XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 27 giugno 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              l'Europa ha bisogno di una chiara risposta politica per uscire dalla crisi economica, finanziaria e ormai sociale più grave della sua storia e in questo senso il vertice del 28 giugno 2012 deve segnare l'inizio di un nuovo cammino e di un nuovo slancio che porti progressivamente alla realizzazione di una vera unione politica e federale;
              l'instancabile aggressività della speculazione finanziaria e la crescente inquietudine dei mercati richiedono non solo urgenti risposte tecniche, ma, soprattutto, una chiara prospettiva di integrazione politica, tale da rappresentare la risposta alle diverse forme di populismo che crescono proprio a causa dell'assenza di istituzioni europee con una più forte legittimazione politica e democratica;
              l'euro ha sempre rappresentato per l'Italia la tappa di un progetto culturale e politico complessivo che, attraverso una «unione sempre più stretta», portasse alla creazione degli Stati Uniti d'Europa, un'unione basata sulla solidarietà tra cittadini e Stati e che prevalesse sugli egoismi nazionali e particolaristici che in passato hanno sempre portato l'Europa alla rovina;
              i firmatari del presente atto di indirizzo sono consapevoli che, allo stesso tempo, occorrono risposte immediate contro la crisi economica e la speculazione finanziaria che permettano una ripresa della crescita, dal momento che si è registrato un trend di crescita ridotto rispetto agli altri partner europei e che le politiche di stabilità e di equilibrio di bilancio sono una condizione necessaria ma insufficiente per promuovere lo sviluppo economico e perseguire la creazione di nuovi posti di lavoro. Occorrono, altresì, forti misure interne a favore della competitività, nel quadro di un ampio progetto europeo e per le infrastrutture materiali e immateriali;
              insistere unicamente sul rigore rischia, infatti, di essere controproducente anche rispetto agli stessi obiettivi di stabilità: se deprime eccessivamente i consumi, diminuisce il gettito fiscale e, di conseguenza, finisce per peggiorare il rapporto stesso tra debito e prodotto interno lordo;
              l'Italia ha affrontato con grande decisione il grave problema del riequilibrio del bilancio e oggi può vantare un avanzo primario tra i più ampi in Europa, il credibile obiettivo del pareggio di bilancio in tempi congrui, un debito che – pur avendo ancora dimensioni elevate – diminuirà a partire dal 2013 e una riduzione del divario tra il valore medio dell'indebitamento dell'eurozona e quello italiano;
              peraltro, appare evidente che gli ultimi attacchi della speculazione internazionale sul debito pubblico italiano non trovano ragione e fondamento nei nostri squilibri di bilancio, ma sembrano, piuttosto, far parte di un'aggressione complessiva che prende di mira l'euro;
              i Paesi che mantengono i propri impegni nel risanamento dei conti pubblici e nel percorso di riforme, indicati nei piani di riforma nazionale e concordati a livello europeo, hanno diritto ad invocare la solidarietà degli altri membri della zona euro per far fronte a tali ingiustificati attacchi speculativi;
              la sottoscrizione del «fiscal compact» è stata accompagnata da un impegno comune per la crescita e lo sviluppo, che, se ha permesso prima significativi passi in avanti, in particolare per il completamento del mercato interno, non ha ancora portato a iniziative comuni per una nuova politica di investimenti comuni a livello europeo,

impegna il Governo:

          a sostenere l'iniziativa per la crescita che potrebbe mobilitare oltre 130 miliardi di euro a favore di investimenti produttivi, a partire dalle aree più svantaggiate della zona euro, agendo anche da catalizzatore per nuovi investimenti privati;
          a valutare l'opportunità di sostenere la rapida introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie attraverso una cooperazione rafforzata, per contrastare la speculazione finanziaria e per reperire una nuova forma di risorse proprie al servizio della crescita;
          a reiterare la proposta di definire criteri valutativi europei che consentano una distinzione di alcune categorie di investimento di interesse comune europeo ai fini della valutazione del rapporto deficit/prodotto interno lordo;
          a sostenere le proposte del rapporto Van Rompuy volte a creare un'unione economica, fiscale e bancaria, indicando, però, un percorso a tappe ben scadenzate, che si avvii al vertice di giugno 2012 e si concluda con decisioni operative al più tardi al vertice di dicembre 2012, sostenendo, in tale contesto, l'attribuzione dei poteri di vigilanza bancaria alla Banca centrale europea e la rapida creazione di un fondo di sostegno e intervento diretto per la ricapitalizzazione del sistema bancario, con possibilità di ricorrere anche al meccanismo europeo di stabilità (Esm) per affrontare crisi di tipo sistemico;
          a ribadire e difendere la proposta di creare un nuovo meccanismo di solidarietà che contrasti le oscillazioni eccessive degli spread, a beneficio degli Stati non sottoposti a procedure per deficit eccessivo e che attuino effettivamente gli impegni assunti nei piani di riforma nazionale;
          a rafforzare le proposte del rapporto Van Rompuy relative all'unione politica, dal momento che nuove procedure di sorveglianza e controllo preventivo sui bilanci nazionali o la stessa creazione di un Ministro del tesoro europeo non possono che essere collocate in una più ampia riforma politica, volta ad assicurare la piena legittimità democratica delle istituzioni europee e l'effettivo controllo parlamentare, nazionale ed europeo, sulle autorità di governo europee, possibile unicamente in un'Europa federale e democratica;
          a sostenere, nel contesto di una rinnovata unione economica e monetaria, forme di emissione comune di titoli del debito pubblico;
          a ribadire la necessità di un'Europa politica e federale, rilanciando la discussione sul futuro dell'Unione, avviando un nuovo percorso di integrazione politica che rilanci il processo costituente e di revisione dei trattati auspicabilmente in occasione delle elezioni europee del 2014.
(1-01101) «Franceschini, Galletti, Della Vedova, Pisicchio, Nucara, Cambursano, Brugger, Melchiorre, Tanoni, Gozi».


      La Camera,
          premesso che:
              il Ministro della giustizia in attuazione della legge delega sta predisponendo il piano di revisione delle circoscrizioni giudiziarie;
              la geografia dei tribunali, probabilmente, sarà sconvolta con la soppressione di un certo numero di uffici giudiziari non in possesso dei requisiti indicati nella legge n.  140 del 2011;
              la legge delega all'articolo 1, comma 2, lettera b), prevede che si tenga conto di condizioni particolari che sconsigliano la riduzione dei presidi giudiziari e, in particolare, dei seguenti casi: presenza di organizzazioni criminali particolarmente invasive e violente e stato delle infrastrutture e dei trasporti;
              la Calabria ha il triste primato di avere la più pericolosa associazione criminale tra quelle che operano in Italia, dotata di ingenti risorse finanziarie, capace di esercitare il controllo soffocante del territorio e di avere il primato nello spaccio degli stupefacenti;
              l'allentamento, anche minimo, della presenza dello Stato, costituito dalla soppressione dei presidi giudiziari, sarebbe un segnale negativo che rafforzerebbe la presenza della ’ndrangheta in Calabria e smentirebbe anni di politica giudiziaria incentrata sul rafforzamento degli organici degli uffici giudiziari calabresi e su incentivi di carriera ed economici ai magistrati inviati in Calabria;
              per giunta, la ’ndrangheta sta compiendo una ulteriore penetrazione nel controllo del territorio con la pressione violenta sulle amministrazioni locali;
              la successione drammatica di intimidazioni contro i sindaci che si sono opposti alle ’ndrine non può rimanere impunita; sarebbe un errore imperdonabile dare l'impressione di una sottovalutazione dei gravi fenomeni delinquenziali a parte dello Stato indebolendo i presidi della legalità;
              lo sforzo del Governo nazionale di favorire lo sviluppo dei territori rischia di non sortire effetti positivi in quelle aree dove più forte si riscontra la presenza delle mafie e la Calabria ne ha il triste primato;
              il Governo non può sottovalutare il significato che potrebbe avere la soppressione dei tribunali in Calabria;
              le condizioni, poi, delle infrastrutture viarie, del tutto inadeguate, rendono difficile lo spostamento delle persone da un'area ad altra all'interno della regione; gli attuali tribunali erano nati anche in funzione della difficile orografia del territorio calabrese; l'assenza, per giunta, di un efficiente sistema dei trasporti aumenta il disagio della soppressione degli uffici del giudice di pace ed eventualmente di uno o più tribunali;
              le diverse forme di attività criminose si combattono con una ferma e continua iniziativa di repressione dello Stato e con la promozione dello sviluppo economico, necessario per sanare la piaga della disoccupazione e per concorrere a formare una società civile determinata a partecipare allo sforzo comune del risanamento,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché non si riduca l'attuale rete di tribunali in Calabria.
(1-01102) «Marini, Villecco Calipari, Minniti, Lo Moro, Laratta, Oliverio, Laganà Fortugno, Zunino, Calvisi, Marrocu, Garavini, Losacco, Rosato, Garofani, Scarpetti, D'Antona».


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 13 agosto 2011 n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  148 del 2011 recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, «delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari» stabilisce, all'articolo 1, comma 2, che il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi diretti alla riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa ed incremento di efficienza;
              il Governo, in sede di formulazione della proposta di definizione della nuova geografia giudiziaria del Paese, è tenuto ad agire, secondo quanto previsto dallo stesso dettato legislativo sopra citato, nel rispetto di alcuni criteri oggettivi come l'estensione del territorio, il numero degli abitanti, i carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze nei singoli tribunali, la specificità territoriale del bacino d'utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e l'impatto della criminalità organizzata nel territorio;
              questi principi direttivi, che sottendono alle procedure di riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, non possono che essere tenuti nella dovuta e necessaria considerazione in contesti territoriali di particolare criticità come quelli calabresi;
              in Calabria sono particolarmente evidenti i fenomeni di influenza nel tessuto sociale, economico, produttivo e politico della più aggressiva e pericolosa organizzazione criminale di livello nazionale ed internazionale;
              alla luce di questa situazione, è necessario ed indispensabile rafforzare la presenza dello Stato attraverso il consolidamento di presidi di legalità come i tribunali che rappresentano un argine concreto al diffondersi di pratiche illegali ed un baluardo a difesa dei cittadini;
              nella regione, la problematica della riorganizzazione degli uffici giudiziari risulta essere ancora più aggravata dal fatto che esistono territori particolarmente estesi ed abitati in cui si registrano evidenti carenze infrastrutturali come nella provincia di Cosenza che presenta un'estensione territoriale pari a quella della regione Liguria, la più alta densità abitativa della Calabria ed un'accertata mancanza di infrastrutture viarie e di collegamenti ed in cui, nelle ipotesi iniziali, nonostante queste gravi carenze, si sarebbe dovuto procedere alla soppressione di tutti i tribunali tranne quello del capoluogo;
              una tale situazione provocherebbe evidenti danni in termini di amministrazione della giustizia nella regione con evidenti conseguenze negative sul versante del contrasto all'illegalità ed alla criminalità,

impegna il Governo

a far si che nell'ambito della riorganizzazione degli uffici giudiziari siano tenute in adeguata considerazione la specificità territoriale e l'impatto della criminalità organizzata in Calabria, mantenendo in vita tutti gli importanti presidi di legalità nell'interesse dei cittadini.
(1-01103) «Dima, Traversa, Santelli, Antonino Foti, Nucara, Belcastro, Golfo, Galati, Pittelli, Biava, Occhiuto, D'Ippolito Vitale, Misiti».

Risoluzioni in Commissione:


      La III e X Commissione,
          premesso che:
              la ratifica dell'accordo commerciale tra l'Unione europea e la Corea del Sud del 2010 ha portato all'abbattimento di quasi tutte le barriere doganali tra queste due aree economiche;
              il Governo italiano ha espresso fin dall'inizio molti dubbi su tale accordo di libero scambio, la cui ratifica ha provocato un serio danno ai settori dell'automotive, del tessile, delle macchine utensili e della meccanica in generale, tutti strategici per l'economia italiana;
              nel 2011 la Corea ha aumentato l’export di autoveicoli in Europa del 55 per cento a fronte di un aumento dell’export europeo del 10 per cento per lo più rappresentato da vetture di alta gamma tedesche; nel settore delle macchine utensili l’export della Corea Sud nella sola Italia è aumentato del 110 per cento, a fronte di un aumento del 10 per cento dell’export del nostro Paese verso la Corea del Sud;
              la Corea produce vetture per il mercato europeo importando numerosi componenti dalla Cina, applicando su tali componenti dazi pesantissimi;
              con il nuovo accordo, quando tali merci vengono rivendute nel mercato europeo, i dazi versati sono completamente rimborsati ai produttori coreani, i quali di conseguenza traggono un grande vantaggio ad importare componenti dalla Cina per poi rivendere le vetture, indicate come asiatiche, sui mercati europei. Politiche di questo tipo ostacolano la libera concorrenza e lo sviluppo competitivo dei produttori europei;
              i dati diffusi dalla stampa parlano di un beneficio di circa 1.500 euro per automezzo. I danni per gli Stati membri sono enormi e riscontrabili non solo nella perdita di competitività delle imprese europee nei confronti di quelle straniere, ma anche nell'ingresso nei mercati europei di vetture formalmente coreane, i cui componenti sarebbero però per gran parte di origine cinese;
              i drammatici fatti sopra esposti sono evidentemente destinati a perdurare e ad aggravarsi con gravissimo danno all'occupazione del nostro Paese;
              l'accordo prevedeva un periodo di monitoraggio ed una eventuale revisione dello stesso sulla base dei dati raccolti,

impegna il Governo:

          a promuovere, in ambito europeo, opportune iniziative di modifica dell'accordo commerciale tra Unione europea e Corea del Sud, che portino alla rimozione della clausola che permette il rimborso dei dazi sui componenti cinesi utilizzati sui prodotti destinati al mercato europeo, al fine di realizzare una corretta concorrenza e salvaguardare i settori strategici dell'economia italiana;
          a convocare un tavolo di confronto con tutte le categorie interessate dall'attuazione del suddetto accordo al fine di definire le eventuali ulteriori modifiche necessarie alla salvaguardia della occupazione e delle imprese in questo drammatico momento di crisi.
(7-00926) «Torazzi, Allasia, Fava, Maggioni».


      La III Commissione,
          premesso che:
              l'8 luglio 2012 si svolgerà a Tokyo una conferenza internazionale dei Paesi donatori per discutere dello sviluppo dell'Afghanistan nel periodo successivo al ritiro delle truppe internazionali;
              si tratta di una occasione importante per l'Italia per rilanciare ulteriormente la propria credibilità come attore rilevante nel panorama della cooperazione internazionale;
              nell'ultimo decennio vi sono stati progressi significativi per la condizione femminile in Afghanistan: l'approvazione di una nuova Costituzione nella quale vengono sanciti pari diritti a uomini e donne, una legge per l'eliminazione della violenza contro le donne (EVAW); l'adozione di un nuovo Piano d'azione nazionale per le donne afgane (NAPWA); la costituzione di un Ministero ad hoc per l'uguaglianza di genere e i diritti delle donne; la nascita di numerose case rifugio per donne vittime di violenza, mentre nell'ultima tornata elettorale del Parlamento Nazionale le donne sono state il 27 per cento degli eletti;
              tuttavia, tali importanti progressi non risultano ancora sufficienti, e al momento non costituiscono una adeguata garanzia di sviluppo e sicurezza per le donne afgane. In particolare, le donne continuano a subire forti restrizioni e violenze nelle aree rurali del paese, e soprattutto nelle province meridionali più conservatrici. Secondo l’ONG Global Rights, l'87 per cento delle donne afgane ha subito almeno una forma di violenza domestica, mentre il tasso di mortalità rimane tra i più alti al mondo; secondo l’ONG Human Right Watch ogni due ore una donna muore per cause legate alla gravidanza e quasi 9 donne su 10 di età superiore ai 15 anni sono analfabete. Attualmente persistono fortissime limitazioni nell'accesso alla giustizia, permangono matrimoni forzati e precoci, e vi sono gravissime limitazioni alle libertà di movimento e circolazione generate dalle precarie condizioni sicurezza;
              secondo un'indagine svolta da ActionAid nel 2011 (che ha coinvolto 1000 donne afgane provenienti da varie parti del Paese) emerge nelle interviste la generale percezione di insicurezza, il timore di subire violenza e di un possibile peggioramento della condizione femminile nei prossimi anni. In particolare, due terzi delle donne intervistate ritengono che la loro condizione sia migliorata negli ultimi 10 anni, ma 9 su 10 temono il ritorno di un regime talebano, e un terzo teme il ritiro delle truppe straniere dal Paese;
              il 14 dicembre 2011 è stata approvata, a larga maggioranza, dalla Commissione esteri della Camera dei deputati una risoluzione (7-00732) che, in previsione della conferenza internazionale di Bonn del dicembre del 2011, impegnava il Governo ad includere i diritti delle donne tra le priorità nelle discussioni e programmazioni relative alla ricostruzione afghana, e come elemento irrinunciabile delle negoziazioni di pace;
              nell'audizione, presso le Commissioni riunite affari esteri e difesa della Camera dei deputati del Senato della Repubblica, che si è svolta il 15 maggio 2012, in prossimità del Vertice NATO di Chicago il Ministro Terzi ha dichiarato che la condizione femminile resta tra le priorità del nostro governo per l'Afghanistan, in linea con le diverse mozioni e risoluzioni parlamentari degli ultimi mesi.
              il 26 gennaio 2012 è stato firmato l'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, e al momento tale accordo è all'esame del Parlamento per la ratifica;
              nell'articolo 2 parte 7, di tale accordo si afferma che l'Italia continuerà a sostenere lo Stato di diritto, allo scopo di rafforzare le capacità del sistema giudiziario, migliorare l'accesso alla giustizia e promuovere il rispetto dei diritti umani, inclusi quelli delle donne e delle minoranze afgane, principalmente attraverso i Programmi Prioritari Nazionali (NPPs). Viene altresì dichiarato che un'attenzione speciale continuerà ad essere riservata alla promozione dei diritti delle donne rafforzando la componente dell'uguaglianza di genere nei programmi italiani anche con l'obiettivo di sostenere le istituzioni e l'effettiva applicazione di leggi fondamentali come la legge sulla eliminazione della violenza contro le donne (EVAW);
              tuttavia, nel successivo articolo 3, dedicato alla cooperazione per la sicurezza si ribadisce la necessità di un sostegno duraturo alle Forze Nazionali di Sicurezza Afgane (ANSF), senza però alcun riferimento ai diritti delle donne e agli impegni derivanti da Risoluzioni ONU, quali la 1325 su donne, pace e sicurezza. Viene così a mancare un indirizzo specifico verso la dimensione di genere nell'agenda della sicurezza, e ciò in apparente contraddizione con gli impegni assunti dall'Italia con l'adozione del Piano d'Azione Nazionale per l'attuazione della Risoluzione ONU 1325 su «Donne, pace e sicurezza», nel dicembre 2010,

impegna il Governo:

      in occasione della conferenza di Tokyo, prevista per il prossimo 8 luglio 2012, a ribadire il proprio impegno nel considerare la lotta alla violenza sulle donne in Afghanistan come obiettivo prioritario dello sviluppo, adottando ogni iniziativa utile volta ad attribuire risorse più consistenti per la concreta attuazione del Piano nazionale per le donne afgane (NAPWA) e per la legge per l'eliminazione della violenza contro le donne (EVAW);
      in occasione della prossima conferenza di Tokyo ad adottare ogni iniziativa utile per lo sviluppo di un Piano d'azione nazionale afgano per l'attuazione della risoluzione n.  1325, con particolare attenzione alla partecipazione delle donne nella costruzione della pace e favorendo un loro ruolo più attivo nel settore della cooperazione per la sicurezza per l'Afghanistan.  
(7-00928) «Tempestini, Villecco Calipari, Cenni, Murer, Mogherini Rebesani».


      La VI Commissione,
          premesso che:
              le concessioni demaniali marittime rappresentano, per numero, imprese e livelli occupazionali interessati, fatturato e incidenza sul sistema economico di molti territori (quasi la totalità dei comuni costieri italiani), una delle maggiori tipologie di concessione in uso ai privati di beni demaniali dello Stato;
              l'articolo 11 della legge Comunitaria 2011 (legge n.  217 del 2011) adeguandosi alle direttive europee (in particolare alla Direttiva Servizi 2006/123/CE, cosiddetta «Bolkestein»), relativamente alle concessioni demaniali marittime, ha abrogato definitivamente il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge del 5 ottobre 1993, n.  400, il quale fissava la durata delle concessioni dei beni demaniali marittimi in 6 anni rinnovabili automaticamente alla scadenza;
              questo provvedimento ha permesso di archiviare la procedura d'infrazione dell'Unione europea nei confronti dello Stato italiano (procedura di infrazione numero 2008/4908);
              i commi da 2 a 5 del medesimo articolo delegano il Governo ad adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso provvedimento, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime secondo i principi e criteri dell'Unione europea;
              le imprese che operano sul demanio marittimo si trovano, quindi, a dover affrontare, oltre alle problematiche di carattere economico dovute alla crisi internazionale e dei mercati, una grave incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la stessa sopravvivenza;
              la mancanza di una normativa certa e stabile rende infatti impossibile ogni efficace programmazione economica e finanziaria mettendo a repentaglio i piani di sviluppo oltre alla continuità dei livelli occupazionali;
              per quanto riguarda la tipologia delle concessioni turistico ricreative, la legge 26 febbraio 2010, n.  25, ha posticipato la validità delle concessioni in essere fino al 2015, mentre per le altre concessioni (ad uso diverso da quello turistico ricreativo come ad esempio i cantieri navali, le officine meccaniche o i punti d'ormeggio) l'articolo 31-bis del decreto-legge dicembre 2011, n.  216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n.  14, ha prorogato al 31 dicembre 2012 tutte le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale in essere al 31 gennaio 2011;
              appare evidente e non giustificabile la disparità di trattamento attuata, a livello normativo, tra le diverse tipologie di concessioni. Tutte le concessioni, proprio per i motivi sovraesposti, hanno bisogno di un rinnovo temporale adeguato per programmare investimenti, attività e garantire l'occupazione; al tempo stesso le imprese di carattere non turistico ricreativo sono comunque integrate nel tessuto economico sociale e produttivo del territorio e complementari e di supporto, per servizi e prestazioni, a quelle stesse aziende di carattere turistico ricreativo;
              va inoltre aggiunto che la limitazione temporale del rinnovo al 2012 incide profondamente sull'equilibrio e sulla stessa sopravvivenza della gran parte delle imprese non turistico balneari, la cui attività si concentra durante tutto l'arco dell'anno, con commesse pluriennali e garanzia delle assistenze nei periodi estivi (come ad esempio i cantieri o le officine che spesso sono impegnati per diversi anni nella realizzazione di quanto commissionato dalla clientela);
              per queste attività la breve proroga concessa ha di fatto bloccato tutti gli investimenti ed aumentato a dismisura il rischio di impresa vista la totale mancanza di prospettiva mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro. Con l'attuale situazione verrebbe poi del tutto svilita l'imprenditoria a carattere familiare, operante sulle aree portuali, che ha di fatto garantito servizi pubblici e occupazione e per le comunità locali;
              l'incertezza normativa ha inevitabilmente creato un notevole caos sul territorio dove si sono registrati casi di difforme interpretazione da parte delle amministrazioni locali: si è verificata in molte zone una situazione di assoluta disparità di trattamento per cui nel raggio di pochi chilometri, comuni confinanti, hanno interpretato e di conseguenza gestito in modo diverso situazioni del tutto identiche, attribuendo o meno in maniera del tutto discrezionale maggior o minor stabilità della filiera nautica,

impegna il Governo

ad assumere un'iniziativa normativa per uniformare la scadenza di tutte le concessioni demaniali disponendo, nello specifico, un allungamento della proroga alle concessioni diverse da quelle turistico ricreative fino alla data del 31 dicembre 2015.
(7-00924) «Fluvi, Sani».


      La VI Commissione,
          premesso che:
              il 18 giugno scorso è scaduto il termine per il versamento della prima rata dell'IMU;
              le modalità di versamento di tale imposta presentano alcune differenze rispetto alle modalità di versamento dell'ICI: in primo luogo i contribuenti possono ricorrere solo al modello F24 e non più al tradizionale bollettino postale; inoltre, è necessario, per gli immobili diversi dalla prima abitazione e relative pertinenze, sdoppiare la somma da versare in due quote di pari importo, una di spettanza statale e l'altra di spettanza del comune dove è sito l'immobile, indicando due diversi codici tributo, 3918 e 3919;
              tali novità hanno determinato alcune difficoltà per i contribuenti, soprattutto anziani, i quali spesso hanno commesso in buona fede alcuni errori in sede di compilazione, anche in via telematica, del modello F24: in particolare, sarebbe molto frequente il caso in cui è stato utilizzato erroneamente lo stesso codice tributo per le due quote dell'IMU di spettanza erariale e comunale;
              in tal caso appare opportuno evitare che i cittadini, già tenuti a versare somme mediamente superiori a quelle pagate in precedenza a titolo di ICI, siano chiamati ad ulteriori adempimenti per errori compiuti in piena buona fede, escludendo in particolare che quanti hanno utilizzato lo stesso codice tributo per le somme dovute sugli immobili diversi dalla casa di prima abitazione siano tenuti a rinnovare il versamento per la somma di spettanza dell'ente (Stato o comune) per il quale non è stato indicato il relativo codice tributo ed a chiedere contestualmente il rimborso per le maggior somme versate all'altro ente;
              occorre infatti rilevare come spesso uno degli ostacoli principali all'instaurarsi di un rapporto più sereno e collaborativo tra fisco e contribuenti, nonché il motivo principale del malcontento dei cittadini verso gli obblighi tributari è motivato dalla complicazione e farraginosità degli adempimenti burocratici richiesti per adempiere a tali obblighi,

impegna il Governo

ad adottare tutte le necessarie iniziative al fine di evitare ogni conseguenza negativa in danno dei contribuenti che abbiano commesso in buona fede errori nella compilazione del modello F24 per il versamento dell'IMU, in particolare prevedendo meccanismi automatici di correzione nel caso in cui siano stati utilizzati erroneamente i codici tributo relativi alle quote di imposta di pertinenza dello Stato e del comune ove è ubicato l'immobile ed evitando che i contribuenti interessati siano costretti a nuovi, defatiganti adempimenti.
(7-00925) «Antonio Pepe, Contento».


      L'VIII Commissione,
          premesso che:
              in considerazione dell'aggravarsi dello stato di crisi in materia di raccolta di rifiuti in alcune regioni del Paese, l'8 novembre 2011 si sono svolte presso la Commissione ambiente della Camera dei deputati alcune audizioni: in particolare, sono stati auditi il presidente della giunta regionale della Calabria (dove lo stato di emergenza è stato dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 dicembre 2008 e prorogato, fino al 31 dicembre 2010, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 dicembre 2009), il presidente della giunta regionale del Lazio, nonché il vicepresidente della giunta regionale della Sicilia;
              in tale sede, i rappresentanti del comune di Roma consegnarono alla commissione un documento sulla gestione dei rifiuti, nel quale si evidenziava, tra l'altro, che «il deficit impiantistico esistente, era pari a circa 400 mila tonnellate/anno e che in considerazione del divieto delle direttive comunitarie vigenti di conferire in discarica rifiuti indifferenziati non trattati, si rendesse necessario prevedere la realizzazione di un ulteriore impianto di trattamento meccanico biologico»;
              Roma Capitale, sulla base della predetta documentazione, ammette, quindi, che gli attuali impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), esistenti e/o programmati, per il trattamento dei rifiuti indifferenziati della provincia e della città di Roma esprimono una capacità complessiva insufficiente rispetto ai fabbisogni e non consentono il rispetto dei limiti di cui al decreto legislativo n.36 del 2003 relativamente ai rifiuti biodegradabili smaltiti in discarica. Sempre Roma Capitale, in queste circostanze, sottolinea la necessità di adottare altri impianti di trattamento meccanico biologico del tipo a flusso unico (bioessiccazione) per la preparazione del combustibile da termovalorizzazione, consentirebbe una drastica riduzione dei volumi da smaltire in discarica e in ragione della mancata produzione di frazione organica stabilizzata (POS), il rispetto dei predetti limiti di legge;
              per quanto riguarda il Lazio, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma in relazione all'imminente chiusura della discarica di Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti. Successivamente con l'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri 3963 del 2011 sono state adottate disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare la situazione di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma in relazione all'imminente chiusura della discarica di Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti. Conseguentemente, il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, fu nominato commissario delegato con il compito di provvedere all'individuazione, progettazione ed alla successiva realizzazione di uno o più siti di discarica per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato della città del Vaticano;
              ad ogni modo, l'ordinanza dispone che nelle more del completamento del sistema impiantistico regionale, il commissario possa adottare i provvedimenti necessari per assicurare la prosecuzione dello smaltimento dei rifiuti nell'area interessata dallo stato di emergenza. Sono stati stimati oneri per due milioni di euro ai quali si provvede mediante l'utilizzo delle risorse finanziarie disponibili sul bilancio della regione Lazio;
              riguardo alla discarica di Malagrotta, va fatto presente che in essa, già chiusa in passato e poi riaperta, finisce tutto il rifiuto di Roma e da alcune notizie risalenti ai primi giorni del mese di giugno 2012, riferibili al proprietario della discarica di Malagrotta, farebbero presumere l'imminente chiusura della discarica in quanto vi sarebbero metri cubi sufficienti solo fino alla fine dell'anno;
              nelle ultime settimane, in merito alla gestione di Malagrotta, è anche intervenuta la Commissione europea. L'Unione europea inviando un secondo formale avvertimento, ha chiesto all'Italia di conformarsi entro due mesi alle norme comunitarie relative al pretrattamento dei rifiuti, pena il deferimento alla Corte di giustizia europea e l'irrogazione delle conseguenti sanzioni;
              in conseguenza della paventata chiusura della discarica di Malagrotta, è stata prevista da parte dell'attuale commissario straordinario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, durante un vertice tenutosi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'apertura di una nuova discarica a Pian dell'Olmo, nei pressi di Riano (Roma). Tale decisione è stata presa dopo che i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e le attività culturali erano già opposti alla scelta di un altro sito, Corcolle-San Vittorino, da parte del precedente commissario straordinario per l'emergenza rifiuti Giuseppe Pecoraro, come sito per il deposito di rifiuti, anche a seguito delle fortissime proteste nazionali ed internazionali per la prossimità dell'area in questione con un sito archeologico dichiarato patrimonio dell'Umanità e tutelato dall'Unesco, la residenza imperiale di Villa Adriana. Le inevitabili polemiche seguite a tale scelta hanno successivamente portato alle dimissioni del prefetto Pecoraro dall'incarico e alla sua sostituzione con il prefetto Sottile;
              il sito di Pian dell'Olmo rientra tra i sette siti individuati in passato dalla regione Lazio nell'analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nella provincia di Roma, ma già da subito scartato in quanto le ipotesi di fattibilità del predetto commissario Pecoraro ricaddero sugli iniziali Quadro Alto e Corcolle, poi rivelatisi inidonei. Ciò dovrebbe far ritenere che se fin dall'inizio Pian dell'Olmo era stato ritenuto meno adatto di Corcolle e che quest'ultimo sia stato poi bocciato, a maggior ragione anche Pian dell'Olmo sia da dichiarare non praticabile;
              la scelta di Pian dell'Olmo ha innescato reazioni e forti proteste e contrarietà da parte delle popolazioni locali e di privati cittadini. Questi, costituitisi in comitati, hanno provveduto, immediatamente dopo la conferenza stampa del commissario Goffredo Sottile a bloccare la via Tiberina all'altezza del chilometro 7,500;
              tutti i comitati, supportati dalle amministrazioni locali, sono fermi nella loro lotta a difesa della salute, del territorio e della legalità, ricorrendo, qualora fosse necessario, ad incisive manifestazioni di dissenso;
              i comuni che si sono uniti per la difesa e la tutela del territorio oltre a Riano sono: il XXo Municipio di Roma, Campagnano di Roma, Capena, Castelnuovo di Porto, Civitella S. Paolo, Piano Romano, Filacciano, Formello, Magliano Romano, Mazzano, Monterotondo, Morlupo, Nazzano, Ponzano, Rignano Flaminio, Sacrofano, Sant'Oreste, Torrita Tiberina. Per un totale di 18 comuni più il XXo Municipio di Roma in rappresentanza di circa 400.000 abitanti;
              giova sottolineare al riguardo che dal punto di vista della realizzazione tecnica dell'impianto sembrano riscontrarsi serie difficoltà dovute alla non corretta individuazione dei siti. Tale tesi è supportata dal fatto che l'analisi preliminare della ragione Lazio che ha portato all'individuazione dei siti (sulla quale per altro è in corso un procedimento penale da parte della procura di Roma per falso materiale e ideologico), non è stata oggetto delle necessarie e approfondite analisi tecniche finalizzate a verificarne l'idoneità per ospitare impianti di smaltimento di rifiuti, in quanto, la procedura sembra essere stata singolarmente invertita, essendosi prima individuate le aree rimandando le verifiche tecniche ad una fase successiva;
              in particolare, per i siti di Quadro Alto e di Pian dell'Olmo, l'analisi preliminare della regione Lazio sembra non contenere alcuna autonoma valutazione, ma pare riprendere pedissequamente e integralmente (errori di ortografia compresi) alcune valutazioni di un progetto presentato alla regione Lazio nel 2009 da un consorzio privato di aziende che operano nel settore dei rifiuti;
          le procedure che si stanno adottando in questa vicenda sembrano scavalcare anche le preordinanti e più fondamentali norme statutarie previste dall'ordinamento comunitario in materia ambientale, soprattutto per ciò che riguarda le valutazioni di impatto sull'ecosistema, sulle distanze dalle abitazioni ed i pericoli di inquinamento delle ricche falde acquifere affioranti. Un eventuale inquinamento della falda, considerato il suo utilizzo, potrebbe dare origine ad un disastro ambientale con notevoli ripercussioni sulla salute pubblica;
              altre perplessità sorgono sulla scelta di un'area di particolare pregio paesaggistico dell'area che delimita Roma Nord, con una vocazione rurale e una forte presenza residenziale, caratterizzata da problemi logistici di viabilità sulle strade consolari di accesso alla città e che rappresentano già ora un problema insostenibile per la vivibilità dell'area Capitolina. Si tratta di problemi che potrebbero diventare emergenziali con l'aumento del traffico che deriverebbero dal passaggio dei mezzi pesanti, sia durante la fase di allestimento e sia in quella di esercizio in caso si decidesse di realizzare la futura discarica;
              inoltre, all'inizio degli anni sessanta è stato recuperato nelle cave di quest'area un copioso numero di scheletri pressoché completi in connessione anatomica dell'elefante di foresta (Elephas antiquus). Lo straordinario ritrovamento permise il recupero di tre scheletri di una sottospecie tipica di cervo (Cervus elaphus rianensis) e di un grande daino primitivo (Dama clactoniana). Lo scheletro del daino rappresenta ancora oggi forse il ritrovamento più completo e ben conservato di questa specie;
              a dimostrazione della inidoneità del sito di Quadro Alto e Pian dell'Olmo per la realizzazione di una discarica esistono ulteriori elementi di conferma, tra cui:
                  a) il piano territoriale paesistico regionale (PTPR), dal quale si evince il contesto ambientale in cui ricade l'opera, e le norme tecniche che impediscono in quell'area la realizzazione di nuove discariche e la rilocalizzazione di quelle esistenti;
                  b) una relazione dell'autorità di bacino (23 marzo 2012) che indica Pian dell'Olmo come zona a rischio idrogeologico ed area di probabile esondazione; probabile falda affiorante; barriera geologica naturale probabilmente assente o di ridotta capacità di attenuazione; presenza di terreni vulcanici e non, caratterizzati da una permeabilità non conforme ai requisiti di legge;
                  c) il memorandum del Ministro Clini (28 marzo 2012) in cui si legge «la probabile assenza di barriera geologica naturale e l'attestazione dei livelli di falda al piano campagna, ritenuti fattori escludenti per la realizzazione di una discarica di rifiuti, determinano la probabile inidoneità dei siti, da confermarsi mediante effettuazione di indagini in situ» e comunque esiste un vincolo di probabile esondazione del Tevere;
                  d) la consulenza scientifica del professor Francesco Ortolani (marzo 2012), ordinario dell'università Federico II di Napoli, che nel 2008 aveva messo in guardia le amministrazioni sul rischio ambientale al quale si stava andando incontro con la realizzazione della discarica di Chiaiano e, nella relazione su Pian dell'Olmo, ha evidenziato le stesse criticità riscontrate per Chiaiano. Richiamando, tra l'altro, l'attenzione sui gravi rischi di contaminazione di falda, aggravata dall'evidente fratturazione dello strato di tufo, che si propagherebbe al Tevere e quindi a Roma. Inoltre, la città sarebbe interessata dalla dispersione di cattivi odori dovuti ai venti di provenienza dai quadranti settentrionali;
                  e) i pareri contrari alle discariche di Quadro Alto e Pian dell'Olmo espressi dal consiglio regionale del Lazio con una mozione approvata in data 12 giugno 2012 e dal Consiglio Provinciale di Roma con una mozione approvata il 15 giugno 2012;
              contraria ai due siti sembrerebbe essersi espressa anche la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse durante i sopralluoghi effettuati in data 22 novembre 2011 a Quadro Alto ed il 12 giugno 2012 a Pian dell'Olmo;
              per il sito di Pian dell'Olmo esiste, inoltre, un parere del comune di Roma, dipartimento 10o tutela ambientale e del verde – protezione civile del 22 febbraio 2011, che esprime parere contrario alla realizzazione di una discarica, sulla base del progetto presentato dalla società COLARI nel 2009, in quanto ricade in un ambito di vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo n.  42 del 2004, e che sancisce la non applicabilità del valore di variante urbanistica ad un eventuale parere positivo della VIA. Nel 2009 sul progetto di una discarica a Quadro Alto, presentato sempre dalla società CO.LA.RI., si era espressa in modo negativo la regione Lazio, direzione regionale energia e rifiuti, comunicando che «la domanda non può essere accolta dalla scrivente in quanto contrastante con le norme di pianificazione regionale e nazionale (...)»;
              sempre sullo stesso progetto anche il comune di Riano, in data 29 ottobre 2009, comunicava alla società CO.LA.RI. e per conoscenza alla regione Lazio che «l'istanza non può essere accolta in quanto contrastante con le norme di pianificazione comunale, regionale e nazionale (...)»;
              infine, dai riscontri effettuati, si registrerebbe che i tempi necessari per la progettazione e realizzazione della discarica sia di Quadro Alto e sia di Pian dell'Olmo unitamente ai costi che si dovrebbero sostenere ed ai probabili rischi ambientali, non parrebbero giustificare la scelta dei due siti per la realizzazione di discariche. Inoltre, secondo quanto dichiarato dal commissario alla gestione all'emergenza rifiuti Goffredo Sottile alla commissione ambiente della regione Lazio, sarebbe necessario l'adeguamento della Via Tiberina per l'incremento del traffico dovuto al passaggio dei compattatori;
              allo stato attuale le sole dichiarazioni sulla realizzazione delle discariche provvisorie prima a Quadro Alto e poi a Pian dell'Olmo, seppur come sopra detto appaiono prive di qualunque fondamento tecnico, hanno comportato il blocco dell'economia locale con forti ripercussioni anche sui comuni limitrofi;
              tutte le attività presenti sull'asse Roma nord (da Prima Porta a Fiano Romano) tradizionalmente dedite all'attività commerciali, turistica, sportiva, di ristorazione, oltre quella edilizia, già in difficoltà per la grave situazione economica del Paese, hanno subito notevoli penalizzazioni sul piano economico;
              la stessa attività agricola, in alcun modo delocalizzabile, rischia la completa scomparsa qualora, a seguito dell'eventuale realizzazione dell'impianto di smaltimento dei rifiuti, si dovesse verificare un inquinamento delle falde acquifere che rappresentano l'unica fonte di approvvigionamento idrico per quel gruppo di cittadini che, attualmente, non sono serviti dall'acquedotto pubblico;
              inoltre, un eventuale fenomeno di inquinamento delle falde rappresenterebbe una devastazione per le acque del limitrofo Fiume Tevere, generando gravi danni ambientali anche alla città di Roma ed a tutto il litorale romano;
              inoltre, secondo quanto dichiarato dal commissario alla gestione all'emergenza rifiuti Goffredo Sottile alla commissione ambiente della regione Lazio, sarebbe necessario l'adeguamento della via Tiberina per l'incremento del traffico dovuto al passaggio dei compattatori;
              allo stato attuale le sole dichiarazioni sulla realizzazione delle discariche provvisorie prima a Quadro Alto e poi a Pian dell'Olmo, seppur come sopra detto appaiono prive di qualunque fondamento tecnico, hanno comportato il blocco dell'economia locale con forti ripercussioni anche sui comuni limitrofi;
              tutte le attività presenti sull'asse Roma nord (da Prima Porta a Fiano Romano) tradizionalmente dedite all'attività commerciali, turistica, sportiva, di ristorazione, oltre quella edilizia, già in difficoltà per la grave situazione economica del Paese, hanno subito notevoli penalizzazioni sul piano economico;
              la stessa attività agricola, in alcun modo delocalizzabile, rischia la completa scomparsa qualora, a seguito dell'eventuale realizzazione dell'impianto di smaltimento dei rifiuti, si dovesse verificare un inquinamento delle falde acquifere che rappresentano l'unica fonte di approvvigionamento idrico per quel gruppo di cittadini che, attualmente, non sono serviti dall'acquedotto pubblico;
              inoltre, un eventuale fenomeno di inquinamento delle falde rappresenterebbe una devastazione per le acque del limitrofo fiume Tevere, generando gravi danni ambientali anche alla città di Roma ed a tutto il litorale romano;
              la vicenda, che si protrae da circa un anno, ha comportato per le istituzioni pubbliche dei territori interessati un notevole ed inaspettato aggravio di impegni, traducendosi, molto spesso, in una contrazione dei tempi da dedicare alle normali attività istituzionali, oltre al gravoso dispendio di risorse economiche, necessarie per sostenere spese tecniche e legali connesse ai vari ricorsi inoltrati nelle competenti sedi giudiziarie,

impegna il Governo:

          ad attivarsi urgentemente nei confronti del commissario per il superamento dell'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma, affinché revochi il decreto emesso per designare i siti di Quadro Alto e di Pian dell'Olmo come adatti ad ospitare impianti per lo smaltimento dei rifiuti;
          ad intraprendere le necessarie iniziative di competenza dirette a stabilire l'inidoneità dei siti di Quadro Alto e di Pian dell'Olmo per la realizzazione di discariche.
(7-00927) «Aracri, Alessandri, Dionisi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          era il 31 ottobre 2002 il giorno in cui, alle 11,32, la terra a San Giuliano tremò facendo crollare, fra le altre, anche la scuola: restarono schiacciati sotto le macerie 27 bambini della prima elementare insieme alla loro maestra, Carmela Ciniglio;
          si trattava, come è noto, di una scuola già pericolante, mai collaudata dopo una ristrutturazione criminosa, distrutta totalmente dal sisma, mentre le altre case avevano subìto forti crepe ma erano rimaste intatte;
          come sempre accade in questi casi, anche l'allora presidente del consiglio promise che assolutamente, entro 24 mesi, gli abitanti avrebbero ricevuto «nuovi appartamenti funzionali, innovativi, costruiti secondo le nuove tecniche della domotica, in un ambiente verde»;
          come si evince anche da un reportage a firma di Barbara Spinelli, apparso sul quotidiano la Repubblica del 25 giugno 2012, la San Giuliano che oggi si può vedere ha perso i connotati che la caratterizzavano apparendo piuttosto come un «ciclopico esperimento urbanistico» carico di bruttura e disumanizzazione di tutto il tessuto cittadino, con relativo spreco di denaro pubblico che ancor oggi comporta oneri per lo Stato;
          insomma, un piccolo paese, di circa 1.000 abitanti, è stato dunque investito da progetti megalomani, abbondantemente sovradimensionati, quasi con la pretesa di volerlo trasformare in una sorta di metropoli: si possono, infatti, notare, come riportato nel reportage citato, fontane monumentali, scalinate in pietre pregiate, strisce pedonali non dipinte ma di marmo, a ridosso della piazza una strada inutile, addirittura in porfido, un vasto parco della memoria che ricorda quello dell'olocausto a Berlino, una scuola esagerata che potrebbe ospitare migliaia di bambini e invece ne accoglie non più di 98, una piscina olimpionica (in un paese abitato da anziani per la maggior parte), un palazzo dello sport, una strada di 700 metri che gira intorno alla città costata 5 milioni di euro, un auditorium, una succursale dell'università del Molise, anch'essa esagerata, un centro polifunzionale necessario all'accademia;
          sempre secondo il reportage citato, sconcertante è stato scoprire come, sebbene la targa all'ingresso certifichi la presenza dell'università, questa non risulti esserci mai stata mentre al suo posto c’è un call center;
          fa specie che in un Paese come l'Italia, tra i più corrotti e indebitati del mondo, non manchi occasione per speculare su tragedie, calamità naturali in danno delle casse dello Stato e del territorio con i suoi continui scempi e devastazioni, e il caso citato ne è uno dei più incredibili esempi;
          in nome di disposizioni emergenziali si è consentito di eludere leggi e gare d'appalto per la costruzione di opere morte, fatte e chiuse (come l'università citata), con un impegno economico, a quanto si apprende, di un miliardo di euro in 10 anni, un fiume di denaro pubblico  –:
          a quanto ammonti l'utilizzo di denaro pubblico nelle fattispecie di cui alla premessa e quali azioni intendano adottare per verificare l'utilizzo delle risorse dello Stato alla luce dello scempio edilizio e infrastrutturale citato.
(2-01570) «Di Pietro».

Interrogazioni a risposta scritta:


      LO MONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          si apprende da notizie di stampa che l'Isvap, rischia di essere smembrata, e che le sue funzioni verranno attribuite alla Banca d'Italia e alla Consob;
          l'Isvap è un'autorità indipendente dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia patrimoniale che pertanto non grava sui bilanci dello stato;
          l'Isvap, nonostante gli ultimi articoli pubblicati da diversi giornali, che l'interrogante giudica diffamatori ha svolto e continua a svolgere un ruolo importante e fondamentale di vigilanza sul settore assicurativo, portando a conoscenza del Parlamento i dati chiave del settore stesso e garantendo, nel contempo, che le scelte aziendali delle compagnie non arrechino nocumento agli assicurati/danneggiati;
          all'interno dell'autorità lavorano più di 300 persone, le quali ad oggi hanno dato il massimo in termini di produttività lavorativa, riuscendo a portare alla luce diverse storture del sistema assicurativo;
          la presidenza e l'intero consiglio di amministrazione hanno lavorato con grande serietà nella gestione del caso Fonsai, evitando le imboscate poste in essere da certe forze oscure  –:
          se il Governo non intenda chiarire che non saranno assunte iniziative normative che comportino la soppressione dell'Isvap;
          se i Ministri non ritengano urgente assumere le iniziative di competenza per la nomina del nuovo presidente vista la naturale scadenza avvenuta il 20 giugno 2012. (4-16761)


      SCALIA, IANNACCONE, MAZZUCA, FRASSINETTI e BELCASTRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          le esportazioni italiane, in netta crescita sino al 2011, sono ora in stallo anche per l'assoluta mancanza di incisività del Governo che in sette mesi non ha ancora manifestato alcuna politica commerciale né svolta alcuna azione di promozione e di penetrazione dei mercati;
          assolutamente deludenti sono state le missioni in Turchia e in Brasile, come persino il Corriere della Sera e il Sole 24ore hanno evidenziato, ad avviso degli interroganti, anche per manifesta disorganizzazione politica e la assoluta incapacità del management della nuova Ice di coordinare la presenza e supportare le imprese;
          il nuovo presidente dell'Ice, tale Riccardo Monti, si è sinora contraddistinto, ad avviso degli interroganti solo nella occupazione del potere interno, cumulando peraltro la carica di consigliere per l'internazionalizzazione del Ministero con quella di presidente dell'Ice, senza però avviare alcuna seria opera di riorganizzazione e tantomeno di riforma interna;
          nel decreto-legge sullo sviluppo è prevista che la Cassa depositi e prestiti acquisisca le quote azionarie di Sace e Simest, oggi detenute rispettivamente dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero dello sviluppo economico;
          la Simest ha chiuso il bilancio con un attivo di oltre 18 milioni di euro, supportando centinaia di imprese nella presenza all'estero, con il pieno gradimento delle associazioni di categoria e dei soci privati;
          sul sito Dagospia di lunedì 25 giugno 2012 si legge che nella riunione della assemblea dei soci prevista per il giorno dopo il ministero dello sviluppo economico avrebbe effettuato un blitz per rinnovare il consiglio di amministrazione, con la nomina di un ambasciatore in pensione quale presidente e del presidente dell'Ice quale vicepresidente, così da impedire al nuovo azionista l'esercizio dei propri diritti per i prossimi tre anni;
          l'assemblea ha approvato il bilancio e, su proposta del Ministero, ha rinviato alla prossima settimana la nomina del nuovo consiglio di amministrazione  –:
          se risponda al vero che:
              a) il Ministero dello sviluppo economico intenda cambiare i vertici Simest malgrado l'ottimo risultato conseguito;
              b) si intenda nominare presidente Simest un ambasciatore in pensione che potrà cumulare quindi la nuova indennità con la sua pensione d'oro;
              c) si intenda nominare come vicepresidente l'onnipresente Riccardo Monti, già consigliere per l'internazionalizzazione del Ministro Passera e già presidente dell'Ice, così da consentirgli di cumulare le tre cariche e le tre retribuzioni;
              d) il suddetto Monti abbia anche ipotizzato la sua nomina a vicepresidente della Sace in modo da cumulare un quarto incarico e una quarta retribuzione;
          su quali presupposti sia stata effettuata la nomina di Riccardo Monti che in un momento di austerità punta a cumulare così tante retribuzioni e indennità e quale sia lo stato di riorganizzazione dell'Ice;
          a quale sottosegretario siano state affidate le deleghe del commercio estero e se sia vero che Riccardo Monti svolgerebbe lui stesso le funzioni politiche che dovrebbero essere attribuite ad un esponente del Governo, cumulando quindi incarichi politici ed esecutivi, controllore e controllato, designante e designato;
          se siano fondate le affermazioni di Dagospia e di altre agenzie secondo cui tutto venga deciso in famiglia e sulla base dell'amicizia di lunga data tra il Ministro dello sviluppo economico e sua moglie e il Signor Riccardo Monti;
          se sia vero che la nomina del vicepresidente di Simest sia stata rinviata di qualche giorno, lasciando aperta l'assemblea della Simest, per l'opposizione del Ministero dell'economia e delle finanze che non condividerebbe tale politica di occupazione di potere, che potrebbe essere definita a giudizio dell'interrogante di stampo familistico, priva peraltro di alcuna strategia di politica commerciale e promozionale;
          se il Governo non ritenga di astenersi dal rinnovare il consiglio di amministrazione di Simest sino alla conversione in legge del decreto-legge sullo sviluppo anche in rispetto delle prerogative del Parlamento che deve ancora esprimersi, sulle competenze relative, e comunque di evitare ogni forma di commistione tra controllore e controllato, nominante e nominato e qualsiasi cumulo di incarichi non giustificato in alcun modo dall'operato sinora svolto. (4-16762)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BOBBA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano La Stampa nell'edizione di domenica 24 giugno 2012, nella pagina Vercelli e provincia, riporta la seguente notizia: «I fondi Scanzano per l'acquapark. Il Consiglio vota la variazione di bilancio con le compensazioni nucleari»;
          nell'articolo si spiega che il consiglio comunale di Tricerro ha votato la variazione di bilancio di previsione del 2012, relativamente al parco acquatico del paese: «uno stanziamento di 59.500 euro totali, di cui 35 mila per il risanamento delle piscine e 24.500 per l'asfaltazione di alcune strade. Ciò su cui la minoranza ha puntato l'attenzione, però, è l'origine di questi soldi: si tratta dei cosiddetti “fondi Scanzano”, derivanti dalle compensazioni nucleari», dovute al comune grazie all'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n.  368, il quale prevede l'attribuzione annuale di fondi per compensazione territoriale a favore di siti che ospitano centrali nucleari;
          nella nota del 4 aprile 2011, protocollo 10964, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, il direttore generale, dottor Marco Lupo, ricorda che: «le pertinenti delibere di assegnazione delle risorse prevedono il vincolo di utilizzo dei fondi attribuiti a ciascun Ente beneficiario, per interventi a finalità ambientale. Pertanto i suddetti Enti sono chiamati a destinare i finanziamenti acquisiti ai sensi della citata legge n.  368 del 2003 e s.m.i entro i limiti delle finalizzazioni previste, e a darne puntualmente comunicazione allo scrivente Dicastero, nei tempi e secondo le modalità indicate nelle medesime delibere, al fine di consentire al Dicastero medesimo di predisporre e trasmettere al CIPE la relazione complessiva sull'utilizzo dei fondi da parte degli Enti beneficiari e legittimando conseguentemente le erogazioni per le annualità successive;
          sempre stando alle informazioni di stampa «secondo i documenti in possesso della minoranza, il sindaco aveva dichiarato che le spese per gli interventi all'acquapark sarebbero state a carico del gestore»;
          a parere dell'interrogante il comune di Tricerro con la realizzazione dell'acquapark destina i fondi ottenuti ad attività che nulla hanno a che vedere con il vincolo disposto dal dettato normativo;
          l'utilizzo dei fondi di cui in premessa per l'acquapark appare ancora più anomalo se si considera che gli interventi sul parco acquatico concorrerebbero a produrre reddito al gestore (privato) che paga solo cento euro annuali di affitto al comune per 20 anni, mentre, fra le strade da asfaltare, sempre attraverso l'utilizzo dei «fondi Scanzano», compaiono tratti di vie e il parcheggio della piscina di proprietà privata  –:
          se si sia a conoscenza dell'utilizzo dei fondi del comune di Tricerro per la realizzazione dell'acquapark e se non si ritenga di porre in essere ogni iniziativa di competenza al fine di garantire che i fondi per compensazione territoriale a favore di siti che ospitano centrali nucleari siano utilizzati in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente. (5-07209)

Interrogazione a risposta scritta:


      OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la ginestra bianca, dal nome scientifico retama reatam, è una pianta della famiglia delle leguminose, con evidente infiorescenza bianca, racemosa a doppia struttura alterna, ciascuna di 10 papillomi con calice trilabiato, corona con petalo superiore intero e smarginato, quello inferiore diviso in tre lobi. Ciuffo di stami in numero di 10 uniti alla base con stilo più lungo degli stami ricurvo e filiforme. Foglie piccole e lineari;
          qualche esemplare di ginestra bianca si trova in Sicilia, mentre il suo habitat naturale, dove tuttora cresce, è la Tunisia;
          i frutti sono costituiti da brevi legumi contenenti un solo seme grosso rotondeggiante. Fiorisce da febbraio ad aprile;
          la ginestra è una pianta antichissima, risalente a cinque milioni di anni fa, in particolare al periodo miocene messiniano;
          in Italia, cresce prevalentemente a Cirò, in provincia di Crotone, sulle dune, in località Marinella a partire dal torrente Santa Venere sino al bivio Cirò-Torretta. La zona dove cresce la Ginestra, è chiamata dagli anziani di Cirò, «A rina e Murenu», sulla mappa (foglio n.  6 particelle n.  2 e n.  17), è indicata come «Cappelliere»;
          all'interno della stessa area si trovano esemplari di Lentisco, l’Artemisia variabilis, Asphodelus fistulosus, la spettacolare spina gialla: Calycotome infesta, il Rosmarino selvatico ed altre pianta che vanno estinguendosi;
          nonostante questo territorio costituisca una «AREA SIC», (siti di importanza comunitaria) e pertanto inserito nelle aree sottoposte a vincolo ai sensi del Decreto del Ministro dell'ambiente 3 aprile 2000, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale supplemento n.  95 del 22 aprile 2000, cod. sito Natura 2000 IT9320100 «Dune di Marinella», con regolamento relativo alla conservazione dei siti di cui Gazzetta Ufficiale supplemento, n.  248 del 23 ottobre 1997, ancora risulta completamente abbandonato e incustodito, ma quel che è peggio, è che alcune persone non distinguendo una ginestra bianca da quella gialla, ne fa legna da ardere, compiendo un grave danno all'ambiente e alla biodiversità;
          la direttiva «Habitat» 92/43/CEE, del Consiglio del 12 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche rappresenta la risposta comunitaria ai temi della Conferenza di Rio e «Natura 2000» nasce come una «rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione»;
          dal punto di vista strutturale, la rete Natura 2000. ai sensi della direttiva «Habitat» (articolo 3), sarà costituita da zone speciali di conservazione (ZSC) e dalle zone di protezione speciale (ZPS). Attualmente, la «rete» è costituita dalle zone di protezione speciale e dall'insieme dei siti di importanza comunitaria (SIC), che al termine dell’iter istitutivo, saranno designati come zone speciali di conservazione;
          fino al 2007, l'amministrazione comunale di Cirò pro tempore, guidata dal dottore Carlo Colucci, si era impegnata per la salvaguardia di questa pianta rara, istallando recinti ed organizzando percorsi turistici e aree pic nic, oggi completamente distrutti;
          la regione Calabria e la provincia di Crotone non si sono mai interessati della protezione di questo sito e non hanno mai promosso alcuna iniziativa per la tutela della ginestra bianca, pianta ormai in estinzione, la cui tutela deve essere un obiettivo prioritario per una crescita sostenibile;
          la necessità di salvaguardare e tutelare la ginestra bianca è stata più volte segnalata, oltre che da numerosi cittadini, dal professore Giuseppe De Fine, socio onorario della società botanica italiana, collaboratore della rivista «Pro-Natura» ed esperto di piante tossiche e aromatiche che crescono nel Crotonese;
          anche il museo di storia naturale della Calabria ed orto botanico (università della Calabria), ha lanciato un allarme facendo un appello per proteggere la ginestra bianca (Retama retam) dal pericolo di estinzione  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare, nel rispetto delle competenze della regione Calabria in materia, al fine di tutelare e di scongiurare il rischio di distruzione di un'area di straordinaria bellezza naturalistica, rientrante tra le zone speciali SIC destinate ad essere designate zone speciali di conservazione e protezione, e che costituisce l’habitat naturale della «ginestra bianca», pianta a serio rischio di estinzione. (4-16749)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PALMIERI e BARBIERI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il codice dei beni culturali e del paesaggio attribuisce al Ministero per i beni e le attività culturali la tutela, la conservazione e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Esso prevede il pagamento di un canone nel caso in cui siano scattate foto dei monumenti italiani – edifici, siti archeologici, sculture, e altro – che non siano per uso personale;
          l'articolo 108, comma 3, del codice prevede che «nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici per finalità di valorizzazione. I richiedenti sono comunque tenuti al rimborso delle spese sostenute dall'amministrazione concedente»;
          il canone viene stabilito dall'autorità che ha in consegna i beni: il Ministero (tramite le soprintendenze e le direzioni regionali), le regioni, i comuni, le città metropolitane e le province. Tuttavia non esiste un elenco che attribuisca i singoli beni alle singole autorità che li hanno in consegna, situazione che rende complicato il rispetto della normativa;
          l'impetuoso sviluppo di internet in tutte le sue varie modalità consente oggi molteplici forme di valorizzazione dei monumenti italiani, anche sotto forma di pubblicazione on line di foto degli stessi, ovviamente senza scopo di lucro;
          l'attuale normativa impedisce questo tipo di attività e di conseguenza priva il nostro Paese di una importante forma di valorizzazione dei nostri monumenti, utile, tra l'altro, a promuovere la venuta in Italia di turisti stranieri  –:
          se il Ministro intenda assumere le necessarie iniziative per modificare il codice dei beni culturali e rendere possibile la pubblicazione on line delle foto dei monumenti, ovviamente sempre in contesti non a scopo di lucro. (5-07204)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in data 19 giugno 2012 il I reparto – SM – ufficio addestramento e regolamenti del comando generale ha emesso le circolari nn.rr. 548/6-2-1998 e 548/6-3-1998 con le quali vengono regolamentate le procedure per l'attribuzione delle specializzazioni di «direttore di laboratorio», «analista di laboratorio» e «assistente di laboratorio» per il personale in forza al raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche, nonché le specifiche mansioni per ciascuna attribuzione;
          emerge in particolare dalla lettura delle predette circolari che:
              viene attribuita la qualifica di «direttore di laboratorio» agli ufficiali di qualsiasi ruolo in possesso della laurea specialistica ad indirizzo scientifico, senza meglio specificarne le mansioni;
              viene attribuita la qualifica di «analista di laboratorio» al personale dei ruoli ispettori e sovraintendenti in possesso di laurea triennale ad indirizzo scientifico previo superamento di un corso della durata di quattro mesi propedeutico allo svolgimento della mansione (corretto impiego delle strumentazioni/apparecchiature, delle procedure analitiche di laboratorio, nella interpretazione del dato analitico, nella redazione e presentazione in sede dibattimentale della relazione tecnica nel settore di specialità);
              al personale appartenente al ruolo appuntati e carabinieri verrà attribuita la qualifica di «assistente di laboratorio», previo possesso di diploma di scuola superiore e superamento di un corso di 5 mesi propedeutico allo svolgimento della mansione, limitata al solo corretto impiego delle strumentazioni/apparecchiature e delle procedure analitiche di laboratorio nel settore di specialità;
              nella fase transitoria verrà disposta una sorta di «sanatoria» per il personale già effettivo al Ra.C.I.S. del ruolo ispettori e sovraintendenti in possesso della vecchia specializzazione di «assistente di laboratorio», qualora sia in possesso di laurea triennale ad indirizzo scientifico ovvero abbia maturato almeno quattro anni di impiego in laboratorio. Il personale non laureato e con meno di 4 anni di impiego in laboratorio potrà ricevere la qualifica previa superamento di un accertamento valutativo a cura di apposita commissione nominata dal Ra.C.I.S.;
          la qualifica di «direttore di laboratorio» viene attribuita ad ufficiali in possesso della laurea specialistica ad indirizzo scientifico indipendentemente dal ruolo di appartenenza, e il personale del ruolo appuntati e carabinieri, già in possesso della vecchia specializzazione di «assistente di laboratorio», secondo la nuova revisione delle specializzazioni, verrà destinato a una mansione di minor importanza non potendo più procedere alla interpretazione del dato analitico, nella redazione e presentazione in sede dibattimentale della relazione tecnica nel settore di specialità  –:
          in che modo il Ministro intenda tutelare gli ufficiali del ruolo tecnico logistico della specialità investigazioni scientifiche che, rispetto agli ufficiali di altri ruoli, sono stati incorporati dopo aver superato uno specifico concorso con forte selezione di carattere scientifico;
          se in alternativa, il Ministro, intenda assumere iniziative per sciogliere la categoria degli ufficiali delle investigazioni scientifiche del ruolo tecnico logistico facendola transitare in altri ruoli dell'Arma dei carabinieri;
          se attualmente esistano ufficiali impiegati in incarichi di comando del Ra.C.I.S. che non raggiungono i requisiti necessari per la qualifica di «direttore di laboratorio», e in che modo il Ministro interrogato intenda reimpiegarli a favore degli ufficiali dotati della predetta qualifica;
          se il Ministro intenda introdurre un incentivo di natura economica a favore del personale titolato con la qualifica «direttore di laboratorio», «analista di laboratorio» e «assistente di laboratorio», funzionale a riconoscere le attribuzioni e le responsabilità derivate dalla specializzazione rispetto ai militari di pari ruolo non specializzati che comunque prestano servizio nel Ra.C.I.S.;
          se l'entrata in vigore della revisione delle specializzazioni possa incidere negativamente sull'efficienza dei vari reparti delle investigazioni scientifiche, considerato il venir meno a carico del personale del ruolo appuntati e carabinieri della mansione di interpretazione del dato analitico, nella redazione e presentazione in sede dibattimentale della relazione tecnica nel settore di specialità;
          se il Ministro interrogato non intenda promuovere una più logica e lineare disciplina per l'attribuzione delle specializzazioni di «direttore di laboratorio», «analista di laboratorio» e «assistente di laboratorio» per il personale in forza al raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche che non vada a discapito degli ufficiali del ruolo tecnico logistico e del personale del ruolo appuntati e carabinieri già impiegato nello specifico settore.
(4-16744)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con l'interrogazione a risposta scritta 4-09702 gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in merito ai fatti che avevano coinvolto il caporal maggiore scelto Sinesio Sardelletto;
          la terza sezione del Consiglio di Stato con il parere n.  2007/2009, deliberato nell'adunanza del 12 ottobre 2010 si è espressa favorevolmente all'accoglimento del ricorso mediante cui il Sardelletto aveva impugnato la sanzione disciplinare di tre giorni di consegna inflittagli dal comandante di corpo;
          la risposta fornita agli interroganti appare fuori luogo nella parte in cui afferma che «dalla lettura del richiamato parere del Consiglio di Stato, la valutazione del provvedimento disciplinare impugnato risulta incentrata sulla riconducibilità o meno dell'incidente al ricorrente. Al contrario, la condotta censurata dal comandante di corpo concerne, piuttosto, la condotta di guida del graduato che ha configurato, per negligenza ed imprudenza, un'autonoma infrazione. Sanzionata, quindi, prescindendo dal suo eventuale apporto causale al verificarsi del sinistro; il procedimento disciplinare è stato condotto e definito in aderenza alle vigenti disposizioni normative, con l'osservanza delle garanzie sostanziali e procedurali previste in favore dell'incolpato; l'inchiesta amministrativa esperita ha rilevato profili di colpa grave a carico dei conduttori dei mezzi coinvolti nel sinistro; i provvedimenti adottati dal comandante di reggimento pro tempore caratterizzati da ampia autonomia e discrezionalità, risultano completi, esaustivi e aderenti alla normativa vigente». Infatti se l'amministrazione avesse ritenuto errato il parere del supremo Consesso, avrebbe potuto, e dovuto, resistervi nei modi previsti dalla vigente normativa;
          in data 15 febbraio 2012, rilevando la sostanziale coincidenza del parere del Consiglio di Stato con le proprie motivazioni, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, con la sentenza 73/2012, ha respinto la domanda di risarcimento avanzata dall'amministrazione militare nei confronti del caporal maggiore Sardelletto;
          dalla semplice lettura delle decisioni degli organi giudicanti sopra richiamate si evince secondo l'interrogante l'erroneità e l'estrema superficialità dell'azione intrapresa dall'amministrazione militare nei confronti del caporal maggiore Sardelletto  –:
          quali immediate azioni intenderà adottare per ristorare il militare in premessa del danno che innegabilmente ha dovuto patire a causa dell'annullato procedimento disciplinare e dalla citazione in giudizio innanzi alla Corte dei conti.
(4-16755)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il maresciallo di 1o classe Stefano Camerota dell'Aeronautica militare, arruolatosi il 29 agosto 1995, presta servizio presso il comando del 1o reparto manutenzione velivoli di Cameri (Novara);
          in data 16 febbraio 2011 il sottufficiale ha ricevuto notifica dalla propria amministrazione del decreto dirigenziale n.  0065/III-7/2011 datato 8 febbraio 2011 con il quale veniva disposta nei propri confronti la sospensione dall'impiego per motivi disciplinari per la durata di mesi 5 (cinque) scaturente da condanna penale passata in giudicato;
          avverso tale determinazione amministrativa il sottufficiale ha provveduto tramite proprio difensore avvocato Giuseppe Zaccaglino a proporre ricorso al T.A.R. per il Piemonte rubricato al n.  565 Registro Generale in data 12 maggio 2011;
          l'adito tribunale in data 17 giugno 2011 ha accolto la richiesta istanza cautelare urgente ed ha emesso ordinanza sospensiva n.  403 che, in tal senso, disponeva conseguentemente il diritto del sottufficiale ad essere immediatamente reintegrato in servizio effettivo. Detta ordinanza non risulta sia mai stata eseguita dall'amministrazione militare nonostante essa sia passata in giudicato;
          successivamente il T.A.R. ha trattato nel merito il gravame proposto nella udienza pubblica fissata e svoltasi in data 20 dicembre 2011, accogliendo il ricorso ed annullando il provvedimento sanzionatorio con sentenza n.  22 depositata in data 22 gennaio 2012;
          detta pronuncia è stata ritualmente notificata all'amministrazione in data 18 gennaio 2012 e questa in data 22 marzo 12 ha provveduto a proporre ricorso in appello al Consiglio di Stato rubricato al n.  2866 di R.G. in data 17 aprile 12;
          il Consiglio di Stato ha fissato udienza camerale in data 4 maggio 2012 per la trattazione dell'istanza sospensiva proposta dall'amministrazione ed in tale udienza ha emesso e depositato nel medesimo giorno sentenza di merito n.  2604 avendo ritenuto matura la causa per la decisione ritenendone sussistenti i presupposti di diritto;
          la citata sentenza del supremo consesso ha respinto il ricorso dell'amministrazione confermando la correttezza della sentenza emessa dal T.A.R. e la correttezza dell'operato del collegio giudicante territoriale di primo grado ed ha condannato l'amministrazione alla refusione di 3000 euro per le spese legali del giudizio;
          nonostante tale quadro giuridico, ove le pronunce emesse hanno acclarato come fondate le ragioni del dipendente accolte giurisdizionalmente sia in primo grado che in secondo, l'amministrazione ad oggi è rimasta completamente inerte e non ha adempiuto a nessun disposto giudiziale;
          risulta all'interrogante il maresciallo Camerota ha dovuto scontare tutto il periodo di sospensione dall'impiego nonostante l'intervenuta pronuncia cautelare urgente disposta nel periodo di esecuzione; ad oggi ancora non avrebbe ricevuto comunicazioni di esecuzione ed ottemperanza del giudicato esistente e non ha ancora avuto il ripristino dello status quo ante e la restituito in integrum spettante e nemmeno la refusione delle disposte spese legali per la soccombenza dell'amministrazione in giudizio;
          risulta altresì che per effetto del decreto sanzionatorio di stato al maresciallo Camerota è stato revocato il nulla osta di segretezza (N.O.S.) ed allo stato attuale, nonostante la detta caducazione del decreto, l'abilitazione prima posseduta non è stata ripristinata cagionando limitazioni d'impiego e di incarico al sottufficiale che vede ora destinato a diversi servizi personale gerarchicamente più giovane od anche inferiore di grado;
          nonostante i ripetuti rapporti gerarchici richiesti e concessi nelle date del 18 luglio 2011, 29 novembre 2011 e 17 maggio 2012 con superiori gerarchici fino al comandante di corpo compreso non risulta sia stata fornita spiegazione al dipendente in merito alle omissioni compiute ed all'operato delle gerarchie militari in relazione alla propria vicenda;
          per effetto del decreto punitivo il ricorrente ha subito la decurtazione dei 5 mesi di anzianità nel grado vedendo alterata così la propria posizione gerarchica in seno all'ambiente lavorativo e trovandosi così ad essere divenuto inferiore di grado rispetto al personale che prima dell'atto era a lui subordinato, giuridicamente ora si trova a dover eseguire ordini a lui impartiti da personale che prima eseguiva invece le sue disposizioni;
          quanto narrato ha cagionato e sta cagionando gravi conseguenze allo stato psico-fisico del dipendente che non è stato tutelato e viene ignorato dalla gerarchia a lui sovraordinata nonostante egli abbia più volte ampiamente relazionato la situazione lavorativa in cui è stato posto ad operare;
          il militare in data 28 marzo 2012 è stato posto in malattia per 45 giorni continuativi da parte struttura sanitaria militare per effetto della manifestazione di disfunzioni fisiche rilevate in analisi diagnostiche strumentali a chiaro sintomo che il disadattamento lavorativo di cui è vittima sta cagionando conseguenze sul suo stato di salute, come per altro certificato anche da struttura sanitaria pubblica che indica come indispensabile per la tutela e prevenzione della salute del dipendente l'immediato trasferimento da detto ambito lavorativo. I superiori gerarchici che hanno conoscenza dettagliata della vicenda non risulta abbiano effettuato interventi;
          il maresciallo Camerota ha documentalmente più volte presentato istanza di trasferimento per potersi allontanare dal proprio ambiente lavorativo che ha assunto nei propri confronti anche atteggiamenti di scherno vista l'incredibile ed incresciosa situazione in essere, ma nonostante abbia richiesto esplicitamente anche al proprio comandante di corpo l'analisi della possibilità di essere movimentato per incompatibilità ambientale, nulla nel merito è stato assunto come determinazione dall'amministrazione, né per la movimentazione d'autorità e neppure per quella a domanda e nulla è stato risposto all'interessato;
          è convinzione degli interroganti che ove dovesse ulteriormente perdurare la situazione lavorativa conflittuale ed a seguito della stessa ulteriormente peggiorare lo stato psico-fisico del dipendente, con la non auspicata insorgenza di più gravi quadri nosologici patologici, e non dovesse intervenire sollecito accoglimento delle istanze di trasferimento presentate, si dovranno ritenere secondo gli interroganti connesse alla ingiustificata inerzia dell'amministrazione tutte le conseguenze che verranno a manifestarsi a carico del maresciallo Camerota con le correlate responsabilità  –:
          quali immediate iniziative intenderà adottare per offrire la massima tutela consentita al maresciallo Camerota e quali iniziative invece intenderà adottare nei confronti di coloro che con comportamenti omissivi e/o commissivi si siano resi eventualmente responsabili della situazione esposta in premessa, nella considerazione che alla data odierna maresciallo Camerota versa nella situazione conflittuale senza tutela dei propri diritti.
(4-16756)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Fatto Quotidiano dal titolo «L'altro Gasparri: “Gay si, ma è vietato dirlo” LEZIONE-SHOW ALLA SCUOLA CARABINIERI DEL GENERALE CLEMENTE, FRATELLO DI MAURIZIO» a firma di Sandra Amurri si legge tra l'altro che, «intervenendo inaspettatamente» nell'ambito del corso di aggiornamento, scuola ufficiali dei carabinieri di Roma il vicecomandante generale dell'Arma dei carabinieri, comandante delle scuole, Clemente Gasparri ha affermato «Bene ! Chi si è dato la morte lo ha fatto senza motivo, senza dare o lasciare spiegazioni. Come si può affidare a queste persone “psicolabili” la sicurezza delle nostre comunità nazionali ?». Lo chiede a commento dei sette carabinieri suicidatisi negli ultimi due mesi, tra cui un ufficiale di Brescia, che aveva condiviso la formazione con i capitani presenti. Poi sventola le copie dei ricorsi degli ufficiali presenti appena estratte dalla borsa e in tono irridente dice: «L'Arma, ai miei tempi, era granitica ! C’è in atto un processo inesorabile di sgretolamento». Il riferimento è agli ufficiali del ruolo speciale (che non provengono dall'accademia) che, svolgendo le stesse funzioni, rivendicano un trattamento eguale ai colleghi del ruolo normale. «Leggete, leggete ! Si vuole nominare un vostro Ufficiale rappresentante Cocer. E poi che fate ? Prendete a schiaffi il Comandante Generale ? Avete scelto di fare l'ufficiale del Ruolo Speciale, accettando le regole del gioco, ora le si vuole cambiare. Ve lo ha ordinato il dottore di fare l'ufficiale ? Guardate questi ragazzi dell'applicativo (Ruolo Speciale, ndr), prima ci scassano con le telefonate per farsi raccomandare per il concorso, poi, una volta entrati, ti piazzano la domanda di avvicinamento alla moglie che fa la cassiera al supermercato ! Nessuno dei ragazzi dell'Accademia si sogna di farlo. Il vostro comandante della Scuola si sta preparando all'ennesimo movimento, accettando il sacrificio senza lamentele e senza istanze !»;
          e prosegue «“Ammettere di essere gay, magari facendolo su un social network, come un graduato della Guardia di Finanza, non è pertinente allo status di Carabiniere. L'Arma è come un treno in corsa, i passeggeri sono vincolati, prima di scendere, alla responsabilità di lasciare pulito il posto occupato. Gli ufficiali del Ruolo Speciale che fanno il ricorso, i giovani ufficiali dell'applicativo che fanno istanze per avvicinarsi alla famiglia, gli omosessuali che ostentano la loro condizione, sono in sintesi tutti passeggeri sciagurati dell'antico treno, potenzialmente responsabili della sporcizia o del deragliamento”. Non pago, si toglie due macigni dalle scarpe: “Il Comandante Generale è una persona seria, che cammina da solo con il suo autista, non come il capo della Polizia che cammina con la scorta e una fila di macchine avanti e dietro. Che cambia tra i due ? Il Comandante Generale è, forse, meno importante del capo della Polizia ?”. A seguire: “Sono stato più volte chiamato dai magistrati come persona informata sui fatti, lo non ho paura di loro e loro lo hanno capito, e se lavorassero di più non avrebbero di certo tanto arretrato”. Poi spiega che non è possibile intervenire perché quello che ha detto rischia di scatenare reazioni accese.»;
          sul sito del Ministero dell'interno il 26 giugno 2012 è stato pubblicato il seguente comunicato «A seguito della pubblicazione delle frasi vergognose e gravemente offensive nei confronti della madre di Federico Aldrovandi pubblicate su Facebook, il Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri ha disposto l'immediato avvio di un procedimento disciplinare per sanzionare l'autore (un agente della Polizia di Stato ndr)del gravissimo gesto»  –:
          se sia conoscenza dei fatti narrati in premessa, ovvero quali immediate azioni intenda intraprendere per accertare se detti fatti corrispondano al vero e, in tale caso, sanzionare l'autore del gravissimo gesto anche attraverso la sospensione precauzionale dal servizio del generale Clemente Gasparri che con il suo comportamento avrebbe leso innanzitutto la dignità e la reputazione dell'Arma dei carabinieri e della stragrande maggioranza di essi.
(4-16760)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


      BERNARDO e DE CAMILLIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comma 5-octies dell'articolo 4 del decreto-legge n.  16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44, stabilisce che i fabbricati ubicati nelle zone del sisma che ha colpito l'Abruzzo il 6 aprile 2009 sono esenti da IRPEF, IRES e IMU, purché siano distrutti, ovvero siano oggetto di ordinanze di sgombero in quanto inagibili; l'esenzione si applica sino alla definitiva ricostruzione ed agibilità degli stessi cespiti;
          tale norma però crea una disparità di trattamento rispetto ad altri territori dell'Italia che sono stati colpiti dal sisma, come ad esempio il Molise e Puglia, che ancora devono completare la ricostruzioni, in particolare delle abitazioni private di classe A;
          i cittadini Abruzzesi possono usufruire di questa agevolazione, ed il provvedimento, così come formulato crea una disparità di trattamento tra cittadini e non tra regioni, in quanto l'IMU sugli immobili «colpisce» i cittadini;
          è evidente che bisogna intervenire anche per gli altri cittadini, i quali non debbono essere considerati di minor valore di fronte ad eventi calamitosi imprevedibili e che non hanno nessuna colpa e nulla a che vedere con la gestione delle risorse per la ricostruzione;
          in Molise la ricostruzione è ferma al 30 per cento, quindi il restante 70 per cento dei cittadini che hanno una casa inagibile, sarà costretto a dover pagare l'IMU, se pur nella misura del 50 per cento, anche se prima casa, pur non potendoci abitare: è dunque necessario assicurare l'omogeneità della normativa in materia;
          sulla questione il Governo si era impegnato, con l'ordine del giorno n.  9/05109-AR/26 a firma De Camillis, ad estendere l'esenzione prevista dal decreto-legge suddetto anche per i territori del Molise e della Puglia colpiti dal sisma 2002, ma ad oggi non c’è stato nessun intervento normativo a riguardo  –:
          quali iniziative normative intenda adottare al fine di estendere l'esenzione prevista dal comma 5-octies dell'articolo 4 del decreto-legge n.  16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44, anche ai territori del Molise e Puglia colpiti dal sisma 2002.
(5-07215)


      FUGATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 18 giugno 2012 è scaduto il termine per il versamento della prima rata dell'IMU, che il Governo Monti ha voluto anticipare al 2012, andando a colpire anche gli immobili adibiti ad abitazione principale, con una pesante rivalutazione della base imponibile rispetto alla normativa ICI;
          la precedente normativa ICI riconosceva proprio alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari il medesimo regime riconosciuto alle abitazioni principali, tanto che successivamente tali unità furono esentate dal pagamento dell'imposte;
          l'articolo 13 del decreto-legge n.  201 del 2011, disciplinando l'applicazione della «nuova IMU», esclude l'applicazione dell'aliquota base dello 0,40 per cento prevista per le abitazioni principali alle citate unità; il socio assegnatario di alloggio di cooperativa a proprietà indivisa deve quindi applicare l'aliquota base pari allo 0,76 per cento aumentabile di 3 punti da parte dei comuni;
          tale trattamento appare sicuramente paradossale: da un lato il Governo riconosce di fatto lo status di prima casa a tali alloggi, consentendo la detrazione di 200 euro, dall'altro disconosce tale status, applicando l'aliquota dello 0,76 per cento; la disciplina è anche dubbia sul piano della compatibilità costituzionale: i soci assegnatari, pur essendo nelle medesime condizioni di altre categorie di contribuenti in possesso di abitazione principale, devono pagare importi decisamente superiori;
          il decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44, ha escluso dal gettito IMU spettante allo Stato la quota di imposta dovuta sugli immobili posseduti dai comuni siti sul proprio territorio colpiti da imposta, sugli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari e sugli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibiti ad abitazione principale dei soci assegnatari, trasferendo in capo ai comuni l'onere di evitare la penalizzazione per queste tipologie di immobili  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative per definire in modo chiaro l'applicazione alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivise assegnate ai soci l'aliquota dello 0,4 per cento al pari delle abitazioni principali. (5-07216)


      FLUVI e GARAVINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nonostante la conclamata fase di recessione in Italia, il settore dei giochi pubblici continua a crescere ed incrementare la raccolta anche nei primi mesi del 2012, trainata dalla speranza di molti cittadini di riuscire a battere la crisi con una possibile vincita milionaria;
          secondo i dati dell'AAMS, la raccolta, da gennaio a maggio nell'anno 2012, è stata pari a 37,5 miliardi di euro, con un incremento di circa 7,5 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell'anno 2011 (circa +25 per cento rispetto il 2011); nello stesso periodo di tempo le vincite girate ai giocatori sono state pari a circa 30 miliardi con un incremento di circa il 33 per cento rispetto al pay-out gennaio-maggio 2011 (22,5 miliardi);
          nei primi 4 mesi del 2012 le entrate totali relative al settore dei giochi (che includono varie imposte classificate sia come entrate erariali dirette sia come entrate indirette), sono risultate di 4.449 milioni di euro, con un calo di 281 milioni di euro rispetto l'anno precedente, pari al –5,9 per cento;
          ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2008, n.  149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 2008, n.  184, ai concessionari della rete telematica, di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  640, e successive modificazioni ed integrazioni, è restituito il deposito cauzionale di cui all'articolo 1, comma 530, lettera c), della legge 23 dicembre 2005, n.  266, rilasciato a garanzia del raggiungimento dei necessari livelli di servizi da conseguire nell'anno;
          i criteri e le modalità di restituzione ai concessionari della rete telematica per la gestione degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento del deposito cauzionale per gli anni 2011 e 2012, sono determinati ai sensi del decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze del 27 luglio 2011;
          il decreto direttoriale del 27 aprile 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 2012, ha successivamente modificato il predetto decreto 27 luglio 2011, determinando, in base ad alcuni parametri, per l'anno 2012, il deposito cauzionale da restituire a ciascun concessionario, fino all'importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate raccolte nel medesimo anno;
          sarebbe utile conoscere quantificazione delle somme che saranno restituite ai concessionari dei giochi nell'anno 2012;
          nella difficile fase della finanza pubblica i concessionari dei giochi, in virtù del continuo aumento della raccolta, realizzano annualmente ingenti utili, ed è ancora pendente il contenzioso per l'irrogazione di ingenti sanzioni pecuniarie nei confronti di tali soggetti, a fronte delle gravi irregolarità rilevate dalla Corte dei conti nel collegamento in rete dei congegni da gioco;
          tra le misure contenute nel decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214 è previsto un aumento del 2 per cento delle aliquote IVA, che scatterà dal 1° settembre 2012, a copertura della delega fiscale prevista dal precedente Governo che ha stimato risparmi di 4 miliardi di euro nel 2012 tagliando sgravi e agevolazioni;
          impiegare ingenti risorse pubbliche in favore dei concessionari dei giochi cui sono previsti rimborsi in questa fase appare preoccupante e sembrerebbe più utile destinare tali risorse per finalità ben più urgenti  –:
          se non ritenga utile assumere iniziative normative che evitino la restituzione di ingenti somme versate a titolo di deposito cauzionale da parte dei concessionari dei giochi. (5-07217)


      BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          appare imminente l'emanazione del decreto-legge il quale prevedrebbe anche la sottoscrizione, da parte dello Stato, di «Tremonti bond», dei quali si avvarrebbe, in particolare, il gruppo Monte dei Paschi di Siena;
          il gruppo MPS, si trova, da tempo, in una delicata situazione finanziaria e patrimoniale;
          in particolare L’European Banking Authority (EBA) ha richiesto al gruppo di aumentare il proprio patrimonio di circa 3,2 miliardi di euro al fine di rispettare i più stringenti requisiti patrimoniali richiesti alle banche europee nell'attuale fase di instabilità finanziaria;
          le difficoltà del gruppo MPS derivano, sostanzialmente, da alcune avventate operazioni finanziarie, che l'hanno portata, nel corso degli ultimi anni, ad acquisire alcune banche italiane (ad esempio, Banca del Salento ed Antonveneta), a prezzi eccessivamente alti, anche in ragione delle pressioni di natura politica che, a quanto consta all'interrogante, hanno condizionato tali operazioni;
          nella situazione di scarsa liquidità che caratterizza i mercati finanziari, il gruppo MPS ha incontrato grandi difficoltà a reperire sul mercato le risorse finanziarie necessarie a ricapitalizzarsi dovendo pertanto ricorrere allo strumento dei «Tremonti bond»;
          parrebbe evincersi da notizie riportate dal Fatto Quotidiano del 27 giugno 2012 che le condizioni di sottoscrizione della nuova emissione dei «Tremonti bond» siano più favorevoli per le banche di quelle previste in precedenza dall'articolo 12 del decreto-legge n.  185 del 2008, che per primo ha introdotto nell'ordinamento italiano tale strumento;
          il gruppo dirigente di MPS è stato recentemente coinvolto da indagini di rilevanza penale: in particolare, il precedente presidente, Giuseppe Mussari, è stato oggetto di una perquisizione domiciliare nell'ambito dell'inchiesta in corso sull'acquisizione di Antonveneta, oltre ad essere indagato dalla procura di Siena per falso e turbativa d'asta nell'ambito di un'indagine sull'ampliamento dell'aeroporto Siena-Ampugnano, altri dirigenti di MPS sono invece indagati nell'ambito della citata indagine sull'acquisizione di Antonveneta, mentre il nuovo presidente di MPS, Alessandro Profumo, risulta indagato nell'ambito di un'indagine per frode fiscale, nella sua precedente qualità di amministratore delegato del gruppo Unicredit;
          le finanze pubbliche italiane stanno attraversando, ormai da tempo, una situazione di gravissima criticità, legata, oltre che all'enorme debito pubblico accumulato da più di trent'anni, alle conseguenze dirompenti della crisi economica e finanziaria, che sta costringendo i cittadini italiani e le imprese nazionali a sacrifici, a volte insostenibili, dovuti principalmente al continuo incremento della pressione fiscale, e agli inaccettabili ritardi nel pagamento dei debiti nella pubblica amministrazione;
          in tale contesto, appare paradossale che lo Stato debba venire in soccorso di gruppi bancari che si sono caratterizzati per una cattiva gestione e la cui dirigenza risulta addirittura coinvolta in indagini penali, mentre non si adottano misure concrete per venire incontro alla drammatica situazione delle fasce più deboli della popolazione, dei disoccupati, degli esodati, degli anziani a basso reddito e degli imprenditori «strangolati» dalla pressione fiscale e dalla restrizione del credito bancario  –:
          quali informazioni intenda fornire in merito alle misure indicate in premessa, quali siano le motivazioni che avrebbero indotto a rendere più favorevoli per le banche le condizioni di, emissione e sottoscrizione dei «Tremonti bond», e se non ritenga necessario assumere iniziative per introdurre nella relativa disciplina condizioni più stringenti, per le banche acquirenti, in merito alla trasparenza della gestione, ai requisiti di onorabilità ed alla politica di remunerazione degli esponenti aziendali. (5-07218)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      ANGELA NAPOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi gli agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Rossano (Cosenza), hanno rinvenuto nella cella di un detenuto ristretto in regime di alta sicurezza, un telefonino cellulare con tanto di caricabatterie;
          la denunzia è stata fatta dal segretario nazionale del Sappe, Damiano Bellucci, e dal segretario generale aggiunto, Giovanni Battista Durante;
          la situazione è difficile in tutti gli istituti penitenziari calabresi, ma lo è ancora di più in quello di Rossano, non solo per il sovraffollamento e per la carenza di organico, ma anche per la mancanza di un provveditore regionale titolare, nonostante siano passati tre anni dalla morte dell'ex provveditore Paolo Quattrone;
          quanto denunziato, purtroppo, non è un caso isolato, anche a Cosenza, tempo fa, fu aperta un inchiesta perché furono rinvenuti telefonini cellulari nella struttura penitenziaria della città; fatto analogo accaduto anche nella struttura carceraria di Vibo Valentia  –:
          se non ritenga necessario ed urgente avviare le procedure necessarie ad adeguare gli organici degli agenti in tutti gli istituti penitenziari calabresi, all'interno dei quali, nonostante il sovraffollamento, gli organici risultano, quelli definiti dieci anni fa;
          se non ritenga, altresì, necessario ed urgente, dotare il personale degli istituti penitenziari di idonei strumenti per il rinvenimento dei telefoni cellulari, oppure schermare gli stessi istituti, in modo da renderne impossibile l'uso. (4-16747)


      DI PIETRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il tribunale di Cassino — istituito un mese prima dell'Unità d'Italia del marzo 1861 e sede di Corte d'assise dal 1874 — rappresenta un baluardo di legalità antico e prestigioso;
          avendo come riferimento i criteri di elaborazione ministeriale quali popolazione, estensione del territorio, nuovi procedimenti instauratisi nel quinquennio precedente, numero di magistrati e di personale amministrativo, produttività, il tribunale di Cassino risulta essere tra i primi posti fra tutti i 57 tribunali d'Italia non aventi sede in capoluoghi di provincia con un bacino di utenza di ben 59 comuni (di cui 5 nella regione Campania) per un totale di circa 225 mila abitanti;
          la chiusura del tribunale di Cassino nell'ottica della riorganizzazione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale prevista dalla legge delega n.  148 del 2011 farebbe venire meno un fondamentale presidio di giustizia, da considerarsi strategico in un'area fortemente a rischio di infiltrazioni camorristiche ad oggi scongiurate dalla presenza degli uffici giudiziari e della procura;
          la rilevante presenza dello stabilimento Fiat con il suo indotto, che oggi conta su oltre 10.000 lavoratori, rende il territorio particolarmente sensibile — durante gli «anni di piombo» la Fiat di Cassino è stata oggetto di numerosi attacchi terroristici che sono sfociati addirittura nell'assassinio del capo dei sorveglianti dello stabilimento Fiat, Carmine De Rosa, nel gennaio 1978 — per cui il tribunale di Cassino ha rappresentato un punto di riferimento importante anche nella lotta al terrorismo;
          la dislocazione dei comuni costituenti la realtà territoriale del circondario del tribunale di Cassino è in larga parte montana per cui, qualora il tribunale di Cassino venisse accorpato a quello di Frosinone, sarebbero oltremodo evidenti le difficoltà che avrebbe la popolazione nel fruire dei servizi giudiziari così come difficile sarebbe, anche, la notificazione dei vari atti;
          la soppressione del tribunale di Cassino — attualmente in fase di ristrutturazione e adeguamento alle norme antisismiche con spesa appaltata per vari milioni di euro — e l'accorpamento al tribunale di Frosinone, comporterebbe un raddoppio del carico di lavoro che la struttura del capoluogo non sarebbe in grado di assorbire costringendo il Ministero della giustizia a reperire nuovi immobili in locazione lì dove il mantenimento del tribunale di Cassino non prevede costi diversi da quelli di corrente gestione;
          a Cassino ha sede anche la casa circondariale che ha il maggior numero di detenuti della provincia di Frosinone per cui, qualora il tribunale venisse effettivamente soppresso, il quotidiano trasferimento dei detenuti, per ciascuna singola udienza da celebrare a Frosinone, comporterebbe un significativo aggravio di spesa e pregiudicherebbe notevolmente l'efficienza carceraria, considerato che il personale di polizia penitenziaria, già sottorganico rispetto alle effettive necessità del carcere, dovrebbe andare in missione quale scorta;
          presso l'università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale è attivo dal 1997 il corso di laurea magistrale in giurisprudenza e attualmente anche il corso di laurea in Operatore giuridico per le organizzazioni complesse, entrambi strettamente collegati con il tribunale di Cassino ove è peraltro istituita una scuola forense che garantisce, in collaborazione con i docenti della facoltà di giurisprudenza, la formazione continua per gli oltre 1.000 avvocati iscritti all'ordine e per il considerevole numero di praticanti  –:
          se ritenga di voler rivedere l'ipotesi di dimensionamento o soppressione del tribunale di Cassino alla luce di quanto indicato nelle premesse. (4-16750)


      LETTA e ANDREA ORLANDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo a firma di Giovanni Fasanella, pubblicato sulla rivista Panorama del 27 giugno 2012, si apprende di un «sospetto grave: l'uso un po’ troppo spregiudicato, se non scorretto, delle intercettazioni telefoniche, tanto da ascoltare persino le conversazioni con utenze all'interno del Quirinale e probabilmente con lo stesso capo dello Stato, che dovrebbe essere blindato dall'immunità»  –:
          se il Ministro, con gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente, intenda verificare se quanto riportato dall'articolo rispetto alle intercettazioni del Presidente della Repubblica corrisponda al vero e, in caso affermativo, su quali basi giuridiche e quali presupposti di fatto siano state eventualmente disposte.
(4-16758)


      RAMPI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con l'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n.  148, il Parlamento ha conferito delega al Governo per il riordino delle circoscrizioni giudiziarie;
          la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari esistenti secondo criteri oggettivi deve tenere conto dei carichi di lavoro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, del bacino di utenza e del tasso di impatto della criminalità organizzata;
          la discussione sull'adozione di prime misure sul riordino e razionalizzazione delle circoscrizioni giudiziarie può generare sentimenti di preoccupazione qualora non fosse supportata da motivazioni chiare, razionali ed oggettive;
          per quanto concerne la regione Piemonte in questi giorni circola con insistenza un'ipotesi che prevede la creazione di tre o quattro grandi «macro aree» (Torino, Cuneo, Novara e Alessandria), e l'assorbimento – da parte di Novara – di uno o più tribunali limitrofi;
          altra ipotesi prevedrebbe un intervento in due tempi: dapprima, l'accorpamento di tutti i tribunali sub provinciali in capo al tribunale del capoluogo di provincia (ad esempio Casale, Tortona, Acqui Terme in capo ad Alessandria; Alba, Mondovì e Saluzzo in capo a Cuneo e così via). Novara, non avendo tribunali sub provinciali ma solo una sezione distaccata, Borgomanero, sarebbe destinata a rimanere nell'attuale condizione;
          successivamente, si penserebbe ad ulteriori accorpamenti tra tribunali di medie dimensioni, citando come esempio l'unificazione di Biella e Vercelli;
          se tale dovesse essere lo scenario futuro, indubbiamente il tribunale di Novara, per il quale sono stati compiuti investimenti di notevole entità economica ed – addirittura – a suo tempo era stata avanzata richiesta di riconoscimento di sede di corte d'appello, verrebbe a delinearsi come l'entità più piccola a livello regionale con il conseguente rischio di ulteriore depauperamento;
          attenti e sensibili operatori della giustizia evidenziano il timore che tale soluzione sia inadeguata, non solo rispetto alla realtà della provincia di Novara e della città, ma, soprattutto, in rapporto alla realtà del numero di affari trattati e alla importanza dei fenomeni delinquenziali e criminali che si manifestano nel territorio e in relazione ai quali negli ultimi anni si sono registrati episodi e manifestazioni di particolare allarme ed in numero crescente;
          la particolare posizione geografica di Novara e del suo territorio, la presenza di realtà «familiari» (già manifestatesi in passato e tornate ora di attualità) che aggrediscono il tessuto sociale ed imprenditoriale sano e ritengono di poter condizionare taluni aspetti della vita della collettività, non dovrebbero consentire in alcun modo di trasformare uffici giudiziari, che, pur con molte difficoltà, «tengono il passo e la posizione», in poco più che presidi, se confrontati con quelle che potrebbero essere le prossime realtà organizzative della regione;
          la marginalizzazione degli apparati di risposta (perché, a quel punto, un dimensionamento del tribunale e della procura potrebbe recare, come conseguenza, anche una seria contrazione delle forze di polizia e della loro composizione) verrebbe percepita anche dalla criminalità e lascerebbe tutta una realtà produttiva e di impresa professionale e la collettività esposte alla possibile virulenza dei fenomeni criminali ed illegali; già oggi, infatti, si verificano non sporadici casi di «turismo criminale» dalle vicine zone della Lombardia  –:
          se il Ministro abbia contezza della circolazione di ipotesi di riordino e razionalizzazione quali quelle sopra rappresentate;
          se rispondano – nel merito – a verità le ipotesi sopra illustrate, soprattutto quella che prevedrebbe un forte ridimensionamento del ruolo e della presenza del tribunale di Novara;
          come intenda intervenire riguardo la giurisdizione dei giudici di pace;
          quali iniziative intenda adottare al fine di garantire, nel rispetto e nel perseguimento degli obiettivi della spending review, la tutela di un territorio, quale quello di Novara, che potrebbe vedersi esposto a «colonizzazioni» da parte del tessuto criminale a tutto discapito di una realtà produttiva, sociale ed economica che – seppur con difficoltà – presenta i caratteri di una sana vivibilità. (4-16759)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      FALLICA, MICCICHÈ, GRIMALDI, MISITI, TERRANOVA, STAGNO D'ALCONTRES, IAPICCA, PITTELLI, PUGLIESE e SOGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la situazione di disagio delle popolazioni delle isole minori siciliane necessita di una maggiore attenzione a livello nazionale, oltre alle difficoltà proprie del Mezzogiorno italiano i cittadini residenti in tali località sono costretti a subire difficoltà di trasporto e comunicazione che compromettono inevitabilmente le sfere economiche e sociali;
          il diritto alla continuità territoriale, promosso in sede europea, va inserito nell'ambito della garanzia, dell'uguaglianza dei cittadini nonché della coesione economica e sociale dei nostro Paese;
          è necessario assicurare un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti in territori meno favoriti. Il trasporto è un elemento essenziale del diritto alla mobilità, sancito dall'articolo 16 della Costituzione, e costituisce un servizio di interesse economico generale, pertanto deve essere garantito a tutti i cittadini indipendentemente dalla loro provenienza geografica;
          in Italia la legge n.  144 del 17 maggio 1999 ha dato attuazione al regolamento CEE n.  2408/92, disciplinando le modalità di organizzazione della continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia;
          in ambito europeo il principio della continuità territoriale, oltre che nel suddetto regolamento, ha trovato conferma nella risoluzione del 3 febbraio 2003, quando il Parlamento europeo ha affermato «la necessità imperativa che la politica dei trasporti contribuisca alla coesione economica e sociale, tenendo conto della peculiare natura delle regioni periferiche insulari». Sulla base del principio della «discriminazione positiva» deve essere garantita un'autentica parità fra i cittadini, per mezzo di determinate misure destinate a taluni territori e volte a controbilanciare i vincoli strutturali permanenti;
          dunque, il sistema dei trasporti è il perno fondamentale per lo sviluppo economico e sociale di un Paese moderno e per promuovere la mobilità delle persone e delle merci;
          per tali ragioni la Sicilia e i suoi cittadini invocano trasporti sicuri ed efficienti, a costi adeguati, privata dei quali l'isola subisce un grave danno a livello economico e sociale. Senza un adeguamento dei trasporti alle sopra indicate esigenze diminuiscono, gli scambi, il turismo e le opportunità di crescita e sviluppo, vivere e operare nelle isole minori deve essere un'opportunità e non una condanna  –:
          quali azioni incisive intenda intraprendere affinché la Sicilia e le sue isole minori possano fruire a pieno del principio della continuità territoriale, garantendo altresì il diritto alla mobilità dei cittadini siciliani. (4-16746)


      META, GASBARRA e AMICI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          a stagione estiva ormai avviata, perdura lo stato di precarietà e dunque d'incertezza per i collegamenti marittimi tra Formia e le isole di Ponza e Ventotene, con gravissime difficoltà per le attività turistiche e per i residenti isolani;
          la società di trasporto marittimo della regione Lazio «LAZIOMAR» annaspa tra inefficienze e oggettiva incapacità di rispettare l'accordo di programma tra Governo e regioni Campania e Lazio siglato il 3 novembre 2009, dove si prevedeva all'articolo 3, comma 2-b, che la società di navigazione avrebbe dovuto «assicurare la continuità del servizio durante i periodi di manutenzione ordinaria o straordinaria delle navi e garantire, comunque, la disponibilità della nave di riserva»;
          il presidente di Laziomar, Antonio Cataduella, ha dichiarato recentemente che «non vi è alcun accordo con la regione Lazio che la obblighi a munirsi di una nave di riserva» e che comunque sarebbe stata «lieta di poterne disporre, ma che questa non gli è stata trasferita dalla Caremar, e la Laziomar non ha i mezzi economici per acquistarla»;
          la società per azioni a totale capitale pubblico inoltre specifica che «il ramo d'azienda trasferito da Caremar a Laziomar non comprende nave di riserva di cui fa menzione l'accordo di programma del 3 novembre 2009, che costituisce per la regione Lazio solo un indirizzo operativo per la redazione e la stipula del contratto di servizio, redazione e stipula che non hanno avuto luogo in attesa della privatizzazione della Laziomar»;
          i mezzi in dotazione della Laziomar sono vetusti e spesso in avaria al punto tale che mentre la nave «Tetide» è ferma nel porto di Formia ormai da tre mesi, l'aliscafo «Alinlam», dopo due mesi di manutenzione nei cantieri navali, è entrato in servizio subendo un nuovo stop a causa di un'avaria in mare aperto con notevoli difficoltà per raggiungere il porto di Formia;
          per sostituire la nave «Tetide», in riparazione e la cui messa in servizio dovrebbe avvenire il 28 giugno, dallo scorso mese di marzo la Laziomar ha noleggiato dalla compagnia SNAV il catamarano «Don Francesco» con costi elevati, mentre in sostituzione dell'aliscafo «Alinlam» è stato noleggiato il mezzo «Alcione». Nel frattempo la nave Tetide dovrebbe rientrare in navigazione il 28 giugno  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dello stato disastroso dei collegamenti tra il porto di Formia e le isole di Ventotene e Ponza;
          se il Ministro non ritenga di dover intervenire per consentire che i collegamenti marittimi con le isole Pontine siano svolti da parte di Laziomar senza pregiudicare la continuità territoriale e il diritto alla mobilità dei cittadini di Ponza e Ventotene, le attività turistiche a stagione estiva ormai avviata e la sicurezza della navigazione marittima nel rispetto dell'accordo di programma citato in premessa. (4-16757)

INTERNO

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          il Casinò di Venezia è la più antica casa da gioco al mondo e risale al 1638. La quota di mercato detenuta è del 38,22 per cento sul totale del volume, d'affari dei casinò in Italia. L'esercizio della casa da gioco spetta al comune di Venezia a ciò autorizzato dal Ministero dell'interno, secondo quanto stabilito dal regio decreto-legge 16 luglio 1936, n.  1404, convertito dalla legge n.  62 del 1937;
          fino al 2008 il Casinò versava alle casse comunali somme superiori ai 100 milioni di euro (in taluni anni anche superiori ai 150 milioni), consentendo alla città di mantenere basse le tasse locali e di fornire adeguati servizi ai cittadini;
          da alcuni anni i 4 casinò nazionali Sanremo, Venezia, Saint Vincent e Campione d'Italia registrano un calo delle presenze e degli introiti. In particolare, nel primo trimestre 2012, tra crisi economica, concorrenza degli altri giochi di Stato, ma anche a causa dell'introduzione del limite di 1.000 euro per l'uso del contante, hanno chiuso il primo trimestre in calo del 19,6 per cento sullo stesso periodo 2011; con incassi a quota 85,4 milioni di euro a fronte dei 106 milioni dello stesso periodo del 2011 il casinò di Venezia è rimasto leader di mercato con oltre 28,2 milioni nei tre mesi, ma la flessione degli incassi è stata più elevata (24,5 per cento sul 2011) rispetto alle altre case da gioco nazionali;
          a causa della crisi economica da tempo, ma in particolare dall'inizio del 2012, le acque sono agitate attorno al Casinò veneziano; il comune sta valutando un piano di cessione-privatizzazione, che ha interessato numerosi grandi gruppi internazionali, in considerazione del prestigio che la sede veneziana riveste; il Gazzettino di Venezia del 22 gennaio 2012 titolava «Casinò di Venezia, primo sì di Roma – Via libera del Ministero dell'interno alla procedura per cedere la gestione»;
          contro il piano di privatizzazione si sono mossi sindacati e dipendenti, con il risultato che il casinò è rimasto chiuso numerosi giorni tra marzo e maggio 2012; nella seconda metà di marzo il casinò è rimasto chiuso per una settimana di fila, con una perdita del comune valutata 2,5 milioni di euro; c’è stato sciopero anche nelle redditizie giornate di Pasqua e dal 25 aprile al 1° maggio; giova ricordare che le perdite così realizzate incidono sul valore del bene;
          i dipendenti del casinò sono 599, con uno stipendio medio di 95.000 lordi; gli oneri per il personale registrano un trend crescente rispetto agli incassi: 32,2 per cento nel 2009, 35,3 per cento nel 2010, 37,1 per cento nel 2011;
          l'azienda ha tentato di ricorrere ad una stretta sul costo del lavoro; l'ipotesi prevedeva l'abbattimento delle retribuzioni del 10 per cento, premi ora elargiti in base alla produttività, flessibilità del lavoro, non pagamento dei primi giorni di malattia, nuovo contratto non aziendale, ma basato sul contratto turismo e nuove assunzioni solo con contratti di apprendistato. Il pacchetto è stato respinto dai sindacati;
          a fronte di questi fatti il sindaco della città Orsoni ha avviato un procedimento, con il supporto di uno studio legale milanese, per affidare con gara internazionale in concessione il servizio e trasferire ai privati la gestione dei casinò. Nel piano si prevede la creazione di una società ad hoc per i giochi, mentre la Casinò Municipale Venezia manterrà la proprietà degli immobili di Ca’ Vendramin e del Casinò del Lido; il 19 aprile il Consiglio ha approvato una delibera con la quale il comune trasferisce all'azienda 2,5 milioni di euro al fine di consentirne la ricapitalizzazione;
          lo scontro sembra incancrenirsi in una contesa tra l'amministrazione al Governo della città, che deve risolvere in qualsiasi modo possibile i problemi di bilancio, e un gruppo di lavoratori, garantiti e ben pagati, guidati da sindacati che non si rendono conto che, nella presunzione di mantenere i livelli di stipendi e di tutela raggiunti, stanno mettendo in forse il futuro stesso di quei lavoratori e stanno danneggiando la città intera a causa del deprezzamento del bene prodotto dagli scioperi  –:
          quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla vicenda esposta in premessa;
          se non ritenga opportuno attivare i poteri che gli sono propri, al fine di valutare, in concorso con il comune di Venezia:
              a) la congruità delle offerte per la gestione del Casinò da parte dei privati e la loro solidità economica;
              b) le garanzie prestate per la tutela del posto di lavoro ai dipendenti del Casinò lavoratori;
          se non ritenga opportuno che nel contratto di concessione a privati sia inserita la condizione che il soggetto aggiudicatario sia assolutamente estraneo alla criminalità organizzata, prevedendo che eventuali rapporti successivamente venuti alla luce siano causa di rescissione immediata dell'atto di concessione.
(2-01569) «Grassano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'esercizio del diritto alla libertà religiosa nel nostro Paese è sancito dall'articolo 20 della Costituzione così come anche dall'articolo 9, comma 9, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
          la legge regionale della Lombardia n.  12 del 2005, all'articolo 52, comma 2, prevede che «i mutamenti di destinazione d'uso di immobili, non comportanti la realizzazione di opere edilizie, purché conformi alle previsioni urbanistiche comunali ed alla normativa igienico sanitaria, sono soggetti esclusivamente a preventiva comunicazione dell'interessato al Comune»;
          la successiva legge regionale della Lombardia dell'11 marzo 2005, n.  12 al Capo III, articolo 70, commi 1, 2 e 3, recita:
              «1. La Regione ed i Comuni concorrono a promuovere, conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica.
              2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli enti delle altre confessioni religiose come tali qualificate in base a criteri desumibili dall'ordinamento ed aventi una presenza diffusa, organizzata e stabile nell'ambito del comune ove siano effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo, ed i cui statuti esprimano il carattere religioso delle loro finalità istituzionali e previa stipulazione di convenzione tra il comune e le confessioni interessate.
              3. I contributi e le provvidenze disciplinati dallo presente legge hanno natura distinta ed integrativa rispetto ai finanziamenti a favore dell'edilizia di culto previsti in altre leggi dello Stato e dello Regione, nonché in atti o provvedimenti amministrativi dei comuni diretti a soddisfare specifici interessi locali nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali»;
          l'articolo 72, commi 1, 2, e 3 della medesima legge, recita:
              «1. Nel piano dei servizi e nelle relative varianti, le aree che accolgono attrezzature religiose, o che sono destinate alle attrezzature stesse, sono specificamente individuate, dimensionate e disciplinate sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'articolo 70. Le attrezzature religiose sono computate nella loro misura effettiva nell'ambito dello dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale di cui all'articolo 9, senza necessità di regolamentazione con atto di asservimento o regolamento d'uso.
              2. Qualunque sia la dotazione di attrezzature religiose esistenti, nelle aree in cui siano previsti nuovi insediamenti residenziali, il piano dei servizi, e relative varianti, assicura nuove aree per attrezzature religiose, tenendo conto delle esigenze rappresentate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'articolo 70. Su istanza dell'ente interessato, le nuove aree per attrezzature religiose sono preferibilmente localizzate in continuità con quelle esistenti.
              3. In aggiunto alle aree individuate ai sensi del comma 2, il piano dei servizi e i piani attuativi possono prevedere aree destinate ad accogliere attrezzature religiose di interesse sovracomunale. Le aree necessarie per la costruzione delle suddette attrezzature sono specificamente individuate, dimensionate e normate, nell'ambito della pianificazione urbanistica comunale, sulla base delle istanze all'uopo presentate dagli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica e delle altre confessioni religiose di cui all'articolo 70»;
          tutto ciò comporta che la realizzazione di un luogo per un culto, pur riconosciuto dallo Stato italiano e con il quale lo Stato medesimo ha sottoscritto (ancorché non richiesto né dal regio decreto del 1929 né dal regolamento applicativo del 1930) un'intesa comporti termini di realizzazione molto lunghi senza alcuna certezza di ricevere l'autorizzazione richiesta, nel caso in cui i comuni non abbiano adempiuto ai loro obblighi di legge o non abbiano previsto adeguati spazi per l'esercizio del culto;
          nel recente periodo la Conferenza Evangelica della Lombardia, (COEL), organismo di rappresentanza della realtà evangelica della Lombardia, ha registrato la chiusura o il divieto di apertura di diversi propri luoghi di culto nelle province di Bergamo, Pavia, Brescia e Monza;
          tali difficoltà sono da mettere in connessione con l'applicazione delle suddette leggi regionali  –:
          quali iniziative normative intenda assumere per garantire l'effettiva disponibilità di spazi per l'esercizio di un diritto costituzionale come la libertà di culto.
(5-07210)


      CECCACCI RUBINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          organi di stampa il 19 giugno 2012 hanno diffuso la notizia di un cane lasciato morire, in un fusto di catrame, per l'inerzia delle competenti istituzioni chiamate ad intervenire. L'episodio, avvenuto nella frazione di Sambatello a Reggio Calabria, risale al 16 giugno 2012;
          dalla relazione del dirigente di sanità animale dell'ASL di Reggio Calabria, intervenuto sul posto, viene, infatti, constatato che il cane di razza meticcia era quasi completamente immerso in un fusto ricolmo di catrame, da cui restavano libere solamente la testa e parte del torace, e che l'animale era già al suo arrivo in deficit respiratorio, in grave stato di prostrazione e quasi del tutto privo di risposta neurologica;
          dalla nota stampa del direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, Rosanna Squillacioti, viene inoltre specificato, che l'ASL competente è intervenuta tempestivamente svolgendo tutte le operazioni possibili per salvare l'animale, ma che ciò è risultato impossibile fin dal principio per la solidificazione del catrame che aveva inglobato il corpo dell'animale, esercitando una pressione a carico del torace causa di deficit respiratorio;
          considerando la gravità della situazione il medico veterinario ha tentato più volte e senza successo di rivolgersi telefonicamente ai vigili del fuoco e al Corpo dell'Arma dei carabinieri di zona, gli unici, a sua detta, con la strumentazione idonea a tirar fuori dal fusto l'animale;
          dalla dettagliata relazione del medico veterinario emerge palesemente che tali forze dello Stato, sempre in prima linea nelle emergenze, inopinatamente hanno opposto un rifiuto a tale richiesta di intervento;
          in relazione all'episodio, che ha scosso l'opinione pubblica tutta non solo per la tragica sorte del cane ma per l'inerzia delle istituzioni preposte alle operazioni di soccorso, è stato chiesto l'intervento della magistratura per accertare eventuali estremi di reato per il mancato intervento delle autorità competenti  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano opportuno svolgere indagini interne per accertare, per quanto di loro competenza, tutte le responsabilità per tale grave omissione di soccorso. (5-07212)


      MANCUSO e REPETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 16 giugno 2012, a Reggio Calabria, nella frazione di Sambatello, un cucciolo di cane, probabilmente saltando da un muretto, è caduto in un secchio di catrame;
          i guaiti hanno attirato l'attenzione dei passanti che hanno chiamato, invano, le autorità, le forze dell'ordine e la ASL;
          secondo notizie giornalistiche, sembrerebbe che solo dopo diverso tempo un veterinario della ASL si sia recato sul posto, e che dopo aver constatato l'assenza di microchip e di un padrone, se n’è andato, lasciando la bestiola nella melma, dove è morto tra atroci tormenti;
          il veterinario, tuttavia, ha riferito di aver tentato di contattare: carabinieri e vigili del fuoco, senza riuscire ad ottenere un loro intervento  –:
          se i Ministri non ritengano opportuno effettuare ogni verifica interna in relazioni alla vicenda di cui in premessa. (5-07213)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'amministrazione comunale di Bassiano (Latina) insediatasi all'esito delle elezioni del 9 giugno 2009 si è caratterizzata per un'inopportuna litigiosità tra il sindaco eletto e i componenti della sua maggioranza e per insormontabili difficoltà relazionali tra persone, con innegabili ripercussioni sulla qualità delle decisioni e dello svolgimento dei compiti che nell'attuale sistema delle autonomie sono assegnati al comune;
          allo stato, per le anzidette condizioni, e per come si apprende dagli organi di stampa, appare improbabile l'approvazione del bilancio di previsione dell'ente per l'anno corrente, considerate le posizioni assunte da una parte dei consiglieri eletti nella lista del sindaco Costantino Cacciotti e avendo da ultimo i consiglieri Roberto Campagna e Bruno Palombo manifestato il loro aperto dissidio con le posizioni del sindaco;
          in data 19 maggio 2012, con nota prot. 1843 il Sindaco in carica indirizzava al consigliere comunale Roberto Campagna una missiva con la quale, richiamata la normativa applicabile alla fattispecie e preso atto delle assenze asseritamente ingiustificate a sedute del consiglio comunale, gli dava comunicazione dell'avvio del procedimento di decadenza dalla carica; a seguito di detta comunicazione, e nonostante l'atto non contenesse il regime giuridico applicabile, il Campagna faceva pervenire al sindaco suddetto le giustificazioni delle assenze che si erano verificate e che erano dovute alle sue personali condizioni di salute analiticamente elencandole nella nota assunta al protocollo del comune di Bassiano con il n.  1911 in data 24 maggio 2012;
          è noto che ai sensi dell'articolo 43 comma 4 del decreto legislativo 267 del 18 agosto 2000 «lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative» e che lo statuto comunale di Bassiano, adottato con delibera n.  5 del 31 gennaio 2004, all'articolo 32-bis, comma 8 stabilisce la procedura applicabile, statuendo testualmente: «I consiglieri comunali che non intervengono alle sessioni ordinarie per tre volte consecutive senza giustificato motivo sono dichiarati decaduti con deliberazione del consiglio comunale. A tale riguardo, il sindaco a seguito dell'avvenuto accertamento dell'assenza maturata da parte del consigliere interessato, provvede con comunicazione scritta, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n.  241, a comunicargli l'avvio del procedimento amministrativo. Il consigliere ha facoltà di far valere le cause giustificative delle assenze, nonché a fornirà al sindaco eventuali documenti probatori, entro il termine indicato nella comunicazione scritta, che comunque non può essere inferiore a giorni 20, decorrenti dalla data di ricevimento. Scaduto quest'ultimo termine, il consiglio esamina e infine delibera, tenuto adeguatamente conto delle cause giustificative presentate da parte del consigliere interessato;
          con avviso di convocazione del 22 giugno 2012 n.  228, non notificato al consigliere Roberto Campagna il consiglio comunale di Bassiano è stato convocato per il 29 e 30 giugno 2012 con all'ordine del giorno, tra l'altro, e al primo punto: «Presa d'atto della decadenza dalla carica di consigliere comunale del signor Roberto Campagna. Surroga con il signor Sabato Antonio e conseguente convalida»;
          l'avviso di convocazione, come già detto, non è stato notificato al consigliere sopraddetto in quanto di esso nemmeno è stata disposta la notificazione in suo favore siccome, per come risulta allo scrivente, il sindaco e il presidente del consiglio comunale, in ciò addirittura confortati dal parere del segretario comunale, ritengono «cosa fatta» la decadenza del Campagna dalla carica, dimostrando di fatto di reputare non necessario sia che la convocazione del consesso gli sia partecipata e sia che il consiglio comunale deliberi in proposito;
          la violazione della norma statutaria, che conformemente alla previsione legislativa e a incontrastata giurisprudenza dei TAR e del Consiglio di Stato, garantisce il diritto di far valere le giustificazioni addotte, e che evidentemente attribuisce alla competenza del consiglio comunale il potere e la competenza in materia, appare grave, inescusabile e diretta ad impedire il corretto funzionamento dell'organo tentando del tutto illegittimamente di estrometterne un componente nella pienezza della carica;
          è di solare evidenza l'abnormità del comportamento sin qui tenuto dal sindaco e dal presidente del consiglio comunale nonché l'erroneità, se verificata, del parere del segretario comunale e che se, come appare probabile, esso dovesse essere confermato e persistere, tenderebbe illegittimamente ad escludere dal consiglio comunale un componente in ispregio consapevole delle norme statutarie applicabili;
          nella stessa seduta del consiglio comunale è previsto che l'assemblea approvi il bilancio di previsione 2012, la cui mancata approvazione comporterebbe le note conseguenze in ordine alla sopravvivenza dell'Amministrazione comunale e che, specularmente, un'approvazione falsata da una tanto evidente violazione risulterebbe illegittima;
          con lettera indirizzata al Prefetto della provincia di Latina e per conoscenza al Ministro interrogato, assunta al protocollo del locale UTG in data 25 giugno 2012, il Campagna rappresentava gli accadimenti sin qui riferiti che lo riguardano sollecitando la necessità di intervenire sugli organi dell'Amministrazione comunale di Bassiano per garantire che non sia perpetrata la macroscopica illegalità dinanzi descritta, a tal fine eventualmente attivando i poteri tutori che l'ordinamento riconosce al Prefetto anche in materia di segnalazione al Ministro dell'Interno per le iniziative sanzionatone previste  –:
          se sia a conoscenza delle vicende come sopra narrate;
          se abbia ricevuto dal prefetto di Latina segnalazione in ordine alle stesse;
          se ritenga di emanare circolare o altro atto regolamentare o quali iniziative intenda assumere per scongiurare che fatti analoghi abbiano a verificarsi in futuro;
          se in particolare abbia l'intenzione di verificare se dal comportamento sin qui tenuto, da quello paventato dall'interrogante e che nelle more potrebbe tenersi da parte degli organi amministrativi del comune di Bassiano, possa desumersi la sussistenza delle condizioni per l'avvio della procedura di cui all'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.  267;
          se abbia intenzione di promuovere iniziative legislative o regolamentari che garantiscano alle amministrazioni comunali di potersi avvalere per la verifica della rispondenza del loro operato alle norme e ai regolamenti di soggetti adeguatamente qualificati. (4-16745)


      PROIETTI COSIMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nel territorio del comune di Roviano, e precisamente tra il chilometro 55 ed il chilometro 56 della statale Tiburtina, sono state installate recentemente due nuove postazioni di rilevazione della velocità (autovelox), in entrambe le direzioni di marcia;
          occorre precisare, al riguardo, che il rilevamento delle violazioni viene effettuato, in questi casi, con postazioni fisse non presidiate da organi di polizia;
          lungo il tratto di strada interessato, inoltre, non è visibile alcun cartello che segnali la presenza dei citati mezzi tecnici di controllo, l'autorità competente ad effettuare il rilievo ed irrogare le sanzioni nonché gli eventuali decreti di autorizzazione: ciò in palese contrasto con la normativa vigente in materia;
          si segnala, in particolare, che il comma 2 dell'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n.  120, recante «Disposizioni in materia di sicurezza stradale», stabilisce, appunto, che i dispositivi per il rilevamento a distanza delle violazioni, «fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità»;
          d'altra parte, nell'ambito della più generale attività di prevenzione e contrasto dell'eccesso di velocità sulle strade, un principio cardine è certamente quello della necessaria e adeguata conoscibilità come presupposto e precondizione della legittimità delle eventuali sanzioni comminate;
          è pacificamente accettato dalla giurisprudenza dominante, infatti, che non si può muovere al conducente di un autoveicolo il rimprovero per aver violato una regola di prudenza alla guida, se quest'ultimo non è stato messo nelle condizioni di conoscere preventivamente ed adeguatamente il precetto, attraverso controlli automatici della velocità che siano segnalati e soprattutto ben visibili;
          a fronte del sempre più frequente ed indiscriminato utilizzo degli autovelox, soprattutto da parte di molti enti locali, sono necessari maggiori e più capillari controlli delle autorità competenti per garantirne una legittima installazione ed un corretto utilizzo  –:
          quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare l'effettiva legittimità dell'installazione dei dispositivi di cui in premessa ed, in ogni caso, se non ritenga opportuno intervenire tempestivamente al fine di evitare un utilizzo delle apparecchiature di rilevazione della velocità in violazione della normativa vigente in materia, soprattutto con riferimento alla dislocazione, alla segnalazione nonché alla distanza tra le apparecchiature e i segnali che impongono i limiti di velocità. (4-16751)


      SARUBBI, GIULIETTI, FRANCESCHINI e BRATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 21 giugno 2012 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva gli agenti di PS Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri per la morte di Federico Aldrovandi, ragazzo di 18 anni con il quale il 25 settembre 2005 ingaggiarono una violenta colluttazione;
          nei giorni seguenti, sul gruppo facebook «Prima difesa 2»(gruppo che «tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell'ordine e Forze Armate») Paolo Forlani — uno dei poliziotti condannati ha insultato pesantemente Patrizia Moretti — madre di Aldrovandi — nel corso di una conversazione pubblica dai toni gravemente offensivi. In particolare, commentando un'intervista della signora Moretti, Forlani ha usato espressioni volgari e offensive, scrivendo: «una falsa e ipocrita... spero che i soldi che ha avuto ingiustamente possa non goderseli come vorrebbe... adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie...»;
          pur nel rispetto della libertà di opinione, non sembrano potersi accettare pubbliche prese di posizione di tale tenore da parte di persone che fanno parte della polizia di Stato che aggiungono, alla gravità delle circostanze per le quali gli agenti sono stati condannati, anche l'aggravante — pesante non solo moralmente — di un'offesa così violenta verso una persona già gravata da un lutto tanto doloroso  –:
          se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
          se queste prese di posizione siano compatibili con il ruolo di agente di pubblica sicurezza e se, in caso contrario, non intenda prendere provvedimenti conseguenti che portino all'allontanamento dei soggetti rei dal corpo della polizia di Stato. (4-16754)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


      BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto ministeriale emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 7 giugno 2012, allegato B, definisce sia i criteri, i parametri e gli indicatori di attività scientifica utilizzabili ai fini della valutazione dei candidati all'abilitazione nonché il numero massimo di pubblicazioni, distinto per fascia e per area, che ciascun candidato può presentare ai fini della valutazione nella procedura di abilitazione;
          nella valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati dai candidati, la commissione si attiene al principio generale in base al quale l'abilitazione viene attribuita ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi, valutati dalla commissione con criteri il più possibile oggettivi; l'abilitazione quindi può essere attribuita esclusivamente ai candidati che sono stati giudicati positivamente secondo i criteri e i parametri di cui all'articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4, lettere b), c), d), e), f), g), h), i) e l) e i cui indicatori dell'impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all'allegato A, numero 3, lettera b), rispettivamente per la prima e per la seconda fascia;
          nella valutazione delle pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati la commissione si attiene quindi ai seguenti criteri:
              a) qualità della produzione scientifica, valutata all'interno del panorama internazionale della ricerca, sulla base dell'originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo, avvalendosi delle classificazioni di merito delle pubblicazioni;
              b) quantità di articoli pubblicati e loro distribuzione sotto il profilo temporale, con particolare riferimento ai cinque anni consecutivi precedenti la data di pubblicazione del decreto;
              c) collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare, secondo il sistema di revisione tra pari;
          uno dei problemi è la valutazione delle riviste prive di indici bibliometrici (impact factor), molte delle quali sono in italiano e non prevedono un peer review system. Uno dei SSD in cui è prassi pubblicare su riviste del genere ad esempio è la storia della medicina, (MED 02);
          i candidati che da anni aspirano ad essere adeguatamente strutturati in università, ricercatori ed associati, dove lavorano con ampia dedizione a compiti didattici, oltre che assistenziali nel caso della facoltà di medicina, non potevano conoscere prima quali riviste sarebbero state inserite in classe «A» e quali altri criteri avrebbero fatto parte della valutazione;
          a suddividere le classi in A, B, e C è l'Anvur, Agenzia di valutazione del sistema universitario; questo lavoro di classificazione ex post è contestato dall'associazione italiana dei costituzionalisti che ha deciso di impugnare il provvedimento davanti al Tar;
          per i costituzionalisti, infatti, dividere le riviste in tre classi e valutare poi i candidati in base al numero di articoli pubblicati nei dieci anni consecutivi, precedenti il bando, su riviste appartenenti alla classe «A» è una scelta da bocciare, anche perché creerà come effetto un vero e proprio contenzioso  –:
          quali misure si ritenga opportuno intraprendere al fine di sanare una situazione che mette in serio pericolo il diritto di essere valutati secondo criteri di eguaglianza e responsabilità. (3-02359)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GNECCHI, FRONER, MATTESINI e GIOVANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in molte sedi periferiche dell'ex INPDAP, sono in servizio da anni, circa 250 dipendenti in comando provenienti da altre amministrazioni pubbliche;
          molti di questi dipendenti hanno superato il terzo anno di comando e avrebbero avuto il legittimo diritto di vedere stabilizzata la loro posizione, transitando definitivamente nell'organico ex INPDAP;
          con l'articolo 21 della legge n.  214 del 2011, manovra Salva Italia del dicembre 2011, INPDAP è stato soppresso e INPS svolge anche le funzioni di Inpdap ed al presidente Mastrapasqua si sono rivolti i lavoratori per comprendere come si sarebbe risolta la loro situazione;
          ad oggi non è pervenuta alcuna risposta alla richiesta avanzata dai lavoratori che chiedono unicamente, dopo anni di comando, di essere integrati nella pianta organica dell'istituto e di avere certezza rispetto al proprio futuro  –:
          se non ritenga il Ministro interrogato di intervenire presso l'Inps, affinché si porti a soluzione la problematica del personale comandato all'ex INPDAP.
(5-07206)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XIII Commissione:


      CALLEGARI e MAGGIONI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo che ha interessato il territorio dell'Oltrepò pavese nel periodo compreso tra il 31 maggio e il 10 giugno 2011, causando ingenti danni all'agricoltura e in particolare alle viticoltura, la giunta regionale della Lombardia ha attivato la procedura necessaria all'attuazione degli interventi compensativi a carico del Fondo di solidarietà nazionale a sostegno delle imprese agricole danneggiate da calamità naturali e da eventi climatici avversi, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n.  102 del 2004;
          come disposto dalla procedura, con delibera di giunta del 20 luglio 2011, la regione Lombardia ha provveduto alla delimitazione dei territori danneggiati, all'accertamento dei danni conseguenti, alla specificazione delle provvidenze concedibili e alla relativa richiesta di spesa;
          con nota della direzione generale agricoltura n.  M1.2011.10451 del 26 luglio 2011, la regione Lombardia ha trasmesso al Ministero la suddetta delibera al fine del riconoscimento dell'eccezionalità dell'evento e dell'emanazione del decreto di declaratoria gestione delle crisi in agricoltura;
          con nota n.  0018729 del 1° settembre 2011 il Ministero ha richiesto informazioni aggiuntive in merito agli eventi segnalati, informazioni e chiarimenti trasmessi con nota della direzione generale agricoltura M1.2012.00614 del 19 settembre 2012;
          ad oggi, come comunicato agli enti locali interessati dalla direzione generale della protezione civile, polizia locale e sicurezza della regione Lombardia, non risultano iscritte, nel bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014, risorse economiche per interventi compensativi dei danni causati da calamità naturali relative all'anno 2011  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno, in considerazione della eccezionalità degli eventi calamitosi avvenuti, provvedere con urgenza all'emanazione del decreto ministeriale necessario ad attivare la procedura di trasferimento alle regioni delle disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale e consentire la ripresa dell'attività produttiva. (5-07198)


      DELFINO e NARO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il prezzo pagato agli agricoltori per il vero olio di oliva è crollato del 30 per cento anche per effetto degli inganni e delle frodi che danneggiano il settore e colpiscono produttori e consumatori;
          i Nas hanno recentemente scoperto un traffico di circa 500.000 litri di olio extra vergine di oliva contraffatto da parte di una organizzazione che reperiva anche in ambito internazionale (Spagna e Maghreb), le materie prime per la sofisticazione degli olii (clorofilla e betacarotene) per poi cederle ad oleifici compiacenti;
          i prezzi pagati ai produttori agricoli crollano per effetto della concorrenza sleale provocata dagli inganni e contraffazioni nonostante il fatto che i consumi di extravergine delle famiglie sono aumentati del 4,2 per cento nel 2012 e la produzione nazionale si è ridotta addirittura del 6 per cento nell'ultima raccolta;
          l'arrivo di olio di oliva straniero in Italia ha raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate e ha superato la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483 mila tonnellate e il risultato del sorpasso è il fatto che oggi la maggioranza delle bottiglie di olio proviene da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori, ma si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell'olio in vendita, oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni;
          nel 2011 si è verificato un aumento del 3 per cento nelle importazioni di olio di oliva dall'estero che sono quasi triplicate negli ultimi 20 anni (+163 per cento), sommergendo di fatto la produzione nazionale, che sarebbe peraltro quasi sufficiente a coprire i consumi nazionali;
          gli oli di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all'estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri dove sono state esportate 364 mila tonnellate nel 2011;
          secondo una recente indagine occorre registrare la mancanza di trasparenza, infatti, quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia contengono miscele di diversa origine, per le quali è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate, questo nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al regolamento (CE) n.  182/2009;
          sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte «miscele di oli di oliva comunitari», «miscele di oli di oliva non comunitari» o «miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari» obbligatorie per legge nelle etichette dell'olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull'etichetta che la rende difficilmente visibile;
          si deve considerare inoltre il danno al patrimonio ambientale, con oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all'anno e un fatturato di 2 miliardi di euro  –:
          se non ritenga opportuno prendere misure incisive e veloci al fine di reprimere tutti i fenomeni di sofisticazione e truffa che provocano enormi danni d'immagine ed economici ai veri produttori di olio extravergine. (5-07199)


      FIORIO, TRAPPOLINO, OLIVERIO, ZUCCHI, CENNI, BRANDOLINI, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO, MARCO CARRA, CUOMO e MARROCU. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il 22 giugno 2012, la Commissione europea, con un comunicato stampa ha reso noto che «gli Stati membri devono rimborsare alla Commissione 426 milioni di euro di spese della Pac»;
          tale cifra dovrà essere rimborsata «a seguito di infrazioni alle norme Ue o di inadempienze nelle procedure di controllo della spesa agricola» e conseguentemente di un uso non corretto dei fondi stanziati dalla Unione europea;
          per quanto riguarda l'Italia sono stati riscontrati irregolarità nel settore frutta e verdura anche se è il comparto vitivinicolo quello maggiormente sanzionato. La Commissione europea ha infatti richiesto al nostro Paese la restituzione di 98,881 milioni di euro per l'impianto di viti senza diritti e/o reimpianti;
          la sanzione complessiva imposta all'Italia è seconda solamente a quella disposta nei confronti della Spagna  –:
          se non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti, dal momento che il sistema di controllo attuato dalle regioni avrebbe dovuto garantire una adeguata corrispondenza tra gli impianti ed i diritti assegnati, affinché i costi delle sanzioni ricadano esclusivamente su quelle regioni che hanno commesso infrazioni ed in proporzione alle inadempienze accertate.
(5-07200)


      DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la situazione fallimentare in cui versa Buonitalia Spa in liquidazione, ben nota sia agli interroganti che ai destinatari, anche perché detta azienda è partecipata al 70 per cento dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, desta continuamente motivi di preoccupazione, non ultima l'inchiesta della trasmissione tv «off the Report» trasmessa da RAI 3, domenica 3 giugno 2012;
          il servizio di «off the Report» ha evidenziato sia i faraonici costi di gestione di Buonitalia Spa nel corso della sua breve attività, sia le spese spropositate della sua gestione liquidatoria; infatti il liquidatore di Buonitalia Spa, il professore Alberto Stagno D'Alcontres, percepisce un compenso per la gestione provvisoria della liquidanda società pari ad euro 159 mila annui oltre le spese sostenute per lo svolgimento dell'incarico, deliberato il 19 settembre 2011 dall'assemblea dei soci di Buonitalia, di cui si ricorda che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è socio per il 70 per cento. Inoltre, secondo quanto riportato nel servizio «off the Report» pare che il professore Alberto Stagno D'Alcontres percepisca 400 mila euro per il suo incarico di liquidatore;
          a quanto consta all'interrogante, la società Buonitalia Spa in liquidazione da circa dieci mesi, sta causando una situazione di profondo malessere ai dipendenti, che sono ancora in attesa di conoscere il proprio destino lavorativo, come denunciato di recente anche dalle organizzazioni sindacali competenti; per questo appare poco opportuna, non condivisibile, la scelta del liquidatore di avvalersi, a quanto risulta agli interroganti, di numerosi consulenti esterni di sua fiducia, aggravando oltremodo la situazione patrimoniale, già tanto critica, dell'azienda Buonitalia;
          nonostante sia stata accolta dal Governo una risoluzione unitaria, presentata in Commissione agricoltura, nonostante l'attenzione per la tenuta occupazionale del personale dipendente e nonostante le rassicurazioni date in più riprese dal gabinetto del Ministro alle organizzazioni sindacali, in occasione dell'ultima assemblea societaria di Buonitalia, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha cambiato inspiegabilmente rotta ed ha posto le basi per il licenziamento di tutto il personale, avviando di fatto le procedure finalizzate al fallimento;
          risulta agli interroganti che presso il tribunale del lavoro di Roma siano già state depositate numerose cause di lavoro, promosse dai dipendenti della Buonitalia Spa in liquidazione. Tali cause di lavoro presso il tribunale di Roma rischiano di aumentare ulteriormente il presunto danno erariale nei confronti dello Stato, in particolare per due procedimenti è già stata fissata la prima udienza per il 20 settembre 2012 e la richiesta di risarcimento danni avanzata dai due dipendenti è di 300 mila euro ciascuno;
          in questo particolare momento della vita del Paese appare più che necessario intervenire per interrompere la dispendiosa gestione liquidatoria di Buonitalia e frenare quello che agli interroganti appare uno sperpero di denaro pubblico, come emerso dalla citata trasmissione «Off the Report», promuovendo una verifica estesa sull'operato di chi aveva compiti di dirigenza relativa al settore del controllo di gestione e di rendicontazione  –:
          se il Ministro, alla luce di quanto espresso in premessa, condivida la linea adottata dal liquidatore di Buonitalia Spa e se non ritenga opportuno avviare una formale verifica interna al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, volta ad accertare eventuali responsabilità relative alle gestioni di Buonitalia, il tutto per la dovuta attenzione verso i diritti dei lavoratori ancora in attesa di chiarezza.
(5-07201)


      BECCALOSSI e CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in queste settimane In Italia si stanno verificando massicce importazioni di prodotti designati «olio extravergine di oliva» e/o «olio di oliva vergine» provenienti da Paesi extra UE (Tunisia, Marocco, Algeria, Turchia) ma anche comunitari (Grecia e Spagna) senza che sui relativi documenti commerciali risulti la designazione dell'origine che, invece, è obbligatoria ai sensi dell'articolo 4 e articolo 9 comma 3 del decreto ministeriale 10 novembre 2009 recante disposizioni nazionali relative alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva;
          tale escamotage è stato messo a punto da taluni soggetti i quali, dopo aver importato in Italia tali prodotti dall'estero (spesso di dubbia qualità merceologica e salutistico-nutrizionale) li rivendono a grandi industrie dell'imbottigliamento previa aggiunta sui relativi documenti commerciali in modo fraudolento la dicitura «Prodotto in Italia»;
          la conseguenza è che, poiché quella appena trascorsa in Italia è stata una annata di scarsa produzione di oli extravergini di oliva di buona qualità a causa del decorso invernale sfavorevole unitamente (nel Salento) a massicci attacchi di Lebbra dell'Olivo (gleosporium olivarum alm.), taluni operatori della grande industria ha trovato comunque il modo di continuare ad imbottigliare e ad immettere sul mercato del nostro Paese olio extravergine di oliva falsamente designato in etichetta come «Made in Italy»;
          la fattispecie di cui al decreto ministeriale 10 novembre 2009 all'articolo 9, comma 3, che testualmente prevede che «I documenti utilizzati per la movimentazione degli oli, oltre alla categoria e alla quantità dell'olio, alla data di emissione, nominativo e all'indirizzo dello speditore e del destinatario, riportano le indicazioni di cui all'articolo 5 lettere a) e b), del regolamento» (regolamento CE n.  1019/2002, ndr) non ha la relativa specifica disposizione sanzionatoria (né nel decreto legislativo 30 settembre 2005 n.  225 e neppure nel decreto legislativo n.  109 del 1992)  –:
          quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(5-07202)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la recente inchiesta coordinata dalla procura di Siena, sulle indagini condotte dalla Guardia di finanza di Siena, unitamente al dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che ha disposto il sequestro di oltre 8 mila tonnellate di olio di oliva ottenuto da illecita miscelazione con materia prime di categoria inferiore o con altra provenienza geografica, ripropone nuovamente il fenomeno fraudolento della contraffazione dei prodotti agroalimentari, che determina gravi ed evidenti danni sul piano dell'immagine e dell'impatto economico per l'intera filiera agricola italiana;
          il prezzo pagato agli agricoltori per l'olio di oliva autentico, secondo quanto sostenuto dalla Coldiretti, è infatti crollato del 30 per cento, anche per effetto degli inganni e delle frodi che danneggiano il settore e che colpiscono i produttori ed i consumatori;
          le indagini della Guardia di finanza, a giudizio della Confederazione nazionale dei coltivatori diretti, ha consentito di svelare le tante anomalie che si riscontrano sul mercato, in cui occorre diffidare di quegli oli che sono venduti a prezzi che non riescono neanche a coprire i costi della raccolta delle olive;
          la Coldiretti, inoltre, evidenzia come i prezzi pagati ai produttori agricoli crollano per effetto della concorrenza sleale provocata dai prodotti contraffatti; infatti, nonostante l'aumento dei consumi di olio extravergine pari al 4,2 per cento nel 2012, la produzione nazionale si è ridotta del 6 per cento nell'ultima raccolta;
          la distribuzione di olio straniero in Italia ha raggiunto livelli massimi con 584 mila tonnellate, superando addirittura la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483 mila tonnellate;
          questo sorpasso, secondo la Coldiretti, è causato dall'enorme quantità di bottiglie di olio in distribuzione nel nostro Paese che contengono olive straniere senza che i consumatori lo sappiano. Ciò determina una notevole riduzione della qualità dell'olio di oliva oltre che una proliferazione di truffe con possibili effetti pericolosi sulla salute e la sicurezza del consumatore oltre che contraccolpi immediati sulle stesse aziende di produzione in termini di immagine e danno economico;
          l'Italia rappresenta attualmente il primo importatore mondiale di olio che per il 74 per cento, proviene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia, gli stessi Paesi che sono coinvolti dalla truffa scoperta a Siena  –:
          quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, anche in sede comunitaria, intendano intraprendere al fine tutelare maggiormente le imprese olearie italiane, pesantemente danneggiate dal fenomeno della contraffazione e della concorrenza sleale, aggravata da una situazione di dumping enorme nel sistema agroalimentare;
          se non intendano infine promuovere ulteriori misure oltre a quelle già esistenti, volte a rafforzare il sistema dei controlli e della repressione delle frodi nel settore agroalimentare, effettuati peraltro con rilevante professionalità da parte dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, per salvaguardare i prodotti agroalimentari italiani e in particolare quelli oleari dal persistente fenomeno di abusi, nonché dagli atti di concorrenza sleale e delle contraffazioni, unitamente all'uso improprio della denominazione tutelata e a comportamenti comunque vietati dalla legge. (5-07208)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quando riportato da agenzie di stampa, siti internet e quotidiani, a Ostuni in Puglia la Guardia di finanza ha sequestrato una discarica illegale di circa 450 mila metri quadrati equivalenti a circa 110 campi di calcio;
          in detta discarica sono stati trovati abbandonati centinaia di pneumatici, batterie esauste, fuochi pirotecnici e ben circa venti quintali di pannelli di eternit, alcuni integri altri ridotti in frantumi  –:
          di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa;
          quali iniziative di competenza si intendano promuovere o adottare, anche promuovendo indagini epidemiologiche, posto che è di difficile comprensione come sia stato possibile realizzare una discarica di tale abnorme estensione senza che nessuno dei pur numerosi organi preposti all'incolumità della salute delle popolazioni residenti e alla tutela del territorio sia intervenuto. (5-07203)

Interrogazione a risposta scritta:


      MARMO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          stando ad alcune anticipazioni di stampa, un piano elaborato nel mese di marzo 2012 dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze prevederebbe il taglio di undicimila strutture sanitarie da operare entro il 31 dicembre 2012 nelle regioni sottoposte al piano di rientro della spesa sanitaria (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia);
          stando a quanto indicato nel succitato documento, le strutture sanitarie complesse dovrebbero diventare 4.917 e quelle semplici 6.441, a fronte, rispettivamente, delle 15.793 e 6.738 attuali; si procederebbe, dunque, ad un'eliminazione nel territorio di circa 1.821 strutture complesse e 9.352 strutture semplici;
          a giudizio dell'interrogante l'eliminazione delle strutture sanitarie rischia di tradursi in una riduzione dei servizi sanitari offerti ai cittadini, sia in termini di quantità che di qualità, in particolar modo nelle zone periferiche e con una scarsa densità abitativa che solitamente sono colpite dai tagli;
          stando ai dati recentemente resi noti dall'assessore alla sanità della regione Piemonte, Paolo Monferino, sul settore sanità piemontese, al 2010 graverebbe un debito di 4,2 miliardi di euro costituito da debiti commerciali per 2,3 miliardi di euro, debiti per anticipazioni di tesoreria per 0,8 miliardi di euro e altri debiti non adeguatamente specificati per 1,03 miliardi di euro;
          alla luce della suindicata situazione e del piano elaborato dal Ministero della salute, la regione Piemonte dovrà adottare una serie di provvedimenti orientati alla riduzione del debito maturato negli anni, che rischiano di produrre nuove difficoltà e ulteriori disagi ai cittadini piemontesi già particolarmente colpiti dalla crisi economica e dalla complessiva riduzione dei servizi che ne è scaturita;
          a giudizio dell'interrogante i tagli rischiano di incidere negativamente proprio sull'assistenza territoriale piemontese, già impoverita di personale a causa del blocco del turnover, e della quale usufruiscono le persone più deboli, gli anziani, le famiglie con bambini, i disabili e chiunque non abbia la possibilità di spostarsi agevolmente con mezzi propri;
          il Governo ha in cantiere di procedere ad una spending review dalla quale, pur prendendo atto delle rassicuranti dichiarazioni del Ministro interrogato rilasciate recentemente, conseguirà un taglio nel settore sanitario di circa 7 miliardi di euro di spesa in beni e servizi;
          a giudizio dell'interrogante nel predisporre le riduzioni di spesa il Governo e la regione Piemonte devono procedere con ponderazione, consultando gli amministratori locali, le organizzazioni sindacali e le associazioni territoriali dei consumatori maggiormente rappresentative, al fine di evitare tagli lineari e indiscriminati che rischiano di penalizzare ulteriormente le fasce sociali più deboli;
          a giudizio dell'interrogante, la rivisitazione complessiva della spesa deve essere colta come occasione per procedere ad una riqualificazione dei servizi sanitari, incidendo sui capitoli di spesa relativi alle consulenze, alle indennità di carica, alle nomine di inutili primari e dirigenti, e alla miriade di progetti superflui, necessari più ad accontentare gli appetiti politici che le reali esigenze dei cittadini  –:
          quali siano le strutture complesse e semplici che il suddetto piano ha individuato sul territorio piemontese oggetto di ipotetica soppressione e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di evitare che gli ineludibili tagli di spesa al settore della sanità si trasformino in un ulteriore impoverimento dei servizi resi ai cittadini piemontesi, in particolare alle persone che appartengono alle fasce sociali più deboli, agli anziani, ai disabili, e a tutti coloro che si trovano nella condizione di non potersi spostare agevolmente per raggiungere le strutture sanitarie. (4-16753)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'avvio dello switch off nei 409 comuni della Calabria con il passaggio delle trasmissioni televisive al digitale terrestre sta provocando molti problemi per le televisioni locali, in tutte le province;
          i maggiori disagi, però, si stanno manifestando in queste settimane nella provincia di Reggio Calabria. Dal 19 giugno 2012 – termine dello switch off per la provincia suddetta – gravi problemi si sono manifestati in tutte le televisioni locali e in particolare nelle emittenti televisive Reggio Tv e Telereggio;
          nello specifico l'emittente Reggio Tv, in questi giorni, sta trasmettendo sui propri canali un comunicato stampa con il quale porta a conoscenza dei cittadini la sospensione delle trasmissioni televisive, a causa della mancata assegnazione del canale 14 dopo il passaggio al digitale terrestre. Mentre Telereggio seconda televisione libera in Italia, segnala sovrapposizione delle frequenze e della numerazione automatica con i canali delle emittenti televisive siciliane;
          la situazione di difficoltà venutasi a creare in questi giorni sta arrecando un gravissimo danno alle aziende interessate, che già operano con risorse finanziarie risicate. In un settore così delicato anche un breve periodo di interruzione del servizio può creare danni economici pesantissimi che mettono a rischio il pluralismo dell'informazione, la sopravvivenza stessa delle emittenze e i già deboli livelli occupazionali;
          Reggio Tv e Telereggio sono televisioni affermate, protagoniste di molte battaglie di civiltà e autentiche interpreti delle istanze del territorio. Esse operano al servizio dell'intera comunità rispettivamente da 14 e 38 anni e le loro redazioni hanno animato e fatto crescere la qualità del proprio lavoro con impegno, professionalità, passione e sacrificio, al servizio dei cittadini calabresi  –:
          se il Ministro interrogato intenda tempestivamente promuovere ogni utile ed efficacia iniziativa che consenta a tutte le emittenti televisive calabresi, ed in particolare a Reggio Tv e a Telereggio, di poter tornare al più presto a trasmettere sul digitale terrestre in modo che venga assicurato il rispetto del pluralismo e del diritto all'informazione garantito dall'articolo 21 della nostra Costituzione, salvaguardando i livelli occupazionali. (5-07205)


      MOTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi i sindacati di categoria del settore postale CGIL-SLC, CISL-SLP e UIL-Poste, hanno denunciato l'avvio di una riorganizzazione, da parte di Poste Italiane s.p.a., in cinque regioni: Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Basilicata;
          sulla base di questa riorganizzazione, in Emilia-Romagna 120 uffici postali rischierebbero la chiusura e 39 il ridimensionamento, mentre il taglio di 429 zone di recapito comporterebbe il licenziamento di 466 portalettere (di cui 53 in provincia di Parma) e la riduzione del numero degli addetti anche dei centri di movimentazione postale, con evidenti conseguenze sulla qualità del servizio erogato, in particolare nelle zone del territorio più disagiate quali i comuni montani;
          gli esuberi determinati da questa riorganizzazione, sia per quanto riguarda Poste che le aziende appaltanti, saranno particolarmente gravosi in un periodo di crisi economica che non risparmia alcuna regione;
          gli effetti negativi di questo piano di riorganizzazione paiono essere ancor più impattanti sulla popolazione e sui lavoratori in considerazione del fatto che coinvolgono indistintamente aree metropolitane e piccoli comuni, compresi quelli recentemente colpiti dal sisma in Emilia-Romagna;
          così come concepito, il piano di riorganizzazione parrebbe mettere in discussione il carattere universale del servizio di recapito postale e certamente comporterà una riconsiderazione in termini negativi degli standard qualitativi dettati dai tempi di consegna definiti anche dal contratto di programma vigente con l'azienda  –:
          quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sugli estremi del piano di riorganizzazione di Poste Italiane s.p.a. e se non ritenga di intervenire al fine di salvaguardare il livello occupazionale e la qualità del servizio reso, in particolare nelle zone più disagiate quali i piccoli comuni e quelli dell'area montana nonché i comuni emiliani recentemente colpiti dal sisma. (5-07207)


      SCHIRRU, FADDA, MARROCU, CALVISI, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, MELIS, LULLI e VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:      
          nella regione Sardegna si registra una necessità più elevata di riserva secondaria nella produzione elettrica;
          il codice di rete di Terna spa prevede, al punto 4.4.3.1., che «la Sardegna normalmente e la Sicilia quando non in sincronismo con il Continente, effettuano localmente la funzione di riserva secondaria di potenza»;
          tale previsione viene tuttavia contraddetta dalla recente politica di Terna, che afferma di utilizzare – come detto nel comunicato stampa del 6 giugno 2012 – impianti di produzione localizzati fuori Sardegna grazie alla nuova capacità di trasporto garantita dall'entrata in funzione del cavodotto SAPEI;
          il nuovo indirizzo della società gestore della trasmissione elettrica nazionale ha come conseguenza la rinuncia ad utilizzare la produzione degli impianti di generazione energetica – elettricità e vapore – di Ottana (in provincia di Nuoro), rendendone difficilmente proseguibile l'esercizio. Ciò comporterebbe serie ripercussioni sulle imprese della filiera chimica che lì operano, e sulle politiche di mantenimento ed espansione, oggi in corso, delle produzioni del polo chimico di Sarroch (in provincia di Cagliari);
          nei mesi scorsi è stato individuato come «essenziale» per la sicurezza del sistema elettrico il polo di generazione di Fiumesanto (provincia di Sassari), dove operano impianti a carbone ed impianti ad olio combustibile di vecchia concezione questi ultimi eserciti in regime di deroga ambientale sino al 2013;
          l'operatore di Fiumesanto ha recentemente richiesto ed ottenuto per un anno dal Ministero dello sviluppo economico la proroga di efficacia della autorizzazione per il repowering degli impianti (che nel progetto discusso e approvato dalla regione Sardegna e dal Ministero medesimo in uno specifico accordo di programma sottoscritto oltre cinque anni or sono dovrebbe utilizzare il carbone), lasciando intendere di voler rinunciare alla realizzazione del progetto  –:
          se ritenga correttamente applicato il codice di rete nella zona Sardegna, nella parte richiamata dagli interroganti;
          se il Governo abbia valutato e considerato l'impatto generale sul sistema industriale della Sardegna, già molto presente ai tavoli di crisi del Ministero dello sviluppo economico, della possibile chiusura del polo di generazione energetica di Ottana;
          se ritenga di esercitare le proprie competenze, sulla politica di individuazione in Sardegna degli impianti essenziali alla sicurezza del sistema elettrico e sull'oggettivo condizionamento che essa provoca sui programmi di efficientamento dei poli di generazione dell'Isola, e sulla dismissione degli impianti oggi operanti in deroga ambientale. (5-07211)


      TULLO e ROSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il 13 maggio 2010 con l'interrogazione 5/02893 si poneva attenzione relativamente alla situazione produttiva della centrale del Latte di Genova;
          lo stabilimento di Fegino è stato acquistato dal gruppo Parmalat nel 1992; di proprietà della civica amministrazione, occupava 150 dipendenti, scesi a circa 90 nel 2010, avendo la proprietà nel passato deciso di rinunciare alla produzione della panna, delle mozzarelle, del burro e del latte uht;
          nell'interrogazione del maggio 2010, si denunciava la decisione di Parmalat di rinunciare alla linea del tetrapak, facendo scendere la produzione da 700 a 500 quintali, al giorno, di latte trattato ed imbottigliato e si manifestava la preoccupazione dei lavoratori diretti, degli allevatori delle valli genovesi e dell'indotto per il futuro dello stabilimento;
          nella risposta del Governo del 3 marzo 2011 si affermava: «lo scorso anno, a fronte di una difficoltà dovuta al calo dei volumi per questioni legate al mercato, è stato posto in essere un processo di riorganizzazione. Le amministrazioni territoriali, tuttavia, si sono attivate prontamente sulla vicenda esposta e l'azienda ha ribadito la volontà di non volere spostare l'unità produttiva di Fegino e di mantenere i livelli occupazionali.»; «il gruppo Parmalat, sentito a riguardo, ha confermato che il sito è perfettamente integrato al proprio interno e riveste importanza strategica per la presenza territoriale»;
          è di questi giorni la decisione di Parmalat, che nel frattempo ha stretto rapporti con il gruppo Lactalis di sostenere un piano industriale che prevede la chiusura dello stabilimento di Genova, venendo meno agli impegni assunti con le amministrazioni locali e le parti sociali;
          attualmente lo stabilimento occupa 63 lavoratori a cui si aggiungono i dipendenti della cooperativa Casoria e oltre 150 allevatori che conferiscono il latte alla centrale;
          la chiusura della centrale del latte di Genova, che opera da circa 80 anni, rappresenterebbe una grave perdita occupazionale diretta con gravi ripercussioni sull'intero settore zootecnico e sulla filiera agroalimentare  –:
          se sia a conoscenza delle decisioni assunte dal gruppo Parmalat;
          se fosse prevedibile che il mutamento societario comportasse la messa in discussione di assetti che erano definiti con le parti sociali e le amministrazioni locali;
          quali iniziative intenda assumere con riferimento alle scelte dell'azienda anche attraverso una rapida convocazione di un tavolo di confronto. (5-07214)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ANGELA NAPOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 16 giugno 2012 in Calabria c’è stato il passaggio dall'analogico al digitale;
          il 22 giugno 2012 l'amministratore unico dell'emittente televisiva Reggio TV, Edoardo Lamberti Castronovo, ha comunicato di aver chiuso lo stabilimento e licenziato, con effetto immediato i sessanta dipendenti;
          la decisione è stata assunta dopo aver constatato che nel passaggio al digitale è stata assegnata a Reggio TV una frequenza incompatibile con la normale ricezione da parte di tutti gli utenti del territorio;
          infatti, dopo aver conquistato una posizione di grande prestigio nell'assegnazione del numero progressivo 14, grazie al numero di dipendenti, al capitale sociale ed altri parametri oggettivi, all'emittente è stato assegnato il canale 45, assolutamente non idoneo perché assegnato ad altra emittente in Sicilia e per questo interferente;
          l'emittente televisiva Reggio TV ha già ricevuto piena ed incondizionata solidarietà da parte dell'ordine dei giornalisti della Calabria riconoscendo che «quella struttura nel tempo si era segnalata ed imposta all'opinione pubblica come una delle migliori e più avanzate realtà nel settore dell'informazione televisiva»;
          anche l'emittente televisiva Telereggio, seconda emittente libera in Italia, prima a Reggio Calabria, sta incontrando difficoltà, nel passaggio al digitale, a causa della vicinanza tra le due coste calabrese e siciliana  –:
          se non ritenga necessario ed urgente per quanto di competenza attuare un adeguato intervento al fine di ridare a Reggio TV e Telereggio e ai loro dipendenti la possibilità di svolgere l'informazione dovuta a tutti gli utenti del territorio e di verificare, altresì, se i criteri adottati dal Ministero per l'assegnazione dei canali digitali risultino davvero oggettivi.
(4-16748)


      BRIGUGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Italcementi ha comunicato in data 12 giugno 2012 la decisione di avviare le procedure di mobilità per i quasi cento operai dello stabilimento di Porto Empedocle;
          tale decisione da parte della Italcementi comporterà la perdita del lavoro per cento dipendenti dello stabilimento di Porto Empedocle e per circa ducentocinquanta lavoratori dell'indotto;
          la chiusura dell'impianto di contrada «Vincenzella» a Porto Empedocle rappresenta un duro colpo alla già precaria e tragica situazione occupazionale nell'agrigentine ed un segnale negativo e mortificante per una terra martoriata da numerose problematiche;
          lo stabilimento dell'Italcementi rappresenta, infatti, uno dei pochi insediamenti industriali storicamente collocati nella provincia di Agrigento, la cui chiusura rischia di avere serie ripercussioni e aggravare una già pesante situazione occupazionale;
          occorre che il Governo intervenga in maniera decisa per scongiurare questo ulteriore danno all'economia della Sicilia, regione nella quale nei primi 5 mesi di quest'anno si sono persi già quarantamila posti di lavoro  –:
          quali iniziative il Governo intenda porre in essere per salvaguardare i posti di lavoro messi in pericolo ed evitare che si aggravi la già preoccupante crisi occupazionale che affligge la Sicilia. (4-16752)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

      La mozione Dionisi e altri n.  1-01087, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Mondello.

Apposizione di firme
ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Alessandri e Polledri n.  5-01683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Laura Molteni.

      L'interrogazione a risposta scritta Ferranti n.  4-16730, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Codurelli, Franceschini, Bratti.

Modifica dell'ordine dei firmatari ad una interpellanza urgente.

      Interpellanza urgente Codurelli e altri n.  2-01567 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  656 del 26 giugno 2012, l'ordine delle firme viene così modificato: «Codurelli, Gianni Farina, D'Alema, Letta, Quartiani, Del Tenno, Della Vedova, Cimadoro, Di Centa, Adinolfi, Bonavitacola, Burtone, Calvisi, Castagnetti, Colombo, Cuomo, D'Antoni, Di Biagio, Farinone, Giachetti, Ginoble, Gozi, La Forgia, Luongo, Marini, Marchignoli, Marrocu, Migliavacca, Miglioli, Narducci, Oliverio, Arturo Mario Luigi Parisi, Pistelli, Porta, Rosso, Rossomando, Antonino Russo, Samperi, Santagata, Sposetti, Taddei, Tempestini, Tenaglia, Vaccaro, Vannucci».

Pubblicazione di testi riformulati.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Moffa n.  1-01088, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  652 del 19 giugno 2012.

      La Camera,
          premesso che:
              il 28 e 29 giugno 2012 si riunisce il Consiglio europeo che dovrebbe prendere decisioni, tra le altre, in materia di: a) misure di stabilizzazione dell'eurozona; b) iniziative in materia di crescita; c) rafforzamento dell'Unione europea e ulteriore integrazione politica dell'Unione; d) quadro finanziario pluriennale 2014-2020;
              a quattro anni dalla crisi del 2008 la situazione si è aggravata, in quanto non è stata circoscritta agli interessi privati ma si è estesa a quelli pubblici, non si è limitata alle banche ma ha colpito violentemente gli Stati;
              la crisi ha prodotto negli Stati un effetto da esplosione a catena di fenomeni che possono diventare inarrestabili e che hanno messo in luce il fallimento dell'architettura europea, figlia di un meccanismo che è partito dal mercato unico per giungere alla moneta unica;
              l'Unione europea fondata sul monetarismo come elemento strategico ha mostrato tutta la sua fragilità, in quanto non può esistere una moneta senza Stati e una moneta europea senza uno spazio politico europeo;
              appare evidente che la trasmissione politica monetaria nell'eurozona non ha funzionato e il motivo sta tutto nel fatto che questa non ha impattato con l'economia reale; gli stessi interventi a sostegno delle banche hanno finanziato esclusivamente la tenuta del sistema creditizio senza alcuna ricaduta sulle imprese, in particolare piccole e medie, e sulle stesse famiglie;
              all'esclusivo sostegno del sistema creditizio si è associata l'azione di smantellamento della democrazia stessa; il principio democratico non è stato solo accantonato dal Consiglio dell'Unione europea ma anche dalla Commissione e il Parlamento europeo e, in tale contesto, non è stato in grado di assolvere alla sua funzione;
              è necessario modificare le regole del trattato per costruire un'Europa diversa, un'Europa dei popoli che sia in grado di coniugare rigore, crescita e sviluppo, con azioni sinergiche che siano contestuali e coordinate tra loro;
              il primo intervento di modifica al trattato è prevedere che la Banca centrale europea sia una banca che agisce da banca e non da supporto o aiuto ai processi speculativi;
              le liquidità straordinarie messe a disposizione dalla Banca centrale europea per prestiti triennali alle banche sono pari a mille miliardi di euro, una somma che coincide per entità con i debiti delle banche dell'area euro che scadono nel triennio 2012-2014; queste risorse, appare evidente, saranno utilizzate per rimborsare i bond bancari in scadenza dal 2012 e nulla andrà alle imprese e alle famiglie, nulla al sostegno allo sviluppo e alla crescita;
              tra le priorità deve figurare l'accelerazione dell'entrata in vigore della modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che ha istituito il meccanismo europeo di stabilità (Esm); questi deve diventare operativo già dal mese di luglio 2012 per far sì che esso si possa cumulare con l'intervento del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf); questo consentirebbe nella seconda metà del 2012 una capacità di prestito combinata pari a 700 miliardi di euro;
              è, altresì, necessario e improcrastinabile procedere alla creazione di un'unione bancaria dei Paesi aderenti all'Unione europea che si basi su: a) un sistema comune di garanzia dei depositi; b) un fondo europeo di risoluzione dei fallimenti bancari; c) una centralizzazione della vigilanza bancaria;
              in un contesto di crisi recessiva è fondamentale ricorrere a eurobond e project bond, tenuto conto che il ricorso ai project bond è già previsto nell'abito delle proposte della Commissione europea per il quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea e al sistema delle risorse proprie per il 2014-2020 e sarà avviato in via sperimentale già nel prossimo biennio;
              la Commissione europea il 28 settembre 2011 ha presentato una proposta di direttiva che riguarda l'istituzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie;
              il Governo in tale ambito deve adoperarsi affinché questa direttiva sia oggetto di una condivisione tra gli Stati dell'Unione europea, affinché tale proposta sia efficace e produca effetti positivi, che verrebbero meno senza una condivisione sinergica dei Paesi aderenti;
              al fine di sostenere la crescita e lo sviluppo è necessario prevedere lo scomputo dal calcolo del deficit dei singoli Stati di una quota significativa della spesa pubblica per investimenti,

impegna il Governo:

          ad attivarsi con adeguate iniziative al superamento dell'attuale Unione europea fondata esclusivamente sul monetarismo e unificata dai mercati, un'impostazione che è alla base della crisi recessiva, affinché si costruisca una Unione europea dei popoli, politica e solidale, che risponda alle esigenze di crescita e di sviluppo delle imprese e delle famiglie;
          a sostenere e favorire la modifica dei trattati con l'obiettivo di prevedere che la Banca centrale europea possa agire, all'occorrenza, come prestatore di ultima istanza;
          a considerare la possibilità di un monitoraggio delle liquidità fornite dalla Banca centrale europea alle banche, al fine di accertare se i flussi di credito erogati dalla Banca centrale europea al sistema creditizio siano utilizzati da quest'ultimo per il sostegno all'economia reale e alle famiglie;
          a superare la fase sperimentale dei project bond allo scopo di attivarli come modalità di sostegno strutturale alle imprese e per la realizzazione di progetti infrastrutturali e a sostenere con decisione l'attivazione di eurobond e stability bond, sollecitando gli Stati europei a stabilire criteri condivisi;
          a proporre in sede di Unione europea criteri valutativi europei che consentano una distinzione strutturale di alcune categorie di investimento, di riconosciuto interesse comune, ai fini della valutazione del computo del deficit dei Paesi membri;
          a sostenere la proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea il 28 settembre 2011 in merito all'istituzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie, favorendo la condivisione di tale proposta tra gli Stati dell'Unione europea, condizione imprescindibile per l'efficace applicazione dell'imposta.
(1-01088)
(Nuova formulazione) «Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Donadi n.  1-01095, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  655 del 25 giugno 2012.

      La Camera,
          premesso che:
              secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, in una sua dichiarazione fatta a Los Cabos in Messico, dove si è svolto il 18 e il 19 giugno 2012 il G20, i prossimi dieci giorni saranno decisivi per il futuro dell'euro in vista del vertice europeo di fine giugno 2012. Infatti, il 28-29 giugno 2012 si terrà il vertice europeo che dovrà assumere decisioni impegnative, dalle quali dipende il destino non solo dell'euro, ma quello dell'integrità e della stabilità dell'eurozona, nonché l'avvenire dello stesso processo di unificazione europeo;
          le misure che devono essere prese dovranno segnare una discontinuità reale rispetto a quanto deciso finora dalle autorità europee che, di fronte alla crisi finanziaria ed economica che ha investito in particolare i Paesi dell'eurozona, hanno adottato misure che, imponendo rigore e politiche di austerità di bilancio contemporaneamente a tutti i Paesi che utilizzano la moneta unica, hanno innescato una spirale recessiva che impedisce la stessa messa in sicurezza dei conti pubblici e offre spazio alle manovre speculative dei mercati finanziari che scommettono contro l'euro o, perlomeno, sull'uscita di uno o più Paesi dall'area euro;
              l'errore è soprattutto di analisi: la questione fondamentale è rappresentata non dalle politiche di austerità ma dalle divergenze di competitività. Per affrontarle, se si esclude l'uscita dall'euro, è necessaria la ripresa dell'economia dell'eurozona e l'espansione del credito e dei redditi nei Paesi con saldi commerciali attivi. Se non si riconosce la vera natura della crisi, l'eurozona non ha alcuna possibilità di risolvere i problemi o di prevenire la loro riproduzione;
          in quest'ultimo decennio, la Germania ed i Paesi dell'area tedesca (Olanda ed Austria in particolare) hanno accumulato, a causa di un cambio marco-euro sottovalutato e di un forte differenziale di produttività, enormi avanzi commerciali, mentre le bilance commerciali dei Paesi «periferici», registravano deficit crescenti. Le banche dell'area tedesca e quelle francesi elargivano finanziamenti ai Paesi in deficit commerciale. Un meccanismo perfetto e conveniente per tutte le parti in causa per un periodo, ma intrinsecamente e strutturalmente, insostenibile, e, in effetti, messo in discussione dalla crisi economico-finanziaria iniziata nel 2007-2008;
              la spirale austerità-recessione-austerità gonfia il debito pubblico e condanna a morte l'Unione europea. Non esiste la possibilità di una «austerità espansiva»: si tratta solo di un ossimoro che rispecchia gli interessi di pochi Paesi europei e che riproduce le cause profonde della crisi che si sta vivendo. È impossibile che abbia successo una politica coordinata di austerità in un'area economica così integrata come l'eurozona;
              l'unione monetaria è vulnerabile a causa della crisi delle bilance dei pagamenti, che, in assenza di una piena integrazione delle politiche di bilancio e della finanza, rende quasi certo il riprodursi della crisi;
              la moneta unica è a rischio non solo per colpa degli speculatori attirati dagli squilibri di finanza pubblica dei «Piigs» tant’è che nonostante le pesanti e ricorrenti manovre di finanza pubblica, gli spread dall'inizio del 2012 sono ancora alti nei Paesi della cosiddetta «periferia» dell'Unione europea, ma salgono anche nell'area centrale dell'Unione stessa, come, ad esempio, testimonia il downgrading inflitto alla Francia dalle agenzie di rating. Le radici della rottura del fragile equilibrio sul quale si è retto l'euro nell'ultimo decennio non stanno essenzialmente nei debiti pubblici dei Paesi oggi in difficoltà, ma in un sistema squilibrato dove i Paesi della «periferia», grazie al loro indebitamento in larga misura privato, hanno alimentato le esportazioni dei Paesi centrali a partire da quelle della Germania;
              il debito pubblico medio della zona euro è inferiore a quella degli Usa. Paesi che rispettavano in pieno i criteri del patto di stabilità riguardanti il deficit e lo stock del debito, quali la Spagna e l'Irlanda, hanno visto il loro modello di sviluppo, basato su delle bolle immobiliari o bancarie, implodere nel corso dell'anno 2008, quando la congiuntura economica internazionale è mutata;
              nella maggior parte dei Paesi dell'eurozona, gli squilibri delle finanze pubbliche sono la conseguenza delle politiche di salvataggio delle banche attuate negli anni 2008 e 2009 e delle forti riduzioni di imposte sulle società nell'ambito di una concorrenza al ribasso tra Paesi europei: la pressione fiscale ufficiale sulle società dei Paesi della zona euro si è mediamente ridotta di 10 punti percentuali tra il 2000 e il 2010;
              l'euro e l'Unione europea sono a rischio a causa delle ampie asimmetrie di competitività delle aree legate alla moneta unica e delle risposte sbagliate date a questa crisi: le politiche di svalutazione interna orientate unicamente all'export, ossia alla ricerca della competitività attraverso la riduzione del costo del lavoro e delle misure di welfare, rappresentano quella che si potrebbe definire una vera e propria guerra commerciale fredda giocata sulla regressione del lavoro;
              viceversa, è necessario ed urgente sostenere la domanda aggregata interna all'area euro, un sostegno alla domanda che deve arrivare sia da risorse pubbliche che da una più equa distribuzione del reddito e della ricchezza, un'equità che può diventare una variabile macroeconomica propulsiva di uno sviluppo sostenibile;
              in particolare, sono urgenti interventi anticiclici a livello di eurozona da finanziare attraverso risorse comuni;
              lo stesso impianto della cosiddetta «agenda di Lisbona», era culturalmente debole: esso assumeva il pieno dispiegamento del mercato interno come condizione sufficiente, dato il controllo dell'inflazione ed il pareggio di bilancio, per il rilancio delle economie europee e lo sviluppo. La «società della conoscenza», e le riforme strutturali per liberalizzare le economie, il mercato del lavoro, i servizi pubblici, non erano però in grado di dare una risposta compiuta alla crisi economica ed occupazionale, anche di fronte all'emergere dei cosiddetti «Brics» (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), in quanto risultava totalmente assente una politica industriale trainata da un domanda aggregata qualificata rivolta, innanzitutto, all'innovazione ed alla riconversione ecologica del nostro modello produttivo. Questa strategia è fallita e l'Europa sembra non averne una di ricambio;
              per un'inversione di rotta occorre, dunque, partire dai seguenti presupposti: a) la finanza pubblica non è indipendente dall'economia reale; b) il debito pubblico, con l'eccezione della Grecia (ed in parte dell'Italia), ha conosciuto un rapido incremento non a causa delle spese pubbliche tradizionali, ma a causa dell'assorbimento del debito privato in seguito all'implosione delle bolle speculative degli ultimi quindici anni; c) il blocco della ripresa non dipende dalla rigidità dell'offerta ma da un'insufficiente domanda aggregata; d) l'aumento delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza inibisce la domanda interna dell'eurozona;
              un'area a moneta unica, segnata da ampi differenziali di competitività, può sopravvivere soltanto o con un trasferimento di risorse (come nel caso del Mezzogiorno italiano oppure della Germania dell'Est), oppure rimuovendo tali differenziali con una politica economica adeguata. Se la Germania rifiuta tutte e due le soluzioni non c’è via d'uscita se non la frammentazione dell'area euro;
              la stessa Francia deve accettare un reale trasferimento di competenze dal piano nazionale a quello comunitario;
              occorre disegnare le grandi linee di un nuovo patto europeo e uscire dalla politica dei piccoli aggiustamenti per arrivare ad un nuovo grande compromesso che dia l'avvio ad una nuova fase della costruzione dell'Europa unita,

impegna il Governo:

          in occasione della preparazione e dello svolgimento del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012, a sostenere le seguenti posizioni ed iniziative:
              a) porre in essere misure e provvedimenti che delineino una vera unione politica del continente con un ruolo maggiore del Parlamento europeo, con una comune politica fiscale e finanziaria, con obiettivi comuni per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'area monetaria;
              b) promuovere azioni concrete per rilanciare gli ideali europei tramite:
                  1) un sempre maggiore ruolo del Parlamento europeo nelle decisioni dell'Unione europea e nella definizione dei suoi organismi dirigenti;
                  2) un rafforzamento della collaborazione culturale;
                  3) una politica comune della difesa europea resa necessaria dalle nuove modalità e sensibilità nella gestione dei conflitti internazionali e dagli inevitabili tagli nei bilanci nazionali di una spesa militare tanto eccessiva quanto inappropriata;
                  4) il completamento del mercato interno europeo che non è ancora una realtà pienamente operativa;
                  5) la realizzazione di una vera armonizzazione fiscale dei Paesi dell'Unione europea da perseguire nel prossimo decennio;
                  6) l'armonizzazione degli istituti in materia di diritto societario e di esercizio dell'impresa, essendo opportuno al riguardo che si promuova il ricorso a cooperazioni rafforzate;
                  7) una politica comune della mobilità delle persone e l'aggiornamento del cosiddetto acquis di Schengen;
              c) promuovere la revisione dell'agenda di Lisbona con la definizione di un programma europeo, pur mantenendo l'impegno al risanamento dei bilanci pubblici, rivolto a:
                  1) avviare in Europa una trasformazione sociale ed ecologica del modello di sviluppo a partire dal settore energetico e da quello dei trasporti, con istituzione di una nuova catena di creazione di valori nei mercati-pilota del futuro;
                  2) realizzare investimenti nelle infrastrutture materiali ed immateriali finanziati da obbligazioni europee ed attraverso un rafforzamento del ruolo della Banca europea per gli investimenti;
                  3) sostenere l'innovazione, la diffusione delle infrastrutture digitali e la ricerca;
                  4) rilanciare la domanda interna aggregata, in particolare nei Paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei, mediante spese pubbliche e tramite una politica di ridistribuzione dei redditi che favorisca la domanda privata;
              d) valutare modi e tempi per una modifica del mandato della Banca centrale europea, dandogli prerogative simili a quelle delle più importanti banche centrali mondiali, per consentirle di concedere prestiti agli Stati nazionali e/o per acquistare titoli di Stato direttamente sul mercato primario, prevedendo un suo ruolo di prestatore di ultima istanza;
              e) promuovere criteri di valutazione che consentano di distinguere nel computo, ai fini della determinazione dei parametri per il rispetto dei trattati europei, di alcune fattispecie di investimenti pubblici nazionali concordati in sede europea, e di rafforzare il peso di fattori nazionali rilevanti, tra i quali l'ammontare del debito del settore privato, del risparmio delle famiglie e dell'andamento del ciclo economico;
              f) sostenere la costituzione di un fondo europeo di redenzione per la parte degli stock dei debiti accumulati nel passato superiore al 60 per cento del prodotto interno lordo di ogni singolo Paese dell'eurozona, emettendo obbligazioni europee garantite da tutti gli Stati membri;
              g) prevedere in tempi rapidi l'Unione bancaria dell'area euro che si articoli in: una vigilanza unitaria europea sul settore del credito; un fondo europeo di garanzia dei depositi; un'autorità europea per la liquidazione degli istituti di credito insolventi;
              h) sostenere la proposta dell'istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (compravendita di titoli, azioni, obbligazioni, valute e di ogni altro prodotto finanziario) valida innanzitutto per tutti i Paesi dell'eurogruppo, prendendo a riferimento un'aliquota tra lo 0,1 e lo 0,5 per cento del valore scambiato, in modo che i Paesi europei abbiano a disposizione risorse aggiuntive per raggiungere gli obiettivi di sviluppo citati;
              i) valutare l'opportunità dell'istituzione di un'agenzia di rating europea che, nel rispetto delle regole imposte dall'Unione europea, tratti in modo trasparente le metodologie di valutazione, rivolgendo, altresì, a tale organismo la valutazione dei debiti sovrani, nonché implementare con più incisività sul piano giuridico il concetto di responsabilità per le conseguenze delle valutazioni errate delle stesse agenzie di rating oggi esistenti;
              l) proporre modalità opportune di riforma delle regole della finanza che operi introducendo trasparenza, limitando i conflitti di interesse e gli accumuli di potere eccessivo, risolvendo il problema degli istituti «too big to fail», regolando meglio le banche e gli altri operatori (speculativi e non), valutando l'abolizione di alcuni strumenti finanziari (come alcuni derivati over the counter), adottando regole che separino l'attività delle banche di credito ordinario da quella delle banche d'investimento e ponendo in essere qualsiasi altra azione necessaria a ricondurre l'operato dei mercati nell'alveo del pubblico interesse e del bene comune.
(1-01095)
(Nuova formulazione) «Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

Ritiro di documenti
di indirizzo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          mozione Franceschini n.  1-01075 del 14 giugno 2012;
          mozione Nucara n.  1-01089 del 19 giugno 2012;
          mozione Cambursano n.  1-01092 del 21 giugno 2012;
          mozione Pisicchio n.  1-01097 del 25 giugno 2012;
          mozione Galletti n.  1-01098 del 25 giugno 2012.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Catanoso n.  4-11877 del 17 maggio 2012;
          interrogazione a risposta orale Delfino n.  3-02329 del 13 giugno 2012.