XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 14 giugno 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              l'attuale crisi economica, sociale e politica che colpisce l'Unione europea e, in particolare i Paesi della zona euro rappresenta certamente la più grave dai Trattati di Roma. Durante questa crisi, l'Unione europea ha reagito molto lentamente, spesso in ritardo, a volte con sottovalutazione e non si è dimostrata capace di articolare una visione e una risposta politica adeguata. In assenza di una netta svolta, a partire dal vertice europeo del 28 giugno 2012, si potrebbe assistere alla fine dello stesso progetto europeo, con catastrofiche conseguenze: impoverimento dei cittadini, instabilità politica e sociale e il rischio di una conflittualità che più volte in passato ha devastato l'intero continente;
              la durezza della crisi è avvertita in quasi tutti i Paesi ma non vi è dubbio che la drammatica situazione sociale ed economica in Grecia, e le crescenti difficoltà del sistema bancario della Spagna, con possibili effetti negativi sul resto della zona euro, sono oggi al centro delle nostre preoccupazioni;
              di fronte a ritardi ed esitazioni incomprensibili e a dichiarazioni irresponsabili che adombrano la possibile fuoriuscita della Grecia dall'euro e ne sottovalutano le imprevedibili ripercussioni negative per l'intera Unione, occorre ribadire l'assoluta necessità di evitare la fuoriuscita della Grecia dall'eurozona; l'esigenza, politica ed economica, di dimostrare piena solidarietà ad Atene; l'urgenza di gestire efficacemente una crisi economica e finanziaria che rimane di portata contenuta rispetto all'entità complessiva del PIL europeo;
              occorre, quindi, sottolineare con forza che non esistono opzioni alternative al sostegno della Grecia e ai piani di salvataggio dello stato ellenico se si vogliono evitare le ripercussioni immediate sugli altri Paesi della zona euro, ivi inclusa l'Italia ma anche la stessa Germania, che sarebbero ad uno ad uno attaccati dalla speculazione soprattutto a causa dell'attuale debolezza politica dell'Europa e degli squilibri strutturali dell'Unione economica e monetaria;
              per questo motivo si ritiene che la cura decisiva alla malattia europea consista nella capacità di rilanciare con coraggio la visione federalista di un'Europa unita, unica possibilità di ritrovare insieme in un'unione più ampia e federale quella sovranità condivisa che i singoli Stati nazionali hanno ormai perso, di fatto, nell'epoca della globalizzazione, e che la soluzione venga dalla volontà di denunciare, ridurre e progressivamente annullare i costi della non-Europa, realizzando istituzioni europee con vera legittimazione democratica e capacità di governo, riformando i trattati, rilanciando il processo costituente e politico;
              si devono in particolare correggere gli squilibri del progetto iniziale dell'Unione economica e monetaria e completare e aggiornare il Trattato di Lisbona, superando le sue insufficienze per andare al di là del puro e semplice coordinamento fra Stati membri che appare sempre più inadeguato;
              d'altra parte, l'opacità e la debolezza politica dell'Unione europea, largamente basata sulla rappresentanza indiretta dei Governi nazionali e su una Commissione non legittimata dal voto popolare, apparentemente lontana dai suoi cittadini, alimenta populismi, estremismi e demagogie neo-nazionaliste e provoca crescenti reazioni di rigetto da parte delle sue popolazioni;
              la debolezza politica, l'assenza di legittimazione democratica reale e la crisi di fiducia tra l'Unione europea e i cittadini rimangono poi un ostacolo oggi insormontabile per avanzare in settori vitali quali la sicurezza interna ed esterna, l'immigrazione, la politica energetica ed industriale, la ricerca e l'innovazione, la mobilità dei giovani, la politica estera e la difesa comune e per definire nuove politiche economiche, fiscali e sociali comuni; in assenza di un mutamento delle strategie a livello europeo, e se tale scenario dovesse prolungarsi, l'Unione europea non potrebbe più disporre dei mezzi per resistere alle tendenze centrifughe ed alla crescita dei populismi;
              in questo spirito appare urgente ed indispensabile un segnale forte rivolto dal Parlamento europeo alle opinioni pubbliche ed alle istituzioni nazionali ed europee eventualmente attraverso una sessione straordinaria chiamata a fissare gli elementi essenziali di un progetto costituente, del metodo e dell'agenda per realizzarlo;
              in questo senso, occorre che l'Italia accetti la sfida posta dalle recenti dichiarazioni della cancelliera Merkel e di altri esponenti del Governo tedesco che collegano ogni meccanismo di solidarietà a livello europeo e di mutualizzazione del debito a un aumento della cessione di sovranità dei singoli Stati in campo fiscale e politico, ribadendo la propria disponibilità a compiere subito, senza alcun indugio, passi decisivi della sempre maggiore integrazione e dell'Unione federale;
              in tale contesto, si attendono con molto interesse di conoscere i risultati del lavoro affidato ai Presidenti della Commissione europea, José Manuel Barroso, del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, della Banca centrale europea, Mario Draghi, e del presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che dovranno presentare proposte innovative per una maggiore integrazione politica, economica e fiscale in vista del vertice europeo del 28 giugno;
              se la risposta politica è quella decisiva per rafforzare in modo concreto l'Unione e per rilanciare il progetto europeo, nell'immediato è assolutamente urgente trovare una via di uscita comune da una crisi economica e sociale causa di crescente povertà e ingiustizia sociale in gran parte del continente;
              la perdurante situazione di instabilità dei mercati finanziari, le incertezze sulle prospettive dell'economia europea e sullo stato della crisi, riconfermate dagli ultimi rapporti della Banca centrale europea e della Commissione europea, rendono ancora necessaria la politica di stabilità, qualificazione e razionalizzazione delle spese, in particolare per Stati come l'Italia;
              la credibilità del risanamento dei conti pubblici, la maggiore omogeneità tra i debiti sovrani dei membri dell'eurozona, nonché il perseguimento di equilibri di bilancio sostenibili sono in effetti elementi molto importanti per far uscire l'eurozona dalla crisi attuale, ridare fiducia nel potenziale di crescita dell'economia europea, garantire solidità all'euro e credibilità al progetto europeo;
              tuttavia è oramai opinione condivisa che la sola politica di stabilità non sia sufficiente per rilanciare l'economia europea e che anzi, spinta oltre un limite ragionevole, comporti effetti recessivi che deprimono l'economia, aumentano il disagio sociale e rendono impossibile il raggiungimento degli stessi obiettivi di risanamento;
              anche all'ultimo vertice del G8 i Capi di Stato e di Governo hanno affermato che «l'imperativo è creare crescita e occupazione» e che «saranno intrapresi tutti i passi necessari per rafforzare le nostre economie e combattere le tensioni finanziarie» aggiungendo che «servono riforme e investimenti appropriati in istruzione e infrastrutture»;
              vanno in questo senso anche le più recenti prese di posizione del Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, che ha affermato che «la crescita deve tornare al centro dell'agenda» e del Presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso, il quale ha ribadito come occorra affiancare all'austerità una strategia europea per l'occupazione, la crescita attraverso riforme e investimenti mirati anche se l'azione di proposta della Commissione europea non si è tradotta in proposte adeguate in particolare nel settore delle politiche con conseguenze finanziarie pluriennali;
              per quanto riguarda l'azione italiana, si deve ribadire quanto affermato nelle premesse della Risoluzione di accompagnamento all'ultimo Documento economico e finanziario, vale a dire che: «la priorità dell'azione del Governo e del Parlamento non può essere, da questo momento in avanti, che la crescita dell'economia nazionale, attraverso il rafforzamento della produttività totale dei fattori di sistema, da perseguire con assoluta determinazione sia a livello interno che dell'Unione europea, sensibilizzando i nostri partner e tenendo conto delle indicazioni che provengono anche dalle più influenti organizzazioni internazionali realizzando quelle azioni volte a promuovere la competitività e la crescita indicate nel nuovo piano nazionale di riforma: l'apertura dei mercati, la promozione del merito, la tutela dei consumatori, il potenziamento delle infrastrutture digitali e di trasporto, il miglioramento del servizio giustizia, il sostegno allo start up delle nuove imprese e alla internazionalizzazione;
              occorre ribadire poi, sul piano europeo, che il vincolo a correggere eccessivi e perduranti squilibri nel quadro macroeconomico generale dei singoli Paesi deve valere non solo per il risanamento richiesto ai paesi in deficit di bilancio ma anche per quelli in avanzo strutturale, come la Germania; Paesi che devono sviluppare un'azione di politica economica attiva volta a stimolare l'aumento della loro domanda interna, ottenendo quindi un riequilibrio della bilancia commerciale, anche tollerando una dinamica dei salari e dei prezzi in controllato incremento;
              la crisi greca infatti ha messo in luce questi squilibri strutturali creando una crisi di fiducia nella sostenibilità dei debiti pubblici, provocando un repentino aumento dei tassi di interesse e un circolo vizioso che, in assenza di importanti surplus di bilancio, ha portato il debito pubblico ad autoalimentarsi;
              ogni Paese ha così dovuto adottare rigorosi piani di salvataggio, accompagnati e sostenuti dall'immissione di liquidità decisa dalla Banca centrale europea, ma la mancanza di vero coordinamento ed i piani di salvataggio adottati volta per volta, ad hoc, non hanno permesso di conciliare le esigenze del rigore finanziario e della crescita economica, mentre i tagli alle spese hanno colpito soprattutto le spese sociali e gli investimenti; i paesi più indebitati rischiano così di soffrire di una crescita molto debole per molti anni, con conseguente aggravarsi del peso dei loro debiti e delle tensioni sociali;
              di recente, l'Unione europea ha deciso un intervento senza precedenti a favore della Spagna, mettendo a disposizione fino a 100 miliardi di euro del Fondo salva stati per sostenere le banche spagnole in difficoltà con l'impegno del Governo spagnolo di riformare e risanare il settore finanziario iberico sulla base di un piano che la Spagna dovrà presentare alle istituzioni comunitarie; in parallelo, la Banca centrale europea ha messo a disposizione del sistema bancario della zona euro liquidità illimitate sino al 15 ottobre 2013; anche questi interventi, necessari e che i firmatari del presente atto di indirizzo sostengono convintamente, hanno comunque dimostrato la necessità di creare una vera vigilanza europea e un sistema di assicurazione europea dei depositi bancari della zona euro, per rafforzare l'efficacia dell'azione delle istituzioni comunitarie, prevenire ulteriori crisi e rafforzare l'unione monetaria contro gli attacchi speculativi;
          il clima politico mutato in Europa, maggiormente attento ai pericoli di una recessione provocata da politiche fiscali troppo restrittive e favorevole ad azioni più coraggiose sul piano del sostegno alla crescita è stato ulteriormente rafforzato dalla vittoria in Francia del presidente François Hollande, il quale nei suoi primi incontri con la cancelliera tedesca Angela Merkel e al vertice del G8 ha inteso portare avanti alcune proposte che rappresentano primi importanti passi in avanti: project bond, potenziamento delle capacità di investimento della Banca europea degli investimenti, tassa sulle transazioni finanziarie, uso dei fondi strutturali rimasti inutilizzati ed eurobond;
              in coerenza con gli impegni assunti dall'Italia e nella consapevolezza della delicata situazione del suo debito pubblico, il Parlamento italiano ha già avviato l'iter di esame ed approvazione del cosiddetto trattato sul Fiscal compact così come di quello istitutivo del Meccanismo Europeo di Stabilità, prevedendo scambi ufficiali di visite tra i relatori dei provvedimenti di Camera e Senato e gli omologhi relatori al Bundestag e Bundesrat; la regolare ratifica dei due Trattati va infatti considerata come ulteriore esempio di affidabilità del Paese e può dare un più forte impulso ed una maggiore credibilità agli sforzi del nostro Governo per ottenere – dagli altri partner, e in particolare dalla Germania – un accordo sugli strumenti di crescita, stabilità e mutualizzazione del debito che il nostro Governo richiede in sede europea;
              tutti questi temi saranno affrontati al Consiglio europeo del prossimo 28 giugno, occasione nella quale i Capi di Stato e di Governo europeo dovranno necessariamente definire un'azione chiara e incisiva di sostegno alla crescita europea, individuando gli strumenti, le priorità e le disponibilità economiche per dare contenuto ad una nuova strategia, un «growth compact» che affianchi e completi il «Fiscal compact», e prendendo alcune prime decisioni immediatamente operative,

impegna il Governo:

          a ribadire la necessità della costruzione dell'Europa politica e federale, rilanciando la discussione sul futuro dell'Europa con tutti i Paesi disponibili, anche richiedendo la convocazione di una Convenzione per la riforma dei Trattati e il riavvio del processo costituente, interrotto nel 2005, in occasione delle elezioni europee del 2014, a cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale; a perseguire i seguenti obiettivi: rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo; ampliamento del ricorso al voto a maggioranza; effettiva creazione di una unione fiscale e bancaria, con una politica economica e fiscale comune, ed un apposito Ministro del tesoro per l'Eurozona; elezione del presidente della Commissione europea in occasione delle elezioni europee – attribuendo alla stessa personalità le funzioni di Presidente della Commissione e del Consiglio europeo, – rafforzamento delle funzioni esecutive della Commissione europea, da trasformare in un vero e proprio governo europeo sotto controllo democratico, più forte coinvolgimento dei parlamenti nazionali; rafforzamento dell'Europa sociale; costruzione di una reale politica della ricerca, dell'immigrazione, della sicurezza, estera e di difesa comune; modifica della struttura, aumento delle risorse del bilancio comunitario e introduzione di nuove risorse proprie, come una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali e una carbon tax europea;
          a promuovere in questo spirito una dichiarazione dell'insieme dei Governi che hanno firmato il fiscal compact o di una maggioranza di essi che riaffermi il ruolo democratico del parlamento europeo in collaborazione con i parlamenti nazionali cogliendo l'occasione del sessantesimo anniversario della nascita dell'Assemblea della CECA il 10 settembre 1952 e che si impegni a rilanciare il processo di integrazione politica;
          a proporre una road-map che preveda l'Unione bancaria entro il 2012, l'Unione fiscale entro la primavera 2014 prima del riavvio del processo costituente nel giugno del 2014; ad avviare, in particolare, una discussione sui poteri, le finalità e le finzioni della Banca centrale Europea che, anche attraverso una modifica dei trattati, le dia un mandato più ampio di quello attuale e la doti di prerogative simili a quelli delle maggiori banche centrali mondiali, inclusi i poteri di vigilanza bancaria, e l'effettivo potere di controllo e verifica dell'effettiva destinazione all'economia reale e alle imprese dei prestiti della stessa Banca centrale europea al sistema bancario;
          a sostenere le proposte per la creazione di una effettiva ed unitaria vigilanza europea sul settore creditizio e bancario così come è stabilito dalla proposta legislativa, adottata dalla Commissione europea il 6 giugno 2012, e relativa ad un quadro di nuovi strumenti comunitari per il risanamento delle banche e la risoluzione delle crisi bancarie, volti ad assicurare la possibilità per le autorità di intervenire «preventivamente», in fase di «allerta precoce» e infine con il salvataggio delle funzioni essenziali della banca senza che i costi della ristrutturazione e della risoluzione ricadano sui contribuenti piuttosto che sui proprietari e sui creditori della banca stessa;
          nel campo della regolamentazione europea dei mercati finanziari, a sostenere la necessità di rafforzare l'attività normativa avviata nel corso degli ultimi anni in materia, per completare il quadro di vigilanza a livello europeo, integrando, sempre a tale proposito, il quadro normativo sugli strumenti derivati over the counter (OTC), completando il processo di revisione della direttiva 2004/39/CE (cosiddetta direttiva MIFID), rafforzando il quadro regolamentare sulle agenzie di rating anche attraverso una limitazione dell'affidamento delle istituzioni finanziarie sui giudizi di emessi dalle agenzie e prevedendo una efficace tutela giurisdizionale civilistica per gli investitori nonché riproponendo il potenziamento delle attività di rating svolte direttamente dalle Banche centrali e la creazione di un'agenzia di rating europea indipendente;
          a sostenere a livello europeo una politica di investimenti finalizzati allo sviluppo dell'impresa e dell'occupazione allo scopo di ridurre il differenziale di competitività tra Paesi europei, prevedendo il finanziamento di tale politica attraverso l'emissione di project bond, l'aumento del capitale della Banca europea degli investimenti e della sua capacità operativa per investire in progetti di avvenire e rilanciare una vera crescita;
          a sostenere la proposta del Parlamento europeo di creare una redemption Fund composto dalla parte del debito di ogni Stato membro eccedente il 60 per cento da trasferire in un periodo di 5 anni, gestito dalla Commissione europea, per lo stock di debito accumulato, e a insistere con forza affinché divengano proposte operative le soluzioni tecniche contenute nel Libro verde della Commissione, quanto alle future emissioni di debito, per l'effettiva mutualizzazione, almeno parziale, dei debiti sovrani, con particolare riferimento agli eurobond, nonché ad approfondire le più recenti ipotesi dei cosiddetti eurobill, anche considerando la possibilità di combinare le diverse opzioni per permettere una loro rapida attuazione;
          considerata la pesante recessione in corso nel nostro Paese, a concordare con la Commissione europea, entro la fine di giugno prossimo, l'eliminazione per l'Italia delle spese per investimento dal computo dei saldi di finanza pubblica a partire dal 2012 al fine di innalzare la spesa per investimenti qualificati immediatamente realizzabili, evitare l'ulteriore aggravamento delle condizioni economiche e sociali e avvicinare gli obiettivi di indebitamento e debito pubblico;
          a rilanciare con forza l'idea di portare «il mercato comune alla successiva fase di sviluppo», perseguendo le iniziative indicate nella lettera dei 12 primi Ministri a Herman Van Rompuy e Jose Manuel Barroso, del 20 febbraio 2012, dando particolare rilievo all'apertura del settore dei servizi, al mercato unico distale e a quello dell'energia, all'area europea della ricerca e al sostegno delle piccole e medie imprese e delle micro imprese;
          a rilanciare altresì il tema dell'Europa sociale, chiedendo di avviare azioni in questo campo per la mobilità dei lavoratori, i nuovi programmi di apprendistato, l'aumento degli scambi e della mobilità tra studenti, stagisti, apprendisti.
(1-01075) «Franceschini, Gozi, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Tempestini, Fluvi, Baretta».


      La Camera,
          premesso che:
              nella attuale fase di crisi economica e finanziaria e di generalizzata recessione, i Paesi dell'Eurozona e gli altri membri dell'Unione europea hanno avviato iniziative volte a coniugare le politiche di rigore dei bilanci con la crescita e lo sviluppo;
              tali iniziative, dopo il dibattito tenuto in occasione del pranzo informale dei capi di Stato o di Governo del 23 maggio 2012, dovranno necessariamente tradursi in decisioni, ambiziose, concrete, lungimiranti e di lungo periodo al Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012;
              il quadro europeo vede ancora irrisolta la crisi della Grecia, per la quale in questi ultimi tre anni è stato fatto troppo poco e troppo tardi, e dove un Paese ed un popolo hanno pagato e pagano prezzi gravissimi anche a causa della tardiva e incerta reazione cui la riluttanza di alcuni partner ha portato l'Europa sin dalle fasi iniziali della grave crisi, allorché con assai minore aggravio di oneri per tutti la Grecia avrebbe dovuto esser condotta fuori dal tunnel, consolidando la sua permanenza nell'area Euro;
              cittadini e imprese subiscono le gravi conseguenze della recessione e della crisi, che è anzitutto una crisi politica e di governance, ciò che ha impedito ed impedisce di assumere, in modo unitario, decisioni politiche strategiche e non solo di reazione emergenziale agli attacchi speculativi, ancora in corso, ai debiti sovrani;
              il Parlamento, con la risoluzione di accompagnamento al documento di economia e finanze approvato il 26 aprile 2012, ha sottolineato l'importanza che il Governo operi affinché modifiche strutturali nei trattati siano introdotte verso l'attribuzione alla Banca centrale europea del ruolo di prestatore di ultima istanza; affinché la politica europea per la crescita utilizzi gli strumenti dei project bond, degli Eurobond e degli stability bond; affinché il fiscal compact sia ratificato contestualmente dai principali Paesi dell'Eurozona, e comunque dell'Italia non prima che intervenga la ratifica tedesca;
              il Parlamento europeo, nell'esame dei regolamenti della Commissione (two pack) relativi alla disciplina di bilancio, ha respinto la proposta di scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit di bilancio, ma ha approvato la creazione di un fondo europeo che assume debiti dei Paesi che eccedono il 60 per cento del prodotto interno lordo, e che emette obbligazioni a tassi di interesse ridotti con la garanzia di tutti i Paesi membri entro limiti temporali determinati;
              appare ormai evidente come il Consiglio informale di maggio 2012 ha mostrato che politiche dell'Unione europea basate sulla carenza di azione comune di governance e sulla mera prosecuzione di ricette di puro e semplice rigore sono inidonee tanto a contrastare la speculazione finanziaria quanto a creare nuove condizioni per lo sviluppo ed accentuano, in tutti i Paesi, assieme alla spirale recessiva, pericolose dinamiche euroscettiche cui sempre più larghe aree di opinione pubblica sono sensibili;
              è dunque indispensabile per l'interesse nazionale dell'Italia promuovere azioni di stimolo effettivo dello sviluppo, senza abbandonare la parallela linea del controllo dei conti pubblici; considerare insieme disciplina della spesa e spinta verso lo sviluppo rappresenta la sintesi, possibile ed oggi doverosa, tra ricette che finora hanno visto Paesi europei tra loro divisi con contrasti gravemente dannosi per l'intera Eurozona;
              sarà dunque essenziale che il Governo italiano promuova e consolidi le opportune sinergie con l'obbiettivo di raggiungere l'accordo che sinora è mancato sulle iniziative per lo sviluppo;
              sulla base di quanto sopra espresso e di quanto precisato negli impegni che seguono si assicura il sostegno al Presidente del Consiglio e all'azione che egli dovrà svolgere in occasione del prossimo Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012,

impegna il Governo:

          in preparazione e nel corso del Consiglio europeo del mese di giugno 2012, a sostenere e promuovere iniziative europee per lo sviluppo e la crescita con l'obiettivo di:
              a) creare un'unione bancaria dell'area euro, che preveda un fondo europeo di garanzia sui depositi bancari; un sistema centralizzato di sorveglianza sugli istituti di credito; una regolamentazione uniforme dei fallimenti bancari; l'istituzione di un'agenzia europea di rating del credito;
              b) attivare con effetto immediato i project bond europei e delineare criteri condivisi perché anche eurobond e stability bond siano attivati in tempi certi, nell'ambito di un'unione economica dell'area euro;
              c) coordinare tali strumenti con il potenziamento degli interventi della Banca europea degli investimenti e con l'uso migliore e più efficace dei fondi strutturali nazionali;
              d) sostenere un dibattito politico europeo non formale sul «cantiere istituzionale» verso un'unione politica dell'area euro, cui gli Stati membri non dovrebbero più opporre obiezioni pregiudiziali, includendo, tra gli altri, il tema cruciale dell'unione fiscale e dei relativi meccanismi di controllo sovranazionale delle politiche di bilancio;
              e) favorire, attraverso opportune modifiche dei trattati, un processo riformatore volto ad attribuire alla Banca centrale europea un nuovo mandato che preveda il ruolo di prestatore di ultima istanza;
              f) garantire l'accesso al credito da parte delle imprese, anche attraverso un adeguato monitoraggio dei flussi di credito erogati dalla Banca centrale europea ad istituti bancari nazionali, preservandone la prioritaria destinazione ad alimentare le capacità di credito del settore bancario verso la produzione e l'economia reale, con particolare riferimento alla piccola e media impresa;
              g) insistere nel sostegno a criteri europei per lo scorporo strutturale di alcune categorie di investimento, di riconosciuto interesse comune, dal computo del deficit dei Paesi membri;
              h) proseguire nella istituzione di un fondo speciale comunitario, già approvato dal Parlamento europeo, che assume i debiti dei Paesi che eccedono il limite del 60 per cento del prodotto interno lordo, fissato dal fiscal compact, e che emette obbligazioni a tassi di interesse ridotti con la garanzia di tutti gli Stati membri entro limiti temporali determinati;
              i) definire tempi certi per il completamento del mercato interno, aumentando competitività ed introducendo flessibilità nel mercato del lavoro secondo principi europei;
              l) proporre, secondo la tradizione europeistica italiana, una più forte prospettiva di Europa solidale, che accanto alla capacità di governo «politico» sia pronta a reagire con effetto immediato ad attacchi diretti ad uno o più degli Stati membri, compresi gli attacchi speculativi e finanziari, al pari di quelli ambientali o terroristici, e stabilire quindi, interpretando in tal senso, con l'impulso dell'Italia, il Trattato di Lisbona, una clausola europea di solidarietà di fronte alle minacce ed agli attacchi, così da mostrare ai cittadini la funzione di «protezione» europea come ulteriore e concreto effetto positivo dell'appartenenza alla casa comune.
(1-01076) «Cicchitto, Frattini, Brunetta».


      La Camera,
          premesso che:
              Germania e Regno Unito hanno siglato nel 2011 – e l'Austria nel 2012 – un accordo con la Confederazione elvetica in base al quale, in cambio del mantenimento del segreto bancario, verrà applicata sui capitali dei cittadini tedeschi e britannici, depositati presso gli istituti finanziari elvetici, un prelievo una tantum sull'ammontare del capitale e una ritenuta annuale sui rendimenti del medesimo, a meno che i clienti optino per la comunicazione dei propri dati all'amministrazione finanziaria di residenza;
              il prelievo straordinario si configura come una liberatoria e sarà applicato con aliquote che variano, in ragione dell'ammontare del capitale e degli anni di giacenza, dal 19 al 34 per cento per la Germania e dal 20 al 34 per cento per il Regno Unito, mentre, sui rendimenti annuali dei capitali custoditi, saranno invece applicate aliquote esattamente corrispondenti a quelle dovute al proprio erario (per la Germania l'aliquota è fissata al 26,375 per cento, mentre per il Regno Unito si applicano aliquote diversificate che variano dal 27 al 48 per cento);
              secondo le stime più accreditate, i capitali italiani depositati in Svizzera ammonterebbero ad una cifra compresa tra i 130 e i 150 miliardi di euro e un eventuale prelievo medio del 25 per cento, come quello previsto negli accordi con Regno Unito e Germania, potrebbe garantire potenziali incassi per l'erario di oltre 30 miliardi di euro;
              dall'entrata in vigore dell'accordo, si è molto discusso in Italia sull'opportunità e percorribilità di un'intesa analoga a quella siglata da Germania e Regno Unito, ora all'attenzione dell'attuale Governo, per un più approfondito esame;
              in sede europea, la Commissione aveva sollevato alcuni dubbi sulla compatibilità comunitaria di questi accordi in rapporto alla direttiva europea sul risparmio n.  2003/48/CE, anche se potevano essere studiate e realizzate convergenze sugli aspetti più problematici;
              il 17 aprile 2012, il Commissario europeo Semeta ha affermato in conferenza stampa che gli accordi bilaterali stipulati da Germania, Regno Unito ed Austria con la Svizzera sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
              è opportuno ricordare che esistono rapporti secolari strettissimi tra Italia e Svizzera, in generale, e tra gli abitanti del Canton Ticino e del Cantone dei Grigioni con quelli delle province del Verbano Cusio Ossola, di Como, di Varese e di Sondrio in particolare. Sono, infatti, più di 50.000 i lavoratori italiani che ogni giorno si recano in Svizzera per svolgere la propria attività lavorativa, partendo dai comuni di frontiera della Lombardia e del Piemonte, e che apportano un contributo indispensabile all'economia elvetica;
              a seguito dei recenti sviluppi a livello europeo e della positiva soluzione della questione concernente il blocco dei ristorni dei frontalieri, Italia e Svizzera hanno convenuto l'istituzione di un gruppo di pilotaggio che lavori per individuare una soluzione alle questioni fiscali e finanziarie pendenti;
              la prima riunione del gruppo di pilotaggio italo-svizzero sui temi finanziari e fiscali si è svolta il 24 maggio 2012 a Roma presso il Ministero dell'economia e delle finanze e il gruppo si riunirà nuovamente entro la fine di giugno 2012 a Berna. Nel corso del primo incontro sono stati approfonditi diversi temi, tra i quali il modello di convenzione sulla regolarizzazione dei valori patrimoniali detenuti in Svizzera da contribuenti non residenti, l'introduzione di un'imposta alla fonte sui futuri redditi da capitale, l'accesso ai mercati finanziari, le black list esistenti, la revisione della convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni (anche con riferimento allo scambio di informazioni) e l'accordo relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri,

impegna il Governo:

          a procedere speditamente nell'adozione di una convenzione bilaterale sul modello di quelle concluse dalla Confederazione elvetica con la Germania, il Regno Unito e l'Austria, anche alla luce della dichiarata piena compatibilità di tali accordi con il diritto comunitario da parte della Commissione europea;
          a destinare le risorse derivanti dall'applicazione della citata convenzione a misure per favorire lo sviluppo e l'occupazione nel Paese.
(1-01077) «Ciccanti, Galletti, Compagnon, Rao, Naro, Volontè, Adornato, Libè, Occhiuto, Calgaro, Cera».


      La Camera,
          premesso che:
              il servizio di gestione della navigazione pubblica laghi di Garda, Como e Maggiore è attualmente in capo ad un organismo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la gestione governativa navigazione laghi, che movimenta diversi milioni di passeggeri l'anno, fra turisti e residenti nei centri lacustri;
              le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla gestione governativa laghi, portandoli da 26 a 13 milioni. Le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti ed in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione;
              sostenere la navigazione pubblica sui laghi significa sostenere una possibile integrazione e un'alternativa alla difficile e in certi periodi dell'anno non più sostenibile, mobilità su gomma. Non solo è necessario mantenere il servizio in essere, ma sarebbe auspicabile prevedere interventi per incentivare anche il servizio notturno al fine di migliorare le condizioni ambientali e quelle del trasporto nel territorio;
              il taglio del 50 per cento sul fondo di esercizio dell'azienda di trasporto pubblico Navigarda ha portato ad una drastica diminuzione delle corse e un notevole ridimensionamento del personale e le previsioni per l'immediato futuro sono assolutamente drammatiche, dato anche il blocco delle assunzioni di lavoratori stagionali;
              le recenti disposizioni della legge n.  217 del 2011 prevedono che la Navigarda paghi sia le accise sia l'Iva sui carburanti, oltre alla stessa Iva sull'acquisto dei pezzi di ricambio per le navi e questo si traduce, secondo le stime degli esperti del settore, in un aggravio ulteriore di 5 milioni di euro;
              il decreto legislativo 19 novembre 1997, n.  422, all'articolo 11 prevede che la gestione governativa per i laghi Maggiore, di Como e di Garda sia trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento. Questo passaggio sarebbe dovuto avvenire entro il 1o gennaio 2000, previo risanamento tecnico-economico ma tuttora la gestione è centralizzata a livello statale, ma la regionalizzazione del servizio non è tuttora avvenuta;
              in attuazione al succitato decreto legislativo, la regione Lombardia ha promulgato la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25, in cui si prevede, all'articolo 29, che la giunta regionale è autorizzata a stipulare accordi di programma con le regioni e la provincia autonoma interessate per l'organizzazione della gestione della navigazione per i laghi Maggiore, di Como e di Garda;
              il decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85, recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n.  42», all'articolo 5, comma 1, prevede che vengano trasferiti a livello territoriale i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, ad eccezione dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale;
              la «devoluzione» della gestione e il passaggio di proprietà dei laghi dallo Stato alle regioni è quindi già previsto all'interno del decreto sul federalismo demaniale, che coinvolge tutti i laghi ad eccezione di quelli Maggiore e di Garda, che necessitano di un accordo fra le regioni bagnate dalle acque lacuali;
              in un'ottica di funzionalità e di efficienza, la navigazione sui laghi potrebbe anche non essere gestita necessariamente a livello pubblico. L'ingresso dei privati potrebbe introdurre elementi di logica imprenditoriale in grado di risollevare l'intero settore e risolvere i problemi economici-finanziari (i bilanci della Navigarda e della Navilaghi risultano infatti essere in passivo);
              inoltre, viste le diverse esigenze e movimentazioni di traffico, la gestione potrebbe non essere unica per tutti i laghi, ma autonoma e indipendente, trasferendo sul territorio di riferimento questo importante servizio;
              è necessario mettere in atto interventi concreti sull'intera area lacustre, anche prevedendo un potenziamento e una riqualificazione del sistema di collettamento e depurazione delle acque del lago di Garda con la realizzazione del nuovo depuratore per la sponda bresciana e il raddoppio o, dove occorre, il rifacimento delle condotte sub lacuali esistenti con la loro conseguente dismissione,

impegna il Governo:

          a reperire le risorse economiche necessarie a garantire, fin dalla stagione estiva che sta iniziando, un servizio efficiente e funzionale del servizio pubblico di navigazione sui laghi, sia per garantire una mobilità alternativa a quella su gomma a residenti ed ospiti, sia per la riduzione dell'inquinamento acustico e ambientale che questo comporta;
          a dare concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n, 422, in cui si prevede il trasferimento a livello regionale della gestione della navigazione sul lago di Garda, anche favorendo la stipula di accordi fra Lombardia, Veneto e Trentino, in attuazione dell'articolo 5, comma 1 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85 concernente il federalismo demaniale;
          a valutare la possibilità di intervenire con gli appositi strumenti, anche di carattere normativo, per modificare l'attuale gestione dei laghi prealpini, da una parte rendendo possibile l'ingresso ai privati, nell'ente pubblico e dall'altra prevedendo una gestione organizzativa e finanziaria autonoma per ciascun lago;
          a provvedere tempestivamente, per quanto di competenza, con azioni volte a potenziare e riqualificare il sistema di collettamento e depurazione delle acque del lago di Garda.
(1-01078) «Montagnoli, Fogliardi, Bragantini, Negro, Martini, Saglia, Dal Moro, Ferrari, Gelmini, Federico Testa, Brancher, Alberto Giorgetti, Borghesi, Molgora, Beccalossi, Corsini, Moroni».


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 5 del decreto-legge n.  201 del 2011, prevede che siano «rivisti le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di: adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico (...)»;
          in sede di approvazione del relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si pone fra i vari nodi da risolvere quello non marginale della definizione e dell'individuazione delle somme, anche se esenti da imposizione fiscale, che dovrebbero rientrare nel computo dell'indicatore della situazione reddituale e quindi nell'ISEE;
          si evidenziano notevoli perplessità, in termini di equità e solidarietà, nell'ipotesi di applicare la norma considerando alla stregua del reddito da lavoro o da attività finanziarie, le somme corrisposte con intenti assistenziali (giusto l'articolo 38 della Costituzione). Fra tali somme sono incluse, a titolo di esempio, le provvidenze assistenziali corrisposte ai minorati civili (ciechi, sordi, invalidi civili) e la pensione sociale;
          la scelta operata in tale direzione comporterebbe una disparità di trattamento fra i redditi che possono godere di detrazioni e deduzioni ai fini fiscali e che hanno uno specifico inquadramento in ambito tributario, e le somme esenti da IRPEF che non possono fruire di tali detrazioni e deduzioni;
          al contrario la scelta sin qui operata dal legislatore (decreto del Presidente della Repubblica n.  603 del 1973, articolo 34) è stata volta ad esentare dall'imposizione quelle provvidenze che lo Stato stesso eroga a fini di assistenza (articolo 38 della Costituzione);
          e, a ben vedere, una misura di segno opposto sarebbe stata paradossale e controproducente: lo Stato si sarebbe trovato nella situazione di concedere un aiuto, dopo aver apprezzata e valutata la situazione di bisogno, per poi ridurre l'entità dell'aiuto applicandone una imposizione;
          di fatto, il legislatore ha posto – già e comunque – sulle provvidenze assistenziali, il vincolo della prova dei mezzi, al fine di vincolarne l'erogazione allo stato di bisogno economico degli interessati. Oggi, a parte il cosiddetto «accompagnamento» che ha una connotazione indennitaria, tutte le prestazioni vengono erogate dopo la verifica del mancato superamento di stretti vincoli reddituali personali e, nel caso della pensione sociale, dell'interessato e del coniuge. Allo stesso tempo, è ormai diffusa tra comuni e regioni un'applicazione dell'Isee che esclude dal campo applicativo i percorsi e i servizi di inclusione sociale e per l'autonomia delle persone con disabilità;
          l'effetto concreto nella considerazione delle provvidenze assistenziali alla stregua di un reddito da lavoro o pensionistico è che la titolarità di tali provvidenze rappresenti un elemento di svantaggio, se non di esclusione, nell'accesso alle prestazioni sociali proprio per chi ne ha maggiormente necessità, ulteriormente aggravato dalla particolare situazione di crisi. Inoltre, la presenza di una persona con disabilità rappresenta oggi il più importante elemento determinante povertà e rischio di impoverimento;
          non sono da escludersi azioni in giudizio fino a sollevare il dubbio di legittimità costituzionale di tale disposizione per violazione degli articoli 38 e 3 della Costituzione, anche per la disparità di trattamento evidente che si ingenererebbe fra nuclei familiari in cui sia presente una persona con grave disabilità e quelli, a pari composizione, in cui non siano presenti persone con disabilità;
          al contempo, ai sensi dell'articolo 5, dovrebbero essere considerate nel computo della situazione reddituale anche le rendite per invalidità sul lavoro, misure di origine previdenziale erogate a persone che hanno subito danni anche molto severi nello svolgimento della propria attività lavorativa e che, in moltissimi casi, non sono più in grado di produrre reddito. Anche la considerazione quale reddito di quella rendita, che ha natura indennitaria, è foriera di una significativa discriminazione;
          lo stesso articolo 5 del decreto-legge n.  201 del 2011 prevede che «Con il medesimo decreto sono individuate le agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso»;
          attualmente l'accesso alle provvidenze assistenziali è (a parte l'eccezione dell'indennità di accompagnamento) già vincolato a determinati livelli di reddito (IRPEF):
              pensioni e assegni agli invalidi civili: si considera il reddito personale dell'interessato (15.627,22 euro lordi annui per gli invalidi al 100 per cento; 4.596,02 euro per gli invalidi dal 74 al 99 per cento;
              assegno sociale: si considera il reddito della persona e del coniuge (ma non del rimanente nucleo familiare), sia per l'importo base che per le eventuali maggiorazioni;
              assegni al nucleo familiare: un articolato sistema di calcolo, che incrocia la composizione dei familiari a carico e il reddito, definisce il diritto o meno all'integrazione alla retribuzione (o alla pensione) e l'importo della provvidenza;
          l'indennità di accompagnamento è riconosciuta attualmente agli invalidi civili totali non in grado di deambulare autonomamente o senza l'aiuto di un accompagnatore oppure non in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita. Viene inoltre concessa ai ciechi totali e simile provvidenza viene riservata alle persone sorde;
          data la loro natura indennitaria, quale forma di compensazione per servizi non resi dallo Stato, non sono – correttamente – previsti limiti reddituali al di sopra dei quali la provvidenza non viene erogata;
          in tutti i Paesi europei che prevedono forme di supporto economico alla grave disabilità, la misura è fornita esclusivamente sulla base del bisogno di assistenza della persona e non secondo le sue condizioni economiche, per un preciso motivo: gli interventi per le persone con disabilità devono essere considerati un diritto di cittadinanza, indipendente dalle disponibilità economiche, come la sanità;
          appare, quindi, inappropriato e fuori luogo, iniziare una profonda revisione delle politiche per la disabilità e delle politiche per la non autosufficienza, iniziando dalle uniche, oltreché limitate, provvidenze economiche,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per escludere dal computo dell'indicatore della situazione reddituale le provvidenze assistenziali e di supporto all'inclusione sociale e ai percorsi di autonomia personale;
          ad assumere iniziative per escludere dall'applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente le medesime provvidenze economiche.
(1-01079) «Granata, Perina, Giorgio Conte, Di Biagio, Angela Napoli, Patarino, Toto, Lo Presti, Menia, Muro, Briguglio, Galli, Scanderebech».


      La Camera,
          premesso che:
              il 4 aprile 1997 è stata firmata a Oviedo la «Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la dignità dell'essere umano riguardo alla applicazione della biologia e della medicina», meglio conosciuta come Convenzione di Oviedo;
              il provvedimento è entrato in vigore il 1o dicembre 1999, avendo raggiunto il numero necessario di firme previsto dall'articolo 33 della stessa;
              ad oggi, 6 giugno 2012, 29 Paesi europei hanno sottoscritto e completato con il deposito dei provvedimenti di ratifica, la loro adesione alla Convenzione di Oviedo e altri Paesi stanno completando gli atti necessari alla ratifica nazionale;
              l'Italia ha avviato le procedure per la ratifica definitiva con la legge del 28 marzo 2001, n.  145, «Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano riguardo all'applicazione della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, nonché del Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n.  168, sul divieto di clonazione di esseri umani»;
              la stessa legge, all'articolo 3, comma 1, prevede che: «Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti ulteriori disposizioni occorrenti per l'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano ai principi e alle norme della Convenzione e del Protocollo»;
              l'articolo 49, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n.  3, ha disposto che «Il termine per l'esercizio della delega previsto dall'articolo 3, comma 1, della legge 28 marzo 2001, n.  145, è differito al 31 luglio 2003»;
              dopo nove anni, il Governo italiano non ha ancora ottemperato a quanto espressamente previsto dall'articolo 3 della legge n.  145 del 2001 e dal successivo articolo 49 della legge n.  3 del 2003, non avendo ancora adottato i decreti legislativi necessari per l'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano alle norme della convenzione di Oviedo, nonché al protocollo addizionale sul divieto di clonazione di esseri umani;
              il 24 febbraio 2012, il Comitato nazionale per la bioetica ha presentato una mozione per il completamento dell’iter di ratifica della convenzione di Oviedo, sottolineando, in particolare, l'importanza del disposto all'articolo 36 della stessa, secondo cui ogni Stato può, al momento della firma del provvedimento comunitario o del deposito dello strumento di ratifica, formulare una riserva al contenuto di una disposizione particolare della convenzione, nella misura in cui una legge in quel momento in vigore sul suo territorio non sia conforme a detta disposizione;
              la convenzione di Oviedo contiene, infatti, norme fondamentali, come il riconoscimento del testamento biologico, il divieto all'accanimento terapeutico e la regolamentazione del consenso informato. In particolare, stabilisce che il consenso libero e informato del paziente all'atto medico non vada considerato solo sotto il profilo della legittimità del trattamento, ma debba essere considerato prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino, che riguarda il più generale diritto all'integrità, all'autonomia, alla libertà e alla dignità della persona;
              nel dettaglio, la convenzione del 1997 afferma che il dissenso da parte del paziente è vincolante per il medico; ove il paziente non sia autonomo il medico fa riferimento ad eventuali direttive anticipate manifestate prima di perdere la capacità di esprimere le proprie volontà. Nel caso di minorenni o di incapaci vale la volontà di chi esercita la tutela, salvo che non sia pregiudiziale alla salute del paziente: in tal caso sarà il medico che decide in scienza e coscienza;
              in Italia, la Federazione nazionale degli ordini professionali dei medici chirurghi e odontoiatri ha provveduto alla stesura di una edizione aggiornata del codice di deontologia medica, entrato in vigore nel 2006 e tuttora vigente, un codice ispirato agli articoli della convenzione di Oviedo;

impegna il Governo

a provvedere, in tempi celeri, all'adozione dei provvedimenti necessari per dare pienamente seguito alla convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina e consentire un «piena ed intera esecuzione della stessa, anche predisponendo la disciplina occorrente per l'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano ai principi e alle norme della convenzione, al fine di garantire ai cittadini italiani gli stessi diritti alla salute di tutti i cittadini europei.
(1-01080) «Palagiano, Di Pietro, Donadi».


      La Camera,
          premesso che:
              occorre anche per gli anni 2013, 2014 e 2015, in coerenza a quanto stabilito negli anni precedenti, garantire le risorse necessarie per la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili nella provincia di Napoli e nel comune di Palermo, nonché le risorse per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di cui all'articolo 2, comma 552, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, in considerazione della rilevanza sociale di tali interventi nell'attuale momento di crisi economica;
              a tal fine è necessario consentire anche per gli anni 2013, 2014 e 2015, nella legge di stabilità 2013, il finanziamento per un importo pari a 110 milioni di euro per l'anno 2013, – 110 milioni di euro per l'anno 2014 e 110 milioni di euro per l'anno 2015, per la stipula di convenzioni con i comuni interessati per l'attuazione di misure di politiche attive del lavoro finalizzate alla stabilizzazione occupazionale dei lavoratori impiegati in attività socialmente utili nella provincia di Napoli e nel comune di Palermo ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 25 marzo 1997 n.  67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n.  135, nonché il finanziamento, per un importo pari a 1 milione di euro, per l'anno 2013, 1 milione di euro per l'anno 2014, 1 milione di euro per l'anno 2015, per la stipula di convenzioni con i comuni interessati per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con oneri a carico del bilancio comunale di cui all'articolo 2, comma 552 della legge 24 dicembre 2007, n.  244,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a garantire il finanziamento necessario per la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili nella provincia di Napoli e nel comune di Palermo, nonché per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di cui alla premessa.
(1-01081) «Cesario, Laboccetta, Gioacchino Alfano, Berardi, De Nichilo Rizzoli, D'Anna, Renato Farina, Garofalo, Germanà, Gianni, Marinello, Moffa, Pagano, Pionati, Polidori, Porfidia, Razzi, Paolo Russo, Terranova, Nunzio Francesco Testa».

Risoluzione in Commissione:


      Le Commissioni X e XI,
          premesso che:
              Ansaldobreda rientra nella famiglia delle società e aziende (25 in tutto) che costituiscono il «colosso italiano» Finmeccanica, per quanto concerne il settore «civile»: si tratta di un soggetto leader per quanto concerne la produzione e la messa in esercizio di veicoli ferroviari (sia per il Mass Transit che per il Main Line), che presenta quattro stabilimenti dislocati tra Pistoia, Napoli, Reggio Calabria e Palermo, per un totale di circa 2.500 addetti (escluso indotto e decentrato/incentrato);
              gli alti vertici e, soprattutto, l'amministratore delegato del gruppo, nominato per il risanamento dell'azienda, nel perseguimento della propria strategia di mercato, stanno valutando l'ipotesi di una cessione dell'intero settore civile; secondo quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, l'ipotesi di acquisizione starebbe fortemente interessando alcuni acquirenti stranieri, provenienti da aree asiatiche a forte industrializzazione;
              per tutta la popolazione Ansaldobreda sono ore di attesa, anche perché non esiste una posizione ufficiale in merito alle indiscrezioni e alle dichiarazioni che si susseguono in questo periodo;
              negli ultimi mesi, soprattutto la realtà reggina dell'Ansaldobreda vive nell'incertezza assoluta per quanto riguarda la tematica occupazionale e quindi, la garanzia della continuità lavorativa: lo stabilimento di Torre Lupo ex O.ME.CA. (officine meccaniche calabresi) è l'unica entità industriale «di livello» presente nella provincia di Reggio Calabria, costituita da una forza lavoro di circa 445 addetti interni (compresi i lavoratori interinali) e circa 100 dipendenti delle ditte di incentrato,

impegnano il Governo

a valutare l'adozione di ogni possibile iniziativa diretta a tutelare i livelli occupazionali degli stabilimenti in questione e a salvaguardare le prospettive di sviluppo dell'azienda, con specifico riferimento alle officine di Reggio Calabria, scongiurando qualsiasi ipotesi che l'eventuale cessione del settore civile possa determinare la perdita del capitale umano impegnato da anni in un processo di innovazione che ha sortito grandi risultati di efficienza e produzione industriale.
(7-00906) «Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Saglia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85 «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un loro patrimonio, ai sensi dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n.  42», stabilisce che siano individuati i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a comuni, province, città metropolitane e regioni, secondo i parametri e le procedure indicate nel decreto medesimo;
          l'articolo 3, comma 3, del suddetto decreto legislativo prevede che i beni sono individuati, ai fini dell'attribuzione ad uno o più enti appartenenti ad uno o più livelli di governo territoriale, mediante l'inserimento in appositi elenchi contenuti in uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo stesso;
          l'articolo 7 del medesimo decreto precisa, inoltre, che a decorrere dal 1o gennaio del secondo anno successivo alla data della sua entrata in vigore, su richiesta degli enti locali possono essere attribuiti ulteriori beni eventualmente resisi disponibili e, al comma 2, specifica che gli enti territoriali interessati possono individuare e richiedere ulteriori beni non inseriti in precedenti decreti né in precedenti provvedimenti del direttore dell'Agenzia del demanio;
          è trascorso il termine di 180 giorni previsto per l'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n.  85 del 2010 e, non sono individuati gli immobili di possibile attribuzione agli enti interessati;
          diversi comuni ed enti locali già utilizzano beni demaniali a scopi istituzionali – o sono interessati a poterne usufruire – e attendono dal 2010 di poter conoscere quali beni statali possano essere loro attribuiti  –:
          in quali tempi il Governo intenda adempiere agli obblighi derivanti dal decreto legislativo in questione e adottare i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con l'elenco dei beni individuati.
(2-01549) «Albini, Zunino, Amici, Mariani, Rampi, Agostini, Meta, Velo, Bratti, Giacomelli, Garofani, Nannicini, Gatti, Verini, Murer, Marchioni, Schirru, Corsini, Ghizzoni, Berretta, D'Incecco, Concia, Naccarato, Sereni, Cilluffo, Piccolo, Rossa, Ciriello, Cavallaro, Gnecchi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MELIS e CAVALLARO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 12 giugno 2012 gravissimi fatti sono avvenuti all'Hotel Ergife di Roma, adibito a sede del concorso per l'avvocatura dello Stato, tanto da imporre il ricorso alla forza pubblica e l'interruzione e successivo annullamento della prima prova concorsuale;
          in particolare, pare assodato che copie delle tracce del compito circolassero prima della dettatura da parte della commissione, che alcuni candidati siano entrati nella sala portando con sé i codici commentati (in violazione ad una precisa norma concorsuale che impone il deposito dei codici il giorno precedente onde se ne possa verificare l'assenza di annotazioni a stampa o a matita), che tempi lunghissimi siano occorsi per espletare le procedure di accesso al concorso, di identificazione dei candidati, di inizio della prova e altro;
          infine, dopo una serie di violente proteste da parte dei candidati, in presenza di irregolarità pare documentate anche da videoriprese tramite cellulari (evidentemente non ritirati come avrebbe dovuto essere), la prova è stata annullata, tra le dure e corali proteste di moltissimi dei 975 candidati;
          il caso del 12 giugno per altro si inquadra in una preoccupante serie di eventi analoghi, tra i quali basterà citare la recente interruzione e il conseguente annullamento di analogo concorso per il titolo di notaio dopo le proteste vivaci dei concorrenti contro irregolarità altrettanto evidenti;
          si ha ragione per altro di ritenere che, in presenza di un numero di candidati così alto, la gestione dei concorsi pubblici non corrisponda più in molti casi alle più elementari regole di correttezza e trasparenza delle prove e alle garanzie di parità tra concorrenti  –:
          se il Governo non ritenga di assumere iniziative per una riforma radicale delle procedure e delle modalità dei concorsi implicanti grandi numeri di concorrenti, onde garantirne il sereno svolgimento e impedire che si verifichino gravi deviazioni, con tradimento dei fini stessi delle prove attraverso le quali dovrebbero essere selezionati i migliori concorrenti. (5-07092)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il presidente della Federal Reserve ha sottolineato i rischi che la crisi dell'Unione europea comporta per gli Stati Uniti e per l'economia mondiale  –:
          se il Governo condivida le preoccupazioni del presidente della Federal Reserve;
          in che modo il Governo intenda operare ai fini di contribuire a risolvere la crisi dell'Unione europea;
          se e come il nostro Paese intenda far fronte all'ulteriore effetto depressivo indotto nella congiuntura del nostro Paese da un aggravarsi della crisi a livello mondiale. (4-16577)


      SCHIRRU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          come appreso dagli organi di stampa, dovrebbe essere pronto il modello di bando, in forma di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per il concorso straordinario con il quale verranno assegnate le nuove sedi farmaceutiche sul territorio italiano;
          si legge che verrà aggiornata la griglia dei punteggi, grazie anche al lavoro di un tavolo congiunto Ministero-regioni, ma soprattutto che saranno fissati criteri unici per tutte le regioni, azzerando nella sostanza la discrezionalità delle commissioni;
          con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si andrà dunque a rivedere e correggere in particolare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.  298 del 1994 sui punteggi, che aveva di fatto determinato un superamento della legge n.  475 del 1968, in cui era prevista, tra le altre, la valutazione delle invalidità: «Ai mutilati e invalidi di guerra in godimento di pensione di guerra di una delle prime quattro categorie di cui alla tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n.  648, e ai mutilati e invalidi civili la cui capacità lavorativa risulti ridotta di almeno un terzo sono riconosciuti punti 10 complessivi per la categoria dei titoli relativi all'esercizio professionale»;
          l'attuale situazione di grave crisi dell'economia e del mercato del lavoro colpisce soprattutto i ceti più deboli e, con oggettive maggiori difficoltà, i lavoratori invalidi  –:
          se non si ritenga di avviare urgenti iniziative affinché sia ripristinata la valutazione ricordata in premessa, nell'interesse di tutti gli invalidi civili e i disabili; se non sia opportuno prevedere un sistema di salvaguardia sia dei concorrenti invalidi che delle altre categorie protette, ai sensi della legge n.  68 del 1999, e con attenzione alla corretta applicazione dell'articolo 9 del decreto-legge n.  138 del 2011.
(4-16589)


      DI STANISLAO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          Amnesty International e Human rights watch in una dichiarazione congiunta dichiarano che i leader mondiali hanno la possibilità di creare un legame significativo tra lo sviluppo sostenibile e i diritti umani;
          i capi di Stato, funzionari governativi, e le organizzazioni non governative si riuniranno dal 20 al 22 giugno 2012, a Rio de Janeiro per la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile Rio +20;
          il vice direttore esecutivo di Human rights watch ha dichiarato che i leader mondiali a Rio dovrebbero garantire che lo sviluppo sostenibile si fondi su diritti umani e che è incoraggiante che il nuovo progetto per il documento finale fa esplicito riferimento ai diritti umani, ma non è sufficiente a garantire che tali diritti siano tutelati;
          iniziative di sviluppo economico che non incorporano obblighi relativi ai diritti umani possono incentivare l'emarginazione, la discriminazione e l'ingiustizia;
          Amnesty International e Human rights watch hanno documentato violazioni dei diritti umani nel contesto di progetti infrastrutturali perseguiti in nome dello sviluppo, il funzionamento delle industrie estrattive che hanno spinto le popolazioni indigene lontano dalle loro terre tradizionali, e le politiche di sviluppo che hanno portato a sgomberi forzati delle fasce più povere;
          Human rights watch ha documentato violazioni dei diritti alla salute dei gruppi vulnerabili, compresi i bambini, quando sono stati esposti a sostanze chimiche tossiche nel contesto di estrazione, produzione industriale e agricoltura;
          Amnesty International e Human rights watch hanno fatto appello ai Paesi in tutto il mondo al fine di: riaffermare obblighi di legge tutti gli Stati; di rispettare, proteggere e realizzare i diritti umani, che sono essenziali per lo sviluppo sostenibile; riaffermare che le politiche di sviluppo, i progetti, e le pratiche devono rispettare gli obblighi degli Stati in tema di diritti umani e che l'assistenza tecnica e finanziaria deve essere coerente con gli obblighi sui diritti umani; assicurarsi che le istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca Mondiale, che siano approvati progetti che sono stati sottoposti alla valutazione efficace dei potenziali impatti sui diritti umani e sono progettati per ridurre eventuali rischi per i diritti umani che potrebbero essere stati identificati da tali valutazioni; riaffermare il diritto di accesso alle informazioni; impegnarsi per consentire l'effettiva partecipazione attraverso processi trasparenti e della tutela dei diritti alla libertà di espressione, di associazione e di riunione; riaffermare il principio di non discriminazione sulla base della razza, colore, sesso, età, lingua, religione, opinione politica, origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione impegnandosi a lavorare con rinnovato vigore per garantire che gli aiuti allo sviluppo sostenibile raggiunga i membri più emarginati della società; promuovere attivamente i diritti delle donne e della parità di genere attraverso politiche di sviluppo sostenibile, che comprendono politiche che garantiscano l'accesso ai servizi di salute riproduttiva e adeguate informazioni; riaffermare i diritti umani delle popolazioni indigene; riaffermare che le imprese hanno la responsabilità di rispettare i diritti umani, ovunque essi operano, di esercitare la diligenza dovuta per valutare, prevenire e mitigare il loro impatto sui diritti umani e l'ambiente, e per fornire un rimedio accessibile se si verificano abusi;
          recentemente sei associazioni ambientaliste (Legambiente, Kyoto Club, Greenpeace, Fondazione Symbola, Fondazione Sviluppo Sostenibile, WWF) hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Monti sottolineando il ruolo positivo della green economy, intesa nella sua accezione più larga, come sistema economico low carbon in grado di migliorare il benessere e l'equità sociale, riducendo in modo significativo i rischi ambientali;
          nella lettera vengono illustrate una serie di valutazioni e proposte che le associazioni auspicano possano trovare ampio riscontro, anche in vista dell'annunciata presenza del Presidente del Consiglio a Rio  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei rapporti elaborati da Human rights watch e Amnesty International che mettono in evidenza lo stretto legame tra sviluppo sostenibile e tutela dei diritti umani e se e come intenda raccogliere l'appello lanciato dalle due organizzazioni;
          se e come il Governo intenda sostenere le richieste delle sei associazioni ambientaliste italiane che puntano l'attenzione sull'importanza della green economy e giungere all'appuntamento di Rio + 20 in linea con i principi e gli obiettivi che lo caratterizzano e con un programma concreto ed efficace. (4-16594)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il Presidente del Consiglio ha affermato che «abbiamo perso in questi ultimi tempi l'appoggio che gli osservatori ci attribuivano dei poteri forti»;
          alcuni parlamentari – tra i quali l'interrogante – hanno affermato nelle aule del Parlamento che questo Governo nasce dall'appoggio di «poteri forti» estranei alla dialettica democratica e alla costituzionalità parlamentare;
          il Governo ha sempre opposto uno sdegnato diniego all'ipotesi sopra evocata  –:
          se dette gravi affermazioni corrispondano al vero;
          se e a quali «poteri forti» il Presidente si riferisca;
          come giustifichi dette affermazioni se il Presidente del Consiglio ha sempre fieramente negato di avere altri appoggi se non quelli dei poteri costituzionali;
          se e come giustifichi le proprie affermazioni attuali e precedenti;
          se esistano effettivamente «poteri forti» in grado di condizionare la vita democratica del nostro Paese e quali siano; quali iniziative il Governo abbia attuato o intenda attuare per ripristinare la legalità democratica;
          se viceversa le dichiarazioni del Presidente del Consiglio intendessero essere un monito, a chi e con che finalità. (4-16598)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          il Presidente del Consiglio ha dichiarato che l'Unione europea «deve procedere verso l'unione bancaria che deve essere chiamata unione finanziaria» e che «nell'immediato i Paesi membri dell'eurozona devono esprimere la volontà di preservare la moneta unica, una prospettiva nella quale si inseriscono gli eurobond»;
          il Ministro per gli affari europei ha affermato che l'Italia è assolutamente attenta e positiva per «un'unione politica rafforzata»  –:
          in cosa consista «l'unione politica rafforzata»;
          in cosa consista «l'unione bancaria che deve essere chiamata unione finanziaria»;
          se e quali azioni il Governo intenda attuare ai fini di realizzare i propositi enunciati;
          se dette azioni vadano ulteriormente a supporto delle grandi banche e delle grandi istituzioni finanziarie a discapito del contribuente medio e delle piccole imprese;
          se il Governo non ritenga invece più opportuno orientare la governance dell'Unione europea nel senso di un minore potere alle istituzioni finanziarie e un rinnovato ruolo per gli enti locali, le regioni e le unioni dei popoli europei;
          se il prezzo che il nostro sistema economico costituito da piccole aziende sta pagando per sostenere l'Unione europea non sia già troppo alto. (4-16599)


      LO PRESTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere dell'8 e del 14 maggio 2012, indirizzate ai capi di gabinetto ed ai capi dipartimento della Presidenza, ha stabilito che il personale «fuori comparto» in assegnazione temporanea deve essere restituito alle amministrazioni di provenienza, nell'ambito di una politica di contenimento della spesa;
          nella lettera dell'8 maggio, si sottolinea che è difficile stabilire equi criteri di selezione per individuare il personale da restituire perché la professionalità di questo personale è coessenziale all'assolvimento delle funzioni della Presidenza;
          nella lettera del 14 maggio, si fissa il termine per il rientro del personale «fuori comparto» al 1o novembre 2012;
          come si può desumere dalle due citate lettere, si intende attuare una restituzione indiscriminata che danneggia non solo il personale, ma soprattutto l'efficienza complessiva delle strutture della Presidenza, rispetto alle quali non è stata predisposta una ristrutturazione organizzativa tale da giustificare una riduzione del personale o di specifiche professionalità;
          la gestione delle risorse umane della Presidenza del Consiglio è contraddittoria tenuto conto che soltanto il 16 aprile sono stati assunti ben 26 funzionari di categoria A vincitori di un concorso che è stato bandito, inspiegabilmente, dalla Presidenza del Consiglio senza provvedere all'attivazione delle procedure di mobilità obbligatorie ai sensi dell'articolo 30, comma 2-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, previste proprio per ridurre la spesa nonché per evitare nuovi concorsi ed assunzioni in presenza di personale pubblico disponibile;
          occorre ricordare che nel corso degli ultimi anni è stato immesso nella dotazione organica della Presidenza, personale proveniente da enti ristrutturati o soppressi, scavalcando e dimenticando il personale in assegnazione temporanea che da molti anni ha continuato a lavorare e servire con professionalità l'amministrazione; infine si evidenzia che tagliare e ridurre il personale per dare corso alla spending review ha, ad avviso dell'interrogante, un esclusivo fine propagandistico, in quanto si sposta il costo del personale dal bilancio della Presidenza a quello delle amministrazioni di appartenenza;
          l'organico della Presidenza del Consiglio è scoperto per alcune centinaia di posti  –:
          se il Presidente del Consiglio non ritenga inopportune e dannose per il funzionamento degli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri le predette modalità di «restituzione» del personale fuori comparto, senza valutazioni o criteri di merito tanto sostenuti dal Governo, nell'ambito di un progetto di risparmio che, nell'immediato, colpisce pesantemente la vita ordinaria e familiare di circa 200 dipendenti (alcuni dei quali costretti a trasferirsi in altre città) e determina, in primis, l'inefficienza organizzativa ed, in alcuni casi, il blocco dell'attività degli uffici della Presidenza stessa, e, per il futuro, non raggiunge l'obiettivo del risparmio visto che il costo di questi dipendenti fuori comparto si sposta dalla Presidenza alle amministrazioni di appartenenza;
          se si sia tenuto conto che il bilancio dello Stato è sempre lo stesso, e che, al contrario delle intenzioni, la citata restituzione comporta un aumento complessivo dei costi a carico della pubblica amministrazione, poiché il personale restituito alle proprie amministrazioni dovrà necessariamente essere riqualificato e formato per poter essere utilmente impiegato;
          se, atteso che il personale che si vuole restituire viene individuato sulla base di tagli lineari che non assicurano il raggiungimento dell'obiettivo del risparmio di spesa, non si ritenga opportuno verificare il rapporto costi benefici per l'amministrazione di ciascuna unità di personale individuata prima di assumere qualsiasi decisione;
          se non sia più vantaggioso per l'organizzazione complessiva delle strutture della Presidenza ottenere risparmi di spesa senza incidere sul personale che assicura la continuità, l'operatività nonché la memoria storica;
          se siano state valutate altre forme di contenimento della spesa, considerato che nella Presidenza del Consiglio esistono circa 9 strutture di missione, costituenti inutili duplicati di uffici e servizi già efficacemente operanti, prestano attualmente servizio circa 138 dirigenti di I e II livello fascia, di cui 78 estranei alla pubblica amministrazione e 50 con incarichi di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001 e notevoli sono i fondi stanziati annualmente per società in house e per consulenze esterne;
          se ritenga di poter utilizzare le attuali vacanze della dotazione organica della Presidenza del Consiglio, al netto di una elevata percentuale di riduzione della stessa ai sensi di legge, al fine di assorbire il personale di prestito;
          se non si ritenga di revocare i provvedimenti di restituzione del personale fuori comparto. (4-16604)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia Habeshia, diretta da padre Mosè Zerai e accreditata presso organismi internazionali, riferisce con drammatica urgenza fatti appresi da eritrei in Israele e nel Regno Unito. Secondo queste fonti venerdì 1o giugno un gruppo di oltre 70 eritrei ha attraversato il confine con Israele. A questo punto sarebbero stati costretti dai militari israeliani a rientrare in Egitto; quattro persone si sarebbero sottratte a questo respingimento manu militari e, riuscendo a rimettere piede in Israele, risulterebbe essere in carcere Saharonim. Delle altre persone che sono state respinte nel deserto del Sinai non si hanno notizie. È ben noto, anche in Israele, il destino di questi eritrei in fuga dal regime eritreo quando finiscano in mano ai predoni: subiscono un sequestro a fini di riscatto e sono documentati episodi di commercio di organi qualora i famigliari non riescano a provvedere il pagamento della somma richiesta per la liberazione; qualora le testimonianze corrispondessero a verità, il comportamento dell'esercito israeliano intervenuto nel caso dei 70 violerebbe la decisione della Corte suprema israeliana che impone di non deportare i richiedenti asilo in Egitto; inoltre i respingimenti di massa negando di fatto l'accesso al diritto di asilo sono violazione anche della convenzione di Ginevra; e l'episodio del 1o giugno non sarebbe purtroppo isolato, sono giunte all'interrogante notizie dallo Stato di Israele circa le aggressioni e i maltrattamenti a cui sono sottoposti centinaia di profughi africani: nelle ultime settimane si è arrivati a mettere in pericolo la vita stessa delle persone incendiando le abitazioni dei richiedenti asilo eritrei (vedi interrogazione 5-07020);
          l'interrogante ritiene che debba prevalere il senso civico della maggioranza degli israeliani di fronte a tanta violenza personale e ai danni materiali che si stanno arrecando ai gruppi minoritari della società israeliana e auspica che la comunità internazionale possa vigilare su quanto sta succedendo in Israele a danno di un gruppo vulnerabile quali sono i profughi africani che vivono in Israele privi di ogni protezione o diritti fondamentali  –:
          se i fatti riportati corrispondano al vero;
          se, nella meritoria cornice di amicizia e di cooperazione a tutti i livelli, il Governo non ritenga di dover far presente alle autorità israeliane, nei modi più opportuni, il dovere di rispettare il diritto dei profughi e dei rifugiati, in particolare degli eritrei che non hanno un luogo dove posare il capo a causa della loro appartenenza religiosa cristiana che li rende rifiutati in tutti i Paesi del Nord-Africa. (5-07087)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GARAVINI, GIANNI FARINA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il consolato generale d'Italia a Colonia ha introdotto il sistema di prenotazione appuntamenti on line per i servizi consolari;
          tale sistema penalizza i soggetti che non hanno dimestichezza con i sistemi informatici e, in particolare, le persone anziane che non dispongono di connessioni internet e di computer;
          più in generale, gli utenti del consolato protestano per le lunghe attese cui sono costretti per fruire dei servizi consolari; l'appuntamento viene mediamente fissato nel termine di tre mesi, a cui va aggiunto il tempo necessario per l'effettivo rilascio dei documenti che, nel caso del passaporto, supera la durata di alcune settimane;
          il rilascio in tempi brevi delle carte d'identità e del passaporto è da considerarsi un servizio fondamentale, poiché tali documenti servono a dimostrare la regolarità del soggiorno nel paese di residenza e risultano necessari per il disbrigo delle attività quotidiane;
          soprattutto in prossimità del periodo estivo e delle vacanze, il pronto rilascio dei documenti d'identità diventa necessario affinché i cittadini possano intraprendere viaggi, varcare i confini e fare ritorno nel Paese d'origine, con evidenti effetti benefici anche per l'economia nazionale  –:
          come il Ministro interrogato intenda intervenire per garantire a tutti i cittadini un agevole accesso ai servizi consolari;
          se intenda pervenire a una riduzione dei tempi di attesa per la fruizione dei servizi consolari, eventualmente ricorrendo a una riorganizzazione del personale e a un suo rafforzamento, anche previa assunzione di cittadini residenti in loco. (4-16583)


      SCANDROGLIO, DE CORATO, DEL TENNO, MILANESE, BECCALOSSI, BELLOTTI, DELL'ELCE, FORMICHELLA, FUCCI, PICCHI, BRUNETTA, PIANETTA, PESCANTE, VITALI, NASTRI e BIANCOFIORE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il signor Enrico «Chico» Forti, imprenditore e produttore cinematografico italiano, è detenuto dal 2000 in un carcere di massima sicurezza della Florida, negli Stati Uniti d'America, in seguito a una condanna all'ergastolo senza condizionale «per aver personalmente e/o con altra persona o persone allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte di Dale Pike», come si legge nella sentenza emessa dal tribunale di Miami;
          il processo che ha portato alla condanna del signor Forti è durato 25 giorni, ed è terminato in data 15 giugno 2000;
          nel pronunciamento, il giudice ha affermato quanto segue: «La Corte non ha le prove che lei, signor Forti, abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l'istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest'uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all'ergastolo senza condizionale!»;
          sono stati posti cinque appelli per la revisione del processo, ma tutti sono stati rifiutati dalle varie Corti, senza motivazione né opinione;
          attorno al caso del signor Enrico «Chico» Forti si è creato in Italia un vasto movimento d'opinione, testimoniato dall'attenzione mediatica ad esso riservata da giornali e televisioni del nostro Paese, dalla mobilitazione di centinaia di migliaia di cittadini italiani sui social network Facebook e Twitter, dagli appelli pubblici di personaggi dello spettacolo, da libri e dossier curati da criminologi ed esperti di diritto;
          il signor Forti, come si può leggere sul sito internet www.chicoforti.com, «non chiede pietà, non chiede nessuna grazia, chiede solo di poter essere giudicato sulla base dei fatti, sulla base di prove, in poche parole vuole solo avere un processo giusto»;
          la richiesta della revisione del processo a carico del signor Forti è basata su un'ampia documentazione probatoria, dalla quale pare emergono lacune e contraddizioni in ordine alle indagini che hanno portato alla condanna;
          come per ogni italiano condannato all'estero gli interroganti credono sia giusto porre attenzione e attivare le giuste azioni tese a dare adeguata assistenza, nella consapevolezza che ognuno risponde comunque di fronte alla giustizia –:
          se e quali iniziative siano state poste in essere dal Governo, per quanto di competenza, in ordine alla vicenda del signor Enrico «Chico» Forti;
          se e quali iniziative intenda assumere il Governo per intervenire in via diplomatica presso le autorità degli Stati Uniti d'America in merito alla vicenda del signor Forti. (4-16601)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


      BINETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la ricerca su olivi, ciliegi e actinida (kiwi) transgenici avviata in campo nel 1998, approvata e finanziata con fondi pubblici, verrà vanificata per dar corso all'ordinanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che intima la dismissione del sito sperimentale;
          la ricerca aveva diverse finalità scientifiche con notevoli implicazioni economiche, tra cui l'ottenimento di piante resistenti a malattie di natura fungina, senza escludere a quelle di natura batterica. Nel primo caso già alcune linee hanno manifestato una buona tolleranza in frutti durante la conservazione in frigoriferi industriali (i kiwi prima di essere posti in commercio si conservano per diversi mesi in frigoriferi con atmosfera controllata con il rischio di attacchi di muffe durante la maturazione, cioè poco prima di essere posti sul mercato);
          alcune piante sono risultati resistenti a siccità prolungata nel suolo (il kiwi necessita di molta acqua, anche una carenza di poche ore la pianta perde le foglie compromettendo ovviamente la produzione dell'anno in corso e spesso dell'anno successivo);
          la sperimentazione era stata regolarmente autorizzata nel 1998/99 dal Ministero della salute (organo all'epoca competente) per una durata di 10 anni; le piante sono state piantate scalarmente, man mano che raggiungevano le dimensioni richieste per il trasferimento da condizioni di serra a pieno campo. La sperimentazione è stata soggetta a rigorosi controlli annuali da parte di ispettori incaricati dalla regione e dai Ministeri competenti (inizialmente del Ministero della salute, poi da quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, divenuto nel frattempo il Ministero competente) che hanno verificato la correttezza dei protocolli sperimentali e l'assenza rischio di contaminazione mediante il polline prodotto dalle piante transgeniche;
          al termine del decennio (2010) è stata chiesta una proroga al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per permettere il completamento della sperimentazione. A questa richiesta di proroga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha risposto in modo negativo;
          subito dopo l'università con lettera raccomandata ha chiesto nuovamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione Lazio e al Mipaaf «di riconsiderare l'intera materia, al fine di adottare un provvedimento favorevole alla prosecuzione delle sperimentazioni de quibus, per portare a compimento l'attività sperimentale e giungere a risultati concreti nell'ambito della ricerca iniziata molti anni fa, ma anche per evitare un ingiustificabile spreco di denaro pubblico;
          la motivazione che ha indotto l'università a chiedere la proroga per raccogliere ulteriori dati si basa sul fatto che la sperimentazione non può ritenersi conclusa in quanto a causa di condizioni sfavorevoli (quali la mancata fioritura degli olivi transgenici, o condizioni meteorologiche che hanno rallentato la raccolta di dati certi in particolare quelli relativi a tolleranza alla siccità e soprattutto la totale assenza di risorse finanziarie destinate la progetto), non è stato possibile confermare con certezza la maggior parte dei risultati precedentemente raccolti in serra o in campo (per esempio: resistenza nel tempo alle malattie, resistenza alla siccità o al freddo, modifiche e contenuto di proteine, eventuale allergenicità dei frutti e del polline e altro). Particolarmente interessante sarebbe poter monitorare il reale rischio di contaminazione inerente alla trasmissibilità di polline (ovviamente previa nuova autorizzazione di fattibilità da parte dei Ministeri competenti), in quanto il campo era stato progettato anche con questo obiettivo;
          il 1o giugno 2012, in seguito alla denuncia presentata dalla Fondazione diritti genetici di Mario Capanna ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delle politiche agricole e alla presidente della regione Lazio, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera raccomandata intima l'espianto «al più presto». L'università della Tuscia, vedendosi non accolta la richiesta di riconsiderare il diniego, in ottemperanza alla comunicazione di cui sopra ha fissato l'inizio delle operazioni di espianto a partire dal 12 giugno secondo le indicazioni protocollari fissate dalla regione Lazio;
          nel Regno Unito nel mese di maggio 2012 si è verificata una situazione analoga. Una sperimentazione in campo con frumento transgenico condotta dal Rothamsted Research, una delle più prestigiose stazioni sperimentali del Regno Unito per la ricerca in agricoltura, era stata minacciata di distruzione da parte di attivisti contrari agli OGM e denunciata come illecita e pericolosa per l'ambiente e la salute pubblica. L'ingiunzione della high court del 25 maggio 2012, basata su una attenta analisi della reale pericolosità della sperimentazione, sull'acquisizione di pareri di esperti del settore e sull'analisi dei protocolli sperimentali, ne ha garantito continuazione –:
          quali urgenti provvedimenti i Ministri competenti intendano adottare al fine garantire la prosecuzione della coltivazione di piante transgeniche presso i campi sperimentali dell'università della Tuscia, atti a portare a compimento l'attività sperimentale iniziata nel 1998. (3-02341)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SAMPERI, BERRETTA, BOCCUZZI, GARAVINI, RAMPI, BELLANOVA, SIRAGUSA, SBROLLINI, FEDERICO TESTA, VICO, LULLI, CAPANO, BURTONE, CARDINALE, ANTONINO RUSSO, MARIANI, BRAGA, REALACCI e ROSSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          risulta agli interroganti che è in costruzione presso il sito telecomunicazioni di Niscemi (Caltanissetta), a diretto servizio dell'US Naval Station di Sigonella, un nuovo sistema satellitare di comunicazioni per utenti mobili che la US-Navy sta implementando su scala planetaria per il comando e controllo di tutti gli assetti operativi in qualsiasi teatro bellico e non;
          il sito ospita già un centro di telecomunicazioni della Marina militare USA con emissioni che, secondo le misurazioni svolte da ARPA Sicilia, raggiungono già, senza l'incremento di ulteriori emissioni, limiti di sicurezza per la popolazione;
          l'area interessata alla nuova installazione ricade all'interno della riserva naturale orientata «Sughereta», inserita nella rete Natura 2000 come sito di interesse comunitario;
          ai fini della preservazione dell’habitat, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) della Sicilia ha condotto una serie di rilevazioni e di studi, e ha concluso che le emissioni elettromagnetiche prodotte dal nuovo sistema rispettano la normativa italiana vigente in materia;
          l'ARTA, a seguito della relazione tecnica dell'ARPA, ha espresso il proprio parere ritenendo che nelle aree circostanti la base radio il contributo al campo elettromagnetico fornito dalle antenne paraboliche e dalle antenne elicoidali in progetto (MUOS) sia trascurabile a condizione che vengano rispettati gli angoli di elevazione e le direzioni di puntamento di progetto;
          successivamente l'amministrazione comunale di Niscemi ha commissionato uno studio al politecnico di Torino accertare eventuali risali per la popolazione;
          lo studio redatto dal professore Zucchetti e del professore Coraddu così conclude:
              a) Le misurazioni svolte da ARPA-Sicilia tra dicembre 2008 e aprile 2010 presso l'NRTF di Niscemi ([1] e [2]), seppure eseguite con strumentazione e procedure non del tutto adeguate, hanno evidenziato un sicuro raggiungimento dei limiti di sicurezza per la popolazione, ed anzi un loro probabile superamento. Data la situazione è opportuno un approfondimento delle misure, con l'avvio immediato di una procedura di riduzione a conformità, finalizzata alla riduzione delle emissioni, e il blocco di ogni ulteriore installazione di unita trasmittenti;
              b) le caratteristiche dei dispositivi trasmittenti del sistema MUOS sono note solo in modo incompleto e parzialmente contraddittorio. Nonostante ciò, è possibile, seppure con incertezze talvolta elevate, valutare l'intensità delle emissioni e individuare alcuni dei rischi ad esse associati:
                  (1) al fascio principale di microonde emesso dalle parabole MUOS, in caso di errore di puntamento, dovuto a incidente, malfunzionamento o errore, è associato il rischio di irraggiamento accidentale di persone che, entro un raggio di 20 chilometri potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni. A tale rischio e esposta l'intera popolazione di Niscemi.
                  (2) al fascio principale di microonde emesso dalle parabole MUOS, durante il funzionamento ordinario, e associato il rischio di incidenti provocati dall'irraggiamento accidentale di aeromobili distanti anche decine di chilometri. Tale rischio investe potenzialmente tutto il traffico aereo della zona circostante (nel raggio di 70 chilometri dal sito di installazione del MUOS si trovano tre aeroporti);
                  (3) Le emissioni fuori-asse delle parabole MUOS, benché difficili da valutare a causa delle carenze e delle contraddizioni nei dati disponibili, potrebbero fornire un contributo al campo esistente tutt'altro che trascurabile: dell'ordine di 1 V/m a qualche chilometro di distanza dalle sorgenti (le prime abitazioni si trovano a 1-2 chilometri di distanza dalle sorgenti, mentre il centro della cittadina di Niscemi dista 5 chilometri). Tale contributo provocherebbe un incremento del rischio, già ora elevato, di contrarre malattie dovute all'esposizione cronica ai campi emessi dalla stazione NRTF esistente.
                  (4) Il progetto prevede che la stazione trasmittente MUOS venga realizzata all'interno di una zona naturalistica protetta, il che impone di valutare anche le conseguenze delle emissioni sull'ambiente circostante. Particolarmente gravi sono le possibili conseguenze sull'avifauna (in seguito all'irraggiamento dovuto al fascio principale emesso dalle parabole) e sulle popolazioni di api, con ricadute a catena sull'intero ecosistema;
          i rischi esposti, sono stati sottovalutati, (1) e (3), o del tutto ignorati, (2) e (4) nelle precedenti valutazioni (4), (5) e (6);
          neppure si può utilizzare la «previsione di una non operatività di parte delle 27 antenne funzionanti», in seguito alla futura entrata in funzione del MUOS, come argomento per mitigare l'impatto di una sua eventuale realizzazione (relazione (6), conclusioni). Tale previsione, così formulata, e generica e proiettata in un futuro incerto, mentre il raggiungimento da parte dell'NRTF dei limiti di sicurezza, e certo e attuale, come rilevato dall'ARPAS ([1] e [2]). Dunque la riduzione delle emissioni è un'esigenza da realizzare immediatamente e senza che ulteriori emissioni si possano aggiungere a quelle esistenti;
          in conclusione, per un principio di salvaguardia della salute della popolazione e dell'ambiente, non dovrebbe essere permessa alcuna installazione di ulteriori sorgenti di campi elettromagnetici presso la stazione NRTF di Niscemi, e anzi occorre approfondire lo studio delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione, secondo la procedura di «riduzione a conformità» prevista dalla legislazione italiana in vigore;
          alle emissioni del sistema MUOS sono associati rischi di gravi incidenti e di danni per la salute della popolazione e per l'ambiente, che andrebbero attentamente valutati, e che ne impediscono la realizzazione alla distanza di appena qualche chilometro di aree densamente abitate, come quella della cittadina di Niscemi;
          la Sicilia orientale è una zona ad elevato rischio sismico e un movimento tellurico potrebbe deviare il fascio di emissioni;
          il sito è stato oggetto di uno studio epidemiologico che ha visto impegnata l'organizzazione mondiale della sanità nella verifica di eventuali connessioni tra stato di salute della popolazione, colpita da gravi patologie e situazione ambientale già gravemente compromessa dalla presenza preesistente di emissioni nel sito telecomunicazioni di Niscemi  –:
          se quanto riferito in premessa sia stato oggetto di attenta e puntuale verifica;
          se e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per tutelare la salute della popolazione residente e la protezione del sito naturalistico.
(5-07097)

Interrogazione a risposta scritta:


      GRANATA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il torrente Cantera e l'area circostante nei pressi del sito archeologico di Megara Hyblaea sono una delle più importanti testimonianze della civiltà greca sulla costa ionica della Sicilia. Una perdita di cui non si conosce l'origine in termini di tempo ha sparso per giorni, forse settimane, idrocarburi nel terreno circostante e nel corso del torrente, senza che nessuno se ne accorgesse, causando ancora una volta la contaminazione dell'area;
          il torrente Cantera è ancora macchiato di rosso, così come il terreno a pochi passi dall'antica colonia greca di Megara Iblea. A seguito degli eventi la capitaneria di porto ha già avviato un'inchiesta;
          si è a due passi dai cancelli dell'area archeologica di Megara Hyblaea e la conduttura interrata che si è rotta collega la raffineria ISAB (LUKOIL-ERG) con la SASOL, azienda chimica sita all'interno del polo petrolchimico Augusta-Melilli-Priolo; il torrente è certamente stato contaminato e ha cambiato completamente colore;
          la rottura dell'oleodotto, nella zona industriale di Augusta, è stata la causa dello sversamento di circa 400 mila litri nel torrente citato con la contaminazione che si è scoperta solo dopo le conseguenze ambientali, con gran ritardo e senza nessuna segnalazione aziendale;
          inoltre nonostante siano passati 30 anni da quando è stato istituito il piano di risanamento ambientale, di effettivi interventi non c’è stata traccia nonostante centinaia di incidenti, scoppi, sversamenti, contaminazioni piccole e grandi, ogni tipo di prodotto tossico e nocivo è stato disperso nell'ambiente, nell'aria, nel sottosuolo e in mare  –:
          quali iniziative si intendano assumere, considerato il fatto che incidenti del genere confermano la vetustà di impianti costruiti oltre 50 anni fa con migliaia di metri di tubi interrati;
          in che modo si intenda dare corso agli interventi di bonifica necessari per quell'area martoriata previsti dall'accordo di programma sulla chimica. (4-16607)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


      DI BIAGIO, MENIA, GRANATA e PERINA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          sono circolate a mezzo stampa alcune notizie relative alla distrazione di 5 milioni e mezzo di euro da parte di un funzionario del Ministero per i beni e le attività culturali responsabile dell'ufficio appalti della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, successivamente dimessosi e non più reperibile;
          sulla base di quanto emerge dalla stampa, attualmente il funzionario è iscritto nel registro degli indagati della procura di Roma con l'accusa di peculato e non è escluso che non abbia agito in maniera isolata nelle dinamiche di appropriazione di risorse pubbliche o che comunque vi sia stato un deficit nei controlli da parte delle strutture e dei referenti a ciò deputati;
          un evento di tale portata si configura, secondo l'interrogante, come la metafora di una amministrazione che merita di essere riformata e rinnovata sotto il profilo delle dinamiche operative e di controllo;
          ferme restando le risultanze a cui approderanno le indagini ancora in corso, — secondo l'interrogante — la sottrazione di una cifra così ragguardevole non può avvenire di certo in maniera silente, aggirando anche il complesso sistema informatico «Sicoge» attraverso il quale vengono effettuati i pagamenti nella pubblica amministrazione  –:
          stando alle informazioni a disposizione dell'amministrazione, come avrebbe operato il funzionario in questione e quali iniziative si intendano predisporre per il futuro al fine di evitare che possano essere sottratte risorse da parte dei dipendenti pubblici bypassando i sistemi informatici attualmente operativi. (4-16602)

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      DI STANISLAO. — Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          a fine settembre 2012 si terrà a Milano il Forum nazionale sulla cooperazione, promosso dal Ministro per l'integrazione e la cooperazione. La notizia è stata ufficializzata al tavolo interistituzionale dello 17 aprile 2012 e i lavori dei gruppi preparatori sono già in corso;
          lo scorso 7 giugno 2012 è apparso un articolo sul quotidiano L'Unità «Cooperazione, taglio finale. Dimezzati ancora gli aiuti» in cui si leggono le dichiarazioni del portavoce della Farnesina circa la disponibilità dei fondi per la Cooperazione allo sviluppo che nell'ultimo anno si è ridotta del 43 per cento, da 358 a 203 milioni di euro. Dal 2008 il calo è del 75 per cento. Il rappresentante ha lanciato un grido di allarme invocando la necessità di ripristinare le priorità negli interventi di cooperazione allo sviluppo;
          il Ministro per la cooperazione internazionale ha dichiarato nei giorni scorsi che in alcune parti del mondo la presenza dell'Italia diminuisce con serie conseguenze politiche ed economiche;
          la cooperazione internazionale ha subito un ulteriore e drastico taglio parallelamente ad un allarmante aumento di numeri e percentuali nel settore degli armamenti che vede l'Italia sempre tra i primi posti nelle classifiche;
          la settimana scorsa IAI (Istituto affari internazionali) e ISPI (Istituto studi politica internazionale) hanno annunciato la pubblicazione dell'annuario 2012 sulla politica estera italiana con questa premessa: «L'Italia è un Paese che, malgrado gli sforzi del governo, deve ancora attrezzarsi culturalmente e politicamente a fronteggiare la competizione internazionale per come è diventata negli ultimi anni. Recuperare terreno richiede “accordi bipartisan” per ridefinire strategie “condivise” e “uno sforzo collettivo che coinvolga tutte le istituzioni”;
          l'Italia, dunque, risulta secondo l'interrogante essere il principale responsabile dell'affondamento della credibilità europea per la cooperazione allo sviluppo, nonostante gli sforzi di quei Paesi europei che hanno incrementato la quota di aiuti e di quelli che, nonostante la crisi economica, hanno mantenuto i livelli degli anni precedenti;
          non solo l'Italia continua a mettere all'ultimo posto delle proprie scelte di bilancio l'aiuto pubblico allo sviluppo, ma questa scelta sta provocando l'allontanamento di tutta l'Unione europea dagli obiettivi continentali  –:
          come il Governo intenda spiegare l'ingiustificabile ulteriore taglio delle risorse per la cooperazione allo sviluppo nonostante i suoi stessi rappresentanti abbiano deprecato tali azioni auspicando d'altro canto maggiori interventi;
          se il Governo non ritenga, anche in vista del Forum nazionale sulla cooperazione di settembre, di avviare un aperto e approfondito confronto con tutte le altre parti sociali impegnate sul tema affinché il contributo dell'Italia ritorni a diventare sostanziale ed efficace a livello internazionale. (4-16595)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta orale:


      MARCAZZAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la grave crisi economica che ha investito il Paese ha il suo culmine nel corrente anno 2012;
          per mantenere l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, il Governo ha, tra l'altra anticipato l'imposta municipale propria;
          tale nuova imposta incide pesantemente su imprese e cittadini proprietari di immobili;
          in sede di conversione del decreto-legge n.  16 del 2012 il Parlamento ha previsto la possibilità per i detentori di abitazione principale di versare l'imposta in tre rate, calcolando le prime due ad aliquota base;
          appare quanto mai necessario un analogo provvedimento anche per i restanti soggetti passivi, prorogando il versamento della prima rata al 16 settembre, contestualmente al versamento della seconda rata prevista per l'imposta sull'abitazione principale  –:
          se non intenda adottare un'iniziativa normativa urgente che consenta una rateizzazione a tutti i soggetti passivi dell'imposta municipale propria, esentando contestualmente da sanzioni e interessi coloro che, alla scadenza ordinaria, non hanno provveduto al versamento dell'acconto. (3-02335)


      CAPARINI, VOLPI, GIDONI, CONSIGLIO, GRIMOLDI, LANZARIN, MUNERATO, POLLEDRI, RIVOLTA e PAOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il rigore delle misure economico-finanziarie adottate nel corso del 2011 e, di recente, dal Governo Monti, riportano i saldi di finanza pubblica nei limiti concordati in sede europea, ma non è affatto idoneo a promuovere la ripresa economica, anzi ha innescato un processo di recessione ancora più grave;
          ora occorre che il Governo adotti nell'immediato interventi a sostegno delle imprese, in particolare le medie e piccole imprese, che rappresentano la parte più cospicua dell'apparato produttivo italiano;
          l'aggravarsi del fenomeno recessivo in tutti i Paesi dell'Unione europea ha indotto i vertici europei a sollecitare i Governi ad intervenire per sostenere la crescita del prodotto interno lordo, senza il quale si vanificano i sacrifici imposti ai cittadini;
          nel nostro Paese il reperimento di risorse, attuato soprattutto con l'inasprimento della pressione fiscale ed i tagli delle risorse agli enti locali, nella permanenza di una spesa corrente ad oggi ancora troppo incisiva sul prodotto interno lordo sta compromettendo la ripresa economica ed ha messo in ginocchio le imprese e le famiglie;
          i tragici fenomeni di insofferenza (suicidi degli imprenditori, chiusura delle imprese, perdite di posti di lavoro, carovita, aumento dell'inflazione e altro) a cui si assiste ogni giorno rendono improcrastinabili interventi urgenti per mettere in condizione i comuni di dare sostegno a livello territoriale agli imprenditori in grave difficoltà. Si tratta, infatti, di suicidi commessi da piccoli imprenditori, le cui imprese trovano sussistenza in genere nell'economia locale. Le amministrazioni locali avrebbero più facilità ad intervenire ed instaurare un rapporto con gli imprenditori in difficoltà per prevenire atti disperati;
          le ultime manovre, come ben noto, hanno inasprito i vincoli del patto di stabilità per gli enti sottoposti, congelando qualsiasi intervento di continuità e/o di sviluppo delle economie territoriali;
          l'impossibilità per gli enti in avanzo di poter spendere le risorse per investimenti, ovvero l'impossibilità per gli enti locali di poter sbloccare i residui passivi per liberare le risorse indispensabili a pagare appalti e forniture e aiutare le aziende nella loro sopravvivenza sono cause da rimuovere con tempestività;
          si avvicina per i comuni la chiusura dei bilanci per il 2012 e senza un cambiamento dello status quo sarà difficile far quadrare i conti senza tagliare drasticamente i servizi ai cittadini;
          alla rigidità del patto si è aggiunto il grave danno finanziario conseguente alla sospensione del regime della tesoreria mista per il triennio 2012-2014. Nonostante le forti opposizioni di tutte le amministrazioni locali, il Governo non ha assunto iniziative per rimuovere la norma ed ha costretto a versare nelle casse dello Stato 8,6 miliardi di liquidità, che erano nella disponibilità degli enti locali e territoriali e degli altri enti pubblici con autonomia finanziaria. Regioni e comuni dovranno rinunciare, oltre all'autonomia finanziaria, anche ai maggiori interessi che avrebbero maturato mediante gli investimenti delle proprie disponibilità, da smobilizzare per il riversamento obbligatorio in tesoreria unica;
          inoltre, con l'anticipazione in via sperimentale dell'imposta municipale unica (IMU) per il 2012, le autonomie locali avrebbero avuto un'occasione importante per disporre di maggiori entrate da destinare al sostegno dell'economia locale;
          al contrario, il Governo ha riservato una cospicua quota di gettito all'erario, aumentando di fatto solo la pressione fiscale locale a carico dei cittadini e delle imprese;
          è noto che il valore degli investimenti dell'economia locale rispetto a quella nazionale è pari al 60 per cento e, se continuano ad essere congelati gli investimenti degli enti locali, è difficile creare le condizioni di crescita del prodotto interno lordo per ripianare il debito pubblico;
          è prioritario intervenire con modifiche al patto di stabilità, per liberare risorse da destinare alla prosecuzione delle opere già appaltate, per cantierare nuove opere, per salvare e far sopravvivere le piccole e medie aziende, con conseguente interruzione del processo di perdita di posti di lavoro, soprattutto nel settore edile  –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare per far sì che gli enti locali possano essere il motore di partenza della ripresa economica, consentendo deroghe al patto di stabilità, finalizzate al pagamento dei residui passivi in conto capitale e per favorire, in tal modo, il sostegno del tessuto economico locale e territoriale, costituito dalle piccole e medie imprese;
          se intenda adottare iniziative per escludere il più possibile dai saldi utili del patto di stabilità interno i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa, a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000;
          se si intendano assumere iniziative per escludere dal computo dei saldi validi ai fini del rispetto del patto di stabilità interno le spese per investimenti dei comuni virtuosi, consentendo così il finanziamento di opere pubbliche di piccole e medie dimensioni, immediatamente cantierabili, adatte all'intervento delle piccole e medie imprese, e creando un volano per le attività economiche, con un effetto di traino tanto più prezioso in questa fase di crisi economica ed occupazionale, tenendo anche conto che le spese degli enti locali per le opere pubbliche rappresentano più del 60 per cento delle spese in conto capitale delle pubbliche amministrazioni;
          se mediante l'applicazione dell'istituto della spending review il Governo intenda destinare risorse al ripristino del regime della tesoreria mista prima del decorso del triennio 2012-2014, anche al fine di restituire autonomia finanziaria nella gestione delle risorse proprie agli enti interessati;
          se intenda adottare tutte le iniziative necessarie per destinare l'intero gettito IMU alle autonomie locali, come prevedeva l'originaria normativa, almeno a decorrere dal 2013, compensando la quota di gettito attualmente riservata all'erario con effettivi tagli di spesa corrente delle amministrazioni centrali e contrastando i fenomeni di spreco delle risorse pubbliche;
          quali iniziative siano in previsione per potenziare il ruolo degli enti locali e territoriali nel processo di crescita dell'economia nazionale e la loro autonomia normativa e finanziaria, concludendo il processo di riforma previsto dalla legge delega n.  42 del 2009 in materia di federalismo fiscale. (3-02337)


      CAPARINI, VOLPI, GIDONI, GRIMOLDI, CONSIGLIO, LANZARIN, POLLEDRI, PAOLINI, MUNERATO e RIVOLTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          i redditi dichiarati dagli stranieri residenti in Italia ammontano a 37 miliardi di euro all'anno, ma solo il 70 per cento degli stranieri ha un conto corrente intestato; secondo una delle più importanti catene di agenzie di money transfer un cittadino straniero, in media, trasferisce circa il 47 per cento del suo reddito, che in media è poco inferiore ai 1.000 euro mensili; il mercato delle rimesse in Italia, nel 2010, valeva circa 6,3 miliardi di euro, con una crescita di quasi 10 volte dal 2000; oltre a quelli bancari e postali, il canale preferito per trasferire i fondi all'estero è quello dei money transfer, essenzialmente per la semplicità e per i costi contenuti;
          le agenzie di money transfer sono passate dalle 687 del 2002 alle 34.000 del 2010, con una crescita che, nel triennio 2008-2010 ha superato quella di Poste italiane; la Guardia di finanza, in un recente rapporto, riferisce, però, che queste agenzie vengono utilizzate per riciclare denaro di provenienza illecita: addirittura sono 2,7 i miliardi di euro transitati da questo canale che provenivano da attività di contraffazione, evasione o immigrazione clandestina; la stessa Guardia di finanza sottolinea, infatti, che l'utilizzo della rete dei money transfer consente di operare anche in Paesi dove manca un'adeguata normativa antiriciclaggio o dove è assente la rete bancaria;
          con l'entrata in vigore del decreto-legge n.  138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  148 del 2011, è stata introdotta, dall'articolo 2, comma 35-octies, un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro verso i Paesi non aderenti all'Unione europea a carico dei soggetti stranieri non in possesso di matricola INPS e codice fiscale, con un'aliquota pari al 2 per cento  –:
          a quanto ammonti, fino ad oggi, il gettito dell'imposta di bollo introdotta dal decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138;
          a quanto ammontino le rimesse verso l'estero effettuate dai cittadini stranieri residenti in Italia, suddivise per categoria di intermediari, Poste italiane, banche ed agenzie di money transfer. (3-02340)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      NEGRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la difficile situazione economica che in questi ultimi anni ha colpito i diversi Stati dell'Europa ha avuto ripercussioni molto pesanti anche sugli enti locali italiani che, a causa della medesima crisi e delle riduzioni dei trasferimenti erariali, hanno dovuto rivedere completamente la loro pianificazione economica;
          i numerosi provvedimenti legislativi adottati negli ultimi mesi, tra cui anche legge di stabilità per l'anno 2012 e il «decreto Salva Italia» hanno riguardato anche tutti gli enti locali, dalle regioni ai piccoli comuni, a cui è stato richiesto un importante sforzo come contributo degli enti periferici contribuisse alla finalità nazionale di riduzione del debito pubblico italiano;
          organi di stampa nazionale (Corriere della Sera di martedì 12 giugno) riportano la notizia secondo la quale, così come riportato dalla Commissione europea, in Italia tra il 2000 ed il 2012 la spesa pubblica è aumentata di 250 miliardi di euro, pari ad un ritmo di quasi 40.000 euro ogni minuto trascorso, e che il peso della spesa pubblica sul totale del PIL è salito nei dodici anni considerati dall'analisi del 5,1 per cento, contro il 3,5 per cento della media dei Paesi dell'euro;
          le sacche d'inefficienza sono particolarmente evidenti nelle regioni meridionali, come in Sicilia, laddove, sempre come riportato dal medesimo quotidiano, ogni cittadino siciliano spende 346 euro per mantenere i dipendenti regionali, contro i 66 euro spesi dai cittadini calabresi e i 23 della Lombardia, e dove numerosi enti continuano, nella logica assistenzialista, ad assumere, pur nel rispetto dei vigenti limiti legislativi, dipendenti pubblici;
          il Governo Monti, attraverso l'adozione del provvedimento noto come «spending review», conta di tagliare, attraverso dei risparmi di spesa, una cifra compresa tra i 4,2 e i 5 miliardi di euro, pari a circa lo 0,5 per cento della spesa pubblica nazionale annuale  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare urgentemente tutte le iniziative di competenza in ordine al controllo sulla gestione delle risorse pubbliche nelle regioni dove la spesa pubblica risulta significativamente maggiore. (5-07094)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha affermato che l'Unione europea deve fare un salto di qualità e deve essere pronta, se necessario, ad andare in aiuto della Spagna;
          l'agenzia di rating Fitch ha declassato di ben tre gradini la Spagna  –:
          in che cosa questo aiuto possa tradursi;
          quali possano essere i costi per il nostro Paese;
          se sia ipotizzabile che il nostro Paese si sottragga all'obbligo di partecipare all'azione europea di sostegno alla Spagna, vista anche la grave situazione congiunturale della nostra economia. (4-16576)


      LOVELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  244 del 2007, all'articolo 1 comma 17, ha prorogato «per gli anni 2008, 2009 e 2010 le agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio in relazione agli interventi di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n.  289 e successive modificazioni, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2010», prorogando altresì le agevolazioni tributarie relative «agli interventi di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n.  448, nel testo vigente al 31 dicembre 2003, eseguiti dal primo gennaio 2008 al 31 dicembre 2010 dai soggetti ivi indicati che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile entro il 30 giugno 2011»;
          da segnalazioni pervenute da alcuni dei soci assegnatari di cooperative edilizie a proprietà divisa, risulta che, pur avendo avuto assegnate le rispettive unità abitative prima del 30 giugno 2011, al momento della dichiarazione dei redditi hanno visto negarsi dai CAF la possibilità di fruire dalla detrazione pari al 36 per cento relativa alla parte di ristrutturazione, così come stabilito dalla legge n.  244 del 2007, l'articolo 1 comma 17, in quanto è stata ritenuta come vincolante ai fini dell'esclusione dell'agevolazione la data di inizio dei lavori antecedente il 1° gennaio 2008;
          come evidenziato dai soci assegnatari di cooperative edilizie a proprietà divisa, e appositamente documentato dagli «stati di avanzamento dei lavori» rilasciati dalle rispettive direzioni dei cantieri, risulta che in molteplici casi i lavori di ristrutturazione, la cui data di inizio risulta antecedente il 1° gennaio 2008, siano stati effettuati con prevalenza negli anni 2008-2009-2010-2011, e quindi siano ricompresi nel periodo indicato dalla legge finanziaria 2008 ai fini del riconoscimento della possibilità di detrazione del 36 per cento per le spese di ristrutturazione  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito ai criteri temporali (data di inizio ovvero periodo di effettivo svolgimento dei lavori) valido per il riconoscimento della fruizione della detrazione ex articolo 1, comma 17, legge n.  244 2007 per i soci assegnatari di cooperative edilizie a proprietà divisa;
          se non ritenga che i soci assegnatari delle unità abitative realizzate dalle cooperative edilizie possano fruire dell'agevolazione tributaria in materia di recupero del patrimonio edilizio, in relazione alla percentuale di opere di ristrutturazione eseguite negli anni 2008-2009-2010-2011, benché l'inizio dei lavori risulti essere precedente al 1° gennaio 2008, fattispecie questa che di fatto risulta aver fatto escludere numerosi assegnatari di cooperative edilizie a proprietà divisa, dai benefici derivanti dalla detrazione pari al 36 per cento sui costi di ristrutturazione. (4-16584)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa riportano l'apertura della Germania — per tramite della cancelliera Angela Merkel — all'idea di un'unione politica europea intorno a un «nocciolo duro» di Paesi volenterosi, anche se ciò portasse alla creazione di un'Europa a due velocità  –:
          se tale notizia corrisponda ad una precisa intenzione della Germania e di altri Paesi europei;
          come si colloca il nostro Paese;
          se sia in previsione un'uscita dall'euro di alcuni Paesi dell'Unione europea;
          se sia in previsione un'uscita dall'euro del nostro Paese;
          se e come valuti il Governo l'ipotesi di un'uscita del nostro Paese dall'euro;
          se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere a fronte dell'espressione di volontà della cancelliera tedesca. (4-16596)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa riportano alcune dichiarazioni critiche del Governatore della Banca d'Italia riguardo alla struttura e alla governance del sistema delle fondazioni bancarie, nonché un appello dello stesso Governatore affinché si proceda a modifiche normative al riguardo  –:
          quale sia l'orientamento del Governo circa lo stato di salute del sistema delle fondazioni bancarie;
          se il Governo condivida le richieste di iniziative normative che modifichino le attuali regole di governance delle fondazioni bancarie;      
          se e quali iniziative il Governo intenda assumere al riguardo. (4-16597)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      MISIANI e SANGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          i detenuti della casa circondariale di Bergamo nei giorni 7, 8 e 9 giugno hanno intrapreso una protesta nella forma di uno sciopero della fame che ha coinvolto circa trecento reclusi su un totale di 590;
          l'iniziativa dei detenuti di Bergamo è stata messa in atto in condivisione con lo sciopero della fame proclamato dall'onorevole Pannella in favore dell'amnistia e dell'indulto e in collegamento con un'analoga protesta iniziata il 4 giugno dai detenuti del carcere di Canton Monbello (Brescia)
          la protesta ha la sua principale motivazione nello stato di sovraffollamento delle strutture carcerarie italiane, condizione che riguarda anche la casa circondariale di Bergamo, che attualmente ospita 590 detenuti ristretti (di cui 262 italiani, 61 stranieri comunitari e 267 stranieri extracomunitari) a fronte di una capienza di 380 unità;
          il documento reso noto dai promotori della protesta elenca tra i fattori che causano il sovraffollamento, la legislazione sulla recidiva (legge n.  251 del 2005 cosiddetta «Cirielli»), sulla tossicodipendenza (legge n.  49 del 2006 cosiddetta «Fini-Giovanardi»), sull'immigrazione clandestina (legge n.  189 del 2002 cosiddetta «Bossi-Fini») — che avrebbero riempito le carceri di «disadattati sociali, emarginati di ogni genere, tossicodipendenti, extracomunitari in cerca di un futuro migliore» — nonché l'ampio uso di misure cautelari da parte della magistratura inquirente e le difficoltà di accesso alle pene alternative. In particolare, secondo i fautori della protesta la magistratura di sorveglianza di Brescia con il magistrato competente «non favorisce l'applicazione di adeguate misure alternative fondamentali non solo per rendere concreto il mandato della finalità costituzionale della pena, il cui obiettivo sicuramente è il reinserimento sociale ma anche per contribuire a rendere più vivibili le condizioni dello stato di detenzione»;
          obiettivo della protesta è ottenere amnistia e indulto, nonché l'abrogazione delle leggi «Cirielli», «Fini-Giovanardi» e «Bossi-Fini»  –:
          quali iniziative intenda assumere al fine di affrontare la condizione di sovraffollamento degli istituti penitenziari, con particolare riferimento alla casa circondariale di Bergamo. (4-16587)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      BITONCI, MUNERATO e GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          i passi carrai rientrano nella fattispecie degli «accessi e diramazioni» e consistono in interventi sull'infrastruttura viaria al fine di consentire l'immissione dei veicoli verso un'area privata esulando così dall'uso ordinario della strada, concretandone un uso eccezionale e che deve, pertanto, essere assentito dall'ente proprietario della strada interessata, che nel caso ci si riferisca alla rete stradale di interesse nazionale è Anas spa così come previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo n.  143 del 1994, richiamato dall'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n.  138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  178 del 2008;
          le attività e i cittadini che si trovano fuori dal cartello di centro abitato sono perciò costretti a versare la tassa sui passi carrai, così che si trovano nella paradossale situazione di dover pagare le tasse sulle strade due volte, ovvero per la ordinaria manutenzione delle strade urbane e in via straordinaria per la manutenzione di strade regionali e statali;
          la norma riguardante i passi carrai, ovvero l'articolo 55, comma 23, della legge n.  449 del 1997 stabilisce come: «Le entrate proprie dell'Ente nazionale per le strade, ente pubblico economico, derivanti dai canoni e dai corrispettivi dovuti per le concessioni e le autorizzazioni (...) sono aggiornate ogni anno e in sede di primo adeguamento, l'aumento richiesto a ciascun soggetto titolare di concessione o autorizzazione non può superare il 150 per cento del canone o corrispettivo attualmente dovuto»;
          la norma sarebbe poi stata interpretata da Anas spa in modo discrezionale, prevedendo che il limite del 150 per cento era da ritenersi valido solo per il primo anno di applicazione, mentre per gli anni successivi il canone sarebbe dovuto essere calcolato sulla base di parametri individuati dall'Anas medesima;
           a seguito di questo, a partire dal 2003, sulla base della legge n.  449 del 1997, sono iniziati, in base alle nuove tabelle e coefficienti di calcolo, gli aumenti unilaterali da parte dell'Anas del canone sui passi carrai che hanno determinato aumenti arrivati in Veneto a superare anche l'8.000 per cento, così che moltissimi cittadini con l'accesso della propria abitazione su strade Anas hanno ricevuto richieste di pagamento di canoni estremamente elevati, come nel caso degli accessi sulla via Romea tra le province di Padova, Venezia e Rovigo;
          è notizia di questi giorni che i rappresentanti padovano e rodigino del Comitato «Vittime Passi Carrai» abbiano evidenziato il caso di una famiglia di Cavanella d'Adige che si è vista imporre dal tribunale di Roma una sentenza di pagamento all'ANAS di una somma pari ad oltre 28.000 euro per aver ricorso contro l'imposizione da parte dell'Ente di canoni pregressi, dal 1998 al 2005, calcolati in base alla legge n.  449 del 1997, articolo 55, comma 23, e che la famiglia F. era titolare di un passo carraio per accesso all'autofficina lungo la strada statale Romea 309 che ha chiuso l'attività nel 2004, anche a seguito dell'importo del canone richiesto allora  –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare per chiarire definitivamente l'interpretazione della norma sopra citata e quali iniziative s'intendano adottare al fine di interrompere definitivamente le disparità di trattamento che subiscono e le imprese e i cittadini da parte di Anas sul pagamento dei canoni dei passi carrai.
       (4-16578)


      DIMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi, Trenitalia ha presentato la nuova offerta ferroviaria per l'estate 2012 i cui punti di forza dovrebbero essere rappresentati da un aumento dei collegamenti ferroviari, da una migliore qualità del materiale rotabile e da tariffe estremamente concorrenziali;
          al di là di quanto evidenziato dalla campagna promozionale, in cui si parla addirittura di 354 nuovi collegamenti in Italia, emergerebbe, però, come il grosso della nuova offerta estiva sia concentrato soprattutto nel Nord e Centro Italia e solo in minima parte nel Sud, con Napoli come terminale finale della stessa;
          la risposta di Trenitalia ai bisogni ed alle esigenze della Calabria, anche in questo caso, è stata enormemente parziale tanto da confermare, ancora una volta, soprattutto a seguito della soppressione della lunga percorrenza e dei treni notturni, ben 21, decretata con l'entrata in vigore dell'orario invernale, la più assoluta disattenzione della società pubblica nei confronti di una regione che sotto l'aspetto dei collegamenti ferroviari continua ad essere estremamente penalizzata;
          il gruppo Ferrovie dello Stato, nonostante le proteste e le richieste provenienti dal mondo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni e delle stesse istituzioni locali, ha ribadito nei fatti la volontà di non investire in Calabria per concentrarsi nel Nord Italia dove gli interessi del gruppo sono attratti dall'alta velocità e dalla competizione con altri operatori;
          la situazione di abbandono è ancora più evidente nella fascia ionica calabrese che continua a subire la soppressione di collegamenti ferroviari, a scontare ritardi clamorosi nell'ammodernamento e nella messa in sicurezza della linea ed a non garantire alcun tipo di servizio ai tanti utenti che aumentano nella stagione estiva  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per colmare una lacuna evidente e dare risposte chiare in merito al necessario ripristino di collegamenti ferroviari a lunga percorrenza sulla linea ionica calabrese che non può essere completamente e definitivamente abbandonata a sé stessa. (4-16585)


      CODURELLI e BRAGA. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la provincia di Sondrio con la sottoscrizione dell'accordo di programma del 18 dicembre 2006 con riferimento alla realizzazione delle opere strategiche di accessibilità stradale alla Valtellina relative alla risoluzione dei nodi di Morbegno e Tirano, il collegio di vigilanza dell'accordo di programma sottoscritto nel 2006 da Stato, regione Lombardia ed enti locali ha unanimemente condiviso – nella seduta del 29 settembre 2011, un quadro complessivo di copertura economica che, prendendo atto del raggiunto finanziamento integrale del 2o lotto della variante di Morbegno, disponeva la destinazione alla variante di Tirano delle economie derivanti dal lotto 1 tronco A della strada statale 38 (attualmente in esecuzione) e, sopratutto, dei ribassi d'asta dell'attuazione dello stesso 2o lotto di Morbegno;
          con il protocollo d'intesa firmato a Milano il 5 novembre 2007 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, la provincia di Sondrio, Anas spa, e gli enti locali Valtellinesi interessati sono state definite le modalità tecnico-finanziarie e procedurali preordinate alla realizzazione, in forma contestuale, delle soluzioni intermedie o provvisorie per la risoluzione dei nodi di Tirano e Morbegno;
          con il documento datato 13 marzo 2008 venivano individuati i criteri necessari per l'accordo sulle procedure e metodologie da adottare per la determinazione dell'indennità di espropriazione per la realizzazione della nuova strada statale 38;
          tali impegni assunti in piena coerenza con quanto stabilito in precedenza dal CIPE con delibera n.  75 del 2006, costituiscono uno dei tasselli determinanti concorrenti alla composizione del quadro economico della suddetta variante di Tirano, sulla cui necessità di compimento il collegio di vigilanza si era nuovamente espresso in quella sede con volontà unanime;
          il progetto è stato approvato con la deliberazione CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) nella seduta del 23 marzo 2012; si tratta di un progetto lungamente atteso per l'importanza strategica della viabilità valtellinese;
          nella stessa delibera del 23 marzo il Comitato interministeriale per la programmazione economica definiva ufficialmente la questione confermando in via definitiva il finanziamento di 60 milioni di euro previsto dalla delibera n.  14 del 2008 e assegnando un ulteriore contributo di 50,1 milioni di euro a valere sul fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n.  98 del 2001; tale delibera è in via di approvazione da parte della Corte dei conti;
          da lettera inviata al vice ministro Ciaccia dall'assessore alla mobilità della regione Lombardia Cattaneo e dal presidente della provincia di Sondrio Sertori si apprende che gli impegni assunti e unanimemente condivisi, in sede Cipe il 23 marzo 2012 non farebbero parte del contenuto della stessa e questo, se corrispondesse al vero, impatterebbe in maniera negativa sulla prosecuzione dell'opera per il nodo strategico di Tirano, nodo che è il crocevia turistico internazionale della Valle di Tirano che è capolinea italiano del sito UNESCO ferrovia Retica, delle ferrovie Nord-Milano-Tirano e del servizio di collegamento automobilistico con Bormio-Livigno, Edolo e in Valcamonica;
          la lettera dell'assessore Cattaneo, infatti, fa riferimento ad elementi assunti in ambito di segreteria tecnica dell'accordo di programma svolta il 29 maggio 2012  –:
          se sia a conoscenza di quanto suesposto e delle eventuali mancanze nella delibera CIPE del 23 marzo 2012 di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
          in caso ciò trovi conferma, quali impegni intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza, nel rispetto degli accordi sopra citati, al fine di garantire le risorse necessarie, anche a seguito dei ribassi d'asta, per il completamento della tangenziale di Tirano facente parte del terzo lotto dell'opera nuova strada statale 38 dello Stelvio. (4-16591)


      FUGATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in questo periodo è in atto un processo di riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che sta creando preoccupazione e agitazione fra i lavoratori di tale amministrazione, non informati adeguatamente sui cambiamenti in corso, né tanto meno sui termini di pagamento del salario accessorio (FUA 2010);
          a causa dei tagli apportati dal Ministero dell'economia e delle finanze nelle assegnazioni iniziali delle somme relative al capitolo del conto privato, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato costretto a correggere la previsione sull'erogazione dei relativi fondi arretrati;
          i pagamenti del conto privato hanno, allo stato attuale, uno stanziamento di competenza pari a 11.800.000,00 euro e per la cassa solamente 1.400.000,00 euro ed è su questa disponibilità che verranno effettuati i primi pagamenti;
          la situazione attuale è drammaticamente preoccupante al punto che alcune mensilità mancanti del 2011 saranno presumibilmente saldate entro la fine del corrente anno e quelle mancanti del 2012 presumibilmente saranno saldate entro ottobre;
          anche il settore autoscuole sta risentendo del processo di trasformazione in atto, soffrendo particolarmente per la modifica riguardante gli esami in conto privato. Questa modifica si è rivelata molto onerosa perché, se da un lato ha consentito di aumentare la disponibilità del numero degli esami, dall'altro ha comportato maggiori costi di gestione delle regolari attività, come l'aumento dei rimborsi per le trasferte del personale, per le sedute degli esami al pomeriggio in totale regime straordinario, per l'impossibilità di svolgere lezioni di guida pomeridiane in concomitanza delle sedute di esame;
          il rapporto fra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le aziende del settore risulta ad oggi farraginoso e poco agevole, non essendo previsto uno sportello dedicato, di ausilio per l'espletamento delle pratiche in maniera più rapida e soprattutto con servizio quotidiano  –:
          se il Ministro non ritenga doveroso fornire tempestivamente informazioni chiare e certe sul processo di riorganizzazione che sta interessando l'amministrazione in particolar modo sui termini di pagamento del salario accessorio (FUA 2010);
          quali azioni intenda intraprendere per migliorare e semplificare i rapporti fra le aziende e il Ministero, anche prevedendo l'istituzione di uno sportello dedicato che agevoli e acceleri l'espletamento delle pratiche. (4-16592)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      LARATTA e OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in occasione delle elezioni amministrative 2012 nel comune di Caraffa di Catanzaro (CZ) è avvenuto quanto segue:
              quattro liste erano state regolarmente depositate, con relativi candidati alla carica di sindaco e di consiglieri comunali;
              in ottemperanza alla legge 25 marzo 1993, n.  81, ogni lista presentata ha dovuto predisporre e depositare presso gli uffici competenti il proprio programma elettorale;
              durante la campagna elettorale si è assistito alla presentazione di programmi e candidati e a numerosi comizi da parte di tutte le liste concorrenti;
          durante la campagna elettorale:
              sono stati diffusi «dossier» anonimi predisposti contro alcuni candidati con minacce e falsità;
              si è parlato pubblicamente nei comizi e nelle piazze di imbrogli e di compravendita del voto;
              si è ripetutamente parlato pubblicamente di «contrassegni» e strumenti per il riconoscimento del voto;
          la lista «L'Unione», con la sottoscrizione di tutti i candidati, ha inviato una lettera-esposto al Prefetto della provincia di Catanzaro, all'ufficio di procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, al Comandante della stazione dei carabinieri di Caraffa di Catanzaro, al presidente della corte di appello di Catanzaro, al candidato a sindaco della lista «Insieme si può», al candidato a sindaco della lista «Uniti per Caraffa», al candidato a sindaco della lista «Impegno Popolare», ai presidenti ed a tutti i componenti di seggio, al sindaco del Comune di Caraffa di Catanzaro chiedendo l'attenzione delle autorità competenti circa le garanzie di libera espressione del voto, sulla regolarità delle operazioni di scrutinio e sulla non riconoscibilità dello stesso;
          sembra siano intervenuti soggetti non di Caraffa che avrebbero cercato di condizionare la scelta elettorale di molti residenti;
          il giorno dell'insediamento dei seggi elettorali, il 5 maggio, uno scrutatore designato non si è presentato al seggio n.  1 ed è stato, pertanto, sostituito da un altro scrutatore;
          durante le giornate del 6 e 7 maggio, ovvero durante il voto:
              il presidente del seggio n.  1 si è ripetutamente rifiutato di verbalizzare quanto osservato dai rappresentati delle liste;
              solo dalle ore 18.00 e a seguito del coinvolgimento della Guardia di finanza presente ai seggi, il presidente ha lasciato si ponessero a verbale alcune osservazioni dei rappresentanti di lista;
              il presidente del seggio n.  1 e parte degli scrutatori dello stesso hanno più volte indicato come necessario ai fini della verbalizzazione delle osservazioni dei rappresentanti di lista l'unanimità d'opinione da parte dei presenti nel seggio. Tale reinterpretazione della legge (del tutto impropria) è stata segnalata anche agli agenti della Guardia di finanza presente;
              i rappresentanti di lista hanno più volte denunciato al presidente del seggio n.  1 irregolarità quali l'uso di apparecchi fotografici nei seggi, senza che il presidente intervenisse in merito, acconsentisse alla verbalizzazione dei fatti e denunciasse all'autorità giudiziaria i responsabili;
              il citato scrutatore subentrato ha distribuito le schede elettorali ai votanti invece del presidente di seggio, e alla presenza di quest'ultimo;
              il medesimo scrutatore è stato più volte ripreso dai rappresentanti di lista e da alcuni cittadini poiché indicava agli elettori la lista sulla quale apporre la propria preferenza e, addirittura, sembrerebbe abbia riaperto le schede votate per verificare l'esito del voto;
              in uno dei seggi elettorali le operazioni di voto della mattina del 6 maggio si sono svolte senza la regolare registrazione del numero di tessera elettorale per circa 200 votanti e che l'intervento degli uffici del comune ha ripristinato l'irregolarità fornendo al presidente e scrutatori i numeri di tessera elettorale mancanti;
              a più riprese le operazioni di voto si sono interrotte e/o rallentate a causa di discussioni nei seggi elettorali in merito alle corrette procedure di voto;
          già nei giorni precedenti al voto, alcuni elettori – secondo quanto riferito – sarebbero stati avvicinati per ottenerne il voto in cambio di denaro;
          già durante i giorni precedenti le votazioni, e poi nei giorni del 5 e 6 maggio 2011 con maggiore insistenza, sono circolate voci relative a probabili accordi economici relativi ai candidati sindaco di due liste concorrenti;
          una delle quattro liste si è volatilizzata ottenendo solo 31 voti, con candidati a voto zero sembra per pressioni e/o voto di scambio con la lista risultante vincente;
          lo scrutinio dei voti ha mostrato lungaggini ed è risultato difficoltoso a causa del clima particolarmente teso determinatosi nelle ore precedenti;
          a seguito della divulgazione dei primi risultati (ancora parziali) nei pressi del plesso scolastico che conteneva i seggi si sono verificati scontri verbali e fisici fra componenti e sostenitori delle differenti liste, con accuse di compravendita del voto da parte di quella risultata vincente e con il coinvolgimento di quella che ha ottenuto solo 31 preferenze;
          dopo l'ufficializzazione dei risultati ci sono stati problemi di ordine pubblico, dovuti al fatto che molte decine di manifestanti si sono riversati sulle strade a seguito dei fatti esposti sopra e solo l'intervento dei Carabinieri di Caraffa di Catanzaro e delle altre forze dell'ordine hanno impedito conseguenze gravi;
          già in passato sono avvenute indagini in merito al «voto di scambio» per le elezioni amministrative nei confronti di soggetti coinvolti anche in questa tornata elettorale;
          va tenuto in considerazione che sul territorio di Caraffa di Catanzaro si trova un'importante area industriale, con stabilimenti e manifatture; sono già installati vari aerogeneratori per la produzione di energia elettrica; il territorio è interessato da progetti per la realizzazione di nuovi parchi eolici; la zona Difesa è interessata a progetti per la realizzazione di edilizia residenziale e commerciale pari a 600 ettari; il territorio del comune di Caraffa di Catanzaro è interessato in modo diretto ed indiretto dalle profonde trasformazioni urbanistiche ed economiche che investono la Valle del Corace ove ingenti investimenti sono riferiti all'università degli studi «Magna Graecia», agli uffici della regione Calabria, al centro agroalimentare, alla nuova stazione ferroviaria di Catanzaro  –:
          se il Ministro degli interni sia a conoscenza di quanto su esposto;
          che cosa intenda fare, per quanto di competenza, in relazione ai gravi problemi descritti nelle premesse con particolare riferimento alla tutela dell'ordine pubblico. (4-16579)


      RAINIERI e FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il Consiglio comunale di Bologna ha deliberato nel 2008 il conferimento della cittadinanza onoraria della città allo scrittore Roberto Saviano;
          durante la conferenza dei capigruppo del consiglio comunale di Bologna, convocata il 14 giugno anche per decidere le modalità relative allo svolgimento della cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria a Saviano, l'assessore competente ha comunicato che, secondo una nota della questura e della prefettura di Bologna, i locali dove ha sede il comune non garantirebbero la sicurezza dell'evento;
          per le addotte ragioni di sicurezza, che sarebbero state avanzate dalle competenti autorità, si profila la decisione di far svolgere la cerimonia all'interno del teatro arena del sole, nella giornata di sabato 16 giugno, nel contesto della festa organizzata dal quotidiano La Repubblica, che prevede nella stessa giornata la presenza del Presidente del Consiglio Monti;
          le ragioni addotte per lo spostamento della cerimonia dalla sede istituzionale del comune destano, a parere degli interroganti, perplessità e preoccupazione, poiché, ove fossero effettivamente riscontrate da comunicazioni della prefettura e della questura, non prodotte in occasione della citata conferenza dei capigruppo, indurrebbero a ritenere non sicura una sede istituzionale, che peraltro ha più volte ospitato, in passato, persone particolarmente esposte e soggette a servizi di scorta o tutela;
          si consideri altresì che, in vista dell'arrivo del Presidente del Consiglio Monti, ospite del quotidiano Repubblica all'Arena del Sole, si sta diffondendo in rete un tam tam, da parte dei vari gruppi antagonisti, per una manifestazione intorno al teatro significativamente intitolata: «Cacciamo Monti con tutto il rumore di cui sono capaci i movimenti»  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della nota della questura e della prefettura citata in premessa e, se del caso, quali iniziative intenda assumere per garantire la sicurezza della sede istituzionale del comune di Bologna, anche al fine di consentire lo svolgimento dell'evento illustrato in premessa. (4-16600)


      BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con decreto prefettizio prot. 24874 del 4 gennaio 2011, verificatasi l'ipotesi di cui all'articolo 52, comma 2, del decreto legislativo n.  267 del 2000, veniva disposta la sospensione del consiglio comunale di Caserta, con la conseguente nomina del commissario per la provvisoria gestione del comune nella persona del dottor Piero Mattei;
          con ulteriore decreto prefettizio di pari numero e data «prot. 24874/Area II (EE.LL.)», la dottoressa Maddalena De Luca, vice prefetto in organico all'ufficio IV – relazioni sindacali – del Ministero dell'interno, veniva nominata «sub-commissario presso il Comune di Caserta, con l'incarico di sostituire il Commissario, nei casi di sua assenza od impedimento nonché, al di fuori di tali casi, di esercitare quelle funzioni che lo stesso Commissario ritenga di delegare»;
          con decreto prot. n.  3221 del 14 gennaio 2011, il nominato commissario prefettizio del comune di Caserta conferiva al sub-commissario dottoressa Maddalena De Luca la «delega generale delle proprie funzioni con facoltà di adottare tutti gli atti commissariali, in essi compresi quelli deliberativi»;
          con decreto prot. n.  3229 del 14 gennaio 2011, il nominato commissario prefettizio del comune di Caserta conferiva, inoltre, al sub-commissario dottoressa Maddalena De Luca la delega per le seguenti materie: «1) settori: verde, edilizia scolastica, pubblica illuminazione, canile municipale, datori di lavoro, espropri e patrimonio; 2) area generale di coordinamento sociale e sicurezza territoriale, settore politiche sociali, lavoro e formazione professionale, turismo, pari opportunità e politiche giovanili (internet, comunication tecnology), direzione settori P.M.; 3) area generale di coordinamento, pianificazioni grandi opere, programmi comunitari e grandi opere, lavori pubblici; 4) area generale di coordinamento amministrativo e culturale, settore affari generali, attività produttive, cultura personale; 5) area generale di coordinamento tecnico ecologia pianificazione controllo del territorio, settore pianificazione, gestione e controllo del territorio, catasto edilizio, ecologia e ambiente»;
          con decreto del Presidente della Repubblica del 31 gennaio 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  42 del 21 febbraio 2011, veniva definitivamente sciolto il consiglio comunale di Caserta;
          a seguito delle consultazioni elettorali del 15/16 maggio 2011, tenutesi per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale, cessava la gestione straordinaria commissariale, essendosi insediati gli organi ordinari di amministrazione;
          il comune di Caserta, con delibera consiliare n.  26 del 24 ottobre 2011, ha dichiarato lo stato di dissesto finanziario;
          con decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 2011, su proposta del Ministro dell'interno, il dottor Roberto Aragno, prefetto in quiescenza, la dottoressa Maddalena De Luca, viceprefetto, il dottor Sebastiano Giangrande, dirigente di II fascia, sono stati nominati «componenti della commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune di Caserta per l'amministrazione della gestione e dell'indebitamento pregresso nonché per l'adozione di tutti i provvedimenti per l'estinzione dei debiti dell'Ente»;
          l'articolo 252 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267 (TUEL), al comma 3, espressamente stabilisce che: «Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono le incompatibilità di cui all'articolo 236», vale a dire quelle previste dal Tuel medesimo per i revisori contabili dell'ente;
          l'articolo 236 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267 (TUEL), al comma 2, espressamente dispone che l'incarico di revisione economico-finanziaria, ossia l'incarico di membro dell'organo straordinario di liquidazione non può essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina;
          come sopra specificato, la dottoressa Maddalena De Luca ha svolto, nel biennio precedente alla nomina di membro dell'organo straordinario di liquidazione dal 4 gennaio 2011 al 19 maggio 2011, la funzione di subcommissario presso il comune di Caserta, con le attribuzioni delegate dei poteri della giunta e del consiglio comunale;
          pertanto, la detta nomina, appare all'interrogante in maniera inequivocabile, in contrasto con le richiamate disposizioni normative del Tuel disciplinanti le incompatibilità dei componenti dell'organo straordinario di liquidazione, con ogni connessa conseguenza negativa in ordine alla piena realizzazione della ratio delle stesse;
          quest'ultima, nella fattispecie, chiaramente consistente nella preventiva e trasparente esclusione di possibile conflitto d'interesse sussumibile dal precedente esercizio dei poteri di amministrazione attiva del comune (ancorché di natura straordinaria), svolta nell'arco temporale del biennio antecedente la nomina (di componente dell'Osl), e dall'esercizio successivo (a cura della stessa persona) degli incisivi poteri di cui è titolare l'Osl, che inevitabilmente impongono, invece, la posizione di formale e sostanziale terzietà dei suoi componenti, rispetto alle pregresse situazioni oggetto della relativa sfera di attribuzione;
          posizione di neutralità che il legislatore ha espressamente ritenuta insussistente, per ovvi motivi, in casi come quello in argomento, afferente la dottoressa Maddalena De Luca, rientranti, per l'appunto, tra le ipotesi individuate dall'articolo 236 del Tuel;
          tali pur evidenti circostanze non sono state rilevate dal prefetto di Caserta allorché, con lettera del 10 novembre 2011 – Prot. n.  119130/AREA II/EE.LL. – Rif n.  0077980 del 9 novembre 2011 inviata al Ministero dell'interno, testualmente affermava: «Si soggiunge che non consta a questo Ufficio la sussistenza di motivi ostativi alla nomina, di cui al combinato disposto degli articoli 236, comma 2, e 252 comma 3, del Tuel;
          a render più grave l'accaduto risulta, da documenti allegati all'esposto di cui in prosieguo, inviato il 16 aprile 2012 dal consigliere comunale di Caserta Luigi Cobianchi, che sarebbe stata sposata la tesi, a dir poco stravagante, secondo cui il divieto derivante dai citati articoli del Tuel varrebbe per gli amministratori eletti e non per quelli nominati;
          ad avviso dell'interrogante l'interpretazione della norma che ha escluso il divieto per gli amministratori nominati (commissari), non sia da ritenere un'arrogante e indebita incursione in materia assolutamente sottratta non solo all'arbitrio di funzionario di rango secondario ma ancor più a quello di prefetto, chiamato ad osservare le leggi piuttosto che a stravolgerle a proprio (o altrui) uso e consumo;
          quanto sopra dedotto è stato oggetto di ben due esposti, inoltrati alla competente autorità dal consigliere comunale di Caserta Luigi Cobianchi presidente della commissione consiliare permanente di controllo e garanzia;
          il primo esposto, datato 20 febbraio 2012, contenente richiesta di revoca della nomina della dottoressa De Luca, fu inviato al Presidente della Repubblica – Racc. N. 14498311681-7, inviata da Caserta il 27 febbraio 2012 ed al Ministro per l'interno Annamaria Cancellieri – Plico Racc. Cod. 050304406018 inviato da Caserta il 27 febbraio 2012, al prefetto di Caserta – acquisito al protocollo di gabinetto il 27 febbraio 2012;
          il secondo esposto, corredato da documenti e confirmatorio della richiesta di rimozione della nominata De Luca, sollecitava l'invio di ispettori ministeriali e fu inviato: al Presidente della Repubblica – Racc. N. 14522165382-4, inviata da Caserta il 16 aprile 2012; al Ministro dell'interno Annamaria Cancellieri – Racc. N. 14522165383-6 inviato da Caserta il 16 aprile 2012; al Prefetto di Caserta, il 16 aprile 2012, con consegna a mano, in presenza di terza persona; alla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per il tramite dei carabinieri di Caserta il 16 aprile 2012;
          nessuno dei suddetti esposti ha ottenuto riscontro, malgrado la gravità dei fatti e il lungo tempo trascorso;
          la questione ha avuto consistente riscontro sulla stampa e su testate e siti on line, cosicché è di pubblico dominio quella che l'interrogante giudica una chiara violazione della legalità sancita per decreto dal Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno  –:
          se la proposta che il ministro interrogato, ha presentato al Presidente della Repubblica, abbia tenuto conto di quanto sopra esposto;
          se, a suo avviso, la nomina del vice prefetto Maddalena De Luca sia avvenuta in violazione di chiare e cogenti norme di legge contenute nel decreto legislativo n.  267 del 2000 e sopra evidenziate;
          quali iniziative intenda intraprendere, in tutte le sedi, perché si ponga il dovuto rimedio alle citate violazioni;
          se considerate le gravi conseguenze della designazione prefettizia sulla proposta ministeriale, intenda effettuare ricognizioni delle eventuali responsabilità individuabili nell’iter dell'atto, assumendo consequenziali provvedimenti. (4-16605)


      SBAI, DI VIRGILIO, MINASSO, BECCALOSSI, CORSARO, SAGLIA, VALDUCCI, GELMINI, SAMMARCO, BACCINI, TOCCAFONDI, PORCINO, BRUNETTA, MELONI, MARSILIO, CANNELLA, DE NICHILO RIZZOLI, RAISI, MAZZOCCHI, CONTENTO, CASSINELLI, TORRISI, PIANETTA, LAZZARI, DIMA, GARAGNANI, LAFFRANCO, SISTO, BERNINI BOVICELLI, CALABRIA, BRUNO, CALDERISI, PRESTIGIACOMO, SALTAMARTINI, DI CENTA, DISTASO, TESTONI, BIANCOFIORE, FRATTINI, FAENZI, GOTTARDO, PELINO, BELLOTTI, GOLFO, LANDOLFI, VIGNALI, PILI, CENTEMERO, RENATO FARINA, LORENZIN, ROSSO, GALLI, BERARDI, RAZZI, ANTONIO PEPE, GIRO, DELFINO, BERRUTI, LO MORO, MANTOVANO, NICOLUCCI, MOLES, ORSINI, PESCANTE, ZAMPA, RAMPELLI, MENIA, PATARINO, TORTOLI, MORONI, PICCHI, BRIGUGLIO, GAROFALO, GIORGIO CONTE, CESA, CARLUCCI, RUGGERI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, CAPITANIO SANTOLINI, LAINATI, BINETTI, OCCHIUTO, GALATI, PAGANO, DE CAMILLIS, LUPI, ROCCELLA, TORAZZI, BUONFIGLIO, LEHNER, ZAMPARUTTI, MILANESE, DEL TENNO, CATANOSO, LUNARDI, GIRLANDA, CROLLA, FRASSINETTI, DE CORATO, MURGIA, MINARDO, MAZZUCA, TOMMASO FOTI, GHIGLIA, CECCACCI RUBINO, MAZZONI, IANNACCONE, PALMIERI, GRANATA, DI BIAGIO, HOLZMANN, PROIETTI COSIMI, RIVOLTA, NEGRO, VANALLI, BOCCIA, OLIVERI, BERTOLINI, GIAMMANCO, CERONI, ALBINI, BERGAMINI, NIRENSTEIN e CICCIOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          l'infibulazione è pratica che nulla ha a che vedere né con l'Islam né con nessun altra religione;
          è una pratica barbara, estremista, abominevole, che causa la menomazione a vita di chi la subisce, oltre che rischi gravissimi per la salute, a volte anche la perdita della vita per infezioni o eccessiva perdita di sangue;
          l'infibulazione è reato in Italia ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n.  7 (Consolo) che prevede la reclusione da 4 a 12 anni: pena aumentata di un terzo se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro;
          il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero si ferma laddove esso propugni atti o fatti contrari a beni costituzionalmente tutelati, come lo è il diritto alla propria integrità fisica e morale (articolo 13 della Costituzione);
          il 15 giugno 2012 risulta essere prevista ad Albenga (Savona), una manifestazione di piazza a sostegno della famiglia;
          la manifestazione, organizzata dalla comunità islamica di Albenga in questo caso rappresentata dal signor Gamal Raslan, deriva dalla sospensione della patria potestà di due cittadini egiziani fermati dalle forze dell'ordine alcuni giorni fa, colti nel tentativo di portare la propria figlia in Egitto, per far praticare sulla stessa la pratica dell'infibulazione  –:
          di quali elementi disponga il Governo, per i profili di propria competenza, sulla manifestazione di cui in premessa, che di fatto si svolge, a parere degli interroganti, per promuovere una violazione dei diritti umani;
          se sussistano i presupposti per vietarne lo svolgimento. (4-16606)


      MISIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          dal 1986 ogni anno simpatizzanti e nostalgici neofascisti provenienti da tutta Italia si riuniscono nel piccolo cimitero di Rovetta (BG) per commemorare i 43 miliziani della Repubblica sociale italiana della legione Tagliamento fucilati dai partigiani il 28 aprile 1945;
          nel corso degli anni l'incontro di Rovetta, tacitamente tollerato dalle istituzioni come il «minore dei mali», è diventato uno dei maggiori raduni nazifascisti in Italia. All'incontro del 27 maggio 2012 hanno preso parte circa trecento persone;
          gli organizzatori del raduno hanno formalizzato la propria struttura fondando un comitato ufficiale, dal cui atto costitutivo emerge che lo scopo dichiarato del comitato è l'apologia del fascismo e del collaborazionismo con i nazisti e la perpetuazione di tali «valori» tramite l'indottrinamento delle giovani generazioni;
          il raduno di Rovetta è diventato un elemento di una più complessiva campagna di disinformazione e di revisionismo storico, tesa ad attaccare la Resistenza distorcendo la verità storica  –:      
          quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per porre fine ad una adunata che si configura ad avviso dell'interrogante come una palese e inaccettabile apologia di fascismo, in aperta violazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e della legge 20 giugno 1952, n.  645, anche in considerazione degli evidenti rischi per l'ordine pubblico e se risultino avviate indagini in relazione ai fatti descritti in premessa. (4-16608)


      BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la gestione del comune di Afragola ad avviso dell'interrogante risulta caratterizzata da numerose violazioni di legge; Vincenzo Nespoli, nato ad Afragola il 12 gennaio 1954, sindaco di Afragola dal 2008 e senatore eletto nelle fila del Popolo della Libertà ha all'attivo una condanna di primo grado a due anni e sei mesi per l'accusa di tentata concussione ai danni del maxi store Ipercoop di Afragola. Fu assolto in appello, ma la Corte di cassazione, accolse il ricorso presentato dalla procura di Napoli riconoscendo la richiesta fatta ai dirigenti dell'Ipercoop Tirreno prima dell'apertura nel 1999 inerente all'assunzione pilotata di 250 persone, come intimidatoria, annullando la sentenza d'appello e rimandando gli atti ad un nuovo processo di appello;
          il medesimo risulta indagato tra l'altro per un'accusa di bancarotta fraudolenta e riciclaggio di denaro sporco in merito al crack dell'istituto di vigilanza «La Gazzella» dove i pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcok riconoscendolo come unico «dominus» occulto della bancarotta fraudolenta al fine di spostare ingenti somme di denaro per la realizzazione di un parco residenziale denominato parco «San Marco», avevano chiesto ed ottenuto per il sindaco e senatore Nespoli dal Gip Alessandro Buccino Grimaldi, l'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari che non è stata eseguita a seguito del diniego della prescritta autorizzazione da parte del Senato. Nel crack Gazzella, del valore di quasi trentacinque milioni di euro, (evasione contributiva Inps e tasse), dalla quale si è generato una disoccupazione per un centinaio di dipendenti del succitato istituto di vigilanza, sono coinvolti anche il nipote Camillo Giacco (attuale consigliere comunale del Pdl ad Afragola), Antonio Buglione ritenuto il re degli istituti di vigilanza in Campania, e Maurizio Matacena già candidato nella lista del Pdl a sostegno di Lettieri a Napoli, poi nominato nel collegio dei revisori dei conti dell'Asl Na1 Nord. Carica che gli è stata sospesa perché ritenuto incompatibile;
          le società riconducibili a Nespoli sono la «Sean Immobiliare» e «San Marco Immobiliare». Amministratrice della Sean Immobiliare risulta essere Agnese De Luca, moglie del Nespoli, che continua ad esercitare la funzione di sindaco. Il tribunale del riesame ha rigettato la sua richiesta di revoca della misura cautelare, ritenendolo soggetto di «notevole spessore criminale»;
          l'indagine, ha anche fatto emergere un sistema di assunzione clientelare dove sono stati assunti per una cifra pari a trentamila euro ciascuno, circa una trentina di ragazzi neo vigilanti «Gazzella», i quali dopo sei mesi sono stati tutti licenziati e non assorbiti grazie al fallimento della società. Oltre tutto, bisogna anche registrare il mancato introito degli oneri concessori da parte della fallita Sean Immobiliare nei confronti del comune di Afragola per la realizzazione del parco residenziale. In pratica il sindaco è creditore/debitore di sè stesso;
          le gare di appalto sono state in buona parte ritirate, a causa delle numerose segnalazioni da parte di alcuni consiglieri di opposizione, tutte accolte dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha praticamente bocciato l’iter amministrativo ritenendolo non regolare;
          risulta che gli atti prodotti dall'ufficio tecnico sono stati oggetto di rilievi da parte più volte dell'autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture revocate su iniziativa di alcuni consiglieri di opposizione o addirittura annullate da sentenze del TAR Campania sezione Napoli;
          il commissariato di Afragola, (alle amministrative 2008) scoprì che R.D.B trentaquattrenne di Afragola avesse già votato la mattina in un altro seggio. L'uomo dichiarava ai poliziotti che in cambio del voto espresso, avrebbe ricevuto l'interessamento di alcuni politici per l'inserimento nel mondo del lavoro. Con una scheda intestata al legittimo titolare tentava di votare, mentre la seconda scheda la consegnava nelle mani di Francesco Iazzetta padre del consigliere arrestato. I poliziotti, perquisirono la casa di Francesco Iazzetta. Nella camera da letto del figlio consigliere, gli trovano 143 grammi di marijuana e due bilancini precisione nonché agendine materiale elettorale riconducibile al candidato sindaco Vincenzo Nespoli. Il padre Francesco Iazzetta dipendente del comune di Afragola, fa arrestato con l'accusa di aver fornito false carte d'identità alla vedova della camorra Anna Mazza. Ha diversi procedimenti penali in corso. È indagato tra l'altro per voto di scambio. Francesco Iazzetta oggi risulterebbe essere stato trasferito in forza all'ufficio tecnico di Afragola dove lavora a stretto contatto con il dirigente Nunzio Boccia;
          dirigenti assunti attraverso sistemi clientelari tra cui Nunzio Boccia (attuale dirigente ufficio tecnico comunale), e Marco Chiauzzi (attuale dirigente al settore economia e finanze) assunti con un concorso più volte ritenuto dalle opposizioni fatto ad hoc per loro due sono stati oggetto di numerose contestazioni in sede di consiglio comunale sia per quanto riguarda la situazione economico-finanziaria dell'ente comune di Afragola che per varie questioni inerenti all'ufficio tecnico. Inoltre è palese il comportamento del comandante della polizia municipale Michele Arvonio, il quale attua una serie di comportamenti nella propria sfera di competenza ritenuti persecutori nei confronti delle associazioni locali contrarie alla politica dell'amministrazione Nespoli e nei confronti di alcuni consiglieri di opposizione finiti in una rete di discutibili e mirati controlli della polizia municipale fatti questi oggetto di denuncia alla magistratura napoletana;
          la Corte dei conti ha richiamato numerose volte l'ufficio economia e finanze gestito da Chiauzzi fra le altre cose contestando la trasparenza del bilancio delle società in house tra cui Afragola@net creata da Nespoli;
          l'amministrazione comunale guidata dal sindaco-senatore, si è subito caratterizzata per la gestione della cosa pubblica su questioni come: rifiuti, appalti pubblici, sociale, incarichi esterni, creazione di società ad hoc al fine di gestire una forma di potere attraverso assunzioni di tipo clientelare mettendo in crisi la macchina produttiva economico-finanziaria comunale;
          la maggioranza è composta da un numero significativo di consiglieri comunali gravati da pendenze penali e con essi anche taluni dirigenti amministrativi;
          mentre si festeggiava la vittoria elettorale del ballottaggio, fu arrestato il neo eletto consigliere comunale Raffaele Iazzetta (Pdl), con l'accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, risulta che un altro consigliere finito nel mirino della magistratura napoletana per la condanna del padre ad otto anni e mezzo di carcere (tuttora sconta la pena), per associazione a delinquere di stampo camorristico (ritenuto dagli inquirenti affiliato Clan Moccia), altri tre comprensivi del presidente del consiglio comunale, titolari di una lottizzazione abusiva di ventiseimila metri quadrati sulla quale hanno costruito anche aziende nel mirino della magistratura. Le attività consiliari svolte dalle commissioni formate per lo più da consiglieri di maggioranza legati al Nespoli, in questi anni hanno redatto atti dai quali si sono poi generati sia contratti per l'affidamento esterno di beni e servizi, che appalti per le opere pubbliche tutti finiti nel mirino della commissione di vigilanza sugli appalti ritenendoli da annullare definitivamente. Non per ultimo il contratto di affidamento della sosta a pagamento alla società Smart Project srl di Casoria ritenuta da alcuni comuni tra cui Calolziocorte (Lecco), comune di Lecco, Aversa, Cassino, gravata da una informativa antimafia «atipica» da parte della prefettura di Napoli informando i rispettivi amministratori di un probabile coinvolgimento della criminalità organizzata da parte dei titolari. I contratti sono stati tutti annullati. La ditta si è però insediata normalmente ad Afragola. Insomma si registra un'alterazione del processo di formazione della produttività locale dovuta ad una devianza dell'attività amministrativa legata ad una logica riconducibile al personalismo più sfrenato, solo nell'aprile del 2012, la prefettura di Napoli notifica in via definitiva al comune di Afragola un interdittiva antimafia nei confronti della società Smart Project ritenuta fortemente condizionata dalla criminalità organizzata e solo a questo punto dopo innumerevoli segnalazioni delle forze di opposizione, scatta la rescissione del contratto;
          la Corte dei conti con una propria ordinanza ha imposto all'ente comune di provvedere nell'adempimento di alcuni provvedimenti finalizzati a recuperare la legittimità di taluni atti amministrativi, con pronuncia della Corte n.  152 del 2010 gli amministratori venivano invitati a porre in essere tutte le azioni correttive chieste dalla Corte. Nulla di tutto ciò è successo nonostante la battaglia dei consiglieri di opposizione;
          gli ultimi due bilanci previsionali del comune di Afragola sono stati licenziati nonostante il parere negativo del collegio dei revisori dei conti, così come le ultime due delibere sulla pianta del fabbisogno del personale. Il collegio dei revisori, querelò Nespoli per diffamazione in consiglio comunale;
          Paolo Lista, (Presidente del Collegio dei revisori) e Romolo Guerriero (vice presidente del medesimo collegio) persone da Nespoli portate al comune di Afragola, si sono subito dimessi dal collegio a loro dire per questioni personali;
          sulla questione rifiuti, la città di Afragola attualmente registra una situazione disastrosa. L'amministrazione comunale retta dal Nespoli è stata eletta nel cuore dell'emergenza rifiuti nel 2008, nonostante il decreto emesso dall'allora commissario straordinario per l'emergenza rifiuti Guido Bertolaso prevedesse che i comuni che non avessero raggiunto entro la fine dello stesso anno almeno il 25 per cento della raccolta differenziata, fossero automaticamente sciolti, la città di Afragola, non ha mai raggiunto il 10 per cento di raccolta differenziata. Il primo cittadino ha «cacciato» la vecchia ditta di raccolta rifiuti «Ego Eco», ritenendola inidonea ed inadempiente, ed ha aperto le porte in via del tutto straordinaria alla ditta «Igiene Urbana Srl» di Sant'Antonio Abate (Napoli). La situazione ad avviso dell'interrogante non è cambiata. Anzi è peggiorata. Si è registrato attraverso le varie interrogazioni in consiglio comunale la totale inerzia da parte del comune di Afragola nel cercare di trovare una soluzione definitiva al problema nonostante l'approvazione del piano industriale dei rifiuti. Attualmente il comune gestito dal Nespoli, ha indetto una gara di appalto per la gestione dei rifiuti per sette anni con l'opzione di altri due anni. Una sola busta è stata presentata. E proprio su questo particolare che l'autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha bocciato l'intero iter procedurale messo in atto dall'amministrazione comunale diretta dal Nespoli poiché ha ritenuto che «non contenga elementi essenziali per la predisposizione di una offerta consapevole ed affidabile da parte degli operatori del settore e che la mancanza, abbia di fatto limitato la partecipazione alla gara». «Ne consegue – continua l'autorità – che tale gara è stata bandita in difformità dei principi comunitari di trasparenza e par condicio». Lo stesso Consiglio comunale ha accusato il comune di Afragola di aver utilizzato in modo del tutto spropositato l'istituto della proroga per un totale di dieci milioni di euro senza avere provveduto ad indire una gara d'appalto, tuttora si prosegue in regime di proroga;
          Nespoli, un anno e mezzo fa, aveva pure inaugurato un'area adibita ad isola ecologica, diventato ricettacolo di immondizia ed autocarri appartenenti alla ditta dei rifiuti, chiuso dall'Asl un anno fa per carenze igienico sanitarie e mancata sicurezza. Il prefetto di Napoli ha inviato una nota al comune di Afragola (settore ecologia) dove minaccia l'ente comunale che se non raggiungesse il 50 per cento di raccolta differenziata entro la fine dell'anno, sarà nominato un commissario ad acta;
          su denuncia di un consigliere comunale di opposizione l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha contestato ed intimato la revisione di tutti gli atti in merito alla gara d'appalto per l'affidamento di gestione, manutenzione ordinaria e straordinaria delle lampade votive e degli impianti elettrici nel cimitero del comune di Afragola. Il consiglio dell'Autorità dopo aver valutato tutti gli atti ha sancito che: «la stazione appaltante per i motivi sopra esposti possa aver limitato potenzialmente la partecipazione di operatori economici interessati alla gara e che la gara in esame non sia stata svolta nei rispetto dei principi comunitari di libera concorrenza, trasparenza e par condicio sanciti dall'articolo 2, comma 1 del codice dei contratti pubblici, in particolare relativamente alle criticità evidenziate sulle categorie SOA, alla generalità della valutazione dell'importo, nonché alla carenza di una adeguata progettazione del servizio e dei lavori posti a gara» definendo in sostanza la totale irregolarità nelle procedure attuate e annullando di fatto la gara;
          il rione Saggese, nato all'inizio degli anni Novanta grazie all'irrefrenabile speculazione edilizia di natura abusiva per esigenza abitativa e sanato con le varie sanatorie (condono edilizio), alla fine degli anni Novanta è stato fortemente interessato dai lavori dell'alta velocità. Un quartiere totalmente sventrato dai binari dell'alta velocità e dai cantieri della TAV generando forti disagi alla popolazione residente. Disagi che dovevano essere compensati con un progetto di riqualificazione di tutto il quartiere a spese della TAV costo dell'intera opera 9.500.000,00 euro cifra versata totalmente nelle casse del comune di Afragola. L'amministrazione comunale diretta dal Nespoli si era impegnata ad utilizzare quei fondi per attuare la riqualificazione del quartiere. Con una gara d'appalto indetta nel 2010 e poi revocata, e ad oggi non ancora bandita, non è noto come siano stati utilizzati quei fondi, l'unico dato certo è che il quartiere è rimasto abbandonato a sè stesso;
          l'amministrazione di Afragola guidata dal Sindaco e Senatore Vincenzo Nespoli del Pdl, partecipa al bando di gara regionale-europeo denominato Più Europa per l'assegnazione di fondi da impiegare nella riqualificazione dei propri centri storici. Il comune di Afragola si aggiudica la cifra di 31 milioni di euro; la cifra, dopo tre anni, si riduce a 17 milioni in seguito ai problemi determinati dalla crisi nella regione Campania, ma la progettualità rimane inalterata. I progetti definitivi ed esecutivi, ad avviso dell'interrogante mai discussi seriamente nelle commissioni consiliari, sono stati oggetto di approvazione in consiglio comunale, facendo scatenare le ire dell'opposizione, poiché si riteneva impossibile approvare progetti sconosciuti sia alla città che al consiglio comunale. L'opposizione ha fatto ricorso alla commissione trasparenza della regione Campania, ottenendo audizione per il giorno venerdì 20 aprile 2012;
          come da regolamento interno della commissione, non è previsto il confronto, ma la sola audizione;
          ad intervenire contestando i progetti di Nespoli è stata anche la sovrintendenza dei Beni Archeologici di Napoli in merito alla mancata comunicazione nonché concertazione dei progetti attuati nelle zone di interesse storico, violando le varie disposizioni in materia, ma soprattutto le varie autorizzazioni che dovevano essere rilasciate dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici di Napoli;
          le associazioni locali vicine a consiglieri di opposizione sono particolarmente attenzionate dall'Amministrazione mediante la Polizia Locale, come dimostra la chiusura del circolo universitario ad ottobre 2010, e episodio del 7 febbraio 2012, quando i vigili urbani hanno effettuato un controllo presso la sede consegnata alle associazioni, notificando un invito a comparire ex articolo 133 cpp ai soci dell'associazione presso il comando di polizia municipale al comune. Interrogati, i soci hanno chiesto la presenza degli avvocati, successivamente il comandante ha interrogato amministratori e dirigenti della Nac Costruzioni, società proprietaria delle strutture sportive. Inaspettatamente la Nac dopo tale incontro ha provveduto a notificare una revoca immediata del contratto di comodato d'uso della struttura, non prevista nel contratto stesso, chiedendo alle associazioni di abbandonare immediatamente la struttura stessa per poter essere in grado di comunicarlo al comune;
          le associazioni locali restano in attesa di capire le reali motivazioni di tali scelte, visto che è passato meno di un anno dalla chiusura sempre ad opera dei vigili di un'altra sede che ospitava le associazioni locali; intanto tutti i fatti sono stati denunciati in procura e presso i carabinieri e sono in corso indagini  –:
          quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in ordine ai fatti indicati e se non vi ravvisi elementi sufficienti e tali da provvedere con urgenza, attraverso gli strumenti offerti e disposti dalla normativa vigente, ad assumere le iniziative necessarie allo scioglimento del comune di Afragola. (4-16609)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento alla delibera della giunta del comune di Bologna che regola la concessione del contributo da parte del comune alle scuole paritarie;
          ad avviso dell'interpellante, il documento è singolarmente pieno di contraddizioni quali il vincolo del contributo concesso soltanto nel caso che vengano accettate tutte le richieste di iscrizioni, la mancata chiarezza sul rispetto della finalità educativa religiosa che si augura non siano volute deliberatamente per confondere l'opinione pubblica, in quanto sembra in netto contrasto, in alcuni suoi postulati, con lo spirito della legge n.  62 del 2000 che definisce il sistema pubblico integrato di istruzione riconoscendo esplicitamente la funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie;
          questo è il primo punto di contraddizione della delibera della giunta, mentre il secondo e più importante, è il concetto che le scuole debbono essere aperte a tutti, cosa che in se pare ovvia purché ci sia la corrispettiva dotazione economica;
          l'interpellante in ogni caso auspica che sia salvaguardata la finalità educativa religiosa (cattolica) delle scuole paritarie il cui scopo essenziale è proprio quello di dare un insegnamento basato sui principi della chiesa cattolica;
          il riferimento del sindaco di Bologna di «punire» le scuole che applicano le rette alte non è concepibile stante il fatto che le stesse, in molti casi senza aiuto da parte dello Stato, debbono sopportare costi altissimi, ed in ogni caso, anche ricordando lo studio fatto dall'AGESC, le medesime scuole risparmiamo rispetto alle parallele scuole statali una quota maggiore per alunno  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative anche normative dirette a chiarire l'esatta interpretazione della legge n.  62 del 2000.
(2-01547) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ZAZZERA e MURA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) «promuove ed effettua, anche nell'ambito di programmi dell'Unione europea e di organismi internazionali, attività di ricerca nel campo delle discipline geofisiche, della vulcanologia e delle loro applicazioni, ivi compresi lo studio dei fenomeni fisici e chimici precursori dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche, dei metodi di valutazione del rischio sismico e vulcanico, della pericolosità sismica e vulcanica del territorio anche in collaborazione con le università e con altri soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali (articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 29 settembre 1999, n.  381);
          l'INGV «progetta e coordina programmi nazionali ed internazionali di ricerca finalizzati al rilevamento sistematico dei fenomeni geofisici, vulcanici e geochimici, anche a mezzo di osservatori geofisici, sismici e vulcanici e svolge funzioni di sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale e di coordinamento delle reti sismiche regionali e locali, ivi comprese le funzioni di sorveglianza sismica e vulcanica della Sicilia orientale (progetto Poseidon) di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 3 maggio 1991, n.  142, convertito dalla legge 3 luglio 1991, n.  195» (articolo 2, comma 1, lettera b) e c) del decreto legislativo 29 settembre 1999, n.  381);
          l'INGV inoltre, «provvede alla organizzazione e gestione della rete sismica nazionale integrata, è sede e fornisce supporto all'attività del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti e al Gruppo nazionale per la vulcanologia, istituiti ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 febbraio 1992, n.  225, con le condizioni di autonomia previste dalla predetta disposizione (articolo 2, comma 1, lettera d), ed e) del decreto legislativo 29 settembre 1999, n.  381);
          secondo l'articolo 2 del decreto n.  90 del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca recante il nuovo statuto dell'ente, l'INGV «a) promuove e svolge attività di ricerca sui processi naturali del sistema Terra, attraverso: il rilevamento sistematico, mediante reti e osservatori multiparametrici, di fenomeni geofisici che hanno luogo nella terra solida e in quella fluida, la conduzione di specifici laboratori, le analisi delle osservazioni finalizzate al monitoraggio e alla modellazione dei processi naturali. Svolge in particolare attività finalizzate:
              allo studio sperimentale e teorico della dinamica dell'interno della Terra, della sismicità e delle eruzioni vulcaniche, nonché dei parametri fisici e chimici che caratterizzano l'ambiente terrestre;
              allo studio sperimentale e teorico del magnetismo terrestre e dell'economia;
              alla messa a punto di metodi per la valutazione della pericolosità sismica, vulcanica e da maremoto e all'elaborazione di scenari a lungo, medio e breve termine, con applicazioni sia all'area italiana che ad altre zone attive del pianeta di particolare rilevanza scientifica;
              all'esplorazione di ambiti di ricerca innovativi e particolarmente critici, quali il cambiamento climatico globale, la sicurezza del territorio nazionale e l'elaborazione di modelli di sviluppo coerenti con lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali;
          b) progetta e coordina programmi nazionali e internazionali nell'ambito delle linee di ricerca di cui ai punti precedenti, anche in partenariato con altre istituzioni pubbliche e private, con particolare attenzione ai programmi di studio e valutazione della pericolosità sismica e vulcanica; partecipa a programmi avviati da altri soggetti; stipula accordi e convenzioni per la fornitura di dati, elaborazioni e consulenze di elevato valore scientifico e tecnologico a favore di enti di ricerca pubblici e privati, pubbliche amministrazioni, enti locali e soggetti privati;
          d) svolge per conto dello Stato, secondo la normativa vigente, funzioni di monitoraggio di fenomeni geofisici e geochimici con particolare riguardo alla sorveglianza dell'attività sismica, vulcanica e dei maremoti nel territorio nazionale e nell'area mediterranea; coordina l'attività delle reti sismiche regionali e locali; partecipa alle reti di studio e sorveglianza europee e globali;
          e) in riferimento al punto precedente provvede, in particolare, alla organizzazione, gestione progressiva estensione della Rete Sismica Nazionale, della Rete Integrata Nazionale GPS e della rete sismica a scala euro-mediterranea denominate «MedNet»;
          f) rende disponibili alla comunità scientifica i dati raccolti dalle proprie reti di monitoraggio; pubblica riviste e collane editoriali; svolge attività didattica, di formazione e di tutorato, anche in cooperazione con università e istituti di alta formazione in Italia e all'estero;
          g) svolge attività di divulgazione dei risultati della ricerca e del monitoraggio dei processi geofisici; promuove iniziative di comunicazione, informazione e formazione nella scuola e nella società, con particolare attenzione alle aree del territorio nazionale a più elevata pericolosità sismica e vulcanica, per contribuire alla riduzione del rischio;
          nonostante la legge attribuisca all'Ingv compiti di fondamentale importanza per la sicurezza del territorio, il precedente Governo ha disposto un sensibile taglio al fondo ordinario della ricerca;
          le risorse economiche e umane dell'Istituto sono fortemente depotenzializzate, in un periodo in cui al contrario, alla luce dei gravi episodi di scosse sismiche verificatesi nel maggio 2012, la sua operatività dovrebbe potersi esprimere al meglio;
          lo stesso direttore generale dell'istituto, Tullio Pepe, ha lanciato l'allarme sulla carenza dei finanziamenti statali ed il conseguente problema del precariato. In proposito il direttore ha dichiarato che «Il taglio generalizzato è stato dell'ordine del 7 per cento per tutti gli enti (e per l'Ingv), per il 2010-2012, si è tradotto con un calo delle precedenti dotazioni ordinarie del 15 per cento che porta il budget da 50 a 42,5 milioni. Taglio che è andato a colpire proprio la parte sensibile di studio, monitoraggio e previsione dei fenomeni sismici, mentre molti progetti attivati su questo fronte si scontrano ancora con il problema del precariato, che (nell'istituto) tocca 270 ricercatori su 800. Senza fondi i contratti decadono, le ricerche pure» (Il Fatto Quotidiano, Emilia Romagna, del 30 maggio 2012);
          all'interrogante risulta che la pianta organica dell'Ingv sia costituita da 528 posti, per un totale di personale di circa 1013 unità. Attualmente vi sarebbero ben 190 lavoratori precari che hanno diritto alla stabilizzazione, mentre come affermato dallo stesso direttore generale, 270 ricercatori rischiano di non veder rinnovato il proprio contratto con scadenza nel dicembre 2012;
          come confermato sul sito dell'Istituto (www.ingv.it), il personale è impiegato in servizi h24 per poter garantire la sorveglianza, il monitoraggio e la ricerca dei fenomeni geofisici. Qualora tali lavoratori, dotati di alta professionalità, dovessero perdere il posto, l'Istituto non sarebbe più in grado di svolgere le sue funzioni, mettendo a repentaglio la sicurezza nazionale;
          ad avviso dell'interrogante infine, non è opportuno costringere tale personale ad operare con contratti a termine, visto che la ricerca non può e non deve essere svolta in condizioni di precarietà  –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di consentire all'Ingv di poter operare al massimo delle sue potenzialità, garantendo all'ente sufficienti risorse economiche;
          se il Governo intenda provvedere alla stabilizzazione del personale precario impegnato in attività di ricerca presso l'ente.
(5-07088)


      COSCIA e DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          da notizie apprese dalla stampa risulta che cinque bambini iscritti alla prima elementare dell'Istituto comprensivo «Giulio Tifoni» di Pontremoli in provincia di Massa sono stati bocciati per «non aver raggiunto gli obiettivi minimi del programma ministeriale»;
          tra i cinque bambini ci sono anche un disabile e tre stranieri;
          la scuola Giulio Tifoni era stata oggetto di una sentenza del Tar di Firenze che aveva imposto lo sdoppiamento delle classi definite «pollaio»;
          il Comitato dei genitori delle scuole di Pontremoli assistito dall'avvocato Giuseppe Romeo del Codacons era ricorso al Tar per chiedere una classe in più rispetto alle due prime composte rispettivamente da 29 e 30 bambini;
          tuttavia, i bambini bocciati erano iscritti a classi che superavano il limite predisposto dalla legge vigente  –:
          se non ritenga opportuno affrontare il problema del sovraffollamento delle classi e avviare un'ispezione immediata per conoscere le ragioni che hanno spinto gli insegnanti, contro ogni principio pedagogico di ragionevolezza e buon senso, alla bocciatura di cinque bambini di sei anni iscritti alla prima elementare che si prevede debba, in primo luogo, garantire uguali opportunità di apprendimento e di successo scolastico a tutti i bambini di quell'età. (5-07090)


      GOISIS, RIVOLTA, GRIMOLDI e CAVALLOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'istituto comprensivo «Giulio Tifoni» di Pontremoli ha sorprendentemente decretato la bocciatura di cinque bambini (tre stranieri e due italiani, uno dei quali disabile) frequentanti la prima classe della scuola primaria;
          i genitori dei bambini in parola avrebbero annunciato ricorso per chiedere l'annullamento dei provvedimenti, nonché una sorta di class action per chiedere i danni al Ministero dell'istruzione e al dirigente scolastico del sopra citato «istituto», per ottenere, se previsti, anche risarcimenti a livello esistenziale;
          anche in precedenza l'istituto in parola sarebbe stato oggetto di diffida e ricorso al Tar della Toscana per la formazione delle cosiddette «classi pollaio», che avrebbe riconosciuto la legittimità delle doglianze dei genitori degli studenti della suddetta scuola primaria, che oltre a ritenere la bocciatura dannosa per l'equilibrio psicologico del proprio figlio, rimarcherebbero l'inadeguatezza della scuola a insegnare a «scrivere e far di conto» a tutti gli scolari;
          secondo notizie diffuse da diversi media, anche i genitori dei nuovi primini starebbero pensando di cautelarsi contro la decisione della scuola di istituire, per il prossimo anno, due nuove classi di 29 alunni ciascuna;
          secondo l'opinione del dirigente scolastico dell'istituto in parola, l'esistenza delle classi pollaio sarebbe da addebitare a un'organizzazione sbagliata dell'organico (numero di insegnanti, bidelli e personale tecnico amministrativo assegnati a un istituto comprensivo); l'incremento di talune classi sarebbe determinato dall'esistenza di «classi chioccia» nel medesimo istituto, con un numero di alunni di circa 15, e con una classe che conterebbe 11 studenti. L'ufficio scolastico regionale – secondo il dirigente scolastico – «non considera la situazione di ogni singola scuola, ma ragiona a livelli di plesso»;
          appare chiaro che anche l'istituto in parola abbia dovuto stabilire il criterio di sopravvivenza, imposto ai plessi scolastici, basato unicamente sul numero degli alunni;
          i criteri e i parametri per la formazione delle classi sono fissati dal regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 2009, n.  81;
          le classi di scuola primaria sono di norma costituite con un numero di alunni non inferiore a 15 e non superiore a 26, elevabile fino a 27 qualora residuino resti;
          le classi delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità, sono costituite secondo i criteri e i parametri di cui all'articolo 5 del citato «Regolamento sul dimensionamento»;
          con circolare ministeriale n.  25 del 29 marzo 2012, prot. n.  400 recante «Dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2012/2013», il Ministro interrogato ha raccomandato «la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni disabili, nel senso di limitare, per quanto possibile, in presenza di grave disabilità, la formazione delle stesse con più di 20 alunni»;
          in effetti, le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, «purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola»;
          è consentito derogare, in misura non superiore al 10 per cento, al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto, per ciascun tipo e grado di scuola;
          al riguardo si sottolinea che il decreto del Presidente della Repubblica n.  81 del 2009, prevede tra l'altro che le dotazioni organiche siano stabilite sia in base alla previsione dell'entità e della composizione della popolazione scolastica, sia con riguardo alle esigenze degli alunni disabili, nonché in previsione «degli alunni di cittadinanza non italiana»;
          la necessità di nuovi risparmi di denaro pubblico, ha previsto la fusione di tutte le direzioni didattiche e delle scuole medie in nuovi istituti comprensivi addirittura di 1.400 alunni vicino ai «vecchi comprensivi» di 600 alunni, con grave pregiudizio degli alunni;
          il dirigente scolastico dell'istituto in parola avrebbe dichiarato quanto segue: «Per il loro bene e seguendo una normativa ministeriale che lo prevede le insegnanti hanno scelto all'unanimità di far ripetere loro l'anno. Può succedere che per immaturità gli alunni abbiano bisogno di più tempo per apprendere e in questi casi è capitato. Siamo stati molto combattuti e ci dispiace ma io stesso ho fatto visita alla classe e seguito i bambini in alcune prove. Non sono capaci di scrivere una frase minima sotto dettatura»;
          uno dei cinque alunni bocciati sarebbe seguito dall'insegnante di sostegno e in questo caso «sarebbe stato il gruppo di lavoro composto di esperti a esprimere il parere»; in tre casi gli studenti hanno origini straniere, ma non sarebbe stata la conoscenza della lingua italiana l'intralcio all'apprendimento; in alcuni casi si tratterebbe di bambini «anticipatari», cioè che sono stati iscritti alle elementari un anno prima degli altri»;
          da un'ispezione interna sarebbe emerso che «la maggior parte dei bambini, oltre ai 5 bocciati, non avrebbe raggiunto gli obiettivi minimi del programma ministeriale»;
          la qualità dell'esistenza di ogni bambino è influenzata dal modo in cui egli apprende, fin dai primi anni, ad affrontare le proprie emozioni: se in lui prevalgono reazioni emotive distruttive, queste finiranno per caratterizzare la sua vita scolastica determinando relazioni insoddisfacenti con i compagni e con gli insegnanti;
          secondo molti psicologi ed educatori, quanto più il bambino è in grado di vivere emozioni positive in ambito scolastico, tanto più accelera l'apprendimento;
          quasi tutti i bambini all'inizio della scuola primaria si accostano all'apprendimento con un notevole entusiasmo che però va smorzandosi col passare del tempo. Solo se lo studio viene associato a stati d'animo piacevoli, sarà stimolata la capacità di partecipazione attiva dell'alunno al processo di apprendimento. Purtroppo questo si verifica ancora piuttosto raramente, per l'impossibilità degli insegnanti a facilitare l'esperienza di emozioni positive nel contesto scolastico;
          i più recenti contributi nell'ambito della prospettiva cognitivo-comportamentale hanno evidenziato che i meccanismi psichici che governano le reazioni emotive sono da identificare come meccanismi cognitivi, cioè modalità di pensiero, rappresentazioni mentali;
          l'insegnamento della filosofia del pensiero razionale con l'intento di aiutare se stessi e gli altri, rappresenta un mezzo efficace per permettere ad insegnanti e alunni una vita scolastica più felice e produttiva  –:
          se, alla luce dello sconcertante provvedimento di non ammissione alla seconda classe della scuola primaria dei bambini in parola, non ritenga opportuno intervenire per sollecitare una nuova ispezione nell'istituto comprensivo «Giulio Tifoni» di Pontremoli, al fine di valutare con maggiore rigore gli insegnamenti e il programma didattico, svolti in particolare nella scuola primaria;
          se non ritenga altresì importante verificare la legittimità e le «inderogabili necessità» legate all'aumento del numero degli alunni nelle due classi della scuola primaria in parola, rispetto alle previsioni, secondo i criteri ed i parametri previsti dal regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n.  81 del 2009, e, nel caso, quali iniziative intenda esercitare nei confronti della dirigenza scolastica;
          in vista della scadenza relativa alla riorganizzazione della rete scolastica, fissata al 31 gennaio 2012, se intenda valutare l'opportunità di consentire ai nuovi istituti comprensivi di derogare dai parametri numerici previsti dal decreto-legge n.  98 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, non già per rispettare il valore numerico degli alunni assunto come media regionale, bensì per salvaguardare il progetto educativo – formativo degli studenti della scuola dell'obbligo, in particolare dell'istruzione primaria;
          se intenda valutare la necessità di integrare le materie curriculari della scuola primaria con i contenuti di un programma di educazione razionale emotiva all'interno della programmazione annuale, prevedendo la formazione obbligatoria dei docenti in questo settore. (5-07093)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CAPARINI e VOLPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          martedì 5 giugno 2012, si è svolto un presidio all'ufficio scolastico provinciale di Brescia organizzato dal coordinamento «SOS scuola» per chiedere il pagamento del debito che il Ministero ha nei confronti delle scuole bresciane;
          da una verifica degli attivi dal 2006 al 2011 il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca deve agli istituti compresivi di Brescia 1 milione e 550mila euro in questo modo ripartiti IC NORD 1 euro 15.845,82; IC NORD 2 euro 145.702,04; IC CENTRO 1 euro 7.201,60; IC CENTRO 2 euro 101.88,66; IC CENTRO 3 euro 119.240,59; IC EST 1 euro 61.273,54; IC EST 2 euro 165.973,83; IC EST 3 euro 7.920,89; IC OVEST 1 euro 8.735,28; IC OVEST 2 euro 274.860,82; IC OVEST 3 euro 257.781,18; IC SUD 1 euro 97.276,83; IC SUD 2 euro 214.007,63; IC SUD 3 euro 77.289,73  –:
          quali iniziative si intendano adottare per consentire il corretto svolgimento delle attività didattiche nella provincia di Brescia. (4-16586)


      ROSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  296 del 2007 ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatoria ad esaurimento;
          l'articolo 5-bis della legge 30 ottobre 2008 ha riaperto le graduatorie a circa 21.000 docenti immatricolati con i corsi attivati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'anno accademico 2007/2008, permettendo quindi agli studenti di scienze della formazione primaria immatricolatisi nell'anno accademico 2007/2008 di iscriversi con riserva;
          gli studenti iscritti negli anni accademici successivi (2008/2009, 2009/2010, 2010/2011) al corso di laurea in scienze della formazione primaria e al terzo corso biennale di secondo livello (finalizzato alla formazione dei docenti di strumento musicale nella scuola media: classe di concorso 77/A), pur avendo l'abilitazione del vecchio ordinamento, non hanno potuto iscriversi con riserva nelle graduatorie ad esaurimento;
          il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca fino al 2010 ha continuato ad attivare – presso i conservatori di Musica, gli istituti musicali pareggiati, le Accademie di belle arti, le Facoltà di scienze della formazione primaria e le SSIS – corsi abilitanti con modalità identiche rispetto ai precedenti;
          il decreto legge 29 dicembre 2011, n.  216 «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», ha permesso solo agli abilitati in scienze di formazione primaria e alla classe di concorso 77/A di essere inseriti in IV fascia della graduatoria ad esaurimento, attraverso un ulteriore decreto ministeriale;
          la questione dell'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento è stata oggetto anche dell'ordine del giorno n.  9/4865/B/21;
          sarebbe opportuno permettere quindi l'inclusione anche degli insegnanti abilitati con i corsi ex decreti ministeriali 21, 85 e 137, oltre agli esclusi per mancata ripresentazione della domanda nel 2007, nonché i «sissini» nel semestre aggiuntivo del IX corso;
          ad oggi, gli abilitati e abilitandi in A77 (strumento musicale), Cobaslid (arte e disegno), scienze della formazione primaria, corsi speciali abilitanti SSIS Lazio di cui ai decreti ministeriali numeri 21 del 2005, 85 del 2005 e 137 non possono accedere nelle graduatorie ad esaurimento, a differenza dei colleghi degli anni precedenti;
          tali insegnanti hanno formato un coordinamento nazionale docenti abilitandi ed abilitati chiedendo di essere inclusi nelle graduatorie ad esaurimento  –:
          se non ritenga opportuno, in vista dell'adozione del decreto ministeriale che disciplina l'inserimento dei nuovi docenti, intervenire per consentire l'inserimento nella graduatoria ad esaurimento di tutti gli insegnanti che hanno conseguito, o stanno per conseguire il titolo abilitante.
(4-16603)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CODURELLI, GNECCHI, RAMPI, BELLANOVA, SCHIRRU, MARIANI, GARAVINI, FRONER, ZAMPA, LENZI, DE TORRE, MADIA, ROSSOMANDO, SERVODIO, LO MORO, MOTTA, LIVIA TURCO, ROSSA, MATTESINI, BOSSA e MIOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la recente riforma in materia pensionistica attuata con l'articolo 24 del decreto-legge n.  201 del 2011, convertito, con modificazioni, della legge n.  214 del 2011, ha colpito numerosi lavoratori espulsi dal mercato del lavoro, privandoli (o ritardando di molto) dei requisiti per la pensione;
          a parere degli interroganti, gli effetti più devastanti di detta riforma hanno colpito maggiormente le donne che, di fatto, hanno subito una penalizzazione di genere: le lavoratrici «esodate» o mobilitate che hanno sottoscritto accordi individuali o collettivi prima del 4 dicembre 2011 e le lavoratrici licenziate entro la stessa data, tutte prossime all'età pensionabile in base alla precedente legge, sono numerose;
          inoltre, la riforma ha inciso in modo inaccettabile per quanto riguarda l'innalzamento dell'età per la pensione di vecchiaia; le donne vedono ora improvvisamente posticipata, anche di oltre sei anni (dagli originari 60 agli attuali 66/67), la data del loro possibile pensionamento, che per gli uomini risulta differita al massimo di due anni (da 65 a 67);
          questa riforma penalizza le donne perché è basata su una logica assicurativa, incapace di misurare la relazione tra le persone e il loro lavoro, e la fatica di quel lavoro; è evidente che fare il professore universitario non è la stessa cosa che fare l'infermiera, o l'insegnante di scuola materna o di asilo nido, o la turnista; una concezione del genere non può che penalizzare le donne che già cumulano il lavoro per il mercato con quello domestico e familiare;
          la conferma di quanto detto arriva da una ricerca della università Bocconi di Milano (ricerca realizzata da Carlo Maccheroni, fellow del centro «Carlo Dondena» di ricerca sulle dinamiche sociali della Bocconi e docente di demografia all'università di Torino) che quantifica l'aspettativa di vita secondo il livello di istruzione: un laureato di 35 anni vive 7,6 anni più di un coetaneo con il solo diploma di scuola media. In Italia, chi ha un titolo di studio basso, licenza elementare o media, vive meno di chi ha conseguito una licenza superiore o una laurea: mediamente da 7,6 a 5,5 anni in meno a seconda delle classi di età, se uomo, e da 6,5 a 5,3, se donna;
          già il decreto-legge n.  98 del 2011 aveva posto le basi per un differimento della pensione, anticipando:
              per tutti, al 2013, l'avvio dell'adeguamento dell'età all'aspettativa di vita;
              per le donne, al 2014, l'aumento dell'età per il conseguimento della pensione di vecchiaia, prevedendo un incremento progressivo e sostenibile fino a raggiungere l'equiparazione fra lavoratori e lavoratrici ai fini pensionistici;
          il decreto legge n.  201 del 2011, invece, con l'obiettivo di perequare immediatamente l'età di pensionamento dei lavoratori di entrambi i sessi, non ha operato la necessaria e dovuta gradualità, non prevedendo nemmeno alcuna distinzione fra le donne ancora occupate e quelle che non lo sono più, perché hanno dovuto subire l'iniziativa unilaterale dei datori di lavoro (licenziamento) o perché hanno aderito, loro malgrado e non certo in modo indolore, a logiche di riduzione del personale (esodo/mobilità);
          in questi casi, infatti, la scelta è stata non di rado indotta dal contesto aziendale fortemente discriminatorio nei confronti delle donne prossime alla conclusione del percorso lavorativo, o è stata con frequenza motivata dalla necessità di svolgere le funzioni di cura, di sviluppo delle capacità e di sostegno delle incapacità dei componenti della famiglia, ed è stata, in ogni caso, supportata dalla certezza di raggiungere l'età pensionabile in un lasso di tempo breve, non superiore a due/tre anni;
          la possibilità delle donne di conseguire un reddito è stata azzerata, perché si sono trovate improvvisamente prive di stipendio e di titolo alla pensione per un arco di tempo insostenibilmente lungo e del resto non è ragionevolmente ipotizzabile, nell'attuale situazione di crisi del lavoro, una loro ricollocazione professionale; non percependo reddito, oltre a trovarsi in situazioni di difficoltà (se non di bisogno) personali e familiari, hanno perso la loro autonomia, sono divenute, ancor più, soggetti deboli che rientrano in uno stato di subalternità, dal quale nel tempo si erano affrancate  –:
          a fronte della grave situazione sommariamente esposta in premessa, quali urgenti iniziative intenda adottare allo scopo di sanare al più presto le inaccettabili sperequazioni createsi a danno delle donna a seguito dell'entrata in vigore della recente riforma pensionistica, tenendo anche conto della ulteriore penalizzazione che le colpisce e che ha colpito in particolare le donne che oggi vanno verso i 60 anni, dovuta alla mancanza di efficaci interventi di sostegno alla conciliazione tra vita e lavoro;
          se, date le discriminazioni subite dalle donne da decenni e in cui ancora, purtroppo, le lavoratrici richiamate in premessa sono poste, non ritenga di assumere iniziative al fine di garantire loro la disciplina pensionistica vigente al momento in cui hanno cessato il lavoro o hanno fatto domanda di prosecuzione volontaria del versamento dei contributi previdenziali o se non ritenga indispensabile, almeno per l'innalzamento dell'età per la pensione di vecchiaia, un graduale aumento in luogo degli attuali 62 anni già dal primo gennaio 2012. (5-07084)


      GATTI, ALBINI, FONTANELLI, SCARPETTI, LULLI, MARIANI, MATTESINI, GIACOMELLI, VELO, VENTURA, CENNI, REALACCI, LETTA e DE PASQUALE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Champion spa, azienda produttrice di abbigliamento sportivo con sede a Carpi (Modena), ha un ufficio progettazione a Scandicci (Firenze), nel quale erano impiegate sino a poco tempo fa quasi 60 persone;
          a novembre dello corso anno l'azienda ha comunicato, senza preavviso, il trasferimento di un intero reparto (logistica, amministrazione e sistemi informatici) presso la sede di Carpi e nei mesi successivi, tra febbraio e marzo del 2012, la chiusura definitiva della sede toscana e il conseguente trasferimento di tutto il personale nello stabilimento emiliano, entro l'inizio di agosto;
          la distanza del trasferimento, più di 150 chilometri, ha immediatamente provocato le dimissioni spontanee di 16 lavoratori, le stime sindacali prevedono che al termine della complessa vicenda i lavoratori costretti ad abbandonare il lavoro saranno circa 30;
          l'aspetto più controverso della situazione è relativo al fatto che la maggior parte dei dipendenti della sede di Scandicci sono donne, alcune impiegate part-time, delle quali molte madri di bambini piccoli, venutesi a trovare nella difficile condizione di optare tra famiglia e lavoro: gran parte di esse ha deciso di presentare dimissioni volontarie, che impediranno loro di accedere al sussidio di disoccupazione e alle forme di ammortizzatori sociali altrimenti previste nei casi di cassa integrazione e mobilità;
          alle reiterate e pressanti richieste pervenute da lavoratori, sindacati e istituzioni locali, miranti a un incontro chiarificatore che permettesse di verificare la possibilità di interventi che tenessero conto dei problemi delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti dalla ristrutturazione aziendale, anche attraverso il ricorso alla cassa integrazione in deroga, la Champion ha risposto con aperta ostilità, sottraendosi a qualsiasi tipo di confronto;
          l'interrogante non può tacere le proprie perplessità relative al comportamento delle dirigenza dell'azienda e sottolinea come, ancora una volta e nonostante i tanti proclami in senso contrario, siano le donne a pagare il prezzo più alto delle spesso crudeli dinamiche del mondo del lavoro –:
          se non intenda adoperarsi con la massima urgenza per promuovere l'apertura di un dialogo tra la dirigenza della Champion spa, le istituzioni locali e le parti sociali, allo scopo di cercare di trovare una soluzione che impedisca alle lavoratrici e ai lavoratori costretti alle dimissioni dalla suddetta ristrutturazione aziendale di ritrovarsi senza alcuna forma di sostegno al reddito. (5-07089)


      BELLANOVA, SIRAGUSA, GATTI, CODURELLI, MATTESINI, SCHIRRU, GNECCHI e RAMPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          all'interrogante risulta che nella giornata del 12 giugno 2012 sia stato siglato da Poste Italiane spa da UilPoste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom un accordo separato con il quale vengono fortemente penalizzate le donne in maternità. Le future mamme, difatti, al pari dei lavoratori in infortunio, dei malati oncologici e di gravi altre patologie e di chi subisce ricoveri in ospedale, non avranno da oggi più diritto al bonus presenza pari a 140 euro annui;
          l'interrogante è a conoscenza che le responsabili del Coordinamento nazionale donne, di Sic Cgil e Slp Cisl, hanno inviato al Ministro interrogato una lettera per evidenziare il grave atto discriminatorio che il sopracitato accordo produrrebbe;
          nella missiva si legge, difatti, che «il 53 per cento del personale di Poste Italiane è composto da donne e l'azienda ha ricevuto nel 2007 il “Bollino Rosa S.O.N.O. — Stesse Opportunità Nuove Opportunità” promosso dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale [...] L'astensione obbligatoria per maternità viene equiparata infatti (insieme all'infortunio sul lavoro !) all'assenza per malattia e, a meno che la lavoratrice interessata non decida di violare la Legge e di presentarsi al lavoro anche quando è OBBLIGATA a stare a casa, perderà 140 euro di salario. Noi ricordiamo che il Progetto “Bollino Rosa S.O.N.O. — Stesse Opportunità Nuove Opportunità” aveva la finalità di comprendere il complesso fenomeno dei differenziali retributivi che colpiscono le lavoratrici in ampi segmenti del mercato del lavoro e “certificava” le buone prassi in termini di strategie e pratiche aziendali tendenti alla valorizzazione della presenza e delle competenze femminili. Questo evidentemente non avviene più dentro Poste Italiane»;
          la sopracitata lettera si conclude con un invito al Ministro a far sì che si possa «revocare l'immeritato riconoscimento e di voler considerare la gravità dell'atto compiuto in termini di “cattivo esempio” per quelle aziende che, pur non essendo paragonabili per storia, dimensioni e risorse a Poste Italiane, contribuiscono ogni giorno ad una reale valorizzazione delle politiche di Pari Opportunità»  –:
          quali iniziative il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda assumere per evitare che le donne siano penalizzate da un accordo ingiusto che condanna la donna a scegliere tra progetti di maternità e di lavoro, e che rischia seriamente di creare emulazioni in altri contesti lavorativi, allargando in tal senso la platea di donne soggette a questa iniquità. (5-07091)


      CODURELLI, GNECCHI, CONCIA, ALBINI e RAMPI. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 3 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.  151 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.  53» (divieto di discriminazione) recita:
              «1. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n.  903.
              2. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l'accesso sia i contenuti, secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n.  903.
              3. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda la retribuzione, la classificazione professionale, l'attribuzione di qualifiche e mansioni e la progressione nella carriera, secondo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della legge 9 dicembre 1977, n.  903»;
          l'articolo 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.  151 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.  53» [trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n.  1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n.  903, articolo 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n.  148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n.  236, articolo 6, commi 4 e 5)] recita:
              «1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
              2. L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n.  663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n.  33, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
              3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
              4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n.  223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità.
              5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
              6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
              7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n.  223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale»;
          l'azienda Poste Italiane e le sigle sindacali UilPoste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom (organizzazioni sindacali che insieme rappresentano il 22 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori di Poste) hanno firmato un accordo separato con il quale vengono fortemente penalizzate le donne in maternità;
          il 53 per cento del personale di Poste Italiane è composto da donne;
          l'accordo separato toglierebbe 140 euro di bonus alle future mamme, equiparando così l'astensione obbligatoria per maternità (insieme all'infortunio sul lavoro) all'assenza per malattia. Le future mamme, infatti, al pari dei lavoratori in infortunio, dei malati oncologici e di gravi altre patologie e di chi subisce ricoveri in ospedale, non avranno da oggi più diritto al bonus presenza pari a 140 euro annui, a meno che la lavoratrice interessata non decida di violare la legge e di presentarsi al lavoro anche quando è obbligata a stare a casa;
          l'Unione europea aveva proclamato il 2007 «anno contro le discriminazioni di genere, razza e origine etnica, religione, convinzioni personali, handicap, età e orientamento sessuale». E nell'ambito delle iniziative nazionali per l'anno europeo contro le discriminazioni il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva promosso un progetto detto «bollino rosa» volto a sviluppare interventi di politica attiva per l'occupazione di qualità delle donne, per l'emersione del lavoro non regolare e per la rimozione di ostacoli e discriminazioni che determinano differenze salariali di genere nel mondo del lavoro;
          le rappresentanti sindacali del coordinamento nazionale donne Slc Cgil e Slp Cisl hanno inviato al Ministro interrogato una lettera con la quale viene chiesta la revoca del «bollino rosa S.O.N.O.», assegnato all'azienda dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel 2007 per le politiche di non discriminazione e di valorizzazione delle competenze femminili;
          appare grave il comportamento di Poste Italiane ancor più perché trattasi di azienda partecipata dallo Stato, quello stesso Stato che approva leggi a tutela della maternità e contro le discriminazioni e che dovrebbe quindi controllarne l'applicazione  –:
          come pensi di intervenire con urgenza per sanare questa intollerabile discriminazione che ancora una volta colpisce le donne;
          quali iniziative intenda assumere oltre alla revoca del «bollino rosa» come richiesto dalle suddette organizzazioni sindacali, nei confronti dell'azienda affinché si cancelli questa norma discriminatoria, al fine anche di evitare inaccettabili emulazioni da parte di altre aziende. (5-07096)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3933 del 2011 è stato istituito e regolamentato lo stato di emergenza legato all'eccezionale afflusso in Italia di cittadini appartenenti ai territori del nord Africa e all'aggravamento delle condizioni per la predisposizione di adeguate misure di accoglienza dei migranti;
          sono state previste dal Governo disposizioni straordinarie per fronteggiare lo stato di emergenza;
          la stessa ordinanza, considerato l'elevato numero di minori presenti negli sbarchi avvenuti sulle coste italiane, ha coinvolto le comunità residenziali per minori non accompagnati ed i comuni italiani dove esse insistono territorialmente;
          il Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso la sopra citata ordinanza è responsabile del pagamento delle rette giornaliere di ospitalità degli stessi minori all'interno delle comunità di accoglienza che hanno aderito ed ospitato i minori non accompagnati provenienti dal nord Africa, attraverso il pagamento diretto ai comuni presso i quali insistono tale comunità e che a loro volta dovranno provvedere al pagamento delle comunità creditrici;
          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 ottobre 2011 è stato prorogato lo stato di emergenza, quindi le convenzioni con i comuni e le comunità coinvolti nell'accoglienza fino al 31 dicembre del 2012;
          ad oggi sono state pagate solo alcune delle comunità coinvolte e solo per i primi mesi del 2011;
          il settore delle comunità di accoglienza per minori versa già in un preoccupante stato di difficoltà dovuto ai ritardati pagamenti delle rette da parte dei comuni italiani responsabili dei collocamenti dei minori (il comune di Napoli ha un ritardo sui pagamenti di circa 30 mesi);
          sono centinaia i dipendenti coinvolti e a rischio licenziamenti;
          si è giunti ad un ritardo per i pagamenti superiore ai 12 mesi di queste comunità che stanno accogliendo i minori provenienti dal nord Africa, e le stesse, causa questi debiti assunti per fronteggiare l'emergenza sono a rischio fallimento e licenziamento delle centinaia di dipendenti impegnati in queste attività  –:
          quali iniziative intenda assumere il Ministro in merito ai fatti esposti, se intenda sbloccare il pagamento immediato dei debiti assunti per evitare che le comunità presso le quali sono ospitati questi minori falliscano licenziando anche i dipendenti;
          quale sia l'orientamento del Governo rispetto ai minori ospitati successivamente al 31 dicembre del 2012 termine della proroga del 6 ottobre 2011. (4-16582)


      SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la crisi economica che coinvolge il nostro Paese ha un impatto devastante che ha nel Meridione una portata ancora più estesa, considerato il già difficile tessuto economico e occupazionale del nostro Sud e Isole;
          il rapporto Istat 2012 sottolinea il divario fra Nord e Sud del Paese con forti disuguaglianze in tema di povertà: al Sud sono povere 23 famiglie su 100, al Nord 4,9 (dati 2010). Il 67 per cento delle famiglie e il 68,2 per cento delle persone povere risiedono proprio nel Mezzogiorno e «quasi il 70 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, per un totale di 1.266 mila bambini»;
          dal 2004 la Sardegna, in particolare, alterna fasi di stagnazione e recessione e, oggi, il sistema economico registra una crescita zero;
          in questo contesto i lavoratori e i pensionati pagano un prezzo altissimo, ne è prova il costante e continuo impoverimento delle famiglie sarde, dove l'incidenza della povertà si attesta intorno al 20 per cento e coinvolge più di 350 mila persone su 1.650 mila abitanti;
          la disoccupazione ha raggiunto ormai livelli insopportabili per la tenuta della coesione sociale; se si considera il fenomeno dello scoraggiamento, il tasso di disoccupazione reale raggiunge il 24 per cento con un coinvolgimento soprattutto dei giovani, protagonisti di una vana ricerca del lavoro insieme ai lavoratori espulsi dalle aziende a causa della crisi produttiva e industriale;
          si pensi inoltre ai problemi posti dall'insularità, dall'eccessivo costo energetico e dall'insufficiente infrastrutturazione materiale e immateriale, anche rispetto alle altre regioni;
          le difficoltà economiche e produttive stanno travolgendo tutti i settori, dall'agroalimentare all'allevamento, dalla chimica alla metallurgia e al tessile, e tutti i territori dell'isola sono coinvolti in questo lungo e difficile momento dell'economia sarda;
          il risultato sono le mobilitazioni e proteste di tutte le categorie produttive, talvolta frutto dell'esasperazione e dei problemi che da lungo tempo attendono di essere risolti, in primo luogo da parte dello Stato;
          uno fra tanti, preme forte l'incertezza sull'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga in Sardegna, che ha portato un migliaio di lavoratori provenienti da tutta la Sardegna e da tutti i settori produttivi, a manifestare in piazza la propria preoccupazione insieme ai sindacati;
          il numero delle casse integrazioni in deroga, nel primo quadrimestre del 2012 è salito di cinquemila unità in più rispetto all'anno scorso: ad oggi 1.700 imprese hanno dichiarato lo stato di crisi, per un totale di 13 mila lavoratori da collocare in cassa integrazioni guadagni deroga. A questo numero vanno sommate le 7.000 domande di mobilità in deroga presentate, per un totale di 20 mila lavoratori interessati solamente nei primi 5 mesi del 2012, destinati sicuramente ad aumentare;
          una crescita esponenziale, di cui la regione prese atto nel 2010, acquisendo le relative competenze così come decentrate dal Ministero, sottoscrivendo un apposito accordo atto a semplificare tutte le procedure di concessione e di trasferimento all'INPS delle risorse finanziarie pari al 30 per cento per il 2009 del FSE e poi del 40 per cento, con la funzione di svolgere, in una sorta di conferenza di servizi, l'istruttoria tecnica e concedere i trattamenti;
          si sa dei trasferimenti parziali delle risorse della regione all'INPS per concedere i trattamenti e le indennità per quasi tutto il 2010 e 2011. L'interrogante è a conoscenza inoltre dei ritardi accumulati dalla regione Sardegna nel rispetto delle clausole degli accordi sottoscritti, per far partire le politiche attive e nel richiedere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali assegnazioni aggiuntive;
          la regione dichiara la sua difficoltà a rendicontare e certificare il tutto a livello comunitario ed evidenzia l'assenza di una governance forte dei servizi preposti dell'assessorato, quello della formazione, quello che governa i servizi per l'impiego provinciali e quello che sovraintende alla gestione delle concessioni degli ammortizzatori sociali (servizio politiche del lavoro);
          in tale quadro di indeterminatezza complessiva occorre salvaguardare la tenuta dell'intero sistema sociale: i lavoratori non possono attendere sei mesi o forse più per poter beneficiare di un trattamento o di una indennità seppur contenuta;
          si tratta di persone disperate che hanno già perso il lavoro e che ora rischiano di non percepire più neanche l'unica entrata in grado di sostenere la famiglia, spesso monoreddito e con figli, il cui mantenimento è legato a non più di 800 euro al mese;
          la questione sociale, con il problema ormai drammatico del lavoro, è l'epicentro di questa crisi. Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda in particolare la disoccupazione giovanile e una forte ripresa dell'emigrazione, soprattutto di diplomati, laureati e ricercatori. Un problema che, se non risolto, rischia di privare la Sardegna della possibilità di coltivare realmente la speranza di positivo cambiamento;
          in questa situazione di estrema fragilità l'istituto della cassa integrazione in deroga ha assolto, e di fatto assolve, alla tutela dei lavoratori nella loro difficile quotidianità, garantendo la loro sopravvivenza e quella dei familiari  –:
          se in un momento così difficile per la Sardegna, non sia urgente fare il punto sull'effettivo fabbisogno di risorse finanziarie da impegnare per gli ammortizzatori sociali in deroga, al fine di superare la situazione di incertezza in cui versa l'Inps per il mancato versamento della quota di risorse nazionali e regionali necessarie per l'erogazione dei sussidi ai ventimila lavoratori che hanno già fatto la domanda. (4-16588)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la situazione fallimentare in cui versa Buonitalia s.p.a. in liquidazione, ben nota sia agli interroganti che ai destinatari anche perché detta azienda è partecipata al 70 per cento dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, desta continuamente motivi di preoccupazione, non ultima l'inchiesta della trasmissione tv «off the Report» trasmessa da RAI 3, domenica 3 giugno 2012;
          il servizio di «off the Report» ha evidenziato sia i faraonici costi di gestione di Buonitalia spa nel corso della sua breve attività sia le spese spropositate della sua gestione liquidatoria, infatti il liquidatore di Buonitalia spa, il professore Alberto Stagno D'Alcontres, percepisce un compenso per la gestione provvisoria della liquidanda società, pari ad euro 159 mila annui oltre le spese sostenute per lo svolgimento dell'incarico, deliberato il 19 settembre 2011, dall'assemblea dei soci di Buonitalia, di cui si ricorda che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è socio per il 70 per cento. Inoltre secondo quanto riportato nel servizio «off the report» pare che il professore Alberto Stagno D'Alcontres percepisca 400 mila euro per il suo incarico di liquidatore;
          a quanto costa all'interrogante la Società Buonitalia S.pA. in liquidazione da circa dieci mesi, sta causando una situazione di profondo malessere ai dipendenti che sono ancora in attesa di conoscere il proprio destino lavorativo, come denunciato di recente anche dalle organizzazioni sindacali competenti; per questo appare, poco opportuna non condivisibile la scelta del liquidatore, di avvalersi, a quanto risulta agli interroganti, di numerosi consulenti esterni di sua fiducia, aggravando oltremodo la situazione patrimoniale già critica, dell'azienda Buonitalia;
          nonostante sia stata accolta dal Governo una risoluzione unitaria, presentata in Commissione agricoltura, nonostante l'attenzione per la tenuta occupazionale del personale dipendente, e nonostante le rassicurazioni date in più riprese dal gabinetto del Ministro alle organizzazioni sindacali, in occasione dell'ultima assemblea societaria di Buonitalia, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha cambiato inspiegabilmente rotta ed ha posto le basi per il licenziamento di tutto il personale, avviando di fatto le procedure finalizzate al fallimento;
          risulta, agli interroganti, che presso il tribunale del lavoro di Roma, siano già state depositate numerose cause di lavoro, promosse dai dipendenti della Buonitalia spa in liquidazione. Tali cause di lavoro presso il tribunale di Roma, rischiano di aumentare ulteriormente il presunto danno erariale nei confronti dello Stato, in particolare per due procedimenti è già stata fissata la prima udienza per il 20 settembre 2012, la richiesta di risarcimento danni avanzata dai due dipendenti è di 300 mila euro ciascuno;
          in questo particolare momento della vita del Paese appare più che necessario intervenire per interrompere la dispendiosa gestione liquidatoria di Buonitalia, e frenare, quello che agli interroganti appare uno sperpero di denaro pubblico, come emerso dalla citata trasmissione «Off the Report», promuovendo una verifica estesa sull'operato di chi aveva compiti di Dirigenza relativa al settore del Controllo di gestione e di rendicontazione  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritenga opportuna e condivisibile la linea adottata dal liquidatore di Buonitalia spa;
          e non si ritenga opportuno ed urgente avviare una formale verifica interna al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, volta ad accertare eventuali responsabilità relative alle gestioni di Buonitalia, definite scandalose dalla stampa;
          quali iniziative intenda adottare il Governo, in vista della prossima Assemblea di Buonitalia spa, prevista per il prossimo 19 giugno 2012, anche a tutela dei crediti vantati dai Consorzi del Parmigiano Reggiano e Grana Padano, recentemente colpiti dagli eventi sismici che stanno mettendo a dura prova le filiere produttive delle zone colpite. (5-07095)

Interrogazione a risposta scritta:


      PICCOLO, OLIVERIO, BOSSA, CARDINALE, CIRIELLO, CUOMO e FADDA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 9 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  24 del 30 gennaio 2012, all'articolo 1, per individuale i soggetti rappresentativi del mondo associativo ed organizzativo della pesca e dell'acquacoltura aventi diritto a partecipare alla commissione consultiva centrale della pesca, avviava la procedura finalizzata all'acquisizione, da parte dei soggetti interessati, degli elementi utili per la definizione della rappresentatività;
          il successivo articolo 4 del citato decreto prevedeva, per le finalità di cui all'articolo 1, che le associazioni rappresentative delle cooperative di pesca e acquacoltura dovessero presentare, entro il 30 marzo 2012, al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura, apposita istanza in cui il legale rappresentante dichiarava in autocertificazione: a) numero delle cooperative associate in via esclusiva all'associazione istante con l'indicazione, per ciascuna impresa, degli estremi di identificazione come risultanti dal registro delle imprese tenuto dalla camere di commercio; b) numero dei soci; c) diffusione e presenza territoriale;
          l'U.N.C.I. pesca, associazione nazionale di categoria delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura, ha regolarmente provveduto ad inviare la suddetta istanza entro il termine prescritto;
          nessun altra associazione nazionale di rappresentanza del mondo cooperativo ha adempiuto a quanto richiesto dal richiamato articolo 4;
          il Ministero dello sviluppo economico ha attestato che in Italia le cooperative della pesca sono in totale 1156 (millecentocinquantasei). All'U.N.C.I. pesca aderiscono 237 (duecentotrentasette) cooperative e, conseguentemente, la stessa rappresenta almeno il 21 per cento della cooperazione nel settore della pesca;
          il piano triennale della pesca, di cui al decreto del 3 agosto 2007, è in proroga riguardo all'assegnazione delle risorse alle associazioni di categoria (decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216)  –:
          quali siano le motivazioni per le quali la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura non provveda a dare applicazione al decreto di cui in premessa;
          quali siano le ragioni per cui la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura persista a non considerare la mutata rappresentatività delle associazioni nazionali di categoria delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura ed, in particolare, continui a non tenerne conto nelle decisioni relative all'utilizzo delle risorse di cui al piano triennale della pesca, determinando di fatto un'evidente ed ingiustificata discriminazione. (4-16590)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      CAPARINI, VOLPI, GIDONI, POLLEDRI, PAOLINI, GRIMOLDI, CONSIGLIO, LANZARIN, MUNERATO, RIVOLTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'ossigeno è il più importante elemento richiesto dagli esseri umani per vivere; si stima che la sua presenza sia pari al 62,5 per cento, come tale ben maggiore a quella di qualsiasi altro componente chimico; per questo, l'ossigenoterapia, intesa come l'introduzione nell'organismo di una quantità di ossigeno ad alta concentrazione, rappresenta una terapia tra le più diffuse, che trova impiego nelle malattie sia acute che croniche;
          dal 1° gennaio 2010 l'ossigeno terapeutico è commercializzabile solo se dotato di autorizzazione in commercio; tale cambiamento è legato al completamento del processo di recepimento della direttiva 2001/83/CE, la quale ha previsto che l'ossigeno terapeutico può essere commercializzato solo se dotato di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), al pari dei medicinali;
          in attuazione della legge di recepimento della direttiva citata è stato adottato il decreto ministeriale 29 febbraio 2008, il quale ha dettato le disposizioni transitorie per la commercializzazione dei gas medicinali in commercio alla data di entrata in vigore del decreto medesimo;
          già il giudice amministrativo, con la sentenza n.  2730/1998 del TAR del Lazio, confermata con sentenza n.  1729/2002 del Consiglio di Stato, aveva annullato il provvedimento del Ministero della sanità del 2 settembre 1994 che riduceva le tariffe per la vendita al pubblico dell'ossigeno terapeutico del 25 per cento, stabilendo che esso rientra tra i farmaci preconfezionati prodotti industrialmente e, come tale, sottoposto al regime dei prezzi sorvegliati secondo il disposto della delibera CIPE 26 febbraio 1998;
          con le successive sentenze n.  5980/2003 e n.  5981/2003 il TAR del Lazio ha ordinato al CIPE e al Ministero di procedere all'esecuzione delle sentenze n.  2730/98 e n.  1729/02; a seguito di tali pronunce, le aziende autorizzate alla produzione e distribuzione dell'ossigeno terapeutico hanno trasmesso le loro richieste di determinazione del prezzo al Ministero;
          la classificazione come medicinale e la sottoposizione alle procedure di rilascio dell'autorizzazioni all'immissione in commercio ha fatto sì che anche l'ossigeno terapeutico, come gli altri gas medicinali, sia stato dotato di etichetta e foglietto illustrativo e che fossero altresì assicurate la tracciabilità dei lotti di produzione e l'etichettatura dei recipienti;
          la nuova classificazione dei gas medicinali ha inoltre pesantemente condizionato la determinazione del prezzo dell'ossigeno, che non solo ha subito una variazione dell'aliquota percentuale dell'IVA dal 4 per cento al 10 per cento, ma che oltre tutto ha conosciuto un incremento molto elevato del prezzo delle bombole da 2 litri (bombole portatili), quelle utilizzate per la maggior parte dei servizi di urgenza, mentre per la ricarica delle bombole da 7 e 5 litri, l'aumento del prezzo è stato poco significativo (2 euro circa);
          con determinazione dell'Agenzia italiana del farmaco del 25 gennaio 2006 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n, 26 del 1°febbraio 2006, vista l'esigenza di qualificare l'ossigeno terapeutico come farmaco industriale preconfezionato e di definirne il prezzo di rimborso per le farmacie, è stato stabilito che, a decorrere dal 2 febbraio 2006, il prezzo di fabbrica (IVA esclusa) dell'ossigeno gassoso fosse fissato in 6,20 euro per millimetro cubo, mentre il prezzo dell'ossigeno liquido è fissato in 4,20 euro per millimetro cubo;
          la determina dell'AIFA n.  2879 del 18 dicembre 2009 deve essere interpretata nel senso che il prezzo di acquisto dell'ossigeno può essere frutto di una «specifica condizione negoziale demandata ai soggetti direttamente coinvolti», come peraltro esplicitamente previsto da altre note esplicative dell'AIFA;
          l'esigenza di interpretare il nuovo prezzo di fabbrica come prezzo massimo di vendita dell'ossigeno non esclude l'opportunità di prevedere riduzioni del prezzo di vendita al pubblico, soprattutto nel caso in cui l'acquirente è un soggetto non profit (tra questi, in particolare, le associazioni di volontariato) che utilizza l'ossigeno per attività di assistenza sanitaria rivolte alla collettività (quale il trasporto nelle situazioni di emergenza-urgenza);
          a seguito della classificazione come medicinale, il prezzo di una bombola di ossigeno da 2 litri è passato a ben 40,5 euro, un prezzo non certo accessibile per molte delle realtà associative attive nell'ambito del volontariato e dei servizi alla persona; il significativo incremento del prezzo dell'ossigeno rischia pertanto di impedire a questi soggetti di proseguire l'attività assistenziale da tempo efficacemente intrapresa nel settore  –:
          se il Ministro non ritenga opportuno promuovere iniziative volte ad evitare che l'incremento del prezzo possa compromettere l'attività di quelle associazioni di volontariato o di quelle organizzazioni a vario titolo coinvolte nei servizi alla persona che per i propri scopi istituzionali di assistenza sanitaria utilizzano in modo sistematico il farmaco;
          se non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire una riduzione del prezzo di vendita dell'ossigeno a favore di tali soggetti, soprattutto per le bombole portatili di ossigeno di regola impiegate nell'assistenza di emergenza-urgenza.
(3-02338)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo una ricerca di Rbm Salute-Censis, presentata nei giorni scorsi al «welfare day» a Roma, nel nostro Paese, la sanità viene negata ad oltre nove milioni di italiani che affermano di non aver potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per ragioni economiche;
          secondo la ricerca il 61 per cento degli italiani a cui sono negate le cure, sono donne; ben 2,4 milioni di questi nostri concittadini senza cure per cause economiche sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli, 4 milioni risiedono nel Mezzogiorno;
          cresce anche il numero degli italiani che ricorre alla sanità privata; la spesa sanitaria privata è lievitata più che nel periodo pre-crisi; +2,2 per cento medio annuo dal 2000 al 2007 e +2,3 per cento negli anni 2008-2010; il 77 per cento degli italiani che pagano di tasca propria e ricorrono al privata lo fa a causa della lunghezza delle liste d'attesa;
          la ricerca ha anche intervistato gli utenti sul loro grado di soddisfazione per la sanità pubblica; parla di una sanità in peggioramento nella propria regione il 31,7 per cento degli italiani, con un balzo di 10 punti percentuali in più nel 2012 rispetto al 2009, quando erano il 21,7 per cento; le persone che avvertono invece un miglioramento sono diminuite di oltre il 7 per cento;
          piani di rientro e spending review hanno determinato – secondo l'analisi – un crollo verticale del ritmo di crescita della spesa pubblica per la sanità. Si è passati da un incremento medio annuo del 6 per cento nel periodo 2000-2007 al +2,3 per cento degli anni 2008-2010;
          la flessione si registra soprattutto nelle regioni alle prese con i piani di rientro, dove si è passati dal +6,2 per cento all'anno nel periodo 2000-2007 a meno dell'1 per cento di crescita media annua dal 2008 al 2010;
          nel 2015 è previsto un gap di circa 17 miliardi di euro tra le esigenze di finanziamento della sanità e le risorse disponibili nelle regioni; i tagli, sembra ormai chiaro, abbassano la qualità delle prestazioni e generano iniquità, lasciando milioni di italiani senza cure  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e cosa il Governo intenda fare, per quanto di competenza, per garantire a tutti i cittadini, a prescindere dalle loro condizioni economiche, il diritto alla salute, posto che, ad avviso dell'interrogante, è grave che nove milioni di italiani rinuncino a curarsi per cause economiche. (5-07085)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi mesi a seguito della crisi economica che ha investito il nostro Paese il Governo Monti ha annunciato una serie di tagli alla spesa pubblica;
          secondo un approfondimento dell'AgenParl (6 giugno 2012) sul «desease mongering» ovvero mercificazione della malattia, in Italia si assiste ad una proliferazione di prodotti medici. Una situazione che si genera soprattutto in conseguenza dell'abbassamento dei parametri medici di riferimento che rendono per legge malati chi prima non lo fosse;
          il fenomeno descritto mette in evidenza che anche le ultime influenze cosiddette «killer» (suina e aviaria) potrebbero essere state frutto delle attività delle case farmaceutiche che hanno poi prodotto i vaccini. Basti elencare i numeri della Aviaria (2003-2007) 369 casi nel mondo (234 morti). In Italia nessun caso;
          i costi sono stati: 53,8 milioni di euro così suddivisi: 31.135.000 aiuti agli allevatori da parte delle regioni, 16.700.000 aiuti agli allevatori da parte dello Stato. 5.500.000 per la prenotazione di 38 milioni di dosi di vaccino, 602.000 per l'acquisto di 150 mila dosi di un pre-vaccino destinato al personale sanitario di primo intervento;
          in un momento in cui ai cittadini sono richiesti sacrifici, a parere dell'interrogante sarebbe opportuno investire in prevenzione e ricerca, anziché nella spesa medica, che costituisce una parte importante dei bilanci regionali legati alla sanità  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quale sia il suo orientamento in merito;
          quali misure si siano attuate per la limitazione della spesa medica;
          quali siano i correttivi che il Ministero intende predisporre per arginare il fenomeno del «desease mongering» e se non ritenga opportuno intervenire per potenziare gli strumenti di prevenzione anziché favorire «facili» cure. (4-16581)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la Croce rossa italiana (C.R.I), ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 20 settembre 1995, n.  390, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1995, n.  490, ha ad ogni effetto di legge qualificazione e natura di ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e, in quanto tale, è soggetta alla disciplina normativa e giuridica degli enti pubblici;
          la natura giuridica pubblica è espressamente richiamata anche dall'articolo 5 dello statuto dell'Associazione approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n.  97;
          per il funzionamento dei suoi servizi in tempo di pace, di guerra o di grave crisi internazionale la Croce rossa italiana dispone di un Corpo militare, ausiliario delle Forze armate il cui personale è disciplinato dal libro V del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, «codice dell'ordinamento militare», nonché dal libro V del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.  90, «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n.  246»;
          gli iscritti nel Corpo militare della Croce rossa italiana, chiamati in servizio, sono militari e sottoposti alle norme del regolamento di disciplina militare e dei codici penali militari;
          risulta all'interrogante che il tenente colonnello del Corpo militare della Croce rossa italiana, Antonello Reali, trasferito d'autorità all'area ausiliaria delle Forze armate, all'area servizi civili d'istituto con ordinanza commissariale 0652-10 del 23 dicembre 2011, adottata dal commissario straordinario della Croce rossa italiana, ha proposto ricorso presso il tribunale amministrativo regionale per l'Umbria che definitivamente pronunciandosi sull'affare, con la sentenza 188/2012, lo ha accolto e, per l'effetto, ha annullato il provvedimento impugnato, condannando l'amministrazione della Croce rossa italiana al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro duemila per le spese di giudizio;
          le puntuali, circostanziate e reiterate considerazioni del comitato regionale, a cui era destinato l'ufficiale superiore, peraltro coerenti con quanto indicato nelle note dell'ufficio contenzioso personale militare, non hanno trovato, come esposto nella sentenza, motivata confutazione da parte del comitato centrale della Croce rossa italiana;
          tra l'altro gli incarichi affidati all'ufficiale in un primo momento, sono stati revocati dallo stesso direttore regionale, «al fine di non incorrere in eventuali danni erariali per mancato idoneo collocamento dell'Ufficiale»;
          la sentenza è stata regolarmente depositata secondo le normative vigenti e indirizzata al commissario straordinario della Croce rossa italiana che a distanza di tempo, a quanto consta agli interroganti non ha ancora eseguito quanto deciso dal tribunale amministrativo in data 18 maggio 2012;
          agli interroganti appare necessario dare immediata attuazione alla sentenza citata, anche al fine di non sperperare inutilmente altro denaro pubblico ed evitare le ulteriori spese che potrebbero gravare sull'amministrazione inadempiente qualora il ricorrente vittorioso richiedesse al medesimo giudice di disporre l'ottemperanza del giudicato mediante l'intervento del commissario ad acta  –:
          quali immediate iniziative intendano assumere in merito. (4-16610)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          rispondendo all'interrogazione numero 3-02225, volta a favorire iniziative per garantire un adeguato servizio di trasporto ferroviario notturno e per incrementare l'offerta dei treni locali, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, professor Piero Giarda, informava la Camera che «Trenitalia nel 2011 ha registrato una perdita complessiva di rilevante entità derivante principalmente dal forte calo della domanda del servizio universale e dalla conseguente contrazione dei ricavi. In tale ottica [...] ferme restando le tratte servite, si è reso necessario procedere ad una riduzione della percorrenza dei treni notte più costosi e meno frequentati»;
          il Ministro Giarda, inoltre, informava la Camera che «le competenze in materia di programmazione e amministrazione dei servizi regionali ferroviari sono state trasferite alle Regioni ai sensi del decreto legislativo n.  422 del 1997» e che «la problematica del ripristino delle risorse da attribuire alle Regioni per il trasporto pubblico locale anche ferroviario è all'attenzione del Governo»;
          con l'articolo 30 del decreto-legge n.  201 del 2011 è stato elevata a 1,2 miliardi di euro la disponibilità sul fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n.  98 del 2011 e successiva legge di conversione;
          stando ancora a quanto affermato dal Ministro Giarda, è in vigore «l'accordo tra Governo, Regioni e Comuni del 21 dicembre 2011 sulle ulteriori risorse da destinare al trasporto locale, sulla base del quale è in corso con le regioni e gli enti locali un tavolo tecnico per la sottoscrizione del cosiddetto Patto per il TPL e dei servizi ferroviari regionali, volto ad efficientare e razionalizzare il settore»;
          il comma 1 dell'articolo 37 del decreto legge numero 201 del 6 dicembre 2011, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito dalla legge n.  214 del 22 dicembre 2011, stabilisce che «il Governo con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988 n.  400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentite le Commissioni parlamentari che si esprimono nel termine di 30 giorni, emana le disposizioni volte a realizzare una compiuta liberalizzazione e una efficiente regolazione nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture»;
          il comma 2 del succitato articolo 37 attribuisce all'autorità le seguenti funzioni: «1) garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture e alle reti ferroviarie, aeroportuali e portuali e alla mobilità urbana collegata a stazioni, aeroporti e porti; 2) definire, se ritenuto necessario in relazione alle condizioni di concorrenza effettivamente esistenti nei singoli mercati, i criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni e dei pedaggi, tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'orientamento ai costi e l'equilibrio economico delle imprese regolate, alla luce degli oneri di servizio pubblico imposti e delle eventuali sovvenzioni pubbliche concesse; 3) stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto connotati da oneri di servizio pubblico o sovvenzionati; 4) definire gli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da inserire nei capitolati delle medesime gare»;
          l'Amministratore delegato di Trenitalia, dottor Mauro Moretti, ha recentemente dichiarato: «se non ci saranno soldi a bilancio, nel 2013 non faremo il servizio regionale. Non so che cosa farà l'authority – ha aggiunto –, l'unica cosa che potremo fare noi sarà interrompere il servizio»;
          l'Amministratore delegato di Trenitalia, riferendosi al riordino dei trasporti locali, ha affermato: «considero prematuro parlare di regole se prima non verrà risolto il punto dirimente: quello della disponibilità di risorse da parte dello Stato»;
          il dottor Moretti ha aggiunto che «anche se il discorso lo si vuole allargare a nuovi operatori, il nodo resta: non si possono pretendere investimenti sulla base di un quadro incerto, indefinito e soprattutto senza i soldi necessari»;
          a giudizio degli interpellanti le dichiarazioni dell'amministratore delegato di Trenitalia dimostrano la fondatezza delle preoccupazioni più volte sollevate in sede parlamentare sulla concreta capacità di garantire un trasporto locale adeguato alle esigenze dei pendolari;
          una penalizzazione del trasporto pubblico locale rischia di far cadere il Paese nel paradosso di avere un sistema di trasporti con eccellenti collegamenti ad alta velocità ma incapace di garantire i collegamenti locali dei quali, come è ovvio, si servono prevalentemente le fasce sociali più deboli;
          alla luce delle disposizioni suindicate e di quanto esposto in premessa, a giudizio degli interpellanti è evidente la necessità che l'esecutivo indichi in tempi ragionevoli come intende per quanto di competenza riorganizzare il sistema dei trasporti locali  –:
          quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di continuare a garantire servizi di trasporto pubblico locale efficienti, accessibili ed adeguati alla richiesta dei cittadini utenti, e di scongiurare quanto previsto dall'amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, che ha prospettato l'interruzione del servizio pubblico locale qualora dovesse permanere l'attuale condizione di insufficienza di risorse.
(2-01548) «Marmo».

Interrogazioni a risposta orale:


      BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in provincia di Matera molte aree del territorio risultano scoperte dalla raggiungibilità del segnale di telefonia mobile;
          è davvero paradossale ipotizzare politiche di sviluppo in assenza di una basilare infrastruttura qual è la copertura della rete di telefonia mobile;
          è un problema che riguarda anche la sicurezza di un territorio soggetto a dissesto, a rischio sismico, a esondazioni;
          persino nella sede dell'ex carcere di Pisticci in territorio della frazione di centro agricolo dove sono dislocate unità della protezione civile dei vigili del fuoco e del corpo forestale dello stato la copertura lascia molto a desiderare;
          anche nei pressi dell'area della valle del basento vi sono zone d'ombra che creano notevoli problemi anche agli imprenditori  –:
          se e quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere nell'ambito delle sue prerogative per potenziare la copertura della rete di telefonia mobile nel territorio della provincia di Matera.
(3-02336)


      CAPARINI, VOLPI, GIDONI, CONSIGLIO, GRIMOLDI, POLLEDRI, LANZARIN, MUNERATO, RIVOLTA e PAOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          ai sensi degli articoli 17 e 29 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, resa esecutiva dall'Italia con la legge 27 maggio 1991, n.  176, gli Stati parti riconoscono l'importanza della funzione esercitata dai mass media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere a una informazione e a materiali provenienti da fonti nazionali e internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale, nello spirito dei valori tesi a favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità, rafforzando nel fanciullo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite; a tal fine, gli Stati parti incoraggiano, fra l'altro, i mass media a divulgare informazioni e materiali che abbiano un'utilità sociale e culturale per il fanciullo, favorendo altresì l'elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che provocano danni al suo benessere;
          la carta di Treviso, firmata dal consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti nel 1990, ribadendo quanto espresso nella dichiarazione dei diritti del fanciullo, esplicita che la tutela dei minori nei media deve essere privilegiata alle logiche di mercato e che «in tutte le azioni riguardanti i bambini deve costituire oggetto di primaria considerazione il maggiore interesse del bambino e che perciò tutti gli altri interessi devono essere a questo sacrificati», condannando qualunque azione risulti lesiva nei loro confronti o che possa nuocere gravemente al loro sviluppo fisico, psichico e morale;
          la recente vicenda di cronaca che ha visto coinvolta la bambina dimenticata nell'automobile dal padre e per questo deceduta, è stata riportata all'attenzione pubblica dai media televisivi, anche nelle ore di maggiore ascolto e nelle fasce protette, con modalità poco attente alla sensibilità degli utenti bambini all'ascolto, cercando il massimo risalto mediatico anche nei giorni successivi all'accaduto;
          le modalità di diffusione di una notizia di questo genere, per la minore età della vittima e per la responsabilità in prima persona del padre, dovrebbero essere valutate attentamente per la portata potenzialmente lesiva per la psiche della platea televisiva infantile, che potrebbe vedere in questo gravissimo incidente un crollo delle certezze in ordine alla sua sicurezza e alla sua stessa identità di soggetto debole e in quanto tale da proteggere;
          il diritto di cronaca e il diritto ad essere informati, per costante giurisprudenza, devono essere attentamente bilanciati con il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte nello stesso fatto di cronaca, il diritto alla dignità della persona, all'intimità, all'identità, che scaturiscono anche dalla natura così giovane della vittima e dall'impatto potenzialmente destabilizzante e perciò dannoso che deriverebbe alla platea infantile da un possibile processo di immedesimazione con i fatti oggetto della cronaca;
          l'articolo 34 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo n.  177 del 2005, al comma 4, dispone che i film vietati ai minori di anni 14, a causa delle immagini che potrebbero ledere la sensibilità dei telespettatori ed impressionare un pubblico giovanissimo, non possano essere trasmessi prima delle 22,30 e dopo le ore 7,00, ma non affronta il problema delle immagini o delle notizie contenute in programmi di informazione ed intrattenimento trasmessi nelle fasce protette che potrebbero comunque danneggiare l'integrità psicofisica dei minori  –:
          quali iniziative e strumenti siano in essere per vigilare sull'effettiva applicazione delle norme a tutela ai minori, anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori, in particolare per quanto riguarda il diritto del minore a ricevere una informazione corretta e non lesiva del suo benessere psicofisico, come statuito dagli articoli 17 e 29 della convenzione di New York sui diritti del fanciullo;
          se il Ministro non ritenga opportuno intervenire con apposite iniziative normative anche finalizzate alla modifica della disciplina vigente in materia di media e minori, per affrontare il problema delle modalità con le quali debbano essere trasmesse, nelle ore di maggiore ascolto, le notizie di cronaca che vedono coinvolti minori e che potrebbero compromettere il benessere psicofisico degli utenti giovani e giovanissimi. (3-02339)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SAMPERI, BURTONE, BERRETTA e ANTONINO RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          Nokia Siemens Networks, società nata nel mese di aprile 2007 dalla fusione tra Nokia e Siemens e presente in 150 Paesi, è tra i principali fornitori al mondo di servizi e soluzioni per le telecomunicazioni su reti fisse, mobili e convergenti;
          alla fine del 2009 in Italia contava oltre 3.000 dipendenti;
          il 4 maggio 2012 i vertici della suddetta società, dopo aver annunciato nel novembre 2011 circa 17.000 esuberi a livello mondiale, hanno reso noto quanto previsto nuovo piano industriale relativamente al nostro Paese, ovvero il licenziamento di 580 dipendenti sugli attuali 1.100 e preannunciando l'avvio di un processo di pianificazione che potrà avere impatti ulteriori sull'esistenza delle singole sedi;
          allo scopo di ridurre i costi di real-estate, il 6 febbraio 2012 era stata già annunciata la chiusura della sede di Palermo e il conseguente trasferimento presso lo sede di Catania dei quattro dipendenti ivi impiegati;
          purtroppo i preoccupanti tagli avviati da Nokia Siemens non sono un fatto isolato; rientrano, infatti, in una crisi generalizzata che ha investito l'intero settore delle telecomunicazioni italiane coinvolgendo anche altre importanti realtà aziendali presenti nel nostro paese quali Alcatel-Lucent, Italtel, Sirti, Jabil e Linkra, con pesanti ricadute sul piano occupazionale, economico e sociale;
          si stima che la difficile situazione finanziaria in cui versano le società del settore, telecomunicazioni potrebbe produrre 2500 esuberi tra operai, tecnici e ingegneri e mettere a rischio la stessa sopravvivenza dei centri presenti nel Sud Italia e, in particolare, di quello di Catania da sempre considerato centro di eccellenza nella creazione di soluzioni innovative per i servizi a valore aggiunto per gli operatori di telefonia fissa e mobile italiana e di tutto il sud Europa;
          il centro NSN di Catania ha più volte partecipato, insieme all'università di Catania, a piccole e medie imprese e ad altri centri di ricerca italiani e europei, a progetti europei e ha recentemente ottenuto l'approvazione per un progetto PON relativo alla costituzione un laboratorio interregionale per la creazione di servizi;
          l'eventuale cancellazione di tale centro costituirebbe un grave passo indietro per tutto il meridione in quanto, oltre ad impattare negativamente ed in modo preoccupante sulla già fragile e sofferente economia del sud Italia, cancellerebbe una realtà importante per il territorio capace di contribuire efficacemente all'innovazione, allo sviluppo di competenze e alla creazione di un qualificato indotto nelle realtà locali;
          il Governo in carica ha mobilitato 2,3 miliardi di euro di fondi per il Sud di cui 900 milioni di euro per la competitività e l'innovazione delle imprese incentivando il comparto e stimolando il business interno al territorio;
          il settore delle TIC produce direttamente il 5 per cento del PIL dell'Unione europea e ha un valore di mercato di 660 miliardi di euro l'anno;
          l'Italia si è impegnata a rispettare gli obiettivi dell'agenda digitale EU2020, tra cui figurano la copertura entro tale data del 100 per cento della popolazione europea con connessioni dotate di capacità pari ad almeno 30 megabit al secondo e del 50 per cento delle famiglie con servizi che garantiscano una capacità di oltre i 100 megabit la secondo;
          il decreto-legge 9 febbraio 2012 n.  5, ha istituito la cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, cui è stato affidato il compito di accelerare il percorso di realizzazione della medesima agenda in raccordo con le strategie europee, predisponendo una serie di interventi normativi mirati;
          tra i sei assi su cui si articola l'Agenda digitale italiana, sviluppati attraverso altrettanti gruppi di lavoro suddivisi in base ai principali obiettivi della strategia, il gruppo di lavoro «ricerca e investimenti», finalizzato a promuovere l'innovazione tecnologica e gli investimenti nelle infrastrutture di comunicazione elettronica, è stato assegnato ai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dello sviluppo economico;
          gli ambiti della ricerca tecnologica e degli investimenti in infrastrutture di comunicazione elettronica appaiono particolarmente rilevanti sia per la diffusione capillare delle reti e delle tecnologie dell'informazione sia per il mantenimento e la crescita di aree industriali fondamentali per l'economia lombarda e conseguentemente italiana –:
          se ritenga che il dimezzamento da parte di Nokia Siemens Network dei propri addetti nel settore dei servizi e delle tecnologie di telecomunicazione in Italia e, in particolare, la chiusura di realtà quale quella catanese una delle ultime sedi di servizi per telecomunicazioni nel Mezzogiorno, la drastica riduzione del personale del gruppo sia compatibile che con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, l'Agenda digitale italiana, l'istituzione della cabina di regia e i fondi recentemente stanziati per Innovazione;
          se non ritenga necessario affrontare con la massima urgenza la situazione di Nokia Siemens Networks, di concerto con l'azienda e con la regione Sicilia, valutandone il piano industriale e verificando l'esistenza di condizioni per evitare il licenziamento di 580 lavoratori in tutta Italia;
          se non ritenga fondamentale, in linea con gli obiettivi dell'agenda digitale italiana e con i compiti assegnati ai Ministeri dello sviluppo economico, sostenere le aziende di information&communication technology presenti sul territorio e i lavoratori in esse impiegati, al fine di sviluppare la ricerca e incentivare gli investimenti nelle nuove reti e tecnologie della comunicazione;
          se a tal fine il Governo non ritenga necessario convocare con estrema urgenza il tavolo di settore delle telecomunicazioni, al fine di affrontare la situazione di Nokia Siemens Networks e delle altre aziende del settore gravemente colpite dalla crisi quali Alcatel-Lucent, Italtel, Jabil, Sirti e Linkra. (5-07086)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Telecom Italia spa opera in virtù di concessioni statali, ed è pertanto soggetta al rispetto di norme e prestazioni qualitative stabilite a tutela di cittadini e imprese;
          spesso Telecom Italia spa non è in grado di rispettare i termini qualitativi delle prestazioni previste nel «contratto di servizio» (a titolo puramente esemplificativo e non certo esaustivo, si provi a comunicare la volontà di risoluzione di un contratto)  –:
          di quali elementi disponga circa le questioni segnalate in premessa e se non intenda assumere ogni iniziativa di sua competenza, anche di carattere normativo, al fine di assicurare ai cittadini adeguate garanzie, con particolare riferimento alle procedure per il risarcimento del danno subito; se sia ancora attuale il principio vantato da Telecom Italia di riscuotere un canone annuo per il diritto di usufrutto della rete. (4-16580)


      GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          a seguito dell'interrogazione E-002773/2012, il Commissario europeo Gunther Oettinger, in data 3 maggio 2012 dichiara in risposta: «La Commissione è a conoscenza dei regimi italiani di sostegno alle energie rinnovabili e ne sta controllando attentamente la riforma nel quadro dell'attuazione della direttiva sulle energie rinnovabili. La Commissione ricorda che la direttiva sulle energie rinnovabili ha migliorato il regime della “garanzia di origine” per garantire che sia una prova attendibile dell'energia da fonti rinnovabili, principalmente nell'ambito dell'obbligo di specificare il mix energetico di cui alla direttiva 2003/54/CE. Di conseguenza, le “garanzie di origine” sono diverse dai meccanismi di cooperazione istituiti nell'ambito della direttiva sulle energie rinnovabili, che disciplinano l'eventuale negoziazione di energie rinnovabili tra Stati membri e con Paesi terzi.»;
          alla luce dei contenuti della risposta del Commissario europeo, così come esattamente riportata in premessa, si possono evidenziare le osservazioni seguenti:
              a) che nessuno Stato europeo richiede, al momento di importare energia elettrica, i certificati di origine;      
              b) che da circa 10 anni l'ente governativo italiano GSE, viceversa, richiede e controlla particolari certificati che attestano l'origine delle fonti di provenienza utilizzata all'estero per produrre l'energia importata in Italia;
              c) che inoltre l'Italia fa pagare ai consumatori 2,5 euro per MWh per questa energia dichiarata verde, per dimostrare all'Europa che si sta impegnando attivamente a favore dell'ambiente, che l'energia importata in Italia ogni anno ammonta all'enorme quantità di 40/50 TWh e che tale afflusso, moltiplicato per 2,5 euro per MWh dovrebbe consentire all'Italia di essere il Paese più «verde» come incentivazione di energia pulita;
              d) che nel 2010 il Governo italiano ha chiesto alla Commissione europea di conteggiare solo 12 TWh di energia elettrica importata da fonti rinnovabili, mai però certificata alla stessa Commissione;
              e) che la Commissione europea con il proprio commissario ha chiaramente affermato nella risposta che i certificati di origine non potevano essere utilizzati da GSE per dimostrare che l'elettricità importata dall'estero fosse rinnovabile, e come lo stesso GSE non abbia prodotto tale certificazione di produzione alla stessa Commissione  –:
          come intenda il Governo italiano verificare quanto espresso in premessa, e cosa conseguentemente abbia intenzione di porre in essere affinché la discutibile conduzione di GSE non costringa milioni di italiani a pagare centinaia di milioni di euro a fronte di certificati inutili se non dubbi, sicuramente non attendibili a garantire la fonte rinnovabile della corrente elettrica importata e rivenduta. (4-16593)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n.  5-06538, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Lovelli n.  5-06687, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampi.

      L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e altri n.  4-16546, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rivolta, Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri n.  4-16549, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e Caparini n.  4-16563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Palagiano n.  5-06702 del 3 maggio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Coscia e De Pasquale n.  4-16568 del 13 giugno 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-07090.