XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 20 giugno 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 20 giugno 2012.

      Albonetti, Barbieri, Bergamini, Bindi, Bongiorno, Boniver, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Dussin, Fava, Fedi, Fiano, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Lamorte, Leone, Lombardo, Lucà, Lupi, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Misiti, Moffa, Mosca, Mura, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Paniz, Pisacane, Pisicchio, Stefani, Stucchi, Tenaglia, Valducci, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Albonetti, Alessandri, Barbieri, Bergamini, Bindi, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Dussin, Fallica, Fava, Fedi, Fiano, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Lamorte, Leone, Lombardo, Lucà, Lupi, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mosca, Mura, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Pisacane, Pisicchio, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Tenaglia, Valducci, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 19 giugno 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          NASTRI: «Disposizioni per favorire l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie mediante l'accesso alle prestazioni del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese» (5294);
          PAPA ed altri: «Modifiche agli articoli 275, 294, 303, 310 e 453 del codice di procedura penale, concernenti la riduzione dei casi e dei termini di durata della custodia cautelare, la composizione del collegio del tribunale del riesame nei giudizi di appello e le garanzie in favore delle persone sottoposte a custodia cautelare, nonché disposizioni per la loro separazione dai soggetti detenuti in carcere per l'esecuzione delle pene» (5295);
          LANZARIN ed altri: «Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione delle disposizioni legislative in materia di efficienza energetica, nonché modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, in materia di detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici» (5296);
          CICU: «Soppressione della società Equitalia Spa e trasferimento delle funzioni in materia di riscossione all'Agenzia delle entrate, nonché determinazione del limite massimo degli oneri a carico dei contribuenti nei procedimenti di riscossione» (5297).
      Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

      In data 19 giugno 2012 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:
          DIMA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'attività della società ANAS Spa» (doc. XXII, n.  37).
      Sarà stampata e distribuita.

Trasmissione dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

      Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 giugno 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.  303, e dell'articolo 13, comma 6, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 novembre 2010, il conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei ministri per l'anno 2011, approvato in data 30 maggio 2012.
      Questa documentazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero dell'interno.

      Il Ministero dell'interno, con lettera in data 11 giugno 2012, ha dato comunicazione dei decreti del Presidente della Repubblica di nomina dei commissari straordinari delle province di Ancona, Como, La Spezia e Vicenza, ai sensi dell'articolo 23, comma 20, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, e dell'articolo 141 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267.
      Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

      Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 13 giugno 2012, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n.  180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, che intende devolvere un contributo all'Associazione «Nessuno tocchi Caino» per la realizzazione di azioni a sostegno della campagna per l'abolizione della pena di morte in paesi africani.
      Tale comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal ministro per i rapporti con il Parlamento.

      Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 18 giugno 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 19, del decreto-legge 24 giugno 2003, n.  147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2003, n.  200, la relazione sull'attività svolta dall'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI) e sull'andamento delle attività sportive e di incremento ippico, relativa all'anno 2011 (doc. CXC, n.  4).

      Questo documento è trasmesso alla XIII Commissione (Agricoltura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      Il dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio di ministri, in data 19 giugno 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n.  11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

      Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

      Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti – Sintesi delle realizzazioni della Commissione in materia di gestione per il 2011 (COM(2012)281 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 18 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

      La Commissione europea, in data 19 giugno 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – La strategia dell'Unione europea per l'eradicazione della tratta degli esseri umani (2012-2016) (COM(2012)286 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
          Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'operato del Consiglio europeo della ricerca e sulla realizzazione degli obiettivi stabiliti nel programma specifico «Idee» nel 2011 (COM(2012)297 final), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 15 MAGGIO 2012, N. 59, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RIORDINO DELLA PROTEZIONE CIVILE (A.C. 5203-A)

A.C. 5203-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame prevede disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, riconducendone l'operatività al nucleo originario di competenze attribuite dalla legge istitutiva, dirette, prevalentemente, a fronteggiare gli eventi calamitosi e a rendere più incisivi gli interventi nella gestione delle emergenze;
              il provvedimento, in particolare, dispone attraverso la novella al comma 4 dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.  225, istitutiva del servizio nazionale di protezione civile, relativamente all'eventualità da parte del Capo del Dipartimento, di avvalersi di commissari delegati per i quali il provvedimento di delega dovrà specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del relativo esercizio, esplicitando, rispetto alla disposizione previgente, che le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza;
              numerosi enti locali recentemente coinvolti in avvenimenti di carattere emergenziale segnalano che le prerogative e le competenze affidate al medesimo commissario determinano spesso il mancato coinvolgimento da parte delle realtà istituzionali locali quali: consigli comunali o provinciali, i cui rappresentanti sono messi a conoscenza delle decisioni e delle iniziative da parte dello stesso commissario delegato in maniera tardiva o addirittura senza alcuna partecipazione;
              una verifica periodica del commissario delegato nei riguardi delle suddette realtà istituzionali locali che garantisca un maggiore e più puntuale coinvolgimento delle medesime, attribuendo un maggiore potere di controllo da parte dei suddetti enti locali, contribuirebbe a stabilire una più intensa armonia tra i soggetti istituzionali coinvolti nelle aree in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, evitando conseguentemente una esclusività nel rapporto bilaterale tra la protezione civile e il commissario delegato,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito delle funzioni del commissario delegato, attribuite dal Capo del dipartimento della protezione civile, una maggiore implicazione delle realtà istituzionali locali, attraverso una partecipazione degli enti locali interessati dagli eventi calamitosi, espressa attraverso una verifica periodica e un potere di controllo più incisivo da parte delle istituzioni locali interessate, così come esposto in premessa.
9/5203-A/1. Garagnani.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame prevede disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, riconducendone l'operatività al nucleo originario di competenze attribuite dalla legge istitutiva, dirette, prevalentemente, a fronteggiare gli eventi calamitosi e a rendere più incisivi gli interventi nella gestione delle emergenze;
              il provvedimento, in particolare, dispone attraverso la novella al comma 4 dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.  225, istitutiva del servizio nazionale di protezione civile, relativamente all'eventualità da parte del Capo del Dipartimento, di avvalersi di commissari delegati per i quali il provvedimento di delega dovrà specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del relativo esercizio, esplicitando, rispetto alla disposizione previgente, che le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito delle funzioni del commissario delegato, attribuite dal Capo del dipartimento della protezione civile, una maggiore implicazione delle realtà istituzionali locali, attraverso una partecipazione degli enti locali interessati dagli eventi calamitosi.
9/5203-A/1.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Garagnani.


      La Camera,
          premesso che:
              l'Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo sia per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio sia per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, anche in zone, come ad esempio nel recente terremoto che ha colpito l'Emilia-Romagna e aree della Lombardia e del Veneto, ritenute un tempo meno a rischio;
              i terremoti che hanno interessato il nostro territorio hanno causato ingenti costi in termini di perdite di vite umane e danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro (fonte: Dipartimento della protezione civile), impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento;
              è utile altresì sottolineare come, in Italia, il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l'energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri Paesi ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone. Infatti come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del Dipartimento della protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nel nostro Paese;
              risulta poi da alcuni dati dell'indagine «Ecosistema Scuola 2011» di Legambiente che solo il 10,3 per cento delle scuole italiane è stato costruito secondo criteri antisismici;
              i criteri del patto di stabilità non consentono agli enti locali che hanno risorse disponibili di intervenire sul consolidamento sismico degli edifici pubblici: bloccando de facto ogni azione di prevenzione del rischio sismico;
              ogni volta che accadono terremoti con effetti catastrofici si parla con insistenza della necessità di una seria politica di prevenzione che resta dopo lettera morta;
              il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici ha fino ad oggi certamente riscosso un grande successo. Secondo un'indagine del Cresme-Enea il volume complessivo di interventi al dicembre del 2011 è stato pari a 1.400.000 interventi, 17 miliardi di euro complessivi di investimento, ed ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Ha inoltre attivato ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è così favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità;
              il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei risultati più significativi della green economy nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie, tenuto conto della vetustà e dell'arretratezza in termini di prestazioni energetiche di larga parte del nostro patrimonio edilizio;
              si tratta pertanto di una delle misure anticicliche di gran lunga più importanti che sono state attivate negli ultimi anni. Secondo la sopracitata indagine Cresme-Enea gli effetti complessivi sul bilancio del nostro Paese sono stati positivi anche in termini strettamente contabili;
              la Commissione VIII sia nella XV che nella XVI legislatura si è occupata del tema, con pareri e atti, da ultimo con l'approvazione, nella seduta del 29 luglio 2010, del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul mercato immobiliare in cui si ribadisce la bontà e l'importanza dello sgravio fiscale in efficienza energetica e nella seduta del 18 gennaio 2012 il Governo ha accolto ed è stata conseguentemente approvata una risoluzione in merito alla stabilizzazione del credito d'imposta del 55 per cento per le misure di efficienza energetica degli edifici;
              nell'ultimo documento di economia e finanza 2012, in sede di indicazione delle priorità di azione per una economia eco-efficiente e per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia, è stata individuata la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
              nel cosiddetto «Allegato Kyoto» al documento di economia e finanza (allegato VI – «Documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi») si legge testualmente che «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di [riduzione delle emissioni di gas a effetto serra] per il periodo 2013-2020 si evidenzia la necessità di riconfermare e rifinanziare le azioni di cui all'allegato 1», fra le quali figura espressamente anche «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento»,

impegna il Governo

      a valutare l'opportunità di:
          estendere il credito di imposta del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici anche agli interventi di prevenzione antisismica nel patrimonio edilizio esistente, garantendone l'effettiva convenienza economica, permettendone l'accesso anche alle imprese e stabilizzandolo;
          rivedere i limiti imposti dal patto di stabilità per permettere agli enti locali che abbiano risorse disponibili di avviare il consolidamento antisismico degli edifici pubblici, a partire dalle scuole.
9/5203-A/2. Realacci, Mariani, Bratti, Margiotta, Braga, Viola, Morassut, Sarubbi, Benamati, Motta, Rosato, Libè, Lanzarin, Ghiglia, Granata, Amici, Stradella, Bocci, Lenzi, Lovelli.


      La Camera,
          premesso che:
              è molto apprezzata la tempestività dell'intervento del Governo per il terremoto che ha colpito Emilia-Romagna e Lombardia, la visita immediata ai luoghi e l'assunzione dei primi atti del Consiglio dei Ministri opportuni ed appropriati;
              pur non essendoci alcuna volontà di polemica, non si può tacere il differente comportamento tenuto con la calamità dell'eccezionale precipitazione nevosa che si è avuta tra il 31 gennaio 2012 ed il 18 febbraio 2012;
              è evidente a tutti una sottovalutazione generalizzata di questo evento calamitoso e di quanto è successo, soprattutto nel «vortice» che si è creato fra le province di Pesaro Urbino, Ancona, Rimini e Forlì-Cesena;
              gli edifici che crollano sotto il peso di quattro metri di neve non sono diversi da quelli che crollano per eventi sismici;
              non è stato dichiarato lo stato di calamità richiesto dalle Regioni e sollecitato al presidente del Consiglio con lettera – del 14 marzo 2012 – di parlamentari di tutti i gruppi politici, che non ha avuto riscontro, né risposta di alcun tipo;
              ci si attendeva che con il decreto-legge, emanato per il riordino della protezione Civile (n.  59 del 2012), si affrontasse la situazione;
              la calamità chiamata «terremoto bianco» sembra dimenticata;
              dopo una manifestazione istituzionale dei territori colpiti, svoltasi a Roma lo scorso 21 marzo, è stato incaricato il Ministro Barca di trattare il dossier ma senza, ad oggi, nessuna soluzione prospettata;
              l'impegno solenne, assunto nelle aule parlamentari dal Ministro Cancellieri prima e dal Sottosegretario D'Andrea poi, che il Governo avrebbe fatto fronte a tutte le spese di soccorso, non è ad oggi stato onorato;
              comuni e province hanno assunto impegni con i fornitori, per lo sgombero della neve per garantire sicurezza ai cittadini, che adesso chiedono di essere pagati, con evidenti rischi di dissesto delle casse comunali per i piccoli comuni e di sanzioni per mancato rispetto del patto di stabilità per province e comuni più grandi;
              le aziende e le famiglie hanno subito danni per centinaia di milioni con il crollo di edifici, capannoni e stalle, con evidenti rischi per il proseguo delle attività imprenditoriali;
              a differenza di quanto deciso per il terremoto, i cittadini delle province interessate dovranno pagare l'Imu sugli edifici crollati,

impegna il Governo:

      a individuare strumenti e risorse per corrispondere agli impegni presi nei confronti di comuni e province per la gestione dell'emergenza;

      ad affrontare, come per il terremoto dell'Emilia-Romagna, il tema dei danni prodotti e delle imposte con particolare riferimento al crollo di edifici, capannoni e stalle, per la ricostruzione e il riavvio delle attività imprenditoriali.
9/5203-A/3. Pizzolante, Mazzuca, Marchioni, Giovanelli, Brandolini, Ceroni, Della Vedova, Vannucci, Pini, Libè, Benamati, Galletti.


      La Camera,
          premesso che:
              negli ultimi 40 anni, come riportato dal sito ufficiale della Protezione Civile, a partire dal terremoto del Belice del 1968, tali eventi hanno provocato in Italia circa 4.500 vittime e una spesa di circa 150.000 milioni di euro;
              da sempre è riconosciuto che l'unica azione efficace per ridurre le conseguenze dei terremoti è la prevenzione che significa principalmente la realizzazione di costruzione capaci di resistere a terremoti violenti;
              dal 1986, in termini di prevenzione sismica, si è investito poco più di 300 milioni di euro, di cui solo 66 per l'edilizia privata;
              dopo il terremoto di San Giuliano vi è stato un incremento degli investimenti pubblici (circa 750 milioni di euro) destinati alla messa in sicurezza di scuole e edifici pubblici strategici;
              dopo il terremoto in Abruzzo, il 6 aprile 2009, è stato emanato dal Governo Berlusconi, un provvedimento per dare maggiore impulso alla prevenzione sismica;
              con l'articolo 11 del decreto-legge 28 aprile 2009, n.  39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n.  77, si è istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;
              la spesa pluriennale finanziata è stata di 965 milioni di euro che, pur essendo consistente rispetto al passato, risulta essere minima, forse inferiore all'1 per cento, di quella che sarebbe necessaria per mettere in sicurezza tutte le costruzioni, pubbliche e private, e le opere infrastrutturali strategiche;
              la Regione Sicilia, com’è noto, è un territorio al 90 per cento a rischio di terremoti, con 356 comuni su un totale di 390 che sono investiti da questo rischio;
              in Sicilia come in quasi tutto il nostro Paese non vi è, purtroppo, una politica seria che punti alla massima prevenzione contro i rischi e i danni che potrebbe provocare un terremoto;
              visti i maggiori poteri che vengono attribuiti alle Regioni, nel provvedimento in oggetto, si potrebbe prevedere, nel caso specifico della Regione Sicilia che quota parte dei fondi aggiuntivi che potrebbero giungere alle casse regionali, qualora il Parlamento nazionale accogliesse lo schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie, approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana, fossero destinati alla messa in sicurezza degli stabili, sia pubblici che privati, dell'isola,

impegna il Governo:

          ad attivare un confronto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, con tutte le Regioni, attraverso l'approvazione del medesimo in sede di Conferenza Stato-Regioni, affinché si avvii, in tempi certi, un monitoraggio sulle opere necessarie per la messa in sicurezza di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e le opere infrastrutturali strategiche, in tutto il territorio nazionale;
          a verificare la possibilità di incrementare in maniera importante il fondo previsto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze in base all'articolo 11 decreto-legge 28 aprile 2009, n.  39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n.  77, che potrebbe rappresentare un'opportunità non solo di non far ricadere sulle generazioni future, in termini sia umani che economici, i costi delle nostre «non scelte» in materia di prevenzione degli eventi sismici ma anche una strategica occasione di rilancio dell'economia nel nostro Paese;
          a procedere, quanto prima, all'accoglimento dello schema del disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie, approvato dall'Ars, affinché si possa precedere a destinare quota parte delle maggiori entrate alla messa in sicurezza di un territorio altamente a rischio da un punto di vista sismico.
9/5203-A/4. Gianni.


      La Camera,
          premesso che:
              negli ultimi 40 anni, come riportato dal sito ufficiale della Protezione Civile, a partire dal terremoto del Belice del 1968, tali eventi hanno provocato in Italia circa 4.500 vittime e una spesa di circa 150.000 milioni di euro;
              da sempre è riconosciuto che l'unica azione efficace per ridurre le conseguenze dei terremoti è la prevenzione che significa principalmente la realizzazione di costruzione capaci di resistere a terremoti violenti;
              dal 1986, in termini di prevenzione sismica, si è investito poco più di 300 milioni di euro, di cui solo 66 per l'edilizia privata;
              dopo il terremoto di San Giuliano vi è stato un incremento degli investimenti pubblici (circa 750 milioni di euro) destinati alla messa in sicurezza di scuole e edifici pubblici strategici;
              dopo il terremoto in Abruzzo, il 6 aprile 2009, è stato emanato dal Governo Berlusconi, un provvedimento per dare maggiore impulso alla prevenzione sismica;
              con l'articolo 11 del decreto-legge 28 aprile 2009, n.  39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n.  77, si è istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;
              la spesa pluriennale finanziata è stata di 965 milioni di euro che, pur essendo consistente rispetto al passato, risulta essere minima, forse inferiore all'1 per cento, di quella che sarebbe necessaria per mettere in sicurezza tutte le costruzioni, pubbliche e private, e le opere infrastrutturali strategiche;
              la Regione Sicilia, com’è noto, è un territorio al 90 per cento a rischio di terremoti, con 356 comuni su un totale di 390 che sono investiti da questo rischio;
              in Sicilia come in quasi tutto il nostro Paese non vi è, purtroppo, una politica seria che punti alla massima prevenzione contro i rischi e i danni che potrebbe provocare un terremoto;
              visti i maggiori poteri che vengono attribuiti alle Regioni, nel provvedimento in oggetto, si potrebbe prevedere, nel caso specifico della Regione Sicilia che quota parte dei fondi aggiuntivi che potrebbero giungere alle casse regionali, qualora il Parlamento nazionale accogliesse lo schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie, approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana, fossero destinati alla messa in sicurezza degli stabili, sia pubblici che privati, dell'isola,

impegna il Governo:

          ad attivare un confronto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, con tutte le Regioni, attraverso l'approvazione del medesimo in sede di Conferenza Stato-Regioni, affinché si avvii, in tempi certi, un monitoraggio sulle opere necessarie per la messa in sicurezza di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e le opere infrastrutturali strategiche, in tutto il territorio nazionale;
          a verificare la possibilità di incrementare in maniera importante il fondo previsto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze in base all'articolo 11 decreto-legge 28 aprile 2009, n.  39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n.  77, che potrebbe rappresentare un'opportunità non solo di non far ricadere sulle generazioni future, in termini sia umani che economici, i costi delle nostre «non scelte» in materia di prevenzione degli eventi sismici ma anche una strategica occasione di rilancio dell'economia nel nostro Paese;
          a valutare, quanto prima, l'accoglimento dello schema del disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie, approvato dall'Ars, affinché si possa precedere a destinare quota parte delle maggiori entrate alla messa in sicurezza di un territorio altamente a rischio da un punto di vista sismico.
9/5203-A/4.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Gianni.


      La Camera,
          premesso che:
              i temi della messa in sicurezza e della necessità di manutenzione programmata del patrimonio edilizio sono questioni rispetto alle quali non solo si registra fortunatamente una sempre crescente attenzione, ma sono ormai ineludibili, al pari e parallelamente agli interventi di messa in sicurezza del nostro territorio;
              gli stessi eventi sismici che hanno colpito solo poche settimane fa i territori di Lombardia, Veneto e soprattutto Emilia-Romagna hanno ancora di più confermato la necessità improcrastinabile di procedere a una ricognizione sullo «stato di salute» dei nostri immobili, anche attraverso una speciale anagrafe del patrimonio edilizio al fine di una sua messa in sicurezza;
              sotto questo aspetto, è indispensabile che si arrivi, con opportuni meccanismi di gradualità da assumere da parte dei comuni, a dotare i fabbricati di un apposito fascicolo sul quale annotare le informazioni relative all'edificio con l'obiettivo di pervenire ad un idoneo quadro conoscitivo a partire, ove possibile, dalle fasi di costruzione dello stesso e su cui registrare le modifiche apportate rispetto alla configurazione originaria,

impegna il Governo

al fine di avviare un monitoraggio sullo stato di conservazione del nostro patrimonio edilizio e per una sua messa in sicurezza, a prevedere, con il coinvolgimento degli enti territoriali, l'istituzione su tutto il territorio nazionale del «fascicolo del fabbricato».
9/5203-A/5. Piffari, Favia, Donadi.


      La Camera,
          premesso che:
              i temi della messa in sicurezza e della necessità di manutenzione programmata del patrimonio edilizio sono questioni rispetto alle quali non solo si registra fortunatamente una sempre crescente attenzione, ma sono ormai ineludibili, al pari e parallelamente agli interventi di messa in sicurezza del nostro territorio;
              gli stessi eventi sismici che hanno colpito solo poche settimane fa i territori di Lombardia, Veneto e soprattutto Emilia-Romagna hanno ancora di più confermato la necessità improcrastinabile di procedere a una ricognizione sullo «stato di salute» dei nostri immobili, anche attraverso una speciale anagrafe del patrimonio edilizio al fine di una sua messa in sicurezza;
              sotto questo aspetto, è indispensabile che si arrivi, con opportuni meccanismi di gradualità da assumere da parte dei comuni, a dotare i fabbricati di un apposito fascicolo sul quale annotare le informazioni relative all'edificio con l'obiettivo di pervenire ad un idoneo quadro conoscitivo a partire, ove possibile, dalle fasi di costruzione dello stesso e su cui registrare le modifiche apportate rispetto alla configurazione originaria,

impegna il Governo

al fine di avviare un monitoraggio sullo stato di conservazione del nostro patrimonio edilizio e per una sua messa in sicurezza, a valutare la possibilità di prevedere, con il coinvolgimento degli enti territoriali, l'istituzione su tutto il territorio nazionale del «fascicolo del fabbricato».
9/5203-A/5.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Piffari, Favia, Donadi.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame prevede la possibilità, al fine di reintegrare il Fondo di riserva per le spese impreviste qualora utilizzato per finanziare gli stati di emergenza in conseguenza di calamità, di ricorrere alle maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sul gasolio usato come carburante;
              il ricorso al suddetto aumento delle accise, seppure ha origini lontane, è divenuto sempre di più in questi ultimi anni, uno strumento fin troppo facile per fare cassa in tempi rapidi, senza valutare gli effetti pesantissimi sui cittadini;
              con la previsione introdotta in questo provvedimento circa il ricorso a ulteriori aumenti dell'accisa sulla benzina, e senza contare l'aumento della medesima già avvenuto in virtù del recente decreto-legge n.  74 del 2012 sugli eventi sismici del maggio scorso, siamo al diciottesimo aumento di accisa;
              non è però pensabile che ancora oggi si continuino a pagare aumenti di accise decisi decenni fa per pagare la guerra di Abissinia del 1935, la tragedia del Vajont del 1963, o l'alluvione di Firenze del 1966, per fare solo tre esempi tra i tanti,

impegna il Governo

a prevedere che future deliberazioni di aumenti riguardanti le accise sui carburanti abbiano carattere temporaneo, prevedendone entro un lasso di tempo ragionevole una loro riduzione in pari misura.
9/5203-A/6. Borghesi, Favia, Piffari, Cimadoro, Donadi.


      La Camera,
          premesso che:
              le risorse complessivamente assegnate alla protezione civile sono assolutamente insufficienti, e il relativo Fondo ha subito in questi ultimi anni una riduzione pesantissima;
              le due leggi finanziarie del Governo Prodi della scorsa legislatura avevano stanziato a favore del Fondo per la Protezione civile, 221,4 milioni di euro per il 2007, e 218,7 milioni di euro per il 2008;
              l'ultima legge di stabilità per il 2012, approvata dal precedente Governo Berlusconi, ha stanziato 70,7 milioni di euro per il 2012, ossia un taglio di quasi il 70 per cento;
              parallelamente lo stesso Fondo regionale di protezione civile, che ha permesso, dal momento della sua attivazione avvenuta con l'articolo 138, comma 16, della legge n.  388 del 2000, di realizzare un efficace sistema nazionale di protezione civile articolato sul territorio, non è stato più rifinanziato. L'ultima annualità finanziata del suddetto Fondo è stata il 2008 (erogata nel corso del 2010);
              l'impiego delle risorse del suddetto Fondo, inoltre, ha permesso di fronteggiare con efficacia i numerosi eventi calamitosi di rilievo regionale verificatisi in questi ultimi anni, permettendo alle strutture nazionali della protezione civile italiana di concentrarsi sulle emergenze di grandi proporzioni,

impegna il Governo

a provvedere al rifinanziamento del Fondo regionale di protezione civile.
9/5203-A/7. Favia, Piffari, Donadi.


      La Camera,
          premesso che:
              le risorse complessivamente assegnate alla protezione civile sono assolutamente insufficienti, e il relativo Fondo ha subito in questi ultimi anni una riduzione pesantissima;
              le due leggi finanziarie del Governo Prodi della scorsa legislatura avevano stanziato a favore del Fondo per la Protezione civile, 221,4 milioni di euro per il 2007, e 218,7 milioni di euro per il 2008;
              l'ultima legge di stabilità per il 2012, approvata dal precedente Governo Berlusconi, ha stanziato 70,7 milioni di euro per il 2012, ossia un taglio di quasi il 70 per cento;
              parallelamente lo stesso Fondo regionale di protezione civile, che ha permesso, dal momento della sua attivazione avvenuta con l'articolo 138, comma 16, della legge n.  388 del 2000, di realizzare un efficace sistema nazionale di protezione civile articolato sul territorio, non è stato più rifinanziato. L'ultima annualità finanziata del suddetto Fondo è stata il 2008 (erogata nel corso del 2010);
              l'impiego delle risorse del suddetto Fondo, inoltre, ha permesso di fronteggiare con efficacia i numerosi eventi calamitosi di rilievo regionale verificatisi in questi ultimi anni, permettendo alle strutture nazionali della protezione civile italiana di concentrarsi sulle emergenze di grandi proporzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere al rifinanziamento del Fondo regionale di protezione civile.
9/5203-A/7.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Favia, Piffari, Donadi.


      La Camera,
          premesso che:
              la protezione civile in Italia è organizzata in un «Servizio Nazionale», un sistema complesso che comprende tutte le strutture e le attività messe in campo dallo Stato per tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni che derivano da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. Le attività del sistema sono la previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, il soccorso alla popolazione ed ogni attività diretta a superare l'emergenza;
              è noto che l'Italia è un Paese ad elevata sismicità per la frequenza e la forza dei terremoti che hanno interessato il suo territorio e di cui conosciamo gli effetti grazie alle testimonianze scritte lasciate dai testimoni che hanno permesso di ricostruire la sua storia sismica nel corso dei secoli;
              la prevenzione è l'unica arma funzionante contro i terremoti in quanto purtroppo oggi essi non sono prevedibili. Oggi il Giappone è il Paese con la migliore organizzazione in materia sismica del mondo, in cui fin dagli anni ottanta ciclicamente bambini, impiegati e personale di albergo si addestravano alle simulazioni antiterremoto: poche regole precise, una ridotta e semplice dotazione di strumenti, molta e continua informazione sulle procedure da attuare. Il Giappone ha redatto a livello governativo sei punti focali per la prevenzione e l'organizzazione contro i terremoti: 1) informativa di prevenzione su larga scala (volantini, manuali, documentazione); 2) strutture preorganizzate e visibili di cartellonistica di percorsi di emergenza; 3) pianificazione dettagliatissima delle evacuazioni post sisma; 4) strutture globali (abitazioni, tubature, cavi elettrici) antisismici; 5) kit di sopravvivenza in uffici e case; 6) esercitazioni cicliche antisisma. Scuole, palazzi, centri turistici per stranieri, di fatto tutti gli enti governativi giapponesi hanno la prevenzione dei terremoti come fondamento della vita sociale;
              in Italia, invece, finora si è sempre fatto ricorso a ordinanze e decreti urgenti per definire le competenze, stabilire i provvedimenti e reperire i relativi fondi, ma non si è ancora riusciti ad intervenire in modo omogeneo e organico e si continua ad assistere a variazioni in corso d'opera;
              recentemente il Consiglio nazionale dei geologi e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno dichiarato che in caso di calamità naturali, come il terremoto, l'Italia paga in termini di prevenzione e di sicurezza per i cittadini;
              a quanto risulta il progetto nazionale di cartografia geologica (Carg), avviato con una legge del 1988, è arrivato ad una copertura del 40 per cento del territorio nazionale con finanziamenti statali pari a 81 milioni di euro. Tre quinti del territorio italiano, dunque, non hanno ancora una cartografia ufficiale aggiornata e realizzata con metodologie di studio moderne. Per completare i fogli geologici mancanti sarebbero necessari altri 200 milioni di euro nell'arco di 15-20 anni;
              il presidente del consiglio nazionale dei geologi ha affermato che avere una carta geologica aggiornata è fondamentale per aumentare la sicurezza dei cittadini;
              altresì, secondo la Federazione italiana di scienze della terra, il rapporto del servizio geologico d'Italia sulle conseguenze economiche e sociali dei disastri ambientali nel Dopoguerra non è stato aggiornato dal 1992 e aveva permesso di quantificare l'impatto dei rischi geologici «in una vittima ogni due giorni e otto milioni di euro di spesa al giorno». A ciò si aggiunge il Progetto IFFI sui fenomeni franosi in Italia «non più finanziato dal 2007». In generale i geologi lamentano gli scarsi investimenti erogati dallo Stato per le scienze della terra;
              in Italia, solo il 3 per cento dell'investimento globale nella ricerca va alle geoscienze. Negli Stati Uniti è pari al 15 per cento. Per la comunità geologica italiana, il completamento della carta rappresenta anche un'opportunità di crescita economica e sostenibile;
              il provvedimento in esame ha l'obiettivo principale di riorganizzare la struttura operativa e accelerare i tempi d'azione del Servizio nazionale per la protezione civile, riportandolo alla sua «vocazione» originaria, e rafforzare l'efficacia nel monitoraggio nel controllo e nella gestione delle emergenze,

impegna il Governo:

          a mettere in campo ogni iniziativa necessaria al fine di completare il progetto nazionale di cartografia geologica (Carg) e procedere con gli aggiornamenti in tutti quei progetti di ricerca e analisi atti a studiare e monitorare cause ed effetti delle calamità naturali;
          ad avviare una più efficiente ed efficace pianificazione e programmazione degli interventi necessari al territorio al fine di rimettere al centro la prevenzione e l'organizzazione come unica arma funzionale contro le calamità naturali sostenendo maggiormente la ricerca scientifica in questo settore e l'informazione nonché l'educazione dei cittadini;
          a valutare l'opportunità di avviare maggiori iniziative anche legislative per intervenire in maniera omogenea e organica sulle attività di interesse del Dipartimento della protezione civile.
9/5203-A/8. Di Stanislao.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 3, comma 2, del testo in esame prevede che le gestioni commissariali che operano ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n.  225, e successive modificazioni, non sono suscettibili alla data di entrata in vigore del presente testo, di proroga o rinnovo se non per una sola volta e comunque non oltre il termine del 31 dicembre 2012,

impegna il Governo

a considerare prioritario il rientro alla gestione ordinaria delle emergenze in atto nel Paese, evitando in futuro il ricorso allo strumento delle gestioni commissariali, se non per quei casi di conclamata necessità legata al verificarsi di eventi di eccezionale portata.
9/5203-A/9. Dionisi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1-bis del testo in esame introduce la possibilità per le regioni di adottare con propria deliberazione un piano regionale di protezione civile per prevedere criteri e modalità di intervento in caso di emergenza nonché l'istituzione di un fondo per la messa in atto degli interventi previsti per fronteggiare le prime fasi d'emergenza;
              lo strumento della programmazione preventiva riveste un'importanza fondamentale nella gestione delle emergenze e il coordinamento tra tutti gli organi istituzionali,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa, anche di tipo normativo, per agevolare e sostenere l'adozione, da parte delle regioni, dei piani di protezione civile regionale.
9/5203-A/10. Libè.


      La Camera
          premesso che:
              l'articolo 1 del decreto-legge in esame prevede la possibilità per il Presidente del Consiglio di delegare, in alternativa al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, un Ministro con portafoglio per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di ricorrere alla delega di cui all'articolo 1 solo in casi di estrema necessità o quando giustificato da esigenze di coordinamento tecnico.
9/5203-A/11. Tassone.


      La Camera
          premesso che:
              l'articolo 1 del decreto-legge in esame prevede la possibilità per il Presidente del Consiglio di delegare, in alternativa al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, un Ministro con portafoglio per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di far l'uso il più contenuto possibile del potere di delega di cui all'articolo 1.
9/5203-A/11.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Tassone.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame ha tra gli obiettivi prioritari la restituzione al Servizio nazionale della protezione civile della sua mission originaria come complessivo sistema preordinato a tutelare i valori fondamentali della collettività ed a garantirne la difesa contro l'insorgere di eventi calamitosi;
              in particolare l'articolo 3, recante disposizioni transitorie e finali, dispone che le gestioni commissariali operanti ai sensi della legge n.  225 del 1992 alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame possano essere prorogate o rinnovate una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012;
              con apposite ordinanze sono, poi, individuate le amministrazioni che subentrano alle predette gestioni commissariali, con poteri ordinari, applicando l'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della predetta legge n.  225 del 1992;
              pur comprendendo la ratio dell'intervento governativo è necessario distinguere fra le diverse gestioni commissariali tenendo conto delle loro finalità e dei territori in cui operano;
              così l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, n.  4010 del 22 marzo 2012, concernente le opere da realizzarsi nel Comune di La Maddalena e finalizzata ad «un definitivo rilancio delle iniziative riguardanti la riconversione turistica dell'Arcipelago di La Maddalena» assume una particolare valenza socio-economica laddove si consideri il grave stato di crisi in cui versa quel territorio in larga parte determinato dalla incompiuta riqualificazione ai fini turistici dei beni già asserviti ad esigenze militari nazionali ed internazionali;
              allo stesso modo riveste un'importanza strategica per la risoluzione dei problemi connessi alla viabilità insulare, l'ordinanza del Presidente del Consiglio n.  3869 del 23 aprile 2010, e modificata con le successive ordinanze n.  3948 e n.  3993, sull'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nelle province di Sassari ed Olbia Tempio; in particolare si tratta in questo caso del completamento dei lavori di rifacimento e messa i sicurezza della strada statale 597/199 Sassari-Olbia, strada tristemente nota per numerosi incidenti mortali, oggi totalmente inadeguata ai notevoli flussi di traffico, anche pesante, le cui attività in gestione commissariale sono in fase avanzata e le cui conclusioni potrebbero venire pregiudicate dal ritorno nel regime ordinario;
              assume, quindi, un rilievo prioritario per lo sviluppo del territorio insulare la veloce ed opportuna conclusione dei lavori e delle gestioni commissariali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che le gestioni commissariali di cui alle ordinanze n.  4010 del 22 marzo 2012 e n.  3869 del 23 aprile 2010, come modificata dalle ordinanze n 3948 e n.  3993, possano proseguire fino al termine del 31 dicembre 2013 ovvero fino alla conclusione dei lavori previsti e consentire il pieno ritorno al regime ordinario.
9/5203-A/12. Calvisi.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame ha tra gli obiettivi prioritari la restituzione al Servizio nazionale della protezione civile della sua mission originaria come complessivo sistema preordinato a tutelare i valori fondamentali della collettività ed a garantirne la difesa contro l'insorgere di eventi calamitosi;
              in particolare l'articolo 3, recante disposizioni transitorie e finali, dispone che le gestioni commissariali operanti ai sensi della legge n.  225 del 1992 alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame possano essere prorogate o rinnovate una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012;
              con apposite ordinanze sono, poi, individuate le amministrazioni che subentrano alle predette gestioni commissariali, con poteri ordinari, applicando l'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della predetta legge n.  225 del 1992;
              pur comprendendo la ratio dell'intervento governativo è necessario distinguere fra le diverse gestioni commissariali tenendo conto delle loro finalità e dei territori in cui operano;
              così l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, n.  4010 del 22 marzo 2012, concernente le opere da realizzarsi nel Comune di La Maddalena e finalizzata ad «un definitivo rilancio delle iniziative riguardanti la riconversione turistica dell'Arcipelago di La Maddalena» assume una particolare valenza socio-economica laddove si consideri il grave stato di crisi in cui versa quel territorio in larga parte determinato dalla incompiuta riqualificazione ai fini turistici dei beni già asserviti ad esigenze militari nazionali ed internazionali;
              allo stesso modo riveste un'importanza strategica per la risoluzione dei problemi connessi alla viabilità insulare, l'ordinanza del Presidente del Consiglio n.  3869 del 23 aprile 2010, e modificata con le successive ordinanze n.  3948 e n.  3993, sull'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nelle province di Sassari ed Olbia Tempio; in particolare si tratta in questo caso del completamento dei lavori di rifacimento e messa i sicurezza della strada statale 597/199 Sassari-Olbia, strada tristemente nota per numerosi incidenti mortali, oggi totalmente inadeguata ai notevoli flussi di traffico, anche pesante, le cui attività in gestione commissariale sono in fase avanzata e le cui conclusioni potrebbero venire pregiudicate dal ritorno nel regime ordinario;
              assume, quindi, un rilievo prioritario per lo sviluppo del territorio insulare la veloce ed opportuna conclusione dei lavori e delle gestioni commissariali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito della ricognizione che verrà effettuata entro il termine di scadenza, di prevedere che le gestioni commissariali di cui alle ordinanze n.  4010 del 22 marzo 2012 e n.  3869 del 23 aprile 2010, come modificata dalle ordinanze n 3948 e n.  3993, possano proseguire fino al termine del 31 dicembre 2013 ovvero fino alla conclusione dei lavori previsti e consentire il pieno ritorno al regime ordinario.
9/5203-A/12.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Calvisi.


      La Camera,
          premesso che:
              la decisione della Protezione civile di spostare la base dei tre Canadair operanti in Sardegna da Olbia a Cagliari-Elmas, ha prodotto polemiche ed è diventata ormai terreno di confronto-scontro fra Giunta regionale e Governo;
              l'allontanamento della dislocazione dei velivoli dilaterebbe eccessivamente i tempi di intervento in caso di necessità ed è visto negativamente dagli amministratori pubblici della Gallura, zona particolarmente colpita dagli incendi estivi;
              secondo il responsabile della Protezione civile regionale, Giorgio Cicalò, «Questa decisione non tiene conto degli incendi di interfaccia, dei roghi cioè che dalla zona boscata si sviluppano verso le aree costruite, come possono essere gli stazzi o le attività ricettive che in Gallura nascono in mezzo alla vegetazione. Lì le persone sono come in mezzo alla benzina: in 30 minuti un innesco diventa un vero e proprio rogo difficilmente domabile»;
              storicamente gli incidenti alle persone si sono registrati nel nord Sardegna per questo la dislocazione dei mezzi era prevista proprio nell'aeroporto di Olbia per cui sarebbe opportuno prevedere che almeno uno dei tre Canadair operi nel Nord dell'isola,

impegna il Governo

a disporre il dislocamento ad Olbia, così come richiesto anche dalla regione Sardegna e dagli enti locali interessati, di almeno un Canadair al fine di giungere ad una dislocazione ottimale dei mezzi antincendio funzionale alla reali situazioni di rischio in Sardegna nel periodo estivo.
9/5203-A/13. Mereu.


      La Camera,
          premesso che:
              la decisione della Protezione civile di spostare la base dei tre Canadair operanti in Sardegna da Olbia a Cagliari-Elmas, ha prodotto polemiche ed è diventata ormai terreno di confronto-scontro fra Giunta regionale e Governo;
              l'allontanamento della dislocazione dei velivoli dilaterebbe eccessivamente i tempi di intervento in caso di necessità ed è visto negativamente dagli amministratori pubblici della Gallura, zona particolarmente colpita dagli incendi estivi;
              secondo il responsabile della Protezione civile regionale, Giorgio Cicalò, «Questa decisione non tiene conto degli incendi di interfaccia, dei roghi cioè che dalla zona boscata si sviluppano verso le aree costruite, come possono essere gli stazzi o le attività ricettive che in Gallura nascono in mezzo alla vegetazione. Lì le persone sono come in mezzo alla benzina: in 30 minuti un innesco diventa un vero e proprio rogo difficilmente domabile»;
              storicamente gli incidenti alle persone si sono registrati nel nord Sardegna per questo la dislocazione dei mezzi era prevista proprio nell'aeroporto di Olbia per cui sarebbe opportuno prevedere che almeno uno dei tre Canadair operi nel Nord dell'isola,

impegna il Governo

a verificare le condizioni tecniche al fine di disporre il dislocamento ad Olbia, così come richiesto anche dalla regione Sardegna e dagli enti locali interessati, di almeno un Canadair al fine di giungere ad una dislocazione ottimale dei mezzi antincendio funzionale alla reali situazioni di rischio in Sardegna nel periodo estivo.
9/5203-A/13.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Mereu.


      La Camera,

          premesso che:
              sono più di 29.000 i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini che vivono in insediamenti abitati costruiti su queste aree mentre più del 40 per cento dei comuni presenta superfici ad elevato rischio sismico;
              in tale scenario la Calabria evidenzia una drammatica emergenza sulla quasi totalità del suo territorio, le cui conseguenze, in termini di perdita di vite umane e di danni economici sono note a tutti;
              proprio per tale conformazione morfo-geologica e a causa di una selvaggia urbanizzazione è stato nominato un commissario straordinario per l'attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico,

impegna il Governo:

          a sollecitare il Commissario straordinario per l'attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico a predisporre una relazione aggiornata da presentare alle Commissione parlamentari competenti per materia sulle verifiche effettuate nel territorio e contenente una mappatura completa delle aree di massima criticità presenti nel territorio calabrese, una stima completa delle aree dove intervenire, un elenco delle opere e dei relativi costi, l'individuazione degli interventi sulla base di indici tecnici che ne determinino le priorità e il coinvolgimento di tutti gli organismi preposti;
          ad adottare, conseguentemente, tutte le misure necessarie anche di carattere finanziario, per la messa in sicurezza del territorio calabrese.
9/5203-A/14. D'Ippolito Vitale, Occhiuto, Tassone.


      La Camera,

          premesso che:
              sono più di 29.000 i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini che vivono in insediamenti abitati costruiti su queste aree mentre più del 40 per cento dei comuni presenta superfici ad elevato rischio sismico;
              in tale scenario la Calabria evidenzia una drammatica emergenza sulla quasi totalità del suo territorio, le cui conseguenze, in termini di perdita di vite umane e di danni economici sono note a tutti;
              proprio per tale conformazione morfo-geologica e a causa di una selvaggia urbanizzazione è stato nominato un commissario straordinario per l'attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico,

impegna il Governo:

          nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a sollecitare il Commissario straordinario per l'attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico a predisporre una relazione aggiornata da presentare alle Commissione parlamentari competenti per materia sulle verifiche effettuate nel territorio e contenente una mappatura completa delle aree di massima criticità presenti nel territorio calabrese, una stima completa delle aree dove intervenire, un elenco delle opere e dei relativi costi, l'individuazione degli interventi sulla base di indici tecnici che ne determinino le priorità e il coinvolgimento di tutti gli organismi preposti;
          ad adottare, conseguentemente, tutte le misure necessarie anche di carattere finanziario, per la messa in sicurezza del territorio calabrese.
9/5203-A/14.    (Testo modificato nel corso della seduta).     D'Ippolito Vitale, Occhiuto, Tassone.


      La Camera,
          premesso che:
              di recente il responsabile regionale della protezione civile della Giunta regionale della Calabria, Sottosegretario Torchia, ha denunciato l'isolamento della sua regione per lo stato di arretratezza della logistica, delle infrastrutture e dei servizi;
              un eventuale evento naturale catastrofico potrebbe avere effetti del tutto gravi e drammatici;
              la Calabria è ad alto rischio sismico per cui le dichiarazioni del responsabile della Protezione civile del Governo regionale sono gravi e denotano una certa superficialità dell'Esecutivo per non avere posto la sicurezza dei cittadini al prima posto della sua azione;
              non si conoscono quali programmi siano stati predisposti dalla Regione in caso di calamità naturali gravi;
              la denuncia del Sottosegretario Torchia accresce le preoccupazioni dei cittadini,

impegna il Governo

a verificare lo stato della Protezione civile della Calabria e, se necessario, intervenire per il suo potenziamento e la rimozione delle cause che aggraverebbero gli effetti di eventi naturali non prevedibili.
9/5203-A/15. Marini, Lo Moro.


      La Camera,
          premesso che:
              le competenze di comuni, province e regioni in materia di protezione civile sono stabilite dall'articolo 108 del decreto legislativo n.  112 del 1998 che è stato emanato successivamente alla legge n.  225 del 1992, di istituzione del servizio della protezione civile, e ha implicitamente limitato le competenze del Prefetto come venivano precedentemente stabilite dall'articolo 14 della citata legge n.  225 del 1992;
              con le norme proposte dal decreto-legge in esame torna a rivivere l'articolo 14 della legge n.  225 del 1992, togliendo competenze agli enti territoriali e incrementando le competenze dei prefetti;
              ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge n.  225 del 1992, come riproposto anche dallo stesso decreto in esame, il Sindaco assume la direzione e il coordinamento dei soccorsi;
              il Prefetto, anche secondo la relazione del Prefetto Gabrielli nelle Commissioni riunite in sede referente, può avere solo competenze sostitutive;
              assegnare competenze di coordinamento dei soccorsi al Prefetto, quando sono già state assegnate ai sindaci, crea sovrapposizioni inutili e pericolose in una fase di emergenza,

impegna il Governo

a chiarire, nell'ambito dei provvedimenti attuativi della norma, che la direzione e il coordinamento dei soccorsi nella fase di emergenza rientrano nelle competenze del Sindaco, e che l'intervento del Prefetto avviene in via sostitutiva su richiesta del Sindaco stesso.
9/5203-A/16. Vanalli, Lanzarin, Meroni, Alessandri, Dussin, Togni, Bragantini, Pastore, Volpi.


      La Camera,
          premesso che:
              le competenze di comuni, province e regioni in materia di protezione civile sono stabilite dall'articolo 108 del decreto legislativo n.  112 del 1998 che è stato emanato successivamente alla legge n.  225 del 1992, di istituzione del servizio della protezione civile, e ha implicitamente limitato le competenze del Prefetto come venivano precedentemente stabilite dall'articolo 14 della citata legge n.  225 del 1992;
              con le norme proposte dal decreto-legge in esame torna a rivivere l'articolo 14 della legge n.  225 del 1992, togliendo competenze agli enti territoriali e incrementando le competenze dei prefetti;
              ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge n.  225 del 1992, come riproposto anche dallo stesso decreto in esame, il Sindaco assume la direzione e il coordinamento dei soccorsi;
              il Prefetto, anche secondo la relazione del Prefetto Gabrielli nelle Commissioni riunite in sede referente, può avere solo competenze sostitutive;
              assegnare competenze di coordinamento dei soccorsi al Prefetto, quando sono già state assegnate ai sindaci, crea sovrapposizioni inutili e pericolose in una fase di emergenza,

impegna il Governo

a chiarire, nell'ambito dei provvedimenti attuativi della norma, che la direzione e il coordinamento dei soccorsi nella fase di emergenza rientrano nelle competenze del Sindaco, e che l'intervento del Prefetto avviene su richiesta del Sindaco stesso, ai sensi del comma 4 del citato articolo 15 della legge n.  225 del 1992.
9/5203-A/16.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Vanalli, Lanzarin, Meroni, Alessandri, Dussin, Togni, Bragantini, Pastore, Volpi.


      La Camera,
          premesso che:
              a seguito del verificarsi delle calamità naturali, siano esse terremoti, avversità climatiche, frane o alluvioni, nell'ambito dell'intervento per la fase di emergenza, è importante poter intervenire nell'immediato per rimuovere le macerie, il fango o altri materiali che impediscono la ripresa delle normali condizioni di vita;
              in questo caso inevitabilmente si rientra nell'ambito della disciplina dei rifiuti, nella quale la Protezione civile può intervenire solo in caso di pericolo per la vita umana;
              il modo più immediato di intervento è quello dell'ordinanza, che dovrebbe poter derogare dalle norme relative alla gestione amministrativa dei rifiuti, come quella del deposito temporaneo o quella dell'iscrizione all'albo gestori per il trasporto;
              infatti, anche il decreto-legge n.  74 del 2012 relativo agli eventi sismici che hanno colpito le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, all'articolo 17, prevede norme di simile tenore per il trattamento e il trasporto del materiale derivante dal crollo degli edifici;
              sarebbe opportuno che anche per i casi di calamità naturali di intensità minore, ma comunque rientranti nelle situazioni di emergenza nazionale, trattati dal decreto in esame, sia previsto il potere di deroga in materia di rifiuti attraverso l'ordinanza, in considerazione dell'assenza di un decreto-legge ad hoc,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative dirette a prevedere la possibilità che le ordinanze emanate nella fase di emergenza possano contenere anche deroghe in materia di rifiuti, indipendentemente dall'esistenza del pericolo per la vita umana, allo scopo di poter evitare l'aggravarsi delle situazioni di criticità nell'ambito dell'emergenza in corso.
9/5203-A/17. Meroni, Alessandri, Lanzarin, Dussin, Togni, Bragantini, Pastore, Vanalli, Volpi.


      La Camera,
          considerato l'articolo 3, comma 1, lettera c-bis), della legge 14 gennaio 1994, n.  20,

impegna il Governo

a rendere più efficaci e tempestivi gli interventi di emergenza che sono attualmente subordinati all'esito del controllo preventivo di legittimità sugli atti adottati dai commissari delegati.
9/5203-A/18. Lusetti, Benamati, Bratti, Ghizzoni, Marchignoli, Marchi, Migliori, Motta, Santagata.


      La Camera,
          considerato l'articolo 3, comma 1, lettera c-bis), della legge 14 gennaio 1994, n.  20,

impegna il Governo

ad assumere iniziative finalizzate a rendere più rapidamente efficaci e tempestivi gli interventi di emergenza che sono attualmente subordinati all'esito del controllo preventivo di legittimità sugli atti adottati dai commissari delegati.
9/5203-A/18.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Lusetti, Benamati, Bratti, Ghizzoni, Marchignoli, Marchi, Migliori, Motta, Santagata.


      La Camera,
          premesso che:
              con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'11 dicembre 2007 è stato dichiarato lo stato di emergenza socio-economico-sanitaria nella regione Calabria fino al 31 dicembre 2009; che lo stesso è stato prorogato, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 dicembre 2009, fino al 31 dicembre 2010 ed infine ulteriormente prorogato, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 novembre 2010, fino al 31 dicembre 2011;
              in relazione al suddetto stato di emergenza è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.  3635 del 21 dicembre 2007, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.  225, successivamente modificata ed integrata da ulteriori ordinanze di protezione civile, con la quale sono state dettate disposizioni per far fronte a condizioni emergenziali, come un programma di interventi per la realizzazione di strutture ospedaliere previsto dall'accordo di programma quadro integrativo sottoscritto dal Ministero della Salute e dal Presidente della Regione Calabria in data 6 dicembre 2007 o, come ancora la riorganizzazione, l'adeguamento ed il potenziamento delle dotazioni tecnologiche della rete ospedaliera esistente;
              l'attività del Commissario delegato per l'emergenza socio-economico-sanitaria nella regione Calabria è svolta in stretta sinergia con quella del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo del settore sanitario della regione, nominato con delibera del Consiglio dei Ministri del 30 luglio 2010, cui è affidato il perseguimento del fondamentale processo di modernizzazione, risanamento e sviluppo della sanità calabrese;
              entrambi gli incarichi sono stati affidati al Presidente della Regione Calabria che, attraverso l'esercizio di poteri straordinari, connessi ai provvedimenti di nomina, ha potuto utilizzare procedure più snelle ed appropriate per garantire l'avvio del processo di trasformazione, razionalizzazione e miglioramento del sistema sanitario regionale;
              lo stato di emergenza socio-economico-sanitaria nella regione Calabria è scaduto lo scorso 31 dicembre 2011 determinando l'arresto delle attività connesse al superamento delle criticità ancora esistenti;
              prima della suddetta scadenza era stata raggiunta l'intesa tra il Presidente della Regione ed il Capo del Dipartimento della Protezione civile sul mantenimento della gestione commissariale per ulteriori 12 mesi al fine di consentire il completamento delle più urgenti iniziative necessarie ad assicurare il definitivo rientro nelle procedure ordinarie;
              a causa dell'entrata in vigore del decreto-legge in oggetto, sussistono difficoltà oggettive all'emanazione della suddetta ordinanza a causa del mutato contesto normativo;
              la realizzazione delle strutture ospedaliere previste dall'accordo di programma integrativo sottoscritto dal Ministro della Salute e dal Presidente della Regione Calabria in data 6 dicembre 2007 (Ospedali della Piana di Gioia Tauro, della Sibaritide, di Vibo Valentia e di Catanzaro) e l'attuazione dei programmi di potenziamento delle dotazioni tecnologiche e di messa a norma delle strutture sanitarie esistenti sul territorio regionale, obiettivi della gestione commissariale regolamentata dalla già citata ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.  3635 del 2007, sono tappe imprescindibili del difficile percorso di miglioramento dell'offerta sanitaria in tutto il territorio regionale;
              nello specifico delle procedure di realizzazione degli ospedali, la proroga dell'ordinanza sarebbe stata necessaria per procedere all'adempimento di alcuni atti come la nomina delle commissioni giudicatrici per la valutazione delle offerte per l'ospedale della Sibaritide e di Vibo Valentia, atteso che le offerte sono pervenute alla data del 20 gennaio 2012 e da allora sono depositate presso gli uffici della struttura commissariale;
              per queste due procedure si dovrebbe necessariamente pervenire all'aggiudicazione entro il prossimo 20 luglio 2012, per scongiurare la scadenza del termine di 180 giorni di validità delle offerte già presentate dalle imprese partecipanti alla gara di concessione;
              altri provvedimenti sono rappresentati inoltre dall'approvazione e dalla trasmissione della lettera di invito ai concorrenti prequalificatisi per l'Ospedale della Piana di Gioia Tauro;
              la Regione Calabria, in relazione ai citati programmi, ha già provveduto a contrarre mutui con la Cassa Depositi e Prestiti e ad incassare i relativi finanziamenti, al fine di assicurare la quota di compartecipazione agli investimenti,

impegna il Governo

ad adottare ogni possibile iniziativa diretta a superare l'attuale blocco delle attività commissariali, predisponendo ogni atto utile alla prosecuzione dell'attuale fase commissariale in gestione ordinaria, al fine di procedere al raggiungimento di un obiettivo strategico per il miglioramento della sanità calabrese, che è rappresentato dalla realizzazione delle nuove strutture ospedaliere.
9/5203-A/19. Dima.


      La Camera,
          premesso che:
              durante l'esame in sede referente del presente provvedimento si è deciso di portare la cessazione di tutte le gestioni commissariali disposte ai sensi della legge 225 del 1992, al 31 dicembre 2012;
              occorre salvare le gestioni che hanno funzionato e che hanno dimostrato l'utilità della normativa in deroga. D'altra parte occorrono interventi concreti e consistenti per la semplificazione delle procedure di tutto il nostro sistema autorizzativo per la realizzazione delle opere pubbliche. La cessazione indiscriminata di tutte le gestioni commissariali rischia di bloccare il Paese se contestualmente non si procede ad una vera semplificazione del sistema ordinario;
              nell'ambito delle gestioni di emergenza traffico rientrano anche alcune gestioni commissariali per opere stradali, che non hanno seguito le norme sul commissariamento relative alle opere strategiche ma, proprio per la gravità della situazione del traffico, hanno seguito le procedure della legge n.225 del 1992 sulla Protezione civile;
              un esempio di tali opere è la terza corsia della A4 nel tratto tra Quarto d'Altino e Villesse;
              in un momento di crisi economica come quella attuale interrompere i processi di gestione delle autorizzazioni in corso o delle attività di esproprio delle aree significa bloccare le opere pubbliche che rappresentano un volano importantissimo per la crescita e per il rilancio dell'economia,

impegna il Governo

ad effettuare, entro il 31 dicembre 2012, una ricognizione delle opere infrastrutturali in corso di realizzazione, per le quali, anche per la strategicità e l'importanza che investono per il tessuto economico e sociale, si rende necessaria una proroga delle gestioni commissariali per non bloccare i cantieri e permettere il completamento e l'entrata in esercizio delle medesime opere, includendo comunque tra tali opere la terza corsia della A4 nel tratto tra Quarto d'Altino e Villesse.
9/5203-A/20. Dussin, Lanzarin, Vanalli, Meroni, Alessandri, Togni, Bragantini, Pastore, Volpi, Fedriga, Follegot.


      La Camera,
          premesso che:
              durante l'esame in sede referente si è deciso di portare la cessazione di tutte le gestioni commissariali disposte ai sensi della legge 225 del 1992, al 31 dicembre 2012;
              occorre salvare le gestioni che hanno funzionato e che hanno dimostrato l'utilità della normativa in deroga. D'altra parte occorrono interventi concreti e consistenti per la semplificazione delle procedure di tutto il nostro sistema autorizzativo per la realizzazione delle opere pubbliche. La cessazione indiscriminata di tutte le gestioni commissariali rischia di bloccare il Paese se contestualmente non si procede ad una vera semplificazione del sistema ordinario;
              nell'ambito delle gestioni di emergenza traffico rientrano anche alcune gestioni commissariali per opere stradali, che non hanno seguito le norme sul commissariamento relative alle opere strategiche ma, proprio per la gravità della situazione del traffico, hanno seguito le procedure della legge n.  225 del 1992 sulla Protezione Civile;
              un esempio di tali opere è la Pedemontana Veneta connessa con l'emergenza traffico delle province di Treviso e Vicenza;
              in un momento di crisi economica come quella attuale interrompere i processi di gestione delle autorizzazioni in corso o delle attività di esproprio delle aree significa bloccare le opere pubbliche che rappresentano un volano importantissimo per la crescita e per il rilancio dell'economia,

impegna il Governo

ad effettuare, entro il 31 dicembre 2012, una ricognizione delle opere infrastrutturali in corso di realizzazione, per le quali, anche per la strategicità e l'importanza che investono per il tessuto economico e sociale, si rende necessaria una proroga delle gestioni commissariali per non bloccare i cantieri e permettere il completamento e l'entrata in esercizio delle medesime opere, includendo comunque tra tali opere la Pedemontana Veneta.
9/5203-A/21. Lanzarin, Vanalli, Meroni, Alessandri, Dussin, Togni, Bragantini, Pastore, Volpi, Viola.


      La Camera,
          premesso che:
              nel «Primo programma delle opere strategiche», di cui alla legge 21 dicembre 2001, n.  443 (cosiddetta «Legge Obiettivo»), approvato dal C.I.P.E., tra le «infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti strategici e di preminente interesse nazionale, da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese», è compreso il «completamento del corridoio stradale n.  5», del quale costituisce parte integrante l'ampliamento dell'asse autostradale denominato «A4», tramite la realizzazione della terza corsia;
              la nomina del Commissario delegato, conseguente alla dichiarazione dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità dell'asse autostradale in questione, ha consentito di vedere realizzati i piani per la sicurezza autostradale, il potenziamento della barriera terminale dell'autostrada A4 del Lisert nonché di registrare l'avanzamento delle fasi di esecuzione dei lavori relativi al raccordo Villesse-Gorizia ed al primo lotto nel tratto Quarto D'Altino-San Donà di Piave e delle fasi ulteriori relative alla progettazione e alla esecuzione dei lavori di altri lotti,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative necessarie per evitare che la scadenza dei termini di legge al 31 dicembre 2012 relativa al commissariamento, possa pregiudicare la sollecita realizzazione dell'opera ed il piano finanziario che la supporta.
9/5203-A/22. Contento, Gottardo, Monai, Compagnon, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              è inderogabile l'esigenza di valorizzare la professionalità dei volontari che operano nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
              il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è una realtà importante per la sicurezza dei cittadini del nostro Paese e in molte occasioni si è rivelato decisivo per la salvezza di tante vite umane;
              il compito del legislatore è quello di tutelare questa importante categoria;
              l'efficienza e l'operatività del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono grandi meriti da attribuire agli stessi volontari, pronti a sostituire i colleghi effettivi e a prestare soccorso nelle situazioni più difficili mettendo anche a repentaglio la loro stessa vita;
              i commi 519, 523 e 526 dell'articolo 1 della legge n.  296 del 2006 (legge finanziaria 2007) hanno disciplinato la stabilizzazione del precariato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
              primo obiettivo della stabilizzazione del precariato nel pubblico impiego è il riconoscimento del lavoro svolto dal personale a tempo determinato che, negli anni, ha limitato il forte disagio organico;
              il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n.  76, recante disciplina delle procedure per il reclutamento, l'avanzamento e l'impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, all'articolo 6, comma 1, lettera d), prevede, quale requisito anagrafico per l'iscrizione all'elenco del personale volontario un'età non inferiore a 18 anni e non superiore a 45 anni; tra i requisiti per l'assunzione è previsto che il personale in questione debba essere iscritto negli elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.  139, da almeno tre anni, che abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio e che abbia un'età non superiore ai 37 anni;
              ciò comporta l'esclusione dall'assunzione degli ultratrentasettenni, come sostiene il sindacato di categoria Confsal-Vigili del fuoco, nonostante il legislatore abbia approvato una norma per stabilizzare detto personale, norma approvata una tantum e non più ripetibile;
              circa 8.000 lavoratori discontinui risultano senza nessuna possibilità di concorrere alla stabilizzazione, impedendo il potenziamento degli organici introducendo una procedura più veloce e avvantaggiando i lavoratori che hanno prestato servizio per svariati anni nell'amministrazione dei Vigili del fuoco con la legittima speranza di essere stabilizzati,

impegna il Governo

          a predisporre appositi atti, anche legislativi, finalizzati a prevedere che il periodo prestato in servizio da discontinuo venga considerato ai fini previdenziali affinché possa concorrere al raggiungimento del diritto alla pensione;

          a sanare la situazione di coloro che hanno partecipato, risultando idonei, al concorso pubblico a 184 posti di Vigile del fuoco del 1998 e al concorso per titoli a 173 posti di Vigile del fuoco riservato ai vigili iscritti nei quadri del personale volontario del novembre 2001. Le relative graduatorie sono rimaste aperte anche in seguito a numerosi interventi di proroga adottati dal Governo, da ultimo con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14;

          a provvedere, in via prioritaria, all'esaurimento delle graduatorie di idonei al concorso pubblico da 184 posti del 1998 e al concorso per titoli a 173 posti riservato ai Vigili del fuoco iscritti nei quadri del personale volontario, indetto nel novembre 2001, nonché al concorso concernente la stabilizzazione del precariato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, bandito con decreto ministeriale dal capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile – Ministero dell'interno 27 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n.  72 dell'11 settembre 2007;

          a modificare la legge 10 agosto 2000, n.  246, sul potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, integrando la disciplina in materia di vigili volontari discontinui;
          a prevedere atti di stabilizzazione ad esaurimento attraverso procedure di evidenza pubblica e concorsuale dei Vigili del fuoco discontinui i quali, alla data della procedura selettiva, risultino iscritti negli appositi elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.  139, da almeno tre anni e abbiano espletato almeno 120 giorni di servizio anche non continuativi.
9/5203-A/23. La Loggia, Pili, Vella.


      La Camera,
          con riguardo alle gestioni commissariali relative ad opere infrastrutturali in corso di realizzazione, che operano ai sensi della legge n.  225 del 1992, e successive modificazioni,

impegna il Governo

ad individuare, entro il 31 dicembre 2012, tra le predette gestioni, ritenute di particolare interesse strategico, quali siano meritevoli di apposito provvedimento di proroga sino al completamento e all'entrata in esercizio delle relative opere.
9/5203-A/24. Distaso, Margiotta, Lanzarin.


      La Camera,
          premesso che:
              gran parte dei fabbricati abusivi presenti sul territorio nazionale insiste su aree a rischio idrogeologico o sismico;
              sarebbe opportuno, al fine di consentire un'adeguata ricognizione dei fabbricati destinati a civile abitazione realizzati in violazione della normativa urbanistica che il Dipartimento della protezione civile, in raccordo con gli uffici della Protezione civile delle Regioni e gli uffici competenti del comune, individui, attraverso un apposito elenco, gli immobili abusivi siti nel territorio italiano;
              tale individuazione dovrebbe essere effettuata sulla base dei seguenti criteri:
                  a) ubicazione dell'immobile;
                  b) sistema costruttivo;
                  c) consistenza dell'immobile in termini volumetrici o dimensionali;
                  d) destinazione dell'immobile,

impegna il Governo

a sospendere, fino al 31 dicembre 2012, le attività di demolizione, predisponendo i relativi criteri e modalità affinché dalla predetta sospensione non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
9/5203-A/25. Gioacchino Alfano.


      La Camera,
          premesso che:
              la sicurezza e la nuova costruzione degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare agli studenti e al personale scolastico di frequentare strutture idonee con la massima serenità;
              tali interventi in edilizia scolastica rappresentano un fattore di crescita e di sviluppo per l'economia del Paese;
              la condizione in cui versano gli edifici scolastici del nostro Paese è drammatica: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e l'influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi e degli edifici scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento e di educazione;
              da recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione si apprende un serio impegno ad affrontare il problema dell'edilizia degli edifici scolastici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere gli investimenti per la messa in sicurezza e per la nuova costruzione di edifici scolastici dai vincoli imposti dal patto di stabilità.
9/5203-A/26. De Pasquale, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              la sicurezza e la nuova costruzione degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare agli studenti e al personale scolastico di frequentare strutture idonee con la massima serenità;
              tali interventi in edilizia scolastica rappresentano un fattore di crescita e di sviluppo per l'economia del Paese;
              la condizione in cui versano gli edifici scolastici del nostro Paese è drammatica: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e l'influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi e degli edifici scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento e di educazione;
              da recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione si apprende un serio impegno ad affrontare il problema dell'edilizia degli edifici scolastici,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei limiti della finanza pubblica, l'opportunità di escludere gli investimenti per la messa in sicurezza e per la nuova costruzione di edifici scolastici dai vincoli imposti dal patto di stabilità.
9/5203-A/26.    (Testo modificato nel corso della seduta).     De Pasquale, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              appurata la necessità di un miglior coordinamento di tutte le forze su base nazionale in casi di emergenza;
              acclarata l'efficacia per il passato delle azioni di soccorso e di intervento sul territorio nazionale coordinate dai livelli regionali;
              fatto salvo il coordinamento per le emergenze di tutti i Corpi dello Stato da parte delle Prefetture,

impegna il Governo

ad individuare, laddove il sistema di protezione civile regionale si è dimostrato efficace e tempestivo nelle pregresse esperienze emergenziali, nel presidente della giunta regionale l'organo coordinatore di tutti i sindaci e di tutte le squadre comunali di protezione civile.
9/5203-A/27. Compagnon.


      La Camera,
          premesso che:
              appurata la necessità di un miglior coordinamento di tutte le forze su base nazionale in casi di emergenza;
              acclarata l'efficacia per il passato delle azioni di soccorso e di intervento sul territorio nazionale coordinate dai livelli regionali;
              fatto salvo il coordinamento per le emergenze da parte delle Prefetture,

impegna il Governo

laddove il sistema di protezione civile regionale si è dimostrato efficace e tempestivo nelle pregresse esperienze emergenziali, a far sì che le regioni possano svolgere efficacemente le funzioni di cui all'articolo 108, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n.  112 del 1998.
9/5203-A/27.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Compagnon.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Eventuali iniziative ispettive a seguito di recenti notizie di stampa riguardanti attività della magistratura in relazione alla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia nei primi anni Novanta – 3-02346

      DI PIETRO e PALOMBA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          sono passati vent'anni dalla stagione delle stragi di mafia culminate con la morte dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: ma la piena ed integrale verità è ancora oscurata da una ragnatela di collusioni, silenzi e comportamenti omertosi;
          quella stagione non può assolutamente essere archiviata in nome e nel rispetto di molte vittime di tanta barbarie, della nostra storia e dei principi tracciati dai nostri padri costituenti;
          la magistratura, attraverso diverse procure della Repubblica, pur tra molte difficoltà, sta meritoriamente indagando se ci fu una trattativa tra Stato e mafia e quali ne furono i contorni, tema in merito al quale è vitale per la nostra democrazia conoscere gli eventuali responsabili;
          altrettanto essenziale per la nostra democrazia è sapere se c’è chi vuole mantenere quella pagina di storia ancora oscura, sia omettendo di dare le informazioni, sia frapponendo ostacoli alle indagini;
          da notizie di stampa, e segnatamente da Il Fatto quotidiano, si apprende anche che il procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Messineo, ha rifiutato di assentire gli atti dei sostituti procuratori incaricati dello svolgimento delle indagini in questa materia, così «lasciandoli soli», come ha commentato parte della stampa;
          un Paese può considerarsi libero e democratico quando non ha segreti e quando le istituzioni concorrono alla ricerca della verità, affinché i cittadini possano sapere e capire tutto ciò che è accaduto nella loro storia. Ciò tanto più vale trattandosi di un tema così grave come la mafia, che insanguina il Paese e accumula risorse sottraendole all'economia pulita, organizzazione criminale che potrebbe essere accostata allo Stato solo per la spietata lotta e non per trattative e collusioni;
          quindi, la verità deve poter essere cercata senza guardare in faccia nessuno, neppure i potenti passati o presenti, per il debito che lo Stato ha verso se stesso, verso la giustizia e verso quei servitori delle istituzioni che persero la vita in quei primi mesi del 1992, anche affinché il loro sacrificio non sia stato vano –:
          se non intenda avviare iniziative ispettive per verificare se la situazione in premessa giustifichi l'eventuale esercizio dei poteri di competenza. (3-02346)
(19 giugno 2012)


Intendimenti circa l'inserimento delle tematiche dei minori senza famiglia e delle adozioni nel piano nazionale per la famiglia – 3-02347

      LUSETTI, GALLETTI, CAPITANIO SANTOLINI, BINETTI, VOLONTÈ, COMPAGNON, RAO, CICCANTI, NARO e CALGARO. — Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi il Governo ha varato il piano nazionale per la famiglia, concludendo un percorso iniziato nel 2007 e atteso da quanti operano a favore della famiglia;
          nel piano nazionale per la famiglia sono indicate le linee di indirizzo in materia di politiche familiari e sono individuate le priorità su cui intervenire con maggiore urgenza (esigenze abitative, aiuto alla disabilità e alla non autosufficienza, congedi parentali, servizi alla prima infanzia);
          tuttavia, sembrerebbero non contemplate tra le priorità del piano quelle riguardanti i minori senza famiglia, il cui numero in Italia è cresciuto in modo esponenziale in questi ultimi anni, e le adozioni;
          a riguardo si registra una forte crisi dell'adozione – sia nazionale che internazionale – che rischia di decimare le adozioni fino all'estinzione, prevedibile entro il 2020. A conferma di questo trend progressivo ci sono i dati ufficiali, relativi al calo dei decreti di idoneità (49 per cento, registrato tra il 2006 e il 2011) e al calo delle domande di disponibilità da parte delle coppie (35 per cento per l'adozione nazionale e 32 per cento per l'internazionale, tra il 2006 e il 2010);
          secondo l'associazione Ai.Bi.-Amici dei bambini, si tratta di un'emergenza cui occorre rimediare attraverso un pacchetto di riforme a «costo zero che sarebbe opportuno inserire nel piano per la famiglia, che prevedono: riforma dell'adozione, con abbattimento dei costi, snellimento delle procedure e un cambiamento culturale; riforma dell'affido, con ingresso del privato sociale nella gestione degli affidi familiari; attivazione della banca dati dei minori fuori famiglia, per consentire l'adozione di centinaia di bambini residenti in Italia, oggi costretti a vivere nel “limbo” delle comunità educative; riconoscimento giuridico per le case famiglia, per sviluppare finalmente questa forma di accoglienza che è la vera alternativa alle comunità educative, nonché l'unica in grado di riattivare la relazione familiare per i minori fuori famiglia –:
          se non ritenga di inserire nel piano nazionale per la famiglia le priorità indicate in premessa. (3-02347)
(19 giugno 2012)


Iniziative per un'adeguata valutazione della sicurezza e dell'agibilità degli edifici ad uso produttivo nelle province colpite dagli eventi sismici nel maggio 2012 – 3-02348

      DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          l'ordinanza del Capo dipartimento n.  2 del 2 giugno 2012, relativa alle «procedure per la valutazione della sicurezza e dell'agibilità degli edifici ad uso produttivo in conseguenza agli eventi sismici nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo di maggio 2012», stabilisce che il titolare dell'attività produttiva, che è responsabile della sicurezza secondo il decreto legislativo n.  81 del 2008, deve acquisire la certificazione di agibilità sismica a seguito della verifica di sicurezza prevista dalle norme sismiche vigenti, fatta da un professionista abilitato, e deve depositarla nel comune territorialmente competente. Il provvedimento viene applicato nei comuni interessati dagli eventi sismici dal 20 maggio 2012. Tale ordinanza, in sostanza, impone al datore di lavoro di verificare l'agibilità sismica dei capannoni e, dunque, costringe ad acquisire la relativa certificazione;
          tale disposizione è stata pedissequamente riportata nel comma 7 dell'articolo 3 del decreto-legge n.  79 del 2012, che dispone che, al fine di favorire la rapida ripresa delle attività produttive e delle normali condizioni di vita e di lavoro in condizioni di sicurezza adeguate nei comuni interessati dai fenomeni sismici iniziati il 20 maggio 2012, il titolare dell'attività produttiva deve acquisire la certificazione di agibilità sismica rilasciata, a seguito di verifica di sicurezza effettuata, ai sensi delle norme tecniche vigenti (capitolo 8 - costruzioni esistenti del decreto ministeriale del 14 gennaio 2008), da un professionista abilitato, e depositare la predetta certificazione al comune territorialmente competente;
          le disposizioni in questione, seppure ispirate alla volontà di velocizzare le procedure tecniche ed amministrative per consentire la ripresa delle attività produttive delle aree colpite dal sisma, si stanno dimostrando meno efficaci e ad ogni modo più complesse di quanto auspicato e tra i professionisti abilitati sorgono dubbi e incertezze su quali criteri si debbano seguire per rilasciare una certificazione fino a prima non richiesta per quelle opere e secondo una definizione, quella di agibilità sismica, che non sembra essere prevista negli atti a disposizione dell'ordine degli ingegneri;
          in effetti, operando sulla base di un semplice esame visivo e, quindi, basando il giudizio sulla presenza di danni significativi a seguito degli eventi sismici, potrebbe verificarsi il paradosso che strutture realizzate nelle zone colpite dal sisma, prima del 2003, quando queste non erano classificate tali e, quindi, non progettate con criteri antisismici, sarebbero certificate agibili. Così si avrebbe l'assurdo che un libero professionista dovrebbe certificare la sicurezza sismica di opere, pur nella consapevolezza che queste non sono state progettate e realizzate per fronteggiare le azioni sismiche;
          per rendere effettivamente efficace ed attuabile la norma in oggetto, sempre rimanendo nell'ambito della sicurezza e dell'osservanza delle vigenti norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e sulla sicurezza sismica degli immobili, sarebbe opportuno creare una task force diretta dalla Protezione civile di competenza nazionale, formata da ingegneri strutturisti, con certificate competenze di ingegneria sismica, provenienti dal sistema delle università e degli enti pubblici di ricerca, cui affidare il compito di esaminare le strutture industriali e le infrastrutture, per una prima ricognizione e classificazione delle tipologie di problematiche da affrontare;
          l'obiettivo dovrebbe essere quello di favorire la rapida ripresa delle attività produttive e delle normali condizioni di vita e di lavoro in condizioni di sicurezza adeguate, nei comuni interessati dalla recente sequenza sismica della pianura padana emiliana, iniziata il 20 maggio 2012. In tali circostanze andrebbero evidenziate:
              a) le strutture già rispondenti agli standard di sicurezza delle norme, da poter dichiarare agibili;
              b) le strutture che potrebbero essere agibili a seguito di interventi alle strutture portanti e alle eventuali scaffalature, da effettuare con urgenza;
              c) le strutture che richiedono interventi più impegnativi, fino alla demolizione e ricostruzione. Per queste, al fine di non bloccare l'attività produttiva, si potrebbero valutare spostamenti temporanei in aree vicine con coperture di rapida realizzazione. L'analisi dovrà riguardare anche eventuali strutture industriali progettate secondo le vigenti norme e dovrà tener conto dei valori effettivi dell'azione sismica, orizzontale e verticale, dei recenti eventi;
          il team di esperti (task force) dovrebbe essere affiancato da tecnici delle amministrazioni locali ed eventualmente da professionisti abilitati, che potrebbero successivamente seguire i lavori necessari e occuparsi delle certificazioni nel futuro  –:
          se, al fine di favorire effettivamente e più celermente la rapida ripresa delle attività produttive e delle normali condizioni di vita e di lavoro in condizioni di sicurezza adeguate nelle aree colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, non intenda attivarsi nelle sedi di competenza affinché sia adottata una specifica ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile volta ad integrare la precedente ordinanza del 2 giugno 2012 di cui in premessa e che preveda l'istituzione di un gruppo di lavoro, nominato dai presidenti delle regioni interessate dall'evento sismico, formato da ingegneri e professionisti strutturisti specializzati nella progettazione antisismica provenienti dalle università delle regioni coinvolte nell'evento sismico, dall'Enea e da altri enti competenti in materia sismica, se del caso associati in reti di laboratori di progettazione antisismica, con il compito di coordinare e supervisionare le verifiche delle strutture, anche sotto forma di esami a campione, e di indicare ai relativi professionisti abilitati, ai sindaci ed ai presidenti delle province interessate le azioni e le misure da adottare per il rilascio delle previste certificazioni di agibilità sismica.
(3-02348)
(19 giugno 2012)


Problematiche relative allo stato delle attività riguardanti l'organizzazione di Expo 2015, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del sindaco di Milano – 3-02349

      PELUFFO, LETTA, BRAGA, MARCO CARRA, CODURELLI, COLANINNO, COLOMBO, CORSINI, DE BIASI, DUILIO, FARINONE, FERRARI, FIANO, MARANTELLI, MISIANI, MOSCA, PIZZETTI, POLLASTRINI, QUARTIANI, SANGA, ZACCARIA, ZUCCHI, MARAN e GIACHETTI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          dall'assemblea di Assolombarda il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha annunciato di aver rimesso a disposizione del Presidente del Consiglio dei ministri l'incarico di commissario straordinario di Expo 2015 perché come ha spiegato: «Abbiamo posto e continuiamo a porre questioni che continuano a non avere risposte, anche perché nel Governo non abbiamo un interlocutore ben definito»;
          con l'ordine del giorno 9/1972/86 la Camera dei deputati ha approvato il 14 gennaio 2009 l'impegno al Governo «a relazionare annualmente sulle attività e sullo stato patrimoniale della società di gestione e sullo stato di avanzamento delle opere e delle iniziative collegate per il raggiungimento di Expo 2015» –:
          di quali elementi disponga circa le motivazioni del sindaco di Milano che lo hanno portato a rimettere il mandato di Expo 2015, quali siano le scelte del Governo su Expo 2015 e se non ritenga opportuno ed urgente dar seguito all'impegno di relazionare sullo stato attuale delle attività dell'Esposizione universale, in particolare per ciò che riguarda il timing del completamento di tutte le opere previste dal dossier di candidatura di Expo 2015 e la copertura finanziaria. (3-02349)
(19 giugno 2012)


Politiche a favore delle famiglie italiane in relazione alla crisi economica in atto – 3-02350

      PISICCHIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in questi giorni gli importanti rapporti Svimez e Irpet hanno messo in luce la dimensione statistica della drammatica crisi italiana: oltre 200 mila famiglie hanno scoperto il triste spettro della disoccupazione negli ultimi 4 anni;
          la dimensione più inquietante è quella della disoccupazione giovanile: sulle 436.000 unità espulse dal mercato del lavoro tra il 2008 e il 2010, il 70 per cento ha meno di 35 anni; è, inoltre, il reddito dei più giovani ad aver subito la contrazione più forte: -10,3 per cento;
          i dati offerti dagli istituti di ricerca dimostrano, peraltro, come nel contesto di crisi si allarghi la già forte diseguaglianza territoriale: a Nord la perdita netta per ogni famiglia è stata nel 2008-2010 di 735 euro annue, a Sud di 880 euro, a fronte di un reddito medio che per i cittadini del Sud e delle Isole è stato di oltre il 40 per cento minore di quello dei cittadini del Nord –:
          quali urgenti e concreti interventi in termini di welfare il Governo intenda porre in essere per alleviare la condizione di grave difficoltà in cui versano le famiglie italiane. (3-02350)
(19 giugno 2012)


Iniziative per garantire ai creditori delle aziende sanitarie locali il beneficio della compensazione con somme dovute all'erario – 3-02351

      D'ANNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nella versione attualmente vigente, l'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  602, prevede che i creditori – tra gli altri enti – delle aziende sanitarie locali per somministrazione, forniture e appalti possano accedere al beneficio della compensazione con somme eventualmente dovute all'erario e iscritte a ruolo;
          la possibilità di accedere all'anzidetto beneficio, tuttavia, è condizionata al rilascio della certificazione di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge n.  185 del 2008, ma, anche e soprattutto, all'individuazione delle modalità di attuazione della norma attraverso l'adozione di uno specifico decreto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
          l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, precisa che, in ogni caso, relativamente ai crediti «maturati nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale» si applica comunque quanto previsto dal comma 1-ter, secondo periodo, dello stesso articolo 31;
          le anzidette norme, dunque, in carenza dei decreti ministeriali attuativi, non possono trovare applicazione;
          i crediti vantati nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale, pur non essendo onorati, generano un reddito aziendale che impone il pagamento di imposte. A sua volta, l'impossibilità di fare fronte al pagamento di tali imposte, conseguente alla morosità delle aziende sanitarie locali, determina l'iscrizione a ruolo delle relative somme;
          a ciò si aggiunga che, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del decreto-legge n.  78 del 2010 e dell'articolo 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n.  220, nell'ambito delle regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2011», termine poi prorogato fino al 31 dicembre 2012 dall'articolo 17, comma 4, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111;
          da un lato, dunque, l'amministrazione intesa in senso lato non onora i suoi debiti e, in determinate contesti, ne impedisce finanche il recupero coattivo; dall'altro, è libera di iscrivere a ruolo le somme relative a imposte generate da un reddito solo virtuale, poiché conseguente a crediti da essa stessa non pagati;
          in tali condizioni è, dunque, evidente che l'attuazione di quanto stabilito dal citato articolo 31, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge n.  78 del 2010 rappresenta l'unico contraltare in grado di riequilibrare, almeno in parte, il sistema;
          nelle ultime settimane i decreti attuativi erano stati preannunciati, ma, a tutt'oggi, non si ha notizia della loro effettiva adozione –:
          se sia a conoscenza di tali fatti e se ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza per l'attuazione delle suddette norme. (3-02351)
(19 giugno 2012)


Chiarimenti in merito ai ritardi nella stipula dei contratti istituzionali di sviluppo e degli accordi di programma quadro previsti dalle delibere CIPE n.  62 del 2011 e n.  78 del 2011 – 3-02352

      BALDELLI e DISTASO. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
          nel corso del 2011 è stato costruito un proficuo rapporto di cooperazione istituzionale rafforzata tra il Governo e le regioni, che ha consentito di avviare a realizzazione il piano nazionale per il Sud, approvato il 26 novembre 2010, e di accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati 2007-2013, scongiurando il rischio di disimpegno delle risorse comunitarie al 31 dicembre 2011;
          il Governo italiano ha assunto, in sede europea, l'impegno ad attuare una serie di misure di politica economica volte a sostenere la crescita dell'economia, individuando tra queste la revisione strategica dei programmi – nazionali e regionali – cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 che determini una maggiore concentrazione sugli investimenti, in grado di determinare effetti diretti sulla competitività e la crescita del Paese ed un maggior orientamento delle politiche ai risultati;
          la delibera CIPE n.  62 del 3 agosto 2011, registrata alla Corte dei conti il 21 dicembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2011, ha disposto il finanziamento, a valere sulle risorse del fondo di sviluppo e coesione di competenza regionale, di interventi prontamente cantierabili riguardanti le grandi opere strategiche nazionali e regionali ferroviarie e viarie, essenziali per ricucire Nord e Sud del Paese;
          in particolare, la citata la delibera assegna 1,6 miliardi di euro a favore di interventi strategici nazionali e 5,8 miliardi di euro a favore di 128 infrastrutture di rilievo interregionale e regionale, riguardanti non soltanto strade e ferrovie, ma anche schemi idrici, porti e interporti, aree d'insediamento produttivo, banda larga;
          la delibera CIPE n.  78 del 30 settembre 2011, registrata alla Corte dei conti il 9 gennaio 2012 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 gennaio 2012, e successivamente modificata dalla delibera 20 gennaio 2012, registrata alla Corte dei conti il 17 aprile 2012 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 aprile 2012, ha approvato un programma di investimenti nel sistema universitario delle regioni del Mezzogiorno che assegna, a valere sulle risorse del fondo di sviluppo e coesione di competenza regionale, 1.027 milioni di euro, di cui circa 84 milioni di euro a favore di due poli di ricerca di eccellenza in Calabria/Sicilia e Puglia e 943 milioni di euro in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia per il finanziamento di infrastrutture, quali laboratori didattici e di ricerca, biblioteche, mense, attrezzature tecnologiche e informatiche, case dello studente, ristrutturazioni e nuove costruzioni di edifici universitari;
          il Cipe nella seduta del 23 marzo 2012, con delibera n.  41 registrata alla Corte dei conti il 7 giugno 2012, ha previsto che, ai fini dell'attuazione degli interventi previsti nelle delibere Cipe n.  62 del 2011 e 78 del 2011, si procede attraverso lo strumento del contratti istituzionali di sviluppo, nelle ipotesi nelle quali i soggetti attuatori siano costituiti da concessionari di pubblici servizi di rilevanza nazionale;
          in tutti gli altri casi si procede mediante la stipula di specifici accordi di programma quadro;
          complessivamente le risorse assegnate dalla citata delibera Cipe n.  62 del 3 agosto 2011 ammontano a circa 7,5 miliardi di euro, che consentono di attivare un volume di investimenti di circa 30 miliardi di euro;
          complessivamente le risorse assegnate dalla citata delibera Cipe n.  78 del 30 settembre 2011 ammontano a circa 1 miliardo di euro, che consente di attivare un volume di investimenti di circa 1,2 miliardi di euro –:
          quali siano le cause del ritardo nella stipula dei contratti istituzionali di sviluppo o degli accordi di programma quadro, atteso che le due delibere Cipe nn.  62 del 2011 e 78 del 2011, e successive modifiche, risultavano da tempo perfezionate anche con il previsto parere della Corte dei conti e in quali tempi si procederà alla stipula dei contratti istituzionali di sviluppo o degli accordi di programma quadro, al fine di far partire concretamente le opere e dare un impulso molto importante all'economia del Mezzogiorno.
(3-02352)
(19 giugno 2012)


Iniziative di competenza in ordine alla verifica della sussistenza di infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo camorristico nell'amministrazione comunale di Arzano (Napoli) – 3-02353

      GRANATA e MURO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Arzano già nel 2008 è stato colpito da un decreto di scioglimento per condizionamento camorristico;
          dal 2010 vi è una nuova amministrazione che sta adottando dei provvedimenti che meritano controllo ed approfondimento:
          il sindaco, dott. Giuseppe Antonio Fuschino, il 14 marzo 2012 ha dato parere favorevole ad una proposta di edilizia residenziale sociale ad opera di una cooperativa denominata Mi.Ru. per la realizzazione di 150 appartamenti su un suolo di trentacinquemila metri quadrati, in palese contraddizione con le reali esigenze del territorio in quanto dall'elaborazione del piano regolatore generale, peraltro bocciato, Arzano conta un esubero di circa 7.000 vani, come da interrogazione all'assessore regionale del consigliere regionale Luciano Schifone, con prot.gen. 2011.0031736/A del 24 novembre 2011:
          da fonti di stampa risulterebbe che dietro a questa cooperativa, proponente il progetto, vi sia il clan dei casalesi che ne sarebbe il finanziatore occulto e che vi sarebbero legami tra alcuni componenti della cooperativa, come Michele Russo, noto imprenditore di San Cipriano di Aversa, e il boss Michele Zagaria, anche se di recente il citato presidente della cooperativa è stato sostituito con Enzo Marrazzo;
          si evidenzia che il dirigente, l'ingegner Aldo Grimaldi, nel consiglio comunale del febbraio 2011 forniva una relazione contro il progetto, ma successivamente il dirigente comunale palesava che forse poteva esserci la possibilità della realizzazione del progetto se il comune avesse aumentato i propri standard e, infine, il 14 marzo 2012 il sindaco esprimeva parere positivo, senza peraltro adempiere a tutte le procedure;
          per quanto concerne l'affidamento della gestione dei servizi di igiene urbana, risulta agli atti la delibera in cui si approva un capitolato di appalto per poi revocarlo dopo due mesi per le tante illegittimità presenti, deliberando una terza proroga all'attuale ditta con un incremento del 100 per cento delle spettanze come da capitolato;
          la ditta beneficiaria della proroga, denominata Ecologia Falzarano, ha subito varie contestazioni dagli stessi dipendenti, in quanto manchevole nella gestione basilare, come la mancanza di automezzi come da capitolato, del capo vestiario, la totale mancanza igienico-sanitario dei locali, un deposito parzialmente sequestrato dall'azienda sanitaria locale di competenza per aver accantonato dei rifiuti speciali all'interno del deposito, la mancanza dei versamenti del trattamento di fine rapporto agli enti preposti e la mancanza dei versamenti alle finanziarie per prestiti accesi dai dipendenti anche se dalla busta paga erano sottratte le varie somme, circostanze queste a conoscenza del sindaco per le segnalazioni degli stessi dipendenti;
          infine, la riscossione della tarsu affidata alla società SO.GE.R.T., società già citata nel decreto di scioglimento, affidamento questo, che come si legge nella relazione del collegio dei revisori dei conti, protocollo 10859 del 15 maggio 2012, avvenuto senza il rispetto di quanto previsto dalle norme di legge, che prevedono la possibilità di proroga entro i termini previsti, senza alcuna procedura di evidenza pubblica per le sole convenzioni già in essere; nel caso del comune di Arzano il contratto con la SO.GE.R.T. era cessato nel 2007 e, pertanto, il nuovo affidamento non si configura quale proroga di contratto;
          a ciò deve aggiungersi che in due anni di amministrazione il sindaco ha nominato circa 15 assessori, ha visto dimissionari anche alcuni dirigenti di nomina sindacale, tanto da nominare anche se provvisoriamente, ma già da tre mesi, dirigente all'urbanistica il ragioniere capo, ha modificato la pianta organica, approvata solo qualche mese prima, per poter affidare al dirigente della polizia municipale il settore ambiente, ritornando così, a parere degli interroganti, all'anomalia che il controllato e il controllore sono la stessa persona;
          si sono dimessi, senza che ne siano stati resi noti i motivi, due assessori con delega alla legalità, si è dimesso l'assessore al bilancio venti giorni prima dell'approvazione del bilancio di previsione in data 10 giugno 2011, con una lettera che evidenzia la manipolazione e la strumentalizzazione subita –:
          se il Ministro interrogato intenda disporre accertamenti per verificare se sussistano dei condizionamenti della criminalità organizzata nell'amministrazione comunale di Arzano, traendone nel caso le doverose conseguenze. (3-02353)
(19 giugno 2012)


MOZIONI MONTAGNOLI ED ALTRI N.  1-00896, LOMBARDO ED ALTRI N.  1-00901, FLUVI ED ALTRI N.  1-00910, MISITI ED ALTRI N.  1-00911, CROSETTO ED ALTRI N.  1-00913, BORGHESI ED ALTRI N.  1-00916, MOSELLA ED ALTRI N.  1-00924, POLIDORI ED ALTRI N.  1-00929, CAMBURSANO ED ALTRI N.  1-00948, CICCANTI ED ALTRI N.  1-00970, OSSORIO ED ALTRI N.  1-01011 E IANNACCONE ED ALTRI N.  1-01060 CONCERNENTI MISURE A FAVORE DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE IN MATERIA DI ACCESSO AL CREDITO E PER LA TEMPESTIVITÀ DEI PAGAMENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              il sistema delle piccole e medie imprese costituisce il motore dell'intera economia italiana, costituendo il 99 per cento del sistema imprenditoriale, impiegando circa l'80 per cento degli addetti totali e generando quasi il 72 per cento del valore aggiunto complessivo;
              è in corso un drammatico fenomeno di restrizione del credito per tutte le imprese, aggravato dal fatto che quel poco credito erogato ha raggiunto costi altissimi, soprattutto per le piccole e medie imprese; secondo recenti dati forniti dalla Banca d'Italia, il tasso di crescita su base annua del credito al sistema industriale è in forte rallentamento: a maggio 2011 era del 6,1 per cento, a ottobre 2011 del 5,8 per cento, a novembre 2011 del 4,9 per cento, mentre a dicembre 2011 del 3,1 per cento; ma il dato più preoccupante è che, mentre fino a novembre 2011 lo stock di credito erogato alle imprese non finanziarie era comunque aumentato, se pur ad un tasso decrescente, a dicembre 2011, in termini assoluti, ha mostrato una contrazione di circa 20 miliardi di euro; anche per il primo quadrimestre 2012 la situazione è drammatica: da un sondaggio su 130.000 imprese associate ad Unimpresa, risulta che i finanziamenti degli istituti di credito alle aziende siano diminuiti del 50 per cento rispetto al 2011; la stretta è diffusa in tutti i settori industriali, con alcuni picchi in quello dell'edilizia e del commercio; nonostante l'immissione di liquidità nel sistema bancario e il fatto che la Banca d'Italia affermi che l'afflusso di finanziamenti sia cresciuto nel 2012, le piccole imprese continuano a soffrire di mancanza di credito;
              purtroppo, il credit crunch ha radici ormai lontane: è dal 2008, infatti, data nella quale la crisi si è manifestata in tutta la sua drammaticità, che le imprese devono affrontare il tema della restrizione del credito, in una prima fase a causa «soltanto» della crisi del sistema finanziario e bancario, in una seconda fase a causa anche del rallentamento dell'economia reale;
              dall'autunno 2011 la crisi dei debiti sovrani ha ulteriormente penalizzato il sistema bancario, indebolendone la capacità di raccolta e la posizione finanziaria, e gli interventi delle autorità bancarie europee hanno definitivamente messo in ginocchio tutto il sistema, rendendo difficile ottenere prestiti dalle banche, ad un prezzo, oltretutto, altissimo: lo spread sull'euribor a tre mesi pagato dalle imprese nel 2007 era pari allo 0,6 per cento, mentre a fine 2011 ha raggiunto il 2,75 per cento; addirittura, le piccole e medie imprese pagano un differenziale pari a 3,6 punti; il costo complessivo delle nuove operazioni può, quindi, raggiungere il 3,8 per cento per le grandi e il 5 per cento per le piccole imprese;
              la restrizione del credito al sistema produttivo comporta, quindi, l'aumento dei margini di interesse, la richiesta di sempre maggiori garanzie reali da parte delle banche, l'accorciamento della durata dei finanziamenti;
              la genesi della pesante crisi economico-finanziaria aveva aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono; il crac di Lehman brothers di quattro anni fa ha fatto drammaticamente emergere l'abuso della leva finanziaria da parte degli istituti di credito e il problema della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
              il Comitato dei governatori delle banche centrali europee ha riscritto l'accordo cosiddetto Basilea 2 per arrivare al «Basilea 3», che mira a rafforzare il patrimonio delle banche, al fine di dare stabilità al sistema finanziario per scongiurare il pericolo di nuove catastrofi finanziarie; il prezzo da pagare, però, è un ulteriore rallentamento dell'economia: già il comitato di Basilea ed il Fondo monetario internazionale avevano stimato che ad ogni punto in più di capitale richiesto corrisponde una riduzione media del prodotto interno lordo pari allo 0,04 per cento;
              successivamente agli accordi di «Basilea 3», l'Eba-European banking authority, nell'autunno 2011, ha imposto requisiti patrimoniali più stringenti per le banche, accrescendone le difficoltà e accelerando il processo di riduzione del proprio indebitamento a seguito della necessità di una forte ricapitalizzazione; l'effetto è stato generalizzato in tutta l'Unione europea, ma in Italia lo è stato ancora di più a causa dell'introduzione dei nuovi criteri per il calcolo dei requisiti patrimoniali che prevedono la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico, superando le disposizioni precedenti che prevedevano la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario al valore di acquisto; il risultato è una pesante crisi di fiducia verso le banche e una forte crisi di liquidità che sta penalizzando, in particolare, le piccole e medie imprese;
              per le piccole e medie imprese il credito bancario rappresenta la principale fonte di finanziamento e Prometeia stima che siano 25.000 le piccole e medie imprese a rischio chiusura proprio per le difficoltà a reperire finanziamenti bancari e per la congiuntura economica negativa;
              la revisione dei requisiti patrimoniali di «Basilea 3» ed Eba sta portando ad un aumento del capitale di vigilanza delle banche pari al 31,25 per cento, con una distribuzione su tutte le posizioni attive bancarie e, quindi, anche sui portafogli crediti erogati alle piccole e medie imprese; secondo Confindustria, però, i portafogli crediti delle piccole e medie imprese risultano sicuramente meno rischiosi rispetto a quelli delle grandi imprese, grazie alla minore correlazione, dimostrata da analisi empiriche, tra gli attivi delle piccole e medie imprese e l'andamento economico generale; sarebbe, perciò, opportuno introdurre meccanismi correttivi, tali da permettere un trattamento prudenziale da parte delle banche meno stringente per le piccole e medie imprese; tali correttivi consentirebbero alle banche di accantonare meno capitale a fronte dei crediti erogati alle piccole e medie imprese in modo da recuperare liquidità, limitando gli effetti restrittivi nell'erogazione del credito alle piccole e medie imprese stesse; la proposta di Confindustria, condivisa dalle altre organizzazioni imprenditoriali europee, ha portato la Commissione europea ed Eba a prendere in considerazione l'introduzione di alcuni meccanismi correttivi, impegnandosi a monitorare gli effetti dell'applicazione dell'accordo di «Basilea 3» sulle piccole e medie imprese;
              in questa fase economica, al fine di limitare la prociclicità di «Basilea 3», è necessario vigilare sul livello di credito erogato alle imprese, intervenendo a livello europeo per armonizzare i criteri ed i modelli di valutazione dei rischi, oggi molto diversi tra loro; tali differenze provocano distorsioni della concorrenza tra banche di diversi Paesi e rischiano di vanificare il raggiungimento dell'obiettivo della stabilità del sistema finanziario e, conseguentemente, del sistema industriale; tali criteri penalizzano decisamente gli istituti di credito italiani più concentrati sulle attività tradizionali, che, però, a livello europeo vengono considerate ad alto assorbimento di capitale;
              in Italia, poi, il tema della corretta valutazione del merito del credito verso le imprese ha assunto assoluta importanza; si assiste ad una valutazione sempre più rigida del rating aziendale a scapito della valutazione degli elementi più qualitativi che possono qualificare in positivo l'attività imprenditoriale: affidabilità del management, contratti, organizzazione aziendale sono alcuni degli elementi che le nostre banche potrebbero considerare nell'analisi complessiva dell'affidabilità aziendale;
              non secondario è il tema dei ritardi nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni: attanagliati dalle morse del patto di stabilità, i tempi dei pagamenti delle forniture degli enti locali, delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere si sono allungati all'inverosimile, appesantendo la posizione finanziaria delle piccole e medie imprese; molte sono le imprese che lavorano quasi esclusivamente per il settore pubblico e se fino a quindici anni fa lavorare per il pubblico era per un'azienda garanzia di affidabilità e solvibilità, oggi è sinonimo di difficoltà finanziaria e di alta esposizione bancaria; una delle proposte della Lega Nord è quella di favorire la compensazione tra debiti e crediti tra le piccole e medie imprese e pubblica amministrazione, includendo non solo quelli commerciali, ma anche e soprattutto quelli tributari; la crisi sta evidenziando molte situazioni nelle quali l'imprenditore non riesce a pagare le imposte, pur avendo presentato nei tempi e nei modi previsti le dichiarazioni fiscali; la compensazione di questi debiti costituirebbe sicuramente una boccata di ossigeno per tutte le piccole e medie imprese; l'alternativa sarebbe quella di garantire una rateazione del debito tributario più lunga e flessibile ad un costo ragionevole per il debitore, in modo da contemperare le esigenze dell'erario con quelle dell'imprenditore;
              l'annosa questione dei ritardi dei pagamenti alle imprese è stata affrontata nel Consiglio dei ministri del 22 maggio 2012, nel quale sono stati adottati quattro decreti che consentirebbero di sbloccare i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione. In particolare, due decreti interessano la certificazione dei crediti scaduti nei confronti di amministrazioni statali, enti locali, regioni ed enti del servizio sanitario nazionale; un terzo riguarda la compensazione dei crediti con i debiti verso il fisco iscritti a ruolo alla data del 30 aprile 2012; l'ultimo decreto agisce sul fondo centrale di garanzia per agevolare le imprese che intendono cedere i propri crediti presso intermediari finanziari riconosciuti;
              a completamento delle suddette misure, si aggiunge la firma di un accordo tra l'Associazione bancaria italiana e le associazioni imprenditoriali, che istituisce un plafond del valore iniziale di 10 miliardi di euro, riservato allo smobilizzo dei crediti verso lo Stato;
              sono circa centocinquantamila le aziende italiane che lavorano con il settore pubblico per un debito totale, da parte di quest'ultimo, che ammonta a circa 70 miliardi di euro e, sulla base di quanto si apprende dalla stampa, già dalla fine del 2012 dovrebbero essere sbloccati debiti per una cifra compresa tra i 20 e i 30 miliardi di euro, attraverso un meccanismo che, tramite certificazione da parte della pubblica amministrazione, consentirà alle imprese di recarsi in banca per farsi anticipare o cedere i crediti scaduti ed ottenere così la liquidità necessaria per il prosieguo dell'attività;
              circa due terzi del debito nei confronti delle imprese appartiene agli enti pubblici ed è per tale ragione che uno dei due decreti sulla certificazione dei crediti necessita del parere della Conferenza Stato-regioni, la quale non si è ancora espressa. Attualmente, nessuno dei quattro decreti adottati dal Governo è in vigore e quello che rappresenta un provvedimento necessario ed urgente per la crescita delle imprese rischia di rimanere soltanto l'ennesimo annuncio mediatico di questo Governo;
              è ormai indispensabile un decisivo intervento dello Stato nei confronti del sistema bancario italiano che sappia limitare il fenomeno del credit crunch, introducendo innovativi sistemi di garanzia degli affidamenti,

impegna il Governo:

          ad intervenire a livello europeo chiedendo l'attuazione rapida dei correttivi chiesti dalle organizzazioni imprenditoriali alla regolamentazione relativa ai requisiti prudenziali per le banche, al fine di riservare un trattamento meno stringente per le piccole e medie imprese, che possa consentire alle banche di recuperare liquidità da utilizzare per erogare crediti alle piccole e medie imprese stesse, e ad assumere iniziative affinché siano resi omogenei i criteri e le metodologie per ponderare i rischi degli attivi bancari, in modo da garantire effettiva concorrenza tra le banche dei differenti Paesi e da non penalizzare l'attività delle banche italiane, sicuramente meno rischiosa, ma considerata ad alto assorbimento di capitale;
          ad aiutare il sistema creditizio, tramite il rafforzamento dei sistemi di garanzia, a cambiare l'approccio troppo prudente verso le piccole e medie imprese, considerato che l'eccessiva prudenza nell'erogazione del credito rischia di impedire alle imprese di continuare ad operare, con conseguenze drammatiche per l'intero sistema economico;
          ad intervenire rapidamente, nell'ambito delle proprie competenze, per ridurre significativamente i tempi dei pagamenti dello Stato, degli enti locali e delle aziende pubbliche, attivandosi anche a livello europeo per allentare i vincoli del patto di stabilità, posto che gli attuali tempi di pagamento non sono più sostenibili per le piccole e medie imprese e, soprattutto, per le piccole e medie imprese che lavorano quasi esclusivamente per il settore pubblico e che è necessario favorire linee di credito a basso costo per le imprese che vantano crediti verso la pubblica amministrazione, garantiti direttamente dallo Stato con l'emissione di titoli di Stato o con le proprie riserve auree, ciò sino all'effettivo incasso delle somme stesse, permettendo così ai piccoli e medi imprenditori di poter continuare a sviluppare la propria attività e a pagare lo stipendio dei propri dipendenti, favorendo così un circolo virtuoso nell'economia;
          ad aiutare le piccole e medie imprese nell'assolvimento dei propri debiti tributari e contributivi, introducendo rateazioni più lunghe e più flessibili;
          ad adottare le opportune iniziative affinché vengano resi immediatamente operativi i decreti ministeriali per la disciplina dei rapporti di credito e debito tra pubblica amministrazione ed imprese fornitrici, garantendo a queste ultime la liquidità necessaria da poter investire nella crescita e nello sviluppo.
(1-00896)
(Nuova formulazione) «Montagnoli, Dozzo, Fugatti, Forcolin, Comaroli, Fogliato, Lussana, Fedriga, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».
(28 febbraio 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              le piccole e medie imprese, pur costituendo la spina dorsale dell'economia italiana, rappresentando il 98 per cento del totale delle aziende italiane e dando lavoro al 74,8 per cento del totale degli addetti, stanno vivendo un momento estremamente difficile, strette da una parte dal cosiddetto credit crunch e dall'altra dalla mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione;
              i problemi connessi alla crisi dei debiti sovrani e gli interventi regolamentari, che hanno imposto alle banche di procedere ad ingenti ricapitalizzazioni, contribuiscono notevolmente all'acutizzarsi delle difficoltà nell'accesso al credito;
              i più alti requisiti di capitale imposti dall'accordo cosiddetto Basilea 3 e dall'Eba-European banking authority non stanno diffondendo quella fiducia che era nelle intenzioni dei proponenti. Al contrario, accrescono le difficoltà delle banche che hanno avviato un processo di riduzione dell'indebitamento. A tal proposito, interessanti appaiono quelle proposte avanzate nei mesi scorsi dall'Abi in ordine all'introduzione di specifici coefficienti (quali il Pmi supporting factor da applicare all'ammontare destinato a riserva secondo i parametri di «Basilea 3») per fare in modo che le difficoltà degli istituti bancari nel fronteggiare i più rigidi requisiti patrimoniali richiesti, non abbiano effetti restrittivi ulteriori nell'erogazione del credito alle piccole e medie imprese;
              sono auspicabili misure dirette ad una maggiore elasticità nella concessione di finanziamenti nel breve periodo, attraverso un ampliamento del sistema di garanzia pubblico, tramite il rafforzamento del fondo di garanzia e di altri strumenti quali il fondo italiano d'investimento;
              la crescita vertiginosa dello spread nei mesi passati ha appesantito la stretta creditizia di 1,5 per cento negli ultimi tre mesi e del 2,2 per cento nel solo mese di dicembre 2011. Il sistema produttivo è stato gravato da un costo aggiuntivo nei tassi d'interesse di 3,7 miliardi di euro, mentre le insolvenze hanno superato gli 80 miliardi di euro (più 36 per cento rispetto al 2010);
              il credit crunch, quella condizione di calo significativo o di inasprimento improvviso delle condizioni dell'offerta di credito da parte del sistema bancario, produce un avvitamento finanziario che danneggia la fisiologia interna delle piccole e medie imprese, poiché ne mina la residua base patrimoniale;
              d'altra parte il nostro sistema bancario non concede anticipazioni o apre linee di credito allo scopo di finanziare progetti, ma si muove nella logica esclusiva delle garanzie. È evidente allora che le difficoltà di accesso al credito, già in essere per le piccole e medie imprese italiane, legate a questo modus operandi delle banche e alla minore capacità delle imprese più piccole di fornire solide garanzie, si accentueranno a tal punto che si paventa il rischio concreto di una paralisi degli investimenti, del sistema produttivo e, quindi, dell'economia tutta;
              la crisi economica ha fatto diminuire del 30 per cento il fatturato delle piccole aziende, inducendo gli istituti di credito a chiedere loro un piano di rientro dai fidi in tempi ristrettissimi;
              è pari al 43,3 per cento il numero di piccole e medie imprese con meno di venti dipendenti che negli ultimi tre mesi ha avuto problemi di accesso a un finanziamento bancario e, nella maggioranza dei casi, per il 57,1 per cento la richiesta di credito serve a colmare una carenza di liquidità;
              recentemente il Governo si è fatto promotore di una moratoria di 12 mesi sui prestiti bancari alle piccole e medie imprese in bonis, cioè senza debiti in sofferenza, incagliati, ristrutturati o esposizioni scadute da oltre 90 giorni, con lo scopo di assicurare loro liquidità e traghettarle oltre la crisi economica. Ne potranno beneficiare le imprese con meno di 250 dipendenti, fatturato inferiore a 50 milioni di euro, oppure con un attivo di bilancio fino a 43 milioni;
              presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il fondo centrale di garanzia che ha lo scopo di favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dalle banche. Grazie alle risorse disponibili nel fondo, infatti, lo Stato si fa garante del rimborso del prestito da parte dell'impresa, consentendo così una più facile erogazione del finanziamento, il cui plafond complessivo è stato progressivamente incrementato e portato, nel 2009, a circa 2 miliardi di euro, ancora insufficienti e disponibili soltanto fino a tutto il 2012;
              per quanto riguarda l'altro elemento di difficoltà, considerato una tra le piaghe peggiori che gravano sul sistema produttivo italiano, relativo ai ritardi di pagamento dalla pubblica amministrazione, che ha portato quest'ultima a contrarre circa 70 miliardi di euro di debiti nei confronti delle aziende private, provocando il fallimento di una su tre di esse, i dati numerici divulgati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture hanno restituito un'immagine preoccupante: i tempi di pagamento oscillano in un range compreso tra un minimo di 92 giorni ed un massimo di 664 giorni. L'entità dei ritardi mediamente accumulati è circa doppia rispetto a quanto si registra nel resto dell'Unione europea: mediamente 128 giorni contro i 65 che si computano a livello europeo;
              la complessità dell'organizzazione delle procedure amministrative e dei criteri per il trasferimento dei fondi tra le varie strutture burocratiche (tra questi i vincoli del patto di stabilità) e l'ampio potere di mercato della pubblica amministrazione sono fattori determinanti che contribuiscono all'allungamento delle tempistiche di pagamento. La principale conseguenza di questi ritardi è la mancanza di liquidità nelle casse delle imprese fornitrici. Ne consegue, anzitutto, la difficoltà nell'onorare i pagamenti ai propri fornitori e, in subordine, l'impossibilità di porre in essere gli investimenti necessari;
              a tutto ciò si aggiunga che, inevitabilmente, non solo è limitata la capacità di queste aziende di prevenire il ritardo dei pagamenti in sede di contrattazione con le pubbliche amministrazioni, ma è ridotta anche la possibilità di ricorrere alla tutela giurisdizionale, in ragione dei costi economici e sociali che questa comporta;
              il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione, fenomeno che ha ormai raggiunto e superato i livelli di guardia, finisce, quindi, con il trasferire alle imprese fornitrici il problema di liquidità del settore pubblico;
              nonostante sia in difetto, lo Stato non manca di chiedere alle imprese massima regolarità nel pagamento dei contributi previdenziali, la qual cosa per molte aziende risulta quasi impossibile a causa della mancanza di liquidità, aggravata proprio dal ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, e paradossalmente richiede, per ricevere il pagamento dei crediti accumulati con gli enti pubblici, la presentazione del durc (documento unico di regolarità contributiva);
              con l'approvazione del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, è possibile compensare i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione, ma ciò vale solo per i debiti iscritti a ruolo e per i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, e comunque con procedure molto complesse;
              anche il decreto-legge sulle liberalizzazioni, appena approvato dal Senato della Repubblica, rappresenta un tiepido segnale di apertura del Governo al problema, prevedendo, all'articolo 35, lo sblocco di circa 6 miliardi di euro attraverso un incremento delle dotazioni dei fondi speciali (somma certo rilevante, ma ancora inadeguata rispetto ai 70 miliardi di euro di debiti), a cui va affiancato lo statuto delle imprese, che, all'articolo 10, anticipa la scadenza per il recepimento della direttiva europea 2011/7/UE sui ritardi di pagamento;
              la suddetta direttiva europea rientra nello Small business act ed obbliga le pubbliche amministrazioni a pagare i fornitori entro 30 giorni e, in casi eccezionali, entro 60 giorni per forniture sanitarie e per imprese a capitale pubblico; superato tale termine, nelle transazioni commerciali, la pubblica amministrazione dovrà versare interessi di mora pari all'8 per cento maggiorati del tasso di riferimento della Banca centrale europea. Tra imprese private, la scadenza è fissata a 60 giorni a meno di diverse intese stipulate tra le parti e a condizione che non si tratti di patti bilaterali iniqui;
              lo stesso anticipato recepimento della direttiva non risolverà comunque immediatamente il problema dell'enorme debito pregresso della pubblica amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese, in quanto è evidente che le pubbliche amministrazioni non sono in grado in un breve lasso di tempo di onorare i debiti già assunti;
              nessuna ipotesi di uscita dalla recessione è immaginabile senza una tempestiva riattivazione di flussi di finanziamento verso le piccole e medie imprese, le sole che finora hanno sfidato la grave congiuntura economica senza alcun paracadute,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative normative dirette ad introdurre nel nostro ordinamento un meccanismo di compensazione dei crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche dalle piccole e medie imprese con i propri debiti e relativi accessori dovuti nei confronti della pubblica amministrazione, tramite un rinvio dei pagamenti senza interessi da effettuare attraverso la semplice certificazione da parte di consulenti del lavoro;
          ad assumere iniziative normative per incrementare, al fine di renderlo operativo per i prossimi anni, il fondo centrale di garanzia, la cui dotazione è insufficiente e disponibile soltanto fino a tutto il 2012.
(1-00901) «Lombardo, Commercio, Lo Monte, Oliveri, Brugger».
(5 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              la crisi finanziaria che ha preso avvio nel 2007 sta generando impatti rilevanti sia sui mercati finanziari sia sull'economia reale: in particolare, l'Italia, oltre a subire pressioni sul mercato del debito sovrano, presenta un tasso di crescita potenziale troppo contenuto ed è entrata in una fase recessiva;
              le cause di questa fase di forte instabilità sono riconducibili sia ad aspetti relativi all'economia reale sia a profili relativi all'economia finanziaria, a cui le autorità monetarie, di vigilanza e politiche hanno cercato di far fronte, nel corso dell'ultimo triennio, con un ampio spettro di normative;
              in particolare, la normativa europea di recepimento dell'accordo di «Basilea 3» prevede un generalizzato inasprimento dei requisiti patrimoniali per le banche, che se, per un verso, è necessario per ripristinare la fiducia nella solvibilità delle banche, rischia, tuttavia, di tradursi in maggiori costi e difficoltà di accesso al credito per il sistema produttivo, in particolare per le piccole e medie imprese;
              sebbene la piena applicazione dei nuovi requisiti entrerà a regime solo nel 2019, l'annuncio delle nuove regole ha generato pressioni da parte degli investitori e delle controparti affinché le banche si adeguino prima dei tempi previsti, accumulando riserve di capitale e di liquidità nonostante l'attuale difficile situazione di mercato e del sistema produttivo;
              il 9 dicembre 2011 l'Autorità bancaria europea (Eba) ha adottato una raccomandazione che prevede la creazione, in via eccezionale e temporanea, entro la fine di giugno 2012, di una riserva supplementare di fondi propri da parte delle banche;
              l'8 dicembre 2011, la Banca centrale europea ha lanciato due rifinanziamenti straordinari (ltro, long term refinancing operation) della durata di 36 mesi a favore delle banche, allo scopo di garantire l'accesso alle liquidità agli istituti di credito: le due aste, che si sono tenute il 21 dicembre 2011 e il 29 febbraio 2012, hanno assegnato alle banche, rispettivamente, 489,19 miliardi di euro e 529,53 miliardi di euro a tasso fisso, con l'opzione di ripagare, in tutto o in parte, l'ammontare dopo un anno e successivamente secondo scadenze prefissate; secondo una nota diffusa dalla Banca d'Italia, le banche italiane hanno partecipato alla seconda operazione ltro per una quota pari a 139 miliardi di euro lordi, pari a circa 80 miliardi di euro al netto del riassorbimento di operazioni di scadenza più breve;
              è stato il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ad invitare gli istituti di credito ad approfittare dell'offerta, senza alcun timore di suscitare sospetto, per evitare il credit crunch in atto e riparare i bilanci e i mercati, abbreviando i tempi della ripresa;
              anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento al 18o congresso Assiom Forex del 18 febbraio 2012, ha affermato che: «a distanza di pochi anni le imprese si trovano nuovamente a fronteggiare un inasprimento delle condizioni creditizie; anche in questa occasione sarà essenziale la capacità delle banche di valutare attentamente il merito di credito, senza far mancare il sostegno finanziario ai clienti solvibili e meritevoli. Un adeguato e stabile volume di finanziamenti è essenziale per l'attività delle stesse banche»;
              l'analisi annuale per la crescita 2012, presentata dalla Commissione europea il 23 novembre 2011 (COM(2011)815 def.), prevede espressamente, nell'ambito dell'obiettivo «ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia», l'esigenza di «garantire che le banche rafforzino i propri coefficienti patrimoniali consolidando le proprie posizioni patrimoniali e non limitando indebitamente l'erogazione di prestiti all'economia reale» e di «rivedere le norme prudenziali per evitare che penalizzino indebitamente l'erogazione di prestiti alle piccole e medie imprese»,

impegna il Governo:

          ad assumere, per quanto di competenza, tutte le iniziative necessarie affinché la liquidità ottenuta dalle banche italiane nelle operazioni long term refinancing operation si traduca effettivamente in un sostegno all'economia reale e all'accesso al credito delle imprese e delle famiglie;
          ad adoperarsi in sede europea affinché:
              a) le nuove regole siano coerenti con l'attuale fase ciclica dell'economia europea e italiana, facendo sì che le nuove regole sui requisiti di capitale siano un fattore di stabilizzazione dei mercati di lungo periodo e non un freno per le banche nel sostegno alle imprese e alle famiglie, evitando che le proposte, le loro modalità di attuazione ed i relativi tempi determinino indesiderati effetti prociclici;
              b) siano introdotti nella normativa europea di recepimento dell'accordo di «Basilea 3» accorgimenti regolamentari che incentivino, riducendone il costo, i prestiti in favore delle piccole e medie imprese, in particolare prevedendo misure che, di fatto, sterilizzino gli incrementi di capitale, a fronte dei prestiti erogati alle piccole e medie imprese, che si determinerebbero nel caso di applicazione indifferenziata delle nuove regole sul capitale;
              c) si provveda a chiarire che, nei casi in cui un finanziamento è supportato dalla garanzia di un consorzio di garanzia collettiva fidi, il criterio di assorbimento patrimoniale relativo all'accantonamento richiesto al confidi non possa risultare superiore al risparmio di capitale ottenuto dalla banca in conseguenza dell'intervento del confidi stesso;
          a proseguire nell'impegno, già assunto in sede di approvazione alla Camera dei deputati della risoluzione n.  6-00097, sottoscritta da esponenti di tutti i gruppi parlamentari, a far sì che l'attuazione delle misure che dovrebbero essere adottate dalle banche europee per colmare il deficit di capitale eventualmente emerso a seguito dell'esercizio dell'Autorità bancaria europea sia dilazionata nel tempo, in maniera da ridurne gli effetti prociclici e metterle in fase con la congiuntura economica.
(1-00910) «Fluvi, Causi, Albini, Carella, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini, Vico».
(9 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              l'economia italiana è fondata su un sistema di piccole e medie imprese, che costituisce il fulcro del sistema imprenditoriale complessivo;
              la crisi del 2007 ha ristretto il credito per le piccole e medie imprese con effetti negativi sul prodotto interno lordo;
              la crisi dei debiti sovrani ha penalizzato il sistema bancario, indebolendone la capacità di raccolta del risparmio e la posizione finanziaria;
              l'accordo «Basilea 3», varato dal Comitato dei governatori delle banche centrali dei Paesi europei, ha come primo obiettivo il rafforzamento del patrimonio bancario, al fine di dare stabilità al sistema ed evitare il rischio di una nuova crisi finanziaria, con conseguenze però penalizzanti per le grandi banche italiane, che hanno dovuto introdurre nuovi criteri per il calcolo dei requisiti patrimoniali basati sulla valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico;
              tuttora il tasso di crescita annuo del credito al sistema industriale è in forte rallentamento, nonostante i provvedimenti della Banca centrale europea riguardanti gli acquisti di titoli e la concessione alle banche italiane di oltre 230 milioni di euro con tasso di interesse all'1 per cento;
              il restringimento del credito ha pesanti ripercussioni sull'aumento dei margini di interesse, sulla richiesta di sempre maggiori garanzie reali da parte delle banche, nonché sulla riduzione della durata dei finanziamenti erogati;
              il patto di stabilità, poiché incide anche sui tempi dei pagamenti delle forniture delle pubbliche amministrazioni alle imprese e soprattutto alle piccole e medie, va mantenuto attenuandone gli effetti attraverso la compensazione fra debiti e crediti, commerciali e tributari, tra le piccole e medie imprese e la pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

          a valutare la possibilità di intervenire, a livello europeo, al fine di ottenere:
              a) l'unificazione dei criteri e delle metodologie per ponderare i rischi delle attività bancarie, per proteggere le banche italiane;
              b) correttivi tendenti a mettere le banche in condizione di poter riservare un trattamento meno stringente per i crediti alle piccole e medie imprese;
              c) una riduzione dei tempi, a livelli medi europei, di liquidazione dei crediti delle imprese verso lo Stato e le pubbliche amministrazioni.
(1-00911) «Misiti, Iapicca, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Mario Pepe (Misto-R-A), Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».
(9 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              gli istituti bancari svolgono il ruolo di raccogliere fondi dai risparmiatori e trasferirli a imprese e privati che ne hanno bisogno per le proprie esigenze personali o aziendali. Oltre a concedere prestiti a imprese e famiglie, le banche svolgono anche attività finanziarie di varia natura: ad esempio, comprano titoli di aziende e Stati, concedono finanziamenti ad altri intermediari finanziari. Si tratta di un'attività fondamentale per l'economia moderna, senza la quale l'intero sistema economico attuale non potrebbe esistere. Un'attività quella del credito che mantiene la qualità fondamentale di servizio;
              la principale legge italiana che regola il funzionamento dell'attività bancaria è il testo unico bancario, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385, con tutte le successive modificazioni e integrazioni. Secondo questo testo unico, l'attività bancaria è definita come l'esercizio congiunto dell'attività di raccolta di risparmio tra il pubblico e dell'attività di concessione del credito (articolo 10). In Italia ci sono circa 800 banche, delle quali circa il 30 per cento ha la forma di società per azioni. Poco meno di 50 le banche popolari, più di 400 le banche «di credito cooperativo» e circa 80 le succursali delle banche estere;
              il ruolo della banca è senza alcun dubbio cruciale per ogni economia avanzata, e non solo; la storia d'Europa e il suo sviluppo evidenziano in maniera esemplare come il ruolo del credito rappresenti uno dei pilastri fondamentali delle economie più sviluppate. Senza il ricorso al credito, aziende e persone dovrebbero occuparsi personalmente di trovare finanziatori per le proprie attività, con costi elevati e scarse probabilità di successo. Attraverso le banche, invece, possono accedere al risparmio di altri soggetti, reso disponibile attraverso il sistema bancario. Allo stesso modo, senza le banche i risparmiatori dovrebbero valutare da soli gli investimenti e verificare il regolare andamento dei pagamenti degli interessi e la restituzione del capitale prestato. In ragione di questa importanza, le leggi italiane, comunitarie e internazionali regolano l'attività bancaria con norme specifiche, diverse da quelle che riguardano gli altri intermediari finanziari;
              la costituzione di un'impresa bancaria è sottoposta ad autorizzazioni da parte della Banca d'Italia, che svolge anche un importante ruolo di controllo durante l'attività bancaria;
              nell'ultima indagine trimestrale, la Banca d'Italia, in oltre metà delle imprese, ha dichiarato di vedere un peggioramento della situazione economica nei prossimi mesi ed è quasi raddoppiata, al 28,6 per cento dal 15,2 per cento della precedente inchiesta, la quota delle imprese per le quali le condizioni di accesso al credito sono peggiorate;
              le ragioni di queste difficoltà sono di due tipi. In primo luogo, c’è da parte delle banche un problema di liquidità, soprattutto per quanto riguarda gli impieghi a medio termine. L'instabilità dello scenario finanziario ha inaridito molti dei tradizionali canali di finanziamento, da quelli più semplici, come l'interbancario, a quelli più complessi, riferibili alle operazioni sovranazionali in valuta. Le banche si trovano così nell'esigenza di garantire la copertura delle operazioni correnti e devono ridurre gli spazi per i finanziamenti alle imprese;
              in secondo luogo, c’è un problema di costi. Per le banche è sempre più oneroso aumentare la propria raccolta e ottenere capitali per il forte rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato italiani. C’è in questo periodo una vera e propria rincorsa ad offrire condizioni sempre più appetibili a chi deposita i propri soldi in banca: un anno fa era già un successo spuntare un tasso dell'1 per cento sui depositi, mentre ora, con un vincolo di un anno, si supera tranquillamente quota 4 per cento. I risparmiatori sono avvantaggiati, ma chi chiede soldi in prestito deve accettare tassi decisamente più elevati;
              per le piccole e medie imprese le prospettive rischiano, poi, di essere ancora più difficili, perché il sistema bancario continua ad essere fortemente impegnato verso i grandi gruppi, che non attraversano anch'essi un momento favorevole;
              le imprese, quindi, hanno di fronte un credito difficile e più caro proprio in un momento come questo in cui sarebbero necessari forti investimenti per rinnovare gli impianti, accrescere la competitività, finanziare la ricerca;
              anche il mercato immobiliare risente delle crisi; infatti, l'andamento del mercato del credito alle famiglie continuerà a essere comunque influenzato dal contesto economico internazionale e la richiesta di finanziamenti, attualmente in calo, è determinata anche dalle prospettive di sacrificio previste per gli italiani dalle recenti manovre e dall'impennata dei tassi per i prodotti di credito. Per i prossimi mesi, quindi, ci si attende ancora una contrazione dei mutui e quindi degli acquisti;
              il ruolo delle banche negli ultimi trent'anni è profondamente mutato. Infatti, gli istituti bancari nel dopoguerra hanno svolto un ruolo cruciale per lo sviluppo economico del sistema capitalista, incentrato a quell'epoca sulla relazione virtuosa tra il settore bancario e le imprese che producono beni e servizi non-finanziari: le linee di credito concesse dalle banche a tali imprese – i cui obiettivi erano definiti con riferimento al medio-lungo periodo – permisero la produzione di valore aggiunto attraverso la remunerazione dei lavoratori delle imprese, i quali potevano disporre della loro capacità di acquisto sui mercati dei prodotti, al fine di avere un tenore di vita dignitoso senza dover ricorrere all'indebitamento personale;
              la finanziarizzazione dell'economia, iniziata negli anni ’80 del secolo scorso, ha trasformato i nostri sistemi economici radicalmente, marginalizzando poco alla volta il ruolo delle banche commerciali, inducendo queste ultime a diventare delle società finanziarie attive su scala globale e operanti a 360 gradi sui mercati finanziari (una sorta di «supermercati finanziari» alla ricerca del massimo profitto nel minor tempo possibile);
              il 21 dicembre 2011 le banche europee hanno ottenuto circa 500 miliardi di euro di nuovi fondi, in occasione della prima asta di rifinanziamento organizzata dalla Banca centrale europea, in base alle nuove regole volute dalle autorità dell'Unione europea per combattere il credit crunch; di questi, gli istituti italiani hanno ricevuto 116 miliardi di euro al tasso dell'1 per cento;
              la Banca centrale europea ha più volte dichiarato che tali risorse erano vincolate ad una precisa finalizzazione: dare credito all'economia reale in modo da permettere alle banche di avere più liquidità ad un costo basso da mettere a disposizione di imprese e famiglie;
              le imprese e le famiglie italiane vedono sempre più ristretta la possibilità di accedere al credito; convenzioni e confidi vengono disdetti e gli interessi arrivano al 12 per cento;
              appare evidente come il rilancio dello sviluppo del sistema sia collegato alla capacità effettiva di credito, che gli istituti bancari possono e dovrebbero concedere alle imprese, in particolare alle piccole e medie imprese; senza il rafforzamento delle linee di credito appare estremamente complicato ipotizzare che si possa davvero procedere ad un rilancio dello sviluppo del sistema, per il quale, specie in Italia, il ruolo delle piccole imprese è determinante, sia in termine di produzione che di impiego di forza lavoro;
              inoltre, si aggiunge il problema del ritardo con cui la pubblica amministrazione provvede al pagamento dei corrispettivi inerenti all'esecuzione dei contratti pubblici, che suscita, ormai da anni, l'interesse (ma soprattutto l'allarme) degli imprenditori che operano nel mercato italiano;
              tale problematica è particolarmente avvertita dalle piccole e medie imprese, che, soprattutto nell'attuale congiuntura economica di difficile accesso al credito bancario, risentono in maniera grave della mancanza di liquidità;
              stando al quadro fornito dall'Osservatorio sul credito di Confcommercio-Format, la situazione dei finanziamenti per le aziende nell'ultimo trimestre del 2011 è stata, infatti, particolarmente difficile, soprattutto per le imprese del Mezzogiorno e le microimprese del settore commerciale e turistico e il trimestre appena concluso del 2012 conferma uno scenario ancora in peggioramento;
              i dati rilevati da Confcommercio sono i peggiori di tutto il 2011 e, sostanzialmente, riflettono la situazione descritta dalle indagini sul credito alle imprese della Banca d'Italia e della Banca centrale europea;
              i recenti tragici avvenimenti che stanno avvenendo in Italia, i suicidi da parte di piccoli imprenditori, quali artigiani, commercianti e imprenditori agricoli, i quali in questa forte contrazione dei flussi creditizi e vessati dai crescenti oneri fiscali e contributivi sono sopraffatti da stati d'animo di disperazione e sconforto, confermano la drammaticità dell'attuale situazione, che minaccia di travolgere, in virtù di un devastante effetto «domino», l'intera struttura economica e sociale del Paese: dal sistema delle imprese, ai redditi delle famiglie, alle forme di sicurezza sociale;
              il ritardo nei pagamenti non incide solo sul contraente privato che si trova a sostenere un'attesa ingiustificata nella percezione dei corrispettivi dovuti da parte dell'amministrazione appaltante, ma si riflette in termini negativi anche sull'indotto a valle dell'appalto, investendo le imprese subappaltatrici e subfornitrici, sulle quali i ritardi vengono sovente ulteriormente ribaltati,

impegna il Governo:

          ad istituire un tavolo permanente tecnico con rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana, della Banca d'Italia, delle principali associazioni di categoria e dei consumatori e dell'Istat, al fine di avanzare proposte operative per il sostegno del credito a favore delle imprese e delle famiglie, e, in particolare, ad adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la seconda tranche di prestiti che la Banca centrale europea ha messo a disposizione delle banche vada a sostegno delle imprese e delle famiglie e ad adottare iniziative che agevolino con tassi d'interesse favorevoli l'accesso al credito per le imprese e le famiglie;
          ad adoperarsi, altresì, nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea, in modo da:
              a) sospendere l'entrata in vigore delle misure volte a fissare livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche e introdurre un nuovo schema internazionale per la liquidità (accordo «Basilea 3»);
              b) eliminare la valutazione a prezzi di mercato che l'Eba applica ai titoli di Stato italiani, comportando una loro sottovalutazione nel patrimonio delle banche italiane, che detengono bot e btp per un valore di 160 miliardi di euro;
              c) intervenire in merito ai requisiti patrimoniali delle banche affinché siano introdotti meccanismi correttivi per la ponderazione del rischio di credito relativo ai prestiti alle piccole e medie imprese, in modo da compensare l'incremento quantitativo del requisito patrimoniale minimo;
          ad assumere iniziative normative volte a prevedere forme di compensazione per le imprese che vantino crediti nei confronti di amministrazioni statali, con i debiti gravanti a loro carico, relativi ad obbligazioni tributarie;
          ad assumere iniziative dirette a prevedere in tempi rapidi, l'istituzione di un fondo di solidarietà presso il Ministero dello sviluppo economico in collaborazione con Consorzi Fidi, i cui beneficiari rientranti nelle categorie dei piccoli imprenditori, commercianti, artigiani e imprenditori agricoli, individuati dal codice civile, inclusi coloro che sono segnalati alla centrale rischi finanziari (Crif), purché svolgano attualmente l'attività lavorativa, possano usufruire una tantum di un contributo a fondo perduto, in caso di rigetto da parte degli istituti di credito o società d'intermediazione creditizia e finanziaria, di domande di finanziamento o revoca di affidamento o revoca di fidi;
          ad adottare iniziative normative volte ad accelerare il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione, al fine di recepire la nuova direttiva europea 2011/7/UE concernente il contrasto ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
(1-00913)
(Nuova formulazione) «Crosetto, Vignali, Bernardo, Santelli, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Leo, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci, De Girolamo, Giammanco, Antonino Foti, Cicu, Cosenza».
(12 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              le attuali difficoltà che le famiglie e le aziende, ed in particolare le piccole e le medie imprese, incontrano nell'accesso al credito dipendono da più cause e, dunque, per essere affrontate necessitano di una politica complessiva che deve agire su più fronti;
              il credito bancario al settore privato non finanziario – secondo i dati forniti dalla Banca d'Italia – continua a risentire sia di una ridotta domanda di finanziamenti da parte delle imprese, a causa della difficile congiuntura economica, sia di un orientamento ancora restrittivo dei criteri di offerta da parte del pubblico. Le indagini sulle condizioni di accesso al credito, condotte presso le banche e presso le imprese, hanno rilevato che permane elevata la quota di imprese che dichiara di non ottenere l'ammontare di finanziamenti desiderati;
              i nuovi accordi di «Basilea 3» hanno modificato i criteri già stabiliti con «Basilea 1» (1998) e «Basilea 2» (2008): essi fissano, alzandoli, i requisiti minimi di capitale delle banche proporzionalmente ai rischi che assumono, prevedono una serie di «cuscinetti» (liquidità) di capitale aggiuntivi (pari al 2,5 per cento, ma che potrebbero aumentare fino al 5) nelle fasi economiche a rischio, prevedono sanzioni nel caso di violazione delle nuove regole, quale il divieto di pagare bonus ai manager o cedole ai soci;
              l'allineamento alle regole di Basilea 3 comporta dei costi, in quanto la migliore qualità ed una maggiore quantità di capitale di garanzia potrà essere raggiunto solo attraverso un rimodellamento della struttura di ciascun istituto. Il rischio maggiore è quello di un inasprimento del costo del denaro;
              l'Autorità bancaria europea (European Banking Authority – Eba) ha chiesto di aumentare il «Core Tier 1» delle banche entro giugno 2012 al 9 per cento;
              per la valutazione del rischio, l'Autorità bancaria europea ha usato il criterio mark to market, ossia l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli ma il prezzo corrente di mercato, che ha messo in moto per i btp, già in crisi di spread, un meccanismo deleterio per le banche che, qualora volessero evitare la ricapitalizzazione, dovrebbero vendere i titoli, deprezzati del 15-20 per cento del valore nominale, con effetti dirompenti sia sui mercati che sulle fortissime minusvalenze dei conti;
              il sistema creditizio italiano, tra i suoi asset, ha titoli di Stato italiani per 160 miliardi di euro e titoli di Stato degli altri Paesi «Pigs» per 3 miliardi di euro. A fronte di questo, le banche italiane hanno titoli «tossici» (essenzialmente mutui subprime) per una quota pari al 6,8 per cento del patrimonio di vigilanza, contro una media europea del 65,3 per cento. Secondo le nuove norme di valutazione degli asset stabilite dall'Autorità bancaria europea, si è al paradosso: i titoli di Stato in portafoglio vengono considerati «tossici» per le banche italiane, peggio di quanto non lo siano i subprime per le banche straniere;
              questa decisione dell'Autorità bancaria europea, invece di dimostrare equilibrio ed equità, ha finito per penalizzare il sistema bancario italiano che ha meno titoli tossici e strumenti derivati rispetto alle banche francesi o tedesche;
              queste circostanze hanno reso ancor più difficile l'accesso al credito per molte piccole e medie imprese;
              si deve, comunque, considerare che la Banca centrale europea ha fornito un'enorme liquidità alle banche che usufruiscono del notevole differenziale tra i tassi di approvvigionamento dei fondi (dalla Banca centrale europea all'1 per cento e dai privati con un tasso di poco superiore) e quelli a cui li offrono a prestito. Il 29 febbraio 2012 la Banca centrale europea ha prestato 530 miliardi di euro per tre anni alle banche europee, una somma simile a quella già elargita nel dicembre 2011. Soldi che non serviranno, l'esperienza del prestito della Banca centrale europea precedente lo attesta, a finanziare le imprese e le famiglie. Infatti, quell'operazione è servita sopratutto a sostenere la domanda di titoli di Stato;
              l'operazione a tre anni del 21 dicembre 2011 vide una richiesta di prestiti per 489 miliardi di euro, che furono tutti assegnati. I prestiti sono andati in parte a sostituire altre operazioni di politica monetaria, ragion per cui l'incremento netto di finanziamenti concessi dalla Banca centrale europea al sistema bancario europeo è stato, in realtà, molto inferiore: 193 miliardi di euro. Con riferimento al nostro Paese, le banche italiane usufruirono di un finanziamento di 116 miliardi di euro in quell'operazione, ma l'incremento netto di liquidità fornita dalla Banca d'Italia nel mese di dicembre 2011 è stato della metà, 57 miliardi di euro;
              le banche italiane hanno in buona parte utilizzato i soldi presi a prestito dalla Banca centrale europea per acquistare titoli di Stato, contribuendo alla riduzione dei tassi d'interesse sul debito pubblico italiano. Nello stesso tempo, le banche hanno stretto l'offerta di credito, sia riducendo la quantità sia aumentando il costo dei finanziamenti;
              le somme ricevute dalla Banca centrale europea sono state usate anche per rimborsare obbligazioni bancarie, un'operazione che sarebbe stata troppo costosa rinnovare ai tassi di mercato. Nel bimestre dicembre 2011-gennaio 2012, le banche italiane hanno anche acquistato titoli di Stato per 32,6 miliardi di euro. Nello stesso periodo, i prestiti bancari alle imprese e alle famiglie italiane si sono ridotti di 20 miliardi di euro;
              le banche italiane, come rilevano le associazioni dei consumatori, continuano ad applicare tassi di interesse più elevati dello 0,67 per cento sui mutui, in Italia al 4,6 per cento, contro il 3,93 per cento della media dell'Unione europea. Nel gennaio 2012, in Italia il costo dei finanziamenti alle imprese (nuove operazioni) era di 1,3 punti percentuali più alto rispetto allo stesso mese del 2011 (passando dal 2,7 per cento al 4 per cento), a parità di tasso di politica monetaria (1 per cento). Nello stesso periodo, il tasso d'interesse sui mutui immobiliari è salito di un punto percentuale (dal 3,15 per cento al 4,15 per cento). Sempre nello stesso periodo, il differenziale tra il tasso medio sui prestiti a imprese e famiglie e il tasso medio sulla raccolta è aumentato di mezzo punto percentuale (dal 2,2 per cento al 2,7 per cento);
              va, inoltre, ricordato che l'articolo 8 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214 (la cosiddetta manovra Monti «Salva-Italia») ha fornito alle banche la garanzia dello Stato sui prestiti ottenuti (in larga misura dalla Banca centrale europea), garanzia che ha consentito loro di sopportare con qualche patema d'animo in meno la situazione difficile dei mercati finanziari;
              il 28 febbraio 2012 Governo, Confindustria, l'Associazione bancaria italiana e altre associazioni imprenditoriali hanno firmato l'accordo su «Le nuove misure per il credito alle Pmi». L'accordo ha validità fino al 31 dicembre 2012 e individua interventi finanziari a favore delle piccole e medie imprese «in bonis». L'accordo prevede le seguenti operazioni: sospensione per 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti a medio-lungo termine (anche i mutui assistiti da contributo pubblico in conto capitale e/o interessi) e della quota capitale implicita nei canoni di operazioni di leasing immobiliare (6 mesi per il leasing mobiliare); allungamento della durata dei finanziamenti a medio-lungo termine (anche i mutui assistiti da contributo pubblico in conto capitale e/o interessi); allungamento delle scadenze delle anticipazioni su crediti verso clienti fino a un massimo di 270 giorni;
              l'articolo 11, comma 4, del decreto-legge n.  185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  2 del 2009, ha introdotto la garanzia dello Stato sugli interventi del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, quale garanzia di ultima istanza. Di conseguenza, in relazione al requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito, alle esposizioni assistite dal fondo nella forma della garanzia diretta e della controgaranzia a prima richiesta, si applica il fattore di ponderazione associato allo Stato italiano («ponderazione zero»), in quanto più favorevole di quello del soggetto debitore, nei limiti dell'importo che il fondo di garanzia è tenuto a versare in caso di inadempimento del debitore principale ovvero del confido garantito;
              nel caso della garanzia diretta, il fondo interviene nella misura massima del 60 per cento dell'importo di ciascuna operazione finanziaria. Tale percentuale è elevata fino all'80 per cento in casi particolari (per le piccole e medie imprese a prevalente partecipazione femminile, per le piccole e medie imprese ubicate nelle zone 87.3.a) del Trattato dell'Unione europea, (per le piccole e medie imprese aderenti alla programmazione negoziata). Nel caso di controgaranzia, il fondo interviene invece nella misura massima del 90 per cento della garanzia prestata dai confidi o dagli altri fondi di garanzia. Il moltiplicatore calcolato sul «finanziato», dato dal rapporto è pari a circa 16. Con un euro di dotazione del fondo sono, dunque, attivabili 16 euro di finanziamenti. Il moltiplicatore calcolato sul «garantito» è invece pari a circa 8. Un euro di dotazione del fondo consente, pertanto, di attivare circa 8 euro di garanzia;
              il fondo è stato finanziato per un miliardo e mezzo di euro per il quadriennio 2009-2012. L'importo garantito dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato innalzato, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 9 aprile 2009, da 500 mila euro a un milione e mezzo di euro. L'intervento del fondo, inoltre, è stato esteso, per la prima volta, alle imprese artigiane, estendendo notevolmente la platea dei potenziali beneficiari. I circa 250 confidi dell'artigianato contano, infatti, circa 700 mila imprese associate;
              dai dati citati appare evidente come l'entità dei finanziamenti a disposizione, il tetto dell'importo garantito, le percentuali su cui si applica la garanzia, siano del tutto insufficienti e non consentono di fornire uno sostegno adeguato alle piccole e medie imprese, incluse le imprese artigiane, in particolare in questa fase di crisi;
              la peculiarità del tessuto produttivo ed economico del nostro Paese, la fortissima presenza di piccole imprese, la forte vocazione manifatturiera, rendono le banche il canale principale di erogazione delle risorse;
              è, comunque, innegabile che, specie in Italia, le aziende devono essere aiutate a fare passi in avanti nella loro aggregazione. L'Italia è un Paese che deve la sua ossatura produttiva alle piccole e medie imprese, ma che ha un sistema economico molto chiuso, carente di quella capacità di innovare che è la molla necessaria per la competitività. L'ovvia conseguenza è che le piccole e medie imprese italiane risultano avere un livello di capitalizzazione basso. Per le imprese italiane, storicamente sottocapitalizzate e ancora basate sul pluriaffidamento bancario a breve, quello di capitalizzazione sarà l'indicatore che darà più preoccupazioni nella determinazione del rating aziendale. Le imprese italiane, soprattutto quelle di minori dimensioni, non sono adeguatamente trasparenti. Regole severe con sanzioni effettive per chi nasconde e occulta i dati contabili consentirebbero alle banche di rischiare di più e chiedere meno garanzie;
              la crisi del credito per le piccole e medie imprese è ulteriormente aggravata dai dati sui tempi di pagamento alle piccole imprese che fanno emergere attese anche di 600 giorni, per recuperare i crediti vantati nei confronti degli enti pubblici. Il tempo medio di attesa per riscuotere un credito da una pubblica amministrazione si attesta sui 128 giorni contro i 67 della media dell'Unione europea, ma anche le aziende private saldano i propri fornitori in 88 giorni. Questi ritardi costano 934 milioni di euro l'anno e a farne le spese sono proprio le piccole e medie imprese che hanno molte difficoltà nell'accesso al credito. Secondo alcune stime, i crediti vantati dalle imprese nei confronti di amministrazioni centrali ed enti sanitari locali superano i 70 miliardi di euro;
              allo scopo di ricondurre il problema a dimensioni fisiologiche è stata adottata la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/35/CE del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, recepita nell'ordinamento interno, in attuazione dell'articolo 26 della legge 1o marzo 2002, n.  39 (legge comunitaria 2001), dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.  231. Tale direttiva fissa a 30 giorni il termine massimo dei pagamenti della pubblica amministrazione, con sanzioni del 5 per cento per ogni giorno di ritardo;
              tale situazione non è nuova. Nella metà degli anni Ottanta la necessità di una politica restrittiva in termini di cassa aveva posto al legislatore il problema (derivato) di garantire alle imprese il puntuale pagamento dei crediti vantati. Infatti, decine di migliaia di imprese erano costrette ad indebitarsi con il sistema bancario in attesa di ricevere quanto dovuto ed erano sull'orlo del fallimento. La soluzione, saggia anche se transitoria, fu il ricorso ad una normativa di compensazione-cessione dei crediti vantati verso la pubblica amministrazione, recata dal comma 9 dell'articolo 1 del decreto-legge 2 dicembre 1985, n.  688, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1986, n.  11;
              al fine di accelerare il pagamento dei crediti commerciali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n.  1 del 2012 (cosiddetto «decreto liberalizzazioni») connessi a transazioni commerciali per l'acquisizione di servizi e forniture, certi, liquidi ed esigibili, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato, con le disposizioni di cui all'articolo 35 del medesimo decreto, il Governo ha messo a disposizione complessivamente 5,7 miliardi di euro. Una somma molto al di sotto del debito complessivo delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle aziende fornitrici di beni e servizi;
              si tratta di una somma che potrà essere spesa in parte per cassa, in parte con l'assegnazione di titoli del debito pubblico se, a chiedere questa misura alternativa di pagamento saranno i creditori (fino ad un massimo di 2 miliardi di euro, inclusi nel totale complessivo dei 5,7 miliardi di euro già citato);
              slitta, invece, la norma che sanziona i futuri ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese e che prevedeva l'introduzione di un interesse di mora pari all'8 per cento. La misura era stata messa a punto dal Ministro per le politiche comunitarie al fine di recepire la direttiva europea per il contrasto ai ritardi dei pagamenti;
              il rispetto del patto di stabilità, inoltre, aggrava la situazione mettendo a rischio pagamenti, cantieri in corso e manutenzioni indispensabili per garantire la sicurezza dei cittadini. Tra il 2009 e il 2012, il blocco delle entrate si è tradotto in una riduzione di circa nove miliardi di euro, difficilmente sostenibile per i comuni che hanno dovuto far fronte alla crescente domanda di servizi sociali. I comuni hanno subito il taglio di due miliardi e mezzo di euro di trasferimenti erariali e la fissazione del loro contribuito al risanamento della finanza pubblica per una somma pari a 4 miliardi e mezzo di euro. Tutto ciò ha generato un blocco generalizzato dei pagamenti, in particolare di quelli in conto capitale;
              la procedura dei rimborsi dell'iva, che le società maturano trimestralmente nei confronti dell'erario, attualmente risulta troppo articolata e molto onerosa per le aziende. La vigente legislazione in materia di crediti iva, infatti, prevede, in virtù dell'articolo 8, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  542 del 1999, la possibilità di compensare il proprio credito iva con le altre imposte dovute. Il limite di compensazione ammesso, già dall'anno 2001 e tuttora vigente, ha un plafond di 516.456,90 euro fissato dall'articolo 34 della legge n.  388 del 2000;
              inoltre, a seguito di recenti introduzioni legislative entrate in vigore dal l o gennaio 2010, detta procedura è stata resa ancora più onerosa, sia in termini di costi che in termini di tempi rendendoli ancora più diluiti, obbligando le aziende con crediti iva superiori a 15 mila euro alla certificazione del credito da parte di professionisti abilitati i quali, al fine di rilasciare detta certificazione, debbono acquisire in azienda un grande volume di documenti fiscali da controllare. In sintesi, per i crediti iva maturati nel corso dell'anno, l'attuale normativa consente di utilizzare in compensazione solo fino al tetto citato, mentre la differenza viene chiesta a rimborso la cui liquidazione, una volta completata la presentazione della documentazione prevista, corredata di apposita ed onerosa polizza fideiussoria atta a garantire il credito chiesto a rimborso, genera tempi di attesa enormi che attualmente si aggirano intorno ai 18-24 mesi, tempi che penalizzano fortemente le aziende costringendole ad anticipare le proprie risorse finanziarie, o a dover ricorrere al credito bancario per far fronte agli impegni gestionali;
              un altro elemento che penalizza fortemente le piccole e medie imprese in termini di liquidità disponibile concerne il pagamento dell'iva su fatture emesse ma non effettivamente riscosse. Occorre, dunque, rendere permanente per i piccoli operatori economici il pagamento dell'iva al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo modificando l'articolo 7 del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2, che prevedeva la sospensione del pagamento dell'iva solo per un anno, ed aumentare il volume d'affari massimo (200 mila euro) previsto per l'applicazione della norma,

impegna il Governo:

          per quanto concerne l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese:
              a) a farsi promotore nelle debite sedi di proposte volte al coordinamento, almeno europeo, nell'applicazione omogenea delle nuove regole dell'accordo «Basilea 3» nei Paesi membri, ed a intervenire in tutte le sedi europee necessarie per ottenere la revisione del criterio che vede l'attribuzione ai titoli di Stato non del valore nominale o cedolare, ma del loro prezzo corrente di mercato, criterio che penalizza pesantemente gli istituti di credito italiani;
              b) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di prevedere che gli istituti di credito, che beneficiano della garanzia di cui all'articolo 8 decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, forniscano opportune garanzie in merito alla concessione del credito alle piccole e medie imprese ed alle famiglie, monitorandone l'attività;
              c) ad aprire un confronto con gli istituti di credito e le loro associazioni rappresentative al fine di ottenere che una percentuale dei prestiti ricevuti dagli istituti di credito nazionali da parte della Banca centrale europea con tasso agevolato dell'uno per cento sia impiegata per erogare finanziamenti alle famiglie e alle piccole e medie imprese;
              d) ad adottare le opportune iniziative normative volte ad assicurare la continuità negli anni e l'estensione dell'attività di garanzia del fondo rivolto alle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 15 della legge n.  266 del 1997, valutando la possibilità di incrementare in maniera consistente le risorse a disposizione del fondo di garanzia, il tetto dell'importo del credito garantito e le percentuali sulle quali si applica la garanzia;
          per quanto concerne il ritardo nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni:
              a) a fornire periodicamente al Parlamento i necessari elementi per un monitoraggio della situazione;
              b) a dare definitiva attuazione nel nostro ordinamento ai principi sanciti a livello comunitario in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, con particolare riguardo alle pubbliche amministrazioni;
              c) a valutare la possibilità di consentire alla Cassa depositi e prestiti, in considerazione del suo ruolo di soggetto finanziatore delle amministrazioni pubbliche, e in particolare di quelle locali, l'effettuazione di operazioni di cessione dei crediti scaduti ed esigibili, anche mediante cartolarizzazione degli stessi, con costi ed oneri finanziari a carico delle amministrazioni debitrici;
              d) ad adottare le opportune iniziative normative volte a consentire ai creditori della pubblica amministrazione di potere richiedere alle amministrazioni debitrici la certificazione delle somme dovute e, conseguentemente, cedere il relativo credito ad un istituto di credito che ne assume la piena titolarità, previo pagamento dell'intero ammontare del credito;
              e) ad ampliare il ricorso a soluzioni tecnico-giuridiche che permettano di utilizzare, per il pagamento almeno di parte del debito delle pubbliche amministrazioni, previa opzione del creditore, titoli del debito pubblico facilmente liquidabili;
              f) a prevedere che una quota significativa delle risorse per il rifinanziamento del fondo residui perenti venga destinata, in via prioritaria, al pagamento dei residui in conto trasferimenti delle regioni e degli enti locali al fine di consentire agli stessi di procedere al pagamento dei crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili vantati dalle imprese nei loro confronti, derivanti dall'acquisizione di beni e servizi, elaborando, altresì, parametri di individuazione delle priorità di pagamento dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati dalle imprese verso gli enti locali (ad esempio, anzianità del credito, esigenze di liquidità dell'impresa e altro);
          per quanto concerne le misure fiscali, ad adottare le opportune iniziative normative al fine di:
              a) provvedere ad una riforma strutturale di tutta la procedura dei rimborsi dei crediti iva, disciplinata dall'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972 e successive modificazioni, prendendo in considerazione l'ipotesi di aumentare considerevolmente l'attuale limite della compensazione almeno per quelle imprese che abitualmente, proprio in virtù del meccanismo suddetto, si trovano sistematicamente con un credito iva infrannuale da chiedere come rimborso o in compensazione, oppure, in alternativa, consentendo alle aziende di compensare, per tutto l'anno, il credito iva vantato nei confronti dell'erario con tutto ciò che gli adempimenti fiscali impongono di pagare mensilmente, in particolar modo tutte le imposte erariali ed i contributi, concorrendo in tal modo ad operare anche una semplificazione fiscale, in quanto si eviterebbe il sovrapporsi di domande di rimborso da erogare e si richiederebbe la presentazione di una sola polizza fideiussoria alla fine dell'anno ove si evidenzierebbe il residuo credito iva al netto delle compensazioni effettuate nell'anno stesso;
              b) rendere permanente, per i piccoli operatori economici, il pagamento dell'iva al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo, modificando l'articolo 7 del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2, che prevedeva la sospensione del pagamento dell'iva solo per un anno, ed aumentare il volume d'affari massimo di 200 mila euro previsto per l'applicazione della norma.
(1-00916) «Borghesi, Barbato, Messina, Di Stanislao, Donadi, Cimadoro, Piffari, Paladini».
(12 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              le piccole e medie imprese costituiscono la struttura portante della realtà industriale italiana e una risorsa essenziale per il ruolo strategico che ricoprono nel sistema economico del Paese;
              sono consapevoli, queste imprese, di rappresentare un riferimento macroeconomico unitario, tanto che cinque confederazioni nazionali, circa 600 associazioni locali e 2 milioni e mezzo di artigiani e commercianti si sono uniti nella « Rete Imprese Italia» per affermare la loro soggettività imprenditoriale in un mercato che pretende riduzione dei costi e competitività nella salvaguardia di sempre più stringenti principi di concorrenza;
              un recente studio della Commissione europea condotto sulle piccole e medie imprese ne conferma l'importanza per la loro capacità di puntare sull'innovazione e di creare nuova occupazione. Mentre il rapporto Rehn, nella prospettiva della competizione di sistema, ammonisce sulla stringente esigenza di un dimensionamento aziendale e produttivo capace di sopportare le sfide dei mercati globali, dallo studio della Commissione europea è emerso come, tra il 2002 e il 2010, l'85 per cento dei nuovi posti di lavoro è stato creato dalle piccole e medie imprese; nello specifico sono le microimprese che hanno contribuito con più forza alla crescita dell'occupazione. Tuttavia, nel periodo compreso tra il 2009 e il 2010 la crisi ha prodotto effetti dannosi, soprattutto per le piccole imprese che hanno subito un calo medio annuo dei posti di lavoro del 2,4 per cento rispetto alla riduzione dello 0,95 per cento di quelle di grandi dimensioni; un puntuale riscontro si ricava dal dato del decremento del numero delle piccole imprese italiane nella misura di 30.000 unità proprio nell'anno 2009;
              così come, secondo la valutazione di Unioncamere, mentre l'affidabilità complessiva delle piccole e medie imprese si attesta al 34 per cento, quella delle sole imprese di medie dimensioni si colloca oltre il 50 per cento;
              in Italia, su un totale di 4,5 milioni di imprese dell'industria e dei servizi, il 95 per cento di esse sono rappresentate da aziende con meno di 10 addetti, garantendo l'occupazione al 47 per cento dei lavoratori del settore, pari a circa 17,5 milioni;
              date le particolari caratteristiche strutturali di tali aziende, un elemento essenziale da sottolineare è rappresentato da un forte vincolo di dipendenza dal credito bancario. Nel caso delle piccole e medie imprese, infatti, circa il 40 per cento delle loro passività è costituito dal debito nei confronti delle banche;
              secondo i dati della Banca d'Italia, le forti pressioni esercitate sul mercato dei titoli italiani, ma anche la crisi sui debiti sovrani di molti Stati, hanno prodotto conseguenze negative sulle operazioni di raccolta delle banche che, a loro volta, hanno inciso profondamente sulle condizioni di offerta di credito all'economia reale;
              ne è derivata una forte contrazione dei prestiti alle famiglie e un deciso rallentamento dei finanziamenti alle imprese che, di conseguenza, ne penalizza la competitività determinando minori investimenti e ridotte possibilità di crescita, a fronte di un dato secondo il quale le piccole e medie imprese, anche nel corso di questa crisi prolungata, mantengono una propensione all'investimento nella misura dell'80 per cento, contando per il 53 per cento su mezzi propri e per il 39,1 per cento sul credito bancario;
              in un'indagine condotta dalla Banca d'Italia, in collaborazione con IlSole 24 ore, nel mese di dicembre 2011, la quota di imprese che segnala un peggioramento delle condizioni di accesso al credito è pari al 49,7 per cento, rispetto al 28,6 per cento registrato a settembre 2011: un valore superiore a quello raggiunto nel 2008 al culmine della crisi finanziaria;
              sempre secondo le statistiche di Banca d'Italia, a gennaio 2012 il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti al settore privato è sceso all'1,6 per cento dal 2,3 per cento di dicembre 2011. Su tali dati ha inciso in particolar modo la riduzione dei prestiti alle società non finanziarie scesa all'1,3 per cento dal 2,6 per cento, mentre il tasso di crescita dei prestiti alle famiglie si è ridotto al 3,1 per cento dal 3,4 per cento;
              le difficoltà di raccolta e di liquidità delle banche italiane, che hanno portato alla stretta creditizia, il cosiddetto credit crunch, si sono ulteriormente aggravate alla fine del 2011;
              i ripetuti interventi della Banca centrale europea hanno evitato che la stretta sul credito producesse effetti ancor più devastanti sull'economia reale. L'obiettivo, infatti, è stato quello di immettere nel sistema bancario liquidità illimitata e a basso prezzo, per dare fiato alle imprese e nuovo slancio ai bilanci bancari. Ciò nonostante, i risultati ottenuti sono stati di gran lunga inferiori rispetto alle aspettative;
              le banche italiane, infatti, in occasione dell'operazione realizzata dalla Banca centrale europea nel dicembre 2011, hanno utilizzato buona parte del prestito di 116 miliardi di euro per acquistare titoli di Stato, cosa che ha sì garantito una riduzione dei tassi d'interesse sul debito pubblico italiano, ma, nello stesso periodo, ha prodotto un calo dei prestiti bancari ad imprese e famiglie di 20 miliardi di euro, a fronte di un aumento a gennaio 20121 del costo dei finanziamenti alle imprese stesse dell'1,3 per cento rispetto allo stesso mese del 2011;
              nel 2011 ben il 71 per cento dell'afflusso di risorse è derivato dalla Banca centrale europea con un apporto pari a 159 miliardi di euro, mentre solo l'11 per cento da depositi e obbligazioni, per un ammontare pari a 24 miliardi di euro;
              recentemente la Banca centrale europea ha avviato un'altra operazione di rifinanziamento all'1 per cento per tre anni, assegnando alle banche un prestito pari a circa 530 miliardi di euro, ancora una volta con lo scopo di porre un freno alla stretta del credito, sostenere il debito sovrano degli Stati e dare nuovo respiro alle imprese europee. Gli istituti italiani avrebbero chiesto circa 139 miliardi di euro;
              i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione aggravano ulteriormente i problemi di liquidità di molte imprese italiane. La Confindustria stima che nel 2011, per la liquidazione delle fatture, le imprese hanno atteso in media 180 giorni a fronte dei 128 giorni nel 2009. Secondo stime ufficiose, il debito della pubblica amministrazione ammonterebbe a circa 70 miliardi di euro: condizione di sofferenza accentuata e aggravata dal fatto che le imprese sovente ricorrono al credito bancario esclusivamente per il circolante, cioè per garantire la loro sopravvivenza in un tempo in cui l'incasso delle fatture commerciali è divenuto del tutto aleatorio;
              è di fine febbraio 2012 l'accordo contenente le «Nuove misure per il credito alle piccole e medie imprese» sottoscritto dall'Associazione bancaria italiana, alcune associazioni di categoria, il Ministro dello sviluppo economico ed il Viceministro dell'economia e delle finanze. L'accordo prevede diverse tipologie di interventi finanziari a favore delle piccole e medie imprese in modo da garantire loro adeguate risorse e di sostenere la ripresa dell'economia reale;
              è il momento di non indugiare in abusati quanto pleonastici peana in favore delle piccole e medie imprese del sistema Italia per garantire loro il sostegno attivo consentito dalla cornice legislativa comunitaria e dallo sforzo finanziario di tutto il Paese; peraltro, gli interventi mirati qualitativamente e quantitativamente al consolidamento del potenziale produttivo e occupazionale delle piccole e medie imprese entrano a pieno diritto nel novero del rilancio economico dell'intero Paese;
              è condivisibile il discusso sentimento secondo il quale quello delle medie imprese può e deve costituire un modello efficace da sostenere, favorire e irrobustire,

impegna il Governo:

          ad adottare le opportune iniziative al fine di aumentare le possibilità di accesso al credito delle piccole e medie imprese, finalizzato ad investimenti in miglioramenti dell'efficienza tecnologica e organizzativa, anche attraverso sistemi più trasparenti nella gestione delle informazioni aziendali e nelle modalità di determinazione dei rating delle aziende da parte delle banche, come presupposto per la costituzione di un fondo finanziato annualmente, a valere sul bilancio del Ministero dello sviluppo economico, che si faccia carico delle spese di accesso al credito delle piccole e medie imprese presso il sistema bancario, nei casi documentati di crediti a bilancio nei confronti di pubbliche amministrazioni centrali e territoriali e dei loro enti di riferimento, nonché di crediti commerciali;
          ad assumere iniziative normative che dispongano di privilegiare, negli interventi a favore delle piccole e medie imprese, quelli che sviluppino in maniera documentata progetti produttivi fondati sul valore della prossimità territoriale, in particolare nei distretti industriali, implementino i processi di economie di filiera e evidenzino efficienti programmazioni di riduzione della delocalizzazione produttiva;
          ad assumere iniziative di semplificazione e di vantaggio per i processi di condivisione tra le piccole e medie imprese delle attività di ricerca e sviluppo, nella logica imprenditoriale condivisa della costruzione di sinergie territoriali, dando priorità alle aziende che avviino concreti progetti interregionali;
          a dare immediata esecuzione all'accordo sottoscritto a fine febbraio 2012, al fine di sostenere le piccole e medie imprese e garantire la ripresa dell'economia reale;
          ad assumere ogni altra iniziativa volta a recuperare le risorse necessarie per risolvere l'annosa questione dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione e ridurre in tal modo il debito non più tollerabile nei confronti delle piccole e medie imprese, senza traslazione di oneri sui bilanci delle famiglie.
(1-00924) «Mosella, Fabbri, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Versace, Vernetti, Brugger».
(13 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              il tessuto imprenditoriale italiano è composto da 4,5 milioni di aziende, di cui il 99,8 per cento sono classificabili come micro, piccole e medie imprese, con una quota degli occupati pari circa all'81,7 per cento del totale, con un livello del valore aggiunto prodotto che si attesta intorno al 72,5 per cento del valore complessivo;
              sul totale delle micro, piccole e medie imprese, le statistiche mostrano che le microimprese (meno di 10 addetti) costituiscono la stragrande maggioranza, con una quota pari al 94,8 per cento;
              appare necessario, stante la grave crisi che coinvolge soprattutto le micro, piccole e medie imprese, attuare manovre e applicare norme che consentano alle stesse di usufruire di un po’ di ossigeno per non rischiare che entrino nel tunnel della chiusura definitiva della propria attività, con le conseguenze facilmente immaginabili per l'occupazione e per l'economia del Paese;
              le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale prospettano un rischio recessione per la l'economia, con un calo del prodotto interno lordo del 2,2 per cento nel 2012;
              ciò pone la classe dirigente del Paese, la politica e il Governo davanti all'urgenza di scelte immediate e non più rinviabili, stante l'assunto da tutti riconosciuto che senza una ripresa dello sviluppo si è condannati al fallimento;
              la crisi ha, comunque, accentuato le difficoltà – invero presenti da numerosi anni – per il cuore del sistema economico italiano, le piccole e medie imprese, di reperire le risorse necessarie per continuare ad operare e crescere in un mercato dominato da una logica di profitto a breve termine, in cui i capitali vengono attirati dalle attività più speculative, determinando un preoccupante e dannoso deficit di risorse per il settore, che rappresenta la maggior parte dell'occupazione in Italia e che contraddistingue un tessuto economico basato sull'innovazione, la flessibilità e la solidarietà;
              infatti, dagli anni Novanta è iniziata una commistione tra le attività finanziarie ordinarie, rappresentate dai depositi, i mutui, i prestiti alle imprese, e le attività speculative che, negli ultimi anni in particolare, hanno mostrato la loro vera natura minacciando di gettare il mondo in una depressione economica senza paragoni. Di fronte a questa prospettiva, Governi e le banche centrali hanno attuato numerosi salvataggi, caricando sui contribuenti ulteriori debiti prodotti da chi ha speculato per conto proprio;
              è necessario garantire che il sistema finanziario sia al servizio dell'economia reale, a differenza della tendenza degli ultimi anni in cui le attività puramente speculative hanno preso il sopravvento sul resto dell'economia, provocando anche un forte deficit di investimenti nei beni e servizi necessari per mantenere e accrescere il tenore di vita della popolazione;
              la Commissione europea, già nel 2008, pubblicò lo small business Act che stabiliva i 10 principi che si sarebbero dovuti adottare dai Governi per garantire il sostegno delle piccole e medie imprese, ovvero: dar vita a un contesto in cui imprenditori e imprese familiari possano prosperare e che sia gratificante per lo spirito imprenditoriale; far sì che imprenditori onesti, che abbiano sperimentato l'insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilità; formulare regole conformi al principio «pensare anzitutto in piccolo»; rendere le pubbliche amministrazioni permeabili alle esigenze delle piccole e medie imprese; adeguare l'intervento pubblico alle esigenze delle piccole e medie imprese; facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici e usare meglio le possibilità degli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese; agevolare l'accesso delle piccole e medie imprese al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali; aiutare le piccole e medie imprese a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico; promuovere l'aggiornamento delle competenze nelle piccole e medie imprese e ogni forma di innovazione; permettere alle piccole e medie imprese di trasformare le sfide ambientali in opportunità; incoraggiare e sostenere le piccole e medie imprese perché beneficino della crescita dei mercati;
              l'Italia ha dato attuazione alla comunicazione della Commissione europea del 2008 con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2010 sullo small business Act;
              dai monitoraggi effettuati nel corso degli anni, è risultato che l'Italia è il Paese dell'Unione europea con il maggior numero di imprese di piccole dimensioni. Infatti, più di una piccola e media impresa europea su cinque è italiana e le piccole e medie imprese nel loro insieme rappresentano il 99,8 per cento del totale delle imprese europee. Più di nove su dieci hanno meno di dieci dipendenti e in esse trovano occupazione due terzi dei lavoratori europei. Le aziende artigiane, inoltre, sono 5 milioni e la microimpresa italiana crea il 31,5 per cento del valore aggiunto del Paese, mentre in altri Paesi come Inghilterra e Germania il dato è circa la metà;
              nonostante la grave crisi economica e finanziaria che ha colpito il nostro Paese, le piccole e medie imprese costituiscono ancora il volano dell'occupazione italiana;
              le difficoltà che le micro, piccole e medie imprese sono chiamate ad affrontare in un periodo di grave crisi economica sono di carattere legislativo, creditizio e finanziario;
              la crisi economica e finanziaria ha ridotto drasticamente la possibilità delle piccole e medie imprese di accedere al credito. Ciò le priva, in molti casi, di quell'ossigeno necessario alla sopravvivenza e impedisce alle stesse imprese di programmare nuovi investimenti;
              l'origine finanziaria della crisi globale ha evidenziato la necessità di intervenire, nell'ottica di patrimonializzare, sugli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che essi assumono;
              al fine di scongiurare il verificarsi di una nuova crisi finanziaria si è intervenuti apportando significative modifiche all'accordo noto con il nome di «Basilea 2», stilando il testo del «Basilea 3». In base agli accordi raggiunti, il requisito minimo per il common equity – la componente di capitale con la maggiore capacità di assorbire le perdite – sarà innalzato dall'attuale livello del 2 per cento al 4,5 per cento;
              il nuovo coefficiente sarà introdotto con gradualità entro il 1o gennaio 2015;
              il requisito per il patrimonio di base, che, oltre al common equity, comprenderà altri strumenti finanziari computabili sulla base di criteri più stringenti rispetto agli attuali, sarà elevato dal 4 al 6 per cento nell'arco dello stesso periodo;
              è stato, altresì, stabilito che il capital conservation buffer (cuscinetto di protezione del patrimonio), aggiuntivo rispetto ai requisiti minimi regolamentari, sia calibrato al 2,5 per cento e costituito da common equity al netto delle deduzioni e sarà applicato a seconda delle specifiche situazioni nazionali;
              lo scopo del nuovo buffer di capitale è quello di assicurare che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter impiegare per assorbire le perdite durante i periodi di stress finanziario ed economico. Da un lato, le banche potranno attingere a tale risorsa in situazioni di stress, dall'altro, quanto più i loro coefficienti patrimoniali regolamentari si avvicineranno al requisito minimo, tanto maggiori saranno i vincoli posti alla distribuzione degli utili. Tali coefficienti patrimoniali sono integrati da un indice di leva finanziaria non basato sul rischio, che funge da supporto ai coefficienti descritti in precedenza basati sul rischio;
              inoltre, è stato deciso di sperimentare un coefficiente minimo di leva finanziaria per il patrimonio di base del 3 per cento durante il corrispondente periodo di sperimentazione;
              a seconda dei risultati della fase sperimentale, gli eventuali aggiustamenti definitivi saranno apportati nella prima metà del 2017, con l'obiettivo di trasformarlo, a partire dal 1o gennaio 2018, in requisito minimo nell'ambito del primo pilastro del regime di «Basilea 2», subordinatamente a un'appropriata revisione delle regole di calcolo e alla fissazione del livello di calibrazione;
              sono state previste disposizioni transitorie per l'applicazione dei nuovi standard, fatto che contribuirà ad assicurare che il settore bancario sia in grado di rispettare coefficienti patrimoniali più elevati, attraverso ragionevoli politiche di accantonamento degli utili e di aumenti di capitale, assicurando in pari tempo il credito all'economia;
              in aggiunta, dopo un periodo di osservazione che prenderà avvio nel 2011, l'indice di copertura della liquidità a breve sarà introdotto il 1o gennaio 2015. L'indicatore strutturale dell'equilibrio finanziario sarà trasformato in requisito minimo il 1o gennaio 2018;
              in sintesi: i principali timori di «Basilea 3» sono riconducibili, da un lato, all'utilità e all'efficacia dell'accordo e, dall'altro, alle conseguenze che esso potrebbe avere sulle imprese e, più in generale, sull'economia reale;
              ad essere maggiormente penalizzati sono i Paesi con modelli di business come l'Italia, fondati, cioè, sul canale del credito bancario per il finanziamento alle imprese;
              le lentezze di ordine burocratico e i tempi ormai incredibilmente lunghi della giustizia civile costituiscono degli ulteriori ostacoli per le piccole e medie imprese che ne escono fortemente penalizzate per la difficoltà di veder soddisfatti i propri crediti in tempi ragionevoli,

impegna il Governo:

          a verificare e, se necessario, ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia assicurata l'erogazione del credito, al fine di prevenire e scongiurare che le stesse imprese e le famiglie debbano pagare le eventuali conseguenze negative dell'applicazione dei nuovi parametri patrimoniali previsti da «Basilea 3»;
          a migliorare il rapporto tra pubblica amministrazione e aziende, potenziando, se necessario, il fondo di garanzia al fine di rendere meno difficoltoso l'accesso al credito dei piccoli e medi imprenditori;
          a promuovere un quadro organico di interventi a favore delle micro, piccole e medie imprese, asse portante dell'economia italiana;
          a promuovere le necessarie iniziative normative per ovviare ai ritardi nei pagamenti delle transazioni, in particolar modo quelle che interessano le pubbliche amministrazioni;
          ad attivare politiche tese a ridurre la pressione fiscale, in particolare sulle imprese di piccole e medie dimensioni e sulle famiglie;
          a sostenere l'internazionalizzazione, l'innovazione e la ricerca, la cooperazione in reti, oltre che la tutela del made in Italy, presupposto indispensabile per mantenere in vita molte imprese artigiane;
          a verificare la possibilità di assumere iniziative per una proroga dei pagamenti dovuti all'erario per le imprese colpite, a vario titolo, dagli ultimi eventi atmosferici disastrosi a partire dalla zone dove è stato riconosciuto lo stato di calamità.
(1-00929) «Polidori, Moffa, Calearo Ciman, Catone, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».
(15 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              i problemi connessi alla crisi dei debiti sovrani e gli interventi regolamentari che hanno imposto alle banche di procedere ad ingenti ricapitalizzazioni contribuiscono all'acutizzarsi delle difficoltà nell'accesso al credito;
              conseguentemente, le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale del tessuto economico e produttivo del nostro Paese e che, nel loro complesso, rappresentano i tre quarti della forza lavoro dipendente ed il 98 per cento delle aziende italiane, stanno correndo un grossissimo rischio, quello di vedersi chiudere totalmente i «rubinetti» del credito. Tutto ciò va ad aggiungersi ai ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni;
              la normativa europea di recepimento dell'accordo di «Basilea 3», prevede un generale inasprimento dei requisiti patrimoniali per le banche che, se da una parte accresce la fiducia nella solvibilità delle banche medesime, dall'altra rischia di tradursi in maggiori costi per il sistema produttivo, specialmente per le piccole e medie imprese che sono da sempre «banco-centriche», mentre le poche grandi aziende italiane si rivolgono direttamente al mercato;
              la crisi economica ha fatto diminuire il fatturato delle piccole e medie imprese italiane del 30 per cento, inducendo le banche a chiedere loro il rientro dai fidi concessi in tempi ristretti e il numero percentuale delle piccole e medie imprese che negli ultimi mesi ha avuto problemi di accesso ad un finanziamento bancario è pari al 43 per cento;
              l'Autorità bancaria europea (european banking Authority) ha adottato una raccomandazione che prevede la creazione, entro il prossimo mese di giugno 2012, di una riserva supplementare di fondi propri da parte delle banche, chiedendo di aumentare il «Core Tier 1» delle banche stesse, portandolo al 9 per cento minimo. Tali requisiti non stanno diffondendo la fiducia che l'Autorità bancaria europea si proponeva;
              per la valutazione del rischio, l'Autorità bancaria europea ha usato il criterio market to market, ossia l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli ma il prezzo corrente di mercato, che per i titoli sovrani italiani detenuti dalle banche italiane ha significato un deprezzamento di oltre il 15 per cento del valore nominale, con effetti pesanti sui mercati e sulle minusvalenze dei conti;
              l'Associazione bancaria italiana ha proposto l'introduzione di specifici coefficienti, per esempio, il pmi supporting factor da applicare all'ammontare destinato a riserva secondo i parametri di «Basilea 3» per far sì che i rigidi requisiti patrimoniali richiesti non si traducano una restrizione ulteriore di erogazione del credito alle piccole e medie imprese;
              la Banca centrale europea ha attivato, l'8 dicembre 2011, due finanziamenti straordinari (il long term refinancing operation-ltro), della durata di 36 mesi a favore delle banche, allo scopo di garantire l'accesso alla liquidità agli istituti di credito, per oltre 1.000 miliardi di euro e più precisamente, il 21 dicembre 2011, la prima asta ha visto assegnare oltre 489 miliardi di euro e la seconda, il 29 febbraio 2012, quasi 530 miliardi di euro, al tasso fisso dell'1 per cento. Le banche italiane hanno fatto ricorso a questo finanziamento rispettivamente per 116 miliardi di euro la prima volta e per 139 di euro miliardi la seconda, che in parte sono andati al riassorbimento di operazioni in scadenze a breve;
              il governatore della Banca d'Italia, in suo recente intervento all'Assiom Forex, ha detto che: «le imprese si trovano a dover fronteggiare un inasprimento delle condizioni creditizie» ed ha invitato le banche a «valutare attentamente il merito di credito, senza far mancare il sostegno finanziario ai clienti solvibili e meritevoli»;
              presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il fondo centrale di garanzia con lo scopo di favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dalle banche;
              l'analisi annuale per la crescita 2012, presentata dalla Commissione europea il 23 novembre 2011 (COM(2011)815 def.) prevede espressamente di «ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia» e pone «l'esigenza di garantire che le banche rafforzino i propri coefficienti patrimoniali consolidando le proprie posizioni patrimoniali e non limitando indebitamente l'erogazione di prestiti all'economia reale» e di «rivedere le norme prudenziali per evitare che penalizzino indebitamente l'erogazione di prestiti alle piccole e medie imprese»;
              altro fattore di forte criticità per le imprese è dato dai ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione: l'ammontare complessivo viene stimato intorno ai 70 miliardi di euro e l'entità dei ritardi accumulati ammonta mediamente a 128 giorni, contro una media europea di 65 giorni, con un range che va da un minimo di 92 ad un massimo di 664 giorni,

impegna il Governo:

          ad adottare le opportune iniziative al fine di aumentare le possibilità di accesso al credito delle piccole e medie imprese, finalizzato ad investimenti per l'innovazione dei prodotti e dei processi;
          ad adoperarsi in sede europea al fine di:
              a) sospendere l'entrata in vigore delle misure volte a fissare livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche;
              b) intervenire in merito ai requisiti patrimoniali delle banche affinché siano introdotti meccanismi correttivi per la ponderazione del rischio di credito relativo ai prestiti alle piccole e medie imprese;
          ad adottare iniziative normative volte a rendere più veloci i pagamenti dei crediti della pubblica amministrazione, accelerando il recepimento e l'applicazione della direttiva 2011/7/UE;
          ad assumere iniziative volte a istituire un fondo presso la Cassa depositi e prestiti, atto ad accollarsi l'onere della parte di debiti, delle autonomie locali, verso le piccole e medie imprese garantiti da disponibilità a bilancio ma non utilizzabili per i vincoli del rispetto del patto di stabilità interno.
(1-00948) «Cambursano, Giulietti, Giorgio Merlo, Barbi, Zampa, Mario Pepe (PD), Portas, Marmo, La Forgia, Santagata, Recchia».
(21 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              sebbene sia stata innescata dai crack finanziari di soggetti privati internazionali prima e dai rischi di insolvenza dei debiti sovrani in seguito, la crisi che sta attraversando l'Italia ha origini più antiche ed interne poiché l'Italia registrava bassi tassi di sviluppo già dall'inizio degli anni 2000;
              le piccole e medie imprese rappresentano un patrimonio di fondamentale importanza per l'economia italiana e uno dei principali elementi di vitalità del nostro Paese, ma rappresentano altresì il settore che sta maggiormente soffrendo dell'attuale contingenza economica;
              nell'attuale scenario, oltre al calo della domanda interna ed estera, le difficoltà incontrate dalle piccole e medie imprese sono di ordine finanziario e possono essere principalmente ricondotte a due ordini di problemi: le difficoltà di accesso al credito e di rientro dei prestiti ricevuti dalle banche; i ritardi dei pagamenti dei crediti vantati nei confronti sia della pubblica amministrazione, sia dei clienti privati;
              in tema di credito non ha certo giovato l'introduzione dei nuovi requisiti patrimoniali per gli istituti bancari, previsti dall'accordo «Basilea 3», per garantire la stabilità del sistema che ha determinato effetti restrittivi nell'erogazione del credito alle piccole e medie imprese;
              oltre agli effetti derivanti dall'accordo «Basilea 3», le banche italiane devono scontare anche le conseguenze derivanti dalla richiesta dell'Autorità bancaria europea alle banche europee di aumentare la propria capitalizzazione, al fine di rafforzare la fiducia dei mercati nella capacità degli istituti di credito di fronteggiare gli shock provenienti dal fronte dei debiti sovrani;
              la seconda long term refinancing operation (ltro) della Banca centrale europea ha assegnato 529,53 miliardi di euro in asta a 36 mesi al tasso dell'1 per cento e segue quella di 489 miliardi di euro collocati a dicembre 2011, entrambe finalizzate a stimolare la concessione di prestiti da parte delle banche;
              in questa delicata fase, i consorzi di garanzia collettiva dei fidi hanno continuato a svolgere un'importante funzione e a rappresentare uno strumento efficace nel migliorare le condizioni di accesso ai prestiti e nell'aumentare la qualità del credito bancario alle imprese, soprattutto di minore dimensione, consentendo, in particolare, a quelle associate a consorzi di garanzia di ottenere linee di credito a tassi d'interesse più bassi rispetto a quelle non associate;
              in tal senso, infatti, l'Italia rappresenta un caso di successo in termini di penetrazione della garanzia sul totale dei finanziamenti concessi alle imprese;
              tuttavia, mentre i Paesi esteri si caratterizzano per la presenza di schemi di filiera della garanzia semplici e strettamente correlati alle politiche economiche e industriali «centrali», nonché per l'assenza di capillarità distributiva e contribuzione privata alla formazione delle risorse a sostegno della filiera stessa, l'Italia, al contrario, presenta un modello distributivo molto sviluppato e con forti legami sul territorio, basato essenzialmente sul soggetto confidi quale attore principale della garanzia diretta e di primo livello, ma, al contempo, la filiera è lunga e complessa, con molte sovrapposizioni tra i diversi attori, istituzionali e non, e una minore focalizzazione di politica economica;
              i diversi accordi denominati «moratoria» concordati tra le organizzazioni di impresa, l'Abi e i Ministeri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico hanno consentito a tutte le piccole e medie imprese di attenuare gli effetti della carenza di liquidità attraverso la sospensione delle rate di mutui e di leasing;
              la nuova «moratoria», resa possibile anche grazie alla liquidità messa a disposizione dalla Banca centrale europea, riguarda un'ampia gamma di linee di credito aperte dalle imprese, così da consentire ad un gran numero di piccole e medie imprese di beneficiare della sospensione delle rate di mutui e di leasing o dell'allungamento delle anticipazioni bancarie;
              in tema di ritardo nei pagamenti dalla pubblica amministrazione in Italia (che costano alle piccole e medie imprese 3,7 miliardi di euro di oneri finanziari), è stato stimato che, al termine contrattuale di 90 giorni, si somma un ritardo medio di altri 90 giorni, per un totale di 180 giorni, il che rende la pubblica amministrazione italiana il peggiore pagatore d'Europa. Tuttavia, sebbene nel Mezzogiorno il cliente prevalente delle imprese è la pubblica amministrazione, nel Nord e nel Centro, invece, i clienti sono soprattutto privati e anche qui la situazione è difficilissima, anche perché le azioni legali sono costose per la lunghezza dei tempi della giustizia e spesso inefficaci;
              su questo tema sono stati recentemente adottati appositi decreti attuativi da parte del Governo per agevolare la certificazione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione, nonché per rendere possibile la compensazione tra posizioni creditorie e debitorie delle stesse imprese nei confronti dello Stato. Inoltre, è stato sottoscritto un nuovo accordo tra l'Abi e le rappresentanze delle imprese, che mira ad agevolare e rendere più conveniente per le imprese le operazioni di «smobilizzo» dei crediti che queste ultime vantano nei confronti della pubblica amministrazione, in linea con quanto previsto dagli stessi decreti attuativi;
              la scarsa liquidità e l'insolvibilità non spiegano da sole la crisi che sta attraversando il mondo delle piccole e medie imprese;
              esistono anche altri fattori che hanno determinato questa situazione legati alla redditività e alla capacità delle imprese di restare competitive,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative presso le competenti sedi europee al fine di mitigare gli effetti, in particolare con riferimento all'accesso al credito delle piccole e medie imprese, derivanti dall'applicazione delle nuove regole stabilite dall'Unione europea in materia di coefficienti patrimoniali e di capitalizzazione delle banche italiane (come, ad esempio, il supporto all'iniziativa promosso dall'Abi e dalle altre rappresentanze di impresa per l'applicazione di uno specifico coefficiente che sterilizzi gli effetti avversi di «Basilea 3» sui prestiti alle piccole e medie imprese);
          ad adottare iniziative volte a rafforzare il ruolo e l'operatività dei consorzi di garanzia collettiva fidi;
          a ridefinire e semplificare la filiera italiana delle garanzie oggetto di finanziamento ai privati (retail), preservandone la natura fortemente sussidiaria e basata sullo strumento dei confidi;
          a vigilare, per quanto di competenza, affinché la nuova normativa in tema di compensazione tra i crediti commerciali verso la pubblica amministrazione e i debiti tributari venga applicata correttamente, producendo così i risultati sperati;
          a recepire tempestivamente, nell'ambito della delega contenuta nell'articolo 10 della legge n.  180 del 2011, cosiddetto statuto delle imprese, la direttiva comunitaria sui ritardi di pagamento, anche per ridurre il rischio di far accumulare nuovi debiti da parte della pubblica amministrazione e dei clienti privati.
(1-00970)
(Nuova formulazione) «Ciccanti, Galletti, Anna Teresa Formisano, Ruggeri, Pezzotta, Occhiuto, Compagnon, Naro, Volontè, Poli, Libè».
(26 marzo 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              in questi ultimi mesi il nostro Paese affronta una crisi economica di portata continentale e mondiale. La crisi, nata come finanziaria, si è presto rivelata molto più profonda, mostrando in poco tempo la sua natura economica e produttiva; il rischio reale è che possa sfociare in una crisi anche sociale. Anche per evitare questa possibile quanto pericolosa degenerazione è nato il Governo del senatore Monti, la cui genesi è stata accompagnata dalla maturata consapevolezza del baratro che anche il nostro Paese aveva ed ha di fronte a sé. Un baratro in cui non si può cadere perché in tal caso l'Italia trascinerebbe con sé l'intera Europa, una nuova realtà ma fondamentale per il mantenimento degli equilibri mondiali;
              la globalizzazione ha posto e pone di fronte alla consapevolezza che il destino dell'Italia è legato indissolubilmente a quello degli altri Paesi. Le decisioni che si prendono in ogni singolo Paese hanno oggi ripercussioni ed effetti su realtà che fino a pochi anni fa si potevano considerare molto più distanti di quanto non siano oggi. Questa consapevolezza, è bene sottolinearlo, aumenta e deve aumentare il grado di responsabilità di chi è chiamato a decidere;
              ebbene, l'attuale Governo sta agendo su più fronti, consapevole che il tempo è un fattore determinante della sua azione. In pochi mesi ha affrontato liberalizzazioni, semplificazioni, riforma del sistema pensionistico, ora quella del mercato del lavoro. Su quest'ultima è in corso un confronto necessario. Si tratta di provvedimenti che sono destinati a lasciare il segno nel tessuto sociale del nostro Paese; tanto più sarà profondo tale segno, tanto più sarà dimostrata l'efficacia delle scelte fatte;
              rigore e sviluppo sono i riferimenti cardine su cui si sta muovendo l'azione riformatrice. Ma se per ciò che attiene al rigore l'intervento legislativo e normativo può certo considerarsi direttamente efficace, per quanto riguarda lo sviluppo la sua efficacia non può essere considerata altrettanto diretta. L'intervento normativo nell'ottica del rilancio dello sviluppo può, cioè, essere certamente utile, ma come premessa, come fattore agevolativo e semplificativo, non certo come fattore determinante. Lo sviluppo non si può creare per decreto, sono le forze produttive del Paese a poterlo determinare, ma queste vanno messe nelle condizioni adeguate per farlo; questo è il compito della politica e delle istituzioni che la rappresentano;
              in questo senso molto c’è da fare, se il rigore voluto e perseguito sta producendo effetti avvertiti quotidianamente dai cittadini italiani, ebbene le scelte propedeutiche al rilancio del Paese devono avere la stessa efficacia, devono essere avvertite nella stessa maniera dai nostri concittadini;
              la pubblica amministrazione riveste in questo quadro un ruolo centrale; può e deve essere considerata come uno strumento fondamentale per il rilancio del sistema economico italiano; può essere il volano della ripresa;
              invece, uno dei principali ostacoli sulla strada del possibile rilancio del Paese è rappresentato proprio dal ritardo cronico dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, una situazione questa non più sostenibile. Attualmente la realizzazione di importanti opere pubbliche, necessarie per ammodernare il Paese e riprendere il ciclo dello sviluppo economico, sono a rischio per il blocco della liquidità dell'amministrazione pubblica;
              investire nel rilancio delle opere pubbliche rappresenta un'opzione non di secondo piano per il rilancio dell'economia e della produttività del sistema Italia, ma, di fatto, questa possibilità viene resa impraticabile;
              gli enti locali in Lombardia pagano mediamente in 120 giorni, in Campania pagano con 365 giorni di ritardo, in Calabria addirittura si raggiunge il tetto di ben 600 giorni. Bisogna, però, tener conto che vi sono pure al Nord realtà in cui è ben evidente questa patologia del rapporto fra le imprese fornitrici di beni e servizi e gli enti locali. Ottenere una commessa per un'impresa privata in queste condizioni può rappresentare una vera e propria iattura per il proprio conto economico;
              questa situazione tiene lontani gli investimenti pubblici e privati da un'area come quella del Mezzogiorno, che, non va sottaciuto, rappresenta un mercato di consumo per le imprese del Nord e potrebbe diventare un'area strategica per il rilancio dell'economia dell'intero Paese;
              il rilancio degli investimenti infrastrutturali al Sud e nelle altre aree depresse del Paese rappresenta un'opportunità che deve essere colta, anche perché una scelta del genere contribuirebbe a sviluppare sul territorio quella serie di piccole e medie imprese private che potrebbero ridare, con la loro stessa esistenza, linfa all'intero Meridione e non solo;
              lo Stato, le regioni e gli enti locali possono rappresentare un'opzione in più, uno strumento importante, attraverso i loro investimenti, per veicolare, diffondere e invogliare l'iniziativa privata sul territorio. Nell'interesse, si badi bene, non solo delle aree eventualmente interessate, ma dell'intero sistema Paese e delle aziende non solo locali che potrebbero essere coinvolte in un piano nazionale di investimenti sul territorio;
              fino a qualche anno fa le regioni riuscivano a pagare i fornitori di beni e servizi con più tempestività, perché potevano utilizzare i fondi di riequilibrio o, comunque, ricorrevano con maggiore possibilità all'indebitamento. Entrambe le ipotesi oggi non sono più percorribili. Inoltre, è necessario tenere conto del vincolo imposto dal patto di stabilità. In virtù proprio del patto di stabilità, si è di fronte ad una situazione particolare per la quale alcune regioni, pur avendo risorse disponibili, non possono utilizzarle, mentre altre non hanno praticamente denaro in cassa. Dunque, in una situazione di crisi come quella attuale, esistono risorse che di fatto si rendono indisponibili;
              di fronte a questa situazione i Repubblicani Azionisti hanno proposto la necessità di discutere nelle sedi opportune l'ipotesi che le risorse finanziarie inutilizzate possano essere rimesse in circolo con l'istituzione di un fondo di garanzia, attraverso il quale il Governo sia garante dei pagamenti anche delle autonomie locali;
              una proposta avanzata anche in virtù della consapevolezza che il Governo ha da poco messo a disposizione ben 1 miliardo di euro al di fuori del patto di stabilità e sta lavorando per diminuire l'incidenza dei vincoli esistenti, scelta questa che comporta la spesa di ingenti risorse economiche; di fronte a tale impegno, pensare di rendere utilizzabili risorse attualmente rese indisponibili appare vieppiù necessario;
              una necessità ancora più evidente; in una fase come quella attuale, nella quale anche il sistema bancario mostra evidenti segnali di difficoltà e l'accesso al credito diventa sempre più difficile, l'azione della pubblica amministrazione, come detto, può diventare una valvola di stabilità fondamentale. Essa può ridare ossigeno a moltissime imprese di tutto il Paese del Sud e forse e soprattutto del Nord;
              in occasione di un dibattito in Assemblea, il rappresentante del Governo ha ricordato i numerosi interventi effettuati negli ultimi anni, per cercare di risolvere la criticità del ritardo dei pagamenti: dall'articolo 9 del decreto-legge 1o luglio 2009, n.  78, al più recente articolo 13, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n.  183, sino alla previsione di una disciplina da definire con un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata. Per quanto utili e necessari gli interventi citati non sono risultati risolutivi, almeno non così sono stati percepiti ed avvertiti;
              una consapevolezza questa che aumenta di fronte alla drammatica carenza di liquidità cui sono sottoposte le piccole e medie imprese del Paese, che rappresentano, come è noto, la spina dorsale del sistema produttivo italiano;
              in Italia l'iniziativa imprenditoriale, infatti, non manca: il numero di aziende che il Paese vanta è pari a 3,8 milioni; è quasi il doppio di quelle che si possono contare nella locomotiva d'Europa, ovvero in Germania (2 milioni e 38 mila). Ma quasi il 95 per cento delle imprese italiane ha una dimensione ridotta con un numero di dipendenti inferiore a dieci. In particolare, in Italia su un totale di 3.849.258 di imprese, il 94,5 per cento è costituito da micro imprese, il 4,9 per cento da piccole, lo 0,5 da medie e solo lo 0,1 per cento da grandi;
              il credit crunch a cui sono sottoposte le piccole e medie imprese produce un avvitamento finanziario che danneggia non solo la fisiologia interna delle piccole e medie imprese, ma la natura stessa del sistema imprenditoriale italiano;
              di fronte a questa situazione, se lo statuto dei lavoratori nel 1970 ha avuto il merito di socializzare l'impresa, oggi appare necessario ribadire e rinsaldare il ruolo sociale degli istituti bancari, la cui attività resta sì fondamentale per l'economia moderna, ma deve mantenere la qualità basilare di servizio;
              nell'ultima indagine trimestrale, condotta dalla Banca d'Italia, è quasi raddoppiata, al 28,6 per cento dal 15,2 per cento della precedente inchiesta, la quota delle imprese per le quali le condizioni di accesso al credito sono peggiorate;
              le ragioni di queste difficoltà sono principalmente di due tipi. In primo luogo, c’è da parte delle banche un problema di liquidità, soprattutto per quanto riguarda gli impieghi a medio termine, posto che le banche si trovano di fronte all'esigenza di garantire la copertura delle operazioni correnti e devono ridurre gli spazi per i finanziamenti alle imprese; in secondo luogo, c’è un problema di costi. Per le banche è sempre più oneroso aumentare la propria raccolta e ottenere capitali per il forte rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato italiani;
              di fronte a questa situazione sono proprio le piccole e medie imprese a rischiare maggiormente, perché il sistema bancario continua ad essere fortemente impegnato verso i grandi gruppi, anche loro spesso in difficoltà;
              le imprese, quindi, hanno di fronte un credito difficile e più caro proprio in un momento in cui sarebbero invece necessari forti investimenti per rinnovare gli impianti e accrescere la competitività;
              va ricordato che il 21 dicembre 2011 le banche europee hanno ottenuto circa 500 miliardi di euro di nuovi fondi, in occasione della prima asta di rifinanziamento organizzata dalla Banca centrale europea, allo scopo di fronteggiare il credit crunch; di queste risorse, gli istituti italiani hanno ricevuto 116 miliardi di euro al tasso dell'1 per cento;
              la Banca centrale europea ha più volte dichiarato che tali risorse sono vincolate allo scopo di offrire credito all'economia reale, in modo da permettere alle banche di avere più liquidità da poter mettere a disposizione, in particolare, delle imprese. Questa scelta è stata dettata dalla consapevolezza che il rilancio dello sviluppo del sistema non può che essere collegato alla capacità effettiva di credito, che gli istituti bancari dovrebbero concedere alle imprese, in particolare a quelle piccole e medie;
              senza il rafforzamento delle linee di credito appare, infatti, estremamente complicato ipotizzare che si possa davvero procedere ad un rilancio dello sviluppo del sistema, per il quale, specie in Italia, il ruolo delle piccole imprese è determinante, sia in termine di produzione che di impiego di forza lavoro;
              la mancanza di liquidità è, dunque, la ragione principale del ristagno dell'economia ed è l'obiettivo principale da perseguire se si vuole rilanciare il sistema Italia. Le cause principali di questa carenza sono evidentemente, da un lato, la mancanza di credito alle imprese da parte del sistema bancario, dall'altro la mancanza di investimenti pubblici in settori strategici e il patologico quanto insostenibile ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione a tutti i suoi livelli;
              recentemente il Governo ha predisposto un decreto ministeriale con specifico riguardo proprio alla compensazione dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Una decisione questa assolutamente condivisibile. Però, il testo in questione prevede che questa misura di compensazione non si attui in quelle regioni sottoposte a piani di rientro oppure che siano state commissariate, regioni prevalentemente del Mezzogiorno, dove la crisi economica è sempre più forte. Si tratta, evidentemente, di una scelta non condivisibile ed estremamente grave, perché produrrebbe effetti direttamente contrari agli obiettivi che si vogliono raggiungere;
              si tratterebbe, qualora confermata, di una scelta evidentemente discriminatoria che scarica sulle aziende e sulle imprese colpe e responsabilità che non hanno e di cui non possono pagare il prezzo;
              l'origine di tale eventuale, inaccettabile ed insostenibile discriminazione non è da addebitare ad una scelta o a un errore del Governo. Il problema è, invece, originato dai vincoli di una direttiva europea, che, difatti, escluderebbero dalle compensazioni le regioni che già hanno usufruito del piano di rientro, per ristabilire l'equilibrio economico-finanziario,

impegna il Governo:

          ad intervenire, nel rispetto delle proprie ed altrui competenze, affinché l'ipotesi avanzata di rendere disponibili le risorse attualmente inutilizzate, da parte di alcune regioni, attraverso la creazione di un fondo nazionale per garantire i pagamenti delle pubbliche amministrazioni ed anche delle autonomie locali, fondo di cui il Governo nazionale sia gestore e garante, possa essere discussa e vagliata come eventuale risorsa aggiuntiva per risolvere il problema cronico dei ritardi dei pagamenti e contribuire così al rilancio del sistema nel suo complesso;
          ad istituire nel più breve tempo possibile un tavolo permanente con i rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana, della Banca d'Italia, delle principali associazioni di categoria e dei consumatori, al fine di avanzare proposte operative per il sostegno del credito a favore delle imprese e delle famiglie;
          ad intervenire, nei limiti delle proprie competenze, affinché i prestiti che la Banca centrale europea ha messo a disposizione delle banche siano effettivamente utilizzati per sostenere l'accesso al credito per le imprese;
          ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché sia possibile per i creditori della pubblica amministrazione richiedere alle amministrazioni debitrici la certificazione delle somme dovute e, quindi, nel caso, cedere il relativo credito ad un istituto bancario che ne assuma la piena titolarità;
          ad intervenire nelle sedi europee competenti affinché si adottino provvedimenti mirati a garantire effettivamente l'accesso al credito per imprese e famiglie;
          a chiarire quale siano le soluzioni tecnico-normative che il Governo intende adottare, per rimuovere un vincolo che creerebbe un'inaccettabile discriminazione ed estendere, quindi, i benefici delle compensazioni a tutte quelle regioni, che sono prevalentemente del Sud, che ne resterebbero escluse pur avendone più bisogno.
(1-01011)
(Nuova formulazione) «Ossorio, Nucara, Brugger».
(17 aprile 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              la crisi economica che ha coinvolto tutto il vecchio continente sta, lentamente, facendo danni irreparabili a tutto il sistema produttivo italiano e, in modo particolare, a quello del Sud;
          se è vero che il rigore è necessario per mettere in sicurezza i conti ed il bilancio pubblico, è altrettanto vero che senza una seria politica di crescita l'uscita dal tunnel della crisi appare sempre più lontana, se non impossibile;
          inoltre, in Italia, una serie di problematiche ne acuiscono il problema. Se, da un lato, la pressione fiscale è aumentata, dall'altro, i crediti vantati dalle imprese nei confronti dello Stato appaiono sempre di più come un miraggio irraggiungibile;
          anche dal punto di vista del credito le cose non vanno meglio. Gli istituti bancari italiani fanno fatica a finanziare le imprese e le famiglie, pur avendo ottenuto cospicui prestiti dalla Banca centrale europea (circa 400 miliardi di euro) ad un tasso di particolare favore;
          inoltre, anche dal punto di vista territoriale il costo del denaro varia. È un dato di fatto che, al Sud, il costo del denaro sia superiore di quattro punti percentuali rispetto al Nord, con un conseguente danno alle famiglie ed al sistema produttivo del Mezzogiorno che viene ulteriormente penalizzato,

impegna il Governo:

          ad assumere, con immediatezza, iniziative per saldare i debiti che la pubblica amministrazione ha nei confronti delle imprese private, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;
          a prendere tutte le misure necessarie affinché gli istituti di credito, beneficiari di liquidità ad un tasso bassissimo, diano reale sostegno alle imprese e alle famiglie italiane in questo delicato momento di congiuntura negativa e, in modo particolare, per incentivare le banche a concedere mutui, con un tasso di particolare favore, per le giovani coppie ed i giovani precari e per evitare che al Sud si impongano tassi di gran lunga superiori rispetto al resto del Paese, mettendo in ginocchio un'economia già in difficoltà.
(1-01060) «Iannaccone, Belcastro, Porfidia, Brugger».
(30 maggio 2012)


Risoluzione

      La Camera,
          alla luce del dibattito sulle mozioni 1-00896, 1-00901, 1-00910, 1-00911, 1-00913, 1-00916, 1-00924, 1-00929, 1-00948, 1-00970, 1-01011 e 1-01060,

impegna il Governo:

          ad aiutare il sistema creditizio, tramite il rafforzamento dei sistemi di garanzia, a cambiare l'approccio troppo prudente verso le piccole e medie imprese, considerato che l'eccessiva prudenza nell'erogazione del credito rischia di impedire alle imprese di continuare ad operare, con conseguenze drammatiche per l'intero sistema economico;
          ad assumere, per quanto di competenza, tutte le iniziative necessarie affinché la liquidità ottenuta dalle banche italiane nelle operazioni di long term refinancing si traduca effettivamente in un sostegno all'economia reale e all'accesso al credito delle imprese e delle famiglie;
          ad istituire un tavolo permanente tecnico con rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana, della Banca d'Italia, delle principali associazioni di categoria e dei consumatori e dell'Istat, al fine di avanzare proposte operative per il sostegno del credito a favore delle imprese e delle famiglie, e, in particolare, ad adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la seconda tranche di prestiti che la Banca centrale europea ha messo a disposizione delle banche vada a sostegno delle imprese e delle famiglie e ad adottare iniziative che agevolino con tassi d'interesse favorevoli l'accesso al credito per le imprese e le famiglie;
          ad intervenire rapidamente, nell'ambito delle proprie competenze, per ridurre significativamente i tempi dei pagamenti dello Stato, degli enti locali e delle aziende pubbliche, attivandosi anche a livello europeo per allentare i vincoli del Patto di stabilità: posto che gli attuali tempi di pagamento non sono più sostenibili per le piccole e medie imprese e soprattutto per le piccole e medie imprese che lavorano quasi esclusivamente per il settore pubblico, è necessario favorire linee di credito a basso costo per le imprese che vantano crediti verso la pubblica amministrazione garantiti direttamente dallo Stato con l'emissione di titoli di Stato; ciò sino all'effettivo incasso delle somme stesse permettendo così ai piccoli e medi imprenditori di poter continuare a sviluppare la propria attività e a pagare lo stipendio dei propri dipendenti, favorendo così un circolo virtuoso nell'economia;
          ad aiutare le piccole e medie imprese nell'assolvimento dei propri debiti tributari e contributivi, introducendo rateazioni più lunghe e più flessibili;
          ad adottare le opportune iniziative affinché vengano resi immediatamente operativi i decreti ministeriali per la disciplina dei rapporti di credito e debito tra pubblica amministrazione ed imprese fornitrici, garantendo a queste ultime la liquidità necessaria da poter investire nella crescita e nello sviluppo;
          a sostenere l'internazionalizzazione, l'innovazione e la ricerca, la cooperazione in reti, oltre che la tutela del made in Italy, presupposto indispensabile per mantenere in vita molte imprese artigiane;
          ad attivare ogni strumento utile affinché si acceleri il pagamento tra i soggetti privati, il cui ritardo è notevolmente cresciuto.
(6-00110) «Montagnoli, Crosetto, Fluvi, Ciccanti, Borghesi, Polidori, Misiti, Mosella, Ossorio, Lombardo, Iannaccone, Cambursano, Oliveri, Raisi, Scandroglio».


MOZIONI MOFFA, ANTONINO FOTI, DAMIANO, POLI, PALADINI ED ALTRI N.  1-01034 E FEDRIGA ED ALTRI N.  1-01067 CONCERNENTI INIZIATIVE A TUTELA DEI LAVORATORI ESPOSTI ALL'AMIANTO NELLO STABILIMENTO GOODYEAR DI CISTERNA DI LATINA E DEI FAMILIARI DELLE VITTIME

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              la società multinazionale Goodyear ha attuato, durante il periodo della propria presenza in Italia, una politica industriale sostanzialmente impostata su un'attività concentrata in stabilimenti collocati in aree del Paese a basso tasso di sviluppo, anche in modo da usufruire delle agevolazioni fiscali della «Cassa per il Mezzogiorno»;
              quando le condizioni economiche e imprenditoriali non hanno più consentito alla società di sviluppare in tal modo la propria produzione, la Goodyear ha scelto la strada di abbandonare l'Italia (e, in particolare, lo stabilimento di Cisterna di Latina), smantellando repentinamente i macchinari utilizzati negli stabilimenti italiani, coibentati in amianto, che sono stati trasferiti in Paesi in via di sviluppo che possiedono normative più deboli in materia di sicurezza sul lavoro;
              purtroppo, numerosi lavoratori impiegati dalla società presso i propri stabilimenti, negli anni di permanenza in Italia, hanno accusato gravissime patologie derivanti dall'esposizione agli agenti dell'amianto, che sono state riscontrate in modo oggettivo – e non contestabile – dai competenti organismi sanitari;
              in questo contesto, nell'estate del 2008 il tribunale di Latina ha condannato a complessivi 21 anni di reclusione nove ex dirigenti della Goodyear italiana nel processo per le morti, causate dall'esposizione all'amianto, nello stabilimento di Cisterna di Latina, che produceva pneumatici e ha definitivamente chiuso nel 2000;
              dopo la sentenza, gli eredi delle vittime restano ancora in attesa dell'erogazione del risarcimento e l'azienda si rifiuta di corrispondere il dovuto, nonostante i reiterati ordini dei giudici di versare immediatamente le somme indicate;
              secondo l'autorità giudiziaria, l'assoluta carenza dei dispositivi di protezione individuali e collettivi, nonché la violazione delle norme poste a tutela degli operai, hanno determinato la morte di decine di operai, esposti all'amianto, alle ammine aromatiche e ad altre sostanze altamente tossiche;
              il 6 giugno 2012 è prevista presso il tribunale di Latina una nuova udienza, nell'ambito del processo penale di appello, mentre sta per iniziare presso il medesimo tribunale il dibattimento penale cosiddetto «Goodyear-bis» con dodici ex dirigenti della multinazionale in questione imputati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose aggravate nei confronti di altri 20 operai, di cui 19 morti per tumore;
              in data 15 settembre 2010 è stata approvata all'unanimità, da parte della XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, la risoluzione n.  8-00089, con la quale, proprio per far fronte a tale grave situazione e ad altre analoghe, il Governo si era impegnato a mettere in campo le iniziative più opportune, nell'interesse primario dei lavoratori drammaticamente coinvolti e delle loro famiglie, anche nell'ambito di un confronto generale con tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, nella prospettiva di portare all'attenzione e monitorare tutte le questioni ancora aperte;
              allo stato, non risulta che il Governo abbia dato seguito ai richiamati impegni assunti a livello parlamentare, mentre un'iniziativa di mediazione, avviata a livello privato – anche a seguito delle reiterate richieste di versamento dei risarcimenti – con il coinvolgimento della società multinazionale, ha prodotto risultati assolutamente inaccettabili e deludenti;
              occorre, dunque, intraprendere tutte quelle azioni tese a salvaguardare i diritti legittimamente rivendicati dai lavoratori danneggiati e dai familiari delle vittime e a garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro nel territorio,

impegna il Governo

ad attivare immediatamente un tavolo di confronto istituzionale con tutti i soggetti coinvolti, intraprendendo qualsiasi iniziativa idonea a salvaguardare i diritti dei lavoratori danneggiati e dei familiari delle vittime, con particolare riferimento al caso di cui in premessa, in ottemperanza agli impegni già assunti nelle competenti sedi parlamentari.
(1-01034) «Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini, Pelino, Razzi, Siliquini, Lehner, Gianni, D'Anna, Scilipoti, Taddei, Binetti, Muro, Amici, Meta».
(17 maggio 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              la società multinazionale Goodyear ha attuato, durante il periodo della propria presenza in Italia, una politica industriale sostanzialmente impostata su un'attività concentrata in stabilimenti collocati in aree del Paese a basso tasso di sviluppo, anche in modo da usufruire delle agevolazioni fiscali della «Cassa per il Mezzogiorno»;
              quando le condizioni economiche e imprenditoriali non hanno più consentito alla società di sviluppare in tal modo la propria produzione, la Goodyear ha scelto la strada di abbandonare l'Italia (e, in particolare, lo stabilimento di Cisterna di Latina), smantellando repentinamente i macchinari utilizzati negli stabilimenti italiani, coibentati in amianto, che sono stati trasferiti in Paesi in via di sviluppo che possiedono normative più deboli in materia di sicurezza sul lavoro;
              purtroppo, numerosi lavoratori impiegati dalla società presso i propri stabilimenti, negli anni di permanenza in Italia, hanno accusato gravissime patologie derivanti dall'esposizione agli agenti dell'amianto, che sono state riscontrate in modo oggettivo – e non contestabile – dai competenti organismi sanitari;
              in questo contesto, nell'estate del 2008 il tribunale di Latina ha condannato a complessivi 21 anni di reclusione nove ex dirigenti della Goodyear italiana nel processo per le morti, causate dall'esposizione all'amianto, nello stabilimento di Cisterna di Latina, che produceva pneumatici e ha definitivamente chiuso nel 2000;
              dopo la sentenza, gli eredi delle vittime restano ancora in attesa dell'erogazione del risarcimento e l'azienda si rifiuta di corrispondere il dovuto, nonostante i reiterati ordini dei giudici di versare immediatamente le somme indicate;
              secondo l'autorità giudiziaria, l'assoluta carenza dei dispositivi di protezione individuali e collettivi, nonché la violazione delle norme poste a tutela degli operai, hanno determinato la morte di decine di operai, esposti all'amianto, alle ammine aromatiche e ad altre sostanze altamente tossiche;
              il 6 giugno 2012 è prevista presso il tribunale di Latina una nuova udienza, nell'ambito del processo penale di appello, mentre sta per iniziare presso il medesimo tribunale il dibattimento penale cosiddetto «Goodyear-bis» con dodici ex dirigenti della multinazionale in questione imputati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose aggravate nei confronti di altri 20 operai, di cui 19 morti per tumore;
              in data 15 settembre 2010 è stata approvata all'unanimità, da parte della XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, la risoluzione n.  8-00089, con la quale, proprio per far fronte a tale grave situazione e ad altre analoghe, il Governo si era impegnato a mettere in campo le iniziative più opportune, nell'interesse primario dei lavoratori drammaticamente coinvolti e delle loro famiglie, anche nell'ambito di un confronto generale con tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, nella prospettiva di portare all'attenzione e monitorare tutte le questioni ancora aperte;
              allo stato, non risulta che il Governo abbia dato seguito ai richiamati impegni assunti a livello parlamentare, mentre un'iniziativa di mediazione, avviata a livello privato – anche a seguito delle reiterate richieste di versamento dei risarcimenti – con il coinvolgimento della società multinazionale, ha prodotto risultati assolutamente inaccettabili e deludenti;
              occorre, dunque, intraprendere tutte quelle azioni tese a salvaguardare i diritti legittimamente rivendicati dai lavoratori danneggiati e dai familiari delle vittime e a garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro nel territorio,

impegna il Governo

ad attivare un tavolo di confronto nei limiti delle competenze dei soggetti istituzionali coinvolti e fermo restando l'esito dei giudizi tuttora in corso.
(1-01034)
(Testo modificato nel corso della seduta).     «Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini, Pelino, Razzi, Siliquini, Lehner, Gianni, D'Anna, Scilipoti, Taddei, Binetti, Muro, Amici, Meta».
(17 maggio 2012)


PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALLA MOZIONE MOFFA, ANTONINO FOTI, DAMIANO, POLI, PALADINI ED ALTRI N.  1-01034

      Nel dispositivo, aggiungere, in fine, le parole:
      ed in vista della tempestiva predisposizione da parte delle autorità competenti di un piano di sorveglianza sanitaria per la realizzazione di uno studio epidemiologico di settore.
1-01034/1. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

      La Camera,
          premesso che:
              l'amianto è sostanza particolarmente insidiosa perché può provocare 2 diverse malattie: l'asbestosi, frutto dell'accumulo nell'organismo di fibre del materiale, altamente invalidante, e il mesotelioma pleurico, tumore maligno per la cui insorgenza, anche a distanza di decenni dall'esposizione, è sufficiente l'azione anche di pochissime fibre;
              è stato, pertanto, riconosciuto che l'esposizione all'amianto è fortemente nociva, in quanto provoca tumori maligni della pleura e del peritoneo; con legge 27 marzo 1992, n.  257, si è disciplinata la cessazione dell'impiego di amianto nelle attività produttive di qualsiasi tipo, con l'obiettivo di sottrarre il lavoratore alla fonte di rischio;
              purtroppo, in Italia numerosi sono i lavoratori impiegati presso multinazionali che hanno contratto la malattia o addirittura sono deceduti, perché le medesime aziende, in violazione delle norme vigenti, non hanno preso le dovute precauzioni per evitare l'esposizione all'amianto dei propri lavoratori;
              gli eredi delle vittime attendono ancora il dovuto risarcimento da parte delle aziende condannate, le quali si rifiutano di pagare nonostante siano state emanate sentenze;
              è dovere del Governo attivarsi a tutti i livelli per monitorare le questioni ancora insolute, a tutela dei lavoratori lesi, delle famiglie delle vittime e di tutti i soggetti danneggiati dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro;
              in data 15 settembre 2010 la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la risoluzione n.  8-00089, per impegnare il Governo, con particolare riferimento alla vicenda della Goodyear, ad aprire un tavolo di confronto con tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, per portare all'attenzione e monitorare tutte le questioni ancora aperte, nonché a valutare l'eventuale esigenza di adottare possibili iniziative volte a garantire i diritti legittimamente rivendicati dai familiari delle vittime,

impegna il Governo

a dar seguito nell'immediato agli impegni già assunti in sede parlamentare e a relazionare al Parlamento sui risultati del monitoraggio, individuando quali e quante aziende coinvolte in sentenze risarcitorie non hanno ancora a tutt'oggi provveduto alla corresponsione del dovuto ai familiari delle vittime.
(1-01067) «Fedriga, Dozzo, Bonino, Caparini, Munerato, Lanzarin, Dussin, Togni, Laura Molteni, Fabi, Martini, Rondini».
(4 giugno 2012)


      La Camera,
          premesso che:
              l'amianto è sostanza particolarmente insidiosa perché può provocare 2 diverse malattie: l'asbestosi, frutto dell'accumulo nell'organismo di fibre del materiale, altamente invalidante, e il mesotelioma pleurico, tumore maligno per la cui insorgenza, anche a distanza di decenni dall'esposizione, è sufficiente l'azione anche di pochissime fibre;
              è stato, pertanto, riconosciuto che l'esposizione all'amianto è fortemente nociva, in quanto provoca tumori maligni della pleura e del peritoneo; con legge 27 marzo 1992, n.  257, si è disciplinata la cessazione dell'impiego di amianto nelle attività produttive di qualsiasi tipo, con l'obiettivo di sottrarre il lavoratore alla fonte di rischio;
              purtroppo, in Italia numerosi sono i lavoratori impiegati presso multinazionali che hanno contratto la malattia o addirittura sono deceduti, perché le medesime aziende, in violazione delle norme vigenti, non hanno preso le dovute precauzioni per evitare l'esposizione all'amianto dei propri lavoratori;
              gli eredi delle vittime attendono ancora il dovuto risarcimento da parte delle aziende condannate, le quali si rifiutano di pagare nonostante siano state emanate sentenze;
              è dovere del Governo attivarsi a tutti i livelli per monitorare le questioni ancora insolute, a tutela dei lavoratori lesi, delle famiglie delle vittime e di tutti i soggetti danneggiati dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro;
              in data 15 settembre 2010 la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la risoluzione n.  8-00089, per impegnare il Governo, con particolare riferimento alla vicenda della Goodyear, ad aprire un tavolo di confronto con tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, per portare all'attenzione e monitorare tutte le questioni ancora aperte, nonché a valutare l'eventuale esigenza di adottare possibili iniziative volte a garantire i diritti legittimamente rivendicati dai familiari delle vittime,

impegna il Governo

ad elaborare una mappatura aggiornata volta ad individuare i siti in cui sia stata accertata l'esposizione all'amianto.
(1-01067)
(Testo modificato nel corso della seduta).     «Fedriga, Dozzo, Bonino, Caparini, Munerato, Lanzarin, Dussin, Togni, Laura Molteni, Fabi, Martini, Rondini».
(4 giugno 2012)