XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 639 di lunedì 28 maggio 2012
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE
La seduta comincia alle 14,35.
GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 maggio 2012.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bergamini, Boniver, Bosi, Caparini, Casini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Lupi, Milanato, Moffa, Leoluca Orlando, Rigoni, Stefani, Tenaglia, Vernetti, Vitali e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio delle dimissioni di un sottosegretario di Stato.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 25 maggio 2012, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, la informo che il Presidente della Repubblica con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni rassegnate dal sottosegretario di Stato alla giustizia, professor Andrea Zoppini».
Discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 14,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2012.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 4434-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni Pag. 2nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la Commissione affari costituzionali, onorevole Santelli, ha facoltà di svolgere la relazione.
JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo che le Commissioni I e II sottopongono all'approvazione dell'Assemblea, si articola in tre fondamentali aspetti dell'azione di contrasto alla corruzione e all'illegalità nel settore pubblico: prevenzione generale, controlli mirati e sanzioni.
Esso è volto, in particolare, a dare attuazione alle politiche ed alle «buone pratiche» di prevenzione della corruzione previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.
L'adozione del Piano nazionale anticorruzione si rende necessaria anche a seguito della valutazione svolta dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, di cui l'Italia fa parte dal 2007. Tra le altre raccomandazioni formulate, il GRECO ha invitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e a riferirne dinanzi al Consiglio d'Europa.
Com'è noto, la Commissione europea ha stimato che la corruzione costa all'economia dell'Unione 120 miliardi di euro l'anno, ovvero l'1 per cento del PIL dell'Unione europea e poco meno del bilancio annuale dell'Unione europea.
Per quanto riguarda l'Italia, la Corte dei conti ha di recente ricordato che il nostro Paese nella classifica degli Stati percepiti più corrotti nel mondo stilata da Transparency International per il 2011 assume il non commendevole posto di sessantanovesimo su 182 Paesi presi in esame e nell'Unione europea è posizionata avanti a Grecia, Romania e Bulgaria. Un intervento del Parlamento appare, pertanto, urgente e quanto mai necessario.
Il testo definito dalle Commissioni riunite I e II al termine dell'esame svolto in sede referente è stato, quindi, oggetto di particolare attenzione ed approfondimento. Nella mia relazione mi soffermerò sui profili che investono maggiormente le competenze della Commissione affari costituzionali, rinviando, per le altri parti, a quanto illustrerà la collega relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.
Il testo che l'Assemblea si accinge ad esaminare reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Le Commissioni riunite hanno deliberato di adottare come testo base per l'esame in sede referente il disegno di legge del Governo A.C. 4434, approvato dal Senato, in esito ad alcuni stralci deliberati presso l'altro ramo del Parlamento sul testo presentato dal Governo il 4 maggio 2010.
Il provvedimento si pone come attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003, nonché degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono, sostanzialmente, che in ogni ordinamento vi siano uno o più organi specializzati, incaricati di prevenire la corruzione, con i quali le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati cooperino.
A tal fine, l'articolo 1 del disegno di legge, ampiamente modificato nel corso dell'iter al Senato e, quindi, dalle Commissioni I e II della Camera nell'ambito dell'esame in sede referente, individua l'Autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche-Civit, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2009.
Viene così modificata l'attuale distribuzione delle competenze in questa materia, Pag. 3poiché la Civit si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che tale ruolo ricopre secondo la normativa vigente.
Il testo individua anche le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali.
Tra i compiti della Civit vi è quello di riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno. Al contempo, in base a quanto previsto da un emendamento approvato dalle Commissioni in sede referente, la Civit è chiamata ad analizzare le cause e i fattori della corruzione e ad individuare interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto.
Per l'esercizio delle funzioni di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati si prevede che la Civit eserciti poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e che ordini l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa, ovvero provveda alla rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza summenzionati.
La Civit e le amministrazioni interessate devono dare notizia sui rispettivi siti istituzionali dei provvedimenti a tal fine adottati. Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento, tra cui la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali, nonché la definizione di criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione.
Il Dipartimento svolge le sue funzioni anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Poiché la disciplina, la composizione e le funzioni del Comitato non sono altrimenti individuate, vi è da ritenere che siano comprese nel rinvio alla fonte secondaria.
L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi. Si prevede che la trasparenza, che, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 150 del 2009, è livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, sia assicurata attraverso la pubblicazione sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.
L'articolo 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di trasparenza con particolare riferimento a specifici procedimenti: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione di personale e progressioni in carriera.
Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.
Ancora, le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese Pag. 4quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
Secondo quanto previsto da alcuni emendamenti approvati dalle Commissioni riunite I e II, si stabilisce, inoltre, che sui siti Internet delle amministrazioni pubbliche sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura, altresì, la raccolta sul proprio sito, al fine di consentirne un'agevole comparazione.
Al contempo, in base alle modifiche approvate, tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti realizzati in deroga alle procedure ordinarie. Viene altresì specificato che i soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali, come ad esempio i commissari, pubblicano le informazioni sui siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati. Le informazioni così pubblicizzate sono poi trasmesse in via telematica alla Civit.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, si prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali e la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate da tali atti costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009 e, dunque, presupposto per la cosiddetta azione di gruppo (class action) contro la pubblica amministrazione. Ciò è altresì valutato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di responsabilità dirigenziale, così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti e sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
Nell'ambito dell'esame in sede referente, è stato poi approvato un nuovo articolo 3 in materia di trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali con il quale si stabilisce che, al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi e la reciproca autonomia, le amministrazioni pubbliche, nonché le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio previsto dall'articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, tramite gli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alla pubblica amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al medesimo articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e vengono trasmessi alla Civit per le finalità di cui all'articolo 1 del disegno di legge in esame.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Santelli.
JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. L'articolo 4, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici, prevedendo che: per l'autorizzazione a svolgere incarichi l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse; i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione stessa; le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Santelli.
JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, chiedo Pag. 5che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Santelli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare la relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, Ministri, onorevoli colleghi, la mia relazione si concentra sulle parti del testo riconducibili alla competenza propria della Commissione giustizia e, in particolare, sugli articoli 5, 6, 7, 9 e da 12 a 19.
L'articolo 5, introdotto nel corso dell'esame al Senato, mira a tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro, sulla base del comma 1. Viene, infatti, disposto che il segnalante non può essere licenziato o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetto sulle condizioni di lavoro per motivi, direttamente o meno, collegati alla denuncia presentata.
Fatti salvi gli obblighi legali di denuncia, è fatto divieto alla pubblica amministrazione di rivelare l'identità del segnalante, in assenza del consenso di quest'ultimo, fino alla contestazione dell'illecito disciplinare, sulla base del comma 2. È importante segnalare che analoga disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, stipulata a Strasburgo il 4 novembre 1999, e attualmente in corso di ratifica parlamentare. Il provvedimento, approvato dal Senato, è proprio oggi all'esame dell'Assemblea.
Rispetto al testo del Senato, le Commissioni riunite I e II, per ragioni sistematiche, hanno collocato la disposizione nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 dopo l'articolo 54 recante le «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche».
L'articolo 6, introdotto dal Senato, individua una serie di attività di impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa per le quali è apparso opportuno prevedere immediatamente - cioè senza attendere l'emanazione ed efficacia di un apposito regolamento previsto dal Codice sulle leggi antimafia - l'informazione antimafia, indipendentemente dal valore del contratto o del subcontratto.
L'elenco delle attività a rischio è aggiornabile dalla fonte secondaria al fine di evitare tutte quelle difficoltà che potrebbero derivare dall'approvazione di una nuova legge. In Commissione, per prevenire facili elusioni della norma, si è previsto che l'affidamento a terzi da parte dell'aggiudicatario di attività comprese tra quelle individuate a rischio di infiltrazione mafiosa, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività in questione, sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli.
L'articolo 7 interviene sul decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il cosiddetto Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture ed in particolare sui casi di risoluzione del contratto per reati accertati e per decadenza dell'attestazione di qualificazione, ampliandone l'applicazione ai delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, e dagli articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale. Forse questa lista dovrà essere rivista a seguito delle modifiche apportate dal provvedimento in esame al codice penale nei successivi articoli del presente provvedimento.
L'articolo 9 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante modifica dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare il comma 1 Pag. 6prevede due nuovi commi (1-sexies e 1-septies) all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della pubblica amministrazione. Secondo quanto si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine dell'amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.
Con la seconda modificazione, che introduce il comma 1-septies dell'articolo 1 della legge n. 20 del 1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di fondato timore di attenuazione, anziché di probabile attenuazione come previsto nel testo del Senato, della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti, competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute.
Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice può con ordinanza confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi articolo 669-terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
L'articolo 12, introdotto dalle Commissioni, prevede che il servizio in posizione di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi.
Viene posto il limite massimo di dieci anni complessivi. Si stabilisce che il soggetto ricollocato in ruolo non può essere nuovamente collocato fuori ruolo se non ha esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. In merito al trattamento economico si stabilisce che il personale collocato fuori ruolo mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza compresa l'indennità, mentre i relativi oneri rimangono a carico della stessa. Si tratta di una disposizione che è stata a lungo all'esame delle Commissioni per le diverse implicazioni, anche di natura organizzatoria, che determina. Proprio per tali questioni il Governo e il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali) avevano espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo presentato dall'onorevole Giachetti, che introduceva nel testo la disposizione in esame. Anzi, dopo alcuni mesi che già si era avviato l'esame dell'articolo aggiuntivo, il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), l'onorevole Santelli, riprendendo un subemendamento presentato fuori il termine massimo, ha presentato un articolo aggiuntivo sulla medesima materia volto a disciplinare una serie di questioni che necessitano di essere risolte, ma che non erano trattate dall'articolo aggiuntivo dell'onorevole Giachetti. All'articolo aggiuntivo del relatore sono stati presentati subemendamenti da parte di tutti i gruppi, almeno su uno dei quali il Governo aveva preannunciato parere favorevole così come lo aveva fatto per l'articolo aggiuntivo del relatore. Tuttavia, non si è arrivati ad esaminare questo articolo aggiuntivo, essendo stato precluso dall'approvazione dell'articolo aggiuntivo Giachetti.
Gli articoli da 13 a 19 sono stati introdotti dalle Commissioni a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Ministro Severino, volto a sostituire l'articolo 9 del testo trasmesso dal Senato, che interveniva in maniera del tutto insufficiente su una materia, quale quella dei reati contro la pubblica amministrazione, che invece, considerata la Pag. 7drammaticità del fenomeno corruttivo, necessita di una vera e propria riforma radicale.
Per quanto nel corso dell'esame presso il Senato tanto le forze politiche di maggioranza ed opposizione quanto il Governo, con allora a capo il Presidente Berlusconi, avessero rinviato all'esame della Camera la sistemazione della parte penale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. ...quando si è avviato l'esame presso questo ramo del Parlamento, si è registrato da parte delle forze di Governo e del Governo stesso un atteggiamento di chiusura che avrebbe dovuto portare alla conferma di quanto approvato dal Senato. Solo il cambio di Governo, avvenuto proprio quando le Commissioni stavano ad accingersi ad esaminare la parte penale del disegno di legge, ha consentito un'inversione di tendenza. Il Ministro Paola Severino, una volta insediatasi, proprio in ragione di questo nuovo spirito con cui il Governo affrontava la materia della lotta alla corruzione, ha chiesto tempo per studiare a fondo gli emendamenti presentati ed eventualmente presentarne di nuovi. Così è avvenuto e le Commissioni hanno approvato un emendamento del Governo risultante dalla modifica di tre subemendamenti. Altri emendamenti e subemendamenti non sono stati approvati, per quanto meritevoli di interesse, come ad esempio quelli diretti ad introdurre nell'ordinamento il reato di autoriciclaggio, spesso connesso a fatti corruttivi. La scelta di non intervenire in tale materia è stata giustificata dal Governo dal fatto che si tratterebbe di un reato la cui formulazione comporta una serie di questioni che esulano dalla materia della lotta alla corruzione, trattandosi di un reato di portata generale e connesso anche a reati diversi da quelli contro la pubblica amministrazione.
PRESIDENTE. Onorevole Napoli, la prego di concludere.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Per la stessa ragione il Governo non ha accolto gli emendamenti volti ad incidere sulla disciplina generale della prescrizione del reato, per aumentare il periodo di prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, perché la relazione è abbastanza lunga e circostanziata ma il tema da trattare richiede anche la lunghezza e la definizione di tutti i contenuti.
PRESIDENTE. Onorevole Napoli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Leggeremo con grande interesse la sua relazione adeguata all'importanza del provvedimento in esame.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione le relazioni dei due relatori, almeno per quanto riguarda la parte che hanno potuto leggere, ma li avevo già ascoltati durante i lavori delle Commissioni congiunte, per cui conosco bene quale è stato il loro impegno, la loro azione, che ci ha portato anche con il concorso di tutti colleghi ad affrontare in questa fase tutta la problematica e la tematica del provvedimento oggi all'esame di questa Aula. Vorrei fare alcune considerazioni, rimettendomi ovviamente nello specifico alle cose che abbiamo ascoltato e che abbiamo detto. È un lavoro che si sta trascinando, che si è trascinato in un arco molto lungo di tempo nelle Commissioni congiunte. Noi capiamo e comprendiamo che la problematica Pag. 8non era semplice, che si sono confrontate varie scuole di pensiero, di dottrina e di quant'altro, ma il tema credo che debba uscire fuori dalle varie interpretazioni e anche dalle forzature che pur ci sono quando si parla di corruzione, e soprattutto della produzione di norme e provvedimenti sull'anticorruzione.
Si è detto parecchie volte, signor Presidente, signori Ministri, che la corruzione crea delle disarmonie, delle disarmonie sociali, delle colpevoli penalizzazioni sul piano economico. L'onorevole Santelli poc'anzi faceva riferimento ad una cifra a livello europeo, 120 miliardi costerebbe la corruzione all'interno del nostro Paese; in Italia si parla di 60 o 70 miliardi ma poi ovviamente sono sempre cifre relative, e non è che abbiamo contezza del volume che crea queste disarmonie, volume di denaro, di risorse che vengono ad essere sottratte allo sviluppo economico, alle prospettive di avanzamento civile e umano nel nostro Paese. Certo è che la corruzione crea e ha creato delle situazioni incredibili. Ne abbiamo avuto contezza nella vita del nostro Paese anche recente e possiamo dire che rispetto anche al passato (faccio riferimento al 1992-1993 quando si è evidenziata l'azione del pool di Mani Pulite) la corruzione è lungi dall'essere svanita ed attutita, ma abbiamo anche degli elementi che ci consentono in questo momento di dire che per alcuni versi si è aggravata; si è aggravata nell'attività di gestione del nostro Paese, delle autonomie locali, delle regioni, e si aggrava sempre di più ed evidenzia sempre con maggiore forza una situazione di malessere, delle situazioni ovviamente ammalate che certamente non hanno predisposto alla creazione di condizioni per guardare al futuro con un minimo di serenità. C'è da dirsi: le norme che abbiamo predisposto certamente raggiungono degli obiettivi, ma le norme da sole non sono sufficienti.
Se le norme consentono di creare una fase culturale diversa, di creare una diffusa sensibilità all'interno del nostro Paese, nelle istituzioni, nel rapporto fra istituzioni, pubblica amministrazione e cittadino, certamente alcuni traguardi possono essere raggiunti. Ma le norme da sole non possono farcela. Tutte queste norme, infatti, sia della prima parte che veniva ad essere indicata dalla relatrice per la I Commissione, sia della seconda parte che veniva ad essere elencata e, quindi, sviluppata dall'onorevole Angela Napoli, possono servire da deterrenza, da condizioni, ma da sole non sono sufficienti, se non c'è un senso morale, se non c'è un'etica che riguarda la responsabilità e il modo di essere diverso nei rapporti tra istituzioni, come dicevo poc'anzi, e cittadini. Questo è il dato. Non c'è dubbio che il problema è la pubblica amministrazione, il problema è della responsabilità. Dobbiamo pensare, capire e comprendere che esiste, anche per normative passate, una differenziazione fra due momenti, fra l'organo politico che programma e l'organo amministrativo che attua e gestisce, e che questi due momenti non sono stati assorbiti e metabolizzati nemmeno sul piano culturale dove a volte il funzionamento di questa realtà differenziata, spesso dicotomica, non ha creato delle condizioni di agibilità. Le norme che sono state poste in essere sono certamente importanti e fondamentali; mi riferisco sia alla prima parte, quella a cui faceva riferimento l'onorevole Santelli, come dicevo poc'anzi, sia a tutta l'area e alla fase delle sanzioni, le quali sono importanti e fondamentali. Alcune sanzioni le abbiamo aumentate, alcune fattispecie le abbiamo anche innovate, abbiamo introdotto delle previsioni nuove rispetto al codice penale, ma certamente tutto questo non può essere sufficiente se non si accompagna ad una azione molto più vasta e complessiva che riguarda l'educazione, la formazione, ma, soprattutto, una presa di coscienza rivoluzionaria all'interno del nostro Paese.
Non c'è dubbio che una delle prime vicende che noi abbiamo dovuto affrontare è questa della CIVIT che, certamente, è un fatto importante, concernente l'Autorità nazionale anticorruzione, per quanto riguarda anche i compiti che essa ha e dovrebbe avere. È previsto ovviamente dalla norma. Ma qualcosa non ci tranquillizza - lo dico con estrema chiarezza - Pag. 9per il modo con cui i componenti di questa autorità vengono ad essere nominati. Per un certo senso vengo ad essere nominati da parte del Governo; poi c'è, ovviamente, la fase parlamentare con la comunicazione della composizione al Parlamento. Certamente questo avviene per i tanti atti e fatti di cui è competente tale autorità. Non c'è dubbio che qualcosa, però, come ripeto, non funziona per quanto riguarda l'indipendenza e l'autonomia. L'autonomia e l'indipendenza sono elementi importanti e fondamentali, da garantire e da sottolineare per quanto riguarda un'autorità come la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. Questo è un dato su cui certamente abbiamo discusso e che abbiamo valutato, forse non sufficientemente - lo dico anche ai colleghi della I e della II Commissione - perché questo nostro Paese si trova sempre a dover gestire e, quindi, creare delle autorità e non sappiamo fino a che punto esse sono autonome e fino a che punto riescono a determinare quelle svolte che tutti quanti auspichiamo. Ma c'è un altro problema che noi abbiamo sempre più evidenziato e sottolineato, quello della pubblica amministrazione. Mi fa piacere che c'è il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il problema è quello di capire cos'è la pubblica amministrazione, se esistono delle sfasature, se esiste un ridimensionamento della pubblica amministrazione stessa, se esiste una mancanza di coscienza, di passione, di entusiasmo e, come dicevo poc'anzi, di responsabilità nella pubblica amministrazione. Signor Ministro della giustizia, possiamo approvare tutte le norme, possiamo aumentare le pene e creare delle fattispecie, ma se non c'è una grande presa di coscienza di un Paese che deve consolidarsi nelle sue strutture, nella sua azione e nel suo modo di essere e di stare, certamente sul «mercato delle realizzazioni» tutto questo svanisce.
Si è fatto riferimento alla dirigenza recuperando lo spoil system, cosicché coloro che vengono ad essere nominati fuori dall'amministrazione, devono sempre declinare le proprie generalità: chi sono, da dove vengono, cosa hanno fatto, cosa hanno determinato o cosa hanno costruito nella loro vita. Questo è un dato che viene fuori e sul quale ci interroghiamo: vale ancora lo spoil system? È ancora necessario mantenere questa figura che veniva ad essere un po' recuperata dall'esperienza, per così dire, dalla cultura americana, statunitense? Oppure bisogna fare qualche passo in avanti non per eliminare lo spoil system, ma perché sia accompagnato da altre vicende, da altre storie e da un dato culturale diverso. Infatti i dirigenti generali che sono nominati dall'esterno appartengono molto più alla cerchia ristretta di chi li nomina e, quindi, perdono di vista il dato che avevamo evidenziato: la differenziazione e l'autonomia tra l'organo di indirizzo programmatico e politico e l'organo amministrativo. Ognuno con le proprie responsabilità distinte: questa differenziazione, quando uno viene ad essere nominato, si perde, si svilisce, svanisce, si attenua sempre di più. Dunque pongo il problema certamente in questi termini. Allo stesso modo nella pubblica amministrazione - l'ho sempre sottolineato - questa pletora di consulenti, che a volte prendono il posto di chi ha la responsabilità istituzionale nella gestione amministrativa, sono figure anomale perché diventano collaboratori del Ministro e, di fatto, sono sovraordinati agli stessi dirigenti generali della pubblica amministrazione. Il fatto vero è che se andiamo a capire e a comprendere che cosa sta avvenendo fuori, verifichiamo la perdita di vigore ma soprattutto di entusiasmo della pubblica amministrazione. Certamente l'inefficienza della pubblica amministrazione crea una fascia di permeabilità e, quindi, di corruttela e non possiamo far finta che tutto questo non esiste negli appalti e nei subappalti. L'onorevole Napoli per quanto riguarda gli affidamenti dei subappalti ricordava che c'è una misura prevista anche in questo articolato secondo la quale bisogna avere chiarimenti circa le attività svolte e tutte le garanzie necessarie, visto e considerato che le infiltrazioni mafiose si insinuano Pag. 10attraverso le forniture, i subappalti e i vari servizi. Chi vive in regioni compromesse conosce il fenomeno - ma non sappiamo quali sono le vere regioni compromesse oltre quelle del Mezzogiorno - che credo sia ormai diffuso. Certamente chi fornisce materiale e quant'altro molte volte è collegato oppure è il tramite veicolare di organizzazioni criminali ed organizzazioni mafiose. Ma in tutto questo manca il senso del controllo in questo nostro Paese. Lo diciamo con estrema chiarezza: non c'è un controllo perché anche in tutto questo impianto che abbiamo costruito, che le commissioni saggiamente, con grande senso di opportunità, hanno costruito manca il controllo. Infatti bisognerebbe parlare di un altro aspetto più importante, che è quello della denuncia: spesso chi è che denuncia? È difficile molte volte esporre denuncia se non c'è una tutela e se non c'è una reattività da parte dell'organo politico e da parte dei vertici della pubblica amministrazione. Credo sia un aspetto da tenere ben presente per evitare che margini di manovra di organizzazioni criminali si inseriscano in vicende e in situazioni che dovrebbero certamente essere salvaguardate per dare ovviamente una prospettiva, un'immagine diversa alle opere pubbliche.
Qualcuno mi diceva, qualche tempo fa, che, forse, quando negli appalti o negli enti - e così via - emerge qualche dato legato alla corruzione, molte volte, c'è uno sviluppo. Esiste, infatti, un ulteriore problema che vorrei indicare con estrema chiarezza: il problema di un Paese che vuole essere sano rispetto ad un altro Paese che, invece, sano non è. Lo Stato e l'anti-Stato. Si dice chiaramente che con la lotta alla corruzione dobbiamo salvare la nostra economia: ebbene, in alcune regioni del nostro Paese, il lavoro nero e il lavoro della criminalità organizzata creano un certo tipo di equilibrio.
È brutto dire queste cose, ma lo faccio per farvi capire fino in fondo quale sia la situazione reale. In alcune regioni, in alcuni territori, se non vi fosse il lavoro nero e se non vi fossero organizzazioni, possiamo dire, non legali, forse, alcuni collassi sarebbero molto più forti e, soprattutto, molto deflagranti. Io ritengo che dobbiamo parlare di questo aspetto, perché la battaglia contro la corruzione è una battaglia di civiltà e di libertà: «corruzione», infatti, significa non essere liberi nei propri movimenti, significa che i cittadini non sono liberi nei propri movimenti.
Si fa bene, tanto per parlare di un'altra questione, quando, dall'articolo 1 all'articolo 5, si dice che anche le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dovrebbero essere informate a questi principi. Poi, vi è tutta la vicenda della sanità nel nostro Paese, con la sua mole. Ma voi pensate veramente, quando si dice, in questo articoletto, che le province autonome di Trento e di Bolzano o le regioni si debbano informare a questi principi, che esse siano sotto controllo? Da parte di chi? Da parte di chi le regioni sono sotto controllo? La spesa, da parte di chi è sotto controllo? La corruzione, da parte di chi? Chi ha oggi la responsabilità di tutto questo?
La vicenda dei controlli è un'altra vicenda opaca. Per le autonomie locali non sono previste più le vecchie giunte provinciali amministrative né i comitati regionali di controllo Co.Re.Co.; nei comuni, vi sono semplicemente i revisori dei conti, che sono una caricatura di un reale controllo; nelle regioni, c'era un commissario di Governo. Non sto vagheggiando né sono nostalgico di cose antiche e superate, ma i controlli non ci sono. Dunque, possiamo anche realizzare un nuovo codice penale, signori Ministri, ma se non ci sono i controlli e se non c'è la responsabilità, tutto diventa relativo e difficile, perché la criminalità - quella con i colletti bianchi o vestita di grigio - che bypassa le norme, le aggira sempre di più e, certamente, non si commuove né si intimorisce perché vi sono nuove fattispecie di reato o figure giuridiche, come quelle che sono state indicate ed evidenziate anche attraverso il lavoro congiunto delle Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia).
Potrei anche parlare della crescita economica, tuttavia, non credo che oggi sia il momento dell'enfatizzazione. In questo Pag. 11nostro Paese, fin quando ci saranno poteri forti, non si riuscirà a scardinare il sistema. Ci sono delle immoralità che tutti quanti capiamo e conosciamo. Non è possibile, con le difficoltà che abbiamo avuto in sede di Commissioni congiunte I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro) - mi rivolgo al Ministro Patroni Griffi -, non sapere quanto, ad esempio, sia il volume. Egli è riuscito ad avere un quadro di ciò e per questo, la volta scorsa, l'ho ringraziato, gliel'ho comunicato in contumacia, mentre, adesso, lo faccio direttamente, lo ringrazio per il suo lavoro. Non si sa: è una materia sfuggente. Non sappiamo chi è, chi sono queste realtà. Dunque, si operano tagli lineari, ad esempio, per quanto riguarda la pubblica amministrazione, ma vi sono zone e aree che godono del diritto di extraterritorialità: non si può andare da nessuna parte.
In questo nostro Paese ci sono persone che sono ancora in una condizione di incompatibilità chiara. Faccio un esempio per una questione di brevità del discorso: non è ammissibile che ci sia uno che fa il presidente dell'ANAS e nel contempo, da molti anni, sia presidente della società per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina. Credo che questo discorso sia chiaro; se volete vi dico il nome: Ciucci. Come si fa? Ma di che cosa stiamo parlando? Se c'è una situazione di questo genere, non esiste uno straccio di norma che sia necessaria, non c'è bisogno di approvare una norma di questo genere, perché ci sono già altre norme, le norme dell'opportunità, del buonsenso, norme che certamente il Governo della Repubblica può incoraggiare e alle quali può richiamarsi con molta forza. Ritengo che questi siano problemi e temi che riguardano il modo di essere; ecco perché facevo riferimento al costume, questo è un dato culturale molto importante, fondamentale.
Non c'è dubbio che il lavoro fatto dalle Commissioni sia importante; debbo ringraziare anche il Ministro della giustizia per ciò che è riuscita a fare, in una situazione un po' difficile come questa, con un provvedimento a cavallo tra la Seconda Repubblica - alla quale non ho mai creduto, che ritengo una finzione - e la nascita di non si sa bene che cosa, non si sa di quale Repubblica; qualcuno vuole andare subito alla Quinta Repubblica con il semipresidenziale, scavalcando delle fasi storiche. Comunque, come dicevo, ci troviamo a cavallo tra queste due fasi, a cavallo tra un Governo e l'altro, parlando un po' per scherzo, che poi tanto scherzo non è, e certamente le relatrici, le Commissioni e il Governo, sono riusciti a puntualizzare alcune condizioni in grado di sbloccare una situazione che risentiva e rischiava di risentire di vicende del passato legate non necessariamente al provvedimento stesso, ma ad altre situazioni che potevano essere politiche e quindi estranee alla materia, come si suole dire. Eppure si sono ottenute quelle individuazioni che sono state fatte e che sono state racchiuse nell'articolo 13 per quanto riguarda, ad esempio, la concussione, la corruzione nell'esercizio delle funzioni, l'induzione indebita; tutte queste sono figure che, certamente, completano un po' il quadro di riferimento, a mio avviso importante e necessario a dare una prospettiva reale all'interno del nostro Paese.
Questo provvedimento contiene poi l'articolo sul traffico di influenze illecite di cui si è parlato e si è discusso, e questo è un fatto innovativo, è un fatto di costume. Il traffico di influenze illecite può essere capito o non essere capito, a seconda dell'ottica con cui lo analizziamo; non è un problema di scuole di pensiero o di dottrina, non è un fatto teorico, è un fatto che rientra pienamente nei comportamenti e nei modi di essere dove ci sono, certamente, i cialtroni, dove ci sono gli impostori e dove ci sono anche coloro che sfruttano la loro condizione, il loro status, per creare affari e creare condizionamenti al proseguo lineare anche del nostro impegno civile e sociale all'interno del nostro Paese.
Vorrei terminare qui; non avrei altro da aggiungere; ecco perché mi sono rimesso un po' alle cose che ho sentito dire dalle relatrici. Certamente viviamo un momento importante e particolarmente significativo. Mi ero però dimenticato il problema Pag. 12del riciclaggio. Più volte in Commissione antimafia, anche con Angela Napoli, abbiamo tentato di sollecitare l'attenzione su questo punto. Capisco che questa parte potrebbe creare delle condizioni su cui bisogna riflettere, ma su che cosa? Vorrei che sempre in quest'Aula, in sede di replica, il Governo potesse dare qualche indicazione per il futuro per quanto riguarda l'autoriciclaggio. Ritengo che questo sia un dato importante.
Non ho voluto ripercorrere tutte le fasi, in termini analitici, dei lavori delle Commissioni, ma soprattutto non ho voluto richiamare punto per punto quello che è il provvedimento, che, certo, è un buon aggancio, un buon punto di riferimento. Dico ciò, signor Presidente, perché poi bisogna che qualcuno le applichi queste norme. I Ministri si chiederanno: ma di cosa parla? Noi abbiamo approvato, dopo tanto tempo di lavoro, quel provvedimento che va sotto il nome di legge Lazzati, la
n. 175 del 13 ottobre 2010, che toglie ai sorvegliati speciali la possibilità di fare propaganda elettorale, ma ancora non è stato realizzato; non si realizza! L'abbiamo approvato, e vi fu una grande soddisfazione - fu approvato all'unanimità, in un periodo delicato (mi sembra che l'onorevole Napoli fosse la relatrice ed io ero stato tredici o quindici anni fa il primo presentatore di questo provvedimento) -, ma di esso non vi è applicazione. Vi è il problema dei magistrati, certamente. Questa è una fattispecie di reato che nessuno sta perseguendo, che non esiste, e allora il dato vero, importante e fondamentale sono certamente le norme. Vi sono le incompatibilità e tutto il resto, ma vi è certamente il problema di una presa di coscienza anche di carattere culturale.
Un altro dato, per quanto riguarda l'incandidabilità: abbiamo amministrazioni che hanno candidato, in queste elezioni - non tanti anni fa - gente che è stata condannata per delitti nei confronti della pubblica amministrazione con sentenza passata in giudicato. Ma non si muove nessuno, come se questa'Aula, quando discutiamo questi argomenti, o l'aula della Commissione - in questo caso la sala del Mappamondo - fosse destinata semplicemente ad un'accademia di persone di buon senso e di buona volontà; ma il Paese è estraneo, non vi è coinvolgimento. Le forze politiche sono in crisi e in difficoltà. Noi abbiamo approvato - e faccio riferimento alla Commissione antimafia - un codice deontologico, che doveva essere affidato alla sensibilità dei partiti; ma non vi è questa sensibilità dei partiti; manca la lungimiranza anche dei magistrati, per alcuni versi, che fanno tutti quanti il proprio dovere, e non facciamo altro che ringraziare i magistrati e le forze dell'ordine, ma ritengo che l'approdo serio, più tangibile e più concreto del lavoro che si sta facendo sia di dare una spinta, sul piano culturale, a questo Paese, che deve trovare la sua ragion d'essere, la sua identità, la sua capacità di reagire; e si reagisce con una motivazione più volte evidenziata e da me richiamata, quella dello sviluppo economico, per vedere, per capire e per far capire, soprattutto, che le tangenti e la corruzione affossano anche l'economia.
Quest'ultimo è un motivo ulteriore, ma bisogna che nasca l'orgoglio del Paese, l'amore verso il Paese. Vi sono strutture e realtà dove il cittadino è violentato: non può avere una definizione di una pratica se non paga la tangente. Ritengo che questo sia il danno vero, e il dato è che il cittadino non denuncia. Non denuncia l'usura, non denuncia l'estorsione e tutte le fattispecie di reato - introdotte anche con il concorso autorevole del Ministro Severino - che sono rappresentate dall'estorsione. Ci troviamo di fronte a delle estorsioni pure e semplici; poi abbiamo creato altre figure di reato, ma sono delle estorsioni. Allora ritengo che l'impegno non sia soltanto di votare una legge, ma di creare una fase nuova. Non so se ci troviamo sulla strada della Terza o della Quarta Repubblica, ma l'auspicio che noi facciamo, in questo momento, e che noi poniamo, è che questa fase possa essere ricca di grande impegno e di grande slancio. Credo che le forze politiche si recuperino, e possano recuperare il loro Pag. 13ruolo, dando dignità e forza soprattutto alla norma, ma soprattutto con una capacità diversa anche di approcciarsi ai temi, ai grandi problemi e alle grandi questioni che abbiamo oggi sul tappeto.
PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la prego di concludere.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho concluso e sarò ligio al suo richiamo autorevolissimo.
Credo di aver dato qualche sollecitazione e manifestato qualche sentimento mio e qualche mia preoccupazione, ma non ci sono solo preoccupazioni. C'è qualche sentimento, a volte di pessimismo, ma quello che prevale, nel momento in cui abbiamo discusso e discutiamo, per poi approvarlo, questo provvedimento, credo sia la necessità di dare spazio e cittadinanza alla fiducia nella democrazia e nel funzionamento delle istituzioni, come garanzia della sopravvivenza di questo Paese, ma soprattutto come perseguimento e tutela dei suoi interessi generali.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, innanzitutto voglio ricordare come questo sia un provvedimento importantissimo, che viene giustamente portato all'attenzione del Parlamento. C'è l'augurio, da parte del gruppo della Lega Nord Padania, che questo provvedimento venga approvato e quindi reso esecutivo nel più rapido tempo possibile, perché la richiesta che proviene dal Paese, dai cittadini, dalla Corte dei conti e dall'Europa, su questo tema, è pressante ed importante. Quindi credo che anche il nostro Parlamento debba dare una risposta altrettanto importante e altrettanto celere.
Noi siamo all'opposizione, e siamo sempre stati duramente all'opposizione di questo Governo, ma abbiamo sempre detto, sin dall'inizio, che se il Governo avesse proposto iniziative interessanti, utili ed importanti da approvare, da parte nostra ci sarebbe stato un atteggiamento assolutamente serio e responsabile, che è poi l'atteggiamento che abbiamo tenuto in questi mesi di Commissione e che terremo ovviamente anche in Aula.
Prima il collega Tassone diceva che questo provvedimento si è trascinato tanto tempo in Commissione ed io direi che forse si è trascinato troppo tempo in Commissione, anche perché questo è un provvedimento che è già stato approvato al Senato, che è arrivato nelle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) il 7 luglio scorso, ed il suo iter era già stato avviato dal precedente Governo. Crediamo che, anche alla luce del fatto che si tratta di una provvedimento particolarmente complesso, in modo particolare sulla parte penale, lo si sarebbe potuto concludere e portare all'attenzione del Parlamento in tempi un po' più stringenti.
Do atto al Ministro - noi spesse volte siamo entrati in discussione ed in conflitto con il Ministro su tanti provvedimenti - di aver cercato di trovare una sorta di mediazione e di compromesso, non sempre facile - mi permetto di dire, signor Ministro - soprattutto per le diverse sensibilità che campeggiano all'interno della vostra maggioranza.
Non abbiamo voluto strumentalizzare o fare della demagogia su questi tipi di difficoltà all'interno della maggioranza, e abbiamo sempre tentato di tenere un atteggiamento costruttivo. Anzi, soprattutto nelle ultime fasi, quando vi erano ancora numerosi emendamenti pendenti che avrebbero rischiato, non dico di affossare il provvedimento, ma di tenerlo ancora troppo tempo in Commissione, sono stati proprio i parlamentari della Lega Nord Padania a chiedere una accelerazione del provvedimento, affinché esso arrivasse in Aula per una approvazione rapida.
Facciamo presente semplicemente questo al Governo, e in modo particolare al Ministro Severino: questo è il primo provvedimento importante in materia di giustizia che viene portato all'attenzione del Parlamento e crediamo che esso avrebbe potuto essere anticipato rispetto ad altri, Pag. 14che invece avete ritenuto più opportuni. Mi riferisco, in modo particolare, al famoso «svuota carceri», e all'altro provvedimento, che arriverà in settimana, sulla particolare tenuità del fatto, detto anche «svuota processi».
Credo che avreste potuto avere maggiore attenzione e sensibilità per questo tema, anche perché, se è vero, come è vero, che i dati - ovvero centoventi miliardi di euro di sistema corruttivo presente nel nostro Paese - sono importanti, gravi e seri, credo che una maggiore attenzione e una maggiore celerità potevano essere rivolte a questo provvedimento. È indiscutibile che all'interno della maggioranza ci siano state e ci siano sensibilità diverse. Mi auguro che l'esame del provvedimento in Aula non rispecchi le diverse sensibilità che sono emerse in Commissione.
Credo che questo provvedimento possa e debba essere ulteriormente migliorato, soprattutto sulla parte relativa alle fattispecie penali. Mi auguro che, in modo particolare, alcuni colleghi di maggioranza possano ripresentare alcuni degli emendamenti già presentati e poi ritirati in Commissione, perché credo che possano tranquillamente essere considerati oltremodo migliorativi di questo testo. Il tema della corruzione è un tema grave, un tema importante e, quindi, credo e mi auguro che, sia oggi sia questa settimana, si possa scrivere una pagina importante, una pagina bella della politica di giustizia del nostro Paese.
Sono alcuni, in modo particolare, gli aspetti che vorrei sottolineare e sui quali credo che debba dato essere merito al lavoro che è stato svolto. In modo particolare, per quanto riguarda la prima parte, ovvero il rapporto tra la pubblica amministrazione e gli illeciti penali, credo che siano stati introdotti e individuati anche nuovi organi - e credo che sia giusto anche ricordare il buon lavoro svolto dal precedente Governo da questo punto di vista -, come la Civit. Come diceva prima il collega Tassone, si tratta di un organo di valutazione, di analisi, di trasparenza e di integrità delle pubbliche amministrazioni. È un organo importante e va a sostituire il ruolo svolto dal Dipartimento della funzione pubblica. Inoltre, vengono dettate alcune specifiche misure volte alla trasparenza dell'attività amministrativa nell'attribuzione di posizioni dirigenziali, oltre a misure per l'assorbimento di obblighi informativi verso i cittadini da parte delle pubbliche amministrazioni.
Poi vi è il tema delle incompatibilità, il cumulo di impieghi di incarichi di dipendenti pubblici, la delega, che viene data al Governo, per l'adozione di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto a ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne. Giustamente, prima il collega Tassone citava la presenza, purtroppo ancora all'interno del Parlamento, di soggetti con condanne definitive a carico che siedono ancora all'interno del Parlamento stesso. Credo che questo fatto, in questo momento di antipolitica importante e dilagante, possa e debba diventare un deterrente importante di serietà, di trasparenza e di coerenza che, credo, il Parlamento debba dare. Ricordo, inoltre, che il gruppo parlamentare cui appartengo ne ha sempre sollecitato un'immediata definizione.
Poi vi è la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del rapporto di lavoro. Vengono indicate, sempre nei primi articoli del provvedimento, le attività di impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa per le quali, indipendentemente dal valore del contratto, è sempre richiesta l'informazione antimafia. Su questo punto mi permetto di dire che un primo incipit, da questo punto di vista, venne fatto dal Ministro Roberto Maroni, allora Ministro dell'interno, che, in tema di lotta alla criminalità organizzata, in tema di lotta alla mafia e in tema di infiltrazioni della mafia e della criminalità organizzata all'interno delle pubbliche amministrazioni, soprattutto in materia di appalti, diede risposte importanti e significative, ad esempio con le white list. Poi, vi è l'adeguamento a queste normative da parte di regioni ed enti locali. Pag. 15
Vi è, inoltre, il tema dei magistrati fuori ruolo, che è stato un tema che ha appassionato molto la Commissione e in merito al quale ci si è dibattuti, confrontati e sul quale vi sono state importanti riflessioni che hanno poi portato a una disciplina opportunamente più restrittiva, tanto per i magistrati quanto per gli avvocati e i componenti dell'Avvocatura dello Stato.
Sono poi state introdotte nuove figure penali. Qui è subentrata la parte probabilmente più delicata, la parte più complicata, la parte più difficile del provvedimento. Diamo atto al Ministro di essere intervenuta in modo tale da poter sbrogliare una matassa che stava assumendo contorni abbastanza difficili, abbastanza complicati. Il Ministro, però, non sempre è stato supportato dalla propria maggioranza. Credo, comunque, che siano state individuate e introdotte nuove figure penali importanti e significative, in riferimento alle quali, come peraltro il Ministro stesso ha dichiarato a seguito dell'approvazione del provvedimento in Commissione, serviranno delle ulteriori modifiche e degli ulteriori aggiustamenti sia per quanto riguarda le pene sia per quanto riguarda la prescrizione, che è l'altro tema importante su cui poi mi soffermerò. Però, credo che si sia, alla fine di un lavoro importante e complesso, arrivati a una soluzione che, per quanto riguarda il gruppo della Lega, troverà sostegno, appoggio e piena condivisione. Mi riferisco, in modo particolare, al reato di concussione, che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale. Non è più prevista la fattispecie dell'induzione che, invece, viene prevista come reato a se stante e sul quale svolgerò alcune considerazioni.
L'attuale reato dell'articolo 318 del codice penale, relativo alla corruzione impropria del pubblico ufficiale, che ora diventa «corruzione per l'esercizio della funzione», viene riformato in modo da rendere più evidenti i confini tra le diverse forme corruttive: da una parte, la corruzione propria prevista dall'articolo 319 del codice penale, che rimane ancora ancorata alla prospettiva del compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio e, dall'altra parte, l'accettazione o la promessa di un'utilità indebita da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, che prescinde dall'adozione o dall'omissione di atti inerenti al proprio ufficio.
C'è l'introduzione di due nuovi delitti: la cosiddetta concussione per induzione ed il cosiddetto reato di induzione indebita a dare o promettere utilità e noi riteniamo - e ci auguriamo - che, con riferimento a questa nuova fattispecie di reato introdotta, anche alla luce di alcuni articoli apparsi su quotidiani nazionali, essendovi una nuova e diversa definizione dei minimi e dei massimi di pena, la previsione della pena del reato da tre a otto anni debba essere modificata, nel senso di riportare - peraltro come già prevede un emendamento presentato e poi ritirato e mi auguro di nuovo presentato in Aula dalla collega Ferranti - la pena a dieci anni, altrimenti a pene più basse corrispondono termini di prescrizione più bassi. Alcuni reati eccellenti, che in questi giorni, in queste settimane e in questi mesi hanno colpito ed accompagnato l'opinione pubblica rischiano di poter cadere in prescrizione, prestandosi pertanto a tutta una serie di strumentalizzazioni e demagogie che credo non debbano entrare in questo provvedimento ed accompagnare la sua approvazione. Credo nella buona fede del Ministro, credo nella buona fede di coloro i quali hanno proposto questo nuovo reato, ma credo anche che qualche aggiustamento e qualche miglioramento - come anche il Ministro ha annunciato - si possa apportare. Noi sosterremo quelle modifiche che elimineranno dubbi, equivoci o si presteranno, in modo particolare ad un'interpretazione non corrispondente al vero.
Oltre all'introduzione di questo nuovo reato vi è anche l'introduzione - come diceva prima il collega Tassone - del reato di «traffico di influenze illecite». Il nuovo articolo 346-bis del codice penale sanziona con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale Pag. 16come prezzo della sua mediazione illecita. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette.
Altro tema importante ed altra importante innovazione è l'introduzione della cosiddetta corruzione tra privati, la modifica dell'articolo 2635 del codice civile, l'infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, denominata corruzione tra privati, riferita all'infedeltà nella redazione dei documenti contabili e societari.
Mi accingo a concludere, proprio perché questo è un provvedimento che è stato abbondantemente frutto di analisi, di riflessioni, di dibattito, anche acceso, all'interno della Commissione tra maggioranza e opposizione. Crediamo che in alcuni passaggi vi siano stati atteggiamenti, se non propriamente dilatori, tali da consentire alla maggioranza di poter recuperare una propria univoca sensibilità, che su questo tema evidentemente non è stata tale. Ribadisco la nostra posizione ed il nostro atteggiamento: un atteggiamento serio e responsabile di chi - di fronte a problemi reali del Paese, di fronte a problemi seri, di fronte a soluzioni importanti che vengono proposte dalla maggioranza e dal Governo - non ha alcun timore a prendersi le sue responsabilità e a sostenere tutti quei provvedimenti che vanno nella direzione giusta. Crediamo che questo provvedimento vada in quella direzione. Invitiamo il Ministro a continuare a percorrere queste soluzioni e ad affrontare i problemi della giustizia da punti di vista corretti e giusti. Questo crediamo che sia un punto di vista giusto e quindi, da parte nostra, ci sarà lealtà, collaborazione, responsabilità e coerenza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.
ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, signor Ministro, innanzitutto vorrei sottolineare come dal punto di vista politico siamo di fronte ad un fatto rilevante.
Dopo un lungo tempo, in cui questo provvedimento sulla corruzione è rimasto chiuso nei cassetti e poi ha avuto un'approvazione per noi del tutto insoddisfacente nell'altro ramo del Parlamento, oggi mi pare che siamo nelle condizioni di poter avviare la discussione per arrivare ad approvare un testo significativamente migliorato. Di questo voglio dare atto ai Ministri e anche ai colleghi e ai relatori, perché penso, mi auguro che in questi giorni di discussione parlamentare ci sia la forte assunzione di responsabilità rispetto al fatto che non possiamo mancare questo obiettivo. Il Paese attende questo obiettivo, che ha un grande significato politico e tutti siamo chiamati a concorrervi.
Il secondo elemento politico che mi sembra importante è che, dopo l'approvazione, nella scorsa settimana, del provvedimento sulla riforma delle modalità attraverso le quali si contribuisce al finanziamento dei costi della politica, ci sia la possibilità di affrontare questo provvedimento. Volevo segnalare cioè come politicamente mi sembra rilevante che la contingenza istituzionale e politica che stiamo attraversando non sia soltanto dominata dalla necessità di mettere a posto i conti e rilanciare la crescita, ma anche di ridare su alcune basi etiche, morali e di trasparenza, segnali importanti per riacquistare un rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Sono passaggi fondamentali. Se pensiamo che siamo al ventennale da tangentopoli e questo Paese non era stato ancora in grado di produrre una legge più o meno organica di contrasto della corruzione, penso che possiamo dirci tutti insufficienti rispetto al percorso che sarebbe stato necessario. Quindi, questa insufficienza va rapidamente colmata.
Penso che ci spinga verso questa assunzione di responsabilità anche la particolare situazione economica. Penso che la corruzione nella pubblica amministrazione si sia fatta strada perché, tutto sommato, la si è sempre ritenuta sostenibile e in qualche modo conveniente per i singoli. Oggi penso che siamo tutti chiamati a delle decisioni che rendano evidente il fatto che per il sistema Italia la corruzione è un fenomeno insostenibile, per la sua dimensione, per i costi sociali che scarica sulla possibilità di accesso ai diritti fondamentali da parte dei singoli Pag. 17cittadini, per l'alterazione delle regole del mercato, che squalificano il nostro Paese agli occhi dell'economia internazionale e quindi allontanano possibili investitori dal nostro Paese, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di rappresentarci al mondo nel modo migliore. Questa insostenibilità del costo della corruzione deve diventare motore di una rigorosa intransigenza nell'esame e nell'approvazione degli articoli che andiamo a discutere. Da questo punto di vista, a mio parere, è certo importante il dibattito relativamente alla parte del provvedimento che attiene alle norme relative al codice penale. Il Ministro Severino ha dato un contributo importante per sbloccare una situazione che si stava impantanando e per consentirci di arrivare a fare dei passi avanti significativi da questo punto di vista. Ma non meno rilevante - se mi consentite, forse più rilevante - è tutto il lavoro che va fatto in direzione della prevenzione del fenomeno, cioè di tutti quei gesti, quegli atti, quelle decisioni e quelle norme che possono tornare a dare un valore alla pubblica amministrazione.
Non è un caso che anche gli organismi internazionali, ad esempio, ci richiamino sull'importanza dei codici etici. Quando si parla di codici etici nel nostro Paese, qualcuno fa un sorrisino, nel senso che si afferma che questi non si negano a nessuno. Invece, i codici etici testimoniano il valore che noi stessi assegniamo al lavoro della pubblica amministrazione. Se passiamo gli anni a denigrare la pubblica amministrazione, se passiamo gli anni a considerare chi lavora nella pubblica amministrazione soltanto un costo e un peso, se ne squalifichiamo sistematicamente la professionalità, poi non si può pensare che chi sta nella pubblica amministrazione si dia valore, dia valore a se stesso. Passare attraverso l'approvazione e la definizione di codici etici è, invece, una modalità attraverso la quale si torna ad investire sul valore intrinseco della funzione della pubblica amministrazione.
E come è importante questo passaggio, credo che sia importante il passaggio relativo alla definizione di norme che possano prevenire, in qualche modo, la corruzione nella pubblica amministrazione, che sono norme sulle quali, poi, mi dilungherò un attimo. La settimana scorsa abbiamo vissuto una parentesi di una discussione. Parlavamo del finanziamento della politica e, a un certo punto, Ugo Sposetti, un collega che per me è molto più di un collega, ha fatto un'affermazione che, in qualche modo, è stata ripresa questa sera anche dal collega Tassone: egli ha detto che non vi è alcuna norma che ci possa salvare dai corrotti, non vi è alcuna norma che possa, in qualche modo, impedire di rubare, se uno vuole rubare. Penso che dietro questa affermazione vi sia qualche elemento distorsivo e qualche pericolo, che va svelato. Vi è un errore di impostazione, perché, invece, le norme sono molto importanti. Non è vero che le norme non possano aiutare non solo a creare una visione, un punto di vista, una cultura relativi al contrasto di fenomeni corruttivi, ma le norme possono indirizzare il nostro lavoro, il lavoro pubblico, sia esso fatto dai politici, dai dirigenti o dai funzionari e dai dipendenti della pubblica amministrazione, in uno o in un altro modo. Penso che sottovalutare questo aspetto significhi tirarsi la zappa sui piedi e non capire quanto sia importante imprimere, invece, una svolta in questo senso. È come se vi fosse, sotto sotto, una sorta di ineluttabilità rispetto a certi fenomeni, che vengono considerati incomprimibili; invece, di incomprimibile rispetto alle cattive pratiche nella pubblica amministrazione non vi è proprio niente, tanto meno la corruzione.
Quali sono gli strumenti che si possono, e si devono, costruire per affrontare questo fenomeno? Innanzitutto, vi deve essere, come ci viene chiesto dagli organismi internazionali, una struttura dello Stato che si occupi di queste questioni con sistematica continuità, che definisca modelli, analizzi pratiche, intervenga a correggerne e così via. Abbiamo individuato, nel presente disegno di legge, questo soggetto nella Civit, e noi condividiamo questa individuazione. Mi sia consentito, tra parentesi, di dire che non so quanto la Civit, Pag. 18nelle modalità organizzative e di risorse con cui opera oggi, sia pari all'impegno che le viene chiesto. È un elemento di riflessione sul quale sospendo il giudizio, nel senso che siamo d'accordo ad andare avanti sull'attribuzione di questa funzione alla Civit, ma pensiamo che, forse, una riflessione sulle sue risorse e sulle sue strutture, per poter far fronte anche a questo tipo di lavoro, sia fondamentale. Quello che condividiamo dell'individuazione della Civit è che mettiamo la corruzione in parallelo con il presidio della trasparenza e della qualità della performance della pubblica amministrazione. Stabiliamo un nesso funzionale forte tra trasparenza e valutazione del merito nella pubblica amministrazione e lotta alla corruzione, ed è un nesso funzionale assolutamente virtuoso, sul quale bisogna lavorare.
Infatti, la prima azione concreta che va portata avanti per combattere la corruzione è la trasparenza! Questo significa, ad esempio, avere chiari quali sono i punti critici, all'interno di una struttura amministrativa, laddove è maggiormente possibile che si verifichi un fenomeno corruttivo. Non tutti i mestieri sono uguali all'interno della pubblica amministrazione! Ve ne sono alcuni più a rischio di altri.
Trasparenza significa, ad esempio, ruotare gli incarichi per fare in modo che non vi sia una sorta di concentrazione di funzioni, di poteri, di ruoli, in capo a persone che diventano talmente indispensabili nel sistema amministrativo da poter essere al di sopra di qualsiasi valutazione. È il «collo di bottiglia», sostanzialmente, che spesso accade di trovare nella pubblica amministrazione e che va prevenuto attraverso la rotazione di questi incarichi e l'individuazione dei punti critici che soltanto dei piani contro la corruzione possono individuare in modo adeguato.
Trasparenza, quindi, attraverso l'uso di nuove tecnologie e l'abbattimento di pretestuosi limiti dovuti ad una privacy che spesso è soltanto un alibi rispetto al divieto di rendere tutto accertabile e conoscibile da parte dei cittadini. Non vi è nulla che riguarda la vita della pubblica amministrazione che non possa essere conosciuto dai cittadini, se non i dati sensibili che attengono alla dignità della persona.
Un altro elemento che deve caratterizzare la «sterzata» contro la corruzione è costituito dalla revisione dell'abuso che si è fatto in questo Paese dell'emergenza e dello strumento dell'ordinanza. Diciamo che se ne discuterà in altra sede. Adesso abbiamo alla nostra attenzione la riforma della Protezione civile, già incardinata nei lavori della I Commissione, e ne discuteremo, ma questo è stato un passaggio delicatissimo nel rapporto tra l'opinione pubblica e la pubblica amministrazione perché ha evidenziato una distorsione profonda, una strumentalizzazione del concetto di emergenza tanto da portare ad un abuso dell'ordinanza, che è diventata un elemento sostitutivo della norma e dei regolamenti. Questo è un elemento che abbiamo messo a fuoco, mi pare, del quale cominciamo a prendere le misure e rispetto al quale bisognerà essere assolutamente conseguenti.
Un altro elemento, contenuto in un provvedimento presente nel calendario dei lavori del Senato, riguarda gli acquisti. In questo Paese le «fabbriche della spesa» - come le chiama il Ministro Giarda - si moltiplicano. Insieme a queste, si moltiplicano anche i luoghi dove si dispone l'acquisto di beni e servizi. Non è che manchino le strutture, la Consip esiste - vi sono anche alcuni modelli di livello regionale che si rifanno alla Consip - ma è stato tollerato fino alla sfacciataggine in questi anni il non utilizzo di questi strumenti, malgrado esistessero. Pensiamo che soltanto i Ministeri ricorrono alla Consip per una percentuale di acquisti di beni e servizi pari al 3,5 per cento. Questa percentuale è ridicola.
Non soltanto potremmo andare verso un risparmio della spesa della pubblica amministrazione, ma sicuramente anche verso l'introduzione di misure più trasparenti nell'acquisto di beni e servizi. Perché lì si annida la corruzione, altrimenti dove? Pag. 19
Un altro aspetto che spero verrà rafforzato in questi giorni riguarda il tema delle incompatibilità. So che anche nel disegno di legge delega che andrà al Consiglio dei ministri, concernente il lavoro pubblico, vi saranno delle norme rafforzative del tema delle incompatibilità, ma questa è una questione di fondo.
Pensate soltanto al tema degli incarichi nella pubblica amministrazione. C'è gente che prende uno stipendio per fare un lavoro e viene incaricata sistematicamente per farne altri e senza una rotazione anche di quel tipo: sono più o meno sempre gli stessi. Oppure pensate al tema degli arbitrati come se la pubblica amministrazione, per farsi difendere, abbia bisogno di fare il mercato degli arbitrati e non di incaricare i propri dirigenti.
Si tratta di questioni specifiche e rilevanti che, se affrontiamo con il rigore che meritano, possono consentirci di prevenire sistematicamente il proliferare della corruzione.
L'altro tema è quello dei controllori e dei controllati che noi abbiamo affrontato per i fuori ruolo, approvando un emendamento a prima firma Giachetti (anche chi vi parla era promotore di un emendamento in questa direzione). Non c'è dubbio che noi abbiamo visto negli ultimi anni emergere questo fenomeno delle cricche. Che cosa era e che cos'è questo fenomeno delle cricche, se non un'alterazione della classica corruzione e della classica questione morale che era legata all'invadenza del ruolo dei partiti? Le cricche sono una specie di sistema all'interno del quale operano figure amministrative, figure politiche, figure della magistratura e ove vi è il gioco a definire i destini delle persone e le loro carriere o i destini di appalti milionari. Le cricche si combattono andando ad analizzare sistematicamente il tema della congiunzione funzionale fra controllori e controllati, cioè laddove si crea la sovrapposizione. Questo problema va affrontato con grande energia e con grande forza se lo si vuole estirpare.
Un altro aspetto - e mi avvio verso la conclusione - che attiene alla lotta ed alla prevenzione del fenomeno corruttivo è la semplificazione: semplificazione normativa e semplificazione istituzionale. Laddove più poteri si sovrappongono nel determinare le scelte e l'esercizio di diritti da parte dei cittadini e delle imprese, si crea la ragnatela e, quindi, non solo si hanno ritardi nelle risposte da parte della pubblica amministrazione, ma diventa più equivoco sapere chi è responsabile e di che cosa Infatti, c'è il rimpallo delle competenze e, nel rimpallo delle competenze, c'è la vischiosità della pubblica amministrazione, sulla quale rimangono attaccate appunto le possibilità di esercitare i diritti delle imprese e dei cittadini.
Tale questione si affronta con le riforme costituzionali, con la Carta delle autonomia, ma anche con una semplificazione normativa sempre più rilevante.
Concludo con un passaggio - che a me sta molto a cuore e che sta a cuore, credo, ad ognuno di coloro i quali hanno della pubblica amministrazione un giudizio non semplificatorio, ma legato alla sua funzione fondamentale - che riguarda la dirigenza.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Giovanelli.
ORIANO GIOVANELLI. Si è discusso tanto in passato e si continuerà sempre a discutere su dove arriva la funzione della politica e dove comincia quella della dirigenza. Ciò che posso dire a nome del mio gruppo, per le conoscenze che ho, è che un Paese che non ha una dirigenza capace di esercitare autonomamente la sua funzione e che sistematicamente dipende dalla discrezionalità politica, non sarà mai in grado di affrontare i nodi che stiamo mettendo a fuoco con questo provvedimento.
Dobbiamo fare un passo avanti, che non è un passo indietro della politica ma è un passo avanti di tutti, sia della funzione dirigente che della politica.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Giovanelli.
Pag. 20ORIANO GIOVANELLI. Infatti, la politica che si riduce a determinare i destini di un appalto è una politica non degna di questo nome (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Misiti che era iscritto a parlare. Si intende vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, il collega Giovanelli è appena intervenuto su una parte di questo provvedimento complesso che investe due Commissioni, la I Commissione (Affari costituzionali) e la II Commissione (Giustizia), mentre la collega Ferranti interverrà più tardi. Entrambi hanno parlato riguardo il complesso del provvedimento, o meglio, il collega Giovanelli e poi la collega Ferranti parleranno sul complesso del provvedimento per la parte che più direttamente compete a queste due Commissioni. Ho chiesto la parola e, anzi, la prego, se non abuso della sua pazienza, signor Presidente, di avvisarmi quando avrò raggiunto i cinque minuti a mia disposizione, per un brevissimo flash che riguarda una materia che, grazie anche a quanto dettagliatamente riportato dal relatore Angela Napoli nella sua relazione, mi ha visto in qualche modo protagonista riguardo ad una proposta: si tratta del famoso articolo aggiuntivo sul collocamento fuori ruolo, che poi è diventato il noto articolo 8-ter del provvedimento in esame.
Vorrei semplicemente dedicare poche parole a spiegare la ratio di questa proposta emendativa che è stata letta da più parti anche come un tentativo di abolire drasticamente l'istituto del collocamento fuori ruolo e comunque qualcosa di particolarmente pesante. Vorrei semplicemente spiegarne la ratio e contemporaneamente rivolgere un appello al Governo. Sono stati presenti fino a poco fa i due Ministri, il Ministro Patroni Griffi e il Ministro Severino, ora è presente il sottosegretario Mazzamuto, ma sono sicuro che avrà la possibilità di trasferire questo mio appello al Ministro della giustizia.
Signor Presidente, con questa proposta emendativa non ho mai pensato di abolire drasticamente l'istituto del collocamento fuori ruolo che, come sappiamo, nel corso del tempo, ha avuto in modo elastico uno sviluppo abbastanza cospicuo in termini di anni di posizionamento fuori ruolo dei magistrati, che si è tentato in alcuni casi di regolare, il che non sempre è riuscito molto bene. La mia proposta, ora contenuta nel disegno di legge, semplicemente circoscrive a dieci anni nella carriera di un magistrato - ci riferiamo anche alla Corte dei conti, al Consiglio di Stato e all'Avvocatura dello Stato - la possibilità di essere collocato fuori ruolo. Il collocamento fuori ruolo sappiamo tutti cosa significa, signor Presidente: nonostante siamo in presenza di funzionari che fanno parte di una certa amministrazione, questa amministrazione, per ragioni le più diverse, decide di collocare fuori dal ruolo previsto in quella medesima amministrazione il personale e di dedicarlo ad un'altra istituzione e, ovviamente, può trattarsi delle istituzioni più varie. Il mio intento è quello di dire che può essere utile e necessario che questo accada ma nella carriera di un rappresentante dello Stato ciò dovrebbe essere limitato a dieci anni, con un intervallo di cinque anni: cinque anni si è collocati fuori ruolo, cinque anni si rientra in ruolo, e poi si può di nuovo essere collocati fuori ruolo per altri cinque anni. Complessivamente, in una carriera che ovviamente io auguro a tutti sia la più lunga possibile, stiamo parlando di quindici anni, quindi non stiamo parlando di un termine molto breve.
Il secondo aspetto che era in evidenza, quello che è contenuto nella norma, è che nel momento in cui si decide di collocare fuori ruolo del personale, questo non percepisca la doppia retribuzione - cosa che è accaduta e continua ad accadere - sia da parte dell'ente di provenienza che da parte dell'ente che lo accoglie per gli importanti incarichi che deve sostenere ma che semplicemente, proprio perché l'amministrazione di appartenenza ritiene utile dare il contributo del proprio personale per far andare avanti un altro istituto, Pag. 21sia più che sufficiente mantenere lo stipendio di provenienza, peraltro si tratta nella stragrande maggioranza di primi livelli e funzionari direttivi.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO GIACHETTI. Sto per concludere, signor Presidente.
L'altro elemento, quello conclusivo, è che l'entrata in vigore di questa legge fa cessare gli incarichi già in essere di durata superiore a cinque anni. Sappiamo perfettamente, signor Presidente, che non pochi di questi incarichi vanno avanti da anni, in talune occasioni anche da 20-25 anni, quindi stiamo parlando di persone che ormai il ruolo non se lo ricordano più e magari ricordano solo il fuori ruolo. Questo emendamento nasce in un momento diverso (lo ricordava la collega Angela Napoli), tanti mesi fa. Ancora non era accaduto in Italia tutto quello che è accaduto, e mi riferisco agli interventi necessari e spesso drammatici per i cittadini «normali» con i tagli, gli interventi sulle pensioni, e abbiamo visto il dibattito che sta procurando anche il disegno di legge sulla riforma del lavoro. Ovviamente siamo in una situazione diversa. Penso che, dopo che abbiamo tagliato con provvedimenti di Monti il tetto per gli stipendi dei manager, dopo che abbiamo tagliato (anche se poco si sa, ma dobbiamo rivendicarlo magari solo in questa Aula) gli stipendi dei parlamentari, dopo che abbiamo tagliato il finanziamento pubblico, cioè abbiamo «tagliato» in Italia per la situazione in cui siamo, a tutti i livelli, francamente è singolare che si possa pensare che vi sia un angolo del mondo in cui non si possa fare nulla.
Mi si è detto che era un emendamento troppo drastico, ma penso che sia un emendamento semplice - concludo -, un emendamento approvato senza voti contrari dalla Commissione. Il mio appello al Governo (e la prego, sottosegretario, di trasferirlo al Ministro Severino), è il seguente: questa norma è all'interno del provvedimento, pensate bene se effettivamente, in questo momento, inserire modifiche che tolgano la chiarezza di un limite (non la negazione di un istituto o di un diritto) da porre in questa materia sia davvero auspicabile. È una responsabilità che veramente il Governo si sente di prendere davanti al Paese nel momento in cui il Paese sta vivendo - come è inevitabile - il peso di tante decisioni impopolari che toccano la vita quotidiana di tante persone che certo non sono a questi livelli di retribuzione, non sono certamente a questo livello di possibilità? Probabilmente in un ambito di regolamentazione e di riduzione, inevitabile per tutti quanti, di certi status, sarebbe opportuno lasciare la norma così com'è (poi quando ci saranno tempi migliori si potrà rivedere tutto magari, se si ritiene di doverlo fare); pertanto, l'appello che faccio veramente al Governo è di pensare bene se toccare una questione che, a mio avviso, è semplice ma anche emblematica di un sistema nel quale sacrifici e pesi devono toccare a tutti, proprio a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, devo evidenziare che il lavoro che è stato svolto dalle Commissioni su questo disegno di legge è un lavoro molto intenso. Devo ricordare - ci tengo a farlo - che il disegno di legge è stato presentato dal Governo Berlusconi, in particolare dal Ministro della giustizia Alfano in Consiglio dei Ministri e poi nell'Aula del Senato. Quindi si tratta chiaramente di un'innovazione rispetto al passato, passato in cui si pensava che le criticità nell'ambito della pubblica amministrazione, i crimini nell'ambito della pubblica amministrazione vedessero soltanto un momento di repressione attraverso la norma penalistica; tale aspetto è stato valutato insieme ad un altro, secondo me molto interessante, il momento della prevenzione, il momento della trasparenza, il momento della valutazione dell'inserimento di procedure nell'ambito del procedimento amministrativo che potessero consentire un controllo ex Pag. 22ante sugli atti della pubblica amministrazione. Questo è un elemento particolarmente importante dimostrato anche dal peso di queste norme rispetto al complesso del provvedimento. Ebbene, forse la comunicazione esterna crea delle proporzioni diverse in colui che legge, che recepisce i termini di questo provvedimento.
Infatti, un solo articolo è dedicato alla modifica delle norme penali, mentre otto articoli sono dedicati alla procedura amministrativa e alle buone pratiche di amministrazione per giungere ad un controllo e ad una trasparenza. Un percorso, quindi, in due fasi e l'obiettivo, che mi sento di dire comune a tutte le forze politiche, di evitare, di reprimere e di prevenire quei fenomeni criminosi, nei confronti chiaramente della pubblica amministrazione che, per svariate ragioni, nel nostro Paese sembrano avere terreno fertile. Mi soffermo sulle modifiche al codice penale di competenza, ovviamente, della Commissione giustizia e ci tengo a precisare che la discussione dei subemendamenti all'emendamento del Governo presentato all'articolo 9 è stata costruttiva. Alcuni hanno tentato di far apparire la voglia di discutere da parte del gruppo del Popolo della Libertà come una forma di ostruzionismo. Ebbene, si tratta di un provvedimento che è arrivato in Commissione intorno al 7 luglio del 2011 e che è stato più volte rinviato non su richiesta del Popolo della Libertà. È stato affrontato negli otto articoli in modo intenso dalle due Commissioni, attraverso votazioni e dibattiti, e si è fermato per due mesi su richiesta del Governo che aveva intenzione di presentare un emendamento. A fronte di un numero minimo di emendamenti presentati dal Popolo della Libertà, che ha inteso correggere il provvedimento e ha inteso motivare queste proposte emendative, talune forze politiche hanno ritenuto di svilire questo atteggiamento qualificandolo come ostruzionismo. Siamo qua in Aula, non c'è stata alcuna forma di ostruzionismo, ma c'è stata una discussione seria, anche accesa, e ci sono stati dei temi che sono stati posti, taluni accolti, taluni condivisi, altri che, in sostanza, hanno aperto un dibattito. Gli emendamenti, comunque, sono stati chiari, puntuali e precisi e si sono agganciati ad alcuni aspetti di politica penale che, chiaramente, aprono delle fasi di riflessione.
Il punto fondamentale è cercare di capire se il Parlamento, attraverso queste norme, voglia semplicemente dare un segnale all'esterno o approvare una norma manifesto oppure individuare delle soluzioni efficaci. È facile, se vogliamo approvare una norma manifesto, raddoppiamo le pene. Questa è una norma che dal punto di vista esterno e della propaganda può avere il suo effetto, però dal punto di vista della prevenzione e della repressione probabilmente effetto pratico ne avrà ben poco. Vogliamo fare propaganda o vogliamo invece riflettere sulle norme, sulla loro struttura, sugli elementi oggettivi delle norme stesse, sull'elemento psicologico, su quelle che sono le attuali lacune dell'ordinamento? Nel nostro ordinamento ci sono delle lacune, ci sono delle situazioni che meritano di essere affrontate? Vi sono delle lacune, vi sono degli spazi entro i quali dei comportamenti critici possono trovare terreno fertile? Da questo dobbiamo partire. Approfitto della presenza del Ministro Patroni Griffi per ritornare ad un aspetto che è fondamentale e che non attiene alle questioni e alle vicende realistiche, ma alla pubblica amministrazione. Le pratiche criminose nella pubblica amministrazione trovano terreno fertile anche per una ragione, per il grande impatto della burocrazia che c'è nel nostro Paese.
Nel nostro Paese la trasparenza viene soffocata dalla burocrazia. Nel nostro Paese non sappiamo quante sono le leggi in vigore: c'è chi dice che siano 50 mila, c'è chi dice che siano 70 mila. C'è una Commissione bicamerale per la semplificazione normativa che ha preparato il terreno al cosiddetto provvedimento «taglia leggi». Ebbene, c'è un disordine normativo ancora oggi che non consente all'interprete, non consente al cittadino, non consente a chi vorrebbe in qualche modo controllare le procedure amministrative, di farlo in modo intellegibile. È chiaro che in questo Pag. 23disordine burocratico presente nel nostro Paese - in questo Paese pesante, in questo elefante che non vuole dimagrire - si possono annidare comportamenti critici e che i controlli sono sempre più difficili. Quindi la burocrazia crea costi notevoli e dovremmo pensarci ogni volta che premiamo il tasto favorevole ad un emendamento o ad una legge. Infatti ogni legge crea uffici, strutture, funzionari, controlli, adempimenti e, quindi, crea anche la possibilità di annidarsi a delle pratiche criminose. Questa considerazione è fondamentale e, da liberale, dico che nel nostro Stato, nel momento in cui siamo chiamati ad affrontare aspetti normativi di innovazione, dovremmo sempre pensare più all'abrogazione che all'innovazione normativa. Sotto questo profilo è fondamentale intervenire. Il provvedimento lo fa in modo consistente. Otto articoli su nove affrontano questo argomento. Il profilo penalistico sicuramente parte dalla valutazione delle lacune nel nostro ordinamento. È fondamentale: lo ha fatto l'Europa, lo ha fatto il Ministro in modo serio. Ha valutato quelli che possono essere i comportamenti che oggi mancano di una copertura penalistica: sono comportamenti critici che mancano di una copertura penalistica. Lo ha fatto chiaramente alla luce di un lavoro e di un coordinamento con le discipline degli altri Paesi europei. In alcuni casi lo ha fatto, a nostro parere, in modo molto efficace. In altri casi siamo convinti che magari il Parlamento possa ancora intervenire per migliorare ulteriormente le norme. Il traffico di influenza, ad esempio, è un altro aspetto che condividiamo in relazione all'obiettivo finale come condividiamo anche il percorso che è stato posto in essere per cercare di delimitare la fattispecie. È fondamentale che il legislatore sappia identificare in modo chiaro ciò che è illecito e ciò che è lecito, evitando di attribuire al giudice e all'interprete questo compito. A mio avviso al giudice, invece, deve essere attribuito il compito di valutare, alla luce del caso concreto, l'entità della pena. A questo punto mi ricollego proprio all'aspetto dei minimi edittali delle pene. Non ci convince un innalzamento «manifesto» delle pene minime perché dobbiamo fare in modo che le pene, le sanzioni, vengano comminate in proporzione ai fatti che sono posti in essere. A fronte di fatti lievi è giusto che vi siano sanzioni lievi. In questo modo non andremo in contraddizione con un provvedimento che avremo all'esame del Parlamento tra poche settimane: quello sulla tenuità del fatto. Non possiamo come Parlamento individuare come non procedibile un fatto perché considerato tenue e, poi andare ad innalzare, sottraendo alla discrezionalità del magistrato, le pene minime edittali.
Dobbiamo cercare di essere coerenti, e mi rivolgo agli amici del Partito Democratico, che hanno proposto il provvedimento, che ci trova favorevoli, sulla tenuità del fatto.
Vorremmo - l'ho già evidenziato - che tutte le norme, quelle nuove, fossero chiare, tassative ed intelligibili. Su questo, lo sforzo del Ministro, che dal punto di vista tecnico sicuramente può insegnare a noi come confezionare le norme e come raggiungere gli obiettivi che ci poniamo, può essere molto utile.
È fondamentale cercare di correggere alcuni passaggi che, forse, sono sfuggiti alle Commissioni. Mi riferisco ad un emendamento sulle pene previste dall'articolo 319 del codice penale, che rende poco coerente il sistema delle pene, che è stato predisposto dal Ministro: l'ho già evidenziato, i minimi edittali, non fare scelte precipitose.
Per quanto riguarda la distinzione tra la concussione e l'induzione - quindi, il mantenimento dell'articolo 317 del codice penale -, già presso le Commissioni, ho evidenziato come il ragionamento fatto dalle autorità europee portasse, forse, ad una conclusione diversa. Tuttavia, devo dire che apprezzo la raffinata tecnica che ha portato il Governo a predisporre un emendamento fatto sicuramente in modo equilibrato, nell'ambito di quella che è stata la «piramide» che il Ministro ha più volte evocato.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
Pag. 24ENRICO COSTA. Faremo, proporremo degli emendamenti; cercheremo di intervenire in modo costruttivo per migliorare ancora, se possibile, il testo. Rivolgo un auspicio: che sui nostri emendamenti, come sugli emendamenti di tutti, vi sia - e lo dico da deputato che vota la fiducia a questo Governo - un'indicazione chiara da parte del Governo. C'è una maggioranza parlamentare, c'è un Governo, c'è un Ministro del quale abbiamo fiducia: quindi, l'auspicio è che vi sia una linea chiara da parte del Governo, per evitare che, in certe circostanze, si possa arrivare a maggioranze diverse da quella che sostiene il Governo. Perché? Perché questo potrebbe, altrimenti, giustificare, anche nell'altro ramo del Parlamento, anche su provvedimenti concernenti la giustizia, il mantenimento di norme - penso alla responsabilità civile - attraverso maggioranze diverse. Questo non lo vogliamo: vogliamo condividere con il Governo tutto il percorso su tutti i provvedimenti. Quindi, anche il metodo per noi è molto importante (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, prendo la parola dopo vari interventi che hanno affrontato in maniera costruttiva questo provvedimento. Vorrei subito dire che, sicuramente, c'è soddisfazione per un provvedimento così complesso e così articolato, che cerca di affrontare, in maniera dirimente, il fenomeno della corruzione dal punto di vista della prevenzione e della repressione, e che, finalmente, è approdato in Aula.
Su questo, come dicevo, c'è soddisfazione e c'è anche la coscienza, la consapevolezza di un forte mutamento rispetto ai contenuti con cui il provvedimento era approdato alla Camera dopo il voto del Senato; un provvedimento che aveva un titolo altisonante, ma contenuti, a nostro avviso, scarsamente incidenti sul fenomeno.
Un fenomeno, quello della corruzione, che - come è stato più volte ripetuto e ormai rappresenta un denominatore comune di vari interventi, anche di esponenti di diverse forze politiche - sicuramente è sistemico, invasivo, mina la fiducia dei cittadini, mina la nostra economia ma che, soprattutto, ha un'incidenza, a mio avviso, negativa proprio sulla società e sull'affermazione di principi fondamentali della democrazia - quali l'eguaglianza, la trasparenza, il buon andamento della pubblica amministrazione - e che, quindi, necessitava di una azione forte, costruttiva, fatta, non solo di affermazioni, ma di soluzioni. Tali soluzioni sono state trovate attraverso una sinergia e, a questo proposito, certamente, bisogna dare atto al Parlamento del fatto di voler affrontare questa problematica a trecentosessanta gradi e quindi, come è stato detto dal collega Giovanelli e da altri parlamentari, occorre cercare di cogliere prima di tutto l'aspetto della prevenzione; questa parte dovrà essere ancora rivista - credo che ne abbia parlato anche la relatrice Santelli - e arricchita da ulteriori emendamenti che ci attendiamo dal Ministro Patroni Griffi. Nella parte che attiene alla repressione dei reati credo che la proposta del Ministro Severino rappresenti un notevole passo avanti rispetto all'articolo 9 del disegno di legge Alfano. Un ulteriore passo avanti c'è stato, anche grazie al contributo forte e rigoroso della relatrice, oltre che nell'atteggiamento e nella attività di costruzione che siamo riusciti in qualche modo a portare avanti nella discussione in Commissione. Credo che ci sia un punto fermo: noi - e con il noi intendo tutte le forze politiche - non ci possiamo sottrarre a questo impegno che rappresenta un banco di prova di credibilità della politica; non ci possiamo sottrarre a quello che deve essere un confronto sì, ma non al ribasso. Questo provvedimento deve accrescersi, eventualmente, di strumenti che rafforzino la lotta alla corruzione, ma non deve assolutamente indebolirsi. Questo è un fenomeno dilagante, un fenomeno incidente che non si può superare con le parole; non ci possiamo accontentare di dire che incide per 70 miliardi di euro e ripeterlo, continuamente, nei vari interventi Pag. 25sull'economia; abbiamo la responsabilità politica, istituzionale, di trovare degli strumenti che lo contrastino. Su questo punto dobbiamo tener conto anche delle tracce e degli input che vengono dagli organismi internazionali; non solo dalle convenzioni internazionali - e credo che sia un punto molto favorevole per questo Parlamento il fatto che contestualmente si avvii anche la ratifica, da parte della Camera, della Convenzione internazionale di Strasburgo del 1999 proprio sulla corruzione penale - ma dobbiamo tener conto anche di quello che è il frutto del rapporto della Commissione Greco, depositato nel marzo 2012, dove sostanzialmente, dopo una approfondita valutazione e un approfondito monitoraggio, vengono riportati quelli che sono gli aspetti critici del nostro ordinamento.
Noi non possiamo stravolgere la proposta del Ministro Severino e quindi far finta di non comprendere che bisogna andare in certe direzioni. Alcune lacune che interessano proprio il nostro contesto legislativo sono state colmate; nel nuovo articolato presentato dal Ministro sono state introdotte nuove fattispecie di reato che prima non c'erano o non erano adeguate.
Si è parlato prima del traffico di influenza illecita, che si distingue dal millantato credito, che già esisteva nel nostro ordinamento, ma che fa riferimento all'inganno da parte del millantatore, mentre nel traffico di influenza illecita vi è lo sfruttamento di relazioni esistenti, il pagamento di un prezzo per mediazioni illecite, e su ciò vi è stato lo sforzo congiunto per cercare di delimitare le fattispecie di reato, per non creare incertezze, per non punire condotte border line, per non creare proprio quella situazione di non determinatezza della fattispecie normativa penale. Però, sicuramente, l'introduzione di questo reato, non ci è richiesta solo dalle convenzioni internazionali, ma perché essa coglie anche prassi ed effetti distorti della nostra società e del fenomeno corruttivo.
Sappiamo che lo statuto che riguarda i reati contro la pubblica amministrazione, oggi vigente è antico: costruito negli anni Novanta, ha avuto qualche ritocco negli anni Duemila, ma in realtà è ancora impostato sul cosiddetto patto duale, l'accordo tra corrotto e corruttore, quando invece la fenomenologia della corruzione è molto più articolata e molto più complessa, perché vi sono le triangolazioni e vi sono le cricche. Occorre adeguare la norma penale alle nuove fattispecie di reato di corruzione è stato perciò costruito il nuovo reato della corruzione per l'esercizio della funzione, ne parleremo poi diffusamente, quando si entrerà nel merito dell'esame degli articoli e delle eventuali proposte emendative. Tuttavia, con questa nuova figura si è voluto colpire quello che rappresenta un altro aspetto molto pericoloso, che è quello della messa a libro paga del pubblico ufficiale, il fatto che non vi sia uno stretto collegamento con l'atto illecito, con l'atto contrario ai propri doveri, ma un collegamento con l'esercizio della funzione che viene sostanzialmente asservita, che viene, in qualche modo, messa a disposizione di interessi illeciti privati che esula e distorce quello che deve essere il rapporto con la pubblica amministrazione.
Dobbiamo ricordare che prima di questo rapporto del marzo 2012, vi sono stati altri rapporti della commissione Greco, vi sono state ventidue raccomandazioni ancora non recepite, per le quali, quindi, siamo in grandissimo ritardo. Esse coglievano anche la necessità di introdurre un nuovo reato o, comunque, di rivedere un reato che è addirittura inserito nell'ambito del codice civile: la corruzione nel settore privato, sostanzialmente in disuso, disapplicato, così come congegnato, in quanto era un reato punibile soltanto a querela. La corruzione tra privati rivisitata dall'emendamento del Governo ha avuto una rivitalizzazione, una nuova costruzione, che, a nostro avviso, può essere ancora migliorata, proprio perché vede come elemento essenziale il nocumento alla società privata, mentre sappiamo, così come accade per il falso in bilancio, che questo tipo di reati non hanno come bene giuridico di riferimento il patrimonio della Pag. 26società e gli interessi privati della società, ma piuttosto quello del libero mercato, della garanzia della concorrenza, della tutela dei terzi che devono poter partecipare alle attività imprenditoriali, senza che vi sia quell'alterazione che deriva dalla corruzione dei manager, dai passaggi di denaro che può darsi portino anche vantaggio alle società private, ma che sicuramente incidono negativamente e alterano le regole del libero mercato.
Per tornare e rispondere, nella riflessione che faceva poco prima il collega Costa: vorrei fare qualche precisazione in merito alla inadeguatezza delle sanzioni penali, dei minimi e dei massimi delle pene.
Non si può pensare che alzare il minimo delle pene voglia dire «essere forcaioli», perché questa - ecco il motivo per cui dico che bisogna stare accorti a come si porterà avanti anche questo dibattito, perché la pubblica opinione ci guarda - sarebbe un'ipocrisia.
Nel regime complessivo delle pene, e quindi in relazione alla gravità dei comportamenti, credo che sicuramente sia grave il furto, sia grave la rapina, sia grave l'estorsione, perché attentano al patrimonio privato, ma sono ugualmente, se non più gravi, soprattutto certi reati, emblematici dello sviamento della funzione pubblica. Mi riferisco alla concussione, alla corruzione propria, alla corruzione per induzione, alla sanzione per atti qualificabili come reati che incidono sulla fiducia del cittadino nell'apparato-Stato, e creano anche rilevanti danni economici e sociali alle istituzioni.
Quindi, non ci dobbiamo nascondere dietro a un dito. Sappiamo che quando si parla di pene, dobbiamo guardare alla proporzione rispetto alla gravità delle condotte nelle varie articolazioni, ed anche nelle ulteriori fattispecie criminose. Si è tenuto presente il fatto che alcune fattispecie, per esempio, sono prodromiche, ossia puniscono comportamenti «preparatori» rispetto alla corruzione vera e propria, alla devianza vera e propria della funzione, e quindi a quella che è l'essenza della corruzione.
Lì abbiamo mantenuto delle pene che, ad esempio per il traffico di influenza, arrivano fino a tre anni, così per la corruzione tra privati, ed anche per quanto riguarda la corruzione nell'esercizio della funzione (il nuovo 318 c.p. arriva fino a cinque anni). Il minimo, cioè, alcune volte non è fissato ed altre volte è mantenuto basso. Dove si è alzato il minimo? Si è alzato rispetto a reati che hanno un particolare disvalore sociale, e che quindi abbisognano di una pena adeguata, anche perché quella pena, con le pene accessorie collegate, esercita una funzione di repressione e di prevenzione.
Infatti, è ovvio che quando si pensa di poter avere delle conseguenze effettivamente dannose dal proprio comportamento, ciò ha un'efficacia anche di prevenzione nei confronti del pubblico ufficiale. L'inadeguatezza degli attuali minimi e massimi ha fatto sì che uno studio che è riportato nella relazione del rapporto Greco del 2 marzo 2012, analizzando le statistiche dei tribunali per i periodi dal 1983 al 2004, abbia evidenziato che l'87,63 per cento delle condanne per fatti di corruzione sia stato convertito in sospensione della pena.
Poi è intervenuto nel 2006 l'indulto, che ha previsto una riduzione di tre anni di pena per ogni condanna detentiva per tutti i reati commessi al 2 maggio 2006, inclusi i reati in materia di corruzione, e questo ha contribuito sicuramente a rafforzare gli effetti di una sostanziale impunità. Questo è tratto dal rapporto della commissione Greco depositata qualche mese fa. Quindi, su questa linea di congruità delle pene (principali ed accessorie) riteniamo possa essere in qualche modo migliorato il testo attraverso un dibattito adeguato.
Non vogliamo dare un messaggio, comunque, riferibile esclusivamente alla pena carceraria. Noi, invece, vogliamo dare un messaggio che sia anche di deterrenza reale e che riguardi anche l'effettività delle pene accessorie e, quindi, per sintesi: estinzione del rapporto di pubblico impiego, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, interdizione dai pubblici uffici, incandidabilità. Pag. 27Su questo punto vi è anche la delega che fa parte della prima parte dell'articolato, quello che è maggiormente di pertinenza della I Commissione (Affari costituzionali). Su questo, Ministro, verteranno anche alcuni dei nostri emendamenti, che vorremmo discutere proprio perché, a prescindere dalla bontà dell'uno o dell'altro emendamento, ne esca un testo che garantisca, in qualche modo, l'effettività della pena principale e anche di quella accessoria.
L'altro punto, che non deriva soltanto da una nostra linea politica, ma che fa parte anche dei rilievi che sono stati espressi a livello internazionale, nelle raccomandazioni ripetute di cui parlavo, è quello - che si raccorda sempre con l'effettività dell'accertamento e, quindi, delle sanzioni - che riguarda il regime della prescrizione. Su questo punto presenteremo alcune proposte, una o due, che sostanzialmente, a nostro avviso, potrebbero dare un segnale importante e fattivo. Siamo consapevoli del fatto che il regime della prescrizione dovrebbe essere affrontato in maniera sistematica. Però, riteniamo che così come già il legislatore ha previsto delle deroghe al regime che è attualmente in vigore, quello che deriva dall'ex Cirielli, che sostanzialmente ha dimezzato i tempi di prescrizione, riteniamo che alcune deroghe possano essere previste anche per i reati più gravi riguardanti la pubblica amministrazione, in un contesto di deroghe già previste dal legislatore per alcuni fatti di particolare allarme.
Credo, dunque, che sia importante segnalare la trattazione di questo provvedimento in Aula. Si tratta di un provvedimento che non deve assolutamente porsi come uno spot, ma che può essere un banco effettivo di prova e di confronto tra le forze politiche. Mi ha fatto piacere che anche la Lega Nord Padania si sia apertamente manifestata in un atteggiamento costruttivo, perché credo che non vi sia più tempo da perdere. Credo che la politica debba dare un segnale effettivo. Lo ha dato l'altra settimana con il provvedimento riguardante il finanziamento dei partiti, ma credo che questo sia uno dei provvedimenti concreti, con cui la politica possa riappropriarsi della fiducia e della credibilità dei cittadini.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ferranti.
DONATELLA FERRANTI. Noi ci adopereremo sicuramente per procedere lungo questa strada, in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, chiedo di autorizzarmi a depositare il testo che ho predisposto, che è molto articolato e di cui mi limiterò a farne una sintesi a voce.
Vorrei, innanzitutto, rendere un apprezzamento alla signora Ministro, che è presente in Aula. Questo fatto non è avvenuto molto spesso, in passato.
Apprezziamo questo stile, che pratichiamo - di rispetto per le istituzioni - che non mi esimerà naturalmente dall'esprimere, con garbo, ma con nettezza, le ragioni per le quali l'Italia dei valori non è d'accordo sul testo che arriva oggi all'esame dell'Aula. Vorrei leggere molto brevemente alcune considerazioni.
La corruzione è un fatto molto grave di deformazione del sistema politico; la corruzione distorce alla radice il ruolo delle istituzioni rappresentative perché le usa come terreno di scambio politico tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti. In tal modo, le scelte politiche favoriscono gli obiettivi ristretti di quanti possiedono i mezzi per influenzarle ed impediscono la realizzazione del bene comune di tutti i cittadini. La corruzione va annoverata tra le cause che maggiormente concorrono a determinare il sottosviluppo e la povertà e talvolta è presente anche all'interno degli stessi processi di aiuto ai Paesi poveri. La corruzione priva i popoli di un fondamentale bene comune, quello della legalità, il rispetto delle regole, il Pag. 28corretto funzionamento delle istituzioni economiche e politiche e la trasparenza. Quello della legalità è un vero bene comune a destinazione universale: esso è infatti una delle chiavi per lo sviluppo in quanto permette di stabilire corretti rapporti tra società, economia e politica e predispone il quadro della fiducia in cui l'attività economica si iscrive. Queste poche parole descrivono in modo molto chiaro il concetto della pericolosità della corruzione. Esse non sono parole scritte dall'Italia dei Valori, ma contenute nel documento del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, adottato a seguito di un congresso internazionale che quel consiglio ha svolto nel 2006. Noi le facciamo nostre.
È una battaglia, quella per legalità e contro la corruzione nella pubblica amministrazione, che da tempo l'Italia dei valori conduce, ed è per questo che noi diamo una valutazione complessivamente di una certa delusione per il risultato complessivo di questo provvedimento. La parte relativa alla prevenzione avrebbe potuto essere molto, ma molto più efficace e determinata. Lo strumento della delega adoperato non ci trova d'accordo per motivi istituzionali, di metodo e di contenuto, ma questa è una parte che non è attribuibile agli attuali Ministri presenti - saluto anche il Ministro Patroni Griffi - in quando si tratta di norme e disposizioni di un articolato approvato prima che questo Governo si insediasse.
Vogliamo esprimere anche un giudizio di delusione nei confronti della parte relativa alla normativa penale. Questa deriva da due considerazioni: la prima è relativa al fatto che in questo provvedimento avrebbero potuto essere presenti alcune norme molto più efficaci di contrasto alla corruzione all'interno della pubblica amministrazione. Voglio riferirmi alla normativa più stringente sulla prescrizione: è noto che i reati contro la pubblica amministrazione spesso vengono scoperti tardi, e quando vengono scoperti necessitano di un'istruttoria molto lunga e prolungata; così è facile che questi processi cadano in prescrizione. Noi crediamo che un intervento di carattere generale sulla prescrizione - come si prevede in una nostra proposta di legge, per la quale la prescrizione rimane definitivamente sospesa una volta che vi è l'esercizio dell'azione penale - oppure delle normative relative alla specie dei reati contro la pubblica amministrazione, avrebbero potuto portare a quella efficace azione di contrasto a questa tipologia di criminalità, che l'Unione europea raccomanda a tutti gli Stati membri. Purtroppo, noi siamo agli ultimi posti per quanto riguarda la ratifica della Convenzione, ma soprattutto per quanto riguarda l'adeguamento della normativa penale interna ad una più efficace lotta contro la corruzione.
Avremmo voluto e abbiamo anche chiesto che in questo provvedimento venisse inserito il nuovo delitto di autoriciclaggio. Abbiamo proposto degli emendamenti che riguardavano la punizione di reati come l'istigazione alla concussione quando non viene accolta e l'istigazione alla corruzione quando non viene accolta. Abbiamo anche proposto una serie di emendamenti volti a rendere assai più severe le pene accessorie. Tutto questo non ha avuto ingresso e per noi è una riduzione, una diminuzione, una rinuncia ad interventi e a strumenti normativi che avrebbero potuto rendere assai più efficace e direi inesorabile, implacabile la lotta contro questo cancro della nostra società, che colloca purtroppo l'Italia ai livelli più bassi nella graduatoria mondiale della corruzione.
Ma ci sono anche alcuni elementi concreti che secondo noi indeboliscono la lotta contro la corruzione. Ci riferiamo in modo particolare a quello che noi abbiamo chiamato lo spacchettamento dell'articolo 317 del codice penale, cioè la distinzione tra concussione per costrizione, che rimane l'unica forma di concussione, e la concussione per induzione, che non esiste più come reato di concussione, ma è diventata un'illecita induzione a dare o promettere danaro o altri benefici o vantaggi. Noi su questo abbiamo una concezione che ci fa piacere aver visto presente anche nella relatrice per la Commissione giustizia. Abbiamo apprezzato Pag. 29che anche lei, come noi, abbia rinunciato a tutti gli emendamenti. Ma noi non abbiamo rinunciato al loro contenuto, in quanto abbiamo ritirato gli emendamenti per consentire al Governo un voto in Commissione sulla sua proposta. Questo lo crediamo assolutamente legittimo, ma noi riproponiamo in questa Aula la nostra concezione, che è una concezione di assimilazione in un unico delitto di concussione-corruzione di tutte le ipotesi, sia di concussione per costrizione, sia di concussione per induzione, sia di corruzione propria, sia di corruzione impropria. In questo modo, avremmo messo in un'unica fattispecie normativa incriminatrice tutta questa tipologia di reati contro la pubblica amministrazione, senza se e senza ma, senza distinguere tra le condotte, cosa che spesso è molto difficile.
Credo che in il reato di concussione per costrizione sia rarissimamente contestato. Mi domando quale sia la costrizione. Se c'è una pistola puntata alla tempia o un sequestro di una persona in atto? La costrizione è fisica e morale e sono ipotesi di una tale rarità che conservare solo per esse l'ipotesi della concussione ci sembra francamente molto riduttivo. La concussione per induzione è quella che più frequentemente si verifica. L'induzione, il suggerimento molto cogente, che rappresenta spesso non solo la forma più frequente di tentativo di coartazione della volontà altrui, ma spesso anche una forma più subdola e non necessariamente meno grave della costrizione. D'altra parte la mafia, quando non usa lo scioglimento nell'acido o nel cemento, usa l'induzione, cioè tutte quelle forme di timore che viene inculcato per un bene dei propri figli o anche per un bene immateriale da conseguire, come un concorso o una laurea.
Ecco, la concussione per induzione è uno degli strumenti più subdoli. Ora, noi riteniamo che averla espunta dalla concussione, averla chiamata in modo diverso e, soprattutto, averla punita con molta minore serietà determini una ridotta efficacia della lotta contro la corruzione e la concussione nella pubblica amministrazione.
Tutti noi leggiamo la stampa, anche quella meno schierata, la stampa più oggettiva, che si è posta e ha posto all'opinione pubblica rilevanti problemi e interrogativi, che oggi vorrei trasferire, con tutto il rispetto, ma anche con tutta la nettezza che è necessaria in quest'Aula, che è il luogo della responsabilità, al Ministro. Il Sole 24 Ore è un organo assolutamente imparziale, che si occupa di questi problemi non con una visione di parte, ma, ugualmente, anche su il Fatto Quotidiano e su altri organi di stampa importanti sono nati diversi interrogativi. In Commissione ho detto che il nuovo articolo 319-quater è la madre di tutte le verità, perché da questa ipotesi si vede se si vuole fare una lotta efficace nei confronti della corruzione e della concussione. Vorrei porre alcuni interrogativi, che sono rivolti all'illustre giurista per quanto riguarda gli aspetti tecnici e sono rivolti al Ministro per quanto riguarda gli aspetti politici.
La prima domanda è questa: quale regime giuridico, poiché ci sono diverse leggi nel tempo, reggerà i processi in corso, che sono stati iniziati con l'imputazione di concussione per induzione, ai sensi dell'articolo 317 del codice penale? Se in certi processi l'imputazione sarà stata fatta in concorso o comunque vi sarà un concorso formale di reati e se ci saranno diversi reati in un unico procedimento, cosa succederà? Si fermerà tutto il procedimento? Si farà uno stralcio soltanto per iniziare un nuovo procedimento? Sono interrogativi seri e importanti, signora Ministro. In quanto tempo si prescriverà il nuovo reato dell'articolo 319-quater, anche rispetto all'attuale articolo 317, soprattutto in rapporto al fatto che, mentre la pena della concussione per induzione supera i 10 anni, arriva fino a 12 anni, la pena prevista per il reato di cui all'articolo 319-quater si ferma a 8 anni? Mi pare di capire che la prescrizione sarà assai più ridotta e limitata.
Vorrei anche chiedere se risulta al Ministro quanti processi pendono per concussione per induzione che saranno soggetti al nuovo regime giuridico. Qual è la Pag. 30data di prescrizione di questi diversi processi? È vero che alcuni di questi stanno per prescriversi e che anche processi in corso a carico di imputati eccellenti, di cui non dico i nomi qui, ma sono scritti sulla stampa, se si passa dalla concussione per induzione all'induzione illecita con consegna di denaro o di altra utilità, sarebbero già automaticamente prescritti? Sono processi che riguardano, ripeto, imputati eccellenti, che fanno riferimento a diversi partiti, presenti anche in Parlamento.
Queste cose le chiedo non solo perché il gruppo di Italia dei Valori ritiene che sia importante saperle, ma anche perché credo che sia un'opera di chiarezza importante, anche per eliminare equivoci, anche per eliminare dubbi, anche per eliminare ogni ombra che possa esistere su un'operazione di questo genere.
Soprattutto, c'è una domanda che io mi rivolgo e che ho rivolto anche alla Commissione: perché? Perché si è avvertita la necessità di trasformare un'ipotesi criminosa quale la concussione per induzione in un reato meno grave? Fuori da ogni strumentalità, signora Ministro, fuori da ogni problema di lotta politica, che qui non esiste, perché stiamo trattando questioni di grande serietà per la nostra collettività, io non mi so dare una risposta al perché è stata operata una trasformazione, una modifica, così grande.
Noi abbiamo proposto degli emendamenti che servirebbero anche a sgombrare ogni equivoco, ogni nube, ogni dubbio, ogni sospetto. Per esempio, abbiamo proposto - a parte l'emendamento soppressivo, a parte la nostra ipotesi di delitto di concussione e corruzione che coincide, lo ripeto, con quella della relatrice collega Angela Napoli - anche alcuni emendamenti. Portiamo la pena per l'induzione indebita prevista dal 319-quater alla pena da 6 anni a 12 anni. In questo modo, lo qualifichiamo diversamente, però non apportiamo variazioni rispetto al sistema attuale che riguarda, tra l'altro, la prescrizione.
Ci siamo anche posti il problema se non sia possibile, in deroga al quarto comma dell'articolo 2 del codice penale, prevedere che comunque questa normativa non si applichi ai processi in corso. Non mi pare che ci sia un vincolo costituzionale, perché il secondo comma dell'articolo 25 della Costituzione, che si occupa di questi problemi, vieta solo la retroattività della norma penale.
Ecco alcuni interrogativi che noi crediamo che l'opinione pubblica si aspetti di vedere risolti, perché crediamo che in un intervento di questo genere non sia possibile, ma sia necessario, fugare ogni dubbio. Naturalmente, siccome discuteremo di nuovo e cominceremo la votazione mercoledì, ci sarà tutto il tempo per poi fare anche tutti questi accertamenti, anche quantitativi, su queste cose.
Se non ci fossero state alcune cose che noi consideriamo un vulnus per una maggiore efficacia della lotta nei confronti della corruzione e concussione, avremmo preso in considerazione diversamente questo testo. Lo avremmo preso in considerazione diversamente perché riteniamo che sia di straordinaria importanza, oltre che di necessità assoluta, il fatto che il Parlamento, finalmente, dopo più di dieci anni in cui non ha ratificato la Convenzione di Strasburgo, arrivi ad una sua determinazione. Ci conforta il fatto di vedere che non stiamo più discutendo su un disegno di legge che il precedente Governo aveva, secondo noi, confezionato in maniera ancora meno efficace, ma avremmo voluto, ci avrebbe fatto piacere, che questo testo fosse stato ancora più efficace e stringente nei confronti della corruzione. Confidiamo che ci sia la possibilità ancora, in sede di discussione in Aula, di apportare quegli emendamenti che servirebbero comunque a fugare ogni dubbio e ogni perplessità, cosa che noi fortemente desideriamo.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Pag. 31
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4434-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione affari costituzionali, onorevole Santelli. Prendo atto che l'onorevole Santelli vi rinuncia.
Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per ringraziare intanto i due ministri, Patroni Griffi e Severino, per essere stati presenti e sicuramente avere preso atto di quelli che sono stati gli interventi dei colleghi rappresentanti dei vari gruppi.
Il provvedimento è stato calendarizzato, ha iniziato il suo iter un anno fa. È un provvedimento di notevole necessità ed urgenza. Sicuramente, dal mio punto di vista, meriterebbe ancora qualche intervento, anche nel settore relativo alla prevenzione. Penso che il Ministro Patroni Griffi interverrà in tal senso, sperando che non vi siano, nelle sue proposte emendative, delle retrocessioni rispetto a quanto è stato il frutto del lavoro delle due Commissioni. Mi auguro che anche il Ministro Severino, senza volere per questo stravolgere l'impianto predisposto nel settore della repressione dallo stesso Ministro, possa tuttavia prendere atto di quello che è possibile ancora affinare. Ringrazio per gli interventi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, intervengo molto brevemente perché ritengo che poi vi sarà, nell'esame dei singoli articoli, una più specifica presa di posizione.
Come lor parlamentari sanno, questo è un provvedimento del quale abbiamo lungamente discusso e sul quale, quindi, vi è stato un forte impegno del Governo insieme alle Commissioni riunite per arrivare ad un testo che tenesse conto di una serie di esigenze di carattere assolutamente oggettivo. Questo ci terrei a sottolinearlo. In questo testo nulla vi è che non sia stato ispirato dal desiderio di mettere in fila una serie di valori di rilevanza costituzionale, di coniugarli con delle condotte che si è cercato di specificare al meglio e di collegarli a delle sanzioni che fossero proporzionate ai valori individuati e alle pene che sono state ritenute più aderenti a questo elenco di valori.
Per quanto riguarda la selezione delle fattispecie, come pure tutti sanno, l'introduzione delle due nuove fattispecie, di traffico di influenze illecite e di corruzione privata, ha rappresentato una delle novità di questo provvedimento. Si tratta di fattispecie sulle quali il confronto con altri Paesi europei è stato condotto in maniera assolutamente piena, proprio per verificare che vi fossero fattispecie simili negli altri ordinamenti europei e per allineare l'Italia a queste esigenze, che comunque apparivano ampiamente e fortemente condivise.
La costruzione delle condotte non è stata semplicissima. Io ringrazio la Commissione per il contributo che, su invito del Governo, ha dato ad una migliore costruzione delle fattispecie ed a una migliore selezione dei disvalori costituzionalmente tutelati da porre a presidio di queste fattispecie.
Anche il tema della corruzione, con una spendita della funzione della corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, mi pare che abbia ricevuto un beneficio dal contributo della Commissione in termini di definizione delle condotte.
Rimangono due temi su quali il dibattito è rimasto acceso: quello delle pene e quello della concussione. Sul tema delle pene devo dire che la scala dei valori è abbastanza ben delineata.
Vorrei che si evitasse - lo vorrei nell'interesse dei cittadini, del Paese e di Pag. 32un'esigenza di avere una normativa coerente e compatta - un'altalena di pene che non siano in scala con i valori. Dunque certamente la discussione è aperta, perché ancora sono aperti tutti i termini per gli emendamenti, ma naturalmente mi aspetto fiducia nel fatto che, dopo il ritiro degli originari emendamenti, si riesca a trovare una soluzione che coordini le pene, perché credo che dobbiamo dar conto al Paese di una normativa, di una legislazione importante, di un blocco importante di norme che devono avere una loro coerenza intrinseca. Quindi più che di temi di carattere generale, di pena minima e di pena massima, credo si debba mantenere una coerenza interna al sistema. Accolgo quindi l'invito ad una presa di posizione del Governo al riguardo. Certamente il Governo non si è mai sottratto alle proprie responsabilità; ha semplicemente voluto che il Parlamento e i parlamentari avessero il più ampio spazio per fornire un contributo costruttivo, ma nel momento in cui occorrerà arrivare ad una determinazione il Governo è senz'altro pronto ad assumersi tutte le responsabilità.
Rimane il tema della concussione. Al riguardo, si è cercato di costruire una fattispecie che prescindesse dal tema dei processi in corso, il che ritengo sia un pregio e non un difetto della legislazione. Se il legislatore dovesse, ogni volta che modifica una norma, darsi carico di ciò che sta accadendo nelle aule di giustizia, nessuna norma sarebbe modificabile nel nostro ordinamento.
Le ragioni di questa modifica - poiché mi è stato chiesto di darne conto - ci sono, esistono, e si rinvengono nell'invito, che noi abbiamo ricevuto dall'Europa, non a specifici interventi di unione di due fattispecie diverse, come la corruzione e la concussione, ma semmai a dare maggiore chiarezza ad una distinzione che può portare l'impunità di alcuni soggetti e la punibilità di altri. È a questo bisogno di chiarezza che ho cercato di rispondere, creando una struttura nella quale la concussione per costrizione vede come unico soggetto attivo il pubblico ufficiale che non ha bisogno della pistola per costringere, non ha bisogno della violenza fisica per costringere, ha uno strumento molto più forte che è quello del metus publicae potestatis, rispetto al quale il soggetto privato non si può sottrarre. Al contrario, nella fattispecie di induzione ci sono due categorie di soggetti, anche quella dell'incaricato di un pubblico servizio, e dunque vi è una situazione di superiorità del soggetto pubblico ma non tale da portare ad una vera e propria costrizione. Di questo abbiamo già a lungo discusso in sede di Commissione, quindi credo il tema sia chiaro. Anche sul tema invece del fondere le due fattispecie di corruzione e concussione, la cosiddetta «proposta Cernobbio», si è molto discusso ma vi sono state molte critiche in sedi assolutamente non sospettabili di avere interessi diversi da quelli scientifico-teorici perché il dibattito si è svolto proprio sul piano scientifico-teorico. Quella unione delle due fattispecie non tiene conto di una profonda diversità di due situazioni: quella del privato che si accorda con il pubblico ufficiale e ne ottiene quindi un qualcosa di utile e quella invece del privato che è costretto ad un certo comportamento. Ho fatto più volte l'esempio del padre che per ricoverare il proprio figlio è costretto a pagare il primario: in questa situazione vi è una costrizione vera e propria e gradatamente vi sarà poi un'induzione nella quale vi sarà una corresponsabilità, sia pure con pena più bassa, del privato e poi un accordo vero e proprio. Questa è la linea che ho cercato di tenere e che naturalmente tiene conto del fatto che nell'esperienza giurisprudenziale le due figure della concussione per costrizione e per induzione coesistano ampiamente. Sono proprio i casi di induzione che hanno determinato maggiori difficoltà interpretative.
È proprio per questo che ho cercato di dare un apporto di maggiore chiarezza sulla distinzione, e su questo ringrazio la Commissione che a maggioranza ha seguito questa indicazione. Un'ultima annotazione sul tema della prescrizione. Ho detto più volte che il regime della prescrizione Pag. 33segue e non precede quello dell'entità della pena. La pena va stabilita non sulla base di ragioni prescrizionali ma sulla base del rilievo del bene giuridico tutelato. Dunque la prescrizione sarà una conseguenza, e più volte ho detto che un'eventuale modifica della prescrizione va fatta in altra sede, in sede di carattere generale, per non creare dei provvedimenti che sono sproporzionati e pieni di quelli che chiamerei una sorta di bubboni che nulla hanno a che vedere con l'impianto normativo di quello specifico settore. La stessa cosa vale per l'autoriciclaggio. Il rifiuto dell'idea di inserire una norma sull'autoriciclaggio nell'ambito del provvedimento in materia di concussione nasce da una considerazione: la condotta di autoriciclaggio è una condotta che può essere comune a tutti i reati che abbiano un contenuto patrimoniale.
Allora rimbocchiamoci le maniche e studiamo una ipotesi di aggravante o di fattispecie autonoma (sono a piena disposizione per farlo), ma che questa norma debba essere inserita in questo provvedimento mi sembra sia assolutamente incongruo. Mi sono mantenuta alla sintesi perché anche gli onorevoli parlamentari lo avevano fatto (li ringrazio anche di questo), visto che del tema si è abbondantemente discusso e ci sono delle relazioni scritte estremamente ampie. Quindi confido poi in un confronto sugli emendamenti che possa essere, come già lo è stato in Commissione, estremamente costruttivo.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: S. 850 - D'iniziativa dei senatori: Li Gotti ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (Approvata dal Senato) (A.C. 5058).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di ratifica, già approvata dal Senato, d'iniziativa dei senatori Li Gotti ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione di tale proposta di legge è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2012.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 5058)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione del relatore, l'onorevole Narducci, vicepresidente della Commissione.
FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, con il suo permesso poi consegnerò il testo scritto, ma vorrei esprimere alcuni concetti importanti. Intanto l'Italia ha sottoscritto la Convenzione già il 27 gennaio 1999, ma nessun Governo ha poi dato seguito alla ratifica. Nella XIV e XV legislatura sono state presentate alcune proposte di legge d'iniziativa parlamentare con il medesimo oggetto, delle quali tuttavia non è mai iniziata la discussione. L'approccio del Consiglio d'Europa in questo settore è caratterizzato dalla multidisciplinarità, in quanto la corruzione è un fenomeno multiforme che richiede azioni di tipo differente e non solo di tipo giuridico. Il Consiglio ha quindi inteso approntare un ampio ventaglio di strumenti tendenti ad una reciproca complementarietà raccordandoli ad un unico organo di controllo, il Gruppo di Stati contro la corruzione (il cosiddetto GRECO). Gli Stati aderenti sono poi tenuti ad approntare sanzioni e misure efficaci e dissuasive inclusa la privazione della libertà personale ai fini di estradizione.
La Convenzione comprende anche disposizioni in materia favoreggiamento, immunità, determinazione della giurisdizione Pag. 34degli Stati e responsabilità delle persone giuridiche, istituzione di organismi specializzati anticorruzione, protezione delle persone che collaborano con inchieste o procedimenti giudiziari, raccolta delle prove e confisca dei proventi. La Convenzione prevede inoltre il rafforzamento della cooperazione internazionale, vale a dire assistenza reciproca, estradizione e scambi di informazioni nelle indagini e nel perseguimento dei reati di corruzione.
Si tratta, quindi, di uno strumento ambizioso, volto a coordinare la penalizzazione di un gran numero di pratiche di corruzione, di cui l'Italia ha senz'altro grande bisogno e da cui potrebbe trarre profitto la tutela della legalità a tutti i livelli. Ricordo, però, che il Senato, nell'approvare la proposta di legge di ratifica, l'ha trasmessa alla Camera priva della disciplina di adeguamento interno, rinviando tale adempimento al disegno di legge d'iniziativa del Governo cosiddetto anticorruzione, anch'esso in itinere tra i due rami del Parlamento. Nell'esaminare preliminarmente il testo, la Commissione affari esteri della Camera non ha potuto non rilevare come, in assenza di tale disciplina, esso fosse come una scatola vuota, per cui si rischiava l'ennesima pessima figura sul piano internazionale, ratificando formalmente un accordo, ma senza dotarsi dei necessari strumenti di attuazione. Com'è noto, la Convenzione richiama aspetti molto delicati, ad esempio in ordine al reato di concussione e al falso in bilancio, mentre nuove fattispecie concernerebbero la corruzione, attiva e passiva, nel settore privato, il traffico di influenza e l'autoriciclaggio. Pertanto, alla luce del fatto che il Governo non procedeva comunque a presentare un proprio disegno di legge di ratifica da abbinare alla proposta di legge trasmessa dal Senato, la III Commissione riteneva di dover attendere a riferire all'Assemblea finché le Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia non avessero licenziato le nuove norme anticorruzione, integrandole con quanto previsto dalla Convenzione penale. Tale orientamento è stato peraltro confermato dalle stesse Commissioni I e II nelle premesse del parere favorevole reso sulla proposta di legge di ratifica.
Non a caso questa discussione sulle linee generali segue immediatamente quella che si è testè conclusa svolta sul disegno di legge anticorruzione. Mi corre tuttavia l'obbligo di osservare che, mentre quest'ultimo provvedimento avrà bisogno di un'altra lettura, auspicabilmente in tempi brevi, presso l'altro ramo del Parlamento, la proposta di legge di ratifica potrà ricevere sin d'ora la sua approvazione definitiva se la Camera non modificherà il testo trasmesso dal Senato. Resta, quindi, da valutare se il deposito dello strumento di ratifica non debba attendere la conclusione dell'iter parlamentare dell'altro provvedimento. Riterrei opportuno al riguardo un chiarimento da parte del Governo. Colgo, infine, l'occasione per segnalare l'opportunità di procedere analogamente anche per quanto concerne la ratifica della Convenzione civile del Consiglio d'Europa, sempre in materia di corruzione, il cui esame ha preso le mosse dalla Camera. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli deputati, intervengo molto brevemente per dire che l'idea di abbinare i due provvedimenti, cioè di portarli nella stessa sede e nello stesso momento, quello relativo alla corruzione e quello relativo all'approvazione della Convenzione, è stata un'idea senz'altro da approvare. Vi sono, infatti, reciproche interferenze tra i due provvedimenti, dato che la Convenzione di Strasburgo suggerisce l'introduzione di una serie di reati, gran parte dei quali, anzi la maggior parte dei quali fortunatamente già esiste nel nostro ordinamento; ordinamento estremamente evoluto da Pag. 35questo punto di vista. Diciamolo che non abbiamo nulla da invidiare ad altri Paesi europei per quanto riguarda tutta una serie di norme che attengono al tema generale della corruzione. Naturalmente, vi sono alcuni temi sui quali, invece, vi deve essere un adeguamento e si tratta di temi che si sono trasfusi poi nel provvedimento relativo alla corruzione e riguardano in particolare, appunto, il traffico di influenze illecite e la corruzione tra i privati.
Mi sembra che l'abbinamento dei due provvedimenti consenta serenamente di varare questa Convenzione, dandole anche un'esecuzione concreta unitamente al provvedimento relativo alle modifiche ai reati contro la pubblica amministrazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, anche in questo caso chiedo di essere autorizzato a depositare l'intervento più ampio che ho predisposto; adesso mi limito ad alcune considerazioni di carattere generale. La ratifica della Convenzione di Strasburgo per la lotta contro la corruzione che risale al secolo scorso, al millennio scorso, che è divenuta operativa e ratificata dal 2002 da altri Paesi del Consiglio d'Europa e non ancora dall'Italia, è arrivata all'attenzione del Parlamento per iniziativa dell'Italia dei Valori. La proposta di legge in esame infatti, a prima firma Li Gotti, è stata presentata al Senato e approvata dal Senato. Il provvedimento era più ampio, nel senso che conteneva anche le parti relative all'adeguamento della normativa penale: normativa che è stata stralciata a seguito della presentazione di un apposito disegno di legge da parte del Governo relativo alla sola normativa di adeguamento delle disposizione dell'ordinamento penale. Non è un caso - voglio rivendicarlo al mio partito - il fatto che la proposta di legge in esame, che è stata approvata dal Senato, venga oggi approvata dalla Camera - lo auspichiamo - senza modificazioni, in modo che possa divenire oramai definitivo per la doppia lettura conforme. Non è un caso perché, come ho detto intervenendo sull'altro provvedimento, l'Italia dei Valori ha fatto da tempo della lotta contro la corruzione e della tutela della legalità una delle sue ragioni fondanti. Infatti, in Italia purtroppo la corruzione è un fenomeno di straordinaria gravità. La Corte dei conti ci dice che essa costa ogni anno ai cittadini italiani 60 miliardi - l'ha ripetuto il presidente Giampaolino e lo conferma costantemente - perché la corruzione è anche un vulnus molto grave all'etica pubblica nel senso che deprime il sentimento di fiducia dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, che spesso si sentono vessati e costretti a pagare qualcosa per compiere atti che dovrebbero invece essere compiuti soltanto per l'adempimento del dovere da parte dei pubblici funzionari. Ma non si tratta soltanto di casi di questo genere. C'è anche tutta la partita che riguarda le consulenze: tanti consigli di amministrazione inutili che concorrono complessivamente a deprimere non solo le risorse dello Stato da destinare allo sviluppo, alla riduzione della tassazione che ha raggiunto livelli assolutamente inaccettabili, ma contribuiscono anche a deprimere complessivamente il tono etico del nostro Paese. Quindi rivendichiamo con orgoglio e con grande piacere il fatto che oggi si discuta su un testo proposto dal nostro gruppo dell'Italia dei Valori, così come ringraziamo e apprezziamo il fatto che esso sia divenuto patrimonio condiviso da parte di tutto il Parlamento. Sotto questo profilo auspichiamo che questo provvedimento sia approvato così com'è, in modo che finalmente il nostro Paese esca da quella vergogna in cui l'ha relegato una troppo prolungata inerzia nei confronti della ratifica di questo importantissimo strumento che è anche una carta d'identità e una garanzia per i Paesi europei della nostra volontà di uscire dalla corruzione e di collocarci allo stesso livello di molti altri Paesi dell'Europa civilizzata. Pag. 36
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei fare riferimento a ciò che ho ascoltato da parte del relatore: egli ha posto quesiti ed interrogativi rispetto al testo nei confronti del rappresentante del Governo, che, in seguito, ha sciolto, dando anche una risposta circa l'opportunità di portare a conclusione la ratifica in oggetto, anche alla luce del provvedimento che abbiamo discusso fino a qualche momento fa.
Noi siamo d'accordo su questo, siamo d'accordo sulle valutazioni fatte dal Ministro, siamo anche d'accordo sul senso e sul significato delle sollecitazioni che sono state poste dal relatore. Vorrei fare soltanto una riflessione. Questa è una Convenzione fatta a Strasburgo il 27 gennaio del 1999: siamo in presenza della ratifica già di 42 Stati. Noi siamo inadempienti, pur essendo in una situazione non facile e non buona per quanto riguarda la corruzione sullo scenario mondiale.
Qual è la mia valutazione anche rispetto all'unico organo di controllo, il gruppo di Stati contro la corruzione, cioè - come ha ricordato il relatore - il cosiddetto GRECO? C'è un tema, un problema che, per alcuni versi, possiamo risolvere attraverso i quesiti che devono essere posti, così come ricordavo. Il Ministro ha ricordato che si prevede l'introduzione di due fattispecie di reati: il traffico d'influenza e la corruzione tra privati.
La Convenzione di Strasburgo è stata ratificata da 42 Stati: anch'io auspico che l'Italia, che anche noi come Camera dei deputati accettiamo ed accogliamo il testo che ci è pervenuto dal Senato, approvandolo, quindi, in via definitiva. L'aspetto vero è capire come sia l'azione di cooperazione e come si muova l'Europa dopo questa Convenzione. Credo che questo sia il dato. Infatti, la ratifica della Convenzione in oggetto giunge dopo tredici anni: ebbene, non sappiamo quali sono gli organismi, o l'organismo, a livello europeo che si muovono in questa direzione, né in quali termini si muovano. Non vorrei che fosse solo una dichiarazione di intenti, un accordo, una convenzione di buone intenzioni, senza alcun tipo di risultati e di organizzazione pregnante ed incisiva, che dia senso e significato e che dia attuazione a questa Convenzione.
Questa, in fondo, è anche una raccomandazione che rivolgo al Ministro, se il collega Tempestini me lo consente... Per carità, se ti avessi visto in faccia, forse, avrei anche chiesto a te, fra le altre cose, ma poiché non ti avevo visto in faccia... Dicevo al Ministro, lo ripeto, perché capisco tante cose... Il quesito che ponevo, tanto per evitare di fare discorsetti di routine, è il seguente. Una Convenzione fatta a Strasburgo il 27 gennaio del 1999, oggi, dovrebbe trovare uno sbocco, dovrebbe vedere la luce. C'è stata un'incubazione di tredici anni...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, un minuto soltanto, anche perché è stata una mia donazione quella di parlare per 5 minuti rispetto ai 30 minuti previsti. Non mi faccia ricordare questo: un minuto soltanto, così finisco di porre il quesito al Ministro.
Il mio quesito nasce da una sfiducia negli organismi internazionali; c'è una Convenzione, c'è la relazione GRECO, chiediamo come funziona, qual'è l'incidenza e la cooperazione reale per quanto riguarda la deterrenza e il contrasto a questo tipo di reati, cosa avviene sul piano dell'integrazione e poi c'è tutto il discorso dell'integrazione politica e dell'integrazione sulla sicurezza a livello europeo. Questo è il quesito che io pongo come lascito e come riflessione che certamente il Ministro potrà recuperare in quest'Aula e, soprattutto, nella sua azione di Governo, Pag. 37che a mio avviso è quello che più conta ed è più importante.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.
ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, questa è la Convenzione penale del Consiglio d'Europa che, come è stato detto, è in vigore a livello internazionale dal 1o luglio 2002 e che, ad oggi, 42 Stati del Consiglio d'Europa hanno ratificato. Si tratta di una Convenzione molto utile per contrastare i fenomeni di corruzione che sempre più spesso hanno caratteri e natura che vanno oltre i confini nazionali e che, come è stato detto dallo stesso relatore, si integra con il disegno di legge di cui all'Atto Camera 4434-A, di cui, appunto, costituisce la cornice a livello europeo. Infatti, la Convenzione prevede la possibilità di incriminare per fatti di corruzione attiva o passiva funzionari sia nazionali, sia stranieri, sia internazionali che sovranazionali e dispone, inoltre, anche in materia di corruzione attiva e passiva nel settore privato, di traffico di influenze e di riciclaggio dei proventi di atti di corruzione. È prevista l'istituzione di organismi specializzati anticorruzione ed il rafforzamento sostanziale della cooperazione internazionale tramite assistenza reciproca, scambi di informazioni nelle indagini per il perseguimento dei reati di corruzione, nonché facilitazione delle estradizioni.
La Convenzione indica anche una serie di misure di carattere penale da adottare a livello nazionale che, appunto, per l'Italia, sono in gran parte contenute nel disegno di legge di cui all'Atto Camera 4434-A. Siamo di fronte ad una Convenzione europea che, come ho detto, ha obiettivi molto ambiziosi per il contrasto alla corruzione; tuttavia va ribadito che molti degli impegni della Convenzione sono già contenuti nell'ordinamento del nostro Paese.
Vorrei, a questo punto, fare una breve considerazione perché mi hanno convinto, e ho apprezzato, le considerazioni del relatore in merito al fatto che l'approvazione di questa Convenzione darebbe luogo a una disciplina senza un adeguamento interno e credo che questo sia un elemento da valutare con molta attenzione; proprio in ragione di questa problematica anche la stessa Commissione affari esteri, che aveva iniziato l'esame del provvedimento il 28 marzo scorso, ha poi soprasseduto proprio in ragione della necessità di attendere lo svolgimento delle discussioni e infine dell'approvazione a livello delle Commissioni riunite I e II di un provvedimento, appunto, che potesse recepire le norme contenute nel testo della ratifica stessa. Credo che proprio il fatto di far proseguire insieme, in parallelo, questi due provvedimenti costituisca una modalità corretta che, a mio modo di vedere, deve essere continuata. A questo riguardo, come detto prima, ho anche apprezzato le valutazioni, le proposte e le considerazioni del relatore in ragione delle considerazioni che vorrà esprimere a tale riguardo il Governo in merito alle modalità con le quali intende depositare gli strumenti di ratifica della stessa Convenzione.
Perché questa potrebbe essere una modalità estremamente corretta, come del resto è avvenuto in casi di ratifiche precedenti: cioè la ratifica teneva conto dell'apprezzamento e dell'inserimento nell'ordinamento nazionale di tutto ciò che era il contenuto della ratifica stessa.
Quindi, credo bisogna evitare che vi possa essere una specie di vulnus o qualche cosa che non dia luogo a questa capacità di integrazione e di correttezza del legislatore, in maniera tale che vi possa essere, appunto, la ratifica ed il contestuale recepimento all'interno dell'ordinamento. Quindi, mi rivolgo al Governo chiedendo di valutare opportunamente questa richiesta del relatore che intimamente apprezzo e condivido.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.
FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, non vorrei svolgere un intervento, ma soltanto esprimere l'apprezzamento Pag. 38per il fatto che conduciamo in porto questo tormentato iter della ratifica della Convenzione oggi in esame, su cui è stato detto tutto. Tuttavia, accanto a ciò vi è la necessità che sia chiarito bene quest'ultimo miglio che dobbiamo percorrere, e penso che il chiarimento già vi sia stato, perché alle parole del relatore, il quale ha chiesto che sostanzialmente il deposito degli strumenti per la ratifica avvenisse contestualmente con l'approvazione dell'altro provvedimento, mi pare che il Ministro abbia già risposto in modo molto chiaro quando ha detto - e credo di avere interpretato bene - che il suo impegno sarà nel dare un'esecuzione concreta con il deposito degli strumenti di ratifica assieme all'altro provvedimento, cioè appena l'altro provvedimento concluderà l'iter al Senato.
Credo che questa sia una strada di buonsenso, di cui il Parlamento può prendere agevolmente atto, nel senso che così si contemperano tutte le esigenze che sono in campo: da un lato il fatto che la Convenzione, finalmente, trova una sua definizione e che, nello stesso tempo, si tratta non di un oggetto misterioso, ma con un suo contenuto preciso. Ciò avviene consegnando al Governo questa disponibilità a chiudere la partita della definizione del deposito degli strumenti di ratifica in contemporanea con la definizione del testo dell'altro provvedimento nell'ulteriore passaggio al Senato. Penso che questa possa essere la soluzione giusta per concludere una pagina che si è trascinata per troppo tempo e che, ormai, è davvero in dirittura di arrivo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5058)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, in sostituzione del relatore, l'onorevole Narducci, Vicepresidente della Commissione.
FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione quanto detto dal Ministro ed ora ribadito dal collega Tempestini: credo si possa procedere in questo senso, magari preparando un ordine del giorno concordato con il Governo, in modo che si possa assolvere a questi due importanti compiti, cioè quello di depositare e finalmente ratificare la Convenzione accompagnandola con lo strumento vero e proprio di attuazione, che è il provvedimento in dibattito oggi qui alla Camera. In tal senso dichiaro la mia piena disponibilità come relatore.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, mi sembra che tutti i temi siano stati chiariti e mi sembra siano state anche individuate delle possibili soluzioni molto ragionevoli. Quindi, credo che su queste possibili soluzioni ci intratterremo poi per portarle al voto in maniera concordata.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: Di Pietro: Disposizioni penali in materia di società e consorzi (A.C. 1777-A); e dell'abbinata proposta di legge: Di Pietro e Palomba (A.C. 1895) (ore 17,55).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri: Disposizioni penali in materia di società e consorzi; e dell'abbinata proposta di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro e Palomba.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2012 (vedi resoconto stenografico).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1777-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Palomba, ha facoltà di svolgere la relazione.
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, onorevole Ministro, per la prima volta l'Assemblea esamina la materia delle false comunicazioni sociali sulla base di una proposta di legge volta a sanare quella sorta di depenalizzazione del reato di falso in bilancio che si è venuta a creare dopo la riforma del 2002. Si tratta di un provvedimento in esame in quota opposizione ed, in particolare, del gruppo Italia dei Valori.
Mi rendo conto che potrebbe apparire eccessivo che il relatore faccia propria la tesi della depenalizzazione, ma in realtà egli si limita a riportare quanto emerso dal ciclo di audizioni che si è svolto in Commissione: i magistrati ed i professori universitari sentiti hanno tutti concordato sul fatto che formulazione e struttura delle fattispecie relative ai reati di false comunicazioni sociali rendono pressoché inapplicabili le norme incriminatrici. Che non si tratti di una opinione più o meno condivisibile risulta dai dati statistici dai quali emerge il dato dell'applicazione pressoché nulla degli articoli 2621 e 2622 del codice civile dopo la riforma del 2002.
Naturalmente, non vi è concordia rispetto a tali considerazioni, come peraltro dimostra il testo in esame che, da un lato, all'articolo 1 conferma l'attuale struttura del reato per quanto attiene alla disciplina generale delle false comunicazioni sociali, salvo che per un aumento di pena e la trasformazione della contravvenzione in delitto e, dall'altro, all'articolo 2 e successivi la riforma, tornando sostanzialmente alla disciplina anteriore al 2002, sia pure in relazione alle sole società con azioni quotate nei mercati finanziari ed a quelle con azionariato diffuso.
Si sarebbe potuto trattare anche di una scelta consapevole, benché anomala, della Commissione, fatta sulla base di una maggiore esigenza di trasparenza per i bilanci ed i documenti contabili delle società che accedono al risparmio, ma non si tratta di questo. Come risulta dai lavori preparatori in Commissione, l'approvazione dell'emendamento dell'onorevole Contento, sostitutivo dell'articolo 1, è stato il frutto di un errore di valutazione da parte di alcuni deputati - come hanno dichiarato - a loro volta tratti in errore da un errore in cui era incorso il sottosegretario. Ma è stato particolarmente apprezzato l'intervento del Ministro, il quale ha detto che la cosa sarebbe stata riportata alle giuste dimensioni in Aula e questa è l'occasione.
Per quanto un errore vi sia stato da diverse parti, non si è potuto procedere, per correttezza regolamentare, alla ripetizione del voto, non sussistendo le condizioni procedurali, quindi sarà l'Assemblea a valutare e a verificare se ricorrono le condizioni per modificare l'articolo 1 in conformità all'articolo 2 che, invece, sostanzialmente modifica profondamente la normativa attuale dell'articolo 2622.
Per quanto attiene all'articolato, il testo all'esame dell'Assemblea si compone di sei articoli. In particolare, l'articolo 1 modifica la pena prevista per il reato di false comunicazioni sociali dall'articolo 2621 del codice civile. Si ricorda che l'articolo 2621 del codice civile attualmente punisce con l'arresto fino a due anni gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i revisori che, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, diretti ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazione, ovvero omettono informazioni la cui comunicazione, Pag. 40sia imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o del gruppo al quale esso appartiene, in modo da indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione (primo comma). La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi (secondo comma).
I commi terzo e quarto prevedono ipotesi di esclusione della punibilità.
Il terzo comma la esclude «se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento».
PRESIDENTE. Onorevole Palomba...
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, ho già terminato il tempo a mia disposizione?
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, a termini di Regolamento il tempo a sua disposizione non è terminato. Però, mi è stato comunicato di avvisarla dopo cinque minuti, per un accordo intervenuti fra i gruppi.
Prego onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, deposito la mia relazione e mi limito ad alcune considerazioni finali.
L'impianto complessivo della proposta di legge è stato confermato. Basti pensare che per quanto riguarda l'articolo 2622 del codice civile, vi sono stati sette commi abrogati; è stata confermata la trasformazione da contravvenzione a delitto e da reato di danno a reato di pericolo; sono state eliminate le soglie di sbarramento e, quindi, complessivamente ci si è avvicinati alla formulazione precedente al 2002.
Vorrei aggiungere che l'impianto originario è stato arricchito dal contributo di emendamenti presentati dal Partito Democratico e dai suggerimenti e dalle indicazioni pervenute dal Governo nell'ambito e nel quadro, però, di questa complessiva conferma dell'impianto.
Concludo, affermando che sarà l'Assemblea a valutare se portare l'articolo 1 a conformità rispetto all'impianto complessivo dell'articolo 2, quale è risultato - lo ripeto - dall'azione emendativa, accettata dal relatore, del Partito Democratico e del Governo e, dunque, rendendo conforme e organica questa previsione attraverso emendamenti.
Concludo, auspicando che la Camera approvi questa riforma del falso in bilancio, nel senso di consentire che anche attraverso questa via la lotta alla corruzione diventi più efficace.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, intervengo molto molto brevemente per dire che questo provvedimento, pur venendo incontro ad un'esigenza avvertita, meglio si sarebbe collocato in una revisione di carattere più generale dei reati societari.
Ho letto una bella e lunga relazione del professor Alessandri sul punto, che prendeva posizione proprio su questo, e che sottolineava l'esigenza di avere una visione globale del tema, in modo da collocare questa fattispecie, insieme ad altre, in un contesto di carattere unitario.
Certo, oggi abbiamo dinanzi a noi solo questo provvedimento, relativo soltanto al falso in bilancio. Non so se vi sia spazio per un ripensamento e per una ricollocazione di questo tema all'interno di un Pag. 41alveo più generale. In ogni caso, per quanto riguarda la revisione della norma, ripeto quello che ho già avuto occasione più volte di dire e, cioè, che se revisione vi deve essere essa deve tener conto, però, di un'esigenza fondamentale: il vecchio articolo 2621, la vecchia fattispecie di falso in bilancio, era stata, in qualche modo, trasformata dalla giurisprudenza, da fattispecie a tutela del patrimonio societario, a fattispecie a tutela della trasparenza societaria. Questo, a mio avviso, non è del tutto corretto, perché, comunque, dal punto di vista dei valori da tutelare, una cosa è il patrimonio della società e altra cosa è il valore della trasparenza. Dunque, qualunque revisione della fattispecie deve tener conto di questa differenziazione e deve, in qualche modo, evidenziarla.
Ciò che è accaduto in Commissione lo sappiamo tutti, ma credo che il problema sia superabile poi attraverso gli emendamenti e la discussione parlamentare.
Quello che auspico è sempre che emergano da queste discussioni delle fattispecie che abbiano una loro coerenza interna di pena e di precetto e che quindi si possa arrivare ad un risultato coerente con le aspettative di avere una fattispecie bilanciata rispetto ai valori sottostanti.
Credo comunque che la discussione sul tema sarà ricca di indicazioni, e quindi mi riservo di intervenire successivamente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
LORENZO RIA. Signor Presidente, signor Ministro, la proposta di cui discutiamo, oggi si innesta nel solco di un lungo percorso di atti normativi che hanno interessato, modificandola, la normativa delle disposizioni penali in materia societaria.
Ben sappiamo che il reato di false comunicazioni sociali, comunemente conosciuto come falso in bilancio, è stato oggetto di un amplissimo dibattito giuridico e politico, sviluppatosi qualche anno fa, a seguito della sostanziale depenalizzazione di tale fattispecie, per mano del decreto legislativo n. 61 del 2002. Il risultato di quella novella fu, in sintesi, quello di trasformare il delitto in contravvenzione, il reato di pericolo in reato di danno, di tracciare soglie al di sotto delle quali il falso - seppure accertato - non veniva punito e di prevedere in alcune ipotesi la procedibilità a querela, destituendo sostanzialmente di fondamento le esigenze di tutela che stanno alla base della fattispecie in questione.
Tale intervento sollecitò censure persino in sede internazionale, quando fu interpellata in via pregiudiziale la Corte di giustizia proprio sulla questione inerente alla violazione, da parte di quelle norme sul falso in bilancio tuttora vigenti, delle varie direttive europee in materia societaria. È questione da non sottovalutare quest'ultima, poiché la materia societaria interagisce direttamente con le dinamiche di mercato - e segnatamente del libero mercato all'interno dell'Unione europea - ed ha dunque natura marcatamente transnazionale. Per questo motivo, necessita - più di altre materie - di un dialogo con gli altri sistemi, di modo che si ottenga una sorta di omogeneità normativa tra Stati. Per gli illeciti societari, le direttive comunitarie raccomandano l'adozione di sanzioni efficaci, proporzionate e sufficientemente dissuasive. Si tratta del cosiddetto principio di efficacia e proporzionalità, che il nuovo falso societario disattendeva, quanto al profilo di non punibilità per le falsificazioni esigue, al regime di procedibilità privilegiato previsto per la fattispecie di cui all'articolo 2622, vincolato alla querela della persona offesa, ed alla tendenziale inadeguatezza della tutela penale, specie in relazione all'ipotesi contravvenzionale condizionata da termini di prescrizione talmente brevi che - a fronte della complessità dell'accertamento del fatto e della irragionevole durata media del processo penale - nascondono il presagio di una pressoché scontata estinzione.
Una volta analizzato il substrato giuridico della questione, mi permetto di chiarire brevemente il suo sottostrato politico. Per intenderci, quella sul falso in bilancio fu - e non posso non ripeterlo in questa sede - una delle più disastrose manovre Pag. 42legislative del Governo dal 2001 al 2006, una delle leggi più scandalose ed antidemocratiche della trascorsa stagione politica, ed una delle tante leggi ad personam. Dato atto di questo triste scenario giuridico e politico, cui abbiamo assistito per troppo tempo, e che troppe volte ha ferito la nostra dignità sovrana al cospetto dello scenario internazionale, è facile inquadrare la proposta di legge di riforma attualmente in discussione, come il moto obbligato e dovuto di chi ha a cuore la legalità ed il rispetto di principi democratici, primo fra tutti il principio dello Stato di diritto, e poi a seguire, tutta una serie di posizioni costituzionali e legislative, che hanno permesso all'Italia di far parte del progetto politico ed economico europeo, al quale dobbiamo dimostrare - come è previsto che sia - un intransigente rispetto delle regole comuni.
La proposta di riforma, dunque, tende a ripristinare quei canoni sanzionatori e quelle pratiche normative che possono dirsi ossequiose del principio di efficacia e proporzionalità definito a livello comunitario.
Ma attenzione: qualcosa non è andato come doveva. Il provvedimento in questione, così come lo possiamo leggere nel testo giunto in Aula, non fa nulla di tutto ciò che dovrebbe fare per porre fine al senso di impunità latente sotteso alle attuali norme sul falso societario. Questo è dovuto ad una vicenda specifica e dolente che si è verificata in II Commissione (Giustizia) due settimane fa, all'inizio della votazione sugli emendamenti al provvedimento. Sappiamo - d'altra parte è stato ricordato poco fa - a cosa mi riferisco. Sappiamo tutti leggere il testo dell'articolo 1 così come era stato originariamente concepito e così come oggi è giunto qui.
Vediamo, da una parte, una norma coerente con l'intento della riforma, un nuovo articolo 2621 del codice civile, che rende nuova dignità al delitto di falso in bilancio e, dall'altra, una norma vecchia che scimmiotta quella già vigente in tutto e per tutto, fatta salva per la modifica in punto di pena. Tutto questo è frutto di un mero errore che ha portato il Governo ad esprimere parere favorevole su un emendamento a firma dell'onorevole Contento, rispetto al quale il favore non c'era o meglio il favore c'era ma era limitato unicamente e strettamente alla modifica squisitamente sanzionatoria di parte del testo normativo. Quanto detto può essere facilmente riscontrato nei verbali di seduta e nei tanti articoli di stampa diffusi a tal proposito. Ero favorevole alla proposta di legge avanzata dai colleghi dell'Italia dei Valori, così come concepita nel testo originario, e mi duole aver frainteso il tenore dell'emendamento presentato dall'onorevole Contento, che ha svuotato completamente il senso della riforma. A conferma del mio sostegno al provvedimento, mi preme sottolineare che poco prima avevo coerentemente votato contro l'emendamento soppressivo dell'articolo 1. Non ho esitato a prendere una posizione al riguardo, perché volevo davvero che si ripristinasse il reato di falso in bilancio.
Alla luce di quanto avvenuto, dunque, uno e uno solo resta il rimedio all'errore commesso, ovvero il voto favorevole in Aula ad uno degli emendamenti che ricostruisca la reale riforma dell'articolo 2621 del codice civile, nella forma originariamente proposta. La pregnanza di tale esigenza non è da riscontrarsi a mio avviso soltanto nella particolarità dell'iter che il provvedimento ha avuto in Commissione, ma anche e soprattutto nelle valutazioni di politica criminale che fondano e strutturano la necessità della riformulazione del reato in questione. Da un lato vi è l'obbligo, da parte del legislatore, di ottemperare ai doveri comunitari di tutela nell'opzione penale, dialettica mai sopita e che ho già ampiamente illustrato; dall'altro, vi è una considerazione sostanziale di carattere più strettamente penalistico, legata peraltro anche alla dizione che caratterizzava gli articoli 2621 e 2622 del codice civile prima dell'intervento del decreto legislativo n. 61 del 2002. Bisogna considerare, infatti, che i reati societari riguardanti l'obbligo di trasparenza delle scritture contabili, la loro necessaria rispondenza al criterio di verità e agli alti Pag. 43canoni imposti per legge, costituiscono un fattore di contesto, oltre che un illecito penale a sé stante.
Mi spiego meglio: quando l'ordinamento giuridico sanziona il falso nella redazione del bilancio, non lo fa unicamente per tutelare i beni giuridici della trasparenza della contabilità e del diritto dei soci, dei creditori e degli altri soggetti interessati alla corretta informazione sull'andamento di una società. L'ordinamento giuridico, sanzionando il falso in bilancio, si pone anche l'obiettivo di individuare una forma di reato che il più delle volte fa da contorno e da contesto rispetto ad altri e più gravi illeciti. I tecnici si esprimerebbero in termini di plurioffensività del reato di falso, nonché di reato di rete. È chiaro che le stesse dinamiche viste finora sotto il profilo sostanziale, assumono diverse e più marcate sfaccettature se prese in considerazione sotto il profilo procedurale. Si può facilmente dedurre che abbassare la soglia di tutela rispetto ad una fattispecie di falso societario, implica un indebolimento dei mezzi a disposizione dell'intero apparato dell'amministrazione della giustizia, nel dare il via alle indagini e nel proseguirle, con la possibilità di venire a conoscenza dei cosiddetti reati di scopo.
Concludo, signor Presidente, rendendomi conto che vi è l'impegno a contenere gli interventi entro i dieci minuti. Avevo preparato un intervento in sede di discussione sulle linee generali, così come è previsto, ben oltre i dieci minuti, ma concludo dicendo che la materia di cui ci stiamo occupando è talmente connessa alla sua storia, al suo passato, è talmente inficiata dalla vicenda dell'approvazione di un emendamento che ha letteralmente destrutturato non solo l'articolo 1, ma l'intero spirito della proposta, da non permettermi di tacere, così come ho fatto, su quanto è avvenuto.
Il testo della proposta di legge ha alla base delle motivazioni così forti dal punto di vista politico e così pregnanti dal punto di vista più strettamente giuridico, che spero di essere riuscito a dare l'idea della strada che quest'Aula è moralmente ed eticamente obbligata a percorrere.
Per cui, concludo auspicando che il senso di giustizia e il corretto esercizio del potere legislativo in termini di restituzione di identità al principio democratico, ci impongano a gran voce di approvare il testo così come era stato originariamente proposto. Concludo con questo e mi rimetto al senso delle istituzioni, con cui ognuno di noi, credo, debba fare i conti ogni giorno nel condurre la propria attività in questa autorevole sede.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ria, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, sarò breve e sintetico. Voglio riprendere alcune considerazioni fatte dall'onorevole Ria, perché è singolare sentire un rappresentante dell'Unione di Centro per il Terzo Polo, sposare appieno le posizioni dell'Italia dei Valori in tema di giustizia, e questo è accaduto.
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Non è disdicevole!
ENRICO COSTA. È singolare, allo stesso modo, sentire sposare queste posizioni da parte di un oratore che in Commissione ha votato esattamente contro il testo dell'Italia dei Valori, perché ha votato l'emendamento Contento.
Ma è ancora più singolare sentire l'oratore dell'UdC parlare di scandalosa legge ad personam, quando quello stesso partito, negli anni passati, ha votato la legge che oggi giunge a criticare. Quindi, io capisco che le posizioni e le collocazioni politiche negli anni possano mutare, ma un minimo di coerenza, dal punto di vista giuridico, dovrebbe determinare anche altrettanta cautela. Pag. 44
Ho apprezzato, invece, da parte del Ministro, quella che considero una valutazione e un'argomentazione in termini generali, cioè quella relativa alla collocazione sistematica di questo provvedimento all'interno di una revisione più ampia dei delitti societari. Ritengo che sia un'argomentazione valida, da prendere in considerazione, che consentirebbe di fare quello che, probabilmente, poche volte si fa in questo Parlamento, cioè una legislazione organica e non a spot.
Da parte nostra, vi è la massima considerazione e la massima disponibilità a percorrere questa strada. È ovvio che il Governo deve ergersi a timoniere della sua maggioranza - l'auspicio è di tutta la Commissione - su questa strada. Da parte nostra, anche sul testo predisposto dall'Italia dei Valori, vi era stata non una chiusura pregiudiziale, ma la predisposizione di taluni emendamenti, in termini costruttivi.
L'emendamento che è stato approvato dalla Commissione, è un emendamento non meramente soppressivo, ma che puntava a non sopprimere il dolo specifico e a non sopprimere le situazioni di non punibilità. Esso andava a modulare la fattispecie e, soprattutto, la pena, attraverso un passaggio da contravvenzione a delitto, e ad un aumento della pena.
Era un modo per dimostrare che l'approccio da parte nostra è un approccio costruttivo, anche a fronte di quella che, legittimamente comunque, deve e appare oggettivamente come una sorta di controriforma rispetto a quella che è stata posta in essere dal precedente Governo. Anche in Aula ci porremo con lo stesso spirito, uno spirito costruttivo, uno spirito che non dice «no» a tutto, uno spirito che punta a migliorare il testo e a determinare degli aspetti che possono, in un certo senso, essere momenti di riflessione.
Io ho letto i testi di alcune audizioni. L'audizione del professor Rordof, seppure in alcuni aspetti può essere divergente rispetto al testo di legge vigente, è convincente in alcuni passaggi, ad esempio nel passaggio in cui, in sostanza, egli ritiene che laddove c'è il dolo specifico non si giustifica una condizione di non punibilità, perché se vi è il dolo specifico, in sostanza, anche laddove vi sia una situazione sottosoglia, in un certo senso vi è un intento fraudolento che non può essere sottovalutato. Questo, secondo me, può essere un argomento di riflessione e di discussione. Ce ne sono poi altri, sicuramente, sulla valenza plurioffensiva del reato che possono essere oggetto di riflessione.
Quello che auspichiamo è che non si punti solo ed esclusivamente a tagliare tutto quello che è stato fatto dal precedente Governo e nella precedente legislatura. L'auspicio è che si punti a reati con una reale lesività. Bisogna vedere quali sono gli interessi che si assume essere interessi da proteggere. Se ne potrà discutere in Commissione. Purtroppo, fino ad oggi, in Commissione non abbiamo discusso di questi argomenti, abbiamo discusso, in sostanza, del fatto che l'attuale normativa va a depotenziare determinati tipi di indagine, ma non degli interessi che sono da considerarsi protetti.
L'auspicio è che in Parlamento ci possa essere un ragionamento in questo senso e che il Governo e il relatore siano disponibili a fare una sintesi di quelle che potranno essere le proposte emendative. Una legge di questa portata, soprattutto laddove non si aderisca all'invito e all'auspicio emerso nelle parole del Ministro di giungere ad un testo più organico, deve quanto meno avere una condivisione molto, molto ampia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.
MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghi, cercherò di prestare fede all'impegno assunto di una concisa trattazione, nonostante gli interventi che si sono succeduti rendano utile, comunque, chiarire, almeno in linea generale, la posizione del Partito Democratico per un provvedimento che noi riteniamo comunque significativo e ragionevole nel sistema della repressione penale.
Ovviamente, alla domanda se è utile una riforma di questa materia la risposta Pag. 45è «sì». Questa risposta non è finalizzata o motivata dall'esigenza di approvare una sorta di contrarius actus rispetto alla novella del 2002 che, dobbiamo dire con chiarezza, certamente non fu ispirata da necessità oggettive, ma da una interpolazione specifica per esigenze personalistiche. Già questo quindi, comunque, ha introdotto un vulnus nell'ordinamento che, tuttavia, non si deve riparare solo in quanto tale, ma perché - come del resto l'onorevole Ministro ha ricordato - la dottrina, nella sua stragrande maggioranza, ha ritenuto del tutto insufficiente ed inadeguata la modifica che al precedente sistema normativo è stata apportata.
Vi sono alcune minoritarie valutazioni più indulgenti, ma questo non significa che la trasformazione, molto consistente, del reato abbia avuto, anche sotto il profilo della politica giudiziaria in generale e sotto il profilo del controllo di meritevolezza delle attività societarie, un effetto positivo. Né le pronunzie ormai remote della Corte di giustizia europea o le pronunzie della Corte costituzionale - peraltro quasi tutte concentrate sulle problematiche sorte dopo il diritto intermedio - possono di per sé essere utilizzate per dichiarare che non c'è utilità ed interesse a questa modifica.
Io non devo qui richiamare, se non incidentalmente, il principio generale che ovviamente queste norme, come diceva del resto il collega Costa, sono sicuramente plurioffensive, ma il loro fondamento generale è quello di garantire, non soltanto all'interno della compagine societaria con norme rafforzate rispetto a quelle degli ordinari patti di diritto privato, ma anche ai comuni investitori, ai cittadini ed a coloro che fanno fede rispetto all'attività societaria e alla sua valenza pubblica, un esercizio corretto della funzione formativa.
Non occorre del resto qui ricordare - è persino, per così dire, scontato - quanto importante sia l'esistenza di questo sistema normativo, anche quando occorra una rigorosa repressione penale e quando le condotte penale deviate, tra l'altro, consentono anche di aggirare investimenti e norme fiscali e, soprattutto, di costruire un'impalcatura non veridica dell'attività societaria.
In estrema sintesi, noi riteniamo che sia opportuna la trasformazione della natura del reato, che era stata riconfigurata in contravvenzione, e quindi ci convince che esso sia configurato come un delitto, così come - trattandosi tra l'altro di reati che di regola vengono commessi anche e soprattutto all'interno di un sistema economico di alta consistenza - ci convince che la misura delle pene sia adeguata, non necessariamente irrazionale o del tutto robusta, ma certamente, per esempio, più adeguata di quella esistente, che addirittura consente di sfuggire attraverso misure che possono essere benissimo di alternativa rispetto alla pena detentiva. Quindi, tra l'altro, ci convince che la misura della pena sia quella della reclusione.
Ci convince la costruzione del reato come reato di pericolo. Del resto, anche proprio grazie alle proposte che sono state formulate in Commissione al di là delle incomprensioni - sulle quali non intendiamo discutere a lungo, perché ci interessa un esito positivo di questo provvedimento e di un rigoroso provvedimento - certamente sono mitigate le questioni, che sono state pure affacciate, dalla nozione di concretezza, che è stata introdotta proprio a dimostrare che è certamente un reato di pericolo, ma che esso tale si invera quando c'è concreto pericolo. Come tutti i delitti, credo che sia logico e scontato che sia previsto un dolo, che già del resto è ampiamente configurato nel conseguimento di un ingiusto profitto.
Vi erano e vi sono nella normativa vigente delle misure che noi continuiamo a ritenere del tutto inaccettabili, che sono in particolare quelle relative all'esclusione della punibilità, peraltro affidata a delle valutazioni quantitative. Si è detto che anche in altri campi dell'ordinamento, in particolare quello tributario, questo elemento è stato introdotto, ma bisogna riflettere sul fatto che l'introduzione nel sistema tributario non dipende dalla stessa società, cioè non è la società che determina i propri bilanci, come invece accade Pag. 46quando si determina una questione in relazione agli importi, alle misure ed alle percentuali relative all'organizzazione. In quel caso infatti è l'Erario, è un soggetto terzo, anzi, è la persona, per così dire, dello Stato stesso che determina la quantità e la misura sotto la quale si può escludere la punibilità.
Quindi, appare difficile sostenere la tesi che questa sia una misura congrua e, soprattutto, l'esperienza insegna quanto concretamente sia difficile determinare questi elementi numerali anche rispetto alla punibilità. Ci pare molto più convincente quello che noi proponiamo, cioè l'introduzione di misure anche robuste - e si può discutere anche in maniera più consistente - di diminuzione o aumento della pena, a seconda della gravità delle fattispecie.
Siamo convinti della bontà del fatto che si asciughi quanto più possibile la fattispecie, perché questo corrisponde a un principio generale e quindi può essere sicuramente bastevole introdurre la nozione di falsità delle comunicazioni. Dobbiamo però dire con molta chiarezza che non ci convinceva e continua a non convincerci l'ipotesi che si possa ragionare di una punibilità a querela, tanto più che proprio per la ragione della plurioffensività del reato, è chiaro che molto spesso il soggetto che dovrebbe proporre la querela è in una condizione talmente debole e talmente di minorità che, sia per i tempi che per i modi con cui avvengono le comunicazioni sociali, è del tutto improbabile che possa esercitare questo suo diritto.
Fra l'altro, si tratta proprio di un rafforzato impegno dello Stato a garantire la trasparenza delle attività societarie. Non siamo favorevoli alla limitazione - parlo adesso dell'articolo 2622 del codice civile - alle società quotate della punibilità e della perseguibilità di queste fattispecie, perché è evidente che vi possono essere società di notevole consistenza che comunque hanno necessità di essere in qualche modo regolate dalle misure severe che la norma prevede. Ritengo tali misure severe, ma adeguate perché non mi pare che il nuovo articolo 2622 assegni ai soggetti tenuti alla condotta regolare...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cavallaro.
MARIO CAVALLARO. ...in particolare agli amministratori e agli altri soggetti di questo tipo, una funzione diversa da quella di una condotta trasparente. Anche qui, del resto - e la proposta può essere ritenuta convincente - la confezione della fattispecie così che la condotta sia concretamente idonea a trarre in inganno il soggetto passivo di questo reato e la consapevolezza che potrebbe o dovrebbe essere introdotta in maniera nitida come elemento forte, limitano l'imputabilità a tutti gli elementi in cui si possa parlare di una mera colpa. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che in cambio di questo maggiore rigore, la costruzione del reato come delitto consente di superare tutte le questioni relative a livello di colpa, perché comunque parliamo a questo punto di un fatto che deve avere un robusto elemento di consapevolezza e di un dolo di notevole significato.
In conclusione, ci ha lasciato un po' perplessi questo atteggiamento per cui questo provvedimento approda in Aula come se dovesse in qualche modo essere dimenticato o in qualche misura inserito in un contesto molto più ampio. È comunque un provvedimento che ha una sua coerenza e una sua logica, che sicuramente, attraverso l'attività già svolta in sede di Commissione e quella che l'Aula - si tratta peraltro di un provvedimento abbastanza sintetico - può certamente compiere, può certamente raggiungere un risultato positivo.
Non dimentichiamo che non occorre che riferisca all'Aula in questa sede che il sistema generale, internazionale, proprio in questi momenti di crisi credo abbia bisogno anche di segnali in questa direzione. Non soltanto in altri campi ci viene chiesto rigore, ci viene chiesto un passo di cambiamento, ma credo che anche nel campo delle comunicazioni sociali, che Pag. 47sono uno dei punti cardini dell'economia nazionale quando si espone alle relazioni estere, noi come Paese dobbiamo dare un segnale di maggiore rigore, di maggiore severità e di maggiore trasparenza e possiamo garantirlo soltanto attraverso norme che presiedono alla condotta degli amministratori (ho trascurato per ragioni di brevità anche la parte che riguarda più specificamente coloro che sono tenuti al controllo di legalità dei conti), norme che credo siano un altro di quegli elementi che dovremmo piuttosto rapidamente approvare, non certo inserire in un contesto nebuloso di nuove riforme. Concludo dicendo che non ci sfugge la preoccupazione che il mondo societario ed economico non abbia la percezione di un rigore ottuso.
Ma credo che non sfugga a nessuno che, così come l'impianto del provvedimento, con eventuali aggiustamenti razionali che si possono certamente fare utilizzando gli emendamenti presentati, sia una ragionevole misura di contenimento di eventuali devianze criminose, inoltre consente a chi ha una attitudine non necessariamente rigorosissima comunque di non collidere con la norma penale. È un giudizio di carattere generale, che noi auspichiamo trovi, nella condotta delle altre forze parlamentari e nell'aiuto che già incisivamente ha dato il Governo anche durante l'elaborazione in Commissione di questo provvedimento, una rapida conclusione positiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, credo che prima di entrare nel merito in modo estremamente rapido viste le intese intercorse sul provvedimento, sia opportuno fare alcune considerazioni di carattere politico. Anzitutto avendo ascoltato gli interventi del collega Costa e del collega Ria, mi pare evidente che su questo provvedimento all'interno della maggioranza ci siano, oltre a parecchia confusione, vedute e visioni diametralmente opposte, vedute e visioni che non sono nemmeno state sgomberate dall'intervento del Ministro, che ha fatto delle considerazioni di totale buonsenso. Ha fatto delle valutazioni di carattere generale senza prendere posizione, ma che non chiariscono assolutamente qual è l'intento e l'intendimento del Governo su questo provvedimento, che va ad incidere in maniera radicale e radicalmente forte su quella che è la disposizione in materia di falso in bilancio.
Colgo, tra l'altro, l'occasione della presenza del Ministro, alla quale abbiamo prima rivolto parole di elogio per il lavoro svolto sul provvedimento dell'anticorruzione, per dire che credo che in materia di giustizia, visti alcuni avvenimenti che si sono sviluppati nelle ultime settimane, non ultimo il provvedimento sul falso in bilancio, debba essere fatta un po' di chiarezza, soprattutto in tema di giustizia. Noi abbiamo avuto qualche settimana fa un sottosegretario, il sottosegretario Zoppini, che si è dimesso per frode fiscale e che non è stato ancora sostituito. Proprio su questo provvedimento durante l'iter di discussione in Commissione il suo sottosegretario, rispetto al quale abbiamo sempre mostrato grande stima e grande fiducia, ha dato parere favorevole su un emendamento che ha sostanzialmente, da un lato, svuotato il provvedimento sul falso in bilancio così come era stato proposto dall'Italia dei Valori; dall'altro lato, dando parere favorevole ad un emendamento, ha indotto in errore alcuni componenti della Commissione giustizia in rappresentanza delle forze politiche di maggioranza.
Quindi, credo che debba essere fatta un po' di chiarezza, in particolare - e colgo l'occasione della presenza del Ministro - in merito alle parole del sottosegretario alla Presidenza del consiglio Catricalà per quanto riguarda un altro tema importante della giustizia, il tema della riforma del CSM. Tre fattori, tre elementi che fanno denotare non solo una maggioranza particolarmente allo sbando in tema di giustizia, ma che denotano anche un Governo, e lei Ministro, che è la rappresentante massima del Governo in materia di giustizia, credo che debba quanto meno dare chiarimenti, spiegazioni, ritracciare Pag. 48la linea del Governo in questa materia. Pochi minuti fa il Presidente del Consiglio Monti ha rinnovato fiducia al sottosegretario Catricalà, e credo urga necessariamente, nel più rapido tempo possibile, magari già oggi, magari già adesso, in questa seduta, che ci sia estrema chiarezza, perché noi vediamo della confusione, non vediamo una linea chiara, e quindi credo che ci sia la urgente necessità di fare quella chiarezza, anche perché stiamo parlando di temi importanti, di temi delicati. Credo che anche lei, Ministro, si stia rendendo conto che la sua maggioranza non la stia seguendo più in modo così coerente e responsabile come dovrebbe essere, come lei ha più volte invocato.
Pertanto chiedo che un momento di chiarezza debba essere fatto, anche in riferimento a questo provvedimento, che è arrivato in Aula, ma con grandi incertezze, con grandi divisioni non solo all'interno della maggioranza, ma anche tra le forze politiche di opposizione. Quindi, credo che queste non siano le condizioni migliori per poter discutere di un tema tanto importante.
Noi abbiamo espresso una posizione favorevole al relatore e, quindi, abbiamo votato questo provvedimento, ma è evidente che in questo stato e in questo momento di incertezza totale in cui versa, e il Governo da un lato, e la maggioranza dall'altro, noi valuteremo, nel prosieguo della discussione sul presente provvedimento, quella che sarà la posizione più opportuna e più idonea da poter tenere. Svolgo alcune brevi considerazioni sul tema in oggetto.
Questa proposta di legge consta di cinque articoli, di cui sono essenzialmente due quelli che vanno ad incidere in maniera importante sui reati previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci e dei creditori) del codice civile.
L'articolo 1 trasforma le false comunicazioni sociali da contravvenzioni in delitto, aumentando la pena detentiva fino a tre anni di reclusione, così consentendo anche l'applicazione dell'istituto del delitto tentato fino ad oggi non consentito essendo il reato semplicemente contravvenzionale.
L'articolo 2 modifica l'articolo 2622 del codice civile e introduce in pratica due modifiche principali. Introduce quella componente di minore tassatività, lasciando di fatto più spazio alla magistratura, al fine di poter, per converso, includere beni assolutamente estranei alla logica di intervento e circoscrive i reati solo a quelli commessi da società quotate o che emettono e garantiscono strumenti finanziari. Si inaspriscono le pene e si passa inoltre dalla perseguibilità a querela a quella d'ufficio.
L'articolo 3, attraverso l'introduzione dell'articolo 2622-bis del codice civile, prevede una circostanza aggravante nel caso in cui le false comunicazioni di cui agli articoli precedenti cagionino un grave danno ai risparmiatori e alla società. Attraverso poi l'introduzione dell'articolo 2622-ter del codice civile, si prevede una circostanza attenuante nel caso in cui le false comunicazioni di cui agli articoli precedenti siano di particolare tenuità. L'articolo 5 modifica una norma già abrogata dal decreto legislativo n. 39 del 2010 che, comunque, riguardava le falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione. Occorre premettere che l'attuale sistema è soggetto ad alcune critiche in merito al fatto che il reato di cui all'articolo 2622 del codice civile è di tipo contravvenzionale (articolo 1 della proposta di legge Di Pietro). In questo senso, ossia al fine di eliminare tali critiche, vanno le proposte del collega Contento che, attraverso la proposta emendativa e le contestuali proposte di soppressione delle modifiche che si vorrebbero introdurre con la proposta di legge sopra citata all'attuale sistema, con la sola modifica della sanzione edittale trasformerebbe la contravvenzione in delitto. In particolare, l'emendamento aumenta la pena e, contestualmente, consente l'applicazione dell'istituto del delitto tentato. Inoltre, trasformando il reato in delitto, ai sensi del Pag. 49combinato disposto degli articoli 157 e 159 del codice penale, la prescrizione passa da cinque a sette anni e mezzo.
Le proposte emendative del PD appaiono simili a quelle che l'Italia dei Valori vorrebbe introdurre con la presente proposta di legge. In merito all'articolo 2 del provvedimento, che modifica l'articolo 2622 del codice civile, e al fine di eliminare, anche in questo caso, alcune critiche in merito al fatto che il reato era perseguibile solo a querela della persona offesa, vanno alcune proposte emendative che sono state presentate dai colleghi del PdL, in modo particolare dal collega Contento. La proposta emendativa, invece, 2.2, e le contestuali proposte di soppressione delle modifiche che si vorrebbero introdurre all'attuale sistema con il provvedimento in oggetto, con l'eliminazione della querela della persona offesa, salvo le ipotesi di cui al comma 2 che rimane inalterata, trasforma la perseguibilità da querela di parte in perseguibilità da parte del PM d'ufficio, oltre ad inasprire le pene. Occorre rilevare per completezza che la problematica della querela della persona offesa risiede nel fatto che la stessa deve essere proposta entro novanta giorni, a pena di decadenza, dalla scoperta. Con la trasformazione in procedibilità d'ufficio, tale periodo viene di fatto prolungato quanto quello della prescrizione del delitto. In merito all'articolo 3, appare condivisibile la proposta di inserire un'ipotesi aggravata quando le false comunicazioni sociali cagionano un grave danno ai risparmiatori e alla società. L'articolo 4 suscita, invece, alcune perplessità sotto il profilo dell'ampliamento della discrezionalità del giudice in ordine all'apprezzamento della particolare tenuità del fatto.
Due considerazioni e concludo. La prima: le modifiche che si vorrebbero introdurre con l'attuale proposta di legge prevedono un reato-delitto che vale per le false comunicazioni sociali e l'articolo 2, modificandolo, introduce il reato di false comunicazioni sociali solo però per quelle in danno alle società quotate o che emettono o garantiscono strumenti finanziari. L'attuale sistema, invece, prevede un reato di false comunicazioni sociali nei confronti di tutti e un'ipotesi aggravata nei confronti di tutti, società quotate e non quotate. Una seconda considerazione: le modifiche che si vorrebbero introdurre - giusto il principio della successione delle leggi nel tempo e del favor rei - varrebbero solo per il futuro, quindi per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge di modifica.
Colgo l'occasione per chiedere nuovamente al Ministro di fare chiarezza sui fatti citati in premessa e la posizione del gruppo della Lega verrà strutturata nel corso della prosecuzione del dibattito.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1777-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti che hanno sostanzialmente confermato la piena adesione all'impianto dell'originaria proposta di legge nel senso di riportare la norma ad un reato punibile d'ufficio, nella trasformazione da contravvenzione a delitto, nel riportare la norma da reato di danno a reato di pericolo, con l'eliminazione di tutti gli sbarramenti che rendevano pressoché impossibile la perseguibilità di tale reato. Mi pare che, su questo impianto generale, si sia avuto il consenso della pressoché unanimità della Commissione e dei gruppi politici che la compongono, salvo una posizione differenziata del Popolo della Libertà. D'altra parte questo partito era quello che aveva approvato la riforma del 2002 e, quindi, pensiamo che non abbiano piacere di vedersi modificare quella norma. Ma i magistrati che sono intervenuti, dal procuratore aggiunto di Milano, Greco, ad altri magistrati, hanno affermato che, con la normativa vigente, era scomparso il delitto di falso in bilancio Pag. 50cioè in dieci anni la Corte di Cassazione aveva emesso 39 sentenze in materia di false comunicazioni sociali. Questa imputazione era scomparsa dai registri generali di reato delle procure della Repubblica italiana. Non è un caso che, in coincidenza con questa scarsa effettività, con questa ridotta o scomparsa effettività, della perseguibilità del delitto di falso in bilancio sia aumentata vertiginosamente la corruzione. Infatti sappiamo con certezza che il falso in bilancio è uno degli strumenti fondamentali per la corruzione, la costituzione di fondi neri, la deviazione di partite contabili da una destinazione ad un'altra. E quindi è necessario, secondo anche quanto ci dice l'Unione europea, riportare questa normativa ad una sicura efficacia nella punizione di quello che è uno strumento fondamentale di certezza delle relazioni giuridiche e delle situazioni economiche delle società.
Desidero sottolineare una considerazione: l'impianto originario è quello che è stato pienamente confermato da tutti i gruppi. Devo dire che c'era una diversa costruzione tecnica nel senso che la proposta di legge originaria agiva per modificazioni della normativa esistente e attraverso naturalmente abrogazioni: tre commi su cinque nell'articolo 2621, 7 commi su 9 abrogati nel 2622. Tuttavia agiva sostanzialmente modificando singole parti dell'attuale normativa. Il testo che è scaturito sinora, dagli articoli 2 in poi, è invece un testo che opera una riscrittura globale complessiva della previsione normativa che sarebbe derivata dall'impostazione originaria. In questa riscrittura, il relatore ha accolto (non solo si modificava ma si migliorava l'impianto originario) tutti gli emendamenti del Partito Democratico; ha accolto inoltre tutti i suggerimenti del Governo in modo che, con riferimento all'attuale formulazione dell'articolo 2 (che è sostanzialmente - ripeto - una riscrittura sotto un profilo tecnico diversa ma che sostanzialmente persegue il medesimo obiettivo), frutto di un lavoro complessivo, si arriva a quella che è la configurazione del nuovo reato dell'articolo 2622.
Si tratta, ora, di apportare, a livello della Camera, una nuova scrittura dell'articolo 2621 del codice civile, che sia coerente con l'impostazione generale e con il vestito complessivo che è stato confezionato per l'articolo 2622. Questo non è difficile, perché vi sono degli emendamenti in questo senso, vi sono anche dei suggerimenti e delle riscritture formulate dal Governo: basterà adeguarsi a tali riscritture per avere un testo compiuto. È ciò che il relatore auspica, perché, questo, mi pare di capire, è anche l'auspicio della Commissione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, mi sembra che il dibattito pacato e corretto abbia posto in evidenza come, a fronte di un errore di carattere materiale, vi sia stata un'interlocuzione fra le parti all'interno della Commissione che è rimasta perfettamente comprensibile. Mi sembra che le citazioni dei brani e delle trascrizioni di ciò che è accaduto in Commissione abbiano reso evidente come anche dalla lettura della norma, sulla quale non vi era stato errore, si potesse desumere quale fosse la ratio degli interventi. A me sembra che, come sempre, siano la ratio e la sostanza a dover prevalere sulla forma, soprattutto, quando vi sono delle sedi nelle quali si può porre tranquillamente rimedio agli errori che ci sono stati e sono stati, in qualche modo, riconosciuti.
Dunque, se vogliamo parlare dei temi della giustizia, così come sono stata invitata a fare dall'onorevole Nicola Molteni, a me non sembra che l'enfatizzazione dei temi contribuisca alla realizzazione corretta dei provvedimenti di giustizia. Mi sembra che il tema sia stato ampiamente ridimensionato nella discussione odierna e che, dunque, di esso si potrà fare tranquillamente emenda nella successiva discussione alla Camera. La chiarezza, se non vi era stata, vi sarà quando il dibattito sarà ampiamente e specificamente portato sui temi di merito. Pag. 51
L'altro argomento sul quale l'onorevole Nicola Molteni ha invitato il Governo a dare un chiarimento, in realtà, sarebbe un fuori tema, tuttavia, per un atto di doverosa cortesia nei confronti del Parlamento ritengo di poter tranquillamente rispondere. Anche in questo caso, le spettacolarizzazioni dei temi non giovano alla chiarezza, perché il tema è di semplicissima soluzione. C'era una semplice bozza, un'idea di modifica di disciplina delle sezioni disciplinari, sulla quale personalmente ho espresso un parere contrario, perché si trattava di una disciplina che avrebbe dovuto essere modificata attraverso una normativa di rango costituzionale. Mi sembra che già su tutto questo sia stata fatta chiarezza da quegli stessi organi d'informazione che avevano, in qualche modo, sollecitato l'attenzione dei lavori sul tema. Dunque, il tema è chiarissimo: una bozza sulla quale era stato espresso un parere tecnico di carattere negativo.
Quanto all'altro tema sul quale l'onorevole Nicola Molteni mi ha richiamato, la fiducia rinnovata da parte del Presidente Monti al sottosegretario Catricalà si basa, evidentemente, sulla constatazione che nulla era stato fatto che non corrispondesse a quanto da me oggi riferito, e, dunque, che vi fosse stata piena correttezza di comportamento, essendo questa idea stata valutata in una fase semplicemente preliminare. Mi sembra, anzi, che questa conclusione renda chiarezza a tutto il contorno e che, se sfrondiamo questo tema da eventuali spettacolarizzazioni - che non mi sembra siano nelle intenzioni di nessuno -, esso sia stato già chiarito nella sua essenza attraverso una puntuale dichiarazione che è stata fatta dal Presidente del Consiglio Monti e che includeva anche un riferimento alle modalità con le quali il parere era stato reso dal Ministro della giustizia. Ritengo, dunque, che su questo tema, come sull'altro, sia stata fatta la massima chiarezza.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione delle mozioni Mantovano ed altri n. 1-00983, Fiano ed altri n. 1-01007 e Di Biagio ed altri n. 1-01018 concernenti iniziative in materia previdenziale per il personale dei comparti della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico (ore 18,55).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Mantovano ed altri n. 1-00983, Fiano ed altri n. 1-01007 e Di Biagio ed altri n. 1-01018 concernenti iniziative in materia previdenziale per il personale dei comparti della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state presentate le mozioni Bosi ed altri n. 1-01052, Dozzo ed altri n. 1-01053, Paladini ed altri n. 1-01055 e Misiti ed altri n. 1-01057 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Bonino, che illustrerà anche la mozione Dozzo n. 1-01053 di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
GUIDO BONINO. Signor Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghi, considerato che le mozioni presentate dai vari gruppi parlamentari convergono sostanzialmente nei contenuti quali indicazioni da suggerire al Governo per la stesura di un regolamento riguardante, nel caso specifico, la materia previdenziale per il personale dei comparti della sicurezza, Pag. 52della difesa e del soccorso pubblico, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Bonino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Fiano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01007. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Governo, qualche mese fa, nell'adottare le misure di riforma per l'accesso alla pensione, decise di rinviare la definizione delle determinazioni di quelle relative alle Forze dell'ordine, alle Forze di polizia, alle Forze armate e al Corpo dei vigili del fuoco ad un successivo provvedimento specifico, un regolamento cosiddetto di armonizzazione, a cui poi le Camere delegarono il Governo stesso. Le ragioni di una siffatta decisione sono evidenti, considerando la peculiarità molto specifica, vorrei dire unica, dell'impegno e del tipo di lavoro che viene richiesto a queste donne e a questi uomini, delle regole del loro servizio che vengono poste in essere, degli scenari complessi, difficoltosi, in cui sono chiamati ad operare e non vorrei aggiungere che forse proprio in questi giorni, in queste settimane, questi scenari pretendono da loro un supplemento di impegno specifico. Il servizio che viene svolto nei comparti dello Stato della difesa, della sicurezza e del soccorso pubblico ha quindi - secondo noi, ma evidentemente anche secondo l'intero Parlamento, non solo perché sono state presentate mozioni sostanzialmente analoghe ma anche perché si intende, in queste mozioni, salvaguardare questa peculiarità - caratteristiche che lo differenziano sensibilmente da quello degli altri settori dello Stato. Non è un caso, infatti, che alcuni fondamentali diritti diffusi in questo Paese negli altri ambiti lavorativi, e che negli altri ambiti lavorativi vengono giustamente, per tradizione e per essere il risultato di lotte, considerati intangibili, possano in questo comparto subire limitazioni e restrizioni; valga per tutti la restrizione del diritto di sciopero in questo settore. Esiste, insomma, uno speciale rapporto di servizio che lega questi nostri concittadini italiani al compimento del proprio dovere e questo sentimento di compimento del proprio dovere, quando è svolto con totale rispetto della legge, è tanto più forte quanto più importanti sono le richieste che questo Paese avanza verso questi lavoratori. Il personale di cui parliamo, infatti, deve essere sempre disponibile all'impiego come, certamente, anche qualche altra categoria di lavoratori nel nostro Paese, ed assicurare la sua presenza ogni volta che sia necessaria, anteponendo il servizio ad ogni altra esigenza di carattere privato. Essi, cioè, non si trovano esattamente nelle medesime condizioni in cui si trovano molti altri milioni di dipendenti del servizio pubblico in questo Paese, ma in una condizione prettamente diversa.
I rischi, e ovviamente la tensione e lo stress psicofisico a cui sono sottoposti i lavoratori di questi comparti, costituisco aspetti professionali della caratteristica del loro impiego, dei quali non si può non tenere conto. Per questi motivi, prima della definizione del sistema pensionistico del personale in argomento, la mozione che oggi presento a nome del Partito Democratico, impegna il Governo a considerare adeguatamente la specificità del suo impiego. È una specificità che vale per l'aspetto pensionistico ed in generale - e noi la consideriamo un obiettivo molto importante raggiunto in questo Paese - la salvaguardia della specificità di questi comparti. Ancora pochi giorni fa, mentre scorrevano sugli schermi di tutta la penisola le tremende e devastanti immagini del terremoto emiliano, che si alternavano, in un fine settimana tragico, con quelle dell'orrore della bomba stragista di Brindisi, abbiamo visto come sempre militari, forze di polizia e vigili del fuoco, oltre ai volontari della Protezione civile, correre continuamente - nell'assolvimento della propria funzione - gravi rischi per la loro incolumità. Pag. 53
Vogliamo qui mandare un pensiero e ricordare, uno per tutti, proprio il vigile del fuoco caduto l'altro giorno a Finale Emilia durante la seconda forte scossa pomeridiana, mentre si occupava di verificare la stabilità di un tetto. Egli è ancora ricoverato e gli inviamo i nostri auguri di pronta guarigione. È necessario, infatti, ricordare che i compiti affidati ai militari, alle forze di polizia e ai vigili del fuoco, richiedono ovviamente elevati standard psicofisici e che l'usura, l'anzianità e lo stress a cui il personale è soggetto, è paragonabile a poche, molte poche altre attività lavorative che si svolgono nel nostro Paese. L'età del loro pensionamento, dunque - e questo è un cardine della proposta in discussione che mettiamo in questa mozione - non può prescindere dalla necessità che il termine del servizio sia tale da garantire la presenza certa, nel personale interessato e fino all'ultimo giorno di attività lavorativa, dei requisiti di idoneità e di efficienza che ho prima menzionato. Non è un caso - e mi piace sottolinearlo -, infatti, che negli altri Stati europei i limiti dell'età per lo stesso personale siano già inferiori a quelli vigenti in Italia.
Credo che tutti noi abbiamo in mente che sarebbe difficile mettere in una volante della polizia, in una gazzella dei carabinieri, in un mezzo dei vigili del fuoco o in un mezzo militare, dei sessantacinquenni o dei sessantaseienni. È evidente che parliamo di una peculiarità molto specifica che va salvaguardata. Anche per questo, le norme di tutela attualmente previste non sono da considerarsi privilegi - secondo noi -, ma misure per bilanciare il trattamento pensionistico del personale in argomento rispetto a quello degli altri lavoratori, ai quali è consentito rimanere più a lungo in servizio, con misure finalizzate a riconoscere quando si siano determinate infermità e menomazioni fisiche che il personale subisce durante e nell'espletamento del proprio servizio.
Un sistema pensionistico in parte diverso da quello vigente in altri settori, cosa giustificata dalla loro specificità di impiego. Non credo vi sia qui bisogno di richiamare al pensiero le forze dell'ordine, complessivamente, nella loro quotidiana lotta contro la criminalità, contro le mafie o il pattugliamento che i nostri soldati svolgono nelle missioni estere (in Afghanistan, per esempio), sotto la minaccia continua di aggressioni, di incidenti e di pericoli incombenti; o ancora i marinai che pattugliano le rotte degli oceani e, ovviamente, cito qui in astratto, tutte le vicende che hanno ricadute su episodi specifici che ognuno di noi conosce e che sono ancora l'oggetto della nostra preoccupata attenzione in queste ore o in questi mesi; o infine, ancora, i vigili del fuoco, a cui affidiamo la salvezza e l'incolumità di chi è coinvolto in calamità naturali (terremoti, per esempio) o in incidenti.
Per rendersi conto di tale diversità, basterebbe ricordare soprattutto l'alto numero di vittime in Italia e all'estero che i comparti della difesa, della sicurezza e dei vigili del fuoco, registrano, purtroppo, continuamente. In definitiva, per concludere, la mozione evidenzia come la specificità dell'impiego del personale in argomento, unanimemente riconosciuta dal Parlamento, meriti una concreta considerazione.
Una considerazione che tenga conto anche del fatto che quel personale ha già contribuito, per la sua parte, al contenimento della spesa, con il blocco delle promozioni, con la revisione del trattamento di servizio, senza che nei tre comparti sia stata attivata la previdenza integrativa prevista sin dal 1995; ma soprattutto una considerazione concretamente legata all'importanza che le funzioni di difesa, sicurezza e soccorso pubblico, svolte proprio da quel personale, rivestono per l'Italia, come dimostrano anche i fatti più recenti.
Per queste ragioni, signor Presidente, rappresentante del Governo, voteremo convintamente a favore della mozione in oggetto, e anche delle altre mozioni di cui vorremmo ascoltare l'illustrazione, augurandoci che il Governo voglia urgentemente avviare un tavolo di confronto con i rappresentanti dei militari, delle forze di Pag. 54polizia e dei vigili del fuoco, su questa delicata tematica, e che possa soprattutto raggiungere, attraverso il sistema della concertazione, accordi condivisi sull'armonizzazione del sistema pensionistico del personale in argomento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01018. Ne ha facoltà.
ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, la logica, il buon senso o, chiamiamolo semplicemente pragmatismo, imporrebbero all'uomo di Stato di valorizzare e curare lo strumento di cui si ha maggiore bisogno per mantenere un certo grado di sicurezza sociale, soprattutto quando il bisogno è amplificato da eventi e congiunture di certo non facili.
È sotto gli occhi di tutti la difficoltà che sta investendo l'Italia in queste settimane, in cui l'escalation di violenza riporta alla mente momenti drammatici della nostra storia. Malgrado questo scenario critico e le palesi difficoltà, lo strumento della nostra sicurezza, vale a dire donne e uomini delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, continuano ad essere bersaglio di limitazioni di varia natura, come se si sottovalutasse il carattere devastante che tanti vincoli rischiano di avere sulla nostra sicurezza, e come se non si considerasse abbastanza importante la tutela del comparto.
Tutelare il comparto sicurezza, significa tutelare la società civile italiana, ma questo sembra uno slancio idealista, più che una prospettiva operativa. Non ci vuole molto: un po' di buonsenso unito ad una leggera dose di lungimiranza. La delicatezza e la complessità del ruolo svolto e dei compiti assegnati al comparto, non sono un optional di cui dimenticarsi quando c'è bisogno di tirare la cinghia, anche perché ci siamo dimenticati già di tante altre cose.
La legge n. 183 del 2010 parla chiaro: ha stabilito che, ai fini della definizione degli ordinamenti, della carriera e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per cui la specificità non è qualcosa che ci siamo inventati, ma un elemento fondamentale dell'operatività e dell'organizzazione dell'intero comparto.
Questi lavoratori operano in un sistema di vincoli del tutto peculiari e con condizioni di impiego altamente usuranti che presuppongono il costante possesso della idoneità psicofisica e il mantenimento di standard di efficienza operativa periodicamente verificati e testati, anche mediante controlli medici, prove fisiche e severe prove di addestramento, senza mai dimenticare che ogni anno centinaia di militari, agenti e vigili del fuoco perdono i requisiti di idoneità anche a seguito di cause di servizio o contraggono malattie permanenti.
A questi, ovviamente, si aggiungono quanti cadono nell'adempimento del proprio dovere. Bisogna fermarsi per un istante e capire esattamente in che modo si concretizzano talune scelte di Governo, capire che riflessi hanno determinate equiparazioni o determinati tagli. Sta proprio in questo il problema: nello scollamento che talvolta, e in maniera drammatica, si struttura tra Governo e società; ma quando questo scollamento coinvolge la nostra sicurezza, mettendo anche sotto i riflettori tutte le lacune che ne derivano, Futuro e Libertà per il Terzo Polo non ci sta.
Perdonatemi, ma appare il paradosso di un comparto impoverito, indebolito, quasi svuotato, che in questo dato momento storico, rappresenta un elemento allarmante che stride con le reali esigenze dei cittadini e dello Stato. Basti osservare con attenzione i tanti operatori delle forze dell'ordine e di polizia che sono talvolta impossibilitati a prendere le vetture di servizio, perché prive di carburante. Penso anche alle gravi carenze di organico che si registrano nei vari corpi e comparti e che limitano enormemente le potenzialità in termini di repressione del crimine. Pag. 55
Guardo alle caserme, ai commissariati e alle tante strutture funzionali che lo Stato prende in affitto da privati, con canoni esosi e insostenibili, mentre spesso paradossalmente i privati hanno anche profili discutibili e sono talvolta implicati in affari loschi. Penso ai tanti - ma tanti - beni immobili e mobili confiscati alla malavita, che potrebbero rappresentare una fonte di rafforzamento per il comparto sicurezza.
Con una risoluzione a firma Futuro e Libertà per il Terzo Polo, che verrà discussa in settimana, in I Commissione (Affari costituzionali), a proposito dell'indebolimento della Direzione investigativa antimafia, abbiamo voluto segnalare al Ministro questo paradosso: una Direzione investigativa di eccellenza, depotenziata e svilita sotto il profilo operativo, funzionale e retributivo, a mio avviso rappresenta la metafora di quanto si discute oggi.
Appare interessante evidenziare che le attività di contrasto alla criminalità organizzata, consentono il recupero di notevoli risorse che confluiscono nel Fondo unico di giustizia. Sarebbe percorribile l'ipotesi di accedere ad una percentuale, sebbene limitata, di questo Fondo, per colmare le lacune del finanziamento al comparto sicurezza.
Signor sottosegretario, dobbiamo cominciare a ragionare in termini di maggiore armonizzazione e non più di selvaggia razionalizzazione, anche sul versante dei troppi e diversi ruoli e gruppi all'interno dello stesso comparto. È necessario privilegiare le funzionalità rispetto alle duplicazioni e all'accavallamento operativo. Questo vuol dire ottimizzare ed è forse su questo punto che si dovrebbe ragionare insieme.
Non voglio più sentir parlare di equiparazione e di sacrifici per tutti! Questo è un discorso che rivela una buona dose di mancata conoscenza dell'argomento e delle derive che queste scelte hanno. Noi non lo accettiamo! È abbastanza chiaro che sotto certi profili è una forzatura equiparare il personale del comparto sicurezza ad altri lavoratori del settore pubblico, a maggior ragione se si parla del tanto famigerato versante previdenziale. Su questo argomento l'equiparazione sa quasi di beffa. L'efficienza psicofisica del personale è una condizione indispensabile dell'efficienza funzionale e organizzativa della struttura operativa. Su queste premesse si fonda la differenza della disciplina previdenziale, che è riconosciuta in buona parte dei Paesi europei.
Il decreto-legge cosiddetto «salva Italia», prevedeva misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività, nonché dei rispettivi ordinamenti del personale del comparto sicurezza. Alla specificità del comparto occorre sottoporre anche la disciplina attuativa. Pertanto, alla luce di tale normativa, il regolamento di armonizzazione in materia pensionistica si dovrebbe configurare come un procedimento attuativo della specifica dell'intero comparto. Non dimentichiamo che già la legge n. 243 del 2004 prevedeva che gli addetti al comparto, per la stessa specificità, fossero esclusi dal processo di innalzamento dell'età pensionabile. Sebbene la legge avesse previsto diversamente, non si è ancora proceduto all'istituzione di forme pensionistiche integrative e complementari per il personale del comparto sicurezza e difesa.
Non dimentichiamo, poi, che parlando di un comparto specifico, è determinante la partecipazione delle rappresentanze del personale nella fase di definizione ed emanazione dei provvedimenti. Tale prassi non risulta essere stata seguita nell'ambito della delega di cui al provvedimento cosiddetto «salva Italia». È come se, in nome dell'urgenza e del fare cassa, si fosse derogato a tutta una serie di condizioni importanti e non trascurabili.
Tutelare la specificità, anche ai fini previdenziali, del personale, che per esigenze funzionali dovrebbe essere tenuto a lasciare il servizio prima degli altri lavoratori pubblici e privati, rappresenta un dovere cui il Governo non può venire meno, date le pesanti conseguenze che questo genere di intervento limitativo avrà sul medio e lungo periodo. Appare opportuno, Pag. 56come evidenziato nella mozione a firma di Futuro e Libertà per il Terzo Polo, che venga istituito, con assoluta urgenza, un tavolo di concertazione con le relative rappresentanze sindacali, al fine di giungere a un regolamento, i cui contenuti siano condivisi, nel quale riconoscere, in maniera inderogabile, la peculiarità degli operatori del settore.
Sarebbe, inoltre, auspicabile avviare, contestualmente alla stesura del regolamento di armonizzazione, le procedure di concertazione atte al riconoscimento di forme pensionistiche complementari, salvaguardando il personale attualmente in servizio e già assoggettato al cosiddetto sistema contributivo puro. Non trascuriamo, poi, l'esigenza di assumere adeguate iniziative di carattere normativo, volte a consentire il riordino dei ruoli e delle carriere del comparto.
Signor Ministro, signor sottosegretario, c'è molto da fare per ridare dignità al comparto rispetto alla società civile. Dobbiamo entrare nell'ottica che la serenità di chi provvede alla nostra sicurezza è la nostra serenità. Su questo, noi di Futuro e Libertà per il Terzo Polo, siamo intransigenti, perché questa rappresenta una delle premesse della nostra azione e del nostro pragmatismo. Deroghe a tale principio, animate da esigenze di bilancio e di cassa, non le comprendiamo e non vogliamo comprenderle. Crediamo che il Governo, in nome del buon senso, possa fare un doveroso passo indietro e mettere al centro di ogni intervento il rispetto di chi, con abnegazione, rappresenta la sicurezza del Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone, che illustrerà anche la mozione Bosi ed altri n. 1-01052, di cui è cofirmatario.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, questo non è un argomento che trattiamo incidentalmente, è lunedì pomeriggio, ci sono delle mozioni da trattare e da illustrare, e poniamo una questione. Partiamo certamente dal decreto-legge n. 201 del 2011, però prendiamo spunto da questo provvedimento per porre una questione molto più ampia e complessiva. Non è la prima volta che parliamo delle forze di sicurezza, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Vi sono problemi che più volte abbiamo evidenziato e allora evitiamo tutti quanti - iniziando da me, signor Presidente e signor sottosegretario - di farci prendere dall'enfasi, dati il tema e l'argomento. Noi intanto abbiamo presentato questa mozione. Qual è il parere del Governo, non soltanto sulla mozione, ma sulla questione, in termini complessivi e generali? Qui non c'è soltanto in gioco - si fa per dire - il tema delle pensioni e quindi dell'armonizzazione, del rinvio di un regolamento per il trattamento dell'accesso e pensionistico delle forze di polizia, delle Forze armate e dei vigili del fuoco, ma qui c'è una complessa problematica che riguarda la sicurezza e gli uomini che sono preposti istituzionalmente a garantire la sicurezza ed il presidio delle nostre istituzioni democratiche.
Se facciamo queste osservazioni iniziali, certamente partiamo da una serie di vicende, di storie e di delusioni per quanto riguarda le Forze armate, le forze di polizia ed i vigili del fuoco, con riferimento a promesse non mantenute e soprattutto ad una sproporzione dei compiti a cui le Forze armate, le forze di polizia ed i vigili del fuoco, sono preposti rispetto ai compensi che percepiscono. Ci riferiamo non soltanto ai compensi economici o pensionistici, ma a compensi che riguardano il riconoscimento del loro status, della loro condizione e dell'affievolimento dei loro diritti e garanzie, proprio in virtù dei compiti a cui sono preposti, che sono certamente più pesanti rispetto a quelli degli altri funzionari ed impiegati dello Stato.
Questo lo dicevamo già nel 1978, a proposito della legge n. 382 relativa alle norme di principio sulla disciplina militare, in cui già si trattava della specificità di tale comparto, in cui i militari sono soggetti alla disciplina militare e subiscono quindi anche un affievolimento dei loro diritti. Se c'è un affievolimento dei loro Pag. 57diritti e una condizione di lavoro e di impegno usurante - come è stato più volte ricordato qui - certamente questi lavoratori debbono avere una tutela e delle garanzie maggiori. Non si tratta soltanto di una tutela personale. La tutela personale di ciascun componente delle Forze armate, delle forze di polizia e dei vigili fuoco, poi si riversa complessivamente sulle garanzie e sulla tutela delle istituzioni.
Se non vogliamo un personale demotivato - e le Forze armate, le forze di polizia e i vigili fuoco non lo sono assolutamente, perché fanno il loro dovere, soprattutto con grande spirito di sacrificio e attaccamento ai principi a cui si informa la nostra Costituzione italiana - e se vogliamo un personale più motivato bisogna riconoscere quelle che sono le attese, soprattutto rispetto alla loro condizione di lavoro e alla peculiarità dell'impegno che essi svolgono.
Ma vi è qualcosa di più. Signor Presidente, signor sottosegretario, quando nel 1978 fu costituita la rappresentanza militare centrale e poi quella intermedia e di base, e quindi il Cocer, il Coir e il Cobar, non vi è dubbio che fu affidata a questi organismi la rappresentazione di quelle che erano le esigenze delle Forze armate. Poi vi è stata un'estensione anche per quanto riguarda le forze di polizia, e, con la smilitarizzazione della Polizia di Stato, avvenuta con la legge n. 121 del 1981, certamente questa rappresentanza è stata più diretta e più immediata, non soggetta alla disciplina e alla gerarchia militare. Però, tutto questo è andato avanti in termini complessivi, ma soprattutto credo che alcuni obiettivi che dovevano essere raggiunti non lo siano stati, anche perché, quando parliamo di forze di polizia e di vigili del fuoco, parliamo soprattutto di impiego razionale delle forze in campo, parliamo, ovviamente, di una prima utilizzazione delle risorse umane attraverso un raccordo, un coordinamento e un dispiegamento delle risorse sul territorio nazionale, e non solo, in termini, ripeto, di grande razionalità ed efficienza.
Tutto questo vi è stato? Non lo so, non credo che vi siano efficienze particolari. So che qualche tipo di organizzazione dovrebbe essere rivista per quanto riguarda le forze di polizia e le Forze armate. Signor Presidente, questo lo stiamo dicendo in I Commissione, dove noi abbiamo determinato la deliberazione di un'indagine conoscitiva proprio dopo le vicende del 14 ottobre 2011, dopo le esplosioni che hanno riguardato Roma, i tafferugli di Roma e, soprattutto, i danneggiamenti che hanno riguardato la città di Roma. Certamente, tutto questo è preceduto dalla vicenda della Val di Susa e dalle vicende del 2001 di Genova. Anche su questo, qualche interrogativo noi lo poniamo per quanto riguarda l'impiego razionale e il dispiegamento razionale delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, perché fa specie, signor Presidente, vedere l'enfasi e gli «applausometri» nelle grandi occasioni e nelle grandi circostanze, le parole, appunto, di circostanza nelle circostanze e, soprattutto, nelle manifestazioni, e poi non essere consequenziali.
Quante volte abbiamo dovuto lamentare che non vi sono gli strumenti e i mezzi idonei per dare soddisfacimento a quelli che sono i compiti d'istituto a cui sono chiamate le forze di polizia, le Forze armate e certamente i vigili del fuoco?
Questa vicenda, poi, richiama anche una serie di leggi. Nella nostra mozione, il cui primo firmatario è l'onorevole Bosi, è stato ricordato che nella legge n. 183 del 2010 si è fatto riferimento alla specificità ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale. Tutto questo, da allora, dal 2010, certamente non ha avuto un grande sbocco. Allora, noi chiediamo che nel regolamento di attuazione del decreto-legge n. 201 del 2011, che ho richiamato, tutto questo sia tenuto presente, ma, soprattutto, si avvii una politica da parte del Governo, con il Parlamento che ha già dato il suo indirizzo e ha approvato anche dei provvedimenti, che dia senso e significato alla specificità e alla peculiarità del ruolo delle Forze armate e delle forze di polizia. Non chiediamo null'altro, anche perché il trattamento pensionistico che hanno oggi le nostre Forze armate, le forze di polizia e i vigili Pag. 58del fuoco è più alto rispetto a quello degli altri Paesi europei. Questo è il dato. Ora, siccome la delega per l'armonizzazione aveva come termine il 30 giugno 2012, con questa mozione, signor Presidente, chiediamo non soltanto il mantenimento dell'impegno da parte del Governo, ma ho già detto che chiediamo anche una rivisitazione certamente molto più ampia.
Questo è nel dispositivo, quando si parla per esempio dell'incontro.
Soltanto questa battuta, signor Presidente. Noi abbiamo fatto una manifestazione all'Hotel Nazionale, c'era anche Fiano. Ho la fortuna e il privilegio di essere ascoltato da lui, ogni tanto. Sa, le fortune non vengono tutto ad un tratto, uno deve cogliere, anche a fine maggio, in questo scorcio di maggio, le fortune per avere l'attenzione di un collega autorevolissimo come Fiano.
Si è chiesto anche un incontro con il Governo. Vorremmo capire perché il Ministro Fornero non ci incontra, perché non ci affronta. Mi auguro che il sottosegretario dica qualcosa di più. Signor sottosegretario, questa non è una mozione di rivendicazione, di elemosina. Questa è la spia di una situazione complessiva e generale. Qui non chiediamo elemosina a nessuno! Le Forze armate e le forze di polizia non chiedono elemosina a nessuno, tanto meno al Ministro Fornero! Nessuno nel Paese chiede elemosina al Ministro Fornero!
Allora, siccome faccio parte di un gruppo che sostiene la maggioranza, fra le altre cose, vogliamo capire qual è la posizione del Governo non soltanto su questo, ma sulle Forze armate, sulle forze di polizia e sul Dipartimento dei vigili del fuoco!
Questo è un atto, certamente, di indirizzo parlamentare. L'indirizzo parlamentare o è seguito o non è seguito, perché se uno fa i giochetti, un avere in più, un avere in meno, un mese in meno, un anno in meno, o un anno in più, questo non ci convince assolutamente. Vogliamo che lo spirito del decreto-legge n. 201 del 2011 venga ad essere pienamente raccolto e l'impegno da parte del Governo mantenuto, l'impegno assunto dal Parlamento, imposto dal Parlamento, attraverso una legge dello Stato, senza nessuna vanificazione e senza nessuna scorciatoia.
Poi chiamiamo concertazione tutto quello che volete, ma io ritengo che il senso e il significato di questa nostra mozione sia abbastanza chiaro e mi auguro, signor Presidente - come sono sicuro e certo - che il sottosegretario abbia ben compreso qual è la nostra finalità e con quale spirito noi abbiamo posto questo documento di indirizzo parlamentare, che ritengo non sia un fatto rituale, formale e liturgico, ma sia un fatto vero, diciamo una parola di verità, di serietà e di serenità alle Forze armate, alle forze di polizia e ai vigili del fuoco che, certamente, fanno il loro dovere e di cui il Paese ha sempre bisogno, del loro impegno e della loro azione (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba, che illustrerà anche la mozione Paladini ed altri n. 1-01055, di cui è cofirmatario.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, nell'illustrare la mozione presentata dal gruppo Italia dei Valori vorrei partire da una considerazione. La sicurezza è una funzione indefettibile in uno Stato, non è come altre funzioni che sono importanti, ma possono esserci o non esserci. La sicurezza è l'«in sé» di una società organizzata secondo leggi. Essa affianca la funzione della giustizia, che pure è una funzione di rango costituzionale, insieme alla funzione della sicurezza. Ecco perché c'è un'assoluta specificità di questo comparto e delle funzioni che esso svolge. La sicurezza come collaborazione alla giustizia, la sicurezza in sé come garanzia dell'incolumità dei cittadini e della pace sociale. In questo senso, chi riveste funzioni di operatore della sicurezza è esso stesso esposto a dei gravi rischi che altri operatori non affrontano. Ecco perché non si può trattare questo comparto come se fosse uguale agli altri. C'è una specificità, c'è una originalità che deve trovare, nello Stato, un riconoscimento. Noi siamo molto Pag. 59preoccupati che ci potesse essere, nell'atteggiamento che finora ha contraddistinto il precedente Governo, una volontà larvata, latente, ma forte, di modificazione del modello di sicurezza.
Noi intendiamo un modello di sicurezza che sia in condizione di garantire la sicurezza dei cittadini, ma anche la legalità dello Stato e, soprattutto, di garantire anche un'efficace lotta contro la criminalità organizzata, nella sua capacità di collegarsi all'interno dello Stato, ma di collegarsi anche con gli altri organismi internazionali che perseguono il medesimo obiettivo.
Tutte le volte in cui, come è avvenuto in precedenza soprattutto sotto la spinta della Lega, si pensava ad una ingiustizia puramente locale e si depotenziava contestualmente il comparto - nel senso di non renderlo complessivamente capace di svolgere le molteplici funzioni che gli sono state assegnate - si incideva sostanzialmente su modello di sicurezza. Questa è una situazione che noi abbiamo sempre contrastato con il precedente Governo di centrodestra, che era un Governo che sostanzialmente provava l'orticaria tutte le volte che si parlava di legalità, di effettività della legge e di efficacia delle norme e delle regole.
Ecco perché noi dell'Italia dei Valori siamo molto attenti e con piacere notiamo che altri gruppi politici hanno presentato analoghe mozioni. Infatti dobbiamo fare tutti uno sforzo comune perché questo comparto abbia la dignità ed il riconoscimento che esso deve avere, non solo per gli operatori in sé, che pure meritano profondo rispetto, ma anche per noi, per tutta la società, per tutta la nostra società, perché la funzione che essi svolgono è una funzione essenziale per il mantenimento delle regole e per il rispetto del patto sociale da parte di tutti cittadini.
Abbiamo assistito ad una serie costante ed ininterrotta di depotenziamenti di questa funzione. Faccio soltanto alcuni esempi. Abbiamo agenti che non possono uscire dalle caserme, perché le volanti non funzionano e non ci sono fondi per sistemarle. Ci sono attese spesso insopportabili per accedere al 113 o ad analoghe linee telefoniche. Spesso mancano i fondi per garantire la corretta alimentazione, il vestiario e le esigenze dei detenuti. Fare delle traduzioni spesso è molto pesante per la polizia penitenziaria che ha assunto queste funzioni. Non dimentichiamo che, tra l'altro, il cosiddetto decreto svuotacarceri per sollevare il carico di lavoro della polizia penitenziaria - che ne aveva diritto ovviamente - ha attribuito e «scaricato» su altri comparti della sicurezza funzioni - ed anche tensioni - che sono andate ad aggravare la già difficile condizione. Ci sono commissariati di polizia di Stato con incredibili carenze di organico. L'organico del Corpo dei carabinieri e sottostimato di 7 mila unità e non ci sono fondi per l'addestramento e spesso neanche per la formazione e l'aggiornamento delle unità dei vigili del fuoco.
Noi non vogliamo arrenderci di fronte a questa situazione e crediamo che questo Governo debba assumere con determinazione la decisione e la volontà di occuparsi seriamente di questo comparto. Perciò nella nostra mozione noi impegniamo il Governo a svolgere alcuni compiti ed alcune azioni. Lo impegniamo a salvaguardare la specificità del comparto, convocando celermente un tavolo di concertazione dei lavoratori del settore, delle loro rappresentanze e di quelle che è possibile coinvolgere anche attraverso il Cocer, come riconoscimento della particolare attività svolta sul territorio per la sicurezza dei cittadini. Impegniamo, quindi, il Governo ad ascoltare le regioni di questi lavoratori e delle loro rappresentanze, predisponendo interventi necessari, volti a tutelare la specificità e l'indefettibilità assoluta di questo settore, che chiamare settore è riduttivo perché, come dicevo, rappresenta l'«in sé» di una società, nel senso che è lo strumento per garantire la pace sociale e che ne cives ad arma veniant.
Impegna il Governo a valutare lo spostamento degli operatori di pubblica sicurezza ad incarichi non operativi solamente nella fase finale della carriera quindi ad utilizzare tutte le altre unità disponibili Pag. 60nel servizio di istituto, di trincea; a ridisegnare il modello di sicurezza nazionale mediante l'adozione di interventi di riorganizzazione finalizzati ad eliminare sprechi o inefficienze, con la loro collaborazione, perché essi sono responsabili e sono i primi, in quanto servitori dello Stato, ad accorgersi e a sapere a che cosa si può rinunciare ma, al di là di questo, per favore, non facciamo dei tagli indiscriminati a questo settore; a riconsiderare la logica dei tagli indiscriminati, quindi a provvedere, in una situazione di oggettiva crisi economica e mancanza di fondi, a distribuire gli stessi fondi con maggiore oculatezza; a garantire efficaci programmi di esercitazione e aggiornamento delle professionalità...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, lei mi ha letto nel pensiero e anche nell'esposizione, per cui ho concluso e consegno al Governo questi impegni fino al momento in cui arriveremo alla votazione delle mozioni. Invitiamo a votare a favore della nostra mozione e voteremo a favore delle mozioni analoghe (Applausi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
(Intervento del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Cecilia Guerra.
CECILIA GUERRA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, sarò molto breve ma non posso rimandare un intervento in quanto giustamente sono stata chiamata ad esprimere - e lo faccio con entusiasmo - la fortissima considerazione dell'importanza e la consapevolezza del ruolo che le Forze armate e le forze di sicurezza in tutte le loro articolazioni rivestono per il nostro Paese; ci tengo personalmente a sottolinearlo, essendo una degli abitanti delle zone terremotate che sono state qui richiamate. Quindi, anche personalmente ho potuto verificare non solo il ruolo a cui spesso e più facilmente e frequentemente pensiamo, con riferimento alle forze di sicurezza e alle Forze armate, quindi la loro presenza e il ruolo fondamentale che svolgono per difendere la legalità (che è un bene prezioso, un bene comune di grandissima importanza), ma anche la capacità che hanno di dimostrare la presenza dello Stato, la vicinanza nei confronti delle popolazioni anche in situazioni di difficoltà e ciò richiede un altro tipo di intervento: un intervento proprio di aiuto, di solidarietà e di presenza immediata ed efficiente.
Fatta questa premessa, vorrei anche intervenire per una seconda ragione e cioè che ascoltando i vostri interventi, anche sulla base delle mozioni che ho potuto leggere prima di recarmi in Aula, risulta abbastanza evidente che esiste un insieme di considerazioni comuni molto ampie, di sottolineature e di richiami giustamente rivolti al Governo che sono in buona parte convergenti. Quindi, anche al fine di favorire l'espressione di un parere da parte del Governo e anche l'assunzione di un impegno che difficilmente può arrivare a singoli distinguo, chiederei agli onorevoli presentatori delle mozioni di valutare la possibilità di presentare, di formulare una proposta convergente in cui possano trovare posto i temi che sono comunque o sembrano, almeno dagli interventi che avete fatto, largamente condivisi e sui quali voi chiedete di impegnare il Governo, rafforzando, attraverso uno strumento di richiesta comune, ancora di più il vincolo che comunque una mozione approvata dal Parlamento rappresenta per il Governo. Cito soltanto alcuni dei temi che mi sono sembrati fra i più importanti: la sottolineatura che sicuramente avete fatto con più forza è quella che riguarda la tutela delle specificità dei comparti che stiamo qui considerando, pur in un contesto di armonizzazione come quello che è richiesto dalla norma, la volontà che si realizzi Pag. 61da parte del Governo un confronto stretto con i rappresentanti dei sindacati più rappresentativi, il Cocer. Questo è un impegno che peraltro, lo vorrei ricordare, il Ministro ha già preso ufficialmente in una seduta su analogo argomento che ha avuto luogo la settimana scorsa al Senato. C'è poi il problema delle pensioni complementari, il progetto di riordino dei ruoli e delle carriere e questo solo per citare i temi che mi è sembrato di cogliere come maggiormente rappresentati e condivisi nelle diverse mozioni. Ovviamente non mi sostituisco al vostro compito però vi pregherei di tenere in considerazione anche questa sollecitazione (Applausi).
PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Discussione della mozione Mecacci ed altri n. 1-00899 concernente iniziative politico-diplomatiche in relazione alla vicenda del cittadino russo Sergei Magnitsky.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Mecacci ed altri n. 1-00899 concernente iniziative politico-diplomatiche in relazione alla vicenda del cittadino russo Sergei Magnitsky (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto altresì che la mozione n. 1-00899 è stata sottoscritta anche dagli onorevoli Evangelisti e Vernetti e, conseguentemente, con il consenso del primo firmatario e degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari si intende così modificato: «Mecacci, Volontè, Evangelisti, Vernetti ed altri».
Avverto inoltre che è stata presentata la mozione Pianetta ed altri n. 1-01056 (Vedi l'allegato A - Mozioni), che vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Mecacci, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00899. Ne ha facoltà.
MATTEO MECACCI. Signor Presidente, ringrazio i gruppi che hanno voluto mettere in agenda nella discussione di oggi alla Camera il tema relativo ad una vicenda molto grave e molto triste. Si tratta della tortura e dell'omicidio di Sergei Magnitsky, un cittadino russo che svolgeva il lavoro di avvocato in quel Paese e che negli scorsi anni è stato vittima di un'azione purtroppo concertata tra i gruppi organizzati, con responsabilità ufficiali di quel Paese, che ne hanno determinato la morte. Sergei Magnitsky - l'ho detto - era un avvocato, aveva 37 anni, e ha avuto una colpa. La sua colpa è stata quella di cercare di indagare sulla sottrazione di oltre 230 milioni di dollari che una società straniera, che aveva sede in Inghilterra, l'Hermitage capital management fund, aveva pagato all'erario russo (come doveva fare in base all'attività finanziaria che svolgeva in quel Paese), e nella giornata del 24 dicembre del 2007, attraverso la presentazione di una serie di documenti che erano stati falsificati, anche grazie alla sottrazione avvenuta negli uffici di questa società di alcuni timbri e di alcune documentazioni ufficiali che appunto ne attestavano le attività, alla vigilia di Natale del 2007, questi soldi venivano dati come rimborso di tasse a dei cittadini russi che mai avevano versato quei soldi.
Sergei Magnitsky, a differenza di altri sei avvocati di questo gruppo, rifiutò di andare in esilio in una residenza protetta e fece causa a queste persone davanti alle autorità russe. La decisione che fu presa dall'ordinamento giudiziario, dal procuratore, fu quella di incarcerarlo, e fin dall'inizio - come ha documentato attraverso una seria costante di reclami, di lettere alla famiglia, di petizioni che erano state Pag. 62proposte alle autorità carcerarie di quel Paese - è stato oggetto di maltrattamenti, di abusi, di negazioni di cure, che hanno portato successivamente, attraverso anche un'operazione di copertura e di negazione delle cure mediche necessarie, alla sua morte. Ora oggi ci occupiamo di questa vicenda nel Parlamento italiano ma non siamo i primi a farlo; il primo Parlamento al mondo che si è occupato della vicenda di Sergei Magnitsky è il Congresso americano, il Congresso degli Stati Uniti, in particolare il Senato, con l'iniziativa del senatore Benjamin Cardin del Partito Democratico e del senatore del Partito Repubblicano, John Mc Cain, che hanno presentato una risoluzione analoga e che ha avuto però un effetto che è stato quello di cercare di identificare individualmente le persone responsabili di questo crimine, e cercare di negar loro quei privilegi che i nostri Paesi offrono: ad esempio, la possibilità di viaggiare sul nostro territorio (magari per fare le vacanze, o per inviare i figli a studiare nei nostri Paesi), oppure investire i soldi che queste persone hanno accumulato, spesso - come in questo caso - attraverso attività illecite. Questa iniziativa è la prima di questo genere.
Si tratta di sanzioni che vanno ad individuare dei responsabili di violazioni dei diritti umani, di violazioni di norme della Convenzione europea contro i trattamenti disumani e la tortura, quindi norme che fanno parte del nostro ordinamento. Stabiliamo, con questa iniziativa, o vorremmo stabilire, il principio che chi viola norme internazionali riconosciute dal consesso dei Paesi civili e democratici, non debba godere, appunto, dei privilegi che vivere in un Paese libero può comportare. Questa iniziativa evidentemente ha suscitato anche delle reazioni negative da parte di alcuni esponenti delle autorità della Federazione Russa, ma quello che voglio chiarire in questa sede è che la presente iniziativa parlamentare, che è partita dal Congresso degli Stati Uniti d'America, che è arrivata al Parlamento europeo, che è stata approvata dal Parlamento olandese e, recentemente, anche, ad esempio, da Westminster, in Inghilterra, con il sostegno di cinque ex Ministri degli esteri di quel Paese, non è un'iniziativa contro la Federazione Russa, non è un'iniziativa che mira a mettere in discussione i rapporti diplomatici tra il nostro Paese e la Federazione Russa, non è un'iniziativa che mira a mettere in discussione anche importanti rapporti economici che esistono tra l'Europa o tra il nostro Paese e la Federazione Russa, ma vuole cercare di individuare le persone che sono responsabili delle violazioni dei diritti umani e fare loro comprendere che non si può continuare a fare affari o a viaggiare liberamente nel nostro Paese se questo accade.
Credo che questa sia una cosa importante da fare, soprattutto per un Paese che, nel corso degli ultimi anni, si è esposto molto a livello internazionale con alcune prese di posizione ufficiali che oggettivamente erano fuori da quella che era la linea della politica estera comune europea. Si è dato un sostegno, secondo me sbagliato politicamente - ma sarà la storia a giudicare di questo -, ad un Governo che non aveva una piena legittimazione democratica, nella Federazione Russa. Essa faticosamente adesso sta avviando anche alcuni processi di riforma e vedremo se dopo le ultime elezioni quello che era stato promesso dalle autorità, dal nuovamente Presidente Putin e dal nuovamente Primo Ministro Medvedev, avrà attuazione. Al di là di questo, però, come ripeto, questa iniziativa vuole stabilire il principio che chi compie questo tipo di crimini, chi cerca di coprirli, attraverso operazioni di depistaggio, o nega addirittura la validità di indagini che sono state condotte da alcuni gruppi indipendenti russi che si sono appellati al Presidente Medvedev, riconoscendo che quanto era accaduto a Sergei Magnitsky costituiva un crimine che doveva essere sanzionato dalle autorità, non possa continuare a pensare di potersi muovere liberamente nel continente europeo.
Signor Presidente, concludo ricordando che ci sono altri colleghi, come il collega Luca Volontè dell'UdC, che, in sede di Consiglio d'Europa, hanno presentato Pag. 63un'iniziativa analoga, che il Consiglio d'Europa ne discuterà nelle prossime settimane e che un rapporter speciale verrà istituito; inoltre, all'Assemblea parlamentare dell'OSCE oltre 40 colleghi di tutti i Paesi hanno preso un'iniziativa analoga, che cerca anche di rinverdire anche una tradizione di questa istituzione che è stata molto importante. Lo ricorderanno coloro che erano presenti politicamente in quegli anni, negli anni Ottanta, quando, attraverso la sollevazione e volendo gettare luce sulle vicende individuali, sui casi specifici di violazioni dei diritti umani, in realtà si riusciva a cercare di dare un po' di voce e di speranza a tutti quei cittadini che si trovavano nelle stesse situazioni perché oggetto di persecuzioni o comunque perché vivevano all'interno di un sistema giudiziario o politico corrotto.
Spero, quindi, che lo spirito unitario che finora ci ha mosso - non so se ci saranno anche altri testi che saranno presentati - possa consentire di avere una pronuncia il più unitaria e unanime possibile del Parlamento italiano per dare questo messaggio anche alle autorità russe. La Federazione Russa è sicuramente un partner importante per il nostro Paese, ma rispetto al quale non dobbiamo chiudere gli occhi quando ci sono episodi di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01056. Ne ha facoltà.
ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, la morte dell'avvocato Magnitsky, avvenuta nelle carceri russe il 16 novembre 2009, aveva subito destato sospetti per le circostanze in cui era avvenuta. Era stato arrestato nel novembre 2008 e accusato di collusione con una società di consulenza, l'Hermitage capital per evasione fiscale e frode fiscale. Alcuni organi di stampa avevano riportato che negli 11 mesi di detenzione gli erano state negate le visite dei familiari, era stato rinchiuso in condizioni sempre più precarie, inoltre che sarebbero state negate le cure mediche che avrebbero potuto salvargli la vita. L'agenzia di stampa russa Ria Novosti ha riportato che la morte di Magnitsky ha provocato indignazione pubblica e ha aperto la discussione per migliorare l'assistenza sanitaria nelle carceri e ridurre il numero dei detenuti in attesa di giudizio.
Il Governo russo ha riconosciuto che l'avvocato Magnitsky durante il periodo di detenzione è stato sottoposto a maltrattamenti, sono stati proposti a procedimento giudiziario sessanta persone appartenenti al sistema carcerario, sanitario e giudiziario coinvolte in questo caso. Secondo Hermitage, l'avvocato Magnitsky era stato arrestato per aver scoperto una truffa di circa 130 milioni di euro ai danni dello stesso fondo Hermitage e dello Stato russo. In ragione di questi elementi, modalità di detenzione, sospetti e cause della morte e le stesse imputazioni d'accusa, il caso Magnitsky ha destato scalpore e interesse. Le autorità russe hanno aperto procedimenti penali nei confronti dei medici che curavano Magnitsky, accusati di negligenza professionale e omicidio colposo.
A livello politico il Parlamento canadese, il Parlamento olandese, e il Congresso USA hanno chiesto alle autorità russe di individuare e processare i colpevoli e i mandanti e hanno chiesto ai rispettivi Governi di non concedere loro il visto di ingresso nei rispettivi Paesi. Anche il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per vietare l'ingresso dei funzionari russi coinvolti nel caso Magnitsky e la confisca dei beni. Ci sono state, da parte russa, delle prese di posizione e attriti su questa questione. Ad esempio, tra la Russia e gli Stati Uniti vi sono state prese di posizione e sono state prese anche reciproche misure di non concessione di visti per l'ingresso nei rispettivi Paesi.
Illustrati molto brevemente alcuni degli aspetti principali di questa vicenda, nella nostra mozione si sottolinea con forza la necessità e la volontà di operare per la tutela e la promozione dei diritti umani. Ciò rappresenta un obiettivo costante da perseguire. Infatti, la morte in carcere di Sergei Magnitsky pone di fronte a noi la questione, quella della difesa dei diritti Pag. 64umani, che non può che essere un tema centrale nell'agenda di ogni singolo Stato e anche oggi ancora più di ieri, soprattutto dalla comunità internazionale.
Stiamo affrontando un caso specifico, ma sarebbe un grave errore non rendersi conto che la difesa di un principio come quello del pieno rispetto dei diritti umani che deve essere garantita in ogni condizione, specie in relazione a situazioni come quella dei detenuti, è e resta una questione generale, che coinvolge in maniera differente e con intensità maggiore o minore l'intera comunità internazionale. Dunque, se si vuole affrontare questo tema e garantire effettivamente l'affermazione concreta del pieno rispetto dei diritti umani in ogni contesto possibile è necessario intervenire nelle sedi opportune.
Il titolo della mozione oggi in discussione recita: Iniziative politico-diplomatiche in relazione alla vicenda del cittadino russo Sergei Magnitsky. Ebbene, queste iniziative per essere efficaci devono riuscire a coinvolgere la comunità internazionale nel suo complesso. Pensare di affrontare questa questione in termini di rapporti bilaterali significa di fatto aprire la strada ad un irrigidimento inevitabile tra gli Stati coinvolti e alcuni esempi che ho citato lo dimostrano. Il rischio concreto è quello di provocare una serie di recriminazioni reciproche, con inevitabilmente il risultato di far venire meno l'elemento fondamentale della questione, cioè l'affermazione condivisa della necessità di garantire il rispetto dei diritti umani. Quindi, da questo punto di vista deve essere la comunità internazionale ad ergersi come punto di riferimento riconosciuto e riconoscibile, a porre limiti e regole e soprattutto ad affermare principi. Se questo non avviene, il risultato concreto è inevitabilmente l'allontanamento di ogni Stato dall'altro.
L'appartenenza alla comunità internazionale, alle sue strutture ed istituzioni, con tutti i vantaggi che questa appartenenza può determinare, deve essere sempre più vincolata al rispetto assoluto di determinati principi. Colleghi, ciò serve non solo ad affermare il principio, ma anche ad affermare il luogo, la forma e l'istituzione atta a garantirlo e a difenderlo. In questa direzione deve muoversi l'azione diplomatica del nostro Paese.
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Pianetta.
ENRICO PIANETTA. Per questo, abbiamo chiesto, e chiediamo al Governo, nella nostra mozione, di attivarsi nelle sedi proprie, affinché la comunità internazionale faccia passi concreti - ho concluso, signor Presidente - per affermare il principio e, allo stesso tempo, per focalizzare strumenti e modalità di intervento capaci di garantire sempre il pieno rispetto. Si badi bene: questo non vuol dire affatto disconoscere le ragioni dell'intervento e le ragioni che ci hanno portato oggi a discutere le mozioni alla nostra attenzione. Vuol dire, però, che è necessario individuare il percorso migliore per ottenere veramente il risultato che si vuole raggiungere. Il rischio è che l'affermazione di un principio diventi una sorta di dichiarazione di intenti utile, come dire, a soddisfare i nostri buoni sentimenti, ma non a garantire realmente il rispetto dei diritti umani in tutte le occasioni in cui questi sono messi a rischio.
Oggi, stiamo discutendo, fondamentalmente, di ciò che è avvenuto in un carcere della Federazione russa, ma se invece di coinvolgere la comunità internazionale ad impegnarsi per affermare e, soprattutto, per garantire completamente il rispetto dei diritti umani, dovessimo rivolgerci esclusivamente allo Stato oggi interessato, ebbene, dovremmo impegnarci quotidianamente nei confronti di tantissimi altri Stati sovrani, con il rischio anche di aprire la strada ad eventuali strumentalizzazioni (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.
RENZO LUSETTI. Signor Presidente, come i colleghi che mi hanno preceduto hanno detto, questa mozione è molto importante, perché fa luce su un caso che è Pag. 65passato inosservato rispetto alla grande stampa e ai grandi organi di informazione, ma non è passato inosservato rispetto a chi si occupa da sempre di tutela e difesa dei diritti umani, né ad alcuni Parlamenti molto importanti. Il collega Mecacci, prima, ha fatto riferimento al Congresso degli Stati Uniti, al Parlamento europeo e al Parlamento olandese; giustamente, il collega Volontè se ne sta occupando presso il Consiglio d'Europa; ed è, forse, importante che le stesse decisioni possano essere assunte da questo consesso, cioè dal Parlamento italiano.
I fatti sono sostanzialmente noti: sono uscite anche nuove prove sulla presunta uccisione in carcere dell'avvocato Sergei Magnitsky, che, in qualche modo, aveva denunciato una maxitruffa da 230 milioni di dollari ad opera di alcuni dirigenti del Ministero dell'interno. Come risultato, abbiamo avuto il fatto, ormai noto, dell'imprigionamento di Magnitsky; abbiamo, addirittura le prove di un pestaggio in carcere, della falsificazione delle circostanze della morte ed anche di una sorta di indagine condotta dai dirigenti che lo stesso Magnitsky aveva, in qualche modo, denunciato nel suo esposto. Ora, tutto ciò non può passare inosservato.
Noi chiediamo alcune cose ben precise, signor Presidente, onorevole sottosegretario, però lungi da noi - come detto dai colleghi in precedenza - l'idea di pregiudicare le relazioni diplomatiche con la Federazione russa; lungi da noi l'idea di pregiudicare accordi economici con la Russia. Vogliamo solo un semplice accertamento della verità e che vengano puniti i colpevoli. Si chiede, appunto, in questa mozione, che vi sia il diritto alla difesa e ad un giusto processo, così come è stato sancito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata anche dalla Federazione russa; chiediamo, altresì, che siano assunte iniziative, che anche altri Parlamenti hanno sostenuto.
Prima il collega Mecacci ha fatto riferimento ai due parlamentari degli Stati Uniti, il senatore Benjamin Cardin, democratico, e all'ex candidato alla presidenza degli Stati Uniti, John Mc Cain che, in qualche modo, hanno imposto a sessanta cittadini russi di non poter mettere piede nel territorio statunitense, e forse è giusto che questo accada anche per l'Italia. Quindi, noi chiediamo che ci sia una sorta di impegno da parte del Governo per evitare che le persone segnalate in questa lista possano mettere piede in Italia, perché sono sospettate, pesantemente, di aver commesso un crimine.
Chiediamo, inoltre, se fosse possibile individuare la presenza di beni appartenenti a queste sessanta persone in territorio italiano, o sotto la giurisdizione italiana, assumendo iniziative di competenza del Governo, sarebbe bene pervenire ad un sostanziale blocco della disponibilità di tali beni; infatti è importante che noi possiamo difendere i diritti di chi in un Paese straniero ha denunciato un sopruso, un'evasione fiscale molto forte, una truffa molto significativa che credo sia stata messa a tacere da alcuni settori locali. Qui non c'entra nulla il Governo russo, ma c'entra il rispetto della giustizia di fronte ad un crimine così efferato.
Quando ho letto le notizie che vari organi hanno riportato sulla vicenda dei diritti umani negati in Russia, mi è venuta in mente la vita di Stive Biko, che era uno studente del Sudafrica e che è stato pestato e ucciso negli anni Settanta in quel Paese, dove mancava la democrazia; oggi il clima è diverso in Russia, si sono riproposte riforme importanti, però è necessario, appunto perché queste riforme possano procedere, che ci sia il rispetto della verità e della giustizia. Per questo motivo noi chiediamo un impegno forte del Governo italiano.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Marta Dassù.
MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, interverrei nel momento in cui discuteremo nel merito delle singole mozioni.
Pag. 66
PRESIDENTE. Sta bene, signor sottosegretario.
Il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.
Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 20,03).
PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione permanente, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera, a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
Alla IX Commissione (Trasporti):
Delfino ed altri: « Modifica dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 122, concernente la disciplina dell'attività di autoriparazione » (4574).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 29 maggio 2012, alle 11,30:
1. - Svolgimento di interpellanze e di una interrogazione.
(ore 17)
2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 4574.
3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
SCHIRRU ed altri; CICU e FALLICA; DI STANISLAO: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di nuovi parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate (C. 3160-4084-4113-A).
- Relatore: Cicu.
4. - Discussione dei progetti di legge:
ROSATO ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Croazia in materia di cooperazione culturale e d'istruzione, fatto a Zagabria il 16 ottobre 2008 (C. 3744-5057-A).
- Relatore: Stefani.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul diritto relativo alle utilizzazioni dei corsi d'acqua internazionali per scopi diversi dalla navigazione, con annesso, fatta a New York il 21 maggio 1997 (C. 4975).
- Relatore: Stefani.
Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, e relativo Protocollo, del 29 gennaio 1977, fatto a Singapore il 24 maggio 2011 (C. 5018).
- Relatore: Allasia.
5. - Discussione del disegno di legge:
Partecipazione italiana al sesto aumento di capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (C. 5044-A).
- Relatore: Pianetta.
6. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed Pag. 67altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970 e Ossorio ed altri n. 1-01011 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.
7. - Seguito della discussione della proposta di legge:
TENAGLIA ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto (C. 2094-A).
- Relatore: Tenaglia.
8. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
PANIZ e CARLUCCI; DE ANGELIS ed altri; AMICI e GIACHETTI; BORGHESI ed altri: Modifiche all'articolo 191 del codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi (C. 749-1556-2325-3248-A).
- Relatore: Paniz.
9. - Seguito della discussione delle mozioni Volontè, Fioroni, Roccella, Polledri, Commercio ed altri n. 1-00922, Farina Coscioni ed altri n. 1-01016, Palagiano ed altri n. 1-01036, Miotto ed altri n. 1-01038, Stagno d'Alcontres ed altri n. 1-01042, Barani ed altri n. 1-01046 e Laura Molteni ed altri n. 1-01049 concernenti iniziative per la tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico.
10. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00898, Narducci ed altri n. 1-01037, Miccichè ed altri n. 1-01039, Crosio ed altri n. 1-01040, Bernardo ed altri n. 1-01041 e Moffa ed altri n. 1-01043 concernenti iniziative per la negoziazione di accordi bilaterali con Paesi non appartenenti all'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.
PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA
IX Commissione (Trasporti):
DELFINO ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 122, concernente la disciplina dell'attività di autoriparazione» (4574).
La seduta termina alle 20,05.
TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI JOLE SANTELLI E ANGELA NAPOLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434-A
JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Onorevoli Colleghi! Il testo che le Commissioni I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e II (Giustizia) sottopongono all'approvazione dell'Assemblea, si articola in tre fondamentali aspetti dell'azione di contrasto alla corruzione e all'illegalità nel settore pubblico: prevenzione generale, controlli mirati e sanzioni.
Esso è volto, in particolare, a dare attuazione alle politiche ed alle «buone pratiche» di prevenzione della corruzione previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.
L'adozione del Piano nazionale anticorruzione si rende necessaria anche a seguito della valutazione svolta dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, di cui l'Italia fa parte dal 2007. Tra le altre raccomandazioni formulate, il GRECO ha invitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e a riferirne dinanzi al Consiglio d'Europa. Pag. 68
Com'è noto, la Commissione europea ha stimato che la corruzione costa all'economia dell'Unione 120 miliardi di euro l'anno, ovvero l'1% del Pil della Ue e poco meno del bilancio annuale dell'Unione europea.
Per quanto riguarda l'Italia, la Corte dei Conti ha di recente ricordato che il nostro Paese nella classifica degli Stati percepiti più corrotti nel mondo stilata da Transparency International per il 2011 assume il non commendevole posto di 69o su 182 Paesi presi in esame e nell'Unione europea è posizionato avanti alla Grecia, Romania e Bulgaria. Un intervento del Parlamento appare, pertanto, urgente e quanto mai necessario.
Il testo definito dalle Commissioni riunite I e II al termine dell'esame svolto in sede referente è stato quindi oggetto di particolare attenzione ed approfondimento. Nella mia relazione mi soffermerò sui profili che investono maggiormente le competenze della Commissione Affari costituzionali rinviando, per le altri parti, a quanto illustrerà la collega relatrice per la Commissione Giustizia, onorevole Angela Napoli.
Ambito normativo e contenuto.
Il testo che l'Assemblea si accinge ad esaminare reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Le Commissioni riunite hanno deliberato di adottare come testo base per l'esame in sede referente il disegno di legge del Governo C. 4434, approvato dal Senato, in esito ad alcuni stralci deliberati presso l'altro ramo del Parlamento sul testo presentato dal Governo il 4 maggio 2010.
Il provvedimento si pone come attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida), nonché degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono, sostanzialmente, che in ogni ordinamento vi siano uno o più organi, specializzati, incaricati di prevenire la corruzione, con i quali le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati cooperino.
A tal fine, l'articolo 1 del disegno di legge, ampiamente modificato nel corso dell'iter al Senato e, quindi, dalle Commissioni I e II della Camera nell'ambito dell'esame in sede referente, individua l'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 150 del 2009. È così modificata l'attuale distribuzione delle competenze in questa materia, poiché la Civit si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che tale ruolo ricopre secondo la normativa vigente. Il testo individua anche le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali.
Tra i compiti della Civit vi è quello di riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno. Al contempo, in base a quanto previsto da un emendamento approvato dalle Commissioni in sede referente, la Civit è chiamata ad analizzare le cause e i fattori della corruzione e ad individuare interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto.
Per l'esercizio delle funzioni di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, si prevede che la Civit eserciti poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e che ordini l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa, ovvero provveda Pag. 69alla rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza summenzionati. La Civit e le amministrazioni interessate devono dare notizia, sui rispettivi siti istituzionali, dei provvedimenti a tal fine adottati.
Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento, tra cui la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali nonché la definizione di criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione. Il Dipartimento svolge le sue funzioni «anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». Poiché la disciplina, la composizione e le funzioni del Comitato non sono altrimenti individuate, vi è da ritenere che siano comprese nel rinvio alla fonte secondaria.
L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi. Si prevede che la trasparenza - che ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 150 del 2009 è livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - sia assicurata attraverso pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.
L'articolo 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di trasparenza con particolare riferimento a specifici procedimenti: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera. Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. Ancora, le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
Secondo quanto previsto da alcuni emendamenti approvati dalle Commissioni riunite I e II si stabilisce, inoltre, che sui siti internet delle amministrazioni pubbliche sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta sul proprio sito al fine di consentirne una agevole comparazione.
Al contempo, in base alle modifiche approvate, tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti realizzati in deroga alle procedure ordinarie. Viene altresì specificato che i soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali (ad esempio i commissari) pubblicano le informazioni sui siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.
Le informazioni così pubblicizzate sono poi trasmesse in via telematica alla Civit.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 si prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali e la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate da tali atti costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009 e, dunque, presupposto per la Pag. 70cosiddetta azione di gruppo (class action) contro la pubblica amministrazione. Ciò è, altresì, valutato ai sensi dell'articolo 21 decreto legislativo 165 del 2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
Nell'ambito dell'esame in sede referente, è stato poi approvato un nuovo articolo 3 in materia di trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali con il quale si stabilisce che, al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi e la reciproca autonomia, le amministrazioni pubbliche, nonché le aziende e società partecipate dello Stato e degli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio previsto dall'articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alla pubblica amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al medesimo articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e vengono trasmessi alla CIVIT per le finalità di cui all'articolo 1 della proposta di legge in esame.
L'articolo 4, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici prevedendo che: per l'autorizzazione a svolgere incarichi, l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse; i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione; le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati; i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione. Sono nulli i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione ed è vietato ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni.
L'articolo 5 introduce l'articolo 54-bis nel decreto legislativo n. 165 del 2001 ed attiene alla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Si prevede che fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare.
Sull'articolo 6 si soffermerà la collega Angela Napoli.
L'articolo 7 introduce una modifica all'articolo 135 del codice degli appalti, in materia di risoluzione del contratto per reati accertati e per decadenza dell'attestazione di qualificazione, al fine di ampliare il novero dei reati a carico dell'appaltatore per i quali, dopo che sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, il responsabile del procedimento procede, in relazione allo stato dei lavori Pag. 71e alle eventuali conseguenze nei riguardi delle finalità dell'intervento, alla risoluzione del contratto.
L'articolo 8, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, contiene una clausola di adeguamento ad alcune disposizioni del provvedimento per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché per gli enti locali. È fatta salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia.
L'articolo 9 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante novella dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa.
In particolare, si introduce una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della Pubblica amministrazione. Si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine della amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.
Con la seconda novella, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di fondato timore di attenuazione della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute. Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
L'articolo 10 reca una delega, con termine annuale, che autorizza il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare - in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi - l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale, nonché il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo proprie degli enti locali.
L'incandidabilità, che ha natura temporanea, riguarda le elezioni europee, politiche, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali. Il divieto riguarda le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni; consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 267 del 2000); presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.
La finalità del testo unico è individuata nel riordino e nell'armonizzazione della normativa vigente, nonché nel coordinamento delle norme sull'incandidabilità con quelle in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo.
In base al comma 3 lo schema di testo unico è trasmesso alle Camere che esprimono il parere attraverso le competenti Commissioni per materia e per i profili finanziari entro 60 giorni e, decorso tale termine, il testo unico può essere comunque emanato anche in assenza dei pareri.
L'articolo 11, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 59, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di sospensione di diritto dalla carica. Si prevede che questa consegua, altresì, quando è disposta l'applicazione di una delle misure coercitive di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale (Divieto e obbligo di dimora), quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale. Pag. 72
Sugli altri articoli riferirà la relatrice per la II Commissione.
Istruttoria legislativa svolta.
Le Commissioni riunite I e II hanno avviato, il 7 luglio 2011, l'esame in sede referente degli abbinati progetti di legge, deliberando successivamente di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva nell'ambito dell'istruttoria legislativa sui progetti di legge.
Le Commissioni hanno dunque proceduto, nelle sedute del 13 e del 14 settembre 2011, ad una serie di audizioni di esperti della materia.
Il 15 settembre 2011 è stato adottato come testo base il disegno di legge n. 4344 del Governo. Nelle successive sedute le Commissioni hanno esaminato, svolgendo un attento approfondimento ed un ampio dibattito, i numerosi emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati. Sono state quindi approvate proposte emendative di diversi gruppi giungendo, in taluni casi, ad una diversa formulazione del testo dopo ulteriori valutazioni da parte delle relatrici e sulla base di una costante interlocuzione con i rappresentanti del Governo.
Infine, dopo aver acquisito i pareri delle competenti Commissioni in sede consultiva, nella seduta del 24 maggio 2012, è stato dato mandato alle relatrici a riferire in Assemblea in senso favorevole sul testo elaborato dalle Commissioni nel corso dell'esame in sede referente.
L'auspicio è dunque quello che quest'Assemblea possa giungere in tempi brevi e con il più ampio consenso all'approvazione del testo in esame, volto a definire misure efficaci per contrastare il fenomeno della corruzione e dell'illegalità nell'azione amministrativa, che - com'è noto - crea nella realtà un forte danno alla credibilità del Paese, stimato dalla Corte dei conti in 60 miliardi di euro annui, disincentivando gli investimenti, anche stranieri, e frenando, di conseguenza, quello sviluppo economico di cui il Paese ha così forte bisogno.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. La mia relazione si concentra sulle parti del testo riconducibili alla competenza propria della Commissione Giustizia ed, in particolare, sugli articoli 5, 6, 7, 9 e da 12 a 19.
L'articolo 5 - introdotto nel corso dell'esame al Senato - mira a tutelare il pubblico dipendente che - fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione - denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (comma 1). Viene, infatti, disposto che il segnalante non può esser licenziato, o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetto sulle condizioni di lavoro per motivi, direttamente o meno, collegati alla denuncia presentata. Fatti salvi gli obblighi legali di denuncia (il riferimento è ai pubblici dipendenti che rivestono anche la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) è fatto divieto alla Pubblica Amministrazione di rivelare l'identità del segnalante - in assenza del consenso di quest'ultimo - fino alla contestazione dell'illecito disciplinare (comma 2). È importante segnalare che analoga disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, ed attualmente in corso di ratifica parlamentare. Il provvedimento, approvato dal Senato, è proprio oggi all'esame dell'Assemblea. Rispetto al testo del Senato, le Commissioni, per ragioni sistematiche, hanno collocato la disposizione nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (dopo l'articolo 54) recante le «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche».
L'articolo 6, introdotto dal Senato, individua una serie di attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa, per le quali è apparso opportuno prevedere immediatamente, cioè senza attendere l'emanazione ed efficacia di un apposito regolamento previsto dal codice sulle leggi antimafia, l'informazione antimafia indipendentemente dal valore del contratto o del sub-contratto. L'elenco delle attività a rischio è aggiornabile dalla fonte secondaria, al fine di evitare tutte quelle difficoltà che potrebbero derivare dall'approvazione di una Pag. 73nuova legge. In Commissione, per prevenire facili elusioni della norma, si è previsto che l'affidamento a terzi, da parte dell'aggiudicatario, di attività comprese tra quelle individuate a rischio di infiltrazione mafiosa, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività in questione, sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli.
L'articolo 7 interviene sul decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il cosiddetto Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ed in particolare sui casi di risoluzione del contratto per reati accertati e per decadenza dell'attestazione di qualificazione, ampliandone l'applicazione ai i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del Codice penale. Forse questa lista dovrà essere rivista a seguito delle modifiche apportate dal provvedimento in esame al codice penale nei successivi articoli del presente provvedimento.
L'articolo 9 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante modifica dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare, il comma 1 prevede due nuovi commi 1-sexies e 1-septies all'articolo 1 della legge 20 del 1994.
Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della Pubblica amministrazione. Si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, che l'entità del danno all'immagine dell'amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.
Con la seconda modificazione, che introduce il comma 1-septies dell'articolo 1 legge 20 del 1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di fondato timore di attenuazione (anziché di probabile attenuazione, come previsto nel testo Senato) della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute. Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice, può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
L'articolo 12, introdotto dalle Commissioni, prevede che il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. Viene posto il limite massimo dei dieci anni complessivi. Si stabilisce che il soggetto ricollocato in ruolo non può essere nuovamente collocato fuori ruolo se non ha esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. In merito al trattamento economico si stabilisce che il personale collocato fuori ruolo mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa. Si tratta di una disposizione che è stata a lungo all'esame delle Commissioni per le diverse implicazioni anche di natura organizzatoria che determina. Proprio per tali questioni il Governo ed il relatore per la I Commissione avevano espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo presentato dall'onorevole Giachetti, che introduceva nel testo la disposizione in esame. Anzi, dopo alcuni mesi che già si era Pag. 74avviato l'esame dell'articolo aggiuntivo, il relatore per la I Commissione, riprendendo un subemendamento presentato fuori il termine massimo, ha presentato un articolo aggiuntivo sulla medesima materia volto a disciplinare una serie di questioni che necessitano di essere risolte, ma che non erano trattate dall'articolo aggiuntivo dell'onorevole Giachetti. All'articolo aggiuntivo del relatore sono stati presentati subemendamenti da tutti i gruppi, almeno su uno dei quali il Governo aveva preannunciato parere favorevole così come lo aveva fatto per l'articolo aggiuntivo del relatore. Tuttavia, non si è arrivati ad esaminare questo articolo aggiuntivo, essendo stato precluso dall'approvazione dell'articolo aggiuntivo Giachetti.
Gli articoli da 13 a 19 sono stati introdotti dalle Commissioni a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Ministro Severino volto a sostituire l'articolo 9 del testo trasmesso dal Senato, che interveniva in maniera del tutto insufficiente su una materia, quale quella dei reati contro la pubblica amministrazione, che invece, considerata la drammaticità del fenomeno corruttivo, necessita di una vera e proprio riforma radicale. Per quanto nel corso dell'esame presso il Senato tanto le forze politiche di maggioranza ed opposizione quanto il Governo, con allora a capo il Presidente Berlusconi, avessero rinviato all'esame della Camera la sistemazione della parte penale, quando si è avviato l'esame presso questo ramo del Parlamento si è registrato da parte delle forze di governo e del Governo stesso un atteggiamento di chiusura che avrebbe dovuto portare alla conferma di quanto approvato dal Senato. Solo il cambio di Governo, avvenuto proprio quando le commissioni stavano ad accingersi ad esaminare la parte penale del disegno di legge, ha consentito una inversione di tendenza.
Il Ministro Paola Severino, una volta insediatasi, proprio in ragione di questo nuovo spirito con cui il Governo affrontava la materia della lotta alla corruzione, ha chiesto tempo per studiare a fondo gli emendamenti presentati ed eventualmente presentarne di nuovi. Così è avvenuto e le Commissioni hanno approvato un emendamento del Governo risultante dalla modifica di tre subemendamenti. Altri emendamenti e subemendamenti non sono stati approvati, per quanto meritevoli di interesse, come ad esempio quelli diretti ad introdurre nell'ordinamento il reato di autoriciclaggio, spesso connesso a fatti corruttivi. La scelta di non intervenire in tale materia è stata giustificata dal Governo dal fatto che si tratterebbe di un reato la cui formulazione comporta una serie di questioni che esulano dalla materia della lotta alla corruzione, trattandosi di un reato di portata generale e connesso anche a reti diversi da quelli contro la pubblica amministrazione. Per la stessa ragione il Governo non ha accolto gli emendamenti volti ad incidere sulla disciplina generale della prescrizione del reato, per aumentare il periodo di prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione.
Obiettivo delle novità introdotte dagli articoli 13 e seguenti è rafforzare il contrasto penale della corruzione pubblica e privata anche in attuazione degli accordi internazionali già ratificati dall'Italia (Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione) o in corso di ratifica (Convenzione penale sulla corruzione, Strasburgo 27 gennaio 1997). Il Governo inoltre ha inteso precisare anche che le modifiche all'attuale normativa recepiscono le raccomandazioni dei gruppi di lavoro dell'OCSE e del Consiglio d'Europa (GRECO), incaricati di verificare la conformità agli standards internazionali delle norme statali in materia di corruzione.
In tale contesto, secondo il Governo, si collocano la modifica della concussione e l'introduzione del reato di induzione indebita a dare o a promettere denaro o altra utilità, previste rispettivamente nelle lettere d) ed i) del comma 1 dell'articolo 13.
In Commissione questa scelta è stata oggetto di confronto, in quanto non tutti condividono lo spacchettamento delle fattispecie corruttive. Vi sono stati emendamenti volti a ricondurre ad un'unica fattispecie i reati di corruzione e concussione, Pag. 75facendo rimanere nell'ambito della concussione anche l'induzione. Chi, come io stessa, era di questa opinione, ha ritenuto anche eccessiva la scelta di ricondurre la concussione alla sola figura del pubblico ufficiale.
Il Governo ha mantenuto la sua posizione ricordando che nel rapporto del Gruppo di lavoro sulla corruzione internazionale dell'OCSE (Work Group Bribery - WGB), relativo al terzo ciclo di valutazione sull'Italia, è stata recentemente rinnovata la raccomandazione all'Italia di modificare l'articolo 317 del Codice penale, con riferimento ai casi di corruzione internazionale, in quanto strumento di possibile esonero dalla responsabilità del privato che effettui la promessa o la dazione indebita. Analogamente, nel Rapporto sull'Italia adottato in occasione della 54a riunione plenaria del GRECO (Strasburgo, 20-23 marzo 2012), si fa menzione del rischio di un ricorso improprio al delitto di concussione nell'ambito di indagini aventi ad oggetto rapporti illeciti tra privati e pubblici agenti, raccomandando pertanto di valutare possibili modifiche della norma penale.
L'emendamento approvato e, quindi, il testo in esame, si propongono di circoscrivere la concussione alle sole ipotesi in cui la condotta abusiva abbia determinato una costrizione in capo al privato limitando la soggettività attiva, e la conseguente punibilità, al pubblico ufficiale in quanto titolare dei poteri autoritativi da cui deriva il metus publicae potestatis.
Nella relazione di accompagnamento all'emendamento, il Governo sottolinea che a tale limitazione si accompagna la netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione. Le condotte di induzione, oggi ricadenti nell'articolo 317 del Codice penale confluiscono, infatti, in un'autonoma fattispecie di reato, rubricata «Indebita induzione a dare o promettere denaro o altra utilità» (articolo 13, comma 1, lettera i)). In questo caso, soggetti attivi del reato sono tanto il pubblico ufficiale quanto l'incaricato di pubblico servizio e la punibilità è estesa anche al privato che, non essendo costretto ma semplicemente indotto alla promessa o dazione, mantiene un margine di scelta tale da giustificare una pena seppure in misura ridotta rispetto al pubblico agente.
Quanto al trattamento sanzionatorio, il minimo della pena detentiva per il delitto di concussione è aumentato da quattro a sei anni, fermi restando il limite massimo (dodici anni) e lo speciale regime della pena accessoria previsto dall'articolo 317-bis del codice penale. Nei casi di induzione indebita, invece, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da tre a otto anni, mentre il privato con la reclusione fino a tre anni. È prevista, inoltre, l'applicazione della circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis con riferimento a fatti di particolare tenuità (lettera q)).
L'articolo 13, comma 1, lettera e), estende il regime dell'interdizione dai pubblici uffici, oggi previsto in caso di condanna per peculato e concussione, ai reati di corruzione propria (articolo 319 del Codice penale) e di corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter).
L'articolo 13, comma 1, lettera f), riformula l'articolo 318 del Codice penale nel senso di sostituire la figura della corruzione per un atto d'ufficio, o corruzione impropria, con la corruzione per l'esercizio della funzione. Una delle tre modifiche apportate al testo del Governo dalle Commissioni attiene proprio alla descrizione della condotta, che inizialmente puniva il pubblico ufficiale che, in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, riceve denaro od altra utilità o ne accetti la promessa. Al fine di evitare il rischio di una fattispecie indeterminata che avrebbe potuto punire anche condotte prive di una effettiva lesività dal punto di vista del diritto penale si è costruita la fattispecie sulla base di un nesso teleologico anziché funzionale: la condotta si realizza quando il pubblico ufficiale riceve denaro od altra utilità o ne accetta la promessa per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, anziché in relazione ad essi. Inoltre, si è specificato che la ricezione deve essere indebita. In tal modo si è voluto evitare il rischio di applicare la Pag. 76fattispecie a comportamenti che nella realtà concreta non devono essere ricondotti al fenomeno della corruzione.
Con la riformulazione dell'articolo 318 del Codice penale, pertanto, coesistono nel codice due forme di corruzione: quella tradizionale della corruzione propria, ancorata ad un atto contrario ai doveri d'ufficio, e quella nuova che prescinde dall'adozione o dall'omissione di atti. Quest'ultima forma è meno grave per la pubblica amministrazione e, pertanto, punita con una pena più tenue (reclusione da uno a cinque anni) rispetto a quella della corruzione propria.
A questo proposito si segnala che il testo originario dell'emendamento del Governo elevava la pena del reato di corruzione propria aumentando il minimo ed il massimo, portandoli rispettivamente a tre e sette anni, rispetto agli attuali due e cinque. Le Commissioni hanno ulteriormente innalzato la pena portandola a quattro ed otto anni.
Attraverso l'aumento delle pene anziché attraverso le modifiche della disciplina generale del codice civile - come previsto da alcuni emendamenti presentati anche da me - si è intervenuti sulla durata della prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione. Si ricorda, infatti, che l'aumento del massimo edittale della pena fa conseguire un allungamento dei termini massimi di prescrizione. Le lettere e) ed h) del comma 1 dell'articolo 13 aumentano le pene previste per il peculato e per la corruzione in atti giudiziari.
Una novità sicuramente rilevante è l'estensione dell'applicabilità della confisca per equivalente prevista in caso di delitti contro la pubblica amministrazione (articolo 322-ter, primo comma, codice penale) e di truffa ai danni dello Stato e delle Comunità europee (articoli 640, 640-bis e 640-quater del Codice penale). Con l'articolo 13, comma 1, lettera o) si prevede che la confisca per equivalente può ricadere su tutti i proventi criminosi; non limitandosi al prezzo del reato, secondo la normativa vigente, ma estendendosi al profitto. Ciò consentirà di applicare questa sanzione anche quando mancherà il prezzo del reato, come nei casi di condanne per peculato o per concussione. In questo modo, la norma interna è allineata al diritto dell'Unione europea che obbliga gli Stati a prevedere la confisca di valore in relazione a qualsiasi vantaggio economico da reato (articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro 212/2005).
Altro punto importante del testo è la lettera r), che introduce nel codice penale il reato di traffico di influenze illecite, che consente di realizzare una tutela anticipata dei beni del buon andamento e dell'imparzialità della Pubblica amministrazione, sanzionando comportamenti eventualmente prodromici all'accordo corruttivo. Si tratta, peraltro, di un reato previsto dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione penale, che l'Italia si appresta a ratificare.
Viene punito con la reclusione da uno a tre anni colui che, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.
La norma si colloca nel codice penale subito dopo la disposizione che punisce colui che millanta del credito. Si tratta di due condotte ben distinte per quanto la giurisprudenza abbia incluso nel millantato credito, tanto le ipotesi di vanto di un credito inesistente quanto quelle di amplificazione di un credito reale.
Proprio sul reato di traffico di influenze illecite si concentra l'ulteriore modifica apportata dalle Commissioni al testo dell'emendamento del Governo. Con il subemendamento, peraltro riformulato a seguito di richiesta del Governo, si è previsto che la condotta si esplichi nello sfruttare relazioni esistenti, anziché nell'avvalersi delle medesime. In tal modo si è resa la fattispecie maggiormente determinata, sembrando eccessivamente elastica la nozione riconducibile all'avvalersi di relazioni. Pag. 77Sempre con la finalità di evitare di punire condotte che concretamente non ledono beni giuridici di rilevanza penale, si è previsto che oggetto di dazione o promessa di essa non debba essere (oltre al denaro) ogni utilità quanto piuttosto ogni altro vantaggio patrimoniale. È evidente che in tal modo si è ristretto l'ambito applicativo del reato, per quanto la giurisprudenza abbia interpretato in maniera molto ampia la nozione di patrimonialità. Si è poi voluto specificare che la mediazione deve essere illecita affinché vi sia il reato. Anche in questo caso la modifica al testo del Governo è stata dettata dalla preoccupazione di alcuni gruppi parlamentari di evitare il rischio di punire condotte che in realtà non sono corruttive.
L'articolo 14 è diretto a modificare l'articolo 2635 del Codice civile, che punisce l'infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, riferita alle infedeltà nella redazione dei documenti contabili societari., introducendo nell'ordinamento italiano il reato di corruzione tra privati. Anche in questo caso si tratta di un reato previsto dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione penale, che l'Italia si appresta a ratificare.
Le modifiche incidono anzitutto sulla platea degli autori, includendo tra i soggetti attivi accanto ad amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori, coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi. Il reato, punito con la reclusione da uno a tre anni, consiste nel compiere od omettere atti, in violazione degli obblighi inerenti all'ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società. Si prevede poi la riferibilità della dazione o promessa di denaro o altra utilità non solo ai soggetti attivi ma anche a terzi e la procedibilità d'ufficio. Quest'ultima scelta è determinata dalla constatazione che gli effetti negativi del reato non si limitano alla società ma investono l'intero mercato venendo leso, ad esempio, il bene della concorrenza, essendo questa alterata. Proprio per questa ragione potrebbe essere utile sopprimere il riferimento al nocumento prodotto alla società quale evento del reato.
L'articolo 15 inserisce l'induzione indebita a dare o promettere utilità e la corruzione tra privati tra i reati presupposto della responsabilità dell'ente ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001.
Infine, gli articoli da 16 a 19 prevedono una serie di coordinamenti con le norme contenenti espliciti richiami al reato di concussione, che ora è sdoppiato in quello di induzione indebita a dare o promettere utilità, relativamente all'applicazione di pene accessorie, di ipotesi particolari di confisca, di cause ostative alla candidatura o al mantenimento di cariche elettive, alla disciplina della notifica all'amministrazione di appartenenza del decreto che dispone il giudizio emesso nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche, enti pubblici, enti a prevalente partecipazione pubblica.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434-A
FEDERICO PALOMBA. Il disegno di legge in titolo, detto in modo roboante «anticorruzione», si aggira dal 2010 tra i meandri del Parlamento. È stato presentato dal Governo Berlusconi nel marzo 2010 e assegnato al Senato, dal quale è uscito nel giugno del 2011 per iniziare l'iter alla Camera. Due anni e due mesi per giungere all'approvazione di un testo nato spuntato come arma contro la corruzione e non molto migliorato. Non si può dire, infatti, se il testo che giunge oggi in Aula sia buono o cattivo, in quanto è vicino ad essere inutile, indifferente ai fini della lotta alla corruzione.
Persa la credibilità dello Stato e quella che i tecnici definiscono «fiducia sistemica», c'è da domandarsi: «Se non ora quando?». Invece è il momento di agire contro soluzioni minimaliste o «patteggiate» di un fenomeno corruttivo che Pag. 78morde e deruba lo Stato ed i cittadini. «Se non ora quando?»: lo gridavano gli scienziati e gli umanisti uniti negli Anni '70, lo gridano ora le donne vittime di una recrudescente sopraffazione maschile, dovrebbero gridarlo tutti coloro che ritengono sia questo il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinde, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si lega ai concetti di responsabilità, dignità, onorabilità, opportunità di fare o non fare qualcosa. Lo stesso Presidente della Corte dei Conti ha sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire». Ha proseguito ritenendo che «oggi è necessario prestare una più rilevante attenzione a questo aspetto e spendere un impegno anche personale per dare maggiore senso civico a tutto il nostro Paese e una migliore diffusione di comportamenti virtuosi, rispettosi delle norme e improntati, alla massima considerazione del bene comune.»
Siamo davanti a questo testo mentre molti continuano imperturbati a divorare la ricchezza residua della nazione, saccheggiano denaro pubblico sotto lo scudo di un'impunità garantita dalla stratificazione di leggi che nell'ultimo decennio hanno azzerato il rischio penale, garantendo la sistematica prescrizione di reati ridotti a carta straccia, impianto che funge da straordinario moltiplicatore della corruzione.
Da un punto di vista economico, una recente ricerca (P. Davigo e M. Arnone, «Arriva la crisi economica? Subito spunta la corruzione»), evidenziata da «Lavoce.info», ha messo in relazione l'interazione tra la variazione percentuale del PIL e l'emersione di vicende corruttive di una certa rilevanza, E ha confermato la tesi generale secondo cui fasi negative del ciclo economico facilitano l'emersione di fenomeni di criminalità politico-affaristica in generale e corruttiva in particolare.
Ciò non significa che la casistica dei reati di corruzione aumenti nei frangenti di crisi economica, anzi è assunto condiviso che gli illeciti tendano a essere costanti nel tempo: si può riscontrare un'improvvisa contrazione solo quando l'emersione degli scandali è tale da innalzare esponenzialmente il «costo del rischio» del mercato illegale, rendendo l'accordo corruttivo «diseconomico». Ad esempio, negli appalti banditi dopo «Tangentopoli» il prezzo pagato dagli enti pubblici è calato in media del 40-50% (dai 300-350 mld di lire per km della metropolitana di Milano si è passati a 150-250 mld.).
Come indicato dal Presidente della Corte dei Conti Giampaolino, la lotta alla corruzione, specie se viene intesa nel modo più ampio di «malamministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità: «I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico.»
Il provvedimento in esame, l'impianto che ne scaturisce e gli strumenti che ha inteso utilizzare non sembrano idonei a condizionare il mercato della corruzione, che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale.
Dal testo non si evince con chiarezza che tipo di «sistema» intenda adottare il legislatore italiano per combattere, nel Pag. 79combinato disposto della prevenzione e della repressione, la corruzione e l'illegalità, pur così diffusa. Nel Regno Unito, ad esempio, è chiara la scelta in favore di un sistema di tutela marcatamente preventivo, severissimo sui controlli di tutti i fattori in gioco e sulle linee-guida di comportamento per i funzionari pubblici.
Di seguito, indichiamo alcuni dei punti intorno ai quali, secondo Italia dei Valori, si dovrebbe costruire un impianto efficace per la lotta alla corruzione.
Il nuovo testo del progetto di legge, elaborato dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, è composto da 20 articoli.
L'articolo 1 (Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione) individua, in ossequio alle Convenzioni internazionali in materia di lotta alla corruzione, l'Autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche - Civit, di cui all'articolo 13 del D.Lgs. 150/2009. Si modifica così l'attuale distribuzione delle competenze in materia, con la sostituzione della Civit, nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione, al Dipartimento della funzione pubblica, che lo ricopre secondo la normativa vigente. Il testo elenca, poi, i compiti spettanti alla Commissione tra i quali la collaborazione con organismi stranieri paritetici e l'analisi delle cause e dei fattori della corruzione con l'individuazione degli interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto; alla stessa sono riconosciuti importanti poteri ispettivi e d'indagine (richiesta di notizie, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni) nonché poteri di sollecitazione e sanzionatori (ordina l'adozione di atti o la rimozione di comportamenti contrastanti con le regole sulla trasparenza amministrativa). Vengono, infine, individuate le attività degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali (tra le quali si segnala l'introduzione, nel corso dell'esame in sede referente, della definizione dei criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione).
L'articolo 2 (Trasparenza dell'attività amministrativa) dispone che la trasparenza dell'attività amministrativa - livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - sia assicurata con la pubblicazione delle informazioni relative a: procedimenti amministrativi, anche se realizzati in deroga alle procedure ordinarie e costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini (le informazioni pubblicizzate sono trasmesse in via telematica alla Civit); risultati del monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali. Le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. Si prevede, altresì, che le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
L'articolo 3 (Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali) è volto a realizzare la trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali imponendo alle pubbliche amministrazioni, in occasione dell'annuale rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile da esse utilizzate, la comunicazione di tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne all'amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. Pag. 80
L'articolo 4 (Modifica all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), modifica l'articolo 53 del d.lgs. 165/2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici.
L'articolo 5 (Modifica all'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), aggiunge l'articolo 54-bis al TU pubblico impiego al fine di a tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro.
L'articolo 6 (Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa) individua - fino all'entrata in vigore dell'apposito regolamento ministeriale previsto dal Codice antimafia (D.Lgs n. 159/2011) - le attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa per le quali - indipendentemente dal valore del contratto - è sempre richiesta l'informazione antimafia. Il relativo elenco può essere modificato con decreto, adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze. È obbligatorio segnalare al prefetto, ai fini dei controlli antimafia, sia l'affidamento a terzi delle attività comprese tra quelle individuate come a rischio d'infiltrazione che le variazioni degli assetti proprietari delle stesse imprese. Le citate variazioni devono essere comunicate entro 30 gg.; la violazione di tale obbligo è punito, con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 60.000 euro.
L'articolo 7 (Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) modifica l'articolo 135 del Codice dei contratti pubblici al fine di inserire tra le cause di risoluzione del contratto con l'appaltatore anche la sentenza definitiva di condanna nei confronti di quest'ultimo per i gravi reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis (ad es. associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, tratta di persone, riduzione in schiavitù) e 3-quater (delitti con finalità di terrorismo), per il reato di peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, malversazione a danno dello Stato, concussione, corruzione per l'esercizio della funzione (v. ultra articolo 13) e per atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari e corruzione di incaricato di un pubblico servizio.
L'articolo 8 (Principi generali per regioni ed enti locali) contiene una clausola di adeguamento alle disposizioni degli articoli da 1 a 5 per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché per gli enti locali. È fatta salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia.
L'articolo 9 (Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) dispone in tema di danno all'immagine della pubblica amministrazione, inserendo due nuovi commi all'articolo 1 della legge 20/1994 che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare si prevede: una presunzione fino a prova contraria relativa alla quantificazione del danno all'immagine della PA, derivante dalla commissione di un reato contro la stessa p.a. da parte del dipendente (il danno si presume essere pari al doppio del valore illecitamente percepito dal dipendente); la concessione del sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale.
L'articolo 10 (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze di condanna per delitti non colposi) delega il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare, in caso sentenze definitive di condanna per delitti non colposi: l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale e al Parlamento europeo; il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo Pag. 81proprie degli enti locali; le ipotesi di decadenza o sospensione dalle cariche in caso di sentenze di condanna successive all'elezione o all'assunzione della carica.
L'articolo 11 (Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) novella l'articolo 59 del TUEL (Testo unico enti locali) prevedendo la sospensione di diritto da una serie di cariche pubbliche elettive (presidente della provincia, sindaco, assessore consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale) delle persone nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato la misura coercitiva del divieto di dimora, quando quest'ultima coincida con la sede dove si svolge il mandato elettorale.
L'articolo 12 (Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, così come gli avvocati dello Stato) prevede che i magistrati (ordinari, amministrativi, contabili, così come gli avvocati dello Stato) possano rimanere fuori ruolo per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso della carriera, per un massimo di dieci anni. Tra i due incarichi devono, tuttavia, intercorrere almeno cinque anni. Si prevede, inoltre, che non si possa determinare pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza e che il magistrato fuori ruolo mantenga, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità.
È precisata la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.
L'articolo 13 (modifiche al codice penale) introduce numerose modifiche al codice penale. Il minimo sanzionatorio della reclusione per peculato (articolo 314 c.p.) è portato da tre a quattro anni.
È ridefinito il reato di concussione (articolo 317) che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all'incaricato di pubblico servizio) e da cui è espunta la fattispecie per induzione (v. ultra); è previsto un aumento del minimo edittale, portato da quattro a sei anni di reclusione.
È dettata una nuova formulazione dell'attuale reato di cui all'articolo 318 (Corruzione per un atto d'ufficio), ora rubricato «Corruzione per l'esercizio della funzione», sanzionato più severamente (la reclusione da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni). Con la riformulazione dell'articolo 318 (cd. corruzione impropria) vengono ridelimitate le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all'articolo 319, che rimane ancorata al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; dall'altra, l'indebita ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità di cui al nuovo articolo 318, che risulta adesso collegata all'esercizio delle funzioni e non al compimento di un atto dell'ufficio.
Risulta inoltre soppressa l'ipotesi più lieve per il pubblico ufficiale che riceve la retribuzione per un atto già compiuto. La disposizione si applica anche all'incaricato di pubblico servizio.
È aumentata, all'articolo 319 (che continua ad applicarsi anche all'incaricato di pubblico servizio), la pena della reclusione prevista per la corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (da quattro a otto anni anziché da due a cinque anni), mentre all'articolo 319-ter è prevista, per la corruzione in atti giudiziari, la pena della reclusione da quattro a dieci anni (attualmente va da tre a otto anni).
Sono introdotti nel codice due nuovi delitti: «l'induzione indebita a dare o promettere utilità» (cosiddetta concussione per induzione, nuovo articolo 319-quater). La norma punisce il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (reclusione da tre a otto anni); il privato che dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni; il «traffico di influenze illecite» (nuovo articolo 346-bis) che punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale Pag. 82come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali.
È sanzionato più severamente l'abuso d'ufficio (articolo 323: è prevista la pena della reclusione da uno a quattro anni anziché da sei mesi a tre anni).
È modificato l'articolo 317-bis c.p.: l'interdizione perpetua dai pubblici uffici consegue anche alla condanna per corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e in atti giudiziari.
Ulteriori modifiche al codice penale dettate dall'articolo 9 hanno, soprattutto, natura di coordinamento rispetto alle novelle introdotte, con particolare riferimento ai nuovi reati aggiunti. Si tratta delle disposizioni sull'incapacità di contrattare con la p.a. a seguito di condanna (articolo 32-quater c.p.), sull'estinzione del rapporto di lavoro (articolo 32-quinquies), sulla fattispecie di istigazione alla corruzione (articolo 322), sull'applicabilità agli organi dell'UE (articolo 322-bis), sulla confisca (articolo 322-ter), sulla circostanza attenuante (articolo 323-bis).
L'articolo 14 (Modifica all'articolo 2635 del codice civile) sostituisce all'attuale fattispecie di cui all'articolo 2635 del codice civile (Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità) quella di corruzione tra privati. Sono puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società.
L'articolo 15 (Modifiche al D.Lgs n. 231/2001) coordina con le novelle introdotte nel codice penale la disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche di cui al D.Lgs n. 231/2001.
In particolare, la citata responsabilità consegue anche per i reati: di concussione per induzione (ovvero l'induzione indebita a dare o promettere utilità) sanzionato con la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote; di corruzione tra privati (nella ipotesi aggravata in cui la società danneggiata sia una società quotata sui mercati regolamentati) sanzionato con la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote.
L'articolo 16 (Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) novella l'articolo 133 delle norme di attuazione del c.p.p. prevedendo che anche il decreto che dispone il giudizio per il nuovo reato di cui all'articolo 319-quater c.p. (induzione indebita a dare o promettere utilità) sia comunicato alle amministrazioni o enti di appartenenza.
L'articolo 17 (Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306) aggiunge la condanna per il citato reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra quelle per cui si applica la confisca obbligatoria di beni, denaro o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza, confisca prevista dall'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306/1992 (L. n. 356/1992).
L'articolo 18, ( Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) modificando gli artt. 58-59 del TUEL, introduce la condanna definitiva per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra le cause ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali ovvero di impedimento a ricoprire cariche presso gli organi rappresentativi degli enti locali. Ad analoga condanna, ma non definitiva, consegue la sospensione di diritto dalle cariche rappresentative degli enti locali.
L'articolo 19 (Modifica alla legge n. 97/2001) novella l'articolo 3 della legge n. 97/2001 prevedendo, anche nei confronti del dipendente pubblico rinviato a giudizio per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, il trasferimento - da parte dell'amministrazione di appartenenza - ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, Pag. 83per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza.
L'articolo 20 reca la clausola di invarianza finanziaria.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE DI RATIFICA N. 5058
FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. La Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, aperta alla firma il 27 gennaio 1999, è in vigore a livello internazionale dal lo luglio 2002. Ad oggi, 42 Stati del Consiglio d'Europa l'hanno ratificata.
L'Italia ha sottoscritto la Convenzione già il 27 gennaio 1999, ma nessun Governo ha poi dato seguito alla ratifica. Nella XIV e nella XV legislatura sono state presentate alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare con il medesimo oggetto, delle quali tuttavia non è mai iniziata la discussione.
L'approccio del Consiglio d'Europa in questo settore è caratterizzato dalla multidisciplinarità, in quanto la corruzione è un fenomeno multiforme che richiede azioni di tipo differente, non solo giuridico.
Il Consiglio d'Europa ha quindi inteso approntare un ampio ventaglio di strumenti tendenti a una reciproca complementarità raccordandoli a un unico organo di controllo: il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO).
La Convenzione penale, composta da quarantadue articoli, prevede l'incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva tanto di funzionari nazionali (articoli 2 e 3), quanto di funzionari stranieri (articolo 5), internazionali e sovranazionali (articoli 9-11); di corruzione attiva e passiva nel settore privato (articoli 7 e 8); del cosiddetto traffico di influenza (articolo 12); del riciclaggio dei proventi di atti di corruzione (articolo 13), nonché l'incriminazione di infrazioni spesso connesse a fenomeni di corruttela, quali le infrazioni contabili (articolo 14).
Gli Stati aderenti sono poi tenuti ad approntare sanzioni e misure efficaci e dissuasive, inclusa la privazione della libertà personale a fini di estradizione.
La Convenzione comprende anche disposizioni in materia di favoreggiamento, immunità, determinazione della giurisdizione degli Stati, responsabilità delle persone giuridiche, istituzione di organismi specializzati anticorruzione, protezione delle persone che collaborano con inchieste o procedimenti giudiziari, raccolta delle prove e confisca dei proventi.
La Convenzione prevede inoltre il rafforzamento della cooperazione internazionale (assistenza reciproca, estradizione e scambi di informazioni) nelle indagini e nel perseguimento dei reati di corruzione.
Si tratta, quindi, di uno strumento ambizioso, volto a coordinare la penalizzazione di un gran numero di pratiche di corruzione, di cui l'Italia ha senz'altro grande bisogno e da cui potrebbe trarre profitto la tutela della legalità a tutti i livelli.
Ricordo però che il Senato, nell'approvare la proposta di legge di ratifica, l'ha trasmessa alla Camera priva della disciplina di adeguamento interno, rinviando tale adempimento al disegno di legge di iniziativa del governo cosiddetto «anti-corruzione», anch'esso in itinere tra i due rami del Parlamento.
Nell'esaminare preliminarmente il testo, la Commissione affari esteri della Camera non ha potuto non rilevare come, in assenza di tale disciplina, esso fosse come una «scatola vuota», per cui si rischiava l'ennesima pessima figura sul piano internazionale, ratificando formalmente un accordo ma senza dotarsi dei necessari strumenti di attuazione.
Come è noto, la Convenzione richiama aspetti molto delicati, ad esempio in ordine al reato di concussione al falso in bilancio, mentre nuove fattispecie concernerebbero la corruzione, attiva e passiva, nel settore privato; il traffico di influenza; l'auto-riciclaggio. Pag. 84
Pertanto, alla luce del fatto che il Governo non procedeva comunque a presentare un proprio disegno di legge di ratifica da abbinare alla proposta di legge trasmessa dal Senato, la III Commissione riteneva di dover attendere a riferire all'Assemblea finché le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia non avessero licenziato le nuove norme anticorruzione, integrandole con quanto previsto dalla Convenzione penale.
Tale orientamento è stato peraltro confermato dalle stesse Commissioni I e II nelle premesse del parere favorevole reso sulla proposta di legge di ratifica.
Non a caso, questa discussione generale segue immediatamente quella appena svolta sul disegno di legge anti-corruzione.
Mi corre tuttavia l'obbligo di osservare che, mentre quest'ultimo provvedimento avrà bisogno di un'altra lettura - auspicabilmente in tempi brevi - presso l'altro ramo del Parlamento, la proposta di legge di ratifica potrà ricevere sin d'ora la sua approvazione definitiva, se la Camera non modificherà il testo trasmesso dal Senato. Resta quindi da valutare se il deposito dello strumento di ratifica non debba attendere la conclusione dell'iter parlamentare dall'altro provvedimento. Riterrei opportuno, al riguardo, un chiarimento da parte del Governo.
Colgo infine l'occasione per segnalare l'opportunità di procedere analogamente anche per quanto concerne la ratifica della Convenzione civile del Consiglio d'Europa, sempre in materia di corruzione, il cui esame ha preso le mosse alla Camera.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE DI RATIFICA N. 5058
FEDERICO PALOMBA. Il provvedimento in esame giunge alla Camera dopo un percorso iniziato nel settembre 2008 nelle Commissioni riunite II e III del Senato. Si tratta della Convenzione di Strasburgo sottoscritta dal nostro Paese il 27 gennaio 1999, ossia oltre 12 anni fa, e non ancora ratificata. Nella XIV e nella XV legislatura sono state presentate alcune proposte di legge (di cui una d'iniziativa governativa) aventi come oggetto appunto la ratifica della Convenzione, il cui esame, però, non è stato mai avviato.
La Convenzione consta di 42 articoli raggruppati in 5 capitoli, è stata predisposta per coordinare la penalizzazione di una pluralità di pratiche di corruzione e prevedere misure complementari di diritto penale e il miglioramento della cooperazione internazionale nel perseguimento dei reati di corruzione ed è in vigore a livello internazionale dal 1o luglio 2002: al momento attuale risulta in vigore per 42 Stati del Consiglio d'Europa. Ma è aperta anche all'adesione di Stati non membri dell'Organizzazione di Strasburgo.
Il nostro Paese necessita di eliminare tale lacuna che si trascina da troppo tempo soprattutto nel momento in cui, a livello internazionale e a livelli più alti, come l'ONU, si è posto il problema grave, pesante e soprattutto contaminante della corruzione, che vede il nostro Paese come uno dei più colpiti da questo fenomeno. In tutti questi anni, però, l'Italia non ha mostrato grande e solerte sensibilità nel ratificare ciò che pure aveva sottoscritto al momento della condivisione della Convenzione che assegna agli Stati sottoscrittori l'onere dell'adeguamento dell'ordinamento interno. Sebbene questione antica e universale, la corruzione ha assunto in Italia i tratti di un fenomeno pervasivo, i cui costi a carico della collettività sono stimati in diversi miliardi di euro all'anno e i cui effetti non solo compromettono il buon funzionamento della macchina pubblica, ma soprattutto frenano lo sviluppo economico del Paese.
L'accordo in esame è aperto all'adesione di Stati non membri del Consiglio d'Europa, e la sua attuazione è monitorata dal «Gruppo di Stati contro la corruzione» (GRECO), che ha iniziato a funzionare il 1o maggio 1999, con sede a Strasburgo e di cui fanno parte 49 Stati europei e gli Stati Uniti d'America. Pag. 85
Queste le principali fattispecie, variamente legate alle pratiche corruttive sulle quali incide la Convenzione penale di Strasburgo: corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali nazionali ed esteri; corruzione attiva e passiva di parlamentari nazionali ed esteri e di membri di assemblee parlamentari internazionali; corruzione attiva e passiva nel settore privato; corruzione attiva e passiva di funzionari internazionali; corruzione attiva e passiva dei giudici nazionali, esteri o membri di corti internazionali, nonché di funzionari di queste ultime; compravendita delle possibilità di influire su varie istanze decisorie; riciclaggio dei proventi di reati di corruzione; reati contabili (in ordine a fatture, documenti contabili, eccetera) collegati con reati di corruzione.
La Convenzione comprende anche disposizioni in materia di favoreggiamento, immunità, determinazione della giurisdizione degli Stati, responsabilità delle persone giuridiche, istituzione di organismi specializzati anticorruzione, protezione delle persone che collaborano con inchieste o procedimenti giudiziari, raccolta delle prove e confisca dei proventi. Prevede, altresì, il rafforzamento della cooperazione internazionale (assistenza reciproca, estradizione e scambi di informazioni) nelle indagini e nel perseguimento dei reati di corruzione. Al momento della ratifica della Convenzione, gli Stati che non fanno già parte del GRECO ne diverranno automaticamente membri.
I contenuti della proposta di legge di ratifica della convenzione. Il 14 marzo 2012 il Senato ha approvato un progetto di legge, a prima firma del senatore Li Gotti (Atto Senato 850, che ha assorbito il disegno di legge Atto Senato 2058, d'iniziativa della senatore Finocchiaro e altri), concernente l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione in oggetto: il testo trasmesso alla Camera consta di cinque articoli, dei quali tre (articoli 1, 2 e 5) sono dedicati alle consuete clausole sull'autorizzazione alla ratifica e l'esecuzione della Convenzione, prevedendosi altresì l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 3 prevede invece che, per quanto previsto dall'articolo 29 della Convenzione in oggetto, l'autorità centrale per l'Italia sia il Ministro della giustizia.
L'articolo 4, infine, prevede che dall'attuazione della Convenzione penale sulla corruzione non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, al fine di coordinare l'esame del disegno di legge Atto Senato 850, con quello delle varie iniziative in materia di contrasto alla corruzione in discussione presso le Commissioni riunite I e II (l'attuale disegno di legge Atto Camera 4434) sono stati stralciati gli articoli recanti le norme di adeguamento dell'ordinamento interno alla Convenzione.
La Convenzione prevede altresì, come accennato, il rafforzamento della cooperazione internazionale (assistenza reciproca, estradizione e scambi di informazioni) nelle indagini e nel perseguimento dei reati di corruzione. Al momento della ratifica della Convenzione, gli Stati che non fanno già parte del GRECO ne diverranno automaticamente membri.
In dettaglio, il capitolo I, che costa del solo articolo 1, contiene una serie di definizioni dei termini utilizzati nel prosieguo della Convenzione.
Il capitolo II è dedicato ai provvedimenti da adottare a livello nazionale, e comprende gli articoli da 2 a 23.
Gli articoli da 2 a 15, in particolare, riguardano l'impegno di ciascuna parte della Convenzione a configurare alla stregua di reati penali una serie di fattispecie, ovvero la corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali nazionali (articoli 2 e 3), la corruzione di membri di assemblee pubbliche nazionali (articolo 4), la corruzione di pubblici ufficiali stranieri (articolo 5), la corruzione di membri di assemblee pubbliche straniere (articolo 6), la corruzione attiva e passiva nel settore privato (articoli 8 e 9) la corruzione di Pag. 86funzionari internazionali (articolo 9), la corruzione di membri di assemblee parlamentari internazionali (articolo 10), la corruzione dei giudici o funzionari di cancelleria di Corti internazionali (articolo 11), il traffico di influenza - ovvero la capacità reale o millantata di condizionare determinate decisioni dietro pagamento di un compenso - (articolo 12), il riciclaggio dei proventi derivanti da reati di corruzione (articolo 13), qualsiasi atto di complicità in uno dei reati penali in precedenza definiti (articolo 15).
Unica parziale eccezione è quella dei reati contabili di cui all'articolo 14, i quali, qualora siano commessi intenzionalmente per compiere, nascondere o mascherare reati quali definiti dai precedenti articoli, saranno da ciascuna parte resi passibili di sanzioni penali o di altra natura.
L'articolo 16 contiene una clausola di salvaguardia delle disposizioni di qualsiasi altro strumento internazionale, ovvero dei rispettivi testi applicativi, in ordine alla revoca dell'immunità.
L'articolo 17 riguarda le misure legislative e di altra natura che ciascuna parte dovrà adottare in ordine alla sua competenza nei confronti di un reato penale collegato alle fattispecie precedentemente illustrate, e ciò in tre casi particolari, ovvero quando il reato è commesso interamente o parzialmente sul territorio della parte interessata; se l'autore del reato è un cittadino, un pubblico ufficiale o un componente di un'assemblea pubblica nazionale della parte interessata; se il reato coinvolge un pubblico ufficiale, un membro di un'assemblea pubblica nazionale oppure qualsiasi altra persona che rivesta la qualifica di funzionario internazionale, di membro di assemblee parlamentari internazionali, di giudice o funzionario di corti internazionali, e in tutti questi casi la persona interessata sia cittadino della parte in questione.
È peraltro previsto che ciascuno Stato possa dichiarare al Segretario generale del Consiglio d'Europa, depositario della Convenzione in esame, che si riserva di non applicare o di applicare soltanto in casi specifici le regole di competenza prima enunciate - ad eccezione di quella collegata al territorio. Se però una parte si avvale della possibilità di riserva appena illustrata dovrà adottare le misure necessarie relative alla sua competenza rispetto ai reati penali definiti dalla Convenzione, quando il presunto autore di essi si trova sul suo territorio e non può essere estradato verso un'altra parte contraente solo in ragione della sua cittadinanza.
Infine, l'articolo 17 salvaguarda la competenza penale di ciascuna parte, conformemente al proprio diritto interno, anche nei confronti dei reati oggetto della Convenzione esame.
L'articolo 18 riguarda la responsabilità delle persone giuridiche e prevede che ciascuna parte debba adottare le necessarie misure legislative e di altra natura, onde garantire che le persone giuridiche possano essere ritenute specificamente responsabili in relazioni ai reati di corruzione attiva, di traffico di influenza e di riciclaggio di capitali quali previsti dalla Convenzione in esame, nella eventualità che tali reati siano commessi per conto delle persone giuridiche medesime da qualsiasi persona fisica che agisca sia a titolo individuale, sia quale componente di un organo della persona giuridica, esercitando un potere direttivo in qualità di rappresentante della persona giuridica, come anche un potere decisionale o una potestà un controllo sempre nell'ambito della persona giuridica, o, infine, quando la persona fisica partecipi alla commissione dei reati richiamati a titolo di complice o istigatore.
Inoltre, ciascuna parte dovrà adottare le misure necessarie per garantire la responsabilità di una persona giuridica anche nei casi di assenza di vigilanza o di controllo da parte della persona fisica quale definita nel precedente paragrafo, tale da render possibile la commissione dei reati menzionati da parte di un'altra persona fisica comunque sottoposta all'autorità della prima.
Infine, la responsabilità della persona giuridica come in precedenza stabilita non Pag. 87esclude il perseguimento penale delle persone fisiche autrici, istigatrici o complici dei reati in questione.
L'articolo 19 riguarda le sanzioni e le misure collegate ai reati penali definiti nella Convenzione in oggetto, che dovranno colpire tanto le persone fisiche quanto le persone giuridiche, comprendendo sanzioni penali e non penali, e nel primo caso prevedendo pene di entità tale da ricadere nelle fattispecie che rendono possibile richiedere l'estradizione della persona incriminata. D'altronde, ciascuna parte contraente adotterà le necessarie misure normative atte a rendere possibile la confisca degli strumenti e dei proventi dei reati penali perseguiti ai sensi della Convenzione in esame, ovvero l'acquisizione di beni per un valore corrispondente a tali proventi.
L'articolo 20 riguarda l'impegno delle parti a dare vita a personale o ad enti specializzati nella lotta alla corruzione, che dovranno disporre della necessaria indipendenza, ma anche di una formazione e di risorse finanziarie adeguate.
L'articolo 21 è dedicato alla cooperazione tra le autorità nazionali, e mira ad assicurare che le autorità preposte al perseguimento dei reati penali di cui alla Convenzione in oggetto ricevano la necessaria collaborazione dalle autorità pubbliche e dai pubblici ufficiali del proprio paese, che dovranno informare anche spontaneamente le autorità giudiziarie o di polizia in caso di sospetto in merito alla commissione di un qualche reato previsto dalla Convenzione, e comunque dovranno fornire su richiesta tutte le informazioni necessarie alle autorità interessate.
L'articolo 22 riguarda la protezione dei collaboratori di giustizia e dei testimoni, e prevede l'adozione in ciascuna delle parti contraenti delle necessarie misure legislative o di altra natura volte a proteggere in modo efficace le persone che forniscono informazioni sui reati penali di interesse della Convenzione in esame, o in altro modo collaborino con le autorità preposte al loro perseguimento, nonché i testimoni che in merito a siffatti reati siano chiamati a deporre.
L'articolo 23 riguarda le misure volte a facilitare l'assunzione di prove e la confisca dei proventi di reato: a tale scopo ciascuna delle parti adotterà le necessarie misure legislative o di altra natura, non escluse speciali tecniche investigative, che sfocino nell'individuazione e possibilmente nella confisca degli strumenti e dei proventi dei reati di corruzione, ovvero consentano l'acquisizione di beni per un valore corrispondente a quei proventi. Assai rilevante la previsione del secondo comma dell'articolo 23, per il quale ciascuna delle parti adotta le necessarie misure legislative o di altra natura per permettere alle proprie autorità competenti di acquisire senz'altro documenti bancari, finanziari o commerciali nell'ambito del perseguimento dei reati di corruzione. Ancor più rilevante il comma tre dell'articolo 23, sulla scorta del quale si stabilisce che il segreto bancario non costituisce ostacolo all'attuazione delle misure previste dai precedenti due paragrafi.
Il capitolo III contiene il solo articolo 24, in base al quale il controllo sull'attuazione della Convenzione spetta al GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione).
Il capitolo IV concerne i temi della cooperazione internazionale nell'attuazione della Convenzione, la quale si pone anche parzialmente quale strumento di tale cooperazione in carenza di norme nazionali o internazionali previgenti.
In particolare, l'articolo 25 detta princìpi generali sulla cooperazione internazionale nel perseguimento dei reati di cui nella Convenzione in esame: se tra le parti non vige alcuno strumento pattizio di cooperazione in campo penale, saranno applicabili i successivi articoli da 26 a 31 della Convenzione: questi saranno altresì applicabili se più favorevoli alla cooperazione voluta rispetto agli strumenti internazionali o intese eventualmente vigenti.
L'articolo 26 riguarda l'assistenza giudiziaria, che deve essere la più ampia possibile nei confronti dei reati previsti dalla Convenzione in esame. Tuttavia, l'assistenza giudiziaria può essere negata se la parte richiesta ritenga che il fornirla possa compromettere alcuni interessi fondamentali Pag. 88quali la sua sovranità nazionale, ovvero la sua sicurezza o l'ordine pubblico. Non è prevista la possibilità di eccepire il segreto bancario quale giustificazione del rifiuto di prestare assistenza giudiziaria: al massimo, una parte può esigere che una domanda mirante a superare il segreto bancario sia autorizzata da un giudice o da altra autorità giudiziaria competente in materia penale.
Assai rilevante è l'articolo 27, concernente i diversi profili legati all'estradizione. In particolare, si prevede che i reati penali previsti dalla Convenzione in esame si considerino inclusi in ogni trattato di estradizione già in vigore tra le parti, e le parti stesse si impegnano ad includere tali reati in tutti i trattati di estradizione che concluderanno. La Convenzione in esame potrà essere altresì considerata come base legale per concedere l'estradizione per tutti i reati da essa previsti, qualora non vi sia tra le parti interessate alcun trattato di estradizione in vigore. Si precisa comunque che l'estradizione è subordinata alle condizioni previste in materia dal diritto della parte richiesta o da eventuali trattati di estradizione applicabili, e ciò ricomprende gli eventuali motivi di diniego dell'estradizione. Se poi l'estradizione richiesta in base ad un reato previsto dalla Convenzione in esame viene negata solo a causa della cittadinanza della persona interessata, ovvero perché la parte richiesta ritiene di essere essa stessa competente per il reato in questione, la parte richiesta medesima sottopone il caso alle sue autorità competenti e informa poi la parte richiedente sull'esito definitivo del procedimento.
L'articolo 28 prevede che una parte possa fornire di propria iniziativa informazioni su determinati fatti ad un'altra parte, se ritenga che la loro divulgazione possa giovare al perseguimento di reati definiti in virtù della Convenzione in esame.
L'articolo 29 stabilisce che le Parti designino una o più autorità centrali cui compete di inviare le domande di cooperazione giudiziaria, oppure di rispondere ad esse e di curarne il trattamento e la trasmissione alle autorità nazionali competenti.
L'articolo 30 contempla diverse fattispecie di collaborazione: prevede in particolare che le autorità centrali comunichino direttamente tra loro, ma che ad esempio, qualora le richieste non implichino misure coercitive, esse possano essere trasmesse direttamente tra le due autorità competenti delle Parti. Le domande possono inoltre essere presentate per il tramite dell'INTERPOL.
In base poi all'articolo 31 la parte richiesta è tenuta ad informare con sollecitudine la parte richiedente dei seguiti dati a una qualsiasi richiesta, come anche su qualsiasi circostanza che ne renda impossibile l'esecuzione, o che ne richieda un notevole differimento.
Il capitolo V contiene una serie di disposizioni finali: in base all'articolo 32 la Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa e degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione. Sulla scorta dell'articolo 33, peraltro, dopo l'entrata in vigore della Convenzione il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, previa consultazione degli Stati fino a quel momento contraenti della Convenzione, può invitare la Comunità europea e qualsiasi Stato non membro del Consiglio d'Europa, che non abbia partecipato all'elaborazione della Convenzione, ad aderire alla medesima.
L'articolo 34 riguarda l'applicazione territoriale della Convenzione, mentre l'articolo 35, assai rilevante, concerne le relazioni della Convenzione con altri strumenti internazionali, prevedendo in particolare che la Convenzione non incide su diritti e obblighi scaturenti da Convenzioni internazionali multilaterali stipulate su particolari questioni. Inoltre, le Parti della Convenzione potranno concludere talora accordi bilaterali o multilaterali su questioni già disciplinate dalla presente Convenzione allo scopo di rafforzare disposizioni della medesima o di facilitarne l'applicazione.
Se due o più parti hanno già concluso un accordo su una questione disciplinata Pag. 89dalla presente Convenzione, esse potranno applicarlo invece della Convenzione, qualora la cooperazione internazionale ne risulti agevolata.
Gli articoli 36, 37 e 38 riguardano rispettivamente la possibilità di presentare dichiarazioni e apporre riserve, nonché le condizioni di validità di tali pronunciamenti. Particolarmente importante è il comma 3 dell'articolo 37, in base al quale ogni Stato, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica o di adesione, può dichiarare che si riserva la possibilità di negare l'assistenza giudiziaria se la domanda riguarda un reato che la parte richiesta considera alla stregua di reato politico.
L'articolo 39 riguarda le modifiche alla Convenzione in esame, che possono essere proposti da ciascuna delle parti: il Segretario generale del Consiglio d'Europa, depositario della Convenzione, comunica le proposte agli Stati membri e agli Stati non membri aderenti alla Convenzione o che siano stati invitati ad aderire ad essa. Gli emendamenti sono inoltre comunicati al Comitato europeo per i problemi criminali del Consiglio d'Europa, che esprime un parere che viene sottoposto al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. Quest'ultimo esamina l'emendamento unitamente al parere del Comitato europeo per i problemi criminali e, dopo consultazione degli Stati non membri del Consiglio d'Europa ma Parti della Convenzione, può adottare l'emendamento. L'emendamento così adottato è trasmesso alle Parti per l'accettazione, ed entra in vigore il trentesimo giorno successivo al momento in cui tutte le Parti hanno informato il Segretario generale del Consiglio d'Europa di aver accettato l'emendamento.
L'articolo 40 è dedicato alla risoluzione di eventuali controversie in merito all'attuazione della Convenzione, e prevede anzitutto che il Comitato europeo per i problemi criminali sia costantemente informato sull'interpretazione e sull'applicazione della Convenzione medesima: in caso di controversia le Parti ricorreranno al negoziato o a qualsiasi altro mezzo di loro scelta, ma potranno anche sottoporre la controversia al Comitato europeo per i problemi criminali, a un tribunale arbitrale o alla Corte internazionale di giustizia.
L'articolo 41 è dedicato alla possibilità della denuncia della Convenzione in esame, che può avvenire in qualsiasi momento mediante notifica al Segretario generale del Consiglio d'Europa, e ha effetto il primo giorno del mese successivo a un periodo di tre mesi dalla data di ricevimento della notifica da parte del Segretario generale.
L'articolo 42, infine, specifica le funzioni del depositarlo della Convenzione nei confronti delle parti.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1777-A
FEDERICO PALOMBA, Relatore. Per la prima volta l'Assemblea esamina la materia delle false comunicazioni sociali sulla base di una proposta di legge volta a sanare quella sorta di depenalizzazione del reato di false comunicazioni sociali che si è venuta a creare dopo la riforma del 2002. Si tratta di un provvedimento in esame in quota opposizione ed, in particolare, in quota IdV.
Mi rendo conto che potrebbe apparire eccessivo che il relatore faccia propria la tesi della depenalizzazione ritenuta da alcuni gruppi politici mera propaganda politica, ma in realtà mi limito a riportare quanto emerso dal ciclo di audizioni che si è svolto in Commissione: i magistrati ed i professori universitari sentiti hanno tutti concordato sul fatto che formulazione e struttura delle fattispecie relative ai reati di false comunicazioni sociali rendono pressoché inapplicabili le norme incriminatrici. Che non si tratti di un'opinione più o meno condivisibile risulta dai dati statistici dai quali risalta il dato dell'applicazione pressoché nulla degli articoli 2621 e 2622 del Codice civile dopo la riforma del 2002. Pag. 90
Naturalmente non vi è concordia rispetto a tali considerazioni, come peraltro dimostra il testo in esame che, da un lato, all'articolo 1 conferma l'attuale struttura del reato per quanto attiene alla disciplina generale delle false comunicazioni sociali, salvo che per un aumento di pena e la trasformazione della contravvenzione in delitto, e, dall'altro, all'articolo 2 la riforma, tornando sostanzialmente alla disciplina anteriore al 2002, sia pure in relazione alle sole società con azioni quotate nei mercati finanziari ed a quelle con azionariato diffuso.
Si sarebbe potuto trattare anche di una scelta consapevole, benché anomala, della Commissione fatta sulla base di una maggiore esigenza di trasparenza per i bilanci ed i documenti contabili delle società che accedono al risparmio. Ma non si tratta di questo.
Come risulta dai lavori preparatori in Commissione, l'approvazione dell'emendamento dell'onorevole Contento sostitutivo dell'articolo 1 è stato il risultato di un errore di deputati di alcuni gruppi (UdC e FLI) i quali hanno dichiarato che avrebbero votato a favore essendo stati tratti in inganno dall'errore compiuto a sua volta dal rappresentante del governo che avrebbe espresso parere favorevole sull'emendamento dell'onorevole Contento in quanto non ne aveva compreso la natura di emendamento interamente sostitutivo dell'articolo 1. Si pensava che si trattasse di una modifica parziale e condivisa nel merito dell'articolo 1, la cui struttura di disposizione demolitoria della riforma del 2002 doveva rimanere intatta.
Per quanto un errore vi sia stato, non si è potuto procedere alla ripetizione del voto, non sussistendone le condizioni procedurali, come è evidenziato in Commissione. Ciò significa che all'errore sarà l'Assemblea a valutare se e come porvi rimedio approvando emendamenti volti a ripristinare il testo originario ovvero a riprodurre la formulazione suggerita dal Governo per modificare il primo comma dell'articolo 2621 del codice civile ed abrogando i commi 3, 4 e 5, sulle soglie di punibilità. Mi riferisco, in particolare, alla riformulazione dell'emendamento Ferranti 1.4. presentato in Commissione.
Per quanto attiene all'articolato, il testo all'esame dell'Assemblea si compone di sei articoli.
In particolare, l'articolo 1 modifica la pena prevista per il reato di false comunicazioni sociali dall'articolo 2621 del Codice civile.
Si ricorda che l'articolo 2621 del Codice civile attualmente punisce con l'arresto fino a due anni gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i revisori che, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione (primo comma). La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi (secondo comma).
I commi 3 e 4 prevedono ipotesi di esclusione della punibilità. Il terzo comma esclude la punibilità dell'illecito se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.
Ulteriore ipotesi di non punibilità è quella dettata dal quarto comma, laddove il fatto sia conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta. Pag. 91
Peraltro, anche in queste ipotesi, ai responsabili delle false comunicazioni sociali si applica comunque la sanzione amministrativa pecuniaria da dieci a cento quote, con la sanzione accessoria dell'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni (quinto comma).
Il testo originario dell'articolo 1 era volto a riformare nella sostanza la normativa vigente, eliminando il dolo specifico della intenzionalità di ingannare i soci o il pubblico e la circoscrizione dei documenti rilevanti a quelli «previste dalla legge». Modifica importante era poi quella volta ad abrogare i commi terzo, quarto e quinto, sulle soglie di punibilità. Infine, si prevedeva la trasformazione della contravvenzione in delitto, l'aumento della pena a cinque anni e la trasformazione del delitto di danno in reato di pericolo.
Il testo all'esame dell'Assemblea, invece, ha un impatto molto ridotto sull'articolo 2621, limitandosi a sostituire all'arresto fino a due anni la reclusione fino a tre anni; conseguentemente, la natura contravvenzionale del reato viene meno e le false comunicazioni sociali sono qualificate come delitto. Per il resto nulla è mutato.
Opposta sorte ha avuto, invece, l'articolo 2, diretto a modificare l'articolo 2622 del codice civile, in quanto è stato esaminato do o che ci si è accorti dell'errore compiuto sull'articolo 1.
Da questo momento in poi viene sostanzialmente confermato l'originario impianto della proposta di legge, reso più evidente dell'abrogazione di sette commi su nove, sia pure con alcuni emendamenti migliorativi accolti dal relatore.
Attualmente l'articolo 2622, primo comma, prevede che gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Il testo approvato dalla Commissione modifica il campo d'applicazione della fattispecie, circoscrivendolo ai responsabili delle false comunicazioni sociali delle società con azioni quotate nei mercati finanziari e delle società con azionariato diffuso (in questo senso è ridenominata la rubrica dell'articolo 2622). Da questa novella deriva che la disciplina del precedente articolo 2621 del codice civile si dovrebbe applicare alle sole società non quotate.
Inoltre, nel nuovo primo comma dell'articolo 2622 è eliminato il riferimento alla punibilità a querela; l'attuale reato di danno diventa reato di pericolo concreto (è infatti espunto il riferimento all'avere cagionato un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori); è espunto il riferimento all'intenzione di ingannare i soci o il pubblico (dolo specifico); viene specificato il requisito della consapevolezza di esporre informazioni false (o di omettere di comunicare informazioni obbligatorie per legge) nonché dell'idoneità concreta delle modalità di commissione del reato ad indurre in errore rilevante per natura o per entità i destinatari delle comunicazioni sociali; è aumentata la pena detentiva, che viene fissata tra un minimo di un anno e un massimo di quattro anni (attualmente è prevista la reclusione da sei mesi a tre anni).
Vorrei far presente che ho dato parere favorevole alla riformulazione del primo comma dell'articolo 2622 proposta dal Governo all'emendamento presentato dall'onorevole Ferranti al fine di procedere comunque nella riforma di tale articolo, pur avendo alcune perplessità. La prima è Pag. 92stata fugata in Commissione quando si è chiarito che la nozione di rilevanza non si riferisce all'entità del danno quanto piuttosto all'errore. Diversamente sarei stato contrario in quanto se l'entità rilevante fosse stata quella del danno si sarebbe tornati alla configurazione del reato come reato di danno e si sarebbero mantenute surrettiziamente le soglie di punibilità. Si è chiarito comunque che così non è. Rimane invece intatta la perplessità sull'entità della pena, ritenendo preferibile la previsione originaria dell'emendamento Ferranti e dell'articolo 2 che fissava la pena massima nella reclusione fino a sei anni.
L'articolo 2 modifica, con finalità di coordinamento, il sesto comma dell'articolo 2622 e abroga i commi dal secondo al quinto e dal settimo al nono dell'articolo 2622.
Conseguentemente il delitto è sempre perseguibile d'ufficio; viene meno l'aggravante per l'ipotesi in cui il fatto abbia provocato un grave nocumento ai risparmiatori (e viene conseguentemente soppressa la definizione di grave nocumento); è eliminata dal testo dell'articolo l'ipotesi di non punibilità per fatti di lieve entità e viene conseguentemente soppressa la sanzione amministrativa pecuniaria prevista in tali ipotesi.
Gli articoli 3 e 4 del testo unificato introducono specifiche circostanze aggravanti e attenuanti per i reati di cui agli articoli 2621 e 2622 del Codice civile.
In particolare, l'articolo 3 inserisce nel codice civile l'articolo 2622-bis, che prevede un'aggravante di pena quando le false comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 e 2622 del Codice civile provocano un grave danno ai soci, ai creditori, ai risparmiatori o alla società. Non essendo determinata la misura dell'aumento di pena, in base all'articolo 64 Codice penale la pena potrà essere aumentata fino a un terzo.
L'articolo 4 prevede, come circostanza attenuante, la particolare tenuità degli illeciti in questione. Anche in questo caso, in base all'articolo 65 del Codice penale, la diminuzione non potrà eccedere un terzo della pena. In questo caso appare del tutto evidente l'episodicità dell'approvazione dell'emendamento Contento che incide in minima parte sull'articolo 2621, lasciando intatte le cause di non punibilità. Appare quindi opportuno coordinare la previsione di un'attenuante per la tenuità degli illeciti con queste le cause di non punibilità che dovrebbero essere collegate alla scarsa offensività del fatto. Naturalmente il coordinamento è un'esigenza che viene meno se si sostituisce l'articolo 1, secondo quanto preannunciato in Commissione.
L'articolo 5 novella l'articolo 27 del decreto legislativo n. 39 del 2010 (Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE), in materia di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni dei responsabili della revisione legale.
Attualmente l'articolo 27 prevede che i responsabili della revisione legale che, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti: con l'arresto fino a un anno, se la condotta non ha cagionato ai destinatari delle comunicazioni sociali un danno patrimoniale (comma 1); con la reclusione da uno a quattro anni se la condotta ha, invece, cagionato a questi un danno patrimoniale (comma 2); con la reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso dal responsabile della revisione legale di un ente di interesse pubblico (comma 3).
La pena può essere aumentata fino alla metà se il fatto è commesso da un responsabile della revisione per denaro o altra utilità data o promessa, ovvero in concorso con gli amministratori, i direttori generali o i sindaci della società assoggettata a revisione (comma 4). In questi casi Pag. 93la pena si applica anche a chi dà o promette l'utilità nonché agli amministratori dell'ente di interesse pubblico che abbiano concorso a commettere il fatto (comma 5).
Il testo all'esame dell'Assemblea riformula il comma I dell'articolo 27 coordinandone il contenuto con quello del riformato articolo 2622 del Codice civile. Infatti è espunto il riferimento al dolo specifico dell'illecito, ovvero all'intenzione da parte del revisore legale di ingannare i destinatari delle comunicazioni sociali; è eliminato il riferimento all'assenza del danno patrimoniale (la vigente fattispecie del primo comma si realizza infatti se la condotta non ha causato un danno patrimoniale, altrimenti trova applicazione la sanzione più grave del secondo comma); si prevede che l'errore cui sono indotti i destinatari delle comunicazioni debba essere rilevante per natura o per entità.
Il reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni dei responsabili della revisione legale perde la natura contravvenzionale e diventa delitto punibile con la reclusione fino a quattro anni.
Una seconda modifica interessa il comma 2 dell'articolo 27, la cui riformulazione prevede - analogamente a quanto stabilito dal nuovo articolo 2622-bis del Codice civile - una circostanza aggravante specifica nel caso in cui l'illecito del revisore provochi un grave danno alla società, all'ente o al soggetto sottoposto a revisione, ai soci o ai creditori.
L'articolo 6 reca la clausola di immediata entrata in vigore del provvedimento.
L'approvazione del testo, che si raccomanda, consentirà una più efficace lotta alla corruzione, di cui il falso di bilancio rappresenta uno strumento operativo.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LORENZO RIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1777-A
LORENZO RIA. La proposta di legge di cui discutiamo oggi si innesta nel solco di un lungo percorso di atti normativi che hanno interessato, modificandola, la normativa delle disposizioni penali in materia societaria. L'ambito è quello del diritto penale commerciale, il diritto penale cosiddetto «alto», dei colletti bianchi, il diritto penale che non si sporca le mani con la criminalità spicciola, con i tanto sbandierati temi della «sicurezza sociale» ma si confonde tra le pratiche economiche e le maglie burocratiche della consueta vita imprenditoriale Ben sappiamo che il reato di «false comunicazioni sociali», rubricato all'articolo 2621 del Codice civile, comunemente conosciuto come «falso in bilancio», è stato oggetto di un ampissimo dibattito, giuridico e politico, sviluppatosi qualche anno fa a seguito della sostanziale depenalizzazione di tale fattispecie per mano del decreto legislativo n. 61 del 2002. Il risultato di quella novella fu, in sintesi, di trasformare il delitto in contravvenzione; il reato di pericolo in reato di danno; di tracciare soglie al di sotto delle quali il falso, seppure accertato, non veniva punito; prevedere in alcune ipotesi la procedibilità a querela, destituendo, sostanzialmente, di fondamento le esigenze di tutela che stanno alla base della fattispecie in questione. Tale intervento sollecitò censure persino in sede internazionale, quando fu interpellata in via pregiudiziale la Corte di Giustizia, proprio sulla questione inerente la violazione da parte di quelle norme sul falso in bilancio, tuttora vigenti, delle varie direttive europee in materia societaria. È questione da non sottovalutare, quest'ultima, poiché nonostante l'articolo 25, secondo comma della Costituzione sancisca la competenza della legge nazionale in materia penale, le direttive comunitarie richiamate stabiliscono una sorta di coordinamento dei principi sanzionatori in materia societaria, cui gli Stati membri devono sottostare. È la stessa Costituzione, infatti, all'articolo 10, a fondare quest'obbligo, a dotarci di una «valvola normativa» attraverso la quale filtrano nel nostro sistema giuridico le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, nel cui alveo quelle di fonte comunitaria ricoprono Pag. 94sicuramente una posizione privilegiata. È necessario evidenziare, infatti, che la materia societaria, interagisce direttamente con le dinamiche di mercato e, segnatamente, del libero mercato interno dell'Unione Europea ed ha, dunque, natura marcatamente transnazionale. Per questo motivo necessita, più di altre materie, di un dialogo con gli altri sistemi, di modo che si ottenga una sorta di omogeneità normativa tra Stati. Per gli illeciti societari, le direttive comunitarie raccomandano l'adozione di sanzioni «efficaci, proporzionate e sufficientemente dissuasive».
Si tratta del cosiddetto principio di efficacia-proporzionalità, che il nuovo falso societario disattendeva quanto al profilo di non punibilità per le falsificazioni esigue, al regime di procedibilità» privilegiato previsto per la fattispecie di cui all'articolo 2622 del Codice civile vincolato alla querela della persona offesa, alla tendenziale inadeguatezza della tutela penale, specie in relazione all'ipotesi contravvenzionale, condizionata da termini di prescrizione talmente brevi che, a fronte della complessità dell'accertamento del fatto e della «irragionevole» durata media del processo penale, nascondono il presagio di una pressoché scontata estinzione.
Una volta analizzato il substrato giuridico della questione, mi permetto di chiarire brevemente il suo sottostrato politico: per intenderci, quella sul falso in bilancio fu, e non posso non ripeterlo in questa sede, una delle più disastrose manovre legislative del vecchio Governo, una delle leggi più scandalose e antidemocratiche della trascorsa stagione politica, una delle tante leggi ad personam varate nell'ambito di una falsa parvenza democratica per «salvare» Premier e compagni dall'ennesimo processo non a caso le ordinanze di rimessione alla Corte di Giustizia avvennero proprio nell'ambito di uno dei processi in cui era imputato Berlusconi. Dato atto di questo triste scenario giuridico e politico, cui abbiamo assistito per troppo tempo e che troppi danni ha cagionato alla nostra democrazia, che troppe volte ha ferito la nostra dignità sovrana al cospetto dello scenario internazionale, è facile inquadrare la proposta di legge di riforma attualmente in discussione come il moto obbligato e dovuto di chi ha a cuore la legalità e il rispetto dei principi democratici, primo fra tutti il principio dello stato di diritto e poi, a seguire, tutta una serie di posizioni costituzionali e legislative che hanno permesso all'Italia di fare parte del progetto politico europeo, del progetto economico europeo, al quale dobbiamo dimostrare, come è previsto che sia, un intransigente rispetto delle regole comuni.
La proposta di riforma, dunque, tende a ripristinare quei canoni sanzionatori e quelle pratiche normative che possano dirsi ossequiose del principio di «efficacia-proporzionalità» definito a livello comunitario. Ma attenzione, qualcosa non è andato come doveva. Il provvedimento in questione, così come lo possiamo leggere nel testo giunto in Aula, non fa nulla di tutto ciò che dovrebbe fare per porre fine al senso di impunità latente sotteso alle attuali nonne sul falso societario. Questo è dovuto ad una vicenda specifica e dolente, che si è verificata in commissione Giustizia due settimane fa, all'inizio della votazione sugli emendamenti al provvedimento. Sappiamo a cosa mi riferisco, sappiamo tutti leggere il testo dell'articolo 1 così come era stato originariamente concepito e così come è giunto qui oggi. Vediamo, da una parte, una norma coerente con l'intento della riforma, un nuovo articolo 2621 che rende nuova dignità al delitto di falso e, dall'altra, una norma vecchia, che scimmiotta quella già vigente in tutto e per tutto, fatta salva la modifica in punto di pena. Come è stato possibile tutto questo, mi dispiace dirlo, perché è sintomatico di un fallimento del lavoro che ogni giorno con serietà e dedizione molti di noi svolgono in Commissione.
Tutto questo è frutto di un mero errore, nel quale ci siamo trovati coinvolti noi deputati e lo stesso Sottosegretario alla Giustizia, un errore che ha portato il Governo ad esprimere parere favorevole su un emendamento a firma dell'onorevole Contento rispetto al quale il favore non c'era. O meglio, il favore c'era, ma era Pag. 95limitato unicamente e strettamente alla modifica riferita squisitamente sanzionatoria di parte del testo normativo. Quanto detto può essere facilmente riscontrato nei verbali di seduta e nei tanti articoli di stampa diffusi a tal proposito. Ero favorevole alla proposta di legge avanzata dai colleghi dell'Italia dei valori, così come concepita nel testo originario e mi duole aver frainteso il tenore dell'emendamento presentato dall'onorevole Contento, che ha svuotato completamente il senso della riforma.
A conferma del mio sostegno al provvedimento mi preme sottolineare che poco prima avevo coerentemente votato contro l'emendamento soppressivo dell'articolo 1. Non ho esitato a prendere una posizione al riguardo perché volevo davvero che si ripristinasse il reato di falso in bilancio ma sono stato indotto in errore dal parere favorevole del Governo, che non faceva prevedere uno svuotamento totale del senso della norma come poi, di fatto, si è verificato. Sulla scorta di quanto accaduto in Commissione ho auspicato persino che si potesse ripetere la votazione ma tale soluzione non è stata ritenuta praticabile.
Alla luce di quanto avvenuto, dunque, uno e uno solo resta il rimedio all'errore commesso ovvero il voto favorevole in aula ad uno degli emendamenti che ricostruisca la reale riforma dell'articolo 2621 nella forma originariamente proposta. La pregnanza di tale esigenza non è da riscontrarsi, a mio avviso, soltanto nella particolarità dell'iter che il provvedimento ha avuto in Commissione, ma anche e soprattutto nelle valutazioni di politica criminale che fondano e strutturano la necessità della riformulazione del reato in questione. Da un lato, vi è l'obbligo, da parte del legislatore, di ottemperare ai doveri comunitari di tutela nell'opzione penale, dialettica mai sopita e che ho già ampiamente illustrato. Dall'altro, vi è, una considerazione sostanziale di carattere più strettamente penalistico e legata, peraltro, anche alla dizione che caratterizzava gli articoli 2621 e 2622 del Codice civile prima dell'intervento del decreto legislativo n. 61 del 2002.
Bisogna considerare, infatti, che i reati societari riguardanti l'obbligo di trasparenza delle scritture contabili, la loro necessaria rispondenza al criterio di verità e agli altri canoni imposti per legge, costituiscono un fattore di contesto, oltre che un illecito penale a se stante. Mi spiego meglio. Quando l'ordinamento giuridico sanziona il falso nella redazione del bilancio non lo fa unicamente per tutelare i beni giuridici della trasparenza della contabilità e del diritto dei soci, dei creditori e degli altri soggetti interessati alla corretta informazione sull'andamento di una società. L'ordinamento giuridico, sanzionando il falso in bilancio, si pone anche l'obiettivo di individuare una forma di reato che il più delle volte fa da contorno, da contesto, rispetto ad altri e più gravi illeciti. Pensiamo, ad esempio - ed il tema è di preminente attualità proprio in questi giorni - alla possibilità che, falsificando il bilancio, in misura più o meno rilevante, si creino delle «giacenze» che sfuggono al regime di pubblicità e di legalità e che possono essere utilizzate senza alcun controllo e senza che ne rimanga traccia, come oggetto materiale di reati contro la pubblica amministrazione: corruzione e concussione in primis. Ma si pensi anche che i fondi occultati grazie ad un reato di falso possono essere oggetto di riciclaggio ovvero immessi nel circuito illecito dei fondi neri per finanziare qualsivoglia attività contra legem. I tecnici, per rendere tali concetti, si esprimerebbero in termini di «plurioffensività» del reato di falso nonché di «reato rete», di reato, dunque, che molto spesso non è fine a se stesso ma fa parte di una vera e propria trama criminosa finalizzata alla commissione di ulteriori illeciti. È chiaro che, le stesse dinamiche, viste finora sotto il profilo «sostanziale», assumono diverse e più marcate sfaccettature se prese in considerazione sotto il profilo «procedurale», ponendosi, dunque, dal lato di chi è chiamato a perseguire i reati.
Si può facilmente dedurre che abbassare la soglia di tutela rispetto ad una fattispecie di falso societario implica un indebolimento dei mezzi a disposizione Pag. 96dell'intero apparato dell'amministrazione della giustizia nel dare il via alle indagini e nel proseguirle, con la possibilità di venire a conoscenza dei cosiddetti «reati scopo». Ecco che emerge, con tutti i suoi disastrosi effetti, il problema posto dalla condizione di procedibilità della querela, cui sono sottoposti i reati in questione in alcuni casi.
Di difficile comprensione e di assoluta problematicità risultano anche le soglie di punibilità, attualmente previste dai commi terzo e quarto dell'attuale formulazione del reato di false comunicazioni sociali. Si tratta di soglie, come ho accennato in precedenza, al di sotto delle quali il falso non è punibile; soglie percentuali, nello specifico del 5 per cento, dell'1 per cento e del 10 per cento che, se rapportate ai bilanci dei grandi gruppi societari danno luogo all'impunità per legge di falsificazioni rapportate a grossissime somme di denaro, che escono definitivamente e, ripeto, in maniera totalmente avallata dal sistema normativo, dalla sfera di controllo statale, sia penale sia fiscale.
Ammetto che gli argomenti finora esposti possono apparentemente esorbitare da quelli che sono, solitamente, i termini di un intervento in discussione generale. Ammetto che, probabilmente, ci si sarebbe atteso un discorso meno approfondito quanto alle premesse e, forse, limitato ad una relazione sul testo giunto oggi in Aula. Ma la materia di cui ci stiamo occupando è talmente connessa alla sua storia, al suo passato e talmente inficiata dalla vicenda dell'approvazione di un emendamento che ha letteralmente destrutturato non solo l'articolo 1 ma l'intero spirito della proposta, da non permettermi di tacere su quanto avvenuto. Il testo di legge in esame ha alla base delle motivazioni così forti dal punto di vista politico e così pregnanti dal punto di vista più strettamente giuridico che spero di essere riuscito a dare l'idea della strada che quest'Aula, a mio avviso, moralmente ed eticamente obbligata a percorrere, per il ruolo che i cittadini ci hanno affidato e per ottemperare con senso di giustizia al dovere di tutela dei beni giuridici sottesi alle norme penali societarie.
Abbiamo un'occasione importante per dimostrare che, se degli errori sono stati commessi in passato, a causa di dinamiche e logiche del tutto estranee a quelle della democrazia, a questi errori si può porre rimedio. Se in passato, per ragioni che sono state - concedetemi un termine forte - una vergognosa rappresentazione dell'esercizio del potere normativo, si è giunti a delineare un sistema sanzionatorio degli illeciti societari marcatamente improntato ad esigenze personalistiche, se si è arrivati a deviare il sistema dal suo naturale assetto, discostandolo dai principi esplicitamente indicati in sede comunitaria ed esplicitamente violati dal precedente Governo è nostro compito oggi risolvere la questione e ridare alle norme il loro giusto valore. Per fare ciò è necessario fare un passo deciso in assemblea e riportare il testo dell'articolo 1 della proposta di legge sulle disposizioni penali in materia di società e consorzi a quello che era stato originariamente definito. Il senso di giustizia e il corretto esercizio del potere legislativo, in termini di restituzione di dignità al principio democratico ce lo impongono a gran voce. Con questo concludo e mi rimetto al senso delle istituzioni con cui ognuno di noi, credo, debba fare i conti ogni giorno nel condurre la propria attività in questa autorevole sede.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GUIDO BONINO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA PREVIDENZIALE PER IL PERSONALE DEI COMPARTI DELLA SICUREZZA, DELLA DIFESA E DEL SOCCORSO PUBBLICO
GUIDO BONINO. Le mozioni oggi in discussione sono conseguenza dell'emanando regolamento di armonizzazione del sistema previdenziale delle Forze Armate, delle Forze di Polizia nonché del comparto del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Pag. 97
Regolamento che dovrà essere emanato entro il 30 giugno p.v. in virtù del disposto dell'articolo 20 del cosiddetto decreto «Salva Italia» che prevede la necessità di adottare misure di armonizzazione tenendo conto delle peculiarità e delle esigenze dei regimi pensionistici speciali.
Si è dunque riconosciuto, in sede di interventi alle disposizioni in materia pensionistica la specificità che caratterizza il comparto sicurezza, difesa e Vigili del fuoco.
Quella specificità già riconosciuta per legge all'articolo 19 della legge n. 183 del 2010.
Una norma importante perché ha sancito il particolare status che caratterizza queste categorie di lavoratori, che con la loro azione garantiscono la nostra sicurezza, la nostra incolumità spesso a scapito della loro.
È indubbio che l'equiparazione dell'età pensionabile delle forze dell'ordine pubblico, militari e Vigili del fuoco a quella degli altri settori del pubblico impiego mette a rischio l'intero sistema della sicurezza e della difesa, perché l'età avanzata, inevitabilmente finirà per ostacolare la reale capacità operativa di queste persone.
Con la nostra mozione vogliamo, dunque, ricordare al Governo che il citato articolo 19 della legge n. 183 del 2010 costituisce una cornice di riferimento per l'intero quadro normativo del comparto sicurezza, difesa e Vigili del fuoco e che in questo quadro deve inserirsi l'emanando regolamento di armonizzazione in materia pensionistica, quale primo vero passo di concreta attuazione della specificità di questi comparti.
Siamo venuti a conoscenza di una prima bozza di schema di regolamento e, da una sommaria lettura pare non rispetti la delega conferita dal Parlamento al Governo.
Noi riteniamo che il Governo non possa sconfinare dalle proprie competenze annullando tra l'altro quanto la legislazione ha già riconosciuto ai comparti citati.
Riteniamo perciò che il Governo debba concertare con i rappresentanti sindacali delle categorie il regolamento di prossima emanazione affinché possa giungere in approvazione con la massima condivisione. A nome del gruppo Lega Nord Padania, rivendico anche la richiesta di completare quel processo di inserimento del personale dei Vigili del fuoco nel comparto sicurezza, attraverso l'equiparazione economica e pensionistica con gli altri Corpi dello Stato preposti alla tutela della sicurezza pubblica e che nell'ambito dello stesso Corpo dei Vigili del fuoco sia armonizzato il sistema di tutela previdenziale in caso di infortunio o decesso tra Vigili del fuoco volontari e personale in servizio permanente.
Per questo ci siamo battuti per l'equiparazione del trattamento economico concesso ai Vigili del fuoco volontari a quello riconosciuto ai colleghi in servizio permanente così come nel caso di infortunio invalidante o di malattia contratta in servizio.
Auspichiamo pertanto che il Governo operi tenendo conto delle nostre valutazioni e suggerimenti attuando nei tempi previsti quanto delegato da questo Parlamento.