XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 22 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              secondo i dati sulla condizione dell'infanzia elaborati negli ultimi anni dai più autorevoli istituti di ricerca l'Italia sembrerebbe aver dimenticato le problematiche riguardanti i bambini e le famiglie in cui vivono;
              mentre in Europa i minori di 18 anni sono mediamente più esposti alla povertà di 4,3 punti percentuali rispetto al totale della popolazione, nel 2010, secondo l'Eurostat, in Italia il divario tra i minorenni a rischio povertà (24,7 per cento) e il totale della popolazione (18,2 per cento) raggiunge ben il 6,5 per cento ed è uno dei più alti d'Europa, inferiore soltanto a quello registrato in alcuni nuovi stati membri (Romania, Ungheria, Slovacchia) e in Lussemburgo;
              le stime Eurostat considerano a rischio povertà i minori che vivono in nuclei familiari con un reddito inferiore al 60 per cento della media nazionale e presentano alcune differenze con quelle della Banca d'Italia che possono incidere sulla precisione dei risultati delle elaborazioni sulla povertà minorile, ma non possono alterare la validità complessiva dell'analisi;
              le elaborazione fatte dall'Istat nel 2010, a partire dall'analisi dei consumi delle famiglie, confermerebbero tale tendenza, rilevando che i minori costituiscono appena il 16,9 per cento della popolazione, ma rappresentano il 22,6 per cento di tutta la popolazione in condizioni di povertà relativa (+5,7 per cento);
              in termini numerici si tratta di circa 1 milione e 876 mila bambini e ragazzi che vivono in famiglie con una bassa capacità di spesa pro-capite, e sono ben 653 mila i bambini che non hanno la possibilità di accedere a un paniere di beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile;
              un'elaborazione realizzata appositamente per Save The Children sui dati forniti recentemente dall'indagine della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie conferma il gap della povertà minorile in Italia e il generale aggravamento del fenomeno tra il 2006 e il 2010, in corrispondenza della crisi economica che ha colpito il Paese. Secondo tale analisi l'incidenza della povertà sui minori è maggiore di ben 8,2 punti percentuali rispetto a quella sul totale della popolazione: se il 14,4 per cento degli individui sono in condizioni di povertà, i minori poveri raggiungono il 22,6 per cento della popolazione di riferimento, il picco massimo registrato negli ultimi quindici anni;
              oltre all'incidenza, è in forte aumento anche l'intensità della povertà (un dato percentuale che misura quanto il reddito disponibile equivalente sia mediamente inferiore alla soglia di povertà), passata dal 28,1 per cento del 2006 al 35,1 per cento del 2010 (+7 per cento), mentre nelle famiglie senza minori e cresciuta nello stesso arco di tempo di appena un punto e mezzo (dal 25,1 per cento al 26,7 per cento) e avrebbe conosciuto anzi una leggera flessione dal 2008 (-1,5 per cento);
              i dati dell'analisi fornita da Save the Children segnalano che i bambini che vivono con un solo genitore sono quelli più esposti alla povertà e in queste famiglie l'intensità della povertà è maggiore di quasi dieci punti rispetto alle coppie con figli minori (43,6 per cento contro 34,4 per cento), con un aumento del 15 per cento rispetto a quindici anni fa e di quasi 8 punti percentuali rispetto al 2006, rendendo particolarmente critica la situazione di questa tipologia di famiglie;
              in virtù della perdita del potere di acquisto e dell'aumento generalizzato dei prezzi, stanti le attuali retribuzioni, la povertà minorile è di gran lunga maggiore nei nuclei con 5 o più componenti e cresce con il crescere del numero dei minori presenti in famiglia;
              per effetto dei bassi salari in entrata nel mondo del lavoro, è particolarmente significativo il dato relativo alla povertà minorile per classe di età del capofamiglia: se il maggior percettore di reddito ha meno di 35 anni, 1 minore su 2 (il 47,8 per cento) è povero, mentre per le fasce di età più alte il risultato si stabilizza intorno al 20 per cento;
              a causa della compresenza dei principali fattori che determinano condizioni di povertà economica (una maggiore presenza di famiglie numerose, un basso tasso di occupazione femminile, una grossa percentuale di famiglie in cui nessun componente è occupato e un'alta incidenza di famiglie monoreddito) nelle regioni meridionali vi è una probabilità molto più alta di crescere in una famiglia povera;
              oltre ai tradizionali indicatori economici, per misurare la povertà e il benessere effettivo dei bambini occorre considerare altri parametri quali: povertà di relazioni e di salute, cattiva alimentazione, carenze abitative, di servizi e opportunità educative; inoltre, occorre verificare se una famiglia impieghi le proprie risorse per coprire le necessità di tutti i suoi componenti, in primo luogo dei figli;
              giudicare in base solo agli indicatori economici non è sufficiente, ma l'analisi multidimensionale degli indici di deprivazione rispetto ad alcuni bisogni fondamentali degli individui e delle famiglie con minori e alcuni indicatori alternativi a misura di bambino relegano il nostro Paese in fondo alle classifiche;
              una ricerca compiuta recentemente per l'Istituto degli innocenti di Firenze sui dati Eu-Silc17, mirata a costruire un indice di povertà dell'infanzia a partire dall'analisi incrociata di 14 indicatori di deprivazione tarati sui bisogni specifici dei minori (vestiti di prima mano, scarpe, frutta fresca una volta al giorno, tre pasti al giorno, un pasto con carne o pesce almeno una volta al giorno, disponibilità di libri per ragazzi, svaghi, giochi, viaggi scolastici, vacanze, spazi idonei per studiare, e altro), colloca l'Italia nella parte media-bassa della classifica dei 27 paesi dell'Unione europea;
              il 5,5 per cento delle famiglie con minori dichiarano di avere «difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni»; per contro, l'incidenza dell'obesità nei bambini italiani è triplicata negli ultimi 25 anni ed è in continuo aumento a causa della cattiva alimentazione e di stili di vita sedentari. Secondo l'Ocse nel nostro Paese circa 1 ragazzo su 4 tra i 16 e i 17 anni sarebbe afflitto da problemi di sovrappeso e obesità. Un'indagine compiuta dall'Istituto superiore di sanità su un campione di 42 mila alunni della scuola primaria ha rilevato il 22,9 per cento di bambini in sovrappeso e l'11,1 per cento in condizioni di obesità;
              l'Italia registra ancora un alto tasso di dispersione scolastica: il 18,9 per cento dei giovani tra 16 e 24 anni hanno conseguito soltanto il diploma di scuola media e non prendono parte ad alcuna attività di formazione, una quota nettamente superiore alla media europea (14,1 per cento e inferiore soltanto a quella di Islanda, Spagna, Portogallo e Malta. I dati provenienti dal sistema scolastico italiano indicano, inoltre, punteggi molto bassi nei test PISA sulle competenze cognitive dei quindicenni, alti tassi di ripetenza, numeri elevatissimi di alunni promossi con l'obbligo di assolvere ai «debiti formativi» in alcune materie;
              le manovre economiche di questi ultimi anni hanno ridotto il livello dei trasferimenti sociali; peraltro in Italia la spesa per l'infanzia è da sempre una spesa residuale: si tratta per lo più di concessioni, bonus, misure una tantum, e solo raramente di investimenti, piani duraturi, servizi, affermazioni di diritti. Nel 2009 l'Italia investiva quasi 5 punti percentuali in più del prodotto interno lordo della propria spesa sociale nel comparto pensioni rispetto alla Germania (l'unico Paese europeo ad avere un indice di vecchiaia più alto del nostro), e appena l'1,4 per cento nel settore famiglie (contro una media dell'Unione europea del 2,3 per cento);
              le iniziative a sostegno delle famiglie con minori varate negli ultimi anni (assegni di sostegno per le famiglie numerose, al nucleo familiare; cosiddetto bonus bebé, deduzioni fiscali per famiglie povere anche con bambini), hanno avuto una portata molto limitata e di scarsa efficacia;
              nel momento in cui si reclama l'adozione di misure finalizzate alla crescita, il gap di investimenti dedicati all'infanzia segnala una debolezza strutturale sulla principale leva di crescita di una società ricca e sviluppata come quella italiana: il capitale umano;
              la crescente attenzione che i Governi europei stanno ponendo sugli obiettivi di crescita rende ancora più centrali le politiche rivolte alla creazione di capitale umano, a partire dagli investimenti sull'infanzia, per sostenere lo sviluppo, tra le giovani generazioni, di capacità intellettive, emotive, decisionali che saranno fondamentali per la crescita del Paese;
              lo stesso piano nazionale di riforme (PNR) 2012, oltre a stabilire un target di riduzione del numero di persone in povertà per l'Italia pari a 2.2 milioni di individui, ribadisce che «il capitale umano, come il capitale fisico, è pilastro essenziale per una crescita duratura»,

impegna il Governo:

          a sollecitare, in sede europea, l'adozione di misure, nell'ambito della disciplina dei bilanci pubblici, che escludano dal cosiddetto fiscal compact le spese dedicate all'infanzia, alla scuola e alle famiglie con minori, in considerazione del fatto che gli interventi di cura e promozione della capacità relazionali e cognitive dei bambini sono da considerare come spese in conto capitale, perché capaci di creare un valore aggiunto nelle generazioni future;
          ad assumere iniziative normative volte a prevedere, nell'ambito del riordino dell'attuale sistema delle agevolazioni fiscali, un rafforzamento del sistema attualmente vigente di detrazioni per i figli per i redditi bassi o medio-bassi;
          a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre un sistema di voucher nominali fino ad un massimo di 30 euro al mese per i minori in famiglie con reddito equivalente inferiore ai 15.000 euro finalizzati ad acquisti di beni essenziali destinati all'infanzia e all'accesso a servizi culturali e sportivi che contribuiscano a colmare, almeno in parte, il divario di opportunità con i loro coetanei;
          ad assumere iniziative, anche normative, per assegnare, nella prevista revisione del calcolo dell'ISEE, un maggior peso al numero di figli, alla condizione mono-genitoriale e ai nuclei familiari in cui entrambi i genitori lavorano (che, a parità di reddito, implica costi di gestione familiare superiori);
          a considerare, al pari della scuola d'infanzia, l'asilo nido un diritto soggettivo, ancorché non obbligatorio, e rientrante a pieno titolo nel più complesso sistema dell'istruzione scolastica nonché a prevedere un piano di investimenti straordinario per gli asili che permetta di passare dall'attuale copertura dell'11,3 per cento al 33 per cento entro il 2020;
          a valutare l'opportunità di creare aree ad alta densità educativa che prevedano progetti mirati: ad aumentare il tempo scuola finalizzato a garantire una offerta educativa di qualità lungo tutto l'arco della giornata; ad aumentare lo «spazio extra scuola» inteso come presidio territoriale capillarmente dislocato nei territori, in cui garantire osservazione, ascolto protezione e servizi differenziati non curriculari per bambini, adolescenti e famiglie; a stabilizzare percorsi di sostegno ed accompagnamento nella crescita con interventi precoci di prevenzione; a prevedere la presa in carico precoce ed integrata dei nuclei familiari multiproblematici e/o caratterizzati da esperienze di violenza intra-familiare;
          a promuovere, in fase di rinnovo dei contratti collettivi nazionali, disposizioni specificamente rivolte alla Conciliazione dei tempi di vita lavorativa e familiare e a forme di incentivazione fiscale per incoraggiare ad investire in tali istituti;
          ad assumere iniziative normative per realizzare un sistema di agevolazioni fiscali per le imprese per incentivare la messa in comune di servizi rivolti ai figli dei lavoratori (esempio asili nido, convenzioni per attività culturali e sportive, campi estivi, assicurazione sanitaria, voucher aziendali per baby-sitting, borse di studio ai figli dei dipendenti), che preveda la defiscalizzazione dei contributi delle aziende, per ciascun minore;
          a valutare l'opportunità di assumere iniziative per istituire un fondo di garanzia statale sui prestiti concessi alle mamme in condizioni di disagio con reddito ISEE del nucleo familiare non superiore ai 35.000 euro;
(1-01045) «Enzo Carra, Carfagna, Veltroni, Perina, Palomba, Moffa, Commercio, De Biasi, Giulietti, Capitanio Santolini, Anna Teresa Formisano, Carlucci, Pezzotta, Binetti, Delfino, Volontè, Lusetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          uno dei punti di forza della politica pubblica per il sostegno alla crescita è costituito dal potenziamento delle infrastrutture di trasporto, con particolare riferimento alle reti di connessione su ferro, in coerenza e in attuazione dei programmi definiti dalla Commissione europea, e concretizzati nel piano del Trans European Network (TEN);
          l'attuale Governo, in più occasioni e attraverso varie decisioni, ha confermato e sostenuto tale orientamento, destinando, in sede CIPE, significative risorse al completamento dei piani infrastrutturali stradali, portuali, aeroportuali e ferroviari inclusi nella legge-obiettivo e nei piani di interesse sovranazionale;
          l'alta velocità ferroviaria costituisce una priorità assoluta della programmazione nazionale, concretizzando, tra l'altro, una significativa pre-condizione dello sviluppo per le aree sottoutilizzate, le quali, a completamento del programma, potranno essere finalmente incluse negli scenari della crescita globale sostenibile, in coerenza con gli orientamenti del trattato di Lisbona e del documento di strategia Europa 2020, recentemente elaborato e proposto dalla Commissione;
          la stazione di testa dell'alta velocità di Afragola realizza un punto di snodo essenziale nel quadrante sud orientale del Paese, collegando l'asse Milano-Napoli-Salerno-Reggio Calabria a quello della Napoli-Bari, per il quale risultano stanziate notevoli risorse finanziarie a copertura della costruzione dei primi due lotti di intervento;
          la puntuale realizzazione di questa infrastruttura, per la quale si prevede il transito, a regime, di 430.000 passeggeri/giorno è resa ancora più necessaria dalla definizione e dall'avvio di un piano integrato di sviluppo dell'area a nord di Napoli che attua l'accordo di programma stipulato tra Governo, regione Campania, provincia di Napoli e Ferrovie dello Stato nel 1998, e che indirizza, verso un comprensorio di oltre 800.000 abitanti, significative risorse pubblichi e private destinate a riqualificazione territoriale, rilancio produttivo, sostegno al settore terziario e all'occupazione;
          dal 7 febbraio 2012 il cantiere della stazione ha cessato ogni attività a causa della conclamata crisi dell'impresa aggiudicataria dell'appalto la Ati DEC, che, stando a notizie di pubblico dominio, assomma debiti pari a oltre 800 milioni di euro, a fronte di un fatturato di poco superiore a 200 milioni e risulta destinatari di una istanza di fallimento depositata presso il tribunale di Roma;
          i titolari della stessa DEC risultano essere stati sottoposti ad arresto da parte della procura di Bari nell'ambito di una indagine concernente la realizzazione di parcheggi e di altre opere di pubblica utilità nella città di Bari;
          sindaco della città di Afragola ha in più sedi sollecitato RFI, le Ferrovie dello Stato italiane spa, il Ministro interpellato ed il presidente della giunta regionale della Campania ad intraprendere tutte le iniziative utili per la ripresa dei lavori del cantiere della stazione alta velocità, atteso anche il perdurare della crisi occupazionale conseguenziale e considerata la necessità di definire il contesto delle opere pubbliche che la stazione genera;
          il presidente della giunta regionale della Campania, Stefano Caldoro, ha sollecitato il Ministro interpellato e l'amministratore delegato delle FS a costituire un tavolo permanente per superare le difficoltà individuate  –:
          quali iniziative abbia posto in essere la società appaltante Rete ferroviaria italiana s.p.a. a tutela e salvaguardia della corretta e tempestiva esecuzione dell'opera di cui trattasi, assicurando il rispetto della normativa contrattuale;
          se, in considerazione della strategicità dell'opera e della stretta interdipendenza tra la sua realizzazione e la completezza e funzionalità del piano infrastrutturale per il Mezzogiorno, non sia necessario valutare l'opportunità di una risoluzione contrattuale per manifesto inadempimento da parte del contraente/esecutore;
          se – nel caso dell'adozione del provvedimento di risoluzione di cui al punto precedente – non si debba considerare, in conformità alle disposizioni di legge e ai fini di non interrompere indefinitamente il programma di realizzazione dell'opera, l'utilità di promuovere in tempi brevi il subentro nella gestione contrattuale da parte dell'impresa classificata al secondo posto nella procedura di gara.
(2-01505) «Castiello, Nastri, Berardi, Picchi, Landolfi, Torrisi, Milanato, Cassinelli, Saltamartini, De Camillis, Beccalossi, Frassinetti, Pelino, Nicolucci, Malgieri, Di Caterina, Lazzari, Bellotti, Faenzi, Rosso, Catanoso, Vincenzo Antonio Fontana, Gioacchino Alfano, Gottardo, Cosenza, Leo, Minasso, Garagnani, Lunardi, Di Virgilio, Mancuso, Ciccioli, Castellani, Scandroglio, Milanese, Paolo Russo, Fucci, Formichella, Dima, Laboccetta, Papa, Cossiga, D'Alessandro, Sisto, Alberto Giorgetti».

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento al terremoto che ha colpito l'Emilia Romagna ed in particolare le province di Ferrara e Modena e parzialmente quella di Bologna, nei comuni confinanti con i centri più coinvolti dal grave sisma, in particolare Crevalcore, Pieve di Cento, S.Giovanni in Persiceto, S. Pietro in Casale;
          è apprezzabile l'immediatezza degli interventi della protezione civile  –:
          se intenda garantire in tempi rapidi, nel suddette località, il censimento dei danni subiti dai cittadini e l'effettivo rimborso, promuovendo eventualmente una sospensione dell'efficacia dell'attuale normativa che in modo anomalo ha limitato grandemente questo diritto del cittadino (si fa riferimento ad articoli di quotidiani che parlano di tagli eventuali ai rimborsi essendo già in vigore la polizza privata), anche per garantire agli sfollati un ricovero dignitoso fino al cessato pericolo ed in attesa del rientro nelle proprie abitazioni;
          per quanto concerne poi i monumenti artistici, vera e propria memoria della nostra storia, si cita ad esempio la caduta di torri medievali e di palazzi rinascimentali, se intende effettuare un censimento preciso e selettivo che tenga conto della possibilità di restaurare o ricostruire i medesimi, in particolare le chiese parrocchiali, per secoli centri identitari delle popolazioni e testimoni delle tradizioni locali culturali ed artistiche.
(2-01504) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta scritta:


      RENATO FARINA, TOCCAFONDI e DI CENTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il 17 maggio 2012, a pagina 1 e a pagina 32 del Corriere della Sera compare un articolo a firma di Pier Luigi Vercesi, dove si anticipa e si annuncia una più ampia pubblicazione de «Le carte segrete del Papa» sul settimanale Sette, così come anche sul quotidiano Libero del medesimo giorno. Effettivamente nell'inchiesta del settimanale Sette compaiono ampi stralci di lettere private indirizzate al Pontefice. Seguono ampie citazioni di questa corrispondenza e di questi documenti riservati, tratti da un libro di Gianluigi Nuzzi di prossima pubblicazione;
          a giudizio degli interroganti tali notizie di stampa danno conto di patenti violazioni della segretezza delle comunicazioni private e della pubblicazione di documenti riservati di uno Stato amico  –:
          di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, in merito ai fatti riportati in premessa;
          se siano stati posti in atto passi diplomatici da parte della Santa Sede e, nel caso, quale atteggiamento abbia tenuto o intenda tenere il Governo. (4-16201)


      DI GIUSEPPE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          a seguito del forte terremoto del 20 maggio che ha sconvolto l'Emilia Romagna, oltre ai notevoli danni al patrimonio culturale, architettonico e civile quali chiese, castelli, rocche, monumenti importanti, case ed edifici civili in genere, sono centinaia gli imprenditori agricoli che hanno subito danni alle abitazioni e ai fabbricati rurali, molti dei quali crollati o danneggiati a causa del terremoto;
          i danni subiti sono ingenti e difficilmente quantificabili in quanto comprensivi anche dei mezzi meccanici, degli attrezzi nonché dei prodotti inerenti all'attività agricola; capannoni, ricoveri, attrezzature, serre, stalle, impianti fotovoltaici distrutti, con gravissime perdite per il patrimonio e l'attività aziendale, ad esempio c’è chi ha perso trattori, attrezzi ed animali sotto le macerie; la situazione risulta particolarmente pesante nei comuni di Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro, Camposanto, Cavezzo e anche a Carpi territori verso il modenese, epicentro del sisma, mentre nel territorio di Bologna è Crevalcore il comune più colpito, ed anche a Sant'Agostino di Ferrara sono stati registrati danni rilevanti;
          in molti casi è difficile riuscire a fare una stima dei danni, in quanto i proprietari non sono potuti entrare negli edifici perché inagibili o pericolanti e quindi bisognerà attendere ancora i prossimi giorni per fare eseguire le verifiche tecniche sugli stabili; per effettuare un censimento dei danni nelle aree colpite dal sisma, i dottori agronomi e dottori forestali emiliani si sono già messi a disposizione di istituzioni locali e della protezione civile;
          ad essere colpita è una parte vitale del sistema agroalimentare italiano, pesanti danneggiamenti sono stati riscontrati anche ai magazzini e ai depositi di stoccaggio di parmigiano reggiano e grana padano. Secondo una prima stima i danni totali ammontano a decine di milioni di euro, di cui solo 150 milioni di euro in conseguenza della distruzione di oltre 300 mila forme di parmigiano reggiano e di grana padano cadute a terra per il crollo delle «scalere», le grandi scaffalature di stagionatura che sono collassate sotto le scosse. In particolare si registrano ingenti danni nei magazzini delle aziende della provincia di Modena, di Bologna e di Mantova, ad essere colpite sono soprattutto le forme fresche, danno aggravato anche dalla difficile individuazione di nuove strutture per la stagionatura delle forme rimaste integre;
          notizie ancora frammentarie riguardano i diversi stabilimenti di produzione vinicola danneggiati nella zona del lambrusco; risultano andati persi grandi quantità di aceto balsamico che è fuoriuscito dalle botti; e si riscontrano danni anche alle serre, alle quali sono scoppiati i vetri, danneggiando le piante presenti. Gravi danni registrati anche alle strutture degli allevamenti di maiali e mucche, e negli allevamenti di mucche da latte che a causa dalle continue scosse rischiano di subire effetti negativi sulla produzione di latte  –:
          se il Governo, non ritenga necessario assumere iniziative normative per istituire una moratoria fiscale, congelando le imposte gravanti sugli immobili colpiti dal terremoto, ad iniziare dall'IMU, e sospendendo i pagamenti previdenziali e fiscali, così come è già stato precedentemente disposto in occasione del sisma che ha colpito l'Abruzzo tre anni fa;
          se il Governo non ritenga utile sottoporre la vicenda all'attenzione delle istituzioni europee, per attivare percorsi di risarcimento, paralleli a quelli che saranno decisi in ambito nazionale, affinché le imprese che hanno visto andare perduto il loro patrimonio di beni strumentali possano ripartire. (4-16203)


      SCILIPOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la notte del 20 maggio 2012, ore 04,05, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 6.1 della scala Richter colpiva il comune di Novi di Modena e tutta la provincia;
          il centro storico riportava danni ingenti e veniva dichiarato inagibile, con gravi ripercussioni sui residenti;
          al contrario, nei comuni limitrofi come Carpi, Concordia sulla Secchia e Mirandola i sindaci attivavano prontamente protezione civile e vigili del fuoco, predisponendo altresì centri di raccolta a supporto della popolazione terremotata;
          nonostante le richieste di numerosi residenti e le sollecitazioni telefoniche, in data 20 maggio 2012 (come da tabulato telefonico), inoltrate ai vigili del fuoco, al sindaco Luisa Turci e all'arma dei carabinieri (stazione di Novi di Modena), in corso Marconi, a quanto consta all'interrogante, non veniva effettuato alcun sopralluogo ed i residenti venivano di fatto lasciati in balia di se stessi;
          taluni residenti di corso Marconi presentano edifici di proprietà completamente inagibili, con coperture rase al suolo e muri portanti crollati;
          nonostante la grave situazione, peggiorata in seguito alle ininterrotte precipitazioni piovose, a Novi di Modena non è stato allestito alcun centro di raccolta e nemmeno un punto di prima assistenza, nonostante la densità di popolazione sia pari a 11.476 abitanti;
          è inammissibile che non si sia tenuto conto delle condizioni in cui versano molti residenti e soprattutto del precario stato di edifici su cui è assolutamente necessario intervenire immediatamente per limitare i danni alle strutture  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non si intenda sanzionare il comportamento omissivo di tutte quelle Forze dell'ordine che non sono intervenute a supporto dei terremotati, nonché attivare le debite verifiche ispettive per il tramite del comando provinciale vigili del fuoco, della Protezione civile e della prefettura di Modena. (4-16204)


      MINNITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          attualmente in Italia esistono più di 200.000 carabinieri ausiliari; si tratta di una speciale forma di arruolamento che rinviene la propria scaturigine normativa nel 1917 (decreto luogotenenziale n.  357 del 25 febbraio 1917), quando per assicurare all'Arma dei carabinieri una forza numerica adeguata alle molteplici necessità di servizio determinate dallo stato di guerra, vennero assunti 12.000 caporali e soldati di tutte le Armi e Corpi;
          successivamente, con decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n.  857, venne disposto il reclutamento «volontario» di carabinieri ausiliari, per la ferma di leva di 18 mesi tra i giovani appartenenti alla classe chiamata alle armi;
          con esplicito richiamo al suddetto decreto, la legge 18 febbraio 1963 mantenne l'arruolamento di giovani aspiranti a compiere la ferma di leva nell'Arma dei carabinieri, stabilendo che essi, dopo avere frequentato con esito positivo un corso d'istruzione di tre mesi presso le legioni allievi, godessero del medesimo trattamento economico previsto per i carabinieri effettivi;
          la legge 11 febbraio 1970, n.  56, aggiunse alla condizione preesistente di arruolamento dei carabinieri ausiliari nei limiti delle vacanze nei quadri organici, quella «dei limiti dei posti disponibili nel contingente determinato annualmente con legge di bilancio»;
          in seguito alla sospensione del servizio di leva prevista dalla legge n.  226 del 2004 con il giuramento del 21 gennaio 2005 alla scuola di Fossano e del successivo 28 gennaio in quella di Benevento, sono terminati i corsi d'istruzione dei carabinieri ausiliari;
          la legge n.  226 del 2004 ispirata dalla volontà di snellire i ranghi delle forze armate e, al contempo, di elevare la professionalizzazione del relativo personale, attingendolo esclusivamente dai volontari e non più dagli ascritti alla leva obbligatoria, ha posto però una serie di problemi rispetto alla sorte dei carabinieri ausiliari;
          infatti, ai sensi del primo comma dell'articolo 16 della succitata legge n.  226 del 2004, il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, è stato riservato soltanto ai volontari di Esercito, Marina e Aeronautica in ferma prefissata di un anno (ovvero in rafferma annuale) in servizio o in congedo, mentre, al contrario, un militare congedatosi senza demerito dopo avere prestato servizio per un anno presso l'Arma dei carabinieri, si è trovato di fatto escluso dalla possibilità di partecipare ai concorsi banditi da quest'ultima;
          tale disparità di trattamento risulta irragionevole, illogica sul piano del diritto e potenzialmente lesiva del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, nonché discriminante nei confronti di quanti hanno svolto servizio ausiliario nell'Arma dei carabinieri i quali, in base a tutta la normativa antecedente alla legge n.  226 del 2004, avrebbero avuto pieno titolo ad aspirare al reclutamento dei Carabinieri in servizio permanente effettivo;
          nell'ultimo biennio in Italia, secondo diverse fonti, si è venuto a determinare soprattutto nelle aree urbane e metropolitane un grave deterioramento delle condizioni di sicurezza in termini di delitti contro la persona e contro il patrimonio, generando un diffuso allarme nell'opinione pubblica, nelle istituzioni e negli stessi apparati statali della sicurezza;
          di recente, il dipartimento di pubblica sicurezza (si veda l'audizione del 4 gennaio 2012 del vice capo della polizia di Stato prefetto Francesco Cirillo presso la Commissione giustizia del Senato) ha dichiarato una carenza di organico in tutte le forze dell'ordine di ben 26.939 unità (solo per l'Arma dei carabinieri la carenza ammonta a 7.027 unità);
          l'Arma dei carabinieri è attualmente presente in tutto il territorio con circa 4.700 comandi stazione e di essi solo il 50 per cento opera ad orario continuo, mentre il rimanente 50 per cento adotta un orario ridotto, chiudendo al pubblico alle 20:00; tutto ciò è anche dovuto alla carenza di personale;
          tra i carabinieri ausiliari, 7.000 giovani unità (formate direttamente nelle scuole allievi dell'Arma e che possono già contare su 1, 2 e 3 anni di servizio alle spalle), se opportunamente selezionate e inserite negli apparati di sicurezza dello Stato, potrebbero, una volta esperito il necessario aggiornamento professionale, assicurare un efficace contributo nell'ambito della lotta alla criminalità e nel perseguimento dell'ordine pubblico in Italia;
          nell'attuale congiuntura economica, la necessità di sostenere nuove procedure concorsuali per ovviare alle carenze di organico delle forze dell'ordine mal si concilia con le stringenti difficoltà della finanza pubblica e, pertanto, qualsiasi intervento amministrativo in questo settore deve essere improntato al rispetto dei principi di economicità gestionale e di buon andamento della pubblica amministrazione –:
          se il Governo, sia a conoscenza della complessa problematica esposta in premessa;
          se il Governo non intenda esperire, secondo quanto previsto dalla Costituzione e dalle leggi e nel quadro delle compatibilità di finanza pubblica, tutte le possibili iniziative normative e regolamentari per il reintegro straordinario del personale proveniente dall'Arma dei carabinieri col grado di carabiniere ausiliario – privilegiando ovviamente la componente più motivata e professionalmente preparata – selezionandolo fra i congedati senza demerito e rimuovendo per questa via una situazione di dubbia costituzionalità e discriminatoria per la categoria in questione;
          se il Governo, ai fini del concreto e immediato riconoscimento professionale dei Carabinieri ausiliari, non intenda esperire le necessarie procedure di legge per destinare loro gli arruolamenti ordinari nell'autonoma disponibilità dell'Arma dei carabinieri (30 per cento delle assunzioni annuali nei ruoli iniziali). (4-16206)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta orale:


      CAPITANIO SANTOLINI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          in occasione della Conferenza europea per la famiglia, svoltasi a Bruxelles il 14 e 15 ottobre 2010, la Confederazione delle organizzazioni familiari dell'Unione europea (Coface) aveva proposto di designare il 2014 come l'anno europeo della famiglia;
          il 2014 coincide, inoltre, con il ventesimo anniversario dell'anno internazionale dedicato alla famiglia promosso dalle Nazioni Unite;
          in occasione della recente giornata internazionale della famiglia del 15 maggio 2012, la Coface ha nuovamente sollecitato l'Unione europea e gli Stati membri a sostenere la proposta in parola, mediante un impegno congiunto atto ad individuare obiettivi e misure da adottare a sostegno della centralità dei diritti delle famiglie  –:
          se non ritenga opportuno farsi portavoce, presso le competenti istituzioni europee, del sostegno italiano all'iniziativa in favore dell'istituzione dell'anno europeo della famiglia al fine di sollecitare l'avvio di tutte le necessarie procedure. (3-02277)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      PES. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la società Saras spa ha presentato nel giugno 2011, e regolarizzato ad agosto 2011, l'istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale relativa alla «realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi nel permesso di ricerca denominato Eleonora»;
          il progetto prevede la realizzazione di un pozzo denominato Eleonora 1 Dir, della profondità di 2.850 metri, entro l'area del permesso di ricerca «Eleonora» che si estende su una superficie di circa 44.300 ettari nell'entroterra del Golfo di Oristano;
          il pozzo sarà realizzato con tecnica a rotazione e circolazione inversa di fanghi bentonitici e dopo i primi 450 metri verrà direzionato, con un angolo di deviazione di circa 30° dalla verticale, in modo da consentire il raggiungimento di cinque obiettivi minerari a profondità variabile, non allineati sulla stessa verticale ma traslati progressivamente verso NNE;
          il punto di intesto del pozzo è situato a circa 4,5 chilometri dall'abitato di Arborea e a circa 180 metri dal SIC ITB 030016 «Stagno di S'Ena Arrubia e territori limitrofi» e dalla ZPS ITB 034001 «Stagno di S'Ena Arrubia», la cui perimetrazione coincide con quella della zona umida di importanza internazionale IT 016 «Stagno di S'Ena Arrubia»;
          per l'allestimento del cantiere, che occupa una superficie di 570 metri quadri sono previsti la rimozione preliminare dello strato superficiale di circa 40 centimetri di terreno vegetale, la realizzazione di una pavimentazione superficiale costituita da uno strato di pietrisco costipato e rullato, la messa in opera delle opere civili (cantina, basamenti degli impianti, canalette di raccolta acque, e altro) oltre che l'installazione di impianti (torre di perforazione di altezza 45 metri, top drive, generatori elettrici, circuito fanghi, bacini di stoccaggio fanghi esausti, e altro);
          le operazioni di perforazione prevedono l'infissione nel suolo mediante battipalo di un tubo guida del diametro di 20’’ fino alla profondità di 50 metri o fino a rifiuto totale, la perforazione, all'interno del tubo guida, del primo tratto del pozzo fino a una profondità di 450 metri, successivo rivestimento con colonna da 13 3/8’’ (colonna di ancoraggio) e cementazione dell'intercapedine tra pareti del foro e superficie esterna della colonna, la perforazione del tratto intermedio del pozzo (da 450 metri a 1.550 metri), rivestimento con colonna da 9 5/8’’ e cementazione dell'intercapedine; la perforazione dell'ultimo tratto, da 1.550 metri a 2.850 metri, rivestimento con liner da 7’’ e cementazione;
          il paese di Arborea è il principale distretto agricolo e di allevamento bovino di tutta la Sardegna;
          vi sono circa 200 aziende e oltre 30.000 capi bovini che producono il 98 per cento del latte vaccino sardo per un giro d'affari di diverse centinaia di milioni di euro;
          la realizzazione del pozzo avrebbe un grosso impatto sull'economia locale;
          è nato un comitato civico per opporsi al «Progetto Eleonora» che ha evidenziato da subito le carenze del progetto e la totale incompatibilità con la storia e l'identità di Arborea e di tutta la provincia di Oristano.
          una delibera dell'assessorato regionale all'industria del 2009 autorizzava la Saras spa ad ispezionare il territorio in esame;
          inizialmente la regione Sardegna non aveva ritenuto necessaria la valutazione di impatto ambientale;
          in seguito alle richieste e alle osservazioni pervenute al servizio SAVI da parte del comitato civico «no al Progetto Eleonora», di diverse associazioni ambientaliste, di centinaia di cittadini e di ProgReS Progetu Repùblica si è ritenuto di dover richiedere la valutazione di impatto ambientale;
          con delibera del 18 aprile 2012, infatti, la Giunta regionale ha deciso di sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale l'intervento in questione, proprio «in considerazione delle criticità legate, principalmente, all'ubicazione dell'intervento in aree ad elevata sensibilità ambientale, con particolare riferimento al fatto che l'area di cantiere ricade all'interno della fascia costiera; è interna all'Oasi di protezione faunistica “S'Ena Arrubia” (istituita con decreto dell'ass. dif. ambiente n.  111 del 20 luglio 1978), si trova a meno di 150 metri da SIC, ZPS e aree umide Ramsar, è interna alla perimetrazione dell'IBA 218 “Sinis e stagni di Oristano”. Nondimeno è risultata critica la vicinanza dell'area di intervento a recettori sensibili (aziende, abitazioni, e altro), da cui il cantiere dista poche centinaia di metri»;
          il 7 maggio 2012 il comune di Arborea ha deliberato la propria opposizione al «Progetto Eleonora» così come aveva fatto in precedenza l'amministrazione comunale di Marrubiu, consapevole del fatto che il territorio non è organizzato per compartimenti stagni e che eventuali danni al territorio di Arborea si sarebbero inevitabilmente riversati anche sui comuni limitrofi;
          con comunicazione del 27 marzo 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiamava l'assessorato regionale e il comune di Arborea a fornire informazioni in merito alle possibili incidenze negative sullo stagno S'Ena Arrubia SIC-ZPS e zone limitrofe;
          il Ministro era già intervenuto in proposito con nota del 23 dicembre 2011 nella quale aveva chiesto rassicurazioni alla regione Sardegna e all'amministrazione comunale;
          come già evidenziato nella prima nota di dicembre, il Ministero scriveva che «in relazione ad eventuali alterazioni dello stato di conservazione del sito Stagno di S'Ena Arrubia, ipotizzabili come derivate dalla compromissione della falda freatica durante le attività di trivellazione, si sottolinea l'importanza di condurre un approfondito studio da parte della Società proponente di tutte le possibili interferenze indirette nei confronti dei siti Natura 2000 presenti»;
          inoltre, il Ministro ha ricordato che la zona riceve dei finanziamenti (progetto LIFE) per scopi ambientali  –:
          se non ritenga opportuno continuare a vigilare perché siano messe in opera tutte le azione necessarie per tutelare l'ambiente interessato dal progetto, nonché la popolazione che in quei luoghi vive. (4-16195)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


      ROSSA e TULLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il teatro dell'Archivolto nasce a Genova nel 1986, rifondandosi sulle basi dell'originale formazione del 1978;
          fin dai suoi esordi opera in modo innovativo, alla ricerca di nuovi linguaggi e contaminazione tra gli stili, muovendosi tra prosa, letteratura, musica, danza;
          le produzioni caratterizzano l'Archivolto come una tra le più significative realtà del nuovo teatro italiano;
          nel 1997 l'Archivolto, dopo una lunga opera di restauro che lo ha visto impegnato come responsabile dei lavori e come finanziatore dell'operazione, ha restituito alla città il teatro Gustavo Modena, vero gioiello architettonico e unica sala ottocentesca di Genova;
          nel 2001 è stata restaurata la Sala Mercato dell'Ottocento, affiancata al teatro, ricavata dalla ristrutturazione dell'ex mercato comunale, dando vita così ad un centro polivalente di grande pregio architettonico situato in una zona periferica;
          il teatro opera in una zona a rischio degrado della città, e la presenza annuale di oltre 60.000 spettatori agli spettacoli sono linfa vitale per il quartiere, insieme alla riqualificazione e all'attività sociale che svolge il teatro con le sue iniziative culturali;
          nel 2003 il teatro dell'Archivolto si è costituito in fondazione;
          nel 2004 il teatro dell'Archivolto è stato riconosciuto teatro stabile privato e per questo riceve un contributo ministeriale esiguo (essendo il Fondo unico per lo spettacolo ripartito in base all'ereditarietà contributiva storica non aggiornata rispetto ai mutamenti e alle esigenze delle realtà teatrali, e da allora non è mai stato riadeguato alla nuova fisiologia della compagnia);
          i debiti pregressi che si sono sommati negli anni dovuti anche alle opere di restauro inerenti le strutture teatrali ammontavano nel 2008 a 2.200.000,00 euro;
          in seguito, il lavoro svolto con Arcus, il sostegno di enti pubblici, il contributo dei soggetti privati e delle imprese locali, e altresì la riduzione drastica delle spese tra cui il conseguente ridimensionamento del personale e del lavoro hanno permesso nel 2011 una riduzione di tale debito a 1.700.000,00;
          a fronte di un bilancio medio di 3.500.00,00 le entrate pubbliche corrispondono al 27-28 per cento;
          i contributi del Ministero per i beni e le attività culturali non hanno mai superato il 10 per cento;
          nel 2011 gli oneri sociali sono stati pari a circa euro 350.000,00 a fronte di un contributo ministeriale di euro 370.000,00;
          i criteri di valutazione quantitativa che, secondo la normativa sono alla base dell'assegnazione del contributo, valutano il 100 per cento degli oneri sociali e il 45 per cento dei costi di ospitalità;
          nel 2012 la Fondazione ha dichiarato 360.336 euro di oneri sociali e 128.150 euro di ospitalità;
          il contributo ministeriale quindi, in base ai criteri base dovrebbe essere almeno di 418.000 euro, a cui si dovrebbero aggiungere altri criteri, come il riconoscimento dell'attività svolta e la qualità artistica;
          pare ormai certo che la spesa di 1 milione di euro, destinata dal Ministero alla liquidazione dell'ETI, non sarà necessaria per una restituzione di crediti di imposta e ritornerà al fondo unico per la prosa, per essere divisa fra le varie qualifiche ministeriali (stabili pubblici, stabili privati, di innovazione, e altro);
          si sottolinea che negli ultimi tre anni, con grandi sacrifici ed enormi difficoltà, il bilancio è in pareggio, anche se il futuro risulta privo di certezze e prospettive  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno aumentare il contributo per il teatro Archivolto di Genova e permettere in tal modo che una realtà consolidata come quella descritta in premessa sia messa nelle condizioni di continuare ad operare. (4-16199)

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


      CAPITANIO SANTOLINI, DELFINO, GALLETTI, DE POLI, PEZZOTTA, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, RAO, VOLONTÈ, BINETTI, CALGARO, ENZO CARRA, LUSETTI, OCCHIUTO, TASSONE e LIBÈ. — Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          il Piano nazionale per la famiglia è stato varato dalla Conferenza nazionale della famiglia nel novembre 2010, presentato al Consiglio dei ministri nel giugno 2011 e sottoposto all'esame della Conferenza unificata circa un mese fa;
          il piano rappresenta un riconoscimento importante del ruolo sociale della famiglia e di quanto essa possa contribuire al benessere della popolazione e allo sviluppo di un welfare amico delle famiglie e delle comunità locali;
          il Piano nazionale per la famiglia va ad interessare diversi settori delle politiche familiari che, come noto, si realizzano, soprattutto, a livello di enti locali che devono organizzarsi non come gestori e organizzatori di ogni intervento, ma devono agire secondo il principio di sussidiarietà, mettendo le famiglie in condizione di svolgere al meglio i compiti che sono chiamate ad adempiere: accogliere la vita, crescere ed educare i figli, erogare servizi di cura per i soggetti deboli, accudire gli anziani ed agire secondo il principio di solidarietà;
          nel piano è previsto un ruolo primario delle associazioni che possono svolgere un effettivo ruolo di mutuo aiuto e accompagnare le famiglie nell'erogazione dei servizi alla persona  –:
          entro quali tempi il Piano nazionale per la famiglia sarà formalmente approvato e soprattutto quando sarà operativo. (3-02279)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


      MOLES e BALDELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          nel vertice della Nato di Chicago svolto nei giorni scorsi è stato affrontato il tema di come preservare e sviluppare capacità militari in un contesto di austerità finanziaria dei Paesi membri dell'Alleanza;
          in quella sede si è inevitabilmente sviluppata la riflessione sulle prospettive di implementazione della capacità militari in un quadro di progressivo superamento dell'impiego di ingenti forze militari nella missione Isaf in Afghanistan;
          è stata opportunamente ribadita la necessità che anche la Nato assicuri un passaggio graduale di consegne alle istituzioni locali e che ciò avvenga assicurando un pieno sostegno della comunità internazionale sul piano della formazione delle forze di sicurezza afgane e dell'assistenza finanziaria;
          a partire dal 2014 per la prima volta l'Alleanza si troverà, auspicabilmente, al termine di una lunga fase di intenso impegno operativo, cominciato in Bosnia e continuato in Kosovo, in Iraq con membri importanti dell'Alleanza, in Afghanistan e in Libia  –:
          quale approccio il Governo italiano intenda proporre in seno all'Alleanza per gestire il passaggio dalle attuali forme di impegno in Afghanistan alla ridefinizione di un nuovo quadro strategico della Nato.
(3-02278)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CONTENTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sta facendo discutere la notizia, pubblicata da vari organi di stampa del Nord Est, secondo cui il Ministero della difesa avrebbe intimato ad un «recuperante» della provincia di Udine di desistere da attività di ricerca di cimeli militari e riconsegna degli stessi ai parenti dei soldati deceduti nel corso dei due conflitti mondiali;
          il giovane in questione fa parte degli almeno 300 volontari che si occupano di dare un nome e un volto a decine di nostri compatrioti morti sui vari fronti bellici;
          non risulta che il «recuperante» si appropri dei manufatti (lo stesso si attiva, semmai, con i congiunti delle vittime e affida loro quanto ritrovato tra boschi e trincee abbandonate);
          il Ministero, rivendicando la titolarità delle singole piastrine identificative, avrebbe minacciato di ripercussioni giudiziarie il volontario se non cesserà dal contattare le famiglie dei soldati interessati;
          senza entrare nel merito della proprietà giuridica degli oggetti in parola, la questione merita un'attenta riflessione onde evitare inutili tensioni tra i familiari delle vittime, le associazioni di categoria e le autorità militari;
          sono state numerose le attestazioni di stima e di solidarietà che hanno raggiunto il «recuperante» udinese dopo la notifica del Ministero;
          va anche detto che sono più di uno gli enti locali che, sulla scorta dei ritrovamenti, hanno organizzato toccanti cerimonie di incontro con i congiunti di soldati dati per dispersi decenni fa  –:
          se non ritenga di dover rivedere la propria posizione in merito ai fatti di cui in narrativa, coordinando e monitorando le iniziative dei privati ma evitando diffide formali che sinora hanno solamente innalzato il livello di scontro e di polemica. (5-06902)

Interrogazione a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 18 maggio 2012 sul sito web de Il Sole 24 Ore è stato pubblicato un articolo a firma di Gianandrea Gaiani, dal titolo «È tempo di austerity: la parata militare del 2 giugno costerà il 40 per cento in meno dell'anno scorso»;
          gli interroganti con l'atto di sindacato ispettivo del 24 maggio 2011, n.  4-12053 cui non è stata data risposta, avevano chiesto di sapere, per il 2011, «quale sia la previsione di spesa per l'esercizio finanziario in corso, quale sia previsione di impiego di personale e mezzi delle Forze armate e dei Corpi armati e civili dello Stato e se non si ritenga opportuno per il 2012 disporre che i festeggiamenti avvengano in forma esclusivamente simbolica e, conseguentemente, destinare i fondi eventualmente stanziati per l'occasione al finanziamento di attività sociali o di assistenza ai diversamente abili o agli anziani»;
          l'autore dell'articolo cita dati riferiti al quotidiano da «fonti ben informate»  –:
          se i dati siano stati comunicati dal Governo a Il Sole 24 Ore in forma ufficiale, peraltro prima di dare risposta all'interrogazione in premessa;
          se confermi i dati riferiti dal quotidiano, e se intenda fornire maggiori dettagli al riguardo. (4-16202)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


      DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'obiettivo del contrasto ad ogni forma di elusione ed evasione fiscale deve essere obiettivo primario di tutti i Governi, indipendentemente dalla maggioranza che li sostiene;
          l'attività di riscossione coattiva si scontra con gli effetti della più pesante crisi economica che il nostro Paese, insieme a tutte le economie occidentali, sta attraversando; la situazione delle aziende in Italia è, infatti, preoccupante: le aziende che chiudono o, peggio ancora, falliscono, trascinano dietro di loro centinaia di altre aziende, che devono già fare i conti con scadenze inderogabili, ordinativi in calo, contrazione dei consumi privati; le conseguenze sono l'allungamento dei tempi di incasso, il rallentamento o, addirittura, il blocco della produzione, l'inutilizzo delle linee di credito bancarie costituite essenzialmente dai castelletti (sconti fatture e ricevute bancarie), il rallentamento dei pagamenti di dipendenti e fornitori, l'irrigidimento degli istituti bancari con ampliamento delle richieste di garanzie al fine del mantenimento delle linee di credito in essere, fino alla inevitabile sospensione (dapprima temporanea e poi cronica) dei pagamenti dei tributi, dei contributi, delle ritenute e dell'imposta sul valore aggiunto;
          le aziende più fragili sono naturalmente quelle piccole, che costituiscono la vera spina dorsale dell'intero sistema produttivo, protagoniste assolute nel Nord del Paese; queste subiscono anche le sofferenze del sistema pubblico, enti locali e sistema sanitario, che, ingessati dai vincoli europei, ritardano all'inverosimile i pagamenti, generando nelle imprese soffocanti crisi di liquidità;
          mentre fino a qualche anno fa le priorità per i piccoli imprenditori erano quelle di pagare regolarmente gli stipendi e di versare puntualmente i contributi, le ritenute e le imposte, oggi, pena la chiusura dell'attività, tali obblighi vengono posticipati, determinando una diffusa morosità delle imprese nei confronti di Equitalia e, quindi, dell'erario e degli enti previdenziali;
          l'attuale sistema sanzionatorio prevede, in caso di omissione dei versamenti, l'addebito di sanzioni e interessi che possono raggiungere importi insostenibili, calcolati sulla base degli importi omessi, con l'aggravio dei compensi per la riscossione. Con la notifica delle cartelle esattoriali scattano le azioni cautelari ed esecutive del concessionario che determinano necessariamente la chiusura dell'azienda, secondo il tipico iter: dapprima il pignoramento immobiliare (qualora l'azienda sia proprietaria di beni immobili) e l'iscrizione di ipoteca esattoriale con vendita dei beni a prezzi lontani dai valori reali; poi il pignoramento mobiliare con la vendita di tutte le attrezzature entro qualche settimana; avvio immediato dell'istanza di fallimento in caso di pignoramento insufficiente; blocco di tutti i conti correnti intestati alla ditta e notifica di pignoramenti di crediti presso terzi con contestuale distruzione dell'immagine aziendale; anche la rateizzazione non è di fondamentale aiuto, considerando le garanzie che devono essere prestate e gli importi delle prime rate, che spesso sono insostenibili;
          ormai si è giunti ad una vera e propria emergenza sociale: secondo i dati Istat, elaborati dall'istituto Eures ricerche economiche e sociali, negli anni 2010 e 2011 gli imprenditori suicidi sono stati 295, a cui bisogna aggiungere le decine di suicidi già registrati in questo primo scorcio del 2012;
          in una fase delicata come questa è necessario trovare il giusto equilibrio tra esigenze dell'erario di incassare i crediti e esigenze del mondo produttivo di sopravvivere per continuare a garantire lavoro e ricchezza a tutto il Paese, tenendo ben presente che un'azienda che fallisce non è in grado di far fronte ai propri debiti verso lo Stato e genera un aumento delle spese per ammortizzatori sociali, sostegni al reddito e prestazioni agevolate; occorre evitare che la somma di sanzioni, interessi ed aggi rendano insostenibile il debito tributario originario e introdurre meccanismi per rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva per i contribuenti onesti che dimostrino di non essere temporaneamente in grado di adempiere ai propri obblighi fiscali e contributivi a causa della difficile congiuntura economica;
          in attesa di una riforma organica del sistema della riscossione, sarebbe opportuno introdurre una sorta di moratoria per i debiti tributari, analogamente a quanto fatto giustamente per i debiti delle piccole e medie imprese; ovviamente non una moratoria generalizzata, ma una moratoria che vada ad alleggerire, per almeno un anno, solo le posizioni più a rischio, tenendo conto delle imprese che effettivamente ed oggettivamente sono state travolte dalla crisi e che non sono più in grado di far fronte ai propri debiti; si crede che sia possibile mettere in campo una verifica da parte di Equitalia s.p.a. e delle aziende del gruppo su tutto il territorio nazionale e proporre al Governo una mappatura delle situazioni più gravi, meritevoli di attenzione;
          nella seduta del 17 maggio 2012, in occasione della conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2012, n.  29, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/5178/40 proposto dalla Lega Nord, che invitava l'Esecutivo a valutare l'introduzione di una moratoria dei debiti tributari per le imprese più in difficoltà, senza ulteriori aggravi per sanzioni ed interessi di mora  –:
          se il Governo, al fine di agevolare il pagamento dei debiti tributari delle imprese in crisi, considerando anche la difficoltà da parte delle imprese stesse a riscuotere i crediti commerciali verso la pubblica amministrazione, intenda proporre, dando seguito all'impegno assunto nell'ordine del giorno citato in premessa, una moratoria dei debiti tributari per le imprese identificate, senza ulteriori aggravi per sanzioni ed interessi di mora, per un periodo di almeno 360 giorni. (3-02283)


      ANIELLO FORMISANO, DI PIETRO, BORGHESI, MONAI e PALAGIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          oltre diecimila risparmiatori, ma purtroppo le cifre sono ancora provvisorie, sarebbero rimasti coinvolti nel fallimento del gruppo Deiulemar;
          la Deiulemar era la compagnia campana attiva nel trasporto marittimo di merci e passeggeri, un vero e proprio colosso dei mari che gestiva oltre 60 navi e fatturati da centinaia di milioni di euro dichiarata fallita dal tribunale di Torre Annunziata il 2 maggio 2012;
          è emerso che la società ha emesso titoli per centinaia di milioni di euro fuori da qualsiasi controllo, mentre in parallelo faceva certificare i bilanci da Kpmg ed emetteva obbligazioni regolari, prestiti che rischiano di non essere rimborsati per il fallimento della società di Torre del Greco;
          quello che è emerso finora è che, accanto ai certificati obbligazionari regolarmente emessi, la compagnia e i suoi amministratori hanno continuato a rilasciare titoli simili ad obbligazioni al portatore, intestati alla società e da essa regolarmente onorati fino a poche settimane fa, ma totalmente al di fuori delle norme sulle emissioni e, a quanto risulta, dai bilanci della società stessa. Tanto che ad oggi non si sa quanto sia l'ammontare delle obbligazioni circolanti, quante quelle «regolari» e quali le «irregolari», né come distinguere fra esse;
          la sentenza di fallimento emessa dal tribunale di Torre Annunziata ha determinato la necessità di destinare alla complessa attività penale ben tre magistrati che da questo momento in poi non avranno il tempo di fare altra attività, essendo totalmente assorbente la ricerca dei capitali sottratti agli investitori, che, si ripete, sono almeno 10.000;
          il tribunale civile dovrà ugualmente dedicarsi al vaglio di tutte le pratiche di insinuazione al passivo che saranno prodotte;
          pertanto, oltre al danno ai risparmiatori, si verifica l'ulteriore beffa che il tribunale di Torre Annunziata, già sotto organico, sarà completamente paralizzato per tutti gli altri aspetti ordinari in una zona ad alta concentrazione di attività criminale;
          ci si può legittimamente chiedere come sia stato possibile che, senza che siano intervenuti gli organismi di controllo, un impero dello shipping, con oltre 60 navi gestite fra proprietà e noleggi, fatturati da centinaia di milioni di euro, attività di livello internazionale, sia stato costruito emettendo titoli di dubbia consistenza giuridica per centinaia di milioni di euro, senza registrare la quantità e l'ammontare degli stessi, il tutto in parallelo ad operazioni di sofisticata ristrutturazione dell'architettura societaria, alla certificazione dei bilanci (da parte di una «big» come Kpmg) e all'emissione di obbligazioni; ci si chiede, altresì, quali iniziative si intendano intraprendere per accertare le responsabilità;
          sarebbe necessario, a parere degli interroganti, provvedere ad una «applicazione» di altri magistrati al tribunale di Torre Annunziata per velocizzare il soddisfacimento dei creditori, la condanna dei colpevoli e l'effettuazione di tutte le altre competenze ordinarie del tribunale stesso, nonché assumere tutte le iniziative necessarie per accelerare il percorso fallimentare, al fine di giungere, quanto prima è possibile, al soddisfacimento degli obbligazionisti;
          a fronte della gravissima situazione è stato rivolto un appello al Governo da parte del presidente del consiglio provinciale di Napoli  –:
          quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda assumere affinché non siano come al solito i risparmiatori a pagare «di tasca loro» per la leggerezza ed il mancato senso di responsabilità di coloro che possono aver condotto gestioni scellerate del gruppo Deiulemar, cui numerosi cittadini hanno dato fiducia con i loro investimenti credendo nella solidità della società. (3-02285)

Interrogazione a risposta orale:


      DIONISI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          le case del centro storico di Roma (ma la stessa situazione è facilmente rinvenibile anche in altre città ad alta densità abitativa) risulterebbero censite in categoria A/5 o A/4, un tempo corrispondente agli alloggi ultrapopolari, quindi senza ascensore o con il bagno sul ballatoio;
          in virtù di tale categoria avrebbero una rendita catastale talmente bassa che il saldo finale ai fini IMU sarebbe irrisorio se non nullo, tenuto conto delle detrazioni;
          solo il 15 per cento delle rendite degli alloggi del tridente risulterebbe, infatti, rivalutato negli ultimi anni, mentre tutte le altre abitazioni di pregio comprese nella prima zona censuaria, risulterebbero classificate come ultrapopolari e pagherebbero meno di una casa in periferia;
          il calcolo in base ai vani non garantisce più un principio di equità, specie nel centro storico della Capitale dove l'ampiezza delle abitazioni non è mai stata legata al numero dei vani, senza contare che la maggioranza delle case di pregio del centro storico sono state ristrutturate senza che sia stata modificata dai proprietari la loro classificazione;
          la legge delega sulla riforma del catasto richiede tempi lunghi mentre è opportuno che questa anomalia venga al più presto sanata abolendo la categoria A/5 e trasformarla in A/2 (abitazioni di tipo civile)  –:
          se non ritenga di assumere un'iniziativa, anche di tipo normativo, volta ad eliminare questa sperequazione tra rendite catastali delle unità immobiliari dei centro storici e delle periferie, anche al fine di garantire un maggior gettito alle casse delle amministrazioni comunali e dello Stato. (3-02276)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


      LO MONTE, BRUGGER, ZELLER e NICCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44, interviene in materia di fiscalità locale;
          nel corso dell’iter di conversione in legge, il citato articolo 4 del decreto-legge ha subìto molte modifiche: in particolare, a seguito dell'approvazione, il 17 aprile 2012, da parte della Commissione Finanze della Camera dei deputati, dell'emendamento Zeller 4.23, è stato aggiunto un periodo alla lettera a) del comma 1-ter, ai sensi del quale le province autonome di Trento e Bolzano possono assoggettare all'IMU i fabbricati rurali strumentali con le aliquote di legge ferma la possibilità di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni ai sensi delle norme Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige;
          inoltre, sempre durante l'esame in sede referente alla Camera è stata approvata una modifica alla lettera b) del medesimo articolo 4, comma 1-ter, il cui testo recitava, nella formulazione approvata dal Senato: b) al comma 9 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono comunque assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali, gli immobili esenti dall'imposta municipale propria»;
          tale formulazione originaria della lettera b) avrebbe, in sostanza, comportato l'effetto che gli immobili esenti dall'imposta municipale propria sarebbero stati comunque assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali, sebbene essi fossero stati fino ad oggi esenti dall'IRPEF ai sensi dell'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917 (TUIR);
          nel corso dell'esame svoltosi presso la Commissione Finanze della Camera, a seguito dell'approvazione, il 16 aprile 2012, dell'emendamento 4.201 (Nuova formulazione) del relatore, nella predetta lettera b) sono state inserite le parole «ove dovute», che modificano notevolmente il senso della disposizione;
          l'interpretazione letterale di tale modifica induce a ritenere che l'assoggettamento alle imposte sui redditi e alle relative addizionali degli immobili esenti da IMU sia dovuto solo se previsto dalla normativa vigente in materia di imposte sui redditi: pertanto, visto che i fabbricati rurali strumentali risultano essere esenti a tali fini ai sensi dell'articolo 42 del TUIR, dovrebbero continuare a non essere soggetti all'imposizione sui redditi;
          in pratica, mentre la formulazione della predetta lettera b), nel testo licenziato dal Senato, disponeva che «sono comunque assoggettati alle imposte sui redditi gli immobili esenti dall'IMU», e quindi aveva una portata innovativa, stabilendo l'imponibilità ai fini delle imposte sui redditi dei fabbricati rurali strumentali, l'aggiunta delle parole «ove dovute» sembra, invece, confermare la normativa vigente, precisando che i fabbricati già esenti dall'imposizione sui redditi continueranno a godere di tale regime  –:
          se non intenda chiarire in via interpretativa l'effettiva portata della normativa descritta in premessa in maniera che sia confermato che i fabbricati rurali strumentali esenti dall'imposta municipale propria continuano ad essere esenti dalle imposte sui redditi e delle relative addizionali, ai sensi dell'articolo 42 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). (5-06903)


      BARBATO e MESSINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 29 febbraio 2012 la Banca centrale europea ha distribuito alle banche europee un rifinanziamento della durata di 3 anni ad un tasso agevolato dell'1 per cento di circa 529,5 miliardi di euro; l'operazione è stata realizzata nell'ambito del secondo ciclo di LTRO (operazioni di rifinanziamento a lungo termine), e ha coinvolto oltre 800 banche europee;
          nel corso del primo ciclo di LTRO, risalente al mese di dicembre 2011, la Banca centrale europea aveva collocato 489 miliardi di euro a oltre 523 istituti bancari del vecchio continente: il saldo totale di entrambe le operazioni di rifinanziamento ammonta a circa 1.018 miliardi di euro;
          il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha recentemente affermato che, mentre le banche hanno utilizzato la prima operazione LTRO per far fronte ai problemi di provvista fondi, al rimborso delle obbligazioni in scadenza e, in misura minore, all'acquisto di titoli di Stato, la seconda tranche di LTRO avrebbe avuto la finalità di rimettere in moto il credito a imprese e famiglie;
          risulta agli interroganti che le condizioni applicate ai clienti dalle banche nel mese di marzo 2012 sono ancora molto onerose (Euribor a 3 mesi 0,80 per cento; Eurirs 1,05 per cento; spread 3,50 per cento-4,50 per cento circa) e ben lungi dall'obiettivo prefissato dalla Banca centrale europea di rimettere in moto il credito per imprese e famiglie –:
          alla luce di quanto sopra esposto, in quale misura le banche italiane beneficiarie del rifinanziamento abbiano destinato le risorse ricevute per l'erogazione di mutui e affidamenti a imprese e famiglie ed a quale tasso. (5-06904)


      DELLA VEDOVA e DI BIAGIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge del 23 gennaio 1993, n.  16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n.  75, ha previsto che per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si consideri direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata, prevedendo per questa esclusivamente l'applicazione delle detrazioni dell'imposta ICI, ai sensi dell'articolo 8 comma 2 del decreto legislativo n.  504 del 1992;
          l'Agenzia delle entrate ha ritenuto in via interpretativa di escludere dall'ambito di applicazione dell'esenzione dal pagamento dell'ICI prevista dal decreto-legge 27 maggio 2008, n.  93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.  126, l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, non applicando quanto previsto dalla legge n.  75 del 1993;
          sulla base delle evidenze normative citate, sebbene l'abitazione dei connazionali residenti oltre confine sia stata configurata come «abitazione principale» ai fini del riconoscimento delle opportune detrazioni previste dal decreto legislativo n.  504 del 1992, non è stata considerata «abitazione principale» ai fini del riconoscimento dell'esenzione dall'imposta, legittimando di fatto un paradosso normativo;
          ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n.  201, convertito, con modificazioni, della legge 22 dicembre 2011 n.  214, è stata prevista l'istituzione dell'imposta municipale propria, (IMU) anticipandola, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012;
          al comma 10 dell'articolo 13 del predetto decreto-legge n.  201 viene riconosciuta una detrazione dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, non fornendo altresì alcun tipo di specifica in merito alle potenziali detrazioni sull'imposta municipale per gli immobili di proprietà dei connazionali residenti oltre confine;
          l'attuale configurazione normativa, palesemente lacunosa, alla vigilia dell'applicazione dell'imposta municipale propria, rischia di legittimare una condizione discriminatoria in capo all'unità immobiliare posseduta cittadino italiano residente oltre confine, che – sebbene si configuri come abitazione principale ai sensi della legge n.  75 del 1993 – sotto il profilo fiscale verrebbe equiparata ad una «seconda casa»;
          sebbene in più occasioni il Governo si sia impegnato a rettificare la normativa indicata, ad oggi non risulta essere stato intrapreso alcun intervento in tal senso  –:
          quali iniziative normative intenda assumere al fine di riconoscere anche agli immobili, non locati e ubicati in Italia di proprietà dei connazionali residenti oltre confine, le detrazioni sull'IMU di cui al comma 10 dell'articolo 13 del decreto-legge n.  201 del 2011. (5-06905)


      FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la lotta all'evasione ed all'elusione fiscale deve necessariamente tenere conto della drammatica situazione in cui versa la nostra economia e, conseguentemente, della difficoltà delle nostre imprese a proseguire l'attività;
          le aziende, soprattutto le più piccole, sono state travolte dalla crisi, dai ritardi ormai cronici delle nostre pubbliche amministrazioni nei pagamenti delle forniture di beni e di servizi e dalla difficoltà del sistema bancario ad erogare credito in maniera sufficiente per sostenere la ripresa;
          gli sforzi di tutti gli Stati Unione europea vanno nella giusta direzione di ridurre i propri deficit ed i propri debiti e spingono nel reperire nuove risorse finanziarie dal recupero di patrimoni sottratti a tassazione;
          l'Agenzia delle entrate sta aggiornando gli obiettivi di raccolta delle proprie direzioni regionali e provinciali, con obiettivi ambiziosi, forse troppo ambiziosi: la direzione provinciale di Trento, che nel 2011 recuperò 75 milioni di euro, si è vista assegnare dalla direzione centrale l'obiettivo di 105 milioni di euro, con un incremento quindi del 40 per cento di quanto recuperato lo scorso anno;
          tale obiettivo, stimato su quanto effettivamente riscosso e non su quanto accertato, risulta esagerato considerando le note difficoltà delle imprese e rischia di acuire la pesante crisi sociale che negli ultimi mesi sta caratterizzando il nostro Paese; il personale dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia è da mesi oggetto di forti contestazioni in tutto il Paese, che certo verranno esasperate dagli obiettivi sproporzionati imposti a livello nazionale  –:
          se gli obiettivi assegnati dall'Agenzia delle entrate per la provincia di Trento siano in linea con gli obiettivi assegnati alle altre province italiane e quali siano, nel dettaglio, tali obiettivi, suddivisi per provincia. (5-06906)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      GREGORIO FONTANA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la scuola superiore della magistratura è stata istituita già dal 2006 ed è volta a migliorare la qualificazione dei magistrati al fine di rendere più efficiente il servizio giustizia reso ai cittadini;
          la legge n.  111 del 2007 individua le sedi della scuola nelle città di Bergamo, Firenze e Benevento;
          nei scorsi giorni è stata data notizia che il Ministro della giustizia avrebbe deciso di non aprire più la sede della scuola di magistratura nella città di Bergamo in quanto sarebbe stata accantonata l'idea delle tre sedi per puntare su una unica da collocare a Firenze;
          questa decisione disattenderebbe i precisi accordi ed atti intervenuti tra il Ministero della giustizia e istituzioni bergamasche che hanno operato in questi anni con responsabilità e generosità per mettere a disposizione con celerità e nei tempi richiesti la sede per la scuola di magistratura di Bergamo;
          le vicende della sede della scuola di magistratura, se confermate, costituiscano esempio inaccettabile e intollerabile di spreco di denaro pubblico che non può non suscitare condanna e riprovazione in un momento drammatico nel quale si chiedono pesanti sacrifici ai cittadini;
          delle tre sedi per la scuola di magistratura individuate a livello nazionale, quella di Bergamo risulterebbe ad oggi l'unica pronta per l'immediata attivazione e non avrebbe pertanto giustificazione a fronte degli impegni e dei contratti sottoscritti, nonché delle spese già sostenute, la scelta di una diversa collocazione  –:
          come il Ministro intenda operare in merito alla sede della scuola di magistratura della città di Bergamo al fine, non solo di salvaguardare le spese sostenute dal comune e dalla provincia di Bergamo, ma per dare effettiva attuazione alle legge n.  111 del 2007. (4-16197)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
          il contratto di locazione della prefettura e dell'alloggio prefettizio di Cremona, il cui canone di locazione corrisponde ad euro 253.063,88, risulta scaduto in data 30 novembre 2010 e ad oggi non è ancora stato rinnovato con l'ente proprietario dell'edificio, ovvero la provincia di Cremona;
          il contratto di locazione della caserma dei carabinieri di S. Lucia di Cremona è scaduto in data 30 novembre 2011 e ad oggi, a fronte di un canone di locazione pari ad euro 113.300,84, il medesimo canone dell'anno 2011 non è stato corrisposto all'ente provincia di Cremona, proprietario dell'immobile;
          la situazione debitoria complessiva nei confronti dell'ente provincia di Cremona per i due immobili ammonta ad euro 366.364,72 e, come risulta anche da una segnalazione effettuata dall'ente provincia di Cremona, permane ancora scoperto il rimborso delle spese di riscaldamento richiesto in acconto per euro 12.016,61, relativo al periodo 2010/2011, e manca ancora l'acconto del periodo 2011/2012;
          la situazione descritta relativamente agli immobili di proprietà della provincia di Cremona è riscontrabile anche per molti altri enti locali, che vivono oggi una situazione di estrema difficoltà, in virtù sia delle riduzioni delle risorse economiche, diminuite anche a causa dei recenti provvedimenti governativi quali il ripristino del regime di tesoreria unica, sia della crisi economica, aggravata peraltro dalle recenti disposizioni promosse dal Governo in materia di imposta municipale unica (IMU)  –:
          se non si ritenga opportuno, anche in ragione della grave situazione degli enti locali, assumere idonee iniziative di competenza affinché vengano definite con certezza ed urgenza le tempistiche entro le quali si intende corrispondere all'ente provincia di Cremona e agli altri enti locali che vantino analoghi crediti verso le amministrazioni centrali, le somme dovute, relative ai canoni d'affitto e al rimborso per le spese di riscaldamento non ancora incassate.
(2-01506) «Comaroli, Dozzo, Alessandri, Bonino, Callegari, Cavallotto, Chiappori, Fabi, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Martini, Molgora, Laura Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Rainieri, Rondini».

Interrogazione a risposta scritta:


      GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da alcune notizie riportate sulla stampa (l'Eco di Bergamo del 18 maggio 2012) risulta che al Ministero dell'interno sarebbe allo studio il taglio di alcuni presidi territoriali della polizia di Stato. In questo contesto si è paventata tra l'altro la possibilità di sopprimere il commissariato di Treviglio;
          la provincia di Bergamo soffre da sempre, in particolare la bassa bergamasca, di un pesante deficit di organico delle forze di polizia, con un rapporto tra cittadini e rappresentanti delle forze dell'ordine tra i più bassi d'Italia e in questa zona della provincia, tra l'altro, si registra la maggiore attività della criminalità;
          la zona della bassa pianura bergamasca è una realtà in forte espansione, direttamente interessata da grandi opere di comunicazione in fase di realizzazione che hanno nella città di Treviglio il centro nevralgico  –:
          quali siano le intenzioni del Ministro per quel che riguarda la chiusura di alcuni commissariati sul territorio nazionale, con particolare riferimento a quello di Treviglio. (4-16198)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


      SCILIPOTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dai giornali che il 6 ottobre 2011 l'ingegner Andrea Rossi ha condotto a Bologna un esperimento relativo a una rivoluzionaria nuova sorgente di energia nucleare. Il sistema presentato è in grado di erogare una potenza dell'ordine di alcuni kilowatt per diverse ore. L'enorme energia prodotta esclude in maniera categorica la possibilità di errori sperimentali;
          l'esperimento vede coinvolto il professor Sergio Focardi, professore emerito dell'Università di Bologna ed ex preside della facoltà di scienze, ed è basato sulla fusione nucleare dell'idrogeno con alcuni isotopi stabili del nickel;
          in particolare, l'ingegner Andrea Rossi e il fisico professor Sergio Focardi nel mese di ottobre 2011 hanno tenuto una pubblica dimostrazione di un dispositivo chiamato E-cat basato sulla teoria della fusione fredda. Il sistema sarebbe in grado di erogare circa mezzo megawatt di potenza termica senza consumare che pochi grammi (1-2 grammi) di idrogeno e nichel, che equivale alla potenza di un grosso motore diesel o della caldaia di un grosso condominio;
          i dubbi sollevati, in merito alla eventuale commercializzazione dell'E-cat, sulla possibile emissione di radiazioni, sono stati smentiti dagli stessi scienziati che hanno confermato che nessuna radiazione è emessa all'esterno e che i bassi livelli di raggi gamma dentro l'E-cat sono convertiti in calore;
          nessun materiale radioattivo sembrerebbe essere utilizzato nel sistema. Le ceneri della combustione nucleare sono costituite da isotopi stabili (non radioattivi) del rame. Il brevetto italiano è stato già rilasciato: «processo ed apparecchiatura per ottenere reazioni esotermiche, in particolare da nickel ed idrogeno», n.  brevetto 0001387256;
          le probabilità di trovarsi in presenza di una scoperta rivoluzionaria sono molto alte, considerando che oggi sono molti i gruppi di ricerca nel mondo che, pur con livelli di energia decisamente inferiori, sostengono di ottenere una produzione anomala di energia in sistemi che utilizzano il nickel o il palladio e l'idrogeno o il deuterio. Centinaia di pubblicazioni scientifiche e di brevetti sostengono la possibilità di una nuova fonte di energia nucleare. Tra i brevetti più simili, si trovano, ad esempio, il brevetto del professor Piantelli, «Method for producing energy and apparatus therefor», W02010058288A1, il brevetto del professor Ahem del Mit(Massachusetts Institute of technology), «Method of maximizing anharmonic oscillations in deuterated alloys», US5411654, e il brevetto del professor Arata dell'Università di Osaka, «Hydrogen condensate and method of generating heat therewith», W02004034406;
          gli ambienti accademici italiani e internazionali hanno spesso ignorato tali ricerche, in quanto molte riviste scientifiche non accettano lavori sperimentali che richiedono un cambiamento di paradigma delle teorie scientifiche più consolidate. Tuttavia, la potenziale gigantesca importanza scientifica ed economica di tali ricerche impone oggi decisamente un'indagine risolutiva sull'esperimento in questione, cercando di non lasciare cadere nel vuoto risultati sperimentali interessantissimi, come avvenuto nel recente passato con il rapporto 41, un documento dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di Frascati in cui si dimostrava la possibilità di ottenere reazioni nucleari a bassa energia in un sistema deuterio/palladio;
          in Italia sono diversi i gruppi che si sono interessati alla fusione fredda:
              a) il gruppo del fisico Giuliano Preparata (morto nel 2000), professor ordinario all'Università di Milano, autore di un eccellente libro di fisica teorica «Qed coherence in matter», dove un capitolo è dedicato alla teoria della fusione fredda;
              b) il gruppo della professoressa Antonella De Ninno dei laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di Frascati, autore del famoso rapporto 41;
              c) il gruppo del professore Francesco Piantelli dell'Università di Siena che, in collaborazione col professor Sergio Focardi dell'Università di Bologna, aveva già ottenuto risultati interessanti nel 1994 in sistemi nickel/idrogeno;
              d) il gruppo dell'ingegner Andrea Rossi (un industriale privato) che, collaborando con Sergio Focardi (distaccatosi da Piantelli), è riuscito ad ottenere risultati interessanti non solo dal punto di vista scientifico ma anche economico, riuscendo a produrre quantità enormi di energia (decine di kilowatt termici per diverse ore) con apparecchiature dal costo irrisorio;
          si apre una possibilità nel caso, ad esempio, che fosse sviluppata l'ingegnerizzazione dell'apparecchio brevettato dall'ingegner Rossi o di altri scienziati, di liberare l'Italia dalla dipendenza degli approvvigionamenti di petrolio, carbone o da altri acquisti di energia elettrica, con enormi vantaggi ecologici e di bilancio  –:
          se non si ritenga necessario, alla luce di quanto sopra esposto, adottare opportune iniziative, anche normative, tese ad una rapida ed effettiva apertura a questo tipo di ricerche, considerato che, per svariati motivi, in Italia sono state sospese le ricerche dei privati e degli enti pubblici che, di fatto, sono all'avanguardia mondiale con una tecnologia che, se verificata, in breve tempo potrebbe risolvere tutte le questioni relative alla produzione di energia elettrica a bassissimo costo senza danni all'ambiente, permettendo al Paese di diventare esportatore di energia elettrica a bassissimo costo. (3-02282)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


      BARBARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la legge 7 dicembre 2000, n.  383, ha istituito l'Osservatorio nazionale dell'associazionismo sociale come organo formato dai rappresentanti delle associazioni, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con sede presso il Dipartimento per gli affari sociali;
          nonostante la legge 7 dicembre 2000, n.  383, avesse stabilito in tre anni la durata in carica dei membri dell'Osservatorio e in due il limite dei mandati per ciascuno di questi, sino ad oggi la composizione di questo soggetto è rimasta invariata e nessun limite di funzione è stato osservato. Si è, quindi, instaurato un regime di prorogatio che viola i criteri di pluralismo e rappresentatività cui si richiama la legge istitutiva dell'Osservatorio stesso;
          stando ai compiti attribuiti alle lettere d) e f) dell'articolo 12, comma 3, della legge 7 dicembre 2000, n.  383, l'Osservatorio sostiene le iniziative di formazione e aggiornamento per lo svolgimento delle attività associative e i progetti di informatizzazione e di banche dati nei settori in cui operano le associazioni di promozione sociale. Approva, inoltre, progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, dalle medesime associazioni comunque iscritte ai registri delle associazioni di promozione sociale (nazionale, regionale o delle province autonome), per far fronte a particolari emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;
          ogni anno viene predisposta una direttiva ministeriale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, concernente le modalità per la presentazione di progetti e di iniziative, nonché gli ambiti di intervento da considerarsi prioritari, e ciascuna associazione, o alcune in forma di partenariato (comunque iscritte ai registri delle associazioni di promozione sociale nazionale, regionale o delle province autonome), può presentare domanda di finanziamento;
          in questa direttiva ministeriale viene anche annualmente stabilita l'entità finanziaria da destinare alle iniziative e ai progetti delle associazioni di promozione sociale di cui alle lettere d) e f) dell'articolo 12, comma 3, della legge 7 dicembre 2000, n.  383; per il 2011 sono stati messi a disposizione circa 9 milioni e mezzo di euro, mentre negli anni precedenti venivano stanziati circa 11 milioni di euro;
          l'Osservatorio, approvando le graduatorie redatte da un'apposita commissione esaminatrice (una per i progetti di cui alla lettera f) della legge 7 dicembre 2000, n.  383, e una per le iniziative di cui alla lettera d) della stessa legge), di fatto contribuisce alla distribuzione dei contributi alle associazioni suddette;
          poiché la composizione dell'Osservatorio è rimasta inalterata e le associazioni che ne fanno parte concorrono per ottenere i finanziamenti erogati, pur essendo esse stesse i giudici che scelgono a chi destinarli, si genera, a parere dell'interrogante, un conflitto di interessi in conseguenza del quale la maggioranza dei soggetti regolarmente iscritti ai registri delle associazioni di promozione sociale (nazionale, regionale o delle province autonome) risulta spesso esclusa dai finanziamenti;
          il mancato rispetto delle regole di composizione dell'Osservatorio, assieme all'ambigua situazione in cui controllore e controllato coincidono, potrebbe alimentare contenziosi basati sulla tesi di un'irregolare distribuzione dei fondi, che finirebbero per causare un danno erariale;
          in un'ottica di revisione funzionale della spesa pubblica, necessaria in un contesto di austerity e in prospettiva di una ripresa ciclica della nostra economia, l'entità dei fondi stanziati appare degna di considerazione, fermo restando l'indispensabile supporto che le istituzioni sono chiamate a dare al mondo dell'associazionismo sociale che opera capillarmente sul territorio, svolgendo anche un'implicita funzione di ammortizzatore sociale  –:
          cosa il Governo intenda fare, nell'ambito delle sue competenze e rispetto a quanto illustrato in premessa, per garantire una corretta operatività dell'Osservatorio nazionale dell'associazionismo sociale nel perimetro stabilito dalla legge e per ottimizzare l'assegnazione delle risorse che questo destina all'associazionismo – attualmente in una situazione, a giudizio dell'interrogante, di evidente conflitto di interessi – contemperando l'esigenza di supportare il terzo settore secondo criteri di merito effettivo con quella di reperire risorse per la crescita economica italiana.
(3-02280)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      MISEROTTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in seguito all'esclusione da un concorso interno, bandito ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 23 giugno 1995, n.  244, riguardante la soppressione dell'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (AGENSUD), alcuni dipendenti del precedente Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, ivi transitati per mobilità dal Ministero delle poste e telecomunicazioni, sono stati ammessi a parteciparvi con riserva ed alcuni di loro sono risultati vincitori;
          il legale che rappresentava i ricorrenti ha depositato in data 26 giugno 1998 due ricorsi identici per i quali è stata successivamente depositata una memoria integrativa che differenziava i ricorrenti provenienti dalla pubblica amministrazione e quelli facenti parte del personale dell'Agensud, per il quale era prevista l'esclusione dal concorso interno sopraccitato;
          dei due ricorsi uno è stato respinto e l'altro è stato accolto dallo stesso organo giudicante (TAR del Lazio), nonostante la documentazione prodotta per entrambi i ricorsi fosse identica;
          si è creata, così, una palese situazione di disuguaglianza tra ricorrenti esclusi dall'attribuzione del diritto e ricorrenti ai quali è, invece, stato riconosciuto tale diritto, pur essendo tutti nella medesima situazione giuridica e vincitori dello stesso concorso interno;
          alcuni ricorrenti ai quali è stato negato l'avanzamento di carriera, si trovano, nella graduatoria finale di merito, anche in posizione migliore rispetto a quelli che hanno ottenuto il diritto rivendicato, rendendo ancor più evidente la situazione di ingiustizia che si è venuta a creare  –:
          come il Governo intenda garantire l'imparzialità della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione e il rispetto del principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione, prevedendo, per quanto di competenza, una soluzione equa in relazione a questa gravissima vicenda. (4-16207)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


      MARIO PEPE (PD), MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, MAZZARELLA, GIORGIO MERLO, MIOTTO, MIGLIOLI e MATTESINI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          a seguito delle eccezionali nevicate che hanno colpito, nel mese di febbraio 2012, le zone interne della Campania, numerose imprese di costruzione, convocate e coordinate dalle strutture territoriali dell'Ance, a loro volta sollecitate dalla regione Campania, hanno messo a disposizione mezzi ed uomini per garantire gli interventi necessari a ristabilire la normalità nei collegamenti, data la grave situazione d'emergenza;
          grazie alla responsabilità ed al senso civico di tali imprese, che hanno impegnato le proprie risorse ininterrottamente per tutta la durata dell'emergenza, dedicandosi giorno e notte alla risoluzione delle innumerevoli situazioni di difficoltà, è stato possibile superare l'emergenza neve, limitando i disagi per le varie comunità;
          le imprese, per il lavoro eseguito, hanno subito costi che vanno dal gasolio per i mezzi al pagamento dei propri dipendenti, chiamati a lavorare senza soluzione di continuità (anche di notte e nei giorni festivi);
          le imprese intervenute hanno provveduto, entro i termini stabiliti in via perentoria dalla regione Campania, ad inviare agli enti locali una rendicontazione delle spese sostenute, al fine di poterla trasmettere alla regione stessa;
          ad oggi, nonostante siano trascorsi quasi tre mesi dall'emergenza, nessuna impresa è stata pagata e, cosa ancor più preoccupante, non vi è alcuna certezza sui tempi di pagamento, aggravando ulteriormente le condizioni di estrema difficoltà finanziaria e di esposizione bancaria che molte imprese stanno già subendo per l'attuale crisi economica;
          l'assessore regionale competente Edoardo Cosenza ha risposto al sistema delle imprese ed agli enti locali, a seguito di ripetute sollecitazioni, spiegando che i fondi per l'emergenza neve sono tutti del Governo e che il compito della regione è stato quello di fare un rendiconto della situazione e trasferirlo alla Protezione civile a Roma, che, a sua volta, reperiti i dati di tutte le regioni interessate, dovrà sottoporre il rendiconto completo al Governo  –:
          quali siano i dati a disposizione del Governo rispetto al numero delle imprese coinvolte nell'opera di assistenza dei territori colpiti dalle straordinarie nevicate del febbraio 2012, anche con riferimento ai relativi oneri finanziari che l'operazione ha comportato, assicurando al riguardo la tempestiva risoluzione delle pendenze economiche a carico delle pubbliche amministrazioni interessate in tutto il territorio nazionale. (3-02284)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      DE POLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la focomelia è una grave malformazione congenita per cui gli arti superiori o inferiori non sono sviluppati in parte oppure del tutto. La malformazione può essere mono o bilaterale ed interessare porzioni più o meno estese degli arti colpiti. Nei casi più gravi sono presenti solo abbozzi rudimentali di dita all'altezza della spalla. Estremamente nota è la così detta vicenda dei «figli della talidomide»;
          nel corso degli anni Sessanta circa 10.000 neonati vennero al mondo con gravi malformazioni (focomelia), perché le madri, contro la nausea da gravidanza, avevano assunto pillole a base di talidomide, il Contergan, distribuito dalla Grunenthal GmbH, un farmaco che solo a posteriori si scoprì avere un'azione teratogena sull'embrione;
          il soggetto colpito da focomelia non possiede la parte più vicina al tronco di un arto. Questa malformazione può essere causata anche da eventi traumatici, infettivi o tossici patiti dal feto prima della nascita, oppure da fattori genetici. Si interviene attraverso l'utilizzo di protesi sostitutive;
          la distosi è una malformazione congenita o ereditaria delle ossa. La malattia ha origine durante la vita fetale, a causa di problemi nello sviluppo del feto o di un processo di ossificazione delle cartilagini avvenuto in modo non corretto;
          in quegli anni ci fu un'ondata di proteste contro la casa produttrice del farmaco e contro il Ministero della salute finche nel 1965 finalmente il farmaco fu ritirato dal commercio;
          nel 2008 è stata introdotta una norma nella legge finanziaria che prevede il risarcimento di chi riuscirà a dimostrare il collegamento tra una madre che ha assunto il talidomide durante la gravidanza e le infermità del figlio se nate tra il 1959 e il 1965;
          si stima che oltre 20 mila bambini nel mondo, di cui 10 mila in Europa, siano nati affetti da focomelia; questo difetto impedisce la crescita delle ossa lunghe. Ma è una stima probabilmente per difetto. Molti sono morti, altri non hanno avuto genitori che abbiano partecipato alle richieste di risarcimento. E lo stesso Ministero ha risposto che non se ne parlava neppure;
          nel 2009 il Ministero della salute finalmente ha delegato le Asl di tutt'Italia a effettuare attente valutazioni di questi casi. Questo, paradossalmente, ha ritardato l'esame delle pratiche e anche reso diversi, da luogo a luogo, i parametri seguiti. In base alla circolare del Ministero, ha diritto al risarcimento solo chi ha una prova in grado di confermare l'assunzione da parte della madre del talidomide. Ma un recente provvedimento del tribunale di Verona ha stabilito che potrebbe sussistere un vizio di legittimità costituzionale della normativa nella parte che limita l'indennizzo agli anni di nascita 1959/1965, disponendo l'accertamento medico legale per stabilire se la ricorrente abbia contratto focomelia a causa del talidomide  –:
          se il Ministro intenda, visto il grave handicap che causa questa malattia, assumere iniziative normative volte a riconoscere il diritto all'indennizzo alle persone nate al di fuori della forbice 1959-1965 per le quali sussiste il nesso di casualità con l'assunzione in gravidanza di talidomide. (4-16196)


      PATARINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la legge finanziaria del 2007 n.  296 del 27 dicembre 2006, all'articolo 1, comma 796, lettera o) stabilisce che al fine della remunerazione delle prestazioni rese per il servizio sanitario nazionale dalle strutture private accreditate viene praticato uno sconto del 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal decreto del Ministero della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n.  150 alla Gazzetta Ufficiale n.  216 del 14 settembre 1996, e pari al 2 per cento degli importi indicati nel medesimo decreto per la radiologia;
          la stessa finanziaria prevedeva anche il riordino dei laboratori accreditati che si basava esclusivamente su una soglia minima di prestazioni erogate annualmente per l'accreditamento istituzionale. Tale soglia era individuata a livello nazionale in 500.000 prestazioni/anno poi ridotta (per la regione Lazio) anche con il parere delle società scientifiche, a 200.000 prestazioni/anno. Il 23 marzo 2011 la Conferenza Stato-regioni emanava un parere nel quale venivano fornite indicazioni per il riordino delle strutture di laboratorio;
          è in itinere a livello nazionale un nuovo tariffario che ha avuto il parere favorevole sia dell'Agenzia nazionale dei servizi sanitari sia dal Ministero dell'economia e delle finanze che prevede sostanzialmente le tariffe del nomenclatore del 1996 (tariffario Bindi già dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato) per tutte le prestazioni specialistiche ambulatoriali ad esclusione delle tariffe del laboratorio che vedono un ulteriore abbattimento delle stesse. Presumibilmente le tariffe individuate non si basano, come previsto dalla norma tenendo conto dei costi effettivi delle prestazioni di laboratorio ma esclusivamente sulle compatibilità economiche. Appare quindi all'interrogante del tutto evidente che una tale procedura rivesta carattere di profonda illegittimità e vedrebbe nuovamente la bocciatura da parte dei tribunali amministrativi;
          come è noto solo nel 1997 la regione Lazio con la delibera 1165 ha previsto il passaggio dalla vecchia convenzione all'accreditamento provvisorio come era previsto dal decreto n.  502 del 1992;
          l'accreditamento però è stato sempre parziale in quanto la regione Lazio, non ha equiparato il nomenclatore fra pubblico e privato per cui le strutture accreditate erogano in convenzione solo un terzo delle prestazioni previste dal nomenclatore nazionale;
          non solo ma nel corso degli anni la regione ha voluto sempre contingentare non solo la tipologia delle prestazioni erogabili ma anche il numero delle prestazioni erogate imponendo ai soli privati accreditati un budget dapprima di comparto e poi per ogni singolo erogatore;
          le procedure previste dalla legge per l'accreditamento definitivo nella regione Lazio non si sono ancora completate. La regione nel corso degli anni ha più volte cambiato la struttura che avrebbe dovuto gestire praticamente le domande di l'autorizzazione e di accreditamento definitivo;
          finalmente nel 2011 è stata individuata Lazio LAIT quale struttura deputata alla gestione informatica delle domande di autorizzazione e accreditamento e le strutture hanno dovuto inserire sulla piattaforma informatica all'uopo predisposta tutta la documentazione;
          dal mese di aprile/maggio 2011 sono quindi iniziate le visite ispettive delle ASL (fra l'altro alcune ancora non si sono attivate) per la verifica dei requisiti minimi delle strutture e degli ulteriori requisiti dell'accreditamento e della congruenza dei dati inseriti;
          le ASL hanno provveduto a trasmettere i relativi verbali alle regione che solo in questi giorni ha cominciato a chiamare le strutture per ritirare i decreti autorizzativi e di accreditamento. Illegittimamente, i decreti di accreditamento definitivo delle strutture di laboratorio sono condizionati al riordino degli stessi;
          le strutture sanitarie provvisoriamente accreditate della regione Lazio sottoscrivono annualmente con le singole ASL il contratto per l'erogazione delle prestazioni sanitarie. La clausole contrattuali e il budget di ciascuna struttura vengono previsti in apposito decreto regionale emanato a seguito di trattativa con le associazioni di categoria;
          contrariamente a quanto logicamente deve accadere tale contratto non è stato mai firmato prima dell'inizio dell'anno ma verso il mese di marzo/aprile e fino ad allora le strutture hanno erogato le prestazioni con semplici proroghe dell'attività con budget analogo all'anno precedente;
          nell'anno in corso la trattativa precontrattuale si è conclusa rapidamente e in data 2 marzo 2012 si è proceduto alla firma del protocollo di intesa con le associazioni di categoria che prevede per ogni singola struttura il budget del 2011 decurtato del 3 per cento;
          l'organo competente, alla firma dei contratti con gli erogatori, non ha inteso procedere con l'emanazione del relativo decreto e ha continuato a fare circolari di proroga mensilizzando il budget per dodicesimi del budget annuale. È del tutto evidente che il lavoro espresso dalle strutture si diversifica nelle varie mensilità; la mensilizzazione quindi non tenendo conto delle variazioni di fatturato fra le varie mensilità penalizza fortemente gli erogatori  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra segnalato;
          se intenda attivarsi affinché il riordino dei laboratori di analisi cliniche di cui alla legge finanziaria 2007 tenga conto delle nuove realtà e dell'indirizzo del Governo che privilegia la concorrenza, considerato che la soglia prevista creerebbe di fatto situazioni di oligopolio, in particolare nella regione Lazio, posto che le strutture accreditate provvisoriamente da anni erogano solo parte delle prestazioni e qualsiasi soglia sarebbe irreale anche perché la rigidità dei budget impedisce il miglioramento e la crescita in contrasto con il principio della qualità che si vuol far valere;
          se intenda attivarsi per rivedere il nuovo tariffario nazionale in elaborazione tenendo conto dei costi effettivi e non insistendo sui flussi e sulla compatibilità economica come attualmente previsto cosa che comporterebbe passività di bilancio;
          se intenda assumere le iniziative di competenza anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, affinché vengano rispettati dalla regione Lazio i termini per l'accreditamento definitivo, evitando di violare i diritti delle strutture accreditate nonché superando gli ingiustificabili ritardi alla firma dei contratti annuali nella regione Lazio eliminando di conseguenza la divisione dei budget in mensilità. (4-16205)


      ANGELA NAPOLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella seduta del 30 luglio 2010, il Presidente pro tempore della regione Calabria è stato nominato commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 1o ottobre 2007 n.  159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007 n.  222;
          il commissario ad acta, con decreto n.  48 del 26 aprile 2012, ha provveduto a bocciare il bilancio preventivo dell'azienda sanitaria provinciale (ASP) di Cosenza, trasmettendo nel contempo copia del provvedimento alla Corte dei Conti;
          tra le ragioni addotte a motivo della bocciatura del bilancio ci sarebbe la significativa e ingiustificata previsione in aumento dei debiti dell'azienda nei confronti dei suoi creditori;
          in Calabria, nell'ultimo periodo e secondo quanto risulta all'interrogante, sembrano essere stati perfezionati degli strani accordi tra alcune aziende sanitarie provinciali e i loro creditori;
          molti dei sopracitati accordi sono stati stipulati con l'ASP di Cosenza e riguardano proprio i crediti verso case di cura;
          la maggior parte di questi crediti sembrerebbero essere individuabili nelle somme riferite all’extrabudget delle case di cura private accreditate;
          il riconoscimento di pagamenti in ragione di extrabudget rappresenta una situazione a suo tempo cessata a seguito di attente e diffuse sentenze della magistratura calabrese, che hanno riconosciuto la non pagabilità delle prestazioni rese oltre il budget convenuto, e tale assunto, del resto, è stato reso dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato;
          risulta all'interrogante che l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza desse corso a svariati lodi arbitrali;
          le somme oggetto dei lodi arbitrali ammonterebbero, per la sola azienda sanitaria provinciale di Cosenza, a diversi milioni di euro;
          in ragione della sopraindicata pratica si sono prodotte, peraltro, secondo l'interrogante significative retribuzioni ai componenti dell'organo giudicante e parcelle ai difensori, il tutto a danno dell'economia pubblica già precaria, aggravata da milioni di euro che alla luce delle citate sentenze sarebbero non dovuti e da quelle che appaiono all'interrogante assurde spese procedurali sopravvenute;
          tra i soggetti che facevano parte di diversi collegi arbitrali ci sarebbe l'avvocato Enzo Paolini, precettore di parcelle di un certo rilievo dall'ASP (nella qualità di arbitro) e che riveste la qualifica di presidente nazionale dell'AIOP (Associazione nazionale spedalità privata) e, nel contempo, esercita l'attività di avvocato degli imprenditori aderenti; tale doppia veste, a giudizio dell'interrogante, è francamente dimostrativa di una non chiara commistione d'interessi, attesa una evidente incompatibilità quantomeno etica;
          l'ASP di Cosenza, è risultata soccombente in molti giudizi arbitrali e, a seguito di ciò, ha proceduto a transazioni milionarie con le case di cura, nonostante i citati numerosi pronunciamenti della magistratura ordinaria in ordine alla non pagabilità delle somme  –:
          quali iniziative si intendano assumere per impedire che la continuazione di questo sistema possa produrre ulteriori danni ai bilanci della sanità calabrese;
          quanti siano esattamente i lodi arbitrali stipulati nella regione, e quali avvocati siano stati nominati come arbitri, e se siano ricorrenti sempre gli stessi professionisti o comunque gli stessi studi legali;
          a quanto ammonti complessivamente l'esborso delle aziende sanitarie per i compensi dei componenti dei collegi arbitrali;
          a quanto ammontino le risorse oggetto di transazioni in esito ai giudizi arbitrali;
          se risulti quale sia stata la valutazione della tesoreria dell'ASP nel caso dei pagamenti cui si fa riferimento in premessa. (4-16208)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


      OSSORIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 12 agosto 2010 è stato formalizzato dal tribunale di Roma lo stato di insolvenza per la Tirrenia, richiesto dal commissario straordinario della società Giancarlo D'Andrea, che ha dato inizio alla procedura di amministrazione straordinaria;
          sono state principalmente due le ragioni indicate dal tribunale fallimentare di Roma per ritenere «sussistente lo stato di insolvenza» di Tirrenia. La prima è stata il «grave e irreversibile stato di crisi finanziaria, determinante l'attuale assoluta illiquidità della società»; la seconda «la conseguente impossibilità, per la stessa, di fare fronte alle obbligazioni, già scadute e vieppiù alle obbligazioni a scadere»;
          è evidente che tale situazione ha creato ed ha accresciuto nel tempo le preoccupazioni, in particolare, per le possibili ricadute negative sui livelli occupazionali;
          dal 2008 è, inoltre, stato dato il via alle procedure di privatizzazione della compagnia, in merito alle quali, a quanto si apprende, sono stati avanzati dei dubbi sulla loro reale efficacia; è «molto difficile» che Bruxelles approvi l'operazione di privatizzazione di Tirrenia, perché la proposta prevederebbe un «quasi-monopolio su alcune rotte», in particolare quelle con la Sardegna. Inoltre, la vicenda della fusione è strettamente collegata all'indagine sugli aiuti di Stato dove vi sono state «importanti violazioni» delle norme dell'Unione europea, che rendono «problematica» una soluzione positiva del dossier;
          sono due, quindi, le istruttorie aperte dall'Antitrust europeo su Tirrenia, in amministrazione straordinaria dall'agosto 2010. La prima su presunti aiuti di Stato; la seconda sul rischio di concentrazione degli armatori di Cin che avrebbero una posizione di monopolio su numerose rotte marittime italiane, in particolare alcune da e verso la Sardegna;
          il presidente della regione Campania Stefano Caldoro, il presidente della provincia Luigi Cesaro e il sindaco di Napoli Luigi de Magistris hanno tenuto il 20 marzo 2012 una conferenza stampa congiunta durante la quale hanno chiesto la convocazione di un tavolo istituzionale che faccia chiarezza sulla vicenda;
          sono attualmente a rischio più di tre mila posti di lavoro, indotto compreso;
          il 21 marzo 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato la richiesta del commissario straordinario di Tirrenia di prorogare per 90 giorni il contratto con la compagnia di navigazione Cin;
          il Ministro interrogato ha assicurato l'impegno a trovare la migliore soluzione alla complessa vicenda, che inevitabilmente, è bene ricordarlo, riguarda anche la regione Sardegna  –:
          se e quando intenda convocare un apposito tavolo istituzionale per fare chiarezza sulla situazione e definire una strategia condivisa per affrontare la situazione di crisi che coinvolge una delle principali compagnie di trasporto marittimo del Paese, con una ricaduta occupazionale di migliaia di lavoratori. (3-02281)

Interrogazione a risposta scritta:


      FUGATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la direttiva 2006/123/CE, nota come «direttiva Bolkestein», in materia di servizi nel mercato interno, è stata recepita dall'Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n.  59, che provvede a regolare anche il settore del commercio su aree pubbliche;
          le disposizioni di cui al citato decreto legislativo, con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante su aree pubbliche, introducono significative restrizioni all'accesso nel settore;
          l'articolo 16, in particolare, oltre ad introdurre un limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili nella stessa area, stabilisce, al comma 4, il divieto di rinnovo automatico dei titoli scaduti, creando serie difficoltà agli oltre 160.000 ambulanti che operano a livello nazionale, di cui circa 10.000 soltanto nei mercati regionali;
          l'equiparazione della nozione di risorse naturali, sempre all'articolo 16, con quella di «posteggi in aree di mercato» risulta impropria ed ha avuto l'effetto di generare una forte concorrenza nel settore, questa non sostenibile per gli operatori ambulanti. In tal senso l'articolo 16 non si ritiene debba essere applicato alle concessioni relative al settore del commercio ambulante;
          altre criticità emergerebbero in relazione all'applicazione dell'articolo 70, del citato decreto legislativo, che riconosce l'accesso al settore anche alle società di capitali, con il rischio di tagliare fuori dal mercato le piccole aziende a conduzione familiare, che fino ad oggi hanno operato nel settore rendendolo fortemente competitivo;
          già in occasione dell'esame parlamentare del citato schema di decreto legislativo, le Commissioni X e II della Camera dei deputati avevano sollevato molte perplessità, sia sull'interpretazione estensiva dell'articolo 16 sia sull'apertura del settore alle società di capitali;
          le norme in questione creano una discontinuità rispetto a quanto statuito dalla normativa nazionale e regionale in materia di commercio al dettaglio su aree pubbliche soprattutto per quanto concerne la tutela delle piccole imprese;
          il rischio, se non vi fossero modifiche alle norme citate, sarebbe di lasciare senza lavoro decine di migliaia di famiglie che da generazioni portano avanti le attività del commercio, contribuendo alla crescita economica del Paese  –:
          se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato assumere le necessarie iniziative per la modifica dell'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n.  59, riconoscendo l'estraneità della categoria degli operatori ambulanti rispetto a quanto previsto dalle disposizioni della citata normativa europea;
          se intenda assumere le necessarie iniziative normative per la modifica dell'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n.  59, riservando l'attività del commercio al dettaglio su aree pubbliche esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone. (4-16200)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

      La mozione Narducci e altri n.  1-01037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dall'onorevole Renato Farina. Contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme viene così modificato «Narducci, Gozi, Tempestini, Boccia, Renato Farina, Vannucci, Maran, Farinone, Garavini, Giachetti, Losacco, Lucà, Luongo, Merloni, Pompili, Barbi, Colombo, Corsini, Fedi, Pistelli, Porta, Touadi, Marantelli».

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Di Pietro e altri n.  2-01495, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Monai.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Ossorio n.  1-01033, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  633 del 16 maggio 2012.

      La Camera,
          premesso che:
              il centro storico di Napoli si estende su una superficie di 1.700 ettari. L'UNESCO nel 1995 ha dichiarato patrimonio dell'umanità una parte di questa superficie. L'area interessata è estesa per circa 981 ettari e contiene i seguenti quartieri: Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, Chiaia, San Ferdinando, Stella, San Carlo all'Arena, San Lorenzo e Vicarìa e parte delle colline del Vomero e Posillipo. La sua unicità consiste anche nella conservazione quasi totale e nell'uso dell'antico tracciato viario greco;
              la città di Napoli, in effetti, ha due veri e propri nuclei originari: il primo è Pizzofalcone sul quale nacque la città di Partenope, mentre il secondo è l'area dei Decumani dove è sorta Neapolis. In quest'ultima zona, in particolare, sono presenti un'infinità di testimonianze storiche e culturali: obelischi, monasteri, chiostri, più di 30 musei, importanti istituzioni culturali pubbliche e private; inoltre, catacombe, scavi archeologici all'aperto e sotterranei con resti greci o come il teatro romano. Il centro storico di Napoli è caratterizzato, poi, dalle sue chiese che sono più di 300 con il loro tesoro artistico costituito da opere dei più grandi artisti tra i quali Caravaggio, Donatello, Giuseppe Sanmartino, Luca Giordano, Cosimo Fanzago;
              questa area, riconosciuta appunto per la sua importanza dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, è stata inserita nella lista dei beni da tutelare a livello mondiale con la seguente motivazione: «Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa»;
              a seguito della decisione dell'UNESCO è nato, nel 2009, il grande programma per il centro storico di Napoli patrimonio dell'umanità che aveva, si legge nel suo programma, l'obiettivo di conseguire lo sviluppo e migliorare sensibilmente la qualità dell'ambiente e della vita degli abitanti;
              l'obiettivo non era e non è, dunque, solo quello del restauro di monumenti e di tessuti edilizi storici. Si voleva invece mettere in campo un'articolata serie di interventi sulla parte «fisica» del centro storico (dagli impianti tecnologici, ai sottoservizi all'arredo urbano) e sugli aspetti «immateriali» (dalla sicurezza, ad azioni interne alle politiche dell'inclusione). La possibilità di conseguire questa pluralità di obiettivi è legata alla qualità dei progetti di diversa natura che devono essere messi in campo e, soprattutto, dalla loro organica integrazione;
              per promuovere tale piano di interventi, al programma si è affiancata la definizione concordata di alcuni protocolli aggiuntivi, per l'accesso ad altre misure di finanziamento su settori specifici: turismo, assistenza e welfare, sicurezza, trasporti, imprenditorialità, studentati, e altro;
              un primo livello di interventi il DOS (Documento di orientamento strategico) prendeva come riferimento l'intera area perimetrata nel 1995 come Patrimonio UNESCO (coincidente con il territorio classificato come centro storico dal piano regolatore generale del 1972, con l'aggiunta dei parchi monumentali). Individuava, inoltre, una cospicua serie di complessi monumentali, fasce di tessuti edilizi, ambiti urbani meritevoli di intervento, e iniziative di carattere immateriale per un importo complessivo stimato di 570 milioni. Il secondo livello, il P.I.U. (programma integrato urbano) Napoli, che rientrava nel limite di finanziamento di circa 240 milioni di euro afferente all'obiettivo operativo 6.2 del POR-FESR 2007-2013, restringeva l'intervento all'area di Neapolis, alla città di fondazione, e alla fascia costiera che da piazza Mercato arriva a piazza Municipio;
              entrambe le linee di interventi puntavano e puntano a solidificare il binomio accoglienza-cultura, determinante per una città come Napoli e per il suo sviluppo. Proprio su questo binomio, infatti, deve puntare il rilancio ed il riscatto di Napoli;
              coinvolgimento e partecipazione, valorizzazione e potenziamento dell'offerta culturale, integrazione sociale e distribuzione del benessere, adeguatezza delle infrastrutture e dei servizi rispetto alla sostenibilità dello sviluppo. Questi erano e devono essere ad un tempo gli obiettivi da perseguire e gli strumenti su cui puntare per rilanciare Napoli e il suo centro storico, inteso come è ma anche come dovrebbe essere: una grande risorsa per il rilancio e lo sviluppo;
              non a caso l'articolo 9 della Costituzione tutela il patrimonio storico-artistico e il paesaggio della nazione per il loro valore culturale;
              è noto che il «valore culturale» ha assunto negli ultimi anni anche una grande importanza economica: l'enorme sviluppo dei mezzi di trasporto e l'abbattimento dei relativi costi hanno trasformato, infatti, il turismo da fenomeno di élite in fenomeno di massa. Oggi si muovono quasi un miliardo di turisti nel mondo (980 milioni, fonte Unwto l'Organizzazione mondiale del turismo, delle N.U.). Sicché l'Italia si ritrova a vantare giacimenti culturali che, per il loro pregio, attraggono visitatori e investimenti da ogni parte del mondo;
              il patrimonio culturale è una risorsa unica. Per sua natura non può essere delocalizzata. Si tratta, dunque, di una risorsa propria e certa, un patrimonio enorme soprattutto per il nostro Paese, sul quale è fondamentale investire in maniera strategica;
              il legislatore, in effetti, ha in parte recepito questa necessità e in particolare con la legge n.  449 del 1997 e successive modificazioni ha deciso una cospicua detrazione percentuale per gli interventi nel settore edilizio. Questo intervento, però, comporta un'equiparazione che di fatto impedisce il corretto raggiungimento dell'obiettivo di salvaguardare in primo luogo il patrimonio artistico e culturale dei nostri centri storici. Si tratta, infatti, di una decisione che mette sullo stesso piano, incentivandoli in egual misura, sia interventi di edilizia che potremmo definire ordinari sia quelli riferiti al patrimonio artistico e culturale, riferiti, cioè, alle città d'arte e ai centri storici. Interventi, quest'ultimi, cioè finalizzati ad aree proclamate, per il loro eccezionale pregio e per la loro unicità, patrimonio mondiale dell'umanità;
              questa situazione è stata ben evidenziata da un recente appello pubblico firmato da importanti personalità delle istituzioni pubbliche, del mondo della cultura e della società civile del nostro Paese a sostegno della città di Napoli e del suo centro storico;
              in particolare, nell'appello succitato, le ragioni che comportano il corretto raggiungimento dell'obiettivo di salvaguardare in primo luogo il patrimonio artistico e culturale dei nostri centri storici vengono così riassunte: «a) perché gli interventi, applicati ai fabbricati storici, sono complessi, impegnativi e delicati, come tali più costosi; b) perché volti, grazie anche all'impiego di una mano d'opera qualificata, a conservare e valorizzare un patrimonio attrattore di investimenti anche dall'estero; c) perché tali interventi, oltreché attrattori di un turismo crescente e qualificato, sono promotori a valle di un diffuso indotto nei settori della ristorazione, commercio, artigianato, industria alberghiera, con le rispettive occupazioni e maggiore gettito per l'erario; d) perché consentono di recuperare nel centro storico alloggi, 21.000 nel caso di Napoli, senza che occorra realizzarli altrove col conseguente consumo del territorio; e) perché il recupero degli alloggi nel centro storico assicura agli abitanti un'ulteriore e migliore opportunità per non abbandonarli, evitando così lo spopolamento di quell'area, garantendo, nel contempo, al contesto protetto la conservazione dell'attuale carattere popolare; f) perché volti a rendere rassicurante, presentabile e accogliente il centro storico contiguo e aperto al porto di Napoli, dove i crocieristi vi sbarcano sempre più numerosi, attratti da un più generale contesto di straordinario interesse e bellezza (Capri, Campi Flegrei, Vesuvio, Ercolano, Pompei, eccetera); g) perché, tali interventi, per la loro complessità e delicatezza, corrispondono alle competenze delle locali Università e istituti di cultura e alle aspirazioni dei giovani che vi si formano; h) perché gli interventi di conservazione, se incentivati da una congrua detrazione fiscale, come tale, spalmata su più anni, attiverebbero un'immediata occupazione e crescita, quale effetto dell'altrettanto immediato interesse dei proprietari, privati, pubblici, ecclesiastici, a partecipare alla spesa»;
              inoltre, si sottolinea che tale equiparazione è irragionevole anche sotto «un profilo di stretta logica giuridica, per essere tale edilizia divenuta anche patrimonio dell'Umanità, come tale garantita dallo Stato, oltreché patrimonio dei proprietari, che da tale compartecipazione subiscono le conseguenti restrizioni di natura giuridica»;
              la Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio mondiale firmata a Parigi nel 1972 stabilisce che: «Ciascuno Stato, riconosce che è sua primaria incombenza l'identificazione, la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio mondiale, impegnandosi ad operare a tale scopo direttamente al massimo delle risorse disponibili» (articolo 4);
              il Consiglio d'Europa aggiunge «ciascuno Stato è impegnato ad adottare le misure fiscali idonee ad assicurare la conservazione di questo patrimonio; e ad incentivare le iniziative private intese a salvaguardare la manutenzione e il restauro di tale patrimonio» (articolo 6, Convenzione di Granada, 1985);
              il Governo italiano, in base alla convenzione UNESCO, è, dunque, obbligato ad assicurare ai siti per i quali ha ottenuto l'ambito riconoscimento, gli interventi di conservazione e di valorizzazione;
              in questo quadro, se gli interventi di valorizzazione possono essere addossati alla responsabilità delle amministrazioni locali, gli interventi di conservazione, oltremodo impegnativi, di consolidamento statico, di risanamento conservativo, di adeguamento antisismico, devono invece essere finanziati dal Governo, avendone, per dettato costituzionale, la esclusiva competenza (Corte costituzionale 13 gennaio 2004, n.  9);
              si deve tenere presente l'allarme lanciato a più riprese dal Soprintendente per i beni architettonici di Napoli, architetto Stefano Gizzi, che ha evidenziato la: «situazione drammatica del centro storico di Napoli: su 700 palazzi storici almeno il 50 per cento ha bisogno di interventi di restauro e di ripristino urgenti e poco più del 10 per cento ha problemi seri con rischi di distaccamento di intonaci o, addirittura, di crolli»;
              a Napoli, ma non solo nel capoluogo partenopeo, il patrimonio storico-artistico del suo centro storico, rappresenta, come del resto in altre città e, in generale nel nostro Paese, un enorme bacino di potenziale ricchezza e dovrebbe essere, proprio questo, uno dei punti nevralgici su cui investire. Tali investimenti contribuirebbero non poco al rilancio dell'economia e allo sviluppo dell'Italia;
              i nostri centri storici raccontano una storia di secoli, la storia dei Comuni, delle Signorie, di un modello di civiltà assoluto, ammirato e studiato in tutto il mondo. È una ricchezza, va ribadito, non de-localizzabile, un patrimonio che fa dell'Italia un caso unico nel mondo. Gli italiani vivono su un giacimento di opportunità che deve essere messo a frutto. Una ricchezza sulla quale si può e si deve innestare il connubio virtuoso tra pubblico e privato, affinché sia il pubblico ad incentivare il privato all'iniziativa e all'intervento. Intervento mirato a mantenere, preservare, valorizzare il patrimonio storico, architettonico e culturale;
              il recupero dei centri storici, il loro mantenimento, rappresenta un volano di sviluppo economico dalle enormi potenzialità. Esso può essere un inesauribile programma di interventi mirati a garantire la vivibilità di intere aree urbane a vantaggio dei residenti, delle aziende coinvolte nei lavori. Un'azione dello Stato, in tal senso, rappresenterebbe una fonte di valore aggiunto per l'economia dell'intera nazione;
              anche in termini di sviluppo turistico i centri storici italiani rappresentano una ricchezza enorme non de-localizzabile su cui sarebbe bene investire in maniera strategica;
              secondo un dossier del WWF dal 1994 al 2010 sono stati saturati per nuove costruzioni 3,5 milioni di ettari, dei quali due milioni di terreni agricoli: come Lazio e Abruzzo messi insieme. Si continua a preferire di costruire nelle campagne, dove negli ultimi 40 anni è scomparso quasi un terzo del territorio agricolo (un bene irripetibile), mentre i centri storici restano senza interventi esposti ad un costante ed inevitabile degrado. Questa è una tendenza che deve essere invertita con interventi costanti ed una strategia di sviluppo finalizzata a valorizzare i nostri giacimenti culturali, facendone a loro volta, una fonte di sviluppo;
              si deve tenere presente il contributo che offrono le Diocesi per la tutela dei beni architettonici, storici e culturali dei centri storici. Esse spesso ne garantiscono la valorizzazione e la salvaguardia strutturale. In particolare l'Arcidiocesi di Napoli ha operato al fine di tutelare il patrimonio artistico e storico di concerto con le istituzioni competenti. Ne sono esempio le opere realizzate riguardanti il restauro di immobili di elevato interesse artistico e storico effettuato in accordo con la Soprintendenza competente,

impegna il Governo:

          a chiarire urgentemente quali misure siano state adottate fino ad oggi, in coerenza con l'obbligo derivante in base alla convenzione UNESCO, per assicurare al centro storico di Napoli i necessari interventi di conservazione e di valorizzazione;
          a chiarire quale sia ad oggi lo stato di attuazione del grande programma per il centro storico di Napoli patrimonio dell'umanità che aveva l'obiettivo di conseguire sviluppo e migliorare sensibilmente la qualità dell'ambiente e della vita degli abitanti;
          a chiarire quali siano gli interventi che il Governo intende mettere in atto, anche in previsione del Forum internazionale delle culture secondato dall'UNESCO, al fine di sostenere il recupero strutturale ed il rilancio del centro storico della città di Napoli;
          ad assumere iniziative normative, affinché si possa contare su un sistema di incentivi fiscali adeguato a promuovere gli interventi di ristrutturazione e valorizzazione del nostro patrimonio architettonico, storico e culturale dei nostri centri storici;
          a valutare l'opportunità di intervenire sul sistema di detrazioni oggi vigente, affinché queste siano finalizzate, o almeno destinate in via prioritaria alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, riferite cioè alle città d'arte e ai nostri centri storici;
          a valutare l'opportunità di sostenere l'azione delle diocesi nei loro costanti interventi di salvaguardia del patrimonio architettonico, storico e culturale ricadenti nei centri storici il cui valore è riconosciuto dall'UNESCO;
          ad assumere tutte le idonee iniziative volte a promuovere l'istituzione di una apposita sede di confronto per il Centro storico di Napoli alla quale partecipino oltre al Governo, la regione Campania, la provincia di Napoli, il comune di Napoli, la Camera di Commercio di Napoli, nonché i rappresentanti di tutte le istituzioni, in primo luogo l'Arcidiocesi di Napoli, che attivamente contribuiscono alla tutela ed al mantenimento del Centro storico e del suo enorme patrimonio artistico e culturale.
(1-01033) «Ossorio, Nucara, Brugger».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta scritta Scilipoti n.  4-15321 del 14 marzo 2012;
          interrogazione a risposta in Commissione Messina n.  5-06605 del 16 aprile 2012;

          interrogazione a risposta in Commissione Comaroli n.  5-06897 del 21 maggio 2012.