XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 9 febbraio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
secondo l'Istat solo in Italia vivono 362.000 ciechi mentre si stima che gli ipovedenti siano oltre un milione e mezzo;
per una migliore qualità della vita e per una migliore autonomia è necessario dotare queste persone di una sempre maggiore accessibilità alle nuove tecnologie impiegate in tutti i settori quali: lo studio, il lavoro, l'autonomia e il tempo libero e ogni altra situazione della vita quotidiana, senza dover sempre ricorrere all'aiuto di altre persone;
la dichiarazione contenuta nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e accettata da tutti gli Stati membri, tra cui l'Italia, sancisce il diritto delle persone con disabilità a beneficiare di misure tendenti ad assicurare la loro autonomia, la loro integrazione sociale ed educativa nonché la loro partecipazione alla vita della comunità;
la convenzione dell'ONU sui diritti dei disabili nei suoi princìpi ispiratori non riconosce nuovi diritti alle persone con disabilità, intendendo piuttosto assicurare che queste ultime possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti;
rispetto al passato, in cui i soggetti con difficoltà fisiche o psichiche erano privi di tutela, non riconosciuti i loro diritti ed erano in condizione di isolamento e di istituzionalizzazione, nel nostro Paese si è ormai di fronte ad un presente che non pone più in discussione il diritto, per i disabili, ad essere parte reale della vita sociale, a possedere tutte le opportunità di qualunque altro cittadino, a richiedere, volere e pretendere la piena integrazione quale elemento costituente la qualità della vita di tutti;
tale processo d'integrazione non si manifesta in modo spontaneo ed automatico, ma richiede un impegno attivo e permanente affinché le affermazioni, e le annunciazioni di principio non rimangano lettera morta ma si traducano in atti concreti, e la cultura dell'integrazione della persona disabile sfoci nel diritto reale ed esigibile della stessa persona disabile ad «essere parte» a pieno titolo, del mondo sociale, scolastico, sportivo, lavorativo;
è necessario intervenire a tutti i livelli nazionali ed internazionali ritenuti di volta in volta competenti allo scopo di emanare norme che impongano standard universali ai quali si debbano attenere i produttori di materiali e di dispositivi, nonché i prestatori di servizi, al fine di garantire al massimo l'accessibilità e la sicurezza degli utenti e, in particolar modo, di quei soggetti che per i loro deficit sensoriali necessitano di una maggiore attenzione;
è necessario ormai pervenire al pieno e completo abbattimento delle barriere architettoniche e percettive in particolar modo tenendo conto anche dei problemi specifici che incontrano le persone cieche ed ipovedenti;


impegna il Governo:


ad individuare, sviluppare e promuovere linee guida per le politiche dell'handicap, attraverso tutti gli elementi ritenuti necessari, affinché all'interno della nostra società sviluppi una reale e concreta cultura volta al superamento delle problematiche dell'integrazione delle persone disabili, anche mediante la formazione di norme che impongano alle imprese produttrici standard qualitativi ed universali tali che tutti gli utenti, anche quelli disabili ed in particolare quelli che presentino

un deficit visivo possano, in tutta sicurezza e tranquillità, poter accedere a tali strumenti;
a promuovere, con il coinvolgimento dell'A.B.I. e dell'amministrazione delle poste, un'intensificazione dell'impegno per rendere effettivamente fruibile da parte delle persone cieche e degli ipovedenti, tutti i servizi bancari e postali, con particolare riferimento al bancomat, al postamat e l'accesso ai servizi web forniti alla clientela;
ad elaborare linee guida vincolanti da fornire ai progettisti di dispositivi elettrici, elettronici o elettrodomestici, in modo da renderli utilizzabili in piena autonomia da parte delle persone cieche ed ipovedenti, in particolare promuovendo iniziative volte alla realizzazione di soluzioni avanzate che permettano a chi non vede di assumere informazioni anche attraverso sistemi di sintesi vocale, anche mediante il ricordo alla nuova tecnologia del touch screen la quale non deve dimostrarsi una ulteriore barriera per tali persone;
ad assumere iniziative per istituire borse di studio destinate ai ricercatori nel campo dell'alta tecnologia e nei settori innovativi che abbiano attinenza con possibili soluzioni dei problemi connessi all'autonomia e all'emancipazione delle persone cieche e degli ipovedenti.
(1-00857)
«Marco Carra, Miotto, Ventura, Castagnetti, Albini, Bocci, Boccuzzi, Brandolini, Bratti, Cardinale, Carella, Causi, Cenni, Codurelli, D'Incecco, De Biasi, De Pasquale, Duilio, Esposito, Fogliardi, Froner, Garavini, Ghizzoni, Ginoble, Giovanelli, Gnecchi, Grassi, Graziano, Iannuzzi, Laganà Fortugno, Laratta, Lucà, Marantelli, Marchi, Mariani, Motta, Murer, Pizzetti, Rampi, Rosato, Samperi, Sarubbi, Sbrollini, Schirru, Servodio, Tullo, Livia Turco, Vaccaro, Vassallo, Velo, Vico, Zucchi».

La Camera,
premesso che:
la legge 218 del 1990 ha consentito a gruppi privati italiani e stranieri di conquistare posizioni predominanti nelle ex banche pubbliche con il rischio che siano adottati criteri e orientamenti del credito non conformi alle esigenze dell'economia nazionale, lasciando così la vita del Paese in balia di ristretti gruppi capitalistici;
infatti il rischio è che gruppi di privati azionisti delle banche privatizzate potrebbero utilizzare masse di risparmio pubblico non secondo lo spirito di solidarietà nazionale come, invece, potevano fare le banche pubbliche, in particolare gli istituti di credito di diritto pubblico e le casse di risparmio, le quali erano esenti da interferenze degli azionisti nel loro operare;
in sostanza, con la legge soprarichiamata si è operata la trasformazione del mercato del credito assoggettandolo totalmente alla condotta tipica di una economia di mercato, avendo eliminato per sempre la quota che poteva essere utilizzata per fini di utilità pubblica in conformità alla politica economica del nostro Paese;
con il completamento nel 1998 del suddetto processo di privatizzazione l'Italia si trova ora di fronte ad una costruzione liberistica dell'attività bancaria che invece in base all'articolo 47 della Costituzione dovrebbe essere regolata dallo Stato;
la privatizzazione delle banche pubbliche ha avuto come effetto la privatizzazione anche della Banca d'Italia, essendo il suo capitale tuttora in possesso, per circa il 94 per cento, delle banche private le quali, assieme agli altri partecipanti (Istituti di previdenza e società di assicurazioni) hanno percepito per l'esercizio 2010 l'importo di euro 15.600 come utile netto (10 per cento del capitale) e l'importo di euro 61.695.000, corrispondente allo 0,50 per cento del totale delle

riserve ordinarie e straordinarie pari ad euro 12.339.169.000, ammontare che secondo l'articolo 40 dello statuto poteva arrivare fino al 4 per cento, mentre lo Stato che non è partecipante, a norma di statuto, ha percepito l'importo di euro 511.368.533 come utile netto residuo, dopo gli accantonamenti alle riserve ordinarie e straordinarie e l'assegnazione ai partecipanti;
è da mettere in rilievo che le banche private partecipanti nel loro bilancio evidenziano la quota di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, sia pure valutato al fair value, per importi rilevanti. Ha destato un certo stupore la direttiva del 31 marzo 2009, firmata dai Ministri dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, con la quale in ossequio all'articolo 12, comma 6, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2), presso le prefetture è stato istituito uno speciale osservatorio sul finanziamento all'economia, materia di competenza delle autorità creditizie (CICR, tra il pubblico Ministro dell'economia e Banca d'Italia) trattandosi di attività bancaria per l'articolo 10, comma 1, del Testo unico legge bancaria vigente che così recita: «La raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa.», quindi esercizio del credito tutelato dall'articolo 47, comma 1, che dispone: «La Repubblica incoraggia il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito»;
sembra che l'esercizio del credito e la sua importanza per lo sviluppo economico, trattandosi di concedere prestiti alle imprese e quindi di assunzione di rischi, non abbia trovato nella legge bancaria entrata in vigore il 1° gennaio 1994 (decreto legislativo n. 385 del 1993) lo spazio che avrebbe dovuto avere, al contrario dell'ampio spazio dato invece alla raccolta del risparmio. La spiegazione è che con il recente testo unico non è più necessaria la distinzione nell'esercizio del credito tra quello ordinario e a medio-lungo termine, essendo ormai prevalso il principio della «banca mista», modello prevalente in Italia prima della riforma del 1936, nonostante le ben note esperienze negative di tale modello, ritenuto evidentemente più accettabile da coloro che hanno programmato la privatizzazione delle banche pubbliche proprio per dare maggiore spazio alle nuove banche private, come se l'Italia non avesse più bisogno dell'intervento pubblico nel settore del credito. Se le banche private non si comportano come dovrebbero nel concedere o revocare gli affidamenti alle piccole e medie imprese, le autorità creditizie non possono limitarsi alle semplici raccomandazioni o attendere l'emanazione di apposite leggi per intervenire nell'esercizio del credito, avendo esse i poteri di cui all'articolo 147 del testo unico che ha fatto salvo i poteri di intervento già previsti sia pure in parte dagli articoli 32 e 35, del regio decreto legge n. 375 del 1936, poiché si presentano problemi di grande interesse pubblico in relazione a diritti tutelati costituzionalmente;
circa il ritorno alla «banca mista» nel nostro ordinamento è da osservare che perfino la Commissione economica nel suo rapporto all'Assemblea costituente (pagina 6) aveva conservato l'impianto stabilito dal regio decreto legge del 12 marzo 1936, n. 375, poi apprezzato anche da altri Paesi a prescindere dal momento politico secondo cui veniva effettuata la distinzione tra il credito a breve e a medio-lungo termine, il primo in aiuto alle imprese che si trovano già avviate ed in corso di regolare esercizio, il secondo volto ad avviare nuove iniziative produttive o ad ampliare l'attività o a sostenere innovazione, in ogni caso ad avviare la ricostruzione economica dopo un periodo di crisi;
il nostro Paese, grazie al ricordato impianto creditizio del 1936 ha potuto risollevarsi per il grande contributo fornito dagli istituti di diritto pubblico specializzati nell'esercizio del credito industriale, già presenti per la ricostruzione nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, nonché dai nuovi istituti di diritto

pubblico per l'esercizio del credito a medio termine nei confronti delle piccole e medie imprese non soltanto per il settore industriale ma anche per il commercio e molti altri settori, i cosiddetti mediocrediti regionali attivati in tutte le regioni del Centro-Sud in base alla legge 22 giugno 1950, n. 445, e solo nel 1981 anche in Puglia, Abruzzi, Molise, Basilicata e Calabria; sempre per il credito a medio termine alle piccole e medie imprese del Mezzogiorno continentale veniva costituito l'Isveimer, per la Sicilia l'Irfis e per la via Sardegna Cis;
chi ha avuto modo di verificare il funzionamento dei mediocrediti della Lombardia e del Piemonte ha potuto constatare le capacità di tali istituti di diritto pubblico nel risolvere i problemi di finanziamento degli investimenti in breve tempo, con la collaborazione ovviamente delle banche partecipanti che avevano la funzione di «sportelli» distaccati dei mediocrediti;
le banche partecipanti di fatto preparavano il terreno per l'ottenimento del finanziamento con visite in loco, raccolta di documenti essenziali, e altro onde presentare l'impresa all'istituto finanziatore competente e dare la disponibilità ad acquisire le obbligazioni da emettere a fronte del finanziamento a medio termine deliberato. Molte operazioni hanno potuto godere di agevolazioni in materia di interessi e per le scadenze;
le istruttorie venivano effettuate da personale specializzato che era in grado di fare le valutazioni in breve tempo per la disponibilità di dati per altri finanziamenti accordati per lo stesso settore economico;
purtroppo a seguito del processo di privatizzazione iniziato dal 1990 e tuttora in corso con l'altro processo di concentrazione bancaria pure in essere, gli istituti di cui sopra sono stati assorbiti dalle banche private le quali, come in parte hanno sempre fatto in passato, esercitano nel contempo il credito a breve e quello a medio e lungo termine, mentre le imprese abituate a dialogare con aziende creditizie specializzate per il suo settore economico si trovano in forte disagio non avendo più come interlocutori elementi «specializzati»;
in un momento di crisi e di fase recessiva, considerate le criticità nella erogazione del credito nonostante la abbondante liquidità erogata dalla Banca centrale europea, sarebbe auspicabile adeguare la strumentazione con la costituzione a livello regionale di Istituti di credito di diritto pubblico, per favorire la creazione di nuove imprese e l'ampliamento e innovazione di quelle esistenti, con agevolazioni nazionali o europee, essendo importante l'elemento pubblicistico, ovviamente avvalendosi della migliore collaborazione in primis delle banche private che devono coprire il fabbisogno ed esprimere il meglio per diffondere nella propria zona operativa le possibilità di fare e continuare a fare impresa,


impegna il Governo


ad assumere ogni iniziativa di competenza per attuare concretamente le disposizioni relative al capitale sociale della Banca d'Italia nel rispetto del dispositivo di cui alla legge n. 262 del 2005, articolo 19 comma 10.
(1-00858)
«Mannino, Cambursano, Versace, Tabacci, Fabbri, Mosella, Oliveri, Marmo, Mario Pepe (Misto-R-A), Taddei».

La Camera,
premesso che:
il Governo nella sua base programmatica riconosce di essere nato in un quadro di coesione nazionale di fronte alla seria emergenza europea, conseguente alla crisi finanziaria internazionale del 2009-2011, per superare le difficoltà contingenti evitando il fallimento del progetto europeo;
è ancora incompleto il percorso che porta al rafforzamento e alla stabilità

del sistema finanziario internazionale, condizione indispensabile e funzionale ad una sana crescita dell'economia e dell'occupazione;
è stata posta attenzione prioritaria alla crisi del debito sovrano - che per l'Italia è detenuto per quasi il 50 per cento da investitori internazionali - con un ruolo più attivo della Banca centrale europea e contestuale misure di correzione dei conti pubblici con l'ambizioso obiettivo del pareggio di bilancio;
le misure correttive, prevalentemente fiscali stanno determinando un serio effetto recessivo condizionando e allontanando le prospettive di crescita per la interna economia italiana;
particolare attenzione deve essere posta al funzionamento del sistema bancario che in questa fase è più teso a risolvere i propri problemi che non al concreto sostegno dell'economia reale diventando in tal modo elemento di debolezza piuttosto che di forza del sistema Paese;
con raccordo di Basilea 2 era stata posta minore attenzione e peso alle attività finanziarie rispetto ai prestiti perché si riteneva che i mercati sarebbero rimasti perennemente liquidi; tale assunto è clamorosamente fallito con la crisi finanziaria che ha dimostrato la fragilità del sistema;
con le regole di Basilea 3 vengono posti più severi requisiti patrimoniali a fronte dei rischi per eliminare la discriminazione tra prestiti e attività di trading;
i criteri che saranno adottati dalla nuova regolazione europea richiedono una applicazione omogenea e tale rafforzamento deve avvenire senza conseguenze negative per l'attività di crescita dell'economia;
la connessione tra debito sovrano e patrimonializzazione delle banche è elevata, non solo per la significativa presenza di titoli di Stato europei negli attivi delle banche, e necessita di soluzioni organiche in un quadro complessivo di risanamento dei conti pubblici e di rafforzamento del settore bancario. V'è il concreto rischio che il rafforzamento patrimoniale si traduca in un credit crunch;
con ampia erogazione di fondi della Banca centrale europea alle banche al fine di preservare e garantire i canali di trasmissione della politica monetaria per allentare la crisi dei debiti sovrani non sono stati posti gli adeguati, attesi e condizionati vincoli;
l'offerta di liquidità triennale illimitata della Banca centrale europea ha permesso agli istituti di credito di finanziarsi a basso costo per investire in titoli di Stato con conseguenti facili profitti;
si sono registrate difficoltà crescenti nell'accesso al credito per le imprese, con inasprimento delle condizioni di offerta, con conseguente aumento dei tassi applicati sugli affidamenti, maggiore costo dei servizi finanziari e aumento delle sofferenze, mentre si registrano ritardi nelle banche nella predisposizione di piani per la riduzione dei costi, condizione indispensabile per ritrovare maggiore redditività;
in una logica solidalistica e di auto rafforzamento dell'area euro sul fronte del sostegno al debito sovrano dei Paesi membri sono stati anche previsti sistemi di incentivo alle banche che detengano titoli di Stato nell'area euro, attraverso una valutazione contabile degli stessi al valore nominale. Si assiste al paradosso che la Banca centrale europea acquista titoli di Stato italiani e alcune primarie banche europee contribuiscano all'aumento del rischio sovrano, tramite significative dismissioni di titoli di Stato in fasi delicate di mercato; ciò rende opportuna una maggiore supervisione anche sulle attività di negoziazione delle banche;
l'introduzione di più stringenti requisiti di capitale in Europa va nella direzione del rafforzamento delle banche, ma deve tener conto delle condizioni di mercato e dei Governi coinvolti. In una fase recessiva va preservato il credito all'economia,

adottando le misure più opportune per una transizione graduale verso i nuovi requisiti di capitale, che non mettano a rischio la crescita del credito e dell'economia. Il rafforzamento patrimoniale deve infatti garantire che esso non venga realizzato attraverso la riduzione degli attivi, soprattutto se riferibili all'attività di prestito all'economia;
il piano di rafforzamento del capitale delle banche europee, che dovranno raggiungere un core Tier 1 del 9 per cento entro il 30 giugno 2012, tenendo conto delle quotazioni dei titoli è stato al 30 settembre 2011, rischia di risultare dannoso per l'economia;
per limitare operazioni speculative sono state introdotte limitazioni alle operazioni cosiddette «allo scoperto», per contrastare vendite di titoli di Stato finalizzate al riacquisto a prezzi inferiori, in un contesto di mercato caratterizzato da scarsa liquidità e dunque da un'elevata reattività dei prezzi stessi;
le riforme per la governance e la crescita europee (Il cosiddetto six pack, l'euro plus pact e la strategia Europe 2020) vanno rapidamente implementate e rafforzate per favorire la convergenza economica e accentuare la natura vincolante degli obiettivi di finanza pubblica;
il rafforzamento delle banche da un punto di vista del capitale e della liquidità, quale quello di Basilea III, deve avvenire senza danno per l'attività di credito all'economia e non deve essere penalizzante per le banche europee;
tuttavia, allo stato, non appare chiaro se negli Stati Uniti la nuova regolamentazione sarà applicata a tutte le banche o unicamente a quelle con attività internazionale. È dunque necessario assicurare un'applicazione uniforme a livello internazionale dei parametri di Basilea;
al di là delle origini della crisi e delle falle regolamentari che hanno indubbiamente generato lo sviluppo globali non si può non riflettere sulla situazione del sistema bancario italiano dopo il processo di ristrutturazione e di consolidamento operato ad inizio degli anni novanta con la legge «Amato» (legge n. 218 del 1990), con le direttive comunitarie volte a una sempre più forte integrazione europea, poi con la spinta dei mercati finanziari;
i processi di aggregazione hanno portato a nuova configurazione dimensionale per le logiche delle economie di scala, a nuovi assetti proprietari, ad un marcato ruolo delle Fondazioni di origine bancaria bancarie nella «foresta» pietrificata e partecipata del sistema bancario condizionato da intrecci proprietari del mercato finanziario italiano;
i progressivi interventi nel settore creditizio hanno portato a nuovi assetti proprietari delle banche meridionali, ad una «questione finanziaria meridionale» sotto il profilo dello spessore, della efficienza degli intermediari, del costo e della qualità del credito;
è stata posta attenzione al rapporto tra banche e imprese nell'economia meridionale con il progetto della Banca del Mezzogiorno che può, in prospettiva, rappresentare una funzione di sostegno ai processi di crescita del tessuto produttivo di imprese meridionali;
è opportuno un riordino della legislazione incentivante per le imprese e lo sviluppo dimensionale e internazionale delle piccole e medie imprese; va riordinata la legislazione incentivante per le imprese e vanno reintrodotti strumenti agevolativi quali la n. 488 del 1992; va rafforzato il venture capital e i processi di crescita dimensionale e l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese;
il decreto-legge «salva Italia» ha incluso misure per alleviare le tensioni sul sistema creditizio derivanti dalla crisi del debito sovrano. In questo ambito è stato previsto che le banche italiane possano beneficiare di una garanzia pubblica per le proprie passività almeno fino al giugno del 2012. L'intervento del Governo italiano rischia di essere vanificato rispetto all'obiettivo

di consentire alle banche di raccogliere i fondi necessari a finanziare i prestiti alle imprese e alle famiglie;
autorità internazionali come la BCE, e interne, come Banca d'Italia e Consob, nonché associazioni di categoria come Abi hanno manifestato forti perplessità sul processo di ricapitalizzazione degli istituti di credito, che secondo l'Eba va ultimato entro giugno 2012, portando enormi rischi per il sovraffollamento del mercato nei prossimi cinque mesi tra scadenza dei titoli pubblici (186 miliardi di euro) e (79 miliardi di euro) di bond bancari, con effetti sugli stessi prezzi di borsa dei titoli bancari, oltreché con rischi sul controllo e con l'ingresso di nuovi soggetti con obiettivi poco trasparenti rispetto alle regole sulle offerte pubbliche di acquisto;
l'intero processo di adeguamento alle regole in tempi difficili potrebbe aggravare la situazione di minore afflusso di credito all'economia,


impegna il Governo:


a tenere conto delle indicazioni rappresentate dalle autorità competenti sui rischi di scalate al sistema bancario italiano;
a rappresentare al Consiglio europeo del 1° e del 2 marzo 2012, una linea che tenga conto della fase economica recessiva che coinvolge Paesi membri, regioni e aree della zona euro con la necessità di definire una moratoria rispetto alla applicazione uniforme dei parametri di «Basilea 3», stanti la incertezza relativa alla nuova regolazione e la applicazione della medesima a tutte le banche o a quelle con attività internazionale;
a proporre alla prossima riunione di marzo 2012, del Consiglio europeo, la possibilità di realizzare i piani di rafforzamento patrimoniale in un arco di tempo più ampio, tenendo conto delle sollecitazioni del Parlamento;
ad assumere iniziative volte a introdurre specifiche misure urgenti per favorire l'accesso al credito di strutture produttive come le piccole e medie imprese, l'artigianato e l'agricoltura;
a promuovere adeguate forme di coordinamento con i responsabili nazionali della gestione del debito sovrano con specifico riferimento agli interventi, sul mercato secondario e alle strategie di emissione sul mercato primario;
a riferire tempestivamente al Parlamento circa i risultati del Consiglio europeo del 1o e 2 marzo connessa ad una valutazione sulla situazione del credito nel Paese, individuando altresì le linee di azione che portino al superamento della connessione debito sovrano - sistema bancario e salvaguardando il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese dei agricoltura che rischiano di essere fortemente penalizzate da un politica del credito che privilegia i grandi gruppi;
a riferire tempestivamente al Parlamento sullo stato di attuazione del progetto Banca del Mezzogiorno.
(1-00859)
«Mannino, Cambursano, Versace, Tabacci, Fabbri, Mosella, Oliveri, Marmo, Mario Pepe (Misto-R-A), Rosso, Taddei».

Risoluzioni in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
nel nostro Paese si sta allargando sempre di più l'area sociale della povertà. In particolare quella delle famiglie che vivono in locazione e che nel precedente ciclo immobiliare espansivo non erano riuscite ad acquistare l'alloggio a causa delle già precarie condizioni economiche. L'impietosa analisi della Banca d'Italia nell'affermare il preoccupante aumento della povertà sottolinea che la stessa ormai colpisce oltre il 14 per cento dei cittadini del nostro Paese. Fattori determinanti

sono la diminuzione del reddito e l'aumento del debito, con una percentuale di quasi il 30 per cento di famiglie che hanno richiesto denaro. In particolare, la Banca d'Italia aggiorna il quadro delle abitazioni, con dati che in parte dissentono con l'assioma che in Italia la locazione è residuale: se è vero che il 68,4 per cento dei nuclei vive in alloggi di proprietà, il 21,1 per cento è regolarmente in affitto, mentre una quota comunque significativa pari al 10,5 per cento delle famiglie vive in alloggi ad uso gratuito, usufrutto, comodato e riscatto, ambito nel quale possono annidarsi locazioni «simulate», che fingono un uso senza pagamento di un corrispettivo che in realtà viene riconosciuto;
un altro indicatore non generalista ma selettivamente scientifico di un grave disagio abitativo in Italia arriva dal Ministero dell'interno con la pubblicazione statistica sugli sfratti. Emergono chiaramente oltre 120mila richieste di sloggio, 70mila provvedimenti esecutivi, di cui 65mila per morosità e 35mila famiglie costrette a lasciare l'alloggio per finita locazione. Un bollettino di guerra che segna una crescita a livello nazionale del 7 per cento in un anno. E si tratta di dati non completi, mancando all'appello diverse città. Al Nord si risente della profonda crisi che colpisce l'industria: 3.000 sfratti per morosità a Torino, con richieste di esecuzione salite del 150 per cento. Situazione simile a Milano con 6.500 provvedimenti emessi e 21 mila richieste di esecuzione. Dati preoccupanti in Veneto, con 1.200 richieste di esecuzione a Verona, 1.500 a Vicenza e in Liguria, che aggiunge quota 2.500 sfratti a Genova. In Toscana, a Pisa, record delle esecuzioni con un +223 per cento. Allarme anche in Lazio, dove Roma segna oltre 8.000 richieste di sfratto, un dato di gran lunga provvisorio, mancando ancora i numeri di alcuni mesi. Per la capitale, è possibile stimarne un numero superiore del 60 per cento (13.000). Al sud: Napoli con quasi 5.000 e Caserta con una crescita a due cifre. Come Bari e Foggia con dati elevati e in Sicilia dove il maggior disagio colpisce Catania con quasi 3.000 richieste di esecuzione e Palermo e Siracusa in forte crescita;
l'unico ammortizzatore sociale per le famiglie sottoposte allo sfratto veniva dal fondo di sostegno all'affitto destinato proprio all'emergenza morosità. Dalla data della sua istituzione si è assistito negli ultimi anni ad un progressivo impoverimento, che ha pesato oltre che sugli inquilini anche sugli enti locali chiamati a fronteggiare in prima linea l'emergenza abitativa. Dai 360 milioni del 2001 si è passati alla simbolica cifra di 9 milioni di euro, chiaramente insufficienti per le oltre 350mila richieste di accesso al fondo degli inquilini, ai quali potrebbe spettare l'irrisoria cifra di poco meno di 25 euro ciascuno;
sul piano nazionale di edilizia abitativa di cui all'articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, oltre a non essersi reso ancora disponibile nessun alloggio, è da evidenziare lo scostamento tra la forte domanda di case in affitto sociale e l'esigua offerta abitativa nel Paese, in particolare con quella che si sta delineando con il piano approvato dal CIPE il 5 maggio 2011. Sui 15mila alloggi previsti, solo 3.745 saranno destinati all'affitto permanente, ma i canoni saranno quasi di mercato, tagliando fuori così, da questa opportunità, le fasce sociali in maggiore difficoltà, a fronte di una domanda di case popolari che raggiunge la quota di oltre 650.000. Anche la Corte dei Conti con la delibera n. 20/2011 si è espressa sul programma, segnalando: «viste le carenze o la lentezza dei risultati, si è inteso esprimere un giudizio comunque non positivo sull'efficacia, efficienza ed economicità della spesa pubblica che è stata destinata al Programma straordinario ed al Piano casa», con l'auspicio che tale monitoraggio possa «far accelerare la realizzazione dei progetti di edilizia residenziale oggetto dell'indagine»;
la legge 16 luglio 2011, n. 111, di conversione del decreto-legge 6 luglio

2011, n. 98, interviene anche sulla materia abitativa proponendo alle regioni la vendita generalizzata degli alloggi di edilizia residenziale pubblica che oggi sono circa 800mila e la privatizzazione del patrimonio degli gestori attraverso il conferimento degli alloggi popolari in fondi immobiliari. Tutto questo in un settore della domanda sociale in forte crescita e in assenza d'offerta;
il provvedimento sulla cedolare secca sugli affitti, contenuto nel decreto legislativo sul federalismo fiscale, ovvero la possibilità per i proprietari degli immobili affittati di pagare le tasse sui canoni percepiti con aliquota fissa invece che sommarli agli altri redditi, dopo quasi un anno dalla sua richiederebbe un primo bilancio. Non avendo ancora dati ufficiali è necessario basarsi su stime che provengono dalla stampa specializzata e dai sindacati degli inquilini. Due le certezze rilevate: la convenienza è limitata ai pluriproprietari con redditi elevati e dalle nuove norme sanzionatorie, tributarie e civilistiche, rispetto alla mancata registrazione, non sembra stiano arrivando numeri significativi di regolarizzazioni. Inoltre, se la cedolare secca potrebbe in linea teorica favorire l'emersione del sommerso ed avvantaggiare il settore delle locazioni, la mancanza di una differenziazione significativa tra le aliquote applicate al canone libero e quelle applicate al canone concordato e l'assenza di un reale contrasto di interessi che avvantaggi anche gli inquilini, rischia di determinare un risultato non in equilibrio, con maggiori costi per l'erario e nessun concreto beneficio rispetto al contrasto del disagio abitativo;
per quanto riguarda il sistema delle locazioni private è da segnalare un ulteriore elemento di criticità al già difficile problema delle diffuse difficoltà di accesso al libero mercato. La nuova imposta municipale sulle abitazioni nella norma sperimentale dal 2012 prevede per gli alloggi in affitto, oltre all'aumento dei coefficienti moltiplicativi delle rendite del 60 per cento una aliquota di base del 7,6 per cento riducibile sino al 4 per cento dal comune. Questa articolazione oltre ad innalzare la pressione fiscale sulle locazioni discrimina quelle concordate, con canoni più bassi di quelli di mercato, parificandole a quelle libere. Il risultato è: nessuna differenziazione tra i due regimi contrattuali e spostamento dei contratti sul mercato libero con conseguente crescita degli affitti. L'IMU porterà difficoltà anche all'edilizia pubblica, assoggettando al pagamento di questa nuova imposta anche gli enti gestori (ex IACP), i quali, dopo l'esenzione dall'ICI, subiranno un trattamento discriminato rispetto agli enti locali proprietari di alloggi sociali, esenti dal pagamento dell'IMU. Anche nel decreto liberalizzazioni emergono alcuni punti delicati rispetto al sistema delle locazioni; con il decreto infatti ritorna l'iva sulle locazioni, cancellata nel 2006, allargandola anche ai canoni di edilizia pubblica ai quali sarà applicata l'imposta del 10 per cento. Quindi un aumento degli affitti per gli inquilini con redditi bassi, che ricadrà soprattutto su anziani pensionati, famiglie monoreddito, immigrati, persone già in difficoltà economica per effetto della crisi;
un ulteriore problema sulle locazioni private è legato all'articolo 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, rispetto alla convenzione nazionale per i canoni concordati. La norma richiamata prevede che al fine di favorire la realizzazione degli accordi per la definizione delle locazioni con canoni calmierati rispetto al libero mercato, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti convoca le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale ogni tre anni. Questo con l'obiettivo di promuovere una convenzione nazionale, che individui i criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti. I criteri generali definiti costituiscono la base per la realizzazione degli accordi locali e il loro rispetto, unitamente all'utilizzazione

dei tipi di contratto, costituisce condizione per l'applicazione dei benefici fiscali;
su tale rilevante adempimento normativo è da registrare che l'ultimo atto è il decreto interministeriale 30 dicembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 2003, n. 85, che andava a recepire gli accordi sindacali definiti dalle parti;
come previsto dalla norma, dopo tre anni correva l'obbligo del Ministero di riconvocare i soggetti interessati, al fine di rinnovare l'accordo per la nuova convenzione. Inspiegabilmente nonostante innumerevoli sollecitazioni delle organizzazioni sindacali dei conduttori e dei proprietari non vi è stato nessun atto da parte dell'amministrazione interessata;
l'esigenza del rinnovo deriva, oltre che da un obbligo di legge, anche dalla oggettiva esigenza di verificare l'applicazione concreta della legge sulle locazioni richiamata, dopo 14 anni dalla sua approvazione. Così come occorre predisporre una nuova convenzione nazionale che tenga conto dell'evoluzione del mercato dell'affitto, e nello stesso tempo introduca criteri rinnovati e certi per la stipula degli accordi territoriali, promuovendo un rilancio di tale modalità contrattuale come strumento decisivo per il governo del sistema abitativo;
accanto a queste sintetiche considerazioni è necessario sottolineare i mutamenti anche normativi del comparto delle locazioni che rendono necessaria una nuova convenzione. Basta citare il «piano nazionale di edilizia abitativa» che individua genericamente il canone previsto negli accordi territoriali come quello di riferimento. Una previsione assente all'epoca della prima ed unica convenzione. Mentre sul versante fiscale l'introduzione della cosiddetta «cedolare secca» ai redditi da locazione e la recentissima anticipazione dell'Imu al 2012 modificano in maniera sostanziale il quadro delle agevolazioni a sostegno del canone previsto dagli accordi territoriali, vanificando la fiscalità di vantaggio, con il risultato di marginalizzare ulteriormente il regime contrattuale concordato rispetto a quello libero;
una adeguata politica abitativa deve costituire una componente fondamentale del quadro di risposte alle esigenze di sviluppo e coesione sociale del nostro Paese, anche attraverso la ricerca di soluzioni più rispondenti ad un mutato quadro sociale e alla necessità di garantire una qualità diffusa dell'abitare, a partire dal recupero del patrimonio edilizio esistente, intercettando in questo senso le potenzialità di crescita di un settore, come quello edile, essenziale per l'economia italiana,


impegna il Governo:


ad avviare un confronto con Parlamento, regioni, comuni, enti gestori di edilizia pubblica e parti sociali, che consenta di mettere urgentemente in atto delle misure normative ed economiche di contrasto al disagio abitativo, attraverso un quadro di interventi che dia risposte adeguate al problema pressante della morosità e della domanda sociale di edilizia abitativa pubblica, e che, contestualmente rafforzi il mercato delle locazioni, a partire dal canale concordato, riattivando, a tale scopo, il tavolo di confronto e di concertazione sulle politiche abitative istituito dall'articolo 4 della legge 8 febbraio 2007, n. 9;
a procedere celermente alla convocazione delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, al fine di promuovere il rinnovo della convenzione nazionale per la definizione canoni per la realizzazione degli accordi locali di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 431 del 1998.
(7-00780)
«Braga, Morassut, Mariani, Motta, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Realacci, Viola».

La XIII Commissione,
premesso che:
l'agricoltura sociale va inserita nel quadro di una declinazione del ruolo multifunzionale dell'agricoltura intesa non solo sul versante delle varie opportunità di reddito per l'azienda agricola, ma anche su quello delle diverse funzioni che l'agricoltura riesce e può ulteriormente esprimere all'interno della società e del sistema Paese; in questo senso per agricoltura sociale si intende l'utilizzo dell'azienda agricola per il soddisfacimento di bisogni sociali come la riabilitazione ed il recupero di soggetti svantaggiati attraverso l'interazione con animali e piante, l'inserimento lavorativo (inclusione sociale), attività didattiche (fattorie didattiche). Tale attività sta assumendo un ruolo sempre più significativo alla luce del valore riconosciuto della multifunzionalità dell'azienda agricola e della crisi e dell'evoluzione dei tradizionali sistemi di welfare;
accanto dunque alla produzione di prodotti alimentari e servizi tradizionali dell'agricoltura sociale interviene a sostegno della produzione di salute, di azioni di riabilitazione cura, dell'educazione, della formazione, dell'organizzazione di servizi utili per la vita quotidiana di specifici gruppi di utenti (agri-asili, servizi di accoglienza diurna per anziani, riorganizzazione reti di prossimità per la cura ed il supporto alla vita di anziani), di aggregazione e coesione sociale per soggetti maggiormente vulnerabili nonché nella creazione di opportunità occupazionali per soggetti a più bassa contrattuali;
gli utenti dell'agricoltura sociale sono persone con disabilità fisiche, psichiche e mentali, giovani con difficoltà nell'apprendimento o nell'organizzare la loro rete di relazioni, soggetti con vantaggio sociale e a bassa contrattualità, con dipendenze da droghe, disoccupati di lungo periodo, burn-out, malati terminali, anziani, bambini in età scolare e prescolare. L'agricoltura sociale consente di assicurare azioni di promozione di stili di vita sani ed equilibrati e, allo stesso tempo, rende disponibili servizi utili per innalzare la qualità della vita locale degli abitanti urbani e nelle aree rurali;
a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo nascono e si sviluppano in Italia esperienze di inserimento occupazionale di persone vulnerabili e a rischio di marginalizzazione. Tali esperienze si sono rivelate tra le risposte più efficaci al disagio sociale perché hanno permesso percorsi di riabilitazione ed inserimento lavorativo in grado di riconoscere dignità alla persona e di tener conto delle esigenze delle famiglie;
queste tendenze hanno determinato un'attenzione crescente verso percorsi di welfare partecipati, nei quali le comunità locali, ed i vari soggetti che le compongono agiscono attivamente nella presa in carico dei soggetti svantaggiati e di quelli a ridotta contrattualità. Sono crescenti a livello locale esempi virtuosi di collaborazione tra realtà locali (cooperative sociali, aziende sanitarie agricole) ed istituzioni (aziende sanitari locali, assessorati ai servizi sociali dei comuni e altro) che hanno mostrato le possibilità di nuovi modelli organizzativi nella fornitura dei servizi essenziali al territorio;
l'integrazione di interventi e servizi di natura sociale nell'azienda agricola multifunzionale non ne vanifica le finalità imprenditoriali. Le molte esperienze in essere testimoniano il fatto che gli operatori che sviluppano questa vocazione non rinunciano alla sostenibilità economica che può anzi beneficiare dell'accresciuto rapporto con il territorio e delle nuove opportunità di mercato derivanti dall'apertura alla realtà esterna;
in Italia si calcola che siano più di 750 le aziende che praticano agricoltura sociale, tra queste più di 450 sono cooperative sociali di tipo B che svolgono attività produttive finalizzate all'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Il collante di queste iniziative è dunque il mondo del sociale (cooperative sociali agricole, terzo settore) cresciuto in virtù di una legislazione (legge 381 del 1991) tra le più avanzate in Europa;

le problematiche aperte a livello nazionale ed europeo riguardano le principali criticità. Tra queste la mancanza di un quadro normativo nazionale e comunitario di riferimento per gli operatori agricoli, quelli socio-sanitari e i livelli istituzionali coinvolti. Le difficoltà sono particolarmente ingenti nella fase di avvio di nuove aziende agri-sociali;
in Italia si evidenziano rigidità derivanti dalla settorialità delle politiche educative, agricole, socio-assistenziali, della formazione. A questa difficoltà, se ne legano altre, tra cui: la differente sensibilità delle reti istituzionali locali nel condividere progetti innovativi e supportare il consolidarsi delle reti informali; la diversa disponibilità locale nel definire procedure, regole di funzionamento e modelli di lavoro innovativi; una difficoltà dei servizi pubblici nel proiettare la rete dei servizi nel territorio con adeguate azioni di tutoraggio; dei limiti nel mettere a punto supporti educativi e formativi per gli operatori agricoli e sociali nei rispettivi campi. Si assiste poi ad una difficoltà nel valorizzare pienamente i fondi disponibili da parte delle politiche nazionali comunitarie. Accanto ad esperienze territoriali che mostrano un più elevato grado d'interazione ed integrazione territoriale tra soggetti con competenze e professionalità differenti, si associano realtà e progetti individuali e isolati. In questi ultimi casi, per le aziende agricole interessate ad offrire servizi, è spesso difficile trovare interlocutori istituzionali negli enti gestori dei servizi. Gli operatori sociali ed i terapeuti interessati a portare in attuazione pratiche e percorsi d'agricoltura sociale stentano a trovare disponibilità presso le aziende del territorio, o trovare terreni utili per l'avvio di percorsi d'agricoltura sociale. Altre volte, il terzo settore, avvia progetti socio-terapeutici che si confrontano presto con problemi di ordine economico dovuti alla difficoltà nel trovare con continuità del sostegno economico esterno, ovvero di gestire processi economici di impresa, con ricadute critiche dal punto di vista occupazionale;
tra le problematiche che si evidenziano vi sono quelle fiscali e di reddito, in quanto l'azienda agricola non può di fatto fatturare i servizi dall'agriturismo. La fatturazione di servizi educativi e sociali è ancora controversa in quanto tra le attività connesse all'agricoltura, non sono compresi i servizi sociali,


impegna il Governo:


a promuovere una normativa quadro che concorra a fornire strumenti di sostegno, nell'ambito delle diverse competenze istituzionali;
ad attivare politiche pubbliche di sostegno, anche attraverso i fondi strutturali europei;
a promuovere «linee guida» per procedure di accreditamento e di valutazione dell'efficacia dei servizi prestati;
a verificare la possibilità di assegnare a fattorie sociali terre pubbliche inutilizzate e confiscate alle organizzazioni criminali;
ad attivare politiche di sostegno alla commercializzazione dei prodotti delle fattorie prevedendo, per esempio la diffusione nelle mense scolastiche ed ospedaliere;
a verificare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre alcuni vantaggi per il settore dell'agricoltura sociale, come, ad esempio, corsie preferenziali per la fornitura di prodotti alimentari alle mense gestite da enti pubblici;
ad avviare forum per il coordinamento delle azioni di promozione e per arrivare ad una maggiore diffusione delle informazioni sui progetti avviati e sui risultati acquisiti;
a sostenere progetti per interventi di educazione e di formazione al fine di formare operatori preparati che possano acquisire nel loro bagaglio di competenze un minimo di conoscenze diverse da quelle inizialmente possedute, considerato che è utile continuare a progettare interventi di

educazione e di formazione per formare operatori più preparati che potranno migliorare e sviluppare le pratiche di agricoltura sociale nelle aziende e nei singoli progetti.
(7-00779)
«Fiorio, Cenni, Zucchi, Marco Carra, Trappolino, Oliverio».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 25 gennaio 2012 e nei giorni successivi, numerosi comuni della provincia di Mantova sono stati colpiti da fenomeni tellurici di preoccupante intensità;
queste scosse di terremoto hanno provocato nuovi danni ed accentuato le lesioni agli edifici già colpiti dal sisma nell'estate 2011;
in particolare, è opportuno evidenziare che i danni sono stati subiti da chiese, edifici pubblici e privati -:
se, terminate le verifiche (di concerto con i comuni e la provincia di Mantova) per comprendere l'entità precisa dei danni, il Governo intenda assumere iniziative per destinare risorse economiche al fine di contribuire al ripristino delle strutture richiamate in premessa, anche in relazione alle problematiche situazioni finanziarie nelle quali si trovano gli enti locali.
(5-06135)

SBROLLINI e RUBINATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
da più di 10 anni il Veneto attendeva l'approvazione del nuovo statuto regionale;
dopo anni di intenso dibattito, di accelerazioni e arresti nel processo di stesura e confronto, si è giunti ad un testo condiviso, flutto di una forte opera di mediazione tra i gruppi politici presenti in consiglio regionale, che si è tradotto in un voto unanime dell'assemblea consiliare veneta nel momento dell'approvazione definitiva del testo;
lo Statuto è uno strumento fondamentale, atteso da tempo che deve poter entrare in vigore in tempi rapidi;
il Governo, ha impugnato lo statuto regionale del Veneto, sollevando alcune questioni di legittimità, in particolar modo sull'autonomia finanziaria, e nello specifico sulla disposizione che recita: «la Regione, d'intesa col Consiglio delle autonomie locali, adatta i vincoli posti dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica alle specifiche esigenze del Veneto»;
anche la legge elettorale regionale sembra aver trovato la contrarietà del Governo, che non sembra condividere il criterio di «un consigliere ogni 100 mila eletti, fino a massimo 60»;
a seguito dell'impugnazione, la questione passa per competenza alla Corte costituzionale che dovrà pronunciarsi andando a dirimere una questione importante e delicata -:
se lo statuto del Veneto sia stato impugnato solo per i profili sopra citati o se vi siano altri contenuti sui quali vi sia un giudizio difforme da parte del Governo rispetto al testo approvato dalla regione Veneto;
se vi siano le condizioni per trovare nei tempi più rapidi possibili una mediazione capace di superare le valutazioni difformi emerse, al fine di dare piena legittimità al testo dello statuto, determinando la cessazione della materia del contendere.
(5-06141)

Interrogazioni a risposta scritta:

FALLICA, GRIMALDI, IAPICCA, MISITI, MICCICHÈ, PUGLIESE, STAGNO d'ALCONTRES, TERRANOVA e SOGLIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di maltempo che ha colpito da venerdì 3 febbraio 2012 la nostra penisola ha creato ingenti danni e disagi a tutta la popolazione, ma i disagi maggiori sono stati vissuti dai cittadini del Centro-sud; questi, infatti, oltre alle difficoltà di tipo logistico derivanti dal blocco della viabilità stradale e ferroviaria e dalla mancanza di viveri e medicinali, hanno dovuto subire anche i guasti provocati dal maltempo alla rete elettrica e del metano;
numerosi centri piccoli e medi di Lazio, Abruzzo, Molise e Campania sono rimasti senza luce e al freddo per diversi giorni (il 7 febbraio alle ore 14.30 - quindi, 4 giorni dopo l'inizio dell'emergenza - l'Enel ha comunicato che sul territorio erano ancora circa 12.680 i clienti senza elettricità);
questi estremi problemi sono certamente dovuti alla vetustà ed all'obsolescenza della linea elettrica degli impianti del Centro e Sud Italia, che raramente vengono ammodernati e messi in sicurezza dalle aziende del settore. Quest'ultime sono impegnate, in molti casi, ad investire in mercati più remunerativi all'estero piuttosto che nel nostro Paese -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda porre in essere per accertare le cause e le responsabilità dei gravi disservizi sopra descritti.
(4-14829)

MIGLIOLI, GARAVINI, GHIZZONI e SANTAGATA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 febbraio 2012 la Corte internazionale di giustizia dell'Aja ha emesso la sentenza di accoglimento del ricorso presentato dalla Germania contro l'Italia per ottenere il blocco delle indennità alle vittime dei crimini nazisti. Secondo la sentenza l'Italia «ha mancato di riconoscere l'immunità riconosciuta dal diritto internazionale» a Berlino per i reati commessi dal Terzo Reich. Nella sentenza la Corte ha accolto tutti i punti di ricorso presentati dalla Germania là dove si sosteneva, con riferimento all'Italia e al suo sistema giudiziario, di «venire meno ai suoi obblighi di rispetto nei confronti dell'immunità di uno stato sovrano come la Germania in virtù del diritto internazionale». Il contenzioso tra Italia e Germania presso la Corte dell'Aja, il più alto organo giudiziario dell'Onu, è cominciato il 23 dicembre del 2008, quando Berlino ha deciso di ricorrere contro la sentenza della Corte di cassazione del 21 ottobre 2008 che ha riconosciuto la Germania responsabile per essere stata la «mandante» dei militari nazisti nelle stragi, tra le altre, di Monchio, Susano, Costrignano, e Savoniero, che hanno contato centinaia di vittime;
i tribunali italiani hanno opportunamente sancito con le loro sentenze inequivocabili la colpevolezza degli autori e le responsabilità delle stragi compiute dal regime nazista. La sentenza, che è complessa e andrà studiata a fondo, non influisce però sulle decisioni già prese in sede penale: le condanne già inflitte, come i tre ergastoli per la strage di Monchio, restano quindi inalterate;
il risarcimento ai famigliari delle vittime non sarà mai sufficiente a riempire il vuoto causato dalla perdita dei loro cari ma può rappresentare, in termini di principio non solo simbolico, ma sostanziale, l'assunzione da parte dello Stato tedesco della responsabilità delle tragedie causate dal nazismo, come nel caso delle 140 vittime della strage di Monchio, Susano, Costrignano e Savoniero;
la Corte dell'Aja ha invitato i due Governi a trovare un accordo in merito

attraverso un negoziato ad hoc, aprendo una possibilità e indicando agli Stati il percorso da seguire: un'intesa fra Governi sui legittimi risarcimenti alle vittime, un'intesa che sarebbe anche il modo per riconoscere una volta di più quali siano stati i responsabili e quali le parti offese e che sarebbe anche il modo, per Italia e Germania, di fare memoria condivisa, di ribadire una verità comune su accadimenti tanto tragici e che mai vanno dimenticati;
il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi, nel commentare i contenuti della sentenza dell'Aja, ha dichiarato che essi «non coincidono con le posizioni sostenute dall'Italia», ed ha teso a valorizzare il fatto che la sentenza fa riferimento all'importanza dei negoziati tra le due parti per individuare soluzioni. «In questo senso - ha precisato Terzi - l'Italia intende proseguire, come fatto sinora, ad affrontare insieme alla Germania tutti gli aspetti che derivano dalle dolorose vicende della Seconda Guerra Mondiale, in una prospettiva di dialogo e di tutela delle istanze di giustizia delle vittime e dei loro familiari» -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per avviare, al più presto, il negoziato tra il nostro Paese e la Germania, così come richiesto dalla Corte di giustizia internazionale dell'Aja, nella consapevolezza che la ricerca della verità e della giustizia non va mai in prescrizione e il riconoscimento dei risarcimenti ai familiari delle vittime innocenti, che meritano di ricevere una giustizia completa e assoluta, è alla base della costruzione di un'Europa di pace e di democrazia, perché quelle terribili tragedie non si ripetano mai più.
(4-14840)

STRIZZOLO, ROSATO e MARAN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con le regioni e le autonomie locali. - Per sapere - premesso:
l'articolo 65 dello statuto della regione autonoma Friuli Venezia Giulia prevede la costituzione di una commissione paritetica, composta da tre membri eletti dal consiglio regionale e da tre membri nominati dal Governo, con il compito di approfondire le tematiche oggetto di decreti legislativi emanati in attuazione dello statuto speciale della regione;
tale commissione paritetica, che negli anni ha sempre svolto un prezioso lavoro di approfondimento e di raccordo tra la regione Friuli Venezia Giulia e lo Stato nella definizione di problematiche attinenti il trasferimento di funzioni e di risorse, in attuazione dei dispositivi di legge di volta in volta emanati e riguardanti i complessi rapporti tra la regione e lo Stato, contribuendo a creare i prodromi di un positivo percorso di decentramento di funzioni e di competenze dallo Stato alle autonomie regionali, è stata rinnovata nella sua composizione a seguito delle elezioni regionali e politiche nazionali del 2008;
successivamente, nel corso del mese di febbraio del 2011, vi è stata la sostituzione del presidente dopo una parentesi di qualche mese nella operatività della commissione;
il percorso avviato, con un ampio dibattito politico-istituzionale, per una riforma in senso federalista dello Stato, e, oggi, alla luce anche dei molteplici provvedimenti di carattere istituzionale e finanziario adottati, comporta un sempre più necessario lavoro di coordinamento tra Stato e regione, con l'obiettivo della completa attuazione dello statuto di autonomia del Friuli Venezia Giulia, tenendo conto dei complessi e specifici rapporti di natura finanziaria, legislativa ed amministrativa esistenti tra lo Stato e le regioni a statuto speciale;
nei rapporti tra il Governo e la regione Friuli Venezia Giulia, è in fase di approfondimento una nutrita serie di problematiche attinenti il trasferimento di nuove funzioni, al trasferimento di immobili di particolare significato storico e culturale come il castello di Udine, di caserme e altre strutture militari e civili

dismesse nonché ad importanti questioni relative ai rapporti più strettamente finanziari che stanno interessando settori economici significativi, legati anche alla collocazione geografica del Friuli Venezia Giulia;
recentemente, per iniziativa di diverse rappresentanze politico-istituzionali, è stata tra l'altro avanzata la necessità di addivenire ad un nuovo protocollo d'intesa tra il Governo e la regione Friuli Venezia Giulia per definire, in maniera più equa ed efficace, i rapporti finanziari e per delineare congiuntamente alcune scelte strategiche in relazione alla realizzazione di importanti infrastrutture stradali, ferroviarie e portuali da porre, a servizio del rilancio economico-produttivo del Friuli Venezia Giulia e dell'intera area del Nord-est, anche alla luce dei nuovi rapporti che si stanno sviluppando con i Paesi del Centro-est europeo e con quelli dell'area balcanica;
con le dimissioni del Governo Berlusconi, avvenuta il 9 novembre del 2011, è decaduta la rappresentanza governativa di tre membri nella commissione paritetica, mentre da parte del nuovo Governo, entrato in carica con il giuramento il 16 novembre 2011, non vi è notizia circa le determinazioni da assumere per riattivare formalmente e politicamente le funzioni della commissione paritetica la cui attività è assolutamente necessari e urgente -:
quali siano le ragioni che, fino ad oggi, non hanno consentito al Governo di procedere con la designazione della propria rappresentanza nella commissione paritetica;
quali siano i criteri che il Governo intenda seguire per la nomina dei rappresentanti di propria competenza.
(4-14842)

D'INCECCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le donne aquilane stanno portando avanti da mesi una battaglia per ottenere la costruzione di un centro antiviolenza sulle donne nella città, tra l'altro già finanziato da una legge del 2009;
nello specifico, la creazione di un centro antiviolenza all'Aquila fu stabilita decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 tramite il quale furono stanziati tre milioni di euro per finanziare una sede da destinare all'importante servizio;
i fondi, però, dal momento dello stanziamento, giacciono ancora inutilizzati, mentre il territorio aquilano chiede fortemente l'attivazione di un servizio di tale natura, visto anche il preoccupante fenomeno crescente di violenze di varia natura contro le donne;
l'assessore alle politiche sociali del comune dell'Aquila, anche nel suo precedente incarico di presidente della provincia, ha ripetutamente sollecitato il Governo pro tempore con richieste di incontro, lettere, solleciti senza ricevere mai alcuno riscontro;
a distanza di oltre due anni e mezzo dal sisma che ha distrutto la città dell'Aquila, nonostante le innumerevoli proposte e i vari solleciti di cui sopra, oggi è impossibile comprendere come debbano essere utilizzati i fondi messi a disposizione, che restano quindi non spesi;
un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ad avviso dell'interrogante sorprendente, dell'8 novembre 2011 ha, inoltre, dirottato la metà dei fondi alle diocesi abruzzesi confondendo il sostegno alle famiglie disagiate con la complessità dei compiti di un centro antiviolenza, per il qual fine era specificamente destinato il fondo da una legge che, a parere dell'interrogante, non può essere superata da una ordinanza;
l'altra metà del Fondo è stata affidata, dalla stessa ordinanza, alla consigliera di parità della regione Abruzzo, che però non sembra avere certo tra le sue competenze istituzionali, né possibilità di spesa né quindi di realizzazione di un centro antiviolenza;

al momento esistono, quindi, ritardi oggettivi, confusione nelle direttive e forte disorientamento negli enti locali e nelle associazioni, che si chiedono chi spenderà i soldi stanziati, se ci saranno bandi, per quali finalità, e se ci sarà uno spazio di condivisione con i soggetti che già operano sul territorio sulle tematiche della lotta alla violenza sulle donne -:
quali siano i motivi che hanno indotto all'adozione delle disposizioni di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 novembre 2011, che destina i fondi stanziati per il centro antiviolenza dell'Aquila alle diocesi e al consigliere di parità della regione Abruzzo; se si ritenga di intervenire in merito per fare chiarezza su procedure, contenuti e tempi di realizzazione del centro antiviolenza della città dell'Aquila.
(4-14844)

PAGANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la pirateria rappresenta oggi il principale ostacolo allo sviluppo del mercato dell'home entertainment - sia quello dei supporti fisici (DVD e Blu-Ray) sia quello on-line - al rilancio dei comparti della produzione dei contenuti intellettuali, nonché un freno all'innovazione e alla creatività nel nostro Paese;
per quanto concerne l'illegalità su internet, nel 2010 è stato presentato a Bruxelles uno studio della società indipendente TERA che mostra il risvolto drammatico della pirateria digitale sull'economia del lavoro in Europa (negli ultimi anni le industrie creative avrebbero perso circa 185.000 posti di lavoro);
nell'ultimo quinquennio, in Italia, l'espansione del file sharing illegale e la diffusione di siti pirata sono state le cause principali del declino del fatturato dell'industria videofonografica, i cui ricavi sono calati di circa il 50 per cento negli ultimi 5 anni;
secondo una recente indagine FAPAV/IPSOS-ASI, solo nei confronti dell'home entertaiment questo fenomeno ha provocato una perdita di circa 348 milioni di euro;
oltre alle esiziali conseguenze per le imprese e i lavoratori, dal riscontro incrociato tra i cali di fatturato e le stime dei consumi illegittimi di prodotti dell'ingegno, emerge chiaramente che il probità sotto il profilo dell'evasione fiscale (IVA e imposte dirette) è assai rilevante, con danni all'erario quantificabili in circa 200 milioni di euro all'anno;
come evidenziano le cronache internazionali con la chiusura da parte dell'FBI di due portali transnazionali offshore dediti alla pirateria e contraffazione e la sottoscrizione da parte della Commissione europee dell'anti-counterfeiting trade agreement (Acta) è del tutto evidente che questo fenomeno sia diventando di proporzioni preoccupanti per la stessa convivenza civile e democratica nelle moderne società occidentali;
mutatis mutandis, al fine di contrastare la pericolosa proliferazione dei siti di scommesse online illegali, a partire dal 2007, il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), ha adottato un regime regolamentare di blocco all'accesso a siti non autorizzati di gioco online;
tale strumento sta producendo risultati piuttosto efficaci come dimostra la stessa AAMS in una recente audizione presso la Commissione finanze della Camera nell'ambito della quale ha evidenziato che: «alla fine del 2008, sono stati monitorati più di 400 milioni di tentativi di accesso ai siti inibiti. [...] Attualmente, i siti inibiti sono circa 3.000. I numeri ci dicono che siamo riusciti a recuperare al settore legale moltissime persone che, in precedenza, si indirizzavano verso l'area, grigia o nera, dell'illegalità. Infatti, la raccolta del gioco legale on-line, che era, nel 2008, di circa 1,4 miliardi di euro, nel

2010 è stata di circa 4,9 miliardi di euro: questo è l'effetto concreto delle nostre iniziative» -:
se e quali iniziative urgenti di competenza si intendano adottare, ricercando con l'Autorità di vigilanza del settore per contrastare con maggiore efficacia la pirateria on-line e recuperare quota parte del gettito IVA evaso per reinvestirlo ai fini dello sviluppo e la crescita economica del Paese.
(4-14846)

RAZZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la compagnia di comunicazione 3 Italia - H3G spa gestisce un servizio pubblico di comunicazione;
sarebbe soggetto alla autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom);
vi sono numerose lamentele riferite al servizio che la 3 Italia - H3G spa dovrebbe dare;
è impossibile comunicare con gli uffici della 3 Italia - H3G spa che, in base ad un principio di automazione, non danno la possibilità di poter parlare a nessun cliente o consumatore o comunque cittadino;
alla 3 Italia - H3G spa non rispondono persone fisiche a nessuno di questi numeri: 133, 139, 4030, 4034, 4040, 4039, 4077, 4133, 800802323, 800979797, 803133, 803139, neppure dall'estero ai numeri da 3 Italia - H3G spa pubblicizzati come 00393933934077, 00393933934030, 00393933934034, il tutto con grande dispendio di risorse e di tempo oltre ai disagi e ai disservizi;
sul sito della 3 Italia - H3G spa nelle aree specifiche di servizio o nell'area clienti così come per via telefonica non si offre un adeguato sistema di informazione e si mette di fatto il consumatore nell'impossibilità di avere un servizio per il quale ha già pagato in anticipo;
ai numeri di centralino della 3 Italia - H3G Spa 0244581, 0659551 risponde un che dice «3 Italia - H3G Spa è un magic number»;
la stessa cosa accade anche per i servizi essenziali con cui il cittadino dovrebbe avere possibilità di comunicare; si crea un muro e una barriera per il consumatore il quale non può che subire tale stato di cose;
i rapporti tra l'amministrazione e la compagnia telefonica sono regolamentati da convenzioni e atti amministrativi;
l'autorità garante, a quanto consta all'interrogante, non è intervenuta o non ha trovato rispondenza a eventuali segnalazioni -:
se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, per meglio regolamentare i servizi al pubblico prestati da imprese operanti nel settore delle comunicazioni, con particolare riferimento agli aspetti commessi ai rapporti con la clientela tenuti per via telefonica o per mezzo di internet, al fine di non lasciare i cittadini in una situazione di disagio e di danno come nel corso di cui in premessa.
(4-14851)

BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
come già accaduto nel 1989 - per i festeggiamenti dei quarant'anni dalla nascita della Repubblica al Censis è stata di nuovo commissionata una indagine che riprende lo stesso titolo di allora «I valori guida degli Italiani», stavolta nelle more dei festeggiamenti dei 150 dell'unità d'Italia;
dalla ricerca del 1989 ne uscì fuori un quadro della società dell'epoca certamente utile, come del resto è consuetudine per il lavoro di ricerca di questa Fondazione, non solo da un punto di vista culturale, per la comprensione delle dinamiche sociali del nostro Paese; lo scopo di questa nuova ricerca, nell'alveo del 150o

anniversario dell'unità d'Italia, è quello di capire e analizzare, 22 anni dopo, i cambiamenti intervenuti in questi anni sia nella cultura sia nei costumi, ma anche di valutare il grado di coesione nazionale intorno ai valori su cui si è fondata la nostra nazione;
risulta all'interrogante che per produrre il rapporto finale (da concludersi entro il 31 dicembre 2011), comprensivo di questa specifica indagine, sia stato preventivato un costo pari a 200.000 euro (+ IVA) e che, per non meglio chiariti motivi, lo stesso sia lievitato a 500.000;
tale costo, se accertato, è a parere dell'interrogante piuttosto elevato per questo tipo di indagine -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, nel caso, per quali motivi sia stata consentita una così consistente lievitazione dei costi;
se non ritenga di fornire una dettagliata analisi dei citati costi per capire a chi siano andati i fondi pubblici e per quale motivo.
(4-14852)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 31 gennaio 2012 sul quotidiano il fatto quotidiano è stato pubblicato un articolo di Marco Lillo «Norme antiriciclaggio: è la Santa sede a imporre le sue condizioni all'Italia» dal quale si evince che:
a)il quotidiano è entrato in possesso di un documento riservato - «Memo sui rapporti IOR-AIF» - dal quale emerge il rifiuto del Vaticano a dare informazioni allo Stato per le vicende antecedenti al primo aprile 2011, ovvero da quando è entrato in vigore il nuovo organismo per la trasparenza finanziaria voluto da Papa Benedetto XVI;
b) il Governo Monti dovrebbe fare la voce grossa e ottenere il rispetto degli impegni assunti in materia di antiriciclaggio, ma c'è un piccolo particolare: il Ministro della giustizia, che dovrebbe essere in prima linea in questa battaglia, è stato l'avvocato del presidente della banca vaticana (lo IOR) Ettore Gotti Tedeschi;
c)il «Memo sui rapporti IOR-AIF» ed è un documento «confidenziale» e «riservato» circolato negli uffici del Papa e della segreteria di Stato e annotato a penna da una mano che - secondo gli esperti di cose Vaticane - potrebbe essere quella di monsignor Georg Ganswein, il segretario di Benedetto XVI. È stato scritto da un personaggio molto in alto che si può permettere di sottoporre la sua analisi ai vertici del Vaticano. Al di là di chi sia l'autore, il «memo» dimostra che il Papa, il segretario di Stato Tarcisio Bertone, il presidente dello AIF, l'autorità di controllo antiriciclaggio, Attilio Nicora e i vertici dello IOR sono tutti a conoscenza della linea sul fronte antiriciclaggio che si può sintetizzare così: non si deve collaborare con la giustizia italiana per tutto quello che è successo allo IOR fino all'aprile 2011;
d) il «memo», come dimostrano le note appuntate a penna dalla segreteria del Santo Padre, è stato «Discusso con SER (Sua Eminenza Reverendissima) il Cardinale Bertone il 3 novembre» 2011. L'autore della nota, favorevole a una maggiore apertura verso Bankitalia e le Procure, aggiunge: Bertone «si è trovato d'accordo sulle mie considerazioni! Incontrerà SER il cardinale Attilio Nicora (Presidente dell'AIF) e il direttore AIF (Francesco Ndr) De Pasquale». Il memo, così annotato, è stato poi girato, al presidente dello IOR e al direttore dell'AIF. Basta scorrere il testo per capire la rilevanza della partita in gioco: «Dall'entrata in vigore della legge vaticana anti-riciclaggio, avvenuta il primo aprile 2011, si sono tenuti numerosi incontri tra lo IOR e l'AIF (Autorità creata dalla nuova legge del Vaticano, ndr), rivolti da una parte a dimostrare alla nuova Autorità le iniziative intraprese per l'adeguamento

delle procedure interne alle misure introdotte dalla legge...»,
in questa prima parte il memo ripercorre la vicenda del mutamento della normativa antiriciclaggio, intervenuto sotto la spinta dell'indagine della procura di Roma. Il pubblico ministero Stefano Rocco Fava e il procuratore aggiunto Nello Rossi - a settembre del 2010 - avevamo sequestrato 23 milioni di euro che stavano per essere trasferiti dal conto dello IOR presso il Credito Artigiano alla Jp Morgan di Francoforte (20 milioni di euro) e alla Banca del Fucino (3 milioni) e aveva indagato il presidente IOR, Ettore Gotti Tedeschi e il direttore Cipriani. Secondo i pubblici ministeri, lo IOR si era rifiutato di dire «le generalità dei soggetti per conto dei quali eventualmente davano esecuzioni alle operazioni». Cioè chi era il reale proprietario dei soldi;
dalle indagini della Guardia di finanza emergeva un quadro inquietante: lo IOR mescolava sul suo conto al Credito Artigiano i 15 milioni di euro provenienti dalla CEI, e frutto dell'8 per mille dei contribuenti italiani, con fondi di soggetti diversi. Non solo: da altre operazioni emergeva che lo IOR funzionava come una fiduciaria e i suoi conti erano stati usati per schermare persino i proventi di una presunta truffa allo Stato italiano realizzata dal padre e dallo zio (condannato per fatti di mafia) di don Orazio Bonaccorsi;
di fronte a un simile scenario, i pubblici ministeri romani si erano opposti al dissequestro dei 23 milioni di euro nonostante le dotte motivazioni dell'avvocato del presidente dello IOR, il professor Paola Severino. Il Ministro ora ha lasciato lo studio e si è cancellato dall'Albo, anche se non ha comunicato alla procura chi la sostituirà nella difesa di Gotti Tedeschi. A sbloccare la situazione comunque non fu l'avvocato Severino ma il Papa in persona. Con una lettera apostolica per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario il 30 dicembre 2010, Benedetto XVI ha istituito l'Autorità di informazione finanziaria (AIF), per il contrasto del riciclaggio. I pubblici ministeri romani motivarono così il loro parere favorevole al dissequestro nel maggio 2011: «L'AIF ha già iniziato una collaborazione con l'UIF fornendo informazioni adeguate su di un'operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto di attenzione»;
peccato che, un minuto dopo essere rientrato in possesso dei suoi 23 milioni di euro, lo IOR ha cambiato completamente atteggiamento. Tanto che in procura non si nasconde il disappunto per quel dissequestro «sulla fiducia». Ora si scopre che la giravolta vaticana è una scelta consapevole delle gerarchie, come spiega lo stesso «memo» discusso dai cardinali Nicora e Bertone e dallo stesso Gotti Tedeschi. «L'AIF (...) ha inoltrato allo IOR alcune richieste di informazioni relative a fondi aperti presso l'Istituto, cui quest'ultimo ha corrisposto, consentendo tra l'altro lo sblocco dei fondi sequestrati dalla Procura di Roma (...) Ultimamente, tuttavia la Direzione dell'Istituto ha ritenuto di riscontrare le richieste dell'AIF - relative ad operazioni sospette o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari - fornendo informazioni soltanto su operazioni effettuate dal primo aprile 2011 in avanti. Nel corso dell'ultimo incontro tra IOR e AIF del 19 ottobre u.s. tale posizione è stata sostenuta dall'avvocato Michele Briamonte (dello studio Grande Stevens, ndr), sulla base di un generale principio di irretroattività della legge, per il quale le misure introdotte dalla legge antiriciclaggio, (...) non possono valere che per l'avvenire»;
questa linea interpretativa, ovviamente, ostacola enormemente il lavoro degli investigatori italiani e l'AIF ne è consapevole tanto che, come si evince dal «memo», ha ribadito «il proprio diritto/dovere ad accedere a tutti i dati e le informazioni in possesso dello IOR (...) motivando tale posizione con argomentazioni attinenti alla lettera e alla ratio della legge, al rispetto degli standard internazionali cui la Santa Sede ha aderito, allo svuotamento dell'effettività della disciplina

appena introdotta, al rischio di una valutazione negativa dell'organismo internazionale chiamato a esaminare il sistema Vaticano di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo». Purtroppo l'operazione trasparenza, secondo quanto appare agli interroganti, era solo uno specchietto per le allodole. Nel frattempo il Vaticano ha spostato la sua operatività dalle banche italiane alla JP Morgan, soprattutto a Francoforte. La banca americana ha però un solo sportello (non accessibile alla clientela comune) a Milano, che è già finito, da quello che risulta al Fatto, nel mirino dell'attività ispettiva della Banca d'Italia. E così il 25 gennaio 2012 è stato pubblicato un decreto pontificio che ha ratificato tre convenzioni contro il riciclaggio. Sembra ci sia anche un articolo sull'obbligo di «adeguata verifica» prima del fatidico primo aprile. In procura però stavolta non si fidano;
tutte le valutazioni relative allo status internazionale della Santa sede sono state già fatte presenti nella interrogazione a risposta scritta 4-14439 -:
quali iniziative intenda prendere di fronte a quello che appare agli interroganti un sostanziale tentativo di eludere le leggi italiane.
(4-14853)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il direttore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria era, nell'anno 1992 il dottor Nicolò Amato;
Ministro di Grazia e Giustizia pro tempore era l'onorevole Claudio Martelli, conferì al predetto in data 15 settembre 1992, la delega avente ad oggetto l'emanazione dei decreti ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
per l'effetto, furono emanati 567 decreti delegati aventi ad oggetto altrettanti detenuti che furono sottoposti ad cosiddetto «carcere duro»;
nel maggio 1993, il dottor Nicolò Amato venne improvvisamente sostituito, alla guida del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dal dottor Alberto Capriotti, e ciò senza alcun preavviso e nonostante questi fosse a capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria da circa undici anni;
monsignor Fabio Fabbri, all'epoca stretto collaboratore del capo dell'Ispettorato Generale cappellani penitenziari - monsignor Cesare Curioni - ha riferito al pubblico ministero presso il Tribunale di Firenze, dottor Gabriele Chelazzi, in data 21 gennaio 2003 che la decisione di rimuovere il dottor Nicolò Amato fu sollecitata dall'allora Presidente della Repubblica, Senatore Oscar Luigi Scàlfaro;
monsignor Curioni era «molto, molto molto amico» con il presidente della Repubblica che conosceva da lunga data;
in particolare, monsignor Fabio Fabbri, ha riferito di un colloquio, tenutosi al Quirinale su invito del Presidente della Repubblica, intercorso tra quest'ultimo e gli alti prelati sopra menzionati;
in tale occasione, il Presidente della Repubblica avrebbe sollecitato i monsignori ad aiutare l'allora Ministro di grazia e giustizia - subentrato all'onorevole Martelli in data 12 febbraio 1993 - professor Giovanni Conso, già contattato all'uopo dal Presidente della Repubblica e, quindi, a conoscenza di tale vicenda nella individuazione del nuovo direttore generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, mostrando di non gradire più la «gestione Amato» e ponendo il suo «veto» su una serie di nomi di possibili candidati;
il giorno successivo a tale incontro, i due monsignori si recarono dal Ministro Conso il quale «si mise le mani nei capelli... perché (Amato) non è stato un cattivo direttore, tutt'altro»;
nella scelta del successore del dottor Nicolò Amato, venne ventilata l'ipotesi del dottor Giovanni Falcone che, tuttavia, fu

considerato «troppo duro» sia da monsignor Curioni che dal Ministro Conso;
preso atto di ciò, venne proposto per l'incarico il Adalberto Capriotti, all'epoca procuratore a Trento, definito da monsignor Fabbri «una persona.. tutto chiesa, insomma una personcina sensibile»;
la scelta fu sostanzialmente condivisa fra i tre protagonisti di tale incontro;
il dottor Gaetano Gifuni, all'epoca Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, ha riferito ai Pubblici Ministeri di Palermo, in data 20 gennaio 2011, che il Presidente Scàlfaro «conosceva personalmente il dottor Capriotti all'epoca Procuratore Generale a Trento»;
il dottor Capriotti, pochi giorni dopo essere stato nominato direttore generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con tali modalità, ha sottoscritto la nota 26 giugno 1993 indirizzata al capo di gabinetto del Ministro di grazia e giustizia, avente ad oggetto «Regime detentivo speciale ex articolo 41-bis, n. 2, vigente ordinamento penitenziario. Eventuale proroga. Proposte.» nella quale propose di «ridurre di circa il 10 per cento i detenuti sottoposti al regime speciale aggravato, di non rinnovare alla scadenza i provvedimenti ex articolo 41-bis ordinamento penitenziario emessi su delega dell'Onorevole Ministro e di prorogare il predetto regime speciale di soli sei mesi» quali misure che «costituiscono sicuramente un segnale positivo di distensione»;
effettivamente, tra il luglio ed il novembre 1993, sono stati non prorogati circa 334 provvedimenti delegati emessi ex articolo 41-bis ordinamento penitenziario ad altrettanti detenuti;
l'onorevole Giovanni Pellegrino, allora Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi», nella seduta del 15 maggio 1997 avrebbe chiesto, all'onorevole Forlani, lumi sull'«alto prelato che portava avanti la trattativa (con le brigate rosse n.d.r.), un certo don Curioni che era il capo dei cappellani delle carceri.» -:
se risulti se il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro grazia e giustizia dell'epoca, ebbero conoscenza della suddetta iniziativa;
quali siano gli estremi (natura giuridica, data e numero della Gazzetta Ufficiale nella quale è stato pubblicato) del provvedimento di nomina del Dr. Capriotti;
quale sia la precisa data in cui il Dottor Capriotti si è insediato presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
se durante la gestione Capriotti - Di Maggio, il Ministro di grazia e giustizia avesse conferito ai predetti e, nell'affermativa, a chi, la delega per l'emanazione dei decreti cosiddetti «delegati» ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, così come già fatto dal suo predecessore, onorevole Martelli nei confronti del dottor Nicolò Amato.
(4-14854)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARGIOTTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il territorio nazionale è oggetto continuo di fenomeni gravi di dissesto idrogeologico;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stima un fabbisogno complessivo per la messa in sicurezza del territorio italiano dal rischio idrogeologico pari a 44 miliardi di euro;
la legge finanziaria per il 2010 ha stanziato in via straordinaria 900 milioni

di euro per interventi mirati a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
sono stati sottoscritti gli accordi di programma con le regioni, per un importo complessivo di circa 810 milioni di euro;
sono stati individuati commissari straordinari per l'attuazione degli interventi;
pochissimi cantieri sono stati aperti, e l'effettiva spesa di tali fondi avviene in modo molto lento, tanto più colpevole quanto più necessarie sono le opere da realizzare -:
quanti fondi siano stati sin qui effettivamente spesi; quali opere siano state ultimate, dove siano localizzati gli interventi iniziati; quale sia la situazione, in particolare, in Basilicata; quali iniziative intenda assumere il Governo per rendere più celere l'attuazione dei programmi; quali elementi possa offrire il Governo sul metodo della nomina dei commissari, e se non ritenga più utile revocarli, con notevole risparmio di fondi pubblici, che potrebbero più proficuamente essere investiti in opere di presidio dal dissesto idrogeologico.
(5-06137)

TOGNI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi due mesi, numerosi container di materiale plastico da recupero destinati all'esportazione commerciale verso la Repubblica popolare cinese sono stati fermati e visitati dall'Agenzia delle dogane in tutti i porti italiani, con la contestazione di ipotesi illecite e centinaia di sequestri preventivi in relazione alla mancanza della titolarità della license of registration for overseas supplier enterprise of imported scrap materials rilasciata dall'ufficio cinese denominato general administration of quality supervision, inspection and quarantine in acronimo AQSIQ, da parte della ditta italiana che vende il materiale all'estero;
in particolare, sembrerebbe che le Dogane italiane ritengano che la mancanza della predetta licenza cinese sia ostativa all'esportazione anche laddove il materiale recuperato dal rifiuto plastico sia venduto a ditta straniera terza (dotata di licenza AQSIQ), la quale procede poi ad introdurla in Cina curando la fase di carico sulle navi e divenendo titolare della bill of landing;
la normativa di riferimento che disciplina l'esportazione dei rifiuti dall'Unione europea è rappresentata dal Regolamento (CE) del 14 giugno 2006 n. 1013/2006, relativo alle spedizioni di rifiuti e dal regolamento (CE) del 29 novembre 2007 n. 1418/2007 relativo all'esportazione di alcuni rifiuti destinati al recupero, elencati nell'allegato III o III A del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, verso alcuni Paesi ai quali non si applica la decisione dell'OCSE sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti;
in sintesi, l'esportazione di rifiuti e dei materiali da essi recuperati o recuperabili segue un percorso che prevede che il raccoglitore e recuperatore dei rifiuti sia iscritto all'albo nazionale gestori ambientali e dotato di tutte le autorizzazioni previste dalla normativa applicabile in materia di rifiuti, tratti i rifiuti attraverso le procedure industriali di recupero e li renda conformi alla normativa vigente per essere commercializzati;
di seguito l'esportatore può vendere i rifiuti allo scopo trattati ad un intermediario senza detenzione, iscritto nella categoria 8 del predetto albo nazionale, o direttamente al cliente finale titolare di AQSIQ che può anche non essere residente in Italia, ed essere un broker internazionale;
il materiale viene caricato nei container e arriva al porto dotato dei previsti documenti richiesti a norma del predetto

regolamento (CE) n. 1013/2006, ossia dell'allegato VII e del contratto di cui all'articolo 18;
una volta espletata le procedure di sdoganamento, il materiale arriva nel Paese estero di destinazione. Nel casi di esportazione verso la Repubblica popolare cinese, lo stesso materiale deve essere corredato del «Cina Compulsory Certificate» (CCC) rilasciato su richiesta dell'azienda titolare dell'AQSIQ e quindi viene importato con destinazione finale in un impianto cinese, che ai sensi della propria normativa, deve essere titolare di licenza rilasciata dalla State enviromental protection administration (SEPA);
la licenza AQSIQ in discussione è necessaria per il rilascio del suddetto certificato CCC rilasciato dagli uffici che hanno sede in tutto il mondo. Senza questo certificato cinese, infatti, è impossibile importare tali materiali in Cina;
va fatto presente al riguardo che il possesso della licenza AQSIQ da parte della ditta italiana venditrice non è prevista dalla normativa italiana e comunitaria;
l'interpretazione effettuata dall'Agenzia delle dogane italiana comporta il blocco delle merci e il conseguente arresto produttivo delle aziende italiane che lavorano nel settore e producono ricchezza recuperando legittimamente materiali da rifiuti e vendendoli all'estero;
il fermo delle attività delle imprese coinvolte comporta inoltre gravissime conseguenze occupazionali ed economiche per il nostro Paese, già profondamente colpito dalla perdurante crisi economica e finanziaria degli ultimi anni;
il danno economico che questa interpretazione, a parere dell'interrogante non chiara, della normativa sta arrecando alle aziende italiane è molto ingente, sia in termini di crollo dei fatturati, calcolabile nella misura di oltre il 50 per cento del commercio di tali materiali coinvolgendo direttamente più di 50 azienda sul territorio nazionale, sia per quanto riguarda la ricaduta occupazionale, sia infine per tutto l'indotto, dagli autotrasporti, alle compagnie di navigazione, alle aziende che recuperano materiali dai rifiuti;
infatti, le esportazioni di materiale plastico da recupero garantiscono una filiera virtuosa dei materiali che spesso in Italia non possono essere destinati al riciclo per i rilevanti oneri che gravano sul settore produttivo, mentre all'estero trovano un forte interesse commerciale e quindi vengono utilizzati attraverso il recupero;
il tema in questione, in particolare, sbilancia ulteriormente il bilancio commerciale Cina-Italia, già notevolmente squilibrato verso l'import di prodotti cinesi;
si deve ad ogni modo sottolineare che la normativa che regola le esportazione di rifiuti è di diretta competenza dell'Unione europea ed è immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri e proprio in tale ambito risulterebbe che nessuna autorità nazionale degli altri Stati europei richieda la predetta licenza estera al venditore per poter commercializzare tramite l'esportazione i materiali di cui trattasi;
è evidente che ove fossero solo le autorità italiane a fornire un interpretazione della disciplina in questione più restrittiva e diversa rispetto a quanto avviene nel resto dell'Unione europea, ciò arrecherebbe un ingiusto vantaggio per gli operatori europei a danno di quelli italiani, presenti quasi esclusivamente al Nord, e violerebbe la libera ed equa concorrenza all'interno dell'Unione;
non va sottovalutata la circostanza che il materiale che fino a due mesi fa veniva esportato perché vi era un interesse economico a trattarlo e recuperarlo in conformità alle norme vigenti per renderlo idoneo alla commercializzazione, attualmente giace nei magazzini e nella aziende

generatrici di rifiuti, e questa situazione non può che agevolare chi abbia interesse a smaltire i rifiuti illecitamente -:
se siano a conoscenza della vicenda esposta in premessa;
se, anche al fine di sbloccare al più presto la grave situazione creatasi a danno delle imprese italiane e per permettere di riprendere le vendite di materiale di rifiuti plastici a ditte terze che poi provvedono al successivo export nei Paesi esteri che lo recuperano, non intendano chiarire alle competenti autorità amministrative addette al controllo la conforme applicazione delle norme comunitarie che regolano la spedizione dei materiali provenienti da rifiuti recuperati in questione, in maniera da porre termine alle criticità che ne stanno conseguendo;
se non intendano contattare le autorità cinesi in particolare il Ministry of environmental protection of the people's Republic of China (MEP), il quale è l'organo competente cui le autorità europee dovrebbero rivolgersi in caso di dubbi circa la documentazione necessaria per l'esportazione di materiale plastico da recupero, allo scopo chiedendo allo stesso se per le autorità cinesi debba essere il primo esportatore italiano ad essere titolare della predetta licenza rilasciata dall'ufficio AQSIQ o possa essere anche un terzo soggetto economico cui il materiale viene preventivamente venduto, non necessariamente soggetto giuridico italiano residente in Italia.
(5-06138)

Interrogazione a risposta scritta:

CECCACCI RUBINO, CATANOSO, CAZZOLA, FRASSINETTI, GIAMMANCO, MANNUCCI, REPETTI e SCANDROGLIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il quotidiano Corriere Fiorentino il parco nazionale dell'arcipelago toscano, la regione Toscana e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali avrebbero concordato un progetto riguardante un intervento di derattizzazione da effettuare sull'isola di Montecristo, nel comune di Portoferraio (Livorno);
l'operazione verrebbe compiuta attraverso l'impiego di ventisei tonnellate di esche avvelenate lanciate sull'isola da un aeroplano in volo con un veleno contenente un principio attivo brodifacoum altamente tossico per gli organismi acquatici e, considerata anche la sua forte persistenza nel tempo, potenzialmente capace di provocare a lungo termine effetti negativi sull'ambiente;
il presupposto dell'iniziativa in questione sembrerebbe consistere nella necessità di salvaguardia delle specie animali residenti sull'isola di Montecristo, perseguendo - come testualmente emerge dalla stampa - lo scopo di «salvare la biodiversità» ivi presente;
emerge chiaramente l'intrinseca contraddittorietà della suddetta operazione se si considera che il prescelto metodo dell'avvelenamento aereo non è in grado di fornire alcuna garanzia sull'assunzione effettiva delle esche da parte dei soli animali da eliminare, al contrario comportando l'elevato ed inevitabile rischio di avvelenamento di tutta ed indistintamente la fauna terrestre ed acquatica;
l'intervento di derattizzazione, se posto in essere nelle modalità sopra descritte, potrebbe peraltro assumere, a giudizio degli interroganti eventuali profili di rilievo penale (maltrattamento di animali);
è necessario ricordare l'ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2010 - Proroga e modifica dell'ordinanza 18 dicembre 2008, come modificata dall'ordinanza 19 marzo 2009, recante: «Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati» - la quale all'articolo 1, comma 1, lettera c), prescrive che «Le operazioni di derattizzazione e disinfestazione, eseguite da ditte specializzate, devono essere effettuate con

modalità tali da non nuocere in alcun modo alle persone e alle specie animali non bersaglio (...)»;
sulla base di quanto divulgato dalla stampa, appare poi quanto mai inconsueto il presunto mancato coinvolgimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito di un progetto che riguarda specificamente un territorio dichiarato «parco nazionale», considerando tra l'altro che, all'articolo 1, comma 1, lettera d), della sopra citata ordinanza si stabilisce che «nelle aree protette per motivi di salvaguardia di specie selvatiche oggetto di misure di protezione a carattere internazionale, ove esse siano particolarmente minacciate dai ratti, è possibile effettuare, previa comunicazione al Ministero della salute, operazioni di derattizzazione mediante rodenticidi senza l'utilizzo degli appositi contenitori di esche a condizione che: a) il principio attivo utilizzato come rodenticida sia a bassa persistenza ambientale al fine di evitare la contaminazione della catena alimentare e dell'ambiente; b) sia stabilita la durata massima di permanenza nell'ambiente delle esche in relazione agli obiettivi da raggiungere, sulla base della letteratura scientifica più aggiornata; c) al termine dell'operazione le esche non utilizzate siano rimosse dall'ambiente e venga redatto un apposito verbale di chiusura dell'operazione, a cura del responsabile della stessa, nel quale sia indicato il numero di esche immesse nell'ambiente, l'area interessata dall'operazione e il numero di esche, non utilizzate e rimosse al termine dell'operazione. Il suddetto verbale, inviato in copia al Ministero della salute, è a disposizione delle autorità competenti per eventuali controlli» -:
se i Ministeri interrogati siano stati effettivamente coinvolti in tale progetto e con quale ruolo;
quanti e quali animali siano oggetto della derattizzazione annunciata e da chi sia stato effettuato tale censimento, quando e con quale metodica;
se non ritengano di dover assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire al ritiro del progetto o per prevedere un divieto di derattizzazione, in ottemperanza alla normativa vigente sui diritti degli animali e all'ordinanza ministeriale a tutela della salute e dell'incolumità pubblica e dell'ambiente, utilizzando metodi alternativi non cruenti per risolvere la questione.
(4-14831)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CARLUCCI, CAPITANIO SANTOLINI, GALLETTI, CALGARO, LUSETTI e BINETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le disposizioni del decreto-legge n. 64 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 100 del 2010 entrate in vigore dal 1° gennaio 2012, stanno danneggiando le eccellenze italiane riconosciute a livello internazionale costruite con sacrificio e professionalità e stanno creando disuguaglianze così da far protestare quelli che a questa normativa sono vincolati;
il decreto-legge sopra citato, infatti, prevede in materia di «permessi artistici» per il personale dipendente dalle Fondazioni lirico sinfoniche la sospensione di ogni possibilità di lavoro autonomo, anche se autorizzato dalla Fondazione di appartenenza;
in tal modo, si mortifica la naturale promozione, nel nostro Paese e all'estero, della cultura musicale italiana;
con l'applicazione di questa normativa, i lavoratori del settore lamentano il rischio di fallire, non solo perché costretti a cancellare concerti e pagare penali, ma anche perché le agenzie non vogliono più un gruppo che non possa rispettare impegni presi;
questo sta facendo perdere loro credibilità e li sta mettendo in una condizione

che è impossibile da sostenere: il loro nome, la loro professionalità e correttezza non sono più difendibili; e tutte le contrattazioni su eventi futuri sono ferme;
ciò che si lamenta è che nessuno di questi lavoratori possa protestare con la propria arte, fuori dal proprio orario di lavoro, conoscere quello che sta succedendo, perché per poter suonare o cantare si ha bisogno del permesso del teatro che però è, impossibilitato a darlo per via delle disposizioni del citato decreto-legge, penalizzando, così, l'arte italiana della musica che è riconosciuta in tutto mondo -:
quali iniziative di competenza, anche di tipo normativo, ritenga opportuno assumere al fine di permettere agli addetti del settore di esercitare la propria professione anche fuori dall'orario di lavoro e al fine di favorire l'organizzazione di un tavolo di trattative per ridiscutere il rinnovo del contratto.
(5-06133)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
da libere associazioni di cittadini ed importanti associazioni ambientaliste, da articoli apparsi sulla stampa regionale pugliese, da numerosi blog e pagine dei più importanti social network, come quella del «Comitato di Tutela per Porto Miggiano» si apprende come la situazione del consumo di suolo nel Salento e dell'abusivismo edilizio in aree di particolare pregio paesaggistico e naturalistico sia ad oggi di particolare allarme;
nel dossier «Mare Monstrum» di Goletta verde, promosso da Legambiente e presentato ad agosto 2011 a Gallipoli, il capitolo dedicato alla Puglia riporta un quadro gravissimo sullo stato dell'abusivismo edilizio e del consumo di suolo: la Puglia, con i suoi splendidi 865 chilometri di costa, si colloca al quarto posto nella classifica nazionale per reati accertati, con 1,7 violazioni per ogni chilometro di litorale, 1.505 infrazioni accertate (nel 2010) ovvero il 12,7 per cento del totale nazionale, 1.636 persone arrestate o denunciate e 658 sequestri effettuati nel territorio regionale;
la Puglia è poi quarta anche nella classifica dell'abusivismo sul demanio pubblico dove le infrazioni accertate a tal riguardo ammontano a 412 solo nel 2010 e hanno comportato 270 sequestri e numerosi arresti;
esempio eclatante di quanto sopraddetto risulta essere quello che sta prendendo corpo nell'area costiera di Porto Miggiano, località nel comune di Santa Cesarea Terme (Lecce);
come riportato dal quotidiano La Repubblica del 30 luglio 2011, un caso emblematico della situazione di sfruttamento selvaggio di territorio, deturpamento, incuria e abuso edilizio risulta essere il tentativo di costruzione, progetto peraltro incurante dei problemi di stabilità geologica della costa dell'area individuata, di un complesso turistico - residenziale, esteso su 15 ettari lungo la provinciale per Vignacastrisi, che prevede la realizzazione di 536 unità abitative divise in 66 sezioni, ristoranti, negozi, piscine, strutture sportive e tutte le opere di urbanizzazione connesse, per un investimento complessivo di 40 milioni di euro. Una vasta opera di cementificazione di un lembo ancora incontaminato della costa adriatica, nella zona a ridosso del parco regionale naturale «Otranto-Santa Maria di Leuca»;
conseguentemente, un'immensa colata di cemento, se non fermata, ricoprirà l'area denominata «comparto 13 del comune di Santa Cesarea Terme» classificata di notevole interesse pubblico e sottoposta a tutela (articolo 36 del decreto legislativo n. 42 del 2004) in quanto presenta ancora intatta la sua originaria bellezza e forma, degradando repentinamente verso il mare, un altopiano roccioso a guisa di anfiteatro circoscritto da una

pineta di origine artificiale, impiantata nel 1933, la quale tende sempre ad espandersi con i nuovi rimboschimenti; inoltre per le sue macchie verdi ed essenze locali costituisce un quadro naturale di grande suggestione, nonché, per i resti di antichi monumenti, un complesso di grande valore estetico e tradizionale -:
quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati, anche promuovendo un apposito tavolo tecnico con la regione Puglia, la fine di tutelare dal «mattone selvaggio» una delle zona più belle del Salento, la cui costa, specie quella interessata da questo progetto di sfruttamento spregiudicato, viene spesso usata per pubblicizzare la bellezza di quella area di Puglia incontaminata;
se il Ministro per i beni e le attività culturali intenda, per il tramite degli uffici territorialmente competenti, verificare nuovamente l'idoneità paesaggistica del sopraccitato progetto di villaggio turistico così impattante anche per la presenza nei pressi di una torre d'avvistamento del XVI secolo di alto valore storico-artistico.
(4-14850)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
su un sito web all'indirizzo http://www.forzearmate.ora/sideweb/2012/approfondimenti/viterbo-2012120202-89.php è stato pubblicato un articolo dal titolo «Ci scrivono dalla Scuola Marescialli dell'AM. Vanno valutate con più elasticità le esigenze del personale "anziano" con moglie e figli» in cui si legge: «La Scuola Marescialli di Viterbo - Viterbo, 2 febbraio 2012 - Vorrei portare l'attenzione sul corso Allievi Marescialli dell'Aeronautica Militare presso Viterbo ed, in particolare, sul trattamento riservato al personale vincitore del concorso interno. Stiamo parlando, tanto per intenderci, di personale ruolo truppa e sergenti che ha, al suo attivo, almeno 8 anni di servizio, oltre che uno stato di servizio impeccabile. Dal momento in cui i nostri colleghi varcano la soglia della scuola, tutto questo però viene cancellato dalla stessa Amministrazione per cui hanno prestato servizio. Infatti vengono inquadrati allo stesso modo degli allievi marescialli vincitori del concorso pubblico che alle loro spalle non hanno nessun periodo di servizio prestato (tranne qualche rara parentesi di vfa, vfp1). Quindi, per le prime settimane, gli unici contatti con il mondo esterno sono limitati a poche ore di parlatoio ( alla stregua di semplici detenuti...), dove mogli e figli sono costretti a vivere un'esperienza a dir poco traumatica, durante la quale l'allievo maresciallo del concorso interno, che per chi sa quali segretissimi motivi non può usufruire di una licenza di breve fine settimana, è obbligato a centellinare i momenti di affetto con i propri cari, tra l'altro sotto lo sguardo vigile dello scelto di turno. Ma questo non è che un aspetto della vita del primo anno, fatta anche di divieti sull'utilizzo dei cellulari, nessun diritto sulla licenza di congedo parentale, malattia figlio eccetera.... Ma veniamo all'iter formativo. Il programma prevede 3 anni per il conseguimento della Laurea di 1° livello in Scienze Gestionali ed Organizzative. Peccato che parecchi allievi del corso interno abbiano già conseguito la suddetta Laurea e seppur il bando di concorso in questi casi parla di un corso interno della durata non inferiore a mesi 6, la scuola per non avere dubbi allunga leggermente il periodo di frequenza (2 anni e mezzo!) e, sempre per maggior sicurezza, ti fà rifare gli esami del 1° anno, solo ai fini della graduatoria. A questo punto sorge una domanda: per quale motivo in tempi di evidente ristrettezza economica non si interviene per cercare di utilizzare al meglio le risorse economiche (all'apparenza tante) presso la Scuola al fine di svolgere un addestramento più mirato e specializzato? Forse perché, come effettivamente accade, viene considerato più importante spendere parte di tali risorse rimanendo presso la Scuola

per l'intero fine settimana, passando le giornate (dopo almeno 8 anni di servizio) a studiare Norme di vita interna? Grazie per la vostra attenzione.» -:
se i fatti descritti corrispondano al vero e se i paritetici corsi svolti presso le altre Forze armate soffrano delle stesse problematiche in tema di diritto alla famiglia;
quale sia la necessità dell'Aeronautica militare di prolungare la durata del corso ben oltre il limite dei due anni stabilito dalla legge per il personale interno e quale sia la durata dei paritetici corsi svolti presso le altre Forze armate, con particolare riferimento a quelli svolti dalla Marina militare e dai carabinieri;
quali immediate iniziative intenda intraprendere in merito a quanto in premessa.
(4-14833)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il tele M-D ARM002 0007027 del 30 gennaio 2012 il comando squadra aerea dell'Aeronautica militare ha disposto la partecipazione di personale graduato, per il periodo 6 - 24 febbraio 2012, al corso di qualificazione CBRN presso la scuola interforze per la difesa NBC sita in Rieti con trattamento di vitto e alloggio obbligatorio presso la prefata struttura;
risulta agli interroganti che, sebbene l'attuale quadro di congiuntura economica induca all'utilizzo di infrastrutture militari per il vitto e l'alloggio, le condizioni di decoro e di igiene presso la scuola succitata sono ben lontane dagli standard definiti dallo stesso Stato maggiore dell'aeronautica nella direttiva SMA-ORD-035. Infatti, il personale graduato è stato alloggiato in camere da sei posti letto, senza porte, senza comodino, senza prese elettriche, con l'intonaco che cade, con un interruttore della luce centralizzato con spegnimento alle ore 23,15 per l'intera ala, con le mura delle stanze che non arrivano al soffitto ed i riscaldamenti accesi solo due ore al giorno, cosa che con le attuali condizioni atmosferiche che hanno ricoperto Rieti di neve si traduce in temperature interne agli alloggi davvero al limite della sopportazione umana. Anche i servizi igienici (collettivi) risultano indecorosi con mura scrostate, muffa, prese elettriche non funzionanti e docce con acqua tiepida e senza tende/box che consentano un minimo di tutela dell'intimità personale. Dopo le prime lamentele dei corsisti, il terzo giorno è stato disposto il loro spostamento dal terzo piano (sottotetto) al secondo piano della stessa palazzina in quanto, dai responsabili, ritenuto più caldo ma la situazione non è sostanzialmente cambiata; anzi i servizi igienici e le docce risultano essere in condizioni peggiori. Infine, cosa ancora più grave, nella direttiva denominata «Piano degli studi Anno 2012» dello Stato maggiore della difesa è stato precisato che tali alloggi non sono idonei solamente per ufficiali e sottufficiali che frequentano i medesimi corsi -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei contenuti discriminatori della direttiva denominata «Piano degli studi Anno 2012» dello Stato maggiore della difesa e se intenda assumere immediatamente iniziative per porre fine a questa evidente disparità di trattamento nei confronti del personale graduato attualmente aggregato presso Rieti e quello programmato per i corsi futuri, disponendo una diversa sistemazione alloggiativa;
se il comando squadra aerea, nel disporre l'aggregazione per vitto ed alloggio obbligatorio nei confronti del personale, abbia verificato la rispondenza ai requisiti minimi di vivibilità e decoro previsti dalla direttiva SMA-ORD-035 Ed. 2007;
se la struttura alloggiativa situata presso la scuola interforze per la difesa NBC sita in Rieti sia provvista di agibilità

e sia a norma (impianti elettrici e idrotermici, evacuazione, sicurezza, e altro) e chi e per quali motivi abbia stabilito che gli alloggi siano idonei solo per il personale graduato, come se questo non fosse composto da militari professionisti ed essere umani alla stregua di ufficiali e sottufficiali.
(4-14841)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dagli organi nazionali di informazione, si è appreso della partecipazione di Adriano Celentano all'edizione 2012 del Festival della canzone italiana di Sanremo;
in particolare, si è avuta notizia dei compensi che l'artista percepirà: 350 mila euro se parteciperà ad una sola serata, 700 mila se le serate saranno due e 750 mila se la partecipazione interesserà tutte le serate del Festival;
il pagamento di compensi così elevati, in tutti i casi sopra richiamati, da parte della televisione di Stato appare decisamente sproporzionato rispetto alla grave condizione economica nella quale versa il Paese ed agli enormi sacrifici economici e sociali richiesti ai cittadini italiani -:
quali iniziative intenda assumere il Governo nel rispetto dell'autonomia gestionale della Rai, per un contenimento dei compensi eccessivamente elevati, come nel caso oggetto della presente interrogazione nel rispetto dei criteri di efficienza ed economicità della gestione stabiliti dal contratto di servizio.
(5-06139)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI, MURA, MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un interessante articolo è stato pubblicato il 4 febbraio 2012 sull'autorevole International Financing Review (si veda ifre.com) e ripreso sul sito «linkiesta» dal giornalista economico Nicolò Cavalli, articolo che getta luce su un importante aspetto della composizione del debito pubblico del nostro Paese - e quindi sulla sua sostenibilità. Si tratta di capire, infatti, quanti derivati possiede il Ministero dell'economia e delle finanze italiano nel suo portafoglio;
come riportato quasi un anno fa da Wall Street Italia, il New York Times ha sostenuto che, a partire dal 1996, l'Italia avrebbe «truccato» i propri conti utilizzando derivati grazie all'aiuto di JP Morgan;
su questo argomento tutti i Governi succedutisi nel tempo hanno mantenuto uno scrupoloso silenzio, anche quando, il 19 dicembre del 2009, il Fatto Quotidiano aveva segnalato uno strano fenomeno: i tassi di interesse scendevano, ma lo Stato continuava a pagare sempre lo stesso tasso sullo stock di debito;
i dati Eurostat rivelano che il Ministero dell'economia e delle finanze italiano ha utilizzato massicciamente i derivati, in particolare dal 1998 al 2008, utilizzando cross-currency swap e interest rate swap, ma anche cartolarizzazioni. Ciò che si sa dai dati Eurostat è che l'Italia ha guadagnato su questi strumenti almeno fino al 2006, anno in cui la tendenza ha iniziato ad invertirsi e le perdite hanno iniziato a materializzarsi. Per gli anni successivi non esistono dati accertati, a causa dell'assenza di informazioni provenienti da fonti ufficiali;
la maggior parte delle stime sostiene che i derivati del Ministero abbiano un valore di circa 30 miliardi di euro, e molti banchieri sostengono che l'Italia sia il più grande utilizzatore sovrano di strumenti derivati. Il che non sarebbe un problema

in sé, se non fosse che l'opacità informativa rischia di alimentare dubbi circa la sostenibilità di questo stock di contratti, in particolare in un momento in cui nessun Paese è bersagliato come l'Italia, con 29 miliardi di dollari di scommesse contrarie su oltre 7500 contratti di CDS;
la questione è tutt'altro che irrilevante: l'articolo di IFRE prende l'esempio di Morgan Stanley, che ha recentemente ridotto la sua esposizione in swap verso l'Italia di circa 3,4 miliardi di dollari. Se questo interest rate swap fosse stato ristrutturato e assegnato a un'altra banca, allora l'Italia non sarebbe stata particolarmente toccata dalla vicenda. Ma se lo swap fosse stato chiuso allora l'Italia avrebbe dovuto pagare almeno 2 miliardi di euro;
l'European Bank Authority riporta che l'Italia è esposta per 5,1 miliardi di euro in swap verso le banche europee, e questo non include quelle statunitensi, quelle svizzere né quelle inglesi. Se gli investitori decidessero di chiudere queste posizioni, che sono peraltro più costose con il nuovo regime regolatorio, l'Italia si troverebbe d'improvviso a dover pagare svariati miliardi di euro -:
quale sia la reale esposizione italiana al rischio sopra indicato e come possa incidere sulla tenuta dei conti pubblici italiani.
(4-14832)

FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha, tra l'altro, introdotto un'imposta erariale sugli aeromobili privati; tale imposta è progressiva rispetto al peso del velivolo, andando da 1,5 euro/chilogrammo per i velivoli fino a 1 tonnellata fino a 7,55 euro/chilogrammo per i velivoli di peso superiore a 10 tonnellate;
il comma 14-bis del citato articolo 16, introdotto in fase di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011, stabilisce che l'imposta si applica anche agli «aeromobili non immatricolati nel registro aeronautico nazionale la cui sosta nel territorio italiano si protrae oltre quarantotto ore»;
se ovviamente è moralmente e politicamente corretto che le categorie sociali più abbienti sopportino una pressione fiscale maggiore, è necessario che l'imposizione fiscale non diventi controproducente: al pari della tassa di stazionamento per le imbarcazioni, introdotta dallo stesso articolo 16 del decreto-legge n. 201 del 2011, quanto stabilito dal comma 14-bis non produrrà gettito all'erario, e, anzi, penalizzerà il settore turistico con tutto l'indotto che ruota intorno ad esso;
un velivolo straniero che stazionerà in uno qualsiasi degli aeroporti italiani per più di 48 ore pagherà l'imposta come se si fermasse per un anno; dal momento che la maggioranza degli aerei rientra nella fascia sopra le 10 tonnellate, un uomo d'affari o un turista dovrebbe pagare più di trecentomila euro per soggiornare due giorni in Italia;
le conseguenze sono facilmente prevedibili: mancato introito del gettito, dal momento che il ricco imprenditore russo si farà «accompagnare» in Italia dal pilota, che poi condurrà l'aereo in uno Stato confinante, o, peggio ancora non verrà proprio in Italia -:
se il Governo, valutate le conseguenze negative per il settore aeroportuale e turistico italiano del comma 14-bis dell'articolo 16 del decreto-legge n. 201 del 2011, ritenga di assumere iniziative volte a rivedere la norma in questione.
(4-14834)

DI PIETRO, BORGHESI, MURA, BARBATO e MESSINA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il progetto di fusione tra Unipol, Premafin e Fonsai è stato da poco modificato

su sollecitazione del presidente della Consob. Pur non lanciando l'offerta pubblica di acquisto (Opa) su Fonsai, Unipol non comprerà più a caro prezzo Premafin (il che avrebbe consentito alla famiglia Ligresti di incassare una sostanziosa buonuscita), ma si limiterà ad apportare a quest'ultima 300 milioni di «mezzi freschi» attraverso un aumento di capitale riservato, diventando il nuovo socio di controllo;
anche questo nuovo piano è stato concepito insieme ai vecchi soci di controllo e ai loro creditori;
è possibile dunque che nei dettagli dell'operazione - ancora ignoti - si nasconda un premio di consolazione, magari sostanzioso. Del resto, la scelta di investire in Premafin anziché versare i soldi direttamente nelle malandate casse di Fonsai si spiega solo con la volontà di rendere un po' meno traballanti i debiti della prima verso alcune grandi banche. E in ogni caso, rende difficile parlare di salvataggio tout court della compagnia assicurativa, rendendo quanto meno incerta l'esenzione dall'offerta pubblica di acquisto (Opa) a cascata;
sorprende ad avviso degli interroganti l'attivismo di una Consob che non si limita a fissare poche buone regole e a farle rispettare, ma consiglia e, a quanto risulta, persuade, magari preservando come in passato è accaduto con le offerte di pubblico acquisto (Opa) bancarie, l'italianità dei campioni nazionali;
le autorità di vigilanza devono essere arbitri imparziali: suggerire azioni per evitare l'offerta pubblica di acquisto (Opa) non rientra precisamente nei loro compiti;
in un articolo pubblicato il 30 gennaio 2012 su La Repubblica, un commissario Consob stigmatizza i comportamenti del Presidente della Consob, Vegas: «Non mi risulta che ci sia stato un intervento del collegio sulla vicenda Unipol-Fonsai - afferma il commissario Consob Michele Pezzinga - il quesito ad oggi non è ancora pervenuto e a quel che mi risulta neanche gli uffici hanno poteri o mandati per studiare soluzioni alternative all'operazione in mancanza di una richiesta specifica»;
il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in almeno in un'occasione, ha incontrato Alberto Nagel, numero uno di Mediobanca e i vertici delle società interessate per fornire loro indicazioni su come strutturare l'operazione. Come possa la Consob permettere che si faccia l'offerta pubblica di acquisto (Opa) per la Premafin, il cui beneficiario è quasi interamente Ligresti e le banche creditrici, e non venga lanciata su Fonsai e Milano assicurazioni ha, a giudizio degli interroganti, dell'incredibile. I piccoli azionisti che hanno puntato i propri soldi su queste società dovranno versare altri soldi invece che beneficiare del cambio di controllo societario;
con un salvataggio di mercato le banche ci avrebbero rimesso circa il 40 per cento dei crediti: perdite che il loro patrimonio poteva assorbire agevolmente. Invece, non pagano per l'errore di aver sostenuto a lungo un gruppo così mal gestito. E tengono immobilizzati ingenti prestiti che assorbono capitale, sottraendolo così al sostegno delle imprese produttive;
per non sacrificare sé stessi, i manager di Mediobanca e Unicredit, ad avviso degli interroganti hanno deciso di scaricare il costo finanziario dell'intera operazione, definita «industriale», sulle spalle del mercato;
la famiglia Ligresti, artefice di quello che agli interroganti appare un disastro gestionale senza precedenti nella compagnia Fondiaria-Sai, invece che essere estromessa viene liquidata a suon di milioni. Per l'esattezza più di cento milioni di euro se si considerano le finanziarie off shore illegali recentemente venute allo scoperto e chiaramente riconducibili alla famiglia. Inoltre, ai quattro membri viene riconosciuto uno stipendio, per ben cinque annualità, per non competere con la compagnia, quando ci si dovrebbe augurare il contrario;

il nuovo gruppo Unipol-Fonsai nasce con un vulnus anticoncorrenziale enorme. L'attuale Governo sostiene di volere le liberalizzazioni. Ma qui si crea un gruppo con una posizione dominante: quasi il 40 per cento del mercato della responsabilità civile auto;
a capo del nuovo gruppo assicurativo andrà Carlo Cimbri, appena condannato in primo grado (a 3 anni e 7 mesi) per il caso Unipol/Bnl, insieme a Caltagirone, vice presidente di Generali -:
quali iniziative urgenti, anche normative, il Governo intenda adottare per rafforzare la credibilità e la trasparenza delle Autorità di vigilanza al fine di garantire i diritti degli assicurati, del mercato e dei risparmiatori;
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per tutelare i diritti dei piccoli azionisti.
(4-14845)

TORRISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si è costituito nel 2010 un nuovo sindacato di dirigenti scolastici regolarmente registrato all'ARAN e al TESORO denominato DIRPRESIDI con codice SM7-DIRPRESIDI e sede legale a Roma c/o la CONFEDIR largo Amba Aradam 1, che nell'arco di due anni ha reclutato più di 400 presidi e dirigenti in tutta Italia con una crescita esponenziale partendo da 33 soci registrati nei tabulati del Ministero dell'economia e delle finanze nel mese di marzo 2010;
i nuovi soci hanno tenuto due congressi nazionali uno il 20 ottobre e l'altro il 19 settembre 2011 i cui verbali in originale sono stati trasmessi al direttore del Ministero dell'economia e delle finanze, ufficio V, direzione centrale sistemi informatici e innovazione dottor Francesco Paolo Schiavo, per accreditare la nuova rappresentanza legale dell'associazione in capo ai presidi Fratta Attilio presidente (Foggia), Salvatore Indelicato, vice presidente (Catania), Vincenzo Ciotola, vice presidente (Napoli); tutto verificabile dal sito web dell'associazione www.dirpresidi.org dove sono pubblicati tutti i documenti;
in seguito a un ricorso infondato dell'ex socio che non è stato più rieletto dai due congressi, il Ministero ha ritenuto di dover congelare cautelativamente le quote e che in seguito a questo irregolare congelamento l'associazione ha subito un rilevante danno rallentando il suo funzionamento e la sua attività sindacale per non aver potuto pagare le assicurazioni professionali degli iscritti;
per sbloccare i fondi congelati la nuova dirigenza ha adito con successo in data 12 gennaio 2012 il tribunale di Roma, in persona del giudice Saracino, proc. n. 73782/R.G.CC, contenzioso civile, richiedendo e ottenendo ingiunzione di pagamento, ad istanza della Dirpresidi, in persona del presidente dottor Attilio Fratta, nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, delle quote associative non ancora accreditate;
nonostante il decreto ingiuntivo il Ministero avrebbe inspiegabilmente comunicato con lettera del 26 gennaio 2012 che non intende attenersi al decreto ingiuntivo anticipando che accrediterà i fondi al ricorrente che fra l'altro non ne ha titolo perché nel frattempo è andato in pensione ed è decaduto anche dalla qualità di socio -:
se il Ministro intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia fatta chiarezza su quanto esposto dalla Dirpresidi e siano eliminati gli ostacoli che hanno ritardato e ritardano l'accredito delle quote associative.
(4-14848)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il procuratore aggiunto della DDA di Palermo dottor Antonio Ingroia ha fatto delle dichiarazioni, durante un convegno a Marsala, e riportate da diversi periodici di stampa, che hanno suscitato notevoli reazioni di numerosi deputati dell'Assemblea regionale siciliana; in particolare, le frasi che hanno suscitato le reazioni dei politici siciliani sembrano essere le seguenti: «Il Parlamento siciliano è lo specchio fedele di una società e di una classe dirigente profondamente inquinata, soprattutto ai piani alti, dalle collusioni con il sistema mafioso. Purtroppo non è una novità, né una sorpresa»;
il presidente dell'ARS Francesco Cascio, sulle presunte collusioni di esponenti dell'ARS con la mafia, sembra che abbia ribadito che «Mi aspetto un chiarimento del giudice Ingroia, nell'interesse collettivo e al fine di rispettare la dignità, il decoro e il buon funzionamento dell'istituzione legislativa dell'Isola che, in quanto tale è un organo di diretta rappresentanza del popolo di Sicilia secondo un sistema elettorale proporzionale con voto di preferenza, che attiene alle regole stesse di democrazia di questo Paese -:
se risultino avviate indagini rispetto a quanto segnalato in premessa.
(4-14857)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
nel 2007 il Consiglio europeo ha adottato alcuni obiettivi ambiziosi attinenti l'energia e i cambiamenti climatici, da raggiungere entro il 2020: ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra, innalzare tale percentuale al 30 per cento se le condizioni saranno favorevoli, innalzare al 20 per cento la quota di energie rinnovabili e puntare ad un miglioramento del 20 per cento dell'efficienza energetica;
tali traguardi sono stati inclusi tra i cinque obiettivi principali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. In particolare, il 3o obiettivo, denominato «Cambiamenti climatici/energia» include, oltre alla riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento rispetto al 1990 e del 20 per cento prodotto da energia rinnovabile sui consumi lordi finali, anche l'aumento del 20 per cento dell'efficienza energetica. I parametri chiave dell'Unione europea al 2020 sono stati poi tradotti in obiettivi nazionali e l'Italia nella riduzione del consumo di energia in Mtep ha come target 27,90;
la Commissione (SEC 2011 277) ritiene al momento improbabile che l'attuale strategia sia in grado di realizzare tutti gli obiettivi auspicati per il 2020; in particolare per quanto attiene l'efficienza energetica le stime recenti della Commissione, che tengono conto degli obiettivi nazionali, hanno rilevato che l'Unione europea raggiungerà soltanto la metà dell'obiettivo del 20 per cento;
per rimediare al ritardo e riportare i Paesi dell'Unione europea nella giusta direzione, nel marzo 2011 la Commissione europea, accogliendo l'invito del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, ha presentato un nuovo piano di efficienza energetica (PEE), contenente una serie di misure da attuare in tutti i settori economici con particolare attenzione al patrimonio

immobiliare, a cui si riconosce il maggiore potenziale di risparmio energetico;
alla Camera dei deputati è stata presentata il 22 dicembre 2009 e annunziata il 4 gennaio 2010, la proposta di legge n. 3079 in materia di «Norme per il risparmio energetico e lo sviluppo dell'impiego di energia da fonti rinnovabili negli edifici pubblici»;
considerato che il risparmio energetico può offrire, in questa fase di crisi, non solo un'opportunità per il doveroso rispetto degli impegni ambientali ma anche un'opportunità di sviluppo produttivo, si ritiene strategico valutare l'impatto e le ricadute economiche dell'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare pubblico -:
di quali dati disponga il Governo in merito alla consistenza del patrimonio di proprietà dei singoli enti che compongono il settore della pubblica amministrazione in particolare, per ogni singolo ente pubblico proprietario (ovvero per un sottoinsieme della pubblica amministrazione di cui si abbia disponibilità);
quali siano la localizzazione dei singoli cespiti (il comune in cui si trovano), la consistenza (metri quadri di superficie lorda di pavimento o di superficie commerciale), l'anno di costruzione, lo stato di manutenzione (ottimo, buono, mediocre, pessimo), gli interventi di manutenzione straordinaria realizzati negli ultimi 10 anni (con gli anni di intervento), lo stato di occupazione (occupato/non occupato), la forma di utilizzo (strumentale/a mercato) dei medesimi immobili.
(2-01355) «Vaccaro».

Interrogazione a risposta orale:

MEREU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa che a seguito dell'incidente occorso qualche giorno fa alla nave traghetto «Sharden» di Tirrenia, la compagnia di navigazione ha deciso di riprogrammare il timetable delle corse, decidendo una sostanziale riduzione del servizio in attività;
nello specifico la nuova programmazione prevede la riduzione delle corse da e verso Cagliari su Civitavecchia e la cancellazione delle tratte da Olbia e Arbatax verso Genova;
il fatto rappresenta un atto di gravità assoluta e dimostra la scarsa attenzione della compagnia nei confronti dei cittadini sardi e dell'intero tessuto produttivo della regione, che pagherebbe ancora una volta scelte sconsiderate e poco attente alle reali necessità di una regione che vive già grosse difficoltà di mobilità a causa della sua insularità;
in considerazione anche della recente privatizzazione di Tirrenia e della corresponsione di più di 70 milioni di euro da parte dello Stato nei confronti della nuova proprietà per garantire il servizio di continuità territoriale verso la regione Sardegna, la recente riduzione operata del programma di navigazione evidenzia a giudizio dell'interrogante una sostanziale e formale violazione della convenzione stipulata e dell'obbligo di erogazione del servizio di continuità territoriale;
alla luce inoltre della grave crisi economica che sta attanagliando fortemente l'intero sistema produttivo sardo, la mancanza di un regolare servizio di trasporto marittimo passeggero e merci ne aggrava ancor di più le conseguenze e nello stesso tempo lede fortemente l'immagine verso possibili investimenti da sviluppare nel territorio sardo da parte di potenziali investitori esteri -:
quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per la risoluzione della problematica sopra esposta e per consentire l'immediato ripristino da parte della società di navigazione Tirrenia delle tratte e corse cancellate da e verso la regione Sardegna e garantire così il rispetto del

servizio di trasporto in regime di continuità territoriale ai cittadini sardi.
(3-02096)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 5 febbraio 2012 la Puglia settentrionale è colpita da una forte ondata di maltempo che sta portando anche abbondanti nevicate;
un elemento che lascia molto perplessi è il modo in cui, ai primi sintomi di maltempo, la rete dei treni da e per la Puglia sia andata letteralmente in tilt con la cancellazione, già nei primi due giorni di cattive condizioni meteorologiche, rispettivamente di 14 e di 11 corse;
tra le tratte colpite da soppressioni o (nella migliore delle ipotesi) forti ritardi vi sono anche quelle attraversate dagli Eurostar che collegano la Puglia a Roma, il che crea evidentemente enormi disagi che vanno ad aggiungersi a quelli già usuali causati dalle politiche aziendali di Trenitalia che con la pubblicazione del nuovo orario ferroviario (dicembre 2011) ha gravemente penalizzato, per una precisa scelta aziendale, il Mezzogiorno;
la vicenda del maltempo in Puglia dimostra come Trenitalia, oltre a voler depotenziare i collegamenti da e per il Mezzogiorno e la Puglia, evidentemente considerati antieconomici dal suo amministratore delegato (che peraltro in più sedi, anche incontrando i parlamentari pugliesi, non ha nascosto il suo pensiero in proposito), stia disinvestendo pesantemente sulla manutenzione e sulla sicurezza delle linee ferroviarie;
quanto avvenuto in questi ultimi giorni in Puglia impone al Governo, che ha già espresso in Parlamento la volontà di contribuire a un rafforzamento dei collegamenti ferroviari da e per il Mezzogiorno, la necessità di richiamare e indirizzare Trenitalia, che fino a prova contraria fornisce un servizio universale, a un maggiore rispetto e a una maggiore tutela dei passeggeri meridionali -:
quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa.
(4-14836)

DI PIETRO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da circa 16 anni è stato introdotto un sistema di riduzioni compensate dei pedaggi autostradali a beneficio delle imprese di autotrasporto;
ogni anno la spesa strutturale è di 70 milioni di euro ai quali vengono aggiunte ulteriori risorse, mediamente di 70 milioni di euro, per soddisfare le richieste delle imprese, anche quelle comunitarie, allo scopo di raggiungere il tetto massimo di sconto del 13 per cento;
il Ministro interrogato annunciò in Parlamento, durante il fermo degli autotrasportatori, una cifra di 170 milioni di euro per l'esercizio 2012, senza peraltro raccogliere, a quanto consta all'interrogante, né acclamazioni né approvazione da parte dei manifestanti;
il motivo del disinteresse degli autotrasportatori, evidentemente, risiede nel fatto che gli sconti sui pedaggi autostradali giungono dopo circa tre anni dal termine dell'esercizio e pertanto, considerando l'indebitamento dichiarato dalle imprese del settore, il rischio è che a queste stesse aziende arrivi il rimborso, di fatto, ad azienda chiusa;
per esempio, la riduzione compensata dei pedaggi autostradali dell'esercizio 2009 deve essere ancora conclusa;
il sistema attuale prevede una riduzione scaglionata a seconda dei consumi in termini di fatturato e pertanto, per ottenere il massimo dello sconto si sono formati consorzi di acquisto collettivo che

si interfacciano fra le società concessionarie di autostrade e le imprese di autotrasporto trattenendo una commissione;
il beneficio dello sconto è relativo ai transiti effettuati con veicoli adibiti al trasporto merci (imprese, consorzi e cooperative) a condizione che il pagamento venga effettuato con modalità differita, e pertanto il consorzio di acquisto collettivo incassa dalle imprese e paga le concessionarie;
una delle richieste che avanzano gli autotrasportatori è quella di ottenere la riduzione del pedaggio «direttamente al casello» -:
se il Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, non intenda adottare adeguate iniziative volte a velocizzare le operazioni di rimborso dei pedaggi, rendendoli direttamente fruibili da parte dei soggetti beneficiari;
se il Governo non intenda verificare quanto avviene nell'ambito dell'Unione europea ove taluni Stati membri adottano sistemi similari in materia di riduzione del pedaggio autostradale, al fine di consentire la scelta dell'infrastruttura autostradale ritenuta più sicura rispetto alle altre reti stradali.
(4-14838)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

GIDONI, FABI, CALLEGARI, FORCOLIN e BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da diversi decenni è istituito un distaccamento volontario dei vigili del fuoco a Longarone, alle dipendenze del comando provinciale di Belluno, ricostruito a seguito della nota vicenda del disastro del Vajont;
lo stesso è stato incluso nel progetto di sviluppo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco denominato «Soccorso Italia in 20 minuti»;
nell'ultimo periodo si sono registrati in comune di Longarone più incendi, anche di grave entità, che hanno impegnato nelle operazioni di spegnimento squadre provenienti da Belluno, Pieve di Cadore e Vittorio Veneto;
se fosse attivo un distaccamento di tipo permanente i tempi sarebbero stati certamente più tempestivi permettendo di contenere in modo significativo i danni;
il potenziamento del distaccamento di Longarone aumenterebbe in modo significativo l'operatività anche a favore delle vicine località di Erto-Casso, Val di Zoldo nonché della stessa zona dell'Alpago con la sua ampia area industriale, così come si è potuto riscontrare a seguito di apposite simulazioni di intervento -:
se non ritenga opportuno trasformare l'attuale distaccamento volontario dei vigili del fuoco di Longarone in distaccamento permanente anche di tipo misto.
(4-14839)

LABOCCETTA, D'ANNA, DE GIROLAMO, DI CATERINA, FORMICHELLA, CASTIELLO, CESARIO e PAOLO RUSSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con le interrogazioni presentate alla Camera n. 4-11543 concernente infiltrazioni della criminalità organizzata nel comune di Gragnano e irregolarità nelle elezioni amministrative n. 4-14558 (gravi vicende del comune di Gragnano) e con l'interrogazione n. 4-04084 presentata al Senato della Repubblica il 16 novembre 2010 è stata portata all'attenzione del Governo la vicenda del comune di Gragnano;
è stata altresì inviata la commissione d'accesso, peraltro sollecitata dallo stesso sindaco di Gragnano dopo le accuse rivoltele;

in concomitanza dei lavori della commissione d'accesso sono state diffuse notizie a mezzo stampa riportate in particolare sui quotidiani il Mattino, Metropolis, La Repubblica, nella sua edizione napoletana;
tutte le predette informazioni, alcune delle quali del tutto destituite di fondamento, hanno creato un clima di grande suggestione intorno alla vicenda di Gragnano, tentando in particolare di dilatare gli aspetti della vicenda di brogli elettorali che ha visto coinvolto il presidente del consiglio comunale;
quest'ultimo, invero, è stato rinviato a giudizio innanzi al tribunale di Gragnano, in composizione monocratica, per rispondere dei reati previsti dall'articolo 51 della legge n. 18 del 1979, in relazione agli articoli 100, 103 e 104 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, nonché dagli articoli 90, comma 1 e 2, e 96 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960: nella sostanza l'ex presidente del consiglio comunale di Gragnano è stato accusato di essere il beneficiario del fatto che Coticelli Ciro e Coticelli Sebastiano esercitavano il diritto di voto con duplicati delle schede elettorali intestate a Sicignano Marco e Sicignano Vincenzo dei quali assumevano falsamente il nome;
non esiste alcun rapporto di parentela tra il Coticelli Giuseppe e gli altri due Coticelli, Ciro e Sebastiano, come erroneamente indicato in alcuni articoli di stampa;
nel processo in questione, alla prima udienza del 31 marzo 2011, il comune di Gragnano si costituiva parte civile a tutela della legalità dell'azione amministrativa;
è stata riportata erroneamente la notizia che il comune non si era costituito;
invece, veniva respinta la richiesta di costituzione di parte civile presentata dai candidati sindaco perdenti, considerato che il giudice ha ritenuto che non era stata superata la prova di resistenza, trattandosi di due voti, e che il voto poteva anche essere disgiunto (al consigliere ed al sindaco di diversa coalizione), e, dunque per la mancanza di qualsiasi danno;
dall'istruttoria dibattimentale ed in particolare dall'escussione del teste del p.m. Maresciallo Sossio Giordano, comandante della locale stazione dei carabinieri udienza del 31 marzo 2011, è emerso che delle 800 persone ascoltate in caserma, e cioè tutte quelle per le quali il duplicato delle tessere elettorali era stato ritirato da terzi, non si era riscontrata alcuna irregolarità e/o anomalia;
il presidente del consiglio comunale all'esito del processo, udienza del 5 gennaio 2012, è stato condannato alla pena di anni 3 e mesi due di reclusione, perché ritenuto beneficiario dei due voti illecitamente espressi;
con lettera del 9 gennaio 2012, indirizzata al prefetto di Napoli, dottor Andrea De Martino, ed al sindaco del comune di Gragnano, avvocato Annarita Patriarca, il Coticelli Giuseppe rassegnava le dimissioni dalla carica di consigliere comunale;
il Coticelli Giuseppe non risulta indagato per fatti collegati alla criminalità organizzata;
nelle indagini della direzione distrettuale antimafia di Napoli nel procedimento Golden goal emergevano dei dati investigativi chiari che anche le notizie della stampa non hanno riportato;
in particolare, alla pagina 550 del decreto di fermo, emesso nel procedimento penale di cui sopra, è riportata la risultanza di un'intercettazione ambientale di un colloquio avvenuto nella casa di lavoro di Sulmona l'11 giugno 2009, pochi giorni prima del ballottaggio tra Annarita Patriarca e Michele Mascolo, tra Di Martino Leonardo, il figlio Fabio e la moglie del primo Anna;
in questa conversazione Fabio dice: «Mo che con Michele vinciamo il ballottaggio!», ottenendo sul punto l'implicito

assenso alla comune posizione criminale di appoggio al candidato opposto alla Patriarca;
dal tenore dell'intercettazione ambientale appare evidente a giudizio degli interroganti che il clan Di Martino avesse intenzione di votare il candidato sindaco Michele Mascolo avversario di Annarita Patriarca;
a parere degli interroganti, appare grave che il contenuto della conversazione, avvenuta nella settimana precedente il turno di ballottaggio, non sia stato oggetto di approfondimento da parte dell'autorità inquirente;
la notizia non è stata riportata dalla stampa; va segnalato che al ballottaggio Michele Mascolo, e dal movimento Gragnano dei Valori espressione territoriale del partito dell'IDV;
la stampa coeva ha invece parlato di altri fatti non collegati alla vicenda del processo Coticelli creando collegamenti assolutamente non riscontrati;
in particolare, sui quotidiani La Repubblica, Il Mattino e Metropolis del 9 gennaio 2012 appariva la notizia che collegava l'incendio dell'autovettura del signor Mosca Vincenzo alla condanna di Coticelli per il solo fatto che il figlio del primo risultava essere un teste a carico nel processo del secondo;
il testimone Mosca Salvatore, dal canto suo smentiva la notizia di un collegamento dell'incendio dell'autovettura paterna, peraltro in uso esclusivo al fratello Enzo Maria, con il processo, ma la stampa non dava risalto alla lettera di smentita, che il Mosca ha pubblicato sulla sua bacheca di Facebook;
ancora, nella lettera il Mosca dice di: «non aver ricevuto alcuna forma di minaccia, pressione o condizionamento come più volte ho affermato agli organi inquirenti, anche perché non avrei esitato un istante a denunciare tale situazione»;
le elezioni amministrative del comune di Gragnano si sono tenute nel giugno 2009 sotto la gestione del commissario prefettizio dottor Umberto Cimmino;
il sindaco Patriarca ha adottato una serie di azioni coraggiose e significative volte a contrastare il clan Di Martino;
invero in data 24 novembre 2010, il comune di Gragnano ha proceduto all'abbattimento della casa abusiva del boss Leonardo Di Martino (il soggetto delle intercettazioni ambientali di cui sopra), con procedimento iniziato in data 11 agosto 2010, RESA n. 121/2006, nota prot. 25349 dell'11 novembre 2010) mettendo in esecuzione un provvedimento definitivo già da quando sindaco era Michele Serrapica che nelle indagini della DDA viene individuato come l'inventore dei brogli elettorali;
il Serrapica è stato sfiduciato con l'approvazione della mozione di sfiducia votata anche da Annarita Patriarca in consiglio comunale;
il Serrapica è stato, a quanto risulta, lo sponsor politico di Michele Mascolo alle elezioni amministrative;
il sindaco Patriarca ha presentato una denuncia-querela alla procura della Repubblica di Torre Annunziata per le calunnie contenute in particolare in uno scritto il cui autore ha una grafia che presenta una compatibilità funzionale con quella dello stesso Serrapica, come risulta dalla perizia di parte;
l'istituzione e l'invio di una commissione di accesso nascono da una lunga serie di scritti anonimi che hanno invaso la prefettura e la stessa procura della Repubblica, creando un clima di sospetto non corrispondente al vero;
nessuno dei consiglieri comunali di maggioranza dell'amministrazione Patriarca risulta indagato per reati di camorra;
ancora, in data 5 febbraio 2010, veniva inoltrata dal sindaco Patriarca una nota al prefetto di Napoli con la quale si segnalava che il Di Martino Michele, figlio del boss Leonardo aveva aperto sul territorio

di Gragnano un'attività commerciale di somministrazione di bevande, al fine di voler sollecitare ogni accertamento per consentire all'ente di adottare gli eventuali consequenziali provvedimenti antimafia, senza però, e quanto risulta, riscontro da parte della prefettura;
successivamente, in seguito ad azione congiunta della polizia municipale e dei carabinieri si è provveduto alla chiusura del bar e di un ristorante gestito dal clan Di Martino;
con nota del 22 ottobre 2010, il sindaco di Gragnano chiedeva alla prefettura di Napoli ed al provveditore delle opere pubbliche l'adesione alla stazione unica appaltante (SUAP), al fine di garantire legalità e massima trasparenza nelle procedure di affidamento delle gare di appalto per opere pubbliche e servizi;
in data 11 gennaio 2011, veniva sottoscritta la convenzione, tra il comune di Gragnano e la prefettura di Napoli ed il provveditore interregionale alle opere pubbliche per la creazione della stazione unica appaltante;
la materia dello scioglimento del consiglio comunale è disciplinato dall'articolo 143 del T.U.E.L., come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 (pacchetto sicurezza);
il nuovo testo ha recepito le elaborazioni giurisprudenziali in materia e, in particolare, la Corte costituzionale, con sentenza n. 103 del 19 marzo 1993, ha evidenziato che nella circolare ministeriale n. 7102 M/6 del 25 giugno 1991: «...si afferma che dagli elementi oggetto di valutazione debba emergere chiaramente il determinarsi di uno stato di fatto nel quale il procedimento di formazione della volontà degli amministratori subisca alterazioni per effetto dell'interferenza di fattori, esterni al quadro degli interessi locali riconducibili alla criminalità organizzata»;
inoltre, il Consiglio di Stato, VI sezione, con sentenza n. 06657/2009 ha chiarito che la commissione d'accesso nel relazionare debba seguire un percorso lineare teso a dimostrare come da concreti elementi di fatto si possa, in modo plausibile, giungere ad una diagnosi di condizionamento dell'amministrazione controllata da parte della criminalità organizzata, in modo rigoroso non potendo sopperire a tale obbligo l'indicazione generica di indagini; dovendo altresì comparare gli elementi raccolti con gli sforzi, gli atteggiamenti e le azioni poste in essere dall'amministrazione per contrastare il fenomeno mafioso;
ancora, il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza n. 4135/2006, ha stabilito che l'omessa ponderazione degli elementi positivi, come ad esempio le azioni di contrasto ai clan, in sede di valutazione del quadro complessivo degli elementi, a disposizione del Ministro dell'interno, comporta l'illegittimità del provvedimento di scioglimento, vertendosi in tema di accertamento per presunzioni, che esige indizi gravi, precisi e concordanti per pervenire alla dissoluzione degli organi elettivi;
a parere degli interroganti sarebbe opportuno che la magistratura inquirente iniziasse un'indagine al fine di accertare se dietro le notizie apparse sui quotidiani locali ci siano persone che, traendo in inganno gli organi di stampa abbiano inteso simulare tracce di reato ai danni dell'amministrazione Patriarca, considerato il numero impressionante di denunce anonime rivolte alle diverse autorità giudiziarie ed amministrative aventi ad oggetto il comune di Gragnano, in funzione teleologica rispetto all'obiettivo finale di ottenere lo scioglimento del consiglio comunale per camorra, creando un clima di suggestione e di grande allarme sociale presso le autorità, con l'aggravante a giudizio degli interroganti di turbare l'attività della commissione d'accesso, del prefetto e in modo indiretto dello stesso Ministro dell'interno e del Governo nel tentativo di utilizzare per finalità di parte le stesse istituzioni, potendosi configurare nei fatti descritti ipotesi di reati perseguibili di ufficio;
è particolarmente sconcertante ad avviso degli interroganti che si possa ipotizzare

lo scioglimento di un'amministrazione comunale al cui vertice siede un sindaco che si è contraddistinto per interventi tesi a contrastare concretamente la presenza e l'ingerenza del crimine organizzato nelle attività del comune amministrato -:
se le evidenziate attività del sindaco di Gragnano di contrasto al clan Di Martino siano state prese in considerazione dalla commissione d'accesso e dal prefetto di Napoli nella relazione ispettiva;
se siano state compiute ulteriori verifiche al fine di accertare se effettivamente, come risulta agli interroganti e si evidenzia dalla prefata intercettazione ambientale, il clan Di Martino abbia votato il candidato sindaco Michele Mascolo;
se la commissione d'accesso ed il prefetto di Napoli abbiano acquisito il dato emerso dal processo Coticelli che i brogli elettorali hanno riguardato solo due voti, che non incidono per la prova della resistenza né sull'elezione del sindaco né su quella dello stesso consigliere comunale, e che il reato contestato non è collegato a fatti di camorra;
se, in particolare, l'organo ispettivo abbia preso contezza delle dimissioni del consigliere Coticelli Giuseppe, e che, comunque, la sua vicenda personale non può assolutamente incidere sulle conclusioni dei lavori della commissione, sia perché riguarda il momento precedente alla costituzione dell'assemblea, e, dunque, all'esistenza della stessa amministrazione, sia per le ragioni indicate in premessa (cfr. dichiarazioni Maresciallo Sossio Giordano), ma, soprattutto, perché difetta il requisito dell'attualità, non essendo più il Coticelli consigliere comunale.
(4-14855)

LABOCCETTA, DI CATERINA, CESARIO, D'ANNA, FORMICHELLA, PAOLO RUSSO, DE GIROLAMO e CASTIELLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Gragnano è sottoposto ad azione ispettiva su iniziativa della prefettura di Napoli e che ha inviato presso il detto comune una commissione di accesso;
il sindaco Gragnano, con note dell'8 luglio 2009 e del 9 agosto 2009, invitava il segretario generale ed i capi settori al rispetto diligente del protocollo di legalità sottoscritto con l'Ufficio territoriale del Governo di Napoli, disponendo di richiedere, oltre che laddove previsto, la liberatoria antimafia ma anche per gli appalti sotto-soglia, tanto che la prefettura ha scritto al comune invitandolo al rispetto letterale del protocollo di legalità non potendo soddisfare le richieste del Comune di Gragnano per gli appalti sotto soglia;
per come certificato dal responsabile dell'ufficio contratti dell'ente risulta che per tutte le gare di appalto svoltesi presso il comune di Gragnano, sotto la gestione del sindaco Patriarca, è stato rispettato il protocollo di legalità;
risulta, invero, che gli appalti sono stati affidati definitivamente con la stipula del relativo contratto in presenza della liberatoria antimafia dell'Ufficio territoriale del Governo competente o dopo lo scadere del termine dei 45 giorni indicato nel protocollo di legalità;
con nota del 22 ottobre 2010, il sindaco di Gragnano chiedeva alla prefettura di Napoli ed al provveditore delle opere pubbliche l'adesione alla stazione unica appaltante (SUAP), al fine di garantire legalità e massima trasparenza nelle procedure di affidamento delle gare di appalto per opere pubbliche e servizi;
in data 11 gennaio 2011, veniva sottoscritta la convenzione, repertorio n. 7071, tra il comune di Gragniano e la prefettura di Napoli ed il provveditore interregionale alle opere pubbliche per la creazione della stazione unica appaltante;
la procedura amministrativa oggetto di articoli di stampa in relazione al cosiddetto housing sociale è nata sotto la

gestione commissariale nel 2009, con la richiesta di quattro gruppi imprenditoriali di cui solo due hanno coltivato la procedura e l'iter è di esclusiva competenza della regione Campania;
la procedura è stata «bocciata» dalla regione Campania e la vicenda penale che ha riguardato un parente di un titolare di una delle imprese richiedenti si è conclusa con l'esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 7 legge 203 del 1991 a seguito di giudizio penale allo stato degli atti;
la materia dello scioglimento del consiglio comunale è disciplinata dall'articolo 143 del Testo unico degli enti locali come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 (pacchetto sicurezza);
il nuovo testo ha recepito le elaborazioni giurisprudenziali in materia e che in particolare, la Corte costituzionale con sentenza n. 103 del 19 marzo 1993 ha evidenziato che nella circolare ministeriale n. 7102 M/6 del 25 giugno 1991: «... si afferma che dagli elementi oggetto di valutazione debba emergere "chiaramente il determinarsi di uno stato di fatto nel quale il procedimento di formazione della volontà degli amministratori subisca alterazioni per effetto dell'interferenza di fattori, esterni al quadro degli interessi locali riconducibili alla criminalità organizzata"»;
inoltre, il Consiglio di Stato, VI sezione, con sentenza n. 06657 del 2009 ha chiarito che la commissione d'accesso nel relazionare debba seguire un percorso lineare teso a dimostrare come da concreti elementi di fatto si possa, in modo plausibile, giungere ad una diagnosi di condizionamento dell'amministrazione controllata da parte della criminalità organizzata, in modo rigoroso non potendo sopperire a tale obbligo l'indicazione generica di indagini; dovendo comparare gli elementi raccolti con gli sforzi, gli atteggiamenti e le azioni poste in essere dall'amministrazione per contrastare il fenomeno mafioso;
ancora, il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza n. 4135 del 2006, ha stabilito che l'omessa ponderazione degli elementi positivi, come ad esempio le azioni di contrasto ai clan, in sede di valutazione del quadro complessivo degli elementi, a disposizione del Ministro dell'interno, comporta l'illegittimità del provvedimento di scioglimento, vertendosi in tema di accertamento per presunzioni, che esige indizi gravi, precisi e concordanti per pervenire alla dissoluzione degli organi elettivi -:
se la commissione d'accesso ed il prefetto di Napoli abbiano valutato ai fini delle determinazioni di competenza l'azione a difesa della legalità del sindaco di Gragnano e gli elementi indicati in premessa in modo corrispondente alla verità dei fatti.
(4-14856)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

MENIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in occasione del giorno del ricordo, che in Italia viene celebrato il 10 febbraio per onorare le vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, (legge n. 92 del 2004) il presidente del Cudir (Comitato unitario per la difesa delle istituzioni repubblicane) e attuale sindaco di Pistoia, Renzo Berti, ha fatto sapere che donerà alle scuole superiori pistoiesi il libro di Giacomo Scotti dal titolo «Dossier Foibe», volume che - come si legge in un comunicato stampa - «fornisce nuovi strumenti documentari per interpretare gli eventi istriani del settembre-ottobre 1943», ovvero secondo la ricostruzione ad avviso dell'interrogante assurda di Scotti «le sanguinose vicende che vanno sotto il nome di foibe non si ripeterono in Istria dopo il 1943»;

l'autore del volume è il signor Giacomo Scotti, napoletano che scelse la strada inversa agli esuli che se ne andavano da Fiume per essere liberi e italiani, e si stabili nel 1947 nel capoluogo quarnerino scegliendo di essere jugoslavo; fu parte attiva del partito comunista jugoslavo e della sua opera molto raccontano gli esuli da Fiume. Dedicò, infatti, poesie a Tito, il maresciallo infoibatore d'italiani, con versi come quelli sotto riportati: «Tito, un uomo come noi si scriveva sui muri Tito Tito nome proibito gridato anche da noi stirpe italiana nelle battaglie della libertà. Lo abbiamo avuto padre nelle disgrazie per lui abbracciavamo i popoli come fratelli anche nell'ombra della solitudine. Domani i posteri forse ci invidieranno la nostra presenza con Tito.»;
Scotti ha dedicato la sua attività di «storico» a negare e giustificare lo sterminio delle foibe, quelle che, in un suo famoso intervento chiama le «cosiddette foibe istriane»: secondo lui (che scrive anche un libello intitolato «Foibe e fobie») si tratta di invenzioni della propaganda della destra nazionalista italiana cui si rammarica aderisca ora anche la sinistra italiana. In proposito afferma che «queste mistificazioni non fanno certamente onore ai vivi che vedono travolta la realtà dei fatti, né fanno onore ai morti. Dietro c'è una voglia di giustificazione del tradimento, del collaborazionismo e dei crimini di guerra commessi dai fascisti»;
a parere dell'interrogante è evidente che l'iniziativa del sindaco di Pistoia appare in palese e voluta contraddizione con i principi e il senso della ricorrenza del 10 febbraio, e risulta offensiva nei confronti delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra citati, se e come intenda intervenire in questa e simili situazioni al fine di conciliare, con lo spirito di unione e riconciliazione nazionale sotteso alla legge, le iniziative che - come recita la norma - siano «previste per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado» e favorire «da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende».
(3-02098)

Interrogazioni a risposta scritta:

RAMPI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è da tempo oggetto di numerosi ricorsi in merito alla cosiddetta «vertenza precari» per il sostanziale riconoscimento del diritto all'immissione in ruolo, alla ricostruzione di carriera e al risarcimento del danno subito come da direttiva 1990/70 CE, sentenze della Corte di giustizia n. C-180/2004, C-53/2004, C-212/2004, C-378-380/2007 e articolo 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001;
le numerose sentenze emesse dai giudici del lavoro risultano prevalentemente favorevoli ai ricorrenti;
nella sola provincia di Novara è stata emessa una prima sentenza che ha disposto 15 mensilità di risarcimento per 36 lavoratori seguiti dall'ufficio legale del sindacato Uil;
il sindacato CGIL ha depositato 92 ricorsi che saranno discussi nel mese di maggio 2012 e da fonte sindacale si apprende che il prossimo mese di luglio 2012 ne saranno depositati almeno altri 140;
l'entità del riconoscimento varia da tribunale a tribunale con pesanti oneri a carico del Ministero;
i potenziali ricorrenti precari in Italia risultano essere oltre 90.000 -:
se il Governo intenda assumere iniziative per il riconoscimento dei diritti dei suddetti lavoratori, dando loro speranza e futuro, con l'adozione di un piano programmatico pluriennale o analogo strumento che ponga fine al contenzioso giuridico.
(4-14837)

ROSATO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 4 maggio 1983, n. 184, così come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, recante disposizioni sul «Diritto del minore ad una famiglia» dispone all'articolo 5 che l'affidatario «deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori (...), o del tutore.»;
talora accade che il genitore convivente con il minore contragga nuovo matrimonio a seguito di separazione, divorzio, interruzione delle relazioni affettive o decesso dell'altro genitore, o anche a seguito di decisione da parte dell'altro genitore di non occuparsi del minore;
nonostante l'intervento legislativo con la legge 28 marzo 2001, n. 149, e le circolari ministeriali emanate tra il 1996 e il 2000 da I.N.P.S., Ministero della pubblica istruzione e Ministero di grazia e giustizia, rimangono ad oggi ancora difficoltà interpretative;
sebbene il comma 1 dell'articolo 5 della legge 4 maggio 1983, al terzo periodo preveda «[...] l'affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie», il coniuge del genitore convivente con il minore non ha, almeno formalmente, alcuna possibilità di rappresentanza nei confronti del minore;
risulta all'interrogante, infatti, che l'interpretazione usuale di questa norma non consente al coniuge del genitore convivente con il minore di firmare le giustificazioni scolastiche, di rappresentare il minore nei colloqui con i docenti e di rappresentare il minore negli organi collegiale dell'istituto;
questo ostacolo crea difficoltà gestionale all'interno della famiglia nella divisione di quelli che sono gli obblighi e i compiti domestici derivanti dall'occuparsi di un minore, e rafforza, anche, una situazione di disagio relazionale interno al nucleo familiare in quanto accentua il senso di abbandono del minore stesso che si vede privato della figura rappresentata dal nuovo genitore convivente che lo cresce e lo educa all'interno delle mura domestiche;
è giunta segnalazione all'interrogante, di casi assurdi nei quali due coniugi, ciascuno con propri figli minori, si sono dovuti recare entrambi ma separatamente a colloquio dagli stessi insegnanti, non avendo l'uno dei due la rappresentanza dei figli dell'altro;
ulteriori segnalazioni ricevute dall'interrogante, riguardano il diritto a partecipare agli organi collegiali della scuola in rappresentanza dei minori;
risulta, infatti, che, nell'assicurarsi di una corretta applicazione della normativa vigente, ancora molti dirigenti scolastici non consentono al coniuge del genitore convivente con il minore di poter prendere parte ai consigli d'istituto nella quota di rappresentanza spettante ai genitori degli studenti;
secondo l'interrogante sarebbe corretto consentire, qualora uno dei genitori sia stabilmente assente dalla vita di un minore, all'eventuale coniuge del genitore convivente con il minore stesso, previo assenso di quest'ultimo, di esercitare i poteri connessi con la potestà genitoriale anche in relazione agli ordinari rapporti con le istituzioni scolastiche, compresa la rappresentanza negli organi collegiali;
a parere dell'interrogante è chiaro che sarebbe necessario, al fine di evitare che sorgano problemi nel caso nascessero delle difficoltà tra il minore ed il coniuge o nel caso il genitore naturale assente faccia ritorno costante nella vita del minore, che l'esercizio dei poteri connessi alla potestà parentale sia condizionato da un assenso o da una autorizzazione del genitore convivente con il minore da rinnovarsi temporalmente -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire con una circolare interpretativa

o con ogni altro strumento idoneo che consenta al coniuge del genitore convivente con il minore di poter esercitare, previo consenso da rinnovarsi, tutti i poteri connessi con la potestà genitoriale compresa la rappresentanza del minore nei consigli d'istituto.
(4-14847)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SBROLLINI e DAMIANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento della «Redi HT srl» di Barbarano (VI), con sede in località Ponte, produce tubi e raccordi in plastica per scarichi civili, e da recenti informazioni vede fissata la sua chiusura entro la fine del 2012;
attualmente l'azienda, che è controllata dalla multinazionale belga Aliaxis, ha 43 dipendenti, ovviamente preoccupati per il loro futuro occupazionale;
una nota dell'azienda ha informato che «è stato approvato un progetto di fusione tra le società Dalpex spa e Redi HT srl, e un piano di consolidamento delle attività produttive italiane, deliberando la chiusura dei due siti produttivi di Barbarano (Redi HT) e di Campiglia Marittima (Dalpex), l'accorpamento delle attività di produzione dei tubi nel sito di Piombino, in Toscana, e la dismissione dell'attività marginale di produzione dei raccordi»;
le rappresentanze sindacali sono impegnate per la salvaguardia dei posti di lavoro, affermando che la decisione non sembra giustificata da elementi di crisi oggettiva, ma da intenzione di delocalizzare la produzione in Polonia;
al contrario, a detta dell'azienda, si è davanti ad una crisi del settore edile, campo in cui la «Redi HT srl» trova il suo mercato, che ovviamente trascina con se anche i fornitori;
in data 14 febbraio 2012 è fissato un incontro tra le parti nella sede della Confindustria di Vicenza, per un confronto che si spera costruttivo;
la chiusura della produzione in Barbarano (VI), oltre ai 43 dipendenti, vedrebbe venir meno l'occupazione di 3 lavoratori a tempo determinato, un indotto rappresentato da una cooperativa con 12 dipendenti, la società di pulizie e tre «padroncini» per i trasporti. Si tratta di circa 60 famiglie coinvolte e una situazione economica generale del territorio limitrofo complicata che difficilmente saprebbe reintegrare nel mondo produttivo numeri così elevati -:
se sia al corrente della situazione di crisi della «Redi HT srl» di Barbarano (VI);
di quali elementi disponga il Governo in ordine alle effettive cause della crisi, elemento indispensabile per capire la reale situazione dell'azienda;
se il Governo intenda attivare tutte le procedure di competenza per scongiurare la chiusura della «Redi HT srl», salvaguardando l'occupazione e la produzione nel territorio.
(5-06140)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2012

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO, ZUCCHI, FIORIO, CENNI, OLIVERIO, BRANDOLINI, AGOSTINI, CATANOSO, TADDEI, MARIO PEPE (PD), CUOMO, MARCO CARRA, SERVODIO e PAOLO RUSSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il numero di aziende agricole e zootecniche gravemente danneggiate dall'ondata

di maltempo è motivo di grave preoccupazione per tutta l'agricoltura italiana. Le organizzazioni degli agricoltori, in queste ore, hanno diramato una prima e allarmante stima dei danni e dei problemi che il gelo e il freddo hanno provocato a stalle, colture e serre. Secondo la Coldiretti, ad oggi l'ammontare delle perdite a carico della filiera agroalimentare sommerebbe cento milioni di euro, computo che concerne la mancata consegna, causa neve e gelo, ai vettori di centomila tonnellata di prodotti deperibili, l'aumento dei costi del riscaldamento nelle serre, il danneggiamento delle colture sui campi oltre a una serie di problematiche legate alle produzioni zootecniche;
per la Confederazione italiana agricoltori (CIA) i danni alle attività agricole e zootecniche ammonterebbero a circa 150 milioni di euro. L'organizzazione afferma che il freddo polare ha devastato almeno un quarto dei campi coltivati ad ortaggi e che più di 60 mila strutture aziendali sono state distrutte o danneggiate dalla neve;
sempre la CIA segnala manovre speculative sui prezzi dei prodotti freschi (in particolare ortaggi, verdura e frutta) invocando l'intervento delle autorità competenti;
secondo CONFAGRICOLTURA la stima dei danni diretti e indiretti e degli aumenti dei costi ammonterebbe a circa 500 milioni di euro -:
come il Ministro intenda affrontare, d'intesa con le regioni, l'emergenza specialmente per quel che attiene alla stima dei danni e alla predisposizione di misure atte a sostenere, nell'immediato, le aziende più colpite dal maltempo;
se il Ministro ritenga opportuno verificare, per quanto di competenza, la sussistenza o meno di incrementi non giustificati dei prezzi dei prodotti agricoli, anche in considerazione della stasi dei prezzi che da due mesi registrano i produttori.
(5-06134)

Interrogazione a risposta scritta:

CICCIOLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il costo del gasolio per autotrazione ha avuto, nel periodo compreso tra gli anni 2010 e 2012, un aumento medio del 28 per cento, il costo del carburante per i motopescherecci ha avuto invece un rincaro medio del 70 per cento. Si tenga conto che il gasolio per autotrazione, oltre ad essere gravato di I.V.A. alla nuova aliquota del 21 per cento, ha subito in questi ultimi tempi un rincaro dovuto all'aumento delle accise. Iva ed accise non gravano invece sul prezzo del carburante destinato ai motopescherecci. La flotta italiana consta di n. 14.200 imbarcazioni; di queste, circa 3600 hanno un consumo medio mensile di carburante di circa 25.000 litri;
le agevolazioni previste dalla legge n. 30 del 1998 furono concesse appunto per fronteggiare il «caro gasolio» per i motopescherecci;
è stato approvato, dal precedente Governo, il decreto di riconoscimento della rappresentatività delle associazioni nazionali di categoria della pesca. Al momento dell'entrata in vigore del suddetto decreto, previsto per il giorno 31 marzo 2012, l'associazione Marinerie d'Italia e d'Europa rimarrà esclusa nonostante sia costituita proprio da un gran numero di imprese di pesca, che ne costituiscono perciò la base;
negli ultimi anni l'associazione si è in prima persona occupata delle innumerevoli problematiche delle imprese di pesca, anche organizzando manifestazioni a Roma che hanno portato allo stato di agitazione la quasi totalità delle imbarcazioni

e nelle piazze un grandissimo numero di pescatori negli anni 2008, 2010 e 2012 -:
quali siano le motivazioni per le quali il costo del gasolio è aumentato nella misura sopra evidenziata, mentre le suddette agevolazioni sono state ridotte, per quanto riguarda i contributi Inps ed Ipsema, dalla percentuale dell'80 per cento alla nuova percentuale del 60 per cento, tenendo conto che per il ripristino alla percentuale dell'80 per cento delle agevolazioni di che trattasi sarebbe sufficiente una spesa per lo Stato di circa 10 milioni di euro;
quale sia la motivazione per la quale il riconoscimento è riservato esclusivamente alle associazioni che sono iscritte al C.N.E.L. (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), fatto questo fortemente discriminatorio che consente detto riconoscimento solo ed esclusivamente alle associazioni già esistenti.
(4-14849)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BARBIERI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
tra le patologie invalidanti, ma poco conosciute e di cui si parla raramente sui mezzi di comunicazione più importanti, può essere inserita anche l'acufene;
si tratta di una sensazione uditiva costante che può essere percepita in un orecchio, in entrambe o nella testa. Questa patologia non è semplicemente un «disturbo molto fastidioso», come spesso si usa liquidarlo, ma una vera e propria malattia invalidante che colpisce in Italia circa il 10 per cento della popolazione priva di difetti uditivi;
la patologia crea uno stato invalidante dal punto di vista psicologico, del ritmo sonno-veglia, del livello di attenzione e concentrazione e della stessa vita di relazione, spesso sfociando in uno stato di forte depressione;
le persone colpite da questa patologia, che secondo l'Associazione italiana tinnitus-acufene sono oltre 5 milioni, lamentano l'assenza di attenzione e assistenza -:
se non ritenga di avviare studi e ricerche su questa poco conosciuta patologia che può colpire tutti e indistintamente e che attualmente, al pari di molte altre malattie rare, non riceve la dovuta attenzione, lasciando coloro che ne sono affetti privi della dovuta assistenza.
(3-02097)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MURER. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione verso i suoi fornitori stanno diventando una vera e propria emergenza nazionale; in concomitanza con la pesante crisi economica, il pagamento ritardato delle forniture diventa una morsa insostenibile per migliaia di imprese che, per contrasto, vengono rigorosamente incalzate dallo Stato quando si tratta di esigere tasse e contributi;
i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, unitamente alle difficoltà di accesso al credito bancario, rischiano di ridurre sul lastrico le imprese, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro;
il tema, grave quando riguarda qualunque azienda, diventa ancora più drammatico nel settore della sanità, dove operano molte cooperative sociali, che danno lavoro anche a categorie svantaggiate, e che vengono così colpite doppiamente, da una parte come imprese, e dall'altra come soggetto di contenimento del disagio sociale;
secondo una ricerca del centro studi Assobiomedica i tempi medi di pagamento

delle strutture sanitarie pubbliche italiane sono tra i più alti dell'interaUnione europea; la media italiana è di circa 300 giorni a fronte dei 30 giorni di Germania e Svizzera, dei 45 giorni del Regno Unito, dei 65 giorni della Francia;
secondo una stima di Confindustria, il debito complessivo del servizio sanitario nazionale ammonta a oltre 40 miliardi di euro, ovvero circa il 60 per cento del debito complessivo della pubblica amministrazione stimato in 70 miliardi di euro;
la situazione più critica sui ritardati pagamenti della sanità pubblica verso le imprese è al sud, con un tempo medio di 940 giorni per la Calabria, 779 giorni per la Campania, 856 giorni per il Molise; la situazione peggiore è quella dell'azienda sanitaria locale di Napoli 1, con 1876 giorni, seguita dall'azienda ospedaliera di Caserta e quella di Crotone con rispettivamente 1.414 e 1.335 giorni di ritardo accumulati; non mancano, però, situazioni critiche anche in alcune regione del Nord;
in Veneto, secondo i dati forniti da Assobiomedica, si va dai 477 giorni dell'asl 12 di Venezia ai 446 giorni dell'azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, ai 515 giorni dell'asl 14 di Chioggia, mentre l'asl 9 di Treviso paga a 150 giorni; analoghi casi avvengono in Piemonte, Toscana ed Emilia-Romagna; l'anomalia più evidente è trovare, all'interno della stessa regione, strutture che mostrano attenzione ai tempi di pagamento e altre in cui la situazione è fuori controllo; sempre secondo le notizie fornite da Assobiomedica, infatti, ci sarebbero casi limite come quello della Toscana, dove l'asl 1 di Massa Carrara paga a 670 giorni mentre l'asl 11 di Empoli paga a 164 giorni -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non intenda produrre una iniziativa, di concerto con la Conferenza Stato-regioni, per affrontare il tema dei mancati pagamenti del sistema sanitario nazionale verso i fornitori, soprattutto in ragione della profonda disparità tra varie regioni e, talvolta, anche all'interno delle stesse regioni, con un'attenzione specifica e particolare verso quelle imprese del non profit danneggiate non solo come aziende ma anche come soggetti del sociale.
(5-06136)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come si apprende dall'agenzia ANSA dell'8 febbraio 2012 un uomo di 47 anni che si era presentato presso il centro diagnostico dell'ospedale «San Marco» di Grottaglie accusando forti dolori al petto e a un braccio, è stato dimesso dopo essere stato sedato, e gli sarebbe stato detto che era in preda a uno stato ansioso per attacchi di panico;
l'uomo, rientrato nella sua abitazione, ha avvertito nuovamente dolori lancinanti, ed è deceduto per infarto, nonostante l'intervento del 118 giunto sul posto -:
di quali elementi disponga in merito all'episodio di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere o adottare per contribuire a fare luce sulla vicenda.
(4-14835)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 28 febbraio 2011 la Delta Energy società inglese del settore idrocarburi ha presentato presso il Ministero dello sviluppo economico l'istanza di permesso

di ricerca in terraferma in un'area di 91 chilometri quadrati comprendente i comuni di Pomarico, Miglionico e Montescaglioso;
è trascorso quasi un anno, e l'iter sta proseguendo attualmente e in base a quanto è possibile evincere dal sito del Ministero e della competente direzione generale viene segnalato «in corso presentazione VIA, dal parere CIRM alla presentazione della VIA (Operatore)»;
la Basilicata è la regione che offre al Paese il più consistente contributo in termini di patrimonio energetico presente nel sottosuolo;
le popolazioni dei comuni ricadenti nella richiesta sono interessate ad avere maggiori informazioni per comprendere quali sono gli obiettivi di tale istanza;
si tratta di comuni importanti della provincia di Matera uno dei quali in particolare ricade nella valle del Basento che in Basilicata è stata l'area nella quale l'Eni negli anni '60 rinvenne uno dei più grossi giacimenti di gas metano del Paese;
tuttavia si tratta di comuni alle prese con grandi difficoltà legate al perdurare di una crisi economica e di una serie di diseconomie che spingono in particolare i giovani ad andar via ed emigrare;
gli interrogativi profondi della popolazione riguardano l'impatto ambientale, la salute, la salvaguardia di uno dei territori più belli del materano;
preoccupazioni accentuate dal fatto che in questi anni di sviluppo della attività estrattiva in Basilicata le ricadute occupazionali sono state minime e anche l'agonia industriale della Valbasento per questi paesi rappresenta una ferita viva -:
se e quali iniziative intenda attivare il Governo per approfondire la questione riguardante questa richiesta di ricerca e per tutelare l'ambiente dei territori interessati.
(3-02095)

Interrogazioni a risposta scritta:

POLLEDRI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
la legge 7 luglio 2009, n. 88, recante «Disposizioni per l'adempimento di obblighi comunitari derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2008», ha introdotto misure di interesse per il settore immobiliare attraverso il riordino della normativa sull'inquinamento acustico;
l'articolo 11 della stessa legge, in particolare, delega il Governo per il riordino della disciplina in materia di inquinamento acustico, regolata dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 1997;
sempre l'articolo 11, comma 5, recita «in attesa del riordino della materia, la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge»;
lo stesso articolo 11 è stato successivamente modificato dalla legge 4 giugno 2010, n. 96 - legge comunitaria 2009, che ha stabilito un'ulteriore proroga, fino al 30 luglio 2010, per l'adozione di decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento acustico;
tale delega al Governo per l'adozione dei provvedimenti suddetti è ormai scaduta da mesi;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 1997 è tuttora vigente e, pur non trovando applicazione nei rapporti tra privati, continua ad avere

effetto nei confronti della pubblica amministrazione che può chiederne la verifica;
il meccanismo appena descritto crea una situazione di vuoto normativo per cui gli acquirenti di «immobili rumorosi» potrebbero rivalersi sull'ente pubblico che ha omesso il controllo ma non sul costruttore, anche in presenza di rilievi tecnici che confermino il disagio;
qualsiasi condizione di vuoto normativo può nascondere cattive prassi e/o ingiusti soprusi -:
quali siano gli intendimenti del Governo sulla questione esposta in premessa e se non si ritenga opportuno attivare iniziative per sanare il vulnus normativo sopra descritto.
(4-14830)

DAMIANO e CORSINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Invatec nasce a Brescia verso la fine degli anni '90 da un industriale che sperimenta lo stampaggio, l'assemblaggio e la sterilizzazione di prodotti cardiovascolari, nella fattispecie cateteri coronarici e periferici;
i dipendenti occupati dal 2000 ad oggi crescono in maniera esponenziale, da 15/20 dipendenti a 600 in Italia e circa 200 in Svizzera;
circa un anno e mezzo fa (1° maggio 2010), l'imprenditore bresciano vende per 500 milioni di dollari tutta l'azienda alla multinazionale Americana Medtronic, leader al mondo per i prodotti cardiovascolari coronarici e assente nel mercato periferico;
il 7 novembre 2011 presso l'Associazione industriale bresciana, l'azienda convoca i sindacati e la rappresentanza sindacale unitaria per spiegare il piano strategico dei prossimi 5 anni, che in realtà si trasformerà nella presentazione di tale piano con una visibilità di solo 1 anno e mezzo;
il futuro per i siti bresciani (1 a Roncadelle con circa 200 addetti, 1 a Torbole con circa 300 addetti e uno a Concesio con circa 50 addetti) sarà la realizzazione di un centro di eccellenza attraverso 5 punti strategici:
a) mantenimento della lavorazione delle materie plastiche attraverso il reparto di estrusione (circa 20/25 addetti);
b) capacità tecnologica della formatura palloni (circa 15/25 addetti);
c) mantenimento di ricerca e sviluppo;
d) investimento nell'education con i medici attraverso la realizzazione di una struttura dove i medici potranno formarsi e sperimentare i nuovi cateteri;
e) avendo Mediatronic acquisito un'azienda negli Stati Uniti (poi chiusa) che produceva un particolare prodotto di protezione cerebrale, questo verrà trasferito a Brescia per quanto riguarda la sua produzione (circa 5/6 addetti);

a fronte di questo piano strategico e nonostante ci siano stati nel primo e secondo trimestre del 2011 buoni risultati per quanto riguarda le vendite, è stato comunicato alle organizzazioni sindacali ed alle maestranze che: verrà dismesso il coronarico Invatec e sostituito con il coronarico Medtronic, comportando così una riduzione del personale calcolata in circa 120 unità tra diretti ed indiretti; il metodo individuato per reperire nuove risorse sarà quello di abbattere il costo di produzione, trasferendo tutta la produzione dei periferici ad alto volume produttivo in Messico tra il 1° maggio 2013 e 31 luglio 2013, comportando così un'ulteriore riduzione di personale calcolato in circa 180 unità tra diretti ed indiretti;
i lavoratori e le lavoratrici occupati sui tre siti bresciani sono complessivamente 594 unità suddivise in 474 donne e 120 uomini;
i circa 300 esuberi annunciati sono calcolati come personale full-time e in

Invatec Medtronic ci sono oltre 75 part-time, per cui il reale numero degli esuberi supererà certamente le 300 unità -:
se non ritengano doverosa una convocazione delle parti, nonché l'attivazione di un tavolo istituzionale al fine di trovare soluzioni alternative che possano garantire il mantenimento della piena occupazione e della produzione nel sito bresciano, in quanto l'economia locale e nazionale non può permettersi di dismettere e delocalizzare centri di eccellenza produttiva con elevata professionalità.
(4-14843)

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Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Picchi n. 7-00776, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: D'Amico, Torrisi, Formichella, Dell'Elce, Garagnani, Nicolucci, Sisto, Del Tenno, Pugliese, Barbieri, Di Caterina, Rosso.

La risoluzione in Commissione Mariani e altri n. 7-00777, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Agostini.

Apposizione di firme ad interpellanze.

L'interpellanza urgente Boccia e altri n. 2-01274, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

L'interpellanza urgente Rampi e altri n. 2-01347, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pedoto, Marco Carra.

L'interpellanza urgente Codurelli e altri n. 2-01349, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni e altri n. 5-05042, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

L'interrogazione a risposta scritta Toto n. 4-14698, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Biagio.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tullo n. 5-06099, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rossa, Andrea Orlando.

L'interrogazione a risposta orale Nicola Molteni e Rivolta n. 3-02091, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Valducci e Lupi n. 4-14806, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bergamini.

L'interrogazione a risposta scritta Forcolin n. 4-14816, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.