XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 21 giugno 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 giugno 2012.

      Albonetti, Alessandri, Antonione, Barbieri, Bindi, Bocci, Bongiorno, Bratti, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cenni, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Crolla, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Fedi, Gregorio Fontana, Franceschini, Galletti, Ghizzoni, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Leo, Leone, Lucà, Lupi, Lusetti, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mosca, Mura, Mussolini, Narducci, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pisacane, Pisicchio, Proietti Cosimi, Russo Paolo, Stefani, Valducci, Vitali, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Albonetti, Alessandri, Barbieri, Bindi, Bocci, Bratti, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cenni, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Fedi, Gregorio Fontana, Franceschini, Ghizzoni, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Leo, Leone, Lucà, Lupi, Lusetti, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mosca, Mura, Mussolini, Narducci, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pisacane, Pisicchio, Proietti Cosimi, Paolo Russo, Stefani, Valducci, Vitali, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 20 giugno 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          MAZZONI: «Modifiche all'articolo 416-bis del codice penale e all'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n.  35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n.  80, nonché delega al Governo in materia di organizzazioni criminali straniere di tipo mafioso, e altre disposizioni per il contrasto delle attività illecite compiute da stranieri, nonché agevolazione per i consumi energetici in favore delle imprese manifatturiere della provincia di Prato» (5298);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LA LOGGIA: «Modifica all'articolo 41 della Costituzione in materia di libertà dell'attività d'impresa» (5299);
          CAZZOLA: «Delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte ad agevolare il consolidamento delle posizioni pensionistiche individuali e a prevedere, in via sperimentale, criteri di flessibilità per l'accesso al trattamento pensionistico, nonché disposizioni per il finanziamento dell'applicazione delle deroghe in favore dei lavoratori salvaguardati ai sensi degli articoli 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, e 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n.  14» (5300);
          OLIVERIO: «Modifica alle disposizioni concernenti l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, per favorire il riequilibrio demografico e per promuovere le nascite nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti» (5301);
          MAZZOCCHI e MOFFA: «Disposizioni per l'accelerazione della ripresa economica mediante la temporanea riduzione degli oneri contributivi e dell'imposta sui redditi di lavoro dipendente in favore dei lavoratori del settore privato» (5302);
          BERTOLINI e ORSINI: «Delega al Governo per l'istituzione delle città metropolitane, la razionalizzazione delle province e il riordino dell'amministrazione periferica dello Stato e degli enti strumentali» (5303);
          CALLEGARI ed altri: «Delega al Governo per l'attuazione di una riforma organica del settore ippico e istituzione della Commissione indipendente per il rilancio del settore ippico» (5304).

      Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 14 giugno 2012, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n.  76, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali – Direzione generale beni librari e istituti culturali, per l'esecuzione di opere di miglioramento del progetto di allestimento e adeguamento (acquisto di arredi e attrezzature informatiche per la realizzazione di postazioni per personale e pubblico diversamente abile) della sezione Brancacciana della Biblioteca Nazionale di Napoli.

      Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal ministro della difesa.

      Il ministro della difesa, con lettera in data 15 giugno 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero della difesa, relativa all'anno 2011 (doc. CCVIII, n. 45).
      Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali), alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro per i rapporti con il Parlamento.

      Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 20 giugno 2012, ha inviato il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 6 giugno 2012, sul disegno di legge concernente «Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante misure urgenti per il riordino della protezione civile» (Atto Camera n. 5203).
      Tale parere è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 21 giugno 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n.  196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente):
          n.  34/2012 del 23 marzo 2012, concernente «Opere piccole e medie nel Mezzogiorno. Utilizzo economie di gara»;
          n. 43/2012 del 23 marzo 2012, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione. Assegnazione di risorse per la ricostruzione nella regione Abruzzo post sisma 2009»;
          n.  45/2012 del 23 marzo 2012, concernente «Legge n.  32 del 1992. Ripartizione di fondi ai comuni delle regioni Campania e Basilicata per la prosecuzione degli interventi e delle opere di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici».

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 20 giugno 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n.  1085/2006 del Consiglio che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (COM(2012)329 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri). Tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 21 giugno 2012;
          Comunicazione della Commissione – Princìpi comuni per i meccanismi nazionali di correzione di bilancio (COM(2012)342 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

PROPOSTA DI LEGGE: S. 850 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LI GOTTI ED ALTRI: RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE PENALE SULLA CORRUZIONE, FATTA A STRASBURGO IL 27 GENNAIO 1999 (APPROVATA DAL SENATO) (A.C. 5058)

A.C. 5058 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  1.

A.C. 5058 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

A.C. 5058 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999.

A.C. 5058 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, di seguito denominata «Convenzione», a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 32 della Convenzione stessa.

A.C. 5058 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Autorità centrale).

      1. In relazione alle norme contenute nel capitolo IV della Convenzione, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 29 della Convenzione, è autorità centrale il Ministro della giustizia.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 3.
(Autorità centrale).

      Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
      Art. 3-bis. – (Relazione al Parlamento). – 1. Entro il 31 marzo di ciascun anno il Ministro della giustizia presenta al Parlamento la relazione sui risultati della lotta alla corruzione ottenuti in attuazione della Convenzione.
3. 01. Pianetta.

A.C. 5058 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Clausola di invarianza).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A.C. 5058 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 5058 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              la corruzione resta un grave problema nei paesi dell'Unione europea, con livelli che sembrano essere aumentati negli ultimi tre anni. Questo è quanto risulta dal sondaggio di Eurobarometro recentemente diffuso dalla Commissione europea. Dai dati raccolti emerge che quasi tre quarti degli europei ritiene ancora che la corruzione sia un grave problema e che sia presente a tutti i livelli di governo. L'8 per cento dei rispondenti afferma di essere stato oggetto di richieste o di aspettative di tangenti nell'ultimo anno;
              la corruzione rimane una delle sfide maggiori che l'Europa deve fronteggiare. Benché sia di natura e di portata diverse nei vari Stati membri, essa danneggia l'Unione europea nel suo insieme, perché riduce i livelli di investimento, ostacola il corretto funzionamento del mercato interno e si ripercuote sulle finanze pubbliche. Si stima che la corruzione costi all'economia dell'Unione europea circa 120 miliardi di euro l'anno;
              nel giugno del 2011 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di misure anticorruzione che riconosce una maggiore importanza al problema corruzione in tutte le pertinenti politiche dell'Unione europea. La Commissione ha inoltre istituito un meccanismo specifico di monitoraggio e valutazione – la relazione anticorruzione dell'Unione europea – mediante il quale verrà fatto il punto della situazione in materia di lotta alla corruzione in tutti e 27 gli Stati membri dell'Unione europea. La prima relazione è prevista per il 2013;
              la Commissione proporrà presto ulteriori atti legislativi, in particolare in materia di confisca dei proventi di attività illecite, riforma delle norme sugli appalti pubblici, perfezionamento delle statistiche sulla criminalità e potenziamento della strategia antifrode a livello europeo;
              sebbene tutti i paesi europei dispongano di leggi contro questo fenomeno, non sempre queste vengono applicate in maniera coerente. Per rendere più incisivi i loro sforzi, i governi nazionali hanno conferito alla Commissione un mandato politico per sviluppare una strategia comune contro la corruzione;
              la prima fase consiste in una serie di valutazioni, che verranno pubblicate ogni due anni a partire dal 2013, per controllare i progressi compiuti dai singoli governi nel prevenire e ridurre la corruzione. Le valutazioni integreranno quelle già pubblicate dagli organi internazionali;
              le altre proposte prevedono le seguenti misure: rivedere la normativa Unione europea per agevolare la confisca dei proventi del crimine e garantire che i tribunali nazionali siano in grado di eseguire gli ordini di confisca in tutto il territorio dell'Unione; modificare le norme in materia di appalti pubblici, principi contabili e revisione legale dei conti per le imprese dell'Unione europea; migliorare le indagini sui reati finanziari e aiutare i governi a raccogliere statistiche più precise sui reati; rafforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia e potenziare la formazione dei rappresentanti delle autorità di contrasto; sviluppare una strategia più efficace per combattere l'uso illecito dei fondi europei; rafforzare i requisiti anticorruzione per i paesi che desiderano aderire all'UNIONE EUROPEA; fissare altre condizioni anticorruzione per gli aiuti e le sovvenzioni agli altri paesi; garantire una più stretta cooperazione con le agenzie dell'Unione europea, come ad esempio Europol e l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF);
              una nuova relazione rivela che diversi paesi non hanno ancora attuato le norme Unione europea che equiparano a un reato la corruzione attiva e passiva da parte delle imprese private;
              altresì, alcuni paesi, in particolare, sono caratterizzati da un legame molto forte tra corruzione e criminalità organizzata: è questo il caso della Repubblica Ceca (82 per cento) e dell'Italia (79 per cento);
              solo una minoranza di europei si considera informata sul livello di corruzione nel proprio paese, ma non è così per Cipro (69 per cento), Grecia (57 per cento), Romania (53 per cento) e Italia (52 per cento);
              ciò è quanto è emerso quest'anno, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, quando è stato ricordato che l'Italia non ha ancora aderito ad alcuno degli strumenti consigliati dal Consiglio d'Europa in materia di lotta contro la corruzione e si è espressa perplessità sul fatto che l'Italia detenga il 50 per cento dell'intero giro economico della corruzione in Europa;
              nel 2011 l'Italia non è nella parte virtuosa della classifica stilata da Transparency International degli stati percepiti più corrotti nel mondo (69o posto su 182). Nell'Unione europea fa meglio solo di Grecia, Romania e Bulgaria;
              infine, l'ultimo rapporto del GRECO, l'organismo del Consiglio d'Europa che ha il compito di monitorare quanto avviene nei 47 Paesi membri dell'organizzazione paneuropea sul fronte della lotta al malaffare, contiene 16 raccomandazioni che il gruppo GRECO spera siano adottate dall'Italia. Le autorità italiane sono invitate a presentare una relazione sulla loro attuazione entro il 30 settembre 2013,

impegna il Governo

ad avviare tutte le opportune iniziative, anche legislative, a cominciare dalla ratifica del Protocollo aggiuntivo della Convenzione penale sulla corruzione, al fine di migliorare la posizione dell'Italia nell'ambito della lotta alla corruzione e al fine di recepire le raccomandazioni del GRECO e giungere alla scadenza del 30 Settembre 2013 in linea con le direttive europee.
9/5058/1. Di Stanislao.


      La Camera,
          premesso che:
              la corruzione resta un grave problema nei paesi dell'Unione europea, con livelli che sembrano essere aumentati negli ultimi tre anni. Questo è quanto risulta dal sondaggio di Eurobarometro recentemente diffuso dalla Commissione europea. Dai dati raccolti emerge che quasi tre quarti degli europei ritiene ancora che la corruzione sia un grave problema e che sia presente a tutti i livelli di governo. L'8 per cento dei rispondenti afferma di essere stato oggetto di richieste o di aspettative di tangenti nell'ultimo anno;
              la corruzione rimane una delle sfide maggiori che l'Europa deve fronteggiare. Benché sia di natura e di portata diverse nei vari Stati membri, essa danneggia l'Unione europea nel suo insieme, perché riduce i livelli di investimento, ostacola il corretto funzionamento del mercato interno e si ripercuote sulle finanze pubbliche. Si stima che la corruzione costi all'economia dell'Unione europea circa 120 miliardi di euro l'anno;
              nel giugno del 2011 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di misure anticorruzione che riconosce una maggiore importanza al problema corruzione in tutte le pertinenti politiche dell'Unione europea. La Commissione ha inoltre istituito un meccanismo specifico di monitoraggio e valutazione – la relazione anticorruzione dell'Unione europea – mediante il quale verrà fatto il punto della situazione in materia di lotta alla corruzione in tutti e 27 gli Stati membri dell'Unione europea. La prima relazione è prevista per il 2013;
              la Commissione proporrà presto ulteriori atti legislativi, in particolare in materia di confisca dei proventi di attività illecite, riforma delle norme sugli appalti pubblici, perfezionamento delle statistiche sulla criminalità e potenziamento della strategia antifrode a livello europeo;
              sebbene tutti i paesi europei dispongano di leggi contro questo fenomeno, non sempre queste vengono applicate in maniera coerente. Per rendere più incisivi i loro sforzi, i governi nazionali hanno conferito alla Commissione un mandato politico per sviluppare una strategia comune contro la corruzione;
              la prima fase consiste in una serie di valutazioni, che verranno pubblicate ogni due anni a partire dal 2013, per controllare i progressi compiuti dai singoli governi nel prevenire e ridurre la corruzione. Le valutazioni integreranno quelle già pubblicate dagli organi internazionali;
              le altre proposte prevedono le seguenti misure: rivedere la normativa Unione europea per agevolare la confisca dei proventi del crimine e garantire che i tribunali nazionali siano in grado di eseguire gli ordini di confisca in tutto il territorio dell'Unione; modificare le norme in materia di appalti pubblici, principi contabili e revisione legale dei conti per le imprese dell'Unione europea; migliorare le indagini sui reati finanziari e aiutare i governi a raccogliere statistiche più precise sui reati; rafforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia e potenziare la formazione dei rappresentanti delle autorità di contrasto; sviluppare una strategia più efficace per combattere l'uso illecito dei fondi europei; rafforzare i requisiti anticorruzione per i paesi che desiderano aderire all'UNIONE EUROPEA; fissare altre condizioni anticorruzione per gli aiuti e le sovvenzioni agli altri paesi; garantire una più stretta cooperazione con le agenzie dell'Unione europea, come ad esempio Europol e l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF);
              una nuova relazione rivela che diversi paesi non hanno ancora attuato le norme Unione europea che equiparano a un reato la corruzione attiva e passiva da parte delle imprese private;
              solo una minoranza di europei si considera informata sul livello di corruzione nel proprio paese, ma non è così per Cipro (69 per cento), Grecia (57 per cento), Romania (53 per cento) e Italia (52 per cento);
              ciò è quanto è emerso quest'anno, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, quando è stato ricordato che l'Italia non ha ancora aderito ad alcuno degli strumenti consigliati dal Consiglio d'Europa in materia di lotta contro la corruzione e si è espressa perplessità sul fatto che l'Italia detenga il 50 per cento dell'intero giro economico della corruzione in Europa;
              nel 2011 l'Italia non è nella parte virtuosa della classifica stilata da Transparency International degli stati percepiti più corrotti nel mondo (69o posto su 182). Nell'Unione europea fa meglio solo di Grecia, Romania e Bulgaria;
              infine, l'ultimo rapporto del GRECO, l'organismo del Consiglio d'Europa che ha il compito di monitorare quanto avviene nei 47 Paesi membri dell'organizzazione paneuropea sul fronte della lotta al malaffare, contiene 16 raccomandazioni che il gruppo GRECO spera siano adottate dall'Italia. Le autorità italiane sono invitate a presentare una relazione sulla loro attuazione entro il 30 settembre 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare tutte le opportune iniziative, anche legislative, a cominciare dalla ratifica del Protocollo aggiuntivo della Convenzione penale sulla corruzione, al fine di migliorare la posizione dell'Italia nell'ambito della lotta alla corruzione e al fine di recepire le raccomandazioni del GRECO e giungere alla scadenza del 30 Settembre 2013 in linea con le direttive europee.
9/5058/1.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Di Stanislao.


      La Camera,
          nell'approvare definitivamente la proposta di legge n.  5058 di autorizzazione alla ratifica della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa;
          preso atto, in ordine all'attuazione della predetta Convenzione, della rilevanza, già sottolineata in sede referente ai fini della sua concreta applicabilità, delle modifiche al Codice penale previste dal disegno di legge recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera ed attualmente all'esame del Senato (S. n.  2156-B),

impegna il Governo

a coordinare gli adempimenti di sua competenza conseguenti all'autorizzazione alla ratifica della Convenzione in oggetto con gli sviluppi dell’iter parlamentare del menzionato disegno di legge sulla prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, al fine di poter assicurare l'adeguamento dell'ordinamento interno all'esito dell'approvazione.
9/5058/2. Stefani, Tempestini, Pianetta, Angela Napoli, Costa, Ferranti, Tassone.


PROPOSTA DI LEGGE: S. 849 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LI GOTTI ED ALTRI: RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE CIVILE SULLA CORRUZIONE, FATTA A STRASBURGO IL 4 NOVEMBRE 1999 (APPROVATA DAL SENATO) (A.C. 3737) ED ABBINATA PROPOSTA DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI (A.C. 1787)

A.C. 3737 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE N.  3737 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999.

A.C. 3737 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE N.  3737 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, secondo quanto disposto dall'articolo 15 della stessa Convenzione.

A.C. 3737 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE N.  3737 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

A.C. 3737 – Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              la Convenzione civile sulla corruzione è stata adottata a Strasburgo il 4 novembre 1999. Essa prevede dei meccanismi per il risarcimento dei danni derivanti dai reati di corruzione. La Convenzione disciplina la corruzione del settore pubblico e privato, definendo in maniera piuttosto ampia la condotta corruttiva. La Convenzione infine, prevede strumenti ed azioni di natura civilistica per le vittime dei reati di corruzione, prevedendo delle azioni di annullamento dei contratti oggetto di corruzione e la protezione dei whistleblowers (informatori);
              indipendentemente dalla sua natura e portata, la corruzione danneggia tutti gli Stati membri e l'UE nel suo insieme, diminuendo i livelli di investimento, ostacolando il corretto funzionamento del mercato interno e intaccando le finanze pubbliche. Che assuma la forma di corruzione politica, di attività di corruzione commesse da e con l'aiuto di gruppi della criminalità organizzata, di corruzione tra privati o della cosiddetta piccola corruzione, l'abuso di potere per il profitto personale non è accettabile e può avere pesanti ripercussioni;
              recentemente la sezione italiana di Transparency International, un'organizzazione non governativa presente in oltre 90 Paesi conosciuta per le sue azioni di contrasto alla corruzione e di promozione dell'etica e della trasparenza, ha presentato il Rapporto NIS Italia (sistemi d'integrità nazionale) che misura in modo sistematico l'efficacia delle leggi nel contrastare la corruzione e promuovere la trasparenza in ambito pubblico, privato e nella società civile;
              il rapporto ha riscontrato gravi carenze in termini di indipendenza, trasparenza, responsabilità e integrità in molti settori analizzati e ciò, non solo impedisce un'efficace lotta alla corruzione, ma limita la performance e l'efficienza nell'uso di risorse pubbliche;
              le cifre presentate dal Servizio anticorruzione, in base ai dati ufficiali forniti dal Ministero dell'interno, mostrano che nel 2010 sono stati registrati dalle Forze di polizia 3.000 reati contro la pubblica amministrazione, di cui solo il 7 per cento si riferiscono al reato di corruzione. Un dato però che non tiene conto del «numero oscuro», quella parte di reati non denunciati che, in un reato c.d. senza vittime come la corruzione è particolarmente alto. Non distinguono neppure tra corruzione su piccola e grande scala (il c.d. traffico di influenze);
              occorre un forte impegno politico per contrastare questo tipo di reato e mettere in campo un nuovo meccanismo per monitorare e valutare gli interventi messi nella lotta alla corruzione e per promuovere un maggiore impegno politico,

impegna il Governo

a rafforzare l'attuazione degli strumenti giuridici anticorruzione esistenti nell'UE e a livello europeo e internazionale e a riservare maggiore spazio a riflessioni sulla corruzione in tutte le sue politiche pertinenti a maggiore tutela e sostegno delle vittime innocenti della corruzione, diminuendo sempre di più il numero dei reati di corruzione che rimangono non denunciati.
9/3737/1. Di Stanislao.


      La Camera,
          premesso che:
              la Convenzione civile sulla corruzione è stata adottata a Strasburgo il 4 novembre 1999. Essa prevede dei meccanismi per il risarcimento dei danni derivanti dai reati di corruzione. La Convenzione disciplina la corruzione del settore pubblico e privato, definendo in maniera piuttosto ampia la condotta corruttiva. La Convenzione infine, prevede strumenti ed azioni di natura civilistica per le vittime dei reati di corruzione, prevedendo delle azioni di annullamento dei contratti oggetto di corruzione e la protezione dei whistleblowers (informatori);
              indipendentemente dalla sua natura e portata, la corruzione danneggia tutti gli Stati membri e l'UE nel suo insieme, diminuendo i livelli di investimento, ostacolando il corretto funzionamento del mercato interno e intaccando le finanze pubbliche. Che assuma la forma di corruzione politica, di attività di corruzione commesse da e con l'aiuto di gruppi della criminalità organizzata, di corruzione tra privati o della cosiddetta piccola corruzione, l'abuso di potere per il profitto personale non è accettabile e può avere pesanti ripercussioni;
              recentemente la sezione italiana di Transparency International, un'organizzazione non governativa presente in oltre 90 Paesi conosciuta per le sue azioni di contrasto alla corruzione e di promozione dell'etica e della trasparenza, ha presentato il Rapporto NIS Italia (sistemi d'integrità nazionale) che misura in modo sistematico l'efficacia delle leggi nel contrastare la corruzione e promuovere la trasparenza in ambito pubblico, privato e nella società civile;
              il rapporto ha riscontrato gravi carenze in termini di indipendenza, trasparenza, responsabilità e integrità in molti settori analizzati e ciò, non solo impedisce un'efficace lotta alla corruzione, ma limita la performance e l'efficienza nell'uso di risorse pubbliche;
              le cifre presentate dal Servizio anticorruzione, in base ai dati ufficiali forniti dal Ministero dell'interno, mostrano che nel 2010 sono stati registrati dalle Forze di polizia 3.000 reati contro la pubblica amministrazione, di cui solo il 7 per cento si riferiscono al reato di corruzione. Un dato però che non tiene conto del «numero oscuro», quella parte di reati non denunciati che, in un reato c.d. senza vittime come la corruzione è particolarmente alto. Non distinguono neppure tra corruzione su piccola e grande scala (il c.d. traffico di influenze);
              occorre un forte impegno politico per contrastare questo tipo di reato e mettere in campo un nuovo meccanismo per monitorare e valutare gli interventi messi nella lotta alla corruzione e per promuovere un maggiore impegno politico,

impegna il Governo

a valutare strumenti volti a rafforzare l'attuazione degli strumenti giuridici anticorruzione esistenti nell'UE e a livello europeo e internazionale e a riservare maggiore spazio a riflessioni sulla corruzione in tutte le sue politiche pertinenti a maggiore tutela e sostegno delle vittime innocenti della corruzione, diminuendo sempre di più il numero dei reati di corruzione che rimangono non denunciati.
9/3737/1.    (Testo modificato nel corso della seduta).     Di Stanislao.


INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative per la tutela dei diritti personali di riservatezza e di libertà di corrispondenza, anche alla luce della recente pubblicazione di un libro avente ad oggetto documenti di personalità della Città del Vaticano – 2-01552

A)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          in data 19 maggio 2012 nelle librerie italiane è andato in distribuzione il libro «Sua Santità – Le carte segrete di Benedetto XVI» di Gianluigi Nuzzi edito da Chiarelettere;
          in tale libro vengono pubblicati documenti privati del Santo Padre, che, oltre ad essere il Pastore universale della Chiesa cattolica, è il Capo di Stato della Città del Vaticano;
          tale pubblicazione non rappresenta più una discutibile iniziativa giornalistica, ma assume, secondo gli interpellanti, i connotati di un vero e proprio atto criminoso, in quanto sia il Santo Padre che diversi suoi collaboratori, ivi compresi i mittenti di tali missive, hanno visto violati i loro diritti personali di riservatezza e di libertà di corrispondenza;
          pur essendo stato compiuto l'atto in territorio straniero, sia la stesura che la pubblicazione di tali materiali è avvenuta in territorio italiano e questo potrebbe avere ripercussioni di carattere internazionale –:
          se non ritenga opportuno procedere con immediatezza al rafforzamento, nei nostri codici, della tutela contro simili abusi, così da scoraggiare e rendere inefficaci tali improvvide iniziative;
          se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per far sì che pubblicazioni analoghe non abbiano a ripetersi nel futuro.
(2-01552) «Iannaccone, Belcastro, Porfidia».
(19 giugno 2012)


Recente decisione del Dipartimento nazionale della protezione civile in merito alla dislocazione delle strutture antincendio sul territorio della regione Sardegna – 2-01555

B)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          il Dipartimento nazionale della protezione civile ha recentemente ritenuto opportuno mettere mano alla dislocazione delle strutture antincendio presenti sul territorio della regione Sardegna;
          in particolare, la Protezione civile ha deciso di modificare radicalmente l'organizzazione operativa che da oltre vent'anni prevede lo schieramento di quattro Canadair CL415 di stanza e un elicottero S-64 ad Olbia e un S-64 su Cagliari Elmas;
          tale decisione, presa senza nessun coordinamento con gli organi istituzionali della regione Sardegna, sembra addurre a motivo di tale cambiamento il fatto che nel 2011 si è registrata una diminuzione dell'incidenza degli incendi nel nord della Sardegna, con un lieve incremento nel sud della regione;
          un altro punto a sostegno della decisione della Protezione civile riguarda i venti di maestrali tipici del territorio della Gallura, che, soffiando di traverso oltre i 22 nodi, comporterebbero, secondo gli esperti, delle forzate ore non operative per i velivoli, che, invece, con il trasferimento a Cagliari si potrebbero evitare;
          a ciò è stato aggiunto che con questo nuovo schieramento dei Canadair sarebbe più veloce un intervento, ove necessario, nella vicina Sicilia;
          le polemiche che sono sopraggiunte da parte degli esponenti della regione, in particolare dallo stesso presidente della regione Sardegna, quanto degli amministratori locali, non sono valse ad incidere sulla posizione irremovibile della Protezione civile, che, anzi, ha risposto alle rimostranze locali dicendosi eventualmente disposta a posizionare un ulteriore Canadair ad Olbia, ma soltanto qualora la regione si facesse carico di parte delle spese;
          l'ispettorato forestale di Tempio-Pausania ha messo in evidenza la fallace convinzione maturata dalla Protezione civile in merito all'invasività degli incendi. I dati concreti degli ultimi decenni dimostrano che solo nel periodo 2002/2011 la Gallura ha gestito circa tremila incendi e i danni non sono stati devastanti proprio grazie all'intervento tempestivo degli aerei dislocati ad Olbia, che hanno effettuato, nel medesimo periodo di riferimento, oltre 255 interventi;
          se la stagione del 2011 ha evidenziato una minore invasività dei territori colpiti da incendi, non si possono dimenticare gli incendi che nel 1982, 1989, 1993, 1994, 2005, 2007 e 2009 hanno devastato la Gallura come in nessuna altra parte della regione, facendo registrare anche ben 28 vittime che hanno perso la vita tra le fiamme –:
          se la decisione presa dalla Protezione civile sia sostenuta da argomentazioni che, a fronte dei dati, giustificano questo repentino cambiamento, posto che esse appaiono difficilmente dimostrabili considerato il lungo periodo di servizio dei Canadair ad Olbia, che ha permesso di evitare disastrose conseguenze, non solo sul piano paesaggistico, ma anche su quello umano;
          se il Governo non ritenga opportuno, prima di rendere operativa questa decisione a partire dal 26 giugno 2012, di esaminare con attenzione e cautela le probabili conseguenze che potrebbero presentarsi a fronte di questa scelta, non solo nel territorio della Gallura ma in tutta la regione Sardegna, purtroppo da sempre duramente colpita dagli incendi;
          se non ritenga di dover adeguatamente coinvolgere le istituzioni regionali e locali per valutare se esistano i presupposti per dei cambiamenti strategici.
(2-01555) «Nizzi, Vella, Malgieri, Pili, Minasso, Mannucci, Landolfi, Garofalo, Minardo, Pianetta, Murgia, Torrisi, Iannarilli, Vitali, Luciano Rossi, Porcu, Stradella, Centemero, Speciale, Frassinetti, Milanese, Piso, Massimo Parisi, Gottardo, Baccini, Cassinelli, Osvaldo Napoli, Stanca, Aracu, Girlanda, Leo, Vincenzo Antonio Fontana, Simeoni, Laffranco, Palmieri, Crolla, Cossiga, Biancofiore».
(19 giugno 2012)


Problematiche riguardanti l'attività dell'Istituto per lo sviluppo agroalimentare – 2-01537

C)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
          l'Istituto per lo sviluppo agroalimentare spa (Isa), con sede legale in Roma – via Palestro, 64, è una società finanziaria iscritta all'elenco generale e all'elenco speciale degli intermediari finanziari, ai sensi rispettivamente degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo n.  385 del 1993 (testo unico bancario);
          l'Isa, con capitale sociale pari a euro 300.000.000 interamente versato, è partecipata al 100 per cento dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e, attraverso specifici strumenti di legge e sulla base di convenzioni, ha l'obiettivo di promuovere e sostenere progetti di sviluppo agroindustriale che comportino, come ricaduta indotta, un miglioramento strutturale dei livelli di reddito dei produttori agricoli, nonché di supportare le imprese operanti nella fase di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli;
          l'Isa era stata costituita già nel 2004 in forma di società per azioni, partecipata al 60 per cento dall'Ismea e al 40 per cento da Sviluppo Italia, per gestire le attività nel settore agroalimentare, sostanzialmente i fondi ex Ribs. Con la legge di conversione del «decreto-legge competitività» del 2005, è divenuta una società a partecipazione diretta del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, mettendo fine al primitivo progetto di condivisione di competenze con il Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico);
          all'Isa vengono trasferite, in particolare, le funzioni, le risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali relative ai contratti di programma e a quelli di filiera, sicché essa diventa arbitro di un potere enorme, a cominciare dagli ingentissimi fondi stanziati per le aree sottoutilizzate;
          l'Isa, inoltre, in base all'articolo 10-ter, comma 3, del decreto-legge n.  203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  248 del 2005 («decreto-legge competitività»), gestisce il fondo ivi istituito a favore di Buonitalia spa, controllata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e procede di volta in volta alle erogazioni come disposto da decreti ministeriali; sulla base di apposita convenzione per servizi sono riconosciuti a Buonitalia spa, sul conto di corrispondenza, gli interessi passivi pattuiti;
          l'attività dell'Isa, con il recente decreto-legge 2 marzo 2012, n.  85, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44, si interseca anche con quella dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (Assi ex Unire). Ai sensi dell'articolo 10 (potenziamento dell'accertamento in materia di giochi), comma 6, sono destinati 3 milioni di euro, a valere su risorse del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ad un programma di comunicazione per il rilancio dell'ippica, mentre, il comma 7, prevede che l'Isa possa intervenire finanziariamente, nell'ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati, secondo modalità definite con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;
          nel luglio 2011, l'Isa è passato alla cronaca per un aumento dei compensi degli amministratori, in contrasto con i tagli stabiliti a partire dal 2008, e per la nomina, fatta dal Ministro pro tempore Romano, di Annalisa Vessella, consigliere regionale della Campania e moglie del deputato del Pid Michele Pisacane. La Vessella, in data 27 luglio 2011, è stata chiamata a ricoprire l'incarico di amministratore delegato della società per un compenso lordo di circa 140 mila euro lordi annui;
          in base a dati di sintesi, ricavabili dal bilancio societario 2010, risulta che la società abbia chiuso la gestione annuale con un utile di euro 11.206.000 e che, su un margine disponibile di euro 25.007.000, solo poco più del 15 per cento sia derivante dall'attività di core business Isa, mentre 17.385.000 sono i proventi relativi a parte del contributo previsto dalla legge, erogato annualmente a favore di Isa dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e 805.000 sono i ricavi dell'attività di servizi verso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e altri (di cui 675.000 si riferiscono all'assistenza tecnica prestata al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sui contratti di filiera e per la parte restante all'addebito a clienti dei costi di istruttoria dei progetti);
          ai sensi della legge 12 novembre 2011, n.  183 (legge di stabilità 2012), l'Isa concorre al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed è stato autorizzato a versare all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 31 gennaio 2012, la somma di 32,4 milioni di euro entro il 31 gennaio 2012, la somma di 9,2 milioni di euro, entro il 31 gennaio 2014, e, entro il 31 gennaio 2014, la somma di 9,2 milioni di euro;
          il Ministro interpellato sta puntando molto sull'assistenza dell'Isa per un rilancio dei contratti di filiera e, a tal proposito, con l'articolo 63 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività («liberalizzazioni»), si prevede che i rientri di capitale e interessi dei mutui erogati per conto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dall'Istituto per lo sviluppo agroalimentare spa (ISA) per il finanziamento dei contratti di filiera di cui all'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n.  289, e successive modificazioni, sono utilizzati per nuovi finanziamenti agevolati dei contratti di filiera e di distretto di cui all'articolo 1 della legge 3 febbraio 2011, n.  4, secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.  42 del 19 febbraio 2008. L'Isa, inoltre, su indicazione del Ministero, è stata autorizzata a mettere a disposizione, sin da subito, ma sempre nel vincolo del limite delle risorse rivenienti dai rientri di capitale, un importo non superiore a 5 milioni di euro annui, per un triennio, per finanziamenti agevolati per la realizzazione dei contratti di filiera e di distretto;
          ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44 (disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), e nel rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, l'Isa può intervenire finanziariamente, nell'ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati, secondo le modalità definite con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;
          attualmente sono incardinati alla Camera dei deputati dei progetti di legge che vedrebbero l'Isa coinvolta nello scioglimento della società Buonitalia spa e in un eventuale trasferimento alla stessa delle funzioni e risorse umane, strumentali e finanziarie –:
          ai fini di una valutazione di merito dell'attività svolta da Isa spa nello sviluppo del sistema agroindustriale italiano, necessaria anche in funzione di una migliore valutazione del progetto di trasferimento delle funzioni di Buonitalia spa e del progetto di riordino di tutte le società controllate dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, quali siano i compensi e i benefit degli amministratori (presidente, amministratore delegato, direttore generale, consiglio di amministrazione e collegio sindacale) e se le loro competenze rispondano all'incarico ricoperto;
          quale sia attualmente il numero del personale strutturato con un contratto a tempo indeterminato, quante siano le unità di personale con altre tipologie di contratto e quante, attualmente, siano invece le consulenze esterne e per quali attività vengano impiegate e quale sia il carico di lavoro di ogni singolo dipendente;
          quante siano le pratiche esitate favorevolmente da Isa spa nell'ultimo anno, quante dall'inizio della sua attività e per quali linee di intervento, quali siano i risultati ottenuti e se, in base ai risultati ottenuti, siano state distribuite alcune forme di premi aziendali;
          a quanto ammonti la spesa per il personale e quella per le consulenze esterne, posto che dagli ultimi schemi di bilancio resi pubblici e risalenti all'anno 2010 risultava una spesa complessiva di euro 5.721.000, riferita complessivamente alle competenze ed oneri sociali relativi all'organico della società, composto al 31 dicembre 2010 da 36 dipendenti e da 7 collaboratori a progetto, e ai compensi corrisposti agli organi sociali e di controllo;
          a quanto ammonti la locazione degli uffici, stante che nell'ultimo bilancio reso pubblico e risalente al 2010 l'importo si stimava in 0,5 milioni di euro;
          considerato che, ai sensi dell'articolo 10-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n.  203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n.  248, l'Isa è destinataria della gestione di una parte dei fondi ex Sviluppo Italia, che per la sua attività può accedere al fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n.  289, e successive modificazioni, secondo i criteri stabiliti dal Cipe, che, a completa attuazione di quanto previsto dall'articolo 10-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n.  203, all'Istituto per lo sviluppo agroalimentare spa (Isa) è versato l'importo di 20 milioni di euro per l'anno 2009 e di 130 milioni di euro per l'anno 2010, per i compiti di istituto, in favore della filiera agroalimentare, che per l'attuazione di tale dettato si provvede a valere sulle risorse del fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2, e successive modificazioni, con delibera del Cipe compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e che l'impiego del predetto importo da parte dell'Isa resta soggetto al vincolo di destinazione territoriale dell'85 per cento a favore del Mezzogiorno e del restante 15 per cento a favore delle aree del Centro-Nord, quali siano state fino ad oggi le operazioni dell'Isa nel Mezzogiorno e quali siano i risultati ottenuti.
(2-01537) «Di Pietro, Messina, Di Giuseppe, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Rota».
(7 giugno 2012)


Iniziative in ambito comunitario per l'introduzione di misure restrittive per gli strumenti derivati negoziati in mercati non regolamentati e per l'istituzione di un'agenzia europea di rating – 2-01530

D)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          secondo il rapporto della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) del 6 maggio 2012, che raccoglie le statistiche sui derivati negoziati sui mercati non regolamentati, cosiddetti over the counter(otc) a livello mondiale, dopo la contrazione dovuta alla crisi degli anni 2008 e 2009, l'utilizzo di questi strumenti è ripreso con intensità crescente ed il valore nozionale ha raggiunto i 650 mila miliardi di dollari; la crescita è stata, nel secondo semestre 2011, la più elevata dalla seconda metà del 2008; i titoli derivati rappresentano in valore nove volte e mezzo il prodotto interno lordo del mondo; è evidente che il sistema finanziario mondiale non può reggere;
          già in Europa, nel febbraio 2009, con il rapporto De Larosière, e negli Stati Uniti, nel luglio 2010, con il Dodd-Frank act, era stata posta a livello mondiale l'esigenza di porre sotto controllo il mercato degli over the counter, imponendo la contrattazione attraverso stanze di compensazione opportunamente capitalizzate e con meccanismi di margine, anche per assicurare trasparenza a questi mercati che divenivano sempre più importanti;
          il 16 marzo 2012 è emerso che il Ministero dell'economia e delle finanze italiano ha dovuto regolare con Morgan Stanley posizioni pregresse su derivati negoziati in mercati non regolamentati con perdite dell'ordine di 3 miliardi di dollari, derivanti dalla sottoscrizione a metà anni ’90 di una serie di contratti sul debito pubblico tese ad allungare la scadenza media e ridurre l'onere immediato di servizio degli interessi;
          secondo i dati Eurostat l'Italia ha il primato fra i principali Paesi europei nelle perdite di appalti dall'uso dei derivati; complessivamente negli ultimi quattro anni le perdite su derivati – che comportano una maggiore spesa per interessi – sono ammontate a 5,671 miliardi di euro (contro un guadagno di 1,699 miliardi del Paese più «virtuoso», la Francia); il dato si riferisce a tutte le pubbliche amministrazioni, ma c’è da considerare che le operazioni più rilevanti vengono effettuate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze;
          va, tuttavia, considerato che, secondo autorevoli esperti, il periodo di quattro anni analizzato dal rapporto Eurostat è troppo breve per esprimere un giudizio sull'investimento in un prodotto che può avere una durata molto lunga, anche 15 anni, ed è in teoria possibile che successivamente muti la convenienza dell'investimento. Inoltre, il derivato deve essere considerato, nella sua funzione propria, come un costo per assicurarsi dalla possibilità del verificarsi di un evento tale da determinare danni ben più onerosi;
          l'11 maggio 2012 la JP Morgan, la più grande banca americana in termini di attivo, ha dichiarato perdite su credit default swap, contrattati sui mercati non regolamentati, per oltre 2 miliardi di dollari, in relazione alla posizione corta assunta con finalità «speculative» su un indice bondcorporate;
          la perdita registrata da JP Morgan ha messo in luce l'inefficacia della cosiddetta Volcker rule, la norma che avrebbe dovuto impedire alle banche di deposito di realizzare operazioni speculative con il proprio capitale, la cui operatività è stata vanificata dai ritardi nell'emanazione dei regolamenti attuativi e dal vulnus creato in sede interpretativa dall'eccezione di applicazione della regola secondo cui le operazioni speculative sono consentite se finalizzate allo scopo della copertura del rischio;
          a conferma del rischio contagio e delle interazioni fra i mercati, le perdite di JP Morgan hanno contribuito alla tensione sul mercato dei credit default swap sui debiti sovrani e, secondo alcuni analisti, la dèbàcle di JP Morgan ha indotto importanti operatori ad assumere un atteggiamento molto più cauto nel vendere protezione sovrana con conseguente aumento dei prezzi; la copertura «assicurativa» del rischio sovrano è sempre più costosa;
          il costo dell'assicurazione sulla possibilità di default dei crediti sovrani cresce in relazione all'aumento del rischio che si verifichi l'evento, ma i credit default swap lanciano segnali sempre più allarmanti, che generano nuovamente rischio endogeno, con potenziale rischio sistemico; la regolamentazione del mercato dei rischi sovrani nel sistema bancario europeo appare, quindi, inadeguato a bloccare l'evoluzione del sistema;
          l'esigenza di avere mercati dei credit default swap regolati è, quindi, quella di conoscere in modo completo chi offre protezione su uno Stato sovrano, con quali competenze e con quali risorse finanziarie, anche al fine di evitare che i principali venditori di protezione sul rischio sovrano siano le stesse banche del Paese;
          in un ragionamento astratto, infatti, gli istituti di credito potrebbero finanziarsi a tassi bassissimi dalle banche centrali e utilizzare tali fondi per vendere una copertura assicurativa con strumenti derivati, nel convincimento che, se gli Stati sovrani non falliranno, saranno garantiti rilevanti profitti; se, al contrario, l'evento avverso si dovesse verificare, le banche sarebbero comunque salvate dagli stessi Stati (privatizzazione dei guadagni e socializzazione delle perdite), con sistemi perversi di incentivi e di remunerazioni;
          il paradosso di questi contratti assicurativi è acuito dal fatto che la definizione di default(credit event) è lasciata alle stesse banche che vendono protezione ed il default non è stato, ad esempio, dichiarato nel caso della ristrutturazione pari al 75 per cento del valore del debito greco;
          sembra, pertanto, opportuno ed urgente intraprendere accordi a livello europeo e mondiale al fine di porre restrizioni sui credit default swap sovrani ed evitare il rischio che il mercato dei derivati negoziati al di fuori dei mercati regolamentati anticipi e forzi lo spread sovrano per trarne profitto, esaltando il rischio endogeno e quello sistemico;
          l'interazione fra aumento del tasso di interesse sul debito sovrano, politiche fiscali fortemente restrittive con obiettivi nominali predeterminati e la riduzione del livello di indebitamento delle banche indotto da «Basilea 3» fa cadere il reddito, trascinando verso l'alto il rapporto debito pubblico/prodotto interno lordo;
          il divieto di vendita allo scoperto da solo non risolve i problemi, ma occorre portare su mercati regolati i credit default swap e definire illegali tutti i titoli non monitorati e con contratti non standardizzati;
          le società di rating, anch'esse caratterizzate da conflitti di interesse, percepiscono il rischio rilevante della situazione, particolarmente nell'eurozona; la decisione di Moody's di declassare le banche italiane fa emergere ancora una volta la necessità di interventi volti ad evitare che le agenzie di rating possano continuare ad influenzare pesantemente la finanza pubblica ed a tal fine si ritiene necessario istituire un'agenzia europea e, nell'immediato, valutare l'ipotesi di ritirare le licenze agli organismi che commettono reati, provocando danni che avvantaggiano solo gli speculatori –:
          se non ritenga necessario proporre a livello comunitario misure restrittive per gli strumenti derivati negoziati in mercati non regolamentati giudicati di pura speculazione, nonché l'istituzione di un'agenzia europea di rating partecipata dagli Stati membri;
          se non ritenga necessario adottare nell'immediato una regolamentazione interna di disciplina degli strumenti derivati, anche al fine di evitare le gravi conseguenze che si stanno verificando per effetto della precaria stabilità e della scarsa trasparenza dell'operatività del sistema finanziario bancario.
(2-01530) «Boccia, Benamati, Bobba, Boffa, Calvisi, Marco Carra, Codurelli, Dal Moro, De Micheli, Farinone, Fedi, Froner, Genovese, Grassi, Graziano, Laganà Fortugno, Lenzi, Lucà, Lulli, Maran, Marantelli, Margiotta, Mattesini, Mazzarella, Misiani, Mosca, Rugghia, Trappolino, Vico, Villecco Calipari».
(6 giugno 2012)


Orientamenti del Governo in merito ad un progetto di dismissione di parti del patrimonio pubblico non funzionali allo svolgimento dei compiti essenziali delle pubbliche amministrazioni, a fini di riduzione del debito pubblico – 2-01533

E)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          la gravità della situazione e la rapidità degli interventi resisi necessari nel novembre-dicembre 2011, tesi ad intervenire in maniera urgentissima su una situazione della finanza pubblica al limite del collasso, non nascondono una questione fondamentale: il pareggio di bilancio nel 2013 è solo il primo dei passi necessari per uscire dall'attuale situazione di crisi, ma non è affatto l'unico;
          anche se il 2013 segnerà l'arresto nel percorso d'indebitamento pubblico, il debito accumulato, che ha raggiunto a fine 2011 la cifra di 1935 miliardi di euro, rimane il problema centrale e mette a rischio la stabilità del Paese. Il tema che ora si pone è di intervenire con rapidità sul debito, adottando misure che non deprimano l'economia e garantiscano la coesione sociale;
          è innegabile che una fase di sensibile crescita economica, unita ad adeguati interventi sulla spesa, sia indispensabile per permettere nel tempo una riduzione strutturale del debito. Al momento, però, questa congiuntura positiva non sembra prevedibile possa avviarsi, quasi sicuramente non nel corso del 2012;
          i significativi interventi ad oggi in corso su alcuni temi cruciali, quali quelli delle liberalizzazioni del mercato, della sburocratizzazione e semplificazione normativa, della riforma del mercato del lavoro ed in prospettiva delle misure in termini di efficienza della giustizia e contro la corruzione, sono assai importanti, ma dispiegheranno i loro positivi effetti solamente nel medio periodo;
          in termini di finanza pubblica, al contrario, il peso delle misure adottate con i decreti-legge n.  78 del 2010 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122), n.  98 del 2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111), n.  138 del 2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148) ed in ultimo con il decreto-legge n.  201 del 2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214) stanno mostrando i loro effetti complessivi, soprattutto in termini di aumento generale della pressione fiscale;
          in termini numerici la pressione fiscale, così come stimata da Banca d'Italia, dovrebbe passare dal 42,3 per cento sul prodotto interno lordo del 2010 al 42,7 per cento del 2011 e dal 2012 si attesterebbe su valori intorno al 43,8 per cento, non avendo incluso in questa stima, però, né gli eventuali effetti dell'attuazione della delega fiscale e assistenziale, né i possibili maggiori prelievi fiscali che gli enti decentrati potrebbero disporre per compensare i tagli apportati con le manovre estive ai trasferimenti dallo Stato;
          in sede di audizione parlamentare la relazione rilasciata dalla Corte dei conti sull’«Analisi annuale della crescita per il 2012» (documento del 13 marzo 2012) indica nel 45 per cento il valore tendenziale della pressione fiscale negli anni successivi al 2012;
          l'ufficio studi di Confcommercio, come altri istituti di ricerca privata, stimano una pressione fiscale «effettiva», al netto del contributo dell'economia sommersa sul prodotto interno lordo, assai maggiore;
          a complemento di questo, sempre dati della Banca d'Italia indicano che le tre manovre approdate nella seconda metà del 2011 determinano una correzione pari al 3 per cento del prodotto interno lordo nel 2012 e al 4,7 per cento, in media l'anno, nel 2013 e nel 2014;
          le conseguenze depressive delle manovre e le mediocri previsioni di crescita per la «zona euro» non lasciano ipotizzare per l'Italia in un prossimo futuro un ciclo economico favorevole, mentre appaiono ancora incerte, nonostante il forte contributo italiano in questo settore, le decisioni europee su strumenti efficaci e di grande utilità, come gli «eurobond»;
          prima ancora dei vincoli comunitari, proprio la situazione del nostro Paese sui mercati, che, nonostante il positivo lavoro svolto in questi ultimi quattro mesi, rimane precaria, richiede un rapido intervento sul debito, in modo da rendere esplicito il nostro impegno in questa direzione;
          per ottenere risultati significativi sui mercati, aiutare la crescita e contenere il carico fiscale sarebbe importante che lo sforzo per il pareggio di bilancio non risultasse isolato, ma accompagnato da un'azione di riduzione del debito;
          con questa riduzione si potrebbe ottenere un primo diretto risparmio sulla spesa annuale per interessi, variabile in funzione dell'entità della riduzione, ed è assai probabile che si assisterebbe anche ad un risparmio indiretto nella spesa per interessi, ove questa manovra provocasse un abbassamento dei tassi;
          nel decreto-legge n.  201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, sono contenute prime misure di privatizzazione legate principalmente a beni immobili dello Stato;
          da questo punto di vista sembra oggi utile, necessario e non rinviabile dedicare all'abbattimento del debito pubblico la dismissione di una frazione del patrimonio dello Stato, operando dismissioni di immobili pubblici e privatizzazioni e cessioni di quote azionarie di aziende pubbliche;
          in questo senso si muovono anche le osservazioni della Corte dei conti, che nel documento più sopra richiamato, in tema di risanamento e crescita, indica chiaramente come «non si può, pertanto, rinunciare a ridurre lo stock del debito attraverso la cessione di quelle parti del patrimonio pubblico non funzionali allo svolgimento dei compiti essenziali delle amministrazioni non soggetto a tutele artistiche e patrimoniali»;
          per il patrimonio immobiliare pubblico stime effettuate da enti di ricerca privati sulla base dei bilanci dello Stato, delle amministrazioni pubbliche e degli enti locali indicano valori superiori ai 400 miliardi di euro, mentre altre analisi, ad esempio Kpmg nel 2004, tendono a fornire cifre più elevate, basandosi però su valutazioni con criteri di mercato oggi opinabili;
          per quanto attiene alle aziende pubbliche la situazione appare complessa. Una prima stima delle partecipazioni dello Stato in grandi aziende ammonta a circa 100 miliardi, mentre più difficile da valutare, ma molto consistente, è l'entità delle partecipazioni degli enti locali nelle centinaia di aziende sparse sul territorio;
          per quanto attiene alle aziende controllate o partecipate dalla Stato, vi sono fra esse situazioni in cui vi è un interesse strategico nazionale ed altre, invece, che necessitano di ristrutturazioni societarie prima dell'eventuale collocazione sul mercato;
          in ogni caso per la cessione di patrimonio, immobiliare quanto azionario, l'attuale situazione dei mercati pone problemi nella valorizzazione di questi asset ed occorre, quindi, adottare piani di privatizzazione mirati alle reali possibilità del mercato;
          in queste condizioni appare realistico pensare ad un limitato, e credibile, piano di cessione pluriennale che permetta l'abbattimento di una quota significativa del debito, evitando, nel contempo, consistenti perdite di valore nella fase di alienazione;
          un risultato significativo che libererebbe risorse per le successive riduzioni del debito o per contribuire a politiche di investimento e di crescita, prima fra tutte una riforma fiscale che alleggerisca il peso sulle fasce più deboli dei contribuenti, sulle famiglie e sulle imprese;
          in alternativa alla diretta privatizzazione, vi sono anche importanti proposte tese alla valorizzazione, in funzione della riduzione del debito, delle proprietà delle Stato mediante la realizzazione di un «fondo patrimoniale» in cui far confluire, oltre alle proprietà immobiliari, anche le azioni di imprese pubbliche possedute dal Ministero dell'economia e delle finanze, quotate e non, per la parte eccedente il loro controllo. Tale fondo, mediante l'assorbimento di titoli di debito pubblico, potrebbe portare, secondo alcune stime dei proponenti, ad un abbattimento fra il 10 ed il 20 per cento del rapporto debito/prodotto interno lordo nel giro di due-tre anni, svolgendo anche una funzione economicamente propulsiva;
          in ogni modo gli impegni europei già assunti dal Paese, anche prima della recente normativa cosiddetta fiscal compact, richiedono l'abbattimento del 50 per cento del debito in venti anni e se è vero che tale abbattimento dovrà essere operato con l'avanzo sul bilancio, è anche vero che tale sforzo è assai consistente (trattandosi di circa 3 punti di prodotto interno lordo all'anno) e dal 1992 l'obbiettivo di una riduzione in valore assoluto del debito non è mai stato colto;
          nell'attuale situazione, dunque, di elevatissima pressione fiscale e di forte recessione la strada maestra per uscire dalla crisi resta un significativo taglio del debito;
          affiancare il pareggio di bilancio con l'operazione di riduzione del debito pubblico, in un percorso che veda una seria operazione di revisione della spesa e dei conti pubblici uniti ad interventi strutturali e riforme profonde, appare non solo realistico, ma anche non rinviabile, in modo da creare le condizioni per riavviare un ciclo economico positivo che favorisca la stabilizzazione e la crescita del Paese, prevedendo, altresì, la coesione sociale –:
          se i dati macroeconomici esposti in premessa siano rispondenti alle valutazioni del Governo e quali misure esso abbia in programma per attuare una significativa riduzione del debito pubblico che possa concorrere alla stabilizzazione della finanza pubblica e, al contempo, liberare più rapidamente risorse a favore dei cittadini e delle imprese.
(2-01533) «Benamati, Rubinato, Boccuzzi, Esposito, Gianni Farina, Losacco, Pierdomenico Martino, Picierno, Bellanova, Melis, Duilio, Touadi, Tullo, Viola, Sanga, Cardinale, Fogliardi, Strizzolo, D'Antona, Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD), Genovese, Marchignoli, Baretta, Servodio, Bucchino, Rigoni, Graziano, Fioroni, Ginoble, Grassi, Pedoto, De Pasquale, Fadda».
(7 giugno 2012)


Tempi di adozione dei decreti attuativi previsti dal decreto legislativo n.  85 del 2010 in materia di attribuzione di beni statali a comuni, province, città metropolitane e regioni – 2-01549

F)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85, «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un loro patrimonio, ai sensi dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n.  42», stabilisce che siano individuati i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a comuni, province, città metropolitane e regioni, secondo i parametri e le procedure indicate nel decreto medesimo;
          l'articolo 3, comma 3, del suddetto decreto legislativo prevede che i beni sono individuati, ai fini dell'attribuzione ad uno o più enti appartenenti ad uno o più livelli di governo territoriale, mediante l'inserimento in appositi elenchi contenuti in uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo stesso;
          l'articolo 7 del medesimo decreto precisa, inoltre, che a decorrere dal 1o gennaio del secondo anno successivo alla data della sua entrata in vigore, su richiesta degli enti locali, possono essere attribuiti ulteriori beni eventualmente resisi disponibili e, al comma 2, specifica che gli enti territoriali interessati possono individuare e richiedere ulteriori beni non inseriti in precedenti decreti, né in precedenti provvedimenti del direttore dell'Agenzia del demanio;
          è trascorso il termine di 180 giorni previsto per l'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n.  85 del 2010 e non sono stati individuati gli immobili di possibile attribuzione agli enti interessati;
          diversi comuni ed enti locali già utilizzano beni demaniali a scopi istituzionali – o sono interessati a poterne usufruire – e attendono dal 2010 di poter conoscere quali beni statali possano essere loro attribuiti –:
          in quali tempi il Governo intenda adempiere agli obblighi derivanti dal decreto legislativo in questione e adottare i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con l'elenco dei beni individuati.
(2-01549) «Albini, Zunino, Amici, Mariani, Rampi, Agostini, Meta, Velo, Bratti, Giacomelli, Garofani, Nannicini, Gatti, Verini, Murer, Marchioni, Schirru, Corsini, Ghizzoni, Berretta, D'Incecco, Concia, Naccarato, Sereni, Cilluffo, Piccolo, Rossa, Ciriello, Cavallaro, Gnecchi».
(14 giugno 2012)


Elementi ed iniziative in ordine ad una lettera redatta dall'ufficio persone fisiche della direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate relativa a richieste di giustificazione delle spese – 2-01556

G)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          sta arrivando in questi giorni a numerosi contribuenti una lettera, datata 28 maggio 2012, sottoscritta dal direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ma redatta dall'ufficio persone fisiche della direzione centrale accertamento, con la quale si richiede a ciascun contribuente interpellato di giustificare talune spese, giudicate dall'ufficio non congrue con i redditi dichiarati;
          si richiede al contribuente di dimostrare che la quota di spese eccedenti per almeno un quinto il reddito complessivo dichiarato nel 2011 (e quindi relativo all'anno 2010) sia stata finanziata con redditi diversi da quelli dichiarati sul modello unico, cioè con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte o comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile;
          in sostanza i dati delle dichiarazioni del contribuente, confrontati con gli altri dati che lo riguardano, derivanti dall'esame dei conti correnti, dei contratti registrati, delle utenze, dei contributi previdenziali o di somme ad altro titolo pagate non risultano congrui; di conseguenza, l'ufficio, in presenza di spese superiori del 20 per cento al reddito dichiarato, procede all'accertamento sintetico del reddito complessivo e alla conseguente maggiorazione delle imposte (più sanzioni, interessi ed aggio), salvo ravvedimento operoso;
          è praticamente inutile osservare, in questa fase economica, che la pervasività dell'attuale sistema dei controlli automatici in ambito fiscale non ha eguali in ambito penale; tuttavia, è una stortura a cui occorrerà porre rimedio se non si vuole che le tensioni sociali, contro un sistema fiscale che la gran parte dei cittadini considera opprimente, sfocino in aperta ribellione;
          ciò premesso, è assolutamente corretto che il fisco chieda conto al contribuente di spese non congruenti con il reddito dichiarato; tuttavia, la lettera in titolo, per come è redatta e per la logica che la sottende, manifesta, secondo gli interpellanti, una volontà intimidatoria e prevaricatoria, una logica più da gabelliere medioevale che da moderno sistema impositivo, una logica in aperta violazione dello statuto del contribuente;
          a riprova di questo, si osserva quanto segue:
              a) la lettera inizia con un tono cortese e colloquiale, affermando addirittura che la «comunicazione ha finalità esclusivamente informative e pertanto non è necessaria da parte sua alcuna risposta», salvo poi affermare verso la fine che «nel caso in cui (il contribuente) non fosse in grado di dimostrare la compatibilità delle spese (...) l'ufficio potrà procedere all'accertamento sintetico del reddito»; delle due, l'una: o è un'informativa o è una richiesta di documentazioni; mescolare i due aspetti assume connotati, secondo gli interpellanti, intimidatori e in violazione del principio della leale collaborazione fissato dallo statuto. Salvo che non si voglia dedurre un comportamento ben peggiore, e cioè che l'ufficio preferisce che il contribuente non risponda, in modo da procedere senz'altro all'accertamento sintetico;
              b) la lettera dichiara che «per tutelare la sua riservatezza nel prospetto non è precisato l'ammontare delle spese rilevate». Da tempo si osserva che il concetto di privacy è utilizzato come alibi per comportamenti di scarsa trasparenza verso l'utente e soperchierie. Nel caso in questione, si parla del tutto impropriamente di privacy con riferimento a una comunicazione privata di un ufficio che è titolato a sapere sul contribuente più del contribuente stesso ed è il titolare delle informazioni coperte da riservatezza. Non essendoci alcun rischio di diffusione a soggetti terzi dei dati, questi non solo possono, ma devono essere comunicati. Da un lato, si osserva che desta perplessità il fatto che si richiami alla privacy un ufficio al quale della privacy del contribuente è, secondo gli interpellanti, sempre importato poco, tanto da pubblicare on line le dichiarazioni dei redditi o farsi promotore della «gogna fiscale». Dall'altro, fatto ancora più grave, in quanto altera totalmente i principi delle norme sulla gestione dei dati personali, si utilizza il concetto di privacy per non comunicare al titolare dei dati, i dati che lo riguardano, aggravando e confermando quelle che agli interpellanti appaiono la natura intimidatoria della missiva e la riserva mentale di chi l'ha scritta;
              c) prosegue la lettera: «Nel caso in cui rilevi errori o incongruenze nel prospetto allegato, può comunque segnalarli inviando una mail e altro (...)» Il prospetto allegato è una scarna ed incongrua sommatoria di spese voluttuarie (acquisto di barche), obbligatorie (mutui, assicurazioni e contributi) e spese di famiglia (spese per studi), con delle «X» nelle caselle dove l'ufficio fiscale ritiene vi siano delle incongruenze; non si comprende come dovrebbe rispondere il contribuente, se non con un moto di panico; giova ricordare che lo statuto del contribuente richiede la contestazione puntuale degli addebiti che si rivolgono al contribuente; qui non si conoscono nemmeno le somme complessive e non si sa se si è pagato di più o di meno (ad esempio, in merito ai contributi previdenziali). Anche in questo caso l'oscurità del documento ha, ad avviso degli interpellanti, carattere vessatorio ed intimidatorio;
          esiste un modo per effettuare le stesse richieste in modo corretto, senza né fronzoli, né intimidazioni, ed è quello di effettuare contestazioni puntuali e documentate sulle quali si applicano i principi di garanzia, parità, leale collaborazione e confronto tra le parti enunciati dallo statuto del contribuente;
          viceversa il metodo adottato dall'Agenzia delle entrate altro non fa che alimentare risentimento, recriminazione e desiderio di rivalsa in una popolazione già assediata dalla crisi economica, oltre che favorire una volontà di resistenza, che non fa riemergere l'economia sommersa, ma sommerge ancora di più quella sommersa e ne crea di nuova;
          l'Agenzia delle entrate non è nuova a lettere di tenore analogo per comunicare con i contribuenti. Da qui, secondo gli interpellanti, si desume che l'Agenzia esprime una cultura opposta ai principi dello statuto del contribuente, una cultura di disparità di rapporti, intimidatoria, vessatoria e prevaricatoria, che si sostanzia nell'approssimazione degli atti, nella superficialità delle comunicazioni e nell'utilizzo improprio di presunzioni che appaiono arbitrarie; questi fatti sono ampiamente avvertiti da gran parte della popolazione italiana –:
          se non ritenga opportuno ritirare, ai fini delle indagini fiscali, il documento descritto in premessa, sostituendolo con altro documento rigorosamente redatto secondo i principi e le norme dello statuto del contribuente;
          se non ritenga opportuno impartire adeguate istruzioni al direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, chiarendo che lo statuto del contribuente è norma fondamentale di attuazione della Costituzione e che contiene inderogabili linee guida sui rapporti tra uffici fiscali e contribuenti, anche al fine di evitare la riproposizione di documenti come quelli illustrati in premessa, nonché di tutta una serie di comportamenti, ad avviso degli interpellanti, vessatori ed erroneamente presuntivi nei confronti dei cittadini, dei quali esiste ormai amplissima bibliografia.
(2-01556) «Marinello, Gioacchino Alfano, Pagano, Brunetta, Germanà, Baldelli, Garagnani, Romele, Mantovano, Marsilio».
(19 giugno 2012)


Chiarimenti ed iniziative in merito alla vigenza delle disposizioni normative in materia di smaltimento fuori regione dei rifiuti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, effettuato presso alcuni impianti campani – 2-01553

H)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
          ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n.  90 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n.  123, come modificato dalla legge n.  28 del 2012, recante «Misure straordinarie e urgenti in materia ambientale», ai rifiuti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, effettuato presso un numero definito di impianti campani – precisamente Caivano (Napoli), Tufino (Napoli), Giugliano (Napoli), Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Avellino-località Pianodardine, Battipaglia (Salerno) e Casalduni (Benevento) – è stata applicata la disciplina dei rifiuti codificati come speciali (codice CER 191212), che, pertanto, come tali, sarebbero oggetto di libero mercato e potrebbero essere trasportati e smaltiti fuori regione;
          tuttavia, tale disciplina è stata prevista strettamente per il periodo di emergenza, quale normativa derogatoria, peraltro in parziale contraddizione con la stessa normativa speciale sull'emergenza rifiuti della Campania;
          infatti, l'articolo 4-octies del decreto-legge n.  97 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  129 del 2008 (Disposizioni in materia di trasferimento e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania), che ha integrato e precisato quanto stabilito dalle precedenti disposizioni emergenziali di cui al decreto-legge n.  263 del 2006 e al decreto-legge n.  90 del 2008, prevede che, fino alla cessazione dello stato di emergenza (intervenuta il 31 dicembre del 2009), vige anche per la regione Campania il divieto di smaltimento extraregionale dei rifiuti urbani, salvo accordo interregionale, esclusi i rifiuti della raccolta differenziata inviati presso impianti per il riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia;
          in ogni caso, la formale cessazione al 31 dicembre 2009 dello stato di emergenza rifiuti in Campania, dovrebbe avere inciso sulla possibilità di trasferimento fuori regione dei rifiuti urbani campani e sulle deroghe stabilite dalla normativa speciale per i rifiuti tritovagliati, riavviando il divieto di trasferimento fuori regione dei rifiuti urbani previsto dalla disciplina ordinaria dall'articolo 182, comma 3, del decreto legislativo n.  156 del 2006;
          secondo quanto si evince dalla nota prot. GAB 14963 del 2009 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inviata a tutte le regioni, e da una nota dell'ufficio legislativo dello stesso Ministero, in risposta ad un quesito della regione Toscana (GAB 13256 del 2008), sembra che l'orientamento del Ministero sia quello di considerare alla pari dei rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle semplici attività di trattamento meccanico dei rifiuti urbani (tritovagliati);
          tuttavia, i rifiuti campani, contraddistinti con codice CER 191212, da tempo arrivano presso impianti della regione Lombardia, in particolare presso l'impianto Rea di Dalmine, essendo considerati speciali dalla normativa sopra citata, ex articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n.  90, e mettono in serio pericolo il principio di autosufficienza provinciale e regionale;
          la regione Lombardia, in base a un sistema ecosostenibile, sta puntando con decisione al principio di prossimità nello smaltimento dei rifiuti, al fine di ridurre le distanze dai luoghi di produzione;
          le istituzioni del territorio lombardo, a vari livelli, si sono responsabilizzate nella gestione dei rifiuti solidi urbani, adottando una politica, talvolta impopolare ma comunque sempre lungimirante, che ha portato all'autorizzazione e realizzazione di 13 termovalorizzatori che oggi consentono l'autosufficienza regionale;
          gli indirizzi dell'Unione europea prevedono in tema di rifiuti il principio della prossimità;
          il Consiglio di Stato ha chiesto (con ordinanza 28 dicembre 2011, n.  6932) al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di acquisire una relazione tecnico-scientifica in base alla quale possa valutarsi l'attuale situazione dei rifiuti derivanti da tritovagliatura alla luce del sistema complessivo della normativa comunitaria e nazionale, specificandosi, in particolare, se essi siano da considerarsi rifiuti speciali ovvero urbani –:
          se il Ministro interpellato, anche allo scopo di evitare erronee interpretazioni della normativa vigente, non intenda adottare le opportune iniziative normative ai fini della abrogazione dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n.  90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n.  123, e successive modificazioni, e, comunque, se non intenda chiarire, nell'immediato, l'avvenuta cessazione degli effetti del sopra citato articolo.
(2-01553) «Stucchi, Consiglio, Vanalli, Dozzo, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Togni, Torazzi, Volpi».
(19 giugno 2012)


Chiarimenti in merito al mancato risarcimento, da parte di INA Assitalia, a favore della società Italgasbeton con sede ad Anagni (Frosinone) – 2-01519

I)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          la Italgasbeton spa con sede ad Anagni (Frosinone) rappresenta una realtà produttiva di prim'ordine nel settore dei lavorati per l'edilizia;
          nel corso degli oltre venti anni di attività, grazie alla produzione dei prodotti con marchio Iperblock commercializzati in Italia e Germania, la Italgasbeton spa ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, che ne hanno rafforzato il carattere di impresa di avanguardia del settore, capace di operare per prodotti di alto valore tecnologico con l'utilizzo di materiali non inquinanti e prevalentemente naturali;
          per queste caratteristiche la Italgasbeton spa rappresenta una preziosa esperienza di made in Italy che opera in funzione dell'innovazione del prodotto e del ciclo industriale, peraltro in una realtà territoriale importante per tutto il Centro-Sud e per il basso Lazio in particolare;
          tuttavia, l'attività della Italgasbeton spa è stata in varie occasioni funestata da eventi negativi e da tentativi di vera e propria «espropriazione fraudolenta», condotta da gruppi concorrenti che hanno cercato di appropriarsi delle capacità produttive e creative della società;
          in particolare, per quanto riguarda queste ultime vicende sono aperti procedimenti giudiziari presso la Corte di appello di Bologna che ha riconosciuto la piena e legittima posizione della Italgasbeton spa;
          gli eventi funesti poc'anzi accennati – e consistenti in una grave esplosione di impianti determinatasi nel 2007 – hanno costretto l'azienda ad anni di inattività ed a durissimi indebitamenti per garantire i livelli occupazionali;
          è in essere il processo penale nei confronti dei responsabili dell'esplosione, chiaramente individuati in sede di consulenza tecnica d'ufficio nei fornitori dell'autoclave scoppiata; pur essendo accaduto che in sede di primo grado Ina Assitalia sia stata condannata al rimborso dei danni, ad oggi si attende ancora la sentenza di secondo grado presso la Corte di appello di Roma;
          tali tempi sono, tuttavia, incompatibili con la necessità di risarcimento da parte di Ina Assitalia che, ad oggi, rifiuta di erogare i 7,4 milioni di euro di risarcimento fissati da apposita terna arbitrale il 14 luglio del 2008;
          tali risorse appaiono essenziali per una piena ripresa delle attività industriali e la difesa dei livelli occupazionali;
          la direzione della Italgasbeton spa, in una situazione di grave prostrazione, si è rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri per sollecitare un intervento del Governo su tutta la materia, inviando una dettagliata lettera;
          la Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera del 4 aprile 2012, ha inviato al Ministero della giustizia e al Ministero dello sviluppo economico – a firma della dottoressa Patrizia Campanella, protocollo n.  60 – una lettera – allegando la documentazione della Italgasbeton spa – per chiedere «di fornire risposta all'interessato» –:
          quando i Ministri interpellati intendano fornire risposta all'interessato al fine di avere una più chiara prospettiva sull'esito di una dolorosa vicenda, che rischia di mettere in crisi una realtà importante dell'apparato produttivo centromeridionale che sempre si è caratterizzata per la capacità industriale e di innovazione del proprio prodotto, internazionalmente riconosciuto.
(2-01519) «Morassut, Pompili, Anna Teresa Formisano, Meta, Carella, Villecco Calipari, Causi, Vico, Martella, Touadi, Gasbarra, Corsini, Luongo, Andrea Orlando, Calvisi, Madia, Sposetti, Bratti, Verini, Coscia, Marco Carra, Velo, Boccuzzi, Bonavitacola, Concia, Lolli, Argentin, Recchia, Tullo, Amici, Bocci, Colombo, Margiotta, Mattesini, Merloni, Realacci, Rugghia, Vannucci, Tocci».
(30 maggio 2012)


Tempi per la stipula del contratto di programma tra l'ENAC e la società Save relativo alla gestione dell'aeroporto Marco Polo di Venezia – 2-01534

L)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          l'Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile, già nel settembre 2003 aveva chiuso con Save, società di gestione dell'aeroporto Marco Polo di Venezia, l'istruttoria per la stipula del contratto di programma per il periodo 2004-2008, contratto poi trasmesso in data 31 dicembre 2003 ai competenti ministeri per le successive fasi di perfezionamento del procedimento, poi mai concluse;
          a seguito del mutamento del quadro normativo di riferimento, nel maggio 2009 Save, per poter ottenere l'adeguamento dei diritti aeroportuali fermi da oltre un decennio, ha dovuto riavviare un nuovo procedimento per la stipula con Enac del contratto per il periodo 2012-2016, utilizzando lo strumento del cosiddetto contratto in deroga previsto dal decreto-legge n.  78 del 2009 a favore dei maggiori scali italiani;
          il consiglio di amministrazione dell'Enac ha approvato, con propria delibera del 18 luglio 2011, il contratto di programma Save;
          in data 21 ottobre 2011, l'Enac ha inviato il contratto di programma e la relativa documentazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
          tra il novembre 2011 e l'aprile 2012, l'Enac ha fornito i chiarimenti richiesti dai ministeri, confermando, quindi, il contenuto del contratto di programma già deliberato, con alcune modifiche richieste;
          il 5 gennaio 2012, il direttore generale dell'Enac ha comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, in assenza di indicazioni contrarie, avrebbe provveduto a convocare Save per la sottoscrizione del contratto di programma, convocazione poi non pervenuta;
          Save, stante il tempo ulteriormente trascorso invano, in data 11 maggio 2012 ha formalmente diffidato l'Enac alla sottoscrizione del contratto di programma, già approvato dal consiglio di amministrazione dell'ente nel luglio 2011;
          l'Enac ha, quindi, fissato per mercoledì 30 maggio 2012 la data per la firma del contratto di programma da parte di Save, dandone comunicazione alla Save medesima;
          con note del 24 e 25 maggio 2012, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inviato all'Enac proprie osservazioni, unitamente a quelle del Ministero dell'economia e delle finanze, concernenti una diversa valutazione di alcuni aspetti afferenti il merito del procedimento, già positivamente valutati dall'Enac;
          a seguito di dette note, l'Enac ha nuovamente sospeso la convocazione della Save per la firma del contratto di programma;
          l'Enac è, in base alla normativa vigente, l'unico soggetto titolato a definire il contenuto del contratto di programma, mentre gli organi di Governo devono limitarsi ad una verifica estrinseca di legittimità, nel rispetto anche delle prerogative riconosciute a presidio dell'autonomia decisionale dell'ente;
          il contratto di programma Enac/Save è, allo stato attuale, il solo strumento in grado di dare avvio ad un importante piano di investimenti, a costo zero per lo Stato;
          essendo il traffico aeroportuale di Venezia per il 60 per cento costituito da residenti stranieri, il mancato sviluppo del traffico, possibile con la stipula del contratto di programma, si traduce in mancate esportazioni per il Veneto;
          con la mancata stipula del contratto in esame si configurano mancati introiti per le casse erariali, oltre a minori gettiti da imposte dirette ed indirette a favore dello Stato, generate dallo sviluppo economico derivante dall'implementazione del piano investimenti legato al contratto di programma –:
          per quale motivo il contratto di programma Save, redatto sulla base dell’iter previsto dalla legge e puntualmente conclusosi con delibera dell'Enac di approvazione e invio ai ministeri e alla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 21 ottobre 2011, ancora non sia stato firmato, tenendo così bloccato un importante piano di investimenti pari a ben 600 milioni di euro, che, senza alcun onere per lo Stato, rappresenterebbe un fondamentale propulsore per il rilancio dell'economia, con la creazione di circa 8.000 nuovi posti di lavoro;
          quando, da parte dei Ministri interpellati, si ritenga che il contratto di programma Save possa essere sottoscritto.
(2-01534) «Gava, Mistrello Destro, Antonione, Brugger».
(7 giugno 2012)


Gestione amministrativa e finanziaria dell'autorità portuale di Bari – 2-01540 e 2-01554

M)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          dal dicembre 2005 il signor Francesco Palmiro Mariani sta svolgendo ininterrottamente il ruolo di vertice dell'autorità portuale di Bari, sia in qualità di commissario che di presidente;
          a seguito di gravi irregolarità accertate durante la sua gestione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, con decreto del 17 giugno 2009, ha provveduto alla rimozione del signor Mariani ed al contestuale commissariamento dell'autorità portuale di Bari;
          all'adozione del suddetto decreto, il Ministro competente era pervenuto sulla scorta delle conclusioni rassegnate da un'apposita commissione ministeriale, istituita con decreto del direttore, generale dei porti n.  20/08 del 19 dicembre 2008, la quale, nella relazione conclusiva del 4 maggio 2009, aveva stigmatizzato che «il Presidente dell'autorità portuale ha posto in essere iniziative ed atti quanto meno discutibili, in contrasto con le funzioni d'ufficio che postulerebbero la serena ed efficiente gestione, sotto il profilo istituzionale ed operativo, del porto di Bari», evidenziando che «alla luce dell'accertamento svolto, vi è ragione di ritenere che la situazione del porto di Bari, già molto grave, sia destinata a peggiorare ulteriormente, proprio per effetto delle improvvide iniziative dell'autorità portuale destinate a compromettere irreversibilmente lo sviluppo futuro dello scalo barese»;
          il tribunale amministrativo regionale della Puglia, con sentenza 8 luglio 2009, n.  1803, pronunciandosi sul commissariamento dell'autorità portuale di Bari, ha affermato in modo espresso che, in presenza di «indizi di grave e comprovata mala gestio», è legittimato «l'esercizio del potere straordinario di commissariamento da parte del Ministero, sulla base di documentate perdite finanziarie»;
          la mala gestio del porto di Bari da parte del signor Mariani, come preconizzato nella sopra citata relazione della commissione ministeriale del 4 maggio 2009, è venuta a realizzarsi pienamente nei due anni successivi e continua, secondo gli interpellanti, tuttora a degenerare verso un irreversibile tracollo finanziario, operativo e gestionale;
          la dimostrazione di quanto predetto è confermata dalla revoca nei riguardi della medesima autorità portuale di 85 milioni di euro di finanziamenti, previsti dal decreto ministeriale n.  357 del 13 ottobre 2011 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a causa dell'incapacità programmatoria e gestionale del medesimo ente portuale, che non è stato in grado di progettare o bandire gare, per opere infrastrutturali, né tantomeno proporre al Ministero competente progetti alternativi immediatamente cantierabili;
          risulta agli interpellanti, in particolare, che, durante i sei anni di gestione del signor Francesco Palmiro Mariani, sia in qualità di presidente, che di commissario dell'autorità portuale di Bari, nonostante siano intervenuti ben dieci decreti ministeriali di variazione delle opere e dei programmi proposte dalle diverse autorità portuali ed accettate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, l'autorità portuale di Bari non ha programmato, progettato e tantomeno reso cantierabile alcun intervento infrastrutturale, nonché proposto alcuna variazione del programma, che avrebbero consentito di ottenere facilmente dal suddetto Ministero il mantenimento dello stanziamento in questione;
          solo nel 2010, addirittura oltre cinque anni dall'assegnazione dei finanziamenti revocati, l'ente portuale barese ha richiesto al medesimo Ministero una rimodulazione del programma di investimenti, proponendo, tuttavia, interventi di non immediata cantierabilità, tanto che, a tal proposito, con nota del 14 ottobre 2010, la direzione generale per i porti ha comunicato alla stessa autorità portuale di Bari che «a seguito della non immediata cantierabilità dei progetti (...) rilevata in sede istruttoria, non si ritiene possibile al momento procedere alla richiesta rimodulazione/modifica»;
          a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n.  47 del 26 febbraio 2011, serie generale, della legge n.  10 del 2011, di conversione del cosiddetto decreto-legge milleproroghe, il signor Mariani, inoltre, con nota del 31 marzo 2011, inviata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha tentato, in un modo che gli interpellanti giudicano assai poco credibile, di elaborare giustificazioni ai ritardi accumulati dalla stessa autorità portuale, non ritenute plausibili dal medesimo Ministero competente;
          il signor Mariani in definitiva si è ritrovato, unico esempio nel panorama della portualità nazionale, a perdere la totalità dei finanziamenti che erano stati assegnati all'autorità portuale di Bari per la realizzazione delle infrastrutture portuali;
          con riferimento alle altre autorità portuali, infatti, quella di Genova ha subito una revoca di risorse pari a circa 52 milioni di euro, ma ha ottenuto una contestuale riassegnazione di 50 milioni di euro per la realizzazione di un'altra opera resa cantierabile, mentre le restanti autorità portuali hanno perso complessivamente appena 6 milioni di euro; inoltre, con il medesimo e precedentemente esposto decreto, i fondi revocati all'autorità portuale del Levante sono già stati totalmente riassegnati per circa 68 milioni di euro all'autorità portuale di Savona e per circa 12 milioni di euro a quelle di Cagliari, Taranto e Gioia Tauro, oltre ai 50 milioni di euro di cui si è già detto per Genova;
          l'autorità portuale di Bari ha, dunque, conseguito la «maglia nera», perdendo definitivamente, da sola, quasi il 95 per cento dei fondi complessivamente revocati alle autorità portuali italiane, senza più alcuna possibilità di riassegnazione;
          in questo modo, come si evince dalla relazione annuale, approvata nella seduta del comitato portuale del 5 ottobre 2011, e dalla citata nota del 31 marzo 2011, l'autorità portuale di Bari ha perso l'occasione di poter realizzare importanti opere strategiche, quali il nuovo sporgente per le grandi navi da crociera nella darsena di ponente per 8 milioni di euro, la riqualificazione del molo Pizzoli per 30 milioni di euro, l'ampliamento del molo San Cataldo per 18 milioni di euro, nonché il prolungamento del molo di Tramontana nel porto di Barletta per 17 milioni di euro;
          l'effetto «devastante» della disposta revoca dei finanziamenti, peraltro, era stato preannunciato dallo stesso signor Mariani, laddove, nella citata sua nota del 31 marzo 2011, il medesimo comunicava al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che «è di tutta evidenza che, qualora la ricognizione mettesse in discussione i fondi necessari alla realizzazione dei piani triennali delle opere, che formano parte integrante dell'avanzo di amministrazione, ci troveremmo, di fatto, dinanzi ad una profonda alterazione degli equilibri finanziari stabiliti con bilanci già approvati dal Ministero competente, compromettendo così la funzionalità dell'ente»;
          in tal modo, il signor Mariani, a giudizio degli interpellanti, ha sostanzialmente «autocertificato» il dissesto finanziario e la conseguente impossibilità di funzionamento dell'ente;
          quanto sopra esposto, a giudizio degli interpellanti, evidenzia in maniera inconfutabile la mala gestio realizzata dallo stesso signor Mariani e l'impellente necessità di intervenire con la revoca del suo mandato di presidente;
          di fronte a questa situazione evidenziata, che gli interpellanti giudicano disastrosa, determinata dal medesimo signor Mariani, ed alla certificata incapacità di avviare l'apertura di un solo cantiere nel porto di Bari in ormai oltre sei anni di gestione dell'autorità portuale, appare incredibile che il signor Mariani, nel piano operativo triennale 2011/2013, approvato nella seduta del comitato portuale del 7 settembre 2011, nonché nel bilancio di previsione 2012, approvato nella seduta del comitato portuale del 31 ottobre 2011, abbia previsto la realizzazione, nel triennio, di investimenti infrastrutturali per complessivi euro 182.824.490,30, senza avere alcuna copertura finanziaria, non possedendo ormai più alcuna risorsa per poter realizzare nemmeno un metro lineare di banchina od un metro cubo di escavo;
          a giudizio degli interpellanti, la condotta discutibile ed arrogante del signor Mariani si è spinta poi fino all'inverosimile, allorché, in occasione della perdita degli 85 milioni di euro di finanziamenti, ha ritenuto dichiarare sul quotidiano la Repubblica, edizione di Bari, del 21 ottobre 2011: «Meglio così, sapevamo della revoca e posso dire che non avrà ripercussioni sul nostro piano triennale»;
          le documentate e gravissime perdite finanziarie procurate dal signor Mariani durante la sua gestione dell'autorità portuale di Bari, a giudizio degli interpellanti, non sono soltanto quelle sopra esposte;
          occorre rilevare, infatti, che entrambi i bilanci 2009 e 2010 dell'autorità portuale di Bari sono stati chiusi in disavanzo di gestione (quello del 2010 per 622.665,73 euro) ed in essi sono facilmente rilevabili discutibili operazioni contabili, in quanto l'autorità portuale, nel quadro della «guerra», che gli interpellanti giudicano assai negativamente, contro la Bari porto Mediterraneo, società partecipata per il 30 per cento dalla medesima autorità portuale, ha iscritto presunti crediti nei confronti della Bari porto Mediterraneo, derivanti da una presunta rideterminazione del canone di concessione demaniale, pur in mancanza di un effettivo titolo giuridico, nonostante che le più elementari regole di contabilità impongano che un credito possa essere imputato in bilancio solo ed esclusivamente se esso è «certo ed esigibile»;
          i presunti crediti sopra esposti sono stati contabilizzati per circa 600.000 euro nel bilancio 2010 e per circa 1.400.000 euro nel bilancio 2009, per cui il conto economico consuntivo del 2009, approvato con un avanzo di gestione di circa 900.000 euro, presenta effettivamente un disavanzo di circa 500.000 euro, mentre il conto economico consuntivo del 2010, approvato con un disavanzo di gestione di 622.665,73 euro, presenta effettivamente un disavanzo di circa 1.200.000 euro;
          in merito a tali presunti crediti, l'ordinanza del tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Bari, n.  147 del 25 febbraio 2010 nulla ha disposto in merito al reale accertamento del presunto credito inerente la rideterminazione del canone concessorio posto a carico della Bari porto Mediterraneo per l'anno 2009; anzi, al contrario, ha invitato le parti a cercare un accordo, con correttezza e lealtà, per la definizione dei rapporti pendenti;
          a tale prima ordinanza hanno fatto seguito due successive disposizioni del tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Bari, nn.  552 e 553 del 21 luglio 2010, che hanno sospeso l'efficacia dei provvedimenti dell'autorità portuale nei confronti della Bari porto Mediterraneo, anche in ordine alle pretese dell'autorità portuale relative agli anni precedenti, dal 2005 al 2008;
          la sospensione è stata confermata dalla VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanze nn.  5126 e 5127 del 10 novembre 2010, che l'ha subordinata alla prestazione di una cauzione da parte di Bari porto Mediterraneo, ma che nulla ha stabilito in ordine all'accertamento del presunto credito vantato dall'autorità portuale;
          è intervenuta successivamente la definitiva pronuncia del tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Bari, con le due sentenze nn.  687 e 688 del 9 maggio 2011, in base alle quali è stata affermata la nullità delle pretese dell'autorità portuale nei confronti della Bari porto Mediterraneo;
          il Consiglio di Stato, infine, attraverso la recente sentenza del 19 gennaio 2012, nel dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ha rinviato al giudice ordinario la cognizione della questione e, in particolare, la verifica della sussistenza e la quantificazione dei presunti crediti rivendicati dall'autorità portuale;
          conseguentemente, ne è uscita confermata l'assoluta «incertezza» ed «inesigibilità» di tali presunti crediti, illegittimamente appostati nei bilanci 2009 e 2010 dal signor Mariani e la cui attuale inesistenza ai fini contabili rende ora ancora più drammatico il dissesto finanziario della medesima autorità portuale;
          dal citato bilancio di previsione 2012 si rileva, inoltre, in maniera del tutto incontestabile, la definitiva disfatta finanziaria della gestione del signor Mariani, derivante da una crescita esponenziale delle perdite finanziarie; si evince, infatti, un risultato di amministrazione presunto, al termine dell'esercizio 2011, di euro 5.522.292,89, a fronte di un risultato di amministrazione a fine 2010 di euro 26.325.342,55, nonché la previsione di un disavanzo di competenza per l'anno 2012 pari ad euro 4.108.523;
          dalle variazioni al bilancio di previsione per l'esercizio 2011, approvate nel comitato portuale del 30 novembre 2011, si desume per di più, un ulteriore incremento delle spese correnti per euro 1.200.000, un incremento delle spese per la security portuale di oltre euro 600.000 ed un incremento delle spese per «missioni del presidente» del 100 per cento, queste ultime passate da 25.000 euro previste inizialmente a 50.000 euro, a causa dell'appostamento di ulteriori 25.000 euro di spese per «missioni del commissario», signor Mariani, dal 19 gennaio 2011 al 7 giugno 2011;
          la gravissima situazione economica in cui versa l'autorità portuale di Bari avrebbe consigliato di non procedere ad un aumento di tale rilevanza, anche qualora esistessero ragioni giuridiche che giustificassero tale decisione;
          in definitiva, il signor Mariani ha prodotto, durante la sua gestione, perdite finanziarie che sono divenute di entità così rilevante da ridurre l'attuale presidenza Mariani ad una gestione «nemmeno ordinaria», essendo ormai del tutto azzerati i finanziamenti disponibili per la realizzazione delle infrastrutture, le risorse necessarie per lo sviluppo futuro dell'area portuale barese e quelle per far fronte alle più banali esigenze operative dell'area portuale, come d'altra parte sostanzialmente ammesso dallo stesso signor Mariani nella citata nota del 31 marzo 2011;
          la predetta situazione, già di per sé, dovrebbe condurre, come peraltro precedentemente riportato, all'immediata rimozione del signor Mariani, considerato che, come già evidenziato, il tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Bari, con sentenza n.  1803 dell'8 luglio 2009, in tema di commissariamento dell'autorità portuale di Bari, ha affermato espressamente che in presenza di «indizi di grave e comprovata mala gestio» è legittimato «l'esercizio del potere straordinario di commissariamento da parte del Ministero, sulla base di documentate perdite finanziarie»;
          a giudizio degli interpellanti, occorre segnalare nuovamente la dissennata «guerra» condotta dal signor Mariani contro la società Bari porto Mediterraneo, partecipata per il 30 per cento dalla stessa autorità portuale ed a suo tempo costituita per gestire le stazioni marittime ed i servizi di supporto ai passeggeri di navi traghetto e da crociera nel porto di Bari, che dal 2005 in poi ha dato un apporto determinante alla crescita dei traffici portuali;
          l'assurdità di tale conflitto è evidenziata dal fatto che l'annullamento della concessione, che, come dichiarato dallo stesso signor Mariani, avrebbe dovuto determinare ingenti profitti per le casse dell'autorità portuale, ha prodotto, al contrario, quale effetto il disastro nei bilanci della stessa autorità proprio a partire dal 2010, anno in cui per pervicace volontà del signor Mariani la Bari porto Mediterraneo ha cessato le proprie attività che sono state assorbite direttamente dall'autorità portuale e poi da questa per la gran parte affidate ad una miriade di nuovi soggetti con conseguenti maggiori costi, a differenza di quanto avvenuto nei bilanci degli anni dal 2005 al 2009, in cui le stazioni marittime ed i servizi di supporto ai passeggeri del porto di Bari sono stati gestiti dalla Bari porto Mediterraneo;
          con l'uscita di scena della Bari porto Mediterraneo, inoltre, le stazioni marittime sono state abbandonate dall'autorità portuale al loro degrado, poiché il medesimo ente, per aver dissipato le proprie risorse economiche, le ha private della pur minima manutenzione ordinaria, abbattendo duramente quell'elevato standard di qualità dei servizi sempre garantito e migliorato nel corso degli anni dalla Bari porto Mediterraneo;
          a giudizio degli interpellanti, occorre, inoltre, evidenziare che, nonostante la società Bari porto Mediterraneo, attualmente in liquidazione, abbia una situazione creditoria nettamente migliore di quella debitoria, a seguito della scelta del presidente dell'autorità portuale essa si è finita per trovare in una situazione pre-fallimentare;
          a ciò ha contribuito, ad avviso degli interpellanti, anche la mancata corresponsione di tariffe portuali da parte degli agenti marittimi;
          la gestione evidentemente fallimentare del signor Francesco Palmiro Mariani, risulta, a giudizio degli interpellanti, ulteriormente aggravata da altre discutibili azioni da egli stesso compiute, successivamente alla sua riconferma di presidente dell'autorità portuale di Bari, avvenuta con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 7 giugno 2011;
          sono state effettuate, infatti, all'interno della dotazione organica dell'ente portuale, circa 20 assunzioni, a giudizio degli interpellanti, in modo clientelare, senza l'espletamento di alcuna procedura concorsuale di evidenza pubblica e, quindi, in spregio ai principi di trasparenza e alle vigenti norme in materia;
          quanto sopra esposto è confermato anche dal direttore generale per i porti, il quale, nella nota del 16 settembre 2010, inviata all'autorità portuale di Bari, raccomandava «l'espletamento di procedure concorsuali selettive di evidenza pubblica nel rispetto del principio di trasparenza e delle vigenti norme in materia»;
          a giudizio degli interpellanti, occorre, altresì, segnalare la recente costituzione di una nuova società, interamente detenuta dall'autorità portuale, denominata Porti Levante security, di cui lo stesso presidente dell'autorità portuale di Bari risulta contestualmente al vertice della gestione della medesima società che si occupa di sicurezza nell'ambito portuale; tale «operazione» ha consentito l'assunzione a tempo indeterminato, senza alcuna procedura pubblica di selezione (il cui espletamento, come già detto, era stato raccomandato dalla direzione generale per i porti nella citata nota del 16 settembre 2010), di diverse unità di personale;
          nel complesso, all'interno dell'autorità portuale e nella Porti Levante security, il presidente Mariani ha effettuato un numero, secondo gli interpellanti, abnorme di assunzioni a tempo indeterminato, per chiamata diretta, in evidente contrasto, secondo gli interpellanti, con le vigenti norme in materia e con quanto raccomandato dal direttore generale per i porti, i cui profili morali e professionali per alcuni degli assunti appaiono discutibili, in considerazione del condanne penali certificate;
          la sopra esposta situazione evidentemente grave che necessita chiarezza, era peraltro già stata rilevata dalla citata commissione ministeriale, la quale, nella relazione conclusiva del 4 maggio 2009, aveva evidenziato che il presidente dell'autorità portuale di Bari privilegiava direttamente per le assunzioni la cooperativa Multiservizi portuali, società alla quale era stato affidato dalla stessa autorità portuale «con una procedura che desta forti perplessità, un appalto di svariati milioni di euro per lo svolgimento di servizi», tanto che tale affidamento è stato censurato sia dal tribunale amministrativo regionale della Puglia che dal Consiglio di Stato, che avevano stigmatizzato «la presenza di “soggetti discutibili” (con riferimento a trascorsi penali certificati per molti componenti) nella stessa cooperativa, che, con sprezzo di ogni dovere d'ufficio, sono stati dal presidente dell'autorità portuale utilizzati addirittura come addetti di security per la sicurezza e la prevenzione nei confronti di eventuali attacchi terroristici internazionali»;
          a ciò si aggiunge quanto espressamente denunciato dalla Corte dei conti, la quale, con determinazione n.  73 del 2010, nella «Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'autorità portuale per gli esercizi 2007 e 2008», ha evidenziato «un rapporto non proporzionato tra posizioni apicali e semiapicali e posizioni impiegatizie, accentuato dalle presenze effettive registrate nel periodo considerato (13 tra dirigenti e quadri a fronte di 9 impiegati nel 2007, addirittura 18 posizioni apicali e semiapicali – pari al doppio del numero degli impiegati presenti (9) nel 2008). Tale sproporzione non è estranea al sensibile incremento che, nell'arco di tempo considerato, ha registrato il costo medio del personale, passato da euro 74.237 nel 2006 a euro 91.488 nel 2008»;
          tale notevole incremento dei costi del personale dal 2006 al 2008 è diventato ancor più clamoroso nei successivi esercizi 2009 e 2010, tanto che, come stigmatizzato nelle relazioni del collegio dei revisori dei conti, esso ha contribuito in maniera determinante ai disavanzi registrati nei bilanci 2009 e 2010;
          la gestione dei servizi portuali e delle conseguenze assunzioni, avvenute, a giudizio degli interpellanti, in maniera tutt'altro che limpida, ha suscitato anche l'attenzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, la quale ha dedicato alla questione una specifica seduta ascoltando in quella sede anche il Ministro pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti;
          gli interpellanti, infine, hanno notizia che recentemente, in data 24 febbraio 2012, l'autorità portuale di Bari, in contrasto con quanto deliberato dal comitato portuale nella seduta del 30 ottobre 2009, ha proceduto all'affidamento diretto e senza alcuna gara a evidenza pubblica ad un'ulteriore nuova società denominata Port Parking & Services srl uni personale, per le aree destinate a parcheggio di fronte alla sede stessa dell'ente portuale, con un canone, ad avviso degli interpellanti, non proporzionale al valore delle aree, stante la valenza di ubicazione delle aree stesse di proprietà della medesima autorità portuale;
          risulta importante evidenziare, a giudizio degli interpellanti, che il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III-ter, 23 giugno 2011, n.  5623, ha ritenuto legittimo il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che disponeva il commissariamento dell'autorità portuale di Civitavecchia per mala gestio operata dal presidente, affermando che «il Ministro ha, infatti, ritenuto che la scarsa attenzione alla gestione dei beni demaniali fosse in grado di generare notevoli pregiudizi all'economia regionale e nazionale, in quanto l'autorità portuale non ha potuto godere delle risorse finanziarie da destinare a nuove opere infrastrutturali finalizzate allo sviluppo o, quantomeno, al mantenimento delle capacità operative dell'ente» e che «il provvedimento impugnato dà, in definitiva, adeguato conto non solo di una comprovata inadeguata gestione del settore demaniale, ma evidenzia, altresì, il conflitto creatosi tra il presidente dell'autorità portuale ed il Ministro vigilante, attribuibile esclusivamente al comportamento del primo, che, nonostante i ripetuti rilievi amministrativi (dell'IGF prima e del Ministero poi) in ordine all'illegittimità del comando di personale in sovrannumero, ha ritenuto di insistere con tale condotta» e conclude che «i presupposti posti a base del provvedimento legittimano il ricorso al potere straordinario di commissariamento da parte del Ministro vigilante, quale unico rimedio possibile per eliminare gli effetti pregiudizievoli di un'ormai radicata non corretta gestione delle attività proprie dell'autorità portuale e per assicurare, attraverso il commissariamento, il regolare funzionamento dell'autorità, nelle more del rinnovo dell'organo di vertice»;
          pertanto, con riferimento a questioni palesemente molto meno gravi di quelle verificatesi nella gestione dell'autorità portuale di Bari da parte del signor Mariani, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto al commissariamento dell'autorità portuale di Civitavecchia, con decreto ritenuto pienamente legittimo dal tribunale amministrativo regionale del Lazio;
          in definitiva, a giudizio degli interpellanti, la situazione complessiva precedentemente esposta evidenzia uno scenario generale preoccupante all'interno del porto di Bari, a causa della dissennata gestione operata dall'attuale presidente, per cui, in considerazione degli elementi riportati, appare evidente che non esiste, nel contesto nazionale, situazione peggiore di quella creata dal signor Mariani nell'autorità portuale di Bari, evidentemente sottoposta ad un decadimento amministrativo e finanziario, che ha determinato una pericolosa condizione di insicurezza e di illegalità, nonché compromesso l'immagine e la credibilità in ambito locale, nazionale ed internazionale di un ente portuale che svolge un ruolo preminente nel tessuto economico della città e della regione Puglia, nonché riguardo alle relazioni commerciali con l'area balcanica;
          per quanto fin qui argomentato, il presidente Mariani ha dato compiuta dimostrazione di essere assolutamente inadeguato alla gestione di un ente pubblico, quale l'autorità portuale di Bari, da egli stesso colpevolmente condotto verso un disfacimento amministrativo e gestionale;
          a giudizio degli interpellanti, occorre, fra l'altro, rilevare, come la gestione dell'autorità portuale di Bari risulti in evidente contrasto con gli indirizzi e le linee programmatiche dell'attuale Esecutivo che, proseguendo coerentemente gli obiettivi di contenimento della finanza pubblica rispettati dal precedente Governo Berlusconi, che hanno prioritariamente richiesto sforzi e sacrifici economici a tutti i cittadini italiani, ha impostato la propria politica economica e finanziaria sul massimo rigore nella gestione del pubblico denaro –:
          quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se la gestione amministrativa e finanziaria dell'ente portuale indicato in premessa sia o meno in totale contraddizione con gli indirizzi e le misure di corretta e rigorosa gestione del bilancio, introdotte dal Governo Berlusconi e confermate da quello attuale, per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica;
          se non ritengano, altresì, che, in analogia con il commissariamento dell'autorità portuale di Civitavecchia disposto dal Ministro pro tempore, come peraltro riportato in premessa, per avvenimenti giudicati di minore gravità, rispetto alla sconsiderata e negativa gestione finanziaria ed amministrativa, nonché in considerazione delle numerose indagini in corso presso la procura della Repubblica di Bari, occorra intervenire urgentemente, nell'ambito delle prerogative previste dalla legge, a tutela dell'ente portuale barese;
          in particolare, se non intendano conseguentemente provvedere al commissariamento dell'autorità portuale del Levante, al fine di evitare che l'ente portuale possa proseguire una tendenza nel complesso negativa e penalizzante, compromettendo ulteriormente lo sviluppo e la crescita del porto di Bari, determinando in tal modo l'avvio del risanamento del bilancio, il ripristino delle condizioni di correttezza, rigore e legalità del funzionamento dell'ente portuale, consentendo il necessario rilancio dello scalo marittimo barese e restituendolo al ruolo competitivo nell'ambito della portualità mediterranea.
(2-01540) «Di Cagno Abbrescia, Baldelli, Savino, Lisi, Antonio Pepe, Fucci, Lazzari, Antonino Foti, Nastri, Mannucci, Vitali, Sbai, D'Alessandro, Sisto».
(12 giugno 2012)


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          la gestione del presidente dell'autorità portuale di Bari, signor Francesco Palmiro Mariani, è stata caratterizzata da evidenti irregolarità e da una conclamata incapacità amministrativa, che ha prodotto continue e crescenti perdite finanziarie tali da condurre, oggi, l'ente al dissesto economico;
          difatti, l'esercizio 2010 dell'autorità portuale di Bari è stato chiuso con un disavanzo di gestione di euro 622.665,73;
          nel bilancio dell'esercizio 2009 e in quello dell'esercizio 2010 sono state commesse gravi irregolarità, in quanto sono state illegittimamente imputate, tra le entrate, somme non certe e non esigibili, rispettivamente pari ad euro 1.325.462,18 e circa euro 600.000, relative a presunti crediti stabiliti unilateralmente dall'autorità portuale e pretesi ai danni della concessionaria Bari porto Mediterraneo srl tutt'oggi oggetto di contenzioso dinanzi al giudice ordinario, avendo il Consiglio di Stato, con recente sentenza del 19 gennaio 2012, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;
          pertanto, eliminando dai bilanci 2009 e 2010 tali somme illegittimamente imputate, gli stessi bilanci presentano in realtà disavanzi di gestione rispettivamente di circa euro 500.000 e di circa euro 1.200.000;
          con il decreto ministeriale n.  357 del 13 ottobre 2011 dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, l'autorità portuale di Bari è stata l'unica in Italia ad aver subito la revoca di circa 86 milioni di euro, ossia di tutti i finanziamenti di cui disponeva per la realizzazione delle infrastrutture portuali, per non aver bandito le gare, né realizzato progetti cantierabili nel corso degli ultimi cinque anni, proprio quelli in cui l'autorità portuale è stata gestita dal signor Mariani;
          anche il bilancio 2011, approvato nella seduta del comitato portuale del 24 aprile 2012, presenta, secondo gli interpellanti, elementi di dubbia regolarità per quanto attiene alla valutazione dei crediti riferiti alla procedura fallimentare in corso ai danni della Bari porto Mediterraneo, la cui valutazione appare agli interpellanti in contrasto con l'articolo 43 del regolamento di amministrazione e contabilità della stessa autorità portuale, in relazione alla verifica dell'esistenza dei residui attivi e passivi;
          infatti, il tribunale di Bari, con sentenza n.  52 del 28 marzo 2012, ha dichiarato il fallimento della società di Bari porto Mediterraneo srl, a seguito di istanza di fallimento presentata dal liquidatore, professore avvocato Francesco Macario, nominato dallo stesso tribunale di Bari, in cui ne ha attribuito le responsabilità esclusivamente all'autorità portuale ed ai suoi comportamenti;
          nonostante che tale evento si sia verificato prima dell'approvazione del bilancio 2011 e che di esso l'autorità portuale, il suo presidente ed il collegio dei revisori dei conti fossero a piena conoscenza, non se n’è fatta menzione nel bilancio e nessuna conseguenza ha avuto sullo stesso bilancio, avendo lasciato invariati i residui attivi da riaccertare per il 2012, che per la sola partecipata Bari porto Mediterraneo srl ammontano in bilancio ad euro 3.562.399,75;
          peraltro, tale credito, a quanto risulta agli interpellanti, è effettivamente pari a circa euro 1.500.000, in quanto, come già detto, per i circa 2.000.000 di euro che si rinvengono dai bilanci 2009 e 2010 non esiste alcun titolo esecutivo, essendo tuttora oggetto di contenzioso tra l'autorità portuale e la Bari porto Mediterraneo srl;
          del credito imputato nel bilancio 2011 di euro 3.562.399,75, ai sensi del citato articolo 43 del regolamento di amministrazione e contabilità e dei citati articoli del codice civile, a causa del fallimento della Bari Porto Mediterraneo, se ne sarebbe dovuta operare la cancellazione, essendo lo stesso di sicura inesigibilità;
          per di più, anche l'ulteriore somma nel bilancio 2011 di euro 375.000, pari al valore nominale della quota di partecipazione dell'autorità portuale nella Bari porto Mediterraneo srl, è rimasta in esso immutata ed invece, anche di questa, per gli stessi motivi, se ne sarebbe dovuta effettuare la cancellazione;
          inoltre, nella relazione del presidente signor Mariani sul rendiconto generale 2011 è stato affermato che «non si è operata la svalutazione dei crediti»;
          infine, nella relazione del collegio dei revisori dei conti, allegata al bilancio 2011, viene affermato che, per effetto della citata revoca dei finanziamenti per le opere infrastrutturali, l'avanzo di amministrazione «risulta attualmente pari ad euro 4.770.048,76 a seguito del versamento di euro 21.182.049,70 effettuato dall'ente in favore dell'erario in data 5 marzo 2012, in ottemperanza a quanto disposto dalla legge 26 febbraio 2011, n.  10, nonché dal decreto ministeriale n.  357 del 2011»;
          in effetti, depurando l'avanzo di amministrazione al 31 dicembre 2011 – riportato nel bilancio 2011 pari a euro 25.952.098,46 – delle somme vincolate indisponibili, pari ad euro 25.489.156,19 (di cui come già detto sono già stati restituiti all'erario euro 21.182.049,70 in applicazione del decreto ministeriale n.  357 del 2011), e dei crediti inesigibili nei confronti della Bari porto Mediterraneo srl, pari ad 3.562.399,75, la complessiva situazione amministrativa presenta, oggi, un disavanzo finanziario di euro 3.099.457,48;
          inoltre, la situazione economica, come si evince dalla relazione del collegio dei revisori dei conti allegata al bilancio 2011, al netto di una mera operazione contabile di euro 895.714,52, presenta in sostanza una perdita pari ad euro 630.756,14 «di entità pressoché analoga a quella dell'esercizio 2010», potendosi affermare che la gestione economica dell'ente è oramai caratterizzata da un cronico squilibrio economico;
          dal bilancio 2011 si rileva un'allarmante irrisoria disponibilità di cassa al 31 dicembre 2011, pari appena ad euro 264.958,38;
          nel bilancio di previsione 2012, approvato nella seduta del comitato portuale del 31 ottobre 2011, si evince un disavanzo di competenza per l'anno 2012 pari ad euro 4.108.523;
          i rilievi mossi ai bilanci 2009, 2010 e 2011 dell'autorità portuale non sembra siano stati adeguatamente considerati dal collegio dei revisori dei conti, peraltro nominato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          di fatto, oggi, l'autorità portuale, per effetto della gestione del suo presidente signor Mariani, versa in una disastrosa situazione economica e gestionale, essendo stata compromessa la realizzazione delle infrastrutture portuali ed avendo prodotto l'impossibilità di funzionamento dell'ente;
          tale situazione è stata preconizzata e, pertanto, è oggi certificata, dallo stesso presidente dell'autorità portuale di Bari signor Mariani, il quale, a proposito della revoca dei finanziamenti di cui al decreto ministeriale n.  357 del 2001, nella nota protocollo n.  3123 del 31 marzo 2011, inviata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha dichiarato che «È di tutta evidenza che, qualora la ricognizione mettesse in discussione i fondi necessari alla realizzazione dei piani triennali delle opere, che formano parte integrante dell'avanzo di amministrazione, ci troveremmo, di fatto, dinanzi ad una profonda alterazione degli equilibri finanziari stabiliti con bilanci già approvati dal Ministero competente compromettendo così la funzionalità dell'ente»;
          per quanto detto, l'attuale presidente dell'autorità portuale di Bari, signor Francesco Palmiro Mariani, è, secondo gli interpellanti, il responsabile del depauperamento delle ingenti risorse finanziarie di cui disponeva l'autorità portuale e della conseguente «situazione fallimentare» in cui versa l'ente, divenuta tale da aver praticamente reso impossibile perfino la semplice gestione ordinaria dell'autorità portuale barese;
          l'attuale Governo è fortemente impegnato nel risanamento e nel rilancio economico del Paese e nella rimozione di quelle situazioni di chiara e conclamata mala gestio –:
          se il Governo attualmente in carica, mantenendo fede alla mission tracciata dal Presidente del Consiglio dei ministri e posta alla base del mandato conferitogli, intenda prendere seri e rapidi provvedimenti in merito alla gravissima situazione economica e gestionale dell'autorità portuale di Bari, prodotta dal suo presidente, signor Francesco Palmiro Mariani;
          se il Ministro interpellato, con solerzia e tempestività, intenda effettuare il commissariamento dell'autorità portuale di Bari, al fine di dotarla di una guida qualificata e competente per risanare il bilancio dell'ente, riattivare la realizzazione delle opere infrastrutturali e la qualificazione dei servizi, nonché per rilanciare l'immagine internazionale dello scalo barese.
(2-01554) «Tassone, Adornato, Binetti, Bonciani, Bosi, Calgaro, Capitanio Santolini, Carlucci, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, Delfino, Dionisi, D'Ippolito Vitale, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».
(19 giugno 2012)