XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 15 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              Finmeccanica è il primo gruppo italiano operante nel settore dell'alta tecnologia, l'ottavo produttore mondiale di materiale militare, responsabile del 72 per cento delle relative esportazioni italiane (2009). È anche la nona potenza economica a livello nazionale, e la 399° a livello globale (2008). Inoltre Finmeccanica produce, beni a uso civile quali veicoli, velivoli, tecnologie di comunicazione, apparati elettronici ed ottici, sistemi per la produzione di energia;
              Finmeccanica occupa 75 mila dipendenti, di cui 42.000 in Italia, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono circa il 12 per cento del fatturato, i principali mercati sono Italia, Stati Uniti ed Inghilterra; negli Stati Uniti Finmeccanica si posiziona al ventiquattresimo posto tra i fornitori del Pentagono, mentre in Inghilterra assorbe il 15 per cento degli stanziamenti del Ministero della difesa britannico;
              con il completamento del ricambio del vertice di Finmenccanica e Selex è appena iniziato il riassetto organizzativo del grande gruppo industriale a partecipazione pubblica che è chiamato a fare i conti con una situazione di emergenza finanziaria e di posizionamento nei mercati nazionali ed esteri, il tutto nel pieno della crisi economica e industriale che coinvolge l'intera industria italiana;
              si sono registrate forti perdite nel bilancio consuntivo 2011, non solo nei comparti già in sofferenza come trasporti e aeronautica, ma anche nell'elettronica professionale militare e civile;
              le condizioni critiche dei mercati di riferimento in Italia, Gran Bretagna, Usa e Libia, dove vengono a mancare «importanti commesse», hanno sicuramente giocato un ruolo determinante nel deterioramento dei conti del gruppo, gli oneri finanziari rischiano di affossare un gruppo leader internazionale in molti settori che, negli ultimi anni, ha avuto una espansione nell'elicotteristica e nell'elettronica per la difesa dove si concentra il 60 per cento del fatturato e il 66 per cento del margine operativo;
              il radicamento si è consolidato in tre mercati principali (Usa, Italia e Regno Unito, che danno il 55 per cento dei ricavi), mentre permangono aree di sofferenza in tutti gli altri settori (aeronautica, energia, trasporti, spazio, segnalamento);
              le modalità per la riduzione dell'indebitamento del gruppo vanno riconsiderate, a partire dalla possibilità di vendere gli immobili e di ridurre i costi di struttura;
              le cessioni in attività estere del settore elettronica per la difesa e sicurezza e le partecipazioni di minoranza vanno valutate in rapporto alla complessiva strategia del gruppo; in particolare deve essere valutata l'effettiva utilità, per le future strategie, di mantenere il controllo della statunitense DRS Technologies che sembra produrre un basso valore aggiunto;
              relativamente alla presenza industriale nelle varie aree elettroniche europee la presenza in Gran Bretagna rimane essenziale, inoltre la quota del 25 per cento nel colosso missilistico europeo Mbda continua ad avere un senso se accompagnata da un'adeguata politica della difesa in chiave europea;
              più in generale il problema delle partecipazioni estere va valutato alla luce della ricaduta sulla competitività complessiva del gruppo e sulla sua capacità di stare sul mercato globale rafforzando la ricerca e lo sviluppo nei settori cruciali nei quali è necessario investire, sia per il settore militare che per la fornitura di infrastrutture civili adeguate ad un moderno paese avanzato;
              Finmeccanica pur essendo controllata per il 32,45 per cento delle azioni dal Ministero dell'economia e delle finanze è una società quotata in borsa e quindi esposta all'andamento del mercato azionario; il valore delle azioni è precipitato negli ultimi mesi da 7,7 euro in media fino a gennaio-luglio 2011 ai 4,4 euro di settembre-ottobre fino a scendere ai primi di gennaio a 2,8 e risalire intorno a 3,5 a febbraio 2012;
              oggi Finmeccanica vale poco più di 2 miliardi di euro (valeva 9 miliardi nel 2007) e se non fosse più che blindata dal controllo pubblico diventerebbe oggetto di possibili scalate;
              il gruppo ha dei punti di forza abbastanza considerevoli, ma i problemi più pesanti riguardano circa il 25 per cento delle sue attività, il settore ferroviario, con Ansaldo Breda e quello aeronautico, con Alenia Aeronautica, mentre stanno sorgendo difficoltà nel settore della difesa;
              Finmeccanica deve tagliare il debito che ad oggi pesa per 4,5-5 miliardi e equivale a due volte e mezzo il margine operativo lordo; l'eccesso di debito rispetto ai concorrenti deprime il titolo e ingessa l'impresa;
              il bilancio 2011 ha una perdita netta significativamente più alta di quanto denunciato nei primi nove mesi ed è previsto che, entro la fine dell'anno, sul conto economico saranno caricati altri oneri legati alla ristrutturazione dell'elettronica della difesa, oltre alla prevista svalutazione, attraverso una verifica del valore (impairment test), della partecipazione di controllo nell'americana Drs (intorno a 500 milioni di euro);
              il contesto in cui opera questo settore è fatto da una molteplicità di soggetti industriali e di terziario industriale e di servizi più o meno avanzati; un indotto composto dalle attività più svariate che vanno dalla progettazione dei sistemi di comando e controllo, alla progettazione/realizzazione di sistemi spaziali, alla progettazione/realizzazione degli apparati dei prodotti, alla loro manifattura intesa anche come assemblaggio ed installazione, alla logistica, alla manutenzione, intesa anche come refitting (attività in incremento, viste le ristrettezze di bilancio);
              la discussione in atto nel Paese sulle spese per la difesa prefigura in futuro ulteriori tagli alle commesse per gli apparati militari e i sistemi d'arma di cui Finmeccanica è la maggiore fornitrice (il 35 per cento del suo fatturato proviene da tali programmi);
              in particolare la discussione verte sul controverso Joint Strike Fighter, o F-35, il cacciabombardiere più costoso della storia; fra ritardi, errori e rinvii, il progetto della Lockheed ha subito tanti ritocchi nel preventivo che oggi ogni esemplare dovrebbe costare 200 milioni di euro;
              la decisione di effettuare tagli alle spese militari non può essere assunta senza prima avere definito il modello di difesa anche in relazione alle linee di politica estera che si intendono adottare, la politica della difesa deve essere integrata a livello europeo e la politica estera deve favorire gli scambi con i paesi emergenti che hanno necessità di tecnologie presenti nelle società del gruppo;
              le forze armate e il loro equipaggiamento dovranno essere coerenti con tale modello di difesa che deve derivare da una più puntuale politica estera;
              in un'ottica di un modello di difesa a dimensione europea e con una forte integrazione industriale con gli altri Paesi dell'Unione europea, il ridimensionamento della spesa militare in Italia può essere ricondotto a due possibili opzioni:
          una riduzione di organico da 190.000 effettivi a circa 160.000, con l'obiettivo di conseguire risparmi di spese del personale, comunque di difficile attuazione in breve-medio periodo, che dovrebbero permettere il sostegno a investimenti in tecnologie e sistemi d'arma ivi compreso il controverso programma F-35;
          un programma di razionalizzazione della spesa (dismissioni immobiliari, miglior utilizzo del personale), che mantenga funzioni e ruoli delle forze armate attraverso investimenti in tecnologie compatibili con un sistema industriale nazionale integrato con l'industria della difesa degli altri Paesi europei e rispondente al modello di difesa europeo;
              la seconda opzione appare sicuramente come la più adeguata e quella maggiormente in grado di determinare un modello di difesa, non solo collegato alle linee di politica estera, ma anche ad orientare lo sviluppo dell'industria nazionale;
              se si concentra l'attenzione esclusivamente sugli interessi del mercato italiano, con il programma F35, anche ridimensionato, le ricadute industriali su Finmeccanica e sulle altre imprese industriali italiane saranno molto limitate;
              l'esito potrebbe essere un confinamento della nostra industria alla fornitura di parti dei sistemi d'arma e un forte ridimensionamento dei volumi produttivi, della ricerca e dello sviluppo industriale con la perdita di qualsiasi ruolo di integratore di sistema;
              nello specifico dell'industria della difesa la strategia di sviluppo va vista nell'ottica del modello europeo di difesa, il modo con cui si stanno attuando gli accordi dell'Unione europea vedono l'Italia ai margini rispetto alla definizione di un asse franco-inglese, una maggiore presenza in Europa per la politica della difesa è un'opportunità per l'Italia e per il suo sistema industriale;
              a fronte del mercato della difesa permangono poi in Finmeccanica sofferenze nei settori non militari quali i trasporti, l'energia e l'elettronica professionale;
              le soluzioni prospettate dall'attuale management, per rimettere in equilibrio il conto economico, sembrano essere improntate ad una significativa riduzione del perimetro di azione del gruppo: dismissioni per un miliardo di euro, investimenti selettivi su aree di business più resistenti alla crisi e ricerca di una profittabilità più elevata;
              il piano di dismissioni è finalizzato ad uscire da settori considerati non strategici, come trasporti ed energia, e cedere anche altre attività nel settore civile, nell'elettronica per la difesa e la sicurezza;
              il Piano sostiene che per ridurre rapidamente il debito occorre rinunciare agli investimenti non immediatamente necessari, tagliare le spese generali e produrre in modo più efficiente;
              la fusione tra Alenia e Aermacchi come possibile preludio all'apertura a qualche socio esterno apportatore di capitale non basta, ne è pertanto discesa la decisione di allontanare le fonti di perdita come Ansaldo Breda, (con un ordine di grandezza di mezzo miliardo), vendere le partecipazioni nei settori considerati non strategici come il 40 per cento di Ansaldo Sts, il gioiello di famiglia, da cedere assieme all'Ansaldo Breda, il 55 per cento di Ansaldo Energia, che secondo Deutsche Bank vale 670 milioni;
              ciò si aggiunga il 25 per cento della Mbda, la joint venture missilistica con Eads e Bae System, 400 milioni, e infine il 15 per cento dell'Avio, motori aerei ex Fiat, 250 milioni;
              con queste cessioni e con la focalizzazione della gestione sulla generazione di cassa, Finmeccanica pensa di potersi riallineare ai grandi concorrenti;
              il riassetto organizzativo interno con la costituzione di Selex Elettronic System, come confluenza di Selex sistemi integrati, Selex Galileo e Selex Elsag, prefigura una razionalizzazione delle attività oggi operanti nei vari siti produttivi e di sviluppo industriale;
              l'unificazione in un'unica società delle tre Selex può offrire invece un'occasione per una maggiore integrazione tra le realtà presenti sul mercato civile e un'opportuna ottimizzazione degli investimenti in tecnologie e razionalizzazione dei costi, producendo possibili sinergie per una crescita complessiva di fatturato e occupazione;
              la ricerca di antiche e nuove responsabilità sulle cause di questa situazione, che comunque esistono e non hanno risparmiato inchieste della magistratura sugli attuali dirigenti, non deve distogliere dalla questione essenziale delle pesanti ricadute sui lavoratori e sul futuro industriale del gruppo sul quale ha pesato la totale mancanza di una seria politica industriale da parte del precedente Governo;
              occorre ripensare completamente l'intera strategia di Finmeccanica, il suo perimetro di intervento deve essere salvaguardato, le attività civili non possono essere dismesse: ne soffrirebbe pesantemente l'occupazione e l'indotto e interi territori già colpiti pesantemente dalla crisi;
              in particolare l'uscita di Finmeccanica dai predetti settori significherebbe il totale abbandono della presenza italiana in comparti strategici per l'ammodernamento del Paese, con la conseguenza di lasciare questo mercato in mano a imprese straniere con ulteriori aggravi della nostra bilancia commerciale;
              in particolare, per l'Italia, significherebbe regalare ai francesi e ai tedeschi il nostro mercato, distruggendo aziende che invece possono, opportunamente strutturate e organizzate, non solo competere nel mercato interno ma partecipare a importanti occasioni internazionali;
              per orientare le scelte prioritarie di Finmeccanica, il cui pacchetto di maggioranza è detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze non si può pensare solo al conto economico e a quanto accade in borsa è essenziale mantenere il controllo pubblico per garantire continuità industriale e sviluppo;
              mentre è conveniente, anche finanziariamente, che la holding, per la sua debolezza, rimanga sotto il controllo dello Stato, assai più incerto è il destino delle partecipate; la bassa capitalizzazione delle consociate offre opportunità ai capitali esteri di scalare a basso costo le imprese anche perché la fluttuazione del mercato finanziario è dovuta a fattori non sempre correlati al valore delle imprese e delle loro potenzialità industriali;
              per Finmeccanica è fondamentale il contributo dello Stato agli investimenti in ricerca e sviluppo e vanno ricercate le risorse necessarie a mantenere la competitività del gruppo, l'intervento dello Stato va articolato su più fronti ma tutti ispirati ad una politica di sviluppo sostenibile e di politica estera e di difesa, in particolare:
          a) sostegno alla ricerca e sviluppo utilizzando il fondo della Cassa depositi e prestiti che già ha varato un fondo d'investimento strategico potrebbe dare ulteriori contributi attraverso finanziamento di progetti di innovazione di prodotto; sostegno all'export in un'ottica di internazionalizzazione e integrazione con partner affidabili;
          b) utilizzo dei fondi già allocati in ambito Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca o Fondi europei che già darebbero un bel sostegno alle attività. Nel 2009 la Bei ha accordato un prestito di 500 milioni di euro al Gruppo Finmeccanica ed in particolare proprio ad Alenia allo scopo di supportare gli impianti nelle regioni meridionali;
          c) nel settore della difesa e aerospaziale fondamentali sono le scelte del modello di difesa e di politica estera. In un mercato in contrazione gli investimenti pubblici finalizzati a garantire un'adeguata funzionalità alle forze armate e di sicurezza vanno effettuati in modo da salvaguardare le potenzialità industriali nazionale pur in un'ottica di accordi internazionali e mantenimento dei mercati esteri;
          d) investimenti in infrastrutture di trasporto pubblico locale ed energia sostenibile agganciata a prodotti e sistemi nazionali e partnership con attori esteri che apportino mercato; sull'esempio di Ansaldo Sts, anni fa azienda decotta, oggi leader mondiale nel segnalamento e nel trasporto urbano su ferro;
              l'insieme delle produzioni industriali di Finmeccanica sono essenziali per il Paese e vanno sostenute con adeguate politiche, la ricerca di profittabilità ad ogni costo contrasta con una visione di lungo periodo per il quale occorrono investimenti a redditività differita indispensabili per la salvaguardia del patrimonio tecnologico e produttivo;
              Ansaldo Breda, Ansaldo Sts, Ansaldo Energia, Elsag, Avio, Menarini, Alenia Thales rappresentano importanti pezzi del sistema della grande impresa italiana da maneggiare con cura, sotto l'occhio del governo azionista;
              le difficoltà di bilancio presenti in alcune società vanno affrontate con attenta valutazione delle qualità del management nella loro capacità di riorganizzarle, ridurre gli sprechi e avere una visione di rilancio industriale nei rispettivi comparti;
              devono essere individuate risorse per garantire gli investimenti nelle varie aree dove il presidio industriale è già abbastanza forte anche se non sempre adeguato (si investe già il 12 per cento dei ricavi) e nella ricerca di partner nell'ottica di integrazione di filiera e complementarietà di mercato;
              nel settore della difesa si tratta di definire quali risparmi e rinunce decidere, a fronte di impegni internazionali e persino interni sempre più estesi, le Forze Armate impegnate in scenari geopolitici complessi e pericolosi vanno, infatti, equipaggiate in modo appropriato, i mezzi utilizzati devono essere mantenuti ed il personale formato e difeso;
              il comparto aerospazio e difesa è uno dei pochi settori industriali dove la filiera nazionale è competitiva, il personale impiegato è di alta qualificazione, esistono distretti tecnologici e industriali, anche se vanno migliorati e ricondotti a sistema per massimizzarne la resa;
              Finmeccanica è un'impresa globalizzata, non solo una finanziaria, con diverse partecipazioni in imprese estere, in primis la società statunitense DRS, e con vari collegamenti con multinazionali europee, come nella partecipazione di minoranza in Mbda (missili) e l'alleanza con Thales nelle attività spaziali;
              importanti sono le ricadute della ricerca militare e spaziale nei comparti civili, si tratta di aumentare la sinergia per le cosiddette tecnologie duali, la capacità di trasferire in apparati e sistemi per le infrastrutture i risultati delle tecnologie sviluppate nei sistemi militari (radaristica, aeronautica, avionica, monitoraggio reti complesse, comunicazione, nuovi materiali, e altro);
              il gruppo Finmeccanica va sostenuto dallo Stato per la realizzazione di trasferimenti tecnologici a nuovi prodotti e sistemi e contestualmente va attivato un mercato pubblico e privato che utilizzi le nuove applicazioni in ambito civile (energia ecocompatibile e relativa rete di trasporto, risparmio energetico, monitoraggio ambientale e di reti complesse, e altro);
              ciò vale soprattutto nei comparti civili dove, invece di vendere sarebbe quanto mai urgente ripartire da un progetto di rilancio per l'insieme del settore del trasporto su rotaia e su gomma, sull'energia, sulle infrastrutture di rete sulle telecomunicazioni terrestri e spaziali, sull'elettronica professionale e informatica, fondamentale è il sostegno all'integrazione tra ricerca universitaria e ricerca industriale;
              il sostegno alle politiche di investimento e sviluppo del settore delle infrastrutture civili come il ferroviario e l'energia rappresentano elementi importanti e qualificanti di una nuova concezione dello sviluppo, tanto più che la maggior parte dei governi ha stabilito o sta definendo tagli al settore militare;
              lo sforzo per riequilibrare la finanza pubblica e rientrare dal debito passa attraverso il rilancio dello sviluppo e una maggiore qualificazione della domanda pubblica;
              Finmeccanica purtroppo non ha oggi le forze e le risorse sufficienti a mantenere eccellenza e competitività in tutti i numerosi settori che ad essa fanno capo;
              se davvero si vuole impostare la crescita del Paese all'insegna dell'equità sociale, Finmeccanica è da considerarsi un volano indispensabile per fornire alla piccola e media impresa italiana la possibilità di stare agganciata a prodotti tecnologicamente avanzati;
              a fronte della necessaria iniezione di nuovi capitali, per sostenere adeguatamente gli investimenti e la ricerca, la risposta è nell'individuazione di partner qualificati che possano integrare le filiere produttive attualmente presenti nel gruppo e nella definizione di strategie di rilancio dei vari settori anche attraverso un adeguato rafforzamento della gestione manageriale,

impegna il Governo:

          a mettere a punto una politica industriale che metta al centro una strategia di sostegno del gruppo Finmeccanica, alla cui definizione devono essere coinvolti, oltre al Governo medesimo, l'azienda e le istituzioni locali interessate;
          a mettere in campo una strategia e programmi chiari di politica estera e di difesa, anche ai fini del rilancio dell'apparato produttivo nazionale, scongiurando, nel contempo, la scelta di abbandonare i settori civili concentrandosi solo sul militare in una fase di contrazione del mercato;
              a promuovere il rafforzamento delle aziende di Finmeccanica che operano nel settore del segnalamento e delle costruzioni ferroviarie e nel settore energetico, che hanno un'importanza di primo piano per il tessuto produttivo di vasti territori e dell'intero Paese;
          a definire il piano nazionale dei trasporti e i relativi investimenti, creando un polo nazionale della costruzione ferroviaria, che blocchi immediatamente qualsiasi decisione di cessione di imprese strategiche, come Ansaldo Breda e che predisponga un piano di riorganizzazione dell'intero settore;
          ad utilizzare, ai fini del necessario rilancio del gruppo richiamato in premessa, le risorse pubbliche afferenti alla Cassa depositi e prestiti, i fondi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltre ai fondi dell'Unione europea per la ricerca e lo sviluppo.
(1-01031) «Vico, Lulli, Ventura, Froner, Villecco Calipari, Colaninno, Fadda, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, Gatti, Baretta».

Risoluzioni in Commissione:


      La VI Commissione,
          premesso che:
              il fondo immobili pubblici (FIP), è proprietario di un portafoglio di 394 immobili già di proprietà dello Stato e di altri enti pubblici ad uso non residenziale, occupati prevalentemente da uffici del Ministero dell'economia e delle finanze, da agenzie fiscali, nonché da caserme della Guardia di finanza;
              il FIP è gestito dalla società di gestione del risparmio Investire Immobiliare, controllata dalla Banca Finnat, facente capo alla famiglia Nattino, e che vede tra i suoi azionisti anche i gruppi Caltagirone e Benetton, la quale ha stipulato un contratto di affitto con l'Agenzia del demanio per l'intero compendio immobiliare rilevato dallo Stato, della durata di nove anni, rinnovabile automaticamente per altri nove anni, per un valore complessivo di 270 milioni di euro;
              in base alle informazioni disponibili sul sito internetwww.fondoimmobilipubblici.it il predetto contratto prevede che l'Agenzia del demanio possa liberare una serie di immobili facenti parte del compendio (esercitando il diritto di recesso), a condizione che il canone non si riduca in misura superiore al 20 per cento, secondo la seguente articolazione (su base cumulativa): dal quarto al sesto anno fino al 5 per cento; dal settimo all'ottavo anno fino al 10 per cento; dal nono al decimo anno fino al 15 per cento; dall'undicesimo anno fino al 20 per cento, salvo che, entro il termine dei primi nove anni di contratto (cioè entro il 31 dicembre 2013), l'Agenzia del demanio non dia disdetta e liberi l'intero compendio immobiliare;
              secondo quanto riportato dal quotidiano Milano Finanza del 28 febbraio 2012, in un articolo dal titolo: «La Chiesa paga l'ICI, il FIP no», gli immobili facenti parte del patrimonio del fondo sarebbero stati esentati dal pagamento dell'imposta comunale sugli immobili;
              tale tematica è stata oggetto dell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n.  5-06800 Barbato, svolta presso la Commissione Finanze il 9 maggio 2012, con la quale si chiedeva al Governo se corrisponda a verità la notizia secondo la quale immobili di proprietà del suddetto fondo sarebbero esentati dal pagamento dell'imposizione comunale sugli immobili, al fine di comprendere quale sia la normativa che giustifica tale esenzione;
              l'atto di sindacato ispettivo chiedeva inoltre all'Esecutivo di indicare quali iniziative intenda assumere per eliminare tale improprio beneficio e per recuperare le corrispondenti minori entrate, nonché se ritenga di dare la disdetta del contratto d'affitto stipulato con il FIP, alla scadenza dei nove anni, e di trasmettere al Parlamento i documenti relativi al contratto di affitto in essere tra l'Agenzia del demanio e il FIP, nonché all'accordo di indennizzo e garanzia stipulato tra il Ministero dell'economia e delle finanze ed il FIP il 29 dicembre 2004;
              il Governo ha fornito alla predetta interrogazione, che intendeva far luce sull'ennesimo aspetto opaco della gestione del patrimonio immobiliare pubblico, una risposta che risulta, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, al tempo stesso insoddisfacente e quanto meno sconcertante;
              in particolare, appare al firmatario del presente atto sconvolgente che, come ammesso dal Governo, gli immobili trasferiti al FIP godano dello stesso trattamento tributario a cui erano assoggettati prima del trasferimento al FIP medesimo, risultando pertanto esenti dall'imposizione locale sugli immobili nel caso in cui gli immobili trasferiti mantengano una destinazione ad uso pubblico o, comunque, finalizzata all'erogazione dei servizi pubblici;
              non si vede infatti per quale motivo un soggetto privato, come la società di gestione del risparmio che gestisce il FIP, debba godere di tale consistente agevolazione nel momento in cui, con le modifiche recentemente apportate dal nuovo Governo con il decreto-legge n.  201 del 2011 alla disciplina dell'IMU, si è voluto ripristinare l'imposizione sulla prima casa ed introdurre un meccanismo di rivalutazione della rendita catastale anche degli immobili di abitazione, incrementando notevolmente il carico tributario su tutti i cittadini, anche su coloro che versano in una difficilissima situazione a causa della recessione economica;
              quello che il citato atto di sindacato ispettivo ha consentito di portare alla luce costituisce dunque l'ennesimo favore che l'attuale Governo, come già il precedente, e la maggioranza che lo sostiene, hanno fatto ai grandi gruppi finanziari e bancari nazionali ed internazionali, preferendo tutelare gli interessi di soggetti che sono alla radice dell'attuale crisi economica piuttosto che difendere le ragioni dei cittadini comuni, dei disoccupati, dei precari e degli imprenditori onesti, «strangolati» dalla rapacità delle banche;
              è dunque indispensabile correggere quanto prima questa incredibile distorsione dell'ordinamento tributario, eliminando ogni forma di esenzione per gli immobili trasferiti al FIP e recuperando le ingenti minori entrate che tale agevolazione ha determinato;
              nell'attuale situazione di crisi della finanza pubblica occorre, inoltre, assicurare finalmente una gestione più trasparente ed efficiente dell'enorme patrimonio immobiliare pubblico, che costituisce una ricchezza per l'Italia e per tutti i cittadini e che potrebbe rappresentante un elemento fondamentale per reperire le risorse indispensabili a sostenere il rilancio economico del Paese, evitando di ricorrere ad uno strumento, quello della leva fiscale, che sta «strangolando» le famiglie meno abbienti e gli imprenditori onesti, già in grave difficoltà a causa della negativa congiuntura economica in atto,

impegna il Governo

ad assumere quanto prima le necessarie iniziative, anche normative, per eliminare ogni ipotesi di esenzione dall'imposizione comunale sugli immobili specificamente rivolta agli immobili di proprietà del suddetto FIP e per recuperare le corrispondenti minori entrate, nonché per dare disdetta del contratto d'affitto stipulato con il FIP stesso dall'Agenzia demanio.
(7-00858) «Barbato».


      La VIII Commissione,
          premesso che:
              la crisi del settore delle costruzioni continua a mordere, con effetti devastanti, consegnando un saldo negativo del 24 per cento, nel quadriennio 2008-2011, che sale al 44,5 per cento se consideriamo il periodo 2005-2011 periodo pre-crisi;
              in aggiunta ai noti fattori congiunturali, si pone in particolare evidenza come, per superare la crisi, occorrono, per quel che concerne il settore degli appalti, oltre ad iniziative di rilancio di investimenti nel settore delle opere pubbliche, con effetti indotti sulle forniture ed i servizi, anche interventi strutturali intesi alla riqualificazione del mercato e delle imprese;
              in questa direzione il regolamento degli appalti pubblici di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  207 del 2010 assume fondamentale valenza quale fattore incentivante la crescita qualitativa delle imprese;
              tuttavia, un apparato normativo così ampio e complesso ha richiesto necessariamente un insieme di norme che regolino il passaggio dalla legislazione precedente al nuovo panorama normativo, ponendo alcune questioni di diritto intertemporale;
              in particolare, l'attuale regolamento prevede, tra le modifiche alla vecchia normativa, quella relativa a molte categorie di qualificazione (categorie OG10, OG11, OS2, OS7, OS8, OS12, OS18, OS20 e OS21), le cui attestazioni – ai sensi dell'articolo 357, comma 12 del decreto del Presidente della Repubblica n.  207 del 5 ottobre 2010, rilasciate nella vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n.  34 del 2000 – cesseranno di avere validità a decorrere dall'8 giugno 2012, salvo riattestazione alla luce delle nuove regole;
              al fine di rendere compatibili le categorie variante con le nuove declaratorie contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n.  207 del 2010, entro il prossimo mese di giugno, le stazioni appaltanti dovranno procedere alla remissione di un numero elevatissimo di certificati lavori, con grande difficoltà a reperire progetti risalenti nel tempo ed in generale a recuperare i dati necessari al calcolo delle quote dei lavori specialistici che componevano gli interventi, anche a causa del continuo avvicendamento dei RUP;
              la proroga di ulteriori sei mesi per la remissione dei predetti certificati ai sensi dell'articolo 357, comma 12, non è servita ad attuare la necessaria accelerazione delle procedure per il rilascio dei certificati ancora in forte ritardo, con effetti negativi sulla capacità delle imprese a partecipare alle gare bandite con le categorie oggetto di modifica;
              in questi anni il sistema di trasmissione telematica dei documenti di cui all'articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n.  207 del 2010, non ha trovato piena applicazione in quanto molti enti appaltanti emettono ancora copie cartacee dei certificati e omettono di trasmetterli all'autorità;
              la questione è di assoluto rilievo anche in considerazione del fatto che tra la riattestazione riguarda settori particolarmente significativi delle costruzioni (Og 11 e OS12);
              la stessa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nella relazione annuale per il 2010 ha rilevato, con riferimento al periodo transitorio, «criticità di particolar rilevanza riconducibili al considerevole numero di certificati emessi dal 2001 che dovranno essere riemessi, alla valutazione di un numero altrettanto cospicuo di attestati rilasciati sulla base di lavori eseguiti in ambito privato, nonché alla validità delle attestazioni di qualificazione contenenti le categorie oggetto di modifica rispetto all'arco temporale previsto dalla norma entro il quale procedere anche all'adeguamento dell'attuale sistema informatico»;
              l'enorme aggravio di lavoro a carico delle stazioni appaltanti, espone al rischio di un blocco del sistema, impedendo alle imprese di poter entrare in possesso di una attestazione valida ed efficace prima del giugno 2012, non consentendo loro di partecipare alle gare pubbliche bandite ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 207 del 2010, vanificando gli obiettivi perseguiti dal legislatore ed ogni sforzo propulsivo nella direzione del superamento della crisi;
              è già forte l'allarme di molte stazioni appaltanti che, in considerazione delle difficoltà del sistema di qualificazione di ottemperare alle previsioni normative, stanno valutando ipotesi di ritiro/sospensione delle procedure di gara in corso di pubblicazione con le nuove categorie variate, con rilevanti danni per l'economia del sistema Paese e rischio di perdita dei già ridotti finanziamenti pubblici;
              in un quadro in cui il sistema normativo degli appalti integrato a livello europeo deve essere articolato in modo da consentire alle imprese italiane e comunitarie di gareggiare a pari condizioni, le criticità del sistema di qualificazione nazionale rischiano di rendere deteriori le condizioni di partecipazione delle imprese italiane a quelle comunitarie, per le quali la qualificazione avviene senza limitazioni di subappalto né alle qualifiche riportate, a tutto danno delle imprese nazionali,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta ad impedire il paventato blocco del mercato degli appalti connesso al rilascio dei certificati lavori necessari alla riattestazione nelle nuove categorie variate, ivi incluse, possibili iniziative normative per introdurre, se del caso, soluzioni acceleratorie per il rilascio delle nuove attestazioni nonché ogni utile modifica della disciplina finalizzata a neutralizzare gli effetti distorsivi per la concorrenza derivanti dalla applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n.  207 del 2010 a danno delle imprese nazionali a favore di quelle comunitarie.
(7-00857) «Mariani, Margiotta, Braga, Morassut, Realacci, Bratti, Iannuzzi, Motta, Marantelli, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Viola».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
          l'AGEA svolge la propria attività istituzionale nel settore dell'agricoltura italiana principalmente attraverso il finanziamento della politica agricola comunitaria che si concretizza nell'erogazione di aiuti diretti agli agricoltori e di contributi per lo sviluppo rurale; per tale attività distribuisce annualmente oltre quattro miliardi di euro;
          l'Agenzia svolge i controlli sulla legittimità delle erogazioni secondo le leggi e i regolamenti comunitari;
          nel mese di giugno dell'anno 2011 l'Agenzia è stata commissariata per gravi inadempienze del presidente dottor Dario Fruscio;
          il commissario straordinario, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 giugno 2011, ha rilevato evidenti disfunzioni nella gestione amministrativa e una scarsa affidabilità del sistema dei controlli sulle erogazioni, settore molto delicato per l'incombente pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata;
          tali carenze sono state tempestivamente segnalate al ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali con la relazione del commissario straordinario del 23 novembre 2011;
          il dottor Fruscio ha presentato ricorso avverso il decreto di commissariamento e con sentenza del TAR del Lazio del 9 gennaio 2012 ne ha ottenuto l'annullamento;
          il Ministro interpellato prima ancora di ricevere la nota n.  34573 P del 27 gennaio 2012 dell'Avvocatura di Stato con il parere (positivo) circa la eventuale impugnazione della sentenza de qua, pervenuta al Ministero citato il 1o febbraio 2012, nonostante la gravità della situazione rappresentatagli dal Commissario straordinario nella menzionata relazione, in data 29 gennaio 2012 ha dichiarato agli organi di stampa che avrebbe proposto alla Presidenza del Consiglio di non presentare appello avverso la predetta sentenza del TAR del Lazio, augurando buon lavoro e il massimo impegno al dottor Fruscio nella gestione dell'Agea;
          il dottor Fruscio si è reinsediato nella carica di Presidente in data 6 febbraio 2012 prima della notifica formale della sentenza del TAR, avvenuta solo il giorno 9 dello stesso mese e senza che il commissario, abbia mai ricevuto alcuna determinazione formale del Ministro, per cui non risulterebbe che sia stato redatto alcun documento ufficiale attestante il passaggio della titolarità della carica;
          allo stato degli atti non risultano chiari i motivi per i quali il Ministro interrogato abbia inteso non dover approfondire la fondatezza delle numerose irregolarità rilevate dal commissario già nella sua prima relazione;
          l'attività di controllo sull'erogazioni comunitarie sono state numerose volte oggetto di censure da parte della Commissione europea rivolte all'indirizzo dell'AGEA nell'anno 2011;
          ulteriori e più allarmanti ombre sulla affidabilità e sulla trasparenza di tale attività di controllo provengono da due indagini svolte in Calabria e in Lombardia, delle quali la prima riguarda 40 soggetti, titolari di aziende zootecniche, alcuni dei quali con cognomi di noti personaggi della criminalità organizzata, tratti in arresto a seguito di una operazione condotta dal Nucleo Antifrodi carabinieri di Salerno in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria per reati connessi alla indebita percezione di contributi comunitari mediante false attestazioni e certificazioni di possesso di bovini/ovini; la seconda, condotta dalla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Milano (operazione Infiniti) nei confronti di una organizzazione della ’ndrangheta facente capo a Giulio Lampada, nella quale sarebbe stato coinvolto, almeno da quanto riportato da notizie di stampa, anche un membro del consiglio regionale della Calabria, coniuge di una dirigente di AGECONTROL, società partecipata da Agea operante nel settore dei controlli sulle erogazioni;
          al fine di fare piena luce sotto ogni aspetto dell'attività svolta da AGEA e società partecipate risulta che il Commissario straordinario avesse deliberato, tra l'altro, la costituzione in AGEA di un organismo di auditing interno per il controllo di legittimità delle procedure dell'Agenzia, nonché l'istituzione di un gruppo di lavoro, formato da personalità del mondo accademico e da esperti professionisti, per una due diligence review del sistema informativo agricolo nazionale (SIN) e per realizzare un più efficiente e trasparente sistema informatico, avendo rilevato disfunzioni gestionali, costi di gestione fuori controllo e controlli eseguiti in maniera discutibile in materia di erogazione dei contributi comunitari;
          tali iniziative, assunte per conferire trasparenza e correttezza nella gestione del denaro pubblico, risulta siano state immediatamente e a giudizio degli interpellanti immotivatamente annullate dal presidente Fruscio, non appena riassunta la presidenza di AGEA;
          in data 4 aprile il consiglio di amministrazione AGEA avrebbe deliberato la revoca dei consiglieri designati nel periodo di commissariamento, basando tale delibera su fatti e comportamenti, a parere degli interpellanti, palesemente non corrispondenti alla realtà o inconsistenti per procedere alla nomina di nuovi consiglieri SIN (dopo sette mesi dalla nomina dei precedenti). In tale delibera si dichiara l'unanimità del Consiglio di amministrazione, mentre, in realtà, due consiglieri avrebbero invece lasciato il consiglio;
          il dottor Fruscio, inoltre, con lettera inviata per conoscenza anche al SIN, avrebbe avvallato e tenacemente difeso l'esistenza e la validità del contratto sottoscritto nel 2006 che riconosce al signor Paolo Gulinelli ex direttore Generale di SIN uno stipendio di 330.000 euro e ben 144 mensilità di indennità in caso di risoluzione del rapporto di lavoro;
          tale contratto era stato sottoscritto con insolita urgenza, nonostante il palese conflitto di interessi, fra il presidente pro-tempore di AGEA e della controllata SIN, e il signor Gulinelli, responsabile dell'ufficio monocratico di AGEA, designato anche quale direttore generale della controllata SIN. Sei giorni dopo la firma il presidente lasciò la carica di presidente di SIN, ma la circostanza più sorprendente è che l'esecuzione del contratto, nonostante l'inusitata fretta della stipula, iniziò ben tre anni dopo;
          la rinnovata direzione di SIN, a seguito di un audit interno eseguito dalla società KPMG, aveva contestato al Gulinelli numerosi episodi di irregolare gestione con possibili significativi risvolti di danno erariale;
          a seguito di tale contestazione e delle giustificazioni avanzate dal signor Gulinelli la stessa direzione aveva espresso i propri orientamenti anche sulla scorta della valutazione conforme di un noto studio giuslavoristico, in merito alla risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa che avrebbe fatto decadere il contratto di assunzione con clausole-capestro del citato Gulinelli;
          il dottor Fruscio, che a quanto consta agli interpellanti non ha mai voluto incontrare i vertici di SIN, pur presenti nello stesso edificio, ha inviato alla società una lettera volta a evitare l'adozione del provvedimento di risoluzione contrattuale;
          in occasione dei consigli di amministrazione del 29 marzo e del 4 aprile 2012, la dirigenza di SIN non avrebbe potuto procedere al licenziamento in virtù di pressioni esercitate su un consigliere;
          per eliminare il rischio che ciò potesse accadere successivamente il dottor Fruscio ha proceduto a revocare i consiglieri di SIN di parte pubblica, evidentemente ritenendo di evitare il licenziamento del Gulinelli per giusta causa al fine di consentirgli di riprendere la sua posizione di direttore generale in SIN nonostante le criticità gestionali addebitabili al suo operato;
          il dottor Fruscio ha richiamato a collaborare nel consiglio di amministrazione di SIN il dottor Carbone, già consigliere di SIN all'epoca della sua presidenza di AGEA, e il dottor Migliorini, suo diretto collaboratore in epoca ante commissariamento, nel frattempo andato in pensione;
          a quest'ultimo ha inoltre conferito un incarico di consulenza retribuito (delibera n.  59) che evidenzia una apparente incompatibilità con la carica di consigliere SIN. È esplicativa ad avviso degli interpellanti la circostanza che proprio la nomina del predetto a direttore generale di AGEA, su proposta del Fruscio, era stata respinta in ripetute riunioni del Consiglio di Amministrazione pro-tempore ed era stata una delle cause del commissariamento dell'Agenzia;
          a fronte di questa gestione della «cosa pubblica» ad avviso degli interpellanti del tutto discutibile da parte del presidente Dario Fruscio, che con sue inusitate iniziative e con i suoi sistemi «disinvolti» non sembra dimostrare la necessaria affidabilità e un adeguato senso di responsabilità istituzionale per poter svolgere il delicato incarico di presidente di AGEA, corrisponde un silenzio, preoccupante quanto incomprensibile, del Ministro interpellato  –:
          quali provvedimenti il Governo abbia adottato o intenda adottare sulla base della relazione conclusiva che risulta essere stata inviata alla Presidenza del Consiglio in data 2 marzo 2012 dal commissario straordinario e a seguito delle iniziative ad avviso degli interpellanti sconcertanti assunte dal dottor Fruscio appena dopo il suo insediamento, e se non ritenga necessario quantomeno approfondire e riscontrare la legittimità dell'operato degli attuali vertici di Agea e delle società controllate.
(2-01495) «Di Pietro, Di Giuseppe, Cimadoro, Piffari, Messina, Rota, Donadi».

Interrogazioni a risposta scritta:


      TOCCAFONDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la società SelexElsag è un'azienda Finmeccanica specializzata in elettronica per la difesa e conta oltre 5.000 dipendenti in Italia e in molti altri Paesi;
          le attività della SelexElsag sono principalmente legate ai sistemi di comunicazione in ambito militare e civile, alla cyber security e nell'ICT principalmente rivolte alla pubblica amministrazione;
          i principali stabilimenti produttivi sono collocati a Genova, Milano, Firenze, L'Aquila, Latina, Pomezia, Roma, Napoli e Catania;
          in particolare, la sede di Firenze è la sede della BU PMR (Private Mobile Radio) e detiene il know how leader della tecnologia TETRA – standard digitale europeo per le comunicazioni sicure –, definito dall'Unione europea come standard specifico per le forze di polizia della Unione e per le comunicazioni Terra/Bordo/Terra per il controllo del traffico aereo;
          nel febbraio 2003 tra il Ministero dell'interno e Finmeccanica venne firmato un protocollo d'intesa per l'ammodernamento dell'intero sistema di radiocomunicazione delle forze dell'ordine per far evolvere l'attuale sistema analogico verso il nuovo sistema digitale a standard TETRA;
          a tale proposito, nel 2006 venne siglato un contratto con il Ministero dell'interno che ha portato all'installazione delle infrastrutture per la città di Torino (per le olimpiadi invernali) e per la regione Campania;
          nel 2007 venne siglato un contratto per la regione Calabria, la regione Basilicata e la provincia di Torino;
          nel 2008, è iniziata l'installazione per la regione Sardegna, in previsione del G8 che si sarebbe dovuto tenere alla Maddalena, poi trasferito a L'Aquila;
          per la copertura radio della provincia di Sassari fu concordato che l'azienda avrebbe dovuto anticipare le spese necessarie alla realizzazione della copertura dell'area del G8 e successivamente, a seguito della delibera del CIPE, avrebbe potuto concludere l'installazione e l'attivazione del sistema TETRA nel resto della regione;
          SelexElsag avrebbe quindi anticipato costi rilevanti per circa 60 milioni di euro;
          il CIPE, con delibera n.  86 del 6 novembre 2009, ha definitivamente assegnato le risorse in favore del Programma TETRA Sardegna, per un ammontare di 150 milioni di euro, necessari alla copertura totale della regione;
          in data 9 giugno 2011, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n.  50368, le risorse previste dal CIPE sono state cancellate e riassegnate al capitolo di pertinenza (7506) del Ministero dell'interno;
          la legge di stabilità 2012 prevede all'articolo 4, comma 22, la rinuncia alla realizzazione del progetto TETRA Sardegna, e rimette i fondi stanziati al Ministero dell'economia e delle finanze;
          se il programma Interpolizie non dovesse proseguire, si rischierebbe una immediata perdita occupazionale per circa 600 lavoratori (370 a Firenze, 30 a Pisa, 100 a Genova, 30 a Latina ed altri sparsi in altri siti) e andrebbero persi anche gli investimenti fatti fino ad oggi;
          in Commissione Bilancio del Senato è stato approvato un ordine del giorno «G2968/42/5 dell'11 novembre 2011, che impegna il Governo nei confronti del Progetto TETRA Sardegna e, il completamento del programma Interpolizie per le restanti regioni  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative siano già previste o si intendano prevedere per attuare quanto richiesto dall'ordine del giorno sopra ricordato.
(4-16056)


      GRIMOLDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 26 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, ha prorogato per il 2012 la tassazione agevolata delle somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi aziendali o territoriali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili della impresa, o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale;
          l'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n.  183, ha stabilito che tale agevolazione trova applicazione nel limite massimo di onere di 835 milioni nel 2012 e 263 milioni nell'anno 2013; ha stabilito altresì che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al fine del rispetto dell'onere massimo fissato, è stabilito l'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva, nonché il limite massimo di reddito annuo oltre il quale il titolare non può usufruire dell'agevolazione;
          le organizzazioni sindacali, sulla scorta dell'esperienza dello scorso anno e coscienti del fatto che la detassazione è applicabile solo a partire dalla data di sottoscrizione dell'accordo, hanno già tempestivamente predisposto e siglato gli accordi applicabili per il 2012, ma la mancanza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri impedisce ai datori di lavoro di applicare in busta paga la tassazione agevolata, con grave danno per i lavoratori  –:
          entro quale termine, vista l'importanza dell'agevolazione, si intenda provvedere all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n.  183. (4-16063)


      BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto si legge dall'Agenzia di stampa Agenparl in un articolo del 4 aprile 2012, la regione Campania avrebbe speso 2,8 milioni di euro per la realizzazione del nuovo portale internet;
          la ditta incaricata dei lavori sul nuovo portale sarebbe la DigitCampania scarl. L'amministratore unico della società è Stefano Torda, collaboratore di lungo corso con diverse realtà del settore pubblico: capo dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio, consigliere di ministri (tra cui Moratti e Frattini), direttore generale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e per gli affari regionali, il turismo e lo Sport ma anche revisore dei conti del Coni e presidente del collegio sindacale dell'ente nazionale di previdenza dei giornalisti italiani;
          a parere dell'interrogante in un momento di grave crisi economica la spesa intrapresa dalla regione appare alquanto esagerata, soprattutto in virtù del fatto che i soldi spesi dall'amministrazione della regione Campania derivano dai fondi dell'Unione europea;
          la regione Campania soffre di un forte deficit di bilancio dovuto alle amministrazioni precedenti, in particolare alla gestione Bassolino  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga opportuno verificare anche per il tramite del comitato di vigilanza se l'investimento operato dalla regione Campania con i fondi messi a disposizione dall'Unione Europea siano rispondenti agli obiettivi fissati dall'Unione europea. (4-16068)


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il firmatario del presente atto ha più volte sostenuto in varie sedi istituzionali ed alla presenza del Governo che una politica di bilancio tesa all'aumento delle entrate avrebbe ottenuto l'effetto opposto a quanto desiderato, riducendo nella sostanza la capacità di spesa dei consumatori; provocando rallentamenti dell'economia, incidendo negativamente sulla congiuntura economica e di conseguenza causando effetti negativi sul fronte delle entrate fiscali;
          numerosissimi esperti e commentatori sottolineano il livello elevatissimo della pressione fiscale nel nostro Paese, e come tale livello incida quale freno all'attività economica;
          i dati recentemente diffusi dalla Banca d'Italia certificano una flessione delle entrate tributarie nei primi mesi dell'anno, nonostante un aumento sostanziale della pressione fiscale  –:
          a quanto ammonti il minor introito effettivo, in valore assoluto e al netto delle misure adottate a partire dal dicembre 2011;
          quali iniziative il Governo intenda attuare per far fronte a dette minori entrate;
          quali iniziative intenda adottare per invertire le politiche fin qui adottate, considerato l'effetto negativo che – stante l'elevata pressione fiscale – ha avuto e hanno le misure adottate tendenti ad aumentare il gettito. (4-16070)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          una famosa agenzia di rating ha ridotto il 14 maggio 2011 il rating nei confronti di 26 istituti bancari;
          il sistema produttivo del Paese lamenta da tempo una difficoltà sostanziale nell'accesso al credito;
          l'aumento dello spread negli ultimi giorni oltre quota 430 nonché le vicende che investono la Grecia rischiano di avere effetti negativi sui bilanci dei nostri istituti bancari, e conseguentemente, anche sulla capacità erogatoria delle banche italiane  –:
          se e quali conseguenze possa avere il nuovo declassamento del rating delle istituzioni bancarie italiane;
          se e quali iniziative di competenza il Governo intende attuare per far fronte alle nuove difficoltà citate in premessa.
(4-16074)


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          la stampa riporta quotidianamente l'ipotesi che la Grecia abbandoni l'area euro e che la stessa possa addirittura uscire dall'Unione europea  –:
          se tali indiscrezioni abbiano fondamento, e, in caso affermativo, quali potrebbero essere le ripercussioni economiche e finanziarie sul nostro Paese;
          se e quali iniziative siano state previste dal Governo per l'ipotesi del verificarsi di un simile accadimento. (4-16078)


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il Governo ha dichiarato di volere incidere sui costi della pubblica amministrazione, eliminando in particolare i costi inutili;
          ogni cittadino è obbligato ancora oggi a trasmettere in via telematica una serie di documenti contenenti dati già in possesso della pubblica amministrazione;
          per far fronte a detti adempimenti lo Stato riconosce ai patronati dipendenti dalle organizzazioni sindacali svariati milioni di euro ogni anno  –:
          se il Governo intenda ricomprendere anche detti costi all'interno delle procedure di «spending review» citate. (4-16079)


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          la comunità giovanile di Busto Arsizio (Varese) costituisce una realtà eccellente nel panorama dei centri di aggregazione giovanile, come testimoniato da oltre vent'anni di attività;
          centri di aggregazione giovanile simili sono diffusi in tutto il Paese e – vista l'opera meritoria di sostegno all'aggregazione giovanile nell'assoluto rispetto della legalità e delle normative vigenti – costituiscono un patrimonio importante per la formazione e la crescita dei nostri giovani  –:
          se e quali iniziative di competenza siano state assunte a sostegno dalle comunità giovanili e, in particolare, a supporto della comunità giovanile di Busto Arsizio;
          quali siano gli esiti delle iniziative assunte dal precedente Governo e quali siano gli intendimenti del Governo attuale. (4-16084)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RENATO FARINA, PIANETTA e CENTEMERO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'Agenzia Habeshia è accreditata come la fonte più seria e affidabile in tema di diritti umani quanto all'Eritrea e agli eritrei perseguitati in patria o profughi, e il suo presidente padre Mussie Zerai è costantemente audito come voce autorevole su questi temi dal Parlamento italiano, dal Consiglio d'Europa e da altri organi istituzionali;
          in data 14 maggio 2012 è giunta all'interrogante una nota di padre Mussie che riguarda la tragica situazione di profughi eritrei e che con riferimento ai singoli Paesi descrive la seguente situazione:
              «Libia: la “Nuova” Libia non sembra tanto diversa dalla precedente sotto il regime di Gheddafi, stando alle testimonianze che ci giungono da Kufra e Bengasi. A Kufra sono centinaia i profughi tenuti in condizioni di schiavitù, lì sono costretti ai lavori forzati da uomini armati, che li costringono a maneggiare armamenti pesanti, pulire carri armati, tutto questo senza cibo né acqua, continuamente picchiati, in situazioni di totale degrado per la dignità delle persone. Chi ha possibilità di pagare fino a 800 dollari americani, viene accompagnato da uomini armati fino a Tripoli. È lo stesso traffico dei tempi di Gheddafi, fiorente come allora. È la stessa condizione dei profughi tenuti in centri di detenzione a Bengasi. Da essi giungono lamenti per maltrattamenti e mancanza di cibo e acqua potabile e le persone bisognose di cure non ricevono alcuna assistenza. A loro è impedito ogni contatto con l'UNHCR o altri organismi internazionali che si occupano della tutela dei diritti umani»;
              «Yemen: circa 240 profughi eritrei sono trattenuti nelle carceri yemenite in condizioni disumane, da mesi chiedono il diritto alla salute, dal momento che circa 70 di loro si sono ammalati di una malattia contagiosa, che nessuno sa diagnosticare (le persone colpite da questa epidemia continuano a perdere sangue dal naso e dalla bocca). Le autorità carcerarie yemenite per settimane non hanno dato ascolto alle loro lamentele, non hanno offerto nessuna assistenza medica, finché – dopo una sollevazione di tutta la popolazione carcerarla – hanno separato le persone colpite da questi sintomi dagli altri. Ora però le persone malate stanno in condizioni peggiori, abbandonate a se stesse all'aperto dentro le mura ed esposte a ogni sbalzo di temperatura, senza riparo né dal caldo di giorno né dal gelo di notte: una situazione insostenibile e di una gravità inaudita, essendo palese una totale violazione dei più elementari diritti delle persone, del malato, del rifugiato»;
              «Gibuti: circa 350 profughi eritrei, attraversato il confine, si sono rifugiati a Gibuti. Qui vengono trattati come se fossero prigionieri di guerra, quando invece sono venuti loro stessi a chiedere asilo. Nonostante Abeshia abbia denunciato questo stato di cose già da mesi, tra l'altro indicando le gravi condizioni di persone bisognose di urgenti cure, in particolare malate di TBC, con il rischio del contagio degli altri reclusi in celle dove sono ammassati come bestie; nonostante la denuncia nulla è mutato tutto ora non è cambiato nulla»;
              «Sinai-Egitto: il traffico di esseri umani e quello di organi, in cui non sono stati risparmiati neanche bambini, è molto fiorente. Oggi abbiamo circa 2.000 prigionieri, veri schiavi al macello, nelle mani dei trafficanti che hanno trovato nel territorio del Sinai una zona franca, senza presenza di uno stato di diritto, una regione del mondo dove di fatto vige la sola legge dei mercanti di schiavi di lontana memoria. Ogni giorno riceviamo segnalazioni di atrocità che vengono commesse nel Sinai, che è territorio egiziano ma senza che il governo egiziano faccia un sia pur minimo sforzo per contrastare questo crimine contro l'umanità. Sono migliaia i giovani e i bambini che mancano all'appello. Siamo conviti che si trovino nelle tante fosse comuni sparsi in territorio egiziano, non comprendiamo il perché del tanto silenzio di tutta la comunità internazionale. I contatti diplomatici non hanno dato nessun risultato: le persone nel Sinai continuano a morire, le donne continuano a subire violenze sessuali e fisiche. Riferiamo qui la testimonianze terrificante “di una donna con una bambina, la donna viene costretta ad assistere mentre la figlia di due anni muore lentamente di fame, perché i trafficanti impediscono alla madre di dare da mangiare alla figlia finché lei non pagherà il riscatto”. Quando la donna si è ribellata, hanno cosparso di benzina i capelli della donna hanno dato fuoco, ora la donna versa in gravissime condizioni»  –:
          se il Governo sia a conoscenza di questi fatti e se corrispondano al vero;
          se il Governo intenda e in quali forme chiedere alle autorità libiche di rispettare i diritti fondamentali dei profughi, e garantire l'acceso in tutti centri al personale dell'Unhcr affinché venga garantita la protezione internazionale di cui hanno tanto bisogno, se e come il Governo intenda esercitare pressioni sulle autorità libiche per il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti dei migranti e dei rifugiati;
          se e come il Governo ritenga di intervenire presso le autorità yemenite per garantire ai profughi il diritto di ricevere cure mediche, questi profughi vengano consegnati nelle mani dell'Unhcr, non essendoci ragioni perché siano tenuti in carcere;
          se intenda coinvolgere l'Unione europea perché prema sulle autorità yemenite affinché rispettino i diritti fondamentali di questi esseri umani e la loro dignità;
          se e come il Governo intenda far presente alle autorità di Gibuti il dovere grave di consentire l'accesso nelle carceri, dove sono ristretti dei richiedenti asilo politico, agli operatori di Unhcr, Oim e altri soprattutto facendo presente il diritto a tutte le cure necessarie per le persone malate;
          nel caso inaudito del traffico di organi nel Sinai, già segnalato in precedenti interrogazioni, se il Governo abbia agito e come intenda procedere a livello di rapporti bilaterali con l'Egitto e nell'ambito delle organizzazioni internazionali.
(5-06854)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      ANTONINO FOTI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          pochi giorni fa si è appreso da diversi organi di stampa che nel quadro degli interventi miranti alla riduzione della spesa pubblica potrebbe essere decisa la soppressione del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo;
          secondo il WTTC (World Travel and Tourism Council) nel 2011 il contributo diretto (quindi escludendo quelli indiretti e indotti) al PIL italiano del settore viaggi e turismo è stato euro 51,4 miliardi (che rappresenta il 3,3 per cento del PIL);
          il dato fornito dal WTTC riflette l'attività economica generata dall'industria turistica: alberghi, agenzie di viaggi, compagnie aeree e altri servizi di trasporto passeggeri (esclusi i servizi strettamente legati ai pendolari), ma comprende anche altre strutture come ristoranti e affini e strutture di svago toccate direttamente dal turismo;
          le stime sono destinate a crescere, entro il 2022, difatti il contributo diretto al PIL del settore viaggi e turismo in Italia è previsto intorno del 3,5 per cento ossia circa 61,2 miliardi di euro;
          basterebbero questi pochi dati per comprendere quanto sia importante e strategicamente rilevante il settore turistico per il nostro Paese;
          proprio il turismo rappresenta un'opportunità fondamentale per creare e promuovere lo sviluppo del sistema Italia;
          in queste ultime settimane da più parti si è evidenziato come in mancanza di strategie e decisioni finalizzate a promuovere lo sviluppo, non solo l'Italia, ma l'intera Europa rischia di impantanarsi in una crisi perenne;
          se la ventilata soppressione del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo risponde a criteri di rigore, si contrappone invece, in maniera evidente alla necessità di investire sullo sviluppo, una contraddizione questa che deve essere risolta e non può continuare ad esserlo sempre e comunque acriticamente a favore del rigore;
          servono politiche di sviluppo e il settore turistico può certamente rappresentare uno dei pilastri del sistema Italia su cui investire, non a caso il precedente Governo, consapevole dell'importanza strategica del settore aveva voluto istituito un apposito ministero a questo dedicato;
          si deve tenere presente che includendo non solo gli impatti generati in modo diretto ma anche quelli diretti e indotti, il contributo totale del turismo al PIL in Italia, nel 2010, è stato di euro 136,1 miliardi (8,6 per cento del PIL) nel corso del 2011 è arrivato a rappresentare l'8,8 per cento del PIL ed entro il 2022 dovrebbe raggiungere i 156 miliardi di euro;
          rinunciare o comunque depotenziare l'attenzione su questo settore significa infliggere un danno a tutta l'economia del Paese, servirebbero al contrario interventi mirati finalizzati a potenziare una politica strategica del turismo in Italia;
          nel solo 2011 il settore del turismo in Italia ha generato 868.500 posti di lavoro inseriti in modo diretto nel settore come in hotel, compagnie aeree, agenzie di viaggi e altri servizi (includendo anche servizi di divertimento e ristorazione direttamente interessati dal turismo) che rappresentano il 3,8 per cento dell'occupazione totale, e anche in questo caso le stime del WTTC indicano un aumento del contributo del turismo nell'occupazione che entro il 2022 in Italia dovrebbe arrivare a creare 996.000 posti di lavoro con un incremento, quindi, dell'1,5 per cento all'anno nei prossimi 10 anni. Non si può rinunciare a governare questa realtà;
          inoltre, il settore dei viaggi e del turismo in Italia ha attirato investimenti di capitali per 12,6 miliardi nel corso del 2011 e si prevede un aumento nei 10 anni successivi del 2 per cento annuo circa, arrivando a circa 14,4 miliardi per il 2022;
          sull'importanza strategica del settore si è espresso poche settimane fa anche il Ministro degli affari regionali, il turismo e lo sport, che osservando i dati della Banca d'Italia sul turismo internazionale dell'Italia, ha avuto modo di affermare come «nonostante il periodo di crisi economica il turismo si confermasse leva importantissima di tenuta e di potenziale rilancio della nostra economia»  –:
          se la notizia di sopprimere il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo corrisponda al vero e se, nel caso, non si ritenga necessario non dare corso a questa soluzione, indicando al contrario proprio nel turismo uno dei settori strategici su cui investire per favorire il rilancio del Paese. (4-16057)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la storia che riguarda la città di Crotone ed il suo sviluppo industriale risale al secolo scorso. In una realtà regionale totalmente dimenticata dallo sviluppo nazionale, le grandi fabbriche furono per la piccola cittadina una speranza di crescita economica, sociale e culturale;
          alla fine degli anni Ottanta, con la dismissione delle industrie Pertusola Sud e Montedison di proprietà del Gruppo Eni, la città si ritrovò a piangere un impoverimento che si rilevò addirittura uno strumento di morte;
          gli effetti negativi dell'attività industriale sul territorio permangono anche dopo lo la chiusura dell'attività industriale e un'area di ben 45 ettari risulta tuttora contaminata e da bonificare. Bonifica attesa da oltre un decennio. Il decreto n.  468 del 2001 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha, inoltre, inserito l'ex area industriale della città di Crotone nei siti inquinati di interesse nazionale;
          nel corso degli anni diverse indagini della magistratura hanno accertato l'illecito smaltimento di tonnellate di rifiuti pericolosi prodotti dalla società Pertusola Sud, riciclati come materiale da costruzione ed utilizzate per i lavori di realizzazione di costruzioni pubbliche e private, il cui stabilimento è stato oggetto di sequestro preventivo da parte del giudice per le indagini preliminari Paolo De Luca su richiesta del procuratore della Repubblica Raffaele Mazzotta;
          per queste ragioni otto persone, tra direttori e responsabili di Eni della sicurezza e della sanità del vecchio stabilimento chimico ex Montedison di Crotone, succedutesi negli anni, hanno ricevuto dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Crotone nell'ottobre del 2009 un avviso di conclusione delle indagini circa i gravi danni alla salute provocati dall'utilizzo in particolare dell'amianto all'interno dello stabilimento suddetto;
          la procura ha sostenuto che le otto persone, imputate di omicidio colposo plurimo e disastro colposo, sarebbero responsabili del decesso, causato da mesotelioma pleurico, di cinque lavoratori dello stabilimento e delle mogli di altri due operai, venute in contatto con le polveri d'amianto attraverso gli indumenti di lavoro dei mariti. Le morti sono avvenute tra il 1998 e il 2006;
          secondo gli inquirenti, le otto persone erano a conoscenza dei gravi danni provocati dall'amianto ai lavoratori e gli stessi non avrebbero provveduto ad informare e sottoporre i dipendenti ai necessari controlli sanitari. Né ai lavoratori sarebbero stati forniti efficaci mezzi di protezione e sistemi idonei per impedire la diffusione delle polveri d'amianto;
          un'indagine nata nel 2001 da un'inchiesta giornalistica del Il Crotonese suscettibile di ulteriori sviluppi per ciò che riguarda il vero numero delle vittime causate dall'amianto e i luoghi in cui sia stato smaltito questo metallo pesante, la cui inalazione provoca danni irreversibili ai polmoni e un pericolo per la pubblica incolumità;
          nel processo che la procura della Repubblica ha avviato per fare luce su quanto accaduto a Crotone lo scorso 18 aprile, il giudice del tribunale penale di Crotone Giulia Proto, ha ammesso come parte civile, il comune di Crotone, la provincia di Crotone, la regione Calabria, l'Osservatorio nazionale amianto, nonché i familiari di una ragazza di 29 anni, che non aveva mai avuto alcun tipo di contatto con la fabbrica, ma abitava in un quartiere vicino. Questa decisione consentirà di aprire nuovi scenari sulla questione ambientale di Crotone;
          il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non si è avvalso della facoltà di avviare l'azione risarcitoria in forma specifica o per equivalente patrimoniale prevista dalla parte sesta del decreto legislativo n.  152 del 2006, in cui si attribuisce esplicitamente e in via esclusiva al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la competenza in materia di danno ambientale e la possibilità di esercitare l'azione civile in sede penale;
          di recente la regione Calabria, e le altre istituzioni locali hanno respinto una proposta transattiva formulata dal gruppo Eni, che prevedeva un rimborso forfettario di 20 milioni di euro per tutti i danni ambientali e d'immagine provocati alla città di Crotone e al suo comprensorio;
          nelle ultime settimane nella cittadina pitagorica diverse iniziative pubbliche, particolarmente partecipate, sono state assunte in difesa dell'ambiente e della salute pubblica, da parte dell'Osservatorio nazionale amianto e dall'Associazione fabbrikando l'avvenire, per valorizzare e stimolare la coscienza ai rischi che tuttora sussistono nel crotonese per il rischio amianto  –:
          per quali ragioni, tra le costituite parti civili nel processo sulle morti per amianto della città di Crotone, risultino assenti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello della salute e se intendano al più presto promuovere tutte le iniziative necessarie, per potersi costituire nel processo come parti lesa anche alla luce del fatto che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha visto riconoscersi un risarcimento pari a 56 milioni di euro per danno ambientale proprio da Syndial spa a seguito dei danni causati dalle attività industriali e dalla mancata bonifica successiva alla dismissione delle fabbriche del sito di interesse nazionale denominato «Ex Pertusola Sud»;
          se, e con quali atti, il Governo intenda poi ricondurre le problematiche insorte – a seguito del mancato avvio del procedimento di bonifica – a positiva e immediata soluzione, visto che la salute di ogni cittadino è un diritto tutelato dalla nostra Costituzione all'articolo 32, ma al tempo stesso non sempre garantito, e che nella prospettiva di una più efficace tutela della persona, la giurisprudenza ha affermato (Cass. Sez. Un. 6 ottobre 1979 n.  5172) che questo diritto comprende inoltre il diritto alla salubrità e sicurezza di ogni ambiente lavorativo. (5-06856)

Interrogazione a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          Agrimonda srl è una società addetta alla commercializzazione di prodotti per l'agricoltura, inclusi quelli chimici quali pesticidi, fitofarmaci, concimi fertilizzanti e altro; attività esercitata su un'area di circa 2700 metri quadrati su cui insistono una palazzina di due piani adibita ad ufficio e un capannone in cui è stoccata la merce;
          il 18 luglio 1995 alle ore 3,02 scoppia un incendio, sul posto accorrono i vigili del fuoco di Nola (Napoli), data l'entità del rogo (colonna di fumo alta circa l00 metri e con un raggio di 30-40 metri, di colore bianco con venature giallastre e arancione) sul luogo arrivano anche squadre da Afragola e Pianura. Il responsabile dell'ASL NA4 richiede l'intervento dello SCIA e consiglia al sindaco di emettere un'ordinanza cautelativa di sgombero della popolazione per un raggio di 500 metri dal sito in fiamme; consiglia anche di ordinare la sospensione della raccolta, dei prodotti agricoli coltivati nel raggio di 500 metri per almeno venti giorni. Solo con l'arrivo delle schede tecniche dei prodotti stoccati (via fax ore 11.30), vigili del fuoco e Asl realizzano che l'acqua non è il mezzo di spegnimento più adatto, dunque si proseguirà con materiale inerte (sabbia e terra) da versare sul cumulo; si decide inoltre di far indossare gli autorespiratori agli operatori coinvolti nello spegnimento. L'incendio viene domato alle ore 14.00 dello stesso giorno, le operazioni di ricoprimento continueranno fino alle ore 22.00;
          sulla base dei dati forniti dalla proprietà, si evince che al momento dell'incendio sono presenti circa 235 tonnellate di antiparassitari, 750 tonnellate di concimi, 6 tonnellate di plastica, 40.000 litri di pesticidi liquidi: tra i prodotti a maggiore tossicità e presenti in grandi quantità, vi sono Antracol Fort Blue/Bianco (fungicida), Basamid (insetticida), Galben Blu/Bianco (fungicida), Linuron (diserbante), Pirimor (insetticida), Tairel M 8-65 Bianco/Blue (fungicida), Tiosol (insetticida), Vapam (fungicida), Seccattutto (erbicida);
          al mese di maggio 2012 da quell'incendio, il sito si presenta occupato in gran parte dal cumulo residuale del rogo e dai resti della palazzina, che versano in stato di completo abbandono, incluso il locale seminterrato da cui «proviene un cattivo odore di prodotti chimici» cit. relazione CTU (Ottobre 2010) Tufano + 20 Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed altri (Trib. NA Xa Sez. Civ. G.U. dottoressa Sica R.G. n.  9376/09);
          il cumulo residuale del rogo, che in base a quanto riferito dai proprietari dovrebbe poggiare su una soletta di calcestruzzo, ha un'altezza di circa 2 metri ed è ricoperto da un telo impermeabile, ancorato alle pareti laterali della palazzina con listelli e al muretto perimetrale di calcestruzzo, su cui è posizionata una rete metallica con lamiera;
          il telo è stato sostituito più volte a causa delle discontinuità che si sono formate negli anni: osservando, dall'alto, il cumulo è facile rilevare, come ancora oggi il telo stesso risulti danneggiato, consentendo la fuoriuscita di emissioni gassose dal cumulo verso l'ambiente esterno;
          le indagini eseguite sulle matrici ambientali (suolo, acque sotterranee e aria) non hanno evidenziato criticità, ma la superficialità e lo scarso rigore tecnico-scientifico con cui pare siano state svolte, ne hanno ridotto drasticamente la significatività;
          per le indagini sulle acque di falda sono stati monitorati i pozzi a monte e non a valle del sito; inoltre, la ricerca dei pesticidi nelle acque è stata fatta secondo una lista che non ha tenuto conto dei principi attivi delle sostanze stoccate nel sito;
          non è mai stata effettuata una campagna di monitoraggio dell'aria intorno al sito, nonostante, fin dai primi giorni dopo l'incendio, i cittadini hanno lamentato un forte e costante odore di fitofarmaci e idrocarburi: solo nel 2007 e nel 2008, in alcuni rilievi puntuali, vengono registrati dall'ARPAC picchi di benzene, toluene e xilene, ma vengono attribuiti dalla stessa ARPAC «alla combustione dei carburanti per autotrazione»;
          nel luglio 2008, Iacorossi Spa, incaricata dal commissariato alle bonifiche di procedere alla bonifica del sito, svolge una serie di campionamenti e misurazioni sul deposito, tra cui la caratterizzazione dei gas interstiziali prelevati in 18 pozzetti: ecco alcuni dei valori rilevati:
              idrogeno solforato 52,0 mg/m3 (pz5), 93,20 mg/m3 (pz12), limite di legge 14 mg/m3;
              etilbenzene 405,14 mg/m3 (pz15), limite di legge 434 mg/m3;
              xileni 3.015,04 mg/m3 (pz15), 591,54 mg/m3 (pz16), limite di legge 434 mg/m3;
              trimetilbenzene 605,14 mg/m3 (pz7), limite di legge 123 mg/m3;
          i vari enti e/o professionisti, incaricati di redigere indagini e/o piani, hanno sempre riconosciuto l'elevata tossicità e pericolosità del cumulo, concludendo le loro relazioni e proposte con la richiesta di immediata rimozione del materiale;
          nel 2005 un pool di tecnici, incaricato dal comune di Mariglianella, ha redatto un piano per la caratterizzazione e la rimozione del cumulo;
          nel 2006, il sito viene inserito nel S.I.N. (sito di interesse nazionale litorale domitio flegreo ed agro aversano); il comune trasmette il piano al subentrato commissariato alle bonifiche, che stima in 8 milioni di euro la cifra necessaria alla rimozione, trasporto e stoccaggio in discarica del materiale; tale costo è da imputare all'elevata tossicità del cumulo da smaltire;
          il commissariato alle bonifiche incarica nel 2009, la Iacorossi Imprese di procedere ad attività in situ per provare a ridurre il carico inquinante del cumulo e si sceglie la tecnica del bioventing;
          in dicembre 2009 il commissariato alle bonifiche, ormai in liquidazione, riconsegna il sito al comune;
           ad oggi, diciassette anni dopo, il cumulo è ancora al suo posto;
          i fatti esposti sono talmente gravi da rendere opportuni un monitoraggio ambientale dell'aria, dell'acqua di falda, della terra e un piano di disinquinamento (programma di ricerca e studio di fattibilità tecnico-economico) affidandolo a personalità di comprovata competenza presso dipartimento di scienze ambientali seconda università di Napoli chimica fisica presso il dipartimento scienze ambientali seconda università di Napoli  –:
           se si intendano acquisire i dati ambientali del monitoraggio eseguito, in novembre 2011, dall'A.r.p.a.c. sulle acque di falda in prossimità del sito Agrimonda e la relazione, inerente i risultati, redatta dal dottor geologo Salvatore de Riggi;
          quali iniziative il Ministro intenda assumere sul caso esposto e se non intenda procedere ad una ispezione approfondita, anche per il tramite del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di tutelare la salute delle persone che abitano nel circondario e l'arco di pochi metri dal cumulo. (4-16069)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BENAMATI, ALBONETTI, GHIZZONI e BRANDOLINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il complesso monumentale di Cusercoli è un antica ed imponente complesso fortificato situato lungo il corso del fiume Bidente nella frazione del comune di Civitella (Forlì) che dà il nome alla rocca;
          il castello costruito su un complesso tardo romano nel medioevo fu possesso della curia Ravennate e successivamente delle famiglie Malatesta, Manfredi e Guidi;
          la posizione strategica che dominava una delle principali vie di comunicazione fra gli Stati della Chiesa e la Toscana, quindi fra il nord ed il sud dell'Italia, e la singolare posizione naturale, su un alto sperone roccioso che domina in quel punto la valle del Bidente, hanno fatto di questo castello un elemento di grande valore militare e civile nel controllo del territorio e dei traffici commerciali;
          proprio il caratteristico sperone su cui sorge il complesso, che sbarra la valle e costringe il fiume a deviare dal corso principale, generò la leggenda della creazione del massiccio ad opera di Ercole da cui, secondo alcune fonti, deriverebbe il termine Clusum o Clausum Erculis (chiusa di Ercole), di conseguenza Cusercoli;
          la rilevanza della posizione rende ragione delle dimensioni del complesso continuamente adeguato, modificato e rimodernato nel corso dei secoli, sino alla versione definitiva che contiene oltre ad un borgo, una chiesa (dedicata a San Bonifacio) di ampie dimensioni, un palazzo nobiliare, i giardini pensili e vaste aree adibite al ricovero dei viandanti e degli animali da trasporto;
          dopo la partenza dei proprietari segui per la rocca un lungo periodo di abbandono che favorì, proprio in conseguenza di incuria, mancati controlli e nessuna prevenzione, nella notte del 22 dicembre 1937 il verificarsi di una strage causata dal distacco di enormi massi dal fianco sud dello sperone roccioso che travolsero le case sottostanti ed uccisero nel sonno venti persone;
          nel 1973 il comune ha acquisito il castello di Cusercoli e da allora direttamente, o col sostegno di altri organismi pubblici, ha cercato di operare per preservare e mantenere questo complesso monumentale avviando, quando possibile, anche opere di recupero;
          nel recente passato è stato, fra le altre cose, avviato un progetto che prevede la stretta collaborazione fra il comune di Civitella di Romagna, l'università di Bologna (sede di Forlì) e l'università degli studi di Roma «La Sapienza» per arrivare alla redazione di un progetto generale di restauro, la rifunzionalizzazione e la valorizzazione del complesso;
          in tale progetto erano anche previste attività di studio per l'utilizzo di tecniche innovative per il rilievo, la sperimentazione di metodologie e materiali per il restauro così come la formazione di specializzandi, architetti ed ingegneri, che operano nel campo della conservazione e del restauro, all'attività partecipava anche la soprintendenza per i beni ambientali e architettonici per le province di Ravenna, Ferrara e Forlì;
          una parte del complesso monumentale è stato visitato, in occasione della XX edizione della giornata nazionale del Fondo ambiente italiano, sabato 24 e domenica 25 marzo 2012, da ben 1.300 persone a dimostrazione dell'ampio interesse per questa realtà;
          ad oggi, però, la situazione di larga parte del complesso monumentale resta del tutto insoddisfacente e necessiterebbero interventi di urgenza anche per l'aggravarsi delle condizioni statiche di alcuni edifici;
          oltre alla Chiesa, che richiederebbe interventi urgenti, desta vivissima preoccupazione anche lo stato del palazzo nobiliare il cui degrado è stato acuito ed accelerato dalle recenti precipitazioni nevose di insolita intensità;
          in questo caso, inoltre, siamo in presenza di una situazione di estrema gravità in quanto la parte posteriore del palazzo, già oggetto di interventi di emergenza nel passato, si trova oggi in condizioni assai precarie e appare credibile un suo cedimento che potrebbe anche interessare le abitazioni sottostanti;
          il comune si sta attivando per una valutazione tecnica della situazione e degli interventi necessari, avendo anche interessato la competente soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, ma la situazione appare assai critica da molti punti di vista, inclusa la pubblica incolumità  –:
          se quanto premesso risponda al vero e quali misure intenda porre in essere questo Ministero, nell'ambito delle sue competenze, per porre rimedio ad una situazione che appare assai grave da molti punti di vista. (5-06855)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PES, CALVISI, MARROCU, BRATTI, SCHIRRU, MELIS e RUGGHIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il poligono sperimentale e di addestramento interforze del Salto di Quirra inaugurato nel 1956 si trova nella parte sud-orientale della Sardegna tra le province di Cagliari e Ogliastra e svolge le sue attività in due diverse aree: un «poligono a terra», con sede a Perdasdefogu, dove si trova il comando, e un «poligono a mare», con sede a Capo San Lorenzo;
          il «poligono a terra» occupa una superficie di circa 12.000 ettari e si estende su tutta quella zona del Salto di Quirra che, dai confini sud orientali dell'abitato di Perdasdefogu arriva sin quasi ai margini della baia di Capo San Lorenzo, distante in linea d'aria circa 20 chilometri;
          il «poligono a mare», invece, occupa una superficie di circa 2.000 ettari e si estende per quasi 5 chilometri lungo il tratto sud orientale della costa sarda, compreso fra Capo Bellavista a nord e Capo San Lorenzo a sud;
          nel poligono si svolgono attività per la predisposizione operativa, tecnica e logistica e per la sperimentazione e la messa a punto di velivoli, missili, razzi e radiobersagli;
          il poligono è l'unico del genere in Italia e provvede, oltre alla sperimentazione di missili e razzi, all'addestramento del personale delle forze armate ed alle esigenze di molti enti scientifici nazionali e stranieri che ne usufruiscono per le loro ricerche, fra cui il Centro italiano ricerche aerospaziali dell'università di Roma e l'Agenzia spaziale europea;
          le attività svolte hanno un forte impatto ambientale sul territorio che, proprio per questo, necessita di periodiche attività di bonifica;
          il poligono e le attività svolte in esso sono da tempo fonte di grande preoccupazione per la popolazione;
          la «commissione parlamentare di inchiesta sull'esposizione a possibili fattori patogeni, con particolare riferimento all'uso dell'uranio impoverito» ha audito lo scorso 8 maggio il procuratore della Repubblica di Lanusei dottor Domenico Fiordalisi;
          il procuratore Fiordalisi ha precisato come prima cosa che nel corso dell'inchiesta intrapresa dalla procura di Lanusei sul Poligono interforze di Salto di Quirra sono stati rinvenuti rifiuti militari sia nell'area del Poligono di terra sia nell'area del Poligono a mare, presso Capo San Lorenzo;
          in particolare, per quello che riguarda le aree di attività del poligono di terra, la zona denominata Cardiga è stata interessata da numerose esercitazioni, mentre nella zona denominata Torri – di settantacinque chilometri quadrati – sono stati effettuati numerosi brillamenti per la distruzione di materiale militare obsoleto, che hanno prodotto nelle aree circostanti un effetto di vera e propria desertificazione;
          tali brillamenti, ad avviso della procura, sono stati svolti illecitamente per un periodo compreso tra il 1984 ed il 2008, data nella quale sono cessati;
          sempre nell'ambito dell'inchiesta, è stata rinvenuta, nella zona di Is Pibiris, una discarica della superficie di circa un ettaro, profonda da tre a cinque metri e piena di relitti militari inquinanti. Questa discarica è collocata nei pressi del fiume Flumendosa e rappresenta una sicura fonte di pericolo per la salute di chi abita a valle;
          il procuratore Fiordalisi ha ricordato che nelle vicinanze della zona Torri il Centro sviluppo materiali (CSM), un'azienda privata, ha sottoposto a verifiche alcune tubazioni per il trasporto di gas, anche con esplosioni periodiche che, tra l'altro, hanno avuto l'effetto di interferire con le polveri disperse in relazione all'attività di brillamento, svolta in aree contigue. In particolare, lo spostamento d'aria determinata da esplosioni di notevole violenza può far tornare in risospensione le particelle tossiche depositate a terra e derivanti dal brillamento dei cosiddetti fornelli;
          per la peculiare conformazione del terreno e per la direzione dei venti, lo spostamento di polveri e particelle tossiche così prodotto può arrivare ad interferire con l'area di Sa Maista, dove è situato il bacino di presa delle sorgenti che alimentano l'acquedotto di Perdasdefogu. Una consulenza tecnica ha ricostruito il possibile percorso, che è stato confermato anche da ulteriori perizie;
          i venti soffiano anche in direzione Ovest, trasportando le polveri verso l'abitato di Escalaplano, da dove le esplosioni realizzate dal CSM erano sentite e le colonne di fumo erano visibili;
          nel comune di Escalaplano, come ricorda il procuratore Fiordalisi, alla fine degli anni Ottanta si è registrato un certo numero di nascite di bambini malformati;
          secondo l'Agenzia regionale per l'ambiente (ARPAS) nelle zone ad alta intensità di attività militare la concentrazione di metalli pesanti è tale da superare tutti i valori soglia previsti dalla normativa vigente;
          i fattori di inquinamento superano i confini del poligono e si estendono in direzione dei centri abitati e degli allevamenti dei pastori, alcuni dei quali hanno denunciato un aumento dei tumori e la nascita di animali malformati;
          dal materiale documentario – prosegue il dottor Fiordalisi – in possesso della procura di Lanusei, che in parte è stata mostrata dal procuratore Fiordalisi alla Commissione, risulta che lo smaltimento illecito di rifiuti militari è stato camuffato con prove tecniche e sperimentazione di esplosivi, come si può desumere anche dagli atti del Comitato di indirizzo territoriale;
          il materiale fotografico documenta inoltre la notevole quantità degli esplosivi utilizzati e la mancanza di dispositivi individuali di protezione per quanti hanno operato nella zona dei brillamenti: si è infatti sempre lavorato a mani nude o con guanti in pelle, senza tute monouso o mascherine per il filtraggio dell'area, in situazioni dove, in alcuni casi, sono stati fatti brillare due fornelli contemporaneamente;
          tra le consulenza fornite dall'Aeronautica militare ce n’è una che ha evidenziato come il torio contenuto nel sistema di guida dei missili MILAN si sia nebulizzato durante l'uso, disperdendosi nell'ambiente e sul terreno;
          il torio è una sostanza radioattiva che emette particelle alfa con una intensità molto superiore rispetto alle emissioni dell'uranio impoverito;
          esso raggiunge il massimo di tossicità nei venti-venticinque anni successivi alla fabbricazione, per cui armamenti utilizzati negli anni Ottanta contenenti tale materiale, potrebbero aver prodotto i danni più gravi negli ultimi anni;
          il missile MILAN – precisa il dottor Fiordalisi – è stato prodotto da una società europea, la MEDA, partecipata al 25 per cento da Finmeccanica. Sono stati prodotti circa 350 mila esemplari, di cui oltre 1.000 sono stati utilizzati nel poligono di Salto di Quirra dal 1986 al 2000. Successivamente, tale armamento è stato ritirato e dismesso, in quanto l'amministrazione della difesa francese aveva segnalato la presenza del torio e la sua tossicità;
          l'analisi del danno ambientale e le relative verifiche sono stati però affidati, in Italia, alla SGS, una società collegata a Finmeccanica, per cui si è verificato un conflitto di interessi, stante la contiguità tra controllore e controllato;
          l'inchiesta condotta dalla procura di Lanusei ha verificato la scarsa attendibilità di alcuni accertamenti effettuati dalla SGS, e anche l'ARPAS, che ha supervisionato quei dati, ha evidenziato che nelle aree interessate da un'intensa attività militare, si registra una concentrazione di sostanze tossiche che va oltre i valori soglia e supera i valori base naturalmente presenti nel suolo;
          in particolare, sempre per quel che riguarda la presenza di torio, nelle zone ad alta intensità militare e a Capo San Lorenzo, sono state registrate anomalie non rilevate dalla SGS, malgrado l'esplosione di 1.187 missili MILAN prima del 1999, con una presenza sul territorio superiore ai valori soglia, già individuata nel 2004, in base ai prelievi analizzati dall'Istituto di scienze ambientali dell'università di Siena;
          una presenza significativa di torio è stata rilevata anche in campioni di miele, in una forma di formaggio – fatto piuttosto raro – in molti campioni di funghi e di lombrichi, importanti accumulatori biologici;
          altri fattori di inquinamento, con rilevanti danni alla salute umana, sono derivati dall'utilizzazione di armi al fosforo bianco, e vi sono documenti dell'amministrazione militare che indicano nel poligono un luogo di smaltimento sotterraneo per fusti contenenti napalm. Non è provato, peraltro, che tale smaltimento sia stato effettivamente effettuato;
          risulta poi dai documenti del CISAM che il sistema di guida dei missili NIKE – numerosi esemplari dei quali sono stati lanciati nel Poligono di Salto di Quirra – utilizzava valvole radioattive;
          lo stesso CISAM aveva dato indicazioni sulla rimozione ed il trasporto di tali valvole, che sono rimaste invece abbandonate per dieci anni in locali dove mancava qualsiasi segnalazione di pericolo di radioattività. La rimozione di detti componenti, contenenti trizio, una sostanza molto pericolosa se liberata nell'ambiente, non è stata mai effettuata;
          la procura ha disposto la riesumazione di 18 salme di pastori deceduti per patologie tumorali. L'area dove tali pastori hanno tenuto i loro allevamenti non è lontana dalla discarica di Is Pibiris;
          i prelievi effettuati sulle tibie di quindici salme hanno consentito di scoprire che dodici pastori avevano accumulato nelle ossa sostanze derivanti dal torio  –:
          alla luce di quanto esposto in premessa quali azioni intenda intraprendere in merito al poligono di Quirra;
          se non ritenga opportuno fornire elementi su quanto esposto, soprattutto relativamente al grosso pericolo di danno ambientale e sulla salute umana sopra denunciato. (5-06860)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          l'articolo 1 della legge 12 luglio 2011, n.  133, nel modificare il comma 3 dell'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.  103, ha consentito, anche alle casse ed enti di previdenza obbligatoria che adottano il sistema di calcolo contributivo per la determinazione delle prestazioni pensionistiche, di programmare l'aumento del contributo integrativo dall'attuale misura del 2 per cento fino ad un massimo del 5 per cento, così sostanzialmente equiparando la disciplina delle stesse con quella delle casse ed enti di previdenza che trovano privatizzate la loro regolamentazione nel decreto legislativo n.  509 del 1994;
          la ratio legis è evidente se si considera che il legislatore – nella consapevolezza della inadeguatezza delle prestazioni pensionistiche calcolate con il sistema contributivo – ha inteso riconoscere la facoltà alle casse ed enti di previdenza di cui al decreto legislativo n.  103 del 1996 e a quelli al decreto legislativo n.  509 del 1994, sempreché questi ultimi abbiano riformato il criterio di calcolo delle prestazioni secondo il criterio di calcolo delle prestazioni proprie del sistema contributivo, di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali, così da migliorare immediatamente le pensioni dei liberi professionisti;
          la potenziale criticità sulle conseguenze che la ridistribuzione di una quota del contributo integrativo avrebbe potuto comportare, in termini di equilibrio patrimoniale e quindi, di sostenibilità futura per le singole casse e gli enti di previdenza, è stata attentamente valutata tanto in sede di proposizione del disegno di legge che in sede di analisi del testo in Commissione Bilancio al Senato. Ed, infatti, già nel testo originario del disegno di legge era previsto che le delibere assunte dalle singole casse ed enti di previdenza in tema di richiesta di aumento e ridistribuzione del contributo integrativo sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti, che valutano la sostenibilità della gestione complessiva e le implicazioni in termini di adeguatezza delle prestazioni»;
          la V Commissione Bilancio del Senato, poi, nel sottolineare la preoccupazione circa il «... rischio che all'aumento della contribuzione corrisponda un incremento eccessivo delle prestazioni che alteri l'equilibrio economico e finanziario delle Casse professionali», ha ritenuto opportuno «... introdurre una clausola che commisuri eventuali prestazioni previdenziali aggiuntive ai maggiori contributi, garantendo l'equilibrio finanziario delle Casse professionali», così emendando il testo del disegno di legge in approvazione con la specificazione «... senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle stesse»;
          (seduta del 2 marzo 2011). L'inciso in esame è l'espressione dell'attenzione del legislatore affinché non si creino squilibri di bilancio delle casse ed enti di previdenza dei liberi professionisti, che renderebbero necessario un intervento integrativo dello Stato, con conseguenti «... maggiori oneri per la finanza pubblica»;
          il relatore del progetto di legge in Senato, nel presentare lo stesso all'Assemblea, ha evidenziato, tra le altre, l'avvenuto recepimento delle modifiche «... non sostanziali cui la Commissione Bilancio ha condizionato il parere favorevole ... ». Nella discussione parlamentare, pertanto, non si sarebbe mai potuto pensare che dall'emendamento proposto dalla Commissione Bilancio potessero derivare effetti «sostanziali», apparendo invece chiaro che esso mirava solo a ribadire il principio della sostenibilità anche di lungo periodo della gestione previdenziale;
          i Ministeri vigilanti, nell'approvare le delibere di modifica dei regolamenti previdenziali, adottate dalle singole casse ed enti di previdenza che hanno inteso adeguare la propria disciplina con la facoltà riconosciuta dalla legge n.  133 del 2011, hanno condizionato l'efficacia delle singole deliberazioni all'inserimento di una specificazione che limita il diritto del libero professionista di poter richiedere la contribuzione integrativa nella misura maggiore rispetto all'attuale 2 per cento nei confronti della pubblica amministrazione. L'interpretazione che i Ministeri vigilanti danno della norma ed, in particolare, l'autonoma estrapolazione dal testo legislativo dell'inciso «... senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» e l'altrettanto autonoma interpretazione restrittiva, secondo cui il legislatore avrebbe inteso sottrarre la pubblica amministrazione dall'aumento del contributo integrativo, contraddica, ad avviso dei firmatari del presente atto di sindacato ispettivo, la ratio legis che è quella di garantire pensioni più adeguate mediante l'aumento reale dei versamenti contributivi e smentisce nei fatti la reale volontà espressa dall'Assemblea e dalla stessa Commissione che ha proposto l'inciso emendativo;
          una simile interpretazione, poi, se confermata, si risolverebbe nell'imposizione di un differenziato sistema di contribuzione, in base al quale i professionisti che prestano la loro opera nei confronti dei clienti privati applicherebbero il contributo integrativo nella più elevata misura stabilita dalla cassa o ente di previdenza (con conseguente aumento dei loro montanti contributivi e quindi della loro futura pensione), mentre i professionisti che fatturano a pubbliche amministrazioni dovrebbero continuare ad applicare il contributo integrativo nella misura attuale del 2 per cento, con la conseguenza che i loro montanti e le loro pensioni sarebbero inferiori;
          di una simile differenziazione non vi è traccia nella norma di legge, che al contrario – nella sua formulazione letterale letta nella sua interezza «(...) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle stesse (...)» – altro non significa che il modo in cui si devono evitare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica consiste nel garantire l'equilibrio di bilancio delle singole casse ed enti di previdenza;
          gli stessi Ministeri vigilanti, poi, non hanno eccepito alcunché rispetto alla interpretazione restrittiva della applicabilità della maggiore aliquota del contributo integrativo verso la Pubblica amministrazione ad altra cassa di previdenza, quale quella dei dottori commercialisti che seppur privatizzata ai sensi del decreto legislativo n.  509 del 1994 adotta il criterio di calcolo delle prestazioni secondo le regole del sistema contributivo, così sostanzialmente differenziando situazioni identiche entrambe disciplinate dalla stessa legge n.  133 del 2011  –:
          se il Governo intenda consentire ai liberi professionisti che prestano la loro opera nei confronti delle pubbliche amministrazioni di applicare l'aliquota del contributo integrativo nella misura maggiore deliberata dalle singole casse ed enti di previdenza, dal momento che la inoperatività dell'aumento dello stesso contributo si porrebbe al di fuori della logica del sistema, ed in più avrebbe l'effetto di incidere in modo irrazionale sul trattamento pensionistico dei professionisti che svolgono la loro opera in misura prevalente con le pubbliche amministrazioni, discriminandoli – senza che vi sia una giustificazione razionale e perciò in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione – rispetto a coloro che hanno invece una clientela prevalentemente privata;
          se il Governo, anche alla luce di quello che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo un evidente contrasto dell'interpretazione assunta dai Ministeri vigilanti rispetto alla chiara volontà del legislatore e alla stessa ratio della legge n.  133 del 12 luglio 2011, intenda tempestivamente comunicare alle casse ed enti di previdenza dei liberi professionisti quale debba essere la operatività della norma e, quindi, in quale misura debba essere applicata l'aliquota del contributo integrativo rispetto alle pubbliche amministrazioni, anche al fine di prevenne potenziali contenzioni che vedrebbero coinvolti immediatamente e direttamente le singole casse ed enti di previdenza.
(2-01494) «Della Vedova, Lo Presti».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
          la lotta al crimine informatico e alle crescenti truffe telematiche costituisce una priorità per qualunque Paese evoluto;
          l'Italia può contare su realtà di prim'ordine come il nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza, considerata una delle più efficaci squadre investigative nel settore;
          il merito di questa leadership è senza dubbio da attribuire alla tenace professionalità di un ufficiale della Guardia di finanza che da anni si cimenta in una delle più importanti sfide che garantiscono estrema visibilità al Corpo e hanno fatto maturare un sentimento di simpatia senza precedenti da parte della collettività nei confronti delle «Fiamme Gialle»;
          si è fatto gran parlare di politica premiante delle eccellenze nel settore pubblico e che effettivamente giunto il momento di riconoscere le professionalità di spicco delle diverse Amministrazioni dello Stato;
          risulta che il colonnello Umberto Rapetto, l'ufficiale di cui si parla, a tutti noto per l'assidua presenza mediatica in cui si distingue per brillante comunicativa ed efficacia espositiva nel rendere elementari e comprensibili anche le tematiche meno accessibili ai cittadini, sarà rimosso dall'incarico di comandante del nucleo speciale frodi telematiche per essere inviato alla frequenza di un corso al Centro alti studi difesa;
          il colonnello Rapetto da oltre 10 anni svolge presso tale istituto militare di perfezionamento attività di docenza ed interventi seminariali nelle iniziative didattiche di maggior rilievo ottenendo entusiasmanti feedback da parte dei frequentatori chiamati poi a giudicare lezioni e relazioni;
          lo stesso Colonnello Rapetto ha diretto le indagini delegate dalla Corte dei conti sulle slot machine e sul loro mancato collegamento all'anagrafe tributaria, indagini che hanno portato alla quantificazione miliardaria di danno erariale e che molto recentemente hanno determinato la condanna dei vertici dei Monopoli di Stato e delle società concessionarie al pagamento di oltre 2 miliardi e mezzo di euro (cifra significativa che forse rappresenta il più grosso risultato di servizio mai conseguito dalla Guardia di finanza nella sua bicentenaria storia);
          risulta che al posto del colonnello Rapetto, forte di una eccezionale specializzazione e di un'esperienza pluriennale nel settore con riconoscimento unanime delle sue competenze anche all'estero, sia stato necessario assegnare 6 ufficiali (un colonnello, due tenenti colonnelli, due capitani, un sottotenente) con evidente eccessivo impiego di risorse senza alcuna garanzia di mantenere i medesimi standard di efficienza del nucleo speciale, notoriamente guidato con estrema passione e indiscusso carisma dall'ufficiale che ne è stato l'inventore e che ha portato al successo la piccola compagine di 35 specialisti in forza al reparto;
          risulterebbe altresì che almeno quattro dei sei ufficiali siano totalmente privi di specifiche competenze rispetto alle materie che a breve dovranno invece affrontare con la necessaria competenza che si addice a chi debba avere un ruolo direzionale;
          la revisione organica del nucleo speciale frodi telematiche, avviata a ridosso della rimozione del colonnello Rapetto che per anni aveva inutilmente formulato proposte scritte in cui documentava esigenze e soluzioni, si traduce in un potenziamento solo formale in quanto il recentissimo incremento di organico non è stato preceduto da alcuna selezione di personale attitudinalmente o culturalmente idoneo e tanto meno da un indispensabile processo di formazione/specializzazione;
          risulterebbe che il colonnello Rapetto abbia chiesto di conferire con il comandante generale, così come previsto dai regolamenti militari – per trattare argomenti di servizio inerenti l'evoluzione del nucleo e per sottolineare la criticità della situazione, e la richiesta sarebbe stata respinta dalla gerarchia intermedia che invece avrebbe comunque dovuta inoltrarla fornendo il proprio parere motivato sulla vicenda;
          il colonnello Rapetto – a seguito dell'inatteso trasferimento avrebbe maturato il proposito di congedarsi e lasciare bruscamente la carriera militare intrapresa con sincero entusiasmo all'età di 16 anni alla Scuola Militare Nunziatella  –:
          quale sia stato l'esito della proposta del procuratore pro-tempore della Corte dei conti per il Lazio, che auspicava avanzamenti di carriera per il colonnello Rapetto e per i suoi collaboratori che avevano contribuito al sorprendente esito dell'attività inquirente, atteso che Rapetto è rimasto colonnello e in sede di valutazione al grado superiore è stato addirittura giudicato solo in possesso di «buone» qualità intellettuali a palese dispetto della sua preparazione culturale e professionale, dei libri e degli articoli pubblicati, delle docenze universitarie tenute per anni nei più diversi atenei;
          se non intenda fornire chiarimenti in ordine alla vicenda enunciata in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere.
(2-01496) «Tassone, Adornato, Binetti, Bonciani, Bosi, Calgaro, Capitanio Santolini, Carlucci, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, D'Ippolito Vitale, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          uno dei principali problemi che affligge l'economia italiana è l'accesso al credito delle piccole e medie imprese;
          il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio ha nel recente passato adottato misure che hanno causato un restringimento delle condizioni di accesso alla centrale rischi;
          sull'argomento il Governo è stato sollecitato in un intervento in assemblea dell'interrogante, oltreché in molte altre occasioni, ottenendo sempre rassicurazioni in merito;
          la crisi di liquidità che assedia il mondo produttivo è tra le peggiori della nostra storia economica  –:
          se e come il Governo si sia attivato o intenda attivarsi – anche attraverso il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio – per migliorare le condizioni di accesso al credito delle piccole e medie imprese. (4-16071)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il differenziale dei tassi di interesse tra i titoli di Stato del nostro Paese e quelli della Germania continua ad aumentare e ha superato nella giornata del 14 maggio 2012 i 430 punti;
          nell'ipotesi che il differenziale si mantenga sui livelli attuali, il bilancio dello Stato dovrà far fronte ad una spesa superiore a quanto preventivato, fermo restando il basso tasso di interesse sostenuto dalla Germania  –:
          a quanto ammonti la maggior spesa per interessi sul debito pubblico cumulato nell'ipotesi di un differenziale dei tassi di interesse tra i titoli di Stato del nostro Paese e quelli della Germania che rimanga quello di cui alle premesse, fermo restando il basso tasso di interesse sostenuto dalla Germania;
          quali iniziative il Governo intenda attuare per far fronte a dette maggiori uscite;
          quali iniziative il Governo intenda attuare nell'ipotesi in cui non solo il differenziale salga, ma salga anche il tasso di riferimento tedesco. (4-16075)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la stampa riporta quotidianamente l'ipotesi che la Grecia abbandoni l'area euro e che la stessa possa addirittura uscire dall'Unione europea;
          ragione di detta ipotesi è la dimensione del debito greco, che pare in gran parte in possesso di soggetti non greci;
          le banche del nostro Paese vivono oggi una non facile situazione dovuta anche ai default di grandi multinazionali finanziarie e all'aumento degli spread dei titoli di Stato italiani  –:
          quale sia l'esposizione del nostro Paese nei confronti del debito greco, sia diretta che indiretta attraverso le istituzioni creditizie ovvero indiretta attraverso prestiti erogati dalle istituzioni internazionali;
          nell'ipotesi di un default della Grecia, quali ripercussioni potrebbero verificarsi nel nostro Paese;
          se e quali iniziative siano state assunte dal Governo per l'ipotesi del verificarsi di un simile accadimento al fine di attenuarne gli effetti economici e finanziari. (4-16076)


      MARINELLO, ROMELE, GIOACCHINO ALFANO e PAGANO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la fondazione Enpam è da tempo assoggettata al fuoco di fila di accuse ed allarmi in merito alle proprie politiche di investimento a salvaguardia del risparmio contributivo dei medici e degli odontoiatri iscritti nei suoi ruoli;
          quanto alle accuse, la magistratura porterà a compimento i procedimenti aperti accertando a 360o colpe e responsabilità, con addebito dei risarcimenti del danno procurato alla previdenza medica ed odontoiatrica;
          quanto agli allarmi, gli atti formali della fondazione Enpam, a partire dai suoi bilanci per finire con l'applicazione di ogni ordine di controllo, risultano allo stato orientati a dissipare il sospetto che si voglia dissimulare la realtà di procedure inadeguate e nebbiose;
          i dati quantitativi sulle presunte perdite lasciano trasparire intenti diversi da quelli dell'accertamento della realtà dei fatti che costituisce l'obbligo verso il quale gli amministratori della Fondazione Enpam sono tenuti ad indirizzare attività e comunicazione del loro operare. Non può tacersi che all'origine delle accuse mosse all'ente si collocava lo studio, commissionato dall'ente medesimo ad una società di consulenza, che faceva una stima di perdite di quasi un miliardo di euro sul fronte degli investimenti mobiliari. Cifra che nei passaggi successivi, sia in documenti giudiziari che giornalistici, oscillava, senza nessuna accuratezza, tra i 400 e i 500 milioni di euro. Di questa cifra solo gli specialisti erano in grado di comprendere l'effettiva natura di accantonamento, per decisione del consiglio di amministrazione dell'Enpam, al fine di fronteggiare il rischio di potenziali perdite e di procedere tempestivamente alla provvista di risorse aggiuntive per la difesa degli investimenti messi a rischio dalla spregiudicatezza della finanza internazionale e nazionale. Dopo le operazioni attuate, la misura del rischio, nel bilancio consuntivo per il 2011, in via di approvazione, è misurata in 253 milioni di euro, con fondate prospettive di azzeramento, fatti salvi gli eventi finanziari dimostratisi ingovernabili dalle autorità internazionali come dagli Stati nazionali;
          nello stesso documento di bilancio, che i Ministri destinatari della presente interrogazione esamineranno ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.  9, l'avanzo di gestione per il 2011 ammonta a più di un miliardo di euro, potando il valore totale del patrimonio a 12,5 miliardi di euro;
          nel 2011 l'assunzione in house della gestione del patrimonio immobiliare ha prodotto un risparmio di 2,5 milioni di euro al netto delle risorse in aumento, di pari consistenza, destinate alla manutenzione straordinaria;
          il sistema di vigilanza e controllo dell'ente, privato – revisione contabile indipendente, certificazione, collegio sindacale, controllo interno – e pubblico – approvazione dei Ministeri vigilanti dello statuto, dei regolamenti, delle delibere in materia di prestazioni e contributi, formulazione di rilievi sui documenti di bilancio e sui criteri di individuazione degli investimenti e sulla ripartizione del rischio, Covip, relazione annuale della Corte dei conti al Parlamento, attività della Commissione parlamentare di controllo degli enti previdenziali, è ordinato all'esperimento dei controlli di legittimità ed efficacia;
          le manovre di finanza pubblica costituiscono la cornice legale immediatamente vincolante delle politiche dell'ente in materia di contribuzione e prestazioni nonché di sostenibilità pluriennale, da ultimo cinquantennale, degli obblighi previdenziali e assistenziali costituzionalmente garantiti;
          gli articoli 12 e 21 dello statuto dell'ente sono stati utilmente applicati per garantire all'ente la necessaria continuità gestionale a fronte dell'impedimento di natura giudiziaria che ha interessato il presidente dell'Enpam;
          la degenerazione dei mercati finanziari e il loro contagio nei confronti di soggetti che hanno la posizione di investitori istituzionali, oltre alle regolamentazioni delle autorità indipendenti non ha prodotto adeguate misure di garanzia e assicurazione, talché gli amministratori degli enti possono divenire oggetto ed obiettivo di accuse di mala gestio anche in presenza di acclarata responsabilità dei menzionati mercati finanziari;
          talvolta le accuse sono strumentali alla volontà non dichiarabile di sostituirsi nella direzione degli enti al di fuori dei normali processi statutari;
          i medici e gli odontoiatri finiscono per sopportare ingiustamente lo stato di incertezza indotta sui comportamenti dei propri amministratori;
          la solidarietà intergenerazionale che costituisce la principale prospettiva di sviluppo dell'azione gestionale della fondazione Enpam rischia di subire un ingiusto rallentamento;
          la governance della fondazione è stata ridisegnata per rafforzare il conseguimento degli obiettivi di legge;
          negli anni della grande crisi finanziaria il rendimento degli investimenti dell'Enpam registrato nei bilanci consuntivi, redatti con applicazione delle note metodologiche elaborate dalla commissione parlamentare di vigilanza, è stato il seguente:
              2007, gestione immobiliare, 6,38 per cento lordo (1,65 per cento netto); gestione mobiliare, 4,36 per cento lordo (3,73 per cento netto);
              2008, gestione immobiliare, 6,50 per cento lordo (1,66 per cento netto); gestione mobiliare, -8,53 per cento lordo (-8,90 per cento netto);
              2009, gestione immobiliare, 6,31 per cento lordo (1,74 per cento netto); gestione mobiliare, 5,37 per cento lordo (4,84 per cento netto);
              2010, gestione immobiliare, 5,93 per cento lordo (1,17 per cento netto); gestione mobiliare, 4,16 per cento lordo (2,78 per cento netto)  –:
          se il Governo non ritenga necessario intervenire tempestivamente ed autorevolmente per evitare l'indebolimento delle politiche d'investimento della fondazione Enpam, a cagione delle informazioni sprovviste di fondamento che ne appannano l'immagine e ne minano la forza nelle pur necessarie attività di protezione del proprio patrimonio, con un conseguente, contestuale rafforzamento delle ragioni che sono state alla base dell'articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n.  537, e del decreto legislativo n.  9 del 1994. (4-16085)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SANGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.  26, è stata istituita la «Scuola superiore della magistratura», pensata come istituto deputato alla formazione e all'aggiornamento dei magistrati italiani;
          in realtà, da sei anni a questa parte, il percorso della Scuola superiore della magistratura è stato decisamente lento e molto accidentato;
          lo stesso Ministro interrogato, nella sua prima uscita pubblica da Guardasigilli, ha confermato che la Scuola rappresenta «un importante traguardo per il sistema giudiziario italiano, da più parti e da gran tempo atteso», ammettendo, però, al contempo, che «il percorso che conduce alla piena operatività della scuola, dopo una lunga e travagliata gestazione è ancora lungo e non privo di ostacoli», poiché esistono ancora «problemi logistici e di sostenibilità finanziaria connessi alla necessità di avviare tre sedi distinte come la legge impone»;
          la stessa nomina dei componenti del consiglio direttivo, come è noto, è rimasta ferma per molto tempo nel periodo di mandato del Ministro pro tempore Alfano;
          il problema delle sedi si è rivelato centrale, anche perché, in sei anni l'amministrazione pubblica ha investito più di 20 milioni di euro per ristrutturare (a Scandicci, Catanzaro e Benevento) o prendere in affitto (a Bergamo) gli edifici che avrebbero dovuto ospitare le tre sedi territoriali in cui si sarebbe dovuta articolare la Scuola;
          in particolare, la vicenda della sede di Bergamo ha assunto contorni paradossali: in seguito ad un iniziale veto posto dallo stesso Ministero, per gli eccessivi costi, alla ristrutturazione dello storico Palazzo Lupi (l'unico edificio del Demanio ritenuto idoneo ad ospitare la Scuola), comune e provincia di Bergamo firmarono un accordo di programma con l'Opera Sant'Alessandro (Curia orobica) per l'affitto di circa 2mila metri quadri del Collegio Sant'Alessandro, al prezzo di 242mila euro l'anno, più spese (forfettizzate in 50mila euro)  –:
          se sia vero che di fronte al plenum del Consiglio superiore della magistratura, lo stesso Ministro interrogato abbia annunciato Scandicci (Firenze) come sede unica della formazione, e Roma come sede amministrativa con la conseguenza che i locali individuati a Bergamo, tra via Sant'Alessandro e via Garibaldi (costati a comune e provincia circa 500 mila euro di affitto), e inaugurati nel giugno 2011, rimarrebbero inutilizzati, senza essere mai essere entrati in funzione;
          se il Ministro non ritenga di dovere compiere tutti i passi necessari affinché lo sforzo, organizzativo e soprattutto economico, che ha visto coinvolte tutte le istituzioni locali del territorio di Bergamo, volto all'operatività della sede ivi prevista della scuola superiore della magistratura, non risulti vano;
          quali iniziative urgenti intenda adottare per rendere operativa la sede di Bergamo con l'effettiva entrata in funzione della Scuola stessa. (5-06857)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MARINELLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          ormai quasi dieci anni fa è stato indetto un concordo pubblico per esami a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore (Ministero della giustizia, DAP), con PDG 23 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – n.  30 del 16 aprile 2004;
          la graduatoria dei vincitori è stata pubblicata, circa sei anni dopo, sul bollettino del Ministero della giustizia n.  21 del 15 novembre 2010;
          nel febbraio 2012, trascorsi altri due anni, è stata autorizzata l'assunzione di 32 vincitori, a fronte dei previsti 50 messi a concorso, essendo subentrato l'ennesimo blocco che impedisce assunzioni nuove se prima non si proceda a riduzioni di organico;
          dai dati pubblicati sul sito ufficiale del Ministero della giustizia si evince la carenza di personale educativo negli istituti penitenziari, con un vuoto di organico considerevole;
          il ruolo dell'educatore penitenziario è estremamente importante sia per il singolo detenuto sia per ottenere una valutazione corretta da parte della magistratura di sorveglianza nella concessione dei benefìci penitenziari, essendo colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione necessaria perché il magistrato di sorveglianza emetta la decisione finale sulla misura alternativa;
          senza unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta visto che pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza e quindi stasi della concessione di misure alternative, per cui anche la sicurezza ed il mantenimento della disciplina all'interno degli Istituti penitenziari passa proprio attraverso la figura e la presenza dell'educatore;
          si comprende che l'assunzione degli educatori vincitori comporta un onere per lo Stato, ma così come il Ministro interrogato ha manifestato l'intenzione di reperire i fondi necessari per l'assunzione dei 325 vincitori dell'ultimo concorso in magistratura, ben potrà trovare soluzione economica per i rimanenti 18 vincitori del concorso per educatore durato quasi un decennio  –:
          quali siano stati i motivi che hanno portato ad un così lungo periodo per l'espletamento del concorso pubblico e quali siano i tempi ed i finanziamenti per l'assunzione dei rimanenti 18 vincitori;
          quali iniziative intendano adottare per coniugare gli obiettivi della sicurezza e della rieducazione negli istituti penitenziari. (4-16058)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato nell'articolo scritto da Anna Grezzi e pubblicato sul quotidiano La provincia di Pavia dello scorso 11 maggio, Dani Renati, detenuto al carcere di Torre del Gallo a Pavia per un cumulo di reati, dal furto di bicicletta al borseggio, è morto di tumore a 28 anni, all'ospedale San Matteo, dove era arrivato all'inizio di aprile. E poi era tornato in carcere, prima di essere ricoverato di nuovo il 16 aprile;
          sulla vicenda i genitori dell'uomo hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni: «In carcere nostro figlio non è stato curato. Vogliamo capire come sia possibile che nessuno si sia accorto della malattia prima di aprile»;
          i medici del policlinico sono tranquilli: «Sono stati fatti subito tutti gli accertamenti ma è arrivato all'ospedale con metastasi in tutto il corpo e senza diagnosi. L'unica possibilità era la chemioterapia, non risolutiva. Dal 2009 fino al ricovero non risultano altri contatti con l'ospedale»;
          nell'articolo scritto da Anna Grezzi è dato leggere quanto segue: «Dani, detto Tito, è morto il 7 maggio in ospedale. Era in carcere da 22 mesi, il 25 aprile è stato scarcerato perché malato terminale per decisione del magistrato di sorveglianza e della Corte d'appello, come ha ricordato ieri il direttore di Torre del Gallo, Jolanda Vitale. I genitori sostengono che da quattro mesi avesse dolori lancinanti, solo sedati con antidolorifici. In realtà aveva diversi problemi di salute, era in cura dagli infettivologi di Torre del Gallo per problemi al fegato e altre patologie. Risulta che ad agosto 2011 i sanitari della casa circondariale avessero chiesto una biopsia del fegato. A marzo, secondo quanto risulta dagli stessi, era stato inviato in pronto soccorso per violenti dolori lombari e dimesso immediatamente con antidolorifici. All'inizio di aprile compare l'ittero. Il dirigente sanitario di Torre del Gallo Roberto Marino, psichiatra dell'Asl chiede il ricovero. Al San Matteo l'unico posto letto per carcerati è in chirurgia. Dani resta piantonato in ospedale per 10 giorni. Il 13 aprile è dimesso. Il policlinico. Al San Matteo Dani arriva il 3 aprile, «per una caduta – spiegano dalla fondazione – con forti dolori. È stato visitato da neurologi, internisti, oncologi, ematologi già al primo ricovero. È stato dimesso il 13 aprile, con una lettera per il direttore sanitario del carcere in cui si consigliava di farlo ricoverare nel reparto di medicina penitenziaria a Milano. L'invito è stato ignorato, l'hanno rinviato da noi il 16». Dani sta male, non cammina. All'ospedale San Paolo di Milano, riferiscono dal carcere, dicono che per i pazienti ematologici anche detenuti si rivolgono al San Matteo, struttura d'eccellenza. Che però non ha un reparto di medicina penitenziaria, e in cui ospitare un detenuto significa distaccare agenti carcerari di Torre del Gallo. Già sotto organico. Ricoverare i detenuti. Roberto Marin, il direttore sanitario di Torre del Gallo assicura: «In carcere sono stati fatti tutti gli accertamenti possibili. Quando ha manifestato dolori, sono state fatte analisi che hanno dato esito negativo. Ha continuato a peggiorare, è stato fatto ricoverare al San Matteo. Inizialmente anche lì pensavano non ci fossero particolari patologie. Non era facile capire la gravità della malattia, ma i sanitari del carcere sono stati acuti nell'insistere sul ricovero, caldeggiato fortemente da loro: il magistrato di sorveglianza è stato da me informato sulla situazione. Avevamo chiesto due volte il ricovero ma il ragazzo era stato mandato indietro». È la prassi? «Accade più spesso di quello che noi vorremmo – risponde Marino – Ci sono diversi casi clinici in cui noi lo chiediamo ma i medici dell'ospedale non lo ritengono necessario. Così li rinviamo più volte finché non viene deciso di ricoverarli: cerchiamo di dare standard sanitari elevati anche in carcere, facciamo screening diagnostici approfonditi perché i detenuti sono soggetti delicati, esposti a patologie, con diritti limitati. Ma c’è carenza oggettiva di informazioni per la famiglia, ne comprendo l'angoscia, il dubbio che non sia stato fatto quello che occorreva. Ben venga la denuncia, servirà ai familiari a capire com’è andata». I Radicali. Riccardo Canevari, segretario dei Radicali pavesi, commenta: «Sarà bene chiarire perché il giovane era stato dimesso e perché il direttore sanitario del carcere ha rifiutato l'ipotesi del ricovero a Milano. Da qualche mese non facciamo visite in carcere perché non ci sono parlamentari disponibili ad accompagnarci, ma dall'ultima rilevazione sembra che a Pavia il trattamento sanitario in carcere sia accettabile per gli standard carcerari italiani. Ma quella dei ricoveri è effettivamente una difficoltà causata, in parte, anche dalle difficoltà che comporta per gli agenti di polizia penitenziaria»  –:
          se non ritengano – in via cautelativa nei confronti degli altri detenuti ristretti nel carcere di Pavia – di dover verificare, attraverso un'approfondita indagine interna, se il trattamento sanitario previsto nell'istituto e garantito al detenuto Dani Renati, abbia avuto corrispondenza con le leggi dello Stato e, soprattutto, con quanto previsto dagli articoli 3, 13 (comma 4), 27 (comma 3), 32 della Costituzione;
          quanti siano, negli ultimi cinque anni i detenuti morti in carcere per malattia e quanto coloro che, usciti dal carcere in sospensione della pena per malattia, siano successivamente morti in ospedale o nelle proprie abitazioni. (4-16064)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dal quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno del 14 maggio 2012, un uomo, Popo Virgil Cristria, 38enne di Bucarest, rinchiuso nel carcere di Lecce per reati contro il patrimonio ma che si era sempre dichiarato innocente, è morto a 38 anni nell'ospedale «Vito Pazzi» di Lecce dopo lo sciopero della fame intrapreso 50 giorni perché voleva richiamare l'attenzione delle autorità sulla sua situazione;
          l'uomo nel corso dello sciopero della fame non ha mai toccato cibo, ed ha più volte chiesto la sospensione della pena che però non gli è stata concessa. Le sue condizioni di salute sono via via peggiorate fino alla morte. Il magistrato di turno, il sostituto procuratore Carmen Ruggiero, ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria che si trova in carcere  –:
          se il Ministro in indirizzo abbia disposto una specifica indagine sul decesso del detenuto;
          se al detenuto sia stata assicurata tutta l'assistenza possibile oltre che umana, competente per le sue condizioni fisiche e mentali;
          se siano noti i motivi per cui non sia stato disposto d'urgenza il ricovero in ospedale prima che le condizioni di Popo Virgil Cristria peggiorassero in modo fatale come è avvenuto;
          se, infine, il Ministro non ritenga urgente avviare un'indagine sui decessi che avvengono tra i detenuti delle carceri italiane, inclusi i suicidi, per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi.
(4-16065)


      CICCIOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          lo stabilimento della INSO SpA – NUOVO PIGNONE di Porto Recanati (Macerata) è nato negli anni Sessanta (1962) come divisione prefabbricati del gruppo ENI ed è appartenuto, sino al maggio 2002, alla società caposettore NUOVO PIGNONE (per il 60 per cento) all'AGIPPETROLI (per il 20 per cento) e alla SNAM (per il 20 per cento) per poi essere ceduto alla G.I.&E. – Ghergo Industry & Engeneering – Spa, azienda specializzata nell'esecuzione di impianti elettrici ed elettrostrumentali in complessi civili ed industriali;
          tra il 1962 e il 2002, la INSO SPA – NUOVO PIGNONE, si è specializzata nel settore della costruzione di edifici prefabbricati, in diversi settori quali edilizia ospedaliera e sanitaria, edilizia scolastica, palazzi ed uffici per uso commerciale, edilizia civile, edifici industriali stazioni di servizio eccetera, tutti realizzati con un metodo costruttivo integrato basato sulla progettazione multidisciplinare e sull'utilizzo di sistemi costruttivi modulari prefabbricati, adattabili a diverse esigenze;
          tra il 1962 e il 1998, lo stabilimento di Porto Recanati ha prodotto componenti e manufatti per il settore edile e industriale in amianto ed in particolare ha realizzato unità attrezzate e preassemblate, stazioni di servizio, chioschi, componenti edilizi semplici e complessi di carpenteria metallica, pannelli termoisolanti;
          il ciclo produttivo in quegli anni si svolgeva in tre distinti reparti dello stabilimento: LAPA (lavorazione pannelli), in cui si procedeva allo scarico delle pile di pannelli in amianto ed al taglio degli stessi secondo le dimensioni richieste, ALLU (lavorazione alluminio) in cui si procedeva alla lavorazione dei profilati in alluminio necessari per l'assemblaggio dei pannelli coibentati con lastre di amianto e LAFE (lavorazione ferro) in cui si procedeva alla saldatura dei manufatti, all'assemblaggio dei manufatti con lastre e stuoie in amianto e di guarnizioni in amianto su diverse strutture quali tubature, condutture, colonne e altro;
          nel 2003 una relazione del dipartimento prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro dell'Asur 8 di Civitanova Marche (Macerata), redatta dal responsabile dottor Roberto Calisti, attesta che negli anni ’60-’70-’80 dello scorso secolo nello stabilimento INSO – NUOVO PIGNONE gli operai addetti alla produzione dei manufatti furono sottoposti all'esposizione delle polveri di amianto;
          in base alla legge 257 del 1992, che prevede che per ogni anno lavorato in condizione di rischio amianto il lavoratore abbia diritto ad un incremento dell'anzianità contributiva in base ad un coefficiente di 1,5, nel 2007 gli operai della ditta INSO – NUOVO PIGNONE, hanno promosso ricorso presso i tribunali di competenza per vedere riconosciuti i propri diritti;
          gli ex dipendenti INSO – NUOVO PIGINONE residenti nella provincia di Ancona che dal 2007 hanno promosso ricorso presso il foro competente di Ancona hanno ottenuto già dal 2009 il riconoscimento dei propri diritti (ultima sentenza è del 2011, altri sono in attesa d'udienza);
          gli ex dipendenti residenti nella provincia di Macerata che, sempre nel 2007, hanno promosso ricorso presso il Foro competente (Macerata) sono ancora tutti in attesa di giudizio;
          la vicenda in esame rappresenta un caso emblematico di come la diversa organizzazione dei diversi tribunali possa incidere sull'uguaglianza sostanziale sul trattamento dei cittadini  –:
          se non ritenga di dover adottare iniziative normative per una razionalizzazione ed omogeneizzazione dei tempi della giustizia in tutto il Paese. (4-16067)

TESTO AGGIORNATO AL 17 MAGGIO 2012

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i camion e i mezzi pesanti che circolano sulle strade del territorio nazionale sono sottoposti regolarmente a controlli da parte della Polizia stradale italiana al fine di verificare il rispetto, da parte dei vettori nazionali, comunitari ed extracomunitari, delle disposizioni vigenti in materia di tempi di guida, pause e riposi degli autisti, e delle altre disposizioni volte a garantire la sicurezza nella circolazione;
dai dati relativi ai controlli effettuati da parte delle autorità competenti degli stati membri, sul rispetto del regolamento n. 561 del 2006 sui tempi di guida e di riposo emerge che in Italia le verifiche sono state effettuate, nel 90 per cento dei casi, su veicoli e autisti nazionali, mentre in altri Paesi la tendenza è invertita e i controlli sono stati effettuati per la maggior parte sui veicoli stranieri;
in particolare, nel 2010, ogni 100 controlli effettuati, 89 sono stati su mezzi italiani e 11 su mezzi stranieri. In Germania, sempre su 100 controlli, solo 16 sono stati effettuati su mezzi nazionali e 84 su quelli stranieri, così come in Francia (rapporto di 82 a 18), in Austria (rapporto di 79 a 21), Olanda (rapporto di 76 a 24), Belgio (rapporto di 71 a 29);
i dati riportati sottolineano che i nostri mezzi e i nostri autisti subiscono sono quelli sottoposti a maggiori controlli, sia sul territorio nazionale che sui territori stranieri. Una politica di controlli congiunti fra l'Italia e i paesi confinanti potrebbe essere più fruttuosa e produttiva per sviluppare una cooperazione operativa, che porti ad elevare gli standard di sicurezza stradale e, contemporaneamente, a combattere la concorrenza sleale;
controlli più frequenti sui camion stranieri, soprattutto nelle zone di confine, in cui circolano in numero elevato, potrebbero migliorare le problematiche transfrontaliere, come per esempio la violazione sulle norme di cabotaggio stradale -:
quali iniziative si intendano assumere al fine di porre in essere un piano di controlli congiunti con i Paesi confinanti col nostro territorio, soprattutto nelle zone di confine nord est, per verificare il rispetto delle disposizioni vigenti in termini di circolazione stradale da parte dei camion e dei mezzi pesanti nazionali, comunitari ed extracomunitari, equilibrando così il numero di verifiche effettuate sui vettori italiani e quelli stranieri.
(2-01493) «Fugatti, Desiderati, Crosio, Buonanno, Di Vizia, Torazzi, Fava, Bitonci, D'Amico, Polledri, Simonetti, Forcolin, Comaroli, Montagnoli, Lanzarin, Dussin, Togni, Fedriga, Follegot, Rivolta, Nicola Molteni, Maggioni, Pini, Consiglio, Stucchi, Vanalli, Meroni, Pastore, Volpi, Bragantini, Allasia, Alessandri».

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'aumento dello spread, il peggioramento dei conti pubblici, le difficoltà del sistema bancario italiano nonché le vicende che investono la Grecia rischiano di avere effetti negativi sui bilanci degli istituti bancari italiani e conseguentemente anche sul costo del denaro;
          gran parte delle nuove opere pubbliche approvate dal CIPE o in corso di approvazione prevede l'utilizzo di strumenti di project financing;
          l'aumento dei tassi di interesse passivi dovuti alla congiuntura economica negativa ed ai continui peggioramenti della situazione finanziari dei Paesi dell'area euro rischia di incidere negativamente sulla fattibilità dei progetti realizzati o realizzabili in project financing  –:
          se e quali conseguenze possa avere l'aumento dei tassi di interesse passivi sui progetti realizzati o realizzabili in project financing;
          se e quali iniziative il Governo intende attuare per far fronte alle nuove difficoltà citate;
          se e quali siano i rischi che – per far fronte a detti aumenti – i meccanismi normativi e contrattuali portino ad aumenti delle tariffe o comunque degli oneri posti a carico di cittadini e imprese.
(4-16073)


      REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la rete ferroviaria supporta una necessità di mobilità quotidiana di milioni di pendolari, servizio che i vari concessionari statali o regionali effettuano in condizioni di qualità spesso inaccettabili per vetustà delle carrozze, ritardi, pulizia, quantità dell'offerta di treni e posti a sedere e altro, soprattutto nelle regioni del Nord ed in prossimità delle aree metropolitane in genere;
          in Lombardia, ad esempio, si registrano quotidiani disservizi su entrambe le linee esercitate dalle Ferrovie dello Stato e dalle Ferrovie Nord Milano, con conseguenti danni importanti di carattere economico e di efficienza del sistema produttivo  –:
          se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo abbia attuato o intenda attuare per supportare l'ammodernamento e il miglioramento dei servizi offerti ai pendolari, con particolare riguardo all'area metropolitana milanese. (4-16082)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          nel dicembre 2011, Pasquale Antonio Gioffrè è stato nominato prefetto di Lodi;
          da notizie apparse sulla stampa nei giorni scorsi si apprende che nel 2005 il Pasquale Antonio Gioffrè compariva tra i fondatori di un associazione di emigrati calabresi in Liguria – la Città del Sole con sede a Genova – accanto ad una serie di personaggi coinvolti in inchieste antimafia e voto di scambio a partire proprio dal presidente dell'associazione Salvatore Ottavio Cosma;
          secondo un rapporto della Guardia di finanza del 2007 (in esecuzione di un'inchiesta del pubblico ministero Francesco Pinto), sarebbe il «punto di contatto» tra ’ndrangheta e ambienti politici in Liguria: «Le indagini tecniche hanno consentito di accertare che Cosma Salvatore era effettivamente in contatto con esponenti della malavita ed in particolare con Mamone Gino, Stefanelli Vincenzo, Malatesti Piero e Garcea Onofrio»;
          nell'atto costitutivo dell'associazione Gioffrè risultava con la carica di vicepresidente e accanto a lui, oltre Cosma, anche un famoso imprenditore calabrese che in Liguria ha fatto fortuna: Gregorio Fogliani, originario di Taurianova, la cui azienda si occupa di ristorazione;
          la famiglia Fogliani è considerata dalla direzione investigativa antimafia di Genova «terminale locale per operazioni di reinvestimento di denaro di illecita provenienza», «Famiglia di ’ndrangheta» la definiscono i rapporti 2008-2010 della Procura nazionale antimafia a firma di Piero Grasso;
          tra i contatti della predetta associazione noti alle cronache di stampa sembrerebbe esserci anche Antonio Multari, arrestato nel giugno scorso a Genova per associazione mafiosa;
          nel capoluogo ligure – secondo le ultime inchieste – le famiglie mafiose calabresi mirano alla conquista di beni confiscati, governano un ampio bacino elettorale, entrano negli appalti pubblici, e sempre secondo alcune inchieste della Dda milanese la ’ndrangheta controllerebbe la gestione dei rifiuti e il movimento terra;
          a Lodi un anno fa scoppiò il caso del predecessore di Gioffrè, Strano Materia, investita dalle polemiche per aver tolto la scorta allo scrittore e consigliere regionale Giulio Cavalli, decisione che fu interpretata come «punizione» perché Cavalli aveva denunciato che Pietrogino Pezzano era in stretti rapporti con il gotha della ’ndrangheta milanese  –:
          se corrispondano al vero le notizie apparse sulla stampa e quali iniziative intenda intraprendere affinché si accerti la totale estraneità del prefetto Pasquale Antonio Gioffrè rispetto ai molteplici rapporti con i cosiddetti ’ndranghetisti o comunque con personaggi vicini al mondo affaristico gestito dalle cosche di ’ndrangheta.
(2-01491) «Peluffo, Fiano, Marco Carra, Farinone, De Biasi, Pizzetti, Pollastrini, Ferrari, Marantelli, Misiani, Mosca, Lenzi, Verini, Melis, Cavallaro, Cuperlo, Esposito, Martella, Sani, Lolli, Pes, Recchia, Rossa, Rosso, Losacco, Federico Testa, Zaccaria, Samperi, Soro, Agostini, Laganà Fortugno».

Interrogazioni a risposta scritta:


      BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa locale del 28 marzo 2012, si apprende che la Polizia di Stato di Venezia, in un'operazione antiterrorismo, ha arrestato cinque cittadini curdi: Duzgun Tahsin e Gok Hayri residenti ad Albignasego (PD), Syri Murat e Syri Mehmet residenti a Marghera (VE) e Irez Emre residente a Formigine (MO), accusati di concorso nel tentativo di estorsione e di lesioni per fini terroristici;
          l'indagine era partita da un grave episodio di violenza ai danni di un cittadino turco, titolare di una rivendita di kebab in provincia di Venezia, in seguito alla quale la Digos ha inquadrato la matrice politica della vicenda in una vasta attività estorsiva, organizzata da una cellula del PKK (Partito dei Lavoratori Curdi), aventi lo scopo di riscuotere un sorta di «tassa rivoluzionaria» a danno di cittadini stranieri curdi residenti nel territorio italiano;
          questa operazione, per la prima volta in Italia, ha agito direttamente sul meccanismo di raccolta fondi, destinati all'organizzazione che alimenta l'azione terroristica in patria e nelle aree di confine tra la Turchia e l'Iraq;
          nel caso specifico il capo dell'organizzazione, Tashin Duzgun, responsabile per il Veneto del PKK, inviava il denaro estorto all'organizzazione terroristica, tramite banche tedesche;
          nell'ambito dell'operazione, a cui hanno contribuito le Digos di Roma, Padova, Pesaro, Modena e Udine, oltre all'arresto dei cinque curdi sono state effettuate anche otto perquisizioni nelle abitazioni delle presunte vittime, dove è stato rinvenuto materiale da cui risultano i nomi dei contribuenti e le somme versate;
          ciò conferma, ancora una volta, come dietro ad attività commerciali, quali i negozi di kebab, apparentemente regolari, spesso si nascondono delle vere e proprie organizzazioni terroristiche, che si vanno sempre più infiltrando su tutto il territorio nazionale ed in particolare nel Modenese, dove la presenza di extracomunitari e delle loro attività commerciali sono in continuo aumento;
          l'arresto del giovane curdo residente a Formigine conferma ulteriormente l'esistenza di un movimento ritenuto vicino al PKK segnalato dall'interrogante in una precedente interrogazione parlamentare, presentata nel 2007, la n.  4-04702  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti;
          se sia in possesso di ulteriori e nuovi elementi che ritenga utile portare a conoscenza della Camera;
          se non ritenga necessario, alla luce dei fatti sopraesposti, potenziare i controlli delle Forze di polizia su tutto il territorio nazionale, per intercettare i meccanismi di raccolta fondi che avvengono con mezzi illegali, volti a finanziare attività terroristiche di organizzazioni quali il PKK. (4-16055)


      GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i provvedimenti previsti dalla legge 4 novembre 2011, n.  183, in materia di trattamento previdenziale del personale volontario dei vigili del fuoco tardano a materializzarsi. Conseguentemente non risulta ancora raggiunta la situazione di parità di trattamento tra prestazioni dovute al personale permanente e quello volontario del Corpo nazionale;
          eppure l'esposizione al rischio è la medesima, dal momento che i vigili del fuoco volontari sono inseriti nell'organico delle squadre permanenti, partecipando a tutte le attività del soccorso tecnico urgente;
          le associazioni di categoria hanno più volte richiamato l'attenzione del Governo sulle questioni precedentemente generalizzate;
          in numerose realtà territoriali risulta altresì fortemente compromessa la possibilità di garantire continuità operativa ai distaccamenti volontari dei vigili del fuoco;
          in occasione della più recente sessione di bilancio sono state introdotte ulteriori disposizioni di natura chiaramente vessatoria per gli aspiranti vigili del fuoco volontari, ponendo a loro carico anche i costi da sostenere per gli accertamenti sanitari propedeutici al reclutamento;
          è stata infine prevista una sensibile contrazione del volume dei vigili volontari da reclutare  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito al futuro della componente volontaria del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed, in particolare, se non se ne preveda la cancellazione, come si conti di assicurarne la sopravvivenza nei prossimi anni. (4-16062)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nella giornata del 13 maggio 2012 nella sola città di Milano si sono verificati due fatti di violenza sessuale;
          la stampa riporta quotidianamente notizie simili, in cui spesso sono coinvolti cittadini extracomunitari  –:
          se negli ultimi mesi siano aumentati i reati di violenza sessuale, ed in che percentuale gli stessi siano commessi da cittadini extracomunitari;
          se e quali iniziative siano state assunte dal Governo per contrastare detti accadimenti. (4-16077)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          organi di stampa riportano quotidianamente l'utilizzo – da parte di imprenditori spesso stranieri – di manodopera clandestina, in condizioni igienico sanitarie precarie;
          spesso accade che aziende che utilizzano manodopera clandestina a loro volta riforniscano commercianti e/o imprese abusive o condotte secondo criteri di illegalità, in una spirale dell'illegalità e del sommerso  –:
          se e quali iniziative di competenza il Governo abbia assunto o intenda assumere ai fini di reprimere detti comportamenti. (4-16080)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          è stata approvata dal consiglio regionale della Lombardia la legge 18 aprile 2012, n.  7, che prevede «Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione», poi pubblicata sul Bollettino ufficiale del 20 aprile 2012;
          l'articolo più discusso e contro il quale sono insorti movimenti e sindacati è l'articolo 8 che introduce nuove norme in materia di reclutamento del personale docente, istituendo i concorsi a livello di istituzioni scolastiche;
          l'articolo succitato modifica la legge regionale n.  19 del 2007, aggiungendo i seguenti commi all'articolo 3: «2-bis. Al fine di realizzare l'incrocio diretto tra la domanda delle istituzioni scolastiche autonome e l'offerta professionale dei docenti, a titolo sperimentale, nell'ambito delle norme generali o di specifici accordi con lo Stato, per un triennio a partire dall'anno scolastico successivo alla stipula, le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali e di favorire la continuità didattica»; subito dopo, il testo della legge chiarisce (comma 2-ter) che «è ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento»; quindi la legge stabilisce (comma 2-quater) anche che «le modalità di espletamento del bando di concorso sono definite, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità, con deliberazione della Giunta regionale, sulla base dell'intesa di cui al comma 2-bis»; infine si prevede al comma 2-quinquies, che la giunta regionale relazioni semestralmente sulla sperimentazione alla commissione consiliare competente;
          dunque in virtù della succitata disposizione, a titolo sperimentale, nell'ambito di norme generali o di specifici accordi con lo Stato, le assunzioni sui posti da assegnarsi ad incarico annuale possono essere effettuate direttamente dalle scuole che, allo scopo, potranno bandire veri e propri concorsi;
          tali novità in materia di reclutamento dei docenti precari, introdotte dalla regione Lombardia, risultano, secondo gli interpellanti, illegittime perché in contrasto con il dettato del titolo V della Costituzione; infatti l'articolo 117 secondo comma, lettera n) affida in via esclusiva allo Stato le norme generali sull'istruzione e quindi la scelta dei principi fondamentali, fra i quali indubitabilmente rientra il reclutamento degli insegnanti, laddove alle regioni spetta solo una potestà legislativa concorrente (articolo 117, terzo comma);
          pertanto il reclutamento è materia delegata alla legislazione nazionale e attualmente normata dal decreto ministeriale n.  131 del 2007 che all'articolo 1 comma 2 stabilisce con chiarezza: «per l'attribuzione delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, si utilizzano le graduatorie ad esaurimento»;
          secondo il dettato dell'articolo 127 della Costituzione il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro 60 giorni dalla sua pubblicazione;
          la disposizione del succitato articolo 8 della legge regionale della Lombardia in esame, concedendo alle istituzioni scolastiche la possibilità di scegliere direttamente gli insegnanti, contravviene palesemente al criterio attualmente vigente per l'individuazione degli aspiranti cui conferire gli incarichi, e cioè lo scorrimento delle graduatorie provinciali ad esaurimento;
          il meccanismo dello scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, giova ricordarlo, garantisce alle nostre scuole un sistema di reclutamento basato sul principio del merito, concetto questo ribadito anche da una recente sentenza della Corte costituzionale, la sentenza n.  41 del 2011, che riconosce le graduatorie ad esaurimento istituite per «individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito»;
          pertanto non si giustifica in nessun modo la necessità della regione Lombardia di sperimentare modalità di reclutamento alternative, considerando poi che, se l'intenzione del legislatore fosse davvero quella di «favorire la continuità didattica» per gli studenti, l'unico modo ragionevole sarebbe senz'altro la stabilizzazione dei precari (inseriti nelle suddette graduatorie ad esaurimento) che lavorano già da anni proprio su quegli stessi incarichi annuali;
          l'intenzione di stravolgere le modalità di reclutamento ad oggi vigenti, presente all'interno della legge «Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione» della regione Lombardia, oltre a destare sincera preoccupazione per la conformità delle norme in essa contenute rispetto al dettato costituzionale, appare del tutto fuori luogo rispetto alla natura e alla portata del problema del precariato scolastico, anzi rischia di penalizzare illegittimamente il personale che all'interno delle graduatorie ha raggiunto posizioni utili al conferimento degli incarichi grazie ai titoli conseguiti e alla professionalità maturata dopo anni di insegnamento nelle nostre scuole;
          tale penalizzazione nei confronti dei docenti precari più meritevoli risulta ancora maggiormente inaccettabile, se si considera che il sistema di istruzione pubblica italiano è stato privato di circa 90.000 insegnanti negli ultimi tre anni (in applicazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n.  112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 6 agosto 2008 recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola» dei decreti attuativi ad esso correlati) e che la legge n.  111 del 15 luglio 2011 (l'articolo 19, comma 7), nell'impedire, a partire dall'anno scolastico 2012/2013 un'integrazione degli organici rispetto all'anno scolastico precedente (quindi si bloccano gli organici, dopo averli decurtati di 90.000 unità rispetto al 2008), riduce in maniera drastica anche il numero di disponibilità da conferire ad incarico annuale;
          in tale contesto l'iniziativa della regione Lombardia rischia di inasprire ulteriormente il disagio dei precari della scuola che, dopo aver faticosamente conseguito titoli e speso per anni la propria professionalità a servizio della pubblica amministrazione, invece di essere gratificati con la meritata stabilizzazione, si vedono precipitare definitivamente in una condizione di precariato selvaggio in cui viene meno anche la garanzia della selezione in base ai diritti maturati;
          a mettere a serio rischio poi la sostenibilità sociale delle politiche in materia di reclutamento, poste in essere dal Governo tecnico, intervengono le iniziative del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, recentemente rese note dal Ministro e cioè l'imminente indizione di nuovi concorsi a cattedra riservati ai docenti abilitati, con l'unico obiettivo quindi di stravolgere le posizioni di merito ad oggi conseguite dai precari inseriti nelle graduatorie;
          del resto tale procedura concorsuale che coinvolgerebbe i circa 200.000 precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, permetterebbe, nella migliore delle ipotesi, la stabilizzazione di sole 8.000 unità; non è quindi assolutamente risolutiva rispetto all'annoso problema del precariato, considerando poi che il numero dei precari è destinato nei prossimi anni ad aumentare vertiginosamente in conseguenza dell'attivazione di nuovi corsi abilitanti riservati ai docenti non abilitati nonché dei tirocini formativi attivi destinati ai giovani che vogliano intraprendere la professione docente;
          tali giovani aspiranti docenti, pertanto, dopo aver finanziato le Università con i gravosi costi dei corsi, andranno a incrementare il numero del precariato scolastico;
          l'opposizione da parte di associazioni, movimenti e sindacati al citato articolo 8 della legge regionale Lombardia è stata subito molto forte e le notevoli proteste e polemiche che hanno accompagnato l'approvazione delle legge hanno condannato l'evidente violazione del principio costituzionale della libertà di insegnamento che la «chiamata diretta» da parte dei dirigenti scolastici, inevitabilmente produrrà;
          non va infatti sottovalutato il pericolo che il concorso di istituto possa consentire assunzioni secondo meccanismi clientelari anziché secondo criteri oggettivi di maggior competenza ed esperienza, col conseguente reale rischio di discriminazioni e messa in discussione della libertà e qualità d'insegnamento;
          dal punto di vista meramente pratico, il concorso di istituto renderà ancora più dispendioso e macchinoso il reclutamento, e graverà il peso della gestione di centinaia di concorsi (e quindi le domande ed eventuali ricorsi) per assumere personale docente annuale, sulle segreterie delle singole istituzioni scolastiche, già in gravi difficoltà nel garantire l'ordinaria attività amministrativa a causa dei pesantissimi tagli al personale Ata e al dimensionamento scolastico in atto  –:
          se il Ministro interpellato, alla luce dei profili di illegittimità costituzionale segnalati dagli interpellanti in premessa, con riguardo alla legge regionale Lombardia 18 aprile 2012, n.  7, che peraltro introduce modalità di assegnazione degli incarichi discutibili, inique, lesive della libertà di insegnamento e quindi della professionalità dei docenti, non ritenga di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e se non consideri opportuno non stipulare alcuna forma di intesa con la regione Lombardia ai sensi di quanto disposto dall'articolo 8 della legge regionale stessa;
          se il Ministro interpellato non ritenga urgente individuare delle strategie volte a garantire l'assunzione a tempo indeterminato, a partire dall'applicazione della direttiva comunitaria 99/70/CE nonché la massima occupazione dei docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento nel rispetto delle posizioni di merito maturate fino ad oggi dai precari, ridefinendo gli organici della scuola attraverso la modifica della legge n.  111 del 15 luglio 2011 (articolo 19, comma 7) che, bloccando gli organici, rappresenta di fatto la vera causa, insieme all'innalzamento dell'età pensionabile, del divieto di accesso imposto ai giovani all'interno del comparto scuola.
(2-01492) «Di Pietro, Donadi, Zazzera, Di Giuseppe».

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          vi sono notizie di stampa imprecise circa alcuni dati riguardanti il personale del Ministero in forza presso i vari dipartimenti regionali e i provveditorati  –:
          quali siano i dati attuali, generali e regione per regione, relativi al personale dirigente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed in particolare: il numero di dirigenti nati nella regione ed assegnati alla stessa; il numero di dirigenti assegnati alla regione per ogni regione; il numero di dirigenti nati nella regione; il numero di dirigenti totale del Ministero per ogni regione; il numero di dirigenti assegnati alla regione; il totale degli studenti della regione per ogni regione;
          quali siano i dati attuali, generali e regione per regione, relativi al personale docente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed in particolare: il numero di docenti nati nella regione ed assegnati alla stessa; il numero di docenti assegnati alla regione per ogni regione; il numero di docenti nati nella regione; il numero di docenti totale del Ministero per ogni regione; il numero di docenti assegnati alla regione; il rapporto di docenti assegnati/studenti effettivi della regione per ogni regione;
          quali siano i dati sopra richiamati anche con riguardo al personale non docente, compreso il personale ex ATA;
          come siano evoluti i valori sopra riportati nel periodo 2002-2012 e nel periodo 2008-2012;
          quali evoluzioni si prevedano in futuro. (4-16083)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      NACCARATO e MIOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'11 maggio 2012 l'amministratore delegato di Safilo Group, azienda leader nel settore dell'occhialeria con sede a Padova, ha reso nota l'intenzione della società di avviare la procedura di mobilità nei confronti di circa un terzo dei dipendenti. In particolare, come risulta dalla nota diffusa dal consiglio di amministrazione del gruppo, «l'azienda ha presentato il piano industriale e reso noto che preliminarmente sono stati identificati mille esuberi sui siti italiani derivanti dal mancato rinnovo della licenza Armani». Tale licenza, rappresenta circa il 20 per cento del fatturato totale del gruppo, con un'incidenza sulle commesse dell'impresa pari a circa 170 milioni di euro;
          gli amministratori di Safilo hanno ribadito la volontà del Gruppo di avviare un tavolo negoziale con le organizzazioni sindacali «per definire il migliore assetto industriale ed organizzativo futuro, con l'obiettivo di minimizzare l'impatto sociale e di salvaguardare la competitività aziendale a favore dei lavoratori che rimarranno in forza». A tal proposito i vertici della società hanno confermato che «è già stato fissato, fino al 28 maggio, un serrato calendario di incontri tecnici di approfondimento tra le parti, durante il quale si lavorerà per individuare tutte le possibili soluzioni condivise per la migliore gestione del problema»;
          le rappresentanze sindacali dei lavoratori del gruppo Safilo hanno chiesto agli amministratori della società di sospendere la procedura di mobilità per circa mille dipendenti, con l'obiettivo di avviare un confronto sulla situazione generale del Gruppo, definire un nuovo piano industriale ed economico della società, al fine di tutelare i dipendenti posti in esubero;
          a ottobre 2009 il consiglio di amministrazione del gruppo Safilo ha approvato il piano di ricapitalizzazione della società, mediante un accordo d'investimento sottoscritto da Hal Holding N.V., Only 3T Spa e Safilo. A marzo 2010 Multibrands Italy B.V. – società controllata da Hal Holding N.V. – è divenuta l'azionista di riferimento dell'intero Gruppo, detenendo il 37,23 per cento del capitale sociale di Safilo;
          oltre alla sede amministrativa a Padova, in Veneto sono presenti altri due siti produttivi del Gruppo Safilo: a Santa Maria di Sala (Venezia), dove si costruiscono montature per occhiali in acetato iniettato, e a Longarone (Belluno), dove l'azienda produce analoghi modelli in metallo  –:
          se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          quali concrete misure di competenza intendano porre in essere, al fine di avviare urgentemente un tavolo negoziale di carattere istituzionale con tutti i soggetti coinvolti nella crisi occupazionale del gruppo Safilo, con l'obiettivo di tutelare i lavoratori in esubero nei siti amministrativi e produttivi del gruppo in Veneto, e in particolare nella sede di Padova, e per contenere l'impatto sociale delle procedure di mobilità predisposte dall'azienda.
(4-16061)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nel 2015 si svolgerà a Milano l'esposizione universale avente per titolo «Nutrire il Pianeta, Energia per la vita»;
          il tema scelto riguarda strettamente le problematiche legate alle tecnologie per la produzione agricola, l'alimentazione, la nutrizione, l'agricoltura e la produzione di cibo in genere;
          Milano e il suo territorio padano interpretano brillantemente questo cambiamento, rappresentando una delle rare aree molto urbanizzate che vivono un equilibrio tra sviluppo e territorio, tra energia umana e fecondità della terra  –:
          se e come il Ministero abbia intenzione di evidenziare la propria presenza, con riferimento ai temi citati;
          se e come il Ministero stia collaborando con la società di gestione, il commissario straordinario, la regione Lombardia, gli enti locali all'organizzazione dell'evento allo scopo di rendere interessante e maggiormente attrattiva una partecipazione all'Expo stesso;
          quali passi siano stati compiuti o debbano essere compiuti dalla società di gestione nella direzione di evidenziare l'importanza le problematiche concernenti le tecnologie legate alla produzione agricola, all'alimentazione, alla nutrizione, all'agricoltura e alla produzione di cibo in genere. (4-16081)

TESTO AGGIORNATO AL 21 MAGGIO 2012

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con la nota protocollo n.  42364 dell'11 maggio 2012 il Direttore facente funzioni della Asl RM/D, dottoressa Rosalba Buttiglieri, ha trasmesso alle organizzazioni sindacali l'atto di autonomia aziendale per il 2012;
          con il predetto atto il centro per la rilevazione del danno mobbing Compatibile risulterebbe essere stato soppresso;
          consta agli interroganti che il centro ha iniziato la sua attività nel novembre 2007 effettuando nel complesso circa 5.000 prestazioni sanitarie di cui ne sono state definite oltre un migliaio con certificazioni consegnate agli utenti. L'attività clinica svolta è particolarmente accurata e segue le procedure che furono definite in modo ufficiale dal network dell'ISPESL negli anni 2006/2008, che comprendono quattro visite e colloqui di valutazione clinica (colloquio di accoglienza, colloquio di psicologia clinica, colloquio psichiatrico e visita di medicina del lavoro), una batteria di test clinici a valenza medico legale. Il Centro, oltre a comporre una certificazione conclusiva, riesce anche a dare, come effetto accessorio, un sostegno psicologico all'utenza. Complessivamente il 70 per cento degli utenti proviene dal comune di Roma e/o dalle province della regione Lazio, mentre il restante 30 per cento proviene da tutto il territorio nazionale con particolare riferimento alle regioni del sud e delle isole maggiori. La soddisfazione dell'utenza è continuamente monitorata con uno specifico questionario e secondo i responsabili del centro questa sarebbe attualmente molto alta, anche se permarrebbero notevoli problemi riferibili ai tempi di attesa (6 mesi dalla richiesta al CUP alla prima visita e della difficoltà di garantire un sostegno psicologico e psichiatrico specifico. Sull'onda di quest'ultima considerazione, effettuata dagli utenti, il Centro ha iniziato a svolgere una attività di sostegno psicologico, rivolta a tutti coloro che ne hanno un effettivo bisogno e ne fanno una specifica richiesta. L'attività di sostegno è attivata solo dopo la conclusione del percorso accertativo, questo per garantire al massimo uno spazio di imparzialità e terzietà nella valutazione di danno biologico di patologia mobbing compatibile. Questa attività è ritenuta molto utile al fine di provvedere ad una adeguata prevenzione dell'insorgenza di psicopatologie croniche e per questo non delegabili ai dipartimenti di salute mentale;
          il Centro della Azienda sanitaria locale Roma D, così come tutti i centri esistenti nel territorio nazionale, proprio in conseguenza della riforma del mercato del lavoro, può dare un'importante contributo ai fini di una valutazione e di un monitoraggio delle relazioni in cui sono inseriti i lavoratori e aiutare a discriminare l'azione caratterizzata da volontarietà vessatoria dalle difficoltà economiche dell'azienda;
          la chiusura del Centro per la rilevazione del danno biologico da patologie mobbing compatibile in argomento creerebbe un forte vuoto nell'assistenza ai cittadini, lasciando nell'immediato orfani di una risposta clinica diverse centinaia di persone già prenotati presso il centro unico di prenotazione regionale (CUP) e che attendono di iniziare l'accertamento clinico;
          risulterebbe altresì estremamente importante garantire la vita dei «Centri anti-mobbing» definendone una gestione regionale separata, in grado di poter garantire una adeguata e continuativa attività clinica inter-territoriale slegandola dai problemi specifici delle Aziende Sanitarie;
          gli interroganti auspicano la concreta possibilità di rivedere quanto deciso nell'atto d'indirizzo aziendale licenziato dalla direzione della ASL RM/D dalla dottoressa Rosalba Buttiglieri il giorno 11 maggio scorso e quindi sia scongiurata la chiusura del Centro  –:
          se la chiusura del citato centro sia derivante dall'attivazione del piano di rientro del deficit sanitario. (5-06858)


      MIOTTO, BOSSA, BUCCHINO, D'INCECCO e LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          dal quotidiano La Stampa di Torino dello scorso 3 maggio 2012 si apprende la notizia che la spending review minaccia di usare la scure sulla sanità, imponendole una cura dimagrante da 25 miliardi» anche attraverso l'introduzione di una franchigia commisurata al reddito, al posto di ticket ed esenzioni;
          se tale ipotesi fosse vera, si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione che farebbe pagare anche quel 47 per cento di italiani oggi esenti dai ticket;
          sempre secondo La Stampa, l'ipotesi dei tecnici è di fissare la franchigia al 3 per mille del reddito, così che un pensionato con soli 10 mila euro pagherebbe i primi 30 euro di spesa, un lavoratore con 40 mila euro pagherebbe una franchigia di 120 euro, che salirebbe a 300 per un professionista con 100 mila euro di reddito;
          in pratica con questo sistema le prime prestazioni sanitarie si pagherebbero fino al limite prestabilito, poi più nulla e, questo, secondo l'Agenas, avrebbe il merito di frenare le prestazioni inappropriate, più frequenti nei primi accessi al servizio sanitario  –:
          se effettivamente tale notizia corrisponda al vero e su quali dati si baserebbe la diminuzione di spesa prevista nonché per sapere, allo stato attuale, quali siano le altre ipotesi relative ad una spending review nel settore sanitario. (5-06859)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'aspartame è il dolcificante artificiale più diffuso nel mondo, a basso contenuto calorico, e consumato da oltre 200 milioni di persone;
          l'aspartame si trova in più di 6.000 prodotti attualmente in commercio, anche nel nostro Paese, che vanno dalle bevande dolci alle caramelle, dalle gomme da masticare agli yogurt, fino a molti medicinali, in particolare sciroppi e antibiotici per bambini;
          questa sostanza – il cui potere dolcificante è 200 volte maggiore di quello dello zucchero – fu scoperta negli anni (Silurante la sperimentazione di un farmaco e l'autorizzazione alla sua commercializzazione da parte della Foods and Drugs Administration (FDA) arrivò nel 1980;
          la quantità giornaliera massima di assunzione di aspartame, stabilita dalle normative vigenti di Europa e Stati Uniti è, rispettivamente, di 40 e 50 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo, mentre la quantità media di aspartame assunta giornalmente da coloro che ne fanno uso corrente è di circa 2-3 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo, che arriva a 4-5 milligrammi per bambini e donne in età di gravidanza;
          per superare i livelli massimi di assunzione quotidiana previsti attualmente dall'Agenzia per la sicurezza alimentare dell'Unione europea (Efsa), un bambino di 30 chili dovrebbe ingerire: 4 lattine di bibite light a zero calorie, 2 yogurt, 2 merendine e 10 caramelle dolcificate con l'edulcorante. Per un adulto di 60 chilometri la quantità raddoppia. Di fronte a questi dati appare difficile superare lesosi consigliate;
          oggi, però, a quanto si apprende da un'approfondita inchiesta trasmessa dalla trasmissione di Rai 3, Report, il 29 aprile scorso, la stessa Efsa, su ordine della Commissione europea e a seguito della pressione di alcuni parlamentari e media stranieri, ha deciso di riaprire il dossier sull'aspartame, poiché sembrerebbe che dietro il via libera alla diffusione di questo edulcorante si nascondano interessi di tipo commerciale e che in realtà il prodotto non sia così innocuo, se assunto in dosi eccessive. Per tale ragione nel prossimo mese di settembre potrebbero essere emanate nuove direttive da parte dell'Efsa a tutela della salute in relazione all'assunzione del potente edulcorante;
          i possibili rischi derivanti dall'assunzione dell'aspartame, secondo Alberto Mantovani, tossicologo dell'Istituto superiore di sanità, possono essere correlati agli effetti dei metanoloti che si formano quando il dolcificante giunge a livello intestinale. Uno dei tre componenti dell'aspartame è, infatti, il metanolo che nell'organismo si trasforma in formaldeide, una sostanza classificata come altamente cancerogena;
          l'istituto di ricerca oncologica Ramazzini di Bologna, e in particolare il professor Morando Soffritti, da anni studia gli effetti di questo particolare edulcorante sugli animali da laboratorio;
          il primo studio, effettuato nel 2005 sui ratti, aveva mostrato la maggiore incidenza di leucemie o linfomi negli esemplari che avevano assunto il dolcificante. Anche il secondo studio aveva confermato gli esiti del primo, ma entrambi furono considerati inattendibili da Bruxelles;
          nel 2010 i ricercatori di questo Istituto italiano hanno presentato una terza ricerca che dimostra nuovamente come Taspartame possa essere associato all'insorgere di diverse e gravi patologie tumorali non solo nei ratti, ma anche nei topi;
          i risultati di questi studi sono stati fortemente contestati dai produttori di aspartame, nonché dalle industrie produttrici di cibo, bevande, caramelle o chewingum che lo utilizzano;
          l'Istituto nazionale per la ricerca alimentare e la nutrizione (Inran), attraverso le sue linee guida, sconsiglia i dolcificanti nella dieta dei bambini fino a tre anni, alle donne in gravidanza e in allattamento;
          l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC) dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha affermato che i risultati dei saggi sperimentali condotti sui roditori non escludono rischi cancerogeni per l'uomo e per questo «appare prudente, da parte delle Istituzioni preposte, un urgente riesame dei livelli di assunzione permissibili dell'aspartame»  –:
          se il Ministro interrogato ritenga necessario promuovere altri studi nazionali al fine di possedere informazioni medico scientifiche, chiare ed approfondite, sui possibili effetti dell'aspartame e fare definitivamente chiarezza sulle conseguenze che questo edulcorante ha sulla salute dell'uomo;
          se intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, provvedimenti a tutela della sicurezza e a garanzia di eventuali rischi per la salute, soprattutto per la sempre crescente diffusione che questo prodotto sta avendo nel mercato nazionale. (4-16059)


      DI PIETRO, PALAGIANO, PIFFARI, MONAI. — Al Ministro della salute.. — Per sapere - premesso che:
          tra gli anni cinquanta e sessanta, in Europa, sono nati migliaia di bambini colpiti da gravi patologie su base iatrogena e malformazioni come l'amelia – mancanza degli arti – o vari gradi di focomelia – riduzione delle ossa lunghe degli arti. La causa va ricercata nell'effetto collaterale di uno psicofarmaco, il talidomide, somministrato alle donne nei primi mesi di gravidanza per combattere la nausea o come sedativo-tranquillante alternativo ai barbiturici;
          questo farmaco, con il nome di «Contergan», era stato introdotto nel mercato da un'industria farmaceutica tedesca, la Chemie Griunenthal che ne assicurava l'innocuità;
          il talidomide è stato così commercializzato in diversi altri Paesi d'Europa a partire da metà degli anni cinquanta, estendendo in maniera esponenziale i suoi gravissimi effetti collaterali: 6.000 bambini affetti da amelia o focomelia nella Germania occidentale, 400 in Gran Bretagna, 100 in Svezia e molti altri nel resto d'Europa, per un totale compreso tra 8.000 e 10.000 casi;
          il Ministero della salute nel 1962 ha ordinato il divieto di commercializzare questo prodotto sul mercato italiano e il ritiro di tutti i farmaci contenenti talidomide in circolazione. Questo provvedimento restrittivo è arrivato, però, con un ritardo di circa sei mesi rispetto a quanto predisposto dai competenti Ministeri europei;
          le famiglie colpite dalla sindrome da talidomide sono state risarcite dalla stessa casa farmaceutica tedesca, tranne che in Italia e in Spagna;
          in Italia, l'unico aiuto erogato da parte dello Stato ai soggetti colpiti dagli effetti del talidomide, fino al 2008, è stato l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria secondo quanto disposto dall'articolo 3 del decreto-legge 5 dicembre 2005, n.  250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n.  27;
          solo nel 2008, il comma 363 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n.  244 (legge finanziaria 2008), ha stabilito che «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia» è riconosciuto «l'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n.  229»;
          tale indennizzo consiste in un assegno vitalizio mensile da corrispondere per metà al soggetto danneggiato e per l'altro 50 per cento ai congiunti che lo assistono;
          molti sono coloro che, pur avendo accertato il nesso tra assunzione del farmaco e patologia deformante, attendono ancora il giusto risarcimento da parte dello Stato a causa della difficoltosa procedura burocratica per il riconoscimento dell'indennizzo. La circolare ministeriale del 5 novembre 2009, n.  31, prevede, infatti, l'obbligo di presentazione di documenti anche molto datati e difficilmente reperibili, come la cartella clinica della nascita e altre «cartelle cliniche e/o certificazioni di struttura pubblica dalle quali risulti la diagnosi, la terapia e gli interventi eventualmente subiti»;
          ulteriori precisazioni sulle modalità di erogazione dell'indennizzo sono arrivate dall'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14, che ha specificato che l'indennizzo previsto dalla legge finanziaria 2008 è riconosciuto solo ai soggetti nati dal 1959 al 1965;
          è evidente, agli occhi degli interroganti, che si tratta di una limitazione troppo restrittiva in quanto esistono soggetti che non sono nati negli anni stabiliti dal menzionato articolo 31, ma che sono comunque affetti da quella che è meglio conosciuta come «sindrome da talidomide»;
          a questi soggetti lo Stato non riconosce il nesso di casualità tra il farmaco assunto dalla madre e il loro fenotipo, discriminando, di fatto, chi è stato danneggiato da un errore altrui, ma ha la «colpa» di essere nato uno o due anni prima o dopo il termine sancito dalla legge;
          molte sono le cause giudiziarie avviate contro il Ministero interrogato da persone affette dalla «sindrome da talidomide» escluse dall'indennizzo, così come diverse sono le ipotesi di illegittimità costituzionale dell'articolo succitato che, di fatto, negherebbe il diritto, a chi non è nato tra il cinquantanove e il sessantacinque, di essere visitato per accertare il nesso causa effetto tra talidomide e patologie diagnosticate;
          diverse, inoltre, sono le proposte di modifica dell'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, in attesa di essere assegnate alle Commissioni parlamentari per l'inizio dell’iter tra le quali una nata su iniziativa dei deputati dell'Italia dei Valori;
          inoltre, allo stato attuale, in Italia non risulta essere stata mai promossa un'indagine scientifica volta a stabilire l'incidenza della sindrome da talidomide e il numero effettivo di medicinali in cui la molecola era contenuta nel periodo in cui la sua commercializzazione nel nostro Paese era consentita;
          oggi, in Italia, si stima che il numero di soggetti viventi affetti dalle gravi malformazioni causate dalla talidomide sia di circa 150 persone  –:
          se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda assumere un iniziativa normativa urgente per modificare l'articolo 31 delle legge finanziaria 2008, ampliando il range temporale per il riconoscimento del nesso tra sindrome da talidomide e patologie dalle quali i cittadini sono affetti;
          se non intenda assumere iniziative dirette a semplificare le procedure per il riconoscimento dell'indennizzo da parte dei soggetti colpiti da amelia, focomelia, macromelia ed emimelia a causa dell'assunzione, da parte della madre durante la gravidanza, di farmaci contenenti talidomide;
          se non intenda, al più presto, promuovere un'indagine per accertare la reale incidenza di questa patologia nel nostro Paese, nonché il numero e la tipologia di tutti i farmaci contenenti talidomide commercializzati tra gli anni cinquanta e sessanta in Italia, al fine di corrispondere il giusto indennizzo a quanti ne hanno pieno diritto. (4-16060)


      PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nella direttiva europea 2004/23/CE – recepita dai decreti legislativi n.  191 del 2007 e n.  16 del 2010 e relativa alle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani – la competenza, rispetto alle notifiche di eventi avversi relativamente alla procreazione medicalmente assistita, viene attribuita alle autorità regionali, al Registro procreazione medicalmente assistita dell'Istituto superiore di sanità (ISS-Registro) e al Centro nazionale trapianti (CNT), senza dettagliate e ulteriori specificazioni;
          il recente atto del Governo n.  444, intende modificare tali disposizioni, affidando esclusivamente al CNT la suddetta competenza;
          nel parere del Consiglio superiore di sanità reso al Ministro della salute, in data 21 febbraio 2012, viene chiaramente espresso che la notifica degli eventi avversi debba essere fatta in «modo contestuale all'ISS-Registro e al CNT». Tale parere non è, al momento, mai stato preso in considerazione nella discussione dell'atto del Governo succitato;
          il ruolo assegnato all'ISS-Registro è sancito dalla legge n.  40 del 2004, articolo 11, commi 2, 3, 4, 5 nonché dal decreto ministeriale del 7 ottobre 2005;
          l'obiettivo del provvedimento di modifica dei decreti legislativi suddetti, dovrebbe essere volto alla maggior tutela dalle coppie. Proprio per questo è paradossale, agli occhi dell'interrogante, che l'Istituto superiore di sanità-Registro venga esautorato delle sue funzioni e subordinato al Centro nazionale trapianti nell'attività di notifica di eventi avversi che si verificano all'interno di un delicato percorso, quello delle coppie che decidono di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita – che è seguito dall'inizio alla fine proprio dall'Istituto superiore di sanità e del quale lo stesso raccoglie tutti i dati;
          nel succitato atto del Governo, inoltre, si riconosce solo una parte dell'attività svolta dal Registro procreazione medicalmente assistita prevista dalla legge, cioè quella della raccolta dei dati sui trattamenti, mentre si nega, di fatto, l'attività, che viene svolta in collaborazione costante con i centri, le regioni e con il nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri che ha sempre avuto nel Registro un proprio punto di riferimento, per le comunicazioni e l'acquisizione di informazioni concernenti licenze, autorizzazioni e altro;
          in questo contesto, anche la proposta sulla definizione dei requisiti minimi per autorizzare i centri italiani di PMA, prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo n.  191 del 2007, che è arrivata il 15 marzo 2012 al tavolo della Conferenza Stato regioni, sembra propendere per un rafforzamento delle competenze del CNT rispetto all'ISS, ricalcando in qualche modo, quanto già prospettato dall'osservatorio sull'applicazione del decreto legislativo n.  191 del 2007 creato nel 2009 dall'allora sottosegretario Roccella. L'osservatorio vantava l'ampia partecipazione di rappresentati del centro nazionale trapianti;
          le novità apportate agli enti di controllo sulla pratica della fecondazione assistita, se confermate, risulterebbero, a parere dell'interrogante, particolarmente complesse a causa della sovrapposizione di ruoli con evidente sovraccarico di lavoro ed eccessiva burocratizzazione, poiché i centri di procreazione medicalmente assistita, impropriamente definiti banche di tessuti, dovrebbero relazionarsi con l'autorità regionale, con il centro nazionale trapianti e con l'ISS-registro;
          il 31 marzo 2012, presso il centro procreazione medicalmente assistita dell'ospedale San Filippo Neri di Roma, sono andati perduti, in un solo momento, 54 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale, a causa di un incidente all'impianto di azoto liquido che alimenta il servizio di criobiologia per la crioconservazione di materiale biologico;
          la normativa attualmente in vigore – decreto legislativo n.  16 del 2010 – prevede, in casi come quello suddetto, che il centro procreazione medicalmente assistita comunichi tempestivamente l'evento avverso alla rispettiva autorità regionale e al centro nazionale trapianti o all'istituto superiore di sanità, secondo i rispettivi ambiti di competenza;
          in data 3 aprile 2012, il centro nazionale trapianti ha effettuato le ispezioni presso l'ospedale San Filippo Neri per verificare le cause e le responsabilità del grave incidente  –:
          quali sono le ragioni per cui il Governo voglia così fortemente sbilanciare, a parere dell'interrogante in maniera indebita, la competenza, nel campo della procreatica, a favore del CNT prevedendo l'invio diretto della notifica degli eventi avversi a tale organismo, esautorando, di fatto, una delle principali mission dell'ISS-Registro;
          se non sia il caso di prevedere l'invio contestuale delle notifiche degli eventi avversi, per via telematica, ad entrambi gli enti, poiché tale soluzione non comporterebbe alcun lavoro aggiuntivo da parte dei centri;
          chi siano i tecnici del CNT che hanno effettuato in data 3 aprile 2012 l'ispezione all'ospedale San Filippo Neri e se ne siano mai state effettuate in precedenza, da parte dello stesso ente o da altri preposti, come previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n.  191 del 2007;
          se sia stato comunicato l'evento avverso all'Istituto superiore di sanità-Registro di procreazione medicalmente assistita, essendo ancora in vigore il decreto legislativo n.  16 del 2010;
          se siano state emanate le linee guida nazionali per l'applicazione delle nuove norme introdotte;
          non intenda, infine, prevedere un organismo di controllo unitario per la procreazione medicalmente assistita che vada dai rapporti con l'autorità regionale, a quello coi centri, all'elaborazione dei dati statistici ed epidemiologici, con compiti d'ispezione, al fine di snellire le pro-cedure burocratiche, specie in un momento come questo di carenza di personale medico e amministrativo sia nei centri pubblici che in quelli privati.
(4-16066)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RAISI e DI BIAGIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la valorizzazione del comparto delle agro-energie e del sistema delle biomasse per la produzione di energia elettrica è essenziale per il nostro Paese, sia per essere in linea con gli obiettivi comunitari del 20-20-20, sia perché lo sviluppo delle fonti rinnovabili e, in particolare, degli impianti a biomasse, può influenzare positivamente la ripresa dell'economia nazionale anche in versione sostenibile;
          l'installazione degli impianti di produzione energetica elettrica a biomasse di piccole dimensioni, attraverso la creazione di distretti di cooperazione agro-energetica, è in grado di valorizzare l'intero ciclo di lavorazione del settore agricolo, con lo smaltimento dei residui agricoli di lavorazione, oltre che la diffusione stabile di coltivazioni dedicate in terreni sottoutilizzati o degradati;
          lo sviluppo, però, di questo comparto, necessità ancora oggi, di politiche più incisive oltre che di maggiore coordinamento e semplificazione della legislazione vigente;
          i problemi che si intendono evidenziare riguardano due atti normativi: le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n.  219 del 28 settembre 2010, e il decreto legge n.  78 del 2010 convertito dalla legge n.  122 del 2010 recante la manovra economica;
          l'articolo 49 del decreto-legge n.  78 del 2010 che ha introdotto la segnalazione di inizio attività (SCIA), per tutti coloro che vogliono dare inizio ad un'attività imprenditoriale e commerciale, sopprimendo di fatto la dichiarazione di inizio attività e semplificando l’iter amministrativo, in quanto non è necessario per l'imprenditore attendere alcun termine per dare avvio alla propria attività, necessità di chiarimenti sull'applicazione;
          la norma in esame, in fatti, ha generato diversi dubbi sull'applicazione della SCIA anche per gli impianti a biomasse di piccola potenza inferiori a 1 Megawatt, attualmente sottoposti al regime della dichiarazione di inizio attività, nonostante le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili prevedessero iter amministrativi semplificati per l'installazione degli impianti a fonti rinnovabili;
          oltretutto, nelle stesse linee guida, si ravvisano elementi di criticità rispetto ad un parametro tecnico di potenza che gli impianti a biomasse devono rispettare, indicato nella tabella 1 allegata, dove si cita un paramento di potenza, pari a 3 Kwt, non tecnicamente pertinente con i parametri tecnici da utilizzare per le biomasse agricole, in quanto non corrisponde al limite di 1000 Kwe, nel caso di utilizzo di biomasse agricole in impianti costituiti da caldaie a turbine  –:
          in relazione alla semplificazione dell'intero sistema normativo per le fonti rinnovabili e, soprattutto, per gli impianti a biomasse, quali siano i confini applicativi della segnalazione automatica di inizio attività (S.C.I.A.), precisando esplicitamente se gli impianti di produzione di energia elettrica a biomasse di potenza inferiore ad 1 Megawatt possano essere realizzati tramite S.C.I.A, invece che con dichiarazione di inizio attività e se la dizione di potenza di 3 Kwt contenuta nella tabella 1 delle linee guida possa ritenersi parametro tecnico di potenza pertinente per gli impianti a biomasse agricole, e quindi corrisponda al limite di 1000 Kwe, nel caso di utilizzo di biomasse agricole in impianti costituiti da caldaie a turbine. (5-06853)

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Telecom Italia spa opera in virtù di concessioni statali, ed è pertanto soggetta al rispetto di norme e prestazioni qualitative stabilite a tutela di cittadini e imprese;
          spesso Telecom Italia spa non è in grado di rispettare i termini qualitativi delle prestazioni previste nel «contratto di servizio» (a titolo puramente esemplificativo e non certo esaustivo, si provi a comunicare la volontà di risoluzione di un contratto)  –:
          di quali elementi disponga circa le questioni segnalate in premessa e se non intenda assumere ogni iniziativa di sua competenza, anche di carattere normativo, al fine di assicurare ai cittadini adeguate garanzie, con particolare riferimento alle procedure per il risarcimento del danno subito;
          se sia ancora attuale il principio vantato da Telecom Italia di riscuotere un canone annuo per il diritto di usufrutto della rete. (4-16072)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Cicchitto n.  2-01389 del 5 marzo 2012.

Ritiro di una firma da una interrogazione.
          Interrogazione a risposta scritta Castiello e altri n.  4-15278, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2012: è stata ritirata la firma del deputato: Di Caterina.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

      Il seguente documento è stato trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Raisi e Di Biagio n.  4-09697 del 24 novembre 2010 in interrogazione a risposta in commissione n.  5-06853.