XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 21 marzo 2012

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 marzo 2012.

Albonetti, Alessandri, Barbi, Bindi, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, De Biasi, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Duilio, Fava, Gregorio Fontana, Formichella, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lombardo, Lucà, Lupi, Lussana, Maran, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pisicchio, Rigoni, Stefani, Stucchi, Valducci, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 20 marzo 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CAMBURSANO: «Disciplina del finanziamento dei partiti politici e disposizioni in materia di controlli sui bilanci dei medesimi e sui rendiconti delle spese elettorali» (5063);
GRIMOLDI: «Modifiche agli articoli 33 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e 6 della legge 8 ottobre 2010, n. 170, in materia di congedi lavorativi e di fruizione di orari flessibili in favore dei genitori di minori disabili» (5064);
TASSONE: «Modifiche agli articoli 57 del codice di procedura penale, 1235 del codice della navigazione e 16 della legge 1o aprile 1981, n. 121, in materia di attribuzione delle funzioni di polizia giudiziaria al personale militare del Corpo delle capitanerie di porto e di qualificazione del medesimo come forza di polizia, nonché istituzione del servizio per l'assistenza alla navigazione marittima nell'ambito dello stesso Corpo» (5065);
MARIAROSARIA ROSSI: «Disposizioni concernenti la certificazione obbligatoria dei contratti di lavoro a progetto» (5066);
MARCHIONI: «Disposizioni per l'aggiornamento della regola tecnica di prevenzione degli incendi e la semplificazione dei requisiti prescritti per le piccole e medie imprese turistico-alberghiere» (5067);
COMPAGNON: «Divieto della propaganda pubblicitaria di giochi, scommesse e lotterie autorizzati dall'autorità pubblica» (5068);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CRAXI: «Istituzione di un'Assemblea costituente» (5069).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

La proposta di legge D'ANTONA e VELTRONI: «Modifica all'articolo 1 della legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente l'estensione dei benefìci previsti per le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice in favore delle vittime della violenza politica» (4430) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Iannuzzi e Naccarato.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

XII Commissione (Affari sociali):
BINETTI ed altri: «Modifica all'articolo 10 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, in materia di uso di medicinali in deroga per il trattamento veterinario di animali non destinati alla produzione di alimenti» (5008) Parere delle Commissioni I, V, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XIII Commissione (Agricoltura):
DI GIUSEPPE ed altri: «Disciplina dei requisiti di qualificazione professionale e di organizzazione delle imprese esercenti attività agromeccanica» (4861) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, VIII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro):
BRESSA ed altri: «Modifiche all'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di trattamenti economici erogati a carico delle finanze pubbliche» (5035) Parere delle Commissioni V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro):
MINARDO: «Sospensione degli adempimenti fiscali e contributivi e dei procedimenti di riscossione nei riguardi delle imprese di autotrasporto, di pesca, agricole e artigiane aventi sede nella Regione siciliana» (4944) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, X, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio della pendenza di un procedimento civile ai fini di una deliberazione in materia d'insindacabilità.

In data 19 marzo 2012 - ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 - dal tribunale civile di Grosseto, è pervenuta, unitamente alla comunicazione che il procedimento è stato sospeso, copia degli atti relativi ad un procedimento civile (atto di citazione del signor Domenico Fimmanò) nei confronti della deputata Monica Faenzi, affinché la Camera deliberi se i fatti per i quali si procede concernano o meno opinioni espresse o voti dati da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

Tali atti sono stati assegnati alla competente Giunta per le autorizzazioni. Copia dei provvedimenti rilevanti emanati dal tribunale di Grosseto sarà stampata e distribuita (doc. IV-ter, n. 23).

Trasmissione dal ministro per i rapporti con il Parlamento.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 15 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, concernente «Istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo e modifiche al codice della navigazione, in attuazione della direttiva 94/56/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994», il rapporto di inchiesta relativo all'inconveniente grave occorso all'aeromobile NH300C marche I-BNCC, il 18 giugno 2008, in località Paderno Dugnano (Milano).

Questa documentazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal vice ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il vice ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 16 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, della legge del 30 novembre 1998, n. 413, la relazione sullo stato di attuazione delle leggi in materia di interventi per l'industria cantieristica ed armatoriale, relativa all'anno 2010 (doc. XL, n. 3).

Questo documento - che sarà stampato - è stato trasmesso alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea

La Commissione europea, in data 20 marzo 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Libro verde - Sistema bancario ombra (COM(2012)102 final), che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di Accordi in forma di scambi di lettere sulla modifica delle concessioni sulle carni di pollame trasformate tra l'Unione europea e la Repubblica federativa del Brasile e tra l'Unione europea e il Regno di Thailandia nel quadro dell'articolo XXVIII dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT 1994) (COM(2012)106 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra il governo degli Stati Uniti d'America e l'Unione europea per il coordinamento dei programmi di etichettatura di efficienza energetica delle apparecchiature per ufficio (COM(2012)108 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio relativa al rinnovo dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (COM(2012)123 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dalla Fondazione Ugo Bordoni.

Il presidente della Fondazione Ugo Bordoni, con lettera in data 19 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, la relazione concernente l'attività svolta dalla Fondazione stessa nell'anno 2010 (doc. XXVII, n. 36).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla IX Commissione (Trasporti).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettere in data 15 marzo 2012, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14:
della conferma dell'ingegner Domenico Totaro a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale dell'Appennino Lucano-Val D'Agri-Lagonegrese;
della nomina del dottor Antonio Granara a commissario straordinario del Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna;
della conferma del dottor Vincenzo Santoro a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale delle Cinque Terre.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i beni e le attività culturali, con lettera in data 12 marzo 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali per l'anno 2012, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (448).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 10 aprile 2012.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 19 marzo 2012, a pagina 7, seconda colonna, alla diciottesima riga sono premesse le seguenti parole: «In data 16 marzo 2012», alla trentesima e trentunesima riga, le parole: «è altresì assegnata» si intendono sostituite dalle seguenti: «è stata altresì assegnata» e, alla trentottesima riga, le parole: «15 marzo» si intendono sostituite dalle seguenti: «14 marzo».

DISEGNO DI LEGGE: S. 3110 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 24 GENNAIO 2012, N. 1, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA CONCORRENZA, LO SVILUPPO DELLE INFRASTRUTTURE E LA COMPETITIVITÀ (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 5025)

A.C. 5025 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge in esame, l'articolo 34-bis ha disposto che la variazione in diminuzione del premio relativo alle polizze Rc Auto, di cui all'articolo 133, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, si applica automaticamente, fatte salve le migliori condizioni, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto;
si rende necessario attuare politiche di contenimento delle tariffe Re Auto, anche alla luce della crisi economica e finanziaria in corso, che grava, in particolar modo, sui bilanci delle famiglie e dei cittadini;
è opportuno, al contempo, garantire che queste misure si concilino con le esigenze di sostenibilità economica del sistema mutualistico su cui si fonda l'assicurazione Re Auto, a tutela degli stessi assicurati, del principio di mutualità e a garanzia di una equa determinazione delle tariffe;
le attuali clausole contrattuali del sistema cosiddetto bonus malus, in linea con il disposto di cui al primo comma dell'articolo 34-bis del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante Codice delle assicurazioni private, in coerenza col quale si muove l'articolo 34-bis, prevedono una riduzione del premio di tariffa per gli assicurati che non causano sinistri, ad eccezione dei clienti che rientrano nella migliore classe di merito, al di sotto della quale non si può scendere,

impegna il Governo:

a prevedere che sul premio di tariffa proposto all'assicurato in sede di rinnovo del contratto giunto a scadenza, fatta eccezione per i casi di prima stipula del contratto medesimo, venga indicata la percentuale di sconto prevista, di anno in anno, in ipotesi di non causazione dei sinistri, ferma naturalmente la possibilità, per gli stessi assicurati, di godere di trattamenti discrezionali di maggior favore;
a prevedere - al fine di consentire l'adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da parte delle imprese di assicurazione - un termine di quattro mesi per l'adeguamento alla disposizione in oggetto, a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;
a delegare l'Isvap alla definizione delle modalità di applicazione della norma, fermi restando termini sopra indicati.
9/5025/1.Girlanda.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo dell'informazione;
consapevole, altresì, della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
considerate le riduzioni sistematiche operate dalle ultime leggi di stabilità del fondo in favore dell'emittenza locale previsto dell'articolo 10 della legge n. 422 del 1993, tagli operati a bilanci chiusi e con effetto retroattivo in un momento già di forte difficoltà, originato dalla crisi dei mercati e dei consumi;
consapevole che gli effetti della crisi stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che già hanno avviato forti riduzioni di personale e investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio al digitale e alle numerose irrisolte questioni legate all'assegnazione di frequenze e canali,

impegna il Governo:

a varare nei prossimi due mesi norme a tutela del fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportando la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad attuare una capienza di 270 milioni dal 2014 secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993;
a consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone;
a riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
ad allargare gli obblighi di pubblicazione delle aste giudiziarie ai mezzi televisivi locali, abolendo il privilegio esistente in favore della carta stampata;
ad assegnare le numerazioni Lcn nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
a prevedere risarcimenti per l'intero sistema televisivo locale, e non solo per quello già passato al digitale, per la vendita all'asta già avvenuta delle 9 frequenze;
a prevedere, come prevede la legge, l'assegnazione di un terzo delle 27 frequenze coordinate alle emittenti locali privilegiando le emittenti che operano in Regioni soggette a forti interferenze di segnali provenienti dall'estero.
9/5025/2.Lazzari, Fucci, Distaso, Di Cagno Abbrescia, Barba, Vitali.

La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame all'articolo 65 sono presenti norme che disciplinano la realizzazione di «Impianti fotovoltaici in ambito agricolo»;
nello specifico l'articolo 65 impedisce agli impianti solari fotovoltaici, con moduli collocati a terra in aree agricole, l'accesso agli incentivi statali previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011 (che aveva ridefinito il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili);
tale norma è stata inserita nel provvedimento in oggetto, nel corso della discussione al Senato, con l'obiettivo, si legge nel dossier redatto dalla Camera dei deputati relativo al disegno di legge, «di evitare la sottrazione di rilevanti aree a vocazione agricola»;
in seguito a tali disposizioni non sarà quindi più possibile per le aziende agricole ottenere incentivi per realizzare impianti di fonti rinnovabili energetiche;
queste disposizioni stanno creando gravi difficoltà economiche in moltissime imprese agricole italiane che avevano già avviato progetti o riconvertito alcune strutture per realizzare tali impianti con la finalità di integrare il reddito tradizionale, soprattutto in un momento di forte crisi che sta caratterizzando anche il settore primario del nostro Paese;
lo sviluppo di impianti di fonti rinnovabili, compatibili con la normativa vigente in tema di salvaguardia del paesaggio e delle ricchezze ambientali e capaci di integrarsi con la vocazione agricola dei territori, ha promosso fino ad oggi la crescita di aziende e occupazione nel settore della green economy e promosso l'utilizzo di fonti energetiche alternative rinnovabili e pulite;
va inoltre aggiunto che il comma 3 del citato articolo 65 introduce una ulteriore norma restrittiva predisponendo che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas debba assicurare, nel rispetto dei principi della normativa dell'Unione europea, la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola;
i contenuti del comma 3, pur non sancendo limitazioni categoriche, possono rappresentare ulteriori ostacoli all'utilizzo degli impianti esistenti, favorendo libere interpretazioni delle norme vigenti da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas con il rischio che «la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione» si possa trasformare possibilità di connettere in rete solo un impianto di produzione,

impegna il Governo:

a prevedere la possibilità di reintrodurre, nel prossimo provvedimento utile, incentivi statali per la realizzazione di impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole regolando l'accesso a tali incentivi con il rispetto di parametri di estensione degli impianti stessi che salvaguardino la vocazione agricola delle aziende interessate;
ad emanare una normativa integrativa che disciplini, nel dettaglio, i contenuti del comma 3 dell'articolo 65 del decreto in esame.
9/5025/3.Sani.

La Camera,
premesso che:
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo dell'informazione;
consapevole, altresì, della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
considerate le riduzioni sistematiche operate dalle ultime leggi di stabilità del fondo in favore dell'emittenza locale previsto dell'articolo 10 della legge 422 del 1993, tagli operati a bilanci chiusi e con effetto retroattivo in un momento già di forte difficoltà, originato dalla crisi dei mercati e dei consumi;
consapevole che gli effetti della crisi stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che già hanno avviato forti riduzioni di personale e investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio al digitale e alle numerose irrisolte questioni legate all'assegnazione di frequenze e canali,

impegna il Governo:

a varare nei prossimi due mesi norme a tutela del fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportando la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad attuare una capienza di 270 milioni dal 2014 secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993;
a consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone;
a riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
ad allargare gli obblighi di pubblicazione delle aste giudiziarie ai mezzi televisivi locali, abolendo il privilegio esistente in favore della carta stampata;
ad assegnare le numerazioni Lcn nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
a prevedere risarcimenti per l'intero sistema televisivo locale, e non solo per quello già passato al digitale, per la vendita all'asta già avvenuta delle 9 frequenze;
a prevedere, come prevede la legge, l'assegnazione di un terzo delle 27 frequenze coordinate alle emittenti locali privilegiando le emittenti che operano in Regioni soggette a forti interferenze di segnali provenienti dall'estero.
9/5025/4.Losacco, Giacomelli, Marchioni, Giulietti, Garofani, Bressa, Meta, Giorgio Merlo, Laratta, Quartiani, Fioroni, Servodio, Oliverio, Touadi, Picierno, Barbi, Grassi, Vico.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 32 del provvedimento in esame è stato introdotto il comma 3-quinquies che prevede che «per le classi di massimo sconto, a parità di condizioni soggettive e oggettive, ciascuna delle compagnie di assicurazione deve praticare identiche offerte»;
la disposizione non è formulata in maniera chiara e quindi potrebbe essere interpretata in modo da comportare interventi non legittimi in materia di libertà di tariffe, violando in tal modo la normativa comunitaria e generando pesanti penalizzazioni per molti assicurati. La norma, infatti, potrebbe determinare un forte aumento dei prezzi per gli assicurati virtuosi residenti nelle aree territoriali meno rischiose per la frequenza dei sinistri, a fronte invece di riduzioni per i residenti in zone ad alto rischio (è chiaro infatti che l'impresa di assicurazioni dovrebbe comunque fare fronte al suo fabbisogno tariffario globale);
in particolare, se non potessero essere più applicate differenze tariffarie in funzione delle zone geografiche di circolazione, alcune province avrebbero forti riduzioni di premi (mediamente Crotone -48 per cento, Taranto -39 per cento, Napoli -38 per cento, Prato -36 per cento, Massa -27 per cento) e altre avrebbero forti incrementi dei premi (mediamente Milano -22 per cento, Vicenza e Perugia +26 per cento, Lodi e Varese +33 per cento, Brescia e Arezzo +40 per cento, Alessandria +59 per cento, Bolzano +68 per cento, Monza +95 per cento);
sul piano giuridico, una disposizione del genere introdurrebbe una forte limitazione alla libertà tariffaria delle imprese, in contrasto con la normativa comunitaria. In particolare, la disposizione in parola violerebbe i principi di cui alla Terza Direttiva Danni che, come sottolineato dalla stessa Commissione Europea ha istituito «la libertà tariffaria e l'abolizione dei controlli preliminari e sistematici sulle tariffe e sui contratti»;
la disposizione potrebbe essere impugnata davanti alla Commissione Europea per violazione del diritto comunitario e potrebbe comportare l'avvio di una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana (come, peraltro, già avvenuto in passato in riferimento al decreto-legge n. 70 del 2000 che introduceva disposizioni in materia di tariffe auto - cosiddetto blocco delle tariffe auto - dichiarate poi illegittime dalla Corte di Giustizia Europea con sentenza del 25 febbraio 2003, n. C59/01;
la disposizione potrebbe essere sottoposta al vaglio dell'Autorità giudiziaria nazionale, per eccepirne in quella sede l'illegittimità ed ottenere la rimessione della questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia Europea,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sopprimerla considerata la confusione applicativa che può determinare, il rischio elevato di contenzioso tra imprese e assicurati e il contrasto con la normativa comunitaria.
9/5025/5.Tortoli, Abrignani.

La Camera,
premesso che:
il testo originario del decreto stabiliva in 5 giorni il termine entro il quale il danneggiato deve mettere a disposizione le cose danneggiate per consentire al perito assicurativo di prendere visione del danno;
la disposizione di cui all'articolo 32, comma 3, lettera a) del provvedimento in esame, ha ridotto a due giorni il predetto termine;
sottrarre le cose danneggiate alla perizia costituisce uno dei modi più diffusi per frodare o speculare sull'esistenza e sull'entità del danno;
il termine di due giorni rende del tutto impossibile effettuare la perizia dalla ricezione in compagnia, all'inoltro al perito, al successivo contatto con il danneggiato per l'appuntamento i due giorni sono già passati,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a reintrodurre almeno il termine di cinque giorni previsto dal testo originario del decreto.
9/5025/6.Nicolucci, Abrignani.

La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge in esame, l'articolo 34-bis ha disposto che la variazione in diminuzione del premio relativo alle polizze Re Auto, di cui all'articolo 133, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, si applica automaticamente, fatte salve le migliori condizioni, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto;
si rende necessario attuare politiche di contenimento delle tariffe Rc Auto, anche alla luce della crisi economica e finanziaria in corso, che grava, in particolar modo, sui bilanci delle famiglie e dei cittadini;
è opportuno, al contempo, garantire che queste misure si concilino con le esigenze di sostenibilità economica del sistema mutualistico su cui si fonda rassicurazione Re Auto, a tutela degli stessi assicurati, del principio di mutualità e a garanzia di una equa determinazione delle tariffe;
le attuali clausole contrattuali del sistema cosiddetto bonus malus, in linea con il disposto di cui al primo comma dell'articolo 133 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante Codice delle assicurazioni private, in coerenza col quale si muove l'articolo 34-bis, prevedono una riduzione del premio di tariffa per gli assicurati che non causano sinistri, ad eccezione dei clienti che rientrano nella migliore classe di merito, al di sotto della quale non si può scendere,

impegna il Governo:

a prevedere che sul premio di tariffa proposto all'assicurato in sede di rinnovo del contratto giunto a scadenza, fatta eccezione per i casi di prima stipula del contratto medesimo, venga indicata la percentuale di sconto prevista, di anno in anno, in ipotesi di non cassazione dei sinistri, ferma naturalmente la possibilità, per gli stessi assicurati, di godere di trattamenti discrezionali di maggior favore;
a prevedere - al fine di consentire l'adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da parte delle imprese di assicurazione - un termine di quattro mesi per l'adeguamento alla disposizione in oggetto, a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge;
a delegare l'Isvap alla definizione delle modalità di applicazione della norma, fermi restando i termini sopra indicati.
9/5025/7.Abrignani.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede disposizioni complessivamente orientate all'obiettivo di promuovere le condizioni per la ripresa economica del Paese attraverso la rimozione di quegli ostacoli che caratterizzano storicamente il sistema sociale ed economico italiano e che si sostanziano in norme protezionistiche o, comunque, di ostacolo allo sviluppo delle iniziative imprenditoriali;
in tale prospettiva il decreto-legge intende ampliare le opportunità di lavoro, rafforzando le prospettive di mobilità e di promozione sociale, economica e turistica;
l'Expo 2015,che rientra nella gestione dei grandi eventi, costituisce un avvenimento di portata storica, dal punto di vista economico ed imprenditoriale, il cui obiettivo è assicurare significative ricadute per l'intero sistema economico italiano;
il suddetto evento, coinvolgerà le regioni limitrofe alla Lombardia, ed in particolare il Piemonte, che ha offerto la propria collaborazione agli organizzatori del grande evento mondiale, per il quale sono attesi circa 21 milioni di visitatori;
tra i numerosi elementi di attrazione che rendono il Piemonte un bacino interessante per gli organizzatori dell'evento mondiale, vi è la possibilità di convogliare verso l'Expo Milano 2015 i flussi turistici presenti già normalmente sul territorio piemontese nei sei mesi di svolgimento della manifestazione: in media oltre 7 milioni di presenze;
il Piemonte, attraverso il proprio patrimonio storico, naturale, paesaggistico e gastronomico, certamente può contribuire favorevolmente a determinare un successo di livello internazionale per l'Italia, con la consapevolezza che l'evento dell'Expo Milano 2015, possa rappresentare una straordinaria vetrina mondiale per il nostro Paese in termini di sviluppo e di competitività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, interventi a sostegno del settore alberghiero al fine di incentivare l'economia turistica piemontese, nel rispetto delle competenze previste dalla Costituzione in materia regionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo dell'intero sistema economico piemontese, coinvolto in maniera diretta dall'Expo Milano 2015.
9/5025/8.Nastri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 35 dispone che fino al 31 dicembre 2014, in sostituzione dello speciale regime misto di tesoreria previsto per le regioni e gli enti locali si applichi l'ordinario regime di tesoreria unica di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720, secondo cui tutte le entrate dei predetti enti devono essere versate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato;
tale disciplina consentirà l'afflusso presso la tesoreria statale di almeno 8,6 miliardi di euro, come stimato nella Relazione tecnica, quale media delle risorse detenute presso il sistema bancario da regioni, province, comuni, comunità montane, unioni di comuni, università e dipartimenti universitari;
il versamento deve essere effettuato per il primo 50 per cento delle somme liquide ed esigibili a far data dal 29 febbraio e per il restante 50 per cento a far data dal 16 aprile;
tale obbligo sembra configurare una violazione delle disposizioni costituzionali, in particolare degli articoli 114, 117, 118 e 119 della Costituzione che riconoscono il principio di equiordinazione fra i livelli di governo, piena autonomia nello svolgimento dei poteri e delle finzioni assegnate, nonché autonomia normativa in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle stesse funzioni. A questo si aggiunge una chiara lesione dei principi contenuti nell'articolo 119 della Costituzione e delle relative norme legislative di attuazione in ordine all'autonomia di entrata e di spesa propria dei comuni che ha come precondizione organizzativa la piena disponibilità e gestione delle somme liquidi ed esigibili;
tale previsione, ledendo l'autonomia potestativa ed organizzativa del comune, interviene in importanti rapporti contrattuali in corso, in quanto la tesoreria comunale è stata individuata dopo lo svolgimento di una gara pubblica e la conseguente sottoscrizione di un contratto. Tale rapporto contrattuale verrebbe così ad essere modificato ope legis, configurando così ipotesi di inadempimento a carico di una parte contrattuale, al di fuori della sua volontà;
tali somme costituiscono risorse proprie degli enti, da versare sul sottoconto fruttifero, su cui pertanto lo Stato dovrà corrispondere un interesse pari attualmente all'1 per cento, e fino al completo riversamento delle suddette risorse sulle contabilità speciali, per far fronte ai propri pagamenti, gli enti ed organismi pubblici devono utilizzare prioritariamente le risorse esigibili depositate presso tesorieri e cassieri, trasferendo gli eventuali vincoli di destinazione sulle somme depositate presso la tesoreria statale;
i contratti di tesoreria e di cassa in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere rinegoziati in via diretta tra le parti originarie ferma restando la durata inizialmente prevista dei contratti stessi e che, in mancanza di un accordo tra le parti, si attribuisce agli stessi enti ed organismi il diritto di recedere dal contratto;
l'eventuale risoluzione delle convenzioni tra le autonomie territoriali e gli istituti di credito oggi incaricati di svolgere il servizio di tesoreria locale comporterà, a carico degli enti territoriali, una perdita sia per ciò che concerne gli interessi attivi sia per quanto concerne gli interessi passivi, a fronte della necessità di reperire finanziamenti sul mercato;
gli enti locali con valutazioni di rating molto basse si troveranno ad affrontare notevoli difficoltà quando cercheranno di ottenere finanziamenti o reperire anticipazioni sul mercato per sopperire alle conseguenti crisi di liquidità;
il passaggio al nuovo sistema di tesoreria unica potrebbe comportare sofferenze per le piccole banche con vocazione territoriale, il cui fatturato è in gran parte determinato dal servizio di tesoreria in favore dei piccoli comuni;
appare evidente il grave pregiudizio economico e finanziario a carico della finanza comunale, nonché per l'intero sistema economico e produttivo locale;

impegna il Governo:

a ridurre al minimo indispensabile l'efficacia temporale della disposizione, anticipando ad una data precedente al 31 dicembre 2014, il termine di scadenza del nuovo regime di tesoreria unica;
a prevedere meccanismi che consentano alle Regioni e agli enti locali di non subire penalizzazioni nella remunerazione, in termini di interessi attivi, delle risorse allocate sulle rispettive contabilità;
ad adottare misure che consentano alle Regioni e agli enti locali di reperire finanziamenti sul mercato a condizioni non svantaggiose, in termini di interessi passivi, rispetto a quelle fornite dalle tesorerie locali, evitando altresì che si verifichino forme di penalizzazione per gli enti con valutazioni di rating critiche;
a salvaguardare la posizione degli istituti bancari a vocazione territoriale per i quali una quota consistente del fatturato deriva dallo svolgimento del servizio di tesoreria in favore delle piccole realtà comunali e locali, anche al fine di evitare che le sofferenze di liquidità del sistema bancario si riverberino in ulteriori restrizioni nell'accesso al credito delle imprese e delle famiglie;
a prevedere che una quota significativa delle risorse per il rifinanziamento del fondo residui perenti venga destinata, in via prioritaria, al pagamento dei residui in conto trasferimenti delle regioni e degli enti locali al fine di consentire agli stessi di procedere al pagamento dei crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili vantati dalle imprese nei loro confronti, derivanti dall'acquisizione di beni e servizi;
a predisporre i provvedimenti necessari a chiarire le modalità applicative di tale previsione, elaborando altresì parametri di individuazione delle priorità di pagamento dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati dalle imprese verso gli enti locali (esempio anzianità del credito, esigenze di liquidità dell'impresa, eccetera);
ad adottare in tempi rapidi il decreto attuativo dell'articolo 20, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, che ripartisce gli enti sulla base della valutazione ponderata dei parametri di virtuosità ivi indicati;
ad adottare in tempi rapidi i decreti attuativi dell'articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010, al fine di rendere tempestivamente operativi i meccanismi ivi previsti di compensazione dei crediti maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali per somministrazioni, forniture e appalti, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo;
ad adottare le opportune misure, compatibilmente con i limiti di finanza pubblica, per attenuare i vincoli derivanti dal patto di stabilità interno per gli enti locali.
9/5025/9.Albini, Cenni.

La Camera,
premesso che:
in merito al comma 17 dell'articolo 11 suscita molta preoccupazione la possibile declinazione della norma soprattutto in alcuni casi di farmacie piccole rurali;
l'interpretazione della norma che appare prevalente sembra essere quella che impedisce al direttore socio di società di farmacisti di cui all'articolo 7 della legge n. 362 del 1991 e al direttore sostituto del titolare nei casi tassativamente previsti dall'articolo 11 della legge n. 475 del 1968 di mantenere la direzione della farmacia dopo il conseguimento dell'età pensionabile;
i commi 3 e 4 dell'articolo 7 della legge n. 362 del 1991 disciplinano la direzione della farmacia gestita in forma societaria e la sostituzione temporanea del direttore della predetta farmacia nei casi previsti dall'articolo 11 della legge n. 175 del 1968;
si potrebbe comunque verificare il caso che nell'ambito della società fra farmacisti nessun socio sia in possesso dei requisiti per dirigere la farmacia;
i casi di sostituzione disciplinati per legge sono; a) infermità, b) gravi motivi di famiglia c) gravidanza e tutela maternità, d) servizio militare, e) chiamata a cariche elettive istituzionali o sindacali, f) ferie;
si tratta di casi ben disciplinati e non può essere applicato alla conduzione imprenditoriale economica e professionale del titolare di farmacia che è da tenere ben distinta dalla «direzione della farmacia» cui si fa riferimento nel decreto;
il titolare della farmacia non può essere obbligato a lasciare la conduzione imprenditoriale economica e professionale della farmacia al raggiungimento dell'età pensionabile;
in questo caso ci troveremmo di fronte ad una norma antiliberale e che andrebbe a penalizzare spesso piccole farmacie rurali che gestiscono un servizio sociale importantissimo per la medicina del territorio,

impegna il Governo

ad interpretare correttamente il comma 17 dell'articolo 11 del decreto in esame e ad evitare con apposito provvedimento ministeriale che il titolare della farmacia possa essere obbligato a lasciare la conduzione imprenditoriale economica e professionale della farmacia al raggiungimento dell'età pensionabile.
9/5025/10.Burtone.

La Camera,
premesso che:
in merito all'articolo 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 si stabilisce che sono esenti dall'imposta municipale gli immobili degli enti non profit destinati ad utilizzi diversi da quelli commerciali;
la normativa sull'esenzione degli immobili posseduti dalle onlus, da confessioni religiose che hanno stipulato con lo Stato un concordato e dagli enti del settore non profit è stato oggetto di numerose modifiche finalizzate a chiarire il regime di imponibilità degli immobili nei quali fosse esercitata anche l'attività commerciale in via esclusiva. Prevalente o non prevalente. La non chiarezza della norma ha provocato infrazioni comunitarie;
le ragioni che hanno portato alle esenzioni riportate all'articolo 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 sono tutt'ora valide poiché così come non pagano l'Ici o l'Imu i beni degli enti locali dove sono svolte attività pubbliche, così non pagavano i locali di enti non profit e onlus che svolgevano attività pubbliche ovvero rivolte alla popolazione, senza per questo incorrere in attività profit;
l'articolo 91-bis, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, prevede che, dal 2013, l'esenzione da IMU (ex ICI) per gli immobili di enti non commerciali adibiti a specifiche attività sarà applicabile solo nel caso in cui le predette siano svolte con modalità non commerciali. In sostanza, dal 2013, nel caso in cui tali attività - pur dando luogo, astrattamente, a esenzione - siano svolte con modalità commerciali, gli immobili degli enti non commerciali ove sono effettuate saranno soggetti (in tutto o in parte) a imposta municipale;
il concetto di attività «non commerciale» è di difficile interpretazione, poiché anche attività non profit nei settori «pubblici» dell'educazione e del sociale possono operare senza fini di lucro ma mettendo in pratica attività commerciali connesse alle attività svolte, con rette, convenzioni, stipendi, contratti;
nel corso dell'esame presso il Senato, il Presidente del Consiglio è intervenuto ed ha chiarito che la norma in esame si interpreta nel senso che l'imposta si applica agli istituti religiosi e non profit e onlus solo in presenza di finalità commerciali e pertanto rientrano nel regime di esenzione le scuole no profit;
entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il Ministro dell'economia emanerà un decreto stabilendo le modalità e le procedure delle esenzioni Imu,

impegna il Governo

nell'ottica di valorizzare le organizzazioni no profit e onlus a prevedere che sia mantenuta l'esenzione Imu qualora svolgano attività senza fini di lucro.
9/5025/11.Toccafondi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 57 del decreto-legge in esame, con la riscrittura dell'articolo 10, comma 1 numeri 8 ed 8-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, è intervenuto sul regime IVA delle cessioni e locazioni di abitazioni, introducendo il meccanismo dell'IVA su opzione per le sole operazioni aventi ad oggetto alloggi sociali o abitazioni rientranti in piani di edilizia convenzionata;
resta ferma l'esenzione da IVA per tutte le altre locazioni abitative (ivi comprese quelle riguardanti le abitazioni costruite per la vendita), nonché per le cessioni di abitazioni effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici oltre 5 anni dai termine dei lavori;
le citate modifiche non hanno quindi risolto le forti criticità che l'attuale disciplina IVA delle suddette operazioni arreca alle imprese operanti nel settore delle costruzioni, fortemente incise dal perdurante stato di crisi del mercato;
seppur il Governo aveva espresso l'intenzione di risolvere tali problematiche nello schema di decreto varato il 20 gennaio 2012, il testo definitivo del decreto-legge in esame ha circoscritto l'opzione per l'assoggettamento ad IVA alle soie operazioni relative al social housing, definite dalla stessa relazione tecnica «fenomeno ancora relativamente contenuto», tanto da stimarne gli effetti sul gettito come «trascurabili», come del resto l'impatto in termini di sviluppo dell'economia generale del Paese, il cui «motore» in un momento di crisi come quello attuale non può essere rintracciato nei «limitati» programmi di sociale hausing;
per le imprese di costruzioni, l'effettuazione di operazioni esenti da IVA (temporanea locazione delle abitazioni costruite e cessione delle stesse dopo i 5 anni dall'ultimazione dei lavori) comporta sia la necessità di procedere alla rettifica della detrazione IVA inizialmente operata in sede di costruzione dei medesimi fabbricati, sia l'incidenza sul generale diritto alla detrazione, nel periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento esente (cosiddetto «pro-rata generale»);
non appare risolutivo il riconoscimento operato dal decreto-legge in esame, della possibilità di separare contabilmente e fiscalmente le operazioni di cessione di abitazioni esenti da quelle imponibili ad IVA (già riconosciuta alle operazioni di locazione), meccanismo che incrementa gli oneri amministrativi e gestionali delle imprese, e non assicura il rispetto del principio di «neutralità dell'IVA», sancito a livello europeo;
al fine di incentivare la ripresa delle attività, è necessario, invece, liberare risorse in capo alle imprese, favorendo lo smobilizzo dell'invenduto ed il conseguente autofinanziamento di nuovi cantieri, con effetti positivi anche sui settori collegati alle costruzioni e sull'occupazione;
occorre, pertanto, modificare la norma contenuta nel decreto-legge in esame estendendo l'opzione per l'imponibilità ad IVA alle locazioni di abitazioni costruite per la vendita ed alle cessioni di abitazioni effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici delle stesse, oltre 5 anni dall'ultimazione dei lavori;
l'estensione dell'opzione è pienamente conforme alla direttiva IVA comunitaria (direttiva 2006/112/CE), che riconosce la possibilità ai soggetti passivi di optare per l'imposizione per tutte le cessioni di fabbricati (abitativi o meno - articolo 137 paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva) e qualsiasi tipologia di fabbricato (articolo 135, paragrafo 2, ultimo periodo e articolo 137, paragrafo 1, lettera d), della medesima direttiva), come del resto già riconosciuto dallo stesso decreto-legge in esame per ciò che concerne gli alloggi sociali e le abitazioni rientranti nei piani di edilizia convenzionata;
una modifica normativa in tal senso sarebbe in grado di autofinanziarsi già con le maggiori entrate garantite all'Erario, in termini di imposte dirette e di IVA, derivanti dall'effettuazione di tali operazioni, oggi rese «antieconomiche» dal vigente regime di esenzione, a cui si aggiunge l'effetto «moltiplicatore» riferito all'avvio di nuovi investimenti;
per quanto riguarda le locazioni, l'Ipotetica perdita di gettito derivante dalla maggior IVA detraibile per effetto della modifica, verrebbe ampiamente compensata dal maggiori introiti derivanti dal passaggio dal registro (2 per cento) all'IVA (10 per cento) sui canoni da locazione e dalle imposte sul reddito da locazione in capo alle imprese (IRES al 27,5 per cento + IRAP al 3,9 per cento);
allo stesso modo, per quanto riguarda le cessioni, l'eventuale mancato gettito per lo Stato sarebbe più che compensato dall'aumento di entrate, generato dall'anticipo delle compravendite (considerate l'IVA applicata sulle operazioni e le imposte dirette dovute sull'utile prodotto), a cui si aggiunge una ricaduta positiva sul sistema economico ed un aumento dei livelli occupazionali, conseguenti ai nuovi cantieri attivati dalle risorse resesi disponibili dal realizzo degli immobili invenduti,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative volte ad estendere l'assoggettamento ad IVA su opzione, così come ammesso dalla Direttiva europea 2006/112/CE e recentemente introdotto, per gli alloggi sociali, dal decreto-legge in esame, alla locazione di fabbricati residenziali ed alla cessione degli stessi, effettuata oltre cinque anni dall'ultimazione dei lavori di costruzione o di recupero incisivo.
9/5025/12.Stradella.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni indirizzate alla promozione per la ripresa economica del Paese, attraverso la rimozione di quegli ostacoli che caratterizzano storicamente il sistema sociale ed economico italiano e che si sostanziano in norme protezionistiche o, comunque, di ostacolo allo sviluppo delle iniziative imprenditoriali;
in tale prospettiva il decreto-legge intende rivedere il quadro normativo, eliminando gli ostacoli ingiustificati all'accesso al mercato, ampliando le opportunità di lavoro e rafforzando le prospettive di mobilità e di promozione sociale;
l'articolo 62 prevede in particolare che i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, esclusi quelli conclusi con il consumatore finale, devono essere formulati per iscritto e devono contenere, a pena di nullità, rilevabile d'ufficio dal giudice, alcuni elementi relativi alla durata, quantità, caratteristiche del prodotto, prezzo, modalità di consegna, modalità di pagamento e che devono essere, altresì, informati a princìpi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti;
numerosi operatori della filiera agroalimentare segnalano l'esigenza di stabilire che l'obbligo di forma scritta negli accordi che non prevedono anche l'erogazione di servizi accessori sia validamente assolto con la sottoscrizione dei documenti di accompagnamento, che prevedono l'indicazione del prezzo e della quantità del prodotto ceduto, e che nei contratti previsti dal suesposto articolo 62, che indicano anche l'erogazione di servizi accessori, l'obbligo di forma scritta, a pena di nullità, con l'indicazione della durata, la quantità, le caratteristiche dei servizi, dei corrispettivi e le modalità di esecuzione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la disposizione di cui all'articolo 62 del provvedimento in esame, ed esposta in premessa, al fine di una migliore trasparenza, nei contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, affinché l'obbligo di forma scritta negli accordi che non prevedono anche l'erogazione di servizi accessori, sia validamente assolto con la sottoscrizione dei documenti di accompagnamento, che prevedono l'indicazione del prezzo e della quantità del prodotto ceduto, nonché a prevedere che soltanto nei contratti previsti dal medesimo articolo 62 del decreto, che indicano anche l'erogazione di servizi accessori, sia stabilito l'obbligo di forma scritta, a pena di nullità, con l'indicazione della durata, la quantità, le caratteristiche dei servizi, dei corrispettivi e le modalità di esecuzione.
9/5025/13.Faenzi.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle norme e dei provvedimenti volti a rendere stabili i conti pubblici e certo il percorso per il raggiungimento del pareggio di bilancio per il 2013, il legislatore, con l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2001, convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha inteso introdurre una tassazione la quale modifica quanto precedentemente disposto, in materia di imposte di bollo sulle comunicazioni bancarie relative ai depositi titoli, ma non ha stabilito una soglia minima di esenzione per importi di bassa significatività per depositi detenuti da piccoli risparmiatori presso gli istituti bancari privati, benché il citato articolo, al comma 3 esenti i buoni fruttiferi postali nel limite di 5000 euro;
la previgente disciplina esentava dal pagamento del bollo i dossier titoli che contenevano prodotti finanziari inferiori a 1000 euro, salvaguardando un equo trattamento tra interessi dello Stato e interessi degli azionisti che, per fini non lucrativi, sostengono iniziative di azionariato diffuso;
nella fattispecie Banca Popolare Etica, unico istituto di credito italiano orientato al sostegno dell'economia sociale, con oltre 24.000 soci possessori di azioni inferiori al valore di 1000 euro e custoditi in dossier titoli di non superiore valore, con l'introduzione della succitata tassazione, sarebbe costretta a vedere uscire dalla compagine societaria moltissimi piccoli azionisti il cui risparmio verrebbe penalizzato da una norma lesiva della libertà di mercato e dei diritti dei risparmiatori, con ciò manifestandosi per altro un rischio di sostenibilità della banca, proprio nel momento in cui la solidità degli istituti bancari si basa sulla conservazione della partecipazione azionaria e sull'aumento dei capitali propri;
l'Associazione delle Banche Popolari, considerata la rilevanza che riveste la questione per le banche socie, ha sollecitato un'interpretazione della nuova normativa, relativamente a quanto precedentemente illustrato in materia di tassazione dei dossier titoli interessanti il possesso di strumenti e prodotti finanziari di valore inferiore ai 1000 euro, affinché sia reso ancora possibile il ricorso alla franchigia precedentemente vigente e non espressamente soppressa dalle norme previste dal decreto-legge n. 201 del 201,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di interpretare le norme di cui in precedenza nel senso della esenzione dall'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli di quei risparmiatori che possiedono strumenti e prodotti finanziari inferiori ai 1000 euro.
9/5025/14.Quartiani.

La Camera,
premesso che:
con il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, si è inteso avviare un processo di adeguamento ai principi dell'ordinamento europeo del mercato interno del settore del gas, conformandosi a specifiche direttive comunitarie e, più in generale, ai principi fondamentali in tema di libertà di impresa e di apertura alla concorrenza stabiliti nel Trattato;
la normativa del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, ha dunque imposto, tra l'altro, che l'attività di distribuzione del gas naturale, in quanto servizio pubblico, debba essere affidata esclusivamente mediante gara ad evidenza pubblica ed ha attribuito agli enti locali i compiti di indirizzo, vigilanza, programmazione e controllo sulle attività di distribuzione;
il decreto in esame risolve positivamente un lungo periodo di inattività per quanto riguarda gli atti relativi alla concreta attuazione del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, e relativi alla definizione dei perimetri degli ambiti territoriali ottimali e alla definizione dei criteri di gara e di valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio;
in più occasioni molti comuni, anche attraverso formali pronunciamenti dell'ANCI e della Lega delle Autonomie Locali, hanno fatto osservare come la liberalizzazione della distribuzione del gas possa essere un'importante occasione per favorire operazioni di consolidamento delle risorse finanziarie degli enti locali,

impegna il Governo

a valutare, anche con successivi provvedimenti correttivi, la possibilità di introdurre un riequilibrio nella regolazione dei rapporti tra operatori e amministrazioni locali, oggi tendenzialmente sbilanciati a favore dei gestori del servizio. Questo anche al fine di assicurare ai comuni, oggi notoriamente indotti a tener conto dei recenti e meno recenti provvedimenti di finanza pubblica, la possibilità di maggiori entrate e disponibilità finanziarie dalla liberalizzazione del settore della distribuzione del gas.
9/5025/15.Morassut.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 è stata anticipata al corrente anno l'operatività dell'imposta municipale propria (IMU), sostitutiva, per la componente immobiliare, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, e dell'imposta comunale sugli immobili;
con la medesima norma è stato, inoltre, disposto che l'IMU si applichi anche alle abitazioni principali, definite come l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente;
l'aliquota di base dell'imposta municipale propria è pari allo 0,76 per cento, mentre per l'abitazione principale l'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento e i comuni possono modificarla, in aumento o in diminuzione, sino a 0,2 punti percentuali; in favore dei soggetti che risiedono nell'immobile adibito ad abitazione principale è altresì prevista una detrazione di duecento euro, che è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell'unità immobiliare, fino ad un importo complessivo massimo della detrazione di 400 euro;
alcuna detrazione è stata invece prevista in favore dei nuclei familiari con soggetti disabili gravi o portatori di handicap a carico, pur a fronte delle ingenti spese che queste famiglie sono costrette a sopportare;
la carenza di servizi e assistenza formale da parte del sistema sociale, infatti, costituisce un deficit che ricade inevitabilmente sulle famiglie, che continuano a farsi carico della maggior parte delle attività di cura ed aiuto ai loro componenti in condizioni di disabilità o affetti da handicap, compreso un onere economico spesso ingente; dai dati che emergono dalle analisi effettuate dall'ISTAT, le famiglie nel nostro Paese che hanno al loro interno un soggetto affetto da disabilità grave o handicap sono più di un milione,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative, anche normative, al fine di prevedere un'agevolazione, rispetto all'imposta municipale propria, in favore delle famiglie che hanno al loro interno un soggetto disabile grave o affetto da handicap, valutando se ricorrere allo strumento della riduzione dell'aliquota o di una ulteriore detrazione.
9/5025/16.Savino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca norme sull'esenzione dell'imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali (articolo 91-bis);
l'Imposta Municipale Unica (IMU) è stata anticipata al 2012 dall'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici;
le cooperative a proprietà indivisa costituite ai sensi del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, e successive modifiche, sono cooperative di abitazione di edilizia popolare ed economica i cui appartamenti di proprietà non vengono mai venduti, ma esclusivamente assegnati in godimento (locazione) ai soci mediante periodici bandi di concorso. Le modalità e la quota di iscrizione sono diverse per ogni cooperativa, ma generalmente sono cifre di modesta entità;
il socio delle cooperative a proprietà indivisa dovrà versare, nel caso di nuove costruzioni o assegnazione di appartamenti ristrutturati, una quota di apporto finanziario infruttifero, (determinata dalla differenza tra finanziamento pubblico, contributi o disponibilità della cooperativa e costo dell'intervento) che sarà scontata sulla corrisposta mensile o restituita dopo un certo periodo di tempo;
l'assegnazione degli alloggi avviene per anzianità di iscrizione, titolo che prevale anche quando vengono proposti bandi riservati ad alcune categorie sociali: coppie di giovani, sfrattati, anziani, portatori di handicap, eccetera;
la quota mensile di godimento, generalmente assai inferiore ai canoni d'affitto di mercato, è stabilita dal Consiglio di amministrazione della cooperativa;
tale forma di cooperativismo storico, sorta per lo più per offrire un alloggio a particolari categorie sociali di lavoratori, assume oggi, in un momento in cui la crisi economica rende di difficile realizzazione il progetto di acquisto della prima abitazione da parte di fasce di popolazione sempre più ampie con una sempre maggiore presenza di giovani tra i richiedenti, una nuova valenza sociale che si affianca, e supporta, il ruolo svolto dagli istituti pubblici nel reperimento e assegnazione di alloggi popolari;
in Italia il fenomeno delle cooperative a proprietà indivisa ha radici storiche soprattutto in Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte. Ad oggi queste regioni raccolgono il maggior numero di cooperative per un totale stimato in 25.000 appartamenti tutti assegnati a nuclei familiari; statisticamente, secondo i dati forniti dalla maggiore Cooperativa (9.345 soci e 2.223 appartamenti al 21 febbraio 2012), la Cooperativa Risanamento di Bologna, i soci assegnatari sono nuclei famigliari, spesso con reddito da pensione al minimo, che per oltre il 60 per cento appartengono alle categorie degli operai, lavoratori dipendenti e pensionati e di questi ultimi oltre il 15 per cento è ultraottantenne;
per ottenere e mantenere il diritto all'abitazione per i soci delle cooperative a proprietà indivisa, assegnatari di unità immobiliare da parte della Cooperativa, devono rispettare i requisiti di cui all'articolo 21 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
il socio-assegnatario, obbligato alla residenza e all'impossidenza di altri beni, si configura quindi come titolare di «prima abitazione», pur non possedendola in proprietà, anche rispetto al pagamento dell'Imposta Municipale Unica (IMU) che la cooperativa è tenuta a pagare e poi ad addebitare al socio-assegnatario;
i soci assegnatari della cooperativa a proprietà indivisa subiscono, per l'effetto dell'applicazione dell'IMU, così com'è attualmente in vigore, una ingiusta penalizzazione in quanto per la cooperativa tutte le unità immobiliari possedute e assegnate ai soci in via esclusiva come prima abitazione (pur non essendone questi proprietari) risultano per la cooperativa stessa, assoggettate alla aliquota IMU dello 0,76 per cento ancor fossero considerate seconde abitazioni;
tale aspetto, in considerazione del fatto che i soci permangono assegnatari delle unità immobiliari a condizione che non posseggano altri immobili, rappresenta una penalizzazione che grava sui bilanci delle cooperative che sono obbligate al pagamento dell'IMU e che dovranno obbligatoriamente abbassare la quota di bilancio destinata alla manutenzione degli immobili per farvi fronte e, poi, sui soci assegnatari che potrebbero vedersi - per effetto della rivalsa da parte della cooperativa stessa - aumentare il canone mensile ad essi applicato, della quota corrispondente all'IMU versata per l'unità immobiliare ad essi assegnata, con il conseguente impatto economico sui nuclei familiari citati in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rinviare al 31 dicembre 2012 l'applicazione dell'IMU come prevista dall'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per i soli immobili effettivamente assegnati ai soci delle cooperative a proprietà indivisa, costituite ai sensi del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, e successive modifiche e integrazioni, che rispettano i requisiti di cui all'articolo 21 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, e successive modifiche e integrazioni, in attesa dell'emanazione di nuove norme in materia di Imposta Municipale Unica (IMU) volte a prevedere l'estensione del beneficio di «prima casa» per il calcolo della corrispondente imposta IMU sugli immobili delle cooperative a proprietà indivisa, in virtù del ruolo sociale e di assistenza abitativa che esse svolgono nei confronti delle classi sociali esposte alla crisi economica in corso.
9/5025/17.Cazzola.

La Camera,
premesso che:
condivisi i rilievi al decreto-legge contenuti nel parere espresso dalla Commissione giustizia il 14 marzo 2012, ritenendo che tale decreto-legge contenga numerose disposizioni anche ordinamentali estremamente rilevanti di competenza della Commissione giustizia, che si sarebbero potute esaminare in maniera maggiormente approfondita qualora fossero state oggetto di specifici progetti di legge;
richiamate, in particolare, le condizioni contenute nel predetto parere con particolare riferimento all'istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, all'abolizione delle tariffe professionali, alle società tra professionisti ed al ricorso alla finanza di progetto finalizzata alla realizzazione di strutture carcerarie;
ritenuto che sarebbe stato più opportuno istituire le sezioni specializzate con una apposita legge che avrebbe dovuto contenere disposizioni volte ad adeguare l'organico di tali sezioni alle peculiari esigenze proprie di ogni territorio;
sottolineata la necessità di modificare, secondo quanto previsto nel richiamato parere, la disciplina delle sezioni specializzate prima che queste diventino operative e, quindi, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto;
ritenuto altresì che la scelta di abrogare le tariffe non tiene conto che la ratio della disciplina vigente in materia deve essere rinvenuta nell'esigenza di parametrare i compensi dei professionisti anche a tutela dei clienti, riducendo notevolmente il rischio di abusi della posizione dominante che il professionista ha nei confronti del cliente;
sottolineata l'esigenza di verificare, dopo una prima applicazione della legge, la praticabilità della previsione secondo cui devono essere indicate nel preventivo le voci di costo delle singole prestazioni in quanto è spesso impossibile conoscere in anticipo le singole attività che il professionista si troverà a svolgere;
ritenuto che sia opportuno verificare dopo una prima applicazione della legge se non sia opportuno modificare la disciplina generale in materia di costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel senso di escludere da essa la professione forense in ragione del suo rilievo costituzionale e, quindi, degli interessi coinvolti nell'esercizio tale professione;
ritenuto, più in particolare, che una specifica disciplina per le società tra professionisti appare necessaria per la professione forense, al fine di garantire il diritto di difesa dell'individuo nonché l'indipendenza dell'avvocato, in modo che l'esercizio in forma societaria della professione forense non vanifichi il principio di personalità della prestazione, il diritto del cliente di scegliere il proprio difensore e, allo stesso tempo, in modo da mantenere ferma la responsabilità personale dell'avvocato, da consentire la soggezione della società professionale ad un concorrente regime di responsabilità ed al regime di deontologia specifico della professione forense;
rilevato come anche il particolare rilievo del segreto professionale dell'avvocato depone nel senso dell'opportunità di escludere soci non avvocati: il socio di investimento, infatti, non sarebbe soggetto al dovere di mantenere il segreto, né appare sufficiente, al riguardo, la formale opponibilità del segreto nei suoi confronti da parte dei soci avvocati;
ritenuto quindi che per le predette ragioni si dovrebbe consentire solamente ai soci professionisti di costituire società tra avvocati;
rilevato come la previsione, di cui all'articolo 43, comma 1, di realizzare le strutture necessarie per superare l'emergenza del sovraffollamento delle carceri ricorrendo in via prioritaria alla finanza di progetto di cui all'articolo 153 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), dovrebbe essere rivista sostituendo al criterio della priorità quello della eccezionalità, chiarendo in tal modo che il ricorso alla finanza di progetto debba essere una extrema ratio con la quale far fronte a situazioni nelle quali è impossibile ricorrere agli strumenti ordinari,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative, anche normative, necessarie ad attuare quanto previsto nel parere espresso dalla Commissione giustizia il 14 marzo.
9/5025/18.Contento, Costa, Paniz.

La Camera,
premesso che:
la Commissione giustizia il 14 marzo 2012 ha espresso il parere sul provvedimento nel quale si è rilevato come:
a) il decreto-legge in esame contenga, anche a seguito delle modifiche apportate dal Senato, disposizioni ordinamentali di estrema rilevanza rientranti nell'ambito di competenza della Commissione giustizia, che, qualora fossero state inserite in specifici progetti di legge, il Parlamento avrebbe potuto esaminare in maniera sicuramente maggiormente approfondita di quanto è stato possibile fare in un procedimento di conversione in legge di un decreto-legge, che peraltro si è concluso con l'apposizione della questione di fiducia sia alla Camera che al Senato;
b) sarebbe stato opportuno, se non addirittura necessario, modificare il decreto-legge in esame proprio in relazione ad alcune delle disposizioni di competenza della Commissione giustizia, quali, ad esempio, quelle sulle sezioni specializzate in materia di impresa e sulla finanza di progetto finalizzata alla realizzazione di strutture carcerarie;
c) l'istituzione delle sezioni specializzate delle imprese in tutti i tribunali e corti d'appello con sede nei capoluoghi di regione dovrebbe essere proceduta dall'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, volta alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, in quanto in tal modo la conseguente redistribuzione dell'organico tra gli uffici giudiziari terrebbe conto delle esigenze delle istituende sezioni specializzate;
d) la disciplina istituiva delle sezioni specializzate presenti forti criticità sotto il profilo applicativo, in quanto non si è operata una scelta precisa sul modello ordinamentale da applicare e non si è tenuto in debito conto delle ricadute che esse avranno sul funzionamento degli uffici giudiziari in assenza di interventi legislativi volti ad adeguare l'organico e le strutture organizzative alle nuove competenze;
e) la carenza di organico potrebbe determinare la paralisi delle nuove sezioni, costringendo di fatto l'utenza a ricorrere all'arbitrato per ottenere giustizia nelle materie di competenza di tali sezioni;
f) vi siano diverse esigenze di natura organizzatoria da parte degli uffici giudiziari interessati dalla riforma in esame, in quanto alcuni, come ad esempio Roma, Milano e Napoli, attrarranno un numero circoscritto di cause con limitata necessità di adeguamenti di organico, altri vedranno un aumento di carico di lavoro al quale si potrà far fronte con modifiche delle tabelle, altri ancora, come ad esempio Venezia, Bologna e L'Aquila, avranno un aumento del carico di lavoro di entità tale da richiede un adeguamento degli organici in via legislativa, la cui possibilità viene invece espressamente negata dal comma 1-bis introdotto dal decreto in esame nell'articolo 1 del decreto legislativo n. 188 del 26 giugno 2003;
g) al fine di scongiurare il rischio di quanto paventato alla lettera d), occorrerebbe che:
1) la ridistribuzione dell'organico che verrà effettuata in occasione della revisione delle circoscrizioni giudiziarie in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, sia effettuata in favore in primo luogo delle Corti d'appello e dei tribunali che sono sedi delle sezioni specializzate in materia d'impresa;
2) presso la Corte di Cassazione la trattazione delle controversie sia riservata alla competenza delle sezioni specializzate sia attribuita ad una sezione civile espressamente designata nelle tabelle dell'ufficio;
3) le sezioni specializzate in materia d'impresa siano composte, in presenza di esigenze organizzative e di celere trattazione delle controversie, da un numero di giudici non inferiore a 5 e da un presidente di sezione;
4) in presenza di particolari esigenze organizzative l'assegnazione dei giudici alle sezioni specializzate in materia d'impresa avvenga anche mediante una tabella infradistrettuale appositamente predisposta dal presidente della Corte d'appello con il criterio della coassegnazione, escludendo quello della supplenza;
5) nella tabella infradistrettuale di cui al punto 4) sia consentita, in presenza di esigenze organizzative e di celere definizione delle controversie, la previsione della trattazione delle cause presso i tribunali ricompresi nel distretto della Corte d'appello;
6) ai magistrati assegnati alle sezioni specializzate possano essere assegnati ulteriori affari connessi con le materie attribuite alla sezione, con specifico riferimento a quelle concernenti le materie societaria e fallimentare;
7) i giudici assegnati alle sezioni specializzate siano scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze dando la preferenza a coloro che siano stati già assegnati alla trattazione delle controversie in materia societaria, fallimentare e della proprietà industriale o abbiano maturato esperienze tali da garantire il possesso di una specifica attitudine professionale nelle materie in esame;
8) sia soppresso il comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 168 del 2003, introdotto dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge, che appare essere eccessivamente indeterminato nel prevedere che sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli attribuiti alla competenza delle predette sezioni;
9) sia soppresso il comma 3 dell'articolo 2, diretto a raddoppiare, per i processi di competenza delle sezioni specializzate, il contributo unificato previsto dal testo unico sulle spese di giustizia, ritenendo che sia ingiustificato prevedere un aggravio dei costi per accedere alla giustizia in relazione ai predetti processi;
10) prevedere l'istituzione di sezioni specializzate in materia d'impresa presso la sezione distaccata della Corte d'appello di Trento con sede in Bolzano e presso il tribunale di Bolzano, in attuazione del principio costituzionale del bilinguismo,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative, anche normative, necessarie ad attuare quanto previsto nella lettera g) della premessa.
9/5025/19.Tenaglia, Ferranti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 della legge n. 183 del 4 novembre 2010 riconosce la specificità del ruolo delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenenti, in ragione delle peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali previste da leggi e regolamenti per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti;
la proposta che il Governo ha avanzato alle Amministrazioni dei comparti in questione, sul tema della riforma pensionistica, è che i lavoratori impegnati nel comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico sarebbero impiegati fino a 63 e 65 anni mettendo anche in discussione gli attuali meccanismi compensativi;
tale ipotesi contrasterebbe fra l'altro con la proposta avanzata dal Ministro della Difesa di accelerare l'esito del personale oggi più anziano per dare attuazione alla revisione dello strumento militare;
risulta evidente che tale limite di anzianità produrrebbe conseguenze negative sull'efficienza del sistema della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico per la diminuzione della possibile prestanza fisica, psichica ed attitudinale del personale;
sinora non si è svolto un confronto diretto tra il Ministro del Lavoro e le organizzazioni e rappresentanze della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato, del Corpo dei Vigili del Fuoco, delle rappresentanze militari delle Forze di Polizia e delle rappresentanze militari delle Forze Armate;
nella malaugurata ipotesi dell'annullamento della specificità del comparto dovrebbero essere garantiti ai suddetti lavoratori e operatori gli stessi diritti considerati inalienabili per gli altri lavoratori dipendenti del settore pubblico quali ad esempio i part-time, la flessibilità dell'orario di lavoro in orizzontale e verticale, il diritto di sciopero con astensione da lavoro, il diritto ad esercitare altre attività lavorative purché in modo non preminente rispetto alla funzione di pubblico impiegato, i pieni diritti di associazione e sindacalizzazione per i militari e il venire meno dell'assoluta disponibilità al servizio e della qualifica permanente di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza;
questo comparto rappresenta una risorsa fondamentale dello Stato il cui funzionamento e la cui efficienza e capacità operativa sono elementi essenziali per la tenuta delle istituzioni e per lo sviluppo del Paese;
i lavoratori e gli operatori di questo comparto hanno il diritto di vedere salvaguardata la dignità del proprio lavoro,

impegna il Governo

a convocare un tavolo tecnico di confronto invitando tutte le organizzazioni e le rappresentanze del comparto e a chiarire sin da ora che non verrà in alcun modo disconosciuta la specificità del ruolo e dello stato giuridico del personale impiegato nelle Forze Armate, nelle Forze di Polizia e nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
9/5025/20.Fiano, Mantovano, Tassone, Paladini, Rosato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ed. «Salva Italia», ha anticipato l'istituzione dell'imposta municipale propria (IMU) al 2012 e, contemporaneamente, ha ripristinato la tassazione dell'abitazione principale; contrariamente a quanto previsto dal dettato normativo in materia di imposta comunale sugli immobili, con le norme sull'IMU saranno soggetti all'imposta anche gli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa e degli istituti autonomi per le case popolari (IACP);
rispetto all'ICI infatti, gli alloggi popolari godevano dell'esenzione dal pagamento dell'imposta, mentre in base alle norme sull'IMU saranno equiparati alle seconde case e soggetti ad un'aliquota dello 0,76 per cento; detta aliquota potrà essere modificata dai singoli Comuni entro un margine di 0,3 punti percentuali, in aumento o in diminuzione;
tuttavia, l'agevolazione fiscale prevista in regime ICI rappresentava per gli enti gestori dell'edilizia pubblica un fattore essenziale, che ha permesso a tali enti di proseguire l'attività di gestione degli alloggi pur in assenza di qualsivoglia finanziamento ed in costanza di canoni locativi al di sotto della soglia di remunerazione dell'immobile e dei costi fissi; al contrario, la soggezione di queste abitazioni alla tassazione in materia di imposta municipale propria comporterà per gli enti gestori un esborso stimato in oltre 150 milioni di euro, cifra, quest'ultima, calcolata sui circa 750 mila alloggi popolari che gli ex IACP gestiscono in tutta Italia;
ne conseguirà, ineluttabilmente, una riduzione sostanziale della capacità di gestione e manutenzione degli alloggi, a fronte di una crisi del settore dell'edilizia residenziale pubblica che ha già determinato una riduzione del 37 per cento della propria capacità produttiva;
con l'applicazione dell'IMU come prevista dal vigente dettato normativo, infatti, gli enti in oggetto, che gestiscono alloggi destinati alle fasce più deboli della nostra popolazione e dispongono allo stato attuale di risorse esigue, si troverebbero in una situazione di grave difficoltà economica, che si tradurrebbe nella impossibilità di eseguire la pur minima manutenzione straordinaria sugli immobili in parola, rendendo le abitazioni non più sicure e decorose;
il parere sul decreto-legge n. 201 del 2011 espresso dalla VIII Commissione della Camera dei Deputati e l'ordine del giorno a firma Gibiino, accolto dal Governo, impegnava, tra l'altro, l'Esecutivo a prevedere l'esenzione dall'IMU per gli ex IACP ma, allo stato attuale, non risulta che sia stato assunto alcun provvedimento in tal senso;
dalla situazione attuale emergono solo due prospettive: il dissesto totale degli enti di cui in oggetto o un aumento dei canoni che rischia di mettere in seria difficoltà gli inquilini di questa categoria di immobili,

impegna il Governo

a disporre modifiche alla legislazione vigente, tali da conferire e confermare un valore sociale agli alloggi popolari e agli Enti che li gestiscono, prevedendo, alla luce di quanto descritto, l'esenzione dell'IMU per gli ex Istituti Autonomi Case popolari (comunque denominati o per gli enti gestori), già esenti dall'Ici, ovvero che si applichi anche agli immobili di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, vale a dire alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari, l'estensione della detrazione di duecento euro per abitazione e l'aliquota dell'0,4 per cento, con possibilità di ulteriore riduzione, prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011.
9/5025/21.Gibiino.

La Camera,
premesso che:
il diritto alla continuità territoriale si colloca nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e della coesione di natura economica e sociale e deve tradursi nella capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti in aree territorialmente marginali;
il servizio di trasporto è un servizio di interesse economico generale e si configura come elemento essenziale del diritto alla mobilità sancito dall'articolo 16 della Costituzione;
il regolamento (CE) n. 1370/2007, del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, nei «considerando» n. 4 e n. 5 individua l'obiettivo per gli Stati membri di «garantire servizi di trasporto passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che anche la trasparenza e l'efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, conto, in particolare, dei fattori sociali, ambientali e di sviluppo regionale, o nell'offrire condizioni tariffarie specifiche a talune categorie di viaggiatori», evidenziando che «molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell'interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale. Occorre che le autorità competenti degli Stati membri abbiano la possibilità di intervenire per garantire la prestazione di tali servizi»;
il raggiungimento dei sopra menzionati obiettivi, sanciti a livello europeo, in Italia appare assai remoto, considerando che, al contrario, si assiste all'interno del Paese ad un aumento del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il Nord ed il Sud, con notevole aggravio delle problematiche della mobilità, in particolare nella regione Sicilia;
nel settore dei trasporti si evidenzia maggiormente il gap infrastrutturale tra la Sicilia e il resto delle regioni italiane. Con riferimento ai costi di trasporto, uno studio di Eurisles (European Islands System of Link and Exchanges) del 2000 mostra, rilevando quattro tipologie di spedizioni di merci, una penalizzazione dell'insularità che pone la Sicilia a livelli di svantaggio competitivo paragonabile alle destinazioni più periferiche dell'UE (come Madeira o le Azzorre). Esempi significativi di questa situazione sono evidenti;
l'attraversamento dello Stretto che incide sulla continuità territoriale della Sicilia in termini di tempi e di costi. Gli autotrasportatori siciliani sono infatti costretti a sostenere costi sensibilmente più elevati rispetto a coloro che operano nei territori della penisola dal momento che, oltre al costo della benzina (rincarato negli ultimi anni del 50 per cento) e quello dei pedaggi autostradali (rincarato anch'esso del 45 per cento) vi sono anche quelli per la traversata marittima,

impegna il Governo:

a prevedere tariffe dedicate destinate agli autotrasportatori delle isole, relative al traghettamento ed ai costi autostradali, che tengano conto della provenienza territoriale ed insulare delle merci e che consentano di compensare i costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese di quei territori;
a predisporre provvedimenti normativi atti a facilitare dal punto di vista economico il diritto alla mobilità per i cittadini dei territori insulari del nostro Paese, dando attuazione all'articolo 16 della Costituzione.
9/5025/22.Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), ha previsto l'estensione dell'esercizio della rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore, agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq;
tale facoltà, per consentire di cogliere effettivamente l'obiettivo dell'apertura anche di questo canale distributivo, deve però potere essere esercitata con l'osservanza di cautele del tutto corrispondenti a quelle già richieste ai sensi della normativa vigente dalla stessa amministrazione pubblica competente al controllo della rete di distribuzione dei tabacchi, e cioè l'amministrazione finanziaria;
l'attuale rete di punti vendita dei tabacchi, composta complessivamente da circa 80 mila punti di offerta, è oggi così capillarmente diffusa sul territorio da rendere necessaria una razionalizzazione della complessiva offerta e delle modalità di programmazione e controllo da parte delle autorità competenti, dettata dalle esigenze erariali sottese alla necessità di mantenere saldi presidi di controllo sui poli di smistamento e offerta al pubblico, in funzione delle prioritarie (anche in chiave internazionale) necessità di rafforzare costantemente i presidi preventivi contro il rischio di contrabbando e di rigoroso rispetto delle vigenti limitazioni legate all'offerta per la tutela della salute (anche in questo caso , peraltro, in diretta conseguenza di precisi accordi internazionali legislativamente recepite nel nostro Paese, da ultimo con la legge n. 75 del 2008 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della Sanità - OMS - per la lotta al tabagismo, Ginevra il 21 maggio 2003»);
dalla somma di queste esigenze, è recentemente nata la necessità di razionalizzazione complessiva, prevista ai sensi dell'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, che consente di delineare uno strumento sistematico di razionalizzazione coordinato con le diverse esigenze prevalenti in materia. Infatti, proprio alla luce di questa necessità di razionalizzazione delle condizioni di offerta, il legislatore con l'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, ha rimesso la definizione delle regole per l'assetto distributivo dei tabacchi ad un regolamento, da adottare di concerto tra il ministero dell'economia e delle finanze e il ministero della salute. Trattasi di regole essenziali ed imprescindibili, pertanto, per la distribuzione e il relativo complesso apparato di controllo, che evidentemente non possono essere taciute nei casi in cui la rivendita sia esercitata da appartenenti a talune categorie di operatori economici, come nel caso di specie;
tali priorità non possono, evidentemente, essere disattese anche nel momento in cui il legislatore decida di estendere la rete di offerta nei termini di cui all'attuale previsione dell'articolo 17 del decreto-legge in esame;
pertanto, l'apertura della rete distributiva dei tabacchi nelle forme previste ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge n. 1 del 2012 è un obiettivo che, se non vuole rischiare di rimanere paradossalmente frustrato in punto di fatto per l'equivocità o le lacune del tessuto normativo di riferimento, deve necessariamente esplicitare quanto certamente implicito nelle finalità del legislatore, richiamando quelle condizioni minime già oggi prescritte per l'ordinato sviluppo dell'offerta complessiva nel quadro normativo vigente. In mancanza, si rischia davvero di prefigurare uno strumento non in grado di operare concretamente per gli obiettivi assunti, in mancanza delle necessarie precisazioni relativamente alla identificazione delle condizioni minime richieste per lo sviluppo di attività a così sensibile rilevanza erariale e per la tutela della salute;
quindi l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con il citato intervento di definizione comune e complessiva delle modalità di offerta, attraverso il citato strumento regolamentare, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore;
analogamente, appare necessario il richiamo al titolo normativo in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore;
per tali ragioni è necessario intendere che le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, siano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
si tratta di un mero chiarimento del riferimento normativo applicabile alla fattispecie in esame, che si rende assolutamente indispensabile per evitare la strumentale lettura secondo la quale la regolamentazione di settore già prevista ai sensi della normativa vigente sia applicabile esclusivamente nei confronti della rete già esistente e disciplinata da fonti diverse del presente decreto-legge. In sostanza, attraverso il richiamo inequivoco della esatta fonte giuridica nella quale si iscrive, si tratta di esplicitare oltre ogni dubbio che la regolamentazione tecnica del settore cui fare riferimento rimane quella ispirata dai criteri generali che presiedono alla disciplina della distribuzione di tabacchi nel nostro ordinamento. Pertanto, pur dovendosi tenere conto delle particolarità dei nuovi soggetti ammessi alla distribuzione in virtù del presente decreto-legge, la esplicitazione della fonte giuridica di riferimento consente di evitare la lettura secondo la quale per i nuovi soggetti ammessi alla distribuzione dei tabacchi (e cioè titolari di impianti di distribuzione carburanti con superficie superiore al limite normativamente riconosciuto), esaurendosi nel presente decreto-legge tutta la disciplina di riferimento, non sarebbe applicabile alcuno dei fondamentali parametri che invece informano il corretto svolgimento della predetta attività per esigenze erariali e di tutela della salute: divieto di pubblicità, restrizioni particolari alla vendita (notturna o nei giorni festivi), divieto di vendita ai minori, esigenze di garanzie adeguate per il controllo di tutta la filiera distributiva del prodotto, al fine di evitare i rischi di frode o di contrabbando;
tale esplicitazione si rende assolutamente necessaria in quanto il presente decreto-legge, come detto, limitandosi ad operare la radicale estensione della rete distributiva con l'identificazione dei caratteri generali dei nuovi soggetti ammessi a tale facoltà di rivendita, non contiene nulla con riferimento al complesso delle garanzie per l'amministrazione contro il rischio di frodi o contrabbando o per la tutela della salute. Pertanto, è evidente che tali regole generali devono essere desunte dall'unica fonte normativa di riferimento, senza la tentazione di reputare i soggetti ammessi alla rivendita di tabacchi in virtù del presente decreto-legge assoggettati esclusivamente alla disciplina che nel medesimo decreto-legge si può rinvenire in argomento, da cui deriverebbe un esiziale colpo alle fondamenti esigenze di interesse pubblico sopra rammentate,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b, come sopra individuato, a porre in ogni caso rimedio, quanto prima, al citato vuoto normativo, provvedendo ad esplicitare, in un prossimo provvedimento normativo, che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto.
9/5025/23.Alberto Giorgetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), ha previsto l'estensione dell'esercizio della rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore, agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq;
l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con quanto previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore. Basti considerare che, ove mai così non fosse, si potrebbero profilare due alternative comunque paralizzanti rispetto agli obiettivi di liberalizzazione perseguiti, e cioè:
i. o l'assenza di chiarezza sulle condizioni minime di controllo e rispetto di parità di trattamento tra i diversi operatori economici interessati paralizzerebbe la concreta attivazione di questa nuova facoltà riconosciuta dal di n. 1/2012, con buona pace degli obiettivi perseguita e delle rassicurazioni fornite agli addetti al settore della distribuzione dei carburanti;
ii. oppure - e questo è certamente al di là della stessa volontà del legislatore - si verrebbero a delineare due reti di distribuzione, una sola delle quali, però (e curiosamente sarebbe proprio la rete ad oggi già esistente e quindi di già comprovata affidabilità per effetto dell'avvenuto rilascio dei relativi provvedimenti concessori ed autorizzatori da parte dell'amministrazione) caratterizzata dalla necessità del rispetto di vincoli e prescrizioni puntuali non richiesti, invece, per una gamma di altri punti di distribuzione che sembrerebbero (inopinatamente) liberi da ogni prescrizione di sorta. Il che, evidentemente, non rispetta fondamentali canoni di ragionevolezza prima ancora che di uguaglianza , e pertanto merita la precisazione proposta. Analogamente, appare opportuno il richiamo al titolo normativo, ovvero l'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore;
per tali ragioni è necessario intendere che le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, siano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, diretta al riconoscimento della facoltà di esercizio della rivendita per una intera categoria di operatori economici (e non per soggetti, volta a volta destinatari di speciali provvedimenti concessori) ma comunque con l'osservanza delle medesime condizioni previste a normativa vigente per controlli e condizioni generali delle modalità di offerta. Ciò al fine di eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), come sopra individuato, a porre in ogni caso rimedio, quanto prima, al citato vuoto normativo, provvedendo ad esplicitare, in un prossimo provvedimento normativo, che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto.
9/5025/24.Bonciani.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), è stato previsto che gli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq possano esercitare la rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore;
le norme e le prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore sono finalizzate a tutelare prioritarie esigenze erariali dirette ad assicurare rigidi presidi di controllo sui poli di smistamento e offerta al pubblico, al fine di rafforzare costantemente i presidi preventivi contro il rischio di contrabbando e di rigoroso rispetto delle vigenti limitazioni legate all'offerta per la tutela della salute;
per tali ragioni di prioritario interesse pubblico, che connota l'esercizio delle rivendite di tabacchi, con l'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, è stato previsto l'adozione di uno strumento sistematico di razionalizzazione coordinato con le diverse esigenze prevalenti in materia, attraverso cui fissare regole essenziali ed imprescindibili per la distribuzione e il relativo complesso apparato di controllo, che evidentemente non possono essere taciute nei casi in cui la rivendita sia esercitata da appartenenti a talune categorie di operatori economici, come nel caso di specie;
priorità che debbono necessariamente caratterizzare l'attività delle rivendite di tabacchi dovunque esse siano eserciate e quindi anche nell'ambito della fattispecie prevista ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge in esame;
pertanto, l'apertura della rete distributiva dei tabacchi nelle forme previste ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge n. 1 del 2012 è un obiettivo che, se non vuole rischiare di rimanere paradossalmente frustrato in punto di fatto per l'equivocità o le lacune del tessuto normativo di riferimento, deve necessariamente esplicitare quanto certamente implicito nelle finalità del legislatore, richiamando quelle condizioni minime già oggi prescritte per l'ordinato sviluppo dell'offerta complessiva nel quadro normativo vigente. In mancanza, si rischia davvero di prefigurare uno strumento non in grado di operare concretamente per gli obiettivi assunti, in mancanza delle necessarie precisazioni relativamente alla identificazione delle condizioni minime richieste per lo sviluppo di attività a così sensibile rilevanza erariale e per la tutela della salute;
quindi l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con il citato intervento di definizione comune e complessiva delle modalità di offerta, attraverso il citato strumento regolamentare, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore;
analogamente, appare necessario il richiamo al titolo normativo in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore;
per tali ragioni è necessario intendere che le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, siano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
precisazione che è doverosa in un contesto in cui si potrebbe strumentalmente ed erroneamente ritenere che la regolamentazione di settore già prevista ai sensi della normativa vigente sia applicabile esclusivamente nei confronti della rete già esistente e disciplinata da fonti diverse del presente decreto-legge;
pertanto il richiamo esplicito ed inequivoco della esatta fonte giuridica che deve disciplinare l'esercizio delle rivendite di tabacchi anche presso i distributori di carburante ai sensi dell'articolo 17 del presente decreto-legge nella quale si iscrive, è necessario per chiarire oltre ogni dubbio che la regolamentazione tecnica del settore cui fare riferimento rimane, anche nel caso di specie, quella ispirata dai criteri generali che presiedono alla disciplina della distribuzione di tabacchi nel nostro ordinamento. Ciò consente di evitare la lettura secondo la quale per i nuovi soggetti ammessi alla distribuzione dei tabacchi (e cioè titolari di impianti di distribuzione carburanti con superficie superiore al limite normativamente riconosciuto), esaurendosi nel presente decreto-legge tutta la disciplina di riferimento, non sarebbe applicabile alcuno dei fondamentali parametri che invece informano il corretto svolgimento della predetta attività per esigenze erariali e di tutela della salute: divieto di pubblicità, restrizioni particolari alla vendita (notturna o nei giorni festivi), divieto di vendita ai minori, esigenze di garanzie adeguate per il controllo di tutta la filiera distributiva del prodotto, al fine di evitare i rischi di frode o di contrabbando;
tale esplicitazione si rende assolutamente necessaria in quanto il presente decreto-legge, come detto, limitandosi ad operare la radicale estensione della rete distributiva con l'identificazione dei caratteri generali dei nuovi soggetti ammessi a tale facoltà di rivendita, non contiene nulla con riferimento al complesso delle garanzie per l'amministrazione contro il rischio di frodi o contrabbando o per la tutela della salute. Pertanto, è evidente che tali regole generali devono essere desunte dall'unica fonte normativa di riferimento, senza la tentazione di reputare i soggetti ammessi alla rivendita di tabacchi in virtù del presente decreto-legge assoggettati esclusivamente alla disciplina che nel medesimo decreto-legge si può rinvenire in argomento, da cui deriverebbe un esiziale colpo alle fondamenti esigenze di interesse pubblico sopra rammentate,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), come sopra individuato, a esplicitare, attraverso apposito intervento da prevedere in un prossimo provvedimento normativo, in modo inequivocabile che le norme e le prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
9/5025/25.Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), è stato previsto che gli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq possano esercitare la rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore;
le norme e le prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore sono finalizzate a tutelare prioritarie esigenze erariali dirette ad assicurare rigidi presidi di controllo sui poli di smistamento e offerta al pubblico, al fine di rafforzare costantemente i presidi preventivi contro il rischio di contrabbando e di rigoroso rispetto delle vigenti limitazioni legate all'offerta per la tutela della salute;
per tali ragioni di prioritario interesse pubblico, che connota l'esercizio delle rivendite di tabacchi, con l'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, è stato previsto l'adozione di uno strumento sistematico di razionalizzazione coordinato con le diverse esigenze prevalenti in materia, attraverso cui fissare regole essenziali ed imprescindibili per la distribuzione e il relativo complesso apparato di controllo, che evidentemente non possono essere taciute nei casi in cui la rivendita sia esercitata da appartenenti a talune categorie di operatori economici, come nel caso di specie;
priorità che debbono necessariamente caratterizzare l'attività delle rivendite di tabacchi dovunque esse siano eserciate e quindi anche nell'ambito della fattispecie prevista ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge in esame;
pertanto, l'apertura della rete distributiva dei tabacchi nelle forme previste ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge n. 1 del 2012 è un obiettivo che, se non vuole rischiare di rimanere paradossalmente frustrato in punto di fatto per l'equivocità o le lacune del tessuto normativo di riferimento, deve necessariamente esplicitare quanto certamente implicito nelle finalità del legislatore, richiamando quelle condizioni minime già oggi prescritte per l'ordinato sviluppo dell'offerta complessiva nel quadro normativo vigente. In mancanza, si rischia davvero di prefigurare uno strumento non in grado di operare concretamente per gli obiettivi assunti, in mancanza delle necessarie precisazioni relativamente alla identificazione delle condizioni minime richieste per lo sviluppo di attività a così sensibile rilevanza erariale e per la tutela della salute;
quindi l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con il citato intervento di definizione comune e complessiva delle modalità di offerta, attraverso il citato strumento regolamentare, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore;
analogamente, appare necessario il richiamo al titolo normativo in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore;
per tali ragioni è necessario intendere che le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, siano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
precisazione che è doverosa in un contesto in cui si potrebbe strumentalmente ed erroneamente ritenere che la regolamentazione di settore già prevista ai sensi della normativa vigente sia applicabile esclusivamente nei confronti della rete già esistente e disciplinata da fonti diverse del presente decreto-legge;
pertanto il richiamo esplicito ed inequivoco della esatta fonte giuridica che deve disciplinare l'esercizio delle rivendite di tabacchi anche presso i distributori di carburante ai sensi dell'articolo 17 del presente decreto-legge nella quale si iscrive, è necessario per chiarire oltre ogni dubbio che la regolamentazione tecnica del settore cui fare riferimento rimane, anche nel caso di specie, quella ispirata dai criteri generali che presiedono alla disciplina della distribuzione di tabacchi nel nostro ordinamento. Ciò consente di evitare la lettura secondo la quale per i nuovi soggetti ammessi alla distribuzione dei tabacchi (e cioè titolari di impianti di distribuzione carburanti con superficie superiore al limite normativamente riconosciuto), esaurendosi nel presente decreto-legge tutta la disciplina di riferimento, non sarebbe applicabile alcuno dei fondamentali parametri che invece informano il corretto svolgimento della predetta attività per esigenze erariali e di tutela della salute: divieto di pubblicità, restrizioni particolari alla vendita (notturna o nei giorni festivi), divieto di vendita ai minori, esigenze di garanzie adeguate per il controllo di tutta la filiera distributiva del prodotto, al fine di evitare i rischi di frode o di contrabbando;
tale esplicitazione si rende assolutamente necessaria in quanto il presente decreto-legge, come detto, limitandosi ad operare la radicale estensione della rete distributiva con l'identificazione dei caratteri generali dei nuovi soggetti ammessi a tale facoltà di rivendita, non contiene nulla con riferimento al complesso delle garanzie per l'amministrazione contro il rischio di frodi o contrabbando o per la tutela della salute. Pertanto, è evidente che tali regole generali devono essere desunte dall'unica fonte normativa di riferimento, senza la tentazione di reputare i soggetti ammessi alla rivendita di tabacchi in virtù del presente decreto-legge assoggettati esclusivamente alla disciplina che nel medesimo decreto-legge si può rinvenire in argomento, da cui deriverebbe un esiziale colpo alle fondamenti esigenze di interesse pubblico sopra rammentate,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), come sopra individuato, a esplicitare, attraverso apposito intervento da prevedere in un prossimo provvedimento normativo, in modo inequivocabile che le norme e le prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
9/5025/26.Buonfiglio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), ha previsto l'estensione dell'esercizio della rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore, agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq;
l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con quanto previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore. Basti considerare che, ove mai così non fosse, si potrebbero profilare due alternative comunque paralizzanti rispetto agli obiettivi di liberalizzazione perseguiti, e cioè:
i. o l'assenza di chiarezza sulle condizioni minime di controllo e rispetto di parità di trattamento tra i diversi operatori economici interessati paralizzerebbe la concreta attivazione di questa nuova facoltà riconosciuta dal decreto-legge n. 1 del 2012, con buona pace degli obiettivi perseguita e delle rassicurazioni fornite agli addetti al settore della distribuzione dei carburanti;
ii. oppure - e questo è certamente al di là della stessa volontà del legislatore - si verrebbero a delineare due reti di distribuzione, una sola delle quali, però (e curiosamente sarebbe proprio la rete ad oggi già esistente e quindi di già comprovata affidabilità per effetto dell'avvenuto rilascio dei relativi provvedimenti concessori ed autorizzatori da parte dell'amministrazione) caratterizzata dalla necessità del rispetto di vincoli e prescrizioni puntuali non richiesti, invece, per una gamma di altri punti di distribuzione che sembrerebbero (inopinatamente) liberi da ogni prescrizione di sorta. Il che, evidentemente, non rispetta fondamentali canoni di ragionevolezza prima ancora che di uguaglianza, e pertanto merita la precisazione proposta. Analogamente, appare opportuno il richiamo al titolo normativo, ovvero l'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore;
per tali ragioni è necessario intendere che le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, siano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, diretta al riconoscimento della facoltà di esercizio della rivendita per una intera categoria di operatori economici (e non per soggetti, volta a volta destinatari di speciali provvedimenti concessori) ma comunque con l'osservanza delle medesime condizioni previste a normativa vigente per controlli e condizioni generali delle modalità di offerta. Ciò al fine di eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b, come sopra individuato, a porre in ogni caso rimedio, quanto prima, al citato vuoto normativo, provvedendo ad esplicitare, in un prossimo provvedimento normativo, che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto.
9/5025/27.Grassano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), ha previsto l'estensione dell'esercizio della rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore, agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq;
è necessario prevedere che ovunque siano esercitate le rivendite di tabacchi sia assicurata in ogni caso l'applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore;
per questi motivi è necessario che, per le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, si intendano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
tale esplicitazione si rende assolutamente necessaria in quanto il presente decreto-legge, come detto, limitandosi ad operare la radicale estensione della rete distributiva con l'identificazione dei caratteri generali dei nuovi soggetti ammessi a tale facoltà di rivendita, non contiene nulla con riferimento al complesso delle garanzie per l'amministrazione contro il rischio di frodi o contrabbando o per la tutela della salute. Pertanto è necessario esplicitare le sopracitate fonti normative per evitare che si possa intendere che il presente decreto, possibilità certamente estranea alla volontà del legislatore, abbia voluto delineare due reti di distribuzione, una sola delle quali, però (e curiosamente sarebbe proprio la rete ad oggi già esistente e quindi di già comprovata affidabilità per effetto dell'avvenuto rilascio dei relativi provvedimenti concessori ed autorizzatori da parte dell'amministrazione) caratterizzata dalla necessità del rispetto di vincoli e prescrizioni puntuali non richiesti, invece, per una gamma di altri punti di distribuzione che sembrerebbero (inopinatamente) liberi da ogni prescrizione di sorta. Il che, evidentemente, non rispetta fondamentali canoni di ragionevolezza prima ancora che di uguaglianza, e pertanto merita la precisazione proposta. Analogamente, appare opportuno il richiamo al titolo normativo, ovvero l'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), come sopra individuato, a porre in ogni caso rimedio, quanto prima, al citato vuoto normativo, provvedendo ad esplicitare, in un prossimo provvedimento normativo, che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto.
9/5025/28.Scanderebech.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni argenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività disciplina i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, esclusi quelli conclusi con il consumatore finale;
le nuove norme impongono la forma contrattuale scritta ed indicano il contenuto obbligatorio, sotto pena di nullità che può anche essere rilevata d'ufficio dal giudice;
la nuova disciplina è volta a garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare;
il punto critico è nel comma 3 che individua dei termini legali per i pagamenti nelle transazioni commerciali e quantifica il tasso degli interessi dovuti per il ritardato pagamento. I termini per il versamento del corrispettivo sono di trenta giorni nella cessione di prodotti alimentari deteriorabili, e di sessanta giorni per tutti gli altri prodotti dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura;
nell'articolo 62 non si è tenuto conto della situazione delle industrie private di trasformazione dei prodotti agroalimentari. Queste durante la campagna di raccolta devono trasformare in un lasso di tempo limitato (due/tre mesi), tutta la produzione annuale. Gli incassi delle vendite avvengono poi entro i dodici/quindici mesi successivi, quindi questo comporta la necessità di un enorme fabbisogno di finanziamento coperto, in parte con interventi bancari a breve termine, in parte anche con termini di pagamento dai fornitori fino a 120 giorni;
considerando che questa nuova normativa metterà in grave difficoltà queste industrie che si troveranno a dover pagare entro 30 giorni un'intera produzione annuale senza avere le necessarie risorse finanziarie,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori provvedimenti volti a rivedere la normativa introdotta dall'articolo 62, con lo scopo di escludere dall'applicazione della norma i contratti di fornitura di derrate agricole destinate alle industrie di trasformazione.
9/5025/29.Brugger, Zeller, Nicco.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, è volto a modificare il decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, istitutivo di sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d'appello, a norma dell'articolo 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273;
i nuovi uffici giudiziari, denominati «sezioni specializzate in materia di impresa», conservano integralmente le vecchie competenze in materia di proprietà industriale e intellettuale e delle class action cui vanno ora ad aggiungerei le cause tra soci e società, le liti sul trasferimento delle partecipazioni sociali, le impugnazioni delle delibere e delle decisioni degli organi sociali, le liti contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo e, non da ultimo, le decisioni sulle azioni di responsabilità e sui contratti di appalto;
si sarebbe dovuto procedere alla istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa solo successivamente all'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, volta alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, tenendo in debito conto una più equa distribuzione sul territorio, anche in considerazione della necessità di tutela di princìpi costituzionalmente sanciti, quale quello del bilinguismo, che ha come base normativa l'articolo 6 della Costituzione;
nel caso delle province autonome di Trento e Bolzano, con l'istituzione del tribunale delle imprese, tutte le competenze per le controversie di natura economico-societaria sono attribuite alla sezione del tribunale di Trento, dove i procedimenti si svolgerebbero esclusivamente in lingua italiana;
l'articolo 100 dello Statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol prevede che «I cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella provincia o aventi competenza regionale, nonché con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia stessa»;
sebbene in ragione del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari», anche la provincia di Trento sarebbe tenuta a rispettare il principio del bilinguismo, la garanzia che i procedimenti giudiziari si svolgano equamente e indistintamente nelle lingue italiana e tedesca appare possibile solo in uffici giudiziari siti nel circondario di Bolzano, ove i magistrati ed i funzionari, a norma del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, vengono assunti e prestano servizio in ruoli locati solo se in possesso del prescritto attestato di conoscenza della lingua italiana e tedesca,

impegna il Governo

ad operare un trasferimento di competenze, per quanto concerne le vertenze demandate al nuovo tribunale delle imprese e per le questioni relative al territorio di Bolzano, al tribunale della stessa provincia, al fine di assicurare l'utilizzo della lingua tedesca all'interno dei procedimenti giudiziari, posto che il tribunale di Trento non sarebbe in grado di farlo.
9/5025/30.Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, modifica il decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, istitutivo di sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d'appello, a norma dell'articolo 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273;
le nuove sezioni specializzate in materia di impresa, pur conservando integralmente le vecchie competenze in materia di proprietà industriale e intellettuale e rimanendo giudice di riferimento per le class action, sono ora competenti anche per le controversie tra soci e società, per le liti sul trasferimento delle partecipazioni sociali, per le impugnazioni delle delibere e delle decisioni degli organi sociali, per le liti contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo e, non meno importanti, per le decisioni sulle azioni di responsabilità e sui contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture, anche di rilevanza comunitaria;
si sarebbe dovuto procedere alla istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa solo successivamente all'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, volta alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, tenendo conto di una più equa distribuzione sul territorio;
a differenza delle altre regioni italiane, per le quali si prevede di creare dei tribunali specializzati per le imprese che abbiano come sede il capoluogo della regione, per il territorio compreso nella regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, tutto le competenze per le controversie di natura economico-societaria sono attribuite alle sezioni specializzate istituite presso il tribunale e la Corte d'appello di Torino, con evidente disparità di trattamento rispetto al resto d'Italia;
l'istituzione delle sezioni non comporta alcun incremento delle dotazioni organiche, non essendo, pertanto, chiaro il motivo per cui la regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, sede di tribunale ordinario, debba essere privata delle nuove sezioni specializzate in loco, con indubbio svantaggio per gli operatori del settore aventi sede nel territorio regionale, per i professionisti incaricati della difesa dei relativi contenziosi, per le pubbliche amministrazioni regionali e, infine, per i cittadini e le imprese obbligati a spostarsi fuori dal territorio regionale al fine di poter esercitare il proprio diritto alla difesa, con ulteriori e ingiustificati aggravi di costi,

impegna il Governo

ad intervenire, all'interno del primo provvedimento utile, al fine di rimuovere l'incomprensibile disparità di trattamento della regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste rispetto a tutte le altre regioni italiane, attivando anche ad Aosta, capoluogo di regione, una sezione specializzata in materia di impresa.
9/5025/31.Nicco.

La Camera,
premesso che:
gli articoli da 29 a 34-ter del decreto-legge n. 1 del 2012 intervengono in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione stradale;
l'ammontare dei premi dovuti dagli automobilisti per l'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore dipende da un complesso di fattori soggettivi e oggettivi, ritenuti influenti sulla determinazione del rischio, tra i quali la provincia di residenza del proprietario;
in particolare, l'indicatore comunemente usato per misurare l'incidenza dei sinistri in un dato territorio è dato dal calcolo del rapporto tra il costo complessivo dei sinistri e il numero dei veicoli assicurati;
in alcune province, tale indicatore incide così fortemente nella determinazione dei premi da provocare, in concreto, fenomeni di «migrazione» degli automobilisti, che per poter godere di premi più bassi ricorrono a pratiche talvolta ai confini del consentito;
questo fenomeno produce una pluralità di conseguenze negative per il territorio interessato dalla migrazione;
in primo luogo, esso determina l'effetto paradossale di un ulteriore aumento dei premi nelle province interessate, sia perché la sinistrosità finisce per essere ripartita tra un numero minore di assicurati sia per il fatto che la migrazione interessa maggiormente gli automobilisti più «virtuosi», che possono contare, ai fini della determinazione del premio, di più favorevoli condizioni soggettive;
inoltre, il fenomeno danneggia direttamente le province, in quanto riduce il gettito dell'imposta sui premi per l'assicurazione contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, che dal 2012 costituisce tributo proprio derivato delle province e che già dal 1999 spetta in gran parte alle province dove hanno sede i pubblici registri automobilistici nei quali i veicoli sono iscritti;
ne consegue una riduzione delle risorse a disposizione delle province, che esercitano compiti in materia di manutenzione delle strade e di sicurezza stradale, con ulteriori conseguenze negative sul piano della sinistrosità;
peraltro, il regolamento di cui al decreto ministeriale 14 dicembre 1998, n. 457, precisa che le province destinatarie dell'imposta sono quelle risultanti nella polizza di assicurazione al momento del suo rilascio o rinnovo, presupponendo che il dato di polizza coincida con le risultanze del PRA; in quanto l'acquirente è il soggetto interessato all'iscrizione del veicolo nuovo o alla trascrizione del trasferimento di proprietà del veicolo usato nel PRA, adempimenti comprovati dal certificato di proprietà;
tuttavia, a prescindere dalla correttezza dei comportamenti degli automobilisti, l'inadeguato funzionamento del sistema descritto è reso evidente dal consistente differenziale che si registra in alcune province tra il numero di auto immatricolate e il numero di auto assicurate,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative necessarie e a prevedere specifiche procedure di verifica al fine di garantire che vi sia allineamento tra i dati riportati nelle polizze di assicurazione contro la responsabilità civile dei veicoli a motore e i dati riportati nei pubblici registri automobilistici.
9/5025/32.Paolo Russo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 65 del decreto-legge in esame interviene sulla disciplina relativa agli impianti fotovoltaici collocati a terra in aree agricole, escludendoli, con alcune eccezioni, dagli incentivi previsti dal decreto legislativo n. 28/2011;
detto decreto legislativo, approvato appena un anno fa, ha recepito la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che fa parte del pacchetto legislativo sull'energia e sul cambiamento climatico, e prevede la definizione di un nuovo sistema di incentivi per le fonti rinnovabili;
il rapido susseguirsi, negli ultimi tempi, di norme non sempre coordinate e coerenti, e che modificano il precedente ordinamento in materia di produzione di energia rinnovabile, hanno creato un disagio alle imprese attive nel settore che ha portato a molteplici casi di disinvestimento, con perdita di posti di lavoro e prospettive di sviluppo del settore delle energie rinnovabili;
considerato, altresì, che, anche a causa dell'incertezza del quadro normativo in materia nel nostro Paese, molti investitori stranieri si stanno orientando verso altri Paesi per la realizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili,

impegna il Governo:

ad assumere ulteriori iniziative normative per modificare l'articolo 65, creando una disciplina chiara e uniforme sui limiti di accesso agli incentivi statali per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, tenendo conto delle iniziative economiche in corso, e di tempistiche ragionevoli e realistiche che consentano l'ultimazione dei lavori e l'entrata in esercizio per tutti i progetti oggi ancora in costruzione, allo scopo di salvaguardare gli investimenti che siano stati avviati sulla base del precedente quadro normativo di incentivazione, ristabilendo un orizzonte di certezza, anche tenendo conto dell'importante rallentamento avvenuto negli ultimi mesi del numero delle connessioni alla rete elettrica e di richiesta di accesso alle tariffe incentivanti;
a tutelare e dare certezza al settore delle energie rinnovabili, quale componente attiva della crescita del nostro Paese, garantendo agli investitori, italiani ed esteri, tempi certi per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per la costruzione e l'esercizio degli impianti, rendendo perentori e vincolanti per tutti gli enti e le autorità coinvolte nel procedimento autorizzativo i termini previsti dal Decreto legislativo 387 del 2003 senza eccezione alcuna, concordando nella Conferenza Stato-regioni criteri trasparenti e termini perentori per i percorsi amministrativi necessari al conseguimento delle autorizzazioni;
a non intervenire per il futuro con improvvise, non organicamente e tecnicamente strutturate e non preannunciate modifiche normative, e a non gettare nuovamente nell'incertezza tutto il settore delle energie rinnovabili, constatata la grave crisi ormai conclamata di centinaia di aziende tra le più innovative del sistema economico italiano, che hanno bisogno di un quadro normativo stabile per almeno un triennio per approntare i piani finanziari necessari a reperire capitali necessari per gli investimenti, completare le procedure autorizzative e costruire i progetti;
a non introdurre norme che possano rivelarsi nella loro attuazione a effetto retroattivo e in contrasto, quindi, con il principio cardine della certezza del diritto, facendo salvi gli investimenti già posti in essere, identificandoli attraverso parametri certi;
a prevedere che i necessari «aggiustamenti», ossia la tendenziale riduzione nel tempo degli incentivi per le fonti rinnovabili in relazione alla capacità installata, tengano in debito conto sia i prezzi di mercato dei moduli, sia il costo della costruzione e dei componenti, sia la necessità di congrui periodi di transizione, indispensabili al fine di garantire gli investimenti effettuati dalle imprese del settore, che, in ultimo, l'effettivo ed aggiornato ammontare di watt installati in relazione alla spesa necessaria per la tariffa incentivante in base ai dati costantemente aggiornati forniti dal Gestore dei Servizi Energetici.
9/5025/33.La Loggia, Marinello.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 27 che tratta di «Promozione della concorrenza in materia di conto corrente o di conto di pagamento di base» si è introdotta opportunamente la norma che prevede «la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base destinati all'accredito e al prelievo della pensione del titolare per gli aventi diritto a trattamenti pensionistici fino a 1.500 euro mensili»;
in questo modo si tuteleranno gli oltre 450.000 pensionati che, in seguito all'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, saranno obbligati ad aprire un conto corrente postale o bancario; infatti dagli studi e dalle proiezioni effettuate dall'Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari (ADUSBEF) si era previsto che, per l'apertura del conto corrente e per le relative movimentazioni, vi sarebbe stato un costo aggiuntivo di circa 264 euro l'anno per ogni pensionato;
appariva del tutto evidente che, pur in presenza di una grave crisi economica, sarebbe stato del tutto illogico e iniquo sottoporre i nostri pensionati a costi aggiuntivi che niente hanno a che fare con la ripresa economica del Paese,

impegna il Governo:

a verificare la possibilità di estendere tale norma di salvaguardia ad altre categorie sociali che dovrebbero usufruire di maggiore protezione quali gli ultra settantenni, i disabili e gli invalidi civili;
a prevedere l'obbligo per le banche e per la Società Poste Italiane Spa dell'apertura gratuita di numeri verdi in grado di fornire le informazioni e tutta l'assistenza necessaria sia per i soggetti già previsti che per gli altri eventualmente aggiunti che dovessero avere difficoltà nell'esperire le pratiche necessarie all'apertura o alla gestione di un conto corrente.
9/5025/34.Catone, D'Anna, Moffa, Razzi, Cesario.

La Camera,
premesso che:
nel presente provvedimento si attuano misure a favore del mondo agricolo che sta affrontando una situazione di estrema crisi;
con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, viceversa, è apparso del tutto evidente quali danni avrebbe provocato nel settore agricolo l'introduzione della nuova imposta IMU;
non a caso la Camera ha approvato il 13 febbraio u.s., a larghissima maggioranza, un ordine del giorno in cui si richiedeva al Governo di rivedere il meccanismo di applicazione dell'IMU;
con l'entrata in vigore, a pieno regime, dell'IMU si rischia, infatti, di arrivare alla chiusura di molte piccole e medie aziende agricole che già sono in crisi per le crescenti difficoltà economiche che stanno investendo l'intero settore;
in pratica si è attuata una duplicazione di imposta sui fabbricati rurali il cui reddito era già ricompreso in quello dei terreni che per gli agricoltori equivalgono a mezzi di produzione; dai calcoli effettuati dalle organizzazioni di settore gli incrementi varieranno dal 100 al 400 per cento;
la Coldiretti ha valutato in un miliardo di Puro i costi aggiuntivi che peseranno sugli agricoltori per effetto dell'IMU;
in uno studio elaborato dalla Confagricoltura emerge che, a fronte di un'incidenza sul PIL globale della nuova imposta patrimoniale pari all'1,3 per cento, si arriva al 4,5 per cento per il settore agricolo, con una perdita dei guadagni stimata al 10 per cento;
con l'introduzione dell'IMU sui fabbricati rurali e l'incremento degli estimi catastali dei terreni si colpiranno migliaia di aziende agricole già pesantemente in difficoltà a causa della perdurante crisi economica;
per la Cia, l'introduzione dell'IMU produrrà per gli agriturismi una perdita dei guadagni sino al 20 per cento;
con l'introduzione di questa tassa sono a rischio sopravvivenza circa mezzo milione di aziende sotto i 20 ettari, vanificando tutti gli sforzi degli operatori del settore che proprio grazie a maggiori investimenti e all'innovazione erano in qualche modo riusciti a non venire sommersi dalla crescente crisi economica;
l'Agricoltura, primo settore economico del Paese, con il'3,5 per cento del PIL e con 15 per cento se viene compresa anche il settore agroalimentare, ha cominciato nel 2011 a perdere posizioni sino ad arrivare nel terzo trimestre del 2011 l'andamento congiunturale più negativo dei valore aggiunto: meno 0.9 per cento;
non va dimenticato che il settore è già stato pesantemente colpito attraverso gli aumenti del carburante e utilities varie ed è in vana attesa, ad esempio, che si trovino le risorse finanziare necessarie ad una riduzione dell'accisa sul gasolio destinato al riscaldamento delle serre;
a tutto ciò va aggiunta l'approvazione dell'accordo tra l'Unione europea e il Marocco sulla liberalizzazione dei prodotti agricoli e ittici che, soprattutto nel Meridione d'Italia rappresenta un'ulteriore attacco alle nostre produzioni e ai nostri agricoltori;
non a caso, in questa situazione che rischia di rivelarsi disastrosa per il settore agricolo, gli operatori continuano a denunciare uno scarso interesse da parte del governo nei confronti del sistema agricolo nazionale, che rappresenta o almeno ha rappresentato sino ad oggi, un settore d'avanguardia e un fiore all'occhiello per il nostro Paese nel mondo;
nel nostro Paese vi sono circa 50mila imprese che si dedicano al biologico su un milione di ettari con consumi raddoppiati nel corso degli ultimi dieci anni, che abbiamo la più estesa rete di vendita diretta di prodotti agricoli con un fatturato di 3,2 miliardi di Euro, che 12,7 milioni di ettari sono presidiati dai nostri agricoltori che riescono così a svolgere anche un'importante funzione di salvaguardia ambientale, che il turismo enogastronomico ha un fatturato stimato in 5 miliardi di Euro;
tutto ciò rischia di entrare in una crisi irreversibile se non si attueranno in tempi necessariamente rapidi provvedimenti a difesa del settore agricolo;
le nuove tasse e gli aumenti del gasolio per come sono stati introdotti, non solo porteranno ad una chiusura di molte aziende che si ripercuoterà inevitabilmente sull'occupazione, ma determinerà un aumento dei prezzi al dettaglio colpendo ulteriormente le famiglie e i consumatori italiani che già hanno risposto alla crisi economica con un calo sensibile dei consumi,

impegna il Governo:

a verificare la possibilità di attivare tavoli di concertazioni con le associazione di categoria al fine di calendarizzare tutti gli interventi necessari al mondo agricolo che rischia di restare soffocato dall'attuale crisi economica affinché non aumentino a dismisura le piccole e medie aziende costrette a chiudere la propria attività;
a rivedere attraverso i provvedimenti che si dovessero ritenere necessari i termini in cui è applicata attualmente la nuova imposta dell'IMU, di cui le aziende agricole sentiranno tutto il peso nel corrente anno fiscale, prevedendo una consistente riduzione dell'IMU sia per le abitazioni e i terreni che per gli immobili strumentali utilizzati dagli imprenditori agricoli professionali e dai coltivatori diretti che si dedicano all'agricoltura come attività prevalente e che da sempre sono stati inseriti nel valore dei terreni.
9/5025/35.Ruvolo, Moffa, Gianni, Romano, Taddei, Milo, Marmo.

La Camera,
premesso che:
il decreto liberalizzazioni per sua natura dovrebbe consentire lo sviluppo di forme di concorrenzialità tra i soggetti e pertanto garantire sviluppo di forme di gestione efficaci;
da molte aziende del settore si è fatto presente che le norme proposte all'articolo 26 (misure in favore della concorrenza nella gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio e per l'incremento della raccolta e recupero degli imballaggi) rischiano, al contrario, di risultare inapplicabili e non efficaci;
nel merito, con la modifica proposta all'articolo 221 del decreto legislativo n. 152 del 2006 si propone la dicitura dei «propri imballaggi» che sembrerebbe obbligare i nuovi soggetti, che volessero essere alternativi al CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), di raccogliere solo i «propri» rifiuti e non rifiuti della medesima tipologia come invece è previsto per CONAI; tale scelta sarebbe distorsiva per il mercato poiché la raccolta presso i centri di raccolta comunale sarebbe impedita di fatto e, per alcune tipologie di rifiuto sarebbe impossibile raggiungere gli obiettivi di raccolta;
allo stesso tempo, viene denunciato sempre dalle aziende del settore, che non si è affrontato quanto previsto dall'articolo 218 del medesimo decreto dove si sarebbe potuto spostare nella categoria di «produttori, di imballaggio» anche gli importatori di imballaggi pieni, che impedisce di fatto a tale categoria di organizzare autonomamente la ripresa dei propri rifiuti di imballaggio anche se a tutti gli effetti hanno la potenzialità di farlo,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di intervenire nelle norme di cui alle premesse alfine di garantire, nel settore in oggetto, un'effettiva liberalizzazione tesa a stabilire un regime di libera concorrenzialità con regole uguali per tutti gli attori presenti sul mercato.
9/5025/36.Scilipoti, Cesario, Orsini, Taddei, Moffa.

La Camera,
premesso che:
la disoccupazione giovanile ha raggiunto quota 31 per cento a dimostrazione di come l'attuale crisi economica stia colpendo le speranze e il futuro del nostro Paese;
con l'articolo 3 del decreto-legge in discussione si è determinata, con la modifica dell'articolo 2463 del codice civile, la nascita della Società Semplificata a Responsabilità Limitata, che può rappresentare uno strumento utile, anche se non risolutivo, per arginare la crescente disoccupazione civile e incoraggiare i giovani fare impresa;
a tale misura si dovranno, ovviamente, aggiungere provvedimenti tesi a favorire la ripresa del credito a favore delle piccole e medie imprese;
il limite di età di 35 anni, deciso in tale provvedimento, non sembra però sufficiente a rispondere alla domanda reale che proviene dalle nuove generazioni che spesso, tra studi e necessaria esperienza professionale, raggiungono un'età superiore;
d'altronde tale situazione è stata recepita anche in numerosi documenti dell'Unione europea che considera giovani gli imprenditori sino a 40 anni;
lo stesso governo Monti, nel decreto-legge sulle semplificazioni e sviluppo, ha inserito una norma a favore della Ricerca per stabilire iter rapidi per i progetti di ricerca e più fondi in favore dei ricercatori fino a 4 anni di età,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a innalzare a 40 anni l'età di coloro a cui sia consentito, con i criteri, previsti dal provvedimento all'esame, realizzare una Società Semplificata a Responsabilità Limitata, prendendo così atto di un'interpretazione che ormai sta diventando scelta comune a livello europeo.
9/5025/37.Polidori, Moffa, Calearo Ciman, Catone, Marmo, Pionati.

La Camera,
premesso che:
il decreto «liberalizzazioni» ha disposto la possibilità di costituire alcune migliaia di farmacie, una oggi 3300 abitanti;
le modalità di assegnazione risultano assai inique;
si da la possibilità ai giovani sino a 40 anni solo di associarsi tra loro e debbono concorrere per titoli che ancora in pratica non hanno accumulato data la giovane età;
i farmacisti di età tra i 40 e i 67 anni non potranno associarsi tra loro ma potranno partecipare al concorso per soli titoli senza dare prova di essere in grado di meritarla attraverso esami;
il concorso non prevede prove di esame e scapito della preparazione e della meritocrazia;
ai giovani di fascia di età compresa tra i 40 e i 50 anni è fatto divieto di associarsi potendo concorrere per soli titoli, questi saranno così svantaggiati nel confronto con i colleghi i più anziani che hanno avuto tempo per accumularli e noti potranno sperare in prove di esame che non sono previste;
il decreto-legge così formulato favorisce in pratica i vecchi farmacisti che hanno smesso studiare, sia del pubblico che del privato, che, nell'arco degli anni hanno acquisito una quantità innumerevole di titoli, corsi, master e specializzazioni a volte anche molto costosi; ai vecchi farmacisti in età ormai pensionabile viene regalata praticamente la possibilità di aggiudicarsi facilmente una farmacia le cui quote possono essere vendute ad altri soggetti dopo averle vinte;
i giovani sino a 40 anni, non avendo titoli competitivi e senza possibilità di misurarsi con prove d'esame dovranno sperare solo in società numerose;
la fascia di età dei farmacisti che va tra i 40 e i 50 anni non potrà associarsi ma partecipare al concorso per soli titoli, titoli ce non hanno ancora data l'età,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che i concorsi banditi siano oltre che per titoli anche per esami per tutti, l'unica possibilità che garantisce preparazione, meritocrazia e partecipazione senza discriminazioni;
a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad allargare la possibilità di associazione tra farmacisti sino all'età di cinquanta anni.
9/5025/38.Razzi, Moffa, Cesario, Marmo, D'Anna.

La Camera,
premesso che:
l'aumento del numero dei Notai rende necessario adottare nel nostro sistema previdenziale idonee misure alfine di mantenere l'equilibrio dei costi e la futura sostenibilità;
per il notaio, il diritto a pensione matura al raggiungimento del limite di età dei 75 anni, previsto dall'articolo 16 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, come integrato dall'articolo 7 della legge 6 agosto 1915 n. 1365;
poiché la quasi totalità dei Notai resta in esercizio fino al limite massimo di età, lo slittamento in avanti di due anni comporterebbe per la Cassa un risparmio notevole, quantificabile per il primo anno (nell'ipotesi consolidata di pensionamento medio di 100-110 notai all'anno) da 8 a 10 milioni di euro e nel secondo anno da 16 a 20 milioni di euro, per stabilizzarsi poi negli anni successivi;
il mancato prolungamento dell'età creerebbe problemi assai gravi per la previdenza notarile, che non si creano invece per tutti gli altri ordini che consentono ai «pensionati» di rimanere in esercizio senza limiti di età, regolando poi con le loro Casse in autonomia la loro posizione;
d'altro canto il limite di 75 anni venne introdotto (precedentemente non era previsto alcun limite come per le altre professioni) in un momento storico in cui la durata della vita media era di molto inferiore a 75 anni;
oggi che la vita si è notevolmente allungata, quel limite non appare più rispondente all'interesse della collettività;
peraltro in tutti i settori - sia pubblici e sia privati - le recenti disposizioni normative hanno già differito o tendono a differire l'età pensionabile e il permanere degli attuali notai in esercizio sino al compimento del 77° anno di età non arrecherebbe alcun danno ai candidati notai, atteso il notevole aumento disposto dalla pianta organica e lo svolgimento accelerato dei concorsi previsto dal decreto-legge in oggetto;
qualora il legislatore spostasse a 77 anni il limite in oggetto, la Cassa nell'ambito della sua autonomia regolamentare e gestionale dovrà intervenire su tutta una serie di altre misure che saranno necessarie per mantenere la sua sostenibilità e che potrebbero essere, tra l'altro: a) blocco, secondo discrezionalità dal Consiglio di Amministrazione, dell'adeguamento delle pensioni all'indice di inflazione; b) blocco dell'adeguamento dell'indennità di cessazione al numero massimo di 40 anni di esercizio (e non all'eventuale maggior numero degli anni di esercizio effettivo) e determinazione di nuovi parametri più riduttivi, come i coefficienti di moltiplicazione (x per il numero degli anni d'esercizio ove, per x e un coefficiente che dovrà essere rideterminato dal Consiglio di Amministrazione). Il tutto con progressione e tenendo conto dei diritti già maturati; c) visitazione della disciplina delle pensioni speciali, in particolare quella relativa alla cessazione dell'esercizio per fatti inerenti all'esercizio della professione che, ove verificatasi prima di dieci anni, dovrebbe parametrate l'ammontare delle pensioni dovute a 10 anni di esercizio e via via di decennio in decennio o altro termine, comunque inferiore a quello attuale che è pari al massimo dei 40 anni; d) prevede, eventualmente, che nel biennio oltre il 75° anno, il notaio che volontariamente ne usufruisca in tutto o in parte, continui a versare i contributi senza corrispondente aumento della liquidazione, che resterebbe parametrata ai massimi attuali;
in considerazione di quanto citato nella presente premessa sarebbe necessario modificare l'articolo 37. della legge n. 1953 del 14 novembre 1926, nel senso di consentire ai notai di cessare l'esercizio delle loro funzioni, con effetto dal giorno in cui compiono il 78° anno di età; in tal caso ai fini previdenziali, i contributi versati durante il periodo di prolungamento nell'esercizio delle funzioni, non dovrebbero essere computati per la determinazione del trattamento pensionistico e per la liquidazione, il cui calcolo resterà ancorato alla data del compimento del 75° anno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di modificare l'articolo 37 della legge n. 1953 del 14 novembre 1926, nel senso di consentire ai notai di cessare l'esercizio delle loro funzioni, con effetto dal giorno in cui compiono il 78° anno di età; in tal caso ai fini previdenziali, i contributi versati durante il periodo di prolungamento nell'esercizio delle funzioni, non dovrebbero essere computati per la determinazione del trattamento pensionistico e per la liquidazione, il cui calcolo resterà ancorato alla data del compimento del 75° anno.
9/5025/39.Pionati, Moffa, Catone, Razzi, Taddei, Mottola.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012, reca l'articolo 65 che interviene in merito agli impianti fotovoltaici in ambito agricolo;
al comma 1 del citato articolo 65 si dispone che per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è consentito l'accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28;
il comma 2 dell'articolo 65 dispone che quanto previsto dal comma 1 non si applica agli impianti solari fotovoltaici che hanno conseguito il titolo abilitativo o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la data di entrata in vigore del decreto-legge «liberalizzazioni» a condizione che in ogni caso l'impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, in questo modo si intende bloccare gli investimenti relativi ai grandi impianti fotovoltaici installati a terra in aree agricole e destinati alla mera vendita di energia;
il comma 2 dell'articolo 65 non tiene conto del caso in cui l'energia, prodotta da impianti fotovoltaici, viene direttamente utilizzata nei processi produttivi, ad esempio per la forca motrice utile al sollevamento dell'acqua nei pozzi di irrigazione, infatti in tale ambito l'impianto fotovoltaico opera senza fini speculativi nel cosiddetto regime di «scambio sul posto»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28 sia consentito agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, che producano energia utilizzata direttamente nei processi produttivi, ad esempio per la forza motrice utile al sollevamento dell'acqua nei pozzi di irrigazione, in quanto in tale ambito l'impianto fotovoltaico opera senza fini speculativi nel cosiddetto regime di «scambio sul posto».
9/5025/40.Gianni, Ruvolo, Moffa, Orsini, Cesario.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi, anche tenendo conto della crisi economica, da molte parti si è sostenuta la necessità di varare incentivi all'acquisto di auto elettriche, gpl e metano;
questo settore della produzione automobilistica a basso impatto ambientale potrebbe rilanciare il mercato delle automobili e dare un contributo in relazione all'inquinamento ambientale perché andrebbero a sostituire automobili vecchie e inquinanti;
anche in relazione al costo dei carburanti che attualmente hanno raggiunto livelli insostenibili c'è da tenere presente che tra il 2009 e il 2012 la benzina è aumentata dei 54 per cento mentre in diesel del 60 per cento in confronto il gpl e il metano nello stesso periodo sono aumentati rispettivamente del 25 per cento e del 2 per cento;
il trend dell'immatricolato con l'aumento in particolare delle vetture a metano e l'andamento delle vendite di gas naturale per autotrazione ha visto una crescita nell'ultimo biennio di oltre il 10 per cento, in assoluta controtendenza rispetto al calo complessivo del mercato dei carburanti;
il metano rappresenta una scelta sempre più diffusa non solo tra le aziende di trasporto pubblico ma anche tra i gestori di flotte private anche in virtù di una maturazione della coscienza ambientale e non solo per i costi più contenuti;
incentivare la produzione e l'acquisto di auto alimentate elettricamente ma soprattutto gpl e metano è necessario migliorare e rendere la rete di distribuzione dei carburanti ibridi capaci di sostenere l'aumento di richieste di stazioni di servizio che abbiano la possibilità di alimentare le auto a gpl e in particolare a metano,

impegna il Governo

a promuovere, per la parte di propria competenza, una presenza sempre più estesa sulle autostrade e strade italiane di impianti di distribuzione di gpl e metano in modo da rispondere efficacemente e in maniera concreta all'aumento della richiesta proveniente da un segmento di mercato in forte crescita e sostenere le aziende pubbliche e private di trasporto ad utilizzare veicoli in particolare alimentati a metano.
9/5025/41.Marmo, Gianni, Moffa, Stasi, Razzi, Grassano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto «liberalizzazioni» reca norme per il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, accesso alla titolarità delle farmacie, modifica alla disciplina della amministrazione dei farmaci e altre disposizioni in materia sanitaria;
nell'articolo 1-bis alla lettera b) si prevede che possono essere istituite nuove farmacie nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superfici di vendita superiore a 10.000 metri quadrati, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 1.500 metri;
si tratta probabilmente di una distanza eccessiva che andrebbe ridotta per fornire un migliore servizio il più possibile ai cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'efficacia, sotto il profilo del potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, della disposizione richiamata, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la possibilità di istituire una farmacia nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superfici di vendita superiore a 10.000 metri quadrati purché non sia già aperta una farmacia non ad una distanza di 1.500 metri come previsto dal citato articolo 11 comma 1-bis lettera b) ma di 700 metri.
9/5025/42.Calearo Ciman, Moffa, Lehner, D'Anna, Pionati, Catone.

La Camera,
premesso che:
allo scopo di evitare la sottrazione di rilevanti aree a vocazione agricola l'articolo 65 del provvedimento in esame impedisce agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole l'accesso agli incentivi statali previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011, che ha ridefinito il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili;
in particolare il non accesso agli incentivi per i citati impianti fotovoltaici, salve le autorizzazioni in corso, è diretto a salvaguardare la destinazione delle aree a vocazione agricola, ponendo rimedio agli impatti rilevanti e distorsivi della eccessiva diffusione di tali impianti sull'uso dei suoli agricoli e sull'assetto paesaggistico-territoriale, effetti non governati dalla regolamentazione restrittiva già prevista dal decreto legislativo n. 28 del 2011;
per gli impianti solari fotovoltaici non collocati su terreno agricolo dalle stesse aziende agricole è previsto che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas assicuri la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola;
al riguardo è opportuno, in ogni caso, sottolineare la necessità di monitorare le ricadute di tale nuova disciplina, soprattutto laddove si prevede che la priorità di connessione alla rete elettrica sia assicurata per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola, in quanto l'esercizio di tali impianti costituisce una legittima facoltà dell'azienda e una forma di integrazione del reddito agricolo, che nella logica della multifunzionalità dell'attività agricola ha costituito una delle finalità del sistema di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili;
in conclusione non si comprendono le motivazioni alla base della penalizzazione per quelle imprese che invece di realizzare un solo impianto da 200 kW ne realizzino di più utilizzando tetti o comunque superfici che non siano terreno agricolo, laddove le disposizioni attribuiscono una premialità - ossia la priorità di accesso alla rete elettrica - per quelle aziende che si dotano di un solo impianto fino a 200 kW,

impegna il Governo

a verificare l'impatto sul comparto agricolo delle disposizioni contenute nell'articolo 65 con particolare riferimento alla previsione che assicura la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola.
9/5025/43.Trappolino, Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame detta disposizioni sull'energia prodotta da fonti rinnovabili sia per quel che riguarda gli impianti fotovoltaici sia, a seguito di una modifica introdotta al Senato, gli impianti alimentati a biomassa;
in particolare vieta agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole l'accesso agli incentivi statali previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011, che ha ridefinito il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili;
in relazione agli impianti a biomasse solide già in esercizio alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni recate dal citato decreto legislativo n. 28, in previsione del nuovo sistema di incentivazione, vi sarebbero seri problemi operativi a causa delle configurazioni d'impianto che non consentono un recupero di efficienza;
in merito al sistema di approvvigionamento, è da più parti sottolineato che l'attuale sistema incentivante «Certificati Verdi» consente alle aziende di introitare il massimo dell'incentivo per MW prodotto se il combustibile utilizzato provenga da filiera corta (70 km) viceversa l'incentivo si abbassa sostanzialmente; pertanto, sarebbero numerose le aziende che gestiscono questa tecnologia per la produzione di energia da fonti rinnovabili nel territorio calabrese che non riescono allo stato ad approvvigionarsi totalmente dalla filiera corta;
i positivi impatti occupazionali sino ad oggi conseguiti alla presenza di tali impianti a biomasse solide, spesso in aree di crisi industriali del Paese, laddove non sostenuti da congrui e specifici incentivi per la produzione di energia per il medio e lungo periodo (15 anni), vedrebbero messi a rischio i livelli occupazionali accrescendo di fatto l'emorragia occupazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere incentivi per la promozione di energia da fonti rinnovabili derivanti da biomasse prendendo in considerazione l'ipotesi di aumentare la distanza chilometrica della filiera di approvvigionamento pur nel rispetto della virtuosità del ciclo produttivo per quelle aree del Paese colpite da fenomeni di crisi industriale e che registrano elevati livelli di disoccupazione.
9/5025/44.Oliverio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 65 del provvedimento in esame vieta agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole l'accesso agli incentivi statali previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011, che ha ridefinito il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili;
il divieto di accesso agli incentivi per i suddetti impianti fotovoltaici, salve le autorizzazioni in corso, è diretto a salvaguardare la destinazione delle aree a vocazione agricola, ponendo rimedio agli impatti rilevanti e distorsivi della eccessiva diffusione di tali impianti sull'uso dei suoli agricoli e sull'assetto paesaggistico-territoriale, effetti non governati dalla regolamentazione restrittiva già prevista dal decreto legislativo n. 28 del 2011;
è opportuno sottolineare come gli impianti fotovoltaici i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di serre - così come definite dall'articolo 20, comma 5 del decreto ministeriale 6 agosto 2010 - consentono di produrre energia da fonte rinnovabile e contemporaneamente di migliorare la produttività delle imprese agricole mediante l'introduzione di innovazioni in un settore gravemente colpito dalla crisi economica;
a seguito della introduzione della disposizione contenuta nella seconda parte del comma 2 dell'articolo 14 del decreto ministeriale 5 maggio 2011, gli impianti su serra per accedere alle tariffe incentivanti hanno dovuto effettuare un intervento sulla originaria progettazione,

impegna il Governo

ad adottare misure finalizzate a riconoscere agli «impianti fotovoltaici realizzati su serra» le medesime tariffe incentivanti previste per gli «impianti fotovoltaici realizzati su edifici» e di prorogare al 31 dicembre 2012, limitatamente ai medesimi impianti, il termine per far pervenire al G.S.E. la certificazione di fine lavori di cui all'articolo 6 comma 3 lettera b) del decreto ministeriale 5 maggio 2011.
9/5025/45.Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 24 del provvedimento in esame non chiarisce in modo inequivoco se il rispetto della conformità agli strumenti urbanistici sia condizione necessaria per la validità delle autorizzazioni all'esecuzione di opere relative alla dismissione e messa in sicurezza dei siti nucleari;
una giurisprudenza consolidata stabilisce che la conferenza di servizi, che in questo caso decide sul «rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione o allo smantellamento di opere che comportano modifiche sulle strutture impiantistiche» nel caso in cui comune e/o regione interessati abbiano dato parere negativo, non vale come variante urbanistica, ma come richiesta di variante urbanistica su cui deve pronunciarsi il consiglio comunale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative, con carattere di assoluta urgenza, volte a chiarire l'interpretazione autentica della disposizione di cui in premessa, al fine di salvaguardare le prerogative dei comuni in materia urbanistica e a tutelare le previsioni delle comunità locali afferenti i siti nucleari.
9/5025/46.Bobba, Realacci, Osvaldo Napoli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame interviene su alcuni temi di particolare importanza per il settore dei trasporti rispondendo alle indicazioni ed ai rilievi sollecitati dalla Commissione Trasporti su materie oggetto di lavoro svolto dalla medesima Commissione fin dall'inizio della Legislatura;
in particolare l'istituzione dell'Autorità di regolazione nel settore dei trasporti, con l'attribuzione piena delle funzioni di vigilanza per tutto il comparto di interesse, comprese quelle in materia di diritti aeroportuali, risponde con efficacia alle indicazioni della Commissione trasporti che in un suo documento sollecitava la costituzione di una nuova autorità indipendente nel settore dei trasporti con il compito di garantire condizioni eque di concorrenza ex ante, cioè prima che il confronto di mercato abbia inizio;
se gli aspetti positivi del provvedimento sono rilevanti per il settore dei trasporti, tuttavia, è importante che il Governo dia un segnale chiarificatore che potrà fungere da importante parametro di riferimento nell'interpretazione delle disposizioni, soprattutto in vista dell'attività di vigilanza che svolgerà l'Autorità di regolazione dei trasporti;
in particolare è opportuno valutare quali siano i conflitti di interesse da evitare nell'attribuzione degli incarichi collegiali dell'Autorità per quel che riguarda le nomine di soggetti già titolari di altri incarichi ovvero qualora permangano condizioni di interessi in conflitto con l'esercizio della funzione di regolazione o vigilanza in relazione alle cariche assunte in precedenza o alle nomine nelle imprese regolate o vigilate;
bisogna, soprattutto, evitare intrecci di incarichi con soggetti che nella magistratura amministrativa, TAR e Consiglio di Stato, risultino competenti a giudicare i ricorsi contro le decisione delle Autorità;
sarà il Governo, su proposta del Ministro competente, a designare le nomine degli incarichi collegiali dell'Autorità che saranno approvate con decreto del Presidente della Repubblica previo parere obbligatorio e vincolante delle competenti Commissioni parlamentari,

impegna il Governo:

a verificare che nella scelta dei componenti dell'Autorità di regolazione dei trasporti siano garantite regole atte ad evitare situazioni di conflitti di interesse legati a incarichi ricoperti nella magistratura amministrativa, nelle imprese regolate o vigilate e a incarichi elettivi o politici;
a garantire il rispetto dei tempi previsti dal presente provvedimento per la piena operatività dell'Autorità di regolazione dei trasporti.
9/5025/47.Lovelli, Meta.

La Camera,
premesso che:
le Facoltà di Farmacia offrono una formazione su ogni aspetto delle attività legate al farmaco e che in tali Facoltà insegnano docenti e svolgono attività di ricerca laureati in Farmacia o titolo equipollente ma anche laureati in altre discipline;
sono previsti in altre Facoltà (come Medicina e Chirurgia, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Biotecnologie) insegnamenti inerenti il farmaco (come la farmacologia);
gli insegnamenti inerenti il farmaco presso Facoltà diverse da Farmacia vengono attribuiti anche a Professori Ordinari, Professori Associati, Professori Aggregati, Ricercatori di ruolo laureati in Farmacia o titolo equipollente;
nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 1994, n. 298 recante il «Regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 9, della legge 8 novembre 1991, n. 362, concernente norme di riordino del settore farmaceutico» al farmacista dipendente del Ministero della sanità e dell'Istituto superiore di sanità si attribuisce un punteggio ai fini della valutazione dell'attività professionale pari a «punti 0,35 per anno per i primi dieci anni; 0,10 per i secondi dieci anni», mentre il farmacista ricercatore universitario, pur svolgendo analoghe attività di ricerca svolte da quello in servizio presso l'ISS, non ha alcun riconoscimento per la sua attività di ricerca, in termini di punteggio, ai fini della valutazione dell'esercizio professionale;
i laureati in Farmacia o titolo equipollente svolgono attività di ricerca legata al farmaco anche in Facoltà diverse da quella di Farmacia;
questi laureati in Farmacia o titolo equipollente svolgono mansioni di didattica e ricerca del tutto analoghi a quelli in ruolo presso le Facoltà di Farmacia;
i laureati in Farmacia o titolo equipollente assunti in ruolo nelle Università, presso qualsiasi Facoltà, se iscritti all'Ordine dei Farmacisti, versano, come tutti, la quota di contributo previdenziale ENPAF (Ente Nazionale Previdenza Assistenza Farmacisti). Inoltre, per effetto della Legge Finanziaria 2007 (articolo 1, comma 485 della Legge 269/2006 a modifica dell'articolo 2, lettera e) della Legge 7 Luglio 1901), sono contribuenti obbligatori ONAOSI (Opera Nazionale per l'Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani) come tutti i Medici Chirurghi e Odontoiatri, i Medici Veterinari ed i Farmacisti iscritti ai rispettivi Ordini Professionali italiani che prestano servizio presso Pubbliche Amministrazioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di equiparare, in un futuro provvedimento, ai fini dell'assegnazione del punteggio per la valutazione dell'attività professionale, di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 1994, n. 298, il ruolo di ricercatore universitario laureato in Farmacia o titolo equipollente a quello di «farmacista dipendente del Ministero della sanità e dell'Istituto superiore di sanità» ed eliminare le differenze di trattamento nell'assegnazione del punteggio ai fini della valutazione dell'esercizio professionale tra docenti e ricercatori Laureati in Farmacia o titolo equipollente di ruolo della Facoltà di Farmacia e tutti gli altri in organico presso altre Facoltà.
9/5025/48.Narducci, D'Incecco.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene numerose norme che incidono sulle finanze locali, quali, ad esempio, quelle sui servizi pubblici locali, sulla trasparenza dei costi sostenuti per le locazioni, sull'imposta comunale sugli immobili non commerciali;
il decreto legislativo 1o agosto 2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) disciplina agli articoli 87 e 87-bis rispettivamente i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici e le procedure semplificate per determinate tipologie di impianti: nel primo caso la domanda viene presentata agli enti locali previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, in base al quale le amministrazioni provinciali e comunali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale utilizzano le strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente; nel secondo caso si prevede una procedura semplificata, poiché si applica la denuncia di inizio attività, al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all'articolo 87;
l'articolo 93 del citato decreto legislativo disciplina gli oneri relativi ai procedimenti autorizzatori e sancisce il principio del divieto di imporre oneri ulteriori da quelli previsti dalla legge. Questa norma è stata richiamata dalla Corte costituzionale che si è pronunciata dichiarando la illegittimità di alcune norme della Regione toscana che prevedevano il pagamento dei pareri resi da Arpa in esecuzione delle disposizioni del medesimo codice delle comunicazioni elettroniche (sentenza 7 luglio 20 10 n. 272). Il giudice costituzionale ha precisato che la riserva di legge contenuta nell'articolo 93 deve intendersi come riserva di legge dello Stato. Tale sentenza ha prodotto importanti conseguenze applicative in tutto il territorio dello Stato poiché quasi tutte le Regioni, attraverso propri provvedimenti legislativi, prevedevano il pagamento dei parerei resi dalle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente. Lo stesso Istituto superiore per la protezione dell'ambiente e la ricerca ambientale (Ispra) ha ufficialmente richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione di «strumenti normativi idonei a definire modalità di rilascio di autorizzazioni e di svolgimento delle azioni di controllo, prevedendo espressamente oneri a carico dei soggetti richiedenti;
per le considerazioni su esposte e al fine di limitare gli oneri per gli enti territoriali coinvolti appare, pertanto, opportuno prevedere che le spese relative alle attività di accertamento da parte degli organismi competenti ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001 n. 36, siano a carico del soggetto che presenta le istanze di autorizzazione, le denunce di attività o quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti e siano calcolate in base ad un tariffario uniforme sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire per modificare la disciplina vigente in merito ai procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici e alle procedure semplificate per determinate tipologie di impianti, anche alla luce della citata sentenza della Corte Costituzionale, nel senso di trasferire i costi delle relative attività di accertamento sui richiedenti l'autorizzazione medesima.
9/5025/49.Braga.

La Camera,
premesso che:
il progetto di ammodernamento e di adeguamento della S.S. 372, detta «fortorina», che collega le zone interne del Fortore con il capoluogo di provincia Benevento, mira a migliorare la viabilità, riducendo i tempi di percorrenza e, al tempo stesso, garantendo condizioni di sicurezza agli utenti;
la realizzazione della nuova infrastruttura, che si sviluppa su un territorio morfologicamente articolato e complesso, oltre che migliorare la rete viaria, consentirà di uscire dall'isolamento geografico, offrendo alle popolazioni del Fortore nuove possibilità di sviluppo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare, d'intesa con le Autonomie Territoriali e con la Regione Campania, un tavolo interistituzionale per predisporre, compatibilmente con le risorse finanziarie nazionali disponibili, un piano di interventi infrastrutturali che consenta il completamento dei lavori di ammodernamento della S.S. 372, onde consegnare alle comunità una nuova ed importante arteria che costituirà non solo il collegamento con le aree interne, ma, soprattutto, il volano per il rilancio della vita sociale e civile e per lo sviluppo industriale del Fortore e del beneventano.
9/5025/50.Mario Pepe.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-ter del decreto-legge in esame, contempla l'introduzione del Rating di legalità delle imprese operanti nel territorio nazionale, al fine di promuovere il rispetto di principi etici nei comportamenti aziendali, di cui tener conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni e in sede di accesso al credito bancario agevolato;
la suddetta disposizione attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in accordo con i Ministeri della Giustizia e dell'Interno, il compito di elaborare un regolamento e di definire i criteri attuativi per la determinazione del rating di legalità degli imprenditori e dell'albo dei virtuosi, al fine di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie per i perseguimento dello scopo sopra indicato, anche in rapporto alla tutela dei consumatori;
meritorio lo scopo che si prefigge la norma che è quello innanzi tutto di sottrarre imprese oneste e virtuose alla criminalità organizzata, la quale approfitta della crisi per impadronirsi di imprese sane, facendosi spesso scudo dell'imprenditore incensurato ma in grave difficoltà a causa dei debiti, sopperendo alla richiesta di liquidità di denaro e alla grave stretta creditizia operata dalle banche;
ai fini della definizione del rating di legalità e della relativa istituzione presso l'autorità Antitrust di un albo per le imprese dovrebbero rilevare elementi quali l'affidabilità e la correttezza nei confronti del fisco, i comportamenti virtuosi in grado di ostacolare gli atti intimidatori della criminalità organizzata, anche mediante denuncia di eventuali tentativi di estorsione;
la suddetta disposizione non solo mira ad incentivare comportamenti in linea con il massimo contrasto alla criminalità e aiutare a combattere concretamente l'usura, ma rappresenta uno strumento premiale, oggi difficilmente sostituibile, per l'accesso al credito e alle agevolazioni pubbliche in favore di imprenditori onesti e virtuosi;
la norma, dunque, per le finalità e le caratteristiche su esposte dovrebbe essere estesa anche ad altri soggetti che, al pari delle altre imprese, risultando affidabili, corretti e virtuosi, appaiono particolarmente meritevoli di usufruire di un sistema di premialità anche perché operanti in contesti difficili; tra questi soggetti rilevano le aziende confiscate alle mafie, appesantite dalle ipoteche bancarie e spesso destinate al fallimento e le cooperative sociali che, con innumerevoli difficoltà lavorano su terreni sequestrati ai clan mafiosi, continuando a subirne i contraccolpi, spesso con perduranti azioni criminali volte distruggere i prodotti del loro raccolto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, in sede di attuazione e di operatività della norma relativa all'assegnazione di un Rating di legalità e antimafia delle imprese, un'estensione applicativa anche alle aziende e alle cooperative sociali che svolgono attività agricola e di impresa su terreni e beni confiscati alle mafie, allo scopo di ricomprendere anche tali soggetti nell'ambito dell'albo degli imprenditori virtuosi, anche ai fini della partecipazione al sistema premiale in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni e di accesso al credito bancario agevolato.
9/5025/51.Garavini, Bordo, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Andrea Orlando, Piccolo, Veltroni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame prevede l'istituzione del «Tribunale delle imprese» ampliando in misura significativa la sfera di competenza delle attuali sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, istituite dal decreto legislativo n. 168 del 2003, disponendo, altresì, l'istituzione di tali sezioni specializzate presso i tribunali e le corti d'appello con sede nei capoluoghi di regione che finora ne erano sprovvisti;
tra le altre sono attribuite alla competenza delle sezioni specializzate, le controversie relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture ma solo per quei contratti di rilevanza comunitaria in cui sia parte una delle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario;
restano pertanto escluse dalla competenza del Tribunale delle imprese la maggior parte delle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario, previsto dall'articolo 240 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ove sussista la giurisdizione del giudice ordinario, come sarebbe stato, invece, opportuno allo scopo di ridurre il ricorso all'arbitrato, garantendo comunque la rapidità dei tempi per la soluzione delle controversie;
se è vero che il ricorso all'arbitrato può servire ad evitare i lunghi tempi processuali che caratterizzano i nostri tribunali, è altrettanto vero che spesso gli «effetti collaterali» generano ulteriori e più preoccupanti conseguenze. Analizzando gli elementi che emergono con chiarezza dalle relazioni annuali dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, infatti, emerge che:
i costi dell'arbitrato sono altissimi (dato 2010), si va dai 2.933.048,47 euro spesi dall'amministrazione per i compensi dei collegi arbitrali, ai 475.869.668,44 euro, somma che riassume tutte le condanne delle stazioni appaltanti, dunque comprensiva di compensi degli arbitri (e più in generale le spese per il funzionamento del collegio), condanna nel merito, spese per consulenze tecniche eccetera;
l'amministrazione pubblica soccombe nei giudizi arbitrali nella quasi totalità dei casi, diretta conseguenza di tale dinamica è un maggior costo degli appalti pari al 30 per cento. Inoltre, in caso di contenzioso, la durata dei lavori, normalmente notevolmente superiore a quella preventivata, aumenta dell'11 per cento;
solo una minoranza degli arbitrati azionati si conclude entro il termine ordinario previsto per la pronuncia del lodo ed, anzi, in alcuni casi, i procedimenti hanno avuto una durata di 700 giorni per poi concludersi con un accordo transattivo;
i lodi arbitrali impugnati sono, a loro volta, nella gran parte, dichiarati nulli da parte della Corte d'Appello,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere ulteriormente le competenze del tribunale delle imprese comprendendo tutte le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario, previsto dall'articolo 240 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ove sussista la giurisdizione del giudice ordinario, escludendo, conseguentemente, il ricorso all'arbitrato;
a valutare, comunque, la possibilità di ridurre sensibilmente il ricorso all'arbitrato nelle controversie relative a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in cui sia parte una amministrazione aggiudicatrice o un organismo di diritto pubblico di cui all'articolo 3, commi 25 e 26 del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, prendendo, eventualmente, in considerazioni le proposte formulate in più sedi, anche nelle audizioni presso la Camera dei deputati, dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
9/5025/52.Mariani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 65 del provvedimento in esame prevede l'esclusione dagli incentivi previsti dal decreto legislativo n. 28 del 2011 per gli impianti solari collocati a terra in aree agricole, con le opportune eccezioni per gli impianti in via di attivazione;
il comma 3 della citata disposizione prevede, altresì, che l'AEEG assicuri la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola;
tale previsione normativa, che evidentemente riguarda gli impianti realizzati sui tetti e non direttamente sui terreni agricoli appare poco comprensibile e potrebbe causare confusione addirittura potendo essere interpretata in modo da discriminare gli agricoltori rispetto a tutti gli altri soggetti proprietari di un tetto, ostacolando quindi l'integrazione tra fonti rinnovabili e agricoltura;
le disposizioni in esame, infine, costituendo l'ennesima modificazione del quadro normativo relativo al fotovoltaico, che avrebbe invece bisogno di certezze e norme durature, costituisce un disincentivo agli investimenti in uno dei settori chiave del nostro Paese, di particolare rilievo strategico, in un momento in cui si cerca di uscire dalla crisi favorendo le liberalizzazioni ed il rilancio degli investimenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di agevolare la realizzazione dei piccoli impianti fotovoltaici non collocati a terra da parte delle imprese agricole rispetto ai quali è di difficile comprensione il comma 3 dell'articolo di cui trattasi; a valutare, pertanto, anche la necessità di rimuovere tale vincolo che può persino costituire una ingiustificata discriminazione ai danni degli agricoltori rispetto a tutti gli altri soggetti.
9/5025/53.Realacci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 25, comma 1, del provvedimento in esame apporta alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina dei servizi pubblici locali, novellando il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, con l'obiettivo di limitare ulteriormente le possibilità di ricorrere alle gestioni dirette, incentivando le gestioni concorrenziali nei diversi segmenti del comparto;
tra le tante innovazioni contenute nella norma in esame alla disciplina dei servizi pubblici locali, una riguarda la misura della soglia per l'affidamento dei servizi a società pubbliche, che è ridotta da 900 mila a 200 mila euro annui riducendo, in tal modo, ulteriormente le ipotesi in cui gli enti locali possono ricorrere agli affidamenti in house e, di converso, ampliando gli spazi per l'adozione di meccanismi di concorrenza per il mercato;
se l'obiettivo dichiarato dalle disposizioni in discorso è condivisibile, altrettanto vero è che per quanto riguarda i servizi pubblici locali, occorre garantire che, nella verifica della realizzabilità della gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, si compia una valutazione degli effettivi benefici per la comunità locali derivanti dalle diverse opzioni al fine di prevedere il ricorso a modalità di affidamento a società a capitale interamente pubblico, che abbiano i requisiti richiesti dall'ordinamento europeo per la gestione cosiddetta «in house», quando tale modalità risulti la più idonea a garantire un servizio idoneo ai bisogni, avuto riguardo non solo all'efficienza e alla redditività, ma anche agli effetti positivi che si produrrebbero sulla qualità del servizio; a tal fine doveva essere correttamente valutata la possibilità di valorizzare le gestioni pubbliche di eccellenza e la loro funzione di riferimento, anche tariffario, del mercato, consentendo, per quanto riguarda in particolare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, l'affidamento secondo il modello comunitario «in house providing» al verificarsi di determinate condizioni:
a) la chiusura dei bilanci in utile, escludendosi a tal fine qualsiasi trasferimento non riferito a spese per investimento da parte dell'ente affidante o altro ente pubblico;
b) il reinvestimento nel servizio di almeno l'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento;
c) l'applicazione di un corrispettivo o di una tariffa per il servizio inferiore alla media nazionale di settore;
d) il raggiungimento anticipato, nel territorio oggetto di affidamento, dei seguenti obiettivi:
raccolta differenziata superiore a quanto stabilito all'articolo 205, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
quantità di rifiuto urbano residuo CER 200301 prodotto e avviato a smaltimento inferiore a 150 kg pro capite annui o, se inferiore, alla media nazionale di settore;
quota dei rifiuti urbani biodegradabili conferiti in discarica inferiore a quanto stabilito all'articolo 5, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
e) il mantenimento dei suddetti livelli mediante periodiche verifiche effettuate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
si tratta di obiettivi e livelli di efficienza raggiunti da numerose imprese pubbliche del settore, in particolare da diverse realtà operanti nella regione Veneto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere i rigidi criteri di esclusione dalla possibilità dell'affidamento «in house» del servizio di gestione integrata dei rifiuti, prevedendo la possibilità, al verificarsi di determinate condizioni, quali quelle citate in premessa, di mantenere le attuali gestioni pubbliche, che sono considerate un modello di riferimento per gli operatori e gli enti interessati per i risultati raggiunti e che assolvono anche la fondamentale funzione di contenimento delle tariffe e dei costi generali del sistema.
9/5025/54.Bratti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene, all'articolo 17 disposizioni dirette a promuovere, nel settore della distribuzione di carburanti, lo sviluppo di operatori indipendenti ed impianti multimarca, agendo anche sulla diversificazione delle tipologie contrattuali che legano produttori e distributori, e puntando a favorire una più generale liberalizzazione delle attività svolte dai gestori di impianti di distribuzione carburanti;
tali norme dovrebbero contribuire, nel medio termine, anche a limitare gli ingiustificati aumenti del prezzo dei carburanti per gli automobilisti e gli altri utenti della strada;
il successivo articolo 34, inoltre, che introduce l'obbligo per gli intermediari che offrono servizi e prodotti r.c. auto e natanti di informare il cliente sulla tariffa e sulle altre condizioni contrattuali proposte da almeno tre compagnie assicurative non appartenenti ai medesimi gruppi, è finalizzato ad assicurare la concorrenza fra le imprese assicuratrici al medesimo fine di contenere i prezzi delle polizze assicurative per i cittadini;
l'aumento del costo del carburante alla pompa insieme a quelli delle polizze assicurative e delle imposte dirette e indirette che gravano su acquisto, proprietà e circolazione dei veicoli hanno contribuito ulteriormente a frenare la domanda e innescare nuovi fenomeni quali l'estero vestizione dei veicoli e l'intestazione fittizia, tesi ad eludere l'elevata tassazione vigente con grave danno per l'Erario e per il mercato interno;
da molti mesi, infatti, è ormai costante nel nostro Paese il calo delle vendite di ogni tipo di veicolo, il mercato dell'auto, come dimostrano i dati delle immatricolazioni di febbraio, è tornato a livelli di quello degli anni ottanta con un crollo della domanda che non ha precedenti;
la mancata applicazione della nuova tassazione IPT sui veicoli da parte delle Province autonome di Trento e Bolzano, malgrado la previsione dell'articolo 28, comma 11-bis del DL 201/2011 convertito dalla legge 214/2011, continua ad attirare oltre che le grandi flotte, anche commercianti e rivenditori che dichiarano l'apertura di sedi secondarie in quelle realtà;
il comparto dell'automotive è costituito da migliaia di piccole e medie imprese che occupano oltre 1.200.000 addetti,

impegna il Governo

ad avviare un tavolo di confronto con le organizzazioni di rappresentanza dell'Automotive per individuare politiche attive di attenuazione della crisi del settore, con misure che promuovano l'acquisto di auto a basso tasso di emissioni inquinanti da parte delle famiglie e dei giovani, migliorino l'accesso al credito di automobilisti e imprese, comprese quelle del settore, rafforzino la regolamentazione del comparto in chiave anti-elusiva e realizzino un riordino della fiscalità automobilistica.
9/5025/55.Velo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame all'articolo 35, comma 12, introduce il c.d. «cash pooling» prevedendo che a decorrere dal 1o gennaio 2014, le risorse liquide delle università, comprese quelle dei dipartimenti e degli altri centri dotati di autonomia gestionale e amministrativa, siano gestite in maniera accentrata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire in che modo la previsione di gestione accentrata delle risorse dei dipartimenti universitari si coordini con l'autonomia gestionale e amministrativa dei dipartimenti di cui all'articolo 86, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, come modificato dal decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 18.
9/5025/56.Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in commento contiene specifiche misure dedicate al settore agricolo, volte a creare condizioni favorevoli per lo sviluppo e l'attività di impresa che per il comparto primario rivestono un'importanza particolare, considerati i problemi di redditività di cui soffrono gli imprenditori agricoli, schiacciati, da un lato, dall'aumento della tassazione e dal rincaro dei carburanti e, dall'altro, dall'incapacità di imporre un prezzo equo e redditizio per il prodotto offerto sul mercato;
per garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare, e tutelare i redditi degli agricoltori, l'articolo 62 prevede che i contratti di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, esclusi quelli conclusi con un consumatore finale, debbano essere formulati per iscritto e debbano contenere, a pena di nullità, rilevabile d'ufficio dal giudice, alcuni elementi relativi alla durata, quantità, caratteristiche del prodotto, prezzo, modalità di consegna, modalità e termini di pagamento, 30 e 60 giorno a secondo che i prodotti siano o meno deperibili;
è indubbio che la regolamentazione dei rapporti nella filiera agroalimentare costituisca un intervento importante da tempo sollecitato sia dal mondo agricolo che dalle autorità italiane ed europee, per favorire la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato, a vantaggio anche del consumatore; in tal modo infatti si intende rafforzare la pozione contrattuale del produttore agricolo, in un mercato caratterizzato dalla deperibilità dei prodotti, da un'offerta agricola frammentata e da una domanda sempre più polarizzata in centrali di acquisto di scala nazionale ed internazionale;
i contratti dovranno essere, altresì, informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti; il provvedimento inoltre individua un elenco tassativo di pratiche che se attuate nelle relazioni commerciali tra operatori economici saranno ritenute ope legis sleali e quindi, in vario modo, sanzionabili;
nella versione corretta dal Senato i tempi di pagamento rispettivamente di 30 e 60 giorni anziché decorrere dal conferimento del prodotto, decorreranno dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura;
nel merito si sottolinea, in ogni caso, la necessità di monitorare l'applicazione delle nuove regole per verificarne gli effetti sullo sviluppo dei rapporti commerciali, in particolare per accertare che la decorrenza dei termini di pagamento dal ricevimento della fattura non dia luogo a fenomeni dilatori nel rilascio delle fatture medesime, con il rischio di depotenziare sensibilmente gli obiettivi condivisibili che la norma si proponeva,

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle nuove regole in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari per verificarne gli effetti sullo sviluppo dei rapporti commerciali, in particolare per accertare che la decorrenza dei termini di pagamento dal ricevimento della fattura non dia luogo a fenomeni dilatori nel rilascio delle fatture medesime.
9/5025/57.Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il Parlamento ha approvato con legge 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. decreto «salva Italia») una serie di norme che hanno apportato sostanziali e significative modifiche al sistema pensionistico;
il Ministro per la funzione pubblica e la semplificazione, con circolare n. 2 dell'8 marzo c.a., ha confermato i «limiti massimi» per la permanenza in servizio nelle pubbliche amministrazioni;
all'interno del sistema scolastico nazionale si sta verificando l'assurda situazione di dirigenti, docenti e personale ATA che, pur in età anagrafica ben al di sotto del limite dei 66 anni previsto dalla legge n. 133, vengono collocati in pensione pur contro la loro ferma manifesta e formale richiesta di permanenza in servizio;
appare di tutta evidenza che la decisione assunta dall'amministrazione comporta un aggravio di spesa sul versante previdenziale e impone alla medesima amministrazione di dover sostenere un ulteriore aggravio di spese per la necessaria copertura dei posti di dirigenza che si renderanno vacanti all'interno delle singole istituzioni;
nell'ambito specifico della Sicilia l'effetto combinato del collocamento obbligatorio (cioè disposto d'ufficio dall'amministrazione) di circa 300 dirigenti con la decisione assunta dall'Assessorato regionale P.I. di predisporre un ridimensionamento della rete scolastica sulla base dei parametri previsti dalla legge regionale n. 6 del 24/02/2000 (riconoscimento dell'autonomia scolastica con almeno 500 alunni) comporterà l'assenza della figura del Dirigente e del Direttore SGA in circa 200 istituti;
il MIUR, in data 12 febbraio c.a., ha preso formalmente atto di quanto deliberato dalla Regione Siciliana nell'ambito delle sue potestà istituzionali;
in tale situazione, i circa 200 istituti scolastici di cui sopra, saranno affidati in reggenza a dirigenti di altre istituzioni con un grave danno alla funzionalità del sistema scolastico siciliano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre - in via del tutto eccezionale e limitatamente all'anno scolastico 2012-13 - l'assegnazione di un posto organico di dirigente scolastico a tutte le istituzioni scolastiche previste dal piano di dimensionamento della rete scolastica della Sicilia.
9/5025/58.Siragusa, Antonino Russo, Cardinale, Samperi, Berretta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 65, comma 1, del decreto in esame, al fine di evitare la sottrazione di rilevanti aree a vocazione agricola, impedisce, a far data dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l'accesso agli incentivi statali previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, che ha ridefinito il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 ha recepito la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che fa parte del pacchetto legislativo sull'energia e sul cambiamento climatico prevedendo la definizione di un nuovo sistema di incentivi per le fonti rinnovabili;
in particolare, per gli impianti solari/fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l'articolo 10 del decreto legislativo 28 del 2011 prevede, al comma 4, alcune condizioni per l'accesso agli incentivi statali: a) la potenza nominale di ciascun impianto non deve essere superiore a 1 MW e, nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri; b) non deve essere destinato all'installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente;
tali condizioni non si applicano: ai terreni abbandonati da almeno cinque anni (comma 5) e agli impianti che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del decreto legislativo (29 marzo 2011) o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro il 1o gennaio 2011, a condizione in ogni caso che l'impianto entri in esercizio entro il 29 marzo 2012 (comma 6);
a condizione che l'impianto entri in esercizio entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il comma 2 dell'articolo 65 fa salvo il regime transitorio previsto dal citato comma 6 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 28 del 2011;
il termine di 60 giorni per l'entrata in esercizio dell'impianto previsto dal citato comma 2 dell'articolo 65 come condizione per l'applicazione della condizione di esclusione di cui al comma 6 del decreto legislativo 28 del 2011 non appare essere coerente con i tempi di effettiva realizzazione delle opere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che per gli impianti già inclusi nel registro GSE, sia nell'allegato A che nell'allegato C al 31 dicembre 2011, che abbiano già ottenuto un titolo autorizzatorio definitivo oppure che abbiano già iniziato i lavori, sia data la possibilità di completarli e di connetterli alla rete elettrica entro il 31 dicembre 2012 indipendentemente dalla loro potenza e dal regime del terreno su cui incidono.
9/5025/59.Carella.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 37, comma 2, interviene sulle disposizioni di cui all'articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, così come modificato dall'articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge n. 8 del 2011, escludendo per le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese ferroviarie svolgenti servizi di trasporto di merci o di persone sulla rete ferroviaria nazionale, l'obbligo del rispetto dei contratti collettivi nazionali di settore, anche con riferimento alle condizioni di lavoro del personale, e disponendo altresì di attenersi alle prescrizioni relative alla «regolazione dei trattamenti di lavoro definiti dalla contrattazione collettiva svolta a livello nazionale dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale»;
siffatta formulazione potrebbe essere oggetto di differenti orientamenti interpretativi, con il rischio di determinare non auspicabili incertezze e potenziali contenziosi, a tutto discapito dell'operatività delle imprese, delle prospettive occupazionali e delle stesse condizioni dei lavoratori interessati;
una corretta e serena competizione tra le imprese operanti nei trasporti deve essere fondata su progetti industriali concorrenziali e non sul dumping contrattuale, assicurando la tutela, la dignità, la professionalità ed un livello di reddito adeguato a tutti i lavoratori del settore e dei servizi connessi;
è dal 21 novembre 2007 che si è registrata la convergenza di tutte le rappresentanze datoriali e sindacali per addivenire, tramite apposite trattative, a un contratto unico della mobilità. Tale percorso portò, il 30 settembre 2010, all'intesa, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sui 4 punti individuati dal Protocollo ministeriale del 14 maggio 2009 come «prima parte» del nuovo CCNL della Mobilità (premessa, campo di applicazione, decorrenza e durata, relazioni industriali e diritti sindacali, mercato del lavoro) tra le associazioni datoriali Federtrasporto (in rappresentanza di Agens), Anav, Asstra, Ancp e tutte le organizzazioni sindacali di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Trasporti, Faisa-Cisal, Fast Ferrovie, Orsa Ferrovie; nonostante tale confronto e tale elaborazione, il comparto dei trasporti, nel corso degli ultimi anni è stato caratterizzato da una vera e propria «giungla contrattuale» - si veda in particolare il caso del contratto degli autoferrotranvieri, diversificato a seconda della città di riferimento - con inevitabili conseguenze negative sull'operatività e sull'efficienza complessiva del sistema, nonché sul clima delle relazioni industriali,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile al fine di definire una cornice di regole unitarie contrattuali per il comparto dei trasporti, attraverso la convergenza e la sottoscrizione da parte di tutte le organizzazioni datoriali e dei lavoratori di un nuovo contratto collettivo nazionale della mobilità, sulla base dell'elaborazione sin qui sviluppata, anche al fine di favorire un ordinato processo di apertura concorrenziale di tale settore, improntato sul confronto tra diversi progetti industriali e non sulla competizione tra lavoratori.
9/5025/60.Meta, Lovelli, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Laratta, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Velo, Zampa.

La Camera,
premesso che:
la Sardegna affronta una crisi economica e sociale di grandissime proporzioni che manifesta i suoi effetti più evidenti e deleteri nei confronti dei settori agricolo ed agro-alimentare, ma più in generale del mondo rurale; la Regione Autonoma della Sardegna ha operato al fine di cogliere l'opportunità, in termini di ricaduta sull'intero territorio regionale, derivanti da un migliore utilizzo delle risorse finanziarie rappresentate dagli incentivi pubblici relativi alla promozione dell'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili;
con l'obiettivo di promuovere la creazione di un sistema diffuso di piccoli e medi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in grado di assicurare lo sviluppo locale delle attività finalizzate alle produzioni agricole, la Regione Sardegna ha introdotto nel 2010 una norma ad hoc in grado di stabilire una relazione diretta tra la titolarità dell'attività agricola e la titolarità delle varie forme di incentivazione riconosciute ai produttori di energie rinnovabili, capace di garantire, allo stesso tempo, una positiva ricaduta di tali agevolazioni sul sistema delle imprese agricole e di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli;
in particolare, con legge regionale si è prevista la possibilità di realizzare, «all'interno delle aziende agricole, su strutture appositamente realizzate, nelle aree immediatamente prospicienti le strutture al servizio delle attività produttive», impianti per la produzione di energia rinnovabile, fino alla potenza massima di 200 KWp, da parte degli imprenditori agricoli, ritenendo applicabile a tal fine la sola disciplina della denuncia di inizio attività (DIA);
ai sensi dell'articolo 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - sono considerate «attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile», rilevanti ai fini della determinazione del reddito agrario ex articolo 32 del TUIR, la produzione e la cessazione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili e fotovoltaiche;
ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, «si intendono comunque connesse (all'attività agricola NDR) le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge»;
il provvedimento in esame all'articolo 65, comma 3, prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas assicuri, nel rispetto dei principi comunitari, la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 KW per ciascuna azienda agricola; tale intervento lascia intravedere un positivo e condivisibile atteggiamento di apertura nei confronti dei soggetti agricoli operanti nell'ambito della produzione e della cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili,

impegna il Governo

a favorire un intervento per chiarire che la produzione di energia elettrica o termica da parte di imprenditori agricoli derivante da tutte le fonti rinnovabili nella potenza massima di 200 KWp costituisca un'attività agricola connessa ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.
9/5025/61.Marrocu, Servodio, Calvisi, Fadda, Melis, Arturo Mario Luigi Parisi, Pes, Schirru.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, reca disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività;
l'inadeguatezza della nostra dotazione infrastrutturale, in particolar modo in alcune aree del Sud Italia, determina una scarsa competitività dei sistemi territoriali che, privi delle fondamenta su cui poggiare un serio e concreto progetto di sviluppo, risultano poco attrattivi agli occhi di investitori privati;
il recupero del gap infrastrutturale meridionale passa attraverso la riduzione della frammentazione delle risorse e per il loro concentramento su poche opere realmente strategiche e in grado, nel concreto, di segnare una svolta in positivo per l'economia reale delle aree interessate;
come evidenziato dal rapporto Svimez 2011, gli investimenti in infrastrutture hanno subito nel 2010, a scala nazionale, una riduzione di 6,2 miliardi di euro sull'anno precedente (-16,2 per cento), che diventerà di 11 miliardi nel 2012 rispetto al 2009, per poi stabilizzarsi intorno a 10 miliardi negli anni 2013-2014;
in tema di investimenti infrastrutturali, il decreto- legge in discussione contiene significative novità che riguardano la partecipazione dei privati nella realizzazione di infrastrutture strategiche (tramite il project financing);
fino ad ora, il project financing ha trovato poco riscontro nel nostro paese come testimonia una indagine della Banca Europea in cui si afferma che tra il 1990 e il 2009, in Europa, sono stati realizzati in project financing 1.340 progetti; di questi il 53 per cento è stato realizzato nel Regno Unito, il 12 per cento in Spagna, e solo il 3 per cento in Italia;
in tal senso, le novità normative introdotte con gli articoli 41, 42, 43 e 44, del decreto in discussione, possono dare nuovo slancio per una migliore e più veloce opera di infrastrutturazione dell'intero paese;
al momento, sono diverse le opere immediatamente cantierabili, è il caso ad esempio del raddoppio della Strada Statale Telesina, considerate strategiche e di preminente interesse nazionale e per le quali è previsto l'intervento del project financing, e quindi la partecipazione finanziaria dei privati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di portare rapidamente all'approvazione del Cipe i progetti definitivi riguardanti opere immediatamente cantierabili e finanziate anche attraverso l'intervento consistente del project financing.
9/5025/62.Boffa.

La Camera,
premesso che:
l'istituto mutualistico artisti interpreti (IMAIE), previsto dall'articolo 4 della legge n. 93 del 1992, successivamente dichiarato estinto con decreto del Prefetto di Roma del 30 aprile 2009, è stato ricostituito in Nuovo IMAIE dall'articolo 7 del decreto-legge n 64 del 2010, convertito con modificazioni dalla Legge n. 100 del 29 giugno 2010;
il nuovo IMAIE, al quale sono stati trasferiti compiti e funzioni del vecchio istituto e, in particolare, il compito di incassare e ripartire i compensi fra gli artisti interpreti esecutori, ha come fine quello di assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 93, che ha previsto che i compensi spettanti agli artisti interpreti o esecutori ai sensi degli articoli 73, comma 1, 73-bis e 71-octies, comma 2, della legge n. 633 del 1941, sono versati all'Istituto dai produttori di fonogrammi o dalle loro associazioni di categoria, i quali trasmettono altresì all'IMAIE la documentazione necessaria alla identificazione degli aventi diritto;
i commi 2 e 3 dell'articolo 39 del provvedimento in esame, prevedono la liberalizzazione dell'attività di amministrazione ed intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore, attualmente gestiti dal Nuovo IMAIE;
considerata la specificità e la stessa dimensione europea della materia in questione, appare opportuno che la regolamentazione sia affidata alla normativa europea;
in riferimento a tale questione, il parere approvato dalla VII commissione Cultura reca, dopo una sintesi di determinazioni comuni, la condizione che «si riconsideri l'intera materia del diritto d'autore e dei diritti connessi armonizzandola alla prevista normativa europea, e si espungano dal testo del provvedimento in esame i commi 2 e 3 dell'articolo 39, onde evitare normative che non hanno corrispondenza nella legislazione di nessun paese dell'Unione europea»;
appare altresì rilevante, ai fini della discussione, che il governo assuma l'impegno di recepire l'ulteriore condizione approvata dal parere espresso dalla VII Commissione Cultura che chiede di «sottoporre in tempi brevi al Parlamento una soluzione legislativa relativa al ripristino delle funzioni del Fondo di solidarietà per gli artisti presso la Società italiana autori ed editori (SIAE), considerando anche l'opportunità di una norma transitoria»,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di intervenire al fine di recepire le condizioni espresse dalla VII Commissione Cultura volte a riconsiderare l'intera materia del diritto d'autore e dei diritti connessi armonizzandola alla normativa europea di prossima emanazione;
a valutare l'opportunità di considerare l'avvio di una norma transitoria in attesa di una soluzione legislativa relativa al ripristino delle funzioni del Fondo di solidarietà per gli artisti presso la Società italiana autori ed editori (SIAE).
9/5025/63.De Biasi, Levi, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
le letture pubbliche effettuate in biblioteca per finalità di promozione culturale sono soggette al pagamento del diritto d'autore;
l'articolo 15 della legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d'autore, infatti, non comprende le biblioteche pubbliche tra i luoghi nei quali la «esecuzione, rappresentazione o recitazione dell'opera» non è considerata «pubblica»;
appare irragionevole che manifestazioni di promozione della lettura in biblioteca, anche se autorizzate dall'autore stesso, siano comunque soggette al pagamento del diritto d'autore;
in una logica di promozione della lettura dovrebbero essere sostenute tutte le iniziative volte a incoraggiare la diffusione della conoscenza dei libri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare una modifica legislativa della legge 22 aprile 1941, n. 633, che esenti dal pagamento dei diritti d'autore le letture pubbliche effettuate in biblioteca, al fine di incoraggiare iniziative volte a promuovere la lettura e la conoscenza dei libri.
9/5025/64.Levi, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 disciplina i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, esclusi quelli conclusi con un consumatore finale, imponendo, a pena di nullità, la forma contrattuale scritta ed indicandone il contenuto obbligatorio;
la predetta norma ha l'obiettivo di aumentare la trasparenza e l'efficienza nei rapporti di filiera, eliminare i comportamenti scorretti e speculativi, tutelare maggiormente gli operatori, migliorare la gestione finanziaria dei rapporti;
a tal fine si individuano nuovi strumenti volti a promuovere una maggiore trasparenza dei rapporti all'interno della filiera, l'obbligo della forma scritta per i contratti di cessione di beni agricoli e alimentari, il divieto di comportamenti sleali, la revisione dei termini di pagamento per le cessioni di prodotti;
in tale contesto, il comma 3 reca la individuazione dei termini legali per i pagamenti nelle transazioni commerciali e quantifica il tasso degli interessi dovuti per il ritardato pagamento;
il termine previsto per il versamento del corrispettivo è di trenta giorni nella cessione di prodotti alimentari deteriorabili, e di sessanta giorni per tutti gli altri prodotti e decorre dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura;
la norma, così come concepita, risulta inutilmente complicata laddove differenzia i termini del versamento del corrispettivo tra merci deteriorabili e merci non deteriorabili, mentre è destinata a creare spiacevoli contenziosi laddove prevede che il termine decorra dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura, non vi è infatti certezza del giorno di ricevimento di una fattura che può essere persa nella fase di spedizione o può essere dichiarata tale dal creditore,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti della disposizione di cui all'articolo 62, comma 3, del decreto in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare, già nel primo provvedimento utile, il comma 3 dell'articolo 62 del decreto-legge in esame, prevedendo che il pagamento del corrispettivo debba essere effettuato per le merci deteriorabili e non deteriorabili entro il termine legale di sessanta giorni e che, in entrambi i casi, il termine decorra dall'ultimo giorno del mese di emissione della fattura.
9/5025/65.Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame prevede il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica con l'apertura di nuove sedi farmaceutiche tramite l'espletamento di un concorso straordinario a cui possono partecipare i farmacisti, cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, iscritti all'albo professionale con non più di 65 anni e non titolari di farmacia, in qualunque condizione professionale si trovino, ovvero titolari di farmacia rurale sussidiata, di farmacia soprannumeraria ovvero titolari di esercizio di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
il concorso straordinario di svolge solo sulla base dei titoli posseduti dai candidati e, il richiamo all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 1994, n. 298 - Regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 9, della legge 8 novembre 1991, n. 362, concernente norme di riordino del settore farmaceutico nella valutazione dei titoli, di fatto penalizza i farmacisti dipendenti del Servizio sanitario nazionale, attribuendo all'attività da loro svolta un punteggio inferiore a quello attribuito ai farmacisti del settore privato;
questa discriminazione nei confronti dei farmacisti delle Aziende sanitarie rispetto ai colleghi operanti nelle farmacie aperte al pubblico e a coloro che sono già titolari di una farmacia o di una parafarmacia risulta ingiusta in quanto vanno riconosciute le numerose attività gestionali e manageriali che i farmacisti delle Aziende sanitarie svolgono presso le farmacie ospedaliere e servizi farmaceutici territoriali dove, oltre ad un costante rapporto con i pazienti nell'ambito della distribuzione diretta (farmaci H, farmaci consegnati alla dimissione dall'Ospedale - primo ciclo terapeutico), gestiscono medicinali di fascia A e C, dispositivi medici, diagnostici, radiofarmaci, farmaci orfani e farmaci innovativi ed ad alto costo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre tutte le misure normative necessarie a far si che nell'espletamento del concorso straordinario e nell'assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche la professionalità dei farmacisti delle aziende sanitarie non sia ingiustamente penalizzata rispetto a tutte le altre categorie di farmacisti ma sia a queste quantomeno equiparata.
9/5025/66.Pedoto.

La Camera,
premesso che:
il testo originario dell'articolo 32, comma 3, lettera a), decreto-legge in oggetto stabiliva in 5 giorni il termine entro il quale il danneggiato deve mettere a disposizione le cose danneggiate per consentire al perito assicurativo di prendere visione del danno;
la citata disposizione, come modificata nel corso dell'esame al Senato, ha ridotto a due giorni il predetto termine;
sottrarre le cose danneggiate alla perizia rappresenta uno dei modi più diffusi per frodare o speculare sull'esistenza e sull'entità del danno;
il termine di due giorni potrebbe rendere del tutto impossibile effettuare la perizia,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa, al fine di valutare l'opportunità di modificarla, con una successiva iniziativa legislativa, nel senso di reintrodurre almeno il termine di cinque giorni previsto dal testo originario del decreto-legge in oggetto.
9/5025/67.Garofalo.

La Camera,
premesso che:
il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 32 del provvedimento in esame prevede, in materia di polizze collegate a «scatole nere», che tutti i costi relativi alla «scatola nera» siano a carico delle compagnie di assicurazioni;
tale onere rischia di ridurre notevolmente, se non di annullare del tutto, la possibilità di applicare sconti sulla responsabilità civile auto;
per rendere la disposizione efficace, e per incrementare il ricorso alla «scatola nera» ai fini di sicurezza stradale e di lotta alle frodi, occorre prevedere un'equa ripartizione dei costi tra assicurato e assicuratore (ad esempio escludendo dagli oneri a carico delle imprese i costi di funzionamento e di portabilità della «scatola nera») che consenta un effettivo vantaggio economico a favore dell'assicurato in termini di sconto sul prezzo dell'assicurazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa, al fine di valutare l'opportunità di modificarla, con una successiva iniziativa legislativa, nel senso di ripartire in maniera equa tra assicurato e assicuratore i costi inerenti alla «scatola nera».
9/5025/68.Valducci.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 2, comma 5, del provvedimento in esame prevede l'assunzioni di nuovi Avvocati e Procuratori dello stato a valere sul maggior gettito derivante dall'articolo 37 del decreto-legge 98 del 2011, relativo ai contributi in materia di spese di giustizia;
nell'ambito dell'Avvocatura dello Stato vige la disposizione di cui all'articolo 5 della legge 103 del 1979, che consente ai Procuratori dello Stato che abbiano maturato un'anzianità di 8 anni - e che abbiano superato lo scrutinio di promuovibilità - di accedere alla qualifica e alle funzioni di Avvocati dello Stato, secondo l'ordine di merito;
tale disposizione, tuttavia, limita attualmente tale modalità di attribuzione della qualifica ad 1 solo posto ogni 3 che si rendano disponibili in organico, destinando gli altri 2 ad un futuro concorso;
tuttavia, in ragione dell'innalzamento dell'età pensionabile fino ai 75 anni di età e delle passate restrizioni legislative al turn over, si è creata una situazione di prolungata saturazione e blocco nell'organico di Avvocato dello Stato, per cui, attualmente, vi sono circa 20 Procuratori dello Stato che hanno maturato da tempo un'anzianità di oltre 8 anni nella qualifica e che hanno superato il giudizio di promuovibilità, ma che dovrebbero attendere - prevedibilmente - fino a 20 anni di anzianità per poter accedere al ruolo degli Avvocati dello Stato, ex articolo 5 della legge. 103 del 1979;
tale situazione, oltre a rappresentare un ingiusto pregiudizio per le legittime aspettative di progressione in carriera dei Procuratori dello Stato, che abbiano già maturato 8 anni nella qualifica e che siano meritevoli di promuovibilità e rappresenta anche un grave danno per l'Avvocatura dello Stato, in termini di economicità ed efficienza, considerato che:
stipendio percepito da un Procuratore dello Stato con 8 anni di anzianità nella qualifica (III classe) è equiparato tabellarmente a quello di un neo Avvocato dello Stato alla I classe di stipendio;
a parità di spesa per il trattamento economico e di meritevolezza sancita dal giudizio di promuovibilità, l'Istituto non può avvalersi di tali esperienze e professionalità anche per le specifiche funzioni di Avvocato dello Stato (presso le Giurisdizioni superiori), dovendone limitare la destinazione alle funzioni procuratorie;
la spesa complessiva annuale lorda per ciascun passaggio da Procuratore ad Avvocato dello Stato, comprensiva degli oneri dovuti per fondo pensione, Irap e opera di previdenza è meno di un decimo della spesa complessiva annuale lorda per l'assunzione di un solo Avvocato dello Stato alla I classe di stipendio;
è opportuno privilegiate soluzioni che premino la maggiore efficienza ed efficacia nella gestione e nell'allocazione delle risorse,

impegna il Governo

nell'ambito dell'allocazione delle risorse di cui all'articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011 per l'adeguamento della dotazione organica dell'Avvocatura dello Stato, a privilegiare una soluzione - anche transitoria, di deroga triennale alla limitazione dei posti conferibili ex articolo 5 della legge n. 103 del 1979 - che consenta prioritariamente il passaggio alla qualifica di Avvocato dello Stato, su tutti i posti disponibili, ai Procuratori dello Stato che abbiano maturato 8 anni di anzianità nella qualifica e che siano sottoposti positivamente a scrutinio di promuovibilità e secondo l'ordine di merito.
9/5025/69.Moffa, Siliquini.

La Camera,
premesso che:
la liberalizzazione del mercato del gas per produrre effetti sensibili in termini di riduzione del prezzo per i consumatori e realizzare una vera competizione tra gli operatori richiede che vi sia piena separazione e indipendenza tra produzione e vendita della materia prima da una parte e servizi di trasporto, di stoccaggio, di rigassificazione e di distribuzione dall'altra;
considerato che tale esigenza è stata sottolineata in molteplici occasioni dall'Autorità per l'energia e il gas;
ricordato che l'operazione di separazione societaria della rete e dei connessi impianti dal controllo del produttore monopolista è stata più volte decisa dal Parlamento ma mai effettivamente realizzata per ragioni mai chiarite ma dalle quali è lecito presumere non sia stata estranea la pervicace ostilità del monopolista e il suo potere di influenza sul processo decisionale pubblico;
preso atto con compiacimento che il decreto in esame all'articolo 15 stabilisce che un DPCM da adottare entro il 31 maggio 2012 disciplinerà i criteri cui la società SNAM si conformerà per adottare, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione in esame, il modello di separazione proprietaria;
rilevato che il predetto termine di diciotto mesi cadrebbe il 24 settembre 2013 e quindi ben oltre la durata del mandato del Governo e della scadenza della Legislatura;
ritenuto altresì che spetti al Governo in carica assicurare la piena attuazione delle misure contenute nel decreto e in particolare di quelle che ricadono in settori strategici nei quali i processi di liberalizzazione hanno più forti potenziali in termini di riduzione delle tariffe e aumento della crescita economica e che spetti quindi a questo Governo rispondere della effettiva realizzazione di tali misure,

impegna il Governo

a considerare i diciotto mesi indicati all'articolo 15 come un termine massimo e stabilire, nel DPCM da adottare ai sensi del citato articolo 15 entro il 31 maggio prossimo, che l'operazione di separazione proprietaria della rete gas debba essere completata prima dello scioglimento delle Camere e quindi entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
9/5025/70.Lanzillotta, Galletti, Della Vedova, Fabbri, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo;
altresì, consapevole della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
considerate le riduzioni sistematiche operate dalle ultime Leggi di stabilità del Fondo in favore dell'emittenza locale previsto dall'articolo 10 della legge 422 del 1993, con tagli operati a bilanci chiusi e con effetto retroattivo in un momento di già forte difficoltà, originato dalla crisi dei mercati e dei consumi;
consapevole che gli effetti della crisi stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che hanno già avviato forti riduzioni di personale e di investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio al digitale ed alle numerose irrisolte questioni legate all'assegnazione di frequenze e canali,

impegna il Governo:

a varare nei prossimi due mesi norme a tutela del Fondo per l'emittenza locale, recuperando i tagli e riportando la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad attuare una capienza di 270 milioni dal 2014, secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge 422 del 1993;
a consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone;
a riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
ad allargare gli obblighi di pubblicazione delle aste giudiziarie ai mezzi televisivi locali, abolendo il privilegio esistente in favore della carta stampata;
ad assegnare le numerazioni Len nazionali e di genere (informazione, sport, ecc.) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
a prevedere risarcimenti per l'intero sistema televisivo locale e non solo per quello già passato al digitale, per la vendita dell'asta già avvenuta delle 9 frequenze;
a prevedere, come stabilito dalla legge, di un terzo delle 27 frequenze coordinate alle emittenti locali, privilegiando quelle che operano in regioni soggette a forti interferenze di segnali provenienti dall'estero.
9/5025/71.Pisicchio, Fabbri, Mosella, Tabacci.

La Camera,
premesso che:
per esperienza consolidata la disciplina legislativa che introduce facilitazioni per determinate categorie è sovente oggetto di incursioni illegittime al fine di estenderne i vantaggi a categorie diverse dai destinatari per legge;
in particolare, la sopra menzionata elusione riguarda disposizioni normative che contengono requisiti legati al possesso di anzianità di diverso genere, ivi compresa quella anagrafica, come è il caso della presente legge;
in tempi risalenti misure assunte a favore dell'occupazione giovanile, per esempio nell'ambito del collegamento tra formazione e lavoro, sono state impiegate con larga elusione delle obbligazioni formative al solo fine di godere di abbattimenti contributivi,

impegna il Governo

in sede di attuazione, ad accentuare il controllo sulla corretta applicazione della norma, anche con la disposizione di investigazioni statistiche sulla composizione per classe di età delle società a responsabilità limitata semplificata.
9/5025/72.Mosella, Fabbri, Pisicchio, Tabacci, Versace.

La Camera,
premesso che:
in occasione dell'approvazione di questo ramo del Parlamento del disegno di legge concernente «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2011» (C. 4623-A), il Parlamento, pur non recependo integralmente la normativa comunitaria di riferimento, la direttiva 2011/7/UE, ha delegato il Governo ad emanare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento normativo stesso, uno o più decreti al fine di dare attuazione alla disciplina comunitaria citata;
pur nella sua parzialità e insufficienza, e pur rimanendo in attesa della definitiva approvazione, il provvedimento contiene, su proposta del Governo, importanti novità nella considerazione che si ha per le imprese che hanno fornito beni e servizi alla P.A. senza ricevere il corrispettivo di quanto fornito nei tempi stabiliti;
meritorio appare l'intento di provvedere, ancorché solo parzialmente, al saldo dei debiti contratti dal settore pubblico. E ciò è previsto non solo per i debiti che saranno contratti per il futuro, ma anche per quelli contratti in passato, contribuendo almeno a dare certezza sul momento del pagamento il quale, pur se effettuato con gran ritardo, consentirà ai creditori di conoscere il quando, oltre al quanto gli è dovuto. Condizioni ben specificate entrambe nei contratti sottoscritti dalle P.P.A.A., ristabilendo una parvenza di effettività del principio detto della «certezza del diritto»;
relativamente all'atto appena sottoposto al nostro, concernente la «Concorrenza, sviluppo delle infrastrutture e competitività» sempre il governo, in continuità con quanto già disposto, ha inserito nel cosiddetto decreto liberalizzazioni un articolo, il 35, rubricato: «Misure per la tempestività dei pagamenti e per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni statali». In particolare si stabilisce concretamente quanto previsto per principi alla cosiddetta legge comunitaria 2011,ovvero la parziale soluzione dei ritardati pagamenti pregressi;
proprio nei primi tre commi dell'articolo 35 del decreto al nostro vaglio sono stati previsti interventi finalizzati all'estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri per l'acquisizione di servizi e forniture, anche attraverso l'assegnazione di titoli di Stato su richiesta dei soggetti creditori, entro l'importo complessivo di 4,7 miliardi di euro, nonché per debiti relativi a spese per consumi intermedi, rientranti tra le regolazioni debitorie pregresse, maturati alla data del 31 dicembre 2011, entro l'importo di 1 miliardo di euro. In aggiunta è stata prevista la facoltà per le pubbliche amministrazioni di composizione bonaria con i propri creditori delle rispettive ragioni di credito e di debito;
il quarto e quinto comma dispongono invece la riserva all'erario delle maggiori entrate ottenute nei territori delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano dall'incremento dell'accisa sull'energia elettrica e, con tali risorse, provvedono, in gran parte, a coprire l'onere derivante dall'attuazione dei commi precedenti;
come detto, pur apprezzando sforzi e intenti, le misure disposte sono oggettivamente insufficienti alla soluzione del problema rappresentato dai mancati pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, debiti che hanno raggiunto importi elevatissimi nel loro complesso,

impegna il Governo:

in attesa che venga completamente recepita la normativa comunitaria, a provvedere alle esigenze di tanti imprenditori, artigiani, professionisti, mediante ulteriori iniziative a sostegno di tali categorie;
in particolare ad adottare un nuovo regime dell'iva per i soggetti indicati poiché il precedente governo, con l'articolo 7 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito,con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009, ha inteso introdurre una misura che sembrava potesse tutelare l'equilibrio finanziario dei soggetti medio-piccoli in termini di volume d'affari tenuti al pagamento dell'imposta sul valore aggiunto (IVA). Con questa norma, infatti, coloro che operano nell'esercizio di impresa, arte o professione, in presenza di determinati requisiti, possono effettuare cessioni di beni o prestazioni di servizi in relazione alle quali l'IVA diviene esigibile al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo; poiché nel regime ordinario dell'IVA vige l'obbligo ai emettere la fattura, e quindi di liquidare l'imposta dovuta all'erario, al momento dell'effettuazione dell'operazione (articolo 21, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972): ciò impone, conseguentemente, ai cedenti/prestatori di anticipare all'erario il versamento dell'IVA qualora l'effettivo incasso avvenga molto tempo dopo l'emissione della fattura (come sempre più spesso accade a causa dell'endemico prassi capace di giungere ad una vera e propria violazione di norme giuridiche positive facenti parte l'ordinamento,) applicando il regime dell'IVA per Cassa, invece, i cedenti/prestatori possono posticipare il versamento dell'IVA avuta sulle proprie fatture di vendita al momento del loro effettivo incasso, evitando in tale modo di impiegare risorse finanziarie proprie o di terzi nel pagamento anticipato dell'IVA sulle vendite non ancora incassate. Purtroppo ciò è oggi possibile solo per i contribuenti con un ridottissimo volume di affari pari ad appena 200.000 euro, i soli quali potranno scegliere di aderire al nuovo regime e di versare l'IVA dopo il pagamento del corrispettivo; si consideri che il regime dell'IVA per cassa vigente ha da subito evidenziato i suoi difetti: anzitutto, poiché il limite di applicabilità a 200.000 euro di volume d'affari garantisce questa possibilità essenzialmente a imprese operanti per il consumatore finale escludendo invece la grandissima parte delle imprese manifatturiere che lavorano su commessa di aziende di maggiori dimensioni. Ciò perché non è possibile adottare il regime per cassa fino all'importo dei 200.000 euro, utilizzando per i fatturati ulteriori il regime per competenza, di fatto facendo optare per il regime un numero misero di imprese. In secondo luogo poiché l'obbligo di indicare nella fattura l'intenzione di usufruire del regime per cassa collegato a determinate modalità applicative espone la piccola azienda alle pressioni di imprese strutturalmente e contrattualmente più forti, le quali a propria volta non potendo fruire dello stesso regime sono obbligate a posticipare la detraibilità dell'imposta;
più specificamente a recepire urgentemente, per giungere ad un efficiente meccanismo di versamento dell'IVA dovuta, la nuova normativa contenuta nella direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, che modifica la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, estendo il regime della cosiddetta IVA per cassa a tutti i soggetti interessati sino al limite massimo pari a due milioni di euro consentendo così un'assoluta simmetria tra diritto alla detrazione ed esigibilità dell'imposta, infatti l'applicazione dell'IVA per cassa stimolerebbe ogni azienda a pagare le fatture dei propri fornitori alle scadenze pattuite. Perché senza il preventivo pagamento di tali fatture non potrebbe portare in deduzione l'IVA relativa alle stesse. Se in Italia fosse finalmente recepito il regime dell'Unione europea che alza la soglia a 2 milioni di euro di volume d'affari, si potrebbe coinvolgere direttamente la grande maggioranza delle imprese manifatturiere e si spingerebbe anche la parte restante a uniformarvisi progressivamente, fatto che costituirebbe anche un forte fattore incentivante teso a velocizzare i tempi di pagamento nel rapporto tra committente e fornitore; chiede altresì di provvedere al disagio dei medesimi soggetti ad ottenere credito dalle imprese bancarie, a causa della crisi in atto. A tal proposito ad adottare, eventualmente ricorrendo al supporto dell'ABI (Associazione bancaria italiana), e delle associazioni di categoria, per il maggior numero di enti pubblici interessati dal fenomeno dei ritardi nei pagamenti, a siglare dei documenti pubblici per la certificazione dei crediti vantati da privati nei confronti degli enti della P.A. al fine di consentire un più facile accesso al credito per i tanti imprenditori già in crisi di liquidità proprio a causa dei ritardati pagamenti; in tal modo gli enti pubblici ed il settore bancario potrebbero andare in soccorso delle imprese che vantano crediti nei confronti della P.A perché la certificazione di crediti delle imprese e il successivo smobilizzo degli importi presso il sistema bancario garantirebbe, da parte dell'ente pubblico, su richiesta dell'impresa creditrice, la verifica della sussistenza ed esigibilità del credito, nonché l'esistenza del relativo provvedimento di liquidazione da parte dell'ufficio competente il quale dovrebbe rilasciare un'apposita certificazione ove sono indicate informazioni fondamentali quali, a titolo di esempio, le somme di cui l'impresa è creditrice e la data entro cui la P.A. pagherà detta somma al fine di consentire al sistema bancario l'opportuna valutazione per la concessione di anticipazioni sui crediti così certificati. La certificazione, inoltre, può essere utile per indicare il termine entro il quale l'ente della P:A: provvederà al pagamento del credito.
9/5025/73.Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento interviene in materia di ristrutturazione del servizio farmaceutico in sostanza ampliando il numero delle sedi farmaceutiche e la mobilità dei professionisti e delle sedi sul territorio, ai fini della garanzia di un miglior servizio al cittadini; ulteriori disposizioni favoriscono l'accesso dei giovani alla professione;
occorre non solo evitare sperequazioni e disparità di trattamento tra professionisti di equivalente anzianità e competenza, ma anche l'equiparazioni tra situazioni di responsabilità del tutto diverse, come quella tra professionisti operanti in farmacia e professionisti impiegati in parafarmacia;
è opportuno infine tener conto del fatto che norme troppo sbilanciate in termini di ricambio generazionale, possano comportare problemi alla gestione delle sedi,

impegna il Governo:

a rivalutare gli effetti delle disposizioni di cui all'articolo 11, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
sopprimere il riferimento al limite di età di 40 anni per la partecipazione ai concorsi per la gestione associata di nuove sedi farmaceutiche, al fine di evitare ingiuste situazioni di sperequazione;
modificare, nel calcolo dei punteggi, la non corretta equiparazione tra attività professionale dei titolari di parafarmacie e attività dei titolari delle farmacie sussidiate e soprannumerarie, nonché la non corretta equiparazione tra collaboratori di farmacie e collaboratori di parafarmacie;
introdurre un regime di incompatibilità tra titolare di farmacia o socio di società titolare e titolare o socio di società titolare di parafarmacia.
9/5025/74.Marinello, Gioacchino Alfano.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 65 del provvedimento dispone in materia di impianti fotovoltaici in ambito agricolo, coordinando le esigenze di mantenimento dei suoli fertili e di produzione alimentare con gli Obiettivi energetici comunitari, che prevedono l'incremento di produzione elettrica da fonte rinnovabile;
i consorzi di bonifica, quali enti pubblici gestori del servizio irriguo, affrontano considerevoli oneri energetici per il sollevamento delle portate necessarie allo sviluppo di una moderna agricoltura; tali oneri gestionali sono significativamente cresciuti nel tempo sia a causa dell'andamento dei costi dell'energia;
ai sensi all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104 i consorzi sono retti da un commissario ad acta con compiti di gestione dei progetti di irrigazione, di infrastrutture irrigue, le dighe e gli invasi destinati all'irrigazione;
presso taluni consorzi sono disponibili risorse derivanti dall'accorta gestione di appalti pubblici, che hanno determinato risparmi di spesa relativi ad alcune voci dei quadri economici dei progetti approvati ed in corso di realizzazione; tali risparmi potrebbero essere utilizzati a fini di risparmio energetico o di produzione energetica connessa alle esigenze dei consorzi medesimi,

impegna il Governo

a consentire ai commissari ad acta di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, e successive modificazioni, la possibilità di finanziare, nell'ambito delle risorse disponibili, interventi finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili, purché connessi alle opere irrigue e tenuto conto del rapporto tra costi di impianto e produzione energetica, in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
9/5025/75.Marsilio, Marinello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento interviene in materia di ristrutturazione del servizio farmaceutico in sostanza ampliando il numero delle sedi farmaceutiche e la mobilità dei professionisti e delle sedi sul territorio, ai fini della garanzia di un miglior servizio al cittadini; ulteriori disposizioni favoriscono l'accesso dei giovani alla professione;
le decisioni adottate, pur parzialmente migliorate al Senato, tuttavia hanno ancora talune aspetti di problematicità connessi sia alla natura del servizio e alla sua redditività, sia alla necessità di assicurare il presidio del territorio, in termini di capillare presenza;
occorre infine evitare che norme troppo sbilanciate in termini di ricambio generazionale, possano comportare problemi alla gestione delle sedi,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
modificare il comma 17, che esclude dalla direzione delle sedi farmaceutiche i professionisti che hanno raggiunto l'età pensionabile, nel senso di differire la vigenza di tale disposizione, in considerazione che numerose sedi si troverebbero in difficoltà nel reperimento di professionisti con adeguate capacità direttive;
nei comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti, consentire alle sedi che risultino ancora soprannumerarie a seguito della revisione straordinaria di poter richiedere, a domanda, il trasferimento in una nuova sede nell'ambito della provincia di appartenenza sulla base di apposite graduatorie provinciali.
9/5025/76.Gioacchino Alfano, Marinello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), ha previsto l'estensione dell'esercizio della rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di settore, agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq;
l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con quanto previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento , di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore. Basti considerare che, ove mai così non fosse, si potrebbero profilare due alternative comunque paralizzanti rispetto agli obiettivi di liberalizzazione perseguiti, e cioè:
i. o l'assenza di chiarezza sulle condizioni minime di controllo e rispetto di parità di trattamento tra i diversi operatori economici interessati paralizzerebbe la concreta attivazione di questa nuova facoltà riconosciuta dal di n. 1/2012, con buona pace degli obiettivi perseguita e delle rassicurazioni fornite agli addetti al settore della distribuzione dei carburanti;
ii. oppure - e questo è certamente al di là della stessa volontà del legislatore - si verrebbero a delineare due reti di distribuzione, una sola delle quali, però (e curiosamente sarebbe proprio la rete ad oggi già esistente e quindi di già comprovata affidabilità per effetto dell'avvenuto rilascio dei relativi provvedimenti concessori ed autorizzatori da parte dell'amministrazione) caratterizzata dalla necessità del rispetto di vincoli e prescrizioni puntuali non richiesti, invece, per una gamma di altri punti di distribuzione che sembrerebbero (inopinatamente) liberi da ogni prescrizione di sorta. Il che, evidentemente, non rispetta fondamentali canoni di ragionevolezza prima ancora che di uguaglianza , e pertanto merita la precisazione proposta. Analogamente, appare opportuno il richiamo al titolo normativo, ovvero l'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore.
per tali ragioni è necessario intendere che le norme e le prescrizioni tecniche che devono disciplinare l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, secondo la previsione di cui all'articolo 17 del decreto-legge in esame, siano quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, diretta al riconoscimento della facoltà di esercizio della rivendita per una intera categoria di operatori economici (e non per soggetti, volta a volta destinatari di speciali provvedimenti concessori) ma comunque con l'osservanza delle medesime condizioni previste a normativa vigente per controlli e condizioni generali delle modalità di offerta. Ciò al fine di eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b, come sopra individuato, a porre in ogni caso rimedio, quanto prima, al citato vuoto normativo, provvedendo ad esplicitare, in un prossimo provvedimento normativo, che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto.
9/5025/77.Berardi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame delinea un pacchetto di misure complessivamente orientato all'obiettivo di rimuovere gli elementi di natura conservativa e protezionistica che possono ostacolare lo sviluppo delle iniziative imprenditoriali e professionali;
tra le varie misure tese ad agevolare l'avvio alla professione, vi è quella contenuta al comma 4 dell'articolo 9 del testo, che prevede che al tirocinante sia riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio;
è comunque opportuno che il rimborso spese disposto per l'attività dei tirocinanti possa coprire l'intera durata del tirocinio professionale, includendovi, quindi, anche i primi sei mesi, attualmente esclusi dal testo in esame;
è infatti necessario dare segnali importanti ai giovani, favorendo un'alternanza tra studio e lavoro che ne agevoli l'inserimento nel mondo professionale; la formazione ad una professione, in continuità con la formazione universitaria, ha diritto ad essere retribuita fin da subito mediante un rimborso spese minimo. Formarsi per diventare un professionista vuol dire lavorare: va quindi esclusa totalmente la gratuità della formazione professionale, prevedendo, altresì, la fissazione di un livello minimo mensile del rimborso, che potrebbe anche essere demandato a parametri retributivi di base, definiti dai relativi ordini. Tali livelli minimi del rimborso, potrebbero essere definiti nell'ambito delle "convenzioni quadro", previste dal testo in esame, stipulate tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'inserimento di adeguate forme di rimborso spese che coprano l'intera durata del tirocinio professionale, quando esso si svolga interamente alla conclusione del corso di studio.
9/5025/78.Saltamartini, Mantovano.

La Camera,
premesso che:
l'annoso problema dei ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni rappresenta un costo pesante per le imprese, soprattutto per le piccole e medie aziende, incidendo negativamente sulla loro sopravvivenza nel mercato, già messa a forte repentaglio dal momento di grave crisi economica, dalla scarsa liquidità e dal blocco degli investimenti;
il fenomeno del ritardo nei pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni appare intollerabile anche dal punto di vista dei principi liberali di tutela della buona fede, dell'affidamento e della certezza delle relazioni giuridiche;
la prassi dei ritardati pagamenti, che ha condotto all'accumulazione di un debito rilevante nei confronti delle imprese private fornitrici di beni e servizi alla pubblica amministrazione, ha di conseguenza drenato un volume enorme di liquidità dall'economia reale, costringendo molte imprese sane ad arretrare, spesso a scomparire, lasciando spazio, sempre più di frequente, al manifestarsi, nell'economia nazionale, di preoccupanti fenomeni illeciti, fortemente distorsivi del principio della libera concorrenza;
è già in corso una seria ed attenta opera di ricognizione volta a stabilire, con assoluta precisione, l'ammontare dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione;
è evidente la necessità di intervenire con misure strutturali e con una tempistica tale da garantire risposte tecnicamente ed economicamente consistenti;
la ripresa della crescita economica non può prescindere dalla risoluzione del problema dei ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, anche mediante l'adozione di misure alternative al pagamento, quale principale modalità satisfattoria delle imprese creditrici, a cominciare dal meccanismo di compensazione dei crediti delle imprese con i debiti erariali delle stesse,

impegna il Governo:

ad adottare misure per l'accelerazione del pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nonché per la semplificazione e l'eliminazione dei passaggi burocratici inutili al fine di giungere a tempi di liquidazione dei debiti della Pubblica amministrazione accettabili;
a valutare la possibilità di introdurre, in uno dei prossimi provvedimenti legislativi, meccanismi di compensazione dei crediti vantati dai privati nei confronti delle Pubbliche amministrazioni con debiti di natura fiscale, per consentire un rientro dello stock di debiti delle Pubbliche amministrazioni accumulato sino ad oggi;
a valutare la possibilità di riconoscere alle imprese creditrici il diritto di ottenere da parte della P.A. debitrice la certificazione delle somme oggetto di ritardato pagamento, ai fini di una eventuale cessione del relativo credito a banche o istituti finanziari.
9/5025/79.Fugatti.

La Camera,
premesso che:
l'attuale difficile situazione economica che vivono gli enti locali e dovuta soprattutto alla complessa situazione relativa al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, sia per la oggettiva complessità economico-finanziaria, sia per il fatto che la modalità con la quale si chiede agli enti periferici di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, crea notevoli difficoltà alle amministrazioni pubbliche, incapaci di pianificare per tempo e in modo corretto la realizzazione delle opere pubbliche necessarie al territorio;
la difficoltà delle amministrazioni stesse nel rispettare i vincoli del Patto, oltre ad impedire agli enti di poter investire adeguate risorse per la realizzazione di nuove opere, rallenta in maniera vistosa, altresì, il pagamento da parte degli enti stessi verso le aziende che hanno già realizzato le stesse opere;
a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 35 sono previste disposizioni in materia di tesoreria unica che prevedono la sospensione fino al 31 dicembre 2014 del regime di tesoreria mista introdotto con il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 e l'applicazione del regime precedente di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720;
il regime di tesoreria mista, introdotta con il citato decreto legislativo n. 249 del 1997, ha rappresentato un punto fondamentale per la realizzazione di una maggiore autonomia delle amministrazioni territoriali e locali, dal momento che con tale regime è stato consentito agli enti di poter versare almeno le proprie entrate non più nei conti fruttiferi intestati all'ente presso la tesoreria provinciale dello Stato, ma presso i tesorieri dei singoli enti, permettendo così agli stessi di realizzare sulle disponibilità presso il proprio tesoriere interessi più elevati di quelli altresì riconosciuti dalla Banca d'Italia sulle giacenze depositate presso i conti fruttiferi;
la disposizione del ripristino della tesoreria unica, congiuntamente alla revisione di altre norme, come la revisione dell'IMU, applicata ora anche sulle prime abitazioni, e il taglio del fondo sperimentale di riequilibrio, vanno da aggiungersi alla sospensione dell'iter legislativo del federalismo demaniale, secondo pilastro della riforma federalista iniziata nel 2009, e denotano il rallentamento della riforma federale,

impegna il Governo

a rivedere le disposizioni oggi previste a carico degli enti locali, prevedendo un allentamento dei vincoli ora vigenti per i Comuni virtuosi e riprendendo altresì la riforma federalista attualmente sospesa.
9/5025/80.Pastore.

La Camera,
considerato che l'articolo 27 interviene in materia di riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, anche al fine di promuovere la concorrenza nel settore e tenuto conto delle disposizioni di recente adottate sulla tracciabilità dei pagamenti;
considerato che con la disposizione richiamata il governo interviene a modificare a soli tre mesi di distanza l'articolo 12 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
rilevato che in sede di conversione del decreto da ultimo citato veniva approvato un emendamento di iniziativa della Lega Nord che, al fine di dettare norme immediatamente precettive per il contenimento delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, ne fissava il tetto all'1,5 per cento;
valutata l'inopportunità dell'abrogazione della norma da ultimo citata che ha avuto una vigenza assai limitata con ripercussioni negative anche sul piano della certezza del diritto e delle transazioni commerciali,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti delle disposizioni di cui all'articolo 27, al fine di assumere iniziative normative volte a ripristinare norme che fissino tetti massimi non superiori all'1,5 per cento alle commissioni a carico degli esercenti, in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, in particolare carte di credito e bancomat.
9/5025/81.D'Amico.

La Camera,
considerato che l'articolo 9, dettando disposizioni relative alle professioni regolamentate, introduce disposizioni innovative in tema di tirocinio professionale;
rilevato che l'intento delle disposizioni citate è quello di ampliare le possibilità di accesso alle professioni dei giovani laureati, consentendo un anticipo del tirocinio anche durante la parte finale del corso di studi e riconoscendo un compenso forfettario al tirocinante;
ritenuto che la norma di cui al comma 4 del citato articolo, nell'imporre di fatto la gratuità del tirocinio per un periodo di sei mesi, non appare coerente con le finalità sopra illustrate che richiedono invece una valorizzazione dell'apporto del tirocinante che eviti altresì forme di precarizzazione eccessiva,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti delle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 4, al fine di assumere iniziative volte a ridurre il periodo di tirocinio professionale non retribuito.
9/5025/82.Isidori.

La Camera,
considerato che l'articolo 5, configura una nuova forma di tutela amministrativa contro le clausole vessatorie inserite in contratti per adesione o conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari;
ritenute condivisibili le finalità di tutela dei consumatori sottese alla disposizione in esame;
ritenuto che la necessità di rafforzare la tutela contro le clausole vessatorie assume particolare rilievo nell'ambito della stipula dei contratti bancari, in relazione alla marcata disparità di forza contrattuale del cliente, piccolo risparmiatore, da una parte, e degli istituti di credito dall'altra,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di assumere iniziative volte a precisare, anche in via di interpretazione autentica, che le disposizioni citate in premessa si applicano anche ai contratti per adesione stipulati con istituti di credito.
9/5025/83.Dozzo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è volto con disposizioni ai Capo I di carattere generale, a conformare l'ordinamento ai principi di libertà individuale ed economica e di concorrenza sanciti dalla Costituzione e dal diritto dell'Unione europea, attraverso l'adeguamento delle normative statali e locali e delle prassi amministrative;
si prevede all'articolo 1 l'abrogazione delle norme che pongono limiti all'esercizio delle attività economiche e si introduce la regola dell'interpretazione in senso stretto delle norme limitative dell'attività economica;
tuttavia il provvedimento, nel suo complesso, non appare sufficiente a rendere più stringente la disciplina in materia di trasparenza dell'attività amministrativa che pure è, essa stessa, veicolo fondamentale per incrementare in modo sostanziale il livello di trasparenza e certezza degli adempimenti amministrativi rivolti ai privati e rendere così più agevole l'attività di libera impresa svolta da cittadini ed imprese;
sarebbe stato necessario anche un intervento volto a riprendere e rafforzare il contenuto del cosiddetto decreto-legge Sviluppo (decreto-legge n. 70/2011), come peraltro proposto dal gruppo Lega Nord tramite apposito emendamento presentato durante l'iter di esame del provvedimento in Commissione;
si è inteso sottolineare l'importanza di prevedere l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare sui propri siti istituzionali l'elenco degli atti e dei documenti richiesti in allegazione alle istanze dei cittadini e delle imprese, ad eccezione dei documenti ed atti per i quali l'allegazione all'istanza sia prevista da legge, regolamento o atto pubblicato nella G.U.R.I., prevedendo che la mancata pubblicazione sui siti determini per l'amministrazione l'impossibilità di rigettare l'istanza del privato per l'assenza di alcuno dei documenti od atti richiesti a corredo;
atteso che l'indicazione della documentazione da allegare alle istanze dei privati è contenuta in prevalenza proprio in atti di diversa natura pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, risulta pertanto importante estendere l'ambito applicativo della norma per incrementare in modo sostanziale il livello di trasparenza e certezza degli adempimenti amministrativi, prevedendo l'obbligo della pubblicazione sui siti istituzionali anche alla predetta documentazione,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative al fine di prevedere l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare sui propri siti istituzionali l'elenco degli atti e dei documenti richiesti in allegazione alle istanze dei privati, consentendo così finalmente di incrementare in modo sostanziale il livello di trasparenza e certezza degli adempimenti amministrativi che competono a cittadini ed imprese.
9/5025/84.Buonanno, Bragantini, Pastore, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, attraverso la istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, si pone l'obiettivo di ridurre i tempi di definizione delle controversie che vedono coinvolte le società;
suscita perplessità la delineata distribuzione geografica delle sezioni specializzate in materia di impresa, limitata ad un numero individuato principalmente tra i tribunali e corti d'appellò aventi sede in capoluoghi di distretto così da provocare forti disagi per l'utenza;
con l'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, il Governo è stato delegato a procedere alla riorganizzazione della geografia giudiziaria, attraverso la riduzione del numero degli uffici giudiziari e la razionalizzazione dei relativi assetti territoriali;
la delega sopra richiamata prevede la possibilità di procedere alla soppressione o alla riduzione delle attuali 220 sezioni distaccate di tribunale;
tali sedi giudiziarie hanno una funzione importante nella distribuzione della geografia giudiziaria nel territorio nazionale e la loro presenza rappresenta un rilevante valore per le comunità dove sono dislocate;
il loro accorpamento con sedi giudiziarie più grandi, lungi dal realizzare un'accelerazione del processo e la conseguente riduzione dei tempi del processo stesso, determinerebbe solo un intasamento delle sedi giudiziarie di maggiori dimensioni, anche in ragione delle difficoltà derivanti dal nuovo assetto delle sezioni specializzate in materia di impresa;
mantenere l'attuale geografia assicurerebbe un effetto deflattivo per le sedi giudiziarie di maggiori dimensioni già inflazionate;
pur non disconoscendo la necessità di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, si ritiene tuttavia necessaria una rimodulazione non traumatica degli attuali uffici giudiziari, al fine di scongiurare conseguenze che potrebbero risultare controproducenti e dannose per la tenuta del sistema giustizia e per la presenza capillare del servizio sul territorio come presidio di legalità, sicurezza e di tutela dei diritti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivalutare gli effetti delle disposizioni richiamate in premessa al fine di conseguire gli obiettivi di risparmio ed efficienza, nell'ambito del più ampio progetto di riordino delle circoscrizioni giudiziarie e nell'ambito della istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, attraverso il mantenimento di quelle sedi di tribunale con un bacino di utenza non inferiore alle 300 mila unità al fine di attuare una equilibrata redistribuzione degli uffici giudiziari.
9/5025/85.Lussana.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto interviene sul decreto legislativo n. 168 del 2003 che ha istituito sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia, modificandone la denominazione in «sezioni specializzate in materia di impresa»;
il comma 1-bis all'articolo 1 del decreto legislativo n. 168 - istituisce nuove sezioni specializzate in tutti i tribunali e corti d'appello con sede nei capoluoghi di regione che finora ne erano sprovvisti nonché, in quanto sede di Corte d'appello, presso il tribunale e la Corte d'appello di Brescia, mentre la competenza per il territorio della Valle d'Aosta è attribuita dal citato comma 1-bis al tribunale e alla Corte d'appello di Torino;
tale disciplina istituiva delle sezioni specializzate risulta essere del tutto irrazionale e presenta forti criticità sotto il profilo applicativo, in quanto non si è tenuto conto delle conseguenze sul funzionamento degli uffici giudiziari e delle peculiarità delle diverse realtà territoriali del Paese, con la conseguenza di determinare gravi disfunzioni per l'amministrazione della giustizia che andranno a ripercuotersi direttamente a danno delle imprese e dei cittadini;
l'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, in materia di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, ha delegato il Governo ad adottare entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, si sarebbe dovuto procedere alla istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa solo successivamente all'attuazione della delega di cui sopra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n. 148, prima della costituzione delle sezioni specializzate di impresa, anche al fine di consentire una equa ridistribuzione dell'organico che verrà effettuata in occasione della revisione delle circoscrizioni giudiziarie in attuazione della delega di cui alla legge n. 148.
9/5025/86.Nicola Molteni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, contiene misure finalizzate all'incremento del numero dei notai, al rafforzamento della concorrenza nei distretti e volte garantire il buon andamento della funzione;
lo scopo di tali disposizioni è quello di potenziare il servizio per gli utenti, introdurre una maggiore concorrenza nel settore, migliorare la qualità delle prestazioni e promuovere il contenimento dei costi che oggi gravano sui cittadini,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa affinché nella determinazione delle tariffe notarili si tenga conto della necessità di tutelare i diritti dei cittadini e delle imprese nella difficile congiuntura economica in atto promuovendo la trasparenza delle tariffe dei notai attraverso iniziative idonee ad assicurare la pubblicazione nei siti internet dei Consigli del notariato di dettagliate tabelle contenenti le tariffe dei notai residenti con l'indicazione atto per atto del prezzo delle singole prestazioni.
9/5025/87.Paolini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 prevede che, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista sia determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante e che con decreto del Ministro della giustizia sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe;
nel procedimento con cui vengono stabiliti con decreto ministeriale i parametri per la liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale nonché dei parametri per determinare oneri e contribuzioni alle casse professionali ed agli archivi si dovrebbe prevedere che siano sentiti i Consigli nazionali delle professioni interessate, i quali possono fornire, per la competenza ed esperienza maturata nella materia, un contributo rilevante;
le legittime aspettative del mondo forense che invoca la Riforma dell'ordinamento forense attraverso approfondite consultazioni o confronti con gli organismi di rappresentanza istituzionale e politica, sono andate deluse dalle decisioni di questo Governo che ha ritenuto di procedere con provvedimenti di liberalizzazione selvaggia nel deliberato intento di ridurre la funzione costituzionale dell'avvocato e comprimendo lo stesso diritto del cittadino alla difesa, mentre sarebbe stato auspicabile procedere in via prioritaria alla conclusione della riforma della professione forense e in tale sede valutare le opportune modifiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, di voler interpellare i Consigli nazionali delle professioni interessate, quali rappresentanze maggiormente qualificate per la competenza ed esperienza maturata nella materia a fornire un contributo rilevante, al fine della adozione da parte del Ministro competente dei parametri ivi previsti nonché al fine della approvazione del disegno organico e razionale di riforma dell'ordinamento forense.
9/5025/88.Follegot.

La Camera,
premesso che:
in una prospettiva di liberalizzare anche questo segmento di mercato, l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), ha esteso l'esercizio della rivendita di tabacchi agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq, prevedendo altresì che tale attività debba essere espletata nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano il settore;
tuttavia è evidente che l'attuale formulazione della disposizione, che si limita a prevedere esclusivamente che l'esercizio delle rivendita di tabacchi presso i distributori di carburante con una superficie minima di 500 mq debba avvenire secondo le norme e le prescrizioni tecniche di settore, non è idonea ad assicurare la necessaria univocità della disciplina di settore applicabile alla rete distributiva attualmente esistente e quella che, per effetto dell'articolo 17 del presente decreto potrà esercitare la rivendita di tabacchi, con l'osservanza di cautele del tutto corrispondenti a quelle già richieste ai sensi della normativa vigente dalla stessa amministrazione pubblica competente al controllo della rete di distribuzione dei tabacchi, e cioè l'amministrazione finanziaria;
la normativa vigente in base alla quale viene esercitata la rivendita di tabacchi è posta a presidio di interessi pubblici di elevato contenuto tra i quali emergono per importanza la tutela degli interessi dell'erario, la necessità di rafforzare costantemente i presidi preventivi contro il rischio di contrabbando e di rigoroso rispetto delle vigenti limitazioni legate all'offerta per la tutela della salute (anche in questo caso, peraltro, in diretta conseguenza di precisi accordi internazionali legislativamente recepite nel nostro Paese, da ultimo con la legge n. 75 del 2008 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della Sanità - OMS - per la lotta al tabagismo, Ginevra il 21 maggio 2003»);
la rilevanza assoluta che caratterizza lo svolgimento dell'esercizio delle rivendite di tabacchi ha portato il legislatore a prevedere, con l'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, l'adozione di un regolamento che definisca le regole per l'assetto distributivo dei tabacchi, regole essenziali ed imprescindibili per la distribuzione e il relativo complesso apparato di controllo, che evidentemente non possono essere taciute nei casi in cui la rivendita sia esercitata da appartenenti a talune categorie di operatori economici, come nel caso di specie;
per tali ragioni è necessario specificare che anche l'esercizio delle rivendite di tabacchi ai sensi dell'articolo 17 del presente decreto debba avvenire nel rispetto delle norme e prescrizioni tecniche di settore che sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
infatti, in assenza di tale necessaria specificazione si rischia di prefigurare uno strumento non in grado di operare concretamente per gli obiettivi assunti, in mancanza delle necessarie precisazioni relativamente alla identificazione delle condizioni minime richieste per lo sviluppo di attività a così sensibile rilevanza erariale e per la tutela della salute;
quindi l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi in ogni caso come da realizzarsi in coerenza con il citato intervento di definizione comune e complessiva delle modalità di offerta, attraverso il citato strumento regolamentare, che implica l'esplicitazione della applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti di minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore;
analogamente, appare necessario il richiamo al titolo normativo in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati (come detto, tutti gli impianti di distribuzione di carburante con una superficie minima di 500 mq) la cui attivazione non può richiedersi di essere subordinata a singoli provvedimenti concessori, suscettibili di creare disomogeneità applicative estranee alla volontà del legislatore,

impegna il Governo:

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b), con quella che è l'effettiva volontà di tale disposizione normativa, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, debbono esclusivamente intendersi quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto;
fermo l'obbligo di attuazione dell'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b, come sopra individuato, a porre in ogni caso rimedio, quanto prima, al citato vuoto normativo, provvedendo ad esplicitare, in un prossimo provvedimento normativo, che per norme e prescrizioni tecniche che disciplinano l'esercizio delle rivendita di tabacchi anche presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che per il settore è emanato tenendo conto altresì delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del presente decreto.
9/5025/89.Cavallotto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 65 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha lo scopo di limitare l'installazione degli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, non consentendo l'accesso agli incentivi statali per tali impianti;
lo scopo è quello di limitare il consumo di terreno fertile agricolo e impedire speculazioni fondiarie e alterazioni dei valori dei suoli rurali;
tali limitazioni non si applicano agli impianti già autorizzati, a condizione che entrino in esercizio entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012;
con una modifica introdotta al Senato, le sopraesposte limitazioni non si applicano altresì agli impianti realizzati e da realizzare su terreni nella disponibilità del demanio militare;
si prevede pertanto un privilegio per le aree militari, non solo per gli impianti autorizzati ma anche per quelli da autorizzare nel futuro, con lo scopo di non pregiudicare le risorse a disposizione del comparto Difesa e di assicurare il giusto ristoro dei servizi resi;
le aree del demanio militare spesso coincidono con terreni di grande valore ambientale e aree di grande pregio naturalistico e paesaggistico, che hanno conservato per anni le caratteristiche di biodiversità degli ecosistemi del nostro Paese; essendo rimaste immuni dall'antropizzazione e urbanizzazione del territorio e preservate dall'assalto della speculazione edilizia;
tale esclusione dalle limitazioni degli incentivi di cui all'articolo 65 crea pertanto una forte preoccupazione perché potrebbe portare alla compromissione di vaste aree naturali del Paese;
anche la Commissione difesa, nell'esprimere il proprio parere favorevole al decreto-legge n. 1 del 2012, ha posto come condizione al Governo di verificare l'esigenza di non riconoscere gli incentivi, ai sensi del comma 1 dell'articolo 65, ove gli impianti fotovoltaici da installare siano destinati ad insistere su aree attualmente utilizzate anche per attività agricole o pastorali, ovvero di particolare pregio ambientale e di verificare, inoltre, con gli enti territoriali competenti l'impatto sul piano ambientale, sociale ed economico connesso all'installazione di nuovi impianti,

impegna il Governo

in sede di attuazione dell'articolo 65, a impedire il consumo di aree del demanio militare di particolare pregio ambientale, verificando la possibilità di non concedere gli incentivi statali per impianti fotovoltaici da autorizzare in aree militari attualmente utilizzate anche per attività agricole o pastorali, o che risultino comunque di grande pregio ambientale o paesaggistico.
9/5025/90.Gidoni, Montagnoli, Dussin, Lanzarin, Togni, Alessandri.

La Camera,
apprezzando il tentativo del Governo di procedere ad un'ulteriore azione di semplificazione dei vincoli burocratici che limitano sotto molti aspetti le libertà economiche nel nostro Paese, peraltro già in avanzato stato di preparazione all'epoca in cui maturarono le dimissioni del precedente esecutivo;
considerando le disposizioni dell'articolo 81 del provvedimento all'esame dell'Assemblea, secondo le quali negli aeroporti militari aperti al traffico civile, i diritti aeroportuali dovranno essere determinati tenendo conto anche delle infrastrutture e dei servizi fomiti dall'Aeronautica militare;
sottolineando altresì il fatto che per questo motivo sia stata prevista la stipula di un'apposita convenzione tra l'Aeronautica Militare ed i gestori aeroportuali interessati, per la definizione dei servizi da rendere e l'individuazione delle modalità di ristoro dei costi sostenuti per soddisfare esigenze gestionali inerenti al traffico aereo civile, in precedenza posti totalmente a carico della Forza Armata,

impegna il Governo

a privilegiare lo stesso metodo dell'intesa pattizia con gli enti di volta in volta interessati in tutti gli altri casi in cui le Forze Armate sostengano dei costi per assicurare un servizio goduto dalla società civile.
9/5025/91.Chiappori.

La Camera,
apprezzando il tentativo del Governo di procedere ad un'ulteriore azione di semplificazione dei vincoli burocratici che limitano sotto molti aspetti le libertà economiche nel nostro Paese, peraltro già in avanzato stato di preparazione all'epoca in cui maturarono le dimissioni del precedente esecutivo;
ricordando come molti ostacoli ad una più piena liberalizzazione delle attività economiche si trovano tuttora all'interno del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, residuo di un'epoca in cui evidentemente le esigenze di controllo prevalevano su quelle produttive,

impegna il Governo

a procedere ad una organica disamina delle norme del TULPS che prevedano la sottoposizione ad ingiustificate autorizzazioni attività economiche che non possono attualmente rappresentare più un pericolo per la sicurezza del cittadino e dello Stato.
9/5025/92.Molgora.

La Camera,
premesso che:
preso atto che il Governo all'interno del decreto-legge 201/2011 recante «disposizioni urgenti disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici» tra le diverse misure finalizzate, ha anche previsto la reintroduzione dell'imposta immobiliare sulla prima casa (ex ICI) congiuntamente alla rivalutazione delle rendite catastali, alla cui rivalutazione viene altresì applicato un moltiplicatore;
rammentato come il Governo precedente aveva soppresso l'ICI sulla prima casa e che la riforma federalista intrapresa con la Legge delega 42/2009 aveva annunciato, a partire dal 2014, l'introduzione di una nuova imposta, l'IMU, che escludeva le prime abitazioni e il cui gettito sarebbe stato introitato dai Comuni al fine d, consentire di dare agli enti le risorse finanziarie ed economiche necessarie per conseguire quell'autonomia fiscale fondamentale per giungere alla piena realizzazione del federalismo fiscale e che, pertanto, la reintroduzione dell'imposta sulla prima abitazione, oltre a non porsi nella prospettiva della riforma federalista, rappresenta un evidente aggravio economico per i cittadini, costretti a pagare un nuovo contributo;
esaminato come, nel dispositivo del Governo e negli intendimenti dello stesso, il gettito dell'imposta sulla prima abitazione è devoluto ai comuni così che l'imposta diventa per gli enti locali stessi, e nonostante la riduzione al fondo di riequilibrio, una voce di entrata di estrema importanza;
valutato che la difficile situazione economica nella quale si ritrovano gli enti locali è dovuta anche alla difficile e complessa situazione riguardante il rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno e che richiede agli enti periferici di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica crea notevoli difficoltà alle amministrazioni locali, incapaci di pianificare per tempo e in modo corretto la realizzazione delle opere pubbliche necessarie al territorio;
considerato che, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo del decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 35 sono previste disposizioni in materia di tesoreria unica che prevedono la sospensione fino al 31 dicembre 2014 del regime di tesoreria mista introdotto con il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 e l'applicazione del regime precedente di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720;
valutato che 11 regime di tesoreria mista, introdotta con il citato decreto legislativo n. 249 del 1997, ha rappresentato un punto fondamentale per la realizzazione di una maggiore autonomia delle amministrazioni territoriali e locali, dal momento che con tale regime è stato consentito agli enti di poter versare almeno le proprie entrate non più nei conti fruttiferi intestati all'ente presso la tesoreria provinciale dello Stato, ma presso i tesorieri dei singoli enti, permettendo così agli stessi di realizzare sulle disponibilità presso il proprio tesoriere interessi più elevati di quelli altresì riconosciuti dalla Banca d'Italia sulle giacenze depositate presso i conti fruttiferi;
stabilito che è opinione diffusa come il pagamento dell'imposta unica e debba avvenire tramite il modulo F24 ma che, ad oggi, non è ancora chiaro se il contribuente dovrà effettuare il pagamento dell'imposta dovuta con un unico codice tributo o con due diversi codici tributi, uno intestato al Comune ed uno allo Stato,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte:
a prevedere che il pagamento dell'IMU avvenga con due codici diversi, uno intestato all'ente per tutte le risorse, derivanti dall'imposizione sulla prima abitazione e sugli altri fabbricati, a favore del Comune, ed uno intestato alle casse erariali dello Stato,
a prevedere, in subordine, che le risorse a favore de. Comune e derivanti dall'applicazione dell'IMU, siano versate nel conto fruttifero dell'ente locale presso la Banca d'Italia.
9/5025/93.Simonetti.

La Camera,
considerato che, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo del decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 35 sono previste disposizioni in materia di tesoreria unica che prevedono la sospensione fino al 31 dicembre 2014 del regime di tesoreria mista introdotto con il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 e l'applicazione del regime precedente di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720;
valutato che 11 regime di tesoreria mista, introdotta con il citato decreto legislativo n. 249 del 1997, ha rappresentato un punto fondamentale per la realizzazione di una maggiore autonomia delle amministrazioni territoriali e locali, dal momento che con tale regime è stato consentito agli enti di poter versare almeno le proprie entrate non più nei conti fruttiferi intestati all'ente presso la tesoreria provinciale dello Stato, ma presso i tesorieri dei singoli enti, permettendo così agli stessi di realizzare sulle disponibilità presso il proprio tesoriere interessi più elevati di quelli altresì riconosciuti dalla Banca d'Italia sulle giacenze depositate presso i conti fruttiferi;
ricordato che il regime di Tesoreria mista consentiva agli enti di gestire fuori dalla tesoreria dello Stato le entrate proprie, rendendo, di fatto, i Comuni più autonomi e consentendo loro di poter realizzare, sulle proprie disponibilità, interessi attivi più elevati di quelli riconosciuti dalla Banca d'Italia sulle giacenze depositate in contabilità fruttifera;
considerato che la revisione della norma è stata fortemente criticata dai Sindaci, dai Presidenti di Provincia e dai Presidenti di Regione, oltre che da tutti i rappresentanti degli Enti locali anche nel corso della Conferenza Unificata degli Enti locali tenutasi nei primi giorni di Febbraio e appare di dubbia legittimità dal punto di vista Costituzionale in quanto lesiva e in evidente contrasto con l'articolo 119 della Costituzione in materia di autonomia finanziaria riconosciuto agli Enti Locali, nonché contrastante con il principio di sussidiarietà, disciplinato dall'articolo 118 della Costituzione;
rammentato che le conseguenze economiche e finanziarie derivanti dall'applicazione della norma come disciplinata ora saranno evidenziabili sia con un minore introito a favore dell'ente, in ragione dei minori tassi d'interesse minori applicati dalla Banca d'Italia, sia con un prevedibile rallentamento in termini di pagamenti a favore dei fornitori,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 35 del provvedimento in esame e relative al ripristino della tesoreria unica per gli enti locali, non trovino applicazione, per l'esercizio in corso, gli enti definiti virtuosi così come definiti ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 98/2011.
9/5025/94.Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la grave difficoltà nella quale si ritrovano numerosi enti locali ha notevolmente ridotto le risorse a disposizione, sia economiche che umane, determinando altresì una conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
la difficoltà economica si assoda in questi enti anche alla complessità dovuta al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, sia per la oggettiva complessità economico-finanziaria, sia per il fatto che la modalità con la quale si chiede agli enti periferici di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica non appare chiara e basata su equi principi;
la complicazione evidenziata dagli enti nel riuscire a sostenere questo tipo di vincoli, oltre a rallentare il pagamento da parte degli enti stessi verso le aziende che realizzano le opere pubbliche, impedisce anche agli enti medesimi di poter investire ulteriori risorse per la realizzazione di nuove opere;
l'eventuale sforamento da parte degli enti dei vincoli imposti dal Patto rappresenta per i Comuni determinerebbe per questi ultimi una serie di sanzioni estremamente gravose e che riducono ulteriormente le già strette leve sulle quali gli enti possono agire, rendendo di fatto impossibile la erogazione della maggior parte dei servizi alla cittadinanza;
ai sensi dell'articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge n. 112/2008, l'assoggettamento al patto di stabilità vale per tutte le società in house che siano affidatarie dirette di servizi pubblici o strumentali e che tale vincolo si applica anche alle società che gestiscono servizi pubblici esclusi dall'applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge n. 138/11 e che, pertanto, gli enti soci delle società a totale partecipazione pubblica, titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici o strumentali senza gara, devono vigilare sull'osservanza del patto di stabilità interno da parte degli organismi partecipati;
la Corte dei Conti sezione di controllo della Lombardia, nella deliberazione n, 7 del 19 gennaio 2012, ha precisato come l'assoggettamento al patto di stabilità vale per tutte le società in house che siano affidatarie dirette di servizi pubblici o strumentali, ai sensi dell'articolo 18, comma 2-bis del decreto-legge n. 112/08, specificando altresì come, tuttavia, in attesa del decreto ministeriale previsto dall'articolo 18, comma 2-bis del decreto-legge n. 112/08 che definisca le modalità e della relativa modulistica, «non può farsi derivare dalle predette norme l'obbligo attuale, in capo agli enti controllanti, di valutare il rispetto del Patto di stabilità attraverso un bilancio consolidato funzionale ad un'analisi della situazione finanziaria della società unitamente a quella dell'Ente locale»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere, in virtù dei stringenti vincoli oggi vigenti in materia di Patto di Stabilità interno, per gli esercizi dal 2012 al 2014, l'assoggettamento delle società in house al patto di stabilità interno.
9/5025/95.Meroni.

La Camera,
considerato che, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo del decreto-legge del 24 gennaio 2012, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, all'articolo 35 sono previste disposizioni in materia di tesoreria unica che prevedono la sospensione fino al 31 dicembre 2014 del regime di tesoreria mista introdotto con il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 e l'applicazione del regime precedente di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720;
determinato come il ripristino del regime di Tesoreria Unica supera il sistema di Tesorerie mista, disciplinato dal Decreto Legislativo n. 279 del 1997 con il quale veniva stabilito che mentre le entrate degli Enti Locali, derivanti da assegnazioni e contributi proveniente da trasferimenti dallo Stato dovessero essere versate nelle contabilità speciali infruttifere dello Stato e gestite dalla Banca d'Italia, le altre entrate potevano rimanere presso i tesorieri dei singoli enti, stabilendo altresì come le disponibilità che non derivavano dallo Stato, ovvero le somme escluse dal versamento nella tesoreria statale e depositate presso il proprio tesoriere, dovessero essere prioritariamente utilizzate per i pagamenti effettuati dagli enti;
valutato che con il ritorno della Tesoreria unica il tesoriere dell'ente locale verrà privato della possibilità di poter gestire pienamente la liquidità dell'ente amministrato e l'unico compito che egli dovrà assolvere sarà quello di determinare i pagamenti, privando così, di fatto, gli enti di quell'autonomia finanziaria che negli anni aveva apportato numerosi benefici e costringendo gli enti stessi a rinunciare a quelle maggiori entrate che i Comuni erano riusciti, grazie alle vantaggiose procedure di gara instaurate con i diversi istituti di credito per l'affidamento del servizio di tesoreria il quale, ora, dovrà obbligatoriamente essere gestito a livello centrale con un tasso fisso dell'1 per cento previsto per il conto fruttifero aperto presso la Banca d'Italia per ciascun Ente;
rammentato che le conseguenze economiche e finanziarie derivanti dall'applicazione della norma come disciplinata ora saranno evidenziabili sia con un minore introito a favore dell'ente, in ragione dei minori tassi d'interesse minori applicati dalla Banca d'Italia, sia con un prevedibile rallentamento in termini di pagamenti favore dei fornitori,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 35 del provvedimento in esame e relative al ripristino della tesoreria unica per gli enti locali si applichi, in virtù della difficile situazione economica nella quale si trovano oggigiorno gli enti locali, per il solo esercizio 2012.
9/5025/96.Montagnoli.

La Camera,
considerato che il decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 1, dal comma 1 al 4, prevede disposizioni per la liberalizzazione delle attività economiche e che il comma 5 dell'articolo 1 esclude dall'ambito di applicazione della liberalizzazione di cui ai precedenti commi i seguenti il servizio di trasporto di persone e cose su autoveicoli non di linea;
valutato come la norma è stata modificata nel corso dell'esame al Senato, specificando che l'esclusione dall'ambito di applicazione della norma stessa riguarda il solo trasporto pubblico di persone o cose non di linea;
stabilito come la modifica apportata al Senato, pur con il comprensibile obiettivo di contestualizzare al meglio la disposizione, modifica profondamente il senso della stessa generando non solo incertezza anche sulla base del fatto che la definizione aggiuntiva, «trasporto pubblico di cose non di linea», non trova riscontro normativo né operativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a definire in maniera più precisa l'ambito applicativo della disposizione di cui in premessa.
9/5025/97.Crosio.

La Camera,
considerato che il decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 52, reca alcune modifiche al D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) ed al relativo regolamento di attuazione, decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010 al fine di semplificare la redazione e velocizzare l'approvazione dei progetti prevedendo, a determinate condizioni, la possibilità di omettere uno dei primi due livelli di progettazione (preliminare e definitiva);
valutato come il comma 1, lett. c) del medesimo articolo, con una novella l'articolo 128, comma 6, del Codice relativo alla programmazione dei lavori pubblici, subordina l'inclusione di un lavoro nell'elenco annuale per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro, almeno alla previa approvazione di uno studio di fattibilità e per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione almeno della progettazione preliminare, redatta ai sensi del citato articolo 93;
preso atto che l'attuale crisi economica ha colpito con particolare gravità il settore del comparto edile che, negli ultimi anni, ha visto ridursi in maniera drastica il fatturato delle aziende operanti nel settore con contemporaneo aumento del tasso di disoccupazione e che si rende pertanto necessario agevolare, quanto più possibile, le procedure per la semplificazione della programmazione dei lavori pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ulteriori iniziative normative volte ad innalzare a due milioni di euro l'attuale valore di 1.000.000 di euro previsto per l'inclusione dei lavori nell'elenco annuale per i lavori pubblici.
9/5025/98.Allasia.

La Camera,
considerato che il decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 12 incrementa di 500 unità l'organico dei notai e rafforza la concorrenza consentendo l'esercizio della professione nell'intero distretto di Corte d'appello nel quale è situata la sede notarile specificando altresì come la distribuzione dei nuovi posti nei distretti e nei comuni dovrà essere effettuata da un decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, nel rispetto dei parametri già dettati dalla legge notarile;
valutato come il medesimo articolo stabilisce la tempistica per l'espletamento delle procedure di concorso per la nomina di oltre 1.500 notai per il triennio 2012-2014 e che la tabella notarile dovrà essere aggiornata ogni tre anni e, annualmente, dovrà essere bandito un concorso per la copertura dei posti disponibili e come, al contempo, a decorrere dall'anno 2015, venga comunque bandito un concorso annuale, da concludere con la nomina dei notai entro l'anno successivo alla data di pubblicazione del relativo bando, per la copertura di tutti i posti che si rendano eventualmente disponibili;
tenuto conto che il provvedimento in oggetto si pone la finalità di aumentare la concorrenza e la competitività in tutti i settori economici, anche di quelli come la professione di notaio, per lungo tempo soggetta a restrittivi limiti che ne hanno limitato, nel tempo, la libera concorrenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad anticipare di un anno la pubblicazione del bando del concorso annuale per la copertura di tutti i posti che si rendono disponibili.
9/5025/99.Bonino.

La Camera,
considerato che il decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», all'articolo 54 interviene aggiungendo un comma all'articolo 35, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che disciplina l'emissione di titoli obbligazionari da parte di enti territoriali;
stabilito come l'articolo 35 della legge n. 724 del 1994 reca la disciplina delle emissione di titoli obbligazionari da parte di enti territoriali, prevedendo come le province, i comuni e le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane, i consorzi tra enti locali territoriali e le regioni possano deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati esclusivamente al finanziamento degli investimenti;
ricordato come il decreto ministeriale 5 luglio 1996, n. 420 ha approvato il regolamento recante norme per l'emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti locali, con particolare riferimento alle caratteristiche dei titoli obbligazionari, ai criteri e alle procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio;
valutato che la disciplina è stata successivamente integrata dall'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 che, al fine di contenere il costo dell'indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica conferendo al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali degli enti territoriali e stabilendo altresì come le regioni, le province, i comuni e le unioni di comuni, oltre che le città metropolitane, le comunità montane e isolane nonché consorzi tra enti territoriali, possano deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti, precisando altresì come gli interessi sui prestiti obbligazionari concorrono a tutti gli effetti alla determinazione del limite di indebitamento stabilito dalla normativa vigente per le rispettive tipologie di enti emittenti;
la grave difficoltà nella quale si ritrovano numerosi enti locali in ragione della difficile situazione economica dovuta alla crisi internazionale, ha notevolmente ridotto le risorse a disposizione, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda le risorse economiche, determinando la conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
la Legge di stabilità 2012, Legge n. 183 del 2011, all'articolo 8, comma 1, interviene, con una modifica apportata all'articolo 204, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a sostituire le parole: «il 10 per cento per l'anno 2012 e l'8 per cento a decorrere dall'anno 2013» con le parole: «l'8 per cento per l'anno 2012, il 6 per cento per l'anno 2013 e il 4 per cento a decorrere dall'anno 2014»;
la correzione rappresenta solo l'ultima di una serie di variazioni alla norma originale, e diminuisce ulteriormente, anche rispetto al 2011, il limite massimo, calcolato in base ad un parametro finanziario correlato all'ammontare delle entrate degli enti, entro cui i Comuni possono accendere un mutuo per il finanziamento di proprie opere, ponendo seri problemi alle amministrazioni locali in relazione agli stanziamenti di bilancio finanziati con la contrazione di mutui e prestiti;
la sessione di bilancio 2012 dei comuni dovrà pianificare il rispetto del limite del 4 per cento sull'ultimo anno del bilancio pluriennale, imponendo alle amministrazioni comunali già dal 2012 e per il triennio di riferimento una costante riduzione del debito al fine di realizzare investimenti finanziati con debito compatibili con le percentuali vigenti nell'anno di riferimento;
la disposizione, oltre a rappresentare un ulteriore inasprimento rispetto alla precedente versione della medesima norma, si accompagna ad ulteriori e recenti provvedimenti di finanza locale fortemente restrittivi, come il taglio al Fondo di Riequilibrio, l'inasprimento dei vincoli per il rispetto del Patto di Stabilità e la completa rivisitazione dell'imposta sugli immobili,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere come le di obbligazioni di scopo da parte degli enti locali garantite da beni immobili patrimoniali ai fini della realizzazione di opere pubbliche, così come previste dalla disposizione in oggetto, non concorrono al limite massimo di indebitamento degli enti locali, così come stabilito dalla Legge 183/2011.
9/5025/100.Torazzi.

La Camera,
valutato, il contenuto dell'articolo 35;
preso atto della difficoltà in cui versano le nostre imprese, a causa degli effetti della crisi economico-finanziaria che si stanno ancora manifestando in tutta la loro drammaticità;
considerato che i nuovi requisiti patrimoniali richiesti dalle autorità bancarie europee alle nostre banche hanno contribuito ad acuire il fenomeno del credit crunch, per cui sempre meno credito affluisce alle nostre imprese, per giunta ad un costo elevatissimo;
considerato che i vincoli europei stanno paralizzando gli enti pubblici, per cui i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni sono ormai insostenibili per il sistema industriale, soprattutto per le PMI che lavorano prevalentemente per il settore pubblico;
considerato che è necessario consentire una compensazione più ampia dei debiti/crediti che le aziende vantano nei confronti della P.A., in modo da poter compensare con i crediti commerciali anche i debiti tributari; valutato che l'assegnazione di titoli pubblici alle imprese creditrici può pregiudicare ulteriormente la capacità di finanziamento delle imprese stesse,

impegna il Governo

a consentire alle imprese creditrici che ricevono in assegnazione i titoli di stato di utilizzare gli stessi per regolare i debiti tributari verso la P.A.
9/5025/101.Comaroli.

La Camera,
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 16;
considerato il pericolo di subsidenza cui soffre l'Alto Adriatico, a causa dell'eccessivo sfruttamento delle falde acquifere e delle bonifiche idrauliche e dell'accelerazione che tale fenomeno potrebbe avere in seguito alle estrazioni di idrocarburi; i rischi della subsidenza nell'Alto Adriatico dovevano essere accertati dall'ISPRA e dal Ministero dell'ambiente, secondo l'articolo 8 del decreto-legge n. 112/2008, ma non sono ancora stati ufficialmente conclusi; ritenuto fondamentale assicurare che lo sviluppo di nuove risorse energetiche e di nuovi investimenti non scavalchi i divieti già in essere su alcune zone di particolare vulnerabilità ambientale;
considerato che la legge n. 9 del 1991, recante «Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale», come modificata dalla legge 179 del 2002, ha vietato «la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, fatti salvi i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in atto, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po»,

impegna il Governo

a far si che lo sviluppo delle risorse energetiche in tema di estrazione di idrocarburi rispetti i divieti della legge n. 9/1991, con particolare riferimento all'alto Adriatico e sia condotto in piena intesa con le Regioni interessate.
9/5025/102.Forcolin, Munerato.

La Camera,
valutate come insufficienti le misure introdotte, dal momento che incidono in maniera superficiale in settori non strategici dell'economia italiana;
preso atto del pesante aumento delle accise sui carburanti, che, oltre al maggior costo diretto, comporta l'aumento dei costi dei beni di prima necessità, causando un doppio danno alle famiglie;
considerato che per i cittadini residenti nelle zone confinanti con la Confederazione Svizzera, in conseguenza dell'ulteriore aumento delle accise, nonostante le agevolazioni attualmente concesse dalle regioni tramite la carta sconto benzina, torna ad essere conveniente varcare il confine e riempire i serbatoi delle proprie vetture; la legge nazionale che autorizza le agevolazioni in Lombardia e Piemonte attualmente mette a disposizione 20 milioni di euro, chiaramente insufficienti per contrastare gli aumenti; l'attività dei gestori degli impianti è seriamente a rischio e centinaia di posti di lavoro rischiano di venire meno nelle sole province lombarde di confine; considerato che è indispensabile aumentare il finanziamento delle agevolazioni, in modo da aumentare lo sconto sulla benzina e introdurre lo sconto anche sul gasolio, considerato che ormai il prezzo alla pompa di quest'ultimo è ormai prossimo a quello della benzina;
preso atto che l'attuale divario di prezzi causa, tenendo conto delle dinamiche dei consumi di benzina e di gasolio e della convenienza dei residenti ad approvvigionarsi in Svizzera, una pesante diminuzione delle vendite di carburante nelle province di confine; Confcommercio quantifica un'evasione dei consumi attorno ai 247 milioni di litri di carburante (207 di benzina e 40 di gasolio), con una perdita per l'erario italiano di circa 243 milioni di euro all'anno tra accise ed IVA;
preso atto che già il Governo si era impegnato a prendere in considerazione la problematica e aveva ipotizzato un rapido intervento,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere un significativo aumento del finanziamento delle agevolazioni sul costo della benzina per le zone di confine con la Confederazione Svizzera, in modo da compensare il deciso aumento delle accise, che penalizza i gestori degli impianti, favorisce la «migrazione» dei cittadini lombardi e piemontesi oltre confine per rifornirsi di carburante e causa ingenti perdite per l'erario.
9/5025/103.Rivolta, Nicola Molteni.

La Camera,
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 3;
valutata positivamente la volontà di semplificare le modalità di costituzione della società a responsabilità limitata, favorendo l'imprenditorialità giovanile;
considerato che la srl semplificata potrà essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche al di sotto dei 35 anni, con un capitale minimo di un euro e che dovrà essere predisposto un modello standard di atto costitutivo a cui ci si dovrà uniformare;
considerato che il comma 3 stabilisce che «l'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritti di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili»;
ritenuto necessario un monitoraggio del Governo sulla corretta applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 3, affinché i giovani imprenditori non siano gravati da oneri indiretti o mascherati al momento della stipula dell'atto costitutivo o della redazione dello statuto,

impegna il Governo

ad operare un costante monitoraggio sulla precisa e corretta attuazione del comma 3 dell'articolo 3 dove viene stabilito che non sono dovuti onorari notarili per la redazione dell'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese delle s.r.l. semplificate.
9/5025/104.Munerato, Forcolin.

La Camera,
valutate come insufficienti le misure introdotte, dal momento che incidono in maniera superficiale in settori non strategici dell'economia italiana;
considerato coerente con gli obiettivi del Governo l'obiettivo di facilitare la dismissione delle partecipazioni detenute dagli enti locali, in modo da favorire la concorrenza;
valutato che l'alienazione da parte degli enti locali di proprie partecipazioni in società che non rivestono importanza strategica potrebbe generare importanti flussi di cassa in entrata, con evidenti benefici per in termini di maggiori servizi/investimenti a favore dei cittadini;
considerato che la normativa fiscale penalizzerebbe gli enti locali che si trovassero a godere di plusvalenze a seguito dell'alienazione delle partecipazioni, assoggettando tali plusvalenze a tassazione,

impegna il Governo

a prevedere l'esenzione dalla tassazione delle plusvalenze derivanti dall'alienazione di quote di società a totale partecipazione pubblica.
9/5025/105.Polledri.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione , la libertà di educazione è un valore non negoziabile, è un diritto soggettivo e costituzionale e rappresenta una grande battaglia di civiltà, condivisa da milioni di cittadini e di cattolici non solo in Italia, ma anche in altri Paesi europei;
in Italia il sistema di istruzione è da tempo profondamente in crisi: dispersione scolastica, bullismo, giovani inoccupati, risultati scolastici scadenti nei raffronti internazionali, carenza di giovani professionalmente formati per le imprese, analfabetismo di ritorno, indebolimento generale del tessuto culturale del paese;
nell'attuale crisi economica e occupazionale dell'Italia una scuola pubblica statale di qualità e competitiva potrebbe costituire, come già avvenuto in altri Paesi, il vero volano per la ripresa e la crescita economica del nostro Paese a breve, medio e lungo termine;
la Riforma del mercato del lavoro per conseguire gli obiettivi preposti deve tener conto della necessità di istituire un diverso sistema di formazione e di istruzione nazionale idoneo e competitivo. Ovviamente, nel campo dell'istruzione, la liberalizzazione coincide con l'autonomia;
nelle sue dichiarazioni programmatiche del 10 gennaio 2012 presso la VII Commissione Cultura della Camera il Ministro dell'Istruzione, università e ricerca, ridisegnando la Scuola del futuro, ha parlato fra l'altro di «autonomia responsabile» da introdurre da subito nelle scuole statali;
l'articolo 50 del decreto-legge n. 5/2012 in corso di conversione in legge, prevede difatti l'emanazione di linee guida, intese a favorire una maggiore autonomia delle istituzioni scolastiche, costituendo, previa intesa con la Conferenza unificata, reti territoriali fra le stesse istituzioni scolastiche, al fine di una gestione ottimale delle risorse umane, strumentali e finanziarie e, prevedendo l'eventuale ridefinizione degli aspetti connessi ai trasferimenti delle predette risorse;
l'autonomia delle istituzioni scolastiche avrebbe dovuto essere collocata ed evidenziata nell'articolo 33 della Costituzione - accanto a quella sull'autonomia delle istituzioni di alta cultura, delle università e delle accademie - anziché nell'articolo 117, comma 3, in cui la stessa è stata posta. In ogni caso il concetto di autonomia scolastica elevato al rango costituzionale impone di rivisitare la nozione di «scuola statale» cui fa riferimento il predetto articolo 33 cost;
in ogni caso il concetto di autonomia scolastica elevato al rango costituzionale dall'articolo 117, comma 3 della Costituzione, impone di rivisitare la nozione di «scuola statale» cui fa riferimento l'articolo 33 cost. anche al fine di evitare che l'autonomia delle istituzioni scolastiche «possa essere, ai sensi del sopra citato articolo 50 , ridotta a un fenomeno meramente burocratico o gestionale»; giacché, se essa fosse riducibile a un fenomeno esclusivamente organizzativo, avrebbero ben poco senso la sua specifica costituzionalizzazione e la sua salvaguardia esplicita nei confronti del potere legislativo sia regionale sia statale, essendo in tal caso sufficienti a preservarla le regole e i principi generali cristallizzati nell'articolo 97 della Carta costituzionale;
le norme considerate appaiono dunque nettamente convergere nella direzione del riconoscimento alle istituzioni scolastiche di un'autonomia di carattere funzionale o sociale;
la suddetta «autonomia scolastica», introdotta nel 1997 dall'allora ministro della Funzione Pubblica (Bassanini) e regolamentata nel 1999 col decreto del Presidente della Repubblica n. 275, è una base di partenza sotto il profilo giuridico e culturale;
l'ingresso ufficiale degli istituti "non statali" nella rete del servizio pubblico scolastico, comprensiva di tutti gli ordini e gradi di scuole, ha permesso di registrare in maniera definitiva l'adozione, da parte dell'ordinamento, di una concezione marcatamente «desoggettivata» e, soprattutto, «destatalizzata» del servizio nazionale di istruzione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di liberalizzare il sistema d'istruzione, promuovendo, attraverso nuove disposizioni legislative, l'affermazione di una nuova scuola pubblica laica, autonoma e competitiva con l'introduzione della libertà di scelta educativa delle famiglie, riconoscendo:
a) il diritto ad alcune agevolazioni (non cumulabili tra loro), quali: concessione di buoni-scuola, voucher, dote-scuola per la copertura dei costi di iscrizione; detrazione fiscale dei costi di iscrizione, ponderate a scalare per favorire le famiglie a reddito più basso, fino a prevedere, in caso di incapienza, un'erogazione diretta a favore della famiglia;
b) la stabilizzazione e la riqualificazione dei contributi concessi alle scuole statali e paritarie, attraverso l'assegnazione di una «quota capitaria», individuata in base al costo standard per alunno iscritto a ogni istituzione scolastica paritaria e statale, calcolato in relazione al contesto territoriale, alla tipologia dell'istituto, alle caratteristiche qualitative delle proposte formative, all'esigenza di garantire stabilità nel tempo ai servizi di istruzione e di formazione offerti, nonché a criteri di equità e di eccellenza, allo scopo di garantire il funzionamento amministrativo e didattico delle singole istituzioni scolastiche;
c) l'ampliamento dell'autonomia delle scuole, affidando anche la gestione delle scuole statali ad organi decisionali reali e responsabili (fondazioni di territorio, consigli di amministrazioni costituiti da rappresentanze miste, eccetera);
d) l'assimilazione dell'autonomia scolastica a quella delle istituzioni di alta cultura, delle università e delle accademie, di cui al citato articolo 33 della Costituzione;
e) il potenziamento del sistema di valutazione delle singole istituzioni scolastiche per mettere i genitori in condizione di scegliere la scuola migliore per i loro figli.
9/5025/106.Goisis, Rivolta, Grimoldi, Cavallotto.

La Camera,
premesso che:
i titoli di studio rilasciati dall'autorità scolastica, nell'esercizio di una funzione statale e a seguito di appositi procedimenti valutativi, prescritti dalla legge, determinano una certezza legale, in virtù della quale essi sono produttivi di effetti non solo nell'ambito dell'ordinamento scolastico (in quanto consentono la prosecuzione degli studi), ma anche sul piano dell'ordinamento generale;
il predetto principio è contenuto nel regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, all'articolo 167, che recita testualmente: «Le Università e gli Istituti superiori conferiscono, in nome del Re (dicitura sostituita dall'articolo 48 del regio decreto 4 giugno 1938, n. 1269, con la seguente: Repubblica italiana e in nome della Legge) le lauree e i diplomi»;
nell'ordinamento giuridico le lauree e i diplomi conferiti dalle università e dagli istituti superiori hanno esclusivamente valore di qualifiche accademiche;
in base all'articolo 172 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, l'abilitazione professionale è conferita in seguito ad esami di Stato, cui sono ammessi coloro che sono in possesso dei titoli conseguiti presso università o istituti superiori, e che abbiano altresì superato, nel corso degli studi per il conseguimento del detto titolo, gli esami di profitto nelle discipline che sono determinate per regolamento;
la prima Riforma universitaria, con regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, ha introdotto i nuovi titoli accademici di «laurea» e «laurea specialistica», confermando esplicitamente il principio del valore legale, affermando che i titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale.
successivamente l'ordinamento nazionale ha comunque subito un'ulteriore e più incisiva revisione con il regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, determinando una nuova articolazione dei corsi e dei titoli (laurea triennale e laurea magistrale), prevedendo rispettivamente un percorso metodologico e professionalizzante e la revisione delle classi di laurea magistrale;
atto pratico, per i titoli che si conseguono nella Scuola significa primariamente che il titolo corrispondente ad un ciclo scolastico è requisito necessario per l'iscrizione al ciclo superiore;
oltre a ciò, il diploma della Scuola Superiore può essere requisito necessario per adire certe posizioni nella Pubblica Amministrazione;
i titoli universitari rilasciati dalle Università statali o private autorizzate a rilasciare titoli avente valore legale, sono requisito necessario per accedere all'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio delle professioni regolamentate dallo Stato, ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione, e per l'accesso a livelli qualificati nel Pubblico Impiego.
in effetti, per quanto si auspichi di andare verso una società più liberistica, è ragionevole che continuino ad esistere professioni in cui lo Stato in qualche modo garantisca che il professionista superi un vaglio pubblico, certificando la capacità di fornire un servizio corretto e qualificato ai cittadini;
i citati «titoli» non sono invece requisito indispensabile per l'accesso alla carriera accademica: i concorsi a Professore di Ruolo sono aperti a tutti «gli studiosi» (anche stranieri) indipendentemente dal titolo di studio posseduto;
il «valore legale» ha spesso prodotto delle ingiustizie, soprattutto se inteso in modo formale, permettendo di attribuire validità diversa ai voti con cui una certa laurea è stata conseguita;
attribuire in un concorso pubblico un punteggio differenziato, in base al voto di laurea significherebbe probabilmente svantaggiare proprio gli studenti che provengono dagli atenei migliori, quelli in cui i voti alti vengono concessi soltanto a fronte di una preparazione molto qualificata;
l'eliminazione del valore legale del titolo universitario significa anche che per l'accesso a posizioni qualificate nella Pubblica amministrazione ci si affidi alla sola selezione concorsuale;
l'abolizione del valore legale del titolo di studio, che peraltro non trova più riscontri all'estero, può consentire di differenziare il prodotto offerto dai singoli atenei, facendo entrare le università in concorrenza tra loro, creando così un circolo virtuoso;
la suddetta abolizione consentirebbe inoltre di introdurre un principio di equità nell'ambito della distribuzione di posti di lavoro nel settore «pubblico», che finalmente godrebbe di personale scelto non più in base ad un singolo voto, bensì sulla base di specifiche e provate esperienze,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di abolire il requisito del valore legale del titolo di studio promuovendo contestualmente l'adozione da parte delle università di curricula armonizzati (sia nella durata che nei contenuti) ed assicurando, nell'ambito della predetta liberalizzazione formativa, il rafforzamento delle garanzie sociali e di eguaglianza dei cittadini;
a valutare l'opportunità di emanare, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con i Ministri dell'istruzione, università e ricerca e della funzione pubblica, nuove disposizioni relative alle modalità di svolgimento dei concorsi per titoli ed esami indetti per l'accesso alla Pubblica amministrazione o agli ordini professionali, prevedendo che il punteggio relativo alle prove d'esame sia superiore alla valutazione dei titoli universitari, di carriera e di cultura del vincitore del pubblico concorso.
9/5025/107.Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Rivolta.

La Camera,
premesso che:
il Capo I del Titolo II del decreto-legge n. 1 del 2012, prevede misure per lo sviluppo infrastrutturale, anche attraverso interventi di semplificazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006;
il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, con l'articolo 4, comma 2, lettere f), g), l), m) e dd), ha introdotto una serie di semplificazioni in materia di appalti di lavori prevedendo, in particolare, che i lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possano essere affidati dalle stazioni appaltanti attraverso procedura negoziata, con invito rivolto ad almeno dieci soggetti, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, e ad almeno cinque soggetti, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro;
ai fini della garanzia della trasparenza e della correttezza delle operazioni, la norma limita l'utilizzo del subappalto e prevede procedure di pubblicità a posteriori all'aggiudicazione;
inoltre è stata rialzata la soglia per la procedura ristretta semplificata per gli appalti di lavori, passando da 1 milione di euro a un milione e cinquecentomila euro;
la concorrenzialità viene quindi sempre garantita ma in un ambito locale ristretto, evitando la partecipazione alle gare di piccoli lavori delle imprese maggiori, che ovviamente spiazzerebbero la concorrenza dei piccoli appaltatori che spesso costituiscono la linfa economica delle comunità locali;
peraltro, tale procedura evita gli accordi nascosti tra le imprese, impedendo loro a pilotare gli appalti della pubblica amministrazione;
le modifiche introdotte con il decreto-legge 70 hanno dato quindi nuova impulso allo sviluppo delle aziende locali, permettendo alle amministrazioni aggiudicatrici ad invitare alle gare di appalto imprese pulite, conosciute nel territorio, che hanno già dimostrato in passato la propria operatività e capacità tecnica, e garantendo, nel contempo, il coinvolgimento ciclico delle imprese locali,

impegna il Governo

sulla base dei risultati raggiunti con l'entrata in vigore dell'articolo 4, comma 2, lettere f), g), l), m) e dd), del decreto-legge n. 70 del 2011, ad adottare le opportune iniziative dirette ad alzare ulteriormente le soglie per l'affidamento dei lavori pubblici attraverso procedure negoziate e procedure ristrette semplificate, fino alla concorrenza delle soglie comunitarie.
9/5025/108.Dussin, Lanzarin, Alessandri, Togni, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 del decreto-legge n. 1/2012, alla lettera a) del comma 1, introduce l'articolo 3-bis al decreto-legge n. 138 del 2011, con la rubrica «Ambiti territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali»;
sia la rubrica dell'articolo 3-bis che il testo originario del decreto-legge sembrano palesemente riferiti a tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, compresi i servizi che vengono espressamente esclusi dall'articolo 4 del DL 138/2011 come i servizi idrici, l'energia elettrica, il gas e le farmacie comunali, e sancisce principi importanti sull'applicazione delle norme sugli appalti pubblici e sulla trasparenza delle assunzioni;
il testo modificato al Senato, al comma 1 dell'articolo 3-bis, fa riferimento, espressamente, ai soli servizi pubblici locali «a rete», senza prevedere una definizione univoca di tali servizi;
non è chiaro pertanto se l'articolo 3-bis si applichi anche al servizio rifiuti, al servizio giardini, ai servizi cimiteriali e agli altri servizi pubblici locali diversi da quelli che utilizzano reti fisiche per la propria diffusione territoriale, come ad esempio i servizi idrici, l'energia elettrica o il gas;
il comma 1 dell'articolo 3-bis definisce la dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali, che di norma non deve essere inferiore a quella del territorio provinciale, e affida alle regioni l'individuazione di specifici bacini territoriali di dimensioni anche diversa da quello provinciale, motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio;
si prevede inoltre che i comuni o gli organismi associati già costituiti possano presentare domanda alla regione, entro il 31 maggio 2012, ai fini di tale diversificazione, e pertanto diventa importante capire a quali servizi si applica l'articolo 3-bis;
sul territorio nazionale esistono alcune società pubbliche, prime di tutte quelle venete e i loro Comuni soci, che - in perfetta aderenza al diritto comunitario - sono affidatario «in house» dei servizi di gestione e raccolta differenziata dei rifiuti e che risultano le eccellenze Italiane ed europee per efficienza, risultati, recupero di materia e sostenibilità ambientale, con raccolte differenziate oltre il 70-80 per cento, bilanci in utile e tariffe di 160 euro per famiglia, con centinaia di migliaia di utenti che pagano i servizi in base ai rifiuti prodotti, ed esperienze di punta che hanno favorito la crescita e l'occupazione;
valorizzare le gestioni pubbliche di qualità significa mantenere il loro ruolo e la loro funzione di riferimento, gestionale e tariffaria, del mercato, costituendo esse stesse un sistema di «regolazione» (accanto a quello istituzionale) e uno stimolo per un mercato purtroppo intaccato da vaste aree di distorsione e trasgressione, in ambito sia pubblico sia privato;
l'applicazione del comma 1 dell'articolo 3-bis da parte delle regioni permette la valorizzazione di tali realtà, quale stimolo alla competitività del mercato interno,

impegna il Governo

a chiarire, con un'interpretazione autentica della parola «a rete», a quali servizi pubblici locali si applica l'articolo 3-bis e ad adottare le opportune iniziative volte a promuovere l'autonoma definizione, da parte delle regioni, di ambiti territoriali anche differenti dal territorio provinciale che salvaguardino le eccellenze delle società in house virtuose sopra esposte.
9/5025/109.Lanzarin, Dussin, Alessandri.

La Camera,
l'articolo 48 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha lo scopo di migliorare e chiarire le norme vigenti sul tema dei dragaggi nei porti, sia per i porti che sono anche siti oggetto di bonifica di interesse nazionale (SIN), sia per gli altri porti del territorio nazionale;
le operazioni di dragaggio delle aree portuali e il ripristino di fondali appropriati per le sempre maggiori dimensioni delle navi sono importanti non solo per la competitività dei porti del nostro Paese ma anche per garantire la sicurezza e l'operatività delle navi;
una delle novità importanti rispetto alla normativa attuale è quella della possibilità della presentazione del progetto del dragaggio e dell'eventuale progetto relativo alle casse di colmata e strutture di contenimento, non solo da parte dell'Autorità portuale o Ente competente ma anche da parte del Concessionario dell'area demaniale;
altrettanto importanti per la sicurezza e la pubblica incolumità sono le operazioni di dragaggio dei fiumi, poiché l'accumulo di materiale sui fondali dei fiumi provoca fenomeni di esondazione e alluvioni;
occorre pertanto semplificare le autorizzazioni dei lavori di dragaggio per il ripristino dell'officiosità dei reticoli idrici, da conferire da parte degli enti competenti alla gestione de reticoli idrici anche in via preventiva, prevedendo la possibilità di compensare i relativi oneri attraverso la commercializzazione del materiale estratto da parte degli enti o dei concessionari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, dirette a prevenire fenomeni di esondazione e garantire la tutela dell'ambiente e del paesaggio, attraverso disposizioni di semplificazione delle autorizzazioni occorrenti per i lavori di dragaggio e per il ripristino dell'officiosità dei reticoli idrici, da rilasciare da parte degli enti competenti alla gestione dei reticoli idrici, anche in via preventiva, con possibilità di compensare i relativi oneri attraverso la commercializzazione del materiale estratto.
9/5025/110.Vanalli, Togni, Lanzarin, Dussin, Alessandri.

La Camera,
premesso che:
i rifiuti, se correttamente gestiti ed avviati a riciclo, soprattutto in questi momenti di grande crisi economica e finanziaria, rappresentano anche un'importante risorsa economica, soprattutto per un Paese come l'Italia povero di materie prime;
l'attività di gestione rifiuti esercitata nell'ambito delle prescritte norme sulle tutela dell'ambiente e della salute e con il possesso delle occorrenti autorizzazioni e controlli pubblici, rappresenta un'attività economica che deve svolgersi in regime di concorrenza, come segnalato più volte dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (dapprima con la segnalazione AS080 del 28 novembre 1996, poi con la fondamentale indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla produzione e alla gestione dei rifiuti, infine con la segnalazione AS500 del 19 febbraio 2009);
la normativa italiana in tema di rifiuti di imballaggi prevede fin dal 1997 la possibilità di avviare gestioni autonome alternative al monopolio del consorzio CONAI (articolo 38 del decreto legislativo n. 22 del 1997 ora omologato e sostituito dall'articolo 221 del decreto legislativo n. 152 del 2006);
la possibilità di gestioni alternative al sistema dominante è stata altresì riconosciuta positivamente e raccomandata anche dalla Commissione europea quale fattore idoneo ad avviare virtuose dinamiche concorrenziali a beneficio dei consumatori; si veda in proposito la XXXI relazione sulla concorrenza della Commissione del 2001 ove: «In linea generale, la Commissione cerca di agire nell'interesse dei consumatori. L'obiettivo della Commissione è di garantire che i nuovi mercati creati in questo settore siano aperti alla concorrenza e di mantenere un elevato livello di tutela dell'ambiente. Al tempo stesso, i servizi sono prestati al miglior prezzo possibile. Nel 2001 la Commissione ha adottato diverse decisioni formali e trasmesso lettere amministrative in cui ha indicato i principi fondamentali di concorrenza che tali sistemi devono rispettare;
tali pronunciamenti possono essere riassunti come segue: a) scelta per le imprese: la Commissione ritiene che le imprese tenute a recuperare e riciclare rifiuti dovrebbero poter scegliere tra diversi sistemi o altre soluzioni conformi. L'obiettivo è di garantire loro la libertà di non stipulare contratti con il sistema dominante o di farlo solo per una quota parziale dei loro imballaggi. Tenendo conto della fortissima posizione di mercato dei sistemi già esistenti, per promuovere la concorrenza è di somma importanza garantire un accesso illimitato al mercato ai prestatori di servizi alternativi. Lo scopo è anche di favorire lo sviluppo di nuovi tipi di attività nel settore del recupero degli imballaggi e quindi di eliminare gli ostacoli all'autogestione e ad altre soluzioni individuali conformi. La Commissione non accetta quindi comportamenti di mercato abusivi, volti a consolidare la posizione dominante dell'operatore esistente»;
risulta che numerose imprese abbiano cercato di ottenere l'autorizzazione ad operare in autonomia ma senza alcun risultato soprattutto perché la norma in questione (articolo 221 del decreto legislativo n. 152 del 2006) prevede disposizioni particolari altamente disincentivanti (si veda ancora la segnalazione AS500 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e la relazione del Senato del 20 ottobre 2010, sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2008/98/CE, in particolare «osservazioni nn. 3, 4 e 5»);
anche l'attuale Governo Monti, nelle prime bozze del decreto sulle liberalizzazioni, aveva correttamente formulato una specifica disposizione che apriva concretamente al mercato ed alla concorrenza il sistema di gestione dei rifiuti di imballaggio;
purtroppo tale prima previsione è poi scomparsa dal testo del decreto-legge n. 1/2012 nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al suo posto è stata inserita una disposizione che di fatto fa rimanere alterato l'attuale regime. Il testo del decreto-legge n. 1 attualmente in vigore, infatti, all'articolo 26 prevede una pseudo e poco utile riscrittura dell'articolo 221, comma 3, lettera a) del decreto legislativo n. 152/2006, aggiungendovi una specificazione su come gli operatori autonomi potrebbero organizzarsi per gestire i propri rifiuti di imballaggio, ossia «anche in forma collettiva» nell'ambito della prevista possibilità di potersi «organizzare autonomamente». Si tratta di una aggiunta pleonastica in quanto già nel testo previgente non è escluso che gli operatori possano associarsi;
il vero punto su cui incidere, era, in realtà, la parola «propri», che rappresenta il vero limite ed ostacolo che impedisce l'esplicarsi della concorrenza nella gestione dei rifiuti di imballaggio;
purtroppo, durante l'esame del decreto-legge n. 1, presso il Senato della Repubblica, il testo di cui trattiamo è stato ulteriormente peggiorato in quanto si è inserito l'obbligo (almeno così è sembrato di comprendere dalle dichiarazioni del Governo) secondo cui le già ristrette attività di gestione autonome dei rifiuti di imballaggio, devono essere svolte dagli eventuali altri operatori tassativamente su tutto il territorio nazionale: una prescrizione senza alcuna logica di efficienza e di concorrenza, anzi assolutamente e assurdamente vincolistica;
in sostanza, soprattutto attualmente, in Italia un diritto riconosciuto a livello comunitario non può materialmente essere esercitato e ciò a scapito della concorrenza tra le imprese e con pregiudizio riflesso sui consumatori;
per porre un minimo rimedio a questa evidente mancata liberalizzazione dei sistemi di gestione autonoma (alternativi all'adesione ai consorzi «di filiera») dei rifiuti di imballaggio, si potrebbe utilmente ricorrere ai pareri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che in questo caso andrebbero richiesti su tale settore almeno una volta all'anno e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrebbe a sua volta tramutarli in prescrizioni vincolanti e dissuasive nei confronti degli eventuali destinatari in caso il loro operato fosse capace di creare divieti e restrizioni alle attività concorrenziali nella gestione dei rifiuti di imballaggio;
infatti, l'articolo 1 del DL n. 1/2012, ai fini della liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese, prevede procedure simili a quella sopraesposta con il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato,

impegna il Governo

in attuazione dell'articolo 1 del decreto legge n. 1 del 2012 e dell'articolo 221, comma 3, del decreto legislativo 152/2006, allo scopo di favorire la concorrenza nel settore della gestione dei rifiuti di imballaggi, a richiedere verifiche annuali da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sul funzionamento dei sistemi in atto e sulla persistenza di profili critici che impediscono, condizionano, alterano o ritardano o l'avvio di nuove attività economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici, ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici esistenti, e, in caso di riscontro positivo di tali profili critici, a prevedere che il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti immediatamente i necessari provvedimenti di competenza volti a rimuoverli.
9/5025/111.Togni, Alessandri, Lanzarin, Dussin.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 36 del provvedimento in esame prevede l'istituzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti, attribuendogli la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, con competenze che spaziano dalle autostrade alle ferrovie e agli aeroporti;
non è chiaro come l'istituzione di questa nuova Autorità possa rispondere alle finalità del provvedimento in esame, che è stato emanato, come si legge nel decreto stesso, per favorire la crescita economica e la competitività del Paese, al fine di allinearla a quella dei maggiori partners europei ed internazionali, anche attraverso l'introduzione di misure volte alla modernizzazione ed allo sviluppo delle infrastrutture nazionali, all'implementazione della concorrenza dei mercati, nonché alla facilitazione dell'accesso dei giovani nel mondo dell'impresa;
in questo particolare contesto economico, in cui sembra quanto mai opportuno mettere in atto interventi di contenimento della spesa pubblica, l'Autorità di regolazione dei trasporti si aggiunge alle altre 14 Autorità già presenti nel nostro Paese che operano nei diversi settori;
i costi legati alle Authority a carico della finanza pubblica sono generalmente molto alti: la Consob spende 82 milioni di euro annui per i circa 400 dipendenti, l'Antitrust riceve 40 milioni di euro pubblici, l'Autorità per le reti spende circa 77 milioni di euro annui di cui 25 per il personale in attività di servizio, l'Autorità per la privacy riceve oltre 14 milioni di euro statali, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) spende 8 milioni di euro solo per canoni di locazione e oneri condominiali, la Commissione di Vigilanza sui fondi pensione (Covip) nell'ultimo anno ha ricevuto 6 milioni di euro come contributo pubblico, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), spende 8 milioni di euro solo per acquisto, manutenzione e aggiornamento del materiale informatico, l'Agenzia per il Terzo settore (Ats) riceve 720 euro statali, la Commissione di Garanzia Sciopero (Cgs) ne riceve 2 milioni, e poi c'è l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap) e il Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica amministrazione (DigitPA) oltre al Garante del contribuente, l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza e la Commissione indipendente per la valutazione, l'integrità e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a tenere conto, in sede di predisposizione del decreto relativo alla fissazione delle indennità spettanti ai componenti dell'Autorità dei trasporti, dell'esigenza di contenimento della spesa pubblica, avvertita con forza dalla cittadinanza tutta e incoraggiata insistentemente a livello europeo.
9/5025/112.Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 36 del provvedimento in esame istituisce nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 481/1995 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) l'Autorità di regolazione dei trasporti attribuendogli la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle Regioni e degli enti locali di cui al Titolo V della seconda parte della Costituzione;
il suddetto articolo prevede che la sede dell'Autorità sia definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 30 aprile 2012;
considerata la grande importanza che riveste la Liguria nel settore dei trasporti e l'indotto economico che tale comparto riveste per l'intera Regione, sarebbe opportuno prevedere che la sede dell'Autorità fosse individuata nella città di Genova;
la Liguria, grazie agli investimenti nel settore dei trasporti sia a livello portuale che ferroviario e le integrazioni di sistema, rappresenta un esempio per l'intero Paese e un punto di riferimento per le regioni produttive del Nord Italia, nonché per i Paesi europei e la presenza della sede dell'Autorità a Genova confermerebbe questa opinione a livello nazionale ed internazionale e rappresenterebbe un riconoscimento per la città e per la Regione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in sede di predisposizione del decreto attuativo di cui all'articolo 36 del provvedimento in esame, di identificare la sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti nella città di Genova, anche a fronte della grande importanza che riveste la città in seguito agli investimenti effettuati nel settore dei trasporti e le integrazioni di sistema.
9/5025/113.Di Vizia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 36 del provvedimento in esame prevede l'istituzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti, attribuendo ad essa la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, con competenze che spaziano dalle autostrade alle ferrovie e agli aeroporti;
il suddetto articolo prevede che la sede dell'Autorità sia definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 30 aprile 2012;
considerato il settore di competenza, sarebbe opportuno, a livello pratico ma anche a livello di immagine per il nostro Paese, che la sede dell'istituenda Autorità fosse fissata in un'area rappresentativa del nostro territorio, in cui il settore dei trasporti riveste il ruolo di traino di tutta l'economia regionale;
la città di Trieste, per la sua strategica posizione geografica che la porta a competere con i grandi scali del Nord Europa e per la capacità di attrarre i traffici da e verso i Paesi del centro e dell'Est, rappresenta un simbolo per il comparto dei trasporti nel nostro Paese e la presenza della sede dell'Autorità nel proprio territorio potrebbe rafforzare la centralità, geografica ed economica dell'Italia nell'Europa allargata,

impegna il Governo

a valutare, in sede di predisposizione del decreto attuativo, l'opportunità di identificare la sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti nella città di Trieste, anche a fronte della sua strategica posizione geografica e per l'importanza che riveste nel comparto dei trasporti.
9/5025/114.Fedriga.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 37 del provvedimento in esame, al comma 2, prevede che le imprese e le associazioni di imprese ferroviarie debbano rispettare le prescrizioni relative alla regolazione dei trattamenti di lavoro definiti dalla contrattazione collettiva svolta a livello nazionale dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale;
il suddetto comma potrebbe essere interpretato nel senso di rinviare alla contrattazione collettiva aziendale la definizione della disciplina applicabile ai lavoratori del trasporto ferroviario, intendendo il «livello nazionale» riferito non già alla contrattazione, ma alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
sarebbe opportuno introdurre un espresso rinvio alla contrattazione collettiva nazionale, salvaguardando i diritti dei lavoratori e scongiurando gli effetti restrittivi sulla concorrenza che si potrebbero determinare se la norma venisse interpretata nel senso di imporre la convergenza verso il contratto di lavoro stipulato dall'ex-monopolista, tutt'ora impresa dominante, il gruppo FS,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire, con azioni di carattere normativo o interpretativo, specificando che le imprese e le associazioni di imprese ferroviarie debbano rispettare le prescrizioni relative alla regolazione dei trattamenti di lavoro definiti dalla contrattazione collettiva nazionale.
9/5025/115.Desiderati.

La Camera,
premesso che:
il comma 3, dell'articolo 32, del decreto-legge in esame, modifica l'articolo 148 del codice delle assicurazioni private in tema di disciplina del risarcimento del danno, in particolare per quanto concerne l'ispezione del veicolo danneggiato e la sua eventuale riparazione per i sinistri con soli danni a cose;
per i sinistri con soli danni a cose è fissato a non meno di due giorni non festivi il tempo in cui le cose danneggiate devono essere rese disponibili per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno;
nella richiesta di risarcimento dovrebbe essere specificato che i tempi stabiliti per l'ispezione del veicolo da parte della compagnia di assicurazione debbano essere concordati con l'assicurato, anche nei giorni festivi;
in tal senso verrebbe garantita una maggiore efficienza nello svolgimento delle attività di ispezione del veicolo, nel rispetto delle esigenze dell'assicurato,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificarle nel senso di prevedere che le compagnie assicurative debbano concordare con l'assicurato i due giorni in cui le cose danneggiate sono rese disponibili per l'ispezione, la quale può anche essere svolta nei giorni festivi.
9/5025/116.Bragantini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39, del decreto-legge in esame, introduce dinamiche concorrenziali nel sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica;
il comma 1, del citato articolo, modifica l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170, disponendo ulteriori prescrizioni relative a modalità di vendita della stampa quotidiana e periodica da parte degli edicolanti, accogliendo una recente segnalazione da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
l'Autorità ha segnalato infatti la necessità di eliminare le disposizioni che limitano o impediscono il libero esplicarsi di dinamiche concorrenziali anche attraverso la modifica dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del citato decreto legislativo;
in tal senso gli obiettivi sottesi dall'articolo 5 del decreto legislativo n.170 del 2001, dovrebbero essere coniugati con incentivi all'efficienza, attraverso una modifica normativa che, come accade in molti altri Paesi europei, consenta una remunerazione differenziata dei rivenditori in base a parametri oggettivi, che tengano conto della qualità delle prestazioni rese e dei risultati conseguiti dall'esercizio;
una maggiore efficienza nel settore potrebbe essere conseguita dando anche la possibilità agli edicolanti di rifiutare i prodotti complementari fomiti dagli editori e dai distributori,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti applicativi della lettera d-bis del comma 1 dell'articolo 39 del provvedimento in esame, al fine di adottare, nel primo provvedimento utile, ulteriori iniziative normative volte a modificarla, dando la possibilità agli edicolanti, in aggiunta a quanto già disciplinato, di rifiutare le forniture di prodotti complementari forniti dagli editori e dai distributori.
9/5025/117.Rondini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, del decreto-legge in esame reca interventi di liberalizzazione delle attività economiche, riducendo i vincoli e gli obblighi burocratici che gravano sulle imprese, specie su quelle di più piccole dimensioni;
sono ancora molti gli ostacoli che gravano sulle piccole e medie imprese ed in particolare le difficoltà che queste denuncia con maggior forza riguardano la mancanza di liquidità e le difficoltà di accesso al credito;
come ha ricordato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, in dicembre i prestiti alle imprese si sono contratti di circa 20 miliardi e l'entità della diminuzione è molto elevata specie se confrontata con il passato;
da tempo giace in commissione Giustizia della Camera dei Deputati una proposta di legge a.c. 3838 che attraverso modifiche all'articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, introduce specifiche disposizioni per la tutela delle imprese che vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione;
il fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali rappresenta un vero ostacolo alla crescita delle imprese;
le lunghe attese per incassare quanto fatturato riducono pericolosamente la liquidità delle aziende e nei casi più gravi le mettono a rischio di fallimento con conseguenze dannose per l'economia del Paese;
è necessario che il Governo metta in campo tutti gli strumenti utili a contrastare i ritardi di pagamento alle imprese da parte della pubblica amministrazione, fenomeno questo che nel nostro Paese è allarmante e ben più consistente rispetto agli altri Paesi europei;
la citata proposta di legge in particolare introduce l'obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'avvenuta cessione dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione, dando quindi la possibilità alle imprese creditrici, e a loro volta ai relativi creditori, di vedere monetizzati i loro crediti e quindi di ottenere la liquidità necessaria da investire nelle proprie attività,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per avviare in tempi rapidi l'esame della proposta di legge richiamata in premessa.
9/5025/118.Dal Lago.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 34, del decreto-legge in esame, introduce l'obbligo per gli intermediari che offrono servizi e prodotti R.C. Auto e natanti di sottoporre ai clienti, prima della sottoscrizione del contratto di assicurazione, i preventivi di almeno tre diverse compagnie di assicurazione che non appartengono ai medesimi gruppi;
emergono forti dubbi circa la corretta e possibile applicazione di questa norma, dal momento che gli agenti sono monomandatari e quindi possono proporre alternative senza dubbio più costose per il cliente;
oltretutto la norma prevede la possibilità per gli intermediari di avvalersi delle informazioni obbligatoriamente pubblicate dalle imprese di assicurazione sui propri siti internet, a cui possono tranquillamente accedere anche i cittadini;
il confronto dei preventivi appare quindi superfluo e non comporta alcun beneficio agli utenti,

impegna il Governo

a rivalutare con attenzione gli effetti applicativi della disposizione, al fine di adottare gli opportuni provvedimenti affinché il confronto delle tariffe R.C. Auto venga proposto soltanto nel caso in cui vi sia una specifica richiesta da parte dei clienti.
9/5025/119.Volpi.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto-legge, così come modificato dal Senato prevede una serie di interventi che dovrebbero, nelle intenzioni del Governo, portare ad una maggiore apertura del mercato;
tale obiettivo non è raggiunto, in particolare nel settore farmaceutico;
già con il primo decreto Bersani del 2006, vi era stata una prima liberalizzazione del settore, stabilendo che per alcune tipologie di farmaci si potesse effettuare la vendita in strutture diverse dalle farmacie;
vari sono stati i tentativi successivi di regolamentare le vendite di medicinali soprattutto nella grande distribuzione, ma il via libera alla vendita dei farmaci da banco al di fuori delle farmacie non ha migliorato il livello della qualità del servizio dato al cittadino;
nel provvedimento in esame si intende non solo aumentare le sedi di farmacie, ma anche prevedere la dotazione minima di personale di cui la farmacia dovrebbe obbligatoriamente disporre al fine del mantenimento della convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, in relazione al fatturato e da stabilirsi tramite le organizzazioni collettive nazionali di categoria;
in tema di acquisto di farmaci il web è oggi un mercato non controllabile, che investe aspetti inquietanti in materia di tutela della salute pubblica;
considerato che:
in tale contesto si inserisce una previsione che interferisce pesantemente nella libera iniziativa economica ed imprenditoriale del farmacista, così come sancita dall'articolo 41 della Costituzione;
la motivazione della previsione risulta essere quella della crescita occupazionale del settore, dimenticando che le farmacie sono imprese a tutti gli effetti e che non possono essere obbligate ad assumere, rischiando di ottenere esattamente l'effetto opposto di quello voluto con il cosiddetto decreto liberalizzazioni;
a causa dei ritardi nei rimborsi del prezzo dei medicinali in convenzione da parte del Servizio Sanitario Nazionale, in alcune regioni ed in particolare in quelle già sottoposte ai piani di rientro dal deficit, il settore risulta pesantemente penalizzato;
in questo provvedimento non sono espresse disposizioni e sanzioni volte alla lotta della contraffazione dei medicinali e di principi attivi farmacologici e prodotti intermedi per l'industria farmaceutica (API - Active Pharmaceutical Ingredients and Intermediates), nonché all'introduzione nel nostro paese di integratori illegali;
in questo provvedimento non sono altresì espresse disposizioni e sanzioni volte ad evitare gli acquisti online di farmaci, pratica questa sempre più diffusa anche nel nostro Paese;
una dichiarazione del Parlamento europeo del 5 dicembre 2006 esprime la necessità di assicurare la tracciabilità dei principi attivi nei medicinali;
a livello normativo, il 21 dicembre 2010 è stata approvata una modifica ad una direttiva della Comunità europea, che stabilisce l'obbligo di implementare i controlli sulla produzione e importazione di principi attivi farmacologici e prodotti intermedi per l'industria farmaceutica (API - Active Pharmaceutical Ingredients and Intermediates);
dal 1o gennaio 2012, ogni API importato da Paesi extracomunitari deve essere accompagnato anche da un certificato, «GMP» (Good manufacturing practices), cioè un certificato di buona fabbricazione emesso da un'agenzia regolatoria europea,

impegna il Governo:

a rivalutare, anche sotto il profilo del rispetto dell'articolo 41 della Costituzione in tema di libera impresa, al fine di evitare possibili eccezioni di incostituzionalità, la disposizione di cui all'articolo 11, comma 16, adottando ulteriori iniziative normative volte a modificarla;
a mettere in atto azioni di significativo contrasto telematico nei confronti di siti che offrono on line farmaci parafarmaci, integratori e principi attivi non consono alle autorizzazioni Emea;
a implementate tutte le innovazioni previste, ossia le registrazioni di produttori, il controllo sulla tracciabilità, il controllo sugli importatori e l'aumento dei controlli per il contenimento del rischio;
a porre in atto meccanismi per una puntuale tracciabilità documentale all'interno della filiera produttiva dei farmaci con riferimento ai principi attivi, volta a verificare che ogni etichetta del farmaco contenga anche il luogo di provenienza e le modalità di produzione dei principi attivi medesimi;
a verificare che ogni principio attivo farmacologici e prodotti intermedi per l'industria farmaceutica (API - Active Pharmaceutical Ingredients and Intermediates) importato da Paesi extracomunitari sia accompagnato dal certificato «GMP» (Good manufacturing practices), ovvero un certificato di buona fabbricazione, emesso da un'agenzia regolatoria europea.
9/5025/120.Laura Molteni, Martini, Fabi, Rondini.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto-legge interviene nel settore farmaceutico, stabilendo in particolare nuovi criteri che incrementano il numero delle farmacie;
in particolare nel settore farmaceutico si procede all'aumento del numero delle farmacie, abbassando i previgenti parametri demografici (5.000 abitanti per comuni fino a 12.500 abitanti e 4.000 abitanti per gli altri comuni);
nel testo del decreto-legge del Governo, il parametro era fissato inizialmente in 3.000 abitanti, aumentato a 3.300 nel corso dell'esame al Senato, grazie anche ad un emendamento della Lega Nord che aveva comunque proposto di elevano a 3.800 abitanti;
modificare il numero delle farmacie presenti sul territorio mette potenzialmente a rischio il disegno più complessivo di trasformazione della farmacia da semplice erogatore di farmaci in convenzione con il SSN, a presidio socio-sanitario del territorio come erogatore di servizi aggiuntivi;
questo disegno è stato già parzialmente, anche se esiguamente, attuato in alcune regioni più avanzate in termini di organizzazione, come il Veneto, ed è volto a dare maggiore centralità e servizi sanitari al cittadino, migliorando consistentemente la loro accessibilità;
infatti la farmacia con la sua dislocazione capillare sul territorio nazionale, rappresenta un punto di riferimento insostituibile soprattutto per i cittadini più fragili, come le persone anziane, le persone affette da disabilità e le famiglie con bambini;
l'obiettivo più volte inserito in provvedimenti di Governo e di iniziativa parlamentare, è quello di erogare attraverso la farmacia, una serie di servizi come la prenotazione di visite specialistiche in rete con il CUP, permettere il ritiro di referti, effettuare la prenotazione di sedute di riabilitazione ed erogare semplici prestazioni di diagnostica;
tutto questo in un'ottica di valorizzazione del ruolo delle farmacie in una piena visione di rete di servizi al cittadino con particolare attenzione alla fragilità socio-sanitaria che rappresenta una vera e propria emergenza della nostra epoca, sia nelle aree metropolitane che in quelle montane ed a bassa densità di servizi;
preso atto che:
il ridisegnare oggi i contorni dei rapporti tra numero di abitanti ed autorizzazione all'apertura di nuove farmacie, come emerge da numerosi organi di informazione, rischia di compromettere le relazioni con le associazioni di rappresentanza dei farmacisti e l'ordine dei farmacisti, producendo un'irrigidimento da parte della categoria interessata rispetto a quello che dovrebbe essere un cambiamento epocale che mette il cittadino al centro del Servizio Sanitario Nazionale,

impegna il Governo:

ad assumere pienamente la responsabilità della ripresa di un percorso di avvicinamento dei servizi sanitari al cittadino attraverso un dialogo costante con la categoria dei titolari di farmacia e dei farmacisti, al fine di permettere la completa evoluzione della farmacia da erogatrice di farmaci in convenzione, a presidio del Servizio Sanitario Nazionale nelle sue articolazioni territoriali;
a considerare i bisogni emergenti del cittadino in termini di equità, rigore ed accessibilità dei livelli essenziali di assistenza , anche in termini di piena accessibilità e tempi corretti di erogazione, ambito ove la farmacia ricopre potenzialmente un ruolo strategico.
9/5025/121.Martini, Laura Molteni, Fabi, Rondini.

La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento è volto ad incidere particolarmente nel settore farmaceutico con una norma che, in particolare, aumenta il numero delle farmacie modificando il parametro di riferimento legato al numero di abitanti;
in aggiunta alle nuove farmacie, possono essere aperte ulteriori farmacie in aree ad alta frequentazione con un limite del cinque per cento del totale delle farmacie da assegnarsi tutte ai comuni competenti per territorio fino al 2022;
pertanto ai comuni viene concesso un diritto di prelazione, con la ulteriore conseguenza che non possono cedere la titolarità o la gestione delle farmacie per le quali hanno esercitato il diritto di prelazione, e solo in caso di rinuncia alla titolarità di una di dette farmacie da parte del comune, la sede farmaceutica è dichiarata vacante;
nella convinzione che i comuni svolgano una funzione a tutela ed a presidio degli interessi dei territori, è opportuno che il diritto di prelazione venga concesso anche ai comuni sui quali avranno sede tutte le nuove farmacie che vengono istituite ai sensi del presente decreto,

impegna il Governo

a definire in sede normativa un'offerta in prelazione delle farmacie istituite ai sensi del presente provvedimento ai comuni in cui le stesse hanno sede.
9/5025/122.Fabi, Laura Molteni, Martini, Rondini.

La Camera,
valutate insufficienti le misure introdotte volte a promuovere lo sviluppo delle attività di impresa e della competitività, in particolare per quanto riguarda il compatto primario, componente fondamentale della crescita economica;
visto che l'attuale crisi economica colpisce particolarmente il settore agricolo, già danneggiato dall'aumento dei costi di produzione, dalla fluttuazione dei prezzi, dalla instabilità dei mercati e dalla speculazione internazionale sulle materie prime;
considerato che l'estensione dell'imposta municipale propria ai fabbricati rurali, sia ad uso abitativo che strumentale, e la rivalutazione dei terreni agricoli fino al 60 per cento del valore, ai fini del calcolo della base imponibile, disposte dal decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, si traduce in un incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori pari a tre volte quello attuale con ricadute devastanti sui costi di produzione e conseguenti diminuzioni degli utili per l'intero settore che vede a rischio sopravvivenza molte piccole aziende agricole;
preso atto che il comparto agricolo italiano rappresenta l'eccellenza mondiale delle produzioni di qualità con oltre 240 prodotti DOP e IGP e che pertanto l'intero settore andrebbe maggiormente tutelato e salvaguardato quale componente strategica della crescita economica del Paese,

impegna il Governo

a valutare con urgenza la necessità di escludere dall'imposizione dell'imposta municipale unica le abitazioni e i fabbricati rurali e a ripristinare le attuali agevolazioni a favore dei terreni agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi ed essenziale alla ripresa economica nazionale.
9/5025/123.Fogliato.

La Camera,
valutate negativamente le misure introdotte volte a promuovere lo sviluppo delle attività di impresa e della competitività a fronte dell'aumento della pressione fiscale a carico delle famiglie e delle imprese, in particolare quelle agricole;
considerato che l'aumento continuo del prezzo del carburante sta facendo lievitare i già elevati costi di produzione a carico degli imprenditori agricoli, aumento non compensato da una uguale crescita degli utili conseguente alle criticità del mercato quali la volatilità dei prezzi e i fenomeni speculativi;
preso atto che la tassazione sui fabbricati rurali ad uso abitativo e strumentale, e l'incremento della base imponibile per i terreni agricoli, disposte dai recenti provvedimenti, comportano un ulteriore considerevole incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori,

impegna il Governo

a non disporre ulteriori aumenti del gasolio per impieghi agricoli e a stabilire la riduzione dell'accisa prevista al fine di minimizzarne l'impatto sui costi di produzione e contribuire ad aumentare la produttività di un comparto che rappresenta un settore di estrema importanza per il nostro Paese leader mondiale di prodotti alimentari di eccellenza e di qualità.
9/5025/124.Rainieri.

La Camera,
valutate insufficienti le misure introdotte volte a promuovere lo sviluppo delle attività di impresa e della competitività, in particolare per quanto riguarda il comparto primario, componente fondamentale della crescita economica;
viste in particolare le disposizioni di cui all'articolo 62, relative alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari che dispongono l'obbligatorietà della forma scritta per tutti i tipi di contratti, anche per quelli che non prevedono l'erogazione di servizi accessori, per i quali è sufficiente la predisposizione di documenti di accompagnamento;
preso atto della necessità di regolamentare i rapporti all'interno della filiera agroalimentare anche al fine di favorire la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato, e considerata tuttavia l'esigenza che tale nuova normativa non si traduca in un appesantimento burocratico per gli operatori, soprattutto medio-piccoli,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti applicativi delle disposizioni riguardanti le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a disporre che per i contratti che non prevedono erogazione di servizi accessori l'obbligo di forma scritta sia assolto con la sottoscrizione dei documenti di accompagnamento.
9/5025/125.Negro.

La Camera,
valutate insufficienti le misure introdotte volte a promuovere lo sviluppo delle attività di impresa e della competitività specialmente per quanto concerne il compatto primario, componente fondamentale della crescita economica;
considerato in particolare l'articolo 67 relativo alla semplificazione delle procedure per la stipula delle convenzioni tra il Ministero della politiche agricole, alimentari e forestali e le associazioni o i consorzi del settore della pesca, e rilevata tuttavia la necessità di mantenere la concertazione con le regioni in sede di Conferenza Stato-regioni, posto che le iniziative previste, quali la promozione delle attività produttive nell'ambito degli ecosistemi acquatici, le azioni a favore della tutela dell'ambiente marino e costiero e la valorizzazione delle tradizioni alimentari locali e dei prodotti ittici tipici rientrano nelle competenze di programmazione delle regioni stesse;
preso atto inoltre dell'insufficienza delle risorse assegnate ad un settore in forte crisi pur tuttavia strategico per un Paese che ha più di ottomila chilometri di costa,

impegna il Governo

a ricomprendere le autorità regionali nel sistema di concertazione necessario alla stipula delle convenzioni di cui all'articolo 67 anche al fine di valutare, con riguardo alle diverse esigenze e criticità locali e a fronte dell'esiguità delle risorse disponibili, gli interventi più adeguati a potenziare le capacità produttive e generatrici di reddito dell'impresa ittica.
9/5025/126.Callegari.

La Camera,
premesso che:
l'emittenza televisiva locale è di fondamentale importanza in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo dell'informazione;
consapevole della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
le riduzioni sistematiche operate dalle ultime leggi di stabilità del fondo in favore dell'emittenza locale previsto dell'articolo 10 della legge 422 del 1993, tagli operati a bilanci chiusi e con effetto retroattivo in un momento già di forte difficoltà, hanno originato la crisi del settore;
gli effetti della crisi dei mercati e dei consumi stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che già hanno avviato forti riduzioni di personale e investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio al digitale e alle numerose irrisolte questioni legate all'assegnazione di frequenze e canali;
la normativa di settore ha sempre consentito, alle TV locali che ne facessero richiesta, di differenziare una parte della propria programmazione per zone diverse, previa autorizzazione del Ministero;
le TV locali che avevano già ottenuto l'autorizzazione dal Ministero in sistema analogico, devono essere messe nelle condizioni di proseguire tale trasmissione differenziata anche in sistema digitale al fine di tutelare gli utenti, ai quali, dopo 20 anni, non si può negare la possibilità di seguire l'informazione e le comunicazioni commerciali relative al proprio territorio;
l'attuale normativa prevede che il 15 per cento della pubblicità degli enti pubblici venga destinata a radio e tv locali insieme, e ben il 50 per cento alla carta stampata. È, quindi, necessario riequilibrare tale sperequazione, in maniera proporzionale ai contatti giornalieri che i mezzi - tv e radio locali e carta stampata - assicurano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di varare nei prossimi mesi norme a tutela delle tv locali quali: norme in favore del fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportando, così, la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad attuare una capienza di 270 milioni dal 2014 secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge 422 del 1993; norme per consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone; norme per riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione ed, infine, ad assegnare le numerazioni Lcn nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando.
9/5025/127.Caparini, Dozzo, Lussana, Fogliato, Montagnoli, Fedriga, Fugatti, Alessandri, Chiappori, Goisis, Bitonci, Bonino, Buonanno, Maroni, Dal Lago, Allasia, Callegari, Grimoldi, Cavallotto, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Bragantini, Follegot, Forcolin, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Isidori, Togni, Lanzarin, Maggioni, Simonetti, Martini, Meroni, Molgora, Nicola Molteni, Vanalli, Munerato, Negro, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Laura Molteni, Rondini, Stefani, Stucchi, Torazzi, Volpi, Paolini.

La Camera,
premesso che:
il beauty contest così come definito dall'articolo 6, lettera f) e gli articoli 7, 8, 9 e 10 dell'allegato A, Criteri per la completa digitalizzazione 181/09CONS delle reti televisive terrestri, alla delibera 7 aprile 2009 n. dell'Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni, la delibera 22 settembre 2010 497/10CONS dell'Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni e il relativo n. allegato A, il bando di gara per l'assegnazione di diritto d'uso di frequenze in banda televisiva ed il disciplinate di gara adottato dal ministero e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale 80 dell'8 luglio della Repubblica italiana n. 2011 intende implementare la disponibilità di un dividendo digitale, prevedendo che almeno 5 reti televisive nazionali vengano praticamente riservate agli operatori televisivi verticalmente integrati. I punteggi infatti favoriscono operatori con forte presenza sul mercato nazionale e in grado di svolgere, al massimo livello qualitativo, sia il ruolo di operatori direte che quello di fornitori di contenuti;
la recente gara 4G per il mercato delle telecomunicazioni ha generato un incasso superiore alle più rosee aspettative garantendo un'entrata di circa 4 miliardi di euro;
considerata l'imprescindibile necessità di broadband e l'impetuosa crescita del mercato di riferimento una nuova asta per le telecomunicazioni da realizzarsi nel prossimo biennio potrebbe riscuotere un rilevante interesse tra gli operatori generare nuovo occasioni di mercato e gettito per l'erario,

impegna il Governo

ad annullare il bando di gara per l'assegnazione di diritto d'uso di frequenze in banda televisiva ed il conseguente disciplinare di gara che finirebbero per implementare a titolo gratuito la già rilevante detenzione di frequenze dei soggetti già operanti e, conseguentemente, ad annullare il beauty contest, consentendo, fermo restando che nessun soggetto a regime possa detenere più di 5 multiplex complessivamente, la conversione in DVB-H degli attuali autorizzati che operano in tecnica DVB-H procedendo ad un beauty contest DVB-H o T2 per la sesta frequenza oggetto dell'attuale gara a cui non potranno partecipare coloro che avranno optato per la precedente conversione mentre le ulteriori 5 frequenze saranno successivamente oggetto di asta a titolo oneroso.
9/5025/128.Pini, Caparini.

La Camera,
premesso che:
le emittenti televisive locali, che impiegano oltre 20.000 addetti, hanno ceduto le proprie frequenze a favore degli operatori dei servizi mobili in larga banda ma le compensazioni di natura economica previste dal comma 9 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220 (legge di stabilità 2011) risultano insufficienti e soprattutto non proporzionate agli incassi della gara di cui alla stessa legge;
il comma 13-bis dell'articolo 1 della medesima legge affronta il tema di contenzioso giurisdizionale derivante dalla gara per la banda larga e della tempistica di acquisizione dei proventi, demandando alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale del TAR del Lazio i giudizi sulla gara e sulle procedure e inoltre, nel suddetto comma viene escluso che l'annullamento di atti e provvedimenti adottati nell'ambito delle procedure di liberazione delle frequenze possa comportare la reintegrazione in forma specifica, andando contro ogni basilare norma del diritto che prevede che all'annullamento di un atto corrisponda il ripristino della situazione preesistente;
per di più, viene disposto che l'eventuale risarcimento del danno eventualmente dovuto avvenga solo per equivalente e questo, nei fatti, priverebbe le emittenti televisive locali dalla possibilità di accedere ad altre frequenze eventualmente disponibili come indennizzo, privando così l'intero Paese del ruolo fondamentale che le emittenti televisive locali svolgono per la garanzia del pluralismo informativo, sociale e culturale;
viene anche previsto che la tutela cautelare sia limitata al pagamento di una provvisionale, senza specificare alcun criterio direttivo, per cui anche un'emittente che prima del procedimento di assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze avesse un largo bacino di utenza e offrisse quindi un servizio pubblico gratuito al territorio, potrebbe avere diritto ad una provvisionale minima, che ne decreterebbe l'inevitabile fine dell'attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire congrue misure di natura compensativa a favore delle emittenti locali per la cessione delle risorse frequenziali e di non far concorrere alla formazione del reddito imponibile, ai fini delle imposte dirette, in quanto esente la plusvalenza derivante dall'incasso della misura economica di natura compensativa di cui all'articolo 1 comma 9 della legge 13 dicembre 2010 n. 220.
9/5025/129.Maggioni, Caparini.

La Camera,
premesso che:
la Rai è una società per azioni che esercita un'attività di servizio pubblico, interamente partecipata dallo Stato, le cui quote appartengono per il 99,56 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 alla Siae;
la RAI è caratterizzata da un modello di finanziamento cosiddetto «misto» che vede la compresenza di risorse pubbliche, costituite dal canone pagato dai cittadini sul possesso di un apparecchio televisivo, e commerciali, costituite dalla pubblicità e tale modello è riconducibile alla duplice attività svolta di concessionaria di un servizio pubblico e di impresa radiotelevisiva all'interno del mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare, nell'ottica di un piano di interventi volti a semplificare ed al tempo stesso diminuire la spesa pubblica, un procedimento per l'alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa i cui proventi, derivanti dalle offerte pubbliche di vendita dell'intera partecipazione e di tutte le quote, siano destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, di cui alla legge 27 ottobre 1993, n. 432, e successive modificazioni.
9/5025/130.Stucchi, Caparini, Consiglio.

La Camera,
premesso che:
l'attuale formulazione dell'articolo 490 del codice di procedura civile risulta incompleta, poiché - per la pubblicità delle aste giudiziarie - prevede solo la carta stampata e internet. Entrambi sono mezzi di nicchia, per target culturali e di età. Il mezzo televisivo, invece, è il mezzo generalista per antonomasia, quello che viene visto da utenti di tutti i ceti, sesso, età, livelli culturali;
risulta necessario liberalizzare il sistema, includendo anche il mezzo televisivo quale strumento di pubblicità delle aste giudiziarie;
in tal modo, si assicurerebbero, inoltre, entrate per le TV locali, dal cui sviluppo dipende il futuro delle PMI, che rappresentano il 70,8 per cento del PIL nazionale e oltre 9 milioni di posti di lavoro;
con maggiori fondi a disposizione, le TV locali potrebbero investire di più in termini di produzione ed acquisto di programmi che porterebbero ad ascolti maggiori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere il mezzo televisivo nelle previsioni dell'articolo 490 del codice di procedura civile, poiché esso è l'unico mezzo in grado di raggiungere l'intera popolazione, e quindi di far crescere e aumentare le offerte per le aste giudiziarie, e per dar loro maggiore trasparenza.
9/5025/131.Consiglio, Caparini.

La Camera,
premesso che:
gli avvenimenti degli ultimi anni hanno evidenziato come il possesso delle risorse energetiche e delle reti di trasporto del gas (addirittura il loro semplice attraversamento di territori nazionali) condizioni i mercati internazionali e provochi problemi al sistema di approvvigionamento degli stessi;
accelerare il processo di privatizzazione della società che gestisce la rete dei metanodotti in Italia non sembra rappresentare la migliore risposta politica a tale situazione: il rischio che si corre è quello di consegnare il sistema di trasporto nazionale del gas a società estere o, ben che vada, a operatori spinti da logiche meramente finanziarie;
è l'assenza di un «reale mercato unico europeo» che impedisce la gestione delle situazioni di crisi come quella che stiamo vivendo;
l'assenza di «un mercato unico europeo» oltre a indebolire la complessiva posizione politica dell'U.E. crea asimmetrie, differenze normative e assenza di reciprocità all'interno del mercato comunitario che provocano squilibri e situazioni inique a discapito di alcuni Paesi e di alcuni operatori indebolendo la loro posizione a vantaggio di altri;
la separazione proprietaria, inoltre, accentua ancor più l'asimmetria del mercato del gas italiano rispetto al resto dell'Unione Europea;
l'energia è da tutti individuata da tutti come il carburante che fa marciare il Paese. Viviamo in un momento dove per questioni politiche essa viene utilizzata come arma di ricatto verso quei paesi che ne sono privi;
in tutti gli scenari immaginabili il gas naturale si propone in Europa come fonte energetica di transizione al «dopo petrolio». Questa fonte energetica è attualmente la preferita nelle scelte di investimento delle imprese elettriche; la sua recente e prevista espansione pone problemi di garanzia degli approvvigionamenti che l'Europa deve considerare con particolare attenzione;
la sicurezza degli approvvigionamenti dipende soprattutto dalle modalità di afflusso della materia prima, storicamente con l'utilizzo di gasdotti che collegano direttamente le aree di produzione con quelle di consumo,

impegna il Governo

a predisporre gli strumenti necessari al fine di rispettare gli interessi del mercato affinché l'operazione di separazione si svolga in modo trasparente e rispettoso per tutti gli investitori; vigilando affinché la separazione non serva solo a costituire l'occasione di facili guadagni per banche d'affari, advisors in un momento in cui le risorse economiche vanno destinate ai settori più deboli del sistema economico e sociali del nostro Paese, svolgendo in sede UE una forte azione perché tutti i Paesi UE adottino la separazione proprietaria al fine di evitate che una legislazione non omogenea finisca con il penalizzare unicamente le imprese italiane.
9/5025/132.Fava.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito della propria politica economica il Governo propone una serie di liberalizzazioni con lo scopo di aumentare la competitività ed aiutare la crescita economica del Paese;
la crisi economica obbliga a ripensare criticamente a molte delle realtà che si muovono nel nostro Paese e alla necessità di eliminare vecchi vincoli monopolistici, per favorire lo sviluppo e la crescita, scegliendo accuratamente e strategicamente i settori su cui occorre intervenire;
uno dei settori che il Governo ha inteso liberalizzare è quello degli imballaggi che è gestito da un sistema consortile coordinato dal CONAI, che è un consorzio obbligatorio per legge, che vigila su sei Consorzi di filiera, uno per ogni categoria merceologica (obbligatori di fatto, poiché soluzioni alternative non sono oggi praticabili);
tale sistema gode di ampia autonomia decisionale, di risorse economiche considerevoli e non è assoggettato a controlli, poiché l'unico strumento cui la legge affida il compito di controllo su di esso è l'Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, che è stato di fatto soppresso nel 2009 e non più ricostituito;
il CONAI amministra un patrimonio annualmente formato da circa 600 milioni di euro che provengono dal «Contributo Ambientale CONAI» che grava su ogni imballaggio immesso sul mercato nazionale;
la possibilità di organizzare autonomamente, da parte di ciascun produttore, la gestione dei rifiuti generati dai propri imballaggi è subordinata al riconoscimento ed autorizzazione da parte dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, ma tale possibilità o quella di poter mettere in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, è, di fatto, non praticabile in quanto non è attualmente costituito l'osservatorio nazionale sui rifiuti di cui all'articolo 206-bis del Testo unico in materia ambientale;
ne deriva in ogni caso che la gestione dei rifiuti da imballaggio resta attualmente di competenza del CONAI e dei Consorzi di filiera, nonostante le aperture previste e ribadite dal Testo unico delle norme in materia ambientale, non ancora operative;
il Governo, anche sulla base di segnalazioni dell'Antitrust e della Commissione UE, ha voluto rivedere in maniera specifica e sulla base degli apporti di tutti i soggetti interessati, l'attuale disciplina sulla gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio, allo scopo di offrire migliori possibilità di crescita e di sviluppo agli operatori che si occupano del riciclaggio e del recupero di tali materiali, a tutto vantaggio dell'ambiente, dei consumatori e dell'economia nazionale, anche in considerazione delle possibilità di sviluppo che offre la green economy per il Paese e per l'Unione Europea;
tuttavia la manovra effettuata dal Governo non è risolutiva, permettendo ai produttori di gestire solo i propri rifiuti di imballaggio, esattamente come previsto dalla normativa previgente, di fatto tradendo l'intenzione di liberalizzare il settore;
è necessario pertanto procedere ad una futura ulteriore liberalizzazione del settore, in particolar modo: per consentire lo sviluppo di una effettiva concorrenza fra gli operatori ed un mercato nel settore come già avviene negli altri Paesi europei facilitando la nascita di nuove imprese e lo sviluppo di quelle esistenti; per agevolare le gestioni di raccolta specializzata territoriali (secondo i principi di prossimità e efficacia ed efficienza dei servizi) con ritorno di benefici per la pubblica amministrazione; per finalità sociali considerato che tale liberalizzazione del settore comporta benefici per i consumatori finali; per garantire una più attenta politica ambientale considerato che i rifiuti di imballaggio valorizzabili saranno maggiormente ricercati e dunque la raccolta sarà incrementata,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative nell'ambito del programma delle liberalizzazioni, volte a superare la limitazione della concorrenza operata dai consorzi obbligatori nel settore del riciclaggio, a vantaggio di sistemi autonomi, rivedendo completamente il sistema di raccolta e riciclo degli imballaggi.
9/5025/133.Alessandri, Dussin, Lanzarin, Togni.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge evidenzia alcune criticità in relazione alle esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative;
in particolare, per quanto concerne il rispetto del sistema delle fonti primarie del diritto, esso, all'articolo 1, commi da 1 a 3, contiene un'autorizzazione alla delegificazione per la quale è prevista una procedura che si discosta da quella delineata dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, per i decreti di delegificazione e che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura, mentre, all'articolo 45, comma 2, affida a una fonte di rango subordinato il compito di modificare fonti di rango primario. A tale proposito, si segnala che il Comitato per la legislazione, nel parere reso lo scorso 13 marzo, ha invitato il legislatore a valutare la congruità degli strumenti normativi in questione rispetto al sistema delle fonti normative primarie, la cui individuazione, come ricordato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 115 del 2011, in considerazione della particolare efficacia delle fonti legislative, delle rilevanti materie ad esse riservate, della loro incidenza su molteplici situazioni soggettive, nonché del loro raccordo con il sistema rappresentativo, può essere disposta solo da fonti di livello costituzionale;
sul versante del sistema delle fonti subordinate del diritto, il provvedimento, invece, agli articoli 2, comma 5; 15, comma 1 e 39, comma 3, demanda compiti attuativi a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo, mentre, all'articolo 64, comma 2, all'articolo 66, comma 1 e all'articolo 91, comma 1, capoverso 2-quinquies, demanda compiti attuativi a decreti ministeriali di cui viene specificata la natura non regolamentare. Da ciò consegue che discipline che dovrebbero essere oggetto di fonti secondarie del diritto sono invece demandate a fonti atipiche del diritto;
in relazione al primo aspetto, si ricorda che, nella seduta del 14 settembre 2011, in occasione dell'esame dell'AC 4612, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, è stato accettato dal Governo l'ordine del giorno 9/4612/140 a prima firma Duilio, con il quale si impegnava il Governo «ad aver cura (...) di non assegnare a fonti atipiche compiti di tipo non-nativo primario che l'ordinamento riserva alle sole fonti del diritto previste a livello costituzionale e ad attenersi al modello di delegificazione disciplinato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988»;
quanto al secondo profilo, si ricorda invece che nella seduta del 25 maggio 2011, in occasione dell'esame dell'AC 4307-A, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (cosiddetto decreto omnibus), è stato accettato dal Governo l'ordine del giorno 9/4307/12 a firma Zaccaria, con il quale si impegnava, tra l'altro, il Governo «a valutare l'opportunità di aver cura di non attribuire a fonti atipiche compiti di tipo normativo che l'ordinamento assegna alle fonti del diritto», mentre, nella seduta del 21 giugno 2011, in occasione dell'esame dell'AC 4357-A recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (cosiddetto decreto sviluppo), è stato accettato dal Governo l'ordine del giorno 9/4357-A/55 a firma Lo Presti, con il quale si impegnava il Governo «a non assegnare ad atti di natura non regolamentare, ovvero ad atti di natura politica, compiti di attuazione della normativa di rango primario, che l'ordinamento demanda alle fonti del diritto di rango secondario»; infine, nella seduta del 2 agosto 2011, in occasione dell'esame dell'AC 4551 recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107 (cosiddetto decreto missioni), il Governo ha accettato l'ordine del giorno 9/4551/14 a prima firma Lo Presti con il quale si impegnava il Governo «a non assegnare ad atti ordinariamente a contenuto politico, la definizione di discipline che dovrebbero essere oggetto di fonti secondarie del diritto, sia al fine di garantire un coerente utilizzo delle fonti normative, sia al fine di assicurare che la normativa introdotta goda del regime di pubblicità proprio delle fonti del diritto»,

impegna il Governo

a volersi attenere, al fine di garantire un coerente utilizzo delle fonti del diritto, sia in sede di iniziativa legislativa, sia nell'ambito delle procedure emendative parlamentari, al modello di delegificazione delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in base al quale i regolamenti di delegificazione sono adottati nel rispetto delle norme generali regolatrici della materia indicate, insieme alle specifiche disposizioni da abrogare, dalla legge che autorizza la delegificazione, avendo altresì cura di non assegnare ad atti di natura non regolamentare ovvero ad atti ordinariamente a contenuto politico - che non godono del regime di pubblicità proprio delle fonti del diritto e non offrono le medesime tutele in sede giurisdizionale - compiti di tipo normativo secondario che l'ordinamento affida alle fonti del diritto.
9/5025/134.Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, abroga il comma 5 dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 343 del 2001, che consente al Dipartimento della protezione civile di utilizzare i poteri previsti dall'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 (vale a dire poteri di ordinanza in deroga alle leggi vigenti e nomina di commissari delegati) anche con riferimento ai grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 agosto 2007, l'EXPO universale 2015 è stato dichiarato «grande evento»,

impegna il Governo

ad emanare ogni utile provvedimento affinché per l'Expo 2015 siano attivate tutte le procedure necessarie al fine del completamento di tutte le infrastrutture previste, nei tempi indicati al BIE, anche attraverso ulteriori iniziative normative volte a una deroga all'applicazione dell'articolo 40-bis.
9/5025/135.Peluffo.

La Camera,
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo dell'informazione;
consapevole, altresì, della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
considerate le riduzioni sistematiche operate dalle ultime leggi di stabilità del fondo in favore dell'emittenza locale previsto dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993, tagli operati a bilanci chiusi e con effetto retroattivo in un momento già di forte difficoltà, originato dalla crisi dei mercati e dei consumi;
consapevole che gli effetti della crisi stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che già hanno avviato forti riduzioni di personale e investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio digitale e alle numerose irrisolte questioni legate all'assegnazione di frequenze e canali,

impegna il Governo:

a varare nei prossimi due mesi norme tutela del fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportando la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad attuare del 2014 quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993;
di consentire tv alle locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone;
a riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
ad allargare gli obblighi di pubblicazione delle aste giudiziarie ai mezzi televisivi locali abolendo il privilegio esistente in favore della carta stampata;
ad assegnare le numerazioni Len nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
a prevedere risarcimenti per l'intero sistema televisivo locale, e non solo per quello già passato al digitale, la vendita all'asta gi avvenuta delle 9 frequenze;
a prevedere, come prevede la legge, l'assegnazione di un terzo delle 27 frequenze coordinate alle emittenti locali privilegiando le emittenti che operano in regioni soggette a forti interferenze di segnali provenienti dall'estero.
9/5025/136.Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 34-bis del provvedimento, reca la seguente previsione:
«1. All'articolo 133 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, alla fine del comma 1, è aggiunto il seguente periodo: "La predetta variazione in diminuzione del premio si applica automaticamente, fatte salve le migliori condizioni, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto. 2. Il mancato rispetto della disposizione di cui al comma 1, comporta l'applicazione, da parte dell'ISVAP di una sanzione amministrativa da 1.000 euro a 50.000 euro"»;
considerato che:
la formulazione della norma è ambigua, perché, da un lato, il tenore letterale non sembra innovativo rispetto alle previsioni delle clausole contrattuali adottate da tutte le imprese, mentre, dall'altro lato, sarebbe diretta a garantire a chi non provoca sinistri una riduzione del premio rispetto alla tariffa praticata l'anno precedente, escludendo la possibilità di applicare la nuova tariffa che ogni impresa cabala ogni anno in relazione all'effettivo fabbisogno complessivo;
un adeguamento in aumento della tariffa può dipendere, oltre che da un aumento dei costi dei risarcimenti, anche da previsioni normative; ad esempio dal 12 giugno 2012 il massimale minimo di garanzia per la r.c. auto dovrà essere aumentato per adeguarlo ai nuovi valori stabiliti dalla normativa comunitaria, determinando un necessario aumento del prezzo dell'assicurazione;
la tariffa, oltre a penalizzare in misura elevatissima (fino a raggiungere livelli insostenibili) gli assicurati che hanno provocato sinistri, potrebbe, per assurdo, penalizzare anche gli assicurati migliori, che, trovandosi nella migliore classe di merito al di sotto della quale non si può scendere (perché contrattualmente non hanno più diritto a sconto bonus), sarebbero chiamati insieme ai primi a colmare la mancanza di fabbisogno tariffario generata dall'obbligo di far pagare meno tutti gli altri;
considerato inoltre che:
la disposizione in parola può essere sottoposta a censure di illegittimità costituzionale (articolo 3 della Costituzione). È del tutto ovvio infatti che l'impresa di assicurazioni debba periodicamente aggiornare le tariffe applicabili in relazione a documentate variazioni dell'ammontare dei costi dei risarcimenti;
la norma sarebbe illegittima, in quanto contrastante con la normativa comunitaria, che ha istituito la libertà tariffaria e l'abolizione dei controlli preliminari e sistematici sulle tariffe e sui contratti,

impegna il Governo

al fine di evitare tali incertezze interpretative, a prevedere che le variazioni in aumento o in diminuzione del premio si applicano automaticamente alla tariffa in vigore al momento della stipulazione o del rinnovo del contratto, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto.
9/5025/137.Pagano.

La Camera,
premesso che:
il caro carburante sembra marciare in modo incontrollato, infatti, nei primi mesi dell'anno l'aumento dei prezzi ha registrato un rincaro su base annua per la benzina del 18,6 per cento e per il gasolio del 25,5 per cento; le attuali medie nazionali dei prezzi di benzina, diesel e Gpl sono rispettivamente 1,866, 1,778 e 0,905 euro ma si teme che il prezzo della benzina raggiunga i 2 euro al litro entro la prima settimana di aprile; tali aumenti continuano a incidere sui consumi comprimendoli;
tale impennata dei costi è difficilmente spiegabile anche sulla base dell'andamento dei prezzi del barile di petrolio sui mercati internazionali, indubbiamente l'aumento delle accise e di altre tasse ha condizionato notevolmente la situazione;
ad ogni aumento del punto percentuale del prezzo della benzina corrisponde un aumento dello 0,2 per cento circa del tasso di inflazione, che nell'ultimo periodo si è assestata sopra la media annua del 3 per cento;
inoltre, i rincari nell'area del Mezzogiorno subiscono impennate record, gravati anche dagli aumenti progressivi dell'Iva e dall'aumento del 25 per cento delle accise nazionali cui si sommano quelle regionali, in una zona che, in virtù dei propri giacimenti petroliferi, ricopre il 90 per cento della produzione nazionale di greggio e circa il 15 per cento del fabbisogno nazionale;
la situazione risulta drammatica e non viene fatto abbastanza per arginarla, nonostante il provvedimento in esame rechi misure volte a fronteggiare il problema, lavorando per una crescita della concorrenza e una potenziale diminuzione dei prezzi dei carburanti (articoli 17-19), serve un'azione più incisiva al fine di rilanciare l'economia, i consumi e l'intero Paese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di bloccare la spirale di crescita esponenziale dei prezzi del carburante rinunciando all'aumento delle accise determinato dall'aumento del prezzo del petrolio e stabilendo un tetto massimo all'Iva.
9/5025/138.Pugliese, Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 3 del decreto-legge non si tiene in considerazione che molte regioni in ottemperanza alla legge n. 326 del 2003 sono già dotate di una graduatoria unica regionale della durata di 4 anni, di farmacisti che hanno superato un concorso per titoli ed esami;
dallo stesso articolo 3 si è eliminata dalla procedura concorsuale l'esame;
all'articolo 4 della stessa legge si consente ai farmacisti esclusivamente al disotto dei 40 anni di potersi associare sommando i loro punteggi;
considerato che:
il validare le graduatorie esistenti al fine dell'assegnazione delle sedi farmaceutiche significherebbe opportunamente sfruttare una risorsa che già esiste e che soddisferebbe i criteri di efficienza, efficacia, ed economicità portando rapidamente alla assegnazione delle stesse sedi;
la prova concorsuale per esami, oltre a rappresentare una nota di merito nella scelta dei titolari che dovranno svolgere una professione dall'indubbia implicanza sanitaria e sociale, è indispensabile per velocizzare il completamento dell'iter concorsuale. L'esperienza dei recenti concorsi svolti in Piemonte, Toscana e Puglia, dimostrano che a fronte di 5.000-6.000 concorrenti iscritti, hanno superato la prova di esame (svoltasi in pochi giorni e dal risultato immediato grazie alla lettura ottica dei test) in 500-700 e che l'esame dei titoli di questi concorrenti ha richiesto mediamente 4-5 mesi. L'eliminazione della prova concorsuale, oltre a deprimere fortemente il concetto di meritocrazia, porterà ad un numero di iscrizioni per concorso enorme (anche 15.000-20.000 concorrenti per le regioni più grandi) e la valutazione dei titoli per tutti gli iscritti diventerà impossibile;
il sistema dei punteggi in vigore attualmente, e in parte modificato dal decreto-legge a favore solo dei titolari di esercizi di vicinato, fa si che un collaboratore di farmacia pur con 20 o 30 anni di lavoro possa raggiungere massimo 31,5 punti (22,5 punti per i primi 10 anni e 9,5 punti per i secondi 10 anni), e che altre figure professionali in questo momento al centro di tragiche ristrutturazioni aziendali come gli informatori scientifici del farmaco possano al massimo raggiungere 22,5 punti. L'articolo 4 pone quindi in essere una discriminazione nettissima a favore dei concorrenti più giovani che in associazione possono agevolmente superare questi limiti (bastano 2 giovanissimi collaboratori con solo 8 anni di carriera per raggiungere 35 punti) e di fatto estromettere dalla possibilità di concorrere qualsiasi altro farmacista,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte:
a valutare l'opportunità di ripristinare con atto immediato la prova concorsuale ad esami per il conferimento delle nuove sedi farmaceutiche;
a estendere a tutti i farmacisti partecipanti ai concorsi la possibilità di associarsi e sommare i punteggi eliminando la preferenza sulla base dell'età;

a rendere valide ed attuative le graduatorie regionali già esistenti.
9/5025/139.Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il Capo VI del provvedimento al nostro esame è specificatamente dedicato ai Servizi bancari ed assicurativi;
gli articoli di tale Capo intervengono a largo raggio sull'attività degli istituti di credito in merito, ad esempio, alla gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti correnti dei pensionati con trattamenti fino a 1.500 euro (articolo 27), alla nullità delle clausole nei contratti bancari che prevedono commissioni (articolo 27-bis), alla cancellazione delle ipoteche perenti (articolo 27-ter), agli organi delle fondazioni bancarie (articolo 27-quater), al termine per la surrogazione nei contratti di finanziamento (articolo 27-quinquies);
tali misure non sembrano comunque sufficienti a superare le attuali difficoltà che le famiglie e le aziende, ed in particolare le piccole e le medie imprese, incontrano nell'accesso al credito, difficoltà che dipendono anche dalle politiche creditizie adottate dagli istituti di credito che hanno un orientamento ancora restrittivo nei loro criteri di offerta;
la peculiarità del tessuto produttivo ed economico del nostro Paese, la fortissima presenza di piccole imprese, la forte vocazione manifatturiera, rendono le banche il canale principale di erogazione delle risorse;
la Banca centrale europea ha fornito un'enorme liquidità alle banche che usufruiscono del notevole differenziale tra i tassi di approvvigionamento dei fondi (dalla Banca centrale europea all'1 per cento e dai privati con un tasso di poco superiore) e quelli a cui li offrono a prestito. Il 29 febbraio 2012, la Banca centrale europea ha prestato 530 miliardi di euro per tre anni alle banche europee, una somma simile a quella già elargita nel dicembre 2011;
l'operazione a tre anni del 21 dicembre 2011 vide una richiesta di prestiti per 489 miliardi di euro, che furono tutti assegnati. Le banche italiane hanno in buona parte utilizzato i soldi presi a prestito dalla Banca centrale europea per acquistare titoli di Stato, contribuendo alla riduzione dei tassi d'interesse sul debito pubblico italiano;
nello stesso tempo, le banche hanno stretto l'offerta di credito, sia riducendo la quantità sia aumentando il costo dei finanziamenti. Nel bimestre dicembre 2011-gennaio 2012, i prestiti bancari alle imprese e alle famiglie italiane si sono ridotti di 20 miliardi di euro;
secondo l'Istat, il mercato del finanziamento dei mutui immobiliari registra un calo del 18 per cento nel terzo trimestre del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010. Complessivamente, nei primi nove mesi del 2011, la riduzione di tali mutui, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, è stato del 7,9 per cento;
le banche italiane, come rilevano le associazioni dei consumatori, continuano ad applicare tassi di interesse più elevati dello 0,67 per cento sui mutui, in Italia al 4,6 per cento, contro il 3,93 per cento della media dell'Unione europea. Nel gennaio 2012, in Italia il costo dei finanziamenti alle imprese (nuove operazioni) era di 1,3 punti percentuali più alto rispetto allo stesso mese del 2011 (passando dal 2,7 per cento al 4 per cento), a parità di tasso di politica monetaria (1 per cento). Nello stesso periodo, il tasso d'interesse sui mutui immobiliari è salito di un punto percentuale (dal 3,15 per cento al 4,15 per cento). Sempre nello stesso periodo, il differenziale tra il tasso medio sui prestiti a imprese e famiglie e il tasso medio sulla raccolta è aumentato di mezzo punto percentuale (dal 2,2 per cento al 2,7 per cento);
va, inoltre, ricordato che l'articolo 8 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (la cosiddetta manovra Monti «Salva-Italia») ha fornito alle banche la garanzia dello Stato sui prestiti ottenuti (in larga misura dalla Banca centrale europea), garanzia che ha consentito loro di sopportare con qualche patema d'animo in meno la situazione difficile dei mercati finanziari;
il 28 febbraio 2012, Governo, Confindustria, l'Associazione bancaria italiana e altre associazioni imprenditoriali hanno firmato l'accordo su «Le nuove misure per il credito alle Pmi». L'accordo ha validità fino al 31 dicembre 2012, ma in buona sostanza, prevede solo un allungamento delle scadenze risultando del tutto insufficiente per la risoluzione del problema dell'accesso al credito per le famiglie e le PMI;
il tasso di interesse sui mutui praticato dall'agenzia BNL del Senato ai parlamentari ed a altre limitate categorie di clienti, come documentato da recenti articoli di stampa e da trasmissioni televisive, risulta pari all'1,57 per cento,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative al fine di prevedere che gli istituti di credito, che beneficiano della garanzia di cui all'articolo 8 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, forniscano opportune garanzie in merito alla concessione del credito alle piccole e medie imprese ed alle famiglie, monitorandone l'attività;
ad aprire un confronto con gli istituti di credito e le loro associazioni rappresentative al fine di ottenere che almeno la metà dei prestiti ricevuti dagli istituti di credito nazionali da parte della Banca centrale europea con tasso agevolato dell'uno per cento sia impiegata per erogare finanziamenti alle famiglie e alle piccole e medie imprese ad un tasso dell'1,57 per cento.
9/5025/140.Barbato, Messina, Palagiano, Zazzera, Di Stanislao, Paladini.

La Camera,
preso atto che l'articolo 2, attraverso la istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, si pone l'obiettivo di ridurre i tempi di definizione delle controversie che vedono coinvolte le società;
se in linea tendenziale può dirsi di un positivo riscontro del nuovo istituto, non possono tuttavia sottacersi i dubbi emersi negli ambienti legali, per lo più ancorati al rischio che le sezioni specializzate, a organici invariati, possano trovarsi a gestire un contenzioso sempre più elevato, con la paradossale conseguenza di un allungamento dei tempi della giustizia;
sotto questo profilo, l'aumento delle competenze non potrà che aggravare il carico degli uffici, i quali finiranno per peggiorare le proprie performances. La semplice devoluzione delle controversie coinvolgenti l'impresa ad una sede giudiziaria diversa da quella ordinaria non è infatti destinata a spiegare alcuna efficacia pratica, soprattutto in punto di celerità del processo, se non accompagnata dalla previsione di un organico ad hoc, evitando che ci siano carichi di ruolo aggiuntivi per i giudici già in forza all'organico;
valutate le criticità della delineata distribuzione geografica delle sezioni specializzate in materia di impresa, riferita ai tribunali e alle corti d'appello aventi sede in capoluoghi di distretto, con conseguenze pesanti per l'utenza;
ricordato che con (articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, il Governo è stato delegato a procedere alla riorganizzazione della geografia giudiziaria, attraverso la riduzione del numero degli uffici giudiziari e la razionalizzazione dei relativi assetti territoriali;
considerato che la delega sopra richiamata prevede la possibilità di procedere alla soppressione o alla riduzione delle attuali 220 sezioni distaccate di tribunale, aggiungendo ulteriori criticità in quanto queste sedi Giudiziarie hanno una funzione importante nella distribuzione della geografia giudiziaria nel territorio nazionale e la loro presenza rappresenta un rilevante valore per le comunità dove sono dislocate;
valutato che il loro accorpamento con sedi giudiziarie più grandi, lungi dal realizzare un'accelerazione del processo e la conseguente riduzione dei tempi del processo stesso, determinerebbe solo un intasamento delle sedi giudiziarie di maggiori dimensioni, anche in ragione delle difficoltà derivanti dal nuovo assetto delle sezioni specializzate in materia di impresa;
valutato che mantenere l'attuale geografia assicurerebbe un effetto deflattivo per le sedi giudiziarie di maggiori dimensioni già inflazionate;
considerato che, pur riconosciuta la necessità di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, si ritiene tuttavia necessaria una rimodulazione non traumatica degli attuali uffici giudiziari, al fine di scongiurare conseguenze che potrebbero risultare controproducenti e dannose per la tenuta del sistema giustizia e per la presenza capillare del servizio sul territorio come presidio di legalità, sicurezza e di tutela dei diritti,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di conseguire gli obiettivi di risparmio tenendo conto dell'efficienza nel quadro del più ampio progetto di riordino delle circoscrizioni giudiziarie e della istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, attraverso il mantenimento di quelle sedi (anche staccate) di tribunale aventi un bacino di utenza adeguato o che presentano particolarità ambientali, culturali e geografiche le quali, valutata anche la concentrazione delle competenze in capo agli stessi uffici in materia di impresa, attuino una equilibrata redistribuzione degli uffici giudiziari;
a valutare l'opportunità di affiancare alla normativa in oggetto norme processuali specifiche e misure organizzative (come l'ufficio per il processo) che ne garantiscano un impatto decisivo in termini di efficienza e di rapidità del processo.
9/5025/141.Palomba, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del disegno di legge in esame interviene sul settore farmaceutico, stabilendo - tra l'altro - le modalità di accesso alla titolarità delle farmacie, i nuovi criteri per la pianta organica la dotazione minima di personale in farmacia, ecc.;
la legge finanziaria 2007, all'articolo 1, comma 311 ha introdotto delle misure sanzionatorie a carico di farmacisti e sanitari che commettano truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale;
in particolare, il comma 1 prevede la decadenza dell'autorizzazione all'esercizio della farmacia nei confronti del farmacista titolare di farmacia privata o di direttore di una farmacia gestita da una società di farmacisti, che sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di truffa nei confronti del Servizio sanitario nazionale. Detta decadenza è comunque valida in caso di un danno accertato superiore a 50.000 euro;
sebbene il fenomeno rivesta carattere di eccezionalità, deve essere rilevato che la suddetta sanzione accessoria della decadenza dalla titolarità, prevista dalla finanziaria 2007, in caso di condanna passata in giudicato, viene facilmente aggirata quando, prospettandosi nel corso del procedimento penale un esito negativo per l'imputato ed in previsione di una condanna, la farmacia viene ceduta in modo tale dà vanificare la portata della norma sopra citata;
al fine di evitare quanto suesposto, è quindi necessario «congelare», come provvedimento cautelare, l'autorizzazione all'esercizio della farmacia fino alla conclusione del processo, nel pieno rispetto della presunzione di innocenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di integrare quanto previsto dalla legge finanziaria 2007, prevedendo che l'autorizzazione sanitaria all'esercizio della farmacia, in caso di rinvio a giudizio per il reato di truffa nei confronti del Servizio sanitario nazionale o in caso di un danno accertato superiore a 50 mila euro, non può essere trasferita per atto tra vivi fino alla conclusione del procedimento penale a seguito di sentenza definitiva.
9/5025/142.Palagiano, Cimadoro, Piffari, Monai, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 67 interviene in materia di semplificazione delle procedure per la stipula delle convenzioni nel settore della pesca, ampliandone il campo di operatività e destinando al finanziamento delle stesse risorse residue del Fondo per il credito peschereccio;
le convenzioni sono finanziate sulle risorse ancora disponibili del Fondo centrale per il credito peschereccio che, seppure soppresso in seguito all'abrogazione della legge istitutiva, mantiene una gestione stralcio ai fini del rientro dei mutui per le rate di ammortamento dei finanziamenti concessi;
il Fondo per il credito peschereccio è stato istituito dall'articolo 10 della legge 17 febbraio 1982, n. 41, prevedendo che esso, organizzato come amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, potesse concedere mutui a tasso agevolato per le iniziative relative alla gestione del comparto ittico;
l'articolo 23 del decreto legislativo n. 154 del 2004 ha infine interamente abrogato la legge n. 41 del 1982 istitutiva dello stesso Fondo. Pertanto, non potranno più essere concessi nuovi mutui ma potranno essere utilizzate le risorse derivanti dal rientro dei prestiti già erogati;
negli ultimi anni al settore ittico sono stati effettuati tagli pari al 77 per cento dei fondi, il settore è stato interessato da profondi cambiamenti, soprattutto a causa della riforma della politica comunitaria della pesca, con il rischio di ricadute negative sulle prospettive di sviluppo delle imprese ittiche italiane, per le loro peculiari caratteristiche;
i molteplici provvedimenti discussi risultano carenti di iniziative che riguardano il comparto pesca, in commissione agricoltura, il 22 febbraio 2012, è stata approvata a tal proposito un risoluzione del gruppo Italia dei Valori che prevedeva agevolazioni per il settore della pesca;
fronteggiare una crisi così acuta e parlare di sviluppo a costo zero è una contraddizione, sarebbe necessario stimolare la crescita e lo sviluppo con maggiori risorse per il settore che ha già subito una drastica e inesorabile riduzione degli stanziamenti nazionali, passati da una dotazione annuale di circa 26 milioni di euro nel 2000 a circa 6 milioni di euro per il 2012, con una contrazione pari al 77 per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a reperire maggiori risorse per il settore ittico.
9/5025/143.Di Giuseppe, Rota, Messina, Paladini.

La Camera,
premesso che:
sia l'Antitrust sia l'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas pongono da tempo all'attenzione del Parlamento il problema della mancata attuazione della separazione proprietaria di Snam Rete Gas. Da ultimo, l'Antitrust, nella segnalazione 5 gennaio 2012, ha notato che «nella prospettiva di medio periodo appare inoltre necessario portare a compimento il processo di separazione verticale delle fasi in monopolio da quelle in concorrenza. In particolare, al fine di introdurre incentivi ad una gestione delle attività di trasporto e di stoccaggio di gas coerenti con i necessari investimenti in nuove infrastrutture e di consentire al gestore della rete di svolgere con terzietà il ruolo sistemico conferito dall'avvio del nuovo sistema di bilanciamento di merito economico, si può ipotizzare un percorso che porti alla separazione proprietaria della rete di trasporto e delle infrastrutture di stoccaggio attualmente controllate dall'incombente Eni. Tali operazioni dovranno naturalmente avvenire solo quando siano verificate le condizioni atte a preservare il valore di cessione da parte dell'attuale proprietario»;
la legge n. 290 del 2003, di conversione del decreto-legge n. 239 del 2003 aveva già previsto l'obbligo della separazione proprietaria a partire dal 1o luglio 2007, termine poi prorogato al 31 dicembre 2008 dalla legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) e successivamente, dalla finanziaria dell'anno successivo (legge n. 296/2006), a 24 mesi dall'emanazione di un DPCM, che non è tuttora avvenuta;
il provvedimento in esame, all'articolo 15, fissa al 31 maggio 2012 il termine per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che disciplina i criteri, le condizioni e le modalità cui si conforma SNAM S.p.A. per realizzare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la separazione proprietaria da ENI;
la citata separazione proprietaria deve potersi realizzare con la massima urgenza, considerato che sono anni che, a livello istituzionale, si discute e ridiscute della necessità di attirarla in via definitiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza volta a definire con la massima rapidità i criteri con cui realizzare la piena separazione proprietaria di ENI Spa da SNAM Spa e, quindi, la terzietà di quest'ultima nei confronti della maggiore impresa di produzione e vendita di gas, dando seguito alle indicazioni elaborate sul punto sia dall'Antitrust che dall'AEEG.
9/5025/144.Cimadoro, Borghesi, Piffari, Messina, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del provvedimento in esame introduce una specifica procedura per l'accelerazione della valutazione e dell'autorizzazione dei progetti di disattivazione di impianti nucleari presentati da almeno dodici mesi, mentre ulteriori disposizioni riguardano il conferimento dei rifiuti radioattivi per la messa in sicurezza e lo stoccaggio al deposito nazionale nonché la specificazione delle risorse finanziarie destinate alle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari dismessi;
l'intera impostazione di tale articolo suscita perplessità in quanto introduce disposizioni di carattere derogatorio su di una materia di particolare delicatezza già disciplinata dall'ordinamento e, soprattutto, senza un adeguato coinvolgimento delle autonomie territoriali, nonché una adeguata informazione al pubblico sulla attività di messa in sicurezza del materiale nucleare;
si rileva, inoltre, come le disposizioni recate dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo in esame riproducano, nella sostanza, il contenuto dei commi 6-bis e 6-ter dell'articolo 20 del D.Lgs. 31/2010 (introdotti dall'articolo 19 del D.Lgs. 41/2011), che erano stati abrogati dal decreto-legge 34/2011 con cui il Governo aveva soppresso le disposizioni per le quali la Corte costituzionale aveva giudicato ammissibile il referendum abrogativo poi tenutosi, con esito positivo, il 12 e 13 giugno 2011,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta ad introdurre adeguati meccanismi di consultazione pubblica dei cittadini, delle Regioni e degli enti locali nella fase autorizzativa degli interventi per il cosiddetto decomissioning, assicurando altresì un significativo coinvolgimento degli enti territoriali ai fini della selezione delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Parco tecnologico.
9/5025/145.Piffari, Cimadoro, Barbato, Messina, Borghesi, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame investe diverse materie con norme caratterizzate dalla comune finalizzazione a promuovere lo sviluppo e la concorrenza nell'ambito di determinati settori, ad eccezione di quello postale;
con riferimento al mercato postale, infatti, l'unica norma prevista nel provvedimento in esame si limita a prevedere il superamento dell'affidamento diretto a Poste italiane S.p.A. della gestione informatizzata di tutti i pagamenti connessi alle pratiche di motorizzazione e l'affidamento del medesimo servizio, allo scadere dell'attuale convenzione, mediante procedura di gara nel rispetto della normativa dell'Unione europea;
eppure sono ormai anni in cui si discute e ridiscute della necessità di affermare una piena liberalizzazione del mercato postale, rispetto al quale è ormai divenuta indiscutibile l'esigenza di ridefinire il perimetro del Servizio Universale (SU) in capo a Poste Italiane;
il servizio universale garantisce, infatti, privilegi e agevolazioni (a partire dall'esenzione IVA) non accettabili sui segmenti commerciali aperti al libero mercato;
inoltre, in linea con quanto affermato nell'ambito delle segnalazioni dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e della stessa Commissione UE, nonché con la giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E., sarebbe auspicabile escludere dal servizio universale la posta massiva (cosiddetta bulk mail, ossia gli invii di corrispondenza in grandi quantità, denominata business) nell'ambito della quale vi è l'opportunità di sviluppare la concorrenza e il legittimo confronto tra operatori commerciali. L'utente e il consumatore finale sarebbero i primi beneficiari di questa riforma perché godrebbero di maggiori possibilità di scelta e prezzi più bassi;
Germania, Olanda, Austria, Belgio, Finlandia e anche il Regno Unito hanno del resto escluso dal servizio universale la posta business perché perfettamente gestibile dal mercato;
nel nostro Paese, invece, il decreto legislativo n. 58 del 2011 ha mantenuto questa posizione dominante e anticoncorrenziale dell'operatore incumbent;
la posta massiva, il prodotto business del Fornitore del servizio universale (Poste Italiane), costituisce il 50 per cento del volume di mercato: il mantenimento di questa rendita di posizione produce gravi effetti anticoncorrenziali per due ordini di ragioni: il primo è legato ad eventuali deficit eventuali deficit di questo prodotto conseguiti dal Fornitore - Poste Italiane gravano sulla collettività; il secondo risiede nel fatto che la concorrenza con gli operatori privati risulta falsata a causa del regime di IVA, di cui solo il Forniture del servizio universale è esente e non i concorrenti;
è opportuno quindi porre fine ad un indebito vantaggio competitivo soprattutto per i clienti (banche, assicurazioni, pubbliche amministrazioni) che non sono soggetti attivi IVA;
infine, l'assoggettamento all'IVA del prodotto di posta massiva garantirebbe all'Erario una fonte aggiuntiva di gettito fiscale stimato in ambito accademico, e segnatamente dall'Università Bocconi, tra i 340 e 480 milioni di euro l'anno (Università Bocconi). Risorse che potrebbero essere destinate per la crescita e lo sviluppo,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a realizzare una piena liberalizzazione del mercato postale dando seguito alle indicazioni formulate al riguardo dall'Autorità Garante per la Concorrenza e il mercato, con particolare riferimento alla necessità di ridefinire il perimetro del Servizio Universale in capo all'incumbent Poste Italiane.
9/5025/146.Porcino, Monai, Cimadoro, Barbato, Borghesi, Messina, Piffari, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 16, detta norme in materia di promozione di nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi, nel presupposto che tali nuovi investimenti debbano garantire maggiori entrate erariali;
attraverso tale norma, il Governo ha, di fatto, recepito le indicazioni derivanti da un ordine del giorno approvato al Senato in sede di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011, che impegnava il Governo ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo al fine di favorire gli investimenti di sviluppo delle risorse energetiche strategiche nazionali di idrocarburi, le quali garantiscono maggiori entrate per l'erario, prevedendo inoltre termini e modalità di destinazione di una quota da destinare allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi;
a tal fine, la norma in questione rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico da emanare entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, senza tuttavia prevedere il concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il coinvolgimento della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e delle comunità interessate dagli insediamenti degli impianti produttivi,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a prevedere che siano definite specifiche modalità per assicurare idonee procedure di informazione e consultazione delle comunità interessate dagli insediamenti produttivi, nel rispetto delle direttive comunitarie;
ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad assicurare il coinvolgimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
9/5025/147.Favia, Piffari, Cimadoro, Borghesi, Barbato, Messina, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il Capo VI del provvedimento al nostro esame è specificatamente dedicato ai Servizi bancari ed assicurativi;
gli articoli di tale Capo intervengono a largo raggio sull'attività degli istituti di credito in merito, ad esempio, alla gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti correnti dei pensionati con trattamenti fino a 1.500 euro (articolo 27), alla nullità delle clausole nei contratti bancari che prevedono commissioni (articolo 27-bis), alla cancellazione delle ipoteche perenti (articolo 27-ter), agli organi delle fondazioni bancarie (articolo 27-quater), al termine per la surrogazione nei contratti di finanziamento (articolo 27-quinquies);
tali misure non sembrano sufficienti a rendere trasparenti e facilmente paragonabili per l'utenza degli istituti di credito, al fine di promuovere la concorrenza tra le banche stesse, le condizioni complessive per l'accensione di un prestito bancario;
la normativa introdotta nel 2003 sulla trasparenza bancaria con la delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) 4 marzo 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2003, ha contribuito a migliorare le relazioni tra le banche e gli intermediari finanziari e i clienti, la trasparenza bancaria nel suo complesso e la sensibilità dell'opinione pubblica verso il tema dei costi dei servizi bancari;
la prassi applicativa ha però evidenziato alcuni limiti della disciplina, facendo emergere che l'informazione resa da parte delle banche e degli intermediari finanziari, anche qualora sia in linea con la normativa di trasparenza, è spesso considerata non chiara, poco comprensibile e non sempre alla portata di tutte le fasce dell'utenza;
vi è difficoltà nel comprendere 1e caratteristiche dei prodotti e dei servizi acquistati. Spesso la sola trasparenza non è riuscita a garantire relazioni contrattuali leali e, in particolare, a evitare che il contratto stabilisse, per alcuni servizi, costi che il cliente non aveva percepito nella fase precontrattuale;
la Banca d'Italia ha rilevato le aree di criticità attraverso (esame degli esposti e degli esiti delle verifiche presso le banche e gli intermediari finanziari dal 2003 a oggi;
da un documento di lavoro pubblicato dalla Commissione europea, nel quadro di valutazione del mercato dei consumi 2008, emerge che le banche italiane sono di gran lunga le più care d'Europa e si collocano al di sotto della media quanto a trasparenza;
oltre ad avere il primato dei costi, l'Italia, secondo la citata ricerca comunitaria, ha anche il punteggio più basso quanto a semplicità: per oltre il 90 per cento delle banche facenti parte dello studio è stato necessario un ulteriore contatto, al fine di chiedere dettagli e chiarimenti rispetto alle informazioni fornite dai siti web. Un'indagine del 2008 dell'Eurobarometro, inoltre, ha rilevato che il 42 per cento dei consumatori italiani ha difficoltà nel confrontare le diverse offerte di conto corrente, la seconda percentuale più alta nell'Unione europea;
il 29 luglio 2009, con un provvedimento a firma del direttore generale Fabrizio Saccomanni, la Banca d'Italia ha emanato nuove istruzioni di vigilanza in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e correttezza delle relazioni tra intermediari e i clienti (provvedimento 29 luglio 2009, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 210 del 10 settembre 2009);
le finalità che l'Istituto di vigilanza persegue sono comuni a quelle della disciplina previgente, ovvero fare sì che alla clientela siano fornite tutte le informazioni possibili dettagliate in modo da consentire la comparazione tra le offerte delle varie banche e dei diversi intermediari finanziari e la scelta di quelli più convenienti;
si deve comunque garantire una maggiore trasparenza ed una maggiore chiarezza per assicurare ai clienti un'informazione precisa sul costo totale del credito, al fine di ridurre l'evidente asimmetria informativa tra banca e cliente e creare una reale competizione tra le banche,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative al fine di introdurre misure più incisive in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e correttezza delle relazioni tra le banche ed i loro clienti, prevedendo meccanismi che indichino con chiarezza gli oneri complessivi a carico del cliente in maniera tale da garantire allo stesso l'immediata percezione del costo del finanziamento, offrendogli quindi un ulteriore elemento di scelta tra i diversi intermediari.
9/5025/148.Borghesi, Barbato, Messina, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 del decreto-legge in esame, in corso d'esame in Assemblea, prevede, nel caso in cui l'assicurato acconsenta all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, una riduzione tariffaria a vantaggio dell'assicurato;
l'articolo 34 del decreto-legge in esame, in corso d'esame in Assemblea, prevede l'informazione al cliente sulla tariffa e sulle condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie;
sono già ampiamente diffuse nel mercato polizze RC Auto (circa un milione sono quelle attive con oltre 20 Compagnie) che prevedano meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo con costi anche a carico dell'assicurato ma sconti ampiamente superiori a tali costi;
il ramo Rc auto è ormai da anni caratterizzato da un ingiustificato aumento dei premi che ha portato l'Italia ad avere un livello che è in media tra i più elevati d'Europa;
il Capo VI del provvedimento al nostro esame è specificatamente dedicato ai Servizi bancari ed assicurativi;
chi si aspettava nel provvedimento al nostro esame interventi volti ad aumentarne la concorrenzialità, è rimasto sicuramente deluso. Infatti, ben quattro articoli colpiscono i comportamenti fraudolenti degli assicurati attraverso una ridefinizione del risarcimento diretto e di quello in forma specifica (articolo 29), la repressione delle frodi (articolo 30), il contrasto della contraffazione dei contrassegni (articolo 31), l'ispezione del veicolo, la scatola nera, l'attestato di rischio, la liquidazione dei danni (articolo 32), le sanzioni per frodi nell'attestazione delle invalidità derivanti da incidenti (articolo 33);
se ne desume, ad avviso dei presentatori, che le compagnie assicurative e la loro associazione nazionale, l'Ania, sono state molto convincenti, quando in Parlamento hanno affermato di essere spinte ad aumentare i premi dagli alti costi dei risarcimenti: il decreto ha fatto, infatti, propria la tesi secondo cui il livello elevato dei premi sia un problema relativo al lato della domanda;
se quello assicurativo fosse un mercato concorrenziale, dovrebbe essere nell'interesse delle imprese stesse cercare di ridurre i costi attraverso l'individuazione in house dei comportamenti fraudolenti e ciò sarebbe dovuto avvenire già nel passato, senza bisogno di un intervento legislativo. Invece, essendo quello assicurativo nel nostro Paese in un mercato oligolipolistico (con comportamenti collusivi più volte sanzionati dall'Autorità antitrust) l'aumento incontrollato dei costi può essere trasferito direttamente sul prezzo;
nel mercato assicurativo italiano, infatti, si registra un'alta concentrazione, confermata dai dati del 2010 che per l'intero ramo danni mostrano una quota di mercato dei primi dieci gruppi dell'85,8 per cento e una raccolta dei premi da parte di compagnie estere che non supera il 20 per cento;
il ramo Rc auto italiano, caratterizzato da livelli elevati di premi, attrae imprese straniere. È però evidente che le stesse abbiano nella realtà preferito la vendita diretta, quella che viene effettuata online tramite web e per telefono tramite call-center;
occorre introdurre dei limiti alla cosiddetta interlocking directorship annullando la possibilità che legami troppo stretti tra chi siede nei consigli di amministrazione portino le compagnie ad adottare strategie commerciali comuni;
la necessità di un'adeguata disciplina degli interlocking directorates, emergeva da un'indagine dell'Antitrust nella quale il 71 per cento delle compagnie assicurative presentava legami costituiti da amministratori comuni con i propri concorrenti; tali imprese rappresentavano l'87 per cento dell'attivo totale del settore (Agcm, Indagine conoscitiva sulla corporate governance di banche e assicurazioni, n. 36 del 23 dicembre 2008);
non sono stati sufficienti gli effetti derivanti da provvedimenti quali l'introduzione delle agenzie plurimandatarie del decreto Bersani; né quelli che hanno favorito la diffusione del canale distributivo on-line; né l'implementazione del tanto pubblicizzato «preventivatore» dell'Isvap: l'Italia rimane un paese in cui il numero delle imprese operanti è pressoché stabile, in cui la maggior parte delle agenzie sono ancora monomandatarie e in cui le (poche) compagnie straniere non offrono polizze che prevedano premi secondo la media europea, che è di 230 euro contro i 407 dell'Italia secondo dati del Comité Européen des Assurances riferiti al 2008;
esiste in Italia ancora una preponderanza di agenzie che vendono le polizze di un'unica compagnia, senza che ci possa essere un'offerta differenziata e un corretto confronto da parte dei clienti. Proprio per questo non potrà avere alcun effetto l'articolo 35 del provvedimento al nostro esame il quale prevede che vengano presentate ai clienti almeno tre diverse proposte di compagnie assicurative non appartenenti allo stesso gruppo;
lo stesso utilizzo di contrassegni falsi è probabilmente correlato ad un altro fenomeno: l'elusione dell'obbligo di contrarre da parte delle compagnie che impongono premi insostenibili con una vera e propria discriminazione ai danni degli automobilisti che appartengono a categorie particolarmente rischiose. Infatti, la pericolosità di neopatentati e automobilisti di alcune aree del paese è ancora tutta da dimostrare;
l'Isvap, l'Autorità di vigilanza del mercato, recentemente ha emesso un provvedimento contro alcune imprese assicuratrici che chiedevano premi annuali fino a 8.500 euro (inchiesta contro 14 compagnie avviata su segnalazione nel 2010 di Adiconsum e il Salvagente). Queste imprese sono state sanzionate non per la loro eccessiva «avidità», ma per l'elusione dell'obbligo a contrarre, cioè per il fatto che quei prezzi di fatto significano che si vogliono spingere verso altre compagnie clienti troppo rischiosi, in particolare neopatentati e residenti nel Sud Italia;
le frodi sono, in realtà, a livelli molto bassi: secondo la banca dati costituita dall'Isvap, la media nazionale sarebbe molto bassa (attorno al 2-3 per cento dei risarcimenti) e non lontana dalla media europea;
il fenomeno dei premi eccessivi va collegato con un altro dato: il progressivo aumento di autovetture non assicurate. Il collegamento si trova nella teoria economica: perfino l'unica impresa operante in un mercato monopolistico deve fare i conti con la domanda di mercato e non può fissare il prezzo al di sopra di quello massimo che i consumatori sono disposti a pagare. A maggior ragione questo avviene in un mercato come quello assicurativo con caratteristiche di oligopolio;
servono dunque interventi per promuovere una sana concorrenza in un settore pressoché stabile, in cui la maggior parte delle agenzie sono ancora monomandatarie e le poche società straniere non offrono polizze con premi secondo la media europea,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative al fine di:
incentivare la diffusione del modello del «broker assicurativo» attraverso un controllo della relazione contrattuale che si instaura tra le compagnie e gli agenti che ha finora portato questi ultimi a scegliere il monomandato;
promuovere pienamente la concorrenza nell'ambito dell'attività assicurativa tra le imprese aventi la sede legale in uno Stato membro dell'Unione europea assoggettando l'accesso all'attività dei rami vita o dei rami danni alla sola autorizzazione da parte dell'autorità di vigilanza dello Stato in cui l'impresa ha sede legale e senza dovere ricevere la comunicazione dell'Isvap;
stabilire, al fine di consentire un reale ed immediato confronto tra le tariffe delle diverse polizze proposte, che nei preventivi tosi come nel testo dei contratti stessi, sia indicato il tasso unico di costo della polizza assicurativa, comprensivo di tutti gli elementi che concorrono al costo complessivo reale della polizza stessa in riferimento all'ammontare del premio previsto;
riformare l'Autorità di vigilanza, la sua composizione e le sue funzioni, in modo da rendere effettivo il controllo sui comportamenti delle imprese e costituire un punto di riferimento per la tutela degli interessi degli assicurati;
ad adottare ogni iniziativa affinché all'assicurato venga fornita l'informazione relativa alle migliori condizioni previste con l'adesione all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti;
ad attivarsi presso le competenti Autorità affinché tale informazione venga prevista nelle forme e modi più chiari per l'assicurato;
a considerare e valutare nella fase di emanazione dei regolamenti previsti da ISVAP e Ministero dello sviluppo economico eventuali forme di gestione dei costi per i meccanismi elettronici già in uso nel mercato assicurativo.
9/5025/149.Messina, Barbato, Borghesi, Cimadoro, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17 del provvedimento al nostro esame reca misure in materia di liberalizzazione della distribuzione di carburanti;
in particolare al comma 1 di tale articolo si prevede che i gestori degli impianti di distribuzione dei carburanti che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera possono liberamente rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore nel rispetto della vigente normativa nazionale ed europea. Inoltre, a decorrere dal 30 giugno 2012, eventuali clausole contrattuali che prevedano per gli stessi gestori titolari forme di esclusiva nell'approvvigionamento cessano di avere effetto per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura complessivamente pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita;
queste misure sono tanto più necessarie stante i livelli da record raggiunti dai prezzi di benzina e gasolio. Dopo gli ultimi rincari annunciati da Q8 ed Esso, la benzina, a livello di media nazionale, si avvicina ormai inesorabilmente a quota 1,80 euro al litro, una soglia tra l'altro ampiamente superata in alcune aree del Centro, dove si arriva a sfiorare la quota di 1,87 euro al litro. Il diesel, da parte sua, è ormai mediamente oltre 1,73 euro al litro con picchi al Sud superiori a 1,77 euro al litro;
si sono registrate punte massime, per la verde, di 1,95 euro nei distributori del centro Italia (dove la benzina sembra costare qualcosa di più che nel resto del paese). Una situazione davvero insostenibile per le famiglie italiane e che rischia di aggravarsi ulteriormente se il governo deciderà di attuare la modifica dell'Iva al 23 per cento come deciso lo scorso anno nel decreto n. 201 del 2011;
i rincari maggiori sono stati effettuati sul gasolio (non a caso la quota di vetture diesel era aumentata negli ultimi anni) che ora arriva quasi a sfiorare il prezzo della benzina verde. Non a caso si registrano punte di 1,85 euro al litro e una media nazionale che si aggira tra 1,76 e 1,80 euro al litro;
il costo della benzina verde è aumentato in 12 anni di quasi l'80 per cento passando da 1,08 euro al litro a oltre 1,80 euro al litro. Sorte peggiore è toccata al gasolio che è aumentato del 95 per cento passando da 0,89 euro al litro a 1,75 euro e oltre;
negli ultimi mesi i prezzi della benzina verde e del gasolio si stanno dunque avvicinando a quota due euro al litro con conseguenze pesanti per i budget familiari non solo relativamente al costo del trasporto ma anche, di riflesso, sui prezzi di tutti i generi di prima necessità;
il settore dei carburanti è un settore in cui non c'è vera concorrenza, e chi controlla tutta la filiera, dai pozzi petroliferi alla pompa, ossia le grandi compagnie, può fare il bello e il cattivo tempo,

impegna il Governo:

a ristabilire l'accisa mobile tenendo conto che sul prezzo della benzina incide «una tassa sulla tassa»: questo era un meccanismo previsto dalla legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi che prevedeva una riduzione trimestrale delle accise compensata dalle maggiori entrate dell'Iva che lo Stato incassa ad ogni aumento del prezzo dei prodotti petroliferi;
a dare piena attuazione alle norme previste sulla liberalizzazione della distribuzione dei carburanti superando con un'azione di governo decisa ed attenta tutte le prevedibili resistenze che le compagnie petrolifere metteranno in atto per impedire l'attuazione di tali disposizioni;
a prendere le opportune iniziative anche normative al fine di creare una Borsa dei carburanti, che può innescare meccanismi di concorrenza e di ribasso dei prezzi;
a monitorare le difficoltà tecnico-burocratiche che oggi di fatto continuano a scoraggiare i gruppi della grande distribuzione organizzata ad aprire nuovi impianti presso gli iper ed i super mercati, ed a riferire in merito al Parlamento.
9/5025/150.Donadi, Cimadoro, Barbato, Messina, Paladini.

La Camera,
premesso che:
provvedimento in esame contiene diverse disposizioni che riguardano il settore dei trasporti;
in particolare, l'articolo 36 detta disposizioni relative alla regolazione indipendente in materia di trasporti, istituendo nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 481/1995 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) l'Autorità di regolazione dei trasporti attribuendogli la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle Regioni e degli enti locali di cui al Titolo V della seconda parte della Costituzione;
in particolare il comma 2 del citato articolo 36 reca alcune modificazioni alla Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea (legge 15 gennaio 1992, n. 21) senza tuttavia modificare, come invece proposto in sede parlamentare dal Gruppo dell'Italia dei Valori nonché ribadito ripetutamente in passato dalla Commissione IX (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) della Camera dei deputati, la disciplina relativa al servizio di noleggio con conducenti;
sotto tale profilo si segnala la necessità di pervenire a una revisione della normativa in materia di servizi di noleggio con conducente specie a seguito dell'introduzione del comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, in modo da superare le più gravose restrizioni imposte allo svolgimento di tale attività e, a1 tempo stesso, impedire tutte le forme di esercizio abusivo dell'attività medesima,

impegna il Governo:

ad assumere tutte le iniziative opportune per assicurare una sollecita revisione della normativa in materia di servizi di noleggio con conducente alla luce delle modifiche introdotte dal comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, al fine di superare le più gravose restrizioni imposte allo svolgimento di tale attività;
ad adottare gli opportuni provvedimenti, con particolare riferimento alle imprese esercenti attività di noleggio con conducente, al fine di migliorare l'offerta all'utenza, la professionalità delle imprese, l'economicità dei servizi ed, infine, la crescita dell'occupazione giovanile.
9/5025/151.Monai, Cimadoro, Piffari, Borghesi, Paladini.

La Camera,
premesso che:
la finalità complessiva del disegno di legge in esame, è quella di contribuire al rilancio dell'economia anche attraverso l'allargamento del perimetro dei vari mercati e un maggiore stimolo alla concorrenza e alla crescita;
in questo ambito si inserisce il Titolo II in materia di infrastrutture, con numerose norme che intervengono con modifiche al Codice appalti (decreto legislativo 163/2006);
il settore degli appalti pubblici è uno degli ambiti nel quale l'esigenza della crescita e dello sviluppo deve essere imprescindibilmente coniugata all'esigenza di garantire la massima trasparenza, soprattutto per quanto riguarda i criteri e le modalità di assegnazione degli appalti medesimi;
è proprio in questo settore infatti dove è maggiore la casistica degli illeciti: gare per appalti di opere pubbliche senza procedure concorsuali; aumento delle assegnazioni con affidamenti diretti dei contratti, consulenze improprie, eccetera;
nonostante quanto suesposto, il precedente governo era intervenuto (soprattutto con il decreto-legge 70/2011) con modifiche consistenti al Codice appalti finalizzate - tra l'altro - a innalzare ulteriormente le soglie entro le quali si può procedere all'assegnazione con procedura negoziata, senza ricorrere alla gara d'appalto; con evidenti effetti negativi in termini di minore trasparenza delle procedure e maggiore discrezionalità nelle assegnazioni;
aumentare gli importi dei lavori per le procedure di aggiudicazione maggiormente discrezionali e a confronto competitivo, non rappresenta certo una misura di semplificazione per le imprese. Peraltro la procedura di gara di per sé non costituisce un rallentamento del procedimento, e quindi non è con il ricorso spinto alla procedura negoziata che si ottiene la semplificazione e la riduzione dei costi della gara medesima;
nel gennaio 2011, l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici aveva reso pubblici i risultati di mia ricognizione sugli affidamenti a trattativa privata dei grandi comuni degli ultimi tre anni (2007-2010), da cui era emerso un quadro desolante: con più di 80.000 contratti per un valore di 61 milioni affidati senza gara. Da quando nel 2008 la soglia era stata innalzata a 500.000 euro per la trattativa privata vi era stato un incremento vertiginoso di lavori senza gara dove un lavoro su due era ormai affidato senza procedura competitiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative legislative volte ad aumentare la necessaria trasparenza nelle procedure di assegnazione di appalti pubblici, anche attraverso il ripristino delle disposizioni vigenti precedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge 70/2011, relativamente alla soglia entro la quale si può procedere all'assegnazione con procedura negoziata senza ricorrere alla gara d'appalto; nonché alla soglia per l'applicazione della procedura, negoziata per i lavori relativi ai beni culturali.
9/5025/152.Aniello Formisano, Piffari, Cimadoro, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 36 del provvedimento in esame istituisce, nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge n. 481 del 1995, l'Autorità di regolazione dei trasporti, attribuendo ad essa la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori;
detta Autorità provvede, tra le altre cose, con particolare riferimento al settore autostradale, a stabilire per le nuove concessioni sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con determinazione dell'indicatore di produttività X a cadenza quinquennale per ciascuna concessione; a definire gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione; a definire gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono temuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni; e infine a definire gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali, allo scopo di promuovere una gestione plurale sulle diverse tratte e stimolare la concorrenza per confronto;
considerato che a decorrere dalla XIV Legislatura, la disciplina delle concessioni autostradali è stata oggetto di numerose modifiche legislative tese a modificarne il quadro regolatorio. Alcuni provvedimenti normativi varati dal Governo Berlusconi, ad avviso dei presentatori, sono arrivati addirittura a definire ex lege l'approvazione delle convenzioni con la società autostrade (articolo 8-duodecies del decreto-legge n.59 del 2008, come integrato dall'articolo 2, comma 202, della legge finanziaria 2010) o ad eliminare l'obbligo per le concessionarie - introdotto dalla legge finanziaria per il 2007 - di effettuare gare d'appalto per tutti i lavori, autorizzando affidamenti diretti per il 60 per cento dei medesimi (articolo 29, comma 1-quinquies e 1-sexies, del decreto-legge n. 207 del 2008), impedendo di fatto, lo svolgimento di gare per l'affidamento in concessione di tratte autostradali e limitando ulteriormente la concorrenza nel mercato degli appalti;
d'altra parte, come ha rilevato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato le concessioni autostradali non sono affidate con lo svolgimento di gara, mentre le convezioni in essere con le concessionarie continuano ad essere approvate per effetto di decreti-legge, saltando tutta la procedura amministrativa di verifica e controllo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a recepire quanto rilevato dalla Corte dei conti, dall'Autorità della concorrenza e del mercato e, da ultimo, dalla Banca d'Italia, in relazione al settore delle concessioni autostradali, provvedendo a garantire reali condizioni di concorrenza nell'ambito dei mercato di riferimento, nonché a diminuire la durata di tali concessioni, assicurando altresì adeguati livelli di verifica e controllo.
9/5025/153.Rota, Piffari, Cimadoro, Borghesi, Monai, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
a ridosso della cerimonia di chiusura delle celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia ed in occasione dell'approvazione - se pur privata di un'approfondita discussione - del provvedimento in titolo, teso alla «liberalizzazione» di ambiti, settori e materie che ne necessitano al fine di esplicare appieno le loro potenzialità di crescita e sviluppo, con particolare ricaduta sui cittadini, segnale positivo di riconoscimento verso le radici, la cultura e le tradizioni di tutti i comuni risulta essere la «liberalizzazione», disciplinata, del luogo di nascita, da definirsi quale «luogo elettivo»;
obiettivo della suddetta «liberalizzazione» - a tale stregua, infatti, è possibile richiamarsi per l'introduzione del «luogo elettivo di nascita» - è quello di rimettere ai genitori la scelta del luogo di nascita dei propri figli, al posto della obbligatoria coincidenza di esso con il comune ove sia avvenuto il parto, offrendo loro la possibilità di stabilire, di comune accordo, che comune di nascita del figlio o della figlia sia quello nel quale sono residenti entrambi o quello dove solo uno di essi è residente, nel caso risiedano in due comuni diversi; parimenti, nel caso di un solo genitore che rende il riconoscimento di filiazione, la scelta del luogo elettivo di nascita potrà essere quella del suo proprio comune di residenza ove diverso da quello in cui sia avvenuta la nascita;
l'introduzione del luogo elettivo di nascita assume un significato particolare nel nostro Paese che conta ben 8.094 comuni, ciascuno dei quali è importante che sia valorizzato anche attraverso la continuità e la crescita del numero dei nati in ciascuno di essi; in forza del «luogo elettivo di nascita» potranno vantare nuovi nati anche quei comuni ove mancano un ospedale o una clinica dotati di sale parto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti necessari all'introduzione del «luogo elettivo di nascita».
9/5025/154.Di Pietro, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
i commi da 8 a 13 dell'articolo 35 dispongono la sospensione, dalla data di entrata in vigore del testo in esame e fino al 31 dicembre 2014, del vigente regime di tesoreria unica cosiddetto «misto», introdotto per regioni, enti locali, enti del comparto sanitario ed università - in base al quale gli enti sono tenuti a versare in tesoreria unica soltanto le entrate provenienti dal bilancio dello Stato e non anche le entrate «proprie» - per ripristinare l'applicazione dell'ordinario regime di tesoreria unica, di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720, riassoggettandovi anche i Dipartimenti universitari;
in base al predetto articolo 1 tutte 1e entrate dei predetti enti devono essere versate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato - le entrate proprie in contabilità speciale fruttifera e le altre entrate in contabilità speciale infruttifera;
la disciplina introdotta prevede altresì che il 50 per cento delle liquidità degli enti, depositate presso il sistema bancario, debbano essere versate entro il 29 febbraio 2012 sulle contabilità speciali fruttifere della tesoreria statale, ed il restante 50 per cento entro il 16 aprile 2012;
il sistema delineato dal provvedimento in esame, concernente il ritorno al vecchio sistema di tesoreria unica, ha l'effetto di escludere gli enti locali dalla disponibilità diretta delle proprie risorse depositate presso il sistema bancario: il tesoriere di ciascun ente potrà e dovrà soltanto curare pagamenti e riscossioni, senza poter gestire la liquidità dell'ente, secondo le disposizioni e le decisioni di quest'ultimo;
si tratta di una gravissima limitazione dell'autonomia delle Regioni e degli Enti Locali, in palese contrasto con gli articoli 118 e 119 della Costituzione vigente;
con riguardo all'articolo 118 Cost., si compromettono sensibilmente i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, in quanto le finzioni sono costituzionalmente attribuite ai comuni salvo che, per assicurare il principio unitario, siano conferite agli enti «superiori», con riferimento all'area spaziale di riferimento;
con riferimento, invece, all'articolo 119, comma 1, Cost., le violazioni apparirebbero ancor più palesi, preso atto che secondo il dettato costituzionale «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa». autonomia di entrata e di spesa severamente compromessa dall'autorità statuale, ente sovraordinato nel conferimento della gestione della tesoreria unica;
medesima violazione si rileva anche con riguardo all'articolo 119, comma 2, della Costituzione, in cui assumono rilevanza costituzionale, le «risorse autonome», degli enti locali, per finanziare integralmente (ai sensi del successivo comma 4) le funzioni pubbliche attribuite agli enti decentrati, senza che sia prevista alcuna distinzione tra esse;
oltre ai citati profili di compromessa compatibilità costituzionale del provvedimento in esame è di tutta evidenza («annientamento» del percorso federalista, attuativo della Legge n. 42 del 2009 che - lungi dall'inibire l'utilizzo di risorse da parte degli enti locali estendendo impropriamente un meccanismo improntato su un sistema di finanza locale non più corrispondente all'assetto istituzionale attuale - avrebbe dovuto prevedere una coerente individuazione delle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane;
l'abbandono del sistema di tesoreria «misto» comporta una serie di effetti negativi ed irragionevoli sulla autonomia potestativa ed organizzativa degli enti interessati: in particolare, vengono compromesse la maggiore disponibilità di cassa data dalla sommatoria di tutti i saldi dei singoli conti aperti presso l'istituto cassiere, la autonomia nella gestione delle giacenze di cassa, la possibilità di massimizzare il rendimento delle stesse e l'immediatezza del controllo dell'obiettivo di fabbisogno; viene altresì meno il coinvolgimento di tutte le strutture nella programmazione del fabbisogno periodico commesso alle diverse attività gestite e viene disincentivato lo sviluppo e lo studio di soluzioni innovative per la gestione dei flussi finanziari, con l'effetto di perdita di conoscenza complessiva di tutto il sistema delle risultanze di cassa e conseguente impossibilità di ottenere rendimenti maggiori, investendo le proprie risorse finanziarie, con l'ovvia e necessaria attenzione ai rischi degli investimenti finanziari;
la cancellazione del sistema di tesoreria «misto», come hanno già rilevato alcuni osservatori della materia, preclude agli enti locali una autonomia nel gestire le proprie risorse finanziarie, autonomia dalla quale, se gestita in modo oculato e professionale, può derivare anche un incremento delle entrate, con particolare riferimento alle cosiddette entrate proprie;
tutto ciò configura in concretissimi termini una minore capacità di programmazione delle risorse proprie degli enti in questione - ridotto controllo delle risorse liquide disponibili, impossibilità di attuare una autonoma politica di monitoraggio e controllo delle risorse e, in definitiva, in una irragionevole preclusione alla possibilità di autofinanziamento - ed in un vero e proprio «commissariamento» degli enti con finalità di controllo non previste dall'ordinamento costituzionale e contrarie al principio di responsabilità nella gestione della cosa pubblica, senza peraltro che sia compensato finanziariamente l'imprevisto venir meno di una ulteriore entrata ed il rischio di dover rinegoziare i contratti di affidamento della tesoreria medesima;
risultano altresì penalizzati enti che dispongono di maggior liquidità rispetto alle immediate necessità, così da non poter più investire con meccanismi più convenienti rispetto a quanto previsto dalla contabilità fruttifera presso la tesoreria provinciale dello Stato o dal contratto con il proprio tesoriere,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad anticipare il termine di scadenza del nuovo sistema di tesoreria unica;
a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti di competenza utili ad impedire che sulle somme depositate dagli enti territoriali presso la tesoreria unica si determinino penalizzazioni in ordine alla remunerazione degli interessi attivi delle risorse ivi allocate;
a valutare l'opportunità di procedere, nel breve termine, alla definizione di nuove e più stabili regole inerenti al patto di stabilità interno, al contempo provvedendo all'attenuazione dei vincoli.
9/5025/155.Mura, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il Capo VI del provvedimento al nostro esame è specificatamente dedicato ai Servizi bancari ed assicurativi;
gli articoli di tale Capo intervengono a largo raggio sull'attività degli istituti di credito in merito, ad esempio, alla gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti correnti dei pensionati con trattamenti fino a 1.500 euro (articolo 27), alla nullità delle clausole nei contratti bancari che prevedono commissioni (articolo 27-bis), alla cancellazione delle ipoteche perenti (articolo 27-ter), agli organi delle fondazioni bancarie (articolo 27-quater), al termine per la surrogazione nei contratti di finanziamento (articolo 27-quinquies);
tra le disposizioni introdotte sono assenti alcune delle previsioni pro-concorrenziali indicate dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione in merito alle proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza per l'anno 2012;
in particolare, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva chiesto di rafforzare la norma, introdotta dall'articolo 36 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che vieta il cumulo di incarichi nel settore finanziario;
tale articolo, malgrado i suoi limiti, è comunque lo sbocco finale di un processo iniziato nel 2008 con l'indagine conoscitiva dell'autorità Antitrust sulla corporate governance di banche e assicurazioni che aveva individuato negli intrecci di consiglieri e sindaci nei CdA una «maggiore probabilità di effetti collusivi» e «una riduzione della concorrenza»;
l'Antitrust negli ultimi anni aveva ripetutamente sollevato la questione dei legami personali incrociati che danno luogo ai cosiddetti interlocking directorates in particolare con una segnalazione al Parlamento riguardante i legami personali nelle banche e nelle assicurazioni;
al riguardo ricordiamo che l'attuale articolo 36 citato (Tutela della concorrenza e partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari) prevede il divieto ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti;
per imprese o gruppi concorrenti si intendono quelli tra i quali non vi sono rapporti di controllo ai sensi della legge 287 del 1990 e che operano nei medesimi «mercati di prodotto e geografici»;
decorso inutilmente il termine di novanta giorni, l'articolo 36, comma 2-bis, prevede uno specifico regime di decadenza da entrambe le cariche. La decadenza è dichiarata dagli organi competenti degli organismi interessati (dell'impresa o del gruppo) entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di novanta giorni o al momento in cui vengono a conoscenza dell'inosservanza del divieto. In caso di inerzia di questi organi è previsto che la decadenza venga dichiarata dall'autorità di vigilanza di settore competente. Sul punto, con la legge di conversione è stato anche definito il regime transitorio: in sede di prima applicazione l'opzione tra le cariche può essere esercitata entro centoventi giorni all'entrata in vigore della legge di conversione, avvenuta il 28 dicembre 2011, quindi entro la fine di aprile 2012 (comma 2-ter);
non è prevista una delega alle authority di settore per l'applicazione del decreto anche se è stato avviato un tavolo Banca d'Italia-Tesoro per analizzare gli ambiti di applicazione. Secondo il dettato della legge in caso di violazione del divieto è prevista - come già richiamato - la decadenza ex-lege da «entrambe le cariche» incompatibili anche se non è chiaro quale debba essere l'organo, la Banca d'Italia oppure l'Isvap, che deve decretare la decadenza;
si stanno verificando, nelle ultime settimane, forti pressioni da parte delle categorie interessate rivolte a limitare gli effetti dell'articolo 36. Assonime - ad esempio - auspica l'emanazione da parte delle autorità settoriali competenti di linee guida congiunte volte a individuare le ipotesi de minimis in cui il divieto non si applica. Secondo Assonime esiste il rischio che «un'interpretazione estensiva della nozione di gruppi concorrenti potrebbe portare a un'applicazione del divieto palesemente sproporzionata rispetto all'obiettivo di prevenire restrizioni della concorrenza nei settori del credito, assicurativi e finanziari»;
viceversa, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva chiesto di rafforzare la norma, mediante:
1) opportuni obblighi di informativa nei confronti dei soggetti regolatori di settore;
2) nonché specificando che l'oggetto si riferisce all'insieme delle attività svolte dal gruppo;
3) ed eliminando il riferimento «analoghe» alle cariche incompatibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative al fine di rafforzare le previsioni di cui all'articolo 36 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, secondo le indicazioni dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
9/5025/156.Paladini, Donadi, Barbato, Messina.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di liberalizzazione del sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica, nonché disposizioni in materia di diritti connessi al diritto d'autore;
detta liberalizzazione, tuttavia, non può considerarsi completa, considerato il permanere del monopolio SIAE in materia di diritti d'autore: un monopolio che non ha in questo particolare momento storico più ragione di esistere e la cui compatibilità con l'ordinamento comunitario e con i principi di concorrenza che lo ispirano appare alquanto dubbia;
peraltro, come si ricorderà, lo scorso anno il Ministro per i Beni e le Attività Culturali era stato costretto a procedere al commissariamento della Società Italiana Autori ed Editori considerata l'impossibilità di funzionamento degli organi deliberativi e la mancata approvazione del Bilancio preventivo con i danni da ciò scaturenti;
l'inefficienza ed i costi di gestione della SIAE sono noti: stando al bilancio 2010 la SIAE, infatti, poteva contare su 1346 dipendenti e 56 dirigenti, e quindi un numero assolutamente sproporzionato per le attività attribuite a tale organismo dalla legge;
una inefficienza questa destinata a scaricarsi sui costi di iscrizione per i giovani autori,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza volta a superare il monopolio di SIAE in materia di diritti di autore, affinché l'attività di amministrazione ed intermediazione dei diritti d'autore diventi finalmente libera;
a valutare l'opportunità di adottare opportune misure tese a favorire della liberalizzazione del settore dell'editoria on-line, prevedendo per il settore della vendita dei libri, ivi compresi i cosiddetti «eBooks», la possibilità di stabilire autonomamente il periodo in cui effettuare sconti o vendite straordinarie, la durata delle promozioni e l'entità delle riduzioni;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza volta ad equiparare sul piano fiscale il libro elettronico a quello cartaceo, ammettendo quindi entrambe le edizioni di un medesimo prodotto editoriale a beneficiare dello stesso trattamento fiscale.
9/5025/157.Leoluca Orlando, Mura, Cimadoro, Di Giuseppe, Zazzera, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il ruolo dell'emittenza televisiva locale assume particolare importanza nell'ambito di un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo dell'informazione;
esiste una stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
considerate le riduzioni sistematiche operate dalle ultime leggi di stabilità del fondo in favore dell'emittenza locale previsto dell'articolo 10 della legge n. 422 del 1993 attraverso tagli operati in un momento già di forte difficoltà, originato dalla crisi dei mercati e dei consumi;
gli effetti della crisi economica stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che già hanno avviato forti riduzioni di personale e investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio al digitale e alla luce delle numerose irrisolte questioni legate all'assegnazione di frequenze e canali;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni atto di competenza teso a:
rimpinguare entro i prossimi mesi il fondo per l'emittenza locale assicurandone una capienza pari a 150 milioni di euro l'anno a decorrere dal 2011 e a 270 milioni di euro a decorrere dal 2014 in conformità con quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993;
a consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la loro programmazione per zone;
a riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
ad allargare gli obblighi di pubblicazione delle aste giudiziarie ai mezzi televisivi locali, abolendo il privilegio esistente in favore della carta stampata;
ad assegnare le numerazioni Lcn nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle soie tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
a prevedere risarcimenti per l'intero sistema televisivo locale, e non solo per quello già passato al digitale, per la vendita all'asta già avvenuta delle 9 frequenze;
a riservare, come previsto dalla legge n. 249 del 1997, almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale; privilegiando le emittenti che operano in Regioni soggette a forti interferenze di segnali provenienti dall'estero.
9/5025/158.Zazzera, Di Pietro, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Cimadoro, Messina, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
Legambiente ha recentemente presentato un Dossier che riassume e mappa i siti italiani inquinati dagli ordigni della seconda Guerra;
l'obiettivo dell'Associazione è di promuovere azioni per la difesa dell'ambiente e la protezione contro i rischi derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche provenienti dalle armi chimiche e dalla mancata bonifica dei siti civili e militari a terra, nei laghi, nei fiumi e nel mare, in cui queste armi sono state fabbricate o abbandonate;
sono oltre 30.000 gli ordigni inabissati nel sud del mare Adriatico; 13.000 i proiettili e 438 i barili contenenti pericolose sostanze tossiche inabissati nel golfo di Napoli; 4.300 le bombe all'iprite e 84 tonnellate di testate all'arsenico nel mare antistante Pesaro;
il direttore dell'Nbc, centro che fruisce dal 2009 di un finanziamento annuo di 1.200.000 di euro per la propria attività, ha dichiarato che la Convenzione di Parigi prevede che ogni Stato si impegni a distruggere e smaltire le armi chimiche sul suo territorio e quelle abbandonate sul territorio di altri Paesi e che per il momento, la policy del ministero degli Affari Esteri è che l'Italia gestisca da sé gli ordigni presenti sul suo territorio;
sono siti civili e militari a terra, nei laghi, nei fiumi e nel mare ad altissimo livello di inquinamento in cui vengono rilasciate costantemente sostanze estremamente dannose per la salute umana, per l'ambiente e l'ecosistema come arsenico, iprite, lewsite, fosgene e difosgene, acido cloro solfonico e cloropicerina;
tenuto conto che l'articolo 48 del provvedimento in esame reca norme in materia di dragaggi,

impegna il Governo:

a promuovere, nell'immediato, azioni per la difesa della salute umana ed ambientale e la protezione contro i rischi derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche provenienti dalle armi chimiche e dalla mancata bonifica dei siti civili e militari a terra, nei laghi, nei fiumi e nel mare, in cui queste armi sono state fabbricate o abbandonate;
ad intraprendere maggiori azioni di monitoraggio, gestione e bonifica dei siti contaminati in aree militari, e non, al fine di arginare i gravissimi pericoli ambientali derivanti dagli ordigni che continuano a rilasciare i loro veleni.
9/5025/159.Di Stanislao, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
la norma introdotta con l'articolo 91-bis (Norme sull'esenzione dell'imposta commerciale sugli immobili degli enti non commerciali) del provvedimento al nostro esame, risulta del tutto estranea alla materia del decreto-legge, ad avviso dei presentatori, in spregio alle recenti ammonizioni del Presidente della Repubblica;
il 23 febbraio scorso, infatti, il Presidente della Repubblica ha inviato una ulteriore lettera ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri in cui ha sottolineato «la necessità di attenersi, nel valutare l'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti-legge, a criteri di stretta attinenza, al fine di non esporre disposizioni a rischio di annullamento da parte della Corte Costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali»;
questa norma, peraltro, rischia di non risolvere (secondo due autori come Andrea Carinci e Thomas Tassani) il problema del contenzioso con l'UE in merito al divieto comunitario di aiuti di Stato;
si prevede che, per poter godere della agevolazione, l'attività sociale svolta nell'immobile debba essere esercitata necessariamente «con modalità non commerciali». La formula non è delle più felici, anche per la sua originalità: sarebbe stato più corretto parlare di «attività non commerciale», che è invece espressione ampiamente usata nella disciplina positiva e oramai conosciuta all'esperienza applicativa;
il riferimento alle «modalità» evoca l'idea che occorrerà considerare l'attività svolta in concreto. Ma se così è, si tratta allora di una cautela del tutto superflua, perché già da tempo la giurisprudenza ritiene che la commercialità di un ente vada verificata in termini sostanziali e non solo formali;
dovrebbe comunque restare fermo che la non commercialità andrà verificata sulla base dei criteri che giurisprudenza e dottrina hanno elaborato in questi anni e che si possono riassumere in due test di «non commercialità». L'attività è non commerciale quando: a) non è diretta alla produzione o circolazione di beni o servizi; b) oppure quando è svolta con criteri di gestione tali da non coprire, con i corrispettivi, i costi di gestione;
ad esempio: una casa di cura per anziani, condotta da un'associazione religiosa, è sicuramente commerciale per il primo test: offre un servizio in un mercato concorrenziale (dei servizi assistenziali) in modo abituale e organizzato. Se, tuttavia, le rette fatte pagare agli ospiti non sono in grado, in concreto, di coprire i costi di gestione, l'attività sarà non commerciale, perché mancante del requisito dell'economicità. In questo senso, il fatto che il pareggio di bilancio sia raggiunto grazie alla beneficenza oppure a contributi pubblici a fondo perduto, fa si che l'attività sia non commerciale. Come tale, quindi, certamente agevolabile;
applicando questi principi, ne deriva che dovrebbero essere agevolabili con la nuova modifica solo quelle attività che: a) sono al di fuori di un circuito concorrenziale di impresa (per esempio, organizzazione di gruppi di preghiera; di corsi gratuiti di teatro per portatori di handicap; di dormitori per senza tetto); b) pur offrendo beni o servizi sul mercato, si finanziano con metodi in gran parte erogativi (come donazioni o contributi pubblici);
ci si può chiedere se la novella legislativa sia in grado di superare i problemi di compatibilità comunitaria del sistema italiano per le agevolazioni agli enti ecclesiastici e agli enti non commerciali;
lo stesso presidente del Consiglio ha avvalorato una lettura della nuova norma italiana che, oltre a non trovare conferma nella lettera della stessa, di fatto minaccia di contraddire le finalità con cui è stata introdotta. Intervenendo, infatti, in Commissione industria del Senato, il 27 febbraio scorso, e parlando delle scuole gestite da enti non commerciali, il Presidente Monti ha affermato che l'agevolazione Imu dovrebbe essere riconosciuta quando vi sia una valutazione di equivalenza del servizio svolto a quello pubblico, il servizio sia aperto a tutti i cittadini alle medesime condizioni, gli eventuali avanzi di gestione siano investiti nella attività didattica;
nessuno di questi tre requisiti risulta essere in alcun modo rilevante per ricostruire la natura non commerciale di una attività e di un ente: non i primi due, in quanto estranei a una logica di concorrenza e perfettamente compatibili con attività di mercato; non l'ultimo, dal momento che l'impiego dell'utile all'interno della medesima attività, non esclude in alcun modo la lucratività della medesima. Tali requisiti acquistano valore ai fini della applicazione del regime agevolativo onlus alle «scuole paritarie», ma questo è un profilo differente da quello della modifica normativa in tema di agevolazione Imu;
se in questo modo si è voluto anticipare come in concreto la nuova previsione andrà applicata, è forte il timore che, nonostante la lettera della norma, rimarrà una situazione di contrasto con i dettati comunitari. Con l'aggravante che l'incompatibilità si verrà a determinare sul piano dell'interpretazione e applicazione della norma, non più, come prima, in quella del dato testuale: a un livello, quindi, più opaco e meno tracciabile;
infine, rimangono ancora insoluti due problemi, nel mirino degli organi comunitari e non interessati dalla riforma in commento: a) da una parte, non è stata toccata la previsione dell'articolo 149 Tuir (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), che presume che gli enti ecclesiastici siano sempre enti non commerciali, a prescindere da ogni verifica circa l'attività effettivamente svolta, come invece si richiede per la generalità degli enti non commerciali. Questo aspetto influisce in parte sul godimento della agevolazione Imu (lo status di ente non commerciale è un presupposto per il benefìcio), ma ha effetti per i trattamenti di favore nelle altre imposte; b) dall'altra, rimane la problematica del regime agevolativo onlus che, per come è attualmente strutturato, consente agevolazioni fiscali molto rilevanti anche ad attività del tutto commerciali svolte nel settore sociale (che sono completamente esentate dal pagamento delle imposte sui redditi);
pur comprendendo che si tratta di un intervento in una materia complessa e delicata, non si può non rilevare come la nuova disciplina solleva troppi dubbi rendendo ancora lunga la strada da intraprendere per portare il mondo del non profit italiano nell'alveo della piena compatibilità comunitaria,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative al fine di:
definire «le modalità non commerciali» di cui al citato articolo 91-bis in maniera compatibile con la normativa europea al riguardo, ed, in particolare, definirle tali solo se non sono dirette alla produzione o circolazione di beni e servizi oppure se sono svolte con criteri di gestione tali da non coprire, con i corrispettivi, 1 costi di gestione;
adottare gli stessi criteri che determinano la perdita della qualifica di ente non commerciale previsti dall'articolo 149 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, anche per gli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili.
9/5025/160.Evangelisti, Barbato, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1 abroga, fra le altre, al comma 1 lettera b), le norme che «limitano o condizionano l'offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità», e al comma 2 richiama, insieme con altri, il riferimento alla dignità umana quale parametro per la piena estensione della iniziativa economica privata;
le disposizioni richiamate fanno eco all'articolo 41 della Costituzione, per il quale l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla dignità dell'uomo;
il riposo settimanale costituisce da sempre un aspetto rilevante del rispetto della dignità umana; al di là del riferimento religioso, la tendenziale coincidenza fra il giorno di riposo e la domenica è un dato stabile della nostra tradizione e della nostra cultura. Lo hanno ricordato, in modo laico, le principali organizzazioni sindacali italiane allorché, la prima domenica di marzo di quest'anno, hanno convintamente aderito - con volantinaggi davanti ai principali punti di vendita italiani - alla Giornata europea per la domenica libera dal lavoro, indetta dalla European Sunday Alliance, il network europeo dei sindacati e delle associazioni impegnate a far crescere la consapevolezza della conciliazione dei tempi del lavoro con i tempi della vita;
ovviamente ci sono lavori che devono essere svolti di domenica: da quelli che riguardano i servizi pubblici essenziali alle attività di ristorazione e di intrattenimento, fino a quelli che vengono svolti in località ad alta presenza turistica;
negli altri casi, come dimostrato dalle parti sociali, l'estensione del lavoro domenicale non ha incrementato i consumi, ha indotto a turni di lavoro sempre meno dignitosi, senza far corrispondere a ciò un apprezzabile aumento delle retribuzioni, ha fatto aumentare i costi di gestione, ha provocato problemi di tenuta all'interno delle famiglie. Né il riposo domenicale appare compensabile con il riposo in altro giorno della settimana, poiché ciò si oppone alla scansione naturale del ritmo della prestazione e alle esigenze di vita familiare;
appare quindi necessario che, in sede di applicazione delle disposizioni del presente decreto, il governo salvaguardi il riposo domenicale, individuando le deroghe nei servizi cui prima si faceva riferimento, e comunque garantendo la volontarietà della prestazione di domenica, senza che l'indisponibilità a rendere di domenica la propria prestazione di lavoro sia in alcun modo pregiudizievole per il lavoratore,

impegna il Governo

in sede di applicazione delle norme del presente decreto-legge, e in particolare di quanto contenuto nell'articolo 1, a garantire il riposo domenicale, fatte salve le deroghe di cui in premessa, a prevedere la volontarietà del lavoro domenicale, e a non far derivare effetti pregiudizievoli per il lavoratore che scelga di non prestare la sua opera di domenica.
9/5025/161.Mantovano, Pagano, Binetti, Grassi, Marinello, Polledri, Roccella, Saltamartini, Capitanio Santolini, Malgieri, Pini, Fallica, De Pasquale, Vignali, D'Anna, Razzi, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
le TV locali, alle quali sono legate le PMI, che rappresentano il 70,8 per cento del PIL nazionale e oltre 9 milioni di posti di lavoro, hanno bisogno di certezze per poter operare e per mettere in pratica il loro ruolo di volano dell'economia, più volte riconosciuto dal Parlamento;
occorre dare certezze alle TV locali, consentendo che quelle del Mezzogiorno vengano seguite al Nord, e viceversa, con un confronto costruttivo, necessario per la crescita culturale ed economica del Paese;
il passaggio al digitale si completerà entro il 2012, e quindi non è più possibile rimandare l'approvazione di norme indispensabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attribuire ai fornitori di servizi di media in ambito locale che raggiungano una copertura pari ad almeno l'80 per cento del territorio nazionale, sia attraverso accordi con operatori di rete locali, sia in parte attraverso tali accordi e per la parte restante in forma di contenuti condivisi numerazioni automatiche dei canali della televisione digitale terrestre destinate ai canali nazionali.
9/5025/162.Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
Premesso che:
consapevole dell'importanza dell'emittenza locale in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo dell'informazione;
consapevole, altresì, della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita della piccola e media impresa;
considerate le riduzioni sistematiche operate dalle ultime leggi di stabilità del fondo in favore dell'emittenza locale previsto dell'articolo 10 della legge 422 del 1993, tagli operati a bilanci chiusi e con effetto retroattivo in un momento già di forte difficoltà, originato dalla crisi dei mercati e dei consumi;
consapevole che gli effetti della crisi stanno producendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria e industriale di molte emittenti che già hanno avviato forti riduzioni di personale e investimenti;
considerato l'imminente completamento del passaggio al digitale e alle numerose irrisolte questioni legate air assegnazione di frequenze e canali,

impegna il Governo a valutare la possibilità di:

varare nei prossimi due mesi norme a tutela del fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportando la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad attuare una capienza di 270 milioni dal 2014 secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge 422 del 1993;
consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone;
riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
allargare gli obblighi di pubblicazione delle aste giudiziarie ai mezzi televisivi locali, abolendo il privilegio esistente in favore della carta stampata;
assegnare le numerazioni Lcn nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
prevedere risarcimenti per l'intero sistema televisivo locale, e non solo per quello già passato al digitale, per la vendita all'asta già avvenuta delle 9 frequenze;
applicare la norma che assegna un terzo delle 27 frequenze coordinate alle emittenti locali, privilegiando quelle che operano in Regioni soggette a forti interferenze di segnali provenienti dall'estero.
9/5025/163.Iapicca, Miccichè, Misiti, Fallica, Grimaldi, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
considerato che:
il comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 prevede l'obbligo della copertura assicurativa per i professionisti; tale obbligo è riconfermato dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge in esame;
le disposizioni in titolo non contengono altra specificazione salvo che «Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti;
da tempo le associazioni mediche di maggior rilievo sul piano nazionale segnalano la crescita esponenziale dei premi relativi alle polizze RCT medici ed in particolare:
1) le Compagnie evitano di assicurare professionisti già «sinistrati», cioè oggetto di semplici richieste di risarcimento, indifferenti al fatto che le denuncie possono concludersi in un nulla di fatto sotto il profilo penale o non dar luogo ad un risarcimento in sede civile;
2) laddove il Medico riceva una disdetta per sinistro, da parte di una Compagnia, altro assicuratore assumerà il rischio ben raramente e solo a fronte di premi elevatissimi;
3) determinate specializzazioni a rischio (es. ginecologi, chirurghi plastici, medici estetici ed anestesisti) sono assicurate con clausola RD (riservato direzione) per evitare che l'Intermediario (Agente) possa assumere indiscriminatamente un numero indeterminato di Clienti anche in assenza di sinistri.
4) la continua ascesa dei premi che sta portando all'insostenibilità dei costi delle polizze a carico dei medici. Paradossale la situazione dei ginecologi, se si considera che l'Italia è uno dei Paesi con i più bassi rischi alla nascita, per i quali le polizze possono arrivare a 14.000 euro l'anno;
5) le polizza RCT Medici contengono la clausola «claims made» (letteralmente «a richiesta fatta»), tramite la quale la datazione del sinistro rilevante ai fini dell'articolo 1917, comma 1 del codice civile, è fatta coincidere con la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal terzo e non più, dunque, col comportamento del danneggiante-assicurato generativo della responsabilità; a fronte del vantaggio sotto il profilo dei costi di polizza, il rischio è quello di vedersi recapitare la richiesta di risarcimento in un'epoca in cui non si gode più della copertura assicurativa;
a fronte dell'esplosione dei costi assicurativi diverse Regioni, Piemonte, Toscana e da poco, anche la Liguria) stanno provvedendo ad auto assicurarsi; l'idea è quella di non stipulare polizze e rimborsare i danni, una volta verificati, pescando direttamente nei propri bilanci; nel 2009 la Toscana spendeva 45 milioni di euro per polizze; nel 2010 ha rimborsato da sola il 50 per cento dei danni da errori medici spendendo 5 milioni; tale evidenza depone a sfavore della capacità delle Compagnie assicurative di contenere i costi tramite un'adeguata vigilanza;
è in corso di discussione, in prima lettura, presso la commissione Sanità del Senato della Repubblica l'atto n. 6 concernente la responsabilità professionale del personale sanitario; l'ultima seduta risale al novembre 2011 e il provvedimento non appare in grado di essere approvato dalle Camere entro l'agosto del 2012, data entro la quale l'assicurazione professionale diverrà obbligatoria,

impegna il Governo:

a favorire le forme di auto copertura dei danni da «malasanità» verificatisi nell'ambito delle proprie strutture sanitarie, introdotte da talune regioni, in forza degli evidenti risultati ottenuti con questa metodologia rispetto alla tradizionale copertura assicurativa;
per quel che riguarda l'obbligo di copertura assicurativa dei medici previsto dalla lettera e) del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ad introdurre disposizioni regolatorie con le quali:
a) prevedere che le Compagnie di assicurazione abbiano l'obbligo ineludibile di assicurare i professionisti che lo richiedano, secondo il modello e con le modalità dell'RCA Auto, introducendo eventualmente una formula simile a quella del «bonus-malus»;
b) a prevedere che la polizza assicurativa del professionista possa essere disdetta solo quando il sinistro sia stato effettivamente individuato come tale nelle sedi appropriate;
c) prevedere la piena attuazione del principio di negoziazione del modello di polizza assicurativa RCT Medici, previsto dal citato articolo 3 del decreto n.138 del 2011, mediante la costituzione di un apposito tavolo di negoziazione presso il Ministero della salute, e favorendo altresì l'adozione di un regime convenzionale generale e di condizioni particolari per le diverse branche della medicina.
9/5025/164.Di Virgilio.

La Camera,
premesso che:
relativamente alle procedure autorizzative per l'accesso agli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sussistono alcune criticità, in capo alla normativa vigente, in riferimento ai titoli autorizzativi considerati validi ai fini della presentazione delle domande di richiesta di incentivi;
difatti il decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 18 dicembre 2008 nel definire la procedura di qualifica per l'accesso ai menzionati incentivi ha previsto, nella documentazione, la presentazione di una copia dell'autorizzazione unica di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003;
tale specifica non teneva conto del fatto che - ad esempio - tutti gli impianti autorizzati prima del decreto legislativo 387 2003 dispongono di titoli autorizzativi diversi;
d'altra parte il decreto legislativo 28 del 2011, in attuazione della normativa europea in materia, riconosce diversi titoli autorizzativi da corredare alla menzionata domanda, configurando una previsione più completa e veritiera;
tale situazione di evidente ambiguità sul versante normativo determina considerevoli difficoltà in capo agli operatori del settore, con particolare riferimento agli impianti già in esercizio, che rischiano di incorrere in rallentamenti procedurali, ingolfamenti amministrativi e contenziosi inutili con effetti negativi su investimenti ed attività industriali in produzione, a causa di istruttorie condotte in maniera potenzialmente impropria dal GSE per via della menzionata ambiguità;
al fine di consentire una semplificazione delle menzionate procedure di accesso agli incentivi e una più agile configurazione burocratica nel settore considerato, sarebbe auspicabile una armonizzazione del decreto ministeriale 18 dicembre 2008 a quanto disposto dal decreto legislativo n. 28 del 2011,

impegna il Governo

a valutare opportuni interventi normativi indirizzati ad un'armonizzazione della normativa evidenziata in premessa, improntata ad una previsione più completa e veritiera delle diverse configurazioni impiantistiche operative anche al fine di evitare ingiustificate criticità di natura burocratica che potrebbero deprimere un settore in pieno sviluppo.
9/5025/165.Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure di regolazione indipendente in materia di trasporti, anche prevedendo l'introduzione di una specifica Autorità di regolazione, con funzioni di monitoraggio e operatività a garanzia della concorrenza e del contenimento dei costi, per fornire la necessaria tutela degli utenti e delle imprese;
l'opera dell'Autorità si svolge anche in relazione al mercato dei servizi pubblici non di linea legati alla mobilità dei passeggeri, sia in ambito nazionale che in ambito locale e urbano;
è opportuno ricordare che tali servizi di trasporto pubblico non di linea coinvolgono, analogamente al servizio taxi con autovettura già menzionato nel provvedimento in esame, anche altri servizi, come disposto della legge n. 21 del 1992, e in particolare: il servizio di taxi con motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale, nonché il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale;
il mancato riferimento esplicito alla legge n. 21 del 1992, che definisce in maniera chiara l'applicabilità del titolo di servizi di trasporto pubblico non di linea, potrebbe favorire un'interpretazione parziale delle misure introdotte, che danneggerebbero considerevolmente gli utenti e la categoria già menzionata, introducendo inevitabili distorsioni di mercato,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di consentire - attraverso specifiche disposizioni normative - che l'azione dell'Autorità - di cui in premessa - sia riferita a tutti i servizi del trasporto pubblico non di linea, come indicati dall'articolo 1, comma 2 della legge 15 gennaio 1992 n. 21,
9/5025/166.Proietti Cosimi, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure di semplificazione delle procedure inerenti il mercato dell'energia e delle procedure per l'approvazione del piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale;
in tema di autoproduzione e autoconsumo dell'energia elettrica, l'articolo 2 del decreto legislativo 79 del 1999 reca una definizione di «autoproduttore» che non coglie alcuni aspetti dell'attuale configurazione del sistema italiano della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento;
da tale definizione vengono di fatto escluse le pluralità di utilizzatori finali intesi come «unico utilizzatole finale collettivo o aggregato»;
tale configurazione normativa lascia emergere una evidente discriminazione che determina, di fatto, una disparità di trattamento tra persone giuridiche collegate da vincolo societario e persone giuridiche non collegate tra loro da vincolo societario ma da altro vincolo finalizzato in ogni caso al miglioramento di efficienza energetica sul medesimo sito, quali ad es. il condominio;
per valorizzare l'autoproduzione e con essa l'autoconsumo di energia elettrica analogamente a quanto avviene con l'energia termica, si rende dunque necessaria l'individuazione di una ulteriore definizione di autoproduttore di energia da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento, che consenta di estendere la disciplina ed il trattamento citato in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire un intervento sulla normativa vigente, al fine di consentire la ridefinizione di «autoproduttore» che tenga conto della reale configurazione del sistema di autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento.
9/5025/167.Giorgio Conte, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure di semplificazione delle procedure inerenti il mercato dell'energia e delle procedure per l'approvazione del piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale;
l'attuale disciplina dei sistemi di distribuzione chiusi, ovvero delle reti interne d'utenza così come definite dall'articolo 33 della legge 23 luglio 2009, n. 99, configura un rischio di potenziali distorsioni della concorrenza giacché non contempla esplicitamente le altre reti elettriche private senza obbligo di connessione di terzi, cui si applica l'articolo 33, comma 6, della legge 23 luglio 2009, n. 99;
difatti l'articolo 2, comma 1, lettera t) del decreto legislativo n. 115 del 2008 relativo ai Sistemi efficienti di utenza definisce tali sistemi unicamente in riferimento a impianti di produzione di energia elettrica «con potenza nominale non superiore a 10 Mwe» e direttamente connessi «per il tramite di un collegamento privato, all'impianto per il consumo di un solo cliente finale», nonché realizzati «all'interno dell'area di proprietà o nella piena disponibilità del medesimo cliente»;
restano esclusi da tale definizione gli impianti di produzione con potenza nominale superiore a 20 Mwe, nonché gli apparati di consumo nella titolarità di uno o più utilizzatori finali, destinatari di un medesimo programma di miglioramento di efficienza energetica;
si determina così una potenziale discriminazione tra reti interne di utenza (RIU) ed altre reti elettriche private, limitando in maniera ingiustificata la concorrenza tra differenti modalità organizzative delle reti;
tale criticità è stata rilevata anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che è intervenuta con un'opportuna segnalazione al Governo e alle Camere al fine di procedere quanto prima ad una rettifica,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di prevedere un'opportuna revisione della normativa riguardante i sistemi di distribuzione chiusi, includendo le differenti modalità organizzative delle reti elettriche - come indicato in premessa - e di conseguenza eliminando le criticità e possibili distorsioni della concorrenza evidenziate.
9/5025/168.Divella, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca nell'articolo 50 norme in materia di concessione, di costruzione e gestione di opere pubbliche;
non viene fatta alcuna menzione alla gestione di quello che si più considerare il vasto patrimonio italiano delle cosiddette «opere pubbliche incompiute», meglio definite come «cattedrali nel deserto» intese come opere non completate, sia per mancanza di fondi, per cause di tipo tecnico o normativo, per fallimento dell'impresa appaltatrice o per un disinteressamento al suo completamento. Esse si configurano come i simboli più evidenti della cattiva gestione dello Stato, immagini degradate del paese e della mala amministrazione;
l'articolo 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in legge n. 214 del 22 dicembre 2011 introduce una specifica definizione degli immobili suindicati e introduce l'elenco - anagrafe delle opere pubbliche incompiute presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti senza però consentire il superamento del problema;
per far fronte alla gestione del suindicato patrimonio è andata consolidandosi a livello europeo una forma di gestione patrimoniale all'insegna del criterio di efficienza, che potrebbe trovare spazio in quadro normativo italiano capace di favorire una migliore gestione dei beni, partendo dalla vendita - da parte dell'Amministrazione - della citata categoria di immobili anche ai privati per ragioni strutturali o strategiche;
i suindicati beni pubblici, oltre a non essere pienamente valorizzati sul piano economico, non vengono neanche percepiti come potenziali fonti di ricchezza per lo Stato e possono anche favorire un'immediata ricaduta in termini occupazionali ed economici per la collettività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere possibile, attraverso idonei strumenti normativi, la vendita di queste infrastrutture incompiute a quei privati che ne manifestino l'interesse.
9/5025/169.Toto, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge stabilisce delle nuove norme per disincentivare le frodi sui risarcimenti da sinistri stradali, frodi che, oltre a danneggiare le compagnie assicurative, determinano una maggiorazioni dei costi che ha come diretta conseguenza l'aumento dei premi, da sempre additati come i più elevati in tutta Europa, a carico degli assicurati onesti; opportunamente è stato in particolare previsto all'articolo 33 comma 1-bis l'aumento di pena per il reato di cui all'articolo 642 c.p. (frode assicurativa), da uno a cinque anni, oltre che l'introduzione di analoga sanzione penale per la falsa perizia tecnica;
a rafforzare l'intento repressivo della piaga delle frodi assicurative è sicuramente orientato anche l'articolo 30 del decreto-legge, laddove responsabilizza le compagnie assicurative imponendo loro particolare attenzione e metodo nell'esercizio dell'attività di antifrode, dato che viene previsto che ciascuna impresa di assicurazione è tenuta a trasmettere all'ISVAP, con cadenza annuale, a pena di sanzioni, una relazione contenente informazioni dettagliate circa il numero dei sinistri per i quali si è ritenuto di svolgere approfondimenti in relazione al rischio di frodi, il numero delle querele o denunce presentate all'autorità giudiziaria, l'esito dei conseguenti procedimenti penali, nonché in ordine alle misure organizzative interne adottate o promosse per contrastare le frodi;
a fronte di tale ratio palesemente volta a contrastare le frodi assicurative, non si può non evidenziare tuttavia l'incongruità di una parte della disciplina contenuta nel provvedimento in oggetto, che non tiene in debito conto il contesto reale in cui opera l'attività di antifrode. Si tratta dell'articolo 32, comma 2-bis che, al quarto periodo, prevede che se l'impresa, all'esito degli approfondimenti condotti, non formula offerta di risarcimento poiché ritiene di presentare una querela, deve informarne contestualmente l'assicurato nella comunicazione concernente le determinazioni conclusive in merito alla richiesta di risarcimento; in tal caso il termine per la presentazione della querela, di cui all'articolo 124, primo comma, del codice penale, decorre dallo spirare del termine di trenta giorni entro il quale l'impresa comunica al danneggiato le sue determinazioni conclusive;
chiunque abbia esperienza in pratiche di antifrode (o comunque più in generale nella disciplina penale) sa bene che rassicurato-danneggiato (o colui che comunque denuncia il sinistro fraudolento) è solitamente proprio colui che sarà assoggettato ad indagini penali a seguito di querela e spesso imputato. Poiché la frode assicurativa è sempre reato procedibile a querela ex articolo 642 c.p., stando al dettato normativo dell'articolo 32 in esame la compagnia truffata dovrebbe «contestualmente» rivelare al soggetto sottoposto ad indagini l'esistenza del procedimento penale;
la prescrizione normativa in oggetto appare, ad avviso della presentatrice, pertanto palesemente assurda sotto questo primo profilo, dato che avvisare il possibile reo dell'indagine a suo carico determina chiaramente, in primis, il rischio di compromettere la sicurezza dell'indagine e la proficua attività da parte degli inquirenti; inoltre la disposizione in commento viola la legge processuale penale (329 del codice di procedura penale) dato che informare il possibile indagato del fatto che è stato querelato vuol dire non solo compromettere le indagini, ma pone un serio conflitto con l'obbligo di segretezza che grava sul procedimento penale incardinato a seguito di querela; in pratica, la norma produce l'effetto di sottrae all'autorità inquirente, il Pubblico Ministero nella fattispecie, il potere di preservare le indagini da comunicazioni ingiustificate o illecite, generando una ingiustificata difformità di trattamento rispetto ad ogni altro reato denunciato, che non sia di antifrode;
sotto un secondo profilo la disposizione appare inoltre illogica laddove stabilisce il breve termine di 30 giorni, dalla informativa finale ai danneggiato, da cui decorre il termine per la proposizione di querela da parte della compagnia assicuratrice. La giurisprudenza ha tuttavia chiarito che il termine per la querela decorre in generale dalla effettiva conoscenza del fatto da parte della persona offesa, anche in relazione alla qualifica del reato e alla individuazione del responsabile. Ciò significa che non basta il mero sospetto e che talvolta possono rendersi necessarie verifiche ed accertamenti, per non commettere errori o investire inutilmente le Procure di querele che poi si rivelano infondate. Pertanto, il predetto breve termine appare poco giustificabile e sperequato, non tenendo conto della realtà che solitamente caratterizza l'attività di antifrode, in cui la scoperta del fatto delittuoso sovente passa attraverso l'esame anche di decine o centinaia di posizioni, previe indagine tecniche, mediche e di investigazione privata. Basti qualche esempio: nel maggio 2011 la procura di Treviso, dopo 3 anni di indagini (su querela di varie compagnie, a loro volta impegnate in indagini private), ha proceduto all'arresto di 24 persone e ne ha denunciato altre 400 a margine di una maxifrode assicurativa su sinistri stradali che ha riguardato circa 500 incidenti; nel febbraio 2012 la Procura di Caserta ha operato 28 arresti in relazione a frodi assicurative su decine di incidenti stradali; sempre nel maggio 2011 anche la Procura di Frosinone conta 24 arresti ed oltre 140 indagati per frodi assicurative. Questi casi danno l'idea della mole di lavoro investigativo che spesso si rende necessaria per poter accertare i falsi e le truffe, non sempre agevoli da individuare nell'immediatezza dettata dalla norma censurata, che appare dettata da una sorta di «fretta» liquidatoria, comprensibile nelle sue finalità, ma controproducente nell'efficacia antifrode. Appare infatti evidente che il testo della norma concede troppo poco tempo alle compagnie assicurative per poter avviare indagini che possono risultare molto complesse, mentre se si vuole che le compagnie assicurative svolgano effettivamente attività di antifrode, attività che è svolta da personale specializzato e non dai liquidatori, occorre non porre incongrui paletti alla loro attività, quali un termine così esiguo da creare numerose problematiche procedurali come pure contrasti interpretativi, col rischio che la querela sia considerata tardiva e il lavoro svolto dalle autorità inquirenti vanificato;
il testo, come modificato al Senato, dell'articolo 32, terzo comma, lettera a), novella l'articolo 148 del codice delle assicurazioni private stabilendo che, per i sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento deve - tra l'altro - recare l'indicazione dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili «per non meno di due giorni non festivi» per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno. Ma prevedere solo «due» giorni non festivi (contro i cinque previsti dal testo del decreto-legge) per l'ispezione del veicolo rende difficoltoso l'adempimento di un simile compito. L'esperienza dell'attività antifrode insegna infatti come - proprio con riferimento ai danni materiali - la necessità di una rapida (per non dire pressoché automatica) liquidazione, anche attraverso l'indennizzo indiretto, abbia agevolato le truffe assicurative. Pertanto, pur dovendosi prevenire ogni intento dilatorio, pare opportuno evitare di cadere nell'eccesso opposto e quindi prevedere un più congruo termine per consentire una esatta verifica del danno materiale, stante anche la sanzione penale che ora grava sui periti assicurativi (v. articolo 33, comma 2-bis), che devono almeno avere la possibilità di adempiere all'incarico ricevuto entro un termine non quasi impossibile da rispettare;
è fortemente apprezzata, proprio da quanti da anni sono impegnati ad accertare e combattere le frodi assicurative, la volontà di rafforzare gli strumenti per l'attività antifrode, ma occorre che il legislatore dia spazio e modo di intervenire con ragionevole professionalità, tempestività ed efficacia evitando che tale impegno sia compromesso da previsioni normative poco aderenti alla realtà ed alle reali esigenze di chi opera nel settore,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di apportare delle modifiche correttive alle disposizioni menzionate, per rafforzarne l'efficacia ai fini di antifrode, adottando ulteriori iniziative volte a:
sopprimere all'articolo 32, comma 2-bis, la previsione della comunicazione da parte dell'assicuratore della presentazione della querela all'assicurato-danneggiato, il quale potrà essere comunque destinatario della sola comunicazione di mancato indennizzo, ai fine di non pregiudicare il buon esito delle indagini;
sopprimere altresì al medesimo articolo 32, comma 2-bis, la previsione dell'esiguo termine di trenta giorni - dalla comunicazione da parte della compagnia al danneggiato delle sue determinazioni conclusive -, dallo spirare del quale decorre il termine ordinario per la presentazione della querela per la frode, per confermare invece anche in questi casi l'orientamento consolidato della Cassazione per ogni altro reato, ovvero il decorso dei 90 giorni per la querela dalla conoscenza del fatto-reato;
stabilire infine al terzo comma dell'articolo 32, lettera a), un più congruo termine per l'ispezione diretta del veicolo da parte del perito incaricato dalla compagnia nel caso di sinistri con soli danni a cose, ripristinando almeno il termine di cinque giorni previsto nel testo originario del decreto-legge.
9/5025/170.Rubinato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 27 del decreto-legge del 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha ristretto drasticamente il numero dei soggetti che possono accedere al regime dei contribuenti minimi;
in particolare l'articolo 27, prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, il regime fiscale semplificato per i cosiddetti contribuenti minimi si applica, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione o che l'abbiano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007;
la platea dei beneficiari del c.d. regime del «forfettone», di cui all'articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) - una tassazione forfettaria del 20 per cento per i titolari di partite Iva e i lavoratori autonomi che a fine anno incassano meno di 30 mila euro - è ridotta a coloro i quali intraprendono un'attività o l'abbiano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007;
la norma del citato articolo 27 prevede la riduzione della platea dei beneficiari e l'aumento del beneficio; in particolare a decorrere dal gennaio 2012, l'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali viene ridotta al 5 per cento in luogo del 20 per cento del regime forfettario pre-vigente;
il nuovo regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile è applicato anche oltre il quarto periodo d'imposta successivo a quello di inizio dell'attività, ma non oltre il periodo d'imposta di compimento del trentacinquesimo anno d'età, perciò, in sostanza il regime fiscale agevolato si estende fino ai trentacinque anni, anche oltre il limite temporale dei cinque anni, per chi abbia iniziato l'attività imprenditoriale in giovane età ma rimane fermo che chi intraprende un'attività o l'abbia intrapresa dopo il 31 dicembre 2007, avendo più di trentacinque anni di età, potrà godere del beneficio in esame entro il limite dei cinque anni;
il nuovo regime appare particolarmente penalizzante per quei soggetti, titolari di partita Iva (artigiani, commercianti, professionisti), soprattutto giovani, esclusi per mancanza dei requisiti oggettivi dal nuovo regime di favore e che in precedenza potevano usufruire del regime forfettario che prevedeva una imposta sostitutiva unica pari al 20 per cento dell'imponibile fatturato;
il favore del precedente regime «dei minimi» introdotto dal citato articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) e drasticamente modificato dal citato articolo 27 del decreto-legge 98/2011, ha permesso a moltissime piccole aziende e a molti giovani professionisti e commercianti, soprattutto al meridione, di intraprendere attività economiche senza essere penalizzati dall'eccessivo carico fiscale, creando sviluppo e occupazione e facendo emergere il lavoro nero;
la relazione tecnica allegata al provvedimento di luglio 2011 stimava che solo il 4 per cento dei soggetti che precedentemente rientravano nel regime agevolato del «forfettone» continuerebbe ad applicare il regime in oggetto, mentre il complementare 96 per cento ne rimarrebbe escluso;
la normativa nuova, invero, colpisce inevitabilmente tutte quelle attività commerciali, professionali e artigianali condotte da soggetti trentacinquenni o da coloro che, pur non avendo ancora compiuto i 35 anni, non possono godere delle agevolazioni fiscali per aver aperto la partita IVA prima dell'anno 2008,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di estendere il regime di favore che prevede l'imposta unica del 5 per cento a tutte le attività commerciali, professionali e artigianali, il cui fatturato non superi i 30 mila euro l'anno e che siano condotte da giovani che non abbiano ancora compiuto i 40 anni di età;
in subordine, a valutare l'opportunità di estendere il regime di favore che prevede l'imposta unica del 5 per cento a tutte le attività commerciali, professionali e artigianali intraprese da giovani che non abbiano ancora compiuto i 35 anni di età e a prevedere per coloro che la intraprendano dal 35o anno fino al 40o anno la possibilità di assoggettamento all'imposta unica del 20 per cento sempre nel rispetto del limite di 30.000 euro dell'ammontare dei ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio.
9/5025/171.Laganà Fortunato.

La Camera,
premesso che:
il comune di Campione d'Italia presenta una collocazione geografica peculiare, dal momento che esso si situa in territorio svizzero, ma è parte della Provincia di Como e quindi della Repubblica Italiana;
ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre, 1972, n. 633 si specifica la natura extra-territoriale del comune di Campione, dal momento che si stabilisce, ai fini della determinazione della territorialità delle imposte che per: «per "Stato" o "territorio dello Stato" si intende il territorio della Repubblica italiana, con esclusione dei comuni di Livigno e di Campione d'Italia e delle acque italiane del lago di Lugano»;
il comune di Campione d'Italia ricade infatti in una zona attualmente considerata area doganale di riferimento della Confederazione Elvetica, e in virtù di questo, la valuta utilizzata dai suoi abitanti è il franco svizzero, e questo fa si che, in considerazione della non appartenenza della Confederazione elvetica all'Unione europea, sostanzialmente esso si trovi in territorio extra-comunitario;
come si apprende dalle numerose ed accurate sollecitazioni provenienti dagli amministratori locali, i cittadini residenti e gli operatori economici attivi in Campione vivono un profondo disagio determinato dall'essere particolarmente esposti alla concorrenza dei territori limitrofi, dotati di fiscalità di vantaggio;
in questa prospettiva sarebbe opportuno rifarsi al modello, ormai consolidato e sperimentato in diversi Paesi, delle zone fiscali speciali, intese come aree di dimensione minima prestabilita dove concentrare programmi finalizzati alla creazione di nuove imprese attraverso la concessione di sgravi fiscali (e/o contributivi);
tale modello è stato sperimentato inizialmente con riferimento alle aree urbane socialmente ed economicamente degradate, portando alla creazione delle così dette zone franche urbane, come nell'esperienza francese. In questa accezione, esso è stato recepito anche in Italia (dall'articolo 1, commi 340 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, successivamente integrata dall'articolo 1, commi 561, 562 e 563, della legge n. 244 del 2008);
in Ticino, gli sgravi delle zone fiscali speciali prevedono l'esenzione delle imposte sui redditi e sul capitali delle imprese per cinque anni, rinnovabili poi, con riduzione progressiva del beneficio, per cinque anni successivi,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di porre in essere misure di natura economica e fiscale che possano costituire sostegno per la nascita di nuove imprese nel Comune di Campione d'Italia, anche in riferimento alle speciali condizioni di concorrenza dettate dal loro inquadramento territoriale nel contesto economico del Cantone Ticino e alla prossimità con analoghe zone di fiscalità di vantaggio;
a valutare l'opportunità mettere in atto, per le piccole e medie imprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che iniziano dai 1" giugno 2012 una nuova attività economica con sede e attività prevalente nel Comune di Campione d'Italia, benefici fiscali quali l'esenzione dalle imposte sui redditi, dall'imposta regionale sulle attività produttive e dall'imposta comunale sugli immobili per gli immobili posseduti in Campione d'Italia e destinati all'esercizio dell'attività economica per i primi cinque periodi di imposta a partire dall'anno 2013.
9/5025/172.Pizzetti, Codurelli, Braga, Marantelli, Duilio, Baretta.

La Camera,
premesso che:
il settore del commercio è stato interessato, già da anni, da interventi in materia di liberalizzazioni, a partire dal decreto legislativo 114 del 1998 e dai successivi provvedimenti, all'interno di un modello che presupponeva soluzioni concertate in ambito territoriale, capaci di commisurare i giusti equilibri tra piccola, media e grande distribuzione, la tutela del lavoro, la vivibilità degli spazi urbani e la valorizzazione delle tradizioni locali;
che l'ulteriore liberalizzazione ed ampliamento degli orari, può risultare utile, anche al fine di rendere più accoglienti e fruibili le città ed i paesi, sia per i cittadini residenti che per i turisti, purché accompagnati da una regolamentazione integrativa che coinvolga gli enti territoriali e che salvaguardi gli elementi di equilibrio per il mantenimento della pluralità del commercio, dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, tenuto conto che regole minime condivise sono utili anche alla concorrenza ed alla qualità dell'offerta;
che il processo di liberalizzazione non deve penalizzare, bensì salvaguardare, i soggetti più deboli e cioè i piccoli esercizi e quei consumatori che si servono dei negozi di vicinato, tenuto conto che il commercio di prossimità costituisce il tessuto delle nostre città, contribuendo a determinare sicurezza, socialità ed identità;
che il commercio di vicinato rappresenta, non solo una tradizione imprenditoriale tipica del nostro Paese, ma anche una realtà rilevante dal punto di vista economico ed occupazionale;
che con la legge Costituzionale n. 3/2001 le Regioni hanno assunto potestà legislativa piena in materia di commercio ed hanno complessivamente ampliato gli elementi di liberalizzazione, in particolare per gli orari ed i turni di chiusura, come previsto dal decreto 114/98;
che il terziario occupa circa 3 milioni di lavoratori, di cui il 64 per cento sono donne e che la liberalizzazione senza strumenti e luoghi di programmazione condivisa rischia di accentuare notevolmente le difficoltà a rendere compatibili tempi di vita e tempi di lavoro e nella gestione degli equilibri familiari, anche pervia dell'assenza di servizi integrati (per l'infanzia, per gli anziani e di trasporto);
che occorre evitare rischi quali:
1) la cannibalizzazione degli esercizi commerciali medio-piccoli, che avranno più difficoltà e possibilità ad organizzarsi e competere con le grandi strutture dei centri commerciali, con il conseguente degrado del tessuto urbano e sociale dei nostri territori;
2) i problemi conseguenti dall'effetto dell'aggravio dei costi in capo alle Aziende, indotti dall'apertura sette giorni su sette, compresa la tenuta occupazionale ed il rispetto di condizioni dignitose di lavoro e dei rapporti familiari dei lavoratori e delle lavoratrici di un intero settore;
3) ulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro nella grande distribuzione;
l'attuale grave flessione della domanda interna è determinata in primo luogo dalla crisi economica ed occupazionale e dalla conseguente minor capacità di spesa delle persone e delle famiglie;
che la maggiore liberalizzazione degli orari, per essere funzionale e funzionante deve essere inserita all'interno di un disegno complessivo degli orari di una città e di tutti i suoi servizi;
che la legge 53 del 2000 «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura ed alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città», al Capo VII (Tempi delle città) ed esattamente agli articoli 22 (compiti delle Regioni) e 23 (compiti dei Comuni) stabilisce che le Regioni approvino norme per il coordinamento da parte dei Comuni degli orari dei negozi commerciali e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo, dei trasporti, dei servizi pubblici e degli Uffici periferici delle Amministrazioni Pubbliche, anche prevedendo da parte delle Regioni incentivi finanziari per i Comuni, mentre l'articolo 24 (Piano territoriale degli orari) stabilisce che il Piano territoriale degli orari è uno strumento unitario per finalità ed indirizzi, relativo al funzionamento dei diversi sistemi del servizi urbani ed alla loro graduale armonizzazione e coordinamento, e che nella elaborazione del piano si debba tenere conto degli effetti sul traffico, sull'inquinamento e sulla qualità della vita;
che all'articolo 25 della legge 53 del 2000 si stabilisce che per l'attuazione e la verifica contenuti nel Piano regolatore degli orari, il Sindaco istituisce un tavolo di concertazione cui partecipano: prefetto, presidente Provincia, un dirigente per ciascuna pubblica amministrazione coinvolta, rappresentanti sindacali e degli imprenditori, provveditore agli studi e presidenti delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani;
che la liberalizzazione degli orari del commercio, necessita di essere inserita in un piano generale che ridisegni la funzionalità della vita cittadina,

impegna il Governo

a riaprire un tavolo di confronto con le Regioni e gli Enti Locali, necessario alla armonizzazione delle norme relative ai processi di liberalizzazione con le norme contenute nella legge n. 53 del 2000, per definire quindi un sistema partecipativo sui calendari di apertura da concordare nei livelli locali, inserito nel più complessivo strumento del Piano regolatore degli orari.
9/5025/173.Mattesini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 4, lettera a) capoverso 8, lettera b) del presente decreto-legge, ha esteso l'esercizio della rivendita di tabacchi agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 mq, prevedendo altresì che tale attività debba essere espletata nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano il settore;
considerata la necessità di specificare il titolo normativo in forza del quale può essere esercitata l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati nonché la necessità di chiarire il dispositivo normativo ad essi applicabili,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura volta a precisare che le norme e le prescrizioni tecniche che disciplinano il settore interessato dalla predetta normativa sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
9/5025/174.Froner.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame prevede il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica con l'apertura di nuove sedi farmaceutiche tramite l'espletamento di un concorso straordinario a cui possono partecipare i farmacisti, cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, iscritti all'albo professionale con non più di 65 anni e non titolari di farmacia, in qualunque condizione professionale si trovino, ovvero titolari di farmacia rurale sussidiata, di farmacia soprannumeraria ovvero titolari di esercizio di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
all'articolo 32 del decreto-legge n. 201 del 2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, cosiddetto «salva Italia» convertito con modificazione con legge n 214 del 2011, si prevedeva, in parte, la liberalizzazione della vendita dei farmaci ed in particolare si prevede: «la vendita dei farmaci, negli esercizi commerciali di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ricadono nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a quindicimila abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali come individuate dai Piani Sanitari Regionali, in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi fissati con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regione e le Province autonome di Trento e di Bolzano, adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere venduti anche i medicinali di cui all'articolo 8, comma 10, lettera c) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, ad eccezione dei medicinali di cui all'articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni e di cui all'articolo 89 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre tutte le misure opportune per monitorare l'intera procedura fissata dall'articolo 11 del decreto, anche attraverso informative alle commissione parlamentari competenti al fine di consentire l'apertura delle nuove farmacie nei tempi stabiliti dal decreto stesso a predisporre con la massima urgenza il decreto previsto dall'articolo 32 del decreto-legge 201 del 2011 convertito in legge n. 214 del 2011 al fine di consentire effettivamente la liberalizzazione della vendita dei farmaci.
9/5025/175.Miotto.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività
premesso che:
le disposizioni di cui all'articolo 11 rappresentano una, più volte, auspicata opportunità per favorire il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, attraverso l'apertura di nuove sedi farmaceutiche, tramite l'espletamento di un apposito concorso straordinario;
sinora, nel comparto della distribuzione farmaceutica, l'unica vera concorrenza al mondo dei farmacisti e delle farmacie private è stata svolta dal sistema delle farmacie pubbliche, che rappresentano il 10 per cento dei punti vendita sul totale nazionale degli esercizi in attività e nelle città in cui la presenza tra farmacie pubbliche e private è più bilanciata, la qualità del servizio è migliore;
tuttavia, il provvedimento in oggetto, sembra ritagliare un ruolo solo residuale a tali strutture pubbliche, escludendole dalla possibilità di partecipare all'assegnazione dei nuovi esercizi commerciali che si determineranno in virtù dei nuovi requisiti demografici e riconoscendo ai comuni la sola possibilità, certamente remota, di prelazione per i nuovi esercizi che si potranno aprire nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali e nei centri commerciali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere apposite iniziative volte a riconoscere il ruolo, la specificità e la storia delle farmacie pubbliche, nell'ambito del comparto della distribuzione farmaceutica, anche prevedendo la possibilità per tali strutture di partecipare alle procedure per l'assegnazione delle nuove licenze a parità di condizione con gli altri soggetti titolati.
9/5025/176.De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni, con legge 22 dicembre 2011 n. 214, oltre a fissare le nuove misure delle aliquote di accisa di cui all'Allegato I del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, al comma 4 del succitato articolo introduce pesanti limitazioni ai fini dei rimborsi dei maggiori oneri in favore degli esercenti le attività di trasporto merci, mentre il successivo articolo 48 del medesimo decreto-legge riserva all'Erario dello Stato le maggiori entrate rivenienti;
il territorio della Regione siciliana subisce i costi dell'inquinamento ambientale derivanti da alcuni dei più grandi impianti di raffinazione, pari al 36 per cento della materia prima lavorata in Italia nell'anno 2010, senza alcuna possibilità di trattenere quote di gettito, neppure per la componente riferibile al gettito correlato al prodotto immesso in consumo nel territorio regionale che, stando ai dati, ammonterebbe, nel solo anno 2010 a 1.192.000.000 di euro;
la Sicilia, infatti, con le sue cinque raffinerie, tre in provincia di Siracusa (Augusta, Melilli e Priolo), una in provincia di Messina (Milazzo) e una in provincia di Caltanissetta (Gela), fornisce un contributo importante alla lavorazione del petrolio per l'intero territorio nazionale, raffinando circa il 42 per cento del totale di greggio lavorato in Italia;
i costi di queste lavorazioni sull'ambiente e le dannose ricadute sulla salute dei cittadini sono rilevanti: i siti siciliani ed i territori circostanti ove sono localizzate le suddette raffinerie hanno subito una grave compromissione dei suolo, delle falde acquifere, delle coste e dell'atmosfera;
la Sicilia consuma 2.258.000 tonnellate di carburanti, circa il 6,3 per cento del totale dei consumi sui quali viene pagata dai consumatori l'accisa;
la legislazione nazionale prevede, in alcuni casi, l'esenzione per alcune categorie e situazioni particolari e la riduzione del prezzo alla pompa in zone di confine: la legge consente alla Regione Valle d'Aosta, che è zona franca, con un accordo Stato-regione di far entrare nel territorio regionale contingenti di benzine in regime di esenzione, mentre la Regione Friuli Venezia Giulia, con la finanziaria 1996, è stata autorizzata a praticare una riduzione consistente dell'imposta di fabbricazione, a carico del bilancio regionale, determinando un incremento dei consumi con conseguente aumento delle entrate regionali;
nel mese di dicembre 2011 l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità uno schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie che consente di procedere ulteriormente nella definizione dell'annoso problema del trasferimento da parte dello Stato alla Regione Siciliana delle risorse relative alle accise, prevedendo che, a compendio dell'integrale spettanza tributaria, lo Stato riconosca alla Regione, oltre al gettito dell'imposta di produzione sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi e sui gas petroliferi raffinati ed immessi in consumo nel territorio regionale, ed a titolo di ristoro ambientale, anche il venti per cento del gettito dell'imposta di produzione sugli stessi prodotti raffinati nel territorio regionale, ma immessi in consumo in quello delle altre regioni;
l'articolo 158 (ex articolo 130 A) del Trattato CE prevede che al fine di promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità, questa persegua la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale in particolare mirando a ridurre il divario. Infatti in tema di valutazione degli svantaggi il regime armonizzato delle accise non esclude che vi siano margini di intervento sussidiario di ogni Stato membro poiché le accise rilevano ai fini delle scelte politiche non solo in campo tributario ma anche nei diversi settori produttivi;
uno studio di Eurisles (European Islands System of Link and Exchanges) del 2000, nel rilevare 4 tipologie di spedizioni di merci, mostra alcuni risultati da cui si ricava un indicatore della penalizzazione che l'insularità determina per il sistema Sicilia, in termini di costi di trasporto. I costi che si rappresentano pongono, infatti, la Regione Sicilia a livelli di svantaggio competitivo paragonabile alle destinazioni più periferiche dell'UE come Madeira o Azzorre,

impegna il Governo

nel quadro delle politiche economiche per il mezzogiorno, ad adottare iniziative legislative atte a compensare parzialmente lo squilibrio economico della regione Sicilia, anche attraverso il risarcimento dei cittadini dai danni all'ambiente ed alla salute causati dalle attività di estrazione e raffinazione dei petrolio e dei suoi derivati, riconoscendo loro il diritto all'abbattimento di parte delle accise sui prodotti petroliferi escludendo per le accise sui prodotti petroliferi di cui alle lettere b), c), d) dell'Allegato I del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n.504 e successive modifiche ed integrazioni, al momento dell'immissione al consumo nel territorio della regione siciliana, l'applicazione delle le misure indicate dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/5025/177.Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del decreto-legge in esame prevede al comma 6 che la durata del tirocinio per l'accesso alle professioni regolamentate non potrà essere superiore a diciotto mesi, di cui i primi sei mesi svolti, in presenza di un'apposita convenzione quadro, anche in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica e gli ulteriori sei mesi dopo la laurea specialistica;
tale norma determinerebbe, sulle professioni necessitanti di laurea specialistica, una possibile rilevante discontinuità del periodo;
peraltro, la disposizione in questione non risulta coordinata con l'obbligo previsto dalla direttiva comunitaria, e da ultimo recepita nel decreto legislativo n. 39 del 2010, dei tre anni di pratica per poter sostenere l'esame di abilitazione all'esercizio della funzione professionale di revisore legale;
alla luce di questa norma, si potrebbe quindi avere la paradossale situazione di dover sostenere ben due esami di abilitazione, il primo per la professione di Dottore Commercialista, il secondo per l'esercizio dell'attività di revisore legale, vanificando totalmente il principio dell'equipollenza previsto dall'articolo 4, comma 4, lettera d), del decreto legislativo n. 39 del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare le norme relative alla durata del tirocinio per l'accesso alle professioni regolamentate, prevedendone una durata variabile, di cui una parte svolta anche in concomitanza con il corso di studi universitari, in ragione delle specificità delle singole professioni e avendo riguardo all'esistenza di disposizioni, comunitarie e nazionali, che disciplinano talune attività professionali, come nel caso della revisione legale.
9/5025/178.Ria.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame abolisce le tariffe professionali e prevede l'istituzione di parametri, da parte del Ministro della giustizia, nel caso di liquidazione dei compensi professionali da parte di un organo giurisdizionale;
analogo problema si pone per i comuni e gli enti pubblici che debbono affidare i servizi professionali con procedure ad evidenza pubblica i quali devono predeterminare la soglia di valore di tali servizi sulla base di riferimenti e parametri, proprio al fine di favorire la concorrenza;
il provvedimento in esame inoltre abolisce il principio dell'equo compenso per i giovani professionisti tirocinanti senza prevedere un inquadramento con contratto di apprendistato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le misure opportune affinché siano garantite agli enti parametri di riferimento per la valutazione preventiva dei servizi professionali da affidare con gara, nonché misure adeguate, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, finalizzate a garantire la corretta retribuzione, previo inquadramento del rapporto, dei giovani professionisti tirocinanti.
9/5025/179.Mantini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 del decreto-legge in esame prevede, nel caso in cui l'assicurato acconsenta all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, una riduzione tariffaria a vantaggio dell'assicurato;
sono già circa un milione, nel mercato polizze RC Auto, quelle attive con oltre 20 Compagnie, abbinate a meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo con costi anche a carico dell'assicurato ma sconti ampiamente superiori a tali costi,

impegna il Governo

a considerare e valutare l'opportunità di adottare, nella fase di emanazione dei regolamenti previsti da ISVAP e Ministero dello Sviluppo, eventuali forme di gestione dei costi per i meccanismi elettronici già in uso nel mercato assicurativo.
9/5025/180.Cera.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 34 del decreto-legge in esame prevede l'informazione al cliente sulla tariffa e sulle condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie;
l'articolo 32 del provvedimento in oggetto dispone, nel caso in cui l'assicurato acconsenta all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, una riduzione tariffaria a vantaggio dell'assicurato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa affinché all'assicurato venga fornita l'informazione relativa alle migliori condizioni previste con l'adesione all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti e di attivarsi presso le competenti sedi affinché tale informazione venga prevista nelle forme e modi più chiari per l'assicurato.
9/5025/181.Dionisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge in esame conferisce alle regioni e alle province autonome la facoltà di bandire il concorso straordinario per soli titoli, entro sessanta giorni dall'invio dei dati comunali, per il conferimento delle nuove sedi o di quelle vacanti, dalla cui assegnazione sono esclusi i comuni, e di concludere il concorso e l'assegnazione delle sedi farmaceutiche entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto-legge;
per agevolare l'accesso di giovani farmacisti alla titolarità delle farmacie, al concorso straordinario sono ammessi esclusivamente i farmacisti, cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, iscritti all'albo professionale non titolari di farmacia, titolari di farmacia rurale sussidiata, titolari di farmacia soprannumeraria, titolari di esercizio negli esercizi commerciali definiti parafarmacie ovvero corner dei centri commerciali;
altre condizioni per l'accesso al concorso straordinario riguardano il divieto per il candidato di concorrere in più di due regioni o province autonome e il limite di età inferiore a 65 anni alla data di scadenza del termine per la partecipazione al concorso prevista dal bando;
sono valutati, altresì, titoli preferenziali, l'età dei candidati e la scelta di forme associative di gestione della farmacia;
nello specifico, il comma 7 dell'articolo 11 precisa che ai concorsi per il conferimento di sedi farmaceutiche i farmacisti interessati, di età non superiore ai 40 anni (condizione non prevista nel decreto-legge originario), hanno la possibilità di sommare i titoli posseduti, per la titolarità delle gestioni associate delle farmacie; l'agevolazione è tuttavia condizionata al mantenimento della gestione su base paritaria, per dieci anni, fatta salva la premorienza o sopravvenuta incapacità;
rispetto al testo originario del decreto-legge, è stata eliminata la norma di espletare il concorso per titoli ed esami, prevedendo la facoltà di bandirlo per soli titoli, ed è stata data solo ai farmacisti di età non superiore ai 40 anni la possibilità di associarsi sommando i loro titoli e quindi i punteggi per partecipare al concorso;
tali disposizioni lederebbero i diritti costituzionali che rivendicano pari opportunità per tutti i cittadini italiani,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la normativa ripristinando il concorso per titoli ed esami, o comunque estendendo a tutti i farmacisti, e non solo a quelli di età inferiore ai 40 anni, la possibilità di concorrere alla gestione associata.
9/5025/182.D'Ippolito Vitale.

La Camera,
premesso che:
è noto lo scenario che si prefigurerebbe nel Sulcis nel caso in cui la decisione unilaterale del Gruppo Alcoa di chiudere gli impianti di Portovesme, motivata dall'aumento del costo di produzione più alti della concorrenza e dalla quotazione al ribasso del prezzo dell'alluminio, fosse confermata;
il prossimo 27 marzo è previsto un nuovo vertice presso il Ministero dello sviluppo economico con le parti per cercare di trovare soluzioni idonee a garantire la continuità produttiva dell'impianto di Portovesme in condizioni di competitività, ferma restando la volontà del Governo di confermare la valenza strategica del settore dell'alluminio;
è necessario, tuttavia, che questa crisi diventi un'occasione reale per avviare un piano di riconversione industriale incisivo, un risanamento ambientale obbligatoriamente a carico delle industrie che operano sul sito affinché vengano mantenuti in attività gli stabilimenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di richiedere alla società Alcoa l'immediata sospensione delle procedure di mobilità e il mantenimento in attività degli impianti per consentire una serena definizione delle condizioni minime per la gestione della delicata fase della vertenza in atto, con riferimento alle questioni aperte sul costo dell'energia.
9/5025/183.Mereu.

La Camera,
premesso che:
il bonus gas è una riduzione sulle bollette del gas riservata alle famiglie a basso reddito e numerose. Hanno diritto a usufruire dell'agevolazione quei clienti domestici che utilizzano gas naturale con un contratto di fornitura diretto o con un impianto condominiale se il loro indicatore ISEE non è superiore a 7.500 euro. Nel caso di famiglie numerose (con più di 3 figli a carico), l'ISEE non deve invece superare i 20.000 euro;
il bonus elettrico è l'agevolazione che riduce la spesa sostenuta dai clienti domestici per la fornitura di energia elettrica. Il Bonus è stato pensato per garantire un risparmio sulla spesa annua per l'energia elettrica a due tipologie di famiglie: quelle in condizione di disagio economico e quelle presso le quali vive un soggetto in gravi condizioni di salute mantenuto in vita da apparecchiature domestiche elettromedicali;
si tratta di un'agevolazione che riduce la spesa annua per l'energia elettrica a due tipologie di famiglie: quelle in condizione di disagio economico e quelle presso le quali vive un soggetto in gravi condizioni di salute mantenuto in vita da apparecchiature domestiche elettromedicali;
i due bonus possono essere cumulabili;
si registra un costante aumento della bolletta energetica delle famiglie, soprattutto di quelle con figli e con disabili a carico, per effetto degli incrementi dei prezzi dei carburanti, dell'elettricità e del gas, come certificato dall'Istat;
appare necessario, quindi, al fine di sostenere il reddito delle famiglie individuare meccanismi di determinazione delle tariffe e dei bonus più rispondenti alla situazione economica contingente ed alla composizione dei nuclei familiari,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di sollecitare un intervento dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas finalizzato ad individuare nuovi criteri di erogazione dei bonus del gas e dell'elettricità, alle famiglie in condizioni economiche disagiate con particolare riguardo al numero dei figli a carico nonché di persone disabili a carico.
9/5025/184.Binetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 35 del decreto-legge in esame eleva dal 40 per cento al 50 per cento la percentuale minima che i titolari di concessioni, già assentite alla data del 30 giugno 2002, sono tenuti ad affidare a terzi, disponendo che tale norma si applichi a decorrere dal 1o gennaio 2015;
tale modifica è volta a favorire la concorrenza nell'affidamento dei lavori da parte dei concessionari autostradali ed il periodo transitorio è necessario al fine di evitare il blocco degli investimenti già avviati dai concessionari medesimi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad elevare ulteriormente la quota di lavori che i concessionari autostradali sono tenuti ad affidare a terzi e ridurre il periodo transitorio, al fine di avvicinare il mercato autostradale al contesto normativo europeo, attenuando quei paletti che sino ad ora lo hanno reso mercato protetto, e, al contempo, di sbloccare investimenti in campo infrastrutturale con immediato effetto anticongiunturale.
9/5025/185.Ruggeri, Poli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 61 del decreto-legge in esame dispone il termine perentorio di trenta giorni successivo alla scadenza del trimestre per la presentazione della richiesta all'Agenzia delle dogane del rimborso degli aumenti delle accise sul gasolio da parte delle imprese dell'autotrasporto;
con l'attuale formulazione, diversi soggetti, pur avendo diritto all'agevolazione, rischierebbero di non poterne usufruire a causa del periodo estremamente breve consentito per la presentazione della richiesta, nonché della circostanza che vede le imprese ricevere le fatture degli acquisti del gasolio anche a distanza di oltre trenta giorni dall'ultimo rifornimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche attraverso interventi di tipo normativo, delle modifiche alla normativa in questione onde evitare la decadenza del diritto al rimborso da parte delle imprese, che sarebbero danneggiate per motivi dipendenti non dalla loro volontà ma a dalla circostanza che le fatture degli acquisti del gasolio pervengono nelle mani degli autotrasportatori oltre il termine previsto attualmente per la richiesta del rimborso medesimo.
9/5025/186.Pezzotta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39 del decreto-legge in esame intende liberalizzare l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore ed i requisiti minimi necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari saranno individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri;
l'attuale configurazione del dispositivo rischia di creare problemi di interpretazione giuridica nelle more della definizione del nuovo sistema, non essendo precisata una norma transitoria sul rispetto dei contratti conclusi, con potenziale grave pregiudizio degli artisti interpreti rispetto alla regolare amministrazione dei diritti e delle risorse legittimamente maturate.

impegna il Governo

in sede di attuazione del nuovo regime aperto alla libera concorrenza, ad assicurare che il nuovo IMAIE rimanga, per tutti i contratti sottoscritti all'entrata in vigore del presente decreto, e sino a quando non verranno autorizzate altre imprese o associazioni ad operare in concorrenza, l'ente deputato alla raccolta, gestione ed erogazione dei compensi ai sensi della legge 29 giugno 2010, n. 100.
9/5025/187.Rao, Carlucci.

La Camera,
premesso che:
le scuole paritarie gestite da privati che operano in base alla legge n. 62 del 2000 svolgono un servizio pubblico e fanno parte del sistema nazionale di istruzione;
il regime delle esenzioni dal pagamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) non prevede espressamente una esenzione dal pagamento dell'imposta degli immobili adibiti dalle scuole paritarie alle attività di istruzione e formazione;
tale esenzione, in quanto riconosciuta in ragione della natura del servizio prestato e alla sua qualificazione di servizio pubblico, non altererebbe in alcun modo la libera concorrenza;
è opportuno, in considerazione dell'utilità sociale di natura pubblicistica dell'attività svolta e dell'interesse generale perseguito, prevedere per queste attività il regime di esenzioni in coerenza con le esenzioni già previste e nel rispetto delle norme sulla concorrenza previste dalla Comunità Europea,

impegna il Governo

a valutare positivamente l'opportunità di procedere anche con atti di iniziativa legislativa, qualora necessario, o con ogni altra iniziativa che ritenga adeguata allo scopo, ad assicurare l'esenzione dal pagamento dell'imposta comunale agli immobili di proprietà delle scuole paritarie private riconosciute ai sensi della legge n. 62 del 2000, o dati loro in locazione, nei quali sono svolte le attività di istruzione e formazione delle stesse.
9/5025/188.Capitanio Santolini, Buttiglione, Binetti, Volontè, Renato Farina.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 39, comma 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetto decreto salva Italia), è stata inserita una importante previsione per favorire il grado di patrimonializzazione dei confidi, prevedendo anche la partecipazione al patrimonio dei confidi di imprese non finanziarie di grandi dimensioni e di enti pubblici e privati a condizione che le piccole e medie imprese ed i professionisti soci dispongano almeno della metà più uno dei voti esercitabili nell'assemblea e la nomina dei componenti degli organi che esercitano funzioni di gestione e di supervisione strategica sia riservata all'assemblea;
tale previsione è stata tuttavia limitata ai confidi intermediari finanziari e alle banche di garanzia collettiva dei fidi di cui ai commi 29 e 32 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
l'evoluzione del settore della garanzia fidi ha dimostrato che nell'ultimo triennio, in una fase di crisi economica e finanziaria, il supporto all'accesso al credito delle piccole e medie imprese è stato garantito in modo rilevante non solo dai confidi vigilati dalla Banca d'Italia (i cosiddetti confidi 107), ma anche dai confidi ordinari (i cosiddetti confidi 106),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere anche ai confidi ordinari le norme previste dall'articolo 39, comma 7, del decreto-legge cosiddetto «salva Italia» relative alla patrimonializzazione dei confidi vigilati dalla Banca d'Italia.
9/5025/189.Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 35 del decreto-legge in esame prevede misure specifiche per favorire la tempestività dei pagamenti dei debiti pregressi delle amministrazioni statali, disponendo a tal fine uno stanziamento complessivo di 5,7 miliardi di euro, destinati a pagamenti di crediti certi, liquidi ed esigibili iscritti in bilancio come residui passivi perenti per 4,7 miliardi di euro e a crediti fuori bilancio per spese relative a consumi intermedi per 1 miliardo di euro;
la misura può essere considerata una prima e parziale risposta al problema dei ritardati pagamenti alle imprese, che nel settore dei lavori pubblici assume dimensioni sempre più preoccupanti e sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di numerose aziende, anche quelle più strutturate;
dall'inizio della crisi si registra, infatti, un costante allungamento dei tempi di pagamenti dei lavori che hanno raggiunto mediamente gli otto mesi, con punte di ritardo che superano i 24 mesi;
sarebbe opportuno definire meglio l'ambito di applicazione della norma, rendendola conforme a quanto previsto dalla nuova direttiva europea sui ritardati pagamenti (Direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), nella quale tra le «transazioni commerciali» sono incluse «la progettazione e l'esecuzione di opere e edifici pubblici, nonché i lavori di ingegneria civile»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire meglio l'ambito di applicazione della norma prevista dall'articolo 35, comma 1, del provvedimento, esplicitando l'applicazione delle misure previste per favorire la tempestività dei pagamenti dei debiti pregressi delle amministrazioni statali non solo alle transazioni commerciali per l'acquisizione di servizi e forniture ma anche a quelle relative all'acquisizione di lavori.
9/5025/190.Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 31, comma 2, del decreto-legge in esame pone a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il compito di formare un elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, attribuendo agli iscritti nell'elenco quindici giorni di tempo per regolarizzare la loro posizione;
trascorso tale termine, l'elenco di coloro che non hanno regolarizzato la propria posizione viene messo a disposizione delle forze di polizia e delle prefetture competenti relativamente al luogo di residenza del proprietario del veicolo;
l'accertamento dei veicoli posti in circolazione sulla strada senza copertura assicurativa a norma delle vigenti disposizioni di legge sulla responsabilità civile verso terzi, disciplinato dall'articolo 193 del Codice della Strada, spetta anche alla Polizia Municipale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che, per una maggiore efficacia dell'attività di contrasto, sia riconosciuta anche alla Polizia Municipale, così come alle forze di polizia, la possibilità di avere a disposizione, in ragione del luogo di residenza del proprietario del veicolo, l'elenco dei veicoli a motore di cui all'articolo 31 del provvedimento.
9/5025/191.Tassone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 62 del decreto-legge in esame introduce al comma 1 l'obbligo della forma scritta per tutti contratti aventi ad oggetto la cessione di beni agricoli ed alimentari, a pena di nullità che può essere rilevata d'ufficio dal giudice;
questa norma, che generalizza tale obbligo a tutte le transazioni commerciali relative ai prodotti agro-alimentari, con l'esclusione di quelle concluse con il consumatore finale, contrasta con il principio di proporzionalità sancito dallo «Small Business Act» e dallo «Statuto delle Imprese», recentemente approvato dal Parlamento;
infatti tale obbligo non distingue tra le varie tipologie d'impresa e tra le diverse fattispecie di cessione che possono verificarsi tra le imprese stesse: in entrambi i casi si hanno differenze sostanziali sia in termini dimensionali che in relazione al volume d'affari;
le piccole imprese del settore agro-alimentare effettuano transazioni commerciali spesso a seguito di ordini verbali, regolarmente e correttamente fatturati secondo le norme fiscali vigenti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative volte ad escludere i contratti aventi ad oggetto la cessione di beni agricoli e alimentari di piccolo importo dall'obbligo della forma scritta.
9/5025/192.Delfino.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 1993, n. 422, le emittenti locali dovrebbero ricevere contributi pari a tre quarti delle quote di competenza delle amministrazioni statali del canone di abbonamento alla radiotelevisione e degli introiti equiparati al canone determinato ai sensi dell'articolo 4 della legge 25 giugno 1993, n. 206;
sino agli anni 2008-2009, prima che il Governo effettuasse pesanti tagli, i finanziamenti al sistema televisivo locale erano arrivati a quota 150 milioni di euro;
tuttavia, già nel 2009, secondo uno studio effettuato da CGIL-CISL-UIL per conto della FRT, le TV locali chiudevano i bilanci in perdita;
oggi, con i pesanti tagli ai contributi, la crisi economica e gli investimenti necessari per il digitale, le emittenti locali rischiano di chiudere i battenti;
ciò comporterebbe gravissime conseguenze in termini di pluralismo ma soprattutto in termini di sviluppo economico e occupazione;
dal futuro delle TV locali, infatti, dipende quello delle PMI, che rappresentano il 70,8 per cento del PIL nazionale e oltre 9 milioni di posti di lavoro;
inoltre, le emittenti locali assicurano direttamente 5.200 posti di lavoro, oltre ad altrettanti posti di lavoro indotto, che si perderebbero immediatamente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di incrementare le risorse a favore delle emittenti locali, portando i relativi contributi almeno in linea con le misure di sostegno precedenti ai tagli effettuati al sistema televisivo locale.
9/5025/193.Carlucci, Rao.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni si è fatta sempre più forte l'esigenza di fornire al cittadino-utente nuovi livelli di servizio volti a modernizzare l'interazione con le aziende pubbliche e private impegnate nell'erogazione di servizi di pubblica utilità (trasporti, energia, telecomunicazioni, sanità e altri);
l'attivazione e l'efficiente gestione di linee telefoniche, di numeri verdi e di «contact center» costituiscono utili strumenti per incrementare il livello di qualità del servizio pubblico principale, oltre che nuove prospettive occupazionali per i giovani;
permangono ancora alcune barriere tra aziende erogatrici di servizi di pubblica utilità ed utenti, quali: lunghi tempi di attesa, onerosità delle telefonate, mancata continuità del servizio che non copre l'arco della giornata ovvero l'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

in conformità alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, a valutare la possibilità di introdurre, in capo ai soggetti erogatori di servizi pubblici, l'obbligo di attivare uno o più numeri verdi per lo svolgimento del servizio di informazione agli utenti, facendo sì che i princìpi ispiratori dei «contact center» siano la gratuità, l'efficienza, la chiarezza, l'accessibilità e la continuità, con particolare attenzione alle modalità di accesso al servizio pubblico da parte di soggetti disabili.
9/5025/194.Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame contiene, anche a seguito delle modifiche apportate dal Senato, numerose disposizioni estremamente rilevanti concernenti la professione forense che, non sembrando rispondere ai requisiti di necessità ed urgenza stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione per la decretazione d'urgenza, avrebbero dovuto essere oggetto di specifici progetti di legge, consentendo così un esame adeguatamente approfondito da parte non solo della Commissione competente nel merito ma anche dell'Assemblea della Camera dei Deputati;
attesa la rilevanza costituzionale che riveste l'avvocatura, il tipo di attività di interesse pubblico che svolge, nonché la sua secolare tradizione all'interno dell'ordinamento dello Stato, sarebbe necessario introdurre norme tanto rilevanti con legge dello Stato e non con manovre d'emergenza non rispettose di quanto stabilito dalla Costituzione;
all'esame della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati vi è , da diverso tempo, un progetto di legge largamente condiviso, già approvato in Senato, contenente la riforma organica della disciplina della professione;
l'articolo 9 del decreto in esame è volto ad abrogare le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico ed a disciplinare il tirocinio in materia professionale;
nel procedimento con cui vengono stabiliti con decreto ministeriale i parametri per la liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale nonché dei parametri per determinare oneri e contribuzioni alle casse professionali non è previsto alcun coinvolgimento dei consigli nazionali delle professioni interessate i quali potrebbero fornire, per la competenza ed esperienza maturata nella materia, un contributo rilevante;
al comma 4 si prevede che la misura del compenso deve essere previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima ed adeguata all'importanza dell'opera, indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi;
appare opportuno sopprimere la previsione secondo cui devono essere indicate nel preventivo le voci di costo delle singole prestazioni in quanto, fermo restando un accordo sufficientemente indicativo del valore del compenso, in taluni casi è impossibile conoscere in anticipo le singole attività che il professionista si troverà a svolgere;
l'articolo 9-bis interviene in materia di costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate, secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile;
il rilievo costituzionale della professione forense, unica professione espressamente menzionata nella Costituzione, impone per essa l'adozione di una disciplina specifica, pur nel quadro di quella generale prevista per la società tra professionisti, da esaminare adeguatamente in sede parlamentare;
appare necessario garantire il rispetto del principio di personalità della prestazione messo a rischio dalla forma societaria della professione forense, il diritto del cliente di scegliere il proprio difensore e, allo stesso tempo, mantenere ferma la responsabilità personale dell'avvocato. A ciò si aggiunga il particolare rilievo del segreto professionale dell'avvocato che depone nel senso dell'opportunità di escludere soci non avvocati dalle società di legali in quanto questi, non essendo avvocati, non sarebbero soggetti al dovere di mantenere il segreto;
sarebbe di assoluto buon senso evitare che l'attività professionale venga diretta da soggetti esterni, interessati solamente alla remunerazione del capitale investito, onde ridurre il rischio di conflitto di interessi con il cliente e di infiltrazioni criminali;
è essenziale garantire all'avvocato, alla stessa stregua del magistrato, piena libertà e indipendenza al fine di consentire, tra l'altro, la libera interpretazione del diritto oggettivo, il più prezioso fattore di trasformazione in senso evolutivo delle forme giuridiche di tutela dei diritti e degli interessi degli assistiti,

impegna il Governo

per i motivi descritti in premessa ed in considerazione del rilievo costituzionale del diritto di difesa e, conseguentemente, della necessità di garantire l'indipendenza e l'autonomia intellettuale dell'avvocato, a consentire, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, l'esercizio della professione forense solo a società costituite da soci avvocati, favorendo l'elaborazione di una specifica disciplina per le società tra avvocati e di una riforma organica della professione forense ampiamente discussa ed esaminata in Parlamento ed attuata con legge dello Stato.
9/5025/195.Frassinetti, Tommaso Foti.

La Camera,
premesso che:
nel Sud è emergenza giovanile: oltre il 30 per cento dei laureati under 34 non lavora e non studia;
nel 2010 il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 13,4 per cento (contro il 12 per cento del 2008), più del doppio del Centro-Nord (6,4 per cento, ma nel 2008 era il 4,5 per cento);
se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori che usufruiscono della Cig e che cercano lavoro non attivamente il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 14,8 per cento, a livello nazionale, dall'11,6 per cento del 2008, con punte del 25,3 per cento nel Mezzogiorno cioè quasi 12 punti in più del tasso ufficiale, e del 10,1 per cento nel Centro-Nord;
l'occupazione è in calo in tutte le regioni meridionali, con l'eccezione della Sardegna. Particolarmente forte è la diminuzione in Basilicata (dal 48,5 al 47,1 per cento) e Molise (dal 52,3 al 51,1 per cento). Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione - segnala la Svimez - si registrano in Campania, dove lavora meno del 40 per cento della popolazione in età da lavoro, in Calabria (42,2 per cento) e Sicilia (42,6 per cento);
il tasso d'occupazione si riduce anche nelle regioni del Centro-Nord con l'eccezione di Valle d'Aosta, Friuli e Trentino Alto Adige, che presenta il valore più alto (68,5 per cento). Particolarmente intensa è la flessione in Emilia Romagna (-2,8 punti percentuali, dal 70,2 per cento al 67,4 per cento) e in Toscana (dal 65,4 al 63,8 per cento);
la legge 22 dicembre 2011 n. 214, all'articolo 24 (comma 27) istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il «Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne»;
il Fondo è finanziato per l'anno 2012 con 200 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2013 con 300 milioni di euro. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità istitutive del predetto Fondo;
lo sforzo tuttavia non appare adeguato anche e soprattutto in relazione alla fotografa fatta dallo SVIMEZ e pertanto va predisposto un piano straordinario per l'occupazione per il Sud,

impegna il Governo

a predisporre, nel più breve tempo possibile, un vero e proprio «Piano Marshall» per l'occupazione giovanile al Sud del Paese che rappresenta una vera e propria piaga sociale.
9/5025/196.Iannaccone, Belcastro, Porfidia.

La Camera,
premesso che:
un'inchiesta dell'associazione indipendente dei consumatori Altroconsumo ha messo sotto la lente l'andamento del 2011 dei premi Rc auto a Milano, Roma, Napoli e Palermo;
l'indagine ha evidenziato, oltre alla crescita delle tariffe, la forte disparità territoriale a scapito delle regioni del Sud, dopo l'analisi della variazione dei premi medi di cinquanta compagnie assicurative per due profili di guidatore (un 35enne in classe 4 e un 40enne in classe 1, entrambi senza sinistri e assicurati da 10 anni);
l'aumento si registra a Napoli, dove nell'ultimo anno il premio pagato da un automobilista di 40 anni è stato incrementato del 4 per cento e quello sborsato da un 35enne è cresciuto del 9,20 per cento, mentre il tasso di inflazione è stato pari, all'1,5 per cento. Va meglio a Milano dove gli aumenti sono più contenuti ma certo non mancano mai: + 1,33 per cento per un guidatore di 40 anni e + 0,38 per cento per quello di 35 anni;
secondo l'inchiesta di Altroconsumo sono molteplici i fattori che contribuiscono ad aumentare questa disparità tariffaria legata al territorio, tra cui la politica commerciale che assicura maggiormente gli automobilisti che hanno fatto pochi incidenti, con il risultato che chi abita al Nord ha molte più offerte tra le quali scegliere, mentre al Sud la concorrenza è scarsa e fa allineare le tariffe verso l'alto;
inoltre il costo medio delle polizze auto nel nostro Paese è di 407 euro a fronte dei 230 euro nel resto d'Europa;
questa indagine, comunque, ha portato in evidenza, semmai c'è ne fosse ancora bisogno, che l'Italia, nonostante abbia appena finito di celebrare i suoi centocinquanta anni di unità, è sempre divisa tra un Nord dove tutto è agevolato ed un Sud che è costretto a pagare quote sempre più elevate,

impegna il Governo:

a porre in essere con urgenza, tutte le iniziative di sua competenza per garantire un maggiore equilibrio dei costi delle polizze auto italiane ai costi comunitari;
a porre inoltre in essere tutte le iniziative di sua competenza per garantire che ci sia un allineamento dei, costi, delle polizze auto tra le diverse regioni e città d'Italia.
9/5025/197.Belcastro, Iannaccone, Porfidia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come obiettivo di promuovere le condizioni per la ripresa economica del Paese attraverso la rimozione di quegli ostacoli che caratterizzano storicamente il sistema sociale ed economico italiano e che si sostanziano in norme protezionistiche o, comunque, di ostacolo allo sviluppo delle iniziative imprenditoriali;
il provvedimento intende rivedere il quadro normativo, eliminando gli ostacoli ingiustificati all'accesso al mercato e le rendite di posizione esistenti, ampliando le opportunità di lavoro e rafforzando le prospettive di mobilità e di promozione sociale;
tra le numerose norme nel testo volte a rilanciare lo sviluppo non è stata, purtroppo, affrontata la questione della tassa di concessione governativa che grava sui contratti di abbonamento delle utenze telefoniche;
non è ammissibile che gli utenti di telefonia siano ancora tenuti al pagamento della tassa di concessione governativa;
la «tassa di concessione governativa» deve essere corrisposta dagli intestatari di un abbonamento di telefonia mobile allo Stato nella misura di 5,16 euro mensili se privati e di 12,91 euro se business (ma in tale caso la tassa è deducibile per l'80 per cento);
introdotta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972, recante «Disciplina delle tasse sulle concessioni governative», ed estesa nel 1995 ai telefoni cellulari in abbonamento, considerati «beni di lusso», è stata abrogata nel 2003 dal Codice delle comunicazioni elettroniche che, in osservanza alle direttive comunitarie, ha liberalizzato il mercato;
in effetti nel 2007 il Governo si era impegnato ad abolire la tassa ma, considerato anche il gettito 750 milioni di euro annuì che essa fruttava, la decisione fu rimandata a tempo indeterminato;
nel gennaio 2011 sono state emesse due sentenze dalla Commissione tributaria regionale del Veneto che hanno stabilito che gli enti locali non sono tenuti al pagamento della tassa, e anzi che essa è illegittima, aprendo la strada alla possibile richiesta di esenzione degli utenti nonché al rimborso di quanto illegittimamente pagato;
in Italia vi sono più di 70 milioni di utenze di telefonia mobile, di cui circa il 90 per cento rappresentato da carte ricaricabili e solo il 10 per cento da contratti di abbonamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento al fine di abrogare la tassa di concessione governativa sui contratti di abbonamento telefonico.
9/5025/198.Bertolini, Stracquadanio.

La Camera,
premesso che:
le imprese italiane vantano crediti immensi verso la pubblica Amministrazione per servizi e forniture di ogni tipo, e devono attendere molti mesi (o anni) per vedersi saldati tali crediti; ciò può creare pesantissimi squilibri di liquidità per le aziende stesse, che allo stesso tempo (e in termini molto più stringenti e inesorabili) devono però fronteggiare le proprie pendenze fiscali;
i tempi di pagamento oscillano tra un minimo di 92 giorni ed un massimo di 664 giorni. L'entità dei ritardi, mediamente accumulati, è circa doppia rispetto a quanto si registra nel resto dell'Unione europea: 128 giorni contro i 65 a livello europeo;
il ritardo è imputato in particolare: ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3 per cento); ai tempi di emissione dei mandati di pagamento (29,6 per cento); alle lentezze derivanti dalla vischiosità burocratica interna alla pubblica amministrazione (32,5 per cento);
gli effetti negativi di ritardati pagamenti della pubblica amministrazione sono particolarmente avvertiti dalle piccole e medie imprese (PMI) che, soprattutto nell'attuale congiuntura economica di difficile accesso al credito bancario, risentono in maniera grave della mancanza di liquidità;
la crisi è forte, morde ogni giorno di più e la pubblica amministrazione non riesce a far fronte in tempi ragionevoli ai propri impegni economici. Nel contempo però non concede respiro alle imprese sulle proprie pretese tributarie;
bisogna ipotizzare meccanismi, a costo zero, che evitino drenaggi di liquidità alle già provate aziende nel contempo permettano loro di essere tranquilli negli adempimenti e negli obblighi tributari,

impegna il Governo

a valutare di adottare un opportuno provvedimento al fine di prevedere forme di compensazione per le imprese che vantino crediti nei confronti di amministrazioni statali, con i debiti gravanti a loro carico, relativi ad obbligazioni tributarie.
9/5025/199.Stracquadanio, Bertolini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 16 del provvedimento ha come obiettivo la promozione di nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi, destinando di una quota di tali maggiori entrate per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi e dei territori limitrofi;
sia sul fronte dello sviluppo delle risorse energetiche nazionali, che su quello della sicurezza degli approvvigionamenti la Sardegna può svolgere un ruolo centrale attraverso la realizzazione del metanodotto con l'Algeria (progetto GALSI, capacità 8 miliardi di metri cubi) nonché con la valorizzazione del carbone Sulcis (dispone di una capacità produttiva di circa 400 mila tonnellate l'anno) tramite la realizzazione dell'integrazione del processo miniera-centrale di produzione elettrica e l'attuazione del connesso progetto di cattura e stoccaggio della CO2;
occorre inoltre completare il collegamento della rete elettrica sarda con la rete nazionale (SAPEI), al fine di favorire la riduzione del prezzo dell'energia ai clienti finali operanti in Sardegna,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di destinare parte delle maggiori entrate derivanti dall'attuazione del comma 1 dell'articolo 16 allo sviluppo dei progetti energetici insistenti sulla regione Sardegna, anche ai fini della riduzione dei costi dei clienti finali ivi operanti.
9/5025/200.Cicu.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca all'articolo 5-bis norme atte a garantire il finanziamento dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato e prevede l'obbligo di versamento del contributo, per le società di capitale con ricavi superiori a 50 milioni di euro, dello 0,08 per mille del fatturato, a decorrere dall'anno 2013;
il comma 380 dell'articolo 2, della legge n. 481/95, «Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità» stabilisce che all'onere derivante dal funzionamento dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas si provveda mediante contributo a carico dei soggetti operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas, entro il limite massimo dell'uno per mille dei ricavi risultanti dai relativi bilanci approvati e riferiti all'esercizio immediatamente precedente e che l'Autorità può stabilire modalità e termini della predetta contribuzione con la procedura disciplinata dal comma 65, dell'articolo 1, della legge n. 266 del 2005);
nel sistema previsto per il finanziamento delle altre Autorità di regolazione e controllo del mercato i ricavi assoggettati al contributo sono costituiti per quanto riguarda l'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas dalle componenti positive di reddito, afferenti le attività indicate all'articolo 2 dell'allegato A alla delibera 143/07 (voce A - Valore della Produzione) desumibili dal conto economico del bilancio relative alla gestione ordinaria e accessoria dell'impresa ed in particolare i ricavi desumibili dalla voce A1 «Ricavi delle vendite e delle prestazioni» e dalla voce A5 «Altri ricavi e proventi» del conto economico risultanti dall'ultimo bilancio approvato, escludendo dalla base imponibile del contributo le poste che non si riferiscono alle attività di cui al citato articolo 2; e per quanto riguarda l'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni la delibera n. 599/10/CONS recante «Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l'anno 2011», pubblicata sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, n. 1 del 3 gennaio 2011 - Serie generale n. 1 e nel Bollettino dell'Autorità, fissa la percentuale di calcolo della contribuzione nell'1,8 per mille dei ricavi iscritti nell'ultimo bilancio approvato prima della adozione della delibera stessa, o altra scrittura contabile equivalente;
il contributo disposto dall'articolo 5-bis del provvedimento in esame se calcolato sul fatturato rischia, ove non venga precisato che si tratta di fatturato netto o di ricavi al netto delle imposte, di essere calcolato anche sull'IVA e sulle imposte evidenziate in fattura,

impegna il Governo

a adottare ulteriori norme volte ad equiparare il meccanismo di calcolo del contributo di cui all'articolo 5-bis del provvedimento in esame ai parametri di calcolo già in vigore per le altre Autorità di controllo e regolazione del mercato.
9/5025/201.Patarino, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria in atto sta generando impatti rilevanti sull'economia reale ed è quindi obiettivo prioritario l'individuazione di ulteriori ambiti di intervento volti a superare gli effetti su famiglie ed imprese derivanti dall'attuale contesto economico fortemente negativo;
l'individuazione di tali ulteriori ambiti di intervento non può prescindere dall'assicurare all'economia ed ai servizi finanziari elevati gradi di concorrenza nel rispetto del principio della libertà di iniziativa economica e del contenimento dei costi dei servizi bancari e finanziari gravanti sulle imprese e sulle famiglie;
nel corso dell'esame è stato modificato l'articolo 27 al fine di puntualizzare che le disposizioni attuative sulle commissioni nelle aperture di credito e negli sconfinamenti previste dall'articolo 117 del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 (Testo unico bancario) debbano essere emanate con Delibera del CICR da adottarsi entro il 31 maggio 2012 e che i contratti in essere vadano adeguati a dette previsioni nel rispetto del termine ivi previsto;
l'articolo 27-bis esclude la possibilità per le banche di applicare commissioni a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido;
sembrerebbe opportuno un coordinamento tra le disposizioni di cui agli articoli 27 e 27-bis, al fine di evitare un potenziale contenzioso nei rapporti tra settore bancario e clientela che è necessario sia eliminato in radice;
è altresì necessaria una concreta verifica dello stato della concorrenza tra operatori e del grado di trasparenza nell'offerta di servizi bancari e finanziari, e delle migliori soluzione adottate nei Paesi UE, onde calibrare in modo efficace tali eventuali ulteriori interventi,

impegna il Governo:

ad emanare in tempi rapidi, e comunque tali da minimizzare gli effetti derivanti dall'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 27-bis, un provvedimento finalizzato a coordinare la disciplina della citata disposizione con quanto già previsto dall'articolo 117-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, a tal fine prevedendo che la nullità delle clausole dei contratti bancari si applichi alle linee di credito non conformi a quanto previsto dalla delibera CICR di cui al comma 4 del medesimo articolo 117-bis;
a costituire al più presto un Tavolo di lavoro con l'ABI, le Associazioni rappresentative degli altri settori produttivi, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dello sviluppo economico per seguire e valutare l'efficacia delle iniziative previste nell'Accordo del 28 febbraio 2012 e dell'accordo ABI-CDP del 6 marzo, entrambi volti a sostenere l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese a creare le condizioni per il superamento delle attuali situazioni di criticità; a contribuire ad un'inversione del ciclo economico e stabilire eventualmente ulteriori iniziative di intervento; a valutare in quella sede l'opportunità di prevedere meccanismi di portabilità della valutazione del merito di credito;
a presentare, sentita la Banca d'Italia e l'AGCM, una relazione al Parlamento in materia di concorrenza e tutela della trasparenza nel settore bancario e finanziario, contenente anche un'analisi comparativa dei principali paesi UE; ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea affinché sia promossa l'introduzione, nella normativa europea di recepimento di Basilea 3, di meccanismi che incentivino i prestiti in favore delle PMI e la revisione dei parametri UE sulla patrimonializzazione delle banche, in considerazione della specificità del sistema bancario italiano.
9/5025/202.Fluvi, Saglia, Lulli, Cera, Bernardo, Polidori.

La Camera,
premesso che:
l'accelerazione dei fenomeni economici impone decisioni rapide e immediate per adeguare i tempi di reazione alla velocità imposta dai mercati per favorire lo sviluppo economico e l'occupazione e difendere le tutele sociali e garantendo il potere d'acquisto dei cittadini;
attualmente le previsioni economiche a medio termine sono condizionate da elementi di incertezza e criticità e il rallentamento della crescita nel nostro Paese ha assunto dimensioni preoccupanti;
il provvedimento in esame rappresenta lo strumento più urgente per promuovere le condizioni per una ripresa basata anche sullo sviluppo di nuove energie imprenditoriali nell'attività d'impresa;
la liberalizzazione dell'economia rappresenta una via ineludibile per il Paese per uscire dalla crisi diventando essenziale una complessiva e generalizzata opera di revisione del quadro normativo e regolamentare ai diversi livelli di governo e di competenza;
l'obiettivo di ampliare le opportunità di lavoro e le prospettive di mobilità e di promozione sociale deve avvenire senza distinzioni tra categorie, interessi e settori economici attraverso l'eliminazione delle molte e ingiustificate situazione di barriere all'accesso e delle rendite di posizioni ancora esistenti;
tutto ciò impone una rapida approvazione ed attuazione del provvedimento d'urgenza all'esame del Parlamento, il quale deve essere solo il primo passo nel processo di apertura dei mercati, di promozione dello sviluppo della concorrenza e di tutela dei consumatori;
l'azione intrapresa può essere proseguita con la presentazione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, di cui all'articolo 47 della legge 23 luglio 2009 n. 99,

impegna il Governo:

al fine di promuovere la competitività del Paese attraverso la modernizzazione dei servizi alle imprese, a promuovere ogni azione necessaria, anche di carattere normativo, finalizzata alla realizzazione e all'utilizzo di un'infrastruttura passiva di rete in fibra ottica, aperta, moderna ed efficiente, a partire dalle grandi città e dalle aree industriali, anche avvalendosi di una società di capitali o di una società partecipata già esistente e a promuovere l'utilizzo della banda larga e delle nuove tecnologie dell'informazione favorendo la piena accessibilità a condizioni eque e non discriminatorie di tutti gli operatori alle reti ed il loro sviluppo ai fini del superamento del digital divide;
a favorire la massima trasparenza nel settore dell'assicurazione per responsabilità civile auto, prevedendo anche lo sviluppo e la piena accessibilità delle banche dati anche per consentire la più ampia e libera scelta dei consumatori in un assetto di piena concorrenza e potenziare il contrasto al fenomeno delle frodi nel settore assicurativo, in particolare nella responsabilità civile auto, garantendo che le conseguenti condizioni di riduzione dei costi per le imprese di assicurazione possano realmente ed effettivamente tradursi in sostanziali riduzioni dei premi assicurativi e del miglioramento delle condizioni contrattuali degli utenti finali;
a garantire una rapida ed efficace attuazione della disciplina in materia di farmacie, restando inteso che l'iniziale calcolo del quorum rispetto alla popolazione residente sarà, per il primo concorso straordinario, riferito ai dati Istat, mentre per i successivi adeguamenti del numero delle sedi farmaceutiche il calcolo potrà essere più utilmente riferito, dalle regione e dai comuni, ai dati sulla popolazione residente contenuti nelle anagrafi comunali, per le quali si prevede l'interconnessione telematica in tempo reale mediante la rete informatica dei comuni italiani;
a garantire una tempestiva ed efficace attuazione della norma che introduce il rating di legalità delle imprese, consentendo il più ampio necessario coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza delle imprese che potranno preliminarmente essere sentite al riguardo;
ad affrontare i problemi strutturali dell'area del Sulcis, con particolare riferimento alla filiera dell'alluminio, anche per salvaguardare i posti di lavoro nell'area, a tal fine assumendo iniziative normative per la proroga di almeno tre anni delle misure finalizzate a garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3 convertito con modificazioni dalla legge 22 marzo 2010, n. 41; ad attivarsi affinché sia modificata la disciplina di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in legge dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di trattamenti economici per i pubblici dipendenti, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento, per definire un ambito di applicazione il più coerente possibile, disponendo, altresì, che la disciplina medesima costituisca un indirizzo al quale le regioni devono conformare il proprio ordinamento, ferma restando l'esigenza che il Governo proceda sin d'ora all'emanazione del decreto;
a chiarire espressamente che le società di ingegneria e le società tra professionisti operanti nel campo dei servizi di ingegneria e architettura anche integrata siano chiaramente escluse dall'applicazione dei limiti al contributo di capitale nelle società di professionisti previsti dalla nuova disciplina in materia;
a stabilire i criteri per la costituzione di un mercato all'ingrosso dei carburanti sulla base dei criteri di delega di cui all'articolo 17 della legge 4 giugno 2010, n. 96, per l'attuazione della direttiva 2009/199/CE del Consiglio del 14 settembre 2009, nonché sulla base del criterio di facilitare un accesso non discriminatorio e trasparente all'approvvigionamento di prodotti petroliferi, anche abbinato al mercato delle capacità di stoccaggio disponibili, con la finalità di contenere i prezzi dei carburanti;
a predisporre, nei tempi opportuni, adeguati strumenti normativi che, recependo in materia di liberalizzazioni delle attività economiche e dei servizi pubblici locali le innovazioni contenute nel decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, pervengano ad una stesura organica delle relative discipline, anche superando eventuali sovrapposizioni normative.
9/5025/203.Saglia, Lulli, Fluvi, Cera, Bernardo, Raisi, Polidori.

La Camera,
premesso che:
stanno intervenendo diverse difficoltà interpretative e applicative relativamente all'articolo 36 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 e che si rende necessaria, in particolare per chiarire meglio il concetto che le partecipazioni personali incrociate si devono riferire a chi ha incarichi con delega e, quindi, con poteri reali poiché risulta essere molto diversa la funzione dei «Consiglieri Indipendenti» la cui figura viene erroneamente posta sullo stesso piano di chi ha effettivi poteri gestionali all'interno dei Consigli di Amministrazione;
è opportuno tutelare e rafforzare le posizioni dei «Consiglieri Indipendenti» che l'attuale contenuto del comma 1 della disposizione sopra richiamata tende a limitare;
non si determina un conflitto di interesse o una diminuzione del grado di concorrenza nella funzione dei componenti degli organi di controllo, in particolare dei membri di Collegi Sindacali che siano presenti in più società, anzi, in molti casi, la presenza dei Sindaci in organismi di controllo di più società, può consentire - con l'esercizio puntuale e scrupoloso della propria funzione - di prevenire situazioni di limitata concorrenza o di potenziale conflitto d'interesse,

impegna il Governo

a intervenire, anche in sede normativa, per chiarire e delimitare con maggiore puntualità le effettive incompatibilità tra ruoli di gestione e/o di controllo che impediscano una effettiva concorrenza tra soggetti operanti nei medesimi settori di attività.
9/5025/204.Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9-bis, del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012 conferma l'obbligo della copertura assicurativa per i professionisti (responsabilità civile verso terzi - RCT), introdotto dalla lettera e)) del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 con decorrenza agosto 2012; la disposizione espressamente prevede che: «Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti»;
la decisione ha posto le compagnie assicurative, nella posizione di contraente forte, in quanto l'assicurazione è obbligatoria, mentre il livello del premio è libero, in ossequio alle norme comunitarie sulla concorrenza; tuttavia l'indeterminatezza delle norme e la mancanza strategia nazionale e politica di approccio al problema, diversamente da altri paesi europei, rischia di produrre conseguenze economiche crescenti ed inevitabili, che si rifletteranno sugli oneri a carico dell'utenza dei servizi professionali;
in passato, la dottrina giuridica nutriva forti perplessità sulla possibilità di estendere alle professioni liberali il sistema assicurativo della responsabilità professionale; la principale difficoltà giuridica all'inserimento della responsabilità professionale nell'architettura del meccanismo assicurativo come disciplinato dal Codice Civile era ravvisata nella nozione di sinistro rilevante ai fini dell'articolo 1917, comma 1, codice civile, con particolare riferimento all'espressione «fatto accaduto durante il periodo di assicurazione»;
giova ricordare che l'assicurazione RCT Auto è stata introdotta con la legge 24 dicembre 1969, n. 990, una legge di ben 43 articoli e ciò nonostante i cittadini hanno assistito pressoché inermi all'esplosione dei costi assicurativi;
secondo le stime del CNEL i professionisti in Italia sono circa 3,5 milioni, ma il dato include anche i professionisti dipendenti; in sede di valutazione del numero dei professionisti autonomi i dati del Ministero delle finanze al 2009 parlano di circa 1.300.000 soggetti, senza considerare le strutture professionali: tale «massa di manovra» evidentemente favorisce l'adozione del regime convenzionale previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 138 del 2011,

impegna il Governo

ad introdurre disposizioni attuative e chiarificatrici delle disposizioni sull'obbligo dei RCT dei professionisti in particolare prevedendo che la stipula divenga obbligatoria solo a seguito della negoziazione prevista dalla lettera e) del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, tra Compagnie assicurativo e Consigli Nazionali o enti previdenziali (o altra associazione professionale rappresentativa).
9/5025/205.Mario Pepe (Misto).

La Camera,
premesso che:
al raggiungimento dell'obiettivo di crescita dell'economia concorre anche lo sviluppo infrastrutturale del Paese per cui occorre massimizzare l'impiego di capitale privato, anche da parte degli Investitori stranieri, nella realizzazione di opere pubbliche, nonché rilanciare la competitività dell'intero sistema portuale nazionale e prevedere forme di premialità fiscale In particolare con riferimento al settore dell'edilizia;
tutto ciò impone una rapida approvazione ed attuazione del provvedimento d'urgenza all'esame del Parlamento,

impegna il Governo:

a potenziare ulteriormente lo strumento dei project-bond prevedendo agevolazioni in materia fiscale;
a promuovere il reperimento di risorse necessarie per lo sviluppo del processo di ammodernamento ed infrastrutturazione della rete portuale nazionale anche attraverso interventi diretti ad assicurare il graduale prosieguo del processo per il raggiungimento dell'autonomia finanziaria dei porti;
a favorire gli investimenti nel settore dell'edilizia attraverso forme di premialità fiscale che rendano disponibili risorse economiche.
9/5025/206.Bernardo, Cera, Raisi, Fluvi, Lulli, Polidori.

La Camera,
premesso che:
il comma 6 dell'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 prevede che le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese, il termine di recente è stato prorogato,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di far sì che le infrazioni al codice della strada e le notifiche di tutte le Amministrazioni Pubbliche a carico di veicoli a motore e dei loro rimorchi, intestati a imprese costituite in forma societaria o a persone fisiche in possesso della posta certificata elettronica che lo richiedono, vengano comunicate in via esclusiva attraverso la posta certificata, esentando dall'imposta di bollo e dai diritti di segreteria l'iscrizione alla banca dati della Direzione Generale della Motorizzazione e del P.R.A e le sue successive variazioni.
9/5025/207.Fallica, Misiti, Miccichè, Iapicca, Grimaldi, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 del decreto-legge in esame, prevede, nel caso in cui l'assicurato acconsenta all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, una riduzione tariffaria a vantaggio dell'assicurato;
l'articolo 34 del decreto-legge in esame, prevede l'informazione al cliente sulla tariffa e sulle condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie;
sono già ampiamente diffuse nel mercato polizze RC Auto (circa un milione sono quelle attive con oltre 20 Compagnie), che prevedono meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo con costi anche a carico dell'assicurato ma sconti ampiamente superiori a tali costi,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa affinché all'assicurato venga fornita l'informazione relativa alle migliori condizioni previste con l'adesione all'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti;
ad attivarsi presso le competenti Autorità affinché tale informazione venga prevista nelle forme e modi più chiari per l'assicurato;
a considerare e valutare nella fase di emanazione dei regolamenti previsti da ISVAP e Ministero dello sviluppo economico eventuali forme di gestione dei costi per i meccanismi elettronici già in uso nel mercato assicurativo.
9/5025/208.Germanà.