XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 21 marzo 2012

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
i problemi connessi alla crisi dei debiti sovrani e gli interventi regolamentari che hanno imposto alle banche di procedere ad ingenti ricapitalizzazioni contribuiscono all'acutizzarsi delle difficoltà nell'accesso al credito;
conseguentemente, le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale del tessuto economico e produttivo del nostro Paese e che, nel loro complesso, rappresentano i tre quarti della forza lavoro dipendente ed il 98 per cento delle aziende italiane, stanno correndo un grossissimo rischio, quello di vedersi chiudere totalmente i «rubinetti» del credito. Tutto ciò va ad aggiungersi ai ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni;
la normativa europea di recepimento dell'accordo di «Basilea 3» prevede un generale inasprimento dei requisiti patrimoniali per le banche che, se da una parte accresce la fiducia nella solvibilità delle banche medesime, dall'altra rischia di tradursi in maggiori costi per il sistema produttivo, specialmente per le piccole e medie imprese che sono da sempre «banco-centriche», mentre le poche grandi aziende italiane si rivolgono direttamente al mercato;
la crisi economica ha fatto diminuire il fatturato delle piccole e medie imprese italiane del 30 per cento, inducendo le banche a chiedere loro il rientro dai fidi concessi in tempi ristretti e il numero percentuale delle piccole e medie imprese che negli ultimi mesi ha avuto problemi di accesso ad un finanziamento bancario è pari al 43 per cento;
l'Autorità bancaria europea (European banking authority) ha adottato una raccomandazione che prevede la creazione, entro il prossimo mese di giugno 2012, di una riserva supplementare di fondi propri da parte delle banche, chiedendo di aumentare il «Core Tier 1» delle banche stesse, portandolo al 9 per cento minimo. Tali requisiti non stanno diffondendo la fiducia che l'Eba si proponeva;
per la valutazione del rischio, l'Autorità bancaria europea ha usato il criterio market to market, ossia l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli ma il prezzo corrente di mercato, che per i titoli sovrani italiani detenuti dalle nostre banche ha significato un deprezzamento di oltre il 15 per cento del valore nominale, con effetti pesanti sui mercati e sulle minusvalenze dei conti;
l'Associazione bancaria italiana ha proposto l'introduzione di specifici coefficienti, per esempio, il Pmi supporting factor da applicare all'ammontare destinato a riserva secondo i parametri di «Basilea 3» per far sì che i rigidi requisiti patrimoniali richiesti non si traducano in una restrizione ulteriore di erogazione del credito alle piccole e medie imprese;
la Banca centrale europea ha attivato, l'8 dicembre 2011, due finanziamenti straordinari (il long term refinancing operation - Itro), della durata di 36 mesi a favore delle banche, allo scopo di garantire l'accesso alla liquidità agli istituti di credito, per oltre 1.000 miliardi di euro e più precisamente, il 21 dicembre 2011, la prima asta ha visto assegnare oltre 489 miliardi e la seconda, il 29 febbraio 2012, quasi 530 miliardi, al tasso fisso dell'1 per cento. Le banche Italiane hanno fatto ricorso a questo finanziamento rispettivamente per 116 miliardi di euro la prima volta e per 139 miliardi di euro la seconda, che, in parte, sono andati al riassorbimento di operazioni in scadenze a breve;
il governatore della Banca d'Italia, in suo recente intervento all'Assiom Forex ha detto che: «le imprese si trovano a dover fronteggiare un inasprimento delle condizioni creditizie» ed ha invitato le banche a «valutare attentamente il merito

di credito, senza far mancare il sostegno finanziario ai clienti solvibili e meritevoli»;
presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il fondo centrale di garanzia con lo scopo di favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dalle banche;
l'analisi annuale per la crescita 2012, presentata dalla Commissione europea il 23 novembre 2011 (COM(2011)815 def.) prevede espressamente di «ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia» e pone «l'esigenza di garantire che le banche rafforzino i propri coefficienti patrimoniali consolidando le proprie posizioni patrimoniali e non limitando indebitamente l'erogazione di prestiti all'economia reale» e di «rivedere le norme prudenziali per evitare che penalizzino indebitamente l'erogazione di prestiti alle piccole e medie imprese»;
altro fattore di forte criticità per le imprese è dato dai ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione: l'ammontare complessivo viene stimato intorno ai 70 miliardi di euro e l'entità dei ritardi accumulati ammonta mediamente a 128 giorni, contro una media europea di 65 giorni, con un range che va da un minimo di 92 ad un massimo di 664 giorni,


impegna il Governo:


ad adottare le opportune iniziative al fine di aumentare le possibilità di accesso al credito delle piccole e medie imprese, finalizzato ad investimenti per l'innovazione dei prodotti e dei processi;
ad adoperarsi in sede europea al fine di:
a) sospendere l'entrata in vigore delle misure volte a fissare livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche;
b) intervenire in merito ai requisiti patrimoniali delle banche, affinché siano introdotti meccanismi correttivi per la ponderazione del rischio di credito relativo ai prestiti alle piccole e medie imprese;
ad adottare iniziative normative volte a rendere più veloci i pagamenti dei crediti della pubblica amministrazione accelerando il recepimento e l'applicazione della direttiva 2011/7/UE;
ad assumere iniziative volte a istituire un fondo presso la Cassa depositi e prestiti, atto accollarsi l'onere della parte di debiti delle autonomie locali verso le piccole e media imprese garantiti da disponibilità a bilancio ma non utilizzabili per i vincoli del rispetto del patto di stabilità interno.
(1-00948)
«Cambursano, Giulietti, Giorgio Merlo, Barbi, Zampa, Mario Pepe (PD), Portas, Marmo, La Forgia, Santagata, Recchia».

La Camera,
premesso che:
la recessione che ha colpito l'economia mondiale, ha penalizzato pesantemente l'economia del Mezzogiorno, e, secondo recenti valutazioni effettuate dalla SVIMEZ, determinerà per il 2012 un ulteriore ampliamento del divario tra Nord e Sud, con un differenziale negativo di circa mezzo punto al Sud rispetto alla media nazionale che dovrebbe far segnare una flessione del PIL di oltre l'1 per cento;
anche l'aggiustamento dei conti pubblici operato negli ultimi anni, pur necessario, ha costituito, riguardo alle misure ed agli effetti di ricaduta, uno shock asimmetrico dal punto di vista territoriale;
a fronte dell'urgenza di arrestare il declino dell'intero sistema produttivo nazionale, una politica mirata esclusivamente a sostenere e rafforzare resistente è del tutto insufficiente. Occorre procedere a sostanziali modifiche del modello di

specializzazione, come stanno facendo altre economie per tornare a crescere. Il Sud deve tornare in gioco da protagonista anche in virtù del fatto che esso è, oggi, materialmente l'area a massima vocazione ove può realizzarsi questa necessaria trasformazione. Se questo processo sarà avviato, il Sud diverrà un territorio attrattivo oltre che per gli operatori locali, anche per quelli esterni, nazionali e del resto del mondo;
il rilancio economico del Mezzogiorno dovrà passare attraverso un'interpretazione più dinamica rispetto al recente passato delle condizioni di posizionamento strategico all'interno dei network di scambio commerciale a livello mondiale. Pertanto la sfida del futuro per il Mezzogiorno passa innanzitutto da una distribuzione a servizio non solo del sistema endogeno meridionale ed italiano ma principalmente come funzione di concentrazione e smistamento di traffico lungo le direttrici Asia-Europa e Asia-Medio Oriente-Nord-Africa;
il settore del trasporto marittimo e della logistica portuale necessita in particolare di efficaci interventi di potenziamento della capacità competitiva del territorio e delle imprese fondati su moderni driver di sviluppo dell'economia globale che orientino e indirizzino i flussi in entrata ed in uscita verso gli sbocchi e le porte marittime dell'Italia meridionale sottoposte negli ultimi anni alla forte pressione competitiva esercitata dai porti del Nord-Africa;
secondo una definizione funzionale di recente proposta dalla SVIMEZ, che nei suoi ultimi studi dedica particolare attenzione al panorama logistico meridionale, tutto ciò può realizzarsi offrendo servizi logistici avanzati ed efficienti all'interno di filiere logistiche parallele alle filiere produttive e mercantili, quelle che la stessa associazione chiama filiere territoriali logistiche (FTL);
la filiera territoriale logistica presuppone un'Area vasta che disponga di un porto commerciale, di spazi retroportuali e di attività economiche che presentino un forte orientamento alle esportazioni. Infatti le attività presenti nell'Area potrebbero godere di notevoli vantaggi qualora le aree prossime ai porti fossero idoneizzate «a retroporti», cioè ambiti attrezzati dal punto di vista infrastrutturale e collegati alle attività economiche presenti nell'area, in altri termini ciò significa «produttivizzare» il territorio in senso logistico per promuovere un aumento dell'occupazione e delle esportazioni;
la realizzazione delle filiere territoriali logistiche potrebbe inoltre rappresentare una valida opportunità di recupero di vaste aree industriali dismesse presenti nei principali porti del Mezzogiorno da destinare ad aree retroportuali di insediamento di imprese ed attività del settore della logistica prevalentemente rivolta all'import-export;
all'interno del territorio meridionale, nel suddetto studio lo Svimez ha individuato, in via generale e non esaustiva, sette Aree vaste, che mostrano potenzialità di sviluppo come filiere territoriali logistiche rivolte all'internazionalizzazione delle produzioni e alla maggiore apertura ai mercati esteri: Abruzzo meridionale (Pescara, Ortona, Vasto, Termoli); basso Lazio e alto casertano (Gaeta, Napoli); Area Torrese-Stabiese (Torre Annunziata, Napoli, Salerno); Bari-Taranto-Brindisi; piana di Sibari (Corigliano)-Gioia Tauro; Area vasta catanese (Sicilia orientale); Sardegna settentrionale (Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano);
le suddette Aree vaste sono accomunate dalla presenza di alcuni importanti potenziali di sviluppo che possono essere oggetto di specifiche politiche di intervento al fine di migliorare le prestazioni logistiche complessive del territorio, ovvero: presenza di porti, anche minori e meno congestionati, di aree retroportuali e di inland terminal; sufficiente dotazione infrastrutturale di trasporto multimodale terrestre; buona accessibilità interna e possibilità di inserimento in reti di trasporto internazionale (principalmente marittime);

presenza di filiere produttive di eccellenza orientate all'esportazione; possibilità di fruire di agevolazioni speciali ed incentivi per l'insediamento di attività logistiche (zone franche urbane, programmazione negoziata, fondi strutturali europei, contratti di sviluppo e di rete, progetti di filiera, e altro); esistenza di contesti deindustrializzati da riqualificare (aree dismesse) in senso produttivo per incrementare l'occupazione;
obiettivo centrale e prioritario della più complessiva strategia strutturale da mettere in campo nei prossimi anni per lo sviluppo della macro-area meridionale italiana dovrebbe essere costituito dalla costruzione di un compiuto sistema dei trasporti nel Mezzogiorno, atto a valorizzare e ad integrare le dotazioni esistenti e a colmare i deficit infrastrutturali dello sviluppo logistico, per superare la perifericità e cogliere i vantaggi competitivi offerti dalla internazionalizzazione dell'economia e dei mercati. Assumono pertanto importanza strategica gli interventi di completamento della grande accessibilità transeuropea come l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, la strada statale 106 Ionica, il sistema autostradale siciliano, l'Alta velocità/capacita Napoli-Bari, l'adeguamento dell'asse ferroviario Napoli-Reggio Calabria-Palermo/Catania facente parte del Corridoio I-TEN-T;
una politica di filiera va accompagnata anche da un'efficace capacità di attrarre investimenti, nazionali e internazionali, fattore decisivo per accrescere la tenuta e lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, in settori innovativi e avanzati intesi alla luce delle pressanti sfide energetiche, ambientali e delle risorse naturali, sfide alle quali il Sistema Italia può dare risposte importanti proprio facendo leva sul Sud. Per avviare questo percorso va ripristinata l'attrattività del Sud che, invece, è frenata da una serie di fattori che rimandano alle pesanti criticità della cosiddetta «filiera istituzionale»: carenza di infrastrutture, costi impropri della criminalità organizzata, e altro;
sul versante complementare delle azioni aggiuntive previste all'articolo 119, comma 5, della Costituzione, certamente gioverebbe una significativa fiscalità di vantaggio, che rappresenti davvero un gradino fiscale rispetto al resto del Paese, in grado di compensare gli svantaggi ambientali dell'area. L'opposizione dell'Unione europea all'adozione di una fiscalità differenziata all'interno di uno stesso Paese, in un regime di moneta unica nel quale Stati e regioni sono posti sullo stesso piano, non ha, del resto, più motivo d'essere. Occorre, dunque, puntare in questa direzione adottando una fiscalità di vantaggio che non punti su un'indiscriminata capacità di attrazione, ma che sia perno di un'azione mirata alla trasformazione del modello produttivo ed alla intensificazione del suo contenuto di innovazione,


impegna il Governo:


ad assumere le opportune iniziative normative dirette a istituire apposite zone defiscalizzate (sullo schema delle filiere territoriale logistiche), soprattutto nei siti caratterizzati da modelli IM-RIEM, cioè attività di importazione via mare di materie prime, semilavorati e prodotti intermedi, per una successiva sequenza logistica a valore, e quindi di riesportazione via mare di prodotti finiti e intermedi che presentano un incremento di valore dovuto alle attività di assemblaggio, consolidamento, etichettatura, confezionamento, e altro;
ad attuare un piano di recupero di efficienza e competitività territoriale delle regioni del Mezzogiorno, attraverso la realizzazione ed il completamento definitivo di opere infrastruttura li di indubitabile importanza sotto il profilo della riduzione dei costi logistici totali di mobilità di merci e persone, integrate con le reti infrastrutturali di regioni e paesi del Mediterraneo, grazie alle quali il Mezzogiorno potrebbe realmente rappresentare un'area strategica di operatività logistica a servizio non solo del sistema endogeno meridionale ed italiano, ma principalmente quale territorio

di concentrazione e smistamento di traffico lungo le direttrici Asia-Europa e Asia-Medio Oriente-Nord-Africa.
(1-00949)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
gli anni settanta sono stati un decennio straordinariamente ricco di innovazioni che hanno profondamente trasformato la sanità;
l'evoluzione dei dispositivi medici è passata attraverso processi di innovazione di natura incrementale che ne semplifica la valutazione sul piano della loro sicurezza ed efficacia, potendo infatti la valutazione di sicurezza ed efficacia risultare relativamente più immediata o far riferimento a specifiche norme armonizzate (ad esempio, quelle riferite all'impiego di determinati materiali);
il recente caso delle protesi mammarie difettose ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il tema e la necessità di controlli più severi sia sull'immissione in commercio sia sull'utilizzo di prodotti impiantabili, rendendosi necessarie evidenze riguardo alla sicurezza e all'efficacia anche alla luce del recentissimo caso delle protesi all'anca Dpuy che risulterebbero tossiche e che sono state impiantate su pazienti nella regione Marche;
ogni sistema sanitario deve fare il possibile per assicurare la massima sicurezza a tutela del cittadino e del paziente che da tale sistema deve essere curato;
la regolamentazione riguardante il settore può essere implementata nella fase della prevenzione dotandosi di strumenti orientati alla salvaguardia della salute e anche tutelando l'innovazione tecnologica e potenziando la ricerca che hanno consentito la messa a disposizione di prodotti sempre più efficaci per la diagnosi precoci, la cura e la riabilitazione;
è necessario trovare un equilibrio che, non rallentando l'accesso al mercato, mantenga e migliori gli elevati standard di qualità,


impegna il Governo:


a rafforzare i controlli sugli organismi notificati, i quali hanno la responsabilità dei processi di certificazione prima che il dispositivo acceda al mercato, secondo un principio di precauzione rigido e coordinato anche a livello europeo;
ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire che i dispositivi medici siano impiantati presso strutture pubbliche o private riconosciute e abilitate secondo criteri di qualità delle strutture stesse;
ad assumere iniziative normative finalizzate alla implementazione dei registri per gli impianti, al fine di mantenere un monitoraggio continuo per fini epidemiologici e di tracciabilità, nel pieno rispetto della gestione dei dati sensibili e della privacy;
a rafforzare i rapporti di collaborazione tra il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità in raccordo con i sistemi sanitari regionali;
a promuovere, per quanto di competenza, linee guida che possano garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori al fine di evitare le maggiori spese delle complicanze e dei costi indiretti, nell'interesse della sostenibilità del sistema e della tutela della salute dei cittadini.
(1-00950)
«Pedoto, Bucchino, Cardinale, Farinone, Fioroni, Fogliardi, Froner, Ginoble, Grassi, Lenzi, Pes, Rigoni, Rubinato».

La Camera,
premesso che:
con delibera n. 19/2009 il CIPE ha approvato il progetto preliminare del rad

doppio della linea ferroviaria Parma-La Spezia (cosiddetta «Pontermolese») prendendo atto del carattere prioritario del lotto Parma-Osteriazza, a sua volta suddiviso in tre sub lotti funzionali (Parma-Vicofertile, Vicofertile-Collecchio, Collecchio-Osteriazza) e ha assegnato 234,6 milioni di euro per la realizzazione del primo sub lotto Parma-Vicofertile, il cui progetto definitivo è stato affidato a RFI;
il precedente Governo Berlusconi, con il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, aveva previsto la revoca dei finanziamenti concessi le opere che entro il 31 dicembre 2011 non avessero ancora prodotto obbligazioni vincolanti verso terzi;
il 20 gennaio 2012 il CIPE, a seguito della dichiarazione di RFI di non cantierabilità dell'opera, ha revocato il finanziamento e destinato le risorse ad altri interventi;
il 17 febbraio 2012 si è svolto presso la provincia di Parma il tavolo interistituzionale nel corso del quale le regioni, le province e i comuni direttamente interessati dall'opera hanno espresso forte preoccupazione per il definanziamento della stessa ed hanno chiesto Governo di procedere verso un rapido reintegro dei fonti, riaffermando l'interesse nazionale e la valenza strategica dell'infrastruttura;
il raddoppio della linea ferroviaria «Pontremolese» rientra tra le opere funzionali al completamento del Corridoio multimodale Tirreno-Brennero condivise nel protocollo d'intesa sottoscritto nel 2009 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalle regioni, dalle province e dai comuni capoluogo interessati,


impegna il Governo:


a giungere quanto prima all'approvazione del progetto definitivo del primo sub lotto Parma-Vicofertile per la cui redazione RFI avrebbe già impiegato risorse finanziare per oltre 3,4 milioni di euro, come si evince dal 6o rapporto «L'attuazione della legge obiettivo» del settembre 2011;
ad assumere tutte le iniziative necessarie al fine di reintegrare le risorse destinate al raddoppio della linea ferroviaria «Pontremolese» e in particolare i 234,6 milioni di euro per la realizzazione del primo sub lotto Parma-Vicofertile.
(1-00951)
«Motta, Mariani, Andrea Orlando, Rigoni, Velo, Cenni, Marchi, Tullo, Bratti, Rossa».

La Camera,
premesso che:
la complessiva situazione di difficoltà dell'economia italiana sta manifestando un'incidenza rilevante sul settore agricolo e agroalimentare, stretto tra i costi di produzione in aumento e una domanda di beni alimentari in calo;
come dimostrato dalle periodiche indagini dell'ISMEA, ancora più preoccupante è lo scenario pessimistico che prevale nelle imprese agricole circa l'andamento della situazione della produzione, dei costi, del mercato e gli sviluppi attesi per il futuro;
in tale quadro, il decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta manovra «salva Italia») ha suscitato un particolare allarme nel mondo agricolo che - senza volersi sottrarre allo sforzo comune per il risanamento finanziario del Paese - hanno denunciato come il provvedimento comporti un tale aggravio degli oneri fiscali per le aziende agricole da metterne in discussione la stessa sopravvivenza, senza che al contempo siano previsti interventi per lo sviluppo di cui pure sono destinatari altri settori;
le preoccupazioni sono motivate soprattutto dalla nuova imposta municipale unica (IMU) alla quale saranno assoggettati dal 2012 sia i terreni agricoli sia i fabbricati rurali;

il regime dell'IMU comporta una modifica sostanziale della fiscalità del settore primario, facendo venir meno il regime speciale sino ad oggi riconosciuto a tale settore, in considerazione della funzione sociale dell'agricoltore, chiamato a produrre alimenti e a garantire altri beni e servizi di interesse collettivo non remunerati dal mercato;
in particolare, la nuova imposta colpisce beni funzionali all'esercizio dell'attività agricola, strumenti di lavoro dell'agricoltore, che non possono essere considerati beni patrimoniali, gravando così particolarmente sull'agricoltura professionale e, in tale ambito, sulle piccole e medie imprese;
per quanto riguarda i terreni agricoli, con l'IMU non saranno più applicabili le riduzioni della base imponibile previste da precedente regime dell'ICI, per i terreni condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali iscritti nelle relative gestioni previdenziali; inoltre, la base imponibile risulterà aumentata per effetto dell'innalzamento da 75 a 130 del moltiplicatore da applicare al reddito dominicale risultante in catasto (110 per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola); infine, è aumentata anche l'aliquota, fissata nella misura di base allo 0,76 per cento;
particolarmente pesante è poi l'aggravio sui fabbricati rurali, prima esenti dall'ICI, in considerazione del fatto che il loro valore imponibile risulta espresso dal reddito dominicale del terreno cui sono asserviti per fini abitativi o funzionali allo svolgimento delle attività agricole; i fabbricati rurali risultano infatti assoggettati all'IMU secondo le norme ordinarie, mentre i fabbricati rurali aventi natura strumentale che godono di un'aliquota agevolata pari allo 0,2 per cento, con possibilità dei comuni di ridurla ulteriormente allo 0,1 per cento;
vanno infine considerati gli ulteriori oneri connessi all'operazione di iscrizione dei fabbricati rurali iscritti nel catasto terreni nel catasto edilizio urbano, cui gli interessati dovranno provvedere entro il mese di novembre 2012;
le stime delle organizzazioni agricole sull'impatto dell'IMU sulle imprese del comparto appaiono preoccupanti e devono indurre ad una riflessione sulla sostenibilità di tale imposta per il fragile sistema agricolo italiano e sul rischio di abbandono da parte di numerosissime imprese che già versano in una situazione di crisi;
un ripensamento in tal senso è stato già sollecitato dalla Camera dei deputati, con l'approvazione di specifici atti di indirizzo, e dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;
l'agricoltura rappresenta un pilastro fondamentale dell'economia nazionale, non solo per la produzione di beni alimentari e per il suo importante contributo alle esportazioni e all'occupazione, ma anche per la difesa del territorio e del paesaggio rurale;
è quindi necessario cogliere i segnali di allarme lanciati dal mondo agricolo circa i rischi che minacciano la stessa sopravvivenza dell'agricoltura italiana, per prendere atto che tali segnali vanno ben oltre gli interessi, pur legittimi, delle categorie interessate,


impegna il Governo:


ad assumere le necessarie iniziative normative per esentare dal pagamento dell'imposta i fabbricati rurali ad uso strumentale, ovvero quantomeno per una consistente riduzione degli oneri, attualmente previsti per gli stessi, con particolare riferimento a quelli dislocati in aree svantaggiate;
a rivedere il meccanismo di calcolo relativo ai terreni condotti dagli agricoltori, in considerazione delle peculiarità del settore agricolo che, sino ad oggi, hanno determinato l'applicazione di specifiche regole fiscali;

a istituire immediatamente un tavolo di confronto volto ad individuare criteri alternativi di applicazione dell'IMU, tali da consentire di salvaguardare gli obiettivi del decreto «Salva Italia», senza pregiudicare la sussistenza del settore agricolo italiano.
(1-00952)
«Paolo Russo, Beccalossi, Bellotti, Biava, Catanoso, De Camillis, Di Caterina, Dima, Faenzi, Nastri, Nola, Romele, Rosso».

La Camera,
premesso che:
l'ultimo gravissimo attentato verificatosi in Francia nel quale sono morte quattro persone di cui tre bambini, ricorda ancora una volta il dramma degli attacchi e dei pericoli di cui sono ancora oggi bersaglio gli ebrei in numerosi Paesi nel mondo;
con motivazioni religiose o pseudoreligiose, questi attacchi continui rinnovano e aggravano le persecuzioni ideologiche già subite dagli ebrei con gli orrori del Novecento e dell'Olocausto. La lista funerea delle azioni antiebraiche ha motivazioni oggi chiaramente religiose che non risparmiano nemmeno bambini inermi, ciò è motivo di profondo dolore ed indignazione ma dovrebbe essere anche momento di riflessione e coinvolgere credenti e non credenti in una consapevolezza maggiore sulle vere e profonde ragioni culturali e religiose che sono le radici giudaico-cristiane dell'Europa;
tutto ciò conferma l'urgenza di affrontare un problema che, oltre che culturale e morale, è anche politico: l'opinione pubblica e la classe politica devono in modo permanente essere attenti alla tolleranza religiosa e civile nel rispetto dell'altro e dell'integrazione;
la storia dimostra che la libertà religiosa è il pilastro portante di tutte le libertà, così come l'intolleranza religiosa porta inevitabilmente non solo alla violazione dei diritti umani fondamentali, ma a conflitti cruenti e devastanti;
in definitiva, gli attentati antisemiti non sono un evento lontano nella storia, ma una minaccia diretta alla sopravvivenza della nostra stessa democrazia, per non dire della stessa umanità come oggi la si conosce,


impegna il Governo


ad esercitare ogni forma possibile di pressione politica e diplomatica affinché l'Unione europea adotti tutti gli strumenti idonei a vigilare, combattere ed estirpare la mala pianta dell'antisemitismo, e perché metta in atto misure efficaci di contrasto ad ogni forma di persecuzione religiosa, con particolare riguardo alle comunità ebraiche oggi tra le più colpite, insieme a misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa, considerato che è necessaria una reazione forte e comune dell'Europa per individuare e stroncare sul nascere ogni avvisaglia di intolleranza antisemita.
(1-00953)
«Ronchi, Buonfiglio, Scalia, Urso, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

La I e la XII Commissione,
premesso che:
il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante «disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo» prevede all'articolo 60 l'avvio di una sperimentazione, nei comuni con più di 250.000 abitanti, per favorire la diffusione della «carta acquisti» istituita dall'articolo 81, comma 32, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 118, tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno, anche

al fine di valutarne la possibile generalizzazione come strumento di contrasto alla povertà assoluta;
per l'attuazione di tale sperimentazione si prevede un successivo decreto ministeriale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e, tra i criteri e i soggetti beneficiari di cui dovrà tener conto il decreto attuativo, sono ricompresi anche i cittadini di altri stati dell'Unione europea nonché i cittadini di Stati esteri in possesso del permesso di soggiorno delle Comunità europea per soggiornanti di lungo periodo;
tra i soggetti che versano in stato di particolare bisogno andrebbero considerate anche le donne immigrate presenti sul territorio italiano in stato di gravidanza indipendentemente dal fatto che abbiano o meno il permesso di soggiorno visto anche il fatto che la legislazione vigente, al comma 2, lettera d), dell'articolo 19 (recante divieti di espulsione e di respingimento) del Testo unico sull'immigrazione, non consente l'espulsione delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;
anche la Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 2000, n. 376, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma su citata «nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio». Si conferma in tal modo come lo stato di gravidanza e l'attesa di un figlio, a prescindere dal possesso di un permesso di soggiorno, ponga tali soggetti in una condizione meritevole di particolare tutela,

impegnano il Governo:

a valutare la possibilità di ricomprendere nell'ambito dei nuovi criteri di identificazione dei beneficiari della «carta acquisti» per contrastare la povertà assoluta, anche le donne immigrate in stato di gravidanza, seppur prive del permesso di soggiorno, con estensione di tale beneficio ai sei mesi successivi alla nascita del figlio;
ad adottare tutte le iniziative necessarie volte ad estendere il divieto temporale di espulsione delle donne incinte portandolo dagli attuali sei mesi ai dodici mesi successivi alla nascita del figlio, anche in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 376 del 27 luglio 2000, non solo dando così la possibilità alla donna di poter trovare un'occupazione ma anche e soprattutto, migliorando l'accesso ai servizi sanitari sia da parte delle donne gravide sia delle puerpere, consentendo di proteggere efficacemente la vita dei nascituri.
(7-00814)
«Bucchino, Amici, Livia Turco, Miotto, Bossa, Burtone, D'Incecco, Farina Coscioni, Murer, Pedoto, Sbrollini».

La VI Commissione,
premesso che:
il prezzo finale della benzina è ormai arrivato, in alcune regioni, a superare i 2 euro al litro e, come ben sappiamo, grossa parte di questi 2 euro è costituita dalle accise; l'ultimo ritocco, naturalmente in aumento, è stato portato dall'articolo 15 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201; per effetto di tale modifica le accise sulle benzine ora ammontano a 704,20 euro per mille litri e quelle sul gasolio a 593,20 euro per mille litri e dal 1° gennaio 2013 raggiungeranno i 704,70 euro ed i 593,70 euro per mille litri rispettivamente per benzina e gasolio per autotrazione;
il danno per il cittadino è duplice: il primo, diretto, dovuto all'acquisto diretto di carburante, il secondo, indiretto, dovuto all'aumento dei costi di trasporto delle materie prime e dei prodotti finali; non indifferente anche la perdita per l'erario dovuta allo svantaggio competitivo del prezzo dei carburanti in Italia rispetto alla Svizzera, all'Austria ed alla Slovenia, che porta i residenti delle fasce di confine ad andare oltre confine per rifornirsi di carburante;

l'articolo 1, commi da 290 a 293, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha introdotto alcune disposizioni fiscali dirette a utilizzare il maggior gettito IVA dovuto all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi per la riduzione temporanea dell'aliquota di accisa sui carburanti e, quindi, del prezzo al consumo; infatti, il comma 291 dispone che, in presenza di una crescita dei prezzi petroliferi superiore al 2 per cento rispetto al valore del petrolio indicato nel documento di programmazione economica e finanziaria, le misure delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili sono ridotte al fine di compensare il maggiore gettito IVA dovuto all'incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi: la riduzione delle aliquote di accisa è determinata da un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; in questo modo si evita che il consumatore sia gravato da un duplice aumento, quello determinato dal prezzo e quello originato dalla tassazione, consentendo così il trasferimento sul prezzo finale del solo incremento dei costi di acquisto;
la misura non provoca perdita di gettito, ma solo una diversa ricomposizione della quota Iva e della quota accisa;
negli ultimi mesi l'aumento del prezzo dei carburanti è aumentato esponenzialmente, rendendo sicuramente applicabile la disposizione di cui alla legge finanziaria per il 2008; il gettito Iva è aumentato di alcune centinaia di milioni di euro al mese, senza che il Governo sia intervenuto per calmierare l'impennata dei prezzi finale;
non solo le categorie degli autotrasportatori chiedono un abbassamento del prezzo finale, ma tutti i consumatori: la benzina negli ultimi 10 anni è aumentata del 70 per cento, il gasolio addirittura del 100 per cento e possedere un'auto comincia a diventare un lusso per ampie fasce di popolazione,


impegna il Governo


a procedere il più rapidamente possibile all'emanazione del decreto di riduzione dell'accisa sui carburanti in attuazione della norma prevista dalla legge finanziaria per il 2008, in modo tale da compensare il maggior gettito IVA dovuto all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi con la riduzione dell'aliquota delle accise sui carburanti, neutralizzando l'impennata del prezzo al consumo.
(7-00813)
«Fugatti, Comaroli, Forcolin, Montagnoli, Bitonci».

La XIII Commissione,
premesso che:
sul futuro dell'agricoltura italiana si addensano numerosi elementi di preoccupazione, collegati sia agli scenari economici internazionali e nazionali sia alle prospettive delle specifiche politiche di settore;
nell'ultimo triennio la filiera agroalimentare italiana è stata sottoposta a forti tensioni sul mercato internazionale a causa, da un lato, di un cedimento dei prezzi delle principali materie prime agricole, dall'altro, ad un aumento del costo del greggio, con pesanti ricadute in termini di aumento delle spese per le aziende agricole;
il negoziato sulle prospettive finanziarie dell'Unione europea per il periodo dal 2014 al 2020, si presenta particolarmente delicato per l'Italia, perché il nostro Paese si trova oggi in una situazione di contribuente netto particolarmente importante, laddove c'è uno scarto di oltre 5 miliardi di euro l'anno tra quello che viene versato al bilancio comunitario e quello che dal bilancio comunitario stesso rientra per le varie politiche; in questo ambito si colloca il tema della entità della spesa agricola all'interno del bilancio comunitario e della ripartizione della spesa agricola tra i Paesi membri;

le proposte della Commissione europea relativamente al quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020 prevedono, a fronte di un aumento nominale complessivo pari al 5 per cento delle risorse, un congelamento in valori correnti degli stanziamenti per la politica agricola comune e, dunque, un ridimensionamento in termini reali, con una spesa complessiva annua (primo e secondo pilastro) che passerebbe da 57,4 miliardi di euro nel 2013 a 50,2 miliardi di euro nel 2020;
oggi, l'Italia percepisce in termini di spesa agricola - comprendendo sia il primo sia il secondo pilastro - poco meno del 10 per cento della spesa agricola complessiva; secondo i calcoli illustrati dal Governo, questa percentuale potrebbe scendere leggermente, se venissero accolte integralmente le proposte attualmente presentate dalla Commissione europea, in particolare quelle relative al primo pilastro; mentre è ancora da definire l'aspetto della ripartizione degli stanziamenti relativi allo sviluppo rurale;
in stretta connessione con il nuovo quadro di politica finanziaria europeo è entrato nel vivo il negoziato sulla riforma della politica agricola comune, che desta ulteriori preoccupazioni, al di là di una valutazione esclusivamente contabile e finanziaria, per il modello di politica agricola che si sta delineando, che sembra non mettere al centro l'impresa agricola e la produzione, come l'evoluzione dei mercati internazionali dovrebbe suggerire;
collegato a questo tema è il tema della parametrazione del sostegno da erogare ai produttori, laddove la riforma in discussione un modello che tende a collegare gli aiuti ai produttori esclusivamente alle superfici agricole nazionali ed aziendali. Tale proposta non solo non sembra tenere nella giusta considerazione la necessità di tornare a sostenere la produzione agricola, considerato l'aumento in tal senso del fabbisogno mondiale, ma risulta particolarmente mortificante per la realtà italiana, caratterizzata da un forte valore aggiunto delle produzioni in presenza di superfici agricole molto limitate;
ulteriori preoccupazioni sono segnalate dal mondo agricolo e dallo stesso mondo bancario circa le proposte legislative della Commissione europea sui requisiti patrimoniali delle banche, adottate in applicazione dell'Accordo di Basilea 3; dal quadro normativo in via di definizione, infatti, si prospetta un impatto negativo sul sistema bancario e produttivo europeo, determinando, in particolare, una restrizione del credito a favore delle piccole e medie imprese, tra le quali sono da includere le imprese agricole; le proposte, infatti, non contemplano alcuno specifico coefficiente o parametro di valutazione del ricorso al credito relativo alle pmi;
in particolare, per effetto delle proposte in questione, le banche popolari, di credito cooperativo e le casse rurali, che hanno da sempre un forte legame con il territorio ed investono quote rilevanti di mercato nel comparto primario, non sarebbero più in grado di garantire il sostegno attuale al settore produttivo agricolo, considerati i vincoli prudenziali particolarmente stringenti ai quali saranno assoggettate;
sul piano nazionale, la crisi economica che ha investito il Paese e l'elevato debito di bilancio hanno richiesto politiche che incidono profondamente sul settore agricolo, pesantemente coinvolto dagli aggravi fiscali e solo marginalmente interessato dagli interventi a favore delle attività produttive;
il settore è stretto, quindi, in una morsa, costretto, da un lato, a far fronte all'aumento dei costi di produzione senza poter più contare sul sostegno pubblico e, dall'altro, ad adeguare continuamente il processo produttivo ai nuovi sviluppi tecnologici e al sempre più pressante obbligo di sostenibilità ambientale;
l'agricoltura rappresenta un pilastro fondamentale dell'economia nazionale, non solo per la produzione di cibo e quindi per l'occupazione nel settore e in

tutto l'indotto, ma anche per la difesa del territorio e del paesaggio rurale e per l'affermazione all'estero dell'immagine dell'Italia, attraverso le eccellenze agroalimentari frutto della laboriosità e dell'impegno degli agricoltori e dei trasformatori applicati agli straordinari prodotti della terra;
è quindi necessario cogliere i segnali di allarme lanciati dal mondo agricolo circa i rischi che minacciano la stessa sopravvivenza dell'agricoltura italiana, per prendere atto che tali segnali vanno ben oltre gli interessi, pur legittimi, delle categorie interessate,


impegna il Governo


ad attivarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione Europa, affinché i processi di riforma in corso, in particolare nelle materie in premessa indicate, siano articolati in modo da non determinare ulteriori effetti depressivi per il settore agricolo italiano.
(7-00812)
«Paolo Russo, Mario Pepe (PD), Beccalossi, Di Caterina, Delfino».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

CICCIOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nelle settimane scorse la stampa nazionale ha riportato la notizia che il Tesoro italiano, in data 3 gennaio 2012, ha pagato alla banca americana Morgan Stanley l'ammontare di euro 2,5 miliardi per estinguere anticipatamente alcuni strumenti derivati stipulati nel 1994. In particolare, si è appreso che gli strumenti in questione siano due contratti interest rate swap (IRS) e due contratti swaption (ossia contratti di opzione su contratti IRS);
in particolare, si apprende che il contratto swaption appartiene alla categoria dei cosiddetti derivati «esotici», dove con quest'ultimo termine si intende uno strumento non-standard e caratterizzato da un elevato livello di complessità ed opacità nei meccanismi di funzionamento. Da quanto si legge, sembrerebbe che il Ministero dell'economia e delle finanze sia entrato in una posizione short, ossia abbia venduto un contratto swaption, conferendo così alla controparte (Morgan Stanley) la facoltà di entrare in un contratto IRS per il quale la banca riceverebbe un tasso fisso a fronte di un tasso variabile pagato dal Ministero dell'economia e delle finanze;
l'enorme ammontare della perdita registrata dal Ministero dell'economia e delle finanze (2,5 miliardi di euro equivalgono al 50 per cento degli introiti attesi dell'aumento dell'iva) deriva da contratti stipulati nel lontano 1994, ed è probabilmente il risultato di una crescente riduzione del valore dei contratti nel corso degli ultimi 20 anni a svantaggio del Ministero dell'economia e delle finanze; quest'ultimo, in data 3 gennaio 2012, si è trovato, probabilmente, nella necessità di dover estinguere i contratti in questione pagando l'ammontare record di euro 2,5 miliardi al fine di evitare l'ulteriore accumularsi di perdite;
la fonte di queste perdite proviene dalla «natura» dei contratti IRS in questione, e dalla posizione di mercato presa dal Ministero dell'economia e delle finanze: quest'ultimo ha infatti venduto opzioni sul mercato, a partire dal 1994, al fine di incassare subito un premio a fronte del rischio di pagare, negli anni successivi, potenzialmente un multiplo del premio incassato, ciò che si è effettivamente avverato a partire dal 1994. I derivati stipulati hanno avuto dunque natura prettamente

speculativa ed hanno comportato perdite rilevanti per lo Stato Italiano a fronte di benefici marginali -:
se risulti chi abbia preso la decisione nel 1994 di stipulare i contratti derivati oggi estinti;
quanto sia stato incassato da tali contratti;
se al momento della stipula, sia stata accertata la congruità del prezzo dei contratti e la congruità delle clausole rispetto agli obiettivi dell'amministrazione, posto che dalle fonti di stampa emerge che Morgan Stanley avrebbe guadagnato circa 500 milioni di euro dai derivati con la Repubblica italiana;
se prima della stipula sia stata fatta un'analisi interna dei rischi ai quali il Ministero dell'economia e delle finanze si esponeva con i derivati;
se l'amministrazione avesse la facoltà di stipulare contratti di natura speculativa;
se risponda al vero che l'ammontare nozionale dei derivati in essere presso il Ministero dell'economia e delle finanze ammonta a circa 160 miliardi di euro e che il costo di cancellazione di tali contratti ammonta oggi a circa 23,5 miliardi di euro.
(4-15413)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il depotenziamento delle strutture consolari dovuto al piano di razionalizzazione, alla diminuzione delle risorse e alla limitazione del personale in esse impegnato, ha fatto arretrare il sistema dei servizi offerti alle comunità italiane, aggravando insufficienze operative e disagi per gli utenti;
in una condizione generale di regressione dei servizi amministrativi rischiano di diventare irrecuperabili le situazioni di quelle comunità, pur consistenti, che per la loro distanza geografica dai consolati, hanno difficoltà ad accedere ai servizi a costi sostenibili;
le soluzioni alternative avanzate, come quelle dello sviluppo delle tecnologie informatiche, dello sportello consolare, delle presenze periodiche e del funzionario itinerante, o altre innovative da ipotizzare, è opportuno che non siano concepite esclusivamente in termini sostitutivi di servizi preesistenti, ma che siano invece programmate anche in funzione del miglioramento dei rapporti con le comunità che hanno maggiori difficoltà ad accedere ai servizi essenziali;
un caso esemplare di comunità isolate per ragioni logistiche è quello riguardante i 23.000 italiani residenti nelle isole Canarie, di cui oltre 17.000 iscritti all'AIRE e i circa 30.000 connazionali residenti nelle isole Baleari;
le isole Canarie distano oltre 3.000 chilometri da Madrid, ove ha sede il consolato di riferimento, e conoscono ogni anno un afflusso turistico di decine di migliaia di connazionali;
per ogni operazione amministrativa da assolvere presso il consolato di Madrid, i concittadini devono sopportare costi notevoli di viaggio (400 euro) e di permanenza nella capitale spagnola;
tali oneri, nella fase di crisi e di disoccupazione che sta drammaticamente interessando anche le isole Canarie, rappresentano, soprattutto per i nuclei famigliari, un peso difficilmente sostenibile;
precedenti interlocuzioni tra i rappresentanti del Comites e l'ambasciata avevano fatto sperare in una presenza periodica da parte di un funzionario del consolato di Madrid, onde fare fronte alle esigenze più immediate e diffuse; tuttavia,

l'ipotesi non ha avuto sviluppi concreti per ragioni che andrebbero riconsiderate o meglio verificate -:
se non ritenga d'intervenire presso l'ambasciata di Madrid, allo scopo di esaminare concretamente la possibilità di assicurare la presenza periodica di un funzionario presso le isole Canarie e le isole Baleari, allo scopo di decentrare un servizio altrimenti poco accessibile e molto oneroso.
(4-15399)

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AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:

GOZI. - Al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
ai margini del Consiglio europeo del 30 gennaio 2012 è stato approvato dai Capi di Stato e di Governo di 25 Stati membri, con la sola esclusione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, il testo del «Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria» (cosiddetto «fiscal compact»), che prevede nuove norme in materia di integrazione fiscale;
il nuovo Trattato è stato firmato al vertice europeo dell'1 e 2 marzo 2012 e dovrà entrare in vigore il primo gennaio del 2013;
il 25 gennaio 2012 la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica hanno approvato, alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, la mozione n. 1-00800 (Cicchitto, Franceschini e altri), votata in testo identico al Senato (mozione 1-00534, Gasparri, Finocchiaro e altri), che impegna il Governo in favore di un rilancio dell'integrazione politica europea;
in particolare la mozione in questione ha impegnato il Governo «a promuovere una dichiarazione a latere del Trattato da sottoscrivere con altri Paesi disponibili che affermi l'opportunità di riaprire, in tempi e modi opportuni, il processo costituente verso un'unione politica dei popoli europei»;
una maggiore condivisione della sovranità politica è premessa necessaria per un'integrazione del debito pubblico europeo;
la mozione inoltre esortava il Governo a «porre al centro della riflessione politica europea le politiche dello sviluppo e della crescita e il completamento del mercato interno,» e proponeva il ricorso a eurobond e project bond come «strumenti innovativi di finanziamento allo sviluppo»;
il 21 febbraio 2012 il Presidente del Consiglio italiano, insieme ad altri 11 capi di Governo, ha scritto una lettera ai leader europei contenente un piano in otto punti per assicurare all'Europa una crescita forte e sostenibile;
sarebbero in corso tra diversi Stati membri contatti, promossi dal Governo tedesco, per la stesura di una «dichiarazione» comune di un gruppo di Paesi per rafforzare il processo di integrazione politica;
sempre secondo le anticipazioni apparse sulla stampa, una prima riunione preparatoria di tale dichiarazione dovrebbe tenersi il 20 marzo a Berlino;
si plaude alla decisione presa in occasione del vertice tra il Presidente del Consiglio Mario Monti e la Cancelliera Angela Merkel, e appresa da fonti stampa, di lavorare insieme su iniziative a favore della crescita e avviare una nuova fase dell'integrazione europea;
sempre secondo quanto si apprende da un lancio dell'agenzia ANSA del 10 marzo scorso, il Ministro per gli affari esteri, Giulio Terzi, avrebbe affermato di ritenere prematura una prospettiva di rilancio della discussione su una Costituzione europea -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per dare seguito agli indirizzi espressi dalla Camera e dal Senato

nella mozione approvata il 25 gennaio 2012, in particolare per una dichiarazione che rilanci il processo politico e costituente europeo.
(4-15405)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

COMMERCIO, LO MONTE, LOMBARDO e OLIVERI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge 9 dicembre 1998, n. 426, recante «Nuovi interventi in campo ambientale» prevede l'adozione di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individui gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse;
il programma nazionale di bonifica è stato approvato con decreto del Ministero dell'ambiente 18 settembre 2001, n. 468, a seguito di un lungo iter procedimentale che ha visto numerosi incontri con le regioni e gli enti locali al fine di acquisire elementi conoscitivi dei siti già qualificati di interesse nazionale e per definire 23 nuovi siti di interesse nazionale;
la legislazione italiana riconosce quali siti d'interesse nazionale (SIN) quelle aree in cui l'inquinamento di suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee è talmente esteso e grave da costituire un serio pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente naturale;
i siti di interesse nazionale sono in generale aree in cui l'attività industriale è ancora attiva, zone industriali dismesse, porti, ex miniere, cave, discariche non conformi alla legislazione, discariche abusive. La gravità della contaminazione in queste zone, con rilevanti impatti ambientali, sanitari e socio-economici, ha fatto sì che venissero stanziati di fondi ad hoc per la loro messa in sicurezza e bonifica;
i 57 siti di interesse nazionale presenti sul territorio nazionale, di cui ben 4 presenti nella sola Sicilia sono stati individuati nel tempo con il susseguirsi dei seguenti atti normativi:
a) legge n. 426 del 1998 siti di Gela e Priolo;
b) legge n. 388 del 2000;
c) decreto ministeriale n. 468 del 2001 sito di Biancavilla;
d) legge n. 179 del 2002;
e) legge n. 266 del 2005 sito di Milazzo;
f) decreto legislativo n. 152 del 2006;
g) decreto ministeriale 11 aprile 2008;
h) decreto ministeriale 25 maggio 2008;
i) ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3716 del 2008;
con il decreto ministeriale n. 471 del 1999 si sono fissate le procedure per l'effettuazione delle bonifiche; ma a distanza di tredici anni i risultati sono deludenti. Lo scenario sembra essere quello ricorrente per la legislazione ambientale italiana. La bonifica delle aree inquinate è regolata da una normativa complessa che ha provocato numerosi contenziosi penali e amministrativi, molti dei quali tuttora in corso;
il fattore più preoccupante è comunque il progressivo esaurimento dei fondi statali a disposizione a seguito dei continui tagli di bilancio, testimonianza secondo gli interroganti della mancanza di volontà politica nel perseguire gli originari obiettivi di tutela ambientale e sanitaria;
si rinviene infatti un quadro desolante degli stanziamenti complessivi per il 2011 del Ministero dell'ambiente e della

tutela del territorio e del mare. Con riferimento agli ultimi provvedimenti legislativi di natura finanziaria per il 2011, lo stanziamento complessivo di competenza iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il 2011 ammonta a 513,9 milioni di euro, rispetto al dato assestato si registra, quindi, una diminuzione di ben 232,7 milioni di euro (con una riduzione pari al 31,2 per cento). La missione a cui sono assegnate la gran parte delle risorse a disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è la missione 18 (391,2 milioni per sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente) che, però, registra una diminuzione di 212,9 milioni di euro (pari al 35,2 per cento). In particolare, la dotazione di competenza del programma 18.12 (Tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche) risulta pari a 164,3 milioni di euro, con una riduzione di 81,1 milioni di euro (pari al 33 per cento);
in tal senso l'anno scorso, la Camera dei deputati ha discusso ben otto differenti mozioni, tra cui quella del Movimento per le autonomie, concernenti le bonifiche dei siti di interesse nazionale;
la mozione finale, approvata l'8 marzo 2011 si è limitata a un generico invito al Governo a proseguire nell'opera di coordinamento dei vari enti coinvolti, «evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità». Il Parlamento raccomanda anche che i proventi delle eventuali transazioni economiche tra inquinatori e Governo vengano messi a disposizione dei territori bonificati -:
se al fine di dare un effettivo impulso alla realizzazione delle bonifiche e alla riqualificazione economica delle aree contaminate intenda provvedere quanto prima al coordinamento della legislazione vigente in materia dando nel contempo certezza dei tempi per la conclusione dei procedimenti di bonifica rivedendo la dotazione di competenza del programma 18.12 a disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
se intenda valutare l'opportunità di costituire un tavolo permanente fra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico, per assicurare la riqualificazione economica dei siti industriali contaminati la cui valorizzazione risulta strategica sia per la tutela dell'ambiente che per l'economia nazionale.
(4-15406)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2 per cento al prodotto interno lordo, meno della metà di Francia e Germania. Il potenziale di crescita è enorme, ma mancano capacità e fondi. Il dibattito italiano si è a lungo focalizzato su quest'ultimo aspetto, lamentando la scarsità di fondi pubblici e il trattamento fiscale poco favorevole ai contributi privati. È necessario, quindi, avanzare proposte che inneschino un nuovo processo di sviluppo nel settore della cultura in Italia senza pesare sul bilancio pubblico. L'esperienza dimostra che il settore privato è disposto ed è interessato a finanziare la cultura, ma è scoraggiato dalla complessità delle procedure. Anche l'erario avrebbe un beneficio se un numero maggiore di aziende destinasse fondi al settore culturale, piuttosto che distribuirli sotto forma di utili. Il motivo è che le erogazioni a favore di enti no profit consentono di mantenere un flusso di fondi all'interno del sistema economico,

sotto forma di acquisti di beni e servizi, mentre parte degli utili distribuiti esce dal sistema economico e fluisce in risparmio;
in concreto, la proposta consiste nell'incentivare l'elargizione liberale da parte di aziende e di privati, consentendone la deducibilità dal reddito imponibile. Per evitare che vi sia un impatto negativo per l'erario, l'erogazione a favore degli enti culturali viene sottoposta a una trattenuta fiscale in capo a questi ultimi. In altre parole, l'erogazione a favore degli enti culturali viene considerata, fino a un certo massimale (ad esempio, il 10 per cento di ricavi) come un onere di gestione sul quale gli enti pagano una trattenuta (ad esempio, il 20 per cento). Tale meccanismo crea un incentivo per l'azienda, che può destinare parte dei ricavi ad elargizioni liberali a favore di enti culturali, invece che distribuirli sotto forma di utili. Crea anche l'incentivo, per gli enti culturali, a cercare finanziamenti privati. L'inversione dell'onere fiscale, da chi elargisce i fondi a chi li riceve, consente di evitare effetti negativi sulle entrate dello Stato;
occorre tener presente che a fronte del finanziamento di attività culturali, è necessario un ritorno di immagine, quindi il progetto culturale deve essere qualitativamente valido. Le istituzioni culturali italiane devono essere spinte ad attrarre finanziamenti privati, migliorando la propria capacità di dotarsi di quei criteri di efficienza, trasparenza e rendicontazione che il settore privato richiede in cambio dei finanziamenti. Secondo un dossier de Il Sole 24 ore, la costituzione di una anagrafe dei beneficiari delle erogazioni liberali della cultura, stabilita su base di criteri rigorosi (come la certificazione dei conti da parte di società di revisione), dovrebbe incentivare tale sviluppo. La trasformazione in fondazioni dei musei o dei poli museali è un'ulteriore misura, adottata in altri Paesi europei, che incoraggerebbe ulteriormente la partecipazione finanziaria e gestionale dei privati. Metodologie moderne, sperimentate all'estero e applicate in Italia, ad esempio, da Palazzo Strozzi, consentono di dimostrare che un euro speso in cultura può generare un indotto sul territorio superiore a tre euro. La cultura non si mangia, ma di sicuro dà da mangiare. Tale riforma aiuterebbe, senza dubbio, l'economia a crescere e contribuirebbe a risanare le finanze pubbliche del Paese -:
quali iniziative si intendano adottare al fine di migliorare i criteri di efficienza, trasparenza e rendicontazione degli organismi culturali italiani;
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di mettere in atto una normativa, che permetta, agli investimenti privati, di contribuire al miglioramento e al mantenimento dei poli culturali italiani, prevedendo anche degli sgravi fiscali.
(4-15409)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MINARDO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da anni ormai si parla della costruzione di almeno tre antenne MUOS nel comune di Niscemi (Caltanissetta), piuttosto che a Sigonella, come inizialmente previsto;
sembra che ad impedire l'installazione a Sigonella sarebbe stato uno studio sull'impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne, sconsigliate in prossimità di veicoli dotati di armamento o comunque di strumentazioni influenzabili dalle emissioni elettromagnetiche del trasmettitore;
non è stato possibile accedere informazioni certe sul rischio di impatto ambientale elettromagnetico e sui pericoli per il personale che vi verrà esposto, poiché sembrerebbe che la misurazione dell'inquinamento

da radiofrequenze sarà eseguita solo quando i sistemi saranno installati e pronti ad operare;
non è stato reso noto se si sia effettuata un'analisi, e di che tipo, per verificare se ci potranno essere interferenze con le abitazioni, i luoghi aperti al pubblico, le apparecchiature elettroniche mediche, le attrezzature ospedaliere, e altro;
non è stata data alcuna notizia sulla valutazione ed esclusione della possibilità che tale insediamento possa creare problemi al vicino aeroporto di Comiso, infrastruttura estremamente importante per il territorio, ormai in via di definizione -:
se non si intenda valutare a fondo la situazione con tutte le possibili conseguenze e fornire risposte concrete agli abitanti della zona, che da tempo chiedono interventi concreti e rassicurazioni;
se, i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano verificare le ripercussioni che le onde elettromagnetiche generate dall'impianto potrebbero avere sui macchinari medici e quelli della struttura aeroportuale di Comiso.
(4-15412)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate, con bando, prot. n. 2008/20893, dell'8 febbraio 2008, indiceva una «selezione pubblica per l'assunzione a tempo indeterminato di 1180 unità per la terza area funzionale, fascia retributiva F1, profilo professionale funzionario, per attività amministrativo-tributaria»;
il bando prevedeva una prima prova definita «prova oggettivo tecnico-professionale», una seconda prova denominata «prova oggettiva attitudinale» ed infine una terza prova cosiddetta «tirocinio teorico pratico integrato da una prova finale orale»;
in data 24 dicembre 2008, l'Agenzia delle entrate con bando, prot. n. 2008/194720, ha indetto, allorquando la prima procedura non si era ancora definitivamente conclusa, una nuova procedura concorsuale, per l'assunzione di ulteriori 825 unità, di contenuto perfettamente identica a quella indetta col precedente bando, senza tenere in considerazione la posizione di quanti avevano superato le prime due prove del primo concorso in questione e non erano stati ammessi alla terza prova, costituita dal predetto tirocinio teorico-pratico, pur avendo riportato un punteggio pari almeno a 24/30 (punteggi di gran lunga superiori ai 21/30 richiesti dalla disciplina generale contenuta in tema di concorsi pubblici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994), esclusivamente per mancanza di posti;
a giudizio dell'interrogante, a fronte della necessità di coprire ulteriori posti, a distanza di poco tempo da un precedente identico concorso, l'amministrazione avrebbe dovuto attingere dalla graduatoria formatasi alla fine della seconda prova, che accertava, in modo inconfutabile, un adeguato livello di preparazione dei concorrenti, sia perché il primo bando prevedeva - quale requisito di ammissione - un voto di laurea minimo pari a 100 su 110 o a 90 su 100 e sia perché, ove il concorso in questione si fosse svolto secondo la normativa generale in materia di concorsi pubblici, alla luce dei punteggi riportati, i concorrenti, sarebbero automaticamente approdati alla terza prova;
la decisione di procedere a un nuovo concorso, con la «ripetizione» delle prime due prove, anziché utilizzare l'istituto dello scorrimento della graduatoria (soluzione che non produce ulteriori spese) è stata ingiusta nei confronti di tutti quei ragazzi che sono risultati vincitori della seconda prova e considerati idonei al tirocinio teorico-pratico;

in data 5 luglio 2011, l'Agenzia delle entrate ha indetto una nuova procedura concorsuale, per l'assunzione di ulteriori 855 unità, di contenuto perfettamente identica, a quelle indette con i precedenti bandi e che ancora non ha avuto inizio in quanto oggetto di diversi rinvii;
a giudizio dell'interrogante e degli idonei al primo concorso per funzionario amministrativo-tributario, le graduatorie regionali di merito per l'ammissione al tirocinio teorico pratico del 2008 possono e debbono essere utilizzate dall'Agenzia dell'entrate, evitando di aggravare il bilancio dell'amministrazione con una nuova, costosa e lunga procedura concorsuale;
al danno del mancato scorrimento della graduatoria, si è aggiunto che il cosiddetto decreto-legge «Milleproroghe» che, all'articolo 1, «Proroga termini in materia di assunzioni», comma 4-bis, si è prorogata, appunto, la validità delle graduatorie regionali del secondo concorso al 31 dicembre 20 12, senza prorogare le graduatorie regionali del primo, ad avviso dell'interrogante, in palese contrasto del principio di uguaglianza di fronte alla legge -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per sanare l'evidente disparità di trattamento nei confronti degli idonei dei due concorsi all'Agenzia delle entrate.
(4-15396)

FUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Italia, adeguandosi agli altri Stati dell'Unione europea, ha disciplinato ed istituito, con l'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, i «depositi IVA» che permettono agli operatori economici italiani, al pari di quelli europei, di «immettere in libera pratica» le merci provenienti dall'estero senza l'immediato pagamento dell'IVA. L'imposta viene assolta successivamente mediante auto fatturazione, al momento dell'estrazione delle merci dal deposito IVA;
a causa di una serie di interpretazioni sempre più restrittive degli organi di controllo, dovuta ad un utilizzo improprio del deposito (come è avvenuto nel caso esaminato e deciso dalla Corte di Cassazione, sentenza 12262 del 19 maggio 2010, relativo ad un deposito iva situato al terzo piano di un appartamento) l'applicazione dell'istituto in parola, teso ad agevolare le importazioni di merci da Paesi non aderenti all'Unione europea da parte di tutti gli operatori economici europei, sta alimentando solo in Italia un contenzioso dagli effetti devastanti per le realtà aziendali, determinando una violazione dei principi comunitari in materia (regolamento (CEE)2454/93) oltre ad una disparità di trattamento tra operatori economici italiani e gli altri operatori europei;
negli ultimi mesi si è assistito infatti «a prese di posizione» tese a scoraggiare l'utilizzo dell'istituto del deposito IVA in Italia. Lo slogan è: «no ai depositi virtuali»;
se da questo slogan si deve far discendere il «principio di diritto» che tutti i depositi iva sono virtuali (e anche su tale aggettivo c'è da discutere), allora è necessario, per il bene del nostro Paese, che l'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993 venga direttamente abrogato;
attualmente, infatti, a causa di tali slogan si sta assistendo a giudizio dell'interrogante ad una disapplicazione di fatto di tale istituto con l'aggravante che le aziende italiane per il «principio del legittimo affidamento» continuano, in base alla normativa citata, ad utilizzare il deposito iva, ricevendo però una «cascata» di avvisi di accertamento da parte delle Agenzie delle entrate, le quali recuperano l'iva con l'irrogazione di onerose sanzioni;
gli organi di controllo contestano ai contribuenti che il deposito fiscale è virtuale ed il contratto di deposito è simulato, solo perché le operazioni consistenti nelle cosiddette «semplici manipolazioni usuali» (verifica e rimozione dei sigilli, verifica della merce e riscontro con il

documento doganale, acquisizione dell'autofattura, e altro) avvengono con estrema rapidità;
un esempio evidente viene dalla Puglia, con particolare riferimento ad alcune precise realtà territoriali a partire dalla provincia di Barletta-Andria-Trani, dove l'Agenzia delle entrate ha recuperato a tassazione regolarmente assolta in autofattura nei confronti di operatori economici che avevano utilizzato il deposito iva nell'importazione di merci da Paesi non aderenti all'Unione europea poiché i depositi iva sarebbero in realtà virtuali in quanto in essi la merce non stazionerebbe per «un tempo congruo»;
è noto come, con riferimento a tale problematica, sia anche intervenuta una interpretazione autentica del legislatore (articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008) chiarendo che le prestazioni di servizi relative a beni consegnati al depositario costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito iva;
la Camera si è già posta il problema, in particolare in sede di Commissione finanze con l'approvazione prima della risoluzione n. 7/00589 che impegnava il Governo «ad adottare iniziative normative compatibili con la disciplina europea al fine di chiarire che i beni non comunitari possono essere introdotti nei depositi IVA, nonché per assicurare una corretta interpretazione delle previsioni di cui all'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, ovvero per integrare il dettato di tale normativa»;
successivamente la medesima Commissione parlamentare ha approvato la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8/00161 contenente, tra gli altri, i seguenti due impegni strettamente connessi alla tematica della presente interrogazione:
verificare, con riferimento alle problematiche di carattere tributario, che i controlli sulla gestione dell'applicazione della disciplina concernente la sospensione del pagamento dell'IVA sulle merci introdotte in libera pratica destinate ad un deposito fiscale IVA siano svolti con modalità non vessatorie, e che non siano adottate in materia interpretazioni restrittive relativamente a fattispecie non previste dalle norme comunitarie di cui agli articoli 156 e 157 della direttiva 2006/112/CE;
adottare tutte le misure necessarie per fare in modo, relativamente ai verbali di accertamento già emessi dagli organi di controllo, che sia applicata la sospensiva del pagamento del 30 per cento delle sanzioni previste, fino ad accertamento giudiziario avvenuto, onde evitare il collasso delle imprese incorse, senza alcun atteggiamento doloso da parte loro, in tale situazione -:
quali urgenti iniziative di competenza ritenga di assumere, anche con riferimento alle modalità con cui si sviluppano le attività ispettive, per garantire una piena applicazione della normativa in materia di depositi IVA e far sì che venga garantita la finalità propria, che è invece volta a stimolare la competitività delle imprese italiane, di questa disciplina;
in che modo e con quali tempi il Governo ritenga di dare concretamente seguito agli impegni assunti in sede di Commissione finanze della Camera con l'accoglimento delle risoluzioni richiamate in premessa;
in particolare, se, nelle more degli eventuali approfondimenti amministrativi e delle decisioni degli organi giurisdizionali, non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per consentire la temporanea sospensione della riscossione degli importi contestati, al fine di evitare un danno grave e irreparabile alle aziende coinvolte.
(4-15398)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
tra le gare in corso, sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, nella sezione bandi, si legge: «Gara

per fornitura in acquisto di berline medie con cilindrata non superiore a 1.600 cc e dei servizi connessi ed opzionali per le Pubbliche Amministrazioni - ID 1217»; la base d'asta è 9.571.000,00 euro ed il termine di presentazione delle offerte è stato il giorno 8 marzo 2012;
il decreto-legge n. 78 del 2010 ha introdotto l'obbligo, dal 2011, di non effettuare spese superiori all'80 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio delle autovetture;
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, «disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» ha previsto l'adozione di una nuova disciplina volta a ridurre la cilindrata, il numero e il costo delle cosiddette auto blu;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011 ha previsto criteri di razionalizzazione e trasparenza in merito all'utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2012, in ottemperanza all'ordinanza del TAR del Lazio n. 4139/2011, ha esteso alle regioni e agli enti locali le misure di razionalizzazione e limitazione del precedente decreto del 3 agosto 2011;
dal censimento del parco auto delle pubbliche amministrazioni per il 2011 svolto da FormezPA su incarico della Funzione pubblica emerge che 800 macchine risultano inutilizzate;
«In un momento di grandi sacrifici per decine di milioni di cittadini italiani ed europei - ha dichiarato il Ministro Patroni Griffi - riteniamo di integrare ulteriormente le già rigide previsioni normative di riduzione di utilizzo di auto blu da parte delle amministrazioni pubbliche, prevedendo ulteriori azioni e se necessario disposizioni per accertare che le riduzioni previste si traducano in effettivo risparmio permanente e contributo al risanamento dei conti pubblici. Sulla trasparenza in tema di uso di auto pubbliche l'Italia può diventare un esempio virtuoso per tutta l'Unione Europea, dove raramente esiste un monitoraggio continuo e così dettagliato» -:
come si giustifichi l'acquisto di ulteriori auto blu in contrasto con il contenimento dei costi della politica e della spesa pubblica previsto dai vari decreti citati in premessa.
(4-15403)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la tariffa di igiene ambientale, cosiddetta TIA, è il nuovo sistema di finanziamento comunale della gestione dei rifiuti e della pulizia degli spazi comuni introdotta dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997 (recante «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio») che ha sostituito la previgente tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU);
la disciplina della TIA è attualmente contenuta nell'articolo 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (recante Norme in materia ambientale) che, al comma 2, definisce la suddetta tariffa come il «corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani» precisando, inoltre, che è tenuto al pagamento della tariffa, «chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani»;
si è dibattuto, a lungo, se la TIA dovesse essere configurata un'entrata di natura tributaria o un corrispettivo riconosciuto a fronte di una prestazione di un servizio;
la differenza tra TIA e TARSU è da rinvenirsi nel soggetto attivo che applica la tariffa: diversamente dalla TARSU la quale

è applicata soltanto dai comuni, la TIA è invece applicata dai «soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare» (articolo 49, comma 9, decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22);
esiste omogeneità tra la TIA e la TARSU per gli elementi autoritativi propri dei due tributi di guisa che entrambe le entrate debbono essere ricondotte nel novero di quei «diritti, canoni, contributi» che la normativa comunitaria esclude in via generale dall'assoggettamento ad IVA, perché percepiti da enti pubblici «per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità» (articolo 13, paragrafo 1, primo periodo, direttiva 2006/112/CE);
il legislatore, con le modifiche apportate all'articolo 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ha stabilito che «appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati» riconoscendo, incidentalmente, la natura tributaria della TIA incompatibile con l'applicazione dell'IVA;
l'Agenzia delle entrate - con risoluzione n. 25/E del 5 febbraio 2003 (in merito al trattamento tributario applicabile a determinate tipologie di entrate comunali) - ha precisato che è assoggettata ad aliquota agevolata del 10 per cento la tariffa di igiene ambientale (TIA) nel caso in cui si tratti della gestione di rifiuti urbani e/o dei rifiuti speciali ad essi assimilati. Per quanto attiene all'aggio riconosciuto al concessionario a cui viene affidato il servizio di riscossione, liquidazione ed accertamento di tali entrate, esso è esente da IVA limitatamente ai diritti derivanti dal servizio di riscossione sulle pubbliche affissioni. L'aggio corrisposto, invece, per il servizio relativo alle restanti entrate (CIMP, COSAP e TIA) deve essere assoggettato ad IVA, in quanto tali entrate non sono qualificabili come «tributi»;
la sentenza della Corte di cassazione del 9 agosto 2007, n. 17526 ha manifestato un orientamento in netto contrasto con la posizione del fisco attribuendo carattere tributario alla tariffa di igiene ambientale;
la Corte costituzionale - con sentenza 238/2009 - ha precisato, per la tariffa di igiene ambientale l'«estraneità» al campo di applicazione dell'IVA sostenendo che la natura di tributo possa desumersi da alcuni elementi inequivocabili, come ad esempio la doverosità della prestazione che caratterizza la normativa atta a disciplinare i prelievi, l'assenza di un rapporto sinallagmatico (vale a dire di reciprocità) tra le parti, e il collegamento della prestazione pubblica a un presupposto economico rilevante; la Consulta, tuttavia, ha manifestato il suo orientamento sull'applicabilità dell'IVA sulla TIA solo in via incidentale in quanto il giudizio di legittimità costituzionale non verteva sulla disciplina dell'Iva bensì sulle norme del processo tributario con cui è stata estesa la giurisdizione delle immissioni tributarie anche alla TIA;
la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3756 depositata il 9 marzo 2012, ha affermato che la Tia è un tributo, pertanto non è soggetta ad Iva;
non si rendono applicabili alle aziende concessionarie del servizio di smaltimento dei rifiuti che continuano ad applicare l'IVA sulla TIA le sanzioni da parte dell'amministrazione finanziaria per obiettiva incertezza della norma giuridica di cui all'articolo 10 della legge n. 212 del 2000 (statuto del contribuente) e ciò potrebbe costituire un «freno» per l'eliminazione dell'IVA dalle fatture -:
se il Governo intenda intervenire al fine di sanare incertezze interpretative della normativa dalle quali potrebbero derivare gravi pregiudizi nei confronti dei cittadini.
(4-15404)

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la conferma della recessione tecnica dell'Italia arriva dall'Istat, che però, nel contempo, annuncia: «La crescita per l'intero 2011 è stata dello 0,5 per cento» e non dello 0,4 per cento stimato a febbraio.

Tradotto: la situazione economica è peggiorata da giugno dello scorso anno, con lo scoppio della crisi internazionale e due trimestri consecutivi in calo, ma c'è spazio per sperare in una lieve ripresa nella seconda parte del 2012. La crescita acquisita per l'anno in corso, quella che si verificherebbe per il puro effetto trascinamento del 2011 se in tutti e quattro i trimestri dell'anno si registrasse crescita zero, è infatti ancora negativa e pari a -0,5 per cento, in miglioramento, però, rispetto alla stima preliminare del 15 febbraio quando si era fermata a -0,6 per cento;
nel dettaglio, nel 2011, il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,5 per cento, in netta frenata rispetto all'1,8 per cento registrato nel 2010. L'istituto di statistica precisa che si fa riferimento al prodotto interno lordo espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per effetti di calendari e destagionalizzato. Rispetto alla stima preliminare del 15 febbraio il congiunturale viene confermato, mentre il tendenziale viene rivisto in miglioramento. Quanto all'intero 2011 l'Istat ricorda che il dato grezzo diffuso il 2 marzo indica una crescita dello 0,4 per cento. L'ultima previsione del Governo stimava, invece, un prodotto interno lordo nel 2011 a +0,6 per cento. Negli ultimi tre mesi dello scorso anno sono calate, su base congiunturale, tutte le componenti della domanda interna: le importazioni si sono ridotte del 2,5 per cento e le esportazioni rimaste stazionarie. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto un punto percentuale alla crescita del prodotto interno lordo (-0,4 i consumi delle famiglie, -0,1 la spesa della pubblica amministrazione e -0,5 gli investimenti fissi lordi). Anche la variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla crescita del prodotto interno lordo (-0,4 punti percentuali), mentre il contributo della domanda estera netta è stato positivo per 0,7 punti percentuali. Dal lato dell'offerta, si rilevano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto dell'industria (-1,7 per cento) e dei servizi (-0,1 per cento), mentre il valore aggiunto dell'agricoltura è aumentato dello 0,5 per cento;
nel confronto internazionale, riferito al quarto trimestre, il prodotto interno lordo è aumentato in termini congiunturali dello 0,7 per cento negli Stati Uniti e dello 0,2 per cento in Francia, mentre è diminuito dello 0,2 per cento in Germania e nel Regno Unito e dello 0,6 per cento in Giappone. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2 per cento in Germania, dell'1,6 per cento negli Stati Uniti, dell'1,4 per cento in Francia e dello 0,7 per cento nel Regno Unito, mentre il prodotto interno lordo è diminuito dell'1,0 per cento in Giappone. Nel complesso, il prodotto interno lordo dei Paesi dell'area Euro è diminuito dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7 per cento nel confronto con lo stesso trimestre del 2010. Attività economica in crescita invece per i Paesi dell'area Ocse a gennaio: il superindice calcolato dall'organizzazione con sede a Parigi è salito a 100,9 punti dai 100,5 di dicembre. Il dato, che resta inferiore di 1,6 punti rispetto a un anno fa, continua a segnalare un «cambiamento positivo» nel trend economico dell'area. «Possibile cambio positivo» anche per l'Eurozona, il cui indice è salito di 0,2 punti a 98,7, e l'Italia (+0,4 a 96,6). Sebbene le economie trainanti restino Stati Uniti (+0,7 a 102,5) e Giappone (+0,5 a 102,6), l'Ocse sottolinea che «segnali più forti, anche se timidi, stanno cominciando a emergere in tutte le principali economie Ocse e per l'Eurozona nel suo insieme». Nel dettaglio degli altri Paesi Ocse, invariato a 99,4 punti il dato del Canada, mentre la Francia segna +0,3 a 99,1, la Germania +0,1 a 98,1, il Regno Unito +0,1 a 98,9. Al di fuori dell'area, i dati indicano «segnali più forti di cambiamento positivo» per India (+0,7 a 96,7) e Russia (+0,2 a 102,1), mentre la Cina vive un rallentamento (-0,6 a 98,4) e il Brasile una «crescita al di sotto della media» (-0,2 a 93,2). Nell'insieme, le prime sette economie mondiali fanno segnare +0,5 a 101,2, mentre le cinque principali economie

asiatiche (Cina, India, Indonesia, Giappone e Corea del Sud) registrano in gennaio un dato invariato a 99,1 -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incentivare la ripresa economica italiana, con particolare riguardo alle realtà imprenditoriali del nostro Paese.
(4-15407)

TESTO AGGIORNATO AL 23 MARZO 2012

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la linea ferroviaria Carpinone-Sulmona inaugurata il 18 settembre 1892 è stata percorsa, per l'ultima volta, da convogli ferroviari il 12 dicembre 2011;
la ripartizione delle linee ferroviarie extraregionali, in applicazione del cosiddetto «decreto Burlando», ha previsto l'assegnazione della tratta Pescara-Napoli - includente il tratto Carpinone-Sulmona - alla regione Abruzzo;
la regione Abruzzo ha ritenuto antieconomico mantenere in vita questo servizio di trasporto pubblico e ne ha disposto la soppressione;
questa tratta è fondamentale per la popolazione residente, consente spostamenti più agevoli quando la viabilità su strada è interrotta dalla neve e garantisce la sopravvivenza delle località turistiche montane toccate dalla linea ferroviaria;
la linea Carpinone-Sulmona ha specificità architettoniche e storiche di straordinaria unicità e importanza tali da essere considerata e tutelata alla stregua degli altri patrimoni storici, architettonici e naturalistici nazionali;
la tratta potrebbe essere esclusa dalla RFI s.p.a. dall'elenco delle linee disponibili al transito, qualora questa situazione di totale disuso dovesse perdurare;
non risultano, ad oggi, iniziative da parte della regione Molise, al fine di riattivare le linee esistenti sulla tratta in questione -:
se non ritenga opportuno intraprendere ogni iniziativa di competenza utile a salvaguardare lo straordinario patrimonio artistico, architettonico e storico che la linea ferroviaria Carpinone-Sulmona rappresenta.
(4-15394)

DI BIAGIO e TOTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le cosiddette opere pubbliche incompiute, meglio note come «cattedrali nel deserto», rappresentano di certo una cicatrice nel panorama complesso delle infrastrutture italiane, espressione di una palese carenza di progettualità infrastrutturale di lungo periodo unita ad una drammatica speculazione immobiliare che negli anni è andata amplificandosi con forti connotati di clientelismo e abusivismo;
per «opera pubblica incompiuta» si intende dire quella opera non completata, per mancanza di fondi, per cause di tipo tecnico o normativo, per fallimento dell'impresa appaltatrice o per un disinteressamento al suo completamento. Queste infrastrutture hanno bisogno d'investimenti e di una gestione sostenibile per essere fruibili da parte di tutta la collettività;
secondo i dati dell'«Osservatorio partecipato sul fenomeno delle opere incompiute» ammonterebbero a circa 320 le strutture incompiute in ogni angolo d'Italia, abbandonate completamente all'incuria e prive di alcuna utilità sociale;
l'articolo 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel tentativo

di intervenire sul fronte della gestione del patrimonio delle «opere incompiute» introduce «l'elenco-anagrafe di questo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;
già con l'articolo 6 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012) sono state previste disposizioni in materia di cessione dei beni immobili pubblici «ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, ovvero ad una o più società, anche di nuova costituzione» rimandando l'individuazione degli stessi a specifici decreti ministeriali;
l'obiettivo determinante della suindicata disposizione va ricercato nell'esigenza di procedere «alla riduzione del debito pubblico» attraverso i proventi di tali cessioni, così come evidenziato dal comma 3 del medesimo articolo;
la succitata evidenza lascia emergere come la possibilità di procedere alla cessione di beni immobili - segnatamente quelli inutilizzati, incompiuti e abbandonati - possa rappresentare un interessante prospettiva di recupero ed ottimizzazione delle potenzialità delle risorse pubbliche;
come conseguenza degli squilibri di gran parte dei bilanci pubblici europei, è andata consolidandosi una nuova forma della gestione del patrimonio pubblico all'insegna del principio di efficienza, ma, al fine di dare attuazione a tale prospettiva, di efficienza amministrativa, è opportuno un contesto normativo che favorisca una migliore gestione dei beni, e che si possa basare anche sull'ipotesi che lo Stato venda i beni pubblici a soggetti privati, per ragioni strutturali e strategiche;
la dismissione o cessione delle opere progettate, completate o comunque inutilizzabili a causa di una superficiale o scorretta esecuzione, non deve configurarsi esclusivamente come un progetto finalizzato alla «raccolta di proventi» ma deve avvenire unicamente in presenza di specifiche condizioni e al fine di realizzare, con i relativi introiti, interventi e investimenti utili per tutti;
spesso i beni pubblici, oltre a non essere pienamente valorizzati sul piano economico, non sono neanche percepiti come potenziali fonti di ricchezza per il Paese: la loro valorizzazione attraverso accurate dinamiche di dismissione potrebbe di certo favorire un'immediata ricaduta in termini occupazionali ed economici per la collettività;
le cosiddette «cattedrali nel deserto» sono i simboli più evidenti della cattiva gestione dello Stato, immagini degradate del Paese e della mala amministrazione. Nel giro di pochi anni, con l'apporto dei privati, sarebbe ipotizzabile la loro riconfigurazione in strutture operanti e utili alla società. Un'ipotesi che potrebbe rappresentare anche un deterrente per le infiltrazioni mafiose;
ospedali, strade, carceri, stazioni ferroviarie, campi sportivi, e case di riposo, sono tutte infrastrutture che non hanno conosciuto la parola fine, oppure sono state finite e inaugurate, ma non attivate. Un'epidemia che in questi anni si è estesa dalla Sicilia alla Valle d'Aosta, dalla Campania al Veneto, dalla Calabria al Piemonte -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendano predisporre, nell'ambito delle proprie competenze, per consentire la possibilità di dismettere a favore dei privati le opere incompiute - di cui in premessa - al fine di recuperare risorse indispensabili per il futuro del Paese e procedere in tempi rapidi ad una riqualificazione di un patrimonio - attualmente abbandonato - che potrebbe arrecare notevoli vantaggi alla collettività.
(4-15400)

DI PIETRO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 12 settembre 2011 la regione Molise ha approvato la delibera n. 804 che riporta in oggetto «Scalo aeroportuale del

Molise - Localizzazione in agro comuni di Cantalupo nel Sannio (IS) e San Massimo (CB). Provvedimenti di programmazione»;
la giunta regionale, con delibera n. 1126, già nel 1998, stanziò 200 milioni di lire per la redazione di uno studio di fattibilità «per la realizzazione di una struttura aeroportuale», individuando il consorzio per il nucleo di industrializzazione Campobasso-Bojano quale Ente attuatore;
nel 1999 la regione individuò il comune di Sepino (Campobasso) per la realizzazione dello scalo e nacque così una società «Aeroporto di Sepino» che ad oggi risulta ancora «in via di scioglimento»;
la regione Molise nel 2004 definiva l'aeroporto «indispensabile per contribuire con concretezza alla ripresa economica del Molise»;
la giunta di Michele Iorio nel 2006 ha stanziato altri 750 mila euro per il progetto definitivo dello scalo;
Michele Iorio, eletto alla carica di presidente della regione Molise nel 2001 e confermato nel 2006, non ha portato avanti la realizzazione dell'aeroporto a Sepino, mentre - in piena campagna elettorale, prima di essere nuovamente eletto per il terzo mandato consecutivo nel 2011 - ha riconsiderato la possibilità di creare lo scalo molisano che sarebbe sorto, questa volta, a venti chilometri di distanza tra i comuni di Cantalupo nel Sannio e San Massimo;
un aeroporto in Molise è ad avviso dell'interrogante inutile, costoso e pertanto irrealizzabile mentre, nel contempo, continuano a essere create, ancora una volta, società ad hoc con presidenti e consigli di amministrazione che opzionano terreni, generano incarichi, consulenze, studi di fattibilità per centinaia di migliaia di euro;
l'Enac fa sapere che «in relazione alla prevista domanda di traffico commerciale, la particolare natura del territorio non lascia prevedere livelli significativi da giustificare l'onerosa realizzazione e gestione di un nuovo aeroporto»;
lo stesso ente ha autorizzato nella zona indicata dalla regione la realizzazione di un'aviosuperficie e non di un aeroporto, consentendo, così, il volo a velivoli da nove posti al massimo e nessun volo di linea;
i piccoli aeroporti d'Italia sono in difficoltà con un crollo, per fare qualche numero, del 90 per cento per Crotone, del 50 per cento Forlì, del 38 per cento a Bolzano;
da Termoli, seconda città della regione, si arriva prima a Pescara con un'ora di autostrada, piuttosto che a Cantalupo;
il Molise è con la Basilicata la peggiore regione per infrastrutture: solo 36 chilometri di autostrada e 23 di binari doppi elettrificati -:
si sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per avviare la realizzazione di opere, come quelle di cui in premessa, finanziate con fondi pubblici che potrebbero essere dirottati sul settore dei trasporti su ferro e gomma, con un ritorno senz'altro superiore per l'economia del Molise.
(4-15414)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

MANTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23 della legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, disciplina «in via transitoria, fino alla data di entrata in vigore della disciplina ordinaria riguardante le funzioni fondamentali, gli organi e il sistema elettorale delle città

metropolitane che sarà determinata con apposita legge, la disciplina per la prima istituzione delle stesse»;
il comma 2 del citato articolo 23 prevede che le città metropolitane possano essere istituite, nell'ambito di una regione, nelle aree metropolitane in cui sono compresi i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria e che la proposta di istituzione spetta, alternativamente: al comune capoluogo congiuntamente alla provincia; al comune capoluogo congiuntamente ad almeno il 20 per cento dei comuni della provincia interessata che rappresentino, unitamente al comune capoluogo, almeno il 60 per cento della popolazione; alla provincia, congiuntamente ad almeno il 20 per cento dei comuni della provincia medesima che rappresentino almeno il 60 per cento della popolazione;
predetto articolo 23 prevede che, sulla suddetta proposta, previa acquisizione del parere della regione da esprimere entro novanta giorni, è indetto un referendum tra tutti i cittadini della provincia. Il referendum è senza quorum di validità se il parere della regione è favorevole o in mancanza di parere. In caso di parere regionale negativo il quorum di validità è del 30 per cento degli aventi diritto;
il comma 5 del medesimo articolo 23 prevede che con regolamento, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 42 del 2009, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, per le riforme per il federalismo, per la semplificazione normativa e per i rapporti con le regioni, è disciplinato il procedimento di indizione e di svolgimento del referendum in questione, osservando le disposizioni della legge 25 maggio 1970, n. 352, in quanto compatibili;
il presidente della provincia di Milano e il sindaco di Milano, unitamente ai sindaci dei comuni dell'area metropolitana milanese, parlamentari e personalità di Milano, hanno costituito il comitato promotore per l'istituzione della città metropolitana di Milano, oltre tre milioni di abitanti, uno dei primi territori europei per produttività e risorse umane e culturali, che da tempo reclama un assetto di governo più efficiente e meno costoso attraverso un moderno governo della dimensione metropolitana -:
in quali tempi il Governo intenda dare attuazione alle disposizioni del citato comma 5 dell'articolo 23 della legge 5 maggio 2009, n. 42, considerato che il termine previsto dalla legge è già venuto a scadenza da tempo, così da consentire a chi ne abbia intenzione di portare a compimento il procedimento per l'istituzione delle città metropolitane, previste dalla legge e richiamate dall'articolo 114 della Costituzione quali enti «di pari livello» rispetto ai comuni, le province e le regioni.
(4-15392)

CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie riportate nei giorni scorsi da organi di stampa locali e nazionali, emergono incresciosi episodi di violenza, criminalità ed illegalità diffusa nel territorio del comune di Eboli, in provincia di Salerno;
in particolare, come denunciato pubblicamente da alcuni consiglieri comunali, nelle ultime settimane si sarebbe verificata una escalation di fenomeni di criminalità che avrebbe coinvolto sia il centro storico della cittadina ebolitana che le sue aree rurali e periferiche di Santa Cecilia, Casarsa, Cioffi e Serracapilli;
nelle suddette località, inoltre, alcuni cittadini riunitisi in comitati di quartiere ed esasperati dai ripetuti episodi di furti, rapine e violenze subite, avrebbero effettuato ronde notturne e forme di autocontrollo del territorio, al fine di coadiuvare l'attività delle forze dell'ordine;

a tali denunce si è aggiunta, in ultimo, la proposta di cittadini e consiglieri comunali, di prevedere l'intervento dell'Esercito per un più ampio e capillare controllo delle aree interessate dalla criminalità;
gli episodi avvenuti nella cittadina di Eboli non sono purtroppo isolati, ma da contestualizzare nel quadro di una diffusa illegalità che caratterizza, da anni, in vario modo, diversi comuni della piana del Sele, quali Battipaglia, Pontecagnano, Capaccio e Bellizzi, come già esposto dall'interrogante nell'atto n. 4-04692 del 26 ottobre 2009;
in tali territori gravitano, infatti, migliaia di lavoratori extracomunitari, molti dei quali costretti ad uno stile di vita disumano e degradante, oltre che a lavorare in nero;
tali comunità di lavoratori, vivono in baracche, casolari rurali abbandonati e locali dismessi, ubicati in particolare lungo la strada statale litoranea Salerno-Paestum, in precarie condizioni di stabilità e in assenza dei più elementari standard abitativi;
le precarie condizioni di vita di queste persone sembrerebbero strettamente connesse agli episodi di criminalità sopra esposti, in quanto tali lavoratori sono spesso ostaggio dei clan e vittime di caporalato, prostituzione e sfruttamento, che non risparmiano a volte neanche giovani minorenni -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
se si ritenga possibile adottare, al fine di incrementare i controlli delle forze di polizia sul territorio del comune di Eboli e degli altri comuni confinanti, anche iniziative di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze armate di cui all'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, ai sensi dell'articolo 33, comma 19, della legge 12 novembre 2011, n. 183;
se si ritenga opportuno procedere ad una intensificazione dei controlli in ordine ai fenomeni legati all'immigrazione clandestina, al lavoro nero e al caporalato imperversanti nel salernitano.
(4-15395)

JANNONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi cinque anni anche il Nord Italia ha registrato dati allarmanti che indicano come fenomeni quali mafia, corruzione e criminalità, non siano una prerogativa solo del Sud. Dal 2006 al 2010 ci sono state 7.139 infrazioni, 9.476 persone denunciate, 1.198 sequestri, 9 arresti. Il dossier «Cemento Spa», messo a punto da Legambiente, è un viaggio tra le regioni del Nord fatto di dati e di storie per capire quanto l'illegalità sia radicata e quanto sia importante estirparla. Un quadro, questo, che non conta lo scioglimento forzato o le dimissioni anticipate di consigli comunali per infiltrazioni mafiose, piani di governo del territorio (Pgt) scritti e riscritti «sotto dettatura», professionisti sorpresi con tangenti in mano, banconote da 200 e 500 euro, e ancora omicidi, sequestri, denunce. La regione con il più alto numero di reati è la Liguria con 1.797 infrazioni, pari al 25,2 per cento di quelli accertati nelle regioni del Nord, con 2.641 persone denunciate e 337 sequestri. Al secondo posto si trova la Lombardia (1.606 infrazioni), seguita da Emilia Romagna (1.078), Piemonte (1.037), Veneto (903), Trentino Alto Adige (407), Friuli Venezia Giulia (278) e Valle D'Aosta (33). Tra le province del Nord la più colpita è Imperia (453 reati), segue Genova (401), Savona (398) e Sondrio (398);

nel complesso, ragionando per macro-aree, il maggior numero d'infrazioni si concentra dunque nell'Italia Nord occidentale, dove negli ultimi cinque anni sono stati registrati 4.473 illeciti rispetto ai 2.666 di quelli del Nord orientale. È quanto emerge da «Cemento Spa», il dossier di Legambiente che offre un'inquietante panoramica macroregionale del malaffare che si annida nel ciclo del cemento. A muovere la «Cemento Spa», in tutte le sue articolazioni è un vorticoso giro d'affari. Quello legale e quello illecito, collegato alla corruzione e all'abusivismo edilizio. Buona parte dei 60 miliardi di euro «fatturati» ogni anno nel nostro Paese dalla corruzione, secondo le stime della Corte dei Conti, è riconducibile al sistema degli appalti pubblici e alla «valorizzazione» immobiliare del territorio. L'edilizia illegale ha fatturato solo nel 2010, secondo i dati elaborati dalla associazione, almeno 1,8 miliardi di euro. Il dossier di Legambiente, dunque, evidenzia nel Nord del Paese il maggior numero di infrazioni che si è consumato in particolare in Liguria, (1.797 infrazioni), con una incidenza di 33 reati ogni 100 chilometri quadrati (la percentuale della Lombardia, per avere un dato di riferimento, è di 6,7). In questa regione, come provano le recenti indagini, le mafie sono diventate vere protagoniste della vita economica e politica. Non a caso, quindi, in Liguria sono stati sciolti due consigli comunali per infiltrazioni mafiose: quello di Bordighera (2011) e di Ventimiglia (2012), che si vanno ad aggiungere a quello di Bardonecchia del 1995. Invece per tre comuni piemontesi, Leinì, Rivarolo e Chivasso, il Ministero dell'interno ha disposto delle commissioni di accesso agli atti per valutare i rischi di compromissione con la criminalità organizzata;
ma non è solo una questione di mafie; infatti l'abusivismo edilizio classico contigua a sfregiare l'intero Paese, non solo al Sud, come solitamente viene raccontato. Secondo le stime del Cresme, nell'ultimo anno sono stati 26.500 gli abusi censiti, numero che assorbe ben 18mila nuove costruzioni. Il 29 febbraio 2012, solo un esempio, ad Arcola, vicino La Spezia, il Corpo forestale dello Stato ha sequestrato un complesso immobiliare (residenziale e commerciale) in un'area ad alto rischio idrogeologico, nonostante la Regione avesse imposto nell'area il divieto assoluto di edificazione dopo i danni arrecati dall'alluvione del 25 ottobre 2011 -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di contrastare fenomeni illegali di corruzione legati all'abusivismo edilizio, che sono in esponenziale incremento soprattutto nelle regioni settentrionali del nostro Paese.
(4-15411)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO, GRANATA e BARBARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 14 marzo 2012 sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato annunciato che sarebbe in «corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale» il Decreto ministeriale 14 marzo 2012 n. 31 - di cui il medesimo sito ha pubblicato un testo - recante «Definizione dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di tirocinio formativo attivo per l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, per l'a.a. 2011-12»;
l'entrata in vigore del suindicato decreto ministeriale rischia di creare ulteriori criticità in un comparto già vessato da confusione normativa, e nel quale la progettualità e le prospettive operative del ministero risultano poco chiare;
a conferma della poca chiarezza è opportuno evidenziare che in data 13 marzo 2012 il Governo, accogliendo un ordine del giorno proposto dagli interroganti

n. 9/4940-A/98 presentato nell'ambito della discussione nel cosiddetto decreto semplificazioni si è impegnato «a valutare l'opportunità di intervenire sulle modalità di accesso al tirocinio, consentendo ai docenti, considerati non abilitati de iure, di potervi partecipare senza l'obbligo di sostenere le prove di accesso, che mortificano vanificano l'esperienza maturata sul campo»;
l'entrata in vigore del citato decreto rischia di andare a criticizzare lo status dei docenti (di ogni ordine e grado) che, attualmente, si trovano inseriti in III fascia, perché non provvisti di abilitazione, per i quali sarebbe auspicabile procedere con il riconoscimento della partecipazione al tirocinio formativo attivo, in quanto propedeutico all'abilitazione, senza che questi siano sottoposti alle prove di sbarramento considerando l'esperienza maturata dagli stessi che non necessita di essere nuovamente valutata;
la normativa ministeriale citata, sebbene non ancora oggetto di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, rischia di creare ulteriore confusione e sconforto in coloro che legittimamente aspirano a veder riconosciuta l'esperienza maturata sul campo senza sottoporsi ad una ulteriore prova -:
quali iniziative intende predisporre al fine di dare seguito all'impegno accolto in data 13 marzo 2012 attraverso l'accoglimento dell'ordine del giorno citato in premessa.
(4-15401)

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:

GIOVANELLI, MATTESINI, RUGGHIA, SCARPETTI, SCHIRRU, MARIANI, PEDOTO, BELLANOVA, ZACCARIA, MASTROMAURO, MURER, ROSATO, BRANDOLINI, GNECCHI, GHIZZONI, MOTTA, SANTAGATA, FRONER, LENZI, CODURELLI, ESPOSITO, TRAPPOLINO, PICCOLO, CARELLA, MARCHI, LO MORO, DUILIO, TULLO, BRAGA, VASSALLO, STRIZZOLO, MADIA, GATTI e LUCÀ, BOCCI e D'INCECCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la scomparsa del presidente dell'Inail Marco Fabio Sartori, avvenuta l'8 novembre 2011, ha creato per l'Istituto una condizione emergenziale per imminenza di inderogabili adempimenti istituzionali legati all'indispensabile approvazione dei documenti di bilancio (l'approvazione del bilancio previsionale deve avvenire entro i 31 dicembre di ogni anno);
in quel frangente il Governo intervenne procedendo alla nomina di un commissario straordinario - nella persona dell'avvocato Gian Paolo Sassi - che così ha assunto i poteri del presidente. Il decreto di nomina fu firmato il 10 novembre 2011 e fissò la scadenza della gestione commissariale al 31 marzo 2012;
compiuti gli atti istituzionali connessi all'approvazione dei documenti di bilancio (il bilancio previsionale 2012 è stato approvato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza il 29 dicembre 2011), è apparsa subito l'inadeguatezza di un sistema di governance oggettivamente indebolito dal carattere emergenziale e provvisorio della gestione commissariale;
infatti l'Inali è alle prese con una delicatissima fase di ridefinizione del suo ruolo strategico in seguito allo scioglimento dell'ex Ispesl e dell'ex Ipsema disposto dal decreto-legge n. 78 del 2012 poi convertito con Legge 30 luglio 2010, n. 122, ed alla loro incorporazione all'interno dell'istituto;
il processo di integrazione che così ha preso il via, ha creato le premesse per la costruzione di quello che la relazione conclusiva della Commissione bicamerale di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale votata alla unanimità e presentata al Parlamento il 17 ottobre 2007, descriveva come il Polo salute e sicurezza;

il processo in atto presenta profili di elevata complessità dal punto di vista delle scelte strategiche da compiere, del processo di integrazione funzionale (particolarmente impegnativi per quel che riguarda le competenze della Ricerca ereditate da ex Ispesl) e della definizione di un nuovo modello organizzativo all'altezza dei nuovi compiti dell'istituto;
all'interno di questo contesto si collocano le politiche di sviluppo della Prevenzione, che impegna l'Inail con ingenti risorse finanziarie verso le imprese per incentivare gli investimenti in salute e sicurezza, e delle politiche sanitarie in materia di anti-infortunistica, di riabilitazione, di protesica e di prestazioni istituzionali verso infortunati e tecnopatici;
il cammino che l'Inail è chiamato a svolgere è dunque molto complesso, e le scelte da compiere nel prossimo futuro richiedono il conseguimento di una condizione di stabilità e chiarezza gestionale che non si concilia con il carattere provvisorio ed emergenziale della gestione commissariale in atto -:
quali iniziative intenda intraprendere e quali soluzioni intenda adottare per dare seguito all'articolo 1 del decreto ministeriale 10 novembre 2010 per procedere al superamento della gestione commissariale dell'Inail entro la scadenza del 31 marzo 2012, ivi prevista la nomina del nuovo presidente dell'istituto.
(4-15402)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

CARLUCCI, MEREU, GALLETTI, DELFINO e GAVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la pesca del tonno rosso riveste una grande importanza per la tradizione e l'economia del nostro Paese, in particolare per la regione Sardegna dove sono ancora attive le ultime tonnare fisse presenti nel Mediterraneo;
negli ultimi anni il sistema economico delle tonnare fisse è stato interessato da una crisi causata oltre che dall'estrema irregolarità delle catture, dal sistema di gestione dalla quota Iccat (Commissione internazionale per la conservazione di grandi pelagici) assegnata all'Italia del tonno rosso che ha portato ad una progressiva riduzione della quota di cattura assegnata dal Ministero delle politiche agricole senza tenere conto della peculiarità dell'attività;
la pesca del tonno rosso mediante tonnara fissa è considerata una modalità di pesca tra le più compatibili con le esigenze di tutela delle risorse in quanto è selettiva sulla taglia, viene condotta stagionalmente per un breve periodo di tempo e ha un impatto contenuto in termini di cattura;
dunque, tale sistema dovrebbe essere quello meno svantaggiato dalla progressiva riduzione delle quote di cattura volte alla tutela della specie;
il decreto in pubblicazione in questi giorni da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sembrerebbe, invece, riconfermare quanto accaduto nel 2011 quando fu assegnato circa l'83 per cento circa della quota Iccat disponibile per l'Italia al sistema di cattura con barche di circuizione (12 barche) lasciando solo il 17 per cento circa della quota a tutti gli altri tipi di pesca, tra cui long liner (39 barche), pesca sportiva, pesca accidentale ed in particolare riconfermerebbe alle tonnare fisse la quota di 140 tonnellate totali;
anche considerando che delle sei aziende italiane titolari di concessione vadano in pesca solo quelle della regione Sardegna (3 impianti), la quota a fronte dell'esperienza del corso dei prezzi della scorsa stagione scorsa stagione è assolutamente insufficiente a garantire il break even;

la quota per il sistema Italia così divisa è fortemente sbilanciata e foriera di disparità; con l'assegnazione di 140 tonnellate, infatti, nel 2011 la regione Sardegna ha rischiato di veder scomparire i suoi tre impianti che sono le ultime tonnare fisse ancora in vita nel Mediterraneo. La quantità minima che permetterebbe il pareggio di bilancio e di non eliminare ulteriore occupazione è di 200 tonnellate -:
quali interventi il Ministro ritenga opportuno assumere per una più equa ripartizione della quota al fine di consentire la persistenza di questo sistema antichissimo ed ormai peculiare di una sola area del Mediterraneo amine in vista delle future assemblee Iccat, dove verrà stabilito il quantitativo massimo di cattura assegnato all'Unione europea e da questa all'Italia, e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per ottenere che l'Italia riceva una più corretta ed adeguata valutazione in termini di quota in entrambe le sedi istituzionali.
(4-15391)

DE ANGELIS. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5, comma 6 del decreto legislativo n. 443 del 1992 inerente all'ordinamento del personale della polizia penitenziaria prevede testualmente che «Il servizio prestato in ferma volontaria o in rafferma della forza armata di provenienza è utile, per la metà e per non oltre tre anni, ai fini dell'avanzamento nel Corpo di polizia penitenziaria»;
tale previsione dà, quindi, la possibilità ai dipendenti della polizia penitenziaria provenienti dalle Forze armate di vedersi riconoscere gli anni prestati quali volontari per l'avanzamento di qualifica;
l'applicazione di questa importante norma sta ingenerando negli ex militari transitati nel Corpo forestale dello Stato legittime aspettative ed una reale disparità di trattamento tra appartenenti ad amministrazioni di uno stesso comparto quale è quello della sicurezza -:
se non si ritenga opportuno intervenire sotto il profilo normativo al fine di estendere il beneficio di cui in premessa anche al personale transitato dalle Forze armate al Corpo forestale dello Stato.
(4-15397)

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, l'Ismea e la Borsa merci telematica (Bmti) hanno presentato al workshop «Credito e agricoltura: nuove opportunità per le imprese», una serie di interventi inediti o rivisti in base alle nuove domande del settore agricolo. Tra le novità c'è il fondo credito, previsto nel cosiddetto decreto liberalizzazioni, e pensato per far funzionare meglio gli investimenti dei piani di sviluppo rurale. L'obiettivo è di semplificare le procedure e offrire garanzie agli istituti bancari. Oggi infatti un agricoltore che vuole realizzare un progetto con il cofinanziamento dei fondi europei per lo sviluppo rurale deve, da un lato, avviare le pratiche con la pubblica amministrazione, e dall'altro iniziare la trattativa con la banca per ottenere un mutuo che copra la quota a carico dell'azienda. Con il nuovo sistema invece saranno convogliate nel fondo credito le risorse pubbliche per gli investimenti e in questo modo l'intera operazione (linea di credito e accesso alla disponibilità della parte pubblica) potrà essere effettuata presso la banca che tra l'altro, grazie alla liquidità garantita, potrà applicare tassi di interesse inferiori;
dopo una fase di sperimentazione sarà operativo anche l'anticipo delle fatture derivanti dai contratti telematici sui quali si può attivare anche la garanzia del credito per proteggersi così dal rischio di insolvenza. Il presidente di Bmti, Francesco

Bettoni, ha spiegato che un aspetto assolutamente innovativo è la possibilità per gli operatori di assicurare di assicurare l'85 per cento del valore dei contratti. Bmti ha stipulato convenzioni con i sei maggiori gruppi bancari italiani. Un sistema anche questo, strategico, per immettere liquidità. La Borsa, istituita nel 2006, ha raggiunto 58.315 contatti telematici con 5,7 milioni di tonnellate scambiate e 1,6 miliardi di euro transati, oltre a mille operatori accreditati e 86 soggetti abilitati all'intermediazione. Un modello solidamente ancorato alla reale produzione, ben lontano dalle discusse operazioni finanziarie che superano di oltre 100 volte l'entità delle transazioni reali e che hanno innescato spirali pericolose. Punto cardine della politica creditizia a favore delle imprese agricole restano poi gli strumenti Ismea che - ha spiegato il presidente dell'Istituto, Arturo Semerari - hanno iniziato a operare a pieno regime. Si tratta del Fondo di garanzia a prima richiesta, della garanzia sussidiaria che scatta in automatico, del fondo capitale di rischio con partecipazioni dirette e indirette nel capitale delle aziende, della GCard, «un merito creditizio» rilasciato dall'Ismea e finalizzato alla garanzia a prima richiesta e infine del rating, modello specifico per le imprese agricole realizzato in collaborazione con Moody's Kmv. L'obbiettivo sarà far conoscere questi strumenti alle imprese agricole e alle banche, un ruolo di promozione che le camere di commercio si candidano a svolgere in prima battuta;
al secondo semestre del 2011 va il record, negli ultimi 14 anni, della contrazione negativa del credito, sceso del 2,4 per cento per le imprese e dell'1,6 per cento per le aziende familiari. Il dato emerge da una rilevazione della Cgia di Mestre, dopo gli ultimi due suicidi di piccoli imprenditori in crisi per liquidità da credito e non per debiti. Secondo la Cgia, prendendo in considerazione il secondo semestre di ciascun anno dal 1998 al 2011, solo l'anno scorso i prestiti sono diminuiti sia per le imprese che per le aziende familiari. Mentre una analisi di Coldiretti sottolinea che «sono aumentate del 30 per cento le aziende del settore agricolo e agroalimentare in sofferenza nel far fronte al pagamento di mutui nel 2011». Nel 2011, sottolinea Coldiretti, «le aziende del settore in sofferenza nel far fronte ai debiti pregressi sono aumentate di un terzo, mentre si è fatta sempre più drammatica la stretta creditizia che fa venire meno la possibilità di garantire liquidità» -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di rendere operative le misure proposte a sostegno del settore agricolo durante il convegno «Credito e agricoltura», per evitare il credit crunch delle numerose imprese agricole che si trovano in sofferenza creditizia, come sottolineato anche da Coldiretti.
(4-15408)

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo Andrea Segrè, docente alla facoltà di agraria dell'università di Bologna, un modello di consumo basato sulla sufficienza e sulla consapevolezza delle risorse, è possibile. Il professor Segrè attraverso il progetto last minute market (Lmm) recupera l'invenduto a favore di enti caritativi e bisognosi. Con un unico obiettivo: ridurre lo spreco. La stima che oltre un terzo (1,3 miliardi di tonnellate annue) del cibo prodotto per l'alimentazione viene sprecato o perduto. L'analisi compiuta da Lmm sugli sprechi nella grande distribuzione organizzata (Gdo) in Italia, escludendo la ristorazione e lo spreco domestico, nel 2010 ammontavano a 267.899 tonnellate con un impatto economico complessivo di 11 miliardi di prodotti alimentari, ancora consumabili (Libro Nero Segrè/Falasconi). Di questi sprechi, circa il 3 per cento della produzione agricola è rimasta nei campi (15.128.702 tonnellate). Il dato offerto dalla Commissione europea sullo spreco alimentare in Europa, indica in quello domestico il 43 per cento. Dato che Segrè è portato a confermare: «Per l'esperienza di questi

anni, mi sento di dire che la responsabilità dello spreco sta in noi consumatori, che compriamo e consumiamo troppo e male». Inoltre, dallo sprecare deriva un mancato valore economico, un costo ambientale e di smaltimento dei rifiuti. Pensare che «il primo ipermercato dove è partito il Last Minute Market, a Bologna, recuperava, il primo anno, 170 tonnellate di cibo, ovvero 17 Tir che non vanno in discarica»;
Lmm nasce come attività di ricerca verso la fine degli anni Novanta, dal 2003 è una società spin-off dell'università di Bologna. All'inizio, occorre qualcuno che sappia mettere insieme tutti «i partecipanti del gioco del recupero», i portatori di interessi: dai donatori ai beneficiari (la multiutility), la asl e qualcuno che sia disposto a finanziare la start up capace di costruire la rete, di stabilirne la tempistica e la gestione operativa. Si può portare come esempio lo yogurt: a due giorni dalla scadenza viene ritirato dallo scaffale e conservato in luoghi idonei. La mattina seguente arriva l'addetto della parrocchia o della casa-famiglia autorizzato e viene immediatamente destinato, garantendo la sicurezza alimentare dei beneficiari. Attualmente sono 43 i progetti in dodici regioni italiane, in base a un programma di lavoro che si modula in base alle richieste. «Tutto dipende dalla forza di chi lo vuole attivare», ribadisce Segrè; «Ora c'è più attenzione, non voglio dire consapevolezza o responsabilità, ma se guardo la percentuale del reddito che viene spesa per mangiare, intorno al 15 per cento, ne destiniamo una piccola parte. Anche se siamo più poveri acquistiamo cose che riteniamo più importanti e dentro questa "poca spesa" c'è una qualità bassa. Quello che ho visto», continua Segrè, «a livello mondiale, europeo e italiano, è che è il sistema che ti porta allo spreco. Non c'è Paese ricco o povero, è l'economia di mercato che ti porta all'accumulo. Tanto è più ricca l'economia, in senso materiale, tanto più si spreca a valle (verso il consumatore). Viceversa, tanto è più povera, si spreca più a monte, è una questione di tecnologie: fra l'azienda agraria e l'industria di trasformazione»;
il 2014 sarà l'anno europeo contro lo spreco alimentare. Lo ha deciso la Commissione europea di Strasburgo, grazie a una dichiarazione, poi diventata una risoluzione, contro lo spreco, frutto di una mobilitazione italiana scaturita dalla campagna «Un anno contro lo spreco» promossa da last minute market, è un progetto pluriennale capace di proporre azioni, a vari livelli, per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica (soprattutto giovanile) e le possibili soluzioni di riduzione -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare al fine di promuovere una rete nazionale di last minute market prendendo ad esempio quanto già creato dal professor Segrè.
(4-15410)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
il 22 giugno del 2009 il comune di Lecce ha bandito il concorso pubblico per esami e titoli per la copertura di n. 6 posti a tempo indeterminato e pieno di istruttore amministrativo contabile categoria C, posizione economica C1 che ad oggi non risulta ancora essere giunto a conclusione;
le prove scritte di tale concorso si sono tenute il 4 e 5 novembre 2010 e ad oggi i candidati per la mansione prevista sono 414;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 9 maggio 1994 «Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e

le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi» all'articolo 11, comma 5, reca testualmente «Le procedure concorsuali devono concludersi entro sei mesi dalla data di effettuazione delle prove scritte o, se trattasi di concorsi per titoli, dalla data della prima convocazione. L'inosservanza di tale termine dovrà essere giustificata collegialmente dalla Commissione esaminatrice con motivata relazione da inoltrare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, o all'amministrazione o ente che ha proceduto all'emanazione del bando di concorso e per conoscenza al Dipartimento della funzione pubblica»;
nonostante le prescrizioni della norma sopracitata le procedure concorsuali in questione hanno subìto e continuano a subire ritardi eclatanti;
sebbene siano, come da prescrizione sopra riportata, trascorsi i sei mesi previsti la commissione esaminatrice non ha provveduto a giustificare tali eclatanti ritardi attraverso la motivata relazione;
dagli organi di stampa si apprende che una ulteriore battuta d'arresto al normale svolgimento del concorso sia scaturita dalle dimissioni del presidente della Commissione dottor Domenico Capoccia, che ha abbandonato l'incarico per sostenere l'attuale sindaco alle elezioni di maggio;
tra i vari rinvii si è dunque arrivati ad espletare il concorso in coincidenza delle elezioni per il rinnovo dell'amministrazione comunale. A tal proposito il sindaco di Lecce, nel corso di una conferenza dei capigruppo nel dicembre 2011 aveva assunto l'impegno a concludere il concorso con la pubblicazione della graduatoria dei vincitori prima della campagna elettorale, impegno che è stato ampiamente disatteso;
visto il grave momento occupazionale che sta attraversando tutto il Meridione d'Italia ed, in particolare, il Salento, il Partito Democratico, raccogliendo le istanze dei cittadini che temevano la possibilità di una strumentalizzazione del concorso ai fini elettorali, aveva presentato a tal proposito anche un atto di sindacato ispettivo presso il comune che ad oggi risulta ancora inevaso;
trattandosi di un concorso per trasparenza sarebbe stato opportuno pubblicare l'intero calendario delle prove di tutti i candidati, ma ad oggi si apprende che il comune di Lecce stia, invece, procedendo alla convocazione con un calendario che contiene dodici candidati per seduta -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda porre in essere.
(5-06473)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:

LAURA MOLTENI, RONDINI e BITONCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la professione sanitaria di odontotecnico è disciplinata dal regolamento di cui al regio decreto n. 1334 del 1928, normativa datata e da considerarsi ormai superata dall'evoluzione che l'attività di odontotecnico ha avuto, di fatto, in termini tecnici e professionali;
la professione di odontotecnico esiste fin dal 1928, per cui non è da ritenersi una nuova figura professionale sanitaria; essa necessita solamente di un semplice adeguamento legislativo, anche dal punto di vista del percorso didattico, così come si è già provveduto a fare per altre figure sanitarie;

in più occasioni il Consiglio superiore di sanità si è espresso in modo favorevole all'aggiornamento del profilo professionale di odontotecnico, rafforzando la convinzione della necessità di un intervento legislativo in materia;
la sempre maggiore richiesta di interventi estetici nel settore dentale rende inoltre indispensabile, per la riuscita ottimale di una riabilitazione protesica, la collaborazione tra odontoiatra e odontotecnico, con la presenza in studio di quest'ultimo, per l'adempimento di atti tecnici; solo chi fabbrica un dispositivo medico protesico, infatti, può individuare con facilità gli eventuali interventi atti a ottimizzare le funzioni del dispositivo e, pertanto, la sua presenza in studio per fornire la necessaria assistenza tecnica garantisce un maggior benessere ai pazienti sottoposti a cicli di riabilitazione protesica;
appare ormai improrogabile assumere iniziative per l'aggiornamento della professione sanitaria di odontotecnico, con il suo adeguamento alle esigenze emerse nel corso degli anni, anche per rendere paritetico il trattamento normativo che le istituzioni hanno già riservato alle altre categorie disciplinate dal sopracitato regolamento;
appare altresì, necessario assumere iniziative normative volte a un'adeguata responsabilizzazione degli operatori odontotecnici, anche attraverso la costituzione di un loro organo di autogoverno e di vigilanza, ovvero di un collegio nazionale o di un albo professionale infine, appare opportuno promuovere un'iniziativa normativa che disponga la presenza di odontotecnici presso gli studi odontoiatrici, per i motivi esposti, superando in tal modo la disposizione contenuta nell'articolo 8 del sopracitato regolamento che, per tale presenza, prevede la segnalazione dei giorni e degli orari agli uffici comunali competenti -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative in linea con quanto rappresentato in premessa.
(5-06468)

MUSSOLINI, BARANI, DE NICHILO RIZZOLI e CASTELLANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
un numero sempre più elevato di minori da 0 a 18 anni risiedono nelle comunità alloggio e nelle case famiglia;
per ogni minore l'ente locale paga dai 70 ai 100 euro al giorno;
spesso i comuni non pagano le rette secondo i tempi prestabiliti;
le comunità e le case famiglia fanno ormai fatica a gestire questa cronica carenza economica che mette a rischio il minore stesso;
le comunità e le case famiglia pagano per intero le visite mediche e specialistiche e le prestazioni odontoiatriche -:
se e quali iniziative, anche normative, il Ministero interrogato intenda assumere per esentare tali comunità e case famiglia dal costo delle visite mediche necessarie alla cura dei minori ospitati nelle proprie strutture tenendo conto che si tratta di minori che necessitano di cura e che già hanno vissuto e vivono gravi disagi.
(5-06469)

D'INCECCO, LIVIA TURCO e MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
un decreto ministeriale del 31 gennaio 1998 istituisce la «Tabella relativa alle specializzazioni affini previste dalla disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale»;
le tabelle sono valevoli per la valutazione dei titoli di carriera e delle specializzazioni ai fini dell'accesso alla dirigenza;
come si nota dalla lettura delle suddette tabelle, al punto 9 relativo all'area microbiologia e virologia, la tabella B delle specializzazioni equipollenti, non equipara

il diploma di patologia clinica al diploma di specializzazione in microbiologia e virologia;
al punto 12 relativo all'area patologia clinica, il diploma di microbiologia e virologia risulta, invece, essere equipollente a quello di patologia clinica;
si tratta di un grave incongruenza: in virtù di essa si verifica che un dirigente medico specialista in microbiologia e virologia può essere ammesso a partecipare alla selezione pubblica per il conferimento di incarico di dirigente di secondo livello di struttura complessa in patologia clinica ma un dirigente medico specialista in patologia clinica non può essere ammesso a partecipare alla selezione pubblica per il conferimento di incarico di dirigente di secondo livello di struttura complessa in microbiologia e virologia;
alla tabella A del decreto, il servizio di dirigente medico in patologia clinica, al contrario del diploma di specializzazione, è equiparato al servizio di dirigente medico in microbiologia e virologia;
va sottolineato che, invece, per l'accesso alla dirigenza sanitaria di primo livello, al punto 9 della microbiologia e virologia, la patologia clinica è resa equivalente alla microbiologia e virologia, così come, questa volta coerentemente, al successivo punto 12 dell'area della patologia clinica, vi è l'equiparazione alla virologia e della microbiologia;
il caso in esame evidenzia, a parere dell'interrogante, la necessità di una revisione della normativa citata, al fine di procedere ad un'armonizzazione coerente del dettato e anche ad un allineamento con quelli che sono gli effettivi obiettivi della riforma del Sistema sanitario nazionale, vale a dire la tutela del merito, delle qualità, delle professionalità dentro un quadro coerente di rispetto per titoli ed esperienze specifiche -:
se, alla luce di quanto sopra descritto, non ritenga opportuno assumere una iniziativa per procedere, nella direzione sopra indicata, ad una modifica della disciplina contenuta nella «Tabella relativa alle specializzazioni affini previste dalla disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale», di cui al decreto ministeriale del 31 gennaio 1998.
(5-06470)

BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA e DE POLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'istituto creato e diretto da Giovanni Bollea, padre fondatore della neuropsichiatria infantile italiana morto poco più di un anno fa, rischia di chiudere e a darne l'allarme è il personale del centro che ha inscenato, il 27 febbraio 2012 un vero e proprio funerale, nella struttura da lui creata;
la persistente carenza di organico medico specialistico e di personale assistenziale rende difficile il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza (ricoveri ordinari e diurni, copertura dei turni di presenza pomeridiana e notturna, ricoveri d'urgenza e consulenze al DEA centrale e pediatrico), presso l'istituto di neuropsichiatria infantile del policlinico Umberto I di Roma, che era il punto di riferimento per tutto il centro-sud e che ancora oggi, in carenza di risorse - ci sono solo 10 neuropsichiatri infantili - garantisce seimila visite ambulatoriali e più di 700 ricoveri l'anno;
Ugo Sabatello, responsabile degli interventi di psicoterapia con bambini, adolescenti e genitori, dichiara che: «La situazione attuale è che stiamo morendo per consunzione, le persone che vanno in pensione non vengono sostituite e i contratti a termine non sono rinnovati. Di questo passo, anziché ampliarsi, il servizio che fa da punto di riferimento per tutto il centro-sud rischia di sparire»;
un mese fa i ricoveri d'urgenza sono stati sospesi a causa della carenza di personale perché, secondo quanto dichiarano medici ed infermieri: non si riesce più a rispondere alle sempre più pressanti richieste di aiuto e assistenza dei nostri

piccoli utenti e delle loro famiglie. Già ora i tempi di attesa arrivano a sei mesi, e la situazione peggiora nel tempo;
i dati epidemiologici rilevati nel 2005 nella regione Lazio indicano che gli accessi di minori con diagnosi principale psichiatrica ai dipartimenti di emergenza è pari a circa 2.500 casi. Di questi solo l'1 per cento è ricoverato in un reparto di neuropsichiatria infantile. Una stima conservativa del numero complessivo di ricoveri riferibili a condizioni di emergenza psichiatrica per la fascia di età 12-17, in reparti che non sono di neuropsichiatria infantile ha individuato 123 casi. Di questi circa il 26 per cento si trovava in un reparto psichiatrico per adulti (SPDC), il 41,5 per cento in pediatria e il resto in altri reparti medici e chirurgici. In Europa per l'emergenza psichiatrica in età evolutiva ci sono circa 15 posti letto ogni 100.000 abitanti, nel Lazio solo 1,3;
il disagio dell'istituto di neuropsichiatria infantile si riverbera su tutto il sistema scolastico in cui questi bambini sono inseriti, in cui si indebolisce, in alcuni casi addirittura scompare, la supervisione del lavoro riabilitativo svolto in maniera coordinata dall'insegnante con i terapisti della neuro psicomotricità dell'età evolutiva, con i logopedisti, e altri con un accentuarsi dei dubbi negli operatori e un aumento delle tensioni a cui questi bambini sono sottoposti in famiglia e a scuola;
la carenza di personale obbliga, inoltre, gli operatori a ridurre i tempi di attenzione per ogni singolo bambino, dovendo spesso fare scelte drammatiche tra un'attenzione ottimale offerta solo ad alcuni e un'attenzione generalizzata estesa ad un numero più elevato di bambini; il conflitto tra quantità e qualità è particolarmente mortificante per chi opera in un contesto universitario -:
se non ritenga necessario attuare ogni utile iniziativa anche normativa volta ad assicurare il diritto alla prevenzione, cura e riabilitazione, all'adeguatezza ed efficacia nelle strutture sanitarie pubbliche nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
(5-06471)

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 191 del 2007, «Attuazione dello direttivo 2004/23/CE sullo definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani», prevede, all'articolo 6, l'emanazione, entro 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, dei requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici degli istituti dei tessuti nonché delle linee guida per l'accreditamento degli stessi istituti, sulla base di indicazioni fornite dal Centro nazionale trapianti (CNT), dal Centro nazionale sangue (CNS) e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome;
tali provvedimenti riguardano anche i centri di procreazione medicalmente assistita (PMA), in quanto uniformati agli istituti dei tessuti;
gli intenti del decreto del 2007 sono ribaditi ed ampliati anche dal successivo decreto legislativo n. 16 del 2010 «Attuazione delle direttive 2006/17/CE e 2006/86/CE, che attuano la direttiva 2004/23/CE per quanto riguarda le prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani, nonché per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità, la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani»;
allo stato attuale, non sono stati promulgati però né i requisiti minimi, né le linee guida previste, nonostante sia abbondantemente scaduto il termine sancito dall'articolo 6 del decreto n. 191 del 2007. Questo grave ritardo ingenera, inevitabilmente, insicurezza ed incertezze relative

all'organizzazione e la gestione dei centri di procreazione medicalmente assistita;
secondo quanto a conoscenza dell'interrogante, il Centro nazionale trapianti avrebbe comunque avviato delle ispezioni in diversi centri di procreazione medicalmente assistita italiani sulla base di linee guida «informali» contenenti una serie di requisiti non noti e tantomeno approvati in via ufficiale da alcun organismo, così come previsto, invece, dal decreto n. 191 del 2007;
tali ispezioni, che pure sono auspicabili e doverose, rischiano però di essere illegittime poiché non suffragate da alcun atto ufficiale, così come le eventuali sanzioni o restrizioni che ne potrebbero conseguire o gli ulteriori provvedimenti di adeguamento che vengono richiesti ai centri di procreazione medicalmente assistita, con un inevitabile rischio di produrre in futuro contenziosi giudiziari nel confronti del Ministero della salute e delle regioni di competenza;
l'assenza di regolamentazione sta producendo una grande difformità dell'offerta di assistenza nell'ambito della procreazione medicalmente assistita da regione a regione, con la conseguente incertezza, per le coppie e i cittadini italiani che decidono di ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita, circa la qualità e la sicurezza dell'assistenza ricevuta;
si segnala inoltre che, nei due decreti suddetti, non è esplicitato né chiarito - cosa che, a parere dell'interrogante, il Ministero dovrebbero affrettarsi a fare - il ruolo svolto dal centro nazionale trapianti e dall'Istituto superiore di sanità relativamente ai centri di procreazione medicalmente assistita. In particolare l'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 16 del 2010, afferma in maniera chiara che pur avvalendosi della collaborazione del Centro nazionale trapianti il Ministero e le regioni devono far salve le competenze dell'Istituto superiore di sanità di cui alla legge n. 40 del 19 febbraio 2004;
inoltre, lo stesso decreto del 2010, sembra prevedere quasi una concorrenza tra le due istituzioni del Servizio sanitario nazionale, ad esempio sulla notifica delle reazioni avverse (articolo 10) e sulla notifica degli eventi avversi gravi (articolo 11), mentre è chiara la competenza del registro dell'Istituto superiore di sanità, che svolge già tale compito proprio per dettato della stessa legge n. 40 del 1994 -:
sulla base di quanto esposto in premessa, quali siano le ragioni della mancata adozione dei provvedimenti - emanazione dei requisiti minimi di organizzazione e promulgazione delle linee guida per l'accreditamento degli Istituti dei tessuti - previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 191 del 2007 e su quali basi, quindi, il Centro nazionale trapianti ha iniziato le ispezioni nei centri italiani di procreazione medicalmente assistita, comminando anche sanzioni e paventando rischi di chiusura senza che sia chiaro quali sono i requisiti che vengono ritenuti indispensabili, atteso che non esiste al momento alcun atto che li contenga o descriva.
(5-06472)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i lavori per la costruzione dell'attuale ospedale Santa Maria della Misericordia di Terni, capoluogo umbro con circa 113.000 abitanti, iniziarono durante il regime fascista, allorché si decise di costruire il nuovo presidio ospedaliero della città di Terni, seguendo le direttive del piano regolatore Lattes-Staderini del 1934 e furono conclusi nel 1970 con l'apertura dei primi reparti di degenza dopo una lunga trafila burocratica durata numerosi anni; la prima approvazione del progetto infatti, risale al 1956;
dalle prime elaborazioni progettuali ad oggi sono trascorsi ormai numerosi decenni e sino ad ora sono stati apportati

all'ospedale S. Maria soltanto sporadici interventi manutentivi e di adattamento funzionale (ove si eccettui il nuovo blocco delle sale operatorie, recentemente inaugurato) con immaginabili costi di manutenzione che gravano sulle spalle dei contribuenti;
i locali della ASL 4 di Terni in via Bramante dove si effettuano in maniera quasi parallela i medesimi servizi che offre l'ospedale, sono in affitto per un costo di circa un milione e trecentomila euro annui e alcune iniziative come la città della salute o il nuovo corso di medicina della università degli studi di Perugia stentano a partire o partono con numerose difficoltà di tipo economico finanziario;
nell'area dell'ospedale di Terni gravitano esperimenti di una certa importanza scientifica come quelli svolti presso il «Centro europeo di ricerca» sulle cellule staminali di Terni diretto dal professor Angelo Vescovi, che sta cominciando a sperimentare i suoi risultati in applicazioni utili per l'uomo, e quello che dovrebbe essere svolto sul genoma delle zanzare malariche dal professor Andrea Crisanti, unico progetto italiano che pare sia riuscito ad ottenere finanziamenti dalla fondazione Gates per l'innovativa idea di trasmettere tramite gli insetti dei vaccini al posto del virus malarico;
il governatore della regione Umbria, Marini, e il presidente della provincia, Polli, hanno siglato, il 13 marzo 2011, un accordo di programma per l'ospedale comprensoriale di Narni e Amelia (rispettivamente 20.000 e 12.000 abitanti e confinanti con il comune di Terni) che prevede di realizzare entro il 2015, 140 posti letto (di cui 74 dedicati a funzioni riabilitative, 14 per la dialisi, 4 per il pronto soccorso) una struttura architettonica all'avanguardia, con dotazioni tecnologiche modernissime; con un costo complessivo dell'opera, iniziale e presunto, di circa 55 milioni di euro, costo che va a sommarsi alle continue spese di manutenzione che generano il vecchio ospedale di Terni e i servizi dell'Asl 4;
la sede prescelta per il nuovo ospedale, la cava dismessa di Cammartana, è vicina alla cava di San Pellegrino (Narni) dove avvengono attività estrattive, il cui impatto ambientale e i cui rumori potrebbero essere superiori a quelli consentiti dalle norme che regolano la costruzione degli ospedali;
una diversa collocazione sempre nel comune di Narni o in prossimità dello stesso, nella zona di Maratta, che è collegata con la rete viaria nazionale tramite lo svincolo Orte-Spoleto dell'«autostrada del sole», e dove esistono terreni di proprietà del demanio vicini ad una aviosuperfice di gestione pubblica, potrebbe essere meglio utilizzata per i servizi di emergenza sanitaria, estendendo gli stessi ad un territorio potenzialmente più vasto che potrebbe includere anche la zona di Norcia-Cascia e dei monti Sibillini;
tale operazione potrebbe presentarsi, a giudizio dell'interrogante, come un ennesimo sperpero del denaro pubblico del tutto ingiustificato in questi tempi di crisi e ben 19 milioni di euro proverrebbero dal fondo nazionale, dopo lo sblocco delle risorse destinate all'edilizia ospedaliera;
sarebbe opportuno, attivare un tavolo di confronto, con tutte le istituzione competenti, al fine di arrivare ad un unico e moderno ospedale, come quello che si potrebbe creare nella zona di Maratta, con lo scopo di servire, in maniera più razionale, tutti e tre i comprensori di Terni, Narni e Amelia, inglobando al contempo le attività di ricerca in corso e altre future facendo si che sia collegato per i servizi di emergenza all'aviosuperfice di Maratta Bassa (Terni);
nei locali dei vecchi ospedali di Terni, Narni e Amelia, al momento in cui si dovesse arrivare alla loro dismissione, si potrebbe favorire con la partnership di privati, attività di medicina alternativa, quali l'agopuntura, la chiropratica, la medicina omeopatica, il metodo «Di Bella»,

la promozione della rimozione dell'amalgama dentale a base di mercurio -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione quanto esposto in premessa e se sia previsto un finanziamento statale per l'infrastruttura in questione.
(4-15415)

PATARINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'epatite cronica da HCV nel nostro Paese costituisce un problema di salute pubblica, con una incidenza media dell'infezione del 3 per cento, che al Sud si raddoppia e nei soggetti nati prima del 1960 raggiunge picchi del 12 per cento;
all'infezione da HCV si associa un incremento di mortalità per il tumore del fegato e per cirrosi epatica;
con le terapie per l'infezione cronica da HCV, attualmente disponibili e basate sull'impiego di interferone peghilato e ribavirina, la guarigione nei pazienti con enotipo 1b viene assicurata in non più del 40 per cento dei casi;
dal 2011 sono disponibili (autorizzazione EMA agosto 2011 per Victrelis-Boceprevir e settembre 2011 per Inciveck-Telaprevir) farmaci più potenti definiti inibitori delle proteasi da utilizzarsi in combinazione con interferone peghilato e ribavirina;
detti farmaci incrementano la risposta terapeutica fino all'80 per cento e, come conseguenza, riducono negli anni il rischio che si sviluppi una cirrosi o un epatocarcinoma;
secondo l'esperienza degli Stati Uniti, che hanno già adottato queste terapie come nuovo standard di cura, quei nuovi farmaci comportano per il paziente un aggravio di spesa di circa 35.000 euro a cui va aggiunto il costo di circa 28.000 euro della terapia con interferone e ribavirina;
in altri Paesi europei, come la Germania, i farmaci sono già in uso anche se ne viene limitato l'utilizzo ad alcuni centri specialistici prevedendo la verifica dei benefici a distanza di un anno dall'inizio dell'uso;
l'Associazione italiana per lo studio del fegato (AISF) ha stabilito i criteri per accreditare i centri specialistici all'uso di questi nuovi farmaci;
l'unità operativa a valenza dipartimentale di epatologia dell'ospedale «Casa Sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo possiede tutti i requisiti previsti da tale documento di indirizzo ed in particolare:
a) la capacità di effettuare test genetico per il polimorfismo dell'IL28B (è stato il primo centro ad aver pubblicato in Italia su questo argomento anche in conseguenza del fatto che appartiene ad una struttura di ricerca in genetica);
b) la capacità di effettuare il test molecolare per la determinazione dell'HCV RNA tramite PCR real time con possibilità di acquisizione del risultato in un arco temporale di 1 giorno (presso il centro trasfusionale dello stesso ospedale);
c) la disponibilità della consulenza dermatologica per la diagnosi immediata degli effetti collaterali dermatologici che possono assumere in rari casi caratteristiche di estrema severità;
d) la capacità clinica di discernere ed evitare le interazioni tra farmaci (la dottoressa Mangi, responsabile dell'unità suddetta, ha effettuato documentata attività di speaker e tutoraggio in numerosi congressi e da tempo tiene corsi internazionali sull'uso dei nuovi farmaci a scopo didattico-formativo per altri colleghi in Italia ed in Europa);
e) la disponibilità di effettuare valutazione non invasiva della fibrosi mediante elastometria epatica (requisito richiesto non dalla predetta Associazione scientifica AISF ma da analoghe società scientifiche di altri Paesi europei, come il Regno Unito) per l'uso di questi farmaci;

la citata unità operativa risulta unica, al momento, ad aver trattato, nella regione Puglia, oltre 20 pazienti con questi farmaci in combinazione con interferone peghilato e ribavirina all'interno dei trial sperimentali di fase 3 o sotto forma di cosiddetto «Uso compassionevole» -:
se risulti se nell'ambito della vigilanza sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari siano emerse criticità in relazione all'ipotesi di procedere all'accreditamento dell'unità operativa dipartimentale di epatologia dell'ospedale «Casa Sollievo della Sofferenza» diretta dalla dottoressa Mangi come centro regionale di riferimento per il trattamento dell'epatite cronica da HCV.
(4-15416)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per conoscere - premesso che:
in Valbasento in provincia di Matera opera la società Helesi Sa del gruppo Perivallontiki ATEVE;
nel 2006 fu annunciato l'insediamento della società greca, mediante contratto di localizzazione sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico, dalla regione Basilicata e da Sviluppo Italia;
furono stanziati 26 milioni di euro complessivi, 17 dei quali erogati dal Ministero dello sviluppo economico;
l'impianto tecnologicamente avanzato opera nel settore delle tecnologie per la gestione ambientale; in particolare vengono realizzati contenitori per rifiuti e recipienti per il settore agricolo;
attualmente occupa poco meno di 40 unità, ma è un impianto che non è mai entrato a pieno regime nonostante le potenzialità sia tecnologiche che di ambiti di mercato;
tra le organizzazioni sindacali e tra i lavoratori vi è forte preoccupazione visti i precedenti della Valbasento che anche questa realtà possa decidere di chiudere e concentrare la sua produzione in Grecia;
l'azienda è in attesa anche dell'ultima tranche del finanziamento legato al contratto di localizzazione;
in un momento di crisi come quello attuale la tempistica degli incentivi diventa determinante anche per evitare disimpegni che nella Valbasento sarebbero drammatici -:
se e quali iniziative il Ministro intenda attivare con la massima urgenza per acquisire elementi sul reale piano industriale per il futuro della Helesi e quali siano i tempi per la erogazione della ultima tranche di finanziamento del contratto di localizzazione, al fine di assicurare la permanenza in Valbasento di questa realtà produttiva e di conseguenza per garantire i livelli occupazionali, considerate le potenzialità del settore e dell'impresa.
(5-06467)

Interrogazione a risposta scritta:

GALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla segnalazione dell'associazione dei consumatori Asso-Consum in cui si evidenziano, relativamente al «falso pecorino romano» prodotto in Romania, le ricadute negative nei settori economico, agricolo e occupazionale, nonché il palese danno d'immagine e il dumping concorrenziale a un prodotto tipico della filiera alimentare regionale italiana;

anche la Coldiretti in data 15 marzo 2012 ha manifestato davanti alla sede del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, evidenziando l'incongruenza inerente alla produzione di prodotti alimentari «nostrani» totalmente lavorati all'estero e con finanziamenti dello Stato italiano -:
se alla luce della normativa relativa alle delocalizzazioni sia da ritenere legittimo anche il caso richiamato in premessa;
quali finanziamenti siano stati assegnati a tali produzioni;
se la normativa a sostegno di queste produzioni su territorio estero sia tuttora operativa e nel caso lo fosse, se non ritenga il Governo di assumere iniziative normative urgenti per abrogare con effetto immediato la normativa stessa.
(4-15393)

...

Apposizione di una firma ad una mozione

La mozione Fluvi e altri n. 1-00910, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di una firma ad una interpellanza

L'interpellanza urgente Carlucci e altri n. 2-01393, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gava.

Apposizione di firme ad interrogazioni

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04125, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04153, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04154, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04155, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04156, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04159, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04161, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04162, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04163, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05298, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Mariani e altri n. 5-06464, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Motta.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Carlucci n. 2-01393 del 6 marzo 2012.