XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 4 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      La VII Commissione,
          premesso che:
              la Commissione VII della Camera dei deputati (Cultura, scienza ed istruzione), esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n.  240, ha reso il previsto parere al Governo in data 14 luglio 2011;
              nel suddetto parere del 14 luglio 2011, la Commissione VII, con riguardo all'articolo 9, comma 2, dello schema di decreto ha invitato il Governo, in sede di adozioni del decreto, a valutare l'opportunità di specificare che, ai fini delle procedure di formazione delle commissioni, resti fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 12, della legge 4 novembre 2005, n.  230, includendo tra i soggetti in possesso di idoneità anche coloro i quali, ai sensi di tale legge, abbiano prestato servizio in qualità di professori ordinari di ruolo;
              già nella seduta del 12 luglio 2011 della Commissione VII, l'onorevole vicepresidente Pierluigi Zazzera evidenziava, come si può leggere alla pagina 46 del resoconto sommario della seduta regolarmente pubblicato nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni, «l'opportuna condizione, contenuta nella proposta di parere presentata dal relatore, relativa al doveroso rispetto dello status dei professori straordinari possessori dell'idoneità nazionale per la prima fascia, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n.  230 del 2005, ai fini della loro partecipazione alla lista di candidati eleggibili nelle commissioni di concorso; il loro status è infatti totalmente equiparato dalla citata norma di legge – non abrogata dalla riforma generale del settore recata dalla legge Gelmini n.  240 del 2010 – a quello dei professori ordinari. Osserva, al riguardo, che l'omissione di una tale previsione si tradurrebbe sicuramente nella presentazione di ricorsi giurisdizionali da parte degli aventi diritto ingiustamente esclusi, con il rischio di bloccare subito le procedure concorsuali»;
              l'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica settembre 2011, n.  222, recante il regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n.  240, non recepisce chiaramente, sul punto, il parere della Commissione VII, in quanto stabilisce che con decreto il direttore generale del Ministero costituisce un'apposita lista composta per ciascun settore concorsuale dai nominativi dei professori ordinari del settore concorsuale di riferimento, che hanno presentato domanda per esservi inclusi, e quattro dei membri della commissione sono individuati mediante sorteggio all'interno della lista medesima;
              l'articolo 6, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.  222, stabilisce quindi che per la formazione di ciascuna commissione, il competente direttore generale del Ministero definisce con decreto, anche avvalendosi di procedure informatizzate, l'elenco dei soggetti inclusi nella lista di cui al comma 2 del medesimo articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.  222, senza specificare che sono ovviamente ricompresi i soggetti indicati dal citato articolo 1, comma 12, della legge 4 novembre 2005, n.  230, includendo tra i soggetti in possesso di idoneità anche coloro i quali, ai sensi di tale legge, abbiano prestato servizio in qualità di professori ordinari di ruolo;
              il decreto ministeriale n.  76 del 7 giugno 2012 reca criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei commissari, ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n.  240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.  222;
              va considerato l'elevato rischio di contestazioni dinanzi al giudice amministrativo dei soggetti indicati dal citato articolo 1, comma 12, della legge 4 novembre 2005, n.  230, che potrebbero essere illegittimamente esclusi dalle apposite liste composte per ciascun settore concorsuale con decreto del direttore generale del Ministero, con l'eventualità che venga sospesa, in via cautelare, tutta la procedura concorsuale,

impegna il Governo

a dare seguito, anche in sede di esame delle domande di partecipazione alle commissioni di abilitazione nazionale da parte del direttore generale del Ministero, al parere al Governo espresso in data 14 luglio 2011 dalla Commissione VII della Camera dei deputati (Cultura, scienza ed istruzione) in sede di esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n.  240, con riguardo all'inclusione nell'apposita lista composta per ciascun settore concorsuale dei soggetti indicati dal citato articolo 1, comma 12, della legge 4 novembre 2005, n.  230, comprendendo tra i soggetti in possesso di idoneità anche coloro i quali, ai sensi di tale legge, abbiano prestato servizio in qualità di professori ordinari di ruolo.
(7-00938) «Frassinetti, Lorenzin».


      La VII Commissione,
          premesso che:
              l'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale del 7 marzo 2012 sancito che: «Sono considerati soggetti qualificati per il rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 1, comma 1, gli Enti certificatori formalmente riconosciuti, direttamente ovvero per il tramite di Istituzioni appositamente incaricate dai Governi dei Paesi nei quali la lingua straniera, oggetto della certificazione, è lingua ufficiale»;
              in pratica, ai sensi del predetto «decreto» il Governo britannico ha il potere di riconoscere la qualificazione de quo di determinati «enti» escludendone altri che da tempo operano in Italia, con eccellenza, applicando criteri rigorosi;
              tra gli enti non ammessi al riconoscimento della validità delle suddette competenze si annovera il «British Institute», ente che presenta le seguenti caratteristiche:
                  a) formatore di corsi di lingua inglese autorizzato dal Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca con decreto ministeriale del 20 marzo 1987, abilitato a rilasciare certificazione delle competenze linguistiche specifiche con nulla-osta del Ministro della pubblica istruzione; costituito secondo le norme dispositive dell'ordinamento giuridico italiano e riconosciuto con decreto della regione Lombardia – legge 28/96 n.  17.622 del 20 luglio 2001;
                  b) in possesso dell'autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione/provveditorato studi Milano protocollo n.  11687/23 del 24 marzo 1993 per lo svolgimento di corsi aggiornamento docenti scuola elementare;
                  d) convenzionato con il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca (nota n.  2713 per la formazione del personale docente della scuola di Stato ex decreto ministeriale n. 177/00) rilascia certificazione secondo QCER/UE valida per concorsi nella pubblica amministrazione ex legge n.  165 del 2001 e legge n.  82 del 2005 – credito scolastico decreto del Presidente della Repubblica 323 del 1998 articolo 11/12 – nota protocollo 364/C3;
                  e) accreditato al Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca – protocollo n.  1882 del 27 febbraio 2009 per formazione programmi di valorizzazione delle eccellenze ex decreto Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca del 26 febbraio 2009;
                  f) accreditato al Ministro del lavoro ex decreto ministeriale n.  166/01 e con decreto della regione Lombardia n.  14.305/02;
                  g) rilascia certificazione specifica Master in English Language con brevetto dell'Unione europea utilizzabile nel mondo del lavoro, nel mercato dell'Unione europea;
                  h) socio fondatore con l'università La Sapienza di Roma e statale di Milano del consorzio universitario «TOESP» cui aderiscono numerose università italiane e straniere. TOESP ha ricevuto, da parte della Commissione europea, in data 12 dicembre 2009, il premio LABEL delle lingue per l'anno 2009;
              l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha stabilito con più decisioni – la più importante n.  15.985/05 – citata anche nel decreto ministeriale del 7 marzo 2012 – che allo studente deve essere riconosciuto il diritto di scegliere la certificazione che ritiene più adatta alle sue esigenze (legge 287 del 1990 legge 67 del 2000 della Costituzione articoli 3, 23, 41, 97, 98 – Corte di giustizia dell'Unione europea sentenze del 31 marzo 2004 del 9 maggio 2009 n.  C538/07);
              quanto disposto dall'Autorità garante è stato recepito e comunicato a tutte le sedi Urs ed università con nota del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca protocollo n.  10.091 del 17 giugno 2008;
              la lingua inglese è quella universalmente parlata negli scambi internazionali, nonché quella più diffusa a livello europeo e mondiale, si è determinato un monopolio a favore del Governo britannico che ovviamente cercherà di riconoscere solo compagini appartenenti alla Gran Bretagna;
              tutto ciò secondo i firmatari del presente atto contrasta con tutti i principi costituzionali e comunitari secondo i quali le attività con risvolti economici devono essere svolte senza vincoli di sorta, soprattutto se detti vincoli possono essere posti da stati membri interessati a proteggere propri operatori;
              sulla «vexata quaestio» ha avuto modo di esprimersi l'Autorità garante della concorrenza e del mercato con parere n.  633 del 2005;
              tale parere riguarda il «protocollo d'intesa» sottoscritto il 20 gennaio 2000 tra il Ministero della pubblica istruzione e sette enti certificatori tutti di nazionalità straniera, con il quale il Ministero competente, dopo aver individuato tali soggetti quali enti certificatori accreditati, all'articolo 1 attribuiva ai medesimi il potere di sottoscrivere convenzioni con le istituzioni scolastiche, offrire attività di supporto e di consulenza alle scuole che abbiano deliberato di aderire alla certificazione esterna, e somministrate prove di verifica finale atte al rilascio di attestati di livello delle competenze raggiunte, e all'articolo 2 stabiliva che «Le certificazioni conseguite dagli alunni in attuazione del presente Protocollo» costituiscono in base alla normativa vigente crediti formativi;
              il citato parere n.  633 del 2005 nel premettere che «In nessuno dei due suddetti protocolli d'intesa sono indicati i motivi per cui gli stessi siano stati sottoscritti esclusivamente con quei particolari operatori e non con gli altri», e nell'evidenziare subito dopo la «(...) preferenza in tal modo accordata in ambito scolastico ad alcuni operatori per quanto riguarda l'attività di certificazione della conoscenza delle lingue straniere, con il riconoscimento a tali certificazioni del valore di crediti formativi ai sensi della normativa vigente», ha chiaramente indicato che il settore economico nel quale operano i soggetti che offrono il servizio di certificazione della conoscenza delle lingue straniere, attività svolta in Italia da numerosi operatori caratterizzati da una grande varietà sia dimensionale che di diffusione nel territorio nazionale, non deve subire influenze interne tali da compromettere l'assetto concorrenziale; tutto ciò al fine di evitare situazioni di particolare preferenza in favore di specifiche istituzioni; ha, inoltre, stigmatizzato, con riferimento ai predetti protocolli d'intesa, che «L'insieme degli atti richiamati è tale da influenzare l'assetto concorrenziale del settore economico nel quale operano tutti i soggetti che offrono il servizio di certificazione della conoscenza delle lingue straniere, attività svolta in Italia da numerosi operatori caratterizzati da una grande varietà sia dimensionale che di diffusione nel territorio nazionale. Con tali atti, infatti, pur non essendo in essi previsto un vero e proprio obbligo per le istituzioni scolastiche ed universitarie di utilizzare i soggetti certificatori firmatari si è venuta a creare una situazione di particolare preferenza in loro favore da parte delle istituzioni preposte alla formazione scolastica e universitaria»;
              il citato provvedimento ministeriale crea una situazione in cui non è il diritto interno che compromette l'assetto concorrenziale nella materia, ma è la decisione di uno Stato estero che può compromettere detto assetto a favore di organismi nazionali. In pratica è venuto meno il criterio base della selezione degli operatori in base a criteri generali ed aggettivi in quanto la possibilità di svolgere l'attività di servizi de qua è rimessa al Governo dello Stato in cui la lingua oggetto della certificazione è lingua ufficiale. Tutto ciò sconvolge il principio cardine di livello comunitario secondo il quale la concorrenza anche nel settore della certificazione delle conoscenze delle lingue straniere deve essere «effettiva»;
              l'articolo 2 del decreto ministeriale 7 marzo 2012 precostituisce secondo i firmatari del presente atto di indirizzo difatti un'ingiusta posizione di privilegio a danno di tutti gli operatori che pur conoscendo la lingua inglese, non sono «promanazione del Governo britannico»;
              detta disparità, inoltre, viola sempre secondo i firmatari del presente atto anche il principio di reciprocità e di proporzionalità in quanto è noto che la lingua italiana non ha quella diffusione che ha la lingua anglosassone e pertanto gli enti certificatori riconoscibili dallo Stato italiano saranno ben poca cosa rispetto a quelli riconoscibili dal Governo britannico;
              in materia di enti certificatori, l'autorità garante della concorrenza e del mercato ha stabilito che deve essere comunque sempre salvaguardato il diritto costituzionale di scelta del cittadino;
              in base ai principi costituzionali e comunitari le attività con risvolti economici devono essere svolte senza vincoli di sorta, soprattutto se detti vincoli possono essere posti da stati membri interessati a proteggere propri operatori;
              un decreto ministeriale non può contrastare con i precetti costituzionali all'uopo stabiliti dagli articoli 3, 23, 41, 97, 98;
              con nota del 18 aprile 2007 (prot. 8075) indirizzata a tutte le autorità scolastiche locali il Ministero in indirizzo afferma quanto segue:
          «Le SS LL, pertanto, vorranno richiamare l'attenzione delle principali strutture tecniche e istituzioni scolastiche, affinché nel rispetto delle regole del mercato e della libera concorrenza richiamate dalla competente Autorità Garante, siano “esplicitate da parte” dei Soggetti coinvolti le garanzie di qualità e di riconoscimento degli esami sia nel UK che all'estero.»;
          il British Institute e altri organismi in grado di svolgere in Italia l'attività di certificazione delle predette «competenze» rischiano di chiudere moltissime sedi, diffuse in tutto il territorio italiano, procedendo al licenziamento di una moltitudine di esperti di lingua inglese, che andranno ad infoltire le schiere dei disoccupati;
          il decreto ministeriale citato determinerà una privativa a vantaggio esclusivo, con riferimento alla lingua inglese, del Governo anglosassone, che ovviamente non avrà alcun interesse a riconoscere enti certificatori stranieri della propria lingua. In pratica il Governo italiano non potrà riconoscere alcun ente di certificazione per la lingua inglese, nonché altre lingue, al di fuori dell'italiano,

impegna il Governo

in vista dell'istituzione dell'albo degli enti certificatori delle competenze linguistico – comunicativi in lingua straniera per il personale scolastico, a valutare l'opportunità di modificare la norma descritta nella premessa selezionando gli enti certificatori appartenenti alla compagine italiana, che al pari del British Institute, posseggano requisiti determinati in base a criteri generali ed oggettivi, anche al fine di evitare che la disparità in parola violi il principio di reciprocità e di proporzionalità in quanto è noto che la lingua italiana non ha quella diffusione che ha la lingua anglosassone e pertanto gli enti certificatori riconoscibili dallo Stato italiano saranno ben poca cosa rispetto a quelli riconoscibili dal Governo britannico.
(7-00939) «Grimoldi, Rivolta, Goisis, Cavallotto».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 21 maggio 2012, adottato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 4 novembre 2002, n.  245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n.  286, nonché con le delibere del Consiglio dei ministri del 22 e del 30 maggio 2012, è stato dichiarato fino al 31 luglio 2012 lo stato di emergenza in ordine agli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo;
          il decreto-legge «sviluppo», n.  83 del 2012, prevede, all'articolo 59, lo stanziamento di 19,738 milioni di euro per «misure a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato»;
          è necessario tener conto della situazione di gravissima difficoltà in cui versa la filiera dei formaggi DOP colpiti dal sisma di maggio 2012, con oltre 600.000 forme di Parmigiano Reggiano e 300.000 di Grana Padano cadute a terra e danneggiate;
          in particolare, i caseifici colpiti non solo subiscono il danno economico direttamente derivante dal prodotto danneggiato, che al momento è quantificato dai consorzi di tutela in 130-140 milioni di euro complessivi, ma devono affrontare anche la perdita del «pegno» che rappresentava la base per i rapporti con gli istituti di credito;
          al fine di scongiurare i rischi di collasso delle imprese e del sistema territoriale, le imprese cooperative sono attive su numerosi fronti, anche a livello regionale, e per promuovere un intervento di solidarietà interno ai consorzi di tutela,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per destinare immediatamente almeno 15 milioni di euro, nell'ambito dei fondi stanziati dall'articolo 59, comma 3, del decreto-legge «sviluppo» n.  83 del 2012, per il risarcimento dei danni arrecati dal sisma ai formaggi DOP.
(7-00937) «Marco Carra».


      La XIV Commissione,
          premesso che:
              il Parlamento italiano ha costantemente sostenuto la necessità, in coerenza con il regime linguistico previsto dai Trattati, di promuovere il multilinguismo e di tutelare l'uso della lingua italiana in seno alle istituzioni dell'Unione europea;
              il multilinguismo nelle istituzioni dell'Unione europea concorre ad assicurare la legittimità democratica e la trasparenza dei lavori e delle decisioni dell'Unione;
              con la mozione Pescante e altri, approvata il 19 aprile 2011, la Camera ha impegnato il Governo a definire una strategia organica per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea e a contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico previsto dai Trattati e di marginalizzazione della lingua italiana;
              secondo notizie di stampa il Governo avrebbe deciso, a partire dal 1o luglio 2012, di avvalersi dell'interpretazione dalle altre lingue ufficiali verso l'italiano soltanto nelle riunioni di 56 dei 169 comitati e gruppi di lavoro del Consiglio dell'Unione europea, considerati di maggiore rilevanza, pur mantenendo integralmente la possibilità per i rappresentanti italiani che partecipano alle riunioni di gruppi di lavoro di esprimersi in italiano con interpretazione verso le altre lingue;
              la scelta del Governo – che avrebbe natura transitoria – sarebbe stata determinata dall'esigenza di contenere i costi di traduzione, conseguendo un risparmio di circa 1 milione di euro. In base alla disciplina vigente, infatti, il bilancio del Consiglio dell'Unione europea finanzia integralmente le spese di interpretariato per le riunioni a livello ministeriale, mentre per le altre riunioni è prevista una soglia di 2,4 miliardi di euro, esaurita la quale lo Stato che intende avvalersi nell'interpretazione da e verso la propria lingua è tenuto a sostenere la relativa spesa;
              secondo fonti informali, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito avrebbero invece deciso di continuare ad avvalersi dell'interpretazione attiva e passiva per tutte le riunioni dei comitati e gruppi di lavoro, assumendo il relativo onere finanziario;
              pur essendo comprensibile l'obiettivo di riduzione dei costi, la scelta di ridurre l'uso dell'italiano nelle riunioni sopra richiamate appare suscettibile di pregiudicare la qualità e l'efficacia della partecipazione dell'Italia all'Unione europea e, più in generale, di ridurre ulteriormente l'uso della lingua italiana a livello europeo e globale;
              sotto il primo profilo, la mancata disponibilità della traduzione verso l'italiano potrebbe rendere meno efficace la partecipazione dei rappresentanti italiani alle riunioni dei gruppi di lavoro rispetto a quella dei rappresentanti di Stati che continueranno ad avvalersi sistematicamente dell'interpretariato da e verso la propria lingua. Ciò potrebbe pregiudicare la difesa delle posizioni negoziali italiane soprattutto su questioni di forte complessità tecnica e quindi linguistica;
              tale rischio assume particolare gravità in vista della Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea nel secondo semestre del 2014, durante la quale funzionari italiani saranno chiamati a presiedere le riunioni dei gruppi di lavoro del Consiglio;
              una riduzione dell'interpretariato verso l'italiano potrebbe incidere negativamente, nel medio e lungo periodo, anche sulla qualità della traduzione dall'italiano verso le altre lingue europee e concorrere alla soppressione dell'insegnamento dell'italiano nelle poche facoltà di interpretazione europee che attualmente lo prevedono;
              i risparmi ottenuti dalla rinuncia all'interpretariato verso l'italiano potrebbero essere abbondantemente superati dallo svantaggio competitivo e dai costi di traduzione che le pubbliche amministrazioni e il sistema produttivo italiano si troverebbero a sostenere rispetto ai paesi che utilizzano, anche nei lavori dei gruppi di lavoro del Consiglio le proprie lingue ufficiali;
              la decisione del Governo risulta, pertanto, ad avviso dei firmatari del presente atto, non coerente con gli indirizzi ribaditi dalla Camera con la richiamata mozione Pescante e altri, approvata il 19 aprile 2011, e indebolirebbe inoltre l'azione di contrasto del Parlamento e del Governo ai tentativi di imporre il trilinguismo inglese, francese e tedesco nelle istituzioni ed organi dell'Unione europea e persino nella disciplina di specifici istituti giuridici, come dimostrato dalla cooperazione rafforzata sul brevetto europeo,

impegna il Governo:

          a mantenere, in coerenza con la prassi consolidata, l'interpretazione da e verso l'italiano nelle riunioni di tutti i comitati e gruppi di lavoro del Consiglio dell'Unione europea;
          a informare preventivamente le Camere in merito alle decisioni nazionali o dell'Unione europea che incidano sull'utilizzo della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea e, più in generale, sul regime linguistico previsto dai Trattati;
          ad assicurare il pieno ed effettivo rispetto del regime linguistico previsto dai Trattati in seno alle istituzioni ed organi dell'Unione europea, sostenendo, nei casi in cui le esigenze di riduzione dei costi lo giustifichino, il ricorso alla sola lingua inglese, in quanto lingua veicolare di gran lunga più diffusa a livello europeo e globale;
          a promuovere e tutelare il multilinguismo in tutte le sedi decisionali dell'Unione europea, in coerenza con le previsioni dei Trattati e con i principi di democraticità delle istituzioni dell'Unione europea;
          a definire, in stretto raccordo con le Camere una strategia organica per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea;
          a promuovere l'insegnamento dell'italiano nelle facoltà e scuole di interpretazione nei Paesi dell'Unione europea e negli Stati terzi.
(7-00940) «Pescante, Buttiglione, Gozi, Formichella, Porcino, Razzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
          la situazione economica e produttiva presenta condizioni di grande difficoltà che rischiano di compromettere la tenuta sociale nel Paese;
          il tessuto produttivo è costituito nel nostro Paese soprattutto da piccole e medie imprese che rappresentano il 95 per cento della base produttiva complessiva; in proposito va richiamata la legge 11 novembre 2011, n.  180 recante «Norme per la tutela della libertà di impresa. Statuto delle imprese»;
          la rappresentanza delle piccole e medie imprese fa capo ad una pluralità di associazioni, l'articolo 4, comma 1, della citata legge, stabilisce il criterio della maggiore rappresentatività riferita alle associazioni di categoria rappresentate in almeno 5 camere di commercio ovvero nel CNEL;
          ai sensi dell'articolo 6 della citata legge «lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli enti pubblici sono tenuti a valutare l'impatto delle iniziative legislative e regolamentari, anche di natura fiscale sulle imprese, prima della loro adozione»;
          gli enti sopra citati debbono prevedere e regolamentare il ricorso alla consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione dei provvedimenti in fase di emanazione;
          va richiamata la legge recante «disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita» ed, in particolare, vanno segnalati i riferimenti alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale quali interlocutori riconosciuti idonei a tutelare gli interessi delle imprese e dei lavoratori in un quadro di relazioni atte a stabilire un dialogo sociale compiuto, consapevole e rappresentativo  –:
          quali siano le ragioni per le quali nell'ambito delle consultazioni previste dalla citata legge 180 del 2011 viene attuata quella che all'interrogante appare una discriminazione fra le organizzazioni datoriali, escludendo talune confederazioni che pure sono «maggiormente rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale»;
          quali modalità si sia inteso attivare per assolvere, per quanto di competenza, all'obbligo di consultazione delle parti sociali e delle associazioni di categoria in particolare di cui all'articolo 6, comma 5, della citata legge 180 del 2011;
          quali iniziative siano state attivate per dare attuazione all'articolo 18 («legge annuale per le micro, le piccole e le medie imprese») della citata legge 180 del 2011 laddove viene stabilito che entro il 30 giugno di ogni anno il Governo presenta alle Camere un disegno di legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese volto a definire gli interventi in materia per l'anno successivo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 281 del 1997 e successive modifiche;
          quali iniziative di competenza siano state avviate per rendere efficace il principio di libertà di associazione previsto dalla citata legge 180 del 2011.
(2-01583) «Garagnani».

Interrogazione a risposta orale:


      GALLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nelle recenti ore sul social networkFacebook viene diffuso un messaggio in cui si sostiene che il Governo avrebbe deciso di destinare alle banche i fondi per gli aiuti alle popolazioni colpite dal terremoto, devoluti con gli sms, e che le banche avrebbero erogato poi dei prestiti a tasso agevolato;
          è evidente che notizie di tale genere, pur non essendo comprovate da alcuna documentazione e grazie all'impossibilità di verificare la fonte primaria del messaggio, hanno una diffusione altissima nella rete, che rappresenta lo strumento principe di informazione o disinformazione di un sempre più alto numero di cittadini;
          pur condividendo quanto espresso dal politologo statunitense Francis Fukuyama, ovvero che «Con Twitter e Facebook non si governa un Paese», è facile intuire come questi strumenti informatici di diffusione abbiano la capacità di formare l'opinione degli utenti, e, ponendo come assodate ed incontrovertibili alcune affermazioni, anche se non provate dai fatti, possano alimentare l'antipolitica e sfiduciare l'operato del Governo inteso prima di tutto come istituzione, oltre che le singole persone che lo compongono;
          tale incontrollabile, nella veridicità dei fatti, asserzione ha come conseguenza di gettare nello sconforto le vittime del recente sisma e di minare profondamente la propensione dei cittadini ad effettuare donazioni, una forma di solidarietà e vicinanza preziosa dal punto di vista umano ed economico  –:
          se non si ritenga opportuno promuovere una capillare e corretta informazione, anche tramite i social network, dei modi e dei tempi di utilizzo dei fondi per i terremotati derivanti dalle donazioni via sms;
          se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per evitare che simili asserzioni, se non comprovate da documentazione attendibile e se prive dell'indicazione della fonte, possano procurare allarme nei cittadini già fortemente provati dal sisma e negli italiani propensi alle donazioni. (3-02373)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ARGENTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto-legge n.  211 del 2011 «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 22 dicembre 2011, n.  214, si prevede, all'articolo 5, «l'introduzione dell'ISEE per la concessione di agevolazioni fiscali e benefici assistenziali, con destinazione dei relativi risparmi a favore delle famiglie»;
          in particolare, si prevede sia la rimodulazione delle «modalità di determinazione e dei campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di: adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale, e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico» sia l'individuazione delle «agevolazioni fiscali e tariffarie nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso»;
          si tratta di un intervento normativo che interessa milioni di famiglie italiane e condiziona il loro accesso a servizi e prestazioni sociali e ad agevolazioni di varia natura;
          in particolare, è diffusa la preoccupazione da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie, timorose che per il calcolo del nuovo ISEE ci si riferisca anche a pensioni, indennità e assegni riservati agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, comprese l'indennità di accompagnamento e l'indennità di comunicazione, fino ad oggi erogate a prescindere da qualsiasi livello di reddito;
          da organi di stampa, ed in particolare dal Sole 24 ore Sanità del 25 giugno 2012 si apprende la notizia che nella bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dell'ISEE attualmente in discussione vi sia la volontà «di includere nell'indicatore della situazione reddituale anche “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito e buoni spendibili per l'acquisto di servizi se denominati in euro, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche”. Una scelta che, combinata con l'eliminazione dalla scala di equivalenza del parametro aggiuntivo di 0,50, attualmente previsto nel caso di presenza nel nucleo di una persona con disabilità grave o non autosufficiente, comporterebbe effetti distorsivi, a svantaggio proprio dei disabili più gravi e dei non autosufficienti»;
          se le indicazioni finora emerse, quindi, dovessero concretizzarsi nei nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità, si aggiungerebbero, nel calcolo dell'ISEE, oltre ai redditi anche altre somme (ad esempio, l'indennità di accompagnamento o l'assegno di cura), mentre verrebbe meno il parametro aggiuntivo dello 0,5, precedentemente riconosciuto per i nuclei in cui fosse presente una persona con disabilità con invalidità superiore al 66 per cento;
          l'inclusione di prestazioni «monetarie» nel calcolo del reddito mette in allerta anche i comuni, posti di fatto davanti a un bivio: penalizzare famiglie oggi incluse – paradossalmente le più bisognose – oppure alzare la soglia di accesso ai servizi, ampliando la platea dei beneficiari e accollandosi, in definitiva, maggiori esborsi  –:
          quale sia allo stato attuale l'iter di approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dell'ISEE così come previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n.  211 del 2011;
          se corrisponda al vero la notizia che le indennità di comunicazione e di accompagnamento, fino ad oggi erogate a prescindere da qualsiasi livello di reddito, con il nuovo ISEE saranno invece riconosciute in base a questo e non più solo ed esclusivamente in relazione alla disabilità del soggetto;
          quali iniziative urgenti non solo economiche ma anche normative il Governo intenda assumere affinché si possa concretamente realizzare una politica generale d'inclusione nella vita sociale, lavorativa e scolastica delle persone disabili e delle loro famiglie. (5-07270)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la Fondazione Ime (Istituto mediterraneo di ematologia) è nata su iniziativa del Ministero della salute, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'economia e delle finanze e della regione Lazio e opera per realizzare una rete sanitaria internazionale a favore di Paesi dove le malattie ematologiche rappresentano un diffuso problema sanitario e sociale, portando avanti un progetto internazionale di cura, formazione, ricerca e trasferimento di knowhow nel campo delle malattie ematologiche e della talassemia in particolare;
          è una struttura di livello assoluto nel panorama internazionale per quanto riguarda l'assistenza e la cura di dette patologie ed è un fiore all'occhiello per quanto riguarda la ricerca e la medicina italiana;
          moltissime famiglie si affidano ciecamente all'Ime per la cura dei propri bambini affetti da patologie nei paesi di origine incurabili o difficilmente curabili;
          si apprende che nel provvedimento di spending review del Commissario Bondi, sarebbe prevista la soppressione dell'Ime;
          sempre nello stesso provvedimento pare vicina la creazione, al posto dell'Ime, di un Istituto per la salute dei Migranti;
          questo istituto, curando per definizione solo i migranti, appare all'interrogante dalle basi discriminatorie e vicine ad una concezione razzista della impossibile vicinanza nelle cure fra stranieri e italiani;
          con la soppressione di Ime non è stato ancora chiarito che fine faranno le oltre 70 persone, tra medici, personale infermieristico e amministrativo;
          stando a quanto si apprende, il costo annuale dell'Ime è di 5 milioni di euro, mentre quello dell'Istituto salute Migranti sarebbe di quasi il doppio, venendo quindi meno a qualsiasi intento di spending Review;
          se intenda il Governo, valutare la possibilità di non sopprimere l'Ime (Istituto Mediterraneo di Ematologia) ma di rimodularne le modalità di gestione;
          se intenda il Governo, valutare la possibilità di non istituire la struttura detta Istituto salute migranti, perché secondo l'interrogante presenta basi discriminatorie e vicine ad una concezione razzista della impossibile vicinanza nelle cure fra stranieri e italiani. (4-16850)


      SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          il velo, inteso come hijab, burqa, niqab o in qualsiasi altra veste esso venga propinato, non esiste nel testo Corano;
          è una interpretazione di stampo e matrice estremistica e radicalista, nata nel tempo come demarcazione di un territorio dominato e assoggettato, come la società afghana con il burqa;
          la tesi dello studioso egiziano Mustapha Mohammed Rashed, discussa all'università Al Azhar, ha sostenuto, argomentando shariticamente, che hijab (velo sulla testa) non è un dovere dell'Islam;
          contestualmente, il nipote di Hassan Al Banna (fondatore dei Fratelli musulmani), Gamal, sostiene in un vudeo che «l’hijab è un fenomeno moderno e non una tradizione» e che «una donna che mostra i suoi capelli non rompe le regole islamiche, perché non c’è nulla nell'Islam e nel Corano che dice che una donna deve coprire i capelli»;
          lo stesso Gamal al Banna il nipote di Hassan Al Banna (fondatore dei Fratelli musulmani), nel suo ultimo libro «Hijab» prossimamente in uscita, sostiene che «categoricamente l’hijab è stato menzionato solo una volta nel Corano per significare una porta o una parete, ma mai velo che copre una donna» e «nel periodo pre-islamico, le donne mettevano un Khimar per coprire i capelli, ma non per una religione o credo, ma solo per proteggersi dal sole del deserto o dalla sabbia; ma in quei tempi, il vestito della donna aveva anche una larga fessura sul davanti, che serviva per allettare il bambino, oppure ci si metteva il vestito da una fessura, e con l'arrivo dell'Islam, il Corano ha detto: mettano i loro Khimar sul petto. Qui è l'unico testo chiaro del Corano in cui si consigliava di coprire una parte del corpo della donna (...)»;
          nei paesi arabi molto spesso il niqab (velo integrale) viene usato anche dalle prostitute per occultare il proprio volto, al fine di non farsi riconoscere da parenti e conoscenti nell'esercizio del meretricio;
          non regge nemmeno l'assonanza con le suore cattoliche, che hanno scelto uno status religioso preciso e vincolante ad un ordine religioso. Ergo non sussiste analogia alcuna fra le figure della suora e della donna musulmana laica, cosa su cui gli studiosi arabi sono del tutto concordi;
          i pilastri, ovvero «obblighi soli e primari» dell'Islam sono cinque (professione di fede/Ramadan/preghiera/elemosina/pellegrinaggio alla Mecca) e fra essi non figura il velo sulla testa, in nessuna maniera o modalità con il quale l'estremismo radicale, di stampo salafita, lo voglia identificare;
          il salafismo, che impone alle donne musulmane il velo e ancor di più il niqab, non fa parte delle quattro scuole dell'Islam (Hanifiti, i Malikiti, gli Shafiiti e gli Handaliti);
          in Italia esistono e sussistono pseudo-associazioni come «Il movimento per la tutela dei diritti dei musulmani», che sponsorizzano hijab, burqa e niqab come indumenti di origine religiosa quando non lo sono;
          è stata presentata una proposta di legge: «Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n.  152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab (2422)»  –:
          se intenda il Governo porre in essere delle verifiche in relazione a dette associazioni, che propagandano principi pseudo-islamici spacciandoli per verità assoluta, al fine di valutare se possano emergere posizioni pericolose per la tutela dell'ordine pubblico in ambienti che potrebbero essere vicini all'estremismo.
(4-16862)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
          con riferimento al disastro ambientale, avvenuto nella notte del 17 dicembre 2011 a nord dell'isola di Gorgona, risultano ancora essere abbandonati nei fondali 86 bidoni carichi di sostanze tossiche;
          la dinamica sulla caduta dei fusti tossici in mare è ancora tutta da chiarire, in particolare per quanto attiene l'ambito delle indagini sulle cause e sulle responsabilità;
          le ultime analisi dell'istituto superiore della sanità non hanno rilevato anomalie sulle acque campionate e sui pesci; tuttavia, a fronte del rilascio di una quantità rilevante e concentrata di materiale inquinante, resta in ogni caso alto il rischio che nel lungo periodo ci si possa trovare di fronte a un disastro ecologico in grado di compromettere l'ecosistema di buona parte del Mar Tirreno e, di conseguenza, l'economia legata a pesca e turismo;
          il dossier «rischi» redatto dall'Arpat nel mese di febbraio (quando ancora, da notizie stampa, si evinceva il fatto che il recupero dei fusti sarebbe stato solo questione di giorni), i tecnici dell'Agenzia regionale esprimevano la preoccupazione di come il rischio contaminazione «potrebbe diventare più consistente se il carico in fondo al mare dovesse rimanervi a lungo». In questo caso gli effetti sull'ambiente e la biodiversità potrebbero avere gravi ricadute anche per la riserva marina, santuario dei cetacei;
          la stessa Arpat ha potuto analizzare solo dopo quaranta giorni il contenuto dei fusti rimasti a bordo del Venezia, scoprendo, in tal modo, che le schede di carico contenevano informazioni non corrette e che non vi è ancora stato alcun rendiconto su questo;
          a parere dell'interpellante, la ricerca dei fusti è stata sottovalutata, poco accurata e comunque attivata con mezzi inadeguati dimostrando tutta l'inadeguatezza delle istituzioni preposte a far fronte a questa emergenza non sufficientemente considerata; la ricerca e il recupero sono a carico dell'armatore Grimaldi, proprietario della motonave Eurocargo Venezia, e qualora fossero classificati come rifiuti, anche della ERG;
          a causa delle correnti, del fondo sabbioso e mobile, dei ritardi nelle ricerche, aumenta di giorno in giorno il rischio che i carichi persi non saranno più recuperati;
          l'incidente ripropone, con preoccupazione, il problema del numero elevato di perdite di carico e affondamenti (25 in 34 anni) segnalati da reporter impegnati nelle inchieste sui traffici di rifiuti tossici;
          il traffico marittimo ha regole ormai inadeguate o comunque insufficienti, in materia di acque territoriali e pertanto servono norme vincolanti, con veri piani regolatori regionali o interregionali per garantire navigazione in sicurezza e tutela ambientale secondo il principio del «chi inquina paga»;
          è assolutamente necessario e prioritario che i bidoni tossici non abbandonati nei fondali a qualche miglio dal mare protetto di Pianosa e in pieno santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos;
          per monitorare con continuità le conseguenze possibili del disastro risulta indispensabile conoscere con esatta precisione la tipologia delle sostanze contenute nei bidoni, analizzando il contenuto dei fusti recuperati e diffondendo i risultati ai cittadini;
          anche il monitoraggio operato dall'Arpat (che deve essere esteso alle zone interessate dalle correnti ed essere costante) richiede parametri e ipotesi di partenza sui quali costruire modelli di rilevazione, altrimenti gli stessi controlli potrebbero risultare poco attendibili. Come pure è necessario obbligare mittente e vettore a fornire informazioni ufficiali e vere, perché la dinamica dell'incidente risulta, ancora oggi, piena di punti oscuri, a partire dal fatto di come sia stato possibile trasportare un carico simile in questo tratto di mare e senza accurate precauzioni viste le pessime condizioni meteorologiche; inoltre, le imprecise indicazioni sulla zona della perdita, le irregolarità sulla documentazione di viaggio, i ritardi nella comunicazione dell'incidente e nelle operazioni legittimano i molti dubbi e incertezze che potranno trovar risposte solo con l'avvio di procedimenti legali, per chiarire tutte le responsabilità e poter richiedere i dovuti risarcimenti;
          l'ambiente rappresenta una rilevante ricchezza del nostro Paese che va salvaguardata e curata anche per ragioni economiche, etiche e di tutela della salute  –:
          quali impegni concreti intenda assumere al fine di trovare una soluzione per recuperare e mettere in sicurezza tutti i bidoni, considerato che ancora molti giacciono sul fondo del mare e, come è stato da più parti evidenziato, non c’è tempo da perdere;
          quali iniziative intenda intraprendere per fare in modo che i costi non ricadano sulla collettività e siano invece addebitati ai responsabili del disastro;
          se non ritenga di tenere costantemente informati i cittadini e le istituzioni sullo stato delle ricerche e del recupero e sullo stato della collaborazione tra le diverse istituzioni in campo, quali l'ARPAT, la capitaneria, la regione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
          se, alla luce di quanto esposto, ritenga di confermare quanto già affermato dal Sottosegretario Fanelli (in risposta a un'interrogazione a risposta orale 3-02766 della senatrice Granaiola del 17 aprile 2012) e cioè che il contenuto dei fusti è classificabile come rifiuto e quindi rendere noto il documento del gruppo tecnico nominato dal Ministero a supporto di tale affermazione;
          nel caso dovesse trattarsi di rifiuto, quali iniziative si intendano intraprendere presso il produttore ai fini dell'assolvimento dell'obbligazione in solido al recupero dei rifiuti dal fondo marino.
(2-01584) «Evangelisti, Piffari».

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:
          il 28 giugno 2012 si è svolta presso la VIII Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici l'audizione del Sottosegretario Roberto Cecchi, concernente i danni del terremoto ai beni culturali dell'Emilia-Romagna ed, in particolare, delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia;
          durante l'audizione a parere degli interpellanti è stato sostanzialmente preso l'impegno dal Governo di saldare ex post le spese per le ristrutturazioni di chiese e locali annessi alle medesime parzialmente lesi dal sisma, e di approntare le misure necessarie per compensare, entro tempi brevi più che ragionevoli, le spese delle parrocchie e delle curie diocesane colpite dal terremoto, per la restituzione delle stesse al culto;
          il significato culturale, storico e religioso degli edifici adibiti al culto costituisce memoria vivente di secoli della nostra civiltà locale e come tale la sua tutela deve essere ricompresa tra le priorità, lasciando ovviamente agli organi tecnici preposti il ripristino o se possibile la ricostruzione delle chiese e dei beni culturali danneggiati in modo gravissimo e bisognosi di interventi di alta qualità;
          si rileva l'importanza e l'urgenza di attivare e ripristinare l'economia nelle zone colpite con interventi immediati che restituiscano alla popolazione la sensazione di una possibile ripresa, aiutando in tal senso gli imprenditori che si fanno carico della ristrutturazione dei fabbricati di loro proprietà, al fine di non interrompere il ciclo produttivo  –:
          in quali tempi intenda procedere per dare seguito all'impegno assunto e, con riferimento specifico al ricovero, nel Palazzo ducale di Sassuolo, delle opere d'arte di proprietà delle parrocchie o delle curie diocesane se non ritenga opportuno approntare in tempi ragionevoli una relazione tecnica sui restauri eseguiti e sulle modalità di custodia e di riconsegna ai legittimi proprietari.
(2-01582) «Garagnani, Romele, Nastri, Calderisi, Milanese, Cazzola, Ventucci, Cassinelli, Torrisi, Abelli, Bocciardo, Dell'Elce, Lainati, Renato Farina, Nizzi, Minardo, Germanà, Stradella, Armosino, Ceroni, Luciano Rossi, Rosso, Crolla, Formichella, Scandroglio, Castellani, De Corato, Di Caterina, Repetti, Di Virgilio, Gottardo, Saglia, Lazzari, Paniz, Pescante, Pelino, Bernardo, Lorenzin, Gioacchino Alfano, Antonino Foti, Crosetto, Bergamini, Biava, Di Cagno Abbrescia, Dima, Alberto Giorgetti, Milanato, Mussolini, Antonio Pepe, Rampelli, Ravetto, Scelli, Simeoni».

Interrogazioni a risposta scritta:


      PES. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          nel territorio di Illorai (Sassari) si trova il Nuraghe Luche, che presenta una struttura classica a monotorre, parzialmente crollato;
          l'interno della struttura è inaccessibile in quanto ostruito dai crolli;
          a sud-est del nuraghe si trovano tracce di un villaggio nuragico, formato da capanne circolari di cui si vedono i contorni;
          sono presenti murature rettilinee, che probabilmente sono databili ad un'epoca successiva a quella nuragica, nella quale le capanne avevano solitamente pianta circolare;
          nell'area circostante si trova la necropoli di Molia, venuta alla luce nel 1976, durante i lavori per la costruzione della strada a scorrimento veloce;
          tale necropoli, databile tra il 3500 e il 2700 a.C., è formata da dieci domus de janas, scavate in una collina di tufo per opere delle popolazioni appartenenti alla cultura di Ozieri e riutilizzate fino all'età del rame, durante il periodo della cultura del vaso campaniforme tra il 2000 e il 1800 a.C. circa;
          due di questi ipogei, il I ed il VII, possono essere considerati come tra i più articolati e vasti ipogei di tutto il Mediterraneo; numerose sono le affinità con l'ipogeo di Hai Saflieni a Malta;
          la tomba più grande è situata sul fianco sud-orientale della collina: essa è formata da un dromos (corridoio d'accesso scavato nella roccia), in parte distrutto, che aveva una lunghezza di 24 metri, e una larghezza media di 4 metri, da un'anticella di grandi dimensioni e da undici celle;
          questo ipogeo è uno dei più articolati e grandi della Sardegna;
          particolarmente interessante è anche un'altra tomba, costituita da un dromos e da sedici celle disposte in maniera simmetrica, caratterizzata dalla presenza di elementi architettonici scolpiti, come lesene, banconi e architravi, e di tre celle totalmente dipinte di rosso; tale tomba è molto lesionata sul soffitto;
          l'intonaco utilizzato sulle pareti interne e la vernice rossa sono elementi che raramente si ritrovano nelle necropoli;
          la necropoli si trova in stato d'abbandono;
          la roccia si sta lentamente sbriciolando e questo impedisce l'accesso per evidenti motivi di sicurezza;
          gli ingressi alle domus sono puntellati;
          il comune da solo non può sostenere le spese per la messa in sicurezza e il restauro del complesso  –:
          se sia a conoscenza dello stato in cui si trova la necropoli di Molia e se non ritenga doveroso intervenire con i mezzi a sua disposizione per permetterne la messa in sicurezza e il restauro. (4-16841)


      MILO e D'ANNA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di dicembre 2011, a seguito di accordo sindacale, tra l'altro veniva programmata l'assunzione di 9 artisti del coro vincitori di audizione biennale e l'assunzione di tre professori d'orchestra vincitori di audizione biennale come violinisti, trasformando il rapporto a tempo indeterminato instaurato a suo tempo in forma precaria da parte della fondazione San Carlo;
          analogamente nell'accordo sindacale venne stabilito di effettuare ulteriori tre concorsi a copertura di tre posti in orchestra rispettivamente per violoncello di fila per viola di fila e per secondo fagotto, per stabilizzare tre professori d'orchestra che da anni erano aggiunti con contratti annuali;
          il bando di concorso relativo all'assunzione a tempo indeterminato, è stato pubblicato sul sito del teatro per una sola settimana in violazione ai principi di trasparenza e garanzia per i terzi interessati;
          secondo quanto consta agli interroganti sarebbero intervenuti nella procedura altri elementi quantomeno irrituali, considerato che: non sarebbe stato inviato il bando concorsuale nei conservatori italiani e nelle altre fondazioni italiane; sarebbero stati seguiti tempi ristretti tra la pubblicazione del bando e l'espletamento delle procedure concorsuali; i concorrenti per i tempi di cui sopra, sarebbero stati di fatto privati della possibilità di ricevere il materiale, in quanto i tempi d'invio della domanda di partecipazione e la consequenziale risposta della fondazione con l'invio del materiale da eseguire andavano oltre la data di realizzazione dello stesso concorso (generalmente il tempo da accordare in queste ipotesi non è mai inferiore a 30 giorni, per consentire ai partecipanti di studiare lo stesso programma da eseguire);
          il percorso delle assunzioni in argomento poteva essere realizzato solo dopo la verifica interna rispetto ai vincoli dettati dall'articolo 1, comma 5-bis, del decreto-legge 30 aprile 2010 n.  64 in forza del quale «le fondazioni lirico-sinfoniche, che abbiano conseguito il pareggio di bilancio nei tre esercizi precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n.  64 del 2010 e che presentino un rapporto percentuale tra i ricavi dalle vendite e prestazioni e l'ammontare del contributo statale non inferiore al 40 per cento nell'ultimo bilancio approvato, possono effettuare assunzioni a tempo indeterminato nei limiti della pianta organica approvata e assumere personale a tempo determinato, con esclusione delle prestazioni occasionali d'opera professionale dei lavoratori cosiddetti aggiunti, nei limiti del 15 per cento dell'organico approvato»;
          al riguardo è sintomatico che il provvedimento programmatorio avrebbe dovuto considerare i posti di dotazione organica da coprire, con necessità di colmare i vuoti nelle sezioni di orchestra allo stato scoperti piuttosto che creare sovradimensionamento nelle funzioni già ricoperte;    
          appare agli interroganti irragionevole come i tre professori stabilizzati abbiano effettuato la conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro nel giorno successivo allo svolgimento del concorso, lasciando presupporre che la fondazione già disponesse dell'intera documentazione relativa atte persone interessate;
          all'esito delle prove è stata registrata una esigua partecipazione, attese le difficoltà di conoscenza del percorso intrapreso dalla fondazione e le richieste esigenze di formazione del programma di lavoro;
          all'espletamento delle prove concorsuali sono state assunte tre figure professionali di violinisti vincitori ex equo in apparente difformità rispetto al limite di due unità previste in organico da ricoprire  –:
          se l'atto di programmazione della fondazione San Carlo, del processo di stabilizzazione sia stato assunto in coerenza con le restrizioni dettate dall'articolo 1, comma 5-bis, del decreto-legge 30 aprile 2010, n.  64, e, in caso positivo, se vi sia stata una verifica economico-finanziaria operata internamente e/o dal Ministero competente e, nel caso, quali siano stati i risultati di tale verifica;
          se il provvedimento ministeriale di approvazione della dotazione organica contempli le ipotesi di sovrannumero di funzioni rispetto alle esigenze paventate dalla medesima fondazione;
          se la procedura straordinaria seguita dalla fondazione San Carlo, sui termini abbreviati, sia stata o meno in linea con i princìpi di trasparenza alla luce delle circostanze descritte in premessa. (4-16843)


      ANGELA NAPOLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il museo archeologico di Capocolonna (KR) contiene interessanti e preziosi reperti, ma è inserito in un parco completamente abbandonato, dove mancano servizi, risulta inesistente la manutenzione delle strutture e non esiste alcun catalogo dei reperti né alcuna guida turistica;
          alle spalle del Museo vi è il teatro all'aperto, struttura moderna con una capienza di quasi mille posti, circondato da ettari di campi completamente ricoperti da sterpaglie, che di fatto hanno invaso anche lo stesso teatro;
          per raggiungere l'arrugginito reticolato che cinge l'area della famosa colonna del tempio di Hera Lacinia occorre attraversare viottoli ricoperti da erbaccia ed immondizia;
          a Villa Berlingeri, a fianco del parco, acquistata dalla provincia di Crotone, dovrebbe nascere il centro multimediale del Polo di innovazione per i beni archeologici, ma la struttura risulta ancora abbandonata;
          un anno fa sono stati annunciati i lavori per la ristrutturazione dell'area archeologica di Capocolonna, per un importo di cinque milioni di euro, ma nonostante sia stata conclusa la progettazione e sia stata effettuata la gara d'appalto, manca ancora la certificazione antimafia della ditta aggiudicataria;
          la soprintendente ai beni archeologici della Calabria ha denunziato che anche la manutenzione ordinaria e straordinaria prevista per il 2012 è ferma al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti perché manca l'approvazione del Comitato superiore nazionale dei beni culturali, attualmente sciolto e non ancora rinnovato;
          nessun risultato neanche per il progetto sul risparmio energetico, frutto di una convenzione tra ENI e Ministero per i beni e le attività culturali, grazie alla quale il tetto del museo archeologico è stato dotato di pannelli fotovoltaici; l'impianto anche se completato, non è in funzione  –:
          quali urgenti interventi intenda attuare alfine di riportare lustro all'intero parco archeologico di Capocolonna che rappresenta uno dei siti storicamente più importanti della Calabria. (4-16845)


      TOCCAFONDI, SALTAMARTINI, BIANCONI, DE CORATO e GHIGLIA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          risulta all'interrogante che la Fondazione teatro del Maggio Musicale Fiorentino sta vivendo, ormai da diversi anni, in una grave situazione di crisi economico-finanziaria;
          la legislazione di riferimento impone alle fondazioni lirico-sinfoniche di perseguire i loro fini e realizzare le attività nel rispetto del vincolo di bilancio;
          con l'eccezione dell'esercizio 2006, i bilanci consuntivi degli ultimi dieci esercizi, 2001-2010, si sono tutti chiusi con ingenti perdite che hanno fortemente eroso il patrimonio della fondazione;
          l'equilibrio di bilancio del consuntivo è stato raggiunto nel 2006 solo grazie alla realizzazione di una sopravvenienza attiva derivante dalla vendita di un immobile, vendita che utilizzata per coprire perdite strutturali ha finito con l'impoverire ulteriormente il patrimonio della fondazione;
          gli esercizi successivi 2007-2010 si sono chiusi tutti con ulteriori perdite di bilancio, per un valore complessivo di oltre 18 milioni di euro, nonostante al Maggio Musicale siano stati assegnati contributi statali «aggiuntivi» oltre al Fondo Unico per lo spettacolo;
          negli stessi esercizi 2007-2010 i debiti iscritti nel bilancio della fondazione sono sempre aumentati fino a raggiungere la considerevole cifra di oltre 27 milioni di euro;
          al termine dell'esercizio 2010 l'esposizione bancaria appariva significativa;
          nell'esercizio 2008 il costo del personale ha subito un incremento di oltre 2 milioni di euro rispetto all'esercizio precedente, incremento in larga parte dovuto all'assunzione a tempo indeterminato (autorizzata dal Ministro per i beni e le attività culturali) di un cospicuo numero di lavoratori;
          l'incontrollata crescita dei costi di produzione, e in particolare di quelli del personale, ha costretto, a marzo 2012, il Maggio Musicale Fiorentino ad avviare una procedura di riduzione del personale secondo la legge n.  223 del 1991 e successivamente di prevedere il ricorso alla cassa integrazione;
          in relazione alle cospicue perdite dell'esercizio 2010 non può non stigmatizzarsi come in sede di predisposizione del bilancio di previsione sia stato delineato un andamento dei costi e dei ricavi d'esercizio che, sebbene non in equilibrio, in nessun modo avrebbe lasciato presagire l'accumularsi di un risultato negativo per oltre 8,3 milioni di euro;
          dall'esame del bilancio consuntivo 2010 non risultano in alcun modo evincibili eventi sopravvenuti e/o imprevedibili al momento della predisposizione del preventivo che possano giustificare il notevole scostamento dell'andamento poi registrato a consuntivo;
          pertanto sembrerebbe che le proiezioni economico-finanziarie – che in ossequio all'articolo 12 del decreto legislativo n.  367 del 1996 debbono dimostrare la compatibilità dei programmi di attività artistica con i bilanci preventivi – siano state totalmente disattese;
          le pratiche gestionali utilizzate negli anni 2006-2010 hanno causato un grave danno economico e di immagine alla fondazione del Maggio Musicale Fiorentino, compromettendo anche la sicurezza dei lavoratori che oggi, a causa di una gestione secondo gli interroganti rovinosa, si trovano a fronteggiare l'uscita anticipata dal teatro e la cassa integrazione;
          i risultati di queste pratiche gestionali erano largamente prevedibili alla luce delle informazioni e dei dati aziendali;
          in questi anni sono stati costantemente affrontati, anche legislativamente, i temi di un efficace controllo della gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, un controllo che possa garantire che la continuità di queste fondamentali istituzioni culturali del Paese non sia compromessa da episodi o, peggio ancora, da reiterate politiche gestionali che producano danni e pregiudizi economici alle fondazioni stesse;
          una responsabilità primaria a che ciò si verifichi è attribuita dalla legge al Ministro interrogato nell'ambito dei suoi poteri di indirizzo e vigilanza;
          le perdite accumulate nel corso degli anni e il depauperamento del patrimonio potrebbero richiedere l'avvio di azioni a tutela della fondazione –:
          se l'attività gestionale e i programmi artistici della fondazione del teatro del Maggio Musicale Fiorentino, negli anni 2006-2010, siano stati predisposti in ossequio all'ineludibile rispetto del vincolo di bilancio e in ossequio al disposto dell'articolo 13, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n.  367 del 1996;
          quali iniziative siano state già poste in essere a tutela della fondazione del Maggio Musicale Fiorentino e quali altre iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di limitare i danni verificatisi a causa di una provata incapacità gestionale e in relazione alle irregolarità rassegnate. (4-16863)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VERINI, MATTESINI, ROSSA, D'ANTONA, BORDO, COSCIA, D'ANTONI, GIOVANELLI, MARTELLA, MELANDRI, MORASSUT, PELUFFO, PEDOTO, ROSATO, RUBINATO, SARUBBI, TOUADI e TULLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          l'Associazione nazionale partigiani ha denunciato nei giorni scorsi il mancato stanziamento per il 2012 del contributo per le associazioni combattentistiche e partigiane;
          in una nota diffusa dall'Associazione il 25 giugno 2012 si legge che «Malgrado gli impegni presi dal Governo in sede di discussione parlamentare, l'Anpi, come tutte le associazioni combattentistiche e partigiane, non ha ancora ricevuto alcun contributo dallo Stato»;
          lo «Schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'anno 2012, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (482)» prevede solo stanziamenti a favore delle Associazioni d'arma;
          nel parere espresso dalla Commissione difesa del Senato, sul sopra citato schema, in data 20 giugno 2012 si legge «La Commissione ricorda altresì l'impegno assunto dal Governo nel corso della discussione del provvedimento in titolo a provvedere quanto prima all'erogazione dei contributi alle associazioni combattentistiche anche per l'anno 2012»;
          queste associazioni svolgono da sempre un ruolo fondamentale nel mantenere viva la memoria della nostra Repubblica nata dalla Resistenza;
          il finanziamento che annualmente viene erogato, e che già da alcuni anni è stato progressivamente decurtato, è essenziale per la loro sopravvivenza;
          è pertanto fondamentale che il Governo mantenga l'impegno preso e ponga immediato rimedio a tale errore ripristinando in sede con assestamento del bilancio 2012 i contributi da stanziare per l'anno in corso: senza alcuna contribuzione queste associazioni sono condannate all'inazione, non disponendo esse di altre fonti di finanziamento al di là del tesseramento  –:
          quali atti urgenti il Governo intenda porre in essere per adempiere all'impegno assunto sia per quanto riguarda l'anno 2012 rispetto alle associazioni combattentistiche e partigiane, per l'immediata previsione di erogazione del contributo per l'anno in corso e per assicurare anche per il futuro, continuità nei finanziamenti per le associazioni di cui in premessa.
(5-07278)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          il Ministero dell'economia e delle finanze nella programmazione triennale del fabbisogno del personale non ha incluso alcuna richiesta di autorizzazione a coprire eventuali posti vacanti attraverso la procedura della ricostituzione del rapporto di lavoro;
          tale scelta, ad avviso dell'interpellante, lede le legittime aspettative degli ex dipendenti e crea insostenibili situazioni e discriminazioni ai danni di soggetti che hanno interrotto il rapporto di lavoro con l'amministrazione per motivi di salute;
          a mero titolo esplicativo, si cita il caso del signor A. S. impiegato presso la ragioneria territoriale dello Stato di Catania, il cui rapporto di lavoro con l'amministrazione si è risolto a decorrere dal 17 dicembre 2007, a seguito del giudizio medico-legale che ne dichiarava «l'assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa»;
          a seguito della revisione sanitaria effettuata quattro anni dopo, dal succitato giudizio medico legale, la commissione medica di verifica di Palermo dichiarava il suddetto impiegato «idoneo al servizio d'istituto»;
          essendo venuto meno il diritto a godimento della pensione di inabilità a qualsiasi attività lavorativa, l'INPS disponeva l'immediata sospensione dell'assegno mensile ed attivava il recupero delle rate indebitamente erogate;
          considerato che il signor S. non ha ancora maturato il diritto alla pensione ordinaria, presentava istanza, ai sensi del Contratto collettivo nazionale di lavoro attualmente vigente, per la ricostituzione del rapporto di lavoro;
          non essendo stata richiesta dal Ministero dell'economia e delle finanze autorizzazione a coprire eventuali posti vacanti attraverso la procedura della ricostituzione del rapporto di lavoro, l'istanza di ricostituzione del rapporto di lavoro del signor S. non è stata accolta  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
          se non ritenga di dover formulare richiesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l'autorizzazione a coprire eventuali posti vacanti attraverso la procedura della ricostituzione del rapporto di lavoro, posto che il rifiuto alla costituzione del rapporto di lavoro, specie in presenza di gravi e certificati motivi di salute, rappresenta ad avviso dell'interrogante una lesione di un diritto soggettivo incondizionato degli ex dipendenti;
          quali iniziative intenda assumere al fine di evitare che gli effetti negativi delle scelte di programmazione delle assunzioni e di contenimento della spesa ricadano esclusivamente su dipendenti pubblici che non hanno alcun torto se non quello di aver sofferto di una grave malattia.
(2-01585) «Berretta».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

V Commissione:


      OCCHIUTO e CICCANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118, disciplina gli strumenti necessari per assicurare l'armonizzazione dei sistemi contabili delle regioni e degli enti locali, secondo i principi sanciti dalla legge delega n.  42 del 2009, attuativa dell'articolo 119 della Costituzione, e anche in conformità a quanto recentemente stabilito dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n.  1, che ha inserito nella competenza esclusiva statale la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici»;
          il provvedimento delegato dedica, inoltre, al Titolo II riguardante i «Principi contabili generali e applicati per il settore sanitario», una disciplina specifica al miglioramento qualitativo e quantitativo degli strumenti tecnici di programmazione, gestione e controllo su cui si fonda il meccanismo di governance del Servizio sanitario regionale, in un'ottica di continuo miglioramento delle performance, introducendo, in particolare, norme relative al bilancio finanziario regionale per la parte riguardante il finanziamento del Servizio sanitario regionale, nonché al bilancio economico patrimoniale relativo alla regione (per l'eventuale quota di fondo sanitario gestita direttamente dalla stessa), ai singoli enti nei quali si articola il servizio sanitario regionale e al consolidamento dei conti degli stessi;
          l'articolo 29 «Principi di valutazione specifici del settore sanitario», comma 1, lettera b), del citato decreto legislativo prevede che: «I cespiti acquistati utilizzando contributi in conto esercizio, indipendentemente dal loro valore, devono essere interamente ammortizzati nell'esercizio di acquisizione. Sono fatti salvi gli ammortamenti effettuati fino all'esercizio precedente a quello di applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo»;
          tale principio, a differenza delle disposizioni contenute nel Titolo I «Principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali» che entreranno a regime a decorrere dal 2014, trova applicazione, così come le altre norme contenute nel Titolo II, dall'anno successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo n.  118 del 2011, ossia dal 2012;
          la disposizione dell'articolo 29, comma 1, lettera b), potrebbe avere effetti traumatici sui bilanci delle aziende sanitarie coinvolte nella particolare casistica e, di conseguenza, delle regioni di riferimento, tanto da essere quasi tutte a rischio di piano di rientro dal disavanzo prodotto, ancorché «virtualmente»;
          nella circostanza contemplata saranno a trovarsi, accidentalmente, diverse aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere, che saranno costrette a pagare a fronte anche di pregresse operazioni di compravendita intraprese e concluse quando i criteri legislativi, fiscali e civilistici prevedevano ben diverse disposizioni riguardo ai tempi e ai modi di ammortamento degli acquisti di immobili. Un onere, quello che sarà loro imposto, di ammortizzare nel corrente anno l'intero valore economico dell'intervenuto acquisito ovvero il residuo da ammortizzare a tutto il 31 dicembre 2011. Ciò riferito a tutti gli investimenti immobiliari affrontati con risorse correnti;
          il diverso trattamento civilistico e fiscale derivante dallo ius superveniens verrà, dunque, ad impattare su tanti investimenti programmati e realizzati sotto l'egida della trascorsa disciplina, prescindendo dalle cautele e dalla diligenza dei manager all'epoca agenti, dal momento che, al tempo antecedente all'approvazione del decreto legislativo n.  118 del 2011, nulla lasciava presagire che si realizzasse un così radicale mutamento normativo dei criteri di ammortamento;
          secondo la precedente normativa, il criterio civilistico e fiscale imponeva ammortamenti in misura non superiore al 3 per cento annuo, da ripartire in trentatré esercizi economici, mentre il decreto legislativo n.  118 del 2011 ha imposto un radicale mutamento di tipo sanzionatorio, consistente nell'ammortamento per intero nell'esercizio finanziario relativo l'acquisto perfezionato nel 2012 con ricorso a risorse correnti ovvero riassumendo nel medesimo anno tutto il residuo da ammortizzare, per quanto riguarda quelli effettuati negli anni precedenti con risorse della medesima tipologia finanziaria;
          in questo modo si determinerebbe l'appostazione di un maggiore e insostenibile costo, ancorché virtuale, a carico del bilancio 2012, che – nel caso di acquisto contemporaneo – arriverebbe a pesare più di trenta volte di quello che era preventivabile sulla base del criterio di legittimo affidamento precedentemente vigente; ciò anche in presenza di una apposita preventiva autorizzazione regionale ovvero della promessa di acquisto, formulata prima dell'approvazione del decreto legislativo n.  118 del 2011;
          le regioni interessate andrebbero a sopportare gli esiti negativi del conseguente deficit corrente, tanto da essere verosimilmente sottoposte «d'ufficio» ad appositi piani di rientro dal disavanzo «tecnico» ex articolo 1, commi 180 e seguenti, della legge finanziaria per il 2005 (legge n.  311 del 2004), a prescindere dalla correttezza degli atti adottati prima dell'approvazione del provvedimento delegato e, quindi, ad incidere sfavorevolmente sui contenuti dei contratti perfezionati nella consapevolezza e nella correttezza delle regole del tempo;
          una grave conseguenza derivante dall'applicazione della nuova normativa sarebbe la penalizzazione delle aziende sanitarie virtuose a tal punto da avere accantonato economie correnti tali da poterle destinare ad investimenti fissi e durevoli, utili ad incrementare il tesoro pubblico produttivo  –:
          quali effetti deriverebbero dall'applicazione dei nuovi criteri contabili di cui alla premessa e se, a fronte di eventuali effetti negativi sull'equilibrio di bilancio delle aziende sanitarie, il Governo intenda promuovere l'introduzione di una disciplina transitoria volta a porvi rimedio. (5-07262)


      BITONCI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          all'interno del quadro strategico nazionale 2007-2013 per la politica regionale di sviluppo, approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007, confluivano diverse risorse economico-finanziarie finalizzate alla realizzazione d'interventi strutturali nei settori dell'istruzione e dell'innovazione, e le cui risorse provenivano per 25,6 miliardi di euro dai fondi strutturali europei (FSE), per 27,7 miliardi da fondi di cofinanziamento nazionale al FSE, per 63 miliardi da fondi per le aree sottoutilizzate (FAS);
          una parte di tali fondi, con la delibera CIPE n.  3 del 6 marzo 2009, andava assegnata al fondo infrastrutture di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la finalità della messa in sicurezza delle scuole, e successivamente lo stesso CIPE, con delibera n.  32 del 13 maggio 2010 approvava il «primo programma straordinario d'interventi urgenti finalizzati alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali negli edifici scolastici»;
          a seguito della delibera Cipe del 13 maggio 2010, n.  32, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto a fornire agli enti interessati una completa informazione circa le modalità di utilizzo sia attraverso i propri uffici periferici sia attraverso l'Unione delle province italiane (Upi) e l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (Anci);
          sulla base del programma approvato, numerosi comuni hanno ottenuto l'assegnazione di tali fondi per operare degli interventi di ristrutturazione degli edifici scolastici al fine di garantire la dovuta «sicurezza» ma sono oggi in attesa della definitiva approvazione da parte del CIPE delle convezioni relativamente agli interventi approvati;
          l'importanza dell'approvazione è comprovata anche dal fatto che i lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici devono essere svolti nel periodo estivo, ovvero quando gli istituti sono chiusi, e senza la medesima approvazione del CIPE delle relative convenzioni, il rischio concreto è che tali lavori debbano essere inderogabilmente procrastinati all'anno successivo;
          il comma 5 dell'articolo 53 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n.  5, prevede che, al fine di assicurare il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia scolastica, il CIPE, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281, approvi un piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici;
          gli enti locali hanno già sottoscritto le convenzioni con i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti  –:
          quando il CIPE intenda sbloccare le risorse disponibili al fine di garantire il finanziamento delle convenzioni relative agli interventi già approvati dai Ministeri competenti e se tale mancata attuazione di impegni già assunti sia dovuta alle carenti disponibilità di cassa del bilancio dello Stato. (5-07263)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il prezzo finale della benzina è ormai arrivato in diverse regioni a sfiorare il costo di 2 euro/litro, mentre il costo del gasolio si attesta costantemente sopra 1,75 euro/litro: una consistente percentuale di questi costi è costituita dalle pesanti accise che determinano effetti negativi per i consumatori, oltre che per il sistema economico nazionale;
          i recenti aumenti del costo del carburante determinati dall'andamento del mercato internazionale e dalle ultime imposizioni fiscali previste nell'ambito del «decreto Salva Italia» hanno reso insostenibile la situazione per i cittadini italiani costretti a pagare le tariffe più care d'Europa ed hanno al contempo aggravato le difficoltà economiche in cui versano gli stessi operatori della distribuzione dei carburanti;
          i gestori degli impianti autostradali operanti sulla Salerno Reggio Calabria, e in particolare quelli del tratto calabrese denunciano «che i costi dei carburanti per gli automobilisti che percorrono questo tratto della rete autostradale risulterebbero più alti di almeno 5 millesimi al litro, rispetto al resto dei prezzi applicati sulla rete autostradale nazionale, e questo perché i 408 chilometri complessivi di autostrada sono gestiti direttamente dall'Anas e non da Società Autostrade, che applica invece una scontistica sul prezzo finale dei carburanti»;
          a questo aggravio per le tasche degli automobilisti si aggiunge il problema della scarsa qualità di ricezione delle stesse stazioni di servizio situate nel tratto calabrese, che risultano essere tra le più vecchie d'Italia a causa del fatto che l’Alemagna spa, a cui è stata concesso in passato in esclusiva il servizio della ristorazione, – e divenuta negli anni azienda privata – risulta all'interrogante che provveda a rinnovare le concessioni scadute nel lontano 2001, solo di anno in anno, e questo non ha favorito una corretta concorrenza e non ha consentito la ristrutturazione straordinaria di molte stazioni della rete autostradale calabrese che avrebbero necessità di essere ammodernate in quanto non rinnovate ormai da oltre 15 anni;
          il      tutto a danno principalmente dei cittadini, ma anche degli stessi gestori delle stazioni di servizio calabrese che denunciano una notevole contrazione del mercato negli ultimi anni, dovuta senza dubbio all'aumento sconsiderato dei prezzi dei carburanti causato dalla crisi economica internazionale che ha comportato una riduzione notevole dei flussi di traffico, costringendo gli stessi gestori ad effettuare riduzioni di personale, ricorrendo anche sempre più spesso allo strumento della cassa integrazione, o ad adottare riduzioni delle ore di lavoro; ciò è dovuto anche alla tendenza sempre più diffusa di automatizzare il distributore per evitare i costi del personale attraverso il self-service, non provvedendo più ad assumere personale nel periodo estivo, cosa che in passato era ormai divenuta una consuetudine. A queste difficoltà si aggiungono infine gli enormi ritardi nei lavori di completamento dell'A3, che contribuiscono sempre più a spingere i viaggiatori a preferire treni e traghetti per spostarsi al sud rispetto alle proprie autovetture, e questo per evitare di finire bloccati in interminabili code dovute ai lavori dei cantieri che si ripetono costantemente soprattutto nei periodi estivi;
          della questione ha preso visione il consigliere regionale del Pd Carlo Guccione che si è recato personalmente presso una delle stazioni di servizio delle autostrada Salerno-Reggio e precisamente presso l'area servizio di Tarsia ovest, per ascoltare la voce dei gestori che vivono quotidianamente tali problematiche. Lo stesso consigliere regionale ha provveduto anche a presentare in consiglio regionale un apposito ordine del giorno finalizzato al completamento definitivo dell'A3 in maniera tale che essa venga finalmente restituita interamente alla disponibilità dei cittadini  –:
          se i Ministri interrogati, ciascuno secondo le proprie competenze, non ritengano di provvedere al più presto all'abrogazione del vincolo di fornitura in esclusiva, che, attualmente, costringe i gestori a rifornirsi da un unico petroliere, in modo da far incrementare la capacità concorrenziale e rendere più trasparenti le condizioni di approvvigionamento all'ingrosso dei carburanti e di contenere in misura maggiore le situazioni dominanti sul mercato che ancora oggi presenta aspetti fortemente oligopolistici, consentendo un notevole risparmio annuo per le famiglie italiane;
          se i Ministri interrogati non ritengano di promuovere tutte le iniziative necessarie affinché la società che gestisce le stazioni di servizio in Calabria regolarizzi le convenzioni con i gestori per metterli nelle condizioni di ammodernare le ormai obsolete strutture, per meglio utilizzarle al servizio dei cittadini, garantendo nel contempo la salvaguardia degli attuali precari livelli occupazionali del settore. (5-07265)


      FLUVI e MATTESINI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'allungamento dei tempi di pagamento e l'onerosità delle procedure per il recupero dei crediti commerciali stanno minando la liquidità delle piccole e medie imprese costrette a ricorrere a prestiti bancari per finanziare l'attività;
          secondo una stima della CGIA di Mestre, il mancato pagamento dei crediti costa alle imprese attorno ai 10 miliardi di euro l'anno; un importo di cui le imprese, soprattutto quelle piccole, devono farsi carico per far fronte alla mancanza di liquidità provocata dal ritardo nell'incasso delle fatture;
          le procedure di recupero crediti previste dall'ordinamento consentono a colui che vanta un credito fondato su prove documentali come fatture, bolle accompagnatorie, estratto autentica registro IVA, di attivare una procedura per ottenere il soddisfacimento delle proprie ragioni;
          esperita senza successo la via stragiudiziale, che permetterebbe di ottenendo un adempimento anche parziale in tempi ragionevoli e che termina con l'atto formale di messa in mora del debitore, il creditore si trova costretto a dover intraprendere la via giudiziale per tentare di recuperare il credito vantato con conseguente aggravio di oneri, costi e tempi;
          la mancanza di beni pignorabili rende «sconveniente» avviare l'azione giudiziaria, anche perché in caso di esito negativo sarà il creditore a sopportare le spese legali; pertanto, per somme irrisorie, si abbandona spesso l'azione legale;
          solo in caso di crediti di importo elevato potrebbe essere utile procedere comunque con l'azione legale, al solo fine di portare in detrazione i crediti insoluti (tale fine è perseguibile anche attraverso la cessione del credito);
          secondo la classifica internazionale contenuta nel rapporto Doing Business che la Banca mondiale redige annualmente per fornire indicazioni alle imprese sui Paesi in cui è più vantaggioso investire, l'Italia è al 158esimo posto su 183 Paesi esaminati in materia di esecuzione dei contratti; in Italia servono 1.210 giorni per tutelare un contratto, contro 394 in Germania, 389 in Gran Bretagna e 331 in Francia; rispetto alla media di 518 dei Paesi Ocse, si tratta di 692 giorni in più (1 anno 10 mesi e 27 giorni);
          le imprese chiedono un intervento per recuperare competitività; secondo l'ufficio studi di Confartigianato, la lentezza della giustizia sottrae alle imprese risorse per 2,2 miliardi di euro, oltre ai mancati introiti per la fuga degli investitori esteri, non incentivati ad investire in Italia;
          mentre all'estero le aziende incassano in 12 mesi, in Italia bisogna attendere in media oltre 3 anni o accettare accordi al ribasso, chiedono nel contempo prestiti per sopravvivere;
          negli ultimi anni, anche a pausa della perdurante crisi economica, il ricorso ai decreti ingiuntivi è aumentato considerevolmente;
          qualora il debitore non adempia spontaneamente a seguito del decreto ingiuntivo si procede con il pignoramento che nel caso di ingenti somme da recuperare spesso è immobiliare;
          secondo i dati presentati all'inaugurazione dell'anno giudiziario dal primo presidente della Corte di cassazione, nei giudizi davanti al tribunale un rilevante incremento delle pendenze riguarda, tra l'altro le procedure esecutive immobiliari (7,3 per cento) e mobiliari (4,6 per cento);
          oltre gli oneri da riconoscere al professionista o alle società preposte al recupero delle somme, il creditore è obbligato ad anticipare ulteriori oneri erariali gravanti sia sul decreto ingiuntivo che sulla successiva azione esecutiva di pignoramento;
          in particolare se per il decreto ingiuntivo sono previsti il contributo unificato (computato in proporzione al valore della somma da recuperare), l'imposta di bollo, i diritti di copia, le spese di notifica e l'imposta di registro, ancor più gravoso appare essere l'onere da sostenere per eseguire il pignoramento al punto tale che per crediti di importo limitato le spese per un pignoramento immobiliare – che ricomprendono le notifiche, la trascrizione, la documentazione ipocatastale e le spese per la perizia dell'immobile – potrebbero superare il valore della somma da recuperare e la procedura potrebbe quindi risultare antieconomica;
          ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n.  347, le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari sono soggette all'imposta ipotecaria e ne sono obbligati al pagamento coloro che richiedono le formalità;
          l'articolo 18 del citato decreto legislativo, dispone che le imposte ipotecaria e catastale, dovute in misura proporzionale, non possono essere comunque inferiori alla misura fissa (168 euro);
          l'aliquota normale per l'imposta è pari al 2 per cento;
          a titolo di esempio si può riportare quanto documentato da alcuni creditori che hanno fornito le seguenti informazioni: per un importo di credito vantato pari a 168.000 euro, si sono anticipati oltre le spese per le marche da bollo quantificabili in circa euro 200, le spese fisse, comprovate dai versamenti con F24, di circa 400 euro per emissione del decreto ingiuntivo e 4.194 euro per l'iscrizione ipotecaria a seguito dell'ottenimento dell'esecutività del decreto;
          le ingenti somme che il creditore è costretto ad anticipare per l'azione legale potrebbe disincentivare il recupero del credito e permettere ai debitori di continuare ad operare sul mercato rimanendo insolventi;
          spesso a seguito di transazione tra le parti il recuperato è inferiore alla cifra iniziale e pertanto l'onere erariale pagato anticipatamente sul totale del credito rimane a carico del creditore  –:
          se non ritenga opportuno intervenire al fine di rendere più agevole e meno onerosa la procedura di recupero del credito, in tal senso anche assumendo iniziative normative che prevedano la possibilità che l'onere erariale sia corrisposto successivamente al recupero e sulla base della somma effettivamente recuperata.
(5-07274)


      RUBINATO, FOGLIARDI, SBROLLINI, VIOLA e BENAMATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          a partire dal decreto-legge n.  112 del 2008, si sono operati una serie di drastici tagli che hanno colpito il sistema nazionale dell'istruzione;
          la riduzione delle risorse ha riguardato anche la scuola paritaria non statale, che ha registrato a partire dalla manovra di bilancio 2009 una serie di consistenti decurtazioni superiori anche al 50 per cento della somma stanziata a bilancio dello Stato per il 2008 (535 milioni circa);
          successivamente, ogni anno, considerata l'insostenibilità di tali decurtazioni, il Parlamento e il Governo hanno via via proceduto a stanziare dei contributi integrativi, in tempi e con modalità che hanno reso tuttavia difficile per tali istituzioni procedere ad una regolare programmazione del servizio scolastico;
          in particolare, la legge di bilancio 2011, nel programma 1.9, istituzioni scolastiche non statali, ha previsto uno stanziamento in conto competenza di 281,2 milioni di euro sul cap. 1477 «Contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta». In corso di esercizio sono state operate variazioni sia in aumento (per 2,7 milioni di euro quali somme derivanti dal riparto del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa), sia in diminuzione (per circa 29 milioni di euro, conseguente all'accantonamento cautelativo effettuato ai sensi dell'articolo 1, comma 13, della legge n.  220 del 2010, poi trasformato in vera e propria decurtazione ai sensi dell'articolo 40, comma 1-bis, del decreto-legge n.  98 del 2011) per cui lo stanziamento definitivo del cap. 1477, al 31 dicembre 2011, è risultato pari a 254,5 milioni di euro, a cui si sono aggiunti ulteriori 245 milioni, derivati dal riparto del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, come determinato ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge di stabilità 2011, che sono stati iscritti in un apposito cap. 1299 «Somme da trasferire alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie»; nel complesso, dunque, al 31 dicembre 2011, per le scuole paritarie sono stati stanziati, sui due capitoli indicati, complessivi 499,5 milioni di euro;
          nel bilancio di previsione per il 2012, il programma 1.9 istituzioni scolastiche non statali è dotato di 511,2 milioni di euro per il 2012, di cui 242 milioni allocati, per il solo anno 2012, sul cap. 1299 «somme da trasferire alle regioni per il sostegno delle scuole paritarie», ai sensi dell'articolo 33, comma 16, della legge n.  183 del 2011 e 268,9 milioni di euro sul cap. 1477 «contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta», sul quale è stato registrato un accantonamento indisponibile per un importo pari a circa 3,5 milioni di euro, disposto ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quinquies, del decreto legge n.  16 del 2012;
          per i prossimi anni 2013 e 2014 le risorse del programma di spesa 1.9 risultano iscritte sul cap. 1477 per un importo pari a 278,6 milioni di euro, ma anche per tali anni saranno disposti accantonamenti indisponibili, allo stato attuale non ancora quantificati;
          gli effetti della predetta riduzione di oltre il 50 per cento dello stanziamento per i prossimi anni incideranno in modo pesante sul servizio offerto dalle scuole dell'infanzia e primaria paritarie, che sin qui hanno accolto rispettivamente circa 640.000 bambini (pari al 40 per cento della popolazione scolastica di età compresa tra i 3 e i 6 anni) e 196.000 bambini dai 6 ai 10 anni, occupando oltre 80.000 persone, tra personale docente e non docente, contribuendo in modo significativo al buon livello qualitativo raggiunto dalla scuola pubblica italiana;
          la rete delle scuole dell'infanzia paritarie, in particolare, presenti in tutto il territorio nazionale in 4.800 comuni, ha contribuito al raggiungimento degli obiettivi di allargamento del relativo servizio fissati dal Ministero dell'istruzione; in alcune regioni, quali il Veneto, la Lombardia e l'Emilia-Romagna, il servizio da esse offerto è stato determinante per garantire la funzione sociale ed educativa di questo servizio fondamentale per le famiglie, coprendo oltre il 55 per cento dell'offerta del servizio;
          in Veneto questa percentuale, secondo i dati dell'ufficio scolastico regionale, sale addirittura al 67,03 per cento: sono ben 1.183 scuole dell'infanzia che nell'anno scolastico 2010/2011 hanno accolto 93.802 bambini dai 3 ai 6 anni, di cui 660 disabili e 9.613 stranieri; contano circa 9.500 dipendenti, di cui 5.700 docenti; si tratta di scuole che hanno radice nella tradizione degli «asili infantili» nati in ambito caritativo e laico, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, prima che fossero aperte le scuole materne da parte dello Stato, anche se in molti casi la gestione è ora demandata ad associazioni di genitori, oppure affidata a cooperative sociali. Esse sono diffuse capillarmente nel territorio, tanto da costituire in, molti comuni l'unico servizio presente per l'infanzia, cosicché le due scuole, la paritaria e la statale, «trovano nel nostro territorio regionale un'effettiva integrazione quali strumenti a servizio di un medesimo sistema educativo pubblico» (v. relazione del maggio 2011 dell'ufficio IV della direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di Venezia), con un notevole risparmio per le casse dello Stato, di oltre 520 milioni di euro l'anno secondo dati forniti dalla Fism;
          nel Centro sud la situazione si presenta capovolta e la percentuale di scuole dell'infanzia statali supera in media il 63 per cento del totale, con i conseguenti maggiori esborsi sostenuti dallo Stato per l'erogazione del servizio e la gratuità del servizio per le famiglie, con una evidente disparità di trattamento rispetto alle famiglie, come appunto quelle del Veneto, che devono corrispondere per il servizio della scuola dell'infanzia una retta mensile che va in media dai 150 ai 180 euro;
          la consistente riduzione dei contributi statali per gli anni 2013 e seguenti, in concomitanza con la difficoltà degli enti locali, a causa dei sempre più pesanti vincoli del patto di stabilità e dei tagli dei trasferimenti imposti dalle manovre finanziare, di compensare le carenze di liquidità dovute ai tagli operati a livello statale, avrà come conseguenza inevitabile, in un momento di grave crisi economica generale, che molte scuole dell'infanzia paritarie saranno costrette ad aumentare le rette a carico delle famiglie (che già coprono circa il 60 per cento del costo di gestione del servizio) o, in alternativa, per non venire meno alla funzione sociale da sempre svolta, alla chiusura di classi o di scuole intere;
          in effetti la Fism del Veneto ha già annunciato alla stampa la chiusura di almeno 13 scuole (1 a Belluno, 3 a Padova, 4 a Treviso, 2 a Verona, 3 a Vicenza), a partire dal prossimo 10 settembre, con il risultato di 60 nuove sezioni chieste alla scuola dell'infanzia statale e almeno 1.080 bambini potenzialmente senza scuola;
          la stessa direzione dell'ufficio regionale scolastico del Veneto ha comunicato di recente al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che la scuola dell'infanzia statale, allo stato attuale non è in grado di accogliere, nell'ambito del contingente assegnato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'as. 2012/13, le numerose richieste di istituzione di nuove sezioni statali, per soddisfare le quali sarebbero necessari almeno 98 posti in più rispetto a quelli già autorizzati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tali istanze constano da un lato nella richiesta di un numero aggiuntivo di sezioni, presso scuole statali già funzionanti, a causa dell'aumento dei bambini iscritti (26 sezioni, per un totale di 52 posti – due docenti per ogni sezione – e 630 circa alunni interessati) e dall'altro nella «statalizzazione» di scuole paritarie che, per difficoltà economiche, cesseranno la loro attività dal prossimo 10 settembre (23 sezioni, per un totale di 46 posti e circa 570 alunni interessati);
          conclusivamente, appare evidente che se le scuole paritarie dell'infanzia fossero costrette a chiudere a causa del dimezzamento del contributo statale lo Stato dovrebbe sostenere una spesa aggiuntiva per provvedere ad erogare direttamente il servizio della scuola dell'infanzia, di entità notevolmente superiore al reintegro dello stanziamento per le istituzioni scolastiche non statali al livello degli anni precedenti, con il rischio che comunque si verifichi in alcune regioni, come il Veneto, la Lombardia, ma anche l'Emilia-Romagna, una grave emergenza educativa, per il numero di bambini che rimarrebbero privi del servizio educativo in piena contraddizione con gli obiettivi di allargamento della scuola dell'infanzia prefissati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma anche ad un'emergenza sociale, per il venir meno di un servizio indispensabile alle famiglie in territori in cui entrambi i genitori molto spesso lavorano, ed occupazionale, considerato il numero di persone dipendenti di queste scuole che rimarrebbero senza lavoro;
          in effetti alcune di queste scuole che per motivi economici (a seguito della riduzione dei finanziamenti e per l'impossibilità di aumentare le rette) o di iscrizioni insufficienti sarebbero state costrette a chiudere una o più sezioni, con conseguenti «esuberi» di maestre e personale non docente, hanno già deciso di adottare i contratti di solidarietà per evitare i licenziamenti;
          il Governo sta predisponendo il bilancio di previsione dello Stato per il 2013  –:
          se non ritenga di assumere iniziative per provvedere con urgenza al reintegro per l'anno 2013 e seguenti delle risorse a favore delle scuole paritarie, almeno nella misura stanziata nel 2012, al fine di dare certezza sull'entità dei fondi e sui tempi di erogazione per consentire a tali istituzioni una regolare programmazione del servizio scolastico, anche al fine di salvaguardare gli obiettivi di allargamento del servizio della scuola dell'infanzia stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          se non ritenga di assumere iniziative per prevedere, anche in ragione della diversa distribuzione sul territorio nazionale della rete delle scuole statali e paritarie dell'infanzia, che le somme corrisposte a titolo di retta o contributo per la frequenza delle scuole dell'infanzia paritarie possano essere portate in detrazione ai fini Irpef, almeno parzialmente, a partire dai contribuenti residenti nelle regioni in cui le scuole dell'infanzia statali coprano meno del 50 per cento dell'offerta formativa;
          se non ritenga altresì di assumere iniziative per prevedere che, nelle regioni in cui le scuole dell'infanzia paritarie coprono oltre il 50 per cento dell'offerta formativa, i contributi erogati dalle amministrazioni regionali e comunali per consentire il loro funzionamento e il calmieramento delle rette a carico delle famiglie non vengano computati – almeno in parte – ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno. (5-07277)

Interrogazioni a risposta scritta:


      NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la regione Piemonte, recentemente ha avviato una campagna informativa volta a promuovere una serie di misure e di servizi per contrastare la fuga di talenti italiani all'estero, nonché uno sportello per agevolare il rimpatrio e il reinserimento di tutti gli altri giovani piemontesi emigrati all'estero;
          nel 2011, oltre 27 mila giovani hanno lasciato il Paese per esperienze lavorative e percorsi formativi all'estero: 2.200, secondo quanto risulta dall'assessorato al lavoro della suddetta regione, sono infatti piemontesi;
          la stima del danno per il prodotto interno lordo è di circa un miliardo di euro l'anno e, conseguentemente, per indurre i propri talenti a rientrare dall'estero, la stessa regione piemontese, ha inaugurato uno sportello virtuale, investendo un milione di euro, con la finalità di incentivare il rientro di 100-150 giovani che si trovano attualmente all'estero;
          la legge 30 dicembre 2010, n.  23 recante «Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia», intende contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate dai cittadini dell'Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia, che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializzazione post lauream all'estero e che decidono di fare rientro in Italia;
          a tal fine la suddetta legge prevede la concessione d'incentivi fiscali, sotto forma di minore imponibilità del reddito, in favore di determinati soggetti individuati dal medesimo provvedimento legislativo;
          a giudizio dell'interrogante, la cosiddetta «fuga dei cervelli» che ha investito il Piemonte, così come precedentemente esposto, non riguarda soltanto questa regione, ma è un fenomeno su scala nazionale che coinvolge in maniera più ampia, molte altre realtà territoriali del Paese;
          è opportuno conseguentemente prevedere misure volte a divulgare, le agevolazioni indicate dalla suesposta legge, attraverso un'adeguata campagna informativa in grado di informare in maggior misura, le opportunità individuate dalla legge n.  238 del 2010  –:
          quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se non ritenga opportuno adottare celermente tutte le iniziative necessarie volte a dare attuazione a quanto esposto in premessa, con riferimento ad una campagna informativa capace di far conoscere quanto disposto dalla legge n.  238 del 2010 sugli incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia. (4-16840)


      ALBINI e MARIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          a febbraio 2012 la Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge di conversione del decreto-legge n.  216 del 2011 – il cosiddetto Milleproroghe – che contiene disposizioni di proroga e di differimento di termini e di regimi giuridici in diversi settori;
          è stato approvato un emendamento al comma 4-bis all'articolo 1 del decreto-legge con cui è stato introdotto il principio secondo cui, prima di reclutare nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo tributario, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, devono attingere, fino al loro completo esaurimento, dalle graduatorie regionali dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio;
          il comma 4-bis all'articolo 1 del decreto-legge n.  216 del 2011 recita: «L'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico, pubblicate in data 16 ottobre 2009, relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle entrate, di cui all'avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n.  101 del 30 dicembre 2008, è prorogata al 31 dicembre 2012. In ottemperanza ai principi di buon andamento ed economicità della pubblica amministrazione, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, prima di reclutare nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo-tributario, attingono, fino alla loro completa utilizzazione, dalle graduatorie regionali dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio, nel rispetto dei vincoli di assunzione previsti dalla legislazione vigente»;
          l'Agenzia delle dogane ha denunciato una carenza di organico per la III area pari a 1.125 unità, esprimendo la volontà e l'intenzione di colmare tale carenza di organico in III area non ricorrendo però alla citata graduatoria ma utilizzando altre forme di impiego;
          l'Agenzia delle entrate ha bandito nel 2011 un nuovo concorso per l'assunzione di 855 funzionari per attività amministrativo-tributaria, pur avendo ancora un cospicuo numero di idonei da avviare al tirocinio –:
          quali iniziative si intendano intraprendere per dare concreta attuazione alla normativa introdotta dall'articolo 1, comma 4-bis, del decreto-legge n.  216 del 2011, cosiddetto Milleproroghe, al fine di consentire il completo scorrimento, fino ad esaurimento, delle graduatorie regionali di merito pubblicate in data 16 ottobre 2009. (4-16853)


      NICOLA MOLTENI e RIVOLTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 17 marzo 2010 la regione Lombardia con delibera di giunta regionale n.  VIII/11498 del 17 marzo 2010, recante «VI Atto integrativo dell'Accordo di programma Quadro in materia di edilizia sanitaria del 3 marzo 1999 – annualità 2010 – programma investimenti articolo 20 legge n.  67 del 1988», approva il VI atto integrativo in materia di edilizia sanitaria con la relativa documentazione prevista dall'accordo tra Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 28 febbraio 2008 per la «definizione delle modalità e procedure per l'attivazione dei programmi di investimento in sanità»;
          il 20 aprile 2010, a seguito dell'istruttoria positiva del Ministero della salute, il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici in sanità del Ministero della salute esprimeva parere favorevole al VI atto integrativo all'accordo di programma in sanità per un importo a carico dello Stato pari a 491.532.299,81 euro, composto da 85 interventi di edilizia sanitaria;
          tra gli 85 interventi previsti risultano particolarmente importanti quelli sui presidi di Cantù e di Mariano Comense, per un costo a carico dello Stato rispettivamente di 4.337.912,99 euro e di 6.197.018,55 euro;
          i due presidi ospedalieri necessitano di importanti adeguamenti strutturali; l'ospedale di Cantù deve rimediare a gravi inadeguatezze del blocco operatorio, adeguare gli impianti antincendio, cucina e mensa, oltre ad altre opere nell'edificio «M», mentre l'ospedale di Mariano deve adeguare i propri impianti;
          per il finanziamento degli interventi sull'ospedale di Cantù è previsto anche il contributo di un partner privato pari ad un milione di euro;
          tale finanziamento del soggetto privato è stato realizzato consentendo l'ammodernamento e il miglioramento strutturale dell'ospedale di Cantù con riferimento al blocco delle sale operatorie;
          ad oggi il VI atto integrativo, giacente al Ministero dell'economia e delle finanze dal 31 maggio 2010, è in attesa del prescritto concerto del Ministero medesimo;
          successivamente all'avvenuta acquisizione del concerto del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'avvenuta acquisizione dell'intesa con la Conferenza Stato-regioni, l'atto integrativo potrà essere stipulato fra regione Lombardia, Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero della salute;
          pertanto la regione potrà iscrivere a bilancio le somme necessarie per la realizzazione degli interventi del VI atto integrativo, già in istruttoria da parte del Ministero della salute nel corso dell'anno 2009, solo dopo la sottoscrizione dell'accordo di programma;
          con gli imminenti provvedimenti sulla spending review il Governo prevede di effettuare un ulteriore taglio di spesa per il sistema sanitario nazionale di 3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo nel 2012 e 2 miliardi nel 2013;
          tale riduzione andrà ad incidere negativamente sulle risorse a disposizione delle regioni con un inevitabile peggioramento dei servizi sanitari ospedalieri locali  –:
          in quali tempi il Ministro dell'economia e delle finanze preveda di esprimere il proprio assenso al VI atto integrativo in materia di edilizia sanitaria citato in premessa, dando il via alla sottoscrizione dell'accordo di programma per la realizzazione delle opere in materia di edilizia sanitaria in regione Lombardia, consentendo l'avvio dei lavori anche nei presidi di Cantù e di Mariano Comense;
          se non si ritenga opportuno rivedere l'ulteriore taglio ipotizzato al sistema sanitario nazionale. (4-16854)


      SAGLIA e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'utilizzo di campi da gioco a 11 in sintetico sta conoscendo, a tutti i livelli, una particolare diffusione, dettata da due fattori: minori costi di gestione e maggiori possibilità di utilizzo;
          ragioni di sicurezza e di tutela della salute impongono l'omologazione e, dopo 4 anni, un controllo successivo della loro efficienza e idoneità (riomologazione);
          la competenza delle verifiche è in capo alla Lega Nazionale Dilettanti che le effettua per il tramite di un ristretto numero di ditte specializzate che devono coprire l'intero territorio nazionale;
          questi interventi comportano, anche per i costi indiretti imputabili alla succitata organizzazione centralizzata, un consistente onere a carico degli enti proprietari, in prevalenza comuni, che si ripercuote sui costi di gestione dell'attività sportiva e conseguentemente sulle tariffe praticate alle famiglie dei ragazzi la cui lievitazione, in questa fase di acuta crisi economica, può costituire un forte deterrente al proseguimento o all'avvio della pratica sportiva;
          si sta concretizzando l'ipotesi che questa formula di omologazione venga estesa anche al campo di gioco a 7;
          i costi elevati derivano anche da una scarsa o assente programmazione degli interventi sul territorio da parte della Lega Nazionale Dilettanti e della società incaricata  –:
          se intendano assumere iniziative normative volte a parificare i costi di riomologazione dei campi da gioco a spese fiscalmente deducibili per quei soggetti proprietari o gestori che rientrino in un idoneo regime fiscale così da incidere nella riduzione dei costi attribuiti alle associazioni sportive. (4-16860)


      GALLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la risposta del commissario europeo Gunther Oettinger all'interrogazione E-002773/2012 conferma la «preoccupazione della Commissione per la politica italiana di sostegno alle energie rinnovabili, specificando di essere a conoscenza dei regimi italiani di sostegno a tali energie e di starne controllando attentamente la riforma nel quadro dell'attuazione della Direttiva 2009/28/CE Eu.Parl. e Consiglio, del 23 aprile 2009», ricordando «che la direttiva sulle energie rinnovabili ha migliorato il regime della “garanzia di origine” per garantire che sia una prova attendibile dell'energia da fonti rinnovabili, principalmente nell'ambito dell'obbligo di specificare il mix energetico di cui alla direttiva 2003/54/CE. Di conseguenza le “garanzie di origine” sono diverse dai meccanismi di cooperazione istituiti nell'ambito della direttiva sulle energie rinnovabili, che disciplinano l'eventuale negoziazione di energie rinnovabili tra Stati membri e con paesi terzi»;
          la risposta del commissario Oettinger ha chiaramente evidenziato che i certificati di origine non potevano essere utilizzati dal GSE per dimostrare che l'elettricità importata da un Paese terzo fosse da fonte rinnovabili;
          il sostegno alle fonti rinnovabili non può essere considerato come un costo unilateralmente sostenuto dai soli cittadini utenti senza che essi abbiano piena contezza della reale rinnovabilità delle fonti, ma è necessario e dovuto che si garantisca al cittadino che i soldi chiesti, compresi nel costo dell'energia in bolletta, siano impiegati senza che nessuno approfitti di tale politica o che sia scorrettamente privilegiato, oppure senza che tali costi si traducano in aiuti per imprese immeritevoli;
          ogni anno i cittadini e le imprese italiane erogano al GSE – gestore dell'intero sistema elettrico nazionale e quindi ente monopolista del tutto anomalo nel panorama europeo – per sostenere energie rinnovabili non provate, non meno di 7 miliardi di euro, ed è previsto che a breve la cifra salga a 11 miliardi;
          la direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, all'articolo 37, attribuisce alle Autorità di regolamentazione degli Stati membri il potere di imporre ai gestori del sistema di trasmissione e di distribuzione di modificare le condizioni e le modalità, comprese le tariffe o le metodologie per il relativo calcolo; rientra quindi nelle competenze nella responsabilità dell'autorità nazionale di regolamentazione italiana intervenire in situazione come quelle oggetto della presente interrogazione e della precedente n.  3-02049 a firma dell'interrogante;
          va evidenziato che lo stesso articolo della direttiva 2009/72/CE da facoltà a qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro il gestore di un sistema di trasmissione o distribuzione per quanto concerne gli obblighi di quest'ultimo ai sensi della direttiva di adire all'autorità di regolamentazione, la quale, in veste di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro due mesi dalla ricezione del reclamo;
          poiché occorre porre fine a forme di sostegno profondamente discutibili, come il caso del costo pagato dagli italiani per l'improbabile e non correttamente certificata importazione di elettricità rinnovabile in Italia, ricordando come gli elevati costi dell'energia elettrica italiani – molto superiori alla media europea – influiscano negativamente sulla produzione delle imprese italiane, sulla propensione di investimenti produttivi in Italia e sulla capacità di risparmio e consumo dei cittadini, è opportuno segnalare che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato (causa Federutility C-295/08) che l'intervento statale sul prezzo non è, in quanto tale, vietato ma deve:
              a) essere giustificato nell'interesse economico generale;
              b) rispettare il principio di proporzionalità;
              c) soddisfare il requisito di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva per quanto riguarda gli obblighi di servizio pubblico;
          appaiono pertanto evidenti le condizioni per un intervento dello Stato in tale contesto  –:
          se intendano attuare quanto nelle prerogative statali è previsto al fine di riportare il costo dell'energia elettrica alle reali quantità di energia rinnovabile correttamente certificata e dichiarata all'Unione europea, nonché da essa accettata, che vengono immesse nella rete italiana, nonché ogni iniziativa di propria competenza per adeguare il prezzo dell'energia elettrica alle medie europee, in un quadro più generale di tutela dell'utenza e di sostegno alla produzione interna, agli investimenti ed al risparmio dei cittadini;
          se e quali iniziative intenda assumere affinché il GSE a restituisca i 500 milioni di euro sborsati dai cittadini italiani che hanno pagato certificati verdi inutili rifondendo i danni indotti dall'aumento di dubbia legittimità del costo dell'elettricità, che ha trascinato i prezzi elettrici interni ad un indebito rialzo. (4-16861)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il provveditore regionale ha convocato nelle scorse ore i segretari regionali delle organizzazioni sindacali per alcune comunicazioni urgenti;
          oggetto di tali informazioni l'imminente apertura del nuovo istituto di Tempio Pausania entro il quindici del corrente mese per far fronte alle necessità della casa circondariale di Sassari;
          in particolare verranno trasferiti 30 detenuti da Sassari a Tempio ed il personale verrà reperito mediante provvedimenti di missione personale attualmente in servizio in altri istituti della Sardegna;
          in particolare 6 unità dalla casa circondariale di Sassari e una unità da tutti gli istituti della regione ad eccezione dell'istituto di Alghero;
          è stato altresì richiesto al dipartimento l'invio di dieci unità sulla base delle risultanze della mobilità ordinaria;
          forti critiche e dubbi sono stati espressi dall'UGL polizia penitenziaria;
          l'UGL polizia penitenziaria ha dichiarato di respingere tutte le ipotesi di nuove aperture di istituti e/o diramazioni senza il relativo adeguamento dell'organico di polizia penitenziaria;
          si contesta lo spostamento in nuovi istituti di detenuti provenienti da realtà in grosse difficoltà strutturali le quali devono essere poste in condizione di far fronte alle loro difficoltà sostenute dalla stessa amministrazione penitenziaria;
          in tutti gli istituti penitenziari della Sardegna la misura è ormai colma e la soluzione delle problematiche non può più essere quella di tamponare sempre e comunque l'emergenza ma semmai la ricerca di soluzioni definitive a partire dagli organici di polizia penitenziaria;
          è stato ribadito il diniego a missioni del personale di polizia penitenziaria durante questo periodo dell'anno tradizionalmente dedicato alla rotazione delle unità per il piano ferie estivo;
          si sollevano rilievi, anche per il mancato coinvolgimento dei comandanti di reparto, spesso e volentieri i veri destinatari delle decisioni e delle disposizioni dei vertici dell'amministrazione penitenziaria;
          risulta confermato il tentativo di apertura degli altri nuovi Istituti a partire dal carcere di Oristano-Massama dove al termine dei dovuti collaudi previsti entro il 15 agosto 2012, l'apertura sarà certamente successiva al completamento del piano ferie estivo del personale di polizia penitenziaria; nessuna novità per gli altri istituti  –:
          se non ritenga di dover preventivamente all'apertura delle nuove strutture penitenziarie mettere a punto un piano complessivo e organico del personale alfine di garantire sia la sicurezza delle strutture che degli stessi operatori carcerari;
          se non ritenga di dover evitare di smobilitare le già precarie strutture esistenti garantendo quel rapporto agente detenuto che garantirebbe la corretta gestione delle strutture penitenziarie;
          se non ritenga di dover promuovere un bando di mobilità per il personale sardo dislocato nel resto del Paese desideroso di rientrare in Sardegna;
          se non ritenga di dover predisporre un piano organico e complessivo per la corretta apertura delle nuove strutture carcerarie della Sardegna. (5-07269)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PICCOLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  148 del 2011, ha stabilito che i tribunali che abbiano un numero di magistrati inferiore a 15 unità debbano essere soppressi al fine di realizzare economie di spesa per la gestione delle sedi, accorpando le attrezzature, il personale ed i magistrati nei tribunali metropolitani;
          il Ministro interrogato ha fissato, già dall'inizio dell'anno, i criteri per l'attuazione di tale normativa senza procedere ad una preventiva consultazione con gli enti territoriali;
          per effetto di tale previsione, la sezione distaccata di Ischia del tribunale di Napoli, che serve una popolazione di 66.000 abitanti circa (che nel periodo estivo arriva anche a 360.000 abitanti), sarà soppressa;
          attualmente essa si trova allocata in un edificio del comune di Ischia, utilizzato gratuitamente e per il quale, quindi, il Ministero della giustizia non sostiene alcuna spesa;
          alla predetta sezione sono addetti otto magistrati, sette dipendenti amministrativi e tre ufficiali giudiziari;
          vi è annesso, inoltre, un ufficio del giudice di pace con quattro magistrati, quattro amministrativi ed un messo notificatore;
          la sua soppressione comporta un danno gravissimo alla comunità isolana e a tutti gli operatori (circa quattrocento avvocati) del foro locale, in quanto è previsto l'accorpamento di tale importante ufficio giudiziario in un mega tribunale, dove saranno concentrate le sette sezioni distaccate del circondario di Napoli (Frattamaggiore, Casoria, Ischia, Afragola, Capri, Marano, Portici);
          a causa del forte ridimensionamento dei trasporti marittimi per effetto della riduzione dei finanziamenti statali e regionali alla CAREMAR, che presto sarà privatizzata, e del rilevante aumento dei biglietti del trasporto privato, i collegamenti con l'isola sono fortemente ridotti, oltre che sempre più onerosi;
          il monopolio dell'armamento privato comporterà riduzione di corse ed aumenti dei costi che accresceranno pesantemente, fino a diventare insostenibili, i disagi della massa di persone che quotidianamente dovrà raggiungere il continente per recarsi alla nuova sede del tribunale di Napoli;
          già adesso accade che molti passeggeri restino a terra senza potersi imbarcare in quanto i posti sugli aliscafi non sono più sufficienti, a seguito del disarmo di quelli della CAREMAR;
          è facilmente prevedibile che il servizio giustizia diventi un privilegio per pochi e, per di più, a costi elevatissimi, vanificando in tal modo la funzione sociale dell'amministrazione giudiziaria, con inevitabili e dirompenti ripercussioni sulla condizione della tutela dei diritti dei cittadini e, quindi, sullo stato di una normale e ordinata convivenza civile;
          peraltro, da voci raccolte negli ambienti giudiziari, sembrerebbe emergere un orientamento volto ad evitare l'accorpamento delle sezioni distaccate soppresse presso la cittadella giudiziaria del centro direzionale, dove pure vi sono adeguati spazi disponibili, per annettere la sezione di Ischia ad un nuovo tribunale da aprire a Napoli o ad Agnano con costi elevatissimi;
          tale previsione costituirebbe una soluzione disastrosa per i cittadini dell'isola d'Ischia che subirebbero un ingiusto e gravissimo danno, interdicendo loro la possibilità di un normale e facile accesso al servizio giustizia  –:
          se il Ministro non ritenga opportuno riesaminare i criteri di applicazione della citata legge n.  148 del 2011, prevedendo che si debba tenere conto della particolare, eccezionale condizione di disagio dell'isola di Ischia nei collegamenti con il continente e, conseguentemente, valutare il mantenimento della sezione distaccata di Ischia del tribunale di Napoli, tenuto conto dell'economia di spesa per l'utilizzo gratuito della sede, dell'elevato contenzioso, della densità demografica dell'isola e della necessità di garantire alla locale popolazione la fruizione normale e corretta del servizio giustizia, in una condizione di parità e di uguaglianza con gli altri cittadini italiani. (4-16836)


      CASSINELLI. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la condizione delle carceri in Italia è sempre più preoccupante, i detenuti negli istituti penitenziari sono infatti 66.487 a fronte di una capienza regolamentare di 45.743 unità;
          notizie di stampa, confermate da fonti della polizia penitenziaria, attestano il pesante sovraffollamento presente nel carcere Massa Carrara: i detenuti dovrebbero essere 175 a fronte di 260, e, con l'apertura del nuovo reparto detentivo, si procederà all'assegnazione di ulteriori 100 unità, senza alcun incremento di agenti della polizia penitenziaria;
          la sezione in questione presenta gravi carenze logistico-operative che potrebbero ripercuotersi sull'incolumità dei detenuti e degli agenti della Polizia penitenziaria;
          inoltre, nel carcere di Massa Carrara si manifesta una grave carenza di personale, diventata ormai insostenibile: 120 unità, a fronte di un organico minimo di 159 unità per garantire la sicurezza e il funzionamento della struttura;
          nonostante questo quadro d'insieme, la situazione non è fino ad ora degenerata solo grazie alla grande professionalità dimostrata dagli agenti di Polizia penitenziaria che riescono a gestire situazioni spesso pericolose  –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere per far sì che la situazione del carcere di Massa Carrara, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga ripristinata ai livelli di tollerabilità e sicurezza, rinviando, inoltre, l'apertura del nuovo reparto dopo l'estate dopo aver risolto le carenze funzionali e pensando di spostare una parte dei detenuti già presenti nella nuova ala, per limitare il grave problema del sovraffollamento, ed incrementare l'organico della polizia penitenziaria, usufruendo dei corsi che stanno volgendo al termine. (4-16846)


      CASSINELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la condizione delle carceri in Italia è sempre più preoccupante, i detenuti negli istituti penitenziari sono infatti 66.487 a fronte di una capienza regolamentare di 45.743 unità;
          notizie di stampa, confermate da fonti della polizia penitenziaria, attestano il pesante sovraffollamento presente nel carcere Massa Carrara: i detenuti dovrebbero essere 175 a fronte di 260, e, con l'apertura del nuovo reparto detentivo, si procederà all'assegnazione di ulteriori 100 unità, senza alcun incremento di agenti della polizia penitenziaria;
          la sezione in questione presenta gravi criticità e carenze logistico-operative che potrebbero ripercuotersi sull'incolumità dei detenuti e degli agenti della Polizia penitenziaria: eccessive temperature, i cosiddetti «blindati» delle celle nell'apertura vanno a coprire gli spioncini impedendo un'adeguata vigilanza del bagno della cella, il comando di apertura/chiusura delle celle aziona contemporaneamente sei stanze, con grande rischi per l'incolumità degli agenti, il cavo di alimentazione dei motori per l'apertura delle porte è visibile e raggiungibile dall'esterno e potrebbe essere facilmente strappato;
          l'impianto antincendio del carcere non risulta funzionante perché non collegato alla rete idrica;
          inoltre, nel carcere di Massa Carrara si manifesta una grave carenza di personale, diventata ormai insostenibile: 120 unità, a fronte di un organico minimo di 159 unità per garantire la sicurezza e il funzionamento della struttura;
          nonostante questo quadro d'insieme, la situazione non è fino ad ora degenerata solo grazie alla grande professionalità dimostrata dagli agenti di polizia penitenziaria che riescono a gestire situazioni spesso pericolose  –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere per far sì che la situazione del carcere di Massa Carrara, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga ripristinata ai livelli di tollerabilità e sicurezza, rinviando, inoltre, l'apertura del nuovo reparto dopo l'estate dopo aver risolto le carenze funzionali e strutturali. (4-16847)


      MARINELLO, TASSONE, PORCU, ARACU, SANTELLI, VELLA, DI BIAGIO, GAROFALO, GERMANÀ, VINCENZO ANTONIO FONTANA, MINARDO, MISURACA, LUCIANO ROSSI, CERONI, CICCIOLI, BELCASTRO, IANNACCONE, PORFIDIA, SCALIA, LO PRESTI, DE LUCA, ANTONINO FOTI, BARANI, TOCCAFONDI, GIOACCHINO ALFANO, CESARIO, GARAGNANI, LABOCCETTA, ROMELE, CANNELLA, BIANCOFIORE, OSVALDO NAPOLI, MARIO PEPE (Misto-R-A), IANNARILLI, TERRANOVA, CICCANTI, OCCHIUTO, NARO, MARSILIO, PAGANO e BACCINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la legislazione italiana in tema di giustizia minorile è all'avanguardia a livello internazionale e il Dipartimento della giustizia minorile esporta le proprie best practices di reinserimento e formazione dei minori a livello europeo;
          il dipartimento della giustizia minorile è senza capo dipartimento dallo scorso marzo ed altre professionalità interne, quali il direttore generale per l'esecuzione dei provvedimenti giudiziari è ancora in attesa del rinnovo dell'incarico, scaduto lo scorso 17 gennaio;
          le organizzazioni sindacali hanno più volte interpellato il Ministro affinché rivolgesse la massima attenzione al mondo della giustizia minorile, ed in particolare l'Ugl ha segnalato al Ministro l'anomalia del mancato rinnovo dell'incarico al direttore generale per l'esecuzione dei provvedimenti giudiziari, riconoscendo alla dottoressa Serenella Pesarin doti professionali ed umane assolutamente eccezionali;
          da quanto risulta all'interrogante, lo scorso 10 gennaio, l'allora capo dipartimento della giustizia minorile, ha inviato al capo di gabinetto il parere favorevole al rinnovo dell'incarico alla dottoressa Pesarin e successivamente, in data 17 gennaio ha inviato gli obiettivi connessi al mandato richiesti dal capo di gabinetto per procedere alla predisposizione del decreto di rinnovo;
          ad oggi non si è avuta nessuna notizia né sulla procedura di eventuale rinnovo né sulla cessazione dell'incarico e si rileva che, nonostante ciò, la dottoressa Pesarin continua a svolgere le funzioni di direttore generale, essendo anche stata incaricata dal proprio capo dipartimento a rappresentare il dipartimento e il ministero in numerose sedi istituzionali;
          l'ufficio centrale del bilancio ha chiesto delucidazioni al Ministero in quanto l'incarico risulta scaduto e non ancora rinnovato e da ciò derivano problemi nella gestione delle partite stipendiali dovute ai dirigenti di prima fascia  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno dare un segnale di attenzione verso la giustizia minorile procedendo celermente alla nomina di un capo dipartimento e al rinnovo dell'incarico di direttore generale citato in premessa;
          quali iniziative intenda intraprendere per assicurare al settore della giustizia minorile tutte le risorse, umane e finanziarie, necessarie per l'espletamento del mandato istituzionale di codesto dipartimento. (4-16848)


      SPOSETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la delega conferita al Governo dalla legge 14 settembre 2011, n.  148, prevede di procedere alla riduzione del numero dei presidi giudiziari di primo grado ed alla razionalizzazione dei relativi assetti territoriali;
          il Governo ha affidato a una commissione consultiva istituita presso il Ministero della giustizia lo studio di detti tagli che consentirà al Ministero stesso di effettuare risparmi di natura economica;
          questa commissione avrebbe, secondo alcune anticipazioni giornalistiche, previsto anche la soppressione degli uffici giudiziari di Civita Castellana e di Montefiascone, due presidi di giustizia che coprono da anni in modo equilibrato la provincia di Viterbo e che, nel 2010, hanno trattato oltre tremila cause penali e civili;
          una simile situazione penalizzerebbe gravemente l'amministrazione della giustizia per l'intera provincia di Viterbo, con conseguenti disagi per i cittadini, che non potranno più confidare in un efficiente e rapido funzionamento della stessa, nonché per la sicurezza del territorio;
          per la città di Civita Castellana la perdita degli uffici giudiziari, oltre a pregiudicare il buon funzionamento della giustizia ed il servizio reso alla cittadinanza, sia in materia civile che penale, comporterebbe ulteriori oneri e disagi alle imprese impegnate nel distretto industriale ceramico, già gravate da una crisi economica senza precedenti;
          questa prospettiva rischierebbe di penalizzare il tribunale di Viterbo che da anni svolge una mole di lavoro significativa ed importante anche in relazione alla presenza nella stessa città della casa circondariale Mammagialla, la quale ospita detenuti in regime di 41-bis;
          pur comprendendo l'esigenza di contenimento della spesa pubblica, i due tribunali costituiscono nelle aree territoriali di Civita Castellana e di Montefiascone un fattore di identità e di coesione sociale che si somma all'esigenza di un'amministrazione della giustizia vicina ai cittadini  –:
          se corrisponda al vero la notizia circa la chiusura delle due sedi e se non intenda rivedere quanto eventualmente previsto nello schema di decreto legislativo recante revisione delle circoscrizioni giudiziarie, in modo da garantire la piena efficienza del tribunale di Viterbo e la tutela delle esigenze delle comunità interessate, considerando nella maniera adeguata la particolarità territoriale dei Comuni di Civita Castellana e di Montefiascone. (4-16855)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA il 3 luglio 2012, un detenuto in attesa di essere giudicato con rito direttissimo, Michele Pavone, di 29 anni, si è suicidato nella caserma dei carabinieri di Sant'Anastasia (Napoli), impiccandosi con una maglietta. L'uomo era nella camera di sicurezza dopo l'arresto per evasione dai domiciliari;
          dopo l'arresto, il ragazzo era stato rinchiuso in una cella di sicurezza ubicata all'interno della caserma dei carabinieri in attesa del processo per direttissima atteso per il giorno dopo  –:
          quali siano le cause che hanno provocato il decesso dell'uomo;
          se nel caso di specie siano state valutate – dalle forze dell'ordine e/o dal magistrato inquirente titolare delle indagini – le condizioni di salute della persona arrestata, al fine di una sua custodia presso un luogo alternativo alla camera di sicurezza;
          se nel caso di specie non vi fossero altre specifiche ragioni di necessità che imponevano la custodia del signor Pavone presso un luogo di custodia alternativo alla camera di sicurezza della caserma dei carabinieri e, in caso affermativo, per quali motivi le forze dell'ordine che hanno proceduto all'arresto non le abbiano valutate e prese in considerazione;
          quanto fosse grande la cella di sicurezza all'interno della quale l'uomo è stato trovato morto;
          se la cella di sicurezza in questione godesse di illuminazione (in particolare, di luce naturale) e di aerazione adeguata; se la stessa fosse attrezzata con mezzi di appoggio (per esempio sedie fisse o panche) e se nella stessa vi fossero un materasso e coperte pulite;
          se non si ritenga opportuno distribuire sistematicamente uno stampato alle forze dell'ordine con l'elenco chiaro dei diritti che spettano alle persone detenute dalla polizia fin dall'inizio della loro custodia;
          se non intenda avviare un programma urgente di potenziamento, ampliamento e ristrutturazione delle camere di sicurezza all'interno delle quali dovranno essere custodite le persone arrestate in flagranza di reato prima della convalida dell'arresto. (4-16856)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nelle prime ore della mattina del 29 giugno 2012 un detenuto 44enne, di origini italiane, si è suicidato impiccandosi nella cella del carcere di Teramo, dove era detenuto per reati vari, con le lenzuola in dotazione;
          il detenuto suicida avrebbe finito di scontare le pena nell'agosto del 2017. A nulla sono serviti i pur tempestivi soccorsi da parte dei poliziotti penitenziari in servizio, così come si è rilevato vano l'intervento del medico di turno nel carcere e il successivo intervento del 118 che hanno solo potuto constatare il decesso;
          sulla vicenda il segretario generale Uil penitenziari, Eugenio Sarno, ha dichiarato: «È il 24esimo suicidio in cella di questo 2012. Questa strage silenziosa non può non toccare e turbare le coscienze di tutta la società, politici, tecnici, cittadini, operatori della stampa hanno il dovere morale di interrogarsi sulla cause e chiedere conto ai responsabili politici e amministrativi del nostro sistema penitenziario. Pur essendo cosa nota a tutti l'inciviltà, il degrado, la bruttura, l'insalubrità che connota gran parte delle nostre prigioni assistiamo ad un assordante silenzio che offende la coscienza civile di una nazione civile. È del tutto evidente che le parole da sole non bastano più. Per quanto autorevoli ed accorati nemmeno gli appelli e le sollecitazioni dei più alti livelli istituzionali hanno sortito effetti concreti. Dobbiamo prendere atto di una sostanziale inerzia della politica a risolvere le criticità del sistema»;
          mentre la prima firmataria del presente atto redigeva il testo dell'interrogazione, è arrivata la notizia di un altro suicidio nello stesso carcere, il carcere Castrogno di Teramo; secondo l'AdnKronos a suicidarsi è stata una donna di 55 anni, che «si è impiccata in cella a un giorno di distanza dal suicidio di un detenuto pescarese. Doveva scontare 18 anni». Così riporta la tragica notizia la citata agenzia di stampa: «Teramo. Secondo suicidio nel giro di 24 ore nel carcere teramano di Castrogno, uno dei più sovraffollati d'Italia. Intorno alle 11, approfittando dell'assenza della compagna di cella, si è impiccata Tereke Lema Alefech, 55 anni, la badante etiope che nel marzo scorso è stata condannata a diciotto anni di reclusione con il rito abbreviato dalla Corte d'assise di Teramo per aver ucciso a sprangate, nell'ottobre del 2010, la collega eritrea Gabriella Baire, 62 anni, nel sottotetto di un condominio di via Pannella. L'avvocato dell'imputata, Maria Assunta Chiodi, aveva chiesto l'assoluzione per infermità mentale. Secondo la difesa, la perizia psichiatrica cui è stata sottoposta Tereke Lema Alefech – e che l'ha dichiarata capace di intendere e di volere – è stata inadeguata. Il suicidio della donna segue di un giorno quello del detenuto pescarese Mauro Pagliaro, 44 anni, che si è ucciso con le stesse modalità, impiccandosi alle inferriate della cella nella quale in quel momento si trovava da solo. Le due tragedie chiamano in causa i gravissimi problemi della casa circondariale teramana: il sovraffollamento (ci sono 430 reclusi a fronte di una capienza di 270), la carenza di personale (ci sono 178 agenti ma la pianta organica, vecchia di dieci anni, ne prevede 202) e l'inadeguatezza della struttura, che in questi giorni di grande caldo si trasforma in un autentico forno»;
          purtroppo la straordinaria situazione emergenziale del carcere di Teramo non si esaurisce con i drammatici fatti appena esposti perché nel frattempo giunge anche all'interrogante la seguente notizia: Carceri: sventato il terzo suicidio in tre giorni a Castrogno (ANSA) – Teramo, 2 luglio – Il terzo suicidio in tre giorni è stato sventato dagli agenti di polizia penitenziaria del carcere di Castrogno. M.D.G., 43 anni, ha tentato di impiccarsi oggi, poco dopo mezzogiorno, con le stesse modalità con cui venerdì e poi sabato si sono tolti la vita un pescarese di 44 anni e una eritrea di 55, utilizzando le lenzuola del letto della propria cella per formare un cappio da appendere alle sbarre della cella. Stavolta il personale di custodia del penitenziario teramano è intervenuto tempestivamente: hanno soccorso l'uomo che, dopo le cure del caso, è stato trasferito in altro reparto e sottoposto a sorveglianza a vista. «Al momento non si conoscono le cause del gesto – ha affermato Giuseppe Pallini, segretario provinciale del sindacato Sappe –. Certo è che questa escalation di episodi gravissimi preoccupa non poco, anche perché, al momento nessuno ha delle soluzioni. Probabilmente, in attesa di interventi strutturali dell'intero sistema carcerario, trasferire un centinaio di detenuti in altri istituti di pena, solleverebbe dal disagio quello teramano»  –:
          se il Governo intenda intervenire finalmente in modo adeguato per interrompere la mattanza delle morti e dei suicidi in carcere e, in particolare, per quel che riguarda il carcere di Teramo, se non ritenga di dover fornire urgentemente ulteriori approfondite informazioni – soprattutto in termini di responsabilità – sulla situazione che si è via via venuta a creare. (4-16857)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          sulla rivista on-line Ristretti Orizzonti del 1° luglio è stata pubblicata una lettera scritta dagli internati della casa lavoro di Saliceta (Modena) e indirizzata alle seguenti autorità: tribunale di sorveglianza di Bologna, magistrato di sorveglianza di Modena, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino e Prap di Bologna;
          il contenuto della missiva, avente ad oggetto «richiesta di intervento urgente per violazione di legge in materia di misure di sicurezza», è il seguente: «I sottoscritti internati della Casa di Lavoro di Saliceta S. Giuliano Modena, attualmente “ristretti” presso il carcere di Parma per esigenze di emergenza sismica (Prap n.  protocollo 995/12-13 del 6 giugno 2012). Premesso che gli internati sono consapevoli della straordinarietà dell'evento e della complessità della materia; che il trasferimento ha comportato di fatto un regime di detenzione restrittivo a tutti gli effetti, regime non contemplato in alcun modo ai provvedimenti cui si è sottoposti, creando un paradosso giuridico in materia di internamento: formalmente internati, in sostanza detenuti. Conseguenza diretta è una palese violazione della legislazione che disciplina la materia delle misure di sicurezza, essendosi formato un cortocircuito legale nell'individuazione dei diritti e dei doveri, nonché del trattamento e dell'osservazione... Chiedono alle S.V.ILL.me di intervenire urgentemente con provvedimenti ritenuti più opportuni al fine di ripristinare lo status di internati a cui si è sottoposti, annullando gli effetti creatisi di una “ingiusta detenzione” non essendo prevista nei c.d. Aggravamenti delle misure di sicurezza, la detenzione carceraria. Al contrario, per eventi ritenuti straordinari, la legislazione corrente prevede la sospensione o la tramutazione della misura stessa. Certi dell'attenzione e della celerità di sensibili riscontri, si porgono deferenti ossequi»  –:
          quali iniziative urgenti ed immediate intenda adottare, sollecitare e/o promuovere al fine di garantire agli internati della casa lavoro di Saliceta – attualmente sottoposti ad un regime di vera e propria detenzione carceraria – condizioni di vita rispettose del dettato costituzionale e della normativa di cui all'ordinamento penitenziario. (4-16858)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato in una nota del 27 giugno 2012 da Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme»: «destano preoccupazione le condizioni di salute di un detenuto ricoverato nel Centro Diagnostico Terapeutico di Buoncammino. L'uomo, A.P. 66 anni, originario di Suelli, con un grave handicap motorio che lo costringe su una sedia a rotelle, si astiene dal cibo per protesta da oltre 1 mese. L'uomo che all'ingresso in carcere pesava 87 chilogrammi attualmente è sceso a 63 chili. Invalido dal 2008, A.P. affetto da vasculopatia cerebrale e da cardiopatia, è stato vittima di due successive cadute, per fortuna senza gravi conseguenze, in seguito al tentativo di alzarsi dal letto. La prima volta il 15 febbraio e la seconda il 10 marzo. Precedentemente alla detenzione aveva subito un T.I.A. (attacco ischemico transitorio) con perdita temporanea della memoria. Si tratta di una persona che aldilà dei reati per i quali sta scontando la pena manifesta una grande difficoltà a vivere dentro una cella per la evidente incompatibilità al regime detentivo dovuta alle sue gravi patologie»;
          l'istanza di differimento pena, presentata dal legale Amedeo Meloni al tribunale di sorveglianza di Cagliari, lo scorso mese di aprile, è ancora senza esito. Secondo i medici di Buoncammino, che hanno segnalato il caso, le condizioni del detenuto consiglierebbero una misura alternativa alla restrizione in ambiente carcerario. L'uomo, che si trovava in differimento pena da un anno, era tornato in carcere l'11 gennaio 2012 in seguito a una perizia con la quale si attestava il miglioramento delle condizioni di salute  –:
          se non intenda assumere iniziative ispettive anche ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza. (4-16859)


      DE MICHELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in data 5 giugno 2012, nelle prime ore del mattino, i carabinieri hanno perquisito l'abitazione privata di Piacenza e l'ufficio di Milano di Ettore Gotti Tedeschi, su ordine dei pubblici ministeri della procura della Repubblica di Napoli, nell'ambito delle indagini sugli appalti del gruppo Finmeccanica;
          nelle ore successive nonché il giorno seguente, Gotti Tedeschi, che non risulta formalmente indagato, è stato ascoltato dai magistrati in qualità di persona informata sui fatti, senza l'assistenza di un difensore;
          nei giorni seguenti Gotti Tedeschi è stato interrogato dai magistrati della procura della Repubblica di Roma nell'ambito di un'altra indagine;
          Gotti Tedeschi è persona molto nota nella città di Piacenza, stimata per le sue attività professionali e per l'impegno profuso in favore di numerose istituzioni e associazioni locali;
          le notizie di stampa in merito ai documenti prelevati durante le perquisizioni hanno generato preoccupazione nel piacentino al punto da rendersi necessaria l'acquisizione di maggiori e migliori informazioni sulla vicenda in corso, anche a garanzia del ruolo pubblico svolto da Gotti Tedeschi  –:
          se il Ministro intenda disporre accertamenti preliminari in relazione alla vicenda di cui in premessa. (4-16865)


      SANTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 2 luglio 2012, in un video intervento sul blog di Beppe Grillo, Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia di Palermo ha lanciato pesanti accuse contro le istituzioni del nostro Paese sostenendo che sulle stragi del 1992-1993 «la ragione di Stato è finita per prevalere sulle ragioni del diritto e della giustizia»;
          durante lo stesso intervento ha dichiarato che le istituzioni non hanno sostenuto la magistratura che sta indagando e che l'Italia è un Paese di irresponsabili arrivando ad affermare una cosa assolutamente falsa e cioè che la commissione parlamentare antimafia non si sta occupando con una propria indagine di accertare la verità sulle stragi del 1992/1993;
          il 30 ottobre 2012 Antonio Ingroia ha partecipato al congresso dei Comunisti italiani definendosi «partigiano della Costituzione». Questo comportamento è stato censurato dal Consiglio superiore della magistratura che ha ritenuto inopportuna la partecipazione del magistrato al congresso politico ritenendo che lo status di magistrato imponga un onere di sobrietà e compostezza più elevato di quello richiesto ad un comune cittadino;
          lo scorso marzo il procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, al plenum del Consiglio superiore della magistratura ha difeso il suo sostituto, Francesco Iacoviello dall'ennesimo duro attacco sferratogli da Antonio Ingroia. In questa occasione il procuratore generale ha testualmente dichiarato: «mi chiedo se la libertà di espressione possa estendersi fino al vilipendio del magistrato e se sia possibile tentare di condizionare l'esercizio della giurisdizione»;
          il 15 marzo 2012 Antonio Ingroia è stato ospite del programma tv di Michele Santoro con accanto Massimo Ciancimino, che è teste e, allo stesso tempo, indagato della procura di Palermo;
          Antonio Ingroia è stato il protagonista di un duro scontro tra la procura di Caltanissetta e quella di Palermo in relazione a Massimo Ciancimino, teste prediletto di Ingroia, e da ciò è derivata una doppia inchiesta annunciata dal Consiglio superiore della magistratura che, il 29 aprile 2012 con una nota stampa, ha comunicato che: «il Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura ha deliberato di investire la prima commissione ed il procuratore generale presso la Corte di Cassazione per le valutazioni di rispettiva competenza in ordine alla vicenda del fermo del signor Massimo Ciancimino»;
          il 29 marzo 2012, Antonio Ingroia, interpellato via radio dai giornalisti del programma «Zanzara» su una sua possibile candidatura politica ha risposto: «mai dire mai, sicuramente dopo la magistratura mi voglio occupare della società»;
          non pare all'interrogante opportuno che un magistrato che svolge una funzione così delicata e carica di responsabilità possa lanciare contro le istituzioni del nostro Paese e la stessa magistratura accuse e critiche così pesanti come quelle citate in premessa  –:
          se non ritenga opportuno promuovere immediatamente un procedimento disciplinare a carico del pubblico ministero Ingroia al fine di garantire l'indipendenza e l'autorevolezza della magistratura italiana, fortemente lese, a giudizio dell'interrogante, dai comportamenti posti in essere dal suddetto magistrato. (4-16866)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con decreto interdirigenziale n.  75/2012 del 2 marzo 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale (4a serie speciale), n.  20 del 13 marzo 2012, veniva indetto un concorso per l'ammissione di 58 giovani al 12o corso allievi ufficiali in ferma prefissata, ausiliari del ruolo normale della Marina militare;
          il 5 aprile 2012, già prima del termine di scadenza di presentazione della domanda di partecipazione (12 aprile 2012), l'ispettorato delle scuole della Marina militare, con lettera n.  MD MISCLRO 0003312 chiedeva, tra l'altro, la riduzione da cinquantotto a quaranta dei posti di cui all'articolo 1, comma 1 del citato bando di concorso, con la cancellazione dei 4 posti previsti per il Corpo di stato maggiore, degli 8 posti previsti per il Corpo del genio navale e dei 6 posti previsti per il Corpo sanitario militare marittimo, lasciando immutati i 40 posti per il Corpo delle capitanerie di porto:
          il 27 aprile 2012, senza ulteriori comunicazioni, venivano pubblicate le date delle prove scritte da tenersi ad Ancona;
          nei giorni del 7, 8, 9 e 30 maggio 2012, a più di un mese dalla richiesta di riduzione dei posti, le prove scritte venivano espletate regolarmente nella sede del centro di selezione della Marina militare di Piano S. Lazzaro, via delle Palombaro 3, Ancona;
          il 17 maggio 2012, veniva pubblicato su internet l'esito delle prove scritte e della graduatoria provvisoria;
          nella medesima data del 17 maggio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, per il tramite dello Stato maggiore della marina, con lettera n.  0045784, chiedeva di azzerare anche i quaranta posti previsti per il Corpo delle capitanerie di porto;
          il 12 giugno 2012, veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (n.  45) la revoca del citato bando di concorso, dunque dopo aver espletato la fase più rilevante e dispendiosa delle prove scritte;
          la vicenda presenta tratti di singolarità:
              come si è visto, il 5 aprile 2012 si chiede una riduzione dei posti a concorso. Fin qui, niente di anomalo se non l'assenza di qualsiasi comunicazione, visto l'espletamento delle prove scritte ad oltre un mese dalla data in questione;
              il 17 maggio, contestualmente alla pubblicazione degli esiti delle prove scritte, si aggiunge però una richiesta di cancellazione di tutti i posti messi a concorso. È lecito chiedersi, quantomeno, cosa sia cambiato rispetto alla situazione di fatto che ha imposto una prima richiesta di riduzione dei posti. D'altra parte, sarebbe stato opportuno, ad avviso dell'interrogante, ritardare le prove scritte, in attesa di un assestamento. L'amministrazione non ha ritenuto di accedere a questa soluzione, visto che, in data 27 aprile 2012, provvedeva a fissare le date per le prove scritte del concorso per 58 allievi ufficiali in ferma prefissata e successivamente, revocava il bando con un atto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2012, ponendo nel nulla l'intero iter procedimentale già espletato  –:
          se le attività dell'amministrazione siano state conformi a parametri di legittimità e se non si debbano individuare responsabilità anche di natura amministrativa a carico di coloro i quali hanno promosso l’iter concorsuale;
          se non ritenga opportuno, per evitare un contenzioso amministrativo con risarcimento di danno, revocare lo stesso atto di revoca e definire un nuovo atto di ripristino delle procedure finali concorsuali, con la salvaguardia della graduatoria provvisoria. (5-07254)


      META, OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'ENAC (Ente nazionale aviazione civile) ha terminato la stesura del piano nazionale degli aeroporti nel mese di febbraio 2012 il quale è attualmente all'esame del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
          il piano si fonda, tra le altre, sulle seguenti strategie:
              a) nessuna chiusura di aeroporti esistenti ma l'indicazione che per gli scali non riconosciuti dal mercato, oggi con poco traffico, siano verificate, entro il prossimo triennio, condizioni di sostenibilità economica che non prevedano trasferimenti di risorse pubbliche per la gestione. Per tali scali, dovranno essere valutate opportune forme di coinvolgimento di capitali privati, anche all'interno di progetti di sviluppo territoriale integrato, senza comunque impegno di oneri a carico dei contribuenti;
              b) attivazione di una iniziativa istituzionale di ENAC con regioni, altri enti e soggetti territoriali e associazioni di settore, per valutare forme e modalità di gestione dedicate per aeroporti con traffico limitato, che possano risultare sostenibili in relazione al tipo e livello di traffico;
          il piano nazionale individua, sulla base delle analisi svolte dallo studio sullo sviluppo futuro della rete aeroportuale nazionale quale componente strategica dell'organizzazione infrastrutturale del territorio, redatto nel 2009-2010 da One Works, KPMG, Nomisma per conto di ENAC, la rete degli aeroporti di interesse nazionale, come nodi essenziali per l'esercizio delle competenze esclusive dello Stato ai sensi del codice della navigazione, che dovranno rispondere alla domanda di traffico entro il prossimo ventennio. Sistemi aeroportuali diversi dagli esistenti non sono singolarmente individuati in quanto le recenti norme europee ne legano l'istituzione alla qualità della governance, ma sono identificati i gruppi di aeroporti potenzialmente interessati;
          gli aeroporti di interesse regionale o locale, appartenenti al demanio aeronautico, non identificati nella rete di interesse nazionale, sono suscettibili di trasferimento agli enti locali ai sensi del decreto legislativo n.  85 del 2010, con esclusione di quelli che saranno destinati a funzioni o ruoli di specifica valenza e pertanto sottoposti ad un governo nazionale;
          nella rete nazionale il piano, coerentemente con quanto già fatto in ambito europeo con le reti TEN-T, ed in analogia, individua:
              a) gli scali principali, che rispondono oggi alla domanda di trasporto aereo di ampi bacini di traffico e saranno in grado di garantire nel tempo tale funzione. Tali aeroporti sono caratterizzati da un elevato grado di connettività con le destinazioni internazionali a livello europeo e sviluppano collegamenti a livello continentale; gli stessi scali sono compresi nella rete europea TEN-T e circa la metà ne costituisce la parte «core»;
              b) gli scali di servizio base, che per la ridotta estensione dei bacini di utenza risultano rispondere ad una domanda di traffico con estensione regionale, in zone remote o non adeguatamente servite da altri scali o da altre infrastrutture di trasporto. Tali aeroporti sono caratterizzati da collegamenti a scala nazionale e svolgono un servizio complementare di feeder nella rete, con alcuni collegamenti a livello europeo point to point; gli stessi scali assicurano una diffusa ed uniforme copertura del territorio nazionale e costituiscono una riserva di capacità nell'assetto complessivo della rete. La metà di essi c altresì parte della rete TEN-T europea;
          per quanto riguarda gli aeroporti di servizio la strategia prevede che:
              a) si potranno valutare con le competenti istituzioni territoriali interventi pubblici di iniziativa regionale finalizzati al miglioramento delle infrastrutture, dell'accessibilità e della multi-modalità senza diritto di priorità rispetto alle realizzazioni previste per gli scali principali;
              b) siano verificate condizioni di sostenibilità economica che non prevedano trasferimenti di risorse pubbliche per la gestione. Per gli scali che non dimostrassero, entro il prossimo triennio, il riequilibrio economico-finanziario della gestione e il raggiungimento di adeguati indici di solvibilità patrimoniale, dovranno essere valutate opportune forme di coinvolgimento di capitali privati, anche all'interno di progetti di sviluppo territoriale integrato, senza comunque impegno di oneri a carico dei contribuenti;
          nel prossimo triennio l'ENAC attiverà una iniziativa istituzionale con le regioni, gli altri enti e soggetti territoriali e con le associazioni di settore per valutare forme e modalità di gestione dedicate per tale tipo di aeroporti, che possano risultare sostenibili in relazione al tipo e livello di traffico;
          in attuazione del presente piano, Enac elaborerà, con il contributo degli operatori del settore, un modello funzionale, tecnico e operativo semplificato (esteso anche ai servizi aeroportuali), appropriato al ruolo di questi scali nella rete, anche al fine della maggiore economicità della gestione degli stessi;
          per quanto riguarda gli scali della Calabria, il piano ha effettuato la seguente classificazione:
              allo scalo di Lamezia Terme è assegnato un ruolo strategico per il trasporto aereo dell'intera Calabria, in assenza di scali concorrenti all'interno del suo bacino di traffico. Per rafforzare tale ruolo e rispondere efficacemente alla domanda di traffico, nonché per ampliare il suo bacino è necessario che siano rafforzate le connessioni con il territorio, in primo luogo quelle ferroviarie. Sono necessari, altresì, gli adeguamenti delle infrastrutture aeroportuali programmati, con particolare riferimento all'aerostazione passeggeri; lo scalo di Lamezia presenta delle buone potenzialità per assumere anche il ruolo di aeroporto cargo regionale;
              per l'aeroporto di Reggio Calabria, in ragione dei limiti infrastrutturali e della posizione geografica marginale rispetto al territorio calabrese, nonché della forte concorrenza dell'aeroporto di Lamezia Terme (che sarà in futuro ancora meglio collegato sia su gomma che su ferro al bacino ampio), è indicato un ruolo di servizio in risposta alla domanda di traffico locale, estesa anche alla provincia di Messina;
              per l'aeroporto di Crotone, in ragione della posizione geografica marginale rispetto al territorio calabrese, nonché della forte concorrenza dell'aeroporto di Lamezia Terme, è riservato un ruolo di servizio al traffico del sistema calabrese, ruolo che potrà essere ancora più efficace con il potenziamento delle infrastrutture e dell'accessibilità programmate;
          secondo quanto riportato da notizie di stampa (Il Crotonese, «A Passera che declassa il Sant'Anna la Stasi ribatte: sono altrove gli sprechi»; «Peppe Scopelliti scrive al Ministro. Lo Scalo è da considerare strategico», 30 giugno 2012; Il quotidiano della Calabria «Aeroporto, ultima chiamata», 1o luglio 2012) il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe utilizzato un altro tipo di classificazione, rispetto a quella utilizzata dall'ENAC (scali principali, scali di servizio base), suddividendo gli aeroporti italiani in nazionali e in regionali; e i secondi, tra i quali configurerebbe Crotone, si sono ridotti a dieci o dodici al massimo, rispetto ai 18 previsti dal piano Enac;
          a seguito dell'incontro tra i rappresentanti delle istituzioni regionali calabresi e il Ministro Passera, ci sarebbe la conferma che gli aeroporti di Lamezia Terme e Reggio Calabria rientrerebbero tra gli aeroporti nazionali e Crotone tra quelli regionali con la conseguenza che per i primi le spese di servizio continuerà a sostenerle lo Stato, mentre per il secondo dovrebbero gravare sulla Regione, ipotesi già etichettata come impossibile. Inoltre, dal 2013 non sarebbero più previsti gli oneri di servizio di 2 milioni e 800 mila euro, che ad oggi l'Alitalia incassa per assicurare i voli da e per Crotone;
          la suddetta nuova riclassificazione deriverebbe inoltre, sempre secondo quanto riportato dai summenzionati articoli di stampa, dalla necessità di «salvare» alcuni scali del Nord, malgrado presentino delle criticità ben superiori all'aeroporto di Crotone;
          l'eventuale chiusura dell'aeroporto di Crotone, a cui si andrebbe inevitabilmente incontro qualora gli oneri di gestione venissero trasferiti alla regione Calabria, determinerebbe un'aggravarsi della situazione di scarso sviluppo e competitività dell'area già gravata da un'insufficiente accessibilità ai poli di interesse turistico e alle aree interne, dagli eccessivi tempi di viaggio e da un'inefficienza dei sistemi di trasporto, soprattutto in chiave di interscambio, che determinano una perdita di competitività delle imprese ed in generale dell'intera economia delle aree del Sud, anche in termini di attrattività turistica c commerciale;
          l'Unione europea individua nella riduzione delle disparità regionali la condizione per la crescita e lo sviluppo dell'Unione intera e il poter contare su un'efficiente sistema infrastrutturale e di trasporto nel Sud Italia, e nella Calabria in particolare, rappresenta una priorità strategica fondamentale;
          non si può, inoltre, non tenere conto delle ricadute sociali che la chiusura dall'aeroporto di Crotone comporterebbe, in quanto unico punto di trasporto su un'area periferica che comprende però un ampio bacino di utenza proveniente dalla fascia jonica;
          i dati di traffico dell'aeroporto di Crotone sono positivi e lasciano intravedere una crescita rapida. Il 2010 si è concluso con un +93 per cento sul 2009, il 2011 con un +25 per cento sul 2010 e, nei primi sei mesi del 2012 si registra un +17 per cento sullo stesso periodo del 2011 con una previsione di chiusura che si attesta sui 160 mila passeggeri e che lascia ben sperare di poter raggiungere quota 500 mila passeggeri nei prossimi 10 anni;
          il sindaco di Crotone, Peppino Vallone, ha informato il prefetto Panico del pericolo che il territorio corre e della volontà degli amministratori di dimettersi in caso di chiusura dello scalo aeroportuale; così pure hanno manifestato la loro preoccupazione gli imprenditori che hanno creduto nel progetto di rilancio dell'aeroporto Sant'Anna di Crotone  –:
          se, alla luce di quanto esporto in premessa, intenda assumere ogni iniziativa di competenza per includere l'aeroporto di Crotone nell'elenco degli aeroporti nazionali al fine di scongiurarne la chiusura dello stesso e il conseguente isolamento dell'intera area, già fortemente gravata da enormi deficit infrastrutturali sia viari sia ferroviari, evitando un costo sociale ed economico, in termini di mancato sviluppo, non più sopportabile. (5-07273)


      TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          è stata riportata da tutti i quotidiani locali la notizia del grave episodio di disservizio che si è verificato sulla linea Roma Termini-Genova con un guasto al «Frecciabianca 9770» che ha coinvolto oltre 350 passeggeri;
          il convoglio partito dalla capitale alle 13,20 è rimasto bloccato per un guasto all'alimentazione del locomotore pochi chilometri dopo a circa duecento metri dalla stazione di Santa Marinella, rimanendo bloccato per circa tre ore in aperta campagna, sotto il sole e senza aria condizionata a bordo;
          solo successivamente, intorno alle 16,30, il treno è stato rimorchiato fino alla stazione ferroviaria di Santa Severa dove i passeggeri hanno potuto ricevere adeguata assistenza anche sanitaria da parte della protezione civile che ha provveduto a distribuire acqua e prestare assistenza ai cittadini che avevano accusato malori a causa del forte caldo all'interno del convoglio. Due passeggeri, tra cui una donna in stato di gravidanza, sono stati trasportati in ospedale per controlli ed accertamenti;
          al termine di questa odissea i passeggeri diretti a Genova sono stati fatti salire su di un diverso treno, ovviamente già pieno, dovendo quindi affrontare tutto il restante viaggio in piedi ed in situazione di ulteriore difficoltà. Nella stessa giornata sulla stessa linea altri due treni sono rimasti bloccati, tanto che il servizio 118 ha prestato assistenza a oltre 500 persone nel complesso dei tre episodi;
          dalla modifica degli orari e dall'aumento delle fermate in territorio al di fuori della regione Liguria operato a fine anno, il capoluogo ligure si trova a non essere adeguatamente servito sulla tratta ferroviaria Genova-Roma in termini soddisfacenti di qualità e puntualità, non essendo più garantito il tempo di percorrenza di 3 ore e 59 minuti a fronte di un sensibile innalzamento delle tariffe, in particolare con l'introduzione del servizio «Frecciabianca» che avrebbe dovuto agevolare i collegamenti  –:
          quali accurate verifiche, per quanto di competenza, intenda porre in essere per chiarire le dinamiche di gestione dell'episodio segnalato;
          quali misure strutturali si intendano prevedere affinché futuri casi analoghi possano essere affrontati con tempi e dinamiche tali da non lasciare i passeggeri esposti ad ulteriori difficoltà anche per la loro salute;
          quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di ottenere la garanzia quantomeno del ritorno ad un tempo di percorrenza Genova-Roma Termini che rientri nelle 3 ore e 59 minuti, considerando essenziale il servizio di trasporto ferroviario quale mezzo di spostamento per tanti cittadini. (5-07276)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CONTENTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          risulta all'interrogante che varie aziende attive nel settore sanitario incontrino sistematiche difficoltà nell'immatricolazione di ambulanze da destinare ad uso terzi (quali appalti per veicoli di supporto o di rinforzo a singoli nosocomi);
          la normativa vigente si richiama in particolar modo all'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 1o settembre 2009, n.  137, circa la facoltà di prestare servizi di trasporto urgente con conducente per conto di amministrazioni pubbliche, previa licenza comunale di esercizio;
          le motorizzazioni per i trasporti civili tenderebbero, infatti, a collaudare tali mezzi con la dicitura «trasporto infermi e infortunati connessi all'esercizio di attività non sanitaria»;
          tale locuzione comporta l'automatica applicazione del mezzo alla categoria B anziché alla A, ovvero l'unica che consente il trasporto di pazienti in seno ad un'attività di tipo sanitario;
          eppure i veicoli in parola risultano tutti dotati dei requisiti di legge per ottenere l'inserimento in fascia A e i richiedenti sono muniti della necessaria licenza da parte del comune di stabilimento;
          non si comprende neppure l'esatto significato della locuzione utilizzata dagli uffici della motorizzazione civile e trasporti in concessione (M.C.T.C), al momento del collaudo e dell'immatricolazione (viene, infatti, oggettivamente da chiedersi chi possano essere gli infermi e gli infortunati che non risultino correlati all'esercizio di un'attività sanitaria);
          la querelle interpretativa, oltre ad aprire situazioni di dubbio tali da ingenerare sicure vertenze giudiziarie, rischia di limitare la concorrenza in un settore delicato, riducendo, altresì, le opportunità di crescita economica e di aumento dell'occupazione per svariate aziende private  –:
          quali iniziative intendano intraprendere, anche mediante l'emissione di un'apposita circolare, per risolvere la situazione di cui in premessa e consentire così che qualsiasi ambulanza idonea allo scopo venga effettivamente immatricolata in classe A. (4-16838)


      MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nelle scorse settimane si è verificata una serie di disservizi presso l'aeroporto di Venezia «Marco Polo», gestito dalla società SAVE spa. Una situazione contrassegnata da ritardi ai varchi, con inevitabili momenti di tensione e proteste dei viaggiatori. La causa del disservizio fu dovuta all'avvio di quello che lo stesso amministratore delegato di SAVE spa, Enrico Marchi, ha definito come «sciopero degli investimenti»;
          come venne riportato dagli organi di stampa locali, l'amministratore delegato Marchi, nel corso di una conferenza tenutasi il 18 maggio 2012 aveva infatti annunciato il blocco delle assunzioni del personale addetto ai varchi di sicurezza in segno di protesta contro la mancata concessione degli aumenti tariffari, «fermi da undici anni» e contro la «inaccettabile vicenda che sta bloccando, nei rimpalli dei ministeri, la firma del contratto di programma necessario ad ottenerli»;
          su questa vicenda l'interrogante ha presentato in data 25 maggio 2012 una apposita interrogazione a risposta scritta al Ministro interrogato;
          successivamente lo stesso Ministro, intervenendo nel corso di un'audizione tenutasi in Commissione trasporti alla Camera ha dichiarato, a proposito della stipula del contratto di programma, che per arrivare alla firma le parti devono essere d'accordo e le parti non sono d'accordo;
          in questi giorni è comparso, nella zona di transito dei passeggeri tra l'aerostazione veneziana ed il parcheggio auto, un cartello predisposto da SAVE che riporta le seguenti parole, in riferimento alla realizzazione della navetta di collegamento su rotaia denominata «People mover»: «Pronto da 8 anni ma fermo per colpa del Governo e della sua burocrazia! affermando che il Governo e la sua burocrazia lo tengono bloccato alla stazione e chiedendo quando sarà formalizzato il contratto di programma, fermo da settembre 2003, che consente l'adeguamento delle tariffe bloccate da 10 anni e la realizzazione del Piano investimenti SAVE;
          prosegue di fatto un clima di agitazione e di contestazione da parte della società SAVE spa nei confronti del Governo, che si manifesta agli occhi dell'utenza con «spot» su cartellonistica fissa, con contenuti a senso unico e con una modalità contraria al dovere dell'ente di confrontarsi con il Governo stesso nelle sedi appropriate –:
          se il Ministro sia al corrente della situazione;
          quali siano i suoi orientamenti in merito;
          quale sia lo scenario ed i possibili esiti in merito alla questione degli adeguamenti tariffari. (4-16851)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      CARELLA, GASBARRA, MORASSUT, META, TOCCI, GENTILONI SILVERI e RUGGHIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          le elezioni del 2011 per il rinnovo dell'amministrazione comunale di Ariccia (Roma) sono state annullate da una sentenza del TAR del Lazio, così vanificando la volontà espressa da circa 11.000 cittadini votanti;
          è stato nominato il commissario prefettizio che rimarrà in carica, laddove la sentenza del TAR del Lazio venisse confermata dal Consiglio di Stato, fino a maggio 2013, con ulteriore mortificazione della volontà espressa dalla maggioranza dei cittadini di Ariccia nel corso delle elezioni del maggio 2011;
          secondo quanto risulta all'interrogante, la sentenza del TAR, sulla base di due irregolarità formali, ha azzerato l'amministrazione del comune di Ariccia senza che, in realtà, sia stato accertato alcun broglio elettorale, né nelle operazioni di voto né in quelle di scrutinio;
          una di queste irregolarità, dall'attenta lettura del verbale di una sezione speciale (cosiddetto «seggio volante») si è rivelata ad avviso degli interroganti del tutto infondata;
          l'altra irregolarità è stata determinata dal mancato ritrovamento della nomina di un presidente di seggio cosa che è attualmente oggetto di un'inchiesta da parte della magistratura penale per fatto doloso realizzato ai danni del sindaco e dell'amministrazione uscita vincente dalle urne;
          dalla presente fattispecie concreta emerge una problematica rilevante e di carattere generale che, ad avviso dell'interrogante, merita di essere esaminata;
          è infatti evidente che se l'assenza di un documento presso la casa comunale, come nel caso di specie, può essere causa di annullamento delle elezioni, tale stratagemma potrebbe astrattamente essere, in futuro, utilizzato da qualsiasi partito o formazione politica, al solo fine di far annullare le elezioni nelle quali si è visto soccombente;
          ad avviso dell'interrogante se la sentenza del Tar venisse confermata dal Consiglio di Stato si verrebbe a creare un pericoloso precedente in una materia, quale quella elettorale, di fondamentale importanza per la vita democratica del Paese  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda assumere iniziative normative per impedire che irregolarità come quella esposta in premessa possano determinare l'annullamento delle elezioni in spregio della volontà popolare. (3-02372)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FIANO, DE BIASI, ZACCARIA, LEVI, POLLASTRINI, PELUFFO e QUARTIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa hanno annunciato lo svolgimento a Milano nei prossimi giorni di un raduno di partiti e movimenti dell'estrema destra europea presso l'hotel Michelangelo a Milano;
          l'organizzatore di tale evento sembrerebbe essere tale Roberto Jonghi Lavarini;
          a tale evento è stata annunciata la partecipazione dell'Ungherese Bela Kovacs del movimento Jobbik, di Bruno Gollnisch del Front National francese; di Nick Griffin del British National Party e di altri esponenti di movimenti dell'estrema destra di tutta Europa;
          parteciperà anche Luca Romagnoli, il leader del movimento italiano di estrema destra Fiamma Tricolore, già parlamentare europeo;
          un evento di analogo tenore si svolse a Milano il 5 aprile del 2009 presso l'hotel Cavalieri di Piazza Missori e nel corso del convegno fu chiuso al traffico gran parte del centro storico della città in concomitanza con una contro manifestazione svoltasi ordinatamente in piazza della Scala a Milano;
          nel corso di una manifestazione organizzata l'11 marzo del 2006 dal Movimento Sociale – Fiamma Tricolore a Milano, la Procura di Milano denunciava circa venti dei militanti del movimento e partecipanti al corteo che si erano esibiti in saluti romani e inni e slogan fascisti. La quinta sezione penale del tribunale di Milano condannava nove di queste persone a pene comprese tra i due anni e gli otto mesi, per reati inerenti la legge Scelba del 1952 che punisce le manifestazioni fasciste;
          Maurizio Boccacci allora responsabile organizzativo del Movimento Sociale – Fiamma Tricolore è attualmente recluso in conseguenza di una sentenza di condanna del tribunale di Roma a seguito delle attività del Movimento denominato Milizia da lui diretto  –:
          se siano state verificate tutte le possibili implicazioni relative all'ordine pubblico conseguenti allo svolgimento di tale iniziativa anche con riferimento alla presenza degli ospiti stranieri invitati a tale manifestazione. (5-07267)

Interrogazione a risposta scritta:


      STUCCHI, CONSIGLIO e VANALLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la questura di Bergamo fatica, con il personale a disposizione, a controllare il territorio di competenza della polizia stradale con due volanti per turno;
          accade spesso, come ad esempio nella giornata del 2 luglio 2012 nel turno che va dalle 19 all'1 di notte, che sul territorio bergamasco la polizia stradale non aveva nessuna pattuglia;
          la carenza di organico in materia di sicurezza del territorio, più volte lamentata dagli interroganti, si acuisce nel periodo estivo a causa della legittima fruizione delle ferie da parte degli addetti del settore;
          tale insufficiente pattugliamento del territorio bergamasco favorisce conseguentemente il moltiplicarsi di episodi di violenza, criminalità e di altre azioni illegali –:
          se non ritenga opportuno incrementare l'organico in dotazione presso la questura di Bergamo, al fine di controllare adeguatamente il territorio bergamasco e tutelare la popolazione. (4-16849)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


      SBROLLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il 28 marzo 2012 un avviso sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunica che «dalla prossima sessione degli esami di Stato sarà disponibile il software “Commissione Web”; il nuovo software (...) presenta una serie di utili funzioni a supporto di tutte le attività delle commissioni (...)»;
          solo l'11 maggio (a meno di due mesi dall'inizio degli esami) viene diramata l'ordinanza ministeriale «Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami...», di ben 27 lunghi articoli (occupano 49 pagine) con allegate altre 79 pagine di verbali da compilare con il nuovo software on-line;
          non si comprende per quale motivo una normativa di tale complessità ed importanza per gli studenti e gli insegnanti, che la debbono prima studiare e poi applicare, sia stata cambiata a così breve distanza dagli esami;
          il nuovo software avrebbe dovuto essere accessibile ai presidenti ed ai segretari delle commissioni d'esame in modo da consentire, in particolare, la compilazione di numerosissimi verbali previsti dall'ordinanza ministeriale 11 maggio 2012, n.  41, la stampa dei calendari delle prove, l'invio delle comunicazioni agli uffici scolastici regionali, la stampa delle certificazioni;
          è però accaduto che i presidenti di commissione che nei giorni successivi al 29 marzo 2012 hanno tentato di aprire il software, per provarlo, si sono trovati sul video la scritta «applicazione disponibile a breve»; contemporaneamente venivano invece pubblicati alcuni tutorial: brevi filmati che avrebbero dovuto mostrare ai presidenti ed ai segretari come utilizzare il programma, mostrando i tasti su cui cliccare e le operazioni che questi avrebbero consentito di svolgere; la risoluzione dei video, però, non consentiva nemmeno di leggere cosa fosse scritto su questi tasti;
          veniva anche pubblicato, sempre sul sito del Ministero, una «guida operativa» di 79 pagine che illustrava il funzionamento del programma «Commissione Web»; il programma continuava, però, ad essere inaccessibile anche quando, il 18 giugno 2012 alle ore 8,30, si era ormai alla riunione preliminare delle commissioni d'esame, che avrebbero dovuto essere verbalizzate con il programma stesso;
          era questo l'unico problema. Infatti nel pomeriggio del 18 giugno 2012 un avviso pubblicato sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunicava che «nella giornata odierna a causa di un problema tecnico sul SIDI nell'area “Esiti Esami di Stato” si è determinato un rallentamento nelle attività della funzione “Gestione Commissioni”. Ci scusiamo del disagio provocato...»;
          il 19 giugno 2012 nella riunione dei presidenti di commissione convocata dall'ufficio scolastico provinciale di Vicenza il responsabile comunicava che il programma «Commissione Web» nella giornata dal 18 giugno, la prima in cui avrebbe dovuto essere utilizzato, si era bloccato in tutta Italia;
          fino al 20 giugno 2012 chi tentava di accedere al programma «commissioni web» continuava a leggere solo una finestra con la scritta «Applicazione disponibile a breve»;
          anche il 21 giugno, data della prima prova scritta dell'esame di Stato, la quasi totalità dei presidenti di commissione che cercavano di connettersi al programma «Commissioni web» sul sito del Ministero non riuscivano ad accedere all'applicazione;
          il 22 giugno, data della seconda prova scritta, mentre tutte le commissioni cercavano di provvedere manualmente alla stesura dei verbali e degli altri documenti necessari al buon andamento degli esami, finalmente si riusciva ad accedere all'applicazione;
          nella maggioranza dei casi però gli elenchi degli studenti che comparivano nell'applicazione (che erano stati correttamente caricati dalle segreterie delle scuole) non corrispondevano alle classi da esaminare e risultava impossibile utilizzare la funzione di compilazione verbali se non scaricando il testo in word, correggendo manualmente tutti i nomi e le attribuzioni di classe errati e salvando il file;
          il problema più diffuso era che il programma elencava tutti gli studenti delle due classi assegnate alla commissione in una classe unica. Qualche presidente tentava di correggere manualmente i verbali, ma poi improvvisamente il link all'applicazione scompariva dal sito del Ministero dell'istruzione dell'università, e della ricerca;
          alle 1,17 pm, quando ormai le seconde prove scritte si erano concluse in gran parte delle scuole, le segreterie ricevevano dal Ministero il seguente messaggio: «Spettabile istituzione scolastica, vi comunichiamo che per accedere all'applicazione “Commissioni Web” si può utilizzare direttamente il link: https://oc4j s2f.pubblica.istruzione.it/CommissioneWeb/ in questo modo la commissione potrà raggiungere l'applicazione senza dover passare attraverso il portale del MIUR. Cordiali Saluti. Service Desk»;
          qualcuno doveva essersi accorto della scomparsa del link dal sito ministeriale ed aveva provveduto a creare un nuovo punto di accesso, ormai fuori tempo massimo;
          il nuovo sito consentiva di aprire l'applicazione, ma ancora una volta in molti casi le classi non corrispondevano agli studenti;
          solo il 25 giugno 2012 alcune scuole – che continuavano a ricevere a ripetizione e-mail del Ministero che continuava a correggere le procedure – riuscivano a sistemare gli elenchi degli studenti e l'applicazione diventava utilizzabile  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra riportato; chi abbia realizzato il software che ha provocato questi disagi; chi e con quale procedura gli abbia affidato il servizio; quale sia la penale prevista per il mancato funzionamento di tutto il sistema per l'intera fase delle prove scritte degli esami; se e quali risorse saranno versate alle scuole, che hanno dovuto far lavorare il personale di segreteria anche di sabato pomeriggio e di domenica per tentare di far funzionare il sistema, caricando e ricaricando gli elenchi degli studenti che «commissione web» continuava a mischiare; quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere per sanzionare il grave disservizio e impedire che esso si possa verificare nuovamente il prossimo anno. (4-16844)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere, premesso che:
          nelle sole giornate del 2 e del 3 luglio 2012 si sono registrati tre morti per lavoro;
          nel solo mese di giugno 2012 se ne sono registrati 62 e dall'inizio dell'anno ben 310;
          si tratta di una vera e propria mattanza che miete vittime in ogni settore, con le punte massime in agricoltura ed edilizia;
          l'ultima vittima di questa mattanza lavorava in un'azienda agricola di Arcola, in provincia di La Spezia, deceduta dopo essere stata colpita alla testa da un tronco d'albero mentre tagliava della legna;
          quasi contemporaneamente in provincia di Lecco, ad Abbadia Lariana, due operai sono rimasti schiacciati da un macchinario mentre stavano lavorando in una ditta meccanica. Un lavoratore non ha avuto scampo, mentre il collega fortunatamente è rimasto ferito in modo non grave;
          il terzo incidente mortale è avvenuto il 2 luglio 2012 a Santa Maria a Monte, nel Pisano: un operatore ecologico è morto travolto da un'auto mentre stava per cominciare la raccolta dei rifiuti porta a porta con un «asino spazzino», servizio che dal 2009 si svolge in quel comune  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica degli incidenti che si sono verificati ad Arcola, Abbadia Lariana e Santa Maria a Monte;
          se risulti o meno che nei tre casi citati siano state rispettate le normative esistenti sul lavoro;
          quali urgenti iniziative di competenza intenda promuovere, adottare o sollecitare a fronte di quella che non è esagerato definire una quotidiana e silenziosa strage nei luoghi di lavoro. (5-07268)


      ARGENTIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la legge 21 maggio 1998, n.  162, recante misure di sostegno a favore dell’handicap grave, ha modificato la cosiddetta legge quadro sull’handicap (legge 5 febbraio 1992, n.  104), introducendo la possibilità per le regioni di programmare, fra gli altri, interventi di sostegno alla persona e al nucleo familiare integrativi a quelli realizzati dagli enti locali a favore delle persone con grave disabilità, con forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24 ore, attraverso programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati in funzione del diritto ad una vita indipendente delle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale;
          grazie a questa indicazione normativa, molte regioni hanno approvato specifiche disposizioni e avviato, chi sperimentalmente chi in modo consolidato, servizi e percorsi informati allo spirito della legge n.  162 del 1998;
          tutto l’iter della legge n.  162 del 1998 dalla sua approvazione ad oggi rappresenta un forte esempio di politiche e di interventi sociali realmente a sostegno delle persone con disabilità e delle loro famiglie, in cui queste sono protagonisti attivi. I familiari e/o i destinatari degli interventi di assistenza sono i primi collaboratori dei servizi assistenziali, sociali e formativi rivolti a loro o ai loro congiunti;
          la riduzione in questi ultimi anni dei trasferimenti economici e finanziari dallo Stato alle regioni e agli enti locali ha colpito principalmente proprio quei servizi a domanda individuale e quindi, in particolar modo i progetti ex legge n.  162 del 1998 facendo sì che le persone con disabilità rischino ora di trovarsi senza alcun supporto economico progettuale, con meno servizi a disposizione e sempre più onerosi  –:
          quale sia attualmente, nella singole regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano, lo stato di applicazione della legge n.  162 del 1998;
          a quanto ammontino per gli anni 2012 e 2013 gli stanziamenti previsti ex legge n.  162 del 1998 e quale sia stato dalla sua approvazione fino al 2012 lo stanziamento previsto per ciascuna regione e provincia autonoma;
          se il Governo non ritenga opportuno predisporre iniziative economiche concrete, per quanto di competenza, affinché anche negli anni futuri sempre più persone disabili e le loro famiglie possano continuare a poter usufruire dei piani personalizzati così come previsti dalla legge n.  162 del 1998. (5-07272)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI PIETRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante in data 10 marzo 2010 ha presentato l'atto di sindacato ispettivo n.  4-06461, ancora senza risposta, in merito alla paventata chiusura di un'azienda – la Smi (Società Meridionale Inerti) srl di Mafalda (CB) – che ha prodotto per circa trent'anni fabbricati in cemento;
          nel 2009 l'azienda ha chiuso in favore di un progetto di costruzione – sul medesimo sito industriale – di una centrale a biomasse mai realizzata;
          è iniziato, per i lavoratori della Smi srl, lo stato di cassa integrazione ordinaria trasformata in cassa integrazione in deroga prossima alla scadenza;
          a dicembre 2011, la Dafin srl – azienda che ha rilevato il suddetto sito – in un incontro presso la sede di Confindustria di Chieti, ha illustrato ai rappresentanti dei lavoratori dei sindacati il proprio piano di sviluppo industriale consegnando una comunicazione che formalizzava un impegno – nel caso di successo della propria iniziativa – al reimpiego di parte delle unità precedentemente impiegate presso la Smi srl;
          con missive datate 28 marzo e 1o giugno 2012, le organizzazioni sindacali, l'azienda e la Confindustria hanno chiesto congiuntamente un «urgentissimo» incontro con il Presidente della regione Molise Iorio e l'assessore alle attività produttive Scasserra senza ricevere risposta  –:
          se non ritenga di intervenire convocando le parti in causa al fine di individuare una soluzione, di evitare lo stallo della situazione posta in essere e di permettere, al contempo, ai dipendenti della ex Smi srl di conservare il posto di lavoro. (4-16839)


      BITONCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la società GS Engineering Srl di Galliera Veneta (PD), azienda che opera nel campo delle scaffalature e componibili metalliche e conta 60 dipendenti, il 27 giugno 2012 ha messo in liquidazione la ditta; la stessa ditta aveva in precedenza spostato la sede legale a Carpi;
          la GS, poco tempo fa, aveva firmato un accordo con la regione Veneto per la cassa integrazione in deroga avendo esaurito tutti gli altri ammortizzatori sociali;
          al tavolo convocato in regione l'azienda aveva dichiarato di essere in possesso di ordinativi per un milione e duecentomila euro raccolti nel solo mese di giugno;
          da notizie fornite dalla stessa ditta, la crisi aziendale deriverebbe essenzialmente, dall'impossibilità di accedere alla liquidità, e quindi di accesso al credito agl'istituti bancari;
          nella giornata odierna i lavoratori della società GS Engineering di Galliera Veneta, dopo l'annuncio della ditta di cessazione dell'attività, hanno montato un gazebo in piazza a Galliera Veneta di fronte al municipio, continuando così lo stato di agitazione al fine di informare l'opinione pubblica della situazione;
          i lavoratori sembra non abbiano percepito lo stipendio di giugno e sono seriamente preoccupati per l'annunciata chiusura che metterebbe in seria difficoltà le famiglie dei lavoratori e il pagamento anche del trattamento di fine rapporto  –:
          se il Governo sia a conoscenza della gravissima situazione in cui si trovano i lavoratori della ditta Gs Engineering di Galliera Veneta e quali urgenti iniziative, e in quali tempi, il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di tutelare le famiglie coinvolte dalla cessazione dell'attività e licenziamento dei lavoratori. (4-16852)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GATTI e FONTANELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          giovedì 28 giugno 2012 il Sottosegretario di Stato per la difesa, dottor Filippo Milone, ha risposto all'interpellanza urgente n.  2-01560, con la quale si sollecitava per l'ennesima volta il Governo a intervenire a tutela dei 55 lavoratori civili italiani impiegati presso la base militare di Camp Darby (Pisa), i quali, a seguito del ridimensionamento della struttura pisana, hanno ricevuto le lettere di licenziamento, previsto per il 30 settembre 2012;
          nel summenzionato atto di sindacato ispettivo si chiedeva al Ministro della difesa di «adoperarsi con la massima sollecitudine, vista la delicatezza della vicenda sommariamente descritta in premessa e le drammatiche conseguenze che essa può generare, al fine di porre in essere tutte le iniziative necessarie ad avviare un reale e corretto confronto, con i sindacati e le istituzioni locali, che permetta di valutare soluzioni alternative a quelle sin qui prospettate, evitando ai lavoratori coinvolti di subire la perdita del posto del lavoro o un oneroso trasferimento, non sopportabile in termini umani e professionali, anche assumendo iniziative normative per estendere le disposizioni di cui alla legge n.  98 del 1971»;
          il rappresentante governativo nella sua risposta ha dichiarato che il dicastero della difesa «ha rappresentato la problematica della base di Camp Darby al Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Dipartimento per la funzione pubblica, ai fini degli eventuali adempimenti volti alla riattualizzazione dei benefici previsti dalla legge n.  98 del 1971. Successivamente, il Dicastero ha altresì interessato il medesimo Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione chiedendo di valutare l'opportunità di un intervento in via legislativa per prorogare i termini, previsti da disposizioni legislative, entro cui i lavoratori devono essere licenziati per poter fruire dei predetti benefici – attualmente fermi al 31 dicembre 2011, come da decreto-legge n.  107 del 12 luglio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  130 del 2 agosto 2011, di proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia – sottolineando la probabile necessità di un rifinanziamento del Fondo per l'assunzione del personale licenziato»;
          gli interroganti ritengono che la vicenda necessiti di decisioni rapide e risolutive, atte a restituire serenità ai lavoratori coinvolti e alle loro famiglie  –:
          se, anche sulla base della sollecitazione pervenuta dal Ministero della difesa, non intenda con la massima urgenza porre in essere le iniziative normative necessarie alla riattualizzazione dei benefici previsti dalla legge n.  98 del 1971, prorogando i termini, entro cui i lavoratori devono essere licenziati, attivandosi per provvedere al rifinanziamento del fondo per l'assunzione del personale licenziato. (5-07264)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


      BARANI e FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          un recente rapporto della Corte dei conti sull'effettiva attuazione dei programmi per lo sviluppo dell'edilizia sanitaria di cui all'articolo 20 della legge n.  67 del 1988 afferma come, in tutte le regioni, finora sia stata effettivamente utilizzata solo una parte (in taluni casi del tutto marginale) dei fondi assegnati da parte dello Stato per ammodernare e rinnovare le strutture dedicate alla cura della salute;
          più nello specifico, la Corte dei conti riassume così lo stato dell'arte: «Rispetto al programma legislativo complessivo è stato attivato solo il 59,2 per cento delle risorse stanziate, di cui solo il 41,82 per cento è pervenuto all'erogazione dei contributi». A causare queste inefficienze sarebbero in particolare la lentezza da parte degli enti locali nell'individuare i progetti per l'edilizia sanitaria e la farraginosità del meccanismo stesso di concessione dei fondi da parte dello Stato;
          la difficoltà nell'utilizzare in modo razionale i fondi per l'edilizia sanitaria rappresenta un danno per la sanità italiana, che, se da un lato conosce la presenza di centri ospedalieri e per la ricerca medica di assoluta eccellenza, su un altro piano registra ancora la presenza, soprattutto nel Mezzogiorno, di strutture antiquate e prive di dotazioni tecnologiche e strumentali adeguate;
          in virtù dell'articolo 4 della delibera CIPE 6 agosto 1999, le funzioni in materia di gestione e utilizzo dei fondi per l'edilizia sanitaria appartengono al Ministero della salute  –:
          quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire e supportare, grazie anche all'efficiente utilizzo delle risorse destinate a tale scopo, i piani di ammodernamento e rinnovo delle strutture sanitarie presenti in Italia. (5-07258)


      BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA e DE POLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la procura ha aperto un'inchiesta sui decessi per omicidio e lesioni colposi per i 3 operai delle Ferrovie dello Stato, di uno stabilimento romano, morti per un tumore tra il 2009 ed il 2011 e che fino alla metà degli anni ’90 si sono occupati della manutenzione delle carrozze merci e viaggiatori, una mansione che prevedeva la pulizia dell'impianto dei freni dei vagoni;
          l'ipotesi degli inquirenti è che le persone, scomparse in tarda età, siano morte per aver respirato l'amianto, un killer micidiale le cui conseguenze si pesano e si contano nell'arco di decenni inquirenti sostengono che, con molta probabilità, presto dovranno occuparsi di decine di casi identici tra gli ex manutentori e meccanici dell'impianto;
          poco tempo dopo essere andati in pensione i tre uomini hanno cominciato ad avvertire i sintomi tipici di chi aveva lavorato gomito a gomito con il killer silenzioso;
          il problema è stato sollevato e motivato dalle relazioni dei medici di tre asl della Capitale, obbligate a segnalare alla magistratura le morti che potrebbero essere ricondotte all'inalazione dell'amianto. Secondo i sanitari, i tre pazienti sarebbero deceduti per tumori provocati dalle fibre di questo minerale;
          nel mondo si calcolano circa 120 mila decessi per amianto ogni anno, mentre in Italia sono circa 3 mila le vittime annue. Con un tempo di latenza che può essere anche superiore ai 20 anni, gli esperti prevedono che il «picco» di casi si avrà all'incirca nel 2020. Le fibre di amianto si disperdono nell'ambiente e si introducono nell'organismo con la respirazione, oppure attraverso l'acqua contaminata e non si sono registrati casi solamente fra gli operai o le persone che sono venute a contatto con le fibre per lavoro;
          l'aumento del rischio di ammalarsi dipende da quanto si è stati esposti alla sostanza, ma è indicativo che molti dei casi attuali o recenti si verifichino in persone che con le aziende imputate non hanno mai avuto a che fare  –:
          se non ritenga urgente, al fine di scongiurare il pericolo per la salute dei cittadini che vivono in zone a grave rischio di contaminazione da polveri di amianto, assumere ogni iniziativa di competenza per definite misure ad hoc volte a tutelare i cittadini medesimi e quali urgenti iniziative intenda assumete atte a vigilate sull'effettiva applicazione di tutte le misure di prevenzione, attraverso, se necessario, lo stanziamento di ulteriori risorse. (5-07259)


      PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) considera l'infertilità una patologia ed in particolare la definisce come la perdita di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, caratterizzata dall'assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di regolari rapporti non protetti;
          secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, questa patologia colpisce il 15-20 per cento delle coppie nel mondo, ovvero, su scala mondiale sono infertili 50-80 milioni di soggetti;
          in Italia, secondo alcune rilevazioni ISTAT, ci sono circa 15 milioni di coppie ed è, quindi, ipotizzabile che l'infertilità ne colpisca dai due ai tre milioni;
          negli ultimi anni è aumentata fortemente la richiesta di accesso, da parte delle coppie sub-fertili, alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), tanto che circa il 2 per cento dei bambini nati in Italia è venuto alla luce grazie al ricorso a tali metodiche;
          dalla relazione del Ministro della salute al Parlamento del 28 giugno 2011, sull'attuazione della legge n. 40 del 2004, è emersa una forte disomogeneità nelle modalità di erogazione dei servizi di procreazione medicalmente assistita nelle varie regioni del nostro Paese. In particolare, è venuto alla luce, con inoppugnabile evidenza, che la disomogeneità di trattamento, determina il fenomeno della migrazione interregionale di coppie che hanno deciso di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, le quali si rivolgono a centri geograficamente lontani pur di sopperire alle carenze della propria regione;
          dalla relazione suddetta, inoltre, è emerso che per quanto riguarda l'accesso alle tecniche di primo livello (inseminazione intrauterina), il fenomeno della migrazione ha riguardato 2.335 coppie, che corrispondono all'11,5 per cento del totale. Le regioni che si sono distinte per aver trattato pazienti provenienti da altre aree geografiche d'Italia sono l'Emilia Romagna con il 18,7 per cento e la Toscana con il 17,9 per cento;
          per quanto concerne, invece, le tecniche di II e III livello (FIVET e ICSI – Fecondazione in vitro ed embryo transfer e Iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), la migrazione interregionale delle coppie è più elevata e corrisponde a circa il 23 per cento del totale di quelle trattate. Le regioni che attraggono maggiormente pazienti da altri territori risultano essere la Lombardia, la Toscana, l'Emilia Romagna e il Lazio;
          questi dati costituiscono un elemento utile per valutare la qualità dell'offerta, in base alla diversa accessibilità ai servizi pubblici, alla differente rimborsabilità che esiste tra regione e regione e ai limiti posti all'applicazione delle tecniche, in base all'età della paziente o al numero dei cicli offerti a carico de Servizio sanitario nazionale, presenti solo in alcune regioni;
          proprio a proposito della rimborsabilità, bisogna considerare che il corrispettivo delle prestazioni, riferite alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, ancora una volta, risulta molto disomogeneo nelle diverse regioni d'Italia. In particolare solo alcune regioni prevedono il rimborso attraverso un DRG (diagnosis related group) ad hoc, altre hanno riadattato i DRG regionali esistenti, altre prevedono che le prestazioni siano retribuite «a pacchetto», altre ancora identificano due diversi DRG a seconda che la paziente pernotti o meno nella struttura pubblica interessata. In altri termini il regime in cui viene svolto il trattamento è squisitamente discrezionale, e quindi variabile, così come lo sono, di conseguenza, i rimborsi;
          ad esempio, la Puglia, secondo quanto riportato dall'ultima relazione al Parlamento sulla legge n.  40, registra un rimborso di 1.056 euro in regime di day-hospital e 2.741,19 euro in regime di ricovero ordinario;
          la Lombardia, ha, invece, identificato un DRG (n.  359) per il prelievo ovocitario pari a 2.623 euro e un DRG (n.  365) per il trasferimento dell'embrione in utero (embryo transfer) di 2.592 euro, per un totale di 5.215 euro in regime di ricovero e di 3.909 euro se effettuato in day-hospital;
          la Toscana (delibera 1285 del 4 dicembre 2000) ha modificato i DRG, inserendo le prestazioni relative alla procreazione medicalmente assistita e segnalandole con la lettera «R» (erogabili in strutture con particolari requisiti), e ne ha individuato le tariffe corrispondenti: per la IUI (Inseminazione intrauterina) 475,14 euro; per la FIVET/ICSI 1825,68 euro, mentre per un trattamento ICSI con prelievo chirurgico degli spermatozoi 2.548,71 euro;
          sarebbe necessario, secondo il parere dell'interrogante, che si intervenisse affinché le regioni a rimborso più basso garantiscano, comunque, prestazioni efficaci con adeguati tassi di gravidanza, che ricalchino gli standard internazionali, considerando che i risultati del trattamento dipendono sì dall'età della paziente, ma anche dalla qualità della prestazione e, quindi, dalle dotazioni tecnologiche di cui la struttura dispone e dai materiali di consumo impiegati in laboratorio. Non si comprende, tuttavia, la ragione di una difformità così evidente nell'offerta di tale, particolare, prestazione sanitaria;
          è necessario sottolineare che, a parere dell'interrogante, il DRG n.  359 viene utilizzato impropriamente dalle regioni per il rimborso delle prestazioni di procreazione medicalmente assistita, poiché non solo non è specifico per la tecnica di procreazione medicalmente assistita, ma è, in assoluto, troppo generico riguardando «interventi su utero e annessi non per neoplasie maligne»;
          appare inoltre grave, infine, il mancato inserimento nei livelli essenziali di assistenza (LEA) delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una lacuna che sembra non tenere conto, di fatto, di quanto sostenuto a ragione dall'OMS, al fine di tutelare effettivamente la salute e le giuste esigenze di procreazione come, tra l'altro, ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza 151 del 2009  –:
          se non intenda valutare, sulla base di quanto esposto in premessa e anche alla luce della revisione della spesa pubblica, l'opportunità di assumere iniziative per rendere uniformi – per efficacia, efficienza e costi – le modalità erogative e le tipologie di rimborso applicate alle tecniche di procreazione medicalmente assistita nelle diverse regioni d'Italia, al fine di evitare disparità di trattamento e garantire, anche in questo particolare settore, un'assistenza sanitaria omogenea su tutto il territorio nazionale mettendo così un freno alle migrazioni interregionali. (5-07260)


      MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1 «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.  27, prevede all'articolo 11, l'istituzione di una nuova procedura per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche al fine di garantire al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico;
          al comma 2 dell'articolo 11 si dispone che «ciascun comune, sulla base dei dati ISTAT sulla popolazione residente ai 31 dicembre 2010, e dei parametri di cui al comma 1, individua le nuove sedi farmaceutiche disponibili nel proprio territorio e invia i dati alla regione entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;
          al comma 9 dell'articolo 11 in questione si dispone che «qualora il comune non provveda a comunicare alla regione o alla provincia autonoma di Trento e di Bolzano l'individuazione delle nuove sedi disponibili entro il termine di cui al comma 2 del presente articolo, la regione provvede con proprio atto a tale individuazione entro i successivi sessanta giorni. Nel caso in cui le regioni o le province autonome di Trento e di Bolzano non provvedano nel senso indicato (...) il Consiglio dei ministri esercita i poteri sostitutivi di cui all'articolo 120 della Costituzione con la nomina di un apposito commissario che provvede in sostituzione dell'amministrazione inadempiente anche espletando le procedure concorsuali ai sensi del presente articolo»  –:
          quali siano alla data e gli adempimenti posti in essere rispetto alle procedure previste dall'articolo 11 del decreto-legge n.  1 del 2012, relative all'apertura di farmacie di nuova istituzione e se tutte le regioni nonché le province i Trento e Bolzano abbiano avviato le procedure per l'individuazione delle nuove piante organiche. (5-07261)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Secolo XIX il 2 luglio 2012 ha pubblicato un articolo del giornalista Francesco Forleo, nel quale si racconta la penosa vicenda di un bambino morto sei ore dopo la nascita;
          secondo quanto racconta il padre del piccolo, il signor Gregory M. di Voltri, «Era andato tutto bene, la gravidanza, il parto, Omar era di quattro chili e quaranta, un trionfo di bambino. Poi, dal nulla, ha cominciato a stare male, e l'hanno portato al Gaslini ma ci hanno messo un'infinità di tempo. Tanto tempo che quando è arrivato lì non c'era più niente da fare e alle 13 era già morto»;
          «Subito dopo il parto sembrava tutto a posto – racconta sempre il signora M. – le infermiere hanno portato via il bimbo per lavarlo ma nel giro di poco la situazione è precipitata. Non l'abbiamo potuto vedere per quaranta minuti, ci dicevano solo che c'erano dei problemi ed era gravissimo. L'ho visto qualche istante con la mascherina per respirare sulla faccia e un medico, o forse era un infermiere, mi ripeteva: “Non sappiamo cosa fare, non sappiamo cosa fare !” Intanto i minuti passavano e sono passate quattro ore da quando ha cominciato a stare male a quando l'hanno portato al Gaslini quasi alle 11. Ma come è possibile ? Hanno anche gli elicotteri, perché l'hanno portato da Sampierdarena a Quarto in ambulanza con un viaggio di mezz'ora ?»;
          «i dottori del pronto soccorso e poi un primario del Gaslini e mi hanno detto che è arrivato agonizzante, che non c'era ormai più niente da fare anche se hanno anche provato ad operarlo al cuore. Quindi forse ho ragione a dire che l'hanno portato qui troppo tardi, altrimenti si poteva salvare», racconta ancora il padre del piccolo  –:
          se sia nota quale sia l'esatta dinamica dell'accaduto e se non si ritenga, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, avviare tutte le iniziative necessarie per fare piena luce sulla vicenda. (5-07255)


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          come riferisce l'agenzia ANSA il 1o luglio, una donna di 27 anni è deceduta dopo aver partorito, circa un mese fa, un bambino;
          risulterebbe che il 4 giugno 2012 la donna si è presentata all'ospedale «Landolfi» di Solofra, in provincia di Avellino, dove ha partorito, con un cesareo, un bimbo;
          due giorni dopo il parto, però, la ragazza ha iniziato ad avere la febbre, che, secondo la diagnosi dei sanitari sarebbe stata provocata da stata una broncopolmonite;
          i familiari, tuttavia, sospettano che sia stata provocata da altre cause;
          di fatto la donna è stata sottoposta ad una terapia antibiotica ed è stata anche nuovamente ricoverata dopo qualche giorno, viste le sue critiche condizioni di salute, all'ospedale «Landolfi» per una presunta infezione al taglio cesareo;
          con il passare delle ore le condizioni sarebbero ulteriormente peggiorate, al punto da renderne necessario il trasferimento al reparto di terapia d'urgenza all'ospedale «San Giuseppe Moscati» di Avellino;
          tuttavia il trasferimento e le cure alle quali la paziente è stata sottoposta non sono valse a nulla, dal momento che la giovane mamma è deceduta  –:
          di quali elementi disponga in relazione alla dinamica dell'accaduto;
          se non si ritenga di assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a fare piena luce sulla vicenda. (5-07257)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il pomeriggio del 3 luglio 2012 è divampato un incendio nel Policlinico Umberto I;
          risulterebbe che il fumo abbia avvolto i seminterrati e invaso alcuni reparti di degenza, subito sgombrati e una ventina di pazienti siano stati evacuati;
          le cause del rogo sarebbero da ricondurre ad un cortocircuito di un gruppo elettrogeno accanto al pronto soccorso;
          non risulta esagerato sostenere che si è sfiorata la tragedia momento che nei sotterranei dei Policlinico, – come da tempo denunciato da alcune relazioni tecniche, da inchieste giornalistiche e, anche, da interrogazioni presentate dalla prima firmataria del presente atto (la vicenda è anche oggetto di un'inchiesta della magistratura) – corrono paralleli cavi elettrici e tubi che conducono gas medici, incluso l'ossigeno, altamente infiammabili;
          solo per un caso fortuito il corto circuito non ha raggiunto i cavi nei sotterranei, dove avrebbe provocato un'esplosione;
          l'inchiesta avviata dalla magistratura riguarda tra l'altro i lavori che avrebbero dovuto eliminare il rischio costituito da tubature di gas ed impianti elettrici troppo vicini: per questa ristrutturazione sarebbero stati spesi inutilmente 20 milioni di euro;
          secondo la denuncia dei sindacati sarebbero serviti soltanto a nascondere sotto un controsoffitto tutti i tubi  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica del grave incidente all’«Umberto I» del 3 luglio 2012;
          quali iniziative di competenza il Governo abbia adottato a fronte della grave situazione sopra evidenziata. (5-07266)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'Italia vive da tempo un clima di attacco su più fronti alla legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, la n.  194 del 1978, ed in generale al diritto alla piena salute riproduttiva, attraverso l'uso secondo gli interroganti strumentale dell'obiezione di coscienza, fino a iniziative quali quella del giudice tutelare di Spoleto che ha sollevato il dubbio di legittimità costituzionale sulla legge di fronte alla Corte costituzionale con argomentazioni ad avviso degli interroganti pretestuose ed infondate;
          durante il convegno «Obiezione di coscienza in Italia. Proposte giuridiche a garanzia della piena applicazione della legge 194 sull'aborto», che si è tenuto il 22 maggio scorso presso la sala capitolare del Senato su iniziativa dell'Associazione italiana per l'educazione demografica – AIED e dell'associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica si sono anche illustrate le misure idonee, a legislazione invariata, atte a contenere il pericolo che sia sempre più pregiudicato il diritto delle donne di interrompere la gravidanza nei tempi e con le modalità previste dalla legge vigente e in grado di assicurarne la piena e corretta applicazione;
          è stata inviata il 5 giugno 2012 dalle citate associazioni comunicazione specifica delle misure individuate a tutti i presidenti delle giunte regionali, ai rispettivi assessori alla sanità e al coordinatore della commissione salute della Conferenza delle regioni e delle province autonome affinché emanino atti che, in forza delle responsabilità riconosciute alle regioni, siano vincolanti per tutte le strutture che applicano l'IVG;
          il 14 giugno 2012, presso l'ordine dei medici di Roma, si è svolta una conferenza stampa a cura di LAIGA in cui sono stati resi noti i risultati finali di un attento monitoraggio dello stato di attuazione della legge nella regione Lazio emblematico della criticità della situazione in cui versa la gran parte delle regioni italiane;
          è così emerso che nella regione Lazio la situazione reale è ben più grave di quanto riportato nella relazione annuale presentata in Parlamento dal Ministro della salute;
          nello specifico dal monitoraggio compiuto dalla LAIGA è emerso che:
              a) nel Lazio in 10 strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi e le cliniche accreditate) non si eseguono interruzioni di gravidanza, tra queste, due sono strutture universitarie (il Policlinico di Tor Vergata e l'azienda ospedaliera S. Andrea), che dunque disattendono anche il compito della formazione dei nuovi ginecologi, sancito dall'articolo 15 della legge n. 194;
              b) nel Lazio sono obiettori di coscienza il 91,3 per cento dei ginecologi ospedalieri;
              c) se per gli aborti del I° trimestre si può fare in parte fronte alla situazione ricorrendo a medici convenzionati esterni o a medici gettonati, così non è per gli aborti terapeutici, sui quali quel 91,3 per cento di medici obiettori ne rende oltremodo difficoltosa la realizzazione;
              d) con il ricorso a medici convenzionati esterni e medici «a gettone» l'obiezione di coscienza scende all'84 per cento, dato comunque più grave dell'80,2 per cento riferito dal Ministro, che non considera nella sua relazione il fatto che una parte dei non obiettori in realtà non esegue l'interruzione volontaria della gravidanza;
          nelle province di Frosinone, Rieti e Viterbo non è possibile eseguire aborti terapeutici costringendo le donne ivi residenti alla triste migrazione verso i pochi centri della capitale, sempre più congestionati, o all'estero; verso le stesse strutture romane che assorbono anche la gran parte delle IVG entro il 90° giorno provenienti dal resto della regione;
          la criticità della situazione va considerata anche in rapporto al dato dell'età media dei medici non obiettori, molti dei quali sono alla soglia della pensione e non verranno rimpiazzati da nuovi ginecologi, per la totale assenza di formazione professionale, sia sul piano pratico che scientifico;
          pacifica giurisprudenza amministrativa (vd. da ultimo la sentenza del Tar Puglia n.  289/10) ritiene ammissibile la possibilità di limitare l'accesso alle strutture consultoriali da parte di specialisti obiettori, quando tale previsione trovi fondamento nei principi di ragionevolezza e proporzionalità e sia finalizzata a garantire il necessario contemperamento tra le diverse istanze coinvolte nel procedimento abortivo;
          l'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 216 del 2003 prevede che nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza è purché la finalità sia legittima, non costituiscono atti di discriminazione le differenze di trattamento riconducibili a motivazioni inerenti religione, convinzioni personali, handicap, età e orientamento sessuale, ma giustificate dal fatto che tali caratteristiche personali influiscono sull'espletamento dell'attività lavorativa, in quanto costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento della stessa;
          la situazione descritta vivrà un ulteriore peggioramento nell'immediato in considerazione dell'arrivo del periodo estivo che vedrà molti degli ospedali che attualmente forniscono il servizio ridurre la propria attività;
          è compito della giunta, vertice della sanità dei Lazio, adottare ogni misura idonea a garantire la piena efficienza del servizio pubblico di interruzione volontaria della gravidanza come previsto dall'articolo 9, comma 5 della legge n.  194 del 1978;
          le associazioni richiamate oltre a denunciare la gravità della situazione hanno individuato molteplici iniziative in grado, nel loro complesso, di attenuare l'emergenza in corso e prevenire la concreta possibilità che di qui a pochi anni la regione non sia più in grado di assicurare l'interruzione volontaria della gravidanza sul proprio territorio  –:
          se non ritenga opportuno incontrare in tempi brevissimi i rappresentanti delle associazioni richiamate in premessa per avere piena cognizione dei dati e delle proposte elaborate;
          se intenda assicurarsi che tutte le strutture pubbliche, nell'obiettivo di assicurare tempi certi e di accorciare i tempi attesa, garantiscano le prestazioni di interruzione volontaria della gravidanza sia essa chirurgica o farmacologica;
          se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché le strutture sanitarie universitarie si impegnino nella formazione degli specializzandi in ginecologia circa le problematiche e le tecniche mediche proprie dell'IVG;
          se non ritenga necessario creare un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza per consentire ai cittadini la piena cognizione delle scelte operate in tal senso del personale sanitario con cui interagiscono;
          se intenda assumere iniziative normative che prevedano per le strutture sanitarie l'obbligo di bandire concorsi riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
          se intendano assumere iniziative per promuovere l'utilizzo dei medici «gettonati» per sopperire nell'immediato alle carenze dei medici non obiettori;
          se intenda assumere iniziative per derogare al blocco dei turnover del personale sanitario delle regioni laddove i servizi di IVG siano scoperti. (5-07271)


      MANCUSO, DE LUCA, GHIGLIA, NASTRI, BARANI e GIRLANDA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la tutela della sicurezza alimentare si ottiene anche tramite controlli da eseguire sui mezzi che trasportano animali vivi e derrate alimentari derivate da animali all'uopo allevati e macellati;
          per la sicurezza igienico-sanitaria di un alimento, quella del trasporto rappresenta la fase più «sensibile e delicata dell'intera filiera alimentare;
          l'assenza di un'attività sistematica e organizzata di controlli sul trasporto degli alimenti di origine animale, con particolare riguardo a quello effettuato su rete autostradale, continua a essere un anello debolissimo della filiera alimentare «dal campo alla tavola»;
          in risposta a precedente interrogazione a risposta in commissione (5/2448, seduta di annuncio 278 del 4 febbraio 2010) la direzione generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute annunciava di star predisponendo il testo di un protocollo di intesa con il Ministero dell'interno, al fine di sottoporlo alla valutazione della polizia stradale;
          a oggi il protocollo ancora non risulta firmato;
          simile protocollo d'intesa è, invece, stato firmato per il trasporto di animali vivi;
          la competenza dei controlli degli alimenti di origine animale su strada è di competenza della polizia stradale, quale forza di polizia, e del servizio veterinario di igiene degli alimenti di origine animale delle ASL, i cui dirigenti veterinari hanno anche la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria  –:
          se, e con quali tempistiche, il Governo intenda produrre un protocollo d'intesa tra Ministero della salute e Ministero dell'interno per formare i controlli igienico sanitari sul trasporto di alimenti di origine animale. (5-07275)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CICCIOLI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da un anno i medici che prestano servizio presso il pronto soccorso dell'Aeroporto Raffaello Sanzio di Falconara-Ancona non ricevono il pagamento dello stipendio, con compensi, fra l'altro, estremamente bassi (10.33 euro all'ora);
          è diventato difficile reperire personale sanitario che presti servizio presso il pronto soccorso aeroportuale, in quanto i medici che lavorano in aeroporto hanno un contratto parasubordinato con la Croce rossa italiana con la possibilità di svolgere in quella sede da un minimo di 18 ad un massimo di 36 ore settimanali; i medici contattati hanno optato per il minimo di ore consentite per poter lavorare altrove, dove vengono pagati di più e senza ritardi;
          per un certo periodo i medici che prestano servizio presso tale struttura hanno cercato di coprire i turni vacanti pagando personalmente le somme dovute ai sanitari contattati o cercando di prolungare i propri turni oltre le 24 ore per non lasciare scoperta la postazione;
          è impensabile che i medici del pronto soccorso aeroportuale debbano sopperire sia economicamente che personalmente, facendo turni di oltre 24 ore, alle carenze di personale dovute al mancato pagamento di stipendi ed al conseguente rifiuto del personale a coprire i turni in aeroporto.
          il personale medico del pronto soccorso dell'aeroporto Raffaello Sanzio ha reso noto al gestore aeroportuale Aerdorica e all'Enav che alcuni turni rimarranno vuoti e che ciò potrebbe comportare la chiusura dello scalo aereo, declinando ogni responsabilità per quanto potrà succedere, avendo sostenuto per un anno tale situazione, sacrificandosi personalmente, senza avere alcun riscontro in merito  –:
          quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per risolvere questa incresciosa situazione che potrebbe compromettere non solo l'incolumità dei passeggeri e dei fruitori dello scalo, ma la sopravvivenza dello scalo aereo stesso. (4-16837)


      RAISI, DI BIAGIO e MURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la Croce rossa italiana, ente di diritto pubblico non economico con prerogative di carattere internazionale, svolge importanti ruoli nell'ambito dell'assistenza sanitaria e sociale, configurandosi come riferimento indiscusso sul versante dell'assistenza e del sostegno sociale;
          a conferma della sua rilevante presenza e della sua struttura capillare, attualmente le strutture della CRI coinvolgono circa 145 mila soci attivi sul territorio nazionale, 4.000 dipendenti, civili e militari, di cui oltre 1.500 con contratti precari, ed è dotata di un importante patrimonio immobiliare, per lo più frutto di lasciti e donazioni. Stando ai dati aggiornati al 2008 il patrimonio immobiliare della CRI è stimabile attorno ai 35 milioni di euro, sebbene inchieste giornalistiche e rivelazioni di ex dipendenti abbiano sottolineato l'esistenza di un patrimonio immobiliare «sommerso»;
          le risorse destinate alla CRI dai Ministeri vigilanti ammontano a circa 180 milioni di euro annui, buona parte destinati al sostentamento delle risorse umane, in particolar modo del corpo dirigenziale, a cui si aggiungono i fondi di provenienza privata configurabili in donazioni e lasciti di beni mobili ed immobili;
          appare importante evidenziare che a seguito del riscontro di «gravi carenze e irregolarità di gestione dell'Associazione, in particolare emerse dalla verifica amministrativo-contabile effettuata dall'ispettorato generale di Finanza della Ragioneria generale di Stato», la Croce rossa italiana è stata sottoposta a commissariamento più volte negli ultimi trent'anni. Dall'ottobre 2008, il commissariamento è stato affidato all'avvocato Francesco Rocca;
          nonostante i commissariamenti che si sono avvicendati negli ultimi anni, la Croce rossa italiana versa in una situazione economico-amministrativa ancora complessa. A conferma di tale trend, secondo un documento riassuntivo del disavanzo di cassa della CRI apparso on line — il disavanzo totale di cassa della CRI ammonterebbe a 335,7 milioni di euro;
          alla suddetta criticità, si aggiunge la volontà del Governo di operare un riordino della Croce rossa italiana secondo i criteri e principi direttivi della semplificazione, razionalizzazione amministrativa e delle risorse e della ridefinizione del rapporto di vigilanza di cui all'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n.  183;
          in data 28 giugno 2012 è stato approvato in via preliminare, per essere immediatamente trasmesso al parere delle Camere, uno schema di decreto legislativo per la riorganizzazione della Croce rossa italiana attraverso un processo di «graduale trasformazione in associazione privata di interesse pubblico»;
          le dinamiche gestionali e finanziarie unite al discutibile progetto di riordino rischiano di creare una cornice operativa alquanto complessa tale da mettere in seria discussione non solo il lavoro di migliaia di donne e uomini, ma le stesse potenzialità dell'ente;
          in questo scenario contraddistinto da molteplici criticità su più versanti a cui si aggiungono opacità circa il futuro dell'ente si aggiungono alcuni aspetti, privi di chiarezza, attinenti alla dirigenza dell'Ente stesso che rischiano — a detta dell'interrogante — di creare ulteriore confusione;
          stando alle informazioni a disposizione dell'interrogante, l'avvocato Rocca sarebbe proprietario — stando a quanto riportato dai media — del 99 per cento delle quote della società Ciak srl, operante nel settore immobiliare;
          il fatto che il commissario della Croce rossa — ente su cui pesano difficoltà di ricognizione del ragguardevole patrimonio immobiliare all'interno del quale, secondo un'inchiesta di Report del 2010, sarebbero circa 68 gli immobili «di cui si sono perse le tracce» — lascerebbe emergere — secondo l'interrogante — un potenziale conflitto di interessi, segnatamente alla luce di quelle che sono le prospettive di riordino dell'ente in una cornice privatistica e dunque alla luce della potenziale gestione privatistica del patrimonio immobiliare;
          la suddetta società immobiliare risulta avere ulteriori collegamenti con la CRI: infatti amministratore unico della Ciak servizi srl risulta essere Mauro Maritati, che è stato nel collegio sindacale della società SISE spa, società siciliana della Croce Rossa che gestisce il servizio ambulanze nell'isola, le cui storture gestionali sono non sono di certo sfuggite tanto da condurre anche la Corte dei conti ad evidenziare, la presenza nella società di «personale volontario, lavoratori socialmente utili, precari a vario titolo, senza l'esperimento di alcuna procedura selettiva»;
          malgrado le suddette difficoltà, nel marzo 2010 il tribunale di Palermo ha notificato alla Croce rossa italiana un decreto ingiuntivo di 49.391.660,17 euro in favore della società SISE spa, elemento questo che sottolinea con maggiore forza le difficoltà finanziarie in cui versa l'ente  –:
          se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda fare chiarezza sui legami esistenti tra il commissario Rocca e le società citate in premesse, e se non ritenga opportuno fare ulteriore chiarezza sui punti ancora oscuri delle gestione commissariale, come l'assenza di bilanci analitici, il presunto patrimonio immobiliare sommerso, la sussistenza di insolvenze e altre storture di cui in premessa, come elemento preliminare di qualsivoglia progetto di riordino dell'ente. (4-16864)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MARIO PEPE (PD). — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la direzione provinciale delle Poste ha deciso improvvisamente di dirottare gli utenti del comune di Guardia Sanframondi (Benevento) presso l'ufficio postale di S. Lupo (Benevento) che dista molti chilometri dal comune suindicato per scelte non motivate che riguardano l'organizzazione dei servizi postali;
          qualsiasi decisione della direzione provinciale delle Poste deve essere raccordata con le esigenze insopprimibili degli utenti – basti pensare alla riscossione della pensione da parte degli anziani – discussa e sostenuta dall'amministrazione civica che rappresenta istituzionalmente la comunità locale e che si sente improvvisamente depauperata del suo ruolo di coordinamento dei bisogni dei cittadini, creando in tal senso turbative nella comunità, disservizi e forme di contestazione municipale  –:
          quali siano i motivi e le ragioni che spingono la direzione provinciale delle Poste a spostare i servizi dalla sede di Guardia Sanframondi (Benevento) a quella di S. Lupo (Benevento) e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per impedire tale eventuale decisione che, ad avviso dell'interrogante, assumerebbe le forme e i toni di una inaccettabile imposizione e di diniego di ogni norma di buon senso e che comprometterebbe la serenità degli utenti che avrebbero inaudite, indicibili ed insopportabili difficoltà nel subire lo spostamento dell'ufficio postale di Guardia Sanframondi (Benevento) in quello di S. Lupo (Benevento). (5-07256)

Interrogazione a risposta scritta:


      ANNA TERESA FORMISANO e GALLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi sei mesi i 90 lavoratori dell'Ilva di Patrica (Frosinone), industria specializzata nella produzione di zincato alluminato, hanno sperato che si stesse avviando un cambio di produzione, unica alternativa valida alla chiusura dello stabilimento del frusinate, già annunciata dalla proprietà;
          la prevista chiusura non sarebbe dovuta alla crisi del settore, dal momento che il prodotto zincato alluminato confezionato a Patrica è un'eccellenza a livello europeo, ma perché la proprietà avrebbe deciso di spostare la produzione in un nuovo sito del nord, così come è già avvenuto per altre realtà industriali del frusinate;    
          nei giorni scorsi i settanta lavoratori impiegati direttamente nel sito dell'Ilva e i ventiquattro dell'indotto che lavora per l'azienda di Patrica hanno iniziato lo sciopero ad oltranza con l'obiettivo di far valere i loro diritti e quelli delle loro famiglie;
          il fatto che l'età media degli occupati nello stabilimento si aggiri intorno ai 30-35 anni rende ancora più grave la crisi dell'Ilva, dopo che nel 2004 la proprietà ha deciso di avviare un piano di «ringiovanimento» del personale;
          purtroppo la crisi del settore industriale che sta colpendo la provincia di Frosinone continua a fare registrare gravi emorragie occupazionali  –:
          quali iniziative si intendano adottare per scongiurare la chiusura dello stabilimento dell'Ilva di Patrica la cui produzione è un'eccellenza a livello europeo e la cui interruzione comporterebbe gravi danni economici e sociali per l'Intero territorio;
          quali iniziative si intendano intraprendere per salvaguardare i livelli occupazionali del sito industriale che ha dato lavoro ad almeno tre generazioni;
          quali urgenti ed efficaci iniziative si intendano adottare al fine di trovare una rapida soluzione alla crisi industriale che sta colpendo la provincia di Frosinone ed evitare che le società che hanno investito nel territorio del frusinate continuino a spostare la produzione in nuovi siti collocati nel nord Italia. (4-16842)

Apposizione di firme a risoluzioni.

      La risoluzione in Commissione Tempestini e altri n.  7-00928, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nirenstein.

      La risoluzione in Commissione Gnecchi e altri n.  7-00929, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scandroglio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Scalia e altri n.  4-16762, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fallica.

      L'interrogazione a risposta scritta Madia e altri n.  4-16829, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Realacci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Palagiano n.  4-14722 del 1o febbraio 2012;
          interpellanza urgente Anna Teresa Formisano n.  2-01517 del 29 maggio 2012;
          interrogazione a risposta orale Binetti n.  3-02332 del 13 giugno 2012;
          interpellanza Garagnani n.  2-01581 del 3 luglio 2012.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta in Commissione Farina Coscioni e altri n.  5-07231 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  659 del 3 luglio 2012. Alla pagina 32519, prima colonna, alla riga dodicesima, deve leggersi: «Manca l'assicurazione, si ferma la Croce» e non «Manca rassicurazione, si ferma la Croce», come stampato.