XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 29 marzo 2012

TESTO AGGIORNATO AL 16 APRILE 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il 20 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità quattro mozioni che impegnavano il governo, tra l'altro, a confermare la valenza strategica della realizzazione della nuova linea Torino-Lione (NLTL) come asse decisivo per i collegamenti europei, attraverso l'adozione di tutte le misure e gli atti necessari anche sulla base del lavoro condotto dall'Osservatorio; a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera; a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'Intesa Generale Quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase, e cioè, il trasferimento modale e il potenziamento e ammodernamento del trasporto locale, avviando al contempo iniziative per l'assegnazione di risorse immediate per incentivare il trasporto modale e combinato; ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte parallelamente all'avanzamento dell'opera;
nel mese di giugno 2011 nella località di Chiomonte, in Valle di Susa sono iniziati i lavori per l'installazione del cantiere di realizzazione della galleria geognostica, destinata a diventare la «discenderia» della Torino-Lione sul versante italiano;
i lavori nel cantiere proseguono nel pieno rispetto del cronoprogramma, grazie al presidio delle forze dell'ordine che con efficacia e senso di responsabilità fino ad oggi hanno respinto gli attacchi condotti da frange minoritarie violente del movimento No Tav;
il 3 agosto 2011 il CIPE ha approvato il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, progetto che prevede il cosiddetto «fasaggio», ovvero la realizzazione per fasi dell'infrastruttura, con un rilevante risparmio sui costi. Si prevede, infatti, la realizzazione del tunnel di base, della stazione internazionale di Susa e l'interconnessione con la linea storica da Bussoleno ad Avigliana, rinviando in questo modo per alcuni anni i lavori di realizzazione del tunnel dell'Orsiera, nonché tutti gli interventi relativi al «nodo» di Torino (interconnessione con l'interporto di Orbassano, la gronda merci di Corso Marche, il sistema ferroviario metropolitano);
nel mese di settembre 2011 si è svolta la riunione del comitato intergovernativo tra Italia e Francia per la firma del nuovo accordo internazionale sulla ripartizione delle spese, con la riduzione della quota a carico dell'Italia dal 63 al 60 per cento con la ratifica di tale accordo tutte le condizioni richieste dalla Comunità europea saranno rispettate;
entro il 31 dicembre 2013 è prevista la conclusione dell'iter di approvazione del progetto definitivo, con un'ulteriore valutazione di impatto ambientale, così da consentire l'apertura del cantiere entro il mese di novembre del 2013,


impegna il Governo:


ad assumere tutte le iniziative necessarie per dare attuazione all'Accordo tra il Governo italiano e quello francese, nel quadro della programmazione europea della rete «connecting europe» per la realizzazione e l'esercizio della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, (compresi i nodi di St. Jean de Maurienne e di Susa con le relative stazioni internazionali passeggeri vocate al turismo);
considerato che per l'attuazione del succitato Accordo, firmato a Roma il 30 gennaio 2012, il Governo ha manifestato

l'intenzione di presentare nel più breve tempo possibile un apposito disegno di legge di ratifica;
a dare concreta attuazione alle misure di inserimento territoriale e ambientale della linea (a partire dai cantieri di Chiomonte e di Susa) utilizzando le risorse previste dalla legislazione nazionale in conto compensazioni per finanziare un piano organico di interventi di accompagnamento alle comunità locali che, partendo dal piano strategico della provincia di Torino ed utilizzando anche le opportunità offerte dalla legge regionale n. 4 del 2011 (Legge Cantieri - sviluppo e territorio) individui, attraverso il lavoro istruttorio dell'osservatorio, un quadro di priorità operative per l'allocazione delle risorse secondo un criterio di proporzionalità tra impatti subiti e benefici erogati;
considerato altresì che tali interventi integrano quelli previsti per il nodo Torino nell'Accordo Stato-Regione del 28 giugno 2008 e dall'Atto aggiuntivo del 23 gennaio 2009 per il miglioramento del servizio ferroviario passeggeri, con particolare riferimento al servizio ferroviario metropolitano la cui linea FM3 interessa la direttrice della Valle di Susa e per l'avvio di misure di sostegno del riequilibrio modale nel settore delle merci ed il potenziamento della logistica con riferimento ai primi lotti operativi della realizzanda Piattaforma di Orbassano;
a reperire, in tempo utile, gli ulteriori fondi necessari finalizzati agli interventi di accompagnamento e inserimento della nuova linea Torino-Lione, con particolare riferimento alla sezione transfrontaliera e ai comuni sede di cantiere.
(1-00980)
«Esposito, Osvaldo Napoli, Allasia, Delfino, Toto, Misiti, Alessandri, Marmo, Aracu, Bernardo, Bertolini, Bianconi, Bitonci, Boccuzzi, Bonino, Bragantini, Buonanno, Calgaro, Callegari, Cambursano, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Ciccanti, Cicu, Cilluffo, Comaroli, Compagnon, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Di Biagio, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fallica, Fava, Fedriga, Fiano, Fiorio, Fogliato, Follegot, Gregorio Fontana, Fugatti, Galletti, Ghiglia, Gidoni, Goisis, Grimaldi, Grimoldi, Iapicca, Isidori, Laffranco, Lanzarin, Libè, Lucà, Lussana, Maggioni, Maroni, Marsilio, Martini, Mereu, Giorgio Merlo, Meroni, Miccichè, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Naro, Negro, Occhiuto, Paolini, Pastore, Pianetta, Picchi, Pini, Pittelli, Polledri, Porcino, Portas, Proietti Cosimi, Pugliese, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Rossomando, Saltamartini, Santelli, Scanderebech, Simonetti, Soglia, Stagno d'Alcontres, Stefani, Stucchi, Tassone, Terranova, Togni, Torazzi, Vanalli, Vernetti, Volontè, Volpi, Moffa, Damiano».

La Camera,
premesso che:
come si evince dal piano sanitario nazionale 2011-2013 la forbice tra uscite ed entrate nel servizio sanitario nazionale tenderà ad allargarsi negli anni a seguire, data la struttura per età e tenuto conto del numero di immatricolazioni al corso di laurea in medicina e chirurgia;
sulla base di tali previsioni il Ministero della salute ha richiesto un ampliamento dell'offerta formativa, portando il numero delle immatricolazioni al corso di laurea in medicina e chirurgia a 10.566 unità già a partire dall'anno accademico 2011/2012;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha, invece, stabilito

per lo stesso anno accademico un numero di posti pari a 9.501 per le facoltà medicina e chirurgia; tale decisione comporterà una carenza dal 2012 al 2018 di 18.000 unità di personale medico nel servizio sanitario nazionale e di circa 22.000 medici dal 2014 al 2018 in totale;
la forbice tra chi esce e chi entra tenderà ad allargarsi anche per penuria di nuovi professionisti usciti dalle scuole di specializzazione;
un neolaureato in medicina e chirurgia rischia di ritardare dopo la laurea il proprio accesso alla professione di un altro anno; infatti, il regolamento per il concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione prevede, quale requisito necessario per l'ammissione alla prova, il conseguimento dell'abilitazione alla professione prima del termine per la presentazione delle domande di partecipazione allo stesso concorso;
il concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione è disciplinato dal «regolamento concernente le modalità per l'ammissione dei medici alle scuole di specializzazione in medicina», del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 6 marzo 2006, n. 172, che penalizza sia coloro che si laureano a luglio 2012 (che attendono almeno 9 mesi) sia quelli che si laureano nell'ultima sessione in corso (costretti ad attendere almeno 12 mesi prima di poter sostenere l'esame di accesso alla scuola di specializzazione),


impegna il Governo:


a valutare, nel rispetto dell'autonomia degli atenei, la possibilità di aumentare il numero di posti disponibili per accedere alla facoltà di medicina e chirurgia, considerando il numero crescente di immatricolazioni e di richiesta di iscrizioni;
a valutare la possibilità di assumere iniziative volte a rivedere il calendario dei concorsi per l'accesso alle scuole di specializzazione, al fine di ovviare alle disfunzioni richiamate in premessa.
(1-00981)
«Stagno d'Alcontres, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Misiti, Pittelli, Pugliese, Soglia, Terranova».

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», che ha anticipato al 2012 l'entrata in vigore dell'Imposta municipale unica (Imu), rischia di penalizzare pesantemente le imprese agricole, incidendo negativamente sui fattori produttivi;
si tratta, infatti, di una «patrimoniale» che colpisce due volte i beni produttivi agricoli;
una prima volta con la tassazione dei terreni e una seconda volta con l'ulteriore assoggettamento dei fabbricati rurali utilizzati nell'esercizio dell'impresa agricola, sia abitativi che strumentali;
risponde, ad un principio da sempre presente nell'ordinamento tributario, ed avallato dalle stesse pronunce dell'amministrazione finanziaria, che la capitalizzazione del reddito dominicale (attraverso l'applicazione di appositi coefficienti moltiplicatori ai valori del reddito dominicale) assorbe, ai fini della determinazione della base imponibile di un'imposta patrimoniale o sui trasferimenti, anche la redditività dei fabbricati strumentali asserviti al terreno;
basta conoscere le principali dinamiche delle attività agricole per comprendere che, a differenza dei settori industriali e commerciali, un fabbricato agricolo strumentale (stalla, ricovero attrezzi, magazzino, e altro) è intimamente connesso alla produttività espressa dal fondo

agricolo dalla cui connessione non potrebbe prescindere pena l'inutilizzabilità quale bene autonomo d'impresa;
per i fabbricati rurali ad uso abitativo, l'equiparazione ai fabbricati urbani, ai fini della determinazione dell'imposta (con l'applicazione dei medesimi moltiplicatori), risulta altrettanto iniqua non appena si consideri che i fabbricati situati sui terreni agricoli «servono» per uso abitativo dei soggetti che lavorano nell'impresa agricola, quali lo stesso imprenditore, i coadiuvanti, gli operai, e altro e non potrebbero avere una destinazione a scopo d'investimento da cui ottenere un rendimento attraverso la locazione alla stregua dei fabbricati urbani;
inoltre, tali fabbricati sono «serviti» dai comuni in modo sicuramente non equiparabile a quello dei fabbricati urbani e, in alcuni casi, non infrequenti, non vengono utilizzati, ma si mantengono per ragioni anche affettive;
la decisione di applicare l'Imposta municipale unica alle zone agricole e ai fabbricati connessi all'attività produttiva è una condanna per un settore fondamentale non solo per l'economia ma anche per la tutela ambientale e mette a rischio l'esistenza stessa di migliaia di imprese;
siamo di fronte di una modifica sostanziale della fiscalità, applicata al settore primario dell'agricoltura, e, in particolare, ai beni funzionali all'esercizio dell'attività stessa, che vengono assimilati a puro e semplice patrimonio;
è sufficiente pensare alla salvaguardia del territorio e del paesaggio: attività connaturata all'esercizio dell'agricoltura, di cui tutti godono, ma che, certamente, non è remunerata dal mercato;
vanno richiamati i numerosi atti parlamentari (ordini del giorno, interrogazioni, risoluzioni), con i quali il Parlamento ha richiesto al Governo e lo ha impegnato ad un attento riesame della normativa Imposta municipale unica per il comparto agricolo anche avute presenti le forti prese di posizione di tutte le organizzazioni del settore;
occorre rivedere l'impatto dell'Imposta municipale unica dal momento che l'imposizione fiscale anche sui fabbricati rurali, strumentali all'attività di coltivazione o di allevamento, è una profonda iniquità, che non trova giustificazione alcuna;
sarà un impatto devastante che metterà in crisi tutto il settore, che già vive un momento di estrema difficoltà, con costi produttivi (in particolare il «caro-gasolio»), contributivi e burocratici giunti ormai a livelli insostenibili;
l'agricoltura è una risorsa vitale per il nostro Paese e non si può frenarne la competitività escludendola dalle misure per lo sviluppo;
la partecipazione di questo settore al superamento della grave crisi economica va contemperato con le gravi difficoltà che già il comparto sopporta per la sua configurazione strutturale rispetto ad altre agricolture europee;
occorre, in particolare, prestare la massima attenzione nell'applicazione dell'Imu che deve essere valutata correttamente nel suo carico in positivo per evitare un aggravio fiscale insostenibile per le imprese agricole, con effetti dirompenti per la sua tenuta;
oggi all'agricoltura, soprattutto in vista della riforma della Pac post 2013 e delle difficili sfide che porrà, serve una politica incisiva che affronti i problemi strutturali, recuperi competitività al settore, valorizzando le sue forti risorse intrinseche, una strategia di ampio respiro che apra nuove prospettive al settore primario che va considerato come un grande protagonista della ripresa e del rilancio del nostro Paese,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative normative per rivedere completamente l'impianto dell'Imposta

municipale unica, con l'introduzione di nuovi coefficienti o correttivi tali da rendere la tassa sostenibile economicamente;
a verificare la possibilità di esentare dal pagamento dell'imposta i fabbricati rurali ad uso strumentale, con particolare riferimento a quelli dislocati in aree svantaggiate, in quanto il reddito dominicale dei terreni è da intendersi comprensivo anche della redditività delle costruzioni rurali asservite, anche se destinate a edilizia abitativa ad uso dell'imprenditore agricolo (I.A.P.);
se non ritenga altresì necessario promuovere una revisione del meccanismo di calcolo relativo ai terreni condotti dagli agricoltori, in considerazione delle peculiarità del settore agricolo che, sino ad oggi, hanno determinato l'applicazione di specifiche regole fiscali e alla luce di quanto è emerso dal tavolo di confronto del mese di febbraio sulla questione tra il Governo e le parti sociali;
a valutare, infine, la possibilità di mantenere i fabbricati ad uso agricolo accatastati come fabbricati rurali, in particolare almeno quelli aventi caratteristiche specifiche (ad esempio tettoie, baite, ovili e stalle d'alpeggio, e altro) il cui valore sembrerebbe inferiore al costo delle pratiche di accatastamento.
(1-00982)
«Delfino, Naro, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Volontè».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede che con regolamento da adottarsi entro il 30 giugno 2012 va armonizzata la disciplina dei requisiti per l'accesso alla pensione del personale addetto ad attività di natura particolare, come quelle del Comparto sicurezza e difesa e del Comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico;
l'intervento va graduato nel tempo e la materia oggetto di armonizzazione deve essere solo quella dell'eventuale incremento dei limiti di età per accedere alla pensione di vecchiaia e dell'aumento dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva per beneficiare della nuova pensione anticipata (ex pensione di anzianità);
la mancanza di altro espresso criterio, diverso da quello indicato dal citato comma 18, escludono ogni intervento sugli istituti peculiari previsti per il personale del Comparto difesa - sicurezza e comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico, connaturati all'espletamento di attività atipiche e usuranti: esse esigono strumenti compensativi volti a differenziare la posizione lavorativa e ordinamentale, anche ai fini dell'accesso alla pensione;
i limiti di età ordinamentali previsti per il personale militare, delle forze di polizia e dei vigili del fuoco degli altri Stati europei risultano di larga massima inferiori a quelli già stabiliti per l'omologo personale italiano;
l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 riconosce anche ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale «la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;
la predetta disposizione fornisce una cornice di riferimento per l'intero quadro normativo riguardante le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ma è altresì norma programmatica in quanto prevede altresì che (comma 2 del predetto articolo 19) la disciplina attuativa del predetto principio di specificità «è definita con

successivi provvedimenti legislativi». In tale contesto, il regolamento di armonizzazione in materia pensionistica, che deve essere formalizzato entro il 30 giugno 2012, rappresenta il primo vero passo di concreta attuazione della «specificità», che lo Stato riconosce al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, chiamato ad assicurare il bene della vita a tutela della collettività, anche a rischio della propria incolumità personale;
il concetto di specificità del comparto sicurezza-difesa e del comparto dei vigili del fuoco e del soccorso pubblico mira proprio a rappresentare la condizione peculiare del personale delle Forze armate delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, da un lato, è assoggettato ad un complesso di limitazioni e obblighi del tutto peculiari, nonché ad una condizione di impiego altamente usurante che presuppone il costante possesso di particolare idoneità psico-fisica e il mantenimento di standard di efficienza operativa periodicamente verificati e testati, con controlli medici, prove fisiche, severe attività addestrative;
le statistiche rivelano che ogni anno centinaia di militari/agenti/vigili perdono, in conseguenza del servizio e per diretto effetto di attività operative ed addestrative, i requisiti di idoneità al servizio, con conseguente cessazione dal servizio attivo, o addirittura pagano con la vita l'adempimento del proprio dovere;
il Governo all'atto dell'emanazione del cosiddetto decreto-legge «Salva Italia» ha, tenuto conto del particolare ruolo che tale comparto ha nell'ambito della pubblica amministrazione, prevedendo, proprio in virtù della specificità, l'emanazione di un regolamento volto ad armonizzare le regole di accesso al trattamento di quiescenza del personale in questione con quello delineato in senso generale per tutti i lavoratori pubblici e privati, previa valutazione della fattibilità funzionale e tenendo conto delle peculiarità delle singole Forze armate e corpi armati militari e civili dello Stato, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
l'assunto della specificità non può tradursi in una penalizzazione per il personale delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e dei vigili del fuoco, posto che il mantenimento in basso, rispetto al sistema generale, del limite anagrafico ordinamentale per la cessazione dal servizio, è un'esigenza funzionale dello Stato;
per evitare tali effetti, si rende indispensabile anche un intervento, attraverso un graduale e contestuale adeguamento degli assetti ordinamentali, anche al fine di contenere il preoccupante aumento dell'età media del personale in servizio, nonché di garantire la correlata funzionalità delle amministrazioni interessate e dei peculiari meccanismi di progressione in carriera;
la norma sulla specificità, pur nel suo tratto programmatico, ha previsto un ruolo attivo delle rappresentanze del personale nell'emanazione dei provvedimenti legislativi e regolamentari che dovranno concretamente ed effettivamente sostanziare la previsione medesima, è stata disattesa nell'esercizio della delega di cui al comma 18, dell'articolo 24 della legge cosiddetta «Salva Italia»;
nonostante la declamata specificità, per tutti i lavoratori pubblici e privati sono state avviate da tempo forme previdenziali complementari, finalizzate a coprire il divario tra quanto si è percepito in servizio e quanto invece si è maturato in termini di pensione, mentre per il personale dei citati Comparti tale forma di previdenza è tuttora da definire. Tutto ciò senza che siano mai state poste formule per tutelare gli operatori assunti dopo il 1° gennaio 1996 che sono i primi e più immediati destinatari del sistema contributivo;
in data 15 marzo 2012 il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, e il Ministro della difesa, si è detta disponibile ad un incontro con i rappresentanti dei sindacati delle forze di

polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con il CoCeR del comparto sicurezza e difesa per verificare le loro istanze;
le rappresentanze del personale in occasione di una conferenza stampa convocata sul tema il 20 marzo 2012 hanno chiesto un confronto con il Governo nella sua interezza,


impegna il Governo:


a prevedere, nell'ambito del regolamento di armonizzazione, norme di tutela delle specificità del personale del comparto sicurezza e difesa e quello del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico che, per esigenze funzionali è tenuto a lasciare il servizio prima degli altri lavoratori pubblici e privati, con trattamenti pensionistici sostanzialmente più contenuti;
a istituire con immediatezza un tavolo di concertazione con le rappresentanze del personale del comparto, al fine di giungere ad un regolamento condiviso, nel quale trovi concreto riconoscimento la peculiarità degli operatori del settore;
ad avviare, contestualmente alla stesura del regolamento di armonizzazione, le procedure di concertazione atte all'avvio di forme pensionistiche complementari, salvaguardando il personale attualmente in servizio già assoggettato al cosiddetto sistema contributivo puro, anche attraverso il ricorso al possibile utilizzo di parte dei nuovi risparmi derivanti dalle disposizioni contenute nel richiamato regolamento di armonizzazione;
ad avviare un tavolo di lavoro con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate e le rappresentanze del personale per definire un complessivo progetto di riordino dei ruoli del personale interessato al regolamento di armonizzazione in argomento, ai fini della predisposizione di un disegno di legge di delega che preveda un'attuazione differita nel tempo - coordinata con la gradualità dell'incremento dei requisiti per l'accesso alla pensione - e che assicuri la compatibilità finanziaria, anche attraverso un processo di razionalizzazione e modernizzazione delle strutture interessate, coerente con le misure di contenimento della spesa.
(1-00983)
«Mantovano, Cicchitto, Cirielli, Bruno, Crosetto, Cicu, Bertolini, Ascierto, Santelli, Pagano, De Angelis, Lainati, Saltamartini, Mancuso, Paniz, Lorenzin, Gibiino, Migliori, Vignali, Angeli, Pelino, Holzmann, Moles, La Loggia, Malgieri, Marsilio, Ceroni, Luciano Rossi, Di Centa, Minasso, Rampelli».

La Camera,
premesso che:
nell'ambito della seconda fase delle politiche economiche proposte dal Governo, volte in particolare a prefigurare interventi di semplificazione in materia tributaria nonché di riequilibrio della pressione fiscale tra i differenti cespiti di imposta, il comparto primario deve acquisire la necessaria centralità strategica e l'interconnessione con gli altri settori economici e produttivi, riconoscendogli quel valore aggiunto che tale settore determina sulla crescita del Paese;
non è più rimandabile un'innovazione culturale che riscopra e riconosca il valore fondamentale della produzione agricola nel medio e lungo periodo proiettando - da oggi - per l'Italia del futuro, strategie di politica economica a sostegno delle produzioni italiane agroalimentari di qualità;
risulta, pertanto, necessario tutelare i beni patrimoniali del comparto da eccessive erosioni fiscali che potrebbero comprometterne la funzione primaria nella produzione di beni pubblici, facendoli divenire non remunerativi per gli agricoltori e determinandone, quindi, l'abbandono o lo sfruttamento speculativo;
invece, il decreto-legge 5 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto nell'ordinamento

una robusta imposta patrimoniale, che incide pesantemente sui beni immobili del settore agricolo - quali terreni e fabbricati rurali - e modifica la fiscalità applicata al settore primario e, in particolare, ai beni funzionali all'esercizio dell'attività agricola, che vengono assimilati, in buona parte, a puro e semplice patrimonio;
in particolare il citato decreto-legge 201 del 2011 ha stabilito l'anticipazione - in via sperimentale - dal 1° gennaio 2012 - dell'imposta municipale propria (IMU) di cui al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 fissandone il presupposto nel possesso di immobili, ovvero fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli, compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa;
è apparsa subito evidente la forte penalizzazione per il settore agricolo derivante dall'entrata in vigore della nuova imposta municipale unica in considerazione del fatto che tale patrimoniale incide due volte sui beni produttivi agricoli, con la tassazione dei terreni e con la tassazione dei fabbricati rurali abitativi e strumentali all'attività di impresa;
in particolare, si ricorda che in vigenza dell'ICI, i fabbricati strumentali ed abitativi aventi i requisiti di ruralità - di cui all'articolo 9, commi 3 e 3-bis del decreto-legge n. 557 del 1993 - non erano assoggettati all'imposta al fine di evitare una doppia imposizione, in quanto la relativa rendita risultava «assorbita» in quella dei terreni su cui insistono;
la stessa norma, ha stabilito, inoltre, che i fabbricati rurali ancora oggi iscritti al catasto terreni, devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, con la procedura «Docfa» per l'aggiornamento catastale e l'attribuzione della rendita, presupposto necessario per la determinazione della base imponibile dell'imposta municipale unica;
risulta quindi impossibile ad oggi quantificare il complessivo gettito atteso dall'applicazione dell'imposta municipale unica sui terreni agricoli e sui fabbricati rurali in quanto, come dichiarato il 21 marzo 2012 dal direttore dell'Agenzia del territorio in audizione al Senato sulle questioni connesse all'IMU agricola, non sono disponibili dati ufficiali in ragione del fatto che l'amministrazione avrà un quadro complessivo della situazione solo dopo il 30 novembre 2012, quando si saprà l'effettiva base imponibile IMU;
sulla questione è in corso un deleterio braccio di ferro sull'attendibilità o meno di dati forniti dalle varie associazioni di categoria e quelli forniti dall'amministrazione finanziaria che indica un impatto molto meno oneroso per il settore di quanto denunciato dagli addetti ai lavori;
in assenza di dati ufficiali, come accertato dall'Agenzia del territorio, ogni affermazione rischia di apparire pura speculazione;
alcuni parziali esempi di applicazione dell'imposta municipale unica confrontati con il precedente regime impositivo ICI che l'agenzia del territorio ha fornito a mero titolo esemplificativo evidenziano che per un terreno agricolo - di tipo seminativo irriguo di 1 ettaro - l'incremento di imposta potrebbe variare da un minimo dell'84 per cento ad un massimo del 119 per cento, a seconda della soggettività del possessore del terreno, mentre per i fabbricati rurali, nel regime precedente in esenzione di imposta, si prospetta un pesante aggravio proprio per i fabbricati strumentali all'attività dell'azienda agricola;
ai sensi della nuova imposta patrimoniale saranno tassati similmente a un qualsiasi immobile, le stalle, i fienili o, addirittura, le strutture degli alpeggi, utilizzate, per ragioni assolutamente evidenti e indipendenti dalla volontà degli allevatori, per una piccola parte dell'anno;
è stato calcolato che il peso dell'imposta patrimoniale sul settore agricolo sia sperequato rispetto all'incidenza generale che sarebbe pari all'1,3 per cento del

prodotto interno lordo (21,8 miliardi di euro di gettito su circa 1.600 miliardi di euro di prodotto interno lordo); infatti, risulterebbe un gettito dell'imposta municipale unica agricola tra 1,3 e 1,5 miliardi di euro che rapportati al valore aggiunto agricolo di circa 28 miliardi di euro comporterebbe un'incidenza del 4,3 per cento;
come rilevato dallo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, nei prossimi anni il settore primario gioca l'importante partita della redditività economica recuperando margini di reddito dall'attività di impresa al fine divenire una attività produttiva remunerativa e di qualità che le giovani generazioni possono finalmente tornare a praticare;
purtroppo, la rilevazione ISMEA del quarto trimestre del 2011 delinea uno scenario di generale preoccupazione tra gli agricoltori con sfumature più o meno marcate a seconda del settore di appartenenza indicando che la crisi riduce i consumi alimentari e ad accusarne i colpi, risalendo a ritroso lungo filiera, sono anche le aziende agricole, strette tra i costi di produzione sempre più alti e la domanda di beni intermedi e finali ormai asfittica;
il Parlamento si è già ripetutamente espresso in merito alle problematiche attinenti all'imposta municipale unica sui terreni agricoli e sui fabbricati rurali, con pareri sui provvedimenti del Governo in cui ha inserito specifiche condizioni sulla materia e con ordini del giorno con cui ha impegnato il Governo a rivedere l'onere della patrimoniale sul settore agricolo;
da ultimo la Conferenza delle regioni e delle province autonome hanno approvato un ordine del giorno per chiedere al Governo la revisione della disciplina IMU per il settore agricolo prevedendo, in particolare, l'esclusione dei fabbricati rurali ad uso strumentale dall'applicazione della nuova imposta patrimoniale;
l'imposta municipale unica colpisce l'agricoltura nel suo aspetto più debole costituito dalla forte immobilizzazione di capitali a bassissima redditività e anche la prevista applicazione ai fabbricati rurali ad uso strumentale di un aliquota ridotta allo 0,2 per cento, che i comuni potranno ridurre dello 0,1 per cento non eviterà il prodursi di effetti devastanti, in considerazione del fatto che, a base del calcolo vengono inseriti anche i terreni;
l'aumento del prelievo dell'imposta municipale unica è, inoltre, in contrasto con l'esigenza attuale di ridurre i costi gravanti sulle imprese agricole, soprattutto con riferimento alle produzioni di qualità. Si evidenzia, infatti, il pericolo che un elevato carico fiscale possa produrre un disincentivo alla continuazione dell'attività in tale settore che rappresenta l'eccellenza del made in Italy agroalimentare;
pur non sottovalutando il carattere di eccezionalità della manovra finanziaria e il particolare periodo che stiamo vivendo, emerge una forte preoccupazione circa gli effetti che l'applicazione di questa nuova imposta potrà avere su un settore strutturalmente fragile, dal punto di vista economico, ed alle prese con gli effetti di una crisi particolarmente grave;
il settore agricolo non intende sottrarsi in alcun modo ai propri obblighi e alle proprie responsabilità, fornendo il proprio contributo rispetto alle difficoltà finanziarie del Paese, ma non si può sottovalutare la forte preoccupazione sugli effetti che l'applicazione di questa nuova imposta potrà avere sul comparto primario che, in un momento di forte rallentamento della crescita economica, penalizzerà maggiormente le imprese agricole che hanno effettuato investimenti per strutturarsi e per innovare la produzione;
la pesante patrimoniale sui beni immobili strumentali all'attività agricola appare non pienamente analizzata dal Governo nelle ricadute effettive sull'agricoltura italiana ed appare non allineata alle posizioni assunte in ambito europeo in relazione alla politica agricola comune;
il rischio è di una accelerazione del processo di abbandono dei terreni e dell'attività

agricola che l'ultimo censimento ha chiaramente indicato in declino;
al fine di attenuare l'impatto dell'imposta municipale unica nei confronti delle imprese agricole riconoscendo, anche sotto il profilo fiscale, il ruolo strategico svolto dalle stesse nella produzione di alimenti e di beni pubblici, nonché per sostenere la capacità innovativa e competitiva sul mercato del sistema agroalimentare italiano e per evitare che nel medesimo anno le aziende agricole siano costrette a sostenere gli oneri finanziari derivanti dal previsto e obbligatorio accatastamento dei fabbricati rurali e dalla nuova e pesante imposta patrimoniale,


impegna il Governo:


in considerazione di quanto dichiarato ufficialmente il 21 marzo 2012 nella commissione agricoltura del Senato dal direttore dell'Agenzia del territorio, circa l'impossibilità di fatto di avere, prima del 30 novembre 2012, dati certi sulla base imponibile Imu in relazione ai fabbricati rurali - a prorogare, per il solo anno 2012, l'entrata in vigore dell'imposta regionale propria così come stabilita dal decreto-legge n. 201 del 2011, per i soli fabbricati rurali strumentali all'attività agricola e per i terreni agricoli, applicando per l'anno in corso, i previgenti regimi fiscali;
chiarire definitivamente e con la massima urgenza, in sede parlamentare, il gettito derivante dalla nuova patrimoniale sui beni immobili agricoli ed, in particolare su quelli strumentali, al fine di valutare con chiarezza se si tratti di un aggravio fiscale a carico del settore agricolo non sperequato rispetto all'incidenza dell'imposta patrimoniale sugli altri comparti, ovvero se tale imposta risulti eccessivamente onerosa;
nell'ambito delle procedure di rivalutazione delle rendite catastali dei terreni, ad accentuare la distinzione, già operata nel citato decreto-legge 201 del 2011, delle modalità di calcolo della base imponibile, incidendo in maniera minore nei confronti dei soggetti «professionali» che utilizzano i terreni agricoli esclusivamente per produrre reddito e per i quali il fattore terra rappresenta strumento fondamentale per l'esercizio della propria attività imprenditoriale.
(1-00984)
«Oliverio, Zucchi, Fiorio, Brandolini, Servodio, Sani, Marco Carra, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cenni, Cuomo, Trappolino, Dal Moro, Agostini».

La Camera,
premesso che:
quasi 50 anni fa ha avuto inizio in Italia la mobilitazione di cittadini e di lavoratori per bandire l'amianto e i suoi effetti nocivi;
soltanto nel 1992, dopo molti decenni di attività di sensibilizzazione, è stata approvata la legge 27 marzo 1992, n. 257 «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», che prevede essenzialmente:
il divieto di estrazione, lavorazione e commercializzazione dell'amianto;
la bonifica degli edifici, delle fabbriche e del territorio;
misure per la tutela sanitaria e previdenziale dei lavoratori ex esposti all'amianto;
misure per il risarcimento degli stessi e per il riconoscimento della qualifica di malattia professionale e del danno biologico;

dal 1992 ad oggi, la predetta legge è stata soltanto parzialmente attuata, in particolare per ciò che concerne la mappatura della presenza di amianto e la relativa bonifica nonché per quanto concerne l'individuazione dei siti di discarica o le modalità di trattamento del materiale rimosso;

di fatto in tutto il Paese si continua a rinvenire amianto in manufatti ancora in opera, soprattutto in grandi impianti a servizio di processi produttivi, navi e traghetti, oltre che negli ambienti di vita pubblica (scuole, ospedali e altri edifici aperti al pubblico);
materiale contenente amianto è presente anche negli edifici privati e, dunque, si rende necessario incentivarne la bonifica;
tale situazione acclarata rappresenta l'evidenza che sia la popolazione lavorativa sia la popolazione generale continua ad essere esposta ad una fonte di grave rischio per la salute;
la concretizzazione del rischio di esposizione ad amianto comporta nelle persone esposte l'insorgere delle cosiddette patologie asbesto-correlate che si manifestano sotto forma di mesotelioma, tumore al polmone, alla laringe, all'ovaio, e altro, come tra l'altro accertato dalla sentenza del 13 febbraio 2012 emessa dal tribunale di Torino con la quale sono stati condannati i massimi vertici della multinazionale elvetica Eternit per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e per aver provocato drammatici tassi di mortalità e di diffusione di patologie asbesto correlate nei lavoratori e negli abitanti di Casale Monferrato, sede per ottant'anni dell'omonima azienda specializzata nella produzione di manufatti contenenti amianto;
un fenomeno la cui vastità e gravità è testimoniata dai dati derivanti dalla perimetrazione dei siti di interesse nazionale, che ne individuano 57 su tutto il territorio nazionale, con il coinvolgimento di oltre 300 comuni e con una superficie interessata pari a 1.800 chilometri quadrati di aree marine, lagunari e lacustri e 5.500 chilometri quadrati di aree terrestri;
secondo stime del registro nazionale dei mesoteliomi sono circa 3.000 ogni anno le persone che nel nostro Paese perdono la vita in seguito a patologie asbesto correlate (con un tasso di incidenza di mesotelioma pleurico che per il 2004 risulta essere di 3,49 casi per 100.000 abitanti per gli uomini e di 1,25 per le donne), e circa il 30 per cento dei casi sono attribuibili ad esposizione non professionale;
tali dati già di per sé estremamente allarmanti non tengono conto delle così dette «vittime attese», poiché, visti i tempi lunghi di incubazione, si presume che il picco della mortalità per le patologie correlate all'amianto si raggiungerà intorno al 2020;
tale dato epidemiologico è di estrema gravità ed impone che si dia corso al più presto al processo nazionale e complessivo di «fuoriuscita dall'amianto» sia per la popolazione lavorativa che per la popolazione generale;
l'intero processo nazionale di fuoriuscita dall'amianto deve avere un approccio sistemico e seguire almeno quattro filoni:
bonifiche ambientali, compresa la rete acquedottistica ove presenti tubazioni in cemento-amianto;
controllo della esposizione della popolazione generale nei punti geografici di evidente crisi;
sorveglianza degli esposti ed ex-esposti professionali;
codificazione del percorso di presa in carico delle patologie asbesto-correlate;

il percorso di fuoriuscita dall'amianto deve prevedere anche il supporto a linee di ricerca epidemiologica, patogenetica, di diagnosi precoce e di terapia delle patologie asbesto-correlate;
in ogni caso, occorre recuperare il ritardo nell'attuazione del fondo per le vittime dell'amianto con l'obiettivo di un progressivo ampliamento della platea anche alle vittime non assicurate presso l'INAIL ovvero alle vittime alle quali l'INAIL medesimo non abbia riconosciuto inabilità superiore al 16 per cento;

si rende necessario ricondurre ad un testo unico armonizzato l'insieme della normativa di settore fin qui emanata,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative, anche normative, in tempi ravvicinati, per definire una disciplina che pianifichi la fuoriuscita dall'amianto, anche attraverso la predisposizione di un apposito testo unico che riunifichi e armonizzi tutta la normativa in tema di amianto;
completare la mappatura delle fonti di esposizione ad amianto ovvero dei siti con presenza di materiali contenenti amianto sia friabile che compatto;
realizzare la mappatura delle reti acquedottistiche con tubazioni in cemento-amianto;
proseguire le opere di bonifica ambientale dei siti di interesse nazionale SIN con presenza di amianto e degli edifici al servizio del pubblico con priorità a scuole e strutture sanitarie;
riordinare e rafforzare le misure di incentivazione - attraverso sgravi fiscali - della bonifica di manufatti di amianto presenti in proprietà private;
definire un'intesa con le regioni e le province autonome volta a concordare le modalità di regolamentazione delle «micro-raccolte di amianto» anche con il coinvolgimento delle aziende municipalizzate locali di raccolta rifiuti;
individuare in ogni regione dei siti di discarica del materiale rimosso;
definire un'intesa con le regioni e le province autonome volta a concordare le modalità di sorveglianza sanitaria della popolazione generale soggiornante nelle aree di crisi e della popolazione degli esposti ed ex esposti lavorativi nonché il percorso di presa in carico delle patologie asbesto-correlate;
promuovere le attività di ricerca epidemiologica e patogenetica, di diagnosi precoce e di terapia delle patologie asbesto-correlate;
rivedere l'operatività del fondo per le vittime dell'amianto con l'obiettivo di un progressivo ampliamento della platea anche alle vittime non assicurate presso l'INAIL ovvero alle vittime alle quali l'INAIL medesimo non abbia riconosciuto inabilità superiore al 16 per cento;
dare seguito alle conclusioni contenute nel rapporto finale del gruppo di studio (ex decreto ministeriale 8 aprile 2008) del Ministero della salute;
convocare la seconda conferenza nazionale governativa sull'amianto da preparare insieme a tutti i soggetti coinvolti, ovvero centri di ricerca, regioni e associazioni delle famiglie e dei familiari delle vittime.
(1-00985)
«Lovelli, Lenzi, Damiano, Mariani, Miotto, Sbrollini, Zucchi, Marchi, Marantelli, Fiorio, Mosca, Rampi, Bratti, Esposito, Bobba, Lucà, Boccuzzi».

Risoluzione in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
al fine di dare realizzazione al programma pluriennale di cui all'articolo 297 del codice dell'ordinamento militare, il Ministro della difesa sta provvedendo all'alienazione della proprietà di alloggi non più ritenuti utili alle esigenze dell'amministrazione;
ai conduttori degli alloggi da alienare con età superiore a 65 anni e a quelli con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente con il decreto ministeriale ai sensi dell'articolo 306 del codice dell'ordinamento militare

è offerta la possibilità di decidere per l'acquisto del semplice diritto di usufrutto;
le lettere inviate ad alcuni conduttori prevedono entro 60 giorni la decisione, da parte gli stessi conduttori, di esercitare l'opzione all'usufrutto;
l'articolo 404 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, norma che detta i criteri di vendita degli alloggi, prevede, in caso di diritto di acquisto dell'usufrutto da parte del coniuge o di altro membro del nucleo familiare, solamente la casistica dell'esercizio del diritto di acquisto dell'usufrutto con diritto di accrescimento;
infatti, l'articolo sopracitato testualmente recita: «in caso di esercizio dell'acquisto di usufrutto con diritto di accrescimento in favore del coniuge o di altro membro del nucleo familiare di cui al presente comma il prezzo sarà determinato e corrisposto ai sensi di legge»;
impegni assunti in sede ministeriale da rappresentanti del Governo prevedevano, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, che il conduttore che si trovasse nelle condizioni sopraindicate, avrebbe potuto esentare il diritto all'acquisto dell'usufrutto in solido per sé e per il coniuge convivente;
è necessario evitare ai conduttori che esercitano l'opzione di acquisto dell'usufrutto, di trovarsi nella spiacevole situazione, nell'eventualità di un loro decesso, di non poter dare continuità nell'esercizio dello stesso diritto e alle stesse condizioni a favore del coniuge superstite,


impegna il Governo


ad assumere in tempo utile le necessarie iniziative normative al fine di consentire ai conduttori, che si trovino nelle condizioni citate in premessa, l'esercizio del diritto all'acquisto dell'usufrutto in solido, per sé e per il coniuge convivente, in modo tale che lo stesso possa continuare a fruire del diritto di usufrutto alle stesse condizioni anche dopo l'eventuale decesso del conduttore.
(7-00826)
«Rugghia, Villecco Calipari, Laganà Fortugno, Gianni Farina, Vico».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la normativa della direzione investigativa antimafia (DIA) attribuisce a questo organismo investigativo interforze una competenza monofunzionale di contrasto alle organizzazioni mafiose, nelle loro diverse declinazioni;
trattasi di un ufficio centrale che opera sull'intero territorio nazionale, al di fuori delle articolazioni gerarchiche, strutturali e territoriali del dipartimento;
la piena operatività della DIA è stata fortemente penalizzata anche dal mancato rispetto delle previsioni normative;
in particolare, ad esempio, nonostante la normativa istitutiva - preveda - per la copertura della pianta organica - un concorso unico nazionale riservato ad operatori con specifiche competenze in materia di contrasto alla criminalità organizzata, al fine di garantire l'accesso a persone altamente qualificate, attualmente il reclutamento avviene solo a chiamata diretta del personale, impoverendo così il livello professionale degli operatori;

la carenza di organico è perenne, considerato un organico attuale di circa 1300 persone a fronte di compiti che richiederebbero almeno 2500 unità;
a fronte di una crescente complessità delle attività di contrasto delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, vi è stata di contro una costante riduzione dei fondi, passati dei 28 milioni di euro nel 2001 ai 9 milioni di euro nel 2012;
alle già note difficoltà di coordinamento e cooperazione con la polizia giudiziaria, si aggiunge la creazione di organismi che duplicano l'attività della direzione investigativa antimafia (GICEX; GICER; GITAV) con poteri di indagine meno incisivi e posti, anziché sotto la direzione investigativa antimafia, sotto la direzione centrale di polizia criminale -:
se il Governo non ritenga di dare piena attuazione alla normativa istitutiva della direzione investigativa antimafia, ad esempio il reclutamento del personale attraverso il previsto concorso nazionale;
quali iniziative il Governo intenda assumere per combattere seriamente l'infiltrazione nel tessuto economico sociale delle organizzazioni criminali, dotando la direzione investigativa antimafia delle necessarie risorse finanziarie per compiere appieno le missioni di contrasto alle mafie;
quali politiche si intendano attuare per evitare iniziative o provvedimenti estemporanei che vanno nella direzione opposta a quelle delle imprescindibili esigenze di un coordinamento efficiente.
(4-15533)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e CROSIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il documento di programmazione finanziaria dell'ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC) relativo all'anno 2010 prevedeva, alla voce n. 47, recante «fitto locali, ivi compresi gli oneri accessori», una dotazione finanziaria di 870.000 euro, specificando che «si tratta di far fronte ad obbligazioni contrattualmente assunte, in prevalenza per le locazioni passive»;
il documento di Programmazione Finanziaria dell'ufficio nazionale per il servizio civile relativo all'anno 2011 prevedeva, alla voce n. 47, recante «fitto locali, ivi compresi gli oneri accessori, una dotazione finanziaria di 700.000 euro. Tale riduzione veniva motivata con le seguenti affermazioni: «Rispetto alle previsioni destate dello scorso es. finanziario, il fabbisogno è stato ridotto, in quanto occorre tener conto che dell'ufficio nazionale per il servizio civile ha in programma (orientativamente durante il prossimo luglio) di attuare il trasferimento dalle attuali sedi istituzionali allo stabile sito in Roma via Sicilia, che gli è stato assegnato dall'Agenzia del demanio. Naturalmente, gli effetti del rilascio degli attuali locali, con abbattimento dei canoni locativi, si produrranno, sul bilancio dell'Ufficio solo nell'ultima parte dell'esercizio finanziario ed è per questo che il fabbisogno è stato prudentemente valutato in 700.000, euro»;
in effetti sul sito dell'ufficio nazionale per il servizio civile, compariva, il 22 agosto 2011, il seguente avviso: «Si informa che a partire dal 22 agosto fino al 30 settembre dell'ufficio nazionale per il servizio civile si trasferirà gradualmente presso la nuova sede di Via Sicilia 194...»;
il documento di programmazione finanziaria di UNCS relativo all'anno 2012, attualmente in corso di approvazione, prevede alla voce n. 47 recante «fitto sede istituzionale (Via Sicilia 194), ivi compresi gli oneri accessori», una dotazione finanziaria di 1.196.000 euro;
è evidente come la spesa di fitto nel 2012 non solo non comporterà alcun «abbattimento dei canoni locativi» rispetto alle annualità precedenti, ma come addirittura si abbia un incremento dei costi rispetto alle previsioni assestate 2011;
nel documento di programmazione finanziaria dell'ufficio nazionale per il servizio civile relativo all'anno 2012 si può

infatti leggere che «Rispetto alle previsioni assestate dello scorso esercizio finanziario, si rileva un incremento del fabbisogno in quanto occorre tener conto che l'Unsc ha attuato il trasferimento dalle precedenti sedi istituzionali (in affitto) allo stabile sito in Roma via Sicilia 194, che gli è stato assegnato dall'Agenzia del demanio. Contrariamente alle rassicurazioni in più occasioni fomite dall'Agenzia, il Ministero dell'economia e delle Finanze ritiene che la spesa per la locazione dell'immobile di via Sicilia debba gravare sul bilancio dell'Unsc. È per questo che, in aggiunta all'ammontare del canone annuo 2012, valutabile in 800.000 euro, occorre tener conto (ed è stata iscritta in bilancio) una ulteriore quota, relativa al 2011, pari a 396.000 euro, riguardante il periodo 1o gennaio/31 luglio 2011, che l'Unsc a tutt'oggi ha ritenuto di non dover trasferire al MEF. Il fabbisogno è stato prudentemente valutato in 1.196.000 euro»;
da quanto riportato nelle righe precedenti, è evidente come la dirigenza dell'ufficio nazionale per il servizio civile abbia proceduto al trasferimento della sede istituzionale sulla base di generiche «rassicurazioni» piuttosto che su documentazione scritta e verificata;
il risultato di quella che gli interroganti giudicano «leggerezza» è riassumibile in canoni di fitto dei locali nel migliore dei casi immutati, e nel peggiore aumentati. A ciò si deve aggiungere un contenzioso per 396.000 euro con l'Agenzia per il demanio, relativo al fitto locali di via Sicilia per il periodo gennaio-luglio 2011. Il tutto senza considerare le spese di trasloco e trasferimento; si ricorda che 100 volontari in servizio civile hanno un costo complessivo di 590.000 euro -:
quale orientamento ritenga opportuno dare dell'operato della dirigenza dell'ufficio nazionale per il servizio civile per ciò che riguarda quanto indicato in premessa e per l'impiego fatto di risorse pubbliche;
quali azioni intenda intraprendere per porre rimedio a quanto indicato in premessa.
(4-15536)

BARBATO, GIULIETTI, GRANATA, PICIERNO, MESSINA, GARAVINI, ANGELA NAPOLI, GRAZIANO, DI BIAGIO, ZAZZERA, DI STANISLAO, PALAGIANO e SARUBBI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2011 la casa editrice CENTOAUTORI di Villaricca, in provincia di Napoli, ha pubblicato il volume «Il Casalese - Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro», scritto dai giornalisti professionisti Massimiliano Amato, Arnaldo Capezzuto, Corrado Castiglione, Giuseppe Grimaldi, Antonio Di Costanzo, Luisa Maradei, Giuseppe Papa, Ciro Pellegrino e Vincenzo Senatore, con postfazione dello storico Giovanni Cerchia;
il lavoro è una ricostruzione giornalistica della storia politica e giudiziaria di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all'economia e alle finanze con delega al CIPE del IV Governo Berlusconi, che varie inchieste della direzione distrettuale antimafia di Napoli indicano come referente politico del clan dei Casalesi;
l'attendibilità dell'inchiesta condotta dai nove giornalisti trova parziale conferma anche in alcune iniziative recentemente adottate dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli e Salerno e dal Viminale. In particolare, quelle che hanno portato all'arresto per collusioni con la camorra del sindaco di San Cipriano d'Aversa, Enrico Martinelli, e allo scioglimento dei comuni di Gragnano e Pagani per infiltrazioni mafiose;
alcuni capitoli del libro sono stati riservati alle vicende economiche della famiglia Cosentino. In particolare alle aziende «Aversana Petroli», amministrata da Giovanni Cosentino, a cui la prefettura di Caserta ha negato il certificato antimafia per ben nove anni consecutivi (dal 1997 al 2006), e la «6C», amministrata da Palmiro Cosentino, a cui lo stesso organismo ha recentemente applicato l'interdittiva antimafia;
dopo la mancata autorizzazione all'arresto del deputato Nicola Cosentino,

negata per la seconda volta dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2012 la casa editrice e alcuni degli autori del libro sono stati oggetto di una vera e propria offensiva giudiziaria, scatenata - sia in sede civile che penale - dai familiari del parlamentare casertano su cui, val la pena ricordare, gravano le accuse di almeno una dozzina di pentiti di camorra;
il 21 marzo 2012, gli avvocati Sergio Carlino, Mario de Bellis e Carlo Ciaccia, a nome e per conto di Giovanni Cosentino, in proprio e in qualità di amministratore delle srl «Aversana Petroli» e «IP service» (altra azienda del gruppo Cosentino) notificavano all'editore della CENTOAUTORI un ricorso ex articolo 700 Codice di procedura civile, attraverso il quale si chiede il sequestro e la distruzione del volume «Il Casalese», nonché 1.200.000,00 euro di risarcimento per danni morali, materiali e patrimoniali;
gli stessi legali si facevano recentemente promotori di singolari quanto irrituali iniziative epistolari verso soggetti terzi, verosimilmente e subdolamente diffidati - con toni lesivi della professionalità degli autori del libro, e in assenza di qualsivoglia provvedimento giudiziario - a organizzare o partecipare a presentazioni del volume;
un avvertimento di tal genere risulterebbe recapitato all'onorevole Luisa Bossa del gruppo Pd alla Camera dei deputati, presso la sede del coordinamento provinciale del Pd di Napoli, avendo la stessa partecipato a una presentazione del volume a Roma;
analoga iniziativa è stata intrapresa nei confronti della direttrice della «Baccaro Art Gallery» di Pagani, che la mattina del 24 marzo 2012 riceveva una e-mail a firma degli avvocati Sergio Carlino e Mario de Bellis, il cui contenuto è qui riportato: «Le scriviamo in nome e per conto di Giovanni Cosentino, per rendervi noto che nei confronti del libro Il Casalese, che apprendiamo verrà presentato presso la sede della Vostra Galleria, è stata già depositata presso il Tribunale di Napoli, sezione proprietà industriale ed intellettuale, una richiesta ex articolo 700 Codice di procedura civile di sequestro del manoscritto, date le numerose false informazioni gravemente diffamatorie in esso contenute e riguardanti la onorabilità e professionalità del nostro assistito, in particolare per quanto concerne false parentele attribuite con alcuni membri della famiglia del boss Schiavone. Tanto vi dovevamo ai soli fini di una corretta e completa informazione non solo di coloro che parteciperanno in qualità di ospiti alla presentazione ma anche di tutto il pubblico presente in sala»;
un esposto richiedente l'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti degli autori delle singolari quanto irrituali iniziative epistolari (avvocati Sergio Carlino e Mario de Bellis), risulterebbe già inoltrato dal legale rappresentante della casa editrice CENTOAUTORI all'ordine degli Avvocati di Napoli;
le iniziative sin qui promosse dai Cosentino hanno - anche per qualità e quantità delle richieste - tutte le caratteristiche di una vera e propria forma di intimidazione contro l'editore, lo stampatore e gli autori del volume «Il Casalese»;
la criminalizzazione del diritto di cronaca e la negazione dei diritti sanciti dall'articolo 21 della Costituzione della Repubblica italiana rappresentano un pericoloso precedente che finisce con il favorire il diffuso clima di illegalità e malcostume che, malgrado gli sforzi delle forze dell'ordine e della magistratura, continua a imperare in vaste aree delle province di Napoli e Caserta;
sia l'Ordine dei giornalisti della Campania, che la FNSI, hanno preso posizione contro iniziative che, sia nella forma che nella sostanza, appaiono configurarsi come un deliberato e preordinato attacco alla libertà d'informazione e alla professione giornalistica -:
quali iniziative intenda assumere a tutela del diritto di cronaca e del libero confronto delle idee, un diritto particolarmente

rilevante ed efficace per il consolidamento dei valori della legalità e della democrazia, che in alcune aree della Campania, dove maggiore è la pressione della camorra, appaiono fortemente compromessi da azioni intimidatorie - a volte solo apparentemente legittime - che nei fatti annullano totalmente le autonomie locali e il processo di partecipazione democratica dei cittadini.
(4-15544)

ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 13 giugno 2003 la regione Calabria stipulato una convenzione con SoRiCal Spa a cui ha affidato il mandato di gestire, per un periodo di 30 anni, il complesso infrastrutturale delle «opere idropotabili regionali» ed il connesso servizio di fornitura all'ingrosso ai comuni e ad alcuni altri enti;
la SoRiCalspa è una società a capitale misto, pubblico/privato, per la gestione dell'approvvigionamento e la fornitura all'ingrosso dell'acqua ad uso potabile sul territorio della regione Calabria il cui capitale sociale è detenuto: dalla regione Calabria per il per il 53,5 per cento da Veolia - General des Eaux, multinazionale francese, per il 46,5 per cento;
l'articolo 13 della legge n. 36 del 1994, recante «Disposizioni in materia di risorse idriche», prevedeva l'elaborazione di un «metodo normalizzato» per la determinazione della tariffa del servizio idrico;
nell'attesa di determinare o applicare il «metodo normalizzato», la legge n. 172 del 1995 stabiliva che il compito di fissare i criteri per l'adeguamento tariffario spettava al CIPE, mentre gli adeguamenti tariffari erano di competenza esclusiva del legislatore statale; esclusiva competenza ribadita dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 29 del 2010 e n. 142 del 2010;
la Corte dei Conti della Calabria con deliberazione n. 388 del 30 giugno 2010, richiamando le pronunce della Corte costituzionale, ha ribadito che «la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è ascrivibile alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato ed è precluso al legislatore regionale intervenire nel settore, con una disciplina difforme da quella statale»;
nell'articolo 8 della citata convenzione, stipulata il 13 giugno 2003 tra la regione Calabria e la SoRiCal spa, veniva stabilito che la tariffa determinata secondo il «metodo normalizzato» avrebbe dovuto essere applicata a partire dal 6o anno di gestione;
la gestione della SoRiCal ha avuto inizio il 1o novembre 2004 e, quindi, in base alla normativa vigente in materia, riassunta in precedenza, non avrebbe potuto essere applicato alcun adeguamento tariffario, con decorrenza anteriore al 26 marzo 2009, delle tariffe fissate nella convenzione;
la SoRiCal spa ha invece disposto aumenti a far data dall'anno 2002; addirittura a tutto il 31 dicembre 2008 gli aumenti sono stati superiori al 20 per cento con maggiori importi, richiesti da SoRiCal alle amministrazioni comunali calabresi qualificabili in circa 30 milioni di euro;
inoltre, il 5 dicembre 2011 è stata resa pubblica una relazione della magistratura contabile calabrese, nella quale è stato evidenziato che «I valori di tariffa indicati nella convenzione del 2003 scontano un errore di arrotondamento nella conversione dalla lira all'euro rispetto al valore di cambio,..., la tariffa ha registrato pertanto un aumento immediato per l'acqua fornita «a gravità» dell'1,5386 per cento e per quella fornita «per sollevamento» del 3,2678 per cento»;

l'errore che solo apparentemente potrebbe apparire di poco conto, ha di fatto prodotto effetti che, moltiplicati per la fornitura media annua erogata ai comuni calabresi, si aggira intorno ai 90 milioni di metri cubi per l'acqua «a gravità» e 170 milioni per quella «a sollevamento»; da alcuni conti sembrerebbe che la differenza tra le tariffe inesatte e quelle corrette sia costata circa 1,8 milioni di euro all'anno;
sempre dalla relazione della magistratura contabile è emersa l'impossibilità di verificare se le risorse trasferite a SoRiCal «siano state effettivamente dall'azienda utilizzate per la realizzazione delle opere progettate, non avendo la Regione Calabria documentato di avere provveduto alla verifica puntuale del completamento e del collaudo delle medesime»;
all'interrogante ha sempre destato perplessità il fatto che la SoRiCal non sia mai stata posta sotto il controllo della stazione unica appaltante (SUA) regionale;
la SoRical, quale società per azioni a maggioranza di capitale pubblico, dovrebbe attenersi alla disciplina pubblicistica in materia di incompatibilità per le nomine dei consiglieri di amministrazione e degli altri vertici societari nonché per le assunzioni e gli incarichi dirigenziali;
risulterebbe far parte del consiglio di amministrazione della SoRiCal, in rappresentanza dell'Anci Calabria, Pasqualina Straface, ex sindaco di Corigliano, comune sciolto per mafia;
ancora, dall'inchiesta, che il 7 marzo 2012 ha portato all'operazione «Ceralacca», condotta dalla procura della Repubblica e dalla Guardia di finanza di Reggio Calabria, è emerso che la SoRiCal sarebbe diventata un terreno di conquista per gestire appalti miliardari e garantisce un ritorno economico straordinario agli investitori, alcuni dei quali legati alle cosche della 'ndrangheta della piana di Gioia Tauro;
la società Veolia, multinazionale francese, che detiene il 46,5 per cento delle quote della SoRiCal sta rivedendo tutte le sue partecipazioni e ha deciso di lasciare la Calabria, dove gestisce anche il sistema dei rifiuti, il termovalorizzatore di Gioia Tauro e la costruzione del relativo raddoppio, il che rende pressoché implicito che ci potrebbero essere «soggetti privati», magari prestanome delle cosche, così come emerso nell'operazione «Ceralacca», interessati a prelevare le quote della Veolia;
alla luce di quanto sopra descritto dall'interrogante sulle tariffe del servizio idrico in Calabria e di quanto già riportato nel precedente atto di sindacato ispettivo parlamentare n. 4/09699 del 24 novembre 2010, appare chiaro che la stragrande maggioranza dei comuni calabresi sono debitori della SoRiCal per la fornitura dell'acqua idropotabile, tra i quali Catanzaro e Reggio Calabria;
l'attuale presidente della SoRiCal, e non ancora dimesso dall'incarico, è Sergio Abramo, candidato a sindaco per la città di Catanzaro, capoluogo di Regione;
non è dato conoscere il costo complessivo della SoRiCal sul bilancio della regione Calabria;
la regione Calabria dovrà tener conto della cessazione del regime transitorio, come previsto dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, al comma 28 dell'articolo 10, per quanto riguarda la determinazione delle tariffe del servizio idrico integrato;
pare evidente all'interrogante che la SoRiCal non abbia rispettato le norme vigenti in materia e che la determinazione delle tariffe da parte della stessa società sia in contrasto con le previsioni legislative suddette;
andrebbe accertato se la regione Calabria una volta verificata la violazione della legge da parte della SoRiCal possa revocare alla medesima società la relativa concessione della gestione delle risorse idriche calabresi e se i comuni calabresi,

una volta accertata la illegittimità delle tariffe suddette possano vantare diritto al rimborso -:
se, per il tramite della commissione per la vigilanza sulle risorse idriche di cui all'articolo 161 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si intenda accertare quante nuove convenzioni di utenza la SoRiCal spa abbia sottoscritto con i comuni calabresi e quanti comuni in Calabria risultino indebitati con la SoRiCal e si trovino in condizioni di morosità;
se, in ogni caso, non si intenda acquisire, alla luce della situazione descritta in premessa, ogni ulteriore elemento in relazione alla gestione del servizio idrico integrato in Calabria da parte della SoRiCal.
(4-15546)

TOCCAFONDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizia di stampa che nel carcere di Sollicciano, a Firenze, esiste un problema di sovraffollamento e di degrado, non più sostenibile;
alcuni articoli di stampa locale riportano che nel carcere nel mese di marzo 2012, sarebbero presenti oltre 1.000 detenuti, contro una capienza tollerabile di 457;
gli agenti di polizia penitenziaria in servizio presso la struttura carceraria sarebbero 480 invece dei 685 necessari e gli educatori sarebbero solamente 8;
si apprende, inoltre, sempre dai quotidiani locali, che il 68 per cento dei detenuti è di origine straniera e che il 42 per cento sarebbe in stato di carcerazione preventiva;
gli articoli della stampa locale che ripartano i dati resi noti da una delegazione di avvocati della Unione delle camere penali, riferiscono che le celle che potrebbero contenere solo un detenuto sono utilizzate da tre persone, mentre le celle da due posti, sono utilizzate per sei detenuti e che in ogni sezione, che contiene 63 detenuti, esistono bagni con un totale di 4 docce;
alla situazione sopradescritta si aggiunge una situazione strutturale del carcere molto difficile, e da anni in sofferenza;
l'area per il passeggio, ad esempio, è costituita un trapezio circondato da muraglie di cemento, e molto spesso le udienze di convalida vengono effettuate direttamente in carcere e non in tribunale perché manca il carburante per i furgoni cellulari;
le carenze esistono anche per quanto riguarda le attività di recupero; infatti, sebbene sia ormai constatato che il lavoro è un elemento fondamentale per le strategie di recupero, i posti diminuiscono e i detenuti sono costretti a fare a turno nell'officina delle biciclette, oppure come scrivani per il sopravvitto;
solo qualche mese fa, a gennaio 2012; un detenuto di 31 anni, si è tolto la vita impiccandosi nel bagno della sua cella;
ad oggi il carcere di Sollicciano, riceve dallo Stato circa 20 mila euro l'anno per l'ordinaria amministrazione;
tale cifra è da considerarsi assolutamente insufficiente per la manutenzione e la sopravvivenza civile dei detenuti;
il 23 gennaio 2012 il Ministro interrogato, ha visitato il carcere di Sollicciano, prendendo coscienza della situazione dell'istituto e ha espresso la volontà di attuare un percorso che possa mettere insieme molte piccole misure per dare sollievo alla situazione carceraria;
in quella stessa occasione il Ministro della giustizia aveva rilasciato importanti dichiarazioni in merito al lavoro, strumento di rieducazione, all'interno del carcere perché esso possa essere luogo di redenzione e non di inutile sofferenza -:
se quanto descritto in premessa, rispetto ai dati resi noti dalla delegazione di

avvocati della Unione delle camere penali, e pubblicati dai quotidiani locali, corrisponda al vero;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Governo per affrontare il problema del degrado e del sovraffollamento della struttura carceraria fiorentina, non più sostenibile;
se, a seguito delle dichiarazioni del Ministro interrogato, durante la visita a Sollicciano del 23 gennaio 2012, il Governo abbia già intrapreso delle iniziative, per dare sollievo alla situazione carceraria, riguardanti l'assunzione di nuovo personale, le attività di lavoro per il recupero dei carcerati, e le soluzioni alternative per i bambini delle mamme detenute.
(4-15555)

MARINELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 2010 la Federazione nazionale Società di San Vincenzo De Paoli si è messa a disposizione per contribuire alla ricostruzione della città di L'Aquila dando vita ad un progetto di realizzazione di una struttura di quasi due milioni di euro utilizzabile come centro studi per gli studenti universitari;
la suddetta Federazione ha impiegato risorse proprie e ha usufruito dell'impegno di ingegneri, progettisti e personale volontario, intraprendendo un'importante raccolta di fondi;
nonostante gli incontri con l'università di L'Aquila e un'intesa tra la presidente della suddetta Federazione e il presidente della regione Abruzzo e il vice sindaco del comune stesso per la realizzazione del centro studi, ad oggi non si è riuscito ancora a dare inizio al progetto;
sia l'amministrazione comunale sia i principali esponenti di Governo che hanno visitato L'Aquila hanno apprezzato l'idea di renderla una «città della cultura» che faccia propria la ricchezza della presenza di studenti universitari;
era stata già individuata una localizzazione per il progetto suddetto su un terreno assegnato all'Azienda diritto allo studio (ente della regione Abruzzo), ma sono successivamente sorte ulteriori difficoltà che hanno portato ad una modifica di localizzazione;
si è in attesa di una nuova delibera di giunta per l'assegnazione di una nuova area da adibire alla struttura che, ad oggi, non è stata ancora emanata, nonostante l'appello della federazione San Vincenzo -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per permettere che questi importanti progetti di ricostruzione di una città devastata dal terremoto possano trovare realizzazione eliminando barriere burocratiche che rischiano di far perdere la disponibilità attuale di risorse.
(4-15556)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
le nomine dirigenziali di 1a fascia, effettuate dal Ministro della difesa nell'ultimo biennio, sono state molto criticate perché ritenute non pienamente rispondenti a criteri oggettivi, selettivi e meritocratici. Sull'argomento, che ha innescato peraltro un rilevante contenzioso presso il competente tribunale di Roma, risultano presentate diverse interrogazioni parlamentari alcune delle quali ancora in attesa di risposta;
recentemente, il Tribunale di Roma con la sentenza n. 4855/2011 ha condannato il Ministero della difesa al pagamento di 60.000,00 euro in favore di un dirigente quale risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti alla procedura, ritenuta

scorretta, di nomina del direttore della direzione generale di commissariato e dei servizi generali;
la suddetta sentenza, divenuta definitiva in quanto non appellata dall'Avvocatura generale dello Stato, oltre a censurare l'operato del Ministero della difesa, ha obbligato l'Amministrazione a versare le somme dovute alla ricorrente;
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e circostanze rappresentati in premessa;
se la questione sia stata segnalata alla Corte dei conti al fine di individuare eventuali profili di responsabilità amministrativa a carico del responsabile del procedimento di nomina censurato dal tribunale del lavoro di Roma, che ha determinato i riferiti danni;
se, al fine di evitare simili inconvenienti, per le future nomine dirigenziali di 1a fascia presso il Ministero della difesa, tutti i candidati saranno posti in situazione di concreta parità nella valutazione comparativa dei curricula, e se le nomine stesse potranno finalmente scaturire da una effettiva procedura selettiva e meritocratica dei concorrenti;
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere rispetto alle citate problematiche.
(4-15549)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VICO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sulla determinazione dei canoni per la concessione di aree demaniali marittime sono intervenute nel corso degli anni numerose variazioni, effetto di provvedimenti legislativi differenti che di fatto hanno creato una disparità di trattamento, ancora esistente, tra le cooperative e i sodalizi organizzati sotto forma di impresa;
l'articolo 1 della legge 21 maggio 1998, n. 164, aveva inizialmente sostituito il terzo comma dell'articolo 27-ter della legge n. 47 del 1982, precisando che «Il canone di cui al primo comma (ovvero quello ricognitorio previsto per le cooperative) si applica a tutte le concessioni demaniali marittime e loro pertinenze nonché di zone di mare territoriale ancorché richieste da imprese singole non cooperative ed aventi ad oggetto iniziative di piscicoltura, molluschicoltura...»;
tale disposizione consentiva anche alle imprese non cooperative addette alla molluschicoltura di ottenere lo stesso canone ridotto rispetto al canone di gran lunga superiore destinato alle società soggette ad una tariffa commisurata al valore di mercato;
nel 2003 però il Parlamento delegò il Governo ad adottare norme per la modernizzazione del settore al fine di armonizzare la legge dell'82 con le nuove normative sull'organizzazione dell'amministrazione statale e sul trasferimento alle regioni di funzioni in materia di pesca e di acquacoltura;
il risultato fu che al posto di riformare la legge, il decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, ne disponeva l'abrogazione, andando così ad incidere sui criteri per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali, la cui materia non rientrava nell'oggetto della delega;
l'abrogazione della legge n. 41 del 1982 di fatto ha determinato nuovamente una disparità di trattamento tra le imprese cooperative e le altre imprese, in quanto è venuta meno la possibilità di estendere anche a queste ultime il canone ricognitorio previsto per le cooperative, con evidente alterazione del principio di concorrenza -:
se il Governo intenda adottare un'iniziativa normativa correttiva finalizzata ad eliminare tale disparità di trattamento tra

le imprese cooperative e le altre imprese in ordine alla determinazione dei canoni demaniali, anche al fine di evitare che lo Stato italiano venga sottoposto a procedure di infrazione da parte della Unione europea.
(5-06519)

DI BIAGIO e MENIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge del 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, ha previsto che per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si consideri direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata, prevedendo per questa esclusivamente l'applicazione della detrazioni dell'imposta ICI, ai sensi dell'articolo 8 comma 2 del decreto legislativo n. 504 del 1992;
l'Agenzia delle entrate ha ritenuto in via interpretativa di escludere dall'ambito di applicazione dell'esenzione dal pagamento dell'ICI prevista dal decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126 l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, non applicando quanto previsto dalla legge n. 75 del 1993;
sulla base delle evidenze normative citate, sebbene l'abitazione dei connazionali residenti oltre confine sia stata configurata come «abitazione-principale» ai fini del riconoscimento delle opportune detrazioni previste dal decreto legislativo n. 504 del 1992, non è stata considerata «abitazione principale» ai fini del riconoscimento dell'esenzione dall'imposta, legittimando di fatto un paradosso normativo;
ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, della legge 22 dicembre 2011 n. 214 è stata prevista l'istituzione dell'imposta municipale propria, (IMU) anticipandola, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012;
al comma 10 dell'articolo 13 del suindicato provvedimento viene riconosciuta una detrazione dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo non fornendo altresì alcun tipo di specifica in merito alle potenziali detrazioni sull'imposta municipale per gli immobili di proprietà dei connazionali residenti oltre confine;
l'attuale configurazione normativa, palesemente lacunosa, alla vigilia dell'applicazione dell'applicazione dell'imposta municipale propria rischia di legittimare una condizione discriminatoria in capo all'unità immobiliare posseduta cittadino italiano residente oltre confine, che - sebbene si configuri come abitazione principale ai sensi della legge n. 75 del 1993 - sotto il profilo fiscale verrebbe equiparata ad una «seconda casa»;
sebbene in più occasioni il Governo si sia impegnato a rettificare la normativa indicata, ad oggi non risulta essere stato intrapreso alcun intervento in tal senso -:
quali iniziative normative intenda assumere al fine di riconoscere anche agli immobili, non locati e ubicati in Italia di proprietà dei connazionali residenti oltre confine, le detrazioni sull'IMU di cui al comma 10 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06531)

LOVELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 64 della legge n. 69 del 18 giugno 2009 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 concernente «Trasferimento presso gli uffici provinciali delle sezioni distaccate dei servizi di pubblicità immobiliare» indicava nuove modalità operative per le sedi delle sezioni staccate dei servizi di pubblicità immobiliari istituite ai sensi dell'articolo 42,

comma 6, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287 da definirsi con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia del territorio, di concerto con il capo del dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia;
il sindaco di Novi Ligure ha recentemente manifestato la contrarietà e le preoccupazioni dell'amministrazione comunale di Novi Ligure rispetto ad un eventuale trasferimento della conservatoria dei pubblici registri immobiliari di quella città ad Alessandria; in tal senso si era già espresso nel novembre del 2009, il consiglio comunale cittadino approvando all'unanimità un ordine del giorno in cui venivano rilevati i gravi disagi per la popolazione del territorio Novese ed Ovadese oltreché la possibile compromissione della qualità di funzionamento del servizio conseguente ad un suo eventuale trasferimento. Nell'atto di indirizzo, l'amministrazione comunale novese chiedeva quindi di mantenere in funzione, con le prerogative e le competenze attuali, la sede distaccata di Novi Ligure, la quale ha una competenza su un territorio di grande vastità, comprendente 36 comuni;
il trasferimento presso la sede dell'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio di Alessandria, inoltre, non rispetterebbe secondo l'interrogante i dettami del secondo comma dell'articolo 64 della legge n. 69 del 18 giugno 2009, secondo cui: «sono in ogni caso confermate e restano nelle loro attuali sedi le sezioni staccate operanti in città sedi circondariali di tribunale». Novi Ligure infatti è sede della sezione distaccata del tribunale di Alessandria ed ha una propria giurisdizione circondariale -:
se le preoccupazioni manifestate dall'amministrazione comunale di Novi Ligure riguardanti un possibile prossimo trasferimento della conservatoria dei registri immobiliari di Novi Ligure presso gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio di Alessandria siano fondate, vista anche la formulazione non impositiva dell'articolo 64 della legge n. 69 del 18 giugno 2009;
quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere gli eventuali disagi che lo spostamento nel capoluogo potrebbe comportare per i cittadini, data la vastità del territorio, il numero degli abitanti interessati e l'importanza del bacino di utenza che fanno riferimento alla conservatoria dei pubblici registri di Novi Ligure.
(5-06534)

Interrogazioni a risposta scritta:

LUSSANA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa il sindacato dei pensionati, negli ultimi giorni, ha evidenziato la palese ingiustizia che potrebbe scaturire dall'applicazione dell'Imu introdotta ex articolo 13, decreto-legge n. 201 del 2011 cosiddetto decreto «Salva Italia», qualora non venisse specificato che l'aliquota più bassa si applichi all'abitazione principale e alle abitazioni assimilate all'abitazione principale;
il comma 2 ex articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, infatti, definisce abitazione principale l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente;
all'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, che aveva stabilito, a decorrere dall'anno 2008, l'esclusione dall'ICI dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, era precisato che «per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate

dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto;
l'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, stabilisce che per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente - che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale - ed i suoi familiari dimorano abitualmente e che, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 173, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si identifica, salvo prova contraria, con quella di residenza anagrafica;
per quanto riguarda, invece, le fattispecie degli immobili assimilati all'abitazione principale, l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito nella legge 24 luglio 2008, n. 126 rinviava alle assimilazioni effettuate dai singoli comuni con regolamento o delibera comunale vigenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
questa disposizione deve essere letta in combinato disposto con altre norme vigenti in materia, che con essa vanno ad interferire. Il riferimento corre, in primo luogo, all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che attribuisce ai comuni la potestà di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, negando tale potestà esclusivamente per quanto attiene all'individuazione e alla definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi, dell'aliquota massima dei singoli tributi, e dispone che, per quanto non regolamentato, si applicano le disposizioni di legge vigenti;
la disposizione contenuta nel decreto-legge n. 93 del 2008 si coordinava perfettamente con il disposto dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, laddove prevedeva, appunto, l'esclusione dall'ICI - oltre che delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale secondo la definizione ai sensi del decreto legislativo n. 504 del 1992 - delle unità immobiliari che i comuni, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, abbiano inteso equiparare alle stesse;
l'unico limite, che il legislatore del 2008 poneva al comuni per il riconoscimento dell'assimilazione, consisteva nella necessità che la stessa fosse effettuata con regolamento o delibera comunale vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 93 del 2008;
la norma contenuta nell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2008 deve poi coordinarsi anche con le ipotesi di assimilazione espressamente previste da alcune disposizioni di legge già vigenti in materia. Si tratta, innanzitutto, dell'articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che permette al comune di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. Si tratta, altresì, dell'articolo 59, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che attribuisce ai comuni la possibilità di considerare abitazioni principali - con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta od anche della detrazione per queste previste - quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela;
tassare l'abitazione principale è profondamente ingiusto perché significa colpire un bene primario incidendo due volte sul frutto del lavoro e del risparmio in netta violazione del principio costituzionale di cui all'articolo 53 che sancisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva secondo il criterio della progressività. Ancor più iniquo è non considerare abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata;
in merito alla detrazione Imu, per ogni figlio residente nell'unità immobiliare

adibita ad abitazione principale è necessario chiarire la sua applicabilità anche per i padri separati, «i nuovi poveri», costretti a lasciare l'abitazione familiare, che debbono trovarsi un nuovo alloggio. Una nuova casa nella quale potranno, sia pure temporaneamente e a seconda dei casi, accogliere i loro figli. Considerato, infatti, che la legge n. 54 del 2006 non prevede, in caso di divorzio, la doppia residenza dei figli, questi genitori sarebbero esclusi dalla predetta detrazione Imu -:
se il ministro intenda con propria circolare o altro atto specificare in modo incontrovertibile che nell'applicazione della tassazione Imu, sia considerata abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata;
se il Ministro intenda chiarire, in merito alle previste detrazioni per i figli se queste siano applicabili anche ai padri separati nelle condizioni di cui in premessa.
(4-15537)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la grave vicenda del 58enne bolognese che si è dato fuoco di fronte all'ufficio dell'Agenzia delle entrate, pone il problema, evitando strumentalizzazioni improprie, della necessità di maggior comprensione delle situazioni particolari dei cittadini e dei piccoli e medi imprenditori di fronte al fisco e il dovere di rendere umano e graduale l'approccio dell'Agenzia delle entrate alle singole problematiche delle persone oggetto di contenziosa evitando, da un lato la tolleranza verso evasioni fiscali vere e proprie che sono un furto ai danni della collettività e, dall'altro, forme asettiche di sanzioni durissime che si trasformano molto spesso in persecuzioni vere e proprie;
negli ultimi tempi a causa del ricorso a modalità «spettacolari» e dell'impellente necessità di far fronte alla crisi economica del Paese, ad avviso dell'interrogante, la pressione fiscale e i metodi per ottenere dal cittadino l'adempimento del suo dovere di contribuente si sono avvicinati a quelli di uno Stato di polizia e, in molti casi, hanno demotivato lo spirito d'iniziativa dei piccoli e medi imprenditori -:
se il Ministro intenda fornire indicazioni all'Agenzia delle entrate, anche mediante l'invio di una apposita circolare, in merito alle modalità da seguire nel combattere il fenomeno evasivo, tenuto conto però delle singole e personali vicende e prevedendo forme di pagamento dilazionate, personalizzate e distinte caso per caso, per evitare di accomunare in una indistinta frode fiscale situazioni profondamente diverse fra loro.
(4-15542)

MURER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, disciplina la «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani», prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
contemporaneamente, il citato articolo 238 ha disposto l'abrogazione della precedente «tariffa Ronchi» istituita dall'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
l'attuazione concreta del citato articolo 238 è stata differita fino all'emanazione di un apposito decreto e, nelle more dell'emanazione di tale decreto, è stata disposta l'applicazione delle norme regolamentari vigenti facendo salva l'applicazione della citata «tariffa Ronchi» che ha soppresso la Tassa per lo smaltimento dei

rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507);
la questione sulla natura tributaria piuttosto che di «corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani» della TIA è stata oggetto di diverse, e talora contrastanti, pronunce giurisdizionali, nonché differenti interpretazioni dottrinali;
la Corte costituzionale, in particolare, con l'argomentata sentenza n. 238 del 24 luglio 2009 ha chiuso la controversia sulla natura del prelievo sui rifiuti, stabilendo che la natura tributaria della Tassa d'igiene ambientale (TIA), conosciuta meglio come tariffa rifiuti;
per la Corte costituzionale la Tassa d'igiene ambientale costituisce una mera variante della TARSU; in particolare, non rilevando «né la formale denominazione di "tariffa", né la sua alternatività rispetto alla TARSU, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo», ha determinato, di fatto, l'esclusione dall'imponibilità ai fini IVA delle somme dovute, che però sono state applicate in passato, con la conseguente presentazione di numerosi ricorsi da parte dei contribuenti per il rimborso dell'IVA pagata;
da ultimo, una nuova sentenza, ma della Corte di cassazione, la n. 3756, depositata il 9 marzo 2012, ha confermato la natura della tariffa d'igiene ambientale, stabilendone la non assoggettabilità all'IVA e decretando il diritto al rimborso delle somme pagate a titolo d'imposta da parte dei cittadini residenti nei comuni che negli ultimi anni l'hanno applicata in sostituzione della vecchia Tassa sui rifiuti solidi urbani;
gli enti che hanno incassato l'imposta con l'Iva e che oggi dovrebbero porre in essere i rimborsi non sono in grado di sostenere l'onere, agendo esse, inoltre, come sostituti d'imposta, avendo già versato nelle casse dello Stato quelle cifre, e non essendo nelle condizioni di anticipare le somme a titolo di rimborso -:
quali iniziative il Governo intenda assumere sui temi sollevati in premessa, e in modo particolare sulla questione dei rimborsi Iva;
se non intenda chiarire in che modo i Comuni e i gestori del servizio debbano far fronte alle implicazioni delle sentenze sopra citate in ordine al recupero dell'IVA indebitamente versata allo Stato.
(4-15552)

MARCHIGNOLI e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo n. 23 del 2011 è stata rafforzata la podestà impositiva degli enti locali sui soggetti proprietari o possessori di beni immobili presenti sul territorio comunale;
l'articolo 2 dello stesso decreto legislativo, ha riconosciuto agli enti locali, oltre al diritto ad accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, la facoltà di accedere «a qualsiasi altra banca dati pubblica, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali»;
per assicurare equità dell'azione di impostazione e di controlli nonché efficienza complessiva nella fase di accertamento e verifica, occorre che gli enti dispongano dei dati relativi alle unità immobiliari in possesso dei livelli nazionali e locali;
in questi anni è stata rafforzata la collaborazione con l'Agenzia del territorio per fornire ai comuni informazioni storiche ed attuali sul patrimonio immobiliare e sulle titolarità, presenti nel catasto terreni;
tra le informazioni assicurate, si veda ad esempio il decreto del direttore dell'Agenzia del territorio del 13 novembre 2007, vi era anche la disponibilità degli elaborati planimetrici e delle planimetrie, elementi essenziali per poter verificare ed accertare le dichiarazioni dei cittadini in

relazione al patrimonio immobiliare di proprietà posseduto e dunque per applicare correttamente i tributi sul territorio comunale, evitando il verificarsi di fenomeni di evasione ed elusione fiscale;
a seguito della pubblicazione del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito successivamente dalla legge, l'Agenzia del territorio ha cessato di trasmettere ai comuni le planimetrie sui sistemi di interscambio comuni-Agenzia del territorio, senza che quest'ultima avesse inoltrato, né agli enti locali né a agli intermediari strutturali, informazioni circa le motivazioni ed i tempi di riattivazione del servizio;
è riscontrato che alcune amministrazioni che hanno chiesto all'Agenzia del territorio la fornitura delle planimetrie agli uffici provinciali del catasto, le abbiano ottenute dietro il pagamento degli oneri d'ufficio previsti;
il perpetuarsi di questa condizione di indisponibilità delle planimetrie, impedisce il corretto svolgimento dei compiti istituzionali in capo ai comuni ed in particolare la verifica delle dichiarazioni trasmesse dei contribuenti e, dunque, produce un'inevitabile e grave impossibilità di colpire i fenomeni di evasione ed elusione dei tributi locali riguardanti il patrimonio immobiliare;
l'impossibilità di azione da parte degli stessi comuni riguarda altresì la produzione di adeguate «segnalazioni qualificate» all'Agenzia delle entrate inerenti ai tributi erariali direttamente o indirettamente collegati agli immobili oltre all'impossibilità di colpire adeguatamente i fenomeni di evasione ed elusione dei tributi locali ed erariali determinando un significativo danno economico sia per i comuni sia per lo Stato italiano;
l'articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, sottolinea che l'accesso e la fornitura delle banche dati da parte dell'Agenzia del territorio verso i comuni, deve avvenire a condizione di gratuità -:
quali motivazioni abbiano indotto l'Agenzia del territorio ad interrompere i flussi di fornitura delle planimetrie catastali sui sistemi di interscambio precedentemente utilizzativi, senza dame pronta comunicazione agli enti locali;
se non ritenga di dover intervenire per una rapida riattivazione del servizio di fornitura delle planimetrie sui sistemi di interscambio senza oneri per il bilancio dei comuni interessati.
(4-15554)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il carcere San Sebastiano di Sassari è a rischio collasso;
il Sappe, il sindacato degli agenti di polizia penitenziaria, ha sollecitato un intervento urgente e non più procrastinabile per ripristinare condizioni umane all'interno delle celle;
il carcere di Sassari ospita in questi giorni 195 uomini, 18 donne e, con una di loro, anche un bambino in tenera età;
nelle celle dell'istituto penitenziario di via Roma si sta per arrivare ad inserire la quarta branda a castello per dare un posto letto a tutti;
i detenuti, che superano la capienza regolamentare di 190, sono stipati nel primo piano;
il secondo piano, con circa 90 posti letto, è inagibile ed è chiuso da anni a causa di cedimenti strutturali;
il muro di cinta di S. Sebastiano risulterebbe inagibile;
il problema del sovraffollamento è legato anche all'attuale inagibilità del nuovo carcere di Tempio;

dal mese di febbraio 2012 il territorio di competenza di San Sebastiano si è raddoppiato, in quanto la nuova struttura di Tempio è stata consegnata ma di fatto non riceve detenuti e così vale per la vecchia struttura;
nella struttura carceraria di San Sebastiano risultano ospitati soggetti particolari e di difficile gestione, i quali oltre a non poter essere ubicati in branda «al quarto posto verticale», devono esser obbligatoriamente collocati in camera singola, e con accorgimenti e raccomandazioni per la vigilanza;
il sindacato di polizia penitenziaria ha chiesto anche una verifica dell'agibilità del terzo braccio nel quale per le condizioni igienico-sanitarie non si dovrebbero far vivere persone -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa gravissima situazione;
se intenda mettere in atto urgenti interventi in grado di risolvere le questioni enunciate;
se si intenda intervenire al fine di assegnare il personale necessario, con particolare riferimento a quello sardo dislocato nelle strutture del nord Italia, per attivare nel più breve tempo possibile le nuove carceri di Sassari e Tempio;
se intenda con urgenza attivare le verifiche strutturali richieste dalle organizzazioni sindacali e provvedere alle soluzioni utili a rimuovere i problemi eventualmente riscontrati.
(5-06529)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 154 del 2005 (delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria), in considerazione della particolare natura delle funzioni esercitate dal personale appartenente alla carriera dirigenziale penitenziaria, il relativo rapporto di lavoro è stato riconosciuto come rapporto di diritto pubblico;
il 15 febbraio 2006 è stato quindi emanato il relativo decreto legislativo n. 63 che ne ha definito l'ordinamento;
purtroppo, il suddetto ordinamento è rimasto privo di concreta attuazione, tanto per gli aspetti economici, quanto per quelli giuridici e di carriera per la mancata stipula del primo contratto di categoria, atteso che il tavolo negoziale si è arenato dopo due sole riunioni a causa del differimento a data da destinarsi comunicata dalla parte pubblica;
in particolare, per quanto riguarda specificamente i dirigenti penitenziari, occorre evidenziare che l'ultima immissione nel ruolo dei direttori risale al 1997; si tratta di una categoria che per effetto degli intervenuti collocamenti a riposo e degli interventi legislativi di riduzione della spesa ha subito una pesante e progressiva riduzione;
quanto sopra detto sta creando una gravissima e palese ingiustizia nei confronti dei direttori delle carceri e dei direttori degli uffici di esecuzione penale esterna, che non si vedono riconosciuta giuridicamente ed economicamente la loro funzione specifica che quotidianamente svolgono nella gestione dell'organizzazione amministrativa complessa, fondamentale e imprescindibile per gestire l'esecuzione delle misure privative della libertà personale;
in molte regioni, risultano mancanti numerose figure di direttore di istituto penitenziario, carenza che costringe i direttori in servizio a gestire più istituti di pena -:
cosa si intenda fare, per quanto di competenza, per dare concreta e definitiva attuazione a tutti gli aspetti economici, giuridici e di carriera sanciti e riconosciuti dal decreto legislativo n. 63 del 2006, che a distanza di sette anni rimane ancora inattuato;

se si intendano bandire nuovi concorsi per dirigenti penitenziari sulla basa di quanto stabilito nel citato decreto legislativo in modo da aumentare il numero esiguo e assolutamente insufficiente dei direttori penitenziari e dei direttori di ufficio di esecuzione penale esterna.
(4-15543)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati presentati il 17 gennaio 2012 in occasione delle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, la situazione dei procedimenti civili e penali pendenti veniva così rappresentata: «(...) una situazione che desta forti preoccupazioni sia in ordine all'enorme mole dell'arretrato da smaltire, che al 30 giugno 2011 è pari a quasi 9 milioni di processi (5,5 milioni per il civile e 3,4 per il penale), sia con riferimento ai tempi medi di definizione, che nel civile sono pari a sette anni e tre mesi, cioè 2.645 giorni, e nel penale a quattro anni e nove mesi, cioè 1.753 giorni» -:
se, per quel che riguarda l'arretrato penale, nel numero di 3.400.000, siano compresi anche i procedimenti penali contro ignoti e, in caso negativo, quale sia il motivo di questa sottrazione;
quale sia, per quel che riguarda i procedimenti penali pendenti, l'arretrato suddiviso per ciascun distretto di corte d'appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quali siano, per quel che riguarda i procedimenti penali, i tempi medi di definizione in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quante siano - in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni - le prescrizioni che si sono verificate nel penale;
quali siano - in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni - le fattispecie di reato che si sono prescritte più frequentemente;
quale sia, per quel che riguarda i procedimenti civili pendenti, l'arretrato suddiviso per ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quali siano, per quel che riguarda i procedimenti civili, i tempi medi di definizione in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni.
(4-15545)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

GARAGNANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con riferimento ai processi economici di ristrutturazione del sistema aeroportuale internazionale anche a seguito dei mutamenti che stanno caratterizzando l'economia mondiale, sarebbe opportuno una migliore definizione dello stesso sistema aeroportuale, ora come ora notevolmente frammentato, che faccia riferimento a inderogabili priorità del nostro Paese e alla necessità che il Governo nazionale, di concerto con le regioni ma non subendone l'iniziativa, stabilisca alcuni obiettivi essenziali fra i quali alcuni scali di valenza per tutto il territorio nazionale;
l'interrogante partendo dalla considerazione che anche recentemente l'Emilia Romagna ha evitato di assumere un orientamento preciso in merito alla ristrutturazione del sistema aeroportuale regionale comprensivo di 4 aeroporti, il Marconi di Bologna e gli aeroporti di Forlì, Rimini e Parma, gli ultimi tre in notevole deficit con un calo significativo di passeggeri è di fatto non in grado di reggere la concorrenza e

individuare via d'uscita dalla crisi che li coinvolge, rileva la persistente anomalia di regioni che valendosi di competenze indubbiamente proprie prescindono dal contesto nazionale in un momento di dura competizione economica che richiederebbe la concentrazione di investimenti e risorse prevalentemente in alcune infrastrutture dotate di un volume di passeggeri notevole e con prospettive di crescita costante;
al riguardo anche per valorizzare il flusso turistico nel nostro territorio, si sottolinea la necessità, nel momento in cui il Governo si accinge a modificare in modo problematico lo status delle province, di coordinare meglio il ruolo del medesimo con le regioni assumendo una chiara iniziativa politica ed economica che metta gli enti locali e le regioni di fronte alle proprie responsabilità e chiarendo con le medesime che l'autoreferenzialità e la tutela di interessi particolari non può essere più accettata -:
se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza al fine di ridefinire il sistema aeroportuale nazionale alla luce delle considerazioni riportate in premessa.
(4-15538)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

MARMO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia ha recentemente eliminato numerosi collegamenti ferroviari notturni tra il Nord e il Sud del Paese;
tale provvedimento ha determinato notevoli disagi ai tanti cittadini che per svariate ragioni scelgono i treni notturni e un contestuale sovraffollamento dei convogli usati per effettuare le poche corse ancora operative;
tale sovraffollamento ha provocato l'ulteriore peggioramento delle già precarie condizioni di pulizia dei vagoni e l'aggravarsi delle condizioni di sicurezza;
tale situazione ha suscitato una corale reazione di protesta da parte di numerose associazioni di consumatori che hanno ripetutamente e inutilmente posto a Trenitalia la questione della sicurezza nei convogli notturni;
in data 19 marzo 2012 un numero ingente di immigrati tunisini provenienti da tutta Europa, fuorviati dalla falsa notizia di una sanatoria che avrebbe consentito ad una onlus romana di rilasciare permessi di soggiorno con facilità, ha letteralmente invaso i treni notturni;
tale flusso straordinario di immigrati, molti dei quali in condizioni di ebbrezza, ha arrecato notevoli disagi ai passeggeri, in particolar modo sul treno notturno che collega Torino a Roma -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per garantire una maggiore sicurezza sui treni notturni, se non ritengano di dover intervenire sul management di Trenitalia per assicurare a detti collegamenti adeguati standard di igiene e di sicurezza e per rivedere la decisione di ridurre i collegamenti notturni, attesa la crescente richiesta proveniente in particolar modo dai pendolari e da chi non può permettersi i prezzi dei collegamenti ad alta velocità.
(4-15535)

DISTASO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ogni Comune ed ogni provincia è sede di segreteria ai sensi del Testo unificato enti locali n. 267 del 2000 e deve obbligatoriamente avere un segretario comunale o provinciale titolare, individuato dal sindaco o presidente tra i segretari iscritti ad un apposito albo, cui si accede al termine di un selettivo corso-concorso;

le sedi di segreteria sono suddivise in base alla popolazione residente al fine di determinare la fascia professionale minima che deve avere il segretario titolare della sede stessa;
la materia era originariamente disciplinata dall'articolo 1 della legge 8 giugno 1962 n. 604, abrogato dall'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997 n. 465, rinviando sostanzialmente alla contrattazione collettiva di settore;
ad oggi, pertanto, la classificazione delle sedi di segreteria è contenuta nell'articolo 31, comma 5 del CCNL, segretari comunali e provinciali, 1998/2001, siglato il 16 maggio 2001, che prevede testualmente «...a) nella fascia professionale C, sono inseriti i segretari, idonei alla titolarità di sedi di comuni fino a 3.000 abitanti, a seguito del conseguimento dell'abilitazione concessa dalla Scuola Superiore di cui all'articolo 98, comma 4, del Testo unificato enti locali n. 267 del 2000»;
il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 (convertito dalla legge n. 122 del 2010) ha soppresso l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali ed ha previsto la successione alla stessa, a titolo universale, del Ministero dell'interno;
il decreto del Presidente della Repubblica del 21 aprile 2011 ha autorizzato le assunzioni di 364 unità che hanno conseguito l'idoneità al corso COA III;
nel luglio 2011 le citate 364 unità sono state nella fascia C del ruolo dei segretari comunali presso le diverse sezioni regionali dell'albo;
attualmente oltre la metà dei nuovi iscritti non ha preso servizio presso sedi di segreteria di classe C;
permangono vacanti circa 694 sedi di segreteria di classe IV, dove potrebbero e dovrebbero prendere servizio i nuovi iscritti di cui trattasi;
i numeri in premessa evidenziano una carenza nel ruolo di intermediazione tra i segretari aspiranti di segreteria e gli amministratori degli enti locali;
non è efficiente aver investito ingenti risorse pubbliche nella formazione di personale che risulta in gran parte inutilizzato;
le novità normative, le difficoltà finanziarie dei comuni più piccoli ed il contesto di più ampia riorganizzazione degli enti locali, impongono un opportuno ripensamento degli ambiti di esercizio delle fasce professionali dei segretari comunali;
in particolare, il limite dei 3000 abitanti risulta particolarmente anacronistico, visto anche il costante ricorso alle convenzioni tra enti locali, che rende quasi inevitabile lo sforamento del limite suddetto;
sul punto, infatti, la già soppressa Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali aveva secondo l'interrogante inadeguatamente deliberato l'applicazione del meccanismo della somma tra le popolazioni degli enti convenzionati. Di conseguenza una convenzione tra due comuni di cui uno da 3.000 e uno da 500, comporterebbe l'impossibilità di accedervi per un segretario classe «C» perché superiore complessivamente al citato limite di 3.000 abitanti;
la logicità di tale calcolo nel limite demografico non è più apprezzabile, con particolare riferimento la prima classe di accesso (3.000 abitanti). Al riguardo si potrebbe pensare il limite demografico sia dato non dalla somma degli abitanti dei comuni che si associano in unica segreteria, ma quella del comune più popoloso. Sarebbe stata una previsione più logica ed opportuna in considerazione delle complessità legate alla dimensione degli enti e ai limiti contrattuali;
il vigente limite demografico di 3.000 abitanti è, inoltre, incoerente con l'attuale assetto organizzativo e giuridico degli enti locali;

il limite 5.000 abitanti è, infatti, significativo sia per quanto concerne le assunzioni di personale, sia per l'applicazione del patto di stabilità;
anche le più recenti modifiche normative hanno preso a riferimento il limite dei 5000 abitanti. Sul punto si ricordano, l'esercizio associato delle funzioni ex articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, come convertito dalla legge n. 148 del 2011 e l'obbligo di unificare le procedure d'acquisto di cui all'articolo 23, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201;
da un punto di vista normativo, infatti, l'elevazione del limite demografico a 5.000 abitanti renderebbe la fascia di accesso alla carriera maggiormente omogenea rispetto all'attuale quadro -:
quali siano le iniziative che il Ministero dell'interno ed il Governo intendano mettere in atto al fine di consentire a tutti i neoiscritti nella fascia C dell'Albo dei segretari comunali e provinciali di prendere servizio presso le numerose sedi di segreteria vacanti;
se il Governo ritenga utile e opportuna l'iniziativa di dare direttive all'ARAN affinché convochi le parti contrattuali del citato contratto collettivo nazionale di lavoro per pattuire la modifica delle fasce professionali dei segretari comunali, ed in particolare quella di classe C, elevando il limite demografico da 3.000 a 5.000 abitanti, come indicato in premessa.
(4-15540)

TESTO AGGIORNATO AL 26 APRILE 2012

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARGIOTTA e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14, comma 2-ter, del decreto «Milleproroghe 2012» n. 216 del 2011, convertito dalle legge n. 14 del 2012, prevede la riapertura delle graduatorie ad esaurimento per il personale docente abilitato negli anni dal 2008 al 2010 «limitatamente ai docenti che hanno conseguito l'abilitazione dopo aver frequentato i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), il secondo ed il terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale delle classi di concorso 31/a e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A, nonché i corsi di laurea in scienze della formazione primaria»;
si verifica l'impossibilità di entrare in graduatoria ad esaurimento dei docenti abilitati del semestre aggiuntivo IX ciclo SISS perché il testo non menziona difatti tali docenti, benché essi siano a tutti gli effetti di legge abilitati all'insegnamento delle proprie classi di concorso, essendosi abilitati grazie alla nota n. 3057 del 2008 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'anno accademico 2008/2009, quindi in coerenza con il testo del suddetto decreto come convertito;
risulta quanto mai urgente intervenire al fine di evitare un'ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei docenti del semestre aggiuntivo IX ciclo SSIS che risultano avere titolo legale identico ai colleghi menzionati nel testo del citato articolo 14 -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per garantire pari diritti acquisiti dai diversi docenti già abilitati in quanto il testo delle norme di cui in premessa discrimina senza alcun motivo valido il titolo di alcuni docenti, semestre aggiuntivo IX ciclo SISS appunto, rispetto al resto degli abilitati.
(5-06521)

DAL MORO, GHIZZONI, MOTTA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma dell'università (legge n. 240 del 2010, articolo 2, comma

9), predisposta al fine di garantire una ordinata transizione verso il nuovo assetto organizzativo e di governo, disciplina alcune situazioni relative al termine del mandato dei rettori in carica. Due casi per tutti: a) il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto è prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo; b) il mandato dei rettori i quali sono stati eletti o stanno espletando il primo mandato alla data di entrata in vigore della legge di riforma è prorogato di due anni e non è rinnovabile;
con lettera a firma del direttore del dipartimento dell'università del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la struttura del Ministero ha comunicato ad alcuni atenei italiani ciò che andrebbe inteso con il termine «adozione» dello statuto. In tal modo, ha surrettiziamente disposto la proroga del mandato dei rettori in carica per un ulteriore anno accademico, nonostante i nuovi statuti fossero già entrati in vigore e fosse già possibile indire le procedure elettorali per l'elezione del nuovo rettore nel rispetto dei termini previsti dalla normativa;
dal punto di vista dell'opportunità, appare quanto mai discutibile ulteriore proroga in quanto essa determinerebbe la peculiare situazione in cui, con l'entrata in vigore dei nuovi statuti, tutti gli organi accademici verrebbero rinnovati ad eccezione del vertice (il rettore), il quale concorrerebbe insieme al nuovo senato a nominare i componenti del nuovo consiglio di amministrazione. Se l'intento del riformatore fosse questo, tale previsione sarebbe stata applicata a tutti gli atenei. Invece, ne risulterebbe una rilevante asimmetria: in alcuni atenei saranno il nuovo rettore e il nuovo senato a individuare i componenti del nuovo consiglio di amministrazione; in altri no;
dal punto di vista tecnico-amministrativo, appare quanto meno dubbio che la proroga possa discendere dall'interpretazione di cosa debba intendersi per «adozione» proposta dalla struttura del Ministero. Inoltre, è noto come in dottrina il termine «adozione» venga riferito alla delibera con cui gli organi di vertice di un ente approvano un nuovo statuto o un nuovo regolamento;
il responsabile del dipartimento università del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sostenuto che l'atto di adozione di uno statuto universitario non sia la delibera di adozione dello statuto bensì l'atto di invio dello stesso in seguito al recepimento di osservazioni del «tavolo tecnico». Si tratta, quindi, di un orientamento interpretativo adottato dalla struttura burocratica e non di un decreto ministeriale;
le norme transitorie della citata riforma dell'università sono state recentemente oggetto di modifica. Il decreto-legge 9 febbraio 2012 n. 5 (articolo 49, comma 1 del cosiddetto «decreto semplificazioni») ha modificato il primo periodo del comma 9 dell'articolo 2 della legge di riforma disponendo che «gli organi collegiali e quelli monocratici elettivi delle università decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto.» Se vi fosse stata la volontà - da parte del Governo o del Parlamento - di modificare anche la disciplina della proroga dei rettori, ciò sarebbe stato disposto con provvedimento legislativo;
nel passato vi sono stati casi in cui il mandato del rettore è stato prorogato oltre i termini di legge. In tali casi la proroga è stata disposta dal Ministro con apposito decreto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del provvedimento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sopracitato, e quali atti o provvedimenti intenda adottare per evitare eventuali conflitti che si potrebbero verificare tra atenei e Ministero, tenuto presente che il Direttore Generale del Ministero non ha alcun potere di interpretazione della legge, tanto meno di modifica, né può sottrarre agli atenei la loro autonomia riconosciuta per legge.
(5-06528)

PEDOTO, MIOTTO, GHIZZONI, BUCCHINO, SARUBBI, SBROLLINI, D'INCECCO, LENZI, DE BIASI, GRASSI e VACCARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a partire dall'anno accademico 2010-2011, alcuni atenei sedi di scuole di specializzazione di patologia clinica, biochimica clinica, microbiologia e virologia, scienze dell'alimentazione, genetica medica e altri, non hanno prodotto bandi di ammissione per i biologi, secondo quanto previsto dall'ordinamento delle stesse scuole;
ciò sarebbe avvenuto in base alla «presunta» ipotesi di possibili ricorsi, da parte di qualche biologo già iscritto alla scuola, finalizzati al riconoscimento trattamento economico previsto per i soli laureati in medicina e chirurgia;
ciò agli interroganti appare configurare un gravissimo «vulnus» al diritto costituzionale di accesso alla formazione e alle scuole di specializzazione universitarie per la categoria professionale dei biologi, tale da pregiudicare con modalità di dubbia legittimità l'accesso degli stessi ai concorsi del Servizio sanitario nazionale;
come è noto, ai sensi dell'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, l'accesso ai concorsi per la dirigenza del ruolo sanitario presuppone il possesso del requisito del diploma di specializzazione;
al riguardo la specifica disciplina concorsuale di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 10 dicembre 1997, n. 483, articolo 40, concernente il «profilo professionale di biologo», comma 1, lettera b), richiede espressamente il possesso della «specializzazione nella disciplina oggetto del concorso»;
accanto a tale previsione per i pubblici concorsi è necessario considerare inoltre che numerose regioni, nell'ambito dei requisiti per l'accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie, relativamente ai presidi che erogano prestazioni di laboratorio, prevedono che, per la direzione tecnica di tali strutture, sia richiesto il requisito del possesso della specializzazione universitaria;
alla luce di quanto sopra è del tutto evidente che il blocco dei bandi delle scuole che consentono l'ammissione ai biologi costituisce, ad avviso degli interroganti, un atto di dubbia legittimità, che configura la lesione del diritto allo studio e gravi responsabilità da parte dei responsabili del procedimento di cui trattasi negli atenei che hanno adottato tale scelta, poiché di fatto in tal modo si escludono del tutto i biologi dall'accesso al Servizio sanitario nazionale, di cui costituiscono figura essenziale per le attività professionali assegnate dalla normativa vigente, nell'ambito dei laboratori clinici delle diverse discipline, dei servizi per l'igiene degli alimenti e della nutrizione, nonché degli altri servizi e strutture in cui è prevista la loro presenza;
alla luce di tali considerazioni, è evidente che risulta quanto mai urgente intervenire al fine di evitare un ingiustificato ed irreparabile danno alla categoria professionale dei biologi e palesi violazioni di legge;
quanto sopra rende necessario ed urgente un intervento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di garantire il rispetto della normativa vigente ed evitare più rilevanti contenziosi, garantendo ai biologi la possibilità di accedere alle scuole di specializzazione -:
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, intervenire, con la massima urgenza, al fine di dare piena e completa attuazione alle normative citate in premessa, chiarendo che i biologi possono liberamente accedere ai concorsi di ammissione alle scuole di specializzazione per le quali l'ordinamento vigente prevede il loro accesso.
(5-06532)

TESTO AGGIORNATO AL 4 APRILE 2012

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GRIMOLDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Alcatel-Lucent è una compagnia globale con sede a Parigi, produttrice di hardware e software per le telecomunicazioni che nasce dalla fusione di Alcatel e Lucent Technologies il 1o dicembre 2006;
in Italia ha la sua sede principale a Vimercate e con i suoi laboratori di ricerca e sviluppo lavora principalmente a sistemi di gestione e alla realizzazione di apparati per telecomunicazioni ottiche su fibra e di apparati di trasmissione radio a microonde, contando circa 1.250 persone;
nel 2011 ben 15 dei 34 brevetti depositati dalla divisione OPTICS di ALU sono stati ottenuti a Vimercate;
il 14 febbraio 2012 si è tenuta una manifestazione dinanzi al palazzo della regione Lombardia, seguita da tre giorni di sciopero (il 22, 23 e 24 febbraio) contro il pesante piano di ristrutturazione per il 2012 presentato dalla società;
secondo il predetto piano, infatti, considerando tutte le sedi, il numero di lavoratori che l'azienda ritiene in esubero si attesta oltre i 700 posti di lavoro, dei quali 490 solo nella sede di Vimercate e tra questi 360 nel settore ricerca e sviluppo di OPTICS;
i predetti «tagli» denunciano come un altro pezzo del tessuto sociale e lavorativo venga messo in grave pericolo e come la perdita di così tanti posti di lavoro, aggiunti a quelli di altre aziende di hi-tech del vimercatese, come Ibm Italia, Bames/Sem, Micron, ST Microelectronics, oltre ad essere un danno personale per tutti i lavoratori dipendenti e le loro famiglie, porterà la provincia di Monza-Brianza ad una grave crisi economico-sociale, perché difficilmente i lavoratori potranno essere ricollocati -:
se il Governo non ritenga urgente ed opportuno attivarsi presso la società Alcatel-Lucent, anche in termini di moral suasion, per addivenire ad una soluzione e scongiurare la perdita di posti di lavoro;
quali iniziative il Governo intenda adottare per salvaguardare il tessuto lavorativo della provincia di Monza-Brianza.
(5-06522)

GRIMOLDI e FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
gli interventi in materia pensionistica contenuti nella manovra economica varata dal Governo Monti lo scorso dicembre 2011, a tutti nota come «decreto Salva Italia», ha creato non poche difficoltà ai cosiddetti «lavoratori esodati»;
trattasi di circa 350 mila lavoratori che avevano concluso una trattativa, in base alla previgente normativa per andare il pensione, ed ora non possono più farlo perché son cambiate le regole di accesso ed i requisiti richiesti, ma purtroppo sono al contempo rimasti senza posto di lavoro e, quindi, ovviamente senza stipendio;
in più occasioni il Ministro interrogato aveva ribadito che nessuno dei lavoratori in mobilità alla data del 31 dicembre 2011 sarebbe rimasto senza copertura reddituale perché le risorse indicate erano sufficienti per garantire tutti i lavoratori che a tale data si fossero trovati in mobilità;
al convegno de Il sole 24 ore del 19 marzo 2012 il Ministro, contrariamente a quanto affermato in precedenza, ha sostenuto che la platea dei beneficiari è stata ampliata dal Parlamento e che pertanto le risorse risultano essere insufficienti, di conseguenza alcuni lavoratori «più deboli» saranno salvaguardati, altri «più forti» potranno vedere maturare il loro

diritto alla pensione con un differimento di un anno ed altri ancora saranno esclusi;
l'intervento normativo, varato solo per fare cassa a scapito di lavoratori e pensionati, doveva tener conto - a parere degli interroganti - di tutte quelle migliaia di lavoratori, oramai prossimi alla pensione e che in base ad accordi con la supervisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, hanno lasciato il lavoro con la previsione di percepire il trattamento entro qualche anno, fidandosi di normative pensionistiche in vigore al momento della sottoscrizione degli accordi medesimi;
la platea dei beneficiari è stata giustamente ampliata dal Parlamento perché, evidentemente, il Governo non aveva tenuto in considerazione il numero corretto dei lavoratori interessati;
tale «ampliamento» peraltro e pur sempre contenuto, giacché la data del 31 dicembre 2011 fa riferimento alla risoluzione del rapporto di lavoro e non già agli accordi individuali siglati;
sarebbe alquanto grave e irresponsabile se il Governo non mantenesse gli impegni assunti in sede parlamentare, contribuendo all'impoverimento di alcuni cittadini e contravvenendo ai principi di equità sociale;
ricordato, altresì, che i commi 12-septies, 12-octies e 12-novies dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha previsto con decorrenza 1o luglio 2010 la ricongiunzione a titolo oneroso nell'ipotesi di trasferimento dalle gestioni speciali al regime generale dell'Inps ovvero dall'Inpdap al fondo pensioni lavoratori dipendenti -:
se corrisponda a verità che il Governo abbia intenzione di riconsiderare la platea dei cosiddetti «lavoratori esodati» - come individuati prima dal decreto-legge n. 214 del 2011 e successivamente dal decreto-legge n. 216 del 2011 - perseverando in una politica ad avviso degli interroganti che discrimina irragionevolmente situazioni eguali in contrasto con la Costituzione;
se sia intenzione del Governo addivenire ad una soluzione della questione relativa alla ricongiunzione onerosa di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, alla luce anche del successivo accorpamento dell'Inpdap all'Inps.
(5-06523)

GNECCHI, CODURELLI, DAMIANO, LENZI, BELLANOVA, BERRETTA, GATTI, MADIA, MATTESINI, MOSCA, RAMPI, MIGLIOLI, SCHIRRU, SANTAGATA, BOBBA, BOCCUZZI, RUBINATO e FRONER. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 201 del 2011 - manovra Salva Italia - convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, si è intervenuti sul sistema pensionistico modificando in modo significativo, i requisiti di accesso alla pensione a partire dal 10 gennaio 2012;
per quanto attiene la pensione di vecchiaia, l'INPS nella circolare n. 35 del 2012, nel definire in 20 anni il requisito minimo di contribuzione, non fa più alcun riferimento a quei soggetti che alla data del 31 dicembre 2012 avevano maturato 15 anni di contribuzione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503, i 15 anni rimanevano cristallizzati come requisito contributivo per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia, così come l'essere stati autorizzati alla prosecuzione volontaria prima di quella data, si sottolinea che la suddetta norma non risulta abrogata dal decreto-legge n. 201 del 2011;
non riconoscere la cristallizzazione del requisito contributivo previsto dal decreto legislativo n.503 del 1992, pone un'evidente ulteriore penalizzazione per gli uomini e le donne, ma per queste ultime in particolare, soprattutto qualora non abbiano richiesto l'autorizzazione ai versamenti volontari dei contributi, perché per poter accedere alla pensione di vecchiaia,

dovranno non solo avere il requisito dell'età, ulteriormente elevato con la manovra «salva Italia», ma anche versare altri cinque anni di contribuzione per raggiungere il requisito dei 20 anni, oltretutto senza saperlo, avendo avuto sempre rassicurazioni dall'INPS e dai patronati che i 15 anni già «conquistati» fossero sufficienti;
si crea inoltre un'ulteriore situazione di mancanza di equità, perché chi al 31 dicembre 1992 non aveva ancor maturato 15 anni di contributi, che era il requisito previsto, ha sicuramente fatto domanda di prosecuzione volontaria, chi aveva già 15 e/o poco più, avendo la tranquillità di essere tutelato/a dal decreto legislativo n. 503 del 1992 non ha fatto domanda, lo stesso decreto-legge n. 201 del 2011, ha ancora mantenuto i requisiti previgenti per chi abbia avuto l'autorizzazione alla volontaria prima del 4 dicembre 2011, si crea quindi un'ulteriore disparità, oltre a tutto il possibile contenzioso di interpretazione tra i diversi blocchi normativi che si son susseguiti dal 1992 a oggi;
nello specifico trattasi di donne e uomini inoccupati da molti anni, soprattutto nel settore privato, senza alcuna forma di reddito, con scarsissime o nessuna possibilità di rientrare nel mercato del lavoro e che attendevano di maturare il precedente requisito per la pensione di vecchiaia - 60/65 anni - per poter godere della pensione;
le circolari attuative emanate dagli enti previdenziali sembrano andare oltre il testo del decreto-legge n. 201 del 2011;
dalle premesse di cui sopra appare oltremodo evidente che non si può continuare a mettere mano al sistema previdenziale in modo frettoloso e scoordinato, senza mantenere le deroghe delle previgenti disposizioni, mai abrogate e senza alcuna verifica sull'impatto reale delle nuove norme, sulla vita di migliaia di cittadini -:
se il Ministro interrogato intenda promuovere la modifica delle circolari interpretative in applicazione del decreto-legge n. 201 del 2011, affinché si riconoscano i requisiti già maturati ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n, 503, visto che la suddetta norma è stata abrogata.
(5-06533)

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Italia si trova a vivere i pesantissimi effetti di una crisi economica globale che si attesta come intensa, che ha prodotto evidenti squilibri macroeconomici e sociali, con un riverbero occupazionale pesantissimo. Da più fonti arriva l'allarme secondo il quale le famiglie italiane si stanno progressivamente indebolendo economicamente, stentano a risparmiare e spesso non riescono a far fronte mensilmente ai bisogni di prima necessità. All'aumento dei sacrifici imposti alle famiglie si accompagna, da quanto attestano gli istituti di statistica preposti un aumento del costo della vita e dei beni di prima necessità, l'Istat registra che nel mese di febbraio 2012, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4 per cento rispetto al mese precedente e del 3,3 per cento nei confronti di febbraio 2011 (era +3,2 per cento a gennaio);
ad essere investiti da difficoltà economiche risultano essere non più solo le famiglie dei ceti cosiddetti a rischio, quelli da sempre considerati meno abbienti, ma oggi si registra un ampio coinvolgimento della platea di cittadini del cosiddetto ceto medio;
in questo peculiare momento storico segnato da sacrifici e difficoltà, particolare importanza riveste l'articolo 1 della nostra Costituzione, nel quale è sancita tutta l'importanza che il valore del lavoro ricopre nella sfera privata e pubblica di un cittadino;

sono tanti i comparti produttivi in difficoltà, a partire da quello industriale che per il solo mese di gennaio 2012 ha segnato un calo del 2,5 per cento rispetto a dicembre 2011 e su base annua, del 5 per cento. Un dato, questo, che segna il ribasso annuo più importante dopo quello del dicembre 2009. La situazione delle piccole e medie imprese è molto critica, il calo delle commesse, la maggiore pressione fiscale e la difficoltà di accesso al credito hanno costretto molti imprenditori, seppur virtuosi, a compiere drastici ridimensionamenti organici e talvolta ciò non è stato sufficiente a rilanciare la produzione aziendale. Il paradosso è che in molti settori produttivi, quale ad esempio quello delle costruzioni, le imprese vantano un credito nei confronti della pubblica amministrazione che però non riescono a riscuotere;
l'Istat rende noto che a gennaio 2012 il numero dei disoccupati, pari a 2 milioni e 312 mila, aumenta del 2,8 per cento rispetto a dicembre (64 mila unità). Dai dati si evince che il tasso di disoccupazione si attesta al 9,2 per cento, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di un punto rispetto all'anno precedente. Questo risulta essere il tasso più alto da gennaio 2004. Il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l'incidenza dei 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, è pari al 31,1 per cento, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011. Il tasso di occupazione femminile stimato per il 2011 è pari al solo 46,7 per cento, difatti l'Italia si colloca nella classifica europea penultima, la succede solo Malta e la disparità tra Sud e Nord del nostro Paese continua ad amplificarsi con il 30,5 per cento contro il 56,1 per cento del settentrione;
gli organi di stampa, purtroppo, quasi quotidianamente riportano storie di vita dolorose di cittadini italiani legate alla crisi economica ed occupazionale, alcune delle quali si sono concluse drammaticamente e che investono una platea variegata. Sui media si legge sempre più spesso di una netta correlazione tra il fattore economico e la perdita o la mancanza di un posto di lavoro, di condizioni economiche difficilissime, di storie fatte non solo e non più di solitudine o malattie che rinviano alla sola sfera del disagio psichico e psicologico;
l'ultimo rapporto EU.R.E.S «Il suicidio in Italia ai tempi della crisi» stima che nel 2009, in Italia si sono tolte la vita 2.986 persone, il 5,6 per cento in più dell'anno precedente. Dall'indagine si evince che cresce anche l'interdipendenza del fenomeno con la crisi. I suicidi compiuti da disoccupati, nello stesso anno, sono stati 357, il 37,3 per cento in più rispetto ai 260 del 2008, mentre i suicidi per ragioni economiche hanno raggiunto sempre due anni fa il valore più alto dell'ultimo decennio: 198 casi, il 32 per cento in più rispetto al 2008 e il 67,8 per cento rispetto al 2007. Di crescente rilievo, secondo i ricercatori sarebbe la «matrice» economica: 272 dei disoccupati suicidi nel 2009, cioè tre su 4, erano soggetti espulsi dal mercato del lavoro. E in ogni caso, si legge, il lavoro «anche in termini relativi costituisce un vero e proprio discrimine nella lettura del fenomeno»: nel 2009 si sono registrati ben 18,4 suicidi ogni 100 mila disoccupati contro 4,1 tra gli occupati. I suicidi per motivi economici arrivano a rappresentare nel 2009 il 10,3 per cento del fenomeno «spiegato» a fronte di appena il 2,9 per cento rilevato per il 2000: il suicidio per ragioni economiche rappresenta un fenomeno quasi esclusivamente maschile, 95 per cento dei casi nel 2009 «a conferma di come questo si leghi alla acquisizione/perdita di identità e di ruolo sociale definita dal binomio lavoro/autonomia economica»;
sempre secondo l'indagine sopra citata il rischio suicidio continua ad essere più alto a Nord, ma è al Sud che si registra una crescita record. Il Meridione sembrerebbe registrare nel solo 2009 la crescita più consistente del fenomeno, con un incremento pari a +11 per cento (sono

stati 743 i suicidi nel 2008), a fronte di un +4,5 per cento nel Centro e di un +3,4 per cento nel Nord -:
se il Ministro non ritenga utile, in questa fase di crisi, intervenire affinché si istituisca un osservatorio ad acta che monitori la situazione sopra esposta per le diverse regioni d'Italia;
quali iniziative il Ministro intenda assumere per affrontare questo sorprendente aumento dei tassi di suicidio a matrice economico-occupazionale e per incentivare la ripresa del mercato del lavoro in Italia, con particolare attenzione a quelle aree, come il Mezzogiorno, ed a quelle categorie sociali, come lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori, purtroppo fortemente interessate dal fenomeno e già ampiamente penalizzate dalla crisi.
(5-06535)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
la storia di Nosheen Butt è una storia di sofferenza che mette in evidenza quanto ancora occorra fare per difendere le seconde generazioni immigrate dall'estremismo delle famiglie e delle comunità;
al termine dell'ultima, drammatica e violenta, lite familiare, la madre di Nosheen, Begm, viene lapidata nel giardino di casa dal padre Ahmad e Nosheen viene prima immobilizzata e poi massacrata a sprangate dal fratello Umair, appena ventenne;
il motivo scatenante la furia omicida è stato l'ennesimo rifiuto della giovane Nosheen, ad un matrimonio combinato con un connazionale, come la mentalità oscura e radicale del padre vorrebbe imporle;
la madre, Begm Shnez, ha perso la vita. Nosheen, miracolosamente sopravvissuta al brutale pestaggio ma con un leggero handicap, ora vive il paradosso dell'ennesima umiliazione;
non ha nessuno, è sola a dover affrontare non solo le difficoltà della vita qui in Italia, ma anche e soprattutto il rischio di dover tornare in un Pakistan, in preda all'estremismo dilagante, che l'aspetta a braccia aperte per punirla con la morte;
cosa che stava per accadere all'italiana nata da genitori marocchini Nadia, che ha rischiato di essere espulsa in un Marocco che non aveva mai visto in vita sua, solo perché il padre è detenuto per violenza sulle figlie;
ora anche lei vive in Italia senza permesso, dopo essere stata ingiustamente rinchiusa per un mese e mezzo in un Cie, assieme a irregolari in attesa di espulsione;
su questa vicenda l'interrogante ha inviato in data 7 marzo 2012 una lettera al Presidente della Repubblica, al Ministro dell'integrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno e al sottosegretario competente per la materia;
nella stessa ha sollecitato le istituzioni competenti e interessate a trovare una soluzione ai casi suddetti, che sono identificativi dei problemi delle seconde generazioni in Italia;
l'idea suggerita, fra le altre, è la concessione della cittadinanza onoraria o per motivi di giustizia, che preserverebbe tutti questi ragazzi, in attesa di un provvedimento di legge ad hoc, dai pericoli dell'estremismo domestico o comunitario;
questa idea proviene dall'avere vissuto parte della loro storia accanto a loro come Acmid Donna, presentandosi parte civile o visitando le strutture presso le quali erano ospitate temporaneamente -:
come intenda il Governo, agire per regolarizzare la condizione delle seconde generazioni in Italia;
se intenda il Governo, studiare una modalità o un programma di protezione temporanea, nell'attesa di una disciplina normativa, per i ragazzi delle seconde generazioni che subiscono violenza o oppressione da parte delle famiglie o della comunità.
(4-15550)

BUCCHINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge 30 luglio 2002 n. 189 dispone al comma 13 dell'articolo 22 che in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995 n. 335;
per effetto di tale disposizione, secondo l'interpretazione dell'Inps di tale norma illustrata nella circolare n. 45 del 28 febbraio 2003, spetta ai lavoratori extracomunitari rimpatriati, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, la pensione di vecchiaia al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga ai minimi contributivi previsti dalla normativa allora vigente (cinque anni) per la liquidazione del trattamento secondo le regole del sistema contributivo;
si tratta di una norma che nello spirito del legislatore, attraverso l'introduzione dell'esenzione del limite minimo contributivo, intendeva ovviare alla mancanza di convenzioni bilaterali di sicurezza sociale tra l'Italia e i Paesi di immigrazione consentendo al lavoratore extracomunitario rimpatriato di non perdere i contributi versati in Italia e di perfezionare un diritto a pensione nel sistema contributivo anche in presenza di pochi anni di contribuzione accreditati in Italia;
sempre secondo l'Inps non deve, invece, ritenersi operante la deroga relativi ai requisiti minimi contributivi per i lavoratori extracomunitari rimpatriati i quali avrebbero titolo alla liquidazione della pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto;
nella circolare n. 35 del 14 marzo 2012 di illustrazione e di interpretazione del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011 recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici» che all'articolo 24 introduce norme di riforma pensionistica, l'Inps specifica che dal 1o gennaio 2012 si applicano le nuove disposizioni in materia di trattamenti pensionistici riguardanti i lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
al comma 8 della predetta circolare l'Inps puntualizza che nell'ottica del generale principio di armonizzazione cui si ispira la riforma pensionistica, i lavoratori extracomunitari con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato rimpatriati, a decorrere dal 1o gennaio 2012, conseguono il diritto alla pensione di vecchiaia al perfezionamento del requisito anagrafico di 66 anni, con conseguente applicazione degli incrementi per speranza di vita, previsto per la generalità dei lavoratori; l'Inps indica inoltre che resta fermo che tali lavoratori, se rimpatriati, possono conseguire la pensione di vecchiaia al compimento del predetto requisito anagrafico anche in deroga ai minimi contributivi previsti dalla normativa vigente per la liquidazione del trattamento secondo le regole del sistema contributivo; è ribadito che tale deroga non opera per i lavoratori extracomunitari che hanno diritto alla liquidazione della pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto;
il citato decreto-legge ha stabilito che a partire dal 1o gennaio 2012 il requisito minimo contributivo per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo è di 20 anni di contribuzione; quindi in virtù della deroga di cui al precedente comma, i lavoratori extracomunitari rimpatriati possono conseguire la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo al compimento di 66 anni di età in

deroga al requisito minimo contributivo di 20 anni di contribuzione -:
se il Ministro interrogato intenda chiarire se il lavoratore extracomunitario il quale rimpatria definitivamente nel Paese di origine e consegue il diritto alla pensione di vecchiaia al perfezionamento del requisito anagrafico di 66 anni, o successivamente per l'applicazione degli incrementi per speranza di vita, in deroga ai minimi contributivi previsti dalla normativa vigente secondo le regole del sistema contributivo, possa essere esonerato altresì - come era previsto dalla normativa previgente - dal vincolo che condiziona il conseguimento del diritto a prestazione al perfezionamento di un importo di pensione che risulti essere non inferiore a 1,5 l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 considerato che qualora il lavoratore extracomunitario rimpatriato non fosse derogato dal vincolo del perfezionamento dell'importo di pensione non inferiore a 1,5 l'importo dell'assegno sociale, pari a euro 635 nel 2012, e, presumibilmente, avesse versato in Italia solo pochi anni di contribuzione, non sarebbe in grado di perfezionare un diritto a pensione e conseguentemente si contravverrebbe allo spirito del comma 13 dell'articolo 22 della legge n. 189 del 30 luglio 2002 che sarebbe snaturato nei suoi obiettivi e non avrebbe più ragione di esistere.
(4-15551)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
già nel 2011 la Guardia di finanza di Tortona (Alessandria) aveva effettuato un primo sequestro di 20 tonnellate di cibo provenienti dalla Cina, per lo più verdure, potenzialmente pericolosi ed importati illegalmente in Italia da due diverse società di capitali situate a Milano, e riconducibile a una coppia di coniugi cinesi. L'indagine investigativa iniziata nel gennaio 2011, ha documentato il transito degli stock di prodotti alimentari surgelati, imbarcati a Shanghai, approdati al porto di Genova e da lì all'interporto di Rivalta Scrivia (Alessandria) per essere definitivamente immessi sul mercato gastronomico italiano;
le Fiamme gialle hanno scoperto che il meccanismo utilizzato per eludere le norme di importazione si basava su una serie di traduzioni approssimative delle etichette, dal cinese all'inglese e infine all'italiano, facendo passare i prodotti surgelati per prodotti congelati, categoria, quest'ultima, soggetta a una disciplina meno stringente circa i requisiti necessari per l'importazione;
nei giorni scorsi la Guardia di finanza di Tortona, nell'ambito della stessa indagine investigativa volta a verificare ulteriori analoghe importazioni illecite, ha intercettato un uomo di nazionalità cinese che operava attraverso una società di capitali di Prato, sequestrando ben 23 tonnellate di cibi direttamente presso l'interporto di Rivalta Scrivia. A conclusione delle indagini, risulta che la quantità di merce sequestrata è pari a 43 tonnellate;
negli ultimi anni i sequestri da parte delle autorità si sono più che triplicati, è aumentata anche la tendenza ad acquistare cibi a prezzi molto bassi, a scapito della qualità e della provenienza degli stessi. Ogni anno entrano illegalmente in Italia svariate tonnellate di prodotti alimentari pericolosi, per un giro d'affari stimato in circa 2 miliardi di euro, che equivalgono a quasi il 5 per cento della produzione agricola nazionale, il fenomeno colpisce particolarmente i derivati di pomodoro (+130 per cento), l'aglio (+120 per cento), le mele, i funghi e le verdure in scatola;
secondo un'indagine statistica il 75 per cento degli articoli contraffatti sequestrati

nell'Unione europea proviene dalla Cina. I prodotti più colpiti da frodi e sofisticazioni sono i sughi pronti per la pasta, i pomodori in scatola, il caffè, la pasta stessa, l'olio di oliva, le conserve alimentari e i formaggi, come nei recenti casi di mozzarella blu, da tempo già più volte denunciati dal gruppo dell'Italia dei Valori in atti di sindacato ispettivo, tutti prodotti facilmente spacciati per made in Italy, anche a causa della mancanza di obbligo di indicare in etichetta l'origine;
allo stato attuale delle cose, più che una garanzia, l'etichetta, senza alcuna indicazione della data di scadenza o di altre informazioni basilari quali il Paese di origine e la rispettiva regione o perfino falsificata come nel caso sopracitato, può rappresentare fonte di problemi perché poco chiara e soprattutto ingannevole -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative intendano assumere al fine di documentare i controlli sulle merci in ingresso nel nostro Paese, e monitorare la situazione;
quali iniziative, nel rispetto delle normative europee, intenda adottare per migliorare i sistemi di controllo sul prodotto importato anche dal punto di vista igienico-sanitario, in modo da più efficace tutela dei consumatori;
se non si ritenga utile intraprendere una iniziativa governativa a livello comunitario per ottenere un sistema di etichettatura obbligatorio dell'origine del prodotto, tutelando e valorizzando, al contempo, i prodotti agro-alimentari nazionali ed il marchio del made in Italy.
(5-06526)

FADDA, CALVISI, MARROCU e SCHIRRU. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la pesca del tonno rosso è disciplinata da disposizioni comunitarie adottate sulla base delle raccomandazioni della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (ICCAT);
a partire dal 2011 la campagna di pesca del tonno rosso è stata regolata sulla base della nuova Raccomandazione ICCAT n. 10-04 che ha modificato la precedente n. 08-05, istituendo, di fatto, un nuovo piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico Orientale e nel Mediterraneo; la nuova raccomandazione è pienamente vincolante per tutti gli Stati membri ai sensi e per gli effetti dell'articolo 216, paragrafo 2, del trattato dell'Unione europea;
la raccomandazione ICCAT ha definito i principi generali per l'applicazione da parte degli Stati membri di un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso, stabilendo restrizioni all'attività di pesca ed una progressiva riduzione del totale ammissibile di catture (TAC) allo scopo di assicurare la conservazione della specie ed uno sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche; per il 2011, il TAC assegnato all'Italia per la pesca del tonno rosso è stato di 1.787,91 tonnellate;
il suddetto contingente nazionale è annualmente ripartito, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, tra i vari sistemi di pesca autorizzati; sulla base dei dati del decreto 2011, ben il 75,961 per cento (1.643,38 tonnellate) è destinato al sistema a circuizione, mentre il 12,461 per cento (142,06 tonnellate) è destinato alla pesca con palancaro e solo il 7,830 per cento (89,03 tonnellate) alle tonnare fisse; il 2,797 per cento (33,87 tonnellate) è destinato alla pesca sportiva o ricreativa;
per la stagione di pesca 2012 il regolamento (CE) 17 gennaio 2012, n. 44/2012 ha mantenuto invariato il contingente assegnato all'Italia;
l'imminente adozione del decreto ministeriale per ripartire le quote di cattura del tonno rosso per il 2012 rappresenta una condanna certa di chiusura delle tonnare del Sulcis, in Sardegna, uniche oramai a praticare in tutto il Mediterraneo un sistema di pesca antico, tradizionale, ecocompatibile che consente di attuare al

meglio l'obiettivo comunitario che è quello del ripopolamento naturale del tonno rosso;
infatti già dallo scorso anno le quote assegnate erano insufficienti in quanto per garantire la sopravvivenza delle imprese operanti in questo particolare settore della pesca si ha bisogno, perlomeno, di 100 tonnellate a tonnara, mentre il contingente ripartito per tutto il sistema delle tonnare è pari a sole 89,03 tonnellate complessive;
il rischio è la chiusura di tale attività produttiva, il licenziamento di un centinaio di lavoratori e la cessazione definitiva dell'attività di trasformazione delle conserve di tonno che fornisce impiego stabile a decine di lavoratori, con un indotto che, nel caso del Sulcis, coinvolge centinaia di persone;
inoltre il rischio di crisi occupazionale, determinato dall'abbandono di attività secolari di pesca del tonno rappresenta una profonda ferita nelle tradizioni di un popolo che già è duramente provato dalle crisi occupazionali e produttive delle imprese Alcoa e Euroallumina;
il settore della pesca nella zona della Sardegna subisce, inoltre, forti condizionamenti e limitazioni a causa della presenza del Poligono militare di Teulada, compensati, in minima parte con indennizzi agli operatori locali per non esercitare la pesca, quindi con una privazione del loro sacrosanto diritto al lavoro;
il decreto del Ministro qualora riconfermasse le ripartizioni delle quote di cattura del tonno rosso tra le varie tipologia di pesca - nettamente penalizzanti per le tonnare fisse e il palancaro - sarebbe in netta contraddizione con le intenzioni manifestate dal Governo nel mese di febbraio 2012 quando, a conclusione dell'incontro con i rappresentanti delle istituzioni sarde, ha assunto impegni per la garanzia dei livelli occupazionali e per trovare soluzione alle numerose criticità dell'isola della Sardegna;
al riguardo è opportuno segnalare che i tassi medi di cattura stabiliti dal comitato scientifico dell'ICCAT e comunicati dalla Commissione dell'Unione europea agli Stati membri indicano una netta prevalenza del quantitativo di tonno rosso pescato mediante il metodo della tonnara fissa; in particolare i tassi medi stabiliti sono pari a 130 tonnellate per il sistema di pesca mediante tonnara fissa, pari a 34 tonnellate/70 tonnellate per il metodo mediante circuizione e 5 tonnellate 5,7 tonnellate per il metodo mediante palancaro;
la gravità degli effetti derivanti dalla riproposizione per l'anno 2012 delle ripartizione delle quote di cattura del tonno rosso tra le varie tipologie di pesca sul tessuto economico e sociale della Sardegna impone un preciso e doveroso approfondimento in sede di Consiglio dei ministri al fine di pianificare una strategia di pesca per il 2012 che, in ottemperanza a quanto stabilito dagli organismi internazionali e dell'Unione europea, dia maggiori quote alla pesca del tonno rosso mediante tonnara fissa -:
se il Ministro interrogato ritenga che la ripartizione nazionale delle quote di cattura del tonno rosso tra le varie tipologie di pesca sia in linea con quanto stabilito dal comitato scientifico dell'ICCAT laddove si stabilisce la netta prevalenza del quantitativo pescato mediante il metodo della tonnara fissa;
se il Ministro non ritenga urgente - per la salvaguardia dei livelli occupazionali degli addetti alle tonnare nonché per la tutela e la valorizzazione della fauna ittica e della specie pregiata del tonno rosso - assicurare alla pesca tradizionale del tonno rosso mediante tonnare fisse una quota di riserva complessiva pari ad almeno il 15 per cento sull'assegnazione annuale, a partire dall'anno corrente.
(5-06530)

Interrogazione a risposta scritta:

DISTASO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito dell'organizzazione del personale non direttivo e non dirigente del

Corpo forestale dello Stato (composto da personale che espleta funzioni di polizia e personale che espleta attività tecnico-scientifica, tecnico-strumentale ed amministrativa), emergono disparità di trattamento con riguardo all'accesso alle qualifiche iniziali e alla decorrenza giuridica, a seconda che si provenga dall'interno del Corpo stesso tramite concorso interno o a seconda che si arrivi dall'esterno tramite concorso pubblico;
esemplare e paradigmatico (sia sul piano del contenuto che sul piano della tempistica, poiché ci si riferisce a una vicenda cominciata nel 2004) è il caso dei vice ispettori provenienti da concorso interno;
per essi, infatti, a differenza di quanto avviene per i pari grado entrati direttamente in questo ruolo dall'esterno tramite concorso pubblico, la decorrenza giuridica corrisponde al giorno successivo la fine del corso di formazione;
tale dinamica contrasta, in particolare, con quella dei vice periti (il ruolo parallelo ed omologo a quello dei vice ispettori nel personale che espleta funzioni non di polizia) i quali al contrario, anche quando provengono da concorso interno, hanno decorrenza giuridica fissata al primo giorno dell'anno successivo rispetto a quello in cui si sono resi disponibili i posti;
la situazione sopra descritta si inserisce in un contesto nel quale le norme di riferimento (decreto legislativo n. 201 del 1995, poi modificato dal decreto legislativo n. 87 del 2001, in materia di riordino delle carriere del personale non direttivo e non dirigente del Corpo forestale dello Stato) non specificano in alcun modo la questione della decorrenza giuridica dei vice ispettori provenienti da concorso interno;
nell'ambito di tale vuoto normativo, si è andata a creare la situazione di cui sopra in virtù delle nuove previsioni appositamente varate con il decreto ministeriale 22 febbraio 2008 in materia di concorsi interni per la nomina alla qualifica di vice ispettore;
il Sindacato nazionale forestale denuncia quindi un «vulnus» normativo a danno dei vice ispettori provenienti da concorso interno, considerato pure che nel concreto tale situazione a breve andrà a coinvolgere direttamente la questione della decorrenza giuridica degli attuali allievi vice ispettori, i quali già si trovano a frequentare il corso a ben sette anni da quando nel 2004 fu bandito il concorso per vice ispettori al quale parteciparono e quindi con un'età media oramai elevata (44 anni circa);
secondo gli operatori del settore, intervenire per retrodatare la decorrenza giuridica all'inizio dell'anno successivo a quello in cui venne bandito il concorso (quindi al 1o gennaio 2005) non avrebbe conseguenze economiche e contabili significative, poiché la gran parte degli attuali allievi vice ispettori ha la qualifica di sovrintendente, che ha un parametro stipendiale pressoché identico a quello della qualifica di vice ispettore -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali iniziative di competenza ritenga di assumere per sanare l'evidente «vulnus» normativo;
se intenda assumere un'iniziativa normativa, anche intervenendo sul dettato del decreto ministeriale 22 febbraio 2008 che consenta di retrodatare al 1o gennaio 2005 la decorrenza giuridica dei nuovi vice ispettori provenienti da concorso interno, che a breve concluderanno il corso di formazione per allievi.
(4-15541)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SBROLLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le ricerche in campo medico restituiscono ogni anno nuove informazioni e

scoperte, passi in avanti che impongono cambiamenti sia in ordine alle terapie che in ordine alle eventuali diagnosi e malattie considerate sino ad oggi;
i cambiamenti ambientali e gli stili di vita che le società «avanzate» assumono hanno prodotto mutazioni che hanno anche conseguenze fisiche su molte pedone;.
l'inquinamento atmosferico e di altra natura ha determinato sindromi e malattie nuove in relazione alle quali occorre studiare e investire in ricerca e in cure tese a dare sollievo e speranza ai molti cittadini che oggi combattono questa difficile battaglia del dolore;
molte di queste «nuove» malattie sono rintracciabili nell'elenco delle malattie rare;
ad oggi, questo elenco, non comprende sindromi diffuse in tutto il territorio nazionale ma che trovano al contrario «cittadinanza» in pochissime aree geografiche del Paese;
le più diffuse patologie, non inserite nell'elenco nazionale, sono:
la sensibilità chimica multipla (MCS);
la sindrome da fatica cronica;
la fibromi algia;
l'elettrosensibilità;
si tratta di situazioni che creano disagi fortissimi a chi vive la situazione di malato e per tutto il sistema famigliare e di relazioni che gravita attorno al cittadino malato -:
se stia monitorando questa situazione di disagio su base nazionale;
se si intenda aprire un procedimento urgente di revisione dell'elenco della malattie rare riconosciute;
il Ministro della salute intenda procedere alla realizzazione di un registro nazionale capace di censire tutti i casi diagnosticati in Italia;
se, una volta riconosciute come malattie, esista la possibilità di accedere al servizio sanitario nazionale per garantire il diritto alla salute, oggi non riconosciuto, a questi cittadini.
(5-06518)

MURER. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha deciso di rimettere al giudizio della Corte di giustizia europea la norma italiana che vieta la vendita dei farmaci di fascia C soggetti a prescrizione, ma non a carico del Servizio sanitario nazionale, in quanto contraria al diritto dell'Unione europea;
la decisione del Tar Lombardia nasce da un ricorso proposto dalla titolare di una parafarmacia di Saronno (Varese) che aveva impugnato davanti ai giudici amministrativi i due provvedimenti con cui ad agosto il Ministero della salute e l'Asl cittadina avevano respinto la sua richiesta di poter dispensare al pubblico i farmaci di fascia C;
il ricorso vinto è l'ultima tappa di una lotta iniziata un anno fa circa dal Coordinamento nazionale delle parafarmacie, l'associazione di settore che raggruppa gli oltre 3800 esercizi nati nel 2006;
i motivi per cui il Tar ha deciso di rivolgersi alla Corte dell'Unione europea risiedono nella natura commerciale dell'attività professionale: nonostante le direttive europee lascino agli Stati l'organizzazione dei servizi farmaceutici nazionali, «le attività che possono essere svolte da un farmacista sono pur sempre da intendersi come esercizio di attività economiche prestate dietro retribuzione» e come tali sottoposte alle disposizioni dei Trattati comunitari;
inoltre, tutte le norme nazionali che «assoggettano discrezionalmente l'attività economica del farmacista» limitandone la libertà d'impresa «devono pur sempre scontare una verifica di compatibilità alla

luce ed in ragione dei principi europei di libera circolazione e di stabilimento»;
in particolare, proseguono i giudici amministrativi, «occorre verificare se il sistema che riserva ai titolari di farmacia in pianta organica la distribuzione dei farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica sia proporzionato e idoneo a raggiungere l'obiettivo» (ossia «un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità») o se invece non esistano «misure meno restrittive» che assicurino lo stesso obiettivo senza privare «taluni farmacisti di qualunque accesso all'attività professionale» mentre altri, già presenti sul mercato, «godono di profitti sproporzionati»;
posta la questione in tali termini, per il Tar la normativa che esclude le parafarmacie dalla vendita dei farmaci di fascia C «eccede quanto necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito, in quanto il regime di contingentamento vigente in Italia non sembra giustificato né da ragioni di controllo della salute pubblica, né di ordine economico, né per evitare gli eccessi socialmente indesiderati della concorrenza»;
la parafarmacia, infatti, «garantisce la tracciabilità del farmaco», si avvale «dei medesimi canali di rifornimento delle farmacie», utilizza «gli stessi sistemi informatici» ed è quindi costantemente aggiornata su ritiri e altre problematiche, si avvale di «farmacisti abilitati tenuti all'aggiornamento costante tramite Ecm», è dotata «di apparati e attrezzature idonee a garantire una buona conservazione e una buona distribuzione dei farmaci»;
il contingentamento del numero di esercizi farmaceutici sul territorio nazionale abilitati alla vendita dei farmaci di fascia C, è quindi la conclusione del Tar, si traduce «nella sproporzionata protezione di reddito degli esercizi esistenti piuttosto che nel conseguimento di una razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi di vendita»; si impedisce, cioè, «che attraverso l'erosione delle posizioni di rendita create da una regolamentazione restrittiva, si accresca il grado di concorrenza, restituendo al mercato la sua capacità allocativa e, tramite produzioni più efficienti, si offrano ai cittadini benefici sotto forma di minori prezzi». Di qui la decisione dei giudici lombardi di chiamare in causa la Corte del Lussemburgo per una questione pregiudiziale (cioè una interpretazione delle norme comunitarie ai fini di una sentenza nazionale);
la decisione del Tar Lombardia sembra segnare un punto a favore di quanti sostengono che debba essere autorizzata la vendita dei farmaci di fascia C nelle parafarmacie, come aveva in un primo momento ipotizzato anche il Governo, con il decreto-legge liberalizzazioni, che però ha assegnato alle parafarmacie solo la vendita dei farmaci veterinari con ricetta -:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere sul tema dell'autorizzazione alla vendita dei farmaci di fascia C in parafarmacia alla luce dei fatti sopra esposti.
(5-06520)

BUCCHINO, MIOTTO, BURTONE, PEDOTO, BOSSA, SBROLLINI, D'INCECCO e LIVIA TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'acufene è una patologia dell'udito, che in questi ultimi anni ha assunto dimensioni preoccupanti e di cui purtroppo si parla poco o comunque in maniera poco informata;
l'acufene è una sensazione auditiva, un suono continuo, costante - fischi, ronzii, fruscii, soffi, pulsazioni - percepiti in uno o in entrambi gli orecchi o addirittura nella testa che per troppo tempo è stato liquidato come un semplice fastidio ma che può invece diventare una vera e propria malattia invalidante, una tortura insopportabile tale da causare conseguenze che compromettono la qualità della vita, generando in ultima analisi ansia, nervosismo, perdita del sonno e della concentrazione;
si stima che in Italia siano decine di migliaia le persone che ne sono affette;

le numerosissime persone colpite da questo disturbo attendono da tempo che la scienza riesca a dare loro nuove e concrete speranze e che la fatidica ed angosciante frase «mi dispiace non c'è niente da fare, si rassegni a convivere con questo disturbo», ancora troppo spesso pronunciata dallo specialista alla fine della visita, venga superata da proposizioni terapeutiche efficaci;
la comunità medico-scientifica sta assumendo, di fronte al problema degli acufeni, un atteggiamento decisamente più costruttivo e risolutivo rispetto al passato ed è, proprio per questo motivo, che si stanno moltiplicando in Italia le associazioni che si occupano di questo grave fenomeno patologico a fronte però di un limitato interesse medico e scientifico da parte della società, della politica e delle istituzioni;
queste associazioni interpellano in modo drammatico il corpo politico esortando interventi mirati alla produzione di studi e ricerche scientifiche più qualificati volti all'individuazione statistica dell'incidenza dell'acufene, a una maggiore comprensione medica del fenomeno e alla ricerca delle possibili cure -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di avviare programmi di ricerca in merito a tale patologia fortemente invalidante, rispondendo così alle legittime aspettative delle numerose vittime di questo disturbo che ad oggi sono ancora senza una cura valida, duratura ed efficace e se non ritenga opportuno inserire tale patologia nell'elenco di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, al fine di dichiarare tale malattia come malattia cronica ed invalidante, così da permetterne il suo inserimento nei livelli essenziali di assistenza.
(5-06524)

MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con la legge 21 dicembre 2007 n. 244 (finanziaria 2008) all'articolo 2, comma 355 si istituiva presso il Ministero della salute, senza oneri per la finanza pubblica, un registro dei dottori in chiropratica;
l'articolo prevede che «l'iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente. Il chiropratico può essere inserito o convenzionato nelle o con le strutture del Servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme previsti dall'ordinamento»;
per l'attivazione di tale registro era prevista l'emanazione di un regolamento entro i sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa -:
quali siano stati fino ad oggi i motivi che abbiano impedito l'emanazione del regolamento in questione e quale sia, allo stato attuale, l'iter di tale provvedimento.
(5-06525)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono il quotidiano di Genova Secolo XIX, agenzie di stampa e siti internet, una donna di 65 anni è deceduta nelle ore immediatamente successive alle dimissioni dall'ospedale San Martino, dove le erano state impiantate due protesi al seno;
la vittima, secondo quanto appreso, è deceduta nella sua abitazione, stroncata da una pleurite fulminante -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica dei fatti che hanno portato alla morte della paziente e quali iniziative di competenza intenda assumere per fare piena luce sulla vicenda.
(4-15534)

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i fatti che hanno colpito tre donne (una decaduta, le altre due tuttora ricoverate sotto osservazione) dopo aver effettuato un test allergico in un laboratorio medico di Barletta sono molto gravi e impongono una serie riflessione in merito all'esistenza di laboratori che offrono prestazioni mediche senza le necessarie autorizzazioni (e quindi, come dimostrato dai fatti, senza alcuna garanzia di professionalità e sicurezza) e al tema della vendita di farmaci on-line;
secondo l'AIFA, nel mondo vi sarebbero circa 40mila siti specializzati nella vendita on-line di farmaci, molti dei quali non garantiscono alcuna sicurezza sia per la produzione che per il confezionamento;
rispondendo all'interrogazione n. 4-09526, presentata dall'interrogante il ministro della salute pro-tempore riportò una serie di misure (tra cui l'istituzione di una task-force in ambito AIFA e la partecipazione italiana ad alcune iniziative comunitarie) volte a regolare il mercato dei farmaci venduti via internet;
in una nota, l'AIFA afferma che «l'incremento registrato a livello mondiale nella diffusione di farmaci contraffatti o illegali è in larga parte riconducibile al proliferare di negozi virtuali su internet che offrono alla vendita medicinali di dubbia provenienza», aggiungendo inoltre: «Secondo l'ente statunitense LegitScript, il servizio di verifica e controllo delle farmacie on-line, l'unico riconosciuto ufficialmente dalle federazioni dei farmacisti, solo l'1 per cento delle 40mila farmacie censite sarebbe legale, ovvero controllato dalle autorità competenti. Il resto dell'esistente sarebbe invece rappresentato da farmacie false o illegali»;
pur nella consapevolezza che il mercato dei farmaci venduti on-line è di dimensioni globali e che non è realisticamente possibile bloccare gli accessi ai siti che non offrono garanzie ai consumatori, è necessario un forte impegno da parte delle istituzioni a tal proposito, anche attraverso una stretta nei confronti di quanti, oltretutto mettendo a repentaglio la reputazione della stragrande maggioranza dei medici che compiono il loro dovere con scrupolo e coscienza, svolgono attività medica in modo irregolare o addirittura abusivo -:
quali urgenti e indifferibili iniziative nell'ottica di garantire la salute dei cittadini e la professionalità dei medici, intenda assumere il Ministro interrogato in merito a quanto esposto in premessa.
(4-15547)

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
recentemente il Ministero della salute ha pubblicato (si vedano tra gli altri il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore del 22 marzo 2012) una serie di dati elaborati dall'Agenas in merito a 45 indicatori nell'attività di 1.475 ospedali sia pubblici che privati accreditati;
il dato messo in maggiore evidenza dai commenti della stampa è quello relativo alla grande disomogeneità esistente, in termini di qualità delle prestazioni erogate, sul territorio nazionale, con differenze notevoli anche nell'ambito di singole regioni;
questi dati confermano una caratteristica della sanità italiana (che è particolarmente accentuata se vista dal punto di vista del confronto tra Nord, Centro e Sud Italia) e quindi la necessità di intervenire per far si che vi sia una maggiore omogeneità;
bisogna inoltre considerare che tale disomogeneità è anche alla base del fenomeno, ancora presente nel nostro Paese, della cosiddetta «emigrazione sanitaria», che continua a vedere decine di migliaia di pazienti, soprattutto del Mezzogiorno, spostarsi verso strutture meglio attrezzate situate in altre parti dell'Italia;
bisogna garantire a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla loro area

di residenza, i medesimi livelli essenziali di assistenza sanitari che sono tutelati dall'articolo 117 della Costituzione -:
quali iniziative di competenza ritenga di assumere il Governo rispetto a quanto esposto in premessa.
(4-15548)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BIASOTTI e VELO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento ha approvato in tempi diversi disposizioni al fine di dare una risposta concreta al tema della sicurezza sociale e della circolazione;
in applicazione di tali norme il Ministero competente rende di evidenza pubblica quelli che sono i costi incomprimibili della sicurezza;
i costi tengono conto esclusivamente dell'incidenza delle voci che derivano dall'applicazione delle disposizioni sulla sicurezza della circolazione e delle norme sociali;
il Ministero assicura così il principio indispensabile che impone che i costi non derivino da accordi tra le parti bensì da una autonoma valutazione della parte pubblica, onde evitare di incorrere nella fattispecie dei patti di cartello incompatibili con le norme sulla concorrenza;
recentemente e in diverse occasioni il Ministro sia condividendo un ordine del giorno (9/4829-A/19) che per mezzo di dichiarazioni ha ribadito la volontà dell'Esecutivo di confermare, al fine di garantire la incolumità dei cittadini e degli utenti della strada, la scelta dei costi incomprimibili della sicurezza;
in modo irrituale e grave si è registrata una vera e propria invasione di campo da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che sempre ad avviso degli interroganti, stravolgendo quello che chiaramente stabiliscono le norme di legge, ha attribuito ai costi della sicurezza il valore di tariffe obbligatorie;
la stessa autorità ha sostanzialmente invitato la pubblica amministrazione a non dare seguito ad una legge dello Stato che il Parlamento sovrano ha approvato, attribuendosi competenze che non le appartengono;
a seguito di tale comunicazione, quasi vi fosse una intesa, la committenza ha invitato le imprese aderenti a non riconoscere i costi incomprimibili della sicurezza, favorendo così l'insorgere di rischi per l'incolumità dei cittadini e degli stessi lavoratori conducenti;
le associazioni responsabili hanno già fatto sapere che non rinunceranno a difendere il valore indisponibile della incolumità della vita, lasciando intendere che sono pronti a proclamare pesanti azioni di autotutela -:
se il Governo intenda garantire la massima sicurezza a coloro che esercitano sulle strada l'attività di trasporto e agli automobilisti nel pieno rispetto delle normative sulla concorrenza dando seguito agli impegni assunti dal medesimo Governo accogliendo l'ordine del giorno citato in premessa.
(5-06527)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 15 febbraio 2012 le Poste italiane s.p.a., senza ritenere necessario dare alcun preavviso alle relative amministrazioni comunali, hanno deciso unilateralmente di depotenziare la presenza di loro uffici in tre comuni madoniti: San Mauro Castelverde, Gratteri e Petralia Soprana;
in tal senso, la decisione adottata è stata quella di lasciare aperti gli sportelli solo per tre giorni alla settimana;

il comune di San Mauro - per esempio - disponeva di due impiegati ma, una volta raggiunta la pensione per uno dei due, la dirigenza di Poste italiane s.p.a. non ha mai provveduto ad una sostituzione riducendo tout court il servizio con grave disagio per tutta la popolazione;
infatti, il summenzionato comune dista più di 30 chilometri dagli altri uffici postali disponibili nel territorio;
per questo, gli abitanti di San Mauro hanno manifestato raccogliendo più di settecento firme in calce ad una petizione;
il 20 febbraio 2012, i sindaci dei comuni sopraindicati hanno incontrato il dottor Riccardo D'Amico, direttore dell'Agenzia poste Palermo 2, che ha riconosciuto l'incidenza negativa del provvedimento sulla vita complessiva dei comuni assicurando il suo impegno per l'invio di altro personale;
tuttavia, all'impegno non sono seguite azioni concrete e, pertanto, il sindaco di Gratteri, Giuseppe Muffoletto, con telegramma inviato al dottor Riccardo D'Amico, ha preso atto con rammarico del mancato invio delle unità di personale promesse per consentire l'apertura della filiale -:
quali iniziative intenda adottare per ripristinare il servizio anche in vista delle nuove esigenze complessive di personale che saranno definite a breve ai fini di trasferimenti interregionali.
(4-15539)

EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel «processo verbale di constatazione», redatto dall'Agenzia delle entrate nel luglio 2010, è stata contestata all'azienda Sigma Tau una presunta evasione fiscale attraverso una procedura chiamata «transfer pricing»;
la procedura sospetta del «transfer pricing» consiste in un trasferimento illecito di valore da una società del gruppo a una consociata estera che pagherà le tasse al posto della prima. Ma se la consociata estera è collocata in un paradiso fiscale il guadagno è notevole;
la Sigma Tau è il secondo operatore farmaceutico in Italia e ha consociate in Francia, Svizzera, Olanda, Portogallo, Spagna, Germania, Regno Unito, India, Stati Uniti e Sudan;
secondo quanto trapela dalla citata relazione di 117 pagine fatta dall'Agenzia delle entrate, il trasferimento di valore sarebbe stato fatto a favore della Defiante, consociata portoghese della Sigma Tau, con sede a Madeira, paradiso fiscale di molti imprenditori nostrani; inoltre, gli ispettori del fisco contesterebbero alla Sigma Tau una procedura di evasione fiscale non solo particolarmente sofisticata, per quanto comunemente diffusa, ma tale da pregiudicare i bilanci del gruppo e giustificare, così, la cassa integrazione di 570 lavoratori;
per la Defiante, la Sigma Tau avrebbe svolto anche l'attività di produzione e rivendita di prodotti (il Bentelan o il Betnesol per esempio) assumendosi costi e rischi che avrebbero dovuto essere adeguatamente compensati. Gli ispettori si sono chiesti se «le determinazioni dei prezzi di trasferimento siano conformi alla normativa in materia di transfer pricing» stabilite dalla legge. La risposta è stata negativa perché secondo i verbalizzanti «la Sigma Tau avrebbe erroneamente quantificato (...) i componenti di reddito derivante dalle transazioni intercorse con diverse società appartenenti al medesimo Gruppo». Facendo un confronto con società comparabili si è scoperto, per esempio, che mentre il livello medio di profittabilità dell'attività in questione è del 6,6 per cento, la Sigma Tau nel 2007 subisce una perdita del 16,1 per cento. «I prezzi di vendita applicati alla Defiante non permetterebbero di far fronte ai rilevanti costi di produzione» in contro tendenza rispetto ai risultati ottenuti con le altre consociate;
dall'articolo de il Fatto Quotidiano del 19 febbraio 2012 e dalla trasmissione

televisiva Presadiretta in onda lo stesso giorno, si evidenzia che: «facendo i raffronti con società analoghe e comparabili gli ispettori hanno quantificato in 11,55 milioni di euro i minori ricavi che la Sigma Tau ha contabilizzato in Italia evadendoli al fisco. I minori ricavi del 2007 sono già la metà delle denunciate da Sigma Tau nel 2010 pari a 20 milioni di euro. Defiante, inoltre, come mostrano gli approfondimenti fatti da Presadiretta, moltiplica tra il 2000 e il 2010 il suo patrimonio netto portandolo da 31 a 310 milioni di euro. Nello stesso periodo il patrimonio dell'azienda italiana, passa da 123 a 34 milioni di euro. Solo che a Madeira, sede della Defiante, praticamente non si pagano le tasse e solo recentemente sono state introdotte aliquote dell'1, 2 e 3 per cento. L'Iva è al 13 per cento, la più bassa d'Europa. In Italia, invece, Sigma Tau ha avviato una ristrutturazione pesante con la cassa integrazione e il ridimensionamento del centro di ricerca»;
dai media sopra citati si evince ancora che: «a Madeira, sede della Defiante, praticamente non si pagano le tasse e solo recentemente sono state introdotte aliquote dell'1, 2 e 3 per cento. L'Iva, invece, è al 13 per cento, la più bassa d'Europa. In Italia, invece, Sigma Tau ha avviato una ristrutturazione pesante con la cassa integrazione e il ridimensionamento del centro di ricerca...risulta sia stata Banca Intesa, infatti a finanziare, con 300 milioni di euro, l'acquisto dalle attività statunitensi legate alle malattie rare della Enzon, acquisto che ai lavoratori è sembrato l'avvio di uno spostamento all'estero (negato decisamente dall'azienda). Banca Intesa possiede poi il 5 per cento di Sigma Tau Finanziaria Spa. -:
quali iniziative intenda intraprendere volte a garantire un futuro all'azienda e ai lavoratori;
quali chiarimenti intenda fornire soprattutto in riferimento a quanto riportato nel corso del servizio giornalistico citato in premessa.
(4-15553)

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Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Binetti e altri n. 1-00946, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Volontè.

La mozione Mogherini Rebesani e altri n. 1-00971, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marco Carra, Pezzotta.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e altri n. 4-04564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e Fava n. 4-04566, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04588, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e altri n. 4-04747, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04755, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e Desiderati n. 4-04770, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta

del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e altri n. 4-04771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-04837, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-10407, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-10408, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta in Commissione Allasia n. 5-05564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Goisis.

L'interrogazione a risposta scritta Albini n. 4-15491, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Toccafondi.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-15519, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Bitonci e Montagnoli n. 5-06514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Amico.

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Esposito n. 1-00711 del 15 settembre 2011;
mozione Osvaldo Napoli n. 1-00804 del 12 gennaio 2012;
mozione Misiti n. 1-00944 del 19 marzo 2012;
mozione Allasia n. 1-00961 del 23 marzo 2012;
mozione Toto n. 1-00965 del 26 marzo 2012;
mozione Delfino n. 1-00966 del 26 marzo 2012;
mozione Marmo n. 1-00977 del 28 marzo 2012.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-00680 del 26 novembre 2008.

Ritiro di una firma da interrogazione a risposta scritta.

Interrogazione a risposta scritta Castiello e altri n. 4-15278, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2012: è stata ritirata la firma del deputato Pili.

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ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta orale Melis n. 3-02170 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 610 del 23 marzo 2012.
Alla pagina 29265, seconda colonna, alla riga trentottesima deve leggersi: «titulo i locali suddetti (in realtà componenti» e non «titulo i locali suddetti (in realtà competenti», come stampato.