XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 654 di giovedì 21 giugno 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Antonione, Bocci, Bratti, Brugger, Cenni, Crolla, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Fava, Galletti, Ghizzoni, Iannaccone, Leo, Lucà, Lusetti, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Narducci, Nucara, Pecorella, Proietti Cosimi e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,09).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,30.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,40.

Sull'ordine dei lavori.

MARCO BELTRANDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, domani è il 22 giugno e ricorreranno 29 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Intervenendo e prendendo la parola in Aula, intendo richiamare l'attenzione dell'Assemblea su questa ricorrenza tragica e sulla necessità che su questa vicenda non scenda il silenzio. Ci sono sì indagini in corso, ma è necessario che tutti gli indizi e tutte le moltissime tracce che si sono accumulati in questi anni siano tutti adeguatamente percorsi ed esplorati e, cioè, che non ci siano - è un auspicio che rivolgo all'autorità giudiziaria - innamoramenti o esclusioni a priori di alcune piste piuttosto che altre. Infatti, si tratta di un caso complicato, sono passati tanti anni e, naturalmente, solo approfondendo ogni elemento si può avere una ragionevole garanzia di raggiungere un risultato. Pag. 2
Ma c'è, e lo voglio dire, un altro modo per onorare il ricordo di questo evento che ancora turba le coscienze degli italiani e riguarda, cioè, la riforma necessaria della giustizia. Come sappiamo, in Italia tante persone e tanti minori sono scomparsi e scompaiono senza che si facciano indagini, senza che si facciano indagini accettabili. Cito solo due casi clamorosi in cui le indagini non si sono fatte: la scomparsa di Alessandra Sandri a Bologna nel 1974 e il caso relativo al figlio del collega della Lega Nord Padania Isidori. Sono solo due esempi, ma, in realtà, dietro il feticcio dell'obbligatorietà dell'azione penale si nascondono le discriminazioni e gli abusi maggiori di inchieste che non vengono svolte, di indizi che non vengono approfonditi. Serve introdurre meritocrazia all'interno dell'ordinamento giudiziario che non la conosce e serve prima di tutto quell'amnistia che è la precondizione per ogni riforma seria della giustizia. Concludo il mio intervento ricordando che ricorre questo triste anniversario per cui occorre indagare in tutte le direzioni e continuare a farlo, come occorre riformare la giustizia perché altrimenti casi di mancata sinora verità, come quelli di Emanuela Orlandi o di Mirella Gregori e di tanti altri, continueranno evidentemente a ripetersi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

ISIDORO GOTTARDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ISIDORO GOTTARDO. Signor Presidente, intervengo ricordando a quest'Aula, a tutti noi e al Governo, l'appello lanciato nei giorni scorsi in modo autorevole da Maurizio Lupi, Franco Frattini, Walter Veltroni e dal Ministro Riccardi, per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e di tutti noi sul massacro dei cristiani in Nigeria. Le immagini del massacro e la ferocia con cui si ripetono, non possono non scuotere la coscienza, non solo dei cristiani in questo Paese, ma di tutti gli uomini liberi, di coloro che credono fortemente nel fatto che per l'uomo la libertà di poter credere e professare il proprio Dio e di poter vivere da persone libere, contribuisce alla pace. Combattere queste persone, colpirle con gesti dimostrativi, con quella efferatezza significa lavorare per mettere fine alla pace, per creare condizioni di guerra e di contrapposizione. È contro la nostra coscienza civile e democratica, è contro la nostra percezione del mondo che dobbiamo costruire per i nostri figli.
Molti parlamentari, decine e decine, centinaia di associazioni, altri leader si sono associati all'appello di questi nostri quattro colleghi. Credo che questo non debba rimanere solo un fatto che poi viene consumato nella cronaca dei giornali e anche nei network on line a ripetizione. No, serve - questo è l'appello che rivolgo a lei e al Governo - un'iniziativa forte su questo, che qualifichi il nostro Paese, la coscienza civile di questo Paese, che è sempre stato, non solo dal punto di vista della cristianità, ma soprattutto del rispetto del dialogo religioso, un Paese assolutamente fermo su questi principi.
L'appello che rivolgo al Governo è che nelle sedi internazionali sia rivolta un'attenzione molto forte a tale questione. L'Europa vive la crisi che conosciamo. Credo che Monti sia oggi tra i leader europei quello che ha più consapevolezza di quell'Unione europea voluta dai nostri padri fondatori, che aveva come principio la costruzione della pace; ma immaginare che l'Europa abbia adempiuto a questo obiettivo per sempre è davvero una miopia. L'Europa costruisce dentro di sé tutti i giorni quelle condizioni della pace per cui è nata. Non si dimentichi questa ragione primaria per cui l'Europa è nata. Vorrei tanto che anche Angela Merkel oltre agli aspetti economici comprendesse, assomigliando molto di più a Helmut Kohl, le ragioni politiche dell'Europa che abbiamo voluto e abbiamo costruito. Dunque il nostro Paese si qualifica nelle sedi internazionali se il nostro Governo ha questa forza morale, questa grandiosità di richiamare tutti a questo compito dell'Europa. Pag. 3
L'Europa sarà grande nel mondo se ritorna ad essere testimone di questa necessità dei popoli. L'impressione è che la crisi economica la stia distraendo da questo suo compito primario e non possiamo aspettare la prossima domenica per assistere, per indignarci di fronte al massacro dei cristiani, verso i quali mi inchino reverente perché comprendo la grandezza di quelle persone che per testimoniare la loro fede e il loro Dio rischiano la vita propria e delle proprie famiglie, pur di non rinunciare a questa libertà fondamentale. Da ognuna di quelle persone dobbiamo sentirci rappresentanti. È un appello forte che rivolgo a nome di tutto il gruppo del Popolo della libertà perché vi siano iniziative forti che non sto ad indicare, ma rimetto alla Presidenza della Camera e al Governo, perché dal nostro Paese provenga un segnale molto forte verso l'Europa e verso il mondo, un appello alla convivenza e alla libertà religiosa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Anch'io, signor Presidente, per associarmi alla preoccupazione e alla sollecitazione nei confronti del Governo che ha appena espresso il collega Gottardo. A nome del Partito Democratico non è la prima volta che intervengo su questo argomento. Sono alcuni anni che sollecitiamo un'iniziativa governativa nei confronti delle sedi internazionali. L'aggressione ai cristiani che è stata denunciata anche questa mattina, ha un rilievo molto importante: è grave in sé ma - signora Presidente, chiederei un attimo anche l'attenzione del Ministro perché possa riferire al collega, al Ministro per gli affari esteri - il fatto che è stato denunciato è grave perché la geografia delle aggressioni ai cristiani va ben oltre gli episodi drammatici e tragici della Nigeria. È una geografia che da anni si sta estendendo a macchia d'olio.
Ed è l'estensione di questa geografia delle violenze nei confronti delle comunità cristiane che deve inquietare e suggerire al Governo l'assunzione di un'iniziativa nelle sedi internazionali. Non vi è solo la Nigeria in Africa: vi è la Somalia, vi è il Sudan, vi è l'Egitto, vi è l'Algeria; e fuori dall'Africa l'Iraq, il Pakistan, l'India, le Filippine. Il rischio è che si consolidi come un dato naturale la distrazione, la tolleranza della comunità internazionale rispetto a queste violenze, come se le aggressioni alle comunità dei cristiani fossero un dato naturale. Non può consolidarsi questo aspetto, e l'assenza di un'iniziativa delle istituzioni internazionali non può essere accettata. Vi è una sottovalutazione, una distrazione. Io ho apprezzato l'appello firmato da quattro personalità, tra cui anche due nostri colleghi, tra cui anche un collega che è Ministro, è Ministro di questo Governo. Io credo che un Ministro del Governo non debba limitarsi a fare degli appelli, ma debba assumere delle iniziative (Applausi). Allora ci sono le sedi internazionali, le Nazioni Unite, c'è l'organizzazione degli Stati africani, c'è l'Unione europea. Infatti l'Unione europea è legata, in particolare ai Paesi dell'Africa, ma non solo dell'Africa, da una Convenzione, l'ex Convenzione di Lomé, l'ACP, che li lega anche finanziariamente ed economicamente. Sono Paesi, quelli in cui si esercitano queste violenze, che sono spesso aiutati ed assistiti anche economicamente dall'Unione europea. L'Unione europea ha titolo ed ha autorevolezza per intervenire e per pretendere che queste violenze non si ripetano mai più.
Allora io approfitto appunto di questa occasione e chiedo al Ministro Severino di informare in primo luogo il Presidente del Consiglio, o il Ministro degli affari esteri, che questo Parlamento chiede un'iniziativa al nostro Governo nelle sedi opportune, in quella comunitaria e in quella delle Nazioni Unite. Infatti, ripeto, questi episodi non possono strutturarsi come un dato di normalità nelle relazioni e soprattutto sul tema della libertà religiosa (Applausi).

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PAOLA BINETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente e colleghi, anch'io voglio unirmi all'appello dei colleghi di questa mattina. Ci stiamo disgraziatamente forse abituando alle stragi della domenica in Nigeria, colte in un momento di particolare delicatezza e di testimonianza della fede dei cristiani, nelle chiese, durante la santa messa, in un luogo che potrebbe essere considerato il più prezioso per la testimonianza della fede ma anche il più forte per la testimonianza della fraternità e dell'unità. Troppo facile bersaglio sono le chiese e troppo facile bersaglio, nelle chiese, è il momento della santa messa. Io credo che davanti ad un'aggressione attesa, noi potremmo chiedere anche in quei Paesi un sistema di protezione che comprenda il rispetto implicito di uno dei diritti fondamentali dell'uomo, che è il diritto a vivere la propria fede, il diritto a testimoniarla, il diritto ad esprimere quello che è il proprio rapporto allo stesso tempo di filiazione e di fraternità.
Ora noi stiamo assistendo ad un'escalation che è veramente sorprendente. Il titolo di quell'appello a cui pure si faceva riferimento, e che io stessa ho voluto sottoscrivere, era «Mai più un'altra domenica di sangue». Io vorrei che noi questo potessimo dirlo non soltanto con il tono accorato ed appassionato, non soltanto con lo spazio che questo può occupare sui giornali come appello mediatico, ma anche con la forza delle istituzioni, che si mobilitano concretamente su questo tema, assumendolo come una responsabilità personale. Ieri eravamo in quest'aula, la maggioranza di noi, con una sciarpa bianca ed eravamo qui per testimoniare insieme al popolo tibetano il rispetto della loro fede, il rispetto dei loro diritti, il rispetto di quella pace a cui hanno diritto per vivere nella propria terra e per poter dare continuità a quella che è una tradizione e una cultura da consegnare alle generazioni future.
Non vorrei che un giorno di questi dovessimo venire qui in Aula con un altro segno che, sul piano simbolico, testimoniasse la nostra appartenenza ad un mondo di valori fatti nostri con convinzione e con coraggio. È di ieri, l'appello che il Santo Padre lanciava, in occasione dell'Anno internazionale della fede, parlando di questa apostasia silenziosa dell'Occidente. Noi non possiamo dare la manifestazione di questa nostra malattia come una malattia, in un certo senso, contagiosa e progressiva, che va prosciugando un po', all'interno di ognuno di noi e delle nostre istituzioni, il senso della fede e il valore di una religione, che è segno concreto di pace e di sviluppo. Abbiamo bisogno di trovare l'energia tutti insieme, in modo trasversale, esattamente come trasversale è stato l'appello che è stato lanciato per dire un «no» convinto a quello che è stato chiamato anche l'olocausto silenzioso, l'olocausto triste e drammatico dei cristiani nel mondo.
Per questo, io credo che vadano raccolti gli appelli alle nostre istituzioni e, concretamente, al nostro Governo, a partire non solo dal Ministro Severino, attualmente presente in Aula, ma anche dal Ministro Riccardi, che ha firmato quell'appello, fino al Ministro degli affari esteri e al Ministro Monti che, in virtù della sua specifica esperienza di leader europeo, può davvero farsi interprete di ciò a livello europeo. Tuttavia, noi abbiamo bisogno che il Governo e la comunità europea sappiano dire una parola forte, una parola di ideali, una parola di speranza, una parola di impegno per una società migliore.
Siamo abituati, in questi giorni, ad essere massacrati dalle altalene degli spread, dal su e giù dell'altalena economica: lo soffriamo tutti, lo soffriamo con le nuove povertà, ma questo non può anestetizzare le nostre coscienze, facendoci dimenticare che vi sono anche valori forti da testimoniare e da difendere in casa nostra, in Europa e nel mondo intero, in questo momento, specificamente, per l'Africa e per la Nigeria (Applausi).

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MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, anche la Lega si unisce al coro dei colleghi di oggi, come al coro dei colleghi dell'altro giorno, e annuncia che sta preparando una mozione, che speriamo sia unitaria, al fine di intervenire.
Signor Presidente, oggi, in Nigeria, opera il gruppo Boko Haram, con riferimento al quale, qualche tempo fa, vi è stata la denuncia dell'arcivescovo, che ha dichiarato: «Le autorità federali della Nigeria, i servizi segreti e i leader musulmani non fanno nulla per difendere i cristiani e non osano neppure condannare gli attentati». Fosse anche la società occidentale, fosse anche l'Italia, è da unire in questo coro di reticenza. Non abbiamo, forse, il coraggio di pretendere quello che, invece, altre religioni, altre comunità pretendono per i propri seguaci e per i propri religiosi e, cioè il rispetto, se non altro, della vita. Noi siamo pronti ad offrire rispetto, siamo pronti ad offrire in qualche modo sottomissione a diktat, qualche volta pretenziosi, che poi tendono a mettere da parte, magari, i diritti o la concezione di libertà occidentale, pur di non offendere il rappresentante islamico di turno. E, invece, siamo pronti ad abbandonare, magari, a se stesse le comunità di fronte ad un genocidio e ad una deportazione di massa che si stanno attuando.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, c'è stata la deportazione dal nord Africa degli ebrei: in qualche modo, sono stati spinti e mandati via; negli anni scorsi e in questi anni, si sta concludendo la deportazione e il genocidio dei cristiani. Crediamo che, in qualche modo, l'ONU debba essere sollecitato da una comunità occidentale non pavida, da una comunità occidentale con un minimo di orgoglio, da una comunità occidentale che si ricorda della difesa dei diritti, non soltanto fuori dall'uscio di casa, non soltanto per gli stranieri, ma anche per quelli che, in qualche modo, sono simili.
C'è bisogno di parole forti all'ONU, c'è bisogno di parole forti presso la comunità europea, probabilmente, c'è bisogno dell'uso di una forza giusta, che possa intervenire per tutelare quella che è la libertà fondamentale, che è la libertà religiosa nel mondo. Tutto ciò anche, come dicevano alcuni, con un nuovo ruolo che chiediamo non solo a questo Governo tecnico, ma prima di tutto a noi stessi: di rispettare la nostra cultura, di rispettare i nostri principi di civiltà, di rispettare la nostra storia e il principio di solidarietà e fratellanza comune (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signora Presidente, intervengo brevemente per sottolineare l'impegno anche del gruppo di Futuro e Libertà sul tema. Io mi riconosco nelle parole dei colleghi, penso in particolare in quelle del collega Castagnetti.
Credo che l'Europa - che ha superato, e nemmeno da tantissimo, drammatiche guerre che avevano o pretendevano di avere come fondamento anche la religione - si debba assumere oggi un impegno particolare nella difesa (ieri abbiamo parlato del Tibet) delle comunità cristiane perseguitate nel mondo. Penso in particolare che, a partire dal caso dalla Nigeria, vi debba essere una particolare attenzione attraverso la vicenda del rispetto della libertà di religione delle comunità cristiane e cattoliche in Nigeria e in tutta l'Africa, un'attenzione che manca totalmente al continente africano.
Credo che solo se sapremo essere al fianco delle persone e dei cristiani che sono perseguitati unicamente in nome della loro fede religiosa, avremo la forza di far valere i valori della tolleranza e della libertà religiosa come valori primari e irrinunciabili anche nei nostri Paesi e in Europa, in modo da sviluppare un ideale di tolleranza all'interno dei nostri confini. Pag. 6
Ma saremo credibili solo se avremo il coraggio di superare reticenze, pigrizie e incapacità, per non dire altro, ed essere, con tutta la forza diplomatica e con tutta la forza che proviene dalla forza economica dell'Europa, al fianco di chi rischia, invece, di vedere conculcati i valori e le libertà, a partire da quella religiosa, che sono i valori e le libertà su cui unicamente si può reggere la costruzione europea (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

ANDREA RONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, anch'io mi vorrei ricollegare a quanto è stato detto dai colleghi e, in particolare, dal presidente Castagnetti, che ringrazio.
Penso che ciò che sta accadendo ormai da anni - spesso e volentieri nel silenzio della comunità occidentale e, in particolare, di quella europea - è di far sì che da questo Parlamento scaturisca una grande mozione, signor Ministro. Il Ministro degli affari esteri venga in Aula a riferire cosa intenda fare il Governo tecnico italiano per poter scuotere l'Europa e far sì che una volta tanto l'Europa sia meno economica e più politica, e metta al centro della sua azione la difesa dei diritti della persona, la difesa dei cristiani che, in silenzio, ogni giorno, nel mondo, sono perseguitati. Ci sono stati eccidi anche questa notte: purtroppo le cronache registrano violenze interminabili.
A mio avviso, questo Parlamento, in modo unitario, ha la forza, la capacità e l'autorevolezza per potere imprimere un cambio di passo in Europa e far sì che vi sia un'azione vera e non soltanto uno sterile documento, per fa sì che cessi questo massacro, che, spesso e volentieri, viene perpetuato nell'indifferenza del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare).

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi che sono intervenuti su questo punto così importante.
Come avete visto ho concesso la parola ad un deputato per gruppo tra quelli che lo hanno richiesto. Anche altri colleghi hanno richiesto di intervenire sempre su questo aspetto e darò loro la parola a fine seduta, perché adesso dobbiamo passare all'esame del provvedimento all'ordine del giorno.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 850 - D'iniziativa dei senatori: Li Gotti ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (Approvata dal Senato) (A.C. 5058) (ore 11,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge di ratifica, già approvata dal Senato, d'iniziativa dei senatori Li Gotti ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999.
Ricordo che nella seduta del 28 maggio 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e la rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 5058)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge di ratifica.
Ricordo che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 5058).
Passiamo all'esame dell'articolo 1, al quale non sono state presentate proposte emendative (Vedi l'allegato A - A.C. 5058).
Passiamo dunque ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1. Pag. 7
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Giammanco, Polledri, Martella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Hanno votato
450).

Passiamo all'esame dell'articolo 2, al quale non sono state presentate proposte emendative (Vedi l'allegato A - A.C. 5058).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, quella al nostro esame è una Convenzione importante, firmata e sottoscritta nel 1999, che, ad oggi, ancora non è stata ratificata e che, quindi, impone un senso di responsabilità da parte di tutto il Parlamento. Sicuramente vi sono anche dei reati da introdurre, come prevede questa Convenzione; l'articolo 2 fa riferimento ad alcuni reati, così come gli articoli 3, 4 e 5. Questa Convenzione impone agli Stati che aderiscono di modificare e di rendere attuale, anche per la lotta alla corruzione, gli ordinamenti interni penali.
È chiaro che, nel momento in cui si devono introdurre nuove fattispecie penali, queste devono essere determinate nella condotta e anche, ovviamente, certe nella pena. La peculiarità della procedura che ha riguardato questo provvedimento è il fatto che questa Convenzione non ha in sé l'articolato di attuazione, ma questa problematica, che è stata discussa ed esaminata in Commissione giustizia, anche alla luce di un confronto con la Commissione affari esteri, ha fatto sì che fosse chiara la volontà per cui l'entrata in vigore, e quindi il contenuto precettivo della Convenzione nell'adeguamento del nostro ordinamento interno, derivi dall'approvazione del disegno di legge che è adesso al Senato e che la Camera ha approvato a maggioranza la scorsa settimana.
È lì - e fu chiaro anche negli interventi di voto e nelle dichiarazioni sulla fiducia - che soprattutto attraverso quella proposta del Ministro Severino si sono cercati quegli adeguamenti che sono specifici del nostro ordinamento. Ecco quindi una chiave di lettura importante anche di questa Convenzione. Si è cercato di creare nuove figure di reato, di adeguare le figure di reato già esistenti anche alle indicazioni delle Convenzioni internazionali per dare anche un segnale concreto agli organismi internazionali nonché alla Commissione GRECO che ha inviato all'Italia 22 raccomandazioni, secondo il penultimo rapporto, e che, di nuovo, nel marzo 2012, nel rapporto che ha redatto e depositato, ha segnalato, proprio come incipit, che l'Italia è uno dei pochi Paesi che oggi ancora non ha ratificato la Convenzione del 1999.
Quindi, da parte nostra c'è una dichiarazione di voto favorevole all'articolo 2, così come via via ci saranno altri interventi favorevoli sulla ratifica di questa Convenzione, perché ha in nuce, tra l'altro, un principio importante, quello per cui la lotta alla corruzione non si fa isolatamente attraverso strumenti che riguardano il singolo Paese, ma anche attraverso una omogeneizzazione delle normative a livello europeo. La corruzione, infatti, è un fenomeno che riguarda lo Stato italiano (sicuramente il nostro apparato purtroppo pubblico e privato), ma anche gli altri Paesi.
Quindi, proprio in questa ottica, quella Convenzione, già nel 1999, impegnò gli Stati a porre in essere norme effettivamente capaci di contrastare questo fenomeno. Ecco che quindi credo sia un momento oggi molto importante e mi auguro vi sia la condivisione di tutte le forze politiche, affinché, tra gli impegni internazionali che il Presidente Monti e il Governo potranno portare come adempiuti nel vertice europeo che ci sarà, vi sia anche finalmente l'adeguamento alle Convenzioni Pag. 8contro la corruzione, sia nel penale, sia nel civile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, volevo intervenire sull'articolo 3, ma è del tutto uguale, anticipo alcune riflessioni. Certo, la ratifica di questa Convenzione di Strasburgo, logicamente e anche politicamente, avrebbe dovuto precedere il lavoro che abbiamo svolto in sede legislativa sulla legge anticorruzione, però la salutiamo - come gruppo dell'UdC - con grande favore, sottolineando il ritardo ingiustificato e anche, in un certo senso, colpevole, perché la Convenzione doveva essere ratificata prima.
Mi permetto di dire che il buon lavoro svolto sulla legge anticorruzione, se comparato agli articoli e ai principi di questa Convenzione, ci indica alcune cose. Ci indica, innanzitutto, che anche il nostro progetto di legge in itinere è una soluzione in un certo senso parziale. La Convenzione di Strasburgo sottolinea molto gli aspetti relativi alla punizione, prevenzione e contrasto della corruzione internazionale. Forse nel nostro testo non c'è abbastanza da questo punto di vista.
Sappiamo che, in larga misura, la corruzione è internazionale, quindi, non dei nostri pubblici ufficiali, o membri di Governo, o Assemblee elettive, cioè casta nostrana, ma della casta internazionale.
Naturalmente uso dei termini puramente semplificatori, tuttavia la corruzione nei confronti dei pubblici ufficiali internazionali è il cuore del problema che questa Convenzione ci invita a ratificare e che forse meglio avremmo potuto prevedere nella nostra proposta di legge.
C'è anche il traffico di influenza, ma sul traffico di influenza è - direi - facile, persino da un punto di vista scolastico, considerare che l'Italia ha delle fattispecie tipiche. Si è creata una certa confusione, e anche un po' di ostruzionismo strisciante e non, su questo punto. Non so quanto sia stato opportuno il mantenimento di questa previsione a fronte di certe resistenze complessive politiche sulla nostra proposta di legge, tuttavia devo osservare che la definizione che la Convenzione di Strasburgo dà di «traffico di influenze» è largamente soddisfatta da alcune fattispecie di reati tipici, già previsti dal nostro ordinamento e che non sto a ripetere alla signora Ministro, che è più che esperta della materia, cominciando dal millantato credito a forme proprie di corruzione.
Rilevo, invece, in conclusione, che mancano i capitoli del riciclaggio dei proventi dei reati di corruzione e anche dell'autoriciclaggio e manca la parte relativa ai reati contabili e al falso in bilancio. Sono due punti della Convenzione di Strasburgo che dovremo attuare in modo specifico e anche urgente. Al Senato vi è un lavoro da completare e auspichiamo davvero che non ci sia l'ostruzionismo da parte di alcuno. Questi capitoli vanno completati. Non sarebbe accettabile l'ostruzionismo al Senato, i cittadini non capirebbero, i mercati capirebbero fin troppo.
Lei, però, signora Ministro, ha tutti gli strumenti per fare una mediazione autorevole. La faccia, andiamo davanti, il Paese ha bisogno di decisioni (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, ci troviamo a dare corso ad un adempimento internazionale particolarmente importante con l'approvazione della ratifica della Convenzione per la lotta alla corruzione la settimana dopo aver approvato il disegno di legge che contiene le misure conseguenti ed esecutive appunto di questa Convenzione.
È importante che vi sia una visione di insieme su questi due iter legislativi perché è chiaro che il provvedimento anticorruzione, che è stato approvato dalla Camera la settimana scorsa, è conseguenza anche metodologica e contenutistica della Convenzione, Pag. 9ma l'approvazione oggi della Convenzione deve assolutamente tenere in considerazione le norme penali e le modifiche al sistema penale che vengono introdotte dal provvedimento che oggi è all'esame del Senato.
Se andiamo a vedere i contenuti della Convenzione che oggi andiamo ad approvare, sarà un'approvazione assolutamente neutra e asciutta, ma la Convenzione contiene alcune misure che devono essere introdotte nel nostro ordinamento: dalla corruzione attiva di pubblici ufficiali nazionali alla corruzione passiva di pubblici ufficiali nazionali, alla corruzione di membri di assemblee pubbliche nazionali, corruzione di pubblici ufficiali stranieri, corruzione di membri di assemblee pubbliche straniere, corruzione attiva nel settore privato.
Inoltre, vi è tutta una serie di reati per giungere poi anche a indicazioni sul traffico di influenze e sulla competenza.
È fondamentale, quindi, cercare di tenere in considerazione che il voto che esprimeremo oggi e che chiaramente, se non verranno approvati emendamenti, farà diventare legge il nostro provvedimento, sarà soltanto una tappa di un percorso e non avrà efficacia e alcuna valenza pratica e concreta fino al momento in cui il Senato, ovvero di nuovo la Camera laddove ci fossero modifiche, provvederà ad esitare il contenuto di questo provvedimento.
È un aspetto molto importante e lo dico perché è capitato in alcune circostanze che una giurisprudenza assolutamente minoritaria abbia ritenuto di agganciare le sue contestazioni direttamente al contenuto delle convenzioni internazionali che non erano transitate attraverso una attività esecutiva degli ordinamenti nazionali. Noi vogliamo respingere questo atteggiamento, perché una cosa è aderire ad una convenzione internazionale, un'altra è modificare il nostro ordinamento e rientra nell'autonomia del Parlamento giungere ad un adeguamento del proprio ordinamento, chiaramente rispettoso della convenzione internazionale alla quale si è scelto di aderire.
Quindi, l'aspetto è molto importante e verrà molto probabilmente ripreso in un ordine del giorno che alcuni o tutti i capigruppo delle Commissioni esteri e giustizia hanno provveduto a predisporre proprio perché rimanga, anche nei lavori preparatori, una traccia del percorso e dello spirito del legislatore. Lo spirito del legislatore punta chiaramente a dare un segnale importante attraverso l'approvazione di questa Convenzione, ma rinvia chiaramente al contenuto del provvedimento che già è stato elaborato attraverso il lavoro del Senato e della Camera e che oggi è all'esame del Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, signor Ministro, ci tengo a chiarire una situazione sulla quale mi sembra si stia sorvolando. Noi oggi siamo chiamati a ratificare le due Convenzioni di Strasburgo (la parte penale e la parte civile) che sono state sottoscritte dall'Italia addirittura il 27 gennaio 1999 e sono già state ratificate da altri 42 Paesi. L'Italia dunque è fortemente in ritardo.
Noi avevamo concordato con la Commissione giustizia e con la Commissione affari esteri di ratificare oggi la Convenzione senza entrare nel merito delle modifiche ordinamentali che comunque sono richieste con la ratifica della stessa Convenzione all'interno di ogni Paese che ha sottoscritto la stessa Convenzione. Abbiamo deciso di non introdurre modifiche ordinamentali perché contemporaneamente, tenendo conto proprio di quello che ci viene imposto con la ratifica di queste Convenzioni, avremmo agito in materia proprio attraverso provvedimenti che fuoriescono dalla stessa Convenzione.
Oggi la Convenzione che noi ratifichiamo è «pulita», così come ci è pervenuta dal Senato.
Dobbiamo, però, tenere conto che anche oggi, con questa ratifica, assumiamo degli impegni, tutto sommato, che sono quelli di modificare il nostro ordinamento Pag. 10giuridico interno. Lo abbiamo già iniziato a fare, appunto, con l'approvazione del provvedimento per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione la scorsa settimana, che sicuramente non comprende tutti i reati e tutto quanto richiesto dalla Convenzione e, quindi, ci sarà bisogno di ulteriori interventi normativi. Ma ciò non toglie che oggi dobbiamo celermente procedere alla ratifica di queste convenzioni, perché siamo fortemente in ritardo. Che un Paese come l'Italia, dopo avere sottoscritto questa Convenzione nel 1999, non abbia ancora ratificato la Convenzione stessa è estremamente grave. Quindi, è urgente procedere oggi a questo voto finale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Duilio, Lussana, Scilipoti, Realacci, Russo, Giacomelli, Marchioni, Trappolino, Anna Teresa Formisano, Distaso, Galletti, Roccella, Misuraca, Dozzo, Rivolta...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 469
Votanti 468
Astenuti 1
Maggioranza 235
Hanno votato
468).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 e dell'unico articolo aggiuntivo ad esso presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 5058).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, la Convenzione, come si è detto prima, è stata fatta il 27 gennaio 1999. Sono passate ben due legislature, la XIV e la XV, e ora siamo ad un anno dalla fine della XVI legislatura e il nostro Paese non ha ancora ratificato questa Convenzione (e la sta ratificando nelle modalità che noi sappiamo).
Quindi, si tratta di un'approvazione tardiva, fuori tempo massimo, rispetto a un fenomeno che è un vero e proprio cancro del nostro sistema produttivo e del nostro sistema sociale e politico. Si calcola che la corruzione e i traffici illeciti, sia nella pubblica amministrazione sia in quella privata, pesino per più di 60 miliardi di euro. Nell'Europa tutta si parla di 120 miliardi di euro e, quindi, solo in Italia vi è il 50 per cento di tutto l'ammontare della corruzione europea.
Sono cifre di un fenomeno che avrebbero consigliato al nostro Paese un'urgenza ed una fretta nel ratificare questa Convenzione e nell'adeguare l'ordinamento interno. Come sapete, c'è un legame molto forte tra la corruzione e la criminalità organizzata nella sua capacità sempre più forte e sempre più sofisticata di condizionare appalti, bandi pubblici e commesse. La stessa criminalità organizzata inquina la politica e ferisce profondamente la nostra democrazia.
Stiamo trattando di tre settori vitali della nostra vita collettiva: l'economia, la vita sociale e le sedi delle decisioni politiche e della rappresentanza. Quindi, non si comprende il ritardo e si auspica davvero un'accelerazione, perché questa Convenzione prende atto, signor Presidente, dell'avvenuta e compiuta transnazionalità del crimine e, nella fattispecie, della corruzione.
L'interdipendenza e l'interconnessione dell'economia mondiale consigliano al legislatore di avere un approccio internazionale all'aggressione di questi fenomeni: non basta l'approccio nazionale.
Vorrei interloquire con il collega del PdL che parlava giustamente dell'autonomia dei parlamenti nazionali. In realtà, abbiamo un problema per il quale le Convenzioni internazionali stipulate dal nostro Paese, una volta ratificate, hanno un effetto cogente - se posso esprimermi così - nella legislazione interna. Quindi, o Pag. 11si ratifica la Convenzione, e quindi si adegua l'ordinamento interno allo spirito, alla lettera e alla sostanza della Convenzione, oppure si discute in sede di ratifica decidendo se ratificarla oppure no. Una volta che la si è ratificata, si chiede quindi coerenza dell'ordinamento nazionale rispetto alla ratifica.
Questa Convenzione è anche innovativa rispetto al lavoro che andremo a fare nell'ordinamento interno, perché parla di incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva dei funzionari nazionali ed internazionali. Quindi, ritorna spesso questa transnazionalità dei fenomeni di corruzione. Tratta poi di corruzione attiva e passiva nel settore privato e va a guardare anche dove i soggetti privati e le imprese private operano - in un contesto di economia globalizzata questi si muovono al di fuori dei confini dello Stato nazionale - quindi tocca non soltanto i soggetti privati, ma i soggetti privati nella loro proiezione esterna verso l'economia regionale europea e verso l'economia mondiale.
La Convenzione tocca anche il traffico di influenze, di cui ha parlato il collega Mantini e che dovrà avere un'adeguata perimetrazione nel nostro ordinamento, il riciclaggio dei proventi di atti di corruzione e i reati contabili. Si tratta quindi di un ampio spettro, in relazione al quale l'approccio che ci viene richiesto non è solo transnazionale, ma disciplinare: è chiaro che non basta la norma giuridica, ci vuole trasparenza negli atti della pubblica amministrazione e semplificazione per eliminare l'opacità, laddove avvengono tutte le corruttele. In fondo, non possiamo approvare e ratificare la Convenzione e, nel contempo, lasciare una scatola vuota nell'ordinamento interno. C'è una cogenza nell'adeguare l'ordinamento interno alla ratifica, altrimenti non la si fa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore e il Governo ad esprimere il parere sull'articolo aggiuntivo Pianetta 3.01.

STEFANO STEFANI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro sull'articolo aggiuntivo Pianetta 3.01.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Pianetta 3.01 formulato dal relatore.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, per quanto riguarda l'invito al ritiro - se lei mi consente, spiego i motivi - non c'è dubbio che nel merito non ci sarebbe nulla di negativo e potrebbe esserci un accordo generale per il semplice fatto che questo articolo aggiuntivo all'articolo 3 ha come argomento la relazione al Parlamento e prevede che: entro il 31 marzo di ciascun anno il Ministro della giustizia presenta al Parlamento la relazione sui risultati della lotta alla corruzione ottenuti in attuazione della Convenzione.
Al tempo stesso l'eventuale approvazione di questa proposta emendativa non sarebbe dilatoria, per il semplice fatto che questa ratifica è collegata, come sappiamo, all'altro provvedimento anticorruzione, che recepisce parte del contenuto di questa ratifica, proprio perché il provvedimento anticorruzione recepisce un adeguamento dell'ordinamento.
Però, al tempo stesso, mi rendo perfettamente conto del fatto che questa Convenzione risale al 1999. Quindi, credo che un'ulteriore lettura al Senato avrebbe un significato che forse non è compreso adeguatamente, anche se a me sarebbe piaciuto che il provvedimento che ratifica questa Convenzione contenesse anche gli adeguamenti all'ordinamento.
Pur considerando la modalità che stiamo mettendo in atto assolutamente ineccepibile, l'altra, quella che fa sì che un unico provvedimento possa contenere la ratifica e anche il recepimento all'interno Pag. 12nell'ordinamento, sarebbe stata indubbiamente più coerente con la prassi finora seguita.
Allo stesso ordine del giorno dei nostri lavori, signor Presidente - e concludo - abbiamo un altro provvedimento: la ratifica della Convenzione cosiddetta di Lanzarote. Quel provvedimento ha proprio questa modalità in atto, cioè ratifica la Convenzione e, al tempo stesso, include nello stesso provvedimento tutto ciò che riguarda l'adeguamento all'ordinamento.
Però, ormai prendiamo atto di questa modalità, che in questa occasione il Senato, prima, e la Camera, successivamente, hanno messo in atto. Prendiamone atto e facciamo in modo che non ci siano ulteriori dilazioni. In tal senso ritiro la mia proposta emendativa.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'articolo aggiuntivo Pianetta 3.01 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor Ministro, molti colleghi hanno denunciato il fatto che, dopo tredici anni dall'approvazione della Convenzione di Strasburgo, noi siamo qui a cercare e a sperare di poterla votare definitivamente.
Purtroppo, questa è una vergogna per il nostro Paese. L'Italia è agli ultimi posti in Europa per il tempo della ratifica e nel mondo per la lotta alla corruzione, addirittura dopo alcuni Paesi africani.
Bisogna ricordare qualche fatto, e cioè che questa Convenzione non è stata portata alla ratifica nei cinque anni del Governo in carica dal 2001 al 2006; evidentemente, non era negli intendimenti, anzi, costituiva disturbo alle modalità di governo di quella stagione.
È stato presentato un disegno di legge di ratifica nel 2007, Atto Camera 3286 della XV legislatura, che non ha potuto essere approvato per la fine precoce della stessa. Negli anni successivi, con un Governo dello stesso segno di quello in carica nei cinque anni dal 2001 al 2006, non è stato il Governo a proporre il disegno di legge di ratifica di questa Convenzione.
Chi ha raccolto il testimone di quella proposta della XV legislatura è stato un partito, l'Italia dei Valori, che ha presentato al Senato e alla Camera lo stesso disegno di legge di ratifica della XV legislatura. È su questo che noi discutiamo.
Perciò, quando ci stracciamo le vesti e parliamo di ritardo, dobbiamo dire chi è in ritardo e chi, invece, ha cercato di accelerare le cose.
Questo lo diciamo non tanto per l'Aula - anche per i colleghi, certo - ma per chi ci ascolta fuori e per la stampa. Non è un caso che questo sia avvenuto, perché noi dell'Italia dei Valori abbiamo nel nostro DNA la lotta alla corruzione, e per questo facciamo atti concludenti, affinché il Parlamento sia chiamato a pronunciarsi sulla lotta dura alla corruzione.
Avviandomi alla conclusione, vorrei dire che il collega Pianetta ha compiuto un atto di ravvedimento operoso, perché un brivido ha percorso la schiena di chi vuole che questa Convenzione sia ratificata subito. Un emendamento approvato qui avrebbe significato un ritorno al Senato e, forse, con i tempi che corrono, il definitivo affossamento di questo disegno di legge e la definitiva perdita della faccia dell'Italia di fronte al mondo intero, di fronte all'Europa e di fronte a chi stila quelle classifiche sulla corruzione che dovrebbero farci vergognare.
Ecco perché quell'atto di ravvedimento operoso consente, finalmente, al Parlamento di approvare definitivamente, in seconda lettura, la ratifica della Convenzione.
Un'ultima annotazione: questa Convenzione, letta bene in tutti i suoi articoli, è estremamente impegnativa sul piano dell'adeguamento dell'ordinamento interno ad essa e non ci pare che tutte le indicazioni rivolte dalla Convenzione siano state raccolte nel nostro tentativo di adeguamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

Pag. 13

FABIO PORTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi approviamo, con estremo ritardo, con gravissimo ritardo, la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, una Convenzione che il nostro Paese ha sottoscritto il 27 gennaio 1999 e che è già in vigore in 42 Stati del Consiglio di Europa dal 1o luglio 2002, da dieci anni.
Conduciamo così in porto, finalmente, un iter tormentato e lo facciamo in un momento particolare per la vita del Paese e della stessa Unione europea, sicuramente tardi nei tempi, nel tempo di approvazione in specie, ma opportunamente e con le giuste modalità, soprattutto se sapremo abbinare questa ratifica all'auspicata conclusione dell'iter sull'analogo e parallelo provvedimento in questi giorni all'esame del nostro Parlamento.
Credo si tratti di una risposta di buonsenso e di civiltà, una risposta che esige da questa Camera uno scatto di orgoglio, uno scatto adeguato all'oggetto e ai contenuti di quanto stabilito da questa importante Convenzione.
La Convenzione, infatti, comprende disposizioni molto delicate in materia, per esempio, di favoreggiamento, immunità, giurisdizione degli Stati e responsabilità di personalità giuridica, istituzione di organismi specializzati anticorruzione, protezione delle persone che collaborano con inchieste o procedimenti giudiziari, raccolta delle prove e confisca dei proventi.
La Convenzione prevede in sostanza il rafforzamento della cooperazione internazionale in questa materia tanto delicata, come dicevo, sostenendo e promuovendo l'assistenza reciproca dei Paesi firmatari, favorendo per esempio l'estradizione, lo scambio di informazioni, lo scambio di informazioni specifiche con riferimento ad indagini o al perseguimento di reati nei casi di corruzione.
Si tratta di un'iniziativa, di uno strumento, quindi, estremamente coraggioso e ambizioso, di quelle iniziative che contribuiscono, cari colleghi, a dare valore, significato e forza alla costruzione di un'Europa sempre più integrata e coesa, a partire dall'impegno comune per il rispetto della legalità a tutti i livelli.
Si tratta di uno strumento, mi sia consentito, cara Presidente, cari colleghi, del quale il nostro Paese, l'Italia, ha un grande bisogno, uno strumento la cui ratifica contribuirà a ridare quella fiducia nelle istituzioni e nei suoi strumenti e meccanismi normativi della quale tutti noi sentiamo fortemente non solo la necessità ma direi anche l'urgenza.
La ratifica di tale Convenzione, cari colleghi, unitamente, lo ripeto, all'auspicata conclusione dell'iter parlamentare dell'analogo provvedimento attualmente all'esame delle due Camere, porrà finalmente il nostro Paese a livello delle grandi democrazie europee, confermando la nostra intenzione di voler tornare ad essere un grande Paese, non solo nell'economia e nella cultura, ma anche nel rispetto del diritto e della legalità.
Cari colleghi - e così mi avvio alla conclusione - evitiamo al nostro Paese e agli italiani un'ennesima figura sul piano internazionale. Ratificando questa importantissima Convenzione rafforzeremo la credibilità e l'immagine del nostro Paese nel mondo. A guadagnarne sarà anche l'efficienza e la competitività del nostro sistema nel suo complesso, non solo l'immagine spesso opaca delle nostre istituzioni. Con queste parole, Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, intervengo con una valutazione molto rapida per dichiarare il voto favorevole su questo articolo e anche raccogliendo il contributo del collega Pianetta, che, certamente sotto l'egida e sotto la regia del presidente della III Commissione (Affari esteri) - così semplifichiamo - poneva la questione dell'informativa del Parlamento.
Ma qui c'è un'altra questione molto più significativa, molto più importante, che è Pag. 14stata trattata, ventilata, e valutata anche da parte di alcuni colleghi. Non sono riuscito - signor Presidente, signor Ministro - a capire qual è il senso delle leggi di ratifica che avvengono dopo 15-18-20 anni. In quest'Aula non sono riuscito a darmi una ragione.
Ci troviamo anche di fronte ad un certo dibattito. Secondo alcuni l'approvazione del provvedimento anticorruzione non avrebbe tenuto conto di alcune norme contenute nella Convenzione. Qui ci troviamo nell'assurdo: una Convenzione di 13 anni fa sarebbe più attuale, più di frontiera - per così dire - rispetto al provvedimento anticorruzione che abbiamo votato. Per alcuni versi sarà vero? Non sarà vero? Certo, alcune fattispecie di reato non sono state previste, ne sono state previste altre nel progetto di legge sulla lotta alla corruzione. Va bene quello che dice Tempestini quando parla della Convenzione del 1999, un «anno di annata», una riserva importante e significativa, ma non c'è dubbio che noi stiamo ripercorrendo la strada della Convenzione e, visto e considerato che l'articolo 3 prevede l'Authority che dovrebbe recepire e trasmettere la documentazione e le richieste, dovremmo capire cosa facciamo di questa Convenzione. L'abbiamo approvata in questa sede, poi andiamo al Senato, allora cosa facciamo?
A livello internazionale e comunitario che tipo di sincronizzazione c'è, se c'è ovviamente una differenza di tempi, una disarmonia di tempi?
E poi non si è affrontato un tema principale, fondamentale, quello relativo al cosiddetto Greco, questo gruppo di Stati che dovrebbe essere preposto all'anticorruzione. Io ho qualche sospetto e l'ho avanzato in sede di discussione sulle linee generali. Altrimenti che cosa facciamo? Facciamo semplicemente la ratifica dell'anticorruzione?
Sento qui ventilare il problema dell'autoririciclaggio, e sul reato dell'autoriciclaggio si può dire una parola nuova, diversa, perché l'abbiamo sollecitato più volte in Commissione Antimafia? Lo abbiamo fatto, alcune battaglie sono state fatte. Si è detto di no perché dovremmo ovviamente ripercorrere altre strade, più defatiganti e quant'altro.
Ma facciamo una valutazione complessiva: questa Convenzione a che cosa serve? Qual è la strutturazione visto che manca una politica a livello internazionale e comunitario di contrasto alla criminalità organizzata e all'autocorruzione. L'autocorruzione - non c'è dubbio - è il veicolo e il percorso molto chiaro che porta anche al mantenimento di organizzazioni criminali sia a livello europeo che a livello internazionale. Questo è ovviamente uno scampolo dell'intervento che - se ci sarà tempo - faremo a conclusione dell'esame degli articoli, in sede di dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Grassi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 462
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato
460
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Buttiglione ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno a favore.
Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 5058), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, il mio intervento vuole essere un intervento comunque generale sul provvedimento. Pag. 15Anche questa volta mi rifaccio al provvedimento che abbiamo approvato la scorsa settimana per rivendicare un aspetto particolarmente qualificante in un provvedimento sulla lotta alla corruzione. È la corruzione, cioè, non intesa più esclusivamente in chiave penalistica, ma intesa anche sotto un profilo di prevenzione, prevenzione amministrativa e prevenzione legata a delle pratiche e a dei procedimenti, nell'ambito della pubblica amministrazione, che siano caratterizzati da una trasparenza e da una possibilità di controllo.
È chiaro che la Convenzione punta soprattutto all'aspetto penalistico, chiama gli Stati ad individuare dei percorsi normativi per adeguare i loro ordinamenti in modo omogeneo e complessivo, al fine di evitare che vi possano essere delle contraddizioni nell'ambito comunque delle discipline delle varie nazioni. Nel nostro Paese, però, è stato fatto un passo in più e non mi stanco di ripeterlo ancora una volta. È un passo dal punto di vista amministrativo. Il Ministro Patroni Griffi ha presentato degli emendamenti, ma il precedente Governo aveva avuto l'intuizione di creare questo doppio binario, ma non un doppio binario che toccasse aspetti che fra di loro non avessero una convergenza. In questa situazione noi avremo, da un lato, l'aspetto della repressione o anche, comunque, della prevenzione caratterizzata dalle norme penalistiche, ma, dall'altro, anche la prevenzione sotto il profilo delle pratiche amministrative. Perché? Perché è chiaro che il pubblico funzionario, laddove la burocrazia gli consenta di essere il padrone e il signore delle procedure, può essere molto spesso tentato di porre in essere delle pratiche criminose. È chiaro che nel momento in cui, invece, l'attività amministrativa è trasparente, chiara, pubblica e soprattutto controllabile, questi fenomeni molto spesso si ritirano e si assorbono. Questo è l'aspetto fondamentale di questo provvedimento.
La presente Convenzione, quindi, è opportuno leggerla anche a fronte di quelle che sono le pratiche burocratiche nel nostro Paese e sarebbe opportuno che questa Convenzione vedesse un seguito, al di là poi del provvedimento anticorruzione, anche nelle buone pratiche parlamentari che dovrebbero portare il Parlamento ad evitare delle incombenze burocratiche al cittadino e alla pubblica amministrazione. Infatti, laddove si approva una nuova norma, si vanno a creare degli uffici, si vanno a creare delle strutture, si vanno a creare delle pratiche, si vanno a creare delle scartoffie, si vanno a creare degli adempimenti. E tutto questo ginepraio di adempimenti e di aspetti burocratici crea il terreno fertile, ovviamente, per delle pratiche criminose, per l'assenza e la difficoltà dei controlli. Anche sotto questo profilo, quindi, il nostro Parlamento dovrebbe essere chiamato a una riduzione del numero delle norme. Non sappiamo quante leggi abbiamo, se trentamila, se cinquantamila, se settantamila. Nella scorsa legislatura - lo ricordo, ero membro della Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione - era stato preparato il provvedimento cosiddetto taglia-leggi, cui poi è stato dato seguito dal precedente Governo. Il disordine normativo, però, è ancora presente nel nostro Paese e senza un ordine dal punto di vista burocratico e normativo non è possibile controllare i vari adempimenti e non è possibile togliere dalle mani del pubblico funzionario la signoria sulle pratiche amministrative.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Agostini.... onorevole Turco Maurizio.... onorevole Moles... onorevole Castellano... onorevole Ravetto... onorevole Dionisi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 16
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 456
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
456).

Prendo atto che il deputato Rota ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A - A.C. 5058), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scandroglio... onorevole Laboccetta... onorevole Maurizio Turco...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 461
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato
461).

Prendo atto che il deputato Distaso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5058)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5058).
Nessuno chiedendo di intervenire, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5058/1 purché sia riformulato sopprimendo il terzo paragrafo di pagina 3 del fascicolo e modificando l'impegno nel modo seguente: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di avviare», quindi con un'inversione rispetto ai termini in cui era originariamente espresso.
Posso anche esprimere i motivi della riformulazione, in particolare della soppressione del paragrafo di pagina 3: infatti mentre la descrizione del fenomeno corruttivo in Europa deriva da fonti attendibili e, dunque, viene chiaramente descritta, in questo terzo paragrafo si assume che, in Italia, vi sarebbe una percentuale - se ho ben compreso - del 79 per cento dei casi in cui la corruzione sarebbe legata alla criminalità organizzata.
A me questo dato non risulta corretto, anche perché la criminalità organizzata non ha alcun bisogno della corruzione per ottenere i propri risultati. Lo fa in maniera molto più diretta e senza dover pagare nessuno. La criminalità organizzata acquisisce direttamente pubblici ufficiali o li obbliga ad adempiere a ciò che richiede. Chiunque abbia studiato il fenomeno lo sa. Dunque porre nelle premesse un'indicazione che mi sembra negativa anche dal punto di vista dell'immagine e del riflesso che ha in altri Paesi questa affermazione non corretta e negativa, mi ha indotto a proporre la riformulazione dell'ordine del giorno.
Ripeto: sono convintissima che la criminalità organizzata rappresenti in Italia, e non solo, il primo dei fenomeni criminali da combattere, e da combattere efficacemente, però indeboliamo la lotta se affermiamo che la criminalità organizzata ha bisogno di ricorrere alla corruzione. Certamente vi ricorrerà, ma non in casi così numerosi, perché la forza della criminalità organizzata è quella di permeare direttamente la pubblica amministrazione, di entrarci dentro e quindi di non richiedere il compimento di specifici reati contro la pubblica amministrazione, perché il tutto rimane assorbito sotto l'ombrello estremamente più grave del delitto di criminalità organizzata e quindi di adesione, sia in via diretta sia attraverso forme di concorso, all'associazione a delinquere. Ci tenevo a Pag. 17precisarlo, perché non volevo sembrasse un'indicazione di debolezza, invece è un'indicazione di forza, da questo punto di vista. Quindi, solo per precisione, chiederei la riformulazione in questi termini.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sull'ordine del giorno Stefani n. 9/5058/2?

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Stefani n. 9/5058/2.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5058/1, accettato dal Governo, purché riformulato.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, non voglio porre in votazione l'ordine del giorno, voglio ringraziare il Ministro per la precisione con cui ha espunto il predetto capoverso, ritenendo che si tratti di un dato tecnico. Quello che a noi interessa, come Italia dei Valori, è che si faccia effettivamente e concretamente la lotta alla corruzione: penso che su questo ci possiamo stare e accetto anche la riformulazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5058/1.
Onorevole Stefani, insiste per la votazione del suo ordine n. 9/5058/2, accettato dal Governo?

STEFANO STEFANI. Sì signor Presidente, ringrazio il Ministro e la pregherei di metterlo in votazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Stefani insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5058/2.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Stefani n. 9/5058/2, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Carfagna... Onorevole Mario Pepe (PD)... Onorevole Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 466
Votanti 458
Astenuti 8
Maggioranza 230
Hanno votato
456
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Siragusa e Fitto hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5058)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, l'Italia dei Valori è indubbiamente soddisfatta del fatto che finalmente la Convenzione penale sulla corruzione, firmata a Strasburgo il 27 gennaio 1999, venga ratificata dal nostro Paese. Come avete visto, questa proposta di legge di ratifica, porta proprio la firma dei componenti dell'Italia dei Valori. Non è la prima volta che presentiamo questa proposta di legge e dopo tanti anni finalmente vediamo che l'Italia approva la ratifica di questa Convenzione. Permettetemi quindi di esprimere soddisfazione da una parte, perché come si dice dalle mie parti non è mai troppo tardi, però permettetemi di ricordare l'iter di questa vicenda. Signor Ministro, lei provi a dare uno sguardo al preambolo della Convenzione e provi a ricordare e a ripassare con la mente tutto Pag. 18ciò che è successo dal 1992 fino al 1999 e perché è stata fatta questa Convenzione.
Infatti io, in quegli anni, ho girato per i Paesi d'Europa - e, come me, tanti altri esponenti delle istituzioni italiane sono stati chiamati da molti Paesi, non solo dell'Europa, ma di tutto il mondo - per spiegare loro come mai era stato possibile che il nostro Paese, prima e più di tanti altri, avesse messo le mani sulla piaga della corruzione politica.
Signor Ministro, provi a rileggere il preambolo, e vedrà che questa Convenzione, che l'Europa ha voluto, è figlia e diretta conseguenza di quelle indagini di «mani pulite», che sono iniziate in Italia e si sono sviluppate in tanti altri Paesi europei e non solo; provi a rileggere quello che è scritto nel preambolo del Programma d'azione contro la corruzione adottato nel novembre nel 1996 (prima nel 1994, poi ripetuto nel 1996) a La Valletta, e provi a rileggere la risoluzione n. 1 della XXI Conferenza dei Ministri della giustizia europei del 1997 a Praga; provi a rileggere quanto avvenuto al Vertice di Strasburgo il 10 e 11 ottobre del 1997; provi a rileggere quanto è avvenuto il 6 novembre del 1997 nel Comitato dei Ministri europei in occasione della loro riunione.
Tutti quanti hanno detto: accidenti, ciò che è stato scoperto in Italia sta toccando e sta divenendo un fatto reale in tutti i Paesi europei, e non solo: dobbiamo fare una convenzione per stabilire una lotta comune alla corruzione, soprattutto a quella politica, e un'attività investigativa comune transnazionale e internazionale per scambiare dati e informazioni, per procedere a estradizioni, per fare attività comuni di indagine, e quant'altro. Una cosa molto bella, insomma. Dunque, l'Italia, che è stata l'occasione di un riscatto europeo, il 27 gennaio 1999, è stata vista come un esempio da seguire, tant'è che a Strasburgo hanno fatto questa Convenzione. Ne avessimo azzeccata una! Siamo uno dei Paesi che da ultimo la ratifica e, soprattutto, la ratifica in modo imperfetto ed insufficiente.
Certo che voteremo a favore di questa Convenzione: lo faremo, perché vogliamo che oggi essa sia attuata; perché, dopo l'approvazione del relativo provvedimento, ci adopereremo in sede europea affinché tutto ciò che è previsto nella Convenzione - che è un trattato internazionale, che, quindi, l'Italia ha l'obbligo di rispettare dopo aver ratificato - diventi realtà nel nostro Paese. Infatti, come lei sa, signor Ministro - perché era presente qui anche la settimana scorsa -, non abbiamo fatto ancora in tempo ad approvare la Convenzione, che già l'abbiamo tradita con la legge sull'anticorruzione che avete approvato la settimana scorsa. Ratificare la Convenzione significa impegnarsi con la comunità internazionale a rispettare i principi e le indicazioni in essa contenuti. Quindi, credo che, a partire da ciò che sta avvenendo e avverrà al Senato con riferimento alla lotta alla corruzione in poi, voi dovrete rispettare queste regole, e non più giocare a «tresette», dando una carta e nascondendo l'altra.
Andiamo a vedere in concreto cosa dice la Convenzione in oggetto e dove è stata già tradita. Signor Ministro, diciamo subito che essa contiene, come lei sa e come mi insegna, sia norme di indirizzo sia norme cogenti, soprattutto, norme cogenti per quanto riguarda l'assistenza giudiziaria. Ciò laddove si dice, appunto, che, nei casi in cui non vi sia già una procedura di assistenza giudiziaria fra Stati, vale ciò che risulta in questa Convenzione fra gli Stati che l'hanno sottoscritta. Questo è importante, perché ci darà la possibilità di interloquire direttamente con gli altri 40-42 Stati che l'hanno già ratificata, anche se ancora non è prevista con tutti questi Stati una convenzione bilaterale di assistenza giudiziaria.
Lo dico perché vorrei segnalarle, signor Ministro, che ci sono due Stati dentro il nostro Paese, Stati nello Stato, che ad oggi non hanno ancora ratificato la Convenzione e che, proprio perché non l'hanno mai ratificata e non hanno mai attuato una pratica e una buona politica giudiziaria con l'Italia, pur essendo da noi molto ma molto assistiti, sono diventati il luogo di smistamento di tutti i frutti delle maggiori corruzioni in Italia. Pag. 19
Mi riferisco allo Stato di San Marino e allo Stato del Vaticano. Perché non so se lo sa, signor Ministro, ma lo Stato del Vaticano non ha ratificato questa Convenzione, così come, se pure l'ha firmata, non l'ha ratificata lo Stato di San Marino. E lei sa meglio di me, signor Ministro, quante, e di quale gravità, sono le richieste di assistenza giudiziaria che sono state fatte negli anni, a partire dal 1992, anzi dalla fine del 1991, allo Stato del Vaticano e a San Marino, le quali, ancora oggi, non ricevono risposta. C'è ancora una richiesta di assistenza giudiziaria che riguarda Salvo Lima, del 1992, che ancora oggi potrebbe essere attuale e dire molto, la quale ancora giace negli archivi del Vaticano. C'è un'altra e ce ne sono diverse altre che riguardano eminenti personalità che sono state in questo Parlamento, cito Andreotti per esempio. Se poi qualcuno ne vuole sapere di più, andasse a rileggersi le carte della distribuzione della tangente Enimont.
In questa Convenzione, signor Ministro, che noi oggi approviamo e con la quale ci impegniamo di fronte agli Stati, all'articolo 3, noi diciamo che ci impegniamo ad adottare tutte le misure necessarie affinché chi sollecita o riceve direttamente o indirettamente qualsiasi vantaggio indebito debba essere punito. Vorrei invitarla, signor Ministro, a trovarmi, in questa Convenzione, un solo riferimento che legittimi l'abolizione del reato di concussione per induzione. Vorrei invitarla a trovare un solo riferimento. La settimana scorsa questo Parlamento ha eliminato l'unico reato vero che è stato contestato con riferimento al reato di concussione in tutti questi anni ai pubblici ufficiali, agli amministratori, ai politici e ai pubblici impiegati, ossia la concussione per induzione, perché non esiste la concussione per violenza, solo quella per induzione.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la invito a concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Vorrei ricordarle, signor Ministro - e mi avvio alla conclusione - che di questa Convenzione, nella nostra legge anticorruzione non abbiamo voluto inserire nulla sul riciclaggio e sull'autoriciclaggio. Ancora ad oggi, dopo questa discussione, si rinvierà ancora una volta la discussione sul falso in bilancio, che è la norma principe per combattere la corruzione, perché se non si combatte la formazione della provvista, non si combatterà mai la corruzione.
Vorrei ricordarle che, ad oggi, ancora non facciamo nulla per combattere adeguatamente la corruzione internazionale, di cui parla l'articolo 9 di questa Convenzione. Vorrei ricordarle che in questa Convenzione si parla di misure e sanzioni severe ed efficaci e invece noi abbiamo ridotto i tempi della prescrizione, che è l'esatto contrario.
Vorrei ricordarle che nella Convenzione che stiamo approvando oggi si parla di indipendenza dell'autorità giudiziaria - dice testualmente la Convenzione - «libera da qualsivoglia pressione». Mi scusi, e allora perché ci stiamo accingendo ad approvare la responsabilità dei magistrati? In questa Convenzione, all'articolo 23, si discute di misure e si approva un'indicazione precisa: dobbiamo adottare misure intese ad agevolare l'assunzione di prove. E allora perché si vuole discutere la riduzione delle intercettazioni?

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, deve concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Oggi come oggi, le intercettazioni sono strumenti per combattere questo tipo di criminalità. Voi volete togliere uno strumento per combattere questo tipo di criminalità. Insomma, morale della favola, noi siamo molto soddisfatti che questa Convenzione venga ratificata perché fu a suo tempo approvata proprio sulla base di ciò che potemmo accertare. Vogliamo però che l'impegno che prendiamo con l'Europa non si risolva nel solito impegno all'italiana: chiacchiere tante, nei fatti le solite leggine che nascondono sotto il tappeto il male che sta sopra il tappeto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 20

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, mi rifaccio a quanto dichiarato nel momento in cui ho preso la parola per dichiarazione di voto sull'articolo 2 del provvedimento e preannunzio il voto favorevole da parte del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, interverrò brevemente per dichiarare il voto favorevole da parte del gruppo dell'UdC. Accanto a queste dichiarazioni svolgerò qualche valutazione e commento, anche sulla base di ciò che ho ascoltato in questo arco di tempo. Intanto, certamente mi rifaccio alle considerazioni che ho consegnato all'attenzione dei colleghi, signor Presidente, parlando in sede di discussione dell'articolo 3 e dichiarando, anche in quella sede, il mio voto favorevole e il nostro assenso sull'articolo 3. Signor Presidente, potremo anche discutere su questa Convenzione senza limiti di tempo, e tutti i tentativi che stiamo facendo e anche il contributo che ha fornito il Ministro della giustizia, intervenendo su un ordine del giorno, ritengo siano aspetti importanti che richiederebbero degli approfondimenti. Noi parliamo di un provvedimento, di una proposta di legge di ratifica, che viene a ratificare questa Convenzione su un impulso parlamentare, cioè vi è stato un impulso parlamentare per cui si è addivenuti in tempi forse più celeri rispetto a quello che è lo standard normale dei tempi dedicati alla ratifica dei trattati e delle convenzioni a livello internazionale.
Il problema è capire come ci si muoverà dopo l'approvazione di questo provvedimento, che non andrà al Senato e che oggi voteremo in via definitiva ovviamente perché abbiamo chiesto all'onorevole Pianetta di ritirare il suo articolo aggiuntivo e, quindi, si andrà tranquillamente alla ratifica. Ma come ci organizziamo? Se fosse possibile, al di là della proposta emendativa dell'onorevole Pianetta, dovremmo dedicare sulla corruzione in genere e su questa Convenzione internazionale qualche riflessione per quanto riguarda le strutture investigative a livello europeo che non vi sono.
Infatti, vi sono soltanto dei nomi di forze intergruppo a livello europeo, ma certamente manca una coesione. Ma voglio dire un'altra cosa: il problema dell'anticorruzione, il problema del contrasto alla criminalità, sia ordinaria che non ordinaria - e poi verrò anche alle valutazioni che faceva il Ministro -, sia per quanto riguarda l'azione investigativa che per quanto riguarda gli altri aspetti, è legato alla politica europea, all'integrazione della politica europea. Per cui, certamente oggi colloquiamo e ci confrontiamo con il Ministro della giustizia - per me, poi, personalmente è un piacere, un modo, una consuetudine di confrontarci con il Ministro della giustizia -, ma qui sembra che questo Parlamento e noi stessi stiamo consegnando le nostre capacità e le nostre intelligenze ad atti burocratici e amministrativi, quando, in merito al problema dell'anticorruzione - lo vorrei dire ai colleghi della II Commissione, perché non vogliamo accusare nessuno e non vi è nessuno che deve sentirsi in diritto di difendere posizioni -, vi è da capire se vi è una cultura a livello nazionale ed una cultura europea per sconfiggere la corruzione, e soprattutto la criminalità e le sovrastrutture che alterano il percorso normale della convivenza civile a livello nazionale e a livello europeo. Questo è il dato! Ecco perché parlavo del GRECO, di questo gruppo di Stati contro la corruzione.
Certamente mi sembra sia un club. Avete approfondito cosa fanno? Aspettano che altri Stati facciano la Convenzione, ma poi cosa fanno? Questo GRECO, questi Stati, quali strutture hanno? Quale omologazione ed armonizzazione anche di Pag. 21norme volte a scardinare la corruzione? Cosa c'è rispetto ad una azione politica che in questo momento manca e della quale più volte abbiamo anche richiamato la necessità?
Abbiamo sollecitato anche un voto unanime per accompagnare il Presidente del Consiglio dei ministri Monti all'appuntamento a livello europeo. Non c'è una politica europea. Non c'è una politica europea che ci consenta di poter andare avanti e di poter camminare in termini più spediti. Perciò, la ratifica di questa Convenzione rischia di essere un fatto tecnico-amministrativo. La mettiamo nel dimenticatoio, poi ce ne ricorderemo.
Ecco perché la sollecitazione che faccio in questo momento al Governo, ma prima di ogni altra cosa certamente al Parlamento, è di prendere coscienza di questi aspetti e di questi dati. Certo, vi sono i problemi dei reati. Vorrei soltanto dare due indicazioni e basta. Sono d'accordo con il Ministro della giustizia quando ha fatto riferimento alla corruzione e criminalità organizzata ed ha chiesto a Di Stanislao di togliere quel paragrafo al suo ordine del giorno, però, signor Ministro, dobbiamo anche chiarirci su questo discorso. Sono d'accordo con lei: non si può parlare di criminalità organizzata ad ogni costo, soprattutto mafia, ma il confine tra una corruzione organizzata e la criminalità organizzata è molto labile.
Non vorrei che la criminalità organizzata fosse un alibi per depotenziare alcuni reati che sono molto più pericolosi di quelli che sono imputabili e riconducibili a comunità organizzate. Chiarisco la posizione: ci sono delle famiglie «nobiliari» nel nostro Paese, soprattutto anche dalle mie parti, che sono dei mafiosi e dei criminali, però ci sono delle organizzazioni di corruzione reticolate, vere e proprie associazioni criminali che certamente sono il supporto di fatto e logistico alla criminalità organizzata. Tuttavia, senza essere questo, sono di fatto un momento di alterazione della convivenza civile dei principi e delle norme di convivenza all'interno del nostro Paese.
Ci sono i colletti grigi che non sono da meno sul piano della pericolosità, della violenza e della criminalità. Stiamoci attenti, ecco perché vado predicando continuamente per capire se ha senso ancora mantenere le procure distrettuali antimafia differenziate rispetto alle procure ordinarie, oppure bisognerebbe rivedere qualcosa, visto e considerato che i confini dei due reati sono molto labili.
Dico questo per dare un contributo, non perché io abbia un approdo certo ed anche per introdurre una discussione che credo sia importante. Per quanto riguarda il dato che veniva ad essere evidenziato sulla responsabilità civile dei magistrati, nessuno vuole togliere l'autonomia ai magistrati e l'indipendenza dei magistrati.
Ognuno di noi pensa che, come il magistrato, qualsiasi cittadino deve essere perseguito ed è responsabile per atti che violano principi, regole, leggi e regolamenti. Questo è tutto. Non ci impicchiamo con le parole e soprattutto con le valutazioni che non sono nella verità. Ritengo che questo tipo di valutazione può essere fatto, certamente anche nel percorso che andremo a fare in questa legislatura e che andranno a fare altri - chi ci sarà - ovviamente nella prossima legislatura.
Ritengo che anche questa ratifica segua una linea di condotta ed una presa di coscienza, segni un dato culturale molto importante e una presa di coscienza dell'Europa. E se c'è una presa di coscienza dell'Europa c'è già l'Europa, in embrione, che si fa. Anche da questo punto di vista si costruisce l'Europa politica sul piano delle decisioni e delle battaglie comuni che sono battaglie di civiltà, di modernità e di libertà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Governo, da alcuni mesi nelle aule di questo Parlamento si sono ascoltate tante indicazioni su un tema così importante e sentito come quello della corruzione. Pag. 22
Ma mentre credo che non si possa non essere d'accordo tutti sulla necessità di combattere la corruzione, avremmo voluto sentire maggiori e più univoche indicazioni su come affrontare tale problema. Se da un lato, infatti, è sicuramente importante identificare il problema, ancora più importante però è, poi, declinare le soluzioni. Purtroppo su questa materia si fa tantissima demagogia, mentre la lotta alla corruzione può vedere garantiti dei risultati solo ed esclusivamente con un impegno che deve essere costante, continuo e soprattutto incisivo.
Ma dai dibattiti sul tema è emerso come tra le forze politiche esistano forti differenze di vedute. Quello che però contestiamo attualmente, è l'assenza delle condizioni per affrontare, da parte del Governo, in modo incisivo il tema della corruzione, la lucidità e la chiarezza di visione che servono per stabilire norme destinate a durare nel tempo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Infatti, chiaramente il problema va affrontato creando un clima credibile nel lungo periodo per modificare l'atteggiamento culturale purtroppo diffuso nel nostro Paese su questa piaga. Oggi siamo qui a ratificare una Convenzione in cui prevalgono quasi totalmente degli impegni per lo Stato, ma poi manca tutto quello che realmente serve a concretizzare un'azione che, come ho già detto, deve essere costante, continua e incisiva.
In conclusione, a nome del gruppo della Lega Nord Padania, dichiaro il voto favorevole sul provvedimento, valutando che non si può più permettere che la ratifica torni al Senato dopo tredici anni, allungando i tempi senza dare una netta risposta alla Convenzione penale sulla corruzione, e che venga approvata subito, anche se credo che nell'interesse di tutti ci si debba augurare che il Governo sappia dare risposte in tempi rapidi su come dare attuazione reale alla Convenzione che ci si accinge ad approvare oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, io penso che oggi sia una buona giornata perché, nonostante tutto, siamo riusciti a chiudere questo capitolo e ci possiamo consentire un attimo di respiro. Riusciamo in qualche modo a tenerci collegati con l'Europa e all'Europa voglio dedicare le poche parole di questo mio intervento.
C'è da chiedersi se, in un momento come questo, nel quale il destino del nostro Paese è fortemente collegato a ciò che accadrà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, parte di questo destino non sia anche qui, nelle questioni che abbiamo affrontato con la ratifica di questa Convenzione e con quello che potremo fare e che dovremo fare nel corso delle prossime settimane come Parlamento nel suo insieme, quindi con il Senato, che è tenuto a portare a termine il lavoro di contenuto di questa Convenzione, attraverso l'approvazione del provvedimento sulla corruzione.
Ma, più in generale, si tratta un'attività che ci deve rendere sempre più e meglio consapevoli che, anche in questo campo, noi possiamo e dobbiamo fare riferimento all'Europa, all'iniziativa della Commissione europea. Dobbiamo, insomma, rendere il nostro territorio sempre più un territorio europeo anche dal punto di vista della lotta alla corruzione, quindi della lotta alla criminalità.
Io penso che questo è lo spirito che ci deve guidare nell'approvare questa iniziativa, questa proposta di legge, alla conclusione di questo processo legislativo che è durato oggettivamente troppo tempo. Io penso che acquisiamo altre indicazioni che rendono questo Paese sempre più omogeneo, sempre più vicino alla comunità della quale abbiamo deciso tutti insieme di fare parte.
Il cancro della corruzione lo battiamo insieme al resto dell'Europa ed io penso, quindi, che la giornata di oggi sia positiva e che si iscriva in questa dimensione Pag. 23dell'impegno italiano nel continente europeo, nelle sue istituzioni politiche e anche per questo va il sostegno convinto del Partito Democratico alla ratifica di questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signora Presidente, anche il Popolo della Libertà voterà a favore della ratifica della presente Convenzione e lo fa con il piglio di tutte le occasioni in cui si tratta di questioni rilevanti, ma non per questo sottacendo alcune questioni, che sono tra l'altro già echeggiate in quest'Aula quando nelle scorse settimane si affrontò la parte relativa ai reati contro la pubblica amministrazione.
Dirò subito che c'è uno sport nazionale in questo Paese che prevede di parlare male della Nazione sotto tutti i profili, a cominciare, come in questa occasione, dalle norme esistenti che operano in questo campo.
Vorrei ricordare, richiamando tra l'altro la citazione fatta dal collega Di Pietro, che in questo Paese esistono norme che combattono la corruzione e sono in buona parte quelle norme che l'onorevole Di Pietro, quando era pubblico ministero, ha utilizzato per contribuire a sfasciare, tutto sommato, un sistema politico. Quindi, sostenere che il nostro Paese è in ritardo nella lotta alla corruzione non è vero, mentre più corretto è sostenere che l'attenzione dell'opinione pubblica richiede - cosa che stiamo facendo - che ci siano sanzioni più severe nell'ambito di reati che sono in buona parte già previsti dal nostro ordinamento.
La seconda questione sulla quale dobbiamo interrogarci è se sia sufficiente aumentare le pene per sconfiggere il fenomeno della corruzione e, quindi, come qualcuno sostiene, fare recuperare all'economia nazionale 60 miliardi di euro, qualcun altro dice 80 e qualcun altro ancora dice 100 miliardi. Credo che, se questa teoria fosse automatica, già il Ministro dell'economia Tremonti si sarebbe dato da fare per introdurre la pena dell'ergastolo per molte fattispecie penali di questo tipo in modo da ottenere il recupero di quegli aspetti che sotto il profilo economico e finanziario le stime indicano.
All'onorevole Di Pietro voglio dare una risposta, perché, leggendo naturalmente il testo della Convenzione, si è chiesto in quale parte di essa venga avanzata la richiesta di rivedere il reato di concussione. Rispondo che questo tema è già stato affrontato dalla Commissione relativa all'allora modifica del codice penale che era presieduta dall'avvocato Giuliano Pisapia (cosa nota), il quale, anche attraverso un documento di cui sto dando lettura, diceva testualmente: «i lavori in questione hanno consentito di addivenire a un testo con il quale, anche nell'ottica di rispondere alle indicazioni provenienti dagli organismi internazionali dei quali l'Italia fa parte, si è sostanzialmente ridisegnato il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione all'interno di quelle previste punite dall'articolo 629 del codice penale (il collega Di Pietro ricorderà che si tratta dell'estorsione) e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli del codice penale attualmente vigenti».
Come vede, la Commissione guidata dal professor Pisapia si era occupata di questo aspetto, ma quando discutemmo dei reati contro la corruzione nelle scorse settimane, le feci omaggio anche di un documento molto interessante. Le consegnai personalmente il progetto di legge della Camera dei deputati n. 3286. Glielo consegnai, onorevole Di Pietro, per una ragione molto semplice: perché in quest'Aula si stava discutendo di dare attuazione ad alcune determinazioni formulate dall'OCSE in questo campo e in questa materia.
Leggo testualmente anche in questo caso dal documento che le ho consegnato: «Tra gli obiettivi del presente disegno di legge vi è anche quello di rispondere alle Pag. 24reiterate osservazioni formulate nei confronti del nostro Paese dall'OCSE, secondo cui sarebbe necessario modificare la normativa vigente nell'ordinamento italiano in tema di reati contro la pubblica amministrazione, in particolare, per quanto concerne la punibilità nell'ambito delle operazioni economiche internazionali del soggetto che indebitamente offre e promette denaro per conseguire un vantaggio ingiusto».
Nella nostra legislazione questa condotta corrisponde allo schema della corruzione propria, la quale prevede la punibilità del pubblico funzionario o del privato che si avvantaggia della condotta contraria ai doveri d'ufficio. Il codice penale, però, prevede anche l'ipotesi di cui all'articolo 317 (concussione), ai sensi del quale la punibilità del privato è esclusa se lo stesso è stato costretto o indotto alla dazione predetta dal pubblico funzionario. La norma in questione non distingue tra condotte rivolte al conseguimento di un vantaggio indebito o meno, prevedendo, in ogni caso, la punibilità del solo pubblico ufficiale. In altre parole, onorevole Di Pietro, era l'OCSE, attraverso l'articolo 2 della Convenzione, che ci diceva che andava modificato l'articolo 317 del codice penale, perché non prevedeva la punibilità anche di chi dava o prometteva l'utilità in questione.
Ma quello che le volevo dire è che quando al Governo vi era una maggioranza di centrosinistra, proprio il Governo allora in carica presentò questo disegno di legge, di cui sto dando lettura. E come risolse il problema che il Ministro Severino ha risolto in una maniera diversa? Esattamente come abbiamo sostenuto noi! Cioè, portò la concussione per costrizione sotto il reato di estorsione e l'induzione sotto il reato di corruzione. Sa da chi era firmato il testo di quel disegno di legge, di cui le ho fatto omaggio? Lei, signor Ministro, sicuramente non lo sa. Cito solo alcuni nomi: un certo Nicolais, allora Ministro per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione; il compianto Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze; Parisi, allora Ministro della difesa; Mastella, naturalmente all'epoca Ministro della giustizia; infine - udite, udite - il disegno di legge era presentato dall'allora Ministro degli affari esteri, un certo D'Alema, che credo che nei banchi del Partito Democratico sia noto.
Dunque, quando, signor Ministro, noi in quest'Aula poniamo la questione che vi sono modi diversi di affrontare un problema, la poniamo in relazione - guarda caso - alle esperienze che un Governo precedente voleva perseguire. Quindi, accusare noi di non voler affrontare il tema della corruzione significa accusare anche coloro che presentarono quel disegno di legge di avere lo stesso punto di prospettiva. Quindi, la ringrazio e ringrazio l'onorevole D'Alema, che era d'accordo con noi.
Per quanto riguarda - e concludo - il traffico di influenze, signor Ministro, noi abbiamo sostenuto in quest'Aula che nel nostro ordinamento è già prevista tale fattispecie, perché vi è una norma, che si chiama millantato credito, che è molto più severa della fattispecie che lei ha introdotto e che punisce già quello che viene definito, nella Convenzione europea contro la corruzione, trading in influence. È già previsto!
Lei, però, mutuando ancora una volta almeno il nome da questo disegno di legge che prevedeva, appunto, l'introduzione della fattispecie del traffico di influenze, ha voluto ampliare la fattispecie e lo ha fatto contro le nostre indicazioni, che sostenevano che quella fattispecie fosse indeterminata, e contro un aspetto che ribadiamo in quest'Aula: quello di utilizzare le norme penali a seconda delle procure e contro gli avversari politici. Lei non può dimenticare che in questo Paese vi sono uomini delle procure che hanno chiari e dichiarati intenti politici (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio)!
Quindi, quando sosteniamo questo aspetto vogliamo porlo all'attenzione della politica, non fuori da queste Aule, perché è in queste Aule che se ne deve discutere! Altrimenti, signor Ministro, registreremo dei fatti strani, come quello di Modena. Sa cosa è successo a Modena? Alcuni dirigenti Pag. 25di una nota società che si occupa di grande distribuzione sono stati ricevuti da un assessore comunale (il comune è Modena). Siccome in quel ritaglio urbanistico vi era una minima frazione che era destinata - guarda caso - alle coop, quell'assessore ha detto a questi tre dirigenti: «O voi trovate l'accordo o io vi modifico il piano urbanistico».

PRESIDENTE. Onorevole Contento, la prego di concludere.

MANLIO CONTENTO. Mi avvio alla conclusione, signora Presidente. Quando abbiamo chiesto, con un'interrogazione, di conoscere se era stata aperta un'indagine nei confronti di questo significativo evento che non so, onorevole Di Pietro, se lei avrebbe ricondotto alla corruzione per induzione o a quella per costrizione - ci siamo capiti - sa cosa mi hanno risposto? Che avevano messo sotto inchiesta quello che aveva denunciato questi fatti e non quell'assessore, che non è nemmeno stato iscritto nel registro degli indagati!
Allora, signora Ministro, quando parliamo di queste cose, vogliamo ribadire che la nostra preoccupazione riguarda non i politici, ma i cittadini, perché ci sono purtroppo procuratori di sinistra e cittadini perbene che non sono di sinistra. Vogliamo il rispetto di tutti, indipendentemente dalle idee che professano e lo ribadiremo in quest'Aula ogni volta che ci sarà data l'opportunità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5058)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge di ratifica n. 5058, già approvata dal Senato, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cardinale, Nicco, Granata, Anna Teresa Formisano, Mondello, Giacomoni, Pedoto, Antonione, Bocchino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 850 - «Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999» (Approvata dal Senato) (5058):

Presenti 444
Votanti 441
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato 441.
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che il deputato Colaninno ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 849 - D'iniziativa dei senatori: Li Gotti ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999 (Approvata dal Senato) (A.C. 3737); e dell'abbinata proposta di legge: Di Pietro ed altri (A.C. 1787) (ore 12,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge d'iniziativa dei senatori Li Gotti ed altri, già approvata dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri.
Ricordo che nella seduta dell'11 giugno 2012 si è conclusa la discussione sulle Pag. 26linee generali ed il relatore ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 3737)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3737), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, per quanto riguarda le linee generali di questa Convenzione, mi appello a quello che ci siamo detti per quanto riguardava il profilo penale. Nella Convenzione civile si chiede ad ogni Stato contraente di predisporre nel proprio ordinamento giuridico strumenti e rimedi efficaci in favore di soggetti che hanno sofferto danni in conseguenza di atti di corruzione sotto il profilo della tutela giudiziale dei loro diritti ed interessi.
Si tratta quindi, signor Presidente, di un aspetto fondamentale, soprattutto in tempi di globalizzazione, nei quali la capacità di attrattiva di un territorio, di un Paese e di una regione economica come l'Europa è dovuta anche a questa specie di prevedibilità e di certezza della norma giuridica a tutela dell'investimento effettuato.
Sappiamo che siamo penalizzati a causa della lunghezza del nostro processo civile, in cui il contenzioso potrebbe durare e spesso dura tempi talmente lunghi da costituire un'evasione dal diritto di aspirazione alla giustizia.
Con questo strumento convenzionale, che oggi stiamo ratificando, si chiede coerentemente che gli Stati possano adoperarsi in modo che il processo civile possa costituire una garanzia nella cooperazione internazionale e nelle transazioni, che diventano sempre più transnazionali proprio a causa della globalizzazione.
La corruzione può diventare una grave minaccia per l'equità e per la giustizia sociale (abbiamo ricordato le cifre della corruzione: 60 miliardi di euro a livello italiano, 120 miliardi a livello europeo); può ostacolare lo sviluppo economico e quindi rendere difficile o impossibile l'appetibilità e l'attrattiva come terreno di investimenti per coloro che cercano invece terreni più prevedibili dal punto di vista del risarcimento o comunque del contenzioso; mette a rischio il leale e corretto funzionamento dell'economia di mercato. È chiaro ed evidente a tutti come un contenzioso civile e un sistema di risarcimento dei danni subìti può diventare qualcosa di repulsivo per gli investitori.
Mi vorrei soffermare invece sull'articolo 3, sul quale poi disquisiremo con maggiore approfondimento, che, in tema di risarcimento del danno, stabilisce che ogni Stato debba garantire all'interno del proprio ordinamento giuridico la possibilità per il danneggiato di vedere giudizialmente tutelato il proprio diritto all'integrale ristoro del pregiudizio sofferto mediante il risarcimento dei danni patrimoniali, compreso il mancato guadagno, il lucro cessante, e di quelli non patrimoniali.
Noi pensiamo che l'approvazione di questa Convenzione costituisca non solo un dato importante dal punto di vista della velocizzazione e della trasparenza del nostro sistema procedurale civile, ma costituisca anche un investimento per rendere il nostro Paese e la regione europea in generale più appetibile per gli investimenti stranieri, che vagano per il mondo alla ricerca di posti dove il loro investimento non solo sia tutelato e redditizio, ma che assicurino a chi investe, in caso di contenzioso o di danno, una prevedibilità nell'accesso al risarcimento.
Ecco perché noi appoggiamo fortemente l'approvazione della ratifica di questa Convenzione, rimandando a quello che abbiamo detto per quanto riguarda l'urgenza di adeguare l'ordinamento interno alla stessa, perché altrimenti viene a cadere il principio importante della gerarchia delle fonti. Una volta ratificata la Convenzione internazionale, l'ordinamento interno non può e non deve essere in Pag. 27contraddizione con la sostanza, la lettera e la forma della Convenzione stessa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Paolini, Antonio Martino, Bellotti, Boniver, Boccia, Razzi, Mario Pepe (Misto-R-A), Mattesini, Biancofiore, Bertolini, Burtone, Anna Teresa Formisano, Meroni, Bocciardo, Dell'Elce, Servodio, Laura Molteni, Cossiga, Santelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
447).

Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3737), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Palagiano, Gatti, Dozzo, Galletti, Cicchitto, Mondello, Romano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 449
Votanti 447
Astenuti 2
Maggioranza 224
Hanno votato
446
Hanno votato
no 1).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3737), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lehner, Bossa, Lo Presti, Iannaccone...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato
450).

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 3737)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 3737).
Nessuno chiedendo di intervenire per l'illustrazione dell'ordine del giorno, invito il Governo ad esprimere il parere sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3737/1.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3737/1, purché riformulato - questa volta la riformulazione è molto meno impegnativa - nel senso di aggiungere nel dispositivo dopo le parole: «impegna il Governo», le seguenti: «a valutare strumenti volti».

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3737/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3737)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, con questa proposta di legge ci proponiamo di ratificare e dare esecuzione alla Convenzione civile sulla corruzione, anche questa fatta a Strasburgo nel 1999, qualche mese dopo rispetto alla precedente. È ovvio che questa Convenzione è la naturale prosecuzione della precedente.
Con la precedente Convenzione, quella penale, l'Unione europea o meglio tutti i Paesi che hanno deciso e decideranno di aderirvi si sono ripromessi di darsi reciproca assistenza per meglio lottare e contrapporsi ai fenomeni di corruzione nei rispettivi Paesi a livello transnazionale e internazionale.
Lo ripeto: è dal 1999 che queste due Convenzioni dovevano essere approvate. Oggi lo saranno e vogliamo guardare con un certo ottimismo ciò che potrebbe avvenire, che potrà e dovrà avvenire a nostro avviso nel futuro; vale a dire che queste Convenzioni le dobbiamo rispettare e, soprattutto, da oggi saremo chiamati a rispettarle non solo all'interno del nostro ordinamento, ma anche nei rapporti con gli altri Stati che le hanno sottoscritte, e ad esse non possiamo sottrarci.
Lo ribadisco perché vorrei centrare l'attenzione su uno degli aspetti della Convenzione civile sulla corruzione fatta a Strasburgo nel novembre 1999. Ricordo che questa Convenzione è diretta ad assicurare a chi subisce un danno risultante da un atto di corruzione che esso venga risarcito. Prevede anche un'altra cosa importante: che deve essere risarcito in via solidale e che, ai sensi dell'articolo 5, deve essere chiamato al risarcimento anche lo Stato o, qualora la parte non sia uno Stato, le autorità competenti di tale parte.
Vale a dire che, d'ora in poi, sottoscrivendo questa ratifica, dobbiamo sapere che ogni volta che c'è un atto di corruzione ci stiamo impegnando, rispetto agli altri Paesi che hanno sottoscritto questo documento, in ordine al fatto che anche lo Stato sia direttamente interessato ad effettuare questo risarcimento in quanto, secondo il nostro ordinamento, è responsabile civilmente.
A me preme, tuttavia, sottolineare e ricordare, a chi pensa di liberare la propria coscienza semplicemente firmando una Convenzione, che l'articolo 10 di questa Convenzione ha per espresso riferimento la correttezza dei bilanci e della revisione dei conti. Questa norma prevede espressamente che ciascuna parte adotta al suo interno le misure necessarie affinché i bilanci annuali delle società siano fatti con chiarezza e rispecchino fedelmente la situazione finanziaria della società.
La questione è la seguente: quale garanzia il nostro Paese ha messo finora affinché questa trasparenza ci sia e affinché coloro che non rispettano le regole di trasparenza e di chiarezza siano sanzionati?
Il nostro Paese, in attesa di approvare la norma o meglio in attesa di approvare la ratifica di questa Convenzione, intanto ha modificato l'articolo 2621 del codice civile e gli articoli successivi e conseguenti, cioè ha fatto l'esatto contrario di quello che questa Convenzione - che avevamo già sottoscritto e che oggi ci accingiamo a ratificare - ci chiede, di fatto eliminando il reato di falso in bilancio, se non in alcuni casi a querela: come se l'asserito querelato e il querelante non siano molto spesso o non possano essere la stessa persona.
Cosa voglio dire con questo? Chiedo formalmente al Ministro della giustizia di fare proprio o di farsi carico del terzo punto dell'ordine del giorno di questa mattina. Provi, signor Ministro, a guardare l'ordine del giorno di questa mattina: al terzo punto prevede il seguito della discussione della proposta di legge: Disposizioni penale in materia di società e consorzi, che concerne il reato di falso in bilancio. È dal primo giorno che siamo venuti in Parlamento, dal primo giorno Pag. 29che è stato modificato l'articolo 2621 del codice civile che noi chiediamo che venga ripristinata quella norma.
Allora, le faccio presente, signor Ministro, che questa proposta di legge non è la prima volta che arriva qui. E mo' - scusate il termine «mo'», ma ci vuole proprio - per una storia, mo' per una scusa, mo' per un'altra, viene rinviata o, quanto meno, per una piccola discussione rimandata in Commissione.
Non so se le è chiaro, ma su questo tema del falso in bilancio qui non troverà la solita pseudomaggioranza che chiude gli occhi e vota per ordini ricevuti. Qui sul falso in bilancio si gioca, anche lei, la sua credibilità. Soprattutto se la gioca se si presta a rinvii in Commissione e al rinvio della discussione.
Non so se lo sa, ma anche la proposta di legge che era all'ordine del giorno di oggi è stata rinviata ancora una volta al mese prossimo. Ovviamente, poi c'è il mese d'agosto, poi ci saranno emergenze come le riforme costituzionali e la legge elettorale; insomma, la voce isolata dell'Italia dei Valori si pensa di zittirla in questa Aula, ma il falso in bilancio è il reato che darà chiarezza sulla volontà del suo operato di combattere davvero la corruzione.
Allora, le chiedo di fare propria questa richiesta dell'Italia dei Valori, e di richiedere lei (come Ministro di questo Governo) che questa discussione si svolga in Aula in modo tale che ognuno si prenda le proprie responsabilità.
Noi non possiamo continuare ad approvare leggi sulla carta che poi, già prima ancora di essere approvate, vengono violate nello spirito dalle loro leggi di attuazione. Noi stiamo approvando - lo ripeto - una norma con cui ci impegniamo affinché i bilanci siano chiari e affinché coloro che violano e che falsificano i bilanci, o che redigono i bilanci in modo non fedele rispetto alla situazione finanziaria della società (così dice la norma), vengano perseguiti.
Signor Ministro, sia conseguente, accerti come stanno in realtà i fatti e prenda atto che o noi, prima di questa estate, ci assumiamo la responsabilità nei fatti, dimostrando se il falso in bilancio lo vogliamo approvare o no - quanto meno vogliamo vedere in quest'Aula chi «ciurla nel manico» e chi fa sul serio - oppure anche lei finirà per essere additata come quella che a parole vuole combattere la corruzione, ma nei fatti se ne vuole lavare le mani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, anche su questa ratifica il gruppo di Futuro e Libertà esprimerà voto favorevole, ribadendo che è urgente che venga ratifica la Convenzione civile sulla corruzione siglata a Strasburgo il 4 novembre del 1999.
Questa Convenzione è urgente, ma è opportuno verificare e prendere in considerazione che la sua necessità nasce dal fatto che la stessa Convenzione consente di regolare rimedi giudiziali per la tutela di diritti ed interessi pregiudicati da atti di corruzione. Anche questa Convenzione necessita in alcuni articoli (in altri no) di seri interventi normativi ordinamentali. Uno di questi interventi è quello citato dall'onorevole Di Pietro.
Credo che ciascuno di noi in questa Aula debba mantenere l'impegno, che peraltro mi risulta essere stato assunto anche dalla riunione dei presidenti di gruppo svoltasi questa mattina, affinché il provvedimento del falso in bilancio, che era previsto questa mattina al terzo punto dell'ordine del giorno, rimanga calendarizzato anche per i prossimi lavori.
E, quindi, è un impegno che credo ciascun gruppo e ciascuno di noi debba assumersi nel momento in cui vota favorevolmente sulla ratifica della Convenzione di Strasburgo nel settore civile. Ribadisco, quindi, il voto favorevole del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

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STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esame di questo atto di ratifica è iniziato già nel 2010 in Parlamento ed un analogo atto era stato presentato nella legislatura precedente. Dispiace un po' che si sia perso tanto tempo considerato che il recepimento di questa Convenzione, concepita in seno al Consiglio d'Europa, di cui l'Italia è membro, non comporta alcuna modifica dell'ordinamento interno.
Ciò significa, peraltro, che il nostro ordinamento interno, in materia di corruzione di rilievo civile, è già linea con i principi sanciti a Strasburgo. E questo, a maggior ragione, avrebbe potuto essere un incentivo a una ratifica più rapida - sono passati tredici anni dalla firma -, anche come esempio e sprone per altri Paesi.
La Convenzione si propone di coinvolgere gli Stati contraenti in alcuni principi di fondo che possano avvicinare le legislazioni e rafforzare, quindi, anche il dialogo internazionale in materia.
Il principio fondamentale è quello di garantire, da parte di ciascuno Stato contraente, la tutela giudiziale delle vittime di fatti corruttivi e il risarcimento del danno. Logico corollario è che ciascuno Stato si assume la responsabilità per il danno cagionato dal proprio pubblico ufficiale che abbia commesso il reato di corruzione.
È interessante la creazione del Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco), con poteri di vigilanza in ordine all'attuazione della Convenzione stessa, organismo non spesso previsto da queste convenzioni.
Ritengo che occorre procedere velocemente alla ratifica senza ulteriori ritardi e preannuncio il voto favorevole della Lega Nord Padania.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ovviamente noi diamo un giudizio favorevole e approviamo questa Convenzione che fa seguito alla Convenzione penale che abbiamo esaminato e, quindi, anche approvato.
Ritengo che quello che stiamo vivendo sia un momento molto importante e significativo. Non è da meno rispetto anche alle altre iniziative e attività parlamentari che abbiamo svolto su questo tema.
Ponevo soltanto una questione di fondo poco prima e mi dispiace che non sia stata raccolta. Queste convenzioni credo pongano anche una questione importante, che è quella dell'Europa, dell'unità dell'Europa e quant'altro, pure rispetto ad un contrasto organizzato alla criminalità organizzata e alla corruzione. Questa Convenzione civile certamente pone anche la questione della tutela e del ristoro dei danneggiati e delle vittime della corruzione. Ma ritengo che una riflessione importante doveva essere fatta.
Non credo che queste possano essere le occasioni, a mio avviso propagandistiche, per riproporre vicende storiche che riguardano certamente figure e fattispecie di reato. Lo voglio dire veramente con grande amicizia e con grande amabilità all'onorevole Di Pietro, senza nessuna polemica, lui mi conosce (peraltro, anche l'onorevole Angela Napoli è intervenuta al riguardo).
Anche il problema penale dell'anticorruzione si deve vedere come un momento di solidarietà e di responsabilità. Non che manchi la responsabilità a nessuno, ma se noi ci incamminiamo lungo un percorso di grande propaganda e facciamo di questo Parlamento chi resiste e chi non resiste rispetto al perseguimento di alcuni reati, ritengo che avremo sbagliato. Noi siamo in questa sede certamente per andare a indicare fattispecie, ma siamo qui anche ad indicare un percorso per quanto riguarda l'azione unitaria dell'Europa sulla corruzione.
Poi c'è anche il momento e l'occasione per dialogare e discutere, cari colleghi e signor Presidente, con il Governo rispetto a una battaglia e a un percorso di ordine culturale.
Noi pensavamo che la lotta fosse un fatto culturale semplicemente limitato a livello nazionale. Ci siamo accorti che, invece, vi è una visione molto più complessa e drammatica. Pag. 31
Ce ne siamo accorti, a maggior ragione, dopo le vicende di Duisburg, che certamente fu un atto terroristico legato alla mafia; svelò una vicenda e un panorama molto chiaro: il fatto che a livello europeo non c'è un'azione coordinata del perseguimento di alcuni reati. Dunque, per quanto riguarda la criminalità organizzata, abbiamo capito che non c'era una sincronizzazione per la lotta alla corruzione all'interno del nostro Paese. Dunque c'è una consistenza maggiore rispetto a quelle che in questo momento possono essere scaramucce propagandistiche, che possono certamente avere valore ed efficacia e una loro dignità, ma ritengo che oggi il Parlamento si trovi impegnato unitariamente ad approvare questa Convenzione e, quindi, ad esprimere unitariamente la volontà di lottare contro la corruzione a livello europeo e internazionale, dopo aver valutato e approvato anche norme che riguardano il nostro diritto interno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, naturalmente lo sforzo di adeguamento che impone la ratifica di questa Convenzione è minore rispetto alla precedente che ci ha impegnato con tutt'altro ordine di problematiche di carattere procedurale che non ricorderemo per la loro puntualità e per la loro precisione. Quel tanto di approssimazione che abbiamo lasciato con la precedente approvazione, ritengo che in questo caso non si ponga. Ratifichiamo con questo disegno di legge una Convenzione che, in gran parte, in termini di contenuti è già recepita dal nostro ordinamento. Naturalmente occorrerà nel corso del tempo, - non ho ragione di obiettare ad alcune considerazioni dell'onorevole Di Pietro - procedere, come necessario, ad alcuni ulteriori adeguamenti. Vorrei però piuttosto sottolineare che il punto che mi pare decisivo si è concretizzato con questa ulteriore approvazione: chiudiamo in qualche modo un circuito di carattere europeo o facciamo un passo decisivo per chiudere un circuito di carattere europeo, che riguarda una materia assolutamente decisiva anche per lo sviluppo economico del nostro continente e dell'Unione europea. Ritengo che quindi dovremmo dedicare l'attenzione che sarà necessaria a ciò che in termini di adeguamento delle legislazioni nazionali, in termini di procedure e di iniziative concrete, l'Unione europea potrà mettere in campo per determinare quella ulteriore necessaria saldatura e per far sì che questo circuito europeo funzioni a pieno regime.
Ripeto: anche in questo caso diamo un contributo nella direzione del rafforzamento di una coscienza unitaria dei cittadini europei. Può sembrare molto lontano questo ragionamento in tempi, diciamo pure, di egoismi nazionali, ma così è, e speriamo che tutto questo porti a risultati positivi nei mesi e negli anni che verranno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signora Presidente, signor Ministro, colleghi, la Convenzione in esame - vorrei a tale proposito preannunziare subito il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà - impone a ciascuno Stato contraente di prevedere, ove necessario, nel proprio ordinamento giuridico efficaci rimedi in favore dei soggetti che hanno sofferto danni in conseguenza di atti di corruzione, sia sotto il profilo della tutela giudiziaria dei loro diritti e interessi, sia sotto quello sostanziale del risarcimento del danno.
Qui voglio subito sottolineare una cosa: la Convenzione costituisce l'esito di iniziative assunte dal Consiglio d'Europa per fronteggiare il fenomeno della corruzione a partire dalla metà degli anni Novanta, volta in particolare a favorire l'adozione di una disciplina civilistica regolante, in particolare, l'aspetto dei rimedi giudiziali per la tutela dei diritti e degli interessi pregiudicati da atti di corruzione. Si attua la cooperazione internazionale per la lotta Pag. 32contro la corruzione, nella consapevolezza che essa possa costituire una grave minaccia per l'equità e la giustizia sociale, ostacolare lo sviluppo economico e mettere a rischio il leale e corretto funzionamento delle economie di mercato.
Alcuni colleghi hanno già particolarmente evidenziato l'esigenza di realizzare questa cooperazione internazionale per debellare la corruzione. Soltanto in questa dimensione internazionale, con un coordinamento adeguato, si possono mettere in atto tutte quelle iniziative finalizzate appunto a sconfiggere questo fatto estremamente negativo e che mette in seria difficoltà proprio tutto ciò che è la convivenza civile della nostra realtà economica e sociale.
Quindi voglio concludere sottolineando che, come riportato nelle relazioni illustrative, l'ordinamento italiano è già conforme alle norme poste dalla Convenzione, e la ratifica della Convenzione stessa in oggetto, si inserisce in un percorso più ampio, delineatosi nella presente legislatura con la ratifica, da parte italiana, della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, la Convenzione di Merida, intervenuta con legge dell'agosto 2009, che mira ad una definizione il più possibile univoca di termini di solito utilizzati con diversi significati nei vari Stati e in differenti contesti, ed esige che gli Stati parte adottino misure di prevenzione della corruzione, volte tanto al settore pubblico quanto al settore privato.
Anche alla luce di questa considerazione e della stessa Convenzione di Merida, voglio ulteriormente sottolineare l'esigenza di questo coordinamento internazionale, soprattutto a livello europeo. Noi sappiamo che stiamo attraversando, a livello europeo, un momento di crisi, ma soltanto attraverso un rafforzamento, soltanto attraverso la capacità di dare impulso a questo grande disegno dell'Europa, forse riusciremo ad affrontare e a superare questa crisi. Questo della corruzione è un tassello che a livello europeo deve essere affrontato e realizzato organicamente, insieme a tutti gli altri impegni che l'Europa ci chiama ad affrontare con molta determinazione e con molto impegno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3737)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge di ratifica, già approvata dal Senato, n. 3737, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Arturo Parisi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 849 - «Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999» (Approvata dal Senato) (A.C. 3737):

Presenti 425
Votanti 424
Astenuti 1
Maggioranza 213
Hanno votato 424
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo che i deputati Torazzi, Argentin e Mariani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Dichiaro assorbita l'abbinata proposta di legge n. 1787.
A questo punto, secondo le intese intercorse tra i gruppi, possiamo sospendere la seduta, che riprenderà alle ore 14 con lo svolgimento delle interpellanze urgenti.

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Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (ore 13,23).

PRESIDENTE. Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, con lettera in data 21 giugno 2012, ha inviato, ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della deliberazione istitutiva, la relazione sullo stato della sanità nella regione Liguria.
Il predetto documento sarà stampato e distribuito (Doc. XXII-bis, n. 5).

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea e conseguente aggiornamento del programma (ore 13,25).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, avendo il Governo comunicato l'intenzione di porre la questione di fiducia sul disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato), il calendario dei lavori dell'Assemblea per la prossima settimana è stato così rimodulato:

Lunedì 25 giugno (dalle ore 11 e pomeridiana)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato).

(ore 18) (con votazioni)

Votazione di eventuali questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato) e posizione della questione di fiducia.

Il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato) è fissato alle ore 11.

Martedì 26 giugno (dalle ore 14, con prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali congiunta delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-01075, Cicchitto ed altri n. 1-01076, Moffa ed altri n. 1-01088, Nucara ed altri n. 1-01089 e Cambursano e Brugger n. 1-01092 sulla politica europea dell'Italia in vista del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 e della mozione Dozzo ed altri n. 1-01065 concernente iniziative di competenza per l'indizione di un referendum consultivo sulla adesione al trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, noto come «fiscal compact».

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato), con votazione degli articoli (fiducia - decorse le ventiquattro ore dalla posizione).

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato) è fissato alle ore 18.

Mercoledì 27 giugno (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni)

Seguito e conclusione dell'esame del disegno di legge n. 5256 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato).

(a partire dalle ore 17 avranno luogo le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti Pag. 34dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, con ripresa televisiva diretta).

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bergamo, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 147 del 2011.

Seguito e conclusione dell'esame delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-01075, Cicchitto ed altri n. 1-01076, Moffa ed altri n. 1-01088, Nucara ed altri n. 1-01089 e Cambursano e Brugger n. 1-01092 sulla politica europea dell'Italia in vista del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 e della mozione Dozzo ed altri n. 1-01065 concernente iniziative di competenza per l'indizione di un referendum consultivo sulla adesione al trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, noto come «fiscal compact».

Giovedì 28 giugno (antimeridiana e pomeridiana) (con votazioni sino alle ore 13)

Esame del disegno di legge n. 5273 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica (Approvato dal Senato - scadenza: 7 luglio 2012) (A.C. 5273).

Al termine, avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time), previsto per mercoledì 27 giugno, alle ore 15, non avrà luogo.

L'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge n. 5256 e delle mozioni n. 1-01075 ed abbinate e n. 1-01065 sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 13,28).

CARMEN MOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per tre minuti, come gli onorevoli Renato Farina, Sbai, Lehner, Cicu, Maurizio Turco e Burtone, che hanno chiesto di parlare.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, ho accettato di intervenire alla fine dei lavori, quindi, non si tratta esattamente di un intervento sull'ordine dei lavori, ma è un ricordo che voglio lasciare a quest'Aula. Credo, anzi, di poter interpretare i sentimenti di molti colleghi nel ricordare, appunto, all'Aula, la scomparsa del regista Giuseppe Bertolucci, avvenuta sabato scorso nel borgo salentino di Diso.
Era un illustre concittadino, essendo nato a Parma il 27 febbraio 1947, figlio del poeta Attilio e fratello del regista Bernardo. Una famiglia, quella Bertolucci, profondamente legata alla città di Parma, al suo territorio e alla sua storia; in particolare, Giuseppe Bertolucci che, quando poteva, ritornava nella casa di famiglia a Casarola, nella montagna parmense.
Le morti inaspettate, precoci, lasciano increduli, il senso della perdita si fa più profondo. La cultura del nostro Paese perde, con la morte di Giuseppe Bertolucci, un punto di riferimento per stile, per intensità dell'impegno, per la qualità delle sue opere e anche per il coraggio delle scelte. Regista, scrittore, scopritore di talenti come Roberto Benigni, direttore della cineteca di Bologna; rigoroso nello stile, narratore appassionato, una personalità forte, ma non invadente. Non era facile essere il figlio del grande poeta Attilio Bertolucci e fratello del regista Bernardo, con il quale collaborò quale sceneggiatore al capolavoro «Novecento». Eppure, Giuseppe Bertolucci seppe dare alla sua opera Pag. 35un tratto di originalità unico, unito ad una lettura della realtà, anche la più complessa, profonda e umanissima; un'artista alla ricerca del senso delle cose che ci circondano, un narratore autentico, un intellettuale nell'accezione più alta del termine.
Qualità vere, che sono state ricordate da tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e collaborare con lui: amici, attori, esponenti istituzionali. Mancheranno alla cultura italiana la sua presenza, il suo pensiero e il suo impegno sociale e per le istituzioni culturali. Ci restano le sue straordinarie opere e l'esempio di una personalità generosa. È con questi sentimenti, ne sono sicura, che il Paese e la sua terra natale lo ricorderanno.
Giuseppe Bertolucci resterà per sempre una persona che ci ha insegnato a riconoscere la bellezza e il dolore della vita e ha accresciuto il valore della cultura quale patrimonio unico di civiltà e di promozione sociale del nostro Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Motta, la Presidenza si unisce alle sue parole di ricordo.

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, vorrei riprendere il discorso che si è fatto questa mattina sulla Nigeria. Rivolgo, però, all'Aula una domanda: davvero c'è chi, oggi, crede di poter riaccendere le luci sulla Nigeria che ormai è immersa nel sangue? Davvero c'è chi, fino a ieri, non vedeva l'avanzata dell'estremismo islamico integralista radicale, non solo in Africa o in Nord Africa, ma anche in Italia, laddove se ti converti muori, come è successo a Brescello, a Rachida, o come è successo ad Antonio, che era Akhmed, o come succede a tanti convertiti all'Islam, che vivono sotto le catacombe e non riescono a uscire, non riescono a pregare, non riescono a dirlo neanche alle famiglie, perché, altrimenti, qualcuno della comunità, come è successo a Brescello, viene ucciso. Non viene minacciato, viene direttamente ucciso; laddove, se ti vesti in maniera occidentale, ti sgozzano, laddove c'è l'imam «fai da te» nelle moschee e adesso si sta pensando di costruire la più grande moschea d'Europa, un'altra, a Firenze, nella grande Firenze, o a Torino, dove hanno già rubato più di due milioni di euro arrivati dal Marocco e altri soldi arrivati da altre parti, e mi riferisco al signor Khounati, conosciuto come imam.
L'Africa non vede certo, oggi, l'estremismo e la violenza per la prima volta. Forse a qualcuno, zelante, fautore della libertà, sarà sfuggito che già l'anno scorso, al concorso Miss Nigeria, la strage fu totale, o che in Costa d'Avorio, in pieno scontro etnico-religioso, le donne venivano falciate in strada se solo tentavano di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Sbai, la invito a concludere.

SOUAD SBAI. L'estremismo ha preso forza con la primavera islamica e ora si spinge laddove prima non avrebbe mai osato andare. L'obiettivo è quello di dividere l'Africa per poi riunirla sotto il simbolo della bandiera nera del salafismo, con le risorse infinite che provengono da tutti, anche dalle nostre associazioni e cooperazioni.

PRESIDENTE. Onorevole Sbai, deve concludere.

SOUAD SBAI. Concludo, signor Presidente, e mi scuso del ritardo. L'Africa l'abbiamo condannata noi. L'abbiamo dimenticata per parecchi anni. Oggi la ricordiamo e sono certa che tra qualche giorno la dimenticheremo un'altra volta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Speriamo di no, onorevole Sbai.

SALVATORE CICU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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SALVATORE CICU. Signor Presidente, intervengo solo per sollecitare una mia interpellanza che lascio agli atti come richiamo per il Governo.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, in questi giorni, davanti alla campagna di fango che colpisce anche il Presidente della Repubblica, mi è venuto in mente un episodio degli anni Settanta, quando in un convegno di MD, davanti ai colleghi che proponevano progetti di riforma, un giovane PM, che poi diverrà famoso a Milano - sarà componente del pool - si alzò in piedi urlando e disse: «lo Stato borghese non si riforma, si abbatte». Mi è venuto in mente questo episodio perché questa campagna di fango, secondo me, ha una matrice eversiva, e quindi naturalmente credo anche l'Aula si assocerà alla solidarietà che noi tutti dobbiamo alla Presidenza della Repubblica, al Presidente Giorgio Napoletano. Direi che questa solidarietà andrebbe estesa anche ad un grande giurista, che è stato un maestro di civiltà giuridica, come Giovanni Conso, anche egli sotto accusa sempre da parte di questa procura palermitana e l'ho associato a quel ricordo degli anni Settanta.
Ho letto giorni fa - e questa cosa mi pare di una gravità assoluta - che il PM Ingroia ha spiegato di essere sospinto nel suo agire da una finalità etica. Mi chiedo se il PM Ingroia possa continuare a fare il magistrato in un Paese che, per fortuna, non è ancora governato dagli ayatollah, perché soltanto nelle repubbliche islamiche più fondamentaliste la giustizia è un fatto che attiene al sacerdozio, è un fatto che attiene al parametro etico. Mi chiedo se non dobbiamo intervenire per difendere il Presidente da una campagna mediatica e giudiziaria che è vergognosa e che chiamo, senza se e senza ma, eversiva, che fa parte di quel progetto partito negli anni Settanta che lo Stato borghese non si riforma, si abbatte. Siamo accanto al Presidente, siamo accanto a Giovanni Conso, siamo accanto a tutti coloro che ancora pensano che il magistrato debba rispettare e applicare le leggi e non debba avere alcuna funzione da crociato, da sacerdote, da salvatore dell'animo umano (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà).
GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, in questi giorni, davanti alla campagna di fango che colpisce anche il Presidente della Repubblica, mi è venuto in mente un episodio degli anni Settanta, quando in un convegno di MD, davanti ai colleghi che proponevano progetti di riforma, un giovane PM, che poi diverrà famoso a Milano - sarà componente del pool - si alzò in piedi urlando e disse: «lo Stato borghese non si riforma, si abbatte». Mi è venuto in mente questo episodio perché questa campagna di fango, secondo me, ha una matrice eversiva, e quindi naturalmente credo anche l'Aula si assocerà alla solidarietà che noi tutti dobbiamo alla Presidenza della Repubblica, al Presidente Giorgio Napolitano. Direi che questa solidarietà andrebbe estesa anche ad un grande giurista, che è stato un maestro di civiltà giuridica, come Giovanni Conso, anche egli sotto accusa sempre da parte di questa procura palermitana e l'ho associato a quel ricordo degli anni Settanta.
Ho letto giorni fa - e questa cosa mi pare di una gravità assoluta - che il PM Ingroia ha spiegato di essere sospinto nel suo agire da una finalità etica. Mi chiedo se il PM Ingroia possa continuare a fare il magistrato in un Paese che, per fortuna, non è ancora governato dagli ayatollah, perché soltanto nelle repubbliche islamiche più fondamentaliste la giustizia è un fatto che attiene al sacerdozio, è un fatto che attiene al parametro etico. Mi chiedo se non dobbiamo intervenire per difendere il Presidente da una campagna mediatica e giudiziaria che è vergognosa e che chiamo, senza se e senza ma, eversiva, che fa parte di quel progetto partito negli anni Settanta che lo Stato borghese non si riforma, si abbatte. Siamo accanto al Presidente, siamo accanto a Giovanni Conso, siamo accanto a tutti coloro che ancora pensano che il magistrato debba rispettare e applicare le leggi e non debba avere alcuna funzione da crociato, da sacerdote, da salvatore dell'animo umano (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Lehner, la solidarietà al Presidente della Repubblica è condivisa anche dalla Presidenza.

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, non avendo potuto intervenire questa mattina nella discussione che si è cercato di istruire in quest'Aula relativamente ai fatti che stanno accadendo in Nigeria, vorrei semplicemente dire che crediamo ormai necessario un dibattito serio che vada anche al di là di quello che è stato prospettato, cioè una mozione unitaria. Vorrei semplicemente ricordare a quest'Aula che questo Parlamento, ancora sei mesi fa, stava cercando di fare un accordo di cooperazione con il Sudan, cioè con quel Paese che è in cima ai Paesi noti come Paesi massacratori di cristiani. Noi pensiamo che il dibattito debba essere più ampio, e ve ne è stato oggi un accenno da parte del collega Castagnetti: crediamo che bisognerebbe discutere di quel diritto umano fondamentale che risponde ai principi di libertà di pensiero, coscienza e religione, discutere come fare rispettare questi principi e come fare perché essi siano ormai patrimonio comune di tutti coloro che fanno parte di organizzazioni nazionali e internazionali che si richiamano alla democrazia e al rispetto dei diritti umani. Opportunamente il presidente Castagnetti ha fatto un esempio, quello dell'Unione europea, cioè di quella clausola democratica che è inserita in tutti gli accordi di cooperazione che l'Unione europea ha con tutte le peggiori dittature del pianeta. Pag. 37
Noi radicali abbiamo anche denunciato al Mediatore la Commissione europea perché non fa rispettare, e non rispetta essa stessa per prima, questo principio e questo obbligo che è contenuto in tutti gli accordi di cooperazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO TURCO. Il Mediatore europeo ha accettato quella che è stata la scusa addotta dalla Commissione europea: è un principio politico. Ecco, noi dobbiamo evitare di usare in quest'Aula dei toni altisonanti per il rispetto dei diritti umani. Andiamo a vedere al Parlamento europeo i nostri gruppi parlamentari cosa fanno su questo, laddove potrebbero fare. Ecco, quella sarebbe la vera cartina di tornasole. Io penso che il dibattito auspicabile in quest'Aula, per questi motivi, non ci sarà mai.

SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, intervengo per chiederle di farsi anche lei parte attiva rispetto al Ministero della giustizia che non risponde ad una prima interrogazione sul carcere minorile del Pratello che ho depositato in settembre, ad una seconda depositata in gennaio e ad una terza che ho depositato qualche giorno fa.
Nel frattempo, è in arrivo una nuova denuncia. È di questa mattina la notizia che la finanza ha richiesto le carte che riguardano un appalto per le pulizie che è avvenuto durante la direzione del precedente e non è ancora stata fatta luce su nulla. Poiché credo che sia una cosa importante, come ho annunciato ieri, tutti i giorni mi alzerò in quest'Aula e chiederò che mi si risponda alle interrogazioni. Ho usato tutti gli strumenti che sono a disposizione di un parlamentare. Siccome mi è rimasto solo questo, andrò avanti con questo.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, intervengo per sollecitare una risposta del Governo ad una mia interrogazione presentata insieme all'onorevole Cuomo e che riguarda il mondo agricolo, specificatamente il pagamento dell'IMU sui terreni agricoli. Lei sa, signor Presidente, che in questa Camera abbiamo adottato alcuni ordini del giorno che sono stati accettati dal Governo che prevedevano l'esenzione, o almeno la riduzione dell'IMU per i terreni agricoli.
Paradossalmente gli agricoltori hanno dovuto pagare l'IMU con la rivalutazione catastale. Tutto ciò influisce negativamente in un comparto che presenta condizioni di crisi, perché c'è stato un aumento del prezzo agricolo e inoltre i consumi si sono notevolmente ridotti. Questa condizione rischia di mettere in crisi tante aziende. Già in Sicilia negli ultimi dieci anni hanno chiuso oltre diecimila aziende. Quindi, mi permetto di sollecitare il Governo perché venga qui a dare delle risposte, soprattutto perché ci siano delle iniziative serie per il mondo agricolo, in modo specifico per alleggerire questo peso fiscale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento D'Andrea, qui presente, ha sentito tutte le sollecitazioni che sono state rivolte in proposito e sicuramente sarà sua cura sollecitare presso i colleghi di Governo.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo su una questione molto delicata: l'inchiesta giudiziaria posta in essere dalla procura di Palermo e di Caltanissetta sulle presunte trattative Stato- mafia e intervengo anch'io, come altri colleghi hanno fatto prima di me, per Pag. 38esprimere solidarietà e per chiedere verità. Solidarietà anche a quei magistrati che, solo perché fanno il loro dovere, vengono accusati in quest'Aula di fare una campagna eversiva, di rappresentare una Repubblica islamica fondamentalista, di commettere dei reati.
In quest'Aula è facile accusare un magistrato perché in quest'Aula non si risponde delle proprie azioni.
Ma stiamo parlando di magistrati che stanno cercando di capire se e in che modo negli anni 1992-1993 lo Stato ha svolto e ha avuto rapporti con esponenti mafiosi per paura, perché ha avuto paura mentre altre persone, sopratutto magistrati e forze di polizia, venivano ammazzate (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Noi esprimiamo solidarietà a quelle autorità giudiziarie che stanno facendo il loro dovere e anche noi in quest'Aula, come è stato chiesto da chi mi ha preceduto ma per ben altri fini, chiediamo verità. Chiediamo verità non per dare una solidarietà a prescindere, ma perché vogliamo sapere se e in che modo esponenti dello Stato, a cominciare da magistrati di primissimo piano, a cominciare da collaboratori di organi istituzionali, si siano inseriti all'interno delle indagini per cercare di sviarne il naturale proseguimento.
Vogliamo, inoltre, accertarlo per un'altra ragione fondamentale. Infatti, sappiamo bene che non tutto ciò che è politicamente, moralmente, eticamente e istituzionalmente corretto può avere anche una rilevanza penale e che, quindi, non bisogna nascondersi dietro il dito di chi si sente offeso perché si chiede verità. Chi chiede verità non offende le istituzioni. Chi rifiuta di spiegare come sono andati i fatti, chi rifiuta di dare spiegazioni di certi comportamenti, soprattutto di certe interlocuzioni con persone sottoposte ad indagini penali mentre si rivestono grandissime cariche dello Stato e, soprattutto, chi ad essi dà solidarietà; sono soprattutto questi che, a mio avviso, commettono dei fatti gravissimi ai danni delle istituzioni.
Per questo voglio che resti agli atti che la questione della trattativa Stato-mafia deve essere una questione che deve essere affrontata in questo Parlamento per sapere se e in che modo le istituzioni si sono piegate, hanno «calato le braghe» di fronte alla delinquenza e per sapere se e in che modo persone altissime delle istituzioni, a tutti i livelli, abbiano contribuito a tutto ciò, perché non esiste nessuno al di sopra e al di fuori della legge e non lo è neanche il Capo dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, lei ha svolto ieri un'interrogazione a risposta immediata su questo punto e ha anche avanzato una richiesta di commissione di inchiesta. Il Presidente della Camera le ha già risposto in quella sede, io rinnovo la solidarietà al Capo dello Stato e il rispetto nei confronti dell'azione della magistratura.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 14.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Cicchitto, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Gregorio Fontana, Franceschini, Iannaccone, Lucà, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Pisicchio, Proietti Cosimi e Stefani sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 14,01).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Pag. 39

(Iniziative per la tutela dei diritti personali di riservatezza e di libertà di corrispondenza, anche alla luce della recente pubblicazione di un libro avente ad oggetto documenti di personalità della Città del Vaticano - n. 2-01552)

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Iannaccone rinunzia ad illustrare la sua interpellanza n. 2-01552, concernente iniziative per la tutela dei diritti personali di riservatezza e di libertà di corrispondenza, anche alla luce della recente pubblicazione di un libro avente ad oggetto documenti di personalità della Città del Vaticano (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Antonio Malaschini, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MALASCHINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, nel rispondere all'interpellanza urgente in oggetto, ricordo a me stesso che le offese attraverso la stampa all'identità, alla reputazione, all'onore, all'immagine ed alla riservatezza di una persona sono penalmente sanzionate a norma del terzo comma dell'articolo 595 del codice penale, che disciplina il reato di diffamazione a mezzo stampa, e dell'articolo 13 della legge n. 47 del 1948, che disciplina il trattamento sanzionatorio in caso di diffamazione a mezzo stampa con l'attribuzione di un fatto determinato.
Peraltro, la violazione della privacy - cui sembra fare riferimento l'onorevole interpellante - può concretizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa allorché la pubblicazione attenga a notizie, pur vere, ad esempio sulla salute di un soggetto, ovvero riguardi la pubblicazione di fotografie, trattandosi di divulgazione di dati personali che attengono alla sfera della riservatezza e rispetto ai quali difettano i requisiti scriminanti sia dell'interesse pubblico, sia della continenza, intesa quest'ultima sia in senso formale, sia sostanziale.
Alla luce del quadro normativo ora esposto, venendo alla puntuale richiesta dell'interpellante, il Governo non ha assunto alcuna iniziativa in materia, rispettando la legislazione vigente, né è stato investito di questioni specifiche.
Naturalmente, il Governo valuterà - rispondo ad un quesito posto -, se del caso ed entro perimetri procedurali definiti, eventuali iniziative autonome di fonte parlamentare.

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di replicare.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, anche alla luce della risposta che mi è stata fornita dal rappresentante del Governo, ritengo che vi sia stata e vi è ancora una evidente sottovalutazione di ciò che è accaduto.
Il nostro Paese, purtroppo, non è nuovo a vicende di questo tipo, alla divulgazione di intercettazioni, di documenti privati e, nonostante vi sia un quadro normativo che spingerebbe a sanzionare, in maniera evidente, quello che avviene, purtroppo dobbiamo registrare una sostanziale inerzia da parte di chi ha la competenza, in questo caso la magistratura.
Onorevole rappresentante del Governo, nella vicenda che le abbiamo segnalato con la nostra interpellanza urgente vi è stata una violazione, dal nostro punto di vista, di più articoli del nostro codice penale. La magistratura avrebbe dovuto esercitare il suo potere, mi riferisco all'obbligatorietà dell'azione penale.
Sono stati trafugati dei documenti riservati, che dovevano rimanere riservati. Questi documenti sono stati divulgati attraverso la pubblicazione di un libro, che è stato messo in vendita. Quindi, dal nostro punto di vista, si possono evidenziare i reati di ricettazione e di riciclaggio.
Rispetto a queste ipotesi di reato dobbiamo registrare l'assoluta inerzia da parte della magistratura competente, pur trattandosi di una questione estremamente delicata. Io non voglio evidentemente fare dietrologia, ma probabilmente il soggetto Pag. 40che è attualmente accusato di avere trafugato questa documentazione segreta potrebbe essere stato indotto a recuperare questo tipo di documentazione segreta e riservata per raggiungere delle finalità, che è facile immaginare quali possano essere: minare la credibilità della Santa Sede e in modo particolare del Papa.
La pubblicazione di questi documenti è avvenuta in territorio italiano. Il Vaticano è uno Stato straniero, quindi sovrano, ma la pubblicazione di questo libro e la sua divulgazione è avvenuta in territorio italiano. Riteniamo, quindi, che il Governo dovrebbe approfondire in maniera, per così dire, più severa quello che è accaduto.
Noi abbiamo presentato una proposta di legge per modificare l'articolo 618 del codice penale, prevedendo che si introduca il reato di rivelazione del contenuto di corrispondenza, perché quanto sta avvenendo nel nostro Paese è estremamente allarmante.
Quindi, pur capendo e comprendendo la cautela del rappresentante del Governo, noi non possiamo dichiararci pienamente soddisfatti della risposta. Pur apprezzando il contenuto della risposta alla nostra interpellanza urgente, non ci possiamo dichiarare completamente e pienamente soddisfatti, perché dalla risposta del rappresentante del Governo non si evince la volontà di approfondire quello che è accaduto e di promuovere esso stesso un'iniziativa legislativa per colmare una lacuna del nostro codice penale, che praticamente - mettendo un attimo da parte la vicenda che ha riguardato il Vaticano - lascia completamente indifeso il singolo cittadino rispetto a queste incursioni, che vengono effettuate nella sfera privata, senza che vi sia alcuna tutela da parte della legge.
Noi riteniamo, quindi, signor sottosegretario, che il Governo, proprio alla luce di questa vicenda, dovrebbe farsi promotore di un'iniziativa legislativa - la nostra è già in campo in sede parlamentare - nell'ambito di una riforma più organica della giustizia.
È vero che ormai siamo sostanzialmente alla scadenza della legislatura e, quindi, non c'è il tempo per ipotizzare una riforma della giustizia che sia più dalla parte del cittadino. Penso che, comunque, sarebbe un'opera inutile da parte del Governo che potrebbe essere proseguita successivamente da altri Governi, in una continuità che va da una legislatura all'altra dell'attività sia del Governo che del Parlamento.
Quindi, noi riteniamo che si debba andare fino in fondo. Non ritengo che la magistratura italiana possa, rispetto ad una violazione così evidente del nostro codice penale, mettere la testa sotto la sabbia ed ignorare quello che è accaduto. E il Governo potrebbe esercitare, nell'ambito delle sue prerogative e nel rispetto, evidentemente, dell'autonomia della magistratura, delle forme anche di verifica, appurando se non ci sia stata inerzia da parte della magistratura competente che avrebbe dovuto, ad esempio, indagare sui possibili reati commessi da chi il libro lo ha scritto, attraverso la pubblicazione di documenti che dovevano rimanere riservati e segreti e che sono stati evidentemente trafugati da parte della società editrice che ha pubblicato un libro che mette insieme una documentazione rubata e trafugata e che è stata evidentemente divulgata per raggiungere delle finalità che potrebbero - esse sì - se nessun nostro organo dovesse intervenire, mettere in discussione le relazioni corrette tra due Stati indipendenti e sovrani: da un lato, lo Stato Vaticano, dall'altro lato, lo Stato italiano.
Quindi, onorevole sottosegretario, mi auguro che, attraverso la nostra interpellanza e la sua risposta, ci possa essere un ulteriore approfondimento, un'ulteriore valutazione e riflessione da parte del Governo.
Noi la nostra parte l'abbiamo fatta: questa vicenda ci ha indotto a presentare una proposta di legge che ci auguriamo possa essere rapidamente esaminata dal Parlamento e ci auguriamo che possa anche avere il parere favorevole da parte del Governo.

Pag. 41

(Recente decisione del Dipartimento nazionale della Protezione civile in merito alla dislocazione delle strutture antincendio sul territorio della regione Sardegna - n. 2-01555)

PRESIDENTE. L'onorevole Nizzi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01555, concernente la recente decisione del Dipartimento nazionale della Protezione civile in merito alla dislocazione delle strutture antincendio sul territorio della regione Sardegna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SETTIMO NIZZI. Signor Presidente, il Dipartimento nazionale della Protezione civile ha recentemente ritenuto opportuno mettere mano alla dislocazione delle strutture antincendio presenti sul territorio della regione Sardegna.
In particolare, la Protezione civile, tramite il generale Trinca, in data 22 maggio 2012, ha deciso di modificare radicalmente l'organizzazione operativa che da oltre vent'anni prevedeva lo schieramento di quattro Canadair CL415 di stanza a Olbia e di un elicottero S-64 ad Olbia oltre che di un altro S-64 su Cagliari Elmas.
Tale decisione assunta dal generale Trinca e dalla Protezione civile, naturalmente, è in contrasto con il Piano regionale antincendio pubblicato con delibera di giunta il 28 marzo del 2012. Due giorni dopo, il 24 maggio, lo stesso assessore Oppi, titolare dalla protezione civile regionale, scrive una lettera di avversione in ordine a questa ipotetica decisione.
Lo stesso presidente della giunta si oppone, così come tutti gli altri organi istituzionali, a partire, come ho detto, dal presidente della giunta nonché da Carlo Masnata che è il responsabile del Corpo forestale ed è anche coordinatore della campagna antincendi della regione Sardegna.
Tale decisione viene presa senza nessun coordinamento, senza sentire la provincia, senza sentire gli enti locali; eravamo abituati a ben altro allorquando il predecessore di Gabrielli, Bertolaso, faceva le conferenze di servizi per verificare la possibilità che tutto andasse per il meglio.
Quindi, come abbiamo detto, tale decisione viene presa senza nessun coordinamento e sembra che ciò sia da addurre al cambiamento della situazione che si è venuta a creare nel 2011, e cioè si è registrata una lieve riduzione dell'incidenza degli incendi nel nord della Sardegna con un lieve incremento nel sud.
Devo ancora una volta sottolineare che, da sempre, il nord della Sardegna è la parte più sottoposta ad incendi rispetto a tutto il resto dell'isola e anche l'anno scorso, per quanto riguarda gli incendi al nord, su diciottomila ettari bruciati, ben seimila sono stati nel nostro territorio.
Un ulteriore punto a sostegno della decisione della Protezione civile riguarda il fatto che i venti di maestrale, tipici del territorio della Gallura, se soffiano di traverso oltre i 21, 22 nodi, non permetterebbero ai Canadair di sollevarsi in volo. Questo, in vent'anni, non è mai avvenuto; i Canadair si sono sempre sollevati in volo, soprattutto nelle giornate di vento; anzi, vi era un'ordinanza della Protezione civile che diceva che nelle giornate particolarmente ventose i Canadair si sarebbero dovuti sollevare in aria, armati naturalmente, carichi, in modo da poter spegnere immediatamente i fuochi.
Spero che il generale Trinca sia un esperto, che abbia visitato la Sardegna e sappia dove è posizionata geograficamente; devo ricordare che il maestrale soffia da nord-ovest; noi siamo sulla costa orientale, per cui tutto il vento, dalla terra, spinge verso il mare. L'incendio non può essere appiccato in mare, viene sempre appiccato in terra, e sempre quando ci sono giornate di forte vento; i danni che abbiamo subito fanno parte della storia e delle paure delle nostre genti.
Voglio anche rimarcare che il 60 per cento del turismo dell'intera isola viene ad essere sviluppato in Gallura e nel nord dell'isola e devo ricordare i ventotto morti, i nove morti del funesto incendio del 1983 a Tempio Pausania Curraggia. A quell'epoca ero appena laureato, avevo appena sostenuto l'esame di Stato e stavo facendo Pag. 42il tirocinio obbligatorio in pronto soccorso a Sassari. Vidi arrivare tutte le ambulanze con i feriti, con le persone bruciate; poi nei giorni a seguire vedemmo, per molto tempo, pubblicate dai quotidiani locali le immagini dei corpi anneriti e bruciati dei nostri conterranei; non vorremmo più vedere questi immagini. Ricordo ancora i diciannove morti a San Pantaleo e a Loiri Porto San Paolo del 1989.
Ebbene, un'altra delle motivazioni addotte è stata quella che i Canadair dovessero essere spostati verso il sud per dare l'opportunità di coprire anche una parte della Sicilia. Non ne facciamo una questione di campanilismo del fatto che debbano essere ubicati al nord o al sud e coprire, più o meno, altre regioni della nostra nazione.
Noi siamo convinti e abbiamo visto che soltanto con i Canadair si può intervenire. Spostarli a Cagliari vorrebbe dire che partirebbero dopo un'ora o un'ora e mezza per arrivare sul luogo dove è stato appiccato il fuoco.
Penso che questa decisione, così come è avvenuto, debba rimanere per sempre negli anni stabile e il fatto che martedì pomeriggio lo stesso Gabrielli abbia assunto la decisione di riposizionare, così com'è logico che sia, i due Canadair assieme all'elicottero presso l'aeroporto della Costa Smeralda in Gallura penso che sia la cosa più importante e la decisione più giusta. Anche mettere un Canadair a Cagliari può salvaguardare la parte sud dell'isola e anche la parte nord della Sicilia.
Per queste ragioni noi ne siamo grati, mi dispiace soltanto che, avendo chiamato personalmente venerdì il dottor Gabrielli e avendo lasciato detto che avevo chiamato, non abbia avuto trenta secondi di tempo per fare una chiamata o rispondere; così come mi dispiace che abbiamo poi dovuto mettere in piedi tutte le procedure formali per accedere agli atti che hanno portato a questa decisione, tutto è bene quel che finisce bene, però voglio ancora ricordare che quando la Protezione civile nazionale emette un documento così, con una risposta un po' stizzita al presidente della regione o al presidente della provincia Sanciu, e non ha neanche il coraggio di firmare chi è il responsabile, gli atti vanno pubblicati, ma qualcuno deve essere responsabile di quello che fa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Antonio Malaschini, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MALASCHINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, rispondo con particolare piacere a questo strumento di sindacato ispettivo anche per ragioni personali ed affettive che mi legano alla Sardegna.
In relazione all'atto di sindacato ispettivo concernente la dislocazione dei mezzi aerei per la lotta agli incendi boschivi in Sardegna e sulla base delle informazioni acquisite dal Dipartimento della protezione civile, faccio presente quanto segue.
In merito alla problematica rappresentata ed illustrata ora dall'onorevole interpellante, il capo del Dipartimento della protezione civile, dal 19 giugno - com'è stato ora ricordato -, ha operato i cambiamenti rilevati necessari e possibili nella dislocazione dei mezzi aerei per la lotta agli incendi boschivi in Sardegna, a seguito della delicata situazione del territorio della Sardegna, in particolare della Gallura, esaminata nel più ampio contesto del concorso aereo alla lotta antincendio boschivo che il Dipartimento deve fornire, com'è noto, a tutto il territorio nazionale. Tale concorso aereo, com'è noto, ai sensi della vigente normativa, vede nelle regioni la prima responsabilità della pianificazione delle attività di predisposizione e di prevenzione, nonché di intervento sul proprio territorio.
Gli esiti sono stati appunto quelli di predisporre lo schieramento di due Canadair CL415 su Olbia già a partire dal 25 di questo mese e di rilocare sotto lo stessa data l'elitanker S-64 su Elmas. Tale ultima base sarà rinforzata dal 4 luglio con un ulteriore CL415, anche questo è stato ricordato.
La dislocazione sopra descritta sarà poi attentamente seguita dal centro operativo Pag. 43aereo unificato, che sottoporrà all'occorrenza al capo del Dipartimento della protezione civile le necessità di mutarlo temporaneamente, ove particolari esigenze indichino di dover far gravitare un maggior numero di assetti aerei sulla Sardegna o su altre regioni del Paese.
Proprio la ricerca di schieramenti operativi più flessibili aveva infatti indotto il Dipartimento a privilegiare la provincia di Olbia-Tempio, affiancando ai due soli piccoli elicotteri regionali ivi schierati un ben più potente elitanker S-64. Tale assetto è in grado di operare con precisione con venti fino a 30 nodi - qui emerge la problematica della ventosità determinata dal maestrale, specialmente di quelle zone - e di raggiungere l'estremo nord della Gallura in soli 15 minuti. È stato inoltre ipotizzato che altri tre CL415 siano posizionati su Elmas, di cui uno anche rilocabile ad Olbia, al fine di consentire sia un pronto intervento di tutti i mezzi in 30-40 minuti nell'intera provincia di Olbia-Tempio, sia di accorrere in Sicilia in caso di necessità.
La strategia di considerare il fronte delle isole maggiori come unitario è scaturita, oltre che dalla loro impossibilità di raggiungere accordi con regioni territorialmente confinanti in una più economica ottica di sistema, soprattutto dalla ristrettezza delle ridotte risorse assegnate alla flotta anti-incendi boschivi statale, e ciò sia in termini di arco temporale previsto, sia di numero massimo consentito di CL415 schierabili in frontline che non consentiva di schierare su Olbia i due o tre CL415 previsti in media negli ultimi quindici anni.
Anche l'impossibilità da parte della regione di rendere operante l'aeroporto di Fenosu ha impedito l'uso dell'elitanker in posizione più baricentrica nell'isola. Tuttavia, i proficui confronti con gli organi istituzionali della Sardegna e le verifiche circa lo stato di verificazione e di prevenzione adottata dagli enti territorialmente competenti hanno consigliato prudentemente di modulare diversamente l'adozione di questo nuovo concetto di impiego.
L'effetto deterrente che la consolidata immagine del CL415 si ritiene possa avere verso i criminali incendiari ha aggiunto un fattore moltiplicativo alla scelta ultima, formalizzata come ricordato il 19 giugno (due giorni fa), che risulta peraltro in linea con l'ordine del giorno, approvato da questo ramo del Parlamento, che impegnava il Governo a disporre il dislocamento ad Olbia di almeno un Canadair. Tale ordine del giorno - lo ricordo - è stato approvato proprio il 20 giugno di quest'anno.

PRESIDENTE. L'onorevole Nizzi ha facoltà di replicare.

SETTIMO NIZZI. Signor Presidente, devo dichiararmi soddisfatto rispetto alla promessa che la dislocazione sulla Gallura e ad Olbia non venga più messa in discussione e vorremmo che fosse assunto al riguardo un impegno formale da parte del Governo, così come è stato assunto accogliendo lo stesso ordine del giorno.
Rispetto alle scarse risorse finanziarie della regione Sardegna, fare fronte autonomamente con una flotta di piccoli elicotteri che possono portare e trasportare soltanto mille litri d'acqua rispetto ai 6 mila dei Canadair o ai 9 mila dell'elitanker, penso che lo sforzo che sta facendo la regione sia abbastanza importante.
Colgo l'occasione perché anche il sottosegretario si faccia portavoce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di chiarire una volta per sempre le battaglie che ormai da alcuni anni stiamo portando avanti come regione per arrivare ad una determinazione esatta del quantum da noi richiesto in termini di trasferimenti erariali, di IVA e soprattutto di bilancio per quanto riguarda le spese non solo correnti, ma anche quelle che sono state inserite nel corso degli anni nei bilanci della Sardegna.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Di Pietro n. 2-01537, alla quale dovrebbe rispondere il sottosegretario per le politiche agricole, alimentari e forestali, Franco Braga, il quale però ancora non è riuscito a raggiungere l'Aula. Pag. 44
Sospendo quindi brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 14,30, è ripresa alle 14,45.

PRESIDENTE. Faccio presente che abbiamo dovuto sospendere la seduta per circa 15 minuti, per l'indisponibilità del Governo a rispondere alle interpellanze urgenti. Colgo l'occasione per ricordare al Governo che quando è stato stabilito un calendario di interpellanze urgenti e una presenza dei rappresentanti del Governo, è necessario rispettarlo ed evitare di fare interruzioni.

(Problematiche riguardanti l'attività dell'Istituto per lo sviluppo agroalimentare - n. 2-01537)

PRESIDENTE. L'onorevole Messina ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-01537, concernente problematiche riguardanti l'attività dell'Istituto per lo sviluppo agroalimentare (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'Italia dei Valori ha intrapreso in campo agricolo un'attività che mira a verificare la situazione in un comparto che riteniamo di straordinaria importanza nel nostro Paese, con più di un milione e mezzo di aziende impegnate sul territorio nazionale. Però, purtroppo, vi sono più di 150 mila aziende che, negli ultimi anni, hanno chiuso, nel silenzio assoluto.
Abbiamo intrapreso questa attività in maniera propositiva. Infatti, abbiamo presentato al Ministro Catania, il 29 febbraio 2012, insieme al presidente Di Pietro e ai capigruppo alla Camera e al Senato dell'Italia dei Valori, un pacchetto di norme. Si tratta di sette proposte di legge che erano per l'attivazione del settore, ossia per portare alla normalità l'agricoltura italiana e poi per metterla in moto. Lo abbiamo fatto con spirito costruttivo e il Ministro Catania, in quell'occasione, ci disse: mi sembrano delle buone proposte, posso prendere da queste proposte qualcosa per attuarlo. Figuratevi noi! Ci abbiamo creduto e abbiamo detto: senz'altro, Ministro. Proceda!
Ebbene, sono passati mesi e di quelle proposte neanche l'ombra. Dei contenuti di quelle proposte non abbiamo trovato nulla in nessun provvedimento che si è susseguito. Anzi, i provvedimenti successivi sono stati quelli che hanno continuato a mortificare l'agricoltura italiana, sottoponendola a tassazioni inique e, quindi, creando ulteriori difficoltà.
Noi avevamo avviato tutto questo in una logica di sviluppo. Abbiamo pensato che l'agricoltura italiana avesse bisogno di normalità. Abbiamo pensato che l'agricoltura italiana avesse bisogno di eliminare gli sprechi, visto che ce n'erano tanti. Attenzione! Si tratta di sprechi non soltanto o non solo a vantaggio di agricoltori non sani, ma anche a vantaggio di società, di partecipate. Si tratta di sprechi istituzionali che erano soltanto a danno dell'agricoltura vera.
Abbiamo pensato di sburocratizzare, per fare in modo che gli agricoltori non fossero soltanto dei ragionieri in giacca e cravatta che girano da un ufficio a un altro per sbrigare pratiche e si potessero dedicare, invece, alla loro attività imprenditoriale.
Abbiamo pensato alla tutela delle produzioni e dei marchi, per fare in modo che si evitassero le contraffazioni e l'ingresso nel nostro Paese - così come nell'accordo che è stato fatto con il Marocco - di merci che non hanno la qualità dei nostri prodotti, ma che danneggiano la nostra economia. Quindi, eravamo intervenuti in questo senso.
Abbiamo presentato proposte di legge per l'accesso organizzato ai mercati, perché è fondamentale per l'agricoltura italiana valorizzare, fare qualità, ma anche esportare nel migliore dei modi. Avevamo detto tutto questo al Ministro e, però, di tutto questo nulla è stato preso in considerazione e ormai sono passati mesi. Manca meno tempo alla fine di questa Pag. 45legislatura e del vostro mandato rispetto al tempo trascorso da quando abbiamo sottoposto la proposta al Ministro.
Aggiungo, poi, che tra quelle proposte ve ne erano anche due di straordinaria importanza, per portare alla normalità l'agricoltura italiana. Una riguardava la moratoria dei debiti delle aziende agricole italiane. Le aziende agricole italiane non ce la fanno più, sono assillate dai debiti verso le banche e dai debiti verso Equitalia. Avevamo proposto la moratoria per un anno e la rateizzazione al tasso legale per gli agricoltori e per le imprese agricole italiane. Vi è stato il silenzio anche su questo punto.
Avevamo fatto una proposta di legge che evitasse l'applicazione dell'IMU alle aziende agricole e, quindi, ai fabbricati rurali, ai fabbricati adibiti a stalle, ai terreni agricoli. Anche su questo non il silenzio, di cui ci saremmo accontentati, ma, peggio, un'applicazione di norme iniqua e - devo dire - contraddicendo questo Parlamento. Infatti, signor sottosegretario, il 26 gennaio 2012, con il parere favorevole del Governo, questo Parlamento ha approvato una proposta relativa all'applicazione e all'attuazione della moratoria. Ebbene, questa proposta è stata approvata all'unanimità da questo Parlamento il 26 gennaio.
Della moratoria nemmeno l'ombra ed Equitalia va avanti.
Dall'altra parte, abbiamo approvato due ordini del giorno, il 16 dicembre scorso ed il 26 gennaio 2012, per l'esenzione dall'IMU, e voi, membri del Governo, eravate impegnati per fare in modo che non venisse applicata. Anche questi ordini del giorno - e, a tal proposito, signor Presidente, la invito ad una valutazione seria sull'utilità dei nostri ordini del giorno in questo Parlamento - approvati all'unanimità con il parere favorevole del Governo, dopo quattro mesi, sono stati totalmente disattesi dai provvedimenti adottati dal Governo stesso.
Ci sono, a proposito della moratoria, dei dati della Fima, Federazione italiana movimenti agricoli, da cui risultano 8.904 le aziende agricole in vendita giudiziaria in Italia: 3.290 sono al Nord, 5.614 al Sud. Si tratta di attività produttiva, di tutela del nostro patrimonio e di tutela dell'economia sana del nostro Paese, ma voi non state facendo niente.
Noi siamo andati avanti: abbiamo anche iniziato l'esame delle strutture collegate al Ministero - ed ecco l'oggetto della nostra interpellanza urgente - e abbiamo visto che ci sono tredici società partecipate dal Ministero a vario titolo, che fanno di tutto, ma poi alla fine solo alcune svolgono un lavoro, altre fanno veramente poco.
Ci sono tre enti di ricerca - a cosa servono tre enti di ricerca in agricoltura? Ne basta uno che funziona, anziché tre che fanno fatica a funzionare -; enti di finanziamento, come quello che andremo ad esaminare; rilevamenti societari e rilevamenti aerei, che hanno aerei che non volano, tuttavia noi continuiamo a pagare. Questo è ciò che serve all'agricoltura italiana? Noi crediamo di no.
A proposito dell'ISA, dell'Istituto per lo sviluppo agroalimentare oggetto dell'interpellanza urgente, speravamo di essere smentiti, ma oggi è stato pubblicato miracolosamente sul sito della società il bilancio del 2011, approvato il 24 maggio. Purtroppo, i dati confermano le nostre enormi perplessità.
L'ISA - lo voglio ricordare, sarà poi lei, sottosegretario, a dirmi se ho ragione - ha un capitale sociale di 300 milioni di euro, è totalmente di proprietà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed è nato nel 2005. Dal 2005 - si legge nel bilancio di quest'anno - questa società ha esitato favorevolmente trentasei pratiche, con una media, quindi, di circa cinque pratiche di finanziamento all'anno e, per la precisione, ventidue finanziamenti: nove finanziamenti in società partecipate e cinque partecipazioni in società, per un complessivo di 366 milioni di euro. Queste erogazioni, peraltro - ed è una delle domande che abbiamo fatto e alle quali aspettiamo una risposta -, sarebbero anche vincolate a destinazioni territoriali, per cui l'85 per cento andrebbe investito nel Centro-sud e nel Mezzogiorno e il 15 per cento al Nord. Ebbene, dai dati che Pag. 46abbiamo e che evinciamo dal bilancio, il 64 per cento è stato investito al Nord, il 3,7 per cento al Centro e solo il 25,6 per cento al Sud.
Questa società, quest'anno, secondo il bilancio medio del 2011, ha fatto interventi ed approvato quattro pratiche complessivamente nell'arco del 2011, mentre ne avrebbe esaminate ventotto: questo è tutto il carico di lavoro. Peraltro - si legge sempre nel bilancio -, l'operatività dell'ISA ha risentito degli effetti della crisi, poiché l'incertezza dei mercati ha fatto sì che gli imprenditori abbiano avuto una forte tendenza a rimuovere decisioni di investimento.
Ma chi ci crede, signor sottosegretario? È proprio in un momento di crisi che un imprenditore ha bisogno di ricorrere ad un credito onesto, ad un credito che viene dallo Stato a determinate condizioni, e vuole assistenza per portare avanti la sua azienda. L'ISA dichiara che, al contrario, ha avuto minori pratiche da esaminare, il che, peraltro, guardando i dati precedenti, non risulta affatto vero, perché coincide perfettamente con il numero degli anni precedenti. Forse L'ISA non ha nessun interesse a finanziare industrie agroalimentari o forse ha interesse a finanziare soltanto qualche industria agroalimentare italiana.
Poi, signor sottosegretario, questa società - come voi sapete - aveva due sedi a Roma (una l'ha chiusa quest'anno), un ufficio a Milano e un ufficio a Venezia. Voi direte: quanto personale ha questa società e che carico di lavoro ha? Anche, a tal proposito, grida vendetta per quegli agricoltori, per quei lavoratori, per quegli operatori economici che ogni giorno sbarcano il lunario e tentano di sopravvivere mantenendo la propria azienda. Questa società ha un costo di personale di 5 milioni e 89 mila euro per pagare - sentite un po' - trentasei persone!
Significa che la media a stipendio e di carico sull'ISA è di 126 mila euro a persona, perché è composto, tra l'altro, da tre dirigenti, sedici quadri e diciassette impiegati. Tra l'altro, un impiegato è stato assunto proprio quest'anno per distaccarlo presso la sede secondaria di Venezia. Andiamo al consiglio di amministrazione, che percepisce nel suo complesso 655 mila euro, da cui, diviso per i quattro componenti del consiglio d'amministrazione, viene fuori una media di 120 mila euro l'anno. Ma almeno lavorassero, ma almeno servisse a qualcosa, almeno servisse all'agricoltura e alle aziende agricole italiane, alle aziende agroalimentari italiane per andare avanti. Qui non c'è nessun interesse ad erogare credito, ma al contrario c'è interesse a fare cassa, a fare cassa interna per poi distribuire anche premi e utili.
Noi vorremmo sentire dal Governo se anche quest'anno, con quattro pratiche esitate, siano stati distribuiti magari premi tra gli amministratori o tra gli impiegati. Francamente credo che un carico di lavoro di ventotto pratiche diviso trentasei - ancora di più, un carico di lavoro di quattro pratiche esitate su trentasei persone - non abbia necessità di alcuna premialità, anzi credo che probabilmente sarebbe una società da chiudere e distaccare in un piccolo ufficio del Ministero dell'agricoltura, che con un funzionario potrebbe svolgere egregiamente quattro pratiche in un anno ed esaminarne ventotto nell'arco di un anno.
Pertanto, con la nostra interpellanza urgente, alla quale attendiamo risposta, noi abbiamo chiesto di sapere alcuni dati, per dare una nostra valutazione. Abbiamo iniziato dall'ISA e proseguiremo con gli altri enti, perché non si può far pagare l'IMU agli agricoltori e fargli espropriare le aziende e poi non tagliare i costi. È troppo semplice. Lo ha dichiarato il Ministro Catania: inizieremo, ma non sarà facile. No Ministro, voi siete tecnici e i tecnici sono stati chiamati per fare il lavoro duro, quello che la politica - avevamo detto - non era in grado di fare. Dovete farlo, non dovete dire che è difficile, perché voi siete i tecnici che sono stati chiamati a risolvere i problemi del Paese, in caso contrario francamente non si capisce a cosa serva un tecnico al posto di un politico per confermare le disfunzioni precedenti. Pag. 47
Le domande sono precise, signor sottosegretario, e spero che anche le sue risposte lo siano. Abbiamo chiesto quali siano i compensi e i benefit degli amministratori, presidente, amministratore delegato, direttore generale, consiglio di amministrazione e collegio sindacale, e se le loro competenze corrispondano all'incarico ricoperto. Abbiamo chiesto quale sia attualmente il numero di personale strutturato a tempo indeterminato, quale sia il carico di lavoro di ogni singolo dipendente. Abbiamo chiesto quante siano le pratiche esitate favorevolmente nell'ultimo anno, quante dall'inizio della sua attività e per quali linee di intervento, a quanto ammonti la spesa del personale, a quanto ammonti la locazione degli uffici, perché naturalmente tutti gli uffici sono in locazione. Vogliamo sapere quanto spendiamo per l'ufficio di Milano, per l'ufficio di Venezia e per l'unico ufficio rimasto di Roma; prima ne avevamo due. Da ultimo, abbiamo chiesto di sapere, dei pochi fondi che sono stati investiti a vantaggio delle aziende agroalimentari italiane, per quante è stato rispettato quel parametro che prevede l'85 per cento di intervento nel Mezzogiorno e il 15 per cento nel Centronord.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Franco Braga, ha facoltà di rispondere.

FRANCO BRAGA, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interpellanza cui mi accingo a rispondere concerne talune informazioni sul personale di ISA Spa, le relative pratiche concluse, le spese sostenute per il personale, per i compensi degli amministratori e per la locazione degli uffici, nonché le operazioni e i risultati perseguiti nel Mezzogiorno. Riguardo al personale, composto da trentotto dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, preciso che il relativo costo è pari a 2 milioni 620 mila euro, per retribuzione lorda parte fissa, ed a 293 mila euro, per retribuzione lorda parte variabile, da cui derivano oneri sociali a carico della società per 947 mila euro.
Peraltro, all'Istituto competono ora obblighi contributivi derivanti dal trasferimento, per legge, del personale dell'ex Sviluppo Italia e della ex RIBS (29 unità) per 9 Cocopro (oggi ridotti a 4), per un costo complessivo di 305 mila euro, cui vanno aggiunti altri 265 mila euro per buoni pasto, corsi di formazione per i dipendenti ISA e assicurazioni a favore dei componenti il consiglio di amministrazione e del personale dipendente.
A detto personale sono state affiancate 4 unità incaricate di espletare, con contratti di collaborazione a progetto, attività di assistenza.
Preciso, inoltre che ISA è strutturata per «aree e funzioni», con l'individuazione dei singoli dipendenti assegnati alle stesse e la descrizione delle attività da compiere. I responsabili delle singole aree e delle funzioni distribuiscono i carichi di lavoro sulla base delle specifiche esigenze.
Riguardo alla corresponsione di «premi aziendali» correlati alle pratiche concluse, vorrei far presente che le modalità con cui vengono distribuiti sono determinate sulla base di un accordo di II livello per impiegati e quadri, modulato in obiettivi specifici assegnati dal superiore gerarchico.
Per quanto concerne, invece, il numero delle pratiche positivamente concluse preciso che, per l'intervento «Programmi e progetti specifici di intervento ex articolo 23 della legge 7 agosto 1997, n. 266, nonché operazioni a condizioni di mercato ex legge n. 662 del 1996», il consiglio di amministrazione di ISA, nel 2010, ha approvato quattro progetti, di cui tre interventi agevolati (aiuti di Stato) e uno a condizioni di mercato (ancora in fase di istruttoria presso la Commissione europea). Nel 2011, i progetti approvati sono stati quattro e, nel 2012, un solo progetto, attualmente in fase istruttoria.
Nel periodo 2005-2012, sono stati approvati complessivamente 25 progetti, di cui uno decaduto. Pag. 48
Per quanto riguarda i risultati conseguiti, evidenzio che, dalla fine del 2005 ad oggi, ISA ha approvato complessivamente 21 interventi agevolati, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, e 4 interventi a condizioni di mercato, per un valore complessivo di circa 56 milioni di euro.
Rispetto alla linea di intervento «Contratti di filiera di cui all'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Legge finanziaria 2003)», le erogazioni effettuate, previa istruttoria di ISA, ammontano a 337 atti, a favore di 174 soggetti. Nell'anno 2011, il numero complessivo delle erogazioni, in termini unitari, ammonta a 58 atti.
In merito ai risultati conseguiti, a tutto il 31 dicembre 2011, ISA ha provveduto ad erogare complessivamente, per conto del Mipaaf, circa 59 milioni di euro (ad oggi, le erogazioni effettuate a favore di 174 beneficiari ammontano a 62,5 milioni di euro, a fronte di investimenti effettuati dagli stessi per 106 milioni di euro).
Passando, ora, alla spesa complessiva sostenuta, nel 2011, per il consiglio di amministrazione, informo gli onorevoli interpellanti che la stessa ammonta a 350 mila euro mentre, per il collegio sindacale, è stata di 309 mila euro. Nello stesso anno, per le attività di controllo svolte, rispettivamente, dalla società di revisione e dall'organismo di vigilanza, ISA ha anche corrisposto 33.600 euro e 68.200 euro.
In particolare, per il periodo compreso fino all'approvazione del bilancio 2013, al presidente vengono corrisposti 22.500 euro per la carica e 137.500 euro per ciascun anno per le deleghe, ai sensi dell'articolo 2389, comma 3, del codice civile. Per il medesimo periodo e le medesime voci l'amministratore delegato percepisce, invece, rispettivamente 22.500 euro e 117.500, per ciascun anno, per le deleghe.
I due consiglieri, che percepiscono per lo stesso triennio 22.500 euro, hanno entrambi un contratto di collaborazione a progetto della durata di un anno, i cui compensi ammontano a 120 mila euro per l'uno e a 60 mila euro per l'altro.
Per i componenti del consiglio di amministrazione ISA stipula, altresì, assicurazioni infortuni e vita. Il direttore generale ha una retribuzione annua lorda composta da una parte fissa, pari a 270.185 euro, e una parte variabile, tra zero e 200 mila euro, in relazione al raggiungimento degli obiettivi fissati dal consiglio di amministrazione. Al medesimo spetta un'auto aziendale, cui ha rinunciato, buoni pasto e assicurazione.
Il compenso per i componenti del collegio sindacale è stato di recente determinato in euro 40 mila per il presidente e in euro 30 mila per il triennio che scade con l'approvazione del bilancio 2014. Riguardo alla locazione degli uffici, evidenzio che, per l'attuale sede in cui è stata concentrata l'attività, la stima del costo degli affitti per il 2012 è di circa 373 mila euro annui.
Riguardo all'ultima richiesta, evidenzio che la delibera CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012 prevede la riduzione di spesa per l'intero importo stanziato a favore di ISA con legge n. 102 del 2009 sul fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale.
Pertanto, solo dopo gli approfondimenti necessari alla completa valutazione della delibera citata e in assenza di circostanze che possano mettere in discussione la continuità aziendale, la società provvederà, nel corso del 2012, ad effettuare gli eventuali aggiustamenti che dovessero comportare effetti sullo stato patrimoniale.
Tuttavia, nell'ipotesi di conferma di quanto statuito nella delibera del CIPE, la società dovrà provvedere alla riduzione delle voci «140 Altre attività» e «160 Riserve» per 150 milioni di euro e il patrimonio netto si ridurrà di conseguenza. Di ciò si avrà evidenza nell'approvazione del bilancio 2012, che sarà pubblicato nell'anno 2013.

PRESIDENTE. Sottosegretario Braga, avremmo gradito almeno le sue scuse. L'onorevole Messina ha facoltà di replicare.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, non sono soddisfatto, nel senso che il Pag. 49sottosegretario ha fornito i dati che si evincono dal bilancio. Sicuramente non sono soddisfatto, anzi, dico di più, sono adirato rispetto al fatto che questo Governo abbia consapevolezza di avere, collegata a un Ministero, una società di tal fatta, così come ce ne saranno tante altre, che vi sia bisogno di un'interpellanza urgente per rendersene conto e che, ancora di più, questo Governo non faccia assolutamente niente per eliminare gli sprechi che vi sono in questo Stato.
È inutile prenderci in giro, è inutile continuare a massacrare i cittadini. Voi state facendo una selezione della razza sui portafogli: alla povera gente state togliendo tutto, agli sprechi non state levando niente. State confermando gli sprechi che vi erano prima.
Signor sottosegretario, lei ha dato dei dati, ha confermato quello che, peraltro, avevo detto io e ha aggiunto qualcosa di ulteriore, specificandolo. Ha detto, per esempio, che per i buoni pasto di 36 persone - lo ha appreso da lei, perché lo ha citato - per i buoni pasto dei 36 dipendenti dell'ISA si spendono ogni anno 265 mila euro, cioè, sostanzialmente, 7 mila euro a persona per i buoni pasto.
Francamente, vi rendete conto dei dati che vi vengono fuori? E voi che fate, rimanete lì ad aspettare cosa? Che qualcuno intervenga al vostro posto? Volete nominare un altro consulente per intervenire, come quello che sta facendo o dovrebbe fare Bondi?
Sulle indennità, vi siete resi conto che gli amministratori di questa società prendono più di un ministro (non parliamo di un deputato)? Prendono di più! Ma lo avete letto o no? E avete visto il lavoro che fanno, cosa sono chiamati a fare? Il presidente prende 159 mila euro: prende 22 mila euro - questo è lo specchietto per le allodole: si parla di 22 mila euro - ma poi ha un indennità di carica di 137 mila euro, e arriva, quindi, a 159 mila euro. Questi dati li ha forniti lei, signor sottosegretario.
L'amministratore delegato prende 22.500 euro. Uno direbbe: va bene, per 22.500 euro. Ma bisogna sommare 117 mila euro di indennità di carica e si arriva a 139 mila euro.
Vogliamo parlare dei componenti del consiglio d'amministrazione che prendono 22.500 euro, ma hanno un contratto (lo ha detto il sottosegretario, non vorrei aver capito male, ritengo di no) collaterale di collaborazione? Scusi, un amministratore perché deve collaborare a pagamento con la società di cui è amministratore? Di cosa stiamo discutendo, sottosegretario? Credo che voi veramente, se non vi rendete conto di questo, non capisco proprio cosa ci state a fare. Se vi rendete conto è ancora peggio perché siete collusi: 120 mila euro a testa di contratto di collaborazione per i due amministratori che non hanno una carica di presidente o di amministratore delegato.
Ancora, il direttore generale ha uno stipendio base, uno stipendiuccio da 270 mila euro annui, e in più da zero a 200 mila euro come premio per il raggiungimento degli obiettivi. Avrei voluto sapere dal sottosegretario se questi obiettivi (cioè quattro pratiche in un anno) siano stati conseguiti oppure no, e quindi se il direttore generale, che - bontà sua - ha rinunziato alla macchina aziendale, questi 200 mila euro li ha presi o ne ha presa una parte. Sottosegretario, sul serio, vi rendete conto di ciò che state facendo? State avallando tutto ciò che era il marcio precedente, lo spreco precedente senza nessun intervento. Al contrario ci sono - lo ribadisco - 9 mila aziende agricole in vendita giudiziaria con Equitalia dietro la porta. Sono attività produttive, frutto di lavoro, di sacrificio della gente. A questi voi avete mandato gli altri esattori per riscuotere l'IMU. Una stalla oggi ha pagato la prima rata di IMU con una media annua di 2000-2500 euro, ed è la prima rata, quando non ce la fanno più ad andare avanti. Voi vi rendete conto, sottosegretario, che non è questo il modo di uscire fuori dal Paese. Voi state garantendo finanzieri, speculatori, state uccidendo la povera gente e l'economia sana di questo Paese. Credo che dovete trarne le conseguenze, sottosegretario. Se uno si Pag. 50impegna a raggiungere un obiettivo e non ci riesce credo che, se è veramente un professore, si debba rendere conto di ciò che ha sbagliato e togliere il disturbo.

PRESIDENTE. Adesso dovremmo passare all'interpellanza urgente Boccia n. 2-01530, ma ancora una volta è assente il Governo e, quindi, sono costretta a interrompere la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,15, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

(Iniziative in ambito comunitario per l'introduzione di misure restrittive per gli strumenti derivati negoziati in mercati non regolamentati e per l'istituzione di un'agenzia europea di rating - n. 2-01530)

PRESIDENTE. L'onorevole Boccia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01530, concernente iniziative in ambito comunitario per l'introduzione di misure restrittive per gli strumenti derivati negoziati in mercati non regolamentati e per l'istituzione di un'agenzia europea di rating (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario all'economia e alle finanze, le anticipo subito che questa non è un'interpellanza per la quale ci aspettiamo una risposta formale. L'abbiamo anticipato la scorsa settimana al sottosegretario Vieri Ceriani e abbiamo concesso al Ministero dell'economia e delle finanze una settimana in più per approntare una risposta adeguata e coerente. Per l'importanza che questo tema ha e per le cose, sintetizzate nell'interpellanza, che richiamo qui in sede di illustrazione, riteniamo che in quest'Aula né il Governo né i gruppi parlamentari possano ignorare le conseguenze di una non assunzione di una decisione seria sul tema. Questa interpellanza nasce dopo una serie di iniziative che il gruppo del Partito Democratico ha portato in quest'Aula negli anni che vanno dal 2008 ad oggi. Sin da prima del crack di Lehman Brothers noi abbiamo posto con chiarezza il problema in quest'Aula. Per tre anni l'ex Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti ci ha risposto di no con varie tonalità e con vari modi, quasi sempre poco ortodossi, consegnando questo tema alla categoria delle iniziative inutili. Purtroppo, la storia - ci dispiace dirlo - ha dato ragione alle nostre preoccupazioni e, purtroppo, se l'ex Ministro dell'economia e delle finanze avesse almeno risposto affermativamente e positivamente ad una delle tre interpellanze urgenti presentate dal PD dal 2008 al 2011 e ad almeno una delle due proposte fatte in Aula a margine di manovre economiche complesse nel 2010 e nel 2011, probabilmente l'Italia avrebbe fatto passi in avanti su un tema che, come diciamo nell'interpellanza, è un tema che ci riguarda da vicino e ci fa soffrire, ma è un tema chiaramente europeo.
E, allora, questa interpellanza, signor Presidente, riparte dal numero stratosferico venuto fuori nell'ultimo rapporto della Banca dei regolamenti internazionali. Il 6 maggio del 2012, sintetizzando le nuove statistiche legate ad un monitoraggio che solo la Banca dei regolamenti internazionali ha fatto perché le singole banche centrali scontano pesantissimi ritardi nel monitoraggio, compresa la nostra Banca d'Italia, viene fuori un numero che ha dato il senso dell'inadeguatezza, non solo dei singoli Paesi, ma anche dell'Unione europea, rispetto alla mole del valore nozionale di strumenti derivati in circolazione nel mondo. Si tratta di 650 mila miliardi di dollari. Stiamo parlando di un valore complessivo pari a nove volte e mezzo il prodotto interno lordo del mondo. E stiamo parlando dei cosiddetti over the counter, stiamo parlando di derivati negoziati sui mercati non regolamentati. Quest'ammontare di carta incide, però, sull'economia reale. Quest'ammontare di carta incide sulle scelte e sulle Pag. 51strategie finanziarie dei Paesi. Quest'ammontare di carta non è controllato dai Paesi che hanno inevitabilmente sulle proprie spalle la pressione dei mercati rispetto al finanziamento del proprio debito sovrano.
Già in Europa, nel febbraio 2009, in Francia, e negli Stati Uniti nel luglio 2010 era stata posta a livello mondiale l'esigenza di porre sotto controllo il mercato degli over the counter imponendo una contrattazione attraverso stanze di compensazione opportunamente capitalizzate con meccanismi di margine. Proprio per questo chiedemmo al Governo precedente di intervenire sul tema. La risposta fu che non era necessario, che sarebbe arrivata una risposta europea. A dirla tutta, dopo le nostre pressioni, una soluzione in realtà poi è emersa: la sospensione dell'utilizzo dei derivati almeno delle amministrazioni pubbliche (ci riferiamo agli enti locali). Ma quel tema si è esaurito lì e certamente non incide sui mercati quanto incidono invece i derivati sui debiti sovrani e quelli legati e concernenti il mercato delle imprese private.
Il 16 marzo del 2012 è emerso che il Ministero dell'economia e delle finanze italiano ha regolato con Morgan Stanley posizioni pregresse su derivati negoziati in mercati non regolamentati con perdite dell'ordine di 3 miliardi di dollari, derivanti da una sottoscrizione sottolineata e ammessa qui in alcune audizioni da autorevoli dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze, da contratti sottoscritti a metà degli anni Novanta sul debito pubblico tesi ad allungare la scadenza media e a ridurre l'onere immediato di servizio degli interessi. Sempre secondo i dati EUROSTAT, l'Italia ha il primato tra i principali Paesi europei nelle perdite di appalti dall'uso dei derivati, ma qui stiamo parlando di perdite relative rispetto all'ammontare complessivo oggetto della nostra interpellanza.
Secondo EUROSTAT le perdite su derivanti riferite al nostro Paese sono state pari a 5,671 miliardi di euro: di questi tempi una piccola manovra, mentre il Paese più virtuoso appare ad oggi la Francia con dei margini pari ad 1,6 miliardi. Ma non è questo il tema principale, signor Presidente. Il tema principale sul quale ci aspettiamo una risposta oggi non interpretabile ma chiara, comprensibile da parte di tutti, è legato al fatto che la vita di alcune banche, in particolar modo, banche di investimento - quasi certamente non ci sono banche italiane, la maggior parte sono banche americane - può essere rappresentata dall'esperienza fatta o, meglio, ammessa l'11 maggio 2012 da JP Morgan, la più grande banca americana, che ha dichiarato perdite su credit default swap (CDS) contrattati sui mercati non regolamentati, per oltre due miliardi dollari, in relazione alla posizione corta assunta con finalità speculative su un indice bond corporate.
La perdita registrata da JP Morgan ha messo in luce e, quindi, questo è il primo tema, sottosegretario Polillo, l'inefficacia della cosiddetta Volcker rule, la norma che avrebbe dovuto impedire alle banche di deposito di realizzare operazioni speculative con il proprio capitale.
La operatività di tale norma è stata vanificata da ritardi nell'emanazione dei regolamenti attuativi nei Paesi membri, tra questi l'Italia, e dal vulnus creato in sede interpretativa e dall'eccezione di applicazione della regola secondo cui le operazioni speculative sono consentite se finalizzate allo scopo della copertura del rischio. Ed è questo il tema: vogliamo o no dire una parola definitiva - può farlo soltanto il Governo della Repubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze - su che cosa deve essere esattamente coperto attraverso strumenti derivati? Le perdite di JP Morgan hanno anche contribuito ad aumentare la tensione sul mercato dei CDS, sui debiti sovrani e questa débâcle di JP Morgan ha indotto, secondo molti analisti, importanti operatori ad assumere un atteggiamento molto più cauto nel vendere protezione sovrana con un conseguente aumento dei prezzi.
Il risultato ulteriore peggiorativo è che la copertura assicurativa, l'unica cosa che serve fare con i derivati, ovviamente controllati e con contratti standardizzati, è Pag. 52che la copertura assicurativa del rischio sovrano è sempre più costosa. L'esigenza di avere mercati dei credit default swap regolati è quindi quella di conoscere in modo completo chi offre protezione sullo Stato sovrano. Ma la domanda che facciamo al Governo e che ci siamo fatti più volte in questi anni - e noi la risposta, sottosegretario Polillo, l'abbiamo trovata - è: chi vende protezione sui mercati è in grado di proteggere? La risposta è no: la maggior parte di quelli oggi presenti sui mercati che vendono protezioni non è in grado di proteggere nessuno. Non sono in grado nemmeno di proteggere se stessi, si figuri come alcune banche che avevano quelle caratteristiche potevano vendere protezione. E hanno dimostrato, in alcuni casi, di non poter neanche proteggere se stesse.
In un ragionamento astratto - e mi avvio alla conclusione - gli istituti di credito potrebbero finanziarsi a tassi molto bassi dalle banche centrali e utilizzare questi fondi per vendere coperture assicurative con strumenti derivati, nel convincimento che, se gli Stati sovrani non falliranno, saranno garantiti rilevanti profitti; se invece, al contrario, l'evento dovesse verificarsi, le banche sarebbero comunque salvate dagli stessi Stati. È evidente che questo sistema si è avvitato, è evidente che c'è una colpa gigantesca dei principali Governi dei Paesi che ammettono l'esistenza di questo mercato e di questi mercati non regolamentati e che l'effetto di tutto questo si è scaricato inevitabilmente sulle economie reali e sulle economie reali dei Paesi con i debiti sovrani più a rischio. Sembra, pertanto, opportuno ed urgente intraprendere accordi a livello europeo e mondiale al fine di porre restrizioni sui credit default swap sovrani ed evitare il rischio che il mercato dei derivati negoziati al di fuori dei mercati regolamentati anticipi e forzi lo spread - perché questo è il tema - sovrano per trarne profitto, esaltando il rischio endogeno e quello sistemico.
Noi chiediamo il divieto di vendita allo scoperto e non solo, perché questo non risolve i problemi, ma chiediamo soprattutto una regolamentazione dei mercati, la definizione delle operazioni che non c'entrano nulla con la copertura del rischio come operazioni illegali. Su questa base, signor sottosegretario, abbiamo sottolineato nell'interpellanza urgente in esame - e mi auguro che la risposta non si concentri, come è successo in passato, solo su questo tema - che alcune agenzie di rating vivono in perenne conflitto di interessi. Lo abbiamo già detto in quest'aula: Moody's è tra queste, perché se si hanno nel capitale di dotazione, tra gli azionisti, alcuni operatori che tra le altre operazioni finanziarie si occupano anche di derivati non regolamentati, guarda caso di derivati non regolamentati che si occupano di speculazioni sui debiti sovrani, è molto difficile pensare, se non si è risolto il problema del conflitto di interesse nel capitale di quelle agenzie di rating, che le stesse siano perlomeno super partes nella valutazione dei Paesi. E siccome ci siamo stancati di ripeterlo, auspichiamo e ci chiediamo se il Governo, anche a margine dei prossimi impegni europei, ponga definitivamente il tema dell'istituzione dell'agenzia di rating europea. Ma lo ripeto: questo non è il tema centrale dell'interpellanza.
Concludo chiedendo espressamente, a nome dei firmatari dell'interpellanza e dell'intero gruppo parlamentare del Partito Democratico, se il Governo non ritenga necessario adottare nell'immediato una regolamentazione interna, almeno interna, in attesa di capire quello che succede in Europa, di una disciplina stringente degli strumenti derivati, al fine esclusivo di evitare le gravi conseguenze che si stanno verificando per effetto della precaria stabilità e della scarsa trasparenza dell'operatività del sistema finanziario internazionale e del funzionamento delle banche.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, Pag. 53spero, con questa mia risposta, di non deludere molto l'onorevole Boccia, che ha svolto un'ampia relazione su argomenti che sono, da un lato di una grande attualità e che, dall'altro, però, sono anche argomenti estremamente complessi da affrontare, sia per le technicalities che nascondono, ma soprattutto perché richiedono interventi che non si esauriscono nell'ambito del territorio nazionale, ma hanno una dimensione più vasta. Su questo, quindi, per quanto riguarda l'impegno del Governo, stiamo cercando di fare, e poi dirò quello che abbiamo fatto fino ad adesso. Certo, una disciplina più stringente sul piano nazionale, che indubbiamente è auspicabile, incontra però limiti, un po' per il carattere internazionale che è alla base di questi processi di shadow banking e, quindi, per un difetto di regolamentazione internazionale. Su questo terreno sono un po' falliti tutti gli sforzi fatti dal Financial Stability Board, che non è riuscito, per un contrasto che rimane tra i Paesi anglosassoni e altri Paesi europei, a introdurre un minimo elemento di regolamentazione. Se su questo terreno le difficoltà del Governatore Mario Draghi, quando era allora presidente del Financial Stability Board e anche Governatore della Banca d'Italia, sono state molte elevate, e quindi il nostro Governatore non ha potuto sprigionare quella grande capacità di gestione che sta dimostrando come Governatore della Banca centrale europea, i motivi sono appunto collegati al fatto che la densità del conflitto internazionale su questo terreno è molto forte, perché vi sono Paesi che non vogliono avere alcuna regolamentazione, specialmente per quanto riguarda gli swap e tutti i derivati, perché su questo hanno un controllo molto penetrante.
In merito, l'onorevole Boccia faceva riferimento a quanto avvenuto alla JP Morgan, e dobbiamo dire che ciò dimostra come forse per la prima volta - o comunque in una delle poche - sia accaduto che chi ha utilizzato questi strumenti in funzione speculativa vi abbia lasciato un po' le penne - anche se devo dire che le penne ve le ha lasciate perché ha speculato male -, nel senso che puntava a un rialzo degli utili di 127 società inglesi ed internazionali, di fronte, invece ad una caduta degli utili, che ha generato la perdita; questo è un elemento di riflessione. Quindi, sui vari temi affrontati, non ho alcuna pretesa di rispondere a tutto, e devo dire che, per quanto riguarda il pregresso, non sono in grado di valutare ciò che diceva l'onorevole Boccia, cioè sui ritardi del precedente Governo, ma questo forse importa anche poco; cerchiamo invece di vedere quello che si tratterà di fare nel futuro, tenendo conto delle grandi difficoltà, e penso alla lentezza con cui si procede, non dico nella soluzione della Tobin tax, ma anche nell'impostazione di questo problema, che è elemento di grande preoccupazione.
Per quanto riguarda invece il merito tecnico dell'interpellanza urgente, faccio presente che il Ministero dell'economia e delle finanze partecipa alle attività di supporto degli organi europei per la definizione e o la revisione dei testi regolamentari comunitari che disciplinano sia le attività in derivati che quelle delle agenzie di rating. Sulla questione la Commissione nazionale per la borsa ha comunicato che in relazione ai profili di criticità connessi al sistema di attribuzione dei rating, una concreta soluzione è già in fase di dibattito in sede comunitaria e sottoposta dalla Consob all'attenzione del Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria - come dicevo, appunto -, sarebbe quella di evitare l'eccessivo affidamento a tale strumento da parte degli intermediari.
In particolare, nella citata sede, la Consob ha evidenziato che potrebbe esser espressamente vietato o limitato l'esclusivo riferimento al rating nei contratti di gestione individuale e collettiva - nonché nelle procedure di valutazione e di adeguatezza - responsabilizzando gli intermediari a condurre le proprie valutazioni. In tal modo sarebbero evitati i possibili effetti sui prezzi delle attività oggetto di consulenza da parte degli intermediari.
Per quanto concerne, invece, situazioni di possibili conflitti di interesse che caratterizzerebbero le agenzie di rating, di Pag. 54cui è cenno nell'interpellanza, la delegazione italiana ha formulato - nell'ambito del processo di negoziazione sulla revisione (cosiddetto CRA3) del Regolamento n. 1060/2009, all'interno del Consiglio europeo - una proposta, al momento accolta parzialmente, finalizzata a rafforzare le misure in materia di conflitti di interessi, con particolare riguardo alla composizione dell'azionariato delle agenzie di rating. Al termine dell'esame della CRA3, la cui approvazione è prevista entro alcuni mesi, il settore delle agenzie di rating dovrebbe, quindi, essere soggetto a un regime regolamentare e di vigilanza ancora più stringente.
Per quanto riguarda, invece, la necessità ventilata nell'interpellanza di interventi volti ad evitare che le agenzie di rating possano continuare ad influenzare pesantemente la finanza pubblica valutando l'ipotesi di ritirare le licenze agli organismi che commettono reati, provocando danni che avvantaggiano solo gli speculatori, si fa presente che spetta all'ESMA svolgere tutti gli accertamenti del caso per verificare che effettivamente i comportamenti e le metodologie applicate ai giudizi emessi dalle agenzie siano rigorose, sistematiche, continuative e soggette a validazione sulla base dell'esperienza storica, come richiesto dalla normativa di riferimento. In questo quadro, anche l'eventuale decisione di ritirare la registrazione alle agenzie di rating operanti in Europa è attribuita all'ESMA.
In particolare, l'articolo 20, paragrafo I del Regolamento europeo prevede che l'ESMA revoca la registrazione a un'agenzia di rating del credito se quest'ultima: rinuncia espressamente alla registrazione o non ha emesso alcun rating nei sei mesi precedenti; ha ottenuto la registrazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare; non soddisfa più le condizioni cui è subordinata la registrazione.
Allo stato sono in corso delle verifiche da parte della Consob su alcuni casi potenzialmente critici presentatisi sul mercato, rispetto ai quali le notizie e le informazioni assunte sono coperte dal segreto d'ufficio, ai sensi dell'articolo 4, comma 10, del TUF. Per quanto concerne il quesito posto nel documento parlamentare, relativamente all'istituzione di un'agenzia di rating partecipata dagli Stati membri, si fa presente che l'iniziativa prefigura come necessaria una modifica della normativa comunitaria.
Per quanto riguarda il quesito volto a conoscere se non si ritenga necessario «adottare nell'immediato una regolamentazione interna di disciplina degli strumenti derivati, anche al fine di evitare le gravi conseguenze che si stanno verificando per effetto della precaria stabilità e della scarsa trasparenza dell'operatività del sistema finanziario bancario», si precisa che anche in questo caso si prefigura necessaria una modifica della normativa di matrice comunitaria.
Peraltro, in considerazione della tipica connotazione «sopranazionale» delle transazioni finanziarie, le stesse potrebbero facilmente sottrarsi a discipline di carattere meramente nazionale non armonizzate con il quadro normativo comunitario di riferimento. Quanto poi alla possibilità di «proporre a livello comunitario misure restrittive per gli strumenti diventati negoziati in mercati non regolamentati giudicati di pura speculazione (...)» si fa presente che, anche in questo caso, sono necessarie modifiche alla normativa di matrice comunitaria.
In ogni caso, occorre considerare che un più efficace presidio del rischio di credito e delle possibili conseguenze in termini di rischio sistemico si avrà, in tale ambito, a seguito dell'entrata in vigore, prevista per l'inizio del prossimo anno, del Regolamento comunitario sui derivati OTC, le controparti centrali e i trade repositories.
Tale disciplina comunitaria prevede, inoltre, una significativa maggiore trasparenza delle transazioni in strumenti finanziari derivati a beneficio del pubblico e, soprattutto, di ausilio per le Autorità competenti nello svolgimento dei loro compiti di vigilanza. L'Italia ha partecipato attivamente al negoziato per la definizione di tale regolamento, che risolve gran parte Pag. 55dei problemi evidenziatisi con la crisi finanziaria e connessi con il massiccio utilizzo di strategie di intervento speculative fondate sul ricorso a strumenti finanziari derivati.
La Consob ha precisato, inoltre, che la questione del divieto della negoziazione di derivati di credito cosiddetti nudi, vale a dire con finalità meramente speculative da parte di chi negozia non disponendo di posizioni a pronti da coprire, è già trattata dal Regolamento UE n. 236 del 2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2012, che entrerà in vigore il 1o novembre di quest'anno, relativo alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell'emittente (i cosiddetti credit default swap).
In particolare, tale Regolamento, che riguarda le azioni e i titoli di Stato, vieta le vendite allo scoperto di azioni e titoli del debito pubblico per le quali non sussista un diritto del venditore di ricevere, prima della data prevista di regolamento delle transazioni (due o tre giorni dopo la conclusione dell'operazione), gli strumenti finanziari oggetto di vendita (ad esempio, ad esito di contratti di prestito titoli), nonché l'assunzione di posizioni scoperte in credit default swap su titoli del debito pubblico. A tal fine si considera scoperta la sottoscrizione di tale tipo di strumenti finanziari derivati senza finalità di copertura del rischio di esposizione nei confronti dell'emittente sovrano dei titoli del debito pubblico sottostanti.
Peraltro, nelle ipotesi in cui il citato regolamento prevede la facoltà per le Autorità competenti di sospendere temporaneamente il divieto di assumere posizioni scoperte in credit default swap, i destinatari della disciplina sono tenuti a notificare all'Autorità competente quando tali posizioni superano ovvero scendono al di sotto di una predeterminata soglia di rilevanza.
Con questo spero di avere almeno risposto in parte agli interrogativi, molto più complessi, che poneva l'interrogante.

PRESIDENTE. L'onorevole Boccia ha facoltà di replicare.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, per la verità è la prima volta che in quest'Aula il Governo entra nel merito di un tema così delicato e così complesso e per questo ringraziamo il Governo per aver avuto il coraggio e la volontà di metterci le mani. Ci sono ovviamente alcuni punti dolenti, che ci preoccupano, e lo dico al sottosegretario Polillo che conosce la macchina, sia interna, quella nazionale, che europea.
I tempi della burocrazia, così come sono anche stati di nuovo raccontati, sia quella interna che quella europea, sono assolutamente fuori tara rispetto ai problemi, molto seri che, invece, la finanza ci mette davanti agli occhi ogni giorno. Per questa ragione, signor sottosegretario, noi scriveremo al Presidente del Consiglio e lo diremo in maniera molto chiara: ci aspettiamo che quella matrice comunitaria, richiamata nel suo intervento, abbia uno scossone in termini di tempo da un'assunzione di responsabilità e da una presa di decisione molto chiara del Governo italiano.
Non possiamo permetterci di aspettare i tempi che sono stati raccontati in una parte della risposta all'interpellanza. E lo diciamo con chiarezza perché riteniamo che, in una fase come questa, non possiamo salvare le coscienze dicendo: ma noi stavamo costruendo i Regolamenti tutti insieme e poi non ce l'abbiamo fatta e intanto qualche altro Paese con debiti sovrani complessi fa la fine della Grecia. Lo diciamo con chiarezza: per noi, con una stringente regolamentazione, con un'accelerazione di quella matrice a cui faceva riferimento il sottosegretario Polillo, è meglio attivare nel più breve tempo possibile regole ferree anche se dovessero determinare il fallimento di qualche banca. Preferiamo che ci sia il fallimento di qualche banca americana, perché nella maggior parte dei casi di queste banche Pag. 56stiamo parlando, anziché il fallimento di qualche Stato, perché lì andiamo, questa è la strada. Bene, invece, la risposta legata alla maggiore trasparenza che viene ipotizzata nel lavoro che si sta facendo anche in sede comunitaria.
Sulle agenzie di rating dobbiamo metterci d'accordo una volta per tutte se le Autorità di vigilanza nazionali hanno ancora un senso. Allora, se la Consob ha un senso, che dia un cenno di esistenza alle agenzie di rating; tra l'altro, le agenzie di rating richiamate, non solo in questa interpellanza, ma anche nei recenti dibattiti qui in Aula, hanno anche qualche problema giudiziario in Italia, noto. I vertici di alcune agenzie di rating sono stati rinviati a giudizio e probabilmente dovranno rispondere di alcuni reati che, francamente, alcuni di noi avevano anche ipotizzato, viste le modalità con le quali avevano approcciato alle valutazioni, non solo, sul nostro debito sovrano, ma in particolar modo sul nostro. E quindi, qui, ribadiamo una nostra valutazione; da Consob ci aspettiamo un cenno, non solo di valutazione e di esistenza, ma un cenno molto chiaro. L'Autorità europea, l'ESMA, sottosegretario Polillo, può attivarsi sulla base anche di una chiara presa di posizione di Consob di una segnalazione nel nostro Paese, perché dubito che dall'Europa possano arrivare scelte tempestive se nessuno incalza le autorità di vigilanza europee.
Signor Presidente, concludo ribadendo che noi torneremo su questo tema; continueremo a monitorare tutti i passi che saranno fatti in sede comunitaria, ma abbiamo intenzione di ribadire un concetto: il Governo italiano, il Governo Monti ha fatto un passo avanti importante rispetto al Governo precedente che sul tema era, in maniera imbarazzante, omertoso; i tempi della burocrazia disegnati dal sottosegretario Polillo però sono inadeguati rispetto ai tempi della finanza e noi vorremmo che si accorciassero questi tempi e si consentisse alle autorità che possono intervenire di esercitare il loro potere prima che sia troppo tardi.

(Orientamenti del Governo in merito ad un progetto di dismissione di parti del patrimonio pubblico non funzionali allo svolgimento dei compiti essenziali delle pubbliche amministrazioni, a fini di riduzione del debito pubblico - n. 2-01533)

PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01533 concernente orientamenti del Governo in merito ad un progetto di dismissione di parti del patrimonio pubblico non funzionali allo svolgimento dei compiti essenziali delle pubbliche amministrazioni, a fini di riduzione del debito pubblico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, questa interpellanza nasce come ordinaria e recentemente abbiamo deciso, con diversi colleghi, di trasformarla in interpellanza urgente. Dal momento della sua nascita essa ha mantenuto tutta la sua attualità e abbiamo accolto positivamente, la settimana scorsa, l'invito del Governo a posticiparne la discussione di una settimana perché prima abbiamo accolto con favore le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, il senatore Monti, a Berlino poi quelli che sono gli esiti, che stiamo cercando di analizzare in dettaglio, del decreto sviluppo. Quindi, oggi può essere un momento in cui il Governo ci dà un'indicazione su quelle che sono le prospettive a lungo termine, quelle che sono le strategie, per questo tema che, in buona sostanza, è riconducibile all'abbattimento del debito pubblico.
Noi interpellanti diamo innegabilmente merito al Governo di un grande lavoro nella fase iniziale, che nel 2011 ha permesso di superare gli esiti di quella che è stata la crisi estiva quando, in presenza di manovre come quella contenuta nel decreto-legge n. 98, quella prevista dal decreto-legge n. 138, ma anche dal n. 78, del 2010, con un impianto amplissimo, molti miliardi di manovra però il Paese stava «derivando» ed era, diciamo così, in una Pag. 57situazione precedente alla bancarotta. Il Governo, lo diciamo tranquillamente, con il cosiddetto decreto «salva Italia», con i sacrifici che esso ha imposto, è riuscito a riacquistare credibilità sul piano internazionale e credito sui mercati, proprio evitando quindi, quell'infausta situazione che stavamo paventando. Oggi si tratta, però, ovviamente, di consolidare quei risultati, di uscire da questa crisi, di impostare misure strutturali per la crescita e interventi urgenti.
Il Governo si sta muovendo, ne diamo anche qui atto: la riforma sulle liberalizzazioni, il tentativo di intervento di questi giorni sulla giustizia e sulle norme anticorruzione - perché la giustizia è un valore anche economico e la corruzione è una piaga che va sanata - il tema delle semplificazioni alle quali il Governo si è applicato, il tema del mercato del lavoro, pur con le difficoltà della soluzione del problema degli esodati.
Noi osserviamo il lavoro del Governo con attenzione, uscire dalla crisi significa tornare a crescere anche per non vanificare i sacrifici che stiamo facendo, quindi bene il pareggio di bilancio nel 2013 come obiettivo strategico, ma è solo un primo passo; spendere meno di quanto si incassa o spendere quanto si incassa è un obiettivo anche etico - mi consenta, signor Presidente - che però è un primo passo verso un comportamento virtuoso.
Queste manovre - mi consenta una breve osservazione - hanno prodotto nel Paese un carico fiscale - eravamo in fase di emergenza - il più elevato nel secondo dopoguerra, siamo in una situazione nella quale la Banca d'Italia e lo stesso Documento di economia e finanza recentemente rilasciato dal Governo danno valori dell'incidenza del carico fiscale superiori al 45 per cento, con una traiettoria di diminuzione che vedrà risultati solo nel 2015. Mi astengo dal parlare sulle valutazioni di associazioni come Confartigianato ed altre sull'incidenza fiscale al netto dell'economia sommersa, perché, signor Presidente, il signor sottosegretario le conosce anche troppo bene.
Quindi, dal punto di vista fiscale è necessario evitare ulteriori manovre, in pendenza anche di una situazione che vede la possibilità del ritocco dell'IVA. Quindi, bene le manovre sulla spesa improduttiva, su quella spesa che non genera dunque crescita e che non genera valore aggiunto in campo economico, ma il tema centrale, secondo noi a questo punto e da un po' di tempo - signor Presidente è il debito, il punto vero del nostro Paese, come tutti sanno, in questa crisi in cui siamo così esposti è il debito, nelle sue dimensioni assolute e percentuali, per quant'è la dimensione degli interessi e degli oneri passivi che ogni anno siamo costretti a pagare. Oggi vediamo un sempre convulso andamento dei tassi di interesse, abbiamo toccato punte sopra il 7 per cento in novembre scorso, ma anche oggi sui titoli pluriennali abbiamo qualche difficoltà. In valore assoluto sono decine di miliardi che noi spendiamo solo per l'onere del nostro debito, è chiaro che gli accordi di riduzione in vent'anni del 50 per cento a livello europeo sono vincoli che noi ci diamo prima di tutto per noi stessi, bene l'azione del Governo nel tentativo a livello europeo di trovare soluzioni comuni come gli eurobond, gli acquisti sul mercato secondario, ed altre, però questi saranno forse possibili ma nel momento attuale noi dobbiamo sapere che l'intervento sul debito, almeno così crediamo noi, è una priorità del nostro Paese.
È una priorità che anche la Corte dei conti recentemente ha indicato e riaffermato, così come il Governatore della Banca d'Italia, una priorità che accogliere è difficile: dal 1992 non c'è mai stato un calo in valore assoluto del debito pubblico, forse allora il patrimonio dello Stato e della pubblica amministrazione e le proprietà nel recinto pubblico devono intervenire in questa opera di riduzione del carico debitorio e degli interessi che gli italiani pagano.
Noi crediamo, signor Presidente, che su questo le dimensioni ci siano per degli interventi, il patrimonio è stimato secondo dati tecnici del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicati anche sulla Pag. 58stampa, in circa 1.800 miliardi, una quota molto inferiore alla metà fruttifera. Ci sono studi che indicano un patrimonio immobiliare consistente di circa 400 miliardi, c'è un patrimonio azionario, noi ci rendiamo conto, signor Presidente, che il mercato in queste situazioni è sfavorevole, che le proprietà azionarie dello Stato vanno viste non solo come valore economico, ma anche come valore e asset strategico del Paese e delle sue politiche industriali future, ci rendiamo conto che anche il patrimonio immobiliare in parte è ad uso istituzionale e fruibile da parte delle pubbliche amministrazioni, ma forse, forse, signor Presidente, un insieme di dismissioni mirate di patrimonio immobiliare non ad uso strumentale, una migliore gestione patrimoniale di quanto è fruttifero da parte dello Stato potrebbero dare sollievo.
Anche perché, signor Presidente, se prendiamo i dati che ci forniscono gli esperti e che la stampa riporta e la resa del patrimonio fruttifero, che avrebbe valori inferiori all'1 per cento, e la confrontiamo con i tassi che paghiamo per il nostro debito, capiamo che la situazione è abbastanza complessa e ci sono degli spazi.
Quindi, in conclusione, signor Presidente, ciò che noi chiediamo al Governo in questo momento con questa interpellanza urgente non è solo una risposta contingente, ma una risposta sulle strategie e sulle prospettive. Noi pensiamo che la sola fiscalità non sia più la risposta per cercare di creare avanzi primari per contenere il debito e liberare risorse per la crescita, ma in questo senso penso che debba intervenire anche un miglior utilizzo del patrimonio pubblico e una riduzione del debito. Lotta all'evasione e tagli alla spesa improduttiva sono tutte azioni che il Governo meritoriamente sta cercando di perseguire e debbono accompagnarsi ad una riduzione del debito tramite dismissioni mirate e valorizzazioni del patrimonio.
Questa è la nostra convinzione, questo può essere un modo per liberare risorse a favore delle famiglie, partendo da quelle più in difficoltà, e a favore delle aziende. Abbiamo presente la discussione sul decreto-legge sviluppo e sulle sue reali portate. Crediamo che questo sia il momento di agire in questo senso e su questo settore, non tanto per vincoli esterni, ma per dare un futuro migliore e di maggiore stabilità alla nostra economia.
Chiediamo quindi al Governo, anche dopo le recenti decisioni adottate, di illustrarci nel dettaglio la sua opinione e le prospettive strategiche in questo settore.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, volevo naturalmente ringraziare l'onorevole Benamati per la ricostruzione che ha fatto dello scenario di politica economica portato avanti dal Governo in relazione ai problemi di fondo della vita del Paese. Quindi, concordo con la ricostruzione fatta e soprattutto sull'esigenza che egli ha posto di evitare qualsiasi ulteriore manovra, perché quelle che abbiamo già realizzato, non soltanto in quest'ultimo anno, ma anche negli anni precedenti, sono state di una intensità straordinaria.
Ricordo di solito che - da dati della Banca d'Italia - in tre anni faremo una manovra di circa 5 punti di PIL. In altri Paesi, come per esempio l'Olanda, quando si trattava soltanto di fare una manovra di 1,6 punti di PIL, la risposta è stata le elezioni anticipate. Questo ci dice quale è la grande capacità di sopportazione degli italiani rispetto a standard di carattere internazionale.
Quindi, naturalmente non dobbiamo abusare di questa pazienza e soprattutto dobbiamo assolutamente evitare - concordo anche su questo - un ulteriore aumento dell'IVA. A questo proposito, vorrei ricordare che sui saldi di finanza pubblica mancano all'appello circa 4 miliardi che dovremmo compensare con il risultato della spending review, di cui porteremo nei prossimi giorni il primo decreto-legge di tagli effettivi all'attenzione del Parlamento. Pag. 59
Non c'è dubbio, quindi, che qualsiasi ulteriore intervento oggi presuppone interventi straordinari sulla riduzione del debito che possono essere effettuati soltanto con operazioni di carattere patrimoniale. I dati li ha forniti l'interrogante. Quindi, voglio soltanto richiamare brevemente alcune considerazioni e rafforzare il suo ragionamento.
Nel 1997 il debito pubblico italiano era posseduto per il 22 per cento dai non residenti all'estero e per il resto dai residenti. Nel 2010, invece, a distanza di poco più di dieci anni, la percentuale di debito pubblico posseduta dai non residenti è salita al 44 per cento: è raddoppiata. Se è diminuita nel 2011, questa diminuzione si deve esclusivamente a manovre di vendita allo scoperto - tanto per capirci -, che hanno determinato l'aumento degli spread che tutti conosciamo.
Il passaggio dal 22 al 44 per cento del debito pubblico in mano a non residenti significa, da un lato, internazionalizzazione del debito ma anche, dall'altro lato, una grande vulnerabilità del Paese di fronte a shock esogeni, che possono venire dalla cattiva congiuntura internazionale oppure da semplici manovre di carattere speculativo.
Quindi, vi è l'urgenza ulteriore di varare manovre per l'abbattimento del debito, anche se devo dire che, quando entrerà in vigore il fiscal compact, saremo già in grado di prevedere il rispetto di quella disciplina, nell'eventualità di un pareggio nominale del bilancio, e saremo in grado di rispettare, nei venti anni, la riduzione del debito fino al 60 per cento. Questo, tuttavia, presuppone una serie di condizioni che sono un po' complesse da realizzare, perché pareggio di bilancio significa, comunque, avere un attivo, un avanzo primario, che sia pari esattamente all'importo degli interessi passivi che ogni anno bisogna pagare. Se gli interessi passivi, per cause indipendenti dalla nostra volontà, ma collegate alla congiuntura dei mercati internazionali, crescono, evidentemente tutto il ragionamento macro sulla dimensione del debito non tiene più.
Da qui, allora, a mio avviso, vi è la necessità di manovre di carattere straordinario per abbattere il debito anche perché - diciamo la verità - fin quando l'aumento del debito non costava, nel senso che l'eccesso di liquidità internazionale faceva tendere verso zero gli interessi reali sul debito e, quindi, comportava quasi interessi negativi in termini reali, non vi era una grande spinta a ridurre il debito. Oggi che, invece, sul debito italiano si paga il 5-6 per cento (quando dice bene), allora vi è una convenienza oggettiva a ridurre ed eventualmente a sostituire titoli del debito pubblico con altri strumenti di credito, casomai garantiti da collaterali: parlo dell'eventualità di un fondo comune di investimento, le cui quote potrebbero essere distribuite sul mercato internazionale oppure date a banche, le quali, a loro volta, possono utilizzarle come collaterale per il finanziamento presso la BCE.
Come vedete, vi è un'intelaiatura finanziaria che è possibile attivare. Vi è, tuttavia, solo una difficoltà: organizzare questo fondo, avere gli asset disponibili ed effettuare tutta una serie di operazioni collaterali e, comunque, avere anche un po' una testa che organizzi il tutto, perché un'operazione di questa complessità probabilmente non si riesce a fare con gli strumenti ordinari della gestione dell'amministrazione. Però, abbiamo un precedente importante, che è il decreto-legge che stiamo per licenziare qui alla Camera, nella Commissioni I e V, sulla spending review, che prefigura, in un certo senso, una soluzione di carattere amministrativo diversa da quella che è l'ordinaria amministrazione - lo dico come ipotesi di scuola - e che potrebbe essere replicata nell'eventualità in cui si decidesse di fare un'operazione - naturalmente con personaggi diversi - di più ampia portata.
In attesa che questa esigenza maturi nella consapevolezza del Paese, che cosa sta facendo il Governo? Come sapete, abbiamo già predisposto un decreto-legge, che sarà presentato alle Camere nei prossimi giorni, la cui finalità è quella di procedere a una razionalizzazione e a un Pag. 60riassetto delle partecipazioni detenute dallo Stato attraverso un'integrazione, sotto il punto di vista industriale, delle attività attualmente svolte dalla Cassa depositi e prestiti Spa nel campo della gestione delle partecipazioni e della valorizzazione immobiliare, nonché dell'intervento finanziario nel settore dell'export e dell'internazionalizzazione delle imprese con quelle svolte nei medesimi settori dalle società partecipate dallo Stato, Fintecna, Sace e Simest.
L'operazione si inquadra nell'ambito di una più ampia azione di razionalizzazione degli enti e delle società partecipate detenute dallo Stato, al fine di aumentarne l'efficacia gestionale e, ove necessario, l'efficienza. Naturalmente, gli strumenti, anche in questo caso, possono essere diversi e questo è uno soltanto degli strumenti possibili.
Con questa operazione si avrebbe un effetto positivo sul debito pubblico e si doterebbe la Cassa depositi e prestiti di un patrimonio maggiore, che le consentirebbe di aumentare la sua capacità di raccolta sul mercato per un'eventuale operazione di abbattimento dello stock del debito. Con più capitale, la Cassa depositi e prestiti potrebbe fare più emissioni con cui finanziare acquisti di patrimonio pubblico tramite i suoi fondi immobiliari già costituiti o di nuova costituzione.
Il piano di dismissione è vasto: nel mirino ci sono gli immobili pubblici e le società controllate da regioni ed enti locali. Le norme per cedere alcune tipologie di asset già esistono. Un veicolo per la cessione di immobili pubblici è la società di gestione del risparmio prevista dalla manovra 2011, che prevede che il Tesoro possa costituire uno o più fondi di investimento chiusi, promossi da regioni, province e comuni al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare. Le azioni della società di gestione del risparmio potrebbero essere trasferite dal Tesoro all'Agenzia del demanio.
Un'altra norma contenuta nella legge di stabilità per il 2012 pone le basi per conferire gli immobili dello Stato centrale in uno o più fondi di investimento immobiliare o in società di nuova costituzione. Attraverso un decreto amministrativo il Governo deve individuare gli immobili da vendere, ma l'operazione è comunque complessa, considerando che dovrebbe comprendere anche le società controllate dalle regioni e dagli enti locali.
Questo è lo stato dell'arte, su cui credo che sia giusto che il Parlamento avvii la riflessione che ci sarà in occasione della conversione in legge del decreto-legge per accelerare procedure che, sulla base dell'attuale legislazione, sembrano un po' farraginose e molto complesse da mettere in moto.
Per richiamare le considerazioni che svolgeva prima l'onorevole Boccia - e con cui concordo -, oggi viviamo una profonda contraddizione tra la lentezza con cui dobbiamo muoverci tra leggi, regolamenti e strutture amministrative e la velocità invece dei mercati internazionali. Se non cerchiamo di diminuire queste distanze, c'è il rischio che tutte le soluzioni che definiremo serviranno a ben poco perché, nel frattempo, la situazione sarà precipitata.
È quindi con questo auspicio che credo si possa continuare la nostra discussione quando affronteremo la conversione del decreto-legge a cui facevo riferimento.

PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di replicare.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, ho apprezzato la visione e molte delle riflessioni del sottosegretario Polillo, a partire dall'apprezzamento per i sacrifici che sta facendo il popolo italiano, sacrifici che giustamente - come ha richiamato - altri partner europei che vengono più spesso additati con una maggiore enfasi non sarebbero riusciti a comporre.
Credo che il sottosegretario abbia detto molte cose condivisibili in linea di principio: è il momento di ridurre il debito in quanto la distanza tra gli interessi passivi e attivi si è allargata rispetto al nostro patrimonio e abbiamo la necessità di un sistema - quadro. Faccio notare al sottosegretario che giacciono anche a nostra Pag. 61firma - e a firma di molti colleghi di tutte le parti di questo emiciclo - delle proposte di legge sulla dismissione di parte del patrimonio dello Stato e sulla realizzazione di fondi per la gestione patrimoniale più accurata e redditizia del patrimonio dello Stato.
Quindi, non posso che dare atto al sottosegretario che la sua premessa è assolutamente condivisibile e devo dire - come prima ha rimarcato l'onorevole Boccia - che è molto interessante e importante che in quest'Aula si inizi a parlare con un criterio di merito così serio su tali questioni.
Dal punto di vista della prospettiva, signor sottosegretario, capiamo l'impostazione.
Ci sfugge e mi sfugge - siccome questo è un tipo di attività che male si adatta a conciliare velocità dei mercati e rapidità della risposta, ma che sui tempi medi e brevi può avere una certa rilevanza - l'ampiezza della portata di questa manovra che il Governo sta definendo. Quindi, i contorni economici complessivi non mi sono chiari.
Non posso che dire che, dal punto di vista delle sue premesse e della sua analisi, anche io condivido quello che lei ha detto, ma auspico naturalmente che troviamo la possibilità di passare da una condivisione su questi principi ad una attività efficace nel merito.

(Tempi di adozione dei decreti attuativi previsti dal decreto legislativo n. 85 del 2010 in materia di attribuzione di beni statali a comuni, province, città metropolitane e regioni - n. 2-01549)

PRESIDENTE. L'onorevole Albini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01549, concernente tempi di adozione dei decreti attuativi previsti dal decreto legislativo n. 85 del 2010 in materia di attribuzione di beni statali a comuni, province, città metropolitane e regioni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TEA ALBINI. Signor Presidente, sarà molto breve perché la domanda mi sembra precisa e molto sintetica. Si chiede semplicemente di sapere i tempi con cui il Governo andrà a definire i decreti attuativi (decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri) necessari per individuare i beni che potrebbero passare, a norma del decreto legislativo n. 85 del 2010, dalla proprietà statale a quella degli enti locali.
Il motivo della richiesta mi sembra molto semplice. Si parla soprattutto, eventualmente, di quei beni che in gran parte già sono utilizzati dagli enti locali. In particolare, la disponibilità in proprietà agli enti renderebbe possibile agli enti stessi, a mio parere, un intervento manutentivo, per esempio, nel caso di beni immobili che hanno necessità anche di interventi manutentivi grossi. Si darebbe quindi la possibilità di incidere in questo senso. Inoltre, ci sarebbe la possibilità da parte degli enti di un'utilizzazione più coerente con gli obiettivi e le previsioni urbanistiche degli enti stessi.
Ritengo anche - per questo nasce anche l'esigenza di sapere in quali tempi e come verranno varati questi decreti attuativi - che in molti casi questi beni già siano in utilizzo da parte degli enti locali e difficilmente potrebbero tornare ad un utilizzo statale, anche perché nella gran parte dei casi sono utilizzati, ad esempio, a fini scolastici. Quindi, difficilmente potrebbero avere un utilizzo diverso e soprattutto difficilmente gli enti potrebbero acquisire in modo diverso la proprietà del bene, tanto meno in modo oneroso, considerata la situazione economica e finanziaria degli enti.
Ritengo in questo senso che l'attesa sia tanta, soprattutto per quei beni che, come si diceva, sono attesi da tempo. Mi risulta siano già state fatte numerose richieste, soprattutto da parte dei comuni. In questo senso, penso che anche l'ipotesi, a volte ventilata, di un'eventuale permuta di beni fra enti locali e demanio sia da ritenere quantomeno improbabile, per due motivi: in primo luogo, perché nella stragrande maggioranza dei casi si tratterebbe di impossibilità di compensare il valore dei beni; in secondo luogo, i beni eventualmente in disponibilità degli enti locali Pag. 62sono nella stragrande maggioranza dei casi vincolati a risorse dell'ente stesso, che molto spesso utilizza questi beni, non usati in modo strumentale, per alienazione e per favorire quegli investimenti che l'indebitamento non gli consente. In questo senso, credo che sia necessario addivenire quanto prima alla definizione di questi decreti attuativi per rispondere a queste attese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, considero come risposta a questa interpellanza la discussione che abbiamo fatto in precedenza nei suoi profili di carattere generale, quindi mi limiterò soltanto ad entrare nel dettaglio dell'interpellanza presentata, cioè quali sono i tempi di adozione dei decreti per individuare la lista dei beni immobili da attribuire alle regioni e agli enti locali ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85.
Su questo il Governo ha già riferito nella seduta del 15 febbraio all'onorevole Barbato, che ha svolto in Commissione finanze della Camera dei deputati un'attenta disamina della questione. In quella occasione si è avuto modo di ricordare che il citato decreto legislativo delinea un percorso articolato, molto articolato, di individuazione e di attribuzione, a titolo gratuito, a diversi livelli di governo, di beni immobili, demaniali o patrimoniali, di proprietà dello Stato.
Le procedure di trasferimento erano diverse in funzione della diversa tipologia di beni presi in considerazione dalla legge. Fra queste, quella che demandava ad appositi decreti ricognitivi del Presidente del Consiglio dei ministri l'elencazione di immobili suscettibili di trasferimento agli enti territoriali.
Tali decreti, per poter operare, necessitavano altresì di una positiva previa intesa in sede di Conferenza unificata. Tuttavia, nonostante ripetuti confronti e valutazioni, anche nel corso di diversi incontri tecnici, con le associazioni rappresentative degli enti territoriali, il primo schema di decreto presidenziale predisposto (la cosiddetta white list), iscritto più volte all'ordine del giorno della Conferenza, non ha registrato l'acquisizione dell'intesa prescritta da parte del dispositivo di legge.
Analogamente, la Conferenza ha reso un parere negativo su uno schema di decreto del direttore dell'Agenzia del demanio, recante il simmetrico elenco dei beni esclusi dal trasferimento (la cosiddetta black list). Pertanto, come già riferito dal sottosegretario di Stato delegato, l'Esecutivo non ha ritenuto possibile disattendere tale avviso contrario espresso dalle autonomie locali sugli schemi di provvedimenti in questione, considerato che l'intero meccanismo di attribuzione dei beni statali, delineato dal decreto legislativo n. 85 del 2010, richiede una necessaria condivisione da parte di regioni ed enti locali.
La maturazione successiva di sempre più urgenti e significative misure di finanza pubblica conseguenti alla perdurante situazione congiunturale hanno, più di recente, indotto poi a considerare il patrimonio pubblico non vincolato ad esigenze funzionali delle amministrazioni, non solo statali, come una risorsa cui occorre necessariamente mettere mano nell'immediato, in modo organico e complessivo.
Di qui il recentissimo provvedimento legislativo d'urgenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2012, in corso di sottoscrizione da parte del Presidente della Repubblica a cui alludevo nella risposta alla precedente interpellanza.
Allo scopo di reperire risorse finanziarie utili per l'adempimento di debiti finanziari e commerciali delle amministrazioni pubbliche, il decreto-legge prevede, tra l'altro, la costituzione di un fondo immobiliare al quale verranno conferiti tutti gli immobili pubblici, sia dello Stato (ivi comprese le caserme), sia degli enti territoriali (ivi compresi quelli dei comuni). Pag. 63
Detti immobili, anche con l'ausilio di Cassa depositi e prestiti, potranno essere valorizzati e venduti per conseguire la necessaria provvista finanziaria occorrente per i ricordati impieghi. Gli enti proprietari degli immobili avranno quote di partecipazione al fondo e risorse liquide da utilizzare a riduzione dei propri debiti, ma, come dicevo in precedenza, di questo decreto-legge avrete contezza non appena il Presidente della Repubblica lo avrà firmato, e quindi lì vi sarà una base di discussione un po' più solida.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Albini rinunzia ad intervenire in sede di replica.

(Elementi ed iniziative in ordine ad una lettera redatta dall'ufficio persone fisiche della direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate relativa a richieste di giustificazione delle spese - n. 2-01556)

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01556, concernente elementi ed iniziative in ordine ad una lettera redatta dall'ufficio persone fisiche della direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate relativa a richieste di giustificazione delle spese (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, interverrò soltanto pochissimi minuti per ricordare essenzialmente quale sia la questione. È arrivata a decine, centinaia di migliaia di contribuenti una lettera, datata 28 maggio 2012, sottoscritta dal direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ma redatta dall'ufficio persone fisiche della direzione centrale accertamento.
Queste lettere sostanzialmente chiedono al contribuente di dimostrare la quota di spese eccedenti per almeno un quinto il reddito complessivo dichiarato nel 2011 e per capire se tale quota eccedente è stata finanziata con redditi diversi da quelli dichiarati sul modello unico, cioè con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte.
Vorrei qui ricordare essenzialmente due cose. In primo luogo, la lettera, a mio avviso, è scritta in maniera apparentemente colloquiale e gentile però sostanzialmente è una lettera che ha la finalità di incutere terrore e può assumere anche delle connotazioni quasi intimidatorie, di fatto violando il principio della leale collaborazione fissato dallo statuto del contribuente. Noi siamo convinti che il rapporto tra Stato e cittadino debba essere sempre e comunque un rapporto equilibrato. Siamo altresì convinti che in un momento di grave difficoltà sociale ed economica del Paese in cui versano milioni e milioni di famiglie questo genere di rapporto collaborativo debba trovare altri sistemi ed altre metodiche.
Invece siamo convinti che la direzione intrapresa, la strada scelta dall'Agenzia delle entrate non vada verso questa direzione. Per cui questa lettera è assolutamente ambigua perché, per certi versi, assume una connotazione intimidatoria, per altri, potrebbe anche assumere quasi una connotazione estorsiva allorquando lascia intendere al contribuente che in prossimità della nuova dichiarazione dei redditi deve in ogni caso essere portato o deve tendere ad un'eventuale normalizzazione. Tra l'altro di fatto, invocando anche la privacy, nel questionario allegato non si riportano in maniera dettagliata quelle che possono essere o quelle che sono di fatto le contestazioni, ma il questionario individua una serie di voci (tra l'altro alcune di queste obbligatorie, talune anche socialmente importanti quali ad esempio le spese per l'università, le spese previdenziali, le spese per il normale mantenimento della famiglia), ma senza assolutamente introdurre o senza dire quelli che sono gli importi dubbi o gli importi contestati.
Questo evidentemente tende a ingenerare panico e sopratutto ad ingenerare una fastidiosa sensazione da parte del cittadino contribuente. Allora, in un momento in cui chiediamo al cittadino sempre Pag. 64maggiori sacrifici e sempre maggiore spirito di collaborazione, nell'interesse ultimo di riuscire a sostenere un sistema oggi in affanno in grande difficoltà ma che nell'interesse di tutti deve tendere sempre più verso un risanamento, non c'è dubbio che poi in un momento caratterizzato da un particolare sbilanciamento nei rapporti fra Stato e cittadino una lettera del genere non fa altro che acuire le tensioni. Noi di tutto abbiamo bisogno tranne che di acuire quelle tensioni sociali che poi a qualche sconsiderato possono far intraprendere strade non condivisibili, ma che purtroppo hanno anche connotato e caratterizzato alcuni gravi fatti di cronaca. È per questo che noi abbiano posto in questa interpellanza una serie di questioni in maniera assolutamente puntuale, e volevamo conoscere nello specifico la risposta e l'opinione del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, prendo atto del giudizio molto severo espresso da parte dell'onorevole Marinello, e mi dispiace anche un po' perché gli intenti manifestati erano un po' diversi, insomma. Però, se la reazione è stata questa significa, forse, che da parte dell'Agenzia delle entrate non si è tenuto conto delle possibili contraddizioni che nascevano da quella iniziativa.
Veda onorevole, la finalità di quella comunicazione era quella di offrire al contribuente la possibilità di verificare la compatibilità delle spese sostenute note all'Agenzia delle entrate e indicate in apposito prospetto dei redditi dichiarati nel 2011 (relativi quindi all'anno di imposta 2010) con quello che era stato il contenuto stesso della dichiarazione. Quindi era un modo per aiutare il cittadino, e per dire: guarda che tu hai fatto una dichiarazione che non corrisponde esattamente a quello che è il tuo tenore di vita.
Questo era lo spirito, poi possiamo averlo costruito male e, in effetti, aver avuto conseguenze controproducenti come ella lamenta nella sua interpellanza. Le lettere inviate non costituivano, quindi, l'innesco di accertamenti tributari, ma avevano una natura di mera comunicazione, con la finalità di diffondere la conoscenza, tra l'altro, di questo nuovo strumento di selezione dei soggetti per la determinazione sintetica del reddito che l'Agenzia delle entrate sta mettendo a punto e che è stato sperimentato recentemente con l'ausilio delle categorie, al fine di consentire una corretta imputazione delle spese. Infatti, se quello strumento, il cosiddetto redditometro, si utilizza male, allora rischiamo di fare qualche piccolo disastro, se non altro aumentare ulteriormente il contenzioso, e di tutto abbiamo bisogno meno che di quello. Pertanto, in questa fase il contribuente non deve giustificare alcunché. Se il destinatario della lettera ha correttamente dichiarato il reddito complessivo non è tenuto ad alcun adempimento integrativo; in caso contrario, come esplicitamente indicato nella comunicazione, il contribuente ha l'opportunità di dichiarare la componente reddituale parzialmente dichiarata o totalmente omessa, avvalendosi dell'istituto del ravvedimento operoso. Quindi, è una sorta di segnale di avvertimento. Gli si dice: tu contribuente hai un tenore di vita che non corrisponde al contenuto della dichiarazione, ti sei per caso sbagliato in qualche cosa? Se ti sei sbagliato ravvediti. Questo è un po' lo spirito, si può discutere, ma questo è.
L'indirizzo di posta elettronica dedicato al contribuente destinatario di tale lettera ha esclusivamente la funzione di consentire la segnalazione di eventuali errori o incongruenze derivanti dalle informazioni presenti nelle banche dati dell'Agenzia delle entrate. L'eventuale documentazione giustificativa delle apparenti discrasie tra le spese sostenute e il reddito dichiarato dovrà essere prodotta solo se il contribuente in futuro dovesse essere selezionato sulla base di ulteriori analisi di rischio per l'attivazione del procedimento di accertamento. A tale riguardo, l'Agenzia delle entrate evidenzia che il nuovo istituto Pag. 65dell'accertamento sintetico prevede un contraddittorio necessario propedeutico all'emanazione dell'atto accertativo. Pertanto, in tale preventiva sede, il contribuente avrà modo di produrre tutta la documentazione giustificativa dalla quale possa desumersi che il relativo finanziamento delle spese è avvenuto, ad esempio, con redditi diversi da quelli posseduti nell'anno 2010, con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
Conseguentemente, a parere dell'Agenzia, le comunicazioni oggetto dell'interpellanza sono state inviate nel rispetto della normativa vigente. Nello specifico, la contestazione puntuale richiesta dallo statuto del contribuente, richiamata nell'interpellanza, attiene agli inviti e alle richieste rivolte al contribuente nell'ambito di un procedimento accertativo. Le comunicazioni in questione non sono connesse ad un'eventuale procedimento accertativo. E, quindi, siamo fuori. Tali lettere sono state, infatti, spedite a mezzo di posta prioritaria e non con raccomandata con ricevuta di ritorno come si richiede per la validità della corrispondenza che attiene agli atti endoprocedimentali dell'accertamento tributario. Poiché la posta prioritaria non garantisce il recapito nelle mani del destinatario, l'Agenzia ha ritenuto di tutelare la riservatezza dei dati indicando genericamente le voci di spesa e non anche gli importi della stessa. L'Agenzia delle entrate, infine, fa presente che, in ogni caso, sta garantendo un servizio di informazioni e chiarimenti in merito alle comunicazioni in argomento, sia attraverso i centri di assistenza multimediale (numero verde), che presso gli sportelli degli uffici territoriali.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, prendiamo atto che di fatto il Governo ha riconosciuto che la lettera non è minimamente scritta secondo i principi e le norme previsti dallo statuto del contribuente. Dice giustamente il Governo che non aveva l'obbligo di attenersi a queste norme perché non ha il significato di un avviso di accertamento, però troviamo assolutamente strano che un ufficio interloquisca con l'utente, cioè con il cittadino, utilizzando comunque un metodo e uno strumento che è al di fuori di quelle regole che noi avevamo stabilito. E, quindi, mi pare del tutto ovvia la nostra considerazione.
Infatti vorremmo ribadire che il principio dello statuto del contribuente è una norma fondamentale di attuazione della Costituzione la quale contiene inderogabili linee guida del rapporto tra uffici e contribuente medesimo, al fine di evitare una riproposizione di documenti, come quella illustrata in premessa, nonché di tutta una serie di comportamenti da parte degli uffici che poi, di fatto, complicano la vita ai cittadini e, peraltro, servono ad aumentare enormemente il contenzioso fiscale. Senza poi considerare, senza poi dire, che lo stesso termine che ha utilizzato il sottosegretario, ripetendolo due o tre volte, di «avvertimento» è un termine che fa venire un po' il prurito in una situazione particolare come quella italiana dove gli avvertimenti, a dire la verità, dai tempi de I Promessi Sposi, dai tempi dei bravi di manzoniana memoria, evidentemente hanno significato ben diverso. E pertanto siamo convinti e lo restiamo ancora di più e, di conseguenza, invitiamo il Governo ad operare un'attenta vigilanza sull'operato dell'Agenzia delle entrate e soprattutto a dare un indirizzo specifico onde evitare che comportamenti di questo genere possano continuare. Infatti siamo convinti che tali comportamenti siano al limite se non al di fuori delle norme e soprattutto, così come ho detto nella prima parte del mio intervento, in un momento di grande difficoltà del Paese non fanno altro che acuire le tensioni sociali. Noi abbiamo invece in questo momento un interesse assolutamente opposto e dobbiamo lavorare, al contrario, per trovare i motivi di una nuova concordia nazionale, i motivi di una nuova coesione e, a mio avviso, con gli avvertimenti più o meno dal nobile intento Pag. 66non si riesce a ottenere lo scopo che gli uffici si prefiggono. Pertanto non mi ritengo soddisfatto della risposta del Governo e la nostra azione continuerà vigile e attenta per far sì che i diritti dei cittadini non vengano ancora una volta compulsati da un atteggiamento oppressivo, occhiuto e talvolta arrogante da parte degli organi dello Stato.

(Chiarimenti ed iniziative in merito alla vigenza delle disposizioni normative in materia di smaltimento fuori regione dei rifiuti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, effettuato presso alcuni impianti campani - n. 2-01553)

PRESIDENTE. L'onorevole Consiglio ha facoltà di illustrare l'interpellanza Stucchi n. 2-01553, concernente chiarimenti ed iniziative in merito alla vigenza delle disposizioni normative in materia di smaltimento fuori regione dei rifiuti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, effettuato presso alcuni impianti campani (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, premetto che il problema dello smaltimento dei rifiuti urbani, tipico delle società industrializzate, risulta di non facile soluzione sia per le innumerevoli tipologie di rifiuti sia per la loro ingiustificabile quantità. Va premesso, inoltre, che tutte le tecnologie di smaltimento oggi disponibili, anche le più avanzate, non possono certo garantire né assicurare una soluzione completa e assolutamente priva di inquinanti, anche se in misura ridotta, più o meno controllabili.
Il rifiuto urbano speciale o qualunque sia la sua classificazione accompagna l'uomo da quando è nato il mondo. Tutto il corso della storia ci insegna che ogni società ha dovuto misurarsi, grandi o piccola che fosse, con questa problematica: società progredita o meno risolveva il problema più o meno brillantemente nel suo confine, nel suo territorio. Da questo ne deduciamo, signor Presidente, che la produzione dei rifiuti non può essere in nessun modo considerata un'anomalia né può né deve diventare un'emergenza per il suo smaltimento.
Ed è per tale ragione, signor Presidente, che alla luce di questa premessa abbiamo presentato l'interpellanza urgente rivolta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, facendo riferimento all'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, che riguarda le misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, come modificato dalla legge n. 28 del 2012. Queste disposizioni recano misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale. In particolare, si fa riferimento ai rifiuti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, effettuato presso un numero definito di impianti campani di Caserta, di Napoli e di Salerno.
Questi pertanto, come tali, sarebbero oggetto di libero mercato e potrebbero essere trasportati e smaltiti fuori regione.
Tuttavia, tale disciplina è stata prevista strettamente per il periodo di emergenza, quale normativa derogatoria, peraltro in parziale contraddizione con la stessa normativa speciale sull'emergenza dei rifiuti della Campania. Infatti, l'articolo 4-octies del decreto-legge n. 97 del 2008, convertito poi in legge e riguardante disposizioni in materia di trasferimento e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, ha integrato e precisato quanto stabilito dalle precedenti disposizioni emergenziali di cui al decreto-legge n. 90 del 2008, il quale prevede che, fino alla cessazione dello stato di emergenza (intervenuta il 31 dicembre del 2009), vige anche per la regione Campania il divieto di smaltimento extraregionale dei rifiuti urbani, salvo accordo interregionale, esclusi i rifiuti della raccolta differenziata inviati presso impianti per il riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia.
In ogni caso, signor Presidente, la formale cessazione al 31 dicembre 2009 dello stato di emergenza rifiuti in Campania, Pag. 67dovrebbe aver inciso sulla possibilità di trasferimento fuori regione dei rifiuti urbani campani e sulle deroghe stabilite dalla normativa speciale per i rifiuti tritovagliati, riavviando il divieto di trasferimento fuori regione dei rifiuti urbani previsto dalla disciplina ordinaria dall'articolo 182, comma 3, del decreto legislativo n. 156 del 2006. Secondo quanto si evince dalla nota del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 2009, inviata a tutte le regioni, e da una nota dell'ufficio legislativo dello stesso Ministero, sembra che l'orientamento del Ministero sia quello di considerare alla pari dei rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle semplici attività di trattamento meccanico dei rifiuti urbani (tritovagliati).
Tuttavia i rifiuti campani, contraddistinti dal codice CER 191212, da tempo arrivano presso impianti della regione Lombardia, in particolare presso l'impianto Rea di Dalmine, essendo considerati speciali dalla normativa sopra citata e mettono in serio pericolo il principio di autosufficienza provinciale e regionale.
La regione Lombardia, in base ad un sistema ecosostenibile, sta puntando con decisione al principio di prossimità nello smaltimento dei rifiuti, al fine di ridurre le distanze dai luoghi di produzione. Le istituzioni del territorio lombardo, a vari livelli, si sono responsabilizzate nella gestione dei rifiuti solidi urbani, adottando una politica, talvolta impopolare ma comunque sempre lungimirante, che ha portato all'autorizzazione e realizzazione di 13 termovalorizzatori, che oggi consentono l'autosufficienza regionale.
Gli indirizzi dell'Unione europea prevedono in tema di rifiuti il principio della prossimità e c'è anche in ballo una questione di carattere legale: il Consiglio di Stato ha chiesto (con ordinanza 28 dicembre 2011, n. 6932) al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di acquisire una relazione tecnico-scientifica in base alla quale possa valutarsi l'attuale situazione dei rifiuti derivanti da tritovagliatura alla luce del sistema complessivo della normativa comunitaria e nazionale, specificandosi, in particolare, se essi siano da considerarsi rifiuti speciali ovvero urbani. Noi, con l'interpellanza urgente in esame, abbiamo chiesto al Ministro se si può mettere mano, allo scopo di evitare erronee interpretazioni della normativa vigente, e se il Ministero non intenda adottare le opportune iniziative normative ai fini dell'abrogazione dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, e successive modificazioni e, comunque, se non intenda chiarire, nell'immediato, l'avvenuta cessazione degli effetti del sopracitato articolo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Tullio Fanelli, ha facoltà di rispondere.

TULLIO FANELLI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, l'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Stucchi ed altri tratta della corretta classificazione dei rifiuti provenienti da un'operazione di trattamento e conseguentemente del regime giuridico e di controllo al quale questo rifiuto deve essere assoggettato.
È noto, infatti, che una non corretta attribuzione del codice europeo dei rifiuti (CER) potrebbe determinare la declassificazione di un rifiuto per assoggettarlo ad un regime di controllo e di gestione meno stringente di quello suo proprio. In particolare, la classificazione del rifiuto incide sull'applicazione del principio di prossimità risultante dall'ordinamento nazionale e comunitario.
In via preliminare, si deve sottolineare che è corretto attribuire ad un rifiuto proveniente da un impianto di trattamento un codice diverso da quello che il rifiuto aveva in entrata a detto impianto solo se il soggetto che effettua tale operazione può essere qualificato produttore, cioè un nuovo produttore. A tal fine, un soggetto che tratta un rifiuto è definito produttore dalla normativa nazionale e comunitaria solo a condizione che detto soggetto effettui Pag. 68operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti.
Di conseguenza, ad un rifiuto avviato ad attività di trattamento può essere assegnato un nuovo codice quando l'attività di trattamento modifica la natura o la composizione di detto rifiuto. Con specifico riferimento alla vicenda oggetto dell'interpellanza, quindi, l'attribuzione del codice CER 191212 - che, voglio ricordare, vuol dire altri rifiuti, compresi i materiali misti, prodotti da trattamento meccanico dei rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 191211, che è la medesima voce, ma contiene sostanze pericolose e, in sostanza, ciò vuol dire che nella 191212 devono essere escluse sostanze pericolose - si ritiene corretta se, da un punto di vista tecnico, sia accertato che il rifiuto in uscita dall'impianto ha natura o composizione diversa da quella che il rifiuto aveva prima del trattamento.
Trattandosi di rifiuti domestici si devono, però, sottolineare due ulteriori aspetti. In primo luogo, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha tradizionalmente affermato il principio che il rifiuto domestico, anche dopo un trattamento, continua ad essere un rifiuto domestico, se resta un rifiuto misto. In secondo luogo, il regolamento n. 1013/2006/CE sembrerebbe aver integrato tale principio con ulteriori elementi quando stabilisce che il rifiuto domestico indifferenziato cessa di essere tale all'esito di un'operazione di trattamento che ne abbia sostanzialmente modificato le proprietà. Quindi, i rifiuti urbani indifferenziati sottoposti a trattamento possono essere classificati con un nuovo codice se detto trattamento ne modifica le proprietà, pur restando il rifiuto un rifiuto misto; accertamento che deve essere fatto caso per caso in base a valutazioni tecniche.
Tale soluzione, del resto, è stata già accolta dall'ordinamento italiano per il cosiddetto CDR (combustibili da rifiuto urbano), che, pur restando un rifiuto misto, è stato classificato rifiuto speciale senza aver dato luogo a contestazioni da parte della Commissione europea. Per quanto riguarda, poi, il principio di prossimità, l'ordinamento nazionale prevede un regime particolarmente restrittivo. Infatti, al fine di responsabilizzare le collettività locali, si stabilisce, all'articolo 182, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, l'obbligo di bacinizzazione dello smaltimento dei rifiuti urbani indifferenziati, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Tenuto conto che la normativa nazionale di derivazione comunitaria deve essere interpretata in modo da privilegiare la coerenza con il diritto comunitario, il principio della bacinizzazione deve essere letto in relazione e in coerenza con il principio di prossimità.
In particolare, a detti fini si deve considerare che il principio di prossimità dello smaltimento non impone un rigido limite circoscrizionale allo smaltimento dei rifiuti, ma valuta la vicinanza dello smaltimento al luogo di produzione dei rifiuti in considerazione del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati.
Ai fini di una equilibrata lettura del dato normativo nazionale rispetto a quello comunitario, da un lato è necessario, per evitare che l'apporto di rifiuti provenienti da altre regioni possa incidere negativamente sulla corretta esecuzione del Piano di gestione dei rifiuti, dall'altro occorre contestualmente considerare non opponibile l'avvio allo smaltimento in altre circoscrizioni territoriali, laddove esistano degli impianti di gestione complessa capaci di recepire i rifiuti di provenienza extraregionale, che garantiscano l'equilibrio economico-finanziario dell'impianto e, al tempo stesso, attuano a livello nazionale il principio di economicità.
Per completezza, si deve evidenziare che il principio nazionale della bacinizzazione, interpretato alla luce del principio comunitario di prossimità, non riguarda i rifiuti avviati a recupero, anche domestici, in funzione di agevolarne il recupero, purché avvenga in condizioni di sicurezza. Pag. 69
Vale inoltre la pena ricordare che alla luce della normativa attuale «ove si verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa regione, lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata», così come disposto dal recente decreto-legge n. 2 del 2012, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 28.
Tutto ciò premesso, si concorda in ogni caso con l'esigenza evidenziata dagli interroganti di avviare tutte le iniziative di carattere normativo per chiarire il vigente quadro normativo nazionale di settore, anche alla luce delle determinazioni che saranno adottate dal Consiglio di Stato in merito all'ordinanza del 28 dicembre 2011, n. 6932, la cui prossima udienza di merito è prevista a breve.

PRESIDENTE. L'onorevole Consiglio, ha facoltà di replicare.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, è chiaro che non possiamo essere per nulla soddisfatti perché il cambio di codice a un rifiuto solo per dare la possibilità di gironzolare per l'Italia o per l'Europa diventa estremamente impressionante se poi viene calibrato in quella che è una incapacità di utilizzare fondi statali ed europei per la costruzione di termovalorizzatori in situ.
Sul trattamento, anche lì, grandi scappatoie. L'importante è stoccarlo da qualche parte. Entra nel capannone, esce dall'altra parte e viene considerato un sistema per far sì che il codice abbia un senso. Se poi parliamo di prossimità, caro sottosegretario, si tratta di 800-900 chilometri per spostare dei rifiuti su e giù per l'Italia. E non parliamo di quello che è addirittura il costo dello smaltimento in quelli che vengono considerati siti specializzati. Forse lì bisognerebbe dare un'occhiata e vedere cosa vengono a costare.
Noi siamo in Lombardia, caro sottosegretario, e ci sono 13 termovalorizzatori attivi. La capacità di smaltimento dei rifiuti solidi urbani supera ampiamente il fabbisogno presente e futuro del territorio regionale, anche in considerazione del costante aumento della raccolta differenziata. La provincia di Bergamo è, quindi, contraria all'autorizzazione di nuovi impianti e al loro ampliamento, il cui unico scopo potrà essere solo quello di ricevere rifiuti da altre regioni d'Italia. Il percorso virtuoso, adottato in Lombardia e in provincia di Bergamo ormai da anni, è la strada che tutte le regioni dovrebbero prendere come esempio e dovrebbero seguire per la risoluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti stessi. La provincia di Bergamo, proprio per l'impegno che mette nella gestione di questa problematica, non intende tollerare un ulteriore aggravio dell'inquinamento derivante dal trattamento e dallo smaltimento dei rifiuti non prodotti dal proprio territorio e che è già significativo per numero e dimensioni degli impianti insediati.
Attualmente l'inceneritore di Dalmine, in provincia di Bergamo, riceve quantitativi significativi di rifiuti urbani provenienti dalla regione Campania, classificati come rifiuti speciali senza che realmente lo siano, in deroga alle normative generali che prevedono che questo possa avvenire in base a un espresso accordo tra le regioni interessate.
In materia è pendente una causa al Consiglio di Stato che ha incaricato il Ministero dell'ambiente - lo abbiamo detto prima - per un giudizio in merito e su questo probabilmente ne vedremo il risultato prossimamente.
Dobbiamo anche dire che paradossalmente stiamo cercando di capire anche a livello nazionale se, nel caso ci fosse un parere negativo da parte del Consiglio di Stato, poi si aprirà una falla in alcune situazioni che andrebbero anche ad incidere sulla questione del mercato di questi rifiuti a livello nazionale, in prospettiva non solo per le aree critiche della Campania ma anche per tutte le altre, probabilmente Pag. 70anche per quelle che sono in sofferenza, ad esempio Palermo e la stessa capitale, Roma.
Paradossalmente, se parliamo poi degli investimenti pagati in tariffe dai cittadini del nord per la realizzazione degli impianti, dei termovalorizzatori, ne beneficeranno ancora le regioni non virtuose che negli anni non sono state in grado di realizzare un sistema efficace. Inoltre, le società che gestiscono gli impianti, soprattutto se sono private, potranno realizzare ricavi economici di un certo spessore dallo smaltimento dei rifiuti di provenienza extra regionale.
Tutto ciò, signor sottosegretario, alla luce di quanto ho appena esplicitato, rende evidente che i rifiuti da impiegare come combustibile, se importati da altre regioni, ci mettono nella condizione di poter inequivocabilmente affermare di essere in presenza di una violazione di uno dei principi fondamentali dell'Unione europea in materia di gestione dei rifiuti. Si viola, signor sottosegretario, il cosiddetto principio di prossimità, stabilito dall'articolo 16 della direttiva 2008/98 CE relativa ai rifiuti, e secondo il quale i rifiuti devono essere smaltiti o recuperati nell'impianto più vicino ai luoghi in cui sono prodotti.
La Corte di giustizia di Lussemburgo ha constatato che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti in Campania, accusando la stessa regione Campania, tra le altre cose, di non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti per garantire l'autosufficienza nello smaltimento sulla base del criterio, che abbiamo citato prima, della prossimità.
Questo principio è stato fortemente sostenuto in una lettera inviata dall'assessore della regione Lombardia, Daniele Belotti, al Ministro Clini. In questa lettera si chiedeva al Ministro di revocare le misure straordinarie che abbiamo, tra le altre cose, citato oggi in questa interpellanza. Altra presa di posizione molto forte è stata quella dell'amministrazione comunale della stessa Dalmine, dove ha sede questo inceneritore, dove lo stesso sindaco si è posizionato in modo molto negativo nei confronti di un sistema che non fa altro che mettere in condizione un impianto di aver bisogno della terza linea quando addirittura le due linee che esistono sono più che sufficienti.
Cosa possiamo dire, signor sottosegretario, riconfermando il fatto che non abbiamo avuto soddisfazione dalla sua risposta? Probabilmente non poteva esserci un'altra risposta se non quella squisitamente tecnica, tuttavia io dico che i comuni di Bergamo e della provincia di Bergamo sono, se andate a vedere un po' le statistiche, tra i primi posti per quanto riguarda la questione della raccolta differenziata e per l'attenzione che si ha, presso gli studenti nelle scuole, all'educazione civica proprio nei confronti di questa problematica.
È difficile poi pensare di dover spiegare a questi ragazzini come la semplice sostituzione di un codice può mettere in discussione tutto quello che loro fanno di buono per il loro ambiente. Se questo è un atteggiamento positivo per quanto riguarda il nostro territorio, chiediamo scusa per l'interpellanza urgente. Se, invece, viene considerato come qualcosa che può portare ad un'attenzione maggiore nei confronti di un territorio che, per quanto riguarda anche la questione industriale e così via, ha dato già molto e ha chiesto molto all'ambiente, credo che probabilmente ci manderete una lettera e noi presenteremo un'altra interpellanza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Rinvio dell'interpellanza urgente Anna Teresa Formisano - n. 2-01517)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Anna Teresa Formisano - n. 2-01517 è rinviato ad altra seduta.

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(Chiarimenti in merito al mancato risarcimento, da parte di INA Assitalia, a favore della società Italgasbeton con sede ad Anagni (Frosinone) - n. 2-01519)

PRESIDENTE. L'onorevole Morassut ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01519, concernente chiarimenti in merito al mancato risarcimento, da parte di INA Assitalia, a favore della società Italgasbeton con sede ad Anagni (Frosinone) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, intervengo molto rapidamente su questa vicenda, che si riferisce ad una questione molto puntuale che, tuttavia, riveste un carattere abbastanza singolare. La questione, come lei, appunto, ha detto nell'introdurre l'interpellanza urgente e nel darmi la parola, si riferisce alla Italgasbeton Spa, con sede ad Anagni in provincia di Frosinone, nel basso Lazio, ed è, questa, una realtà produttiva di prim'ordine nel settore dei lavorati per l'edilizia e in un comparto produttivo di grande valore per la realtà regionale del Lazio.
Nel corso degli oltre vent'anni di attività - questa impresa nasce intorno alla metà degli anni Ottanta - grazie alla produzione di prodotti del marchio Iperblock che sono commercializzati in Italia e in Germania, la Italgasbeton Spa ha ottenuto numerosissimi riconoscimenti internazionali che ne hanno rafforzato il carattere di impresa di avanguardia nel settore specifico della produzione dei semilavorati e dei laterizi, capace di operare per prodotti di altissimo valore tecnologico e con l'utilizzo di materiali che non sono inquinanti ma che, invece, sono realizzati con elementi prevalentemente naturali. Quindi, è un'impresa che si muove, in questo campo, con caratteristiche particolari di innovazione del prodotto, di innovazione tecnologica e quindi rappresenta anche una preziosa realtà del made in Italy che opera in una realtà territoriale non particolarmente caratterizzata da presenze produttive dello stesso tipo.
Ora, nonostante queste caratteristiche e anche i riconoscimenti internazionali, la Italgasbeton è stata, in varie occasioni, nel tempo recente, funestata da una serie di eventi negativi. Tralascio tutta una serie di fattori che sono, adesso, oggetto di vicende e di approfondimenti in sede giudiziaria per tentativi di compravendita nei confronti di questa impresa e che, lo ripeto, non ricordo qui approfonditamente, perché sono materie di approfondimento giudiziario, ma quello che voglio ricordare e che è oggetto di questa interpellanza urgente, riguarda uno in particolare tra questi eventi funesti che hanno intralciato e hanno danneggiato l'attività di questa impresa. Il principale di tali eventi è rappresentato da una grave esplosione determinatasi negli impianti della fabbrica nel 2007 che ha costretto l'azienda ad anni di inattività e a durissimi indebitamenti per garantire i livelli occupazionali, non indifferenti, che essa consente di mantenere. Per questa vicenda dell'esplosione è in essere un processo penale nei confronti dei responsabili, che sono stati chiaramente individuati; è accaduto che, in sede di primo grado, INA Assitalia è stata condannata al rimborso dei danni, tuttavia, nonostante questo, oggi si attende la sentenza di secondo grado, che però tarda a venire, presso la Corte di appello.
Questi tempi non sono compatibili con la necessità di risanamento e di risarcimento da parte della compagnia assicurativa INA Assitalia che, ancora oggi, rifiuta di erogare circa 7 milioni di euro di risarcimento fissati da una apposita terna arbitrale che si è riunita ed ha deciso tale risarcimento il 14 luglio del 2008. Tali risorse appaiono invece essenziali per una piena ripresa delle attività industriali e per una difesa dei livelli occupazionali in una realtà come quella del basso Lazio che, lo ripeto, è stata particolarmente colpita negli ultimi tempi dal restringimento del tessuto produttivo.
Debbo aggiungere che, nella giornata di oggi, INA Assitalia, in previsione della discussione di questa interpellanza urgente si è peritata di far pervenire al sottoscritto e quindi anche ai firmatari dell'interpellanza Pag. 72urgente, un documento che ricostruisce un po' tutta la vicenda dal punto di vista della compagnia assicurativa. Ora però, e mi avvio a concludere, la direzione della Italgasbeton, in una situazione di grave prostrazione che riguarda centinaia di famiglie, si è rivolta al Presidente del Consiglio per sollecitare un intervento del Governo su questa materia, inviando una lettera dettagliata. La Presidenza del Consiglio, molto sollecitamente e molto sensibilmente, devo dire, con una lettera dell'aprile 2012, ha poi richiesto al Ministero della giustizia e al Ministero dello sviluppo economico un chiarimento, allegandovi tutta la documentazione trasmessa dalla Italgasbeton Spa per chiedere di fornire una risposta all'interessato che, lo ripeto, riguarda una vicenda che non è solo apparentemente puntuale ma è di grande valore generale per le caratteristiche di questa impresa e del territorio che vi è interessato.
Quindi, l'interpellanza si rivolge ai Ministri - cui è rivolta peraltro la lettera della Presidenza del Consiglio - per avere un chiarimento sulla prospettiva e sull'esito di una vicenda molto dolorosa e preoccupante, che rischia di mettere in crisi una realtà importante dell'apparato produttivo centro-meridionale e del basso Lazio, con la possibilità di perdere centinaia di posti di lavoro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Guido Improta, ha facoltà di rispondere.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, l'Italgasbeton è una società operante nel settore della produzione di materiali da costruzione con un sito produttivo ad Anagni. Nel 2007, come riferito dall'onorevole Morassut, si è verificato un grave incidente nel citato sito, che ha comportato il decesso di un dipendente e la distruzione di oltre il 50 per cento dello stabilimento di produzione. A seguito dell'incidente è stata aperta un'inchiesta e l'area produttiva è stata oggetto di sequestro giudiziario.
Il conseguente fermo della produzione e la perdita di importanti contratti di fornitura hanno rappresentato le criticità più rilevanti per l'azienda. A seguito del dissequestro, avvenuto al termine del medesimo anno, è stato ricostruito lo stabilimento. Contestualmente è stata aperta un'annosa vicenda giudiziaria conclusasi con la sentenza del 2 agosto 2010, con cui il tribunale di Roma ha condannato INA Assitalia a rimborsare il danno generato dall'incidente. La compagnia assicurativa ha però fatto ricorso in Corte d'appello, richiedendo la sospensione dell'esecutività della citata sentenza, ottenuta poi nel febbraio del 2011. Dalle informazioni acquisite risulta inoltre che lo scorso novembre 2011 la Corte d'appello di Roma ha fissato l'udienza per la precisazione delle conclusioni al 13 ottobre 2013 e che, a seguito di un'istanza avanzata dall'appellata Italgasbeton, la trattazione della controversia è stata anticipata al 30 novembre 2012, con provvedimento presidenziale del 1 giugno 2012.
Il Ministero dello sviluppo economico, pur essendo estraneo allo svolgimento delle complesse vicende giudiziarie ancora in corso, ha comunque prestato attenzione alla fragile situazione finanziaria dell'azienda nei confronti delle banche, dei fornitori, dell'erario e conseguentemente di Equitalia.
In considerazione dell'importanza riconosciuta alla realtà produttiva ed occupazionale operante nel sito di Anagni, i competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico sono intervenuti presso Equitalia Sud perché fosse valutata, alla luce della complessa vicenda, l'esistenza di margini per strutturare un'operazione di transazione fiscale compatibilmente con le disponibilità finanziarie dell'Italgasbeton. Detta trattativa tra l'azienda ed Equitalia, per le informazioni in possesso del Ministero dello sviluppo economico, ad oggi risulta essere ancora in fase di definizione.
Relativamente infine agli aspetti strettamente assicurativi, con riferimento a quanto asserito nel testo dell'interpellanza, in merito alla necessità di risarcimento da Pag. 73parte di INA Assitalia che ad oggi rifiuta di erogare i 7,4 milioni di euro di risarcimento, si precisa che la vigilanza sulle imprese assicurative spetta all'Isvap e che comunque tale questione è oggetto di contenzioso presso le competenti autorità giudiziarie.
Il Ministero dello sviluppo economico comunque continuerà a prestare la massima attenzione per favorire, ove possibile, la positiva soluzione della delicata vicenda, anche in relazione alla citata problematica di natura fiscale.

PRESIDENTE. L'onorevole Morassut ha facoltà di replicare.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Improta, per il momento mi ritengo soddisfatto.

(Tempi per la stipula del contratto di programma tra l'ENAC e la società Save relativo alla gestione dell'aeroporto Marco Polo di Venezia - n. 2-01534)

PRESIDENTE. L'onorevole Gava ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01534, concernente tempi per la stipula del contratto di programma tra l'ENAC e la società Save relativo alla gestione dell'aeroporto Marco Polo di Venezia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO GAVA. Signor Presidente, l'ENAC già nel settembre 2003 aveva chiuso con la società Save, che gestisce l'aeroporto Marco Polo di Venezia, l'istruttoria per la stipula di un contratto di programma per il periodo 2004-2008. A seguito poi del mutamento del quadro normativo, nel maggio 2009, per poter ottenere l'adeguamento dei diritti aeroportuali - tra l'altro, fermi da oltre un decennio - la Save ha dovuto riavviare un nuovo procedimento per la stipula con ENAC del contratto per il periodo, a questo punto slittato, 2012-2016. Tale programma è stato approvato dal consiglio di amministrazione dell'ENAC il 18 luglio 2011, in data 21 ottobre 2011 l'ENAC ha inviato il contratto di programma e relativa documentazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Tra novembre 2011 e aprile 2012 l'ENAC ha fornito ulteriori chiarimenti richiesti dai Ministeri sopra citati, confermando, quindi, il contenuto del programma già deliberato. Il 5 gennaio 2012 il direttore generale dell'ENAC ha comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, in assenza di indicazioni contrarie, avrebbe provveduto a convocare Save per la sottoscrizione del contratto di programma.
Dato il tempo ulteriormente trascorso, in data 11 maggio 2012 Save ha formalmente invitato l'ENAC alla sottoscrizione del contratto di programma cui abbiamo accennato. L'ENAC aveva fissato per mercoledì 30 maggio 2012 la data della firma del contratto di programma, dandone comunicazione formale alla Save. Poi, successivamente, con data del 24 e del 25 maggio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva inviato all'ENAC delle proprie osservazioni, unitamente a quelle del Ministero dell'economia e delle finanze, concernenti una diversa valutazione di alcuni aspetti afferenti il merito del procedimento, che peraltro erano già stati positivamente valutati da ENAC.
A seguito di queste note, l'ENAC ha nuovamente sospeso la convocazione di Save per la firma del contratto di programma, e vorrei sottolineare come, in base alla normativa vigente, ENAC è l'unico soggetto titolato a definire il contenuto del programma, mentre gli organi di Governo dovrebbero limitarsi esclusivamente ad una verifica della legittimità, nel rispetto delle prerogative riconosciute, a presidio dell'autonomia decisionale dell'ente ENAC.
Il contratto di programma ENAC-Save allo stato attuale è, quindi, il solo strumento in grado di dare avvio ad importanti opere di investimento, che non rappresentano alcun costo per lo Stato. Voglio sottolineare che il traffico aeroportuale di Venezia per il 60 per cento è costituito da Pag. 74residenti stranieri. Quindi, il mancato sviluppo del traffico si traduce in mancata esportazione di fatto per la nostra regione Veneto. Con questa mancata stipula dell'contratto si configurano anche mancati introiti per le casse erariali, oltre a minori gettiti di imposte dirette e indirette a favore dello Stato.
Il motivo dell'interpellanza è, quindi, sapere quali siano i tempi che i Ministeri ritengono opportuni per la sottoscrizione di questo programma, essendo evidente che il piano di investimenti, che di fatto è bloccato in un momento difficile della nostra economia, è di oltre 600 milioni di euro e che, secondo un calcolo corretto che è stato effettuato, potrebbe rappresentare, oltre che un rilancio dell'economia locale, anche la creazione di circa 8 mila nuovi posti di lavoro.
Quindi, ci sembra una questione urgente che non possa rientrare in questo atteggiamento, di cui non si comprendono realmente le motivazioni, non essendovi costo da parte dello Stato. Quindi, chiediamo di sapere quando i Ministeri ritengano di dare avvio alla sottoscrizione di questo programma.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Guido Improta, ha facoltà di rispondere.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il contratto di programma ENAC-Save rientra nella tipologia dei cosiddetti contratti di programma «in deroga» alla normativa vigente, che risultano disciplinati dall'articolo 17, comma 34-bis, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, successivamente modificato dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e relativa legge di conversione n. 122 del 2010.
In base a tale normativa, la tipologia dei contratti in argomento è applicabile solo ai sistemi aeroportuali nazionali e comunque agli aeroporti con traffico superiore a 8 milioni di passeggeri annui, come nel caso dell'aeroporto di Venezia, ed è finalizzata alla previsione di sistemi di tariffazione pluriennale orientati: ai livelli e agli standard europei, ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza e, infine, a criteri di adeguata remunerazione degli investimenti e dei capitali.
Come è noto agli onorevoli interpellanti, tali contratti stipulati tra l'ENAC e le società di gestione aeroportuali sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Detta approvazione ha luogo a seguito di un complesso procedimento istruttorio, che vede coinvolti l'ENAC e i predetti organismi istituzionali, che vagliano la congruità giuridica ed economica dei contenuti di detti contratti per verificare la rispondenza dei sistemi di tariffazione in essi previsti ai parametri fissati dalla suindicata normativa.
Il precedente contratto ENAC-Save, relativo al periodo 2004-2008, non risulta essere stato approvato in quanto ritenuto non conforme alla normativa all'epoca vigente.
Il nuovo contratto, la cui istruttoria di approvazione risulta tuttora in corso, ha formato oggetto di complessi approfondimenti da parte delle competenti strutture del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, in collaborazione con l'ENAC, a seguito dei quali si è già raggiunta un'intesa su diversi punti controversi.
Il nodo irrisolto, che non ha consentito finora di procedere all'approvazione del medesimo contratto, è, in sostanza, quello concernente la richiesta della società Save di recuperare, in tariffa, il gap tariffario relativo agli anni 2001-2010, per investimenti comunque effettuati ma che, necessariamente, riverberebbe sulle tariffe a carico degli utenti.
Tale richiesta è stata oggetto di rilievi, sia pure con alcuni distinguo, da parte dei Ministeri competenti, a seguito dei quali l'ENAC ha avviato con la società Save una procedura per una nuova proposta riguardo Pag. 75al recupero del predetto gap tariffario che, a tutt'oggi, comunque non risulta ancora formalizzata.
Resta fermo l'impegno, anche al fine di agevolare gli investimenti già programmati, di addivenire alla soluzione della problematica evidenziata procedendo, quanto prima, all'approvazione del contratto in parola, tenendo conto delle esigenze innanzi delineate.

PRESIDENTE. L'onorevole Gava ha facoltà di replicare.

FABIO GAVA. Signor Presidente, la mia soddisfazione riguarda solamente l'impegno a concludere quanto prima ancorché, signor sottosegretario, si tratti evidentemente di un impegno ancora molto generico. Riteniamo, dalle informazioni che abbiamo, che la valutazione dell'ENAC, che è appunto l'ente preposto a questo tipo di valutazione, fosse già stata positiva con riferimento a tutti gli aspetti, anche tariffari, che sono contenuti ovviamente nel piano di investimento.
Facciamo presente, come ricordavo nella mia illustrazione, che siamo di fronte a un piano di investimento particolarmente significativo e importante, con ricadute positive nell'economia locale sia in termini di lavori da eseguire sia in termini di possibili, anzi probabili e quasi certi, nuovi posti di lavoro. Pertanto, raccomandiamo che vi sia un'adeguata attenzione, avendo avuto l'impressione anche - per la verità, risalente al Governo precedente a questo - che, soprattutto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, vi fosse una posizione di ostacolo all'avvio di questo programma, con l'adeguamento delle tariffe che, francamente, ci sembra pretestuoso. È vero che le tariffe ricadono sugli utenti, ma è anche vero che siamo in presenza di un aeroporto che ha oltre il 60 per cento di traffico relativo ad utenti stranieri. Quindi, ci sembra, in un certo senso, un'operazione più in danno, rispetto alle casse dello Stato, che in vantaggio.
Credo che in un momento di difficoltà, in cui peraltro sono stati anche assunti provvedimenti importanti dal punto di vista fiscale che gravano sui cittadini, porsi questo problema, rispetto a un utilizzo che viene effettuato per il 60 per cento, appunto, da cittadini stranieri, rappresenterebbe un inutile ritardo e un danno elevato sia per l'economia sia, ovviamente, per gli interessi dello Stato. Quindi, mi permetto di raccomandare al sottosegretario un'adeguata attenzione per seguire e concludere positivamente, nei tempi più rapidi possibili, questo procedimento.

(Gestione amministrativa e finanziaria dell'autorità portuale di Bari - nn. 2-01540 e 2-01554)

PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze urgenti Di Cagno Abbrescia n. 2-01540 e Tassone n. 2-01554, concernenti la gestione amministrativa e finanziaria dell'autorità portuale di Bari, vertendo sullo stesso argomento saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
L'onorevole Di Cagno Abbrescia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01540.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, gradirei innanzitutto far presente come la mia e quella degli altri firmatari dell'interpellanza urgente non intende essere una contesa permanente con l'attuale gestione dell'autorità portuale di Bari. Non ho, infatti, alcuna aspirazione nel sollevare conflitti o dispute con il presidente dell'ente marittimo barese, in considerazione dei diversi atti di sindacato ispettivo che, nel corso della presente legislatura, ho presentato senza, peraltro, ottenere spesso adeguati e pertinenti riscontri da parte del Ministero che lei rappresenta sulla reale situazione del porto di Bari.
Questa mia precisazione la giudico necessaria poiché le mie precedenti interpellanze e interrogazioni, presentate nel corso di questi anni, non mirano ad alimentare alcun accanimento di tipo personale Pag. 76con l'ente portuale di Bari, ma intendono in realtà rappresentare un'evidente e pericolosa involuzione che il porto di Bari ha subito nel corso degli ultimi sei anni, un declino che costituisce non solo per lo scalo marittimo stesso, ma per l'intera città capoluogo della Puglia un danno economico e commerciale molto avvertito all'interno del tessuto produttivo e sociale cittadino. In qualità di amministratore della città di Bari, essendo stato sindaco per due mandati, posso considerarmi un profondo conoscitore del porto di Bari e della sua attività che un tempo era considerata una delle eccellenze della polifunzionalità del Mezzogiorno.
Fatta questa precisazione, passo all'illustrazione dell'interpellanza urgente. Gli indirizzi dell'attuale Governo sono orientati ad una serie di interventi volti a contenere i costi di funzionamento dell'apparato della pubblica amministrazione, attraverso una rivisitazione complessiva del sistema di finanziamento e di razionalizzazione dei costi e della spesa degli enti pubblici e della cosiddetta macchina dello Stato. L'eliminazione di sprechi e di inefficienze della spesa pubblica per ottenere risorse da destinare alla crescita sono infatti oggetto, da parte del Governo, del decreto-legge sulla cosiddetta spending review, recentemente approvato dal Senato ed ora all'esame della Camera, proprio per una maggiore razionalizzazione e contenimento dei costi quali fattori fondamentali per garantire, da un lato, il raggiungimento degli obiettivi della finanza pubblica, dall'altro, l'ammodernamento dello Stato ed il rilancio dell'economia e dell'occupazione.
All'interno del suesposto scenario economico e di finanza pubblica si inseriscono pertanto le mie considerazioni e - aggiungo - preoccupazioni su come sono gestite e utilizzate le risorse statali e soprattutto sulla conduzione di un importante ente pubblico di rilevanza economica e commerciale quale l'autorità portuale del Levante.
La perdita di circa 86 milioni di euro per il porto di Bari, avvenuta lo scorso anno attraverso la revoca dei fondi statali assegnati alle autorità portuali a seguito delle disposizioni previste dal cosiddetto decreto milleproroghe, successivamente convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, induce ad inevitabili considerazioni sul livello di efficienza e di funzionamento dell'autorità portuale di Bari, se si considera che il pieno utilizzo di così rilevanti risorse finanziarie avrebbe giovato certamente all'ente portuale barese, sia sotto il profilo della dotazione di investimenti infrastrutturali particolarmente carenti da oltre cinque anni, che soprattutto per il mantenimento dell'equilibrio dei bilanci per cui l'autorità portuale versa invece in uno stato pre-fallimentare.
Ma ciò che desta sconcerto e stupore sono le dichiarazioni, per alcuni versi, imbarazzanti del presidente dell'autorità portuale di Bari, il quale - come pubblicato dai quotidiani locali - si è affrettato a dichiarare inizialmente che i fondi revocati non sarebbero serviti per potenziare il porto e le attività inerenti allo sviluppo commerciale e crocieristico, limitandosi ad affermare che le opere infrastrutturali, che si sarebbero dovute realizzare con i finanziamenti previsti, non rientravano tra quelle ritenute strategiche. Ma in precedenza, come dimostra una lettera inviata dalla stessa autorità portuale alla direzione generale per i porti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aveva affermato testualmente che: «qualora si mettesse in discussione la ricognizione dei fondi necessari alla realizzazione dei piani triennali delle opere che formano parte integrante dell'avanzo di amministrazione, ci troveremmo di fatto dinnanzi ad una profonda alterazione degli equilibri finanziari stabiliti con bilanci già approvati dal Ministero competente, compromettendo così la funzionalità dell'ente».
Aggiungo inoltre che anche nell'ambito di una serie di verifiche e di indagini amministrative effettuate da un'autorevole istituzione, quale la Corte dei conti europea circa l'utilizzo dei fondi comunitari, sono emersi numerosi rilievi critici sulle insufficienze nei progetti di sviluppo per il porto di Bari. Pag. 77
A questo punto, signor sottosegretario, il presidente del porto di Bari, confermando in pieno la propria inadeguatezza nell'amministrare l'ente portuale del capoluogo pugliese, smentisce in maniera manifesta i requisiti richiesti dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, che prevede espressamente la massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale.
Aggiungo che la vicenda della revoca dei fondi al porto di Bari, caso unico in Italia, considerato che su ventiquattro autorità portuali esistenti in Italia, quella barese è stata l'unica a perdere un importo di un'entità così rilevante, costituisce, signor sottosegretario, l'ultimo episodio di una serie di eventi negativi che hanno caratterizzato l'attuale gestione dell'Autorità portuale e del suo presidente, signor Mariani, la cui attività piuttosto che indirizzarsi alla promozione dell'ulteriore sviluppo del porto, che con la precedente presidenza aveva conosciuto un incisivo rilancio, si è immiserita, come ho avuto modo di ribadire in più occasioni nelle aule parlamentari, in una lunga e persistente conflittualità con una società concessionaria, la Bari Porto Mediterraneo, di cui tra l'altro l'Autorità del Levante era socia, che aveva invece contribuito in maniera rilevante alla crescita delle attività crocieristiche e del movimento passeggeri. Ricordo, inoltre, come ribadito nel maggio dell'anno scorso, quando la Commissione trasporti fu convocata per esprimere il parere sulla riconferma del signor Francesco Palmiro Mariani a presidente dell'Autorità portuale del Levante, che il conto consuntivo 2010 è stato approvato con un disavanzo di gestione di oltre 600 mila euro e che le sentenze del TAR Puglia nel maggio dello scorso anno hanno sancito la radicale nullità delle pretese dell'Autorità portuale nei confronti della Bari Porto Mediterraneo Srl, relative ad una richiesta di conguaglio dei canoni demaniali dal 2005 al 2009, per un ammontare complessivo di circa 8 milioni di euro, determinando ulteriori problemi per gli equilibri di bilancio e per la situazione amministrativa e contabile dell'ente portuale barese.
Potrei proseguire, signor sottosegretario, nell'illustrare ulteriori aspetti di carattere amministrativo, finanziario e contabile assolutamente poco trasparenti e ambigui, che hanno caratterizzato la mancata crescita del porto di Bari, negli ultimi anni, considerazioni che ho peraltro espresso in Commissione trasporti. Di fronte all'acclarato dissesto dei bilanci 2009 e 2010 dell'Autorità portuale di Bari, il Ministero che lei rappresenta non avrebbe dovuto di conseguenza procedere alla riconferma a presidente del signor Mariani, il quale porta la diretta responsabilità di tale dissesto. Gli anni della presidenza del signor Mariani sono stati contraddistinti infatti da gravi episodi di mala gestio e da ulteriori più recenti vicende, riguardanti una serie di assunzioni clientelari ed un sistema oramai consolidato di affidamenti di appalti, in maniera diretta e senza alcuna procedura di evidenza pubblica; un sistema questo divenuto permanente nel corso degli anni, tanto che nel giugno 2009 1'allora Ministro Matteoli ritenne necessario procedere al commissariamento dell'Autorità portuale, a seguito delle gravi risultanze di una commissione ministeriale d'indagine istituita proprio a seguito di una mia interpellanza. Ebbene, dal rapporto della stessa Commissione, emerse in maniera netta ed inequivocabile che il presidente dell'Autorità portuale di Bari, Mariani, aveva posto in essere iniziative ed atti in contrasto con le funzioni d'ufficio e che erano state adottate improvvide iniziative destinate a compromettere irreversibilmente lo sviluppo futuro dello scalo barese, come del resto è purtroppo avvenuto. La Commissione d'indagine rilevò, tra l'altro, che il presidente Mariani aveva privilegiato la cooperativa Multiservizi Portuali, alla quale era stato affidato dall'Autorità portuale, con una procedura che desta forti perplessità, un appalto di svariati milioni di euro per lo svolgimento di servizi, tanto che tale affidamento è stato censurato sia dal TAR Puglia che dal Consiglio di Stato. Pag. 78
Il signor Mariani sta tuttora perseverando in questi atti d'illegalità, tant'è che, proprio di recente, è stata assegnata un'ulteriore concessione di aree di parcheggio alla medesima cooperativa, in violazione di ogni principio di trasparenza ed evidenza pubblica.
Ricordo, altresì, come riportato nell'interpellanza urgente di oggi, i rilievi critici espressi dal collegio dei revisori dei conti dell'ente dell'Autorità portuale, che ha stigmatizzato, in diverse occasioni, il notevole incremento dei costi del personale, diventato ancor più clamoroso negli ultimi anni, contribuendo in maniera determinante ai disavanzi registrati nei bilanci del 2009 e del 2010.
Voglio anche sottolineare che la gestione dei servizi portuali e le conseguenti assunzioni per il timore di infiltrazioni malavitose sono state persino oggetto dell'attenzione della Commissione parlamentare antimafia, la quale ha dedicato alla questione una specifica seduta, ascoltando anche il Ministro pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti.
Avrei preferito, signor sottosegretario, intervenire nel corso della legislatura, attraverso atti di sindacato ispettivo rivolti al Ministero che lei oggi rappresenta, su aspetti di merito, certamente più interessanti sotto il profilo dell'attività marittima e portuale; sarebbe stato più stimolante discutere di argomenti legati allo sviluppo infrastrutturale e commerciale, nonché della competitività del porto di Bari nell'ambito della portualità mediterranea.
Ed invece siamo costretti, ancora una volta, ad analizzare la realtà di un ente pubblico, quale l'Autorità portuale, assolutamente preoccupante, che conferma, purtroppo, lo scarso livello professionale con il quale, in particolare nel Mezzogiorno, è affidata la governance di enti pubblici così importanti, la cui funzione è essenziale per lo sviluppo del sistema turistico, commerciale ed infrastrutturale delle città portuali.
La vicenda del porto di Bari, a mio avviso, rappresenta un caso emblematico di inefficienza nella programmazione e gestione delle risorse pubbliche, con inevitabili conseguenze penalizzanti per lo sviluppo e la competitività del Mezzogiorno.
È impensabile che oltre sei anni non siano bastati al presidente dell'Autorità portuale di Bari per rimodulare i programmi del porto ed evitare che ingenti risorse statali - 86 miliardi, nel silenzio generale - messe a disposizione per la crescita e lo sviluppo della realtà portuale barese, fossero revocate a causa della consapevole inerzia dei gestori dell'ente.
Come ho precedentemente affermato, signor sottosegretario, gli indirizzi e le linee programmatiche del Governo che lei oggi rappresenta sono stati sin dall'inizio improntati ad una concezione della politica economica e finanziaria di massimo rigore nella gestione del pubblico denaro. Il Presidente del Consiglio Monti ha sempre sostenuto e ribadito, in diverse sedi, come tutte le componenti della società devono partecipare allo sforzo per la salvezza e per il rilancio dell'Italia e che la gestione e l'organizzazione della macchina statale deve essere impostata su criteri di forte contenimento della spesa da parte degli enti pubblici.
Mi sembra, signor sottosegretario, anzi, sono convinto che, nell'ambito di una realtà importante del Mezzogiorno, quale è la città di Bari, il cui porto riveste una rilevanza fondamentale per lo sviluppo dell'intera regione, l'attuale gestione di un ente pubblico quale l'Autorità portuale, avviata da tempo ad un disfacimento amministrativo e gestionale, sia in netta controtendenza con gli obiettivi perseguiti dal Governo Monti.
In definitiva, signor sottosegretario, insieme agli altri colleghi firmatari dell'interpellanza chiediamo al Governo di avviare un'ulteriore e rigorosa inchiesta amministrativa per far luce sulle inquietanti vicende relative al porto di Bari, che rappresentano una delle pagine più oscure della portualità italiana.
Un'indagine approfondita e risolutiva che possa, finalmente, accertare quale sia l'effettiva situazione del porto di Bari, in particolare dal punto di vista degli equilibri di bilancio e della legittimità delle Pag. 79procedure amministrative, in modo che, qualora ne sussistano le ragioni - ed io credo, come abbiamo più volte denunciato, che la situazione sia gravemente compromessa -, si disponga la rimozione dell'attuale presidente e, come prevede la legge, il conseguente commissariamento dell'ente portuale.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01554.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non starò qui a ripetere le cose già dette ampiamente da parte del collega Di Cagno Abbrescia che poi in fondo sono dati ed elementi di comune conoscenza, a tutti noti. E poi molti di questi elementi sono stati affidati all'attenzione del Governo in più atti di sindacato ispettivo e attraverso anche delle sollecitazioni (uso questo eufemismo, questo termine molto leggero, meno impegnativo) alla Commissione Trasporti della Camera dei deputati.
Signor Presidente, signor sottosegretario, noi fino a questa mattina ci siamo interessati, anche attraverso la ratifica di una Convenzione internazionale, di corruzione; ce ne siamo interessati anche l'altra settimana quando abbiamo approvato attraverso un confronto molto serio, molto approfondito e molto serrato, il provvedimento sulla corruzione. Abbiamo certamente parlato di norme penali, di nuove fattispecie, di nuovi aspetti su cui bisogna concentrare l'attenzione, bisogna operare per un contrasto molto più incisivo e molto più efficace nei confronti della corruzione. Ma abbiamo detto anche che la corruzione si combatte attraverso una grande presa di coscienza e un fatto culturale. Però ci sono dei doveri che bisogna ovviamente assolvere per portare avanti un'azione dove la corruzione non si radichi, e perché la corruzione non determini delle alterazioni soprattutto nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione, soprattutto quando nelle istituzioni si gestisce denaro pubblico, quando ci dovrebbero essere degli investimenti per dare delle risposte a quelli che sono gli aspetti più importanti e fondamentali dell'economia e alle attese dei cittadini.
Questa vicenda del porto di Bari è emblematica della mancanza di una trasparenza, di una linearità, di una razionalità della gestione. Non so cosa dire di più, signor Presidente, quando anche noi nella legge sull'anticorruzione portata avanti in ultima istanza dal Ministro Severino si fa riferimento alla trasparenza, alla conoscenza, al rispetto delle regole e delle leggi; qui ci troviamo di fronte degli episodi dove c'è una costante violazione delle leggi e delle norme. Mi chiedo se questo non è un elemento su cui coinvolgere o soprattutto indirizzare la nostra attenzione. Lo dico con estrema chiarezza. Nel nostro Paese quando si parla di corruzione dovremmo stare attenti perché c'è una sacca di extraterritorialità e di impunità proprio determinata e ovviamente indicata nella persona del presidente dell'autorità portuale di Bari. Non sappiamo cosa fare di più, avendo noi espletato ed esperito - come si suol dire - tutti gli strumenti di sindacato ispettivo in possesso dei parlamentari, e non essendo stata data nel passato una risposta esaustiva. Abbiamo avuto ovviamente - lo dico con estrema chiarezza - Governi che si sono trincerati dietro delle discussioni ma sopratutto delle valutazioni estemporanee ed estranee ai temi e agli argomenti che noi avevamo posto in essere.
Di Cagno Abbrescia faceva riferimento alla Commissione Antimafia. Io faccio parte della Commissione Antimafia. Abbiamo interloquito con il Ministro dei trasporti, poi quest'ultimo doveva ritornare a dare delle risposte, poi è caduto il Governo e il Ministro dei trasporti non è tornato. Io lo avevo anche sollecitato perché le risposte non erano legate al tempo delle denunce e soprattutto delle richieste da noi fatte, e non al suo status (uno può finire il suo status, ma certamente può poi rispondere dei suoi gesti e dei suoi atti al momento in cui era Ministro). Anche perché sarei curioso di sapere il perché c'è stata una inchiesta nei confronti del presidente dell'autorità portuale. Pag. 80
C'è stato un giudizio della commissione ministeriale, con una sua relazione del 4 maggio 2009, nella quale si afferma che c'è stata una procedura dell'autorità portuale, per quanto riguarda la cooperativa Multiservizi Portuali, che desta forte perplessità, un appalto di svariati milioni di euro per lo svolgimento di servizi. In base a questo giudizio, si commissaria l'autorità portuale di Bari e guarda caso, non so il perché, forse per uno scambio con Brindisi, l'autorità portuale viene ad essere commissariata con lo stesso presidente dell'autorità portuale medesima. Voglio capire se questa è una corretta gestione amministrativa. Ripeto: voglio capire se questa è una corretta gestione amministrativa. Ma perché la Commissione antimafia si interessava della Multiservizi Portuali? L'abbiamo denunciato: si sospetta che ci siano infiltrazioni criminali nella Multiservizi Portuali. L'abbiamo detto nelle Aule parlamentari e l'abbiamo detto nella Commissione antimafia. Vorrei capire perché le procure della Repubblica ovviamente sono disattente su questo. Ma c'è qualcosa in più: si persegue anche nell'azione e nell'attività criminosa, visto e considerato che il 10 giugno 2011 ancora la cooperativa Multiservizi Portuali era impegnata a utilizzare un nuovo parcheggio per i crocieristi, un parcheggio di banchina massi, in affidamento privato. E qui c'è anche una violazione delle norme e delle leggi.
Ma non è soltanto la cooperativa Multiservizi Portuali che gestisce, ma la Port Parking & Services Srl che ha un guadagno milionario a fronte di un canone di concessione di poche migliaia di euro, una somma veramente irrisoria. Ci sono questi aspetti, ci sono questi dati che sono importanti, ma sono inquietanti. Ma inquietante è questa coltre di difesa da parte dei soliti noti che trova ancoraggio un po' dovunque e dappertutto. Signor sottosegretario, guardi anche nel suo Ministero dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti. Ci sono stato, ma guardi anche lì, perché un direttore generale del tempo aveva elaborato anche un giudizio negativo. Anche la nota del direttore generale è sparita, non c'è più. Qui si evidenzia veramente una società a delinquere. Non sarei così calmo nel definire un dato in termini diversi, non è un fatto amministrativo. Signor Presidente, non è un fatto amministrativo. Qui si sta coprendo da mesi una società che dà preoccupazioni e che certamente viola - mi riferisco all'autorità portuale - leggi e regolamenti e, se siamo in presenza di violazione di leggi, voglio sapere se questi sono una società, un'azione, un presidente che hanno corretti o scorretti comportamenti. Se si viola la legge è illegale e se è illegale l'illegalità deve essere perseguita.
E poi il balletto dei bilanci, di questi 86 milioni di euro - ripeto 86 milioni di euro -, non spesi, non restituiti, perché non si è riusciti a spenderli. A me non è mai capitato, signor Presidente, nella mia esperienza di Viceministro, che qualcuno mi restituisse i soldi programmati, non mi è mai capitato. Non mi è mai capitato. Dobbiamo dargli un premio? Diamogli il premio, ma la cosa che viene fatta è che questi 86 milioni di euro vengono ad essere poi trasferiti, come fatto negativo, nel 2012 perché lui tenta di far passare il 2011 come un bilancio pulito e non è un bilancio punito, ma è un bilancio che ha un deficit enorme. Ma c'è un'altra cosa: la società Bari porto Mediterraneo Srl, che è dichiarata fallita, si attribuisce anche dei crediti inesistenti. Non guardo nemmeno il contenzioso che c'è. È una confusione incredibile. Noi che cosa chiediamo? Il commissario. Vorrei anche interloquire con il mio amico e collega Di Cagno Abbrescia. Ma perché è un problema nostro? Un problema dell'onorevole Di Cagno Abbrescia e un problema di Tassone? O è un problema di chi rappresenta in questo momento le istituzioni del Paese? È una risposta così che bisogna dare a due o tre interpellanti, visto e considerato che c'è tutto il mio gruppo e c'è anche il gruppo del PdL?
O è una risposta che, invece, bisogna dare per il Paese, per conferire alla politica della portualità una dimensione e una dignità che ha perso? Ma soprattutto c'è un dato importante e fondamentale: il Pag. 81Ministero ha accertato quali sono stati i risultati e i traguardi raggiunti del porto di Bari? Quali sono veramente le situazioni che si sono venute a creare? Il porto di Bari non ha più una lira da poter gestire. Presenta una situazione drammatica. C'è soltanto questo presidente che gestisce come gestisce e bisogna fare chiarezza. Può darsi anche che ci sbagliamo. Si chiede anche una commissione. Ma la commissione ministeriale già c'è stata. Avevo cercato anche di chiedere alla Commissione trasporti di svolgere indagini conoscitive che si fanno tranquillamente. Nemmeno questo è stata possibile. C'è veramente una situazione di silenzio e di debolezza e di connivenza che certamente preoccupa.
Dunque, signor Presidente, abbiamo lavorato invano quando parliamo di anticorruzione. Abbiamo lavorato invano la scorsa settimana e questa mattina. Ci siamo presi in giro perché se esiste una situazione emblematica: di che cosa parliamo? Mi sono messo a ridere, pensando anche a questa storia, quando alcuni colleghi parlavano di alcuni reati: la concussione per induzione, per estorsione. Mi mettevo a ridere. Non è un problema di andare a trovare norme. È certamente importante e fondamentale il problema di applicare le norme che ci sono, quelle che già esistono. Non mi richiamo alla norma attuale: esistono anche norme pregresse. Ma vorrei capire i motivi: soltanto questi, per mia soddisfazione. Una commissione ministeriale, un direttore generale dà giudizi su queste persone, come li ha dati, e poi le stesse persone sono messe per responsabilità del Governo nello stesso posto e nella stessa posizione di responsabilità. Questa cosa è veramente incredibile e ritengo che non possa essere sostenuta da nessuno. Dunque, signor Presidente, mi auguro - mi avvio tranquillamente alla conclusione e mi rimetto a quanto ha detto il mio collega e a quanto abbiamo indicato nella nostra interpellanza e a tutto ciò che è stato affermato variamente anche in quest'aula - che ci sia una risposta che apre qualche prospettiva. Non perché io ce l'abbia con Mariani: per carità! Ce l'ho con chi tradisce la fiducia del Paese, con chi è alla guida delle istituzioni e le usa con grande disinvoltura fino a farle diventare un fatto privato e personale. Se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i poteri che ha non l'innesca, non li mette in movimento è un fatto certamente preoccupante. C'è la regione Puglia: ma la regione Puglia, presieduta dal mio ex collega e amico, Nichi Vendola, deve dire cosa difende. Infatti la regione, alla quale spetta il concerto, non può lavarsi le mani su una vicenda di questo genere. Non possiamo discutere soltanto nelle aule parlamentari! La regione Puglia rispetto agli obiettivi non raggiunti che cosa fa? E rispetto a queste situazioni di negazione della linearità e della legalità che fa? Pontifichiamo in altre occasioni, facciamo le manifestazioni per il rinnovamento e la moralizzazione della vita pubblica e così via e poi c'è questo ballon d'essai che è il porto di Bari. Ma c'è una contraddizione: perché Vendola non dice chiaramente che il porto di Bari è ben gestito o mal gestito? Pretendiamo di sapere qual è il giudizio del presidente della regione. Pretendiamo di sapere e di conoscere il giudizio del presidente della regione. È facile fare il «moralizzatore d'accatto». È difficile prendere i provvedimenti quando bisogna perseguire persone che si sono rese responsabili di violazione di regole, di norme di legge ma soprattutto di principi fondamentali su cui si regge la nostra convivenza civile e democratica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Guido Improta, ha facoltà di rispondere.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, non sarò breve e intendo anche assumermi la responsabilità di quello che andrò a leggere, in quanto, proprio per i precedenti che venivano richiamati dagli onorevoli interpellanti, ho ritenuto di curare personalmente la risposta e quindi fornire in modo puntuale alcuni riscontri alle questioni che sono state sollevate. Pag. 82
Per quanto attiene alla vicenda del commissariamento dell'ente portuale intervenuto nel 2009, come è noto il decreto del Ministro per le infrastrutture e i trasporti n. 500, in data 17 giugno 2009, dispose la cessazione dalla carica del presidente Mariani, anche sulla scorta delle conclusioni rassegnate dall'apposita commissione ministeriale.
Tuttavia il TAR Puglia, con la sentenza n. 1803 del 2009, nell'accogliere il ricorso promosso dall'autorità portuale, annullava il citato decreto di commissariamento, statuendo che «nessuna delle motivazioni appare idonea a giustificare il ricorso al commissariamento del vertice dell'autorità portuale, una misura che non può che rappresentare l'extrema ratio di intervento autoritativo da parte del Ministero in presenza di situazioni di effettivo pericolo per la continuità e la regolarità della gestione». Nella sentenza TAR non c'è un giudizio e un parametro di tipo qualitativo, si fa riferimento all'effettivo pericolo per la continuità e la regolarità della gestione da parte dei titolari delle massime cariche dell'ente. La predetta decisione, immediatamente esecutiva, non veniva impugnata, passando quindi in giudicato e costituendo accertamento irrevocabile. Occorre precisare, proprio con riferimento alla sopra enumerata sentenza del TAR Puglia e quale ausilio al prosieguo dell'odierna trattazione, che il giudice amministrativo ebbe ad affermare tra l'altro che non appare convincente, al fine di giustificare il commissariamento, la ripetuta invocazione del conflitto insorto tra il presidente dell'autorità portuale e l'amministratore delegato della Bari porto Mediterraneo. Ciò perché in primo luogo la decisione di annullare in autotutela l'affidamento disposto in favore della società pubblica o privata è stata avallata dal giudice amministrativo di primo grado, che ne ha sancito la legittimità sotto tutti i profili. Si rileva da ultimo che con sentenza n. 1272 del 6 marzo scorso il Consiglio di Stato, sezione IV, ha definitivamente confermato l'inammissibilità del ricorso proposto contro la nomina al vertice dell'autorità portuale del presidente Mariani, con ciò confermando integralmente la pronuncia del TAR Puglia n. 1596 del 2011, in ordine alla correttezza della procedura e dei requisiti stabiliti dall'articolo 8 della legge n. 84 del 1994.
Per quanto attiene alla revoca di euro 85 milioni di finanziamenti pubblici già accordati all'autorità portuale di Bari in base alla legge straordinarie di settore, occorre evidenziare che essa si inseriva nell'ambito di una più ampia iniziativa assunta dal Governo volta alla razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse necessarie allo sviluppo infrastrutturale dei porti nazionali mediante meccanismi di compensazione e di finalizzazione strategica, anche tenendo conto della lentezza con cui numerose autorità portuali stavano procedendo all'utilizzo dei fondi loro assegnati. Non vi è dubbio infatti che l'intento auspicato dalle disposizioni dell'articolo 2, commi 2-novies e successivi, del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito con legge n. 10 del 2011, fosse quello di recuperare risorse da destinare ad investimenti di particolare valenza strategica in quelle situazioni, come nel caso in esame, in cui non siano stati pubblicati i bandi di gara per l'assegnazione dei lavori nel limite di tempo ivi stabilito.
Nel caso dell'autorità portuale di Bari, la quota di finanziamento oggetto di revoca ammonta in totale ad euro 85.182.049,70, somma che comunque non rappresenta la totalità dei finanziamenti che erano stati assegnati all'ente ed è comprensiva delle risorse assegnate dalle seguenti leggi: 3 milioni e 400.000 sulla legge n. 413 del 1998; 17 milioni e 782.049,70 a valere sulla legge n. 488 del 1999. Tali risorse, ammontanti a complessivi euro 21 milioni, 182.049,70, risulta siano stati appostate in bilancio vincolate in avanzo di amministrazione e successivamente, in ottemperanza alla normativa sopra indicata, versate al bilancio dello Stato.
Per quanto concerne la restante quota di finanziamento pari a euro 64 milioni, assegnata con legge n. 166 del 2002, essa risulta così composta: euro 51 milioni e Pag. 83500 mila, quota di finanziamento disponibile per l'Autorità portuale di Bari; euro 12 milioni e 500 mila, quota di oneri finanziari derivanti da contratti di mutuo stipulati dal suddetto ente in data 10 novembre 2005 con la Banca Dexia Crediop. Sul punto occorre precisare che, se da un lato paiono evidenziarsi profili di criticità in ordine alla circostanza che la revoca dei cennati finanziamenti sia la conseguenza di una mancata tempestiva realizzazione delle opere previste, dall'altro non può non tenersi conto di talune circostanze che, a dire dell'autorità portuale pugliese, ma che risultano comuni anche ad altri enti portuali, avrebbero inciso sulla realizzazione delle opere di cui trattasi.
Nel caso in rassegna, in particolare, vengono invocate mutate esigenze conseguenti alla maggiore estensione territoriale della circoscrizione dell'autorità portuale, il cui ampliamento ai porti di Barletta e Monopoli, avrebbe determinato l'esigenza di ridefinire il perimetro degli interventi, con conseguente dilatazione dei tempi di programmazione e realizzazione del conseguente iter tecnico-amministrativo. Sempre con riguardo alla mancata tempestiva attuazione degli adempimenti di competenza dell'autorità portuale, non può poi non rilevarsi la mancata resa di progettualità immediatamente cantierabili, che avrebbero consentito all'ente il proficuo accesso al nuovo riparto di fondi pubblici stabilito dal decreto-legge n. 225 del 2010.
Ciò detto, si rappresenta che il piano operativo triennale 2011-2013, approvato dal comitato portuale, conferma la programmazione infrastrutturale che l'autorità portuale aveva impostato nel 2010, e che, al contempo, l'ente avrebbe avviato varie istanze di finanziamento, anche per il tramite della regione Puglia, nell'ambito della nuova programmazione per il piano per il Sud e per il PON reti e mobilità: risultano in via di ultimazione, infatti, il progetto preliminare per il dragaggio dei porti di Bari, Barletta e Monopoli, il progetto esecutivo dei lavori di ampliamento e ristrutturazione del terminal crociere nel Porto di Bari ed il progetto esecutivo della videosorveglianza ai fini di security. A breve, poi, l'ente dichiara di poter avere disponibile il progetto di adeguamento tecnico-funzionale del piano regolatore portuale, da presentare al Consiglio superiore dei lavori pubblici, per la realizzazione del nuovo sporgente della darsena di ponente per l'ormeggio delle grandi navi da crociera e per la riqualificazione delle banchine della darsena interna.
Con specifico riferimento alla vicenda contenziosa con la Bari Porto Mediterraneo Srl ed ai connessi profili di disavanzo di gestione, tralasciando di ripercorrere il contenuto delle pronunce del TAR Puglia e del Consiglio di Stato, ben note agli onorevoli interroganti, e l'adozione degli specifici titoli esecutivi a carico della cennata BPM Srl, occorre qui registrare che il 28 marzo scorso, con la sentenza del tribunale di Bari n. 52, è stata accolta l'istanza del liquidatore della società, con contestuale nomina del curatore e fissazione di udienza al 4 luglio per la verifica della massa passiva. Risulta, sul punto, che l'autorità portuale ha già provveduto a far valere le proprie ragioni creditorie mediante il rituale deposito dell'istanza di ammissione allo stato passivo, ai sensi dell'articolo 93 della legge fallimentare, e che, ex articolo 56 della predetta legge, l'ente stesso potrà far valere la compensazione dei propri eventuali debiti con i crediti vantati nei confronti della BPM.
Pur in presenza dell'alea di una non integrale riscossione dei predetti crediti vantati dall'autorità portuale nei confronti della BPM (crediti accompagnati, si ricorda, da titoli esecutivi validati dal tribunale di Bari), occorre tener presente che il rendiconto generale dell'ente, approvato dalle amministrazioni vigilanti, ha evidenziato, per l'anno 2010 un avanzo di amministrazione pari ad euro 26 milioni e 300 mila, ed il bilancio di previsione per l'anno 2012, approvato il 10 gennaio scorso, prevede un avanzo di amministrazione di complessivi euro 30 milioni e 700 mila.
Proprio riguardo alla vicenda degli avanzi di gestione, appare doveroso fornire Pag. 84alcuni chiarimenti, di carattere generale, in ordine ai bilanci delle autorità portuali, rispetto alle quali non esiste un conto economico consuntivo. Il conto economico è infatti uno dei prospetti di cui si compone il bilancio di esercizio unitamente allo stato patrimoniale ed alla nota integrativa. È solo il caso di precisare che tutte le autorità portuali, entro il 31 ottobre di ogni anno, approvano il bilancio di previsione per l'anno successivo, ed entro il 30 aprile redigono il rendiconto generale dell'anno precedente, che, secondo il nuovo regolamento di amministrazione e contabilità, approvato dal Ministero dell'economia e dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, risulta costituito da: conto di bilancio, conto economico, stato patrimoniale e nota integrativa. Il cennato regolamento, in particolare, prevede che il conto economico è redatto secondo le disposizioni di cui all'articolo 2425 del codice civile, per quanto applicabili.
L'introduzione dei prospetti di conto economico, stato patrimoniale e nota integrativa è intervenuta solo dal 2008, e rimane il fatto che il prospetto più importante del rendiconto generale è il conto di bilancio che, in relazione alla classificazione del preventivo finanziario, evidenzia le risultanze della gestione delle entrate e delle uscite, articolandosi in un rendiconto finanziario decisionale ed in un rendiconto finanziario gestionale.
Inoltre, occorre richiamare l'articolo 3, comma 11, del regolamento, che espressamente prevede che «il bilancio di previsione deve risultare in avanzo o in equilibrio, che può essere conseguito anche attraverso l'utilizzo del presunto avanzo di amministrazione, con l'esclusione dei fondi destinati a particolari finalità»; tale disposizione viene applicata altresì nella predisposizione della situazione amministrativa.
In merito alla questione del disavanzo che investirebbe i bilanci degli esercizi finanziari 2009 e 2010 si fa presente che esso sarebbe strettamente correlato agli effetti delle sentenze del TAR Puglia n. 687 del 2011 e n. 688 del 2011, di cui si è fatto sopra cenno, depositate a maggio del 2011 e relative alla vicenda della rideterminazione del canone di concessione demaniale - parte fissa - a seguito dell'annullamento d'ufficio della concessione rilasciata alla BPM Srl.
In proposito va ricordato che detti pronunciamenti, appellati dall'autorità portuale di Bari innanzi al Consiglio di Stato, sono stati annullati, senza rinvio, con sentenza n. 206 del 19 gennaio 2012, in quanto il superiore giudice amministrativo ha dichiarato la propria incompetenza a decidere su un contenzioso di mera natura patrimoniale, facendo così rivivere la validità e l'efficacia degli atti di rideterminazione dei canoni deliberati dall'autorità portuale di Bari.
Tuttavia, anche qualora fosse stata rilevata l'inesigibilità del credito contestato, si sarebbe potuto procedere, secondo quanto stabilito dal regolamento di amministrazione e contabilità sopra citato, ad una apposita e motivata delibera del comitato portuale, di variazione del bilancio di previsione dell'esercizio finanziario in corso, previo parere del collegio dei revisori. Inoltre, qualora tale variazione di bilancio avesse realizzato il predetto disavanzo finanziario di competenza, esso avrebbe trovato copertura nell'avanzo di amministrazione che, come previsto dal citato regolamento di amministrazione e contabilità dell'autorità portuale di Bari, in applicazione di un principio generale valido per tutte le autorità portuali condiviso dal Ministero dell'economia e delle finanze, può essere utilizzato per conseguire l'equilibrio di bilancio.
Pur tenendo conto, quindi, degli evidenti profili di criticità connessi alla situazione patrimoniale testé illustrata, si può tuttavia trarre la conclusione che l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione è pienamente legittimo qualora sia necessario adottare provvedimenti per la salvaguardia degli equilibri di bilancio.
Per quanto attiene, poi, alla vicenda dell'incremento delle spese correnti nel corso dell'esercizio finanziario 2011, il Ministero ha preso attentamente atto delle considerazioni svolte nella relazione del Pag. 85collegio dei revisori dell'ente alla nota di variazione al bilancio di previsione 2011, approvata nello scorso mese di novembre.
L'organo di controllo, nella suddetta relazione, in data 22 novembre 2011, ha affermato che tali maggior spese riguardano le spese per indennità di carica del presidente (ed anche il compenso annuo del collegio dei revisori dei conti), a seguito delle sentenze del TAR Lazio che hanno accolto i ricorsi proposti da alcune autorità portuali, fra cui anche quella di Bari, annullando la circolare del MEF n. 32 del 2009, che prorogava la riduzione del 10 per cento dei compensi spettanti agli organi degli enti pubblici per gli anni successivi al 2008. Sulla base di tali circostanze, il collegio dei revisori, verificato che dai dati suesposti le variazioni proposte non alterano l'equilibrio finanziario del bilancio, ha espresso il parere favorevole alla loro approvazione da parte del comitato portuale. Sarà senz'altro cura del Ministero operare ogni opportuno approfondimento sulla vicenda, allo scopo di assicurare i necessari parametri di trasparenza e correttezza dell'azione amministrativa.
In relazione all'aumento di oltre 600 mila euro per gli oneri della sicurezza portuale nell'anno 2011, attualmente al vaglio di questo Ministero, si rappresenta, come risulta anche dalla relazione del presidente dell'ente alla seconda nota di variazioni al bilancio di previsione 2011, che il capitolo oggetto della variazione è quello su cui nell'anno in questione sono state spesate sia le attività di security che quelle di viabilità. Al riguardo sembra utile evidenziare che l'affidamento dei servizi di viabilità è avvenuto nel mese di aprile, mentre la società in house incaricata della security, e di cui si parlerà in seguito, ha iniziato ad operare dal mese di agosto dell'anno 2011, il che non ha consentito di fruire delle economie di spesa auspicate per l'intero anno ma solo per una parte di esso.
Quanto sopra evidenziato ci riporta al diverso argomento, sollevato dagli onorevoli interpellanti, in ordine alla costituzione della società in house Porti Levante Security, nata per lo svolgimento dei servizi di vigilanza connessi all'attuazione delle previsioni dei Piani di security nell'ambito dei compiti istituzionali delle autorità portuali.
La costituzione della predetta società - in ordine alla quale la competente sezione della Corte dei conti, all'uopo interpellata, non ha sollevato rilievi - impone, sotto un profilo squisitamente giuridico-amministrativo, un doveroso chiarimento: l'autorità portuale e la Porti Levante Security Srl sono soggetti giuridici distinti, e nessuna assimilazione può essere effettuata fra le assunzioni di personale alle dipendenze del predetto soggetto societario - avvenute, peraltro, in conformità a specifici accordi sindacali stipulati con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori, garantendo la continuità della occupazione ai lavoratori precedentemente impiegati nell'espletamento delle attività di security - e le assunzioni del personale dipendente dell'autorità portuale, inserito nella pianta organica dell'ente.
A tale ultimo proposito, in relazione alla questione posta dagli onorevoli interpellanti sulle assunzioni di circa venti unità di personale presso l'autorità portuale di Bari, si fa presente che, successivamente alla riconferma del presidente, non risulta essere stata effettuata alcuna nuova assunzione. Peraltro, va rammentato che, ai sensi dell'articolo 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994, il rapporto di lavoro del personale delle autorità portuali è di diritto privato ed è disciplinato dalle pertinenti disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Il suddetto rapporto è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione. Le norme sulle assunzioni del personale nelle autorità portuali sono pertanto quelle vigenti nell'ambito del rapporto di lavoro di diritto privato, fermo restando quanto disposto dall'articolo 2 del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, che prevede che le assunzioni possono avere luogo mediante selezione per titoli e/o esami ovvero per Pag. 86chiamata diretta in caso di particolari esigenze, avuto riguardo alla caratteristiche professionali e specificità delle funzioni da coprire con criteri aziendalmente stabiliti.
Per quanto attiene, da ultimo, alla richiamata vicenda del commissariamento dell'autorità portuale di Civitavecchia, che ha portato all'emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 825 del 16 novembre 2010, con il quale è stata disposta la revoca dell'incarico del presidente pro tempore dell'autorità portuale di Civitavecchia e la nomina di un commissario straordinario, si fa presente che la stessa presenta profili di divaricazione rispetto alle tematiche verificatesi per il porto di Bari.
Infatti, per Civitavecchia è la sommatoria delle numerose illegittimità riscontrate dall'ispettorato generale di finanza in una verifica amministrativa-contabile, come confermate dalle coerenti ed univoche risultanze della relazione dell'apposita commissione istituita con decreto direttoriale, che ha indicato la sussistenza di irregolarità non irrilevanti sotto il profilo gestionale, le quali, ancorché riferibili alla precedente gestione, non sono risultate sanate da quella in corso, con effetti che sono apparsi, al momento, perduranti e potenzialmente pregiudizievoli per la corretta gestione dell'autorità portuale di Civitavecchia ed implicanti, quindi, la necessità di procedere al commissariamento dell'ente.
In relazione a tutto quanto sopra esposto, l'approfondita valutazione in ordine ai profili di criticità evidenziati ed afferenti alle attività gestorie condotte nel Porto di Bari, potenzialmente foriere di una non auspicabile perdita di competitività dello scalo pugliese, induce il Ministero che rappresento, proprio ai fini di una compiuta disamina del contesto, a monitorare più adeguatamente le iniziative attualmente in essere nel terminale marittimo di Bari, anche assicurando adeguato supporto all'autorità portuale in oggetto onde pervenire alla migliore conduzione delle attività di competenza per il tramite del competente assessorato regionale che ha assicurato piena collaborazione al riguardo.
Solo all'esito delle discendenti valutazioni, riguardanti in primis il doveroso perseguimento dei principi di trasparenza, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa da parte dell'autorità portuale di Bari, sulla scorta delle pronunce della giustizia amministrativa già ricordate, potranno quindi essere assunte le ragionate ed esaustive decisioni di competenza di questo stesso Ministero, anche in ordine alla ventilata ipotesi di procedere al commissariamento dell'ente, nel rigoroso rispetto delle previsioni recate dalla legge n. 84 del 1994.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01540.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'ampia relazione, anche se alcuni passaggi naturalmente non ci soddisfano, come quello del richiamo al precedente ricorso alla giustizia amministrativa relativo alla decisione del Ministero di commissariare. Poi lo stesso Ministero non ha mantenuto le sue posizioni, facendo a sua volta un ricorso al Consiglio di Stato, e naturalmente questo è stato anche oggetto di una doglianza da parte nostra.
La realtà è che abbiamo appreso che, quando si allargano le autorità portuali, i finanziamenti che sono dati ad un porto devono essere forzatamente allargati all'autorità stessa. Quindi, in questo caso l'ampliamento dell'autorità portuale penalizza il porto di Bari, che non vede le prospettive di poter ampliare le proprie infrastrutture e, pertanto, di poter essere più attrattivo. Si tratta, quindi, di una scusante che proprio smaccatamente la dice lunga sul fatto che, siccome ci avete allargato l'interesse, noi non abbiamo potuto spendere i fondi su Bari perché li dovevamo spendere su altri porti.
Tra l'altro, se mi consente, li abbiamo spesi per opere come il dragaggio, che sono delle opere di, chiamiamole così, Pag. 87normale manutenzione e non su quello che sono 85 milioni di euro, ossia 150 miliardi di vecchie lire, per renderlo un momentino più coerente, e credo che, raramente, il porto di Bari abbia avuto la possibilità di avere 150 miliardi di lire e quindi, pensiamo a cosa ciò significa soltanto sotto l'aspetto infrastrutturale dell'occupazione, del lavoro, per una realtà che è stata completamente abbandonata.
Altra cosa che mi sembra strana è quel riferimento, per le assunzioni, ai termini privatistici. Noi sappiamo che sebbene sia una realtà pubblica, anche se a questa può essere consentito di poter agire come il privato e quindi con delle norme privatistiche, proprio per quella trasparenza che viene, sempre, auspicata ma che poi, evidentemente, non viene mai attuata, vengono invece utilizzati questi canali che, come è facile capire, sono dei canali di familismo - voglio soltanto dire questo e non voglio andare oltre - che mal si coniugano con una oculata gestione e una trasparente gestione amministrativa per chi guida degli enti pubblici.
Sottosegretario, la sua risposta è stata, in alcuni casi, molto puntuale, molto tecnica e quindi è difficile dare delle risposte. Ci dichiariamo parzialmente soddisfatti per il lavoro che, da parte sua, è stato fatto, ma queste sue risposte, pur mettendo sotto la lente d'ingrandimento la gestione del porto di Bari, non ci rendono totalmente soddisfatti, perché non danno degli approfondimenti e delle risposte su quella realtà che invece, obiettivamente, noi viviamo giorno dopo giorno. Ciò per criteri di trasparenza ma soprattutto per quei criteri importanti di investimento, perché oggi Bari sta ancora lavorando su quello che è stato fatto negli anni precedenti; non si vede nulla di nuovo. Abbiamo sentito, e abbiamo letto anche sui giornali, delle dichiarazioni del presidente dell'autorità portuale che richiamano quello che lei ha detto, però siamo sempre sul: «vedremo, faremo, progetteremo»; lì, invece, c'erano dei soldi disponibili che si potevano investire immediatamente nell'interesse di Bari e nell'interesse della Puglia.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01554.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, sto raccogliendo un po' le idee, ed è certamente difficile. Signor Presidente, vorrei dire al sottosegretario Improta che la sua replica la dividerei in due momenti. Innanzitutto vi è una narrazione descrittiva-amministrativa per quanto riguarda la gestione, la tenuta dei registri e la contabilità operata da sapienti tecnici del Ministero, ma soprattutto con il concorso, con la sollecitazione, con il contributo, con la consulenza esaustiva e assorbente da parte dell'autorità portuale. Non so se la Assoporti centri qualcosa, non lo so, ovviamente, ma c'è stato, certamente, un percorso di gestione e degli elementi dati al Ministero che hanno funzionato, perché c'è un'area di giustificazione, quando il problema da noi posto era un problema di trasparenza, un problema di carattere politico e più volte, io per quanto mi riguarda, ma credo anche il collega Di Cagno Abbrescia, mi sono soffermato rispetto ad alcune vicende che riguardano affidamenti di incarichi e quant'altro. Lo sappiamo che le società di sicurezza assumono chi vogliono, e allora che significa questo?
Che significa questo? Ma che significa questo, signor Presidente? Noi abbiamo fatto una denuncia precisa, bisogna rispondere se queste persone, che lavorano per una società pubblica e sono persone assunte, sono persone trasparenti e chiaramente ineccepibili rispetto ai comportamenti. Questo è il dato. Uno gestisce come vuole? Non credo che sia vero questo, nella maniera più assoluta, credo che questo aspetto e questo dato bisogna un po' rivederlo nella valutazione, perché ci sono le regole di una corretta e trasparente amministrazione che per quanto ci riguarda sono state ampiamente e chiaramente violate.
Ma certo è che noi questa vicenda, ad esempio della Multiservizi Portuali, l'abbiamo più volte denunciata, ma si continua così il 10 giugno 2012, avrà da parte Pag. 88sua la copertura di una norma? Avrà da parte sua la copertura di alcune solidarietà, va avanti? Perché se va avanti, ci sono i sindacati ispettivi, le commissioni ministeriali che non hanno certamente prodotto alcun risultato.
Poi c'è l'altra parte della risposta del Governo, dove ci ha messo - devo darne atto - qualche valutazione in più, che è una valutazione sul piano politico, quando nella coda fate riferimento all'eventualità di una gestione commissariale messa lì, che sembra essere appesa perché contraddetta da ragionamenti precedenti. Per quello che ho capito, visto e considerato che quando uno ascolta le cose tecniche non ha una grande capacità di recepire tutti questi passaggi, certamente poi valuterò attentamente questa risposta, questa replica da parte del Governo.
Anch'io la ringrazio, sottosegretario Improta, per carità, non ho motivo, lei è stato così cortese, è cortese curare questa voluminosa risposta, però, signor Presidente, vorrei dire - da persone che sono simpatiche, almeno da parte mia - che quando non si vuole rispondere, si risponde in un certo modo, con un volume di nomi, cifre, riferimenti normativi, sottonorme e codici. Questo si chiama, in gergo parlamentare, depistaggio - ma non soltanto in gergo parlamentare - certo, perché non si sono volute affrontare, nella replica del Governo, le questioni poste. Si è in sintonia e in continuità con il Ministro Matteoli, carissimo amico per carità. Si è in sintonia, c'è una forza che va al di fuori e al di là di ogni ragionamento, una forza che opprime ogni cosa, al di là dell'opacità, perché non si ammette neanche che qualcosa non è andato bene, c'è quella parte - in cui c'è davvero lo sforzo del sottosegretario Improta - che dice: poi vediamo sul commissariamento, poi propone quel riferimento all'assessore regionale del programma che stride, sa di beffa, mentre io ritengo che certamente una qualche indicazione rispetto alle cose dette bisognava pure darla, anche in riferimento ad una commissione ministeriale.
Ma almeno, signor Presidente, quella commissione ministeriale del 4 maggio 2009 deve essere denunciata. Forse c'è una prescrizione di termini, però ci dica questo. Quello che è scritto qui va denunciato, tutti i componenti della commissione vanno denunciati. Va denunciato il direttore generale, per falso, perché hanno detto cose non vere, perché c'è una procedura che desta forti perplessità, ma questa forte perplessità perché non ce l'ha il Governo, che ci viene ad indicare e giustificare con norme ed altro? Ma perché?
Noi ragioniamo in termini politici, certamente nel rispetto delle norme, ma una commissione ministeriale non avrebbe dovuto fare un'inchiesta politica, ma un'inchiesta di carattere tecnico-amministrativo. Poi il TAR Lazio, il giudice amministrativo... ci sono una serie di vicende, io ritengo che se va bene così, va bene così.
Ma il nostro giudizio è negativo e mi dispiace che il giudizio sia negativo su tutto un comportamento da parte dei Governi e di questo Governo. Con estrema chiarezza, io faccio parte di un partito che sostiene con forza questo Governo, forse si potrebbe dire ultra petitum. Lo sostiene in base ai principi e ai valori che rappresentiamo nella storia del nostro Paese. Non avevamo bisogno di sostenere questo Governo. Lo sosteniamo perché era l'unico Governo, il cui Presidente del Consiglio potesse dare una risposta e togliere questo Paese dalle sacche o dalle secche in cui ci si era cacciati. Certamente di questo siamo profondamente convinti, ma poi c'è questa situazione veramente inquietante.
Sono inquieto. Non so se definirmi parzialmente soddisfatto come ha fatto Di Cagno Abbrescia. Sono soddisfatto per la parte finale. Ma lei si rende conto, signor sottosegretario, che l'ultima parte è stata un suo sforzo che stride ovviamente con una moltitudine di interessi consolidati. Chi sono questi interessi? Non lo so. Chi c'è dietro? Non lo so e non lo sappiamo. Volevamo un po' di chiarezza. Se lei ci avesse detto questa sera che si parla da parecchi anni della situazione anche con l'estensione alla vicenda di Civitavecchia, che lei ha fatto un po' a paragone, ovviamente anche per dare una giustificazione Pag. 89di una azione, se lei ci avesse detto che non c'è soltanto il monitoraggio... Nel nostro Paese, quando ci sono i problemi difficili ci inventiamo le authority, quando c'è un problema di conoscenza ci inventiamo i monitoraggi e gli osservatori. Chi sta da qualche tempo e da qualche giorno in quest'Aula lo sa. C'è un problema difficile? L'authority! C'è un problema di non conoscenza, di friabilità di dati e di elementi conoscitivi? Facciamo un monitoraggio!
Qui ci vuole una commissione di inchiesta. Cacciate quelli là, gli date un giudizio amministrativo oppure faccia fare la proposta al suo Ministro Passera, che poi si intende anche di queste cose perché è stato un grande banchiere che ci viene invidiato dal mondo intero ...

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la prego di concludere.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho concluso. C'è la proposta conclusiva che è la migliore. Mi lasci questa grande soddisfazione. Anche con il mio conforto, signor Presidente, chiedo al sottosegretario di fare la proposta a Passera (credo sia Ministro dello sviluppo... e del lavoro, ma il lavoro non è di grande attualità oggi, in questo momento). Faccia la proposta per questo presidente dell'autorità portuale come cavaliere del lavoro. Facciamo la proposta, come meritevole di aver portato l'azienda verso i fasti dell'efficienza, della capacità e della trasparenza e allora siamo conseguenti. Infatti, lasciare nell'ibrido e nell'opacità tutto il discorso non credo sia corretto.
Ci saremmo attesi da questo Governo una qualche risposta in più. Se non si può dare qualche risposta, tagliamo la testa al toro e facciamo del signor Mariani il cavaliere del lavoro Mariani e lo indichiamo ai posteri come l'emblema forte di un grande imprenditore che ha gestito il denaro pubblico con grande forza, con grande trasparenza e con grande incisività. Avremo sbagliato i paletti, ci sarà un cavaliere in più, anzi ci sarà un cavaliere che sarà ovviamente indicato a questo Paese. Ma quando arriveremo a questo sarà un Paese sempre più al suo declino.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 25 giugno 2012, alle 11:

1. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
S. 3249 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato) (C. 5256).
- Relatori: Cazzola e Damiano.

(ore 18)

2. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione delle eventuali questioni pregiudiziali presentate e per il seguito dell'esame):
S. 3249 - Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Approvato dal Senato) (C. 5256).
- Relatori: Cazzola e Damiano.

La seduta termina alle 18,35.

Pag. 90

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE N. 5256 E DELLE MOZIONI N. 1-01075 ED ABBINATE E N. 1-01065

Ddl n. 5256 - Riforma del mercato del lavoro

Tempo complessivo: 21 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 7 ore e 30 minuti;
  • seguito dell'esame: 14 ore.
  Discussione generale Seguito esame
Relatori di maggioranza 25 minuti 40 minuti
Governo 25 minuti 40 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 4 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 42 minuti (con il limite massimo di 18 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 31 minuti 9 ore e 48 minuti
Popolo della Libertà 49 minuti 1 ora e 44 minuti
Partito Democratico 48 minuti 1 ora e 43 minuti
Lega Nord Padania 54 minuti 1 ora e 54 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 33 minuti 42 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti 37 minuti
Popolo e Territorio 31 minuti 36 minuti
Italia dei Valori 50 minuti 1 ora e 47 minuti
Misto: 35 minuti 45 minuti
Grande Sud-PPA 9 minuti 10 minuti
Alleanza per l'Italia 5 minuti 6 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 5 minuti 6 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 3 minuti 4 minuti
Repubblicani-Azionisti 3 minuti 4 minuti
Movimento per le AutonomieAlleati per il Sud 2 minuti 3 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti 3 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti 3 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti 3 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti 3 minuti
Pag. 91

Mozioni nn. 1-01075, 1-01076, 1-01088, 1-01089 E 1-01092 - Politica europea dell'Italia
e
mozione n. 1-01065 - Indizione di un referendum consultivo sull'adesione al «fiscal compact»

Tempo per l'illustrazione e la discussione: 4 ore e 20 minuti.

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 41 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 4 minuti
Popolo della Libertà 41 minuti
Partito Democratico 40 minuti
Lega Nord Padania 20 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 17 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 16 minuti
Popolo e Territorio 15 minuti
Italia dei Valori 15 minuti
Misto: 20 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

Per le dichiarazioni di voto sono inoltre attribuiti a ciascun gruppo 10 minuti. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 11)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Pdl 5058 - articolo 1 450 450 226 450 45 Appr.
2 Nom. articolo 2 469 468 1 235 468 44 Appr.
3 Nom. articolo 3 463 462 1 232 460 2 42 Appr.
4 Nom. articolo 4 460 456 4 229 456 42 Appr.
5 Nom. articolo 5 463 461 2 231 461 42 Appr.
6 Nom. odg 9/5058/2 466 458 8 230 456 2 42 Appr.
7 Nom. Pdl 5058 - voto finale 444 441 3 221 441 42 Appr.
8 Nom. Pdl 3737 ed abb. - articolo 1 448 447 1 224 447 42 Appr.
9 Nom. articolo 2 449 447 2 224 446 1 42 Appr.
10 Nom. articolo 3 451 450 1 226 450 42 Appr.
11 Nom. Pdl 3737 ed abb. - voto finale 425 424 1 213 424 42 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.