XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 29 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              entro il 30 giugno 2012 con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17 della legge n.  400 del 1998, si dovranno armonizzare i requisiti di accesso al sistema pensionistico del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del comparto soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tenendo conto delle peculiarità e delle esigenze dei settori sui quali si interverrà; questo è quanto prevede l'articolo 24, comma 18, della legge n.  400 del 1988;
              la specificità del ruolo delle Forze di polizia, delle Forze armate nonché del Corpo dei vigili del fuoco è riconosciuta ai fini pensionistici e previdenziali dall'articolo 19 della legge n.  183 del 2010;
              come è noto, per l'idoneità al servizio nelle Forze di polizia, nelle Forze armate e nel Corpo dei vigili del fuoco, nonché per le attività sia operative che addestrative, non si può prescindere dal requisito dell'età; tale elemento, insieme a quello del rischio operativo, non può non essere tenuto nel debito conto per quanto riguarda l'accesso e i requisiti necessari per godere dei diritti previdenziali;
              a livello europeo, proprio per la peculiarità e la specificità dei servizi prestati dalle Forze armate, dalle Forze di polizia e dal Corpo dei vigili del fuoco, i limiti di età, per avere diritto ai trattamenti di quiescenza anche anticipati, sono significativamente inferiori a quelli stabiliti nel nostro Paese;
              è previsto che si debba istituire un tavolo del Governo con i sindacati e il Cocer che definisca un percorso condiviso e concertato di stesura del regolamento che riconosca in maniera precisa ed effettiva la peculiarità e la specificità dei lavoratori delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo dei vigili del fuoco,

impegna il Governo:

              a istituire in tempi brevissimi il tavolo con i sindacati e il Cocer che definisca un percorso condiviso e concertato, previsto dal comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge «salva Italia», di stesura del regolamento che riconosca in maniera precisa ed effettiva la peculiarità e la specificità funzionale dei lavoratori delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo dei vigili del fuoco;
              a determinare un percorso, che coinvolga tutti i soggetti interessati, corredato da una tempistica certa, per giungere al riordino dei ruoli e delle carriere, relativo al personale interessato dal regolamento di armonizzazione, che tenga conto della specificità e della peculiarità funzionale del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo dei vigili del fuoco, anche ai fini dei requisiti per l'accesso alla pensione.
(1-01059) «Moffa, Mottola, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

Risoluzioni in Commissione:


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              a seguito del terremoto del 20 maggio 2012 che ha sconvolto l'Emilia Romagna, oltre ai notevoli danni al patrimonio culturale, architettonico e civile, sono centinaia gli imprenditori agricoli che hanno subito danni alle abitazioni e ai fabbricati rurali, molti dei quali crollati o danneggiati;
              i danni subìti sono ingenti e difficilmente quantificabili in quanto comprensivi anche dei mezzi meccanici, degli attrezzi nonché dei prodotti inerenti all'attività agricola; si tratta di caseifici, magazzini di stagionatura del parmigiano-reggiano, strutture di conservazione delle produzioni ortofrutticole e cerealicole, stalle, acetaie, cantine, fienili, ma anche abitazioni rurali e di alcuni impianti di sollevamento delle acque irrigue dei consorzi di bonifica;
              ad essere stata colpita è una parte vitale del sistema agroalimentare italiano, con ripercussioni sia sul patrimonio che sull'attività aziendale; ad esempio, c’è chi ha perso trattori, attrezzi ed animali sotto le macerie;
              secondo una prima stima i danni totali ammontano a decine di milioni di euro, di cui solo 150 milioni di euro in conseguenza della distruzione di oltre di 300mila forme di parmigiano reggiano e di grana padano cadute a terra per il crollo delle «scalere», le grandi scaffalature di stagionatura che sono collassate sotto le scosse. In particolare si registrano ingenti danni nei magazzini delle aziende della provincia di Modena, di Bologna e di Mantova; ad essere colpite sono soprattutto le forme fresche, danno aggravato anche dalla difficile individuazione di nuove strutture per la stagionatura delle forme rimaste integre;
              notizie critiche riguardano i diversi stabilimenti di produzione vinicola danneggiati nella zona del lambrusco; risultano andati perse grandi quantità di aceto balsamico che è fuoriuscito dalle botti e si riscontrano danni anche alle serre, alle quali sono scoppiati i vetri, con l'effetto di danneggiare le piante presenti;
              in tutta la campagna attorno a Finale Emilia, da Poggio Rustico a Bondeno fino al bolognese, sono tanti i tetti di stalle implosi su interi allevamenti e macchinari distrutti sotto capannoni di cui non resta nemmeno lo scheletro. Gli allevamenti di mucche da latte, a causa delle continue scosse, rischiano di subire effetti negativi sulla produzione di latte;
              tra una ventina di giorni inizia la raccolta del grano. Il problema non è solo reperire i macchinari per la raccolta ma anche individuare il luogo dove stoccare il prodotto, perché molti magazzini sono inagibili o completamente distrutti;
              risulterebbe importante un coinvolgimento delle istituzioni europee al fine di attivare, nel più breve tempo possibile, percorsi di risarcimento, paralleli a quelli decisi in ambito nazionale,

impegna il Governo:

          ad assumere tutte le opportune iniziative, anche prevedendo forme di indennizzo per il ripristino e la ricostruzione delle strutture danneggiate, al fine di riprendere nel più breve tempo possibile le attività, soprattutto per quanto concerne il settore agroalimentare;
          ad assumere iniziative per stabilire oltre alle determinazioni già assunte, la sospensione dei pagamenti fiscali, previdenziali e delle rate di mutuo, nonché l'attivazione degli ammortizzatori per i dipendenti, compresi quelli stagionali, in tempi celeri;
          a reperire le risorse necessarie, previa autorizzazione dell'Unione europea, per consentire il ritiro dal mercato da parte di Agea delle forme di parmigiano reggiano e di grana padano non più commercializzabili ma utilizzabili a scopi alimentari.
(7-00876) «Di Giuseppe, Messina, Rota».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              il terremoto che ha coinvolto la regione Emilia Romagna ed in particolare le province di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova il 20 maggio e in maniera ancora più devastante nella giornata del 29 maggio, ha determinato una situazione emergenziale di evidente gravità sia per il numero di vittime che per il sistema economico e produttivo dell'area geografica interessata;
              il Consiglio dei ministri ha deliberato il 22 maggio 2012 lo stato di emergenza per i suddetti territori stanziando 50 milioni di euro a valere sul fondo nazionale della protezione civile;
              il Presidente del Consiglio dei ministri, anche in qualità di Ministro dell'economia e delle finanze, in tale occasione ha anticipato la proposta di rinviare il pagamento dell'imposta municipale unica IMU, per le abitazioni e gli stabilimenti industriali, che saranno dichiarati inagibili, allorquando le regioni, in sintonia con le autorità locali, avranno determinato con maggiore esattezza i danni subiti e si avrà un quadro generale definito sulla quantificazioni dei danni;
              nella zona del terremoto dell'Emilia Romagna, ad alta vocazione agricola, si segnalano gravissimi danni, per il sistema produttivo e industriale fortemente colpito dal sisma ed in particolare nelle imprese di rilevanza nazionale di produzione del parmigiano reggiano, dell'aceto balsamico di Modena, del prosciutto di Parma, fino alle imprese di produzione del lambrusco;
              il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha quantificato in linea generale i primi danni stimati, per il settore agroalimentare dell'intera area regionale dell'Emilia Romagna, pari a 200 milioni di euro articolati in diverse tipologie di danni;
              le aziende di produzione dei formaggi dop, dal parmigiano reggiano al grana padano in particolare, risultano quelle all'interno del settore agroalimentare maggiormente colpite sul piano della produzione e della successiva commercializzazione, in considerazione del rilevante numero di forme di formaggio deteriorate e rovinate dal crollo di numerosi capannoni industriali;
              appare conseguentemente evidente che l'inagibilità di magazzini per lo stoccaggio dei formaggi, quali il grana padano e il parmigiano reggiano, complica ulteriormente la collocazione e la vendita per numerose aziende agricole emiliano-romagnole, in particolare quelle per la stagionatura;
              un intervento da parte dell'Agea in grado di sostenere il mercato dei prodotti agroalimentari danneggiati, in questa prima fase iniziale di natura emergenziale, risulterebbe pertanto fondamentale al fine di fronteggiare le difficoltà economiche causate dal sisma sia del 20 maggio che in particolare quello verificatosi in data odierna,

impegna il Governo:

          ad intervenire urgentemente, previa autorizzazione in ambito comunitario, al fine di reperire le risorse necessarie e consentire il ritiro dal mercato delle forme di parmigiano reggiano e di grana padano non più commercializzabili, ma utilizzabili soltanto dall'AGEA, nell'ambito degli interventi della stessa Agenzia;
          a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a sospendere il pagamento dell'IMU per le imprese agricole dell'Emilia Romagna e del mantovano danneggiate dal sisma nonché a prevedere un rinvio delle prossime scadenze fiscali per le medesime;
          ad intraprendere ogni iniziativa, nell'ambito delle proprie competenze, che possa consentire la sospensione delle rate di mutuo per le stesse imprese agricole colpite dal sisma;
          a prevedere infine un rinvio al prossimo mese di settembre 2012 della presentazione dei modelli delle dichiarazioni dei redditi per le suddette imprese agricole, al fine di consentire loro di fronteggiare quantomeno nel breve periodo le evidenti difficoltà economiche e fiscali che devono sostenere.
(7-00877) «Beccalossi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, come modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n.  214, recante: «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici» ha disposto, al Capo II, disposizioni in materia di maggiori entrate e all'articolo 13 l’«anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria».
          tale norma sull'IMU prevede: «1. L'istituzione dell'imposta municipale propria è anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed è applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono. Conseguentemente l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria è fissata al 2015»;
          il Titolo III – finanze – Demanio e patrimonio all'articolo 7 dello statuto autonomo della Sardegna dispone: «La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarietà nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti»;
          la Sardegna dispone di competenza esclusiva regionale in materia di «ordinamento degli enti locali» e di «finanza locale» e della competenza concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»;
          la natura speciale e autonoma della regione Sardegna non esime lo Stato dall'applicazione del principio di ragionevolezza e di leale collaborazione con conseguente violazione dei principi di perequazione e di solidarietà fiscale;
          la norma che introduce l'applicazione dell'imposta municipale unica produrrà i propri effetti anche sul sistema fiscale delle regioni a statuto speciale (secondo l'interrogante in contrasto della legge n.  42 del 2009 in particolare con l'articolo 1, comma 2), in riferimento all'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo n.  68 del 2011, appare in contrasto con gli articoli 3, 7 e 8 dello statuto della regione Sardegna e con l'articolo 117 e 119 della Costituzione, in quanto detta disposizione sull'imposta municipale unica si applicherebbe anche nei confronti della regione Sardegna nonostante la clausola di salvaguardia recata dalla medesima legge n.  42 del 2009 e, pertanto, comprimerebbe senza un valido fondamento normativo la competenza legislativa esclusiva della regione nella materia «ordinamento degli enti locali» di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), dello statuto di autonomia, e la sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui all'articolo 117, comma 3, della Costituzione;
          la norma sull'imposta municipale unica incide, direttamente, sulle entrate tributarie degli enti locali;
          egualmente lesa è la competenza legislativa esclusiva della regione Sardegna nella materia «finanza locale». Essa è di sicura spettanza regionale, in ragione dell'articolo 3, comma 1, lettera b) («la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: [...] b) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni)» e 7 («La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarietà nazionale [...]») dello Statuto speciale;
          la Corte costituzionale, peraltro, ha ribadito che la competenza della regione Sardegna in materia di finanza locale è esclusiva e come tale deve essere tutelata. Come si legge nella sentenza n.  275 del 2007, infatti, la «materia della finanza locale, [...] per la regione sarda, è devoluta alla competenza legislativa esclusiva della regione in forza dell'articolo 3, lettera b) del relativo statuto speciale» (ma anche la sentenza n.  102 del 2008 circa la specifica autonomia che lo statuto attribuisce alla Regione Sardegna nella materia dell'imposizione fiscale e, seppure in maniera meno esplicita, la sentenza n.  229 del 2011);
          si configura nell'introduzione dell'imposta municipale unica in Sardegna un possibile contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione, con gli articoli 3, 7 e 8 dello statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale n.  3 del 1948), settore agricolo che, sino ad oggi, hanno determinato l'applicazione in contrasto con gli articoli 117 e 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 117 della Costituzione nella misura in cui attua un regime che produce effetti notevoli sulla finanza pubblica regionale e locale;
          da tale norma risulta pregiudicata l'autonomia finanziaria della regione Sardegna, tutelata dalle disposizioni statutarie e costituzionali sopra richiamate, nonché la sua competenza legislativa esclusiva nelle materie «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale», come pure la sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» (articoli 117, comma 3, della Costituzione);
          è disatteso il principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 117 della Costituzione, in primo luogo perché lo Stato si è limitato a individuare la nuova tassa sugli immobili, salvaguardando il proprio interesse a massimizzare il gettito fiscale, senza tenere in alcun conto le esigenze di coordinamento con la finanza pubblica e con il sistema tributario delle regioni a statuto speciale;
          lo Stato ha applicato da subito un regime dannoso per la regione Sardegna, rinviando ad un momento futuro e indeterminato l'adozione di misure compensative a partire dalla questione insulare, il calcolo del divario e la relativa compensazione così come previsto all'articolo 22 della legge 42 del 2009;
          in considerazione del danno grave e irreparabile che deriverebbe all'applicazione della norma si rende indispensabile intervenire con riferimento alle regioni a statuto speciale e in particolar modo alla Sardegna gravata da una condizione insulare che lo Stato non ha ancora provveduto a misurare e compensare;
          l'articolo 3 dello statuto della regione autonoma della Sardegna dispone: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: ... d) agricoltura e foreste; piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario»;
          l'Unione europea con il regolamento (CE) n.  247 del 2006 recante misure specifiche nel settore bell'agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell'Unione ha indicato le seguenti strategie relative al settore agricolo e alle regioni insulari:
              «(1) La particolare situazione geografica delle regioni ultraperiferiche, rispetto alle fonti di approvvigionamento di prodotti essenziali al consumo umano, alla trasformazione o in quanto fattori di produzione agricoli, impone a queste regioni costi aggiuntivi di trasporto. Una serie di fattori oggettivi connessi all'insularità e all'ultraperifericità impongono inoltre agli operatori e ai produttori di tali regioni vincoli supplementari che ostacolano pesantemente le loro attività. In taluni casi, operatori e produttori sono soggetti ad una doppia insularità. Tali svantaggi possono essere mitigati riducendo il prezzo dei suddetti prodotti essenziali. Risulta dunque opportuno, per garantire l'approvvigionamento delle regioni ultraperiferiche e per ovviare ai costi aggiuntivi dovuti alla lontananza, all'insularità e all'ultraperifericità, instaurare un regime specifico di approvvigionamento.
              (2) A tal fine, in deroga all'articolo 23 del trattato, è opportuno esentare dai dazi le importazioni di taluni prodotti agricoli provenienti da paesi terzi. Per tener conto della loro origine e del trattamento doganale loro applicabile ai sensi delle disposizioni comunitarie, occorrerebbe equiparare ai prodotti importati direttamente, ai fini della concessione del regime specifico di approvvigionamento, i prodotti che sono stati oggetto di perfezionamento attivo o deposito doganale nel territorio doganale della Comunità.
              (3)    Per realizzare efficacemente l'obiettivo di ridurre i prezzi nelle regioni ultraperiferiche e di ovviare ai costi aggiuntivi dovuti alla lontananza, all'insularità e all'ultraperifericità, salvaguardando nel contempo la competitività dei prodotti comunitari, è opportuno concedere aiuti per la fornitura di prodotti comunitari nelle regioni ultraperiferiche. Tali aiuti dovrebbero tenere conto dei costi aggiuntivi di trasporto verso le regioni ultraperiferiche e dei prezzi praticati all'esportazione verso i paesi terzi nonché, nel caso di fattori di produzione agricoli e di prodotti destinati alla trasformazione, dei costi aggiuntivi dovuti all'insularità e all'ultraperifericità»;
          il decreto-legge n.  201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n.  214 del 2011, recante «Disposizioni urgenti per la crescita l'equità e il consolidamento dei conti pubblici» prevede che l'imposta municipale unica (IMU), istituita dal decreto legislativo n.  23 del 2011, sia applicata a partire dal 2012;
          all'imposta (sostitutiva dell'ICI e dell'IRPEF sulla rendita catastale) risultano essere assoggettati sia i terreni agricoli, sia i fabbricati rurali;
          si tratta di una modifica sostanziale della fiscalità, applicata al settore primario, e, in particolare, ai beni funzionali all'esercizio dell'attività agricola, che vengono assimilati, in buona parte, a puro e semplice patrimonio;
          viene meno il regime di fiscalità speciale sino ad oggi riconosciuto al settore, in virtù dei ruoli che l'agricoltore svolge e dei beni prodotti dallo stesso, non limitando, tali ultimi, alla pur essenziale produzione di cibo. Si pensi, per esempio alla salvaguardia del territorio e del paesaggio: attività connaturata all'esercizio dell'agricoltura, di cui tutti i cittadini godono, ma che, certamente, non risulta remunerata dal mercato;
          questa tipologia di immobili, come d'altra parte i terreni, costituiscono gli strumenti da lavoro dell'agricoltore e non possono, come tali, essere considerati alla stregua di pura e semplice ricchezza accumulata;
          l'imposta municipale unica va a colpire l'agricoltura in un suo punto debole, costituito dalla forte immobilizzazione di capitali a bassissima redditività;
          l'applicazione ai fabbricati rurali ad uso strumentale di un aliquota ridotta allo 0,2 per cento, pur combinata con la facoltà riconosciuta ai comuni di ridurre dello 0,1 per cento detta aliquota, produrrà comunque effetti devastanti, in considerazione del fatto che, a base del calcolo vengono inseriti anche i terreni. Tanto si tradurrà in un aggravio considerevole per le aziende agricole;
          emerge una forte preoccupazione circa gli effetti che l'applicazione di questa nuova imposta possa avere su un settore strutturalmente fragile, dal punto di vista economico, ed alle prese con gli effetti di una crisi particolarmente grave;
          l'applicazione dell'imposta municipale unica potrebbe, verosimilmente, accelerare il processo di dismissione del settore agricolo, che l'ultimo censimento ha fotografato in modo inequivocabilmente in declino. L'appesantimento tributario si pone in antitesi, anche, rispetto agli auspicati, e mai attuati, interventi di politica agraria nazionale indispensabili per lo sviluppo di questo comparto;
          ad essere colpite maggiormente saranno le aree a minor redditività (aree svantaggiate in genere come le regioni insulari), che spesso collimano con territori di particolare pregio ambientale e paesaggistico; l'abbandono dell'attività agricola, in tali casi, determinerebbe conseguenze devastanti ed irreversibili a danno dell'intera collettività (si pensi, in primis, alla compromissione degli equilibri idrogeologici);
          si tratta di un'imposta che avrà un impatto molto pesante sul settore agricolo, una nuova imposta che sconvolge anche il principio fondamentale che il valore dei fabbricati rurali deve essere visto in tutt'uno con la terra;
          il peso dell'imposta municipale unica per le imprese agricole italiane, fra 1,3 miliardi di euro di nuove imposte e 2/3 miliardi di euro per l'accatastamento dei fabbricati rurali, è prossimo al valore della Pac per il nostro Paese;
          si tratta di un'imposta le cui indicazioni attuative appaiono oggi discutibili e contraddittorie, anche rispetto alle posizioni assunte da gran parte dei governi e dei parlamentari europei in ordine alla politica agricola comune, di cui si discute attualmente la riforma;
          l'imposta municipale unica colpirà pesantemente terreni agricoli e fabbricati rurali, dalle stalle ai fienili fino ai capannoni necessari per proteggere trattori e attrezzi, andando di fatto a tassare quelli che sono a tutti gli effetti mezzi di produzione per le imprese agricole;
          questa nuova «patrimoniale agricola» si abbatte pesantemente sugli agricoltori, in quanto colpisce il «bene terra» in quanto tale, non riconoscendone più il carattere di ruralità e la funzione di bene strumentale (ed indispensabile) all'esercizio dell'attività di impresa;
          le competenze statutariamente attribuite alla regione Sardegna in materia di agricoltura e la disposizione che prevede un sistema fiscale coordinato e armonico rendono l'introduzione dell'imposta municipale propria per le zone agricole, secondo l'interrogante, una violazione delle peculiarità autonomistiche dello Statuto sardo e conseguentemente violano le prerogative costituzionali;
          gli indirizzi comunitari relativamente alle politiche agricole nelle aree periferiche e insulari prescrivono l'esigenza di compensare e ridurre il gap insulare che si abbatte sulle produzioni agricole di questi territori;
          l'introduzione dell'imposta municipale unica anche per le zone agricole rende di fatto sempre più oneroso il divario gestionale e mette ancor più fuori mercato le produzioni agricole delle regioni insulari disattendendo le disposizioni comunitarie  –:
          se non ritenga di dover assumere iniziative normative per assicurare le necessarie esenzioni relativamente alle competenze delle regioni a statuto autonomo che hanno competenze esclusive per l'agricoltura e concorrenti sulla fiscalità;
          se il Governo non ritenga necessario per le regioni a statuto speciale e in particolar modo per la regione Sardegna, considerate le ragioni in premessa, assumere le iniziative di competenza per sospendere con immediatezza l'applicazione dell'imposta municipale unica;
          se non ritenga di procedere, così come richiamato in premessa, ad una nuova procedura di concertazione, costituzionalmente obbligatoria, per l'intera partita fiscale relativa alle competenze in materia;
          se non ritenga di dover provvedere ad individuare immediata copertura finanziaria per il mancato gettito per l'anno 2012 a favore degli enti locali della Sardegna anche alla luce della mancata applicazione, disposta anche con sentenza della Corte costituzionale, dell'articolo 8 dello statuto nella parte dei trasferimenti di tributi, e in considerazione del fatto che risultano già in carico alla regione Sardegna oneri aggiuntivi come l'intero costo della sanità e della continuità territoriale;
          se non si ritenga, alla luce delle precise indicazioni comunitarie, di dover esentare le regioni insulari e/o ultraperiferiche da un ulteriore aggravio che va a sommarsi al già pesantissimo divario legato proprio all'insularità;
          se non ritenga di dover adottare o proporre iniziative che esentino dal pagamento dell'imposta i fabbricati rurali ad uso strumentale, con particolare riferimento a quelli dislocati in aree svantaggiate;
          se non ritenga necessario rivedere il meccanismo di calcolo relativo ai terreni condotti dagli agricoltori, in considerazione delle peculiarità del specifiche regole fiscali;
          se non ritenga indispensabile e urgente l'immediata apertura di un confronto, Governo-regioni, volto ad individuare criteri alternativi di applicazione dell'imposta municipale unica senza pregiudicare la sussistenza del settore agricolo italiano e quello sardo in particolar modo. (5-06949)


      CONTENTO e COSTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'inchiesta della procura di Cremona sugli illeciti sportivi e sulla connessione dei medesimi con organizzazioni criminali legate al mondo delle scommesse ha già fatto il giro del mondo e non c’è organo di informazione che non abbia dato ampio risalto alla vicenda;
          il coinvolgimento, tra l'altro, di giocatori di fama sembra dimostrare come, a dispetto di altri precedenti, anche professionisti di spessore possano non risultare estranei a comportamenti che non devono trovare cittadinanza alcuna nel mondo sportivo sicuramente ispirato a valori completamente opposti a quelli che emergono dai fatti oggetto delle accuse della magistratura;
          inutile aggiungere che proprio tali comportamenti sono idonei a danneggiare l'immagine dello sport italiano dal momento che incidono profondamente nei sentimenti dell'opinione pubblica e, più in particolare, in quelli dei giovani che si avviano alla pratica sportiva;
          tra l'altro, la frode sportiva legata al mondo delle scommesse provoca un ulteriore danno anche all'attività lecita promossa dallo Stato in questo settore;
          di fronte alla gravità dei fatti è necessario che la reazione non avvenga soltanto nell'ambito, pur necessario, della giustizia sportiva, ma che le istituzioni intervengano con determinazione nelle inchieste avviate allo scopo di esercitare l'azione civile, qualora ne ricorrano i presupposti, nel corso del procedimento penale;
          ciò dovrebbe avvenire, a parere degli interroganti, sia per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali che di quelli provocati all'immagine dello sport e, nella specie, all'attività calcistica in conseguenza dei gravi episodi ipotizzati;
          opportuna appare un'iniziativa del Governo diretta ad approfondire e, quindi, coordinare le modalità con cui intervenire, d'intesa con il Comitato olimpico nazionale e con le federazioni nazionali interessate, nei procedimenti penali avviati dalla magistratura con la prospettiva di domandare ai responsabili delle azioni delittuose il completo risarcimento dei danni provocati anche attraverso il ricorso, secondo le regole processuali, all'azione civile in sede penale  –:
          se e quali iniziative urgenti si intendano assumere per favorire la presenza del Governo e delle istituzioni nazionali rappresentative degli interessi sportivi nel procedimento penale avviato dalla procura della Repubblica di Cremona e, in particolare, per promuovere l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento dei gravi danni provocati nei confronti dei responsabili dei fatti illeciti. (5-06954)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CASSINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa riportano la distribuzione di 383 milioni di euro a fronte di 463 milioni raccolti con il meccanismo del 5×1000 relativi all'anno 2010: una diminuzione di 80 milioni di euro che avrebbe importanti ripercussioni sulle attività delle associazioni destinatarie;
          alcune fra le più importanti organizzazioni non profit italiane hanno indirizzato al Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, una lettera aperta per denunciare l'accaduto e per chiedere spiegazioni relative alla sparizione di 80 milioni di euro;
          in questo momento di profonda crisi economica il 5×1000 è una fondamentale fonte di supporto per il volontariato, le onlus, le associazioni di promozione sociale, la ricerca e l'università;
          nonostante questo quadro d'insieme, in un periodo in cui il nostro Paese affronta una crisi economica senza precedenti, le istituzioni non hanno ancora dato risposta per giustificare questo grave comportamento  –:
          se le notizie di stampa rispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative il Governo intenda assumere per spiegare tale situazione e per porre un rimedio a questo difficile problema, valutando l'ipotesi di autorizzare lo stanziamento di 80 milioni di euro. (4-16315)


      SCILIPOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          fin dall'anno 2009 l'interrogante ha presentato numerose interrogazioni parlamentari al Presidente del Consiglio, ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, della giustizia, attinenti al settore farmaceutico e alle anomale cessioni di ramo d'azienda e alle procedure di mobilità e di cassa integrazione operate da anni in questo comparto notoriamente ricco e senza alcuna crisi;
          l'interrogante ha segnalato al riguardo che si trattava di operazioni finalizzate alla realizzazione di licenziamenti di dubbia legittimità con ipotesi di truffa ai danni sia dello Stato, sia dell'Inps, sia degli ammalati e delle persone bisognevoli di appropriate cure mediche;
          l'interrogante ha richiesto a più riprese di verificare la legittimità dei licenziamenti collettivi diretti e indiretti eseguiti dalle aziende farmaceutiche che realizzano direttamente dal servizio sanitario nazionale rilevanti profitti;
          l'interrogante ha richiesto un rapido intervento del Governo e dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze per bloccare quelle che secondo l'interrogante potevano risultare operazioni in frode alla legge, così come anche la richiesta di intervento sulle operazioni fiscali delle cessioni di ramo nel farmaceutico;
          in data 22 dicembre 2009, con l'interrogazione 4-05571 l'interrogante ha segnalato il facile ricorso a cassa integrazione e a false cessioni di ramo d'azienda realizzate nel settore farmaceutico, per cui diverse multinazionali farmaceutiche come Astrazeneca, Pfizer e altre trasferivano migliaia di informatori scientifici del farmaco (ISF) verso società, come la Marvecspharma, che fungono da contenitore e sono l'anticamera del licenziamento, chiedendo anche al Governo la verifica della legittimità di queste operazioni ed il blocco di quella che, ad avviso dell'interrogante, era una ingiusta serie di licenziamenti, totalmente priva di reale giustificazione, che vessava migliaia di famiglie, aggirando di fatto le leggi vigenti. La risposta alla suddetta interrogazione prot. 1999/3843 del 5 luglio 2010, ad avviso dell'interrogante insoddisfacente, si è limitata ad indicare l’iter procedurale, peraltro non richiesto, della cassa integrazione guadagni e dei trasferimenti di rami d'azienda, mentre invece non ha confermato se e quali risultanze ispettive eventualmente disposte siano state effettuate e quale esito abbiano prodotto. Inoltre nessuna risposta è stata fornita circa il trasferimento di informatori scientifici del farmaco dalle citate multinazionali a Marvecs pharma, XPharma e Innovex che, successivamente alle acquisizioni, hanno operato indisturbati i licenziamenti denunciati;
          in data 22 gennaio 2010, con l'interrogazione 4-05835 l'interrogante aveva riproposto all'attenzione dei Ministri competenti il fatto che venivano dissimulate consistenti riduzioni di personale con operazioni che aggiravano la normativa in materia. In particolare era stato segnalato che il 25 luglio 2007 Astrazeneca aveva eliminato 120 informatori scientifici del farmaco con la cessione di ramo d'azienda della linea 2Gastro/Intestinale (G.I.) di Simesa a Marvecspharma, il 26 luglio 2007 aveva effettuato una cessione di contratto di numerosi altri informatori scientifici del farmaco della linea gastro-intestinale (G.I.) cedendoli a Marvecspharma, il 5 ottobre 2007 aveva operato un'ennesima cessione di ramo d'azienda di altri 15 informatori scientifici del farmaco sempre a Marvecspharma. Quest'ultima, immediatamente dopo, per la precisione il giorno 11 gennaio 2008 (dopo soli tre mesi dall'ultimo acquisto) ha posto in cassa integrazione guadagni straordinaria 450 informatori scientifici del farmaco tra i quali numerosi informatori provenienti dalle cessioni di ramo d'azienda e dalle cessioni di contratto AstraZeneca, Simesa, Pfizer e altre. La risposta alla suddetta interrogazione non ha affrontato la quasi totalità delle domande e ha presentato quella che all'interrogante è parsa una difesa «d'ufficio» delle aziende segnalate basata sui documenti ufficiali presentati dalle stesse aziende in occasione delle richiamate cessioni di ramo, delle procedure di mobilità e di cassa integrazione guadagni. Nella risposta nulla è stato detto circa le operazioni di compravendita degli informatori scientifici del farmaco che nascondevano a giudizio dell'interrogante evidenti licenziamenti collettivi in difformità delle norme vigenti. L'interrogante esprime stupore perché i Ministeri competenti non solo sembrerebbe che abbiano sottovalutato l'esistenza di aziende «contenitore» (Marvecspharma in primis, ed altre) nelle quali le multinazionali hanno fatto costruire gli informatori scientifici del farmaco di cui si volevano disfare, pagando cifre elevate alle aziende acquirenti, ma sembra che non abbiano evitato, pur avendone ricevuto contezza attraverso specifici atti di sindacato ispettivo, che si facesse un uso anomalo degli ammortizzatori sociali. Al riguardo, l'interrogante rilevava il fatto, secondo l'interrogante strano, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sembrerebbe accettare anche la sola ipotesi che Marvecspharma, in presenza di una asserita lenta contrazione dei contratti di co-promotion, procedesse all'acquisto di centinaia di informatori scientifici del farmaco, così come, parimenti, sembra assurdo che una azienda (Marvecs pharma) che acquistava 1.200 informatori scientifici del farmaco per la competenza elevata di cui disponevano, prevedesse poi un investimento elevatissimo per la formazione che già questi informatori scientifici del farmaco dovevano certamente possedere;
          in data 31 marzo 2010 con l'interrogazione 4-06677, l'interrogante ha nuovamente posto all'attenzione del Governo il licenziamento collettivo a giudizio dell'interrogante effettuato da aziende farmaceutiche con cessioni di ramo a società satelliti, apparentemente simulanti una continuità del rapporto di lavoro e che invece spesso falliscono e che al momento dell'acquisto dei lavoratori presentano bilanci che sembrerebbero in rosso. È stata con l'occasione riproposta la segnalazione delle anomale ripetute cessioni da Astrazeneca a Marvecspharma avvenute nel 2007 e la successiva collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria sospetta da parte dei Marvecspharma di ben 450 informatori scientifici del farmaco;
          inoltre, l'interrogante ha segnalato che Astrazeneca (che è proprietaria anche di Simesa), dopo avere venduto centinaia di informatori scientifici del farmaco Simesa e Astrazeneca a Marvecspharma, ha poi posto in mobilità (con oneri a carico dell'INPS) 288 lavoratori con motivazioni che appaiono all'interrogante alquanto insussistenti, inveritiere e sospette;
          con prot. 2239/3842 del 5 luglio 2010 la risposta alla suddetta interpellanza ha fornito risposte ad avviso dell'interrogante che sembrerebbe che abbiano giustificato le aziende farmaceutiche, in particolare Marvecs e Astrazeneca/Simesa, oggi indagate dai pubblici ministeri del tribunale di Milano, fornendo in modo ripetitivo le stesse argomentazioni presentate nelle precedenti risposte ad altre interrogazioni. E per di più nessuna risposta appare essere stata fornita circa la richiesta di effettuare le verifiche indicate dall'interrogazione;
          il 22 novembre 2010 con l'interrogazione 4-09630, l'interrogante ha richiesto se i Ministeri competenti fossero a conoscenza del fatto che le aziende che avevano acquistato migliaia di informatori scientifici del farmaco, fallite quasi subito dopo i consistenti acquisti, da mesi non erogavano i pagamenti dovuti (stipendi, Fonchim, Faschim);
          in data 8 febbraio 2011 con l'interrogazione parlamentare n.  4-10775, venivano riprese tra l'altro le precedenti interrogazioni presentate: l'interrogazione n.  4-05571 del 22 dicembre 2009 (probabili false cessioni di ramo da multinazionali farmaceutiche ad aziende-contenitore con licenziamento diretto e indiretto di 15.000) e veniva richiesto, con la verifica di legittimità di tali licenziamenti diretti e indiretti, l'intervento del Governo per bloccare quelle che risultavano essere all'interrogante operazioni in frode alla legge; l'interrogazione n.  4-05835 del 22 gennaio 2010 (richiesta di acquisizione di elementi circa le operazioni finanziarie riguardanti i rapporti tra le due società Astrazeneca e Simesa ed i trasferimenti di ramo operati con la vendita di informatori scientifici del farmaco); l'interrogazione n.  4-06677 del 31 marzo 2010 (legami tra Marvecspharma, Astrazeneca, Simesa, Pfizer); l'interrogazione n.  4-09630 del 22 novembre 2010 (aziende che hanno acquisito informatori scientifici del farmaco e non erogano i pagamenti dovuti (stipendi, Fonchim, Faschim, da mesi);
          in data 1o agosto 2011 con l'interrogazione 4-12921, in riferimento all'intervenuto fallimento di Marvecspharma, dichiarato dal tribunale di Milano con sentenza n.  09/2011 del 13 gennaio 2011, che aveva acquistato informatori scientifici del farmaco da Astrazeneca, Simesa e altre, l'interrogante richiedeva un intervento per chiarire le operazioni fiscali sottese ai richiamati trasferimenti di ramo d'azienda e, vista la sentenza di fallimento di Marvecspharma, evidenziava l'esattezza delle denunce già poste all'attenzione dei Ministeri competenti con le interrogazioni parlamentari precedenti. Veniva, inoltre, richiesta la verifica di legittimità delle cessioni di ramo d'azienda con documentazione di comodo effettuate dalle citate multinazionali; veniva richiesto un intervento per recuperare quanto probabilmente indebitamente scaricato dalle aziende incriminate sugli ammortizzatori sociali e per l'accertamento delle responsabilità di tutti coloro che hanno permesso contratti ed accordi effettuati in probabile violazione di legge, partecipando ad alimentare lo stato di insolvenza di Marvecspharma. Veniva inoltre citato quanto riportato dalla stampa nazionale sulle vendite di informatori scientifici del farmaco da parte di Astrazeneca, Simesa, Pfizer con pagamento di centinaia di milioni di euro a titolo di avviamento negativo a Marvecspharma, pagando alla cessionaria un contributo economico, perché li acquisisse; i pubblici ministeri Luigi Orsi e Gaetano Ruta dichiaravano che «è ancora in fase di accertamento l'esame dei profili di responsabilità delle multinazionali: è peraltro evidente come queste cessioni fossero funzionali alla dismissione di un numero consistente di lavoratori senza dovere seguire le procedure previste nella gestione degli esuberi»;
          il tribunale di Milano in data 25 gennaio 2012, 17 marzo 2012, 20 marzo 2012, 17 aprile 2012, ha emesso sentenze su impugnative dei licenziamenti per la mobilità avviata da Astrazeneca e per la cessione di ramo operata da Astrazeneca a Marvecspharma reintegrando ben 7 (sette) informatori scientifici del farmaco già licenziati per mobilità e cessione di ramo dichiarando «illegittime» quanto operato da Astrazeneca; le pronunce emesse dal tribunale di Milano sono in perfetta sintonia con quanto denunciato dall'interrogante con le citate interrogazioni parlamentari  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere iniziative, anche normative, volte a:
              a) chiedere la restituzione delle somme impropriamente erogate dallo Stato ad Astrazeneca per l'illegittima mobilità;
              b) avviare per quanto di competenza una procedura che produca il reintegro di tutti i lavoratori del settore farmaceutico illecitamente posti in mobilità o ceduti illegittimamente in Marvecspharma, atteso che con il fallimento di quest'ultima tutti i lavoratori ceduti sono ora in mobilità e senza prospettiva né di pensionamento né di altre possibilità di impiego;
              c) provvedere alla revisione dei prezzi dei farmaci delle aziende farmaceutiche che hanno fatto ricorso a cessioni di ramo d'azienda e a mobilità, peraltro illegittime, perché sono stati abbattuti i costi di produzione;
              d) revocare alle aziende farmaceutiche che hanno fatto ricorso a cessioni di ramo d'azienda e a mobilità in modo non conforme alla legge la concessione per l'erogazione in fascia A dei farmaci commercializzati;
              e) non permettere alle aziende farmaceutiche che hanno fatto ricorso a cessioni di ramo d'azienda e a mobilità illegittime, riducendo sensibilmente il servizio d'informazione sui farmaci e di farmacovigilanza, la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica. (4-16320)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          dal giorno 23 maggio il signor Paolo Gabriele è ristretto in una cella dello Stato Città del Vaticano;
          la notizia è stata data sabato 26 maggio dal direttore della Sala stampa della Santa sede che ha dichiarato per la prima volta ufficialmente: «Confermo che la persona arrestata mercoledì sera per possesso illecito di documenti riservati, rinvenuti nella sua abitazione in territorio vaticano, è il signor Paolo Gabriele, che rimane tuttora in stato di detenzione»;
          nello stesso giorno, non appena appresa detta notizia il primo firmatario del presente atto, a mezzo fax, scriveva al direttore centrale per i servizi agli italiani all'estero del Ministero degli affari esteri, Francesco Saverio Nisio e all'ambasciatore della Repubblica italiana presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, segnalando che da notizie di stampa si era appreso che un cittadino italiano era stato arrestato e si invitavano «pertanto ad agire con la massima urgenza al fine di rendere visita al detenuto», comunicazione rimasta senza riscontro alcuno;
          la comunicazione era dettata anche dal fatto che nello Stato della Città del Vaticano «La forma di governo è la monarchia assoluta», che il «Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario» e che «In qualunque causa civile o penale ed in qualsiasi stadio della medesima, il Sommo Pontefice può deferirne l'istruttoria e la decisione ad una particolare istanza, anche con facoltà di pronunciare secondo equità e con esclusione di qualsiasi ulteriore gravame.» (articoli 1 e 16 della nuova legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano)  –:
          se sia confermato che il signor Paolo Gabriele abbia la cittadinanza italiana e se abbia una seconda cittadinanza;
          se ed eventualmente quando lo Stato Città del Vaticano, nei modi e nelle forme previste, abbia informato le autorità italiane dell'arresto di un cittadino italiano;
          quali iniziative di competenza abbia assunto il direttore centrale per i servizi agli italiani all'estero del Ministero degli affari esteri, e/o l'ambasciatore della Repubblica italiana presso la Santa Sede. (4-16323)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in un'intervista realizzata da Maurizio Bolognetti, componente la direzione nazionale di Radicali Italiani, per Radio Radicale e relativa alle condizioni di lavoro presso la ex Enichem di Ottana, che un tempo impiegava circa 6.000 persone, emerge un quadro sconcertante circa l'assenza di adeguate misure di prevenzione e tutela dei lavoratori;
          secondo la testimonianza di Raffaele Curreli, operaio che ha lavorato per circa 30 anni presso la ex Enichem di Ottana in Sardegna, è stato esposto a fumi venefici per aver lavorato materie prime come l'acido acetico in impianti, quali ad esempio gli AT04 e ATO5, dove c'era una sfiato all'aria perenne, a causa dei guasti, da cui uscivano fumi da combustione dovuti alla produzione di trimetilammina e altre sostanze, senza che vi fosse neppure la protezione minima di una maschera e che per 20 anni nel laboratorio del reparto ha fatto analisi senza aspiratore e cercando di ripararsi alla meglio;
          Raffaele Curreli ha altresì parlato di svuotamenti all'aria, senza quindi alcuna protezione né per i lavoratori né per l'ambiente più in generale, dei contenitori usati per recuperare quanto più possibile solventi e di una coimbetazione delle colonne fatta con l'amianto;
          secondo una descrizione fatta dall'AIEA di una parte dell'ambiente lavorativo nel Laboratorio di Ottana, le pareti, il soffitto del corridoio dove passavano i canali di condizionamento, le linee utilities, erano finite con intonaco a base di amianto ed amianto fioccato; le linee di vapore che alimentava le utenze dei banconi da laboratorio, all'interno degli stessi banconi erano coibentati con treccia di amianto e finiti con tessuto in fibra di amianto. Chi apriva per pulire o manutenere era sottoposto ad esposizione significativa. Le bonifiche che hanno interessato l'impianto di condizionamento sono state realizzate nel 1995, come evidenziato da un funzionario SPRESALS nel Convegno di Nuoro del 19 marzo 2010;
          il tutto avveniva in assenza della benché minima informazione sui rischi in cui incorrevano i lavoratori, neppure da parte dei sindacati che pure erano stati messi al corrente dei pericoli connessi ai metodi di lavorazione, e con controlli da parte della locale ASL che, a suo giudizio, avvenivano come se a priori si fosse deciso di non rilevare l'inquinamento;
          infatti i controlli che venivano effettuati ogni 6 mesi poi ogni 3 mesi all'anno erano inadeguati come inadeguata era la spirometria fatta dal medico aziendale o la radiografia, quando solo una TAC con doppio contrasto è in grado di evidenziare le problematicità connesse a quei tipi di lavorazione;
          altrettanto gravi sono le descrizioni che emergono nell'intervista di Maurizio Bolognetti ad Anna Etzo, vedova di Giovanni Serra, lavoratore per 10 anni presso la Enichem di Ottana e deceduto per mesotelioma pleurico dopo aver lavorato dal 1971 al 1983 presso lo stabilimento di Ottana (con altri due anni di corso presso lo stabilimento di Pisticci) senza essere mai stato informato sui rischi e senza che gli siano stati fomiti strumenti di prevenzione e a cui, dopo il decesso, l'INAIL ha riconosciuto la malattia professionale e sul cui caso con l'AIEA è stata intentata causa di risarcimento per danni materiali contro la Syndial (subentrata alla Enichem nel 2004);
          il quadro trova conferma nelle parole di Gisella Serra, moglie di Giovanni Moro deceduto nel 2006 per mesotelioma pleurico dopo aver lavorato dal 1975 presso la ex Enichem dove, nel box di vetro in cui era collocato il suo ufficio, una volta divenuto capo reparto, ogni mattina trovava sulla scrivania polvere che molto probabilmente era polvere d'amianto caduta dagli aeratori dell'aria condizionata, i cui tubi erano coibentati con amianto;
          anche Luigi Porcu che ha lavorato per circa 30 anni presso la ex Enichem di Ottana ha contratto la malattia per aver lavorato in condizioni prive delle minime misure di sicurezza, senza neppure la dotazione di mascherine, in un ambiente in cui si produceva trimetilammina e si usava acido acidico, acido solfurico e amianto;
          secondo quanto riferito da Mario Murgia, presidente Associazione italiana esposti amianto, la Sardegna, dopo la Basilicata, presenta il più alto incremento percentuale di patologie oncologiche a livello nazionale in base a dati in suo possesso che ritiene comunque parziali, frutto delle denunce fatte dai medici di famiglia;
          inoltre, sempre secondo Mario Murgia, per lo stabilimento di Ottana, nato 12 anni dopo quello di Pisticci in Basilicata, ben si potevano svolgere attività di sorveglianza per mettere in evidenza quelle patologie che a Pisticci causarono innumerevoli decessi (se nel 2009 Mario Murgia denunciava 150 casi di malati di cui una cinquantina deceduti, oggi parla di 500 casi di patologie tumorali (benigne e non) e di oltre 170 decessi tra i lavoratori ex Enichem di Pisticci);
          in particolare si denuncia la mancata corretta applicazione della legge n. 277 del 1991 per la quale non deve essere il singolo lavoratore a chiedere di andare in sorveglianza sanitaria perché tutti i lavoratori devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria e monitorati  –:
          quali azioni si intendano promuovere per dare attuazione ai diritti previsti dalla legge n. 257 del 1992 assumendo iniziative anche nei confronti dei responsabili delle aziende che ad Ottana hanno fatto lavorare persone nelle condizioni descritte in premessa. (4-16324)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          si sono verificati ben tre incidenti in due settimane all'inceneritore AcegasAps nel quartiere Forcellini-Camin di Padova. Nel primo caso si è trattato di un incendio causato dall'esplosione di una bombola del gas all'interno della fossa dei rifiuti che ha fatto incendiare un materasso, a questo sono seguiti altri due incidenti, l'ultimo dei quali ha fatto fuoriuscire una nuvola di fumo nero del quale non si sa se abbia contaminato l'area del quartiere attorno all'inceneritore poiché l'Arpav, agenzia regionale per la protezione ambientale, non ha fatto i rilevamenti;
          secondo i giornali nelle ultime settimane sono 2 mila le tonnellate campane entrate nei forni dell'impianto del quartiere Forcellini-Camin, il tutto all'insaputa dell'assessore regionale all'ambiente Maurizio Conte e del presidente Zaia;
          l'area del quartiere attorno all'inceneritore, per la diossina presente al suolo depositata da cinquant'anni di attività, è definita dall'Istituto Mario Negri di Milano «a rischio cancro per bambini»;
          con l'ordine del giorno 9/4999-A/2 si è impegnato il Governo a dettagliare la relazione annuale sui rifiuti da presentare alle Camere secondo rigorosi criteri regione per regione e per termovalorizzatore e gassificatore (ubicazione, proprietà, capacità presente o autorizzata (t/a); totale input impianto (t/a) diviso per provenienza; produttività energetica, quantità di scorie prodotte  –:
          quale sia la provenienza dei rifiuti destinati all'inceneritore AcegasAps di Padova, la loro qualità e quindi i processi di verifica e incenerimento, come venga trattato il carico radioattivo e se venga fatto sostare all'interno del parcheggio dell'azienda;
          se e quali azioni si intendano promuovere a tutela della salute pubblica ed anche dei lavoratori all'interno dell'impianto e quali forme di trasparenza si intendano mettere in atto a garanzia di una corretta informazione della popolazione. (4-16319)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


      GALLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la situazione del Centro sperimentale di cinematografia mantiene ormai da oltre dieci anni la medesima governance, nelle persone del dottor Alberoni e del dottor Foti, rispettivamente presidente e direttore generale, la cui gestione pare rivelarsi assolutamente impermeabile a qualsiasi trasparenza, e in cui il presidente Alberoni pare sia di fatto ormai esautorato in favore del direttore generale Marcello Foti, che gestisce in palese assenza di democrazia interna ogni aspetto della vita dell'ente, dalle assunzioni agli appalti, dalla nomina dei docenti ai criteri di valutazione dei bandi per accedere ai corsi del Centro sperimentale di cinematografia, come può ben evincersi da quanto riportato di seguito dall'articolo apparso sull'organo di informazione Riformista (http://www.pressdisplay.com/pressdisplay/ it/viewer.aspx) si apprende che dei circa 12 milioni di euro che il Ministero elargisce annualmente all'ente circa 9 finiscano in stipendi, e in super stipendi, come quelli del presidente, del direttore generale (che riceve anche un «premio di risultato a fine anno, essendo tra l'altro lui l'arbitro medesimo del risultato) e degli altri direttori regionali e non (otto in totale), con quella mortificazione che appare all'interrogante una mortificazione del corpo docente, degli studenti e delle strutture didattiche;
          dall'indagine pubblicata da Il Sole 24 Ore del 21 settembre 2011 si apprendere che all'interno del Centro sperimentale di cinematografia si verificano situazioni come quella di 24 studenti che non versano alcuna retta e di docenti pagati euro 250 a lezione;
          il direttore del Centro sede di Milano, Bartolomeo Corsini, risulta essere genero del presidente Alberoni;
          esistono convenzioni tra le sedi regionali dell'ente – giuridicamente partecipate dallo stesso – di Milano, Torino, L'Aquila e Palermo e i rispettivi enti regionali, che hanno nel tempo assegnato significativi finanziamenti all'ente, finanziamenti che hanno rappresentato la colonna portante e fondamentale per l'attività didattica del Centro, se letti alla luce dell'entità dei finanziamenti ministeriali che, decurtati dei circa 9 milioni di euro destinati a stipendi, si riducono a circa 3 milioni;
          a norma di legge, del consiglio di amministrazione della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia fanno parte – oltre al presidente e quattro componenti di designazione ministeriale – due ulteriori componenti in rappresentanza di soggetti pubblici o privati che partecipino alle attività con almeno un milione di euro all'anno ed, avendo le regioni Piemonte e Lombardia conferito un contributo di un milione di euro ciascuna alla Fondazione per l'anno 2011, in loro rappresentanza vennero nominati nel Consiglio di amministrazione del centro il dottor Paolo Tenna ed il dottor Alberto Contri, di provata competenza tecnica e culturale specifica;
          a seguito della diminuita entità dei finanziamenti annuali corrisposti da regione Piemonte la presenza del dottor Tenna nel Consiglio di amministrazione è attualmente in predicato, nonostante la regione Piemonte si sia comunque impegnata ad un sostanzioso contributo di circa euro 1.200.000 per il periodo 2009-2014, fatto che impedisce alla stessa regione di poter esercitare anche un seppur minimo controllo sull'impiego delle somme elargite  –:
          se intenda procedere a verifica sui criteri di gestione del Centro sperimentale di cinematografia, in particolare per assicurare una corretta e dovuta trasparenza in merito alle attività gestionali dello stesso;
          se e come si intenda procedere per verificare la corrispondenza al vero di quanto segnalato dagli organi di informazione Riformista e Il Sole 24 Ore, e, nel caso quanto segnalato corrisponda al vero, come si intenda intervenire per sanare la situazione;
          se, alla luce dell'importanza che assumono i finanziamenti regionali destinati al Centro sperimentale di cinematografia, non si ritenga opportuno promuovere una revisione delle normative, delle convenzioni ed altri atti che vincolano la presenza di un rappresentante nel Consiglio di amministrazione dei soggetti erogatori di finanziamenti di almeno 1.000.000 di euro, riservando un rappresentante agli enti regionali coinvolti anche riducendo il limite dei finanziamenti utili alla nomina nel Consiglio di amministrazione stesso.
(3-02293)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo pubblicato da Il Fatto quotidiano il 23 maggio 2012 emergono gravissimi fenomeni di illegalità nelle procedure per la ricostruzione in Abruzzo poiché secondo la denuncia di un imprenditore edile, che ha chiesto l'anonimato, è diffuso quel fenomeno per cui: «Ci sono offerte fuori busta per aggiudicarsi i lavori di ricostruzione all'Aquila. Un giro di soldi diffuso ed oscuro. A me ad esempio sono stati chiesti dei soldi per vedermi commissionate alcune ristrutturazioni. A cosa serve ? Per avere il voto favorevole nell'assemblea di condominio»;
          il costruttore ha poi detto: «A me sono stati chiesti duecentomila euro, per un lavoro da qualche milione. Non ho accettato anche perché non avevo la liquidità». Soldi chiesti anche da un consigliere comunale per oliare le pratiche, ma il costruttore non vuole indicarne il nome;
          la causa di tale situazione risiede nell'assenza di gara pubblica per l'assegnazione dei lavori che avviene invece sulla base di trattative private;
          a L'Aquila, verranno spesi 7 miliardi di euro attraverso trattativa privata, modalità con la quale sono stati già assegnati 9.381 lavori per le case B e C (con danni lievi) e 7.041 lavori per le case E, (gravemente danneggiate) dove i cantieri non sono ancora partiti;
          come riferisce l'articolo del quotidiano, anche nella relazione della direzione nazionale antimafia, firmata dai magistrati Diana De Martino e Olga Capasso, veniva lanciato l'allarme sulla ricostruzione: «Truffe aggravate per aver gonfiato illecitamente il progetto dei lavori da eseguire, inidoneo adeguamento alle misure tecniche antisismiche, lavori eseguiti con materiale scadente ed altro ancora, spesso in concorso con gli stessi terremotati o con gli amministratori di condominio»;
          i «costi» della corruzione portano ad una riduzione del livello di sicurezza, visto che le imprese caricheranno i costi della corruzione sui costi della manodopera e dei materiali, innestandosi in un sistema di ricostruzione che tende al risparmio e non garantisce la sicurezza  –:
          se vi sia un primo bilancio dell'efficacia delle misure adottate dal Governo Monti per il contenimento dei comportamenti denunciati in premessa e quali ulteriori azioni urgenti intenda promuovere per debellarli completamente. (4-16318)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


      GIANNI e RUVOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          martedì 22 maggio 2012 il Governo ha esaminato quattro decreti finalizzati a «scongelare» i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese;
          il Governo ha annunciato lo sblocco di 20-30 miliardi di euro già nel corso del 2012, grazie anche ad un protocollo d'intesa con l'Abi;
          in Sicilia le imprese siciliane, in gran parte piccole e medie, vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione per circa cinque miliardi di euro;
          è con assoluto stupore che gli interroganti, nel leggere la bozza dei citati decreti, hanno verificato che «sono escluse dall'obbligo di certificazione le regioni sottoposte ai piani di rientro»;
          le regioni interessate dai piani di rientro per il deficit sanitario sono: Sicilia, Lazio, Calabria, Molise e Abruzzo; questo significa estromettere la Sicilia e le altre regioni interessate dai benefici del «decreto sblocca-crediti»;
          questo significa che un'impresa, non obbligatoriamente siciliana, che vanta un credito nei confronti della regione Sicilia o di altri enti da essa controllati, non potrà accedere all’iter velocizzato per il recupero delle somme;
          l'esclusione della regione Sicilia e delle altre regioni interessate è da ritenersi irragionevole e incostituzionale e determina un'inammissibile disparità di trattamento;
          ancora una volta le imprese delle regioni interessate dal piano di rientro per il deficit sanitario, in particolare siciliane, sono di fatto retrocesse, sono per il Governo «imprese di serie B», pagano lo scotto di essere ubicate in Sicilia, pur avendo, con i loro servizi, garantito l'operatività della regione e degli enti ad essa collegati;
          questo avviene proprio nei confronti e nei territori dove la crisi economica colpisce in maniera violenta le imprese e i lavoratori dipendenti delle imprese che vantano crediti con la pubblica amministrazione;
          appare inammissibile accettare supinamente tale discriminazione che impedisce ad imprese, comunque creditrici, di poter recuperare risorse che sono fondamentali per il mantenimento delle stesse imprese;
          se tale impostazione non fosse modificata si affermerebbe la volontà di far rimanere il Sud, e la Sicilia in particolare, in condizioni di assoluta subalternità ed emarginazione economica rispetto alle imprese del Nord del Paese –:
          se si intenda procedere ad immediata e improcrastinabile modifica della bozza di «decreto sblocca-crediti», al fine di consentire anche alle imprese che hanno crediti nei confronti della regione Sicilia e delle altre regioni, escluse in quanto interessate dal piano di rientro, di poter accedere ai benefici previsti dal decreto in questione. (3-02299)


      BUONFIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il disastro della nave Costa Concordia – oltre a vittime e danni senza precedenti – ha avuto un impatto sull'opinione pubblica devastante per l'immagine dell'Italia;
          a distanza di mesi, pur scemata l'attenzione totalizzante dei giorni a ridosso dell'incidente, l'interesse della collettività internazionale è rimasto ai massimi livelli e ha generato legittime aspettative sugli sviluppi delle indagini e sull'accertamento delle responsabilità;
          il tribunale di Grosseto, ben valutando la complessità delle attività tecnico-investigative, ha deciso di affiancare al collegio peritale personale iper-specializzato, in grado di dar corso ad ogni iniziativa necessaria per estrarre i dati contenuti (ed eventualmente cancellati in via accidentale o in modo doloso) all'interno della scatola nera e dei computer di bordo della nave Costa Concordia;
          l'autorità giudiziaria ha individuato nel colonnello Umberto Rapetto della Guardia di finanza l'interlocutore ideale per l'individuazione, la direzione e il coordinamento delle risorse umane, cui assegnare il delicato compito in un contesto di evidente tensione oggettiva e soggettiva;
          il team di militari del nucleo speciale frodi telematiche sotto la guida di Rapetto ha, quindi, proceduto all'avvio delle attività di acquisizione delle informazioni di interesse processuale, manifestando una professionalità davvero non comune, con serenità e soddisfazione anche di tutte le parti coinvolte a diverso titolo nel procedimento;
          nelle udienze, in cui sono stati illustrate le differenti fasi dell'attività informatica da svolgere e le corrispondenti metodologie da utilizzarsi in ciascuna di questi step, il colonnello Rapetto ha svolto un fondamentale ruolo di «traduttore/interprete», assicurando anche ai non tecnici la necessaria chiarezza informativa e svolgendo una funzione di garanzia di regolarità delle delicatissime operazioni intraprese e pianificate per il tratto a venire;
          negli incontri, cui hanno partecipato i periti del giudice per le indagini preliminari, del pubblico ministero, degli indagati e delle parti offese e in cui si è dato luogo ad attività tecniche di elevata criticità – così come accaduto, ad esempio, presso i laboratori della Oto Melara di La Spezia in occasione dell'apertura della scatola nera e del sistema di controllo della navigazione vdr – il colonnello Rapetto ha fornito un contributo indispensabile per uno svolgimento «non conflittuale» delle operazioni, accelerando il compito dei consulenti tecnici chiamati a valutare le informazioni da estrarre dalla sofisticata strumentazione recuperata a bordo della Costa Concordia;
          le attività, ancora in corso di esecuzione, sono destinate a protrarsi per mesi, stante la complessità dell'incarico, e continueranno a richiedere un coordinamento serrato che garantisca fluidità delle operazioni e sicurezza di chi le esegue materialmente, che deve poter contare su un riferimento competente e carismatico;
          il colonnello Umberto Rapetto, ritenuto uno dei massimi esperti europei in tema di crimine informatico e di investigazioni digitali, è stato trasferito ad altro incarico, pur in pendenza di attività che avrebbero dovuto preservarne l'impiego e, anzi, assicurargli la serenità operativa per meglio perseguire gli obiettivi affidatigli dall'autorità giudiziaria;
          è inaccettabile secondo l'interrogante che cieche regole di rotazione del personale nell'ambito dell'amministrazione pubblica possano prevalere sull'interesse della collettività ad ottenere, nel più breve tempo, certezza e verità;
          l'ufficiale è stato avvisato dell'inatteso e già disposto trasferimento con una comunicazione telefonica mentre si trovava a Grosseto, nel corso delle operazioni peritali del procedimento sul naufragio della Costa Concordia, senza, dunque, alcun preavviso e – nonostante gli affatto non trascurabili trentasette anni di servizio – senza essere stato in alcun modo consultato, come accade di prassi anche con ufficiali meno anziani, per ottenere un ricollocamento, se non consensuale, almeno ragionevolmente equilibrato rispetto alle esigenze dell'amministrazione e quelle dell'interessato;
          al suo posto sono stai assegnati ben sei ufficiali – quattro dei quali neofiti rispetto alle materie di cui dovranno occuparsi e nell'ambito delle quali dovranno impartire disposizioni e assumere decisioni;
          poco ragionevole avrebbe dovuto ritenersi il sopra descritto criterio compensativo in ragione quantitativa per sostituire una figura non comune per carattere e professionalità;
          la lungimiranza dei generali Mosca Moschini e Sgarlata, che nel 2000 accettarono di creare il reparto specialistico della Guardia di finanza voluto e progettato da Rapetto, che, in questi anni, ne è stato il brillante comandante, non ha più spazio e le decisioni di ristrutturazione del nucleo sono avvenute senza la benché minima consultazione degli ufficiali che negli anni vi hanno prestato servizio e che meglio di altri erano in grado di fornire indicazioni per un'evoluzione non solo burocratica dell'articolazione in argomento –:
          se il Governo trovi opportuno che la pubblica amministrazione perda un patrimonio importante come quello rappresentato dal colonnello Rapetto (cui, non va dimenticato, si deve il brillante esito delle indagini delegate dalla Corte dei conti, che recentemente hanno portato alla condanna dei vertici dei Monopoli di Stato e delle società concessionarie al pagamento di oltre 2 miliardi di euro di penali contrattuali per il mancato collegamento delle slot machine all'anagrafe tributaria con conseguente danno erariale) e del suo gruppo, mortificato nelle aspirazioni di carriera, e non approfitti di questa occasione per dimostrare concretamente la volontà di cambiamento dell'apparato pubblico, con l'utilizzo più proficuo dei dirigenti dello Stato, come Rapetto, e, in ogni caso, quale sia l'utilizzazione che l'amministrazione intende fare del colonnello Rapetto e del suo gruppo altamente specializzato, anche in vista della necessaria prossima istituzione di una struttura centrale che valga a contrastare il fenomeno delle minacce cibernetiche.
(3-02300)


      FRANCESCHINI, MARCHIGNOLI, BENAMATI, BRATTI, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, COLANINNO, GHIZZONI, LA FORGIA, LENZI, MARCHI, MIGLIOLI, SANTAGATA, VASSALLO, ZAMPA, MARAN, QUARTIANI e GIACHETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nelle prime ore della giornata del 20 maggio 2012 un evento sismico di magnitudo 5,9 ha interessato i territori dell'area Nord-Est, causando il decesso di sette persone, di cui cinque a causa dei crolli;
          l'evento, che è stato seguito da numerose repliche di minore intensità, ha interessato comuni nelle province di Modena e Ferrara e, in misura minore, di Bologna, Mantova e Reggio Emilia;
          a causa del sisma si è dovuto procedere in un primo momento all'evacuazione di diversi nuclei familiari, per un totale di 5.262, divenuti ora già oltre 7.000, soprattutto nei trentanove comuni maggiormente colpiti;
          il Consiglio dei ministri del 22 maggio 2012 ha deliberato lo stato di emergenza per i territori colpiti dal sisma del 20 maggio 2012, fissandone la durata a 60 giorni e attribuendo la competenza a coordinare gli interventi al Capo del Dipartimento della protezione civile, mentre nella fase successiva allo stato di emergenza il coordinamento spetterà alle regioni Emilia-Romagna e Lombardia, ciascuna per i territori di propria competenza;
          il fabbisogno finanziario per far fronte allo stato di emergenza verrà coperto utilizzando le risorse del fondo nazionale per la protezione civile, che serviranno a coprire tutte le spese per i soccorsi, l'assistenza e la messa in sicurezza provvisoria dei siti pericolanti;
          è, tuttavia, necessario stabilire quanto prima un percorso condiviso tra il Governo, la regione Emilia-Romagna e le amministrazioni locali coinvolte che porti dalla situazione dell'emergenza alla fase della ricostruzione: a tal fine, è necessario individuare strumenti finalizzati a garantire la possibilità di deroga al patto di stabilità, il rinvio del pagamento dell'imu, interventi immediati sul patrimonio culturale pubblico, il sostegno alle imprese che hanno avuto gravi problemi strutturali per il crollo dei capannoni; in particolare, è urgente, vista l'imminente scadenza del 16 giugno 2012, sospendere il pagamento dell'imu e di altri tributi nei confronti dei proprietari delle case colpite e delle attività produttive, compresa l'agricoltura, che hanno visto danneggiati, e in alcuni casi distrutti, i manufatti relativi;
          il Presidente del Consiglio dei ministri, nella sua qualità di Ministro dell'economia e delle finanze, ha annunciato il suo proposito di rinviare il pagamento dell'imu per le abitazioni e gli stabilimenti industriali che saranno dichiarati inagibili. Entrambe le misure saranno operative nel momento in cui le regioni, con l'ausilio delle autorità locali, avranno terminato il censimento delle effettive necessità, al fine di stabilire la necessaria copertura finanziaria –:
          se il Governo intenda procedere in tempi rapidi all'adozione di un provvedimento che assicuri ai proprietari di immobili abitativi e di fabbricati industriali, agricoli e commerciali, resi inagibili dall'evento sismico del 20 maggio 2012, la sospensione del pagamento dell'imu e degli altri tributi – eventualmente con il rinvio per tutti i fabbricati dei comuni colpiti fino a quando non sarà completato il censimento puntuale – nonché degli adempimenti fiscali di carattere amministrativo. (3-02301)


      POLI, RUGGERI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, RAO, VOLONTÈ, TASSONE, OCCHIUTO, ANNA TERESA FORMISANO, LIBÈ, PEZZOTTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 26 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, ha confermato anche per il 2012 l'applicabilità dell'imposta sostitutiva del 10 per cento sulle somme correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale;
          tuttavia, il Governo non ha ancora emanato il relativo decreto attuativo concernente la detassazione dei premi produttività 2012, causando enormi difficoltà operative da parte delle stesse aziende, che, in qualità di sostituti d'imposta, pur in presenza di appositi accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, potrebbero optare (e qualche azienda ha già provveduto in tale direzione) per la sospensione dell'agevolazione fiscale in favore degli aventi diritto;
          questo strumento di incentivazione ha sostenuto in gran parte l'occupazione degli anni scorsi ed è stato molto applicato nella gestione dei rapporti di lavoro. Dal luglio 2008 a tutto il 2010 gli incrementi di produttività potevano essere creati e gestiti direttamente dal datore di lavoro, anche senza la formalizzazione di accordi collettivi nazionali, in modo snello, con un semplice accordo siglato con il dipendente;
          la legge di stabilità 2012 (legge 12 novembre 2011, n.  183, all'articolo 33, commi 12-14) ha previsto che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'ambito delle risorse stanziate, dovranno ancora essere definiti per l'anno 2012:
              a) l'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva (che per il 2011 è stato pari a 6.000 euro);
              b) il limite massimo di reddito dell'anno precedente oltre il quale il titolare non può usufruire dell'agevolazione (che sempre riferito al 2011 è stato pari a 40.000 euro);
          ad oggi non risulta ancora emanato il decreto richiesto dalla norma;
          la determinazione dell'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva e del limite massimo di reddito annuo (oltre il quale il lavoratore non potrà usufruire dell'agevolazione) devono essere stabiliti con apposito decreto, anche se è stato fissato il plafond per l'agevolazione in 835 milioni nel 2012 e 263 milioni nel 2013. Con queste somme a disposizione, nel 2012, dovrebbe realizzarsi una sensibile riduzione dei destinatari: il reddito utile dovrebbe scendere da 40 mila euro a 30 mila euro. Mentre le somme agevolabili dovrebbero scendere da 6 mila euro a 2.500 euro;
          il Ministero dell'economia e delle finanze ha affermato che la detassazione non richiede l'emanazione di alcun decreto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e, quindi, sarebbe possibile operare la riduzione anche per il 2012. In data 19 aprile 2012, lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, con apposita nota, ha precisato che la detassazione «non è immediatamente applicabile; è indispensabile, infatti, che la Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con questo Ministero, emani preliminarmente un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per stabilire l'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva e il limite massimo di reddito annuo oltre il quale il titolare non può usufruire dell'agevolazione (articolo 33, comma 12, della legge n.  183 del 2011 – legge di stabilità 2012)». Dunque, senza decreto niente detassazione, niente incentivo per le assunzioni, niente aiuti per imprese e lavoratori, che potrebbero avere maggiori risorse a disposizione da spendere, alimentando così i consumi;
          i danni provocati alle aziende sono molteplici ed è incomprensibile questo ritardo nell'emanazione del decreto. Per le aziende al danno si aggiunge la beffa dei budget annuali predisposti contando su tale riduzione fiscale; budget ora tutti da rivedere perché privi di certezze sul costo del lavoro. Per i lavoratori lo svantaggio è ampio; le somme potenzialmente detassabili (ad esempio, sulle ore straordinarie) sono state tassate da gennaio 2012 ad oggi con le ordinarie aliquote, anziché con quella ridotta al 10 per cento, facendo così ridurre il netto in busta paga –:
          quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto attuativo sulla detassazione dei redditi derivanti da premi di produttività disposta dall'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n.  183, e quali siano i tempi previsti.
(3-02302)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      FUGATTI, CALLEGARI, FOGLIATO, NEGRO, RAINIERI, FORCOLIN, COMAROLI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo n.  26 del 2007, recante attuazione della Direttiva 2003/96/CE in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l'esenzione dall'accisa per gli oli vegetali non modificati chimicamente impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e nella florovivaistica;
          la suddetta agevolazione, subordinata alla preventiva autorizzazione della Commissione europea come previsto dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, veniva comunicata a Bruxelles con il provvedimento di notifica n.  529/2008 ai fini della verifica della compatibilità dell'aiuto richiesto con il mercato comune;
          dopo significativi ritardi nell'approvazione dell'aiuto da parte dell'esecutivo comunitario, anche a seguito di chiarimenti richiesti dal sottoscritto ai Ministri competenti con l'interrogazione n.  4-06189 del febbraio 2010, la Commissione europea nel 2011, dopo 4 anni dall'emanazione del decreto legislativo n. 26 del 2007 comunicava, con decisione C (2011) 6466 del 12 settembre 2011, la compatibilità dell'aiuto n.  529 del 2008 con il mercato comune, autorizzando l'esenzione dell'accisa per gli oli vegetali chimicamente non modificati per l'utilizzo nei motori agricoli;
          ad oggi, maggio 2012, non è stata data alcuna evidenza pubblica alla decisione della Commissione europea e l'Agenzia delle dogane non ha ancora provveduto ad emanare alcuna disposizione applicativa affinché l'utilizzo di olio vegetale, in regime di esenzione di accisa, sia effettivamente autorizzato attraverso il meccanismo della assegnazione di carburante agevolato  –:
          di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri in relazione ai fatti riportati in premessa e quali iniziative urgenti intendano intraprendere affinché l'Agenzia delle dogane disponga, con apposita circolare, l'esenzione fiscale per gli oli vegetali per impieghi agricoli. (5-06951)


      LO MONTE, ZELLER e BRUGGER. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          ai sensi dell'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.  460, sono considerati ONLUS nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità, gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n.  266, iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n.  49, e le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n, 381, nonché i consorzi, di cui all'articolo 8 della predetta legge n.  381 del 1991, che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali e i cui statuti o atti costitutivi prevedono espressamente lo svolgimento di attività in uno dei settori elencati al comma 1 dello stesso articolo;
          l'articolo 30, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n, 2, stabilisce che la disposizione di cui all'articolo 10 sopra richiamato, si applica alle associazioni e alle altre organizzazioni di volontariato «che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali individuate con decreto del Ministro delle finanze 25 maggio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  134 del 10 giugno 1995»;
          ai sensi del suddetto decreto ministeriale 25 maggio 1995, sono da considerarsi attività commerciali e produttive marginali, i cui proventi non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per fini prettamente istituzionali, le seguenti attività:
              a) vendita occasionale o iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato;
              b) vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall'organizzazione senza alcun intermediario;
              c) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall'organizzazione senza alcun intermediario;
              d) somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;
              e) prestazioni di servizi resi in conformità alle finalità istituzionali, non riconducibili nell'ambito applicativo dell'articolo 111, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del 50 per cento i costi di diretta imputazione;
          gli articoli 1 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n, 633, istitutivo dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), stabiliscono che l'imposta in questione si applica nell'esercizio di professioni abituali, ancorché non esclusive, qualificabili come vera e propria attività commerciale abituale e, pertanto, sottoposte all'obbligo di apertura di partita IVA;
          l'articolo 8, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n.  266, ha escluso dall'ambito applicativo dell'IVA le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato individuate dall'articolo 3 della legge medesima, disponendo che tali operazioni, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non rilevano ai fini dell'imposta in questione;
          la tipologia di attività potenzialmente esercitabili dalle organizzazioni di volontariato, potendo esse identificarsi nelle cosiddette «attività commerciali e produttive marginali», quali ad esempio iniziative di solidarietà o campagne di sensibilizzazione verso i fini istituzionali dell'organizzazione stessa, si svolgono in deroga al concetto di commercialità abituale, non presentando elementi tipici rilevanti ai fini della commercialità e non introducendo strumenti di concorrenzialità sul mercato;
          ai sensi dell'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n, 460, limitatamente alle operazioni riconducibili alle attività istituzionali, le ONLUS non sono soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale, pertanto la stessa apertura di partita IVA da parte delle stesse andrebbe a svilire la ratio intrinseca di organizzazioni non esercenti attività commerciali  –:
          se eventi occasionali di informazione e sensibilizzazione a fini istituzionali, come ad esempio una «Giornata della Salute», allestiti da ONLUS e da enti privati richiedenti e finanziatori, possano essere considerati attività «marginali» ai sensi del decreto ministeriale del 1995, così da poter escludere la perdita di qualifica dell'organizzazione di volontariato coinvolta e, allo stesso tempo, trattandosi di attività non commerciali e non abituali, la necessità di apertura di partita IVA da parte della stessa. (5-06952)


      FLUVI, RUBINATO e FOGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          latteria di Soligo, Latterie Vicentine e La Centrale del Latte sono tra le maggiori aziende del comparto lattiero-caseario veneto: la latteria di Soligo di Treviso, azienda fondata nel 1883 con lusinghieri successi nell'ambito della ricerca e della qualità, con oltre 250 soci distribuiti nelle province del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e 200 persone tra dipendenti e distributori, lavora quotidianamente, nei 4 stabilimenti specializzati nella lavorazione di diversi prodotti, circa 2.000 quintali di latte per un fatturato complessivo di oltre 60 milioni di euro; la società cooperativa Latterie Vicentine, che raggruppa 400 aziende agricole socie e 120 dipendenti e produce il 40 per cento del formaggio Asiago fresco, raccoglie in media 3.000 quintali di latte al giorno, quasi interamente provenienti dal territorio vicentino, sviluppando un fatturato di circa 80 milioni di euro; la Centrale del Latte di Vicenza, nata nel 1929 per volontà del comune di Vicenza e poi acquisita nel 2002 dalla Centrale del Latte di Torino & C., lavora nello stabilimento produttivo di Vicenza Est circa 23 milioni di litri di latte al giorno per un fatturato complessivo di 28 milioni di euro, occupando 69 dipendenti;
          le aziende del settore caseario acquistano il latte crudo in stalla con un'aliquota IVA al 10 per cento mentre rivendono i prodotti lattiero-caseari con un'aliquota IVA al 4 per cento, vantando così da sempre un credito fiscale nei confronti dello Stato, che può essere compensato nel limite di 516.000 euro l'anno; a tal fine le aziende presentano trimestralmente apposita richiesta di rimborso all'Agenzia delle entrate che, fino a qualche tempo fa, veniva saldata in un periodo di circa sei mesi dall'inoltro della stessa;
          attualmente la richiesta di rimborso effettuata per il terzo trimestre 2010 è stata saldata per la latteria di Soligo e le Latterie Vicentine nello scorso mese di aprile (superando i 16 mesi di attesa); ad oggi risulta che non sia ancora stato saldato il 4o trimestre 2010 sia per la latteria di Soligo che per le Latterie Vicentine mentre la Centrale del latte di Vicenza è in attesa del pagamento del 3o trimestre 2010;
          per effetto di tale ritardo, il credito IVA accumulato da tali aziende ammonta ad oltre 13 milioni di euro, di cui oltre 7 milioni di euro spettanti alle Latterie Vicentine, oltre 5 milioni di euro alla Latteria di Soligo ed oltre 900 mila euro alla Centrale del Latte di Vicenza;
          a causa del grave ritardo le aziende hanno rappresentato le loro proteste all'Agenzia delle entrate, sollecitando anche l'intervento del prefetto, per cui nel giro di qualche mese l'Agenzia delle entrate ha certificato i rimborsi ed emesso i relativi mandati di pagamento;
          appare singolare tuttavia che, ciò nonostante, l'agente di riscossione Equitalia, sulla base di asseriti problemi di liquidità, non abbia ancora provveduto alla relativa erogazione, mentre in altre province, quali ad esempio Mantova e Belluno, si è già provveduto alla liquidazione degli analoghi rimborsi IVA;
          il gravissimo ritardo sta seriamente compromettendo la situazione economico-finanziaria delle aziende lattiero-casearie del territorio, mettendo a rischio il pagamento degli stipendi dei dipendenti e dell'acconto del prezzo alle aziende agricole associate  –:
          quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro al fine di assicurare che l'agente di riscossione provveda senza ulteriore ritardo ad effettuare il pagamento dei dovuti rimborsi Iva alle citate aziende lattiero-casearie di Vicenza e Treviso, anche assumendo per il futuro un'iniziativa normativa che stabilisca un termine certo entro il quale debba essere effettuato il pagamento a rimborso dei crediti fiscali, al fine di evitare che aziende sane possano subire difficoltà finanziarie ed entrare in crisi di liquidità ed assicurando maggiore certezza alla loro pianificazione finanziaria. (5-06953)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


      BURTONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante ha già presentato una interrogazione in data 16 aprile 2012, la n.  5-06607, con riferimento al rischio di chiusura della sede staccata di Pisticci del tribunale di Matera;
          in quell'atto, l'interrogante ha evidenziato il rischio di uno spreco di danaro pubblico in quanto l'amministrazione locale ha investito risorse economiche per la riqualificazione di un immobile destinato alla sede giudiziaria;
          il sindaco qualche giorno fa ha annunciato che i lavori sono finiti e sono immediatamente disponibili i locali del fabbricato di via Cantisano dandone comunicazione anche al presidente del tribunale di Matera;
          non si può ignorare lo sforzo prodotto per il mantenimento della sede giudiziaria;
          la mancata attivazione della sede distaccata si porrebbe in contrasto con la lotta agli sprechi che il Governo intende porre in essere tant’è che ha chiesto anche l'aiuto dei cittadini e nominato un apposito commissario straordinario per la cosiddetta spending review;
          i cittadini di Pisticci ritengono uno spreco di risorse aver ristrutturato un immobile con soldi pubblici per poi veder decretare la chiusura della sede staccata del Tribunale;
          non è questione di campanile ma con gli uffici di Pisticci si potrebbe ottimizzare il lavoro complessivo del tribunale di Matera;
          l'Italia non può affrontare le razionalizzazioni solo in base agli indicatori demografici perché altrimenti interi territori verrebbero ingiustamente sacrificati in maniera anticostituzionale  –:
          se e quali iniziative il Ministro intenda intraprendere, anche alla luce di questa nuova situazione legata alla disponibilità dei locali ristrutturati di Via Cantisano a Pisticci, per consentire il mantenimento della sede distaccata del tribunale di Matera. (3-02292)

Interrogazione a risposta scritta:


      DE GIROLAMO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.  27, stabilisce che la durata del tirocinio per l'accesso alle professioni regolamentate non può essere superiore a diciotto mesi;
          tale disposizione ben si inquadra nel panorama complessivo di progressiva liberalizzazione delle professioni che in questi ultimi mesi sta gradualmente prendendo corpo;
          a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge sopracitato, appare però crearsi una disparità poco comprensibile, le nuove norme infatti sono destinate ad entrare in vigore solo con riferimento a quei tirocini è iniziati successivamente al 24 gennaio 2012, data di entrata in vigore del decreto;
          al riguardo particolarmente esaustiva appare una specifica nota del Ministero della giustizia che esclude qualsiasi ipotesi di interpretare la norma in senso retroattivo;
          con l'entrata in vigore, quindi, del decreto-legge in oggetto, si crea, in mancanza di una specifica norma transitoria, un'evidente disparità di trattamento tra i soggetti iscritti che vogliono completare il ciclo di tirocinio;
          di fatto, coloro che hanno iniziato il tirocinio a decorrere dal 24 gennaio 2012 sono soggetti alla nuova normativa che prevede che la durata massima del tirocinio non possa superare i 18 mesi, mentre, per tutti gli altri soggetti, continuano ad applicarsi le vecchie norme che prevedono una durata del tirocinio pari a 24 mesi;
          appare, quindi, necessario per ragioni di equità e di coerenza inserire una norma transitoria per disciplinare i tirocini delle professioni regolamentate prevedendo di applicare anche a tutti la nuova normativa  –:
          se non intenda intervenire, con l'adozione di uno specifico atto normativo di natura transitoria, volto a disciplinare la materia dei tirocini delle professioni regolamentate prevedendo in particolare che la nuova normativa, che come detto stabilisce la durata dei tirocini a 18 mesi, si applichi anche ai tirocini in corso prima della data del 24 gennaio 2012. (4-16316)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


      DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il fenomeno dei «matrimoni di comodo» contratti da stranieri extracomunitari con un cittadino italiano, al solo fine di «regolarizzare» la posizione di clandestinità o di agevolare l'acquisto della cittadinanza italiana, ha avuto una significativa diffusione nel nostro Paese, come risulta anche da ricorrenti notizie di cronaca;
          il Governo Berlusconi aveva adottato, su iniziativa del Ministro pro tempore Maroni, una serie di misure, in particolare contenute nella legge n.  94 del 2009, dirette a contrastare questa pratica, elusiva delle norme vigenti in materia di soggiorno degli stranieri;
          prima della modifica legislativa, intervenuta con la citata legge n.  94 del 2009, ai sensi della previgente formulazione dell'articolo 116 del codice civile, lo straniero, intenzionato a contrarre matrimonio in Italia, doveva presentare all'ufficiale dello stato civile solo un nulla osta rilasciato dall'autorità competente del proprio Paese;
          oltre al predetto requisito formale, sul piano sostanziale il nubendo doveva rispettare le condizioni previste dalla normativa italiana riguardanti la capacità di contrarre matrimonio (tra l'altro, libertà di stato ed età minima) e l'assenza di situazioni personali ostative (ad esempio, impedimenti per parentela ed affinità);
          con la citata legge n.  94 del 2009 era stato modificato l'articolo 116, primo comma, del codice civile, sicché la nuova norma stabiliva che «lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile», oltre al nulla osta, di cui sopra, «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»;
          la legge n.  94 del 2009, al fine di ridurre il fenomeno dei cosiddetti matrimoni di comodo, aveva, altresì, modificato l'articolo 5 della legge n.  91 del 1992, in materia di acquisto della cittadinanza italiana, prevedendo un ampliamento del periodo di convivenza post matrimonio, necessario per l'acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero;
          in particolare, al comma 1 dell'articolo 5 della citata legge si prevede che «il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all'estero, qualora», al momento dell'adozione del decreto di acquisto della cittadinanza, «non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi»; al successivo comma 2 si stabilisce che i termini sono, peraltro, «ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi»;
          per effetto di queste importanti innovazioni legislative si era posto un freno ai matrimoni contratti per finalità estranee a questo istituto e dirette ad aggirare la normativa in materia di immigrazione, dotando, in particolare, i sindaci di uno strumento efficace per non procedere alle pubblicazioni di matrimonio, allorché il nubendo straniero era privo di un titolo di soggiorno;
          la Corte costituzionale, con la sentenza n.  245 del 25 luglio 2011, ha, tuttavia, dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall'articolo 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n.  94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»;
          le ragioni di tale declaratoria di incostituzionalità risiedono nel contrasto della disposizione in esame con il godimento di diritti fondamentali, tra i quali, afferma la Corte costituzionale, «certamente rientra quello di contrarre matrimonio, discendente dagli articoli 2 e 29 della Costituzione, ed espressamente enunciato nell'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e nell'articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali»;
          l'effetto pratico di questa pronuncia è stato quello di privare i sindaci di un'effettiva possibilità di ostacolare la celebrazione di matrimoni di comodo, quando sia nota la condizione di clandestinità del nubendo e sia evidente la finalità strumentale del matrimonio rispetto all'obbiettivo della regolarizzazione;
          il sindaco che volesse ostacolare la conclusione di un matrimonio simulato si dovrebbe, perciò, impegnare in accertamenti che non gli competono, dai quali risultava esonerato dalla precedente disposizione che legava la possibilità di contrarre matrimonio ad un requisito oggettivo e documentale, quale l'attestazione della regolarità del soggiorno –:
    quali iniziative normative si intendano assumere per pervenire, rispetto alla situazione illustrata in premessa e tenendo conto di quanto enunciato dalla Corte costituzionale, ad un bilanciamento degli interessi che contemperi il rispetto dei diritti fondamentali con il contrasto alla celebrazione dei matrimoni di comodo.
(3-02297)


      PROIETTI COSIMI e TOTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con la riforma del codice della strada, introdotta con la legge 29 luglio 2010, n.  120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), è stata modificata la normativa in materia di dispositivi per il rilevamento a distanza delle violazioni;
          il comma 2 dell'articolo 25, infatti, nel rinviare all'emanazione di un apposito decreto interministeriale la definizione delle modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all'articolo 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285, ha stabilito che «fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità»;
          successivamente il Ministero dell'interno – dipartimento pubblica sicurezza, con la circolare del 29 dicembre 2010, ha fornito ulteriori precisazioni sulle nuove norme, stabilendo espressamente che «nel caso in cui, lungo il tratto oggetto del controllo, siano presenti intersezioni stradali che, ai sensi dell'articolo 104 del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, impongono la ripetizione del segnale stradale stesso, la predetta distanza deve essere calcolata dal segnale con il quale viene ripetuto il limite di velocità dopo l'intersezione»;
          il 13 marzo 2012 il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo presentava un'interrogazione a risposta in Commissione (la n.  5-06380) in merito al mancato annullamento, da parte del prefetto di Roma, dei decreti che autorizzano, nel comune di Arsoli (Roma), l'installazione e l'uso di autovelox, in difformità dalla legge n.  120 del 2010;
          la risposta data dal Sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo De Stefano, che interveniva nella seduta della IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati del 17 aprile 2012, in sostituzione del Ministro dell'interno, come già il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha avuto modo di ribadire, replicando in quella sede, non è stata pienamente soddisfacente;
          ad avviso degli interroganti, infatti, essa, innanzitutto, fornisce elementi poco chiari e certi, come si evince, in particolare, dal tenore letterale delle espressioni utilizzate («sembrerebbe che il rilevamento delle violazioni (...); questa circostanza porterebbe a non ritenere applicabile; sembra di poter escludere»), che mettono in evidenza una serie di dubbi riguardo all'intera vicenda denunciata sicuramente non giustificabili;
          al fine, poi, di legittimare la sostanziale disapplicazione, nel caso di specie, delle disposizioni in materia, si finisce col dare una ricostruzione «normativa», che, per certi aspetti, non corrisponde all'effettiva ratio delle norme in materia;
          occorre precisare, infatti, che il citato articolo 25, nel fissare l'obbligo di rispettare la distanza minima di un chilometro, esplicitamente non fa alcuna distinzione in merito alle modalità mediante le quali le violazioni stesse sono rilevate, né si può sostenere che la disposizione di cui all'articolo 4 del decreto legge 20 giugno 2002, n.  121, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2002, n.  168, sostituisca le norme generali del codice della strada in materia di accertamenti degli illeciti, in quanto esso piuttosto le integra, prevedendo una procedura speciale per le attività di controllo e di accertamento delle violazioni realizzato anche senza il diretto intervento di un operatore di polizia stradale ed introducendo un'espressa eccezione al principio della contestazione immediata in casi particolari;
          d'altra parte, nell'ambito della più generale attività di prevenzione e contrasto dell'eccesso di velocità sulle strade, un principio cardine, pacificamente accettato dalla giurisprudenza dominante, è quello della necessaria e adeguata conoscibilità come presupposto e precondizione della legittimità delle eventuali sanzioni comminate: non si può, infatti, muovere al conducente di un autoveicolo il rimprovero per aver violato una regola di prudenza alla guida, se quest'ultimo non è stato messo nelle condizioni di conoscere preventivamente ed adeguatamente il precetto, attraverso controlli automatici della velocità che siano segnalati e ben visibili;
          alla luce di tali considerazioni, sono necessari, quindi, accertamenti volti a chiarire i punti dubbi e ad accertare così l'effettiva legittimità del posizionamento del citato dispositivo, anche al fine di individuare le concrete responsabilità e soluzioni –:
          se non ritenga opportuno, al fine di garantire la legalità e la trasparenza dell'azione amministrativa, fornire ulteriori elementi sulla questione esposta in premessa o quanto meno attivarsi, al più presto, al fine di fare maggiore chiarezza al riguardo ed, in ogni caso, quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare, anche alla luce della considerazioni di cui sopra, un'interpretazione rispondente all'assetto normativo vigente, teologicamente orientato all'effettiva sicurezza della circolazione ed alla tutela delle vite umane, e per evitare, nel rispetto del principio della «certezza del diritto», un'applicazione non omogenea e «arbitraria» delle norme. (3-02298)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CODURELLI e BRAGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la signora Giovanna Arrigoni, sindaco di Magreglio (Como), eletta con lista civica, risulta indagata dalla procura della Repubblica di Como poiché in qualità di pubblico ufficiale quale dipendente del comune di Barni (Como) con responsabilità del servizio finanziario è accusata di aver sottratto indebitamente dalle casse comunali oltre 300 mila euro, nel corso di circa 13 anni, di cui aveva la disponibilità per ragione del suo ufficio;
          un grave ammanco che ha costretto il sindaco del comune di Barni a dichiarare il dissesto finanziario dell'ente; l'inchiesta della procura è stata aperta in base ad un esposto presentato dallo stesso comune di Barni e per la signora Arrigoni è stata chiesto il rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero della procura della Repubblica di Como, dottor Giuseppe De Rose;
          secondo le indagini l'ammanco di fondi avrebbe dovuto essere destinato al pagamento di fatture e prestazioni ma che in realtà sono spariti nel nulla;
          secondo l'accusa la Arrigoni emetteva mandati di pagamento a favore di se stessa. Ci sarebbero 57 mila euro incassati arbitrariamente a titolo di stipendi e/o accessori nelle vesti di economo comunale e 20 mila come dipendente comunale, 110 mila euro sarebbero stati dirottati nelle casse della pro loco di Barni, ente del quale era stata presidente. Inoltre risulterebbe persino una delibera del comune di Barni, la n.  52 del 23 dicembre del 2009 che la Arrigoni si sarebbe letteralmente inventata al fine di ottenere un'anticipazione di cassa dalla tesoreria;
          la signora Arrigoni, inizialmente sospesa dal servizio, si è poi dimessa dal suo posto di lavoro alle dipendenze del comune di Barni e non dall'incarico di primo cittadino del comune di Magreglio (Como) dove tra l'altro ricopre le seguenti deleghe: rappresentanza, affari generali, personale, bilancio, patrimonio e demanio, urbanistica, edilizia privata, lavori pubblici, vigilanza e sicurezza;
          appare grave all'interrogante che il sindaco citato in premessa, ancorché indagato per reati gravi, continui ad esercitare la sua funzione  –:
          se il Governo non intenda assumere iniziative normative affinché anche la semplice sottoposizione a indagini del sindaco per reati contro la pubblica amministrazione attinenti a fatti estranei alla gestione del comune del quale il sindaco è amministratore possano comportare la rimozione dell'amministratore locale.
(5-06950)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GINEFRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni 6 e 7 maggio, 20 e 21 maggio 2012 si sono svolte le elezioni amministrative in molti comuni italiani, tra i quali quello di Fasano, in provincia di Brindisi;
          l'esito delle elezioni nel comune di Fasano, che ha visto prevalere il candidato, Di Bari, sindaco uscente, come evidenziato da diversi organi di stampa e da televisioni locali, è stato caratterizzato da una serie di episodi che hanno fortemente condizionato la campagna elettorale e la regolarità delle elezioni medesime;
          il segretariato sociale del comune di Fasano, ha erogato, nei giorni 4, 5 e 6 aprile 2012, in prossimità della campagna elettorale, buoni-sociali per conto dell'amministrazione comunale;
          nei giorni successivi, nel pieno della campagna elettorale sono stati distribuiti dal candidato sindaco Lello Di Bari, a titolo personale, altri buoni spesa da utilizzare presso taluni supermercati nel territorio comunale firmandoli come «Il sindaco, dottor Pasquale Di Bari»;
          interpellato sull'argomento, lo stesso Di Bari ha diffuso un comunicato stampa confermando la circostanza e giustificandola con le seguenti affermazioni piuttosto discutibili: «c'erano altre famiglie in reali difficoltà finanziarie che non avevano avuto l'opportunità di presentare la domanda... pertanto ho provveduto ad acquistare personalmente buoni spesa... erogati da me come sindaco della città per non toccare la suscettibilità dei cittadini a cui sono stati dati...»;
          nelle liste elettorali del candidato sindaco Di Bari è stato eletto un consigliere che risulterebbe condannato per furto aggravato nel novembre del 2005 e fermato dalle forze dell'ordine per detenzione di droga e per rissa in diverse occasioni nel 2011. Il candidato consigliere risulta essere legato da rapporti di parentela con i proprietari di un'impresa, di cui sarebbe anche dipendente, titolare di un oneroso appalto del comune di Fasano per la raccolta di rifiuti ingombranti;
          da elementi acquisti, risulta poi che alcune aziende appaltatrici di servizi per conto del comune di Fasano hanno effettuato a ridosso e durante la campagna elettorale numerose assunzioni di cittadini di Fasano, non giustificate da particolari esigenze produttive, ma da molti ritenute funzionali al voto di scambio e in alcuni casi addirittura alla richiesta di candidatura nelle liste;
          più volte nel corso della XVI Legislatura, numerosi atti di sindacato ispettivo e in Commissione Antimafia, sono stati segnalati diversi casi inquietanti, in particolare nel mezzogiorno, relativi al fenomeno del voto di scambio oltre che al legame tra politica e criminalità;
          il ballottaggio del 20 e 21 maggio nel comune di Fasano (Brindisi), sulla base dei fatti riportati in premessa, apparirebbe profondamente condizionato non solo dall'utilizzo improprio, a ridosso della campagna elettorale, di uffici comunali come il segretariato sociale ma in particolare da un comportamento personale del candidato sindaco Lello Di Bari che avrebbe distribuito buoni spesa personali con in calce la seguente dicitura: «Il sindaco, dottor Pasquale Di Bari»;
          secondo l'interrogante i comportamenti assunti dal candidato sindaco Lello Di Bari, durante la campagna elettorale, andrebbero verificati al fine di valutare la compatibilità con la normativa vigente in materia di elezioni anche al fine di poter rilevare l'eventuale sussistenza degli estremi di «voto di scambio»;
          qualora fossero confermate le notizie su richiamate, in merito all'elezione a consigliere del comune di Fasano di soggetto pregiudicato, per di più, in rapporti di parentela con i proprietari di imprese titolari di appalti con l'amministrazione medesima, la stessa risulterebbe del tutto inopportuna e meritevole di apposite iniziative urgenti, anche al fine di evitare che tali episodi possano ripetersi in futuro;
          appare doveroso attivarsi al più presto per fare chiarezza su tali episodi verificando la regolarità del voto  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, se siano state avviate indagini in merito a quanto riportato in premessa e se e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche al fine di evitare che fatti come quelli riferiti con il presente atto non abbiano più a verificarsi. (4-16317)


      IANNACCONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni articoli di stampa unitamente ad alcune foto pubblicate si è venuti a conoscenza che la senatrice Anna Finocchiaro, avrebbe utilizzato la propria scorta personale per scopi non inerenti la funzione istituzionale prevista;
          infatti sembrerebbe che la stessa senatrice Finocchiaro, in occasione di alcuni acquisti presso un noto ipermercato, abbia usufruito del lavoro manuale degli uomini della scorta;
          la scorta viene assegnata per motivi di sicurezza personale, di tutela della persona e non per essere utilizzata come personale di servizio;
          se tutto ciò corrispondesse al vero sarebbe una cosa grave in quanto uomini della pubblica sicurezza sottratti ai compiti di presidio sul territorio e di tutela della sicurezza dei cittadini vengono destinati a ruoli non consoni alla loro professionalità  –:
          se non intende procedere, con immediatezza, ad una verifica dei fatti e, nel caso venissero accertati, provvedere alla immediata rimozione della scorta alla senatrice Anna Finocchiaro;
          se non intenda porre in essere, attraverso un atto interno, tutte le iniziative opportune al fine di evitare che casi del genere non si abbiano a ripetere nel futuro. (4-16321)


      BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa locale del 19 maggio 2012 si apprende che, a Crevalcore in provincia di Bologna, un negoziante, Tiziano Muzzioli di 47 anni, titolare di un market di prodotti per l'igiene, è stato aggredito e picchiato da un islamico ed è finito in ospedale con ferite al volto guaribili in 20 giorni;
          il negoziante avrebbe chiesto ad una signora straniera, che era entrata nel negozio con i figli al seguito, vestita di scuro e con il viso coperto dal burqa, di scoprire il volto per motivi di sicurezza, dato che nel locale è sempre in funzione un impianto di videosorveglianza;
          la donna si sarebbe rifiutata di scoprire il volto e, dopo aver discusso col negoziante, avrebbe telefonato ai suoi familiari;
          dopo poco, sono entrati nel negozio quattro uomini, che avrebbero aggredito il commerciante, procurandogli delle lesioni al volto;
          da tempo in Italia si discute sull'uso del burqa, il cui utilizzo è ormai vietato in luogo pubblico in molti Paesi europei, perché impedisce il riconoscimento delle persone e perché rappresenta, in molti casi, un simbolo di imposizione e segregazione, che lede la dignità delle donne;
          è innegabile che episodi come quello avvenuto a Crevalcore, oltre ad essere ingiustificabili per gli atti di violenza commessi, sono sintomo di mancata integrazione da parte di molti stranieri di religione islamica, che vivono in Italia, ma che non accettano le regole di convivenza e di libertà che caratterizzano la nostra civiltà  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di tale episodio e quali orientamenti intenda esprimere al riguardo;
          come intenda attivarsi, affinché si chiarisca che, per ragioni di sicurezza, è vietato nei luoghi pubblici indossare indumenti che rendono irriconoscibili le persone, anche se si tratta di burqa e niqab; in particolare, se non ritenga necessario, anche nel nostro Paese, assumere un'iniziativa normativa per prevedere il divieto di indossare in pubblico tali indumenti;
          se esista una statistica per sapere quante donne in Italia indossino abitualmente burqa e niqab. (4-16322)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          negli ultimi mesi sono apparse sugli organi di stampa alcune dichiarazioni del Ministro interpellato circa la necessità di rimodulare il sistema dei ticket sanitari in accordo con le regioni;
          secondo quanto riportato, il sistema dei ticket sanitari dovrebbe essere rimodulato tenendo conto dei redditi delle famiglie e sulla base di criteri, quali equità, trasparenza e omogeneità;
          inoltre, tale proposta sarebbe necessaria al fine di non abbassare il livello di qualità dell'assistenza sanitaria e non deprimere il Servizio sanitario nazionale, considerata la scarsità di risorse a disposizione;
          a seguito delle notizie diffuse sulla necessaria rimodulazione del sistema dei ticket sanitari sulla base del reddito, le associazioni familiari hanno sollevato le loro preoccupazioni in relazione agli ulteriori aggravi economici che i nuovi ticket potrebbero comportare soprattutto alle famiglie numerose;
          data la difficile situazione economica che le famiglie italiane stanno attraversando, rimodulare ulteriormente il sistema dei ticket, dopo gli aumenti già introdotti, potrebbe voler dire mettere a rischio il diritto alla salute, in quanto le famiglie potrebbero vedersi costrette a rinunciare a farmaci o prestazioni sanitarie poiché troppo onerose;
          seppur sia condivisibile la necessità di contenere la spesa pubblica, è però indispensabile individuare meccanismi che tengano conto sia dell'attuale momento di crisi, sia delta sostenibilità economica delle misure proposte da parte delle famiglie;
          a parere degli interpellanti, sarebbe più consono e si otterrebbero risultati più equi se i ticket sanitari fossero rimodulati in base ai carichi familiari  –:
          quali siano le intenzioni del Governo in merito alla rimodulazione del sistema dei ticket sanitari sulla base del reddito familiare, e quali siano le linee guida ipotizzate a tal fine;
          se non ritenga opportuno promuovere la rimodulazione del sistema dei ticket, prevedendo tetti di reddito graduati rispetto ai carichi familiari.
(2-01518) «Capitanio Santolini, Galletti, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Calgaro, Anna Teresa Formisano, Volontè, Delfino, Compagnon».

Interrogazione a risposta immediata:


      DI PIETRO, DI GIUSEPPE e PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nonostante la sua gestione fallimentare in merito al bilancio sanitario della regione Molise e all'altrettanto fallimentare attuazione del conseguente piano di rientro, il presidente della regione, Michele Iorio, continua a ricoprire l'incarico di commissario ad acta per la gestione del sistema sanitario locale;
          lo stesso tavolo tecnico del 3 aprile 2012, che doveva verificare gli adempimenti previsti nel piano di rientro dal disavanzo sanitario per la regione Molise, ha confermato le fortissime criticità nell'attuazione del piano di rientro regionale e nei conseguenti programmi operativi;
          i risultati a cui è giunto il suddetto tavolo tecnico sulla sanità molisana sono stati, peraltro, confermati il 18 aprile 2012 alla Camera dei deputati dal Ministro interrogato nel corso di una risposta a una precedente – l'ennesima – interrogazione a risposta immediata presentata dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo;
          nella risposta alla suddetta interrogazione, il Ministro interrogato aveva, tra l'altro, evidenziato che, in conseguenza dell'accertata gestione fallimentare del commissario ad acta Iorio, il Governo avrebbe preso le decisioni conseguenti, aggiungendo: «Cosa manca per poter prendere queste decisioni? Abbiamo un verbale della riunione del 3 aprile, ma attendo la relazione e la conseguente proposta della Ragioneria generale dello Stato – si tratta del tavolo tecnico per gli adempimenti – e in forza e a seguito di questa relazione proporrò, per la parte di mia competenza, perché sono coproponente in Consiglio dei ministri, le conseguenti decisioni»;
          a rendere ancora più inconciliabile il ruolo del presidente Iorio quale commissario ad acta è intervenuta la sentenza del tribunale amministrativo regionale del Molise che il 17 maggio 2012, che ha annullato il risultato delle elezioni regionali del 2011 nelle quali è stato eletto il presidente della regione Molise, in conseguenza di presunte illegittimità o irregolarità che si sarebbero verificate nella fase di ammissione di alcune liste e di alcuni candidati e nelle fasi successive dello scrutinio e della compilazione dei verbali;
          si ricorda, peraltro, che, alla luce delle attribuzioni assegnate ai commissari ad acta, il presidente Iorio ha in corso l'adozione del piano sanitario 2012-2014, ossia la pianificazione delle scelte strategiche di riassetto della sanità regionale per il prossimo triennio, proprio in virtù del suo ruolo istituzionale, anche se la sentenza del tribunale amministrativo regionale ha messo in discussione le stesse elezioni regionali e, conseguentemente, lo stesso incarico del presidente della regione;
          la recente sentenza del tribunale amministrativo regionale non fa altro che indebolire ulteriormente il ruolo istituzionale del presidente Iorio, già alle prese con procedimenti giudiziari. Va ricordata in tal senso la condanna del 22 febbraio 2012 in primo grado – con pena sospesa – dal tribunale di Campobasso ad un anno e sei mesi di reclusione per abuso d'ufficio e all'interdizione dai pubblici uffici per il medesimo periodo, nell'ambito dell'inchiesta «Bain and co.», società dove lavora Davide Iorio, figlio del presidente della regione Molise, cui sono state illegittimamente affidate due consulenze; nonché l'avviso di garanzia notificato sempre al presidente della regione dalla procura di Campobasso, in merito alla ricostruzione post terremoto del 2002, in quanto indagato per abuso d'ufficio e indebita percezione di soldi ai danni dello Stato, in merito ai fatti avvenuti tra il 2003 e il 2011. Complessivamente il presidente Iorio risulta indagato in oltre otto inchieste da parte della procura di Campobasso;
          inoltre, le imprese che vantano crediti dalla regione Molise rischiano fortemente di dover pagare le colpe e la cattiva gestione del presidente Iorio. L'atteso decreto ministeriale sulla compensazione dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione dovrebbe, infatti, prevedere che questa misura di compensazione tra debiti e crediti non si attui in quelle regioni che sono sottoposte a piani di rientro dai deficit sanitari o che siano state commissariate. Una discriminazione assurda che, se confermata, penalizzerebbe le imprese molisane e quelle che vantano crediti dalla regione –:
          se il Governo non intenda rimuovere il presidente della regione Molise dal suo incarico di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario, alla luce dei risultati del tavolo tecnico del 3 aprile 2012, e se – alla luce della recente sentenza del tribunale amministrativo regionale – il piano sanitario regionale 2012-2014 in corso di adozione possa essere adottato dal presidente della regione Molise nelle sue vesti di commissario ad acta, in difetto di legittimità istituzionale. (3-02295)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PEDOTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          come si evince dal sito web dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) vi è una carenza sul mercato italiano del medicinale Purinethol 50 milligrammi compresse contenente (mercaptopurina) e che tale carenza è dovuta alla sospensione, avvenuta nel dicembre del 2011, della società Laboratories Genopharm Sas, titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del suddetto medicinale, da parte dell'autorità regolatoria francese (AFFSAPS);
          al momento non è possibile prevedere la durata di tale carenza tanto che la stessa AIFA ha predisposto la possibilità di acquistare tale farmaco, previo rilascio del nulla osta all'importazione del medicinale alle strutture sanitarie che ne facciano richiesta ai sensi del decreto ministeriale 11 maggio 2001;
          il farmaco è indispensabile per evitare le ricadute delle leucemie linfatiche in ambito pediatrico e non ha sostituti;
          ogni anno almeno 1.500 bambini si ammalano di leucemia, migliaia di persone sono in cura con il Purinethol  –:
          quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere affinché l'importazione del farmaco Purinethol avvenga in tempi rapidi tali che tutti coloro che necessitano di tale farmaco possano continuare ad assumerlo con la necessaria regolarità.
(5-06948)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          negli ultimi sei mesi i 90 lavoratori dell'Ilva di Patrica (Frosinone), industria specializzata nella produzione di zincato alluminato, hanno sperato che si stesse avviando un cambio di produzione, unica alternativa valida alla chiusura dello stabilimento del frusinate, già annunciata dalla proprietà;
          la prevista chiusura non sarebbe dovuta alla crisi del settore, dal momento che il prodotto zincato alluminato confezionato a Patrica è un'eccellenza a livello europeo, ma perché la proprietà avrebbe deciso di spostare la produzione in un nuovo sito del nord, così come è già avvenuto per altre realtà industriali del frusinate;    
          nel giorni scorsi i settanta lavoratori impiegati direttamente nel sito dell'Ilva e i ventiquattro dell'indotto che lavora per l'azienda di Patrica hanno iniziato lo sciopero ad oltranza con l'obiettivo di far valere i loro diritti e quelli delle loro famiglie;
          il fatto che l'età media degli occupati nello stabilimento si aggiri intorno ai 30-35 anni rende ancora più grave la crisi dell'Ilva, dopo che nel 2004 la proprietà ha deciso di avviare un piano di «ringiovanimento» del personale;
          purtroppo la crisi del settore industriale che sta colpendo la provincia di Frosinone continua a fare registrare gravi emorragie occupazionali  –:
          quali iniziative si intendano adottare per scongiurare la chiusura dello stabilimento dell'Ilva di Patrica la cui produzione è un'eccellenza a livello europeo e la cui interruzione comporterebbe gravi danni economici e sociali per l'Intero territorio;
          quali iniziative si intendano intraprendere per salvaguardare i livelli occupazionali del sito industriale che ha dato lavoro ad almeno tre generazioni;
          quali urgenti ed efficaci iniziative si intendano adottare al fine di trovare una rapida soluzione alla crisi industriale che sta colpendo la provincia di Frosinone ed evitare che le società che hanno investito nel territorio del frusinate continuino a spostare la produzione in nuovi siti collocati nel nord Italia.
(2-01517) «Anna Teresa Formisano, Galletti».

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:
          la società Telenorba s.p.a ha avanzato richiesta di installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici presso monte San Nicola in Contrada Gorgofreddo a Monopoli (BA);
          «l'intervento consiste nella realizzazione di un ricovero per apparati TV-FM e di un traliccio ripetitore. L'installazione del traliccio in località San Nicola consentirà lo spostamento delle antenne esistenti di proprietà di Telenorba dal sito di Contrada Impalata (situato a 2,5 chilometri in linea d'aria dal Monte San Nicola), sempre nel comune di Monopoli. In particolare l'intervento consiste nella realizzazione di due manufatti:
              1) un traliccio metallico, di tipo telescopico, ovvero formato da diversi moduli di tralicci di sezione variabile assemblati tra loro, ancorato al terreno mediante una fondazione in cemento armato a forma quadrata;
              2) un blocco locali tecnici da destinare a ricovero per apparati TV-FM costituito da un corpo di fabbrica rettangolare per l'alloggiamento di tutto quanto necessario per il funzionamento dell'impianto e per poter ospitare 10 emittenti, ognuna delle quali avrà a disposizione un locale tecnico-modulo tipo, composto da tre locali tecnici con accesso indipendente» (delibera Regione Puglia AST7/DEL/2012/00011);
          con nota protocollo n.  054585 il comune ha inviato la richiesta di deroga al Servizio Assetto del Territorio e con nota protocollo n.  2990 del 30 marzo 2011 l'ufficio attuazione pianificazione paesaggistica ha inviato alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggisti il suddetto progetto per i provvedimenti di competenza;
          la Soprintendenza, con nota protocollo n.  5638 del 5 maggio 2011 ha espresso parere contrario per le opere di cui sopra, precisando che «la considerevole altezza dell'antenna e l'eccessiva incidenza planovolumetrica del blocco locali tecnici determinano un notevolissimo impatto visivo. Infatti, la particolare ubicazione dell'impianto, collocato sulla sommità di un sito panoramico quale il Monte S. Nicola accentua ancor più la rilevanza visiva di quanto proposto, che si riverbera su tutto il territorio circostante rendendo l'intervento del tutto incompatibile con la tutela dei valori paesaggistici del sito»;
          conseguentemente, la regione Puglia, area politiche per la mobilità e la qualità urbana servizio assetto del territorio, con nota protocollo n.  4020 del 10 maggio 2011 ha comunicato il preavviso di diniego ex articolo 10-bis della legge 241 del 1990 alla società Telenorba, che ha poi trasmesso al medesimo ufficio e alla Soprintendenza la documentazione tecnica relativa ai dettagli dell'opera, giustificandone la realizzazione;
          alla luce dei chiarimenti comunicati dalla ditta, tra cui anche la riduzione dell'altezza delle antenne a 72 metri (comunque tale da incidere ugualmente sull'impatto visivo), la soprintendenza ha accolto le osservazioni esprimendo parere favorevole con precisazioni (nota protocollo n.  1438 del 31 gennaio 2012);
          con delibera AST7/DEL/2012/00011 la regione Puglia, area politiche per la Mobilità e la qualità urbana servizio aspetto del territorio, ha osservato che l'intervento proposto trattasi di opera di rilevante trasformazione, che interessa ambiti territoriali distinti, contrastando le relative prescrizioni di base delle NTA del PUTTP. Trattandosi di opera di interesse pubblico, la giunta regionale può rilasciare l'attestazione di compatibilità paesaggistica anche in deroga alle NTA del PUTT. Ciò sempre che dette opere: (i) siano compatibili con le finalità di tutela e valorizzazione delle risorse paesaggistico-ambientali previste nei luoghi; (ii) siano di dimostrata assoluta necessità o di preminente interesse per la popolazione residente, (iii) non abbiano alternative localizzative»;
          nella delibera regionale viene inoltre precisato che l'area di intervento risulta direttamente interessata dall'area annessa di una componente di riconosciuto valore scientifico e/o di rilevante ruolo sull'assetto paesaggistico-ambientale complessivo, denominata «versanti e crinali» e sottoposta alle prescrizioni di base di cui all'articolo 3.09 delle NTA del PUTT/P. L'area di intervento risulta interessata da particolari componenti di riconosciuto valore scientifico e/o importanza ecologica, di difesa del suolo e in particolare da un ATD Boschi e macchie, da un ATD Beni naturalistici (Biotopi), da un ATF Aree protette (Oasi di protezione) [...] L'area di intervento è interessata dalla presenza di alberi di ulivo monumentali [...] beni da salvaguardare [...]. L'area di intervento è interessata dalla presenza di vincolo idrogeologico (delibera Regione Puglia AST7/DEL/2012/00011);
          infine con delibera AST7/DEL/2012/00011 la regione ha rilasciato al comune di Monopoli ed alla ditta Telenorba S.p.A. l'attestazione di compatibilità paesaggistica in deroga alle prescrizioni di base delle NTA del PUTT/P con effetto di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 42 del 2004, con le condizioni che seguono:
              a) l'altezza dell'antenna non dovrà superare i 72 metri e la volumetria dei vani tecnici dovrà essere di 386 mc;
              b) nel nuovo traliccio dovrà essere trasferito il maggior numero possibile di emittenti, con conseguente eliminazione delle antenne ubicate il Contrada Impalata, al fine di conseguire una sensibile qualificazione paesaggistica del sito;
              c) tutte le opere dovranno svolgersi prestando la massima attenzione ai caratteri naturali del luogo, conservando accuratamente la vegetazione esistente;
              d) siano limitati al minimo indispensabile i movimenti di terra al fine di non modificare in maniera significativa l'attuale assetto geomorfologico d'insieme;
              e) sia del tutto esclusa, in sede di progettazione esecutiva del piano di cantierizzazione dell'opera di cui trattasi, la possibilità di interessare direttamente e/o indirettamente con opere provvisorie le compagini a bosco-macchia esistenti nelle vicinanze;
          all'interrogante risulta che l'area interessata al progetto non sia compresa tra i siti indicati nel Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale (PNAF-DAB) di cui alla delibera 249/02/CONS  –:
          per quali ragioni la soprintendenza abbia mutato orientamento e se non intenda, ove possibile, promuovere una riconsiderazione del parere fornito dalla stessa soprintendenza;
          se non intenda assumere iniziative normative affinché, nell'individuazione dei siti da inserire nel piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale (PNAF-DAB), siano esclusi siti caratterizzati dalla presenza di invarianti strutturali di valore paesaggistico-ambientale e vincoli idrogeologici;
          se risulti per quali ragioni il sito di cui in premessa non sia tra quelli individuati nel piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale (PNAF-DAB) di cui alla delibera 249/02/CONS.
(2-01516) «Zazzera».

Interrogazione a risposta immediata:


      SAGLIA, BALDELLI e LAZZARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il Governo è tenuto ad adempiere ad impegni presi in sede europea sul «programma 20-20-20» sulle riduzioni delle emissioni inquinanti, sull'incremento dell'energia elettrica da fonti rinnovabili e sull'efficienza energetica –:
          quando il Governo intenda procedere all'emanazione dei decreti attuativi del decreto legislativo n.  28 del 2011 per la promozione di fonti energetiche rinnovabili. (3-02296)

Interrogazione a risposta orale:


      BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Ghizzoni spa è un'azienda di dimensioni nazionali con sede legale a Pisticci Scalo e sede operativa a Vidalenzo in provincia di Parma;
          la suddetta impresa ha annunciata causa crisi di voler ricorrere all'amministrazione straordinaria ai sensi della legge Marzano;
          complessivamente occupa 900 addetti di cui la metà in Basilicata ed opera dal 1950 nel campo delle costruzioni di infrastrutture energetiche;
          il ricorso alla legge Marzano è legato alla crisi di liquidità e al mancato pagamento di lavori in Grecia;
          si tratta di una delle aziende con il know how più significativo per il settore e la crisi economica e finanziaria ne sta pregiudicando la sopravvivenza con il rischio di veder persi centinaia di posti di lavoro in un contesto territoriale assai complesso come quello lucano e della provincia di Matera in particolare  –:
          se il Governo intenda attivare al più presto un tavolo di confronto con la società procedendo con la massima rapidità all'espletamento delle procedure di competenza ministeriale previste per legge e affrontando il nodo del prosieguo dell'attività lavorativa con la conseguente salvaguardia dei livelli occupazionali. (3-02294)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      IANNACCONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il Consiglio dei ministri ha varato un pacchetto di misure, articolato in quattro decreti, intese a certificare e compensare i crediti, nonché a ridare liquidità alle aziende creditrici della pubblica amministrazione;
          ancora una volta, però, la natura secondo l'interrogante antimeridionalista dell'attuale Governo rischia di colpire al cuore le imprese meridionali, in quanto vengono esplicitamente escluse dall'ambito applicativo dei predetti decreti alcune regioni del Mezzogiorno;
          in questo modo si rischia di generare una serie di fallimenti di imprese, già fortemente penalizzate, con il pericolo di un effetto domino sull'intero sistema economico e sociale meridionale;
          non appare giusto né equo far pagare le imprese, e con esse le famiglie occupate, il malgoverno posto in essere da alcune regioni che si sono rese responsabili di disavanzi di bilancio e quindi costrette ad un piano di rientro;
          inoltre, non appare corretto, insinuare che esistano aziende di serie A e aziende di serie B, aziende che possono riscuotere i propri crediti ed aziende che non possono riscuoterle;
          nel Sud, in base ai dati Istat, 23 famiglie su cento sono povere mentre nel centro nord sono 5 su cento;
          in virtù delle scelte inique del Governo tale situazione è destinata a peggiorare  –:
          se non intenda, con immediatezza, correggere questo orientamento che l'interrogante giudica assurdo al fine di garantire, a tutte le imprese creditrici, gli stessi trattamenti sull'intero territorio nazionale ed in modo particolare nel Sud dell'Italia. (5-06947)


      DE CAMILLIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con la legge n.  88 del 2009 (legge comunitaria per il 2008) il legislatore ha delegato il Governo a rispettare gli obblighi imposti dalla direttiva n.  2007/65/CE che realizzava una profonda riforma dell'impianto in materia di radiodiffusioni televisive. Tale delega è stata esercitata con il decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  44, il quale ha inciso profondamente sul decreto legislativo 31 luglio 2005 n.  177 (ridenominando quest'ultimo come Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici);
          con il decreto-legge 16 maggio 2008 n.  85 (convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 2008 n.  121) le funzioni del Ministero delle comunicazioni sono state trasferite al Ministero dello sviluppo economico, il quale, con proprio decreto del 10 settembre 2008, ha definito il calendario nazionale per il passaggio definitivo, suddiviso per aree territoriali, dal sistema di trasmissione analogico a quello digitale;
          in base a tale assetto, la fase di transizione, con il definitivo spegnimento delle trasmissioni in analogico (cosiddetto switch off), si sarebbe dovuta concludere nel 2012;
          in esecuzione degli obblighi imposti dal predetto ordito normativo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AgCom) ha adottato prima la delibera n.  181/09 Cons del 7 aprile 2009 con la quale ha definito i criteri per l'assegnazione delle frequenze e, successivamente, le delibere n.  122/10/Cons e n.  366/10/Cons con le quali ha definito, dopo una consultazione pubblica, il «Piano di numerazione automatica dei canali della trasmissione digitale terrestre in chiaro e a pagamento», stabilendo, pure, le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione di contenuti audiovisivi in tecnica digitale terrestre;
          successivamente il Ministero ha pubblicato i bandi per l'attribuzione delle numerazioni alle TV locali nella regione Molise, concludendo la procedura comparativa con l'approvazione della relativa graduatoria;
          dal 16 maggio 2012 è iniziato, quindi, lo switch off, con il conseguente definitivo spegnimento delle trasmissioni in analogico e l'inizio delle trasmissioni in digitale; definitivamente conclusosi per il Molise il 23 maggio 2012;
          tale passaggio ha però prodotto notevoli inconvenienti con determinando profondissimi disagi ad un settore particolarmente sofferente come quello delle TV locali;
          innanzitutto si sono verificati notevoli problemi tecnici di oscuramento delle emittenti cagionato dalla sovrapposizione dei segnali trasmessi da regioni limitrofe; problemi che si sono avuti su tutto il territorio nazionale, ma che sono particolarmente gravi in Molise, a causa della sua conformazione orografica e della sua ridotta estensione. Ma quello che è più grave è l'estrema incertezza in cui si trovano i cittadini e le emittenti locali determinata dal caos prodotto da alcune recentissime decisioni del giudice amministrativo;
          infatti, in accoglimento di un ricorso proposto dall'emittente Sky Italia, il TAR del Lazio ha annullato le delibere Agcom riguardanti il piano di numerazione automatica dei canali a cui si è fatto riferimento;
          il Consiglio di Stato, però, per evitare il caos ha sospeso la predetta sentenza del Tar Lazio, dando prevalenza all'interesse di rilievo pubblico inerente alla regolazione dell'accesso e all'utilizzo dei canali della trasmissione televisiva digitale;
          nonostante l'opportuno provvedimento, senza il quale è impossibile l'ordinato passaggio dal sistema analogico a quello digitale, si è venuta a creare una particolare situazione che accentua l'incertezza in cui si trovano le TV locali del Molise;
          infatti, in accoglimento di una istanza cautelare proposta da un'emittente pugliese, il TAR Lazio con decreto del 21 maggio 2012 (quando cioè le emittenti molisane avevano già provveduto a spegnere il segnale analogico), disattendendo il descritto orientamento del Consiglio di Stato, ha sospeso il bando per l'attribuzione automatica dei canali LCN in Molise, nonché la relativa graduatoria delle Tv locali approvata dal Ministero dello sviluppo economico;
          in questo modo in Molise si è venuto a creare un vero e proprio far west. Da un lato le TV locali non possono ritornare a trasmettere in modalità analogica, dall'altro non v’è più un criterio di attribuzione automatica dei canali, con le ben immaginabili conseguenze;
          allo stato, infatti, ogni emittente potrebbe trasmettere il proprio segnale nel canale che ritiene, cosa che ha determinato e sta determinando sempre più un oscuramento quasi totale delle trasmissioni televisive, anche per la sovrapposizione dei segnali  –:
          se sia a conoscenza della situazione, descritta in premessa, d'incertezza e confusione verificatasi nella regione Molise;
          quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare al fine di evitare gravi ricadute sulla già segnata economia regionale con la perdita di numerosi posti di lavoro. (5-06955)

Apposizione di firme a mozioni.

      La mozione Donadi e altri n.  1-00898, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paladini.

      La mozione Borghesi e altri n.  1-00916, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paladini.

Apposizione di firme a risoluzioni.

      La risoluzione in Commissione Mattesini e altri n.  7-00825, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

      La risoluzione in Commissione Miglioli e altri n.  7-00872, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fabbri, Pelino.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Boccia e altri n.  2-01514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Albini.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Evangelisti n.  4-15729, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giulietti.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Donadi n.  1-00898, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  595 del 29 febbraio 2012.

      La Camera,
          premesso che:
              il vantaggio in termini di stabilità di cui ha goduto la Svizzera per decenni, unitamente al fatto che il sistema bancario ha offerto un efficace apparato di protezione dei clienti, ha consentito alla piazza finanziaria elvetica di attrarre il 30 per cento dei patrimoni offshore a livello mondiale (circa 2.680 miliardi di euro – secondo il Global wealth report del 2011) e di gestire 5.500 miliardi di franchi (circa 6.700 miliardi di euro);
              nel corso dell'anno 2008, anche a causa della crisi finanziaria che obbliga gli Stati sovrani al recupero di fondi su tutti i fronti, inizia un procedimento civile e penale negli Usa contro Ubs (il più importante istituto di credito svizzero), nell'ambito del quale il dipartimento della giustizia e l'Internal revenue service (Irs) chiedono informazioni su 52 mila contribuenti clienti di Ubs. Il 19 agosto 2009 l'Amministrazione federale delle contribuzioni sigla con l'Internal revenue service un accordo che limita la richiesta a 4.450 nomi (vedi Mauro Guerra in «Apologia del segreto bancario» – Limes n.  speciale 2011 – L'importanza di essere Svizzera);
              nel 2010, in seguito al caso della cosiddetta «lista Falciani» (un elenco di 127 mila correntisti esteri della banca svizzera Hsbc trafugato da un ex-dipendente dell'istituto di credito) sono scoppiate polemiche tra le autorità svizzere e quelle statunitensi e francesi. Si scoprì, inoltre, che vi comparivano 5.728 contribuenti italiani, i quali avrebbero depositato denaro nella filiale svizzera, evadendo il fisco, per un totale di 6,9 miliardi di dollari (circa 5 miliardi di euro);
              i rapporti esistenti sul terreno fiscale tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera hanno vissuto le seguenti tappe fondamentali: il 23 luglio 1972 viene firmato l'Accordo di libero scambio tra la Comunità europea e la Confederazione elvetica; il 3 giugno 2003 è approvata definitivamente la direttiva europea sul risparmio n.  2003/48/CE (recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 18 aprile 2005, n.  84); il 1o luglio 2005 entra in vigore l'accordo tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera sul risparmio, siglato in data 26 ottobre 2004; il 13 febbraio 2007 viene emessa la decisione della Commissione economica europea sul sistema fiscale elvetico; nel mese di settembre 2009 la Svizzera sigla l'ultima delle dodici convenzioni di doppia imposizione contenenti la clausola dell'assistenza amministrativa ampliata in materia fiscale ed esce dalla lista grigia dell'Ocse. Essa ottiene di limitare l'assistenza a singoli casi, di escludere la valenza giuridica delle fishing expedition (ossia le richieste di informazioni bancarie non già sul singolo individuo, ma su gruppi o categorie di individui senza elementi specifici di sospetta evasione fiscale) e delle informazioni ottenute con sottrazione di dati, di migliorare l'accesso al mercato delle prestazioni finanziarie transfrontaliere; convenzioni fiscali con Germania (10 agosto 2011) e Gran Bretagna (24 agosto 2011) secondo il cosiddetto modello «Rubik»; nel 2011 il Consiglio dell'Unione europea (Ecofin) intende modificare la direttiva sui risparmi Liechtenstein o del 2003 (proposta di direttiva del Consiglio presentata dalla Commissione europea – COM(2008)727 definitivo), mentre la Commissione europea starebbe facendo pressione affinché Berlino e Londra modifichino, sulla scorta delle indicazioni provenienti da Bruxelles, le convenzioni sottoscritte nei mesi scorsi;
              nel 2013 entrerà in vigore negli Usa il nuovo Foreign account tax compliance act (Fatca), in base al quale qualsiasi banca che voglia continuare a gestire conti di clienti statunitensi, o avere accesso al mercato statunitense, dovrà segnalare all'Internal revenue service le informazioni relative a questi clienti o, in alternativa, pagare un'imposta del 30 per cento su tutti i pagamenti e gli investimenti di origine statunitense;
              pochi giorni fa, Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Usa hanno ufficializzato la volontà di adottare un approccio comune finalizzato all'applicazione in Europa della normativa del Foreign account tax compliance act (Fatca);
              per effetto della «direttiva sul risparmio» (2003/48/CE) approvata definitivamente dal Consiglio il 3 giugno 2003 dopo una gestazione sofferta e prolungatasi per oltre cinque anni, dal 1o luglio 2005 è scattato l'obbligo per le banche e gli altri intermediari finanziari operanti in Italia, e in ventuno altri Stati dell'Unione europea, di comunicare periodicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi al pagamento di interessi effettuati a favore di persone fisiche residenti in altri Stati membri dell'Unione europea. L'Agenzia delle entrate deve inviare le informazioni così ottenute all'amministrazione fiscale del Paese di residenza di ogni singolo percettore e ricevere le medesime informazioni da parte di altri ventuno Stati dell'Unione europea;
              in tre Stati dell'Unione europea (Austria, Belgio e Lussemburgo) e in cinque Stati extra Unione europea (Svizzera, Liechtenstein, Andorra, San Marino e Principato di Monaco), invece, le banche e gli intermediari locali non effettuano alcuna comunicazione, ma prelevano un'imposta del 15 per cento sugli interessi pagati a persone fisiche residenti in altri paesi dell'Unione europea. Il 25 per cento del gettito complessivo di questa imposta viene trattenuto dall'erario del singolo Stato, mentre il 75 per cento verrà da questo rimesso all'erario del Paese di residenza della persona;
              questa ritenuta è stata aumentata progressivamente, per passare dal 15 per cento nel 2005 al 35 per cento nel luglio 2011;
              questo accordo assicura alla Svizzera un vantaggio, ossia l'abolizione della tassazione alla fonte dei dividendi, dei redditi e dei canoni di licenza tra imprese associate, aumentando in tal modo l'attrattiva della Svizzera per le società attive a livello internazionale;
              secondo le statistiche ufficiali elaborate dall'amministrazione elvetica, se si considera il 2007, secondo anno completo di applicazione dell'accordo, i soggetti pagatori svizzeri hanno operato ritenute alla fonte (15 per cento) sugli interessi aventi come beneficiari persone fisiche per un ammontare pari a circa 653 milioni di franchi svizzeri (corrispondenti a 435 milioni di euro). Di questo ammontare il 75 per cento è stato inoltrato ai vari Paesi facenti parte dell'Unione europea;
          l'amministrazione italiana ha beneficiato di entrate per circa 125 milioni di franchi svizzeri, ponendosi al secondo posto tra i vari Stati europei. Inoltre, 63.000 beneficiari di interessi hanno optato per la perdita dell'anonimato, autorizzando l'agente pagatore a comunicare i dati alla competente autorità amministrativa (procedura di divulgazione volontaria);
              l'interesse che determina una ritenuta del 15 per cento, pari a 653 milioni di franchi svizzeri, è stimato in 4.353 milioni di franchi svizzeri (2.898 milioni di euro). Il capitale sottostante potrebbe essere: se si ipotizza un rendimento del 2 per cento di 217 miliardi di franchi svizzeri (144 miliardi di euro); se, invece, si stima un rendimento del 4 per cento, di 108.5 miliardi di franchi svizzeri (72 miliardi di euro);
              per quanto concerne l'Italia, se il 75 per cento della ritenuta è pari a 125 milioni di franchi svizzeri, la ritenuta totale è pari a circa 167 milioni di franchi svizzeri, determinata da interessi per circa 1.100 milioni di franchi svizzeri. Il relativo capitale potrebbe essere pari a circa 56 miliardi di franchi svizzeri (circa 37 miliardi di euro, con il 2 per cento di rendimento) oppure 28.000 milioni di franchi svizzeri (18,5 miliardi di euro, con il 4 per cento di rendimento);
              per l'anno 2010, sono stati invece riscossi 432 milioni di franchi. I tre quarti di questo importo (pari a 324 milioni di euro) sono stati retrocessi agli Stati membri mentre un quarto del gettito (108 milioni di euro) spettava alla Svizzera;
              l'accordo sulla fiscalità tra Svizzera e Unione europea del 2005, con il quale il Governo svizzero si impegnava a trattenere un'imposta alla fonte e riversarla agli Stati dell'Unione europea di residenza dei propri correntisti, ha dato scarsi esiti secondo il parere degli ex Ministri delle finanze di Germania e Italia, Steinbrück e Tremonti;
              infatti, l'onere fiscale può essere facilmente aggirato: la direttiva si applica solo agli interessi versati a una persona fisica. Basta intestare il conto a una società (magari costituita in un altro paradiso fiscale) e il gioco è fatto. Il risultato di tutto questo è che: gli Stati maggiormente interessati ad avere informazioni continuano a non averne; l'evasione fiscale, favorita dal segreto bancario dei Paesi che possono continuare a mantenerlo, non ne soffre minimamente; chi si attendeva introiti favolosi per le esangui casse erariali è rimasto deluso;
              peraltro, emerge una contraddizione per quanto concerne l'Italia: a partire dal 1o luglio 2011 la Svizzera opera una ritenuta del 35 per cento sugli interessi che rientrano nell'accordo: il 25 per cento resta alla Svizzera e il 75 per cento è inviato al Paese di residenza del beneficiario. Ne consegue che l'amministrazione italiana tributaria riceve, senza espletare alcun tipo di attività, il 75 per cento del 35 per cento, cioè il 26,25 per cento. Se il residente italiano avesse riportato in Italia i suoi capitali investendoli, ad esempio, in un normale conto corrente bancario, l'amministrazione italiana avrebbe introitato, a parità di capitale e di interesse, il 20 per cento, aliquota un po’ inferiore al 26,25 per cento. Mentre se l'investimento nel nostro Paese fosse in titoli di Stato, l'amministrazione italiana avrebbe introitato solo il 12,50 per cento, ritenuta di gran lunga inferiore al 26,50 per cento percepito nel primo caso. Da questo breve esempio si perverrebbe alla conclusione che il mantenimento di depositi in Svizzera da parte di soggetti residenti in Italia arrecherebbe teoricamente un sensibile vantaggio, in termini di flussi di imposte, all'amministrazione italiana;
          l'accordo con la Svizzera, per la parte relativa al recepimento della direttiva sul risparmio, fa riferimento esclusivamente – come già detto – alle persone fisiche. Proprio questo si è rivelato, nel corso degli anni, un limite notevole al corretto funzionamento dell'accordo: l'interposizione di schermi societari ha, di fatto, attenuato le prospettive positive che erano attese dalla sua firma;
              come porre rimedio a questa situazione è un compito al quale si sta dedicando la Commissione europea (vedi la proposta di direttiva del Consiglio presentata dalla Commissione dell'Unione europea – COM(2008)727 definitivo), il cui intervento si pone due obbiettivi: a) da un lato, il passaggio dalla nozione formalistica di beneficiario effettivo a quella di beneficiario economico; b) dall'altro, l'allargamento del campo di applicazione della direttiva a nuovi prodotti finanziari;
              il Consiglio dell'Unione europea, il 17 maggio 2011, ha svolto un dibattito orientativo sul modo di procedere relativamente alla proposta citata, volta a rafforzare le disposizioni della direttiva dell'Unione europea in materia di tassazione dei redditi da risparmio;
              la Presidenza del Consiglio dei ministri ha dichiarato che rifletterà sul modo di far avanzare i lavori, tenuto conto dei progressi compiuti;
              le modifiche alla direttiva 2003/48/CE proposte sono intese a evitare l'elusione della direttiva, tenendo conto dell'evoluzione dei prodotti da risparmio e del comportamento degli investitori dalla sua prima applicazione nel 2005. Esse si prefiggono di ampliare il campo d'applicazione della direttiva per includervi non solo i pagamenti di interessi ma anche tutti i redditi da risparmio, nonché i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti;
              il Consiglio dell'Unione europea (Ecofin) intende modificare la direttiva sul risparmio del 2003 già citata. Tale direttiva è arrivata al termine del periodo transitorio e l'Ecofin intende promulgare un testo che prevede il passaggio automatico di informazioni tra Paesi. Austria e Lussemburgo continueranno ad applicare una ritenuta alla fonte, preservando l'anonimato dei contribuenti, mentre la Svizzera è chiamata a negoziare con l'Unione europea un riesame dell'accordo nei termini di quello siglato con Germania e Inghilterra;
              è presumibile che la Confederazione elvetica difenderà il segreto bancario con molta forza e per molti anni e, stante che abolirlo o limitarlo in maniera significativa, potrebbe – secondo stime autorevoli – dimezzare il prodotto interno lordo generato dal settore finanziario (l'11 per cento del prodotto interno lordo svizzero), settore che occupa in Svizzera più di 200 mila persone;
              la convenzione fiscale siglata il 10 agosto 2011, per le persone residenti in Germania, prevede il pagamento a posteriori di un'imposta sulle loro attuali relazioni bancarie in Svizzera. Al riguardo, esse possono effettuare un pagamento unico d'imposta oppure dichiarare i loro conti. I futuri redditi e gli utili dei capitali di clienti bancari tedeschi in Svizzera saranno soggetti a un'imposta liberatoria, il cui provento sarà trasferito dalla Svizzera alle autorità tedesche. Con la convenzione i due Paesi intendono, inoltre, migliorare l'accesso ai reciproci mercati per i fornitori di servizi finanziari;
              grazie all'imposta liberatoria la Germania dovrebbe incassare un miliardo di euro l'anno. In più, riceverà una decina di miliardi a titolo di «risarcimento» per i casi di evasione fiscale del passato;
              il testo della convenzione rispetta – secondo i sottoscrittori – da un canto, la sfera privata dei clienti bancari e, dall'altro, garantisce l'osservanza di pretese fiscali giustificate. Entrambe le parti convengono che, per l'effetto esplicato, il sistema concordato corrisponderà a lungo termine allo scambio automatico di informazioni per i redditi di capitali. Il testo completo della convenzione sarà pubblicato, come di consueto, dopo la firma di entrambi i Governi tra alcune settimane e potrebbe entrare in vigore all'inizio del 2013;
              la convenzione tra Svizzera e Germania contiene in particolare i seguenti punti:
                  a) l'imposta liberatoria per il futuro: i futuri redditi e utili di capitali saranno direttamente assoggettati a un'imposta liberatoria. L'aliquota unica è stata fissata al 26,375 per cento, che corrisponde all'aliquota dell'imposta liberatoria in vigore in Germania. L'imposta liberatoria è un'imposta alla fonte. Con il suo versamento, l'obbligo fiscale nei confronti dello Stato di domicilio è, in linea di principio, soddisfatto;
                  b) allo scopo di impedire che nuovi averi non tassati vengano depositati in Svizzera, è stato convenuto un meccanismo di garanzia che permette alle autorità tedesche di presentare domande di informazioni che devono indicare il nome del cliente ma non necessariamente quello della banca. In termini numerici, queste domande sono limitate e devono basarsi su motivi plausibili. Per un periodo di due anni il numero delle domande sarà compreso tra 750 e 999; successivamente sarà adeguato sulla base dei risultati. La ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni, la cosiddetta fishing expedition (ossia le richieste di informazioni bancarie non già sul singolo individuo, ma su gruppi o categorie di individui senza elementi specifici di sospetta evasione fiscale), è esclusa;
                  c) il recupero d'imposta: ai fini della tassazione a posteriori delle attuali relazioni bancarie in Svizzera, le persone residenti in Germania devono avere, in via eccezionale, la possibilità di pagare un'imposta calcolata in modo forfettario. L'ammontare di questo onere fiscale oscilla tra il 19 e il 34 per cento dei valori patrimoniali e sarà stabilito in funzione della durata della relazione con il cliente nonché dell'importo iniziale e finale del capitale. In luogo di tale pagamento, gli interessati hanno la possibilità di dichiarare alle autorità tedesche la loro relazione bancaria in Svizzera;
                  d) altri punti: Svizzera e Germania hanno deciso di agevolare agli istituti finanziari l'accesso ai reciproci mercati. In particolare, sarà semplificata l'applicazione della procedura di esenzione (freistellungsverfahren) per le banche svizzere in Germania e abrogato l'obbligo di avviare le relazioni con i clienti tramite un istituto sul posto. Inoltre, è stata risolta la problematica dell'acquisto di dati rilevanti ai fini fiscali: si esclude la valenza giuridica delle informazioni ottenute con sottrazione di dati. Il pacchetto comprende anche la soluzione della questione di possibili procedimenti penali contro i collaboratori delle banche;
              per garantire un gettito minimo a titolo di recupero d'imposta e dare corpo alla volontà di attuare la convenzione, le banche svizzere si sono impegnate a fornire una prestazione di garanzia di 2 miliardi di franchi (1,6 miliardi di euro). Il denaro anticipato dalle banche sarà compensato attraverso gli ulteriori pagamenti d'imposta e restituito alle banche;
              la convenzione fiscale tra la Svizzera e il Regno Unito è impostata in maniera analoga a quella con la Germania, parafata il 10 agosto 2011. Le aliquote fiscali per la regolarizzazione del passato sono identiche. Le differenze sono dovute essenzialmente ai diversi regimi tributari e riguardano in particolare l'ammontare delle aliquote fiscali su redditi futuri e le particolarità del diritto procedurale. Il differente importo anticipato dalle banche è in funzione del diverso volume del fatturato;
              la convenzione tra Svizzera e Regno Unito contiene in particolare i seguenti punti:
                  a) l'imposta liberatoria per il futuro: l'aliquota concordata è stata fissata tra il 27 e il 48 per cento a seconda della categoria del reddito da capitale. Le aliquote sono leggermente inferiori a quelle consuete marginali britanniche;
                  b) in termini numerici le domande di informazioni sono limitate e devono basarsi su motivi plausibili. Il numero delle domande sarà compreso tra qualche centinaio e un massimo di 500 all'anno; successivamente sarà adeguato sulla base dei risultati;
                  c) ai fini della tassazione a posteriori delle attuali relazioni bancarie in Svizzera, si applicano le stesse modalità previste dalla convenzione con la Germania;
                  d) altri punti: Svizzera e Regno Unito hanno deciso di agevolare agli istituti finanziari l'accesso ai reciproci mercati. Analogamente è stata esclusa la valenza giuridica delle informazioni ottenute con sottrazione di dati. Il pacchetto comprende anche la soluzione della questione di possibili procedimenti penali contro collaboratori delle banche;
              la convenzione contiene norme speciali per i cosiddetti «soggetti non domiciliati nel Regno Unito», vale a dire per le persone che soggiornano in Gran Bretagna senza avere un domicilio durevole;
              per garantire un gettito minimo a titolo di recupero d'imposta e dare corpo alla volontà di attuare la convenzione, le banche svizzere si sono impegnate a fornire una prestazione di garanzia di 500 milioni di franchi;
              la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dalla quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
              a seguito dei cosiddetti «scudi fiscali» del Governo Berlusconi-Tremonti, due terzi dei rimpatri sono arrivati proprio dalla Svizzera. Se si ipotizza per un momento che tale proporzione valga anche per i capitali stimati ancora all'estero, in Svizzera ve ne sarebbero tra 82 e 130 miliardi di euro. Immaginando solo per un attimo un accordo dell'Italia con la Svizzera come quello fatto dalla Germania, se ne sarebbero ricavati qualche cosa come 9 miliardi di euro secondo una stima del quotidiano Il Sole 24 Ore;
              anche l'Austria, il 13 aprile 2012, ha stipulato un accordo analogo a quelli sottoscritti dalla Germania e dal Regno unito;
              dopo un primo parere contrario, il 17 aprile 2012, il Commissario europeo Semeta ha affermato in conferenza stampa che gli accordi bilaterali stipulati da Germania, Austria e Regno Unito con la Svizzera sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
              secondo quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri in conferenza stampa il 30 aprile 2012, il Governo sarebbe pronto a «considerare ex novo l'intera materia»;
              nel mese di maggio 2012 è stata anche risolta con le autorità svizzere la controversia relativa al blocco, da parte Svizzera, dei ristorni dei lavoratori frontalieri italiani. In data 8 maggio 2012, la Svizzera ha effettuato l'ordine di pagamento a favore dell'Italia. Sussistono, quindi, ora che questa controversia è stata risolta, i presupposti perché il confronto si sviluppi verso obiettivi ulteriori;
              ad oggi, l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con alcun paradiso fiscale, neppure con San Marino, con il risultato che, mentre sono obbligati a rispondere in modo adeguato agli altri Paesi, tali Stati possono essere molto evasivi con l'Italia,

impegna il Governo

ad avviare con la massima urgenza negoziati con le autorità elvetiche in vista della conclusione di un accordo bilaterale analogo a quelli stipulati dalla Gran Bretagna, dalla Germania e dall'Austria, inserendo, altresì, disposizioni contro l'elusione e valutando l'opportunità di inserire una clausola rivolta a tassare non solo il deposito, ma anche il transito di denaro entrato clandestinamente in Svizzera, ed a sottoscrivere accordi bilaterali anche con gli altri «paradisi fiscali», ampliando i meccanismi di informazione relativi ai clienti italiani degli istituti di credito di tali Paesi.
(1-00898)
(Ulteriore nuova formulazione) «Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Messina, Paladini».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Vannucci n.  5-06117 dell'8 febbraio 2012;
          interrogazione a risposta orale Anna Teresa Formisano n.  3-02160 del 13 marzo 2012;
          interrogazione a risposta orale Poli n.  3-02269 del 14 maggio 2012;
          interrogazione a risposta scritta Gianni n.  4-16259 del 24 maggio 2012.