XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 16 aprile 2012

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MAGGIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la cosiddetta «rivoluzione algerina» ha causato dal 1990 al 2001 quasi 200.000 morti (corriere.it del 19 febbraio 2011 «in Algeria la memoria della violenza frena la rivolta, come in Libano» di Lorenzo Cremonesi);
fonti in lingua araba e francese riportano che le vittime sarebbero ben superiori alla cifra di 200.000 morti, quasi tutte donne;
le donne furono infatti vittime di una violenza indiscriminata, sottoposte a torture, stupri, violenze fisiche e morali, carcerazione e morte per sgozzamento;
nell'estate del 2001 decine di donne lavoravano presso Hassi Messaoud, la più importante base petrolifera nel Sahara algerino, a 800 chilometri dalla capitale. Facevano le pulizie nelle case degli stranieri e presso le multinazionali che lì avevano sede;
abitavano nelle baracche di El Haicha per ottomila dinari al mese e ne davano gran parte al datore di lavoro che le impiegava come manovalanza a bassissimo costo;
vivevano sole, senza i mariti. E soprattutto lavoravano. Elementi sufficienti a scatenare la rabbia della gente che parlava della baraccopoli come di un covo di prostitute;
la miccia fu una predica del venerdì dell'imam Amar Taleb: erano queste donne, nelle parole dell'imam estremista, le responsabili della dissoluzione dei costumi e per questo andavano punite;
Taleb non fece altro che riproporre i sermoni che il Fronte islamico della salvezza (Fis) gridava per il Paese durante il grande terrore degli anni Novanta;
quel giorno una banda di circa 300 estremisti uscì dalla moschea e si diresse verso El-Haicha, picchiando, violentando, torturando e sottoponendo ad ogni sorta di sevizie e mutilazioni tutte coloro che trovarono;
ne torturarono 39, violentandole a turno. Usarono bastoni e spranghe di ferro. Tagliarono organi sessuali e segni di femminilità, seppellendo vive la maggior parte delle donne vittime del massacro;
lo stupro di massa, le sevizie, le violenze e le torture durarono per oltre cinque ore prima che la polizia locale intervenisse;
molte delle donne coinvolte sono morte prima di arrivare negli ospedali o prima di essere sottoposte a cure contro le sevizie subite;
il processo ai responsabili, svoltosi davanti al tribunale criminale di Ouargla nel mese di giugno del 2002, si concluse con una manciata di lievi condanne;
solo tre accusati vennero condannati a pene da uno a tre mesi di prigione, con le imputazioni di incitamento alla sommossa e furto. Su di una quarantina di vittime dell'aggressione solo tre hanno resistito in tribunale fondo in fondo;
dopo le proteste di associazioni dei diritti umani in Algeria, il processo di appello, apertosi a Biskra il 16 dicembre 2004, ha ribaltato il giudizio di primo grado infliggendo pesanti condanne a quasi tutti gli accusati;
l'episodio di Hassi Messaoud è significativo in relazione all'eccidio legalizzato e dalle proporzioni ancora non perfettamente quantificabili, della popolazione algerina e in particolare della sua componente femminile;
si sono infatti registrati eccidi di massa e uccisioni di donne poi gettate in fosse comuni nelle città di Algeri, Tadjena, Costantina, Boumama, Larbaa, Meftah e Eucalyptus («il triangolo della morte»), Orano, la regione del Kwaili (roccaforte

delle frange estremiste), Tebessa, Bentalha, Lakhdaria, Saida, Blida, Ain Defla, Medea, Antar Zouabri, Sidi Ahmed, Zouya;
la stragrande maggioranza delle donne algerine uccise, massacrate e sgozzate in questa guerra civile giace ancora sotto terra, in fosse comuni che aspettano solo di essere trovate e aperte per rendere giustizia a chi ha testimoniato con la sua vita l'ascesa e la presa del potere dell'estremismo di matrice islamica in Algeria;
le donne uccise in quei massacri, di cui ancora debbono essere aperte le fosse comuni, rappresentano l'inizio di una resistenza femminile di massa all'estremismo islamico che ha devastato l'Algeria;
le famiglie di quelle donne ancora chiedono le salme o quel che ne rimane per poter celebrare i propri defunti;
peraltro, in virtù dell'accordo del FIS con l'attuale presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, che ha permesso ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di insabbiare colpevolmente quel periodo di violenze atroci con un'amnistia, le famiglie delle vittime di quei massacri sono costrette a nascondersi o ad emigrare per non essere rintracciate e sanzionate socialmente e correre dei rischi per la propria incolumità,


impegna il Governo


ad assumere le iniziative di competenza per dedicare il 17 luglio di ogni anno alla memoria delle donne algerine, in ricordo di una intera popolazione femminile caduta per la libertà e per i diritti, ad opera dell'estremismo, giornata che non è riconosciuta da alcun ordinamento statuale anche straniero, il che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dimostra la netta e distinta volontà storica e politica di insabbiare il sangue delle donne algerine massacrate da un fondamentalismo liberticida e assassino.
(1-01008)
«Sbai, Scelli, Lisi, Laboccetta, D'Alessandro, Ventucci, Savino, Fiano, Stracquadanio, Renato Farina, Mazzocchi, Porcu, Paglia, Pianetta, Stradella, Beccalossi, Antonione, Sardelli, Pugliese, Nola, Maurizio Turco, Zamparutti, Bernardini, Barbato, Palagiano, Mantini, Mantovano, Faenzi, Calabria, Pelino, Bellotti, Castiello, De Corato, Armosino, Ciccioli, Fitto, Aracri, De Angelis, Granata, Di Virgilio, Consolo, Angela Napoli, Raisi, Menia, Rampelli, Speciale, Holzmann, Pagano, Carlucci, Negro, Munerato, Laura Molteni, Anna Teresa Formisano, Fallica, Stagno d'Alcontres, Terranova, Pittelli, Gava, Lainati, Scilipoti, Cossiga, Milanese, Del Tenno, De Camillis, Garagnani, D'Anna, Gianni, Barbieri, Ascierto, Vignali, Scandroglio, Lehner, Laffranco, Contento, Berruti, Saltamartini, Razzi, Moles, Abrignani, Nicolucci».

La Camera,
premesso che:
nel prossimo mese di maggio 2012 si svolgerà a Chicago il summit dei diversi Paesi appartenenti alla Nato. I punti di partenza non paiono del tutto convergenti. In particolare, molti dei partecipanti registrano differenti posizioni per quanto riguarda i rapporti con la Russia e la questione della sicurezza internazionale. Prima di questo summit, a Camp-David, si terrà un incontro con otto potenze internazionali;
al vertice avrebbe dovuto partecipare anche la Russia, ma pochi giorni fa il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha reso noto che non si terrà il summit con la Federazione russa;
Rasmussen a riguardo ha dichiarato: «Ho personalmente discusso la questione con il neoeletto presidente Putin, con il quale abbiamo convenuto che la data prevista per il summit di Chicago Nato-Russia risulta attualmente problematica, in quanto al momento il calendario politico russo è già fitto di impegni riguardanti la politica nazionale. Confermo, invece, che ci sarà il prossimo mese un incontro con il Ministro degli affari esteri russo, a dimostrazione che continuiamo a credere nel dialogo e in un'effettiva collaborazione. Cosa che proseguirà tanto prima quanto dopo il summit di Chicago, poiché il dialogo con la Russia continuerà anche nel futuro»;
il segretario stampa di Putin ha confermato, affermando che «al momento non sono in atto preparativi per il summit di Chicago»;
appare evidente che la questione del disarmo nucleare passa inevitabilmente dalla distensione dei rapporti tra Usa e Russia. Se le due superpotenze non troveranno un accordo sul percorso da seguire, nessun altro Paese potrà rivendicare la possibilità di intervenire in maniera concreta;
in questo senso sia il vertice dei Ministri degli esteri del 14 aprile 2011 tenutosi a Berlino in occasione del quale è stato sottoscritto da parte di Polonia, Norvegia, Germania e Paesi Bassi un «non-paper sul rafforzamento della trasparenza e della fiducia in relazione alle armi nucleari tattiche in Europa» indirizzato al Segretario generale della Nato, sia il vertice del G8 del 27 maggio 2011 a Deauville, in Francia, durante il quale è stata approvata la «Dichiarazione sulla non proliferazione e sul disarmo» con la quale si è riaffermato il sostegno incondizionato al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) ed è stato rivolto un appello «a tutti gli Stati non ancora parti del trattato di non proliferazione (Tnp), della Convenzione sulle armi chimiche (Cwc) e della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche (Btwc), ad aderire senza indugio», risultano depotenziati nella loro portata;
su un eventuale percorso comune tra Usa e Federazione russa incidono diversi fattori che lo rendono decisamente più complicato: l'interventismo americano nel Mediterraneo; l'opposizione di Mosca circa la politica di alcuni Paesi occidentali in Medio Oriente, con riferimento sia alle operazioni in Libia, sia al blocco degli interventi nella questione siriana; la differenza di approccio per quanto riguarda il problema iraniano. Infine, appare evidente che

la decisione americana di proseguire il programma missilistico di difesa europeo non può che aumentare le divergenze emerse tra Stati Uniti e Russia;
al summit di Seul sulla sicurezza nucleare Dimitri Medvedev e Barack Obama si sono incontrati per l'ultima volta in qualità di Presidenti dei rispettivi Paesi;
si è discusso dello status attuale degli arsenali nucleari e della possibilità di ulteriori riduzioni degli armamenti dopo quelle concordate nel nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (New Strategie Arms Reduction-Treaty-New Start) firmato nell'aprile del 2010;
inevitabilmente si è parlato però, soprattutto, del sistema di difesa antimissile che gli Stati Uniti e la Nato intendono dispiegare in Europa in varie fasi tra il 2012 e il 2020, sistema che la Russia vede come una minaccia diretta al suo arsenale nucleare;
l'allora Presidente uscente della Federazione russa Medvedev ha affermato che, anche per il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari, si era raggiunto un accordo all'ultimo momento. Stavolta, però, la strada è in salita. Non si tratta, infatti, di scrivere un trattato a tappe forzate, ma di individuare anche una posizione e finalità comuni che ancora mancano. Lo stesso Medvedev aveva parlato in toni poco conciliatori alla vigilia del summit di Seul, sottolineando che il Cremlino non si fida delle rassicurazioni verbali della Nato;
la rottura con la Russia non appare sostenibile anche per motivi strategici. La Russia, al momento, resta uno dei principali Paesi di transito per i rifornimenti delle truppe della Nato stanziate in Afghanistan. Di recente, Mosca ha annunciato la sua disponibilità a concedere l'uso della base aerea russa di Ulyanovsk alla Nato per facilitare i rifornimenti alla missione Isaf Russia e Nato collaborano, inoltre, nella lotta alla pirateria a largo delle coste somale e nella prevenzione di attacchi terroristici;
trovare un accordo con la diplomazia russa appare, quindi, fondamentale, ma non può essere limitato alla sola questione del progressivo disarmo nucleare; l'accordo non può che riguardare molte se non tutte le questioni attualmente aperte;
certamente l'aspetto più diretto e importante dei rapporti di sicurezza tra Russia e Occidente riguarda proprio gli arsenali strategici nucleari. Per continuare la marcia verso il disarmo nucleare, invocato da Obama a Praga nell'aprile del 2009, è necessario però lavorare concretamente ad ulteriori riduzioni degli arsenali, includendo nelle trattative anche i Paesi con arsenali nucleari più piccoli;
appare necessario raggiungere un accordo sul ritiro delle armi nucleari tattiche in Europa, un pericoloso lascito della Guerra fredda. Più piccole delle testate nucleari «ordinarie», queste armi erano state studiate per l'impiego sul campo di battaglia, con il fine di arrestare l'avanzata di forze convenzionali numericamente superiori;
i sistemi di difesa da missili balistici erano già stati messi al bando da Usa e Urss con il trattato anti-missili balistici del 1972, proprio per le conseguenze nefaste che avevano per la corsa agli armamenti, incoraggiando lo sviluppo di missili offensivi sempre più potenti. Il trattato fu denunciato dall'amministrazione Bush nel 2002, provocando già allora forti critiche da Mosca;
il rapporto, dunque, su cui puntare resta quello tra Usa e Russia, rapporto sul quale il nostro Paese è riuscito ad intervenire positivamente nel recente passato. L'incontro di Pratica di Mare del 2002 può rappresentare una data storica; è stato quell'incontro ad aprire la strada alla nascita del Consiglio Nato-Russia e nel 2010 va ricordato che al vertice di Lisbona proprio quell'incontro è stato celebrato da tutti i leader europei, come momento fondamentale nell'evoluzione dei rapporti tra le superpotenze,


impegna il Governo:


a svolgere in tutte le sedi internazionali un ruolo di sostegno alle misure

di disarmo e di non proliferazione nucleare, in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago;
a rilanciare a livello internazionale l'iniziativa diplomatica di Pratica di Mare, come modello di riferimento per lo sviluppo delle relazioni con la Federazione russa, facilitando in questo modo la collaborazione ed il dialogo tra Nato e Federazione russa, nell'ottica di un progressivo ed efficace programma di disarmo nucleare;
ad adoperarsi per rilanciare le attività del Consiglio Nato-Russia (NRC);
a sostenere l'opportunità di ridurre ulteriormente il numero di armi nucleari tattiche in Europa, nella prospettiva della loro progressiva eliminazione, in un quadro di reciprocità coerentemente con il nuovo Concetto strategico approvato a Lisbona;
a contribuire nelle sedi internazionali proprie, in coerenza con gli obiettivi già indicati dal vertice G8 dell'Aquila, alla piena realizzazione degli impegni assunti a conclusione della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare del maggio 2010.
(1-01009)
«Ossorio, Nucara, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il programma di riforme economiche approvato a Lisbona dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea nel 2000,

cosiddetta Strategia di Lisbona, aveva come obiettivo, espressamente dichiarato, quello di fare dell'Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010;
pertanto, oltre 10 anni fa la strategia di Lisbona individuava un obiettivo preciso e ambizioso per l'Unione europea: «diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale»;
i dati più recenti testimoniano come non solo l'Italia non abbia posto in essere azioni adeguate per raggiungere tali obiettivi ma come nell'ultimo decennio il divario con gli altri Paesi europei sia costantemente aumentato;
l'Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2 per cento al Pil, meno della metà di Francia e Germania, dunque, il potenziale di crescita e enorme, ma mancano capacità e fondi;
gli interventi sul settore culturale, intesi come valorizzazione dei molteplici beni culturali e come sostegno ed qualificazione delle università e degli istituti di ricerca, possono costituire stimolo al decollo di imprese innovative e rilanciare il turismo: basti pensare che una ricerca presentata nel 2010 calcolava in 3,8 milioni di unità, l'occupazione legata alla filiera produttiva che ruota intorno al patrimonio culturale;
la miopia culturale ed economica di una politica di tagli nei settori della formazione e della ricerca è stata denunciata già nel «Manifesto per la ricerca in Europa» promosso nel 1996 dall'Istituto Italiano per gli studi filosofici di Napoli;
anche il Presidente della Repubblica, in occasione della XX Giornata Fai (Fondo ambiente italiano) di primavera, ha affermato «Dobbiamo essere tutti convinti che se vogliamo più sviluppo bisogna saper valorizzare la risorsa della cultura»;
per «cultura» si deve intendere una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, ricerca scientifica e conoscenza, tutela e valorizzazione dei beni culturali, sviluppo della fruizione e della produzione culturale, in questo senso il rapporto dialettico tra sviluppo economico ed culturale rappresenta un volano per la crescita produttiva e sociale;
il ruolo della cultura e del sistema di formazione in particolare risiede nell'attuazione del principio delle pari opportunità, nella realizzazione del merito reale e nella garanzia di quella mobilità sociale indispensabile in una società democratica;
la politica dei tagli degli ultimi anni che i firmatari del presente atto ritengono sconsiderata ha messo in ginocchio tutti i settori della cultura, dalla scuola all'università, alla ricerca, ai beni culturali determinando un'allarmante situazione generalizzata di regresso e di forte riduzione della mobilità sociale;
in particolare, si è proceduto a sottrarre sempre più risorse economiche dal nostro sistema di istruzione fino ad arrivare al taglio epocale di più di 8 miliardi di euro, effettuato in applicazione dell'articolo 64 della finanziaria estiva del 2008 (decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni della legge n. 133 del 2008) che ha inferto un colpo letale al mondo della scuola;
il sistema di istruzione pubblica italiano è stato privato di circa 90.000 insegnanti negli ultimi tre anni e che il decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011 (l'articolo 19 comma 7), nell'impedire, a partire dall'anno scolastico 2012/2013 un'integrazione degli organici rispetto all'anno scolastico precedente, di fatto ha determinato l'impossibilità di creare nuovi posti di lavoro per accogliere i giovani che usciranno dai corsi di tirocinio formativo attivo;
il precariato scolastico, che conta ormai oltre 200.000 insegnanti abilitati, è diventato un elemento strutturale del sistema,

anche a causa delle suddette politiche che hanno impedito un graduale assorbimento di chi, dopo aver superato procedure concorsuali, per anni ha prestato la propria professionalità, garantendo di fatto il funzionamento della scuola pubblica;
i finanziamenti al sistema di istruzione pubblica, mai veramente adeguati alle sue reali esigenze, sono ulteriormente diminuiti con l'acuirsi della crisi economica e l'impennata del debito pubblico: nel 2010 essi sono crollati alla soglia del 4,2 per cento del PIL (dato, sic stantibus rebus, destinato ad un ennesimo decremento) a fronte di una media europea intorno al 6 per cento mentre fino agli anni novanta la percentuale italiana di investimento in istruzione rispetto al PIL era pari a 5,5 per cento;
la dispersione scolastica conta numeri allarmanti: il 18,8 per cento dei giovani 18-24enni abbandona gli studi senza conseguire un titolo di scuola media superiore o una qualifica professionale (la media europea è pari al 14,1 per cento); vanno peggio i maschi che sono il 22 per cento, il mezzogiorno e le periferie delle metropoli; con la crisi economica si è interrotto il progressivo miglioramento che dal 2004 al 2010 aveva ridotto di quattro punti la dispersione scolastica;
nel triennio 2009-11, contestuale all'iter e all'approvazione definitiva della legge di riforma universitaria, gli atenei sono stati sottoposti a una sorta di «condizione emergenziale» in materia di risorse e di assunzioni, come confermato dal calo del fondo di finanziamento ordinario (-7,3 per cento nominale nel triennio 2009-11) e del personale docente e ricercatore (-10,5 per cento nel triennio 2009-11);
oggi i giovani italiani tra i 30 e i 34 anni che hanno conseguito un titolo di studio universitario rappresentano una percentuale pari al 19,8 per cento a fronte di una media Ocse, pari al 37 per cento;
non si può chiedere alle università italiane, a fronte di un numero di docenti drammaticamente in calo (-10,5 per cento nel triennio 2009-2011) e di una conseguente offerta formativa pericolosamente decurtata, di continuare a ridimensionarsi anche negli anni successivi al triennio «emergenziale» appena trascorso;
in questa fase, dopo i durissimi sacrifici dell'ultimo triennio e dell'ultimo semestre in maniera particolare, il Paese deve ricominciare a crescere e a questa crescita non può né deve sottrarsi l'università che ne è motore fondamentale;
anche la capacità di intercettare fondi di ricerca, in particolare europei, risente del basso numero di ricercatori italiani in relazione alla popolazione, se confrontato con quello degli altri Paesi. È anche per questo motivo che l'Italia intercetta una frazione di fondi europei per la ricerca inferiore al contributo del Paese all'ammontare complessivo degli stessi. Un'ulteriore riduzione del numero di docenti e di ricercatori avrebbe un immediato riflesso negativo sulla capacità del sistema di competere nel contesto europeo;
la situazione strutturale del diritto allo studio contempla regolarmente un'insufficienza di fondi per garantire gli idonei, un quarto dei quali è non beneficiario e questo ha già determinato uno sforzo delle regioni che pesa sempre tramite il corrispondente incremento delle tasse universitarie su studenti e famiglie, tanto che negli ultimi mesi, inoltre, le regioni stanno avendo difficoltà anche a garantire i pagamenti degli idonei;
gli investimenti nel diritto allo studio ci vedono agli ultimi posti in Europa, quando invece Germania e Francia investono fino a 10 volte più dell'Italia;
dai dati relativi a un campione di ventisei università statali, negli ultimi quattro anni il numero di borse bandite è sceso da 5.701 nel 2009 a 4.229 nel 2012 (con una riduzione del 25,8 per cento). Nell'ultimo anno la situazione varia moltissimo da un'università all'altra: se Trieste ha incrementato le borse del 17,4 per cento

(portandole da 109 a 128), Catania le ha invece drasticamente ridotte da 251 a 48 (con un taglio netto dell'80,9 per cento); complessivamente, però, il trend è negativo;
circa il precariato universitario, il dato principale che emerge da un'attenta analisi dell'Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) sulla situazione negli atenei a un anno dalla Riforma Gelmini è che i ricercatori restano senza alcuna prospettiva di carriera accademica nell'università italiana, dove ormai il precariato «in ingresso» è diventato strutturale e la stabilizzazione per la maggior parte delle nuove leve della ricerca non arriverà mai; a tal proposito è necessario ricordare che attualmente circa il dell'attività didattica negli Atenei si fonda sul lavoro precario e spesso non retribuito;
dall'analisi succitata, si riporta un dato allarmante: nell'ultimo anno i ricercatori precari sono passati da 33.000 a 13.400, mentre quelli strutturati si sono ridotti solo di 400 unità (passando da 23.800 a 23.400). Pertanto questi quasi ventimila precari sono stati «espulsi» dal sistema accademico: niente rinnovo, niente tutele, niente università. Un risultato dovuto principalmente alla costante riduzione dei finanziamenti ministeriali e al blocco del turn-over. L'Adi stima che l'85 per cento degli assegnisti di ricerca odierni non potrà intraprendere la carriera universitaria;
attualmente su ricercatori e docenti precari si reggono in maniera essenziale la didattica e la ricerca nel nostro Paese. Prima della Riforma Gelmini il 40 per cento della didattica era svolto da personale precario, mentre adesso sui 20.000 precari in procinto di uscire dal circuito accademico si basano attività strutturali ed ordinarie di didattica e ricerca;
in questo quadro, proprio in relazione alla preclusione di ogni possibilità di carriera per i precari, va infine segnalato che a seguito dello schema di decreto n. 437 che da poco ha ricevuto parere favorevole in Commissione Cultura, che attua la delega della legge n. 240 del 2010, si riduce in maniera drammatica le possibilità di reclutamento e avanzamento di carriera e si dimezza le possibilità di utilizzo delle risorse per cessazioni, al punto che se nel 2010 gli Atenei in media sono riusciti a mantenere un reclutamento pari al 41 per cento circa dei pensionamenti, per via del già, ad avviso dei firmatari del presente atto, dannoso decreto-legge n. 180 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 1 del 2009, d'ora in poi la percentuale media, stando alle simulazioni del Ministero dell'università, dell'istruzione e della ricerca, sarà almeno dimezzata. A fronte di tutto questo, il nostro Paese si trovava già nel 2010 quartultimo su 29 Paesi OCSE nel rapporto studenti-docenti;
la situazione è anche peggiore per quanto concerne i beni culturali, in cui il nostro Paese ha investito nel 2010 solo lo 0,21 per cento del PIL, un valore tanto basso da mettere a rischio la tutela anche del patrimonio culturale più prezioso e noto come l'area archeologica di Pompei, il Colosseo, l'archivio nazionale, mentre il blocco delle assunzioni sta paurosamente depauperando la capacità dello Stato di assicurare la normale attività di tutela, affidando tale attività a interventi straordinari o al solo intervento del privato;
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) nel 2009 ammontava a 457 milioni di euro; per il 2011, dopo continue decurtazioni, il FUS poteva contare solo su 258 milioni di euro; con il congelamento di 27 milioni di euro, si è arrivati ad un record negativo di 231 milioni di euro, con evidente grave pregiudizio per tutti gli addetti del settore;
anche nel settore dei beni e delle attività culturali stanno crescendo forme di precariato privo totalmente di tutele, comprese quelle previste dalle nuove norme sul mercato del lavoro e sta mettendo a rischio le nuove attività produttive e libero professionali, pur cresciute negli ultimi anni;
investire nell'intero settore culturale, con strategie di lungo periodo, serve

alla crescita, bisogna quindi invertire completamente la pratica, consueta negli ultimi tempi, di considerare le risorse destinate alla cultura come spese inutili o comunque non prioritarie stante la situazione di crisi economica e dei conti pubblici;
investire sulla cultura è una delle principali strade percorribili dal nostro Paese per uscire dalla crisi che, ormai, non è più solo economica, ma investe in maniera profonda e strutturale la radice stessa della nostra società. I freddi dati numerici lo testimoniano: il suo indotto, fatto di turismo, nuove imprese, localizzazioni straniere e investimenti esteri, frutta ogni anno al Paese 68 miliardi di euro, il 5 per cento della ricchezza totale, dando lavoro ad oltre 1 milione e mezzo di persone, il 5,7 per cento del dato nazionale;
nel triennio 2007-2010, il valore aggiunto delle imprese della cultura è cresciuto del 3 per cento: 10 volte l'economia italiana (+0,3 per cento), registrando un attivo di 13,7 miliardi di euro, su un'economia complessiva di 29,3 miliardi. L'export del settore vale 30 miliardi di euro e rappresenta l'8,9 per cento dell'export nazionale (dati Istituto Tagliacarne, 2011);
in queste settimane, a difesa della cultura e della ricerca sono scesi in campo soggetti e interlocutori sociali eterogenei tra loro, persino il quotidiano Il Sole 24 ore ha avviato una mobilitazione intorno alla difesa e al rilancio della cultura italiana quale fattore critico del rilancio del Paese, tanto da affermare che: «La cultura e la ricerca innescano l'innovazione, e dunque creano occupazione, producono progresso e sviluppo»;
la cultura, in una parola, deve tornare al centro dell'azione di governo; si tratta di una condizione imprescindibile per il futuro dei giovani. Chi pensa alla crescita senza ricerca, senza cultura, senza innovazione, ipotizza per loro un futuro da disoccupati, e inasprisce uno scontro generazionale senza vie d'uscita;
offrire ai precari e ai giovani prospettive ragionevolmente certe di un futuro lavorativo stabile, in particolare a quelli che in questi anni hanno lavorato in modo discontinuo, pur essendo dotati di formazione e abilitazione professionale, diventa essenziale per restituire speranza al Paese e a milioni di famiglie italiane;
il settore della cultura nei suoi vari aspetti necessita dunque di risorse certe e continuative, e che alcune possibili fonti di finanziamento possono essere le seguenti:
a) in seguito alla spending review di cui è incaricato un gruppo di lavoro presieduto dal Ministro per i rapporti col Parlamento Giarda, si possono distribuire in maniera più intelligente i tagli lineari definiti con le manovre di finanza pubblica recuperando finanziamenti per i settori della conoscenza e della cultura;
b) si possono innalzare le aliquote del prelievo erariale unico (PREU) sui giochi unificandole ad un'aliquota unica del 15 per cento disposizione che determinerà un maggior gettito di almeno un miliardo e mezzo di euro all'anno;
c) si possono ridurre le spese militari a partire dalla soppressione del programma degli F-35 e destinare i relativi fondi a spese di pace e certamente più utili per la crescita del nostro Paese;
d) infine, si può procedere senza ulteriori indugi all'asta delle frequenze televisive accantonando definitivamente la procedura del cosiddetto beauty contest,


impegna il Governo:


ad adottare politiche che concentrino risorse aggiuntive sul settore della conoscenza, individuando fonti di finanziamento reperibili nell'immediato, anche operando una selezione delle priorità e delle urgenze di sviluppo;
a non perdere di vista l'importanza di investire nella scuola, nella preparazione dei nostri giovani, nella valorizzazione dei saperi, anche restituendo al ruolo dei docenti la centralità che loro compete,

affinché il nostro diventi un sistema di istruzione veramente innovativo e capace di interpretare la complessità del presente e di garantire più certezze nel futuro;
a programmare la costruzione di un sistema integrato e trasversale che coinvolga formazione, università, nuove tecnologie e linguaggi plurimediali, biblioteche, editoria, eventi, musei, valorizzazione del patrimonio artistico, start-up, turismo, infrastrutture, trasporti e comunicazione;
a coordinare e selezionare con le università, i centri di ricerca, le imprese, i progetti di ricerca prioritari nei settori nei quali l'Italia può diventare leader e sui quali concentrare le risorse finanziarie ed umane, ed a favorire l'insediamento nei territori, anche sulla base dei risultati conseguiti da tali ricerche, di imprese innovative, con capitali reperiti sul mercato;
a realizzare un piano di investimenti pluriennale per i beni culturali, non limitandosi ad interventi straordinari dettati solo dall'urgenza e dalla contingenza, ma attraverso una seria programmazione che veda il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle regioni.
(1-01010)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Zazzera, Di Giuseppe».

Risoluzione in Commissione:

L'VIII e la X Commissione,
premesso che:
l'articolo 15, comma 7, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 fissa al 31 dicembre 2013 il termine ultimo per il completamento degli adeguamenti antincendio per le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994, che non abbiano completato l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e siano ammesse, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 216 del 2010;
il 28 febbraio 2012, il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, organo del Ministero dell'interno che elabora e aggiorna le norme tecniche e procedurali in materia di prevenzione incendi ha approvato lo schema di decreto attuativo del citato piano straordinario biennale di adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi;
l'iter del citato decreto prevede la firma del Ministro dell'interno e l'entrata in vigore dopo 30 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che si presume possa situarsi intorno alla fine del mese di maggio del corrente anno;
l'ammissione al piano, che consente la prosecuzione dell'esercizio dell'attività, è concessa alle strutture ricettive, in possesso, alla data di entrata in vigore del citato decreto del Ministro dell'interno, dei requisiti di sicurezza antincendio indicati all'articolo 5 dello schema di decreto, approvato dal Comitato tecnico scientifico, il quale reca numerose innovazioni in materia di requisiti di sicurezza;
le principali modifiche apportate riguardano la realizzazione dei rilevatori di fumo, le vie di fuga, la gestione della sicurezza;
quanto ai rivelatori di fumo, nei due mesi circa entro i quali prevedibilmente gli albergatori interessati dovranno adeguarsi alla nuova disciplina, è da considerare impossibile la realizzazione di una serie di impianti che comporterebbero, in molte località, l'esistenza di un numero sufficiente di tecnici per progettare gli impianti medesimi e di artigianati disponibili a eseguire nell'immediato i necessari lavori per tutte le strutture interessate;

quanto alle vie di fuga, nei casi nei quali sia prevista l'installazione della seconda scala sia per l'intera struttura che per le sole sale da pranzo poste ad un livello superiore al piano terra, la loro realizzazione in due mesi è impossibile, in quanto non sussistono i tempi tecnici per la loro ordinazione, e la successiva installazione, così come per le opere murarie indispensabili a rendere adeguata l'ampiezza delle vie di fuga;
quanto alla gestione della sicurezza, le misure integrative, richiamate nello schema di decreto, prevedono un servizio di sicurezza, permanentemente presente durante l'esercizio e ricompreso nel piano di emergenza, costituito da un numero minimo di addetti di una unità oltre i 25 e fino a 100 posti letto, due unità oltre 100 e fino a 300 posti letto, con l'aggiunta di una ulteriore unità per ogni incremento della capacità ricettiva di 150 posti letto;
è previsto inoltre che gli addetti del servizio di gestione della sicurezza debbano aver conseguito l'attestato di idoneità tecnica previsto dall'articolo 3 della legge 28 novembre 1996, n. 609, previa frequentazione del corso di cui all'allegato IX del decreto Ministro dell'interno 10 marzo 1998;
anche per quanto riguarda le misure integrative relative alla gestione della sicurezza, non sussisterebbero i tempi tecnici per il rilascio degli attestati alle predette figure per l'impossibilità di organizzare un numero adeguato di corsi per tutti gli addetti che dovrebbero prenderne parte;
conseguenza del decreto in questione è che, in piena stagione turistica, le strutture alberghiere si vedrebbero costrette a ridurre il numero di posti letto, portandoli a non più di 25, e il numero dei posti nelle sale da pranzo, con relativa caduta delle presenze turistiche e riduzione del giro d'affari per le strutture ricettive interessate;
tale costoso rimedio non potrebbe comunque essere applicato nelle strutture cedute in affitto, in quanto il relativo contratto specifica sia il numero di camere che il numero di persone alloggiabili;
in un momento di difficoltà per il settore turistico ed in generale per l'intero Paese non sembra opportuno obbligare gli operatori a ridurre la propria capacità ricettiva;
l'attuale situazione deriva dal fatto che l'Italia, a suo tempo, ha recepito in toto la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 dicembre 1986 per la protezione antincendio degli alberghi già esistenti, di per sé non cogente, senza porsi il problema delle effettive modalità di applicazione;
molti altri Paesi hanno recepito la medesima raccomandazione solo per le nuove strutture, permettendo a quelle esistenti di adeguarsi solo in occasioni di ristrutturazioni, modifiche o ampliamenti che sono periodicamente necessari;
la normativa italiana non ha peraltro tenuto conto dell'intrinseca sicurezza della stragrande maggioranza dei nostri alberghi, i quali, diversamente da quelli di molti Paesi europei, dove il problema è sicuramente maggiore e più impellente, sono realizzati in muratura e non in legno e non fanno largo uso di moquette o simili;
da quanto premesso si deduce che il decreto ministeriale 9 aprile 1994, da un lato ha stabilito obiettivi troppo ambiziosi e di ardua realizzazione, tanto da essere successivamente modificato per gli alberghi esistenti con il decreto ministeriale 6 ottobre 2003, dall'altro non ha previsto norme transitorie;
le proroghe che si sono succedute, in conseguenza di tale situazione, sono state sempre troppo brevi, al massimo due o tre anni, o di anno in anno, e non hanno consentito una effettiva programmazione degli investimenti e degli interventi, considerando

che gli oneri per l'adeguamento, specie per le piccole attività ricettive sono rilevanti;
infine, la stessa Unione europea si è posta il problema della disapplicazione della propria raccomandazione per gli alberghi esistenti ed ha incaricato l'HOTREC - associazione che rappresenta gli alberghi, i ristoranti e i bar europei - di sviluppare «linee guida» più flessibili che consentano, con interventi differenziati a seconda delle caratteristiche dell'albergo, di raggiungere il medesimo livello di sicurezza,


impegna il Governo:


a posticipare l'adozione del decreto approvato dal Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, considerata l'obiettiva impossibilità da parte degli operatori del settore di adeguarsi ai nuovi requisiti ivi previsti nei troppi brevi tempi indicati;
a rivedere i contenuti del decreto medesimo prevedendo tempi sufficienti per l'adeguamento delle strutture ricettive;
a valutare la possibilità di assumere iniziative normative per introdurre, a favore dei gestori delle strutture ricettive interessate, agevolazioni volte ad accelerare il processo di adeguamento alle norme di prevenzione incendi.
(7-00839) «Abrignani, Pizzolante, Raisi, Garagnani, Vignali, Prestigiacomo, Lazzari».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI, COSCIA, DE PASQUALE, PES, BACHELET, SIRAGUSA, MELANDRI, ROSSA e DE BIASI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dall'attuazione dell'articolo 64, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, così come indicato dal comma 6, sarebbero dovute derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l'anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012 e, come indicato al comma 9, una quota parte di tali economie nella misura del 30 per cento, avrebbero dovuto essere destinate ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola a decorrere dall'anno 2010 (...);
al fine di monitorare i tagli attuati dalle suddette disposizioni il comma 7 dell'articolo 64 medesimo ha previsto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la costituzione di un comitato di verifica tecnico-finanziaria composto da rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze;
dopo circa quattro anni dall'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008 non si conosce la composizione del comitato di verifica tecnico-finanziaria e neppure il testo ufficiale delle deliberazioni che dovrebbe aver assunto;
non risulta peraltro, da nessun atto ufficiale del Governo che i tagli alla scuola non abbiano prodotto i risultati previsti e che pertanto non vi siano le risorse da destinare al 30 per cento riservato al pagamento degli scatti o dei nuovi organici dell'autonomia -:
se il Governo non ritenga opportuno rendere pubblico il risultato dei lavori svolto dal citato comitato in relazione agli anni finanziari 2010, 2011 e 2012.
(5-06598)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 30 marzo 2012 l'Associazione nazionale di imprese di bonifica, ASSOBON, ha inviato una nota al Ministero della difesa - direzione generale dei lavori del demanio, al Ministero della difesa - comando infrastrutture nord, al Ministero della difesa - 5o reparto infrastrutture - ufficio BCM, Ministero della difesa 10o reparto infrastrutture - ufficio BCM, al prefetto di Milano, al prefetto di Bergamo, al prefetto di Brescia, al prefetto di Como, al prefetto di Varese, al prefetto di Monza-Brianza, all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, alla direzione provinciale del lavoro di Milano, alla direzione provinciale del lavoro di Brescia, alla direzione provinciale del lavoro di Bergamo, alla direzione provinciale del lavoro di Como, alla direzione territoriale del lavoro di Varese, alla direzione provinciale del lavoro di Monza e Brianza, per rappresentare che: «1. L'Associazione Nazionale di Imprese di Bonifica, ASSOBON, costituita in Roma con atto Not. Mariconda del 12 febbraio 1989 rep. n. 21251, riunisce le principali imprese italiane che operano con continuità nel settore della ricerca e bonifica da mine ed altri ordigni bellici. Nell'ambito della finalità prevista dallo statuto, segnatamente l'intento di sensibilizzare i pubblici poteri ai pericoli derivanti dalla presenza nel territorio nazionale di ingenti quantità di ordigni residuati bellici, l'ASSOBON ha segnalato, nel novembre 2009, ai competenti uffici del Ministero della difesa, all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ed ai prefetti di Milano, Bergamo e Brescia l'avvenuto affidamento del servizio di bonifica delle aree interessate ai lavori di realizzazione del raccordo autostradale diretto Brescia, Bergamo, Milano a fronte di un corrispettivo (euro 765.000,00) del tutto inadeguato alle caratteristiche ed alla entità dell'intervento. La richiesta del prefetto di Milano al genio militare di Padova per avere conferma o smentita a quanto denunciato dall'ASSOBON ha permesso di calcolare in euro 4.968.432,20 l'importo dei corrispettivi stimabili per la bonifica delle aree in questione. Da ciò l'ovvia constatazione che, stante l'incomprimibilità dei costi stimati dal genio militare per tali interventi, il "caso Brebemi" mostrava con assoluta evidenza come anche in questa occasione, come in moltissime altre analoghe, dovesse ritenersi per certo che il servizio di bonifica non sarebbe stato realizzato nel rispetto delle previsioni contrattuali e in piena osservanza delle specifiche prescrizioni impartite dall'autorità militare. Concludevamo che, non potendosi confidare esclusivamente sulla tradizionale efficienza dell'attività di sorveglianza svolta dall'autorità militare a causa della mancanza di personale e mezzi adeguati, un intervento di bonifica affidato a condizioni economiche ragionevolmente inaccettabili non avrebbe potuto determinare la messa in sicurezza delle aree, con conseguente pericolosità delle condizioni di lavoro nei cantieri aperti sulle aree stesse e sostanziale inagibilità delle opere che vi sarebbero state realizzate. Malgrado le successive lettere del 18 gennaio 2010, 23 febbraio 2010, 15 aprile 2010 e 24 marzo 2011 nessuna autorità ha dato seguito al nostro esposto che, a conferma della straordinaria pericolosità dei fatti denunciati, non mancava di rilevare come gli ordigni rinvenuti sul territorio nazionale nell'ultimo triennio, come da attestazione del Ministero della difesa del 5 febbraio 2010, ammontassero all'impressionante numero di 235.830 di cui ben 534 rappresentati da bombe d'aereo. L'intervento di bonifica prodromico ai lavori di realizzazione del raccordo autostradale Brescia, Bergamo, Milano, affidati dal consorzio BBM all'Impresa Pizzarotti, non è mai stato sospeso né fatto oggetto di alcuna verifica in ragione della grave anomalia riscontrata. 2. Nel frattempo, l'ASSOBON ha sollecitato un intervento legislativo inteso a modificare il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, includendo il servizio di

bonifica nei piani di sicurezza dei cantieri da far parte integrante del contratto di appalto con indicazione nei bandi di gara dei relativi oneri non soggetti a ribasso d'asta e ad istituire un albo delle imprese specializzate in grado di svolgere correttamente il servizio di bonifica ed in possesso di adeguati requisiti. La relativa proposta di legge (n. 3222), che è in fase di approvazione definitiva, introduce nella disciplina in materia di sicurezza sul lavoro l'obbligo di valutare anche il rischio di esplosione derivante dall'attivazione accidentale di residuati bellici, specialmente durante le mansioni di scavo che i lavoratori svolgono nei cantieri temporanei e mobili. Nella relazione che accompagna la proposta di legge è detto che "la regolamentazione di questa attività deve necessariamente definire i requisiti per abilitare le imprese ad operare relativamente agli interventi di bonifica da ordigni bellici, per quanto riguarda le capacità tecnico-economiche, la disponibilità di idonee attrezzature e il personale in possesso dei brevetti rilasciati dal Ministero della difesa". Ed ancora, che i "casi emblematici rappresentati dai recenti affidamenti, da parte di importanti imprese di costruzione, della bonifica da ordigni bellici, relativamente alla realizzazione di rilevanti opere pubbliche, nel cui ambito gli importi di aggiudicazione sembrano assolutamente inadeguati, in quanto non raggiungono neanche un sesto di quelli stimati" portano a concludere "che il lavoro a tali condizioni non verrà eseguito correttamente e completamente e ciò con grave pregiudizio per la sicurezza delle maestranze, nonché delle opere da realizzare". 3. Dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che ha approvato il Codice dell'ordinamento militare e stabilito l'abrogazione espressa di numerose norme, tra cui il decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320, e il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 1o novembre 1947, n. 1768, che contengono tutte le norme primarie in materia di bonifica del territorio nazionale da campi minati e da ordigni residuati bellici e del tutto trascurando la perdurante efficacia di tutti gli atti normativi (decreti ministeriali, direttive, istruzioni, circolari, determinazioni generali ministeriali, eccetera) "emanati in attuazione della precedente normativa abrogata" (articolo 2186) ed in concreto disciplinanti l'attività di bonifica, alcuni committenti di opere pubbliche in corso di attuazione hanno ritenuto "non più necessario fare domanda alle Autorità militari competenti per l'ottenimento dell'autorizzazione, con relative prescrizioni tecniche, per l'esecuzione della bonifica delle aree", né tenute, le imprese incaricate della bonifica stessa, a fornire al committente "il certificato di buona esecuzione delle indagini", salvo ad esigere che l'impresa affidataria rilasci il "certificato di avvenuto sminamento senza reperimento di ordigni con manleva delle responsabilità" del committente, dell'appaltatore e della direzione dei lavori. Ciò, malgrado la direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa sia intervenuta chiarendo ai propri organi esecutivi che, ai sensi dell'articolo 2186, comma 2, del citato Codice, permaneva la piena validità intrinseca delle direttive amministrative e delle istruzioni tecniche impartite dalla Direzione stessa, come il Ministro della difesa ha recentemente confermato rispondendo ad una interrogazione parlamentare sul punto. Si aggiunga il sempre più frequente ricorso, da parte di alcune imprese del settore, a tecniche esplorative del sottosuolo (magnetometria) del tutto inadeguate ad accertare con sufficiente certezza la presenza o meno di ordigni bellici; tecniche, infatti, che nessun disciplinare vigente ha mai previsto ed autorizzato. In un quadro già di per sé poco rassicurante non sorprende che recentemente si siano verificati anche episodi di inusitata gravità, rappresentati da interventi di bonifica falsamente certificati come eseguiti, sui quali sono in corso gli accertamenti delle competenti autorità amministrative e giudiziarie. 4. Ad arrestare la pericolosa deriva che sembrava travolgere il settore della bonifica da ordigni esplosivi residuati bellici è intervenuto il decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20, recante modifiche ed integrazioni

al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che ha attribuito nuovamente, con legge dello Stato, alle competenti autorità militari i compiti e le attribuzioni che, pur erroneamente, erano parse ad alcuni essere venuti meno a seguito dell'abrogazione del decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 1o novembre 1947, n. 1768. Ciò non impedisce che tuttora, per le ragioni suesposte, si debba ritenere indispensabile che l'affidamento del servizio di bonifica avvenga a prezzi adeguati alle prestazioni che le imprese sono chiamate a svolgere. 5. A questo fine occorre premettere una constatazione in fatto ed una considerazione in diritto. La prima rende evidente che l'affidamento del servizio di bonifica alle imprese del settore avviene prevalentemente mediante subappalti conferiti dai soggetti affidatari dei contratti pubblici relativi alle opere da realizzare. Ad eccezione dei casi in cui è l'Amministrazione militare a commettere direttamente le attività di ricerca, individuazione e scoprimento di ordigni sulle aree che la stessa ha in uso, è raro che la bonifica sia oggetto di conferimento diretto dal committente dell'opera. Ciò non esclude - ed è la considerazione in diritto - che sia comunque obbligatorio il controllo delle offerte presentate in sede di gara di appalto o di subappalto al fine di escludere quelle anormalmente basse perché le norme dettate in materia di anomalia dell'offerta (articoli 86 e seguenti del Codice dei contratti pubblici) devono intendersi come meramente recettive di princìpi generali vigenti nell'ordinamento, ben potendosi effettuare la verifica di anomalia anche rispetto alle offerte non strettamente ricomprese nell'ambito dei criteri matematici di cui alle norme citate. È certo, infatti, che secondo l'articolo 86 comma 3 del Codice - ma il principio è comune ad ogni ipotesi di affidamento diretto od indiretto - la verifica di anomalia può essere esperita anche in casi nei quali non risulta prevista in modo specifico, così come non è precluso di sottoporre a verifica, discrezionalmente, ulteriori offerte che rimangano entro la soglia di anomalia ma destino ugualmente sospetti. In tal senso si è espresso il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con decisione n. 52 del 12 febbraio 2003. Con riferimento all'attività di bonifica, necessario parametro di riferimento per stabilire la congruità delle offerte, specie se abbiano ad oggetto un prezzo complessivo della prestazione e non un ribasso sul prezzo posto a base di gara, sono le prescrizioni tecniche dettate dal competente Ufficio BCM del Genio Militare contestualmente al rilascio dell'autorizzazione all'effettuazione del servizio; tra queste vengono indicate anche le quantità giornaliere massime di attività di bonifica consentite, sia superficiale che in profondità, per ogni squadra BCM operante in cantiere, secondo la sua composizione tipo (un assistente tecnico coordinatore ed un rastrellature). Tale parametro, che vale a definire l'ambito della prestazione che giornalmente può essere resa da un'impresa a secondo della propria disponibilità di mezzi e persone, consente di stabilire, tenuto conto del costo del lavoro e dei noli delle attrezzature usate, l'importo complessivo minimo al quale può essere svolta la bonifica in una determinata area interessata da lavori di scavo. A questo stesso risultato - cioè alla quantificazione del valore minimo della prestazione di bonifica - e con riguardo ai lavori sull'autostrada BREBEMI abbiamo visto essere pervenuto il 23 dicembre 2009 l'Ufficio BCM del 5° Reparto infrastrutture del Genio Militare di Padova quando ne è stato richiesto dal prefetto di Milano sollecitato dall'Assobon; valutazione che lo stesso Ufficio BCM ha confermato nell'agosto 2011. Pertanto, in forza delle disposizioni di legge in vigore e dei princìpi generali che da questa promanano, nessun committente di opera pubblica può sottrarsi all'obbligo di sottoporre a controllo di congruità le offerte che gli pervengono per l'effettuazione dei servizio di bonifica sui terreni interessati dai lavori di realizzazione di un'opera pubblica. E se a ciò non dovesse indurre la volontà di rispettare i princìpi di legalità cui deve orientarsi

ogni attività d'impresa, specie quando coinvolga elementari esigenze di sicurezza delle persone, dovrà essere sufficiente stimolo ad osservare la legge la considerazione che degli esiti di ogni intervento di bonifica sono chiamati a rispondere, accanto all'impresa che la effettua, anche il committente dell'opera, l'impresa affidataria della stessa e la direzione dei lavori, a nulla rilevando che l'intervento sia stato oggetto di verifica da parte del Genio Militare, che si limita ad attestare il compimento di indagini a campione su una minima porzione (2 per cento) delle aree interessate e su questa sola base assume essere state osservate le prescrizioni tecniche imposte all'atto del rilascio dell'autorizzazione iniziale. È di tutta evidenza che tale documento non esclude la responsabilità di coloro che, a qualunque titolo, all'intervento hanno dato adito. 6. In conclusione, l'Assobon deve ribadire che, fino a quando l'entrata in vigore di nuove norme non sia valsa a disciplinare la materia in modo più adeguato, la sicurezza dei lavoratori e l'integrità delle opere realizzate restano affidate alla scrupolosa e severa sorveglianza che le autorità militari sapranno svolgere sugli interventi di bonifica; ma, soprattutto, alla preventiva verifica della entità del servizio da rendere e della adeguatezza dei corrispettivi convenuti. Distinti saluti»;
da fonti di stampa (http://www.ilgiorno.it/bergamo/cronaca/2012/04/11/695546-bombe-brebenli-cantieri-bergamo-artificieri.shtml) si apprende che «Bergamo, 11 aprile 2012 - Non bastano le proteste, le inchieste e gli arresti. A fermare il cantiere della Brebemi ci si mettono anche gli ordigni bellici. Questa mattina gli operai al lavoro nel tratto del cantiere che attraversa il territorio del paese di Bariano, hanno trovato due proiettili bellici. Le autorità sono stati avvisate, la zona è stata transennata e i lavori sono stati sospesi. Si è ora in attesa degli artificieri da Cremona che provvederanno a prelevare gli ordigni o a farli brillare sul posto... [...] -:
quali siano le urgenti iniziative che si intenderà assumere in relazione ai fatti narrati in premessa e se non ritenga opportuno interessare le competenti autorità giudiziarie per gli eventuali aspetti di competenza;
quali siano state le azioni intraprese dalle autorità di Governo e dalle pubbliche amministrazioni statali destinatarie della nota in premessa e delle precedenti nella medesima citate, in caso contrario quali siano le ragioni dell'inerzia.
(4-15711)

DI BIAGIO, TOTO e PROIETTI COSIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio voli di Stato, di Governo e umanitari presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è stato più volte oggetto di atti di sindacato ispettivo e di interventi parlamentari, nonché di interventi da parte degli organi di stampa - nel corso della presente legislatura - in virtù delle presunte ambiguità operative e degli sprechi nella gestione dello stesso;
nello specifico la stampa nazionale denunciava un utilizzo spregiudicato ed estremamente superficiale dei voli di Stato, per questioni strettamente personali, da parte degli alti referenti delle realtà istituzionali, anche afferenti alle forze armate e agli enti locali, spesso nella totale assenza di controllo da parte del vertice politico-amministrativo preposto;
tale «scenario» oltre a mettere in luce il consistente dispendio di denaro pubblico e una rete di attenzioni e interessi focalizzati sull'ufficio da parte di altre amministrazioni, anche legate all'ambito militare, denunciava anche una fondamentale penuria di regole chiare e stringenti in materia di funzionamento dell'ufficio, nonché rispondenti alla situazione attualmente attraversata dal Paese;
inoltre, la dovizia di informazioni su materie riservate che ha caratterizzato le notizie diffuse dalla stampa nazionale, ha altresì evidenziato una grave carenza nelle garanzie di riservatezza e tutela delle informazioni che un servizio di tale rilevanza

dovrebbe garantire, per la sicurezza stessa delle persone interessate e delle operazioni effettuate;
di recente il suindicato ufficio è stato nuovamente oggetto di attenzione da parte della stampa nazionale in virtù delle nuove attribuzioni di incarichi dirigenziali, da parte della Presidenza del Consiglio: nello specifico vi è stata la conferma del precedente dirigente dell'ufficio, con il rischio di garantire ad avviso degli interroganti una sorta di «continuità» con il presunto ambiguo sistema di gestione citato;
il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda nel dare riscontro all'interrogazione a risposta immediata 3-02150 avente ad oggetto la suindicata questione, ha evidenziato che nell'ambito della riduzione di spesa che interesserà anche l'organizzazione della Presidenza del Consiglio, «il Presidente del Consiglio ha ritenuto opportuno non confermare coloro che risultavano già collocati in pensione, ivi inclusi i nomi che sono indicati nella sua interrogazione a risposta immediata», tra i quali figura l'attuale dirigente dell'ufficio;
a conferma del citato orientamento, è da segnalare che la stessa Presidenza del Consiglio, in un comunicato del 26 febbraio 2012, ha precisato che, «il dato relativo al risparmio di spese nel settore dei voli di Stato, a seguito della contrazione delle ore/volo pari al 92 per cento comporta un risparmio, su base annua, di 23,5 milioni di euro»;
appaiono chiare le iniziative di contenimento delle risorse e di riduzione degli sprechi, - che ne hanno condizionato l'operatività in precedenza - coadiuvate dal perseguimento di obiettivi di trasparenza di cui il primo passo è stato senz'altro la pubblicazione sul web delle tabelle/resoconti relative all'impiego dei voli di Stato;
in ragione degli aspetti illustrati, oltre che dell'importanza e della delicatezza delle situazioni e operazioni curate dal menzionato ufficio, - nonché della rilevanza economica delle stesse - sarebbe auspicabile una riorganizzazione della struttura che, nell'ottica di spending review che sta interessando tutte le amministrazioni statali, garantisca e potenzi quell'imprescindibile funzione di direzione strategica, coordinamento e controllo del trasporto aereo di Stato assegnato dalla normativa vigente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, quale vertice politico-amministrativo, e ribadito nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 23 settembre 2011 e nel decreto-legge n. 98 del 2011) convertito dalla legge n. 111 del 2011;
tale funzione, unitamente alle delicate ricadute in termini autorizzativi che essa comporta, costituisce una fondamentale garanzia rispetto a potenziali ingerenze ed interessi esterni e deve essere mantenuta a livello della massima autorità di vertice del Governo, scongiurando qualsiasi ipotesi di revisione che tenda a spostare il coordinamento del trasporto aereo di Stato, di Governo, di sicurezza e per ragioni umanitarie su altre amministrazioni statali;
sarebbe pertanto auspicabile una riorganizzazione che mantenga il predetto ufficio alle dipendenze del Capo di Governo autorità politica delegata rispettandone così le specifiche peculiarità in accordo alle norme vigenti, e definendo altresì la chiara linea gerarchica - da mantenere sempre in ambito della Presidenza del Consiglio di ministri - che potrebbe consentire la soppressione di cariche superflue, quale l'attuale posizione di direttore generale ad esso associata, consentendo un consistente risparmio annuo nel bilancio dello Stato e una maggiore efficienza del servizio stesso -:
se non ritenga opportuno, in virtù di quanto evidenziato e nell'ottica di un risparmio di spesa che interesserà anche i profili organizzativi della Presidenza del Consiglio, valutare una riorganizzazione della struttura che, nel ribadire la centralità di quel ruolo di direzione strategica, di coordinamento e controllo che la normativa

vigente assegna alla Presidenza del Consiglio dei ministri sia improntata ad una valorizzazione delle sue peculiarità e ad un'esigenza di sobrietà gestionale, evitando altresì ingerenze esterne, e in tale prospettiva, se si intenda rivedere l'attuale ammontare delle posizioni dell'ufficio, comprese quelle dirigenziali;
quali iniziative intenda predisporre al fine di garantire una chiara definizione delle modalità di finanziamento del trasporto aereo di Stato, alla quale corrisponda un'opportuna rendicontazione dei costi nel pieno rispetto di trasparenza;
se non ritenga opportuno, in virtù della delicatezza della materia, nonché per la sicurezza delle persone interessate - in primis le massime cariche dello Stato e i membri del Governo - predisporre iniziative volte a garantire che sia rispettata la dovuta riservatezza nelle procedure e nell'accesso agli uffici e agli atti, anche prevedendo vincoli più stringenti di sicurezza e riservatezza per il personale e i mezzi dedicati al trasporto aereo di Stato, attività di fondamentale supporto allo svolgimento dei compiti istituzionali delle autorità di Stato e di Governo.
(4-15716)

ANIELLO FORMISANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 249 del 31 luglio 1997 ha istituito l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), autorità indipendente destinata a vigilare e garantire la corretta competizione degli operatori della comunicazione e a tutelare i fruitori, rispondendo del proprio operato al Parlamento;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 1998 si individuò come sede dell'autorità la città di Napoli, nel rispetto delle prescrizioni di cui alla legge generale istitutiva delle autorità indipendenti n. 481 del 14 novembre 1995 che stabiliva che le autorità di servizi non potessero aver sede nella medesima città in ragione dell'esigenza di distribuire sull'intero territorio nazionale tali organismi;
lo stesso decreto stabilì che la pianta organica provvisoria del personale fosse di 320 unità, dato poi confermato dalla legge finanziaria del 2004;
nel 1999 fu istituita anche la sede di rappresentanza di Roma dove vennero destinate inizialmente circa 40 unità stabili (staff del presidente e commissari) ed altrettante con assegnazioni temporanee;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2007 sancisce definitivamente Roma come «sede secondaria» dell'Autorità;
tra il 2003 e il 2007 si è assistito ad un continuo depauperamento delle funzioni e degli uffici dalla sede principale di Napoli a quella secondaria di Roma e, mentre si stanziano investimenti per milioni di euro per quest'ultima, sono ormai anni che non si investe più nella sede di Napoli;
attualmente nei 15 mila metri quadri della sede di Napoli sono impiegate circa 100 unità, mentre nei 12 mila metri quadri di Roma è concentrata la maggior parte del personale; infatti a Roma ormai si svolgono la quasi totalità delle riunioni del consiglio e delle commissioni, vi si sono stabiliti il segretario generale e il servizio giuridico; l'intera dirigenza vi permane stabilmente con rarissime presenze presso la sede di Napoli;
nella sede di Roma si svolgono formalmente tutte le attività di supporto come gestione dei contratti, degli stipendi, del bilancio, della contabilità, dei servizi informatici e le funzioni in materia di audiovisivo e, di fatto, quelle di telecomunicazione di competenza della sede di Napoli, tutto ciò per effetto del continuo trasferimento di unità che, continuando a svolgere le medesime funzioni, impoveriscono le attività di competenza napoletana;

il consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sostiene che questo «spostamento» rientra nel programma di contenimento delle spese, giustificando altresì i primi licenziamenti nel 2009 nella sede di Napoli;
tutto quanto premesso è stato più volte portato all'attenzione della Presidenza del Consiglio dai deputati Andrea Sarubbi (4-02232) e Francesco Barbato (4-07789) e dal senatore Elio Lannutti (4-05784), senza che sia mai pervenuta una risposta;
in questi ultimi mesi si discute molto sull'importanza della spinta economica che può infondere il Mezzogiorno, della capacità di reazione che questo territorio può dare e al tempo stesso della necessità di ivi creare posti di lavoro -:
se il Presidente del Consiglio non ritenga di dover chiarire i limiti dell'autonomia organizzativa propria dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, affinché sia rispettata la volontà del legislatore con l'equilibrata distribuzione delle funzioni fra le due sedi dell'Autorità così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2007 per fare in modo che la città di Napoli conservi una così importante sede di prestigio istituzionale e una risorsa per nuove fonti occupazionali.
(4-15717)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il signor Francesco Belsito, già sottosegretario di Stato con delega alla semplificazione normativa, è stato membro del consiglio di amministrazione di Fincantieri e pertanto risulta essere stato titolare del nulla osta di sicurezza -:
se per dotare il signor Belsito del NOS siano state svolte delle indagini, di che tipo e da chi, se il signor Belsito goda a tutt'oggi del NOS.
(4-15719)

TESTO AGGIORNATO AL 20 APRILE 2012

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, PIANETTA, LUPI, GELMINI, MAZZOCCHI, ABELLI, ABRIGNANI, GIOACCHINO ALFANO, BACCINI, BIANCOFIORE, BINETTI, BOCCIARDO, CALABRIA, CENTEMERO, DE CAMILLIS, DE NICHILO RIZZOLI, DI CATERINA, DI CENTA, VINCENZO ANTONIO FONTANA, FRASSINETTI, GALATI, GOTTARDO, LORENZIN, MALGIERI, MANTOVANO, MARINELLO, MUSSOLINI, PAGANO, PALMIERI, PAPA, POLLEDRI, PORCU, ROCCELLA, MARIAROSARIA ROSSI, SALTAMARTINI, CAPITANIO SANTOLINI, SBAI, SCANDROGLIO, TOCCAFONDI, VELLA, VIGNALI, DELFINO e CORSINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce il «Cyprus Mail» del 12 aprile 2012 il vescovo greco-ortodosso Christoforos eletto dal Sacro Sinodo nel 2007 ha cercato invano di raggiungere la sede della diocesi di Carpasia per celebrare la Pasqua con la sua comunità. È stato però bloccato dai militari turchi che occupano dal 1974 il territorio settentrionale della Repubblica di Cipro;
il vescovo insieme a quattro sacerdoti ha bloccato in quella stesso giorno pacificamente il traffico al check-point dichiarando: «Sono qui per richiedere il diritto di stare con la mia comunità come vescovo. Io non sono un politico, io sono un vescovo. Io sono padre spirituale di queste persone e la mia anima soffre. Ho un sacro obbligo di essere con loro»;
Christoforos ha detto di aver percorso tutti i canali di comunicazione con il Governo, con le autorità turco-cipriote, con la comunità internazionale, ma senza alcun risultato. «Nessuno mi sta ascoltando. Mi sono rivolto al governo, all'ONU, all'Unione europea, alle ambasciate, ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Ho chiesto un incontro con il Signor (Dervis)

Eroglu (leader turco-cipriota) per risolvere il problema e nessuno mi può aiutare». «La Pasqua è alle porte e non so cos'altro dovrei fare per essere sentito... Come Vescovo di Carpasia voglio essere guida spirituale di queste persone che rimangono lì, questo è tutto, niente di più, niente di meno», ha aggiunto. Questa è l'ultima protesta attuata dall'alto prelato, che ha il consenso - secondo il «Cyprus Mail» della popolazione e anche dei sindacati turco-ciprioti;
il Ministero degli affari esteri della Repubblica di Cipro risulta aver manifestato alle rappresentanze diplomatiche accreditate «il suo rammarico per le continue violazioni delle libertà religiose e di movimento nei territori occupati nella repubblica di Cipro e per le restrizioni imposte a sua grazia Vescovo di Carpasia Christoforos». Questa situazione che dura da anni si è trasformata in una violazione formale che ha avuto il suo apice il 12 marzo 2012, quando il regime di occupazione ha informato il vescovo Christoforos di Carpasia di essere stato posto in una «stop list» e di essergli stato proibito di visitare l'area occupata incluso il vescovato e la sua comunità;
il vescovo Christoforos è stato eletto dal Sacro Sinodo come primo vescovo dalla Chiesa autocefala dopo il ripristino del vescovato il 22 maggio 2007. Da allora gli è stato permesso di celebrare la liturgia nelle chiese del vescovato soltanto tre volte. Dal novembre 2008 il regime di occupazione ha respinto le sue numerose richieste di celebrare nei territori occupati di Rizokarpaso, Ayia Triada e nel Monastero di Andrea Apostolo. La più recente negazione del suo diritto di vescovo, prima di essere incluso nella stop-list, era stata il 30 novembre 2011 nella ricorrenza di Andrea Apostolo, uno dei giorni più sacri per i cristiani di Cipro. Durante la sua visita a Carpasia è stato strettamente seguito e videoregistrato dalla cosiddetta «polizia» del regime, anche quando ha visitato i «confinati» greco-ortodossi nelle proprie abitazioni;
secondo la nota del Ministero degli esteri cipriota «è risaputo che dal 1974 la Carpasia è sotto l'occupazione militare illegittima turca. I greci ciprioti desiderosi di stare nei propri luoghi nativi nella penisola di Carpasia hanno dovuto costantemente sopportare le angherie del regime occupante. La deplorevole situazione di vita dei greci ciprioti di fatto reclusi nelle aree occupate è evidente dalla semplice evidenza dei numeri: da 20.000 che erano nel settembre 1974 oggi sono residenti 338 greci e 111 maroniti»;
le violazioni dei diritti fondamentali della popolazione sono state confermate dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo che tra le altre cose ha dichiarato che i Greci ciprioti della regione di Carpasia vedono la propria libertà religiosa offesa dalle restrizioni che impediscono l'organizzazione di cerimonie religiose in maniera normale. La Corte ha anche notato l'insufficiente numero di sacerdoti ammessi a servire le necessità spirituali della comunità greca;
a giudizio degli interroganti le misure dirette in particolare contro il vescovo Christoforos e comunque contro tutta la comunità «occupata» costituiscono una evidente violazione dei diritti umani fondamentali di libertà di movimento e di libertà di religione che sono salvaguardati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo agli articoli 13 e 18 e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) all'articolo 9 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione);
la Camera dei deputati ha approvato la risoluzione Mazzocchi ed altri (12 gennaio 2011) nella quale si definisce la libertà religiosa «madre di tutte le libertà» e impegna il Governo: far valere questo principio come regola base della politica estera -:
se questi fatti risultino al Governo;
come il Governo intenda esercitare la propria influenza sulla Turchia e nelle sedi internazionali perché siano rispettati i diritti umani fondamentali di libertà

religiosa e di movimento nelle aree occupate della Repubblica di Cipro e siano immediatamente cancellate le restrizioni imposte al vescovo di Carpasia;
come intenda sollevare la questione nel Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, di cui la Turchia è membro, e nella cui Assemblea parlamentare sono rappresentati anche i turco-ciprioti.
(5-06603)

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AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il calciatore del Livorno Piermario Morosini, a poco più della metà del primo tempo della partita Livorno-Pescara giocata a Pescara, è improvvisamente caduto a terra;
secondo una dinamica che è stata ripresa da numerose telecamere, Morosini dopo aver cercato invano di rialzarsi è ricaduto a terra, dove resta in attesa dei soccorsi;
l'ambulanza, come da regolamento, è presente allo stadio, ma non si trovava a bordo campo, come prevedono i regolamenti della sicurezza sportiva;
detta ambulanza, oltretutto ha subito un intralcio per la presenza di un'automobile dei vigili urbani, e per spostarla manualmente i carabinieri hanno dovuto addirittura rompere un vetro; in questo modo si sono persi minuti preziosi; sono stati i compagni di gioco di Morosini a portare a mano la barella fino all'ambulanza;
come dichiara al Corriere della Sera del 15 aprile, il professor Giuliano Altamura, primario cardiologo all'ospedale Pertini di Roma «per poter salvare una persona colpita da arresto cardiaco occorre che il defibrillatore sia disponibile in quattro, massimo cinque minuti. A ogni minuto di ritardo si riduce del 10 per cento il margine di successo»;
sempre secondo quanto dichiara il professor Altamura, «l'assunzione di farmaci può avere un'influenza importante sulla salute degli atleti, anche perché nella maggior parte dei casi sono medicinali sconosciuti, a volte somministrati a insaputa dei calciatori»;
secondo quanto dichiara a Repubblica il professor Ciro Campanella, cardiochirurgo e primario dell'ospedale San Filippo Neri di Roma, «negli atleti professionisti i test speciali dovrebbero diventare routine. Il loro cuore più muscolarizzato nasconde meglio eventuali aritmie. E questi problemi non si individuano più con le classiche prove di sforzo, salita e discesa sul cubo, cyclette. Servono sistemi più invasivi. Novanta minuti di stress da partita sono più intensi di una prova di sforzo. E se Morosini è morto per un'aritmia cardiaca, abbiamo assistito al fallimento nella prevenzione» -:
se sia nota l'esatta dinamica dei fatti che si sono conclusi con la morte di Piermario Morosini; in particolare se sia vero che l'ambulanza è stata intralciata dalla presenza di un'automobile dei vigili urbani e perché l'ambulanza non si trovava sul bordo del campo;
se non si ritenga opportuno rendere obbligatoria la dotazione di un defibrillatore in tutti gli stadi, e non solo in quelli dove si giocano le partite di serie A, dove peraltro non sono obbligatori;
quali iniziative si intendano adottare, promuovere, sollecitare, nell'ambito delle proprie competenze, in ordine a quanto dichiarato dal professor Altamura, circa l'assunzione da parte di atleti di farmaci e medicinali, nella «maggior parte sconosciuti»;

quali iniziative si intendano adottare, promuovere, sollecitare, nell'ambito delle proprie competenze, in ordine a quanto dichiarato dal professor Campanella.
(4-15708)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

CARELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il nucleo principale della città di Sabaudia, fondata il 15 aprile 1934, ricade interamente all'interno del territorio del Parco nazionale del Circeo;
con deliberazione del consiglio comunale di Sabaudia n. 119 del 21 aprile 1980, adottata ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (cosidetta legge urbanistica) e successive modificazioni e integrazioni, è stato approvato in via definitiva - quando la popolazione ammontava a poco più di diecimila abitanti - il piano particolareggiato di esecuzione (PPE) del centro abitato;
con successivi atti sono state approvate numerose varianti, tra le quali ha assunto particolare rilevanza quella, approvata dalla giunta di Sabaudia nel 1998, che ha diminuito il taglio dei mini appartamenti, favorendo la speculazione edilizia;
con deliberazione n. 6 in data 13 marzo 1997, il Consiglio comunale di Sabaudia ha approvato la ri-adozione del piano particolareggiato di esecuzione del centro urbano, per le parti non attuate, su istanza della regione Lazio che aveva nel frattempo affermato la necessità di aggiornare il piano particolareggiato di esecuzione, decaduto per decorrenza dei termini, specialmente per le parti di interesse pubblico;
successivamente, gli uffici competenti della regione Lazio hanno rilevato numerose carenze procedurali nella pratica affermando che il piano particolareggiato non poteva ritenersi conforme allo strumento urbanistico vigente per le seguenti motivazioni:
a) non era stato prodotto l'elaborato esplicativo del piano particolareggiato approvato nel 1980 per i necessari raffronti;
b) dagli atti a corredo non risultava lo stato di attuazione del piano particolareggiato di esecuzione in termini di volumi realizzati e acquisizione degli spazi pubblici;
c) non erano state riportate nelle planimetrie le numerose varianti al piano regolatore generale (PRG) intervenute successivamente all'approvazione del piano particolareggiato;
d) non risultavano individuati sui grafici i nuclei di edilizia spontanea di cui si parla nella delibera delle controdeduzioni alle osservazioni, i quali nuclei alterano i pesi insediativi previsti dal PRG ponendo in variante lo strumento urbanistico presentato;
e) era stata rilevata la presenza di numerosi casi di edificato anche regolarmente concesso ricadente negli elaborati in zona a verde pubblico;
f) non era stato effettuato il conteggio degli standard urbanistici in relazione alla situazione reale;
g) tra gli atti pervenuti non risultava acquisito il parere regionale ai sensi della legge regionale 3 gennaio 1986, n. 1, obbligatorio per i piani attuativi;
anziché fornire gli elementi di risposta e completare l'iter, la pratica veniva abbandonata dal comune;
di fatto negli anni successivi sono state autorizzate numerose convenzioni basandosi su alcune sentenze della magistratura amministrativa secondo cui sarebbe consentita la costruzione di fabbricati

nel rispetto della normativa urbanistico-edilizia di zona che resterebbe automaticamente ultrattiva a tempo indeterminato per la parte che disciplina l'edificazione nelle linee fondamentali ed essenziali;
dagli anni ottanta al oggi nulla è stato fatto per migliorare la rete fognaria del centro urbano, né sono state fatte altre opere di urbanizzazione generale;
nel frattempo la popolazione della città di Sabaudia è gradualmente aumentata; al 31 dicembre 2011 si registra un numero di abitanti pari a 20.024 che durante il periodo estivo raddoppia per la presenza di turisti;
le vicende dei condoni edilizi degli anni 1985, 1994 e 2003, con molte pratiche ancora indefinite, hanno compromesso notevolmente la situazione;
le palazzine stanno via via sostituendo il verde privato e nelle zone di edilizia intensiva, al posto di case uni o bifamiliari stanno sorgendo edifici di quattro piani spesso con aggiunta di mansarda abusiva;
nella zona Sabaudia nord si continua a costruire senza sosta, a volte con scarso rispetto del piano particolareggiato di esecuzione;
il mancato adeguamento dei servizi pubblici, è fonte, specialmente nel corso della stagione estiva, di problemi ricorrenti alla rete fognaria, a causa dell'eccessiva pressione della popolazione;
in questi ultimi mesi il paesaggio della città è cambiato molto velocemente e edifici di grosse dimensioni sono in costruzione sempre più vicino ai confini del Parco nazionale del Circeo, nonostante l'impegno dei vertici dell'ente parco per porre un freno al dilagare del cemento -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative intenda porre in essere al fine di accertare se ricorrano pericoli di danno ambientale nel comune di Sabaudia assumendo iniziative a tutela del parco.
(5-06609)

Interrogazioni a risposta scritta:

PISICCHIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
diverse tonnellate di carburante, da 10 a 15, si sono riversate nel Mar Grande a Taranto, vicino al porto, da un mercantile battente bandiera panamense;
in quel tratto di mare si è formata una grande chiazza;
le opinioni sulla possibilità di rapida bonifica dell'ambiente appaiono alquanto controverse, dal momento che per alcuni qualificati osservatori occorrerebbero diversi giorni, mentre per la capitaneria le operazioni di bonifica potrebbero essere portate a compimento entro 24 ore;
questo incidente, se non trovasse tempestiva soluzione, potrebbe generare allarme nella popolazione e danneggiare anche l'economia turistica di una città già molto provata dalla crisi del tessuto industriale -:
con quali mezzi e con quali tempi le autorità competenti intendano intervenire per ripristinare le condizioni di agibilità di quel tratto di mare oggi inquinato
(4-15694)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mondo dei giocattoli ecologici ha molte sfaccettature ma uno scopo comune: educare dei piccoli rispettosi della natura. Il Pizza Parlor della Green Toys ha vinto il premio di gioco dell'anno all'ultima fiera internazionale del giocattolo di New York. Si tratta di un set per piccoli pizzaioli con la simulazione della base della pizza e dei diversi ingredienti. Gli elementi sono in polietilene ad alta densità ottenuti dal riciclo di contenitori per il latte. Attenzione per l'ambiente anche nelle confezioni: in cartone riciclato e stampate con inchiostri a basso impatto ambientale. La

Apple Park ha presentato una compagnia di piccoli burattini ispirata agli animali della fattoria. I pupazzi sono realizzati al 100 per cento in velluto di cotone organico e riempiti con cotone organico e fibra naturale di mais. Sempre burattini, ma in cartone riciclato al 90 per cento e privo di ftalati, quelle della Galison. Sono double face e stampate con inchiostri atossici. Raffigurano mostri, principesse e animali della foresta. Pensato per ragazzi più grandi, dai 10 anni in su, il kit Climate and weather (Clima e tempo) della società americana specializzata in giochi scientifici Thames and Kosmos. Il gioco pone l'attenzione sul problema del riscaldamento globale e permette di condurre più di venti esperimenti per indagare determinati fenomeni atmosferici e il sistema del clima in generale. Si può costruire un modellino della Terra e della sua atmosfera per vedere come funziona il movimento dei venti. Si possono ricreare le correnti oceaniche in un piccolo contenitore d'acqua e simulare i movimenti di rotazione e rivoluzione della Terra per capire come il sole influenzi il tempo quotidianamente e stagionalmente. La stessa azienda un paio d'anni fa ha realizzato Power House Green Essentials. Si tratta di un set con cui costruire una casa che segue tutti i dettami dell'edilizia ambientale;
anche l'Italia non è da meno nella realizzazione di giochi ecocompatibili. Guido Gerletti, biologo, nel 2004 ha fondato la Ecotoys. La società ha realizzato gli Happy Mais in Mater-Bi (materiale ecologico derivato dal mais) e colori alimentari atossici. Il materiale è completamente biodegradabile, occorre soltanto inumidirne un pezzetto con l'apposita spugnetta e attaccarlo a un altro senza l'utilizzo di colla. La stessa azienda produce anche i Solar toys: come il grillo che saltella quando è esposto alle radiazioni solari. Per i bambini che preferiscono le costruzioni sono stati pensati i Varis: una linea di giochi in legno naturale certificato Fsc, un marchio che identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L'ultimo arrivo in casa Ecotoys nasce dalla fusione tra Happy Mais e Solar toys: gli ecovolanti. Sono creati con passione e lentezza i giochi di Arti-sane. Un anno fa, Alessandro Scibetta e Laura Angileri hanno deciso di abbandonare i profili professionali di insegnanti e dedicarsi alla decrescita e a uno stile di vita critico e non consumistico. Da qui la decisione di produrre giochi artigianali. Vengono utilizzati soltanto legno e colla vinilica e il legno è dipinto solo con vernici ad acqua prive di solventi derivati dal petrolio. Le forme sono stilizzate e i dettagli non troppo definiti, per lasciare ai bambini la possibilità di inventare e sperimentare liberamente la loro maniera di usarli. I giocattoli sono venduti su internet e nei mercatini locali legati alla vendita di prodotti ecologici e biologici;
«Rigiochiamo» è un'équipe che organizza incontri con bambini e ragazzi finalizzati all'educazione ambientale nel Friuli Venezia Giulia. Educatori professionali stimolano la creatività dei bambini facendogli costruire giochi con materiale da recupero. Scatole di scarpe, pezzetti di carta colorata, scampoli di stoffa, bottoni, portauova e tappi si trasformano in teatri per marionette, maschere o navi pirata. Poi, la fase della raccolta dei giochi, in cui i bambini vengono invitati a ricercare quelli da dare in beneficenza, puliti e funzionanti, e quelli da riciclare, purché composti, interamente o in prevalenza, da polietilene. Successivamente i box di raccolta vengono prelevati e trasportati presso le piattaforme di recupero convenzionate con il Consorzio nazionale Polieco, per avviare al riciclo i giochi rotti. Dall'inizio del progetto, nel 2006, a oggi sono stati coinvolti più di 30 mila alunni e raccolti più di 1.200 metri cubi di giocattoli, sottratti al degrado della discarica e valorizzati nell'ottica del riutilizzo e del riciclo -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incrementare la produzione di giocattoli eco-sostenibili nel nostro Paese.
(4-15701)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Rapporto 2012: Attuazione della certificazione energetica degli edifici in Italia, elaborato dal CTI, presenta novità strutturali ed approfondimenti pur restando l'impostazione simile alla versione 2011. Nella prima parte vengono presentati, come nella versione precedente, 25 prospetti comparativi tematici che fotografano, dettagliatamente, il diverso stato di applicazione a livello nazionale della certificazione energetica. La seconda sezione approfondisce i principali riferimenti normativi, indispensabili per orientarsi nel panorama sempre più articolato della certificazione e prende in esame gli aggiornamenti normativi e legislativi in atto sia a livello internazionale, come la revisione dell'intero pacchetto di norme tecniche EN attualmente vigente per la determinazione delle prestazioni energetiche degli edifici, che nazionale (revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2009, e, nella pratica, di tutti i disposti ad esso collegati) e regionale (disposti vari). Tra le innovazioni più rilevanti della terza parte relativa agli aspetti normativi ed applicativi delle singole regioni e province autonome, vi è l'intervista ai responsabili delle politiche locali (dirigenti e assessori), protagonisti nel processo di elaborazione e di attuazione dei programmi di efficienza e certificazione energetica degli edifici. A questi è stato chiesto, in particolare, di descrivere le principali politiche energetiche intraprese, con i relativi orientamenti futuri. Tali questioni sono difatti fondamentali alla luce degli studi della Commissione europea, che dimostrano l'impossibilità di rispettare al 2020 gli impegni assunti dall'unione europea per quanto concerne l'efficienza energetica. È stato domandato infine se, considerato l'attuale quadro legislativo nazionale in tema di certificazione energetica, ci sia la necessità di un suo ampliamento. Il 2020 è relativamente vicino e gli obiettivi della «triade energetica», riguardanti riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, efficienza e sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, sono imponenti. In aggiunta, ogni regione italiana ha realtà differenti per condizioni geografiche, climatiche, qualità e quantità del patrimonio edilizio, rischi territoriali (idrogeologici, sismici, eccetera), occupazione e ricadute occupazionali: obiettivi primari e sforzi in atto sono quindi diversi;
dalle risposte alle interviste si legge chiaramente l'esigenza di: estendere a tutte le Regioni le «buone pratiche» poste in essere da quelle che hanno investito maggiormente in passato in termini di risorse di bilancio; migliorare il coordinamento tra legislazione nazionale e regionale o agire direttamente sul grado di omogeneità dei testi; semplificare gli iter autorizzativi e di accesso alle sovvenzioni; consolidare l'accesso agli incentivi per interventi di riduzione dei consumi energetici; istituire sistemi informativi regionali/nazionali per la raccolta e la gestione degli ACE; rendere più funzionali e meno onerose per i cittadini le procedure mediante, ad esempio, la «dematerializzazione» dei documenti; aumentare l'importanza della sensibilizzazione e dell'informazione dei cittadini sulle tematiche energetiche, con la diffusione della consapevolezza che gli obiettivi del burden sharing (meccanismo di ripartizione di un impegno collettivo, che avviene secondo princìpi di equità e di responsabilità) sono traguardi comuni, condivisi e irrinunciabili. L'efficienza energetica sarà nei prossimi anni la chiave di volta della politica di riduzione dell'impatto climatico in materia di sicurezza degli approvvigionamenti, produzione e consumo di energia. Diventa interessante, in questa prospettiva, esaminare i risultati che ha prodotto, ad ora, la certificazione nelle diverse aree del nostro Paese;
a tal proposito il rapporto 2012 include, per alcune regioni/province autonome (Bolzano, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Trento, Valle d'Aosta e Veneto) i dati concernenti la classificazione energetica degli edifici. Dall'analisi risulta che, nelle regioni censite, le

relative distribuzioni di frequenza per classe energetica degli ACE depositati sono tra loro nettamente differenti. Una questione spinosa, al momento purtroppo irrisolta, riguarda l'autodichiarazione in classe G del proprietario dell'immobile, prevista dal paragrafo 9 dell'allegato A del decreto ministeriale 26 giugno 2009. Infatti, dove consentita, è stata nettamente preferita rispetto alla certificazione energetica (Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia). La conseguenza è stata che, negli atti di trasferimento immobiliare, la maggior parte di acquirenti o inquilini, non hanno ricevuto in pratica alcuna indicazione sui futuri costi di gestione energetica, né tantomeno informazioni su come migliorare, nella maniera più conveniente, il rendimento energetico dell'edificio;
la Commissione europea, non ritenendo questa scelta coerente con il completo recepimento della direttiva 31, ha avviato, nel mese di settembre 2011, una procedura di messa in mora dello Stato italiano. Pertanto, l'autodichiarazione non dovrebbe essere più attuata su tutto il territorio nazionale. Un altro aspetto, seppur relativamente marginale, che fatica a decollare riguarda le targhe energetiche installate; solamente la regione Lombardia ne ha annunciato l'entità (4.650). Si ricorda, a tal proposito, che il decreto legislativo n. 192 del 2005 all'articolo 6 ne prevede l'obbligatorietà per gli edifici ad uso pubblico (contratti, nuovi o rinnovati, relativi alla gestione degli impianti termici o di climatizzazione degli edifici pubblici, o nei quali figura comunque come committente un soggetto pubblico). Tutte le regioni, ad eccezione di Basilicata, Marche e Molise, hanno comunicato il numero di ACE depositati. Purtroppo, dunque, non è ancora possibile ricostruire un quadro completo. Le regioni che hanno applicato la certificazione con maggior rigore sono state Lombardia (710.000), Emilia Romagna (260.000), Piemonte (233.931), Liguria (66.329) e Lazio (29.700);
tra gli aspetti più dibattuti della certificazione energetica vi sono le attività di controllo avviate, per ora solo sperimentalmente, da poche amministrazioni. Dalle esigue stime disponibili, realizzate su un campione peraltro ridotto, emerge un'elevata percentuale di ACE con risultanze non conformi. A riguardo, anche la direttiva 2010/31/Ue, già in vigore, all'articolo 18 affronta apertamente la questione prescrivendo, alle autorità nazionali competenti o agli organismi da esse delegati, l'istituzione di sistemi di controllo indipendenti (dispone la verifica di una percentuale statisticamente significativa di tutti gli ACE rilasciati nel corso di un anno), in conformità all'allegato II della medesima -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di migliorare la normativa relativa alla certificazione energetica italiana.
(4-15712)

PILI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 si dava esecuzione alla convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971;
con decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1987, n. 184 si disponeva l'esecuzione del protocollo di emendamento della convenzione internazionale, di Ramsar del 2 febbraio 1971 sulle zone umide di importanza internazionale, adottato a Parigi il 3 dicembre 1982 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1987, n. 111, supplemento ordinario);
la Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, denominata Convenzione di Ramsar, è un trattato intergovernativo che fornisce il quadro per l'azione nazionale e la cooperazione internazionale per la conservazione e l'utilizzazione razionale delle zone umide e delle loro risorse. La Convenzione di Ramsar è l'unico trattato ambientale globale che si occupa con un particolare ecosistema.

Il trattato è stato adottato nella città iraniana di Ramsar nel 1971 e nei Paesi membri della Convenzione coprono tutte le aree geografiche del pianeta;
la missione della convenzione di Ramsar è «la conservazione e l'utilizzo razionale di tutte le zone umide attraverso azioni locali e nazionali e la cooperazione internazionale, quale contributo al conseguimento dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo»;
la convenzione utilizza un'ampia definizione dei tipi di zone umide previsti cui nella sua missione, compresi i laghi e i fiumi, paludi e acquitrini, praterie umide e torbiere, oasi, estuari, delta e bassa marea, near-shore aree marine, le mangrovie e le barriere coralline, e artificiali siti come peschiere, risaie, serbatoi e saline;
al centro della «filosofia Ramsar» è il sapiente utilizzo delle zone umide definito come «il mantenimento del loro carattere ecologico, ottenuto attraverso l'attuazione di approcci ecosistemici, nel contesto dello sviluppo sostenibile»;
l'«uso saggio» ha dunque a cuore la conservazione e l'utilizzazione sostenibile delle zone umide e delle loro risorse, a beneficio del genere umano;
il 14 dicembre 1976 lo Stato italiano ha disposto l'inserimento tra i siti soggetti al trattato di Ramsar i seguenti:
a) Pian di Spagna - Lago di Mezzola;
b) Vincheto di Cellarda;
c) Sacca di Bellocchio;
d) Valle Santa;
e) Punte Alberete;
f) Palude di Colfiorito;
g) Palude di Bolgheri;
h) Laguna di Orbetello;
i) Lago di Burano;
l) Lago di Nazzano;
m) Lago di Fogliano;
n) Lago dei Monaci;
o) Lago di Caprolace;
p) Lago di Sabaudia;
q) Lago di Barrea
r) Stagno di S'Ena Arrubia;
s) Stagno di Molentargius;
t) Stagno di Cagliari (a.k.a. Santa Gilla);
tra questi risulta inserito lo stagno di Molentargius che si colloca all'interno dell'ampio Golfo di Cagliari, e risulta costretto dallo sviluppo urbano della città di Cagliari e di quella di Quartu S. Elena. Lo stagno fa parte di una più vasta area stagnale che comprende anche lo stagno di Quartu e le saline di Cagliari;
il sistema costituito dallo stagno di Molentargius, dalle Saline e dal cordone di spiaggia del Poetto rappresenta un articolato esempio di morfologia costiera, la cui origine è da ricercare nel complesso delle interazioni tra fattori geologici, geomorfologici, climatici ed antropici che hanno guidato l'evoluzione di questo tratto del Golfo di Cagliari a partire da circa 120.000 anni ad oggi. Più in particolare l'origine del sistema è imputabile alle pulsazioni del livello del mare legate ai cambiamenti climatici pleistocenici che hanno consentito l'emersione di due cordoni di spiaggia (Is Arenas e Poetto) determinando la chiusura, in fasi successive, di un ampio golfo;
tra lo stagno di Molentargius e lo stagno di Quartu si sviluppa una vasta superficie piana, denominata Is Arenas, che rappresenta un cordone sabbioso emerso dal fondo del mare 75.000 anni fa;
l'arco di spiaggia del Poetto, infine, costituisce il tassello più «giovane» dell'intero sistema costiero. Il Poetto rappresenta, infatti, un cordone di spiaggia emerso durante l'ultima fase di sollevamento del mare avvenuta 6.500 anni fa, durante la cosiddetta trasgressione versiliana. La chiusura di un tratto di mare ad opera

del cordone di spiaggia ha determinato la nascita dello stagno di Quartu;
la storia di Molentargius è strettamente legata alla storia delle saline che si collocano nel settore sud-occidentale dello stagno di Quartu. Il grande bacino del Bellarosa Maggiore, infatti, è stato utilizzato come vasca di prima evaporazione nel ciclo di produzione e raccolta del sale. Lo stagno, che in condizioni naturali vedrebbe la sua progressiva estinzione, è diventato così un bacino idrico perenne grazie alla costante manutenzione dei canali di collegamento col mare, che assicurano il ricambio idrico. In seguito alla tracimazione dei canali di regimentazione delle acque reflue, avvenuta nel 1984, le saline di Stato hanno cessato la loro attività mettendo in pericolo la conservazione delle aree stagnali;
oggi quindi l'equilibrio dell'intero sistema costiero risulta particolarmente instabile a causa dell'incuria e dell'eccessivo carico antropico che insiste su tutto il territorio;
il bacino di Bellarosa Minore deve la sua attuale composizione floristica ai cambiamenti ambientali che l'area ha subito negli ultimi quarant'anni;
il bacino rappresenta di fatto la punta di diamante dell'intero compendio, in cui la notevole varietà di nicchie ecologiche, determinate dalla composizione e struttura della vegetazione, rappresenta un richiamo sicuro per l'avifauna;
a partire dal 1965 viene istituita la «Zona 23» che vieta la caccia nel sito; nel 1969 il Consiglio nazionale delle ricerche include il Molentargius tra i biotopi da salvare; nel 1975 viene redatto il Piano territoriale paesistico a cura della sovrintendenza ai monumenti; nel 1977, con l'adesione dell'Italia alla Convenzione di Ramsar, ne viene ratificata l'importanza a livello internazionale e, con un decreto del Ministero dei beni culturali, si dichiara ufficialmente il Molentargius di «notevole interesse pubblico»;
nel 1988 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha stanziato la somma di 120 miliardi di lire per un progetto di recupero e salvaguardia dell'ecosistema di Molentargius, per il quale è stata prevista la creazione di un Parco in cui, accanto alle necessarie misure di protezione dell'ambiente e delle comunità vegetali e animali, è prevista la realizzazione di strutture ricettive per la fruizione dell'area umida. La rimozione dei problemi di inquinamento è inoltre fondamentale per il ripristino dell'attività saliniera;
nel 1978 con la legge regionale n. 32 è istituita l'oasi di protezione faunistica;
nel 1989 con le legge regionale n. 31 il sito viene inserito nel piano regionale dei parchi;
con la legge regionale n. 5 del 26 febbraio 1999, è istituito il Parco naturale regionale Molentargius-Saline in quanto uno dei siti più importanti d'Europa per la sosta, lo svernamento e la nidificazione di numerose specie di uccelli acquatici;
oggi il parco, oltre che Area protetta ai sensi della legge istitutiva, è anche sito di importanza comunitaria (SIC ITB 040022 Stagno di Molentargius e Territori limitrofi), e Zona di Protezione Speciale (ZPS ITB 044002 Saline di Molentargius), entrando così a far parte della rete ecologica europea Natura 2000 e della rete ecologica regionale;
il parco si estende nei comuni di Cagliari, Quartu S. Elena, Quartucciu e Selargius, comprendendo il sistema del Molentargius-Saline;
il parco è istituito nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, «Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971»;
in questi giorni, in pieno periodo di nidificazione, agli operai e ai tecnici dipendenti dell'ente parco, complessivamente 21

lavoratori, non è stato rinnovato il contratto di lavoro scaduto lo scorso 31 marzo;
si tratta di dipendenti quasi tutti in servizio dell'ente prima che lo stesso fosse operativo;
la loro presenza sul territorio risulta indispensabile sia per le peculiarità esclusive del sito sia per la conoscenza diretta che per le specifiche competenze e il patrimonio di grande professionalità acquisita in anni di esperienza e studi sul Compendio;
il precariato contraddistingue da sempre l'iter lavorativo dei dipendenti che da sette anni, sono giunti all'ennesima scadenza del contratto senza avere né certezze sul futuro lavorativo, né sul mantenimento della professionalità acquisita;
dal 2 aprile i lavoratori, sostenuti dalla UIL TEMP Sardegna presidiano la sede dell'ente parco e dal 6 aprile 2012, hanno occupato il Piano terra della stessa struttura;
l'implicazione internazionale del trattato di Ramsar, gli impegni internazionali dello Stato italiano relativamente ai siti inseriti nell'elenco del trattato costituiscono elemento determinante per ritenere indispensabile un intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'ambito delle proprie competenze, e al fine di valutare percorsi utili e urgenti, per definire questa grave vacatio nell'operatività gestionale e di tutela dell'area naturalistica di Molentargius -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere con somma urgenza, proprio per la delicatezza del momento, un incontro con le autorità del Parco al fine di individuare percorsi utili a non interrompere la tutela del parco e delle sue valenze naturalistiche ambientali;
se non ritenga di dover adottare iniziative, di concerto con le amministrazioni competenti, per un'azione di rilancio e di valorizzazione di questo sito - come segnalato in premessa, classificato come SIC e ZPS - che per importanza e valenza potrebbe essere inserito in piani nazionali di ricerca e sperimentazione nell'ambito della tutela e valorizzazione delle specie protette.
(4-15720)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 23 marzo 2012 è uscito nelle sale cinematografiche il film «17 ragazze», scritto e diretto da due sorelle francesi (Delphine e Mouriel Coulin) e prodotto dalla Teodora Film, ispirato ad un fatto di cronaca del 2008;
il film narra la storia di 17 ragazze, frequentanti lo stesso liceo, che decidono di rimanere incinte nello stesso periodo come gesto di ribellione contro il mondo degli adulti, che in questo caso coincide con famiglie assenti e incapaci di recepire i disagi dei propri figli;
l'uscita del film ha suscitato moltissime polemiche non solo in Italia, infatti, in Francia il film è stato addirittura accusato di apologia della gravidanza collettiva (TMNews del 20 marzo 2012);
per il clima di forte suggestione, avvalorato da scene che esplicitamente inneggiano al non rispetto delle regole, con comportamenti altamente trasgressivi, aveva spinto la commissione di primo grado per la revisione dei film e dei lavori teatrali a vietarne la visione ai minori di 14 anni, in quanto un pubblico così giovane avrebbe potuto essere attratto da tali comportamenti, poiché sprovvisto di quella contestualizzazione indispensabile per poter effettuare una riflessione critica e obiettiva;
a fronte delle pesanti critiche alla pellicola, le registe si sono difese affermando

di aver consultato medici e assistenti sociali prima delle riprese e di aver effettuato delle proiezioni-test;
la casa distributrice è ricorsa in appello contro la decisione di vietare il film ai minori di 14 anni, ritenendo tale provvedimento infondato in quanto l'utopia collettiva femminile descritta nel film non rappresenterebbe un rischio di emulazione per gli adolescenti vista la natura soggettiva dell'esperienza della gravidanza;
la commissione di secondo grado ha accolto le argomentazioni della Teodora Film accogliendo il ricorso, affermando che non sussiste alcun motivo che giustifichi il divieto per i minori di 14 anni;
a fronte del continuo dilagare del disagio giovanile, risulta più che mai inconcepibile la decisione assunta dalla commissione d'appello, che ha di fatto sottovalutato, a parere dell'interrogante, la pericolosità che tali messaggi potrebbero avere su un pubblico molto giovane e ancora sprovvisto degli strumenti necessari per una riflessione critica e obiettiva che permetta di contestualizzare il disagio che determinati comportamenti possono nascondere;
nell'adolescenza la suggestione del gruppo e l'assumere atteggiamenti trasgressivi coincidono con la voglia di dichiarare agli altri se stessi, la propria autonomia e la capacità di prendere decisioni, fattori questi che possono essere compresi e analizzati obiettivamente solo da un pubblico in grado di contestualizzare ciò che gli viene proposto;
a fronte di quanto esposto finora appare necessario intervenire per una revisione dell'attuale normativa in materia di revisione cinematografica, e in particolar modo della composizione delle commissioni di primo e secondo grado, affinché non prevalgano solo gli interessi commerciali bensì la tutela delle fasce di pubblico più vulnerabili -:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di rivedere l'attuale normativa in materia di revisione cinematografica, con particolare riferimento alla composizione delle relative commissioni, affinché vi sia maggior equilibrio tra le categorie rappresentate.
(5-06602)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 22 marzo 2012 il servizio centrale operativo (SCO) della polizia ha arrestato a Foggia 18 persone accusate di far parte della mafia di Capitanata;
l'indagine nasce un anno prima, quando la polizia si è messa sulle tracce di Giuseppe Pacilli, uno dei trenta latitanti più pericolosi d'Italia arrestato nel maggio del 2011;
gli investigatori hanno individuato una rete di fiancheggiatori definita dal procuratore Antonio Laudati «Una rete di complicità per proteggere la latitanza: è l'essenza della mafia»;
Giuseppe Pacilli è rimasto latitante per ben due anni nella sua città di Monte Sant'Angelo, godendo quindi dell'omertà e della complicità di un intero territorio come gli stessi inquirenti affermano;
le indagini hanno portato all'arresto anche di un maresciallo dell'Esercito, Giuseppe La Torre di 50 anni, in servizio presso il X reggimento artiglieria di Foggia indicato dagli inquirenti come il collegamento con il boss Giuseppe Pacilli durante la latitanza;
in un articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica Giuliano Foschini scrive: «L'uomo dell'esercito forniva gli anfibi, perché i mafiosi si potessero mettere come i militari» -:
considerata la gravità dell'episodio descritto in premessa, quali iniziative di

competenza il Ministro interrogato intenda assumere nei confronti del maresciallo dell'Esercito Giuseppe La Torre e se l'episodio del coinvolgimento delle forze armate con la mafia locale risulti isolato all'interno del X reggimento artiglieria di Foggia.
(5-06604)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'attuazione di quanto disposto del codice dell'ordinamento militare, la sezione II del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 15 marzo 2010 riconosce le procedure per l'alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle Forze armate;
ai sensi dell'articolo 404 del citato decreto del Presidente della Repubblica la Direzione Generale dei Lavori e del Demanio del Ministero della Difesa ha provveduto a comunicare con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ai conduttori degli alloggi di servizio facenti parte dei circa 3.022 individuati dall'amministrazione, un'offerta di acquisto, e il modello di risposta con il quale i conduttori dovranno esercitare i loro diritti per l'acquisto, dell'usufrutto o della volontà di continuare nella conduzione in locazione dell'alloggio;
ai sensi del comma 5 del predetto articolo 404 «entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione dell'offerta (...) i conduttori, a pena di decadenza dal diritto ad acquistare l'alloggio, trasmettono, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, alla Direzione generale l'atto di esercizio del diritto»;
l'offerta di acquisto di cui al comma 2 non indica i parametri di riferimento in base ai quali è stato determinato il prezzo tracciato nell'offerta, ma rimanda la determinazione dello stesso a un «intesa con l'Agenzia del Demanio», senza nulla specificare;
in taluni casi il prezzo indicato risulta notevolmente sproporzionato rispetto alla condizione e alle potenzialità dell'immobile stesso: in ragione di tali condizioni circa 200 conduttori hanno fatto ricorso alla magistratura amministrativa al fine di ottenere una rivalutazione del prezzo d'offerta dell'immobile che risponda a precisi e chiari canoni di riferimento;
stando alle informazioni a disposizione dell'interrogante, la pronuncia del Tar dovrebbe avvenire nel mese di maggio: tale timing amministrativo rischia di non essere in linea con i tempi di riscontro all'offerta dell'amministrazione da parte del conduttore, sanciti dal predetto comma 5 dell'articolo 404, con la conseguenza di una potenziale scadenza dei 60 giorni di tempo per l'esercizio del diritto di acquisto prima che il Tar arrivi a pronunciarsi sulla medesima materia;
lo scenario testé delineato configura un paradosso, che rischia di inficiare la pronuncia stessa del tribunale amministrativo in assenza di una necessaria dilazione dei termini previsti dal comma 404 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 -:
se intenda riconoscere con adeguata e tempestiva iniziativa normativa la dilazione dei termini sanciti dall'articolo 404, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010.
(4-15706)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MAGGIO 2012

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

MERONI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alle conseguenze dei diversi provvedimenti varati dall'attuale Governo, tra cui il decreto-legge n. 201 del 2011, noto come manovra «salva-Italia», che, basando il 75 per cento delle proprie disposizioni su nuove entrate, ha previsto la revisione della tassazione sugli immobili e l'aumento

dell'addizionale regionale all'Irpef e dell'Iva che, congiuntamente all'attuale grave crisi economica finanziaria, graveranno pesantemente su tutte le famiglie italiane, comprimendo la domanda interni di consumi e determinando al contempo una riduzione del prodotto interno lordo nazionale, già previsto in forte ribasso dagli esperti economici;
secondo diversi organi di stampa, siti web e forum, e così come riportato anche da un recente articolo del settimanale L'espresso, il Ministero dell'economia e delle finanze, nei primi giorni di gennaio 2012, avrebbe effettuato un trasferimento nelle casse della banca Morgan Stanley per una cifra pari a due miliardi e 567 milioni di euro, in conseguenza della quale l'esposizione verso l'Italia sarebbe scesa da 6,268 a 2,887 miliardi di dollari, ovvero di 3,381 miliardi di dollari pari a 2,567 miliardi di euro;
come riportato nei giorni scorsi sul quotidiano Italia Oggi, in risposta ad una interrogazione parlamentare urgente presentata dall'onorevole Antonio Borghesi, il sottosegretario all'istruzione, all'università e alla ricerca Marco Rossi Doria, ha dichiarato che «Per quanto riguarda, in particolare, la vicenda relativa alla Morgan Stanley, riportata da alcuni organi di stampa e richiamata nell'interpellanza, si fa presente che alla fine del 2011 e con regolamento il Ministero dell'economia e delle finanze, in data 3 gennaio 2012, ha proceduto alla chiusura di alcuni derivati in essere con Morgan Stanley (due interest rate swap e due swaption) in conseguenza di una clausola di «Additional Termination Event» presente nel contratto quadro (Isda Master Agreement) che regolava i rapporti tra la Repubblica Italiana e la banca in questione. Tale clausola, risalente alla data di stipula del contratto, nel 1994, era unica e non presente in nessun altro contratto quadro vigente tra il ministero e le sue controparti, e non è stato possibile, nel corso degli ultimi anni, rinegoziare la stessa. In virtù di tale clausola, si è proceduto alla chiusura anticipata di alcuni derivati con Morgan Stanley, regolandone il controvalore in 2,567 miliardi senza il coinvolgimento di terze parti»;
nelle scorse settimane, un cittadino di Roma avrebbe trasmesso un esposto alla procura di Trani, già impegnata peraltro in una indagine sulla agenzia di rating Standard&Poor's, sostenendo l'opportunità di delucidazioni del Presidente del Consiglio italiano, anche in ragione del fatto che, così come sostenuto dallo stesso all'interno dell'esposto, quando il Ministero dell'economia e delle finanze sottoscrisse il contratto con la Morgan Stanley, a capo della banca c'era l'attuale Governatore della Banca della comunità europea Mario Draghi, mentre, al momento della chiusura dei contratti in derivati tra il Governo italiano e l'Istituto di credito americano, la carica di vicepresidente della banca Morgan Stanley era allora ricoperto dal figlio del Presidente del Consiglio italiano, ovvero da Giovanni Monti;
all'interno dell'esposto presentato, inoltre, viene rimarcata più volte la singolarità dell'evento, allorché le clausole di estinzione anticipata a favore degli istituti di credito che riguardano il rischio per lo Stato di un rientro anticipato per l'intero, sono operazioni molto rare, senza considerare che inserire il diritto di rientro in qualsiasi momento a discrezione del creditore sembra essere un dato costante dei contratti stipulati dalla banca Morgan Stanley;
l'operazione descritta evidenzia ad avviso dell'interrogante come le operazioni in derivati gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze si caratterizzino per un altro livello di opacità, laddove nessuno è a conoscenza esattamente dell'ammontare di tali operazioni e di quale sia l'eventuale guadagno, o perdita complessivamente registrata dallo Stato -:
se il Ministro interrogato, anche in ragione dell'elevato valore dell'operazione finanziaria, non reputi di dover fornire gli opportuni chiarimenti relativamente alla vicenda sopra descritta.
(3-02206)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto salva Italia), convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è stata ripristinata l'imposta per la prima casa;
l'IMU è una imposta prevista su tutte le abitazioni comprese quelle dello IACP per le case popolari, che nei fatti svolgono una funzione sociale;
durante l'esame del provvedimento in Parlamento è stato bocciato un emendamento che prevedeva il pagamento dell'IMU per le fondazioni bancarie;
l'assessore regionale al territorio di Puglia, Angela Barbanente, ha denunciato come questo provvedimento inciderà in maniera insostenibile sui bilanci degli IACP, mentre lo Stato non solo non ha previsto una esenzione ma non ha rinunciato neppure alla quota IMU che incassa insieme ai comuni;
l'IMU anche per le abitazione degli IACP, secondo il sindacato di categoria SICET della CISL, danneggerà in modo particolare le famiglie bisognose tra quelle che fanno richiesta di case popolari;
sempre l'assessore regionale Barbanente ha rilevato come il fondo nazionale per le abitazioni è ormai composto solo dalla quota dei comuni e delle regioni;
il pagamento dell'IMU per le case popolari degli IACP e la carenza di risorse per il fondo nazionale abitativo determinerà un depauperamento di fondi dello IACP con conseguenze disastrose sul fabbisogno abitativo -:
se il Ministro interrogato intenda valutare la possibilità di assumere iniziative normative per introdurre esenzioni parziali o totali sull'IMU per le abitazioni degli IACP;
se il Ministro ritenga opportuno integrare il fondo nazionale abitativo con la quota nazionale e quali iniziative in questo senso intenda assumere.
(5-06597)

MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 29 febbraio 2012 la Banca centrale europea ha distribuito alle banche europee un rifinanziamento della durata di 3 anni ad un tasso agevolato dell'1 per cento di circa 529,5 miliardi di euro; l'operazione è stata realizzata nell'ambito del secondo ciclo di LTRO (operazioni di rifinanziamento a lungo termine), e ha coinvolto oltre 800 banche europee;
nel corso del primo ciclo di LTRO, risalente al mese di dicembre 2011, la Banca centrale europea aveva collocato 489 miliardi di euro a oltre 523 istituti bancari del vecchio continente. Il saldo totale di entrambe le operazioni di rifinanziamento ammonta a circa 1.018 miliardi di euro;
il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha recentemente affermato che, mentre le banche hanno utilizzato la prima operazione LTRO per far fronte ai problemi di provvista fondi, al rimborso delle obbligazioni in scadenza e, in misura minore, all'acquisto di titoli di Stato, la seconda tranche di LTRO avrebbe avuto la finalità di rimettere in moto il credito a imprese e famiglie;
risulta agli interroganti che le condizioni applicate ai clienti dalle banche nel mese di marzo 2012 sono ancora molto onerose (Euribor a 3 mesi 0,80 per cento; Eurirs 1,05 per cento; spread 3,50 per cento-4,50 per cento circa) e ben lungi dall'obiettivo prefissato dalla Banca centrale europea di rimettere in moto il credito per imprese e famiglie -:
alla luce di quanto sopra esposto, in quale misura le risorse erogate dalla Banca centrale europea tramite i due LTRO

siano state distribuite nel circuito bancario di ciascuno Stato membro;
in quale misura le banche beneficiarie del rifinanziamento abbiano destinato le risorse ricevute per l'erogazione di mutui e affidamenti a imprese e famiglie;
quali siano i tassi percentuali che gli istituti che hanno beneficiato dei fondi della Banca centrale europea stanno erogando sulle piazze regionali;
se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per garantire che le risorse erogate pervengano effettivamente alle imprese e alle famiglie.
(5-06605)

Interrogazioni a risposta scritta:

PAGLIA e DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il comune di Erbusco, in provincia di Brescia, è stato uno dei 24 comuni che, nel maggio del 2004, con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'interno e la regione Lombardia ha siglato un accordo di programma quadro in materia di sicurezza che prevedeva la realizzazione di 24 nuove caserme dei carabinieri (con uno stanziamento di decine di milioni di euro), in funzione di un efficace rafforzamento della sicurezza sull'intero territorio lombardo;
individuata l'area per la localizzazione della caserma (un terreno di proprietà comunale destinato gratuitamente alla costruzione dell'opera), solo dopo un lungo iter burocratico, è stata effettuata la formale consegna dei lavori da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, provveditorato interregionale delle opere pubbliche Lombardia e Liguria di Milano all'impresa risultata vincitrice della gara d'appalto il 20 luglio 2007;
l'amministrazione comunale di Erbusco ha ritenuto opportuno programmare e realizzare - facendosene finanziariamente carico per un ammontare complessivo di circa un milione e mezzo di euro - alcune opere di urbanizzazione accessorie e funzionali all'apertura della stessa caserma (rotatorie, strada di accesso, illuminazione pubblica, e altro), anche al fine di garantire una viabilità più sicura ed efficiente;
l'effettiva operatività della predetta caserma, tuttavia, è una questione ancora irrisolta che si protrae oramai da troppo tempo senza che si sia riusciti ancora a giungere, dopo circa otto anni, ad una soluzione chiara e condivisa: l'opera, infatti, ultimata ormai dal mese di gennaio del 2011, pur rivestendo un'importanza strategica nel garantire un adeguato livello di sicurezza dei cittadini di quelle zone e un capillare controllo del territorio, non è mai entrata ufficialmente in funzione e versa, oggi, in uno stato di abbandono e degrado intollerabile;
il colonnello Marco Turchi, che guida il comando provinciale dei carabinieri di Brescia, il 17 febbraio 2012, in un'intervista al Corriere della Sera, ha categoricamente smentito alcune voci che circolavano sulle presunte cause della mancata apertura della caserma: si era parlato, infatti, di insufficienza di carabinieri da destinare alla nuova struttura per effetto sia della generale riduzione di organico che dei frequenti trasferimenti disposti da Brescia a Roma per l'intensificarsi dell'emergenza criminalità nella Capitale;
dall'incontro del 29 febbraio 2012 tra alcuni rappresentanti istituzionali locali (sindaco, vicesindaco, responsabile ufficio tecnico, capitano dei carabinieri e funzionario regionale alle opere pubbliche), è emerso che attualmente sono in corso le pratiche per l'accatastamento dell'immobile e per l'acquisizione gratuita definitiva dell'area di proprietà del comunale da parte del demanio e che mancherebbe solo il collaudo amministrativo per l'apertura ufficiale della caserma;
è stato, altresì, evidenziato che, al momento, non sarebbero disponibili le somme destinate agli allacci delle utenze, nonostante

a suo tempo fossero già state inserite tra le somme a capitolato dell'opera: in sostanza «tali somme, poiché non sono state utilizzate antecedentemente, sarebbero al momento indisponibili e per sbloccarle sarebbe necessaria una procedura burocratica che richiederebbe un'autorizzazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze»;
la questione riveste un'importanza fondamentale soprattutto nell'ottica di garantire una migliore vivibilità nell'intero territorio di riferimento per cui, a fronte dei gravosi oneri già assunti dall'amministrazione comunale di Erbusco, è necessario che tutti gli attori politico-istituzionali coinvolti assumano un atteggiamento responsabile al fine di definire le opportune strategie di intervento e di valutare gli eventuali ulteriori investimenti necessari per consentire l'effettiva entrata a regime dell'opera realizzata -:
se non ritengano opportuno fornire ulteriori elementi volti a chiarire, in maniera definitiva ed inequivocabile, a che punto sia effettivamente l'iter burocratico-amministrativo in riferimento all'effettiva operatività e funzionalità della caserma dei carabinieri del comune di Erbusco ed, in ogni caso, quali iniziative, di rispettiva competenza, intendano assumere al fine di garantire la tempestiva definizione di questa annosa questione che riveste un'importanza vitale per la sicurezza di un'intera comunità che, assediata da una criminalità sempre più aggressiva e diffusa, ormai da troppi anni, attende invano risposte concrete.
(4-15695)

SARUBBI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 1o aprile 2012 il programma di approfondimento e di inchiesta «Report», in onda su Raitre, ha evidenziato grandi problemi esistenti nella gestione di Fincantieri, azienda pubblica italiana qualificata al momento come «uno dei maggiori gruppi esistenti al mondo, attivo nella progettazione e costruzione di navi mercantili e militari» e controllata da Fintecna, società finanziaria italiana a sua volta controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze;
l'azienda di Stato è attualmente vittima di una significativa crisi, caratterizzata dalla riduzione delle commesse e da un conseguente riflesso sull'occupazione, tanto da condurre alla definizione di accordi con le rappresentanze sindacali finalizzati alla definizione della mobilità e cassa integrazione per circa 3.640 lavoratori;
stando alle evidenze riportate dalla citata inchiesta televisiva, soltanto una parte dei lavoratori - attualmente operativi nei cantieri - sarebbe realmente alle dipendenze dell'azienda di Stato, mentre circa 1.500 lavoratori sono legati a tutte le altre imprese che operano per la stessa con contratti di subappalto: nello specifico, buona parte delle attività e delle lavorazioni nei bacini italiani di Fincantieri sono eseguiti da tali aziende, con incremento dei costi e conseguenze negative sulla qualità delle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori in subappalto;
sulla base di quanto riportato nella citata trasmissione, infatti, per buona parte dei lavoratori delle ditte di subappalto non sono previste le basilari garanzie contrattuali, a cui si aggiunge il fatto che il lavoro straordinario è retribuito come indennità, sul cui ammontare non è previsto il pagamento di contributi;
a seguito di denunce, la procura di Venezia ha avviato un'indagine che coinvolge i bacini Fincantieri di Marghera in merito agli illeciti succitati in capo alle ditte appaltate e subappaltate dall'azienda di Stato: sebbene alcune di queste siano indagate per sfruttamento del lavoro ed estorsione, sembra, per quanto risulta all'interrogante, che continuino, a operare attraverso contratti di appalto con Fincantieri;

per quanto risulta all'interrogante, alcune aziende appaltatrici sarebbero intestate a coniugi di dirigenti di Fincantieri;
in questo scenario si configura anche la posizione del RINA Spa, ente di diritto privato controllato dal Registro italiano navale ed operante nell'ambito della classificazione navale, della certificazione di sistema e di prodotto;
nello specifico, sebbene il RINA, in quanto ente di classifica, si configuri come il soggetto terzo chiamato a certificare la compliance delle operazioni e degli interventi alla base delle costruzioni navali effettuate dalla Fincantieri con quanto richiesto dalla normativa italiana ed internazionale (dunque la rispondenza di quanto operato dall'azienda di Stato con quanto prevede lo Stato stesso), nel suo consiglio di amministrazione siede il direttore generale di Fincantieri -:
quali iniziative il Governo intenda predisporre al fine di avviare un controllo serrato circa la legittimità delle dinamiche di concessione degli appalti e subappalti delle aziende che operano nei cantieri, nonché circa il rispetto da parte di Fincantieri della normativa in materia di lavoro per quanto riguarda i contratti dei lavoratori impiegati nei cantieri;
se risponda al vero che alcuni di tali appalti siano stati assegnati ad aziende intestate a familiari dei dirigenti di Fincantieri;
se non si ritenga che il rapporto tra Rina e Fincantieri possa costituire un conflitto di interesse tra controllore e controllato, e se il Governo non intenda adottare iniziative anche normative adeguate al fine di intervenire in merito.
(4-15714)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 29 dicembre 2005, Q.E.I srl e Molise Dati (società strumentale della regione Molise per le attività informatiche e sistemi operativi) hanno stipulato un contratto d'appalto per l'esecuzione del progetto MEF che consiste nell'attivazione di un sistema sperimentale da applicare, in caso di esito positivo del collaudo, su tutto il territorio nazionale;
il progetto - le cui spese erano e sono a carico della regione Molise a valere sul fondo sanitario ordinario prevede l'utilizzo di macchine validatrici da installare in ogni farmacia del Molise e consente, a monte, il controllo delle prescrizioni mediche per singolo paziente, a valle, la validazione immediata del rimborso da riconoscere alla farmacia evitando, così, truffe e raggiri operati da medici compiacenti;
il progetto prevedeva una prima fase per la realizzazione dell'infrastruttura per il centro elaborazione dati (hardware, software, connettività, sicurezza) e la realizzazione di 180 validatrici - da concedere in comodato d'uso a tutti i punti di erogazione del servizio - per un costo superiore ai 4 milioni di euro ed una seconda fase per la gestione e conduzione del sistema, della durata di 9 anni, per un costo annuo di gestione superiore ai 2 milioni di euro. Solo alla scadenza dell'appalto con il pagamento dell'ultimo canone di conduzione, le validatrici e il software sarebbero divenuti di proprietà della regione;
a 5 anni dalla stipulazione del contratto per l'esecuzione del progetto MEF, la responsabile del servizio sistema formativo e privacy della regione Molise Wanda Viola e l'assessore regionale alla salute Nicola Passarelli, in due diverse occasioni, avvertirono tutti i soggetti interessati che dal 1o luglio 2010 sarebbe partito il progetto;
il direttore dell'Asrem Angelo Percopo, in seguito, avvisò tutti i farmacisti del Molise dell'attivazione del nuovo sistema di validazione della spesa farmaceutica

regionale a partire dal 1° settembre 2010, ma tale data non fu mai rispettata;
il 30 settembre 2010, il Presidente di Federfarma Luigi Sauro chiese che fosse riconosciuto ai farmacisti un euro per ogni ricetta processata con la validatrice ma, vista la particolare situazione debitoria della sanità regionale, la richiesta venne bocciata dall'assessore alla salute. Il presidente di Federfarma ha sempre manifestato pubblicamente la propria disponibilità alla sperimentazione ma, contestualmente, ha inviato una serie di circolari riservate a tutti i farmacisti del Molise dove richiedeva espressamente di non utilizzare la macchinetta;
il direttore generale dell'assessorato alla salute, Roberto Fagnano, ha scritto una nota all'assessore Angiolina Fusco Perrella sostenendo che la prestazione contrattuale non è stata eseguita poiché non sono state attivate le validatrici in tutte le farmacie molisane (solo 15 farmacisti su 160 si attivarono ai fini della sperimentazione);
il progetto MEF nato e voluto fortemente dalla regione Molise doveva portare ad un consistente risparmio di denaro da riutilizzare e reinvestire, mentre, invece, ha prodotto solo un'ulteriore spreco di, liquidità, ad oggi, pari ad oltre 4 milioni di euro (utilizzati praticamente a fondo perduto in questi anni e pagati dal contribuente) e al licenziamento di 14 dipendenti della Qei la cui sorte è legata allo sblocco del contenzioso tra la Qei e la regione Molise -:
di quali elementi disponga il Governo con riferimento alla richiamata vicenda e quale sia l'orientamento con riguardo agli aspetti di competenza considerando che la sanità molisana è oggetto di commissariamento e che ci si trova ad avviso dell'interrogante di fronte all'ennesimo utilizzo quantomeno poco responsabile, di denaro pubblico che va a gravare sulla già disastrata situazione sanitaria molisana, sul fondo sanitario nazionale e quindi sui cittadini tutti.
(4-15715)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 della legge n. 112 del 2004 recante «Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per testo unico della radiotelevisione (c.d. Legge Gasparri) e l'articolo 49 del decreto legislativo n. 177 del 2005 recante il «Testo Unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici» recano disposizioni in materia di disciplina della RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A;
tali norme, con riferimento alla costituzione del consiglio di amministrazione della Rai, composto da nove membri, prevedono una disciplina transitoria fino alla completa privatizzazione della RAI. In particolare si dispone che qualora il numero delle azioni alienato non superi la quota del 10 per cento del capitale della RAI, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi indica sette membri eleggendoli con il voto limitato a uno, mentre i restanti due membri, tra cui il presidente, sono invece indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze. Fino alla completa alienazione della partecipazione dello Stato, il rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze presenta una autonoma lista di candidati, formulata sulla base delle delibere della Commissione di vigilanza e delle indicazioni del Ministero, in numero proporzionale al numero delle quote possedute. Infine, una volta completato il processo di privatizzazione, il consiglio di amministrazione è nominato dall'assemblea, mediante voto di lista;
come ampiamente rilevato dalla stampa nazionale, il Consiglio di Amministrazione della Rai è ormai scaduto da più di due settimane ed il silenzio generale che circonda questa scadenza non fa presagire nulla di positivo;
ad avviso dell'interrogante è da considerarsi inammissibile che la più grande

azienda editoriale del Paese rischi di incorrere in una paralisi decisionale a tutto vantaggio della concorrenza e, soprattutto, appare quanto mai urgente modificare le norme che disciplinano la nomina dei membri del Consiglio di amministrazione della Rai;
appare altresì fondamentale superare tutte quelle regole che in questi ultimi dieci anni hanno rafforzato il controllo dei governi e dei partiti sul servizio pubblico radiotelevisivo e, in particolare, garantire la costituzione di un organo di vertice credibile, competente e sopratutto libero da ogni forma di dipendenza dai partiti e dai conflitti di interesse;
sino ad oggi l'Esecutivo non ha assunto alcuna iniziativa per modificare in tal senso la normativa vigente, né tanto meno per evitare, di fatto, un dannoso regime di prorogatio dello già scaduto Consiglio di amministrazione della Rai;
il prolungarsi di questa dannosa situazione, ad avviso dell'interrogante, sta infliggendo al servizio pubblico radiotelevisivo rilevanti danni di immagine, di competitività ed innovazione, di equilibrio economico, oltre che di possibilità di assolvere al meglio la sua funzione di garante del pluralismo televisivo e del diritto dei cittadini ad una informazione libera -:
se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per risolvere le problematiche descritte dalla presente interrogazione e se sì, con quali modalità e tempi;
se, in particolare, il Governo intenda avanzare proposte di riforma dei meccanismi vigenti di nomina del consiglio di amministrazione della RAI e secondo quali indirizzi;
se il Governo intenda procedere alla definizione delle nomine di propria competenza secondo le disposizioni dettate dalla legislazione vigente e, in tal caso, sia disponibile a fornire i curricula delle persone indicate
(4-15718)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la corte di appello di Bari è divisa in tre sezioni civili, a cui sono ora addetti 17 consiglieri (che diventeranno 19 tra pochi giorni con la immissione in servizio di due presidenti di sezione) con carichi di lavoro e con ritmi di produzione di provvedimenti noti e più volte ufficialmente rappresentati, non ultimo nella nota del 2 aprile 2012 a firma del presidente di sezione della corte di appello di Bari, dottor Luigi Di Lolla;
sono addetti alle cancellerie delle tre sezioni tre soli impiegati per 17 magistrati;
sulla corte di appello di Bari incombe una mole di lavoro insostenibile che, nell'attuale contingenza e in difetto di adeguate misure correttive, determina oggettivamente una situazione di affanno, destinata ad aggravarsi ulteriormente, con il rischio di compromettere la realizzazione degli obbiettivi indicati ai fini tabellari per il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, nonché nel programma annuale delle attività dell'ex articolo 4 del decreto legislativo n. 240 del 2006, e nel programma di gestire dei procedimenti civili ex articolo 37 del decreto legislativo n. 98 del 2011, come si legge nella nota del presidente della Corte di appello di Bari, dottor Vito Marino Caferra, in data 22 febbraio 2012, protocollo n. 2324;
al 31 dicembre 2011 il settore penale registrava una pendenza di 12.169 processi;
il contenzioso ordinario del settore civile registrava 8.545 processi pendenti e il lavoro 15.520;
nell'anno 2010 la pianta organica della corte di Appello di Bari era ridotta

a 118 unità (con uno scoperto allora del 17,79 per cento e per sole ragioni di contenimento della spesa pubblica, ne ha perse n. 6; nel 2011 ne sono state perse altre 6 e nel corso dell'anno corrente si prevede il collocamento in quiescenza di n. 11 unità;
l'evidente sotto organico, come evidenziato anche dal presidente di sezione penale, dottor Michele Petrizzelli, in data 26 settembre 2011, comporta, soprattutto nel periodo postferiale, il costante rinvio di numerosi processi per tardività delle notifiche;
l'assenza dal servizio del funzionario della prima sezione civile, che di fatto lascia solo un addetto alle funzioni, in coincidenza con la ripresa delle attività della stessa per effetto della copertura dei posti vacanti da consigliere, ha determinato un rallentamento, ai limiti della paralisi - si legge nota del presidente Caferra del 6 febbraio 2012 - delle attività di pubblicazione degli innumerevoli provvedimenti camerali;
anche le cancellerie della seconda e terza sezione civile registrano una situazione di affanno talmente grave da sfociare in situazioni di paralisi;
la cancelleria della prima sezione è anch'essa sotto organico e causa di gravi disservizi;
in data 23 febbraio 2010 il presidente della corte di appello di Bari, dottor Caferra, chiedeva che un funzionario della cancelleria fosse trattenuto in servizio ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 503 del 1992 modificato dal decreto-legge n. 112 del 2008, articolo 72, convertito dalla legge 133 del 6 agosto 2008; lo stesso funzionario, in data 29 marzo 2012, è stata collocata a riposo per raggiunti limiti di età, lasciando la cancelleria completamente priva di funzionari;
sia il presidente delle sezioni civili sia quello delle sezioni penali hanno più volte richiesto di coprire i posti vacanti nei rispettivi uffici al fine di garantire il corretto svolgimento della giustizia nei tempi e nei modi che la Costituzione garantisce;
in particolare, il presidente Caferra ha richiesto, nella nota succitata, di provvedere a procedure mirate alla copertura dei posti vacanti (n. 2 direttori amministrativi, n. 1 funzionario contabile, n. 7 funzionari giudiziari, n. 1 funzionario bibliotecario, n. 1 cancelliere, n. 1 contabile, n. 2 assistenti giudiziari, n. 9 operatori giudiziari, n. 1 autista, n. 1 ausiliario, per un totale di 27 posti vacanti + 11 nel 2012) -:
quali atti ed in quali tempi il Ministro interpellato intenda adottare per riorganizzare in maniera efficiente gli uffici giudiziari baresi, assicurando l'immediato ripristino della loro funzionalità ed operatività.
(2-01450) «Sisto, Baldelli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PILI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nuovo carcere di Oristano sorge a Massama, località Is Argiolas;
la data di inizio lavori per la realizzazione della casa circondariale di Massama (Oristano) riportata negli atti di affidamento lavori era quella del 12 aprile 2007;
la data di ultimazione e consegna dei lavori il 29 settembre 2009;
a distanza di oltre due anni e mezzo dalla prevista data di ultimazione la casa circondariale di Oristano risulta ancora chiusa;
il nuovo carcere costato quaranta milioni di euro sorge su un'area estesa 23 mila metri quadrati per 86 mila metri cubi di volume, ha una capienza di progetto di circa 240 detenuti nella sezione circondariale e dieci in stato di semilibertà;

l'importo complessivo dei lavori per la costruzione del complesso di circa 40 milioni di euro è stato suddiviso tra prima (24 milioni) e seconda fase (16 milioni);
il progetto e la realizzazione sono stati affidati attraverso gara d'appalto all'Ati Uniland e Cimas srl, la prima è legata al gruppo Intini di Bari, la seconda è una srl con sede a Roma e in Sardegna;
la struttura prevede una caserma per gli agenti di polizia con 30 posti e 4 alloggi;
in data 13 aprile 2012 il sottoscritto interrogante svolgeva nella struttura una visita ispettiva riscontrando che:
a) non è presente alcun tipo di personale, nessuna lavorazione risulta in corso e la custodia del carcere affidata ad una guardia giurata incaricata dall'impresa;
b) tutte le aree interne ed esterne al carcere risultano in un totale stato di abbandono;
c) non risultano allacciate le linee elettriche necessarie per il funzionamento della struttura e, da notizie assunte, non si conosce ancora la data per l'allaccio stesso da parte dell'Enel;
d) non risulta allacciata la struttura depurativa interna con i collettori esterni rendendo di fatto inutilizzabili gli impianti interni;
e) non risulta eseguito nessun tipo di collaudo così come previsto prima della consegna delle opere alla struttura penitenziaria;
f) non risultano presenti arredi di alcun tipo;
g) non risultano attivati gli impianti di allarme per la mancata disponibilità di corrente elettrica;
la ritardata esecuzione dei collaudi e della conseguente consegna costituisce un grave danno per l'amministrazione statale considerato che la struttura apparentemente conclusa risulta di fatto totalmente inutilizzabile;
è evidente che il mancato utilizzo dell'investimento di 40 milioni di euro rappresenta un danno incalcolabile per le stesse casse dello Stato con evidente danno erariale;
la consegna ufficiale della struttura non risulta essere programmata così come non si conosce la programmazione dei collaudi strutturali, statici e di sicurezza;
in un recente incontro al provveditorato dell'amministrazione penitenziaria a Cagliari era stato annunciato la possibile contestuale consegna con il nuovo carcere di Tempio ma così non è stato;
a questi elementi oggettivamente riscontrabili il mancato collaudo della struttura rappresenta un indubbio motivo di incertezza sulla futura apertura del carcere stesso;
a tutt'oggi non risultano ancora disponibili gli arredi necessari e quelli acquistati sarebbe di tipo sovrapponibile lasciando intendere che la struttura possa arbitrariamente ospitare il doppio dei detenuti individuati nella capienza progettuale;
non risulta predisposto un piano per la gestione del carcere per quanto riguarda la disponibilità di nuovi agenti in grado di coprire tutti posti vacanti necessari a garantire la massima sicurezza della struttura considerato che, proprio per la sua articolazione, risulta di gran lunga ben più complessa sia sul piano gestionale che dell'impiego di personale rispetto a quella vecchia di piazza Manno ad Oristano;
è ovvio e necessario che venga promosso un accurato controllo statico e di sicurezza della struttura, comprese, come è scontato in questi casi, le verifiche della qualità e delle quantità dei materiali utilizzati nel rafforzamento della sicurezza, con particolare riferimento alle intercapedini dei muri sia interni, tra celle, che quelli esterni;

è indispensabile promuovere tale verifica anche nell'ambito dei diversi lotti esecutivi articolatisi nel tempo al fine di garantire una costante qualità esecutiva nell'ambito di tutta la struttura -:
se non ritenga di dover predisporre tutti gli atti per rendere immediatamente operativo il carcere di Oristano-Massama;
se non ritenga di sollecitare ogni tipo di collaudo con particolare riferimento a quello della sicurezza, comprese le verifiche delle quantità e qualità di materiali utilizzati per il rafforzamento delle intercapedini tra celle e muri esterni;
se non ritenga di dover emanare con somma urgenza un provvedimento dell'amministrazione statale affinché venga assicurato l'immediato allaccio elettrico della struttura con le reti di distribuzione;
se non ritenga di dover predisporre un immediato dispiegamento di personale indispensabile all'apertura del nuovo carcere tenendo in considerazione le richieste di trasferimento avanzate da agenti di polizia penitenziaria che hanno chiesto l'avvicinamento in Sardegna per ragioni di famiglia e residenza;
se non ritenga necessario evitare di predisporre o ordinare letti a castello al fine di raddoppiare il numero dei detenuti accoglibili nella nuova struttura considerato che sarebbe assolutamente inaccettabile un utilizzo abnorme della casa circondariale.
(5-06606)

BURTONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in base alla ipotesi circolata in questi giorni redatta dal gruppo di lavoro predisposto dal Ministro della giustizia in merito ai tagli delle strutture giudiziarie sul territorio nazionale verrebbero ad essere soppressi 37 tribunali e 160 sezioni distaccate;
per mantenere una sede giudiziaria bisognerebbe avere un bacino di utenza intorno ai 350 mila abitanti e questo renderebbe difficile mantenere persino la sede del tribunale di Matera se non fosse capoluogo di provincia;
è evidente che un semplice criterio ragionieristico non tiene nella dovuta considerazione specificità territoriali e comprensoriali come ad esempio nel caso della sede staccata del tribunale di Matera a Pisticci;
i carichi di lavoro e l'organico in forza alla sezione distaccata di Pisticci non sono neppure lontanamente avvicinabili a quelli previsti dai rigidi parametri ministeriali;
neppure i carichi di lavoro, come decreti ingiuntivi, esecuzioni mobiliari e volontaria giurisdizione, che il presidente del tribunale di Matera aveva stabilito ritornassero a Pisticci, sono tornati di competenza nella sede metapontina;
a questo va aggiunta una considerazione ancora più grave e cioè che per la sede giudiziaria di Pisticci sono stati spesi soldi pubblici per la ristrutturazione di locali che sono stati completati da pochissimo e si era in attesa della loro «inaugurazione»;
va ricordato che Pisticci è sede di uffici giudiziari dai primi del 900;
ciò rappresenterebbe la peggiore contraddizione per una presunta intenzione di risparmio -:
se e quali iniziative nell'ambito del processo di razionalizzazione in capo all'amministrazione giudiziaria il Ministro intenda intraprendere, in tempi brevi, per assicurare il mantenimento della sede di Pisticci quale sede distaccata del tribunale di Matera in relazione alle specificità del comprensorio.
(5-06607)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 11 aprile sull'agenzia di stampa Agenparl è stato dato grande risalto

al fatto che in Calabria - essendosi prospettata l'urgenza di nominare il sostituto del precedente provveditore dell'amministrazione penitenziaria della regione Calabria - il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha provveduto con una copertura del posto vacante cosiddetta «a scavalco» la quale, al di là delle competenze e della professionalità della persona scelta, non è in condizioni di dare la risposta giusta ai problemi delle carceri calabresi;
ed invero attualmente il provveditore della Calabria, Gianfranco De Gesu, ricopre lo stesso ruolo anche in Sardegna. A giudizio della prima firmataria del presente atto servirebbe invece un provveditore nominato in pianta stabile che conosca il personale, che sappia scegliere in maniera adeguata i direttori e che parli con i dipendenti -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare affinché si arrivi quanto prima alla nomina stabile e definitiva e, soprattutto, a tempo pieno, del provveditore dell'amministrazione penitenziaria della regione Calabria.
(4-15696)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, Alessandro Benvenuti, 43 anni, sarebbe stato trovato morto lo scorso 7 aprile nel carcere di Perugia. L'ipotesi più accreditata, non essendoci segni di violenza sul corpo, resta per il momento quella del malore. Ad accorgersi dell'accaduto è stato un agente di polizia penitenziaria durante il giro di «battitura» delle sbarre. Il detenuto, disteso sul letto già morto, era rinchiuso in una cella d'isolamento;
il 43enne era in carcere da pochi giorni per avere ucciso, colpendolo con delle coltellate, il fratello Walter, 50 anni, sotto agli occhi della madre. L'aggressore, da tempo in cura al centro d'igiene mentale, era stato subito arrestato dai carabinieri -:
quali siano le cause che hanno provocato il decesso dell'uomo;
per quali motivi l'uomo si trovasse in cella d'isolamento;
se il detenuto morto fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
se al momento del decesso all'interno del carcere fosse presente il medico di turno.
(4-15697)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA il 12 aprile 2012, un detenuto del carcere di Modena, che aveva tentato di togliersi la vita il giorno di Pasqua, è deceduto dopo quattro giorni in ospedale. Si era impiccato alla terza branda del letto a castello usando un maglione come cappio. Era intervenuto immediatamente un agente della polizia penitenziaria che lo aveva adagiato a terra e lo aveva soccorso. Condotto in ospedale, l'uomo - dietro le sbarre per reati di natura sessuale - era però entrato in coma senza riprendersi più -:
se e come il giorno di Pasqua fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio del detenuto non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo al personale penitenziario;
quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Modena;
con chi divideva la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;

se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
quali provvedimenti urgenti intenda attuare al fine di reperire le risorse e i finanziamenti necessari per dare concreta attuazione a quanto previsto e stabilito nella circolare GDAP-032296-2010 avente ad oggetto «Emergenza suicidi. Istituzione di unità di ascolto di Polizia Penitenziaria»; in particolare se intenda attivarsi al fine di consentire l'immediato avvio dei progetti formativi in essa previsti per il personale di polizia penitenziaria;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Modena e, più in generale, degli istituti di pena presenti in Emilia-Romagna, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni minime di vivibilità nelle carceri della regione, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi.
(4-15698)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Provincia del 12 aprile 2012, una persona detenuta nel carcere di Sondrio avrebbe tentato per ben due volte di togliersi la vita la seconda volta in pochi giorni ha tentato il suicidio in carcere. E per la seconda volta è stato salvato all'ultimo momento;
l'uomo, adesso piantonato all'ospedale, è stato rinvenuto dagli uomini della polizia penitenziaria ormai privo di conoscenza all'interno della sua cella. Per questo la centrale operativa del 118 ha dato l'allarme in codice rosso. L'ambulanza è arrivata pochi istanti dopo dall'ospedale, dopodiché il personale medico è riuscito a rianimare il giovane, che è così stato caricato sull'ambulanza, seguita da un mezzo della polizia penitenziaria, per l'immediato trasporto all'ospedale;
appena entrato in prigione, il detenuto aveva già tentato di togliersi la vita -:
quali misure di sorveglianza siano state disposte nei confronti dell'uomo dopo il tentato suicidio;
quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Sondrio;
se risulti se e come dopo il primo tentativo di suicidio l'uomo fosse seguito dalla équipe degli psicologi del carcere;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Sondrio e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere le condizioni di detenzione delle persone ivi recluse conformi al dettato costituzionale e alle norme dell'ordinamento penitenziario.
(4-15699)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA lo scorso 11 aprile 2012, l'Ugl-Polizia penitenziaria della Basilicata ha duramente protestato contro l'apertura di una nuova sezione nel carcere di Matera, atteso che la stessa potrebbe portare a «criticità» nella gestione della struttura. Per questi motivi il sindacato dei baschi blu ha deciso l'astensione del personale di sorveglianza dalla mensa dell'istituto, per poi scendere in piazza con un sit-in di protesta, il più presto possibile. Il sindacato ha denunciato «disinteresse» e la

mancanza di «un confronto serio e serrato tra amministrazione e parti sociali» -:
se non ritenga opportuno aprire un tavolo di confronto con i sindacati della polizia penitenziaria in merito all'apertura di una nuova sezione nel carcere di Matera.
(4-15700)

JANNONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
solo cinque anni fa, le intimidazioni nei confronti di giornalisti apparivano rare ed isolate poi l'osservatorio ha cominciato a contarle e a registrare nomi e cognomi. Ma un lato rimane in ombra. Fra il 2006 e il 2008 si sono registrati mediamente 20 episodi di intimidazione o minaccia ogni anno: tanti ne ha contati l'associazione «Ossigeno per riformazione» in seguito ad una osservazione indiretta fatta attraverso la lettura dei comunicati di solidarietà e i ritagli di giornale disponibili. In seguito, nel 2009, la stessa associazione ha cominciato a fare una ricerca più attiva dei casi, e ha scoperto che il fenomeno è più esteso. Nel 2010 le intimidazioni accertate nominativamente sono state 54. Nel 2011 sono state ben 95. L'aumento è dovuto in buona parte al cambiamento del metodo di osservazione, alla ricerca più attenta, più attiva e sistematica dei casi;
i giornalisti coinvolti sono in numero consistente, che è aumentato di undici volte in cinque anni: dai 30 del 2006, ai 150 del 2009, ai 250 del 2010, ai 324 del 2011. «Ossigeno» ha approfondito la questione e ha concluso che indubbiamente il fenomeno è molto più esteso, ma è difficile da valutare quanto, sia perché un lato è intenzionalmente tenuto in ombra con la violenza, sia perché una delle finalità di chi intimidisce i giornalisti è proprio quella di nascondere all'opinione pubblica queste violenze e questi abusi, che perderebbero efficacia se fossero conosciuti. I giornalisti che riescono a rompere il silenzio fanno parte di una esigua minoranza. Secondo le stime di «Ossigeno», per ognuno che ci riesce, che vince la paura, almeno altri dieci subiscono l'imposizione del silenzio;
alcuni episodi accaduti nel 2011 sono stati gravissimi: in particolare, le nuove minacce di morte indirizzate in due riprese a Lirio Abbate, e l'assalto alla redazione del quotidiano Metropolis di Castellammare di Stabia seguito da un raid che ha impedito agli edicolanti la vendita del giornale. Numerose sono state le aggressioni fisiche a cronisti, fotografi, operatori televisivi impegnati a seguire fatti di cronaca. C'è stato uno stillicidio di minacce, lettere minatorie, invio di proiettili. Alcune sentenze clamorose hanno confermano le difficoltà che nascono da una normativa lacunosa e arretrata: la condanna in appello del blogger Carlo Ruta per il reato di stampa clandestina; la condanna della pubblicista di Enna, Giulia Martorana, a venti giorni di carcere per favoreggiamento, per non aver rivelato la fonte delle notizie; la condanna per diffamazione di tre giornalisti di Pescara a un anno di detenzione senza condizionale. L'insieme dei casi descrive una crescente intolleranza per il lavoro di cronaca e di inchiesta dei giornalisti -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di intensificare il controllo sul territorio per tutelare il lavoro dei giornalisti, nonché quali iniziative normative intenda adottare al fine di inasprire le pene per tutti coloro che minacciano ed intimidiscono i cittadini che svolgono onestamente il proprio lavoro.
(4-15702)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, un detenuto straniero, di nazionalità marocchina, è morto l'8 aprile, all'alba, per infarto, nella sua cella all'interno del carcere di Genova Marassi che condivideva con altri ristretti. L'uomo era in carcere per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti;

nel carcere di Marassi, alla data del 31 marzo 2012, c'erano 820 detenuti stipati in celle realizzate per ospitarne 450 e oltre 130 agenti di Polizia penitenziaria in meno rispetto agli organici previsti -:
quali siano le cause che hanno provocato il decesso dell'uomo;
con chi divideva la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto rinvenuto cadavere nella sua cella;
se il detenuto morto fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
se al momento del decesso all'interno del carcere fosse presente il medico di turno;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave e preoccupante sovraffollamento che si registra nel carcere di Marassi.
(4-15705)

MORASSUT. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 15 marzo 2012, la trasmissione televisiva «Le Iene» mandava in onda un'inchiesta sull'Astrea calcio, squadra dilettantistica che milita nel campionato di serie D, in forza alla polizia penitenziaria;
nella suddetta inchiesta emergevano i criteri di assunzione degli atleti tramite concorsi pubblici svolti rispettivamente il 3 settembre 2010 (5 posti) e il 16 novembre 2011 (7 posti) in base al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 2002, n. 156 «Regolamento recante modalità per l'assunzione di atleti nei gruppi sportivi del Corpo di Polizia Penitenziaria»;
il regolamento allegato al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 2002, n.156, al punto 2,2 indica come requisito indispensabile per l'ammissione al concorso (...) l'avvenuto riconoscimento da parte del Comitato Olimpico nazionale o delle Federazioni sportive nazionali, che il candidato sia atleta di interesse nazionale e che abbia fatto parte, nel biennio precedente alla data di pubblicazione del bando che indice il concorso, di rappresentative nazionali in una delle discipline previste dallo statuto del CONI;
le spese di trasferta dell'Astrea Calcio, comprendenti spostamento, vitto e alloggio, erano totalmente a carico del Corpo di polizia penitenziaria, compreso un pullman di servizio;
le suddette trasferte prevedevano una retribuzione aggiuntiva per gli atleti dipendenti del Ministero della giustizia, elargita come indennità di missione -:
se non ritenga di verificare un'eventuale interpretazione fallace del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 2002 n. 132 che veda l'assenza dei requisiti di ammissione per gli atleti nominati agenti della polizia penitenziaria in base alle graduatorie dei concorsi del 3 settembre 2010 e del 16 novembre 2011;
se non ritenga inopportuno che l'Astrea Calcio utilizzi mezzi e risorse economiche del Corpo di polizia penitenziaria in un momento di crisi che investe i cittadini e le forze armate, che negli anni hanno subito consistenti tagli e versano spesso in situazioni di emergenza e di impossibilità a svolgere le loro funzioni;
se non ritenga irregolare la prassi utilizzata dall'Astrea calcio, di elargire tramite indennità di missione, i bonus trasferta degli atleti tesserati e dipendenti Corpo di polizia penitenziaria.
(4-15707)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI, COSCIA, DE PASQUALE, PES, BACHELET, SIRAGUSA, MELANDRI, ROSSA e DE BIASI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Legge n. 23 dell'11 gennaio 1996, all'articolo 7, prevede che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

allora Ministero della pubblica istruzione realizzi e curi l'aggiornamento, «nell'ambito del proprio sistema informativo e con la collaborazione degli enti locali interessati, di un'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico». L'obiettivo di questa iniziativa era quello di arrivare ad avere uno strumento che rappresentasse in modo completo ed analitico lo stato dell'edilizia scolastica, sia ai fini della programmazione degli interventi di manutenzione ed ampliamento da parte degli enti locali, sia per la gestione quotidiana da parte di province, comuni e singole unità scolastiche;
gli enti coinvolti nella realizzazione, manutenzione e consultazione dell'anagrafe avrebbero dovuto essere il Ministero della pubblica istruzione, le regioni, le province e i comuni e le stesse Istituzioni scolastiche;
il progetto, concretamente rilanciato nel 2006, prevede due componenti: una centrale che garantisce all'amministrazione le conoscenze necessarie all'adempimento della missione istituzionale di indirizzo, pianificazione e controllo; un'altra, distribuita su poli regionali, in grado di sostenere la programmazione e gestione del patrimonio edilizio;
in data 12 novembre 2010 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con un nota del proprio ufficio stampa aveva comunicato l'avvenuto aggiornamento dell'anagrafe dell'edilizia scolastica con l'acquisizione oltre che degli elementi strutturali (strutture portanti, coperture, intonaci, impianto di riscaldamento, impianto idrico, impianto igienico sanitario) anche di quelli non strutturali (controsoffitti, tramezzature, parapetti, data di costruzione e ultima ristrutturazione, stato di conservazione ed eventuale degrado, rischio sismico, presenza di barriere architettoniche, certificazioni antincendio, idoneità statica, presenza di amianto); nello stesso comunicato stampa si annunciava che dal successivo 15 novembre 2010 sarebbe iniziato un nuovo aggiornamento e che dal precedente ottobre 2010 risultava attiva una commissione Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-regioni incaricata di identificare le modalità più opportune per garantire il costante aggiornamento dei dati anche da parte degli enti locali;
in data 20 settembre 2011 con un ulteriore comunicato stampa il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca informava che la suddetta banca dati era stata aggiornata con i citati elementi strutturali e non strutturali e che l'anagrafe poteva essere consultata e aggiornata dalle istituzioni competenti e che con il contributo di regioni quali la Toscana e il Piemonte, che avevano già costituito e sperimentato sistemi anagrafici regionali, si stava lavorando ad una nuova struttura dell'anagrafe nazionale che avrebbe consentito una comunicazione ed un aggiornamento più rapido delle informazioni. Tale struttura avrebbe consentito l'aggiornamento costante delle banche dati da parte delle istituzioni competenti (regioni, province e comuni), superando il meno agevole e funzionale inserimento dei dati ad intervalli temporali prefissati. Si annunciava, inoltre, che attraverso il collegamento diretto tra le varie anagrafi sarebbero state acquisite informazioni anche sugli investimenti effettuati dalle singole regioni e sugli interventi realizzati sugli edifici scolastici;
infine, in data 23 marzo 2012 è apparsa sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e inviata a tutte le istituzioni scolastiche una circolare a firma del direttore generale della direzione per gli studi, la statistica e i sistemi informativi, con la quale si informa che il Ministero, nel corso del 2010, ha aggiornato la banca dati sull'edilizia scolastica per dare un quadro informativo di maggior dettaglio sulla situazione del patrimonio immobiliare scolastico e che a distanza di due anni occorre disegnare una nuova mappa degli edifici scolastici, sia per tener conto dei cambiamenti intervenuti nel frattempo e sia per acquisire informazioni

aggiuntive, quali lo stato di sicurezza e le caratteristiche antincendio degli edifici medesimi, dati, questi ultimi, che saranno rilevati d'intesa con il Ministero dell'interno -Dipartimento dei vigili del fuoco;
nei due anni trascorsi nessun risultato realizzato dalla citata cooperazione tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e autonomie locali e nessuna informazione strutturata (del tipo di quella elaborata sperimentalmente nel 2005 per la regione Molise) relativa allo stato dell'edilizia scolastica delle singole regioni sono stati resi noti al Parlamento, alle regioni, agli enti locali interessati e all'intera opinione pubblica;
in tutti questi anni, come testimonia la lunga e travagliata realizzazione della suddetta anagrafe, tale coinvolgimento non si è pienamente realizzato in quanto gli enti locali e le regioni, anziché essere protagonisti dell'iniziativa in veste di titolari di specifiche funzioni in materia di edilizia scolastica nonché principali fruitori di tale strumento informativo, anche in chiave programmatoria, sono stati relegati nel ruolo di subordinati collaboratori nelle raccolte dei dati. Anche l'assenza di idonee risorse finanziarie, specificamente destinate all'anagrafe, ha pesato nel determinare il gravissimo ritardo (quasi 16 anni) registrato nella realizzazione -:
se in che tempi si intenda rendere noti e fruibili sul sito del Ministero i dati relativi all'anagrafe dell'edilizia scolastica e di quali elaborazioni si intenda accompagnarli;
se e come si intenda dare attuazione ad una piena e proficua collaborazione con le regioni e gli enti locali, in linea con quanto annunciato nel 2010, ma in realtà non praticato.
(5-06600)

DE PASQUALE e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
circa 3.000 dipendenti appartenenti al personale ATA (amministrativo, tecnico, ausiliario) della scuola che hanno partecipato alla mobilità professionale (concorso interno) nell'anno 2010 si sono venuti a trovare in situazione di particolare problematicità;
infatti gli stessi, attraverso un iter che ha previsto ben tre prove (test di ammissione, corso modulare e prova finale - vero e proprio concorso), sono stati inseriti in specifiche graduatorie sulla base delle quali il 50 per cento è stato nominato a tempo indeterminato nell'anno scolastico 2010/2011;
in data 14 luglio 2011 è stata siglata una pre-intesa tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sindacati al fine di prorogare le graduatorie e poter procedere all'assunzione a tempo indeterminato;
nonostante il Ministro pro tempore Gelmini si sia fatta più volte fautrice della nomina in ruolo di 36.000 unità di personale, in realtà questo non è avvenuto poiché sui posti accantonati e destinati alla mobilità (3.218) non si è proceduto alle nomine a tempo indeterminato;
il personale che aveva partecipato con profitto alla mobilità professionale è rimasto tutto in attesa di veder certificata la pre-intesa e solo un paio di mesi fa ha appreso che il dipartimento della funzione pubblica su indicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze non ha certificato l'ipotesi di accordo sulla mobilità professionale ATA adducendo non ben definite incompatibilità e limiti di competenza imposti dalle norme di legge e dalla contrattazione nazionale;
ad avviso dell'interrogante, la mancata certificazione rappresenta un atto estremamente grave e lesivo di diritti già maturati dal personale di cui trattasi;

inoltre, tra questo personale ci sono anche 450 direttori dei servizi generali amministrativi che da anni, spesso più di 10, svolgono le funzioni superiori e che per far ciò si sono accollati notevoli responsabilità;
allo stesso modo non va dimenticato che lo Stato si è esposto molto sul piano economico per formare i partecipanti alla mobilità professionale. Nel 2010 è stato speso denaro pubblico per formare delle persone (test preselettivi, corsi di formazione, prove d'esame) per poi usare solo parzialmente una graduatoria e farla decadere a distanza di pochi mesi dalla pubblicazione (agosto 2010) -:
se la procedura di certificazione fosse proprio necessaria o se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, come affermano alcune associazioni di categoria, con un atto proprio procedere alle nomine;
quali siano le iniziative che si intendano assumere dinnanzi ad una così diversa interpretazione delle procedure tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero dell'economia e delle finanze e Dipartimento della funzione pubblica e dinnanzi a quelle che appaiono non spiegabili lungaggini burocratiche della durata di 5 mesi per giungere ad un diniego che ha disorientato 3.000 lavoratori che da anni vivono nel mondo tormentato della scuola;
quali iniziative si intendano adottare ora dinnanzi al diniego della certificazione a seguito di un'interpretazione delle norme divergente e contraddittoria all'interno dell'amministrazione statale, anche in considerazione del fatto che i posti per l'immissione in ruolo ci sono e sono stati registrati dalla Corte dei conti nel piano annuale delle immissioni, che l'aggravio di spesa è già stato calcolato, che, a quanto consta all'interrogante, a Palermo, Latina e Bologna si è proceduto alla nomina delle persone inserite nelle graduatorie di mobilità e che tali nomine a tempo indeterminato sono state regolarmente registrate della Ragioneria dello Stato.
(5-06601)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO, ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha intrapreso una consultazione pubblica sul proprio sito web al fine di sondare l'opinione dei cittadini circa il valore legale dei titoli di studio universitari;
l'espressione «valore legale» è una formula sintetica che sta per una complessità di pratiche sociali normative che richiedono la sinergia di diverse competenze specifiche e professionali per essere affrontate;
in tutto il mondo, comprese Inghilterra e Usa, sono previste forme di riconoscimento delle università che possono rilasciare titoli per le professioni e tutti gli ordini professionali se ne servono;
l'argomento è stato già affrontato nella consona sede di dibattito parlamentare, relativamente alla discussione sul decreto semplificazioni, e non rientra tra le priorità sulle quali interpellare i cittadini, al momento in grave difficoltà per via della crisi economica e del lavoro;
sull'argomento si è espressa già la VII commissione cultura del Senato in un ampia, dettagliata e analitica indagine conoscitiva durata diversi mesi durante la quale sono state consultate le più varie associazioni di categoria e rappresentanze sindacali competenti che operano nel settore e che il documento conclusivo della suddetta indagine ha rilevato la presenza di «vari cospicui aspetti negativi» nel caso di una eventuale abolizione del valore legale del titolo di studio;
essendo tale indagine iniziata nell'ambito del precedente Governo, l'attuale ministro avrebbe potuto chiedere un ulteriore confronto con le parti sociali direttamente interessate e realmente rappresentative del mondo dell'università e della ricerca;

il sondaggio non presenta alcun valore di carattere statistico e demoscopico e fallisce nel suo obiettivo principale, cioè quello di avvicinare istituzioni e cittadini, interpellandoli su un argomento complesso e fornendo loro una spiegazione del tutto e per forza di cose insufficiente sul tema in esame;
come notato dallo studioso Renato Foschi, il sondaggio presenta almeno due difetti fondamentali: 1) coesistono differenti risposte aperte e chiuse allo stesso tempo, per cui la mancanza di graduazione delle stesse risposte produrrà una analisi dei dati opinabile, 2) Il campione a cui si somministra il questionario rappresenta solamente «i navigatori on line interessati all'argomento»;
la prassi diffusa in Europa, di cui si parla nella pagina del sito del ministero dedicata a 1 sondaggio, non giustifica 1) le carenze metodologiche sopracitate 2) il fatto che il sondaggio sia stato proposto dopo i risultati e gli iter istituzionali citati, quando invece, come si legge nel documento della Commissione europea dell'11 dicembre 2002 (COM(2002)704 final) Towards a reinforced culture of consultation and dialogue - General principles and minimum standards for consultation of interested parties by the Commission, che prevede rigidi criteri di metodo e merito, la Commissione dichiara certamente di voler promuovere un approccio inclusivo per implementare le politiche europee consultando quanti più individui possibili, a condizione che ciò avvenga nel «contesto di una proposta legislativa» come strumento di analisi conoscitiva di partenza, contrariamente a quanto sta avvenendo in questo caso dove il sondaggio viene proposto solo a seguito di diversi iter istituzionali, cancellandone il valore di fatto;
come si evince, inoltre, dalla tradizione di istituti come il «Chicago Council on Global Affairs» i metodi di consultazione europei e americani presuppongono rigorose metodologie scientifiche e sono utilizzati come indagini conoscitive che precedono eventuali azioni legislative, al fine di avere una funzione conoscitiva e non di manipolazione dell'opinione pubblica, quale rischia di avere un sondaggio che viene proposto all'indomani di un ampio dibattito mediatico, sociale e istituzionale;
come fatto notare da Alessandro Ferretti sul Fatto Quotidiano, il sondaggio non presenta alcun sistema di protezione informatica verso eventuali forzature, per cui attraverso l'uso di un elaboratore di codici fiscali e un provider di posta elettronica è possibile sostituirsi a persone reali o far votare paradossalmente persone defunte o di fantasia -:
se il ministro intenda valutare l'opportunità di ritirare la consultazione e soprattutto chiarire quale uso voglia farne;
in quale rapporto saranno posti i dati raccolti in questo sondaggio rispetto alla documentazione già esistente al riguardo e citata in premessa.
(4-15710)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è notizia di martedì 11 aprile 2012 che la Stock Spirits Group chiude la storica fabbrica di Trieste e trasferisce, dal prossimo giugno, la produzione nello stabilimento in Repubblica Ceca, con l'obiettivo di ridurre i costi ed aumentare l'efficienza;
la decisione, secondo quanto affermato dall'azienda in una nota, è dettata da «un contesto commerciale che risente della contrazione dei consumi e dalla necessità di restare competitivi (...) e dopo un'accurata analisi, risulta chiaro che lo stabilimento

di Trieste rimane non sostenibile a livello economico rispetto agli altri siti produttivi»;
nel frattempo il gruppo triestino ha aperto un tavolo di trattativa con i sindacati riguardante la chiusura ed ha avviato i negoziati per concordare i termini della cessazione dell'attività produttiva;
la Stock Spirits Group è stata creata nel 2008 con il sostegno finanziario del fondo americano «Oaktree Capital Management» che aveva acquisito la proprietà della Stock dalla Eckes A.G., alla quale era stata ceduta dagli italiani nel 1995, ed oggigiorno lo stabilimento di Trieste occupa 28 persone e produce 20 milioni di bottiglie di liquori all'anno;
non è la prima volta che alla cessione della proprietà italiana all'estero segua, nel giro di poco tempo, la scelta di chiudere gli stabilimenti italiani e delocalizzare la produzione, perché più conveniente -:
quali urgenti provvedimenti di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda intraprendere affinché l'azienda possa rivedere la scelta di chiudere lo stabilimento triestino, a salvaguardia dei livelli occupazionali e di una realtà produttiva italiana storica, nonché quali urgenti misure il Governo intenda porre in essere per incentivare le proprietà straniere che hanno acquisito marchi italiani a non delocalizzare la produzione industriale.
(5-06599)

BOCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito del terremoto che ha colpito il Molise nel 2002, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 29 novembre 2002, disciplinante gli interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi sismici del 2002, si disponeva la sospensione del pagamento dei contributi di previdenza ed assistenza obbligatoria, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori, per i soggetti di lavoro residenti o aventi sede legale od operativa, alla data dell'evento sismico, nei territori colpiti, e che la riscossione dei contributi non corrisposti dovesse essere effettuata mediante rate mensili pari a otto volte i mesi interi di durata della sospensione, con versamenti a partire dal terzo mese successivo al termine della sospensione con una rateizzazione totale di n. 208 rate;
il decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, nel dettare misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, individua, all'articolo 6, i soggetti destinatari delle ordinanze di protezione civile emanate ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, riservando il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile, ed escludendo dunque dal beneficio stesso enti e dipendenti pubblici;
la sentenza n. 325 del 2008 della Corte costituzionale ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Molise in merito al disposto di cui all'articolo 6, comma 1-bis, della legge n. 290 del 2006 e ha quindi confermato l'ambito soggettivo di applicabilità della normativa di sospensione contributiva ai soli enti datori di lavoro privati residenti o aventi sede legale od operativa, alla data degli eventi sismici, nella regione Molise;
il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, introduce all'articolo 6, comma 4-bis, una disciplina derogatoria a favore di soggetti pubblici specificamente individuati, prevedendo la corresponsione del debito contributivo, al netto dei versamenti già eseguiti, ridotto al 40 per cento in 120 rate mensili di pari importo e senza interessi, a decorrere dal giugno 2009;
il disposto ex-circolare n. 4 dell'INPDAP del 22 febbraio 2010 obbliga tutte

le amministrazioni pubbliche, con la sola eccezione dei 14 comuni molisani dell'area del cratere sismico, a restituire i contributi sospesi per il periodo 2002-2005 in massimo 60 rate anziché in 296 rate mensili ex-ordinanza Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253/2002 sia per la parte dovuta dal datore di lavoro che per la quota a carico del dipendente;
a partire da maggio-giugno 2011, circa 8.000 dipendenti pubblici della provincia di Campobasso, in gran parte del settore scuola, si sono visti applicare pertanto le ritenute in busta paga dei contributi previdenziali, prima con una rateizzazione di 288 mensilità di circa 20 euro (come per il settore privato) e poi, dal mese di novembre 2011, con una rateizzazione di 43 mensilità di importo rapportato all'entità dello stipendio, variabile da 100 a 300 euro;
con impugnativa promossa dalle regioni Abruzzo, Liguria, Basilicata, Puglia, Marche e Toscana, la Corte costituzionale, con sentenza n. 22 del 2012 depositata il 16 febbraio 2012, per violazione degli articoli 23, 77, 119 e 123 della Costituzione, ha dichiarato incostituzionali le modifiche introdotte dal decreto Milleproroghe 2011 alla legge quadro sulla protezione civile, la n. 225 del 24 febbraio 1992;
il disposto della Consulta ha ripristinato il principio che attribuisce allo Stato, in caso di emergenza o di calamità naturale, attraverso la fiscalità generale nazionale, l'onere dei costi per i soccorsi, per la messa in sicurezza dei territori colpiti e per i risarcimenti dei danni alle imprese e alle famiglie;
in data 26 gennaio 2012 e stato accolto alla Camera dei deputati l'ordine del giorno 9/4865 - AR/53 che impegna il Governo: valutare l'opportunità di adottare un provvedimento per assicurare l'uguaglianza di trattamento nella restituzione dei contributi tra lavoratori privati e pubblici;
in data 16 dicembre 2011 è stata trasmessa all'attenzione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottor Antonio Catricalà, ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del lavoro e delle politiche sociali, alle Commissioni ambiente e lavoro di Camera e Senato, e ai diversi soggetti coinvolti, la petizione di firme raccolte dal «Comitato Unitario per il Recupero dei Contributi Post-Sisma Molise 2002» costituitosi a tutela dei diritti di questi lavoratori;
la recente manovra «Salva Italia», prevedendo un percorso di unificazione degli enti previdenziali con l'attribuzione delle funzioni ad un unico ente (INPS), ha di fatto equiparato i dipendenti pubblici a quelli privati, rendendo ancor più iniqua la disparità di trattamento prevista nella restituzione dei contributi post-sisma;
8 mila dipendenti pubblici, docenti e personale scolastico della provincia di Campobasso, sono ancora in attesa di interventi volti a garantire una distribuzione più dilatata delle rate di restituzione dei contributi post-sisma con una sostanziale equiparazione del settore pubblico a quello privato;
nel corso delle ultime settimane si è ampliato il numero dei dipendenti pubblici penalizzato da una rateizzazione mensile pari o superiore a 250 euro netti al mese: in numerosi nuclei familiari tale obbligo sussiste per entrambi i coniugi, con trattenute nette complessive superiori a 450 euro, importi insostenibili per lavoratori pubblici con salari bloccati e personale in quiescenza che percepisce pensioni appena dignitose per vivere;
in data 20 marzo 2012, a seguito di una nota inviata da un consigliere regionale del Molise in cui venivano elencati tutti i fatti esposti in premessa, la coordinatrice del dipartimento coordinamento amministrativo del segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha inviato una lettera al gabinetto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, alla Direzione dell'Agenzia delle entrate e alla Direzione dell'Inps in cui illustrava la situazione

molisana «per ogni opportuna valutazione e per le eventuali determinazioni» -:
se non ritenga di intervenire tempestivamente attraverso un'apposita iniziativa normativa che consenta anche ai dipendenti pubblici di restituire l'importo dei contributi previdenziali dovuti, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2002, in 288 rate mensili.
(5-06608)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più disagiate le condizioni dei pazienti affetti dalla sindrome miastenica di Lambert Eaton, la sindrome che si mostra in associazione a forme neoplastiche, tanto che viene definita un processo patologico paraneoplastico, fra cui il carcinoma polmonare a piccole cellule. I malati, dal 2009 ad oggi, hanno usato un farmaco orfano, il Firdapse, approvato in Europa dall'EMA;
il farmaco in questione è stato approvato per un numero ristretto di persone che non hanno altre alternative terapeutiche, dunque - stando anche alle recenti dichiarazioni dello stesso Ministro interrogato - meriterebbe di godere del massimo sostegno. Il farmaco orfano usato in Europa per la sindrome di Lambert Eaton da noi è stato sostituito con il più economico galenico;
purtroppo, quando si parla di malattie rare, numerose sono le iniziative proposte, ma nei fatti non si assiste ad una tempestiva applicazione. Alla Camera è stata approvata all'unanimità mozione a favore della tutela dei farmaci orfani e dei malati rari, che hanno impegnato in tal senso il Governo;
tuttavia, l'AIFA - Agenzia italiana del Farmaco sembrerebbe aver risparmiato proprio su queste stesse voci. Infatti, mentre in Francia, UK, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi ed in Grecia questo farmaco orfano è stato regolarmente commercializzato, in Italia, fino ad oggi, è stato distribuito solo grazie alla legge n. 648 del 1996 e adesso anche questo beneficio gli è stato tolto;
in un rapido susseguirsi di decisioni pubblicate in Gazzetta, l'AIFA ha escluso il Firdapse dal rimborso ai sensi della sopraddetta legge n. 648, lo ha posto in fascia C - dunque a carico dei pazienti dove le singole regioni non abbiano deliberato altrimenti - e nella lista dei prodotti rimborsabili ha inserito la 3,4 Diaminopiridina, in sostanza il prodotto galenico, da prepararsi cioè in farmacia;
i pazienti che vorranno curarsi usando il farmaco industriale dovranno sperare di essere nella regione «giusta» per averlo gratis, altrimenti, a meno che non abbiano le possibilità di pagarlo di tasca propria, dovranno rivolgersi al galenico. Per il servizio sanitario nazionale sarà un risparmio, a pagarlo saranno i pazienti; questo principio attivo, infatti, se preso a dosi errate può causare effetti collaterali, per esempio a livello cardiaco, con aritmie e palpitazioni, o crisi epilettiche;
secondo quanto affermato dal dottor Mantegazza, direttore della Neurologia 4 - malattie neuromuscolari e neuroimmunologia dell'Istituto neurologico «Carlo Besta» di Milano - alcune farmacie italiane hanno iniziato a produrre questo farmaco come prodotto galenico. Tuttavia, i risultati clinici sono stati insufficienti. Recenti analisi cromatografiche su campioni di prodotti galenici hanno infatti dimostrato che questi prodotti sono del tutto variabili dal punto di vista del contenuto dei principi attivi -:
quali urgenti iniziative intenda applicare per garantire un'adeguata disponibilità del Firdapse, farmaco orfano approvato in Europa dall'EMA e se non ritenga opportuno

impedire che i costi di detto farmaco e di quelli prescritti in alternativa ricadano sui pazienti e sulle famiglie già abbastanza provate dalla malattia.
(3-02205)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
per molti anni l'Umbria si è presentata come il «cuore verde dell'Italia» e il turismo l'ha premiata. Ora la regione rilancia si sta specializzando anche nella realizzazione di percorsi per ritrovare l'equilibrio interiore, per raggiungere uno stato di benessere psicologico, una «mente verde». La proposta è stata battezzata «parco terapia» e partirà da un esperimento pilota sul Monte Subasio dove ci sono luoghi, ad esempio l'eremo di San Francesco, in cui la spiritualità è di casa. «L'idea - spiega Paolo Papa, responsabile delle aree protette umbre - è utilizzare una serie di casali appena ristrutturati per fornire servizi alle istituzioni e alle comunità che lavorano con chi ha un disagio nel corpo o nell'animo. Lunghe passeggiate per ritrovare il contatto con la natura, piccoli orti per coltivare un rapporto stabile con le stagioni e con la manualità, giardini dei semplici per riallenare i sensi partendo dall'olfatto, ippoterapia: sono le opzioni che verranno offerte a bambini autistici e a malati di Alzheimer, a schizofrenici e a depressi»;
tale obiettivo non sembra troppo ambizioso, «a patto di mirare bene l'azione terapeutica: non basta mettere il malato davanti a un cavallo e dirgli di farsi un giro di pista», spiega Roberto Marchesini, docente di Scienza del comportamento animale e presidente della Scuola d'interazione uomo-animali. «Bisogna creare progetti su misura per aumentare il benessere dei singoli pazienti. Ad esempio un ossessivo, afflitto dalla coazione a ripetere pensieri e schemi di azione, può trovare sollievo se viene proiettato in una dimensione estetico sensoriale. E un bambino autistico, che al contrario di quanto spesso si crede non è affatto distaccato dal mondo ma estremamente sensibile, può rilassarsi e allargare il suo orizzonte se incoraggiato dal contatto con le piante e i sentieri natura». Anche Roberto Benotti, l'esperto chiamato a organizzare la «parco terapia», conferma la possibilità di ottenere buoni risultati con i malati di Alzheimer: in un progetto pilota a Varese, grazie ad attività di giardinaggio si sono avuti miglioramenti dell'umore e della memoria. E la psichiatra Stefania Cerino aggiunge che tre anni di esperimenti condotti dal Dipartimento riabilitazione equestre della Federazione italiana sport equestri sono stati pubblicati pochi mesi fa sugli Annali dell'Istituto superiore di sanità: i 30 pazienti con problemi di schizofrenia che hanno praticato l'ippoterapia hanno potuto fare a meno dei ricoveri nelle case di cura a cui si erano sottoposti nel periodo precedente;
casi di successo che non sono limitati all'Italia. Nalini Nadkami, docente di Environmental Studies all'Evergreen State College di Washington, ha dedicato una parte del suo ultimo libro (Tra la terra e il cielo) alle performance terapeutiche che si possono raggiungere attraverso il contatto con la natura. Nella relazione che terrà a Giugno a Firenze, dove riceverà il premio il Monito del Giardino promosso dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e dedicato quest'anno al «potere degli alberi», Nadkami ricorderà uno studio pubblicato su Science da Roger Ulrich, docente di psicologia comportamentale presso la Texas A&M University, sugli effetti terapeutici prodotti dalla vista del verde. Nella ricerca si esamina la velocità di recupero post operatorio di un gruppo di pazienti dalle cui finestre si vedevano alberi: è risultata nettamente superiore a quella di un gruppo di malati dalle cui stanze si scorgeva solo un ambiente metropolitano -:
se il Ministro intenda accertarsi dei risultati ottenuti dalla «parco-terapia» in Umbria e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di promuovere

la «parco-terapia», sull'esempio dell'Umbria, su tutto il territorio nazionale.
(4-15703)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un superconduttore a temperatura ambiente, in grado di trasportare l'elettricità da impianti solari nel Sahara ai quattro angoli del mondo, senza alcuna dissipazione di energia; potrebbe essere questa una delle ricadute di una scoperta italiana che ha portato alla luce uno dei meccanismi fondamentali alla base della superconduttività ad alta temperatura. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science, si deve al gruppo di ricerca coordinato da Stefano Dal Conte dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e dei laboratori interdisciplinari per la fisica avanzata dei materiali (i-Lamp) di Brescia;
arrivare a questo risultato è stato possibile grazie agli esperimenti condotti nei laboratori dell'università Cattolica a Brescia, in collaborazione con i laboratori T-Rex della Sincrotrone Trieste e dell'università di Trieste. I fisici hanno utilizzato impulsi laser ultraveloci per identificare le microscopiche interazioni che azionano la superconduttività ad alta temperatura, mostrando che negli ossidi di rame superconduttori gli elettroni sono legati in coppie, non attraverso un meccanismo convenzionale, che implica una deformazione della struttura cristallina, ma attraverso delle fluttuazioni della polarizzazione magnetica;
secondo gli esperti, se si arrivasse a ottimizzare e ingegnerizzare questo meccanismo si troverebbe forse la strada che porta alla superconduttività a temperatura ambiente, con numerose ricadute sia per la ricerca di base sia per le applicazioni tecnologiche. Si potrebbe per esempio, trasportare corrente elettrica con efficienze mai raggiunte, risparmiando una notevole quantità di energia, produrre campi magnetici elevatissimi, indispensabili nel campo dei trasporti e delle tecniche diagnostiche mediche, come la risonanza magnetica nucleare -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di incentivare l'attività di ricerca dell'équipe dell'università Cattolica del Sacro Cuore, coordinata da Stefano Dal Conte, considerato l'evidente interesse per tale ricerca.
(4-15704)

BARBATO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'AR - Industrie alimentari Spa dedita all'attività di trasformazione del pomodoro inizia nei primi anni sessanta con la fondazione della ditta individuale «La Gotica» di Antonino Russo, nel 1979 questa viene conferita in una nuova società di capitali, la «Conserviera Sud S.r.l.». Negli anni ottanta Russo costituisce altre quattro società nel settore delle conserve alimentari, nell'anno 2000 tutte le società produttive sono incorporate in un'unica azienda denominata «AR Industrie Alimentari S.p.A». Nel 2001 con la «Princes Foods Limited» (società specializzata nella produzione e commercializzazione di alimenti e bevande) viene costituita la «Napolina Ltd»;
Il programma di espansione aziendale ha previsto la costruzione di un moderno stabilimento produttivo a Foggia che occupa una superficie di oltre 500.000 metri quadri;
lo stabilimento, sito in via Buonconsiglio a Sant'Antonio Abate (Napoli), è sorto nel 1971. Negli anni '90 è stato ampliato, con l'aggiunta di nuove linee di produzione del pomodoro e nuovi prodotti quali legumi in scatola, macedonia di frutta e pasta in scatola, una superficie

occupata da 50.000 metriquadri di cui 20.000 coperti per circa 600 unità di lavoro;
ad Angri (Salerno) del Gruppo AR vi sono gli uffici; impiegati e commerciale, deposito ex MCM, deposito ex Vaccaro, Azienda ex Elvea Scatolificio, etichettaggio funzionanti 12 mesi su 12;
Foggia la AR industrie alimentari Spa porta avanti un'opera di riorganizzazione aziendale, realizzando un nuovo opificio presso la zona ASI di Incoronata (Foggia) con una superficie occupata da 500.000 metri quadri di cui 100.000 coperti;
uno dei più grandi marchi al mondo nella produzione di conserve. Nei suoi stabilimenti viene lavorato il 20 per cento della produzione di pomodori del Sud, con un fatturato di 300 milioni di euro annui;
Antonino Russo ha dato il via ad una nuova società italiana per riorganizzare le attività in Italia: la «Princes Industrie Alimentari» con l'obiettivo di sfruttare la rete di distribuzione internazionale del marchio inglese per meglio concorrere sui nuovi mercati (europei e/o mondiali);
l'imprenditore Russo è partner commerciale di Princes Limited dal 2001;
la chiave dell'accordo è lo stabilimento di Incoronata (Foggia) il più grande in Europa, stabilimento per il quale l'imprenditore Russo ha investito circa ottanta milioni di euro, ricevendo «Aiuti di Stato» i cui estremi rientrano nel regime autorizzato: 559/2000 «Sviluppo Italia» (ex RIBS) - aiuti di Stato relativi ad investimenti per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli, (vedasi Commissione europea Bruxelles, 28-VI-2006 C (2006)3064 (ha poi di fatto ottenuto solo la prima tranche del prestito agevolato);
Russo sarà presidente onorario di PIA (Princes Industrie Alimentari);
AR Industrie Alimentari avrebbe dovuto conservare il controllo di tutti gli altri stabilimenti italiani del gruppo, compresi la ex IPA, la ex Conserviera Sud, l'ex Elvea, che avrebbero dovuto produrre per Princes Industrie Alimentari. L'intesa avrebbe dovuto consentire al signor Russo di concentrare i suoi investimenti in Italia delegando alla «partecipata pugliese» la distribuzione dei prodotti in tutto il mondo con la rete internazionale Princes Limited;
la pianificazione non è andata così perché la Princes Industrie Alimentari srl acquisirà il ramo d'azienda sito in Foggia a mezzo di conferimento e quello sito in Angri (Salerno) con contratto di fitto per anni sei solo per la parte attinente gli uffici amministrativi e commerciali al sostegno del ramo di azienda di Foggia; gli stabilimenti di Sant'Antonio Abate e la parte dello stabilimento di Angri riguardanti lo scatolificio sono stati esclusi e chiuderanno la loro attività;
nel febbraio 2012 Russo ha siglato un accordo con la Mitsubishi: il gruppo giapponese acquisirà il 51 per cento della NewCo Pia, (il 49 per cento alla Famiglia Russo) che avrà la proprietà dello stabilimento di Foggia;
il 26 marzo 2012 l'amministratore delegato del gruppo AR, l'ingegnere Gaetani per conto dell'imprenditore Antonino Russo avrebbe dato l'annuncio - durante una riunione sindacale - della chiusura degli stabilimenti conservieri abatesi ex IPA, ex Conserviera Sud ed ex Elvea;
per la mancanza di un piano industriale, nonostante le rassicurazioni all'epoca da parte dell'Ad Sviluppo Italia e dell'allora ministro economico Marzano, saranno licenziati 225 operai fissi ma l'indotto - considerando anche gli stagionali - arriva fino a 1.500 dipendenti che vivono nelle aree stabiese e dell'agro nocerino sarnese a ridosso del confine tra le due province di Salerno e Napoli, già gravate dal problema occupazionale per la chiusura di numerose pmi in zona, e non ultima le famose Manifatture Cotoniere Meridionali (McM) di Angri che un tempo davano occupazione a circa 1000 persone;
dal 28 marzo 2012 è scattato lo stato di agitazione a Sant'Antonio Abate con il sit-in permanente degli operai presso l'impianto in via Buonconsiglio;

il 7 aprile 2012 si è svolto a Sant'Antonio Abate un corteo di circa 2 mila persone composto da lavoratori, famiglie e cittadini;
l'11 aprile 2012 una delegazione guidata dalle RSU aziendali e lavoratori è stata ricevuta dal prefetto di Napoli De Martino -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non si ritenga di attivare al più presto un tavolo tecnico con i Ministeri interessati e la partecipazione dei rappresentanti delle categorie professionali e dei soggetti coinvolti, al fine di individuare delle soluzioni in grado di tutelare il posto di lavoro e i diritti dei lavoratori.
(4-15709)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in seguito ad una serie di articoli pubblicati sulla stampa quotidiana della città di Varese, si è venuti a conoscenza di un'azione nonviolenta intrapresa da una piccola imprenditrice la quale a causa di un impossibile dialogo con gli amministratori locali, si è decisa a ciò. La notizia è stata resa nota al pubblico nazionale perché programmi televisivi nazionali hanno esteso la conoscenza del fatto e Radio radicale ha intervistato l'imprenditrice stessa, chiedendo ragioni ed obiettivi della iniziativa nonviolenta in corso;
l'imprenditrice ha deciso di iniziare lo sciopero della fame dal 26 di marzo per «vedere se a Varese bisogna morire per far valere i propri diritti»;
a firmare il coraggioso annuncio è Anne-Alexandra Bacchetta. Tutto nasce da una calamità naturale le cui conseguenze non sono state governate dagli amministratori locali e statali; l'iniziativa nonviolenta per il rispetto dello Stato di diritto è iniziata il 26 marzo 2012, giorno dal quale è entrata in sciopero della fame per far conoscere la situazione che l'ha vista, suo malgrado, protagonista, a causa del mancato arrivo dei fondi relativi al risarcimento dei danni causati dall'alluvione del 15 luglio 2009. L'imprenditrice fidandosi delle rassicurazioni, sia private che pubbliche, ricevute da rappresentanti istituzionali ha investito, per riparare i danni arrecati alla sua attività, 1 milione di euro, senza che ad oggi abbia ricevuto alcun rimborso; l'imprenditrice gestiva il Relais Ca' dei Santi prima che il nubifragio del 15 luglio 2009 glielo distruggesse. Allora, spiega la donna, «il muro di cinta della Villa Toepliz (di proprietà comunale) è crollato proprio di fronte al dirupo dei Molini Grassi, riversando con una forza impetuosa tonnellate d'acqua e detriti sulla collina sottostante che, disboscata un anno prima, non ha retto ed è crollata anch'essa riversandosi nell'Olona. Un'onda d'urto di fango e detriti ci ha colpito, distruggendo tutto in tre minuti. La nostra attività, una chicca per l'hotellerie varesina, è stata completamente inondata fino ad un metro e mezzo di altezza in ogni locale. Poi siamo stati abbandonati a noi stessi e nemmeno la protezione civile è venuta a darci una mano. L'Aspem ci ha addirittura presentato bollette da infarto per l'acqua che abbiamo utilizzato nello smaltimento del fango! Poi tante promesse, direttamente dal Ministero. E dopo tante promesse il silenzio. E in seguito alle nostre richieste solo tante prese in giro. Nessuno ci ha risarcito. Di fronte a questa vergogna che è inaccettabile, ho deciso di iniziare lo sciopero della fame»;
la calamità naturale ha colpito l'attività imprenditoriale in una fase particolarmente delicata, quello dello start up, poiché al tempo della distruzione dell'albergo l'attività, già ben avviata, era iniziata da poco più di venti mesi. Nonostante la calamità naturale, l'attività è rimasta ferma solo quattro mesi, senza che siano stati licenziati i dieci dipendenti, pagando quindi regolarmente imposte, tasse e contributi senza che l'attività potesse funzionare. Tutti i soggetti dell'impresa hanno partecipato alla bonifica dei locali, realizzata

solo con le proprie forze. Nessun aiuto dalle autorità pubbliche, nessun intervento della protezione civile. Per questo motivo è stata venduta la casa di proprietà, per non chiudere i battenti e per mantenere il personale in forze, necessario alla bonifica dell'albergo. La donna autofinanziò integralmente i lavori di bonifica e il ripristino dell'attività;
nel frattempo dal Ministero dall'interno erano giunte rassicurazioni e anche il sindaco aveva pubblicamente dichiarato nel corso di una conferenza stampa, nel dicembre del 2009, che il Governo avesse predisposto lo stanziamento di fondi per il risarcimento dei danni nella cosiddetta legge finanziaria. Lo stanziamento per il rimborso dell'alluvione era stabilito in una cifra pari a 300 milioni di euro complessivi, di cui 42 stanziati a beneficio dei danneggiati di Varese;
c'è poi stata una successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 maggio 2010, la n. 3878, con la quale si stanziava un acconto per chi gestiva attività produttive ed aveva subito dei danni. Giunse l'avviso comunale per il riparto di un parziale risarcimento subito dalle imprese e furono compilate le richieste burocratiche (segnalazione dei danni alle attività produttive) per il risarcimento. L'acconto era stabilito in un massimo di 39.000 euro, di cui 9.000 per l'acquisto dei macchinari di prima urgenza;
visti i ritardi nell'erogare i risarcimenti da parte dello Stato e per non veder fallire un'attività imprenditoriale sana, l'imprenditrice si è rivolta alle banche, all'inizio con scarsi risultati poiché, per la concessione di prestiti, le banche sono use verificare i bilanci dell'ultimo triennio. Cosa impossibile da realizzare poiché l'impresa operava da circa venti mesi, come sopra detto. Anche grazie all'interessamento di politici locali, l'imprenditrice ha comunque ottenuto dei finanziamenti da banche, poiché una impresa giovane non avrebbe ricevuto credito se non fosse stata testimoniata l'esistenza di un diritto al risarcimento del danno. Denari che avrebbero garantito la restituzione del debito contratto con la banca stessa; ora però la situazione si è fatta kafkiana poiché, nonostante la vendita della casa di proprietà per proseguire l'attività di impresa, come detto ripristinata autonomamente dopo solo quattro mesi dall'incidente, si è fatto pesante, quasi insopportabile, l'onere degli interessi sul prestito contratto con la banca. La conseguenza naturale per l'albergo, se non giungeranno i risarcimenti promessi, sarà la chiusura. Cessando l'attività, naturalmente, si causerà la perdita del posto di lavoro dell'imprenditrice e dei suoi dipendenti. Si specifica che i danni subiti sono stati stimati da tecnici in un importo pari ad un milione di euro;
per questo motivo l'imprenditrice si sente una reietta che ha già resistito a tre anni di frustrazioni. Per non dire d'ingiustizie. Il nubifragio del 15 luglio 2009, causando il crollo del muro della villa comunale e la relativa colata di fango e detriti finita nell'Olona ha causato un'onda di piena che ha investito la sua impresa e altri 412 locali tra abitazioni private ed aziende;
l'imprenditrice ha inoltre dichiarato: «Nonostante le rassicurazioni dell'allora Ministro degli interni Roberto Maroni e del sindaco Attilio Fontana, dopo quasi tre anni mi trovo nella condizione di non poter più far fronte alle spese della gestione della mia attività: per non licenziare alcuno dei dieci dipendenti, ho venduto casa mia, vivo con mia figlia di otto anni in uno spazio del relais che ho dovuto ricavare apposta per noi e nessuno dal Ministero s'è più fatto vivo. Anzi sì. Una telefonata per dirmi che il mio fascicolo aveva cambiato di scrivania m'è arrivata. Un modo per dire: ci dispiace, non possiamo fare più niente per te» spiega la donna;
il prefetto Giorgio Zanzi ha ricevuto la nuova «vicina di casa» («dalle 9 alle 19 di ogni giorno - dice Anne-Alexandra - sarò qui finché la situazione non sarà sbloccata. Spero solo di riuscire a resistere

alle conseguenze dello sciopero della fame») e le ha garantito di farsi parte diligente in questa incresciosa vicenda: «È stato cordiale e disponibile - spiega la giovane mamma - e mi ha spiegato che a Roma il mio caso è noto e che qualcuno ci sta già lavorando. Però, con tutto il rispetto per le istituzioni, fin qui proprio dalle istituzioni ho ricevuto solo promesse non mantenute. Questa volta, se devo morire, lo faccio con la dignità di una che muore di fame a causa di dovrebbe fare gli interessi dei cittadini e considera quali priorità le auto blu»;
sono in gioco i risarcimenti dovuti per i danni causati dall'alluvione, risarcimenti che rischiano di risultare delle mere promesse al vento, con conseguenze drammatiche per le piccole imprese e i privati cittadini danneggiati. Secondo un politico cittadino «Sindaco e giunta credevano di prendere in giro solo scomodi avversari politici ma il danno più grave e intollerabile è la presa in giro di chi, come la signora Bacchetta, si ritrova a barcamenarsi tra le conseguenze drammatiche del danno e la beffa imposta da chi a parole offre solidarietà e nei fatti si dimentica di chi ha bisogno»;
l'aver ricevuto solo promesse e ingiunzioni di pagamento - spiega la giovane imprenditrice, l'ha indotta ad un atto non usuale tra gli imprenditori. «Ho tenuto duro, non ho licenziato nessuno dei miei dieci dipendenti. Abbiamo insieme rimesso in piedi l'attività. Però l'assicurazione s'è tirata indietro, la banca che ci ha concesso prestiti confidando sui rimborsi della calamità ci presenta un conto salatissimo e i tempi della giustizia civile rischiano di farmi fallire entro giugno (quando è fissato un'udienza nella causa tra l'imprenditrice e al sua assicurazione, ndr). Per non parlare delle promesse: ne ho ricevute da politici e rappresentanti istituzionali ed è demoralizzante, dopo tre anni, avere la consapevolezza d'essere un cittadino italiano solo quando c'è da pagare le tasse. Perché in caso di bisogno concreto, non inventato come posso testimoniare con foto e documenti, bisogna tirarsi fuori dal fango da soli»;
si precisa che prima di iniziare lo sciopero della fame avanti alla prefettura, la Bacchetta ha provato ad adire le vie legali, chiamando in causa il comune di Varese, la regione Lombardia e l'Agenzia interregionale per il fiume Po, quali responsabili del mancato controllo degli argini del fiume Olona. Il corso d'acqua impazzito che originò l'esondazione e la distruzione del suo albergo;
l'atto di citazione è stato notificato recentemente presso il tribunale regionale delle acque pubbliche di Milano, competente per materia. È la seconda causa civile, perché ha in corso da tempo una controversia con la sua assicurazione che non ritiene di doverle pagare i danni per l'alluvione. Nella denuncia presentata dal suo avvocato, spiega che gli argini del fiume non hanno tenuto e che una responsabilità chiara emergerebbe, in capo al comune di Varese, per la mancata manutenzione del muro di cinta del parco di Villa Toeplitz, che, marcio a causa dell'acqua, fece franare la collina nel fiume aumentando la portata della piena, e concorrendo pesantemente nella successiva esondazione;
la tesi, secondo gli avvocati, è suffragata da una perizia di parte contenuta nella denuncia. L'Agenzia del Po è stata citata perché è l'ente deputato a curare gli argini, mentre la regione è stata chiamata in causa anche per la gestione dell'emergenza che i denuncianti considerano errata. La denuncia fa riferimento agli articoli 2015 del codice civile (danno cagionato da cosa in custodia) e il 2043 che regola il risarcimento danni;
la Bacchetta ha deciso di attuare questa forma nonviolenta perché i suoi diritti vengano presi sul serio dalle istituzioni, è perché «ho capito che non avrò mai una lira. Quello che voglio è che i politici vedano come siamo ridotti» -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e nell'eventualità positiva,

quali iniziative urgenti intendano assumere per garantire il rispetto dello Stato di diritto, per garantire i diritti dell'imprenditrice e delle persone che si trovano nelle medesime condizioni del soggetto dell'atto di sindacato ispettivo la quale, con raro senso di giustizia e di legalità, sta incarnando una lotta che tanti altri interessa e che è emblematica del degradato stato in cui versano le istituzioni democratiche.
(4-15713)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Mantovano e altri n. 1-00983, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Pianetta n. 1-00993, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 615 del 2 aprile 2012.

La Camera,
premesso che:
il 14 aprile 2011 si è tenuto a Berlino il vertice dei Ministri degli esteri; in quell'occasione è stato sottoscritto da parte di Polonia, Norvegia, Germania e Paesi Bassi un «non-paper sul rafforzamento della trasparenza e della fiducia in relazione alle armi nucleari tattiche in Europa» indirizzato al Segretario generale della Nato. Il documento ha ricevuto il sostegno di Belgio, Repubblica Ceca, Ungheria, Islanda, Lussemburgo e Slovenia. L'iniziativa era finalizzata evidentemente a stimolare un sistematico dialogo tra Nato e Federazione russa, con l'adozione di una serie di misure di trasparenza reciproca, in particolare tra Usa e Russia, che possano favorire una progressiva riduzione e una successiva definitiva eliminazione delle armi nucleari tattiche dal territorio europeo;
il 27 maggio 2011 al vertice del G8 di Deauville, in Francia è stata approvata la «Dichiarazione sulla non proliferazione e sul disarmo» con la quale si è riaffermato il sostegno incondizionato al Trattato di non proliferazione (Tnp) ed è stato rivolto un appello «a tutti gli Stati non ancora parti del trattato di non proliferazione (Tnp), della Convenzione sulle armi chimiche (Cwc) e della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche (Btwc) ad aderire senza indugio». Sempre allo stesso vertice si è poi focalizzata l'attenzione alla «costituzione in Medio Oriente di una zona libera dalle armi nucleari e dalle altre armi di distruzione di massa». Inoltre, al vertice si erano focalizzati i passaggi necessari alla preparazione della conferenza che si terrà nel 2012. È stato ribadito l'impegno per la «cessazione definitiva di tutti i test sulle armi nucleari, attraverso una rapida entrata in vigore del "Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty" (Ctbt) e una sua universalizzazione» e confermato il «sostegno per il lavoro svolto dal "Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization" (Ctbto)». Infine, è stato rivolto un invito a tutti gli Stati partecipanti alla Conferenza sul disarmo affinché avviino immediatamente negoziati internazionali per giungere alla conclusione di un trattato sulla messa al bando della produzione di materiale fissile;
nel dicembre 2011, la «Nuclear Threat initiative» ha pubblicato il rapporto «Reducing Nuclear Risks in Europe: A Framework for Action»; il rapporto è stato correlato da 10 obiettivi concreti (10 per il 2012) indicati dall'ex senatore americano Sam Nunn in vista del vertice Nato di maggio 2012 a Chicago;
pochi giorni fa, però, il Segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha reso noto che non si terrà il summit fra la Federazione russa e la Nato previsto per maggio 2012 a Chicago;

appare evidente che la decisione americana di proseguire il programma missilistico di difesa europeo ed anche le divergenze emerse tra Stati uniti e Russia durante la crisi mediorientale stiano influendo i rapporti tra le due superpotenze;
Rasmussen a riguardo ha dichiarato: «Ho personalmente discusso la questione con il neoeletto Presidente Putin, con il quale abbiamo convenuto che la data prevista per il summit di Chicago Nato-Russia risulta attualmente problematica, in quanto al momento il calendario politico russo è già fitto di impegni riguardanti la politica nazionale. Confermo, invece, che ci sarà il prossimo mese un incontro con il Ministro degli affari esteri russo, a dimostrazione che continuiamo a credere nel dialogo e in un'effettiva collaborazione. Cosa che proseguirà tanto prima quanto dopo il summit di Chicago, poiché il dialogo con la Russia continuerà anche nel futuro»;
da parte sua, il segretario stampa di Putin ha affermato che «al momento non sono in atto preparativi per il summit di Chicago». In effetti già nel 2011 Dmitrij Rogozin, l'allora ambasciatore russo presso la Nato, aveva rimarcato il problema relativo alla presenza di Putin al suddetto summit, facendo intendere che la partecipazione del Presidente al vertice era stata messa in dubbio dalla situazione d'impasse creatasi per via delle discussioni fra Russia e America sul sistema missilistico che va formandosi in Europa. La medesima posizione è stata, poi, ribadita da diversi altri diplomatici russi;
come detto, la crisi sulla questione del sistema missilistico va di pari passo con l'attiva opposizione di Mosca circa la politica della Nato in Medio Oriente, che riguarda sia le operazioni in Libia, sia il blocco sugli interventi nella questione siriana, che la differenza di principi per quanto riguarda l'approccio sul problema iraniano;
appare evidente che la strada del disarmo nucleare non può prescindere dai rapporti tra USA e Federazione russa e, quindi, tra la Nato e quest'ultima; solo perseguendo la strada del miglioramento di tali rapporti si può realisticamente pensare ad un progressivo quanto necessario disarmo nucleare su scala mondiale;
in questo quadro assume particolare importanza l'incontro di Pratica di Mare del 2002, che aprì la strada alla nascita del Consiglio Nato-Russia, che nel 2010 al vertice di Lisbona è stato celebrato da tutti i leader europei;
al summit Nato si incontreranno, quindi, delegazioni provenienti da diversi Paesi, ognuno dei quali con differenti posizioni per quanto riguarda i rapporti con la Russia e la questione della sicurezza internazionale. Prima di questo summit a Camp David si terrà un incontro con otto potenze internazionali;
al momento Washington e i suoi alleati, a quanto pare, hanno bisogno di tempo per valutare il corso del nuovo Governo russo, mentre Mosca è interessata a capire come reagirà l'Occidente alla sua nuova impostazione in politica estera,


impegna il Governo:


a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali proprie e, in particolare, in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago;
a rilanciare lo spirito di Pratica di Mare, facilitando la collaborazione ed il dialogo tra Nato e Federazione russa, nell'ottica di un progressivo ed efficace programma di disarmo nucleare, a partire dal rilancio delle attività del Consiglio Nato-Russia (NRC);
a sostenere, nell'ambito della «Defence & Deterrence Posture Review» e in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago, l'opportunità di misure di trasparenza da parte della Nato in un quadro di reciprocità con la Federazione russa;

a sostenere, sempre nell'ambito della «Defence & Deterrence Posture Review» e in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago, l'assunzione di una «declaratory policy» della Nato che indichi come scopo fondamentale delle sue armi nucleari la deterrenza dell'uso di armi nucleari da parte di altri, in linea con le «declaratory policy» di Usa e Gran Bretagna, incoraggiando contestualmente la riduzione del ruolo degli arsenali tattici per la deterrenza nucleare;
a sostenere l'opportunità di ridurre ulteriormente il numero di armi nucleari tattiche in Europa, nella prospettiva della loro progressiva eliminazione, definendo i passaggi intermedi e la tempistica definitiva dell'implementazione di questo obiettivo in base agli sviluppi del più ampio contesto politico e di sicurezza nelle relazioni tra Nato e Federazione russa;
a contribuire nelle sedi internazionali proprie, in coerenza con gli obiettivi già indicati dal vertice G8 dell'Aquila, alla piena realizzazione degli impegni assunti a conclusione della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del maggio 2010.
(1-00993) «Pianetta, Baldelli, Frattini».