XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 23 febbraio 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 febbraio 2012.

Albonetti, Alessandri, Bindi, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Lussana, Mantini, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Picchi, Pisicchio, Stefani, Stucchi, Tempestini, Valducci.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Bindi, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Lusetti, Lussana, Mantini, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Palumbo, Picchi, Pisicchio, Stefani, Stucchi, Tempestini, Valducci.

Annunzio di proposte di legge.

In data 22 febbraio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
DI PIETRO ed altri: «Modifiche all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di applicazione dell'imposta municipale propria ai fabbricati rurali» (4981);
DI PIETRO ed altri: «Riduzione temporanea dell'accisa sui carburanti per autotrazione utilizzati nelle attività agricole, nell'itticoltura e nella pesca» (4982);
DI PIETRO ed altri: «Sospensione delle azioni di recupero dei crediti fiscali, contributivi e per sanzioni nonché delle procedure esecutive relative a crediti bancari nei riguardi delle imprese agricole» (4983);
DI PIETRO ed altri: «Modifiche alla legge 3 febbraio 2011, n. 4, in materia di indicazione del luogo d'origine dei prodotti alimentari» (4984);
PIONATI: «Modifica all'articolo 1 della legge 3 giugno 1999, n. 157, concernente l'erogazione dei rimborsi per le spese elettorali documentate sostenute da movimenti o partiti politici» (4985);
FUCCI: «Modifica all'articolo 31 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, concernente l'indennizzo in favore delle persone affette da sindrome da talidomide» (4986);
TOUADI: «Disposizioni in materia di disciplina e sanzioni relative al settore del gioco e delle scommesse, per la trasparenza della gestione, anche societaria, delle attività e per la prevenzione dell'evasione fiscale e delle infiltrazioni criminali» (4987);
DI GIUSEPPE e PALADINI: «Modifica all'articolo 2118 e introduzione dell'articolo 2118-bis del codice civile e altre disposizioni in materia di dimissioni volontarie del lavoratore e di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro» (4988).

Saranno stampate e distribuite.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

La proposta di legge n. 4905, d'iniziativa del deputato NASTRI, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari».

Trasmissione dal Senato.

In data 22 febbraio 2012 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
S. 2750. - Senatori GRANAIOLA ed altri: «Modifiche all'articolo 1 della legge 7 luglio 2010, n. 106, in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario di Viareggio» (approvata dalla 8a Commissione permanente del Senato) (4989).

Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

II Commissione (Giustizia):
NASTRI: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari» (4905) Parere delle Commissioni I, X e XIII.

XIII Commissione (Agricoltura):
OLIVERIO ed altri: «Scioglimento della società Buonitalia Spa e trasferimento delle sue competenze all'Istituto sviluppo agroalimentare Spa» (4867) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XI.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 22 febbraio 2012, a pagina 4, prima colonna, alla tredicesima e quattordicesima riga, le parole: «Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti)» si intendono sostituite dalle seguenti: «IX Commissione (Trasporti)» e, alla diciottesima riga, la parola: «II» si intende sostituita dalle seguenti: «I, II».

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 29 DICEMBRE 2011, N. 216, RECANTE PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE. DIFFERIMENTO DI TERMINI RELATIVI ALL'ESERCIZIO DI DELEGHE LEGISLATIVE (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (A.C. 4865-B)

A.C. 4865-B - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una proroga del termine della gara per un progetto del Sulcis relativo alla sperimentazione della tecnologia di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica (CO2) che interessa la miniera di lignite oggi gestita da Carbosulcis;
l'Europa ha aperto linee di finanziamento poderose per questi avveniristici programmi che in Italia vedono al momento attivo solo Enel, con l'impianto di Porto Tolle in Veneto, a sua volta oggetto di una complessa, e non priva di aspetti critici, vicenda legislativa e giurisprudenziale;
occorre assicurare la coerenza delle scelte di politica energetica ed economica alle indicazioni di riduzione delle emissioni climalteranti concordate in sede europea e favorire soprattutto investimenti in tecnologie che riducano in origine le emissioni dannose, anziché sviluppare tecnologie costose per metterle, metaforicamente, sotto il tappeto, come fanno appunto le tecniche di cattura e stoccaggio di CO2,

impegna il Governo:

a definire con la massima urgenza, su base regionale, gli obiettivi di riduzione del 20 per cento delle emissioni climalteranti rispetto alle emissioni del 1990;
a rendere più stringenti i limiti di emissione attualmente previsti nei casi di rinnovo delle autorizzazioni, la costruzione di nuovi impianti e la riconversione di impianti di produzione di energia elettrica.
9/4865-B/1.Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una proroga del termine della gara per un progetto del Sulcis relativo alla sperimentazione della tecnologia di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica (CO2) che interessa la miniera di lignite oggi gestita da Carbosulcis;
l'Europa ha aperto linee di finanziamento poderose per questi avveniristici programmi che in Italia vedono al momento attivo solo Enel, con l'impianto di Porto Tolle in Veneto, a sua volta oggetto di una complessa, e non priva di aspetti critici, vicenda legislativa e giurisprudenziale;
occorre assicurare la coerenza delle scelte di politica energetica ed economica alle indicazioni di riduzione delle emissioni climalteranti concordate in sede europea e favorire soprattutto investimenti in tecnologie che riducano in origine le emissioni dannose, anziché sviluppare tecnologie costose per metterle, metaforicamente, sotto il tappeto, come fanno appunto le tecniche di cattura e stoccaggio di CO2,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di definire con la massima urgenza, su base regionale, gli obiettivi di riduzione del 20 per cento delle emissioni climalteranti rispetto alle emissioni del 1990;
a valutare l'opportunità di rendere più stringenti i limiti di emissione attualmente previsti nei casi di rinnovo delle autorizzazioni, la costruzione di nuovi impianti e la riconversione di impianti di produzione di energia elettrica.
9/4865-B/1.(Testo modificato nel corso della seduta)Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, commi da 3-bis a 3-quater, reca disposizioni per l'assicurazione dei volontari del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del Club Alpino Italiano (CAI);
la legge 18 febbraio 1992, n. 162 ha disposto un contributo annuo in favore del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del Club Alpino Italiano (CAI);
nel bilancio dello Stato sono tuttora vigenti tre autorizzazioni di spesa per il funzionamento del CNSAS: legge n. 388 del 2000, articolo 145, comma 17; legge n. 289 del 2002, articolo 80, comma 38; legge n. 119 del 2007, articolo 1;
le originarie autorizzazioni di spesa, pari, rispettivamente, a 413.165 euro (800 milioni di lire), 200.000 euro e 500.000 euro, sono state ridotte per effetto delle manovre di finanza pubblica succedutesi a decorrere dal 2008;
sul Club Alpino Italiano e, conseguentemente, sul CNSAS, è stato organo vigilante sino al 2006 il Ministero delle attività produttive;
è attualmente organo vigilante la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento del turismo;
a seguito del trasferimento di competenze in materia di turismo dal Ministero delle attività produttive alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 2, comma 98, del decreto-legge n. 262 del 2006), tutte le autorizzazioni di spesa considerate nel settore «Turismo» allora trasferite sono state ricomprese nel bilancio dello Stato nel capitolo 2107 dello stato di previsioni del Ministero dell'economia e delle finanze, denominato «somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le politiche di sviluppo e competitività del turismo», e sono peraltro esposte nella tabella C della legge di stabilità;
nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri le risorse destinate al funzionamento del CNSAS sono allocate sul capitolo 867 e che nel bilancio di previsione per il 2011 la dotazione di tale capitolo era pari a 1.061.302 euro;
nel bilancio di previsione per il 2012 la dotazione del cap. 867 viene indicata in 230.275 euro, con una riduzione dell'80,6 per cento rispetto all'esercizio precedente;
le riduzioni di tabella C disposte dalle manovre per l'esercizio 2012 ammontano a circa il 38,5 per cento;
nel disegno di legge di bilancio per il 2012 - tabella 2 - Ministero dell'economia e delle finanze, la «scheda illustrativa programma 23 Turismo» espone i dati a legislazione vigente indicando tra le voci «fattore legislativo» la legge n. 119 del 2007, articolo 1 (per un importo di 378.129) e il decreto-legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 98 (per un importo di 16.073.459 euro);
tali importi per effetto della legge di stabilità 2012 sono stati ridotti del 38,5 per cento, venendosi a determinare, rispettivamente, in 230.275 euro e in 9.788.000 euro;
a fini gestionali le due voci sono indicate, rispettivamente quali piano di gestione n. 6 (legge n. 119) e piano di gestione n. 1 (decreto-legge n. 262) del capitolo 2107 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;
appare evidente che nel piano di gestione n. 6 figurano solo le risorse relative all'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1 della legge n. 119 del 2007 e che le risorse relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 388 del 2000, articolo 145, comma 17, e alla legge n. 289 del 2002, articolo 80, comma 38 - essendo precedenti all'anno 2006, quando le competenze in tema di turismo (compreso CAI e CNSAS) sono state trasferite dal Ministero delle attività produttive alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - sono state considerate dalle Ragioneria Generale dello Stato nel piano di gestione 1;
tale esposizione delle risorse ha determinato negli uffici del Dipartimento del turismo e nell'Ufficio di bilancio della Presidenza una errata valutazione delle risorse destinate al funzionamento del CNSAS, con conseguente spropositata riduzione di oltre l'80 per cento rispetto a quanto stanziato nell'esercizio 2011,

impegna il Governo

a provvedere ad una corretta esposizione da parte della ragioneria Generale dello Stato nel piano di gestione n. 6 del capitolo 2107 dello stato di previsione dell'economia e delle finanze di tutte le autorizzazioni di spesa attualmente vigenti (legge n. 388 del 2000, articolo 145, comma 17; legge n. 289 del 2002, articolo 80, comma 38; legge n. 119 del 2007, articolo 1) destinate al funzionamento del CNSAS, affinché gli uffici della Presidenza del Consiglio - Dipartimento del turismo e Ufficio del bilancio possano correttamente esporre nel bilancio di previsioni 2012 le risorse allocate sul capitolo 867.
9/4865-B/2.Quartiani, Motta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, commi da 3-bis a 3-quater, reca disposizioni per l'assicurazione dei volontari del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del Club Alpino Italiano (CAI);
la legge 18 febbraio 1992, n. 162 ha disposto un contributo annuo in favore del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del Club Alpino Italiano (CAI);
nel bilancio dello Stato sono tuttora vigenti tre autorizzazioni di spesa per il funzionamento del CNSAS: legge n. 388 del 2000, articolo 145, comma 17; legge n. 289 del 2002, articolo 80, comma 38; legge n. 119 del 2007, articolo 1;
le originarie autorizzazioni di spesa, pari, rispettivamente, a 413.165 euro (800 milioni di lire), 200.000 euro e 500.000 euro, sono state ridotte per effetto delle manovre di finanza pubblica succedutesi a decorrere dal 2008;
sul Club Alpino Italiano e, conseguentemente, sul CNSAS, è stato organo vigilante sino al 2006 il Ministero delle attività produttive;
è attualmente organo vigilante la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento del turismo;
a seguito del trasferimento di competenze in materia di turismo dal Ministero delle attività produttive alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 2, comma 98, del decreto-legge n. 262 del 2006), tutte le autorizzazioni di spesa considerate nel settore «Turismo» allora trasferite sono state ricomprese nel bilancio dello Stato nel capitolo 2107 dello stato di previsioni del Ministero dell'economia e delle finanze, denominato «somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le politiche di sviluppo e competitività del turismo», e sono peraltro esposte nella tabella C della legge di stabilità;
nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri le risorse destinate al funzionamento del CNSAS sono allocate sul capitolo 867 e che nel bilancio di previsione per il 2011 la dotazione di tale capitolo era pari a 1.061.302 euro;
nel bilancio di previsione per il 2012 la dotazione del cap. 867 viene indicata in 230.275 euro, con una riduzione dell'80,6 per cento rispetto all'esercizio precedente;
le riduzioni di tabella C disposte dalle manovre per l'esercizio 2012 ammontano a circa il 38,5 per cento;
nel disegno di legge di bilancio per il 2012 - tabella 2 - Ministero dell'economia e delle finanze, la «scheda illustrativa programma 23 Turismo» espone i dati a legislazione vigente indicando tra le voci «fattore legislativo» la legge n. 119 del 2007, articolo 1 (per un importo di 378.129) e il decreto-legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 98 (per un importo di 16.073.459 euro);
tali importi per effetto della legge di stabilità 2012 sono stati ridotti del 38,5 per cento, venendosi a determinare, rispettivamente, in 230.275 euro e in 9.788.000 euro;
a fini gestionali le due voci sono indicate, rispettivamente quali piano di gestione n. 6 (legge n. 119) e piano di gestione n. 1 (decreto-legge n. 262) del capitolo 2107 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;
appare evidente che nel piano di gestione n. 6 figurano solo le risorse relative all'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1 della legge n. 119 del 2007 e che le risorse relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 388 del 2000, articolo 145, comma 17, e alla legge n. 289 del 2002, articolo 80, comma 38 - essendo precedenti all'anno 2006, quando le competenze in tema di turismo (compreso CAI e CNSAS) sono state trasferite dal Ministero delle attività produttive alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - sono state considerate nel piano di gestione 1;
tale esposizione delle risorse ha determinato una errata valutazione delle risorse destinate al funzionamento del CNSAS, con conseguente spropositata riduzione di oltre l'80 per cento rispetto a quanto stanziato nell'esercizio 2011,

impegna il Governo

a procedere ad un'attenta ricognizione di tutte le autorizzazioni di spesa attualmente vigenti (legge n. 388 del 2000, articolo 145, comma 17; legge n. 289 del 2002, articolo 80, comma 38; legge n. 119 del 2007, articolo 1) destinate al funzionamento del CNSAS, affinché gli uffici della Presidenza del Consiglio - Dipartimento del turismo e Ufficio del bilancio possano correttamente esporre nel bilancio di previsioni 2012 le risorse allocate sul capitolo 867.
9/4865-B/2.(Testo modificato nel corso della seduta)Quartiani, Motta.

La Camera,
premesso che:
l'Imposta Municipale Unica (IMU) è stata anticipata al 2012 dall'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici;
le cooperative a proprietà indivisa costituite ai sensi del regio decreto 28 aprile 1938 n. 1165 e successive modifiche, sono cooperative di abitazione di edilizia popolare ed economica i cui appartamenti di proprietà non vengono mai venduti, ma esclusivamente assegnati in godimento (locazione) ai soci mediante periodici bandi di concorso. Le modalità e la quota di iscrizione sono diverse per ogni cooperativa, ma generalmente sono cifre di modesta entità;
il socio delle cooperative a proprietà indivisa dovrà versare nel caso di nuove costruzioni o assegnazione di appartamenti ristrutturati una quota di apporto finanziario infruttifero, (determinata dalla differenza tra finanziamento pubblico, contributi o disponibilità della cooperativa e costo dell'intervento) che sarà scontata sulla corrisposta mensile o restituita dopo un certo periodo di tempo;
l'assegnazione degli alloggi avviene per anzianità di iscrizione, titolo che prevale anche quando vengono proposti bandi riservati - ad alcune categorie sociali: coppie di giovani, sfrattati, anziani, portatori di handicap, eccetera;
la quota mensile di godimento, generalmente assai inferiore ai canoni d'affitto di mercato, è stabilita dal Consiglio di amministrazione della cooperativa;
tale forma di cooperativismo storico, sorta per lo più per offrire un alloggio a particolari categorie sociali di lavoratori, assume oggi, in un momento in cui la crisi economica rende di difficile realizzazione il progetto di acquisto della prima abitazione da parte di fasce di popolazione sempre più ampie con una sempre maggiore presenza di giovani tra i richiedenti, una nuova valenza sociale che si affianca, e supporta, il ruolo svolto dagli istituti pubblici nel reperimento e assegnazione di alloggi popolari;
in Italia il fenomeno delle cooperative a proprietà indivisa ha radici storiche soprattutto in Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte. Ad oggi queste regioni raccolgono il maggior numero di cooperative per un totale stimato in 25.000 appartamenti tutti assegnati a nuclei familiari;
statisticamente, secondo i dati forniti dalla maggiore Cooperativa (9.345 soci e 2.223 appartamenti al 21 febbraio 2012), la Cooperativa Risanamento di Bologna, i soci assegnatari sono nuclei famigliari, spesso con reddito da pensione al minimo, che per oltre il 60 per cento appartengono alle categorie degli operai, lavoratori dipendenti e pensionati e di questi ultimi oltre il 15 per cento è ultraottantenne;
per ottenere e mantenere il diritto all'abitazione per i soci delle cooperative a proprietà indivisa, assegnatari di unità immobiliare da parte della Cooperativa, devono rispettare i requisiti di cui all'articolo 21 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
il socio-assegnatario, obbligato alla residenza e all'impossidenza di altri beni, si configura quindi come titolare di «prima abitazione», pur non possedendola in proprietà, anche rispetto al pagamento dell'Imposta Municipale Unica (IMU) che la cooperativa è tenuta a pagare e poi ad addebitare al socio-assegnatario;
i soci assegnatari della cooperativa a proprietà indivisa subiscono, per l'effetto dell'applicazione dell'IMU, così com'è attualmente in vigore, una ingiusta penalizzazione in quanto per la cooperativa tutte le unità immobiliari possedute e assegnate ai soci in via esclusiva come prima abitazione (pur non essendone questi proprietari) risultano per la cooperativa stessa, assoggettate alla aliquota IMU dello 0,76 per cento ancor fossero considerate seconde abitazioni;
tale aspetto, in considerazione del fatto che i soci permangono assegnatari delle unità immobiliari a condizione che non posseggano altri immobili, rappresenta una penalizzazione che grava sui bilanci delle cooperative che sono obbligate al pagamento dell'IMU e che dovranno obbligatoriamente abbassare la quota di bilancio destinata alla manutenzione degli immobili per farvi fronte e, poi, sui soci assegnatari che potrebbero vedersi - per effetto della rivalsa da parte della cooperativa stessa - aumentare il canone mensile ad essi applicato, della quota corrispondente all'IMU versata per l'unità immobiliare ad essi assegnata, con il conseguente impatto economico sui nuclei familiari citati in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rinviare al 31 dicembre 2012 l'applicazione dell'IMU come prevista dall'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per i soli immobili effettivamente assegnati ai soci delle cooperative a proprietà indivisa, costituite ai sensi del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, e successive modifiche e integrazioni, che rispettano i requisiti di cui all'articolo 21 della legge 17 febbraio 1992, n.179, e successive modifiche e integrazioni, in attesa dell'emanazione di nuove norme in materia di Imposta Municipale Unica (IMU) volte a prevedere l'estensione del beneficio di «prima casa» per il calcolo della corrispondente imposta IMU sugli immobili delle cooperative a proprietà indivisa, in virtù del ruolo sociale e di assistenza abitativa che esse svolgono nei confronti delle classi sociali esposte alla crisi economica in corso.
9/4865-B/3.Cazzola, Girlanda.

La Camera,
con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c-ter), capoverso comma 1-bis, e condividendo il senso di quanto indicato al comma 1, lettera 0a) che è volto a rendere il sistema della rappresentanza militare più rispondente al principio della rappresentatività del personale militare prevedendo che negli organismi centrali e intermedi sia assicurata anche la presenza di rappresentati dei ruoli dei marescialli e degli ispettori, dei sergenti e sovraintendenti e del personale graduato e di truppa,

impegna il Governo

ad intendere il termine per la conclusione del rinnovo dei consigli di rappresentanza previsto per il 15 luglio 2012 come termine perentorio anche qualora le azioni previste all'articolo 8, comma 1, lettera 0a) non dovessero essere completate entro un tempo utile all'espletamento dei procedimenti elettorali.
9/4865-B/4.Fiano.

La Camera,
premesso che:
l'attuale mandato dei Consigli della rappresentanza militare è in carica, senza soluzione di continuità, dalla primavera del 2006 ed ha goduto complessivamente di due anni di proroga risultando essere, in tal modo il mandato elettivo più lungo dopo quello del Presidente della Repubblica;
l'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, ha stabilito la proroga dei Consigli della Rappresentanza militare fino al 31 luglio del 2011, e poi nuovamente con il decreto- legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, i medesimi Consigli sono stati prorogati fino al 30 aprile 2012;
ogni volta la notizia della proroga del mandato degli attuali delegati Cocer, Coir e Cobar, ha suscitato forti proteste nel personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, che hanno visto nell'atto d'imperio esercitato dal Governo una effettiva preclusione dell'esercizio di un diritto/dovere, quale è quello di poter esprimere, tramite il proprio voto, il consenso o il dissenso verso l'operato degli attuali rappresentanti in carica;
le modifiche apportate al testo del decreto-legge in esame dal Senato hanno nuovamente prorogato il mandato dei delegati della rappresentanza militare in carica ed hanno introdotto un limite all'esercizio democratico del diritto di elettorato passivo che non potrà essere svolto per più di tre volte nell'arco dell'intera carriera militare;
inoltre l'inserimento della categoria dei sergenti/sovrintendenti, è stato un atto che, seppure atteso e pienamente condivisibile in linea di principio, ha rappresentato per alcuni il «cavallo di Troia» per rispondere alle suppliche di coloro che vogliono continuare a perseguire nella cura degli interessi personali e non di quelli del personale, come ampiamente narrato in numerosi atti di sindacato ispettivo e da fonti di stampa a carattere nazionale, ove sono citate inchieste delle autorità giudiziarie, provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale e, da ultimo, sentenze di condanna alla reclusione militare a carico di alcuni soggetti che ricoprono il ruolo di delegati della rappresentanza militare;
l'inserimento della nuova categoria di rappresentanti, inoltre, comporterà inevitabilmente una variazione degli equilibri di ogni livello di rappresentanza, e di ogni singolo Consiglio, anche dal punto di vista del numero complessivo dei delegati con conseguente aumento della spesa annua. Rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 4-04614 in Ministro della difesa ha quantificato in euro 5.257.925,00 gli oneri annui per la corresponsione delle indennità di missione ai membri dei Consigli delle rappresentanze militari (di cui euro 1.235.000 per spesare le trasferte di circa 60 delegati del Cocer);
appare quindi indispensabile che, al fine di dare attuazione alle modifiche introdotte all'articolo 1476, commi 2 e 3, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, emani, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, uno o più decreti ministeriali che avranno effetto dal successivo rinnovo dei consigli di rappresentanza militare;
l'articolo 4, comma 98, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dispone che «Il personale appartenente alle amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in occasione delle missioni all'interno del territorio nazionale fuori della sede ordinaria di impiego per motivi di servizio, è tenuto a fruire, per il vitto e l'alloggio, delle apposite strutture delle amministrazioni di appartenenza [...]»;
il decreto-legge in conversione, così come modificato dal Senato, stabilisce alla data del 15 luglio 2012 il termine entro il quale devono concludersi i procedimenti di rinnovo dei Consigli della rappresentanza militare;
con la nota di attuazione dell'ordine del giorno n. 9/4086/5, accolto da Governo nella seduta dello scorso 25 febbraio 2011, trasmessa il successivo 28 giugno 2011, il Ministro della difesa pro tempore aveva assunto «l'impegno concernente l'opportunità di non concedere ulteriori proroghe» al mandato dei Consigli della rappresentanza militare, già prorogato due volte, ora la terza, in violazione del diritto di voto e dei diritti dei militari,

impegna il Governo:

a ritenere la data del 15 luglio 2012 il termine perentorio entro il quale devono concludersi i procedimenti di rinnovo dei Consigli della rappresentanza militare;
a dare completa attuazione all'articolo 4, comma 98, della legge la novembre 2011, n. 183 disponendo l'immediata aggregazione per vitto e alloggio presso le strutture dell'amministrazione militare anche del personale facente parte dei Consigli della rappresentanza militare.
9/4865-B/5.Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'attuale mandato dei Consigli della rappresentanza militare è in carica, senza soluzione di continuità, dalla primavera del 2006 ed ha goduto complessivamente di due anni di proroga risultando essere, in tal modo il mandato elettivo più lungo dopo quello del Presidente della Repubblica;
l'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, ha stabilito la proroga dei Consigli della Rappresentanza militare fino al 31 luglio del 2011, e poi nuovamente con il decreto- legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, i medesimi Consigli sono stati prorogati fino al 30 aprile 2012;
ogni volta la notizia della proroga del mandato degli attuali delegati Cocer, Coir e Cobar, ha suscitato forti proteste nel personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, che hanno visto nell'atto d'imperio esercitato dal Governo una effettiva preclusione dell'esercizio di un diritto/dovere, quale è quello di poter esprimere, tramite il proprio voto, il consenso o il dissenso verso l'operato degli attuali rappresentanti in carica;
le modifiche apportate al testo del decreto-legge in esame dal Senato hanno nuovamente prorogato il mandato dei delegati della rappresentanza militare in carica ed hanno introdotto un limite all'esercizio democratico del diritto di elettorato passivo che non potrà essere svolto per più di tre volte nell'arco dell'intera carriera militare;
inoltre l'inserimento della categoria dei sergenti/sovrintendenti, è stato un atto che, seppure atteso e pienamente condivisibile in linea di principio, ha rappresentato per alcuni il «cavallo di Troia» per rispondere alle suppliche di coloro che vogliono continuare a perseguire nella cura degli interessi personali e non di quelli del personale, come ampiamente narrato in numerosi atti di sindacato ispettivo e da fonti di stampa a carattere nazionale, ove sono citate inchieste delle autorità giudiziarie, provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale e, da ultimo, sentenze di condanna alla reclusione militare a carico di alcuni soggetti che ricoprono il ruolo di delegati della rappresentanza militare;
l'inserimento della nuova categoria di rappresentanti, inoltre, comporterà inevitabilmente una variazione degli equilibri di ogni livello di rappresentanza, e di ogni singolo Consiglio, anche dal punto di vista del numero complessivo dei delegati con conseguente aumento della spesa annua. Rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 4-04614 in Ministro della difesa ha quantificato in euro 5.257.925,00 gli oneri annui per la corresponsione delle indennità di missione ai membri dei Consigli delle rappresentanze militari (di cui euro 1.235.000 per spesare le trasferte di circa 60 delegati del Cocer);
appare quindi indispensabile che, al fine di dare attuazione alle modifiche introdotte all'articolo 1476, commi 2 e 3, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, emani, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, uno o più decreti ministeriali che avranno effetto dal successivo rinnovo dei consigli di rappresentanza militare;
l'articolo 4, comma 98, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dispone che «Il personale appartenente alle amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in occasione delle missioni all'interno del territorio nazionale fuori della sede ordinaria di impiego per motivi di servizio, è tenuto a fruire, per il vitto e l'alloggio, delle apposite strutture delle amministrazioni di appartenenza [...]»;
il decreto-legge in conversione, così come modificato dal Senato, stabilisce alla data del 15 luglio 2012 il termine entro il quale devono concludersi i procedimenti di rinnovo dei Consigli della rappresentanza militare;
con la nota di attuazione dell'ordine del giorno n. 9/4086/5, accolto da Governo nella seduta dello scorso 25 febbraio 2011, trasmessa il successivo 28 giugno 2011, il Ministro della difesa pro tempore aveva assunto «l'impegno concernente l'opportunità di non concedere ulteriori proroghe» al mandato dei Consigli della rappresentanza militare, già prorogato due volte, ora la terza, in violazione del diritto di voto e dei diritti dei militari,

impegna il Governo:

a ritenere la data del 15 luglio 2012 il termine perentorio entro il quale devono concludersi i procedimenti di rinnovo dei Consigli della rappresentanza militare;
a dare completa attuazione all'articolo 4, comma 98, della legge la novembre 2011, n. 183.
9/4865-B/5.(Testo modificato nel corso della seduta)Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'attività libero-professionale intramuraria, o legge intramoenia, è disciplinata dalla legge 3 agosto 2007, n. 120, che regola le prestazioni erogate dai medici al di fuori dell'orario di lavoro, nelle strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale in cui prestano servizio;
la suddetta normativa prevedeva che entro un determinata scadenza (31 gennaio 2009) le regioni dovessero attuare indispensabili interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche da adibire all'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria; in attesa di tali adeguamenti si procedeva all'esercizio di una intramoenia di tipo «allargata», ovvero utilizzando strutture sanitarie private situate al di fuori delle strutture sanitarie pubbliche;
sino ad oggi però, in mancanza dei suddetti interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche, l'intramoenia si è realizzata soprattutto nella forma cosiddetta «allargata», attraverso proroghe annuali, inserite nel cosiddetto decreto mille proroghe;
il diritto del paziente alla libera scelta del medico è un diritto fondamentale tutelato dalla legge e la libera professione è uno strumento di tutela di tale diritto, fermo restando che i comportamenti scorretti di alcuni medici, se provati, devono essere sanzionati senza indulgenze, a termini di leggere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approvare in tempi brevi una nuova disciplina che regoli definitivamente l'attività libero-professionale del personale medico e sanitario.
9/4865-B/6.Palumbo, Di Virgilio, Barani, Castellani, Ciccioli, De Nichilo Rizzoli, Mancuso, Scapagnini, D'Anna, Stagno d'Alcontres, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
l'attività libero-professionale intramuraria, o legge intramoenia, è disciplinata dalla legge 3 agosto 2007, n. 120, che regola le prestazioni erogate dai medici al di fuori dell'orario di lavoro, nelle strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale in cui prestano servizio;
la suddetta normativa prevedeva che entro un determinata scadenza (31 gennaio 2009) le regioni dovessero attuare indispensabili interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche da adibire all'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria; in attesa di tali adeguamenti si procedeva all'esercizio di una intramoenia di tipo «allargata», ovvero utilizzando strutture sanitarie private situate al di fuori delle strutture sanitarie pubbliche;
sino ad oggi però, in mancanza dei suddetti interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche, l'intramoenia si è realizzata soprattutto nella forma cosiddetta «allargata», attraverso proroghe annuali, inserite nel cosiddetto decreto mille proroghe;
il diritto del paziente alla libera scelta del medico è un diritto fondamentale tutelato dalla legge e la libera professione è uno strumento di tutela di tale diritto, fermo restando che i comportamenti scorretti di alcuni medici, se provati, devono essere sanzionati senza indulgenze, a termini di leggere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre in tempi brevi una disposizione che regoli definitivamente l'attività libero-professionale del personale medico e sanitario.
9/4865-B/6.(Testo modificato nel corso della seduta)Palumbo, Di Virgilio, Barani, Castellani, Ciccioli, De Nichilo Rizzoli, Mancuso, Scapagnini, D'Anna, Stagno d'Alcontres, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
da tempo le associazioni di categoria denunciano la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che rischia la chiusura delle attività di qui a pochi mesi; nel 2012 lo stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi è stato ulteriormente e drasticamente ridotto, in misura superiore al 40 per cento;
con il comma 12-bis dell'articolo 29 sono state introdotte disposizioni volte meramente a posticipare, a decorrere dal 1o marzo 2012, il termine di pagamento dell'imposta unica sulle scommesse ippiche e sulle scommesse su eventi diversi dalle corse dei cavalli, che è stato stabilito al 20 dicembre dello stesso anno e al 31 gennaio dell'anno successivo, con riferimento all'imposta unica dovuta rispettivamente per il periodo da settembre a novembre e per il mese di dicembre, nonché al 31 agosto e al 30 novembre con riferimento all'imposta unica dovuta rispettivamente per i periodi da gennaio ad aprile e da maggio ad agosto dello stesso anno;
si tratta di misure che non incidono in alcun modo sullo stato di crisi: numerose società che gestiscono ippodromi fra cui Roma Capannelle, Pisa e Palermo, Torino, Bologna, Varese e Cesena, hanno sospeso temporaneamente le corse, ma corrono il rischio di essere obbligate alla chiusura definitiva, mettendo a rischio il futuro di 50.000 addetti ai lavori e di circa 15.000 cavalli;
il settore dell'ippica riveste una importanza che va al di là del fatto sportivo, in quanto diffonde una immagine positiva dell'Italia nel mondo ed è legata a tradizioni ormai centenarie,

impegna il Governo:

ad individuare entro il 30 marzo 2012, anche nell'ambito di provvedimenti di urgenza, le risorse necessarie al sostegno del settore, intervenendo, anche sotto il profilo legislativo, sia al fine di favorire l'interesse degli scommettitori sulle gare ippiche, sia al fine di riservare ima quota congrua e certa dei proventi del settore giochi all'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, quale garanzia del montepremi e dello sviluppo del settore;
a riproporre alla guida dell'Agenzia rappresentanti provenienti dal mondo ippico, in grado di veicolare correttamente le istanze del settore.
9/4865-B/7.Marinello, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
da tempo le associazioni di categoria denunciano la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che rischia la chiusura delle attività di qui a pochi mesi; nel 2012 lo stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi è stato ulteriormente e drasticamente ridotto, in misura superiore al 40 per cento;
con il comma 12-bis dell'articolo 29 sono state introdotte disposizioni volte meramente a posticipare, a decorrere dal 1o marzo 2012, il termine di pagamento dell'imposta unica sulle scommesse ippiche e sulle scommesse su eventi diversi dalle corse dei cavalli, che è stato stabilito al 20 dicembre dello stesso anno e al 31 gennaio dell'anno successivo, con riferimento all'imposta unica dovuta rispettivamente per il periodo da settembre a novembre e per il mese di dicembre, nonché al 31 agosto e al 30 novembre con riferimento all'imposta unica dovuta rispettivamente per i periodi da gennaio ad aprile e da maggio ad agosto dello stesso anno;
si tratta di misure che non incidono in alcun modo sullo stato di crisi: numerose società che gestiscono ippodromi fra cui Roma Capannelle, Pisa e Palermo, Torino, Bologna, Varese e Cesena, hanno sospeso temporaneamente le corse, ma corrono il rischio di essere obbligate alla chiusura definitiva, mettendo a rischio il futuro di 50.000 addetti ai lavori e di circa 15.000 cavalli;
il settore dell'ippica riveste una importanza che va al di là del fatto sportivo, in quanto diffonde una immagine positiva dell'Italia nel mondo ed è legata a tradizioni ormai centenarie,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di individuare le risorse necessarie al sostegno del settore, intervenendo, anche sotto il profilo legislativo, sia al fine di favorire l'interesse degli scommettitori sulle gare ippiche, sia al fine di riservare ima quota congrua e certa dei proventi del settore giochi all'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, quale garanzia del montepremi e dello sviluppo del settore;
a riproporre alla guida dell'Agenzia rappresentanti provenienti dal mondo ippico, in grado di veicolare correttamente le istanze del settore.
9/4865-B/7.(Testo modificato nel corso della seduta)Marinello, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 8 («Proroga di termini previsti da disposizioni legislative di interesse della Difesa»), ha recepito un emendamento approvato dalle Commissioni riunite 1a (Affari costituzionali) e 5a (Bilancio) del Senato, con il parere contrario del rappresentante del Governo;
la citata disposizione prevede che, all'articolo 1477, comma 3, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, le parole: «immediatamente rieleggibili una sola volta» sono sostituite dalle seguenti: «rieleggibili due sole volte»;
alla luce delle modifiche introdotte in tema di rappresentanza militare, i membri dei CoCeR (Consiglio Centrale di Rappresentanza) potranno essere rieletti, nel corso dell'intera carriera militare, solo due volte (anche se non consecutivamente), mentre le disposizioni attualmente vigenti, pur prevedendo la possibilità della rieleggibilità «immediata» per una sola volta, non contemplano alcun limite di mandato;
al fine di tutelare la funzione degli organi della rappresentanza militare è necessario assicurare che l'applicazione delle novellate disposizioni non pregiudichi, di fatto, quanti sono oramai da anni impegnati nelle attività di rappresentanza militare, per cui è importante garantire un'interpretazione omogenea delle norme che consenta, in modo chiaro ed inequivocabile, di non tener conto - nel calcolo del numero dei mandati consentiti - delle esperienze pregresse maturate antecedentemente all'entrata in vigore del presente provvedimento,

impegna il Governo

ad assicurare - eventualmente anche attraverso successivi provvedimenti - che il limite della rieleggibilità per il doppio mandato in tema di rappresentanza militare venga applicato esclusivamente a decorrere dall'entrata in vigore del provvedimento in esame ed unicamente con riferimento ai prossimi rinnovi degli organi di rappresentanza militare.
9/4865-B/8.Paglia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 15, del disegno di legge in esame dispone, nei confronti dei soggetti interessati dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei mesi di ottobre e novembre del 2011, la proroga dei termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie;
con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione al naufragio della nave da crociera Costa «Concordia» nel territorio del comune dell'Isola del Giglio;
sebbene siano in corso le operazioni di svuotamento dei serbatoi della nave «Concordia» contenenti oltre 2000 tonnellate di gasolio, che diminuirà il rischio ambientale legato al disastroso naufragio della nave in prossimità delle coste gigliesi, permane una situazione di crisi ambientale, legata alla presenza sulla nave di grandi quantità di sostanze e materiali altamente inquinanti, che rischia di protrarsi ancora per molti mesi;
la presenza del relitto della «Concordia» a poche decine di metri dalla costa, inoltre, determina con certezza un grave pregiudizio alla principale attività economica dell'isola: il turismo balneare;
i tecnici impegnati nelle operazioni di messa in sicurezza della nave non sembra abbiano ancora un'idea precisa del tempo che occorrerà per concludere l'intervento di bonifica, né risulta sia ancora stata presa una decisione sulle modalità e sui tempi occorrenti per rimuovere l'imponente relitto: si parla comunque di 10-12 mesi. Tale previsione approssimativa mette certamente a repentaglio la stagione turistica, tanto che comitati di cittadini e la stessa amministrazione locale hanno ipotizzato il ricorso alla magistratura contro la società armatrice per il risarcimento del danno economico conseguente al prevedibile calo di turisti che si verificherà nell'anno in corso;
al Giglio giungono ogni anno circa 250-300 mila visitatori (con punte di oltre 50 mila sbarchi in agosto) e le attività turistiche producono un fatturato stimato certamente per difetto in circa 100 milioni di euro. Se, come si prevede, una quota variabile tra il 30 e il 50 per cento dei turisti dovesse scegliere altre località per le prossime ferie estive, scoraggiato, in particolare, dall'impossibilità di praticare le immersioni subacquee, prevalente attrattiva del luogo, il danno potrebbe, evidentemente, ammontare a 30 o 50 milioni di euro. Neppure la diversificazione dell'offerta messa in atto dagli operatori turistici dell'isola riuscirà ad arginare le perdite: nonostante gli arrivi di primavera per il trekking e le passeggiate naturalistiche, l'afflusso costante di cicloamatori e persino il turismo «minerario» alla ricerca della tormalina di cui l'isola è ricca, la stagione estiva e il mare sono di gran lunga l'attrazione di maggior richiamo. Il record delle presenze si concentra, infatti, tra l'inizio di giugno e la fine di settembre;
inoltre i limiti alla navigazione imposti dalle autorità marittime allo specchio di mare antistante il porto e l'impossibilità di utilizzare le strutture portuali, ovviamente dedicate alle operazioni di messa in sicurezza e di recupero della nave e l'altissima concentrazione di mezzi e uomini impegnati nelle operazioni anzidette, costituiscono un disincentivo per chi volesse recarsi in visita sull'isola: si prevede, infatti, che sarà difficoltoso raggiungere l'isola sia con i propri mezzi che utilizzando i servizi collettivi di trasporto marittimo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere, al verificarsi dei danni economici descritti in premessa, a favore dei cittadini dell'Isola del Giglio e, in particolare, delle attività economiche legate al turismo balneare, le misure contenute nella norma in esame, conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza; a valutare l'opportunità di prendere ogni altra iniziativa diretta a limitare gli effetti negativi del disastroso naufragio della nave «Concordia» sulla vita e le attività economiche degli abitanti dell'Isola del Giglio.
9/4865-B/9.Velo, Sani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 15, del disegno di legge in esame dispone, nei confronti dei soggetti interessati dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei mesi di ottobre e novembre del 2011, la proroga dei termini degli adempimenti e versamenti tributari nonché dei versamenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie;
con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione al naufragio della nave da crociera Costa «Concordia» nel territorio del comune dell'Isola del Giglio;
sebbene siano in corso le operazioni di svuotamento dei serbatoi della nave «Concordia» contenenti oltre 2000 tonnellate di gasolio, che diminuirà il rischio ambientale legato al disastroso naufragio della nave in prossimità delle coste gigliesi, permane una situazione di crisi ambientale, legata alla presenza sulla nave di grandi quantità di sostanze e materiali altamente inquinanti, che rischia di protrarsi ancora per molti mesi;
la presenza del relitto della «Concordia» a poche decine di metri dalla costa, inoltre, determina con certezza un grave pregiudizio alla principale attività economica dell'isola: il turismo balneare;
i tecnici impegnati nelle operazioni di messa in sicurezza della nave non sembra abbiano ancora un'idea precisa del tempo che occorrerà per concludere l'intervento di bonifica, né risulta sia ancora stata presa una decisione sulle modalità e sui tempi occorrenti per rimuovere l'imponente relitto: si parla comunque di 10-12 mesi. Tale previsione approssimativa mette certamente a repentaglio la stagione turistica, tanto che comitati di cittadini e la stessa amministrazione locale hanno ipotizzato il ricorso alla magistratura contro la società armatrice per il risarcimento del danno economico conseguente al prevedibile calo di turisti che si verificherà nell'anno in corso;
al Giglio giungono ogni anno circa 250-300 mila visitatori (con punte di oltre 50 mila sbarchi in agosto) e le attività turistiche producono un fatturato stimato certamente per difetto in circa 100 milioni di euro. Se, come si prevede, una quota variabile tra il 30 e il 50 per cento dei turisti dovesse scegliere altre località per le prossime ferie estive, scoraggiato, in particolare, dall'impossibilità di praticare le immersioni subacquee, prevalente attrattiva del luogo, il danno potrebbe, evidentemente, ammontare a 30 o 50 milioni di euro. Neppure la diversificazione dell'offerta messa in atto dagli operatori turistici dell'isola riuscirà ad arginare le perdite: nonostante gli arrivi di primavera per il trekking e le passeggiate naturalistiche, l'afflusso costante di cicloamatori e persino il turismo «minerario» alla ricerca della tormalina di cui l'isola è ricca, la stagione estiva e il mare sono di gran lunga l'attrazione di maggior richiamo. Il record delle presenze si concentra, infatti, tra l'inizio di giugno e la fine di settembre;
inoltre i limiti alla navigazione imposti dalle autorità marittime allo specchio di mare antistante il porto e l'impossibilità di utilizzare le strutture portuali, ovviamente dedicate alle operazioni di messa in sicurezza e di recupero della nave e l'altissima concentrazione di mezzi e uomini impegnati nelle operazioni anzidette, costituiscono un disincentivo per chi volesse recarsi in visita sull'isola: si prevede, infatti, che sarà difficoltoso raggiungere l'isola sia con i propri mezzi che utilizzando i servizi collettivi di trasporto marittimo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prendere ogni altra iniziativa diretta a limitare gli effetti negativi del disastroso naufragio della nave «Concordia» sulla vita e le attività economiche degli abitanti dell'Isola del Giglio.
9/4865-B/9.(Testo modificato nel corso della seduta)Velo, Sani.

La Camera,
premesso che:
l'ordine del giorno 9/4865-AR/69, presentato in fase di prima lettura del presente provvedimento, denunciava la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che rischia la chiusura delle attività a causa della drastica riduzione, per il 2012, dello stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi;
la prospettiva è quella di migliaia di persone private di lavoro e quindicimila cavalli da destinare al macello con effetti disastrosi sull'indotto e con l'impossibilità da parte dello Stato di introitare, come è avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte;
in tale occasione il Governo si era impegnato «a valutare l'opportunità di assicurare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento al settore ippico prorogando l'applicazione delle disposizioni legislative che gli attribuiscono quota parte delle entrate derivanti dai giochi e le scommesse pubbliche ovvero, in caso contrario, ad individuare nuove fonti di finanziamento che consentano l'effettiva trasformazione e ristrutturazione del settore per il superamento della crisi che investe l'intera filiera e garantire un orizzonte pluriennale alle componenti maggiormente qualitative della stessa»;
in particolare, l'impegno, che non ha avuto applicazione, era di trovare una soluzione condivisa e sostenibile da inserire nel testo del decreto-legge in esame durante il suo iter al Senato,

impegna il Governo

a superare le cause che fino ad oggi non hanno consentito di recuperare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento per il settore ippico nelle modalità indicate dall'ordine del giorno n. 9/4865-AR/69, già accolto in sede di prima lettura del presente provvedimento.
9/4865-B/10.Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
l'ordine del giorno 9/4865-AR/69, presentato in fase di prima lettura del presente provvedimento, denunciava la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che rischia la chiusura delle attività a causa della drastica riduzione, per il 2012, dello stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi;
la prospettiva è quella di migliaia di persone private di lavoro e quindicimila cavalli da destinare al macello con effetti disastrosi sull'indotto e con l'impossibilità da parte dello Stato di introitare, come è avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte;
in tale occasione il Governo si era impegnato «a valutare l'opportunità di assicurare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento al settore ippico prorogando l'applicazione delle disposizioni legislative che gli attribuiscono quota parte delle entrate derivanti dai giochi e le scommesse pubbliche ovvero, in caso contrario, ad individuare nuove fonti di finanziamento che consentano l'effettiva trasformazione e ristrutturazione del settore per il superamento della crisi che investe l'intera filiera e garantire un orizzonte pluriennale alle componenti maggiormente qualitative della stessa»;
in particolare, l'impegno, che non ha avuto applicazione, era di trovare una soluzione condivisa e sostenibile da inserire nel testo del decreto-legge in esame durante il suo iter al Senato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative tese a superare le cause che fino ad oggi non hanno consentito di recuperare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento per il settore ippico nelle modalità indicate dall'ordine del giorno n. 9/4865-AR/69, già accolto in sede di prima lettura del presente provvedimento.
9/4865-B/10.(Testo modificato nel corso della seduta)Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Fiorio, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino, Marrocu.

La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento introduce alcune deroghe ai fini dell'applicazione della disciplina previgente sui requisiti per il trattamento pensionistico;
l'articolo 25, recante norme per il collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori universitari, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha escluso i professori e i ricercatori universitari dall'applicazione dell'articolo 16, comma del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, che prevede la facoltà per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti;
il citato articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, al comma 1-bis, prevede inoltre per il personale della magistratura, di cui all'articolo 1 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, la facoltà di permanere in servizio addirittura sino al compimento del settantacinquesimo anno di età,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, visto anche che la situazione universitaria in Italia presenta profili di atipicità rispetto ad altri comparti del settore pubblico, di estendere anche ai professori e ai ricercatori universitari che prestano servizio nelle università statali l'applicazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, concedendo loro la facoltà di presentare istanza di permanenza in servizio, adottando le opportune iniziative volte ad abrogare in questo modo quanto disposto dall'articolo 25 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
9/4865-B/11.Oliverio.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 29-bis del provvedimento in esame si interviene nuovamente sui termini e sulle procedure relative al trasferimento delle funzioni e dei mezzi del soppresso Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (EIPLI);
tale articolo, più in particolare, dispone la proroga al 30 settembre 2012 del termine per il trasferimento di dette funzioni, sospendendo fino a tale data le procedure esecutive e le azioni giudiziarie nei confronti dell'Ente stesso e conservando al Commissario pro tempore che gestisce la fase liquidatoria i poteri necessari, anche nei confronti dei terzi;
i dipendenti del predetto ente già cessati dal lavoro attendono da molto tempo la liquidazione delle spettanze economiche dovute ai sensi del trattamento di fine servizio (TFS),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire il pagamento delle spettanze economiche a tutti i dipendenti cessati da almeno un anno dal rapporto di lavoro con l'Ente anche nelle more del trasferimento delle funzioni dell'Ente, tenuto conto della sospensione delle azioni giudiziarie nei confronti dell'EIPLI e della pesante crisi economica che investe direttamente le famiglie.
9/4865-B/12.Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 29-bis del provvedimento in esame si interviene nuovamente sui termini e sulle procedure relative al trasferimento delle funzioni e dei mezzi del soppresso Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (EIPLI);
tale articolo, più in particolare, dispone la proroga al 30 settembre 2012 del termine per il trasferimento di dette funzioni, sospendendo fino a tale data le procedure esecutive e le azioni giudiziarie nei confronti dell'Ente stesso e conservando al Commissario pro tempore che gestisce la fase liquidatoria i poteri necessari, anche nei confronti dei terzi;
i dipendenti del predetto ente già cessati dal lavoro attendono da molto tempo la liquidazione delle spettanze economiche dovute ai sensi del trattamento di fine servizio (TFS),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative tese a garantire il pagamento delle spettanze economiche a tutti i dipendenti cessati da almeno un anno dal rapporto di lavoro con l'Ente anche nelle more del trasferimento delle funzioni dell'Ente, tenuto conto della sospensione delle azioni giudiziarie nei confronti dell'EIPLI e della pesante crisi economica che investe direttamente le famiglie.
9/4865-B/12.(Testo modificato nel corso della seduta)Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento detta disposizioni in materia di riconoscimento dei requisiti di ruralità dei fabbricati - di cui al comma 2-bis dell'articolo 7 decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 - introducendo una proroga in base alla quale le domande per il riconoscimento dei suddetti requisiti mantengono il loro effetto anche se presentate dopo la scadenza dei termini originariamente previsti, purché entro il 30 giugno 2012;
il decreto-legge 5 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto l'anticipazione - in via sperimentale - dal 1o gennaio 2012 - dell'imposta municipale propria (IMU) di cui al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e ne ha fissato il presupposto nel possesso di immobili, ovvero fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli, compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa;
nel comparto primario in cui i terreni sono il fattore di produzione per eccellenza, l'incremento dell'imposizione fiscale sul patrimonio produce un danno rilevante a un settore già in notevole difficoltà;
per i terreni agricoli, infatti, il nuovo valore ai fini dell'imposizione è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento (ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) un moltiplicatore pari a 130; per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il moltiplicatore è, invece, pari a 110; l'articolo 5, comma 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 prevede, invece, che per i terreni agricoli la base imponibile ICI sia data dal reddito domenicale rivalutato del 25 per cento, moltiplicato per 75; sui terreni agricoli, dunque, il moltiplicatore è salito da 75 a 130 e l'aliquota è ora fissata al 0,76 per cento contro il precedente 0,4 per cento;
la nuova tassazione IMU incide anche sui fabbricati rurali, salvo i fabbricati rurali aventi natura strumentale che godono di un'aliquota agevolata in quanto il decreto-legge n. 201 del 2011 dispone la soppressione del comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ai sensi del quale non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto dei fabbricati, per i quali ricorrono i requisiti di ruralità;
la tassazione Imu sui fabbricati rurali e l'incremento degli estimi catastali dei terreni rischiano di mettere fuori da mercato oltre 250 mila aziende agricole già duramente provate dalla perdurante crisi economica e, da ultimo, dagli effetti negativi dell'ondata di maltempo e dal blocco del trasporto merci messo in atto dagli autotrasportatori; si calcola che l'Imu sui terreni e sui fabbricati rurali costerà agli agricoltori un miliardo di euro in più nel 2012;
la situazione di straordinaria emergenza che vive il mondo agricolo e la peculiarità produttiva che è caratterizzata da una forte patrimonializzazione e da una bassa redditività rende eccessivamente onerosa l'anticipazione dell'IMU al 2012 sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli e pertanto richiede un rinvio dell'applicazione di almeno un anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare, per il solo anno 2012, l'entrata in vigore dell'IMU per i fabbricati rurali strumentali all'attività agricola e per i terreni agricoli, applicando per l'anno in corso, il regime previsto dall'articolo 5, comma del decreto legislativo n. 504 del 1992 per i terreni agricoli e prevedendo per i fabbricati rurali la non applicazione, per il 2012, di quanto disposto dall'articolo 13, comma 14, lettera d), del citato decreto n. 201 del 2011.
9/4865-B/13.Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Servodio, Trappolino, Zucchi.

La Camera,
premesso che:
gli atti di indirizzo ministeriale n. 471 dell'8 marzo 2001, n. 476 del 20 febbraio 2001 e n. 562 del 17 aprile 2001 hanno individuato il sito produttivo della Società «Acciai Speciali Terni - Ilva Laminati Piani», lo stabilimento di Torino, come unico beneficiario dell'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 247;
tali benefici, dovuti all'esposizione all'amianto, non si applicano ai lavoratori della Società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., già Società Acciai Speciali Terni alla Società e controllate o partecipate dello stabilimento sito nella località di Terni;
sarebbe opportuno che i benefici derivanti dall'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 247, di cui agli atti di indirizzo ministeriale n. 471 dell'8 marzo 2001, n. 476 del 20 febbraio 2001 e n. 562 del 17 aprile 2001 si applichino anche ai lavoratori della Società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., già Società Acciai Speciali Terni, alla Società e controllate o partecipate dello stabilimento sito nella località di Terni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che a integrazione degli atti di indirizzo ministeriale n. 471 dell'8 marzo 2001, n. 476 del 20 febbraio 2001 e n. 562 del 17 aprile 2001 con i quali è stato individuato, per il sito produttivo della Società «Acciai Speciali Terni - Ilva Laminati Piani», lo stabilimento di Torino come unico beneficiario dell'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 247, si estenda l'applicazione di tali benefìci, dovuti all'esposizione all'amianto, anche a tutte le società, imprese e aziende in Italia i cui lavoratori sono esposti all'amianto come ad esempio i lavoratori della Società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., già Società Acciai Speciali Terni alla Società e controllate o partecipate dello stabilimento sito nella località di Terni.
9/4865-B/14.Scilipoti, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
gli atti di indirizzo ministeriale n. 471 dell'8 marzo 2001, n. 476 del 20 febbraio 2001 e n. 562 del 17 aprile 2001 hanno individuato il sito produttivo della Società «Acciai Speciali Terni - Ilva Laminati Piani», lo stabilimento di Torino, come unico beneficiario dell'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 247;
tali benefici, dovuti all'esposizione all'amianto, non si applicano ai lavoratori della Società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., già Società Acciai Speciali Terni alla Società e controllate o partecipate dello stabilimento sito nella località di Terni;
sarebbe opportuno che i benefici derivanti dall'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 247, di cui agli atti di indirizzo ministeriale n. 471 dell'8 marzo 2001, n. 476 del 20 febbraio 2001 e n. 562 del 17 aprile 2001 si applichino anche ai lavoratori della Società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., già Società Acciai Speciali Terni, alla Società e controllate o partecipate dello stabilimento sito nella località di Terni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità nei limiti e nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica, che a integrazione degli atti di indirizzo ministeriale n. 471 dell'8 marzo 2001, n. 476 del 20 febbraio 2001 e n. 562 del 17 aprile 2001 con i quali è stato individuato, per il sito produttivo della Società «Acciai Speciali Terni - Ilva Laminati Piani», lo stabilimento di Torino come unico beneficiario dell'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 247, si estenda l'applicazione di tali benefìci, dovuti all'esposizione all'amianto, anche a tutte le società, imprese e aziende in Italia i cui lavoratori sono esposti all'amianto come ad esempio i lavoratori della Società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., già Società Acciai Speciali Terni alla Società e controllate o partecipate dello stabilimento sito nella località di Terni.
9/4865-B/14.(Testo modificato nel corso della seduta)Scilipoti, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
l'attività libero-professionale intramuraria, o legge intramoenia, è disciplinata dalla legge 3 agosto 2007, n. 120, che regola le prestazioni erogate dai medici al di fuori dell'orario di lavoro nelle strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale in cui prestano servizio;
tale normativa prevede che ogni azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera, azienda ospedaliera universitaria, policlinico universitario a gestione diretta ed IRCCS (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) di diritto pubblico predisponga un piano aziendale, con riferimento alle singole unità operative, fissando i volumi di attività istituzionale e di attività libero-professionale intramuraria;
alle direzioni degli ospedali si richiede di prevenire situazioni che determinino sia l'insorgenza di un conflitto di interessi che possibili forme di concorrenza sleale, fissando delle sanzioni disciplinari e dei rimedi da applicare in caso di inosservanza delle relative disposizioni, anche a carico di eventuali responsabilità dei direttori generali per omessa vigilanza;
la normativa prevedeva che entro il 31 gennaio 2009 le regioni avrebbero dovuto attuare indispensabili interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche da adibire all'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria; in attesa di tali adeguamenti si procedeva all'esercizio di una intramoenia di tipo «allargata», utilizzando strutture sanitarie private situate al di fuori delle strutture sanitarie pubbliche;
da allora, in mancanza dei suddetti interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche, l'intramoenia si è realizzata soprattutto nella forma cosiddetta «allargata», attraverso proroghe annuali, inserite nel cosiddetto decreto mille proroghe, che si sono protratte fino ad oggi,

impegna il Governo

a superare l'attuale organizzazione dell'attività intramoenia che viene prolungata di anno in anno, o più recentemente di sei mesi in sei mesi, presentando alle Camere entro il 30 giugno di questo anno (termine previsto nel decreto in esame) un disegno di legge che renda la libera professione dei medici un'attività ordinaria delle aziende ospedaliere. L'attività libero-professionale dei medici rappresenta una risorsa importante che soddisfa prima di tutto le aspettative dei cittadini che possono liberamente scegliere il professionista cui affidarsi, e in seconda battuta soddisfa le esigenze degli operatori sanitari e delle Aziende.
9/4865-B/15.Binetti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Patarino.

La Camera,
premesso che:
l'attività libero-professionale intramuraria, o legge intramoenia, è disciplinata dalla legge 3 agosto 2007, n. 120, che regola le prestazioni erogate dai medici al di fuori dell'orario di lavoro nelle strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale in cui prestano servizio;
tale normativa prevede che ogni azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera, azienda ospedaliera universitaria, policlinico universitario a gestione diretta ed IRCCS (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) di diritto pubblico predisponga un piano aziendale, con riferimento alle singole unità operative, fissando i volumi di attività istituzionale e di attività libero-professionale intramuraria;
alle direzioni degli ospedali si richiede di prevenire situazioni che determinino sia l'insorgenza di un conflitto di interessi che possibili forme di concorrenza sleale, fissando delle sanzioni disciplinari e dei rimedi da applicare in caso di inosservanza delle relative disposizioni, anche a carico di eventuali responsabilità dei direttori generali per omessa vigilanza;
la normativa prevedeva che entro il 31 gennaio 2009 le regioni avrebbero dovuto attuare indispensabili interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche da adibire all'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria; in attesa di tali adeguamenti si procedeva all'esercizio di una intramoenia di tipo «allargata», utilizzando strutture sanitarie private situate al di fuori delle strutture sanitarie pubbliche;
da allora, in mancanza dei suddetti interventi di adeguamento delle strutture edilizie pubbliche, l'intramoenia si è realizzata soprattutto nella forma cosiddetta «allargata», attraverso proroghe annuali, inserite nel cosiddetto decreto mille proroghe, che si sono protratte fino ad oggi,

impegna il Governo

ad assumere in tempi brevi le opportune iniziative finalizzate a superare l'attuale organizzazione dell'attività intramoenia che viene prolungata di anno in anno, o più recentemente di sei mesi in sei mesi, per rendere la libera professione dei medici un'attività ordinaria delle aziende ospedaliere.
9/4865-B/15.(Testo modificato nel corso della seduta)Binetti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Patarino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del disegno di legge di conversione, al comma 2, introdotto nel corso dell'iter al Senato, differisce ai 30 giugno 2012 il termine - scaduto il 24 novembre 2011, in base alla delega già prevista all'articolo 2, comma 1, della legge n. 183 del 2010 - per l'adozione dei decreti legislativi volti alla riorganizzazione degli enti, degli istituti e delle società vigilati dal Ministero della salute, oltre a ridefinire taluni elementi del potere legislativo delegato;
le Commissioni di merito di Camera e Senato avevano espresso parere favorevole con osservazioni e condizioni, rispettivamente il 9 novembre 2011 e il 10 gennaio 2012, sullo schema di decreto legislativo n. 410, recante riordino degli enti vigilati dal Ministero della salute, adottato in base alla delega di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 183 del 2010, ma il decreto legislativo non è stato più emanato dal Governo, nonostante si fosse perfezionato l'iter;
tale disposizione rappresenta una violazione del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge «conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione»;
il suddetto limite di contenuto deve essere interpretato nel senso di impedire che in un decreto-legge possano confluire disposizioni che incidano, in via diretta o indiretta, sulle modalità di esercizio delle deleghe legislative, anche se già conferite;
la citata disposizione introdotta dal Senato, in sede di conversione del decreto-legge recante proroga di termini, risulta essere in contrasto con la recente sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012,

impegna il Governo

a tener conto dei pareri parlamentari già espressi sullo schema di decreto legislativo n. 410, recante riordino degli enti vigilati dal Ministero della salute, sul quale la XII Commissione della Camera dei deputati ha espresso un parere favorevole con condizioni e osservazioni il 9 novembre 2011.
9/4865-B/16.Barani, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del disegno di legge di conversione, al comma 2, introdotto nel corso dell'iter al Senato, differisce ai 30 giugno 2012 il termine - scaduto il 24 novembre 2011, in base alla delega già prevista all'articolo 2, comma 1, della legge n. 183 del 2010 - per l'adozione dei decreti legislativi volti alla riorganizzazione degli enti, degli istituti e delle società vigilati dal Ministero della salute, oltre a ridefinire taluni elementi del potere legislativo delegato;
le Commissioni di merito di Camera e Senato avevano espresso parere favorevole con osservazioni e condizioni, rispettivamente il 9 novembre 2011 e il 10 gennaio 2012, sullo schema di decreto legislativo n. 410, recante riordino degli enti vigilati dal Ministero della salute, adottato in base alla delega di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 183 del 2010, ma il decreto legislativo non è stato più emanato dal Governo, nonostante si fosse perfezionato l'iter;
tale disposizione rappresenta una violazione del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge «conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione»;
il suddetto limite di contenuto deve essere interpretato nel senso di impedire che in un decreto-legge possano confluire disposizioni che incidano, in via diretta o indiretta, sulle modalità di esercizio delle deleghe legislative, anche se già conferite;
la citata disposizione introdotta dal Senato, in sede di conversione del decreto-legge recante proroga di termini, risulta essere in contrasto con la recente sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tener conto dei pareri parlamentari già espressi sullo schema di decreto legislativo n. 410, recante riordino degli enti vigilati dal Ministero della salute, sul quale la XII Commissione della Camera dei deputati ha espresso un parere favorevole con condizioni e osservazioni il 9 novembre 2011.
9/4865-B/16.(Testo modificato nel corso della seduta)Barani, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 10 del decreto-legge in esame, come modificato nel corso dell'iter al Senato, reca nuove disposizione ai commi 5-ter e 5-quater, volte a rifinanziare la Fondazione Istituto mediterraneo di ematologia (IME) di Palermo;
le nuove norme assicurano la prosecuzione delle attività di cura, formazione e ricerca sulle malattie ematiche svolte, sia a livello nazionale che internazionale, dalla Fondazione Istituto mediterraneo di ematologia (IME) per gli anni 2013, 2014 e 2015 con 5 milioni di euro;
risulta palese l'estraneità di tale norma finanziaria rispetto all'oggetto e alle finalità del decreto-legge cosiddetto «milleproroghe», che per sua stessa natura deve solo modificare dei termini previsti da disposizioni legislative,

impegna il Governo

a verificare il puntuale e rigoroso utilizzo delle somme stanziate all'articolo 10, comma 5-quater, del decreto-legge recante proroga di termini, in favore della Fondazione Istituto mediterraneo di ematologia (IME) di Palermo.
9/4865-B/17.De Nichilo Rizzoli, Girlanda.

La Camera,

impegna il Governo

a verificare il puntuale e rigoroso utilizzo delle somme stanziate all'articolo 10, comma 5-quater, del decreto-legge recante proroga di termini, in favore della Fondazione Istituto mediterraneo di ematologia (IME) di Palermo.
9/4865-B/17.(Testo modificato nel corso della seduta)De Nichilo Rizzoli, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 2 e 3 del disegno di legge di conversione - recependo il contenuto di due emendamenti di iniziativa parlamentare presentati e approvati nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite 1a e 5a del Senato e poi confluiti nel testo del maxiemendamento fatto oggetto di voto di fiducia in entrambi i rami del Parlamento - contiene alcune disposizioni di carattere «sostanziale», volte a modificare disposizioni riferite a deleghe legislative conferite al Governo, al fine di ridefinire taluni elementi del potere legislativo delegato, nonché di modificare il termine di esercizio della delega che, con riferimento alla delega oggetto del comma 2, allo stato, risulta peraltro già scaduto;
il Comitato per la legislazione, nel parere reso lo scorso 21 febbraio, ha invitato il legislatore a sopprimere le citate disposizioni, in quanto, secondo la costante giurisprudenza di tale organo, non appare corrispondente ad un corretto utilizzo dello specifico strumento normativo rappresentato dal disegno di legge di conversione di un decreto-legge, l'inserimento al suo interno di una disposizione di carattere sostanziale, in particolare se volta ad incidere, in via diretta o indiretta, sulle modalità di esercizio di deleghe legislative, anche se già conferite, integrandosi in tal caso una violazione del limite di contenuto posto dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988;
alla Camera è prassi consolidata che la Presidenza dichiari inammissibili le proposte emendative concernenti deleghe presentate nel corso del procedimento di conversione, anche se riferite al disegno di legge di conversione;
con particolare riferimento al comma 3 dell'articolo 1, che proroga il termine per l'esercizio della delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari la quale era stata introdotta dall'articolo 1 della legge n. 148 del 2011, di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, si ricorda che, nella seduta del 14 settembre 2011, in sede di esame del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge, fu accettato dal Governo l'ordine del giorno 9/4612/139 con il quale, si impegnava il Governo «ad avviare ogni occorrente attività volta alla predefinizione dei contenuti dei futuri decreti legislativi di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari e a predisporre, al contempo, un autonomo disegno di legge delega, da presentare alle Camere per la loro approvazione, secondo le procedure urgenti previste dai loro regolamenti, in termini tali da consentire l'adozione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, dei decreti legislativi nel frattempo in linea di massima già predefiniti»; di tal che l'introduzione di una modifica ad una disposizione di delega che il Governo si era impegnato a far confluire in un apposito disegno di legge di delega, appare un'evidente contraddizione logica,

impegna il Governo

ad aver cura, sia in sede di iniziativa legislativa, sia nell'ambito delle procedure emendative parlamentari, di non introdurre nei decreti-legge ovvero nelle relative leggi di conversione, disposizioni destinate al conferimento di deleghe legislative, ovvero a prorogarne o differirne il termine di esercizio, integrandosi in tal caso, secondo costante giurisprudenza del Comitato per la legislazione (ed in accordo con la prassi consolidata per cui la Presidenza della Camera dichiara inammissibili siffatti emendamenti) una violazione del limite di contenuto posto dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988.
9/4865-B/18.Lorenzin, Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
lo scorso 16 febbraio, è stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, con la quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge n. 225 del 2010 (recante disposizioni in materia di proroga di termini), nella parte in cui introduce i commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell'ambito dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (istituzione del Servizio nazionale della protezione civile). Le anzidette disposizioni, infatti, introducendo «una normativa "a regime", del tutto slegata da contingenze particolari, inserita tuttavia nella legge di conversione di un decreto-legge denominato "Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie"», determinano «la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenee e risultano in contrasto con l'articolo 77 Costituzione;
il decreto legge all'esame - sia nel testo licenziato dal Consiglio dei ministri ed esaminato dalla Camera dei deputati in prima lettura, che nel testo risultante dalle modifiche ad esso apportate nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite V e del Senato e confluite nel testo del maxiemendamento fatto oggetto di voto di fiducia da parte del Governo in entrambi i rami del Parlamento - contiene innumerevoli disposizioni di carattere ordinamentale (cui si aggiungono due disposizioni recanti proroghe di deleghe introdotte nel disegno di legge di conversione);
la Corte Costituzionale, nella sentenza succitata, con particolare riferimento ai cosiddetti decreti «milleproroghe» ha tra l'altro precisato che, sebbene essi incidano su ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti - pur attinenti ad oggetti e materie diversi - che richiedono interventi regolatori di natura temporale. La Corte ha inoltre statuito che, del tutto estranea a tali interventi, è invece la disciplina «a regime» di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all'articolo 71 della Costituzione,

impegna il Governo

a volersi attenere, in occasione della definizione del contenuto dei decreti legge che intenda adottare, alle indicazioni contenute nella recente sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012 richiamata in premessa, tenendo in particolare conto dello stretto nesso intercorrente tra l'intrinseca coerenza delle norme contenute nel decreto-legge - dal punto di vista oggettivo e materiale ovvero dal punto di vista funzionale e finalistico - e la ricorrenza dei presupposti fattuali indicati al secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione, se del caso procedendo ad inserire eventuali discipline estranee alla ratio unitaria del decreto - che si intendano tuttavia adottare - ove presentino profili autonomi di necessità e di urgenza, in «atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati».
9/4865-B/19.Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 2-ter prevede che il termine per l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 24, comma 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è prorogato al 30 giugno 2012 e, nei limiti delle risorse e con le procedure di cui al medesimo comma 15, sono inclusi tra i soggetti interessati alla concessione del beneficio di cui al comma 14 del medesimo articolo 24, come modificato dal presente articolo, oltre ai lavoratori di cui allo stesso comma 14, anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, a condizione che ricorrano i seguenti elementi: la data di cessazione dei rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi, quali le comunicazioni obbligatorie agli ispettorati del lavoro o ad altri soggetti equipollenti, indicati nel medesimo decreto ministeriale; il lavoratore risulti in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011,

impegna il Governo

ad interpretare la norma come applicabile a tutti quei lavoratori che alla data del 31 dicembre 2011 avevano cessato l'attività lavorativa a qualsiasi titolo, pur rimanendo senza alcuna forma di sostegno al reddito, in attesa del compimento dell'età minima di accesso a pensione.
9/4865-B/20.Fabbri, Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Della Vedova, Versace.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 2-ter prevede che il termine per l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 24, comma 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è prorogato al 30 giugno 2012 e, nei limiti delle risorse e con le procedure di cui al medesimo comma 15, sono inclusi tra i soggetti interessati alla concessione del beneficio di cui al comma 14 del medesimo articolo 24, come modificato dal presente articolo, oltre ai lavoratori di cui allo stesso comma 14, anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, a condizione che ricorrano i seguenti elementi: la data di cessazione dei rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi, quali le comunicazioni obbligatorie agli ispettorati del lavoro o ad altri soggetti equipollenti, indicati nel medesimo decreto ministeriale; il lavoratore risulti in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tener conto della situazione dei lavoratori che alla data del 31 dicembre 2011 avevano cessato l'attività lavorativa a qualsiasi titolo, pur rimanendo senza alcuna forma di sostegno al reddito, in attesa del compimento dell'età minima di accesso a pensione.
9/4865-B/20.(Testo modificato nel corso della seduta)Fabbri, Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Della Vedova, Versace.

La Camera,
premesso che:
al comma 2-ter all'articolo 14 nella formulazione ultima uscita dal Senato sono state apportate delle modifiche al testo che, così come congegnate, rappresentano una oggettiva involuzione rispetto a quello recepito dal Governo, nella precedente lettura della Camera, sul quale era stata apposta la «fiducia»;
in tal senso, restano intatte le valutazioni già espresse in più occasioni dalla Camera e dalle relative commissioni interessate al provvedimento. In particolare si richiama, oltre all'emendamento n. 14.12 al presente atto, a prima firma Antonino Russo, su cui il Governo espresse in Commissione parere favorevole, anche l'emendamento Pagano n. 9.25 all'A.C. 4357 (di conversione del cosiddetto decreto-legge sviluppo) a suo tempo votato all'unanimità;
inoltre, si rileva il bisogno di esplicitare taluni aspetti che paiono ancora poco chiari sotto il profilo dell'interpretazione del testo. In particolare, preoccupano quelle scelte che in più occasioni hanno coinvolto l'amministrazione in numerosi contenziosi e che sono state peraltro sanzionate dalla Corte Costituzionale, in particolare con le sentenze 168/2004 e 41/2011;
per regolamentare, nel dettaglio, la materia è prevista l'emanazione di un decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per consentire l'inserimento in fascia aggiuntiva nelle graduatorie ad esaurimento, entro l'anno 2012-2013, dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione essendo stati iscritti ai corsi universitari abilitanti negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011, presso le Facoltà di Scienze della Formazione, le Università, le Accademie a i Conservatori,

impegna il Governo:

a inserire nella fascia aggiuntiva tutti i docenti che conseguono l'abilitazione presso le facoltà di scienze della formazione Primaria entro la data di scadenza delle domande prevista dal decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi del comma 2-ter all'articolo 14;
a inserire nella terza fascia, secondo il rispettivo punteggio delle graduatorie ad esaurimento, i docenti collocati nella fascia aggiuntiva, all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento previsto per l'anno scolastico 2014-2015;
a inserire con riserva, all'atto del decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi del comma 2-ter all'articolo 14, coloro che si sono iscritti negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011 presso il corso di laurea in scienze della formazione primaria e a sciogliere tale riserva al momento del conseguimento dell'abilitazione, all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per l'anno scolastico 2014-2015;
a consentire lo scioglimento della riserva degli abilitati all'insegnamento con i decreti ministeriali n. 21 del 2005, n. 85 del 2005 e n. 137 del 2007; del semestre aggiuntivo del IX corso Siss nonché degli insegnanti che, pur abilitati, non hanno rinnovato domanda di inserimento all'atto dell'aggiornamento.
9/4865-B/21.Antonino Russo, Coscia, Pes, De Pasquale, Rossa, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
la vicenda relativa agli indennizzi concessi agli italiani rimpatriati dalla Libia si trascina ormai da diversi decenni e, nonostante la recente ratifica del trattato di amicizia italo-libico, non ha ancora trovato la giusta conclusione;
nel corso degli anni i Governi succedutisi in Italia hanno varato diversi provvedimenti risarcitori, stabilendo comunque quantificazioni decisamente parziali in relazione alle notevoli perdite subite dai nostri connazionali;
a seguito della presa del potere del colonnello Gheddafi in Libia infatti, gli italiani furono sottoposti a vere e proprie persecuzioni e subirono la confisca di tutti i beni;
la comunità italiana era estremamente fiorente e perfettamente integrata nel tessuto socio-economico libico e i nostri connazionali, da un giorno all'altro, furono costretti ad abbandonare quelle terre, perdendo inesorabilmente i propri averi e i capitali investiti;
dai dati riportati dai rimpatriati si possono trovare, tra i beni confiscati, 3000 abitazioni, negozi, magazzini, industrie, attività commerciali, manifatturiere, agricole, piantagioni, allevamenti e quant'altro, a testimonianza della vastità della perdita subita;
i dati di rivalutazione monetaria, ripresi anche da fonti quali l'Istat, indicano che le perdite degli italiani in Libia, secondo stime financo prudenziali, ammonterebbero a qualche miliardo di euro, a fronte di un risarcimento finora elargito, nel corso degli anni, stimabile in circa 300 milioni di euro, cifra che supera appena il valore nominale delle perdite di quaranta anni fa;
all'articolo 25-bis del presente decreto è prorogato per il solo 2012 l'indennizzo ai rimpatriati dalla Libia previsto dall'articolo 4 della legge 6 febbraio 2009, n. 7, quantificato in 50 milioni annui;
a distanza di tanti anni appare doveroso apporre la parola fine a tale vicenda, che ha visto vessati diversi italiani per la sola «colpa» di appartenere alla nostra comunità nazionale,

impegna il Governo

a chiudere definitivamente questo storico contenzioso, prevedendo uno stanziamento adeguato e risolutivo dell'intera vicenda, che tenga conto delle stime di rivalutazione monetaria e di capitali da più parti reperibili.
9/4865-B/22.Marsilio, Ciccanti, Meloni, Rampelli.

La Camera,
premesso che:
la vicenda relativa agli indennizzi concessi agli italiani rimpatriati dalla Libia si trascina ormai da diversi decenni e, nonostante la recente ratifica del trattato di amicizia italo-libico, non ha ancora trovato la giusta conclusione;
nel corso degli anni i Governi succedutisi in Italia hanno varato diversi provvedimenti risarcitori, stabilendo comunque quantificazioni decisamente parziali in relazione alle notevoli perdite subite dai nostri connazionali;
a seguito della presa del potere del colonnello Gheddafi in Libia infatti, gli italiani furono sottoposti a vere e proprie persecuzioni e subirono la confisca di tutti i beni;
la comunità italiana era estremamente fiorente e perfettamente integrata nel tessuto socio-economico libico e i nostri connazionali, da un giorno all'altro, furono costretti ad abbandonare quelle terre, perdendo inesorabilmente i propri averi e i capitali investiti;
dai dati riportati dai rimpatriati si possono trovare, tra i beni confiscati, 3000 abitazioni, negozi, magazzini, industrie, attività commerciali, manifatturiere, agricole, piantagioni, allevamenti e quant'altro, a testimonianza della vastità della perdita subita;
i dati di rivalutazione monetaria, ripresi anche da fonti quali l'Istat, indicano che le perdite degli italiani in Libia, secondo stime financo prudenziali, ammonterebbero a qualche miliardo di euro, a fronte di un risarcimento finora elargito, nel corso degli anni, stimabile in circa 300 milioni di euro, cifra che supera appena il valore nominale delle perdite di quaranta anni fa;
all'articolo 25-bis del presente decreto è prorogato per il solo 2012 l'indennizzo ai rimpatriati dalla Libia previsto dall'articolo 4 della legge 6 febbraio 2009, n. 7, quantificato in 50 milioni annui;
a distanza di tanti anni appare doveroso apporre la parola fine a tale vicenda, che ha visto vessati diversi italiani per la sola «colpa» di appartenere alla nostra comunità nazionale,

impegna il Governo

a chiudere definitivamente, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, questo storico contenzioso, prevedendo uno stanziamento adeguato e risolutivo dell'intera vicenda, che tenga conto delle stime di rivalutazione monetaria e di capitali da più parti reperibili.
9/4865-B/22.(Testo modificato nel corso della seduta)Marsilio, Ciccanti, Meloni, Rampelli.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame dispone la proroga al 31 dicembre 2012 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, da parte di specifiche amministrazioni relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2009 e nell'anno 2010, di cui all'articolo 3, comma 102, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) e all'articolo 66, commi 9-bis 13 e 14, del decreto-legge n. 112 del 2008;
le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, possono essere concesse entro il 31 luglio 2012;
il comma 3 dell'articolo 1 modifica l'articolo 66, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008 estendendo al quadriennio 2009-2012 (in luogo del triennio 2009-2011) la possibilità di assumere prevista per le università statali, nell'ambito numerico delle cessazioni verificatesi nell'anno 2010;
purtroppo il provvedimento in esame non ha affrontato il problema che interessa molti docenti soprattutto universitari di tutta Italia, ovvero quello della proroga delle idoneità;
attualmente anche per le Università non virtuose, si dovrebbero sbloccare le prese di servizio nei ruoli per i quali i docenti hanno vinto i concorsi e sarebbe davvero un ingiustizia se molti di essi non dovessero beneficiare di tale opportunità, in quanto le loro idoneità (a causa dei blocchi normativi per le assunzioni) nel frattempo hanno perso validità;
è evidente che se le Università procedono alle assunzioni anche se i tempi sono molto stretti i docenti universitari esclusi non avranno altra via, del tutto impervia, che ricorrere al Tribunale amministrativo regionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un opportuno provvedimento al fine di garantire le assunzioni dei docenti universitari vincitori di concorsi che potrebbero non beneficiare della loro idoneità a causa dei continui blocchi di assunzione.
9/4865-B/23.Laffranco, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 (decreto cosiddetto Salva-Italia) ha disposto all'articolo 26 la prescrizione, con decorrenza immediata, a favore dell'Erario delle banconote, dei biglietti e delle monete in lire ancora in circolazione. Pertanto, dalla giornata del 7 dicembre 2011, la Banca d'Italia non effettua più le operazioni di conversione lira-euro;
detta prescrizione opera abrogando di fatto il termine di prescrizione del 28 febbraio 2012, previsto per la conversione in euro delle lire in circolazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1-bis, della legge n. 96 del 1997 e dell'articolo 52-ter, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 213 del 1998;
senza alcun preavviso, la disposizione suddetta ha stabilito la prescrizione immediata delle lire ancora in circolazione a beneficio dell'erario. Il relativo controvalore è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo ammortamento dei titoli di Stato;
il totale delle lire ancora in circolazione, secondo i dati della Banca d'Italia di maggio 2010, ammonta a 1,3 miliardi di euro, dunque un importante gettito per le casse dello Stato;
Federcontribuenti, che ha stimato in oltre un migliaio i cittadini coinvolti nello stop alla conversione, ha annunciato di aver depositato alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea un atto volto ad impugnare la incostituzionalità della disposizione suddetta, contestando anche la mancata informazione ai cittadini;
la prescrizione anticipata delle lire in circolazione non è stata adeguatamente pubblicizzata e la grave mancanza di informazione comporterà perdite di denaro, frutto di risparmi di cittadini ignari, soprattutto anziani e residenti all'estero, verso i quali sarebbe stato necessario e doveroso porre un termine di tempo congruo per poter essere informato e per potersi adeguare alle nuove disposizioni;
nessun altro Stato membro europeo ha posto con tale rigidità limiti alla conversione delle proprie vecchie monete, anzi per alcuni di questi Paesi non è nemmeno previsto un limite di tempo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare un successivo provvedimento, anche di natura attuativa della disposizione su esposta, per concedere una proroga di termini nell'autorizzazione della Banca d'Italia in materia di conversione in euro delle lire ancora in circolazione, prevedendo allo scopo anche un'adeguata informazione nei confronti dei cittadini italiani residenti all'estero.
9/4865-B/24.Narducci.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 (decreto cosiddetto Salva-Italia) ha disposto all'articolo 26 la prescrizione, con decorrenza immediata, a favore dell'Erario delle banconote, dei biglietti e delle monete in lire ancora in circolazione. Pertanto, dalla giornata del 7 dicembre 2011, la Banca d'Italia non effettua più le operazioni di conversione lira-euro;
detta prescrizione opera abrogando di fatto il termine di prescrizione del 28 febbraio 2012, previsto per la conversione in euro delle lire in circolazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1-bis, della legge n. 96 del 1997 e dell'articolo 52-ter, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 213 del 1998;
senza alcun preavviso, la disposizione suddetta ha stabilito la prescrizione immediata delle lire ancora in circolazione a beneficio dell'erario. Il relativo controvalore è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo ammortamento dei titoli di Stato;
il totale delle lire ancora in circolazione, secondo i dati della Banca d'Italia di maggio 2010, ammonta a 1,3 miliardi di euro, dunque un importante gettito per le casse dello Stato;
Federcontribuenti, che ha stimato in oltre un migliaio i cittadini coinvolti nello stop alla conversione, ha annunciato di aver depositato alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea un atto volto ad impugnare la incostituzionalità della disposizione suddetta, contestando anche la mancata informazione ai cittadini;
la prescrizione anticipata delle lire in circolazione non è stata adeguatamente pubblicizzata e la grave mancanza di informazione comporterà perdite di denaro, frutto di risparmi di cittadini ignari, soprattutto anziani e residenti all'estero, verso i quali sarebbe stato necessario e doveroso porre un termine di tempo congruo per poter essere informato e per potersi adeguare alle nuove disposizioni;
nessun altro Stato membro europeo ha posto con tale rigidità limiti alla conversione delle proprie vecchie monete, anzi per alcuni di questi Paesi non è nemmeno previsto un limite di tempo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riconoscere una proroga di termini nell'autorizzazione della Banca d'Italia in materia di conversione in euro delle lire ancora in circolazione, prevedendo allo scopo anche un'adeguata informazione nei confronti dei cittadini italiani residenti all'estero.
9/4865-B/24.(Testo modificato nel corso della seduta)Narducci.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 136 del 2002 ha riconosciuto l'equiparazione tra il diploma Isef e la laurea (triennale) classe 33 in Scienze motorie;
dall'approvazione della succitata legge si evince che mentre le università hanno ritenuto di dare ampio riconoscimento al diploma Isef ai fini dell'iscrizione alle lauree specialistiche classi 53/S, 75/S e 76/S ed ai fini dell'iscrizione alle SISS, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3528/2006 e con sentenza n. 209/2008, ha sostanzialmente svuotato di valore il riconoscimento di cui alla legge n. 136 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi ed all'esercizio delle attività professionali, ritenendo che la legge n. 136 non abbia avuto effetto ricognitivo dell'equiparazione predetta, e che comunque la laurea classe 33 non sia sufficiente per la partecipazione ai pubblici concorsi per i quali sia richiesta la «laurea» (ad esempio, a quelli per dirigente scolastico);
in seguito all'orientamento abrogativo del Consiglio di Stato i diplomati Isef sono stati esclusi dai concorsi per Dirigente scolastico e non hanno potuto far valere il proprio titolo per tutte le procedure di riqualificazione del pubblico impiego in cui i titoli andavano posseduti prima dell'entrata in vigore della legge n. 136 (giugno 2002);
il richiamato orientamento del Consiglio di Stato finisce per concretizzare un'interpretazione sostanzialmente «abrogativa» della legge n. 136 del 2002,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire attraverso le opportune iniziative normative tale annosa questione che ormai da troppo tempo lede i diritti dei soggetti muniti di diploma Isef e di laurea triennale in Scienze motorie che dovrebbero poter vedere prorogata la validità del titolo da loro acquisito ai fini della partecipazione al concorso da dirigente scolastico in atto.
9/4865-B/25.De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 136 del 2002 ha riconosciuto l'equiparazione tra il diploma Isef e la laurea (triennale) classe 33 in Scienze motorie;
dall'approvazione della succitata legge si evince che mentre le università hanno ritenuto di dare ampio riconoscimento al diploma Isef ai fini dell'iscrizione alle lauree specialistiche classi 53/S, 75/S e 76/S ed ai fini dell'iscrizione alle SISS, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3528/2006 e con sentenza n. 209/2008, ha sostanzialmente svuotato di valore il riconoscimento di cui alla legge n. 136 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi ed all'esercizio delle attività professionali, ritenendo che la legge n. 136 non abbia avuto effetto ricognitivo dell'equiparazione predetta, e che comunque la laurea classe 33 non sia sufficiente per la partecipazione ai pubblici concorsi per i quali sia richiesta la «laurea» (ad esempio, a quelli per dirigente scolastico);
in seguito all'orientamento abrogativo del Consiglio di Stato i diplomati Isef sono stati esclusi dai concorsi per Dirigente scolastico e non hanno potuto far valere il proprio titolo per tutte le procedure di riqualificazione del pubblico impiego in cui i titoli andavano posseduti prima dell'entrata in vigore della legge n. 136 (giugno 2002);
il richiamato orientamento del Consiglio di Stato finisce per concretizzare un'interpretazione sostanzialmente «abrogativa» della legge n. 136 del 2002,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire tale annosa questione che ormai da troppo tempo lede i diritti dei soggetti muniti di diploma Isef e di laurea triennale in Scienze motorie che dovrebbero poter vedere prorogata la validità del titolo da loro acquisito ai fini della partecipazione al concorso da dirigente scolastico in atto.
9/4865-B/25.(Testo modificato nel corso della seduta)De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-undecies dell'articolo 6 del presente provvedimento, introdotto nel corso dell'esame al Senato, intervenendo in materia di prepensionamento per i lavoratori esposti all'amianto, aggiunge il comma 14-bis all'articolo 7-ter del decreto-legge n. 5 del 2009;
il richiamato articolo 7-ter, comma 14, del decreto-legge n. 5 del 2009 ha disposto il mantenimento dei trattamenti pensionistici erogati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 5 del 2009 a seguito degli accertamenti compiuti dall'INAIL ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali a favore dei lavoratori esposti all'amianto previsti all'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992;
si ricorda che tali benefici riguardano i lavoratori esposti all'amianto per un periodo di durata superiore a dieci anni, per i quali l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,25;
la nuova disposizione proroga gli effetti della disposizione del comma 14, primo periodo, con riferimento ai trattamenti pensionistici erogati fino alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge n. 5 del 2009, prevedendo però che non siano corrisposti arretrati per le eventuali rate di pensione sospese fino alla predetta data,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riconsiderare tale disciplina nel primo provvedimento utile, riconoscendo la corresponsione degli arretrati ai trattamenti pensionistici a favore dei lavoratori esposti all'amianto.
9/4865-B/26.Rossa, Tullo.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-undecies dell'articolo 6 del presente provvedimento, introdotto nel corso dell'esame al Senato, intervenendo in materia di prepensionamento per i lavoratori esposti all'amianto, aggiunge il comma 14-bis all'articolo 7-ter del decreto-legge n. 5 del 2009;
il richiamato articolo 7-ter, comma 14, del decreto-legge n. 5 del 2009 ha disposto il mantenimento dei trattamenti pensionistici erogati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 5 del 2009 a seguito degli accertamenti compiuti dall'INAIL ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali a favore dei lavoratori esposti all'amianto previsti all'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992;
si ricorda che tali benefici riguardano i lavoratori esposti all'amianto per un periodo di durata superiore a dieci anni, per i quali l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,25;
la nuova disposizione proroga gli effetti della disposizione del comma 14, primo periodo, con riferimento ai trattamenti pensionistici erogati fino alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge n. 5 del 2009, prevedendo però che non siano corrisposti arretrati per le eventuali rate di pensione sospese fino alla predetta data,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, di riconsiderare tale disciplina nel primo provvedimento utile, riconoscendo la corresponsione degli arretrati ai trattamenti pensionistici a favore dei lavoratori esposti all'amianto.
9/4865-B/26.(Testo modificato nel corso della seduta)Rossa, Tullo.

La Camera,
premesso che:
in occasione del provvedimento in oggetto, si è ritenuto necessario riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati elementi di criticità;
in particolare il comma 2-ter dell'articolo 6, precisa e integra le disposizioni di cui all'articolo 24, comma 15 del citato decreto-legge n. 201, scongiurando il rischio che la gran parte dei lavoratori che abbiano acceduto a procedimenti di allontanamento dal lavoro secondo procedure negoziate individualmente o collettivamente risultino esclusi dal regime derogatorio del nuovo sistema previdenziale;
tuttavia, anche alla luce di tali significativi correttivi, risultano tutt'ora esclusi dal beneficio del regime derogatorio tutti quei lavoratori che hanno risolto il proprio rapporto di lavoro in virtù di accordi sottoscritti successivamente alla data del 4 dicembre, nonostante diversi dei più significativi accordi in questione siano stati concordati con l'avallo e in sede ministeriale;
come autorevolmente illustrato dal Governatore della Banca d'Italia, anche il 2012 dovrebbe registrare una contrazione dell'1,5 per cento del nostro Prodotto Interno Lordo, con un ulteriore aggravamento delle prospettive occupazionali soprattutto per quelle categorie di lavoratori già ora a forte rischio di esclusione lavorativa come gli ultra cinquantacinquenni,

impegna il Governo

a prendere in considerazione l'esigenza di un ulteriore intervento normativo volto ad assicurare validità ai fini dell'applicazione del regime derogatorio del nuovo sistema previdenziale a tutti gli accordi sottoscritti entro il 31 dicembre 2011, alcuni dei quali stipulati in sede ministeriale, scongiurando che i lavoratori interessati possano ritrovarsi senza stipendio, senza ammortizzatori sociali e con la prospettiva di dover attendere ancora molti anni per poter accedere alla pensione.
9/4865-B/27.Antonino Foti, Damiano, Cazzola, Moffa, Poli, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Pelino, Rampi, Santagata, Schirru, Girlanda, Carra.

La Camera,
premesso che:
in occasione del provvedimento in oggetto, si è ritenuto necessario riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati elementi di criticità;
in particolare il comma 2-ter dell'articolo 6, precisa e integra le disposizioni di cui all'articolo 24, comma 15 del citato decreto-legge n. 201, scongiurando il rischio che la gran parte dei lavoratori che abbiano acceduto a procedimenti di allontanamento dal lavoro secondo procedure negoziate individualmente o collettivamente risultino esclusi dal regime derogatorio del nuovo sistema previdenziale;
tuttavia, anche alla luce di tali significativi correttivi, risultano tutt'ora esclusi dal beneficio del regime derogatorio tutti quei lavoratori che hanno risolto il proprio rapporto di lavoro in virtù di accordi sottoscritti successivamente alla data del 4 dicembre, nonostante diversi dei più significativi accordi in questione siano stati concordati con l'avallo e in sede ministeriale;
come autorevolmente illustrato dal Governatore della Banca d'Italia, anche il 2012 dovrebbe registrare una contrazione dell'1,5 per cento del nostro Prodotto Interno Lordo, con un ulteriore aggravamento delle prospettive occupazionali soprattutto per quelle categorie di lavoratori già ora a forte rischio di esclusione lavorativa come gli ultra cinquantacinquenni,

impegna il Governo

a valutare l'esigenza di tener conto dei lavoratori interessati dalla condizione di persone non protette né dalla disciplina di mobilità né da quella del trattamento pensionistico.
9/4865-B/27.(Testo modificato nel corso della seduta)Antonino Foti, Damiano, Cazzola, Moffa, Poli, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Pelino, Rampi, Santagata, Schirru, Girlanda, Carra.

La Camera,
premesso che:
in occasione del provvedimento in oggetto, si è ritenuto necessario riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati elementi di criticità;
tra le questioni su cui gioverebbe un ulteriore intervento chiarificatore, vi è senz'altro la disposizione di cui all'articolo 6, comma 2-ter, del presente provvedimento, che riguarda la facoltà di accesso ai vecchi requisiti per tutte le varie categorie di lavoratori, cui si pone la condizione di raggiungere questi requisiti entro i 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore del citato decreto n. 201 del 2011;
per equità, la richiamata disposizione di cui all'articolo 6, comma 2-ter, deve intendersi più propriamente riferita alla maturazione del diritto alla pensione e non, invece, alla decorrenza del trattamento,

impegna il Governo

a prendere in considerazione l'esigenza di un ulteriore intervento normativo volto ad assicurare che l'accesso al trattamento pensionistico con i vecchi requisiti sia riconosciuto a tutti coloro che, in virtù della stipula degli accordi individuali o collettivi, maturino il diritto alla pensione in base alla previgente disciplina, entro il richiamato termine dei 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, a prescindere dalla effettiva decorrenza del trattamento stesso.
9/4865-B/28.Damiano, Cazzola, Antonino Foti, Moffa, Poli, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Pelino, Rampi, Santagata, Schirru, Vincenzo Antonio Fontana, Lovelli, Carra.

La Camera,
premesso che:
in occasione del provvedimento in oggetto, si è ritenuto necessario riprendere in considerazione il tema della riforma previdenziale recentemente introdotta con l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, correggendone alcuni aspetti su cui da subito si erano evidenziati elementi di criticità;
tra le questioni su cui gioverebbe un ulteriore intervento chiarificatore, vi è senz'altro la disposizione di cui all'articolo 6, comma 2-ter, del presente provvedimento, che riguarda la facoltà di accesso ai vecchi requisiti per tutte le varie categorie di lavoratori, cui si pone la condizione di raggiungere questi requisiti entro i 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore del citato decreto n. 201 del 2011;
per equità, la richiamata disposizione di cui all'articolo 6, comma 2-ter, deve intendersi più propriamente riferita alla maturazione del diritto alla pensione e non, invece, alla decorrenza del trattamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prendere in considerazione l'esigenza di un ulteriore intervento normativo volto ad assicurare che l'accesso al trattamento pensionistico con i vecchi requisiti sia riconosciuto a tutti coloro che, in virtù della stipula degli accordi individuali o collettivi, maturino il diritto alla pensione in base alla previgente disciplina, entro il richiamato termine dei 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, a prescindere dalla effettiva decorrenza del trattamento stesso.
9/4865-B/28.(Testo modificato nel corso della seduta)Damiano, Cazzola, Antonino Foti, Moffa, Poli, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Pelino, Rampi, Santagata, Schirru, Vincenzo Antonio Fontana, Lovelli, Carra.

La Camera,
premesso che:
a seguito della recente riforma previdenziale, sembra emergere un quadro che, per quanto riguarda la condizione dei lavoratori con disabilità o con familiari disabili, appare ancora incerto e fonte di preoccupazione per i tanti soggetti interessati che sin ora hanno potuto far affidamento su un sistema di regole consolidatesi nel corso degli anni;
con le nuove norme, con l'aumento dell'età e degli anni di contribuzione, si rende del tutto evidente la necessità di salvaguardare i diritti già acquisiti da tali lavoratori, in raccordo e nel rispetto alle esistenti per il pensionamento anticipato, quali ad esempio l'articolo 80, comma 3, della legge n. 388 del 2000 che consente ai lavoratori invalidi ai quali viene riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o sordomuti, di usufruire di un beneficio di due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di lavoro fino ad un massimo di 5 anni, utili ai fini pensionistici e dell'anzianità contributiva. I contributi figurativi si applicano solo agli anni lavorati in quanto invalidi civili con percentuale per le altre invalidità) o in quanto sordomuti; analogo trattamento - per un massimo di 2 anni - è riservato ai lavoratori genitori o parenti di disabili gravi e con handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992. Il beneficio di due mesi di maggiorazione per ogni anno di servizio utile ai fini della determinazione dell'anzianità contributiva e dell'anzianità assicurativa e incide positivamente anche sull'ammontare della pensione;
si consideri inoltre le misure in favore dei lavoratori non vedenti, cui è riconosciuto, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 113 del 1985, il beneficio di quattro mesi di anzianità figurativa per ogni anno di lavoro svolto o ancora le misure in favore degli Orfani di Guerra e familiari di vittime di atti di terrorismo nelle modalità a suo tempo previste dall'articolo 3 della legge n. 336 del 1970 e dall'articolo 4 della legge n. 824 del 1971;
considerata l'attuale situazione di grave crisi economica che colpisce soprattutto i ceti più deboli, rendendo di fatto maggiori le difficoltà dei lavoratori con figli disabili gravi, di conciliare, dopo una certa età, l'organizzazione del lavoro dipendente e la cura della persona a carico;
posto che i lavoratori invalidi - in particolare dopo tanti anni di lavoro - risentono in maggior misura delle condizioni precarie di salute;
il presente provvedimento, così come modificato dall'altro ramo del Parlamento, prevede all'articolo 6, comma 2-septies una soluzione che, seppure orientata a individuare un riconoscimento ai fini pensionistici dell'attività di assistenza svolta a favore di congiunti con disabilità, non sembra esaurire tutte le problematiche che sono chiamati ad affrontare i lavoratori con disabilità o familiari di soggetti con disabilità,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile, anche attraverso l'adozione di specifici indirizzi per gli enti previdenziali, volta ad assicurare che il nuovo quadro normativo in materia pensionistica riconosca e confermi i diritti acquisiti dai lavoratori di cui alle norme speciali richiamate in premessa.
9/4865-B/29.Schirru, Damiano, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Lovelli, Carra, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
a seguito della recente riforma previdenziale, sembra emergere un quadro che, per quanto riguarda la condizione dei lavoratori con disabilità o con familiari disabili, appare ancora incerto e fonte di preoccupazione per i tanti soggetti interessati che sin ora hanno potuto far affidamento su un sistema di regole consolidatesi nel corso degli anni;
con le nuove norme, con l'aumento dell'età e degli anni di contribuzione, si rende del tutto evidente la necessità di salvaguardare i diritti già acquisiti da tali lavoratori, in raccordo e nel rispetto alle esistenti per il pensionamento anticipato, quali ad esempio l'articolo 80, comma 3, della legge n. 388 del 2000 che consente ai lavoratori invalidi ai quali viene riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o sordomuti, di usufruire di un beneficio di due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di lavoro fino ad un massimo di 5 anni, utili ai fini pensionistici e dell'anzianità contributiva. I contributi figurativi si applicano solo agli anni lavorati in quanto invalidi civili con percentuale per le altre invalidità) o in quanto sordomuti; analogo trattamento - per un massimo di 2 anni - è riservato ai lavoratori genitori o parenti di disabili gravi e con handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992. Il beneficio di due mesi di maggiorazione per ogni anno di servizio utile ai fini della determinazione dell'anzianità contributiva e dell'anzianità assicurativa e incide positivamente anche sull'ammontare della pensione;
si consideri inoltre le misure in favore dei lavoratori non vedenti, cui è riconosciuto, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 113 del 1985, il beneficio di quattro mesi di anzianità figurativa per ogni anno di lavoro svolto o ancora le misure in favore degli Orfani di Guerra e familiari di vittime di atti di terrorismo nelle modalità a suo tempo previste dall'articolo 3 della legge n. 336 del 1970 e dall'articolo 4 della legge n. 824 del 1971;
considerata l'attuale situazione di grave crisi economica che colpisce soprattutto i ceti più deboli, rendendo di fatto maggiori le difficoltà dei lavoratori con figli disabili gravi, di conciliare, dopo una certa età, l'organizzazione del lavoro dipendente e la cura della persona a carico;
posto che i lavoratori invalidi - in particolare dopo tanti anni di lavoro - risentono in maggior misura delle condizioni precarie di salute;
il presente provvedimento, così come modificato dall'altro ramo del Parlamento, prevede all'articolo 6, comma 2-septies una soluzione che, seppure orientata a individuare un riconoscimento ai fini pensionistici dell'attività di assistenza svolta a favore di congiunti con disabilità, non sembra esaurire tutte le problematiche che sono chiamati ad affrontare i lavoratori con disabilità o familiari di soggetti con disabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa utile, anche attraverso l'adozione di specifici indirizzi per gli enti previdenziali, volta ad assicurare che il nuovo quadro normativo in materia pensionistica riconosca e confermi i diritti acquisiti dai lavoratori di cui alle norme speciali richiamate in premessa.
9/4865-B/29.(Testo modificato nel corso della seduta)Schirru, Damiano, Boccuzzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Lovelli, Carra, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
il comma 16-duodecies dell'articolo 29 del decreto-legge novella l'articolo 2 del decreto legislativo n. 216 del 2010, recante la determinazione dei fabbisogni standard concernenti alcune delle funzioni fondamentali di comuni e province. In particolare:
la lettera a), novellando il comma 4, individua nell'anno 2013 - anziché nell'anno 2012 - l'anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica;
la lettera b):
abroga la lettera a) del comma 5, nella quale si dispone che entro il 30 aprile 2012 (secondo quanto già stabilito dal comma 1 dell'articolo 29 in esame) si dovrà procedere alla determinazione dei fabbisogni standard concernenti almeno un terzo delle funzioni fondamentali di comuni e province;
novellando la lettera b) del medesimo comma 5 indica il 31 marzo 2013 quale termine per la determinazione dei fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni, anche in questo caso con un'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
a seguito di tali modifiche, i commi 4 e 5 dell'articolo 2 del n. 216 del 2010 delineano i tempi di avvio del periodo transitorio finalizzato al progressivo superamento del criterio della spesa storica nel finanziamento degli enti locali (ora fissato nel 2013) e della sua sostituzione con il criterio dei fabbisogni standard nei termini seguenti:
a) (lettera abrogata);
b) entro il 31 marzo 2013 verranno determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni, anche in questo caso con un'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
c) nel 2013 verranno determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2014 con riguardo a tutte le funzioni fondamentali, sempre con un processo di gradualità che deve comunque assicurare l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo;
per quello che appare una mera mancanza di coordinamento formale nel testo approvato dal Senato l'abrogazione - disposta dal comma 16-duodecies in esame - della lettera a) del comma 5 risulta in contrasto con quanto già disposto, in tema di determinazione dei fabbisogni standard, dal comma 1 dell'articolo 29 del decreto-legge in commento: tale comma infatti, ha novellato la lettera a), in questione differendo al 30 aprile 2012 il termine (originariamente previsto per il 2011) per la determinazione dei fabbisogni standard concernenti almeno un terzo delle funzioni fondamentali di comuni e province;
pur in presenza del formale contrasto tra i due commi dell'articolo 29 ora indicati (commi 1 e 6-duodecies), può con certezza ravvisarsi come la novella operata dal comma 16-duodecies appaia di portata più ampia rispetto a quella recata dal comma 1, in quanto differisce il termine per la determinazione dei fabbisogni standard (per un terzo delle funzioni fondamentali) non più al 30 aprile 2012 (come operato dal comma 1), bensì direttamente al 31 marzo 2013, prevedendo di conseguenza che nell'anno 2013 stesso verranno determinati i fabbisogni standard non più per almeno un terzo delle funzioni fondamentali (come previsto dalla lettera a ora abrogata), bensì per almeno due terzi delle funzioni fondamentali medesime;
in tal senso debba necessariamente interpretarsi la portata normativa del combinato disposto dei due commi in questione, anche al fine di consentire che il procedimento in corso di determinazione dei fabbisogni standard disponga dei tempi necessari per risolvere tutte le complessità che lo stesso comporta,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte all'abrogazione del comma 1 dell'articolo 29, confermando così che la tempistica di determinazione dei fabbisogni standard è quella risultante dal comma 16-duodecies del medesimo articolo 29.
9/4865-B/30.Causi.

La Camera,
premesso che:
in favore degli agricoltori sardi oggetto di provvedimenti ingiuntivi o di esproprio, a causa della decisione della Commissione europea n. 97/612/CE, del 16 aprile 1997, che dichiarava illegittimi gli aiuti erogati ai sensi della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, è intervenuta la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), che all'articolo 2, comma 126, istituiva una commissione avente lo scopo di presentare al Presidente del Consiglio dei ministri adeguate proposte per la ristrutturazione dei debiti degli imprenditori agricoli coinvolti;
la commissione aveva un termine di lavoro al 31 luglio 2008, ulteriormente spostato al 31 luglio 2009 dall'articolo 23, comma 1-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, della legge 27 febbraio 2009, n. 14;
tuttavia la commissione, formata da tre esperti, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed uno dalla regione Sardegna, oltre ad essere stata nominata tardivamente dagli enti preposti, è stata sostanzialmente impossibilitata a lavorare,

impegna il Governo

a voler provvedere allo spostamento a fine 2012 del termine di lavoro per la commissione di cui la legge 24 dicembre 2007 n. 244, articolo 2, comma 126 (legge finanziaria 2008).
9/4865-B/31.Cicu.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca una serie di norme volte a prorogare termini in scadenza previsti da disposizioni legislative;
il decreto-legge ritorna all'esame della Camera per le modifiche apportate al testo nel corso della sua approvazione al Senato;
l'articolo 23, al comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca alcune modifiche alla disciplina dei compensi per gli amministratori rivestiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e finanze;
in particolare, la lettera a) dispone la proroga al 31 maggio 2012 del termine per l'adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui le società non quotate, direttamente controllate dal citato Ministero, verranno classificate per fasce, per ciascuna delle quali verrà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società dovranno fare riferimento;
la lettera b) introduce una disposizione di natura procedurale relativa alla modalità di verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte degli amministratori che rappresenta il presupposto in base al quale ai medesimi viene riconosciuta la parte variabile della loro retribuzione;
si ricorda che la norma in esame rientra in un più ampio corpus di norme finalizzate ad introdurre vincoli ai compensi per coloro che ricevono emolumenti o retribuzioni a carico delle pubbliche finanze;
la proroga al 31 maggio 2012 appare dunque poco opportuna, stante la necessità di provvedere in tempi rapidi ad una revisione organica della disciplina del trattamento economico omnicomprensivo di chiunque rivesta particolari cariche pubbliche;
ancor più appare incongrua e poco coerente rispetto agli intendimenti annunciati dal presente Governo che già con il decreto-legge n. 201 del 2011 ha introdotto all'articolo 23-ter ulteriori disposizioni in materia di trattamenti economici;
la previsione da ultimo citata demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro il 26 marzo 2012 la definizione di tale trattamento economico, stabilendo altresì come parametro massimo di riferimento quello del primo presidente di Corte di Cassazione;
il suddetto schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato presentato alle Camere in data 30 gennaio 201 ed è attualmente in corso di esame presso le Commissioni riunite I e XI,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative, anche normative, per procedere tempestivamente, e in subordine in coerenza con i previsti termini di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che dà attuazione alla disposizione di cui all'articolo 23-ter del citato decreto-legge n. 201 del 2011, anche all'adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui le società non quotate, direttamente controllate dal citato Ministero, verranno classificate per fasce, per ciascuna delle quali verrà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società dovranno fare riferimento.
9/4865-B/32.Bragantini, Vanalli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto Salva Italia) ha anticipato al 2012 l'applicazione dell'IMU già introdotta con il decreto legislativo n. 23 del 2011, attuativo della legge delega sul federalismo fiscale;
a differenza di quanto precedentemente stabilito, la nuova IMU, così come ridefinita dal decreto-legge n. 201 del 2011, non è destinata più al finanziamento esclusivo dei Comuni;
lo stesso decreto-legge n. 201 del 2011 ha inoltre ridotto la contribuzione statale al funzionamento corrente dei Comuni;
l'articolo 13, comma 11, del decreto-legge n. 201 del 2011 riserva allo Stato il 50 per cento del gettito derivante dall'IMU, non gravante sull'abitazione principale ed avente aliquota base pari al 7.6 per mille;
i Comuni dovranno continuare ad accertare e riscuotere l'IMU, anche per la quota di competenza statale, pur non potendo più godere in via esclusiva del gettito del tributo sulla proprietà immobiliare, a differenza sia della precedente versione dell'IMU, sia dell'ICI;
la nuova configurazione del tributo sulla proprietà immobiliare, da sempre diretto a finanziare i Comuni, diminuirà la loro autonomia finanziaria, contrariamente a quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione;
i Comuni della Provincia di Bergamo, con la nuova configurazione del gettito IMU, perderanno ulteriori importanti risorse e saranno costretti a ridimensionare i servizi erogati o a prevederne il pagamento,

impegna il Governo

a promuovere tutte le azioni possibili per ottenere che l'applicazione della nuova IMU sia procrastinata all'anno 2013, al fine di consentire ai Comuni di godere per l'anno 2012 dell'intero tributo, così come previsto dal decreto legislativo n. 23 del 2011 in materia di Federalismo fiscale, finalizzato a finanziare in maniera diretta le Amministrazioni comunali, in modo da non penalizzare la popolazione, già duramente colpita dalle misure intraprese a seguito della grave crisi economica internazionale.
9/4865-B/33.Consiglio, Stucchi, Bragantini, Vanalli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca una serie di norme volte a prorogare termini in scadenza previsti da disposizioni legislative;
il decreto-legge ritorna all'esame della Camera per le modifiche apportate al testo nel corso della sua approvazione al Senato;
l'articolo 23, al comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca alcune modifiche alla disciplina dei compensi per gli amministratori rivestiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e finanze;
in particolare, la lettera a) dispone la proroga al 31 maggio 2012 del termine per l'adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui le società non quotate, direttamente controllate dal citato Ministero, verranno classificate per fasce, per ciascuna delle quali verrà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società dovranno fare riferimento;
la lettera b) introduce una disposizione di natura procedurale relativa alla modalità di verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte degli amministratori che rappresenta il presupposto in base al quale ai medesimi viene riconosciuta la parte variabile della loro retribuzione;
si ricorda che la norma in esame rientra in un più ampio corpus di norme finalizzate ad introdurre vincoli ai compensi per coloro che ricevono emolumenti o retribuzioni a carico delle pubbliche finanze;
già con il decreto-legge n. 201 del 2011 il presente Governo ha introdotto all'articolo 23-ter ulteriori disposizioni in materia di trattamenti economici;
più in dettaglio, tale previsione demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro il 26 marzo 2012 la definizione di tale trattamento economico, stabilendo altresì come parametro massimo di riferimento quello del primo presidente di Corte di Cassazione;
il suddetto schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato presentato alle Camere in data 30 gennaio 201 ed è attualmente in corso di esame presso le Commissioni riunite I e XI,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative affinché, in attuazione delle disposizioni richiamate, sia assicurato che in ogni caso gli emolumenti determinati ai sensi dell'articolo 23, comma 1-bis, considerati complessivamente sia in riferimento alla parte fissa sia alla parte variabile della medesima retribuzione, non possano superare il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione.
9/4865-B/34.Vanalli, Bragantini, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 11, interviene in ambito di infrastrutture e trasporti, con specifiche disposizioni relative alle strutture aeroportuali;
l'aeroporto di Malpensa, a seguito del disimpegno delle compagnie aeree KLM, Alitalia, Lufthansa e Air France, versa in una grave condizione, avendo diminuito il numero di passeggeri da 23,4 milioni del 2007 a 18,9 attuali;
sono state recentemente pubblicate sugli organi di stampa nazionali alcune cifre relative ai danni economici subiti da Malpensa negli ultimi anni: nel settore turismo sono stimabili perdite di 770 milioni di euro e il costo dei mancati collegamenti è di 830 milioni di euro;
le compagnie aeree Air France e Klm si sono trasferite o si stanno comunque trasferendo a Linate, creando la situazione paradossale in cui il secondo aeroporto italiano per traffico internazionale di passeggeri, ha un numero inferiore di voli diretti verso le capitali europee che l'aeroporto di Linate. E Lufthansa ha rinunciato al progetto di fare di Malpensa il proprio hub, vista la concorrenza di Air France su Linate;
il numero di voli intercontinentali diretti da Milano per il nord America è addirittura di molto inferiore a quello di scali che godono di un bacino di utenza decisamente minore come Venezia e il trasferimento di Air France su Linate rischia di essere dirompente per l'intero trasporto aereo del Nord Italia, spostando su Parigi il nuovo hub per voli intercontinentali della parte più ricca del Paese;
la previsione di un piano programmatico per il rilancio di Malpensa è quanto mai urgente se l'Italia vuole mantenere una posizione importante a livello europeo. L'aeroporto di Lugano, che nei primi 5 mesi del 2011 ha registrato un incremento del 14 per cento dei voli privati rispetto all'anno precedente, è stato definito dagli svizzeri una valida alternativa agli hub milanesi;
incrementare i voli intercontinentali da Malpensa sarebbe sicuramente un grande vantaggio e potrebbe dare un ulteriore impulso ai rapporti commerciali con l'estero, offrendo prospettive solide alle nostre imprese, soprattutto nell'attuale frangente economico che sta vivendo il nostro Paese;
dopo il processo di de-hubbing che ha interessato l'aeroporto di Malpensa negli ultimi anni, il Governo si era impegnato a garantire, per quanto di sua competenza, ogni atto a supporto della crescita di Malpensa, allo scopo di non privare il Nord del Paese di un'indispensabile funzione di collegamento con il resto del mondo, anche rinegoziando gli accordi bilaterali per l'attivazione di nuove rotta,

impegna il Governo

a mettere in atto ogni azione necessaria a supportare la crescita dell'aeroporto di Malpensa, che sta subendo gravissime perdite economiche dovute al disimpegno delle maggiori compagnie aeree, anche incrementando il numero di voli intercontinentali, al fine di restituire al nostro Paese un ruolo centrale nel panorama europeo e mondiale a livello di traffico passeggeri e merci.
9/4865-B/35.Reguzzoni, Desiderati, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 11, interviene in ambito di infrastrutture e trasporti, con specifiche disposizioni relative alle strutture aeroportuali;
l'aeroporto di Malpensa, a seguito del disimpegno delle compagnie aeree KLM, Alitalia, Lufthansa e Air France, versa in una grave condizione, avendo diminuito il numero di passeggeri da 23,4 milioni del 2007 a 18,9 attuali;
sono state recentemente pubblicate sugli organi di stampa nazionali alcune cifre relative ai danni economici subiti da Malpensa negli ultimi anni: nel settore turismo sono stimabili perdite di 770 milioni di euro e il costo dei mancati collegamenti è di 830 milioni di euro;
le compagnie aeree Air France e Klm si sono trasferite o si stanno comunque trasferendo a Linate, creando la situazione paradossale in cui il secondo aeroporto italiano per traffico internazionale di passeggeri, ha un numero inferiore di voli diretti verso le capitali europee che l'aeroporto di Linate. E Lufthansa ha rinunciato al progetto di fare di Malpensa il proprio hub, vista la concorrenza di Air France su Linate;
il numero di voli intercontinentali diretti da Milano per il nord America è addirittura di molto inferiore a quello di scali che godono di un bacino di utenza decisamente minore come Venezia e il trasferimento di Air France su Linate rischia di essere dirompente per l'intero trasporto aereo del Nord Italia, spostando su Parigi il nuovo hub per voli intercontinentali della parte più ricca del Paese;
la previsione di un piano programmatico per il rilancio di Malpensa è quanto mai urgente se l'Italia vuole mantenere una posizione importante a livello europeo. L'aeroporto di Lugano, che nei primi 5 mesi del 2011 ha registrato un incremento del 14 per cento dei voli privati rispetto all'anno precedente, è stato definito dagli svizzeri una valida alternativa agli hub milanesi;
incrementare i voli intercontinentali da Malpensa sarebbe sicuramente un grande vantaggio e potrebbe dare un ulteriore impulso ai rapporti commerciali con l'estero, offrendo prospettive solide alle nostre imprese, soprattutto nell'attuale frangente economico che sta vivendo il nostro Paese;
dopo il processo di de-hubbing che ha interessato l'aeroporto di Malpensa negli ultimi anni, il Governo si era impegnato a garantire, per quanto di sua competenza, ogni atto a supporto della crescita di Malpensa, allo scopo di non privare il Nord del Paese di un'indispensabile funzione di collegamento con il resto del mondo, anche rinegoziando gli accordi bilaterali per l'attivazione di nuove rotta,

impegna il Governo

a mettere in atto, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ogni azione necessaria a supportare la crescita dell'aeroporto di Malpensa, che sta subendo gravissime perdite economiche dovute al disimpegno delle maggiori compagnie aeree, anche incrementando il numero di voli intercontinentali, al fine di restituire al nostro Paese un ruolo centrale nel panorama europeo e mondiale a livello di traffico passeggeri e merci.
9/4865-B/35.(Testo modificato nel corso della seduta)Reguzzoni, Desiderati, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
valutate le misure introdotte come insufficienti a garantire lo sviluppo e la crescita;
considerato che:
nell'ambito del provvedimento in esame e nelle modifiche apportate allo stesso durante la discussione dello stesso al Senato della Repubblica, all'articolo 29, comma 16-duodecies, viene novellato l'articolo 2 del decreto legislativo n. 216 del 2010, recante la determinazione dei fabbisogni standard concernenti alcune delle funzioni fondamentali di comuni e province;
la norma, nello specifico posticipa al 2013, anziché nell'anno 2012, l'anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica, abrogando la lettera a) del comma 5, ove si dispone che entro il 30 aprile 2012, e come già previsto dal comma 1 dello stesso articolo 29, si dovrà procedere alla determinazione dei fabbisogni standard concernenti almeno un terzo delle funzioni fondamentali di comuni e province, indicando quindi il 31 marzo 2013 quale termine per la determinazione dei fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni;
a seguito di tali modifiche, i tempi di avvio del periodo transitorio finalizzato al progressivo superamento del criterio della spesa storica nel finanziamento degli enti locali (ora fissato nel 2013) e della sua sostituzione con il criterio dei fabbisogni standard nei termini seguenti vengono posticipati entro il 31 marzo 2013 per la determinazione dei fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni, anche in questo caso con un'entrata a regime nell'arco del triennio successivo, mentre viene previsto come, sempre nel 2013, debbano essere determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2014 con riguardo a tutte le funzioni fondamentali;
nel mese di gennaio 2011 è iniziata la fase di raccolta dei dati finalizzati alla determinazione dei fabbisogni standard, relativamente a due delle funzioni fondamentali di comuni e province tramite un apposito sistema telematico di raccolta delle informazioni, attraverso il portale «progetto fabbisogni standard» relativamente alla funzione di polizia locale per i comuni e alle funzioni nel campo dello sviluppo economico-servizi del mercato del lavoro per le province, e come, al momento, risulti terminata la fase di raccolta dei dati per tali due funzioni;
nel novembre del 2011, l'autorevole New York Times ha realizzato un servizio, denunciando l'ennesimo spreco di risorse pubbliche che avviene ogni giorno in Italia, raccontando come in un comune di 960 abitanti, in provincia di Agrigento, Comitini, vi siano ben 64 dipendenti, ovvero un dipendente ogni 15 abitanti;
uno degli obiettivi primari della Lega Nord e del passato Governo è quello di giungere nei tempi più brevi possibili alla completa attuazione del federalismo fiscale, in particolare alla veloce introduzione dei costi standard ai fini della valutazione delle prestazioni sociali, sanitarie ed istituzionali degli enti locali;
il federalismo fiscale costituisce, infatti, la modalità principale per razionalizzare e controllare in modo efficace la finanza pubblica italiana al fine di porre rimedio alla stortura politica ed economica della nostra finanza pubblica introducendo così il principio federalista del no taxation without representation e che è presente, seppure in varie forme, in tutti gli altri Paesi europei;
il graduale passaggio dal criterio della spesa storica a quello del fabbisogno standard è tra i principi fondamentali della legge delega n. 42 del 2009 e si basa su una metodologia fondata da elementi di accompagnamento e condivisione, debitamente strutturata e mirata riguardo all'ambito dei fabbisogni standard, si riuscirà là dove nel passato hanno ripetutamente fallito le formule calate dall'alto;
solo la piena e rapida introduzione di questo fondamentale criterio può consentire di riequilibrare il finanziamento delle funzioni fondamentali dei nostri enti locali, così da eliminare le enormi disparità generate in questi decenni dal criterio della spesa storica che, nel corso degli anni, ha determinato gli sprechi e gli sperperi di numerose amministrazioni, soprattutto nelle regioni meridionali,

impegna il Governo

ad attivarsi con urgenza allo scopo di evitare ulteriori proroghe alla determinazione dei fabbisogni standard e a giungere ad un rapido compimento della riforma in senso federalista del fisco italiano attraverso la definitiva approvazione dei decreti legislativi di attuazione della legge delega n. 42 del 2009.
9/4865-B/36.Forcolin, Bragantini, Vanalli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
valutate le misure introdotte come insufficienti a garantire lo sviluppo e la crescita;
considerato che:
nell'ambito del provvedimento in esame e nelle modifiche apportate allo stesso durante la discussione dello stesso al Senato della Repubblica, all'articolo 29, comma 16-duodecies, viene novellato l'articolo 2 del decreto legislativo n. 216 del 2010, recante la determinazione dei fabbisogni standard concernenti alcune delle funzioni fondamentali di comuni e province;
la norma, nello specifico posticipa al 2013, anziché nell'anno 2012, l'anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica, abrogando la lettera a) del comma 5, ove si dispone che entro il 30 aprile 2012, e come già previsto dal comma 1 dello stesso articolo 29, si dovrà procedere alla determinazione dei fabbisogni standard concernenti almeno un terzo delle funzioni fondamentali di comuni e province, indicando quindi il 31 marzo 2013 quale termine per la determinazione dei fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni;
a seguito di tali modifiche, i tempi di avvio del periodo transitorio finalizzato al progressivo superamento del criterio della spesa storica nel finanziamento degli enti locali (ora fissato nel 2013) e della sua sostituzione con il criterio dei fabbisogni standard nei termini seguenti vengono posticipati entro il 31 marzo 2013 per la determinazione dei fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni, anche in questo caso con un'entrata a regime nell'arco del triennio successivo, mentre viene previsto come, sempre nel 2013, debbano essere determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2014 con riguardo a tutte le funzioni fondamentali;
nel mese di gennaio 2011 è iniziata la fase di raccolta dei dati finalizzati alla determinazione dei fabbisogni standard, relativamente a due delle funzioni fondamentali di comuni e province tramite un apposito sistema telematico di raccolta delle informazioni, attraverso il portale «progetto fabbisogni standard» relativamente alla funzione di polizia locale per i comuni e alle funzioni nel campo dello sviluppo economico-servizi del mercato del lavoro per le province, e come, al momento, risulti terminata la fase di raccolta dei dati per tali due funzioni;
nel novembre del 2011, l'autorevole New York Times ha realizzato un servizio, denunciando l'ennesimo spreco di risorse pubbliche che avviene ogni giorno in Italia, raccontando come in un comune di 960 abitanti, in provincia di Agrigento, Comitini, vi siano ben 64 dipendenti, ovvero un dipendente ogni 15 abitanti;
uno degli obiettivi primari della Lega Nord e del passato Governo è quello di giungere nei tempi più brevi possibili alla completa attuazione del federalismo fiscale, in particolare alla veloce introduzione dei costi standard ai fini della valutazione delle prestazioni sociali, sanitarie ed istituzionali degli enti locali;
il federalismo fiscale costituisce, infatti, la modalità principale per razionalizzare e controllare in modo efficace la finanza pubblica italiana al fine di porre rimedio alla stortura politica ed economica della nostra finanza pubblica introducendo così il principio federalista del no taxation without representation e che è presente, seppure in varie forme, in tutti gli altri Paesi europei;
il graduale passaggio dal criterio della spesa storica a quello del fabbisogno standard è tra i principi fondamentali della legge delega n. 42 del 2009 e si basa su una metodologia fondata da elementi di accompagnamento e condivisione, debitamente strutturata e mirata riguardo all'ambito dei fabbisogni standard, si riuscirà là dove nel passato hanno ripetutamente fallito le formule calate dall'alto;
solo la piena e rapida introduzione di questo fondamentale criterio può consentire di riequilibrare il finanziamento delle funzioni fondamentali dei nostri enti locali, così da eliminare le enormi disparità generate in questi decenni dal criterio della spesa storica che, nel corso degli anni, ha determinato gli sprechi e gli sperperi di numerose amministrazioni, soprattutto nelle regioni meridionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di evitare ulteriori proroghe alla determinazione dei fabbisogni standard e a giungere ad un rapido compimento della riforma in senso federalista del fisco italiano attraverso la definitiva approvazione dei decreti legislativi di attuazione della legge delega n. 42 del 2009.
9/4865-B/36.(Testo modificato nel corso della seduta)Forcolin, Bragantini, Vanalli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
valutate le misure introdotte come insufficienti a garantire lo sviluppo e la crescita;
premesso che:
nell'ambito del provvedimento in esame e delle modifiche apportate allo stesso a seguito della precedente discussione in Commissione Bilancio prima e alla Camera dopo, all'articolo 10, che dispone la proroga di diversi termini di materia sanitaria, il comma 2, modificando l'articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 120, proroga al 30 giugno 2012 la facoltà di utilizzazione straordinaria del proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria (la cosiddetta intramoenia allargata) previa autorizzazione aziendale e in deroga a quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 22-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223;
la sistematica proroga dell'intra-moenia allargata è stata motivata sino ad oggi sia dall'inadempienza da parte di alcune Regioni rispetto a quegli interventi di natura organizzativa di loro competenza, al fine di permettere la libera attività professionale ai medici all'interno delle strutture sanitarie pubbliche erogatrici delle prestazioni, con l'identificazione di quelle aree a tal fine destinate, sia dalla elevata lunghezza di liste di attesa e causati dalla mancanza di un provvedimento delle Regioni stesse che permetterebbe invece di gestire al meglio i servizi di prestazioni, diretti sulla base dei codici di priorità assegnati dal medico prescrittore, medico di famiglia o specialista piuttosto che in base alla graduazione della patologia o del sospetto di diagnosi, così come previsto dal diritto del paziente e disposto dall'articolo 32 della Costituzione;
l'ennesima proroga prevista attualmente ha già determinato numerose proteste, anche a livello mediatico, tanto che il Ministro della salute stesso, nel corso di un'intervista giornalistica, avrebbe evidenziato la necessità di risolvere definitivamente la vertenza suggerendo il blocco delle continue proroghe,

impegna il Governo:

ad adottare urgentemente gli opportuni provvedimenti volti a coordinare con estrema urgenza le Regioni al fine di esaurire il piano straordinario di edilizia sanitaria di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1998 n. 67, volto alla costruzione o ristrutturazione di aree destinate alla libera attività professionale dei medici entro e non oltre il termine del 30 giugno 2012 così come previsto dal provvedimento in esame e di conseguenza a non concedere ulteriori proroghe temporali;
a proporre in sede di conferenza unificata gli opportuni provvedimenti volti a estendere la libera attività professionale intramoenia alle professioni sanitarie;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a non consentire e quindi coerentemente a vietare la concessione di autorizzazioni in deroga per lo svolgimento dell'intramoenia allargata dei medici.
9/4865-B/37.Laura Molteni, Martini, Fabi, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
valutate le misure introdotte come insufficienti a garantire lo sviluppo e la crescita;
premesso che:
nell'ambito del provvedimento in esame e delle modifiche apportate allo stesso a seguito della precedente discussione in Commissione Bilancio prima e alla Camera dopo, all'articolo 10, che dispone la proroga di diversi termini di materia sanitaria, il comma 2, modificando l'articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 120, proroga al 30 giugno 2012 la facoltà di utilizzazione straordinaria del proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria (la cosiddetta intramoenia allargata) previa autorizzazione aziendale e in deroga a quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 22-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223;
la sistematica proroga dell'intra-moenia allargata è stata motivata sino ad oggi sia dall'inadempienza da parte di alcune Regioni rispetto a quegli interventi di natura organizzativa di loro competenza, al fine di permettere la libera attività professionale ai medici all'interno delle strutture sanitarie pubbliche erogatrici delle prestazioni, con l'identificazione di quelle aree a tal fine destinate, sia dalla elevata lunghezza di liste di attesa e causati dalla mancanza di un provvedimento delle Regioni stesse che permetterebbe invece di gestire al meglio i servizi di prestazioni, diretti sulla base dei codici di priorità assegnati dal medico prescrittore, medico di famiglia o specialista piuttosto che in base alla graduazione della patologia o del sospetto di diagnosi, così come previsto dal diritto del paziente e disposto dall'articolo 32 della Costituzione;
l'ennesima proroga prevista attualmente ha già determinato numerose proteste, anche a livello mediatico, tanto che il Ministro della salute stesso, nel corso di un'intervista giornalistica, avrebbe evidenziato la necessità di risolvere definitivamente la vertenza suggerendo il blocco delle continue proroghe,

impegna il Governo:

ad adottare urgentemente, nei limiti del rispetto delle esigenze di finanza pubblica, gli opportuni provvedimenti volti a coordinare con estrema urgenza le Regioni al fine di esaurire il piano straordinario di edilizia sanitaria di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1998 n. 67, volto alla costruzione o ristrutturazione di aree destinate alla libera attività professionale dei medici entro e non oltre il termine del 30 giugno 2012 così come previsto dal provvedimento in esame e di conseguenza a non concedere ulteriori proroghe temporali;
a proporre in sede di conferenza unificata gli opportuni provvedimenti volti a estendere la libera attività professionale intramoenia alle professioni sanitarie;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a non consentire e quindi coerentemente a vietare la concessione di autorizzazioni in deroga per lo svolgimento dell'intramoenia allargata dei medici.
9/4865-B/37.(Testo modificato nel corso della seduta)Laura Molteni, Martini, Fabi, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
gli effetti delle manovre del Governo si ripercuotono pesantemente anche sui dipendenti dell'azienda Poste Italiane;
il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, cosiddetto «Salva Italia», convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha aperto un buco contributivo per 225 lavoratori bergamaschi di Poste Italiane;
molti di loro hanno, infatti, sottoscritto con l'azienda un piano di esodo anticipato con accompagnamento alla pensione e si trovano ora, per effetto, del decreto «Salva Italia» a fare i conti con uno stravolgimento completo dei requisiti di accesso e, dunque, con un buco contributivo;
nella sola Provincia di Bergamo tali ripercussioni riguardano circa 225 dipendenti postali che hanno sottoscritto negli ultimi mesi l'accordo con Poste Italiane, con cui il lavoratore acconsente a presentare le dimissioni volontarie ma gli viene garantito l'accompagnamento fino alla maturazione del requisito per la pensione;
al momento della sottoscrizione del piano di esodo con Poste Italiane, i lavoratori - che a livello nazionale sono circa 5.000 - avevano una previsione di maturazione dei requisiti alla pensione tra il 2012 e il 2013 con meccanismi differenti: chi per il raggiungimento dei 40 anni di lavoro e chi per effetto dell'età;
la legge n. 214 del 2011 ha scardinato completamente le aspettative di pensionamento di questi lavoratori, che si ritrovano così senza un lavoro e con un buco contributivo che impedisce il raggiungimento dei requisiti minimi per l'accesso alla pensione;
Poste Italiane Spa fino ad ora, nonostante ripetute richieste sindacali di affrontare urgentemente la questione, non ha dato segnali di reale interessamento e, dopo la convocazione di un incontro sul tema fatta per il 14 dicembre 2011, ha rinviato la discussione a data da destinarsi;
con grande disinvoltura prima Poste Italiane invita i propri dipendenti ad uscite «volontarie» anticipate dall'azienda, poi li dimentica quando questi vengono travolti da provvedimenti iniqui;
lo stesso Governo non sembra dedicare attenzione alcuna alla problematica sopra esposta,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere le disposizioni contenute nella legge n. 214 del 2011, ai fine di prorogare per tutti i lavoratori interessati dalle procedure di dimissioni volontarie con accompagnamento alla pensione le norme e gli accordi siglati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011.
9/4865-B/38.Stucchi, Consiglio, Bragantini, Vanalli, Caparini, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
gli effetti delle manovre del Governo si ripercuotono pesantemente anche sui dipendenti dell'azienda Poste Italiane;
il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, cosiddetto «Salva Italia», convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha aperto un buco contributivo per 225 lavoratori bergamaschi di Poste Italiane;
molti di loro hanno, infatti, sottoscritto con l'azienda un piano di esodo anticipato con accompagnamento alla pensione e si trovano ora, per effetto, del decreto «Salva Italia» a fare i conti con uno stravolgimento completo dei requisiti di accesso e, dunque, con un buco contributivo;
nella sola Provincia di Bergamo tali ripercussioni riguardano circa 225 dipendenti postali che hanno sottoscritto negli ultimi mesi l'accordo con Poste Italiane, con cui il lavoratore acconsente a presentare le dimissioni volontarie ma gli viene garantito l'accompagnamento fino alla maturazione del requisito per la pensione;
al momento della sottoscrizione del piano di esodo con Poste Italiane, i lavoratori - che a livello nazionale sono circa 5.000 - avevano una previsione di maturazione dei requisiti alla pensione tra il 2012 e il 2013 con meccanismi differenti: chi per il raggiungimento dei 40 anni di lavoro e chi per effetto dell'età;
la legge n. 214 del 2011 ha scardinato completamente le aspettative di pensionamento di questi lavoratori, che si ritrovano così senza un lavoro e con un buco contributivo che impedisce il raggiungimento dei requisiti minimi per l'accesso alla pensione;
Poste Italiane Spa fino ad ora, nonostante ripetute richieste sindacali di affrontare urgentemente la questione, non ha dato segnali di reale interessamento e, dopo la convocazione di un incontro sul tema fatta per il 14 dicembre 2011, ha rinviato la discussione a data da destinarsi;
con grande disinvoltura prima Poste Italiane invita i propri dipendenti ad uscite «volontarie» anticipate dall'azienda, poi li dimentica quando questi vengono travolti da provvedimenti iniqui;
lo stesso Governo non sembra dedicare attenzione alcuna alla problematica sopra esposta,

impegna il Governo

a tener conto delle situazioni dei lavoratori interessati dalle procedure di dimissioni volontarie.
9/4865-B/38.(Testo modificato nel corso della seduta)Stucchi, Consiglio, Bragantini, Vanalli, Caparini, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
la legge sul canone Rai (regio decreto n. 246 del 1938) prevede ancora oggi il pagamento del canone a chiunque sia in possesso di apparecchi «atti o adattabili» alla ricezione delle radiotrasmissioni;
la Corte costituzionale nel 2002 ha riconosciuto al canone Rai la natura sostanziale di imposta per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato;
oltre al televisore, sono ormai moltissimi gli apparecchi elettronici che potrebbero rientrare nella indeterminata categoria degli «atti o adattabili» soggetti al canone: videoregistratore, registratore dvd, computer (con o senza scheda Tv e/o connessione Internet), videofonino, cellulari di nuova generazione, iPod e apparecchi mp3-mp4 provvisti di schermo, monitor a sé stante (senza computer annesso), monitor del citofono, modem, decoder, videocamera, macchina fotografica digitale, etc.;
la RAI, Radiotelevisione italiana Spa, anche come conseguenza dell'entrata in vigore dell'articolo 17 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, laddove prevede che «le imprese e le società (...), nella relativa dichiarazione dei redditi, devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza (...), ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale», sta conducendo una massiccia campagna nei confronti delle imprese, ricordando che le disposizioni normative in essere impongono l'obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive al di fuori dell'ambito familiare inviando, altresì, missive di richiesta del relativo pagamento;
per quanto riguarda l'individuazione della tipologia di apparecchi che determinano l'obbligo del pagamento del canone RAI, l'Agenzia delle Entrate, con nota del 15 marzo 2008, prot. n. 954-38963, ha avuto modo di affermare che «spetta al Ministero delle comunicazioni procedere a tale individuazione», ed in effetti l'Agenzia ha poi proceduto a chiedere al predetto Ministero di fornire precisazioni riguardo la problematica,

impegna il Governo

ed in particolare il Ministro dello sviluppo economico a valutare l'opportunità di stilare entro 180 giorni dall'entrata in vigore dell'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, un elenco degli apparecchi «atti o adattabili» individuando, inoltre, la tipologia dei soggetti tenuti al pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale onde evitare un comportamento illegittimo della concessionaria del servizio pubblico, la quale sta già chiedendo il pagamento del canone speciale anche per personal computer collegati in rete.
9/4865-B/39.Caparini, Fava, Crosio, Comaroli, Negro, Munerato, Rainieri, Lanzarin, Fugatti, Fedriga, Stucchi, Volpi, Pini, Consiglio, Bragantini, Vanalli, Cavallotto, Grimoldi, Goisis, Meroni.

La Camera,
premesso che:
valutate, in particolare, la norma di cui al comma 6-bis dell'articolo 1 del provvedimento, introdotta nel corso dell'esame al Senato, che prevede l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 28 dell'articolo 9 della legge di stabilità per il 2011 - ovvero la facoltà per gli enti locali di avvalersi di personale a tempo entro il 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 - anche ai lavoratori socialmente utili coinvolti in processi di stabilizzazione già avviati ai sensi dell'articolo 1, comma 1156, della legge finanziaria per il 2007;
ricordato che per effetto dell'articolo 30, comma 8-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto manovra «salva Italia», l'elenco delle finalità cui sono destinate le risorse del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili include gli interventi a carattere sociale a favore degli LSU di Napoli e Palermo, nonché il finanziamento di convenzioni con i comuni interessati alla stabilizzazione;
ritenuto che tali rifinanziamenti per gli LSU di Napoli e Palermo suonano, ad avviso del presentatore, come una beffa a danno dei veri lavoratori ed uno spreco di risorse pubbliche a scapito dei veri disoccupati, soggetti che hanno perso il posto di lavoro a seguito di crisi aziendale ed ora non riescono a ricollocarsi sul mercato,

impegna il Governo

a terminare definitivamente, il finanziamento dei lavori socialmente utili di Napoli e Palermo ed a non ricorrere con successivi provvedimenti allo stanziamento di ulteriori risorse in favore degli LSU di Napoli e Palermo.
9/4865-B/40.Volpi, Bragantini, Vanalli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
valutate, in particolare, le norme di cui al comma 2-ter dell'articolo 6 del provvedimento, relativamente all'inclusione tra i soggetti interessati alla concessione del beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 214, anche dei lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto, sulla base di accordi individuali, entro il 31 dicembre 2011;
ritenuto tale termine di risoluzione del rapporto di lavoro al 31 dicembre 2011 penalizzante nei riguardi di quelle centinaia di lavoratori che hanno siglato accordi prima dell'entrata in vigore del predetto decreto legge n. 214 del 2011 la cui efficacia però decorre dopo il 31 dicembre 2011;
considerata pertanto iniqua la norma introdotta dal Governo, in quanto crea di fatto - come già evidenziato con l'ordine del giorno n. 9/4865-AR/99 - lavoratori esodati di serie A e di serie B;
ricordato, peraltro, che nella seduta del 26 gennaio scorso il Governo aveva espresso parere favorevole sul predetto ordine del giorno n. 9/4865-AR/99 e tuttavia non ha apportato alcuna miglioria in sede di discussione al Senato del provvedimento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata nelle premesse al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificarla, nel senso di prevedere che il termine del 31 dicembre sia riferito agli accordi siglati e non già alla risoluzione del rapporto di lavoro.
9/4865-B/41.Bonino, Caparini, Munerato, Fedriga, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
valutate, in particolare, le norme di cui al comma 2-ter dell'articolo 6 del provvedimento, relativamente all'inclusione tra i soggetti interessati alla concessione del beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 214, anche dei lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto, sulla base di accordi individuali, entro il 31 dicembre 2011;
ritenuto tale termine di risoluzione del rapporto di lavoro al 31 dicembre 2011 penalizzante nei riguardi di quelle centinaia di lavoratori che hanno siglato accordi prima dell'entrata in vigore del predetto decreto legge n. 214 del 2011 la cui efficacia però decorre dopo il 31 dicembre 2011;
considerata pertanto iniqua la norma introdotta dal Governo, in quanto crea di fatto - come già evidenziato con l'ordine del giorno n. 9/4865-AR/99 - lavoratori esodati di serie A e di serie B;
ricordato, peraltro, che nella seduta del 26 gennaio scorso il Governo aveva espresso parere favorevole sul predetto ordine del giorno n. 9/4865-AR/99 e tuttavia non ha apportato alcuna miglioria in sede di discussione al Senato del provvedimento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata con riferimento agli accordi siglati e non già alla risoluzione del rapporto di lavoro.
9/4865-B/41.(Testo modificato nel corso della seduta)Bonino, Caparini, Munerato, Fedriga, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
analizzato il provvedimento in titolo;
esaminate, nel dettaglio, le disposizioni di cui al comma 2-septies dell'articolo 6 del provvedimento, relativamente all'estensione del beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 214, anche i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultino essere in congedo per assistere figli con disabilità grave;
considerata tale disposizione fortemente penalizzante per tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che assistono quotidianamente un coniuge o comunque un parente convivente gravemente disabile,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di ulteriori iniziative volte ad estendere, nelle more di attuazione del provvedimento, la predetta disposizione di cui al comma 2-septies anche a coloro che alla data del 31 dicembre 2011 risultino essere in congedo per assistere il coniuge gravemente disabile o comunque un familiare convivente entro il quarto grado di parentela disabili con totale e permanente inabilità lavorativa, che assume connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
9/4865-B/42.Munerato, Caparini, Fedriga, Bonino, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
analizzato il provvedimento in titolo;
esaminate, nel dettaglio, le disposizioni di cui al comma 2-septies dell'articolo 6 del provvedimento, relativamente all'estensione del beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 214, anche i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultino essere in congedo per assistere figli con disabilità grave;
considerata tale disposizione fortemente penalizzante per tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che assistono quotidianamente un coniuge o comunque un parente convivente gravemente disabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità dell'adozione di ulteriori iniziative volte ad estendere, nelle more di attuazione del provvedimento, la predetta disposizione di cui al comma 2-septies anche a coloro che alla data del 31 dicembre 2011 risultino essere in congedo per assistere il coniuge gravemente disabile o comunque un familiare convivente entro il quarto grado di parentela disabili con totale e permanente inabilità lavorativa, che assume connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
9/4865-B/42.(Testo modificato nel corso della seduta)Munerato, Caparini, Fedriga, Bonino, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
considerate le modifiche apportate all'articolo 8 del decreto-legge in esame nel corso della fase d'iter del disegno di legge di conversione svoltasi al Senato;
rilevata la perdurante tendenza a disporre delle proroghe al mandato degli organismi della rappresentanza militare;
ritenendo comunque patologica la sostanziale alterazione del calendario previsto dalla legge per l'avvicendamento delle rappresentanze, a maggior ragione se si tiene conto dei precedenti in materia,

impegna il Governo

ad adoperarsi attivamente affinché la proroga disposta dal provvedimento all'esame della Camera sia effettivamente l'ultima e venga garantito in futuro il rinnovamento democratico a scadenza degli organismi in cui si articola il sistema delle rappresentanze militari nel nostro Paese.
9/4865-B/43.Chiappori, Gidoni, Molgora, Dozzo, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
considerate le modifiche apportate all'articolo 8 del decreto-legge in esame nel corso della fase d'iter del disegno di legge di conversione svoltasi al Senato;
prendendo atto della scelta di estendere ad un terzo mandato la facoltà di rielezione dei delegati delle rappresentanze militari, senza prevedere alcuna interruzione;
ritenendo che da questa misura possa derivare la formazione all'interno delle Forze Armate di un'aliquota personale professionalmente specializzato nella rappresentanza degli interessi della propria categoria di riferimento;
esprimendo la propria preoccupazione rispetto al fatto che da tale orientamento possa discendere la preparazione di una schiera di ufficiali, sottufficiali, graduati di truppa e soldati preposti allo svolgimento su basi praticamente professionali di un'attività sindacale di fatto,

impegna il Governo

a considerare gli effetti delle disposizioni di cui alla premessa, al fine di valutare l'ipotesi di provvedere alla prima occasione utile all'introduzione di una modifica normativa che quanto meno precluda ai delegati delle rappresentanze militari la possibilità di una continuità tra i mandati, prevedendo ad esempio che non possa esservi più di una riconferma immediata.
9/4865-B/44. Gidoni, Chiappori, Molgora, Dozzo, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 2-ter, consente l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione a seguito della frequenza di determinati corsi attivati negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011;
le modifiche apportate all'altro ramo del Parlamento prevedono che le nuove immissioni avvengano all'atto del prossimo aggiornamento e comunque nell'ambito di una quarta fascia;
si osserva che sul punto confliggono diverse esigenze: da un lato la necessità di mantenere chiuse le graduatorie permanenti ad esaurimento per poter procedere al relativo ed effettivo «esaurimento» delle stesse;
dall'altro lato, la necessità di inserirli per evitare diseguaglianze, alla luce dell'approvazione dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 2008, che ha consentito l'iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti che avevano conseguito l'abilitazione attraverso la frequenza dei medesimi corsi, attivati nell'anno accademico 2007-2008, oltre agli abilitati del IX ciclo SSIS,

impegna il Governo:

al fine di evitare il contenzioso che potrebbe seguire a svantaggio dell'amministrazione scolastica, attivare il Tirocinio Formativo Attivo, rivolto ai giovani che non hanno potuto conseguire l'abilitazione;
ad assumere un indirizzo preciso riguardo alle graduatorie permanenti ad esaurimento, valutando l'opportunità di sopprimerle definitivamente entro e non oltre l'anno scolastico 2015-2016, procedendo con la massima sollecitudine all'indizione dei concorsi, prima dell'emanazione del decreto attuativo, previsto dal comma 2-ter dell'articolo 14 in parola.
9/4865-B/45. Goisis, Bragantini, Vanalli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
il comma 5 dell'articolo 1 proroga dal «31 dicembre 2011» al «31 dicembre 2012» il termine per procedere all'assunzione dei professori universitari di II fascia, di cui all'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010;
il comma 2-quinquies dell'articolo 14 dispone che le risorse destinate al Piano straordinario di chiamata di professori associati per il 2012 e 2013 siano ripartite tra tutte le università statali e le istituzioni ad ordinamento speciale, con graduazione degli importi in base agli elementi indicati; ciò consente di superare il criterio del calcolo del 90 per cento derivante dal rapporto tra finanziamento ordinario e spese per il personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere alla modifica del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, consentendo espressamente all'università di completare le procedure concorsuali già indette, ovvero a calcolare la soglia del 90 per cento al 31 dicembre 2008, per evitare di penalizzare candidati che hanno superato un regolare concorso per il solo fatto che l'università di riferimento ha nel frattempo perso i requisiti di virtuosità.
9/4865-B/46. Rivolta, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 22-bis del decreto in esame modifica ancora una volta l'articolo 239 del Codice della proprietà industriale in materia di protezione accordata del diritto d'autore concernente disegni e modelli;
la modifica mira ad ottenere un'estensione del periodo di moratoria a favore delle aziende produttrici di copie degli oggetti di design tutelate dal diritto d'autore, attualmente di cinque anni a partire dal 19 aprite 2001;
con la definitiva approvazione del testo senza modifiche le imprese che fino ad oggi hanno copiato gli oggetti delle più importanti aziende italiane di design posso continuare a farlo indisturbate fino al 2014;
il legislatore italiano con un articolo composto da un unico comma ha deciso di annullare il valore economico di tutti quei prodotti di design italiano che hanno reso famoso il nostro Paese in tutto il mondo e sono stati determinanti per lo sviluppo della nostra economia;
una simile modifica è inaccettabile ed anche impropria dal momento che sulla materia si è pronunciata la Corte di Giustizia dell'Unione europea con la sentenza 27 gennaio 2011, in risposta al rinvio pregiudiziale da parte del tribunale di Milano sul cosiddetto caso Flos, la quale ha espressamente escluso la legittimità di una moratoria sull'applicazione della protezione del diritto di autore delle opere di design,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 22-bis, al fine di adottare le misure necessarie affinché venga ripristinata il testo dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale antecedente alle modifiche introdotte dal decreto-legge in esame ai fini di una maggiore tutela delle aziende italiane di design che sono l'eccellenza del nostro made in Italy.
9/4865-B/47. Torazzi, Dal Lago, Caparini, Cimadoro, Cavallotto, Grimoldi, Goisis, Meroni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
considerato che il Senato della Repubblica ha soppresso il comma 16-quater dell'articolo 29, con il quale si sospendeva la gratuità, sia per l'acquirente, sia per il venditore, delle transazioni effettuate con carte di pagamento presso i distributori di carburante di importo inferiore a 100 euro, nelle more della completa attuazione dei commi 9 e 10 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalle legge n. 214 del 2011;
valutato che le restrizioni all'uso del contante introdotte dal Governo comporteranno un maggior uso delle carte elettroniche e un aumento esponenziale delle commissioni pagate dall'acquirente e dal venditore, con conseguente beneficio del sistema bancario e finanziario;
considerato che il prezzo dei carburanti è stato gravato da un pesante aumento delle accise che provocherà un effetto diretto sui prezzi alla pompa ed un effetto indiretto sull'aumento dei prezzi dei maggiori beni di consumo, a causa dell'aumento dei costi di trasporto,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a garantire la gratuità, sia per gli acquirenti sia per gli esercenti, delle transazioni regolate con carta di credito presso i distributori di carburante per importi inferiori a 100 euro.
9/4865-B/48. Fugatti, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
valutate, le misure contenute nel comma 16-decies dell'articolo 29, con le quali viene differito al 31 dicembre 2013 il termine, originariamente fissato al 31 dicembre 2012, per l'esaurimento del contenzioso tributario pendente dinanzi alla Commissione tributaria centrale concernente ricorsi iscritti a ruolo in primo grado da oltre 10 anni, per i quali l'amministrazione finanziaria dello Stato risulti soccombente;
valutata la necessità di diminuire il contenzioso tra contribuente e fisco, con il duplice scopo di garantire all'erario l'incasso dei debiti tributari e di salvaguardare la continuità industriale dei contribuenti debitori, già messi in ginocchio dalla pesante crisi economico-finanziaria;
considerato opportuno introdurre una definizione dei debiti tributari per i contribuenti che abbiano presentato regolarmente le dichiarazioni fiscali, ma che sono in difficoltà nel pagamento delle imposte,

impegna il Governo

a valutare una definizione agevolata dei debiti tributari per le imprese che abbiano presentato regolarmente le dichiarazioni fiscali, che preveda un'adeguata rateazione del debito, senza l'applicazione di sanzioni e con il pagamento di un interesse ragionevole e pienamente sopportabile dal sistema industriale.
9/4865-B/49. Comaroli, Girlanda, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
considerato che il decreto «salva Italia» ha ritoccato le accise sui carburanti, causando un sensibile ed inevitabile aumento del prezzo alla pompa di benzina e gasolio; addirittura l'articolo 15 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, introduce due aumenti: uno, già in vigore, che porta le accise sulle benzine a 704,20 euro per mille litri e quelle sul gasolio a 593,20 euro per mille litri e un altro, già programmato, che porterà, a decorrere dal 10 gennaio 2013, il livello delle accise a 704,70 euro e 593,70 euro per mille litri rispettivamente per benzina e gasolio per autotrazione;
valutato che, a seguito di tale aumento lo svantaggio competitivo del prezzo dei carburanti in Italia rispetto alla Slovenia è divenuto insostenibile: la differenza di carico fiscale è infatti pari a circa 27 centesimi per litro di benzina e a circa 26 centesimi per litro di gasolio, mentre la differenza sul prezzo finale è pari a circa 38 centesimi al litro sia per la benzina, sia per il gasolio;
considerato che un tale divario di prezzi causa, tenendo conto delle dinamiche dei consumi di benzina e di gasolio e della convenienza dei residenti ad approvvigionarsi oltre confine, una pesante diminuzione delle vendite di carburante nelle province di confine; per il Friuli-Venezia Giulia le stime parlano di un'evasione dei consumi pari a circa 240 milioni di litri, con una perdita secca per l'erario pari a circa 230 milioni di euro all'anno,

impegna il Governo

ad incrementare, per la Regione Friuli-Venezia Giulia, la percentuale di compartecipazione al gettito dell'accisa sulla benzina ora pari al 29,75 e di quella sul gasolio ora pari al 30,34 fino al 42 per cento per entrambe le tipologie di accise, al fine di annullare la differenza di prezzo dei carburanti tra Italia e Slovenia ed evitare la perdita di gettito per lo Stato italiano dovuta alla pesante evasione dei consumi di benzina e di gasolio.
9/4865-B/50. Fedriga, Monai, Bragantini, Vanalli, Caparini, Compagnon.

La Camera,
valutate le misure introdotte come insufficienti a ridurre il livello della spesa pubblica;
considerato che:
all'interno delle modifiche apportate al provvedimento durante la discussione al Senato della Repubblica, è stato inserito un articolo, il 26-bis, con il quale viene integrato di 500.000 euro per il 2012 il contributo dello Stato all'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno - SVIMEZ per la prosecuzione delle attività di studio e di ricerca;
la legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183 del 2011) aveva indicato lo stanziamento in favore della SVIMEZ in 1.118.000 euro per il 2012, in 902.000 euro per il 2013 e in 991.000 euro per il 2014 determinando una riduzione, nel 2012, di 718.000 euro rispetto al contributo di 1.836.000 euro per ciascuna annualità del triennio 2011-2013 stabilito dalla tabella C della legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220 del 2010);
la riduzione stabilita dalla legge di stabilità 2012 seguiva la contingente strategia di revisione della spesa pubblica, anche alla luce del fatto che le funzioni operate dallo SVIMEZ attualmente vengono già ampiamente svolte da altri istituti statistici e di ricerca che svolgono le medesime funzioni,

impegna il Governo

a valutare con urgenza gli effetti applicativi dell'articolo 26-bis, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'ulteriore contributo erogato per lo SVIMEZ ed utilizzare le medesime risorse previste per ridurre il concorso dei comuni ai vincoli di finanza pubblica, così come definito dalla legge di stabilità 2012.
9/4865-B/51. Bitonci, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
valutate le misure introdotte del provvedimento in esame come insufficienti a ridurre il livello della spesa pubblica;
considerato che:
la grave crisi economico-finanziaria che interessa l'intera Europa, e che incide negativamente su tutti i settori produttivi, ha necessariamente costretto, da tempo, i Governi nazionali ad adottare provvedimenti urgenti e contingenti per la riduzione della spesa pubblica nazionale anche e soprattutto attraverso la soppressione di enti pubblici le cui funzioni potrebbero essere altresì svolte da altri enti perseguendo altresì l'incremento dell'efficienza dell'azione amministrativa;
l'articolo 29-bis, introdotto dalla Camera e modificato dal Senato, proroga al 30 settembre 2012 i termini e le procedure per la soppressione dell'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione Fondiaria in Puglia e Lucania (EIPLI);
il decreto legge n. 211 del 2011 aveva già precedentemente regolato la fase di soppressione dell'ente a decorrere dall'entrata in vigore del provvedimento (23 dicembre 2011) e da realizzarsi entro i 180 successivi, ovvero entro il 20 giugno 2012, giorno in cui le regioni devono trasferire al soggetto da loro individuato o costituito le funzioni dell'ente disciolto, con le relative risorse umane e strumentali, e trasferire tutti i rapporti attivi e passivi;
l'EIPU era Stato incluso, già con l'articolo 2, comma 636, della legge n. 244 del 2007, nell'elenco degli enti da riordinare o sopprimere per finalità di riduzione delle spese di funzionamento delle amministrazioni pubbliche fissata e che il termine è stato fissato, in un primo momento, al 31 marzo 2009;
il comma 3-bis dell'articolo 3 del decreto-legge n. 171 del 2008, ha prorogato, per il solo EIPLI, al 31 marzo 2010 il termine del 31 marzo 2009 precedentemente stabilito e che tale termine è stato ulteriormente prorogato dapprima al 31 dicembre 2010 dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 194 del 2009 e infine al 31 dicembre 2011 dall'articolo 2, comma 2-quinquiesdecies, del decreto-legge n. 22 del 2010,

impegna il Governo

a valutare con urgenza gli effetti applicativi dell'articolo 29-bis, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sopprimere l'ulteriore proroga ora prevista, sia in ragione della prioritaria necessità di rivedere la struttura degli enti pubblici, sia dell'opportunità di rimodulare, a fronte della grave crisi economica internazionale, la spesa pubblica nazionale.
9/4865-B/52. Simonetti, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
considerato che il provvedimento contiene oltre che una pluralità di proroghe di termini legislativi, varie disposizioni di diversa natura, recanti interventi settoriali o ordinamentali;
considerato che non sono, in particolare, riconducibili ad un provvedimento di proroga termini le disposizioni contenute all'articolo 17 (che prevede la nomina di un commissario straordinario per la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie), all'articolo 18 (in materia di funzionalità dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile), all'articolo 27 (che detta disposizioni in materia di trasporto pubblico locale e di spese per investimenti delle regioni), nonché all'articolo 28 (che reca una autorizzazione di spesa ulteriore a quella già prevista nella legge di stabilità per il 2012 al fine di consentite il rinnovo della convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari);
considerato che la legge n. 400 del 1988 e la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale richiedono che il decreto-legge abbia un contenuto omogeneo e conforme al titolo;
considerato che anche nella recente sentenza n. 22 del 2012 la Corte Costituzionale ha ribadito che: «I cosiddetti decreti "milleproroghe" (...), sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti - pur attinenti ad oggetti e materie diversi - che richiedono interventi regolatori di natura temporale»,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di conformarsi più strettamente, nell'adozione dei prossimi decreti-legge, ai vincoli relativi all'omogeneità di contenuto dei provvedimenti di urgenza.
9/4865-B/53. Di Vizia, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
considerato che il provvedimento contiene alcune disposizioni prive di una immediata precettività, come il comma 15 dell'articolo 29 che demanda ad una ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri la determinazione dei criteri per l'individuazione di soggetti che usufruiscono di determinate agevolazioni fiscali o l'articolo 17 che rinvia alla nomina di un commissario straordinario per la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie;
considerato che la presenza delle citate disposizioni in un decreto-legge ne snatura la funzione costituzionale che è quella di strumento per provvedere a situazione eccezionali di urgenza e necessità con norme di immediata applicazione,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di attenersi più strettamente, nell'adozione dei prossimi decreti-legge, ai caratteri di eccezionale urgenza e necessità propri della decretazione di urgenza, inserendo in tali atti legislativi solamente norme di immediata applicazione.
9/4865-B/54. Isidori, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
valutate le misure introdotte dal provvedimento in esame come insufficienti a garantire lo sviluppo e la crescita;
considerato che:
all'interno del provvedimento in esame e nelle modifiche apportate allo stesso durante la discussione dello stesso al Senato della Repubblica, all'articolo 29, comma 16-duodecies, viene novellato l'articolo 2 del decreto legislativo n. 216 del 2010, recante la determinazione dei fabbisogni standard concernenti alcune delle funzioni fondamentali di comuni e province;
la norma, nello specifico, posticipa al 2013, anziché nell'anno 2012, l'anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica, abrogando la lettera a) del comma 5, ove si dispone che entro il 30 aprile 2012, e come già previsto dal comma 1 dello stesso articolo 29, si dovrà procedere alla determinazione dei fabbisogni standard concernenti almeno un terzo delle funzioni fondamentali di comuni e province, indicando quindi il 31 marzo 2013 quale termine per la determinazione dei fabbisogni standard;
a seguito di tali modifiche i tempi di avvio del periodo transitorio finalizzato al progressivo superamento del criterio della spesa storica nel finanziamento degli enti locali (ora fissato nel 2013) e della sua sostituzione con il criterio dei fabbisogni standard nei termini seguenti vengono posticipati entro il 31 marzo 2013 per la determinazione dei fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni allorché viene previsto come, sempre nel 2013, debbano essere determinati i fabbisogni standard i quali entreranno in vigore con riguardo a tutte le funzioni fondamentali nel 2014;
uno degli obiettivi primari della Lega Nord e del precedente Governo di cui la Lega Nord ha fatto responsabilmente parte, è sempre stato quello di giungere nei tempi più brevi possibili alla completa attuazione del federalismo fiscale, in particolare alla celere introduzione dei costi standard, soprattutto ai fini di una corretta valutazione dei costi delle prestazioni sanitarie e per l'acquisto dei beni e servizi necessari alla loro erogazione;
il graduale passaggio dal criterio della spesa storica a quello del fabbisogno standard è, tra i principi fondamentali della legge delega n.42 del 2009 e si basa su una metodologia fondata da elementi di accompagnamento e condivisione, debitamente strutturata e mirata riguardo all'ambito dei fabbisogni standard, si riuscirà là dove nel passato hanno ripetutamente fallito le formule calate dall'alto;
il Rapporto annuale «Ospedali & Salute/2010» promosso dall'Associazione italiana ospedalità privata (Aiop), ha stimato in dieci miliardi di euro la perdita annua dovuta agli sprechi e alle inefficienze del settore sanitario nazionale, e che tale valore, pari quasi al 10 per cento del totale delle spese sostenute annualmente, evidenzia sia l'importanza di doversi impegnare per eliminare tali sprechi, sia la necessità di dare continuazione alla riforma federalista;
l'attuazione del federalismo fiscale implica, inoltre, il riconoscimento in capo alle regioni di più ampi margini di manovra anche sotto il profilo delle entrate derivanti dall'applicazione e riscossione dei ticket mentre oggi il sistema delle compartecipazioni appare assolutamente caotico;
il federalismo fiscale costituisce, infatti, la modalità principale per razionalizzare e controllare in modo efficace le spese riferite al sistema sanitario nazionale nelle sue articolazioni regionali al fine di porre rimedio alla stortura politica e di finanza pubblica della legge che ha definito i piani di rientro cui sono sottoposte numerose regioni, prevalentemente appartenenti al centro ed al sud del Paese, senza che si sia arrivati ad un effettivo riequilibrio della spesa sanitaria e dell'organizzazione dei servizi. Una spesa che ammonta a quasi l'80 per cento del bilancio delle singole regioni e che deve mirare ad una effettiva erogazione omogenea in termini di qualità e quantità dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, nonché ad una effettiva omogeneità ed equità della spesa per l'acquisto di singoli beni e servizi, a partire dalla semplice siringa per arrivare ai grandi macchinari o agli appalti di servizi, settore in cui sono evidenti le attuali storture che possono far presagire, in alcuni casi, vere e proprie frodi a danno del SSN;
attraverso la rapida introduzione del criterio dei fabbisogni standard sarà possibile il riequilibrio delle funzioni fondamentali del settore sanitario nazionale, così da eliminare le enormi disparità generate in questi decenni dal criterio della spesa storica che, nel corso degli anni, ha determinato gli sprechi e gli sperperi di numerose amministrazioni, soprattutto nelle regioni meridionali,

impegna il Governo

ad attivarsi fattivamente allo scopo di evitare ulteriori proroghe alla determinazione dei fabbisogni standard ed, anzi, ad anticipare possibilmente nei fatti il limite massimo stabilito con la proroga contenuta in questo provvedimento, così da giungere ad un rapido compimento della riforma in senso federalista legata alla definizione dei costi standard sulla base del principio della responsabilità, dell'efficienza e dell'efficacia nell'impiego delle risorse pubbliche riferite al Fondo Sanitario Nazionale in un momento di profonda crisi della finanza pubblica e nel rispetto dell'obiettivo prefissato del raggiungimento dell'equilibrio di bilancio nell'anno 2013.
9/4865-B/55. Martini, Laura Molteni, Rondini, Fabi, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
valutate le misure introdotte come insufficienti a ridurre il livello della spesa pubblica;
premesso che:
la grave crisi economico-finanziaria ha avuto pesanti ripercussioni sull'Europa ed ha inciso negativamente tanto sui settori produttivi, quanto sul livello della spesa della pubblica amministrazione, costringendo peraltro i diversi Governi nazionali ad adottare provvedimenti urgenti e contingenti per la riduzione della stessa;
il precedente Governo si era fattivamente impegnato, in tal senso, prevedendo alcune norme che rimodulassero l'assunzione di personale, soprattutto all'interno della pubblica amministrazione, imponendo, con l'approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010, un blocco totale anche per gli enti che hanno un rapporto tra spese di personale e spese correnti superiore al 40 per cento ed introducendo altresì la regola del turn-over, laddove sarà possibile assumere solamente nel limite del 20 per cento della spesa delle cessazioni intervenute nell'anno precedente;
la stessa norma specifica altresì come qualora il rapporto tra spese di personale e spese correnti sia inferiore al 35 per cento sono ammesse in deroga al 20 per cento le assunzioni per le forze di polizia locale;
all'interno del provvedimento in esame e a seguito della discussione avvenuta al Senato della Repubblica, all'articolo 1 sono previsti ulteriori disposizioni relativamente all'applicazione di specifiche disposizioni, a decorrere dal 2013, in materia di limiti alle assunzioni per il personale educativo e scolastico degli enti locali e di norme in materia di assunzioni di personale in materia di polizia locale,

impegna il Governo

a valutare, in ragione dell'estrema importanza della funzione di polizia locale presso gli enti locali, l'opportunità di ampliare ulteriormente il limite di assunzioni per le forze di polizia locale per gli enti medesimi laddove questi rispettino i parametri di virtuosità, così come individuati dal decreto-legge n. 98 del 21 e successivamente modificati dalla recente Legge di Stabilità 2012.
9/4865-B/56. Montagnoli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini, Vanalli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 28, autorizza la spesa di 7 milioni di euro per il 2012 per consentire la proroga per tutto lo stesso anno della convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998 tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a., titolare dell'emittente Radio radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
con l'articolo 33, comma 38, della legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183 del 2011) era stata autorizzata, al fine della proroga della citata convenzione, la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2012 e a seguito dell'ulteriore autorizzazione di spesa di 7 milioni di euro si porta, dunque, l'importo complessivo destinato nel 2012 al servizio reso da Radio radicale a ben 10 milioni di euro;
considerato che la legge n. 224 del 1998, allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, e confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri sarebbero dovuti essere definiti nel quadro dell'approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni, aveva disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 602 del 1994 (poi decaduto), ed approvata con decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni 21 novembre 1994 tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari;
in relazione al citato rinnovo, l'onere fu quantificato in 11,5 miliardi di lire annui e le successive proroghe triennali sono state autorizzate e finanziate con leggi finanziarie, ad eccezione della penultima, disposta con il decreto-legge n. 194 del 2009 (legge 25/2010). In particolare, per la proroga della convenzione scaduta il 21 novembre 2000, l'articolo 145, comma 20, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000) ha autorizzato la spesa di lire 15 miliardi di lire (circa 7,75 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003; con l'articolo 4, comma 7, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003) è stata autorizzata una spesa di 8,5 milioni di euro per gli anni 2004, 2005 e 2006; con l'articolo 1, comma 1242, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) è stata autorizzata la spesa la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Infine con il decreto-legge n. 194 del 2009 (legge n. 25 del 2010) era stata quotizzata la spesa di 9,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011;
Radio Radicale continua da anni a percepire un consistente contributo statale senza essersi aggiudicata alcuna gara pubblica, nonostante la citata legge n. 224 del 1998 sancisca chiaramente, all'articolo 1, il principio della gara pubblica per garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
peraltro il servizio fornito oggi da Radio Radicale non rappresenta più l'unico modo di poter seguire in diretta i lavori del parlamento esistendo ora canali satellitari e web che trasmettono le dirette dei lavori d'Aula ed, in alcuni casi, di quelli svolti dalle Commissioni Parlamentari,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni atto di competenza teso a dare piena attuazione da quanto previsto dalla legge 11 luglio 1998, n. 224, in materia di affidamento a seguito di gara pubblica del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
a valutare l'opportunità di informare quanto prima il Parlamento circa le modalità attraverso le quali vengono esercitati i controlli da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, e segnatamente dal Dipartimento dell'editoria, affinché i fondi assegnati siano effettivamente destinati alle finalità previste nella convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Centro di produzione s.p.a., titolare dell'emittente Radio radicale.
9/4865-B/57. Mura, Favia, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 23, comma 1-bis, reca talune modifiche alla disciplina dei compensi per gli amministratori rivestiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, introdotta dall'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto decreto «Salva Italia»;
in particolare il citato articolo 23 prevede la proroga dal 26 febbraio 2012 al 31 maggio 2012 del termine per l'adozione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze con cui le società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze stesso, verranno classificate per fasce, per ciascuna delle quali verrà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società dovranno fare riferimento;
inoltre, detto articolo 23 introduce la previsione che il Consiglio di amministrazione deve riferire all'assemblea ordinaria in merito alla politica adottata in materia di retribuzione degli amministratori con deleghe, anche in termini di conseguimento degli obiettivi agli stessi affidati con riferimento alla parte variabile della stessa retribuzione;
la proroga in questione, secondo quanto si evince dalla relazione tecnica, si renderebbe necessaria stante l'elevato numero delle società interessate a tale classificazione al fine di consentire un'approfondita valutazione delle caratteristiche delle medesime al fine assicurare la corretta applicazione del decreto cosiddetto Salva Italia;
considerato che detta norma appare particolarmente odiosa e criticabile sia perché proroga di ulteriori 90 giorni il termine entro il quale dovrà essere fissato il tetto massimo di retribuzione dei manager delle società non quotate ma controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, sia perché subordina la corresponsione di una componente variabile di retribuzione al conseguimento di non ben specificati obiettivi determinati preventivamente dallo stesso consiglio di amministrazione;
con interventi normativi di questo genere sarà impossibile rafforzare il credito di fiducia che i Paesi dell'Eurozona e gli investitori internazionali decideranno di accordare al nostro Paese: un Paese che, di rinvio in rinvio, non riesce ancora ad imporre un tetto pari a circa 300.000 euro lordi ai manager pubblici italiani,

impegna il Governo:

a porre in esser ogni atto di competenza volto a far sì che gli emolumenti degli amministratori con deleghe delle società non quotate controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze non debbano superare complessivamente il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione;
a porre in essere adeguate iniziative normative volte a prevedere che la corresponsione della componente variabile di retribuzione degli amministratori con deleghe delle società non quotate controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze sia legata al raggiungimento di specifici obiettivi legati al conseguimento di utili di esercizio o di riduzione di perdite della società stessa.
9/4865-B/58. Borghesi, Donadi, Favia, Mura.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 23, comma 1-bis, reca talune modifiche alla disciplina dei compensi per gli amministratori rivestiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, introdotta dall'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto decreto «Salva Italia»;
in particolare il citato articolo 23 prevede la proroga dal 26 febbraio 2012 al 31 maggio 2012 del termine per l'adozione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze con cui le società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze stesso, verranno classificate per fasce, per ciascuna delle quali verrà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società dovranno fare riferimento;
inoltre, detto articolo 23 introduce la previsione che il Consiglio di amministrazione deve riferire all'assemblea ordinaria in merito alla politica adottata in materia di retribuzione degli amministratori con deleghe, anche in termini di conseguimento degli obiettivi agli stessi affidati con riferimento alla parte variabile della stessa retribuzione;
la proroga in questione, secondo quanto si evince dalla relazione tecnica, si renderebbe necessaria stante l'elevato numero delle società interessate a tale classificazione al fine di consentire un'approfondita valutazione delle caratteristiche delle medesime al fine assicurare la corretta applicazione del decreto cosiddetto Salva Italia;
considerato che detta norma appare particolarmente odiosa e criticabile sia perché proroga di ulteriori 90 giorni il termine entro il quale dovrà essere fissato il tetto massimo di retribuzione dei manager delle società non quotate ma controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, sia perché subordina la corresponsione di una componente variabile di retribuzione al conseguimento di non ben specificati obiettivi determinati preventivamente dallo stesso consiglio di amministrazione;
con interventi normativi di questo genere sarà impossibile rafforzare il credito di fiducia che i Paesi dell'Eurozona e gli investitori internazionali decideranno di accordare al nostro Paese: un Paese che, di rinvio in rinvio, non riesce ancora ad imporre un tetto pari a circa 300.000 euro lordi ai manager pubblici italiani,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni atto di competenza volto a far sì che gli emolumenti degli amministratori con deleghe delle società non quotate controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze non debbano superare complessivamente il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione, con riferimento alle peculiari condizioni di dette società;
a porre in essere adeguate iniziative normative volte a prevedere che la corresponsione della componente variabile di retribuzione degli amministratori con deleghe delle società non quotate controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze sia legata al raggiungimento di specifici obiettivi legati al conseguimento di utili di esercizio o di riduzione di perdite della società stessa.
9/4865-B/58. (Testo modificato nel corso della seduta)Borghesi, Donadi, Favia, Mura.

La Camera,
premesso che:
il Senato in sede di esame del decreto-legge in oggetto ha introdotto una norma che autorizza l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, a prorogare per il tempo necessario, e comunque non oltre il 31 dicembre 2012 gli incarichi dirigenziali in scadenza il 31 dicembre 2011, nel limite massimo di tre unità;
la proroga è stata disposta per consentire la conclusione delle procedure di reclutamento a tempo indeterminato previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 novembre 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 30 del 2011), che ha autorizzato le Amministrazioni di cui alla tabella allegata ad avviare, nel triennio 2010-2012, le procedure di reclutamento indicate a fianco di ciascuna amministrazione;
l'allegato specifica che l'Agea può bandire un concorso per tre posti di dirigenti di 2a fascia;
l'Agea ha bandito tale concorso il 25 ottobre 2011, pubblicato l'11 novembre 2011 in Gazzetta Ufficiale n. 89 Serie Concorsi;
l'onere conseguente all'applicazione della proroga è stimato in un importo non superiore a 530.000 euro per l'anno 2012;
l'effetto in termini di fabbisogno ed indebitamento netto della pubblica amministrazione, valutabile in circa 300.000 euro, viene coperto mediante riduzione del Fondo per l'attualizzazione dei contributi pluriennali;
non risultano esser chiare le imputazioni dell'onere e le relative modalità di calcolo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di accelerare l'espletamento delle procedure concorsuali anche prima del 31 dicembre 2012 e a far chiarezza sui reali costi previsti per la proroga degli incarichi dirigenziali.
9/4865-B/59. Di Giuseppe, Messina, Rota.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame in Commissione, alla Camera, in prima lettura, è stato approvato un emendamento che autorizzava l'inserimento nelle graduatorie del personale abilitato, laureato presso i corsi di laurea delle facoltà di Scienze della formazione primaria e specializzato presso i Conservatori e le Accademie (Articolo 14, comma 2-ter);
a questi docenti non era stato illegittimamente consentito l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, sebbene fossero in possesso dell'abilitazione come tutti gli altri;
pertanto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 9, comma 20, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, la proposta emendativa mirava a prorogare, in favore di alcune categorie di personale docente, i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
l'esigenza di tale proroga risultava, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana, dalla necessità di sanare una evidente disparità di trattamento tra personale in possesso di pari titolo abilitante, permettendo ai docenti che hanno conseguito o che stanno per conseguire il titolo abilitante tramite procedure di reclutamento autorizzate prima dell'approvazione del nuovo regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti (decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249) di godere degli stessi diritti costituzionali dei docenti per i quali il Parlamento consenti l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento nell'anno 2009 (articolo 5-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169);
sempre durante l'esame alla Camera è stato accolto un ordine del giorno IDV, che addirittura impegnava il Governo ad intervenire affinché i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, fossero prorogati anche per i partecipanti ai corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn. 21 e 85 del 2005, rimasti esclusi;
inspiegabilmente, durante l'esame del provvedimento al Senato, la disposizione introdotta è stata sensibilmente ridimensionata e modificata nel senso che, nel ribadire che le graduatorie ad esaurimento restano chiuse, istituisce una fascia aggiuntiva, assottigliano ulteriormente la platea dei beneficiari, anziché ampliarla,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi, nelle sedi opportune, affinché coloro i quali si siano iscritti al corso di laurea in scienze della formazione primaria, negli stessi anni previsti dalla norma succitata (articolo 14, comma 2-ter) possano essere inseriti, con riserva, nella fascia aggiuntiva alle graduatorie cosiddette ad esaurimento, intendendo la riserva sciolta al conseguimento dell'abilitazione e, anche sulla base dell'impegno preso in sede di esame alla Camera, consentire anche ai docenti abilitati che hanno frequentato i corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn. 21 del 2005 e 85 del 2005 l'inserimento nella suddetta fascia aggiuntiva.
9/4865-B/60.Zazzera, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 16-terdecies del provvedimento al nostro esame consente di "sterilizzare" le minusvalenze da titoli di Stato nel patrimonio delle compagnie assicurative che non adottano i principi contabili internazionali (regolate dall'articolo 91, comma 2, del Codice delle assicurazioni - decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209): si consente la possibilità di valutare questi titoli «in base al valore di iscrizione» anziché al «valore desumibile dall'andamento del mercato», ad eccezione delle «perdite di carattere durevole»;
si vuole anche impedire che il quadro normativo rappresenti un ostacolo all'acquisto ed alla detenzione dei titoli del debito sovrano da parte delle imprese di assicurazione;
le compagnie sono, infatti, tra i più grandi investitori in titoli di Stato. Il loro portafoglio ammonta a circa 200 miliardi di euro e non l'hanno alleggerito neppure nei mesi scorsi, nelle fasi più acute dell'attacco al debito pubblico italiano. Una «fedeltà» che, peraltro, ha evitato ai loro clienti di incappare in perdite significative. Ciò che invece sarebbe accaduto nel caso di vendite;
la situazione da allora è migliorata ed al momento (febbraio 2012) - sono stime di mercato - le compagnie hanno minusvalenze su titoli di Stato per circa 5 miliardi incorporate nei loro portafogli. Somma che rappresenta un ammontare addirittura più circoscritto rispetto a quello contabilizzato a fine 2010 (intorno ai 6 miliardi);
la misura proroga, infatti, il decreto varato nel settembre scorso dall'Isvap in scadenza con i bilanci del 2011. Quel provvedimento limitava al 30 per cento del margine di solvibilità da costituire - sia quello sui bilanci individuali che quello «corretto» sui bilanci consolidati - l'ammontare massimo delle minusvalenze che potevano essere sterilizzate. Il nuovo testo del decreto «mille proroghe», invece, consente di superare quel limite;
la misura può essere applicata dall'esercizio 2012 (per il 2011 aveva già provveduto con proprio regolamento l'Isvap) e fino all'entrata in vigore della direttiva 2009/138/CE (il 2014, secondo l'attuale calendario di marcia). Si tratta della Direttiva Solvibilità II che modificherà radicalmente i requisiti patrimoniali previsti per il mercato assicurativo europeo;
nello stesso tempo, dovranno destinare «a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla differenza» tra i valori registrati e quelli di mercato alla data di chiusura dell'esercizio, al netto dell'onere fiscale. In caso di utili di importo inferiore la riserva sarà integrata utilizzando riserve di utili disponibili, o in mancanza, con utili di esercizi successivi;
il provvedimento al nostro esame interviene dunque sul regime opzionale di valutazione dei titoli sovrani, in una logica di continuità con le misure di natura anticiclica già adottate per limitare nel settore assicurativo la propagazione della crisi finanziaria, ciò che l'EBA - l'European Banking Authority - non ha fatto per gli istituti di credito;
l'Autorità bancaria europea (European Banking Authority - EBA) è un organismo dell'Unione europea con sede a Londra, operativa a partire dal gennaio 2011, data in cui ha sostituito il Comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria (Committee of european banking supervisors - Cebs). Obiettivo primario dell'Autorità bancaria europea, dotata di personalità giuridica, è quello di proteggere l'interesse pubblico, contribuendo alla stabilità e all'efficacia del sistema finanziario a beneficio dell'economia dell'Unione europea, dei suoi cittadini e delle sue imprese;
gli stress test sui requisiti patrimoniali delle banche europee sono stati condotti dall'Autorità bancaria europea e dalle autorità di vigilanza nazionali degli Stati membri dell'Unione europea, in stretta collaborazione con il Comitato europeo per il rischio sistemico (Esrb), la Banca centrale europea (Bce) e la Commissione europea;
i cinque gruppi bancari italiani che hanno partecipato allo stress test europeo (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Ubi Banca) hanno superato con ampio margine il valore di riferimento del 5 per cento. Le banche coinvolte rappresentavano oltre il 62 per cento del totale dell'attivo del sistema bancario nazionale. L'esercizio ha confermato l'adeguatezza della capitalizzazione delle banche italiane e la capacità di assorbire l'impatto di un forte deterioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato;
l'Autorità bancaria europea ha chiesto di aumentare il «Core Tier 1» delle banche entro giugno 2012 al 9 per cento;
per la valutazione del rischio, l'Autorità bancaria europea ha usato il criterio mark to market (analoga metodologia che ha alimentato la bolla pre-Lehman Brothers) ossia l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli ma il prezzo corrente di mercato, che ha messo in moto per i Btp, già in crisi di spread, un meccanismo deleterio per le banche che, qualora volessero evitare la ricapitalizzazione, dovrebbero vendere i titoli, deprezzati del 15-20 per cento del valore nominale, con effetti dirompenti sia sui mercati che sulle fortissime minusvalenze dei conti;
questa decisione dell'Autorità bancaria europea, invece di dimostrare equilibrio ed equità, ha finito per penalizzare il sistema bancario italiano che ha meno titoli tossici e strumenti derivati rispetto alle banche francesi o tedesche;
il sistema creditizio italiano, tra i suoi asset, ha titoli di Stato italiani per 160 miliardi di euro e titoli di Stato degli altri Paesi «Pigs» per 3 miliardi di euro. A fronte di questo, le nostre banche hanno titoli «tossici» (essenzialmente mutui subprime per una quota pari al 6,8 per cento del patrimonio di vigilanza, contro una media europea del 65,3 per cento. Secondo le nuove norme di valutazione degli asset stabilite dall'Autorità bancaria europea, si è al paradosso: i titoli di Stato in portafoglio vengono considerati «tossici» per le banche italiane, peggio di quanto non lo siano i subprime per le banche straniere;
le banche italiane hanno dovuto subire, di conseguenza, un abbassamento dei propri indici patrimoniali, mentre gli istituti francesi e tedeschi, peraltro assai più gravati rispetto alle banche italiane dai titoli di Stato greci, hanno potuto, grazie ai criteri sopraesposti, largamente coprire le minusvalenze derivanti dal loro abbassamento di valore. Se si fosse adottato invece un criterio di valutazione basato sul valore di realizzo a scadenza - o quanto meno mediato e temperato con esso - la situazione poteva essere diversa: adesso non sarebbe così stringente l'obbligo per gli istituti di credito primari italiani (Monte dei Paschi di Siena, UniCredit) di dover ricorrere a una forzosa e tutt'altro che facile ricapitalizzazione;
finché l'Autorità bancaria europea, tuttavia, tiene fermo l'obbligo, per le banche, di valutare alle quotazioni correnti tutti i titoli pubblici dei loro portafogli, e non solo quelli disponibili per la vendita, le banche rischiano di avvitarsi in una spirale di svalutazioni e aumenti di capitale. Ma se le banche (e le assicurazioni) italiane non ritirano più la solita quantità di titoli di Stato, l'opera del Governo per ristabilire la fiducia nel debitore Italia può venire vanificata. Non serve, in queste condizioni, fare manovre che penalizzano duramente i cittadini per cercare di ridurre il differenziale dei nostri Btp con i Bund tedeschi, se il compratore principe - il sistema creditizio - tenuto ad una gestione prudente del proprio capitale di riserva, non può comprare titoli del tesoro italiani;
queste circostanze hanno reso ancor più difficile l'accesso al credito per molte piccole e medie imprese. Per esse, in pratica, il canale del credito risulta bloccato,

impegna il Governo

ad intervenire in tutte le sedi europee necessarie per ottenere la revisione del criterio che vede l'attribuzione ai titoli di Stato non del valore nominale o cedolare, ma del loro prezzo corrente di mercato, criterio che penalizza pesantemente gli istituti di credito italiani.
9/4865-B/61.Porcino, Barbato, Messina, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29, comma 16-terdecies del provvedimento al nostro esame consente di "sterilizzare" le minusvalenze da titoli di Stato nel patrimonio delle compagnie assicurative che non adottano i principi contabili internazionali (regolate dall'articolo 91, comma 2, del Codice delle assicurazioni - decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209): si consente la possibilità di valutare questi titoli «in base al valore di iscrizione» anziché al «valore desumibile dall'andamento del mercato», ad eccezione delle «perdite di carattere durevole»;
si vuole anche impedire che il quadro normativo rappresenti un ostacolo all'acquisto ed alla detenzione dei titoli del debito sovrano da parte delle imprese di assicurazione;
le compagnie sono, infatti, tra i più grandi investitori in titoli di Stato. Il loro portafoglio ammonta a circa 200 miliardi di euro e non l'hanno alleggerito neppure nei mesi scorsi, nelle fasi più acute dell'attacco al debito pubblico italiano. Una «fedeltà» che, peraltro, ha evitato ai loro clienti di incappare in perdite significative. Ciò che invece sarebbe accaduto nel caso di vendite;
la situazione da allora è migliorata ed al momento (febbraio 2012) - sono stime di mercato - le compagnie hanno minusvalenze su titoli di Stato per circa 5 miliardi incorporate nei loro portafogli. Somma che rappresenta un ammontare addirittura più circoscritto rispetto a quello contabilizzato a fine 2010 (intorno ai 6 miliardi);
la misura proroga, infatti, il decreto varato nel settembre scorso dall'Isvap in scadenza con i bilanci del 2011. Quel provvedimento limitava al 30 per cento del margine di solvibilità da costituire - sia quello sui bilanci individuali che quello «corretto» sui bilanci consolidati - l'ammontare massimo delle minusvalenze che potevano essere sterilizzate. Il nuovo testo del decreto «mille proroghe», invece, consente di superare quel limite;
la misura può essere applicata dall'esercizio 2012 (per il 2011 aveva già provveduto con proprio regolamento l'Isvap) e fino all'entrata in vigore della direttiva 2009/138/CE (il 2014, secondo l'attuale calendario di marcia). Si tratta della Direttiva Solvibilità II che modificherà radicalmente i requisiti patrimoniali previsti per il mercato assicurativo europeo;
nello stesso tempo, dovranno destinare «a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla differenza» tra i valori registrati e quelli di mercato alla data di chiusura dell'esercizio, al netto dell'onere fiscale. In caso di utili di importo inferiore la riserva sarà integrata utilizzando riserve di utili disponibili, o in mancanza, con utili di esercizi successivi;
il provvedimento al nostro esame interviene dunque sul regime opzionale di valutazione dei titoli sovrani, in una logica di continuità con le misure di natura anticiclica già adottate per limitare nel settore assicurativo la propagazione della crisi finanziaria, ciò che l'EBA - l'European Banking Authority - non ha fatto per gli istituti di credito;
l'Autorità bancaria europea (European Banking Authority - EBA) è un organismo dell'Unione europea con sede a Londra, operativa a partire dal gennaio 2011, data in cui ha sostituito il Comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria (Committee of european banking supervisors - Cebs). Obiettivo primario dell'Autorità bancaria europea, dotata di personalità giuridica, è quello di proteggere l'interesse pubblico, contribuendo alla stabilità e all'efficacia del sistema finanziario a beneficio dell'economia dell'Unione europea, dei suoi cittadini e delle sue imprese;
gli stress test sui requisiti patrimoniali delle banche europee sono stati condotti dall'Autorità bancaria europea e dalle autorità di vigilanza nazionali degli Stati membri dell'Unione europea, in stretta collaborazione con il Comitato europeo per il rischio sistemico (Esrb), la Banca centrale europea (Bce) e la Commissione europea;
i cinque gruppi bancari italiani che hanno partecipato allo stress test europeo (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Ubi Banca) hanno superato con ampio margine il valore di riferimento del 5 per cento. Le banche coinvolte rappresentavano oltre il 62 per cento del totale dell'attivo del sistema bancario nazionale. L'esercizio ha confermato l'adeguatezza della capitalizzazione delle banche italiane e la capacità di assorbire l'impatto di un forte deterioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato;
l'Autorità bancaria europea ha chiesto di aumentare il «Core Tier 1» delle banche entro giugno 2012 al 9 per cento;
per la valutazione del rischio, l'Autorità bancaria europea ha usato il criterio mark to market (analoga metodologia che ha alimentato la bolla pre-Lehman Brothers) ossia l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli ma il prezzo corrente di mercato, che ha messo in moto per i Btp, già in crisi di spread, un meccanismo deleterio per le banche che, qualora volessero evitare la ricapitalizzazione, dovrebbero vendere i titoli, deprezzati del 15-20 per cento del valore nominale, con effetti dirompenti sia sui mercati che sulle fortissime minusvalenze dei conti;
questa decisione dell'Autorità bancaria europea, invece di dimostrare equilibrio ed equità, ha finito per penalizzare il sistema bancario italiano che ha meno titoli tossici e strumenti derivati rispetto alle banche francesi o tedesche;
il sistema creditizio italiano, tra i suoi asset, ha titoli di Stato italiani per 160 miliardi di euro e titoli di Stato degli altri Paesi «Pigs» per 3 miliardi di euro. A fronte di questo, le nostre banche hanno titoli «tossici» (essenzialmente mutui subprime per una quota pari al 6,8 per cento del patrimonio di vigilanza, contro una media europea del 65,3 per cento. Secondo le nuove norme di valutazione degli asset stabilite dall'Autorità bancaria europea, si è al paradosso: i titoli di Stato in portafoglio vengono considerati «tossici» per le banche italiane, peggio di quanto non lo siano i subprime per le banche straniere;
le banche italiane hanno dovuto subire, di conseguenza, un abbassamento dei propri indici patrimoniali, mentre gli istituti francesi e tedeschi, peraltro assai più gravati rispetto alle banche italiane dai titoli di Stato greci, hanno potuto, grazie ai criteri sopraesposti, largamente coprire le minusvalenze derivanti dal loro abbassamento di valore. Se si fosse adottato invece un criterio di valutazione basato sul valore di realizzo a scadenza - o quanto meno mediato e temperato con esso - la situazione poteva essere diversa: adesso non sarebbe così stringente l'obbligo per gli istituti di credito primari italiani (Monte dei Paschi di Siena, UniCredit) di dover ricorrere a una forzosa e tutt'altro che facile ricapitalizzazione;
finché l'Autorità bancaria europea, tuttavia, tiene fermo l'obbligo, per le banche, di valutare alle quotazioni correnti tutti i titoli pubblici dei loro portafogli, e non solo quelli disponibili per la vendita, le banche rischiano di avvitarsi in una spirale di svalutazioni e aumenti di capitale. Ma se le banche (e le assicurazioni) italiane non ritirano più la solita quantità di titoli di Stato, l'opera del Governo per ristabilire la fiducia nel debitore Italia può venire vanificata. Non serve, in queste condizioni, fare manovre che penalizzano duramente i cittadini per cercare di ridurre il differenziale dei nostri Btp con i Bund tedeschi, se il compratore principe - il sistema creditizio - tenuto ad una gestione prudente del proprio capitale di riserva, non può comprare titoli del tesoro italiani;
queste circostanze hanno reso ancor più difficile l'accesso al credito per molte piccole e medie imprese. Per esse, in pratica, il canale del credito risulta bloccato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire in tutte le sedi europee necessarie per ottenere la revisione del criterio che vede l'attribuzione ai titoli di Stato non del valore nominale o cedolare, ma del loro prezzo corrente di mercato, criterio che penalizza pesantemente gli istituti di credito italiani.
9/4865-B/61.(Testo modificato nel corso della seduta)Porcino, Barbato, Messina, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone una proroga di ben due anni del termine fissato per completare gli adempimenti relativi alla messa a norma delle strutture ricettive con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 9 aprile 1994, che non abbiano completato l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e siano ammesse, a domanda, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
in precedenza, il testo approvato dalla Camera dei deputati fissava detto termine al 31 dicembre 2012;
la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento rileva che tale adeguamento, se non sostenuto da mirati interventi, rischia di compromettere l'esercizio di numerose attività (circa 14 mila strutture) in un settore di assoluto rilievo per il Paese;
la relazione sottolinea, in ogni caso, che un'ennesima semplice proroga del termine in scadenza non è più percorribile, tenuto anche conto della procedura di infrazione per il non corretto recepimento della direttiva 89/391/CE, avviata il 29 settembre scorso dalla Commissione europea che, tra l'altro, ha censurato le proroghe che si susseguono ormai dal 2001 e che stanno procrastinando all'infinito l'applicazione delle disposizioni di sicurezza antincendio,

impegna il Governo

a porre in essere adeguate iniziative, anche normative, finalizzate a favorire il sollecito completamento dell'adeguamento delle strutture ricettive alle disposizioni di prevenzione incendi, consentendone così la messa in sicurezza e salvaguardandone altresì l'attività di impresa ed il relativo «indotto», unitamente all'incolumità delle persone.
9/4865-B/62.Cimadoro, Piffari.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame interviene in materia di lavoratori esposti all'amianto;
la sentenza del 13 febbraio scorso di Casale Monferrato, che a 25 anni dalla chiusura dell'Eternit ha condannato i proprietari della multinazionale per disastro doloso e omissione di misure di soccorso, ha riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica il dramma legato all'amianto e alla sua presenza sul nostro territorio;
l'amianto è stato, fino a pochi anni fa, un materiale molto utilizzato per edifici, tetti, navi, treni e, in particolare, come materiale per l'edilizia (tegole, pavimenti, tubazioni, vernici);
le polveri di amianto, respirate, provocano infatti l'asbestosi, nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare. Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano. Non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell'aria non sia pericolosa: teoricamente l'inalazione anche di una sola fibra può causare il mesotelioma ed altre patologie mortali, tuttavia un'esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarle;
secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l'Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9 mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70 per cento delle volte è stata professionale;
un Rapporto del WWF dello scorso anno ha evidenziato l'estrema diffusione di eternit/amianto, troppo spesso abbandonato sul nostro territorio e non ancora censito;
si tratta per lo più delle diffusissime, negli anni '70, lastre di eternit che ora si trovano abbandonate sul terreno e nelle aree di esondazione fluviale. Dei tratti fluviali censiti dal WWF ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit; nel fiume Volturno delle 65 discariche rilevate, oltre la metà erano interessate da materiale con amianto;
lo smaltimento di questa sostanza ha un costo elevato: rimuovere amianto compatto costa circa 10-15 euro a metro quadrato, ma quando lo si trova in situazioni più complesse come ad esempio per rivestimenti di tubi in una cantina i costi lievitano vertiginosamente;
le discariche sono insufficienti, come ad esempio in Lombardia dove pare vi siano ancora 2 milioni e 800 mila metri cubi di materiali con fibre velenose (dati dell'Arpa Lombardia);
oltre a questo, va considerata la presenza di amianto in moltissime strutture ed edifici, pubblici e privati, comprese molte scuole del nostro Paese. Edifici e strutture che dovrebbero essere bonificate e messe in sicurezza. Secondo alcune stime nelle aree urbane italiane vi sarebbero circa 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire (fonte CNR);
per molti anni il rischio di esposizione alle fibre di amianto è stato legato soltanto ai lavoratori del settore e, solo a partire dagli anni ottanta, l'attenzione si è spostata sulle esposizioni non professionali e sulla possibilità di considerare l'amianto un contaminante ambientale. Sulla base di queste considerazioni, oltre alla Legge 257/92, che vieta nel nostro Paese l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, sono stati emanati decreti e circolari applicative con l'obiettivo di gestire il potenziale pericolo derivato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture;
il censimento del WWF ha evidenzia come il pericolo si stia ampliando e diffondendo in modo capillare su tutto il territorio con un elevatissimo rischio per la popolazione; non vi sono solo poche grandi discariche dove concentrare l'attenzione e la bonifica (peraltro già complicata e in deficit di finanziamenti), ma una miriade di depositi anche di poche lastre di eternit e di altri materiali contenenti amianto, ma egualmente nocive, distribuite per tutto il Paese;
le istituzioni devono prendere coscienza di questo gravissimo problema cambiando innanzitutto le modalità di smaltimento dei rifiuti contenenti amianto. Ormai è chiaro che pretendere che per lo smaltimento di vecchie onduline di eternit o di tubi contenenti da fibre di asbesto venga pagato dai privati, ha come conseguenza l'abbandono del materiale pericoloso nell'ambiente;
secondo quanto denuncia Legambiente in Italia ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di cemento amianto, ma mancano impianti di smaltimento e discariche. Si tratta comunque di un censimento ancora parziale: ad oggi solo 13 Regioni, alle quali era stato dato compito di stabilire, entro 180 giorni, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, hanno approvato un Piano Regionale Amianto,

impegna il Governo:

ad attivarsi, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di giungere a un censimento completo su tutto il territorio nazionale, per la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati;
a verificare ed integrare le discariche di amianto autorizzate per consentire l'adeguato stoccaggio in sicurezza di questo pericolosissimo materiale;
ad applicare con maggior rigore la normativa vigente stanziando adeguati finanziamenti per le costose ma assolutamente indispensabili opere di bonifica, a cominciare dagli ancora numerosissimi edifici pubblici e privati contenenti amianto;
ad attivarsi al fine di sollecitare le regioni riguardo ai ritardi sulla mappatura e sulla predisposizione e approvazione dei Piani regionali di bonifica dall'amianto.
9/4865-B/63.Palagiano, Piffari.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame interviene in materia di lavoratori esposti all'amianto;
la sentenza del 13 febbraio scorso di Casale Monferrato, che a 25 anni dalla chiusura dell'Eternit ha condannato i proprietari della multinazionale per disastro doloso e omissione di misure di soccorso, ha riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica il dramma legato all'amianto e alla sua presenza sul nostro territorio;
l'amianto è stato, fino a pochi anni fa, un materiale molto utilizzato per edifici, tetti, navi, treni e, in particolare, come materiale per l'edilizia (tegole, pavimenti, tubazioni, vernici);
le polveri di amianto, respirate, provocano infatti l'asbestosi, nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare. Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano. Non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell'aria non sia pericolosa: teoricamente l'inalazione anche di una sola fibra può causare il mesotelioma ed altre patologie mortali, tuttavia un'esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarle;
secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l'Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9 mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70 per cento delle volte è stata professionale;
un Rapporto del WWF dello scorso anno ha evidenziato l'estrema diffusione di eternit/amianto, troppo spesso abbandonato sul nostro territorio e non ancora censito;
si tratta per lo più delle diffusissime, negli anni '70, lastre di eternit che ora si trovano abbandonate sul terreno e nelle aree di esondazione fluviale. Dei tratti fluviali censiti dal WWF ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit; nel fiume Volturno delle 65 discariche rilevate, oltre la metà erano interessate da materiale con amianto;
lo smaltimento di questa sostanza ha un costo elevato: rimuovere amianto compatto costa circa 10-15 euro a metro quadrato, ma quando lo si trova in situazioni più complesse come ad esempio per rivestimenti di tubi in una cantina i costi lievitano vertiginosamente;
le discariche sono insufficienti, come ad esempio in Lombardia dove pare vi siano ancora 2 milioni e 800 mila metri cubi di materiali con fibre velenose (dati dell'Arpa Lombardia);
oltre a questo, va considerata la presenza di amianto in moltissime strutture ed edifici, pubblici e privati, comprese molte scuole del nostro Paese. Edifici e strutture che dovrebbero essere bonificate e messe in sicurezza. Secondo alcune stime nelle aree urbane italiane vi sarebbero circa 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire (fonte CNR);
per molti anni il rischio di esposizione alle fibre di amianto è stato legato soltanto ai lavoratori del settore e, solo a partire dagli anni ottanta, l'attenzione si è spostata sulle esposizioni non professionali e sulla possibilità di considerare l'amianto un contaminante ambientale. Sulla base di queste considerazioni, oltre alla Legge 257/92, che vieta nel nostro Paese l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, sono stati emanati decreti e circolari applicative con l'obiettivo di gestire il potenziale pericolo derivato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture;
il censimento del WWF ha evidenzia come il pericolo si stia ampliando e diffondendo in modo capillare su tutto il territorio con un elevatissimo rischio per la popolazione; non vi sono solo poche grandi discariche dove concentrare l'attenzione e la bonifica (peraltro già complicata e in deficit di finanziamenti), ma una miriade di depositi anche di poche lastre di eternit e di altri materiali contenenti amianto, ma egualmente nocive, distribuite per tutto il Paese;
le istituzioni devono prendere coscienza di questo gravissimo problema cambiando innanzitutto le modalità di smaltimento dei rifiuti contenenti amianto. Ormai è chiaro che pretendere che per lo smaltimento di vecchie onduline di eternit o di tubi contenenti da fibre di asbesto venga pagato dai privati, ha come conseguenza l'abbandono del materiale pericoloso nell'ambiente;
secondo quanto denuncia Legambiente in Italia ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di cemento amianto, ma mancano impianti di smaltimento e discariche. Si tratta comunque di un censimento ancora parziale: ad oggi solo 13 Regioni, alle quali era stato dato compito di stabilire, entro 180 giorni, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, hanno approvato un Piano Regionale Amianto,

impegna il Governo:

ad attivarsi, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di giungere a un censimento completo su tutto il territorio nazionale, per la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati;
ad applicare con maggior rigore la normativa vigente stanziando adeguati finanziamenti per le costose ma assolutamente indispensabili opere di bonifica, a cominciare dagli ancora numerosissimi edifici pubblici e privati contenenti amianto;
ad attivarsi al fine di sollecitare le regioni riguardo ai ritardi sulla mappatura e sulla predisposizione e approvazione dei Piani regionali di bonifica dall'amianto.
9/4865-B/63.(Testo modificato nel corso della seduta)Palagiano, Piffari.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del disegno di legge in esame, prevede tra l'altro, un ennesimo ulteriore differimento del termine entro cui deve essere stilato un apposito elenco con le dighe da sottoporre a verifica sismica e idraulica in conseguenza della variata classificazione sismica dei siti e ai fini della valutazione delle condizioni di sicurezza delle dighe stesse;
con il decreto legge 79/2004 si prevedeva infatti che entro il 30 aprile del 2004, il Registro italiano dighe, ai fini della valutazione delle condizioni di sicurezza delle dighe esistenti, dovesse determinare, con apposito elenco, le dighe da sottoporre a verifica sismica ed idraulica;
nonostante l'importanza della suddetta norma, in questi anni si è assistito a un continuo rinvio dell'attuazione di quanto previsto dal suddetto decreto 79/2004; rinvio confermato ancora una volta dall'articolo 3 del disegno di legge in esame;
è importante sottolineare che in materia di messa in sicurezza delle grandi dighe, il recente decreto legge 201/2011, il cosiddetto decreto «Salva Italia», all'articolo 43 ha disposto che entro il 31 dicembre 2012, il Ministero dello Sviluppo economico delle Infrastrutture e dei Trasporti, individui in ordine di priorità, le dighe per le quali sia necessaria e urgente la progettazione e la realizzazione di interventi di adeguamento o miglioramento della sicurezza, a carico dei concessionari o richiedenti la concessione, fissandone i tempi di esecuzione;
la medesima norma prevede soprattutto che detta individuazione avvenga anche sulla base dei risultati delle verifiche di cui al decreto legge n. 79/2004, vale a dire delle medesime verifiche contemplate dall'articolo in esame e ora oggetto di nuova proroga. È quindi evidente che ai fini dell'attuazione della norma contenuta nel decreto «Salva Italia», è indispensabile portare finalmente a conclusione quanto previsto dal suddetto decreto legge n. 79/2004,

impegna il Governo

a non prorogare ulteriormente il termine del 31 dicembre 2012 disposto dall'articolo 3 del disegno di legge in esame, al fine di consentire la piena attuazione degli interventi di adeguamento e messa in sicurezza delle grandi dighe previsti dall'articolo 43, comma 7, del decreto legge n. 201/2011.
9/4865-B/64.Piffari, Paladini, Mura.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone norme in ordine alle posizioni di comando e fuori ruolo ed in ordine alle assunzioni di determinato personale del Corpo dei Vigili del Fuoco;
molto elogiato ma poco premiato con atti concreti, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre a rappresentare una delle realtà più vicine ed importanti per i cittadini, è garanzia, con la sua presenza, di sicurezza, in molte occasioni rivelatasi determinante per la salvezza di tante vite umane;
se l'operatività del Corpo è sempre prontamente attiva ed efficiente, un grande merito è anche da attribuire alle figure del personale cosiddetto «discontinuo» - da tradursi in «precario» - che ha superato le oltre 20.000 unità ed è impiegato precariamente da molti anni per sopperire alle gravi carenze in pianta organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - ormai indispensabile per il funzionamento del dispositivo di soccorso tecnico urgente;
misure di rigore e severità economica hanno imposto al Corpo riduzioni molto consistenti che, in particolare, si riverseranno, in particolare da quest'anno, sul personale volontario che sarà lasciato a casa, privando i cittadini italiani di un servizio di sicurezza indispensabile, mettendo in discussione la protezione reale del territorio italiano a fronte, tra l'altro, del dissesto in cui si trova;
da oltre venti anni l'utilizzo di tale personale precario non avviene in forza di situazioni eccezionali - come prescritto dalla normativa vigente - e tale situazione ha determinato la presentazione innanzi al tribunale del lavoro di diverse centinaia di ricorsi e le prime condanne al risarcimento sono già arrivate, in quanto è stata evidenziata l'illegittimità del comportamento della pubblica amministrazione;
la pur disponibilità dichiarata in quest'Aula dal ministro competente e, nel Dicembre u.s., l'incontro del ministro con una delegazione del suddetto personale, non ha trovato corrispondenze nel provvedimento in titolo;
è opinione del firmatario del presente atto di indirizzo che l'assenza di disposizioni di interesse del personale cosiddetto «discontinuo» del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sia dovuto primariamente all'incompatibilità delle medesime con la finalità e la struttura del provvedimento in esame - pur non potendosi negare la presenza nel testo in esame di numerose modifiche rispetto al testo originario che rivestono molti e diversi profili critici,

impegna il Governo

per quanto di competenza e nelle forme e nei modi prescritti dall'ordinamento, ad individuare e a ricercare una soluzione legittima ed adeguata per i lavoratori indicati in premessa, al fine non solo di salvaguardare il loro posto di lavoro, ma il sistema di intervento e protezione a difesa dei cittadini e del territorio che essi contribuiscono a rendere efficiente e sempre più apprezzato.
9/4865-B/65.Di Pietro, Paladini, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2011 ha disposto la soppressione dell'INPDAP e dell'ENPALS dando vita al cosiddetto «Super-Inps», cui sono trasferite le funzioni e tutti i rapporti attivi e passivi degli enti soppressi;
la creazione del Super-Inps dovrà determinare una complessiva riduzione dei costi di funzionamento maggiore di quella già prevista dalla legge di stabilità 2012, fermo restando il conseguimento dei risparmi derivanti dall'attuazione di tali misure di razionalizzazione organizzativa degli enti di previdenza, previste dall'articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011, n. 183;
il trasferimento all'INPS riguarderà, oltre alla risorse strumentali e finanziarie, anche quelle umane degli enti soppressi, con l'aumento della pianta organica dell'INPS di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi. Non saranno trasferite le posizioni soprannumerarie;
presso l'INPDAP lavorano non meno di 500 persone distaccate da altre amministrazioni, il cui apporto è stato fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi dell'Ente ed in alcune sedi si sono rivelate indispensabile a garantire le normali attività di funzionamento delle strutture;
la nuova situazione inciderà inevitabilmente su questi lavoratori che dovranno tornare presso le amministrazioni di appartenenza, con grave perdita per il nuovo Super-Inps che non potrà disporre della professionalità da loro acquisita nel settore previdenziale e assistenziale, per far fronte all'incremento dell'attività derivante dalla soppressione;
non sappiamo se ci sono lavoratori nella stessa situazione presso il soppresso ENPALS, ma se ci fossero ci troveremmo in presenza di altri lavoratori portatori di know-how e professionalità che non devono essere sottratte al nuovo Super-Inps, pena riflessi di non poco conto sulle nuove attività che è chiamato a svolgere e, probabilmente, anche costi aggiuntivi per formazione del personale organico e assunzione di nuovo personale;
durante l'iter del provvedimento (DL 201 del 2011) il Governo aveva accolto un ordine del giorno del gruppo IDV 9/4829-A/112, che affrontava il tema, impegnandolo «ad adottare entro il 31 gennaio 2012 i necessari provvedimenti per autorizzare, regolamentare e definire, previa verifica della disponibilità del lavoratore, il passaggio diretto all'INPS del personale comandato di cui in premessa, autorizzando l'INPS - se necessario - ad incrementare la dotazione organica di un numero di posti corrispondente alle unità comandate presso gli enti soppressi che verranno trasferiti»;
durante l'iter di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (decreto-legge milleproroghe) il gruppo IDV ha presentato sia al Senato della Repubblica che alla Camera dei Deputati un emendamento concernente l'impegno già preso dal governo precedentemente, tale emendamento pur essendo compatibile con la normativa in oggetto non è stato accolto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, anche in successivi provvedimenti, di rendere concreto il dispositivo accolto come indicato in premessa, anche attraverso l'approvazione di disposizioni attuative per favorire il passaggio diretto all'INPS del personale comandato citato.
9/4865-B/66.Leoluca Orlando, Messina, Paladini, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
nel testo dell'articolo 6 del milleproroghe sono stati inseriti alcuni commi, con i quali si modifica l'articolo 24 del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, recante la riforma del sistema pensionistico italiano;
questi emendamenti hanno inserito tra i lavoratori che potranno andare in pensione con le previgenti regole, coloro «che alla data del 31 ottobre 2011 risultano essere in congedo per assistere figli con disabilità grave» ai sensi del testo unico n. 151 del 2001, i quali maturino il requisito contributivo per l'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del congedo;
la relazione tecnica del Governo prevede che i lavoratori interessati dalla disposizione possano essere circa 400 all'anno, per un totale di 800 nel biennio, per una spesa complessiva di 10 milioni di euro;
l'emendamento approvato accentua, se mai fosse possibile, gli elementi di forte ingiustizia che caratterizzano la riforma previdenziale del Governo Monti, aggiungendo iniquità al trattamento che lo Stato riserva a quanti assistono un familiare che versa in condizioni di salute gravi o gravissime;
l'iter della proposta di legge che cerca di dare risposte a questo problema è ormai fermo da due anni al Senato, dopo aver avuto una gestione lunga e travagliata alla Camera per ragioni di spesa. Il testo licenziato dalla Camera non costituisce la migliore soluzione al bisogno di assicurare il pensionamento anticipato, necessario e dovuto, di quanti assistono familiari disabili gravi e gravissime, ma è un provvedimento organico che cerca di non creare inequità tra quanti si trovano nella condizione di dover assistere un familiare in condizioni di salute gravi o gravissime;
al contrario l'emendamento approvato dà risposte solo a chi il 31 ottobre era in congedo straordinario. Come ha rivendicato la presidente del Coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissimi: «Non è stato previsto alcun parametro che identifichi il carico assistenziale al quale è sottoposto il genitore. Assistere il proprio figlio da pochi anni o da trenta non comporta alcuna differenza». E ancora. «Si è pensato di riservare questo diritto ai soli genitori. La legge 105/92 insegna, tutto ciò è incostituzionale e comporterà tutta una serie di ricorsi che modificheranno ben presto la norma. È evidente che sono tagliati fuori coloro che alla data del 31 ottobre 2011 il congedo straordinario lo avevano già utilizzato integralmente e quindi, molto probabilmente, sono coloro che hanno maggiori difficoltà a gestire contemporaneamente gli oneri dell'assistenza e l'impegno professionale; alla data del 31 ottobre 2011 - usufruendo del congedo in modo frazionato - per puro caso erano al lavoro o fruivano di un giorno di permesso mensile in base alla legge 104; alla data del 31 ottobre 2011 non avevano ancora fruito del congedo straordinario per poterlo utilizzare in momenti ancora più gravosi» (articolo pubblicato su La Discussione del 17 febbraio 2011);
in una materia tanto delicata e a lungo in attesa di una risposta dalle istituzioni, non è possibile applicare un criterio del tutto casuale nella scelta dei beneficiari, attraverso un intervento di bandiera innestato su un provvedimento di fatto estraneo che ha altre finalità;
in questo modo si rischia di perdere di vista l'obiettivo dell'interesse comune ad un intervento urgente, in grado di dare risposte esaustive ad un pesantissimo bisogno sociale,

impegna il Governo

ad intervenire nel più breve tempo possibile con gli strumenti più opportuni e comunque già nell'annunciato decreto di riforma del mercato del lavoro, per garantire alle lavoratrici e ai lavoratori che assistono familiari con gravi o gravissime disabilità la possibilità di poter maturare la pensione anticipata sulla base di ridotti requisiti contributivi ed anagrafici rispetto a quanto ordinariamente previsto.
9/4865-B/67.Monai, Di Giuseppe, Paladini, Aniello Formisano, Schirru, Strizzolo, Argentin, Dal Lago, Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
nel testo dell'articolo 6 del milleproroghe sono stati inseriti alcuni commi, con i quali si modifica l'articolo 24 del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, recante la riforma del sistema pensionistico italiano;
questi emendamenti hanno inserito tra i lavoratori che potranno andare in pensione con le previgenti regole, coloro «che alla data del 31 ottobre 2011 risultano essere in congedo per assistere figli con disabilità grave» ai sensi del testo unico n. 151 del 2001, i quali maturino il requisito contributivo per l'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del congedo;
la relazione tecnica del Governo prevede che i lavoratori interessati dalla disposizione possano essere circa 400 all'anno, per un totale di 800 nel biennio, per una spesa complessiva di 10 milioni di euro;
l'emendamento approvato accentua, se mai fosse possibile, gli elementi di forte ingiustizia che caratterizzano la riforma previdenziale del Governo Monti, aggiungendo iniquità al trattamento che lo Stato riserva a quanti assistono un familiare che versa in condizioni di salute gravi o gravissime;
l'iter della proposta di legge che cerca di dare risposte a questo problema è ormai fermo da due anni al Senato, dopo aver avuto una gestione lunga e travagliata alla Camera per ragioni di spesa. Il testo licenziato dalla Camera non costituisce la migliore soluzione al bisogno di assicurare il pensionamento anticipato, necessario e dovuto, di quanti assistono familiari disabili gravi e gravissime, ma è un provvedimento organico che cerca di non creare inequità tra quanti si trovano nella condizione di dover assistere un familiare in condizioni di salute gravi o gravissime;
al contrario l'emendamento approvato dà risposte solo a chi il 31 ottobre era in congedo straordinario. Come ha rivendicato la presidente del Coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissimi: «Non è stato previsto alcun parametro che identifichi il carico assistenziale al quale è sottoposto il genitore. Assistere il proprio figlio da pochi anni o da trenta non comporta alcuna differenza». E ancora. «Si è pensato di riservare questo diritto ai soli genitori. La legge 105/92 insegna, tutto ciò è incostituzionale e comporterà tutta una serie di ricorsi che modificheranno ben presto la norma. È evidente che sono tagliati fuori coloro che alla data del 31 ottobre 2011 il congedo straordinario lo avevano già utilizzato integralmente e quindi, molto probabilmente, sono coloro che hanno maggiori difficoltà a gestire contemporaneamente gli oneri dell'assistenza e l'impegno professionale; alla data del 31 ottobre 2011 - usufruendo del congedo in modo frazionato - per puro caso erano al lavoro o fruivano di un giorno di permesso mensile in base alla legge 104; alla data del 31 ottobre 2011 non avevano ancora fruito del congedo straordinario per poterlo utilizzare in momenti ancora più gravosi» (articolo pubblicato su La Discussione del 17 febbraio 2011);
in una materia tanto delicata e a lungo in attesa di una risposta dalle istituzioni, non è possibile applicare un criterio del tutto casuale nella scelta dei beneficiari, attraverso un intervento di bandiera innestato su un provvedimento di fatto estraneo che ha altre finalità;
in questo modo si rischia di perdere di vista l'obiettivo dell'interesse comune ad un intervento urgente, in grado di dare risposte esaustive ad un pesantissimo bisogno sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire nel più breve tempo possibile, in presenza di dati certi ed oggettivi, con gli strumenti più opportuni e comunque già nell'annunciato decreto di riforma del mercato del lavoro, per garantire alle lavoratrici e ai lavoratori che assistono familiari con gravi o gravissime disabilità la possibilità di poter maturare la pensione anticipata sulla base di ridotti requisiti contributivi ed anagrafici rispetto a quanto ordinariamente previsto.
9/4865-B/67.(Testo modificato nel corso della seduta)Monai, Di Giuseppe, Paladini, Aniello Formisano, Schirru, Strizzolo, Argentin, Dal Lago, Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 4, del decreto cosiddetto «mille proroghe» contiene la proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato presso le pubbliche amministrazioni, approvate successivamente al 30 settembre 2003;
quello della mancata assunzione dei vincitori di concorso è un problema annoso al quale ancora nessuna risposta è stata data, se non in termini di mera proroga della validità delle graduatorie, che viene riproposta periodicamente;
nel frattempo nuovi concorsi vengono indetti, senza che siano stati ancora assunti tutti i vincitori dei concorsi precedenti e senza che venga precisata la posizione giuridica di coloro che pur non essendo tra i vincitori sono risultati idonei;
la Commissione lavoro della Camera ha adottato un testo base che interviene in materia stabilendo una moratoria per alcuni anni all'indizione di nuovi bandi di concorso, fino a quando non siano assunti tutti i vincitori di concorso già espletati e, in parte, anche degli idonei;
il testo base della Commissione fornisce risposte che tamponano la gravità della situazione esistente, ma non offre la soluzione al problema;
serve con urgenza una riforma dei concorsi pubblici che dia attuazione all'articolo 97 della Costituzione e consenta l'indizione di nuovi concorsi solo sulla base di una programmazione pluriennale, in presenza di risorse sufficienti ad assumere effettivamente i vincitori di concorso;
è necessario che le procedure concorsuali vengano riformate anche al fine di contenere gli ingenti costi sostenuti in passato dalle casse dello Stato, delle regioni e degli enti locali e che venga introdotto un sistema di mobilità che obblighi una pubblica amministrazione ad assumere i vincitori di concorso di altra amministrazione, laddove vi sia disponibilità di vincitori non assunti per posizioni lavorative equivalenti;
quel che accade oggi con i concorsi pubblici, invece, rappresenta un sintomo tra i più chiari dell'inefficienza della pubblica amministrazione e dell'inefficacia della sua azione,

impegna il Governo

ad assumere le azioni più opportune e conseguenti alle premesse per riformare in maniera organica la materia dei concorsi pubblici.
9/4865-B/68.Aniello Formisano, Paladini, Barbato.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame interviene in materia di lavoratori esposti all'amianto;
il popolo dei lavoratori e dei cittadini italiani colpiti dal mesotelioma è più ampio della pur grande platea delle 6.400 parti civili al Processo all'Eternit presso il Tribunale di Torino;
il popolo degli «amiantizzati» è enorme e senza elenchi definitivi, coinvolgi operai ma anche i loro familiari che si sono ammalati perché le tute si impregnavano di polvere e venivano poi lavate in casa, seminando le particelle su oggetti e pavimenti;
la fibra d'asbesto ha la forma di un uncino, una volta inalata si aggancia alle pareti dei polmoni usurandone la superficie sino ad ulcerarla. Nasce così il mesotelioma che ha cambiato la vita di intere territori e di decine di migliaia di italiani ed italiane;
sono 20 anni che l'asbesto è fuori legge, ma le conseguenze si conoscevano da 40 anni, mentre migliaia di persone venute tenute all'oscuro del pericolo al quale andavano incontro;
anche Ferrania è uno stabilimento in cui i lavoratori sono stati esposti all'assimilazione quotidiana e continua di fibre di amianto nei vari reparti;
tale situazione rende indispensabile l'inserimento dello stabilimento Ferrania nell'elenco delle fabbriche di lavoratori occupati in aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale per la tutela della salute e dei redditi dei lavoratori in chiaro riferimento al Decreto Damiano del 12 marzo 2008;
in questo delicato momento l'azienda manifesta, purtroppo, uno scarso interesse nei confronti del destino dei propri dipendenti; è stato concesso infatti il beneficio delle leggi sull'amianto solo ad alcune aree dello stabilimento e per un periodo limitato mentre non ci sono dubbi sull'assimilazione quotidiana e continua per via aerea di fibre di amianto per tutti i lavoratori dei vari reparti;
a Ferrania inoltre, l'esposizione è stata riconosciuta dall'Ente certificatore fino al 31-12-1991 mentre smaltimenti di amianto sono avvenuti fino al 2011;
parecchi lavoratori di Ferrania, hanno presentato le domande di riconoscimento all'assimilazione quotidiana e continua di Fibre di amianto nei vari reparti solo nei primi mesi del 2005 rischiando per questo, di non usufruire appieno dei benefici previsti;
la nuova interpretazione della legge lascia adito ad interpretazioni che non consentono a chi ha presentato domanda dopo il 2004 di usufruire appieno dei benefici previsti originariamente;
l'inserimento di Ferrania nelle liste di Aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale con il conseguente allargamento dei benefici dovuti all'esposizione amianto creerebbe una via di uscita a tante persone e sanerebbe in parte tale grave situazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di valutare di inserire Ferrania nelle liste di aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale affinché i lavoratori di tale azienda possa usufruire appieno dei benefici previsti.
9/4865-B/69.Paladini.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame interviene in materia di lavoratori esposti all'amianto;
il popolo dei lavoratori e dei cittadini italiani colpiti dal mesotelioma è più ampio della pur grande platea delle 6.400 parti civili al Processo all'Eternit presso il Tribunale di Torino;
il popolo degli «amiantizzati» è enorme e senza elenchi definitivi, coinvolgi operai ma anche i loro familiari che si sono ammalati perché le tute si impregnavano di polvere e venivano poi lavate in casa, seminando le particelle su oggetti e pavimenti;
la fibra d'asbesto ha la forma di un uncino, una volta inalata si aggancia alle pareti dei polmoni usurandone la superficie sino ad ulcerarla. Nasce così il mesotelioma che ha cambiato la vita di intere territori e di decine di migliaia di italiani ed italiane;
sono 20 anni che l'asbesto è fuori legge, ma le conseguenze si conoscevano da 40 anni, mentre migliaia di persone venute tenute all'oscuro del pericolo al quale andavano incontro;
anche Ferrania è uno stabilimento in cui i lavoratori sono stati esposti all'assimilazione quotidiana e continua di fibre di amianto nei vari reparti;
tale situazione rende indispensabile l'inserimento dello stabilimento Ferrania nell'elenco delle fabbriche di lavoratori occupati in aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale per la tutela della salute e dei redditi dei lavoratori in chiaro riferimento al Decreto Damiano del 12 marzo 2008;
in questo delicato momento l'azienda manifesta, purtroppo, uno scarso interesse nei confronti del destino dei propri dipendenti; è stato concesso infatti il beneficio delle leggi sull'amianto solo ad alcune aree dello stabilimento e per un periodo limitato mentre non ci sono dubbi sull'assimilazione quotidiana e continua per via aerea di fibre di amianto per tutti i lavoratori dei vari reparti;
a Ferrania inoltre, l'esposizione è stata riconosciuta dall'Ente certificatore fino al 31-12-1991 mentre smaltimenti di amianto sono avvenuti fino al 2011;
parecchi lavoratori di Ferrania, hanno presentato le domande di riconoscimento all'assimilazione quotidiana e continua di Fibre di amianto nei vari reparti solo nei primi mesi del 2005 rischiando per questo, di non usufruire appieno dei benefici previsti;
la nuova interpretazione della legge lascia adito ad interpretazioni che non consentono a chi ha presentato domanda dopo il 2004 di usufruire appieno dei benefici previsti originariamente;
l'inserimento di Ferrania nelle liste di Aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale con il conseguente allargamento dei benefici dovuti all'esposizione amianto creerebbe una via di uscita a tante persone e sanerebbe in parte tale grave situazione,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, le opportune iniziative al fine di valutare di inserire Ferrania nelle liste di aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale affinché i lavoratori di tale azienda possa usufruire appieno dei benefici previsti.
9/4865-B/69.(Testo modificato nel corso della seduta)Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 comma 12-bis del provvedimento in esame, modifica dal 1o marzo 2012 il termine di pagamento dell'imposta unica sulle scommesse ippiche e sulle scommesse su eventi diversi dalle corse dei cavalli che attualmente viene versata il mese successivo a quello di riferimento. Vengono previsti 4 versamenti (31 agosto, 30 novembre, 20 dicembre, 31 gennaio - relativamente al solo mese di dicembre);
non risulta nessuna riduzione del gettito di competenza (circa 370 milioni) ma solo oneri finanziari pari a 4 milioni per il 2012. La copertura è a spese del Fondo per interventi strutturali di politica economica, il grande fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze;
il settore ippico sta vivendo una fase di crisi, caratterizzata da aspetti tra loro diversificati e spesso contrastanti, che tuttavia, avendo ciascuno una specifica valenza non solo economica ma anche sociale, devono essere affrontati in modo approfondito e con l'attenzione che meritano. In particolare, la crisi del settore dell'ippica, con la conseguente chiusura di numerosi ippodromi presenti sul territorio italiano, sta mettendo a rischio il futuro di 50.000 addetti ai lavori e di circa 15.000 cavalli;
sono note le criticità strutturali, gestionali e finanziarie dell'ex UNIRE (Unione nazionale incremento razze equine), oggi trasformato in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI), la quale ormai destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi sempre meno risorse;
l'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE), istituita con regio decreto 24 maggio 1932, n. 624, è interessata ormai da tempo da una grave crisi finanziaria ed organizzativa;
le condizioni di profonda difficoltà del settore ippico vengono ormai da lontano, almeno da quando lo Stato, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 1998 in attuazione della legge 23 dicembre 1996 n. 662, ha trasferito dall'UNIRE al Ministero dell'economia e delle finanze la gestione delle scommesse sulle corse dei cavalli senza la tutela e gli investimenti che sarebbero stati necessari per evitare la riduzione degli spettatori negli ippodromi e dei volumi di gioco come invece è avvenuto in altri Paesi;
il settore risente ormai da tempo di una carenza di direzione tecnica ed amministrativa sempre più critica aggravata dall'inadeguatezza dell'UNIRE ora ASSI con la legge del 15 luglio 2011, n. 111;
nel 2008, a fronte del forte calo delle entrate da scommesse, il settore ippico ha ottenuto dallo Stato un finanziamento pari a 150 milioni di euro;
considerato che:
in questi giorni vi sono state preoccupazioni e proteste su un doppio fronte, relativo, da una parte, alla protezione degli animali e, dall'altra, alla tutela dei lavoratori;
diverse associazioni animaliste hanno espresso il proprio parere sui possibili futuri sviluppi della situazione tenendo presenti differenti ambiti e prospettive, tra cui il pericolo di infiltrazione della criminalità nell'organizzazione di corse clandestine, i rischi per la salute derivanti dalla commercializzazione di carne proveniente da cavalli allevati per essere destinati a pratiche sportive e non al macello e la necessità di proteggere i cavalli dal rischio di strumentalizzazione da parte del settore ippico;
secondo i dati raccolti dall'Osservatorio nazionale zoomafia della Lega anti vivisezione (LAV), il giro d'affari che ruota attorno a corse clandestine e truffe all'interno del settore ippico raggiunge annualmente la cospicua somma di 1 miliardo di euro, cifra derivante da affari criminosi che hanno portato a migliaia di sequestri di cavalli e denunce nel corso dell'ultimo decennio;
considerato altresì che:
la Corte di giustizia della Comunità europea, con sentenza del 13 settembre 2007, facendo seguito al ricorso della Commissione europea, relativamente al fatto che l'Italia aveva rinnovato 329 concessioni per l'esercizio delle scommesse ippiche senza previa gara d'appalto, venendo così meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CE, ha sancito la violazione, da parte del nostro Paese, del principio generale di trasparenza nonché dell'obbligo di garantire un adeguato livello di pubblicità; ciò impone all'Italia di rivedere le modalità per l'attribuzione dei diritti per l'apertura di punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione e la gestione delle scommesse ippiche, nel pieno rispetto della sentenza suindicata;
i giochi pubblici su base ippica riguardano un settore, quale appunto quello delle corse dei cavalli, in cui purtroppo è abbastanza diffuso il ricorso illegale a sostanze dopanti somministrate agli animali, per aumentarne il rendimento e le prestazioni in gara; fenomeno forse ancora sottostimato e che necessita invece di una più capillare e costante azione di contrasto e di prevenzione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative per una riforma organica del settore ippico, anche prevedendo una diversa ripartizione della posta di gioco delle scommesse ippiche, nonché mettendo in atto un intervento sostanziale, fermo restando il mantenimento dei livelli occupazionali presso altre amministrazioni, volto a prevedere la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - ex UNIRE, facendo subentrare nei rispettivi compiti ed attribuzioni il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'economia e delle finanze.
9/4865-B/70.Di Stanislao, Di Giuseppe, Messina, Rota.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 comma 12-bis del provvedimento in esame, modifica dal 1o marzo 2012 il termine di pagamento dell'imposta unica sulle scommesse ippiche e sulle scommesse su eventi diversi dalle corse dei cavalli che attualmente viene versata il mese successivo a quello di riferimento. Vengono previsti 4 versamenti (31 agosto, 30 novembre, 20 dicembre, 31 gennaio - relativamente al solo mese di dicembre);
non risulta nessuna riduzione del gettito di competenza (circa 370 milioni) ma solo oneri finanziari pari a 4 milioni per il 2012. La copertura è a spese del Fondo per interventi strutturali di politica economica, il grande fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze;
il settore ippico sta vivendo una fase di crisi, caratterizzata da aspetti tra loro diversificati e spesso contrastanti, che tuttavia, avendo ciascuno una specifica valenza non solo economica ma anche sociale, devono essere affrontati in modo approfondito e con l'attenzione che meritano. In particolare, la crisi del settore dell'ippica, con la conseguente chiusura di numerosi ippodromi presenti sul territorio italiano, sta mettendo a rischio il futuro di 50.000 addetti ai lavori e di circa 15.000 cavalli;
sono note le criticità strutturali, gestionali e finanziarie dell'ex UNIRE (Unione nazionale incremento razze equine), oggi trasformato in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI), la quale ormai destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi sempre meno risorse;
l'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE), istituita con regio decreto 24 maggio 1932, n. 624, è interessata ormai da tempo da una grave crisi finanziaria ed organizzativa;
le condizioni di profonda difficoltà del settore ippico vengono ormai da lontano, almeno da quando lo Stato, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 1998 in attuazione della legge 23 dicembre 1996 n. 662, ha trasferito dall'UNIRE al Ministero dell'economia e delle finanze la gestione delle scommesse sulle corse dei cavalli senza la tutela e gli investimenti che sarebbero stati necessari per evitare la riduzione degli spettatori negli ippodromi e dei volumi di gioco come invece è avvenuto in altri Paesi;
il settore risente ormai da tempo di una carenza di direzione tecnica ed amministrativa sempre più critica aggravata dall'inadeguatezza dell'UNIRE ora ASSI con la legge del 15 luglio 2011, n. 111;
nel 2008, a fronte del forte calo delle entrate da scommesse, il settore ippico ha ottenuto dallo Stato un finanziamento pari a 150 milioni di euro;
considerato che:
in questi giorni vi sono state preoccupazioni e proteste su un doppio fronte, relativo, da una parte, alla protezione degli animali e, dall'altra, alla tutela dei lavoratori;
diverse associazioni animaliste hanno espresso il proprio parere sui possibili futuri sviluppi della situazione tenendo presenti differenti ambiti e prospettive, tra cui il pericolo di infiltrazione della criminalità nell'organizzazione di corse clandestine, i rischi per la salute derivanti dalla commercializzazione di carne proveniente da cavalli allevati per essere destinati a pratiche sportive e non al macello e la necessità di proteggere i cavalli dal rischio di strumentalizzazione da parte del settore ippico;
secondo i dati raccolti dall'Osservatorio nazionale zoomafia della Lega anti vivisezione (LAV), il giro d'affari che ruota attorno a corse clandestine e truffe all'interno del settore ippico raggiunge annualmente la cospicua somma di 1 miliardo di euro, cifra derivante da affari criminosi che hanno portato a migliaia di sequestri di cavalli e denunce nel corso dell'ultimo decennio;
considerato altresì che:
la Corte di giustizia della Comunità europea, con sentenza del 13 settembre 2007, facendo seguito al ricorso della Commissione europea, relativamente al fatto che l'Italia aveva rinnovato 329 concessioni per l'esercizio delle scommesse ippiche senza previa gara d'appalto, venendo così meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CE, ha sancito la violazione, da parte del nostro Paese, del principio generale di trasparenza nonché dell'obbligo di garantire un adeguato livello di pubblicità; ciò impone all'Italia di rivedere le modalità per l'attribuzione dei diritti per l'apertura di punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione e la gestione delle scommesse ippiche, nel pieno rispetto della sentenza suindicata;
i giochi pubblici su base ippica riguardano un settore, quale appunto quello delle corse dei cavalli, in cui purtroppo è abbastanza diffuso il ricorso illegale a sostanze dopanti somministrate agli animali, per aumentarne il rendimento e le prestazioni in gara; fenomeno forse ancora sottostimato e che necessita invece di una più capillare e costante azione di contrasto e di prevenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per una riforma organica del settore ippico, anche prevedendo una diversa ripartizione della posta di gioco delle scommesse ippiche, nonché mettendo in atto un intervento sostanziale, fermo restando il mantenimento dei livelli occupazionali presso altre amministrazioni, volto a prevedere la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - ex UNIRE, facendo subentrare nei rispettivi compiti ed attribuzioni il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'economia e delle finanze.
9/4865-B/70.(Testo modificato nel corso della seduta)Di Stanislao, Di Giuseppe, Messina, Rota.

La Camera,
premesso che:
la Croce Rossa italiana è stata commissariata dall'ottobre del 2002 fino alla fine del 2005. In seguito, il D.P.C.M. 30 ottobre 2008, considerate le gravi carenze e irregolarità di gestione dell'Associazione, ha nuovamente commissariato la CRI;
successivamente, il mandato del commissario straordinario è stato prorogato dall'articolo 5, comma 10, del decreto-legge 102/2010 fino alla data di ricostituzione degli organi statutari e a conclusione del riassetto organizzativo disposto dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 78/2010, in materia di riduzione dei costi degli apparati amministrativi;
conseguentemente, la durata della proroga fu fissata fino al 31 dicembre 2011;
l'articolo 2 del decreto-legge in esame stabilisce la proroga dell'incarico del commissario straordinario al settembre 2012,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del richiamato articolo 2, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad assicurare che l'incarico di Commissario straordinario della Croce Rossa Italiana non superi la data del 30 aprile 2012.
9/4865-B/71.Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
l'intero comparto agricolo nazionale ha risentito pesantemente della crisi in atto. Le imprese agricole, nel corso dell'ultimo triennio, hanno registrato enormi difficoltà e perdite di redditività, dovute anche alla flessione della domanda sia interna sia estera, determinata dalla crisi internazionale; a tutti gli effetti si è verificata una flessione sia delle vendite alimentari al dettaglio sia dell'export agroalimentare;
la strategia della qualità deve riuscire a coniugare efficacemente il rispetto per la tradizione produttiva con lo sviluppo dell'innovazione, attraverso adeguate strategie di marketing, di comunicazione e di organizzazione;
in Italia, come evidenzia la Cia, Confederazione italiana agricoltori, ci sono oltre il 22 per cento dei prodotti certificati registrati complessivamente a livello europeo. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini Doc, Docg e Igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle Regioni e inseriti nell'Albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischiano di essere imitati. Si stima che solo all'agricoltura, per esempio, il fenomeno della contraffazione determina un danno di oltre 3 miliardi di euro l'anno, colpendo l'intera filiera alimentare, dai campi all'industria di trasformazione;
l'articolo 9-bis, del decreto in esame, introdotto durante l'esame al Senato, novella l'articolo 18 della legge n. 99 del 2009, in materia di interventi a tutela della qualità delle produzioni agroalimentari, della pesca e dell'acquacoltura e per il contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici;
in particolare, il comma 1 modifica il comma 1 dell'articolo 18, estendendo di un anno, e cioè fino al 2012, il compito attribuito al dicastero agricolo, per il triennio 2009-2011, di promuovere le iniziative necessarie per assicurare la qualità delle produzioni e dei prodotti immessi nel territorio nazionale;
considerato che l'Accordo tra l'Unione europea ed il Marocco sulla liberalizzazione dei prodotti agricoli e della pesca rischia di penalizzare fortemente l'agricoltura italiana, e in particolare le colture mediterranee, rilevato inoltre che, in tema di etichettatura dei prodotti alimentari, non sono stati ancora emanati i decreti interministeriali di cui all'articolo 4, comma 3 della legge n. 4 del 2011;
in questo difficile momento bisogna dare priorità agli interessi dei nostri produttori locali che faticano a competere sul mercato e a reggere l'urto della concorrenza delle economie emergenti,

impegna il Governo:

ad attuare tutte le possibili misure sul piano dei controlli e della sicurezza volte a garantire una maggiore qualità dei prodotti importati, una tutela maggiore delle produzioni Italiane e ad evitare rischi di contraffazione;
a prevedere in un prossimo provvedimento un'apposita disposizione che, ai fini della tutela e della crescita delle produzioni agroalimentari nazionali, fissi un termine perentorio entro il quale i Ministri competenti adottino i decreti interministeriali di cui all'articolo 4, comma 3 della legge n. 4 del 2011, di applicazione della disciplina prevista dalla legge citata.
9/4865-B/72.Messina, Di Giuseppe, Rota.

La Camera,
premesso che:
l'intero comparto agricolo nazionale ha risentito pesantemente della crisi in atto. Le imprese agricole, nel corso dell'ultimo triennio, hanno registrato enormi difficoltà e perdite di redditività, dovute anche alla flessione della domanda sia interna sia estera, determinata dalla crisi internazionale; a tutti gli effetti si è verificata una flessione sia delle vendite alimentari al dettaglio sia dell'export agroalimentare;
la strategia della qualità deve riuscire a coniugare efficacemente il rispetto per la tradizione produttiva con lo sviluppo dell'innovazione, attraverso adeguate strategie di marketing, di comunicazione e di organizzazione;
in Italia, come evidenzia la Cia, Confederazione italiana agricoltori, ci sono oltre il 22 per cento dei prodotti certificati registrati complessivamente a livello europeo. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini Doc, Docg e Igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle Regioni e inseriti nell'Albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischiano di essere imitati. Si stima che solo all'agricoltura, per esempio, il fenomeno della contraffazione determina un danno di oltre 3 miliardi di euro l'anno, colpendo l'intera filiera alimentare, dai campi all'industria di trasformazione;
l'articolo 9-bis, del decreto in esame, introdotto durante l'esame al Senato, novella l'articolo 18 della legge n. 99 del 2009, in materia di interventi a tutela della qualità delle produzioni agroalimentari, della pesca e dell'acquacoltura e per il contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici;
in particolare, il comma 1 modifica il comma 1 dell'articolo 18, estendendo di un anno, e cioè fino al 2012, il compito attribuito al dicastero agricolo, per il triennio 2009-2011, di promuovere le iniziative necessarie per assicurare la qualità delle produzioni e dei prodotti immessi nel territorio nazionale;
considerato che l'Accordo tra l'Unione europea ed il Marocco sulla liberalizzazione dei prodotti agricoli e della pesca rischia di penalizzare fortemente l'agricoltura italiana, e in particolare le colture mediterranee, rilevato inoltre che, in tema di etichettatura dei prodotti alimentari, non sono stati ancora emanati i decreti interministeriali di cui all'articolo 4, comma 3 della legge n. 4 del 2011;
in questo difficile momento bisogna dare priorità agli interessi dei nostri produttori locali che faticano a competere sul mercato e a reggere l'urto della concorrenza delle economie emergenti,

impegna il Governo:

ad attuare tutte le possibili misure sul piano dei controlli e della sicurezza volte a garantire una maggiore qualità dei prodotti importati, una tutela maggiore delle produzioni Italiane e ad evitare rischi di contraffazione;
a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento un'apposita disposizione che, ai fini della tutela e della crescita delle produzioni agroalimentari nazionali, fissi un termine perentorio entro il quale i Ministri competenti adottino i decreti interministeriali di cui all'articolo 4, comma 3 della legge n. 4 del 2011, di applicazione della disciplina prevista dalla legge citata.
9/4865-B/72.(Testo modificato nel corso della seduta)Messina, Di Giuseppe, Rota.

La Camera,
premesso che:
in seguito ad un comunicato del Ministro delle finanze e dell'economia è stato prorogato il termine del 15 febbraio scorso fissato per le banche e gli intermediari finanziari chiamati a versare entro il 16 febbraio, per conto dei propri clienti, il 10 per mille (per l'anno 2011) ed il 13,5 per mille (per il 2012) dei patrimoni fatti emergere con Io scudo fiscale, così come stabilito dall'articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011;
il comunicato evidenziava come il termine del 16 febbraio «sarà differito con il primo provvedimento legislativo utile». In un primo momento sembrava che il governo volesse inserire tale deroga nel provvedimento al nostro esame. In seguito è emerso che tale veicolo legislativo potrebbe essere il nuovo decreto legge fiscale che il Governo è in procinto di emanare;
la disposizione richiamata prevede l'applicazione di un'imposta straordinaria dell'1,5 per cento sulle attività oggetto di rimpatrio o regolarizzazione a seguito delle disposizioni di cui agli articoli 12 e 15 del decreto legge n. 350 del 2001 e successive modificazioni e all'articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009 e successive modificazioni (cosiddetto scudo fiscale). Il versamento avviene per il tramite degli intermediari finanziari che provvederanno a trattenere l'imposta dalle attività rimpatriate o regolarizzate, ovvero riceveranno la provvista necessaria dal contribuente. Sono previste due rate di pari importo, di cui la prima da versarsi entro il 16 febbraio 2012 e la seconda entro il 16 febbraio 2013;
il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito in legge n. 102 del 2009 (e successive modifiche ed integrazioni), all'articolo 13-bis ha introdotto la normativa nota come «scudo fiscale»;
per questa normativa, alcuni europarlamentari ed una Fondazione inglese, l'11 novembre 2009 avevano presentato reclamo alla Commissione europea contro la Repubblica Italiana nel presupposto che essa desse luogo a violazione del diritto dell'Unione sotto diversi profili: IVA, aiuti di Stato, riciclaggio;
con particolare riferimento alla materia dell'IVA è pacifico che lo «scudo fiscale» ha avuto la esplicita finalità di sanare, per coloro che se ne sono avvalsi, patrimoni irregolarmente costituiti all'estero frutto di evasione fiscale ed è assolutamente certo che fra le imposte evase sia stata ricompresa anche l'IVA;
è infatti fuori dubbio che le operazioni economiche poste in essere in evasione delle imposte siano state, in molti casi, operazioni economiche assoggettate ad IVA;
l'anonimato garantito dallo «scudo» non permette tuttavia di individuare e quantificare esattamente tali operazioni, neppure a posteriori. E, comunque, anche nell'ipotesi in cui ciò avvenisse, la riscossione dell'IVA sarebbe, allo stato, impedita dagli effetti sananti della normativa;
inoltre, ove l'anonimato venga meno per scelta del soggetto «scudante», il patrimonio oggetto dello «scudo» può essere utilizzato per sanare violazioni fiscali, anche IVA, accertate successivamente;
trattasi del caso in cui l'Amministrazione fiscale, nel corso di una verifica successiva allo «scudo» accerti a carico di un contribuente evasione di imposte, IVA inclusa. In tal caso, come noto, il contribuente, ove abbia goduto dello «scudo», potrà decidere di rinunciare all'anonimato al fine di dimostrare che le imposte evase sono riferibili (sia quantitativamente sia temporalmente) al patrimonio oggetto della sanatoria. In tal modo andrà esente da ogni sanzione relativa alle irregolarità accertate, anche in materia di IVA;
ad oggi, la Commissione UE non consta essersi ancora pronunciata sul reclamo sopra menzionato e potrebbero anche sussistere dubbi in ordine al fatto che una procedura di infrazione verrà aperta. Nonostante la fondatezza delle tesi giuridiche sollevate dai denuncianti è infatti possibile un esito «politico» della vicenda e non stupirebbe certo, in questo frangente storico-economico, una decisione della Commissione emessa su basi di «opportunità»;
ma anche una tale evenienza non muterebbe l'obbligo dello Stato Italiano di non rinunciare all'IVA eventualmente evasa dagli «scudati» né al suo accertamento né alla sua riscossione. Basti ricordare, sul punto, le sentenze rese dalla Corte di Giustizia sui condoni IVA italiani relativi alle annualità dal 1998 al 2002 (cause C-132/06 e C-174/07) in esito alle quali si è conseguentemente pronunciata la Corte di Cassazione italiana (Sezioni Unite Civili, Sentenze nn. 1673 e 3677 del 17 febbraio 2010);
anche in materia di estinzione automatica dei processi tributari IVA, la materia è attualmente all'esame della Corte di Giustizia UE (causa C-500/10);
la riscossione dell'IVA infatti, essendo tassativamente ed inequivocabilmente imposta dall'ordinamento dell'Unione, è dovuta in ragione del rispetto di tale ordinamento e, così come chiarito dalla Corte di Giustizia e dalla Cassazione, anche se riferibile a situazioni pregresse oggetto di sanatoria da parte di una normativa interna pur valida sotto altri profili, non potrebbe mai dar luogo all'invocazione di tali principi (irretroattività e legittimo affidamento) da parte del contribuente,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, al fine di accertare e riscuotere l'IVA eventualmente evasa dai contribuenti «scudati» citati in premessa.
9/4865-B/73.Barbato, Messina.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone: con un vistoso differimento, la riapertura del termine per dare la possibilità ai partiti che hanno mancato di adempiere nei termini di legge di accedere ai rimborsi elettorali per le consultazioni regionali 2011 della Regione Molise; la proroga di un (ulteriore) anno del termine per la soppressione delle Autorità d'ambito territoriale; la proroga del mantenimento delle contabilità speciali intestate ai prefetti delle province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani che, pur non costituendo aggravio di spese rappresentano comunque mancate economie di bilancio; il differimento del termine per procedere alla riorganizzazione degli enti, degli istituti e delle società vigilati dal ministero della salute; la ricostituzione dei tre consorzi del Ticino, dell'Adda e dell'Oglio; lo slittamento del termine a decorrere dal quale i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti dovranno obbligatoriamente affidare ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture; la proroga dell'avvio della fase transitoria per il superamento del criterio della spesa storica e dei termine per la determinazione dei fabbisogni standard di alcune delle funzioni fondamentali di comuni e province;
tali disposizioni affievoliscono la lodevole e dichiarata intenzione di proseguire l'opera di riduzione dei costi pubblici e della politica e di limitazione delle spese degli apparati amministrativi con l'ulteriore fine di rafforzare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, tra cittadini ed amministrazione - in particolare ove si tratti di modifiche e di proroghe in ordine all'entrata in vigore di norme e di tagli già adottati;
abbattere i costi politici ed amministrativi, in particolare nei casi di ridondanza, non significa attentare alla democrazia, ma ottimizzare le risorse con effetti consistenti in termini di efficienza per dare una risposta concreta al tema del reperimento delle risorse da destinare, soprattutto, all'abbattimento del carico fiscale ed ai servizi ai cittadini;
scelte in tal senso avvicinano i cittadini alla politica e all'amministrazione del bene comune, questo è anche il senso più alto del tema del contenimento della spesa pubblica e, al fine di non ridurre i lodevoli intenti a semplici slogan,

impegna il Governo

ad adoperarsi, attraverso opportuni provvedimenti, per quanto di sua competenza e nel rispetto dei principi dell'ordinamento, in favore del ripristino di un equo rapporto tra cittadino ed amministrazione - centrale e periferica - non procrastinando ulteriormente la ricaduta benefica di tagli ed ottimizzazione delle risorse destinate a sostenere i costi degli apparati pubblici.
9/4865-B/74.Donadi, Favia, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone: con un vistoso differimento, la riapertura del termine per dare la possibilità ai partiti che hanno mancato di adempiere nei termini di legge di accedere ai rimborsi elettorali per le consultazioni regionali 2011 della Regione Molise; la proroga di un (ulteriore) anno del termine per la soppressione delle Autorità d'ambito territoriale; la proroga del mantenimento delle contabilità speciali intestate ai prefetti delle province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani che, pur non costituendo aggravio di spese rappresentano comunque mancate economie di bilancio; il differimento del termine per procedere alla riorganizzazione degli enti, degli istituti e delle società vigilati dal ministero della salute; la ricostituzione dei tre consorzi del Ticino, dell'Adda e dell'Oglio; lo slittamento del termine a decorrere dal quale i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti dovranno obbligatoriamente affidare ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture; la proroga dell'avvio della fase transitoria per il superamento del criterio della spesa storica e dei termine per la determinazione dei fabbisogni standard di alcune delle funzioni fondamentali di comuni e province;
tali disposizioni affievoliscono la lodevole e dichiarata intenzione di proseguire l'opera di riduzione dei costi pubblici e della politica e di limitazione delle spese degli apparati amministrativi con l'ulteriore fine di rafforzare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, tra cittadini ed amministrazione - in particolare ove si tratti di modifiche e di proroghe in ordine all'entrata in vigore di norme e di tagli già adottati;
abbattere i costi politici ed amministrativi, in particolare nei casi di ridondanza, non significa attentare alla democrazia, ma ottimizzare le risorse con effetti consistenti in termini di efficienza per dare una risposta concreta al tema del reperimento delle risorse da destinare, soprattutto, all'abbattimento del carico fiscale ed ai servizi ai cittadini;
scelte in tal senso avvicinano i cittadini alla politica e all'amministrazione del bene comune, questo è anche il senso più alto del tema del contenimento della spesa pubblica e, al fine di non ridurre i lodevoli intenti a semplici slogan,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi, attraverso opportuni provvedimenti, per quanto di sua competenza e nel rispetto dei principi dell'ordinamento, in favore del ripristino di un equo rapporto tra cittadino ed amministrazione - centrale e periferica - non procrastinando ulteriormente la ricaduta benefica di tagli ed ottimizzazione delle risorse destinate a sostenere i costi degli apparati pubblici.
9/4865-B/74.(Testo modificato nel corso della seduta)Donadi, Favia, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo dispone: il differimento del termine per procedere alla riorganizzazione degli enti, degli istituti e delle società vigilati dal ministero della salute; la proroga del termine entro il quale l'ICE deve provvedere a riorganizzare i propri uffici e le modalità di attuazione e promozione in ordine alle proprie competenze; un'ennesima proroga dei termini e la modifica delle procedure per la soppressione dell'EIPLI;
per tagliare trentasette tra gli enti cosiddetti «inutili» ci sono voluti dieci anni: si è iniziato con la finanziaria per il 2002, che ha previsto l'operazione di disboscamento di tali enti e dettato le disposizioni necessarie, poi rimaste inattuate;
nuovo impulso giunse con la finanziaria per il 2008, che ascrisse un risparmio a regime di 415 milioni di euro per il bilancio statale con la «potatura» degli enti inutili;
si ritentò con il decreto-legge n. 112 del 2008, ma le norme di quest'ultimo, che prevedeva il meccanismo della «ghigliottina» automatica per gli enti che non si fossero riorganizzati per tempo, sono state continuamente prorogate;
in sintesi, a tutt'oggi gli enti effettivamente tagliati ammontano a 37, in forza delle norme del decreto-legge n. 78 del 2010 che ne ha tagliati 23 e del decreto-legge n. 201 del 2011 che ne ha tagliati nove;
gli enti cosiddetti «inutili» (si tratta, in particolare, degli enti pubblici non economici statali) nel 2009 furono contati, a suo dire, dall'allora Ministro per la Semplificazione Calderoli nel numero di 34 mila, ma successivamente l'inutilità fu ascritta a soli 714 enti, che ricevevano contributi per 9,4 miliardi di euro;
il primo tentativo di taglio riguardava, in particolare, i suddetti organismi con unità di personale inferiore al numero di 50, in quanto si riteneva fossero numerosissimi, ma così non risultò; tutti i tentativi di taglio generalizzato non hanno avuto successo anche a causa della variegata natura e struttura degli organismi che dovevano esserne oggetto e, nel complesso, anche ove sono intervenute precise disposizioni normative, si è provveduto a prorogarne i termini o le modalità di attuazione o l'ambito soggettivo;
un'analisi compiuta dal Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei Deputati ha rilevato che «Tutti gli enti soppressi (i 37) lo sono stati mediante specifica norma di legge che ha disposto direttamente la loro soppressione e non risultano casi di soppressione conseguenti al procedimento di riordino e soppressione inizialmente previsti dall'originaria normativa taglia-enti, nemmeno a seguito dell'applicazione dell'istituto della "ghigliottina"»;
questione dirimente è, dunque, conoscere con precisione quali e quanti siano gli enti pubblici non economici esistenti, la loro effettiva dimensione, il loro costo,

impegna il Governo

ad adoperarsi tempestivamente, per quanto di sua competenza e con le modalità più opportune, per una ricognizione ed un censimento degli enti pubblici non economici esistenti.
9/4865-B/75.Favia, Donadi, Mura.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 2-ter, nel confermare la natura ad esaurimento delle graduatorie, dispone l'istituzione di una lascia aggiuntiva alle suddette graduatorie per alcune categorie di docenti;
la disposizione succitata è frutto di una modifica apportata durante l'esame al Senato; infatti alla Camera, in prima lettura, è stato approvato un emendamento che autorizzava l'inserimento nelle graduatorie del personale abilitato, laureato presso i corsi di laurea delle facoltà di Scienze della formazione primaria e specializzato presso i Conservatori e le Accademie, nonché di coloro iscritti negli stessi anni al corso di laurea in scienze della formazione primaria, intendendo la riserva sciolta all'atto del conseguimento dell'abilitazione;
dunque la modifica introdotta al Senato ridimensiona sensibilmente la portata della norma, nel senso che, nel ribadire che le graduatorie ad esaurimento restano chiuse, istituisce una fascia aggiuntiva, assottigliano ulteriormente la platea dei beneficiari, anziché ampliarla;
sempre durante l'esame alla Camera è stato accolto un Ordine del Giorno IDV, che addirittura impegnava il Governo ad intervenire affinché i termini previsti per l'inserimento nelle graduatorie divenute ad esaurimento in forza dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, fossero prorogati anche per i partecipanti ai corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali nn 21 e 85 del 2005, rimasti esclusi,

impegna il Governo

in considerazione del grave problema dei precari della scuola, a valutare l'opportunità di attivarsi nelle adeguate sedi, affinché sia ripristinata la portata originaria della norma, anche alla luce dell'impegno preso alla Camera ed, inoltre, possano essere inseriti nella fascia aggiuntiva istituita, anche coloro che nel 2007, pur essendo in possesso dei titoli necessari, non hanno prodotto domanda di iscrizione entro i termini stabiliti dal DDG 16 Marzo 2007; nonché chi, essendo in possesso dei titoli necessari, non ha provveduto ad aggiornare o confermare la propria posizione al momento della riapertura biennale delle stesse nel 2009, entro i termini stabiliti del decreto ministeriale n. 42 dell'8 aprile 2009, o nel 2011, entro i termini stabiliti dal decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011.
9/4865-B/76.Rota, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
la questione relativa alla distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari occupa da oltre un secolo il dibattito di politica giudiziaria, atteso che dall'unità di Italia ad oggi non vi è mai stato un intervento legislativo organico che si sia preoccupato di ridisegnare la geografia giudiziaria conformemente alla struttura ed ai reali bisogni della società civile;
con legge n. 148 del 14 settembre 2011, all'articolo 1, n. 2, in sede di conversione dei decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, recante il complesso delle misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, è stata conferita delega ai Governo affinché, al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, adotti, nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, provvedimenti mirati alla ridefinizione della geografia giudiziaria e redistribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;
c) ridefinire l'assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali, tenuto conto, ferma la permanenza di quelli aventi sedi presso il tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011, della possibilità di accorpare più uffici di procura anche indipendentemente dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo, in tali casi, che l'ufficio di procura accorpante possa svolgere le funzioni requirenti in più tribunali e che l'accorpamento sia finalizzato a esigenze di funzionalità ed efficienza che consentano una migliore organizzazione dei mezzi e delle risorse umane, anche per raggiungere economia di specializzazione ed una più agevole trattazione dei procedimenti;
d) procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b);
al comma 1-ter, del provvedimento in esame, ingiustificatamente, si dispone, alle sedi dei tribunali de L'Aquila e di Chieti, il differimento di tre anni, dei termini per l'esercizio della delega per la riorganizzazione sul territorio degli uffici giudiziari, di cui alla legge 14 settembre 2011, n. 148. (recante delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari);
con la razionalizzazione della geografia degli uffici giudiziari, sono possibili notevoli risparmi in quanto ci saranno più risorse e funzionalità per il sistema, fino alla possibilità di recuperare circa 500 magistrati in servizio presso i mini tribunali e le sedi distaccate e 5000 dipendenti amministrativi da ricollocare nella macchina giudiziaria. Secondo una stima del Ministero della Giustizia, il risparmio previsto sarebbe di circa 70-80 milioni di euro l'anno;
la realizzazione di un efficiente sistema giudiziario impone infatti un'attenta riflessione sull'attuale distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari e sulla adeguatezza della loro struttura dimensionale;
l'esigenza di rivedere la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio costituisce un punto nodale di fondamentale importanza che condiziona quasi tutti i profili organizzativi funzionali dell'apparato di giustizia, così come condiziona la portata complessiva della risposta giudiziaria. I problemi connessi a tale esigenza si sono sempre annodati intorno ad un'alternativa di fondo: da un lato la prospettiva del reticolo giudiziario diffuso, in modo da avvicinare quanto più possibile il presidio di giustizia alla collettività, dall'altro il costo amministrativo e di gestione - ormai non più sostenibile - di una disseminazione pletorica e sperequata tra aree diverse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che nei capoluoghi di provincia in cui non ci sono Tribunali vengano mantenute le sedi distaccate di Tribunale.
9/4865-B/77.Palomba, Bragantini, Vanalli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
in sede di approvazione del federalismo fiscale e delle varie manovre, che nei mesi si sono succedute, sono stati assunti dal Governo e dal Parlamento impegni atti a rivedere il patto di stabilità in termini premiali per i Comuni capaci di rispettare l'equilibrio finanziario in modo da dar loro l'opportunità di erogare servizi e prestazioni in linea con le esigenze dei territorio;
rilevato che: la complessa e insostenibile situazione in cui versano gli enti locali per effetto dei tagli e dei vincoli del patto di stabilità, sta compromettendo la loro autonomia e li rende incapaci di far fronte alle legittime aspettative dei propri cittadini che vedono erodersi sempre più servizi ed infrastrutture,

impegna il Governo

a prevedere una modifica al patto di stabilità per i Comuni per la parte inerente alle spese di investimento.
9/4865-B/78.Laganà Fortugno.

La Camera,
premesso che:
con emendamento approvato durante l'esame presso le commissioni affari costituzionali e bilancio della Camera è stato introdotto nel provvedimento in esame l'articolo 22-bis di modifica al Codice della Proprietà Industriale (CPI) per quanto riguarda la protezione accordata ai modelli e disegni industriali ritenuti di pubblico dominio;
il testo introdotto estende la moratoria quinquennale prevista in favore di coloro che hanno intrapreso la produzione o commercializzazione di copie dei prodotti originali nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, per i 13 anni successivi a tale data, cioè fino al 19 aprile 2014;
in sostanza si proroga di ulteriori otto anni il regime transitorio di sospensione della tutela d'autore per i disegni e modelli che erano di pubblico dominio (in quanto mai registrati) o lo erano divenuti (a seguito della scadenza della registrazione) a decorrere dal 19 aprile del 2001, ciò in aperto contrasto con il diritto comunitario e con i recenti interventi del legislatore nazionale;
il decreto legislativo n. 131/2010, correttivo del CPI, aveva infatti ridotto a cinque anni il regime transitorio di moratoria (fissato in dieci anni dall'originario decreto legislativo n. 164 del 2001) con la finalità - espressamente dichiarata dal legislatore - di adeguare la normativa interna alla direttiva comunitaria 98/71/CE;
lo scorso anno si è espressa sul tema la Corte di Giustizia UE (sentenza 27 gennaio 2011, procedimento C-189/2009 a seguito di un rinvio pregiudiziale da parte del Tribunale di Milano diretto ad accertare la compatibilità dell'articolo 239 CPI con la direttiva 98/71, e in maniera conforme con ordinanza nella causa C-198/10), statuendo che la previsione di un regime transitorio di moratoria da parte degli Stati membri è legittimo purché non abbia l'effetto di «rinviare per un periodo ingiustificato di tempo)» l'applicazione della direttiva, espressamente affermando, con riferimento alla previsione di un periodo transitorio di dieci anni, che una simile durata «non appare giustificata dalla necessità di garantire gli interessi economici dei terzi in buona fede»; a tal proposito la Corte di Giustizia UE ha affermato che «una moratoria decennale della protezione del diritto d'autore risulta andare al di là di quanto necessario...»;
la disposizione dell'articolo 22-bis costituisce pertanto la riapertura di un termine già abbondantemente scaduto e, ad avviso del firmatario di tale ordine del giorno, la proroga di una sorta di illegalità,

impegna il Governo

a valutare gli oggetti applicativi dell'articolo 22-bis, anche al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sopprimere la disposizione dell'articolo 22-bis del decreto-legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, come introdotto dal disegno di legge di conversione in esame.
9/4865-B/79.Galli, Caparini, Consiglio, Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Meroni, Nicola Molteni, Bragantini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 della legge 12 aprile 1991, n. 136, «Riforma dell'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Veterinari» prevede che sui corrispettivo dovuto per le prestazioni svolte dai veterinari iscritti agli Albi professionali, deve essere applicata una maggiorazione del 2 per cento che grava sul richiedente la prestazione medesima, a favore dell'Enpav;
mentre il veterinario che svolge attività libero professionale incassa direttamente dal cliente oltre al compenso per la prestazione resa anche la maggiorazione del 2 per cento che è tenuto poi a versare all'Enpav, nel caso di veterinario dipendente è l'Amministrazione, alla quale il professionista è legato mediante rapporto di lavoro subordinato, a farsi carico di riscuotere sia il corrispettivo dell'attività resa dal veterinario a favore del richiedente la prestazione, sia la relativa maggiorazione del 2 per cento che dovrà poi essere versata all'Enpav;
la non corretta applicazione della maggiorazione dei 2 per cento da parte delle Amministrazioni genera una disparità di trattamento tra veterinari liberi professionisti e veterinari in rapporto di lavoro dipendente in quanto questi ultimi non riescono ad ottenere la ripetizione del contributo 2 per cento, comunque da essi dovuto all'Enpav, nonché tra utenti fruitori della prestazione che sopporterebbero un costo della prestazione inferiore laddove si rivolgano ad Amministrazioni che non applicano il 2 per cento;
inoltre la mancata applicazione del 2 per cento da parte delle Amministrazioni produce un minor incasso di una contribuzione previdenziale obbligatoria e quindi potrebbe generare un problema di finanziamento della gestione previdenziale Enpav;
nessun onere economico sussiste in capo alle Amministrazioni che sono piuttosto investite del ruolo di sostituti nella esazione di contributi attinenti ad una gestione di previdenza obbligatoria;
la formulazione della citata norma ha dato luogo nel tempo ad interpretazioni ed applicazioni contrastanti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a chiarire, anche attraverso una riformulazione dell'articolo 12 della legge 12 aprile 1991, n. 136, che su tutti i corrispettivi relativi all'attività professionale e di certificazione prestata dai veterinari iscritti agli albi professionali, anche ove legati da rapporto di lavoro dipendente, convenzionale e di collaborazione con associazioni, società enti o soggetti pubblici 0 privati, è dovuta una maggiorazione a carico dei richiedenti la prestazione. L'ammontare della predetta maggiorazione dovrà essere versata all'Enpav da tutti i soggetti che sono tenuti alla riscossione del corrispettivo della prestazione resa nell'esercizio dell'attività professionale e di certificazione, ivi incluso il datore di lavoro in caso di prestazioni rese da veterinari dipendenti.
9/4865-B/80.Mancuso.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 della legge 12 aprile 1991, n. 136, «Riforma dell'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Veterinari» prevede che sui corrispettivo dovuto per le prestazioni svolte dai veterinari iscritti agli Albi professionali, deve essere applicata una maggiorazione del 2 per cento che grava sul richiedente la prestazione medesima, a favore dell'Enpav;
mentre il veterinario che svolge attività libero professionale incassa direttamente dal cliente oltre al compenso per la prestazione resa anche la maggiorazione del 2 per cento che è tenuto poi a versare all'Enpav, nel caso di veterinario dipendente è l'Amministrazione, alla quale il professionista è legato mediante rapporto di lavoro subordinato, a farsi carico di riscuotere sia il corrispettivo dell'attività resa dal veterinario a favore del richiedente la prestazione, sia la relativa maggiorazione del 2 per cento che dovrà poi essere versata all'Enpav;
la non corretta applicazione della maggiorazione dei 2 per cento da parte delle Amministrazioni genera una disparità di trattamento tra veterinari liberi professionisti e veterinari in rapporto di lavoro dipendente in quanto questi ultimi non riescono ad ottenere la ripetizione del contributo 2 per cento, comunque da essi dovuto all'Enpav, nonché tra utenti fruitori della prestazione che sopporterebbero un costo della prestazione inferiore laddove si rivolgano ad Amministrazioni che non applicano il 2 per cento;
inoltre la mancata applicazione del 2 per cento da parte delle Amministrazioni produce un minor incasso di una contribuzione previdenziale obbligatoria e quindi potrebbe generare un problema di finanziamento della gestione previdenziale Enpav;
nessun onere economico sussiste in capo alle Amministrazioni che sono piuttosto investite del ruolo di sostituti nella esazione di contributi attinenti ad una gestione di previdenza obbligatoria;
la formulazione della citata norma ha dato luogo nel tempo ad interpretazioni ed applicazioni contrastanti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a chiarire, anche attraverso una riformulazione dell'articolo 12 della legge 12 aprile 1991, n. 136, che su tutti i corrispettivi relativi all'attività professionale e di certificazione prestata dai veterinari iscritti agli albi professionali, anche ove legati da rapporto di lavoro dipendente, convenzionale e di collaborazione con associazioni, società enti o soggetti pubblici 0 privati, è dovuta una maggiorazione a carico dei richiedenti la prestazione. L'ammontare della predetta maggiorazione dovrà essere versata all'Enpav da tutti i soggetti che sono tenuti alla riscossione del corrispettivo della prestazione resa nell'esercizio dell'attività professionale e di certificazione, ivi incluso il datore di lavoro in caso di prestazioni rese da veterinari dipendenti.
9/4865-B/80.(Testo modificato nel corso della seduta)Mancuso.