XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 23 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 3, recita: «ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»;
              la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2, afferma: «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge»;
              il Consiglio di Europa ha ribadito, con la raccomandazione n.  1763 «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche e legali», che nessuna persona o istituzione sarà costretta, o discriminata in alcun modo a causa di un rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporre un paziente ad un aborto o eutanasia o qualsiasi altro atto che potrebbe causare la morte di un feto o embrione umano, per qualsiasi motivo e contestualmente ha ribadito la responsabilità dello stato a che i pazienti possano accedere in tempo utile ai trattamenti medici previsti dalla legge;
              l'Organizzazione mondiale della sanità, sul punto, ha individuato, quale obiettivo primario, il miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino;
              la legge n.  194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», prevede infatti tra i suoi primi obiettivi «il valore sociale della maternità e la tutela della vita umana fin dal suo inizio» (articolo 1, comma 1);
              lo scopo dichiarato della richiamata legge n.  194 non è quello di garantire un diritto di aborto, ma piuttosto quello di prevenire l'aborto, favorendo la nascita dei figli già concepiti con l'invito alle madri ad un'adeguata riflessione sul valore della vita umana e offrendo alternative al dramma (per il concepito e per la donna) dell'interruzione della gravidanza, questa è l'interpretazione ripetutamente formulata dalla Corte costituzionale italiana, la quale ritiene che l'Ivg sia intesa soltanto come risposta a uno stato insuperabile di necessità e non come esercizio di un diritto di scelta della donna;
              la legge n.  194 del 1978 è nata per arginare la pratica degli aborti clandestini oltre che per attuare una seria politica di contrasto al ricorso indiscriminato all'aborto attraverso interventi di aiuto mirati alla tutela della donna e del nascituro. Le azioni di informazione e di prevenzione sono state affidate, in particolar modo, ai consultori familiari istituiti dalla legge n.  405 del 1975;
              indipendentemente dalle vicende applicative che ne hanno condizionato l'attuazione, il nucleo centrale della legge n.  194 del 1978 è la creazione di un percorso articolato di riflessione finalizzato a consentire alla donna una piena maturazione della sua personale scelta in merito alla prosecuzione o meno della gravidanza;
              come si rileva dall'ultima relazione del Ministro della salute, sullo stato di attuazione della legge concernente: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», così come prevista dall'articolo 16 della legge 22 maggio 1978, n.  194, trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati in data 4 agosto 2011 e riferita ai dati definitivi del 2009, nonché ai dati preliminari del 2011, si assiste ad una generale stabilizzazione dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni; dalle diverse relazioni al Parlamento si può comunque rilevare che la numerosità degli obiettori di coscienza non è correlata ai tempi di attesa, che appaiono piuttosto dipendere dalle modalità dell'organizzazione sanitaria locale. Ad esempio, considerando i dati delle relazioni al Parlamento relative all'applicazione della legge 194 per gli anni 2006 e 2009, si evince che nel Lazio, gli obiettori in tre anni sono aumentati dal 77,7 all'80,2 per cento e i tempi di attesa diminuiti, mentre in Umbria gli obiettori calano dal 70,2 per cento al 63,3 per cento e i tempi di attesa sono aumentati;
              è indubbio che il dovere di somministrazione di farmaci abortivi, o antinidatori, colpisce la sensibilità del medico come quella del farmacista il quale però, con le norme attuali, non può rifiutarne la vendita non esistendo la possibilità di sollevare obiezione di coscienza com’è invece previsto per i sanitari dalla legge n.  194 del 1978 per l'interruzione di gravidanza; l'obiezione di coscienza è un diritto proprio di ogni ordinamento liberale, fondato su una visione laica dell'etica, che vede nel primato della coscienza, intesa come «norma ultima concreta dell'agire umano», un suo cardine fondamentale;
              nonostante la legge n.  194 del 1978 attribuisca ai consultori familiari pubblici un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, il ricorso a tale istituto è ancora molto basso e questo perché gli stessi sono in genere scarsamente integrati con le altre strutture sanitarie,

impegna il Governo:

          ad assumere ogni iniziativa di competenza per l'applicazione integrale della legge n.  194 del 1978, potenziando la presenza sul territorio nazionale dei consultori familiari quale struttura socio-sanitaria in grado di aiutare la donna nella sua difficile scelta e strumento essenziale per le politiche di prevenzione e di promozione della maternità/paternità libera e consapevole;
          a promuovere una programmazione per gli ospedali in cui debbono effettuarsi le Igv, garantendo aggiornamento scientifico e qualificazione professionale del personale;
          ad assumere iniziative per prevedere il rispetto di tempi certi per le strutture che debbono assicurare l'intervento nel minor tempo possibile, salvaguardando la «settimana di riflessione» e rispettando le procedure di urgenza previste dalla legge;
          a promuovere campagne informative specifiche sulle fasce della popolazione più a rischio, attuando una sensibilizzazione sul valore della vita nascente e a tutela della maternità e paternità responsabile;
          a dare piena attuazione al diritto all'obiezione di coscienza del personale medico e paramedico, senza alcuna discriminazione o penalizzazione, e, contestualmente, a garantire a tutti i cittadini, in collaborazione con le regioni, i trattamenti previsti dalla normativa vigente.
(1-01046) «Barani, De Luca, Girlanda, De Nichilo Rizzoli, Fucci, Porcu, Mazzocchi, Berruti, Mancuso, Ciccioli».


      La Camera,
          premesso che:
              dal 2010 diverse federazioni sportive a livello nazionale hanno avviato un'opera di sensibilizzazione con le associazioni sportive dilettantistiche loro associate, invitandole ad installare impianti di risparmio energetico, quali fotovoltaico e pannelli solari e, dove possibile, a bonificare i tetti in amianto;
              questo processo è avvenuto attraverso un prodotto finanziario dell'Istituto per il credito sportivo denominato «mutuo energetico», per il quale sono stati predisposti diversi progetti in tutta Italia;
              le associazioni sportive sono società di volontariato e senza fini di lucro, iscritte al registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche, che operano in molti casi in strutture di proprietà delle varie amministrazioni comunali, concesse loro in forza di convenzioni di gestione;
              le pubbliche amministrazioni hanno ridotte disponibilità finanziarie per effettuare anche i minimi interventi di manutenzione sulle strutture sportive;
              gli oneri di gestione come le forniture di corrente elettrica, gas da riscaldamento, manutenzione ordinaria, in alcuni casi anche canoni di locazioni, sono sempre più elevati e l'installazione di impianti fotovoltaici, realizzati da queste associazioni, va sostanzialmente a migliorare ed ottimizzare strutture a disposizione della collettività e di proprietà pubblica,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per attivare un sistema incentivante e premiante per tutte quelle associazioni sportive dilettantistiche che realizzeranno nelle strutture pubbliche in gestione progetti migliorativi, come la bonifica dell'amianto, e di risparmio energetico.
(1-01047) «Girlanda, Pelino, Antonino Foti, Garagnani, Vincenzo Antonio Fontana, Gioacchino Alfano, Crosetto, Beccalossi, Luciano Rossi, Abelli, De Luca, Barani, Mancuso, Ciccioli, Giro, Castellani».

Risoluzioni in Commissione:


      La XII Commissione,
          premesso che:
              l'articolo 1 dell'introduzione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993, descrive la violenza contro le donne come «Qualsiasi atto di violenza che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata». La dignità della donna è bene assoluto per ogni società e cultura;
              purtroppo, la donna è spesso vittima di profonde discriminazioni, all'interno della famiglia, nella comunità, nel mondo del lavoro. Una riflessione sulla violenza che le donne subiscono su tanti piani diversi che si intersecano spesso in modo sottile, ma altre volte in modo prepotente ed aggressivo richiede un percorso di formazione ben strutturato, momenti concreti di scambio e di socializzazione, luoghi di condivisione e politiche mirate di tutela e di intervento preventivo che consentano di superare quelle barriere culturali ed economiche che escludono le donne dall'essere protagoniste in prima persona;
              le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subìto abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche inducono a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente come un oggetto o una merce da usare per interessi di vario tipo. Occorre chiedersi che immagine si sta dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia. Non basta eliminare la prostituzione dalla strada finché c’è una prostituzione dell'immagine della donna che è parte integrante della pubblicità in strada, sui giornali e in TV, su internet e su tanti link a cui è facile accedere anche ai giovanissimi, al cinema e nei programmi televisivi, sempre e comunque alla portata di tutti. Tutto questo purtroppo induce allo sfruttamento, al sopruso, alla falsa idea che una donna sia sempre disponibile: come una merce che si possa comperare, consumare per poi liberarsene come un oggetto «usa e getta». E se ciò non accade, allora lo spazio per la violenza sembra scontato, in famiglia, a scuola, sui luoghi di lavoro e nella società in genere;
              l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), nell'ambito del World report on violence and health, esaminando esclusivamente la violenza da parte del partner, ha pubblicato un elenco dei drammatici effetti sulla salute delle donne che l'hanno subìta, elencando le conseguenze fisiche, sessuali e psicologiche;
              «La Chiesa non manca di alzare la sua voce per denunciare le ingiustizie e le violenze perpetrate contro le donne, in qualsiasi luogo e circostanza avvengano. Essa chiede che siano realmente applicate le leggi che proteggono la donna e siano messe in atto misure efficaci contro l'uso umiliante di immagini femminili nella propaganda commerciale e contro il flagello della prostituzione». (Documento Ecclesia in Europa, 28.VI.2003). Questo è un tempo in cui a chi accusa la Chiesa cattolica di essere una delle cause o la causa principale del mancato progresso, sul piano dei diritti, delle donne in Italia, si deve rispondere citando non solo il Vaticano II e la lunga appassionata catechesi di Giovanni Paolo II, puntualmente ripresa da Benedetto XVI, ma anche le tante iniziative per la promozione della donna che nascono nelle diocesi, nelle associazioni, e nelle Ong di matrice cattolica. «La donna è forte per la consapevolezza dell'affidamento, forte per il fatto che Dio “le affida l'uomo”, sempre e comunque, persino nelle condizioni di discriminazione sociale in cui essa può trovarsi», (Mulieris dignitatem, n.  30). Basta pensare alla riflessione sui diritti di maternità, sulle politiche familiari, che vanno dal rilancio delle politiche demografiche alla creazione di reti di servizi per l'infanzia; dalla conciliazione dei tempi famiglia-lavoro all'enfasi messa sul fattore famiglia;
              la riflessione però non è stata approfondita a livello politico e il ripetersi degli stessi concetti, con un linguaggio che a volte appare datato, sembra creare disinteresse, mentre in realtà è solo delusione per una ulteriore forma di violenza burocratica con cui la donna è sospesa tra il senso di responsabilità verso la sua famiglia e verso il suo lavoro e l'ostilità di un contesto che rimanda a tempi migliori, quanto non ha il coraggio di concedere. Anche questa è violenza. Una violenza che colpisce donne che rinunciano alla maternità, o si limitano al primo figlio spingendosi raramente ad avere il secondo, o ritagliano i propri sogni professionali e imbrigliano le loro competenze specifiche, in attesa di altri tempi!. Il dibattito su questo tipo di violenza si è assopito, l'attenzione si è spostata su altri temi, che sembravano più urgenti, dimenticando che nei Paesi in cui le donne possono affrontare con serenità la maternità, sentendosi sostenute a livello sociale e istituzionale, lavorano più e meglio, e anche il PIL migliora. Ma in Italia le donne ancora una volta sono lasciate sole a combattere le loro battaglie al servizio della famiglia e al di là delle ennesime affermazioni di principio anche questo Governo per ora ha fatto ben poco per loro;
              non si comprende come si possa parlare di famiglia, sostenerla e difenderla, se si dimentica il problema delle donne; come si possa parlare di vita, se non si ascolta la voce di chi la vita la mette al mondo; come si possa fare la battaglia per il fattore famigliare, e ignorare che oggi le donne hanno bisogno di lavorare, e non ci riescono; desiderano due figli, come dice l'Istat, ma ne fanno uno solo; chiedono di essere valorizzate, ma sono ancora discriminate; questa violenza sottile e persistente va combattuta e sconfitta una volta per tutte, almeno sul piano culturale e politico;
              dai dati ISTAT emerge che:
                  una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è vittima di violenza: nei 12 mesi precedenti alla rilevazione il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila (5,4). Quasi 700 mila donne hanno subìto violenze ripetute dal partner;
                  ogni anno vengono uccise in media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex;
                  nel 62,4 per cento dei casi i figli hanno assistito a un episodio di aggressione;
                  secondo l'Osservatorio nazionale sullo stalking, circa il 10 per cento degli omicidi avvenuti in Italia dal 2002 al 2008 ha avuto come prologo atti di stalking, l'80 per cento delle vittime è di sesso femminile e la durata media delle molestie insistenti è di circa un anno e mezzo;
                  le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3 per cento) e dai 25 ai 24 anni (7,9 per cento) presentano i tassi più alti. Un milione 400 mila donne hanno subìto violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6 per cento del totale;
                  il 3,5 per cento delle donne ha subìto violenza sessuale (stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati, attività sessuali degradanti e umilianti). Lo 0,3 per cento, pari a 74 mila donne, ha subìto stupri o tentati stupri;
                  la violenza domestica ha colpito il 2,4 per cento delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4 per cento;
                  il 21 per cento delle vittime ha subìto violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini;
                  il 69,7 per cento degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4 per cento di un conoscente e solo il 6,2 per cento è stato opera di estranei;
                  nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate: il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner. Lo stesso nel caso degli stupri (91,6 per cento). È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite;
                  la violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente delle donne tra i 14 e i 50 anni. Più del cancro. Più degli incidenti stradali. Una vera piaga sociale;
              secondo un'indagine, la donna che ha subìto gravi vessazioni ha dodici volte più probabilità di tentare il suicidio rispetto alle altre donne (Violence aganist Women in the family, 1989). Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale e la maggioranza delle vittime ha subìto più episodi di violenza. Tra le violenze fisiche è più frequente l'essere spinta, strattonata, afferrata, l'avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7 per cento), l'essere minacciata di essere colpita (52,0 per cento), schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi (36,1 per cento). Segue l'uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1 per cento) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3 per cento). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l'essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5 per cento), l'aver avuto rapporti sessuali non desiderati, (19,0 per cento), il tentato stupro (14,0 per cento), lo stupro (9,6 per cento) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1 per cento);
              moltissimi casi di violenza sessuale arrivano da mariti ed ex mariti, conviventi, ex fidanzati, persone di famiglia. Qualche volta produce denunce, ma nessun vero intervento preventivo. Le forze dell'ordine alzano le braccia con un moto di impotenza. La violenza contro le donne e sulle donne è difficile da digerire per gli uomini e per le donne. Perché mette l'accento su una forte tensione che riguarda la relazione fra gli uomini e le donne e fa emergere una certa «arretratezza» della relazione di coppia;
              proprio lo stupro in famiglia rende difficile la denuncia e l'emergere di un sommerso pericoloso nel nostro contesto sociale. Manca l'impegno diffuso delle donne contro la complicità sociale che circonda la violenza familiare ed in generale contro le donne e i bambini, un impegno di riflessione teorica e politica. La violenza è sempre in crescendo, e l'unica soluzione è interromperla per evitare che degeneri, occorre approfondire i meccanismi che portano alla sottovalutazione o alla rimozione dei segnali di allarme che confusamente arrivano dalle donne coinvolte;
              non di minore gravità è la violenza psicologica che è silenziosa ma può fare molto male. È un tipo di oppressione subdola che accompagna e spesso precede la violenza fisica. La violenza psicologica rappresenta uno dei livelli più profondi e insidiosi tra le varie violenze all'interno delle mura domestiche, è una delle più potenti strategie di potere e controllo che presiedono ai maltrattamenti. Molte donne la subiscono, a volte consapevolmente, altre volte senza neanche rendersene conto, da parte di uomini che vogliono annientare l'identità e l'orgoglio delle proprie vittime. Comincia a manifestarsi gradualmente. Le prime espressioni della violenza psicologica sono il controllo e l'isolamento. Indifferenza, gelosia patologica, denigrazione sono altre manifestazioni della violenza psicologica subìta dalle donne. Si ignorano i bisogni della donna, si alimentano le frustrazioni per portarla ad uno stato di insicurezza sempre maggiore, in cui la vittima è sempre lei, bersaglio dei malumori dell'uomo, dei suoi sospetti, delle sue minacce, succube delle sue accuse, degli insulti, prigioniera in casa propria. La subiscono 7 milioni 134 mila donne: le forme più diffuse sono l'isolamento o il tentativo di isolamento (46,7 per cento), il controllo (40,7 per cento), la violenza economica (30,7 per cento) e la svalorizzazione (23,8 per cento), seguono le intimidazioni (7,8 per cento). Il 43,2 per cento delle donne ha subìto violenza psicologica dal partner attuale; 1 milione 42 mila donne hanno subìto oltre alla violenza psicologica, anche violenza fisica o sessuale, il 90,5 per cento delle vittime di violenza fisica o sessuale;
              il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri, seguiti dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. La violenza psicologica è una violenza oggettiva, chi subisce aggressione psichica è sottoposto ad un evento traumatico, chi è sottoposto a violenza psicologica si trova in uno stato di stress permanente. La violenza psicologica è la causa di stati depressivi e anche di suicidi, perché la vittima è incapace di reagire, in quanto logorata, e anche se denunciasse la violenza, la legge italiana non ne terrebbe conto senza prove fisiche di lesioni. Ma c’è soprattutto la vergogna di ammettere di essere trattati male, la paura a chiedere aiuto, per non subire un'altra violenza;
              per quanto riguarda la violenza domestica invece, è esercitata soprattutto nell'ambito familiare o nella cerchia di conoscenti, attraverso minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atteggiamenti persecutori, percosse, abusi sessuali, delitti d'onore, uxoricidi passionali o premeditati;
              la violenza domestica, quella compiuta all'interno delle mura di casa da parte di un familiare, è, tra le diverse forme di violenza sulla donna, quella che si verifica più frequentemente e con maggiori tragiche ripercussioni sulla salute psicofisica della vittima;
              esistono diversi tipi di violenza domestica sulla donna: violenza fisica, violenza psicologica, violenza sessuale, violenza economica, stalking. Si parla di violenza sulla donna perché la violenza vede nella maggioranza dei casi la donna come vittima. Le bambine e le ragazze adolescenti possono essere sottoposte all'incesto;
              nella coppia la violenza psicologica è spesso negata e banalizzata. Si tende troppo spesso a considerare la donna complice dell'aggressore perché non riesce, non sa o non vuole ribellarsi, ma questo è esattamente il risultato della violenza esercitata;
              esiste anche un tipo di violenza cosiddetta economica che consiste in forme dirette ed indirette di controllo sull'indipendenza economica e limitano o impediscono di disporre di denaro, fare liberamente acquisti, avere un proprio lavoro. Ostacola la ricerca o il mantenimento di un posto di lavoro, non permette di disporre di un conto in banca, esclude dalla gestione del denaro familiare, rinfaccia ogni spesa, si appropria dei beni, fa acquisti importanti senza consultare la moglie/convivente;
              altre forme di violenza sono rappresentate dalla povertà e prostituzione e dalle mutilazioni genitali: pratica ancora ampiamente utilizzata, effettuata quasi sempre in condizioni sanitarie abominevoli, senza anestesia e soprattutto su bambine anche in tenerissima età. Gli effetti sulla salute sono devastanti, e colpiscono le donne in ogni momento della loro vita sessuale e riproduttiva. I flussi migratori hanno portato il problema (e le sue conseguenze) anche nelle ricche civiltà occidentali;
              in questo contesto è fondamentale quindi l'attività svolta dai centri antiviolenza; in Italia i primi Centri antiviolenza sono nati solo alla fine degli anni novanta ad opera di associazioni femminili. Attualmente ci sono varie organizzazioni che lavorano sui vari tipi di violenza di genere. La metà delle donne che si rivolgono ai centri per denunciare episodi di violenza non si ritengono autosufficienti dal punto di vista economico e di conseguenza non possono garantirla ai figli. Questo dato è tanto più negativo se si pensa che è spesso lo stesso partner ad usare violenza. Poiché non si sentono economicamente autosufficienti, non vedono alternative alla situazione di cui sono vittime;
              i centri antiviolenza in Italia si sono riuniti nella rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case delle donne. Nonostante esistano validi centri per il soccorso delle donne che subiscono violenza fisica e/o psicologica, non sempre questi vengono pubblicizzati in modo adeguato. La conseguenza è che solo un numero esiguo di donne si rivolge agli esperti dell'ospedale per avere un appoggio medico e psicologico. Per far fronte a quella che per molti sta diventando un'emergenza di sicurezza è necessario creare risorse preparate e predisposte a fronteggiare con professionalità situazioni di questo tipo;
              il Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri, aderendo alla petizione «Mai più complici» ha recentemente manifestato «massima attenzione e impegno nella lotta contro la violenza sulle donne e solidarietà a tutte le vittime di abusi. Il numero dei reati commessi dall'inizio dell'anno, ai quali potrebbero essere aggiunti anche quelli non denunciati, testimonia che la violenza contro le donne è un fenomeno allarmante, purtroppo in crescita, che va contrastato con determinazione e fermezza». Ha aggiunto poi la Cancellieri – «Il ministero dell'interno, insieme a tutte le forze dell'ordine, è impegnato, e non da oggi, a combattere e a tenere alta la vigilanza contro questo particolare tipo di reato. Ma, prima ancora della giusta e doverosa azione di repressione, le donne e gli uomini del ministero sono impegnati a praticare, coltivare e diffondere una cultura del rispetto che è l'unico antidoto vero contro qualsiasi forma di violenza». Il messaggio del Ministro è chiaro ed incisivo: la violenza è prima di tutto un fatto che denota la mancanza di una cultura del rispetto reciproco diffusa su larga scala: comincia dal linguaggio, dal modo di disimpegnarsi nel traffico, in ufficio e a casa. Le parole chiave sono:
                  formazione e prevenzione: sportelli di ascolto nelle scuole, in parrocchia e altro;
                  denuncia precoce e registro dei soggetti a rischio;
                  codici rosa in questura e nei Pronto soccorso: personale specializzato;
                  riabilitazione efficace sul piano psicologico ed economico: professionalizzazione;
              la consulta femminile, creata in molti comuni e spesso in collaborazione con i dipartimenti per le pari opportunità, ha il compito di lavorare per le donne puntando sulla formazione e coinvolgendo scuole medie e superiori, ma anche le forze di polizia e persone formate sul tema per spiegare e intervenire sul tema;
              occorre aiutare le donne vittime di violenza a denunciare il fatto senza dover essere delle eroine: non solo maltrattate, umiliate, picchiate, minacciate, ma spesso anche costrette, direttamente o indirettamente, a mantenere il silenzio su quello che stanno subendo. L'aiuto da parte della società non è molto. L'ignoranza è tanta: occorre fornire materiale di documentazione facilmente accessibile, magari in più lingue. Chi viene picchiata teme di parlarne persino con le proprie amiche: prova a convincersi che siano episodi passeggeri, a volte il pensiero è «me lo merito, è colpa mia». Solo negli ultimi anni in Italia è stato introdotto il reato di «atti persecutori», anche se forse il termine sminuisce il fatto. I tempi lunghi della giustizia italiana non aiutano. Tra la denuncia e il processo passano molti anni, vissuti sotto minaccia costante;
              il codice rosa si aggiunge a quelli già in uso nei pronto soccorso per indicare il livello di gravità (bianco, giallo, rosso, e altro). Viene assegnato (da personale addestrato a riconoscerle anche se queste non lo dichiarano) alle vittime di violenza: donne, ma non solo: bambini, anziani, extracomunitari, omosessuali, eccetera. Al codice rosa è dedicata una stanza apposita nel pronto soccorso e, non appena il codice scatta, entra in funzione una task force composta da personale sanitario (medici, infermieri, psicologi), ma anche da forze dell'ordine, che si attivano subito per l'individuazione dell'autore della violenza (il codice rosa è frutto di un protocollo siglato tra regione Toscana e procura della Repubblica);
              nonostante una nutrita legislazione in materia e contro la violenza, ci sono parole, comportamenti che nessuna legge punisce e che possono uccidere psichicamente una persona o almeno ferirla in modo grave e spesso irreversibile. La provocazione continua, l'offesa, la disistima, la derisione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, la minaccia, il silenzio, la privazione della libertà, la menzogna e il tradimento della fiducia riposta, l'isolamento sono alcune forme in cui si manifesta la violenza fisica e psicologica,

impegna il Governo:

          a recuperare le risorse necessarie atte a fronteggiare situazioni di violenza come quelle descritte in premessa, rispondendo alle esigenze, non solo economiche, ma di divulgazione e di conoscenza della rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case delle donne, dal momento che esistono validi centri per il soccorso delle donne che subiscono violenza fisica e/o psicologica, ma non sempre questi vengono pubblicizzati in modo adeguato;
          a promuovere interventi di prevenzione e sensibilizzazione sul tema del contrasto alla violenza verso le donne, intervenendo nelle scuole con azioni concrete e didatticamente efficaci per insegnare il rifiuto della violenza, degli episodi di bullismo, della violenza sessuale nei confronti delle compagne;
          ad adottare ogni iniziativa necessaria, anche di carattere normativo atta a far fronte a quella che sta diventando un'emergenza di sicurezza;
          a favorire per quanto di competenza, il potenziamento coinvolgendo le aziende ospedaliere, del servizio offerto nei pronto soccorso attraverso il «codice rosa», valorizzando le competenze di medici ed infermieri, primi interlocutori qualificati delle persone vittime di violenza;
          a rispettare gli impegni assunti dal Governo, in diverse occasioni in Parlamento, in materia di lotta alla violenza sulle donne, anche attraverso un adeguato sostegno all'attività svolta dalla consulta femminile, in collaborazione con i dipartimenti per le pari opportunità, puntando sulla formazione e coinvolgendo scuole medie e superiori, ma anche le forze di polizia e persone formate sul tema per poter intervenire adeguatamente.
(7-00868) «Binetti, Anna Teresa Formisano, Buttiglione, Volontè, Nunzio Francesco Testa».


      La XII Commissione,
          premesso che:
              la violenza sulle donne, purtroppo, non è un fenomeno tipico di ambienti degradati e poveri, ma è trasversale a tutte le classi sociali e culturali; per contrastare a tutti i livelli questa terribile piaga sociale, sono necessarie azioni concrete di prevenzione e sostegno alle donne vittime di violenza, le quali troppo spesso sono lasciate sole;
              come afferma l'Organizzazione mondiale della sanità, «tutte le donne sono a rischio di subire violenza»; questa, a seconda della sua dislocazione geo-politica, può assumere molteplici manifestazioni:
                  a) la violenza sessuale, che comprende lo stupro, l'abuso sessuale e lo sfruttamento sessuale;
                  b) la «violenza domestica», nella quale rientrano tutte le forme di maltrattamento fisico e psicologico, gli abusi sessuali e tutta una serie di atti di coercizione della libertà personale. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la violenza domestica rappresenta il caso più frequente di mancato rispetto dei fondamentali diritti umani, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Per le donne tra i 15 e i 44 anni il rischio di subire violenze domestiche o stupri è maggiore del rischio di cancro, incidenti o malaria;
                  c) la violenza sulla salute, che vede le donne quali soggetti più esposti al contagio di malattie mortali, quali l'hiv e l'epatite. Così come, in molte parti del mondo, le donne sono a rischio di morte durante il parto a causa della mancanza di un'adeguata assistenza medico-sanitaria. Le donne sono, inoltre, vittime di pratiche, quali le mutilazioni genitali femminili e la sterilizzazione forzata;
                  d) la violenza contro le bambine, che si manifesta in molteplici modi, tra cui i matrimoni forzati e la prostituzione minorile;
                  e) la violenza nel lavoro, che colpisce le donne con numerose discriminazioni nell'accesso al mercato del lavoro e nella disparità di trattamento nelle condizioni di occupazione, violenza che diviene particolarmente discriminatoria quando si somma ad una maggiore vulnerabilità delle donne immigrate o disabili;
              il decreto-legge n.  11 del 2009, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  38 del 23 aprile 2009, che ha introdotto nell'ordinamento giuridico, con l'articolo 612-bis del codice penale, il reato di stalking, è una chiara dimostrazione dell'attenzione del Governo pro tempore all'individuazione di strategie di contrasto, di prevenzione della violenza e di reinserimento delle vittime di tale reato;
              dall'introduzione di tale nuova fattispecie di reato ad oggi, emergono circa 10.149 casi di stalking; le persone denunciate sono state 10.385, quelle arrestate 1.811. Sono stati emessi dai questori 1.891 provvedimenti di ammonimento, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge n.  38 del 2009 e da parte dell'autorità giudiziaria sono stati disposti 2.629 divieti di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
              l'attività del precedente Governo, nel corso di questa legislatura, si è caratterizzata per una serie di costanti interventi in materia di sicurezza. Il cosiddetto «pacchetto sicurezza» comprendeva una serie di provvedimenti che, dal 2008 ad oggi, hanno fatto del rafforzamento della sicurezza urbana e della repressione dei reati di particolare allarme sociale due fondamentali obiettivi da perseguire costantemente;
              la crisi economica internazionale segna un aumento generale della disoccupazione e, in particolare, della disoccupazione giovanile e femminile. Le donne sono il soggetto maggiormente vulnerabile nel mercato del lavoro globale, cosa che induce a temere non solo una generale diminuzione del loro reddito, ma anche un potenziale aumento della violenza domestica e sociale come dimostrato da fatti di cronaca recenti;
              a fronte di un fenomeno che non sembra voler diminuire e segna, al contrario, un aumento delle richieste di aiuto e di gravità dei casi, occorre osservare che le risorse a sostegno dei centri antiviolenza rischiano di subire i tagli dovuti alla crisi; un adeguato sostegno a favore di chi aiuta le vittime è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei governi locali e del Governo nazionale;
              sarebbe opportuno altresì costruire un progetto educativo che, lungo tutto il percorso scolastico, preveda una complessiva educazione e formazione al rispetto della dignità di ogni persona umana in ogni situazione economica, sociale, psichica e fisica, ed in ogni momento della sua vita, con particolare riguardo alle situazioni di maggiore debolezza, come la nascita, l'infanzia e l'età avanzata, e grandissima attenzione all'uguaglianza e pari dignità tra i sessi,

impegna il Governo:

          a promuovere ulteriormente la rete nazionale antiviolenza, il telefono di pubblica utilità 1522 e il potenziamento del sito www.antiviolenzadonna.it, favorendo la diffusione nella scuola di una cultura fondata sul rispetto della persona;
          a dare attuazione al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale, utilizzando le risorse all'uopo stanziate, individuando specifiche iniziative volte a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, ad aumentare il livello di formazione degli operatori coinvolti anche negli ospedali o nelle altre strutture del servizio sanitario nazionale, a monitorare efficacemente il fenomeno della violenza sulle donne;
          a promuovere in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano iniziative volte ad incentivare la realizzazione di misure a favore delle vittime di violenza e a coinvolgere le stesse, laddove sia necessario, in percorsi di formazione e di inserimento lavorativo.
(7-00869) «Barani, Bocciardo, Castellani, De Nichilo Rizzoli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          in data 19 maggio 2012 nelle librerie italiane è andato in distribuzione il libro «Sua Santità – Le carte segrete di Benedetto XVI» di Gianluigi Nuzzi edito da Chiarelettere;
          in tale libro vengono pubblicati documenti privati del Santo Padre che oltre ad essere il Pastore Universale della Chiesa Cattolica è il Capo di Stato della Città del Vaticano;
          tale pubblicazione non rappresenta più una discutibile iniziativa giornalistica ma assume, secondo gli interpellanti, i connotati di un vero e proprio atto criminoso in quanto sia il Santo Padre che diversi suoi collaboratori, ivi compresi i mittenti di tali missive hanno visto violati i loro diritti personali di riservatezza e di libertà di corrispondenza;
          pur essendo stato compiuto l'atto in territorio straniero sia la stesura che la pubblicazione di tali materiali è avvenuta in territorio italiano e questo potrebbe avere ripercussioni di carattere internazionale  –:
          se non ritenga opportuno procedere con immediatezza al rafforzamento, nei nostri codici, della tutela contro simili abusi così da scoraggiare e rendere inefficaci tali improvvide iniziative;
          se e quali iniziative per quanto di competenza intenda intraprendere per far sì che pubblicazioni analoghe non abbiano a ripetersi nel futuro.
(2-01507) «Iannaccone, Belcastro, Porfidia».

Interrogazioni a risposta scritta:


      GARAGNANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          si fa riferimento ai danni rilevanti denunciati dalla Coldiretti nei comuni colpiti dal terremoto in Emilia Romagna, per non parlare delle difficoltà delle piccole e medie imprese che contano gravi danni agli stabilimenti  –:
          se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché gli istituti di credito, e ci si riferisce a tutti quelli presenti sul territorio, agevolino in tutti i modi possibili la ripresa delle attività economiche, dilazionando nel tempo eventuali provvedimenti di «rientro»;
          se si intendano assumere iniziative affinché l'Agenzia delle entrate cooperi con gli istituti di credito per risolvere situazioni di difficoltà degli operatori economici (Coldiretti e piccoli e medi imprenditori) che, già in difficoltà prima del terremoto, hanno ricevuto per effetto del medesimo un danno definitivo o comunque rilevante, con uno sconvolgimento di fatto dell'economia di quelle zone che per risollevarsi avranno bisogno di consistenti aiuti da parte dello Stato e degli istituti di credito, erogati in modo razionale ed in funzione della ripresa, con la collaborazione evidentemente degli enti locali interessati. (4-16210)


      GIRLANDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il piano comunale di emergenza è il progetto di tutte le attività coordinate e delle procedure di protezione civile per fronteggiare un qualsiasi evento calamitoso, probabile in un determinato territorio, la cui necessaria istituzione e previsione da parte dei comuni è stata prevista dalla legge n. 225 del 1992 e seguenti, nonché confermata dal decreto legislativo n. 300 del 1999;
          i piani di emergenza sono quanto mai necessari a fronte della particolare sensibilità del territorio nazionale ad eventi calamitosi quali terremoti o danni provocati da dissesto idrogeologico, a cui è esposto circa l'83 per cento del territorio nazionale;
          corollario indispensabile per la riuscita dei piani, la riduzione del danno alle persone e alle cose, la gestione dell'emergenza ed il mantenimento dei livelli necessari di assistenza tecnica, logistica e strumentale sono dati da una corretta informazione alla cittadinanza in merito alle disposizioni contenute nei piani, soprattutto in relazione alle aree di attesa e di ritrovo, oltre che alle misure comportamentali più idonee da adottare in caso di emergenza;
          molti enti locali, malgrado siano dotati di questi piani, in molti casi anche aggiornati di recente, peccano nella comunicazione delle disposizioni e procedure che interessano la popolazione sui siti web istituzionali o negli altri canali di comunicazione, riducendo in tal modo l'ottimizzazione delle misure previste dai piani, soprattutto in relazione ai punti di raccolta e assistenza in caso di calamità, come dimostrato anche dai recenti fatti avvenuti a seguito del sisma che ha colpito l'Emilia  –:
          se sia nota la percentuale di comuni che hanno elaborato e reso disponibile alle istituzioni e strutture competenti i piani comunali di emergenza, nonché se siano note le motivazioni per le quali tali piani non sono stati attivati e previsti in maniera capillare;
          se si intenda avviare un monitoraggio per verificare lo stato della necessaria comunicazione di carattere istituzionale e pubblico nei confronti della popolazione in relazione alle misure da adottare in caso di eventi calamitosi, previste nell'ambito dei piani di emergenza. (4-16214)


      HOLZMANN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il recente sisma che ha colpito l'Emilia Romagna e la decisione del Governo di non farsi più carico dei costi di ricostruzione di immobili civili ed industriali pone il problema della copertura assicurativa;
          quasi tutte le imprese di assicurazione estendono, già oggi, le coperture incendio agli eventi naturali ed alcune anche al rischio sismico;
          i danni da terremoto si concentrano in determinate aree e coinvolgono una pluralità di immobili; si tratta di danni anche molto elevati che determinano problematiche di natura tecnica nel dare un'adeguata copertura assicurativa;  –:
          se il Governo, preso atto dell'interesse diffuso da tutelare, intenda assumere iniziative, anche normative, per prevedere l'obbligatorietà della copertura del rischio sismico nelle aree a maggior rischio;
          se ritenga d'istituire un tavolo tecnico con l'ANIA per verificare la corretta predisposizione dei premi per la copertura dei rischi;
          se si intenda valutare l'opportunità d'intervenire con un contributo per abbattere la quota del premio assicurativo a carico dell'assicurato, analogamente a quanto si sta già facendo per le coperture assicurative contro il rischio della grandine sulle colture agricole. (4-16217)


      ROSATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          per le annualità 2009 e 2010 gli enti di ricerca potevano utilizzare i fondi liberati dalle cessazioni per procedere al piano di assunzione di personale con un turn over pari al 100 per cento;
          l'autorizzazione ad assumere doveva avvenire, anche per gli enti con una dotazione organica inferiore alle 200 unità, attraverso decreto del presidente del Consiglio dei ministri;
          fino al momento dell'emanazione dello stesso, quindi, anche se tali fondi erano stati già stanziati e a disposizione dei bilanci degli enti stessi per quella finalità, non era possibile procedere nell'assunzione;
          molti enti di ricerca hanno avviato la procedura di autorizzazione, individuando piante organiche, bandendo selezioni concorsuali o procedendo all'individuazione di idonei all'interno delle graduatorie concorsuali già espletate;
          nonostante gli enti abbiano già adempiuto a queste attività e nonostante abbiano avanzato regolare richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze, l’iter non si è ad oggi concluso con l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
          sono molti i lavoratori del settore della ricerca che o hanno vinto selezioni concorsuali o sono stati valutati idonei, per la maggior parte già operanti negli enti di ricerca con contratti precari e che attendono, con l'assunzione, il riconoscimento della loro alta professionalità  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei disagi che stanno subendo molti degli enti di ricerca;
          quale tempistica il Governo immagini per la firma del provvedimento di cui trattasi. (4-16222)


      DE MICHELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in conformità con quanto stabilito dalla legge n.  183 del 2011 (Legge di stabilità 2012), che disciplina il nuovo patto di stabilità interno per il triennio 2012-2014, la circolare n.  5 del 14 febbraio 2012 della ragioneria generale dello Stato specifica le procedure da applicare per la determinazione degli specifici obiettivi programmatici cui devono giungere gli enti locali per concorrere alla realizzazione della manovra di finanza pubblica;
          ai fini della determinazione dello specifico obiettivo programmatico, come già avvenuto per l'anno 2011, deve essere preso in considerazione quale parametro di riferimento il saldo finanziario tra entrate finali e spese finali (al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti), calcolato in termini di competenza mista, come somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale, come riportati nei certificati di conto consuntivo;
          l'obiettivo di saldo finanziario – ai sensi del comma 3 dell'articolo 31 della legge n.  183 del 2011 – viene determinato prendendo la media della spesa corrente sostenuta dall'ente nel triennio 2006-2008, rilevata in termini di impegni e così come desunta dai certificati di conto consuntivo, e moltiplicandola per una percentuale fissata per ciascuna anno;
          il valore annuale così determinato è poi ridotto, ai sensi del comma 4 dell'articolo 31 della legge n.  183 del 2011, per ogni anno di riferimento, di un importo pari alla riduzione dei trasferimenti erariali disposta dal comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n.  78 del 2010;
          tale riduzione è stata quantificata per l'anno 2011 con il decreto del Ministro dell'interno 9 dicembre 2010, e su questa sono stati costruiti i bilanci pluriennali 2012-2013;
          con il decreto del Ministero dell'interno del 22 marzo 2012 è stata stabilita la percentuale di riduzione da applicare per quantificare l'importo dei minori trasferimenti ai singoli comuni a decorrere dall'anno 2012;
          a seguito dell'emanazione del decreto-legge n.  201 del 2011 (decreto «Salva Italia»), sono stati previsti ulteriori tagli alle risorse trasferite ai comuni: la riduzione di cui al comma 17 dell'articolo 13 (in ragione del maggior introito derivante dall'anticipazione al 2012 dell'imposta municipale propria) e la riduzione di cui ai commi 7 e 9 dell'articolo 28 pari a 1.450 milioni di euro a livello nazionale (per il comune di Piacenza pari a 3.565.199 euro, secondo la quantificazione effettuata sull'apposito sito del Ministero dell'economia e delle finanze);
          il comma 6 dell'articolo 4 del decreto-legge n.  16 del 2012 ha confermato che per l'anno 2012 i trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione corrisposti dal Ministero dell'interno in favore degli enti locali subiscono un'ulteriore riduzione collegata all'istituzione dell'imposta municipale propria;
          questi ulteriori tagli ai comuni non sono tenuti in considerazione ai fini della determinazione degli obiettivi programmatici del patto di stabilità interno degli enti locali, dal momento che il comma 3 dell'articolo 31 della legge n.  183 del 2011 fa esclusivo riferimento alla riduzione dei trasferimenti erariali operata ai sensi del comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n.  78 del 2010;
          l'eccessivo importo degli obiettivi di saldo finanziario così determinati rispetto ai tagli dei trasferimenti impedisce di fatto il pagamento delle spese in conto capitale a residuo da parte dei comuni, i quali hanno già previsto nei bilanci pluriennali 2012-2013 tagli consistenti alle spese a seguito del decreto-legge n.  78 del 2010  –:
          quali urgenti iniziative il Governo intenda intraprendere per consentire, nella determinazione degli obiettivi programmatici del patto di stabilità, il computo degli ulteriori tagli disposti ai trasferimenti erariali ai comuni e, in particolare, di quello operato in conseguenza dell'applicazione dell'imposta municipale propria. (4-16229)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


      PICIERNO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          la sera del 17 maggio 2012, i coniugi Salvatore Di Pietro e Teresa Del Salvio, rispettivamente di 52 e 55 anni, sono stati vittime di un brutale sequestro, finito in tragedia, a Maracaibo in Venezuela;
          i due coniugi, originari di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta, si erano trasferiti da alcuni anni con i tre figli nel Paese sudamericano, dove gestivano un'attività commerciale nell'Avenue Fuerzas Armadas del quartiere Isla Dorada di Maracaibo;
          stando all'incerta ricostruzione degli eventi, dopo un'ordinaria giornata di lavoro nel negozio, i Di Pietro sarebbero saliti a bordo della loro vettura per tornare a casa. Nei pressi della loro abitazione sarebbero stati fermati, con lo scoppio di alcuni colpi d'arma da fuoco, da tre individui – in base a quanto ripreso da alcune telecamere in zona – che li avrebbero costretti a salire prima su un'altra auto, e poi su di una imbarcazione per raggiungere un'isola vicina;
          cosa sia accaduto nei momenti successivi al sequestro, definito dalla commissario Odalis Caldera – segretaria di sicurezza e ordine pubblico dello Stato Zulia – come un «crimine atipico» per le modalità e i poco chiari obiettivi dei sequestratori, è stato ricostruito a fatica. Dalle prime notizie giunte dal Venezuela, sembrerebbe che per le condizioni climatiche avverse, e forse per l'agitazione a bordo dovuta a una ribellione del Di Pietro, l'imbarcazione non abbia retto alle sollecitazioni, affondando a circa 150 metri dalla riva. Mentre i tre sequestratori sono riusciti a fuggire a nuoto, i coniugi casertani sono stati ritrovati senza vita sulla spiaggia Guajira dello Stato Zulia, la mattina di venerdì 18 maggio. Il corpo della Del Savio era legato agli arti superiori e inferiori, mentre il Di Pietro aveva una manetta allacciata al polso sinistro, presumibilmente perché incatenato all'imbarcazione;
          emergono nelle ultime ore nuovi ed oscuri elementi, che calano un velo di mistero sulla torbida vicenda. In particolare, il medico legale, incaricato di periziare le salme, sembrerebbe aver escluso la morte per annegamento. Inoltre, il Di Pietro sarebbe stato vittima già altre volte di sequestro di persona;
          il consolato generale d'Italia a Caracas sarebbe stato attivato solo nella tarda serata di sabato 19 maggio. Difatti, come riferiscono i familiari delle vittime, lo stesso console avrebbe esternato il proprio stupore dopo essere stato interpellato dai familiari, a distanza di 48 ore dalla tragedia;
          ad oggi il Ministero degli affari esteri non ha ancora ufficializzato l'accaduto  –:
          di quali notizie sia in possesso in relazione al tremendo duplice omicidio in oggetto, e quali iniziative intenda assumere per sollecitare, mediante gli opportuni canali diplomatici, le autorità venezuelane a far piena luce sull'accaduto;
          se e quali iniziative diplomatiche intenda attivare al fine di ottenere i dovuti chiarimenti circa la mancata e tempestiva comunicazione dell'accaduto alla rappresentanza italiana presso Caracas, e quali siano le motivazioni per cui il Ministero non abbia ancora ufficializzato la morte dei due connazionali in Venezuela.
(4-16228)


      MELONI, HOLZMANN, MALGIERI, MARSILIO, CORSARO, LA RUSSA, RAMPELLI, SALTAMARTINI, LANDOLFI, CONTENTO, BIANCONI, LAFFRANCO, CANNELLA, CATANOSO, SAGLIA, DIMA, BECCALOSSI, DE CORATO, BELLOTTI, GHIGLIA, TOMMASO FOTI, ARACRI, MURGIA, NOLA e PORCU. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il console Vattani ha sostenuto recentemente in un'intervista rilasciata al quotidiano «Il Foglio» in data 17 maggio 2012, che nella memoria presentata dal Ministero degli affari esteri al Consiglio di Stato sarebbero contenute le seguenti considerazioni: «che il Min.  Vattani non fa mistero della sua militanza, dapprima, attraverso l'appartenenza al Fronte della Gioventù negli anni 80, e poi attraverso la musica da lui proposta,» e che «tale fatto, rende la permanenza all'estero del console Vattani in palese contraddizione con le alte funzioni di rappresentanza». Nella stessa memoria le anzidette sorprendenti considerazioni vengono considerate a monte ed attengono alla tutela dei beni primari sopracitati (l'immagine dello Stato e la rappresentatività delle proprie istituzioni all'estero, oltreché il buon andamento, l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa), di cui e custode l'Amministrazione;
          il Fronte della Gioventù è stato dagli anni Settanta al 1996 l'organizzazione giovanile di un partito legittimamente costituito, presente in Parlamento e nelle istituzioni repubblicane di ogni livello e grado, contribuendo alla vita democratica e allo sviluppo del Paese. In questa organizzazione, frequentata da centinaia di migliaia di aderenti e militanti, si è formata parte importante della classe dirigente (politica, amministrativa, imprenditoriale, culturale) della nostra Nazione, compresi gli interroganti e – non ultimo – il Ministro degli affari esteri pro-tempore dal 2004 al 2006 e attuale terza carica dello Stato, che ne è stato segretario nazionale dal 1977 al 1988  –:
          se vi siano quindi persone con incarichi di alta responsabilità presso l'amministrazione del Ministero degli affari esteri, che considerino una passata adesione al MSI o alla sua organizzazione giovanile come incompatibile con le «alte funzioni di rappresentanza» svolte e la «tutela dell'immagine dello Stato all'estero»;
          quanto abbia pesato tale posizione chiaramente discriminatoria nel motivare il richiamo immediato del console Vattani in soli cinque giorni, difficilmente giustificabile con la preoccupazione per l'immagine dell'Italia all'estero, visto che tale richiamo repentino ha causato l'annullamento di importanti impegni istituzionali, non ultimo il ricevimento per la Festa nazionale a Osaka, con grave discredito per l'immagine del nostro Paese;
          se non ritenga che vi siano priorità ben più importanti, della battaglia legale contro il console Vattani in relazione alle quali occupare le limitate risorse della Farnesina in queste settimane, prima fra tutte quella che vede da oltre cinque settimane due Marò italiani detenuti in India in palese violazione delle norme del diritto internazionale. (4-16238)


(L'atto è stato modificato successivamente alla sua pubblicazione, vedi versione corrente)
      MURGIA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere, premesso che:
          le capacità ed il curriculum – come diplomatico – del console Mario Vattani sono fuori discussione;
          le sue competenze diplomatiche, la cura delle comunità italiane all'estero, la collaborazione tra i popoli, l'innovazione ma soprattutto la conoscenza della cultura giapponese, denotano un professionista serio ed estremamente affidabile che ha sempre svolto il suo mandato nel nome e per il bene dell'Italia;
          molte delle idee che ha lanciato sono diventate spesso patrimonio dell'attività italiana tutta;
          nel 1999 viene trasferito in Egitto, e nominato console al Cairo. Nella nuova sede avvia un programma d'azione innovativo per migliorare i servizi consolari a favore dei cittadini italiani e egiziani. D'intesa con le autorità egiziane, mette in atto misure atte a prevenire frodi e in particolare la falsificazione di permessi di soggiorno;
          nel 2000, il console Vattani è il primo, in tutta la rete diplomatica italiana, a ideare e ad applicare al Cairo il moderno sistema di «appuntamenti telefonici» per i richiedenti il visto, risolvendo così l'annoso problema delle lunghe code del pubblico di fronte all'ingresso del consolato. Il Ministero degli affari esteri approverà questo nuovo metodo di lavoro e lo estenderà a tutta la rete diplomatica e consolare;
          avvia inoltre, iniziative significative per modernizzare alcune strutture dell'imponente ospedale italiano «Umberto I» al Cairo. Cogliendo l'occasione di alcune visite istituzionali, come quella del Presidente della Repubblica, Ciampi e del Presidente del Consiglio pro tempore D'Alema, ottiene importanti sponsorizzazioni per il rifacimento delle sale operatorie e per la consegna di nuove apparecchiature tecnologiche. Queste iniziative avviate dal Consolato d'Italia al Cairo hanno indotto il Ministero degli affari esteri a effettuare per la prima volta una rilevazione di tutti gli ospedali Italiani sparsi per il mondo. La segreteria generale del Ministero ha quindi realizzato due pubblicazioni riguardanti la rete di questi ospedali che costituiscono una prova tangibile della generosità e della solidarietà che hanno sempre caratterizzato le nostre comunità all'estero;
          nel 2007 Vattani viene nominato Cavaliere ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica (Governo Prodi);
          rientrato a Roma nel 2008, assume le funzioni di consigliere diplomatico del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Su richiesta del sindaco, Vattani segue anche i problemi della convivenza delle numerose comunità migranti presenti nella Capitale: mantiene costanti contatti con le ambasciate interessate e con i rappresentanti in consiglio di queste comunità, organizza visite e incontri con delegazioni, guidate da Capi di Stato e di Governo, venute in Italia da Romania, Albania e Bulgaria;
          un'altra trattativa che Vattani conduce dal 2001, organizzando la visita del Ministro in Giappone – e concluderà poi con successo una volta assegnato all'ambasciata d'Italia a Tokyo – riguarda l'accesso al mercato giapponese delle arance rosse di Sicilia, problema questo che si trascinava da 15 anni;
          nel 2003, grazie alla sua conoscenza della lingua e della cultura giapponese, vince il concorso per una borsa di studio della Commissione europea (ETP) che gli assicura il soggiorno di studio di un anno a Tokyo. Vattani supera con successo gli esami finali di proficiency in lingua e cultura giapponese, e viene quindi assegnato all'ambasciata d'Italia a Tokyo, con funzioni di capo dell'ufficio commerciale;
          l'ambasciatore Mario Bova gli affida inizialmente la conduzione del delicato dossier «Consiglio di Sicurezza – Giappone». Ma l'incarico più impegnativo che Vattani è chiamato a svolgere è quello della promozione dell'immagine dell'Italia in Giappone, attraverso la grande rassegna «Primavera Italiana 2007». Vattani ne cura ogni aspetto: progetta e realizza il programma degli eventi (oltre 300) e ne assicura un'ampia diffusione attraverso i media. I principali eventi vengono inaugurati dal Presidente del Consiglio pro tempore Prodi, dal Ministro degli affari esteri pro tempore D'Alema e dal vice presidente pro tempore Rutelli;
          il 26 luglio 2011 assume servizio a Osaka come console generale. Con la convinta collaborazione del personale italiano e giapponese rilancia le attività del consolato generale, modernizzando il sito web e diffondendo regolarmente presso la comunità italiana le informazioni sui principali eventi;
          in pochi mesi riattiva la rete dei gemellaggi tra città italiane e giapponesi e incontra i sindaci e i governatori delle principali città della sua circoscrizione: Osaka, Kobe, Kyoto, Toyama e Ichinomiya. Organizza missioni di imprenditori giapponesi in varie regioni italiane. Tra queste, una missione di tredici aziende appartenenti al distretto farmaceutico di Toyama e una riguardante imprenditori della regione del Kansai del settore del design;
          date le restrizioni imposte dalla crisi economica e finanziaria, Vattani riapre una trattativa con la proprietà per ottenere una riduzione per le spese di affitto e di funzionamento del consolato generale. La trattativa si conclude a dicembre con un notevole risparmio per l'erario;
          nell'ottobre 2011 ospita a Kyoto la ventitreesima assemblea annuale dell'Italy-Japan Business Group;
          istituisce nel novembre 2011, coinvolgendo nell'iniziativa il sindaco di Kyoto e le principali autorità cittadine, il premio Marco Polo destinato a ricercatori italiani e giapponesi. Nel corso di una solenne cerimonia il premio viene per la prima volta conferito ad alcuni professori dell'università Ca’ Foscari di Venezia e ad autorevoli ricercatori giapponesi, nel contesto di un Seminario sulle nanotecnologie, patrocinato dal consolato generale;
          come ha dichiarato il Ministro Terzi – durante un suo intervento televisivo – si sta parlando di un funzionario che ha dato prova di competenza ed attaccamento al servizio;
          ad avviso dell'interrogante l'ingiusto accanimento politico nei confronti del console Vattani denota ad avviso dell'interrogante, una preclusione ed una miopia che nulla ha a che fare con l'idea di meritocrazia che dovrebbe muovere il nostro Paese  –:
          se non ritenga di assumere iniziative per interrompere quella che all'interrogante appare una vera e propria azione persecutoria condotta dal dicembre 2011 nei confronti di Mario Andrea Vattani, un funzionario diplomatico che – come anche dichiarato dallo stesso Ministro interrogato – in 21 anni di carriera «ha dato prove di grandissima competenza e di grande attaccamento al servizio» (Rai, Otto e Mezzo 16 gennaio 2012), del quale da parte dei Ministero si censura prima la militanza negli anni ’80 nell'organizzazione giovanile del MSI, e poi la semplice partecipazione ad un concerto di musica alternativa, facendo cenno al risalto mediatico conseguente che avrebbe creato imbarazzo e danno all'immagine dell'amministrazione;
          se vengano tenute a tale riguardo nella giusta considerazione le prese di posizione di un soggetto terzo assai qualificato, come il presidente Politi della I sezione del tribunale amministrativo regionale del Lazio, che nel decreto cautelare di sospensione del provvedimento di richiamo al Ministero di Vattani, reso in data 15 marzo 2012, sottolinea che «la sovraesposizione mediatica del caso è stata in larga parte provocata da ripetute esternazioni dei vertici del Ministero»;
          se sia vero, come sostenuto recentemente in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Foglio in data 17 maggio 2012 dallo stesso console Vattani, che nella memoria presentata dal Ministero degli affari esteri al Consiglio di Stato sarebbero contenute le seguenti considerazioni: «che il Ministro Vattani non fa mistero della sua militanza, dapprima, attraverso l'appartenenza al Fronte della Gioventù negli anni 80», e poi attraverso la musica da lui proposta, e che «tale fatto, già di per sé, rende la permanenza all'estero del Console Vattani in palese contraddizione con le alte funzioni di rappresentanza dello Stato che egli è chiamato a svolgere;
          se sia vero che nella stessa memoria le anzidette sorprendenti considerazioni vengono considerate «a monte ed attengono alla tutela dei beni primari sopracitati (l'immagine dello Stato e la rappresentatività delle proprie istituzioni all'estero, oltreché il buon andamento, l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa), di cui è custode l'Amministrazione»;
          se vi siano quindi persone con incarichi di alta responsabilità presso l'amministrazione del Ministero degli affari esteri, che considerino una passata adesione al MSI o alla sua organizzazione giovanile come incompatibile con l'attività di rappresentanza dell'Italia all'estero;
          se sia stata tale posizione, chiaramente discriminatoria a motivare il richiamo immediato del console Vattani in soli 5 giorni, e non certamente una preoccupazione per l'immagine dell'Italia all'estero, visto che tale richiamo repentino ha peraltro causato l'annullamento di importanti impegni istituzionali, non ultimo il ricevimento per la Festa nazionale a Osaka, con grave discredito per l'immagine del nostro Paese;
          se, nell'insistere in quella che appare all'interrogante una vera e propria persecuzione personale di Vattani, mirata ad un suo rientro anticipato dal Giappone, si stia tenendo adeguato conto delle sue specifiche capacità nel contesto giapponese: unico funzionario della Farnesina a parlare correntemente la lingua giapponese, che vanta rapporti cordiali e amichevoli con i rappresentanti istituzionali, e del mondo della cultura, dell'economia nelle regioni della sua circoscrizione consolare, come dimostrano peraltro le attività del consolato generale ad Osaka, ampiamente presentate nella pagina web del consolato generale;
          se non ritenga che per il solo fatto di essere pienamente introdotto nella società giapponese, Vattani rappresenti per il nostro ministero un asset del quale non appare economico disfarsi sulla base di una campagna mediatica condotta da fogli che appaiono chiaramente orientati politicamente;
          se non ritenga che vi siano priorità ben più importanti ad avviso dell'interrogante della battaglia legale contro il console Vattani in relazione alle quali occupare le limitate risorse della Farnesina in queste settimane, e se non ritenga che sia venuto il momento di lasciar lavorare il nostro console generale a Osaka con la necessaria serenità. (4-16239)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      GIANNI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          a Roma il 18 aprile 2012, la maggioranza del Consiglio nazionale, ha avviato il procedimento di modifica dello Statuto che essenzialmente prevede la soppressione dei Comitati provinciali del CONI;
          la decisione è stata adottata come un adempimento amministrativo in soli quindici minuti che ha impedito un dibattito approfondito ed evitato, altresì, la prevedibile espressione di un dissenso legittimo;
          il presidente del CONI ha rifiutato di ricevere i rappresentanti dei comitati provinciali nel consiglio nazionale, negando l'esercizio di potere consultivo che in questo caso si sarebbe esercitato successivamente all'adozione della delibera anziché preventivamente;
          i rappresentanti dei comitati provinciali del Coni sono stati prima ricevuti presso la Commissione competente della Camera e successivamente hanno avuto un confronto con un nutrito gruppo di parlamentari. Questo pur essendo consci, del fatto che le Camere non hanno voce nel procedimento di modifica allo statuto, per cui la delibera del Consiglio nazionale può solo essere approvata o respinta, con eventuali emendamenti, dal Ministro vigilante;
          tale organo ha però richiesto chiarimenti sul merito della modifica, esprimendo osservazioni motivate sul fatto che una soppressione «sic et simpliciter» dei comitati provinciali sia compatibile con la sussistenza di una espressione democratica del movimento sportivo di base;
          è auspicio dell'interrogante che venga mantenuta una istanza rappresentativa periferica del movimento sportivo con cui si possano mantenere luoghi di confronto;
          i risparmi, alla base della decisione di sopprimere i Comitati provinciali del Coni, sicuramente necessari si potrebbero ottenere eliminando le consulenze esterne, riducendo le spese di rappresentanza, razionalizzando il personale della sede centrale e delle Fsn, ma anche gli stessi comitati provinciali del Coni una volta mantenuti in essere potrebbero economizzare attraverso la riduzione delle trasferte romane e rinunciando a partecipare a progetti talvolta strampalati e di nessuna utilità, salvo per l'agenzia appaltatrice;
          recentemente il Ministro Gnudi ha dichiarato che il «Piano nazionale della promozione dello sport» prevede il ritorno ai Giochi della gioventù e campionati sportivi studenteschi con le rispettive fasi nazionali e il proseguo per il prossimo anno del progetto di alfabetizzazione motoria, avvalendosi del ruolo del CONI e delle Associazioni sportive che operano sul territorio: fatti e azioni di fondamentale importanza per il futuro del nostro sport ma che senza il supporto dei comitati provinciali le buone intenzioni del Ministro saranno di difficile realizzazione  –:
          quali azioni intenda intraprendere al fine di evitare che i Comitati provinciali del Coni siano soppressi mantenendo in essere la possibilità di una istanza periferica rappresentativa del movimento sportivo e che è strategica per la realizzazione effettiva ed efficace del «Piano nazionale della promozione dello sport» come indicato dal Ministro Gnudi. (4-16231)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


      MARIANI, BRAGA, BRATTI e MARGIOTTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la società SOGESID s.p.a. era stata istituita, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n.  96, successivamente modificato dall'articolo 20 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n.  32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n.  104, allo scopo di affidare alla stessa, in regime di concessione, gli impianti idrici già detenuti dalla Cassa del Mezzogiorno;
          nel corso degli anni la SOGESID s.p.a. ha visto continuamente ampliate le sue competenze e le peculiarità relative alle modalità e agli strumenti di intervento, grazie a successivi passaggi normativi;
          l'articolo 10 della legge 10 agosto 1995, n.  341, ha stabilito che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene alle funzioni di istruttoria, supporto tecnico, organizzazione e monitoraggio nel settore idrico, possa avvalersi della SOGESID;
          l'articolo 3 del decreto legislativo n.  163 del 2006 ha inserito la SOGESID nel novero di quei soggetti che non sono tenuti ad espletare le procedure di evidenza pubblica per lo svolgimento delle attività ad essa affidate;
          la legge 27 dicembre 2006, n.  296 (legge finanziaria per il 2007), ne ha disposto, all'articolo 1, comma 503, la trasformazione in una società in house, cioè un ente strumentale alle finalità ed alle esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, consentendo, in forza di tale trasformazione, che alla SOGESID s.p.a. fossero trasferite molte competenze istituzionali del Ministero;
          attualmente, quindi, l'operato della SOGESID s.p.a. insiste nei più svariati settori – quali l'assistenza tecnica alle varie direzioni generali del Ministero, inclusa la direzione VIA, la definizione di interventi di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati di interesse nazionale, il supporto alla redazione dei piani di tutela delle acque e talvolta a quelli di monitoraggio, senza peraltro il coinvolgimento delle ARPA, che di tali attività sono titolari, la partecipazione a tavoli tecnici, forum e progetti internazionali in materia di risorse idriche, anche con funzioni di rappresentanza, lo svolgimento di campagne informative in materia ambientale, il monitoraggio e la vigilanza in materia di rifiuti –, per i quali sono evidenti i profili di sovrapposizione con le competenze istituzionali attribuite all'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA);
          tale sovrapposizione di ruoli e di attività risulta ad avviso degli interroganti palesemente contraddittoria rispetto all'esigenza di utilizzare al meglio le risorse umane, tecniche ed economiche della pubblica amministrazione;
          ancor più grave è il fatto che le attività affidate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a SOGESID s.p.a. vengano nella maggioranza dei casi subappaltate da quest'ultima a soggetti terzi, e che la SOGESID s.p.a. possa, in questo modo, sottrarsi di fatto a norme dello Stato e procedure, soprattutto in materia di personale;
          solo nell'ultimo anno la SOGESID, come riportato nell'articolo del 14 febbraio 2012 del quotidiano Italia Oggi, ha assegnato 203 consulenze, per un valore complessivo di 4 milioni e 359 mila euro;
          infine, a giudizio degli interroganti la circostanza che SOGESID svolga anche attività di progettazione esecutiva e direzione lavori porta, da un lato, a situazioni di conflitto d'interessi in relazione ai compiti autorizzativi e di controllo attribuiti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dall'altro, a gravi distorsioni sul mercato della progettazione, con serie difficoltà per i professionisti e le imprese operanti soprattutto nel settore dell'ingegneria ambientale;
          il Governo nell'incentivare misure a favore della concorrenza ha imposto ad enti locali e regioni di limitare il ricorso a procedure di affidamento in house ed in tal senso è auspicabile che tale orientamento sia applicato anche dalle istituzioni centrali assieme alla dovuta trasparenza  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere adeguate iniziative normative al fine di ricondurre le competenze attualmente svolte da SOGESID nell'ambito dell'attività svolta dalle direzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in modo tale da far emergere con la massima trasparenza le azioni di valutazione e di controllo, in particolare per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse e la pubblicità degli atti. (5-06917)


      GHIGLIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato a ciascun ente parco nazionale (nota del Ministero protocollo n.  PNM-2011-0016795 del 5 agosto 2011), sulla base di un'interpretazione proposta dalla ragioneria generale dello Stato dell'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n.  78 del 2010 recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica» convertito dalla legge n.  122 del 2010, la necessità di sospendere l'erogazione dell'indennità di carica degli organi istituzionali che ne fanno parte ed ha ordinato di procedere al recupero di quanto sarebbe stato indebitamente versato ai soggetti che ricoprono dette cariche;
          qualora si considerasse legittimo ed applicabile l'ordine impartito dal dicastero competente, gli incarichi amministrativi, per così dire statutari, presso ciascun parco nazionale risulterebbero puramente onorifici, non sarebbe più possibile indennizzare adeguatamente chi li ricopre, e vi sarebbe altresì la necessità di recuperare le somme versate durante il periodo di vigenza della novità normativa di cui trattasi;
          gli enti parco nazionali conservano pacifica natura giuridica di enti pubblici non economici, rientranti tra le pubbliche amministrazioni elencate all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.  165 del 2001, e sono dunque esclusi dal raggio d'azione del citato articolo del decreto-legge n.  78 del 2010;
          il quadro normativo descritto produrrebbe effetti deleteri sulla disciplina delle aree protette del Paese, con una prevedibile fuga dalle cariche direttive degli enti parco da parte di personalità dalla comprovata esperienza e adatte a ricoprire con profitto il ruolo assegnatogli;
          non appare logico che consigli direttivi, giunte esecutive e presidenti degli enti parco nazionali svolgano il loro mandato, con tutte le responsabilità civili e penali derivanti, a fronte di meri oneri materiali ed onori morali;
          il tempo sottratto dalla carica ricoperta nell'ente spesso pregiudica il normale svolgimento dell'attività professionale principale, non vedendo per contro riconosciuti i relativi mancati guadagni da adeguata indennità;
          appare fondamentale sottrarre i parchi nazionali, per l'importanza ricoperta non solo in ottica di protezione ambientale ma anche di promozione turistica dei nostri territori, ad un progressivo ridimensionamento ed impoverimento delle risorse umane interne, continuando a riconoscere e a premiare il ruolo di guida e di programmazione svolto dagli organi direttivi degli enti e sospendendo il processo di recupero delle indennità finora erogate sulla base di un'applicazione ex tunc dell'interpretazione della ragioneria di Stato citata  –:
          se non reputi necessario un tavolo di approfondimento tra Ministero, enti e ragioneria dello Stato per addivenire ad una disciplina condivisa che non imponga tagli lineari eccessivamente penalizzanti e che individui un punto equilibrato di sintesi tra la necessità di ridimensionamento delle spese statali e la volontà di preservare le funzioni da sempre ricoperte con dovizia di causa dagli enti parco nazionali, anche compiendo un'analisi di merito atta ad evidenziare l'eterogeneità del contesto operativo e a ricalibrare coscientemente le misure strutturali introdotte e verificando quanto incida la riforma descritta sugli equilibri del bilancio statale ovvero a quanto ammonti il risparmio di spesa direttamente ascrivibile all'eliminazione delle indennità di carica previste per gli organi direttivi dei parchi nazionali italiani. (5-06918)


      DI BIAGIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) nasce nel 2009 su iniziativa del Ministero interrogato — come tra l'altro evidenziato sul portale di riferimento — «nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della Pubblica Amministrazione per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la regione Campania»;
          il suddetto sistema di controllo «semplifica le procedure e gli adempimenti riducendo i costi sostenuti dalle imprese e gestisce in modo innovativo ed efficiente un processo complesso e variegato con garanzie di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell'illegalità»;
          negli ultimi giorni il SISTRI, la sua configurazione operativa e la rete di operatori e dinamiche contrattuali sono stati oggetto di un'inchiesta giornalistica messa in onda dal programma Report in data 13 maggio 2012 e pubblicata dal quotidiano La Repubblica nelle stesse ore rivelando una molteplicità di punti oscuri e presunti illeciti sui quali appare auspicabile un chiarimento;
          il progetto del Sistri venne abbozzato nel 2007, originariamente si trattava di definire una rete di dati integrata per i produttori e i trasportatori di rifiuti «speciali pericolosi» finalizzata alla tracciabilità delle dinamiche di smaltimento. A corredo di tale progetto veniva apposto con apposito decreto del Ministro dell'ambiente il «segreto di Stato», poiché — stando alla ricostruzione degli eventi — si ricorreva ad «avanzatissima tecnologia militare»;
          il 5 settembre del 2008, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, venne posto il «segreto amministrativo» «sul progetto, le opere, i servizi, e le forniture per la realizzazione del Sistema» che il Ministero interrogato — stando a quanto ricostruito dalla suindicata inchiesta — avrebbe affidato alla «Selex Service management», società del gruppo Finmeccanica con contratto — pubblicato da La Repubblica firmato il 14 dicembre 2009;
          la secretazione di cui al citato decreto del 2008, legittimava in base al principio della riservatezza l'aggiudicazione e individuazione del contraente senza procedure di evidenza pubblica;
          il citato contratto ha durata quinquennale e prevede per la realizzazione del sistema, la sua manutenzione, nonché la fornitura agli utenti, l'erogazione da parte del Ministero interrogato di 28 milioni di euro annuali a cui va aggiunta una quota variabile tra i 65 e i 70 milioni, vincolata al gettito assicurato da ciascun utente del Sistri attraverso un'iscrizione obbligatoria, la cui inadempienza non è però stata sanzionata per legge fino al dicembre 2010;
          le forniture agli utenti constano di due strumentazioni funzionali al software in grado di garantire la tracciabilità dei rifiuti (una chiavette usb per i dati, e una «black-box», scatola nera da collocare nei camion adibiti al trasporto);
          l'entrata in vigore del sistema, originariamente prevista per luglio 2011, veniva successivamente prorogata ad ottobre dello stesso anno, per poi essere ulteriormente rinviata. Nel 2011 la «precarietà» del progetto legata al versamento di un contributo obbligatorio in capo alle aziende-utenti per un servizio concretamente mai erogato per la mancata entrata in vigore del sistema ha spinto molti a disertare la contribuzione facendo di fatto crollare l'ammontare dei contributi;
          a seguito della débacle dei contributi, non esistendo alcun tipo di «vincolo» contributivo in capo alle imprese-utenti, come evidenzia l'inchiesta de La Repubblica che cita le intercettazioni dell'inchiesta napoletana sulla P4, l'amministratore delegato di «Selex» ha sollecitato più volte il Ministero interrogato al fine di ottenere una disciplina sanzionatoria in caso di mancato pagamento. Tale «sollecito» ha condotto al decreto del dicembre 2010 attraverso il quale è stata introdotta una sanzione fino a 90 mila euro per i mancati pagamenti;
          come evidenzia ancora l'inchiesta de La Repubblica la DigitPa ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, incaricata della definizione della spending review sul contratto tra Ministero e Finmeccanica ha evidenziato che le «scelte seguite per il Sistri non sono compatibili con i princìpi di trasparenza»;
          il Ministro interrogato — in merito alla questione — ha evidenziato che «il Sistri è un'eredità pesante ma è anche un sistema di lotta alla criminalità. Per cambiarlo serve una legge nuova»;
          l'attuale configurazione del SISTRI, con le sue fumose caratteristiche operative e la dubbia capacità funzionale a fronte di un «investimento» da parte dello Stato esoso e impegnativo — sentitamente in questa congiuntura economica — solleva seri dubbi sull'utilità e sulla reale funzionalità del sistema anche in termini di concreta tracciabilità dei rifiuti e di tutela dell'ambiente;
          inoltre le discutibili articolazioni evidenziate in premessa mostrano uno scenario desolante, e complesso che solleva maggiore amarezza se inquadrato in un contesto economico gravoso per il Paese in cui dovrebbe essere privilegiata la razionalizzazione e la lungimiranza operativa contro ogni deriva clientelare e affaristica, segnatamente quando tali derive coinvolgono operatori economici come piccole e medie imprese che faticano a sopravvivere e che in questo modo sono le principali vittime di un sistema presumibilmente al limite dell'illecito oltre che dalla dubbia funzionalità  –:
          quali siano le reali dinamiche che hanno condotto alla nascita e alla strutturazione del Sistri, oltre che la natura del contratto intercorso tra il Ministero e Finmeccanica e quali prospettive vi siano per il futuro in merito alla sopravvivenza del Sistema e la sua eventuale riconfigurazione anche alla luce di quanto evidenziato dalla DigitPa. (5-06919)


      DIONISI e TASSONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la scorsa stagione in considerazione anche dell'aumento della produzione di rifiuti dovuti all'incremento della popolazione turistica presente nel territorio, sono state innumerevoli le situazioni di black-out riscontrate diffusamente in larga parte delle città calabresi, in particolare nelle località turistiche costiere, che hanno portato ad una totale congestione dell'intero ciclo di gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nell'intero territorio regionale;
          dopo circa un anno e innumerevoli solleciti a porre rimedio ad una situazione divenuta insostenibile, nessuna azione concreta è stata posta in essere per recuperare una capacità qualitativa nel ciclo di raccolta e smaltimento rifiuti in Calabria e in prospettiva dell'imminente stagione turistica si ripropone lo spettro dell'inefficienza gestionale;
          sono ormai più di 14 anni che la regione Calabria vive una fase emergenziale continua e mai risolta sulla gestione del ciclo di raccolta e smaltimento rifiuti, malgrado le ingenti risorse sia umane che economiche impegnate nel tempo nel tentativo di dare una reale risoluzione all'emergenza nel territorio calabrese;
          una mancata efficace programmazione delle opere strutturali da porre in essere, la colpevole disattenzione da parte delle istituzioni locali, l'utilizzo di risorse umane poco professionali hanno portato oggi la regione Calabria alla soglia del collasso sulla gestione del ciclo dei rifiuti, ponendola in condizioni di criticità evidenti, anche sotto il profilo dell'immagine del territorio;
          il continuare a ostinarsi per la risoluzione della problematica legata ai rifiuti in Calabria affidando tutti i poteri a gestioni commissariali che si sono manifestate inefficaci rappresenta una miopia politica intollerabile, e che oggi al cospetto di una gravissima crisi economica congiunturale minerebbe ancora di più lo sviluppo economico di un territorio già fortemente provato;
          è necessario, oggi ancor di più quindi, assicurare una serie di controlli e un attento monitoraggio sull'intero processo di gestione integrata del ciclo dei rifiuti e la messa in atto di un piano strutturale mirato a superare le numerose difficoltà presenti nel ciclo di gestione dei rifiuti nella regione Calabria e a chiamare in causa tutti gli attori interessati all'assunzione di responsabilità per il superamento delle difficoltà presenti  –:
          quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire un efficiente servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, in particolar modo nelle aree interessate durante la stagione estiva da un maggior incremento del flusso turistico e di afflusso di utenti, anche valutando se non debba giungere a conclusione in Calabria la fase della gestione commissariale del ciclo della gestione dei rifiuti. (5-06920)

Interrogazione a risposta scritta:


      MURGIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il cemento sta ingoiando l'Italia;
          questo è l'allarme che Fai e Wwf lanciano contro la continua distruzione del paesaggio, la risorsa più preziosa;
          non è la previsione di qualche «Cassandra» ambientalista, ma il risultato d'una ricerca scientifica promossa dall'Università dell'Aquila, con l'Università Bocconi di Milano, che ha analizzato i piani regolatori di 11 regioni;
          la proiezione elaborata su questi dati costruisce un viaggio dentro la bella Italia che scompare e che Fai e Wwf hanno illustrato lanciando l'allarme;
          milioni sono i casi di abusivismo edilizio che, dal 1948 a oggi, hanno ferito il Paese;
          si tratta di paesaggi, terreni agricoli, spazi di aggregazione sociale che non saranno mai più restituiti all'ambiente e alla collettività con un processo irreversibile e in costante crescita;
          le cifre disegnano un quadro buio;
          l'erosione del suolo, negli ultimi 50 anni, è avanzata a un ritmo incalzante: da un minimo del 100 per cento in Umbria, Liguria, Valle d'Aosta e Friuli, sino a oltre il 400 per cento in Molise, Puglia e Abruzzo e più del 500 per cento in Emilia Romagna;
          un caso esasperato è quello della Sardegna: in poco meno di 60 anni le urbanizzazioni sono cresciute del 154 per cento;
          il Paese – secondo le associazioni ambientaliste – è rimasto in pratica «seduto» sul suo patrimonio culturale e paesaggistico, oscillando tra scarsa attenzione, disimpegno e condoni;
          il paesaggio non è solo «uno stato d'animo», come sosteneva Verlaine, ma una delle risorse migliori;
          accanto a questa deriva d'inerzia, ci sono quella dell'illegalità, rappresentata dall'abusivismo edilizio che, dal 1948 a oggi, ha ferito il Paese con 4,5 milioni di illeciti (una media di 207 al giorno) e il lavoro delle cave che «hanno mutilato il territorio scavando 375 milioni di tonnellate di inerti e altri 320 di argilla, calcare, gessi e pietre ornamentali»;
          il tutto in un'Italia già così fragile sotto il profilo idrogeologico, in cui il 70 per cento dei comuni è interessato da frane  –:
          se i Ministri interrogati, alla luce dei fatti sopra riportati, non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per porre limiti precisi a tutte le nuove costruzioni, tutelando le aree di pregio naturalistico e non arrestando la crescita del Paese, ma armonizzandola. (4-16212)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


      MANCUSO, GIRO, CROLLA, BARANI, BOCCIARDO, GIRLANDA e DE LUCA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nella località di Cusago, alle porte di Milano, esiste un castello copia in scala del castello sforzesco di Milano;
          fatto costruire da Bernabò Visconti a metà del 300, il maniero divenne luogo di caccia sotto Filippo Maria Visconti, il quale, per raggiungerlo comodamente da Milano in barca, fece scavare tra il Naviglio Grande e il maniero un canale navigabile;
          dopo vari passaggi di proprietà nei secoli, il castello, nel 2003, venne acquisito dalla società «Castello di Cusago srl», che inizialmente pensò di recuperarlo facendone sede di una scuola di florovivaismo;
          il progetto fu poi abbandonato;
          il castello è ora in stato di abbandono e degrado;
          nel 2007 i cittadini hanno fondato il Comitato «Salviamo il Castello di Cusago»;
          l'amministrazione comunale di Cusago ha più volte fatto appello al Ministero per i beni e le attività culturali chiedendo un intervento finanziario, non ottenendo nessuna risposta;
          in vista dell'Expo 2015, la cui sede dista pochi chilometri da Cusago, il neo sindaco della cittadina Daniela Pallazzoli, ha coinvolto politecnici italiani e stranieri, perché immaginano progetti e destinazioni d'uso per il maniero e sono stati nuovamente sollecitati Ministero e Soprintendenza;
          a fine 2011 sono ripartite nuove trattative tra la proprietà del Castello e gruppi privati del settore alberghiero  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative volte a stanziare dei fondi per finanziare i lavori di ristrutturazione e mantenimento del castello di Cusago;
          se il Governo intenda promuovere iniziative volte a prevedere agevolazioni fiscali o prestiti ai gruppi del settore alberghiero che si impegnino a riqualificare il castello mantenendone le caratteristiche architettoniche e rispettando i vincoli ambientali. (4-16220)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          con la preannunciata chiusura del distaccamento aeroportuale di ELMAS, prevista per Dicembre 2015, sono a rischio altre 400 buste paga circa (tra personale diretto ed indotto) con ulteriori ripercussioni sulla già devastante crisi economia della zona. (fino al 2001 le buste paga erano oltre 1.000 dirottate presso altre regioni italiane);
          non si vuole salvaguardare solo l'aspetto economico della questione, perché, pur non entrando nel merito operativo delle decisioni militari, il distaccamento in questione ha un potenziale enorme non solo per la funzione militare stessa, ma anche per l'apporto che potrebbe dare alla collettività, prerogativa peculiare dei militari;
          i lavori principali attualmente svolti presso la struttura, ovvero ispezioni ai velivoli C-130, prima venivano effettuati presso le ditte esterne con costi pari a 250 mila euro l'una; ora vengono effettuali dal personale che opera presso la struttura di ELMAS, con un risparmio tangibile di oltre 3 milioni di euro annui;
          le ispezioni sono circa 12/13 all'anno;
          i lavori effettuati ad Elmas consentono allo Stato, oltre al risparmio, in considerazione della particolarità dei lavori e dell'alta professionalità necessaria, anche l'utilizzo di professionalità locali, garantendo l'efficienza e l'efficacia nell'intervento;
          la struttura militare nel 2011 ha effettuato 32 voli di carattere sanitario urgentissimi, resi possibili grazie alla grande professionalità e celerità, caratteristiche per le quali Elmas eccelle;
          la regione Sardegna non ha un servizio di eliambulanza che garantisca alla popolazione un'efficace intervento in caso di necessità;
          le competenze e le professionalità militari esistenti sul territorio, anche attraverso accordi-convenzioni con gli enti interessati, possono consentire un notevole risparmio per le amministrazioni locali, e nel contempo consentono alle forze armate di ammortizzare le spese, dando un servizio efficace e puntuale alla collettività;
          un ulteriore risparmio nei costi di gestione è ipotizzabile con l'accorpamento nello stesso sedime delle altre strutture militari come il 21° GR. AVES dell'Esercito, e l'11° nucleo elicotteristi dell'Arma dei carabinieri;
          tale accorpamento consentirebbe la realizzazione di un'unica struttura da gestire utilizzando la logistica esistente nella parte dell'aeronautica militare, riducendo così servizi doppi (depositi combustibili, hangar, mense e altro);
          la struttura e le sue professionalità potrebbero essere utilizzate per ridurre i costi della campagna di prevenzione e repressione incendi che tutti gli anni viene svolta con enorme dispendio di risorse economiche, grazie all'apporto dei mezzi e degli uomini sia dell'Aeronautica che dell'Esercito  –:
          se non sia auspicabile una rivalutazione dell'ipotizzata dismissione della struttura anche alla luce del suo potenziale;
          se non ritenga il Governo di promuovere le giuste intese con la religione Sardegna e le amministrazioni interessate in grado di integrare e rifunzionalizzare il compendio di Elmas;
          se non ritenga necessario valorizzare le professionalità maturate nell'ambito del servizio aeronautico, integrandole con quelle degli altri Corpi, al fine di renderle funzionali anche agli usi civili, nell'ambito della sicurezza sanitaria, della protezione civile e della stessa lotta agli incendi. (4-16209)


      ROSATO, RUGGHIA, GAROFANI, VILLECCO CALIPARI, RECCHIA, MOGHERINI REBESANI, GIANNI FARINA, GIACOMELLI e LAGANÀ FORTUGNO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con l'interrogazione a risposta immediata in commissione n.  5/06799, è stata rivolta al Governo, dagli interroganti, la richiesta di essere messi a conoscenza dell'ammontare dei crediti vantati da aziende fornitrici della Difesa per beni e servizi già fomiti;
          nella risposta è stato fornito dal rappresentate del Governo un dato generico condizionato dai «limiti di approssimazione imposti dal breve tempo disponibile al reperimento dei necessari dati,» specificando che «le procedure eseguite dalla Difesa a livello centrale nel corso del 2011, in correlazione ad acquisti di beni e servizi, complessivamente pari a circa 10.000, sono state eseguite con tempistiche mediamente dell'ordine di 90-100 giorni,» indicando con ciò il tempo medio dei pagamenti eseguiti;
          per quanto riguarda invece: «il numero delle aziende fornitrici che vantano crediti con l'Amministrazione militare, si fa presente che l'acquisizione di tali dati, in considerazione del sensibile numero degli Enti interessati, comporta un'attività istruttoria molto complessa e capillare che non si concilia con la ristrettezza dei termini stabiliti dal Regolamento della Camera per lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in Commissione,» lo stesso rappresentante di Governo non è stato in grado di indicare l'ammontare dei crediti in attesa di essere liquidati  –:
          circoscrivendo la richiesta a suo tempo avanzata con l'interrogazione sopracitata, quale sia l'ammontare dei crediti vantati dalle imprese per beni e servizi già forniti nel corso del 2011 facendo riferimento ai dati risultanti presso:
          a) i centri di spesa istituiti presso le direzioni generali facenti capo al Segretario generale della difesa;
          b) alla Direzione di Amministrazione Interforze;
          c) ai centri di responsabilità amministrativa posti alle dipendenze dei Capi di Stato Maggiore di Forza armata. (4-16234)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

V Commissione:


      RUBINATO e BARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          tra le funzioni fondamentali dei comuni vi è l'edilizia scolastica, confermata anche dalla legge delega sul federalismo fiscale (legge n.  42 del 2009), settore tra i più rilevanti per gli investimenti degli enti locali sia in nuovi edifici che nella messa in sicurezza e manutenzione straordinaria di quelli esistenti;
          soprattutto nel caso di costruzione di nuovi plessi scolastici da parte di comuni di piccola e media dimensione (sino a 15.000 abitanti) si tratta di investimenti di notevole entità in rapporto al trend ordinario della spesa in conto capitale, ai quali non possono far fronte con le entrate ordinarie e che devono necessariamente spalmare in più annualità, e tuttavia necessari per far fronte alle loro competenze ed ottemperare alle normative in materia di sicurezza antisismica e prevenzione incendi per garantire condizioni adeguate e sicure all'utenza scolastica;
          la programmazione di tali interventi si è scontrata negli ultimi anni non solo con condizioni del mercato immobiliare divenute sempre più negative, ma anche con sempre più stringenti vincoli di finanza pubblica, tagli dei trasferimenti, proibitive condizioni per l'accessibilità a mutui e finanziamenti e regole sempre più stringenti del patto di stabilità, succedutesi in tempi, modi e contenuti del tutto contrastanti con le condizioni fisiologiche della pianificazione comunale;
          a scopo esemplificativo si riportano due vicende particolarmente significative – relative ai comuni di Carbonera (11.000 abitanti circa) e Caerano San Marco (8.000 abitanti circa) in provincia di Treviso – che dimostrano come i vincoli al patto di stabilità ereditati dal Governo Berlusconi, oltre a mortificare gli enti locali, blocchino altresì irragionevolmente la crescita e la liberazione di risorse che porterebbero vantaggi sia allo Stato centrale (in termini di imposte), sia ai cittadini (in termini di sicurezza infrastrutturale ed economica);
          il comune di Carbonera ha approvato nel 2009 un progetto per la realizzazione di un polo scolastico, per concentrare in un'unica area di tutte le attività didattiche (dell'infanzia, primaria e secondaria inferiore) svolte nello stesso capoluogo di Carbonera e nella frazione di Pezzan, e di una palestra destinata anche ad attività extrascolastiche;
          la scelta di procedere alla realizzazione di un unico plesso scolastico risponde a diverse esigenze: aumentare le aule a disposizione di una crescente popolazione in età scolare; adeguare gli edifici scolastici ai vigenti standard in materia di sicurezza; antieconomicità del recupero degli edifici esistenti in quanto i relativi costi sarebbero superiori a quelli necessari per la realizzazione di un nuovo polo scolastico, che consentirebbe anche un abbattimento dei costi di gestione futuri;
          il comune di Carbonera ha ottenuto un finanziamento regionale sia per la realizzazione della nuova scuola, il cui costo è stato valutato in circa 5.700.000 euro, sia per la costruzione della palestra a servizio della nuova scuola, ma da destinare anche ad attività extrascolastiche, il cui costo è stato valutato in circa 3.300.000 euro e la cui realizzazione è comunque subordinata al completamento della nuova scuola;
          la realizzazione del polo scolastico ha incontrato delle difficoltà notevoli a seguito delle quali il comune di Carbonera si trova in una situazione paradossale in quanto:
              a) l'opera di edilizia scolastica, necessaria per far fronte alle esigenze scolastiche della comunità, appaltata nel marzo del 2010, ad oggi rimane incompiuta – sono state realizzate le sole fondamenta – dal momento che l'amministrazione comunale si è vista costretta a rescindere il contratto d'appalto dei lavori per inadempienza dell'appaltatore;
              b) sono già state liquidate risorse finanziarie per un primo Sal per 1.129.339,22 euro nell'ottobre scorso e il comune di Carbonera rischia di perdere i finanziamenti regionali ottenuti (complessivamente 1.400.000,00 euro) e di dover restituire la parte già incassata, che ammonta a oltre 200 mila euro, se l'opera non verrà realizzata entro il 2013;
              c) la palestra non può essere realizzata in quanto subordinata alla realizzazione della scuola, con conseguente perdita dei finanziamenti regionali ottenuti per questo secondo intervento (pari a 470.000,00 euro);
              d) rimangono disponibili i due precedenti edifici scolastici la cui manutenzione, non più procrastinabile, avrebbe un costo tale che farebbe sforare il patto di stabilità;
              e) vi è il rischio di chiusura di uno degli edifici esistenti a seguito delle riorganizzazioni volute dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con conseguente dispersione scolastica;
              f) la situazione del mercato immobiliare non consente al comune di Carbonera di finanziare l'opera con le entrate derivanti da alienazioni, come è stato, purtroppo, dimostrato dall'insuccesso dell'asta pubblica indetta dall'ente per l'alienazione di un terreno il cui ricavato avrebbe consentito di completare il finanziamento dell'opera in questione;
          in una tale situazione, il comune di Carbonera rischia il dissesto sia che non realizzi l'opera, dovendo restituire alla Regione Veneto più di 200 mila euro già avuti, sia che la realizzi, sforando il patto di stabilità interno, dovendo, quindi, subire le conseguenti sanzioni;
          anche il comune di Caerano San Marco si trova nella situazione di dover investire su un edificio scolastico, con un ampliamento per l'adeguamento della struttura all'aumento della popolazione scolastica e con interventi di messa in sicurezza antisismica, prevenzione incendi e altri adeguamenti indilazionabili rivolti anche al contenimento dei consumi energetici;
          il progetto, di circa 2 milioni di euro, è completamente finanziato da proventi propri del predetto Comune: una donazione privata, più avanzi di amministrazione e oneri di urbanizzazione, con nessun ricorso all'indebitamento, e con una disponibilità di liquidità che raggiunge quasi i 4 milioni di euro, tuttavia i vincoli del patto impediscono nel modo più assoluto di spendere queste risorse;
          poiché la donazione ricevuta nel 2007 di 1,5 milioni di euro è gravata dalla condizione che i lavori della scuola siano avviati prima del 2013, pena la perdita della somma stessa, il comune di Caerano San Marco nell'aprile 2012 si è comunque determinato a pubblicare il bando per l'appalto dei lavori, pur consapevole della possibilità di incorrere nelle pesanti ed assurde sanzioni del patto di stabilità; infatti se il Comune sforerà il patto per l'investimento pari a 2 milioni di euro, dovrà restituire allo Stato l'importo pari allo sforamento: quindi le scuole verrebbero a costare il doppio;
          la situazione è tanto più assurda ove si consideri che da questi investimenti lo Stato incasserebbe l'Iva sui materiali e sulle prestazioni, l'Ires sul reddito d'impresa e l'Irpef e la sua addizionale sul reddito da lavoro dipendente, l'Irap per la regione, ed i contributi previdenziali per l'Inps; questi investimenti, inoltre, aumenterebbero la crescita tramite l'aumento del denaro contante disponibile per nuovi acquisti, darebbero maggior sicurezza sociale alle famiglie, consentendo di guardare al futuro con maggior ottimismo, diminuendo le tensioni sociali pericolosamente accumulate finora;
          altri comuni di fascia demografica medio-bassa si trovano in condizioni analoghe a quelle dei comuni di Carbonera e Gaetano San Marco in tutta Italia, ma il numero più consistente si trova in Veneto, a causa del consistente aumento della popolazione scolastica nella fascia della scuola dell'infanzia e primaria per la forte immigrazione degli ultimi 15 anni, avendo dovuto gli enti locali programmare investimenti nell'edilizia scolastica, in adempimento delle competenze e obblighi di legge su di loro gravanti, anche sul piano della responsabilità civile, penale e contabile, trovandosi poi nella assurda e insostenibile condizione di non poter avviare od ultimare i lavori già programmati per la successiva entrata in vigore di vincoli sempre più stringenti del patto di stabilità;
          l'unica strada percorribile per sanare situazioni così paradossali e oltremodo penalizzanti è quella di consentire ai comuni – ove ricorrano queste condizioni – di completare queste opere in deroga al patto di stabilità interno, considerato altresì i benefici economici evidenti che ne derivebbero, consentendo il contenimento dei costi gestione, oltre che corrispondere a quell'esigenza di razionalizzazione ed efficienza nell'utilizzo delle risorse pubbliche e di salvaguardare l'incolumità degli scolari;
          come ha più volte rilevato la stessa Corte dei conti, il patto di stabilità interno non si basa su criteri adeguati a differenziare i vincoli sugli enti locali in base alla qualità della spesa, alla effettiva sana gestione finanziaria nonostante l'iniqua spesa storica, all'autonomia finanziaria e al livello di soddisfacimento dei bisogni; eppure, come riconosce la stessa relazione del Ministro per i rapporti con il Parlamento sulla spending review, la spesa degli enti locali è molto diversa nei diversi territori e in rapporto alle fasce demografiche: in particolare la spesa primaria per abitante è «molto elevata nei comuni di piccole dimensioni, si riduce gradualmente fino a un minimo in corrispondenza a 6-9.000 abitanti, per poi riprendere ad aumentare fino ai massimi nei grandi comuni metropolitani» e «per gran parte dei comuni italiani, in media, le spese correnti dei comuni del centro-sud sono superiori a quelle dei comuni del centro-nord e che tali differenze sono sostenute dai trasferimenti statali di perequazione», per cui – soprattutto a causa della iniqua spesa storica, particolarmente penalizzante per i comuni del Veneto e in particolare della provincia di Treviso, la cui media di trasferimenti per abitante è da sempre fanalino di coda nelle statistiche del Ministero dell'interno – «grazie ai programmi di trasferimenti statali i comuni del centro-sud (notoriamente con entrate minori) raggiunge e in molti casi supera il livello delle spese pro-capite dei comuni del centro-nord»; tutto ciò penalizza dunque paradossalmente proprio i comuni più virtuosi, con maggiore propensione agli investimenti e aventi maggiore autonomia finanziaria;
          non si può, inoltre, non ricordare che il Governo deve ancora dare attuazione all'atto di indirizzo approvato il 2 agosto 2011 dalle Commissioni riunite V e VII della Camera dei deputati (8-00143), che individua gli interventi cui destinare le risorse previste dall'articolo 2, comma 239, della legge 23 dicembre 2009, n.  191 per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, nonostante l'articolo 30, comma 5-bis, del decreto-legge «Salva Italia» vincolava il Governo ad adottare tutti gli atti necessari entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge  –:
          se il Governo non ritenga opportuno, necessario ed urgente assumere iniziative normative per consentire ai Comuni con popolazione non superiore a 15.000 abitanti, in cui l'aumento della popolazione scolastica rende necessario l'ampliamento o la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica, l'esclusione dal patto di stabilità delle spese in conto capitale necessarie per la realizzazione e il completamento di plessi scolastici, considerate l'importanza che riveste l'edilizia scolastica per l'erogazione del servizio d'istruzione primaria e le conseguenze estremamente penalizzanti anche in termini di danno economico che il mancato completamento delle opere avrebbe sia per i Comuni che per le comunità locali. (5-06916)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      TOMMASO FOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'istituto della compensazione cosiddetta orizzontale, introdotto nell'ordinamento fiscale italiano dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.  241, permette al contribuente di compensare crediti e debiti nei confronti anche di diversi enti impositori (Stato, Inps, Inail, enti locali, Enpals);
          possono avvalersi del predetto istituto tutti i contribuenti, sia privati che titolari di partita IVA, a favore dei quali risulta un credito dalle dichiarazioni (iva, redditi, irap, 770, quadro RR di Unico e autoliquidazione Inail) o dalle denunce periodiche contributive;
          la disciplina delle compensazioni è stata modificata attraverso diversi interventi legislativi, al fine di limitare l'utilizzo «improprio» di tale istituto;
          l'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n.  38, ha introdotto un limite all'utilizzo dell'istituto delle compensazioni, pari ad euro 516.456,90 per ogni anno solare, limite ancora oggi in vigore;
          l'articolo 10 del decreto-legge 1o luglio 2009, n.  78, cosiddetta «manovra d'estate», convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.  102, ha introdotto importanti novità circa il momento a partire dal quale i contribuenti possono compensare l'eccedenza iva annuale;
          a decorrere dal 1o luglio 2009 si ha, dunque, un duplice regime:
              a) per le compensazioni iva fino a 10.000,00 euro annui, come pure per ogni altro credito tributario, la compensazione può effettuarsi dal primo giorno successivo a quello di maturazione e senza attendere la presentazione della dichiarazione;
              b) per le compensazioni di crediti iva annuali o infrannuali, per un importo complessivo annuo superiore a 10 mila euro, la compensazione può essere effettuata a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge;
          i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti iva oltre la soglia annua di 15 mila euro annui, devono presentare la dichiarazione iva dalla quale emerge il visto di conformità, che può essere rilasciato esclusivamente dai seguenti soggetti: a) professionisti iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro; b) iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio industria artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria; iscritti negli albi degli avvocati; iscritti nel registro dei revisori contabili;
          inoltre i professionisti che rilasciano il visto debbono, in ragione di una fidejussione obbligatoria a loro carico, garantire al 100 per cento il fisco che qualsiasi irregolarità o abuso dovesse emergere verrà immediatamente rimborsata dall'assicurazione al fisco stesso, dal che si ricava che lo Stato è sicuramente garantito per quanto riguarda i rimborsi Iva;
          le norme e le procedure sopra richiamate, inerenti alle compensazioni introdotte dalla cosiddetta manovra d'estate, operano già dal 1o gennaio 2010;
          l'articolo 10 del decreto-legge 1o luglio 2009, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.  102, prevede altresì che un successivo decreto ministeriale avrebbe potuto innalzare – con decorrenza 1o gennaio 2010 – il limite massimo annuo dei crediti compensabili, portandolo a 700.000,00 euro;
          detto innalzamento del limite massimo annuo dei crediti compensabili doveva rappresentare, da una parte, un equo adeguamento rispetto al vigente limite di 516.456,90 – mai modificato da oltre 12 anni – e, dall'altro, una compensazione per le nuove gravose incombenze (ad esempio: il visto di conformità sopra menzionato)  –:
          se e quando il Ministro interrogato intenda emanare il decreto in questione al fine di adeguatamente innalzare – rispetto a quello oggi vigente – il limite massimo annuo dei crediti compensabili, la qual cosa appare un atto dovuto e rappresenterebbe una «boccata di ossigeno» per le imprese, specialmente per quelle che esportano e/o effettuano investimenti, che si trovano cronicamente in credito di Iva. (5-06911)


      STRADELLA e ARMOSINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nel comune di Acqui Terme esiste un complesso terapeutico recettivo denominato terme militare;
          il manufatto, in passato utilizzato come stabilimento termale ad uso dei militari è da tempo chiuso ed inutilizzato;
          lo stabilimento termale al momento della sua chiusura si presentava in ottimo stato di manutenzione e funzionalità;
          la chiusura non ha dato seguito ad alcun provvedimento di guardiania e sorveglianza, mettendo la struttura alla mercé del saccheggio da parte di malintenzionati;
          il compendio edilizio potrebbe essere oggetto di valorizzazione se si intervenisse rapidamente con il coinvolgimento delle amministrazioni locali e delle forze imprenditoriali locali  –:
          quali iniziative si intendano intraprendere per evitare che un patrimonio pubblico con possibilità di utilizzo e valorizzazione cada in un degrado irreversibile con grave danno economico e di immagine. (5-06912)


      SANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel comune di Massa Marittima, in provincia di Grosseto, l'Amministrazione comunale, ai sensi dell'articolo 19, della legge numero 119 del 1981, ha realizzato, in qualità di stazione appaltante, un carcere mandamentale, successivamente trasformato in casa circondariale, attualmente in funzione;
          l'opera è stata acquisita dal patrimonio dello Stato con decreto del Ministero della giustizia in data 9 marzo 2000;
          durante la realizzazione la direzione dei lavori ha provveduto a redigere varianti in corso d'opera a causa di una riscontrata difformità geologica ed a seguito di una comunicazione (protocollo 659623/422-3 del 13 agosto 1990) del Ministero della giustizia, circa il venir meno dell'interesse dell'amministrazione penitenziaria alla costruzione degli istituti mandamentali, chiedendo la realizzazione di lavori compatibili anche con un utilizzo diverso dal penitenziario e confermando la possibilità di acquisizione della struttura al patrimonio statale;
          ad una precedente comunicazione del 12 giugno 1990 protocollo 657934/6.c del Ministero della giustizia, nella quale si ipotizza a un provvedimento normativo di soppressione delle case mandamentali, il comune di Massa Marittima, con lettera del 28 giugno 1990 protocollo 9188 a firma del sindaco pro tempore ha comunicato l'avvenuto avvio dei lavori e segnalato, senza produrre alcun effetto, le problematiche conseguenti alla sospensione degli stessi e al possibile cambiamento di destinazione dell'immobile, prospettando il rischio di contestazioni da parte dell'impresa esecutrice;
          risulta dai verbali della direzione dei lavori che, in data 28 dicembre 1993, si è disposta una ulteriore sospensione dei lavori, allo scopo di definire una nuova variante per mutate esigenze impiantistiche, in quanto il Ministero della giustizia era tornato alla decisione originaria di destinare la struttura a carcere;
          sull'insieme delle varianti e relative sospensioni dei lavori, l'impresa esecutrice, Pizzarotti & C. Spa, ha espresso riserve e, successivamente, promosso un contenzioso, affrontato in sede arbitrale e poi in corte di appello, che si è risolto nel mese di maggio 2010, a favore dell'impresa, addebitando all'amministrazione comunale il pagamento di maggiori oneri per euro 1.159.463,68, oltre alle spese legali e processuali;
          l'amministrazione comunale ha, pertanto, riconosciuto un debito fuori bilancio, ex articolo 194 del decreto legislativo n.  267 del 2000, dandone pronta comunicazione alla competente Corte dei conti;
          attualmente, diversamente da quanto ipotizzato nella richiamata comunicazione protocollo 659623/422-3 del 13 agosto 1990 del Ministero della giustizia, la struttura, a differenza di casi analoghi, oltre ad essere stata effettivamente acquisita al patrimonio dello Stato, è funzionante come casa circondariale;
          l'articolo 19 della legge n.  119 del 1981 prevede la possibilità per gli enti locali di finanziare i maggiori oneri derivanti dalla costruzione dei nuovi edifici giudiziari, mediante la contrazione di mutui con la Cassa depositi e prestiti;
          tale vicenda è già stata segnalata in una interrogazione a risposta scritta al Ministero della Giustizia, a prima firma del deputato Luca Sani, il 7 ottobre 2010 (numero 4-08949): questo atto di sindacato ispettivo è rimasto ad oggi senza risposta;
          ad oggi il comune di Massa Marittima ha già pagato alla Pizzarotti Spa circa il 60 per cento del debito dovuto, senza ottenere alcun rimborso. Rimane da pagare la quota finale che il bilancio di questo ente, secondo quanto evidenziato dall'attuale sindaco Lidia Bai, non è in grado di sostenere;
          il Ministero proprietario dell'opera e quindi il Ministero dell'economia e delle finanze (attraverso l'Agenzia del Demanio), chiamato in causa dal comune di Massa Marittima, fino ad oggi ha rifiutato di riassumere il debito;
          tale situazione sta creando, ormai da anni, grave difficoltà all'amministrazione comunale di Massa Marittima, considerando le modeste dimensioni del comune e le già ridotte capacità finanziarie circa le capacità di investimento e gestione. L'esborso fino ad ora sostenuto è assolutamente sproporzionato rispetto alle dimensioni e all'entità del bilancio del comune, e ne ingessa la gestione limitando fortemente le risorse da destinare allo sviluppo del territorio e ai servizi per i cittadini;
          il sindaco di Massa Marittima ha ripetutamente richiesto il rimborso delle somme relative ai maggiori oneri. L'amministrazione comunale ha avuto al riguardo numerosi e specifici incontri formali con i dirigenti nazionali dell'Agenzia del demanio e con i dirigenti del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap, di diretta competenza del Ministero della giustizia); da tali riunioni è emerso un chiaro ed evidente «scarico» di competenze: in sintesi per il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sulla vicenda, è competente l'Agenzia del demanio mentre per l'Agenzia del demanio è competente il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
          ad avviso dell'interrogante tale vicenda può configurarsi come indebito arricchimento dello Stato a danno dell'amministrazione comunale di Massa Marittima  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e non ritengano necessario chiarire, in tempi rapidi, se i maggiori oneri relativi alla costruzione dell'istituto penitenziario di Massa Marittima siano di competenza del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria o dell'Agenzia del demanio;
          quali iniziative intenda quindi assumere il Ministero relativamente ai maggiori oneri derivanti dalla costruzione dell'istituto penitenziario di Massa Marittima anche nello spirito dell'articolo 19 della legge n.  119 del 1981 e in relazione alla spesa economica sostenuta fino ad oggi dall'amministrazione comunale e non ancora rimborsata. (5-06914)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          i rischi per la stabilità finanziaria si sono attenuati ma non sono svaniti;
          la massiccia immissione di liquidità da parte della Banca centrale europea e le misure attuate dai Governi per contrastare la crisi nell'area dell'euro hanno interrotto la spirale negativa tra aumento dei rischi sovrani, difficoltà del sistema bancario e peggioramento congiunturale, che nell'ultima parte del 2011 tendeva ad assumere carattere sistemico. Le tensioni riemerse in aprile segnalano tuttavia l'esistenza di rischi tuttora elevati. A offuscare le prospettive economiche e finanziarie nei Paesi avanzati contribuiscono i timori sui conti pubblici e sull'intensità della crescita globale;
          l'Italia ha fatto rilevanti progressi sul fronte delle finanze pubbliche, ma risente del contagio e della recessione;
          in Italia le misure di consolidamento fiscale attuate dalla metà del 2011, grazie agli interventi in materia previdenziale e i progressi nelle riforme volte a elevare il potenziale di crescita dell'economia hanno consentito di riguadagnare fiducia sulla sostenibilità dei conti pubblici. Il differenziale di rendimento tra i titoli italiani e tedeschi rimane tuttavia elevato, risentendo della congiuntura negativa e dei fattori speculativi che hanno spinto i tassi in Germania su valori eccezionalmente bassi;
          ad avviso degli interroganti, è essenziale proseguire con rapidità e coerenza nel vasto programma di riforme necessarie al Paese, perché in grado di influire sulle aspettative di reddito futuro, senza le quali sarebbe più difficile rafforzare il consolidamento dei conti pubblici e cogliere le opportunità della ripresa globale;
          in aggiunta alle riforme strutturali suddette, altre temporanee potrebbero aggiungersene. In Italia le condizioni finanziarie del settore privato rimangono ancora stazionarie, ma famiglie e imprese risentono della recessione in atto e delle tensioni nell'offerta di prestiti. Ad arginare le difficoltà contribuiscono le misure introdotte negli ultimi due anni dal Governo in favore di famiglie e imprese indebitate e gli accordi tra le associazioni di categoria di banche, imprese e consumatori. Una quota elevata delle imprese che hanno beneficiato della moratoria sui mutui è successivamente tornata a effettuare rimborsi con regolarità;
          la contrazione dei prestiti bancari registrata nello scorcio del 2011 ha riflesso i vincoli all'offerta di credito provocati, in quella fase, dall'instabilità del mercato dei titoli pubblici: le tensioni sul fronte della liquidità delle banche che ne sono derivate hanno spinto gli intermediari a irrigidire le politiche di impiego, accentuando la decelerazione del credito dovuta al calo della domanda da parte di famiglie e imprese. La dinamica dei prestiti è condizionata anche dal peggioramento della qualità del credito  –:
          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intendano porre in essere per migliorare l'accesso al credito di tanti imprenditori capaci di stare sul mercato ma che rischiano di uscirne a causa della stretta creditizia, eventualmente promuovendo tavoli di intesa con l'ABI, la Cassa depositi e prestiti, le organizzazioni imprenditoriali, con particolare attenzione ai comitati di base di imprenditori spontaneamente costituitisi con il nascere e l'aggravarsi della crisi economica, per implementare forme di ristrutturazione diffusa dei debiti, senza costi aggiuntivi, per le imprese aventi adeguate prospettive economiche e di continuità aziendale, al fine di cogliere le opportunità dell'auspicabile ripresa globale, anche in considerazione del fatto che il sistema bancario italiano è tra i meno esposti verso i Paesi dell'area dell'euro in difficoltà, sia direttamente sia indirettamente. (4-16218)


      MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Agenzia delle entrate si serve del servizio postale di Poste italiane per comunicare ai contribuenti i pagamenti che sono chiamati ad effettuare;
          tali comunicazioni vengono effettuate una sola volta e, qualora non ritirate dal contribuente, vengono in tempi brevi inviate ad Equitalia per la riscossione con pesanti aggravi economici a carico del cittadino;
          sempre più spesso i cittadini hanno dichiarato di non aver mai ricevuto alcuna comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate o di aver trovato alcun avviso nella cassetta della posta;
          in questo modo la regolare comunicazione al contribuente viene affidata esclusivamente alla correttezza e buonafede del postino di turno;
          non è prevista una seconda comunicazione o altra modalità tramite la quale il contribuente possa essere messo a conoscenza della sua situazione debitoria, né è prevista la possibilità di ricorrere;
          il cittadino non può dimostrare di non aver mai ricevuto alcun avviso, potrebbe solo denunciare il postino ma, in realtà, a nulla porterebbe;
          in un periodo in cui non si parla solo di crisi ma anche dei gravi fatti di cronaca legati proprio ad Equitalia, i cittadini hanno bisogno di essere almeno messi nelle condizioni di poter pagare le tasse e quanto dovuto  –:
          se il Ministro interrogato non intenda predisporre un sistema più sicuro ed efficiente tramite il quale l'Agenzia delle entrate possa inviare le proprie comunicazioni ai contribuenti, mettendoli pertanto nella condizione di potervi ottemperare;
          se non si ritenga necessario venire incontro alle richieste di quanti ad oggi sono tenuti a pagare cartelle Equitalia con i conseguenti aumenti che questa applica;
          se non si ritenga doveroso avvicinarsi ai cittadini e metterli nelle condizioni di pagare le imposte senza ulteriori maggiorazioni, alla luce, anche, del notevole sforzo che viene loro chiesto per uscire dal difficile momento economico che si sta attraversando. (4-16224)


      MANCUSO, CICCIOLI, GIRO, BOCCIARDO, CROLLA, DE LUCA, BARANI e GIRLANDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          a maggio 2010 un corposo smottamento di terreno, causato dalla costruzione della galleria Cassia del grande raccordo anulare romano, eseguita da tre ditte incaricate dall'ANAS, rese pericolose e pericolanti alcune abitazioni di via Volusia, ubicate a pochi metri dal GRA;
          le famiglie che vi risiedevano furono costrette ad abbandonarle;
          nel 2011, la magistratura, relativamente al caso, ha rinviato a giudizio 10 persone accusate di disastro colposo;
          il 16 gennaio 2012 il consiglio del XX municipio votava una mozione bipartisan con la quale chiedeva al sindaco di esonerare queste famiglie dal pagamento dell'IMU;
          il 21 marzo, Dario Nanni, consigliere PD, ha presentato un'interrogazione al sindaco di Roma chiedendo se avesse intenzione di applicare la tassa alle famiglie o se intendesse sposare la mozione del XX municipio;
          a fine aprile il comune ha risposto all'interrogazione chiarendo che «l'articolo 9 comma 8 del decreto-legge n.  201 del 2011 in materia di IMU non prevede l'ipotesi di esenzione per inagibilità dei fabbricati (...). Si segnala tuttavia che del decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16, attualmente in fase di conversione, è stato approvato dalla Camera un emendamento che prevede la riduzione del 50 per cento della base imponibile per i fabbricati dichiarati inagibili e di fatto non utilizzati»;
          recentemente, è stato correttamente annunciato il proposito di congelare il pagamento dell'IMU per le case rese inagibili dal sisma emiliano  –:
          se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative volte a escludere il pagamento dell'IMU in situazioni come quella in cui versano le famiglie di via Volusia, anche in considerazione del fatto che le loro abitazioni sono state rese inagibili da lavori pubblici comunali.
(4-16237)


      BITONCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          la grave situazione economica internazionale che in questi ultimi anni ha interessato diversi Paesi, e particolarmente quelli dell'Europa, ha determinato un aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica italiana, acuito ulteriormente dalla ultima manovra definita dal Governo che, orientando la propria strategia nell'obiettivo di riportare i saldi di finanza pubblica ai livelli concordati con le istituzioni europee nell'ambito del patto di stabilità e crescita, ha altresì adottato, per tal fine, politiche fortemente restrittive;
          all'interno del contesto italiano, infatti, le politiche di risanamento della finanza pubblica adottate negli ultimi anni hanno inevitabilmente coinvolto tutti i livelli della pubblica amministrazione costringendo gli stessi, ed in particolar modo comuni, le province e le regioni, a ridurre le spese, ai fine di incidere in misura minore sul livello di indebitamento e sui vincoli di finanza pubblica italiana;
          organi di stampa nazionali (L'Espresso del maggio 2012) riportano la notizia secondo la quale la regione Abruzzo, all'interno del prospetto di variazione di bilancio per l'esercizio 2012, con la delibera di giunta n.  243/2012, avrebbe aumentato il capitolo delle «indennità di trasferta e il rimborso spese al presidente della giunta regionale ed ai componenti la giunta stessa per missioni» (capitolo di bilancio 11103) per un importo pari ad oltre 25 mila euro e reperendo le medesime risorse dal fondo di riserva per spese di parte correnti;
          sempre organi di stampa (Mattino di Padova di lunedì 21 maggio 2012), riportano la notizia secondo la quale lo stesso governatore della regione Abruzzo, a seguito del terremoto che in questi giorni ha colpito le zone dell'Emilia tra Bologna e Ferrara, avrebbe richiesto al Governo di rivedere il decreto-legge sulla protezione civile, allorché, come riportato dallo stesso presidente della regione che nel 2009 ha subito i danni di un terribile terremoto le cui conseguenze sono tuttora visibili in molti paesi colpiti, «c’è un problema per lo Stato in questo momento: c’è un decreto legge sulla protezione civile che comporterebbe in pratica la non copertura dei danni causati dal terremoto da parte dello Stato, bisogna tornare indietro e riflettere»  –:
          quali iniziative, anche alla luce della difficile situazione economico e finanziaria nella quale si ritrovano gli enti locali, si ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, per verificare le modalità attraverso le quali gli enti medesimi utilizzano le risorse pubbliche. (4-16240)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


      D'IPPOLITO VITALE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 1, comma 2, legge 14 settembre 2011 n.  148, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, si pone come obiettivo la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari: nella normativa sono dettati alcuni criteri «oggettivi ed omogenei» volti a ridefinire l'assetto territoriale degli uffici giudiziari;
          la relazione della commissione ministeriale, depositata nelle scorse settimane, ha evidenziato una griglia di parametri da seguire nell'adozione del provvedimento di revisione delle circoscrizioni giudiziarie;
          pur non comparendo l'elenco nominativo degli uffici da sopprimere, alla luce dei parametri ivi elencati, tra gli uffici giudiziari a rischio soppressione in Calabria vi sarebbero, tra gli altri, anche i tribunali di Castrovillari, Lamezia Terme, Paola e Rossano;
          è evidente che i suddetti tribunali rappresentano un importante presidio di sicurezza e legalità sui territori di competenza, ai fini di una lotta efficacia alla criminalità organizzata;
          i criteri utilizzati risultano in gran parte fissati in astratto e senza preventiva verifica della realtà anche orografica del territorio, sicché la nuova geografia giudiziaria rischia di escludere totalmente il contributo proveniente dall'esperienza territoriale;
          si coglie altresì la debolezza dei criteri individuati, quali il risparmio, l'assimilazione del tribunale provinciale a pilastro del reticolo giudiziale (così da porlo a base di ogni comparazione, senza tener conto che la provincia ha rilevanza amministrativa e ne è prevista la soppressione), nonché l'individuazione, nel numero degli organici ed in particolare in 20 magistrati, di un criterio di «immunizzazione»;
          pur comprendendo l'esigenza di razionalizzare e di ottimizzare la spesa nel settore della giustizia, garantendo maggiore efficienza degli uffici e una più adeguata risposta al bisogno di giustizia dei cittadini, tuttavia non può la soppressione dei tribunali rappresentare l'unico strumento di modernizzazione della macchina giudiziaria  –:
          se non intenda, per le motivazioni sopra addotte, valutare, alla luce di criteri ulteriori e aggiuntivi, la complessa geografia giudiziaria della Calabria, prima di procedere alla soppressione dei tribunali cosiddetti «minori», tutto ciò, nell'ottica di un riequilibrio territoriale, finalizzato ad ottenere uffici più efficienti e a garantire presidi di legalità in regione. (3-02286)


      LEHNER, CAPITANIO SANTOLINI, MISTRELLO DESTRO, SANTORI, SARDELLI, ANTONIONE e GAVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          come si apprende da diversi organi di stampa, nel processo per il tentativo di scalata alla Banca nazionale del lavoro del 2005, tra i cui imputati figura anche l'ex Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, una medesima vicenda è stata ed è tuttora oggetto di valutazione da parte di due diverse autorità giudiziarie;
          vi è stata, infatti, sin dalla fase delle indagini preliminari, condotte parallelamente dalla procura di Roma e da quella di Milano per la stessa fattispecie di reato (aggiotaggio) e nei confronti di un nucleo comune di soggetti, un netta ripartizione di ordine meramente temporale;
          in conseguenza di ciò gli accadimenti fino al 21 maggio 2005 (giorno dell'Assemblea della Banca Nazionale del Lavoro per il rinnovo delle cariche sociali) sono stati giudicati penalmente rilevanti dalla procura di Roma, con conseguente giudizio di irrilevanza penale rispetto ai fatti successivi a quella data, mentre la procura di Milano ha proceduto separatamente solo per tali ultimi fatti;
          i due procedimenti, che vedono imputati gli stessi soggetti, pendono dunque oggi contemporaneamente innanzi al tribunale di Roma – per fatti commessi tra aprile e maggio 2005 – e innanzi alla corte di appello di Milano – per fatti commessi tra il 22 maggio e il 18 luglio 2005;
          nel nostro ordinamento la giurisdizione penale è ripartita in base a criteri di competenza funzionale, di competenza per materia e di competenza territoriale, mentre nessuna norma prevede la competenza basata su criteri di carattere cronologico e per un medesimo reato, commesso dagli stessi soggetti, non possono essere competenti due diversi tribunali;
          secondo quanto disposto dall'articolo 25, comma 1 della Costituzione «Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», che, per quanto riguarda la giurisdizione penale, è determinato dalle norme in materia di competenza dettate dal Titolo I del Libro I del codice di procedura penale;
          pertanto, a parere degli interroganti si è verificata una grave anomalia nel funzionamento degli uffici giudiziari interessati da questa vicenda  –:
          se non ritenga opportuno disporre un'ispezione per verificare quali siano le ragioni che hanno determinato quella che secondo gli interroganti costituisce una grave anomalia nel funzionamento degli uffici. (3-02287)

Interrogazione a risposta scritta:


      PORFIDIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          a causa della crisi economica che sta investendo tutto il vecchio continente, con particolare riguardo alla fascia mediterranea, anche l'Italia, è chiamata a riordinare i conti al fine di raggiungere i livelli di spesa pubblica accettati dai vincoli europei. In ossequio a codesto principio è in atto una riorganizzazione generale della spesa al fine di razionalizzare i costi e ridurre gli sprechi in ogni settore dello Stato;
          la giustizia ha un costo ed è giusto che le spese vadano razionalizzate, e ove necessario ridurle. Gli sprechi nel settore della giustizia sono sotto gli occhi di tutti, così come la disorganizzazione di alcuni uffici e si rende necessaria pertanto una riorganizzazione anche territoriale degli stessi;
          dalla stampa apprendiamo che è in cantiere l'ipotesi governativa di revisione della geografia giudiziaria in Campania e segnatamente nella provincia di Caserta, che prevedrebbe la chiusura di tre sezioni distaccate: Marcianise, Carinola e Piedimonte Matese;
          a giudizio dell'interrogante la nuova dimensione territoriale delle sezioni distaccate in provincia di Caserta, con la chiusura sopra ricordata, più che comportare tagli di spesa, risparmi e maggiore efficienza, potrebbe determinare ingolfamento di uffici, confusione, sovraccarico di lavoro, con ulteriori rallentamenti e rinvii nella trattazione dei procedimenti civili e penali. Le conseguenze sul piano dell'efficienza del servizio e delle aspettative di giustizia che i cittadini rivendicano sarebbero tremende a rischiano di dare il colpo di grazia alla credibilità della giustizia in terra di lavoro;
          forse è opportuno ricordare e sottolineare che la provincia di Caserta è da tempo colpita da fenomeni criminali tra i più efferati d'Europa, che generano colpi mortali all'attività economica e politica, nonché un inquinamento ambientale spaventoso e a tutt'oggi non ancora quantificato. Contrastare questi fenomeni è assoluto dovere dello Stato e per questo è necessario e fondamentale non solo l'intervento massiccio e continuo delle Forze di polizia ma, altrettanto importante un servizio di giustizia efficiente, vicino alla cittadinanza che deve sentir viva la forza della cultura della legalità;
          spogliare proprio quei territori dove maggiore e più aggressivo è l'attacco della criminalità ci sembra semplicemente controproducente e foriero di conseguenze nefaste;
          si ricorda anche che il Consiglio nazionale forense e l'organismo unitario dell'avvocatura hanno più volte chiarito che il Governo aveva preso impegno che qualsiasi progetto di revisione/chiusura dei tribunali e delle sezioni distaccate avrebbe visto il coinvolgimento dell'avvocatura, in particolare di quei consigli territoriali interessati dalle modifiche;
          sebbene giungano notizie stampa che parlano di un disegno governativo atto a riorganizzare l'amministrazione della giustizia in provincia di Caserta, ad oggi il consiglio dell'ordine degli avvocati di S. Maria Capua Vetere non è stato affatto informato ufficialmente di tali progetti che prevederebbero chiusure delle importanti sezioni distaccate di Marcianise, Carinola e Piedimonte Matese –:
          se sia davvero in atto una riorganizzazione dell'amministrazione della giustizia in provincia di Caserta, che prevedrebbe la chiusura delle sezioni distaccate di Marcianise, Carinola e Piedimonte Matese;
          qualora la notizia fosse fondata se non ritenga che tale ipotesi, qualora si realizzasse porterebbe a deteriorare il livello di giustizia nei territori interessati;
          se non ritiene opportuno, vista la criticità di determinati territori, potenziare gli apparati di giustizia esistenti finanziando progetti rivolti ai cittadini – con particolare riguardo alle scuole – per sostenere e diffondere al massimo grado la cultura della legalità in terra di lavoro. (4-16221)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 18 gennaio 2012, alle ore 14 circa in località Mulino di Ricco, nel comune di Tresana, in provincia di Massa Carrara, si è sviluppato un violento incendio, preceduto da un forte boato, a causa di una fuoriuscita di gas metano da una condotta di prima specie spesso usata come continuazione delle condotte trans mediterranee, che trasportano il metano dai luoghi di estrazione fino alle case (pressione di esercizio 60 bar) della linea Cortemaggiore-La Spezia, scatenando un inferno di fuoco che ha bruciato tutto nel raggio di duecento metri; stavano operando 3 operai (2 cittadini bulgari – padre e figlio – e 1 operaio italiano) della ditta «Oreste Manna» di Eboli (Salerno), per conto della SNAM Rete Gas spa;
          a seguito dell'incendio si sono registrati 11 feriti, i 3 operai e 8 civili, 3 case distrutte e 3 fortemente lesionate, più gravi danni a un fienile, una stalla, un deposito di materiale edile, diversi mezzi agricoli e 2 autovetture distrutte, nonché la distruzione di 2 ettari di bosco e danni alla strada comunale limitrofa al cantiere in questione;
          il 15 febbraio 2012 è deceduto il giovane operaio di ventuno anni Giorgio Dimitrov ed un altro operaio è attualmente ricoverato nel reparto di rianimazione a Pisa in gravissime condizioni;
          l'area è stata immediatamente sottoposta a sequestro per consentire alla procura di Massa di svolgere le indagini, attualmente in corso, mentre il comune di Tresana ha assunto la deliberazione formale per costituirsi parte offesa; analogamente al comune, sia l'unione dei comuni della Lunigiana e la regione Toscana, hanno annunciato la medesima volontà; la regione Toscana ha inoltre manifestato l'intenzione di richiedere lo stato di emergenza;
          l'intervento consisteva nell'opera di rifacimento di un P.I.D.I. (punto di intercettazione di derivazione importante) della condotta con diametro di 30 pollici del vecchio impianto esistente (il metanodotto in questione è stato infatti realizzato tra il 1970-1971); il comune di Tresana aveva rilasciato regolare autorizzazione tramite «permesso a costruire» rilasciato in data 5 febbraio 2011;
          la popolazione residente nelle vicinanze dei luogo della violenta ed impressionante esplosione è ancora sotto shock e vive nell'incertezza e nella paura, in quanto da SNAM non pervengono in forma ufficiale rassicurazioni sulla sicurezza di quel metanodotto, mentre già si registra il «rimpallo» delle responsabilità dell'accaduto tra l'impresa appaltatrice. («Oreste Manna» di Salerno) e la società proprietaria del metanodotto (SNAM Rete Gas s.p.a.); il sindaco di Tresana, dottor Oriano Valenti sta facendo pressione sulle autorità locali per conoscere le cause dell'evento, le responsabilità, ed elementi sulla sicurezza dell'impianto e per pervenire a un giusto e veloce risarcimento alle famiglie danneggiate  –:
          pur nel rispetto delle indagini in corso, cosa intenda fare il Governo in merito agli accadimenti illustrati in premessa visti i tempi troppo lunghi dell'inchiesta – basti pensare che «il giunto» ed altri pezzi di tubo esplosi sono stati prelevati soltanto venerdì 13 aprile 2012 per farli analizzare presso l'università di Genova – e verosimilmente il perito usufruirà della proroga di novanta giorni di cui dispone;
          cosa intenda fare il Governo, per quanto di competenza, per assicurare il giusto risarcimento alle famiglie danneggiate perché al momento, soltanto una famiglia, ha ricevuto dalla SNAM un modesto anticipo di euro 20.000,00 per le spese di affitto e vestiario e la stessa famiglia ha ricevuto dalla SNAM una prima offerta di circa il 40 per cento della stima dei danni subiti quando invece la SNAM si dovrebbe far carico in maniera tangibile e concreta dei danni di tutte le famiglie sinistrate;
          se risponda al vero che durante i lavori la ditta appaltatrice (Oreste Manna) avesse evidenziato la necessità di sostituire il «giunto» e, in caso affermativo, se sia noto per quale ragione non si è provveduto alla sostituzione;
          se risponde al vero che la SNAM, per quanto riguarda il P.I.D.I., abbia intenzione di rifarlo completamente nuovo nello stesso posto, ampliando così l'allarme e la paura della popolazione interessata per timore di nuove devastanti esplosioni. (5-06915)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GIRLANDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in questi giorni si sono verificati nuovi segnali di spostamento del viadotto Rio Piazza della A1, nel tratto che passa sull'Appennino bolognese vicino all'abitato di Ripoli e soggetto alla frana riattivata dai lavori della Variante di valico;
          tale spostamento è arrivato, nel giro di cinque mesi, ormai a tre centimetri, tanto da spingere la Società autostrade ad aprire un cantiere al di sotto del viadotto per mettere in sicurezza i piloni;
          la commissione trasporti della regione Emilia Romagna ha ricevuto nella giornata del 22 maggio 2012 Gennarino Tozzi, condirettore Sviluppo rete di Autostrade per l'Italia, che ha parlato di «intervento preventivo», mentre il portavoce del comitato di cittadini che da anni si batte contro l'opera, Dino Ricci, citando le relazioni ufficiali della società Autostrade, ha spiegato come «le fondazioni del viadotto sono sospese sul corpo di frana, come si vede anche dalle cartografie»;
          la stessa società Autostrade ha tuttavia confermato lo spostamento dei piloni nell'ambito di un limite definito come sicuro, compreso tra i 13 ed i 14 centimetri, superato il quale saranno avviati interventi di consolidamento, allargare il basamento su cui poggiano le travi del viadotto;
          tra le altre denunce del comitato di cittadini i problemi registrati anche sulla A1 sono l'ennesima conferma della necessità di fermare i lavori, visto il rischio per la galleria, l'intero versante e l'autostrada esistente, in quanto la frana potrebbe non arrestarsi, con effetti tuttora evidenti sulla galleria in costruzione, tra cui la traslazione e lo schiacciamento della stessa, come segnalato nei giorni scorsi anche dalla ditta che sta scavando l'opera nella parte sud;
          per evitare danni ulteriori, il comitato insiste con la richiesta di cambiare il tracciato, optando per un transito che non passi nel cuore della montagna e più in alto anche rispetto all'autostrada esistente, anche al fine di ridurre i costi, in questa maniera, a loro dire, triplicati  –:
          quali iniziative il Ministro intenda attuare per approfondire la fondatezza di questi rilievi, anche dal punto di vista economico, e se intenda attivarsi immediatamente per verificare la gravità della situazione in atto in relazione allo spostamento del viadotto e alla sicurezza dei mezzi che vi transitano. (4-16215)


      RAMPI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          Rfi, Tav, Ferrovie Nord Milano, regione Piemonte, provincia di Novara, comune di Novara, regione Lombardia, comune di Busto Arsizio, comune di Castellanza, comune di Seregno, hanno promosso un progetto, del valore di 400.000.000 euro, per il potenziamento della linea Novara-Malpensa che porti ad un tempo di percorrenza massimo di 20 minuti sicuramente una agevolazione per i cittadini di quei territori;
          nel 2005 il CIPE ha approvato ili linea tecnica il progetto preliminare;
          nel 2007 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ricevuto il progetto definitivo;
          nel 2008 è stata avviata la conferenza di servizi dedicata;
          ad oggi manca l'approvazione del progetto definitivo da parte del CIPE;
          il consiglio comunale di Galliate ha approvato all'unanimità una mozione su questo problema;
          la tratta lombarda è interamente finanziata ed in alcuni casi già realizzata o in corso di realizzazione;
          la tratta su Novara è interamente finanziata;
          la tratta sul territorio Galliatese è l'unica mancante di finanziamento (quantificabile in circa 90.000.000 di euro)  –:
          quali iniziative il Ministro intenda intraprendere a sostegno del finanziamento ancora mancante sul territorio della città di Galliate. (4-16219)


      GIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il tratto autostradale che si estende da Rosolini fino a Modica di chilometri 19,4 facente parte del 2o tronco dell'Autostrada Siracusa-Gela, inizialmente era costituito dai lotti 6+7 «Ispica-Viadotti Scardina e Salvia» e lotto n.  8 «Modica», i cui progetti esecutivi sono stati approvati dall'Anas con decreti n.  5869 e n.  5868 del 30 settembre 2003;
          di seguito alla rielaborazione della scheda grandi progetti per l'avvenuta modifica dell'impostazione dei lotti 6+7 e 8 si è addivenuti ad unificare gli stessi in un unico lotto denominato «6+7 e 8», inserendo tutti gli impianti elettrici, di esazione, segnaletica, mitigazione ambientale, al fine di rendere il lotto funzionale e funzionante;
          detta unificazione si è resa necessaria anche per aspetti realizzativi al fine di soddisfare l'equilibrio del bilancio delle terre, scavi e rilevati all'interno del lotto unificato;
          contestualmente alla rielaborazione del progetto è stato inoltre necessario introdurre una variante di tracciato del lotto 8 «Modica», nella parte compresa tra le progr. km 4+778,80 e km 8+832,98, con scostamento massimo di 420 ml dal tracciato originario. Infatti la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Ragusa ha segnalato (lettera protocollo n.  129 del 28 gennaio 2008) la presenza di evidenze archeologiche che interessavano il tracciato di progetto (approvato peraltro dalla medesima Soprintendenza). Si è dovuto quindi studiare una variante per evitare di interessare il sito archeologico in contrada Scorrione nella Cava Gisana. Il nuovo tracciato è stato approvato dalla citata Soprintendenza (nota protocollo n.  2800 del 29 luglio 2008);
          l'intervento ricade nei comuni di Noto e Rosolini in provincia di Siracusa e nei comuni di Ispica e Modica della provincia di Ragusa;
          il progetto del lotto unico 6+7 e 8 sviluppa complessivamente circa 19.465,00 metri ed ha inizio nel territorio di Rosolini con lo svincolo omonimo che collega l'autostrada alla strada provinciale n.  26 Rosolini-Pachino e dopo circa 800 metri attraversa un enclave del comune di Noto, di circa un chilometro, racchiusa tra comuni di Rosolini e di Ispica, per proseguire poi nel territorio del comune di Ispica. Il tracciato prosegue verso Sud-Ovest sino in prossimità dell'abitato di Ispica, ove con un ampia curva, che interessa anche il viadotto Salvia, assume la direzione Ovest-Nord/Ovest;
          il tracciato del lotto procede in direzione Ovest-Nord/Ovest per poi ripiegare con un'ampia curva verso Ovest e quindi portarsi alla fine del lotto ove è ubicato lo svincolo di Modica che collega l'autostrada con la viabilità locale inserendosi nella strada statale n.  194 (commerciale per Pozzallo);
          per la realizzazione del lotto unico 6+7 e 8 sono stati acquisiti tutti i pareri, nulla osta ed autorizzazioni necessari per la cantierabilità dell'opera, in particolare il Consorzio ha acquisito il decreto via n.  6912 del 21 gennaio 2002, del Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministero dei beni culturali, riferito all'intero tracciato autostradale fino a Gela e il decreto via n.  162/2011 del 15 aprile 2011, e decreto integrativo n.  525 del 22 settembre 2011, riferito alla parte in variate inserita nel lotto 8 Modica;
          il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha sottoposto il progetto del lotto unico a verifica di ottemperanza delle prescrizioni contenute nel decreto di valutazione di impatto ambientale sopracitato, comunicando con propria nota n.  00108 del 16 gennaio 2009, che il consorzio ha ottemperato a tutte le prescrizioni di cui al decreto (verifica di ottemperanza);
          il progetto definitivo del citato lotto unico è stato approvato dall'Anas in linea tecnica con decreto n.  148354-P del 10 novembre 2011;
          in data 12 aprile 2012, la Commissione della Comunità europea ha adottato la decisione n.  CCI 2008IT161PR003 di approvazione della scheda grande Progetto relativa al «Completamento Autostrada Siracusa-Gela lotto 6+7 e 8 Ispica- Viadotti Scardina e Salvia-Modica» facente parte del Programma operativo Sicilia 2007-2013 per l'assistenza strutturale comunitaria del Fondo europeo di sviluppo regionale ai fini dall'obiettivo Convergenza nella regione Sicilia in Italia per l'importo di cofinanziamento pari a euro 262.433.700,00;
          a seguito di tale decisione il consorzio ha acquisito l'intera copertura finanziaria, il cui importo complessivo del progetto è pari a euro 374.103.371,06. Allo stato attuale il consorzio ha già predisposto il relativo progetto esecutivo da trasmettere all'Anas per la relativa approvazione, avvalendosi dell'articolo 52 del decreto legislativo n.  1 del 24 gennaio 2012, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n.  27;
          il consorzio ha già predisposto il bando e il relativo disciplinare di gara;
          in data 16 maggio 2012, con nota prot. n.  9937 è stata predisposta la trasmissione del progetto all'Anas ma per qualche perplessità dell'amministrazione del consorzio e regionale, sulla legittimità della convenzione «consorzio-Technital» (società con l'incarico della progettazione e della direzione di lavori dell'Autostrada Siracusa-Gela con convenzione datata 1965) è stata sospesa la, trasmissione del progetto all'Anas di Roma;
          in questo momento, qualsiasi indugio nell'avvio delle procedure di approvazione di gara in quanto pregiudizievole per il proseguimento ed il completamento delle attività di costruzione dell'opera in quanto tale attività, e la relativa rendicontazione delle spese all'Unione europea, secondo il P.O. FESR 2007-2013 devono completarsi entro il 31 dicembre 2015;
          l'opera in argomento rappresenta una aspettativa notevole da parte della popolazione della provincia di Siracusa che in particolare di Ragusa, in quanto il tracciato autostradale ricade per l'80 per cento in territorio Ragusano;
          tale opera è per il territorio fonte di ulteriore sviluppo sia dal punto di vista, commerciale, agricolo che turistico;
          infatti il corridoio autostradale che si è venuto a creare con la realizzazione della Siracusa-Catania, la Siracusa-Rosolini allacciato alla Messina-Catania è un itinerario di grande importanza in quanto permette in pochissimo tempo di raggiungere località di grande importanza turistica (Siracusa, Riserva di Vendicari, Villa del Tellaro, Modica, Ragusa, e altro) nonché di favorire lo sviluppo commerciale e agricolo, da e per il Nord Italia, infatti il territorio di Pachino, Ispica, Modica, Vittoria sono a grande vocazione agricola in particolare per la produzione di prodotti primaticci;
          è opportuno ribadire che allo stato attuale il mancato avvio di questa grande opera sarebbe per la regione Sicilia una mancata operazione finanziaria di grande importanza, pregiudicando in modo particolare l'occupazione  –:
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di procedere in maniera celere alla approvazione di gara in quanto in caso contrario ciò sarebbe pregiudizievole per il proseguimento ed il completamento delle attività di costruzione dell'opera posto che tale attività e la relativa rendicontazione delle spese all'Unione europea, secondo il P.O. FESR 2007-2013, devono completarsi entro il 31 dicembre 2015. (4-16230)


      SORO e META. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          organi di informazione riferiscono, nel corso degli ultimi mesi, di diversi episodi di gravissime violazioni delle regole di sicurezza aeronautica da parte di aerei italiani di lungo raggio (Boeing 767 di Air Italy, compagnia specializzata in voli charter che fa parte del gruppo Meridiana);
          i velivoli avrebbero operato il rifornimento di carburante con i motori accesi e, in un caso, con i passeggeri a bordo;
          i tre episodi segnalati sarebbero avvenuti in rapida successione dal 16 febbraio al 24 marzo di quest'anno e avrebbero riguardato due aerei Boeing 767-300 in servizio da 17 anni e un 767-200 in servizio da 24 anni;
          i fatti si sarebbero verificati in aeroporti di Honduras, Cuba e Madagascar;
          i suddetti velivoli, partiti da Malpensa, sarebbero stati privi dei dispositivi APU (auxiliary power unit), indispensabili per la riattivazione dei motori a seguito della sosta per il rifornimento di carburante;
          se si appurasse la veridicità dei fatti denunciati, i piloti responsabili di tali azioni avrebbero trasformato gli aerei in potenziali ordigni devastanti;
          l'ENAC, ente nazionale per l'aviazione civile, avrebbe avviato un'inchiesta per fare luce sui fatti riferiti  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se corrispondano al vero e, in tal caso, quali iniziative intenda assumere in merito. (4-16232)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da notizie provenienti da organi di stampa locali e nazionali, emergono incresciosi episodi di violenza e criminalità verificatisi nelle scorse settimane nella città di Salerno ed in alcuni comuni della provincia;
          i suddetti episodi, tutti riconducibili alla casistica del furto in appartamento, si sarebbero verificati in particolare nella frazione Penta del comune di Fisciano, a nord di Salerno e nella frazione Ponte Barizzo del comune di Capaccio, a sud del capoluogo e sarebbero opera di bande di malviventi di nazionalità albanese, slava e rumena;
          i criminali, utilizzando la medesima tecnica esecutiva, si sarebbero introdotti furtivamente all'interno delle private abitazioni durante le ore notturne e, sorprendendo le ignare vittime nel sonno, avrebbero asportato i beni di valore presenti;
          nei casi più gravi, tali furti sarebbero sfociati in vere e proprie rapine, allorquando i malviventi, al fine di assicurarsi l'illecito bottino, avrebbero esercitato violenza e minaccia a danno dei malcapitati proprietari, talvolta addirittura immobilizzando e sequestrando temporaneamente le vittime all'interno dell'appartamento;
          per tale motivo, il sindaco di Fisciano ha invocato un maggiore livello di sicurezza per i suoi concittadini, anche attraverso un incremento del sistema di videosorveglianza, già presente per la sola area industriale della città;
          particolare apprensione, inoltre, avrebbe suscitato il fermo nei giorni scorsi, da parte delle forze di polizia, di dodici cittadini slavi ed albanesi all'interno di tre appartamenti del centro storico di Salerno, trovati in possesso di una cartina della città, di diversi numeri di telefono di abitazioni e presumibilmente collegati a personaggi locali aventi il ruolo di «basisti»;
          è evidente che l'intensificarsi di questi fenomeni genera insicurezza ed allarme tra i cittadini, sia nella città capoluogo che in alcuni comuni strategici della provincia come Fisciano, sede universitaria del Campus di Salerno e luogo di dimora di migliaia di studenti fuorisede e Capaccio, il cui territorio comunale ospita il sito archeologico di Paestum, tra i più importanti in Italia;
          l'aumento della criminalità nel territorio salernitano rende necessario, pertanto, tenere alto il livello d'allerta e presidiare costantemente tutte le aree maggiormente a rischio e quelle che, per varie ragioni, rappresentano zone sensibili e di primaria importanza per l'economia, la cultura ed il turismo della provincia  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per contrastare tali fenomeni. (4-16213)


      GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'analisi storica dei metodi di infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema degli appalti di lavori pubblici e privati ha messo in luce una pericolosa sintonia economica di larga parte di ceti imprenditoriali con le organizzazioni mafiose;
          il triste binomio mafia-appalti rappresenta la sintesi verbale di una modalità di inquinamento della pubblica e privata economia da parte della malavita organizzata, che realizza un'aggressione particolarmente insidiosa delle regole del libero mercato e della libera iniziativa economica privata;
          allorquando sono coinvolti nel sistema anche settori deviati della politica nazionale e locale, l'intreccio verbalmente rappresentato dal trinomio mafia-appalti-politica diventa pericoloso fattore di inquinamento e distorsione dell'assetto democratico, con effetti destabilizzanti che già sono in fase avanzata in varie zone del Paese, assoggettate al potere di associazioni a delinquere o dalle stesse fortemente condizionate;
          il libro II del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.  159 (codice antimafia), istituisce presso il Ministro dell'interno la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, quale piattaforma tecnologica su cui basare, con funzione di accelerazione, il procedimento di rilascio della comunicazione ed informazione antimafia in vista del potenziamento dell'attività di prevenzione di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'attività d'impresa;
          l'istituzione della banca dati, come da più parti sottolineato, rappresenta l'innovazione più incisiva nel nuovo corpus normativo, poiché, per suo tramite, si realizza una semplificazione delle procedure di rilascio della documentazione antimafia, con evidenti effetti positivi in termini di celerità ed efficienza nel costante monitoraggio delle imprese e nella prevenzione dei tentativi di infiltrazione delle mafie negli appalti;
          l'effettiva entrata in vigore del nuovo sistema normativo è stata, tuttavia, notevolmente differita nel tempo;
          l'articolo 119 dispone, invero, che tutte le disposizioni recate dai capi I, II, III e IV del libro II entreranno in vigore trascorsi 24 mesi dall'entrata in vigore dell'ultimo dei regolamenti sul funzionamento della citata banca dati di cui all'articolo 99, non ancora emanati, così determinando una perpetuatio nell'applicazione delle previgenti disposizioni, destinata a protrarsi per un lungo periodo, ad avviso degli interroganti, con ulteriori consequenziali problemi di compatibilità con la previsione della legge delega, che consente l'emanazione di decreti integrativi e correttivi nel termine di tre anni dall'entrata in vigore del decreto delegato  –:
          se i Ministri interrogati ritengano opportuno assumere iniziative di competenza, con la massima urgenza, per dare piena e completa attuazione alla normativa di cui in premessa con l'adozione dei regolamenti previsti dall'articolo 99 del codice antimafia, all'entrata in vigore dei quali è subordinata, ai sensi dell'articolo 119, quella di tutte le disposizioni recate dai capi I, II, III e IV del libro II, e quali siano, a tutt'oggi, le ragioni del ritardo nell'emanazione dei citati regolamenti. (4-16216)


      PEDOTO, DE TORRE, GHIZZONI e SARUBBI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          per effetto del regolamento di cui decreto del Presidente della Repubblica in vigore dal 10 marzo 2012, il cittadino straniero che entra per la prima volta in Italia e presenta istanza di rilascio di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, stipula con lo Stato un accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impiego a sottoscrivere gli obiettivi di integrazione, mentre lo Stato sostiene a sua volta il processo di integrazione attraverso l'assunzione di idonee iniziative. Tali iniziative trovano indirizzo organizzativo nella nota ministeriale n.  1542 del 2 marzo 2012;
          gli aspetti propositivi della nuova normativa ed il loro alto valore umano e democratico sono espressi chiaramente nelle richiamate norme, ma emergono criticità invece in senso generale nell'attuazione del decreto stesso, e in particolare per la struttura e l'erogazione del primo corso di educazione civica, cinque sessioni di ascolto, in modalità multimediale, da erogare ai cittadini stranieri entro 3 mesi dalla firma dell'accordo integrazione;
          le linee di indirizzo ministeriali denominano tale corso «sessione di formazione civica», mentre a quanto consta agli interroganti sarebbe più corretto definirlo semplicemente «sessione di informazione civica». Il cittadino straniero viene semplicemente posto davanti ad un computer per cinque ore ad ascoltare concetti che potrebbe anche non riuscire a recepire, perché spesso molto distanti dalla sua esperienza e assimilazione dell'organizzazione sociale e politica di uno Stato. Manca completamente la necessaria interazione, dal momento che non è prevista l'acquisizione di un feedback sull'avvenuta comprensione dei contenuti, la possibilità di approfondimento o di richiedere e ricevere spiegazioni su quanto non recepito;
          le strutture scolastiche del territorio vengono identificate quali principali partner delle prefetture per la realizzazione di tali «sessioni di formazione civica»: viene richiesto alle scuole, in primis ai CTP/CPIA, l'uso di locali e attrezzature (laboratori dotati di personal computer o aule LIM) e la presenza di personale docente e ATA per l'identificazione dei candidati, la raccolta delle firme di presenza e la trasmissione delle stesse alle prefetture, la sorveglianza, l'installazione del programma sui computer e altro. Si richiedono ore straordinarie non retribuite, perché non è stato contestualmente previsto alcuno stanziamento di fondi aggiuntivi. L'unica alternativa possibile sembra quella di utilizzare il personale in orario di servizio (sottraendo ore preziose alle attività educative e formative dei docenti o al lavoro del personale ATA), o ricorrere alle prestazioni volontarie del personale stesso o ancora avvalersi della collaborazione di volontari esterni alla scuola, senza le adeguate garanzie assicurative né una gestione continuativa dell'attività;
          risulta inoltre alla firmataria del presente atto che gli strumenti multimediali (file su «chiavette») forniti dalle istituzioni, contenenti il corso di «formazione civica», tradotti in diciannove lingue, presentano spesso una bassa qualità audio, letture stentate dei testi, immagini statiche che non sempre corrispondono a quanto viene contemporaneamente letto. Nessun supporto grafico, nessun filmato o immagine, nessun accorgimento che possa rendere più motivante o stimolante l'ascolto;
          gli strumenti a disposizione delle prefetture per assicurare al cittadino straniero di nuovo ingresso là corretta comprensione del testo di accordo integrazione che andrà a firmare, sono evidentemente poco efficaci. Le scuole riferiscono che le numerose assenze di candidati alle sessioni «di formazione civica» non sono dovute a motivazioni personali o scarsa volontà: semplicemente i cittadini stranieri, spesso assolutamente privi di nozioni di lingua italiana o anche analfabeti totali in lingua madre, non capiscono ciò che viene loro richiesto, per quanto firmino l'accordo. Per il mondo arabo il problema è sovente connesso anche alle diverse interpretazioni della lingua scritta a seconda della regione di provenienza;
          il requisito della conoscenza della lingua italiana a livello A2, altro credito richiesto secondo le linee d'indirizzo ministeriali, dovrebbe essere interamente gestito dall'organizzazione di corsi propedeutici su fondi FEI. Va comunque tenuto presente che il flusso dei nuovi ingressi è assai corposo e continuo e i corsi finanziati coprirebbero comunque solo una parte delle richieste di corsi, lasciando ai CTP una maggiorazione d'utenza che non potrebbero sopportare con le forze di organico (personale docente e ATA) attualmente disponibili  –:
          quali iniziative intenda porre in atto il Ministero per sostenere economicamente i centri territoriali e le scuole nell'attuazione del decreto del Presidente della Repubblica a fronte delle spese che queste strutture dovranno necessariamente affrontare per la vigilanza e l'utilizzo delle proprie dotazioni informatiche nella realizzazione degli interventi previsti;
          se il materiale audiovisivo prodotto per i corsi di educazione alla cittadinanza rivolti ai cittadini stranieri sia adeguato a rendere un'immagine del nostro Paese esaustiva e facilmente comprensibile;
          quali soggetti siano coinvolti o si intendano coinvolgere ufficialmente da parte del Ministero dell'interno nelle fasi di organizzazione e realizzazione degli interventi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica e con quale modalità verrà formalizzato e pubblicizzato tale coinvolgimento, nonché se sia prevista una qualche forma di monitoraggio e informativa sull'andamento degli interventi previsti. (4-16225)


      TOUADI e VELTRONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nell'ambito delle indagini coordinate dalla DDA di Roma, il 9 maggio 2012, su un vasto giro di usura, è stato arrestato Vittorio Di Gangi;
          secondo quanto riportato dalla stampa al Di Gangi sarebbe riferibile la società di vigilanza SIPRO;
          la SIPRO risulta sia stata oggetto di parere negativo, da parte del prefetto di Roma pro tempore, in ordine al rilascio della certificazione antimafia ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n.  252 del 1998, come risulta dal decreto della prefettura di Roma n.  8634 area I-bis o.s.p. del 6 febbraio 2007 e dal verbale n.  4 del 2007 della prefettura di Roma relativo alla riunione di coordinamento delle Forze di polizia tenutasi in data 2 febbraio 2007;
          la società di vigilanza sopra citata faceva ricorso al giudice amministrativo;
          dopo un primo giudizio del Tar, che accoglieva le doglianze della SIPRO, il Consiglio di Stato sospendeva la sentenza del tribunale amministrativo di prima istanza riconoscendo valide le ragioni della prefettura con l'ordinanza 2365 del 13 maggio del 2009;
          allo stato pertanto risulterebbe ancora in vigore l'interdittiva antimafia atipica nei confronti della società di vigilanza sopra indicata;
          secondo quanto pubblicato sul sito web della società la suddetta svolge i suoi servizi per il Ministro della difesa, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze, la Rai, il Comune di Roma, Equitalia, INAL, l'Agenzia del territorio, ANAS, INPS, la regione Lazio ed altri enti  –:
          se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti, se tali fatti corrispondano al vero e quali iniziative intenda intraprendere e se sia noto al Ministro se altri ministeri ed enti pubblici intendano rescindere i contratti con la società in questione. (4-16233)


      MARTELLA, NACCARATO, VIOLA e MURER. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 22 maggio 2012 il personale della questura di Venezia – su mandato della direzione distrettuale antimafia di Venezia e con il coordinamento del servizio centrale operativo della polizia di Stato – ha eseguito 13 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone accusate di far parte di un'organizzazione criminale legata ai clan della camorra;
          in particolare tra gli arrestati – nei confronti dei quali, a vario titolo, vengono ipotizzati i reati di estorsione aggravata in concorso, porto d'armi, ricettazione, truffa, lesioni gravi e falso con l'aggravante dei metodi mafiosi – risultano l'imprenditore Mauro Bugno, ex presidente della società A.C. San Donà Calcio 1922 di San Donà di Piave (Venezia), Federico Marchesan, vicedirettore del Banco del Veneziano di Caorle, Antonio Pacifico, 45 anni, imprenditore nel settore del cartongesso, residente a Eraclea (Venezia), Felice Nemolato, zio del Pacifico, Vanglel Alla, imprenditore edile di nazionalità albanese, anch'egli residente a Eraclea, e Franco Crosariol di San Stino di Livenza (Venezia) titolare della società Edilgarby;
          secondo gli inquirenti, i componenti del gruppo criminale sopra descritto avrebbero organizzato una truffa del valore di 4 milioni di euro ai danni, di alcuni istituti bancari, dopo aver stipulato una sorta di «pactum sceleris» – come rilevato della Procura della Repubblica di Venezia Roberto Terzo – con i clan della camorra, al fine di dividersi i proventi dell'operazione fraudolenta;
          dalla ricostruzione della magistratura emergono i dettagli della modalità di attuazione della truffa, così descritti dalla stampa locale (La Nuova Venezia, edizione del 23 maggio 2012): «Nei primi mesi del 2010, Nemolato e i suoi procurano 42 assegni circolari (di un pacco di 52) sottratti al Banco di Napoli, Marchesan li divide in quattro tranche da 10 (ogni assegno per 97 mila euro, per restare sotto il limite di 100 mila che fa scattare automatici controlli) e con Crema trova gli intestatari compiacenti (Crosariol e Bugno), pronti a incassare a proprio nome gli assegni e poi a fare bonifici per svuotare subito i conti e dividere: 50 per cento ai campani, 25 per cento ai napoletani-veneti, 25 per cento per i veneti. Essendo “genuini”, gli assegni (...) risultano coperti e a rimetterci è la banca. Una truffa concepita per 4 milioni di euro, uno solo incassato. Tutto fila liscio alla filiale Barclays Bank di Treviso, quando Crosariol incassa i suoi 973 mila euro. Il meccanismo s'inceppa quando Bugno si presenta alla filiale di San Donà del Credito cooperativo di Santo Stefano: tra i 10 assegni, anche due di una partita segnalata e la macchinetta fa “beep”. Rovina del tutto quando il direttore della banca dove Marchesan lavora s'insospettisce per quei 970 mila euro finiti nel conto di un'ignara coppia, alla quale aveva fatto credere di aver trovato il finanziatore per il loro progetto di pannelli fotovoltaici: il direttore blocca l'operazione e scatta la rappresaglia, con i napoletani che picchiano Marchesan (che avrebbe dovuto incassare gli ultimi 10 assegni intestandoli alla sua Eurotecnica, creata ad hoc)»;
          l'operazione fin qui descritta rappresenta solo l'ultima di una serie di indagini giudiziarie che confermano la crescente presenza mafiosa nel tessuto produttivo, sociale e finanziario del Veneto. In particolare, appare molto preoccupante, oltre alla violenza fisica esercitata dai soggetti legati alla criminalità organizzata, la significativa rete di supporto alle attività illecite composta di professionisti e imprenditori veneti o comunque residenti nella regione, come risulta dall'insieme delle operazioni rilevanti contro i sodalizi mafiosi condotte da magistratura e forze dell'ordine nell'ultimo biennio  –:
          se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
          quali concrete iniziative di competenza il Ministro intenda avviare, al fine di prevenire e contrastare la presenza della criminalità organizzata nel Veneto, attiva in particolare – anche grazie alla complicità di professionisti e imprenditori locali – nei settori delle truffe, dell'usura, dell'estorsioni e nel riciclaggio dei proventi di attività illecite. (4-16236)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          il conservatorio di San Pietro a Majella, di Napoli, è una delle più antiche istituzioni musicali e didattiche italiane; trae le sue origini nei quattro orfanotrofi sorti nelle zone più povere della città: il Santa Maria di Loreto, il Sant'Onofrio a Porta Capuana, i Poveri di Gesù Cristo e la Pietà dei Turchini; questi, nell'arco di circa un sessantennio si trasformano in vere e proprie scuole musicali;
          dopo un secolo subentra, lentamente, il declino che vede sopravvivere solo la Pietà dei Turchini; nel 1808 il conservatorio viene spostato nel Convento delle Dame di San Sebastiano; in seguito, è definitivamente trasferito nell'antico Convento dei Padri Celestini, l'ordine fondato da Celestino V, eremita sulla Majella. Nasce così il conservatorio di San Pietro a Majella;
          attualmente, il conservatorio di Napoli ospita, unitamente ai corsi, anche una importantissima biblioteca dove si conservano autografi, manoscritti e stampe rare relative, in particolare, alla musica del Settecento napoletano;
          da notizie di stampa si apprende che il presidente del conservatorio di Napoli, Pasquale Del Vecchio, ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico, mantenendo fede a quanto già annunciato, in un incontro a Roma, al direttore generale e al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dichiarando che tali dimissioni sono causate dal fatto che «il Conservatorio San Pietro a Majella è ingovernabile»;
          il presidente Del Vecchio, nel dettagliare i motivi, ha fatto riferimento, nello specifico, ad un provvedimento di sospensione emesso dal direttore del Conservatorio verso il responsabile amministrativo; sospensione che – ha dichiarato il presidente – «di fatto ci paralizza: non possiamo neppure pagare una fattura, perché per farlo sono necessarie le firme congiunte del direttore amministrativo e del direttore di ragioneria»;
          la questione dalla quale è scaturita la polemica interna appare delicata e controversa; tutto sarebbe cominciato circa sei mesi fa, quando è entrata in carica la nuova direttrice, Elsa Evangelista (eletta dai colleghi con 63 voti su 114);
          all'atto della nomina di Evangelista, alcuni sindacalisti avrebbero chiesto l'accesso ai documenti concernenti una vertenza nella quale sarebbe coinvolta la stessa direttrice, secondo la quale, però, quei documenti non dovevano essere consegnati ai sindacalisti; la responsabile amministrativa li avrebbe, invece, consegnati, incorrendo nella sospensione;
          le situazioni di conflitto nel Conservatorio, secondo il presidente, non finiscono qui; sarebbero in corso denunce penali, giudizi civili, ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato; presunti conflitti di interesse, diatribe sull'eleggibilità del direttore, una lotta serrata tra i sindacati interni, di cui, secondo il presidente Del Vecchio, «il Conservatorio paga le conseguenze»;
          alcune settimane fa un'altra polemica ha riguardato la direttrice Evangelista riguardo i cosiddetti corsi pre-accademici; questi erano stati deliberati nell'anno accademico 2012/2011, e messi a bando; erano arrivate oltre 200 domande, ciascuna tassata per cento euro, e dopo mesi di incertezze, a fine aprile sono stati annullati, destando stupore e rabbia sia tra i ragazzi sia tra i docenti;
          i corsi pre-accademici sono stati attivati da molti Conservatori in tutta Italia, dopo la riforma «Gelmini», per sopperire all'accorciamento del corso di studi a cinque anni;
          secondo la direttrice Evangelista, i corsi pre-accademici non si sono potuti attivare perché l'ex direttore, dopo l'approvazione della delibera, non ha mai proceduto all'integrazione dei programmi, all'attivazione dei piani di studi, all'approvazione dell'apposito regolamento, né era stato mai precisato il numero degli aventi diritto all'immatricolazione; al tempo stesso, secondo quanto scritto dalla direttrice sulla stampa locale, «i corsi pre-accademici, a oggi, non sono supportati da alcuna normativa»;
          l'ex direttore ha prontamente replicato, sempre sulla stampa locale, affermando che «al contrario di quanto afferma il direttore dell'istituto napoletano, i corsi pre-accademici e propedeutici sono stati istituiti nel pieno rispetto della legge», aggiungendo di augurarsi che «il San Pietro a Majella possa attivare al più presto i corsi di base perché, se ciò non dovesse accadere, oltre al danno economico ne avremmo un altro inestimabile per la cultura e la tradizione del nostro Conservatorio che da secoli forma musicisti sin dalla tenera età»;
          appare evidente che tutte queste diatribe, senza entrare nel merito delle stesse, e senza prendere posizione per l'uno o l'altro dei contendenti, creano disagio, gettano discredito, alimentano la confusione all'interno di una istituzione culturale e didattica prestigiosissima  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se e come intenda intervenire per ripristinare all'interno del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli un clima diverso, teso più al servizio agli allievi e alla didattica e meno agli scontri personali, volto nell'insieme a preservare il prestigio dell'istituzione e a rilanciare la sua straordinaria tradizione.
(2-01508) «Bossa, Sbrollini, Boffa, Narducci, Lo Moro, Cuomo, Gozi, Antonino Russo, Siragusa, Piccolo, Fadda, Oliverio, Zunino, Sarubbi, Ciriello, Mazzarella, Marini, Vaccaro, De Micheli, Colaninno, Vassallo, Graziano, Iannuzzi, D'Antona, Pedoto, Ginefra, Farina Coscioni, Cardinale, Livia Turco, Ghizzoni, Grassi, Miglioli, Santagata, Burtone, Boccia».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ANTONINO RUSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la formazione degli insegnanti delle scuole primarie e dell'infanzia è devoluta alle università, le quali vengono autorizzate di anno in anno ad attivare allo scopo i corsi di laurea in «scienze della formazione primaria» di durata quinquennale a ciclo unico;
          l'accesso a detti corsi di laurea è a numero chiuso, determinato secondo le previsioni di copertura dei posti di insegnamento nelle relative scuole nel quinquennio successivo. La previsione è operata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca su base regionale, in modo da garantire che la formazione dei futuri docenti sia effettivamente collegata al fabbisogno del territorio e quindi alle opportunità occupazionali reali;
          nel documento relativo alla previsione occupazionale per il triennio 2011-2014, intitolato «Scuola infanzia e primaria. Definizione della disponibilità per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria» (pubblicato sul sito web del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al seguente indirizzo) il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca indica in 16.831 il numero dei posti da coprire a livello nazionale, pari a 5.611 insegnanti da formare per ciascun dei tre anni accademici 2011-2012, 2012-2013 e 2013-2014;
          da diversi anni, e purtroppo anche per i prossimi se non si porrà un adeguato rimedio, nelle regioni del centro-sud (Lazio, Sardegna, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) – a fronte di un fabbisogno complessivo di 3.014 insegnanti messo a disposizione nei propri corsi di laurea – le università delle stesse regioni hanno richiesto di attivare soltanto 1.741 posti, pari a poco più della metà delle effettive opportunità di lavoro previste. In altre parole, il Ministero prevede opportunità occupazionali nelle scuole dell'infanzia e primarie, le università – che pure attivano a volte corsi di laurea che all'interrogante appaiono improbabili e del tutto scollegati dal mondo del lavoro – rifiutano di attivare i relativi percorsi di formazione;
          esiste tuttavia un'eccezione: in Sicilia – dove la differenza tra i posti previsti e quelli offerti è di 263 per ogni anno accademico – la libera università degli studi di Enna «Kore» chiede da tempo di potere attivare il corso di laurea in scienze delle formazione primaria e regolarmente, anno dopo anno, il comitato regionale di coordinamento degli atenei siciliani esprime parere favorevole alla richiesta dell'università di Enna, ma il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad avviso dell'interrogante inspiegabilmente non ne autorizza l'attivazione, sulla base della prassi di autorizzare un solo corso per ciascuna regione;
          in realtà, nelle regioni Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Lazio e Campania, i corsi di laurea in scienze della formazione primaria sono due per ciascuna. Non si capisce, a questo punto, come mai la Sicilia, che è la più grande regione italiana ed una delle più popolose, debba rimanere con un solo corso, in presenza peraltro dell'esigenza di coprire 263 posti che l'università di Palermo (la sola autorizzata finora in Sicilia) non può sostenere;
          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a proposito delle differenze negative tra i posti di lavoro previsti annualmente e i posti autorizzati agli atenei, fa notare – nel documento pubblico sopra richiamato – che esse «sono determinate esclusivamente dalla disponibilità dell'offerta formativa degli Atenei». Nel caso della Sicilia, ciò quindi, evidentemente, appare non risponde alla realtà;
          la mancata autorizzazione all'università di Enna ad attivare il corso di laurea in scienze della formazione primaria appare incomprensibile, anche alla luce del fatto che i giovani siciliani che intendono accedere alla professione di insegnante sono costretti ad emigrare due volte: non soltanto per avere un posto di lavoro, ma anche per acquisire il titolo di studio necessario a cercarlo. In questa vicenda vi è, dunque, qualcosa di paradossale, visto che per almeno 263 di essi (quasi 800 nel triennio considerato da Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) non sarebbe necessario emigrare né per acquisire il titolo, né per ottenere il posto di lavoro;
          la Kore può essere autorizzata legittimamente ad istituire il corso di laurea magistrale in scienze della formazione primaria – fermo restando naturalmente il possesso dei requisiti minimi – senza arrecare alcun danno agli altri atenei, ed anzi realizzando un'azione di servizio in favore del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che potrebbe in tal modo colmare la differenza tra fabbisogno di formazione dei giovani che intendono operare come futuri insegnanti della scuola primaria e offerta formativa del sistema universitario nazionale. Si tratta semplicemente di applicare in Sicilia lo stesso modello del doppio corso (1 statale + 1 non statale) esistente in Lombardia, Marche, Campania e Lazio sin dal 1998;
          nelle prossime settimane è prevista, come di consueto, l'emanazione del decreto ministeriale relativo alla programmazione 2012/2013  –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare per porre fine ad una situazione incresciosa che, oltre ad una odiosa discriminazione, determina conseguenze paradossali, inefficienza nel sistema di formazione siciliano, nonché ingiustificati sacrifici per i tanti giovani che intendono formarsi in questo specifico campo;
          se non ritenga doveroso, all'atto del prossimo decreto ministeriale di programmazione, riconoscere la disponibilità e la formale istanza della università Kore di Enna ed autorizzarla alla istituzione del suddetto corso di laurea;
          in caso contrario, quali siano state e quali continuino ad essere, nel dettaglio, le ragioni ostative. (5-06908)


      DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          come ben noto, a partire dall'applicazione del decreto-legge n.  112 del 2008 (articolo 64), il personale della scuola ha subito una drastica riduzione di organico che ammonta a più di 130.000 posti di lavoro; in particolare, per quanto concerne il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), sono stati soppressi fin ora circa 44.500 posti, dato destinato ad aumentare anche in conseguenza delle imminenti operazioni legate al dimensionamento scolastico;
          in un contesto così penalizzante per i lavoratori che operano da anni con contratti a tempo determinato nelle nostre scuole e che sono in attesa della stabilizzazione lavorativa, sono state avviate dal Ministero procedure per facilitare la mobilità professionale tra i diversi profili ATA, con il fine di esaurire le graduatorie ex articolo 9 del contratto collettivo nazionale 3 dicembre 2009 (decreto ministeriale 9 febbraio 2012, n.  17);
          tali provvedimenti, pur essendo legittimi, rischiano di estendere in modo esasperante la già lunghissima attesa dei precari ATA, che vedono ulteriormente ridotto il numero di posti disponibili per la loro stabilizzazione;
          il decreto-legge n.  98 del 2011, all'articolo 19, comma 12, ha introdotto la norma che prevede la possibilità di passaggio dei docenti inidonei nei ruoli del personale ATA;
          a seguito dell'applicazione della sopraindicata legge, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha provveduto ad accantonare 3.900 posti (di cui 1.300 per l'a.s. 2011/2012) finalizzati all'inquadramento nei profili di assistenti amministrativi e assistenti tecnici dei docenti dichiarati permanentemente inidonei;
          il numero complessivo dei posti accantonati a tale scopo, è risultato eccedente rispetto alle istanze pervenute (ad oggi circa 800);
          nel pomeriggio di lunedì 7 maggio 2012, si è tenuto presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un incontro con le organizzazioni sindacali, avente ad oggetto varie problematiche del personale ATA e in quella circostanza il Ministero si è impegnato ad inviare una circolare con istruzioni specifiche per destinare i posti residui, accantonati per i docenti inidonei e rimasti liberi, all'assunzione dei precari ATA inseriti nelle graduatorie permanenti per effetto dello scorrimento delle medesime  –:
          se il Ministro intenda dare seguito agli impegni presi e quindi provvedere a liberare con effetto immediato i posti residuali e destinarli alle assunzioni in ruolo del personale amministrativo e tecnico precario, inserito nelle graduatorie permanenti;
          se il Ministro intenda procedere all'elaborazione di un piano di stabilizzazione, in applicazione della direttiva comunitaria 99/70/CE, che porti all'assunzione, in tempi ragionevoli, dei precari ATA, inseriti nelle graduatorie permanenti, che operano da almeno tre anni nelle scuole con contratti a tempo determinato. (5-06909)


      DE ANGELIS, GIOACCHINO ALFANO, SCALERA, CENTEMERO, GHIZZONI e LOLLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          è in discussione dal mese di gennaio 2012 presso la VII Commissione Cultura della Camera dei deputati l'A.C. 4822 recante disposizioni per valorizzazione del sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale, già approvato dal Senato della Repubblica (AS 1693-A), che interviene, tra l'altro, direttamente sul tema della spendibilità dei titoli di studio rilasciati dalle accademie di belle arti ex articolo 2, comma 5, della legge n.  508 del 1999, in considerazione del fatto che, a 13 anni dall'emanazione della suddetta legge, la direzione generale AFAM non ha ancora provveduto a predisporre i previsti regolamenti attuativi in materia di equipollenza tra corsi di diploma accademico di primo livello e lauree triennali, nonché di messa a ordinamento dei corsi biennali di secondo livello;
          sovrapponendosi all’iter in VII Commissione del suddetto A.C. 4822, la direzione generale AFAM ha improvvisamente provveduto ad elaborare dopo 13 anni, e sottoporre all'approvazione del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la dicitura «definizione equipollente titoli università e AFAM»;
          lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ad avviso degli interroganti, presenta, tra l'altro, alcune macroscopiche incongruenze che rischiano di aggravare ulteriormente le gravi disparità di trattamento che gli studenti delle Accademie di belle arti subiscono da decenni;
          nelle Accademie statali di belle arti sono attivi, attualmente, ben 11 corsi di diploma triennale di primo livello (pittura, scultura, decorazione, scenografia, restauro, grafica, progettazione artistica per l'impresa, comunicazione e valorizzazione del patrimonio artistico contemporaneo, didattica dell'arte, nuove tecnologie), i primi quattro dei quali appartengono, da secoli, all'offerta formativa accademica;
          per converso, lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in discussione prevede l'equipollenza con i diplomi triennali di laurea della classe L3 soltanto per i trienni accademici in progettazione artistica per l'impresa e in restauro. La conseguenza di questa scelta comporta una penalizzazione ed una sperequazione per tutti gli studenti iscritti ai corsi per i quali non è stata ancora prevista l'equipollenza, vale a dire per la maggioranza degli studenti iscritti nelle Accademie. Allo stato attuale, solo 1/10 dei 20.000 studenti delle 20 Accademie risulta iscritto ai corsi contemplati dallo schema suddetto;
          l'aver demandato solo ad una serie di tavoli tecnici consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale – consiglio universitario nazionale il compito di individuare i presupposti per il riconoscimento delle equipollenze presenta, tra l'altro, i seguenti limiti:
              a) i criteri e i parametri individuati non trovano riscontro né nella legge n.  508 del 1999, né nel decreto ministeriale n.  123 del 2009, che non prendono l'obbligo tassativo del 50 per cento di materie teoriche, al fine di salvaguardare la specificità dei percorsi formativi accademici;
              b) in nessun sistema universitario europeo gli studenti iscritti nelle varie facoltà di belle arti sono obbligati a sostenere il 50 per cento di materie teoriche, per conseguire titoli di laurea in pittura, scultura, decorazione, grafica e altro;
              c) la tempistica relativa alle impellenze ordinamentali, così come concepita, risulterebbe enormemente dilatata generando il persistere per anni di sperequazioni e disparità di trattamento tra gli studenti  –:
          alla luce delle motivazioni esposte e delle conseguenti forti criticità, nel merito e nel metodo, dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la dicitura «definizione equipollenze titoli università e AFAM», se il Ministro ritenga ancora opportuno procedere all'approvazione dello stesso. (5-06921)

Interrogazione a risposta scritta:


      CORSINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          i centri territoriali per l'educazione degli adulti (CTP) svolgono da anni funzione di alfabetizzazione linguistica rivolta ai cittadini stranieri presenti sul territorio italiano;
          per raggiungere tale finalità si avvalgono dei riferimenti contenuti nel QCER (quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue) che classificano le competenze linguistiche in livelli crescenti (A1, A2, B1, B2, C1, C2);
          al termine dei loro percorsi formativi, provvedono a certificare le competenze raggiunte con appositi esami finali, anche in base ai piani dell'offerta formativa (POF) approvati dagli organi collegiali delle istituzioni scolastiche di appartenenza;
          il decreto ministeriale 4 giugno 2010 del Ministero dell'intero, nel fissare le modalità di svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana – al cui superamento è subordinato il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo, previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, – riconosce, all'articolo 4, comma b), che non è tenuto allo svolgimento del test di cui all'articolo 3 lo straniero: «che ha frequentato un corso di lingua italiana presso i Centri provinciali per l'istruzione degli adulti di cui all'articolo 1, comma 632, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, ed ha conseguito, al termine del corso, un titolo che attesta il raggiungimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune di riferimento europeo per la conoscenza delle lingue, approvato dal Consiglio d'Europa»; con ciò riconoscendo la competenza dei centri stessi a certificare competenze linguistiche di livello superiore;
          le «Linee guida dei percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana» del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel proporre indicazioni per l'articolazione dei livelli A1 ed A2, affermano che «Le presenti Linee guida non si pongono come un prescrittivo “programma ministeriale”, ma vogliono costituire un sostegno all'autonomia dei CTP per un'efficace organizzazione del curricolo e un'adeguata definizione del piano dell'offerta formativa»;
          il decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.  179 «Regolamento concernente la disciplina dell'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato, a norma dell'articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, all'articolo 12 (Disposizioni finali), comma 1, recita: «La conoscenza della lingua italiana secondo i livelli di cui al quadro comune europeo di riferimento per le lingue emanato dal Consiglio d'Europa, laddove il presente regolamento ne richieda la prova documentale, è comprovata attraverso le certificazioni di competenza linguistica rilasciate dalle istituzioni convenzionate con il Ministero degli affari esteri, riconosciute dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e conseguite presso le sedi presenti nel territorio italiano e all'estero, nonché attraverso le certificazioni rilasciate al termine di un corso di lingua italiana frequentato presso i Centri provinciali per l'istruzione degli adulti di cui all'articolo 1, comma 632. della legge 27 dicembre 2006, n.  296, anche qui riconoscendo come «compito istituzionale» dei CTP la certificazione delle competenze linguistiche su più livelli;
          il coordinamento dei dirigenti scolastici dei CTP della provincia di Brescia ha disposto, in una sua nota, che i CTP stessi effettuino, al termine del corrente anno scolastico, i soli esami per il livello A2, evidentemente ritenendo che centri territoriali non abbiano i requisiti per rilasciare certificazioni di livello superiore ad «A2», definendo gli esami finali dei corsi dei CTP, che si vogliono limitare al solo livello «A2», come esami «extra decreto ministeriale 4 giugno 2010»  –:
          se le motivazioni addotte per negare la possibilità di svolgimento di esami di livello A1, B1, B2 e C non siano in contrasto con le indicazioni normative sopracitate e non sufficientemente supportate da disposizioni specifiche relative alle funzioni ed alle «facoltà» di certificazione dei centri territoriali;
          se non sia messo in discussione – ad anno scolastico quasi concluso – il diritto esigibile da parte dei cittadini stranieri di ottenere una certificazione delle competenze linguistiche, desumibile dal patto formativo sulla base del quale si sono iscritti ed hanno frequentato nel presente a.s.;
          se esista una normativa cogente che impedisca ai centri territoriali per l'educazione degli adulti di rilasciare attestazioni superiori al livello A2;
          se un organismo di coordinamento dei dirigenti scolastici possa assumere decisioni sovraordinate e limitative delle autonomie delle singole istituzioni scolastiche, nonché del loro piano dell'offerta formativa. (4-16223)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SCHIRRU, BELLANOVA, CODURELLI, DAMIANO, MATTESINI, RAMPI, GNECCHI, BOBBA, BERRETTA, MIGLIOLI, GATTI, MADIA e SANTAGATA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la riforma del sistema pensionistico varata nel dicembre 2011 attraverso l'emanazione del decreto «SalvaItalia» (decreto-legge n.  201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  214 del 2011, si è posta l'ambizioso obiettivo di garantire il rispetto degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e di rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo;
          tali propositi sono stati in parte offuscati da una serie di problematiche che il Partito Democratico ha immediatamente evidenziato, cercando di intervenire in tutte le sedi per meglio caratterizzare la riforma sotto il profilo dell'equità;
          la situazione di incertezza in cui sono stati posti i lavoratori disabili rientra tra queste: la legge n.  222 del 1984, relativa alla disciplina dell'invalidità pensionabile, dispone, all'articolo 1, comma 10, che: «al compimento dell'età stabilita per il diritto alla pensione di vecchiaia, l'assegno di invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione di vecchiaia (...)»;
          allo stesso tempo l'articolo 1, comma 8, del decreto legislativo n.  503 del 1992, prescrive per i lavoratori disabili in misura non inferiore all'80 per cento che i limiti di età per il diritto alla pensione nell'Assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti sia di 60 anni; in questo caso, i titolari di assegno di invalidità devono presentare apposita domanda al fine di ottenere la conversione in pensione di vecchiaia;
          qualora lo stato di invalidità sia accertato secondo le procedure stabilite, si deve tener conto della data di compimento dell'età richiesta, 60 anni, e da questa far trascorrere il periodo di 12 mesi richiesto dall'articolo 12 del decreto-legge n.  78 del 2010;
          il decreto «SalvaItalia» ha, però, determinato nuovi requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, stabilendo che per potervi accedere, i soggetti iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (AGO) dei lavoratori dipendenti, abbiano compiuto, nel 2012, 66 anni (il limite di età sarà poi progressivamente aumentato in conseguenza dell'adeguamento alla speranza di vita);
          tale disposizione ha creato comprensibili e giustificate preoccupazioni tra i lavoratori disabili, i quali, condizionati anche dalla situazione di estrema incertezza provocata dalla riforma pensionistica in molte fasce di lavoratori ancora oggi ignare del loro destino, chiedono chiarezza e trasparenza relativamente ai loro diritti pensionistici;
          risultando confermata la vigenza delle disposizioni relative alla particolare disciplina cui sono sottoposti i lavoratori disabili, al fine di rassicurare e dissipare i tanti dubbi che pur segnalano al riguardo molti di essi, sembrerebbe necessario un atto di indirizzo volto a confermare il limite di 60 anni per il diritto alla trasformazione dell'assegno di invalidità in pensione di vecchiaia per i lavoratori con disabilità non inferiore all'80 per cento –:
          quali iniziative intenda adottare, anche per contribuire a fornire elementi di maggior serenità nei riguardi di una platea già scossa dallo stato di profondo disagio sociale che pervade il nostro Paese, per i lavoratori con disabilità non inferiore all'80 per cento, al fine di certificare in maniera chiara e inequivoca il loro diritto alla pensione di vecchiaia al compimento dei 60 anni di età. (5-06913)

Interrogazione a risposta scritta:


      MOFFA, CALEARO CIMAN, CATONE, CESARIO, D'ANNA, GIANNI, LEHNER, MARMO, MILO, MOTTOLA, ORSINI, PIONATI, PISACANE, POLIDORI, RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SCILIPOTI, SILIQUINI, STASI e TADDEI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 11, comma 8, del decreto-legge 23 maggio 2008 n.  90, convertito dalla legge 14 luglio 2008 n.  123, ha previsto l'istituzione di un Consorzio unico di bacino, in luogo dei disciolti consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta,
          al citato consorzio, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.  267, hanno aderito i comuni di Afragola, Agerola, Ailano, Arienzo, Aversa, Baia e Latina, Baiano, Brusciano, Caianello, Calvi Risorta, Camigliano, Camposano, Cancello e Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Casagiove, Casal di Principe, Casalnuovo, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casavatore, Casoria, Castel Campagnano, Castel Morrone, Castello del Matese, Castello di Cisterna, Castelvolturno, Cellole, Cesa, Cicciano, Ciorlano, Comiziano, Conca della Campania, Crispano, Curti, Dragoni, Falciano del Massico, Formicola, Francolise, Frignano, Gallo Matese, Galluccio, Giano Vetusto, Gioia Sannitica, Giugliano in Campania, Grazzianise, Gricignano d'Aversa, Letino, Liberi, Lusciano, Macerata Campania, Marzano Appio, Melito di Napoli, Mignano Monte Lungo, Mondragone, Parete, Pastorano, Piana di Monteverna, Piedimonte Matese, Pietramelara, Portico di Caserta, Prata Sannita, Pratella, Presenzano, Qualiano, Raviscanina, Riardo, San Cipriano di Aversa, San Felice a Cancello, San Gregorio Matese, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Paolo Belsito, San Potito Sannitico, San Prisco, San Tammaro, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Sant'Angelo d'Alife, Sant'Antimo, Sant'Arpino, Sessa Aurunca, Somma Vesuviana, Sparanise, Sperone, Succivo, Teano, Teverola, Tora e Piccilli, Trentola Ducenta, Vairano Patenora, Valle Agricola, Valle di Maddaloni, Villa di Briano, Villa Literno, Vitulazio;
          con decreti del gestore unico nn.  1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9 del 24 luglio 2008 sono state costituite le articolazioni territoriali di Napoli e Caserta di detto consorzio unico di bacino, in luogo dei relativi consorzi di bacino preesistenti;
          con decreto del gestore unico n.  136 del 10 dicembre 2008 è stato approvato lo statuto del consorzio;
          presso detto consorzio risultano in servizio con contratto di lavoro a tempo indeterminato i lavoratori addetti alla raccolta dei r.s.u., a cui è stato applicato il contratto collettivo nazionale del lavoro del personale del comparto degli enti locali;
          l'articolo 11 del decreto-legge 30 dicembre 2009 n.  195 convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 2010 n.  26, che prevedeva la soppressione dei consorzi ed il trasferimento delle loro competenze alle costituende società provinciali, finora non ha trovato attuazione;
          in particolare, il consorzio unico di bacino – articolazioni di Napoli e Caserta – non solo non è stato soppresso, ma ha proseguito la sua attività, gestendo gli ambiti ad esso assegnati e continuando ad avere alle dipendenze il personale all'epoca assunto;
          il comma 2-ter del citato articolo 11 del decreto-legge 23 maggio 2008 n.  90, convertito dalla legge 14 luglio 2008 n.  123, ha previsto che «in fase transitoria, fino a non oltre il 31 dicembre 2011, le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto di rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai Comuni» e, quindi, per questi ultimi dal consorzio unico di bacino da essi stessi costituito;
          a tutt'oggi, nulla è mutato rispetto alla situazione pregressa alla disciplina del decreto-legge 23 maggio 2008 n.  90 convertito dalla legge 14 luglio 2008 n.  123 e del decreto-legge 26 novembre 2010 n.  196 convertito con modificazioni dalla legge 24 gennaio 2011 n.  26, la quale, peraltro, è stata consentita in via transitoria dal citato comma 2-ter dall'articolo 11 della stesso decreto-legge n.  90 del 2008;
          peraltro, sussistono, secondo gli interroganti, profili di illegittimità costituzionale della normativa di cui al decreto-legge 30 dicembre 2009 n.  195 convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n.  26 nella parte in cui prevede il trasferimento alle province (e per queste alle costituende società provinciali) delle competenze dei comuni attualmente riuniti in consorzi, sicché è prevedibile la persistenza degli stessi;
          in particolare, nelle recenti ordinanze del TAR Campania, Salerno, sezione I, nn.  1480 e 1482/2011, sono state ritenute non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità riferite al citato articolo 11, comma 1 (attribuzione ai presidenti delle province delle funzioni e dei compiti in materia di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti), al comma 2 (costituzione di società provinciali e loro subentro nei contratti), al comma 3 (accertamento e riscossione della Tarsu-Tia da parte delle società provinciali), del decreto-legge 30 dicembre 2009 n.  195 convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n.  26 per contrasto con gli articoli 11, 114 comma 2, 117, commi 1, 2, 3, e 118 della Costituzione;
          i lavoratori dipendenti del consorzio unico di bacino – articolazioni di Napoli e Caserta – da mesi non ricevono gli emolumenti loro spettanti in virtù e per effetto del rapporto di lavoro intercorrente con detta Pubblica Amministrazione e del servizio lavorativo prestato;
          tale situazione nuoce gravemente a detti lavoratori, i quali, oltre alla mancata soddisfazione del loro diritto alla retribuzione, peraltro costituzionalmente protetto, ricevono anche un grave danno sotto i profili patrimoniale e di relazione;
          il Segretario federazione enti locali unione regionale Campania Confederazione sindacati nazionali italiani lavoratori, ha inviato una diffida al consorzio unico di bacino, articolazioni di Napoli e Caserta, a pagare dalla ricezione dell'atto gli stipendi arretrati e correnti al personale di detto consorzio, con l'avvertenza che, trascorso inutilmente detto termine, saranno adite le vie legali, con l'aggravio d'interessi, rivalutazione monetaria e spese, nonché con richiesta di risarcimento dei danni subiti  –:
          quali iniziative urgenti intendano intraprendere per favorire per quanto di competenza in tempi rapidi, il pagamento degli stipendi arretrati e correnti al personale del citato consorzio. (4-16235)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


(L'atto è stato modificato successivamente alla sua pubblicazione, vedi versione corrente)
      RAINIERI, NEGRO e CALLEGARI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il sisma che lo scorso 20 maggio ha interessato un'ampia zona della pianura padana, con epicentro nell'area del ferrarese, ha provocato, oltre a 7 vittime tra la popolazione, anche ingenti danni al patrimonio culturale e alle strutture produttive;
          danni particolarmente ingenti si rilevano a carico del comparto agricolo che registra crolli di edifici rurali, case, fienili, stalle e serre oltre a numerosi capi di bestiame ed altri animali ancora intrappolati sotto le macerie o dispersi, in un territorio caratterizzato da una rete economica costituita da tante piccole e medie aziende e cooperative agricole operanti nei settori vitivinicolo, lattiero-caseario, zootecnico ed ortofrutticolo;
          da una prima stima effettuata da Consorzio del Parmigiano Reggiano i danni subiti dalle strutture di stoccaggio delle forme, situate nella «bassa mantovana» e nella provincia di Modena, ammontano a circa 200 milioni di euro, senza considerare i costi legati ad eventuali deterioramenti di prodotti ad alto valore aggiunto come il parmigiano, il grana e l'aceto balsamico e il loro impatto negativo sulle filiere;
          gli imprenditori agricoli della zona colpita dal sisma dovranno sostenere oneri gravosi ed imprevisti al fine di ripristinare le strutture produttive e gestire l'emergenza e che sarebbe pertanto opportuno prevedere degli interventi agevolativi volti ad alleggerire i carichi fiscali, quali l'Imposta Municipale Unica sugli immobili rurali disposta dal decreto legge n.   201 del 2011  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relaziona ai fatti riportati in premessa, e se non ritengano opportuno assumere iniziative normative urgenti per stabilire l'esenzione, per il quinquennio 2012-2017 dal pagamento dell'IMU per gli immobili rurali delle aziende agricole danneggiate dal sisma, la cui messa in sicurezza comporta ulteriori imprevisti oneri e costi a carico degli agricoltori, e affinché la quota non erariale dell'imposta, di spettanza dei singoli enti, sia coperta, per il quinquennio di esenzione, con risorse statali. (5-06907)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      BARANI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          nel 2002 il consiglio regionale della Toscana decise di costituire un consorzio tra le quattro aziende n.  1 (di Massa e Carrara), n.  2 (di Lucca), n.  3 (di Pistoia) e n.  4 (di Prato) per la costruzione di quattro nuovi ospedali;
          lo stesso consiglio decise altresì che l'appalto doveva essere gestito con la metodica del project financing;
          si giunse all'individuazione del concessionario in un'associazione temporanea di imprese costituita da Astaldi, Pizzarotti e Techint, mediante una procedura costellata da ricorsi e denunce;
          a proposito di tali appalti pubblici le leggi prevedono che possano essere subappaltati lavori solo in determinati ambiti e comunque entro percentuali ben precise rispetto al totale dei lavori richiesti;
          la ratio della legge è chiara: si vuole evitare che gli appalti vengano affidati a ditte che non hanno le necessarie competenze o che sui cantieri si intersechino troppe piccole ditte ponendo a rischio la sicurezza;
          la pratica del subappalto inoltre può rendere più difficile i rigorosi controlli richiesti per prevenire il riciclaggio di denaro sospetto e ancora che vengano sfruttati i lavoratori evitando di regolarizzare i propri dipendenti;
          nel corso del 2010 nell'ambito del SIOR è stato posto il problema di definire il limite percentuale dei lavori che potevano essere affidati dal concessionario in subappalto e le procedure autorizzative;
          ad ottobre del 2010 è stato richiesto in merito un parere legale;
          con deliberazione n.  23 del 24 gennaio 2011, la ASL n.  1 di Massa e Carrara aveva recepito il parere legale fornito, su richiesta del SIOR, dagli avvocati Federigi e Lepri; il parere viene espresso solamente da due avvocati che rappresentano due delle quattro aziende consorziate;
          si fa cenno al fatto che l'avvocato della ASL n.  1 (Vincenzina Liguori) «ha in più occasioni manifestato la propria difficoltà professionale ad affrontare tematiche del genere»; non si ritrova alcun riferimento in merito al fatto che non si è espresso nessuno per conto della ASL n.  3 di Pistoia;
          non si comprende perché il parere non viene fornito dallo studio del professor Malinconico di Roma, con cui il SIOR aveva in atto una convenzione che espressamente prevedeva la formulazione di pareri legali;
          si fa riferimento ad una «urgenza» manifestata dai RUP (responsabile unico del procedimento) che non ha alcuna spiegazione o giustificazione, trattandosi di una problematica che era stata discussa per mesi nel periodo precedente alla formulazione del parere;
          fa riflettere il fatto che il parere viene formulato in data 15 ottobre 2010 (4 giorni dopo che erano state richieste ed ottenute le dimissioni del dottor Delvino, direttore generale della ASL n.  1 di Massa e Carrara) e che poi sia stato recepito con delibera n.  23, il 24 gennaio 2011 (dopo oltre tre mesi) confermando l'assenza di ogni tipo di urgenza; in merito si fa presente che il dottor Delvino, durante la sua audizione alla commissione d'inchiesta errori in campo sanitario e disavanzi pubblici della Camera dei deputati del 16 febbraio 2011, ha riferito che in data 6 ottobre era stato coinvolto in una aspra discussione con l'ingegnere Morganti, consulente del SIOR, ed il dottor Cravedi, presidente dello stesso consorzio, proprio sulla problematica dei subappalti, ribadendo la propria contrarietà ad autorizzare subappalti in maniera difforme rispetto a quanto previsto dalla convenzione a suo tempo stipulata tra il SIOR (Sistema integrato degli ospedali regionali) ed il concessionario;
          il problema fondamentale sta nel fatto che la convenzione stipulata tra il SIOR ed il concessionario esplicitamente prevedeva, all'articolo 4, che il concessionario avrebbe realizzato l'opera e gestito i servizi anche avvalendosi di appaltatori, fornitori, prestatori d'opera e servizi e terzi in genere secondo «quanto previsto dall'offerta, individuati nel rispetto della vigente normativa ed in possesso dei requisiti...», come riportato nella citata delibera n.  23 del 2011; in altri termini, nel rispetto delle norme a suo tempo vigenti, non potevano essere subappaltate le opere e le forniture specialistiche attribuibili alle categorie OS 28 e OS 30 (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  34 del 2000);
          i responsabili unici del procedimento, evidentemente dietro richiesta del concessionario, altrimenti non si capirebbe la motivazione per cui hanno posto il problema ai direttori generali ed agli avvocati, si sono chiesti se, contrariamente a quanto sancito nella convenzione, si potessero sub-appaltare anche le opere e le forniture attribuibili alle categorie OS 28 e OS 30 sulla base quanto stabilito nel decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni (con particolare riferimento al decreto legislativo n.  152 del 2008);
          rispetto a tale problema si può notare nel parere una sostanziale mancanza di coerenza logica tra i presupposti e le conclusioni;
          citando alcune sentenze del Consiglio di Stato si afferma che «il procedimento deve essere assoggettato alla disciplina vigente all'epoca di pubblicazione del bando di gara e considerare irrilevanti le modificazioni normative intervenute successivamente a tale data»;
          consequenzialmente è poi scritto: «... in considerazione di quanto sopra evidenziato, per quanto riguarda le lavorazioni di cui alle categorie OS28 E OS30 (...) sembrerebbe non potersi che fare riferimento alla disciplina per esse recata dal bando di gara, così come riportata anche nella richiesta di parere, e confermare quindi la “non sub-appaltabilità” nonostante lo jus superveniens di cui al citato decreto legislativo n.  152 del 2008»;
          le argomentazioni sviluppate nei capoversi successivi non inficiano minimamente la forza di tale affermazione; al contrario la rafforzano;
          il parere in nessuna parte prende in considerazione l'articolo 118 del decreto legislativo n. 163 del 2006 che, al comma 2, afferma: « (...) l'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni» «(...) che i concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo (...)»;
          gli avvocati Federigi e Lepri argomentano sul fatto che la lettera di invito alla procedura negoziata non avesse previsto alcuna dichiarazione riferibile alla disciplina dell'eventuale subappalto: sulla base di quanto riportato nell'articolo 118 sopra citato in nessuna maniera tale argomentazione può giustificare il ricorso al subappalto, semmai secondo l'interrogante vale l'esatto contrario;
          fanno poi riferimento al fatto che il soggetto promotore non ha partecipato alla gara di licitazione privata (nel rispetto della procedura prevista dal project financing) e, quindi, secondo loro, non sarebbe vincolato alle norme di legge;
          basterebbe, per confutare tale riflessione, ricordare che il soggetto promotore ha poi sottoscritto la convenzione che ribadisce la non subappaltabilità delle lavorazioni riferite alle categorie sopra citate;
          l'affermazione «tanto la gara di licitazione privata quanto la successiva procedura negoziata si sono svolte sulla base di un progetto preliminare e non definitivo o addirittura esecutivo» è portata, paradossalmente, a sostegno del fatto che si possa applicare indiscriminatamente il subappalto;
          ad avviso dell'interrogante non si ritrova alcuna logica in tale affermazione ed invece a sostegno del fatto che siano vincolanti le regole fissate negli atti di gara si aggiunge la considerazione che tali regole, che ora si intende modificare, possano aver influito sulla formulazione dell'offerta da parte del CTS;
          la loro modificazione in corso d'opera fa venire meno il principio della trasparenza e della concorrenza;
          la formulazione del parere contenuto nella deliberazione n.  10 del 25 gennaio 2012 dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici non sembrerebbe aver potuto tener conto del parere legale sopra analiticamente descritto e commentato  –:
          considerato che la situazione di anomalia rilevata nel caso continua a sussistere, se non si intenda effettuare una ispezione per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica nonché assumere ogni altra iniziativa di competenza, con riferimento a quanto rappresentato in premessa. (4-16226)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MANCUSO, CICCIOLI, GIRO, BOCCIARDO, GIRLANDA, DE LUCA e BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          i recenti eventi riferiti alla detassazione delle borse di studio hanno dimostrato il basso livello di conoscenza della realtà dei medici in formazione specifica in medicina generale;
          è paradossale che si investa in una formazione essenziale all'assistenza primaria dei cittadini, senza conoscere appieno il fine di tale investimento;
          la FIMMG (Federazione italiana medici di famiglia) ha promosso un'azione dimostrativa unitaria e congiunta a tutti i medici in formazione in medicina generale;
          le richieste di cui si fa latrice la FIMMG sono equità nel trattamento economico e fiscale della borsa di studio, tutela della maternità e della malattia, riqualificazione del corso di formazione specifica, definizione chiara delle attività professionali compatibili  –:
          se il Governo intenda aprire un tavolo di concertazione con i rappresentanti dei medici in formazione specifica in medicina generale. (5-06910)

Interrogazioni a risposta scritta:


      NICOLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          un rapporto della CISL sulla sanità in Campania ha recentemente messo in evidenza molti dati che impongono una seria riflessione: in tutta la asl Napoli 1, la più grande d'Europa, non c’è un solo apparecchio per la risonanza magnetica in una struttura pubblica, se si esclude un vecchio apparecchio nel presidio di corso Vittorio Emanuele; in alcuni ospedali mancano filo di sutura e lenzuola sterili; nell'ospedale Vecchio Pellegrini l'attesa media per un intervento ordinario è di nove mesi, con picchi di oltre mille giorni per alcune branche; in un anno si calcola che in Campania ci siano oltre 140 mila ricoveri cosiddetti «impropri», cioè evitabili; sul territorio partenopeo ci sono soltanto 12 ambulanze (più due a Capri e Barra) medicalizzate, cioè con un equipaggio formato da medico, infermiere e autista in servizio 24 ore su 24;
          a fronte di queste mancanze, sostiene ancora il rapporto richiamato, vi è una presenza fortissima di strutture complesse, ovvero presidi ospedalieri e distretti sociosanitari, con costi gestionali e amministrativi non sempre giustificati dalla effettiva qualità dei servizi offerti;
          è evidente che in Campania, a fronte dell'impegno da parte della regione di rispettare il piano di rientro dal disavanzo sanitario firmato con il Governo, vi sono ancora molti interventi da fare per avere una sanità efficiente e funzionante  –:
          se i dati esposti in premessa trovino conferma e quali iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, si ritenga utile assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-16211)


      SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          ogni anno, in Italia, a migliaia di bambini e di giovani adulti viene diagnosticata una malattia onco-ematologica (leucemia, linfoma, mieloma, talassemia, immunodeficienze congenite, e altro) e, in molti di questi casi, per continuare a vivere, non vi è alternativa al trapianto;
          queste malattie oggi possono essere curate e anche completamente guarite con il trapianto di midollo osseo ovvero delle cellule staminali emopoietiche (CSE) contenute al suo interno;
          la necessaria compatibilità immunogenetica tra paziente e donatore, è un fattore piuttosto raro già tra consanguinei (il rapporto è di 1:4) e lo diventa ancora di più tra individui non consanguinei (1:100.000);
          solo il 30 per cento di pazienti che hanno bisogno di un trapianto trova tra i familiari un donatore compatibile, mentre per gli altri pazienti l'unica alternativa possibile è rappresentata dalla disponibilità di donatori volontari non consanguinei o di unità di sangue cordonale donate a scopo solidaristico, con adeguata compatibilità tessutale;
          ogni anno in Italia circa 1.000 pazienti non possono essere trapiantati per mancanza di un donatore idoneo disponibile;
          il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche rappresenta un'utile possibilità terapeutica nella lotta contro la leucemia ed altre malattie del sistema emopoietico;
          alla fine degli anni ottanta è stato avviato in Italia, su input di diverse società scientifiche interessate alla materia, un programma denominato «donazione di midollo osseo», al fine di reperire persone disponibili ad offrire in maniera anonima, volontaria e non retribuita le cellule staminali emopoietiche (un tempo prelevabili solo dal midollo osseo) a favore di pazienti affetti da gravi malattie del sangue;
          nel 1989 è stato istituito dall'ente ospedaliero ospedali Galliera di Genova il registro italiano donatori di midollo osseo (noto in campo internazionale come Italian Bone Marrow Donor Registry o IBMDR) e la sua sede è stata individuata presso il laboratorio di istocompatibilità dell'ente;
          la legge 6 marzo 2001, n.  52, ha riconosciuto il registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo quale unica struttura di interesse nazionale, con i compiti di promuovere la ricerca di donatori non consanguinei compatibili e di coordinare l'attività dei registri istituiti a livello regionale;
          il registro italiano nazionale dei donatori di midollo osseo (IBMDR), svolge – altresì – attività di coordinamento, ricerca e reperimento dei donatori di midollo osseo presso i registri nazionali ed esteri, su richiesta delle strutture sanitarie che effettuano il trapianto di cellule staminali emopoietiche nonché attività di gestione economica delle prestazioni erogate e richieste ai o dai registri esteri;
          a tali fini il registro nazionale si avvale oltre che dei registri regionali o interregionali, istituiti ai sensi dell'articolo 3 della citata legge n.  52 del 2001, anche di strutture quali i centri donatori e i poli di reclutamento già operanti sul territorio;
          la legge 21 ottobre 2005, n.  219, recante «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale di emoderivati», all'articolo 3, comma 1, consente il prelievo di cellule staminali emopoietiche periferiche, a scopo di infusione per l'allotrapianto e per l'autotrapianto, e di cellule emopoietiche da cordone ombelicale, all'interno di strutture trasfusionali autorizzate dalle regioni, e all'articolo 5, include la raccolta e la conservazione delle cellule staminali nei livelli essenziali di assistenza (Lea);
          il 29 aprile 2010, in sede di Conferenza Stato-regioni, è stato stipulato un accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome, finalizzato a omogeneizzare sul territorio nazionale funzioni e attività dei registri regionali e interregionali, e a individuare funzioni e attività dei centri donatori e dei poli di reclutamento regolandone i rapporti con i registri regionali e interregionali;
          il citato accordo sancisce – altresì – che l'attività del registro nazionale e dei registri regionali ed interregionali, dei centri donatori e dei poli di reclutamento, coinvolti nella ricerca dei donatori di cellule staminali emopoietiche non consanguinei, debba essere disciplinata dagli standard di funzionamento IBMDR, annualmente aggiornati e adeguati agli avanzamenti tecnologici e scientifici del registro nazionale;
          nel citato accordo le regioni e le province autonome si sono impegnate, tra l'altro, a ridefinire gli elementi qualificativi della caratterizzazione genetica dei donatori di CSE, al fine di ampliare il patrimonio dei donatori non consanguinei di CSE iscritti al registro nazionale e di qualificare maggiormente il livello di caratterizzazione delle tipizzazioni tessutali dei donatori già iscritti;
          l'accordo del 29 aprile 2010 è già stato recepito integralmente dalla regione Abruzzo con deliberazione della giunta regionale n.  273 del 18 aprile 2011, dalla regione Piemonte con deliberazione della giunta regionale del 28 novembre 2011, n.  66-2973 e dalla regione Veneto con deliberazione della giunta del 7 giugno 2011 n.  756, dalla regione Molise con decreto del commissario ad acta n.  77 del 9 agosto 2011, dalla regione Friuli Venezia Giulia con delibera n.   2144 del 28 ottobre 2010, dalla regione Liguria con deliberazione n.  515 del 13 maggio 2011, dalla regione Puglia con deliberazione n.  1652 del 19 luglio 2011 –:
          se al Ministro risulti che l'accordo del 29 aprile 2010 sia stato recepito anche dalle altre regioni e quali iniziative – nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative attribuite alle regioni in materia sanitaria dalla normativa vigente – intenda prendere al fine di rendere effettivamente uniforme su tutto il territorio nazionale il funzionamento dei registri e dei centri donatori e poli di reclutamento ad essi collegati, assicurando in tal modo a tutti i cittadini la possibilità di poter diventare donatori ed incrementare in tal modo la quantità di sangue tipizzato ai fini del trapianto di cellule staminali emopoietiche, posto altresì che la raccolta, la conservazione e la tipizzazione tessutale delle cellule staminali è inclusa – ai sensi del citato articolo 5 della legge 21 ottobre 2005, n.  219 – nei livelli essenziali di assistenza (Lea). (4-16227)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


      MARINELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          Trenitalia Spa ha formulato un invito a gara a procedura negoziata non preceduta da forme di pubblicità (n.  15 del 26 marzo 2012) per l'affidamento della formazione sulla system dinamics per la direzione tecnica di Trenitalia;
          l'importo complessivo presunto, indicato nell'invito alla gara, era di cinquantamila euro, ed il criterio per l'aggiudicazione dell'appalto doveva essere quello del prezzo più basso;
          con delibera n.  115 del 4 maggio 2012, la direzione acquisti di Trenitalia, nella persona del suo direttore, comunicava l'aggiudicazione definitiva dell'appalto al libero professionista H.A.S. «in quanto è risultato il miglior offerente con un'offerta pari a euro 39.000,00 (euro trentanovemila/00), IVA esclusa»;
          a seguito della delibera, un altro concorrente alla gara chiedeva la riconsiderazione dell'attribuzione della gara, considerato che l'importo di trentanovemila euro previsto nell'offerta aggiudicataria, una volta inclusa l'IVA sarebbe aumentato di più di ottomila euro, per un importo complessivo di 47.190,00 euro;
          il ricorrente, invece, aveva presentato un'offerta per un costo totale, comprensivo di IVA, di 44.500 euro, e, quindi chiaramente inferiore a quello dell'offerta risultata aggiudicataria;
          di tutta risposta, la direzione acquisti di Trenitalia, ancora nella persona del suo direttore, comunicava al ricorrente che «a seguito di verifiche effettuate, l'importo indicato nella Delibera di Aggiudicazione del Libero Professionista H.A.S. fissato in euro 39.000,00, è comprensivo d'IVA»  –:
          quali iniziative intenda assumere per chiarire la evidente contraddizione nelle due dichiarazioni rilasciate dalla direzione acquisti di Trenitalia, a neanche due settimane di tempo l'una dall'altra, al fine di eliminare qualunque perplessità sull'operato della società nell'espletamento e nell'aggiudicazione della gara) se del caso, facendo sì che la gara in questione sia sospesa e che si procede all'indizione di una nuova gara. (4-16241)

Apposizione di firme a mozioni.

      La mozione Narducci e altri n.  1-01037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

      La mozione Miotto e altri n.  1-01038, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di firme ad interpellanze.

      L'interpellanza urgente Pittelli e Brugger n.  2-01448, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Misiti.

      L'interpellanza urgente Comaroli e altri n.  2-01506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Consiglio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta orale Meroni n.  3-02206, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Lanzarin n.  5-06899, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rainieri.

      L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n.  4-16200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Fugatti e altri n.  5-06906, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Rubinato n.  4-16139 del 17 maggio 2012;
          interrogazione a risposta scritta Di Biagio n.  4-16141 del 17 maggio 2012;
          interpellanza Tassone n.  2-01501 del 21 maggio 2012.

Ritiro di firme da una interrogazione.

      Interrogazione a risposta scritta Beltrandi e altri n.  4-16142, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012: sono state ritirate le firme dei deputati: Maurizio Turco, Mecacci, Zamparutti, Bernardini, Farina Coscioni.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Rigoni n.  4-15792 del 19 aprile 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-06915.

ERRATA CORRIGE

      La mozione Narducci e altri n.  1-01037 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  634 del 17 maggio 2012. Alla pagina 31004, seconda colonna, dalla riga decima alla riga undicesima, deve leggersi: «deve intendersi sottoscritta anche dall'onorevole Gianni Farina. Contestualmente,» e non «deve intendersi sottoscritta anche dall'onorevole Renato Farina. Contestualmente,» come stampato.