XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 23 febbraio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il ciclismo è uno sport che vanta in Italia una lunga e gloriosa tradizione ed oggi è ancora fortemente praticato e seguito, soprattutto da tanti giovani che si cimentano con passione e sacrificio nella disciplina;
nonostante il continuo sviluppo del fenomeno, come conferma la scelta della Toscana per lo svolgimento dei mondiali di disciplina nel 2013, risulta non adeguato il sistema di tutela che permetta lo svolgimento sano e sicuro dello sport ai tanti appassionati;
ogni anno, purtroppo, nelle nostre strade sono in aumento il numero degli incidenti, in molti casi anche mortali, che colpiscono i ciclisti; si calcola che negli ultimi 10 anni i ciclisti rimasti uccisi sono più di 2.500, cifra che rappresenta una vera e propria mattanza;
recentemente in Gran Bretagna, dove il numero delle vittime è sostanzialmente inferiore, è stata lanciata una campagna a sostegno del settore con specifiche richieste di interventi normativi finalizzati all'introduzione nel codice della strada di norme in funzione della sicurezza dei ciclisti e dei ciclo-amatori che praticano lo sport nelle strade nel Regno Unito;
nello specifico i punti che sono stati posti in evidenza nella campagna si incentrano sulla valorizzazione del ruolo dello sportivo e sulla massima attenzione in termini di sicurezza delle strade e dei luoghi fruibili per la pratica del ciclismo, che comprendono delle limitazioni al traffico nelle aree sprovviste di piste ciclabili, l'incremento delle stesse, ove sia possibile compatibilmente con lo sviluppo dei piani di traffico, la dotazione di strumenti aggiuntivi per la segnalazione delle aree ciclabili e dei luoghi di maggiore congestione di traffico diffusi nel territorio, l'impegno di risorse e il coinvolgimento dei privati per lo sviluppo di progetti che prevedano la creazione di nuove piste ciclabili;
in Italia, nonostante le recenti innovazioni nel codice della strada in materia, risulta carente una regolamentazione chiara e sicura a tutela delle migliaia di ciclisti che ogni giorno per passione o per disciplina percorrono le strade cittadine con notevoli rischi per la propria integrità fisica,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative, anche normative, a favorire la tutela e la sicurezza dei ciclisti, che comprendano modifiche al codice della strada vigente, tenendo anche conto delle recenti indicazioni fornite dalla campagna in atto nel Regno Unito, che sta riscontrando numerose adesioni anche nel mondo politico;
ad assumere iniziative volte a destinare risorse finanziarie, compatibilmente con gli impegni di bilancio, a favore degli enti locali per promuovere progetti territoriali finalizzati alla sicurezza dei ciclisti e ciclo-amatori.
(1-00876)
«Volontè, Galletti, Mereu, Compagnon, Bosi, Bonciani, Poli, Occhiuto, Libè, Ciccanti».

La Camera,
premesso che:
la tutela e la sicurezza del territorio italiano, unitamente alla tutela delle acque, rappresentano un interesse prioritario della collettività; il suolo è una risorsa ambientale non riproducibile, la cui trasformazione produce effetti permanenti su ambiente e paesaggio;
la fragilità del territorio italiano è documentata e sempre più evidente: i dati di recente forniti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare classificano circa il 10 per cento del

territorio nazionale ad elevata criticità idrogeologica, ossia a rischio di alluvioni, frane e valanghe; i due terzi delle aree esposte a rischio riguardano i centri urbani, le infrastrutture e le aree produttive; più in generale e con diversa intensità, il rischio di frane e alluvioni riguarda tutto il territorio nazionale: l'89 per cento dei comuni sono soggetti a rischio idrogeologico e 5,8 milioni di italiani vivono sotto tale minaccia;
alla particolare conformazione geologica del territorio italiano, alla fragile e mutevole natura dei suoli che lo compongono ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme, non è stata contrapposta una tutela specifica dalla forte pressione antropica che si registra nel nostro Paese: l'Italia è, infatti, un Paese fortemente antropizzato, con una densità media pari a 189 abitanti per chilometro quadrato, assai superiore alla media dell'Europa pari a 118 abitanti per chilometro quadrato e con fortissime sperequazioni nella distribuzione territoriale;
secondo i dati Istat, il trend del consumo di suolo nel nostro Paese è cresciuto a ritmi impressionanti, pari a 244.000 ettari all'anno di suolo divorato da cemento ed asfalto; si è assistito, negli ultimi decenni, ad una crescita continua dell'urbanizzazione, al diffondersi di una cementificazione spesso incontrollata, all'artificializzazione di corsi d'acqua minori, fiumare e canali e alla sottrazione di aree libere, agricole e boschive, quali presidi per la tenuta del territorio italiano, di cui si paga un prezzo altissimo ogni qualvolta, sul nostro Paese, si abbattono piogge particolarmente intense;
l'assenza di un'adeguata pianificazione territoriale da parte degli stessi enti preposti alla gestione del territorio ed il ricorso improprio agli oneri di urbanizzazione quale fonte prioritaria di finanziamento per i bilanci comunali, hanno spesso privato il «bene suolo» del suo valore pubblico, riducendolo ad un mero serbatoio da cui attingere risorse;
la pratica dell'abusivismo, le continue deroghe alla normativa urbanistica e le ricorrenti politiche di condono edilizio, hanno minato la creazione di una cultura diffusa in materia di sicurezza del territorio, di rispetto delle regole e di salvaguardia del suolo come risorsa per le generazioni future;
anche nella gestione delle risorse pubbliche per la tutela dell'ambiente si evidenzia un deficit di pianificazione e programmazione con una spesa improduttiva e molte volte dirottata su altre finalità; un recente studio dell'Associazione artigiani e piccole imprese Mestre (Cgia) ha indicato che solo l'1,1 per cento delle imposte «ecologiche» sull'energia, sui trasporti e sulle attività inquinanti, pagate dai cittadini allo Stato e agli enti locali, è destinato alla protezione dell'ambiente; il 98,9 per cento va a coprire altre voci di spesa;
più in generale, occorre sottolineare come la politica di tutela del territorio continua a destinare la gran parte delle risorse disponibili, che restano comunque scarse, all'emergenza, anziché ad una effettiva opera di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, che è l'unico modo per prevenire danni economici e perdite di vite umane inaccettabili; ad esempio, a fronte di un finanziamento della legge n. 183 del 1989 per la difesa «strutturale» del suolo, pari a soli 2 miliardi di euro negli ultimi 20 anni, sono stati spesi ben 213 miliardi di euro per arginare le mille emergenze che si sono verificate: 161 miliardi di euro per coprire i danni provocati dai terremoti e 52 miliardi di euro per riparare i disastri derivanti dal dissesto idrogeologico. Tra il 1999 ed il 2008 sono stati spesi 58 miliardi di euro per la difesa del suolo, la riduzione dell'inquinamento e l'assetto idrogeologico, ma di questi oltre il 50 per cento è stato assorbito dalle spese in parte corrente e solo 26 miliardi di euro sono stati destinati ad investimenti per la prevenzione dei rischi;
gli stanziamenti ordinari riguardanti la difesa del suolo e il rischio idrogeologico, iscritti nei bilanci di previsione

degli ultimi anni, indicano pesanti riduzioni di risorse, facendo venir meno la certezza di poter disporre delle risorse necessarie a politiche di prevenzione, che hanno bisogno di continuità per poter essere efficaci e registrando, nei fatti, uno spostamento delle modalità di finanziamento che privilegia una gestione straordinaria, mediante strumenti che non sempre hanno prodotto risultati soddisfacenti;
il piano straordinario per la prevenzione del rischio idrogeologico, previsto dalla legge finanziaria per il 2010, che ha assegnato per interventi straordinari al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fondi per 1 miliardo di euro a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, non ha fin qui prodotto i risultati attesi; i suddetti fondi destinati a finanziare gli accordi di programma sottoscritti con le regioni, che concorrevano con 954 milioni di euro a valere sulla quota regionale del fondo per le aree sottoutilizzate, per la realizzazione degli interventi prioritari di prevenzione, sono stati ridotti di oltre 200 milioni di euro per far fronte alle emergenze delle alluvioni in Liguria, Toscana, Veneto, Emilia, Sicilia e Campania;
ad oggi, il piano straordinario per il dissesto presenta evidenti e notevoli difficoltà di attuazione, con pregiudizio dell'azione dello Stato nel campo della difesa del suolo. Nonostante la sottoscrizioni degli accordi di programma con tutte le regioni, sono stati effettivamente assegnati soltanto 100 milioni di euro delle risorse statali previste, parte delle risorse dei cofinanziamenti regionali in molti casi non sono più disponibili, mentre il taglio di risorse operato dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha rimodulato in riduzione gli accordi già sottoscritti. Per far fronte a questa criticità, il Governo si è impegnato per inserire nella delibera del Cipe del 20 gennaio 2012 - che individua ed assegna le risorse e gli interventi di rilevanza strategica regionale - gli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico già individuati negli accordi sottoscritti con le regioni del Mezzogiorno, per complessivi 680 milioni di euro;
ancora prima dell'individuazione di nuove risorse economiche, occorre però mettere mano con decisione all'infrastrutturazione istituzionale nel campo delle politiche per la difesa del suolo. La maggiore criticità oggi riscontrabile è, infatti, dovuta al mancato completamento del riassetto della governance e da una frammentazione e sovrapposizione di competenze: soggetti e strumenti che appesantiscono, rendendolo meno efficiente, a volte paralizzandolo, il sistema di pianificazione, programmazione, gestione e monitoraggio degli interventi;
a livello nazionale si sconta, a tutt'oggi, la mancanza di una regia unitaria delle azioni di difesa del suolo e di gestione della risorsa idrica; l'adeguamento alle normative comunitarie - direttiva n. 2000/60/CE sulle acque ed alluvioni - avrebbe necessariamente richiesto la definizione di ruoli e competenze che sono ancora confuse tra livelli distrettuali e regionali, con l'effetto di non rendere riconoscibile la catena delle responsabilità; l'attuale revisione dei livelli istituzionali e la diversa attribuzione di funzioni in materia di pianificazione territoriale di scala vasta e di tutela delle risorse ambientali rischiano, peraltro, di creare nuove criticità;
il sistema di gestione proposto per la difesa del suolo, la tutela delle acque e i servizi idrici è di tipo spiccatamente centralistico, incapace di coordinare sinergicamente competenze, ruoli, responsabilità e poteri decisionali delle istituzioni interessate e di armonizzare contenuti, modalità di approvazione, attuazione ed aggiornamento dei diversi strumenti di pianificazione; l'istituzione delle otto autorità di bacino distrettuali, non ancora operative, a cui viene attribuita la potestà pianificatoria, trova limiti nella stessa delimitazione territoriale dei distretti approvata, nella loro architettura istituzionale, dovuta ad un eccessivo peso ministeriale e

ad un conflitto latente con il sistema delle regioni, deleterio per gli organismi che dovrebbero fondarsi sul principio cooperativo tra Stato e regioni a fronte di competenze concorrenti in materia territoriale, e nella stessa operatività economica di tali organismi, a causa delle crescenti difficoltà finanziarie del settore pubblico;
i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, da predisporre per il raggiungimento degli obiettivi della direttiva sulle acque n. 2000/60/CE entro il termine di nove anni dalla sua emanazione, sono stati adottati dai comitati istituzionali delle autorità di bacino, ma sono tuttora in attesa di definitiva approvazione da parte del Consiglio dei ministri, con il risultato di aver prodotto fin qui solo effetti limitativi per i territori interessati, senza aver invece dispiegato le azioni positive in essi previste;
a livello comunitario, oltre alla direttiva quadro sulle acque n. 2000/60/CE, solo parzialmente attuata con il decreto legislativo n. 152 del 2006 (Testo unico in materia ambientale), altri importanti atti legislativi comunitari in materia di gestione delle acque e di difesa del suolo sono stati parzialmente assunti e recepiti dal nostro Paese, tra cui la direttiva sulle alluvioni n. 2007/60/Ce, recepita con il decreto legislativo n. 49 del 2010 che, però, mal si integra con il Testo unico in materia ambientale;
tratto fondante del progetto comunitario, a cui dovrebbe ispirarsi l'azione del nostro Paese in materia di difesa del suolo, è il perseguimento di un'azione programmatica non limitata al semplice bilanciamento delle esigenze di sicurezza, di quelle ecologiche ed economiche, ma finalizzata all'obiettivo di un cambiamento del modello di sviluppo, attraverso scelte di destinazione ed uso del territorio. Punti caratterizzanti di tale programma sono la ricostruzione ecologica dei corsi d'acqua, lo sfruttamento dei processi di qualificazione dell'agricoltura come cura e presidio del territorio, l'introduzione dell'analisi economica nei processi decisionali, al fine di realizzare gli interventi che portano maggior beneficio alla collettività piuttosto che favorire la redditività immediata del singolo, l'assunzione, nel quadro degli scenari di cambiamento, anche dei cambiamenti climatici, la promozione di politiche di adattamento piuttosto che il ricorso ad interventi strutturali, la valorizzazione di pratiche di tipo «negoziale-dialogico» e di partecipazione e coinvolgimento del pubblico nella ricerca di scelte condivise;
la maggior parte degli interventi finalizzati alla difesa del suolo, realizzati in Italia, sono interventi strutturali di difesa passiva, nonostante sia ormai dimostrato che il binomio «dissesto-intervento di difesa del dissesto» può dar luogo a soluzioni localmente soddisfacenti, ma se applicato diffusamente può provocare effetti negativi, non solo perché spesso il rapporto costo/efficacia è sfavorevole, ma anche perché la realizzazione di un intervento a monte può aggravare i pericoli a valle. Al contrario, occorre puntare sulle attività di carattere preventivo, che pongano l'enfasi sul valore delle regole di uso del suolo, sul monitoraggio delle situazioni di rischio e sul grado di conoscenza e consapevolezza delle popolazioni del livello di esposizione al rischio di un territorio;
anche la gestione delle sempre più frequenti emergenze dovute al dissesto idrogeologico, in capo nel nostro Paese ad un sistema di protezione civile tra i più qualificati al mondo, ha dovuto misurarsi negli ultimi anni con crescenti difficoltà: il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (cosiddetto decreto-legge milleproroghe per il 2011), ha introdotto, a carico delle regioni, l'obbligo di attingere a risorse proprie, mediante l'apposizione di addizionali fiscali regionali e l'aumento dell'accisa sulla benzina a carico di cittadini ed imprese già colpite da eventi calamitosi, per far fronte a situazioni per le quali il Governo dichiari lo stato di emergenza, con la conseguenza

di aggravare una situazione già difficile e rallentare, per effetto di ricorsi avanzati dalle regioni, la tempestività degli interventi; il fondo regionale di protezione civile, utile negli anni passati a garantire il funzionamento del sistema regionale, così come previsto dalla legge finanziaria per il 2001, e la copertura dei danni causati da eventi di pertinenza regionale è stato praticamente azzerato; il fondo nazionale per la protezione civile, unica fonte di finanziamento delle attività istituzionali e per il funzionamento della struttura, ha subito dal 2006 al 2011 una riduzione di oltre il 50 per cento delle risorse, concentrata in particolare negli anni 2009-2011, con un ulteriore aggravio della manovra economica di luglio 2011; inoltre, le modalità di ritardata erogazione, dal Ministero dell'economia e delle finanze al dipartimento di protezione civile, delle risorse incidono negativamente sulla programmazione e sull'operatività degli interventi di messa in sicurezza e protezione della popolazione. La sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale, dando ragione alle regioni ricorrenti, ha dichiarato incostituzionale una parte delle norme contenute nel decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (cosiddetto decreto-legge milleproroghe per il 2011), cancellando l'obbligo per le regioni di innalzamento delle proprie imposte e dell'accisa sulla benzina, ma lascia irrisolti una serie di problemi relativi al funzionamento della protezione civile, per i quali è necessario un intervento tempestivo del Governo e del Parlamento;
l'importanza di un'azione istituzionale più incisiva in materia di difesa del suolo e di contrasto al dissesto idrogeologico è stata già oggetto della mozione n. 1-00324, approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2010, con la quale si impegnava il Governo, oltre a dare attuazione al piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico, a «promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, in modo tale da costituire un quadro di riferimento certo per le singole normative regionali che individui alcuni punti qualificanti per una gestione rispettosa e sostenibile del paesaggio e del territorio»;
è necessario richiamare ad un nuovo e più incisivo impegno il Parlamento e il Governo, anche alla luce dei deludenti risultati registrati in questi anni e della necessità di individuare soluzioni tempestive ed avanzate per fronteggiare il ripetersi di episodi calamitosi ed emergenziali, sempre più gravi e difficilmente risolvibili esclusivamente con interventi ex post, sempre più costosi e sostanzialmente inefficaci,


impegna il Governo:


ad invertire la logica di priorità degli interventi in materia di difesa del suolo, contrastando ogni iniziativa di indebolimento della pianificazione territoriale e di ricorso a nuovi condoni edilizi, salvaguardando la centralità della pianificazione territoriale integrata di scala vasta anche nelle scelte in itinere di ridefinizione dei livelli istituzionali esistenti, privilegiando la logica della prevenzione rispetto a quella di gestione dell'emergenza, anche nell'allocazione delle risorse economiche che devono essere rese stabili, utilizzabili in tempi certi e ricondotte ad una gestione ordinaria delle procedure, in primo luogo salvaguardando e sbloccando le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti con le regioni per gli interventi prioritari di prevenzione dal rischio idrogeologico;
a dare piena attuazione, nell'ambito della propria competenza, ai principi e ai contenuti delle direttive europee in materia di gestione delle risorse idriche e di alluvioni, assumendo le opportune iniziative di natura amministrativa e normativa che possano portare ad una significativa riorganizzazione del sistema di responsabilità e competenze, che elimini sovrapposizioni ed incongruenze del quadro esistente, puntando ad una maggiore cooperazione tra i livelli amministrativi ed il

sistema delle competenze tecniche esterne, ad un effettivo coordinamento tra politiche settoriali e territoriali, nonché ad una reale attuazione dei requisiti di partecipazione pubblica attiva e di informazione/educazione al rischio, anche mediante la valorizzazione di esperienze virtuose di programmazione negoziata territoriale, come i contratti di fiume;
ad adottare iniziative normative volte ad apportare le modifiche al quadro normativo vigente nella logica unitaria della difesa idrogeologica, della gestione integrata dell'acqua e del governo delle risorse idriche, al fine di rendere finalmente operative le autorità di bacino distrettuali, secondo una governance che tenga conto delle esigenze di riequilibrio istituzionale sostenute dalle regioni, di una delimitazione più funzionale dei distretti e di un sistema di governo in grado di riconoscere e valorizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze delle strutture tecniche di bacino esistenti a livello regionale e locale, nonché a portare a definitiva e rapida approvazione i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti della direttiva sulle acque n. 2000/60/CE;
ad assumere iniziative volte a promuovere e sostenere un piano straordinario di manutenzione diffusa del territorio e dei corsi d'acqua, che coinvolga il sistema delle autonomie locali e che preveda la possibilità di deroghe rispetto ai vincoli di spesa imposti dal patto di stabilità e l'incentivazione della partecipazione attiva della popolazione, anche mediante la sperimentazione di progetti che coinvolgano lavoratori temporaneamente beneficiari di ammortizzatori sociali;
a promuovere le opportune modifiche normative che garantiscano la possibilità del sistema della protezione civile di operare in modo tempestivo ed efficace nel campo del contrasto ai danni provocati dal dissesto idrogeologico, mediante il superamento delle criticità contenute nelle norme attualmente in vigore, in particolare del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (cosiddetto decreto-legge milleproroghe per il 2011).
(1-00877)
«Braga, Mariani, Maran, Lenzi, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Benamati, Realacci, Viola, Codurelli».

La Camera,
premesso che:
le politiche di attenzione al governo del territorio sono fondamentali e imprescindibili, sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali calamitosi;
i recenti tragici eventi avvenuti in Liguria e Toscana, a Roma e in Campania, senza dimenticare quelli del messinese, hanno messo alla luce, ancora di più rispetto al passato, le gravissime carenze strutturali presenti nel nostro Paese rispetto al tema del dissesto idrogeologico del territorio;
sono sempre più manifesti, infatti, i danni provocati da frane, inondazioni, alluvioni, eventi sismici che feriscono, il più delle volte anche mortalmente, una larghissima parte del territorio nazionale, non capace di sopportare eventi di tale portata, in quanto impoverito, danneggiato ed improvvisamente usato dall'uomo;
negli ultimi decenni l'intero patrimonio territoriale nazionale ha subito una progressiva e continua riduzione delle aree libere e naturali a vantaggio di un incremento degli insediamenti urbani e industriali, con incrementi vicini anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
i riferimenti statistici più recenti dimostrano come tale tendenza abbia conosciuto un'ulteriore accelerazione negli ultimi anni, in particolare nelle aree metropolitane del Sud, e come la crescita

della superficie urbanizzata in alcune aree abbia limitato fortemente il mantenimento delle attività agricole primarie e favorito una crescita esponenziale dei consumi energetici;
sono più di 29.000 i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini che vivono in insediamenti abitati costruiti su queste aree, mentre più del 40 per cento dei comuni presenta superfici ad elevato rischio sismico, evidenziando la drammatica emergenza in atto sulla quasi totalità del territorio nazionale, in particolare nel Mezzogiorno ma non solo, le cui conseguenze, in termini di perdita di vite umane e di danni economici sono note a tutti;
il dissesto idrogeologico rappresenta per il nostro Paese un problema di notevole rilevanza; il rischio idrogeologico ed idraulico è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell'assetto geomorfologico del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio, trasporto di massa lungo le conoidi nelle zone montane e collinari, esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura;
tutto ciò è da sommare ai terremoti che hanno colpito la penisola causando danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro, impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico, monumentale, per non tacere della perdita di vite umane;
la riqualificazione edilizia del patrimonio abitativo italiano stenta a decollare: a quanto risulta dalle indicazioni di studi effettuati sulla materia, circa il 70 per cento dell'intero patrimonio necessita di interventi di miglioramento ed efficientamento; i recenti «piani casa» varati hanno trovato evidenti difficoltà a decollare e, comunque, non hanno tenuto conto di misure che prevedono un corretto e rispettoso utilizzo del territorio, nonché di un sistema di incentivazione per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio, per la delocalizzazione dalle aree esposte a forte rischio e per garantire priorità di intervento in queste ultime;
uno degli aspetti più rilevanti, legato all'aumento del rischio idrogeologico, è quello relativo al fenomeno dell'abusivismo, che, come tanti casi di cronaca hanno drammaticamente dimostrato, è connesso alla violazione delle norme in materia di sicurezza; dati alla mano, salta all'occhio come il fenomeno sia maggiore nelle aree del Paese a tradizionale presenza malavitosa: in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia si concentra il 46,2 per cento delle infrazioni accertate dalle forze dell'ordine, ma le infrazioni sono ben più distribuite se intese come incoerenze con le indicazioni di cui ai piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico (Pai) di cui alla legge n. 267 del 1998;
sono necessarie azioni in funzione del ripristino delle condizioni di sicurezza del territorio e del miglioramento dell'efficienza del patrimonio abitativo e industriale presente nel Paese, con particolare attenzione agli aspetti che riguardano l'esposizione al rischio idrogeologico e sismico;
sono state tantissime le risorse investite negli ultimi anni per fronteggiare le emergenze legate agli eventi, che hanno provocato ingentissimi danni alla difesa del suolo, che però, in assenza di piani di prevenzione ben strutturati e organizzati e dell'attenzione continua e prioritaria ai conseguenti interventi di mitigazione del rischio, hanno perso efficacia e con un ulteriore ritardo sul concorso delle azioni di prevenzione richiamate;
recentemente il Parlamento ha approvato iniziative in materia, presentate anche dai gruppi proponenti il presente atto di indirizzo, che indirizzavano il Governo a prevedere misure, anche finanziarie, finalizzate all'adozione di un piano di interventi straordinari per il recupero del

territorio dal rischio idrogeologico che, ad oggi, risultano non essere state messe in pratica;
il problema del dissesto idrogeologico del territorio e dei cambiamenti climatici non riguarda solo l'Italia ma - come ha avuto modo di sottolineare di recente anche il presidente del Consiglio nazionale dei geologi in occasione dell'incontro a Vancouver con la Federazione nazionale dei geologi canadesi, proprio per un confronto globale sulle questioni professionali ed ambientali in materia di dissesto idrogeologico - coinvolge anche altri Paesi dove insistono criticità non meno gravi, per cui è fondamentale che la difesa complessiva dell'ambiente diventi un obiettivo strategico e prioritario anche dell'agenda europea,


impegna il Governo:


a dare seguito agli atti di indirizzo approvati in Parlamento, che già impegnavano i precedenti Governi a destinare risorse all'attuazione del piano straordinario di interventi per la messa in sicurezza e riqualificazione del territorio nazionale e del patrimonio abitativo pubblico e privato, esposto a rischio sismico e idrogeologico;
ad adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e agli enti locali dalla legislazione vigente, anche di natura economica, finalizzate alla predisposizione di un piano ventennale di opere che prevedano:
a) la messa in sicurezza del territorio nazionale attraverso una stima completa delle aree dove intervenire, un elenco delle opere e dei relativi costi, l'individuazione degli interventi sulla base di indici tecnici che ne determinino le priorità e il coinvolgimento di tutti gli organismi preposti;
b) un congruo stanziamento per un impegno di spesa annuale per l'ottimizzazione del territorio nazionale;
c) la valutazione dell'opportunità di vincolare una quota del bilancio statale alla costituzione di un fondo di garanzia per il lucro cessante delle attività economiche esistenti sul territorio oggetto di evento sismico e/o idrogeologico;
ad adottare tutte le misure necessarie per favorire la prevenzione dei fenomeni e gli interventi a difesa del suolo, sollecitando il rafforzamento e lo sviluppo delle attività di complesso monitoraggio del territorio nazionale;
ad assumere iniziative di competenza per rafforzare il sistema dei controlli e prevedere un inasprimento delle sanzioni sui comportamenti dei singoli cittadini e dei privati in funzione di una maggiore attenzione al rispetto del suolo, garantendo l'applicazione di sanzioni certe per gli attori che non rispettino le normative in materia;
a promuovere una rivisitazione della normativa vigente in materia di controlli, al fine di prevedere l'introduzione di meccanismi sanzionatori in caso di inadempienze accertate da parte delle pubbliche amministrazioni;
a sviluppare un sistema di contrasto efficiente all'abusivismo e all'edificazione selvaggia;
ad assumere iniziative volte a prevedere una progressiva delocalizzazione di tutti gli insediamenti, abitativi e produttivi, dalle aree a forte rischio idrogeologico;
ad adoperarsi nelle competenti sedi europee affinché, anche a livello comunitario, si affronti al più presto il delicato problema della prevenzione e della difesa del territorio, anche eventualmente sollecitando l'adozione di provvedimenti incisivi che consentano soluzioni condivise e comuni per la gestione del territorio e per il monitoraggio delle situazioni a rischio idrogeologico e che eventualmente prevedano anche la costituzione di un fondo per

la bonifica degli alvei dei fiumi e dei loro affluenti, nonché la costituzione di un centro europeo di raccolta dati.
(1-00878)
«Libè, Di Biagio, Galletti, Della Vedova, Dionisi, Mondello, Lusetti».

La Camera,
premesso che:
il 21 aprile 2009, la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati, ha approvato una risoluzione volta alla definizione di un programma pluriennale di interventi per la difesa del suolo, votata positivamente da tutte le forze politiche presenti nella Commissione parlamentare;
la risoluzione, facendo presente che il nostro Paese è fortemente compromesso da fenomeni di dissesto idrogeologico e che appare ormai urgente ed inderogabile attivare serie misure di contrasto alla rottura degli equilibri del particolare e rinomato territorio naturale delle regioni italiane, ha segnalato che, per fare fronte a problematiche così complesse ed impellenti, sarebbe necessario prevedere un programma pluriennale di interventi, coordinato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma da attuarsi da parte degli enti periferici e territoriali competenti per legge, il cui valore non avrebbe dovuto essere inferiore ad almeno 5 miliardi di euro;
il 26 gennaio 2010 è stata approvata all'unanimità dall'assemblea della Camera dei deputati la mozione n. 1-00324 che, tra l'altro, ha impegnato il Governo ad attuare quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00040, approvata dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il 21 aprile 2009;
in effetti, la situazione di rischio idrogeologico del territorio italiano è nota e conclamata. Uno studio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare evidenzia che il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e che sono 6.633 i comuni interessati, pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
l'articolo 2, comma 240, della legge finanziaria per il 2010, ha destinato 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile);
in attuazione delle procedure introdotte a norma delle predette disposizioni, si è riscontrato che non sempre esse si sono dimostrate snelle e in grado di rispondere tempestivamente alle effettive necessità dei territori interessati, evidenziando spesso ritardi nelle fasi di predisposizione dei provvedimenti convenzionali ed amministrativi, impossibilità di poter disporre di risorse adeguate ed effettivamente spendibili, disallineamenti tra i tempi in cui sarebbe necessario effettuare gli interventi rispetto a quelli in cui questi sono necessari o diventano concretamente eseguibili;
va sottolineato che i veri conoscitori dello stato di salute del territorio e delle relative necessità di interventi per la messa in sicurezza e per la prevenzione dei rischi e dei pericoli derivanti dalle calamità naturali sono gli amministratori locali e, pertanto, sembrerebbe opportuno mettere gli stessi amministratori al centro delle attività relative all'individuazione, alla predisposizione ed esecuzione degli interventi di mitigazione allo scopo censiti;
appare necessaria una revisione delle norme vigenti in campo di prevenzione e di lotta al dissesto idrogeologico, eliminando le disposizioni che, di fatto, rendono farraginose le procedure atte all'esecuzione

degli interventi ed all'assegnazione delle risorse;
nell'auspicato processo di ricognizione delle norme potrebbe essere inserita la previsione di un fondo volto a risarcire i soggetti che, a seguito di eventi calamitosi legati al dissesto idrogeologico, abbiano subito danni ai loro beni;
al riguardo va fatto presente che il fabbisogno finanziario necessario per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale appare essere quasi imponente: si calcola un ammontare di 44 miliardi di euro, di cui 27 miliardi di euro per l'area del Centro-Nord, 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno e 4 miliardi di euro per il patrimonio costiero;
risulta, altresì, evidente che, se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali,

impegna il Governo,

ad intraprendere iniziative urgenti finalizzate a modificare l'attuale disciplina in materia di interventi nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico e a salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale, sopprimendo il sistema centralizzato dei commissari previsto dall'articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010;
ad attivare un organico programma di interventi per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d'intesa con le singole regioni, articolato attraverso azioni che prevedano progetti strategici di difesa dal rischio idrogeologico relativi alle aree urbane o agli insediamenti produttivi di particolare rilievo, interventi puntuali di riduzione del rischio idrogeologico, anche con riferimento ai piccoli comuni, e interventi di manutenzione diffusa del territorio nonché di singole opere di difesa esistenti;
ad assumere iniziative volte a istituire un sistema di finanziamento delle opere basato sulla concessione e conseguente erogazione delle risorse direttamente ai comuni, alle province, ai consorzi di bonifica, alle comunità montane e agli altri soggetti competenti ai sensi della normativa vigente in materia di difesa del territorio e tutela dell'ambiente, prevedendo la concessione di contributi da parte dello Stato, pari agli oneri per capitale ed interessi di ammortamento di mutui o altre operazioni finanziarie che i predetti soggetti possano essere autorizzati a contrarre con la Cassa depositi e prestiti o istituti finanziari, nell'ambito di autorizzazioni di spesa pluriennali a carico dello Stato di almeno 100.000.000 euro annui, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica;
ad assumere iniziative normative per prevedere l'esclusione di tali finanziamenti pluriennali dai vincoli previsti dal patto di stabilità e dalle percentuali di indebitamento cui sono soggetti gli enti beneficiari dei contributi statali;
ad intraprendere specifiche iniziative, anche di natura normativa, volte a prevedere l'istituzione di un fondo compartecipato dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali, finalizzato alla concessione di indennizzi e per il risarcimento dei danni provocati dalle calamità naturali connessi al dissesto idrogeologico del territorio;
ad assumere iniziative di competenza, anche normative, finalizzate a prevedere che i comuni possano concedere crediti edilizi in favore di soggetti che procedono alla delocalizzazione dei propri immobili

situati in aree classificate a rischio, verso siti sicuri.
(1-00879)
«Dussin, Alessandri, Lanzarin, Togni, Bitonci, Giancarlo Giorgetti, D'Amico, Polledri, Simonetti, Fogliato, Lussana, Fugatti, Fedriga, Montagnoli».

La Camera,
premesso che:
la Costituzione italiana sancisce che «l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (articolo 1), che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» (articolo 3), che la Repubblica «riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto» (articolo 4), che lo Stato cura «la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori»(articolo 35), i quali hanno diritto ad una retribuzione «in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa» (articolo 36), che «per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni (articolo 119);
la più recente rilevazione dell'Istat sulle forze lavoro, diffusa a gennaio 2012, indica un ulteriore calo dei livelli occupazionali. Il tasso di occupazione nazionale a dicembre è pari al 56,9 per cento (fermo sul mese e in calo di 0,1 punti percentuali sull'anno) con un tasso di inattività al 37,5 per cento (-0,1 sul mese precedente, -0,5 rispetto a un anno prima). L'analisi di genere mostra per i maschi un tasso di occupazione al 67,1 per cento, di disoccupazione all'8,4 per cento e di inattività al 26,7 per cento; per le donne il tasso di occupazione è al 46,8 per cento, quello di disoccupazione al 9,6 per cento e di inattività al 48,2 per cento;
considerando la componente degli scoraggiati, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-nord supererebbe la soglia del 10 per cento e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2010 dal 13,4 per cento al 25,3 per cento. Significa che oltre una persona su quattro dell'intera forza lavoro meridionale non ha lavoro. A pagare il prezzo più alto, ancora una volta, sono i giovani. A livello nazionale uno su tre di quanti partecipano attivamente al mercato del lavoro, è senza impiego. Un tasso di disoccupazione ufficiale al 31 per cento;
tutte le criticità occupazionali colpiscono maggiormente il Sud, a cominciare dal fenomeno Neet, che coinvolge nel Meridione oltre 1,2 milioni di ragazze e ragazzi (il 54,5 per cento del totale). Il dato più allarmante è quello relativo agli occupati. Nelle regioni meridionali il tasso di occupazione delle persone tra 15 e 34 anni è sceso nel 2010 ad appena il 31,7 per cento e per le donne non raggiunge che il 23,3 per cento, marcando una distanza di 25 punti percentuali con il Nord del Paese (56,5 per cento), come denunciato dal rapporto Svimez 2011 sull'economia del Mezzogiorno. Ne risulta che nelle zone depresse del Sud lavora meno di un giovane su tre;
il rapporto annuale 2011 dell'Istat mette in evidenza che circa un quarto degli italiani «sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale». Il fenomeno riguarda in particolare 24,7 per cento della popolazione, pari a 15 milioni di persone. La povertà si conferma un fenomeno che riguarda soprattutto il Mezzogiorno, dove le famiglie sono mediamente più numerose e tendenzialmente monoreddito. Nelle regioni meridionali, dove risiede circa un terzo degli italiani, vive il 57 per cento delle persone a rischio

povertà (8,5 milioni) e il 77 per cento di coloro che vivono in condizione di «grave deprivazione». In Italia quasi una famiglia su tre ha difficoltà ad arrivare a fine mese, ma se la media nazionale si attesta al 28,5 per cento, nelle regioni del Sud tale indice si alza fino al 36,5 per cento. Le possibilità di finire in una situazione di povertà relativa o assoluta aumentano in maniera significativa nel Mezzogiorno, dove le famiglie sono mediamente più numerose e tendenzialmente monoreddito;
la disoccupazione reale al 25 per cento alimenta drammaticamente l'emigrazione dal Sud causando un vero e proprio «tsunami demografico» nelle zone deboli del meridione. Secondo stime diffuse dalla Svimez, negli ultimi dieci anni hanno lasciato il Meridione quasi 600 mila persone. Di questo passo nel 2050 quasi un abitante su cinque nelle regioni del Sud avrà più di 75 anni e gli under 30 passeranno dagli attuali 7 milioni a meno di 5. A quella data, inoltre, la quota di over 75 sulla popolazione complessiva passerà al Sud dall'attuale 8,3 per cento al 18,4 per cento nel 2050, superando il Centro-Nord dove raggiungerà il 16,5 per cento;
le dinamiche relative all'emigrazione dal Sud al Nord sono l'effetto più evidente dello stallo del tessuto sociale e produttivo del Mezzogiorno. Se i giovani vanno via è perché il sistema delle imprese meridionali non è in grado di competere con quello settentrionale quanto a capacità di assorbire forza lavoro altamente qualificata. Un gap al quale si aggiunge uno squilibrio vertiginoso nei sistemi di transizione scuola-lavoro e nei livelli del servizio sociale. Questo quadro condanna oggi il Mezzogiorno ad essere il maggiore fornitore di risorse umane delle zone forti del Centro-nord;
il fenomeno dell'emigrazione interna si traduce anche in una allarmante emorragia economica dalle fasce e dalle zone deboli a quelle forti del Paese. Tra tasse universitarie e integrazioni alle magre buste paga che i giovani percepiscono per molti anni dopo aver finito il corso di studi, ogni anno dal Sud al Nord si spostano non meno di 2 miliardi di euro. Così il Mezzogiorno si trova a dover pagare un dazio insieme economico e culturale, che inverte letteralmente la storica logica delle «rimesse». Per uscire da questa condizione occorre agire su due nodi fondamentali: lo sviluppo del comparto produttivo del Sud e l'implementazione di efficaci strumenti di raccordo tra le università e il mondo del lavoro;
dai dati appena illustrati appare evidente come nell'attuale fase di crisi è nel Mezzogiorno che si registrano gli effetti più devastanti sia in termini economici che sociali. L'aumento dei divari economici e sociali rappresenta la fondamentale causa scatenante della «tempesta perfetta» che tre anni fa ha investito il nostro Paese. Da allora, la recessione si è abbattuta sull'Italia con più forza che sull'Europa e sul Mezzogiorno con più intensità che sul resto della nazione. Questo proprio perché l'Italia riproduce al suo interno le forti sperequazioni che sono alla base della crisi. Mettere al centro dell'azione politica nazionale la convergenza e la coesione territoriale significa quindi realizzare l'unica politica in grado di risollevare l'intero Paese dalla stagnazione. Le zone deboli devono essere considerate oggi la più grande opportunità di rilancio economico e morale del Paese. Come ha detto il Capo dello Stato, affrontare il loro sviluppo «è un dovere della comunità nazionale e un impellente interesse comune per garantire all'Italia un più alto livello di sviluppo e di competitività. Non c'è alternativa al crescere di più, e meglio, insieme»;
in contrasto con questa indicazione, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il precedente Esecutivo ha assunto una strategia sostanzialmente antimeridionalista, che ha incrementato il divario economico, sociale e geografico invece di colmarlo. Secondo Svimez, l'effetto cumulato delle manovre varate dal Governo Berlusconi nel 2010 e nel 2011 peserà in termini di quota sul prodotto interno lordo 6,4 punti al Sud (di cui 1,1 punti

nel 2011, ben 3,2 punti nel 2012, 2,1 nel 2013) e 4,8 punti al Nord (1 nel 2011, 2,4 nel 2012, 1,4 nel 2013). I provvedimenti varati negli ultimi tre anni hanno di fatto azzerato ogni intervento a favore del Mezzogiorno sia in termini di risorse stanziate che di strumenti specifici. Il continuo ricorso al Fondo per le aree sottoutilizzate nazionale per la copertura di provvedimenti di carattere generale ha determinato nei fatti un'ulteriore divaricazione tra le condizioni economiche e sociali delle zone forti e quelle delle zone deboli;
questa sistematica distrazione di fondi, valutabile nella somma di 35 miliardi di euro, oltre a compromettere il rispetto dell'originario vincolo di ripartizione delle risorse del fondo (si riconosceva alle regioni sottoutilizzate almeno l'85 per cento del complesso delle risorse) ha di fatto azzerato le politiche di sviluppo che le regioni del Sud realizzano solo grazie al trasferimento di fondi stanziati dal Governo centrale e dall'Unione europea. A tale drenaggio si è aggiunta una miope politica di tagli per gli imprenditori meridionali. In una fase congiunturale così difficile, invece di supportare le imprese del Sud, il Governo pro tempore ha annullato di fatto per tre anni l'operatività del credito d'imposta, lasciando le aziende del Sud senza alcuna fiscalità di sviluppo;
sul versante delle infrastrutture, il quadro è altrettanto avvilente. Gli investimenti indirizzati al Sud dalle aziende a capitale pubblico risultano gravemente sottodimensionate. In questi due anni grandi realtà come Anas, Ferrovie dello Stato ed Enel hanno praticamente abbandonato il Sud. Per quanto riguarda le ferrovie solo il 7,8 per cento delle linee ferroviarie ad alta velocità si sviluppa nel Mezzogiorno (la Napoli-Salerno). E nei prossimi anni la situazione non migliorerà: tutti i cantieri della TAV riguarderanno esclusivamente tratte settentrionali. Quanto alla rete ferroviaria ordinaria, secondo gli ultimi dati disponibili, Trenitalia ha indirizzato al Sud appena il 18 per cento delle risorse investite per l'ammodernamento della rete. Ugualmente preoccupante è la condizione delle altre opere pubbliche. Negli ultimi tre anni, ha denunciato Confindustria, la spesa pubblica destinata alle infrastrutture ha registrato un crollo del 35 per cento. Un allarme a cui si sono uniti anche i costruttori dell'Ance, secondo i quali nel solo 2011 le dotazioni per le opere medio-piccole scenderanno del 14 per cento;
per sostenere i Paesi in maggiore difficoltà, la Commissione europea ha recentemente varato una modifica alle regole dei fondi strutturali destinati agli investimenti produttivi nelle aree sottoutilizzate. In particolare, Bruxelles ha concesso all'Italia di abbassare la quota di cofinanziamento nazionale dal 50 al 25 per cento. Una opportunità che determina lo sblocco di 8 miliardi di risorse europee che devono dare concretezza a una politica di sviluppo e di convergenza delle aree deboli;
il recente via libera della Commissione europea all'utilizzo dei fondi strutturali per la copertura dei crediti d'imposta per l'occupazione al Mezzogiorno apre a una nuova e importante possibilità di destinare fondi europei al finanziamento di strumenti di fiscalità di sviluppo. Tali strumenti devono tornare a stimolare anche gli investimenti produttivi delle aziende meridionali. La Commissione europea ha inoltre avviato una missione specifica nel nostro Paese con l'obiettivo di impegnare al più presto una parte dei fondi sbloccati per dare impulso a specifiche politiche occupazionali nelle aree a più bassa occupazione giovanile. La via da seguire, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, passa anche per la riattivazione del credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, strumento introdotto dall'Esecutivo Prodi e smantellato dal Governo Berlusconi;
il piano di azione coesione, presentato a dicembre 2011 dall'attuale Governo rappresenta il primo passo in tre anni verso le zone deboli del Mezzogiorno. L'obiettivo immediato, come è noto, riguarda il salvataggio di quasi due miliardi

di fondi non impegnati che rischiano di andar via a causa del disimpegno automatico previsto da Bruxelles. Per scongiurare il rischio di perdere questi fondi, l'Esecutivo ha riorganizzato e concentrato 3 miliardi di euro «in scadenza» su quattro priorità. Si va dal potenziamento della rete ferroviaria (1,5 miliardi) al piano scuola (1 miliardo), dall'agenda digitale (400 milioni) al credito d'imposta per le nuove assunzioni (140 milioni). Per mettere a sistema i progetti e garantire efficacia di spesa, il Governo si è fatto poi promotore di un nuovo coordinamento con le regioni, incardinando così l'obiettivo della convergenza sul binario di una strategia complessiva di sviluppo nazionale;
si inverte completamente quella che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo è stata l'impostazione localistica e disgregante del precedente Esecutivo. Dove prima si teorizzava l'esistenza di due sistemi socioeconomici distinti e indipendenti - quello virtuoso del Nord e quello vizioso del Sud - ora si ritrova la consapevolezza che la ripartenza della crescita nazionale passa dal rilancio delle zone deboli del Mezzogiorno. Prospettiva che trova corrispondenza in alcune importanti misure introdotte nel cosiddetto decreto-legge salva Italia, come la deduzione IRAP differenziata territorialmente per giovani e donne;
tuttavia, sia nel piano di coesione, sia nella manovra di dicembre 2011, mancano ancora risposte decisive sul versante degli investimenti produttivi. La movimentazione di 3 miliardi di euro, a fronte di una disponibilità complessiva di 40 miliardi di euro, configura una dimensione ancora troppo modesta per marcare una vera svolta meridionalista;
la strada maestra, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, passa per un potenziamento del credito d'imposta nazionale per l'occupazione, fermo alla somma esigua di 140 milioni di euro, e per la reintroduzione dell'automatismo del credito d'imposta per gli investimenti produttivi. Bisogna cogliere l'occasione offerta dall'Europa di utilizzare risorse europee in questa direzione impiegando una quota rilevante dello stanziamento disposto dalla manovra finanziaria varata a dicembre 2011 di un fondo di cofinanziamento capace di sbloccare diversi miliardi in tre anni. Secondo stime della Ragioneria dello Stato, se 2 miliardi di euro di questa dotazione venissero utilizzati sul credito d'imposta per gli investimenti sarebbe possibile creare oltre 200 mila posti di lavoro produttivo nelle zone più deboli del Meridione, con effetti immediati sui consumi e sulla crescita di tutto il Paese;
il 13 gennaio 2010 il Parlamento italiano ha approvato, contro il parere favorevole del governo, una mozione del PD che impegna l'Esecutivo a dare risposte su tre capitoli fondamentali: il reintegro delle risorse distratte dal fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), il ripristino integrale di strumenti di fiscalità di sviluppo, come il credito d'imposta e le zone franche urbane, e l'attivazione di un piano-occupazione che incentivi il lavoro produttivo nelle aree più deboli. Tali indicazioni risultano completamente disattese dal precedente Governo,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative volte a impegnare almeno due miliardi di euro dei fondi sbloccati dall'Unione europea a copertura del credito d'imposta per gli investimenti produttivi al Sud;
a riprendere le linee della mozione 1/300 disattesa dal precedente Governo e, in particolare, ad assumere iniziative per reintegrare le risorse impegnate del Fas per destinarle a un programma di coesione nazionale incentrato sul rilancio del tessuto produttivo meridionale che preveda anche il finanziamento e la realizzazione di una adeguata rete infrastrutturale materiale e immateriale;
a utilizzare l'intera dote dei fondi nazionali risultante dall'abbassamento della quota di cofinanziamento, per realizzare fiscalità di sviluppo e investimenti produttivi nel Mezzogiorno, posto che la

distrazione di questa dote su altri capitoli di spesa si configurerebbe come l'ennesima sottrazione di risorse stanziate specificamente per il rilancio delle zone deboli del Sud;
a utilizzare l'intera dote messa a disposizione dall'Unione europea specificamente per il credito d'imposta e per l'occupazione al Sud.
(1-00880)
«Franceschini, D'Antoni, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Boccia, Amici, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Vico».

La Camera,
premesso che:
in data 17 febbraio 2012 si è riunito il tavolo operativo composto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle camere di commercio, dalle autorità portuali di La Spezia e Marina di Carrara, dall'interporto quadrante Europa di Verona e dal centro padano interscambio merci (CEPIM) di Parma, il quale opera per conseguire la realizzazione degli interventi indispensabili alla completa realizzazione del corridoio TIBRE;
in conclusione del tavolo interistituzionale sul corridoio intermodale Tirreno-Brennero i partecipanti hanno riaffermato che l'intera infrastruttura TI-BRE autostradale e ferroviaria è un'opera di interesse e valenza nazionale;
nel protocollo di intesa, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalle regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia e Veneto e da province e comuni capoluogo interessati per la realizzazione delle opere infrastrutturali funzionali al completamento del corridoio multimodale Tirreno-Brennero sono state condivise le programmazioni e le priorità delle azioni necessarie al completamento del programma per l'adeguamento dell'intero asse ferroviario; è ritenendo altresì inderogabile l'esigenza di affrontare in forma condivisa anche la questione del secondo lotto di completamento della bretella autostradale A15-A22 di cui si stanno avviando i lavori del primo lotto;
il CIPE, ha approvato il progetto preliminare del raddoppio delle tratte ferroviarie comprese tra Parma-Osteriazza e Berceto-Chiesaccia, del costo complessivo di 726,6 milioni di euro, suddiviso in tre sub-lotti (Parma-Vicofertile 234,6 milioni di euro; Vicofertile-Collechio 93,8 milioni di euro; Collecchio-Osteriazza 398,2 milioni di euro, con una prima assegnazione di 234,6 milioni di euro per il primo sub-lotto;
dalla rilevazione dell'autorità di valutazione sullo stato di attuazione delle opere pubbliche comprese nel piano infrastrutture, che si basa sui dati comunicati dal responsabile del procedimento (RFI), al 31 maggio 2011, risulta che la progettazione definitiva è disponibile per il sub lotto «Parma-Viocofertile»;
tale opera consente di connettere la direttrice Parma-La Spezia con Mantova e Verona senza interferire con la linea Milano-Bologna, superando il nodo di Parma eliminando un incrocio di gestione problematica;
con provvedimento legato alla ultima manovra finanziaria del Governo Berlusconi è stato approvato un provvedimento che revoca i finanziamenti concessi per infrastrutture e non impegnati entro il 31 dicembre 2011;
nella seduta del 20 gennaio 2012 il CIPE, in seguito alla dichiarazione di Rete ferroviaria italiana di non cantierabilità dell'opera, ha revocato il finanziamento e destinato le risorse ad altri interventi;
questo intervento rappresenta, per l'intero territorio attraversato, un'occasione di riqualificazione urbana e di adeguamento

del nodo ferroviario unica ed irripetibile,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le iniziative idonee affinché Rete ferroviaria italiana proceda alla chiusura del progetto definitivo ed alla sua approvazione in tempi rapidissimi dopo la conferenza di servizi del 24 gennaio 2012 che ha licenziato il progetto con alcune precisazioni facilmente ottemperabili;
ad assumere iniziative per recuperare, ridefinire e riallocare le risorse per la realizzazione di questa opera fondamentale ed inderogabile.
(1-00881)
«Fava, Rainieri, Fugatti, Bragantini, Negro, Comaroli, Torazzi, Di Vizia, Montagnoli, Bonino».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
l'articolo 402 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, prevede, al comma 4, che «i canoni degli alloggi di servizio, realizzati mediante concessione di lavori pubblici in attuazione del comma 2, lettera b), comprendono la quota di ammortamento e sono determinati in funzione dei costi di realizzazione e degli oneri relativi alle prestazioni gestionali e di manutenzione sostenuti dal concessionario per la durata del contratto di concessione»;
il medesimo articolo, al comma 7, prevede che «le Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, provvedono a individuare e porre in graduatoria i potenziali assegnatari degli alloggi a riscatto (omissis) e possono consentire al personale individuato di associarsi in cooperative da costituire per tale finalità o già esistenti»;
sempre l'articolo 402, al comma 8, stabilisce che «il Ministero della difesa può emanare atto di concessione per la costituzione in favore delle cooperative del diritto di superficie sul terreno demaniale per la realizzazione delle unità abitative da assegnare ai soci secondo le priorità indicate dalle Forze armate»,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative, anche normative, volte a prevedere che:
a) i canoni degli alloggi di servizio, realizzati o ristrutturati mediante concessione di lavori pubblici in attuazione del comma 2, lettera b), dell'articolo 402 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 comprendano la quota di ammortamento e siano determinati in funzione dei costi di realizzazione e degli oneri relativi alle prestazioni gestionali e di manutenzione sostenuti dal concessionario per la durata del contratto;
b) al fine di accelerare ed incentivare la costruzione di alloggi a favore del personale militare e civile e/o equipollente, le cooperative, già costituite ai sensi dell'articolo 91 del regio decreto n. 1165 del 1938 che dimostrino di aver già realizzato interventi a favore delle forze armate e di polizia, possano chiedere al Ministero della difesa la concessione di un'area o di una caserma dismessa, individuate ai fini del comma 2, lettera a) del citato articolo 402 previa verifica mediante idonee forme di pubblicità rivolte a cooperative con caratteristiche analoghe, assegnando l'area, mediante stipula di un atto di concessione, con diritto di superficie;
c) la concessione possa avere una durata di anni cinquanta, prorogabili per una volta soltanto, facendo sì che allo scadere del decimo anno, la cooperativa possa riscattare l'area concessa procedendo all'assegnazione ai soci secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010.
(7-00793) «Ascierto».

La XI Commissione,
premesso che:
il contratto collettivo provinciale di lavoro (CPL) per gli operai agricoli e florovivaisti di Agrigento del 23 marzo 2000 ha previsto con l'articolo 23 un accordo di riallineamento in attuazione della previsione dell'articolo 88 del CCNL operai agricoli e florovivaisti e dell'articolo 5 della legge n. 608 del 1996 e successive modifiche ed integrazioni;
il programma di riallineamento previsto dal citato contratto collettivo provinciale di lavoro partiva dal 1o gennaio 2000 e si sarebbe dovuto concludere in data 31 ottobre 2003, con il raggiungimento dal 1o novembre 2003 della ordinaria retribuzione prevista per il corrispondente profilo professionale;
nel medesimo contratto collettivo provinciale di lavoro le parti avevano convenuto di incontrarsi prima della conclusione del percorso di riallineamento «per verificare le condizioni economiche e sociali dell'agricoltura della provincia di Agrigento e valutare lo stato di applicazione del contratto»;
il 21 ottobre 2003 (e dunque prima della scadenza dell'ultima tranche di riallineamento) le organizzazioni datoriali hanno chiesto per iscritto alle organizzazioni sindacali un incontro per la verifica delle condizioni economiche e sociali dell'agricoltura locale; incontro che si è tenuto in data 5 novembre 2003 e nel quale le parti hanno preso atto delle difficoltà delle aziende agricole e della loro impossibilità ad adeguare il salario alla retribuzione contrattuale;
a seguito di ciò tutte le parti hanno comunicato all'INPS, con lettera del 10 novembre 2003, la sospensione e/o il congelamento degli accordi di riallineamento, in attesa dell'avvio del negoziato per il rinnovo del contratto collettivo provinciale di lavoro e della rimodulazione del percorso di riallineamento;
il 1o dicembre 2004 - dopo 13 mesi di serrato confronto negoziale - le parti hanno rinnovato il contratto collettivo provinciale di lavoro e hanno previsto all'articolo 17, comma 2, una rimodulazione dell'originario accordo di riallineamento ai sensi dell'articolo 28 del CCNL operai agricoli florovivaisti e dell'articolo 5 della legge n. 608 del 1996;
la norma contrattuale in questione prevede testualmente che «per le aziende che, alla data della sottoscrizione del presente contratto, non hanno raggiunto i minimi contrattuali provinciali le parti stabiliscono di procedere, così come previsto dall'articolo 28 del CCNL, con programmi di adeguamento contrattuali per il raggiungimento del salario provinciale entro la data del 31 dicembre 2007»;
di tale previsione contrattuale è stata successivamente (in data 12 dicembre 2005) e spontaneamente fornita un'interpretazione autentica ad opera delle stesse parti firmatarie dell'accordo, trasmessa formalmente all'INPS in data 14 dicembre 2005, secondo la quale «tutte le aziende che non hanno raggiunto i minimi contrattuali provinciali alla data del 31 ottobre 2003 e che non hanno in corso programmi di riallineamento sottoscritti in applicazione del contratto del 23 marzo 2000 possono procedere, così come previsto dall'articolo 28 del CCNL, al completamento del suddetto programma di riallineamento già sottoscritto tenendo conto della tabella inserita nello stesso articolo 17 del CPL 1o dicembre 2004»;
nell'anno 2011, a distanza di 7 anni, diverse imprese agricole che avevano applicato l'accordo di riallineamento e la relativa rimodulazione, hanno subito degli accertamenti ispettivi da parte dell'INPS con i quali è stata loro contestata la inapplicabilità dell'accordo di rimodulazione in quanto nel periodo novembre 2003-dicembre 2004 avevano adeguato la retribuzione effettivamente corrisposta ai propri lavoratori a quella ordinaria prevista dal contratto collettivo provinciale di lavoro di riferimento;

a seguito di tali contestazioni gli ispettori dell'INPS, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, non si sono limitati a chiedere le differenze contributive sulle retribuzioni ritenute dovute e le relative sanzioni civili, ma hanno dichiarato l'azienda decaduta dalle agevolazioni contributive per zone montane e svantaggiate, con pesanti conseguenze economiche;
la contestazione non terrebbe in alcun conto la norma di interpretazione autentica sottoscritta spontaneamente ed in epoca precedente a qualunque contestazione da parte di tutte le organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie del contratto collettivo provinciale di lavoro; non tiene conto della circostanza che i rapporti di lavoro interessati dalla procedura di riallineamento sono a tempo determinato e dunque stipulati ex novo anno per anno ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001; applica la sanzione accessoria dalla decadenza dalle agevolazioni contributive per zone montane e svantaggiate pur in assenza di una violazione contrattuale da parte dell'azienda interessata (articolo 20 della legge n. 375 del 1993) in quanto la decadenza delle agevolazioni avviene solo quando non viene applicato il contratto collettivo provinciale di lavoro e nella fattispecie è stato applicato; perviene al paradossale risultato di «punire» le aziende che, nelle more del rinnovo contrattuale (e della rimodulazione dell'accordo di riallineamento), hanno preferito - con notevoli sforzi - assicurare comunque ai lavoratori, sia pure transitoriamente, la retribuzione contrattuale «piena», a fronte di altre aziende che invece, conformemente alle indicazioni delle parti contrattuali, hanno «congelato» il trattamento retributivo;
le 6 sigle sindacali - deputate alla contrattazione provinciale -, hanno depositato presso l'INPS di Agrigento le note di interpretazione autentica del contratto collettivo provinciale di lavoro di Agrigento con la quale si dava giusta interpretazione delle tabelle salariali;
a distanza di 7 anni dall'INPS sono partite lettere di diffida e note di rettifica, alle quali l'INPS continua a dare seguito nonostante le ripetute richieste di chiarimenti normativi in merito prodotte; è partita, da questo momento, una sequela di multe, sanzioni, decadenza della fiscalità di vantaggio a discapito degli agricoltori per migliaia di euro;
anche alla luce della cosiddetta «direttiva Sacconi» del 2008, non si può non rilevare ad avviso di firmatari del presente atto di indirizzo come l'azione degli ispettori dell'INPS anziché concentrarsi su violazioni di carattere sostanziale, si focalizzi su aspetti di carattere sostanziale (interpretazione delle disposizioni contrattuali) che a distanza di anni mortificano il faticoso percorso di emersione e di riallineamento posto in essere, non senza sacrifici, dalle aziende interessate con il rischio di riportarle verso situazioni di irregolarità,


impegna il Governo


a intervenire con sollecitudine sulla questione di cui in premessa, adottando ogni possibile iniziativa - anche nei riguardi dei competenti enti previdenziali - idonea a garantire la corretta soluzione della questione, coerentemente con la norma di interpretazione autentica, come sottoscritta spontaneamente, e in epoca precedente a qualunque contestazione, da parte di tutte le organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie del contratto collettivo provinciale di lavoro.
(7-00791)«Moffa, Ruvolo, Gianni, Santori».

La XII Commissione,
premesso che:
i servizi veterinari del Servizio sanitario nazionale rappresentano da sempre un presidio fondamentale nella prevenzione del rischio delle malattie trasmissibili all'uomo dagli animali, direttamente o attraverso il consumo di alimenti di origine animale e per il determinante

contributo scientifico e professionale a una più moderna visione del rapporto uomo animale nella nostra società;
tale attività ha permesso al nostro Paese di affrontare con successo le ricorrenti crisi legate ad eventi quali l'influenza Aviaria, la BSE, la blue tongue, la rabbia, la west nile disease e altro e, in anni più lontani, l'afta e altre epidemie che tanto hanno preoccupato l'opinione pubblica, ma soprattutto ha garantito nel tempo un efficace (e spesso silenzioso) sistema di controllo sulla intera filiera degli alimenti di origine animale, dal campo al piatto del consumatore, a tutela della salute pubblica;
i dipartimenti di prevenzione della maggior parte delle Asl del nostro Paese, sono strutturati, con il livello minimo organizzativo previsto dall'articolo 7-quater del decreto legislativo 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni; sono stati previsti i tre servizi medici e i tre servizi veterinari dotati di autonomia sia tecnico-funzionale sia organizzativa così come previsto dalla norma;
tali servizi fanno infatti riferimento a specifiche discipline, cui deve accedersi mediante pubblico concorso, previo possesso di specifici e infungibili diplomi di specializzazione post-laurea, fatte salve le equipollenze dei titoli di studio e dei servizi prestati, utili ai fini del solo accesso; il personale dirigente di tali servizi è dunque infungibile al pari delle altre specialità mediche;
arrivano segnali preoccupanti di una volontà di realizzare in molte regioni (Sardegna e Umbria al momento), e tale intervento è già attuato nella sola regione Liguria, accorpamenti dei servizi del dipartimento di prevenzione, e in particolare dei servizi veterinari;
appare evidente, inoltre, la volontà di ridimensionare i servizi del dipartimento di prevenzione in talune ASL che trasformano i posti di medici e veterinari del dipartimento di prevenzione in posti di medici ospedalieri o delle professioni sanitarie;
si ricorda che molto spesso alcuni servizi veterinari territoriali sono fortemente sottodimensionati, come evidenziato anche nei report delle ispezioni del Food and veterinary office (FVO) svolti in diverse regioni;
le regioni quindi potrebbero, procedere a realizzare un ulteriore impoverimento delle attività di prevenzione primaria, riducendo le già scarse risorse ad essa destinate negli anni, con una riduzione della dotazione organica e l'accorpamento dei servizi;
se ciò si avverasse, si determinerebbero una diminuzione della qualità dei servizi erogativi e una minore efficacia delle attività di prevenzione, a scapito della sicurezza alimentare e del futuro stato di salute della popolazione umana e animale;
ciò produrrebbe negli anni, non un risparmio, ma una esacerbazione della spesa pubblica a causa dei danni che potrebbero sopraggiungere per l'insufficiente livello di controlli,


impegna il Governo


a promuovere iniziative, anche normative, ivi compresa la definizione di linee guida in sede di Conferenza Stato-regioni da applicare su tutto il territorio nazionale, per assicurare che gli assetti organizzativi dei dipartimenti di prevenzione, come attualmente definiti dalla norma quadro nazionale dimostratisi efficaci in quasi 20 anni di esperienza applicativa, vengano uniformemente assicurati e mantenuti in tutte le aziende sanitarie dell'intero Paese quale livello essenziale e minimo di organizzazione, in quanto fondamentale base per la corretta, uniforme e sufficiente erogazione dei livelli essenziali di assistenza che, su tutto il territorio nazionale, devono essere assicurati.
(7-00792) «Miotto, Viola, Schirru».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TULLO e ROSSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con diverse interrogazioni a partire dalle ultime presentate n. 5-05769 del 30 novembre 2011 e n. 5-05713 del 18 novembre 2011 sono stati posti al Governo diversi interrogativi sulle diverse aziende del gruppo Finmeccanica in particolare Ansaldo STS, Ansaldo Breda, Selex ed Elsag Datamat ed Ansaldo Energia;
le notizie che affiorano dall'universo Finmeccanica continuano a suscitare forte preoccupazione, in particolare in quelle realtà del Paese in cui queste aziende hanno sede e garantiscono migliaia di posti di lavoro;
si fanno sempre più insistenti le notizie relative di una cessione totale di Ansaldo Energia, che è oggi controllata al 55 per cento da Finmeccanica dopo che nel giugno 2011 il 45 per cento era stato ceduto, al fondo americano First Riserve;
Finmeccanica, il cui pacchetto di maggioranza è detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze è il primo gruppo italiano operante nel settore dell'alta tecnologia;
il rischio concreto è che politiche sbagliate mettano concretamente a rischio competenze, capacità, livelli occupazionali che questo gruppo esprime a Genova e in Italia;
ad avviso degli interroganti non si può pensare solo a quanto accade in borsa per orientare le scelte prioritarie del gruppo, o al compimento di operazioni che rischiano di avere il solo significato di «fare cassa» soprattutto in assenza di un serio piano industriale -:
quali iniziative il Governo intenda promuovere come già veniva chiesto con le interrogazioni di cui in premessa per favorire il rilancio delle aziende che fanno capo a Finmeccanica;
se non si ritenga opportuna la presentazione urgente di un piano industriale complessivo, che superi la logica «azienda per azienda», che ha prevalso in questi anni, generando preoccupazioni legittime tra i lavoratori del gruppo ed indebolendo una realtà industriale così importante per il Paese.
(5-06248)

PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri il 2 febbraio 2012 ha presieduto una riunione a palazzo Chigi sulla vertenza Sardegna nella quale sono state affrontate le diverse questioni relative alle vertenze in atto con particolare riferimento alla situazione industriale, finanziaria ed economica della regione sarda;
in quell'occasione è stata annunciata la costituzione di un «tavolo» per seguire la vertenza;
quasi venti giorni dopo, in data 20 febbraio 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, annunciava con un comunicato di palazzo Chigi la costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di un «tavolo» per la Sardegna;
nonostante tali iniziative di immagine si registra che ancor oggi la Gazzetta Ufficiale non ha pubblicato nessun decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla questione preannunciata;
risulta pleonastico ricordare che la Presidenza del Consiglio dei ministri con la costituzione preannunciata di un nuovo

tavolo sulla Sardegna rischia di trasformarsi nella sede di inutili e defatiganti confronti;
prima di annunciare un nuovo decreto e un nuovo tavolo sulla Sardegna, ad avviso dell'interrogante, la Presidenza del Consiglio avrebbe fatto bene a verificare l'abnorme produzione di tavoli di confronto inconcludenti sulla vertenza sarda;
tra tutti i tavoli costituiti si ricorda quello istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 6 dicembre 2006 per «individuare un percorso privilegiato su cui far convergere le azioni e le scelte dei territori e quelle del Governo per accelerare il processo di sviluppo regionale»;
il dichiarato intento del tavolo è stato in particolare verificare l'attuazione dell'intesa istituzionale di programma stipulata tra il Governo e la giunta della regione autonoma della Sardegna il 21 aprile 1999, rimodularla e attualizzarla, apportando, ove necessario, alcune integrazioni considerato che la stessa intesa, a giudizio dell'interrogante, generica e inconcludente non aveva prodotto nessun risultato tangibile;
nel corso di tale «tavolo» si richiamavano ancora una volta problemi della regione Sardegna che venivano così elencati: il regime delle entrate fiscali, il sistema dei trasporti (gestione dei trasporti ferroviari in concessione, ruolo del porto di Cagliari, continuità territoriale), le problematiche regionali connesse al demanio marittimo e al demanio militare, le politiche industriali (chimica, energia, tessile, nautica, aeronautica, aerospaziale), la soluzione della circoscritta crisi occupazionale emergente nell'arcipelago di La Maddalena a seguito della chiusura della base militare statunitense, le zone franche, i beni culturali (richiesta di gestione delle soprintendenze), l'ambiente (parchi naturali e bonifiche dei siti industriali e minerari dismessi);
il tavolo produsse dei «mostri giuridici» come il trasferimento alla regione della continuità territoriale, che sul piano della competenza naturale e finanziaria non può che essere in capo allo Stato, che, così come per le altre regioni, ha l'obbligo di garantire i collegamenti interni al territorio nazionale;
il tavolo ha prodotto anche modifiche allo statuto regionale, tra cui nuove regole in materia di compartecipazione ai tributi erariali, che hanno ipotizzato per la Sardegna maggiori entrate pari a 850 milioni di euro nel periodo 2007-2009 e ad 1,6 miliardi di euro l'anno a partire dal 2010, se non fosse che le stesse risorse oltre ad essere insufficienti per coprire il costo della sanità e della continuità territoriale addossate alla Sardegna, risultano a tutt'oggi del tutto inesistenti nel bilancio dello Stato;
altri «tavoli» vengono costituiti nel tempo, questa volta «tavoli tecnici» presso il dipartimento degli affari regionali e presso il Ministero dello sviluppo economico (tavoli tecnici riguardanti le politiche industriali della chimica e dell'energia);
appare evidente l'inutilità di tali «tavoli», considerato che a giudizio dell'interrogante niente vi è da approfondire ma tutto da decidere;
l'attesa per la realizzazione di questo nuovo ed ennesimo tavolo porterà alla chiusura dello stabilimento Alcoa, considerato che ad oggi nessuno esponente del Governo, secondo l'interrogante, ha in modo deciso affrontato la questione di un accordo bilaterale decennale tra l'Enel e lo stabilimento di Portovesme;
l'attesa di un ennesimo tavolo sulla continuità territoriale marittima porterà alla perdita di una nuova stagione, oltre al degrado continuo del servizio da parte di Tirrenia;
l'attesa di un nuovo tavolo porterà la regione sarda verso il dissesto finanziario, considerato che l'articolo 8 dello statuto è risultato non solo inattuato ma anche un

danno per la Sardegna chiamata a pagare sanità e trasporti senza aver avuto nessuna compensazione;
l'attesa di un nuovo tavolo lascerà indefinita la vertenza sarda con Equitalia che vede centinaia di migliaia di famiglie sul lastrico per l'ingiusto costo di una riscossione che appare all'interrogante di dubbia legittimità e insostenibile -:
se non si ritenga di dover desistere da quella che all'interrogante appare la persistente e desueta produzione di «tavoli» di confronto inconcludenti e di predisporre senza ulteriori indugi atti risolutivi sulle vertenze in atto;
se non si ritenga di dover intervenire presso l'Enel perché cessi l'azione di monopolio in Sardegna e sottoscriva un accordo bilaterale decennale per le industrie energivore sarde alla pari degli altri Stati europei;
se non si ritenga di assumere iniziative affinché vengano definite nuove convenzioni con la Tirrenia al fine di abbattere i prezzi del trasporto marittimo da e per la Sardegna evitando la sottrazione indebita di oltre 72 milioni di euro annui senza lo svolgimento del servizio oltre che della funzione di calmiere del mercato;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative affinché le compagnie aeree accettino entro il 12 marzo 2012 l'onere del servizio pubblico per la continuità territoriale aerea da e per la Sardegna, evitando l'inaccettabile proposta di gara pubblica formulata contemporaneamente all'imposizione dell'onere del servizio che porterebbe ad una grave distrazione di fondi pubblici (quasi 200 milioni di euro) per quello che appare un palese aiuto di Stato per le compagnie aeree;
se non si ritenga di intervenire sulla questione Equitalia con la cancellazione di tutti gli oneri accessori della riscossione di dubbia legittimità a partire da un aggio contrario ai princìpi costituzionali proprio perché notevolmente superiore al reale costo del servizio di riscossione.
(5-06252)

Interrogazione a risposta scritta:

MURGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo il quotidiano La Nuova Sardegna l'inchiesta sulle bonifiche sottomarine previste per il mancato G8 da tenersi alla Maddalena e poi spostato a L'Aquila sarebbe alle battute finali;
secondo i periti della procura di Tempio dalle carte risulta un inquinamento marino e dei fondali da idrocarburi, metalli pesanti e arsenico ben superiore ai parametri previsti dalla legislazione nazionale. Un danno ambientale esteso ben oltre la fascia di mare campionata;
i risultati delle analisi hanno evidenziato lo stato di estrema pericolosità dello specchio d'acqua davanti al Main Center e la ricaduta di materiali inquinanti in un'area sottomarina che si estende ben oltre i nuovi pontili, verso l'isola di Santo Stefano;
in mare, e nei fondali, sono presenti quantità industriali di idrocarburi, piombo, arsenico, zinco, rame e mercurio che pregiudicano e rendono pericolosa non soltanto la balneazione, ma anche la pesca e il transito nell'intera area, che si estende per una decina di ettari;
nell'indagine, sempre secondo il quotidiano La Nuova Sardegna, risultano indagati, per inquinamento ambientale, falso (per le fatturazioni in eccesso) e altri reati, i rappresentanti legali della «Cidonio Spa» - l'impresa alla quale la struttura di missione della protezione civile guidata da Guido Bertolaso affidò l'incarico di bonificare il tratto di mare dell'ex arsenale - e le ditte subappaltanti che lavorarono nella realizzazione del mancato G8 del 2009;
nel frattempo lo stesso magistrato ha già aperto una seconda inchiesta, riguardante le bonifiche ambientali effettuate a terra, nel Main Center, l'ex arsenale e l'ex

ospedale della Marina Militare, e sui costi che per questa intrapresa sono stati sostenuti a carico dello Stato;
la protezione civile è incaricata di «completare» le bonifiche a mare, ma l'intera area è inquinata di almeno il doppio rispetto le analisi chimico-batteriologiche effettuate dall'Arpa regionale poco prima dell'avvio dei lavori del G8 -:
se il Governo sia al corrente della vicenda;
quali iniziative, il Governo intenda perseguire per salvaguardare l'immagine della Maddalena;
se il Governo non ritenga che, sia il caso che lo Stato si costituisca parte civile a tutela delle popolazioni maddalenine e del territorio che hanno subito rilevanti danni economici dall'azione nefasta di ben individuati gruppi economici.
(4-15073)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'avvocato Arturo Salerni ha fatto parte di numerosi collegi difensivi di attivisti curdi e richiedenti asilo;
l'avvocato Salerni avrebbe dovuto partecipare come delegato italiano all'udienza del 6 dicembre 2011 presso il tribunale di Diyarbakir, nel Kurdistan turco, nel processo contro 152 imputati, tra cui sindaci, ex-parlamentari e attivisti delle associazioni per i diritti umani appartenenti alla rete Koma Civaken Kurdistan (Unione delle comunità curde);
all'avvocato Salemi è stato impedito all'aeroporto di Istanbul di entrare in Turchia in data 5 dicembre 2011;
l'avvocato in questione è stato trattenuto in una stanza dell'aeroporto per circa ventiquattro ore ed imbarcato nel volo Alitalia per Roma Fiumicino nel pomeriggio del 6 dicembre 2011;
il consolato d'Italia lo ha assistito nella sua permanenza;
avendo richiesto spiegazioni all'ambasciatore d'Italia in Turchia riguardo alla motivazione del respingimento e dell'espulsione da lui subiti, l'ambasciata rispondeva di aver chiesto tali chiarimenti alle Autorità turche le quali avrebbero motivato l'atto con l'articolo 8 della legge turca sui passaporti n. 5682;
ad avviso dell'interrogante la genericità del comma 5 dell'articolo 8 della legge turca sui passaporti n. 5682, che non permette l'ingresso a coloro per i quali «si percepisce che siano venuti in Turchia al fine di partecipare o sostenere attività volte a mettere in pericolo la sicurezza e l'integrità della Turchia», può dare adito a decisioni arbitrarie e discriminatorie verso chiunque intenda entrare in territorio turco, in modo non coerente con le aspirazioni di ingresso nell'Unione europea della Turchia -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale episodio;
quali iniziative sul piano politico-diplomatico siano state adottate al riguardo.
(5-06253)

Interrogazione a risposta scritta:

BOSI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
l'istituto agronomico per l'oltremare di Firenze (I.A.O.) è un organo tecnico-scientifico del Ministero degli affari esteri, fondato nel 1904 e specializzato nelle politiche di cooperazione allo sviluppo, realizzate in base alle leggi n. 38 del 1979 e n. 49 del 1987;
negli ultimi anni, la strategia di intervento dell'Istituto punta sulla collaborazione

e sull'appoggio ai processi della cooperazione decentrata e sulla formazione dei tecnici, italiani e stranieri, per lo sviluppo agricolo e rurale, nonché sugli scambi di esperienze di studio, scientifico e culturale, con altre istituzioni ai vari livelli;
tale prestigiosa istituzione ha subito pesanti tagli sul bilancio del 2012, pari a circa il 4 tanto più gravi in quanto la parte più consistente della spesa è quella riferita al personale -:
se sia a conoscenza di questa drammatica situazione, che, ove non affrontata, provocherebbe inesorabilmente la fine di questo importante Istituto;
se, considerate le difficoltà di provvedere perfino al pagamento degli stipendi, non sia stato messo allo studio il rifinanziamento al bilancio del corrente anno per garantirne la funzionalità.
(4-15062)

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AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:

LO PRESTI. - Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
in data 1o dicembre 2011 si è svolta l'assemblea per l'elezione del Presidente dell'Automobile Club d'Italia per il quadriennio 2012-2016 ed in quella sede è risultato eletto l'ingegner Angelo Sticchi Damiani;
l'assemblea si è svolta nonostante fosse pendente un ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio con il quale si impugnavano tutti gli atti preparatori, ivi compresi quelli relativi alla convocazione degli aventi diritto;
successivamente all'elezione risultano essere stati presentati ricorsi dinanzi all'autorità giudiziaria competente e degli esposti rivolti al Ministro interrogato aventi ad oggetto l'annullamento delle elezioni del presidente dell'ente a causa di numerose irregolarità anche nello svolgimento delle assemblee periferiche;
nonostante la pendenza dei ricorsi, il Consiglio dei ministri n. 15 del 14 febbraio 2012 ha avviato la procedura per la nomina a presidente dell'Automobile Club d'Italia dell'ingegner Angelo Sticchi Damiani;
ragioni quantomeno di opportunità impongono di valutare la compatibilità a ricoprire questa carica da parte di un soggetto condannato per danno erariale dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Lazio, con sentenza n. 2021/05 per aver tenuto un comportamento «contrario ai propri doveri d'ufficio, alla cui osservanza, i convenuti erano particolarmente tenuti» e sottoposto anche ad altri procedimenti anche di carattere penale come si è appreso da numerosi articoli di stampa -:
se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire con immediatezza, per gli aspetti di propria competenza, per verificare anche alla luce dei ricorsi pendenti la regolarità delle elezioni del presidente dell'ACI;
se non ritenga altresì opportuno visti i procedimenti penali a carico dell'ingegner Sticchi Damiani e non ultima la condanna per danno erariale comminata dalla Corte dei Conti sopra indicata nominare un commissario straordinario, anche in attesa della definizione dei procedimenti avviati dinanzi alle competenti autorità giudiziarie.
(4-15067)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO, PALAGIANO, ANIELLO FORMISANO e BARBATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia, al

Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'intera penisola sorrentina, nonostante l'esiguità di spazi, la particolare morfologia del territorio e la fragilità dello stesso sotto il profilo idrogeologico, è oggetto da circa un decennio di una smisurata richiesta di progetti edilizi per la realizzazione di «parcheggi pertinenziali», da realizzare ai sensi del combinato disposto degli articoli 6 e 9 della legge regionale n. 19 del 2001;
la regione Campania, nell'ambito della legge finanziaria per l'anno 2012, all'articolo 52, comma 5, lettere a) e b), ha inserito due modifiche all'articolo 6 e all'articolo 9 della legge regionale succitata con l'evidente scopo di consentire l'ulteriore realizzazione di parcheggi interrati anche nelle aree dove il piano urbanistico territoriale (PUT) della costiera sorrentino-amalfitana del 1987 (legge regionale n. 35 del 1987) non lo consentirebbe;
la novella, introdotta con l'articolo 52, comma 5, della legge finanziaria suddetta, denota, a parere degli interroganti, una superficialità legislativa non condivisibile;
la legge regionale n. 19 del 2001, nella sua prima versione, andando ben oltre i criteri fissati dalla legge statale n. 122 del 1989, rendeva possibile l'edificazione di parcheggi interrati anche in aree dove sussistevano i vincoli imposti da piano urbanistico territoriale della penisola sorrentino-amalfitana. In particolare, l'articolo 9 recitando «le disposizioni della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, e, in caso di contrasto, prevalgono sulle disposizioni di quest'ultima» introduceva una deroga indiscriminata al piano urbanistico territoriale. Una deroga molto discutibile, a parere degli interroganti, in quanto, consentendo una serie di interventi senza alcuna pianificazione o programmazione, anche nelle aree più tutelate dal piano urbanistico territoriale, provocava cospicui danni e, di fatto, sviliva il contenuto del piano urbanistico;
il sistematico attacco a tutte le aree verdi nelle zone prossime ai centri abitati che ne è derivato, ha suscitato, negli anni, un'accesa campagna stampa locale, ma soprattutto nazionale, tanto efficace da scuotere opinione pubblica e, allo stesso tempo, indurre l'assessore regionale all'urbanistica dell'epoca (2004), Marco Di Lello, a promuovere una modifica della disposizione suddetta: non più la previsione di una deroga generalizzata alle disposizioni del piano urbanistico territoriale, ma la possibilità di realizzare box solo compatibilmente con i vincoli posti dal piano paesistico;
con la novella introdotta, quindi, dalla legge regionale n. 16 del 2004, all'articolo 9, eliminato il periodo «in caso di contrasto, prevalgono sulle disposizioni della legge regionale 35/87», le disposizioni della legge n. 19 del 2001 divenivano applicabili «nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, fatti salvi tutti i vincoli previsti dalla legge stessa»;
prima della modifica del 2004 e anche successivamente, la disposizione di cui alla legge n. 19 del 2001 ha prodotto comunque notevoli danni ambientali e molte aree verdi, prossime ai centri abitati, sono state irrimediabilmente distrutte e sostituite, nella maggior parte dei casi, da vasche di cemento colme di terreno per una profondità di circa un metro;
all'inizio del 2001, con una modifica introdotta dall'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge regionale n. 1 del 2011, è stato nuovamente modificato il testo dell'articolo 9 della legge regionale n. 19 del 2001 e, in particolare, è stato eliminato l'inciso «fatti salvi tutti i vincoli previsti dalla legge stessa», lasciando inalterato il resto;
nel gennaio 2012, con la citata finanziaria 2012, articolo 52, viene modificato nuovamente l'articolo 9 della legge n. 19

del 2001 che, allo stato attuale, recita così: «le disposizioni della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n. 35»;
sempre con l'articolo 52 della legge finanziaria regionale 2012 al comma 5, lettera a), una ulteriore modifica alla legge n. 19 del 2001 rende esplicito il modus operandi della regione e la mancanza di una visione d'insieme delle problematiche. L'articolo 6 della legge n. 19 del 2001 imponeva, infatti, ai costruttori la vendita dei box realizzati in regime di pertinenza con unità residenziali nel termine di 36 mesi dalla scadenza del procedimento abilitativo. L'inesistenza di alcun criterio programmatico ha fatto sì che fino ad oggi siano stati realizzati centinaia, se non migliaia di box e che non tutti siano stati venduti, con il rischio che quelli invenduti nel termine di 36 mesi dalla loro realizzazione, così come previsto dall'articolo 6, applicando le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge n. 47 del 1985 (oggi articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), fossero oggetto di ordine di ripristino ed acquisizione in caso di inottemperanza;
l'ultima modifica (articolo 52, comma 5, lettera a) della legge finanziaria regionale 2012) del legislatore regionale ha, però, cassato il termine di 36 mesi dalla scadenza del titolo abilitativo fissato per la vendita dei box in regime di pertinenzialità per cui, ad oggi, i costruttori di mega parcheggi interrati potranno costruirli e detenerli, pur senza venderli, per un tempo indefinito;
inoltre, l'eliminazione dell'obbligo di vendita dei box in regime di pertinenzialità nel termine di 36 mesi dalla scadenza del titolo abilitativo potrebbe creare, a parere degli interroganti e in una regione ad alta densità malavitosa, notevoli vantaggi proprio ai clan camorristici. Questi ultimi, avendo necessità di riciclare denaro sporco, con quest'ultima modifica, potrebbero, in forma apparentemente legittima, pur senza necessità per il territorio e senza alcuna programmazione, realizzare maxi parcheggi interrati di cui conserverebbero sine die la proprietà anche senza porli in vendita;
la legge regionale n. 19 del 2001 aveva, comunque, un suo presupposto di costituzionalità in quanto, pur non individuando a priori le unità immobiliari cui rendere pertinenziali i box da realizzarsi, come invece era d'obbligo per la legge nazionale n. 122 del 1989, limitava tale facoltà a un preciso limite temporale; al contrario, quest'ultima modifica introdotta nella finanziaria 2012 è tale da far venir meno anche quelle ragioni di eccezionalità ed urgenza che sono state poste alla base della legge n. 19 del 2001 e ne hanno motivato la specialità rispetto ad altre disposizioni;
inoltre, queste ultime modifiche, introdotte dalla legge finanziaria regionale del 2012, hanno prodotto incertezza negli operatori del settore e negli amministratori locali, proteste da parte delle associazioni ambientalistiche e reazioni politiche; come testimoniato, tra l'altro, dal dettagliato articolo, pubblicato sul sito del Corriere del Mezzogiorno in data 1o febbraio 2012, a firma di Fabrizio Geremicca, dal titolo «Se la Regione Campania trasforma la Costiera sorrentina in boxlandia. Due commi, qualche parolina cancellata e la finanziaria regionale rischia di favorire i signori del cemento»;
in conclusione, ad avviso degli interroganti, le modifiche introdotte con la finanziaria regionale del 2012 appaiono essere state adottate in assenza di adeguata analisi della situazione esistente;
resistono nell'area Sorrentino-Amalfitana centinaia di box invenduti o parcheggi interrati per i quali non si è provveduto neppure a ripristinare la copertura con essenze arboree e idonee piantumazioni, simili per specie e quantità a quelle preesistenti, come previsto, invece, dall'articolo 6 della legge regionale n. 19 del 2001;
le succitate modifiche all'articolo 9 della legge regionale n. 19 del 2001, potrebbero

andare a sanare, per quanto risulta agli interroganti, situazioni per le quali vi erano già altre indagini o procedimenti penali in corso in relazione a presunte violazione delle disposizioni del piano urbanistico territoriale della Penisola Sorrentina;
inoltre non sembrerebbe che per situazioni per le quali l'articolo 6 della legge regionale n. 19 del 2001 prevedeva l'irrogazione delle sanzioni ex articolo 7 della legge n. 47 del 1985 oggi articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, tali sanzioni non siano state adottate dai comuni interessati;
occorrerebbe assumere urgenti iniziative per evitare ulteriori scempi e la stagnazione della proprietà dei box realizzati sine die nelle mani dei costruttori senza che ciò possa essere sanzionato come in precedenza, con perdita per l'erario di ingenti somme di denaro;
occorre sottolineare che con la legge nazionale n. 22 del 1989 gli immobili ai quali rendere pertinenziali i box interrati a realizzarsi erano già individuati fin dal rilascio del titolo abilitativo e ciò anche nelle ipotesi di concessione in diritto di superficie di aree pubbliche da parte dei comuni (articolo 9 n. 4, 1) mentre con la legge regionale n. 19 del 2001 i costruttori possono individuare successivamente alla loro realizzazione. Nel predispone la novella di cui all'articolo 52, n. 5, lettera a) della finanziaria regionale 2012 la regione Campania avrebbe dovuto porre maggiore attenzione alle conseguenze che la modifica può avere anche sul piano della lotta alla criminalità organizzata -:
di quali elementi disponga il Governo sulla questione esposta in premessa;
se dell'intervenuta modifica sia stato informato il Ministero della giustizia e la Direzione nazionale antimafia, essendo evidente, agli occhi degli interroganti, che la stessa apre in Campania, e non solo in Costiera sorrentina, nuovi scenari economici sicuramente appetibili per la malavita organizzata, e quindi se risulti che le varie Procure della Repubblica interessate abbiano mai svolto indagini per verificare quali siano state fino ad oggi le imprese coinvolte nella realizzazione di maxi parcheggi e se delle stesse facciano parte persone inquisite;
se il Governo non intenda verificare la sussistenza dei presupposti per l'impugnazione della legge finanziaria regionale 2012 della Campania, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alle disposizioni della medesima legge regionale citate in premessa.
(4-15064)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la SIAE è in stato di commissariamento dall'8 aprile 2011;
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 9 marzo 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 dell'8 aprile 2011, articolo 1, comma 2, il commissario straordinario ha ottenuto il mandato di adottare tutti gli atti necessari e opportuni, al fine di assicurare il risanamento finanziario e l'equilibrio economico-gestionale della società;
tale mandato è stato conferito sulla base dei risultati negativi registrati negli ultimi cinque anni (2006; -21,4 milioni di euro; 2007: -34,6 milioni di euro; 2008: -20,1 milioni di euro; 2009: -20,9 milioni di euro; 2010; -27,2 milioni di euro);
risulta all'interrogante che l'attuale gestione commissariale ha prodotto una serie di atti tendenti alla razionalizzazione della gestione, alla riduzione dei costi, alla modernizzazione della struttura, al mantenimento

dei livelli occupazionali ed alla migliore tutela dei diritti degli autori ed editori associati alla SIAE;
oltre a quanto indicato in via generale, una particolare attenzione, ad avviso dell'interrogante, andava realizzata a proposito del fondo pensioni;
su tale ultimo aspetto la stampa ha diffuso dati secondo i quali si sarebbe proceduto alla svendita del patrimonio immobiliare della SIAE;
tali notizie hanno prodotto notevole allarme sociale e spinto l'interrogante ad effettuare una prima verifica, dalla quale è risultato che:
a) il fondo pensioni aveva previsto una graduale dismissione del patrimonio immobiliare in condizioni a dir poco favorevolissime per gli acquirenti e che non sembravano realizzare gli interessi pubblici generali;
b) il Collegio dei revisori dei conti aveva dato prima parere negativo all'approvazione del bilancio consuntivo per il 2010, con riferimento alla svalutazione del credito del fondo pensioni, ritenendo eccessivamente prudente la valutazione della gestione commissariale e, successivamente, aveva approvato il nuovo piano presentato;
c) la gestione commissariale stava procedendo alla selezione di un soggetto assicurativo, cui affidare la copertura delle pensioni, oltre, naturalmente, al perseguimento degli obiettivi già citati in premessa;
quanto sin qui esposto dimostra una attività della gestione commissariale che sembrerebbe rispettosa degli obiettivi prefissati con il decreto di nomina del commissario -:
quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati in ordine ai fatti esposti e quali atti eventualmente consequenziali intendano adottare.
(4-15075)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

GERMANÀ. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, all'articolo 2 introduce il credito d'imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno, una sorta di «bonus assunzioni» a favore dei neo assunti con contratto a tempo indeterminato, ora prorogato fino al maggio 2013;
il decreto-legge si ricollega alle procedure previste nell'ambito del cosiddetto «semestre europeo», in base al quale la sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali si articola in una serie di fasi che prevedono, tra l'altro, la presentazione contestuale da parte degli Stati membri, dei Programmi di stabilità o di convergenza (PSC) e dei Programmi nazionali di riforma (PNR), i quali diventano i principali documenti della programmazione economico-finanziaria dei singoli Stati, che si impegnano, dunque, ad adottare tutte le misure necessarie per stimolare la competitività e l'occupazione, concorrere alla sostenibilità delle finanze pubbliche e rafforzare la stabilità finanziaria;
il credito d'imposta è coperto a valere su risorse comunitarie e nazionali, previo consenso della Commissione europea che il 6 ottobre 2011 ha comunicato il suo bene placet al provvedimento, che si inserisce nell'ambito delle azioni per attuare gli obiettivi della Strategia europea 2020, con particolare riguardo all'aumento del tasso di occupazione, passando per una coerente e naturale interlocuzione con le

Regioni meridionali per la definizione delle modalità operative di attivazione dello strumento e della relativa copertura finanziaria sui programmi nazionali e regionali del Fondo sociale europeo;
dopo aver delineato il contesto europeo generale all'interno del quale si colloca il provvedimento, occorre analizzare nel dettaglio l'articolo 2, che trova la sua ratio ed il suo riferimento normativo nelle disposizioni di cui al Regolamento della Commissione europea n. 800 del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE e che sono esenti dall'obbligo di notifica ad hoc prevista per gli aiuti di Stato, ovvero gli aiuti a finalità regionale e gli aiuti alla ricerca, sviluppo ed innovazione, mentre sono esclusi gli aiuti per i settori della pesca, navali, industria siderurgica, per l'attività agricola nelle fasi di produzione e commercializzazione e per l'acquacoltura, esplicitando all'articolo 40 le condizioni per la concessione di aiuti alle assunzioni, tra le quali il limite dell'intensità di aiuto fissata al 50 per cento dei costi sostenibili, ed infatti la misura del credito d'imposta prevista dal decreto-legge n. 70 del 2011 coincide esattamente con quella prevista dal regolamento comunitario;
in particolare, l'articolo 2 istituisce il credito d'imposta, che comunque non rileva né alla formazione del reddito, né alla formazione del valore della produzione ai fini IRAP, per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno e, segnatamente Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia, nei 12 mesi successivi all'entrata in vigore del decreto, ossia a decorrere dal 14 maggio 2011, termine attualmente prorogato al maggio 2013;
è quindi evidente che il nostro Paese dispone di un meccanismo di sostegno all'occupazione particolarmente favorevole non solo nei confronti delle imprese, poiché l'agevolazione, svincolandosi dal riferimento al solo mondo dell'impresa, viene riconosciuta a tutti i soggetti rientranti nella definizione di datore di lavoro: dai commercianti, artigiani e professionisti ai soggetti non sostituti d'imposta che assumono colf e badanti;
inoltre, il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettata dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro tre anni dalla data di assunzione;
va altresì rilevato che ulteriore conditio sine qua non contestuale all'assunzione a tempo indeterminato è ravvisabile nella fattispecie che l'assunzione stessa riguardi e favorisca i lavoratori «svantaggiati» o «molto svantaggiati», la definizione dei quali è recata dall'articolo 2, numeri 18 e 19, del predetto regolamento (CE) n. 800 del 2008 ai sensi del quale si considera:
1) «lavoratore svantaggiato»:
a) chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b) chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale;
c) lavoratori che hanno superato i 50 anni di età;
d) adulti che vivono soli con una o più persone a carico;
e) lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato.
2) «lavoratore molto svantaggiato» colui che è privo di lavoro da più di 24 mesi;
l'agevolazione è pari ad un bonus fiscale che equivale al 50 per cento dei costi salariali sostenuti, intendendosi tali la retribuzione lorda prima delle imposte,

i contributi obbligatori, oneri previdenziali ed assicurativi, i contributi assistenziali per figli e familiari, per ogni nuovo lavoratore nei 12 mesi successivi all'assunzione e nel caso in cui l'assunzione riguardi un lavoratore molto svantaggiato, il beneficio vige nei 24 mesi successivi, e sarà fruibile in compensazione sul modello di pagamento F24 entro tre anni dalla data di assunzione;
infine, allo scopo di delineare il quadro in maniera esaustiva e esauriente, è opportuno ricordare che il diritto a fruire del credito d'imposta decade se il numero complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei 12 mesi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, oppure nel caso in cui il datore di lavoro non abbia mantenuto i posti di lavoro creati per tre anni, o due anni nel caso di piccole e medie imprese;
un'altra ipotesi di decadenza del credito d'imposta si verifica nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale;
infine, in caso di mancata conservazione dei posti di lavoro per 2 o 3 anni, ed in caso di violazioni fiscali e contributive in materia di lavoro dipendente, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione del credito d'imposta già fruito;
tuttavia, per l'effettivo utilizzo del credito occorre l'adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, che, oltre a stabilire i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle regioni, dovrà stabilire le disposizioni di attuazione, così come stabilito dal comma 8 dell'articolo 2 dello stesso decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 -:
quando presumibilmente verrà emanato il richiamato decreto ministeriale di cui in premessa, anche al fine di garantire il rispetto delle condizioni che consentono l'utilizzo dei fondi strutturali comunitari per il cofinanziamento del presente credito d'imposta;
quali iniziative si intendano assumere per rendere effettivo il credito d'imposta, meccanismo, come già evidenziato, indispensabile per incrementare l'occupazione nel Mezzogiorno e strumento idoneo a favorire la competitività e la produttività dell'intero Paese;
se siano allo studio misure aggiuntiva, che permettano di arginare il divario Nord-Sud acuito anche dal gravissimo gap infrastrutturale ed occupazionale, affinché si ponga definitivamente fine all'odioso fenomeno dell'«Italia a due velocità».
(3-02128)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO e SCARPETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Terna spa è partecipata al 29,85 per cento dalla Cassa depositi e prestiti spa a sua volta partecipata al 70 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
tale Ministero può, pertanto, essere considerato il socio di riferimento della società Terna spa e, conseguente, il soggetto che prioritariamente esprime i vertici dell'azienda;
l'amministratore delegato della società, Flavio Cattaneo, è più volte intervenuto, nello mese di dicembre 2011 in dura polemica con il documento di consultazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) in tema di nuovo periodo

regolatorio relativo alle tariffe di trasmissione dell'energia elettrica, definendo tale documento disastroso e minacciando il blocco degli investimenti della società in Italia;
nello stesso periodo i vertici di Terna spa hanno provveduto a nominare nel consiglio di amministrazione della controllata Terna plus, che si dovrebbe occupare dello sviluppo nel settore degli accumuli, Fabrizio Del Noce, direttore di Rai Fiction ed ex direttore di Rai 1;
il Ministro dello sviluppo economico è il soggetto chiamato a definire le politiche industriali di Terna -:
se ritengano consono che l'amministratore delegato di una società in cui il Ministero dell'economia e delle finanze è socio di riferimento intervenga ripetutamente e pubblicamente in polemica con l'Autorità di regolazione, giungendo al punto di minacciare il blocco degli investimenti della società in Italia;
quali siano le specifiche competenze di Fabrizio Del Noce in tema di trasmissione dell'energia e di accumuli della stessa;
se ritengano condivisibile la nomina nei consigli di amministrazione di società di tal genere di persone, che agli interrogati appaiono, prive dei requisiti specifici di professionalità.
(5-06245)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI e GHIGLIA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta da notizie di stampa (Il Giornale del 16 febbraio 2012) che a Reggio Emilia il giudice civile Emilia Domenica Sabrina Tanasi ha accolto il ricorso presentato da un cittadino uruguayano, cui era stato negato il permesso di soggiorno, ritenendo che vi fossero i requisiti per il ricongiungimento familiare avendo lo stesso sposato in Spagna un italiano di sesso maschile -:
non appare chiaro quale norma o interpretazione giurisprudenziale, anche di rango sovranazionale, consenta il ricongiungimento familiare fra persone coniugate dello stesso sesso;
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere nel caso in cui non sia rinvenibile un chiaro fondamento giuridico che consenta di giungere alle conclusioni cui è pervenuto il magistrato in premessa citato.
(5-06243)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante le passate festività natalizie, il sito di commercio on-line della società Madhitech ha raccolto circa duemila adesioni per l'acquisto di materiale elettronico ed elettrodomestici, attraverso il pagamento di un bonifico bancario a un tale sig. Pietro Vandalo su un conto corrente della Banca delle Marche a Roma indicato sul portale;
sembra che siano presenti su alcuni Forum, nonostante le numerose recensioni fasulle positive, testimonianze di truffati, tanto che su Facebook è stato creato un gruppo che riunisce i malcapitati;
inoltre, è stato realizzato un video su YouTube, al fine di segnalare le false informazioni inserite nella rete per confondere i consumatori;
pare che gli importi della truffa siano stati stimati da 250 euro fino a 3.000 euro -:
se non ritengano opportuno verificare le informazioni sopraesposte e, qualora risultino corrette, intervenire con urgenza, al fine di evitare che altri ignari sventurati possano essere vittime di tale truffa;

quali strumenti intendano adottare affinché tali episodi, sempre più numerosi, vengano individuati tempestivamente.
(4-15069)

MURGIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i dati ufficiali inerenti agli incarichi di lavoro attestano la rilevante attività svolta dall'ufficio del giudice di pace di Siniscola, in provincia di Nuoro;
la soppressione dell'ufficio del giudice di pace determinerebbe gravi disagi ai cittadini che sarebbero costretti a recarsi presso altre sedi;
il ruolo di mediazione, prevenzione e contenimento delle controversie, svolto dall'ufficio del giudice di pace di Siniscola, è fondamentale in quanto evita le lungaggini della normale giustizia civile -:
se il Ministro interrogato intenda escludere la paventata soppressione dell'ufficio del giudice di pace di cui in premessa al fine di limitare i problemi di molte piccole comunità locali, e se, a tal fine, non ritenga opportuno rivedere le proprie posizioni in merito alla riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari.
(4-15070)

PILI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 230 del 1999 trasferisce alle regioni l'organizzazione ed alle Asl la gestione dei servizi sanitari negli istituti penitenziari;
al fine di dare concreta attuazione alle disposizioni della predetta legge, l'articolo 2, comma 283, della legge del 24 dicembre 2007, n. 244, ha previsto l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per definire «il trasferimento al Servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia», nonché «le modalità e procedure (...) per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di lavoro in essere, anche sulla base della legislazione speciale vigente, relativi all'esercizio di funzioni sanitarie nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile;
il comma 284 dell'articolo 2 citato ha poi previsto nelle more del trasferimento, la proroga dei rapporti di incarico, di collaborazione o convenzionali del personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena, non appartenente ai ruoli organici dell'amministrazione penitenziaria, in corso alla data del 28 settembre 2007;
in attuazione dell'articolo 2 citato è stato emanato il Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, il cui stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (cioè dal 14 giugno 2008), vengono trasferite al servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia»;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ha, dunque, sancito il passaggio funzioni di assistenza sanitaria nelle carceri dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, prevedendo la costruzione di nuovi «modelli organizzativi» in grado, da un lato, di rispondere alle peculiarità del carcere e che possono integrarsi nei piani socio-sanitari regionali, dall'altro, le predette norme seguono gli indirizzi generali di intervento che devono essere ulteriormente declinate alla luce delle specificità territoriali e della variegata popolazione composta dalle persone detenute o limitate della libertà dalla loro crescente domanda di salute e dagli istituti sempre più sovraffollati;
in questo quadro normativo si innesta il decreto legislativo n. 140 del 2011, il quale prevede il trasferimento delle funzioni

sanitarie svolte nell'ambito territoriale regionale dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia al servizio sanitario della Regione (articolo 2 del decreto legislativo n. 140 del 2011);
l'articolo 3 prevede che la Regione autonoma della Sardegna, nell'ambito della propria autonomia statutaria, disciplini con i propri provvedimenti l'esercizio delle funzioni trasferite e le relative modalità organizzative, gli obiettivi e gli interventi del servizio sanitario nazionale da attuare a tutela delle salute delle persone detenute;
la regione Sardegna non ha dato seguito e attuazione al quadro normativo nazionale precedentemente evidenziato ed in conseguenza ciascuna azienda USL della Sardegna, in merito ai rapporti di lavoro del personale sanitario, delibera, secondo le organizzazioni di categoria e i ricorsi presentati dagli operatori, sulla materia in modo assolutamente autonomo e contraddittorio in danno alla salute delle persone detenute e in danno alla professionalità, all'immagine e, in definitiva, ai diritti della persona scaturenti dal citato rapporto di lavoro;
il personale sanitario rischia di essere sostituito con evidenti conseguenze sul piano della competenza alle patologie medico-sanitarie dei detenuti;
è appena il caso di ricordare la raccomandazione R(2006)2 del Consiglio d'Europa sulle regole penitenziarie europee: ogni Istituto deve avere del personale adeguatamente formato per il servizio sanitario;
la conseguente mancata adozione di qualsiasi provvedimento tendente a disciplinare l'esercizio delle funzioni trasferite e le relative modalità organizzative;
in grado, da un lato, di rispondere alle peculiarità del carcere e che possano integrarsi nel piano socio-sanitario regionale, dall'altro in grado di individuare gli obiettivi e gli interventi del servizio sanitario nazionale da attuare a tutela della salute delle persone detenute comporta alcune conseguenze:
la prima riguarda la circostanza che tale inerzia dell'amministrazione regionale possa provocare un'improvvisa interruzione dell'erogazione del servizio sanitario all'interno degli istituti penitenziari con grave pregiudizio delle persone detenute;
la seconda riguarda i rapporti di lavoro del personale sanitario non di ruolo. In merito l'articolo 3, comma 4, del decreto stabilisce che: «I rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740, in essere alla data del 15 marzo 2008 sono trasferiti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia alle Aziende sanitarie locali del Servizio sanitario nazionale nei cui territori sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento»;
sono indiscusse la competenza dei medici e degli infermieri attualmente in servizio e la loro specifica e riconosciuta preparazione, anche in virtù dei rapporti di lavoro, in alcuni casi, ultraventennali -:
se il Governo, nell'ambito della propria competenza specifica in materia di indirizzo e controllo sulla materia carceraria più in generale, non ritenga necessario promuovere con urgenza una verifica della situazione in atto nelle carceri sarde relativamente alla questione sanitaria;
se il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per la definizione immediata della questione relativa al passaggio delle competenze dal ministero della giustizia al servizio sanitario della regione, che prevede, appunto, l'utilizzo del personale medico e paramedico

già formatosi nel tempo nella gestione delle complesse patologie medico-sanitarie che si rilevano in carcere.
(4-15074)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

POMPILI e GARAVINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie pervenute da fonti giornalistiche e documentate con filmati e con fotografie, il 25 gennaio 2012 uno yacht privato si è addentrato nell'area di mare in cui è affondata «Nave Concordia» all'isola del Giglio;
tale imbarcazione si è avvicinata fino a pochi metri dalla nave naufragata;
l'area marina dovrebbe essere interdetta per le imbarcazioni private, viste le operazioni in corso svolte da corpi dello Stato preposti alla ricerca dei dispersi ed alla bonifica ambientale, nonché alle condizioni di estremo pericolo dovute al disequilibrio di «Nave Concordia»;
sempre da notizie di fonti giornalistiche lo yacht denominato «Zero zero seven», sarebbe di proprietà di un armatore napoletano;
a bordo dell'imbarcazione vi sarebbe stato, sempre secondo fonti giornalistiche, un ex ammiraglio russo, presunto proprietario di un non bene individuato cantiere, il quale avrebbe voluto mantenere l'anonimato;
il motivo dell'escursione sarebbe riconducibile ad un gesto umanitario per capire da vicino cosa sia successo -:
quali siano i motivi per cui sarebbe stato concesso ad una imbarcazione privata di avvicinarsi alla nave «Concordia» e di accedere ad un'area interdetta;
quale soggetto istituzionale abbia ritenuto di rilasciare tale permesso.
(3-02127)

Interrogazione a risposta scritta:

PORFIDIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Grazzanise in provincia di Caserta è stato costruito dopo la seconda metà degli anni sessanta, ed è stato intitolato alla memoria di Carlo Romagnoli, asso dell'aeronautica militare italiana. Si tratta di un aeroporto militare aperto al traffico civile autorizzato dal 25 novembre 2004, che consta di una sola pista in conglomerato bituminoso e di una pista di rullaggio parallela a questa;
nel febbraio del 2008 è stato firmato un protocollo d'intesa tra il presidente della regione Campania e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per la realizzazione del nuovo aeroporto di Napoli-Grazzanise. In tal modo il traffico aereo in eccesso dell'aeroporto di Napoli verrebbe «delocalizzato» su Grazzanise, creando un sistema aeroportuale integrato che comprenderà anche l'aeroporto di Salerno-Pontecagnano;
nel luglio del 2009 è stato firmato un accordo tra l'ENAC, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Campania per affidare a Gesac la realizzazione e la gestione del nuovo aeroporto;
una volta realizzato rappresenterebbe, per la prima volta nella storia della Campania, un sistema aeroportuale integrato e nella fattispecie il più grande aeroporto che si realizzerà nei prossimi anni in Italia. Un'infrastruttura importante anche sotto il profilo territoriale ed economico, per il riequilibrio dei pesi insediativi nell'area metropolitana di Napoli e Caserta, fornendo altresì opportunità di sviluppo e occupazione;
i ritardi sin qui accumulati sull'iter di pianificazione dell'opera, oltre ad aver

prodotto un considerevole spreco di denaro pubblico, hanno anche causato notevoli ritardi allo sviluppo dell'intero territorio regionale -:
quali iniziative di competenza intenda assumere per dar seguito agli impegni presi dal suo predecessore in merito alla costruzione dell'aeroporto civile di Grazzanise.
(4-15054)

TESTO AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2012

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

COSCIA, GASBARRA e FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi mesi si è assistito alla proliferazione di pagine facebook di stampo neonazista e antisemita a cura di studenti liceali;
dopo il caso che nei giorni scorsi è stato oggetto di un articolo sulla cronaca di Roma del quotidiano La Repubblica (2 febbraio 2012) dove si segnalavano numerosi e pesanti commenti di stampo filonazista e antisemita sulla pagina facebook di uno studente del liceo classico statale di Roma «Giulio Cesare», rappresentante di istituto con la sigla neofascista «Testudo», si è appreso che gravi episodi della stessa natura si stanno svolgendo in un altro storico liceo della capitale, l'«Amedeo Avogadro»;
da alcuni mesi, infatti, sul popolarissimo social network facebook esiste una pagina che reca il nome «Nucleo lotta studentesca Avogadro», in cui, sotto al nome del noto liceo compaiono slogan neofascisti come «support your local fascist», logo neonazisti, fino al famoso uccellino di twitter camuffato in Adolf Hitler che cambia le proprie sembianze in quelle di «twitler» e vignette che inneggiano all'odio anti-ebraico, come quella dove un corpulento e aggressivo soldato israeliano camuffato da deportato di un campo di concentramento ottiene dai rappresentanti del mondo il permesso di attaccare l'Iran con la bomba atomica;
sulla stessa pagina «Nucleo lotta studentesca Avogadro», l'autore dell'articolo di Repubblica sopracitato viene definito «Uomo di m(...) e giornalista terrorista»;
la pagina in questione conta più di 150 amici, moltissimi dei quali sono giovanissimi e minorenni studenti del liceo scientifico in questione;
si segnala, inoltre, che uno dei gestori della pagina, è uno studente del quinto anno, leader locale del gruppo «lotta studentesca», già sospeso nel mese di dicembre 2011 per aver occupato un mese prima, l'8 e il 9 novembre, la scuola insieme ad altri studenti del liceo e a qualche adulto «esterno» a volto coperto. A seguito di quell'occupazione la scuola riportò, come registrato da numerosi articoli usciti su Repubblica, Il Messaggero, Corriere della Sera, 12 mila euro di danni;
da quell'episodio gli atti di vandalismo non solo non sono cessati, ma hanno avuto un'escalation con infestazioni di larve di mosca, e, il 23 gennaio 2012, con un allagamento del plesso più grande dello storico edificio di via Brenta che, oltre a causare ingenti danni agli interni della scuola, su cui i carabinieri e la polizia stanno indagando, ha impedito il regolare svolgersi delle lezioni;
contro tutti questi atti, il comitato genitori, il consiglio di istituto e addirittura l'ANPI del II municipio sono intervenuti con esposti, denunce, e manifestazioni pubbliche;
in molti sospettano che l'ultimo allagamento sia stato un tentativo di impedire che, per la prima volta da moltissimi anni, anche nella sede di via Brenta avessero luogo delle iniziative per commemorare il giorno della memoria e, al tempo stesso, per danneggiare l'immagine dell'istituto nel periodo in cui sono aperte le iscrizioni al primo anno -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per impedire lo svolgersi di questi atti che, oltre a minacciare l'incolumità fisica degli studenti, lanciano gravi messaggi di odio e di disprezzo antisemita che offendono la dignità umana e il comune senso di appartenenza alla nostra società civile come comunità democratica fondata sui valori della Costituzione repubblicana.
(5-06256)

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 3 novembre 2011, la direzione investigativa antimafia di Milano ha compiuto un'ispezione in alcuni cantieri oggetto di appalto dell'amministrazione provinciale di Mantova;
tale iniziativa, stante le dichiarazioni pubbliche rilasciate dal direttore della Direzione investigativa antimafia milanese colonnello Alfonso Di Vito, vanno inquadrate «in un'attività preventiva di controllo e monitoraggio che è la nostra attività principale»;
da quanto si è appreso dagli organi di informazione, le verifiche riguardano il rispetto della norma relativa al contratto dei lavoratori, la tracciabilità dei flussi finanziari da parte delle aziende, la regolarità dei subappalti;
è opportuno evidenziare che l'attività ispettiva è stata lodevolmente sollecitata dal prefetto di Mantova dottor Mario Rosario Ruffo e ha trovato il plauso della stessa amministrazione provinciale nonché dell'interrogante -:
se, trascorsi oltre tre mesi dall'ispezione, il Ministro interrogato sia nelle condizioni di presentare l'esito delle verifiche richiamate in premessa; se, oltre alle verifiche realizzate in alcuni cantieri oggetto di appalto della provincia di Mantova, sia stata condotta altra attività ispettiva nei confronti di altri soggetti pubblici e/o privati.
(5-06262)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 8 febbraio 2011 è stato inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il piano di dimensionamento imposto dalle ultime disposizioni promosse dal Governo per la stabilizzazione con effetto dall'inizio dell'anno scolastico 2012-2013. Il piano di dimensionamento collega l'autonomia scolastica dei singoli istituti al rispetto di determinati parametri numerici;
il piano di intervento comporterà, già a decorrere dall'inizio del prossimo anno scolastico, la soppressione di 143 autonomie scolastiche;
in provincia di Catania, le scuole che verranno accorpate sono 36;
con delibera di giunta municipale comune di Caltagirone ha proposto la trasformazione dei circoli didattici in istituti comprensivi con soppressione di un circolo didattico ed una parziale riorganizzazione dei plessi scolastici con un dimensionamento di almeno 600 alunni e con la previsione di una continuità dalla scuola dell'infanzia a quella della secondaria inferiore, all'interno della stessa istituzione scolastica;
il piano è stato condiviso dall'assessorato regionale all'istituzione della Sicilia, con preventiva valutazione favorevole del dirigente U.S.P di Catania. Lo stesso è stato valutato favorevolmente durante la

discussione con le organizzazioni sindacali in occasione del tavolo tecnico regionale;
in data successiva è stato modificato per la parte riguardante il comune di Caltagirone, con comunicazione delle variazioni alle organizzazioni sindacali ed all'Anci regionale in data 8 febbraio 2012;
tale variazione riguarda due istituzione scolastiche di seguito schematizzate;
proposta approvata in concertazione a livello regionale:
nuova istituzione comprensivo «Pascoli»;
scuola primaria sede «Pascoli»;
scuola secondaria sede Pascoli (nuova istituzione);
scuola primaria S. Orsola;
scuola infanzia Via Cinnirella;
scuola infanzia Via Canalotto;
scuola primaria Via Canalotto;

istituto comprensivo A. Narbone;
scuola infanzia «Padre Crociferi»;
scuola primaria «Narbone» (nuova istituzione);
scuola secondaria «Narbone»;
scuola infanzia Acquanuova;
scuola primaria Acquanuova;
scuola infanzia Semini;
scuola primaria Semini;
scuola secondaria Semini;
proposta variata unilateralmente dopo concertazione:
nuova istituzione comprensivo «Pascoli»;
scuola infanzia «Crociferi»;
scuola primaria sede «Pascoli»;
scuola secondaria sede Pascoli (nuova istituzione);
scuola primaria S. Orsola;
scuola infanzia Via Cinnirella;
scuola infanzia Via Canalotto;
scuola primaria Via Canalotto;

istituto comprensivo A. Narbone;
scuola primaria «Narbone» (nuova istituzione);
scuola secondaria «Narbone»;
scuola infanzia Acquanuova;
scuola primaria Acquanuova;
scuola infanzia Semini;
scuola primaria Semini;
scuola secondaria Semini;
la sottrazione del plesso SC. Infanzia «Padre Crociferi» (assegnato all'istituto «Pascoli») vanifica in termini di continuità territoriale la nuova istituzione della scuola primaria presso l'istituto «A. Narbone» con conseguenze persino sulla attuale scuola secondaria inferiore, in quanto dal prossimo anno scolastico il contiguo istituto «Pascoli» divenuto comprensivo tratterrà gli alunni della primaria in uscita. Non avendo sezioni di scuola dell'infanzia in quel bacino nei prossimi tre anni non vi saranno alunni nella sede centrale -:
quali iniziative di competenza intenda assumere per dare corso alla proposta della giunta del comune di Caltagirone approvata da tutti gli organi preposti e condivisa dalla stessa regione.
(5-06241)

DE PASQUALE e MARIANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la carenza di dirigenti scolastici ha comportato fino ad oggi la necessità di attribuire numerosi incarichi di reggenza, situazione gravissima già rappresentata dall'interrogante in altre precedenti interrogazioni;
il carico della scuola data in reggenza è in buona parte sulle spalle del vicario/vicepreside.

L'assenza di titolare dovrebbe essere compensata da maggiori risorse e disponibilità dato che con un istituto scolastico senza dirigenti si risparmiano oltre 50.000 euro. Invece è stato limitato l'esonero e il semiesonero di cui i vicari godevano dovendo la scuola, per poterne usufruire, raggiungere un numero più alto di classi, inoltre di fatto è stata tolta la modesta indennità di reggenza e questi vicari si trovano un carico enorme da gestire, senza ore a disposizione o quasi, senza più esonero o semiesonero risultando, di fatto, privi di remunerazione;
la legge n. 183 del 2011 dispone che a partire dal prossimo anno scolastico non potranno essere assegnati dirigenti scolastici alle istituzioni scolastiche con numero di alunni inferiore a 600, ridotto a 400 per le istituzioni scolastiche site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche; pertanto, continueranno a permanere incarichi di reggenza;
l'istituto della reggenza non garantisce un adeguato svolgimento dei propri compiti da parte del dirigente scolastico, che pertanto, inevitabilmente dovrà individuare un docente al quale attribuire l'incarico di sostituirlo per assenze o di impedimenti di breve durata;
i compiti svolti dal dirigente scolastico ogni giorno comportano, infatti scelte, decisioni e atti formali che non sempre possono essere rinviati; pertanto, si ribadisce che è indispensabile da parte del dirigente scolastico individuare un docente al quale attribuire l'incarico di sostituirlo per assenze o di impedimenti di breve durata;
in base alle norme contrattuali, il docente che assume l'incarico di sostituire il dirigente reggente per assenze o di impedimenti di breve durata ha diritto all'indennità di reggenza;
in base alle norme contrattuali il docente che sostituisce il dirigente scolastico per assenze o impedimenti superiori a 15 giorni continuativi ha diritto all'indennità di funzioni superiori;
l'indennità di reggenza e l'indennità di funzioni superiori non sono a carico del CCNL in vigore, come disposto dall'articolo 146 del CCNL; pertanto l'imputazione della relativa spesa non può gravare sul bilancio della scuola. In particolare, tale spesa non rientra tra quelle a carico del fondo d'istituto, previste dall'articolo 88 del CCNL, ma va sostenuta con risorse specifiche come previsto dall'articolo 69 del CCNL del 4 agosto 1995 richiamato dall'articolo 146 del CCNL;
da tempo alle scuole non arrivano finanziamenti per pagare tali indennità; pertanto, le scuole segnalano le loro difficoltà nel reperire risorse finanziarie da destinare al pagamento dell'indennità di funzioni superiori ai docenti collaboratori, in caso di sostituzione del dirigente scolastico, per periodi superiori a 15 giorni ed ai docenti collaboratori delle scuole date in reggenza;
per l'anno 2012 non risultano assegnate alle scuole risorse specifiche destinate al pagamento di tali indennità;
i docenti interessati stanno avviando contenziosi che vedono l'amministrazione soccombente -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione e come intenda affrontare e risolvere le situazioni di difficoltà delle scuole nel reperire le risorse finanziarie per il pagamento dell'indennità di funzioni superiori e dell'indennità di reggenza ai docenti collaboratori, tenendo anche conto che, non assicurando alle scuole il finanziamento si espone l'amministrazione a continue azioni di rivalsa legale davanti al giudice del lavoro, con aggravio di spese per l'amministrazione stessa;
se non ritenga urgente e necessario, soprattutto nel caso di istituzioni scolastiche dirette da un dirigente reggente, promuovere una modifica della norma di cui al decreto-legge n. 98 del 2011 che ha aumentato il numero di classi che necessariamente debbono essere presenti in una

scuola affinché il vicario possa usufruire dell'esonero o del semiesonero.
(5-06247)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FUGATTI e FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 30 gennaio 2012 Arcese Trasporti, prima azienda italiana di trasporto merci, ha avviato le procedure di licenziamento collettivo per 250 lavoratori presso le unità di Arco e di Rovereto: 190 autisti di camion, 10 operai di sede e 50 impiegati;
la società, ammiraglia del gruppo guidato da Eleuterio Arcese, ha la sede centrale ad Arco e 17 sedi operative in Italia, con un organico pari a 1.109 dipendenti, di cui 28 dirigenti, 66 quadri, 396 impiegati e 619 operai ed apprendisti;
gli esuberi riguarderebbero, pertanto, quasi un quarto dell'intero organico dell'impresa;
secondo quanto riportato sul quotidiano L'Adige di lunedì 20 febbraio 2012 l'azienda - nel primo incontro con i sindacati avvenuto il 7 febbraio - ha motivato il piano di esuberi con la crisi che continua a serrare il settore dell'autotrasporto;
nel triennio 2009-2011, il fatturato della società ha subito una perdita di 40 milioni di euro e questa settimana, peraltro, termina la cassa integrazione ordinaria che ha coinvolto, a vario titolo, 168 dipendenti;
sebbene la società non vede altra via che il ricorso al taglio di personale, ha manifestato disponibilità a valutare e concordare con le organizzazioni sindacali «tutte le possibili misure idonee ad attenuare l'impatto negativo sul piano occupazionale del programma, compatibili con la grave crisi congiunturale che attraversa l'impresa»; i sindacati, da parte loro, hanno dichiarato contrarietà ai licenziamenti e chiesto di vedere prima un piano di impresa;
fortemente scettico sulla possibilità di trovare un'intesa è il sindacato di base multi categoriale di Trento, secondo il quale la velocità con cui si è conclusa la prima fase delle procedure «è alquanto sospetta» -:
se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda intraprendere per scongiurare i massicci licenziamenti preannunciati dalla società Arcese, per salvaguardare i posti di lavoro ed il reddito di ben 250 famiglie e per consentire all'azienda di preservare il patrimonio umano.
(5-06242)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
la manifestazione di protesta davanti all'Agea, che rappresenta l'ente pagatore dello Stato per i fondi comunitari, da parte di numerosi agricoltori giunti a Roma, sui crediti inevasi da parte dello Stato stimati in almeno 40 mila euro, rischia di aggravare ulteriormente a giudizio dell'interrogante, una situazione complessiva già di per sé critica e penalizzante per l'intero comparto, pesantemente danneggiato da una crisi economica e finanziaria di livello internazionale;
gli effetti recessivi hanno infatti determinato nel 2011, la chiusura di 50 mila aziende agricole, le cui cause sono anche imputabili ad una stretta creditizia, che ha esposto inoltre molte imprese del settore al pericolo di usura;

i mancati pagamenti dei fondi dovuti agli agricoltori, come sostiene la Coldiretti, compromettono seriamente il proseguimento dell'attività di centinaia di imprese agricole, di diverse regioni e del Piemonte in particolare, come confermato proprio dalla suddetta associazione agricola, che riporta il caso di un imprenditore agricolo piemontese che attende pagamenti per 18 mila euro dal 2003;
a giudizio dell'interrogante, quanto suesposto, ripropone nuovamente la stridente contrapposizione fra l'attività di riscossione da parte dell'amministrazione pubblica statale (e la celerità con cui l'ente preposto svolge il proprio ruolo) e la lentezza e le inadempienze con cui lo Stato, attraverso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, dispone i rimborsi e i pagamenti nei confronti delle imprese agricole italiane -:
quali iniziativa di competenza intendano intraprendere al fine di accelerare i rimborsi spettanti alle imprese agricole, da parte dell'Agea, i cui ritardati indennizzi rischiano di rinviare ulteriormente la ripresa di un comparto fondamentale per l'economia nazionale, quale quello agricolo, recentemente danneggiato anche dal maltempo, che ha causato danni per 300 milioni di euro.
(4-15061)

SANTORI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il florovivaismo italiano, con una produzione in valore di quasi quattro, miliardi di euro, 20.000 aziende e 120.000 addetti, è uno dei settori più importanti dell'agricoltura nazionale; nella provincia di Imperia e Sanremo, in particolare, le 3.500 aziende del comparto floricolo contribuiscono al 70 per cento della produzione lorda vendibile agricola della Liguria;
in questo particolare momento le aziende del settore stanno attraversando un momento particolarmente difficile, strette tra l'aumento del costo del gasolio, gli effetti della manovra economica e i danni causati dal maltempo;
in relazione al festival di Sanremo, da sessanta anni uno degli appuntamenti televisivi più attesi e seguiti in Italia e all'estero, va osservato, senza assolutamente entrare nelle scelte artistiche e musicali adottate dalla RAI, dai produttori, dalla regia, come appaia particolarmente discutibile che quest'anno si sia abbandonato il tradizionale addobbo floreale come scenografia del festival canoro della «città dei fiori»;
una scelta, che appare all'interrogante sconsiderata, e che priva l'economia di una zona vocata e universalmente riconosciuta come una delle capitali della floricoltura italiana di un palcoscenico reale e mediatico come quello del festival della canzone italiana, penalizzando l'agricoltura di Sanremo e contribuendo al ristagno dell'intera economia ligure;
l'indotto industriale, commerciale, turistico, dei servizi e dei trasporti che ruota intorno al florovivaismo sanremese, infatti, viene colpito pesantemente da una scelta scenografica a giudizio dell'interrogante tanto infausta quanto stupefacente dal punto di vista mediatico: Sanremo rischia di essere ricordata nel mondo solo per le canzoni e non più per i fiori -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per sostenere l'agricoltura della provincia di Imperia e Sanremo, con particolare riferimento alle aziende del comparto floricolo.
(4-15065)

MURGIA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei luoghi storici dell'allevamento del cavallo in Sardegna vi è uno stato d'allarme per i tagli annunciati nel comparto;
allevatori, fantini, allenatori, artieri e lavoratori dei servizi e dell'indotto rischiano di non avere armi per affrontare la crisi del comparto equino;

secondo calcoli approssimativi, centinaia di famiglie sono pesantemente coinvolte;
nell'ippodromo di Chilivani i cavalli presenti sono 70, mentre negli anni passati erano 200;
sempre nella struttura di Chilivani i lavoratori erano 350 oggi sono 30;
il montepremi, secondo i dati dell'Unire, è dimezzato (da 720 mila a 369 mila, con 12 corse contro le 15 dell'anno scorso);
nell'ippodromo di Sassari nel 2010 si avevano 11 corse con 420 mila euro di montepremi passando alle 9 del 2011 con 356 mila euro fino al 2012 con 8 corse e 176 mila euro di montepremi;
nell'ippodromo di Villacidro si è passati dalle 4 corse al niente;
i tagli impediscono di portare avanti la pulizia delle strutture, l'utilizzo di attrezzature e le attività connesse alla sicurezza negli impianti -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere a tutela del comparto equino sardo, che vanta tradizioni decennali;
se il Governo non ritenga necessario intraprendere iniziative urgenti per fronteggiare la crisi e il rischio che crolli il sistema, con perdita di posti di lavoro;
se il Ministro intenda assumere iniziative per garantire le risorse necessarie a fronteggiare queste stagioni di corse che, come scrivono i giornali specializzati, sono «poco allettanti».
(4-15071)

MURGIA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da anni appare chiaro che negli ultimi anni si sia assistito ad un progressivo abbandono, da parte dello Stato, del settore ippico;
il gioco d'azzardo, anche nelle forme praticate online, ha creato non pochi problemi, inquinando lo sport ippico;
i tagli sono drammatici, essendo scesi da 150 milioni di euro ai 40 milioni del 2012, con il rischio che l'intero sistema equino italiano crolli, coinvolgendo 50 mila famiglie e 20 mila cavalli costretti al macello -:
quali strategie il Governo intenda mettere in atto per tutelare il patrimonio equino nazionale, fiore all'occhiello dell'allevamento italiano, posto che tale atteggiamento di non curanza nei riguardi del settore ippico arreca danni alla tradizione italiana tutto a vantaggio dei Paesi esteri, dove il settore ippico viene valorizzato con congrui finanziamenti che arrivano dalle scommesse sui giochi.
(4-15072)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GINEFRA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 183 del 2010 all'articolo 22 disciplina il pensionamento dei medici ospedalieri, concedendo ad essi la possibilità di andare in quiescenza oltre l'età prevista (65 anni per chi li ha compiuti entro il 2011), fino al conseguimento dei 40 anni di «servizio effettivo»;
poiché nei giorni immediatamente seguenti alla promulgazione delle suddetta legge vi è stata qualche incertezza nella definizione del concetto di «servizio effettivo» alcuni ospedali hanno richiesto chiarimenti al Dipartimento della funzione pubblica;
in data 9 dicembre 2010, in seguito ad una domanda dell'Ospedale Forlanini di Roma, il Dipartimento aveva risposto

che dalla formulazione di «servizio effettivo» avrebbero dovuto essere esclusi tutti i periodi riscattati, comprendendo tra questi il servizio militare;
tale parere non risulta tuttavia mai essere stato applicato nelle delibere sul tema di tutte le ASL italiane: le aziende sanitarie hanno invece, unanimemente, seguito la configurazione del «servizio effettivo» contenuta nella circolare INPDAP (nota operativa 56 del 22 dicembre 2010) successiva al parere del Dipartimento;
nella suddetta circolare ufficiale, attualmente unico documento di riferimento di tutte le ASL italiane, il servizio militare, purché valorizzato a fini contributivi, viene invece incluso nel «servizio effettivo», ed è individuato come lavoro effettivamente svolto al servizio dello Stato;
secondo tale disposizione, le ASL hanno perciò sempre deliberato conteggiando nei 40 anni di servizio il periodo di servizio militare;
ultimamente da parte di alcuni sanitari si cerca di allungare il periodo di permanenza al lavoro, e ci si appella a tale scopo al parere del dipartimento della funzione pubblica del 9 dicembre 2010: a tale proposito, pare, all'interrogante che quel parere abbia solo abbozzato una prima risposta ai quesiti, non distinguendo, come fanno invece gli enti previdenziali e come si ribadisce nell'ultimo decreto-legge «mille proroghe», tra i periodi riscattati per motivi di studio e quelli riscattati per servizio e per l'appunto il servizio militare, a fortiori quello svolto come ufficiale medico;
è importante segnalare che dal momento della ufficializzazione della circolare INPDAP il Dipartimento della funzione pubblica non si è più espresso al riguardo, mentre l'INPDAP ha continuato a ribadire in successive note la posizione assunta -:
se i Ministri interrogati non intendano chiarire la corretta definizione di «servizio effettivo», seguendo le indicazioni della circolare INPDAP del 22 dicembre 2010, che risulta essere largamente applicata in molte ASL italiane, per evitare, altrimenti, che possano venirsi a creare difformità nell'applicazione della legge n. 183 del 2010, con il consequenziale rischio di un contenzioso, che potrebbe determinare un aggravio per le casse del Servizio sanitario pubblico.
(5-06251)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come denuncia il sito del «Corriere.it» nella sua edizione del 22 febbraio 2012, i passaggi ipogei, più volte chiusi per ordine della procura della Repubblica di Roma, e ancora sotto sequestro per rischio esplosioni, sono, di tutta evidenza, «terra di nessuno», e un video trasmesso dallo stesso sito documenta come diventino ricovero di clochard e senza casa;
in particolare è stato scoperto un barbone che dormiva in un androne; nel video citato, a terra, all'accesso dell'area che dovrebbe essere interdetta ai non addetti ai lavori - e in questo momento, stante il sequestro, anche ai sanitari - si vede un uomo avvolto in una coperta: è un senzatetto che ha trovato rifugio per la notte. Nessun lucchetto. Nulla che gli impedisse di entrare. I sigilli alle porte dei tunnel sono apposti sulle ante, anziché a cavallo dell'apertura: così si può aprire senza romperli. C'è addirittura una porta tagliafuoco tenuta aperta da un estintore: «Il maniglione non funziona dall'interno» avverte un cartello;
inoltre nell'intricato viluppo dei tunnel ipogei dell'Umberto I - più volte sequestrati e dissequestrati per il rischio di esplosioni dovute alla vicinanza dei condotti

dei gas medicali con i cavi elettrici - si continuano a celebrare pagine di vera assurdità. A partire dai 20 milioni di euro appena elargiti per una bonifica che s'infrange sul cartello appena fatto affiggere dalla magistratura, «sequestro cautelativo per pericolosità»;
gli interroganti hanno presentato precedenti interrogazioni sulla situazione sopra evidenziata -:
se quanto sopra esposto e riferito dal «Corriere.it» corrisponda a verità;
in caso affermativo, come possa essere accaduto e continui ad accadere quanto denunciato nel video;
quali urgenti iniziative di competenza intendono promuovere o adottare, in ordine a quanto sopra esposto.
(5-06244)

AMICI, MIOTTO e META. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da organi di stampa locale si apprende la notizia che presso l'ospedale «Dono Svizzero» di Formia, in provincia di Latina, il centro trasfusionale che svolge una intensa attività da quasi 40 anni, ed è punto di riferimento per tutto il territorio del sud del Lazio con oltre 1.700 donazioni di sangue in ambito ospedaliero a cui si aggiungono quelle raccolte tramite l'AVIS e la CRI, dovrebbe essere chiuso;
dal 2009 al 2011 il centro trasfusionale ha incrementato notevolmente la sua utenza, passando dai 150 pazienti agli attuali 650, coprendo un territorio che non riguarda la sola provincia di Latina ma arriva anche a coprire parte della provincia di Frosinone e di Caserta;
qualora si dovesse pervenire all'effettiva chiusura del centro trasfusionale dell'ospedale di Formia, l'approvvigionamento di sangue presso tale struttura, sede di dipartimento d'emergenza ed accettazione di primo livello, che comunque resterebbe, in quanto, il capoluogo di provincia dista ben 80 chilometri, con viabilità fortemente inadeguata, risulterebbe molto problematica con un grave e concreto pericolo per la salute dei pazienti;
l'ospedale «Dono Svizzero» nel suo complesso soffre di forte carenze di personale: nel reparto di ginecologia ed ostetricia sono rimasti solo tre medici a coprire i turni di guardia notturni, l'ortopedia non ha la guardia H 24, la cardiologia è sotto organico e sono ben 43 i medici precari i cui contratti vengono rinnovati ogni sei mesi;
alle carenze di personale si aggiungono quelle relative alle apparecchiature diagnostiche e una totale o quasi mancanza di programmazione che ha fatto sì che, dopo aver speso negli ultimi sette anni per lavori di manutenzione straordinaria un importo superiore a 10 milioni di euro presso gli ospedali di Formia, Gaeta e Minturno, l'ospedale di Gaeta sia stato chiuso e nell'ospedale di Formia siano in corso da anni lavori di ristrutturazione che spesso riguardano ambienti già sottoposti a riconversioni -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione così critica in cui versa l'ospedale «Dono Svizzero» di Formia e se non ritenga anche per il tramite del Commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio e fatte salve le competenze regionali, di dover intervenire affinché anche ai cittadini residenti nel sud del Lazio siano assicurati il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione nonché i livelli essenziali d'assistenza previsti su tutto il territorio nazionale.
(5-06246)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 363, della legge finanziaria per il 2008 ha esteso ai soggetti affetti da sindrome da talidomide il beneficio dell'indennizzo già spettante alle persone che abbiano riportato una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica

a causa di vaccinazioni obbligatorie, di cui all'articolo 1 della legge n. 229 del 2005;
il beneficio previsto dalla legge finanziaria per il 2008 è stato poi di fatto concretizzato dall'articolo 31 della legge n. 13 del 2009 che, in riferimento ai talidomidici, recita: «L'indennizzo (...) si intende riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia nati negli anni dal 1959 al 1965»;
tale norma ha rappresentato una svolta dopo quarant'anni di battaglie perché, con tale formulazione, non si vincola più la richiesta di indennizzo all'obbligo (praticamente impossibile dopo tanti decenni) di produrre documentazione scritta che dimostri l'assunzione dei farmaco da parte delle madri dei soggetti affetti da talidomide;
la conclusione della vicenda è giunta con l'entrata in vigore del decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n. 163, che conferisce 4.000 euro (metà alla vittima e metà ai familiari che lo assistono);
sono però giunte all'interrogante segnalazioni di cittadini italiani che soffrono di sindrome da talidomide, ma che, essendo però nati poco prima o poco dopo la «forbice» 1959-1965, si sono visti esclusi dal sistema degli indennizzi;
è necessario prendere in esame la questione e, tenendo anche conto dell'ampia possibilità di coprire gli oneri derivanti da indennizzi che sarebbero destinati a una quota certamente esigua di persone, fare un'operazione di giustizia dando la possibilità di accedere agli indennizzi previsti dalle norme richiamate anche a quanti, pur essendo nati al di fuori degli anni 1959-65, possono presentare documentazioni mediche di nesso causale -:
quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa.
(4-15055)

SCHIRRU, VIOLA e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i servizi veterinari del Servizio sanitario nazionale rappresentano da sempre un presidio fondamentale nella prevenzione del rischio delle malattie trasmissibili all'uomo dagli animali, direttamente o attraverso il consumo di alimenti di origine animale e per il determinante contributo scientifico e professionale a una più moderna visione del rapporto uomo animale nella nostra società;
tale attività ha permesso al nostro Paese di affrontare con successo le ricorrenti crisi legate ad eventi quali l'influenza aviaria, la BSE, la blue tongue, la west nile disease e così via, e, in anni più lontani, l'afta e altre epidemie che tanto hanno preoccupato l'opinione pubblica. Ma soprattutto ha garantito nel tempo un efficace (e spesso silenzioso) sistema di controllo sull'intera filiera degli alimenti di origine animale a tutela della salute pubblica;
i dipartimenti di prevenzione della maggior parte delle ASL della Sardegna sono strutturati con il livello minimo organizzativo previsto dall'articolo 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, e sono stati previsti i tre servizi medici e i tre servizi veterinari dotati di autonomia, sia tecnico-funzionale, sia organizzativa così come previsto dalla norma;
tali servizi fanno infatti riferimento a specifiche discipline, cui deve accedersi mediante pubblico concorso, previo possesso di specifici e infungibili diplomi di specializzazione post-laurea, fatte salve le equipollenze dei titoli di studio e dei servizi prestati, utili ai fini del solo accesso; il personale dirigente di tali servizi è dunque infungibile al pari delle altre specialità mediche;
arrivano segnali preoccupanti di una volontà di realizzare anche in Sardegna, al pari di quanto proposto in altre regioni, e già attuato nella sola Liguria, accorpamenti

dei servizi del dipartimento di prevenzione, e in particolare dei servizi veterinari;
appare evidente inoltre la volontà di ridimensionare i servizi del dipartimento di prevenzione in talune ASL che trasformano i posti di medici e veterinari del dipartimento di prevenzione, in posti di medici ospedalieri o delle professioni sanitarie;
alcuni servizi veterinari territoriali, inoltre, sono fortemente sottodimensionati, come evidenziato anche nei report delle ispezioni del Food and veterinary office (FVO) svolti nell'isola;
la Sardegna, potrebbe quindi, invocando la propria autonomia organizzativa in campo sanitario, procedere a realizzare un ulteriore impoverimento delle attività di prevenzione primaria, riducendo le già scarse risorse ad essa destinate negli anni, con una riduzione della dotazione organica e l'accorpamento dei servizi;
se ciò si avverasse, si determinerebbero una diminuzione della qualità dei servizi erogati e una minore efficacia delle attività di prevenzione, a scapito della sicurezza alimentare e del futuro stato di salute della popolazione umana e animale, e negli anni, si realizzerebbe non un risparmio, ma una esacerbazione della spesa pubblica a causa dei danni che potrebbero sopraggiungere per l'insufficiente livello di controlli -:
se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere iniziative, anche normative, ivi compresa la definizione di linee guida in sede di Conferenza Stato-regioni, da applicare su tutto il territorio nazionale, per assicurare che gli assetti organizzativi dei dipartimenti di prevenzione - come attualmente definiti dalla norma quadro nazionale, dimostratisi efficaci in quasi 20 anni di esperienza applicativa - vengano uniformemente garantiti e mantenuti in tutte le aziende sanitarie dell'intero Paese, quale livello essenziale e minimo di organizzazione, per la corretta, uniforme e sufficiente erogazione dei servizi che, su tutto il territorio nazionale, devono essere assicurati.
(4-15058)

VIOLA e MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i servizi veterinari del Servizio sanitario nazionale rappresentano da sempre un presidio fondamentale nella prevenzione del rischio delle malattie trasmissibili all'uomo dagli animali, direttamente o attraverso il consumo di alimenti di origine animale e per il determinante contributo scientifico e professionale a una più moderna visione del rapporto uomo animale nella nostra società;
tale attività ha permesso al nostro Paese di affrontare con successo le ricorrenti crisi legate ad eventi quali l'influenza Aviaria, la BSE, la blue tongue, la rabbia, la west nile disease e altro e, in anni più lontani, l'afta e altre epidemie che tanto hanno preoccupato l'opinione pubblica, ma soprattutto ha garantito nel tempo un efficace (e spesso silenzioso) sistema di controllo sulla intera filiera degli alimenti di origine animale, dal campo al piatto del consumatore, a tutela della salute pubblica;
i dipartimenti di prevenzione della maggior parte delle Asl del nostro Paese, sono strutturati, con il livello minimo organizzativo previsto dall'articolo 7 quater del decreto legislativo 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni; sono stati previsti i tre servizi medici e i tre servizi veterinari dotati di autonomia sia tecnico-funzionale sia organizzativa così come previsto dalla norma;
tali servizi fanno infatti riferimento a specifiche discipline, cui deve accedersi mediante pubblico concorso, previo possesso di specifici e infungibili diplomi di specializzazione post-laurea, fatte salve le equipollenze dei titoli di studio e dei servizi prestati, utili ai fini del solo accesso; il personale dirigente di tali servizi è dunque infungibile al pari delle altre specialità mediche;

arrivano segnali preoccupanti di una volontà di realizzare in molte regioni (Sardegna e Umbria al momento), e tale intervento è già attuato nella sola regione Liguria, accorpamenti dei servizi del dipartimento di prevenzione, e in particolare dei servizi veterinari;
appare evidente, inoltre, la volontà di ridimensionare i servizi del dipartimento di prevenzione in talune ASL che trasformano i posti di medici e veterinari del dipartimento di prevenzione in posti di medici ospedalieri o delle professioni sanitarie;
si ricorda che molto spesso alcuni servizi veterinari territoriali sono fortemente sottodimensionati, come evidenziato anche nei report delle ispezioni del Food and veterinary office (FVO) svolti in diverse regioni;
le regioni quindi potrebbero, procedere a realizzare un ulteriore impoverimento delle attività di prevenzione primaria, riducendo le già scarse risorse ad essa destinate negli anni, con una riduzione della dotazione organica e l'accorpamento dei servizi;
se ciò si avverasse, si determinerebbero una diminuzione della qualità dei servizi erogati e una minore efficacia delle attività di prevenzione, a scapito della sicurezza alimentare e del futuro stato di salute della popolazione umana e animale;
ciò produrrebbe negli anni, non un risparmio, ma una esacerbazione della spesa pubblica a causa dei danni che potrebbero sopraggiungere per l'insufficiente livello di controlli -:
se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere iniziative, anche normative, ivi compresa la definizione di linee guida in sede di conferenza Stato-regioni da applicare su tutto il territorio nazionale, per assicurare che gli assetti organizzativi dei dipartimenti di prevenzione, come attualmente definiti dalla norma quadro nazionale dimostratisi efficaci in quasi 20 anni di esperienza applicativa, vengano uniformemente assicurati e mantenuti in tutte le aziende sanitarie dell'intero Paese quale livello essenziale e minimo di organizzazione, in quanto fondamentale base per la corretta, uniforme e sufficiente erogazione dei livelli essenziali di assistenza che, su tutto il territorio nazionale, devono essere assicurati.
(4-15059)

TESTO AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2012

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PELUFFO e FARINONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'area dell'ex-stabilimento Alfa Romeo di Arese, è interessata da un articolato processo di recupero presentato da Euro Milano s.p.a.;
l'intervento secondo il progetto prevede la riqualificazione urbanistica con l'obiettivo di valorizzare gli spazi esistenti e restituire agli abitanti un'area riconvertita, perfettamente integrata con il tessuto urbano circostante e dotata di verde e servizi, da sempre considerata una zona strategica per lo sviluppo dell'area metropolitana milanese sulla direttrice nord ovest;
le aree ex Alfa Romeo di estensione complessiva di circa 900 mila metri quadrati, coinvolgono i territori dei comuni di Arese, Lainate, Rho e Garbagnate Milanese;
Euro Milano s.p.a. è partner e promotore del progetto con l'incarico di coordinare proposte ed idee progettuali e gestire i soggetti coinvolti nell'operazione, che svilupperà un insediamento a destinazione mista, con presenza di funzioni di carattere commerciale, residenziale e industriale, con una edificabilità pari a circa 260 mila metri quadrati in un area già pesantemente urbanizzata;
il ruolo strategico di tale area è confermato anche in previsione degli importanti progetti che nasceranno in questo territorio: la riqualificazione di Cascina Merlata e soprattutto la prossimità con il polo

espositivo di Fieramilano e di Expo 2015 e con i principali snodi infrastrutturali quali l'autostrada Milano-Laghi, l'autostrada Milano-Torino-Venezia, la strada statale del Sempione e la Varesina, la tangenziale Ovest, le Ferrovie dello Stato (con l'alta velocità) e le Ferrovie nord Milano;
in data 29 dicembre 2010 la giunta regionale della Lombardia ha approvato con deliberazione n. 1156 l'accordo di programma finalizzato alla riperimetrazione, riqualificazione e alla reindustrializzazione dell'area ex Fiat Alfa Romeo, impegnandosi a definire la sottoscrizione dello stesso accordo entro il 31 dicembre 2011, termine attualmente slittato al 30 settembre 2012;
da notizie apparse sulla stampa, risulta che il gruppo Volkswagen, potrebbe essere interessato all'acquisto dell'Alfa Romeo; a provarlo sarebbero i sopralluoghi effettuati nei mesi scorsi da professionisti tedeschi, proprio nell'area dell'ex Alfa ad Arese; in particolare questi ultimi avrebbero visitato le aree di proprietà del gruppo Aglar;
sembrerebbe, inoltre, che la Volkswagen abbia già espresso alla regione Lombardia la volontà di rilanciare la produzione automobilistica nella storica area -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda intraprendere affinché vi sia una soluzione positiva per il rilancio del settore automobilistico e di un territorio che ne è stato sempre protagonista.
(5-06258)

BERGAMINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la cantieristica europea sta attraversando un periodo di grande difficoltà, dimostrato dal forte calo degli ordini aggiudicati da imprese europee che sono passati dal 33 per cento del 1981 al 6 per cento del 2011;
l'erosione della quota di mercato in questi trent'anni si deve sostanzialmente al rafforzarsi delle industrie dell'estremo Oriente, capaci di produrre a prezzi inferiori le navi a basso valore aggiunto (portacontainer, petroliere, rinfusiere, e altro), lasciando ai cantieri del vecchio continente solo alcune nicchie produttive e, in particolare, il settore delle navi passeggeri di alta gamma (navi da crociera e cruise ferries) e il settore delle commesse militari, in cui si è specializzata la società italiana Fincantieri, raggiungendo livelli di leadership mondiale;
malgrado la tenuta delle commesse militari e la solidità dell'azienda, anche Fincantieri da tempo versa in uno stato di progressiva crisi, come dimostrano le recenti agitazioni dei lavoratori e le dichiarazioni dell'amministratore delegato Giuseppe Bono in merito ad una sostanziale diminuzione progressiva delle commesse navali rispetto al passato;
nell'ambito della cantieristica grande rilievo assume il versante della riparazione navale, che acquista un'importanza sempre maggiore tanto più che diminuiscono le commesse per le costruzioni navali;
in Italia i bacini di carenaggio che superano dal punto di vista strutturale 300 metri sono quello di Fincantieri a Palermo e quelli demaniali di Livorno e Napoli, mentre il cantiere di Genova, che è il polo nazionale più importante in termini di numero di navi riparate, ha 5 bacini di misura inferiore e, malgrado le forti pressioni di alcune imprese cantieristiche sulle istituzioni locali liguri, non si è mai riusciti a costruire una sesta vasca in grado di garantire un futuro al comparto delle riparazioni;

in questo quadro appare assai preoccupante la notizia della negoziazione esclusiva intavolata dall'autorità portuale di Marsiglia per l'assegnazione della gestione del più grande bacino navale del Mediterraneo per la riparazione navale;
secondo notizie di stampa appare assai probabile che ad aggiudicarsi la gara potrebbe essere una cordata composta dalle seguenti società: la tedesca Meyer Werft, impresa specializzata nella costruzione di navi da crociera e navi passeggeri; la Stx France, società controllata dal gruppo coreano Stx e partecipata con quota superiore al 30 per cento dallo Stato francese; la società privata genovese T. Mariotti, facente capo all'ex presidente di Confindustria Genova, quarto player europeo nella costruzione, specializzata in navi di medie piccole dimensioni di alta gamma; la società San Giorgio del Porto, socio della T. Mariotti nella Genova Industrie Navali; la CNM (Chantier Naval Marseille), controllata della San Giorgio, che gestisce da oltre un anno gli altri due bacini di carenaggio più grandi di Marsiglia;
sempre da fonti di stampa si apprende che a tale cordata, che riunisce il secondo e il quarto player europeo nella costruzione e la società numero uno nella riparazione navale, si potrebbero aggiungere compagnie crocieristiche;
tale notizia desta ancora maggiore preoccupazione considerato che il terminal crociere del porto francese è gestito da una joint venture composta da Msc Crociere, Costa crociere e la greca Louis Cruises;
è di assoluta evidenza che tale newco, destinata ad insediarsi dopo il 2014, dominerà il mercato del Mediterraneo e diventerà un concorrente assai pericoloso per il cantiere di riparazioni palermitano di Fincantieri;
dispiace constatare la forte presenza italiana all'estero, motivata per lo più dalla forte incertezza giuridica e dalla totale assenza di una politica industriale nel settore della cantieristica, che ha caratterizzato gli ultimi anni, come dimostra il mancato ampliamento del cantiere genovese;
la presenza italiana all'estero, incentivata dalle ottime condizioni che vengono concesse ai nostri operatori, e rinforzata anche dall'appoggio del settore pubblico locale alla cantieristica, genera una concorrenza diretta alle industrie che operano in Italia, che sempre più in futuro si troveranno in difficoltà ad affrontare la crisi -:
se il Ministro sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa;
se non ritenga opportuno rilanciare con forza la cantieristica italiana, anche al fine di evitare l'esodo degli investitori italiani nei mercati stranieri e contribuire così al rilancio dell'industria nazionale.
(5-06265)

...

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Rossomando e altri n. 2-01371, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melis.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03340, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03347, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03386, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03489, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03520, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03521, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03537, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03538, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03539, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03571, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-08131, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-08243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e altri n. 4-10688, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10788, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10802, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10805, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10812, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10813, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-11005, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Alessandri n. 4-11031, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Vanalli e altri n. 5-06237, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Stucchi n. 2-01370 del 21 febbraio 2012.