XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di venerdì 24 febbraio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
l'incarico di preside scolastico fino al 2005 era affidato a personale inserito in apposita graduatoria per titoli e, quindi, con la procedura di un concorso per titoli;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in virtù dell'esigenza di stabilizzazione della succitata categoria, ha inteso bandire due concorsi: uno nel 2002 riservato a coloro che avevano maturato almeno tre anni di incarico, e uno nel 2006 riservato a coloro che avevano un solo anno di incarico;
i suindicati concorsi hanno consentito la stabilizzazione di 1.500 unità, che si configuravano come la maggior parte del personale di categoria precario;
con l'articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, è stata disposta l'abolizione dell'istituto dell'incarico di presidenza a decorrere dall'anno scolastico 2006-2007, con la conseguenza di lasciare al di fuori degli organici dell'amministrazione 150 professionisti, presidi incaricati, «non più stabilizzabili», stando all'attuale configurazione normativa;
i citati dirigenti «fuori concorso» sebbene si configurino come precari della pubblica amministrazione, da anni prestano continuativamente servizio in varie regioni d'Italia, nella direzione delle istituzioni scolastiche autonome, svolgendo la funzione dirigenziale, con le medesime mansioni e responsabilità dei colleghi incardinati negli organici dell'amministrazione e collocati contrattualmente nella V area della dirigenza scolastica;
in recenti pronunce, il 27 settembre 2010 e l'8 aprile 2011 il giudice del lavoro di Siena ha riconosciuto l'obbligo dell'amministrazione di realizzare la conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato di precedenti contratti di lavoro a tempo determinato nei confronti di personale scolastico precario, in ottemperanza a quando disposto dalla direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, recepita dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che riconosce il divieto di reiterazione per i contratti a termine sussistenti per far fronte ad esigenze non già eccezionali e transitorie dell'amministrazione, ma di natura ordinaria e protratte nel tempo, in modo da evitare di recare una ingiustificata discriminazione tra posizioni lavorative sostanzialmente equivalenti, al di là delle differenti qualificazioni formali operate dagli ordinamenti interni, nonché una lesione dei diritti degli interessati;
l'articolo 49 del decreto-legge n. 112 del 2008, modificando l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che «Al fine di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, le amministrazioni, nell'ambito delle rispettive procedure, rispettano princìpi di imparzialità e trasparenza e non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori ai triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio»;
al comma 17 dell'articolo 9 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, è stato «definito un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato, di personale docente, educativo ed ATA» al fine di «garantire continuità nella erogazione del servizio scolastico e educativo e conferire il maggiore possibile grado di certezza nella pianificazione degli organici della scuola, nel rispetto degli obiettivi programmati di finanza pubblica»;
la succitata norma non coinvolge i presidi incaricati che operano tutti su posti vacanti e disponibili, previsti nelle piante organiche regionali dei dirigenti scolastici, ma non coperti da personale «di

ruolo» per mancata emanazione di concorsi regolari e frequenti;
dall'inizio dell'anno scolastico 2009-2010 sono molti i posti vacanti di dirigente scolastico la cui mancata copertura rischia di compromettere il corretto prosieguo delle attività scolastiche, oltre che svilire il diritto legittimo di professionisti che avrebbero il titolo, la competenza e l'esperienza per poter ricoprire tali posti in maniera stabile;
a detta dei firmatari del presente atto di indirizzo sarebbe di dubbia legittimità e validità il termine finale apposto agli incarichi di presidenza, conferiti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in assenza dei presupposti previsti dalla normativa vigente rilevando quello che appare un abuso dell'istituto del contratto a tempo determinato ai sensi del decreto legislativo n. 368 del 2001;
l'ipotesi di emanazione di un bando di concorso da parte dell'amministrazione finalizzato alla stabilizzazione potrebbe configurarsi come una scelta poco pragmatica e sicuramente dispendiosa: si tratterebbe di un concorso riservato per l'immissione nei ruoli dei dirigenti scolastici destinato a personale che, di fatto, è già dirigente scolastico da oltre cinque anni e di cui - stando alla conferma reiterata di incarico - già ne è stata verificata l'idoneità alla funzione;
stando a quanto tracciato in premessa esistono le condizioni normative, professionali ed amministrative per consentire la stabilizzazione del personale per tutelare il diritto cogente alla tutela della professionalità e del lavoro svolto da parte della categoria ma anche per evitare l'avvicendarsi di contenziosi per l'amministrazione,


impegna il Governo


a predisporre entro il mese di giugno 2012 adeguate iniziative volte a stabilizzare i professionisti che attualmente svolgono le funzioni di dirigente scolastico o di preside incaricato, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
(7-00795) «Granata, Di Biagio, Barbaro».

La VIII e la X Commissione,
premesso che:
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il protocollo di Kyoto e per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti; in sostanza, per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18.8 TWh di energia elettrica e 5,7 Mtep di energia termica;
la direttiva comunitaria n. 2009/28/CE, in materia di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, definisce come biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura, dalla silvicultura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
il principio di funzionamento delle centrali alimentate a biomasse si basa sulla conversione dell'energia termica, ottenuta con la combustione della biomassa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
gli impianti a biomasse sono alimentati da solidi (rifiuti solidi urbani o biomasse solide), biogas (derivanti da rifiuti, fanghi, deiezioni animali, attività agricole e forestali) e bioliquidi (oli vegetali

grezzi o altri bioliquidi); in totale, ci sono oltre 400 impianti per circa 2 gigawatt di potenza prodotta;
il biogas - costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica - nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e la normativa individua la molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche;
i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in bioliquidi, combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa, e in biocarburanti, carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa;
negli ultimi anni si è assistito ad un consistente sviluppo di queste fonti energetiche rinnovabili, anche grazie ai meccanismi incentivanti introdotti con recenti disposizioni normative, ingenerando preoccupazioni per le possibili conseguenze negative legate alla crescita dell'utilizzo delle biomasse;
il citato decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», prevede che l'incentivo per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili debba essere finalizzato, tra l'altro, a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agro-alimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e biogas da filiere corte;
appare evidente la necessità di promuovere e valorizzare forme di produzione dell'energia che utilizzino sostanze di origine biologica, in modo da ridurre il consumo di combustibili fossili e l'emissione di gas climalteranti, ma senza dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni;
tra le energie rinnovabili da biomassa, il biogas sembra rappresentare un'apprezzabile potenzialità per alcune intrinseche caratteristiche positive della sua filiera: l'elevata intensità di lavoro che è in grado di produrre; l'utilizzo prevalente di biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane; la valorizzazione di parametri come l'efficienza e il riciclaggio di gran parte degli scarti della produzione agricola e zootecnica; l'agevole defocalizzazione degli impianti in prossimità dei luoghi di produzione delle biomasse, con la contestuale riduzione dei costi (economici ed ambientali) del trasporto delle biomasse stesse; possibile utilizzo in ambito cogenerativo;
tra le criticità emerse nella diffusione delle agroenergie si sottolineano le seguenti: la realizzazione di impianti di medie e grandi dimensioni comporta, inevitabilmente, un aumento della distanza coperta dai materiali necessari per il funzionamento degli impianti, con conseguente incremento della mobilità di mezzi pesanti e del relativo impatto ambientale; il pericolo di aumento del costo dei terreni dedicati alle colture alimentari, che - a causa delle distorsioni provocate dagli incentivi - possono diventare meno convenienti per gli agricoltori; il pericolo che controlli insufficienti possano consentire funzionamenti impropri degli impianti e potenzialmente inquinanti; gli impianti di piccola taglia (minori di 1 megawatt) possono indurre traffico veicolare e causare emissioni odorigene oltre che se non regolamentati nella densità creare effetti discorsivi nell'affitto dei terreni nonché modificare il paesaggio agrario;
una delle principali preoccupazioni riguarda il pericolo di trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana (food) e alla

zootecnia (feed) in colture finalizzate alla produzione di energia (fuel), con immaginabili alterazioni del mercato dei prodotti agricoli e zootecnici, rischiando di trasformare la finalità originaria delle agroenergie - di attività integrativa del reddito in agricoltura - in attività sostitutiva dell'agricoltura;
è auspicabile promuovere la realizzazione di impianti che siano compatibili con le esigenze di vivibilità dei territori, con la salvaguardia delle produzioni agricole, stabilendo criteri per lo sfruttamento prevalente delle biomasse locali; in particolare sarebbe opportuno prevedere meccanismi disincentivanti per l'importazione di materiale dall'estero e, in maniera diversa, l'impiego di colture dedicate; bisogna altresì favorire le biomasse da rifiuti, da scarti agricoli, da verde urbano e forestali, premiando l'efficienza energetica del ciclo e la filiera corta;
lo sviluppo di tali impianti deve essere previsto e regolato dalla programmazione energetica regionale;
il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali che elenca le competenze riservate allo Stato e quelle riservate alle regioni in materia di energia istituisce l'obbligo esclusivo per le regioni di dotarsi di un piano energetico regionale che deve rispettare il piano energetico nazionale;
tale obbligo è confermato dalla normativa successiva a cominciare dalla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione con particolare riferimento alle competenze previste dall'articolo 117, tra le quali figurano «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»;
la programmazione energetica regionale va attuata per «regolare» ed indirizzare la realizzazione degli interventi determinati principalmente dal mercato libero dell'energia e diventa programmazione energetica «ambientale» per gli effetti diretti ed indiretti che produzione, trasformazione, trasporto e consumi finali delle varie fonti di energia producono sull'ambiente;
tale programmazione deve individuare soluzioni nell'ambito della sostenibilità del piano energetico concertandole orizzontalmente e verticalmente con i soggetti economici (imprese, operatori economici, consumatori) e operando un coordinamento regionale delle varie iniziative provinciali e comunali;
in ogni caso per alcune regioni si evidenzia, tra le criticità emerse, proprio la mancata predisposizione e/o approvazione del piano energetico ambientale regionale, con la conseguenza di avere uno sviluppo disordinato di impianti al di fuori di ogni programmazione e con ricadute negative sul consenso delle popolazioni interessate a questi interventi;
altrettanto importante appare, inoltre, ai fini della costruzione di un moderno e completo sistema di implementazione e di valutazione delle politiche ambientali ed energetiche, l'adozione, in attuazione del decreto legislativo n. 28 del 2011, del decreto interministeriale sul cosiddetto «burden sharing Stato-regioni», che nel ripartire fra tutte le regioni e le province autonome gli obiettivi assunti dall'Italia in sede europea (sviluppo delle fonti rinnovabili, aumento dell'efficienza energetica e riduzione delle emissioni di CO2), si pone anche come strumento essenziale, da un lato, di monitoraggio delle azioni intraprese e dei risultati conseguiti sul territorio e, dall'altro, di individuazione e di applicazione su tutto il territorio nazionale delle misure più adeguate anche sotto il profilo di una sempre più necessaria integrazione nelle pianificazioni urbanistiche dei sistemi di utilizzo delle fonti rinnovabili,


impegna il Governo:


ad intervenire con riferimento alle regioni che non hanno ancora provveduto ad approvare i rispettivi piani energetici

ambientali regionali, esercitando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 5 delle legge n. 10 del 1991, nei confronti delle strutture a ciò deputate, al fine di arrivare rapidamente alla predisposizione e attuazione di questi fondamentali strumenti di programmazione;
a procedere al più presto, d'intesa con le regioni e gli enti locali, all'emanazione del decreto ministeriale sul «burden sharing Stato-regioni» citato in premessa, prevedendo in esso adeguati strumenti di monitoraggio delle misure adottate in ambito territoriale, anche ai fini della valutazione della loro congruità e coerenza con gli obiettivi nazionali assunti in sede europea e della loro implementazione ed omogeneizzazione su tutto il territorio nazionale, anche sotto il profilo di una positiva ed equilibrata integrazione nelle pianificazioni urbanistiche dei sistemi di utilizzo delle fonti rinnovabili.
(7-00794)
«Viola, Martella, Mariani, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Benamati, Realacci».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
dall'esame del bilancio della Banca d'Italia, il circolante monetario italiano per l'ammontare di ben 147 miliardi di euro, risulta trascritto integralmente nello stato passivo, ma non come debito della medesima banca nei confronti dello Stato, da cui è delegata all'espletamento di tutte le attività monetarie, ma come debito verso la Banca centrale europea alla quale essendone parte integrante con una quota equivalente al 14 per cento, si limita a rimborsare i soli costi di carta filigranata, di stampa serigrafica e delle spese di trasporto;
in virtù di tale anomalia contabile, la Banca d'Italia, alla conclusione di ogni esercizio, realizza ingenti sopravvenienze attive, che però non annota come tali, poiché derivanti da attività di signoraggio primario - costituito dallo spread tra costo di produzione della moneta stampata e valore facciale assegnato alle banche;
la Banca d'Italia riporta invece nell'attivo di bilancio, unicamente il signoraggio secondario derivante dagli interessi attivi corrisposti dalle banche del sistema a fronte delle erogazioni di liquidità loro accordate;
pertanto, annualmente l'utile derivante dal signoraggio primario per molti miliardi di euro viene suddiviso tra le banche azioniste, le quali detengono l'intero capitale sociale della Banca d'Italia, pari a soli euro 154.937,07, costituite dai seguenti istituti di credito: gruppo Intesa-San Paolo (44,43 per cento, gruppo Unicredito - Banca di Roma (22,12 per cento, Banca Carige (3,96 per cento, Bnl (2,83 per cento, Monte dei Paschi di Siena (2,50 per cento, Cassa di Risparmio di Firenze (1,85 per cento, insieme a varie banche minori e all'INPS col 5 per cento;
risulta, pertanto evidente che dal 1992, il gruppo di banche private, subentrate agli storici istituti di diritto pubblico che avevano investito in azioni della Banca d'Italia solo 285 milioni di vecchie lire, già a partire dall'esercizio contabile dell'anno 1993 hanno lucrato gli ingenti benefici contabili derivanti dal signoraggio primario, oltre agli utili di esercizio derivanti dal signoraggio secondario sui prestiti e sulle aperture di credito concessi alle banche e alla pubblica amministrazione;
questo criticabile metodo contabile ad avviso dell'interpellante negli anni ha

causato l'ingente indebitamento dello Stato, costretto per i suoi fabbisogni a comprare la moneta di sua proprietà a tassi sproporzionati rispetto al tasso ufficiale di sconto (TUS) sino al 1999, e, successivamente rispetto al T.U.R., tasso ufficiale di riferimento europeo;
fatto ancora più grave, al metodo contabile della Banca d'Italia è da attribuirsi secondo l'interrogante altresì la vera responsabilità della stretta creditizia che ha soffocato e che strozza ancora oggi imprese e cittadini;
va ricordato che, dopo la costituzione dell'Unità d'Italia, l'emissione della moneta, fino a quel momento consentita agli istituti dei vari Stati, è stata delegata al nuovo istituto centrale denominato Banca d'Italia s.p.a. a cui sono stati chiamati a partecipare gli istituti di diritto pubblico, le fondazioni, le Casse di risparmio - enti morali e INPS;
già alla data di costituzione della Banca d'Italia quale istituto di emissione monetaria esisteva l'obbligo della riserva aurea istituita nel lontano 1694 dalla Banca d'Inghilterra, opportuna per garantire la convertibilità della moneta emessa con oro corrispondente al suo valore di mercato e per evitare l'abuso di emissioni monetarie non correlate alle capacità dell'Istituto e all'andamento dell'economia;
il 15 agosto 1971, per salvare l'economia americana, il presidente Nixon con la dichiarazione unilaterale di inconvertibilità del dollaro in oro, poneva fine al regime dei cambi fissi instaurato dagli accordi Bretton Woods nel 1944, finalizzata al ripristino delle condizioni di convertibilità delle monete e alla creazione di un sistema di compensazione multilaterale delle bilance dei pagamenti, al termine della guerra;
per la successiva mancanza di ogni forma di controllo sulle emissioni monetarie che venivano decise autonomamente dalle rispettive banche centrali, negli anni successivi al 1971 è iniziata la pericolosa instabilità monetaria, che per il nostro Paese ha avuto per conseguenza la graduale crescita verticale dell'ingente debito pubblico;
seguendo l'esempio degli Stati Uniti, a partire da ottobre 1971 la Banca d'Italia ha continuato ad emettere moneta, con la sostanziale differenza però, che la stampa delle banconote è proseguita senza la garanzia della convertibilità aurea e unicamente a vantaggio della sola Banca d'Italia, la quale da delegata alla emissione per conto dello Stato, è a giudizio dell'interrogante inconcepibilmente divenuta proprietaria della moneta emessa, che via via ha prestato ai Governi succedutisi, con la conseguenza che il debito pubblico ha raggiunto l'insostenibile esposizione superiore a 1900 miliardi di euro;
per le sua finalità istituzionali, la Banca d'Italia avrebbe dovuto e dovrebbe operare ancora, per delega e per conto dello Stato, alla emissione di banconote e, a far data dall'anno 2000, per la sua partecipazione alla Banca centrale europea, alla distribuzione della moneta al sistema bancario, così che il signoraggio primario, costituito dallo spread tra i costi di produzione, quali carta, stampa e trasporto, e il valore attribuito alle banconote emesse sin dal 1993 avrebbe dovuto essere accreditato allo Stato italiano nella sua qualità di delegante e non alle banche partecipanti al capitale, alle quali competeva solo ed unicamente l'utile derivante dal signoraggio secondario per gli interessi sui prestiti effettuati dalla Banca d'Italia agli istituti di credito, agli enti pubblici e alla pubblica amministrazione, ovvero dalla rendita di ridistribuzione monetaria passiva, dagli interessi su attività statutarie e dalle rendite di partecipazione;
l'assunto sulla proprietà della moneta è stato anche confermato dalla consulenza tecnica d'ufficio sentenza emessa nel 2005 dal giudice di Pace di Lecce a seguito della che ha statuito il principio secondo cui la proprietà del denaro non è da attribuirsi né alla Banca d'Italia né tantomeno alla Banca centrale europea, ma al popolo sovrano, così affermando che, essendo la

proprietà della moneta degli italiani, è da considerarsi ad ogni effetto dello Stato italiano;
nella medesima sentenza, sulla scorta di una consulenza tecnico contabile sulla redditività secondaria si affermava che le banche azioniste di Bankitalia, nel solo quinquennio che va dal 2000 al 2004, avrebbero lucrato signoraggio primario, stimato in oltre 5 miliardi di euro;
alla data del 31 dicembre 2011 il circolante monetario nel bilancio dell'Istituto centrale ammonta a 146,10 miliardi di euro, e poiché il suo costo di produzione non supera l'1 per cento se ne deduce che dall'entrata in circolo dell'euro le banche partner avrebbero lucrato signoraggio per circa 145 miliardi di euro, che se fossero stati incamerati dallo Stato, avrebbero consentito agli italiani un ingente alleggerimento del carico fiscale;
le banche azioniste nel decennio trascorso avrebbero secondo l'interrogante indebitamente «incamerato» signoraggio primario nell'ordine di circa 145 miliardi di euro, somma indebitamente percepita dagli azionisti, che ove restituita alla disponibilità dello Stato, unico soggetto avente diritto, avrebbe consentito l'immediata soluzione di gran parte dei problemi economici che attanagliano il Paese;
così facendo, si potrebbe concorrere ad alleggerire la pressione fiscale e a rilanciare l'economia con interventi mirati garantiti dallo Stato beneficiario del signoraggio monetario primario, oltre che ad avviare una graduale riduzione del debito pubblico -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative urgenti per imporre alle banche azioniste della Banca d'Italia la tempestiva restituzione di tutte le somme indebitamente percepite nell'ultimo decennio derivanti da signoraggio primario, il cui unico avente diritto è lo Stato italiano;
se il Governo intenda assumere iniziative normative affinché la Banca d'Italia, a partire dall'esercizio 2011 sia obbligata per decreto ad iscrivere a debito verso lo Stato italiano nello stato passivo del proprio bilancio, l'ammontare del circolante monetario con tutte le emissioni integrative che pervengono dalla Banca centrale europea, insieme all'obbligo di dettagliare analiticamente l'andamento trimestrale del signoraggio per consentire di avere tempestiva contezza del suo reale andamento.
(2-01374) «Scilipoti».

Interrogazione a risposta orale:

SANTELLI, DIMA, GALATI, GOLFO, TRAVERSA, MELONI, DE CAMILLIS, CATANOSO, CERONI, LUCIANO ROSSI, STRACQUADANIO, GELMINI, GIAMMANCO, DE GIROLAMO, ANTONINO FOTI, BECCALOSSI, LAFFRANCO, CORSARO, LORENZIN, RENATO FARINA, DI CENTA, CONTENTO, SBAI, TORRISI, BRUNETTA, LISI, GIBIINO, MASSIMO PARISI, DE CORATO, LAZZARI, VIGNALI, D'ALESSANDRO, CICU e GAROFALO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del processo «Meta» che si sta celebrando avanti il tribunale di Reggio Calabria, ha reso testimonianza il colonnello dei carabinieri Valerio Giardina e in tale testimonianza sono contenute alcune dichiarazioni che hanno creato particolare sconcerto nel mondo politico e nell'opinione pubblica in quanto il colonnello Giardina ha letto e commentato un'informativa, come da lui stesso affermato, con sue personali interpretazioni, coinvolgendo l'allora sindaco della città di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, oggi presidente della regione Calabria;
è opportuno ribadire che all'interno del suddetto processo Meta lo stesso presidente Scopelliti risulta completamente estraneo ai fatti dell'inchiesta stessa e agli atti processuali;
nel delineare quello che, a detta del colonnello Giardina, sarebbe stata la situazione della città di Reggio Calabria, governata da una lobby affaristico-massonica

diretta da una cupola e dall'attuale presidente Scopelliti, occorre rammentare che a capo di tale cupola, lo stesso Giardina pone l'avvocato De Stefano, parente dell'omonimo capo cosca e l'ex deputato Paolo Romeo di cui Giuseppe Scopelliti sarebbe stato lo strumento ed il referente politico;
a garantire l'operato di questa lobby, sempre secondo quanto affermato dal colonnello Giardina, avrebbe dovuto essere Antonino Fiume, uomo di collegamento tra tale struttura e quello che sarebbe stato eletto nel maggio del 2002 sindaco di Reggio Calabria;
da risultanze processuali acquisite in altri procedimenti ed intercettazioni telefoniche emerse da fonti di stampa risulta inequivocabilmente l'ostilità che Paolo Romeo nutriva nei confronti dello stesso Scopelliti;
la persona referente della cosca De Stefano (Antonino Fiume) si è costituito alcuni mesi prima dell'elezione di Giuseppe Scopelliti a sindaco di Reggio Calabria;
si comprende lo sconcerto, la preoccupazione, i timori dell'opinione pubblica nell'apprendere le dichiarazioni di un colonnello dei Ros, soprattutto in relazione alle palesi contraddizioni rispetto alle risultanze processuali acquisite in ambito dello stesso processo «Meta» ed altri connessi;
la giustizia specialmente in una regione come la Calabria, deve attenersi a scrupolosissimi controlli e la politica deve rimanere lontana dalle tentazioni di strumentalizzazione, perché il sospetto stesso di teoremi e congetture politiche che si nascondano dietro azioni giudiziarie o il sospetto di abili manovratori dall'esterno delle inchieste, rischiano di distruggere la credibilità della giustizia e di mortificare le regole dello Stato di diritto;
appare quanto mai opportuno accertare le motivazioni che hanno spinto lo stesso colonnello dei ROS a tali affermazioni ed i punti di diversità tra tali dichiarazioni e l'informativa cui egli stesso faceva riferimento;
occorre capire se c'è una «cabina di regia» in qualche palazzo che alimenta una stagione di veleni contro il presidente della regione Calabria Giuseppe Scopelliti;
è quanto mai urgente l'accertamento della verità affinché l'operato politico di una giunta e la vita stessa di una regione non sia offuscata dal palazzo dei veleni;
i calabresi hanno il diritto di sapere da chi sono guidati e non è accettabile che su un presidente di una regione difficile come la Calabria venga gettato fango;
con l'operato quotidiano dell'amministrazione regionale presieduta da Giuseppe Scopelliti vengono costantemente minati equilibri politico-affaristici decennali e gli interessi economici intaccati dall'attività della regione, ad iniziare dai tagli al settore della sanità (grande business della Calabria politica e affari), possono aver creato il malcontento e l'odio nei confronti del presidente della regione;
resta immutata la fiducia nelle forze dell'ordine e nella magistratura -:
dove allo stato presti servizio il colonnello Giardina e se sia rimasto o meno all'interno del reparto operativo speciale;
di quali elementi disponga il Governo in ordine ai fatti descritti in premessa, anche in relazione ai documenti in possesso dei ROS;
se non ritenga di porre particolare cura alle vicende della Calabria, con specifica attenzione, nel rigoroso rispetto delle proprie competenze e del principio della divisione dei poteri, ai fatti segnalati in premessa, per evitare che veleni, sospetti e calunnie possano intralciare il cammino dell'amministrazione regionale.
(3-02130)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO e LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Calabria ormai quotidianamente si trova, ad affrontare gravi situazioni legate al dissesto idrogeologico e, in particolare, la provincia di Crotone rappresenta una delle zone del territorio italiano a più elevato rischio idrogeologico ogni volta che ritorna il maltempo;
a rendere più grave la situazione si aggiungono le emergenze concrete, che nei giorni del 21 e 22 febbraio 2012 hanno dato luogo a situazioni molto critiche, aggiungendosi ai gravi problemi causati dall'emergenza neve, che ha colpito pesantemente l'intera regione nel mese di febbraio. Per il maltempo 24 delle 66 strade provinciali di Crotone sono interdette alla circolazione, per altre sei il traffico è limitato ai soli mezzi leggeri e, su altre 17 arterie dell'ente, si registrano cedimenti di parte della sede stradale, smottamenti e frane anche di considerevole entità e pericolosità. È il quadro della situazione provocata dal maltempo delle ultime ore delineato dall'assessore alla viabilità della Provincia di Crotone, Marcello Praticò;
la provincia di Crotone ha chiesto lo stato di calamità naturale; le situazioni più delicate al momento si registrano a Capo Colonna, Cirò, Carfiizzi, Cutro, Mesoraca, Scandali, Roccabernarda, Umbriatico, dove enormi sono i disagi che si registrano per gli abitanti. Una vera e propria emergenza che l'amministrazione provinciale sta fronteggiando pur nella scarsità di risorse finanziarie e nelle difficoltà che si riscontrano sul territorio a causa delle avverse condizioni meteo; sotto osservazione speciale il fiume Neto ingrossato per le piogge abbondanti e il ponte che lo attraversa; disagi si registrano anche allo scalo aeroportuale S. Anna di Crotone, con enormi ritardi per i passeggeri;
particolarmente interessata dal maltempo delle ultime ore è anche la fascia ionica del catanzarese dove si sono verificate frane, allagamenti di strade, cadute di alberi e cartelloni pubblicitari. Il sindaco di Soverato, con un ordinanza, ha disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado per due giorni a causa degli allagamenti verificatisi in città. Sempre nel soveratese la situazione più critica risulta essere a Cardinale dove dalla collina che sovrasta il paese sono caduti acqua e detriti e dove sono state necessarie delle evacuazioni. Problemi anche a Chiaravalle Centrale e nella zona delle Pre-serre. A Rossano nel cosentino, l'Anas ha disposto la chiusura della statale 117 per una frana. In piena per la pioggia i torrenti Colagnati e Valletta, che hanno isolato di fatto alcune famiglie; frane si sono verificate sulle strade comunali Trenta Demoni e Gatto, sulla strada provinciale Celadi e ancora allagamenti di terreni in diverse zone extraurbane, molti gli alberi abbattutisi su abitazioni private. Smottamenti e chiusure di arterie soprattutto provinciali si segnalano inoltre nel comune di Mandatoriccio in provincia di Cosenza dove alcune famiglie di un quartiere cittadino sono state fatte evacuare dai vigili del fuoco;
la situazione, in particolare lungo tutta la fascia jonica della regione, è molto critica e gli interventi da predisporre nel più breve tempo possibile sono moltissimi. Gli amministratori, che lamentano le scarse disponibilità economiche a disposizione dei comuni, e i corpi dello Stato predisposti agli interventi segnalano una situazione di estrema ed allarmante difficoltà;
le intense precipitazioni atmosferiche e lo straripamento di diversi fiumi e torrenti, inoltre hanno causato nella piana gravissimi danni ai terreni agricoli, in particolare alle colture orticole in corso, agli impianti irrigui, ai fossi e ai canali che regolano la regimentazione delle acque;

tutto ciò causando la perdita di una parte rilevante delle produzioni stagionali -:
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo per garantire tempestivi interventi per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio calabrese e in particolare della provincia di Crotone;
se il Governo intenda assumere iniziative volte ad adeguare le risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, assicurando che la distribuzione avvenga in modo da privilegiare le aree a più alto rischio franoso, come quella della provincia di Crotone;
quali iniziative intenda assumere, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per venire incontro agli agricoltori danneggiati dal maltempo e se non intenda attivare le procedure per la dichiarazioni dello stato di crisi per calamità naturali.
(5-06264)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO e GIORGIO CONTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
la commissione per le adozioni internazionali, in data 2010, comunicava agli enti autorizzati ad operare nell'ambito dell'adozione internazionale in Nepal, la propria decisione di sospendere il deposito di nuovi dossier delle coppie adottive nel Paese, al fine di «esercitare una forte sensibilizzazione sul governo nepalese affinché collaborasse con la Comunità internazionale per l'adeguamento della propria organizzazione interna alla Convenzione de L'Aja» (1993);
tale decisione era fondata sulla considerazione che il Nepal non aveva raggiunto standard normativi e operativi conformi alla predetta convenzione;
l'Italia collabora ormai da 15 anni con il Nepal, investendo risorse umane e finanziarie in questo Paese dove l'emergenza dell'abbandono minorile ha proporzioni gravissime;
il Nepal ha nel frattempo conseguito importanti risultati, come da dichiarazioni del Ministero nepalese delle donne, dei bambini e del benessere sociale attraverso l'attuazione di alcune importanti riforme tra cui: la classificazione dei minori con bisogni speciali sulla base di categorie riferite alla gravità o alla tipologia della patologia sofferta; l'approvazione di procedure che garantiscano le ricerche necessarie prima della dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori non accompagnati; la previsione di standard minimi per gli istituti di accoglienza dei minori e la limitazione della autorizzazione a quelli conformi alla legge; l'individuazione di 29 istituti per gli anni 2011 e 2012 che potranno lavorare per l'adozione internazionale; il riconoscimento di nuovi requisiti per le agenzie che si dovranno accreditare sul Paese, al fine di garantire competenza e trasparenza delle procedure;
il Governo nepalese con comunicazione del 17 novembre 2011, ha previsto la riapertura delle adozioni internazionali - nel frattempo sospese anche da parte sua - stabilendo procedure definite;
il 31 gennaio 2012, sul sito del Ministero nepalese, è stata pubblicata la lista dei minori adottabili classificati secondo le loro caratteristiche di salute ed età: si tratta di 263 minori, di cui 149 di età superiore ai 6 anni, 25 minori con problemi di salute, oltre a 89 bambini nel canale «normale», quindi di età minore ai 6 anni e in buono stato di salute; veniva in particolare, dato avviso della possibilità di depositare nuovi dossier entro 90 giorni nel caso di abbinamento con minori in buono stato di salute e di età inferiore ai 6 anni, e anche successivamente per gli altri casi;
sulla base di questi aggiornamenti e della chiara volontà del Governo nepalese di rendere trasparenti le proprie procedure di adozione, gli enti italiani autorizzati ad operare in Nepal hanno inviato alla

commissione per le adozioni internazionali numerose comunicazioni, anche congiunte, con la richiesta specifica di convocare i tavoli di confronto fra commissione adozioni internazionali e agli enti autorizzati per riattivare le procedure adottive verso il Nepal;
ad oggi gli enti autorizzati non hanno avuto alcuna risposta ufficiale;
la ratifica della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (New York 1989) e della convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale (L'Aja 1993), anche alla luce del richiamo contenuto nell'articolo 10 della Costituzione e del principio del superiore interesse del minore, rende opportuno l'intervento attivo dell'Italia rispetto al problema dell'infanzia abbandonata -:
quali siano i motivi che ostano alla mancata convocazione del tavolo di confronto fra la Commissione per le adozioni internazionali e gli enti autorizzati ad operare in Nepal, se persistano - e quali siano - le motivazioni per il mantenimento della chiusura delle procedure, adottive in Nepal e quali siano le iniziative in programma per l'adempimento del dovere di solidarietà e cooperazione fra Paesi rispetto al problema dell'infanzia abbandonata alla luce dei principi tutti sopra richiamati.
(4-15083)

MARINI, MINNITI, VILLECCO CALIPARI, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LO MORO e OLIVERIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il futuro della Calabria, racchiuso nel suo sviluppo economico e nella crescita sociale e civile, è legato ad un incisivo contrasto al grave fenomeno dell'associazione mafiosa, denominata 'ndrangheta;
tutti gli sforzi compiuti per incentivare la nascita di attività produttive non hanno sortito risultati positivi per un insieme di fattori negativi e tra questi, in primo luogo, l'attività criminale della 'ndrangheta;
molte sono state le aziende che, per via delle estorsioni, sono state costrette a chiudere l'attività oppure a trasferirsi in altre regioni;
le analisi degli economisti e del dottor Draghi, allorquando aveva la responsabilità di Governatore della Banca d'Italia, che in più di un'occasione, propose di valorizzare la risorsa «Mezzogiorno» per sostenere la crescita del Paese, avevano il tallone di Achille nella Calabria, tormentata dalla presenza di una delle più grosse e potenti organizzazioni delinquenziali;
i successi ottenuti dallo Stato, negli ultimi anni, con l'arresto e in molti casi con condanne esemplari di interi gruppi e capi mafiosi, rischiano di essere vanificati se non si continuerà a perseguire con costanza la lotta alla 'ndrangheta;
l'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, per avere successo, deve essere affiancato dall'impegno di tutti i cittadini che svolgono funzioni pubbliche e delle istituzioni e dal sostegno delle forme associative della società civile;
in particolare, gli amministratori locali e i politici, custodi della democrazia e della legalità, debbono sentirsi obbligati a comportamenti adamantini e di evidente estraneità alle metastasi della delinquenza organizzata;
purtroppo non sempre l'area della politica e dell'amministrazione sono stati esenti da colpe;
se è grave per un cittadino cedere alla viltà e fingere di ignorare quale devastazione soffre la Calabria per la presenza di un mostro che divora la sua terra, è a dir poco inquietante doversi trovare innanzi a sospetti di compiacenze o collusioni di chi è investito della rappresentanza popolare;
di recente il colonnello dei carabinieri Valerio Giardina, per anni comandante dei ROS di Reggio Calabria, in una

deposizione resa in un processo, ha descritto una città governata da una lobby affaristico-massonica diretta da una cupola formata da cosche e dall'attuale presidente della giunta regionale;
se è giusto non criminalizzare il presidente Scopelliti, dando come verità acquisita la testimonianza del colonnello Giardina, è in pari misura difficile immaginare che l'alto ufficiale dei carabinieri si sia inventato la grave accusa;
si comprendono lo sconcerto, la preoccupazione, i timori dell'opinione pubblica nell'apprendere il coinvolgimento, vero o infondato, del presidente della regione, in complicità mafiosa;
la magistratura non mancherà di verificare le affermazioni dell'ufficiale dei carabinieri, approfondendo con le indagini la eventuale esistenza, nella città dello stretto, di rapporti innaturali, inquinanti e delittuosi tra la 'ndrangheta e i politici;
i cittadini calabresi hanno il diritto di sapere da chi sono guidati: se hanno un governo presieduto da un presidente onesto ed estraneo a qualsiasi coinvolgimento mafioso, come tutti si augurano, oppure se si tratti di persona amica e sodale con la delinquenza;
appare quanto mai opportuno accelerare le indispensabili verifiche su quanto affermato dal colonnello Giardina per evitare che le lungaggini, fermo restando il tempo necessario per esigenze istruttorie, possano dare l'impressione che la ricerca della verità venga offuscata dal «porto delle nebbie»;
si preannunciano sfilate innocentiste, a giudizio degli interroganti, del tutto inopportune perché danno l'impressione di voler sostituire le procedure costituzionali di accertamento dei reati con la giustizia popolare, o con la confusione;
la giustizia non può essere confusa con le tifoserie contrapposte, chi organizza spettacoli indecorosi si assume la grave responsabilità di mortificare le regole dello Stato di diritto -:
se il Governo non ritenga di porre particolare cura alle vicende della Calabria, con specifica attenzione, nel rigoroso rispetto delle proprie competenze e del principio della divisione dei poteri, ai gravi fatti segnalati in premessa, per evitare che la polvere dell'oblio possa coprire una pagina che agli interroganti appare inquietante.
(4-15093)

STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è deceduto a Cuba mercoledì 15 febbraio 2012 il signor Roberto Avelli, un falegname quarantunenne di Mozzanica (Bergamo), precipitato dal secondo piano di un edificio di Holguin, città dove si trovava in vacanza dal 6 febbraio 2012;
la caduta fatale sembra sia da ricollegarsi al crollo di una parete o al cedimento di un balcone, ma non vengono fornite notizie ufficiali;
le autorità locali hanno riferito all'ambasciata italiana a Cuba e all'unità di crisi della Farnesina che ipotizzano un suicidio, non suffragato da nessuna testimonianza o prova ufficiale;
il cadavere di Avelli è stato rinvenuto la mattina di mercoledì 15 febbraio 2012, alle ore 11,17, dalla polizia di Holguin, nei pressi di un edificio preposto ai visti per gli stranieri e al permesso di uscita per cubani, in pratica una questura, nei cui uffici pare si trovasse Avelli;
la tesi del suicidio non convince i familiari e quanti lo conoscevano, anche perché lo stesso Avelli aveva acquistato un biglietto aereo per anticipare il rientro in Italia al 13 febbraio 2012, ma in aeroporto non è mai arrivato -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alle indagini, condotte dagli inquirenti locali per l'accertamento dei fatti che hanno portato alla morte del signor Roberto Avelli, e in particolare se le autorità italiane siano tempestivamente messe

al corrente di quanto emerge dalle indagini stesse.
(4-15095)

...

AFFARI ESTERI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il 15 febbraio 2012 a Roma, nella sede del programma alimentare mondiale, tutte le agenzie Onu hanno lanciato un nuovo «allarme fame» per milioni di persone, a causa dell'affacciarsi di un'altra drammatica carestia, dopo quella che ha colpito il Corno d'Africa;
questa volta l'area colpita dalla carestia è quella del Sahel, una vasta area di territorio nell'Africa occidentale che include parti di numerosi Paesi, come Mauritania, Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso, Camerun, Senegal, Gambia e Nigeria del nord. Per la terza volta in dieci anni la siccità sta colpendo la regione del Sahel, con circa 10 milioni di persone a rischio, e proprio in un momento in cui molte famiglie tentano di ricostruire le proprie vite dopo l'ultima crisi alimentare nel 2010;
in tutta la fascia a sud del deserto del Sahara si rilevano emergenze alimentari straordinarie dovute all'effetto combinato delle scarse piogge, all'alto prezzo del cibo, all'instabilità politica di alcune zone e al registrarsi di un calo di produzione di cereali di oltre il 50 per cento rispetto allo scorso anno;
a preoccupare è anche l'intrecciarsi della carestia con l'instabilità di questa vastissima area del continente, potenzialmente esplosiva; rilevano in tal senso l'insicurezza nel Mali per le recenti ribellioni delle popolazioni tuareg a Nord del Paese e le violenze crescenti nel nord della Nigeria che hanno provocato interruzioni nei flussi commerciali con aumenti sui prezzi dei generi alimentari nelle aree di confine con il Niger;
i livelli di insicurezza alimentare in Africa occidentale stanno progressivamente aumentando: gli agricoltori nella regione hanno visto i loro raccolti diminuire del 14 per cento in Burkina Faso e del 46 per cento in Mauritania; secondo il Governo del Niger, oltre 5,5 milioni di persone nel Paese corrono il rischio di soffrire la fame; in Ciad, sei delle undici regioni che si estendono sul Sahel, registrano livelli critici di malnutrizione, mentre nelle altre cinque regioni i livelli sono considerati molto seri;
secondo Olivier De Schutter, relatore speciale dell'Onu per il diritto al cibo, nell'immediato futuro il Sahel diventerà enormemente dipendente dall'importazione di cibo, costretto ad acquistarlo a prezzi esorbitanti sui mercati internazionali;
dall'inizio di febbraio del 2012 almeno 22mila persone si sono spostate dalle loro terre alla ricerca di assistenza aggiungendosi alle popolazioni già costrette a sfollare per i numerosi conflitti dell'area, aggravatisi nel 2011 con la guerra in Libia;
si calcola che a partire dal mese di marzo 2012 milioni di persone saranno in pericolo di grave malnutrizione e di morte per fame, e a rischio sono soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione, bambini, donne in gravidanza e in allattamento;
l'allarme sulla nuova emergenza umanitaria è stato lanciato anche dall'Unicef e da due organizzazioni non governative che operano nei Paesi coinvolti, ossia dall'italiana Intersos e dalla francese Action contre la faim (Acf); anche l'Organizzazione dell'Onu per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) e il programma alimentare mondiale (World Food Program - WFP) stanno mettendo in campo le proprie risorse per evitare che la crisi possa peggiorare ma è necessario che anche gli

altri attori internazionali facciano la loro parte intervenendo rapidamente e con efficacia;
all'inizio di febbraio l'ONU ha dichiarato che la fase critica della carestia nel Corno d'Africa si è conclusa; tuttavia le popolazioni della regione africana dipendono quasi completamente dagli aiuti delle organizzazioni umanitarie ed è ancora lontano il tetto dei 750 milioni di dollari di cui l'ONU ha bisogno per fare fronte all'emergenza. Sembra dunque non bastare l'ulteriore sforzo compiuto dall'Unione europea che il 20 gennaio ha raddoppiato gli aiuti per la regione, passando da 45 milioni di euro nel 2011 a 105 milioni per il 2012;
preoccupano l'insufficienza e la mancata implementazione di politiche a lungo termine in grado di affrontare le cause della povertà e delle crisi alimentari ricorrenti, nonostante i numerosi impegni annunciati dalla comunità internazionale in questi ultimi anni in tema di sicurezza alimentare; sono rimasti pressoché disattesi gli obiettivi della dichiarazione di Maputo sull'agricoltura e la sicurezza alimentare con cui nel 2003 i Governi africani si erano impegnati a destinare all'agricoltura almeno il 10 per cento dei bilanci nazionali annuali (in alcuni Paesi come la Somalia non si è raggiunto neanche l'1 per cento) -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per fronteggiare l'emergenza della nuova carestia in Sahel e la crisi alimentare nel Corno d'Africa, anche in ragione ruolo storico dell'Italia e delle numerose associazioni di volontariato presenti nel nostro Paese da anni impegnate in progetti di cooperazione in favore delle aree geografiche più povere del continente africano;
se il Governo non ritenga di dover intraprendere misure concrete per sostenere le azioni delle Agenzie Onu, in particolare della Fao e del World food program, per scongiurare gli effetti di una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche e dalle conseguenze incalcolabili.
(2-01373) «Pistelli, Touadi, Melandri».

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali, ai Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'utilizzo della lingua italiana, patrimonio storico e culturale del Paese e straordinario veicolo di diffusione dell'arte e dell'ingegno del popolo italiano rischia di essere compromesso in Svizzera, dove, tra l'altro, è una delle lingue ufficiali, in virtù di discutibili iniziative politico amministrative;
dopo San Gallo, anche il Consiglio di Stato del canton Oboaldo abolirà l'italiano come opzione specifica dalla Kantonschule Obwalden di Sarnen;
contro questa decisione è stata lanciata una raccolta di firme, promossa dall'Associazione svizzera dei professori di italiano, il gruppo «Italiano a scuola», la Pro Grigioni italiano e il Dipartimento educazione, cultura e sport del Ticino;
un'indagine elvetica sulla vitalità dell'italiano testimonia che, nel canton Osbaldo, ogni anno sono mediamente 10 gli allievi che scelgono lo studio di questa lingua: un numero affatto esiguo nonché superiore a quello di cantoni vicini;
non bisogna dimenticare che la comunità italiana in Svizzera, con circa 500.000 cittadini italiani tra residenti e lavoratori pendolari, tra cui molti frontalieri, rappresenta in assoluto la principale comunità italiana all'estero;
il forte legame tra Italia e Svizzera ha radici consolidate e interessa tutti gli ambiti della vita dei due Paesi, dal versante economico commerciale alla cooperazione transfrontaliera, dalla cultura all'ambito energetico;

la progressiva cancellazione della lingua italiana, da sempre elemento di arricchimento individuale e collettivo, mette in evidenza un palese rischio di marginalizzazione e oblio dello straordinario patrimonio culturale di cui il nostro Paese è indiscusso portatore;
di fronte al rischio evidenziato, è necessaria, a parere dell'interrogante, un'intensa attività di promozione da parte delle istituzioni italiane, il cui carente intervento rende piuttosto manifesto un latente disinteresse, testimoniato anche dalla cospicua opera di chiusura degli istituti italiani di cultura su tutta la rete estera;
proprio il disinteresse delle istituzioni italiane potrebbe essere un fattore di agevolazione per la cancellazione dell'italiano dalle scuole elvetiche;
è da notare che la Costituzione federale e la legge sulle lingue nazionali elvetiche tracciano una linea diametralmente opposta sulle questioni culturali e linguistiche, evidenziando la necessità di arricchire la diversità culturale e linguistica e promuovere la mutua conoscenza tra le regioni del Paese, anche al fine di consentire una opportuna coesione nazionale -:
se non ritengano opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, avviare le opportune iniziative, anche a livello diplomatico, per scongiurare la cancellazione dell'italiano da lingua ufficiale d'insegnamento nelle scuole pubbliche elvetiche;
quali progetti di cooperazione e promozione culturale siano attualmente attivi tra l'Italia e la Confederazione elvetica e come si intenda valorizzarli alla luce di quanto tracciato in premessa;
quali iniziative intendano avviare per promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiana all'estero, segnatamente nella Confederazione elvetica alla quale ci lega una profonda contiguità geografico-culturale.
(5-06255)

Interrogazione a risposta scritta:

RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 15 febbraio 2012 il mercantile italiano Enrica Lexie, in navigazione al largo delle coste indiane, è rimasto coinvolto in un incidente dai contorni ancora non esattamente definiti;
sulla ricostruzione dei fatti si scontrano le versioni italiana, secondo cui sarebbe stato respinto un attacco di pirati, e quella indiana, per la quale due marò in servizio sul mercantile avrebbero causato la morte di due pescatori indiani, colpendoli con colpi d'arma da fuoco dopo averli scambiati per pirati;
a seguito dell'accaduto le autorità indiane hanno preteso e ottenuto l'attracco presso il porto di Kochi del nostro mercantile e la consegna dei nostri due militari, con l'intento di farli giudicare dalla giustizia indiana;
allo stato, l'Enrica Lexie, per il quale un tribunale locale ha autorizzato una perquisizione, è ancorato nel porto di Kochi, mentre i nostri due marò, appartenenti al reggimento San Marco, sono trattenuti in stato di fermo dalla polizia indiana, e in tale stato rimarranno per altri 14 giorni, prima di essere sottoposti a processo;
nel merito della vicenda, l'unica certezza finora emersa è che l'incidente, qualsiasi sia stato, è avvenuto in acque internazionali, come confermato sia dalle autorità italiane che indiane, cosa che, secondo le norme del diritto internazionale, determinerebbe la competenza delle indagini in capo alla giustizia italiana -:
quale sia stata, nell'occasione, la catena di comando che ha determinato, nell'ordine, l'uscita del mercantile dalle acque internazionali, l'attracco presso un porto indiano e, soprattutto, la consegna dei nostri due militari alle autorità indiane;

se non si ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza, un'indagine interna per acclarare le responsabilità di tale condotta che ha determinato, al momento, la detenzione di due nostri militari e il sequestro di un nostro mercantile.
(4-15077)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal dossier promosso da Legambiente «Armi chimiche: un'eredità pericolosa» risulta che oltre 30 mila ordigni sono stati inabissati nelle acque territoriali italiane in occasione dell'ultimo conflitto mondiale e della più recente guerra nell'ex-Jugoslavia;
molte sono le zone in cui la presenza di ordigni chimici sono censite: nel sud del mare Adriatico, di cui 10 mila solo nel porto di Molfetta, di fronte a Torre Gavetone, a nord di Bari. A questi vanno ad aggiungersi oltre 13 mila proiettili e 438 barili contenenti iprite, un pericoloso liquido irritante e diversi ordigni chimici contenenti lewisite e fosgene, sostante tossiche e letali nel golfo di Napoli oltre ad altre 4300 bombe all'iprite e 84 tonnellate di testate all'arsenico nel mare antistante Pesaro;
già nell'atto di sindacato ispettivo n. 4/07057 l'interrogante presentava poi la questione dell'inquinamento del lago Vico: «la provincia di Viterbo ha attivato nell'autunno del 2009, in collaborazione con ARPA Lazio, Istituto superiore di sanità e dipartimento DECOS dell'università degli studi della Tuscia un approfondimento sullo stato ambientale del lago di Vico; nell'ambito delle attività di monitoraggio di ARPA Lazio è stata effettuata l'analisi dei sedimenti lacustri da cui è emerso un grave superamento della soglia di contaminazione per i parametri di arsenico, nichel e cadmio: elementi chimici cancerogeni e particolarmente nocivi per la salute umana; un rapporto del Centro tecnico logistico interforze dell'Esercito italiano del 25 marzo 2010, protocollo n. 38, riporta i risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa ed eseguita all'interno del sito militare situato sulle rive del lago, in località Renari, nel comune di Ronciglione (Viterbo); il suddetto centro chimico militare fu sede durante l'ultimo conflitto mondiale di «un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale», presumibilmente atto alla produzione di armi chimiche; nel corso della recente indagine dell'Esercito sono stati effettuati carotaggi e analisi chimiche su campioni di terreno prelevati in superficie e in profondità, evidenziando, così come nel lago, concentrazioni di arsenico superiori ai limiti di legge»;
il Ministro della difesa pro tempore, Ignazio La Russa, manifestava nella relativa risposta al sopraccitato atto l'interessamento del Ministero della difesa ad approfondire, di concerto con l'Ispra e l'Arpa Lazio, il tema e prendeva di fatto l'impegno di «provvedere (da parte della Difesa, ndr) sia alla rimozione delle masse ferrose interrate che alla successiva caratterizzazione e bonifica dell'area» -:
quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati predisporre un aggiornamento delle attività di bonifica per i siti individuati dal dicastero della difesa, indicandone stato dell'arte, e se la lista dei siti già nota sia definitiva; se inoltre non ritenga opportuno rimuovere il vincolo di area militare dai siti di bonifica, coinvolgendo nelle attività di bonifica che gli istituti specializzati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del mare; se il Ministro della salute, di concerto con quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non intenda condurre un'indagine epidemiologica per analizzare le

conseguenze della contaminazione proveniente dagli ordigni chimici e valutare possibili impatti sull'ambiente e sulla fauna, a partire da quanto già fatto dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale nel basso adriatico.
(4-15092)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCALERA, ZAZZERA, PETRENGA, COSENZA, BARBIERI, LAINATI, BOSSA, DE GIROLAMO, CENTEMERO, DE ANGELIS e GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
l'area archeologica di Pompei va sviluppando da mesi una serie di crolli che confermano il critico stato di salute di uno dei più straordinari patrimoni della cultura nazionale;
nella mattinata del 22 febbraio 2012 si è verificato un ulteriore incidente con il distacco di un pezzo di intonaco grezzo di circa un metro appartenente al Tempio di Giove, il più celebre degli scavi di Pompei;
è stato programmato per il sito archeologico un piano di interventi per complessivi 105 milioni di euro di fondi europei che il Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, ha inserito nel piano nazionale di coesione -:
se, alla luce delle critiche situazioni registratesi, non si intenda accelerare ogni iniziativa di competenza per disporre, in tempi brevi, nelle cifre necessarie ad affrontare un'emergenza non più rinviabile.
(5-06257)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in una delle aree di più alto valore artistico e paesaggistico della città di Roma, sui colle del Gianicolo, sorge una delle più belle e vaste tenute patrizie di origini rinascimentali che porta il nome di Villa Piccolomini. Il complesso monumentale è esattamente adiacente alla ben più famosa Villa Doria Pamphilj;
da proteste di cittadinanza attiva e secondo quanto lamentato da Legambiente Lazio all'interno del parco storico sarebbe in progetto da parte di privati la conversione delle pertinenze verdi della villa in campo da golf;
Villa Piccolomini e l'annesso parco Villa è sottoposta a vincolo conservativo già ai sensi del decreto ministeriale del 27 dicembre 1985, ai sensi della legge n. 1497 del 1939, oggi codice Urbani. La storia di Villa Piccolomini inizia nel 1458, quando il Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, fece costruire il fastoso complesso nel quale il palazzo è inserito. Dal 1906 entrò, in seguito a diversi cambi di proprietà nel corso del tempo, nel patrimonio della famiglia Piccolomini. I discendenti di Pio II costruirono un secondo villino, restaurarono il casino secondario ed edificarono una costruzione di servizio. Posteriormente all'edificio principale è presente un portico, da dove si gode un meraviglioso affaccio sugli orti coltivati e sulla cupola di S. Pietro. Il defunto Conte Piccolomini lasciò in eredità la Villa alla Fondazione «Nicolò Piccolomini per l'Accademia d'Arte Drammatico», che tutela la categoria degli attori drammatici, con il desiderio che diventasse una casa di riposo per artisti drammatici indigenti. La parte situata lungo l'Aurelia Antica fu affittata al «Centro Internazionale Dionysia per le Arti e le Culture», mentre quella occidentale, attualmente sede delle Suore Canossiane, fu venduta ai Blanc dai Piccolomini;
l'opposizione dell'amministrazione comunale di Giulio Carlo Argan, già sindaco di Roma dal 1976 al 1979, salvò la villa dalla speculazione edilizia; nel parco

della predetta villa era infatti prevista la costruzione di un albergo, essendo la villa l'ultimo «balcone» naturale da cui ancora oggi si può vedere la cupola della Basilica di San Pietro;
dal 2000 Villa Piccolomini e il relativo splendido parco entrarono nella disponibilità della regione Lazio, che entrò nell'amministrazione della sopraccitata Fondazione Piccolomini, con propri rappresentanti nominati;
il recente piano regolatore generale di Roma disciplina l'ambito di Villa Piccolomini quale «verde privato di valore storico-morfologico-ambientale». Nel piano regolatore centrale le aree disciplinate quali verde privato sono anche le aree dove incombono impianti sportivi: la dizione ulteriore, ossia «valore storico- morfologico-ambientale» impedisce la realizzazione di impianti di golf o di altra disciplina sportiva. Ugualmente il piano territoriale paesaggistico regionale del Lazio, adottato con deliberazione della giunta n. 556 del 25 luglio 2007 e ai sensi degli articoli 21, 22 e e 23 della legge regionale sul paesaggio n. 24 del 1998. Lo strumento paesaggistico disciplina l'ambito di Villa Piccolomini quale «Parchi, Ville, giardini». Tale classificazione - ai sensi del codice Urbani - inibisce campi da golf -:
se il Governo sia a conoscenza della vicenda e se non intenda per il tramite degli uffici territoriali, effettuare le verifiche di competenza in merito al progetto di conversione a campo da golf del parco annesso a Villa Piccolomini al fine di assicurare la più ampia tutela di tale bene.
(4-15096)

TESTO AGGIORNATO AL 2 APRILE 2012

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RUBINATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Gestore dei servizi energetici spa (di seguito denominata GSE), interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, gestisce l'accesso ai sistemi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, al mercato elettrico e al servizio di scambio;
le procedure per l'erogazione di tali servizi, la cui domanda è in forte crescita soprattutto da parte delle imprese, comportano un rilevante scambio di documentazione cartacea tra il GSE e soggetti interessati;
al fine di semplificare ed accelerare la gestione di tali pratiche, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con delibera n. 173/09, ha dettato al GSE una serie di disposizioni con l'obiettivo di dematerializzare gli scambi informativi e documentali necessari all'espletamento di dette procedure, con priorità rivolta a quelle per l'accesso al sistema di incentivazione per la produzione fotovoltaica;
il GSE ha quindi introdotto una modalità telematica per l'accesso al conto energia e per l'erogazione della tariffa incentivante, che prevede l'invio di tutti i documenti necessari ad avviare la pratica in formato elettronico;
ad oggi, a quanto consta all'interrogante, il GSE non ha ancora attivato ancora la propria casella PEC che potrebbe agevolare la conclusione della procedura grazie all'invio della convenzione che riconosce l'incentivo sottoscritta in formato digitale, mentre al momento, stante le informazioni raccolte, vige ancora l'obbligo dell'invio in formato cartaceo della lettera, firmata dal richiedente;
in base alle disposizioni di cui al decreto-legge n. 185 del 2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009, tutte le società devono essere dotate di una casella PEC alla quale chiunque può inviare comunicazioni e documenti destinate all'impresa;

va considerato che, nel caso del GSE, la pronta attivazione della Pec costituisce misura necessaria e urgente per non gravare le imprese di inutili adempimenti burocratici e di costi aggiuntivi, che ostacolano la definizione in tempi rapidi della procedura di erogazione della tariffa incentivante -:
quali iniziative si intenda intraprendere, anche alla luce degli obiettivi di semplificazione e di sviluppo perseguiti dal Governo, per porre con urgenza rimedio al grave disagio che il protrarsi di questa situazione arreca alle imprese. (5-06263)

ROSATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la società GFOREX spa, con sede legale in via Pacini n. 13 a Milano, operava sul mercato Forex tramite piattaforma telematica e servizi di trading forniti dalla società GTL con sede a Dubai;
il mercato Forex (Foreign Exchange Market) è uno dei mercati finanziari più ampi al mondo con un giro d'affari stimato attorno ai 2 trillioni di dollari ed è un mercato O.T.C. (over the counter) ovvero non ha sede in un luogo preciso;
nel 2010 la stessa società aveva avviato la procedura per la trasformazione in società di intermediazione mobiliare e pertanto avrebbe dovuto essere sottoposta, ai sensi del testo unico in materia d'intermediazione finanziaria, alla vigilanza della Banca d'Italia, per i profili di contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale, e alla vigilanza della Consob per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti;
alla luce dei molteplici livelli di vigilanza, molti risparmiatori, con la consulenza di alcuni promotori finanziari, hanno deciso di investire alcune somme tramite la società GFOREX spa;
il 18 marzo 2011 GFOREX spa ha comunicato ufficialmente ai risparmiatori che la società GTL aveva impedito di accedere alla piattaforma, bloccando di fatto tutte le operazioni di trading e trattenendo le somme dei risparmiatori;
una stima quantifica in 36 milioni di dollari l'ammontare che è stato trattenuto dalla società estera GTL a danno della società GFOREX spa;
la GFOREX spa, in data 6 luglio 2011, ha comunicato che l'assemblea degli azionisti ha deliberato lo scioglimento della società, ai sensi dell'articolo 2447 codice civile, nominando il dottor Francesco Vittorio Cavallucci quale liquidatore della società, con conseguente passaggio delle consegne degli amministratori;
la società GFOREX spa ha presentato due denunce nei confronti della GTL, una presso la procura di Dubai e una presso la procura della Repubblica di Milano;
nel marzo 2011, la GFOREX è stata dichiarata fallita dal tribunale di Milano che ha nominato l'avvocato Giorgio Zanetti quale curatore fallimentare;
il rappresentante legale della GTL, Riaz Mohammaed, risulta non si sia mai presentato alle convocazioni dell'autorità giudiziaria di Dubai, ma nei suoi confronti non è stato emesso, ad oggi, alcun provvedimento:
dalle informazioni raccolte, il finanziere Riaz Mohmnmaed continuerebbe ad operare sulla piazza finanziaria di Londra, dopo aver anche aperto una società consorella della GTL alle isole Vergini;
a distanza di undici mesi, dalla data della comunicazione ufficiale di GFOREX, i risparmiatori italiani sono ancora in attesa di informazioni e di vedersi restituire i soldi che avevano investito;
risulta all'interrogante che i legali rappresentanti del finanziare Riaz Mohammed hanno manifestato la proposta di restituire il capitale nell'arco di 4 o

5 anni, iniziando con l'anticipo di una piccola somma giudicata inaccettabile dai risparmiatori -:
di quali elementi disponga il Governo, anche tramite le competenti autorità di vigilanza, in merito all'iter di trasformazione di GFOREX in società di intermediazione mobiliare e quale fosse il livello di rischio calcolato;
quali garanzie, per quanto di competenza, il Governo intenda elaborare a sostegno dei 400 cittadini che hanno perso i propri risparmi a causa del blocco delle attività imposto da GTL;
quali iniziative il Governo intenda avviare, tramite anche la propria rappresentanza consolare negli Emirati Arabi Uniti, al fine di ottenere il recupero delle somme che GTL, società con sede a Dubai, ha trattenuto illegittimamente.
(5-06266)

Interrogazioni a risposta scritta:

DUSSIN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 testo unico imposte sui redditi, all'articolo 12, comma 3, prevede la somma di euro 2.840,51 come limite di reddito per essere considerati soggetti fiscalmente a carico;
la cifra originaria corrispondente ad euro 1.549,37 dal 1986 è stata aggiornata solamente di circa 1.300,00 euro;
una persona che abbia un reddito annuo lordo di euro 2.840,51 è sotto al minimo vitale;
il minimo vitale ad oggi è la pensione minima Inps (euro 480,53 mensili);
chiunque percepisce una pensione inferiore ha diritto all'integrazione al trattamento minimo dell'Inps;
tali pensioni sono considerate dalla normativa e soprattutto dalla giurisprudenza quale limite di reddito per il pignoramento del quinto, in quanto sotto tale soglia non è possibile vivere;
la giurisprudenza negli ultimi anni ha utilizzato come limite per la pignorabilità del 5° la cifra mensile di euro 1.000,00, in quanto al di sotto di tale cifra, il pignoramento, oltre a non essere conveniente, ingenerava delle grosse difficoltà nelle persone pignorate;
questo significa che le persone che hanno un reddito inferiore alla pensione minima dell'Inps (ma più realisticamente inferiore ai 10.000 euro annui) sono in re ipsa a carico del coniuge o di chi per esso;
tale limite di fatto però contrasta con il limite di cui all'articolo 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 che considera a carico solo le persone che guadagnano meno di euro 2.840,51;
sono soprattutto le persone di sesso femminile e tutti i pensionati che percepiscono la cosiddetta «minima» (euro 480,53) o poco più di essa, ad essere danneggiati da tale limite di reddito, in quanto lo stesso (2.840,51 euro) viene applicato come limite per detrazione delle spese mediche sostenute;
anche per somme superiori al trattamento minimo comunque esiste l'impossibilità di detrarre le spese mediche sostenute soprattutto per la cosiddetta incapienza e per il limite effettivo di reddito mensile;
tale limite di reddito (se inferiore realisticamente a euro 10.000 annui lordi), non permette la possibilità di sostenere le spese mediche per le quali si chiede la detrazione che per forza di cose sono effettivamente sostenute dal coniuge;
paradossalmente tale limite ingenera una palese ingiustizia tra coloro che guadagnano poco (ad esempio 3.000,00 euro annui), perché non possono detrarre le spese mediche coloro che guadagnano di più (esempio 15.000,00 annui), che invece

possono detrarle, violando pertanto anche il principio di cui all'articolo 3 della Costituzione;
tale situazione ingenera tra l'altro pagamento di prestazioni senza necessità di ricevuta per non utilità detraibile;
la maggior parte di coloro che percepiscono redditi lordi inferiori ad euro 10.000,00 sono, oltre ai pensionati, donne con figli minori e/o genitori anziani che non possono permettersi un lavoro a tempo pieno o particolarmente qualificato;
sulla base di queste considerazioni è realistico un limite di reddito di 10 mila euro l'anno lordi, allo scopo di poter effettivamente detrarre le spese mediche sostenute -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda effettivamente assumere al fine di dare la possibilità a coloro che abbiano un reddito inferiore ad euro 10.000 (donne e pensionati) di detrarre le spese mediche, evitando il ricorso a pagamenti senza necessità di ricevuta, soprattutto per assicurare equità e giustizia rispetto alla situazione di coloro che guadagnando di più possono detrarre tali spese.
(4-15080)

NICOLA MOLTENI, FUGATTI, COMAROLI e FORCOLIN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Monte dei Paschi di Siena è da tempo sotto la luce dei riflettori: nei giorni scorsi diversi organi di informazione hanno diffuso la notizia che la CONSOB avrebbe aperto una verifica sul Monte dei Paschi di Siena per una presunta violazione della direttiva MIFID in tema di inducement, cioè «qualsiasi forma di denaro, incentivi, beni e servizi, diversi dalle commissioni e competenze normalmente fatturate per il servizio che un'impresa di investimento o i suoi dipendenti ricevono da un terzo in relazione al servizio prestato al cliente»; l'EBA, European banking authority, ha imposto all'istituto senese, a seguito della fissazione di nuovi e più stringenti requisiti patrimoniali, una ricapitalizzazione di 3,2 miliardi di euro; il management della banca sta valutando se procedere attraverso aumento di capitale o attraverso altre azioni;
l'istituto sta palesando, al pari di altre banche italiane, l'inconsistenza del proprio assetto proprietario: il principale socio privato, Francesco Gaetano Caltagirone ha in pratica azzerato la propria partecipazione in MPS; la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, azionista di maggioranza dell'istituto, starebbe per cedere il 15 per cento del capitale per rientrare di una propria posizione debitoria, aprendo scenari nuovi e nebulosi sul futuro dell'istituto, in un momento in cui anche gli organi amministrativi andranno a rinnovo;
nonostante le difficoltà oggettive che l'istituto sta vivendo, testimoniato anche dall'altalenante corso dei prezzi del titolo sul mercato azionario, MPS, tramite anche la Fondazione, continua ad essere soggetto attivo nella promozione del territorio di appartenenza, attraverso iniziative culturali, ma anche sportive di tutto rilievo: il supporto alla squadra di pallacanestro di Siena è un esempio, con un impegno finanziario di diversi milioni di euro in ogni stagione, a dispetto delle necessità di ricapitalizzazione e dell'emissione di circa 2 miliardi di euro di «Tremonti bond»; stupisce, d'altronde, leggere, che a fronte di un così importante impegno in campo sportivo, l'istituto non abbia intenzione di rimborsare la quota dei bond sottoscritti, e non riesca a pagare gli interessi previsti a favore dello Stato, circa 160 milioni di euro all'anno, per la cronica «sete» di liquidità; le stesse notizie parlano di un escamotage contabile che permetterebbe a MPS di avere un risultato netto negativo al 31 dicembre 2011, operando una svalutazione dell'avviamento associato all'acquisizione di Antonveneta, con la conseguenza positiva per MPS di non dover pagare la cedola annuale -:
quali siano le modalità e le condizioni di pagamento degli interessi sui

«Tremonti bond» emessi da Monte dei Paschi di Siena.
(4-15085)

SIRAGUSA e CODURELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati forniti dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), il 2011 si è chiuso con un nuovo record, nella raccolta per il settore dei giochi legali pubblici: la raccolta lorda dei giochi è stata di 79,9 miliardi di euro e le vincite pagate sono ammontate a 61,5 miliardi di euro. Le entrate erariali ed extraerariali sono state di circa 9 miliardi;
il maggior contributo alla raccolta è dovuto agli apparecchi elettronici;
dalle stime di alcuni analisti, la raccolta nel 2012 potrebbe attestarsi a 90 miliardi di euro, in virtù della continua crescita del comparto dei giochi a distanza, ovvero di quelli online come il poker;
al fatturato legale si devono aggiungere poi circa 10 miliardi di euro di quello illegale: dalla relazione della Commissione di inchiesta sul fenomeno della mafia emergono chiaramente le infiltrazioni criminali nelle società di gestione dei punti scommesse, nel grande mondo del calcio scommesse, nelle sale giochi utilizzate per adescare persone bisognose di soldi che diventano vittime dell'usura;
dal 2002, anno in cui il gioco d'azzardo è diventato un «affare di Stato» gestito legalmente dei monopoli di Stato è stato registrato un incremento spaventoso ed esponenziale delle offerte di gioco in ogni luogo e con ogni modalità;
il peso e la dimensione che l'attività dei giochi ha nella società italiana è impressionante: secondo i dati più recenti in materia, in Italia per circa 800.000 persone il rapporto con i giochi a premi è a elevato rischio gioco patologico, mentre 2 milioni sono a rischio moderato;
la crisi che il Paese sta attraversando aggrava questo fenomeno, perché spinge alla ricerca di facili quanto illusorie scorciatoie per affrontare i problemi che sono di fronte a tutti. Ma proprio per questo diventa un problema molto difficile da risolvere;
un numero sempre più crescente di persone stabilisce con il gioco d'azzardo una vera e propria relazione di dipendenza: questi sono giocatori compulsivi o patologici;
l'Organizzazione mondiale della sanità ravvisa nel gioco d'azzardo compulsivo una forma morbosa chiaramente identificata come patologia clinica che può rappresentare, a causa della sua diffusione, un'autentica malattia sociale;
una categoria particolarmente a rischio è rappresentata dai giovani. È soprattutto nel loro interesse e in quello delle loro famiglie che vanno individuati limiti legali adeguati. In Italia non esiste una normativa che proibisca o regoli la diffusione del gioco d'azzardo on line;
tra i minorenni il 39 per cento ha, infatti, investito per la prima volta dei soldi per giocare tra i 18 e i 25 anni, mentre il 38,4 per cento tra i 13 e i 17 anni;
la recente campagna televisiva messa in atto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato appare alquanto discutibile per gli effetti devastanti che un potente mezzo di comunicazione di massa quale la TV può avere su un pubblico suggestionabile;
l'articolo 24, commi da 19 a 23, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, introduce misure di contrasto alla ludopatia ed al gioco minorile ribadendo in particolare (al comma 20) il divieto generale di gioco ai minori, riguardante tutti i giochi con vincita in denaro;
ai sensi del comma 23 del citato articolo 24, il Ministero dell'economia e

delle finanze è tenuto ad avviare, in via sperimentale, procedure di analisi e verifica dei comportamenti di gioco volte ad introdurre misure di prevenzione dei fenomeni ludopatici;
l'articolo 1, comma 70, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, prevede che con decreto interdirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute, siano adottate, d'intesa con la Conferenza unificata, entro il decorso termine del 2 marzo 2011, linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo;
al momento, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora emanato il decreto previsto dal citato articolo 1, comma 70 della legge 13 dicembre 2010, n. 220. Esso potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nella cura e nel riconoscimento della dipendenza da gioco, in quanto diverrebbe una competenza dei servizi sanitari e socio sanitari pubblici e privati, non più lasciata alla sensibilità e alle disponibilità finanziarie delle regioni -:
se non si ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per limitare sensibilmente i messaggi pubblicitari e di marketing rivolti al gioco;
quali siano i tempi per l'adozione del decreto interdirigenziale di cui all'articolo 1, comma 70, della legge 13 dicembre 2010, n. 220.
(4-15086)

MISIANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, aveva disposto l'esenzione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), istituita con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, a favore dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo. Il beneficio era stato esteso dal medesimo provvedimento anche a favore di immobili assimilati ad abitazione principale dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore dello stesso;
con la risoluzione n. 1 del 4 marzo 2009 il dipartimento delle finanze, direzione federalismo fiscale, del Ministero dell'economia e delle finanze, aveva chiarito le ipotesi di assimilazione all'abitazione principale cui potevano riferirsi i regolamenti o le delibere comunali, escludendo dall'assimilazione ad abitazione principale, e quindi dall'esenzione dall'ICI, le unità immobiliari possedute dagli italiani residenti all'estero;
in relazione ai cittadini italiani residenti all'estero, l'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, riconosceva l'applicazione della sola detrazione ICI di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992 «per l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata»;
secondo la normativa ICI, insomma, se da un lato l'abitazione degli italiani all'estero era assimilata ad abitazione principale ai fini della detrazione di base, dall'altro - con una evidente contraddizione giuridica - la stessa abitazione non veniva considerata «principale» ai fini dell'esenzione;
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha disposto l'anticipazione in via sperimentale dal 2012 dell'istituzione dell'imposta municipale propria (IMU), di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;
la nuova normativa IMU non indica esplicitamente se la disposizione di cui alla legge n. 75 del 1993 possa essere ancora considerata vigente e se quindi la nuova detrazione per le abitazioni principali (pari a 200 euro) sia applicabile anche ai cittadini italiani residenti all'estero possessori di unità immobiliari in Italia;

il 16 dicembre 2011 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/4829-A/43, che impegna lo stesso Governo ad assicurare che sia garantita, così come è avvenuto fino ad oggi, anche ai cittadini italiani residenti all'estero proprietari di unità immobiliari in Italia la detrazione di base di 200 euro sull'abitazione posseduta in Italia a patto che essa non sia locata -:
quali iniziative di competenza intenda assumere affinché sia garantita, così come era previsto per l'ICI, anche ai cittadini italiani residenti all'estero proprietari di unità immobiliari in Italia la detrazione di base prevista per l'IMU per le abitazioni principali sulle abitazioni non locate possedute in Italia dai cittadini italiani residenti all'estero.
(4-15089)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBATO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha promosso una campagna di trasparenza della pubblica amministrazione che prevede la pubblicazione dei dati concernenti il reddito ed il patrimonio dei membri del Governo;
il 21 febbraio 2012 sono stati resi disponibili sui siti internet dei dicasteri di riferimento i dati sui redditi di tutti i Ministri;
il Ministro interrogato, che risultava la più ricca con 7 milioni di euro di reddito, ha dichiarato «che chi guadagna e paga le tasse non è un peccatore e va guardato con benevolenza, non con invidia» e quindi si presentava come un modello da prendere ad esempio;
il 23 febbraio 2012 il giornale Il fatto quotidiano ha pubblicato un articolo dal quale emerge che il Ministro interrogato avrebbe dimenticato di dichiarare nella scheda patrimoniale i redditi di una sua società, la Sedibel, di cui possiede il 90 per cento delle quote (il rimanente 10 per cento è intestato alla figlia Eleonora Di Benedetto, anche lei avvocato nello studio legale gestito fino a tre mesi fa dalla madre), proprietaria di una casa con parco e piscina sull'Appia Antica da 10 milioni di euro;
a seguito di tale articolo il Ministro interrogato ha replicato in modo poco credibile affermando che si è trattato di un errore del commercialista, cosa che appare alquanto strana in quanto si tratta della casa in cui vive che è di notevole valore;
per vicende anche meno rilevanti, in altri Paesi europei, esponenti politici anche con incarichi di Governo, hanno ritenuto di lasciare il loro incarico per preservare la credibilità dell'istituzione, in questo momento è forte la comparazione a tutti i livelli con i partner europei e la nascita del Governo Monti è avvenuta proprio per dare credibilità all'Italia in sede europea ed internazionale tanto è vero che l'esecutivo in carica viene definito Governo tecnico -:
considerato che tutto quanto esposto in premessa sminuisce la portata dell'operazione di trasparenza voluta dal Governo e soprattutto che «l'incidente» riguarda il Ministro della giustizia, se non intenda valutare l'opportunità di rassegnare le dimissioni per dare credibilità e continuità ad un percorso di trasparenza.
(4-15076)

LOVELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148, nel delegare il Governo a riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, prevede, tra l'altro, la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale, da operare tenendo in specifico conto l'analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro, in coerenza con criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e

dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza e del tasso d'impatto della criminalità organizzata;
lo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo basa il riordino su due criteri: «la domanda di giustizia» (identificata con il carico di lavoro mediamente sostenibile dal personale giudicante in un anno nel corso dell'anno solare, rapportato poi al carico di lavoro pro-capite dei singoli uffici), ed «il bacino territoriale» (dato da una popolazione di almeno 100 mila abitanti);
i comuni di Novi Ligure e Serravalle Scrivia, situati in provincia di Alessandria, risultano essere tra quelli destinati a perdere l'ufficio del giudice di pace sulla base del fatto che il criterio della «domanda di giustizia» determina, in 568 pratiche all'anno il limite di sopravvivenza. In particolare, il solo ufficio del giudice di pace di Novi Ligure nel corso del 2011 risulta non aver raggiunto il livello limite medio di 568 per sole 11 pratiche (totalizzandone nel 2011 un numero pari a 557);
il limite imposto dallo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo sarebbe tuttavia raggiunto cumulando gli uffici attualmente esistenti nei due comuni suddetti. Seguendo tale impostazione, nell'anno 2011 sarebbero infatti state raggiunte oltre 760 pratiche;
il bacino di utenza è molto vasto e se davvero il giudice di pace dovesse scomparire significherebbe per i residenti nelle località più periferiche del suddetto territorio percorrere anche un centinaio di chilometri per arrivare al capoluogo;
l'obiettivo di recuperare risorse sia di giudici sia di personale amministrativo da destinare alla sede del capoluogo non può non tenere conto del disagio per gli abitanti, maggiormente significativo in un caso come quello in questione, in cui la differenza rispetto al limite medio individuato è davvero irrisoria (meno del 2 per cento) e in cui l'accorpamento di due sedi costituirebbe già un'importante razionalizzazione del servizio, consentendo di rispettare il limite riferito ai carichi di lavoro per un bacino di circa 80.000-90.000 abitanti e di dare comunque una risposta, in termini di prossimità, ai cittadini -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere gli eventuali disagi che lo spostamento nel capoluogo potrebbe comportare per i cittadini data la vastità del territorio, il numero degli abitanti interessati e l'importanza del bacino di utenza che fa riferimento agli uffici del giudice di pace di Novi Ligure e Serravalle Scrivia;
se non si ritenga opportuno provvedere all'accorpamento in unico presidio con sede a Novi Ligure dei due preesistenti uffici del giudice di pace di Novi Ligure e Serravalle Scrivia, considerando che il limite imposto dallo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo (pari a 568 pratiche) sarebbe raggiunto cumulando gli uffici attualmente esistenti nei due comuni suddetti.
(4-15084)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 23 febbraio 2012, Ottavio Mastrochirico, un uomo di 36 anni di Polignano, in provincia di Bari, si è ucciso nel carcere di Foggia dove era detenuto dal 2010 per una condanna a 16 anni per un omicidio;
l'uomo da qualche giorno si trovava da solo in cella, dopo aver avuto dei problemi con gli altri detenuti. L'altra sera si è impiccato con il cordoncino della sua tuta. Un agente di polizia penitenziaria è intervenuto cercando di salvarlo ma per il detenuto non c'è stato nulla da fare;
nei giorni scorsi il carcere di Foggia è stato oggetto di un ulteriore sopralluogo da parte del presidente della camera penale, Gianluca Ursitti, del segretario dell'Associazione

nazionale magistrati di Foggia, Antonio Laronga, e del presidente dell'ordine degli avvocati di Foggia, Tonio Ciarambino, per verificare le condizioni di vivibilità dei detenuti;
a Foggia sono in servizio 310 agenti, divisi nei quattro turni lavorativi, mentre ne servirebbero 420-430. Un carcere, quello del capoluogo dauno, che dovrebbe contenere, secondo quanto previsto dalla legge, 371 detenuti e invece a volte ne conta anche 800 -:
se e come il 23 febbraio 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio di Ottavio Mastrochirico non siano ravvisabili profili di responsabilità amministrativa o disciplinare in capo al personale penitenziario;
quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Foggia;
con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
quali iniziative urgenti intenda attuare al fine di reperire le risorse e i finanziamenti necessari per dare concreta attuazione a quanto previsto e stabilito nella circolare GDAP - 0032296-2010 avente ad oggetto «Emergenza suicidi. Istituzione di unità di ascolto di Polizia Penitenziaria»; in particolare, se intenda attivarsi al fine di consentire l'immediato avvio dei progetti formativi in essa previsti per il personale di polizia penitenziaria;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Foggia, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare la legalità, sia ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi, sia riportando la popolazione detenuta alla capacità ricettiva regolamentare.
(4-15090)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 23 febbraio, Gian Franco Farina, 38 enne di origini siciliane, si è impiccato con un lenzuolo nel bagno della sua cella del carcere di Teramo;
l'uomo, che avrebbe finito di espiare la pena nel 2017 per reati di mafia, verso le 17 del 2 febbraio, ha tagliato alcune strisce del lenzuolo del suo letto e le ha assicurate alle sbarre della finestra, lasciandosi poi cadere da una sedia. Il suicidio è avvenuto in presenza del compagno di cella del detenuto che però, inspiegabilmente, non si è accorto di nulla. Quando è stato dato l'allarme non è stato possibile fare nulla per il detenuto, che era già senza vita -:
se e come il 2 febbraio 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio di Gian Franco Farina non siano ravvisabili profili di responsabilità amministrativa o disciplinare in capo al personale penitenziario;
quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Teramo;
con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;

se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
quali iniziative urgenti intenda attuare al fine di reperire le risorse e i finanziamenti necessari per dare concreta attuazione a quanto previsto e stabilito nella circolare GDAP - 0032296-2010 avente ad oggetto «Emergenza suicidi. Istituzione di unità di ascolto di Polizia Penitenziaria»; in particolare se intenda attivarsi al fine di consentire l'immediato avvio dei progetti formativi in essa previsti per il personale di polizia penitenziaria;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Teramo, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare la legalità, sia ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi, sia riportando la popolazione detenuta alla capacità ricettiva regolamentare.
(4-15091)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUBINATO e VIOLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da mesi i pendolari che per ragioni di studio e di lavoro utilizzano il servizio ferroviario regionale lungo le tratte Venezia-Trieste, Venezia-Bassano, Treviso-Vicenza lamentano pesanti disagi a causa di ritardi e soppressioni improvvise delle corse dei treni;
i disagi dovuti ai ritardi si sommano a quelli che, in particolare i pendolari dei comuni di Roncade, Casale sul Sile, Mogliano Veneto, Marcon, Quarto d'Altino, Meolo, Fossalta di Piave, San Donà di Piave, Ceggia, San Stino di Livenza e Portogruaro, sono costretti a subire da anni a causa della sporcizia nelle carrozze spesso vecchie e usurate, dei bagni spesso fuori uso, dei guasti all'impianto di riscaldamento che puntualmente si verificano nei giorni più freddi dell'anno, della mancanza di personale e di informazioni precise;
come si è appreso dagli organi di informazione a luglio 2011 sono state tagliate 27 corse quotidiane sulle linee secondarie; quindi, solo un mese dopo, è stato annunciato l'aumento del 15 per cento delle tariffe ferroviarie, per poi concludere l'anno con l'annuncio della chiusura di dieci delle ventuno biglietterie;
gli impegni assunti sin dal 2009 dai vertici di Trenitalia per migliorare le condizioni del servizio nel corso di alcuni incontri, promossi anche su iniziativa di comitati spontanei dei pendolari, sono stati fino ad oggi disattesi;
la situazione è giunta a un punto tale che lo stesso assessore alla mobilità della regione Veneto ha anche di recente dichiarato sulla stampa che «Il servizio ferroviario locale in Veneto è un sostanziale disservizio. (...) Di sicuro in troppi casi trovare il treno, trovarlo puntuale e con i posti che dovrebbe avere è diventata una lotteria». Inoltre, alcuni consiglieri regionali hanno presentato un'interrogazione al presidente della giunta regionale Luca Zaia affinché la regione intraprenda azioni legali contro Trenitalia dopo i disservizi che nello scorso mese di dicembre hanno flagellato in particolare la provincia di Treviso;
per una soluzione strutturale della mobilità dei pendolari dell'area in questione è necessario realizzare il sistema ferroviario metropolitano veneto, infrastruttura strategica per la vita di tante persone e per l'economia dell'area metropolitana Padova, Venezia e Treviso, in particolare il secondo stralcio (tratte Vicenza-Castelfranco, Treviso-Conegliano, Quarto d'Altino-Portogruaro e Padova-Monselice), per il quale il Governo Prodi

aveva promosso la stanziamento nella legge finanziaria per il 2008 di un contributo statale decennale di 10 milioni l'anno, finanziamento soppresso nel 2009 dal Governo Berlusconi; ad oggi dunque dei 140 milioni di euro necessari alla realizzazione del secondo stralcio, ne sono disponibili dunque 66, dei quali 56 da fondi regionali;
nel contratto di programma 2007-2011 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana sulle priorità degli interventi ferroviari (che pure includono i nodi ferroviari metropolitani) il Veneto appare penalizzato a confronto di altre aree del Paese, ma il CIPE, nella seduta di venerdì 20 gennaio 2012, nel dare il via libera a opere per 5,5 miliardi di euro, ha anche espresso parere positivo all'aggiornamento del contratto di programma di RFI (Rete ferroviaria italiana), ripristinando fondi che erano stati cancellati con i tagli lineari del precedente Governo per 3,9 miliardi di euro, mantenendo tra le infrastrutture di valenza strategica nazionale anche il sistema ferroviario metropolitano regionale Veneto;
in attesa di tale sviluppo infrastrutturale, i tanti pendolari che ogni giorno viaggiano sulle tratte del sistema ferroviario regionale del Veneto, a fronte del pagamento del biglietto, hanno diritto all'erogazione di un servizio che abbia gli standard minimi di qualità di un Paese europeo, senza considerare il fatto che preferendo il mezzo di trasporto pubblico a quello privato contribuiscono in modo significativo alla lotta all'inquinamento ambientale -:
quali iniziative urgenti il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere, anche in via normativa, atte a recare un concreto miglioramento del servizio ferroviario, in particolare sulla linea Trieste-Venezia e Treviso-Venezia, a favore degli utenti esasperati dall'attuale situazione e spesso costretti ad utilizzare la propria autovettura, con conseguente aumento del traffico su gomma e peggioramento dei livelli di inquinamento ambientale da polveri sottili in una delle aree del Paese già particolarmente colpita da questo fenomeno;
se intenda dare concrete prospettive di realizzazione in tempi ragionevoli del Sistema ferroviario metropolitano regionale Veneto, in particolare del secondo stralcio, ripristinando le risorse statali necessarie, anche all'interno del contratto di programma con Rete ferroviaria italiana, per dare soluzione strutturale alla mobilità di una delle aree economiche e sociali più vitali del Paese;
in ogni caso, se intenda attivarsi da subito, di concerto con la regione Veneto, sulla base delle risorse già disponibili, affinché Rete ferroviaria italiana sviluppi il progetto esecutivo del Sistema ferroviario metropolitano regionale per lotti funzionali, così da avviare quanto prima almeno una parte delle tratte previste dalla seconda fase del progetto.
(5-06261)

Interrogazioni a risposta scritta:

FEDRIGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Governo in questi giorni ha nominato Sergio Prete già presidente dell'autorità portuale di Taranto come commissario ad acta, dandogli quindi gli strumenti per velocizzare le procedure che porteranno alla creazione di un «superporto»;
in particolare, il commissario avrà competenze specifiche sulla nuova diga foranea (opera da 32 milioni di euro), sul collegamento ferroviario (35 milioni di euro), sul dragaggio dei fondali (79 milioni di euro), sulla piastra logistica (219 milioni di euro), sull'allargamento della banchina (35 milioni di euro): si tratta di ben 400 milioni di euro che saranno a carico delle amministrazioni pubbliche, mentre altri 100 milioni dovranno essere investiti da Hutchinson e Evergreen che sono gli azionisti di Taranto container terminal (Tct);

le città di Trieste e di Monfalcone esprimono da anni la necessità di creare un superporto nel Friuli Venezia Giulia capace di competere con quelli del nord Europa, per attrarre i traffici da e verso i Paesi del Centro e dell'Est, sfruttando il vantaggio della posizione geografica più favorevole;
un superporto nella regione del Friuli Venezia Giulia potrebbe rafforzare la centralità, geografica ed economica dell'Italia nell'Europa allargata e avrebbe il vantaggio di contenere il trasporto di merci su gomma nel nostro Paese con le gravi ricadute sul traffico e sull'inquinamento ambientale;
la creazione di un superporto a Taranto non sembra apportare i medesimi vantaggi, sotto nessuno dei punti di vista appena descritti -:
quali siano le ragioni di carattere economico, logistico e di impatto ambientale che hanno portato il Governo a prediligere investimenti, finanziandoli con 400 milioni di euro di soldi pubblici, per il «superporto» nella regione Puglia piuttosto che nella regione Friuli Venezia Giulia.
(4-15079)

GENOVESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore dell'orario invernale, cioè dall'11 dicembre 2011, Trenitalia spa ha previsto la cancellazione dei treni notturni che da decenni collegano il Nord e il Sud Italia;
tutti i treni in partenza dalla Sicilia utili per raggiungere Milano, Venezia e Torino non viaggiano più la notte e non arrivano più direttamente presso le città del Nord ma si fermano obbligatoriamente a Roma;
le tratte ferroviarie cancellate dal servizio notturno sono quelle da Agrigento a Roma, da Palermo e da Siracusa a Venezia, da Palermo e da Siracusa a Torino, da Palermo e da Siracusa a Milano; pertanto, chi dalla Sicilia dovrà andare oltre Roma si vedrà costretto a fermarsi e prendere un altro treno;
la soppressione dei treni notte lascia nella disperazione della improvvisa disoccupazione circa 800 dipendenti del servizio notte (circa 100 dei quali a Messina), servizio espletato da aziende esterne alle quali dall'11 dicembre è stato revocato il contratto. Prosegue invece il servizio notte internazionale affidato ad una ditta francese;
a seguito delle legittime rimostranze da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori è stato convocato un tavolo di confronto regionale al quale ha partecipato, in rappresentanza del gruppo Ferrovie dello Stato, il responsabile nazionale risorse umane, Domenico Braccialarghe, il quale ha dichiarato che non potrà essere accolta alcuna richiesta che violi il vincolo dell'invarianza della spesa;
il suddetto rappresentante di Ferrovie dello Stato italiane, pur offrendo la disponibilità a ragionare su una eventuale diversa composizione dell'offerta treni, ha fatto osservare che la decisione di sopprimere i treni notte dal Sud al Nord del Paese è stata determinata da un taglio di finanziamenti da parte dello Stato pari a circa cento milioni di euro:
la decisione di sopprimere i treni notte e di porre in esubero 800 lavoratori, oltre a creare gravi disagi all'utenza ed una situazione di drammatica precarietà per i lavoratori interessati, viola il diritto alla continuità territoriale sancito dalla Costituzione e dal regolamento europeo (CE) n. 1371/2007, che impone «la tutela dei diritti degli utenti del trasporto ferroviario ed il miglioramento della qualità e dell'efficienza dei servizi al fine di incentivare l'utilizzo di questo mezzo in luogo di altri»;
il 15 marzo 2011, in occasione del «tavolo» nazionale convocato dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Altero Matteoli, l'ex ministro aderì alla richiesta dell'amministratore delegato

di Ferrovie dello Stato spa, circa l'erogazione, da parte dello Stato, di una somma, successivamente quantificata in cinque milioni di euro, per consentire il reintegro di 16 vetture necessarie a garantire la continuità territoriale tra la Sicilia ed il resto d'Italia, confermando i livelli occupazionali già allora messi in discussione; sempre in quell'occasione si convenne altresì che l'intervento statale avrebbe dovuto risolvere, in modo strutturale, le denunciate problematiche occupazionali e di continuità territoriale -:
quali iniziative intenda adottare per favorire una modifica strutturale delle strategie aziendali di Ferrovie dello Stato italiane in Sicilia;
quali iniziative intenda adottare per consentire il reperimento delle risorse, stimate in circa cento milioni di euro, necessarie per il ripristino dei treni notte dalla Sicilia al Nord del Paese, garantendo così la continuità territoriale del servizio e la stabilità occupazionale di circa 800 lavoratori;
se ritenga di assumere iniziative di competenza volte a destinare al potenziamento dei collegamenti ferroviari e marittimi da e per la Sicilia una parte delle somme previste e non utilizzate per la realizzazione del ponte sullo Stretto e specificatamente per il finanziamento della Stretto di Messina spa.
(4-15087)

MAZZOCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che in data 21 febbraio 2012 il treno ad alta velocità Frecciarossa n. 9610 di Trenitalia, partito da Napoli alle ore 6,40, diretto a Roma con prosieguo per Milano, sia rimasto bloccato, precisamente a 40 km circa dalla stazione di Roma Termini, a seguito di un urto verificatosi contro un carrello posto sullo stesso binario;
dopo alcuni minuti di sosta successivi all'urto, risulterebbe esser stato comunicato ai passeggeri, tramite annuncio audio-fono, che il treno era fermo per tale collisione;
ad avviso dell'interrogante, è alquanto inaccettabile l'evento verificatosi, dal momento che i passeggeri in primo luogo hanno dovuto sopportare il disagio del ritardo causato da tale incidente, impiegando 3 ore e 40 minuti per una tratta (Napoli-Roma) solitamente raggiungibile in 1 ora e 10 minuti dovendo attendere il treno successivo in arrivo da Salerno ed effettuare il trasbordo da un treno all'altro peraltro all'interno della stessa galleria ove è avvenuto l'incidente;
in secondo luogo, cosa ancora più grave, è stata messa a repentaglio la stessa incolumità di oltre mille passeggeri, tenuto conto che al momento dell'urto il treno viaggiava a 300 chilometri orari;
tale causa di incidente, ad avviso dell'interrogante, poteva essere prevenuta dal gestore del servizio pubblico dei trasporti, il quale ha il dovere di garantire attraverso appositi controlli le condizioni di sicurezza, ancor più, qualora le stesse vengano compromesse dall'abbandono di oggetti ben visibili -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa e quale tipo di iniziative, a carattere preventivo e disciplinare, si intendano assumere per scongiurare il ripetersi di simili disagi per i cittadini, i quali pagando puntualmente un servizio hanno il diritto che lo stesso venga fornito con tutte le garanzie necessarie.
(4-15088)

GENOVESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con una precedente interrogazione (atto Camera n. 4-13934 seduta del 18 novembre 2011), a tutt'oggi senza risposta, l'interrogante aveva chiesto al Ministro interrogato «se ritenesse opportuno approvare con la necessaria sollecitudine il decreto di nomina del nuovo presidente dell'Autorità Portuale di Messina» e «se ritenesse

opportuno (...) nominare un soggetto dotato, oltre che di specifiche competenze, anche di una particolare conoscenza delle problematiche di questo territorio, che possa dedicarsi a tempo pieno all'incarico che gli verrà affidato»;
il Ministro, contrariamente a quanto richiesto dall'interrogante ha affidato per sei mesi l'incarico di commissario straordinario al presidente uscente professor ingegner Lo Bosco;
il suddetto presidente, professor ingegner Dario Lo Bosco, nel 2010 è stato nominato presidente di RFI;
il sovrapporsi di incarichi e la situazione di precarietà avevano già reso oggettivamente meno efficace e puntuale l'azione del presidente dell'autorità portuale di Messina;
è a giudizio dell'interrogante, incontestabile il conflitto di interessi tra la carica di presidente di RFI e quella di presidente dell'autorità portuale di Messina;
non si comprende la logica sottesa alla scelta di prorogare l'incarico al professor Lo Bosco se non immaginando che per il Governo gli interessi di RFI siano preminenti rispetto a quelli dell'autorità portuale di Messina -:
se intenda porre fine a quella che all'interrogante appare una situazione di subalternità dell'autorità portuale di Messina rispetto agli interessi di RFI;
se intenda porre rimedio, provvedendo alla nomina di un nuovo presidente dell'autorità portuale di Messina, a quello che, ad avviso dell'interrogante, rappresenta un conflitto di interessi in cui da tempo si trova il professor Dario Lo Bosco nella sua duplice veste di presidente dell'autorità portuale di Messina e di RFI;
se intenda attuare scelte che restituiscano efficacia, efficienza e, soprattutto, la necessaria autonomia all'autorità portuale di Messina.
(4-15094)

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
esiste un modello uniforme di contrassegno per i disabili riconosciuto nei Paesi membri dell'Unione europea. Il contrassegno europeo consente a un disabile, che ha diritto a particolari agevolazioni nel paese in cui risiede, di beneficiare delle facilitazioni offerte ai disabili negli altri Paesi dell'Unione europea in cui si sposta. Il contrassegno europeo è stato introdotto in seguito ad una raccomandazione del 1998 (98/376/CE) del Consiglio Europeo, che ha previsto che i contrassegni per disabili abbiano caratteristiche uniformi e che vengano riconosciuti da tutti gli stati membri, in modo da facilitare gli spostamenti in auto dei loro titolari;
spetta agli stati membri rilasciare il contrassegno, in base alla propria definizione di disabilità e secondo le modalità da loro prescelte;
anche l'Italia dovrà riconoscere il «Contrassegno unificato disabili europeo» (Cude), già in vigore in 15 Paesi dell'Unione europea. Infatti, la legge 20 luglio 2010, n. 120, che ha apportato una serie di modifiche al codice della strada, tra cui la norma sulla privacy che impediva al nostro Paese di adottare il tagliando azzurro, ha previsto anche l'adozione del contrassegno disabili europeo;
tuttavia, affinché il provvedimento diventi concretamente operativo occorrerebbe in regolamento di attuazione, che non è stato ancora emanato;
nella strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere, la Commissione europea si impegna a facilitare la mobilità delle persone invalide e a promuovere il contrassegno di parcheggio europeo;
va tenuto conto dell'ulteriore problematica che è il passaggio per i disabili con le autovetture nelle zone ZTL -:
se e con quali tempi il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza

che consentano di recepire concretamente la raccomandazione dell'Unione europea e riconoscere il CUDE. (Contrassegno unificato disabili europeo).
(4-15098)

TESTO AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2012

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

COSCIA, GASBARRA e FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi mesi si è assistito alla proliferazione di pagine facebook di stampo neonazista e antisemita a cura di studenti liceali;
dopo il caso che nei giorni scorsi è stato oggetto di un articolo sulla cronaca di Roma del quotidiano La Repubblica (2 febbraio 2012) dove si segnalavano numerosi e pesanti commenti di stampo filonazista e antisemita sulla pagina facebook di uno studente del liceo classico statale di Roma «Giulio Cesare», rappresentante di istituto con la sigla neofascista «Testudo», si è appreso che gravi episodi della stessa natura si stanno svolgendo in un altro storico liceo della capitale, l'«Amedeo Avogadro»;
da alcuni mesi, infatti, sul popolarissimo social network facebook esiste una pagina che reca il nome «Nucleo lotta studentesca Avogadro», in cui, sotto al nome del noto liceo compaiono slogan neofascisti come «support your local fascist», logo neonazisti, fino al famoso uccellino di twitter camuffato in Adolf Hitler che cambia le proprie sembianze in quelle di «twitler» e vignette che inneggiano all'odio anti-ebraico, come quella dove un corpulento e aggressivo soldato israeliano camuffato da deportato di un campo di concentramento ottiene dai rappresentanti del mondo il permesso di attaccare l'Iran con la bomba atomica;
sulla stessa pagina «Nucleo lotta studentesca Avogadro», l'autore dell'articolo di Repubblica sopracitato viene definito «Uomo di m(...) e giornalista terrorista»;
la pagina in questione conta più di 150 amici, moltissimi dei quali sono giovanissimi e minorenni studenti del liceo scientifico in questione;
si segnala, inoltre, che uno dei gestori della pagina, è uno studente del quinto anno, leader locale del gruppo «lotta studentesca», già sospeso nel mese di dicembre 2011 per aver occupato un mese prima, l'8 e il 9 novembre, la scuola insieme ad altri studenti del liceo e a qualche adulto «esterno» a volto coperto. A seguito di quell'occupazione la scuola riportò, come registrato da numerosi articoli usciti su Repubblica, Il Messaggero, Corriere della Sera, 12 mila euro di danni;
da quell'episodio gli atti di vandalismo non solo non sono cessati, ma hanno avuto un'escalation con infestazioni di larve di mosca, e, il 23 gennaio 2012, con un allagamento del plesso più grande dello storico edificio di via Brenta che, oltre a causare ingenti danni agli interni della scuola, su cui i carabinieri e la polizia stanno indagando, ha impedito il regolare svolgersi delle lezioni;
contro tutti questi atti, il comitato genitori, il consiglio di istituto e addirittura l'ANPI del II municipio sono intervenuti con esposti, denunce, e manifestazioni pubbliche;
in molti sospettano che l'ultimo allagamento sia stato un tentativo di impedire che, per la prima volta da moltissimi anni, anche nella sede di via Brenta avessero luogo delle iniziative per commemorare il giorno della memoria e, al tempo stesso, per danneggiare l'immagine dell'istituto nel periodo in cui sono aperte le iscrizioni al primo anno -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per impedire lo svolgersi di questi atti che, oltre a minacciare l'incolumità fisica degli studenti, lanciano gravi messaggi di odio e di disprezzo antisemita che offendono la dignità umana e il comune senso di appartenenza alla nostra società civile come comunità democratica fondata sui valori della Costituzione repubblicana.
(5-06256)

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 3 novembre 2011, la direzione investigativa antimafia di Milano ha compiuto un'ispezione in alcuni cantieri oggetto di appalto dell'amministrazione provinciale di Mantova;
tale iniziativa, stante le dichiarazioni pubbliche rilasciate dal direttore della Direzione investigativa antimafia milanese colonnello Alfonso Di Vito, vanno inquadrate «in un'attività preventiva di controllo e monitoraggio che è la nostra attività principale»;
da quanto si è appreso dagli organi di informazione, le verifiche riguardano il rispetto della norma relativa al contratto dei lavoratori, la tracciabilità dei flussi finanziari da parte delle aziende, la regolarità dei subappalti;
è opportuno evidenziare che l'attività ispettiva è stata lodevolmente sollecitata dal prefetto di Mantova dottor Mario Rosario Ruffo e ha trovato il plauso della stessa amministrazione provinciale nonché dell'interrogante -:
se, trascorsi oltre tre mesi dall'ispezione, il Ministro interrogato sia nelle condizioni di presentare l'esito delle verifiche richiamate in premessa; se, oltre alle verifiche realizzate in alcuni cantieri oggetto di appalto della provincia di Mantova, sia stata condotta altra attività ispettiva nei confronti di altri soggetti pubblici e/o privati.
(5-06262)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 della legge 14 gennaio 1999, n. 4, sancisce l'obbligo in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di «...provvedere ad erogare un contributo agli enti locali al fine di assicurare la continuità del servizio di mensa per il personale insegnante, dipendente dello Stato, impegnato nella vigilanza ed assistenza degli alunni durante la refezione scolastica»;
le modalità di erogazione del contributo sono state disciplinate dal decreto ministeriale 16 maggio 1996 e successiva circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 77 in data 20 settembre 2007;
il comune di Suzzara (Mantova), a decorrere dall'analoga originaria disposizione normativa (articolo 17 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8) tutt'oggi ancora vigente, ha costantemente, pienamente e diligentemente assicurato al personale insegnante dipendente dallo Stato avente diritto, l'erogazione del servizio di mensa; così pure ha fatto nei riguardi del significativo contingente di personale aggiunto sulla base dell'articolo 21 del CCNL del comparto scuola siglato il 29 novembre 2007, individuato dai dirigenti scolastici;
il diritto alla fruizione del servizio di mensa gratuito del personale scolastico, che questo comune non disconosce, è stabilito da specifico e autonomo contratto di lavoro liberamente siglato tra l'ARAN ed i rappresentanti dei lavoratori del comparto scuola e si sostanzia in una integrazione del trattamento economico dovuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al proprio personale dipendente nell'ambito del relativo rapporto di lavoro; sorge del tutto evidente in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al proprio personale dipendente nell'ambito del relativo rapporto di lavoro;
sorge del tutto evidente in capo al Ministero l'obbligo di onorare i contratti di lavoro dallo stesso approvati, oltre che positivamente certificati dalla Corte dei Conti, anche sotto i profili di compatibilità economica e finanziaria;
il comune di Suzzara, in quanto soggetto estraneo a detto rapporto di lavoro,

non è legittimato da alcuna disposizione di legge ad assumere a proprio carico quote di spesa afferenti all'erogazione del servizio di mensa, le quali, viceversa, competono esclusivamente e per intero allo Stato, e per esso al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;
eventuali ipotesi di compartecipazione dell'ente locale sotto forma di erogazioni di contribuzioni dirette od indirette a favore dello Stato destinate al pagamento di benefìci integrativi al trattamento economico di personale dipendente dallo Stato, viepiù finanziate da risorse fiscalmente attinte presso la cittadinanza locale, non sarebbero sorrette da alcun presupposto normativo determinando, viceversa, l'insorgenza di possibili elementi di responsabilità per danno erariale ad avviso dell'interrogante;
al riguardo giova rammentare quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, della fondamentale legge 7 agosto 1990, n. 241, che testualmente recita: «1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza...»;
il tribunale amministrativo regionale della Lombardia (Brescia, sezione II) con la recente sentenza n. 1216 del 12 giugno 2009 ha affermato che «... il costo di ogni attività formativa (e quindi anche dell'assistenza alla refezione che a tale categoria - personale scolastico - viene ricondotta) deve essere posto a carico dello Stato, gravando sull'ente locale la sola gestione dei servizi di assistenza scolastica (e cioè la messa a disposizione del servizio di mensa a fronte della corresponsione da parte dei fruitori di un apposito "buono pasto")»;
alla data odierna, in relazione agli anni 2008, 2009 e 2010 il comune di Suzzara vanta un credito nei riguardi del Ministero pari a euro 65.753,70 emergente dalla differenza tra la spesa sostenuta per l'erogazione dei pasti ed i rimborsi ricevuti nel periodo sopra indicato -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per procedere celermente al pagamento della somma dovuta al comune di Suzzara richiamata in premessa, anche alla luce della lettera inviata il 2 gennaio 2012 dal sindaco di Suzzara professor Wainer Melli, al Ministro interrogato, nella quale si chiedeva al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il pagamento del debito entro trenta giorni pena il ricorso alle procedure esecutive.
(5-06259)

Interrogazione a risposta scritta:

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19, comma 5-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, prevede che, a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013, alle istituzioni con numero di alunni inferiore a 600 o 400 non possa essere assegnato in via esclusiva un posto di direttore dei servizi generali e amministrativi e che, con decreto del direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale competente, il posto sarà assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche;
l'applicazione concreta della richiamata norma nelle singole realtà regionali rischia però di produrre, a parere dell'interrogante, situazioni che fanno riflettere sulla sua effettiva portata;
si può portare ad esempio il caso della regione Puglia e dell'Istituto tecnico-commerciale «E. Montale» di Rutigliano (Bari), del quale è già stato previsto l'accorpamento, a far data dal prossimo anno scolastico, con l'Istituto tecnico-commerciale «S. Pertini» di Turi, in virtù di quanto contenuto nella delibera di giunta regionale n. 125 del 25 gennaio 2012 in cui è contenuto il «Piano regionale di dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche e di programmazione dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2012/13», predisposto sulla base delle «linee

di indirizzo per il dimensionamento della rete scolastica e la programmazione dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2012/2013», individuate dalla regione Puglia con deliberazione n. 2410 del 2 novembre 2011;
la vicenda dell'istituto di Rutigliano è, ad avviso dell'interrogante, paradossale poiché esso è destinato a perdere l'autonomia amministrativa, benché a livello locale vi fosse accordo sull'alternativa di procedere a un accorpamento con il liceo scientifico «Ilaria Alpi» di Rutigliano che sarebbe stato certo più razionale (in ordine alla consistenza della popolazione scolastica nell'ambito territoriale di appartenenza, alla consistenza del patrimonio edilizio e di laboratori, alla valutazione del patrimonio edilizio relativamente alla localizzazione, dimensione, organizzazione e stato di conservazione degli edifici scolastici, all'adeguatezza della rete dei trasporti, all'efficacia/efficienza della distribuzione territoriale dell'offerta formativa, alla compatibilità con le risorse strutturali e strumentali disponibili, come messo in evidenza dalla stessa dirigente scolastica dell'Istituto tecnico-commerciale «E. Montale»);
inoltre vi sono altre situazioni del tutto contraddittorie come, ancora in Puglia, quella dell'Istituto tecnico industriale statale «Panetti» di Bari, che aveva chiesto l'accorpamento ad altro istituto e al quale invece non solo è stata lasciata l'autonomia amministrativa per il prossimo anno scolastico, ma è stato assegnato anche un nuovo indirizzo di studi peraltro non richiesto. Oppure quelle del liceo scientifico di Noci e del liceo classico «Oriani» di Corato ai quali è stato concesso il rinvio della perdita dell'autonomia scolastica, benché essi registrino rispettivamente meno di 500 alunni e meno dei 600 alunni previsti dalla norma;
questi episodi dimostrano come ad avviso dell'interrogante, sia opportuno che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pur nel rispetto dell'autonomia delle regioni, avvii un monitoraggio sul modo in cui nelle varie parti del Paese si sta interpretando e applicando la richiamata norma di carattere nazionale contenuta nel decreto-legge n. 98 del 2011 -:
in generale quali siano le evidenze finora emerse, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulle modalità di attuazione della norma di cui all'articolo 19, comma 5-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011.
(4-15097)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il regio decreto-legge n. 1827 del 4 ottobre 1935, all'articolo 40, comma 5, prevede: «Non sono soggetti all'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria il personale artistico, teatrale e cinematografico»;
l'articolo 37, comma 1, del regio decreto legislativo n. 1827 del 1935 dispone l'obbligatorietà di tale assicurazione nei confronti di tutti coloro i quali «prestino lavoro retribuito alle dipendenze di terzi»;
l'articolo 7 del regio decreto-legge n. 2270 del 1924 asserisce che non sono considerati appartenenti al personale artistico [...] tutti coloro che al teatro o al cinematografo prestano opera la quale non richieda una preparazione tecnica, culturale o artistica;
il 20 maggio 2010 la Corte di Cassazione con sentenza n. 12355 ha sancito che il personale artistico, teatrale e cinematografico di cui all'articolo 40 n. 5 del sopra citato regio decreto-legge n. 1827 del 1935 deve ritenersi escluso dall'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione

involontaria, sia con riferimento all'indennità di disoccupazione a requisiti normali che con riferimento all'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti;
nel regio decreto-legge del 1935 la ragionevolezza dell'esclusione delle sopra citate categorie di lavoratori dello spettacolo si fondava su una ratio contestualizzabile in quell'epoca storica. Oggi le cose sono molto differenti, poiché ciò che in passato era un'attività ascrivibile alla categoria hobbistica, ora si contestualizza, con il dinamismo assunto dal settore dello spettacolo, come una vera e propria tipologia lavorativa che contempla forme contrattuali anche di tipo subordinato. Un esempio su tutti può essere quello dei lavoratori che suonano nelle bande per le manifestazioni nei comuni, un tempo «reclutati» attraverso la disponibilità dei cittadini che esercitavano questo hobby, oggi, invece, si configurano come professionisti del settore, prestatori d'opera, i quali vengono regolarmente assunti per periodi l'anno e da differenti imprese con sottoscrizione di contratti. Va detto che le bande, con i loro lavoratori, specialmente nella realtà meridionale del Paese, rappresentano un vero e proprio patrimonio culturale, riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, che rischia, in assenza del sussidio di disoccupazione, di andare disperso e rientrare nella dimensione hobbistica di un tempo;
la discrepanza tra uno strumento legislativo obsoleto e l'effettiva evoluzione che il settore ha subito nel corso degli anni ha generato un contenzioso tra i lavoratori artistici, teatrali e cinematografici e l'INPS, in merito alla legittimità dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;
l'INPS, in osservanza della citata sentenza, con la circolare n. 105 del 5 agosto 2011 ha definitivamente escluso il personale artistico, teatrale e cinematografico dall'indennità di disoccupazione, sia ordinaria che a requisiti ridotti, ed ha esonerato le imprese dello spettacolo dall'assicurare questi lavoratori;
quanto sopra detto ha prodotto forti preoccupazioni tra i lavoratori dello spettacolo ed anche tra le aziende che si occupano di questo settore. Dai dati forniti dall'Enpals si desume che la platea di lavoratori che risultano versare in modo discontinuo contributi previdenziali, utilizzando una molteplicità di tipologie contrattuali, il più delle volte di breve durata, è vastissima, si parla di circa 250.000 persone. Queste hanno come comun denominatore la natura atipica e discontinua della loro professione, contraddistinta da una varietà di impieghi e da una molteplicità di datori di lavoro, dall'esercizio di diverse attività e da compensi, per molti casi, di scarsa regolarità. Secondo l'Enpals più del 75 per cento degli assicurati del settore spettacolo risulta al di sotto dei parametri di sussistenza e ben lontane dal maturare il diritto previdenziale, mentre inesistenti sono le assicurazioni sociali;
questa platea di lavoratori è costituita in modo preponderante da professionisti, molti dei quali hanno intrapreso la propria attività in giovane età e nel corso degli anni hanno studiato, investendo tempo e risorse per professionalizzarsi in modo adeguato e competitivo. Sono lavoratori che in tantissimi casi lavorano in Italia, ma anche all'estero, esportando, difatti, la propria creatività e bravura in tutto il mondo. Va detto che, nonostante questi lavoratori paghino, ai fini dell'assicurazione generale, un'aliquota contributiva elevata ed equiparata a quella dei lavoratori subordinati, non godono di indennità sociali e assistenziali. Inoltre gli stessi risultano essere penalizzati dal procedimento di calcolo del montante pensionistico, poiché, ad oggi, nonostante due disposizioni di legge, continua ad esserci la mancata equiparazione tra massimale retributivo imponibile e massimale retributivo pensionabile;
il Parlamento europeo, il 7 luglio 2007, ha approvato lo Statuto sociale europeo dell'artista, nel quale si invitano gli Stati membri a sviluppare o applicare un quadro giuridico e istituzionale al fine di sostenere la creazione artistica mediante

l'adozione o l'attuazione di una serie di misure coerenti e globali che riguardino la situazione contrattuale, la sicurezza sociale, l'assicurazione malattia, la tassazione diretta e indiretta e la conformità alle norme europee. Esso sottolinea che occorre prendere in considerazione la natura atipica del lavoro dell'artista e la natura atipica e precaria di tutte le professioni sceniche -:
se il Ministro non ritenga di assumere con celerità ogni iniziativa, anche normativa, volta a garantire a questi lavoratori un diritto, quale l'indennità di disoccupazione, anche attraverso l'abrogazione della norma prevista nel regio decreto-legge n. 1827 del 4 ottobre 1935, norma obsoleta che penalizza fortemente il presente ed il futuro di questi professionisti.
(5-06260)

Interrogazioni a risposta scritta:

BUONANNO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
indubbiamente l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, più comunemente noto come «manovra salva Italia», è intervenuto pesantemente sul sistema pensionistico italiano;
la cancellazione di fatto delle pensioni di anzianità, l'abolizione delle cosiddette «finestre», l'allungamento d'età pensionabile per la pensione di vecchiaia, rappresentano, infatti, misure fortemente ledenti per i lavoratori e le lavoratrici;
tra i soggetti maggiormente colpiti dalle nuove norme in materia di requisiti pensionistici rientrano i cosiddetti disoccupati «over 50», persone troppo giovani oramai per accedere alla pensione ma troppo anziane per essere ricollocate sul mercato del lavoro;
ancora oggi, infatti, nonostante si parli di allungamento della speranza di vita - e con ciò si motiva anche l'allungamento dell'età pensionabile - perdura tuttavia una visione del lavoratore più anziano condizionata dall'idea di persona meno efficiente, meno prestante e quindi meno produttiva;
da uno studio condotto nel luglio 2011 da Api Torino e CCIA di Torino su alcuni casi aziendali e sul relativo approccio verso i lavoratori maturi, è emerso che, nonostante gli over 50 rappresentino una risorsa per la loro esperienza e per la conoscenza del mestiere, i motivi che spingono le aziende a non assumere o a non mantenere gli «over 50» sono la minore produttività e la minore convenienza economica;
la disoccupazione in età matura è un fenomeno sociale drammatico, perché coinvolge non solo il singolo lavoratore, ma anche intere famiglie che da un giorno all'altro si ritrovano senza alcuna copertura reddituale ed alcun tipo di sostentamento economico -:
se e quali iniziative il Governo intenda concretamente porre in essere, anche alla luce della preannunciata riforma del mercato del lavoro, per favorire la ricollocazione lavorativa dei cosiddetti disoccupati over 50, anche e soprattutto tenuto conto dell'allungamento dell'età pensionabile.
(4-15081)

BUONANNO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato sul quotidiano La Stampa del 19 febbraio 2012, in Piemonte si guadagna meno: i redditi medi dei lavoratori dipendenti sono inferiori del 3,5 per cento rispetto alle altre regioni settentrionali e crescono più lentamente (in rapporto al 2006 si ha un più 10,8 in Piemonte contro un incremento dell'11,6 nel Nord);
a tali conclusioni è giunta una ricerca dell'Ires-Cgil, che ha analizzato sui dati dell'Inps i redditi dei lavoratori dipendenti e dalla quale emerge che i redditi più bassi si rilevano nelle province del Verbano-Cusio

(con 76,6 euro per giornata lavorativa) ed a Asti e Vercelli (entrambe con 80 euro); il valore medio regionale si attesta a 85,8 euro, con la provincia di Torino in testa (89,7 euro);
anche per quanto concerne le pensioni, il dato è sconfortante: la media in Piemonte è di 975 euro lordi contro i 947 del Nord;
la ricerca ha poi analizzato le difficoltà delle famiglie di fronte alla crisi con i risparmi che calano: nell'Italia settentrionale in Piemonte si registra il valore medio più basso dei depositi pro capite delle famiglie pari a 9.906 euro nel maggio del 2011, a fronte di euro 9.979 del Nord-est. L'indebitamento medio delle famiglie piemontesi (mutui, prestiti personali, credito al consumo) cresce in modo considerevole nel periodo 2008-2011 soprattutto nelle province di Asti (+55,5 per cento, terza in Italia per aumento del debito delle famiglie), Novara (41,5 per cento) e il Verbano; queste ultime si posizionano tra le 30 province con l'andamento più elevato;
il quadro complessivo del Piemonte che emerge dalla predetta ricerca è di una regione che, pur mantenendo una distanza positiva da quelle meridionali, è fortemente indietro rispetto alle altre regioni del Nord: cala il prodotto interno lordo, flettono i risparmi, aumentano i debiti e lievitano i giovani disoccupati;
è indubbia l'esistenza di una diversità territoriale significativa riguardo al costo della vita;
da settimane i quotidiani e la stampa in genere riportano di trattative, incontri, polemiche e diatribe sulla necessità o meno di abrogare l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in vista della definizione di una riforma del mercato del lavoro che introduca maggiore flessibilità -:
se e quanto possano considerarsi attendibili i risultati della ricerca richiamata in premessa;
se non convenga sull'opportunità di assumere iniziative per focalizzare la riforma del mercato del lavoro in itinere sulla valorizzazione dei contratti territoriali, anziché solo sull'eventuale abrogazione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
(4-15082)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RAINIERI e NEGRO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il fermo pesca biologico attivato nel nostro Paese in attuazione della normativa comunitaria recata dal regolamento (CE) 1198 del 2006 relativo al fondo europeo per la pesca, è una della misure obbligatorie utili a preservare gli stock ittici e a contribuire al ripopolamento della flora e della fauna acquatiche gravemente compromesse, nel corso degli anni, da catture eccessive e da sistemi di pesca inadeguati;
la suddetta normativa comunitaria reca disposizioni specifiche in materia di aiuti pubblici per l'arresto temporaneo della pesca da erogare ai pescatori e agli armatori a parziale indennizzo del mancato reddito derivante dall'interruzione della loro attività;
in considerazione del fermo pesca predisposto per il 2011 sono state attivate le procedure per l'erogazione dei contributi a favore dei pescatori, mentre ad oggi non risultano essere in atto quelle relative al pagamento degli armatori che hanno aderito all'arresto temporaneo obbligatorio previsto dal decreto ministeriale del 14 luglio 2011 -:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti espressi in premessa e se non ritenga opportuno procedere con urgenza all'avvio delle procedure necessarie all'erogazione dei contributi spettanti agli armatori che ne abbiano

fatto istanza, anche in considerazione della grave crisi in cui versa l'intero settore ittico italiano.
(5-06254)

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'Antispila oinophylla, è una falena originaria del Nord America ed è descritta per la prima volta sulla rivista ZooKeys da un gruppo di ricerca internazionale al quale l'Italia partecipa con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige e con l'università di Padova;
questa nuova specie di falena che sta infestando i vigneti del Padovano intaccando le foglie dell'uva, è stata scoperta nel 2007 a Trento, e successivamente nei vigneti del Nord Italia, a Trento, Belluno, Vicenza, Verona e Brescia, ma a detta del professor Mario Baldessari della Fondazione E. Mach-Istituto Agrario di S. Michele all'Adige che ha partecipato allo studio, potrebbe sconfinare ed interessare tutta Italia;
per classificare questa specie, i ricercatori, coordinati da Erik van Nieukerken del centro della biodiversità dei Paesi Bassi (Ncb Naturalis), hanno sequenziato il dna della falena e studiato la sua morfologia. Caratterizzata da ali nere con macchie argentate, questa falena è molto piccola; ha un'apertura alare di circa 6 millimetri;
si è verificato che la specie non è conosciuta nel resto d'Europa, ma proviene dal Nord America dove, quando è larva, si ciba di molte specie di uve selvatiche -:
se il Governo sia a conoscenza della problematica e dell'eventuale incidenza sulla produzione di vino;
se il Governo abbia intenzione di monitorare il fenomeno che potrebbe espandersi e interessare tutto il Paese.
(4-15078)

TESTO AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2012

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PELUFFO e FARINONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'area dell'ex-stabilimento Alfa Romeo di Arese, è interessata da un articolato processo di recupero presentato da Euro Milano s.p.a.;
l'intervento secondo il progetto prevede la riqualificazione urbanistica con l'obiettivo di valorizzare gli spazi esistenti e restituire agli abitanti un'area riconvertita, perfettamente integrata con il tessuto urbano circostante e dotata di verde e servizi, da sempre considerata una zona strategica per lo sviluppo dell'area metropolitana milanese sulla direttrice nord ovest;
le aree ex Alfa Romeo di estensione complessiva di circa 900 mila metri quadrati, coinvolgono i territori dei comuni di Arese, Lainate, Rho e Garbagnate Milanese;
Euro Milano s.p.a. è partner e promotore del progetto con l'incarico di coordinare proposte ed idee progettuali e gestire i soggetti coinvolti nell'operazione, che svilupperà un insediamento a destinazione mista, con presenza di funzioni di carattere commerciale, residenziale e industriale, con una edificabilità pari a circa 260 mila metri quadrati in un area già pesantemente urbanizzata;
il ruolo strategico di tale area è confermato anche in previsione degli importanti progetti che nasceranno in questo territorio: la riqualificazione di Cascina Merlata e soprattutto la prossimità con il polo

espositivo di Fieramilano e di Expo 2015 e con i principali snodi infrastrutturali quali l'autostrada Milano-Laghi, l'autostrada Milano-Torino-Venezia, la strada statale del Sempione e la Varesina, la tangenziale Ovest, le Ferrovie dello Stato (con l'alta velocità) e le Ferrovie nord Milano;
in data 29 dicembre 2010 la giunta regionale della Lombardia ha approvato con deliberazione n. 1156 l'accordo di programma finalizzato alla riperimetrazione, riqualificazione e alla reindustrializzazione dell'area ex Fiat Alfa Romeo, impegnandosi a definire la sottoscrizione dello stesso accordo entro il 31 dicembre 2011, termine attualmente slittato al 30 settembre 2012;
da notizie apparse sulla stampa, risulta che il gruppo Volkswagen, potrebbe essere interessato all'acquisto dell'Alfa Romeo; a provarlo sarebbero i sopralluoghi effettuati nei mesi scorsi da professionisti tedeschi, proprio nell'area dell'ex Alfa ad Arese; in particolare questi ultimi avrebbero visitato le aree di proprietà del gruppo Aglar;
sembrerebbe, inoltre, che la Volkswagen abbia già espresso alla regione Lombardia la volontà di rilanciare la produzione automobilistica nella storica area -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda intraprendere affinché vi sia una soluzione positiva per il rilancio del settore automobilistico e di un territorio che ne è stato sempre protagonista.
(5-06258)

BERGAMINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la cantieristica europea sta attraversando un periodo di grande difficoltà, dimostrato dal forte calo degli ordini aggiudicati da imprese europee che sono passati dal 33 per cento del 1981 al 6 per cento del 2011;
l'erosione della quota di mercato in questi trent'anni si deve sostanzialmente al rafforzarsi delle industrie dell'estremo Oriente, capaci di produrre a prezzi inferiori le navi a basso valore aggiunto (portacontainer, petroliere, rinfusiere, e altro), lasciando ai cantieri del vecchio continente solo alcune nicchie produttive e, in particolare, il settore delle navi passeggeri di alta gamma (navi da crociera e cruise ferries) e il settore delle commesse militari, in cui si è specializzata la società italiana Fincantieri, raggiungendo livelli di leadership mondiale;
malgrado la tenuta delle commesse militari e la solidità dell'azienda, anche Fincantieri da tempo versa in uno stato di progressiva crisi, come dimostrano le recenti agitazioni dei lavoratori e le dichiarazioni dell'amministratore delegato Giuseppe Bono in merito ad una sostanziale diminuzione progressiva delle commesse navali rispetto al passato;
nell'ambito della cantieristica grande rilievo assume il versante della riparazione navale, che acquista un'importanza sempre maggiore tanto più che diminuiscono le commesse per le costruzioni navali;
in Italia i bacini di carenaggio che superano dal punto di vista strutturale 300 metri sono quello di Fincantieri a Palermo e quelli demaniali di Livorno e Napoli, mentre il cantiere di Genova, che è il polo nazionale più importante in termini di numero di navi riparate, ha 5 bacini di misura inferiore e, malgrado le forti pressioni di alcune imprese cantieristiche sulle istituzioni locali liguri, non si è mai riusciti a costruire una sesta vasca in grado di garantire un futuro al comparto delle riparazioni;

in questo quadro appare assai preoccupante la notizia della negoziazione esclusiva intavolata dall'autorità portuale di Marsiglia per l'assegnazione della gestione del più grande bacino navale del Mediterraneo per la riparazione navale;
secondo notizie di stampa appare assai probabile che ad aggiudicarsi la gara potrebbe essere una cordata composta dalle seguenti società: la tedesca Meyer Werft, impresa specializzata nella costruzione di navi da crociera e navi passeggeri; la Stx France, società controllata dal gruppo coreano Stx e partecipata con quota superiore al 30 per cento dallo Stato francese; la società privata genovese T. Mariotti, facente capo all'ex presidente di Confindustria Genova, quarto player europeo nella costruzione, specializzata in navi di medie piccole dimensioni di alta gamma; la società San Giorgio del Porto, socio della T. Mariotti nella Genova Industrie Navali; la CNM (Chantier Naval Marseille), controllata della San Giorgio, che gestisce da oltre un anno gli altri due bacini di carenaggio più grandi di Marsiglia;
sempre da fonti di stampa si apprende che a tale cordata, che riunisce il secondo e il quarto player europeo nella costruzione e la società numero uno nella riparazione navale, si potrebbero aggiungere compagnie crocieristiche;
tale notizia desta ancora maggiore preoccupazione considerato che il terminal crociere del porto francese è gestito da una joint venture composta da Msc Crociere, Costa crociere e la greca Louis Cruises;
è di assoluta evidenza che tale newco, destinata ad insediarsi dopo il 2014, dominerà il mercato del Mediterraneo e diventerà un concorrente assai pericoloso per il cantiere di riparazioni palermitano di Fincantieri;
dispiace constatare la forte presenza italiana all'estero, motivata per lo più dalla forte incertezza giuridica e dalla totale assenza di una politica industriale nel settore della cantieristica, che ha caratterizzato gli ultimi anni, come dimostra il mancato ampliamento del cantiere genovese;
la presenza italiana all'estero, incentivata dalle ottime condizioni che vengono concesse ai nostri operatori, e rinforzata anche dall'appoggio del settore pubblico locale alla cantieristica, genera una concorrenza diretta alle industrie che operano in Italia, che sempre più in futuro si troveranno in difficoltà ad affrontare la crisi -:
se il Ministro sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa;
se non ritenga opportuno rilanciare con forza la cantieristica italiana, anche al fine di evitare l'esodo degli investitori italiani nei mercati stranieri e contribuire così al rilancio dell'industria nazionale.
(5-06265)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Montagnoli e Fava n. 5-00411, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03592, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03632, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 16 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03674, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03709, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03710, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03720, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03735, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03859, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04079, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04080, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Bitonci n. 4-11313, pubblicata nell'allegato ai resoconti della seduta del 23 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Bitonci n. 4-13760, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-13787, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-13788, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-13795, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-13799, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Bitonci n. 4-14786, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-14951, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-14987, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-13874 del 12 novembre 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-06255.