiarato vincitore del concorso (188o corso) con riserva di definizione del giudizio di appello. Si comunica altresì che per esigenze di progressione negli studi e nell'attività addestrativa non potrà essere aggregato al 188o Corso, in ragione dell'elevato stato di avanzamento dello stesso alla data della pronunzia della sentenza e verrà conseguentemente ammesso in soprannumero, con riserva di definizione del giudizio d'appello, alla frequenza del 190o Corso dell'Accademia Militare di Modena che avrà inizio in data 3 ottobre 2008, Facoltà di Ingegneria Informatica»;
la camera di consiglio venne fissata per il giorno 26 agosto 2008 ma la discussione venne rinviata per poi essere discussa in data 17 ottobre 2008, data nella quale, intervenuta nelle more la dovuta ottemperanza alla predetta sentenza esecutiva (invero formalmente e correttamente pretesa da Antonio Cerrota), il Consiglio di Stato medesimo respinse l'istanza cautelare considerato che il soggetto appellato, era stato rivalutato e frequentava il corso presso l'Accademia militare di Modena;
di fatto, in data 3 ottobre 2008 alle ore 9:00, il Cerrota venne convocato presso l'Accademia Militare di Modena e in data 6 ottobre 2008 iniziò a frequentare il primo giorno del 190o Corso pur essendo considerato non allievo ufficiale, ma ricorsista ricorrente;
il Cerrota riuscì nell'arco del primo, secondo e terzo trimestre a superare la maggior parte degli esami acquisendo quindi i crediti formativi universitari necessari per il superamento dell'anno in corso e il passaggio successivo al secondo anno di corso (precisamente 9 esami su 14 - uno eseguito e superato solo lo scritto e non l'orale che non veniva effettuato per motivi di malattia a causa di un infortunio occorso in data 2 luglio 2009 nel quale riportò un trauma contusivo-distorsivo al ginocchio destro che lo costrinse ad un periodo di convalescenza dal 2 luglio 2009 al 21 settembre 2009;
a causa di tale situazione, mancato superamento di 4 esami e negata concessione di poterli eseguire nelle successive sessioni di recupero, il Cerrota ricevette ben 16 giorni di punizione di rigore e venne ritenuto da dimettere d'autorità dalla Commissione giudicatrice dell'accademia, nonostante avesse iniziato a frequentare le prime settimane di corso del secondo anno accademico;
in data 20 ottobre 2009 il Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare con atto a firma del generale Mario De Carlo, decreta (decreto dirigenziale n. 231/09 del 20 ottobre 2009) che l'allievo ufficiale Antonio Cerrota, incorporato ed ammesso in soprannumero il 3 ottobre 2008 alla frequenza del primo anno del 190o corso, anno accademico

2008/2009, a decorrere dalla data del presente decreto è dimesso d'autorità dall'Accademia militare per inidoneità in attitudine militare e prosciolto dalla ferma volontaria di anni tre a suo tempo contratta, ai sensi dell'articolo 52, lettera a) della pubblicazione dello Stato maggiore dell'Esercito in data 18 ottobre 2001, concernente l'adozione del regolamento per l'Accademia militare e la scuola di applicazione (edizione 2001);
il Cerrota in data 10 novembre 2009, dopo già aver iniziato a frequentare le lezioni del 2o anno di corso in quanto in possesso dei crediti formativi universitari minimi necessari per il superamento del Io anno e il passaggio al successivo IIo anno, lasciò nuovamente l'accademia militare e venne inviato presso il 19o reggimento cavalleggeri «guide» in Salerno reparto di provenienza dove poi passerà di carriera da VFP1 a VFP4, col grado di caporale maggiore, non potendo neanche partecipare alle missioni, vista la singolare situazione di ammissione e dimissione a suo carico, determinatasi a colpa esclusiva dell'Accademia e dell'amministrazione della difesa;
nonostante l'ennesimo «colpo di frusta» da un punto di vista psicologico subito dal Cerrota, che avendo perso già ben 4 anni di studio e di avanzamento di carriera per essere prima ammesso poi dimesso e poi riammesso nuovamente e nuovamente dimesso, e sempre pronto e determinato nell'indossare la divisa di cui tanto si pregia e che tanto adora, lo stesso ricorse nuovamente al TAR Campania, ricorso n. RG 6132/2009, e impugnò il provvedimento disposto dalla direzione del personale militare di Roma in data 20 ottobre 2009 sopracitato, impugnò ulteriori atti precedenti e successivi a mezzo di proposizione di un primo atto recante motivi aggiunti e formulò, infine, istanza cautelare di relativa sospensione che venne nuovamente accolta dal giudice di prime cure, alla camera del consiglio del 10 dicembre 2009, con ordinanza n. 2862/2009, con la quale venne sospesa l'efficacia dei provvedimenti impugnati in quanto assistita da fumus boni juris;
il giorno 8 gennaio 2010, il Cerrota venne riammesso, con riserva, al 190o corso e iscritto al 2o anno di corso della facoltà di ingegneria dell'università degli studi di Modena e Reggio Emilia;
a partire da tale data, il Cerrota sostiene e supera con successo 2 soli dei debiti formativi del Io anno e sostiene e supera 4 esami del secondo anno anche perché essendo egli stato riammesso a gennaio 2010 non aveva avuto la possibilità di seguire i corsi delle lezioni riguardanti il Io semestre del IIo anno e tanto meno sostenere i relativi esami, all'epoca già sostenuti dagli altri colleghi, e avendo un'enorme difficoltà per quelli del IIo semestre del II anno per i quali era propedeutico il superamento di quelli del Io semestre, nonostante fosse stato beneficiato dell'articolo 19 secondo comma seconda alinea proposto dalla direzione del personale militare di Roma, secondo il quale gli esami del Io semestre del 2o anno sarebbero stati recuperati nelle sessioni successive o al corso di studio successivo con un ulteriore anno di proroga come previsto dal regolamento, vista l'impossibilità temporale in base alla nuova ammissione del gennaio 2010;
il Cerrota, sempre considerato non come allievo ma come ricorsista ricorrente, era frequentatore del suddetto corso ed aveva già superato con esito positivo uno dei cinque esami del primo anno. In più, per colpa non propria, non potendo seguire le lezioni del primo semestre del secondo anno di corso non ha potuto sostenere nemmeno gli esami in corso;
il medesimo si ritrova così a settembre 2010 a dover affrontare un gran numero di esami, giorno dopo giorno, per alcuni dei quali non aveva seguito i corsi, raggiungendo il successo solo per una parte di essi, e avendo ancora la possibilità di recuperarli nelle sessioni di recupero successive come da regolamento interno dell'accademia;

in data 16 settembre 2010 il comandante del reggimento allievi colonnello Arturo Nitti sanziona il Cerrota con ben 5 giorni di rigore, segnalando lo scarso rendimento negli studi, dall'8 gennaio 2010, data in cui è stato riammesso al 190o Corso audacia e la sussistenza di otto debiti formativi maturati nell'ambito del previsto piano di studi universitari nel corso del biennio di ingegneria;
il successivo 4 ottobre 2010, il Cerrota posto al vaglio della commissione per la valutazione dell'idoneità alla nomina di sottotenente, venne nuovamente proposto per essere dimesso d'autorità per insufficienza in attitudine militare a 20 giorni circa dalla nomina, nonostante possedesse ancora una volta tutti i requisiti, i crediti formativi universitari minimi per il passaggio al terzo anno di corso, per la nomina a sottotenente e per conseguire la ferma in servizio permanente avendo effettuato il medesimo percorso degli altri allievi colleghi divenuti poi ufficiali e venne inviato in data 8 ottobre 2010 nuovamente al reparto di appartenenza, 19 o reggimento cavalleggeri guide di Salerno, come VFP4 nel grado di caporale maggiore; tutto ciò nonostante la diffida effettuata dal legale del Cerrota, riguardo l'inopportuno ed ad avviso dell'interrogante illegittimo provvedimento operato dall'accademia e avallato dalla direzione del personale militare con decreto dirigenziale n. 211/2010 in data 8 ottobre 2010, a firma del capo del I reparto della direzione medesima, diffida tendente a mettere in luce che l'operato dell'amministrazione nei confronti del ricorrente si rilevasse incomprensibilmente ostruzionistico e disancorato da qualsivoglia canone di correttezza, se sol si consideri che la stessa amministrazione non aveva provveduto neppure al pagamento delle tasse universitarie relative all'iscrizione al secondo anno di corso della facoltà di ingegneria informatica, con ciò di fatto disattendendo la pronuncia sopradetta n. 2862/2009, di riammissione con riserva del Cerrota all'accademia;
tutto ciò, a parere dell'interrogante, appare già come una manifestazione di assoluto disinteresse dell'accademia e della sua tendenza aprioristica orientata verso l'esclusione del Cerrota il cui percorso accademico fortemente atipico è stato causato da ragioni indipendenti dal proprio volere;
avverso l'ultimo dei provvedimenti dell'amministrazione della difesa il Cerrota per il tramite dei suoi legali ricorre nuovamente al TAR Campania, che decide della controversia con la sentenza n. 2459/2011 in data 5 maggio 2011, sul ricorso numero di registro generale 6132 del 2009, integrato da motivi aggiunti, accogliendo le ragioni di doglianza espresse;
pubblicata e notificata tale sentenza il Cerrota invitava l'amministrazione a provvedere in ottemperanza al decisum, ammettendolo per l'anno accademico 2011/2012 alla frequenza del terzo anno di corso con la qualifica di sottotenente in servizio permanente, con stesso manifesto universitario ovvero l'ordinamento didattico decreto ministeriale n. 509 del 1999 vigente nell'anno accademico 2008/2009 anno della sua immatricolazione al I anno del 190o corso, permettendogli di recuperare, grazie ad un piano di studi personalizzato ad hoc, i debiti accademici prodottisi in conseguenza della prolungata assenza dall'accademia a causa degli annullati provvedimenti di rimozione;
con nota del 21 luglio 2011 il Ministero della difesa - direzione del personale militare in ottemperanza alla sentenza ammette l'ingresso del Cerrota al 192o corso con nuovo manifesto universitario (Manifesto IEI del 25 febbraio 2010 valevole per la didattica del nuovo ordinamento decreto ministeriale n. 270 del 2004) nella qualifica di allievo ufficiale di guisa che il Cerrota in qualità di VFP4 trasloca, per l'ennesima volta, da Salerno come caporale maggiore, a Modena come allievo ufficiale, grado che non gli compete per le ragioni innanzi descritte;
avverso tale provvedimento, come evidente contrario alla statuizione del giudice

amministrativo, il Cerrota si vede costretto a ricorrere innanzi al TAR Campania di Napoli per l'ottemperanza alla sentenza n. 2459/2011 del 12 maggio 2011, resa a definizione del giudizio R.G. n. 6132/2009, per il conseguente accertamento incidentale della nullità del provvedimento prot. n. 326328 del 21 luglio 2011 a firma del capo I reparto reclutamento personale militare, del Ministero della difesa, nonché della nota, prot. MD-E 13787/0007064/REG/5.2.13/1.1, del 2 agosto 2011 del Comando dell'accademia militare di Modena, nella parte in cui respingono il Cerrota dal secondo anno di frequenza del 190o corso allievi ufficiali della predetta accademia, disponendo la riammissione dello stesso a ripetere l'anno con il 192o corso nonché per la declaratoria del diritto dello stesso ad essere riammesso a frequentare l'accademia militare di Modena nel proprio corso di provenienza, il 190o o - se incompatibile con lo stato di avanzamento del corso - in quello immediatamente successivo, il 191o corso, con iscrizione, per l'anno accademico 2011/2012 al terzo anno di corso universitario. Con lo stesso ricorso viene anche chiesta la previa condanna dell'Amministrazione accademica a garantire al ricorrente la fruizione di un piano di studi personalizzato che gli permetta di sostenere gli esami mancanti del primo e secondo anno, rimasti inevasi a causa degli annullati provvedimenti di rimozione che gli hanno impedito di proseguire nell'ordinario corso di studi;
tale ultimo ricorso è espressione del diritto del Cerrota di ottenere l'ottemperanza al decisum da parte dell'amministrazione conformandosi al giudicato sostanziale ed attenendosi al principio garantistico del raggiungimento del risultato utile riconosciuto in sentenza;
in particolare, con lo stesso si fa pure istanza affinché l'adita giustizia proceda alla nomina di un commissario ad acta che, in sostituzione delle pubbliche amministrazioni che si rendessero inadempienti, dia esecuzione alla sentenza n. 2459/2011, e garantisca al ricorrente di essere riammesso senza essere considerato respinto, e si accerti inoltre la nullità della nota in data 21 luglio 2011 a firma del capo reparto reclutamento - direzione generale per il personale militare -, nonché della nota in data 2 agosto 2011 a firma del Capo di stato maggiore dell'accademia militare di Modena nella parte in cui considerano l'allievo ufficiale Cerrota respinto dal 2o anno di corso e ammesso a ripetere l'anno con il 192o corso in quanto elusive del giudicato, per le ragioni che si rinvengono nell'esposizione sin qui fatta;
a giudizio dell'interrogante, una piana analisi dei fatti, dalla scomposizione oggettiva delle vicende che hanno interessato ed interessano la carriera militare dell'allievo ufficiale Cerrota in primis - ma con evidenti risonanze e contraccolpi sulla vita stessa del ricorrente - emerge con limpidezza un singolare - e, per molti profili, inspiegabile - accanimento nei confronti di questi, la cui figura all'interno dell'Accademia appare esser stata obiettivo di una costante «attenzione» da parte dell'amministrazione come, peraltro, dimostrato, dalla congerie di sanzioni e punizioni che lo hanno afflitto;
vieppiù non può revocarsi in dubbio che la molteplicità dei predetti provvedimenti negativi, inevitabilmente ha inciso sulla persona del ricorrente, tanto sotto il profilo psicologico ed emotivo quanto sotto il profilo del rendimento accademico, pur senza piegarne la ferma volontà di proseguire nell'intrapresa carriera militare;
neanche la sospensione giudiziale dei primi provvedimenti di rimozione d'autorità, giusta ordinanza cautelare del primo giudice che ha permesso il reingresso del Cerrota in accademia, è bastata da sola a neutralizzare le illegittimità prodottesi a carico dello stesso nonostante l'impegno profuso nel risanamento dei propri debiti formativi creatisi nel periodo di allontanamento dalla scuola militare, in quanto lo stesso è risultato impossibilitato al ripianamento totale della propria situazione accademica perché non sostenuto da un piano di recupero personalizzato che tenesse

in debito conto gli accadimenti suo malgrado prodottisi;
la reiezione della sua formale richiesta di un piano personalizzato, ha comportato la impossibilità di pianificare in maniera adeguata il proprio percorso di studi universitari;
per quanto risulta all'interrogante, nonostante tali difficoltà, l'allievo ha dimostrato di voler proseguire, con tenacia e dedizione, nella propria carriera accademica, superando ben sei esami in un semestre e, in ogni caso, affrontandone altri, sebbene con esito non felice;
appare oltremodo ingiusto il comportamento dell'amministrazione che non soltanto non individui alcun elemento da cui possa desumersi che dalla mancata esecuzione della decisione derivi un pregiudizio grave ed irreparabile ma, invero, nell'impugnarla innanzi al Consiglio di Stato articoli considerazioni gravemente e gratuitamente lesive della dignità dell'appellato, nell'inane tentativo di dare un rilievo (meta)giuridico alla richiesta cautelare che si palesa, di contro, totalmente priva dei presupposti di legge;
in particolare, l'amministrazione tratteggia la figura dell'allievo ufficiale Cerrota come un soggetto con «accertato e recidivo scarso rendimento negli studi» e da «una condotta evidentemente incompatibile con le regole di comportamento proprie di un'accademia militare» che «sfrutta» le finanze pubbliche per frequentare l'Accademia mentre questi «...potrebbe tranquillamente iscriversi ad una Università Statale civile, dove potrebbe fare un piano di studi personalizzato, studiare come, se e quando vuole, senza necessità di osservare regola alcuna»;
addirittura la stessa insiste sul concetto, sopra delineato, secondo cui l'allievo profitterebbe della iscrizione in Accademia non soltanto per non far fronte personalmente ai relativi oneri economici ma, inoltre, per trarre quello che viene rappresentato come un vero e proprio indebito vantaggio economico conseguente alla nomina a sottotenente: «..Certo l'Università Statale ha un costo economico, laddove l'Accademia militare non solo è gratuita, ma addirittura dopo un certo periodo di tempo l'allievo è anche retribuito, ma è ovvio che a fronte di certi vantaggi ci sono anche doveri, perché non sempre è possibile avere tutto, subito e nelle modalità desiderate»;
ancor di più la stessa Amministrazione delinea la presenza dell'allievo Cerrota in Accademia come un vero e proprio «pericolo» per l'istituzione militare, idoneo ad ingenerare disordine tra le file dei colleghi: «...Alla luce delle esposte considerazioni appare evidente come sia assolutamente indispensabile sospendere la sentenza in epigrafe indicata, al fine di tutelare il prestigio e il decoro dell'amministrazione e ripristinare nell'accademia il corretto ordine, anche per evitare che possa illegittimamente instaurarsi negli allievi la falsa convinzione di poter tranquillamente trascurare lo studio e gli esami, e che poi siano recuperabili secondo piani personalizzati e diversi l'uno dall'altro. È chiaro che, se così davvero potesse essere, l'effetto sarebbe devastante, poiché verrebbe meno quello che è uno dei principi cardine dell'ordinamento militare e cioè il rispetto delle regole e della par condicio degli allievi. In questa situazione l'esecuzione della impugnata sentenza comporta all'A.D. un danno gravissimo ed irreparabile, poiché è estremamente pregiudicata dal mantenimento in Accademia di una persona che ha dato prova di essere inaffidabile e priva delle necessarie qualità richieste ad un allievo di una scuola militare (...)»;
a parere dell'interrogante l'acrimonia che emerge dalle sopracitate «invettive» è totalmente fuor di luogo e che ad essa sarebbe agevole replicare che la sola «colpa» imputabile al Cerrota è stata quella di far valere i propri diritti nelle competenti sedi avverso reiterati e serrati provvedimenti che sono risultati connessi

dal minimo comune denominatore di voler allontanare l'allievo, in ogni modo, dall'Accademia;
lo status di militare non rappresenta né può rappresentare una condizione che determina l'affievolimento dei diritti né, di contro, l'istituzione militare può considerarsi legibus soluta, soprattutto quando - come nel caso di specie - le regole ed i principi violati derivano proprio dalla normativa, regolamentare e legislativa, di settore che l'accademia è la prima a dover osservare;
evidentemente l'accademia di Modena si colloca nel vigente sistema ordinamentale e non rappresenta un hortus clausus, impermeabile alle regole che accomunano e qualificano tutti i cittadini siano essi «civili» ovvero «militari»;
l'allievo Cerrota ha sempre dimostrato di coltivare una sola aspirazione che è quella di portare avanti e regolarmente concludere la propria esperienza accademica, senza dover subire gli effetti di provvedimenti illegittimi che ne hanno ostacolato l'ordinario iter;
lo stesso, in particolare, ha riportato punteggi ben al di sopra della sufficienza, pari a 3 punti, in tutti gli indicatori della attitudine militare (aspetto esteriore: 5; lealtà e fedeltà di intenti: 5; leadership: 5; responsabilità: 4 et alia), di talché è evidente che le difficoltà nelle discipline universitarie è stata indotta e determinata proprio dalle più volte denunciate situazioni di criticità conseguenti non già a scelte proprie ma ad eventi di forza maggiore (infortunio) ovvero ad inopinate quanto illegittime misure sanzionatorie ed espulsive che hanno funestato la sua carriera in Accademia;
l'Accademia, da un lato, non ha mai inteso applicare nei confronti del Cerrota le misure di tutela sopra esposte, ma dall'altro lato, ha assicurato a taluni colleghi del Cerrota la possibilità di progredire accademicamente, nonostante la presenza di debiti universitari;
emerge un'insopportabile disparità di trattamento da parte dell'amministrazione a detrimento del Cerrota in quanto risulta all'interrogante che in situazioni analoghe a quella descritta in premessa l'amministrazione si è comportata diversamente anche ammettendo proroghe dei termini per il completamento del corso di laurea;
in data 21 dicembre 2011 viene pubblicata dal TAR Campania la sentenza di ottemperanza n. RG 4983/2011 che ordina all'amministrazione di ammettere il Cerrota al 190o corso con iscrizione al terzo anno con un piano di studi personalizzato e successiva nomina al sottotenente e ferma in servizio permanente;
alla data odierna, si è ancora in attesa dell'esecuzione della prefata sentenza, la quale è stata notificata all'Avvocatura di Stato in data 29 dicembre 2011 ed è stata inviata via fax in Accademia la comunicazione della esistenza della sopraccitata sentenza in data 7 gennaio 2012;
il 10 gennaio 2012 l'Accademia rimetteva una nota con la quale sarebbe stato comunicato che la stessa attendeva di conoscere le determinazioni della direzione generale per il personale militare, tenuto conto del fatto, che, nel frattempo, il 190o corso (corpo degli ingegneri) aveva già conseguito la laurea triennale ed attualmente frequentava il quarto anno del corso di laurea;
per quanto risulta al sottoscritto interrogante, sussistono fondati dubbi circa l'intenzione dell'amministrazione della difesa di ottemperare alla sentenza esecutiva;
in data 19 gennaio 2012, trascorsi 22 giorni dalla notifica della sentenza sopraccitata, il Cerrota ha inviato copia della sentenza a mezzo di raccomandata postale anticipata nella stessa data via fax al prefetto di Bologna, nominato commissario ad acta dal TAR Campania di Napoli, che dovrà provvedere ad ottemperare in toto alla sentenza vista la resistenza da parte dell'amministrazione ponendo fine

ad una vicenda che si protrae da ben 6 anni e dalla quale è agevole ritenere che il Cerrota ha subito notevoli danni, in maniera ingiusta ed ingiustificata -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti;
se, in particolare condivida l'operato sin qui posto in essere dall'amministrazione che appare all'interrogante collidere con l'ordinamento didattico universitario e il regolamento interno dell'accademia militare in forza dei quali mai il mancato superamento degli esami di profitto ha costituito motivo di esclusione dal concorso e/o di dimissioni d'autorità;
se sia a conoscenza che colleghi del Cerrota, versando nella stessa situazione o ancora in situazioni peggiori e quindi con più debiti formativi siano in servizio permanente avendo usufruito come da regolamento di anni proroga per il completamento degli studi e, non essendo stati in grado di colmare i debiti formativi, addirittura siano stati trasferiti, sempre da ufficiali in carriera, nelle armi varie ovvero del genio, della fanteria, dell'artiglieria, della cavalleria, delle trasmissioni o dell'arma dei trasporti e dei materiali;
se sia a conoscenza, come si evince da un accesso all'area privata «servizi web per studenti e docenti» consultabile on line dagli studenti sul sito dell'università di Modena e Reggio Emilia, che il pagamento delle tasse del Cerrota da parte dell'Accademia, con riferimento alle fatture dell'anno accademico 2009/2010 è rimasto in parte inottemperato;
quale sia lo stato attuale del rapporto fiscale intercorrente tra il Cerrota e l'università riguardo alle tasse universitarie pagate con riferimento agli anni accademici 2009/2010 e 2010/2011 e, in particolare in relazione al pagamento della fattura n. 867698 dell'anno accademico 2009/2010 e successive, se esistenti, e se qualora i versamenti non siano stati regolarmente effettuati dall'Amministrazione Difesa;
se sia a conoscenza che il pagamento delle tasse per l'ingiusta iscrizione al 192o Corso anno accademico 2011/2012 non risulta regolarmente effettuato, che inoltre non vi è la data di pagamento delle tasse riguardante l'anno accademico 2009/2010 e che rimane ancora da pagare un contributo di ricognizione pertinente all'anno accademico 2010/2011;
se e quali provvedimenti intenda adottare nei confronti degli autori dei descritti comportamenti, anche sotto il profilo del danno erariale, solo se si consideri che l'Amministrazione rimasta soccombente è tenuta alla rifusione delle spese di patrocinio del Cerrota nel giudizio di ottemperanza.
(4-14697)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2012

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

BERNARDO, CICU e VITALI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 1o giugno 2011 la Commissione Finanze della Camera ha approvato una risoluzione (7-00590, a firma dei deputati Bernardo, Cicu ed altri) in materia di riscossione coattiva dei tributi con la quale si è impegnato il Governo a:
introdurre elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali;
rivedere la disciplina della riscossione degli importi non significativi, intendendosi per tali quelli inferiori o pari a 2.000 euro;
rivedere il meccanismo di espropriazione sugli immobili, elevando a 20.000 euro l'importo al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca;

riformare il meccanismo di calcolo delle sanzioni tributarie, in particolare escludendo forme di anatocismo;
il 7 giugno 2011 la Camera dei deputati ha approvato diverse mozioni in materia fiscale, con le quali si è impegnato Governo, oltre a quanto già previsto con la risoluzione 7-00590, a:
adottare le opportune iniziative normative volte a rendere strutturale la possibilità di concedere al debitore un nuovo e diverso piano di rateazione, qualora si sia comprovato il peggioramento della situazione di difficoltà economica del debitore stesso;
valutare la possibilità di assumere iniziative volte a istituire presso la Cassa depositi e prestiti un fondo rotativo che anticipi i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni stesse;
attenuare il principio del «solve et repete» (prima paghi e poi contesti), e dell'inversione dell'onere della prova in materia fiscale recentemente introdotti;
rafforzare gli strumenti di autotutela del contribuente al fine di garantire la correttezza dei rapporti fra amministrazione e cittadini;
con il decreto-legge n. 70 del 2011 e la manovra correttiva contenuta del decreto-legge n. 98 del 2011 sono state introdotte talune misure per il sollevo dei contribuenti nei confronti delle procedure di riscossione, in particolare si è previsto che:
l'esecuzione forzata sui beni del debitore sia sospesa per 270 giorni (rispetto alla richiesta di un anno avanzata dal premier Berlusconi); tuttavia, anche nel periodo di blocco delle esecuzioni, la riscossione potrà ugualmente procedere alle azioni cautelari e conservative (fermi amministrativi, ipoteche);
l'indennità di mora sia calcolata non più sull'intero ammontare del debito, ma escludendo dal computo stesso le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi;
la riscossione coattiva di debiti fino a 2.000 euro sia avviata dopo due distinti solleciti di pagamento inviati al contribuente, a distanza di 6 mesi l'uno dall'altro;
la somma che consente l'accensione dell'ipoteca sulla prima casa del contribuente moroso sia elevata da 8.000 a 20.000 euro;
l'avvio degli accertamenti esecutivi (cosiddetta concentrazione della riscossione nell'accertamento) slitti al 1o ottobre 2011;
la cancellazione dei fermi amministrativi avvenga senza oneri per il contribuente;
l'iscrizione a ruolo sia eseguita nel limite di un terzo dei maggiori imponibili accertati, in caso di ricorso del contribuente;
di conseguenza sono state accolte buona parte le richieste parlamentari, tranne quelle relative alla adeguata valutazione della oggettiva difficoltà degli imprenditori ad ottemperare ai propri adempimenti fiscali, ivi compresa la concessione di un nuovo piano di rateizzazione, nonché l'istituzione presso la Cassa depositi e prestiti di un fondo rotativo che anticipi i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni;
peraltro, la posposizione al 1o ottobre 2011 della concentrazione della riscossione nell'accertamento, prevista dal decreto-legge n. 78 del 2010, altro non ha fatto che posticipare i problemi che questa disposizione crea rispetto alla non infrequente situazione nella quale al contribuente viene richiesto il pagamento di somme non dovute;
la crescente efficacia dell'attività di riscossione coattiva, passata in valore assoluto, da circa 3,8 miliardi di euro nel 2005 a circa 8,8 miliardi di euro nel 2010 sta contribuendo agli equilibri della finanza pubblica; tuttavia, l'obiettivo, prefissato per il 2011, a 13 miliardi di euro, rischia di ingenerare nella rete periferica

di Equitalia comportamenti vessatori nei confronti dei contribuenti più deboli;
nella primavera del 2011 tali comportamenti hanno prodotto la sollevazione della piazza nelle aree del Paese ove maggiormente si è fatta sentire la crisi economica; i provvedimenti adottati tra giugno e luglio hanno certamente contribuito al rasserenamento della situazione sociale;
a decorrere dal 1o ottobre 2011, sulla base del disposto del decreto-legge n. 78 del 2010: a) scompare l'iscrizione a ruolo, così come spariscono gli istituti della notifica obbligatoria e della possibilità di un ricorso già in questa fase; b) i tempi tra l'emissione della cartella esattoriale e il dovere di pagare, dal massimo di un anno e mezzo del passato, si attestano oggi a un periodo brevissimo, in alcuni casi appena 2 mesi; c) bisognerà versare subito l'intera cifra richiesta o, se poi si presenterà ricorso, almeno un terzo della somma (solo in un momento successivo si accederà alla domanda di sospensiva); d) nel mese che seguirà a queste fasi, Equitalia può avviare azioni di autotutela: e) il procedimento di Equitalia prevede la segnalazione del contribuente alla Centrale bancaria rischi e, quindi, il pericolo di chiusura di eventuali fidi o il pignoramento dei depositi sui conti correnti o l'applicazione delle cosiddette «ganasce fiscali» sui veicoli di proprietà del debitore e delle sue imprese, oppure ancora il blocco delle somme ancora depositate nelle casse di terzi e destinate alla persona sottoposta alla procedura di recupero;
come appare evidente dalla lettura della stampa locale, nella regione Sardegna le nuove disposizioni hanno già sollevato un vasto malumore popolare; appare già dimenticata quella che era la principale richiesta degli imprenditori, degli artigiani e dei commercianti della regione: l'introduzione di forme di moratoria o di flessibilità in favore di quei contribuenti onesti che dimostrino di non essere temporaneamente in grado di adempiere ai propri obblighi fiscali e contributivi a causa dell'attuale difficile congiuntura economica;
in questo momento in Sardegna stanno già andando in esecuzione 80.000 cartelle esattoriali; le aziende sarde indebitate col fisco sono 64.104 su un totale di 160.000 imprese (circa il 40 per cento) e l'esposizione debitoria è di tre miliardi e mezzo, con un debito medio di ciascuna azienda indebitata che si aggira sui 55.000 euro -:
quali interventi normativi urgenti intenda adottare al fine di far fronte allo stato di necessità e di crisi che imprenditori, artigiani e commerciati della regione Sardegna stanno attraversando.
(5-06059)

FLUVI e GHIZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, commi 337-340, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), ha introdotto, a titolo sperimentale, la possibilità di destinare una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in favore di enti che svolgono attività socialmente rilevanti in base alla scelta del contribuente;
in considerazione dei positivi risultati ottenuti dalla citata disciplina, il legislatore ha ritenuto di riproporre la norma di anno in anno;
da ultimo, l'articolo 33, comma 11, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012), estende anche all'esercizio finanziario 2012 la disciplina del 5 per mille e ne destina al finanziamento l'importo di euro 400 milioni, stabilendo altresì che le norme attuative di tale disciplina, contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, si applichino anche all'esercizio finanziario 2012, previo aggiornamento dei riferimenti temporali ivi contenuti;
la procedura di ammissione al beneficio del cinque per mille prevede che gli

enti interessati iscritti telematicamente negli appositi elenchi tenuti dalle competenti amministrazioni, devono trasmettere a mezzo raccomandata, nei termini fissati, a pena di decadenza, una dichiarazione sostitutiva, firmata dal legale rappresentante dell'ente e corredata dalla copia del documento di riconoscimento di quest'ultimo;
alcuni enti del volontariato, pur in possesso dei requisiti sostanziali ai fini dell'ammissione al beneficio e regolarmente iscritti, sono stati esclusi per alcune annualità dalla ripartizione del cinque per mille per omessa o tardiva presentazione della dichiarazione sostitutiva o per mancata allegazione di copia del documento di riconoscimento;
la giurisprudenza, in alcune pronunce, ha accolto in passato le motivazioni degli enti interessati, nel caso in cui la decadenza è stata comminata per omessa allegazione di copia del documento di riconoscimento;
l'esclusione dal beneficio penalizza l'attività di enti meritevoli, che, nella gran parte dei casi, svolgono una funzione sociale di assoluto rilievo e sopravvivono esclusivamente grazie al contributo annuale derivante dal 5 per mille;
in considerazione di quanto sopra rappresentato, sono state già disposte per gli esercizi passati riaperture dei termini per la regolarizzazione documentale a favore degli enti del volontariato e delle Onlus (articolo 42, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 e articolo 1, comma 23-quaterdecies, del decreto-legge 30 dicembre 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2010, n. 25);
al decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, attualmente in esame in Parlamento, recante proroga dei termini previsti da disposizioni legislative, è stato proposto, all'esame nelle Commissioni, l'emendamento 20.1 che non è stato ritenuto ammissibile in quanto la proroga dei termini contenuti in decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe oggetto di atto amministrativo e non di un provvedimento legislativo;
pur nella consapevolezza che l'avvenuta esclusione è imputabile a un'inadempienza o a una non corretta esecuzione degli adempimenti procedurali, una riammissione nei termini potrebbe, come è avvenuto in passato, costituire un segno di grande attenzione per il terzo settore -:
se non ritenga di dover intervenire quanto prima con atto amministrativo al fine di prevedere una proroga della regolarizzazione delle domande degli enti beneficiari del cinque per mille anche in considerazione del fatto che tale disposizione è stata annualmente reiterata e che molte di queste associazioni riescono a sopravvivere esclusivamente grazia all'erogazione di questo contributo.
(5-06060)

FORCOLIN, FUGATTI, COMAROLI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha rivisto il regime fiscale dei contribuenti minimi;
in particolare, a partire dal 1° gennaio 2012, il regime introdotto con la legge finanziaria per il 2008 si applica per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione o che l'hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007, con l'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento;
i requisiti per essere considerati contribuenti minimi sono quelli stabiliti dalla legge istitutiva di tale regione (commi da 96 a 117 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244), a cui si aggiungono

quelli previsti dal decreto-legge n. 98 del 2011, che devono sussistere contestualmente;
per rientrare nel regime agevolato il contribuente non deve avere conseguito spese per i lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all'articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR, anche assunti secondo la modalità riconducibile ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso, né deve avere erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati;
la norma, comprensibile nella sua ratio generale, va nei fatti a penalizzare e discriminare i contribuenti donna: sono molti, infatti, i casi di professioniste, artigiane o commercianti che, rientrando nel regime dei minimi, non possono avvalersi nel periodo della gravidanza e, nei primi mesi dopo la nascita del figlio, di dipendenti a tempo determinato o di collaboratori strettamente necessari per permettere la continuità dell'attività;
una donna, quindi, dovrebbe scegliere tra la chiusura dell'esercizio o dell'attività e la fuoriuscita dal regime dei minimi; in entrambi i casi verrebbe penalizzata ingiustamente, indubbiamente sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo civile e morale, tanto più che obiettivo primario del Governo dovrebbe essere la tutela della maternità;
la previsione di una deroga al divieto di sostenere spese per lavoratori o collaboratori nel caso di donne in maternità non andrebbe a stravolgere la ratio della norma, né penalizzerebbe le entrate erariali, ma andrebbe semplicemente a garantire il pieno diritto alla maternità anche a quelle donne/contribuenti che possono rientrare nel regime di minimi -:
se il Governo intenda intervenire per consentire alle donne in maternità che rientrano nel regime dei minimi di avvalersi, per un periodo definito e determinato, di un collaboratore o di un dipendente a tempo determinato per dare continuità all'attività ed evitare la chiusura dell'esercizio o dell'attività stessa, rimanendo nel predetto regime tributario.
(5-06061)

DELLA VEDOVA e DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alla data del 1° febbraio 2011 sono state molte le aziende italiane che hanno prodotto all'Agenzia delle entrate le istanze di rimborso per IVA a credito, maturata nel corso dell'anno precedente;
ad oggi, gennaio 2012, si registra un importante ritardo nell'erogazione del rimborso IVA per l'anno di imposta 2010, con la inevitabile conseguenza di creare non pochi problemi in capo alle aziende creditrici;
risulta all'interrogante che il fallimento di molte piccole e medie imprese italiane sia stato causato dal mancato rimborso IVA per il periodo di imposta 2010, che ha aggravato i problemi di liquidità in capo ad aziende già provate, dal punto di vista finanziario, dalle accresciute difficoltà di accesso al credito;
alcune aziende vantano un credito cospicuo nei confronti dell'erario e il mancato rimborso rischia di compromettere l'operatività nonché le potenzialità delle stesse sul versante economico, produttivo ed occupazionale;
stando alla normativa vigente sono gli uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate ad essere chiamati ad ottemperare alle istanze di rimborso, ma allo stato non sono rispettati i termini previsti dalle procedure;
la grave congiuntura economica e le difficoltà del mercato evidenziano criticità, non propriamente trascurabili, in capo alle aziende italiane in settori strategici per la crescita e lo sviluppo del Paese;
il Governo sta promuovendo molteplici iniziative di natura normativa orientate al rilancio e allo sviluppo economico del Paese e dunque, in questo quadro,

sarebbe auspicabile che a gravare le piccole e medie imprese italiane di ulteriori e immeritate difficoltà non fosse proprio l'amministrazione finanziaria -:
se intenda adottare le iniziative necessarie a consentire che entro il primo trimestre 2012 sia erogato il rimborso alle aziende che vantano un credito IVA per l'anno 2010, e se intenda predisporre iniziative, anche di natura normativa, finalizzate ad evitare ulteriori ritardi nei rimborsi IVA per il successivo anno fiscale.
(5-06062)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come riportato da Quotidiano.net il 19 maggio 2011, la sentenza del TAR del Lazio n. 6884 del 2011 ha dichiarato nulle circa tre quarti delle nomine, avvenute senza concorso, di 767 dirigenti dell'Agenzia dell'entrate;
in particolare, la predetta sentenza evidenzia l'assenza di un'adeguata selezione per molte delle nomine, le quali sarebbero state attribuite anche in mancanza dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia, come confermato dal fatto, denunziato dalle organizzazioni sindacali del comparto, che, su 1.143 nomine dirigenziali effettuate in tutto il territorio nazionale, solo 376 nomine non sono state dichiarate nulle;
in particolare, la segreteria regionale della Campania dell'organizzazione sindacale Salfi, rappresentativa del comparto agenzie fiscali, a quanto consta all'interrogante, ha elevato un forte allarme su tale problematica, evidenziando altresì una situazione di «abusivismo» nelle nomine dirigenziali anche presso l'Agenzia del territorio;
la pratica di bandire continuamente nuovi concorsi, senza utilizzare le graduatoria degli idonei di concorsi precedentemente conclusi, rappresenta in molti casi violazione dei principi di economicità, efficienza, efficacia nell'azione amministrativa sanciti dalla normativa vigente in materia, ai sensi della quale l'utilizzo delle predette graduatorie costituisce atto d'obbligo e non meramente discrezionale;
è evidente come la prima preoccupazione, in questo campo, del legislatore, del Governo, e dei dirigenti responsabili delle agenzie, deve essere quella di garantire la piena efficienza nell'azione delle agenzie stesse, le quali svolgono un ruolo fondamentale nell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale ed a garanzia degli interessi erariali;
a tale proposito merita sottolineare come l'articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, si sia fatto carico delle esigenze di efficientamento dell'amministrazione finanziaria, prevedendo, nella prospettiva di una revisione integrale della spesa pubblica, che si proceda anche all'integrazione operativa delle agenzie fiscali;
tale importante previsione, che potrebbe comportare una significativa svolta nell'assetto organizzativo degli uffici tributari, non risulta tuttavia ancora concretamente attuata, mantenendo in tal modo una frammentazione di competenze e di strutture che rischia di incidere negativamente sull'azione dello Stato, proprio nel momento in cui, per far fronte alle pressanti necessità del bilancio pubblico ed all'esigenza di ripristinare condizioni di equità nella ripartizione del carico fiscale, tutti i settori dell'amministrazione finanziaria sono chiamati ad un particolare sforzo coordinato per far emergere l'enorme ammontare di basi imponibili che attualmente sfugge al prelievo e per migliorare il rapporto con i contribuenti onesti;
in tale contesto, oltre a tutelare le aspettative di coloro che lavorano nelle agenzie fiscali, occorre, soprattutto, assicurare che le procedure di selezione in un settore cruciale della pubblica amministrazione, quali le agenzie fiscali, siano improntate all'assoluto rispetto dei principi

di legalità, buona amministrazione e trasparenza, al fine di garantire la massima operatività delle agenzie -:
se ritenga di intervenire sulla citata problematica, al fine di garantire la piena operatività delle agenzie fiscali, verificando in particolare se tutti i dirigenti nominati siano in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia, quali iniziative intenda assumere per ripristinare il rispetto dei criteri di selezione/reclutamento dei dirigenti, evitando che in futuro, per colmare i posti dirigenziali vacanti, invece di ricorrere allo scorrimento delle graduatorie di precedenti concorsi per dirigenti, si bandiscano nuove ed inutili, nonché ad avviso dell'interrogante di assai dubbia legittimità, procedure selettive, in violazione delle legittime aspettative dei candidati dichiarati idonei, nonché dei principi sanciti dalla giurisprudenza in materia, ed in che termini e tempi intenda dare attuazione alla previsione di cui all'articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, la quale stabilisce, nell'ottica della revisione integrale della spesa pubblica, l'integrazione operativa delle agenzie fiscali.
(5-06063)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'entrata in vigore del decreto sulle liberalizzazioni sono state abrogate le tariffe e la norma che disponeva che il giudice dovesse riferirsi ad esse nella liquidazioni delle spese legali nel caso di soccombenza;
nel medesimo decreto è prevista l'adozione di un decreto del Ministro della giustizia sulle tariffe da applicare in caso di soccombenza;
in conseguenza, a causa della vacatio legis creata dal decreto e in assenza del previsto decreto ministeriale vi è l'impossibilità per i giudici di liquidare le spese nei caso di soccombenza, nonché l'impossibilità per gli avvocati di redigere gli atti di precetto;
tali atti infatti non essendo rivolti ai propri clienti ma alle controparti non possono procedere alla quantificazione attraverso pattuizione, previste solo per il cliente, né possono utilizzare le tariffe previste nel decreto per il caso di soccombenza in assenza della sua adozione e comunque in difetto della specifica previsione della sua applicabilità agli atti di precetto;
ciò comporta che l'utente dopo aver atteso molti anni per ottenere una sentenza non può procedere ad esecuzione forzata, ovvero che ai già noti ritardi della giustizia civile si assommino altri ritardi provocati dall'impossibilità per il giudice di pronunziare nella sentenza la condanna alle spese;
tale anomala situazione sta già provocando i detti rinvii come evidenziato al Ministro dal Presidente dell'associazione professionale forense -:
quali atti ed in quali tempi il Ministro intenda adottare per evitare questa grave anomalia ed i ritardi ulteriori nella definizione dei processi civili.
(5-06052)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'UCOII è un'associazione non rappresentativa di tutto l'Islam italiano;
Mohamed Nour Dachan è stato presidente dell'UCOII (Unione delle comunità islamiche in Italia), che non ha firmato la Carta d'intenti dell'Islam italiano nel 2009;
la mancata firma veniva dalla motivazione che nella Carta si faceva riferimento «all'uguaglianza fra uomo e donna»;

l'esclusione avveniva per volontà del Ministro dell'interno pro tempore Amato a seguito di detta controversia di natura etica e giuridica;
Mohamed Nour Dachan è stato protagonista di parecchie cause intentate contro giornalisti italiani e stranieri che lo hanno additato di appartenenza ai Fratelli musulmani;
il detto Nour Dachan si sarebbe autoproclamato «delegato per l'Italia della Coalizione Nazionale di Sostegno alla Rivolta Siriana», e comunque fonti di stampa così lo qualificano;
la rivolta Siriana a Damasco, parrebbe, anche da fonti di stampa, guidata dall'organizzazione dei Fratelli musulmani, come testimoniato nell'articolo http://www.liberoquotidiano.it/blog/1896/Attenti ai-compagni-di-strada-sulla-via-di-Damasco-.html;
Mohamed Nour Dachan sembra così fornire conferma della sua appartenenza ai Fratelli Musulmani;
su questa affermazione sono stati querelati e condannati giornalisti e testate che avevano fatto riferimento all'appartenenza di Nour Dachan ai Fratelli musulmani;
testate come l'Opinione e giornalisti come Andrea Morigi di Libero, hanno subito querele e processi molteplici intentati dal detto Nour Dachan, alcuni peraltro da lui vinti;
risulta l'apertura di una web radio a cura dei Giovani Musulmani d'Italia, legati a Nour Dachan e all'UCOII, che, a giudizio dell'interrogante, praticano proselitismo in rete (web radio);
con il partito radicalista tunisino An Nahada è stato eletto in Tunisia anche l'ex presidente dei Giovani musulmani in Italia, Osama al-Saghir, che tentò di presentarsi anche alle elezioni in Italia;
Khalid Chaouki è ex presidente dei Giovani musulmani italiani (sezione giovanile UCOII), è ad oggi responsabile della segreteria della Federazione Islamica Lombarda (organizzazione sui cui, a giudizio dell'interrogante, sarebbe opportuno indagare), nata per creare una eventuale intesa con lo Stato, pur essendo non rappresentativa;
peraltro, l'Islam non prevede una gerarchia e non è pensabile stipulare un'intesa solo con l'Islam marocchino, che non tenga conto di tutte le centinaia di Paesi e di varianti rappresentate dalla religione islamica in Italia;
solo la Consulta potrebbe pensare ad un accordo a livello complessivo con tutte le associazioni componenti l'Islam italiano -:
se intenda il Governo, per quanto di competenza, andare a fondo sulla vicenda di Mohamed Nour Dachan e sulla sua appartenenza all'organizzazione dei Fratelli Musulmani, bandito da tutti i Paesi arabi prima delle rivoluzioni per estremismo islamico;
se il Governo intenda effettuare attività di controllo e prevenzione del fenomeno estremistico, anche non permettendo a taluni personaggi di esercitare, in virtù della loro appartenenza a organizzazioni come la Fratellanza e UCOII, attività di proselitismo in Italia tramite anche attività politica ed elettorale in organi decisionali o anche meramente rappresentativi;
se il Governo intenda predisporre iniziative di competenza affinché la comunità musulmana in Italia viva e professi serenamente in pace e senza estremisti e organizzazioni esterne che ne controllino la vita quotidiana in tutti i suoi aspetti, come scuole, ospedali e carceri.
(4-14695)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il commissario straordinario per l'emergenza ambientale in Puglia e presidente

della giunta regionale pugliese, Nichi Vendola aveva firmato nel 2006 un contratto, della durata di 17 anni, con le imprese Tradeco-Cogem per la realizzazione di due discariche a Spinazzola, tra un villaggio neolitico risalente a 7.000 anni fa, una sorgente di acqua minerale nella vicina Poggiorsini e una masseria fortificata che fu dei Templari;
un mese prima, per lo scandalo dell'inquinamento provocato dalla discarica di Canosa di Puglia, tredici persone della stessa Tradeco erano state arrestate con le accuse di associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti;
il sito archeologico di Spinazzola, il cui nome è «Grottelline», venne segnalato per la prima volta alla Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, e quindi al Ministero per i beni e le attività culturali, nel 1998. Ma soltanto nell'estate del 2005, dopo gli scavi condotti da Renata Grifoni Cremonesi, del dipartimento di scienze archeologiche dell'università di Pisa, è arrivata la consacrazione ufficiale che si tratta di un villaggio del Neolitico antico risalente a 7.000 anni fa, «con frequentazioni lungo tutto l'arco del Neolitico fino all'età del Rame (III millennio a.C.) e all'età del Bronzo (II millennio a.C.)». È insomma la testimonianza del più antico popolamento neolitico di Puglia, nelle cui grotte, oltre a «raffigurazioni e decorazioni architettoniche riconducibili ad ambienti di culto di età medioevale, sono incisi graffiti di età precristiana». E sorge a breve distanza dal Casale di Grottelline, «possedimento dei Templari documentato sin dal 1197»;
si tratta di un'area che non è stata ancora vincolata, nonostante il soprintendente, Giuseppe Andreassi, con una lettera del novembre 2005 avesse annunciato «l'avvio dell'iter» ed il commissario prefettizio Mariannina Milano aveva chiesto alla Regione la revoca del contratto di autorizzazione delle discariche sulla base di documenti del comune di Spinazzola che definivano come «estremamente rilevante» l'importanza del sito archeologico;
la vicenda viene trattata dal giornalista Carlo Vulpio in un suo articolo pubblicato dal Corriere della Sera dal titolo «Nel villaggio neolitico spuntano due discariche» del 7 luglio 2006 e quando, il giorno successivo, l'8 luglio 2006, sul litorale di Brindisi viene trovata una finta bomba con un messaggio di protesta per un depuratore non realizzato, il presidente della regione Vendola attribuisce la responsabilità morale dell'accaduto al giornalista Carlo Vulpio, il quale presenta un esposto alla procura generale di Bari archiviato dal procuratore capo, Emilio Marzano;
l'alto magistrato chiede, e ottiene, l'archiviazione della querela presentata da Vulpio con la seguente motivazione: è pur vero che Vendola ha gravemente diffamato Vulpio, ma Vulpio lo ha provocato. Quasi che il legittimo diritto di critica e di cronaca garantito dalla Costituzione - in riferimento peraltro ad articoli di stampa mai oggetto di querela, smentita o rettifica - possa essere degradato a mera «provocazione»;
allo stesso modo, successivamente, sarà archiviata un'altra querela di Vulpio a Vendola, il quale aveva definito il giornalista - nel corso di un interrogatorio reso dallo stesso Vendola al pubblico ministero di Bari, Digeronimo, che ha avuto ampia diffusione mediatica - «noto diffamatore professionale». Secondo il procuratore aggiunto di Bari, Annamaria Tosto, Vendola poteva legittimamente esprimersi in tal modo poiché il giornalista aveva comunque subito molti procedimenti per diffamazione (pur non essendo mai stato condannato);
della vicenda delle discariche di Spinazzola si sono occupati anche altri cronisti, come Cosimo Forina della Gazzetta del Mezzogiorno e Alessio Dipalo, direttore di Radio Regio Stereo, i quali per aver trattato questo e temi simili sono stati minacciati e picchiati selvaggiamente;
lo stesso Carlo Vulpio, che ha trattato questa vicenda anche dai microfoni di Radio Regio Stereo di Alessio Dipalo, ha

subito il 4 ottobre 2011 un furto alla sua auto che è stata ritrovata quindici giorni dopo completamente carbonizzata, senza che allo stato agli interroganti risultino avviate indagini per appurare se l'atto sia da considerarsi intimidatorio, in quanto legato - come denunciato da Vulpio ai magistrati di Bari - alla sua attività giornalistica, sia in relazione alla già narrata vicenda delle discariche sia in relazione alle sue denunce sugli scempi ambientali causati dall'installazione di migliaia di pale eoliche e «parchi» fotovoltaici in Puglia;
la vicenda della discarica è per gli aspetti relativi all'ubicazione ancora oggetto di indagine da parte della procura della Repubblica di Trani, mentre per quanto riguarda i soggetti (amministrazione comunale di Altamura, Columella, e altre) che a vario titolo ne sono stati protagonisti è di competenza della direzione distrettuale antimafia di Bari, che indaga sulla «mala gestione» nella sanità regionale e sullo smaltimento di rifiuti sanitari ad Altamura - dove ricompaiono gli stessi soggetti di Grottelline e rispetto alla quale notizie di stampa del dicembre 2011 riferivano di un orientamento della procura verso l'archiviazione perché non sarebbero stati compiuti gli illeciti segnalati nelle informative dai carabinieri del Noe, il nucleo operativo ecologico;
come si legge in un articolo de «il Giornale» del 25 gennaio 2012, a firma di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica, secondo un'annotazione della Guardia di finanza di gennaio 2011, l'ex pubblico ministero barese Pino Scelsi (già titolare dell'indagine sulle escort a palazzo Grazioli) sarebbe entrato in rotta di collisione con la pubblico ministero Desirée Digeronimo quando questa, nell'ambito delle indagini sulla sanità pugliese, si era imbattuta in 14 conversazioni tra l'allora assessore alla sanità e il suo entourage, con Michele Scelsi, medico e fratello del pubblico ministero barese. Fatto che, nonostante la Digeronimo abbia considerato quelle intercettazioni prive di rilievo penale, avrebbe portato Pino Scelsi a intercettare la collega nel 2009, dopo la lettera aperta che Vendola scrisse contro la stessa pubblico ministero per captarne «verosimilmente i commenti»;
nell'articolo si legge inoltre che il pubblico ministero barese Scelsi, interrogando l'assessore della regione Puglia alla sanità Tommaso Fiore, «gli consentiva di ascoltare un'intercettazione ambientale che riguardava la Sanità, un aiuto replicato poco dopo, il 26 giugno, quando il pm «fuori dalla verbalizzazione», riassume all'assessore l'esito di un'altra intercettazione ambientale tra Tarantini, Lea Cosentino (all'epoca a capo della Asl Bari) ed Enrico Intini, «riferendogli che era in corso una perquisizione» a casa della Cosentino. Il 24 luglio, giorno del terzo interrogatorio di Fiore, questi «inviava a Scelsi (a seguito di suggerimento di quest'ultimo) una nota nella quale l'assessorato (...) richiedeva al pm di «poter conoscere circostanze ed elementi» utili a verifiche amministrative interne cosa che gli fu dal pm concessa -:
se non ritenga il Ministro di promuovere iniziative ispettive presso la procura di Bari per l'esercizio dei poteri di competenza;
per quale motivo non sia stata ancora vincolata l'area per la quale il soprintendente, Giuseppe Andreassi, nel novembre 2005 aveva avviato l'iter e se non si ritenga di provvedere urgentemente in tal senso;
se e quali azioni si intendano promuovere a tutela dell'incolumità dei giornalisti che trattano la questione dei rifiuti sanitari, delle discariche (di Spinazzola e non solo) e della installazione di «parchi» eolici e fotovoltaici industriali.
(4-14699)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 16 gennaio 2012, la prima firmataria del seguente atto ha visitato la casa circondariale di Secondigliano-Napoli accompagnata

dalla segretaria dell'Associazione «Il detenuto ignoto», Irene Testa;
la delegazione è stata guidata dal direttore dell'istituto, Liberato Guerriero, che ha reso noti, dietro richiesta, i seguenti dati sulle presenze dei detenuti: 1.248 presenti in una capienza regolamentare di 1.053 posti; 681 detenuti sono in regime di alta sicurezza; 95 si trovano presso il Centro diagnostico terapeutico (di cui 4 in isolamento sanitario, 20 in HIV di primo livello e 15 di livello intermedio); 17 in isolamento giudiziario e disciplinare; 9 sono collaboratori di giustizia; 40 in infermeria, sezione giudiziaria; 9 internati; 348 ordinaria giustizia e 49 nel reparto protetti; i detenuti con sentenza definitiva sono 476 mentre coloro che hanno una posizione «mista» con definitivo sono 115;
l'istituto ha un sovraffollamento inferiore ad altri penitenziari in ragione dell'appartenenza di molti dei ristretti alla criminalità organizzata: 500 alla camorra, 33 alla mafia, 12 alla 'ndrangheta e 3 alla sacra corona unita; comunque, le celle progettate per essere singole sono quasi tutte occupate da due detenuti; i fondi destinati alla manutenzione dell'istituto sono del tutto insufficienti per scongiurare il deterioramento della struttura e degli impianti;
il personale di polizia penitenziaria risulta molto carente: dei 1.370 agenti previsti dalla pianta organica, ne sono stati assegnati 1.115 ma, gli effettivamente disponibili sono 850 in quanto 196 sono distaccati e 69 risultano malati a lungo termine;
con i tagli che sono stati fatti all'assistenza psicologica, questa risulta carente: infatti, gli psicologi (tutti ex articolo 80) assicurano solo 70 ore al mese; quanto all'assistenza sanitaria, non sono state ancora rinnovate le convenzioni con i vecchi medici dell'istituto e questo determina uno stato di preoccupazione e di incertezza nel personale operante; per i casi psichiatrici, l'istituto è punto di riferimento per tutta la regione: esiste un reparto di osservazione dove i detenuti rimangono per brevi periodi;
per quanto possibile con le sempre inadeguate dotazioni finanziarie per i diversi capitoli di bilancio, la direzione cerca con professionalità di far fronte alle necessarie attività trattamentali: molti sono i corsi scolastici, scuole elementari, medie, istituto tecnico commerciale; quanto al lavoro, oltre ai soliti lavori interni all'istituto (scopino, spesino, distribuzione vitto, e altro) il carcere di Secondigliano offre un'importante attività lavorativa che sarebbe il caso di rafforzare ed estendere anche ad altri istituti; si tratta del riciclaggio dei rifiuti, un progetto fortemente voluto dal Dap dal direttore dell'istituto; progetto che dà ottimi risultati e che vede impegnati 30 detenuti a turnazione; la delegazione in visita ha potuto notare l'enorme differenza di stato d'animo fra i detenuti impegnati in questa occupazione e la mortificazione degli altri (troppi) internati costretti all'ozio nella loro cella; un altro progetto fortemente rieducativo, messo in piedi grazie alla buona volontà di un ispettore della polizia penitenziaria e assecondato dalla direzione, è quello della coltivazione in serra di un certo numero di prodotti ortofrutticoli; un ergastolano ha detto alla prima firmataria del presente atto «per me, lavorare la terra, vedere le verdure e i legumi crescere e maturare, corrisponde quasi alla libertà anche se quello che faccio si svolge dentro le altissime mura di cinta del carcere»;
quanto a casi particolari incontrati dalla delegazione nel reparto infermeria, si evidenziano i seguenti:
A.C. 40 anni, in AIDS conclamato, afferma di aver rivolto istanza al Dap per essere trasferito presso altri istituti con CDT perché a Secondigliano si sente minacciato da altri detenuti; per questo motivo sta conducendo uno sciopero della fame; il suo fine pena, a quanto riferisce, è fissato nel marzo del 2015;
V. T. riferisce di aver presentato 2 istanze ai Dap per poter scontare la pena vicino alla famiglia segnalando gli istituti di Catanzaro, Messina e Reggio Calabria;
G.F. ha presentato istanza di trasferimento in Sicilia perché la famiglia sta

a Palermo; si tratta di ergastolano che da 16 anni vive lontano dai suoi congiunti, è affetto da un'ipertensione gravissima con danni d'organo;
L.D.M. anoressico, tossicodipendente, dice di essere stato difeso da un avvocato d'ufficio; gli mancano due anni al fine pena; dice queste parole: «mi sento intrappolato, paralizzato»;
A.A., 42 anni, trapiantato di fegato da 8 mesi, necessita di continui controlli impossibili in regime di detenzione; afferma che, nonostante sia stato dichiarato incompatibile con il regime carcerario, il magistrato di sorveglianza ha rigettato qualsiasi tipo di richiesta avanzato dalla sua difesa;
C.P. tossicodipendente, gli mancano 12 mesi al fine pena, afferma che pur essendogli stati riconosciuti, per buona condotta, i giorni di liberazione anticipata, gli sono stati sempre negati i permessi;
S.Z. è da tre anni in attesa di trapianto di fegato, ha 9 figli, il più piccolo ha 4 anni; piangendo dice che vuole rimanere a Secondigliano perché a Parma dove è assegnato è stato due anni senza fare un colloquio; gli mancano tre anni al fine pena;
A.B. ha 78 anni e ha già scontato 16 anni di carcere, afferma che se gli fossero arrivati i due semestri di liberazione anticipata sarebbe già fuori; infartuato, operato al cuore, 7 ernie del disco, per tre volte gli è stata riconosciuta l'incompatibilità con il regime carcerario;
A.C. afferma di avere 8 patologie gravi e di non essere curato in quanto dovrebbe fare la salassoterapia una volta al mese, mentre nel carcere gli viene assicurata ogni tre/quattro mesi;
N.C. si trova a Secondigliano per il processo, è cieco ed ha bisogno costantemente di un piantone, mentre il carcere può metterglielo a disposizione solo ogni tanto visto che il ragazzo che fa questo lavoro deve seguire tutta la sezione;
N.C. è assegnato al carcere di Messina, ma vorrebbe rimanere a Secondigliano; chiede di poter fare qualcosa essendo costretto «per 24 ore a combattere con la sua oscurità»; sarebbe fondamentale per lui poter ascoltare degli audiolibri, ma i CD o altri supporti analoghi non sono ammessi in carcere;
M.M. cittadino somalo, afferma che con i giorni di liberazione anticipata dovrebbe essere già fuori, ma aspetta ancora la risposta;
l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»;
il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali (...)» -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere di Secondigliano;
se e quando intenda intervenire per quanto di competenza per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria e degli psicologi;
se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia assicurato

il personale necessario per un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti;
se intenda aumentare, adeguandolo, il fondo destinato alla manutenzione dei fabbricati penitenziari di Secondigliano;
se intenda favorire e ampliare la lodevole iniziativa di riciclaggio dei rifiuti che consente oggi solo a qualche decina di detenuti di poter effettuare un lavoro riabilitativo e spendibile fuori del carcere una volta espiata la pena;
se intenda intervenire per estendere la lucrosa iniziativa del riciclaggio dei rifiuti ad altri istituti oltre a quello di Secondigliano e Poggioreale;
di quali elementi disponga in merito ai casi singoli segnalati in premessa;
se intenda acquisire elementi in merito alla condotta della magistratura di sorveglianza in merito all'aderenza del suo operato a quanto prescritto dalla normativa riportata in premessa.
(4-14701)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato, tra gli altri, dal quotidiano La Repubblica, il 28 gennaio 2012, un cittadino marocchino di 27 anni, con numerosi precedenti e arrestato il pomeriggio del 27 gennaio per reati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale all'interno del pronto soccorso dove era stato trasportato dal 118 in stato di ubriachezza, si è suicidato il giorno stesso dell'arresto impiccandosi alla grata della porta blindata della cella ubicata all'interno della camera di sicurezza della questura di Firenze;
l'uomo, dopo essersi messo al collo una lunga striscia di tessuto ricavata dal margine della coperta in dotazione e averla legata alla grata della porta blindata, si è lasciato scivolare sul pavimento strangolandosi. Immediatamente è intervenuto anche il 118 che, dopo averne tentato a lungo la rianimazione, ne ha constatato il decesso per strangolamento;
sulla triste vicenda il Siulp fiorentino ha diramato la seguente nota: «Quanto accaduto è la chiara riprova di quanto il decreto "svuota carceri" sia assurdo ed inattuabile e di quanto, almeno la questura di Firenze, non sia in condizione di dare attuazione al provvedimento senza correre il rischio concreto che, episodi analoghi a quelli accaduti ieri sera, possano ripetersi. Quanto accaduto venerdì sera è solo la punta di un iceberg che ormai da tempo ha raggiunto dimensioni allarmanti. La fatiscenza delle strutture in uso alle forze dell'ordine a Firenze, e non solo, ha assunto livelli tali che non si riesce più ad assicurare neanche l'incolumità di chi deve essere "custodito". Non basta più ormai da tempo neanche il senso di responsabilità e di sacrificio dei lavoratori di polizia ad assicurare l'integrità fisica altrui. Inadeguatezza, abbandono, mancanza di fondi e di mezzi, sono le cause di quanto accaduto. E pensare che si volevano utilizzare proprio le celle degli uffici di Polizia per "decongestionare" le fatiscenti carceri. Una soluzione tutta italiana che preoccupa gli operatori di polizia fiorentini, perché, alla luce dei fatti, si ha la sensazione (certezza) che chi deve intervenire non abbia chiaro il quadro complessivo nel quale operano quotidianamente le forze dell'ordine a Firenze come altrove. Ora, accaduto l'irreparabile, si spera che finalmente quegli interventi da troppo tempo rimandati per liquidità, trovino finalmente realizzazione, almeno a Firenze»;
il decreto-legge n. 211 del 2011 aggiunge un nuovo comma all'articolo 558 del codice di procedura penale;
la nuova disposizione prevede il divieto di condurre l'arrestato presso la casa circondariale del luogo dove l'arresto è stato eseguito, ovvero presso altra casa circondariale, salvo che il pubblico ministero non lo disponga, con decreto motivato, per la mancanza o indisponibilità di

altri idonei luoghi di custodia del circondario in cui è stato eseguito l'arresto, per motivi di salute della persona arrestata o per altre specifiche ragioni di necessità (ricorrendo tali ipotesi, il pubblico ministero adotterà un provvedimento motivato con cui dispone la carcerazione dell'arrestato, in alternativa alla custodia, presso la sua abitazione o dimora);
inoltre l'articolo 123-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, stabilisce che l'arrestato è condotto in carcere «anche quando gli ufficiali e agenti che hanno eseguito l'arresto rappresentino la pericolosità della persona arrestata o l'incompatibilità della stessa con la permanenza nelle camere di sicurezza ovvero altre ragioni che impediscono l'utilizzo di esse»;
nelle intenzioni del Governo, le nuove disposizioni dovrebbero limitare significativamente il numero dei detenuti che attualmente vengono condotti nelle case circondariali per periodi di tempo limitatissimi (spesso pochi giorni), atteso che, in tali casi, il fenomeno produce un notevole aggravio per l'amministrazione penitenziaria, in termini di costi e di gestione dei cosiddetti «nuovi giunti»;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, le nuove disposizioni destano non poche perplessità, innanzitutto in quanto, su un piano generale, non sembra pertinente la giustificazione della modifica normativa per adeguare la disciplina della convalida al principio espresso dalla Corte costituzionale in ordine al minor sacrificio della libertà personale, giacché non si vede quale differenza - sul piano della lesione del bene rappresentato dalla libertà personale - intercorra tra la custodia in carcere e quella presso una camera di detenzione di una stazione dei carabinieri o di un commissariato di polizia;
peraltro la nuova disciplina, per come è stata congegnata, segna un certo qual arretramento delle garanzie per le persone arrestate, poiché la permanenza in carcere prevede che la persona arrestata fruisca di un'assistenza qualificata sotto il profilo dell'accoglienza (effettuato da personale specificamente preparato); della gestione di eventuali problematiche personali (che possono essere gestite dal personale civile dell'area educativa) e sanitarie (anche con riferimento a eventuali problematiche acute di tossicodipendenza);
detto altrimenti, è evidente che una professionalità specifica nel settore dell'accoglienza e gestione di persone detenute non appartiene alle Forze dell'ordine, il cui personale potrebbe trovarsi in grave difficoltà a gestire situazioni critiche ed esposto alle conseguenti responsabilità in caso di episodi critici, basti pensare al suicidio del cittadino marocchino avvenuto all'interno della camera di sicurezza della questura di Firenze;
prima di adottare la normativa in questione, occorreva prendere in considerazione l'attuale situazione della logistica e del personale (già oggi molte stazioni dei carabinieri, ad esempio, rimangono prive di personale nelle ore notturne per ridurre i costi di gestione) e far precedere la nuova disciplina dal monitoraggio sui costi degli interventi necessari a mettere a norma le strutture delle forze dell'ordine che dovrebbero ospitare i soggetti custoditi;
secondo il comitato di prevenzione contro la tortura del Consiglio d'Europa, una cella di polizia può essere adibita alla custodia per poche ore di una singola persona arrestata purché abbia le seguenti dimensioni: 7 metri quadrati di grandezza, 2 metri o più di distanza tra le pareti e 2 metri e mezzo tra il pavimento e il soffitto -:
se risultasse nel caso di specie siano state valutate - dalle forze dell'ordine e/o dal magistrato inquirente titolare delle indagini - le condizioni di salute della persona arrestata - uomo arrestato al pronto soccorso e in evidente stato di ubriachezza - al fine di una sua custodia presso un luogo alternativo alla camera di sicurezza;

quanto fosse grande la cella di sicurezza all'interno della quale l'uomo si è impiccato;
se la cella di sicurezza in questione godesse di illuminazione (in particolare di luce naturale) e aerazione adeguata; se la stessa fosse attrezzata con mezzi di appoggio (per esempio sedie fisse o panche) e se nella stessa vi fosse un materasso e coperte pulite;
se la persona morta suicida abbia potuto avere accesso ad un legale fin dalle fasi immediatamente successive all'arresto e quando il suo legale sia stato informato dell'arresto dalle forze dell'ordine;
se l'uomo avesse dei parenti e se questi siano stati informati dell'avvenuto arresto;
se l'uomo assumesse dei farmaci, se il medesimo fosse un alcolizzato cronico e se sia stato visitato da un medico durante le ore trascorse all'interno della cella di sicurezza;
se non si ritenga opportuno distribuire sistematicamente uno stampato alle forze dell'ordine con l'elenco chiaro dei diritti che spettano alle persone detenute dalla polizia fin dall'inizio della loro custodia;
se prima dell'emanazione del decreto legge n. 221 del 2011 il Governo abbia preso in considerazione l'attuale situazione della logistica e del personale delle forze dell'ordine, il tutto facendo precedere l'emanazione della nuova disciplina dal monitoraggio sui costi degli interventi necessari a mettere a norma le strutture delle forze dell'ordine che dovrebbero ospitare i soggetti custoditi;
se non intenda avviare un programma urgente di potenziamento, ampliamento e ristrutturazione delle camere di sicurezza all'interno delle quali dovranno essere custodite le persone arrestate in flagranza di reato prima della convalida dell'arresto;
se il Governo non intenda assumere iniziative di carattere normativo al fine di estendere l'esercizio del potere ispettivo di cui all'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario anche alle camere di sicurezza ubicate all'interno delle caserme dei carabinieri, dei commissariati di polizia e delle tenenze della Guardia di finanza.
(4-14702)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:

TERRANOVA, FALLICA, GRIMALDI, MICCICHÈ, STAGNO d'ALCONTRES, IAPICCA, PUGLIESE, SOGLIA e MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si è appreso dalla stampa che il consiglio di amministrazione di Alitalia avrebbe deliberato l'acquisizione di Wind jet e di Blu express-Panorama;
tale operazione, nonostante la sua rilevanza per l'industria dell'aviazione commerciale italiana e per l'intero trasporto aereo del nostro Paese, continua a non essere conosciuta neppure nelle linee generali, suscitando perplessità evidenziate anche dal presidente dell'Enac;
il rischio, soprattutto per gli aeroporti della Sicilia ben assistiti da queste compagnie aeree, soprattutto nei collegamenti di mobilità Nord-Sud (ovvero verso Roma e Milano, peraltro a tariffe cosiddette low cost), è che questa operazione possa determinare una concentrazione nella mani di Alitalia, a scapito della funzionalità dei collegamenti e, soprattutto, dei costi di trasporto. Circostanza assai più grave se si tiene conto che dalla Sicilia, a causa anche della mancanza d'investimenti effettuati nell'alta velocità ferroviaria, non ci sono sistemi di trasporto alternativi ed efficienti per raggiungere il Centro e il Nord Italia;
sull'aeroporto di Palermo, Wind jet e Blu express-Panorama hanno trasportato nel 2011 circa 900 mila passeggeri. Questo

significa che, a seguito della loro acquisizione, la quota di mercato di Alitalia passerebbe a 2,7 milioni di passeggeri, passando dal 43 al 65 per cento del traffico domestico. La compagnia finirebbe ad operare in regime di monopolio, in particolare per i voli su Roma;
già oggi, Alitalia si sta caratterizzando per una politica di eccessiva ottimizzazione delle rotte dalla Sicilia - dove già opera in posizione di leader del traffico domestico - al fine di sostenere le rotte Roma/Milano;
ad esempio, dal 10 novembre 2011 (inizio della winter 2011) al 26 gennaio 2012 (ultimo dato disponibile), a fronte di 3.210 voli programmati, Alitalia ha operato effettivamente n. 2.598 voli: in pratica, ne sono stati cancellati 612, pari al 19 per cento;
questo è solo uno dei tanti esempi delle riduzioni di servizio di Alitalia in Sicilia. Un altro esempio: nella settimana dal 30 gennaio al 5 febbraio 2012, Alitalia ha cancellato 78 voli da e per Palermo -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per evitare che quanto sopra esposto possa danneggiare i passeggeri che viaggiano tra la Sicilia e gli altri aeroporti nazionali.
(3-02068)

DOZZO, DUSSIN, GIDONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il riconoscimento dei grandi vantaggi economici che apporterebbe a tutto il Paese e, in particolare al Veneto, ma anche all'Alto Adige, la realizzazione di un asse stradale a scorrimento veloce di collegamento diretto tra Venezia e Monaco di Baviera è maturato già dall'inizio degli anni '50;
nel 1972 è stato inaugurato il primo tratto della A27, tra Mestre e Vittorio Veneto, e nel 1995 il secondo tratto tra Vittorio Veneto e Pian di Vedoia;
a seguito della mancata intesa con l'Austria per l'attraversamento del territorio austriaco con un asse autostradale a scorrimento veloce e la contestuale richiesta della prosecuzione dell'autostrada A27 da parte del mondo imprenditoriale e industriale locale, la regione Veneto ha promosso un protocollo di intesa in materia di infrastrutture firmato dal Governo italiano, dalle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia e dall'Anas, per realizzare, con i meccanismi del project financing, la prosecuzione della A27, attraverso una bretella di collegamento con l'autostrada A23 diretta a Tarvisio;
l'opera, identificata come completamento della A27 Alemagna e collegamento con la A23, è stata inserita nell'8o allegato infrastrutture della «legge obiettivo» quale infrastruttura strategica per il Paese ed è stata suddivisa in 3 tronchi funzionali ai fini del finanziamento e realizzazione:
a) tronco A - da Pian di Vedoia a Pieve di Cadore-Caralte;
b) tronco B - da Caralte a Forni di Sopra;
c) tronco C - da Forni di Sopra alla A23 nel comune di Tolmezzo;
il progetto preliminare del primo tronco di circa 20 chilometri, per un costo pari a 1,2 milioni di euro, è in fase avanzata di approvazione con il titolo

«Passante Alpe Adria - Belluno - Cadore»; il soggetto competente è la regione Veneto;
il tracciato del progetto, che per oltre la metà scorre in galleria, si sviluppa attraverso un territorio che si estende dalla zona a nord di Belluno, dalla località Pian di Vedoia, fino alla località Pian De l'Abate a sud di Caralte (comune di Perarolo di Cadore);
il project financing è stato presentato da un gruppo di imprenditori privati alla regione Veneto, è coerente con la programmazione regionale ed ha avuto ampio consenso da parte degli enti locali; l'iniziativa sta seguendo l'iter di legge per l'approvazione come opera della «legge obiettivo»;
il progetto è stato presentato a luglio 2010 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la valutazione d'impatto ambientale ed è stato ripubblicato per la consultazione del pubblico, anche ai fini della valutazione d'incidenza, a settembre 2011;
la regione Veneto è in attesa dell'esito della valutazione d'impatto ambientale speciale e dell'approvazione del progetto preliminare da parte del Cipe per poter indire, come da legge, la gara europea per la concessione dell'infrastruttura;
la realizzazione celere del primo tronco di prolungamento della A27 «Passante Alpe Adria - Belluno - Cadore» è importantissimo per la regione Veneto, in quanto l'opera è vista come un grande passo del Veneto e del bellunese verso l'Europa, che avvicinerà ulteriormente al mondo intero le Dolomiti, patrimonio ambientale dell'umanità;
tale primo tronco di prolungamento della A27 non solo si presenta funzionale sia per il collegamento con l'Austria, in prosecuzione verso nord con la viabilità ordinaria, sia per il collegamento con la A23, in prosecuzione verso est con la futura bretella, ma è anche autonomo e funzionale per il Cadore e la Cortina;
il nostro Paese non potrebbe essere accusato di aver frazionato l'opera, secondo il sistema, peraltro, già comunemente usato per le grandi opere della «legge obiettivo», con il presunto scopo di eludere le norme comunitarie sulla valutazione d'impatto ambientale e sulla pubblicità; in primo luogo, perché l'opera è comunque valutata in un procedimento di valutazione d'impatto ambientale e, in secondo luogo, perché il primo tratto si presenta autonomo e funzionale per il territorio nello stato attuale, in quanto evita il brusco riversamento dell'attuale traffico della A27 sulla viabilità locale, prolungando la viabilità scorrevole fino al Cadore;
tale primo tronco, infatti, rappresenta un supporto indispensabile per l'industria bellunese e veneta, è una soluzione improcrastinabile per porre fine alle lunghe code che si formano sulla strada statale n. 51 in certi periodi dell'anno, a causa dell'attuale troncatura della A27, ed è funzionale per collegare il Cadore e Cortina, nonché la provincia di Bolzano, con il resto del Veneto;
peraltro, la legge n. 191 del 2009, all'articolo 2, comma 232, con apposita procedura, ha previsto l'ulteriore frazionamento delle opere della «legge obiettivo», per lotti costruttivi, anziché per lotti funzionali, al fine di permetterne il finanziamento da parte del Cipe, vista la ristrettezza delle risorse pubbliche a disposizione;
il Governo, con gli ultimi decreti-legge, punta sulla promozione e agevolazione del sistema del project financing, allo scopo di sopperire, attraverso i finanziamenti dei privati, alla restrizione delle risorse pubbliche e permettere la realizzazione comunque delle infrastrutture indispensabili per il Paese;
il passante Alpe Adria - Belluno - Cadore, interamente finanziato da privati, si presenta autonomo e corrispondente agli obiettivi del Governo; un eventuale blocco dell'attuale progetto, in attesa dell'individuazione di ulteriori finanziatori

privati, che si propongano per la realizzazione dei due successivi tratti da Caralte a Forni di Sopra e da Forni di Sopra alla A23, metterebbe in crisi la realizzazione dell'opera -:
quali siano gli intendimenti del Governo per la celere approvazione del progetto preliminare del primo tronco del prolungamento della A27 - Passante Alpe Adria - Belluno - Cadore e che tempi si prevedano.
(3-02069)

...

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
dalla relazione del procuratore generale sull'amministrazione della giustizia nel distretto di Roma, in occasione della cerimonia di apertura dell'anno giudiziario, emerge che le organizzazioni mafiose nel Lazio sono sempre più radicate, con articolazioni logistiche per il riciclaggio di capitali accumulati illecitamente e per l'investimento in rilevanti attività commerciali e imprenditoriali (soprattutto nel campo della ristorazione, dell'abbigliamento e delle concessionarie di auto);
si tratterebbe di un mix variegato e complesso di organizzazioni di vario tipo, che operano nel territorio secondo metodologie diverse da quelle tradizionali, infiltrandosi progressivamente e silenziosamente nel tessuto economico-sociale;
l'alto numero di segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio di capitali di provenienza illecita (ben 5.495 nel 2010, il 15 per cento del totale nazionale) trasmesse da vari intermediari finanziari e bancari, con un aumento dell'80 per cento rispetto al 2009 non lasciano dubbi sulla penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico del Lazio;
secondo la relazione, Frosinone, centro della Ciociaria, continua a essere area privilegiata della criminalità camorristica, sia per la sua posizione baricentrica tra Roma e Napoli, sia per la vicinanza con territori controllati dai casalesi, allo stesso modo del circondario di Cassino che, per la sua posizione geografica di zona di frontiera, si configura come traiettoria di attraversamento lungo la fascia tirrenica nella dorsale sud-nord;
dalle regioni contigue la criminalità organizzata sconfina non di rado in Ciociaria e lì si insedia alla ricerca di adeguati ripari, come dimostra il protrarsi della permanenza nel Cassinate, luogo di soggiorno obbligato, di molti pregiudicati sottoposti in passato a misure di prevenzione;
in precedenza il questore di Frosinone aveva già denunciato senza mezzi termini la presenza in Ciociaria di camorra e 'ndrangheta, dirette all'investimento di soldi e riciclaggio di denaro sporco;
lo stesso dicasi per i magistrati che avevano confermato l'esistenza di una pericolosa e diffusa infiltrazione di camorra e 'ndrangheta nell'ambito delle attività commerciali operative su territorio;
con due successive lettere (del 23 settembre 2009 e del 29 gennaio 2010) al Ministro dell'interno pro tempore era stata evidenziata la situazione in cui versava e versa tuttora la provincia di Frosinone ed il Cassinate in particolare, sottolineando il grado di penetrazione della criminalità organizzata in tali aree e come la presenza di pericolosi affiliati a clan camorristici del napoletano e del casertano, avesse destato e desta un fondato allarme tra la popolazione, gli operatori economici e le istituzioni locali;
con le medesime missive era stato richiesto, invano, un incontro per una valutazione della situazione e delle possibili iniziative per intensificare l'attività di controllo e contrasto alla criminalità nel territorio cassinate;

con atti di sindacato ispettivo, alcuni dei quali ancora senza risposta, erano state evidenziate le medesime criticità e chiesti interventi urgenti;
la paventata soppressione del tribunale di Cassino rischia di diventare un segnale di debolezza nella lotta alla criminalità organizzata;
sussistono seri problemi sia di organico che di mezzi, per il contrasto alla criminalità organizzata e le risorse economiche risultano indubbiamente insufficienti, nonostante gli ingenti sequestri di beni alle mafie -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per affrontare le criticità evidenziate in premessa e se non ritenga opportuno convocare in merito un tavolo di consultazione con le istituzioni centrali e locali e gli operatori economici.
(2-01337)
«Anna Teresa Formisano, Adornato, Binetti, Bosi, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Zinzi, Volontè».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
in data 28 aprile 2011 la polizia municipale di Cerignola verificava che «dalla facciata, dalle solette dei balconi e dai cornicioni dell'immobile a più piani (ex Albergo Moderno) sito in Largo Costantino Imperatore si è verificata la caduta di pezzi di cemento e di intonaco, a causa della vetustà e per la mancanza di interventi manutentivi, oltre ad evidenziare una presunta precarietà strutturale dello stesso immobile»;
in data 5 maggio 2011 il sindaco di Cerignola emetteva un'ordinanza con cui si ordinava «alla società Cadinvest - proprietaria dell'immobile in oggetto - di eseguire immediatamente lavori ed opere di transennamento a tutela della pubblica incolumità, di effettuare una verifica tecnica alle strutture portanti, di eseguire entro trenta giorni dalla notifica del presente provvedimento, i lavori di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, onde eliminare il pericolo sopra lamentato, con diffida che non ottemperando sarà provveduto d'ufficio e sarà promossa l'azione penale»;
l'ingegner Donato Calice, socio della Cadinvest srl, in una intervista del 15 gennaio 2012, a firma di Gianvito Casarella, dichiarava che la società non avrebbe ottemperato all'ordinanza perché il recupero non era solo antieconomico, ma impossibile;
successivamente la Cadinvest ha presentato delle relazioni dicendosi impossibilitata a restaurare, fino a quando il giudice con apposita sentenza ha disposto che l'albergo fosse demolito per ragioni di sicurezza;
si è proceduto alla demolizione ma non sono state applicate le più elementari norme sulla sicurezza nel lavoro; si possono visionare al riguardo i numerosi video e le tante foto reperibili su internet e precisamente sulle testate giornalistiche www.lanotiziaweb.com e www.marchiodoc.it;
la struttura è stata demolita senza aver fatto sgombrare gli abitanti residenti nelle vicinanze, il cantiere è stato recintato con una piccolissima rete metallica (senza posizionare i dovuti teli per polvere), non sono stati usati potenti idranti per non alzare la polvere in tutto il rione;
la demolizione degli edifici in linea può avere rilevanti effetti sulla stabilità degli altri aderenti o appoggiati ai fabbricati con cui formavano un «unicum» strutturale di mutua stabilità, con pesanti ricadute sulla incolumità pubblica;

è stato presentato un esposto alla procura della Repubblica, anche per valutare la sussistenza o meno di fattispecie di reato in relazione alle procedure seguite anche dall'amministrazione comunale, a seguito del quale è stato disposto il sequestro dell'area -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a tutela della pubblica incolumità che del patrimonio culturale e artistico.
(2-01339) «Granata, Della Vedova».

Interrogazione a risposta immediata:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante gli ultimi mesi di attività dell'Esecutivo Berlusconi risultano essere state autorizzate dal Ministero dell'interno servizi di scorta di sicurezza a specifici parlamentari, la cui configurazione partitica il più delle volte risultava paradossalmente collocarsi tra le fila di coloro che, in maniera del tutto innovativa rispetto al loro passato politico, avevano espresso vicinanza e supporto al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore;
la sopra indicata questione è stata oggetto di speculazione mediatica, di malcontento sociale e segnatamente di mancati riscontri da parte dei diretti interessati;
ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n.133, è rimesso all'Autorità nazionale di pubblica sicurezza la competenza ad adottare i provvedimenti ed impartire le direttive per la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio di natura terroristica o correlate al crimine organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti, di armi o di parti di esse, anche nucleari, di materiale radioattivo e di aggressivi chimici o biologici o correlate ad attività di intelligence di soggetti od organizzazioni estere;
per cui, a monte di tali autorizzazioni vi è l'esigenza di garantire un adeguato livello di protezione a chi svolge attività pubbliche particolarmente sensibili o a chi è esposto a rischi di varia natura attinenti alla propria sicurezza personale e famigliare;
i suddetti presupposti risultano all'interrogante comprensibili e meritevoli, ma ha suscitato profonde perplessità il moltiplicarsi di tali autorizzazioni ai citati parlamentari, spesso prive di alcun fondamento attinente alla sopra indicata normativa;
tale esigenza di sicurezza che sembra aver colpito alcuni parlamentari, segnatamente a partire dai primi mesi del 2011, ha condotto all'incremento della spesa annua destinata ai servizi di scorta, che ammonterebbe, secondo quanto denunciato da sindacati e associazioni di polizia, a circa 100 milioni di euro;
inoltre, come da mesi segnalano le stesse forze dell'ordine, in riferimento alle quali il Governo uscente ha inflitto pesanti tagli e ridimensionamenti delle risorse, la moltiplicazione delle scorte politiche nella sola città di Roma ha permesso che venissero destinate a tale uso buona parte delle volanti operative nel quotidiano controllo del territorio;
tale tendenza ha legittimato una sproporzione, ad avviso dell'interrogante, vergognosa tra volanti e uomini destinati alla tutela dello Stato e quelle destinate ai presidi del territorio e alla tutela della cittadinanza, loro funzione primaria;
secondo i sindacati di polizia nella sola città di Roma sarebbero soltanto 50 le volanti delle forze dell'ordine impiegate nella pattuglia del territorio, contro 300 dedicate ai servizi di scorta a circa duemila personalità rientranti nelle categorie «a rischio»;

ulteriori criticità emergono in merito alla mancata revoca dei servizi di sicurezza anche quando la potenziale minaccia sembra essere stata superata: il risultato è che molte delle attuali volanti da strumento di sicurezza personale si sono trasformate in status symbol;
molti dei parlamentari «scortati» e vicini all'ex maggioranza hanno dichiarato di essere stati minacciati (né più né meno di quanto succede per ogni singolo parlamentare) e di aver considerato la scorta come «una condanna», piuttosto che come un premio;
l'apparente mancanza di requisiti normativamente validi in capo ai sopra indicati referenti, a cui è stata riconosciuto il servizio di scorta, ha alimentato il dubbio nell'interrogante e nell'opinione pubblica che le volanti a loro riconosciute fossero un infondato quanto dispendioso privilegio, che attualmente non sembrerebbe essere stato archiviato, nonostante non sia più in carica il Governo che l'ha concesso;
tra le linee programmatiche del neo Governo vi è l'improrogabile lotta agli sprechi con la definizione di interventi finalizzati al contenimento dei costi delle cariche elettive, attraverso il principio della sobrietà -:
se si intenda accertare l'eventuale necessità di riconoscere in capo a personalità parlamentari il servizio di scorta di sicurezza attualmente vigente e se si intenda avviare una revisione di tutti gli elenchi dei referenti istituzionali sotto scorta, al fine di procedere con la verifica delle reali esigenze di protezione e di sicurezza di tali profili, così come sancito dalla normativa in materia.
(3-02070)

Interrogazione a risposta orale:

VELTRONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sabato 21 gennaio 2012, dopo 28 anni di inutili ricerche, e chiedendo che venga fatta luce e giustizia sul caso Emanuela Orlandi, alcuni cittadini italiani si sono ritrovati davanti alla Basilica di Sant'Apollinare in Roma su iniziativa del fratello della ragazza, Pietro, per sollecitare l'ispezione della tomba del boss della banda della Magliana, Renato De Pedis, sita nella cripta dell'edificio, fugando una volta per tutte i sospetti circa i legami tra la scomparsa della giovane e la sepoltura dell'uomo, da tempo oggetto di indagini da parte della magistratura;
giova ricordare che il 10 marzo 1990 il cardinal Ugo Poletti, vicario generale della diocesi di Roma, autorizzava la sepoltura di De Pedis nella Basilica di S. Apollinare, e così avveniva entro il successivo mese di aprile del 1990;
secondo la normativa dell'epoca, però, articolo 341 del regio decreto n. 1265 del 1934, la tumulazione di cadaveri in luoghi diversi dal cimitero poteva avvenire solo in base ad un decreto autorizzativo del Ministro dell'interno, decreto di cui non è stata mai accertata l'effettiva esistenza;
come è emerso da un servizio della trasmissione Chi l'ha visto trasmessa da Rai Tre mercoledì 25 gennaio 2012, la protesta pacifica in ragione dei ritardi dell'inchiesta sarebbe stata turbata dalla presenza di un uomo, riconosciuto da alcuni manifestanti come un agente delle forze di sicurezza vaticane in borghese, che avrebbe fotografato i presenti con atteggiamento definito intimidatorio -:
se risulti il decreto del Ministro dell'interno che autorizza la sepoltura di De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare, quando sia stato firmato e da chi e se la presenza dell'agente in borghese sia stata verificata dalle autorità italiane e, in questo caso, se non si ritenga improprio e pregiudizievole l'atteggiamento delle forze di sicurezza vaticane che avrebbero proceduto a identificare cittadini che manifestavano nel territorio italiano.
(3-02071)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Consulta per l'Islam italiano è l'unico organismo certificato a livello nazionale ed atta discutere di nuove installazioni di luoghi di culto islamici;
da tempo ormai questa sua prerogativa viene regolarmente disattesa dalle amministrazioni comunali, che rilasciano autorizzazioni a moschee fai da te a imam fai da te;
nella capitale l'unico centro di preghiera ufficialmente riconosciuto e organizzato è la Grande Moschea di Roma;
gli altri centri di preghiera o culturali sono definiti dall'intelligence italiana e non solo, «a rischio»;
il 24 gennaio 2012 si è verificato un altro degli episodi di cui sopra, ovvero l'esposizione di due minareti alti circa 15 centimetri, uno in zona Cecchignola, precisamente in via dell'Esercito a Roma e l'altro a Bologna;
l'episodio è ben descritto e corredato di dati nell'articolo di Andrea Morigi su Libero «I romani si svegliano e scoprono un minareto»;
la cosa ha messo in allarme tutta la cittadinanza residente che ne ha visto un allarme per la sicurezza del territorio;
di detta installazione non si aveva notizia, né ne aveva notizia la Consulta, che dovrebbe su questo avere potere e parere consultivo prima dell'approvazione;
nello statuto della Consulta si legge che essa deve provvedere al censimento delle moschee, dei centri islamici e degli imam presenti in Italia -:
se e come intenda il Governo intervenire con riferimento a questa vicenda;
in particolare se intenda il Governo, convocare immediatamente una riunione della Consulta per l'Islam italiano presso il Viminale;
se intenda il Governo, effettuare attività di controllo e prevenzione del fenomeno, al fine di tutelare l'ordine pubblico, effettuando, per mezzo della Consulta, un censimento totale e reale di dette strutture sul territorio e di chi e come le amministra, vista la nuova situazione nordafricana relativa all'aumento del salafismo, che non è presente peraltro anche nel nostro Paese, cosa da sempre monitorata dalla Consulta.
(4-14676)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione n. 4-12943 si richiamava l'attenzione del Ministro dell'interno sulla grave decisione del prefetto di Foggia di revocare la scorta al giornalista d'inchiesta specializzato sui reati ambientali Gianni Lannes che ha continuato ad essere oggetto di minacce;
come segnalato nell'interrogazione 4-09050, il 2 luglio 2009, è saltata in aria l'auto della moglie; il 21 luglio 2009 ignoti hanno sabotato i freni della sua auto; il 5 novembre ignoti hanno bruciato la sua auto. Le intimidazioni e le minacce si sono estese anche ai suoi collaboratori, dal 25 giugno 2009 a tutt'oggi. In particolare, a maggio 2010, ignoti hanno sottratto un computer e minacciato telefonicamente alle 6 del mattino la moglie di Lannes; il giorno 8 ottobre 2010 alle ore 8,30, qualcuno ha suonato insistentemente al video citofono della sua abitazione dal quale era ben visibile il viso di una persona sui trent'anni con barba incolta ed accento non spiccatamente del luogo, il quale, in un insolito orario, gli ha chiesto di scendere a ritirare la posta. Accanto a questo soggetto si intravedeva la schiena di un altro individuo;

tant'è che dal 22 dicembre 2009 al 22 agosto 2011 lui e la sua famiglia hanno vissuto sotto protezione;
recentemente, il 26 gennaio 2012, nell'auto della moglie c'era un biglietto con un avvertimento minaccioso nel quale si invitava il giornalista a non creare problemi con le inchieste contro le ecomafie prospettando ritorsioni contro la sua famiglia e poi di nuovo nella notte tra il 29 e 30 gennaio è stato da ignoti manomesso il videocitofono dell'abitazione e dall'interno della casa non è più possibile vedere chi c'è alla porta, fatti che hanno indotto il giornalista ad abbandonare con tutta la famiglia l'abitazione di residenza;
Gianni Lannes ha svolto attività di inchiesta giornalistica sul nucleare italiano (civile e militare) scoprendo a Caorso, il coinvolgimento della 'ndrangheta nella dismissione della centrale nucleare attraverso la società genovese Ecoge srl a cui la Sogin - la società di Stato incaricata della bonifica ambientale degli impianti nucleari italiani, che prevede di concludere i lavori a Caorso nel 2025 - avrebbe appaltato una parte delle operazioni di smantellamento;
la società, secondo alcuni rapporti della direzione investigativa antimafia, è di proprietà di una famiglia considerata organica alla 'ndrangheta e a fronte di richieste di spiegazioni alla Sogin, prima vi è stata una smentita e poi quando hanno visto le foto gli hanno suggerito di non parlarne troppo e di tenere un basso profilo;
il 13 luglio 2011 Gianni Lannes ha prestato la sua collaborazione raccontando, alla presenza del legale e dei due agenti di scorta, al tenente Vincenzo Scarfogliero del Noe carabinieri di Roma, specializzato nel nucleare, ciò che aveva scoperto a Caorso. Sei giorni più tardi, il 19 luglio, gli è stato comunicato telefonicamente che di lì a poco sarebbe stata revocata la protezione -:
se e di quali informazioni disponga il Ministero in merito agli attentati e alle intimidazioni anche recenti subite dal giornalista;
sulla base di quali informazioni l'UCIS abbia approvato la richiesta di revoca della scorta per Gianni Lannes da parte del prefetto di Foggia ed, in particolare, se l'UCIS abbia provveduto autonomamente a verificare la sussistenza o meno delle ragioni per cui si rendeva necessario il mantenimento o meno della scorta;
se sia accaduto in altri casi che la revoca della scorta venisse annunciata telefonicamente;
se non si ritenga di rivedere comunque la decisione sulle misure di sicurezza nei confronti di Gianni Lannes e della sua famiglia.
(4-14677)

CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 5 maggio 2010 il sottoscritto presentava l'interrogazione a risposta scritta n. 4-07056, nella quale si riportavano episodi di violenza e criminalità posti in essere ai danni di Sabatino Tenore, sindaco di Siano, in provincia di Salerno, dell'assessore ai lavori pubblici Massimo Frasci, dell'assessore al bilancio Donato Liguori e del responsabile dell'ufficio tecnico comunale Vincenzo Leo;
nel suddetto atto di sindacato ispettivo si invitata il Ministro dell'interno a verificare la veridicità delle notizie di cronaca e di assumere specifiche determinazioni finalizzate ad incrementare la sicurezza ed il controllo del territorio, anche al fine di salvaguardare l'onorabilità delle istituzioni ed il regolare svolgimento dell'attività amministrativa;
in data 14 febbraio 2011 il Ministero dell'interno rispondeva all'interrogazione in oggetto comunicando che: «In relazione ai citati episodi - per i quali si ipotizzano dissidi di natura politica - è tuttora in corso un'accurata attività investigativa coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, anche per verificare l'esistenza di un comune denominatore»;

il testo argomentava, inoltre, che le esigenze di sicurezza erano state soddisfatte attraverso un incremento delle pattuglie del 9,3 per cento e, conseguentemente, dell'attività preventiva e repressiva svolta dagli organi operativi di pubblica sicurezza nell'area territoriale interessata;
nonostante tali rassicurazioni del Ministero dell'interno circa l'accurata attività investigativa ad opera della locale Direzione Distrettuale Antimafia, allo stato attuale non risultano ancora individuati e consegnati alla giustizia gli autori dei reati denunciati;
tuttavia, le attività criminose di cui sopra, dapprima perpetrate con metodicità, sono di fatto cessate pur in assenza della individuazione dei responsabili; questa anomalia potrebbe anche far sorgere il sospetto che tali minacce, intimidazioni e violenze possano aver indotto gli amministratori locali coinvolti a cedere ai ricatti dei malviventi, il tutto a danno della corretta amministrazione della città di Siano -:
se vi siano novità in ordine alla matrice degli atti di cui in premessa o, comunque, se siano emersi ulteriori e rilevanti elementi che possano far pensare ad infiltrazioni camorristiche in tali territori.
(4-14692)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:

BARBIERI e GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla situazione complessiva della scuola bolognese, in relazione alla quale, sulla base di riscontri precisi effettuati nell'ultimo trimestre del 2011, gli interroganti hanno constatato un livello elevato di politicizzazione;
durante il precedente Governo Berlusconi ci sono state continue contestazioni alla politica scolastica del Ministro pro tempore Gelmini, concretizzatesi in occupazioni ed in scioperi che hanno impedito, in molti casi, il regolare svolgimento delle lezioni, ad avviso degli interroganti con aperta violazione della legalità scolastica;
il Ministero è certamente a conoscenza del caso di una docente sospesa dall'insegnamento della religione, perché non in linea con l'orientamento «progressista» del dirigente scolastico, nonostante le numerose attestazioni di solidarietà dei genitori della maestra, unanimemente stimata negli ambienti bolognesi;
si fa riferimento anche a segnalazioni pervenute dagli studenti dei principali licei cittadini (Minghetti, Galvani, Sabin e Copernico) su situazioni anomale riferite ai sensi di storia adottati nei suddetti istituti che talvolta non rispettano quei criteri di obiettività più volte richiamati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
è opinione degli interroganti che il Governo farebbe bene ad attivare un controllo per verificare se esistono situazioni di parzialità e faziosità nell'insegnamento della storia contemporanea attraverso l'adozione dei testi palesemente in contraddizione con la verità storica (si citano i seguenti testi: «La conoscenza storica», «Le storie e la storia» e «Profili storici»). I docenti hanno il dovere di anteporre il proprio compito di educatori alle proprie convinzioni politiche ovviamente, durante l'orario curricolare;
la legalità scolastica non deve essere un optional ma un dovere preciso di professori e dirigenti -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione a quanto esposto in premessa.
(5-06055)

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato condannato dal giudice del lavoro di Trani per abuso di contratti a termine;
lo rende noto un articolo pubblicato il 19 luglio 2011 su la Repubblica Bari.it. Il ricorso è stato presentato da un'insegnante e da un operatore amministrativo della scuola, precari da nove e 11 anni;
questa sentenza restituisce speranza ai tanti precari della scuola che per anni prestano servizio con contratti a tempo determinato e senza la possibilità di programmarsi un futuro;
il 26 luglio 2011 il medesimo quotidiano ha pubblicato un secondo pronunciamento a favore dei precari del settore scolastico, a distanza di soli sette giorni dal primo;
in particolare, il giudice del lavoro di Trani ha di nuovo emesso una sentenza che accoglie il ricorso presentato da una docente scolastica dell'istituto «Archimede» di Andria che per sette anni ha prestato servizio con contratto a tempo determinato;
il segretario regionale Ugl Puglia, Giuseppe Carenza, ha spiegato nell'articolo succitato che «il giudice ha dichiarato la nullità del termine apposto a tutti i contratti di lavoro sottoscritti tra le parti, ordinando al Miur di riammettere immediatamente in servizio la ricorrente e risarcire il danno nella misura pari a un'indennità onnicomprensiva di sette mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, maggiorata degli accessori di legge»;
il numero dei ricorsi per il riconoscimento della stabilizzazione dei precari della scuola è già molto alto, ed è destinato a crescere viste le sentenze di accoglimento succitate;
quanto riportato dimostra, infine, che il Ministero utilizza forme contrattuali invalide, favorendo il precariato nel Paese -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere al fine di regolarizzare i contratti dei precari del settore scolastico che abbiano prestato servizio per almeno trentasei mesi, al fine di evitare le sentenze di condanna da parte dei tribunali del lavoro che oltre alla conversione contrattuale impongono il risarcimento dei disagi e dei danni subiti a causa dell'instabilità lavorativa prolungata nel tempo.
(5-06056)

CARLUCCI e CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un insegnante di scuola elementare ha vinto il concorso ministeriale abilitante all'insegnamento nel 1995 nella città di Palermo;
nel 2003 ha iniziato a fare alcune supplenze, inserendosi nella graduatoria di Roma e provincia;
dopo la graduatoria di concorso si è inserita nella graduatoria permanente, le attuali ad esaurimento, nella città di Roma, con l'inserimento in coda previsto per coloro che si trasferivano da altra provincia;
da quest'anno, invece, per quei docenti che provengono da altra provincia è previsto l'inserimento a pettine;
in tal modo i docenti saranno inseriti in base al loro punteggio in mezzo agli insegnanti di quella specifica graduatoria di appartenenza, causando un superamento da parte di chi proviene da un'altra provincia;
vengono ossia privilegiati coloro che si trasferiscono da una provincia ad un'altra a danno di che è in graduatoria da molti anni;
coloro che sono pendolari spesso accumulano assenze legate ai numerosi scioperi, e i ritardi nelle nomine da parte del provveditorato sono un grave danno per il diritto allo studio degli alunni che si

vedono costretti a cambiare almeno 4 o 5 insegnanti nell'arco dell'anno scolastico -:
quali provvedimenti il Governo a fronte di tale situazione intenda prendere al fine di elaborare un piano di immissioni in ruolo che parta da una valutazione attenta e responsabile dei requisiti maturati dai precari inseriti nelle graduatorie (e che quindi hanno conseguito l'abilitazione a seguito del superamento di prove selettive concorsuali concluse con un esame di Stato finale), tenendo in considerazione le normative stabilite dal diritto comunitario.
(5-06057)

GHIZZONI e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in applicazione dell'articolo 5 dell'ordinanza di Protezione civile del 22 luglio 2011 - prot. n. 3954 e secondo le indicazioni date dall'USR di Palermo con nota del 31 agosto 2011 - prot. n. 14096, tutti i posti vacanti e disponibili nelle isole di Lampedusa e Linosa saranno assegnati con precedenza al personale iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, e in mancanza di aspiranti, in quelle d'istituto, nativi o residenti da almeno dieci anni nelle suddette isole;
all'articolo 5 della sopra citata ordinanza si legge che: «2. Al fine di dare un migliore assetto al sistema scolastico delle scuole di ogni ordine e grado delle isole di Lampedusa e Linosa e garantire la continuità didattica per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili di personale docente ed ATA verrà data la precedenza al personale scolastico nativo o residente da almeno 10 anni nelle citate due isole. La copertura dei citati posti è assicurata: a) fino al 50 per cento con l'utilizzazione o l'assegnazione provvisoria per l'anno scolastico 2011/2012 e il trasferimento a domanda per l'anno scolastico 2012/2013, da parte del personale docente ed ATA con contratto a tempo indeterminato in servizio presso altre sedi; b) per la restante percentuale al personale docente ed ATA, nativo o residente nelle due isole da almeno 10 anni, inserito nelle graduatorie ad esaurimento e permanenti, è riconosciuta a domanda la precedenza assoluta nel conferimento degli incarichi annuali o fine al termine delle attività didattiche per la copertura delle cattedre e dei posti vacanti nelle scuole di Lampedusa e Linosa e di ogni altra attività progettuale, con particolare riferimento a quelle relative all'integrazione da effettuarsi nell'ambito delle risorse destinate a legislazione vigente al finanziamento del fondo d'istituto; c) analoga precedenza assoluta è riconosciuta al personale docente ed ATA incluso nelle graduatorie di circolo ed istituto delle scuole di Lampedusa e Linosa, nativo o residente nelle citate due isole da almeno 10 anni, rispetto ai non residenti inseriti nelle medesime graduatorie di circolo e di istituto per la copertura dei rimanenti posti vacanti, da parte dei dirigenti scolastici e il conferimento delle supplenze temporanee per assenze del personale in servizio nelle rispettive scuole;
non è chiaro perché una tale disposizione non sia stata estesa anche alle altre isole minori della Sicilia che condividono con Lampedusa e Linosa la necessità di garantire la continuità didattica;
gli alunni e gli studenti che risiedono nelle piccole isole sono sfavoriti da tale condizione: la continuità didattica, il successo formativo e le pari opportunità sono difficili, a volte impossibili, se per lunghi periodi, come succede molto di frequente, i ragazzi e le ragazze restano senza docenti e senza personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) in attesa che qualcuno accetti l'incarico nelle scuole in cui sono iscritti -:
se il Ministro sia al corrente di una tale disparità di trattamento e se non ritenga di assumere iniziative per porre rimedio a tale situazione estendendo alle altre isole della Sicilia e dell'Italia analoghe misure anche al fine di affermare il principio del diritto di tutti gli alunni che vivono in zone disagiate di vedersi garantite

la qualità e l'efficacia del sistema scolastico, a partire dalla continuità didattica.
(5-06058)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE CAMILLIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 3 gennaio 2012 i rettori della federazione del sistema universitario lucano-molisano-pugliese hanno inviato una lettera aperta al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per denunciare una disparità di trattamento nella distribuzione dei fondi tra università del Centro-nord e del Centro-sud;
infatti il 14 dicembre 2011 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha diffuso i dati sulla dotazione del fondo di funzionamento ordinario assegnata ai singoli atenei pubblici nazionali. La cosiddetta quota premiale del fondo comporta come da normativa, premialità e penalizzazioni finanziarie per gli atenei, cosiddetti «virtuosi» e «non virtuosi»;
da tale ripartizione si constata che su 27 atenei centro-meridionali solo 2 appaiono marginalmente virtuosi, mentre delle 27 università del Centro-nord ben 23 rientrano nella categoria delle «virtuose»;
il fondo di funzionamento ordinario presenta delle sperequazioni e differenze ingiustificabili, in quanto tali disuguaglianze hanno origine «storiche» di molto precedenti alla recente introduzione di criteri meritocratici di premialità, perché dai dati che rilevano i rettori gli atenei che ricevono la maggiorazione di fondo di funzionamento ordinario non sono sovrafinanziati perché «virtuosi», ma risultano «virtuosi» (cioè con performance superiori alla media) proprio in quanto già preliminarmente sovrafinanziati;
tale situazione si aggrava per le discutibili modalità con le quali sono stati finora definiti i criteri ed i pesi dell'algoritmo di premialità nel merito, in quanto (ad esempio) nella didattica si premia la facilità di superamento degli esami e non la qualità della formazione ricevuta, e nella ricerca si portano in conto solo alcuni capitoli di finanziamento nazionale ed europeo, e non altri, e si ignorano gli indicatori bibliometrici internazionali di produttività scientifica;
inoltre, alle sperequazioni nella distribuzione del finanziamento ordinario si sommano le enormi differenze tra i livelli di tassazione sopportabili dalle rispettive popolazioni studentesche e tra i contributi offerti, alle università locali, dai rispettivi territori: in primis, da parte degli enti locali e delle fondazioni bancarie, notoriamente molto più ricchi nelle regioni centro-settentrionali di quanto accada nel Meridione d'Italia -:
quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare al fine di porre rimedio alla situazione descritta in premessa ed evitare ulteriori discriminazioni a danno degli atenei ubicati nelle regioni più povere.
(5-06050)

Interrogazioni a risposta scritta:

BIASOTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Accademia linguistica nasce a Genova nel 1751 e da allora svolge un ruolo didattico di rilievo con un bacino di utenza che raccoglie studenti in Liguria fino al basso Piemonte;
l'Accademia linguistica ha nel suo patrimonio un excursus completo della migliore arte ligure, dal medioevo fino agli impressionisti liguri, una ricca gipsoteca con calchi originali di Eugenio Baroni, per un totale di 300 dipinti, tremila incisioni, marmi ed una collezione di maioliche;
il museo dell'Accademia, per problemi economici, è aperto il pomeriggio dal martedì al venerdì, pertanto sia le

scuole che buona parte dei turisti non possono godere di questo patrimonio culturale;
la legge n. 508 del 1999, all'articolo 2, comma 8, lettera e), cita la «possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali Istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché istituzione di nuovi musei e riordino di musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche. Nell'ambito della graduale statizzazione si terrà conto, in particolare nei capoluoghi sprovvisti di istituzioni statali, dell'esistenza di Istituti non statali e di Istituti pareggiati o legalmente riconosciuti che abbiano fatto domanda, rispettivamente, per il pareggiamento o il legale riconoscimento, ovvero per la statizzazione, possedendone i requisiti alla data di entrata in vigore della presente legge»;
in base all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 l'Accademia linguistica rilascia titoli di alta formazione artistica e musicale;
nel documento «Il Quadro dei Titoli Italiani» risalente al 20 gennaio 2011 ed emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i titoli dell'alta formazione artistica musicale sono equiparati ai titoli rilasciati dalle università statali;
ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 il comitato di valutazione del Sistema universitario ha espresso parere positivo sugli standard e i requisiti dell'accademia linguistica rispondenti a quelli prescritti per gli istituti AFAM;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto ministeriale n. 74 del 13 giugno 2011 ha autorizzato l'Accademia linguistica ad attivare corsi triennali ordinamentali e biennali sperimentali in ordine ad un'offerta formativa aderente a quella delle accademie già statizzate;
l'attività dell'Accademia è sostenuta in gran parte da trasferimenti degli enti locali, quali comune, provincia e regione; tali trasferimenti non sono sufficienti per coprire i costi dell'attività didattica dell'accademia e i tagli ai trasferimenti che stanno caratterizzando questo periodo hanno reso la situazione ancora più insostenibile;
attualmente l'accademia linguistica collabora strettamente con l'Accademia Albertina di Torino, a fronte di una convenzione, datata 12 luglio 2011, per la libera circolazione di studenti e docenti, nel rispetto delle normative ministeriali. A seguito della collaborazione con l'Accademia Albertina erano state individuate delle posizioni di cattedre attualmente prive di corso, chiedendo, in forza di detta convenzione, ai docenti di svolgere la loro attività presso la linguistica, la quale si sarebbe fatta carico di eventuali costi di trasporto sostenuti in più dai docenti; ciò avrebbe permesso un sollievo per le casse della linguistica ed una ottimizzazione dei costi statali in quanto si sarebbero utilizzate cattedre pagate ma al momento prive di corso;
nonostante il pieno accordo delle accademie Albertina e Linguistica, ciò non è stato possibile, in quanto i docenti non si sono detti disponibili al passaggio;
all'articolo 1, comma 40, della legge n. 220 del 2010 sono previsti 245 milioni di euro per il sostegno alle scuole non statali e 25 milioni per il sostegno alle università non statali legalmente riconosciute;
le retribuzioni dei dipendenti dell'Accademia linguistica sono assicurate fino a marzo 2012;
l'Accademia linguistica sta ipotizzando di mettere in vendita parte del patrimonio di quadri giacenti in deposito per ripianare il buco di bilancio -:
se e quali iniziative normative abbia previsto per intraprendere un percorso di

statizzazione dell'Accademia linguistica di Genova ed in generale delle accademie storiche non ancora statizzate;
se e quali iniziative normative stia prevedendo per permettere al sistema di formazione italiano di utilizzare appieno tutte le cattedre disponibili, comprese quelle prive di corso, in quanto in un periodo di crisi economica non pare possibile che possano esserci cattedre retribuite e non utilizzate;
a quali adempimenti ritenga debba rispondere l'Accademia linguistica di Genova per giungere alla piena statizzazione nonché quali iniziative, in attesa della conclusione del percorso, debba intraprendere per poter usufruire delle cattedre prive di corso ed eventualmente disponibili per lo svolgimento dell'attività didattica dell'Accademia stessa, considerando che l'utilizzo delle cattedre prive di corso in ragione di convenzione rappresenterebbe un avvio di statizzazione senza alcun costo aggiuntivo in quanto dette cattedre risultano già retribuite;
se e quali iniziative abbia pianificato per impedire che il patrimonio museale dell'Accademia venga venduto con l'evidente risultato di un impoverimento del patrimonio culturale dell'intera città di Genova e della Liguria tutta;
se ritenga si possa prevedere un iter di finanziamento per l'attività didattica dell'Accademia linguistica di Genova utilizzando lo stanziamento previsto dall'articolo 1, comma 40, legge n. 220 del 2010.
(4-14684)

DI BIAGIO, BARBARO e GRANATA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
risultano agli interroganti delle anomalie e irregolarità di gestione che interesserebbero l'Agenzia spaziale italiana (ASI), l'ente pubblico nazionale preposto al coordinamento nazionale delle attività, della ricerca e degli investimenti nel settore spaziale, alla diretta dipendenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e delle ricerca;
secondo quanto riferito dal quotidiano nazionale Il Corriere della Sera, nel mese di dicembre 2011 la Guardia di Finanza avrebbe sequestrato presso l'ASI una nutrita documentazione relativa ad una missione organizzata dall'Agenzia nel 2009 e finalizzata all'osservazione del lancio di un satellite dalla base statunitense di Vandenberg;
in particolare, la missione, che coinvolse all'incirca 33 persone, includendo figure esterne all'agenzia stessa e provenienti da ambienti militari e politici, costò allo Stato l'enorme cifra di un milione centomila euro e si concluse con un viaggio a vuoto, giacché il lancio del satellite fu posticipato;
oltre a chiarire i dettagli dei costi relativi alle spese per la missione, quanto a vitto e alloggio dei partecipanti, la procura della Corte dei Conti sta in queste ore facendo chiarezza su alcune voci di spesa di dubbia natura, quali una fattura di 116 mila euro destinata ad una società, la 9pm srl, che avrebbe dovuto curare gli aspetti logistici del viaggio;
tale vicenda riporta l'attenzione su ulteriori ambiguità gestionali in capo all'ASI, più volte oggetto di atti di sindacato ispettivo nel corso dell'attuale legislatura, che testimonierebbero una mancanza di trasparenza nell'operato dell'Agenzia, relativamente ad una commistione di interessi con la Holding italiana Finmeccanica e altre società quali la Space engineering, entrambe destinatarie dei fondi statali gestiti dall'Agenzia;
le ambiguità sembrerebbero ascrivibili in particolare all'operato del presidente dell'ASI, Enrico Saggese, già assistente per lo spazio del presidente di Finmeccanica Guarguaglini e già azionista della Space engineering, chiamato a capo dell'ASI dal precedente Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Gelmini, dapprima come commissario - nel

2008 - e poi con nomina di presidente - nel 2009 - recentemente riconfermato - agosto 2011- per la durata di quattro anni;
ulteriori ombre sono gettate sull'operato dell'ASI dalla presenza, nei quadri decisionali dell'agenzia, di personaggi, nominati dal presidente Saggese, in precedenza afferenti gli ambienti di Finmeccanica e ora chiamati ad assumere delicate decisioni relativamente a proposte fatte da aziende concorrenti del colosso industriale;
il quadro delineato dagli organi di stampa trova conferme nei resoconti di un'ispezione effettuata dalla ragioneria generale dello Stato, su richiesta del capo dei revisori della stessa ASI. L'esito dell'ispezione descrive infatti molteplici irregolarità e una generale carenza di trasparenza nella gestione delle consulenze e delle nomine, con accumuli di moli di ex-funzionari di organi costituzionali e sprechi di denaro pubblico per inspiegabili consulenze d'oro e per il finanziamento di progetti di studio tutt'altro che ragionevoli;
le criticità evidenziate mal si conciliano con la trasparenza e la serietà, che dovrebbero caratterizzare l'Agenzia, anche a fronte degli imminenti impegni che attendono il Paese in sede europea relativamente all'elaborazione delle strategie e alla gestione delle risorse per il settore spaziale -:
se non ritenga opportuno avviare, nell'ambito delle proprie competenze, un monitoraggio finalizzato a verificare ed approfondire le anomalie evidenziate per riscontrarne le responsabilità, che consentano di predisporre tutte le necessarie misure a garanzia e tutela della trasparenza nell'impiego delle pubbliche risorse e dell'assoluta serietà professionale e di operato del personale assunto nell'Agenzia e, in particolar modo, della presidenza, anche eliminando ambigui cumuli di cariche.
(4-14700)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2012

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

POLI, GALLETTI, ANNA TERESA FORMISANO, PEZZOTTA, RUGGERI, CICCANTI, COMPAGNON, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, con il quale è stato riformato il contratto di apprendistato, sulla base della delega contenuta nell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e nell'articolo 46 della legge n. 183 del 2010 (cosiddetto collegato lavoro), rinvia alle regioni la regolamentazione della materia, fissando il termine di sei mesi entro cui procedere all'emanazione delle nuove disposizioni e la contestuale abrogazione di quelle che continuano a trovare applicazione;
il 25 aprile 2012 scadrà il termine citato, ma, allo stato, solo la giunta della regione Lazio ha elaborato una proposta di legge per i tre livelli di contratto, che dovrà essere, però, esaminata dal consiglio regionale, mentre le altre regioni non hanno ancora avviato l'iter;
è singolare che tale ritardo si registri in regioni come Lombardia e Veneto, che hanno il più alto numero di apprendisti;
i nuovi livelli di apprendistato rappresentano un'occasione molto importante, sia per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, soprattutto in questo periodo di scarse opportunità, che per consentire alle imprese di organizzare al loro interno la formazione e di accedere alle agevolazioni previste in termini di sgravi contributivi ed avere un numero di apprendisti pari a quello dei dipendenti in servizio;
sarebbe opportuno che le regioni adottassero modelli uniformi di regolamentazione,

evitando soluzioni a «macchia di leopardo» su tutto il territorio nazionale -:
se non ritenga, per quanto di competenza, di adoperarsi affinché le regioni procedano senza ulteriori ritardi all'emanazione della regolamentazione del nuovo contratto di apprendistato, quanto più possibile uniforme secondo le linee indicate dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, anche per fornire ai giovani e alle imprese un'irrinunciabile occasione di impiego.
(3-02064)

DUILIO, BELLANOVA, MELIS, LENZI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, DAMIANO, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU e VICO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale della previdenza sociale, con lettere (a quanto sinora risulta) del mese di dicembre 2011, ha indirizzato a numerosi titolari di pensione la richiesta di ripetizione di indebito per somme erroneamente corrisposte per periodi che vanno dal gennaio 1993 alla prima metà del 2003;
la motivazione addotta a fondamento di tale pretesa è stata genericamente indicata nella (tautologica) espressione «a seguito della revisione delle operazioni di calcolo è risultato che l'importo della pensione spetta in misura inferiore a quella corrisposta»;
la lettera di richiesta, con formula burocraticamente asettica, si limita ad informare che può essere presentato ricorso amministrativo «esclusivamente on line» entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, in via diretta se il titolare possiede codice pin ovvero tramite i patronati e gli intermediari autorizzati dall'Inps;
dinanzi ad un mancato esito del ricorso amministrativo, il destinatario della richiesta può proporre azione giudiziaria da notificare all'Inps;
in caso di mancato riscontro, l'istituto procederà al recupero coattivo del credito;
la richiesta non tiene in alcun conto della situazione reddituale, sociale e familiare dei titolari di pensione, nonostante sia ampiamente consolidata, in alcune fattispecie, l'applicazione del principio del cosiddetto affidamento, secondo il quale la pretesa della pubblica amministrazione, fondata sul principio dell'autotutela della stessa in caso di errore, deve conciliarsi con la situazione reale del cittadino che sul reddito pensionistico faccia affidamento per condurre una vita minimamente libera e dignitosa;
la stessa richiesta, peraltro solo genericamente motivata, non menziona alcuna possibilità di rateazione, pur in presenza di una pretesa in molti casi di assoluta consistenza;
l'istituto previdenziale, interessato per le vie brevi nell'ufficio del presidente, non ha ritenuto di fornire riscontro alle informazioni richieste;
organi di stampa riferiscono situazioni diffuse di allarme sociale per il comportamento dell'Inps (allarme sociale sfociato in almeno un caso, sempre secondo organi stampa, nel suicidio di una persona anziana raggiunta dalla comunicazione in parola) -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per acquisire gli elementi utili alla definizione delle dimensioni e la diffusione del fenomeno e per individuare le ragioni che hanno determinato i suddetti errori di calcolo - in molti casi risalenti a circa venti anni addietro - anche al fine di adottare gli opportuni atti di indirizzo all'istituto previdenziale o apposite iniziative normative, volti a rimediare al procurato allarme sociale che si è determinato, nonché per attutire se non eliminare non sopportabili decurtazioni reddituali a molte persone e famiglie che percepiscono pensioni di importi comunque modesti.
(3-02065)

GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la disoccupazione nel Sud sta raggiungendo livelli insostenibili; gli ultimi dati ufficiali ci rappresentano una situazione drammatica, con il rischio di estinzione dell'intero comparto industriale;
ai 248 mila disoccupati ufficiali in Sicilia se ne devono aggiungere, secondo il rapporto Svimez, altri 326 mila nascosti;
nel 2010 in Sicilia, se si considerano anche coloro che, pur non facendo azioni dirette di ricerca di occupazione, sono disponibili a lavorare, il tasso di disoccupazione sarebbe più che raddoppiato, passando dal 14,7 ufficiale al 28,9 reale;
la situazione dell'occupazione giovanile e femminile è ancora, se possibile, più drammatica: nel 2010 il tasso di occupazione di giovani (età compresa tra 15 e 34 anni) è sceso nel Mezzogiorno al 39,9 per cento e in Sicilia al 38,8 per cento, contro una media nazionale del 52 per cento;
dal 2008 al 2010 le perdite di occupazione si sono concentrate sulle fasce giovanili e, per quanto riguarda l'occupazione giovanile, solo una giovane donna su cinque in Sicilia lavora;
questi dati, già di per sé drammatici, diventano grotteschi se inseriti dentro una situazione di crisi economica che sta portando molte aziende a chiudere, con prospettive di lavoro sempre più precarie e irraggiungibili per le migliaia di giovani disoccupati del Sud e della Sicilia, in particolare;
a tutto ciò si deve aggiungere il blocco quasi totale dei lavori di realizzazione delle infrastrutture nel Sud, con la chiusura di grandi complessi industriali e con aziende a controllo pubblico, come l'Enel e l'Eni, che prima hanno prodotto inquinamento in varie aree della Sicilia con le loro produzioni e che adesso non chiariscono se, come e quando abbiano intenzione di rilanciare le proprie produzioni nell'isola;
nel caso dell'Enel, tale azienda non chiarisce, ad esempio, cosa si ritenga di fare e come intenda intervenire in centrali elettriche, come quella di Porto Empedocle, Milazzo e Augusta, che risultano essere altamente inquinanti e per le quali si dovrebbe dare avvio a processi di trasformazione produttiva;
nel campo delle produzioni agricole, dopo annate che si sono rivelate disastrose per molti operatori del settore, le ultime decisioni in materia di introduzione dell'imu e del gasolio rischiano di determinare il collasso finale per molte piccole e medie imprese se non saranno attivate agevolazioni atte a facilitare la ripresa della produttività, a partire anche dalla possibilità di prevedere agevolazioni nella realizzazione di piccoli impianti fotovoltaici -:
se non ritenga opportuno, stante la grave crisi occupazionale che rischia di paralizzare il Meridione e la Sicilia in particolare, attivare un coordinamento presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con tutti i ministeri e le istituzioni competenti, nonché con i grandi gruppi industriali a partecipazione statale attualmente presenti con le loro produzioni nel Mezzogiorno, al fine di realizzare un piano straordinario che possa effettivamente ridare speranza e lavoro a popolazioni che, per prime, stanno subendo gli effetti devastanti dell'attuale crisi economica.
(3-02066)

CAZZOLA, BALDELLI e SCANDROGLIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nelle relazioni presentate in occasione delle recenti inaugurazioni dell'anno giudiziario è stato ovunque rilevato un netto incremento (talvolta fino al 30 per cento) delle controversie di lavoro;
questo dato contribuisce certamente a creare nuovi problemi a quella giustizia civile, il cui sovraccarico rappresenta un elemento di svantaggio per la competitività

dell'apparato produttivo italiano e per la sua capacità di attirare nuovi investimenti, soprattutto di capitali stranieri;
in sede di decreto-legge sulle liberalizzazioni, il Governo ha proposto di istituire un tribunale per le imprese, al fine di accelerare i tempi del render giustizia;
la legge n. 183 del 2010 (il cosiddetto collegato lavoro) ha previsto, all'articolo 31, comma 10, la facoltà delle parti sociali di dar vita a procedure di conciliazione e di arbitrato irrituale, a cui i lavoratori si obbligano a ricorrere tramite la sottoscrizione, libera e volontaria, di una clausola compromissoria, in modo che le controversie di lavoro (con l'esclusione esplicita di quelle attinenti la risoluzione del rapporto di lavoro) possano avere sollecita composizione stragiudiziale;
il successivo comma 11 prevede che, trascorso un anno senza che siano intervenute intese negoziali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sia tenuto ad esercitare nei sei mesi successivi un'azione di mediazione, a conclusione della quale, perdurando la mancata iniziativa delle parti, spetti al Ministro stesso definire, in via sperimentale, una soluzione con proprio decreto -:
se, come e quando il Ministro interrogato intenda attivarsi secondo le modalità prescritte, trattandosi di un impegno derivante da una legge dello Stato e considerando il tempo trascorso nell'inerzia delle parti sociali.
(3-02067)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI e MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 29, comma 11, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, abroga l'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, istitutivo degli «assegni di ricerca»;
la disciplina degli assegni di ricerca è ora interamente normata dall'articolo 22 della citata legge 30 dicembre 2010, n. 240;
l'ultimo periodo del comma 6 del suddetto articolo 22 stabilisce che «Nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, l'indennità corrisposta dall'INPS ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto 12 luglio 2007 è integrata dall'università fino a concorrenza dell'intero importo dell'assegno di ricerca»;
alcuni enti ed atenei (ad esempio l'università di Firenze, come precisato nel «Regolamento per il conferimento di assegni di ricerca» emanato in attuazione del comma 4 del suddetto articolo 22), malgrado l'assenza di una normativa specifica, prevedono che il periodo di sospensione obbligatoria per maternità debba essere recuperato al termine della naturale scadenza del contratto;
nel caso degli assegni banditi in base al comma 4, lettera b), del citato articolo 22 (a valere su specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti) il costo dell'integrazione potrebbe ricadere sui fondi dei gruppi di ricerca, che attualmente si trovano in situazione di grave sofferenza: tale condizione potrebbe indurre la preferenza a selezionare candidati di sesso maschile rispetto alle colleghe donne e ingenerare una potenziale discriminazione di genere;
il recupero della sospensione obbligatoria per maternità per attività a tempo determinato, in particolare nell'ambito della ricerca, costituisce una prassi positiva sia sul piano delle tutele individuali sia su quello curriculare, in quanto i risultati raggiunti nel corso del periodo di assegno di ricerca svolgono un ruolo rilevante in eventuali successive procedure di valutazione (ad esempio per il conferimento di contratti da ricercatore a tempo determinato o per l'accesso alla posizione di ricercatore negli enti di ricerca) -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intraprendere iniziative, anche

di carattere normativo, per rendere certo ed universale il diritto al recupero della sospensione obbligatoria per maternità alla naturale scadenza del contratto;
se il Ministro interrogato non ritenga altresì intraprendere iniziative, anche di carattere normativo, affinché la copertura economica dell'integrazione dell'indennità INPS sia posta obbligatoriamente a carico degli atenei e degli enti erogatori di assegni di ricerca, possibilmente prevedendo l'accantonamento di uno speciale fondo dedicato a tale finalità.
(5-06051)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 27 aprile 2006, è stato emanato un decreto ministeriale riguardante la deroga del decreto legislativo n. 66 del 2003, che riguarda l'organizzazione dell'orario di lavoro, classificando alcuni servizi della vigilanza privata come servizi di sicurezza sussidiaria per i quali si può applicare tale deroga, dimenticando che il decreto legislativo n. 66 in questione, prevede già deroghe in caso di eventi eccezionali e imprevedibili, e che appare all'interrogante in contrasto con le direttive europee 93/104/CE e 2000/34/CE che decretano il limite massimo di ore lavorative settimanali a 48;
appare evidente l'intento di aumentare l'orario di lavoro ordinario in quanto la maggioranza dei servizi rientrerebbe in tale deroga, disapplicando la volontà del legislatore di garantire e tutelare la qualità della vita dei lavoratori;
con la sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea del 13 dicembre 2007 C-465/05 si sancisce definitivamente la natura privatistica e a scopo di lucro delle imprese di vigilanza privata, (quindi appare evidente la non assoggettabilità a compiti di sicurezza sussidiaria, salvo specifiche richieste di PS). Nonostante questo, il Governo italiano, tramite il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, riguardante: modifiche al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 «Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'orario di lavoro» ha escluso completamente la vigilanza privata dal sopracitato decreto legislativo 66 con la conseguenza di aumentare spropositatamente l'orario di lavoro giornaliero dei lavoratori di questo settore portandolo a 12/14 o più ore, contravvenendo a quanto sentenziato dalla Corte di giustizia sopracitata e alle direttive europee 93/104/CE e 2000/34/CE trasposte nel decreto legislativo n. 66 del 2003 -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se intenda assumere iniziative per abrogare le disposizioni penalizzanti previste in tali decreti, in primis il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, successivamente il decreto ministeriale 27 aprile 2006, facendo sì che la vigilanza privata sia assoggettata completamente al decreto legislativo n. 66 del 2003.
(4-14687)

MORASSUT. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerose iniziative parlamentari hanno sollevato in aula e nelle commissioni parlamentari il tema della conclusione della vendita degli alloggi degli enti previdenziali pubblici divenuti proprietà INPS dopo lo scioglimento delle società SCIP;
numerose iniziative sono state svolte anche da parte degli inquilini e delle organizzazioni dell'inquilinato che hanno rivolto ai Ministeri competenti e all'INPS richiesta di chiarimenti sulla interruzione di una procedura garantita e coperta dalla legge e quindi senza dubbi interpretativi alcuni;
nonostante tali ripetute e diffuse iniziative l'INPS ha sempre opposto un sostanziale mutismo appellandosi alla necessità di ricevere dai Ministeri competenti

sulla vigilanza dell'Istituto e del suo patrimonio non meglio chiarite direttive interpretative;
solo grazie alle suddette iniziative parlamentari e sindacali è stato possibile ottenere l'avvio di un tavolo di confronto con i sindacati e qualche timido segnale di risveglio dell'INPS che solo grazie alla sensibilità di alcuni funzionari ha ritenuto talvolta di ascoltare le proteste e le richieste dei cittadini;
il silenzio dell'INPS appare ormai all'interrogante assimilabile a reticenza e che anche il Governo si è mostrato sempre, nei fatti, insensibile eludendo le dovute repliche alle iniziative parlamentari come, da ultimo, presso la VIII commissione della Camera dove il Sottosegretario Martone ha chiesto di interrompere la discussione su una risoluzione all'uopo presentata;
la stampa, in data 26 gennaio 2012 ha riportato peraltro notizia che il Presidente INPS Antonio Mastrapasqua - già titolare di altre 24 cariche di presidenze societarie di varia ragione sociale - ha assunto nei giorni scorsi la presidenza del fondo immobiliare Idea FIMIT;
il suddetto Fondo ha tra i suoi azionisti gli enti previdenziali Enplas ed Inpdap che sono titolari originari di cospicua parte del suddetto patrimonio abitativo infine confluito in INPS;
si può ravvisare dunque il rischio di una situazione non trasparente e di reale conflitto di interesse nella figura del Mastrapasqua poiché Idea FIMIT secondo talune indiscrezioni di stampa intenderebbe partecipare ad una asta per rilevare il patrimonio abitativo di INPS per gestirlo e valorizzarlo anche con dismissioni;
tale percorso creerebbe una ingiusta sperequazione tra le famiglie che hanno acquistato in passato a certe condizioni stabilite dalla legge e quelle attuali, ancora conduttrici, che aspettano inerti una risposta dall'istituto;
tale situazione non può essere ulteriormente giustificata -:
cosa i Ministeri competenti e l'INPS intendano fare per concludere il capitolo dismissioni sulla base delle tassative direttive della legge n. 410 del 2001;
quale sia l'esito delle iniziative assunte a seguito delle azioni parlamentari promosse sul tema con particolare riferimento alla interrogazione del 9 marzo 2011 dal sottoscritto firmata;
se intendano chiarire la posizione del Mastrapasqua in relazione a possibili conflitti di interessi.
(4-14691)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2012

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
è di questi giorni la notizia che più della metà del pane venduto nei supermercati e consumato nelle mense e nei bar proviene da forni della Romania, della Repubblica Moldova e della Repubblica di Slovenia;
il prodotto viene precotto, surgelato, imballato e spedito in Italia, tutti i giorni e a tutte le ore;
il pane diretto al Nord (in particolar modo in Veneto ed in Friuli Venezia Giulia) viaggia su tir frigoriferi e in aereo, quello diretto al Centro e al Sud viaggia attraverso la Croazia e poi attraverso l'Adriatico;
risulta che una parte del prodotto importato verrebbe cotto in forni a gestione familiare ove si utilizzerebbe legna di dubbia provenienza, scarti di bare, residui di traslochi e scheletri di fabbriche dismesse, persino pneumatici;

il costo di un chilo di pane è di 60/80 centesimi, massimo 1 euro, mentre a Venezia ad esempio costa mediamente 3,87 euro;
il risultato è una quantità di circa quattro milioni di chili di pane surgelato prodotto ogni anno, importato peraltro legalmente, a danno dei ventiquattromila mila fornai italiani - :
quali iniziative ritenga opportuno prendere per fare piena luce sulla situazione esposta in premessa, tanto riguardo al danno al made in italy visto il rilevante giro d'affari, quanto riguardo alla qualità del prodotto importato, soprattutto in riferimento alle delicate fasi di precottura, surgelazione, trasporto, immagazzinamento, congelazione e riscaldamento.
(3-02062)

Interrogazione a risposta scritta:

SANTORI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il problema dell'attribuzione all'Associazione italiana allevatori con la legge n. 30 del 1991, concernente la disciplina della riproduzione animale, delle attività di tenuta dei libri genealogici e di realizzazione dei controlli funzionali del bestiame iscritto a tali registri, è stato, nel marzo 2010, oggetto di un apposita segnalazione indirizzata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
con tale segnalazione il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, auspicava una revisione della vigente normativa al fine di garantire condizioni di accesso a tali attività non discriminatorie e concorrenziali;
il sistema allevatori composto da 29 Associazioni nazionali di razza o specie (ANA); da oltre 90 Associazioni provinciali o regionali allevatori (APA/ARA); dall'Associazione italiana allevatori (AIA) ha fino ad oggi usufruito, per lo svolgimento delle attività attribuitele dalla legge n. 30 del 1991, di appositi e finalizzati finanziamenti pubblici;
la vigente normativa europea prevede che, all'interno di un definito e controllato quadro operativo, si debbano realizzare diffuse situazioni di concorrenza operativa;
il finanziamento delle attività attribuite al sistema allevatori continua a gravare complessivamente sulla finanza pubblica per oltre 50 milioni di euro all'anno;
tale sostegno è esclusivamente finalizzato a contribuire alla tenuta dei libri genealogici ed alla copertura dei costi per lo svolgimento dei controlli funzionali;
permanendo l'attuale situazione normativa, l'operatività del sistema dell'Associazione italiana allevatori può essere assicurata solo con ingenti finanziamenti pubblici;
le azioni ed iniziative di ristrutturazione operativa sollecitate dal Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali e portate avanti dal sistema dell'Associazione italiana allevatori appaiono finalizzate più a salvaguardare l'attuale struttura operativa che a realizzare auspicate innovazioni gestionali ed a rispondere a innovativi criteri di economicità funzionale, malgrado sia noto che, a far data dal 2013, la normativa europea in materia di aiuti di stato non autorizzerà più tali sovvenzioni;
pur manifestando apprensione per l'impossibilità di mantenere attivo e funzionale il sistema, l'Associazione italiana allevatori sembrerebbe intenzionata a contribuire al ripianamento delle passività accumulate da strutture partecipate o detenute dal sistema ma aventi caratteristiche ed obbiettivi esclusivamente di carattere economico commerciale -:
quali iniziative si intendano assumere per dar corso alle ricordate sollecitazioni formulate dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di liberalizzazione dei servizi;

se si intenda liberalizzare, ferma restando la necessità di mantenere un controllo pubblico sull'unicità e la gestione dei libri genealogici e dei registri anagrafici del bestiame, tutte le attività di controllo funzionale sul bestiame iscritto a detti registri;
se si intenda verificare l'utilizzo per le finalità previste delle disponibilità messe negli anni a disposizione del sistema allevatori.
(4-14685)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9, primo comma, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, introduce la possibilità dell'utilizzazione degli idonei nei concorsi pubblici da parte di altre amministrazioni, affermando testualmente che: «con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i criteri con i quali le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici possono ricoprire i posti disponibili, nei limiti della propria dotazione organica, utilizzando gli idonei delle graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto di contrattazione»;
la possibilità di procedere all'utilizzazione di idonei in concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici non economici si configura come una rilevante economia di spesa in tema di assunzione di personale, evitando il ricorso all'indizione di nuove procedure di reclutamento con il relativo aggravio in termini di costi e di tempi per l'entrata in servizio del nuovo personale a copertura dei posti vacanti;
in materia, da ultimo, l'articolo 1, quarto comma, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (cosiddetto milleproroghe) ha previsto l'ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2012 dell'efficacia delle graduatorie concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato approvate successivamente al 31 dicembre 2005, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;
a distanza di circa nove anni dall'entrata in vigore della citata previsione della legge 16 gennaio 2003, n. 3, non si è ancora provveduto all'adozione del regolamento disciplinante i termini e le modalità per consentire in concreto alle amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici di coprire i posti vacanti utilizzando gli idonei delle graduatorie di concorsi pubblici approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto, impedendo così l'implementazione di una norma che consente un significativo contenimento della spesa per l'assunzione del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, vieppiù nell'attuale congiuntura economica -:
se il Ministro interrogato intenda sollecitamente provvedere all'adozione del citato regolamento previsto dall'articolo 9, primo comma, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, onde consentire la piena operatività della norma di utilizzo delle graduatorie degli idonei per la copertura dei posti disponibili in amministrazioni diverse da quelle che le hanno approvate, nell'ambito dei comparti Ministeri ed enti pubblici non economici;
se e quali iniziative intenda assumere al fine di estendere anche alle amministrazioni dei restanti comparti di contrattazione, quali da ultimo risultano dal contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di contrattazione dell'11 giugno 2007, la citata possibilità di utilizzo degli idonei delle graduatorie dei concorsi

pubblici in amministrazioni diverse da quelle che le hanno approvate ai fini della copertura dei posti vacanti.
(4-14688)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2012

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO, DI GIUSEPPE e PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel luglio del 2009 il Governo Berlusconi - in applicazione dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009 - nominava il presidente della regione Molise, Michele Iorio, quale commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari;
a seguito della gestione fallimentare e del mancato rispetto del piano di rientro, il 9 ottobre 2009 al commissario ad acta Iorio veniva affiancata, in qualità di sub-commissario, la dottoressa Isabella Mastrobuono (già direttore sanitario del Policlinico Tor Vergata di Roma);
nei numerosi tavoli tecnici riunitisi negli ultimi due anni veniva evidenziato come la suddetta struttura commissariale, guidata da Michele Iorio e dalla dottoressa Mastrobuono, non avesse di fatto rispettato le indicazioni e gli indirizzi del Governo e, soprattutto, non avesse mantenuto gli impegni previsti dal suddetto piano di rientro dal deficit sanitario regionale;
peraltro, sulla dottoressa Mastrobuono pende un rinvio a giudizio da parte del giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Roma per abuso d'ufficio per fatti che risalgono al 2008 nella sua qualità di manager del Policlinico di Tor Vergata di Roma;
il 31 maggio 2011 la medesima sub-commissario Isabella Mastrobuono viene affiancata da un secondo sub-commissario, il dottor Mario Morlacco;
al dottor Morlacco vengono affidati quasi tutti gli interventi che nel provvedimento di commissariamento del 24 luglio 2009 il Governo aveva assegnato al commissario Iorio e successivamente al sub-commissario Mastrobuono;
infine, il 21 gennaio 2012 si arriva alla nomina del dottor Nicola Rosato come ennesimo sub-commissario in sostituzione della dottoressa Isabella Mastrobuono;
attualmente, quindi, la struttura commissariale per la sanità molisana torna a essere composta da ben tre persone: il commissario Iorio, presidente della regione, il sub-commissario Mario Morlacco, nominato circa 9 mesi fa, e il dottor Nicola Rosato, ennesimo sub-commissario succedutosi alla dottoressa Mastrobuono;
nel frattempo, il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza hanno confermato lo stato di criticità dell'intero servizio sanitario regionale: un disavanzo non coperto per l'anno 2011, stimato in 22,5 milioni di euro, e un disavanzo complessivo incrementato della perdita pregressa rideterminata, pari a circa 49,6 milioni di euro. Insomma il trend del disavanzo sanitario regionale continua a essere negativo -:
se il Governo non ritenga necessario procedere a un ridimensionamento del numero dei commissari e sub-commissari coinvolti, prevedendo una revisione degli incarichi conferiti al presidente-commissario Iorio e ai due attuali sub-commissari, a favore della nomina di un'unica figura di alto profilo di commissario super partes.
(3-02063)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LENZI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le neuropatie disimmuni sono un gruppo di malattie del sistema nervoso periferico la cui causa si ritiene essere

legata ad una aggressione del sistema immunitario contro antigeni del nervo periferico. Tale gruppo di malattie si è molto ampliato negli ultimi anni, includendo oltre alla sindrome di Guillain-Barré (GBS) e la polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante (CIDP), numerose varianti di tali malattie, nonché nuove entità nosologiche, quali la neuropatia motoria multifocale e la sindrome di Lewis Sumner. Inoltre dopo le prime dimostrazioni negli anni '80 di una frequente reattività anticorpale della componente monoclonale con un antigene della mielina periferica in pazienti con neuropatia associata a gammopatia monoclonale IgM, e di anticorpi anti-neurone in pazienti con neuronopatia sensitiva paraneoplastica, tale capitolo si è allargato ad includere le neuropatie associate a gammopatia monoclonale e le neuropatie paraneoplastiche;
la polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante (CIDP) è una polineuropatia cronica demielinizzante che esordisce talvolta come la GBS (da cui il termine un tempo usato di Guillain-Barré cronica), ma che spesso presenta fin dall'inizio un andamento cronico. In circa la metà dei casi (soprattutto nei giovani) la malattia ha un andamento cronico recidivante, mentre nei restanti pazienti soprattutto anziani ha un andamento cronico progressivo fin dall'inizio. La prognosi a lungo termine di tale malattia è buona in circa la metà dei pazienti, capaci di condurre una vita del tutto autonoma dieci anni dopo l'inizio della malattia, mentre il 30-40 per cento di loro presenta dopo tale periodo qualche limitazione funzionale e il restante 10 per cento presenta una prognosi vitale o funzionale infausta;
la CIDP è classificata malattia rara dal sistema sanitario nazionale ed è inclusa tra le patologie dell'allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001; pertanto i pazienti affetti da questa patologia sono esentati dalla partecipazione alle spese per le prestazioni sanitarie relative;
una volta ricevuto il certificato di esenzione per malattia rara, il paziente ha diritto alle prestazioni di assistenza sanitaria incluse nei livelli essenziali di assistenza (LEA) ritenute efficaci ed appropriate per il trattamento e il monitoraggio della malattia e per prevenire ulteriori aggravamenti. Per la CIDP non è riportato un elenco dettagliato delle prestazioni esenti, in quanto si tratta di malattie che possono manifestarsi con quadri clinici molto diversi tra loro e, quindi, richiedere prestazioni sanitarie differenti. Il medico specialista del centro di diagnosi e cura dovrà scegliere, tra le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (LEA), quelle necessarie e più appropriate alla specifica situazione clinica, indicandole nel piano terapeutico per malattia rara del paziente;
la terapia a cui si ricorre per tali malattie è la somministrazione delle immunoglobuline in regime di day hospital, con una certa regolarità che varia da caso a caso, presso le strutture ospedaliere di riferimento;
nella realtà quotidiana i pazienti, però, si confrontano da alcuni anni con gravi restrizioni nell'accessibilità o disponibilità del farmaco: le loro esperienze evidenziano strutture farmaceutiche che affermano l'impossibilità di prescrizione del farmaco per il trattamento della cidp oppure che, pur in presenza di specifiche richieste mediche e piani terapeutici autorizzati, non ne hanno la disponibilità, avendo esaurite le rispettive voci previste dal bilancio annuale;
tale situazione risulta ancora più grave nel Lazio ed in particolare a Roma dove i pazienti già dal mese di gennaio non riescono a fare il previsto ciclo di immunoglobuline perché si sostiene che il budget per tali terapie sia già esaurito -:
se il Ministero sia a conoscenza dei fatti esposti e se risulti vero che non tutti i pazienti possono usufruire con facilità della terapia prescritte delle immunoglobuline perché i fondi stanziati non sono sufficienti:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza

affinché tale incresciosa situazione finisca e sia i pazienti che le loro famiglie abbiano un accesso certo e duraturo a tali terapie.
(5-06048)

RONDINI e BITONCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la professione sanitaria di odontotecnico è disciplinata dal regolamento di cui al regio decreto n. 1334 del 1928, normativa datata e da considerarsi ormai superata dall'evoluzione che l'attività di odontotecnico ha avuto, di fatto, in termini tecnici e professionali;
la professione di odontotecnico esiste fin dal 1928, per cui non è da ritenersi una nuova figura professionale sanitaria; essa necessita solamente di un semplice adeguamento legislativo, anche dal punto di vista del percorso didattico, così come si è già provveduto a fare per altre figure sanitarie;
in più occasioni il Consiglio superiore di sanità si è espresso in modo favorevole all'aggiornamento del profilo professionale di odontotecnico, rafforzando la convinzione della necessità di un intervento legislativo in materia;
la sempre maggiore richiesta di interventi estetici nel settore dentale rende inoltre indispensabile, per la riuscita ottimale di una riabilitazione protesica, la collaborazione tra odontoiatra e odontotecnico, con la presenza in studio di quest'ultimo, per l'adempimento di atti tecnici; solo chi fabbrica un dispositivo medico protesico, infatti, può individuare con facilità gli eventuali interventi atti a ottimizzare le funzioni del dispositivo e, pertanto, la sua presenza in studio per fornire la necessaria assistenza tecnica garantisce un maggior benessere ai pazienti sottoposti a cicli di riabilitazione protesica -:
se il Ministro non ritenga ormai improrogabile assumere iniziative per l'aggiornamento della professione sanitaria di odontotecnico, con il suo adeguamento alle esigenze emerse nel corso degli anni, anche per rendere paritetico il trattamento normativo che le istituzioni hanno già riservato alle altre categorie disciplinate dal sopracitato regolamento;
se non ritenga, altresì, necessario assumere iniziative normative volte a un'adeguata responsabilizzazione degli operatori odontotecnici, anche attraverso la costituzione di un loro organo di autogoverno e di vigilanza, ovvero di un collegio nazionale o di un albo professionale e, infine, se non si ritenga opportuno promuovere una disciplina normativa della presenza di odontotecnici presso gli studi odontoiatrici, per i motivi esposti in premessa, superando in tal modo la disposizione contenuta nell'articolo 8 del sopracitato regolamento che, per tale presenza, prevede la segnalazione dei giorni e degli orari agli uffici comunali competenti.
(5-06049)

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
il 26 gennaio 2012 la Conferenza di servizi ha approvato il progetto preliminare della «città della salute e della scienza» di Novara, che rappresenta un passo decisivo per la realizzazione del nuovo ospedale, che sarà il secondo nella regione Piemonte in ordine d'importanza;
contestualmente al suddetto progetto, sono state approvate la variante urbanistica che individua l'area per il nuovo nosocomio, nella periferia sud della città di Novara, le linee guida per il progetto di bonifica della zona e il cosiddetto «piano scavi»;
la quota di finanziamento di parte statale, con riferimento al quadro economico dell'opera, dei fondi previsti ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988, ammonta a 150 milioni di euro;
tra gli accordi di programma da sottoscrivere ancora, tra il Ministero della

salute e la regione Piemonte, risulterebbero tuttora disponibili risorse pari a 377.645.413,69 euro, di cui 351.861.597,24 assegnate con delibere del Cipe, rispettivamente n. 97 e n. 98 del 18 dicembre 2008;
secondo quanto risulta all'interrogante, la regione Piemonte intende destinare la quota di 377.645.413,69 euro per la costruzione della «città della salute e della scienza» di Novara e di Torino;
l'iter procedurale relativo alla «città della salute e della scienza» di Novara, prevede che entro i prossimi sei mesi, sia effettuata l'espropriazione dei terreni su cui insisterà l'opera infrastrutturale, la bonifica dei terreni e la redazione del progetto definitivo;
essendo differente lo stato di avanzamento delle procedure relative alle opere precedentemente riportate, occorre evidenziare a giudizio dell'interrogante, l'esigenza di poter attingere, in tempi brevi, a quella parte dei fondi destinati alla città della salute e della scienza di Novara -:
se non intendano confermare, nell'ambito delle rispettive competenze, che le risorse ammontanti a 377.645.413,69 euro siano ancora disponibili per la sottoscrizione degli accordi di programma con la regione Piemonte;
se non intendano altresì confermare, nell'ambito delle rispettive competenze, che i predetti accordi di programma possano essere sottoscritti con la regione Piemonte, in fasi cronologicamente diverse, in relazione al diverso stato di attuazione delle procedure relative alla costruzione della «città della salute e della scienza» di Novara e di Torino.
(4-14680)

PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dalla bozza di testo elaborata dai tecnici delle regioni per il nuovo patto per la salute 2013-2015 vi è inserita la proposta di limitare l'assistenza pediatrica ai bambini fino ai sei anni;
ufficiale o meno, la proposta è effettivamente forte. Si legge infatti alla pagina 10 del documento: «L'assistenza della pediatria di libera scelta non è garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Numerose aree del territorio nazionale soffrono di una carenza di pediatri e le regioni sono costrette ad incrementare significativamente il numero dei minori in carico ai PLS. Vanno quindi modificate le norme convenzionali che regolano i parametri relativi agli assistiti in carico, prevedendo di assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai Mmg»;
lo stesso presidente della conferenza dei presidenti regionali, Vasco Errani, ha definito i contenuti di quel documento come «solo ipotesi, non discusse né vagliate dalle Regioni»;
lo stesso ufficio stampa del Ministero della salute nel comunicato n. 19, del 30 dicembre 2011 in relazione a tale notizia affermava che: «(...) circa il riordino delle cure primarie, il Ministero della salute precisa che si tratta di un documento tecnico dei direttori degli assessorati regionali alla sanità. Nel documento ministeriale sulle cure primarie presentato al tavolo tecnico per il rinnovo del patto per la salute l'ipotesi assolutamente non è prevista, né risulta che il documento sia stato trasmesso al Ministero e che esista una sua validazione politica da parte delle stesse regioni»;
attualmente l'assistenza fra 0 e 6 anni spetta obbligatoriamente allo specialista dei piccoli, mentre tra i 7 e i 14 ogni famiglia può scegliere se continuare a farsi seguire dal pediatra o passare al medico di base;
il diritto all'opzione in questa seconda fascia d'età sarebbe cancellato se dovesse rimanere la proposta avanzata dai tecnici delle regioni;

il pediatra è sicuramente il medico più qualificato per i bambini, pensiamo alle numerose patologie neurologiche, ai disturbi del metabolismo e dell'alimentazione, ai dosaggi delle cure farmacologiche che nei bambini variano proprio in relazione del peso e delle dimensioni del piccolo -:
se corrisponda al vero la volontà di ridimensionare l'assistenza pediatrica obbligando i bambini, già all'età di 7 anni, a passare al medico di base perché si rileva su tutto il territorio nazionale una carenza di professionisti in pediatria;
se, qualora fosse vero, che vi sia una carenza di pediatri sul territorio nazionale non sia più opportuno aumentare i posti nelle scuole di specializzazione ponendo quindi una programmazione sicuramente più adeguata alle esigenze del Paese.
(4-14681)

BURTONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i bambini potrebbero perdere il loro pediatra già al compimento del settimo anno di età ed essere trattati, da quel momento, per la loro salute, dai medici degli adulti se dovesse passare la proposta di testo elaborata dai tecnici delle regioni per il nuovo patto per la salute 2013-2015;
si legge infatti alla pagina 10 del documento: «L'assistenza della pediatria di libera scelta non è garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Numerose aree del territorio nazionale soffrono di una carenza di pediatri e le regioni sono costrette ad incrementare significativamente il numero dei minori in carico ai PLS. Vanno quindi modificate le norme convenzionali che regolano i parametri relativi agli assistiti in carico, prevedendo di assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai Mmg»;
lo stesso il presidente della società italiana di pediatria (Sip), Alberto G. Ugazio, afferma che «i medici di medicina generale, che garantiscono all'adulto un livello molto elevato di assistenza, sono meno esperti dei pediatri in materia di bambini per il semplice motivo che ormai da 50 anni non se ne occupano più»;
alcune patologie sono proprie dei bambini e la stessa somministrazione del trattamento farmacologico varia tra adulto e bambino e tra gli stessi bambini visto che per i bambini è posto in relazione ai chili di peso o alla superficie corporea;
se il problema è la carenza di assistenza specialistica pediatrica su tutto il territorio nazionale certo questa non può essere migliorata togliendo i bambini ai pediatri ma predisponendo una maggiore copertura pediatrica -:
se corrisponda al vero la volontà di ridimensionare l'assistenza pediatrica obbligando i bambini, già all'età di 7 anni, a passare al medico di base con tutti i limiti che questo comporta in fatto di assistenza specialistica;
se, il Ministro, qualora risultasse vero che vi sia una carenza di assistenza pediatrica, non ritenga opportuno invece che togliere i bambini all'età di 7 anni ai pediatri aumentare i posti nelle scuole di specializzazione ponendo quindi una programmazione sicuramente più adeguata alle esigenze del Paese.
(4-14682)

JANNONE. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in un servizio de Le Iene, andato in onda il 26 gennaio 2012, è stata denunciata la situazione di una donna disabile di 38 anni Katia, la quale, dopo essere stata sottratta dalla custodia materna, è stata inserita in una comunità di assistenza agli anziani, ai disabili ed ai minori. Katia è affetta, sin dalla nascita, da oligofrenia, sindrome caratterizzata da un deficiente sviluppo dell'intelligenza con difficile adattamento

alla realtà; le cause di questa malattia possono essere: genetiche, fattori che intervengono nella vita intrauterina (per esempio, malattie infettive o intossicazioni), sofferenze da parto, malattie dell'età infantile. Le cosiddette pseudoligofrenie non sono legate a cause organiche, ma sono legate a fattori di ordine psicologico-ambientale (scarsa stimolazione ambientale, carenze educative scolastiche, affettive eccetera) o a fattori che interferiscono con l'apprendimento (disturbi visivi, uditivi, malattie somatiche di lunga durata, epilessie e altro);
la vicenda è iniziata dopo la chiusura dell'ospedale Cottolengo di Torino. Qui Katia veniva seguita e curata come paziente esterno, avendo la possibilità di rientrare la sera e dormire nella casa materna. A seguito della chiusura del Cottolengo, i pazienti esterni non sono stati inseriti in strutture adeguate, così la madre si è occupata di Katia, continuando a portarla in palestra, dal logopedista, al cinema e al mercato, facendole sempre mantenere un contatto con la realtà circostante, senza isolarla. Non è riuscita, tuttavia, ad inserirla in una struttura che fosse in grado di aiutarla adeguatamente, portando avanti il lavoro che avevano fatto i medici del Cottolengo;
per questo la sorella ha deciso di chiederne la tutela. Gli assistenti sociali del comune hanno così analizzato la situazione in cui viveva Katia, stilando una relazione, inviata poi al giudice di competenza. Nella relazione, come dimostrato dal servizio televisivo, si legge che «solo lontano dalla madre Katia potrà avere un aiuto adeguato». Così Katia viene tolta dalla tutela materna ed affidata alla sorella, la quale ha deciso di inserirla in una nuova struttura, in cui vengono assistiti, oltre ai pazienti disabili, anche anziani e minori;
le regole della comunità sono molto rigide e la stessa direttrice non si è dimostrata molto comprensibile con i bisogni di Katia e della madre. Le visite sono ammesse, per un'ora, soltanto una volta a settimana; se Katia ha delle manifestazioni di gioia e di affetto nei confronti della madre, gli infermieri e la stessa direttrice la allontanano e la intimidiscono, con modi bruschi e sicuramente non educativi, in modo da non far più tornare la madre. Katia si trova in uno stato di continua sofferenza e la madre non riesce ad ottenere alcun aiuto per portarla via da quella struttura -:
se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica delle condizioni e dei trattamenti cui sono sottoposti i pazienti disabili inseriti nelle strutture di recupero del nostro Paese;
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di evitare che episodi, come quelli portati alla luce dal servizio de Le Iene, continuino a verificarsi.
(4-14694)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE CAMILLIS. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il contratto di programma tra il Ministero delle attività produttive e la società consorzio Molise Agroalimentare Scarl, approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) con deliberazione del 13 novembre 2003 e aggiornato con deliberazione del data 18 dicembre 2008, ha previsto l'attuazione di un articolato piano di investimenti nel comparto agricolo per il potenziamento della filiera agroalimentare nella provincia di Campobasso;
in particolare, il contratto di programma prevede una linea di finanziamento per un progetto di investimenti proposto dallo zuccherificio del Molise finalizzato al miglioramento della resa e all'aumento della capacità produttiva;

la giunta regionale del Molise, con deliberazione n. 940/2011, ha provveduto a coprire la parte di cofinanziamento di propria competenza, mentre risultano ancora inattuati gli impegni assunti dallo Stato;
lo zuccherificio del Molise e tutti gli altri operatori del settore bieticolo-saccarifero, attendono altresì l'erogazione di circa 86 milioni di euro, quali quota relativa alle ultime due annualità degli aiuti nazionali autorizzati per un quinquennio dall'Unione europea con la riforma dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero del 2006, a fronte dell'impegno da parte dell'Italia di ridurre almeno del 50 per cento la quota di produzione nazionale di zucchero;
l'Italia ha mantenuto i suoi impegni, riducendo del 67 per cento la propria quota di produzione, attraverso la chiusura di 15 stabilimenti sui 19 operanti nel nostro Paese; dei 4 stabilimenti rimasti attivi, 3 sono dislocati nel nord (Minerbio, Pontelongo, San Quirico) e uno solo, quello di Termoli, nel centro-sud;
da inizio dicembre i bieticoltori e gli operatori dello zuccherificio del Molise sono in stato di agitazione;
anche a seguito del pignoramento dei 19 conti correnti dello zuccherificio di Termoli a seguito dell'istanza della ditta Energy Trading, società che fornisce gas all'azienda e che vanta un credito di oltre tre milioni di euro, fino a qualche giorno fa non erano stati pagati gli stipendi di dicembre né le tredicesime;
rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata del sottoscritto interrogante, il 25 gennaio 2012 il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali ha comunicato che il CIPE, il 20 gennaio 2012, ha assegnato 35 milioni di euro per gli aiuti nazionali ai bieticoltori per la campagna di commercializzazione 2009-2010, la cui erogazione è tuttavia subordinata al completamento delle procedure di registrazione della relativa delibera e di trasferimento delle risorse all'AGEA; per quanto riguarda il contratto di programma, si è invece limitato ad annunciare sollecitazioni al competente Ministero dello sviluppo economico;
se il Governo non mantiene gli impegni assunti, lo zuccherificio di Termoli rischia la chiusura, con gravi conseguenze per i dipendenti diretti, stagionali, gli agricoltori e gli operatori dell'indotto, in un momento difficilissimo per il territorio molisano;
lo zucchero costituisce un prodotto strategico per il nostro Paese ed è di interesse nazionale garantire l'attuale quota di produzione, per consentire all'Italia di avere una quota di autoapprovvigionamento -:
quali iniziative intenda assumere al fine di provvedere alla piena attuazione del contratto di programma con il consorzio Molise Agroalimentare Scarl.
(5-06053)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con delibera del CIPE n. 94 del 2010 e 14 del 2011 è stata attribuita in concessione alla società autostrada Brescia Verona Vicenza Padova la realizzazione tra l'altro del «traforo delle Torricelle» a seguito della deliberazione della giunta comunale di Verona n. 235 del 9 agosto 2011, è stato emanato il bando di gara n. 56/11 (pubblicato sulla GURI il 17 agosto 2011) avente ad oggetto l'affidamento in concessione de «la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale per il completamento dell'anello circonvallatorio a nord della città di Verona - traforo delle Torricelle» nonché della gestione di detta opera per 45 anni col sistema del project financing;

secondo lo studio di fattibilità del comune, l'opera (detta spesso semplicemente «Traforo delle Torricelle») avrebbe dovuto limitarsi alla realizzazione di infrastrutture stradali a pedaggio, con carreggiata a quattro corsie, di lunghezza di poco superiore ai 13 chilometri, aventi il fine di chiudere l'anello circonvallatorio attorno alla città con un costo inizialmente stimato di 290 milioni euro. In realtà, a prevalere nel progetto preliminare attualmente in gara sembra essere la funzione di collegamento autostradale tra il casello di Verona Est e quello di Verona Nord. Il progetto di fattibilità iniziale, infatti, è stato sotto vari aspetti stravolto, perché, al fine di garantire i ricavi a sostegno del piano finanziario nella sua offerta, l'ATI promotrice nella sua offerta originaria chiedeva la disponibilità di una ulteriore superficie complessiva di 150.000 metri quadrati come «aree per servizi» da cedere al canone annuo di 1,2 milioni a dei subconcessionari che vi avrebbero potuto realizzare le strutture ed attivare i servizi. Si sono aggiunte inoltre alcune integrazioni al tracciato principale e, data la disponibilità da parte della Società Autostradale Brescia, Verona, Vicenza, Padova di un contributo di 53 milioni di euro, si sono inserite anche opere riguardanti la viabilità ordinaria afferenti all'infrastruttura;
i costi sono saliti vertiginosamente, passando dai 330.177.000,00 euro oltre IVA iniziali agli attuali 445.199.000,00 euro (che, con l'aggiunta dell'IVA, diventano quasi 501 milioni). Un incremento che sembra configurarsi del tutto eccessivo rispetto al potere dell'amministrazione di negoziare e concordare con il promotore modificazioni alla proposta riconosciuta di pubblico interesse e che è circoscritto (come pacificamente affermato in giurisprudenza [*]) alla possibilità di introdurre «lievi correttivi» al progetto; l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nella determinazione n. 1/2009 afferma peraltro che il progetto in gara «non è modificabile nelle sue linee portanti ma solo migliorabile in relazione ad elementi quantitativi, in virtù della non modificabilità del progetto a base di gara»;
il caso, poi, delle «aree di servizio» riveste aspetti che richiedono necessariamente un approfondimento. Nonostante che, come si è sopra riferito, nell'offerta di gara per la scelta del promotore le relative strutture fossero destinate ad essere realizzate dal subconcessionario nella realtà, a seguito della richiesta da parte dell'amministrazione di sostituire alcune strutture con altre (delibera di giunta 152 del 2009), il loro costo, pari a ben 45.610.000,00, è stato sorprendentemente inserito tra i costi dell'infrastruttura stradale. I ricavi previsti sono passati da 1,2 milioni di euro annui a 6,0 milioni (doc. 1 pag. 2). Detti ricavi sono rientrati ovviamente sotto l'ombrello del project financing, facendo quindi ricadere in ultima analisi sull'Amministrazione anche i rischi di gestione delle strutture di servizio. Il tutto senza che vi sia traccia né di motivazioni convincenti né di un'istruttoria in merito al rapporto benefici/costi o all'aggiornamento del piano economico e finanziario (a cui peraltro è vietato l'accesso agli atti anche ai consiglieri). Risulta del tutto evidente che le modifiche apportate alla proposta originaria migliorano nettamente per il promotore le condizioni per il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario garantendogli ricavi di cinque volte superiori rispetto alla richiesta di 1,2 milioni di euro presente nella sua stessa offerta e, dunque, incidono su un elemento essenziale della proposta originaria, compromettendo le condizioni di parità tra i concorrenti;
le modifiche relative alle aree di servizio, dunque, già da sole (senza, quindi, considerare le ulteriori integrazioni all'opera principale) risultano tutt'altro che lievi, in quanto alterano caratteristiche essenziali della proposta originaria presentata per le selezione del promotore;
si rileva pertanto un aumento del 35 per cento dei costi complessivi di realizzazione dell'opera rispetto all'offerta originaria; un incremento del 500 per cento dei ricavi garantiti al promotore per la gestione delle aree di servizio; la mancanza di istruttoria per l'inserimento tra i

costi dell'infrastruttura principale delle strutture di servizio (la cui realizzazione nell'offerta originaria era posta a carico dei sub concessionari) -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraindicati con specifico riferimento ai contenuti del bando di gara n. 56/11 (pubblicato sulla GURI il 17 agosto 2011) e avente ad oggetto l'affidamento in concessione de «la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale per il completamento dell'anello circonvallatorio a nord della città di Verona - traforo delle Torricelle» nonché della gestione di detta opera per 45 anni col sistema del project financing;
quali informazione intenda assumere, tramite la società concessionaria, in relazione alle modifiche progettuali e agli incrementi dei costi dell'opera.
(4-14689)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Donadi e altri n. 1-00826, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palomba.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Marco Carra e Baretta n. 5-06035, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farinone.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Meta n. 1-00844, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 578 del 30 gennaio 2012.

La Camera,
premesso che:
le reti di accesso di nuova generazione cablate costituite in tutto o in parte in fibra ottica sono in grado di fornire servizi di accesso a banda larga molto più avanzati - grazie ad una maggiore capacità di trasmissione - rispetto alle reti in rame esistenti;
sono, quindi, vere e proprie autostrade informatiche, in grado di veicolare traffico dati a grande velocità, in sicurezza e senza strozzature;
le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono il settore che più di ogni altro dà impulso e sostiene la crescita e lo sviluppo di un Paese: le reti intelligenti di nuova generazione - fisse e mobili - possono promuovere la crescita, secondo la Banca mondiale - per 1,3 punti di prodotto interno lordo ogni 10 per cento in più di diffusione della banda larga; secondo il Commissario alla concorrenza Kroes un mercato unico digitale incardinato su reti di nuova generazione può portare in 10 anni ad una crescita del 4 per cento del prodotto interno lordo europeo; le sole transazioni on line tra Paesi dell'Unione europea rappresentano non meno di 2,5 miliardi di euro;
rilevanti sono i risparmi realizzabili in termini di spesa pubblica, per le imprese e per le famiglie mediante sviluppo delle reti e dei servizi digitali - quasi 40 miliardi di euro all'anno, a regime, per l'Italia, secondo le stime di Confindustria: i risparmi potrebbero essere conseguiti grazie al telelavoro (2 miliardi di euro), e-learning (1,4 miliardi di euro), e-government e impresa digitale (16 miliardi di euro), e-health (8,6 miliardi di euro), giustizia e sicurezza digitale (0,5 miliardi di euro), gestione energetica intelligente (9,5 miliardi di euro);
nell'ambito delle prestazioni mediche, il solo teleconsulto (soprattutto per i medici di base) e il monitoraggio a distanza dei pazienti cronici possono determinare una diminuzione della spesa sanitaria di circa il 7 per cento (dati Confindustria);

l'infrastruttura di nuova generazione è, dunque, una priorità di investimento: contribuisce, infatti, a sviluppare quello che è stato correttamente definito l'«ecosistema digitale», per recuperare produttività in tempi di crisi ed è una condizione essenziale per la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata; l'economia digitale, infatti, non solo non distrugge posti di lavoro, ma ne crea di nuovi e aggiuntivi: secondo il documento su internet presentato al G8, ogni due posti di lavoro resi obsoleti dal digitale, internet ne crea 5 nuovi; inoltre, è dimostrato che il prodotto interno lordo pro capite cresce di circa 3-4 punti percentuali con investimenti nelle nuove reti a banda larga;
l'Europa nell'agenda digitale europea ha fissato ambiziosi obiettivi in termini di reti e di servizi da conseguire entro il 2020:
a) in termini di reti, il 100 per cento di copertura della popolazione entro il 2013; il 100 per cento di copertura con un collegamento di velocità superiore a 30 megabit al secondo al 2020; almeno il 50 per cento degli abbonamenti a velocità superiore a 100 megabit al secondo entro il 2020;
b) in termini di servizi, ha disposto che entro il 2020 il 50 per cento della popolazione europea dovrà avere rapporti con la pubblica amministrazione mediante il canale digitale; il 50 per cento di cittadini dovrà abitualmente utilizzare l'e-commerce e il 75 per cento dovrà, «regolarmente», ricorrere a internet; almeno il 33 per cento delle piccole e medie imprese dovrà vendere i propri prodotti o servizi mediante internet;
l'Italia ha un'insufficiente dotazione di questa fondamentale infrastruttura e occorre attivare tutte le iniziative necessarie per accelerarne lo sviluppo;
l'Italia parimenti sconta un grave ritardo nella realizzazione degli obiettivi dell'agenda digitale europea;
i dati forniti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'ultima audizione presso la Camera dei deputati delineano questo ritardo infrastrutturale e di servizi con molta chiarezza:
a) con 13,3 milioni di accessi a banda larga fissa, circa il 22 per cento della popolazione, l'Italia è in grande ritardo rispetto alla media europea del 26 per cento; il ritardo dell'Italia è anche maggiore rispetto all'Europa a 15; anche per il numero di imprese dotate di una connessione a banda larga è molto sotto la media;
b) le connessioni in fibra sono, parimenti, in grande ritardo: in Italia, dove pure la fibra ottica aveva cominciato ad essere posata con largo anticipo negli anni '90, la copertura territoriale è al 10 per cento, con poco più di 2,5 milioni di edifici in fibra ottica e solo 300.000 accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione;
secondo Eurostat, l'Italia è agli ultimi posti in Europa per la diffusione dell'e-banking; le piccole e medie imprese italiane non utilizzano internet, né per l'e-commerce, né per la fatturazione elettronica; pochissimi cittadini operano mediante transazioni elettroniche con la pubblica amministrazione;
nel nostro Paese si riscontra, altresì, una grave asimmetria tra reti mobili - in dinamico sviluppo - e reti fisse, sostanzialmente bloccate; gli italiani si stanno dotando di smartphone e chiavette usb per navigare molto più che in altri Paesi europei (48 per cento contro una media del 39 per cento): ma la rete mobile non ha le stesse performance della rete fissa; inoltre, la rete mobile, per svilupparsi, ha bisogno della rete fissa; la rete mobile, infatti, ha bisogno di collegamenti in fibra fra stazioni radio-base e centrali, ma solo la rete in fibra permetterà di realizzare la velocità di connessione attesa dalla trasmissione mobile di quarta generazione;
dal 2000 aste competitive per l'assegnazione delle frequenze hanno portato nelle casse dello Stato oltre 15 miliardi di euro;
la promozione e il sostegno alla realizzazione di nuove reti deve essere

coordinata con una triplice azione mirata di politica industriale, volta ad intervenire sullo sviluppo dei servizi da veicolare su tali reti, contribuendo, altresì, a sollecitare lo sviluppo del binomio offerta-domanda (reti-servizi) mediante: incentivi alla realizzazione delle reti fisse e mobili; diffusione dei servizi digitali evoluti; formazione digitale degli insegnanti, degli studenti, delle imprese e dei consumatori;
è molto importante la regolamentazione - proposta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - per accesso alle nuove reti in fibra, che incide sui profitti attesi e, quindi, sull'incentivo ad investire, nonché sulle regole in materia di concorrenza;
la regolamentazione sugli aiuti di Stato vigente nell'Unione europea limita oltremodo l'investimento pubblico in questo settore e occorre, pertanto, attrarre i capitali privati sugli investimenti in questo settore, adottando tutte le iniziative legislative ed amministrative necessarie per sviluppare la finanza di progetto;
la realizzazione delle infrastrutture ad alta tecnologia richiede tempo, in particolare in determinati ambiti geografici, e, come ha ricordato l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'audizione alla Camera dei deputati, è tanto più efficace quanto più è inserita in un contesto in cui offerta e domanda si alimentino reciprocamente: domanda e offerta di infrastrutture sono, infatti, legate da una forte interdipendenza; da un lato, l'assenza, la scarsità o l'inaccessibilità delle infrastrutture sono un vincolo rilevante allo sviluppo economico e alla domanda di infrastrutturazione; dall'altro, sono le stesse dinamiche di sviluppo che agiscono da stimolo ad ulteriore crescita che genera domanda di infrastrutturazione;
l'Italia è un Paese con molti distretti industriali già, «in rete», formati da piccole e medie imprese che producono prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, ma poche imprese vendono prodotti e servizi su internet e solo il 30 per cento delle imprese utilizza internet;
gli italiani utilizzano internet prevalentemente per ricerca, scambio di informazioni e di comunicazioni attraverso i social network, ma molto poco per acquistare merci e servizi e per dialogare con la pubblica amministrazione;
molte delle iniziative realizzabili e delle riforme da adottare sono a costo zero, ma hanno importanti ricadute in termini di benessere socioeconomico;
è possibile adottare strategie di immediata applicazione,


impegna il Governo:


a dotarsi in tempi rapidi di un'agenda digitale nazionale che individui e realizzi concretamente tutti gli interventi necessari - sulle infrastrutture e sui servizi - che consentano il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda europea;
a favorire e sostenere gli investimenti degli investitori istituzionali, delle Utilities e delle imprese di telecomunicazioni in infrastrutture di base per le reti fisse e mobili;
ad agevolare la condivisione dei lavori di scavo realizzati da differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas, acqua ed altro), in modo da ridurre e razionalizzare i costi di scavo; a prevedere, altresì, la regola di comunicare gli interventi di scavo - da parte del soggetto pubblico o concessionario degli interventi di scavo - per favorire la migliore pianificazione degli interventi agli operatori che intendono posare la fibra ottica;
per favorire la posa di reti di comunicazione elettronica, a prevedere che il registro operatori censisca anche le infrastrutture atte alla posa di reti di comunicazione elettronica, siano esse in titolarità di operatori di comunicazione elettronica o di organismi pubblici e di concessionari pubblici;
ad assumere iniziative volte a semplificare le disposizioni amministrative per la realizzazione di infrastrutture digitali fisse e mobili;

a dare pieno sostegno alla diffusione della banda ultra larga nel Mezzogiorno, che non riesce ad attrarre iniziative di mercato, mediante una compiuta attuazione al «Progetto strategico» e al «Piano azione-coesione» per il Sud e con tutti i necessari interventi di politica industriale delle infrastrutture a sostegno dello sviluppo delle aree svantaggiate;
per quanto riguarda le azioni di politica industriale sui servizi:
a) ad assumere iniziative per imporre obblighi di accesso simmetrici, cui assoggettare tutti gli operatori che detengono il controllo di infrastrutture e che possano frapporre ostacoli alla libera concorrenza;
b) a garantire il livello più alto possibile di apertura della rete, in modo da permettere a tutti gli operatori - a prescindere dal loro grado di infrastrutturazione - di offrire alla clientela i servizi innovativi consentiti dalle reti a banda ultra larga;
c) a favorire lo sviluppo della domanda di servizi digitali, agevolando il ricorso a servizi on line in tutti i campi, dalla formazione ai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall'educazione ai lavori pubblici, dalla sanità alla giustizia al fisco, promuovendo, in particolare, l'incremento dell'e-commerce e l'uso della modalità elettronica in tutte le transazioni, l'alfabetizzazione elettronica dei cittadini (foriera di opportunità di lavoro per i giovani), nonché la massima apertura all'uso delle applicazioni informatiche da parte delle pubbliche amministrazioni, soprattutto per quanto attiene ai servizi per i cittadini (certificazioni, mercato del lavoro, sanità);
d) ad adottare tutte le iniziative necessarie per dare impulso alle 101 azioni specifiche dell'agenda digitale in tutti i settori dell'economia e, in particolare, alle azioni concrete intese a raddoppiare entro il 2015 la quota del commercio elettronico nelle vendite al dettaglio e quella dell'economia di internet nel prodotto interno lordo nazionale, nel pieno rispetto delle raccomandazioni e delle comunicazioni assunte in sede europea;
e) a garantire il finanziamento di progetti per sviluppare il telelavoro - da accompagnare all'innalzamento dell'età pensionabile - per migliorare la tutela delle donne lavoratrici durante la gravidanza e le opportunità di inserimento sociale e nel lavoro dei portatori di handicap;
f) a sostenere l'informatizzazione della piccola e media impresa;
g) ad adottare le opportune iniziative normative per un programma di gestione dello spettro-radio sulla base della politica del radio-spettro adottata dall'Unione europea basata sulla valorizzazione delle risorse, la neutralità tecnologica e la promozione della concorrenza.
(1-00844)
(Nuova formulazione) «Meta, Gentiloni Silveri, Zampa, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Ginefra, Laratta, Lovelli, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Velo».

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Di Giuseppe n. 7-00762, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 578 del 30 gennaio 2012.

La XIII Commissione,
premesso che:
negli ultimi anni il settore ittico è stato interessato da profondi cambiamenti, soprattutto a causa della riforma della politica comunitaria della pesca, con il rischio di ricadute negative sulle prospettive di sviluppo delle imprese ittiche italiane, per le loro peculiari caratteristiche;
la filiera ittica è infatti caratterizzata da forti limiti strutturali, come, ad esempio, le ridotte dimensioni aziendali, la frammentazione dell'offerta e l'assenza di forme di organizzazione commerciale e di vendita, aspetti che ostacolano l'avvio di urgenti forme di integrazione, innovazione e sviluppo della filiera;

il settore ittico fronteggia una crisi settoriale di portata emergenziale, con gravi ripercussioni socioeconomiche ed occupazionali, a fronte di un inesorabile peggioramento di tutti gli indici macroeconomici, che nell'ultimo decennio hanno registrato il crollo verticale delle catture (- 48,84 per cento), della forza lavoro del personale imbarcato (- 38,26 per cento), della flotta da pesca (- 28,1 per cento), dei ricavi di impresa, (- 31 per cento), con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie, come il parallelo deficit della bilancia commerciale ittica nazionale;
in termini generali, la normativa europea, condiziona e restringe i margini di intervento della normativa nazionale. In tale contesto, oggettivamente complesso, si corre il rischio di riformare la legislazione nazionale in senso prevalentemente repressivo, depotenziando invece gli strumenti programmatori che, a partire dalla legge n. 41 del 1982, hanno costituito l'autentico volano per lo sviluppo del settore della pesca;
in un delicato e cruciale momento di profondo mutamento e trasformazione degli scenari europei, il settore ittico ha subito anche una drastica e inesorabile riduzione degli stanziamenti nazionali, passati da una dotazione annuale di circa 26 milioni di euro nel 2000 a circa 6 milioni di euro per il 2011, con una contrazione pari al 77 per cento. È in difficoltà anche per il taglio del 36 per cento dei fondi per l'attuazione del piano nazionale per la pesca marittima decisi con il decreto-legge n. 78 del 2010 per la stabilizzazione dei conti e recepiti dal disegno di legge di stabilità;
la legge finanziaria n. 203 del 2008 con le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, ha disposto sgravi fiscali e contributivi nel settore della pesca estendendo, a decorrere dal 2009, e nel limite dell'80 per cento, i benefici di cui agli articoli 4 (sgravi fiscali) e 6 (sgravi contributivi) del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito con modificazioni con legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari;
in seguito, la legge di stabilità n. 138 del 2011, all'articolo 4, comma 55, è intervenuta in materia, stabilendo che «i benefici di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 457 del 1997, convertito con legge n. 30 del 1998 sono corrisposti nel limite del 60 per cento per il 2012 e del 70 per cento a decorrere dal 2013»;
ulteriori disposizioni riguardano l'introduzione dell'Iva per il gasolio dei pescherecci. Con l'entrata in vigore della legge n. 217 del 2011, «legge comunitaria 2010», è scattato anche per la pesca costiera il regime Iva del 10 per cento applicato al carburante. La legge citata, prevede infatti all'articolo 8, che tutta la pesca costiera debba aggiungere l'Iva al prezzo industriale del carburante (Iva poi ovviamente recuperabile su quella riscossa dalla vendita del prodotto ittico);
l'applicazione dell'Iva sul carburante discende da una norma che toglie, per le imbarcazioni adibite alla pesca costiera, le provviste di bordo (compreso appunto il carburante) dalla non imponibilità di questa imposta (restano invece non imponibili le cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio della pesca o di attività commerciali, e le cessioni di navi adibite alla pesca costiera o a operazioni di salvataggio, di assistenza in mare e di demolizione, escluse le unità da diporto);
tale questione assume grande rilevanza per l'intero settore della pesca costiera, anche in considerazione del fatto, che il prezzo industriale di tale carburante ha subito, negli ultimi due anni, un incremento di circa il 30 per cento, con un incremento medio dei costi per imbarcazione pari, mediamente, a circa novemila euro l'anno;
il Governo il 25 gennaio 2012, in risposta ad una interrogazione in Commissione finanze, ha fornito chiarimenti in merito alle modifiche apportate dalla legge

comunitaria 2010, specificando che tali modifiche non incidono sul regime delle forniture di carburante e lubrificante delle navi adibite alla pesca costiera, che continuano ad essere non imponibili ai fini dell'IVA;
rimane non risolto, comunque il problema del costo del carburante che continua a incidere sui costi di gestione delle imprese di pesca riducendo notevolmente i ricavi;
diventa pertanto ancora più importante un impegno straordinario per riposizionare e rilanciare il settore, che riveste un ruolo vitale per la tenuta delle economie costiere, mettendo in campo interventi idonei a fronteggiare la crisi e a governare il processo di adeguamento ai nuovi scenari,


impegna il Governo:


ai fini di un rilancio del settore in termini di competitività e sviluppo, ad adottare gli opportuni interventi nel settore ittico, tenendo conto delle seguenti priorità:
a) la tracciabilità del pesce d'importazione al fine di valorizzare il pescato dei mari italiani rispetto a quello importato;
b) il ripristino dell'80 per cento dell'aliquota di sgravio contributivo a favore dell'occupazione della gente di mare;
c) il recupero dei fondi già stanziati sull'emergenza «caro gasolio»;
d) l'utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali necessari per governare la crisi che sta interessando le imprese del settore della pesca particolarmente esposte alla congiuntura sfavorevole.
(7-00762) «Di Giuseppe, Messina, Rota».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Duilio n. 4-14444 del 12 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-14594 del 23 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-14631 del 25 gennaio 2012.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documentai sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Borghesi n. 3-02027 del 23 gennaio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14686.
interrogazione a risposta orale Borghesi n. 3-02028 del 23 gennaio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14687;
interrogazione a risposta orale Borghesi n. 3-02030 del 23 gennaio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14688;
interrogazione a risposta orale Borghesi n. 3-02034 del 24 gennaio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14689.