XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 9 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


      La XII Commissione,
          premesso che:
              da un'indagine sulla fuel poverty in Italia presentata al Senato da Cittadinanzattiva nell'ambito del convegno «Energia e cronicità: La solidarietà sociale per l'abbattimento della fuel poverty» è emerso il dato che una famiglia costretta ad utilizzare apparecchiature elettromedicali spende in media annualmente per la bolletta energetica di 1.152 euro, di cui 230 euro legati ai consumi «sanitari rispetto ad una spesa media annua di una famiglia tipo pari a 515 euro»;
              queste famiglie, che hanno optato per il mercato libero nel 27 per cento dei casi, presentano in casa almeno tre apparecchiare mediche nel 31 per cento dei casi, e nel 16 per cento usufruiscono di una potenza istallata superiore ai 4 chilowatt;
              in media, la maggior spesa energetica di tali famiglie è pari a circa 637 euro e di questi, solo una minima parte coperti dal bonus sociale elettricità (155 euro), mentre ben 482 euro rimangono completamente a carico delle famiglie, oltre al fatto che molte famiglie, circa il 16 per cento, non usufruiscono di tale bonus per una scarsa informazione sui propri diritti;
              la «povertà energetica» rappresenta un fenomeno recente ma in continua crescita, anche a causa dell'incremento dei costi dell'energia per le utenze domestiche e dell'attuale grave crisi economica: si stima che tra i 50 e i 125 milioni di cittadini europei siano ai margini della fuel poverty o quanto meno a rischio di esserne colpiti;
              «una famiglia si trova in una condizione di fuel poverty quando spende più del 10 per cento del proprio reddito disponibile per i propri bisogni di energia, comprendendovi l'utilizzo degli elettrodomestici, e per dotare la propria abitazione di un sufficiente livello di comfort e di salubrità». Ciò nonostante, tale condizione di disagio è facilmente riscontrabile in una famiglia che presenta una o più di queste situazioni: bassi redditi, scarso livello di comfort termico nell'abitazione; presenza di disabili, malati cronici e pazienti con patologie invalidanti;
              a fronte di questa situazione così drammatica le carenze del Servizio sanitario nazionale comportano per la persona con patologia cronica, e per il suo nucleo familiare, l'assunzione di notevoli costi privati, soprattutto per il supporto assistenziale (badante), la spesa farmaceutica, l'assistenza psicologica, l'assistenza protesica, le prestazioni di diagnostica e di specialistica, a cui si aggiunge il fatto che i bonus sociali per l'elettricità sono di importo irrisorio né vengono adeguati o estesi per le apparecchiature non salvavita ma ugualmente necessarie per la qualità di vita, quali i mezzi di trasporto ed ausili per il sollevamento (esempio ascensori, montascale, carrozzine elettriche) e i dispositivi per la prevenzione e la terapia di piaghe da decubito, escludendo così circa 300.000 persone da questa forma di sostegno,

impegna il Governo:

          a promuovere la revisione della normativa relativa alla concessione del «bonus elettricità» includendo tra i beneficiari anche coloro che necessitano di apparecchiature elettromedicali non salvavita ma ugualmente necessarie ad una migliore qualità della vita nonché ad individuare le risorse economiche necessarie affinché il bonus non solo copra quantomeno le spese indotte dagli apparecchi elettromedicali ma tenga conto delle maggiori esigenze di consumo che caratterizzano particolari tipologie di utenze e degli andamenti dell'inflazione;
          ad assumere iniziative, anche normative, affinché vi sia un'offerta tariffaria ad hoc per specifiche tipologie di utenza in quanto l'entità rilevante dei consumi energetici, per specifiche utenze, non è attribuibile soltanto ai consumi legati alle apparecchiature elettromedicali, ma anche agli altri consumi, trattandosi di persone che a causa della loro malattia sono di fatto costrette a passare un numero maggiore di ore all'interno della propria abitazione;
          a predisporre campagne d'informazione specifiche affinché tutti gli aventi diritto al «bonus elettricità» per disagio fisico siano affettivamente informati compreso quel 16 per cento che attualmente non vi accede.
(7-00941) «Pedoto, Sarubbi, Burtone, Miotto, D'Incecco, Bossa, Murer, Fontanelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      D'INCECCO, MIOTTO, LENZI, BUCCHINO, MURER, BOSSA, FARINA COSCIONI, BURTONE, LIVIA TURCO e SARUBBI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 24 marzo 2012, con la conversione in legge del decreto denominato «liberalizzazioni», è stato ridotto a 3300 il parametro degli abitanti per l'istituzione di nuove farmacie;
          la regione Abruzzo, a seguito della nuova normativa, aveva annunciato un concorso per l'apertura di 87 farmacie, di cui 54 di nuova istituzione grazie al decreto, e 33 già istituire in passato ma risultate vacanti;
          secondo un crono programma presentato, entro il 23 aprile 2012 i comuni interessati avrebbero dovuto indicare la collocazione geografica all'interno del comune delle nuove farmacie e inviare la documentazione alla regione; successivamente, la regione, in 60 giorni, entro quindi il 23 giugno, avrebbe bandito il concorso pubblico straordinario;
          la procedura si sarebbe dovuta concludere entro dodici mesi, con eventuale nomina da parte del Governo di un commissario ad acta nel caso in cui le procedure concorsuali non venissero avviate dalla regione nei termini di legge;
          secondo la dotazione stabilita dal servizio farmaceutico della regione Abruzzo, le nuovi sedi farmaceutiche avranno questa suddivisione per provincia: Pescara 21 (Montesilvano con 6 nuove farmacie è la città con l'incremento più alto in regione), Teramo 18, L'Aquila 27 e Chieti 21;
          la procedura sopra menzionata, relativamente alla regione Abruzzo, ha avuto un inatteso stop, e un conseguente ritardo, che rischia di vanificare l'istituzione delle 54 nuove farmacie;
          il blocco sarebbe causato da diversi fattori; secondo alcuni esponenti politici del consiglio regionale, tra cui la carenza di personale che impedirebbe all'ufficio regionale preposto di far fronte alle incombenze;
          l'ufficio, dotato solo di due persone, per gli stessi motivi, non è stato in grado di assegnare neppure le 33 sedi già istituite prima della nuova normativa;
          il blocco della procedura delle nuove farmacie appare molto preoccupante e grave sia per le conseguenze che ne derivano sul territorio sia per le aspettative che erano state riposte sul nuovo bando da molti giovani professionisti  –:
          se sia e conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze e di quanto stabilito dalla legge, di attivarsi, eventualmente con i poteri sostitutivi previsti dalla normativa, o nei modi che ritiene più opportuni, per determinare uno sblocco nella procedura dell'assegnazione delle nuove farmacie sul territorio della regione Abruzzo, che consentiranno di costruire un servizio più capillare, dando nuove opportunità di lavoro a tanti giovani professionisti, così com'era nello spirito del decreto stesso del Governo. (5-07296)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nella prima settimana di marzo del 2012 un nubifragio e una violenta grandinata si sono abbattuti nelle province di Siracusa, Ragusa e Catania;
          lo stato di calamità naturale è stato riconosciuto solo per i comuni della provincia di Catania, una scelta incomprensibile in quanto è del tutto evidente che per il nubifragio e la grandine i confini non esistono visto che hanno provocato danni gravissimi in tutte le province interessate dagli eventi e non solo in quella di Catania;
          nell'area compresa nei comuni di Carlentini, Francoforte, Sortino, Augusta e Villasmundo, sono state 1500 le aziende danneggiate dall'ondata di maltempo;
          danni nella provincia di Siracusa sono stati subiti dai frutteti, da interi giardini di agrumi, nonché dalle serre orticole della zona sud da Pachino a Rosolini invase da acqua piovana per le forti piogge;
          la giunta provinciale di Siracusa già dal 12 marzo 2012 ha richiesto lo stato di calamità e urgenza quantificando i danni subiti dai territori dei comuni interessati, per circa 15 milioni di euro;
          è necessario procedere alla dichiarazione dello stato di calamità naturale in tempi brevi anche per i comuni della provincia di Siracusa interessati dagli eventi del mese di marzo 2012  –:
          se non ritenga necessario e urgente procedere alla dichiarazione dello stato di calamità naturale anche per i comuni della provincia di Siracusa che hanno subito danni ingenti dal nubifragio e dagli eventi nel mese di marzo 2012, procedendo al contempo alla erogazione dei finanziamenti necessari per il sostegno alle aziende interessate. (4-16888)


      DI PIETRO e EVANGELISTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          come riportato da il Fatto quotidiano e la Stampa del 6 luglio 2012 si apprende che Wikileaks ha cominciato a diffondere, attraverso 7 testate di tutto il mondo, tra cui il settimanale l'Espresso, quasi 2 milioni e mezzo di messaggi di e-mail riservate del regime siriano;
          da parecchi messaggi emergerebbe che l'italiana Finmeccanica collaborerebbe tuttora con Damasco tramite un'azienda controllata, la Selex Elsag;
          al centro dello scandalo, infatti, ci sarebbe la fornitura del sofisticato sistema di comunicazione Tetra (rete wireless per comunicazioni pubbliche che consente di trasmettere dati multimediali a grande velocità su diverse piattaforme fisse o mobili) da parte della Selex Elsag – filiale del colosso italiano – all'impresa del regime Syrian Wireless Organization;
          il contratto iniziale da 40 milioni di euro era di pubblico dominio ma risale al 2008, molto tempo prima che la situazione in Siria precipitasse e si trasformasse nel teatro di un bagno di sangue senza fine; i file di Wikileaks dimostrerebbero però che i rapporti con il regime di Assad sono proseguiti intensamente anche negli ultimi mesi;
          infatti, in una mail datata 7 maggio 2011 la Intracom Syria avrebbe inviato un ordine per la fornitura di radiomobili VS3000 prodotte dalla Selex al deposito della polizia di Mouadamia: sono proprio i giorni in cui nella città si svolgono violentissimi scontri;
          ci sarebbe anche un inventario dell'ottobre scorso, da cui risulta che in appena 3 anni la compagnia italiana ha venduto a Damasco 11170 radio Puma T3, più di 1.600 terminali fissi FC3000 e altri 30 AS3000 destinati ad essere montati su elicotteri;
          un messaggio del febbraio 2012 annuncerebbe l'arrivo nella capitale siriana degli ingegneri della Selex per istruire i tecnici della Intracom-Syria sull'uso di varie componenti della tecnologia Tetra tra cui i terminali degli elicotteri;
          nella mail non si specifica se si tratti di elicotteri della polizia o anche militari. I velivoli di entrambi i corpi stanno avendo un ruolo chiave nella repressione: i mitragliamenti dal cielo contro ribelli e popolazione sono segnalati da tutti gli osservatori;
          sono numerosi quindi i messaggi da cui risulta che la strumentazione radio e i ripetitori di Tetra sono finiti in gran numero nelle installazioni militari e di polizia delle località in cui sono avvenuti i più gravi massacri;
          dall'inizio del 2012 l'Unione europea ha imposto una raffica di sanzioni al regime siriano. L'ultima dichiarazione del capo della diplomazia comunitaria Catherine Ashton risale ad appena 10 giorni fa e in quella occasione è stata definita nei dettagli la portata delle sanzioni a Damasco che prevedono la proibizione a esportare «materiale ed equipaggiamento che possa essere utilizzato per la repressione interna» comprese restrizioni di carattere «tecnologico»;
          sono le autorità degli Stati membri che devono vigilare sull'applicazione delle sanzioni, come precisato da Micheal Mann portavoce dell'alto rappresentante dell'Unione europea per la politica estera;
          la nostra diplomazia condanna le massicce violazioni dei diritti umani, che continuano senza sosta, esortando le autorità siriane a porre immediatamente fine alla violenza brutale contro i civili e invece sembrerebbe che proprio l'Italia venderebbe alla Syria alta tecnologia che serve per coordinare la repressione;
          l'Italia dei Valori è da tempo intervenuta sulle vicende che hanno coinvolto Finmeccanica in questi ultimi mesi, dal tema della spartizione politica delle nomine nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica, alle vicende giudiziarie che coinvolgono in prima persona l'attuale presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi, sul quale gravano ipotesi di reato che vanno dalla corruzione internazionale al riciclaggio in relazione agli appalti internazionali come la vendita di elicotteri al Governo indiano, le commesse in Africa, finanziamenti illeciti a partiti politici e manager;
          si è da tempo denunciata al Ministro dello sviluppo economico la grave decisione dei vertici della multinazionale di «svendere» ai concorrenti internazionali tutto il settore civile, in particolare asset industriali leader nel mondo come Ansaldo STS e Ansaldo Energia, cosa che comporterebbe lo smantellamento di un patrimonio industriale strategico di primaria importanza per il Paese e avrebbe conseguenze nefaste sulle prospettive occupazionali dei lavoratori e sulla tenuta industriale del Paese;
          il fatto che gli attuali vertici di Finmeccanica potrebbero essere coinvolti nella sopracitata vicenda rafforza ancora di più la convinzione degli interroganti che le immediate dimissioni del presidente Orsi e dell'intero vertice di Finmeccanica siano indispensabili per ridare credibilità a una delle più importanti realtà industriali del Paese  –:
          quali iniziative intenda porre in essere il Governo per bloccare immediatamente qualsiasi rapporto con la Siria in osservanza di quanto sancito dall'Unione europea e se intenda verificare di chi siano le responsabilità in relazione ai fatti sopra citati, tenendo conto che sono le autorità degli Stati membri che devono vigilare sull'applicazione delle sanzioni;
          quali iniziative intenda intraprendere il Governo per giungere alla sostituzione del vertice della società anche alla luce di quanto emerso dalle denunce di Wikileaks e dalle inchieste aperte dalle procure italiane;
          quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per fermare la cessione degli asset industriali civili di Finmeccanica. (4-16896)


      EVANGELISTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          da circa 30 anni la Internazionale marmi e macchine (IMM) produce statistiche riguardanti il commercio internazionale di prodotti lapidei effettuato dalle province italiane grazie a una fornitura personalizzata di dati dell'ISTAT;
          i dati import-export fino a oggi sono stati forniti per provincia e trimestralmente per le seguenti categorie merceologiche accorpabili secondo un livello di dettaglio SH6: marmo blocchi e lastre, granito blocchi e lastre, marmo lavorati, granito lavorati, altre pietre lavorati, granulati e polveri;
          tali statistiche sono al servizio delle aziende del comparto lapideo nazionale e offrono importanti indicazioni su nuove opportunità di investimento e nuovi mercati in crescita;
          annualmente, la IMM produce, infatti, due pubblicazioni che vengono diffuse gratuitamente alle aziende interessate: il Report Stone Sector che descrive l'andamento del commercio internazionale dei prodotti lapidei e Indagine congiunturale che si concentra in particolar modo sul comprensorio Apuo-Versiliese;
          l'ISTAT ha comunicato alla IMM l'impossibilità di continuare ad effettuare tale fornitura per codici di dettaglio SH6, mentre sarà possibile avere i dati solo per codice SH4;
          ciò significa che le categorie merceologiche per cui sarà possibile misurare l'import-export saranno meno dettagliate e nello specifico si ridurranno nel seguente modo: granito blocchi e lastre (nel dato però verrà considerata anche l'arenaria), marmo blocchi e lastre (nel dato però ricadrà anche il calcare di Ecaussines e altre pietre calcaree), lavorati (senza distinzione tra marmo, granito e altre pietre), granulati e polveri (nel dato ricadrà anche la voce sassi, ghiaia, cascami industriali, tarmacadam, macadam di loppe, ciottoli e selci);
          il dato così ottenuto sarà quindi notevolmente «sporcato» con voci che con il settore lapideo hanno poco a che fare e non permetterà di fare una valutazione della performance credibile, fedele alla realtà e soprattutto confrontabile con la ricca serie storica in possesso della IMM;
          inoltre, risulta ancora essere in discussione la possibilità di avere i dati per provincia e trimestralmente poiché, con buone probabilità, verrà richiesto alla IMM di fare delle aggregazioni provinciali e il dato sarà fornito soltanto con cadenza annuale;
          il danno sembra essere di rilevante entità per l'attività dell'azienda citata e per il comparto lapideo locale che da anni basava le proprie strategie di investimento sui dati forniti attraverso le storiche pubblicazioni su menzionate e comunicati stampa periodici;
          nelle province componenti il distretto Apuo-Versiliese, tali dati sono stati inoltre utilizzati anche in fase di contrattazione sindacale per il calcolo dei premi di produttività per il contratto lapideo attraverso una valutazione di performance che da oggi non sarà più possibile  –:
          se sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e se non ritenga di voler intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per consentire che venga confermata la fornitura dei dati Istat per i codici di dettaglio SH6. (4-16898)


      CARELLA, GASBARRA, MORASSUT, META e BRATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'emergenza ambientale del territorio ricadente all'interno del bacino del fiume Sacco, che scorre attraverso le province di Roma e Frosinone, è dovuta alla presenza d'isomeri di esaclorocicloesano che hanno contaminato l'argine fluviale e il suolo circostante;
          la contaminazione sarebbe dovuta alla percolazione dei suddetti agenti chimici nell'area del comune di Colleferro che, fino a trenta anni fa, era occupata da un'industria chimica e dove sono stati rinvenuti fusti interrati illegalmente e scarti di lavorazioni;
          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 maggio 2005 è stato dichiarato, fino al 30 aprile 2006, lo stato di emergenza socio-economico-ambientale nel territorio del bacino del fiume Sacco e, con successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2005, n.  3441, sono stati previsti interventi urgenti finalizzati al superamento della fase dell'emergenza nel territorio dei comuni di Colleferro, Segni e Gavignano della provincia di Roma e dei comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino della provincia di Frosinone; l'intera area è stata inserita tra i siti d'interesse nazionale da bonificare di competenza del Ministero dell'ambiente; in data 2 dicembre 2005, in attuazione della disposizione introdotta all'articolo 11-quaterdecies, comma 15, del decreto-legge 30 settembre 2005, n.  203, è avvenuto tale inserimento;
          le attività della struttura commissariale prevedono:
              la perimetrazione provvisoria del sito che interessa i nove comuni citati;
              l'individuazione ed attivazione delle prime misure di messa in sicurezza d'emergenza per rifiuti, suoli e acque contaminati;
              l'individuazione e l'attivazione delle indagini di caratterizzazione delle aree, pubbliche e private, al fine di definire l'estensione e la gravità della contaminazione;
              l'attivazione della sorveglianza sanitaria, epidemiologica e veterinaria;
              la definizione del perimetro del nuovo sito da bonificare di interesse nazionale, in accordo con tutti i comuni interessati ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge n.  426 del 1998;
          ad oggi la perimetrazione del sito risulta solo sulla carta e, nonostante le zone in prossimità del fiume dovrebbero essere interdette, il foraggio prodotto lungo le sponde del Sacco continua ad essere usato per l'alimentazione del bestiame e va a finire nella catena alimentare;
          ci sono ritardi nella bonifica del sito denominato «ARPA 1», mentre per il secondo sito – ARPA 2 – non è ancora partita la gara d'appalto; infine si registrano ritardi ancora più gravi nell'intervento nell'area dov'era situata la fabbrica;
          vi sono dubbi sull'efficacia dell'esperimento della coltivazione di piante in alcune parti degli argini del fiume e che dovrebbero servire per la bonifica, mentre ulteriori perplessità nascono dalle modalità di smaltimento delle biomasse utilizzate per assorbire la molecola inquinante;
          appare preoccupante la posizione del commissario Di Palma a causa dei numerosi incarichi e consulenze che lo hanno visto legato con molti dei soggetti coinvolti nelle vicende ambientali di cui è stata vittima la città di Colleferro e l'intera Valle del Sacco;
          l'avvocato Di Palma, fino al mese di gennaio 2012 era consulente giuridico dell'Agenzia spaziale italiana, la quale, con Avio, ha formato la società Elv, responsabile del progetto del missile Vega, con sede operativa a Colleferro, a poche centinaia di metri dai siti contaminati; inoltre l'avvocato Di Palma era in stretti rapporti con Enrico Saggese, l'ex manager Finmeccanica finito nel 2008 alla presidenza dell'agenzia spaziale italiana, con un passato ai vertici della Avio spa, proprietaria dei terreni contaminati di Colleferro; infine, Di Palma e Saggese fanno entrambi parte del comitato scientifico della potente associazione Demetra, molto attiva nell'organizzare convegni e convention con una forte partecipazione  –:
          a che punto sia lo stato attuale della bonifica nelle aree ex BPD e lungo le aree perimetrate del fiume Sacco;
          se vi siano dati sulla situazione epidemiologica della popolazione e quali misure siano state messe in atto per le persone contaminate;
          se non si ravvisi la presenza di un palese conflitto di interessi nella persona del commissario della bonifica, avvocato Di Palma, e se si intenda valutare con la massima attenzione, anche alla luce della lentezza con cui stanno procedendo gli interventi, l'opportunità di mantenere l'affidamento di un così delicato incarico. (4-16900)


      BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          è in corso l'esame parlamentare del disegno di legge di ratifica del Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità      (ESM, MES in italiano), il quale è finalizzato – almeno nelle intenzioni – a salvare gli Stati dell'Unione europea sull'orlo del default;
          sulla base del Trattato, gli Stati partecipanti all'ESM dovranno versare la rispettiva quota all'organismo, per dare la possibilità ad un Paese in crisi o sull'orlo del default di rivolgersi all'ESM stesso, il quale provvederà ad erogare la somma necessaria a scongiurare il fallimento, sotto forma di prestito ad interesse;
          in pratica, tale organismo, il quale si configura, sia pure sotto mentite spoglie, come una nuova, gigantesca banca europea sovranazionale, sostituirà il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) e dal meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM), erogherà prestiti ad interesse agli Stati aderenti che ne faranno richiesta, utilizzando le risorse finanziarie fornite dagli Stati stessi ed assumendo il sostanziale controllo della politica economica dei Paesi richiedenti assistenza, imponendo loro scelte finalizzate a garantire la cosiddetta «stabilità», secondo l'interrogante al di fuori di ogni meccanismo di responsabilità democratica, senza alcun meccanismo di trasparenza, alcuna garanzia, né alcun controllo;
          tale «stabilità» non favorirà tuttavia l'economia nel suo complesso e il benessere dei cittadini, ma esclusivamente la finanza, sostanziandosi ad avviso dell'interrogante in misure di macelleria sociale, privatizzazioni e aggravi di tassazione ritenute necessarie a garantire la solvibilità dello Stato: ad esempio è stato calcolato che l'Italia, ratificando il Trattato, si obbligherà a versare 125 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, i quali dovranno essere reperiti a debito per versare risorse finanziarie ad un organismo che detterà le misure di politica economica agli Stati aderenti;
          in tal modo l'intera impalcatura istituzionale europea rischia di trasformarsi in un enorme ingranaggio finanziario, basato su calcoli di matematica finanziaria e sulla mera logica del profitto, nel quale le esigenze delle persone, soprattutto di quelle più deboli, saranno misurate e valutate solo in funzione dei relativi costi e del profitto;
          un plastico esempio di tale pericoloso disegno è dato dalle vicende che hanno coinvolto la Grecia in questi ultimi anni, nei quali l'assistenza finanziaria prestata dalle istituzioni europee è stata condizionata ad una serie di richieste che, per quello Stato si sono tradotti in una sostanziale rinuncia alla sovranità, ad esempio per quanto riguarda i tagli alla spesa pubblica, agli stipendi dei dipendenti pubblici e alle pensioni, subordinando le decisioni politiche, e gli stessi principi costituzionali in materia di libertà democratiche e di diritti sociali, al diritto del più forte ed alla logica della speculazione selvaggia, nella prospettiva di quello che l'interrogante prospetta come una sorta di neodittatura economico-finanziaria di stampo tecnocratico;
          in tale contesto le istituzioni e gli operatori del sistema finanziario continuano invece a sviluppare indiscriminatamente attività speculative, spesso secondo l'interrogante addirittura criminose e basate su pericolosissimi strumenti di ingegneria finanziaria, provocando o contribuendo a creare periodiche, a volte fantomatiche crisi di sistema, dietro le quali si nasconde, sovente, il dissesto di molti istituti di credito e un'incalcolabile quantità di titoli tossici, senza che le autorità politiche e di vigilanza (in primis la Commissione europea e la Banca Centrale europea) si oppongano con la necessaria determinazione e impegno resistenza a tale dilagante fenomeno;
          in tale contesto appare molto preoccupante che, al fine di assicurare un efficace ed agevole sostegno alle banche, l'articolo 15 del Trattato istituzionalizzi l'assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie dei Paesi membri, prevedendo che il Consiglio dei governatori possa decidere di concedere assistenza finanziaria ad uno Stato membro mediante la ricapitalizzazione delle sue istituzioni finanziarie, destinando in tal modo i capitali destinati allo Stato prevalentemente alla ricapitalizzazione delle banche stesse;
          ciò appare tanto più sconvolgente ove si consideri che alcune banche europee (soprattutto francesi e tedesche. Credit Agricole, Societe Generale, Deutsche Bank, Commerzank), presentano un rapporto di indebitamento più elevato rispetto ai parametri patrimoniali previsti dagli accordi di Basilea 3, a causa di progetti di investimento azzardati e dell'attività speculativa spregiudicatamente perseguita, che le ha portate, nella colpevole acquiescenza delle autorità di vigilanza, in una situazione di insostenibile esposizione finanziaria, ora punita dall'andamento negativo dei corsi azionari;
          sussiste dunque il rischio concreto che l'ESM finisca per svolgere esclusivamente la funzione di «paracadute» per tali banche, attraverso operazioni di ricapitalizzazione e salvataggio straordinario, ad esclusivo interesse delle banche stesse, del resto già generosamente sostenute dalla Banca centrale europea attraverso consistenti iniezioni di denaro pubblico, sottratto alle prioritarie esigenze di finanziamento delle attività produttive e delle famiglie;
          in tal modo gli istituti di credito usufruiranno per l'ennesima volta di un trattamento privilegiato rispetto ad ogni altra attività economica, senza mai essere poste di fronte alla prospettiva del fallimento e senza che i loro dirigenti, già beneficiati da emolumenti scandalosamente esorbitanti, scontino mai le conseguenze di scelte sbagliate, se non addirittura di vere e proprie truffe ai danni degli investitori, dei risparmiatori, dei contribuenti e dell'intero sistema;
          inoltre, l'ESM avrà a disposizione risorse ingentissime (pari a 700 miliardi di euro), di cui potrà disporre secondo le logiche, non democratiche, di una società per azioni, dominando di fatto gli Stati dell'area euro, senza tuttavia essere sottoposto ad alcuna normativa nazionale, ad alcuna istituzione o giurisdizione, ed al di fuori di ogni meccanismo di responsabilità giuridica o politica;
          infatti, i beni, le disponibilità e le proprietà dell'ESM godranno dell'immunità da ogni forma di giurisdizione, né potranno essere oggetto di perquisizione, sequestro, confisca, esproprio derivanti da azioni esecutive, giudiziarie, amministrative o normative; gli archivi dell'ESM e tutti i suoi documenti saranno inviolabili, così come i suoi locali;
          inoltre, l'ESM sarà esente da obblighi di autorizzazione o di licenza applicabili agli enti creditizi, ai prestatori di servizi di investimento o ad altre entità soggette ad autorizzazione o licenza o regolamentate;
          ulteriormente, i dirigenti, gli amministratori, il direttore generale e gli altri membri del personale dell'ESM godranno dell'immunità dalla giurisdizione per gli atti da loro compiuti nell'esercizio ufficiale delle loro funzioni, nonché dell'inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti «nell'interesse del MES»;
          l'ESM, i suoi attivi, le sue entrate, i suoi beni, nonché le operazioni e transazioni da esso compiuti saranno altresì esenti da qualsiasi imposta diretta, mentre le obbligazioni o i titoli emessi dall'ESM, compresi i relativi interessi o dividendi, saranno esenti da ogni forma di prelievo;
          infine, le controversie tra l'ESM e gli Stati aderenti, o tra questi ultimi, saranno rimesse alla decisione del consiglio dei governatori, salva la possibilità, per gli Stati, di ricorrere alla Corte di giustizia dell'Unione europea contro le decisioni del consiglio dei governatori, la controversia è sottoposta, portando alla cancellazione delle giurisdizioni nazionali e alla sostanziale eliminazione dei principi su cui si basano gli Stati di diritto;
          in tale contesto appare preoccupante la forte accelerazione secondo l'interrogante imposta dalle lobby finanziarie alla ratifica del Trattato sulla costituzione dell'ESM, il cui disegno di legge è già stato inserito nel calendario dei lavori parlamentari di questo mese, in modo del resto analogo a quanto accaduto per i Trattati di Maastricht e di Lisbona, che hanno rivoluzionato l'assetto politico-istituzionale dell'Europa;
          l'inconsapevolezza di larga parte della classe politica sulle possibili conseguenze catastrofiche che l'istituzione dell'ESM rischia di avere sul futuro dei cittadini, dell'intera economia europea, nonché sul sogno di libertà, di vero progresso e di democrazia che aveva guidato i fondatori della Comunità europea;
          l'eccezionale regime di inviolabilità e segretezza degli atti, di esclusione da ogni obbligo autorizzatorio, di immunità da ogni giurisdizione, nonché di totale esenzione da ogni forma di imposizione fiscale, stabilito in favore dell'ESM, descritto in premessa, ad avviso dell'interrogante non può essere motivato dalle esigenze di raggiungimento delle finalità istituzionale dell'ESM stesso, e tali privilegi appaiono sproporzionati ed ingiustificati, rappresentando soprattutto un serio ostacolo rispetto alla necessità di piena trasparenza rispetto all'operato, alle scelte ed alle strategie che saranno perseguite dall'ESM;
          queste preoccupazioni stanno tuttavia cominciando a suscitare vasta eco nei cittadini: ad esempio, sul blog del «Movimento 5 stelle» di Beppe Grillo si legge: «Il trattato ESM prevede che gli Stati che intendano ricevere un prestito dall'organizzazione debbano pagare un tasso di interesse il cui limite non è stato nemmeno definito. L'obiettivo della stabilità finanziaria della zona euro non può essere raggiunto affidando il fondo “salva-Stati” ad una istituzione finanziaria che intende lucrare sui disagi economici e finanziari dei Paesi in difficoltà, visto che si tratta di tutelare le economie nazionali contro la finanza speculativa, indiscussa protagonista della crisi»  –:
          quali misure intendano assumere per informare compiutamente i cittadini in merito alla cessione di sovranità che conseguirà all'istituzione dell'ESM;
          quali iniziative intendano assumere, in tutte le competenti sedi europee ed internazionali, per garantire che l'ESM eserciti i propri poteri per dare assistenza agli Stati sovrani in crisi e per incidere positivamente sulla condizione di estrema difficoltà in cui versano i cittadini e l'intero sistema produttivo nazionale ed europeo;
          quali iniziative intendano assumere onde evitare che l'ESM rappresenti esclusivamente uno strumento di tutela del sistema bancario, fornendo protezione a quei tecnocrati, banchieri ed oligarchi, che, dopo aver prodotto l'attuale crisi economico-finanziaria, unitamente a banche di affari, agenzie di rating e fondi speculativi, godono di un potere superiore a quello di quegli stessi Governi, democraticamente eletti, che hanno già impiegato imponenti risorse pubbliche per salvarli;
          quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare il rischio della partecipazione «occulta» della criminalità organizzata ai piani di finanziamento del MES, e quali misure urgenti intenda adottare onde evitare che oligarchie finanziarie e tecnocrazie creino strutture volte a tutelare sé stesse e le burocrazie, operando contro i diritti dei popoli sovrani e dei consumatori, sempre più presi nel vortice di una crisi sistemica, prodotta da banche di affari, fondi speculativi ed agenzie di rating, i cui costi sono stati finora pagati esclusivamente dai cittadini e dai contribuenti. (4-16905)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


      RICARDO ANTONIO MERLO. —Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          continuano i disagi per i pensionati italiani residenti all'estero (Argentina) che sono sempre più oggetto di rapine e aggressioni fisiche, anche brutali;
          notizie di aggressioni, anche presso il domicilio di pensionati italiani, sono riportate non solo dalla stampa locale, ma anche da quella nazionale, e denunciate dai dirigenti delle associazioni italiane e dai Comites;
          a Balcarce (circoscrizione consolare di Mar del Plata) si è verificato l'ultimo fatto di sangue ai danni di una pensionata italiana che, a causa delle percosse e torture subite, versa ora in gravissime condizioni; il caso è stato riportato sia dal quotidiano locale di Mar de Plata, La Capital (28 giugno 2012), che dal Clarìn, uno dei principali media nazionali argentini, (29 giugno 2012);
          i pensionati italiani vengono – spesso a torto – considerati dalla malavita locale percettori di redditi cospicui;
          è opinione oramai diffusa nella collettività italiana, ma non solo, che tra le cause di questi delitti ci possa essere una mancata protezione della privacy dei percettori di pensione italiana;
          l'INPS ha inviato recentemente diverse comunicazioni ai pensionati residenti all'estero contenenti richieste di informazioni personali, dati anagrafici, di residenza e di esistenza in vita che risultano viaggiare in plichi con «lato aperto», per un'eventuale ispezione postale;
          questa circostanza consentirebbe ai malintenzionati e criminali di accedere alle informazioni personali relative ai redditi e al domicilio dei pensionati italiani;
          il principio dell'inviolabilità della corrispondenza, è sancito dall'articolo 15 della nostra Costituzione;
          l'invio di plichi contenenti dati personali cosiddetti «sensibili» non può essere trattato come un qualunque servizio di spedizione di libri, campioni o pubblicità, ossia casi in cui il cliente (in questo caso l'INPS) in cambio di una tariffa molto agevolata aderisce a particolari condizioni dettate dal fornitore del servizio, come la facoltà di aprire l'oggetto di corrispondenza per eventuali controlli  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti criminali che hanno coinvolto i pensionati italiani residenti all'estero;
          se non ritengano necessario garantire la privacy dei pensionati italiani assicurando che l'INPS invii le prossime comunicazioni e le ulteriori richieste di informazioni ai propri assistiti, in forma riservata utilizzando un servizio di posta inviolabile. (4-16893)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nel territorio della provincia di Vibo Valentia ed in particolare nel comune di Maierato – zona ad alta valenza agricola – ormai da diverso tempo si registra una rilevante proliferazione di cinghiali, con conseguente nocumento delle colture agricole e degli allevamenti di animali da pascolo;
          i comparti interessati subiscono ingenti danni che non sono più sopportabili da parte degli agricoltori e degli allevatori locali, che spesso inducono gli stessi all'abbandono delle rispettive attività, incrementando così il fenomeno dello spopolamento delle aree interne e delle zone montane;
          l'allarme è stato lanciato nel corso di una affollata riunione tenutasi lo scorso 3 luglio e convocata dalla Coldiretti Calabria nella sala consiliare del Comune di Maierato (VV). «Gli allevatori e gli agricoltori che subiscono giornalmente danni provocati dai cinghiali, a discapito delle colture agricole e dei propri allevamenti – riferisce Coldiretti per bocca del suo Presidente Pietro Molinaro – sono veramente esasperati e spesso non presentano neppure la richiesta di danni sia per le lungaggini burocratiche che per i costi da affrontare, oltre al fatto di veder messa a repentaglio la stessa incolumità della popolazione, poiché accade sovente che i cinghiali si spingano fino nei centri abitati»;
          terreni coltivati con grande cura sono fatti oggetto di una continua devastazione con grande sconforto dei proprietari, le cui lamentele e denunce ormai non si contano più anche perché questi fenomeni negli ultimi periodi si ripetono sempre più frequentemente;
          l'adozione dei necessari ed adeguati provvedimenti eviterebbe anche la possibilità che si manifestino tra i proprietari episodi violenti guidati solo dalla rabbia, che visto i numerosi appelli caduti finora nel nulla, potrebbero sentirsi autorizzati a farsi giustizia da sé  –:
          se i Ministri interrogati, ciascuno secondo le proprie competenze, intendano adottare al più presto dei provvedimenti per venire incontro alle esigenze degli agricoltori e degli allevatori della provincia di Vibo Valentia e, in particolare, del comune di Maierato interessati da tale problematica, in considerazione anche del fatto che molte famiglie traggono la loro unica fonte di sostentamento economico dalla coltivazione dei terreni in questione o dall'allevamento del bestiame;
          se la fattispecie rappresentata consigli l'opportunità di promuovere iniziative tese ad offrire garanzie di sicurezza dei cittadini e di salvaguardia delle attività economiche del settore agricolo e zootecnico, garantendo un giusto equilibrio tra la presenza della fauna selvatica protetta e quella degli allevatori che attraverso la loro opera sostengono le proprie famiglie e conservano e valorizzano il territorio.
(5-07291)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BERTOLINI. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          i primi smottamenti nella zona detta «Ivancich» nel comune di Assisi si sono avuti alla fine degli anni Settanta, una zona densamente popolata della parte nuova della città, ove si trova anche l'ospedale;
          nell'estate del 2009, a seguito di forte cadute di pioggia, si sono verificati nuovi ed ingenti dissesti idrogeologici in quella zona, che hanno creato notevoli disagi alla popolazione;
          ad oggi i lavori per la sistemazione idrogeologica della frana ancora non sono completati, perché, dopo una prima fase di avvio, i lavori sono fermi da più di tre anni;
          a seguito della rescissione del contratto di appalto, a suo tempo stipulato con la «Tecnis spa-Singenco spa» il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ufficio del provveditorato interregionale per le opere pubbliche di Perugia, assegnò la realizzazione dei lavori in via provvisoria alla ditta «Tecnogreen srl», che però non ha mai iniziato i lavori, avendo, secondo il provveditorato, avanzato varianti sostanziali al progetto posto a base di gara;
          la «Tecnogreen srl» ha naturalmente inoltrato ricorso al tribunale amministrativo dell'Umbria, chiedendo un risarcimento, di 197.984 euro;
          nella relazione del 25 marzo 2011 il provveditorato specifica che «in via di autotutela si è inoltre inteso verificare l'effettiva disponibilità dei fondi a suo tempo impegnati per la realizzazione di tutto l'intervento ed oramai caduti in perenzione amministrativa», aggiungendo che, qualora i fondi risultassero disponibili, avrebbe provveduto a rimettere gli atti di gara alla commissione giudicatrice per la ripetizione della valutazione delle offerte e procedere a nuova aggiudicazione;
          a seguito di tale verifica, il provveditorato ha affidato i lavori di sistemazione idrogeologica del versante in frana in località Ivancich il 23 febbraio 2012 alla società cooperativa «Conscoop» per un importo complessivo di 3.190.989,71 euro;
          la ditta è pronta ad iniziare i lavori, ma non si ha la disponibilità concreta della somma, che risulterebbe agli interroganti ancora in perenzione, non avendo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esperito le procedure per la richiesta della riassegnazione dei fondi perenti;
          questa situazione di stallo non è più tollerabile e dimostra ancora una volta la lentezza della macchina pubblica e l'eccesso di burocrazia a danno dei cittadini;
          nel luglio 2011 è già stata presentata una interrogazione in merito, la n.  4-12809, alla quale non è stata data alcuna risposta  –:
          se siano a conoscenza dei fatti e come si giustifichino;
          quali iniziative urgenti intendano adottare, al fine di svincolare i fondi disponibili per la realizzazione delle opere di sistemazione del dissesto idrogeologico della zona detta «Ivancich», nel comune di Assisi, consentendo alla nuova ditta appaltante di iniziare i lavori. (4-16894)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel territorio del comune di Marano Vicentino, è presente una discarica di rifiuti inerti, di proprietà della ditta Servizi s.r.l. da Montecchio Precalcino che ne gestisce anche l'esercizio e che insiste, altresì, sul territorio del comune di Thiene;
          in base ad autorizzazioni della Provincia di Vicenza questa ex cava, che dal 1992 raccoglie mattoni e calcinacci, ora diventerà una discarica che riceverà sino a 60 tipologie di rifiuti speciali tra cui ceneri di inceneritori per un volume di 3 milioni 138 mila metri cubi;
          la discarica sorge a circa sessanta metri sopra una falda acquifera in cui pesca l'acquedotto di Novoledo a Villaverla che alimenta la città di Padova e alcuni paesi del suo hinterland e da cui attinge l'acquedotto di Padova gestito da Acegas Aps;
          la stessa l'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto ha posto l'attenzione sulla conformazione del terreno della Pedemontana vicentina che risulta il meno adatto a proteggere la falda acquifera da eventuali liquidi inquinanti;
          circa un anno fa a seguito delle piogge cadute abbondanti la falda sotterranea si è alzata fino a raggiungere livelli che non si registravano da 40 anni arrivando così ad affiorare sul fondo delle cave con il conseguente rischio di contaminazione;
          è noto il principio di precauzione, principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici  –:
          di quali informazioni disponga il Governo, anche attraverso l'Autorità di bacino, in merito ai residui per le acque di falda a derivanti dalla discarica citata in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano promuovere al fine di tutelare cittadini di Padova e del suo hinterland. (4-16903)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


      MIGLIORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il piano industriale presentato dal consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi di Siena prevede non solo tagli delle sedi sul territorio della Banca ma anche una notevolissima scure sui livelli occupazionali;
          il caso MPS rischia di gettare una drammatica ipoteca su un territorio, quale quello senese, da sempre supportato dal ruolo e dalla localizzazione della banca;
          il MPS è, dunque, un caso specifico all'interno della crisi complessiva del sistema bancario italiano e pertanto necessita di misure particolari  –:
          quali iniziative straordinarie per quanto di competenza sia sotto il profilo occupazionale che finanziario si intendano responsabilmente assumere onde attutire i negativi effetti sulla città di Siena determinati dalla crisi del Monte dei Paschi di Siena. (4-16895)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


      LABOCCETTA, CASTIELLO, MUSSOLINI, CESARO, MILANESE, MILO, NICOLUCCI, MALGIERI, FORMICHELLA, LANDOLFI, STASI, COSENZA, PAOLO RUSSO, PETRENGA, SCALERA e COSENTINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la decisione assunta dal Governo di razionalizzare gli uffici giudiziari nell'ambito di quella che vuole essere una revisione di spesa generale non può, ad avviso degli interroganti, disattendere quelle che sono le peculiarità territoriali e le condizioni generali sulle quali la stessa rischia di andare ad incidere pesantemente;
          in tale ottica, la soppressione paventata della sede distaccata del tribunale di Napoli che opera a Ischia rischia di costringere ben 400 avvocati ad effettuare costanti e ripetuti spostamenti per esercitare la loro professione e tutelare i diritti dei loro assistiti; a ciò aggiungasi le difficoltà che gli stessi abitanti isolani incontrerebbero nel dover raggiungere la terraferma per veder garantiti i propri diritti unito all'aumento dei costi delle parcelle per sostenere una causa;
          inoltre la soppressione del tribunale di Ischia comporterà inevitabilmente un'ulteriore rallentamento dei processi facendo venir meno quella garanzia di giustizia fondamentale per la sede napoletana già vessata da un alto tasso di criminalità  –:
          se il Ministro ritenga opportuno rivedere la decisione assunta al fine di scongiurare tutte le difficoltà che altrimenti ne conseguirebbero onde garantire il diritto di giustizia e, al contempo, tutelare gli interessi degli stessi cittadini.
(3-02375)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BONAVITACOLA, CUOMO e IANNUZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          a far data dal 1o aprile 2012, risulta vacante il posto di presidente presso il tribunale di sorveglianza di Salerno, a causa del pensionamento del presidente dottor Carlo Maria Stallone;
          dalla predetta data, il tribunale di sorveglianza opera solo grazie alla presenza dei due magistrati di sorveglianza;
          la vacanza di tale funzione riverbera comprensibili effetti negativi sulla funzionalità del citato organo giudiziario, come hanno avuto modo di constatare e di rappresentare in vari modi gli operatori di giustizia appartenenti all'avvocatura, nonché la stessa popolazione dei detenuti;
          la menomata funzionalità del citato tribunale di sorveglianza appare particolarmente deleteria nell'attuale fase, ove tale organo giudiziario è chiamato ad operare anche per dare concreta attuazione ai più evoluti principi in tema di esecuzione della pena;
          a tali principi appare ispirata l'azione del Governo in carica, nel perseguimento delle finalità di reinserimento sociale del condannato, nonché per garantire modalità di espiazione compatibili con principi di civiltà e di rispetto della persona umana;
          il Ministro della giustizia è chiamato a fornire il proprio concerto sulle proposte di nomina, riferite ad incarichi di rango direttivo, come nel caso di specie  –:
          se risulti acquisita presso il Ministero della giustizia la proposta di nomina del nuovo titolare del tribunale di sorveglianza di Salerno, ai fini dell'espressione del previsto concerto;
          in caso negativo, quali iniziative intenda promuovere il Ministro della giustizia per acquisire le opportune informazioni sulla definizione di tale incarico, il cui sollecito conferimento si rende necessario per evitare il protrarsi di una grave anomalia, che causa gravi danni alla necessaria funzionalità del tribunale di sorveglianza di Salerno. (4-16887)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 29 giugno 2012 l'agenzia di stampa Adnkronos diffondeva la notizia della presenza diffusa di vermi presso la scuola di Polizia Penitenziaria: «Brutta sorpresa per gli agenti che stanno frequentando il corso di formazione della polizia penitenziaria a Verbania. Al risveglio gli agenti hanno trovato l'ala nord della scuola infestata dai vermi. “Un altro preoccupante segnale della disorganizzazione penitenziaria e del disagio che il personale di polizia penitenziaria, in questo caso agenti in prova, deve subire – commenta Leo Beneduci segretario generale Osapp – ci si attendeva fatti e non parole dalla nuova amministrazione penitenziaria invece alla teoria di nuovi modelli detentivi del tutto inapplicabili corrispondono accresciuti problemi per chi in carcere lavora al servizio del Paese”, conclude»  –:
          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
          chi assicuri la pulizia e l'igiene della scuola di polizia penitenziaria di Verbania e quanto costi all'amministrazione penitenziaria questo servizio;
          se l'accaduto sia stato prontamente segnalato alla ASL di riferimento e se il problema risulti positivamente superato;
          a quando risalga l'ultima visita della ASL alla scuola di polizia penitenziaria di Verbania e se sia stata presentata all'amministrazione penitenziaria una relazione sulle condizioni igienico-sanitarie della struttura. (4-16897)


      MARCHIONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la Meta System Scrl è una società cooperativa, avente sede legale a Rimini, che svolge servizi prevalentemente per i tribunali di Rimini, Forlì e Ravenna;
          i servizi che la società fornisce all'autorità giudiziaria consistono prevalentemente nella trascrizione integrale di intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché interrogatori resi da indagati, servizi pertanto da considerarsi, ai fini della liquidazione dei compensi, commisurati al tempo (legge n.  3189 del 1980, articolo 4);
          i compensi commisurati al tempo vengono determinati a vacazioni, una vacazione corrisponde a due ore, il cui valore è di euro 14,68 per la prima e di euro 8,15 per le successive (importi così variati con decreto ministeriale del 30 maggio 2002);
          l'articolo 10 della succitata legge n.  319 del 1980 prevede che ogni tre anni, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, possa essere adeguata la misura di tali onorari in relazione alla variazione accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatisi nel triennio precedente;
          il contratto di lavoro applicato dalla Meta System è il CCNL del commercio in base al quale, il costo medio lordo di un'ora di lavoro (esclusi i costi di mantenimento della struttura) supera i 22,00 euro;
          i compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria non sono stati aggiornati da dieci anni, inoltre i tempi di pagamento, in particolare dal 2011, si sono notevolmente allungati, tant’è che spesso dalla consegna dei lavori al momento dell'emissione del decreto di liquidazione da parte del giudice, e quindi all'emissione della fattura e conseguente riscossione del dovuto, trascorrono oltre 12 mesi  –:
          quali iniziative di competenza intenda adottare perché siano adeguate le misure dei compensi e ridotti i tempi di pagamento. (4-16899)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI il 4 luglio 2012, un assistente capo della polizia penitenziaria, Gianfranco Mura di 37 anni, si è suicidato sparandosi con la propria pistola di ordinanza. L'uomo prestava servizio presso il nucleo traduzioni e piantonamenti della casa circondariale di Busto Arsizio e stava fruendo di un periodo di ferie nella sua regione di origine, la Sardegna;
          il cadavere dell'assistente capo è stato rinvenuto a bordo della nave traghetto, che da Genova lo aveva portato ad Olbia. Ne dà notizia Eugenio Samo, segretario generale della Uil-Pa penitenziari;
          in merito a questa drammatica notizia, Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa penitenziari, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «I colleghi di Busto Arsizio sono esterrefatti e costernati. Praticamente increduli. Descrivono Gianfranco come una persona solare, educata, disponibile e dallo stato di servizio irreprensibile. Di certo cinque suicidi in sei mesi e circa 90 negli ultimi dieci armi da parte di baschi blu dovrebbero ingenerare profonde riflessioni sul male oscuro che attraversa il Corpo di Polizia Penitenziaria. Per quanto ci riguarda non possiamo che ribadire la nostra motivata preoccupazione degli effetti che producono la solitudine e il senso di abbandono che pervade gran parte del personale»  –:
          in quale modo siano state applicate, nel corso degli anni, le circolari contenenti misure di sostegno psicologico al personale della polizia penitenziaria, quali interventi siano stati realizzati, in quante realtà e quale efficacia abbiano comportato;
          a seguito della tragica morte, se e cosa si intenda aggiungere in termini di monitoraggio e di prevenzione, in modo da evitare gesti estremi;
          in particolare, quali azioni intenda adottare al fine di sostenere concretamente, anche dal punto di vista psicologico, gli agenti di polizia penitenziaria impegnati nella gravosa attività di sorveglianza nelle strutture carcerarie del nostro Paese. (4-16902)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'ingegnere M.L. attualmente recluso nel carcere di Parma perché accusato di aver commesso una truffa informatica, soffre della seguente patologia: «hbv con spondiloartrite sieronegativa avanzata con artralgie intense alle estremità superiori e coxo femorali. Positiva scintigrafia ossea per accumuli polidistrettuali. Impotenza funzionale articolare, impossibilità di chiusura delle mani e limitazione funzionale delle gambe»;
          qualche mese fa, a causa delle sue gravi condizioni di salute, l'uomo era riuscito ad ottenere la detenzione domiciliare nella sua casa a Modena;
          trascorsi nove mesi, il Tribunale di sorveglianza ha però deciso che il detenuto può essere tranquillamente curato nel centro clinico ubicato all'interno della struttura-penitenziaria di Parma;
          successivamente al suo ritorno in carcere, l'ingegnere ha perso circa 20 chilogrammi e le sue condizioni di salute sono andate notevolmente peggiorando e, allo stato, la sua patologia rischia di provocargli una menomazione permanente;
          nella casa circondariale di Parma l'uomo ha infatti cominciato ad accusare altri disturbi, tra questi l'epilessia, che nei momenti di forte crisi gli verrebbe placata, a quanto consta all'interrogante, gettandogli addosso secchi di acqua gelata;
          a fronte di un quadro clinico che peggiora di giorno in giorno, l'ingegnere L. ha bisogno di essere sottoposto a tutti gli accertamenti del caso e di ricevere adeguata assistenza sanitaria, il che purtroppo non sta avvenendo all'interno del carcere di Parma;
          l'articolo 32 della costituzione italiana, che sancisce il diritto alla salute di ogni individuo, recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
          tale diritto deve essere garantito anche a coloro i quali sono stati privati della libertà personale, qualunque sia il reato commesso  –:
          se Ministri interrogati negli ambiti di rispettiva competenza, siano a conoscenza di tutto quanto sopra riportato e, in caso affermativo, se e in che modo intendano intervenire, con urgenza, al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione ricoverato presso il centro clinico della casa circondariale di Parma;
          se e quali iniziative di competenza intendano intraprendere a tutela del diritto alla salute costituzionalmente sancito del detenuto. (4-16907)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo il quotidiano Cronaca qui del 4 luglio scorso, un ragazzo diciassettenne ristretto nel carcere minorile di Torino Ferrante Aporti è stato aggredito a bastonate, calci e pugni nel corso della finale calcistica fra Spagna e Italia tenutasi domenica 1o luglio 2012; il quotidiano, così riporta la notizia a firma del giornalista Stefano Tavagnone: «L'hanno preso a calci, pugni, colpito con un bastone, forse il manico di una scopa. Massacrato in una cella del Ferrante Aporti durante la finale tra Italia e Spagna. Marco, lo chiameremo così, 17 anni, è entrato nel carcere minorile qualche mese fa. «E da allora – spiega il suo avvocato, Ersilio Gavino – è già stato aggredito tre volte». La prima a maggio, «quando gli hanno anche spento una sigaretta sul corpo». La seconda all'inizio di giugno, «quando l'hanno “solo” pestato». La terza domenica scorsa, quando il giovane è stato aggredito nella cella in cui era ristretto con altri due. Per i primi due episodi, l'avvocato ha presentato altrettante segnalazioni in procura. Ma adesso è intenzionato ad andare oltre. «L'ho sentito soltanto oggi pomeriggio (ieri, ndr) – spiega Gavino – e mi ha detto che l'hanno picchiato. Non so molto di più, la telefonata è stata breve, ma posso dire fin da ora che questa volta procederò con una denuncia molto circostanziata, perché non è possibile che non venga protetto»;
          sempre secondo il quotidiano «Cronaca qui», sembra che quella domenica l'istituto minorile di Torino non fosse adeguatamente presidiato; le due sezioni dell'istituto erano infatti sorvegliate da un agente di polizia penitenziaria ciascuna, ma «la cella in cui Marco era detenuto – scrive Cronaca qui – durante la sfida tra Italia e Spagna non sarebbe stata controllata da nessuno. E durante l'intervallo sarebbe scattata l'aggressione. Calci, pugni. Addirittura botte «con un bastone che non so dove sia stato recuperato», dice l'avvocato. Dolorante, dopo il pestaggio. Marco si è rimesso a letto. E quando un agente è passato davanti alla cella, non ha detto niente. Forse per paura che l'aggressore lo sentisse e poi si vendicasse, forse perché semplicemente non era in condizioni di farlo. Perdeva sangue da un orecchio, da una ferita sull'arcata sopraccigliare, aveva il volto gonfio per le botte, lividi sul costato di cui ci si sarebbe resi conto soltanto il giorno dopo»  –:
          se sia a conoscenza dell'episodio riportato in premessa;
          se corrisponda al vero il fatto che la cella in cui era ristretto il giovane non sia stata adeguatamente controllata dal personale in servizio;
          se le ferite e le lesioni riportate dal giovane siano state refertate dai sanitari dell'istituto;
          quali provvedimenti siano stati presi a seguito dell'episodio descritto;
          se corrisponda al vero che il giovane abbia subito in passato altre aggressioni e se, in generale, nell'istituto si siano verificati altri episodi analoghi;
          quante e di che tipo fossero le presenze del personale il 1o luglio 2012, giorno della finale degli europei fra le squadre Italia e Spagna;
          quante unità siano previste nell'organico degli agenti di polizia penitenziaria e quale sia la presenza effettiva;
          se, nell'istituto minorile di Torino, vi siano carenze di personale negli altri diversi settori, sanitario, amministrativo ed educativo-trattamentale. (4-16908)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VELO e SANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo pubblicato sul «Tirreno» il 3 luglio si apprende dell'odissea che i viaggiatori hanno vissuto nella giornata di domenica 1° luglio sulla linea Roma Termini-Genova con un guasto al «Frecciabianca 9770» che ha coinvolto circa 350 passeggeri;
          il treno partito dalla stazione di Roma Termini alle 13,30 si è fermato a poca distanza dalla stazione di Santa Marinella per circa tre ore sotto al sole, con i finestrini bloccati e senza aria condizionata andata in blocco;
          alcuni passeggeri hanno avuto malori a causa del clima torrido creatosi all'interno del convoglio e solo dopo tre ore, intorno alle 16,30, il treno è stato rimorchiato fino alla stazione ferroviaria di Santa Severa dove i passeggeri sono stati fatti scendere e dove hanno potuto ricevere i primi soccorsi, due di loro sono stati trasportati in ambulanza nel primo pronto soccorso;
          come se ciò non fosse bastato i passeggeri una volta scesi hanno dovuto attendere altre due ore prima di poter risalire su un Intercity diretto a Genova, mentre da parte di Trenitalia non arrivavano informazioni né tantomeno l'assistenza che ci si sarebbe aspettati in una situazione simile con temperature che superavano i 40 gradi;
          gli episodi di grave disservizio si sono ripetuti nel corso dell'intera settimana creando disagi gravissimi su tutta la tratta «Tirrenica» con la soppressione di otto convogli Frecciabianca e con il ritardo di tre ore sull'orario previsto di due convogli della stessa compagnia;
          i disagi di questi giorni si aggiungono alla riduzione delle corse dei treni e alla soppressione delle fermate intermedie creando gravi ripercussioni sulla viabilità dell'intero Centro Italia, specialmente in relazione al numero di pendolari che, quotidianamente, usano il servizio ferroviario per raggiungere il posto di lavoro;
          a fronte di un sensibile innalzamento delle tariffe, in particolare con l'introduzione del servizio «Frecciabianca» i cittadini si sarebbero aspettati almeno un servizio migliore che avrebbe dovuto agevolare i collegamenti;
          l'intera zona interessata dalla linea ferroviaria «Tirrenica» è a forte vocazione turistica e i collegamenti stradali possono contare unicamente sulla SS1 Aurelia, sulle cui condizioni non credo di dover aggiungere molto, la difficoltà dei collegamenti ferroviari che finora hanno compensato lo spostamento dei cittadini e dei turisti rischia di diventare un handicap anche per le attività turistiche e marittime della zona  –:
          quali urgenti iniziative intenda adottare nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini, che rischia di essere compromesso da ulteriori penalizzazioni al servizio del trasporto ferroviario delle regioni interessate;
          quali accurate verifiche, per quanto di competenza, intenda mettere in atto per chiarire le dinamiche dell'episodio segnalato evitando il ripetersi di situazioni di lentezza nell'affrontare e gestire l'emergenza di una situazione che avrebbe potuto avere risvolti più drammatici per la salute dei passeggeri;
          se intenda impegnarsi al fine di risolvere il disagio dei passeggeri e dei lavoratori pendolari attraverso iniziative anche in qualità di azionista presso Trenitalia per ottenere la garanzia che il servizio di percorrenza dei treni rispetti gli orari stabiliti. (5-07292)

Interrogazione a risposta scritta:


      GALLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          per lunghi e importanti tratti del percorso autostradale italiano ed, in particolare, per la quasi totalità delle gallerie percorse, sussiste la cronica impossibilità di ricevere informazioni tramite il regolare apparato di ricezione radio montato sulle autovetture, anche ed in particolare rispetto ai canali dedicati all'informazione di chi percorre la rete viaria italiana, quali Ondaverde o CCISS Viaggiare Informati, e ciò può costituire palese nocumento a fronte di repentine e non segnalabili variazioni delle condizioni del traffico, di fruizione della stessa rete viaria o delle condizioni meteorologiche, oltre alle informazioni generali a cui si ha diritto di costante accesso;
          si ritiene che ciò dipenda dal mancato adeguamento all'attuale tecnologia delle comunicazioni sulla tratta autostradale, dato che in buona parte delle gallerie autostradali italiane non vi è servizio di ripetizione dei segnali delle radio emittenti, siano esse pubbliche o private;
          è assodato come il diritto al radioascolto risieda all'interno del più generale diritto di libertà di pensiero, così come tutelato in via generale dall'articolo 21 della Costituzione italiana, dall'articolo 6 della dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei princìpi fondamentali dell'ordinamento e dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; e la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana ha enucleato l'autonomo concetto di diritto all'informazione, articolato in diritto di informare, diritto ad informarsi, diritto di essere informati;
          è implicito che debba essere tutelato, promosso e garantito anche il diritto al radioascolto, che può essere definito come il diritto ad informarsi mediante la radiodiffusione circolare o broadcasting, cioè grazie all'ascolto – libero e tutelato dalla legge – delle emittenti radiofoniche nazionali ed internazionali pubbliche e private;
          va ricordato il disposto del codice della strada, articolo 72 (dispositivi di equipaggiamento dei veicoli a motore e loro rimorchi), comma 3: «Gli autoveicoli possono essere equipaggiati con apparecchiature per il pagamento automatico di pedaggi anche urbani, oppure per la ricezione di segnali ed informazioni sulle condizioni di viabilità. Possono altresì essere equipaggiati con il segnale mobile plurifunzionale di soccorso, le cui caratteristiche e disciplina d'uso sono stabilite nel regolamento»;
          in forza dei riferimenti costituzionali e di normativa di legge sopra citati, di fatto si sancisce il diritto del cittadino – anche come utente automobilista – ad essere informato in senso generale e nel particolare della circolazione stradale; si riconosce pienamente il diritto dell'utenza ad essere informata non solo con cartellonistica più o meno tecnologica, ma con la possibilità di ascoltare senza interruzione il proprio apparecchio radio da cui trarre, nel caso, tutte le informazioni possibili sulle condizioni di viabilità;
          in buona parte delle gallerie autostradali italiane non vi è servizio di ripetizione dei segnali delle radio emittenti, siano esse pubbliche o private;
          stante la ridotta velocità di percorrenza e la lunghezza delle gallerie, possono trascorrere diversi minuti durante i quali all'utente (che nel caso è anche soggetto pagante) viene interrotto il fondamentale accesso all'informazione;
          nel caso in questione, trattandosi di utente che necessita anche di attingere da tali informazioni per meglio pianificare il proprio percorso, adeguarlo alle varie ed eventuali possibili evenienze – che vanno da un incidente alle condizioni meteorologiche in rapido mutamento, fino a lunghe soste in galleria e altro – l'impossibilità di accedere alle stesse pone l'utente/consumatore in condizioni di disagio, rappresenta una violazione dei diritti del cittadino e in possibili particolari condizioni tale carenza è causa di danno non solo nell'ambito della sfera dei diritti ma anche fisico;
          la direttiva 2004/54/CE – precisa in premessa al punto 4 che «Il Consiglio europeo ha più volte sottolineato – in particolare nella riunione del 14 e 15 dicembre 2001 a Laeken – l'urgenza di misure atte a migliorare la sicurezza nelle gallerie» e al punto 9 che «La sicurezza in galleria impone una serie di misure inerenti, tra l'altro, alla geometria e alle caratteristiche progettuali della galleria, alle installazioni di sicurezza, compresa la segnaletica, la gestione del traffico, la formazione dei servizi di pronto intervento, la gestione degli incidenti, le informazioni da comunicare agli utenti in ordine al comportamento da seguire in galleria, nonché una migliore comunicazione fra le autorità competenti ed i servizi di intervento, quali la polizia, i pompieri e le squadre di soccorso»;
          nella stessa direttiva al punto 1.2 dell'allegato III si legge «Radio: Nelle gallerie in cui gli utenti possono ricevere informazioni tramite la loro radio, opportuni segnali collocati prima dell'ingresso indicano in che modo ricevere tali informazioni»;
          trattandosi, nel caso, di infrastrutture autostradali ovvero di opera pubblica anche se assegnata in concessione, non si può prescindere per l'utenza dalla garanzia di tutti i servizi previsti dalla legge che il progresso tecnologico consente di erogare, (considerandone anche i costi poco gravosi nell'ambito gestionale), da cui il fruitore può trarre informazioni, sicurezza, e salvaguardando anche la propria incolumità;
          a causa di quella che all'interrogante appare una omissione della società di gestione, in solido con l'ente autorizzante e controllore Anas, trascurando anche l’incipit dell'Unione europea del costante adeguamento tecnologico delle infrastrutture viarie, si è nella fattispecie oltremodo disatteso un diritto costituzionale del cittadino, quello all'informazione, che nello specifico diventa a tutti gli effetti anche fattore di sicurezza attiva  –:
          se e con quali mezzi e in quali tempi intenda acquisire, anche per il tramite dell'ANAS e delle società di gestione, notizie sulle cause del mancato adeguamento tecnologico delle strutture viarie affidate allo loro gestione;
          come intenda sollecitare tale adeguamento e garantire una rapida infrastrutturazione tecnologica delle strutture tale da garantire la corretta esplicitazione del diritto ad essere informati sulle condizioni e i pericoli delle tratte di percorrenza degli utenti, anche nell'ambito dei termini di concessione della gestione delle tratte autostradali;
          se non intenda assumere iniziative per porre in essere una struttura di controllo e verifica, esterna ad ANAS, riguardante le effettive condizioni in cui versano i tratti autostradali italiani dati in concessione ai vari concessionari e l'attuazione degli obblighi sottoscritti nell'atto di concessione. (4-16891)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SERENI, AMICI, CONCIA e PERINA. —Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          con atti e provvedimenti datati 27 maggio 2011 distinti con i numeri di protocollo 0017214, 0017221, 0017227, 0017233, 0017238 il sindaco di Assisi Claudio Ricci, a seguito delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011 ha nominato come vice sindaco e assessori rispettivamente il signor Antonio Lunghi ed i signori Lucio Cannelli, Moreno Fortini, Moreno Massucci e Francesco Mignani;
          alcuni consiglieri comunali, insieme a cittadini di Assisi e ad associazioni aventi come finalità l'affermazione e piena realizzazione del principio delle pari opportunità tra uomo e donna, sottolineando che la Giunta municipale così nominata non ha alcuna componente di sesso femminile, hanno impugnato gli atti suddetti per violazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione, dell'articolo 1 del decreto legislativo n.  198 del 2006, dell'articolo 6 del decreto legislativo n.  267 del 2000 e degli articoli 1 e 30 dello statuto comune di Assisi;
          il TAR dell'Umbria, con sentenza n.  242 del 20 giugno 2012, ha accolto il ricorso con conseguente annullamento degli atti impugnati in quanto «la mancata nomina di una componente di sesso femminile nella Giunta comunale, pur se in assoluto non  illegittima, doveva essere motivata mediante illustrazione delle ragioni e delle modalità di siffatta scelta, inidonea a realizzare il riequilibrio di genere»;
          a seguito di tale sentenza, che doveva essere immediatamente eseguita dall'autorità amministrativa, il sindaco Claudio Ricci ha dovuto procedere alla nomina dei nuovi assessori che avveniva in data 2 luglio 2012;
          il sindaco ha riconfermato come vice sindaco e assessori gli stessi uomini di prima con le stesse deleghe adducendo come motivazione che la nomina dei componenti di giunta debba avvenire nell'ambito di coloro che hanno partecipato come candidati alla competizione elettorale, ignorando così quanto invece disposto dalla normativa vigente e precisato dalla stessa sentenza del TAR e cioè che è possibile per il sindaco nominare assessori «esterni» scelti fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere;
          il sindaco Claudio Ricci, a supporto della scelta di rinominare le stesse persone ha sostenuto, nell'atto di nomina (prot. n.  0019139 del 2 luglio 2012), che dopo approfondite verifiche nessuna delle donne candidate nelle liste che hanno appoggiato il sindaco presenta un curriculum adeguato per l'incarico di assessore e che il criterio usato è ancora quello del numero di preferenze ottenute;
          la reiterata esclusione della presenza femminile dall'esecutivo, anche dopo la sentenza del TAR, ha molto colpito la città di Assisi e l'intera comunità regionale;
          i fatti sopra esposti hanno avuto una grande risonanza sui media locali e, in considerazione della peculiarità della città di Assisi, recentemente anche sulla stampa nazionale (vedi articoli de L'Unità e Corriere della Sera del 7 luglio 2012)  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          se non ritengano opportuno, ferme restando eventuali nuove pronunce degli organi competenti sulla legittimità degli atti, adottare ogni iniziative normative volte ad assumere in modo più stringente quello che, a giudizio degli interroganti, appare essere un principio di civiltà prima ancora che un principio del nostro ordinamento giuridico. (5-07298)

Interrogazione a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          Alessandro Parisi, nato il 5 novembre 1947, pensionato, vice presidente dell'associazione FreeBacoli di Bacoli (Napoli), attivista dell'associazionismo locale, membro del «Comitato per la tutela della salute pubblica», «l'università della terza età», è esponente di numerose battaglie civili in nome ed a salvaguardia dell'ambiente, della salute e del rispetto della legalità;
          fondatore del comitato di quartiere «Il Comitato del Poggio», che si occupa della pulizia della spiaggia di Bacoli e della razionalizzazione degli ormeggi in mare, recinzioni acque sicure ai bagnanti, garantendo la cura delle bellezze archeologiche presenti sui fondali marini, viabilità;
          risulta molto attivo nei vari comitati di lotta cittadini;
          attorno alla propria persona è riuscito nel tempo a calamitare l'impegno di molti giovani della società civile, scuotendo le coscienze e sensibilizzando l'opinione pubblica, ma, al contempo attirandosi anche i livori di «ignoti»;
          diverse testate della Campania riferiscono che nella notte tra il 26 ed il 27 giugno 2012 è rimasto vittima di un incendio presumibilmente di tipo doloso alla propria auto diesel Fiat Cinquecento rossa (di cui non aveva ancora terminato pagamento rateizzato) parcheggiata in via Poggio a Bacoli;
          sul posto, si sono portati subito vigili del fuoco, carabinieri e polizia municipale;
          nella denuncia, sporta presso stazione locale dell'Arma, si legge che Parisi «parlando con le persone che abitano nelle vicinanze della piazza» ha «appreso che verso le ore 3.00 avevano sentito un allarme sonoro di auto in funzione e visto dei bagliori dovuti al fuoco»;
          il 9 giugno 2007 aveva denunciato presso locale caserma carabinieri di Bacoli, che sotto la sua abitazione nella notte tra il 7 e l'8 giugno 2012 «sulla spiaggia del poggio era stato bruciato un pedalò con sopra un gommone in disuso. Tale incendio aveva interessato un muro di cinta con relativa ringhiera giungendo sino ad un'altezza di circa 5 metri ed arrivando sino alla vegetazione»;
          il 13 gennaio 2012 denunciava presso la caserma dei carabinieri di Bacoli che «il 6 gennaio 2012 nelle ore comprese tra le ore 00.10 e le ore 9.00 ignoti spaccavano il tergicristallo posteriore buttandolo poi sotto l'autovettura e la notte precedente la stessa autovettura era stata danneggiata con una grossa graffiatura lungo il lato sinistro della carrozzeria»;
          Parisi è infine tra i redattori del blog-denuncia http://freebacoli.blogspot.it, dove sono raccolti diversi articoli-denuncia, video ed inchieste sulla situazione bacolese;
          il blog (www.freebacoli.blogspot.it) è nato dall'associazione «Freebacoli», fondata il 20 marzo 2009; in seguito è stata aperta una pagina Facebook che ha tuttora un grande seguito;
          si tratta di realtà libere d'informazione che in poco tempo sono riuscite a diffondere importanti notizie e fatti del luogo, nonché scandali e sperperi amministrativi, al fine di risolvere i piccoli e grandi problemi  –:
          quali iniziative intenda assumere il Ministro alla luce dei fatti esposti, in particolare, se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per rafforzare gli strumenti di indagine così da poter assicurare alla giustizia nel più breve lasso di tempo gli autori del gesto intimidatorio, che sconcerto e tristezza hanno sollevato nella comunità locale posto che in nessun modo ciò deve interferire sulla «primavera» bacolese motivata nello scrivere una nuova pagina culturale;
          se non intenda il Ministro aumentare il controllo del territorio potenziando le unità a disposizione delle forze dell'ordine locale e/o istituendo un sistema di videosorveglianza che, nel caso specifico, avrebbe consentito di fare subito chiarezza sulle cause del rogo che ha interessato l'auto di Parisi. (4-16906)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      DI GIUSEPPE e ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          gli uffici scolastici regionali stanno predisponendo gli atti relativi al conferimento di incarichi per il prossimo anno scolastico ai dirigenti scolastici;
          in Molise le istituzioni scolastiche, che non rispettano i criteri stabiliti dalla legge per aver diritto alla dirigenza, sono 40 su 82; in 42 istituzioni scolastiche dimensionate (che hanno cioè un minimo di 600 alunni o, nelle aree interne, di 400) il prossimo anno scolastico ci saranno dei dirigenti a pieno titolo, in altre dieci ci saranno dirigenti che avranno un'altra scuola e 30 istituzioni scolastiche saranno accorpate assegnate, a coppia, ai rimanenti dirigenti scolastici;
          al dirigente scolastico spetta l'attivazione, l'orientamento, il coordinamento dei processi nelle singole realtà, in base alle specifiche esigenze e ai bisogni dell'utenza e del territorio, mentre allo Stato, tramite il Ministero dell'istruzione e le sue articolazioni, viene affidato il compito di definire le linee generali del sistema di istruzione, sia in merito agli obiettivi pedagogici che a quelli gestionali;
          la legge n.  165 del 2001 definisce il dirigente scolastico unico responsabile legale e gestionale dell'istituzione scolastica: egli infatti risponde di tutto quanto riguarda la gestione complessiva della scuola, dagli aspetti pedagogico-didattici, che si concretizzano nelle scelte educative manifestate nella predisposizione del POF, agli aspetti amministrativi, agli aspetti inerenti la comunicazione, la relazionalità, i rapporti con gli enti locali e il territorio, all'utilizzazione e alla valorizzazione delle risorse umane, al coordinamento delle articolazioni gestionali della scuola;
          egli è anche il garante degli impegni assunti dall'istituzione scolastica, della libertà di insegnamento e delle scelte operate dai genitori. Infine è anche responsabile delle relazioni sindacali;
          il ruolo del dirigente scolastico, estremamente variegato e complesso è, pertanto, di impulso, di coordinamento e di indirizzo;
          in Molise oltre ai danni causati dai tagli di risorse e le riduzioni degli organici, adesso avremo anche, in ben 40 scuole, dirigenti che dovranno garantire il servizio triplicando il proprio lavoro, senza retribuzione aggiuntiva o rimborsi;
          l'autonomia e il funzionamento delle istituzioni scolastiche saranno messe a dura prova anche dal fatto che i direttori dei servizi (ex segretari) si troveranno ad amministrare più scuole;
          la legge 15 marzo 1997 n.  59 ha sancito, all'articolo 21, una più ampia autonomia didattica ed organizzativa per le istituzioni scolastiche, ed ha individuato nel dirigente scolastico l'organo apicale delle istituzioni (articolo 25-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n.  29, come modificato dal decreto legislativo 6 marzo 1998 n.  59). In forza di tale posizione al dirigente scolastico fanno capo i poteri e le funzioni di gestione, ma nel sistema finalizzato alla valorizzazione dell'autonomia scolastica, un ruolo fondamentale è assolto accanto al dirigente scolastico, dal direttore dei servizi generali ed amministrativi, previsto dall'articolo 34 del C.C.N.L. scuola 1998-2001 sottoscritto il 26 maggio 1999, il quale rappresenta un organo fondamentale per la concreta gestione amministrativa e contabile delle istituzioni scolastiche. Gli uffici scolastici regionali stanno predisponendo gli atti relativi al conferimento di incarichi per il prossimo anno scolastico ai dirigenti scolastici  –:
          se e in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire, per quanto di competenza, per evitare i disservizi che si verificheranno, dovuti agli accorpamenti degli istituti nella regione Molise, i quali inevitabilmente danneggeranno l'organizzazione, metteranno in difficoltà la gestione e la direzione delle scuole e penalizzeranno il diritto allo studio degli alunni;
          come, il Ministro, intenda risolvere, per quanto di competenza, la situazione dei direttori dei servizi generali ed amministrativi, che nelle 40 scuole molisane sottodimensionate non avranno più la titolarità. (5-07290)


      DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          dalle tabelle di confluenza delle classi di concorso (nota 272/2011), definite in attuazione all'articolo 64 del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 2008 e in conseguenza all'approvazione della riforma degli istituti tecnici e professionali, emerge una drastica riduzione dell'insegnamento di matematica applicata (classe di concorso A048);
          il nuovo monte ore settimanale prevede negli istituti tecnici Igea un riduzione di matematica applicata di 4 ore; negli istituti tecnici – indirizzo «sistemi informativi aziendali» (ex Mercurio), di 8 ore settimanali (pari al -32 per cento e, in seguito alla soppressione della disciplina «calcolo delle probabilità e statistica» negli istituti tecnici industriali ad indirizzo informatico (ora istituto tecnico, settore tecnologico – indirizzo informatico e delle telecomunicazioni), l'annullamento dell'insegnamento in precedenza assegnato ai docenti appartenenti alla classe A048;
          la nota 272/2011 nello specificare che (...) Gli insegnamenti che trovano confluenza in più classi di concorso del pregresso ordinamento devono essere trattati come insegnamenti «atipici» la cui assegnazione alle classi di concorso deve prioritariamente mirare a salvaguardare la titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica, la ottimale determinazione delle cattedre e la continuità didattica. (...) di fatto dà poche possibilità di collocazione ai docenti di ruolo in esubero, precludendo, invece, ogni possibilità di accesso ai precari della A048;
          da questo si determina che i docenti abilitati della classe di concorso A048 sono tra i più penalizzati rischiando, anche dopo anni di insegnamento, di essere dichiarati in sovrannumero o di non essere mai assunti a tempo indeterminato e di non essere più nominati –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, anche in vista dell'approvazione del nuovo regolamento sulle classi di concorso, definire delle modifiche volte ad evitare che gli insegnanti abilitati della classe di concorso A048 vengano dichiarati in sovrannumero o addirittura esclusi dall'insegnamento e se non ritenga, altresì, riqualificare in modo adeguato la materia di insegnamento relativa alla classe di concorso medesima. (5-07293)


      MURGIA. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  176 del 2007 legittima il modello del tempo pieno nella scuola italiana, vincolandone l'esistenza concreta alla disponibilità di organico rilevata anno per anno;
          la circolare ministeriale n.  25 del 29 marzo 2012, contenente disposizioni sulla quantificazione e distribuzione delle risorse dal livello nazionale a quello delle singole istituzioni scolastiche, definisce gli organici del personale docente per l'anno scolastico 2012/13;
          la circolare di cui sopra specifica che, nei limiti dell'organico autorizzato e, comunque, nell'ambito della dotazione complessiva assegnata, «condizione essenziale per l'attivazione del tempo pieno rimane la disponibilità di strutture idonee e di risorse all'interno della scuola»; la circolare consente compensazioni tra i contingenti di organico relativi ai diversi gradi di scolarità «anche nell'ottica, ove possibile, dell'estensione del tempo pieno»;
          i dati diffusi dall'ufficio scolastico regionale, aggiornati al 30 maggio 2012, in relazione alla regione Sardegna, per l'anno scolastico 2012-2013 prevedono che l'attivazione del tempo pieno nella scuola primaria interesserà 1.201 classi su un totale di 3.596 classi, ovvero 22.230 alunni su un totale di 65.207 alunni, così suddivisi: 8.767 alunni su 29.077 (473 classi su 1593) in provincia di Cagliari; 4.422 alunni su 10.409 (260 classi su 608) in provincia di Nuoro; 504 alunni su 5.845 (25 classi su 352) in provincia di Oristano; 8.537 alunni su 19.876 (443 classi su 1043) in provincia di Sassari;
          in termini percentuali, i dati si presentano molto disomogenei tra le quattro province storiche della Sardegna, passando dalla copertura del 42,8 per cento della provincia di Nuoro e 42,5 per cento della provincia di Sassari, al 29,7 per cento della provincia di Cagliari e al 7,1 per cento della provincia di Oristano;
          la disomogeneità riguarda anche la situazione interna alle province, considerato che in importanti realtà quali la città di Nuoro, unico capoluogo di provincia in Italia privo del modello a tempo pieno, nonostante la giunta comunale abbia deliberato di voler assumere gli oneri amministrativi e organizzativi per l'attivazione del servizio mensa e le scuole primarie siano dotate di strutture idonee, il tempo pieno non viene attivato malgrado le numerose richieste delle famiglie. Infatti, per l'anno scolastico 2012-2013 a Nuoro ben 132 famiglie su 302 hanno espressamente scelto il modello orario di 40 ore all'atto dell'iscrizione dei figli alle classi prime, e in particolare le richieste di tempo pieno sono state: 35 all'IC n.  1 «F. Podda», su 77; 37 all'IC n.  2 «P. Borrotzu» su 98; 20 all'IC n.  3 «M. Maccioni» su 54; all'IC n.  4 «M. Gurtei» 40 su 73;
          numerose altre città della Sardegna quali Alghero, Carbonia e Macomer rischiano di non avere l'organico necessario per attivare il tempo pieno già in funzione nell'anno scolastico che si sta concludendo e numerosissimi comuni più piccoli, le cui scuole hanno subito nel corso dell'ultimo anno la perdita dell'autonomia con l'accorpamento, rischiano di non essere risarciti dalle promesse compensazioni in termini di qualità in seguito alle rinunce imposte dalle razionalizzazioni ministeriali;
          le autonomie scolastiche della Sardegna negli ultimi anni hanno subito numerosi tagli di organico e, nonostante l'altissimo sacrificio in termini percentuali della scuola sarda rispetto a quella nazionale, l'anno scolastico 2012/2013 vedrà la soppressione di ulteriori istituzioni scolastiche e l'attivazione di nuovi istituti comprensivi in sostituzione delle precedenti direzioni didattiche, con un'ulteriore perdita di autonomia e posti di lavoro;
          l'attivazione del tempo pieno, di cui è dimostrato il valore pedagogico, didattico e culturale specie alla luce dell'importanza che la scuola primaria ha nell'intero processo educativo, contribuisce ad arginare il fenomeno della dispersione scolastica, vera e propria emorragia contro la quale non si conoscono ancora rimedi altrettanto efficaci;
          l'ufficio scolastico regionale non ha ad oggi dato seguito a numerosissime richieste di famiglie e comuni, nonostante i sindacati abbiano dimostrato che con un esiguo numero di docenti si potrebbe soddisfare la gran parte delle richieste provenienti dalle scuole della Sardegna; ed anzi, per alcune situazioni specifiche, quali la città di Nuoro, ha reso noto che non attiverà l'organico richiesto per la realizzazione del tempo pieno nelle future prime classi delle scuole primarie;
          va ribadito il valore pedagogico, formativo e sociale del tempo pieno che, oltre ad incidere direttamente sulla qualità dell'istruzione, produce effetti positivi sull'organizzazione dei tempi delle famiglie, favorendo la conciliazione dei compiti di lavoro e di cura dei genitori e quindi complessivamente anche la qualità dei rapporti famigliari;
          la giunta regionale risulta essere ancora del tutto inadempiente rispetto agli impegni previsti nell'ordine del giorno sulla gravissima situazione del sistema scolastico regionale approvato all'unanimità il 17 novembre 2010 dal consiglio regionale della Sardegna  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga necessario intervenire tempestivamente presso il direttore scolastico regionale per assicurare l'attivazione del tempo pieno presso le scuole primarie che ne hanno fatto richiesta, considerato che sarebbe sufficiente un numero non altissimo di insegnanti per assicurare un servizio educativo e formativo dovuto ai bambini e alle rispettive famiglie delle Sardegna;
          se il Governo non ritenga idoneo garantire alla Sardegna tutte le compensazioni necessarie al fine di poter erogare un'istruzione di qualità e di sostenere il sistema scolastico regionale, riconoscendo la specificità geografica e demografica della Sardegna così come previsto dall'ordine del giorno approvato nella seduta del 17 novembre 2010 dal consiglio regionale della Sardegna;
          se il Ministro non ritenga giusto assumere le iniziative di competenza per garantire, a partire dall'anno scolastico 2012-2013, alla città di Nuoro, unico capoluogo di provincia in Italia privo del tempo pieno, l'attivazione di tale modello scolastico. (5-07294)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CENNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'azienda Rdb Spa (con sede legale ed amministrativa a Pontenure, in provincia di Piacenza) ha rappresentato una delle imprese leader, a livello nazionale, nella progettazione, produzione e installazione di sistemi e strutture prefabbricate per attività industriali, commerciali, infrastrutturali, sociali e di logistica e nella produzione di componenti per l'edilizia residenziale e le ristrutturazioni;
          negli ultimi anni l'azienda è stata colpita da una gravissima crisi economica che ha provocato ingenti perdite di fatturato (oltre il 40 per cento), di bilancio ed un sostanziale aumento dell'indebitamento netto. Tale congiuntura ha inoltre causato la riduzione dell'organico nazionale di circa 200 dipendenti e l'attivazione della cassa integrazione per alcune centinaia di lavoratori;
          l'accordo nazionale tra Rdb ed associazioni sindacali, siglato il 27 luglio 2011, ha previsto il ricorso al trattamento di cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale fino al 31 luglio 2012 per 572 lavoratori su 847 complessivi;
          per contrastare tali crisi è stato predisposto, presso il Ministero dello sviluppo economico, un tavolo istituzionale con i rappresentanti delle istituzioni locali, dell'azienda e delle associazioni sindacali. Nel corso del confronto è emersa la volontà del gruppo Rdb di ridimensionare ulteriormente l'attività ed i livelli occupazionali: il nuovo piano industriale prevedeva infatti la chiusura di 7 siti sui 18 presenti sul territorio nazionale;
          tale tavolo di concertazione, nonostante la richiesta di tutte le componenti sociali ed istituzionali coinvolte e gli annunci da parte del Ministero interrogato, non è stato più convocato dal 17 gennaio 2012. Il sottosegretario allo sviluppo economico, Massimo Vari, rispondendo ad una interrogazione a risposta in Commissione a prima firma del deputato Susanna Cenni (atto numero 5/05641) in data 25 gennaio 2012, aveva infatti dichiarato che il confronto sarebbe proseguito il 27 febbraio;
          tra gli stabilimenti che dovranno essere dismessi è stato inserito anche quello di Montepulciano (provincia di Siena); una struttura che ha rappresentato, fino al recente passato, un polo produttivo di assoluto rilievo per livelli occupazionali, capacità produttiva e fatturato ed una struttura attiva e vitale nel tessuto economico locale;
          gli attuali 75 dipendenti dello stabilimento di Montepulciano sono dal 1o agosto 2011 in cassa integrazione e stanno portando avanti, dal 10 ottobre 2011, un presidio permanente davanti all'ingresso dell'azienda per promuovere il rilancio del sito produttivo;
          gli enti territoriali stanno sostenendo da tempo e con atti ufficiali il mantenimento dello stabilimento di Montepulciano: il consiglio comunale di Montepulciano ha approvato un ordine del giorno per tutelare il sito produttivo, i livelli occupazionali ed i diritti dei lavoratori»; l'amministrazione comunale di Montepulciano e l'amministrazione provinciale di Siena stanno monitorando la situazione ed hanno chiesto ai Ministeri competenti di accelerare la ripresa produttiva e la proroga degli ammortizzatori sociali;
          nello specifico, il presidente della provincia di Siena e l'assessore provinciale alle attività produttive Tiziano Scarpelli assieme al Sindaco di Montepulciano Andrea Rossi, incontreranno giovedì 5 luglio i lavoratori dello stabilimento Rdb di Montepulciano;
          in data 27 giugno 2012 il consiglio di amministrazione di Rdb ha deliberato di presentare ricorso per ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. In una nota stampa il Cda «ha preso atto che l'ipotesi di concordato preventivo in continuità, elaborata dalla società con il supporto di primari advisor e ritenuta soluzione idonea all'attuale situazione industriale e finanziaria non è risultata perseguibile» perché «presupponeva come elemento essenziale per la sua sostenibilità un adeguato supporto creditizio. A tal fine il progetto di concordato preventivo in continuità e la richiesta di sostegno finanziario sono state presentate in modo tempestivo alle banche» ma «non avendo il consiglio ricevuto alcun riscontro, ha dovuto prendere atto della impraticabilità di detta soluzione». Conseguentemente il Cda di Rdb «preso atto del fatto che la società si trova in una situazione di impossibilità a far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e a garantire la continuità aziendale», ha deliberato per l'amministrazione straordinaria e ha approvato il progetto di bilancio e il bilancio consolidato al 31 dicembre 2011 sul presupposto della non continuità aziendale, da cui emerge la perdita dell'intero capitale sociale;
          da tale decisione risulta quindi evidente come tutti i dipendenti del gruppo Rdb, sia quelli attualmente in cassa integrazione sia quelli attivi, rischino oggi il licenziamento;
          in data 3 luglio 2012, presso il Ministero del lavoro, si è svolta una riunione sulla situazione di Rdb alla quale hanno preso parte le amministrazioni locali dei territori dove sono presenti stabilenti dell'azienda, i rappresentanti del gruppo industriale e delle associazioni sindacali. Nel corso della riunione è stata ribadita la volontà dell'azienda di risolvere il rapporto di lavoro con 285 dipendenti (tra cui i 75 di Montepulciano) «strutturalmente eccedenti rispetto alle esigenze tecnico – organizzative e produttive» dell'azienda stessa e che il termine ultimo del trattamento di integrazione salariale per i lavoratori in cassa integrazione è fissato per la data del 31 luglio 2012. Le parti in causa hanno comunque concordato di aggiornare la discussione al fine di individuare soluzioni alternative alla mobilità atte a salvaguardare i livelli occupazionali in vista della scadenza imminente della Cigs in atto. Una nuova riunione è stata convocata il 19 luglio prossimo  –:
          se i ministri interrogati, anche alla luce della difficile situazione economica ed occupazionale nazionale, non intendano attivarsi per ricercare soluzioni efficaci atte a prorogare la cassa integrazione straordinaria per quei lavoratori (come quelli dello stabilimento di Montepulciano) che al 31 luglio 2012 resterebbero, in caso contrario, senza alcuna forma di ammortizzatore sociale;
          se i Ministeri non intendano intraprendere provvedimenti urgenti ed efficaci per salvaguardare, soprattutto in relazione alla recente procedura di amministrazione straordinaria richiesta dal Cda di Rdb, i livelli occupazionali dell'azienda a partire dalla riconvocazione del tavolo istituzionale di concertazione e dalla ricerca di nuovi soggetti interessati a rilevare e rilanciare i singoli siti produttivi;
          se il Ministero dello sviluppo economico sia comunque a conoscenza di attendibili interessamenti di altri imprenditori sullo stabilimento di Montepulciano e quali iniziative potrebbe attivare il ministero a supporto di tale eventualità.
(5-07297)

Interrogazione a risposta scritta:


      MISEROTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          dalla data del 1o luglio 2012 un centinaio di ex dipendenti di Poste italiane spa si trovano a vivere in una situazione di grave difficoltà e precarietà: si tratta di ex quadri di 1o livello che, a metà dell'anno 2011, hanno firmato accordi incentivati con Poste italiane, successivamente ufficializzati nel mese di novembre 2011 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e/o presso l'Unione industriali;
          tali lavoratori non rientrano tra i lavoratori «salvaguardati» o esodati poiché sono ufficialmente usciti dall'azienda dai primi mesi del 2012 e non entro il 31 dicembre 2011 (termine previsto dalla nuova normativa) e maturano la pensione di anzianità (40 anni contributivi) entro la fine del mese di giugno 2012, con godimento della pensione entro il 1o agosto 2013;
          trattandosi di pensione di anzianità, le vecchie regole antecedenti al decreto- legge «Salva Italia» prevedevano che tra la maturazione del diritto alla pensione ed il godimento della stessa passassero 13 mesi. Poste Italiane SpA, per il suddetto periodo, ha garantito soltanto tredici mensilità stipendiali. Inoltre dal 1o luglio 2012 i lavoratori di cui sopra dovranno versare all'INPS 31 ratei di contributi volontari di importo pari a 1.450 euro circa e, dal 1o agosto 2013, resteranno anche senza stipendio  –:
          quali iniziative, di carattere urgente ed improcrastinabile, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di salvaguardare i lavoratori di cui in premessa che, a causa dell'esodo incentivato, si ritrovano oggi, insieme alle loro famiglie, a vivere una situazione di grave disagio e ad affrontare un futuro incerto. (4-16889)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      MIGLIORI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          si è svolto a Pistoia un importante forum sul tema del vivaismo nell'epoca della globalizzazione dei mercati, al quale ha partecipato tra gli altri un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
          a Pistoia si produce il 36 per cento della complessiva produzione vivaistica nazionale con quasi 10.000 addetti;
          in tale convegno si è particolarmente dibattuto il tema delle problematiche fisiosanitarie, mentre si è lamentata la scarsità di fondi statali per un effettivo sostegno al settore;
          il distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, stante la concorrenza globale sui mercati internazionali, richiede una opportuna presenza pistoiese al tavolo sul vivaismo di Bruxelles, dove sono rappresentati tutti i Paesi produttori dell'Unione europea  –:
          quali iniziative urgenti si intendano assumere per assicurare al distretto pistoiese una doverosa ed utile presenza in sede comunitaria, onde tutelare adeguatamente i legittimi interessi anche del vivaismo pistoiese in sede europea. (4-16892)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      GERMANÀ, VINCENZO ANTONIO FONTANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il numero di malati di cancro in Italia è in netto aumento, data la copresenza di una serie di fattori che vanno dall'invecchiamento demografico, all'avanzamento e alla maggiore diffusione delle tecniche diagnostiche, alla migliorata efficacia dei trattamenti. Quella oncologica è una patologia di massa che non può più essere considerata solo sotto il profilo della risposta all'emergenza sanitaria, ma necessita di forme di supporto prolungate nel tempo, comprendendo misure che facilitino il reinserimento sociale e lavorativo;
          è indispensabile addurre dati che purtroppo risultano allarmanti, poiché, ogni giorno, in Italia, vengono diagnosticati circa 1.000 nuovi casi di tumore, l'11 per cento tra gli under 50, e nel nostro Paese vi sono circa 2.250.000 persone (che rappresentano oltre il 4 per cento della popolazione residente), che vivono avendo avuto una precedente diagnosi di tumore. Di tali soggetti, quasi 1.000.000 sono di sesso maschile (44 per cento) e circa 1.250.000 sono di sesso femminile (56 per cento);
          assumendo rigorosi parametri e criteri di valutazione delle cause, vanno evidenziati tre aspetti correlati ovvero l'aumento di nuovi casi è imputabile all'invecchiamento della popolazione, l'aumento di incidenza di qualche specifico tumore e la migliorata sopravvivenza dopo il tumore, e in relazione a quest'ultima fattispecie, è opportuno constatare che quasi 1 milione e 300 mila persone (2,2 per cento) sono lungosopravviventi (hanno cioè avuto una diagnosi di tumore da più di 5 anni) e circa 800 mila (l'15, per cento) sono vive dopo oltre 10 anni dalla diagnosi. Rispetto al 1992, il numero di persone viventi con tumore è quasi raddoppiato, e l'Italia detiene un record positivo di guarigioni, poiché secondo i risultati del primo censimento ufficiale sui tumori in Italia, frutto del lavoro dell'associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dell'associazione italiana registri tumori (Airtum), nel nostro Paese si guarisce di più che in Europa;
          basandosi sui dati raccolti da 20 registri tumori di popolazione generali e di 2 registri specializzati della rete Airtum che copre il 32 per cento della popolazione residente nel Paese, emerge che la mortalità per tutti i tumori, nel periodo 1998-2005, mostra una riduzione statisticamente significativa in entrambi i sessi, anche se l'invecchiamento della popolazione nasconde il fenomeno, ma mentre la mortalità è in calo, l'incidenza dei tumori in Italia è in crescita sia tra gli uomini sia tra le donne, un fenomeno riconducibile a diversi fattori, tra i quali l'aumentata esposizione ai fattori di rischio correlati al tumore, oppure ad un'anticipazione della diagnosi, come accade nei programmi di screening organizzato (mammella, cervice uterina e colon-retto) o nelle campagne di prevenzione (prostata, tiroide, melanoma);
          per delineare un quadro più chiaro ed esauriente è indispensabile avvalersi della fondamentale pubblicazione dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum) che, in collaborazione con il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm), l'Istituto superiore di sanità (Iss) e l'Istituto nazionale di statistica (Istat), costituisce un indispensabile rapporto sui tumori in Italia aggregando i dati relativi alla mortalità e alla popolazione ricavati dalle pubblicazioni periodiche dell'Istat, sottoforma di «Atlante della mortalità per tumori», prendendo in esame la distribuzione della mortalità per tumore nelle nove province della Sicilia (Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani) e nelle cinque principali aree italiane: Nord-ovest, Nord-est, Centro, Sud e Isole;
          dall'analisi comparativa condotta ponendo a fondamento i quattro principali indicatori epidemiologici: incidenza, prevalenza, mortalità, sopravvivenza, emergono importanti e significative differenze geografiche poiché se sul versante dell'incidenza i livelli si riducono dal Nord al Sud, più precisamente il tasso di incidenza standardizzato (sulla popolazione europea) è, per il totale dei tumori, più alto del 30 per cento al settentrione e del al 15 per cento al centro rispetto al meridione, è però drammatica la percentuale di persone viventi con tumore: si passa da oltre il 5 per cento in alcune aree del Nord al 2 per cento e 3 per cento del Sud, e dai confronti geografici nazionali risulta chiaramente come, per quanto riguarda la sopravvivenza, si mantenga ancora un divario Nord-Sud, a sfavore delle regioni meridionali;
          va anche rilevato che, la disparità territoriale delle cure si traduce, non solo nel mancato accesso alle terapie per alcuni malati di tumore, ma anche nelle condizioni assistenziali dei pazienti oncologici hanno implicazioni significative sui costi sociali;
          negli ultimi anni, si è assistito ad una rinnovata attenzione verso lo studio delle cause, degli andamenti temporali dell'incidenza e della mortalità, delle statistiche per la sopravvivenza dei malati oncologici, ed in questo contesto di grande sensibilità, si è dato luogo a numerose iniziative e ad una grande opera di sensibilizzazione per la prevenzione e l'informazione, ma tutto questo è stato un impegno infinitesimale rispetto alle azioni che devono necessariamente essere implementate per attivare e rendere effettivo, anche in Italia, il progetto Eurocare, una delle forme più alte di collaborazione a livello internazionale, nato nel 1989 assumendo la veste di un'azione concertata tra i registri tumori europei con l'obiettivo di misurare e spiegare le differenze internazionali nella sopravvivenza per tumore in Europa;
          nello specifico, il rapporto Eurocare-3 contiene dati anonimi su 6.5 milioni di pazienti diagnosticati in Europa nel periodo 1978-1994, con informazioni sulla sopravvivenza al 1999, fino ad un massimo di 21 anni dopo la diagnosi, ma l'acme è stato raggiunto con lo studio Eurocare-4 perseguendo le tre contestuali finalità di monitorare, aggiornare i dati relativi alla sopravvivenza dei malati di cancro in Europa e registrare in tempo reale cambiamenti sostanziali secondo i fattori dello spazio e del tempo, rappresenta il più esteso studio, su base di popolazione, sulla sopravvivenza dei pazienti con tumore, includendo dati relativi a più di 13 milioni di diagnosi di cancro fornite da 93 registri tumori presenti in 23 Paesi europei;
          per rispondere alle domande dei cittadini affetti da patologie oncologiche, relative all'andamento dei tumori sul territorio, ai tempi di sopravvivenza, alle modalità di diagnosi, all'indice di mortalità, all'aumento o alla diminuzione di una determinata patologia oncologica rispetto agli anni precedenti, è indispensabile disporre di dati costantemente aggiornati anche al fine di procedere ad una coerente programmazione sanitaria, ad incisive politiche per la prevenzione e per il controllo e ad una reale valutazione dell'assistenza, possibile solo se verrà realizzata sull'intero territorio italiano una capillare e diffusa rete di informazioni sui malati di cancro residenti in un determinato territorio, obbligando ad istituire i registri tumorali che raccolgono, valutano, organizzano e archiviano in modo continuativo e sistematico le informazioni più importanti fornite sia dalle strutture ospedaliere sia dai medici di famiglia, sia dalle ASL, sia dalle regioni o dalle loro agenzie sanitarie;
          il 29 aprile 2010, con l'intesa Stato-Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, è stata approvata l'estensione dei registri, inserendola nel piano nazionale della prevenzione 2010-2012, un obiettivo che peraltro deve essere inserito dalle singole regioni nel proprio piano regionale di prevenzione; è quindi evidente che, l'estensione dei registri tumori deve diventare una priorità assoluta del Ministero della salute, che deve necessariamente intensificare la diffusione e rendere ancora più incisive le azioni già intraprese nel corso degli ultimi anni quali il finanziamento, da parte del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CAIM), a favore del progetto di supporto alla diffusione dei registri tumori affidato all'AIRTUM, al fine di promuovere il procedimento di accreditamento del registro candidato, secondo i requisiti di qualità stabiliti dallo IARC-Agenzia dell'OMS per il cancro (International Agency for Research on Cancer);
          a ciò va aggiunto lo stallo in cui versa il disegno di legge «Delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, nonché disposizioni in materia sanitaria» presentato il 7 aprile 2011 dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, che è stato approvato dalla Camera dei deputati il 28 settembre 2011 e, trasmesso al Senato della Repubblica per il prosieguo dell’iter legislativo;
          in merito alla fattispecie in esame, occorre riferirsi all'articolo 18 del citato disegno di legge che prevede, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, l’«istituzione di sistemi di sorveglianza e registri di mortalità, di tumori e di altre patologie e di impianti protesici» a fini di ricerca scientifica in ambito medico, biomedico ed epidemiologico allo scopo di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici aggiornati periodicamente, consultabili e resi pubblici per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevante in una popolazione definita;
          da tutto ciò emerge chiaramente che è fortemente avvertita, a tutti i livelli istituzionali, l'urgenza e la necessità di redigere i registri tumorali, poiché, secondo i dati forniti dall'AIRTUM, ad oggi in Italia, solo il 36,1 per cento della popolazione, ovvero circa 20 milioni di cittadini, vive in aree in cui sono presenti registri tumori accreditati dall'AIRTUM, con una copertura che varia dal 50,2 per cento del Nord al 25,5 per cento del Centro, fino al 23,7 per cento del Sud e delle isole  –:
          quali iniziative si intendano assumere al fine di:
              a) rendere operativa una diffusa e capillare rete di informazioni sui malati di cancro residenti in un determinato territorio, anche favorendo per quanto di competenza l'attivazione dei registri tumorali che raccolgono, valutano organizzano e archiviano in modo continuativo e sistematico le informazioni più importanti fornite dalle strutture ospedaliere dai medici di famiglia, dalle ASL, dalle regioni o dalle loro agenzie sanitarie;
              b) elaborare dati costantemente aggiornati anche al fine di procedere ad una coerente programmazione sanitaria, ad incisive politiche per la prevenzione e per il controllo e ad una reale valutazione dell'assistenza;
              c) adeguarsi ed allinearsi al progetto Eurocare, che si basa su 93 registri tumori presenti in 23 Paesi europei per monitorare, aggiornare i dati relativi alla sopravvivenza dei malati di cancro in Europa e registrare in tempo reale cambiamenti sostanziali secondo i fattori spazio-temporali;
              d) intensificare l'opera di sensibilizzazione per la prevenzione e l'informazione, anche attraverso strumenti telematici e formati digitali dei registri tumorali, per rispondere alle domande dei cittadini affetti da patologie oncologiche, relative all'andamento dei tumori sul territorio, ai tempi di sopravvivenza, alle modalità di diagnosi, all'indice di mortalità, all'aumento o alla diminuzione di una determinata patologia oncologica rispetto agli anni precedenti. (3-02376)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          diversi studi medico-scientifici hanno evidenziato che i contraccettivi orali di «quarta generazione», contenenti l'ormone progestinico drospirenone, implicano, per le donne che ne fanno uso, un rischio superiore di tromboembolia venosa rispetto ai contraccettivi di «seconda generazione», contenenti l'ormone sintetico levonorgestrel;
          in questa particolare categoria di pillole anticoncezionali, i prodotti più conosciuti sono Yasmin, Yasminelle e Yaz, prodotti dalla Bayer, che con oltre 150 milioni di confezioni vendute, rappresentano le pillole più usate al mondo – al quarto posto fra i contraccettivi orali utilizzati negli Stati Uniti nel 2011, con il 4,6 per cento del mercato;
          nell'aprile 2011, la Food and Drug Administration (FDA), dopo aver esaminato i dati su più di 835.000 donne che assumono pillole contenenti il drospirenone, inclusa la linea Yasmin della Bayer, ha ordinato alla casa farmaceutica e ad altre compagnie di contraccettivi, di potenziare gli avvisi di rischio embolico sui propri prodotti;
          al 18 aprile 2012, negli USA, sono state 11.900 le cause legali intentate contro la Bayer e relative agli effetti secondari dei prodotto Yaz e Yasmin, che hanno riguardato circa 14 mila donne, presumibilmente, vittime degli effetti collaterali di tali anticoncezionali;
          a giugno 2012, la Bayer ha dichiarato di aver pagato 142 milioni di dollari di risarcimento alle consumatrici americane delle pillole Yasmin e Yaz, chiudendo così – in seguito a patteggiamento – 651 cause che mettevano sotto accusa i suoi prodotti in quanto provocavano fenomeni trombotici, tali da portare ad infarti e ictus, potenzialmente letali;
          uno dei casi di cronaca più emblematici, relativi all'uso della pillola Yasmin, risale al 2009, quando una ragazza svizzera di 16 anni, che faceva uso di tale contraccettivo orale, è stata colpita da una grave embolia polmonare e da un conseguente coma artificiale di tre mesi, in seguito al quale si è risvegliata con un handicap irreversibile. La casa farmaceutica, secondo quanto appreso dall'interrogante attraverso diversi articoli apparsi sul web, avrebbe dichiarato di aver preso a carico i costi di riabilitazione della giovane vittima, pur non essendo provato il nesso di casualità tra l'assunzione del contraccettivo e l'evento embolico;
          altri effetti collaterali indesiderati, connessi all'assunzione delle pillole a base di drospirenone, consisterebbero in un danno colecistico e nell'insorgenza di calcoli renali. Tuttavia la Bayer respinge queste accuse;
          gli avvocati che hanno denunciato l'importante casa farmaceutica tedesca – leader nella produzione di contraccettivi orali – hanno citato i rapporti della Food and Drug Administration che riportano almeno 50 casi di morte legati alle pillole assunte dal 2004 al 2008;
          in questo contesto l'Ema, l'Agenzia europea per i farmaci, ha dichiarato, a seguito di diverse indagini – l'ultima delle quali si è conclusa a maggio 2011 – che le avvertenze già presenti nei foglietti illustrativi delle pillole a base di drospirenone sarebbero esaustive e coerenti con i risultati degli ultimi studi inerenti al rischio di tromboembolia venosa, confermando, quindi, la commercializzazione del prodotto nell'Unione europea e ritenendo molto più alti i benefici rispetto ai possibili rischi legati all'uso del particolare contraccettivo  –:
          se non intenda promuovere, sulla base di quanto esposto in premessa e in collaborazione con l'Agenzia italiana del farmaco, uno studio medico-scientifico nazionale volto a valutare l'incidenza degli effetti collaterali delle pillole anticoncezionali di quarta generazione sulla popolazione italiana, al fine di tutelare il diritto alla salute delle donne italiane e garantire loro la sicurezza dei prodotti farmaceutici utilizzati. (4-16901)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dalle agenzia di stampa, un internato si è impiccato il 1o luglio 2012 all'interno dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto;
          sulla triste vicenda Elvira Morana e Stefano Cecconi di «p.stopOPG nazionale» hanno diramato il seguente comunicato stampa: «L'uomo, nonostante potesse rientrare tra le persone che anche l'ultima legge sugli OPG (la n.  9 del 2012) dichiara “dimissibili senza indugio”, aveva subito due proroghe della misura di sicurezza. In molti casi ciò accade quando la Magistratura di Sorveglianza non riceve una proposta di reinserimento da parte dell'Asl di appartenenza. Così anziché essere liberato e assistito, com'era suo diritto, quell'uomo è rimasto rinchiuso fino alla morte. E allora innanzitutto bisogna accertare perché sono state disposte ben due proroghe. StopOPG denuncia i ritardi con cui si procede nella chiusura degli OPG e nella costruzione di percorsi davvero alternativi: in particolare bisogna che le Asl (Dipartimenti di Salute Mentale) organizzino la presa in carico delle persone internate, anche per consentirne le dimissioni dentro progetti terapeutico riabilitativi individuali. E per questo è inconcepibile che non sia ancora avvenuto il riparto tra le regioni dei finanziamenti che proprio a questo scopo l'ultima legge aveva stanziato (38 milioni disponibili già nel 2012 e 55 milioni dal 2013). Gli Opg si confermano luoghi di morte, di sofferenza e di privazioni: non è più possibile rinviare interventi risolutivi»  –:
          se intenda avviare una indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti dell'uomo morto suicida fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;
          se e quali misure precauzionali e di vigilanza fossero in atto nei confronti dell'internato al momento dell'avvenuto suicidio;
          se si intendano assumere iniziative ispettive presso l'ufficio della Magistratura di sorveglianza che ha disposto la proroga della misura di sicurezza nei confronti dell'internato poi morto suicida;
          di quali elementi disponga il Governo in ordine al trattamento sanitario dell'internato con particolare riferimento al reinserimento dello stesso;
          se corrisponda al vero che non sia ancora avvenuto il riparto tra le regioni dei finanziamenti finalizzati alla presa in carico da parte delle ASL delle persone internate attraverso la predisposizione di progetti terapeutico riabilitativi individuali;
          quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda adottare così da consentire alle ASL di prendere in carico le persone internate facendole dimettere all'interno di progetti terapeutico-riabilitativi-individuali;
          quali siano i motivi per cui gli ospedali psichiatrici giudiziari non vengono ancora chiusi nonostante ciò sia espressamente previsto dalla legge n.  9 del 2012.
(4-16904)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MATTESINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il tribunale di Arezzo, con sentenza depositata in data 1o giugno 2010, ha dichiarato lo stato di insolvenza di EUTELIA spa, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n.  270 del 1999, designando i commissari giudiziali;
          esperiti i successivi passaggi, in data 14 luglio 2010 il tribunale di Arezzo, visti gli articoli 2, 3, 8 e 19 del medesimo decreto legislativo ha dichiarato la procedura di amministrazione straordinaria di EUTELIA spa;
          in data 17 novembre 2010 i Commissari straordinari hanno presentato il programma di cessione dei complessi aziendali al competente Ministro dello sviluppo economico, che con decreto datato 7 marzo 2011 ha autorizzato il programma di cessione dei complessi aziendali di EUTELIA spa in amministrazione straordinaria, per la durata di 1 anno dalla data del medesimo provvedimento, relativamente ai due rami di azienda denominati «telecomunicazioni» e «difesa»;
          relativamente al ramo «telecomunicazioni», il 21 febbraio 2012 è stato sottoscritto presso il Ministro dello sviluppo economico l'accordo per la cessione di ramo di azienda ai sensi dell'articolo 47 della legge n.  428 del 1990; e in data 21 marzo 2012 è stato sottoscritto con la cordata cessionaria il contratto preliminare dei vendita;
          in data 27 marzo 2012 è stato pubblicato il bando di gara «Ramo difesa» secondo round;
          in data 7 marzo 2012 il Ministro dello sviluppo economico ha autorizzato la richiesta di proroga di 3 mesi del termine di esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali, ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo n.  270 del 1999 ed in pari data i commissari, preso atto del suddetto provvedimento ministeriale, hanno inoltrato al tribunale civile di Arezzo – sezione fallimentare, la relativa istanza;
          in data 28 marzo 2012, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato sottoscritto con i commissari straordinari della società EUTELIA S.p.A. e le parti sociali, un accordo per la concessione dell'intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria per un ulteriore periodo a decorrere dal 7 marzo 2012, in favore di massimo n.  377 dipendenti in forza alle unità di Pregnana Milanese (MI), Torino, Arezzo e Prata di Principato Ultra (AV);
          a far data dal 1o giugno 2012 circa 244 lavoratori sono passati in Cloud Italia e circa 110 sono rimasti in Eutelia in amministrazione straordinaria, e 11 dipendenti lavorano per i commissari per svolgere le normali attività amministrative e legali legate alla procedura di amministrazione straordinaria;
          ad oggi per 99 lavoratori si presenta una situazione paradossale; infatti il suddetto accordo per la proroga di cassa, ha prorogato la cassa accordata al momento della attivazione di procedura di amministrazione straordinaria, dal 7 marzo al 7 giugno, termine della procedura stessa;
          alla data del 7 giugno il Ministero dello sviluppo economico doveva decidere sul futuro di EUTELIA, se cioè prevedere il proseguimento dell'amministrazione straordinaria con la stessa causale precedente (cessione del ramo di azienda) oppure se prevedere la liquidazione dell'azienda;
          a tale data nessuna delle due scelte risulta essere stata compiuta e si verifica una situazione paradossale per i 99 lavoratori, che ad oggi sono sospesi dal lavoro, ma non sono in cassa integrazione in quanto non esiste accordo, né apertura formale di procedura sindacale  –:
          cosa intenda fare il Governo sia in merito alla procedura di attivazione della proroga di cassa integrazione, sia in merito alla definizione del futuro di EUTELIA spa. (5-07295)

Interrogazioni a risposta scritta:


      EVANGELISTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          i lavoratori impiegati nel ramo telecomunicazioni dell'azienda Eutelia, a seguito della procedura di fallimento conclusasi nel mese di giugno scorso, sono stati ricollocati nell'azienda Clouditalia Eutelia Communications spa;
          per 114 lavoratori di Eutelia, impiegati nel ramo «TLC» ed esclusi dal passaggio a Clouditalia, era stata avviata la procedura di cassa integrazione, terminata il 7 giugno 2012 e non rinnovata;
          i suddetti lavoratori si trovano attualmente in una situazione economica molto difficile, non ricevendo salario né cassa integrazione e hanno davanti a sé la prospettiva di un eventuale riassorbimento da parte di Clouditalia solamente a partire dal 1o marzo 2013;
          uno degli elementi imprescindibili dell'accordo di cessione del ramo «TLC» è stata a suo tempo proprio la garanzia della massima copertura salariale per i dipendenti non coinvolti nella società nata dalla cessione del ramo telecomunicazioni –:
          quali urgenti provvedimenti intenda adottare al fine di garantire un sostegno economico ai 114 lavoratori esclusi dal passaggio del ramo telecomunicazioni dell'azienda Eutelia a Clouditalia Eutelia Communications, attraverso la proroga della cassa integrazione. (4-16890)


      BARBATO. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Termini Imerese è una realtà territoriale che ha tra i più alti tassi di disoccupazione giovanile europea e, oggi, risulta pesantemente segnata dalla chiusura dello stabilimento Fiat;
          in tale realtà era stata assunta un'iniziativa imprenditoriale che aveva occupato oltre 250 persone, ossia la produzione della serie televisiva «Agrodolce», dei quali il 50 per cento donne e 700 persone facenti parte dell'indotto;
          la Einstein fiction era stata contatta sin dal 2002 dalla Rai, in particolare da Giovanni Minoli, per creare e produrre la serie;
          la realizzazione della serie era stata affidata a Einstein fiction, società del gruppo Einstein, che nel 2002 – quando venne contattata dai vertici Rai e, in particolare, dal direttore di Rai educational, Giovanni Minoli – vantava una lunga e prestigiosa esperienza nelle produzioni televisive seriali;
          dopo la prima stagione di successo – 230 puntate andate in onda tra il settembre 2008 e il luglio 2009 – e dopo che Rai 3 ha riproposto tra settembre 2009 e gennaio 2010 le scene più importanti della stagione ne «Le storie di agrodolce – Aspettando la nuova serie» la Rai ha deciso di non proseguire la produzione, cofinanziata per circa la metà dell'importo dalla regione siciliana; il costo della produzione Rai era pari a poco più di 12 milioni di euro per la prima serie, a fronte degli oltre 37 milioni di euro impegnati per le tre serie dalla regione siciliana;
          occorre rilevare che il progetto della realizzazione del nuovo centro di produzione di Termini Imerese, strettamente legato a questa produzione, Einstein Multimedia Group aveva previsto l'attuazione di ingenti investimenti produttivi per la realizzazione degli studi cine-televisivi progettati dall'architetto Fuksas su uno spazio di 14 mila metri quadri;
          tale progetto, del valore di 6 milioni 220 mila euro, era stato inserito nella short list, dei cinque prescelti dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, nell'ambito dell'accordo di programma per la riconversione industriale del polo di Termini Imerese, stipulato il 16 febbraio 2011 dal Ministero dello sviluppo economico, dalla regione siciliana, dalla provincia di Palermo ed il comune di Termini Imerese, a valere sullo strumento agevolativo della legge n.  181 del 1989;
          a seguito della chiusura di questa fiction si è, quindi, perduta un'occasione di lavoro assai importante in un'area già colpita da una gravissima crisi occupazionale, che vedeva, tra l'altro, il coinvolgimento di una consistente forza lavoro femminile, e, nello stesso tempo, si è posta nel nulla una delle iniziative che avrebbero dovuto compensare la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese, venendo sostanzialmente meno a un impegno nei confronti del territorio, cosa che appare all'interrogante assolutamente inaccettabile;
          in risposta all'interrogazione a risposta immediata n.  3-02179 concernente la medesima vicenda, il Ministro interrogato aveva testualmente risposto «Per quanto riguarda le iniziative del Governo per la salvaguardia dei livelli occupazionali a Termini Imerese, si deve evidenziare che la manovra complessiva contenuta nell'intervento di reindustrializzazione (oggetto dell'accordo di programma) mira proprio a sostenere iniziative in grado di contribuire ad assorbire il deficit occupazionale determinato dalle crisi produttive che si sono manifestate nell'area nel corso degli ultimi anni. Il Ministero dello sviluppo seguirà, comunque, in modo attento l'evoluzione di questa vicenda rappresentata dagli onorevoli interroganti, rendendosi disponibile fin d'ora a verificare ogni possibile iniziativa di sviluppo dell'area e qualsiasi iniziativa concreta che si presenti sul tavolo. Insomma, su questa vicenda, che è ancora aperta e che chiaramente può dare uno spazio di iniziativa produttiva, staremo al massimo “addosso”, per quanto di nostra competenza»  –:
          quali iniziative, per quanto di competenza, abbia assunto il Ministro in relazione alla situazione descritta in premessa e con specifico riferimento all'impegno che il Ministro stesso aveva assunto di «stare addosso» ai soggetti coinvolti in questa incresciosa vicenda affinché le opportunità offerte da un tale ambizioso progetto possano concretizzarsi evitando un'ulteriore compromissione delle speranze occupazionali di tanti giovani del Mezzogiorno. (4-16909)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Di Pietro n.  4-15915, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Evangelisti.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      ALESSANDRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con decreto ministeriale 21 luglio 1989 si è provveduto alla perimetrazione provvisoria e alle misure provvisorie di salvaguardia del parco nazionale dell'arcipelago toscano;
          in particolare, l'articolo 1, comma 1, di tale decreto ha stabilito che la perimetrazione provvisoria dell'area del parco nazionale dell'arcipelago toscano, come individuata nella cartografia allegata sotto la lettera A, numeri 1, 2, 3 e 4, al decreto stesso, comprende il territorio delle isole di Montecristo, Capraia, Gorgona e Giannutri nonché il rispettivo mare territoriale ad esse circostante delimitato in via di massima seguendo l'isobata dei cento metri;
          comma 2 ha previsto che con successivi decreti si sarebbe provveduto alla perimetrazione provvisoria delle aree terrestri e marine, che pure sarebbero state parte del territorio del parco, nelle isole di Pianosa, Giglio ed Elba, ed alla definizione puntuale della poligonale di delimitazione a mare per le isole di cui al comma 1;
          numerosi cittadini del territorio provinciale di Livorno, in particolare quelli che risiedono nella più ampia area dell'arcipelago toscano, lamentano la mancanza di segnalazione atta ad informare quale sia l'esatta perimetrazione dei luoghi che appartengono al parco nazionale dell'arcipelago toscano, trovandosi spesso nelle critiche circostanze di essere sanzionati involontariamente per il commettere attività non previste dalle regole dell'area protetta ma ciò per il fatto specifico che non si è certi se ci si trovi o meno all'interno di una superficie appartenente al parco  –:
          se corrisponda al vero che manchi la segnalazione al pubblico atta ad indicare i confini dei luoghi rientranti nelle aree del parco nazionale dell'arcipelago toscano ed, in tali circostanze, ove mancassero tali indicazioni, se non intenda intervenire affinché gli stessi confini siano resi pubblici con apposita segnaletica. (4-14710)

      Risposta. — In risposta all'interrogazione di cui all'oggetto, concernente la perimetrazione e le misure di salvaguardia del Parco nazionale dell'arcipelago toscano, si rappresenta quanto segue.
      I confini del parco nazionale dell'arcipelago toscano sono quelli definiti nel decreto del Presidente della Repubblica del 22 luglio 1996 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale serie generale n.  290 dell'11 dicembre 1996) istitutivo del parco stesso, così come definito al comma 5 dell'articolo 1: «Il parco nazionale dell'arcipelago toscano è delimitato in via definitiva dalla perimetrazione riportata nella cartografia ufficiale 1:25.000 depositata in originale presso il Ministero dell'ambiente e in copia conforme presso la regione Toscana e le sedi dell'ente parco nazionale dell'arcipelago toscano, e allegata al presente decreto, del quale costituisce parte integrante».
      In allegato al citato decreto vi sono i quadri d'unione – in scala 1:25.000 – delle perimetrazioni a mare e a terra, ovvero le aree che rientrano nella giurisdizione del parco dell'arcipelago toscano.
      Il piano del parco, nei cui allegati tecnici sono specificate sia le zonazioni che le relative esplicazioni comportamentali, è stato approvato attraverso l'emanazione della legge regionale toscana n.  87/2010 con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  20 del 26 gennaio 2010. A seguito di ciò, ogni comune dell'arcipelago toscano, ad eccezione del Giglio, ha recepito con delibere di consiglio che, per i propri territori ricadenti nel perimetro dell'area protetta, il piano del parco, a norma di legge, sostituisce i piani urbanistici, paesaggistici e territoriali dell'area considerata.
      Fin dalla sua istituzione l'ente parco nazionale ha realizzato iniziative mirate all'informazione, sensibilizzazione e comunicazione volte alla conoscenza del territorio. L'ente svolge una costante attività divulgativa con materiale informativo sulle peculiarità ambientali del parco attraverso l'ufficio informazioni di Portoferraio, l'Ufficio relazioni con il pubblico, le strutture di accoglienza turistica nei due versanti (Marciana e Rio dell'Elba), con le guide del parco eccetera.
      Nel 2000 l'ente parco, con delibera di consiglio n.  9/2000, ha dotato l'area protetta di tabellazione a terra con cartellonistica a basso impatto visivo e ampiamente diffusa. Contestualmente, e in collaborazione con l'amministrazione provinciale, sono state create sessanta aree di sosta sulla viabilità principale del parco con bacheche esplicative e stampa della cartina dell'Elba. La cartellonistica è oggetto di manutenzione continua dovuta a decadimento e, purtroppo, ad atti di vandalismo. Dal 2011 l'ente ha iniziato interventi di manutenzione straordinaria della sentieristica e della cartellonistica con fondi POR-Creo 2007/2013 – linea di attività 2.2.
      Per quanto attiene, invece, le zone marine dell'area protetta, è utile sottolineare che tutte le carte nautiche riportano la perimetrazione a mare del parco nazionale.
      Nel dettaglio si ricorda che: Montecristo è riserva dello Stato, accessibile solo per motivi scientifici e che la vigilanza e il controllo è affidato al corpo forestale dello Stato; Capraia ha una fascia di protezione a mare di circa 100 metri e, annualmente, l'ente parco emana un decreto di non accessibilità nel periodo necessario alla presenza e riproduzione del gabbiano corso; Gorgona è ancora un'isola carcere e sotto sorveglianza degli organi di polizia; Giannutri, insieme a tutte le isole dell'arcipelago, gode del monitoraggio e della sorveglianza della Capitaneria di Porto.
      Comunque, è in via di definizione un piano d'intervento dell'ente parco per rendere visibili, nelle zone di mare sottoposte a vincoli, attraverso la collocazione di boe, le linee di «confine» del parco.
      In ogni caso, si pone all'attenzione dell'interrogante che una giurisprudenza costante della Cassazione penale, da ultimo confermata nella sentenza 46333/2011, ha precisato che i parchi nazionali sono sottratti alla necessità di perimetrazione tabellare in quanto istituiti e delimitati con appositi provvedimenti, completi di tutte le indicazioni tecniche e topografiche necessarie per l'individuazione, la cui conoscenza è assicurata dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          è in corso un difficile confronto per il rinnovo del contratto dei diritti connessi tra la SCF, la società di collecting delle imprese musicali che raccoglie i compensi dovuti ad artisti e produttori, e la RNA, che rappresenta le radio nazionali associate;
          tale contratto risulta scaduto dal 2006 e, anche in virtù di anomalie nella normativa attualmente vigente, non si è raggiunta un'intesa volta a ridefinire una piattaforma condivisa per l'adeguamento dei corrispettivi per i diritti discografici;
          il mancato rinnovo del contratto nazionale sta producendo una serie di distorsioni nella remunerazione dei diritti con grave pregiudizio degli editori e degli artisti oltreché una profonda lacerazione nei rapporti tra i due soggetti che dovrebbero invece essere partner per il sostegno al patrimonio artistico del nostro Paese;
          oltre allo stallo delle trattative, è in corso un contenzioso legale in cui i network radiofonici nazionali sono stati chiamati in giudizio per il mancato pagamento dei diritti ai legittimi titolari, ai sensi dell'articolo 73 della legge 22 aprile 1941, n.  633;
          al di là delle ragioni di merito del contendere e delle legittime esigenze di ciascuna delle parti in causa, risulta all'interrogante che le emittenti radiofoniche abbiano unilateralmente deciso di sospendere dai palinsesti la programmazione dei nuovi brani di cantanti italiani, sospensione che sta seriamente danneggiando i giovani artisti e i talenti emergenti. Un danno che in questa fase di crisi rischia di mettere a repentaglio gli investimenti in ricerca e sviluppo nella musica  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'attuale stato dei fatti;
          se non ritengano quanto mai urgente convocare un tavolo con la partecipazione di tutti i soggetti interessati per trovare una soluzione negoziata e porre termine al supposto blocco della programmazione radiofonica degli artisti italiani;
          quali ulteriori iniziative, necessarie ed urgentissime, intendano attuare per dare soluzione al problema di cui in premessa, nell'eventualità in cui la soluzione proposta dagli interroganti non venga recepita. (4-07950)

      Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto indicato, con cui l'interrogante chiede di sapere quali iniziative si intendano intraprendere per porre fine alla situazione di stallo creatasi fra SCF (società che rappresenta i produttori di fonogrammi) e RNA (associazione che rappresenta le radio italiane) nel rinnovo del contratto dei diritti connessi per il passaggio in radio di brani musicali, si rappresenta quanto segue.
      Dalla considerazione del valore e dell'utilità che l'attività di produzione dei fonogrammi riveste, rispetto all'obiettivo della promozione della cultura sancito dalla Carta costituzionale, è conseguito che il legislatore ha attribuito all'industria fonografica una particolare tutela giuridica, volta a riservare esclusivamente a suo favore la facoltà di riprodurre ed immettere in commercio i prodotti fonografici derivati dall'incisione originale.
      L'ordinamento giuridico italiano definisce il disco come un prodotto industriale, non come opera dell'ingegno; la ratio della protezione accordata ai produttori fonografici dalla legge n.  633 del 1941 si rinviene nell'esigenza di sostenere il valore economico del disco, difendendolo contro le facili abusive duplicazioni, mediante il riconoscimento di un diritto esclusivo che ha ad oggetto la formazione del prodotto cioè della matrice o disco originale incorporante la registrazione in quanto bene immateriale.
      A tale scopo, l'attribuzione all'avente diritto di uno ius excludendi è sembrato lo strumento più idoneo a tutelare l'attività organizzativo-imprenditoriale e gli sforzi economici effettuati dal produttore fonografico, che può vantare un diritto esclusivo declinabile in più facoltà distinte ed indipendenti, individuate nell'articolo 72 della legge n.  633 del 1941 in forma meramente esemplificativa e non tassativa.
      Gli articoli 72, 73 e 73-bis della legge n.  633 del 1941 prevedono una protezione del produttore fonografico diversamente qualificata a seconda del tipo di utilizzazioni.
      Si distingue, difatti, generalmente fra «utilizzazioni primarie» del fonogramma ed «utilizzazioni secondarie».
      Le prime consisterebbero nelle fattispecie di cui all'articolo 72 (riproduzione, distribuzione, noleggio e prestito, messa a disposizione secondo la definizione della direttiva 2001/29/CE) e sarebbero protette da un vero e proprio diritto esclusivo di autorizzare o meno le suddette utilizzazioni.
      Le utilizzazioni secondarie di cui agli articoli 73 (e 73-bis) sembrerebbero fondare un diritto patrimoniale di credito attribuito direttamente al titolare della privativa sul fonogramma, con il conseguente obbligo dell'utilizzatore al pagamento di un compenso (o di un equo compenso nel caso di utilizzazioni non a scopo di lucro ai sensi dell'articolo 73-bis).
      I diritti del produttore fonografico ex articoli 72 e seguenti della legge sul diritto d'autore possono essere gestiti individualmente dai titolari ovvero collettivamente da qualsiasi soggetto privato, mancando, in quest'ambito, una disposizione equivalente all'articolo 180 della legge sul diritto d'autore per l'attività di intermediazione nel diritto d'autore.
      La gestione collettiva dei diritti in parola è esercitata per mezzo delle associazioni di categoria dei produttori dei fonogrammi nell'ambito delle quali la Società Consortile Fonografici (di seguito SCF) ha assunto negli ultimi anni una posizione di rilievo.
      I soggetti destinatari della norma di cui all'articolo 73 sono, principalmente, le emittenti radiofoniche e televisive.
      Con il progressivo massiccio utilizzo dei fonogrammi (inizialmente) da parte delle emittenti radiofoniche, la norma ha costituito, difatti, il principale presidio per una tutela ed una remunerazione dell'attività industriale del produttore fonografico rispetto alle utilizzazioni radiofoniche e televisive.
      Le disposizioni necessarie per definire il compenso previsto in favore dei produttori fonografici e degli artisti interpreti ed esecutori si rinvengono nell'articolo 23 del regio decreto 18 maggio 1942, n.  1369 cui l'articolo 73, comma 2, della legge n.  633 del 1941 espressamente rinvia.
      Ai sensi del comma 2 dell'articolo 73 citato, la misura del compenso per l'utilizzazione del fonogramma a scopo di lucro deve essere determinata secondo le norme del regolamento di esecuzione della legge n.  633 del 1941.
      Il regolamento è stato approvato mediante il regio decreto n.  1369 del 1942 che, all'articolo 23, stabilisce che la misura del compenso dovuto al produttore del disco fonografico, in quanto non diversamente stabilito tra le parti, è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del comitato consultivo permanente per il diritto d'autore, in adunanza generale.
      In forza di tale disposizione sono stati, quindi, emanati i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° settembre 1975 e del 15 luglio 1976.
      Il primo dei decreti stabilisce che, in difetto di diverso accordo tra le parti, i compensi sono dovuti dagli utilizzatori privati nella misura del 2 per cento degli incassi lordi o delle quote degli incassi lordi riconducibili all'uso del fonogramma.
      Il secondo dei provvedimenti fissa, invece, il compenso dovuto dall'ente concessionario del servizio delle radiodiffusioni circolari, commisurandolo all'1,50 per cento delle quote di incassi lordi riferibili alla effettiva utilizzazione del disco o apparecchio analogo, fatti salvi i diversi accordi tra le parti.
      Viceversa, per l'utilizzazione a scopo non di lucro l'articolo 73-bis contempla la corresponsione di un equo compenso la cui determinazione, ripartizione e riscossione è demandata, ai sensi del comma 2, alle norme del regio decreto n.  1369 del 1942.
      Tale sistema mantiene ancora la sua validità quale strumento individuato dal legislatore per superare le contrapposizioni non riconducibili ad un'intesa.
      Ciononostante, l'attuale evoluzione delle dinamiche di mercato impone un'analisi più approfondita degli aspetti di criticità che, nel tempo, sono stati rilevati, al fine di assumere ogni iniziativa idonea a prevenire e comporre la contrapposizione tra gli operatori del settore in tema di determinazione dei compensi per i diritti connessi, fornendo altresì elementi di certezza utili a bilanciare i diversi interessi coinvolti e garantire altresì una più efficace tutela dei contraenti più deboli, come peraltro auspicato dall'autorità garante della concorrenza e del mercato con le determinazioni AS 622 del 12 ottobre 2009 e AS 829 del 05 aprile 2011.
      Fra gli elementi di criticità, vi è, sicuramente, il grado di conflittualità, dimostrata anche nella negoziazione di cui all'interrogazione, fra il soggetto rappresentante i produttori discografici (Società consortile fonografici) e quello rappresentante le radio (RNA).
      Per quanto concerne il mancato accordo fra Società consortile fonografici e RNA, richiamato nell'interrogazione, si prende atto, tuttavia, di quanto dichiarato dal consorzio dei produttori, il quale ha pubblicato sul proprio sito, in data 16 aprile 2012, un comunicato stampa con cui afferma che è stato raggiunto un accordo coi network radiofonici che ha portato alla firma di un contratto quadriennale, in cui, sempre a dire del consorzio SCF, si è pattuito un adeguamento del 25 per cento della percentuale del compenso spettante agli artisti e produttori discografici per la diffusione al pubblico del loro repertorio.
      Inoltre, in pari data, risulterebbe sottoscritta, fra i medesimi soggetti, anche una transazione avente per oggetto tutto il contenzioso precedente, già oggetto, come ricordato nell'interrogazione, di una complessa controversia giudiziaria.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      BOSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il sistema delle agenzie ambientali in Italia è stato istituito, a seguito del referendum popolare sui controlli ambientali del 18 e 19 aprile 1993, con decreto-legge 4 dicembre 1993, n.  496, recante disposizioni sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente;
          il decreto-legge 4 dicembre 1993, n.  496, è stato convertito dalla legge 21 gennaio 1994, n.  61;
          il citato decreto-legge prevede che ogni regione si doti della propria Agenzia, nell'ambito di una rete nazionale al cui centro è posta l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, oggi Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, istituito dall'articolo 28, comma 1, del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 2008);
          il decreto-legge n.  496 del 1993 dispone, tra l'altro, che le Agenzie regionali hanno autonomia tecnico-giuridica, amministrativa, contabile e sono poste sotto la vigilanza della presidenza della giunta regionale;
          le ARPA, insieme all'ISPRA, costituiscono un sistema federativo che trova la sua espressione nel Consiglio federale, organismo che promuove, attraverso atti d'indirizzo, raccomandazioni e attività, lo sviluppo coordinato dell'intero sistema, al fine della convergenza di strategie operative e dell'omogeneità nelle modalità di esercizio dei compiti istituzionali (articolo 15 del decreto 21 maggio 2010, n.  123, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare);
          la strumentalità dell'azione delle ARPA risiede nell'obiettivo di garantire la qualità della salute umana e dell'ambiente, secondo i princìpi stabiliti dalla Costituzione e dal diritto comunitario;
          le ARPA attuano la propria mission, ispirandosi, tra l'altro, ai princìpi di terzietà e multireferenzialità verso le istituzioni, le imprese, i cittadini; aspetti peculiari e tra loro fortemente integrati e sinergici;
          la terzietà è un elemento di garanzia per la collettività e le istituzioni di riferimento;
          la multireferenzialità nasce dalla trasversalità e dalla complessità delle problematiche ambientali e dall'esigenza, per la natura stessa dell'attività svolta, di porsi in relazione con molteplici soggetti pubblici e privati, ponendo in essere meccanismi di integrazione, collaborazione e/o comunicazione. In tale ambito, le ARPA svolgono, tra l'altro, un ruolo «sensibile» di supporto all'autorità giudiziaria;
          l'emanazione delle leggi istitutive e l'operatività delle ARPA non sono state simultanee su tutto il territorio nazionale. Ne è conseguita una disomogeneità operativa delle Agenzie nelle diverse regioni e province autonome. I dati disponibili sul funzionamento delle ARPA evidenziano che la suddetta disomogeneità è aumentata nel tempo sia sul piano strutturale sia su quello operativo;
          nel recente rapporto economico dell'OCSE «OECD Economic Surveys: Italy 2011» uno dei capitoli è dedicato alle politiche ambientali: nell'ambito di tali capitolo c’è una valutazione del sistema delle Agenzie regionali per l'ambiente in cui si evidenzia una asimmetria Nord-Sud nelle performance delle ARPA;
          i dati delle performance dell'ARPA Campania, come è desumibile dal confronto dei programmi annuali delle attività (in termini preventivi e consuntivi) con quelli delle principali ARPA del Centro-Nord, evidenziano che si è accentuato il divario tra il sistema di protezione della salute e dell'ambiente realizzato nel Centro-Nord del Paese e quello definito al Sud, in particolare nella regione Campania. Ciò a discapito dei cittadini della Campania, i quali, evidentemente, hanno la legittima aspettativa che la protezione di due beni universalistici, quali la salute e l'ambiente, sia applicata in condizioni di assoluta uguaglianza in tutto il Paese;
          ad avviso dell'interrogante, le ragioni del divario tra le ARPA del Mezzogiorno (e quella della Campania in particolare) e le ARPA del Centro-Nord sono, evidentemente, da ricercare in primis in una non compiuta applicazione del decreto-legge n.  496 del 1993 da parte della politica di governo regionale, che sembra essersi fermata all'adempimento legislativo di istituzione dell'ARPA, abdicando poi al ruolo strategico di «governance» dell'Ente;
          occorre che le ARPA siano gestite in modo tale da garantire autorevolezza e terzietà, elementi fondamentali per la collettività e le istituzioni di riferimento;
          un esempio emblematico delle anomalie riscontrabili nel sistema delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente è proprio quello riguardante i profili organizzativi dell'Arpa della Campania; il regolamento della giunta regionale della Campania del 15 dicembre 2011, n.  12, pubblicato sul bollettino ufficiale della regione n.  77 del 16 dicembre 2011, recante l'ordinamento amministrativo della giunta stessa:
              a)    al comma 3 dell'articolo 7 dispone, tra l'altro, che il dipartimento (della salute e delle risorse naturali) svolge funzioni di «vigilanza e controllo degli enti di riferimento dipendenti dalla Regione»;
              b)    al comma 1 dell'articolo 13 dispone, tra l'altro, che il dipartimento (della salute e delle risorse naturali) esercita le funzioni relative alla «vigilanza e al controllo» degli enti dipendenti dalla regione che operano nelle materie di competenza dello stesso dipartimento;
          tali disposizioni, nell'affidare la «vigilanza e il controllo» dell'ARPAC ad una «struttura amministrativa» della giunta regionale, appaiono all'interrogante in netto contrasto con l'articolo 3 del decreto-legge n.  496 del 1993, che pone, invece, l'ARPAC sotto la vigilanza diretta dell'organo di direzione politica della regione: il presidente della giunta regionale;
          tra le «prestazioni che incidono o possono incidere su diritti sociali e civili da garantire su tutto il territorio nazionale» rientrano anche le prestazioni di prevenzione e protezione in campo ambientale svolte dall'ARPA Campania a supporto dell'attività amministrativa degli enti locali (regione, province, comuni), e in ultima analisi, a beneficio della collettività, in termini di tutela dell'integrità e sullo sviluppo della persona umana;
          i riferimenti normativi del concetto di «livelli essenziali di prestazioni» pubbliche sono rinvenibili nella Costituzione. In particolare, l'articolo 117, comma 2, lettera m), attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e quindi i diritti soggettivi «ambientali» dei cittadini-utenti (la locuzione, mutuata dalla necessità di non ledere un diritto soggettivo, è stata tra l'altro recentemente riconosciuta come clausola di salvaguardia nei provvedimenti statali di razionalizzazione della finanza pubblica);
          tra i diritti sociali e civili da garantire, rientra la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. s), della Costituzione  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa, anche valutando se sussistano i presupposti per sollevare il conflitto di attribuzioni tra Stato e regione. (4-14334)

      Risposta. — In risposta all'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, concernente la riorganizzazione delle agenzie ambientali, si comunica quanto segue.
      Le agenzie per la protezione dell'ambiente ARPA/APPA trovano per la prima volta la loro formalizzazione quale «sistema» con il decreto interministeriale, ambiente ed economia, n.  123 del 21 maggio 2010 recante il Regolamento concernente la fusione di APAT, ICRAM e INFS nell'ISPRA.
      In precedenza, sia il regolamento APAT, sia quello di APPA, poi confluita in APAT, stabilivano solo il coordinamento da parte del soggetto nazionale, ANPA, APAT (ora ISPRA) nei confronti delle agenzie regionali (ARPA) e delle province autonome (APPA), limitatamente al piano tecnico-scientifico.
      Fatta questa premessa, per quanto concerne l'attuale livello di armonizzazione delle modalità operative, sebbene si è ancora lontani da un optimum, sostanziali progressi sono stati fatti, come già comunicato alla commissione ambiente della Camera dei Deputati.
      Va detto in proposito che, sulla base della ricordata natura del coordinamento, ISPRA può solo intervenire sul piano delle standardizzazioni degli strumenti e delle modalità operative. Limitate, se non nulle, sono invece le possibilità di intervento sul piano della programmazione delle attività delle singole agenzie, competenza questa, posta attualmente in capo alle amministrazioni regionali.
      In altri termini e senza entrare nel merito di specifiche situazioni territoriali, ISPRA è titolata a formulare direttive sulle più idonee modalità di intervento, ma non può incidere sulla effettiva attuazione di iniziative di monitoraggio e controllo delle agenzie.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      CANNELLA, PAGANO, CONTENTO, STRACQUADANIO, MELONI, MUSSOLINI, CORSARO, LISI, SCELLI e DE ANGELIS. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          si è appena celebrato il «giorno del ricordo», istituito con la legge 30 marzo 2004, n.  92, in memoria delle migliaia di cittadini di nazionalità italiana costretti alla fuga dall'Istria e la Dalmazia sul finire della II guerra mondiale, e, al contempo, per commemorare le vittime della pulizia etnica ai danni di nostri concittadini operata dalle forze partigiane comuniste agli ordini del maresciallo Tito. Tale pulizia etnica ha visto l'eliminazione indiscriminata di migliaia di italiani infoibati nei territori della ex-Jugoslavia, ovvero fatti precipitare vivi, legati gli uni agli altri, all'interno dei profondi pozzi naturali caratteristici del panorama carsico della zona;
          ad oggi è ancora on-line la testata slovena «Mladina», nella cui homepage compare il link http://www.mladina.si/projekti/igre/fojba2000/ che rimanda ad un videogame di pessimo gusto, una sorta di tetris giocato in una foiba con figure umane da far precipitare al fondo  –:
          se il Governo non ritenga di inoltrare formale protesta al Governo sloveno, e se, al contempo, non ritenga di dover assumere nei confronti delle autorità slovene tutte quelle iniziative politiche e diplomatiche necessarie affinché la pagina e il link in questione vengano rimossi dal web, evitando così di perpetuare il ricordo di una barbarie che ancora oggi segna la memoria dei familiari delle vittime e dei testimoni che riuscirono a sfuggire a quella fine orribile. (4-14975)

      Risposta. — In merito al «link» che collega il sito internet del videogioco in lingua slovena «sprava 2004» al settimanale sloveno «Mladina», la nostra ambasciata a Lubiana ha comunicato di essersi attivata tempestivamente per chiederne la rimozione. Anche sulla base di un'ulteriore verifica svolta dalla nostra sede, è stato confermato che la pagina del videogioco è stata definitivamente rimossa dal sito della testata, benché non si escluda la possibilità che il videogioco in parola possa ancora essere presente nella «memoria cache» dei computer sui quali è stata visualizzata nelle ultime settimane.
      Nello spirito di intensa collaborazione a cui sono improntati i rapporti bilaterali italo-sloveni, ed anche in vista degli incontri al più alto livello politico in corso di preparazione nei prossimi mesi (visita di Stato a Lubiana del signor Presidente della Repubblica a luglio; incontro a Roma del Presidente del Consiglio Monti con l'omologo sloveno, Janez Janša a giugno), il nostro ambasciatore a Lubiana ha provveduto, sulla base delle istruzioni ricevute, a segnalare agli interlocutori sloveni l'esigenza di assumere un atteggiamento attivo per la costruzione di un processo di approfondimento della comprensione e della fiducia reciproca, portato avanti al più alto livello politico in entrambi i paesi, nel segno dei comuni valori europei. In quest'ottica, il nostro ambasciatore ha invitato le autorità slovene a sradicare gli elementi di disturbo all'approfondimento delle ottime relazioni bilaterali, quali il videogioco in parola.
      Si è inoltre provveduto a sensibilizzare il Ministero dell'interno – competente per la minoranza di lingua slovena residente in Friuli Venezia Giulia – affinché faccia stato nella dovuta forma del disagio causato da questa incresciosa vicenda nei confronti della testata slovena «Mladina», il cui Presidente del Consiglio di controllo, Boris Peric, è cittadino italiano ed esponente di spicco della citata minoranza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      CECCACCI RUBINO, CATANOSO, CAZZOLA, FRASSINETTI, GIAMMANCO, MANNUCCI, REPETTI e SCANDROGLIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo il quotidiano Corriere Fiorentino il parco nazionale dell'arcipelago toscano, la regione Toscana e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali avrebbero concordato un progetto riguardante un intervento di derattizzazione da effettuare sull'isola di Montecristo, nel comune di Portoferraio (Livorno);
          l'operazione verrebbe compiuta attraverso l'impiego di ventisei tonnellate di esche avvelenate lanciate sull'isola da un aeroplano in volo con un veleno contenente un principio attivo brodifacoum altamente tossico per gli organismi acquatici e, considerata anche la sua forte persistenza nel tempo, potenzialmente capace di provocare a lungo termine effetti negativi sull'ambiente;
          il presupposto dell'iniziativa in questione sembrerebbe consistere nella necessità di salvaguardia delle specie animali residenti sull'isola di Montecristo, perseguendo – come testualmente emerge dalla stampa – lo scopo di «salvare la biodiversità» ivi presente;
          emerge chiaramente l'intrinseca contraddittorietà della suddetta operazione se si considera che il prescelto metodo dell'avvelenamento aereo non è in grado di fornire alcuna garanzia sull'assunzione effettiva delle esche da parte dei soli animali da eliminare, al contrario comportando l'elevato ed inevitabile rischio di avvelenamento di tutta ed indistintamente la fauna terrestre ed acquatica;
          l'intervento di derattizzazione, se posto in essere nelle modalità sopra descritte, potrebbe peraltro assumere, a giudizio degli interroganti eventuali profili di rilievo penale (maltrattamento di animali);
          è necessario ricordare l'ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2010 – Proroga e modifica dell'ordinanza 18 dicembre 2008, come modificata dall'ordinanza 19 marzo 2009, recante: «Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati» – la quale all'articolo 1, comma 1, lettera c), prescrive che «Le operazioni di derattizzazione e disinfestazione, eseguite da ditte specializzate, devono essere effettuate con modalità tali da non nuocere in alcun modo alle persone e alle specie animali non bersaglio (...)»;
          sulla base di quanto divulgato dalla stampa, appare poi quanto mai inconsueto il presunto mancato coinvolgimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito di un progetto che riguarda specificamente un territorio dichiarato «parco nazionale», considerando tra l'altro che, all'articolo 1, comma 1, lettera d), della sopra citata ordinanza si stabilisce che «nelle aree protette per motivi di salvaguardia di specie selvatiche oggetto di misure di protezione a carattere internazionale, ove esse siano particolarmente minacciate dai ratti, è possibile effettuare, previa comunicazione al Ministero della salute, operazioni di derattizzazione mediante rodenticidi senza l'utilizzo degli appositi contenitori di esche a condizione che: a) il principio attivo utilizzato come rodenticida sia a bassa persistenza ambientale al fine di evitare la contaminazione della catena alimentare e dell'ambiente; b) sia stabilita la durata massima di permanenza nell'ambiente delle esche in relazione agli obiettivi da raggiungere, sulla base della letteratura scientifica più aggiornata; c) al termine dell'operazione le esche non utilizzate siano rimosse dall'ambiente e venga redatto un apposito verbale di chiusura dell'operazione, a cura del responsabile della stessa, nel quale sia indicato il numero di esche immesse nell'ambiente, l'area interessata dall'operazione e il numero di esche, non utilizzate e rimosse al termine dell'operazione. Il suddetto verbale, inviato in copia al Ministero della salute, è a disposizione delle autorità competenti per eventuali controlli»  –:
          se i Ministeri interrogati siano stati effettivamente coinvolti in tale progetto e con quale ruolo;
          quanti e quali animali siano oggetto della derattizzazione annunciata e da chi sia stato effettuato tale censimento, quando e con quale metodica;
          se non ritengano di dover assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire al ritiro del progetto o per prevedere un divieto di derattizzazione, in ottemperanza alla normativa vigente sui diritti degli animali e all'ordinanza ministeriale a tutela della salute e dell'incolumità pubblica e dell'ambiente, utilizzando metodi alternativi non cruenti per risolvere la questione. (4-14831)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione di cui all'oggetto, riguardante l'intervento di derattizzazione da effettuarsi sull'isola di Montecristo, nel comune di Portoferrario, si rappresenta quanto segue.
      Il progetto in questione è co-finanziato dal programma Life + della Commissione europea e viene seguito con attenzione ed interesse da parte del Ministero dell'ambiente.
      Il beneficiario coordinatore del progetto è il corpo forestale dello Stato, gli altri beneficiari associati sono il parco nazionale dell'arcipelago toscano, l'ISPRA, la società Nemo e, come cofinanziatori, compaiono anche la provincia di Livorno e la regione Toscana.
      In tale contesto, è stata condotta dai beneficiari una lunga, attenta e rigorosa disamina di tutti gli aspetti tecnici della derattizzazione dell'isola di Montecristo, con particolare riferimento ai possibili rischi ambientali: l'intero progetto è stato, quindi, vagliato e approvato dalla Commissione Europea ed è finalizzato all'eradicazione della popolazione di ratti sull'isola, quale importante misura per migliorare lo stato di conservazione di specie di uccelli protetti da direttive comunitarie e convenzioni internazionali durante il delicato periodo riproduttivo.
      Analoghi interventi di derattizzazione sono stati sperimentati ed attuati con successo in svariate isole sia in Italia (Giannutri, Zannone, Pianosa) sia in altri paesi, senza pregiudicare lo stato di conservazione delle specie non bersaglio. Si tratta di interventi auspicati e sostenuti a livello dell'Unione europea, in linea con le raccomandazioni di numerose convenzioni internazionali e della IUCN. Lo stesso ISPRA è del parere che la derattizzazione dell'isola di Montecristo costituisce una delle più importanti azioni condotte nel Mediterraneo a tutela degli uccelli marini e per la rinaturalizzazione dei sistemi micro insulari. Anche importanti associazioni ambientaliste hanno dato pieno sostegno al progetto.
      In merito a possibili impatti negativi dell'azione, ISPRA precisa che sia stata messa in opera ogni realistica forma di contenimento/mitigazione degli stessi, pur nella consapevolezza che eventuali effetti indesiderati potranno essere riscontrati, ma dovranno essere valutati come costo inevitabile a fronte di vantaggi di entità ben superiore.
      Rispetto a presunti contrasti con la normativa sanitaria vigente, il corpo forestale dello Stato ha segnalato come il progetto sia stato condiviso dal Ministero della sanità, che ha anche emanato una specifica ordinanza (14 gennaio 2010, articolo 1, comma 6) per consentire interventi come quello in questione.
      Gli animali coinvolti direttamente dall'operazione di derattizzazione risultano essere i ratti ed i topi propriamente detti esclusi dal regime di protezione previsto dalla normativa vigente.
      Infine, si precisa che il volume di 26 tonnellate di esche da distribuire rappresenta il massimo programmato ma, in base alle previsioni dei tecnici impegnati, la quantità di esche da utilizzare effettivamente potrà essere sensibilmente inferiore.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      COMMERCIO e LOMBARDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in Sicilia esistono due stazioni sciistiche invernali ubicate sull'Etna: Etna Nord nel territorio di Linguaglossa ed Etna Sud nel territorio di Nicolosi;
          a partire dalla stagione sciistica 2011/2012 il dipartimento di pubblica sicurezza della polizia di Stato ha deciso, in base ad un taglio lineare delle spese previste dal Ministero dell'interno, la cessazione del servizio e la conseguente cancellazione delle unità operative che operavano a Etna Nord;
          la cessazione del servizio è inopinatamente coincisa con l'apertura di due nuovi impianti nella stazione sciistica di Linguaglossa-Etna Nord che si sono affiancati all'impianto già aperto da alcuni anni con un conseguente aumento dei fruitori delle piste e del territorio interessato;
          già nella scorsa stagione il personale della polizia di Stato era stato ridotto a due sole unità a Etna Nord e tre unità a Etna Sud e nonostante tutto nel periodo 2010-2011 sono stati effettuati circa 220 soccorsi; diversi servizi di prevenzione attraverso campagne di sensibilizzazione con le scolaresche per la sicurezza sulla neve; il controllo della sicurezza delle piste con oltre 40 contestazioni amministrative e numerosi servizi di ordine pubblico in occasione di manifestazioni internazionali relative a specialità di sci alpino, snowboard e sci di fondo;
          la legge 24 dicembre 2003, n.  363 «Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo» all'articolo 21. recita testualmente «(...) la Polizia di Stato, il Corpo forestale dello Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza, nonché i corpi di polizia locali, nello svolgimento del servizio di vigilanza e soccorso nelle località sciistiche, provvedono al controllo dell'osservanza delle disposizioni di cui alla presente legge e a irrogare le relative sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti»;
          con la soppressione della pattuglia della polizia è venuto a mancare, nella stazione sciistica di Etna Nord, l'organo abilitato e specializzato al soccorso su pista  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di ripristinare nuovamente l'unità operativa della polizia di Stato presso gli impianti sciistici di Linguaglossa-Etna Nord in modo tale da garantire la necessaria sicurezza e il controllo degli impianti.
(4-15268)

      Risposta. — La Polizia di Stato ha messo in atto, nella stagione sciistica invernale appena trascorsa, specifici servizi di sicurezza e soccorso in montagna, impiegando complessivamente 211 operatori specializzati in 53 località a maggior vocazione turistica.
      Rispetto al dispositivo attuato nella stagione 2010-2011, che ha impegnato 251 unità in 62 località invernali, è stato necessario operare un ridimensionamento dei servizi in ragione delle ridotte disponibilità finanziarie e delle direttive in materia di contenimento della spesa pubblica.
      I criteri seguiti sono stati quelli della presenza in loco delle altre forze di polizia, dell'esclusione delle località minori per numero di presenze giornaliere e nell'arco dell'intera stagione e, infine, la riduzione del numero di operatori impiegati in misura tale da assicurare adeguati standard di efficienza ed efficacia del servizio.
      Nel caso specifico dell'Etna, evidenziato dall'interrogante, è stata prevista l'esclusione del servizio sul versante nord, mentre è stato confermato l'impiego di 3 poliziotti sciatori nel versante sud, interessato da un maggior afflusso di turisti.
      L'attività svolta dalla Polizia di Stato attraverso i predetti dispositivi rappresenta una forma qualificata di controllo del territorio, diretta a soddisfare la domanda di sicurezza anche in quel peculiare contesto ambientale. Naturalmente resta fermo il contenuto della legge 24 dicembre 2003, n.  363, «Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo», in base al quale i gestori delle aree sciabili sono obbligati «... ad assicurare il soccorso e il trasporto degli infortunati lungo le piste in luoghi accessibili dai più vicini centri di assistenza sanitaria o di pronto soccorso...».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      DI STANISLAO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          Rete disarmo (di cui fanno parte oltre trenta organismi impegnati sui temi del controllo degli armamenti) chiede da tempo ormai di aumentare gli standard di controllo dei trasferimenti di armamenti, partendo dall'esperienza e dal buon impianto della legislazione esistente adeguandola alle normative internazionali;
          con la già approvata legge delega di riforma della legge n.  185 del 1990 si rischia fortemente di diminuire la trasparenza e la chiarezza in materia di export militare;
          ora con la legge di stabilità si abroga il Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo;
          Rete disarmo denuncia come ciò avviene proprio mentre a livello di Nazioni Unite sono ormai in dirittura d'arrivo per il 2012 i lavori di stesura di un Trattato internazionale sui trasferimenti di armi (ATT) vincolante per tutto il mondo;
          l'Italia continua a mantenere la differenza tra armi leggere ad uso civile e armi leggere ad uso militare, che permette le nostre esportazioni in diversi Paesi problematici con l'aggravante che non è obbligatoria nemmeno la comunicazione dei dati in sede europea;
          secondo la Rete italiana per il disarmo questa rimane, insieme alla mancata ratifica della posizione comune dell'Unione europea obbligatoria sui trafficanti, una grave lacuna del nostro ordinamento ed un pericolo per l'intera comunità internazionale;
          si denuncia altresì che la decisione di eliminare il catalogo in questione venga proprio dalla lobby armiera, come confermato da un comunicato del 1° luglio presidente dell'ANPAM (Associazione nazionale produttori armi e munizioni), nel quale si legge che in relazione al catalogo nazionale, si pensa che l'attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata verso l'aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei riservando a forze e corpi armati dello Stato solo la categoria (armi da fuoco proibite), e considerando tutte le altre come armi consentite;
          in una recente intervista il coordinatore scientifico dell'Osservatorio permanente armi leggere (Opal) afferma che «abolire il Catalogo rappresenterebbe un'importante vittoria politica per la lobby degli armieri italiani, che da decenni punta a una deregolamentazione totale di questo mercato, sul modello degli Stati Uniti dove, come sappiamo, qualunque squilibrato può comprare armi da guerra su Internet o al supermarket»;
          afferma, altresì, che «l'abrogazione del Catalogo previsto dalla legge 110 consentirebbe all'industria armiera un forte incremento delle vendite soprattutto sul mercato interno, in crisi a causa del declino della caccia. Una crisi che verrebbe compensata con la libera vendita di armi da guerra a scopo di sicurezza personale ai cittadini opportunamente allarmati dalla propaganda politica»;
          è evidente pertanto che un settore altamente delicato come questo necessita di una discussione parlamentare ampia e che riguardi un complessivo riordino della materia  –:
          quale siano le ragioni sottese alla scelta di abolire il Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo e se non ritenga di dover assumere iniziative per rivedere tale norma viste le possibili gravi conseguenze che comporterà;
          come il Governo intenda gestire il complesso settore dell’export militare e la vendita nel mercato interno delle armi in linea con gli altri Paesi nel mondo.
(4-13908)

      Risposta. — In risposta all'interrogante sugli aspetti autorizzativi dei materiali di armamento, si segnala che l'Italia applica rigorosamente gli otto criteri sanciti dalla posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio Europeo dell'8 dicembre 2008 («Norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari»). Tali criteri prevedono una serie di valutazioni in merito alla situazione interna e regionale dei paesi verso i quali le operazioni devono essere condotte, tra le quali l'eventuale impatto delle esportazioni e dei transiti di tecnologia e delle attrezzature militari da esportare sugli stessi paesi destinatari e sulle regioni circostanti, l'utilizzo finale del materiale, l'eventuale rischio di sviamenti o cessione a terzi dello stesso, il rispetto della pace internazionale e dei diritti umani da parte dei governi destinatari. Oltre alla normativa europea, l'Italia applica pienamente gli embarghi e le altre misure internazionali di carattere restrittivo adottati a livello di Nazioni unite.
      Per quanto riguarda la gestione del settore dell'export militare e la vendita nel mercato interno delle armi, si segnala che la normativa italiana relativa alle autorizzazioni dei materiali di armamento (legge 185/90) si caratterizza per essere, a livello sia europeo che internazionale, una delle legislazioni più rigorose in materia, come si evince chiaramente dallo stesso articolato della legge 185/90. Durante l'intero percorso autorizzativo, infatti, vengono poste in essere da parte delle diverse articolazioni del Ministero degli affari esteri, in collaborazione con il Ministero dell'interno ed il Ministero della difesa, una complessa serie di valutazioni in merito all'opportunità politica delle diverse operazioni, con particolare riguardo alle situazioni di rischio presenti non solo all'interno dei singoli paesi, ma anche nelle regioni in cui essi si trovano. Le movimentazioni di materiali di armamento dall'Italia verso l'estero avvengono pertanto sulla base di un sistema molto articolato di criteri, procedure e adempimenti, che mirano ad ottenere garanzie sull'arrivo a destinazione dei materiali, sulla piena affidabilità dell'utilizzatore finale, nonché tutte le assicurazioni previste perché non vi siano cessioni a terzi. Si ritiene opportuno segnalare che l'attuale processo di recepimento della direttiva 43/2009 nel corpo normativo della legge 185/90 consentirà di rafforzare ulteriormente la capacità di controllo e garanzia sul settore, e questo grazie all'introduzione di strumenti tra i quali meritano di essere menzionate la certificazione e le relative ispezioni presso le aziende della difesa. Infine, il passaggio di competenze dal Ministero dell'interno al Ministero degli affari esteri per la gestione del procedimento autorizzativo delle armi comuni da sparo destinate ad autorità governative e alle forze armate e di polizia consentirà di estendere anche a questa tipologia di armi il nuovo e rafforzato sistema di controllo posto in essere dalla legge 185/90, prevedendo al contempo un ulteriore elemento di certezza in merito alla tracciabilità delle armi, che verranno riportate nella relazione annuale al Parlamento, insieme ai dati sulle movimentazioni dei materiali di armamento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      DI STANISLAO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il segretariato del Consiglio nazionale della resistenza iraniana ha recentemente denunciato la trasformazione di Camp Liberty in una prigione e le umilianti persecuzioni;
          è stato lanciato un appello con una raccolte di firme da inviare all'ONU e all'Unione europea;
          nell'appello si legge che pochi giorni dopo il trasferimento di 400 residenti di Ashraf a Camp Liberty tutti i segnali indicano che Liberty è una prigione ad altissima sicurezza e che questo progetto di trasferimento mira all'annientamento dell'opposizione legittima e democratica al regime dispotico che governa l'Iran;
          il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite aveva dichiarato, nel suo intervento del 31 gennaio 2012, che le infrastrutture di questo campo rispettavano gli standard umanitari, ma la realtà è esattamente l'opposto;
          il campo soffre di una gravissima mancanza di acqua potabile ed elettricità. Una fossa settica aperta produce degli odori intollerabili ed inquinamento, minacciando seriamente la salute dei residenti. Questa fossa non può essere svuotata. Le roulottes sono sudice e fatiscenti e la maggior parte di esse è inutilizzabile;
          l'appello si rivolge al Segretario Generale delle Nazioni Unite, al Segretario di Stato degli Stati Uniti e al Rappresentante dell'Unione europea per: condannare decisamente le azioni vergognose del governo iracheno; rivolgersi al Rappresentante Speciale del Segretario Generale affinché divenga imparziale e, accantonando le considerazioni politiche, difenda i diritti dei rifugiati iraniani e rompa il suo silenzio di fronte alle misure oppressive del Governo iracheno; fornire le assicurazioni minime ai residenti ed in particolare convincere il Governo iracheno a trasferire tutte le forze irachene all'esterno delle mura perimetrali del campo. Senza queste assicurazioni, nessun altro andrà da Ashraf a Camp Liberty e quelli che ci sono andati chiederanno di ritornare ad Ashraf, soprattutto perché queste condizioni sono totalmente inaccettabili per le donne musulmane   –:
          se e come il Governo intenda appoggiare l'appello rivolto alle Nazioni Unite e all'Unione europea per evitare che Camp Liberty si trasformi in una prigione e che si compia una catastrofe umanitaria annunciata. (4-15262)

      Risposta. — Come chiarito nella premessa dell'interrogazione, essa si basa su un appello rivolto alle Nazioni unite dal consiglio nazionale della resistenza iraniana (CNRI), meglio noto come organizzazione dei «Mojahedin del Popolo» (MEK o MKO), un gruppo che il governo degli Stati Uniti ritiene di natura terroristica e a cui Saddam Hossein, negli anni ottanta, aveva concesso armi e infrastrutture, tra le quali il vasto e ben fornito centro urbano nei pressi del confine con l'Iran, denominato Camp Ashraf.
      In base a tale appello, il sito di permanenza temporanea in cui verranno progressivamente trasferiti i circa 3.200 residenti di Camp Ashraf in vista del loro reinsediamento in paesi terzi, sarebbe una «prigione» in cui non verrebbero rispettati gli «standard umanitari».
      Le affermazioni dell'MKO contraddicono quanto verificato sul campo dalle Nazioni Unite, che il 25 dicembre 2011, hanno concluso un memorandum di intesa con il governo iracheno per garantire il rispetto dei diritti umani dei rifugiati iraniani in Iraq.
      Camp Liberty è un'area di 2,5 chilometri nei pressi dell'aeroporto di Baghdad. Fino a pochi mesi fa essa ospitava una base statunitense, ed è per questo interamente recintata e fornita di alloggi, mensa, strutture mediche adeguatamente equipaggiate, secondo quanto attestato dalle relazioni degli esperti della missione di assistenza delle nazioni per l'Iraq (Unami) che visitano regolarmente la struttura. È peraltro possibile che al suo interno si possano essere registrate temporanee mancanze di acqua ed elettricità, come peraltro avviene anche nel resto della città di Baghdad, e che, rispetto a Camp Ashraf, la qualità della vita possa risultare peggiore, risentendo negativamente del difficile contesto logistico della capitale irachena, caratterizzato dagli elevatissimi rischi di sicurezza a cui sono esposte tutte le strutture che accolgono gli appartenenti alla Comunità internazionale.
      Le forze dell'ordine irachene, chiamate dalle proprie autorità democraticamente elette a gestire una situazione che riguarda stranieri, saranno tenute a rispettare i princìpi umanitari sanciti dal diritto internazionale, sotto la supervisione dell'alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr).
      L'Italia, come il resto dei Paesi partners dell'Unione Europea, sostiene senza riserve l'operato del rappresentante speciale del segretario generale delle nazioni unite nel paese, il diplomatico tedesco Martin Kobler, il cui encomiabile impegno a tutela dei diritti individuali dei residenti a Camp Ashraf ha già contribuito in modo determinante allo svolgimento pacifico ed ordinato del trasferimento di ben 1.200 profughi iraniani a Camp Liberty.
      Lo scorso 23 marzo, nel corso di una riunione appositamente convocata presso la sede delle nazioni unite a Ginevra, Kobler ha rivolto un pressante appello alla responsabilità della Comunità internazionale affinché accolga i profughi iraniani e contribuisca ai costi di mantenimento di Camp Liberty, stimati dall'Unhcr in circa 40,5 milioni di dollari. In tale occasione il Governo italiano ha riconfermato il proprio sostegno all'azione svolta dalle nazioni unite per la ricerca di una soluzione negoziata per Camp Ashraf in grado di permettere all'Iraq di ripristinare l'esercizio della propria sovranità su tutto il proprio territorio senza pregiudizio per i diritti umani dei profughi iraniani. L'Italia, d'intesa con la Comunità internazionale e nell'ambito dell'Unione europea, è pronta a fare la sua parte per favorire una positiva soluzione della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      DISTASO e FUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          con sentenza n.  354 del 1° dicembre 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 59 della legge regionale n.  14 del 2004, con il quale la regione Puglia aveva disposto di tener fermi gli inquadramenti già disposti in favore dei dipendenti collocati nelle graduatorie di merito di due concorsi tenutisi nel 1998 e 1999 ed annullati dal giudice amministrativo;
          l'articolo 16, comma 8, del decreto-legge n.  98 del 2011 dispone la nullità delle assunzioni effettuate dagli enti locali e poi sanzionate dalla Corte costituzionale;
          per effetto di tale disposizione, l'amministrazione regionale ha avviato i provvedimenti di retrocessione, del personale interessato (pari a 604 dipendenti inquadrati in varie categorie);
          dopo l'espletamento dei concorsi nel 1998 e 1999 in questione, i dipendenti interessati sono stati applicati senza soluzione di continuità a funzioni vitali per l'amministrazione regionale e per i soggetti amministrati (cittadini, imprese, enti, e altri);
          tali funzioni sono state svolte per oltre dodici anni nel presupposto della legittimità nella loro attribuzione e sulla scorta di una norma primaria, andando inoltre formare preziose professionalità che ora rischiano di andare del tutto perse;
          tale situazione, così come per il caso (già segnalato dagli interroganti con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione n.  5-05563) dei dirigenti medici stabilizzati, ripropone lo scenario di una regione che vede la propria capacità di buon funzionamento e di fornitura di servizi adeguati all'utenza messa in pericolo;
          appare pertanto conforme a criteri di equità sociale promuovere un intervento statale che salvaguardi la posizione dei dipendenti regionali interessati dalle procedure di retrocessione a oltre un decennio dall'espletamento del concorso poi dichiarato illegittimo  –:
          se si intendano assumere, per quanto di competenza, iniziative normative in relazione alla situazione sopra descritta che consentano di coniugare la garanzia del buon andamento dell'amministrazione con la tutela socio-economica delle persone coinvolte. (4-13979)

      Risposta. — In merito all'atto di sindacato ispettivo in oggetto – in cui l'interrogante lamenta la situazione dei dipendenti della regione Puglia interessati da un procedimento di retrocessione derivante dall'annullamento di due concorsi avvenuti rispettivamente nel 1998 e 1999 – si rappresenta quanto segue.
      L'articolo 16, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» – come correttamente richiamato dall'onorevole Distaso – ha previsto che «I provvedimenti in materia di personale adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, ed in particolare le assunzioni a tempo indeterminato, incluse quelle derivanti dalla stabilizzazione o trasformazione di rapporti a tempo determinato, nonché gli inquadramenti e le promozioni posti in essere in base a disposizioni delle quali venga successivamente dichiarata l'illegittimità costituzionale sono nulle di diritto e viene ripristinata la situazione preesistente a far data dalla pubblicazione della relativa sentenza della Corte Costituzionale».
      Viene fatta salva, dal suddetto comma 8, l'eventuale applicazione dell'articolo 2126 del codice civile in relazione alle prestazioni eseguite. Inoltre, si prevede che «(...) il dirigente competente procede obbligatoriamente e senza indugio a comunicare agli interessati gli effetti della predetta sentenza sul relativo rapporto di lavoro e sul correlato trattamento economico e al ritiro degli atti nulli».
      Successivamente, nel corso dell’iter di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216 (cosiddetto decreto «Milleproroghe»), è stata inserita all'articolo 11 la norma di cui al comma 6-sexies che stabilisce la non applicazione delle disposizioni sulla retrocessione di cui al citato articolo 16, comma 8, del decreto-legge n.  98/2011 «(...) alle procedure già fatte salve dall'articolo 45, comma 12, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  80, in data precedente all'entrata in vigore del medesimo comma 8, successivamente definite con la sottoscrizione di contratti individuali di lavoro che hanno determinato e consolidato effetti giuridici decennali».
      Il citato articolo 45, comma 12, abrogato dall'articolo 72 del decreto legislativo n.  165/2001 e comunque richiamato per gli specifici effetti già esauriti, stabilisce che «sono portate a compimento le procedure di reclutamento per cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati emanati i relativi bandi, ovvero siano stati adottati i provvedimenti autorizzativi da parte dei competenti organi».
      Alla luce di quanto illustrato, è stata perseguita la definitiva soluzione delle vicende evidenziate dall'onorevole Distaso.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          come riferisce l'agenzia AdN Kronos in un suo lancio del 21 marzo 2012, il celebre e prezioso «Autoritratto» di Leonardo Da Vinci risulta essere gravemente lesionato, e rischia, se non si interviene con un accurato restauro, di essere danneggiato irreparabilmente;
          l'allarme arriva dall'Istituto centrale di restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario, che ha realizzato sul grande capolavoro un'indagine con tecnologie molto sofisticate  –:
          se non si ritenga, nell'ambito delle proprie competenze e prerogative, assicurare tutte le risorse umane, tecnologiche, scientifiche, economiche possibili per salvare detta opera d'arte;
          per quale motivo il celebre «autoritratto» risulti essere gravemente lesionato, e in particolare se ciò debba essere attribuito a per quella che non potrebbe che essere definita una colpevole e ingiustificabile incuria. (4-15436)

      Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, con cui l'interrogante manifesta preoccupazione per lo stato di conservazione del celebre «autoritratto» di Leonardo da Vinci, si rappresenta quanto segue.
      In occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, era stata ipotizzata una mostra di un nucleo di disegni di Leonardo, da tenersi presso la Biblioteca Reale di Torino.
      La straordinarietà della ricorrenza celebrativa e la difficoltà di accogliere nel caveau della Biblioteca Reale un numero soddisfacente di visitatori, unitamente all'impossibilità di accesso allo stesso caveau per i portatori di handicap ed alla richiesta di maggiore fruibilità avanzata dalle istituzioni cittadine, hanno indotto la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Piemonte ad individuare una diversa collocazione della mostra. La scelta, dopo un'attenta istruttoria, è caduta sulla Reggia di Venaria Reale.
      Conseguentemente, è stato disposto il temporaneo trasferimento dell'autoritratto presso la Reggia di Venaria Reale, sulla base di una espressa autorizzazione resa dal Direttore generale per le biblioteche, con nota del 10 ottobre 2011, previo parere favorevole dell'Istituto Centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario.
      Presso il «centro conservazione e restauro La Venaria Reale», prima dell'esposizione dell'autoritratto al pubblico, sono state effettuate sullo stesso alcune indagini, tra le quali la realizzazione della campagna diagnostica multispettrale ad alta definizione, al fine di documentare, con dati attendibili, lo stato di conservazione del fronte dell'opera, per monitorarne le condizioni di conservazione nel tempo.
      Le indagini effettuate a luce ultravioletta hanno evidenziato due differenti tipologie di macchie di foxing – ossidazioni chimico-biologiche dalla caratteristica pigmentazione bruno-rossastra o bruno-giallastra – ipotizzando che l'una dipenda da un accumulo ferroso e le altre da una colonia fungina. Altre macchie e puntinature interessano in modo diffuso l'intera superficie e manifestano il processo di degradazione del supporto cartaceo. L'esito del confronto effettuato sovrapponendo due fotografie dell'autoritratto, una datata ante 1990 e l'altra databile 2005. ha consentito di affermare che le macchie di foxing appaiono sostanzialmente immutate, sia per numero, sia per dimensione, da almeno vent'anni. Invece, sempre dal confronto diretto con precedenti riproduzioni dell'opera, si evince un'attenuazione dei segni a sanguigna che in origine definivano la firma. Ulteriori analisi hanno evidenziato le caratteristiche della carta – morfologia e tramatura – che hanno indotto gli esperti a concludere che la presenza costante di microavvallamenti nella trama della carta in corrispondenza delle isole di foxing abbia creato condizioni favorevoli all'insediarsi del fenomeno.
      Da quanto è stato esposto emerge che l'occasione della mostra svoltasi alla Reggia di Venaria dal 18 novembre 2011 al 19 febbraio 2012 ha offerto l'opportunità di conoscere lo stato di salute del capolavoro leonardesco, poiché lo stesso, in detta occasione, è stato sottoposto a complesse indagini diagnostiche e analitiche non distruttive, non effettuabili presso la Biblioteca Reale. La mostra ha ottenuto anche l'importante risultato di creare una preziosa sinergia intorno a Leonardo, grazie alla collaborazione di tutti soggetti coinvolti (MIBAC, il politecnico di Torino, la Biblioteca Reale, il consorzio La Venaria Reale). Pertanto, al termine della mostra, l'opera è stata condotta presso l'Istituto Centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario per fare il punto sul foxing, effettuare un'ispezione dettagliata della morfologia della superficie, mappare le macchie, accertare la presenza sull'opera di minerali, studiare la natura del supporto e verificare anche il recto del foglio, in maniera da reperire utili indicazioni sulla provenienza della carta e per studiare il tratto.
      I risultati delle indagini, svolte dall'istituto centrale, hanno evidenziato che le macchie di foxing sono colpevoli della corrosione delle fibre di cellulosa e del conseguente indebolimento del supporto.
      Le conclusioni delle indagini hanno indotto gli esperti dell'istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario a indire, per il 25 e il 26 giugno prossimi, un workshop internazionale, organizzato dall'Istituto medesimo e dal centro universitario europeo per i beni culturali, al quale parteciperanno scienziati, restauratori, conservatori e storici dell'arte delle più importanti raccolte grafiche del mondo, i quali dovranno decidere gli interventi più idonei per sottoporre il disegno a un'operazione di pulitura e ad un eventuale intervento chimico «di riduzione», al fine di arrestare il processo degenerativo e di rendere meno debole il supporto cartaceo.
      Infine, merita sottolineare come, proprio in considerazione delle esigenze dell'autoritratto e di concerto con l'istituto centrale per il restauro, si è convenuto di realizzare, in occasione della mostra e all'esito delle numerose indagini diagnostiche descritte sopra sullo stato di conservazione dell'opera, un climabox dotato di elementi sensibili per il controllo di temperatura e umidità relative, con trasmissione dei dati in tempo reale all'istituto centrale, al politecnico e alla Biblioteca Reale per mezzo di tecnologia wireless, nel quale il capolavoro sarà definitivamente collocato. Il climabox, realizzato dal politecnico di Torino con gli strumenti e le tecnologie più sofisticati, consentirà la conservazione ottimale del disegno, conservazione che, forse, in passato non è sempre stata ottimale. Invero, l'opera era conservata in un cassetto e mostrata all'occorrenza agli studiosi. Il nuovo sistema consente, inoltre, un monitoraggio costante dei parametri di conservazione indicati dall'istituto centrale, attuato secondo le condizioni prescritte dal medesimo Istituto.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rigths of the Child), approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ha sancito che «a tutte le bambine, i bambini e gli adolescenti è garantito lo stesso diritto: avere pari opportunità di educazione, di istruzione, di gioco e di cura, superando le disuguaglianze di origine economica, etnica, culturale e di ogni altro tipo»;
          ancora oggi in molti Paesi del mondo, nonostante siano trascorsi oltre 20 anni dall'approvazione della Convenzione, vi sono fanciulli che vivono in condizioni di particolare difficoltà a cui la comunità internazionale è tenuta a dare particolare attenzione: bambini che muoiono di fame, bambini utilizzati dai «signori della guerra» in diverse parti del mondo, bambini sfruttati per fini sessuali, bambini costretti a lavorare nelle condizioni più ignobili, bambini a cui viene negata la possibilità di una vita normale  –:
          se il Governo non ritenga necessario e doveroso attivarsi nelle opportune sedi internazionali affinché la Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989 di New York venga recepita da tutti i Paesi, anche da quelli più poveri;
          inoltre, se non si ritenga di dover adottare ogni iniziativa per sensibilizzare i Paesi più ricchi affinché sia cancellato il debito dei Paesi poveri, al fine di consentire un innalzamento dei livelli di vita di molte popolazioni e ridurre in maniera significativa il forte divario oggi esistente tra il nord e il sud del mondo, proteggendo in tal modo la vita di tutti e, in particolare, dei più fragili ovvero dei bambini. (4-16123)

      Risposta. — In merito a quanto richiesto dall'interrogante, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
      Sul piano degli obblighi pattizi, l'Italia è firmataria della convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo e di tutti e tre i suoi protocolli facoltativi (i primi due già ratificati, mentre il terzo è stato aperto alla firma lo scorso febbraio). La convenzione è costruita armonizzando differenti esperienze culturali e giuridiche ed enuncia i diritti fondamentali che devono essere riconosciuti e garantiti a tutti i bambini e le bambine del mondo. Essa prevede anche un meccanismo di controllo e monitoraggio (Crc-comitato per i diritti dei fanciulli) e riceve dagli Stati parte rapporti periodici sull'attuazione della convenzione. Questa è rapidamente divenuta il trattato in materia di diritti umani con il maggior numero di ratifiche: ad oggi sono ben 193 gli Stati parti della convenzione.
      Quanto alla promozione dei principi e alla messa in atto dei suoi contenuti, l'Italia è attiva su diversi fronti. Tra le numerose iniziative rileva la risoluzione, presentata ogni anno all'assemblea generale dall'Unione europea insieme ai paesi del gruppo regionale latino-americano, (cosiddetta risoluzione «omnibus» sui diritti del fanciullo). La risoluzione è un atto politicamente importante, perché contiene raccomandazioni di ampio respiro, affinché i minori possano godere di tutti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, senza alcuna discriminazione. Il testo si sofferma ogni anno su un aspetto diverso della tutela dei diritti dei minori. La risoluzione che sarà presentata dai paesi dell'Unione europea e latino-americani alla prossima sessione dell'assemblea generale si focalizza in particolare sull'attuazione dei diritti del fanciullo nella prima infanzia.
      La tutela dei bambini coinvolti nei conflitti armati rappresenta un'altra importante direttrice dell'azione che l'Italia svolge a favore dei minori a livello internazionale. Si tratta di uno dei fenomeni più preoccupanti del nostro tempo: in base alle statistiche condotte dall'Unicef, più di 300.000 bambini e adolescenti partecipano come combattenti ai conflitti nel mondo.
      In ambito Nazioni Unite, esiste fin dal 1996 un «rappresentante speciale del segretario generale per i bambini nei conflitti armati», mentre nel 2005 è stato istituito un gruppo di lavoro ad hoc del consiglio di sicurezza, al quale l'Italia ha attivamente partecipato durante il suo ultimo biennio di presenza nel consiglio (2007-2008).
      Fra le iniziative più recenti, si ricorda la riunione a livello ministeriale sui seguiti degli «impegni di Parigi» (ai quali hanno aderito 95 Paesi), tenutasi nel settembre del 2010, a margine dei lavori dell'assemblea generale. Durante l'evento sono stati discussi i progressi realizzati nel settore, come, ad esempio, la liberazione di ventimila bambini e di cinquemila bambine dalle forze armate e il loro successivo reinserimento nelle società di appartenenza.
      In ambito Unione europea fin dal 2003, proprio su iniziativa della Presidenza italiana pro tempore, in collaborazione con l'Unicef e le più importanti Ong del settore, l'Unione europea si è dotata di «linee guida in materia di bambini e conflitti armati», aggiornate nel 2008. Grazie ad esse, l'Unione europea dispone oggi di un testo di riferimento che definisce una strategia generale di contrasto a tale fenomeno nei diversi paesi interessati.
      Ulteriore punto-cardine dell'attività dell'Italia a favore della protezione internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza è la campagna contro le mutilazioni genitali femminili.
      Si ricorda il ruolo propulsivo svolto dall'Italia con riferimento alle Risoluzioni adottate dalla CSW (commissione ONU sulla condizione delle donne) nel 2010, 2011, 2012, con le quali si è riconosciuto che le mutilazioni genitali femminili costituiscono una violazione dei diritti delle donne e delle bambine e una seria minaccia per la loro salute. Da ultimo, la III commissione dell'assemblea generale dell'ONU ha adottato, lo scorso novembre, una risoluzione sui diritti delle bambine e delle adolescenti («Girlchild Resolution»), contenente una sezione dedicata specificamente al contrasto della pratica delle MGF.
      Per quanto concerne la questione della cancellazione del debito, si rammenta che l'Italia è stata tra i promotori dell'Iniziativa HIPC (Heavily Indebted Poor Countries).
      Tale iniziativa fu adottata nel 1996, al vertice G7 di Lione, per assicurare la sostenibilità del debito estero, a medio-lungo termine, dei Paesi a Basso reddito, e divenne «enhanced HIPC Iniziative» (iniziativa HIPC rafforzata) con il Vertice G7/G8 del 1999 di Colonia. In tale occasione la comunità internazionale decise infatti di aumentare il numero dei paesi eleggibili all'Iniziativa, rendere più facili le condizionalità per l'adesione, aumentare il debito eleggibile alla cancellazione e rafforzare il legame fra risorse finanziarie liberate dalla cancellazione debitoria e lo sviluppo economico e le strategie nazionali di lotta alla povertà.
      Nell'ambito di tale legge, a partire dall'ottobre 2001 ad oggi, l'Italia ha cancellato bilateralmente euro 3,98 miliardi a paesi HIPC, di cui 3,57 miliardi di euro per paesi dell'Africa. Il totale sale a euro 7,33 miliardi se si include anche il debito cancellato ai Paesi in via di sviluppo (non solo HIPC). Gli accordi bilaterali di cancellazione che conclude l'Italia – nel quadro HIPC – prevedono che il Paese beneficiario, al fine di ottenere la cancellazione del debito – si impegni a: rispettare i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e astenersi dall'uso della forza come mezzo per risolvere le controversie internazionali; perseguire lo sviluppo sostenibile nel contesto di una strategia nazionale di riduzione della povertà, elaborata in collaborazione con la società civile nazionale ed i partners internazionali; destinare al bilancio preventivo nazionale risorse per scopi militari senza che queste eccedano le esigenze legittime di sicurezza e difesa del Paese.
      Inoltre il Paese beneficiario si impegna a sottoporre al Ministero degli affari esteri entro tre mesi dalla firma dell'accordo, il progetto per l'utilizzo delle risorse (ivi compresi i programmi di investimento settoriali) rese disponibili a seguito della cancellazione del debito, conformemente alla strategia nazionale di riduzione della povertà.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      RENATO FARINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          nel corso del viaggio in Libano, in Israele, nei territori palestinesi e in Egitto il presidente del Consiglio dei Ministri, senatore Mario Monti ha incontrato le maggiori personalità istituzionali dei rispettivi Paesi;
          riferisce il Corriere della Sera dell'11 aprile a pagina 19 a firma A. Gar. (Andrea Garibaldi) «... il Presidente del Consiglio ha incontrato anche l'imam della moschea Al Azhar Ahmed El Tayeh, considerato la più alta autorità del mondo islamico: “in un momento di grandi cambiamenti nel paese, è importante la conoscenza diretta di chi contribuisce a ispirarli”. L'orientamento di Monti, che in questo caso rappresenta indirettamente anche i maggiori colleghi europei, è di spingere l'Egitto, il più grande dei paesi della primavera araba, “verso una forma di democrazia stabile, pace, stabilità”. E verso la “libertà di culto e la tolleranza”»;
          avendo incontrato anche i leader dei Fratelli Mussulmani, vincitori delle elezioni con il 47 per cento dei voti, il Presidente Monti ha definito, secondo la medesima fonte, «abbastanza moderate» le posizioni di questo partito islamico  –:
          quali siano le posizioni espresse dai Fratelli Mussulmani in tema di libertà di espressione e di libertà religiosa;
          se il manifesto di Al Azhar «per un nuovo stato in Egitto» risulta essere al centro dei programmi dei Fratelli Musulmani così come emerso dai colloqui;
          se abbia incontrato esponenti della gerarchia cristiano copta e se abbiano espresso le medesime preoccupazioni riferite alla delegazione della Camera dei Deputati – presieduta dall'onorevole Stefano Stefani e composta dall'onorevole Tempestini e dal sottoscritto interrogante – ricevuta dal vescovo Marcos l'8 marzo 2012, il quale lamentò crescenti violazioni della libertà religiosa e paventato una diaspora della comunità cristiana;
          se queste valutazioni del vescovo Marcos alla delegazione della Camera trovino riscontro secondo il parere del Governo italiano nella realtà dell'Egitto e se nel corso dei colloqui con le autorità di quel Paese siano state sollevate preoccupazioni al riguardo;
          come sul tema della libertà religiosa il Governo intenda fattivamente collaborare con le autorità egiziane. (4-15693)

      Risposta. — Nel corso della tappa egiziana della sua recente missione in Medioriente, il Presidente del Consiglio si è intrattenuto in un colloquio con il presidente del Partito giustizia e libertà – nonché candidato tra i più accreditati alle prossime elezioni presidenziali – Mohammed Morsi. Il Presidente Monti ha rappresentato l'attenzione con cui il Governo italiano guarda alla tutela delle libertà fondamentali, compresa la libertà di religione, esprimendo l'auspicio che nel nuovo Egitto trovino adeguato riconoscimento e tutela i diritti fondamentali dell'individuo.
      Il leader di giustizia e libertà ha innanzitutto espresso un convinto riconoscimento per l'amicizia dimostrata dal nostro Paese all'Egitto. Morsi ha poi proseguito affermando come le difficoltà economiche, l'instabilità politica, le gravi tensioni sociali e il peggioramento delle condizioni di sicurezza siano inevitabili conseguenze della rivoluzione, destinate a risolversi con la fine del processo di transizione. Passando poi a considerazioni sullo spazio delle libertà fondamentali ed il ruolo dell'Islam politico nel nuovo Egitto, egli ha spiegato come, pur riconoscendo che i fratelli musulmani fondano la propria dottrina politica sul ruolo chiave dell'Islam e sul riconoscimento della Shari'a come fonte primaria del diritto, alla stregua di quanto già peraltro prevede la vigente Costituzione egiziana, la visione della fratellanza guardi ad uno «Stato civile» che per nessuna ragione mai si potrà tramutare in uno «Stato teocratico». Nelle parole di Morsi, l'obiettivo sarebbe quello di portare in Egitto un sistema simile a quello turco, che preveda la netta separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, e un Governo che sia l'espressione del partito di maggioranza in Parlamento.
      Come noto, il grande Imam e l'intera organizzazione di Al Azhar, facendo leva sulla loro autorevolezza morale e influenza sulle masse di credenti, sono riusciti ad ottenere che tutti i principali partiti politici egiziani, a cominciare dai fratelli musulmani e dai salafiti, abbiano formalmente aderito agli enunciati della Carta sulle libertà fondamentali di Al Azhar. Al momento tuttavia non è del tutto chiaro quanto del documento troverà spazio nella nuova carta costituzionale e ciò è peraltro oggetto di intensa discussione tra forze politiche egiziane. La commissione incaricata di redigere la nuova Costituzione – eletta il 24 marzo 2012 dal Parlamento in sessione congiunta tra le polemiche delle forze laiche e moderate per il predominio della componente islamista – è stata sciolta per ordine della Corte costituzionale; al suo posto ne sarà nominata un'altra che rispecchi in modo più bilanciato le varie componenti politiche e religiose della società egiziana. A tale svolta, ha contribuito l'atteggiamento di Al Azhar che ha assestato un duro colpo alla credibilità dell'organo, ritirando i propri rappresentati al suo interno. Il 28 aprile 2012 si è quindi raggiunto un accordo sui criteri per la formazione della nuova Assemblea costituente: i membri dovranno essere tutti esterni al Parlamento, mentre i partiti politici presenti all'Assemblea del popolo invieranno i propri rappresentanti; Al Azhar avrà 4 rappresentanti e ci saranno poi esponenti di tutte le confessioni presenti in Egitto ad iniziare dai copti.
      Saranno inoltre presenti 10 esperti costituzionalisti, rappresentanti dei lavoratori e delle donne.
      La promozione della libertà di religione e la protezione delle minoranze religiose rappresenta una delle principali priorità della politica estera italiana in materia di diritti umani. Oltre al già citato incontro con il Presidente di giustizia e libertà Morsi, il tema è stato al centro del colloquio del Presidente del Consiglio con il Presidente dell'Assemblea del popolo, Mohammed El Katatny, anche egli esponente dei fratelli musulmani. El Katatny ha ribadito la non contraddizione tra Islam politico e rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
      Nel corso della sua missione al Cairo il presidente Monti non ha purtroppo potuto incontrare esponenti della chiesa copta a causa del periodo di transizione e di vuoto nei vertici della chiesa che è seguito alla scomparsa del papa Shenouda e al processo ancora in atto di successione di quest'ultimo. Le tensioni a sfondo religioso, che hanno registrato l'apice il 31 dicembre 2010 nel cruento attentato contro la chiesa copta di Alessandria, con 21 vittime, si sono accentuate nel corso del 2011, nel quadro di crescente incertezza ed insicurezza venutosi a formare sulla scia della rivoluzione. Ciò ha portato a ripetuti incidenti fra copti e musulmani, al centro del Cairo, il 7 marzo 2011 (con un bilancio di 12 morti) e nel quartiere di Imbaba il 7 maggio 2011 (15 vittime e centinaia di feriti) a seguito di un incendio che ha investito due chiese cairote, e ancora al Cairo nell'ottobre 2011. In questo primo scorcio del 2012, si sono poi registrati scontri ad Assiut (gennaio), in alto Egitto, dopo la pubblicazione da parte di un ragazzo cristiano di vignette ritenute offensive e ad Amiriya (febbraio), alla periferia di Alessandria, dove tensioni tra comunità religiose e hanno spinto il locale Consiglio dei saggi a disporre l'allontanamento forzato – in seguito revocato – di otto famiglie copte.
      Nell'ultimo anno il governo egiziano ha tentato di porre rimedio alle crescenti tensioni a sfondo religioso. Ad ottobre 2011 è stata istituita una Commissione d'inchiesta incaricata di indagare sugli attacchi subìti dalla comunità copta, ed è stato predisposto un progetto di legge (cosiddetta «Unified House Worship Law») volto a migliorare la normativa sulla costruzione dei luoghi di culto copti. Il Consiglio supremo delle Forze armate ha inoltre emendato il Codice penale, prevedendo pene più severe per chi commette il reato di discriminazione o cerca di fomentare l'odio interreligioso. Nel nuovo Parlamento siedono attualmente 7 rappresentanti copti, 5 dei quali sono stati nominati dal Feldmaresciallo Tantawi in ottemperanza alla Costituzione provvisoria che gli conferisce il diritto di nominare 10 parlamentari. Si segnala poi come Giustizia e Libertà abbia nominato quale suo Vice Presidente un cristiano copto, Rafiq Habib, figlio di un pastore evangelico e intellettuale moderato specializzato nello studio del pensiero islamico.
      Quanto all'azione svolta dall'Italia a tutela della libertà di religione, il Governo è intervenuto ripetutamente presso le autorità egiziane sin dagli episodi di violenza che si sono succeduti nel corso del 2011, sollecitando la tutela della libertà di culto e delle comunità religiose e chiedendo al governo transitorio di dimostrare che la prevenzione ed il perseguimento in giudizio di coloro che si sono resi responsabili di tali azioni siano effettuati con maggior vigore rispetto a quanto avvenuto sotto il precedente regime. Come noto l'Italia è da tempo impegnata in un'azione in ambito europeo per sostenere il dialogo interreligioso e la libertà di fede, soprattutto a tutela delle minoranze religiose e delle comunità cristiane. Nel corso della sua visita al Cairo del gennaio 2012, il Ministro Terzi aveva personalmente espresso ai suoi interlocutori istituzionali l'importanza che l'Italia attribuisce a questi principi ed il forte auspicio che il nuovo Egitto assicuri la pacifica convivenza di tutte le comunità religiose presenti nel Paese, ottenendo conferma dell'attenzione con cui il tema viene seguito dalle autorità egiziane. Egli ha inoltre incontrato l'Episcopato copto ribadendo la vicinanza e la solidarietà del nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      GARAGNANI e CASSINELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il sistema trapianti del nostro Paese rappresenta una delle eccellenze sanitarie nazionali. I dati del Centro nazionale trapianti riferiti agli anni 2000-2009 e recentemente pubblicati sul sito del Ministero della salute (http://www.salute.gov.it/dettaglio/dettaglioNews.jsp ?id=1816&tipo=new)
confermano questo dato. Che l'interesse per questo settore travalichi i confini amministrativi delle regioni e sia invece nazionale è testimoniato proprio dall'istituzione, all'interno del Ministero, di un Centro nazionale trapianti (CNT);
          è comunque stata tendenza consolidata, nelle regioni con numero di donazioni di organo da cadavere sufficiente, di gestire in autonomia regionale i centri chirurgici di trapianto per rispondere alle esigenze della propria popolazione. L'attività di trapianto d'organo rappresenta, infatti, un volano di crescita per numerose attività sanitarie, assistenziali e scientifiche ad essa correlata ed è uno strumento per consolidare le attività scientifiche ed assistenziali delle aziende sanitarie;
          la gestione dei centri trapianti rappresenta un elemento strategico non solo per i sistemi sanitari regionali, ma per tutto il Paese;
          uno fra i centri di trapianto d'organi solidi con maggiore tradizione in Italia è quello di Genova. Il centro è stato istituito a metà degli anni ottanta nell'allora policlinico San Martino ed è stato fondato dal professor Umberto Valente, professore ordinario di chirurgia generale all'università di Genova;
          il centro vanta una consistente attività di trapianto di rene e di trapianto di fegato;
          negli ultimi anni il centro ha trascorso però alcune vicissitudini sgradevoli per il nostro sistema sanitario. Il previsto pensionamento per raggiunti limiti di età del professor Valente, che avverrà in effetti a novembre 2012, ha alterato gli equilibri interni del Centro, in particolare nei rapporti fra l'aiuto ospedaliero del professor Valente, il dottor Enzo Andorno, ed il professore stesso. Vi sono stati strascichi legali che hanno portato il direttore generale dell'azienda ospedaliera (oggi diventata azienda ospedaliera universitaria «San Martino» IRCSS – USMI) a sospendere, nella primavera scorsa, l'attività di trapianto di fegato, permanendo invece l'attività di trapianto di rene. Difficile, se non impossibile, stabilire i confini delle diatribe insorte fra i due medici. Resta il fatto che il comportamento di entrambi ha portato all'assunzione di provvedimenti importanti da parte della direzione generale dell'USMI;
          in previsione del ritiro del professor Valente le amministrazioni coinvolte hanno comunque iniziato la ricerca del nuovo assetto dell'ospedale;
          elemento caratterizzante e fondamentale della scelta sul futuro assetto è l'aspetto economico. L'attuale centro trapianti occupa ora un intero piano del «Monoblocco» dell'USMI. Il costo stimato per la gestione della struttura è di circa 20 milioni di euro l'anno. Questo a fronte di una produzione chirurgica non trapiantologica modesta. È parere unanime che il costo attuale del reparto chirurgico denominato correntemente «Centro Trapianto» sia diventato oggi insostenibile e sia necessario un provvedimento di contenimento finanziario. In particolare nella difficile situazione economica in cui versa tutto il nostro Paese ma la regione Liguria in specifico;
          le soluzioni proposte erano sostanzialmente tre:
              a) chiusura definitiva dell'attività di trapianto di fegato e permanenza della sola attività di trapianto di rene all'interno di un reparto di chirurgia generale;
              b) creazione di due «strutture semplici» (una per il trapianto di fegato ed una per il trapianto di rene) che potessero proseguire l'attività in forma ridotta e non nell'ambito del centro trapianti né di un reparto di chirurgia generale;
              c) riconversione del centro trapianti in unità operativa complessa di chirurgia generale ad indirizzo epato-bilio-pancreatico e di trapianti d'organo;
          pur con una popolazione assai contenuta di circa 1 milione e 600 mila abitanti, la Liguria ha una consistente attività di donazione d'organi, con 35,6 donatori segnalati per milione di abitante e 28,1 donatori utilizzati per milione di abitanti. Questi dati fanno proprio della Liguria una fra le regioni a maggiore tasso di donazione di organi in Italia. Per questo motivo la prima soluzione, quella che prevedeva la chiusura del centro, non è mai stata presa in considerazione seriamente;
          la seconda soluzione godeva del favore dei chirurghi locali, che avrebbero ricevuto una «promozione» ed avrebbero mantenuto una propria autonomia gestionale;
          la terza soluzione si inseriva invece in un programma di ristrutturazione dell'attività chirurgica dell'USMI e godeva del favore dell'università, che progettava di acquisire un docente esterno a Genova per rilanciare un'attività che negli ultimi anni ha oggettivamente vissuto momenti non brillanti;
          nel frattempo, nell'agosto 2011, l'azienda ospedaliera San Martino è diventata istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS). Rientra quindi nella particolare legislazione di questi enti e l'interesse del Ministero per questi ospedali dovrebbe essere molto particolare ed attenta;
          gran parte della vicenda è stata riassunta nelle cronache locali dei quotidiani genovesi;
          la prima scelta dell'università, come riportato appunto dalle cronache, andò nella direzione del senatore Ignazio Marino. Il senatore Marino è di Genova ed è un ottimo professionista che ha lavorato nel campo dei trapianti d'organo. In particolare in quelli di fegato. Per diversi motivi l'accordo fra l'ospedale-università ed il senatore Marino non andò in porto;
          il dibattito ha quindi portato alla radicalizzazione di due soluzioni: la costituzione di due unità semplici a guida di chirurghi locali ospedalieri in autonomia; la ristrutturazione del centro trapianti in centro di chirurgia del fegato e dei trapianti a guida universitaria;
          per la prima scelta venivano identificati il dottor Enzo Andorno per la parte riguardante il trapianto di fegato e la dottoressa Iris Fontana per il trapianto di rene. Per la seconda ipotesi l'università aveva identificato nel professor Gian Luca Grazi la persona più idonea. Il professor Grazi ha una lunga attività nel campo dei trapianti di fegato e nella chirurgia epatica, è risultato idoneo in due concorsi nazionali ad assumere il ruolo di professore ordinario di chirurgia ed è oggi primario di chirurgia epato-bilio-pancreatica all'Istituto nazionale tumori di Roma;
          i resoconti giornalistici del 22 novembre 2011 segnalano un accordo fra l'assessore regionale alla sanità, Claudio Montaldo, ed il rettore dell'università di Genova, Giacomo Deferrari, per l'assegnazione al professor Grazi di un'unità operativa complessa di chirurgia generale ad indirizzo epato-bilio-pancreatico e di trapianti d'organo;
          tuttavia le stesse cronache giornalistiche riportano che tale decisione non era apprezzata da Walter Ferrando, consigliere regionale PD e responsabile della sanità dello stesso partito, e da Stefano Quaini, consigliere regionale dell'IDV, e quindi dalla maggioranza di centro sinistra che sostiene la presidenza della regione dell'onorevole Claudio Burlando;
          i due politici hanno presentato nella seduta del consiglio regionale del 23 dicembre 2012, un ordine del giorno che impegna la giunta regionale a costituire le due «strutture semplici» (una per il trapianto di fegato ed una per il trapianto di rene) che possano proseguire l'attività in forma ridotta e non nell'ambito del centro trapianto né di un reparto di chirurgia generale, da affidare al dottor Enzo Andorno per la parte riguardante il trapianto di fegato e alla dottoressa Iris Fontana per il trapianto di rene. Questo ordine del giorno è stato votato all'unanimità dei consiglieri regionali;
          esiste in Liguria un problema di mobilità extraregionale di pazienti che richiedono interventi chirurgici complessi, in particolare sul fegato, sulle vie biliari e sul pancreas che porta molti di loro a farsi operare in Lombardia, in Piemonte se non all'estero in Francia;
          esiste la richiesta di attività di chirurgia epato-bilio-pancreatica all'interno dell'USMI;
          è indispensabile strutturare anche l'attività di trapianto d'organi nell'ambito del futuro assetto globale della chirurgia generale dell'USMI di Genova, in particolare tenendo in considerazione il pensionamento di diversi chirurghi responsabili di unità operative complesse in questo periodo;
          la costituzione di due unità semplici dedicate in esclusiva all'attività di trapianto d'organi all'interno dell'USMI non rappresenta un risparmio, dovendosi configurare di necessità l'identificazione di due responsabili di queste unità e di un terzo responsabile dell'attività chirurgica lasciata dal pensionamento del professor Valente;
          la strutturazione di unità semplici dipartimentali mal si rapporta ad un'attività logistica complessa come quella dei trapianti d'organo;
          il supposto risparmio economico invocato dal consiglio regionale è del tutto dubbio se non impossibile in assenza di una ristrutturazione completa dell'attività chirurgica all'interno di un ospedale vasto come quello dell'USMI;
          peraltro non è mai stato presentato un piano di riorganizzazione dell'attività di trapianti in unità semplici che evidenzi l'effettivo risparmio ottenibile in termini economici ed il suo razionale inquadramento nell'ambito della chirurgia generale;
          la ristrutturazione dell'attività di trapianto d'organo in «unità semplici» rappresenta una deminutio dell'importanza di questa attività, che mal si rapporta alla considerazione di eccellenza che l'attività di trapianto d'organi ha nel nostro Paese;
          la scelta effettuata sembra più una difesa corporativa dell'esistente all'interno dell'USMI, piuttosto che un piano di rivalutazione di un'attività di eccellenza nazionale;
          esistono dati inequivocabili di produzione assistenziale e scientifica che evidenziano come l'attività chirurgica epato-bilio-pancreatica e trapiantologica dell'USMI necessità di un'implementazione e di un rilancio e che tale rilancio inevitabilmente non può essere portato avanti da chi a questa attività ha contribuito negli ultimi due decenni;
          il professor Gian Luca Grazi rappresenta un'eccellenza nel campo della ricerca scientifica della chirurgia del fegato e del trapianto di fegato, come ampliamente dimostrato dal suo curriculum e dal suo coinvolgimento in società scientifiche europee che si dedicano a questo tipo di chirurgia;
          la chiamata da parte dell'università di Genova del professor Grazi sarebbe stata a costi pressoché nulli, potendo attingere da fondi dedicati del Ministero;
          esiste già un piano di ristrutturazione del centro trapianti con sua «trasformazione» in reparto di chirurgia epato-bilio-pancreatica e di trapianto per il consistente rientro economico dell'attività del centro;
          la strenua difesa del personale medico locale ha portato ad una scelta «di minima» che ad avviso dell'interrogante danneggia, ad avviso degli interroganti l'attività futura del centro trapianti  –:
          se il Ministro sia a conoscenza delle dinamiche concernenti il centro trapianti all'interno dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico e quali verifiche di competenza intenda effettuare in proposito;    
          quali siano gli intendimenti del Ministro, nel rispetto delle competenze regionali in tema di sanità, con riferimento alle scelte fatte nelle scorse settimane con riferimento alla futura gestione del centro trapianti di fegato e di rene di Genova, tenuto conto del fatto che nella rete nazionale il centro rappresenta un'eccellenza assoluta;
          se il Ministro intenda valutare se la frammentazione di un centro chirurgico in unità semplici sia compatibile con la promozione di un'attività scientifica di eccellenza, considerato che l'azienda ospedaliera universitaria San Martino è un'IRCCS;
          come sia stato valutato l'importanza e la centralità della ricerca scientifica nell'assegnazione della responsabilità dei ruoli e nell'assetto dell'attività di trapianti, in particolare nell'IRCCS citato in premessa. (4-14570)

      Risposta. — L'Azienda ospedaliera universitaria San Martino – Ist – istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova, originata dall'accorpamento dell'Azienda ospedaliera universitaria San Martino e dell'Ircss/Ist – Istituto nazionale per la ricerca sul cancro (legge della Regione Liguria 1o marzo 2011, n.  2) è stata riconosciuta da questo ministero istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, nella disciplina di oncologia, con decreto ministeriale 12 agosto 2011.
      Nel corso della procedura volta al riconoscimento scientifico del nuovo soggetto giuridico, questo ministero, poiché l'Ist di Genova aveva già una qualità scientifica riconosciuta, ha considerato il valore che avrebbero potuto apportare le strutture dell'Azienda San Martino all'attività eccellente, in campo oncologico, dal punto di vista clinico e scientifico dello stesso Ist.
      Il riconoscimento quale Irccs ha riguardato la figura giuridica del nuovo ente: solo alcune delle strutture del San Martino sono risultate, a parere della Commissione di valutazione del carattere scientifico, idonee a far conseguire all'istituto il riconoscimento del carattere scientifico nella disciplina di oncologia.
      La definitiva struttura organizzativa dell'Ircss azienda ospedaliera universitaria San Martino – Ist – istituto nazionale per la ricerca sul cancro, ad oggi, non è completata, tanto che la commissione di valutazione del carattere scientifico, nell'esprimere un giudizio complessivamente favorevole per il riconoscimento scientifico del nuovo soggetto, ha tuttavia ritenuto necessario effettuare, fra un anno, un successivo sopralluogo, proprio per verificare il completamento del piano di organizzazione dell'Ircss in questione.
      È opportuno ricordare che gli Ircss, al pari di qualunque istituto del servizio sanitario nazionale, individuano la propria organizzazione interna, e, quindi, le relative strutture operative, conformemente ai programmi adottati dalle competenti autorità regionali.
      Sulla questione, l'istituto superiore di sanità – centro nazionale trapianti ha comunicato che nel febbraio 2011 il direttore del dipartimento trapiantologico ha denunciato all'azienda S. Martino un suo collaboratore e chirurgo tra i più esperti in Italia nell'attività chirurgica di trapianto di fegato, per aver causato un grave danno ad un paziente pediatrico nel corso di un intervento di trapianto di fegato. La commissione disciplinare nominata dall'Azienda ha ritenuto il comportamento del collaboratore assolutamente corretto e ha definito infondata la denuncia.
      A seguito di questo episodio la direzione generale dell'ospedale, con il parere favorevole del centro nazionale trapianti, ha ritenuto necessario – per ragioni di sicurezza – sospendere l'attività di trapianto di fegato, ad eccezione dei casi urgenti, dato il rischio che qualsiasi evento avverso avvenuto in sala operatoria avrebbe potuto comportare per l'operatore una denuncia ingiustificata da parte del responsabile del reparto.
      Successivamente, in seguito alla riorganizzazione legata alla trasformazione dell'ospedale S. Martino in Ircss, il dipartimento trapiantologico veniva soppresso.
      Il centro nazionale trapianti ha ricordato che l'attività di trapianto di fegato in Italia è regolamentata dalla legge 1o aprile 1999, n.  91 «Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti».
      I centri di trapianto sono configurati all'interno delle strutture ospedaliere ed i loro responsabili sono nominati in seguito a procedure concorsuali definite dalla stessa legge.
      La programmazione e l'autorizzazione delle attività di trapianto sono affidate alle regioni nel rispetto di standard di qualità, ai sensi dell'articolo 16 della legge n.  91 del 1999: «Strutture per i trapianti. 1. Le regioni individuano, nell'ambito della programmazione sanitaria, tra le strutture accreditate quelle idonee ad effettuare i trapianti di organi e di tessuti. Con decreto del Ministro della sanità, sentiti il Consiglio superiore di sanità ed il Centro nazionale, sono definiti i criteri e le modalità per l'individuazione delle strutture di cui al presente articolo, in base ai requisiti previsti dal decreto 29 gennaio 1992, del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  26 del 1o febbraio 1992, nonché gli standard minimi di attività per le finalità indicate dal comma 2. 2. Le regioni provvedono ogni due anni alla verifica della qualità e dei risultati delle attività di trapianto di organi e di tessuti svolte dalle strutture di cui al presente articolo revocando l'idoneità a quelle che abbiano svolto nell'arco di un biennio meno del 50 per cento dell'attività minima prevista dagli standard di cui al comma 1».
      Ai fini dell'attuazione di detto articolo 16, sono state definite le linee guida per stabilire i requisiti delle strutture idonee ad effettuare trapianti, gli standard minimi di attività e i criteri per il funzionamento dei centri per i trapianti individuati dalle regioni, attraverso:
          l'accordo Stato-Regioni del 21 marzo 2002, concernente i requisiti delle strutture idonee ad effettuare trapianti di organi e tessuti sugli standard minimi di attività;
          l'accordo Stato-Regioni del 29 aprile 2004, riguardante le linee guida per l'idoneità ed il funzionamento dei centri individuati dalle regioni come strutture idonee ad effettuare trapianti di organi e di tessuti.

      Detti accordi hanno consentito alle regioni di operare le scelte organizzative più adeguate alle proprie realtà territoriali.
      Il recente accordo Stato-Regioni del 13 ottobre 2011 sulla rete nazionale trapianti, nell'intento di adeguare la rete alle nuove esigenze intervenute, anche a seguito di interventi legislativi nazionali ed europei, ha rafforzato la struttura a rete della organizzazione trapiantologica italiana, individuandone quattro livelli di coordinamento (nazionale, interregionale, regionale e ospedaliero/aziendale).
      Per quanto riguarda, in particolare, il trapianto di fegato, l'accordo Stato-Regioni del 23 settembre 2004 ha definito le linee guida per la gestione delle liste di attesa e l'assegnazione di organi nel trapianto di fegato da donatore cadavere.
      Il Centro nazionale trapianti svolge le funzioni di indirizzo e sorveglianza definite dalla normativa vigente e collabora con gli assessorati regionali: il problema principale del centro di Genova sta nella capacità di coordinamento con i centri di epatologia della regione Liguria affinché indirizzino al centro trapianti i loro pazienti per essere inseriti in lista. La progressiva diminuzione della lista regionale, composta da solo 7 pazienti nel 2011, rappresenta un indice evidente della scarsa fiducia che gli specialisti regionali riponevano nel centro di Genova nel 2011.
      Nell'ottobre 2011 il Direttore del centro nazionale trapianti è stato chiamato ad un vertice regionale in presenza del Presidente della regione Liguria e dell'Assessore regionale alla sanità, del direttore dell'Ospedale S. Martino e del preside della facoltà universitaria e, nell'occasione, ha rappresentato l'esigenza di mantenere la sospensione dell'attività di trapianto di fegato, dato il permanere delle cause che l'avevano determinata, e ha sostenuto che la priorità di un centro trapianti di fegato, nel rispetto della competenza richiesta, non è rappresentata dalla scelta del singolo chirurgo, ma dalla capacità di costruire un programma di trapianto con la messa in rete dei centri epatologici regionali.
      Si è in attesa di conoscere e verificare le iniziative di competenza regionale.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      GARAVINI, GIANNI FARINA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          la decurtazione dei fondi destinati agli organi di rappresentanza degli italiani all'estero, aggravata dai ritardi nell'erogazione dei finanziamenti e dal susseguirsi di proroghe e rinvii delle elezioni di rinnovo, è motivo di preoccupazione per gli italiani all'estero, che riscontrano un progressivo arretramento dello Stato, anche in ragione del depotenziamento della rete diplomatico-consolare;
          in questo contesto generalmente sfavorevole, i 18.000 italiani residenti nel Canton Vallese sono stati colpiti dalla chiusura della sede del Comites locale, abbandonata in ragione della mancata riscossione dei finanziamenti per l'anno 2011;
          i finanziamenti, sebbene assegnati dal Ministero degli affari esteri, non sarebbero stati effettivamente erogati in ragione di alcuni rilievi formulati dall'Agenzia consolare competente; tuttavia, la mancata erogazione dei finanziamenti non troverebbe giustificazioni legali o amministrative, giacché il Comites avrebbe risposto tempestivamente e compiutamente a tutti i rilievi formulati dal consolato generale di Losanna, dall'Ambasciata e dal Ministero degli affari esteri;
          oltre a determinare la chiusura della sede del Comites e la disdetta di tutti i contratti che potessero generare spese, la mancata erogazione dei fondi ha prodotto un'esposizione debitoria di circa 20.000 franchi svizzeri, anticipati dal presidente dell'organo di rappresentanza;
          il 31 marzo 2012, si è riunito a Berna il comitato dei presidenti degli organi di rappresentanza aventi sede in Svizzera, il quale ha approvato un documento per esprimere piena solidarietà ai componenti del Comites del Vallese, avanzando esplicite riserve sulla decisione delle autorità consolari di bloccare, sulla base di rilievi di opportunità, una procedura amministrativa prevista dalla legge, e per sollecitare il Ministero degli affari esteri ad assumere iniziative volte a garantire continuità all'azione del Comites del Vallese  –:
          se non intenda favorire una rapida soluzione della controversia tra il Comites del Vallese e il consolato incaricato, al fine di pervenire all'effettiva erogazione dei finanziamenti per l'esercizio 2011 e degli anticipi per il 2012. (4-15606)

      Risposta. — I rapporti tra le Autorità diplomatico-consolari ed i comitati degli italiani all'estero sono disciplinati dalla legge n.  286 del 2003 («Norme relative alla disciplina dei Comitati degli italiani all'estero») e dalle relative norme di attuazione.
      I compiti e le responsabilità degli uffici diplomatico-consolari sono stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967.
      Per poter accedere all'erogazione dei finanziamenti ministeriali, ai sensi dell'articolo 3 della suddetta legge n.  286 del 2003, il comitato è tenuto a presentare al Ministero degli affari esteri, tramite l'autorità consolare, entro il 31 ottobre di ogni anno, il bilancio preventivo delle spese da sostenere per il proprio funzionamento nell'anno successivo, accompagnato dalla richiesta di contributo. Il medesimo articolo stabilisce inoltre che, entro quarantacinque giorni dalla fine della gestione annuale, il comitato debba presentare il rendiconto consuntivo, certificato da tre revisori dei conti, due dei quali designati dal comitato e uno dall'autorità consolare, scelti al di fuori del comitato stesso.
      L'articolo 3, comma 7, della citata legge n.  286 del 2003 prevede inoltre che i libri contabili e la relativa documentazione amministrativa di giustificazione, concernenti l'impiego dei finanziamenti disposti dal Ministero degli affari esteri e dagli enti pubblici italiani, siano tenuti a disposizione della competente autorità consolare per eventuali verifiche.
      Secondo quanto disposto dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 2003 («Regolamento di attuazione della legge n.  286 del 2003 recante disciplina dei comitati degli italiani all'estero»), l'erogazione dei finanziamenti ministeriali è subordinata alla corretta presentazione della documentazione contabile, preventiva e consuntiva, del comitato, che è trasmessa al Ministero degli affari esteri tramite il capo dell'ufficio consolare, il quale vi appone il visto, dopo aver effettuato i previsti controlli. Tale atto infatti non rappresenta una formalità ma si configura come il corollario di quei compiti di vigilanza e controllo che le autorità diplomatico-consolari sono chiamate a svolgere in maniera puntuale sull'uso dei finanziamenti statali da parte degli enti beneficiari.
      Nel corso delle verifiche sul bilancio consuntivo 2010, presentato dal comites del Vallese, effettuate dalla competente autorità consolare, sono state riscontrate irregolarità nell'utilizzo dei finanziamenti ministeriali, e la stessa autorità ha pertanto invitato il comites ad apportare le necessarie rettifiche.
      Tali adempimenti sono stati ultimati dal comites interessato solo il 23 settembre 2011, con l'invio, alla competente autorità consolare, del verbale della riunione del comitato indetta per l'approvazione delle rettifiche del bilancio consuntivo, tenutasi validamente il 22 settembre 2011.
      Accurate verifiche sono state effettuate altresì sul bilancio consuntivo dello stesso comites relativo all'esercizio finanziario 2009 dalle competenti autorità diplomatico-consolari, che hanno riscontrato, anche in tale circostanza, irregolarità nell'utilizzo dei finanziamenti ministeriali concessi al comites del Vallese. Invitato dalla competente Autorità consolare a sanare tali irregolarità, l'Ente ha ritenuto di non procedere al riguardo.
      L'Autorità consolare, nell'ambito delle attività di verifica e controllo previste dalla citata legge n.  286 del 2003, sulla base delle attività preventivate dal comites e dei costi locali ha ritenuto non congrua la richiesta di finanziamento presentata per gli esercizi finanziari 2011 e 2012.
      Tenuto conto di quanto disposto dal citato articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n.  395 del 2003 che, come specificato, subordina l'erogazione dei finanziamenti ministeriali alla corretta presentazione della documentazione contabile preventiva e consuntiva, nelle more della rettifica della stessa e del completamento delle verifiche amministrativo-contabili, considerato che i finanziamenti ai comitati sono concessi non a beneficio del destinatario, ma per garantire il funzionamento dei comites, e ritenuto che la sospensione del finanziamento ministeriale potesse riguardare solamente la parte non destinata a funzioni essenziali del Comitato, il Ministero degli esteri ha disposto un finanziamento a favore del comites del Vallese per l'anno 2011 attraverso la competente autorità consolare, che sta svolgendo gli approfondimenti previsti al riguardo.
      Si coglie l'occasione per ricordare che i contributi ministeriali costituiscono solo una delle forme di finanziamento, previste dall'articolo 3 della legge 286 del 2003, a cui i comites possono fare ricorso. Secondo la normativa, i comitati provvedono al funzionamento ed all'adempimento dei propri compiti anche con:
          le rendite dell'eventuale patrimonio;
          gli eventuali finanziamenti disposti da altre amministrazioni italiane;
          gli eventuali contributi disposti dai paesi ove hanno sede i comitati o da privati;
          il ricavato di attività e manifestazioni varie.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      GNECCHI, SCHIRRU e MATTESINI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          il Dipartimento della funzione pubblica, con la collaborazione tecnica di Formez PA, ha avviato un monitoraggio sull'applicazione della disciplina sulla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni al compimento dell'anzianità massima contributiva, come previsto dall'articolo 72, comma 11, decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 2008, e successive modificazioni e integrazioni;
          l'esigenza di rilevare e approfondire l'applicazione delle succitate disposizioni fu evidenziata anche in sede parlamentare, con l'approvazione di un ordine del giorno (n.  9/3638/109 del 29 luglio 2010) che impegnava il Governo a riferire alle Camere, l'esito del suddetto monitoraggio, che peraltro prevedeva la restituzione dei relativi questionari al Formez;
          va rilevato il fatto alquanto singolare, che il suddetto monitoraggio non sia stato esteso anche ai comuni, che hanno comunque applicato il comma 11 dell'articolo 72 del decreto-legge n.  112 del 2008, procedendo alla risoluzione unilaterale del rapporto, nei confronti dei loro dipendenti;
          come più volte segnalato con precedenti atti di sindacato ispettivo, l'applicazione delle succitate norme non ha avuto una uniforme applicazione, nell'ambito delle pubbliche amministrazioni previste dal decreto-legge n.  112 del 2008 e ciò ha comportato l'attivazione di un elevato contenzioso contro le singole amministrazioni pubbliche;
          va evidenziato l'assoluta mancanza di coerenza della norma prevista dal comma 11 dell'articolo 72, se si confronta con tutte le norme in materia previdenziale, approvate nel 2009, 2010 e 2011, che spostano anche fino a sei anni, l'accesso alla pensione per tutti, anche per coloro che avrebbero voluto invece mettersi a riposo  –:
          quando ritenga il Ministro interrogato di poter riferire i risultati della suddetta indagine, nonché se intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative normative per abrogare la disposizione richiamata che appare assolutamente incoerente con le politiche adottate dall'attuale Governo, in materia previdenziale. (4-14751)

      Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame si chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione da riferire i risultati dell'indagine svolta dal dipartimento della funzione pubblica, con la collaborazione di Formez Pa, in ordine all'applicazione della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro come regolata ai sensi dell'articolo 72, comma 11, del decreto legge n.  112 del 2008, nonché di valutare l'opportunità di assumere iniziative normative per l'abrogazione della disposizione citata che appare non coerente con le politiche in materia previdenziale di recente adottate dal Governo.
      Al riguardo si rappresenta quanto segue.
      L'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n.  112 del 2008, come modificato dall'articolo 17, comma 35-novies, del decreto-legge n.  78 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n.  102 del 2009, ha previsto che: «Per gli anni 2009, 2010 e 2011, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, e successive modificazioni, possono, a decorrere dal compimento dell'anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 5 del citato decreto legislativo n.  165 del 2001, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno, della difesa e degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto delle rispettive peculiarità ordinamentali. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche nei confronti dei soggetti che abbiano beneficiato dell'articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n.  350, e successive modificazioni. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai magistrati, ai professori universitari e ai dirigenti medici responsabili di struttura complessa».
      La disposizione ha subito modifiche nel tempo. Con l'articolo 6, comma 3, della legge n.  15 del 2009, il requisito della «anzianità massima contributiva» era stato sostituito da quello della «anzianità di servizio effettivo» di 40 anni. Questa disposizione è rimasta in vigore dal 20 marzo al 4 agosto 2009, data di entrata in vigore del citato decreto-legge n.  78 del 2009, che ha ricondotto definitivamente il requisito a quello della «anzianità massima contributiva» di 40 anni.
      Sulla disposizione la presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica ha emanato due circolari, n.  10 del 20 ottobre 2008 e n.  4 del 16 settembre 2009.
      L'applicazione della norma, inizialmente limitata al periodo 2009-2011, è stata prorogata al triennio 2012-2014 dal decreto-legge n.  138 del 2011, convertito in legge n.  148 del 2011.
      Anche sulla scorta di un ordine del giorno parlamentare (n.  9/3638/109 del 29 luglio 2010), che ha impegnato il Governo a riferire alle Camere circa l'applicazione della norma, il dipartimento della funzione pubblica ha avviato nel mese di ottobre 2011 una rilevazione per raccogliere le informazioni relative a:
          numero totale di lavoratori collocati a riposo ai sensi dell'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n.  112 del 2008, con specificazione del numero di uomini e del numero di donne interessati, e del rapporto percentuale tra quanti sono stati collocati a riposo ed il numero totale di dipendenti delle pubbliche amministrazioni consultate;
          fasce d'età e genere dei dipendenti collocati a riposo;
          qualifica rivestita dai dipendenti al momento del collocamento a riposo, distinguendo tra personale dirigenziale e non dirigenziale e, nell'ambito della dirigenza, tra prima e seconda fascia;
          criteri generali adottati dalle amministrazione per il collocamento a riposo (in tal senso era stata data indicazione nella citata circolare n.  10 del 20 ottobre 2008);
          esistenza di contenzioso sulla materia, stato del giudizio ed eventuali esiti.

      I dati definitivi dell'indagine, che hanno tenuto conto anche delle risposte tardive, sono stati elaborati nel mese di marzo 2012. L'indagine è stata condotta presso le amministrazioni centrali dello Stato, le agenzie di cui al decreto legislativo n.  300 del 1999 ed i maggiori enti pubblici nazionali. Si è stimato opportuno almeno in questa fase operare una delimitazione soggettiva del campo di indagine sulle amministrazioni al fine di disporre di informazioni e dati in tempi ragionevoli, in modo da poter compiere delle valutazioni circa l'andamento dell'applicazione dell'istituto. In tal senso, quindi, si è valutato di non estendere il monitoraggio alle autonomie territoriali a causa del loro elevato numero e delle peculiarità organizzative e strumentali delle stesse; ciò avrebbe comportato un notevole allungamento dei tempi dovuto anche alla necessità di coinvolgere gli enti associativi rappresentativi.
      Di seguito si espongono i principali dati emersi dal monitoraggio.
      Su 25 amministrazioni invitate a partecipare, 22 hanno fornito i dati richiesti. Di queste, 14 hanno dichiarato di aver utilizzato l'istituto della risoluzione unilaterale del rapporto nel periodo 2009-2011. Non ha risposto l'Inpdap, a causa delle difficoltà derivate dalla attuale fase di accorpamento con l'Inps, mentre i Ministeri dell'interno e dell'ambiente hanno fornito dati parziali, per i quali non è stato possibile effettuare elaborazioni.
      Dalla rilevazione effettuata risulta che negli anni tra il 2009 e il 2011 il personale che ha maturato l'anzianità massima contributiva di 40 anni è stato pari a 10.359 unità, di cui il 49 per cento nel 2009, il 24 per cento nel 2010 e il 27 per cento nel 2011. L'incidenza di tale personale sul complesso del personale in servizio è pari all'1,9 per cento nel 2009 e all'1,1 per cento nel 2011.
      Complessivamente, le amministrazioni rispondenti hanno esercitato la facoltà di risoluzione unilaterale nei confronti di 2.289 dipendenti (pari a circa il 22 per cento del totale dei dipendenti potenzialmente interessati), per la maggior parte dei casi appartenenti all'agenzia delle entrate (1.219), al Ministero della difesa (647) e all'agenzia del territorio (288). Nel 90 per cento dei casi è stato interessato dalla risoluzione unilaterale del rapporto personale non dirigenziale: su 2.289 totali, solo 237 sono dirigenti, 66 di prima fascia e 171 di seconda fascia.
      Con riferimento a genere ed età, le classi maggiormente interessate sono state quelle comprese tra 60-62 anni (37 per cento sia per gli uomini che per le donne) e 63-65 anni (rispettivamente 35 per cento per gli uomini e 32 per cento per le donne). L'incidenza per genere del provvedimento è pari allo 0,5 per cento per le donne e all'1.4 per cento per gli uomini.
      L'incidenza della risoluzione unilaterale sulla riduzione complessiva del personale avvenuta nelle amministrazioni considerate dall'indagine nel triennio di riferimento è stata del 14,4 per cento. Se si analizza il dato riferito alle diverse qualifiche, si evidenzia che l'incidenza sale notevolmente con riferimento ai dirigenti di prima (64,1 per cento) e di seconda fascia (31,4 per cento).
      Tra le amministrazioni rispondenti è risultato che 14 hanno adottato criteri generali di applicazione delle disposizioni sulla risoluzione unilaterale, come previsto nella circolare del dipartimento della funzione pubblica n.  10 del 20 ottobre 2008. La più diffusa motivazione indicata dalle amministrazioni a supporto della risoluzione dei rapporti di lavoro è stata l'esigenza di razionalizzazione e di prevenire le situazioni di esubero (motivazione assunta da 8 amministrazioni).
      Le amministrazioni che, a seguito della risoluzione unilaterale, hanno subito un contenzioso sono state 8, per un totale di 131 procedimenti. Tra queste, 65 hanno avuto un esito positivo per l'amministrazione, 34 un esito sfavorevole e 32 ancora nessun esito. Il contenzioso ha riguardato soprattutto l'agenzia delle entrate, con 66 cause.
      Per quanto riguarda l'applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale anche nel triennio 2012-2014, 7 amministrazioni hanno indicato di avere in programma, sulla base delle proprie esigenze organizzative e funzionali, di esercitare la facoltà di risoluzione; 4 amministrazioni (Ministero per i beni culturali, Inail, Presidenza del Consiglio dei ministri e agenzia industrie difesa) hanno segnalato il numero dei dipendenti da coinvolgere, per un totale di 678 unità, di cui 655 tra il personale non dirigenziale.
      Ciò detto, l'analisi dei dati – per quanto riferiti ad un campione di amministrazioni – non pare far emergere situazioni di violazione della parità di genere e, d'altra parte, lo stato attuale del contenzioso depone per una situazione di favore per l'amministrazione.
      Pertanto, gli esiti dell'indagine – non evidenziando situazioni preoccupanti o di grave disfunzione – non appaiono tali da giustificare un rinnovo della ricognizione con riferimento agli enti locali anche tenuto conto delle risorse a disposizione.
      Certamente, l'istituto non appare del tutto in linea con i principi fondamentali ispiratori della riforma della previdenza, contenuti nell'articolo 24 del decreto-legge n.  201 del 2011, che – soprattutto per il settore privato – tendono a procrastinare l'uscita dal lavoro. Ed infatti non appena approvata la riforma pensionistica, il dipartimento della funzione pubblica ha avviato una riflessione circa l'opportunità di una sua abrogazione. Al riguardo, come chiarito nella circolare n.  2 del 2012 adottata dal Dipartimento della funzione pubblica di concerto con i ministeri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, e con l'Inps, l'articolo 24 citato non ha travolto la normativa in questione, prevedendo tuttavia un adeguamento ai nuovi requisiti pensionistici dei presupposti per la risoluzione del rapporto di lavoro (cfr. comma 20). La riflessione potrà essere approfondita anche a seguito dell'approvazione del disegno di legge sul mercato del lavoro nell'ambito degli strumenti finalizzati alla flessibilità in uscita. Ad ogni modo, occorre tener presente che, allo stato, l'applicazione generale dell'istituto ha carattere transitorio, essendo destinato a cessare nel 2014; la sua applicazione a regime è stata, invece, prevista nell'articolo 33 del decreto legislativo n.  165 del 2001 come strumento per i casi in cui ricorrano situazioni di eccedenza o soprannumero di personale.
      La risoluzione unilaterale è stata, altresì, prevista dal decreto-legge n.  98 del 2011. quale istituto applicabile per i casi e le procedure di liquidazione degli enti dissestati «anche nei confronti del personale che non abbia raggiunto l'anzianità massima contributiva di quaranta anni».
      Pertanto, nella valutazione complessiva circa l'utilità e l'opportunità dello strumento – che in ogni caso dovrebbe essere utilizzato dalle amministrazioni secondo criteri generali prestabiliti, in linea con gli indirizzi del dipartimento della funzione pubblica – occorre tener conto della potenzialità di riequilibrio di situazioni soprannumerarie che coinvolgano personale ormai prossimo al pensionamento di vecchiaia.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      GRIMOLDI e STUCCHI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la storia e la cultura locale sono state spesso raccontate e trasmesse dalle televisioni e dalle radio locali;
          in Lombardia, ad esempio, è nata la prima alternativa alla Rai, Antenna 3 di Renzo Villa, le cui trasmissioni erano seguite in tutto il Nord e replicate da altre Tv locali;
          tante altre reti televisive e radio locali hanno raccontato l'Italia dalla provincia, fornendo un racconto spesso diverso da quello delle reti nazionali e della Rai;
          i loro archivi sono in parte spariti e in parte si stanno smagnetizzando, facendo perdere per sempre questi documenti storici, tra cui anche importanti telegiornali locali;
          per conservare questi archivi sarebbe utile e necessario convertire le pellicole o i VHS in digitale ed archiviare in videoteche apposite questi importanti documenti;
          in tal modo, sarebbe possibile salvare una parte importante della nostra storia e della nostra cultura e permettere ai posteri di avere un'importante fonte culturale che vada al di là dei filmati delle teche Rai  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di questa problematica e se non intenda intervenire, anche con il coinvolgimento di volontari, affinché un'importante testimonianza storica, quale quella delle televisioni e delle radio locali, venga salvaguardata. (4-10456)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale gli interroganti chiedono di sapere quali interventi il ministero intenda predisporre per la conservazione e la tutela degli archivi delle televisioni e delle radio locali, si rappresenta quanto segue.
      Per quanto attiene agli archivi delle radio locali, la direzione generale per gli archivi comunica che l'archivio di radio popolare, nata a Milano negli anni ’70 del Novecento, è stato oggetto di un sopralluogo da parte del Soprintendente archivistico per la Lombardia ai fini di un eventuale provvedimento di vincolo.
      Sull'archivio, che conserva un ricco patrimonio di registrazioni su supporti diversi dei programmi radiofonici trasmessi dall'anno della fondazione, è in corso un lavoro di catalogazione a cura della Soprintendenza; il materiale già catalogato, diviso in aree tematiche, è accessibile dal sito della radio.
      La scheda informativa relativa a radio popolare è consultabile sul portale tematico
on line «Per non dimenticare» e sul Siusa, sistema informativo unificato delle soprintendenze archivistiche, entrambi all'interno del San, sistema archivistico nazionale, e accessibili dal sito web ufficiale della direzione generale per gli archivi.
      Sempre relativamente agli archivi delle emittenti radiofoniche, risulta alla direzione generale
de qua la dichiarazione di notevole interesse storico dell'archivio di radio radicale come parte dell'archivio del partito radicale sin dagli anni ’90; la dichiarazione è stata recentemente ampliata e integrata con riferimento ai nuovi materiali d'archivio.
      Il fondo suddetto è, pertanto, sottoposto alla vigilanza della soprintendenza archivistica per il Lazio, che ne ha regolarmente verificato la corretta tenuta, nonché la gestione e l'informatizzazione tramite l'uso di
software adeguati.
      Con riferimento, invece, agli archivi delle televisioni e delle radio locali in territorio lombardo, la stessa direzione generale informa che, in aggiunta all'attività di tutela riguardante l'archivio di radio popolare sopra menzionata, la soprintendenza archivistica per la Lombardia intende avviare iniziative di salvaguardia sulle emittenti radio-televisive presenti sul territorio, nell'ambito della complessa attività finalizzata al censimento ed alla salvaguardia delle fonti archivistiche per la storia della società contemporanea; a tal fine, la soprintendenza medesima ha richiesto un finanziamento che verrà attribuito nell'ambito della programmazione 2012.
      Più in generale, diverse soprintendenze archivistiche hanno in corso attività di rilevamento e tutela rispetto a tale tipologia di archivi; per quanto riguarda la direzione generale per gli archivi si stanno predisponendo linee guida per la conservazione e la riproduzione degli archivi informatici e digitali che comprendono anche gli archivi audiovisivi e sonori di queste tipologie di emittenti, in connessione con la definizione delle regole di conservazione previste dall'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale e con la recente attivazione dei Portali tematici del sistema archivistico nazionale.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in Europa ogni anno l'inquinamento dell'aria provoca gravi malanni a circa 310.000 persone. In Italia si parla di circa 50.000 persone. L'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente di Copenaghen – «Air Quality in Europe 2011» – ribadisce un dato che da qualche anno circola fra gli addetti ai lavori. Detto altrimenti, l'inquinamento atmosferico in Europa porta via in media 9 mesi di speranza di vita, fino ad arrivare a tre anni di vita in meno nelle regioni più esposte, come la Pianura padana e il Benelux. Così tante morti premature per insufficienza cardiaca, infarti, crisi respiratorie, ma anche tumori, costituiscono ormai un rilevante problema sanitario ma anche economico, visto che hanno un costo di 80 miliardi di euro l'anno. La cifra comprende anche le malattie da smog e le conseguenti ospedalizzazioni e farmaci;
          fra i disturbi da inquinamento va annoverata anche l'ipertensione, come ha mostrato uno studio tedesco pubblicato negli scorsi giorni su Environmental Health Perspective. Cinquemila persone sono state seguite nel tempo mettendo in relazione la pressione con il saliscendi delle polveri sottili. Ebbene, lo studio ha osservato che al crescere di ogni 2,5 microgrammi su metro cubo di particolato fine (il micidiale PM 2,5) in media la minima saliva di 1,4 mmHg e la massima di 0,9 mmHg. Maggiore l'aumento dei millimetri di mercurio in chi vive vicino a strade molto trafficate. «La ricerca, eseguita dalle università di Colonia, Essen e Dusserldorf, è un altro tassello a sostegno dell'ipotesi che il particolato ultrafine, penetrando negli alveoli polmonari e da lì passando nel sangue, produca uno stato infiammatorio generalizzato in grado di produrre placche arterosclerotiche» commenta Francesco Forastiere del dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, forse il più importante studioso italiano di inquinamento dell'aria. Il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente rileva inoltre che un quinto della popolazione europea vive in zone dove gli inquinanti superano la soglia di legge più volte l'anno. E benché vi siano di anno in anno miglioramenti nelle concentrazioni di polveri di sezione più grande, ossidi di azoto e metalli pesanti, la situazione delle polveri sottili e dell'ozono resta molto critica;
          a giudicare dalla composizione dell'aria lombarda analizzata dal nono rapporto del centro comune di ricerca di Ispra (2011), la metà circa dell'inquinamento da polveri proviene dal traffico stradale, mentre l'altra metà si compone di emissioni industriali e riscaldamento (25 per cento), combustione di legna (13 per cento) ed emissioni dall'agricoltura (12 per cento). Quanto all'inquinamento da traffico, il 30 per cento proviene dai tubi di scappamento e dall'usura di freni e pneumatici, mentre l'altro 20 per cento è la polvere «vecchia» che viene risollevata con il passaggio delle automobili. Quindi – conclude il rapporto del centro comune di ricerca di Ispra commissionato dalla regione Lombardia – per riportare le emissioni sotto controllo non basta passare ai modelli meno inquinanti (le auto euro-5 e i camion euro-6). È necessario anche ridurre le auto in circolazione; per questo sono necessarie due diverse misure; comperare macchine nuove e meno inquinanti risolve metà del problema. In parte la sostituzione avviene naturalmente con il passar del tempo. A Londra e Berlino, ad esempio, si è imposto l'accesso facilitato nella low emission zone istituita in queste città alle sole auto a basse emissioni. Le altre pagano salato il privilegio di circolare. A Berlino oggi il parco auto circolante è euro-4 al 90 per cento, le polveri nell'area low emission si sono quasi dimezzate e gli ossidi di azoto sono scesi del 20 per cento. «Anche le politiche della sosta possono servire a ridurre l'acquisto di auto più pulite» spiega Luca Trepiedi, studioso della mobilità dell'Isfort di Roma. In certi borghi londinesi (come a Richmond-Upon-Thames) e in cittadine olandesi si sta diffondendo il parcheggio a pagamento commisurato alle emissioni di CO2 delle auto. L'altro problema italiano è ridurre il numero assoluto di automobili. Seconde solo a Los Angeles, città italiane come Milano e Roma hanno un tasso di motorizzazione che si aggira sulle 6-700 auto ogni mille abitanti. «Se in città in cui il traffico e la sosta sono malgovernate l'auto si facesse pagare per lo spazio che occupa forse ci potrebbe essere qualche cambiamento positivo» spiega lo studioso di trasporti Andrea Debemardi;
          contrariamente a tutte le principali città europee, a Roma e Milano, i residenti non pagano il parcheggio. Inoltre, anziché eliminare i posti macchina lungo le strade, questi vengono aumentati con la dotazione di parcheggi sotterranei anche nelle zone centrali. Mentre la politica adottata ormai da una decina d'anni dalle altre metropoli europee è quella di ridurre i posti auto. «Con questa politica, per esempio, a Parigi negli ultimi dieci anni 15.000 posti auto lungo le strade sono stati tolti a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni» spiegano gli autori dello studio sui parcheggi in Europa pubblicato di recente («Europe's Parking U-Turn: From Accomodation to Regulation», ITDP, 2011). «Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13 per cento dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi». Altrove si sono mossi per tempo e ora si godono città più pulite e tranquille. «Segnali di vitalità provengono dalle città tedesche e francesi, dove un massiccio programma di investimenti sul trasporto collettivo ha portato alla ricomparsa del tram in centri importanti (come Lione o Nizza) e allo sviluppo di tecnologie innovative, come i progetti di «tram su gomma» e «bus ad alto livello di servizio» che sono in corso in oltre 15 centri» spiega Trepiedi. Anche in Italia si trovano in realtà buoni esempi di integrazione fra bici e mezzi pubblici, come a Bolzano, Trento o Ferrara (per esempio con linee dedicate, servizi bici-bus o treno), riportando in alcune zone il traffico automobilistico a livelli accettabili. Tali buone pratiche dovrebbero essere trasferite anche a metropoli più complesse e difficilmente governabili come Roma e Milano  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di abbassare il livello di inquinamento delle maggiori città italiane, promuovendo, al contempo, l'utilizzo di mezzi di trasporto, sia pubblico che sharing, a minor impatto ambientale. (4-14301)

      Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che la riduzione delle emissioni inquinanti derivanti da traffico autoveicolare, soprattutto nelle aree urbane, è obiettivo prioritario dell'azione svolta negli anni dal ministero dell'ambiente. Le iniziative poste in essere, infatti, hanno mirato costantemente al miglioramento della salubrità dell'aria e ad una maggiore fruibilità degli spazi da parte della cittadinanza, con conseguenti ed innegabili vantaggi per la salute e per la qualità della vita dei cittadini stessi.
      Gli strumenti attraverso i quali si è cercato di perseguire tali obiettivi mirano, da un lato, alla riduzione del parco auto veicolare circolante, quantomeno nella componente maggiormente inquinante, e, dall'altro, all'implementazione dell'offerta dei servizi di trasporto pubblico locale e di quelli ad esso integrati, quali
car e bike sharing.
      Relativamente al problema dell'inquinamento atmosferico, con particolare riferimento a quelle aree del paese afflitte da gravi situazioni climatiche ed ambientali, quali quelle ricadenti nel bacino padano, di recente il ministero ha avviato un tavolo di lavoro congiunto, denominato «Gruppo di Lavoro per l'Individuazione delle misure per la riduzione dell'Inquinamento Atmosferico».
      Istituito con decreto della direzione generale per le valutazioni ambientali del 28 dicembre 2011, il gruppo di lavoro è composto da esperti provenienti da diverse amministrazioni, quali, oltre al Ministero dell'ambiente stesso, l'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (Ispra), l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) della Lombardia, l'Istituto superiore di sanità (Iss), il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e l'Ente nazionale per l'energia e l'ambiente (Enea). L'obiettivo del gruppo di lavoro è quello di individuare specifiche misure che saranno presentate in un documento finale, anche in relazione alle ricadute ambientali e socio economiche delle stesse, per ridurre le emissioni di PM10 e del biossido di azoto in tutto il territorio nazionale e, nell'immediatezza, nelle zone maggiormente inquinate, quali quelle del bacino padano.
      Con l'obiettivo di ridurre la circolazione di autovetture private e di favorire la sostituzione dei veicoli maggiormente inquinanti con altri a basso impatto ambientale, l'attività del Ministero dell'ambiente è stata articolata in bandi di cofinanziamento rivolti a comuni, enti e privati cittadini, che hanno permesso di raggiungere significativi risultati su scala nazionale.
      La promozione del
car sharing, del bike sharing e dei sistemi di trasporto pubblico locale rientrano nell'ambito delle iniziative volte a ridurre la circolazione dei veicoli privati, soprattutto nei centri urbani, dove maggiori sono i livelli di inquinamento dovuti a traffico veicolare.
      Per quanto concerne lo sviluppo del
bike sharing, con il programma di cofinanziamento denominato «Programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico», istituito con decreto ministeriale del 3 agosto 2007, e con il «Programma di cofinanziamento che promuove la realizzazione di interventi strutturali per la razionalizzazione della mobilità in ambiente urbano diretti alla riduzione dell'impatto ambientale derivante da traffico urbano», del 24 luglio 2006, sono stati ammessi a cofinanziamento 36 interventi, del valore totale di 36,5 milioni di euro, con un contributo a carico del ministero di oltre 16 milioni.
      Gli interventi riguardano l'attivazione ed il potenziamento di servizi di
bike sharing, l'acquisto di biciclette classiche e a pedalata assistita, la funzionalità degli uffici di erogazione del servizio, la realizzazione delle postazioni, le piste ciclabili nonché l'integrazione del servizio con fonti di alimentazione alternative ed ecocompatibili.
      Relativamente al
car sharing, nel 2000 il ministero ha contribuito alla nascita dell'iniziativa dei comuni per il car sharing (I.c.s.), Convenzione di comuni il cui obiettivo è la creazione di una rete nazionale dei servizi di car sharing. Il ministero ha finanziato, con circa 21 milioni di euro, il sistema tecnologico centrale, il call center unico nazionale, la realizzazione delle attività di comunicazione, marketing e monitoraggio, oltre al recente acquisto di 30 vetture elettriche, che saranno distribuite in alcuni dei centri urbani aderenti al circuito Ics, secondo criteri che assicurino una sperimentazione diffusa sul territorio, oltre ad allargare l'offerta del servizio. Attualmente, in Italia sono attivi 13 servizi di car sharing in altrettante aree urbane e relativi hinterland, con circa 600 autovetture a disposizione di oltre 21 mila abbonati.
      La promozione ed il potenziamento dei sistemi di trasporto pubblico locale rientrano tra gli obiettivi dell'azione del ministero che, dal 1996 ad oggi, ha contribuito alla realizzazione di azioni volte a migliorare l'offerta di trasporto pubblico locale con un contributo complessivo di 170 milioni di euro per la realizzazione di interventi aventi un costo totale di quasi 380 milioni di euro. In particolare, per il solo potenziamento delle flotte con veicoli a ridotto impatto ambientale (alimentati a metano, Gpl, a trazione elettrica o ibrida), il contributo del Ministero è stato di circa 110 milioni di euro.
      Sulla base dei dati diffusi dalle aziende di trasporto pubblico italiane in merito agli
standard emissivi dei propri veicoli, distinti per tipologia di alimentazione, gli stanziamenti del ministero dell'ambiente per l'acquisto dei veicoli sopraindicati hanno prodotto un risparmio di emissioni di PM10 di oltre l'85 per cento rispetto all'utilizzo di veicoli alimentati a gasolio. Tale valutazione è stata effettuata assumendo come riferimento l'utilizzo di autobus a gasolio con standard euro II, tenendo conto che i cofinanziamenti concessi dal ministero sono stati erogati tra il 1996 ed il 2009 e che gli autobus acquistati hanno quindi sostituito un parco circolante autobus con standard ambientali variabili tra l'euro 0 e l'euro 3.
      L'adozione di misure volte all'incentivazione del ricambio del parco auto circolante, nonché all'utilizzo, anche per le amministrazioni pubbliche, di autovetture elettriche o ibride è stata oggetto di diverse iniziative poste in essere dal Ministero dell'ambiente, sia di carattere operativo, con contributi diretti per la diffusione di veicoli ecocompatibili, che di indirizzo.
      Relativamente all'erogazione di contributi, va ricordato il decreto ministeriale del 24 maggio 2004 che, in esecuzione dell'articolo 17 della legge 166 del 2004, ha avviato un programma per la concessione ed erogazione di contributi per l'acquisto e/o
leasing di veicoli a minimo impatto ambientale.
      Con tale programma è stato previsto un sistema di incentivi a favore di persone fisiche e giuridiche per l'acquisto di veicoli elettrici, ibridi, a metano, Gpl o biffe: allo stato attuale, relativamente ai soli veicoli elettrici ed ibridi, sono stati erogati oltre 50 milioni di euro, con i quali è stato cofinanziato l'acquisto di circa 2.100 veicoli.
      Ulteriori contributi sono stati erogati nell'ambito dell'accordo di programma Icbi – Iniziativa carburanti a basso impatto ed in esecuzione dell'Accordo di programma sottoscritto dal Ministero con l'Ancma – Associazione nazionale ciclo motociclo e accessori e il Cei-Cives – Comitato elettrotecnico italiano-Commissione italiana veicoli elettrici stradali.
      In esecuzione dell'accordo Icbi, mediante l'erogazione di oltre 40 milioni di euro è stato possibile cofinanziare la realizzazione di 21 impianti di rifornimento di metano e/o Gpl riservati alle flotte di veicoli esercenti servizi di pubblica utilità, oltre alla conversione di oltre 82.000 autovetture inquinanti a benzina, mediante l'installazione di appositi
kit di alimentazione a metano o Gpl.
      In esecuzione dell'accordo sottoscritto con Ancma e Cei-Cives, inoltre, con l'erogazione di oltre 38 milioni di euro è stato possibile l'acquisto di oltre 140.000 veicoli a basso impatto, tra i quali 32.000 ciclomotori e motocicli, elettrici e a basso impatto ambientale, e 108.000 biciclette, sia classiche che a pedalata assistita.
      In tale ambito, inoltre, si inquadra un atto di indirizzo dell'ottobre 2010, le «Linee di indirizzo per una strategia della mobilità sostenibile in Italia», a cura della direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia del ministero. In tale documento è stato posto in risalto il ruolo che la produzione e la diffusione di auto ad alta efficienza e basse emissioni, tra cui quelle elettriche ed ibride, in sostituzione delle auto circolanti più inquinanti, può assumere nell'ottica della promozione di forme di spostamento compatibili con gli scenari delineatisi nelle politiche di mobilità del nuovo millennio.
      Nel documento si evidenzia come le condizioni per uno sviluppo ambientalmente ed economicamente compatibile di tali forme di mobilità sono diverse e vanno dalla generazione dell'elettricità da fonti rinnovabili ad una gestione delle batterie che assicuri la minimizzazione degli effetti sulla produzione di rifiuti, dallo sviluppo dei sistemi di ricarica rapida alla necessità dell'introduzione dell'auto elettrica/ibrida in sostituzione delle auto circolanti.
      Per quanto riguarda le opzioni tecnologiche, particolare rilievo è dato all'auto ibrida
plug-in che ha il vantaggio di una maggiore autonomia e flessibilità rispetto all'auto elettrica «pura», alla quale è preferibile nel caso in cui l'energia elettrica per alimentare la rete di ricarica sia generata prevalentemente dalle centrali termoelettriche tradizionali o comunque da combustibili fossili.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      JANNONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi giorni la provincia di Bergamo ha lamentato una forte carenza di organico, per quanto riguarda gli operatori delle forze dell'ordine, il cui numero si attesta a 14 ogni 10 mila abitanti, a fronte di una media regionale pari a 26. La stessa pianta organica della questura di Bergamo è ferma al 1989: secondo tale tabella, sono previsti 586 operatori dei quali solo 528 oggi sono effettivamente presenti a Bergamo e provincia (con una ingiustificata differenza rispetto alla pianta organica di oltre il 100 per cento);
          nella provincia orobica, nel corso degli ultimi anni, l'impegno amministrativo richiesto alle forze dell'ordine ed alla polizia di Stato in particolare, è cresciuto sensibilmente in relazione ai continui mutamenti economico-sociali che hanno investito il territorio, in particolare ad attività connesse alla gestione dei flussi immigratori, al rilascio dei permessi e delle carte di soggiorno, ad un continuo controllo del territorio, e così via. Oggi, più che mai, l'insufficiente dotazione di personale e di risorse in capo alle forze dell'ordine a Bergamo e provincia incide in misura evidente sull'organizzazione e la gestione del controllo del territorio;
          con l'inasprirsi della crisi, ed il susseguirsi dei tagli ai finanziamenti relativi alla gestione operativa dei comparti delle forze dell'ordine, sono stati tagliati oltre 1 miliardo di euro al comparto in forza a Bergamo e provincia. Per questo, il comune di Bergamo ha approvato, il 21 novembre 2011, un ordine del giorno in cui, si impegnava il sindaco a farsi portavoce, presso i rappresentanti dei vari schieramenti politici del territorio, della situazione di carenza di organico in cui versano le forze dell'ordine bergamasche. Gli stessi dati pubblicati da quotidiani autorevoli, quali Il Sole 24 Ore sulla base dei dati forniti dall'Associazione nazionale delle forze di polizia con riguardo all'incidenza dei reati, indicano Bergamo come undicesima città d'Italia per i reati di furto. I dati più recenti, inoltre, indicano un incremento di furti e rapine in città rispettivamente del 7 e del 16 per cento nel primo semestre 2011;
          nonostante le reiterate sollecitazioni, anche da parte dei parlamentari bergamaschi, non sono, ad oggi, pervenute risposte circa le richieste di attenzione espresse dal territorio bergamasco su questo tema, che è di assoluta importanza per la sicurezza di tutti i cittadini della zona  –:
          quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di dotare la provincia di Bergamo di un numero di forze dell'ordine congruo a quello degli abitanti della zona ed alle attività che vengono espletate ogni giorno nella questura. (4-14360)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede il potenziamento delle Forze dell'ordine in provincia di Bergamo.
      Al riguardo, si osserva che in occasione degli ultimi avvicendamenti di personale sono stati assegnati, dalla XV Conferenza permanente per l'organizzazione tecnica della Polizia di Stato, tre dipendenti alla questura di Bergamo e cinque all'ufficio di polizia di frontiera aerea presso l'aeroporto di Orio al Serio.
      Al momento, presso gli uffici della Polizia di Stato della Provincia, prestano servizio 505 unità, nonché 19 appartenenti ai ruoli tecnici-scientifici.
      Concorrono al controllo del territorio 881 militari dell'Arma dei carabinieri e 361 militari della Guardia di finanza, inoltre, nella città di Bergamo, è stato prorogato l'impiego di 38 militari per i servizi di perlustrazione e pattuglia, fino al 31 dicembre 2012.
      Quanto al ripianamento delle carenze organiche, ricordo che la vigente normativa in materia consente alle Forze di polizia di assumere personale unicamente in misura pari alle cessazioni dal servizio.
      Il Dipartimento della pubblica sicurezza, nel corso dell'esercizio finanziarlo 2011, ha assegnato 43.440 euro alla citata questura, per le spese di manutenzione del parco veicolare della Polizia di Stato, soddisfacendo per intero il fabbisogno segnalato.
      Il prefetto di Bergamo assicura il massimo impegno al fine di ottimizzare l'impiego delle Forze di polizia anche con organici progetti operativi – tra cui spicca quello per l'area di Zingonia – nonché su specifici obiettivi in relazione all'emergere di criticità.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          car sharing, bike sharing e tutta la mobilità alternativa non hanno raggiunto, secondo il rapporto 2011 di Euromobility, i risultati sperati in Italia: a Roma le auto condivise (car sharing) sono 105 per 2,7 milioni di abitanti, non costituendo, quindi, una valida alternativa al traffico cittadino. Sempre a Roma le biciclette condivise (bike sharing) sono 120 per 2,7 milioni di abitanti. «Con questi numeri come aspettarsi una soluzione ai problemi?», si chiede Lorenzo Bertuccio, direttore di Euromobility, associazione che ha curato l'edizione 2011 dell'indagine sulla mobilità sostenibile 4 nelle principali 50 città italiane. Una classifica che vede in testa Torino (che tuttavia non riesce a mantenere l'aria abbastanza pulita da rispettare la legge), Venezia, Milano, Brescia e Parma;
          il Nord vince la gara, ma è una gara priva di eccellenze, perché nessuno ha creduto realmente in una sfida che nel centro Europa trova investitori disposti a scommettere: trasporto pubblico decoroso ed efficiente, spazio alle bici, sostegno ad auto a basso impatto ambientale, conti in pareggio grazie al road pricing. Gli organizzatori dello studio fanno notare che a Bruxelles ci sono 2.500 bici collettive con 180 stazioni, a Parigi oltre 20.000 bici con 1.800 stazioni, a Lione 4.000 con 340 stazioni, a Barcellona oltre 6.000 bici con 428 stazioni, a Siviglia 2.500 bici con 250 stazioni, a Londra oltre 6.000 bici con 400 stazioni. In Italia solo Milano dispone di un numero con 4 cifre: 1.400 bici. E non va meglio con il car sharing. A Bruxelles ci sono 227 auto per 140.000 abitanti, a Brema (Germania) 167 auto per 547.000 abitanti, a Monaco 345 auto per 841.000 abitanti. Ecco i numeri del car sharing in Italia nel 2010: 113 a Torino, 105 a Roma, 86 a Milano, 73 a Genova, 47 a Venezia, 36 a Palermo. Sembrano flotte aziendali, più che un parco auto cittadino;
          anche i mobility manager non aumentano rispetto all'anno precedente: sono solo 41 le città in cui è presente almeno un mobility manager. Mancano a Campobasso, Cagliari, Catanzaro, L'Aquila, Latina, Pescara, Livorno, Sassari e Taranto. Il rapporto esamina anche la qualità dell'aria delle città italiane per quanto riguarda le polveri sottili. Ancona ha registrato il maggior numero di superamenti (140 rispetto ai 35 consentiti), seguita da Torino (131). La media annuale di PM10 più elevata si è registrata a Torino (50 microgrammi al metro cubo, superiore al limite consentito di 40), seguita da Ancona (48,4) e Napoli (48.0). L'aria più buona si respira invece a Genova, dove si sono registrati solo 5 superamenti, e a Potenza, che ha una media annuale di 22 microgrammi al metro cubo. «I cittadini spesso si dimostrano più maturi dei loro amministratori: l'83 per cento è ad esempio convinto che la diffusione del bike sharing può essere un valido contributo alla riduzione del traffico e dell'inquinamento in città e circa l'80 per cento vorrebbe una flotta di biciclette anche nella propria città», osserva Riccardo Canesi, presidente di Euromobility  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di intensificare la diffusione e lo sviluppo di mezzi di trasporto alternativi, quali bike-sharing o car-sharing, soprattutto nei centri urbani in cui il livello di PM è molto elevato rispetto agli standard europei. (4-14361)

      Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, nel premettere che la promozione di forme di mobilità alternative, quali strumenti per la riduzione dell'inquinamento derivante dal traffico veicolare e forme di stimolo per una migliore e salutare fruizione dell'ambiente da parte della collettività, rientra nelle politiche di sviluppo di una mobilità sostenibile portate avanti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si rappresenta quanto segue.
      Negli ultimi anni, il Ministero ha contribuito allo sviluppo di sistemi di mobilità condivisa, cofinanziando attività che prevedono, nell'ambito del
bike sharing, l'acquisto di biciclette classiche e a pedalata assistita, la funzionalità degli uffici di erogazione del servizio, la realizzazione delle postazioni, le piste ciclabili nonché l'integrazione del servizio con fonti di alimentazione alternative ed ecocompatibili.
      Relativamente al
car sharing, oggetto di cofinanziamento sono state le infrastrutture comuni all'intero circuito nazionale di car sharing e necessarie a garantire l'interoperabilità tra i servizi attivi nei diversi comuni, attraverso la struttura appositamente costituita della Iniziativa dei comuni per il car sharing (I.c.s.), nonché le attività di comunicazione e monitoraggio dei relativi servizi.
      Per quanto concerne lo sviluppo dei
bike sharing, con il solo ultimo programma di cofinanziamento denominato «Programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico», istituito, in attuazione delle disposizioni previste dalla legge n.  296 del 27 dicembre 2007, con decreto ministeriale del 3 agosto 2007, il Ministero ha concesso contributi pari a oltre 15 milioni di euro per la realizzazione o l'implementazione di 25 sistemi di bike sharing in altrettanti Comuni.
      Con il «Programma di cofinanziamento che promuove la realizzazione di interventi strutturali per la razionalizzazione della mobilità in ambiente urbano diretti alla riduzione dell'impatto ambientale derivante da traffico urbano» del 24 luglio 2006, inoltre, sono stati cofinanziati 11 progetti di
bike sharing per un totale di 1,2 milioni di contributo ministeriale.
      Con i due programmi summenzionati, quindi, complessivamente sono stati ammessi a cofinanziamento 36 interventi di attivazione e potenziamento di servizi di
bike sharing, del valore totale di 36,5 milioni di euro, con un contributo a carico del ministero di oltre 16 milioni.
      Relativamente al
car sharing, il ministero ha supportato la crescita del relativo servizio, garantendo un organico ed unitario sviluppo in tutto il territorio nazionale: con il contributo del ministero, nel 2000 è nata l'iniziativa dei comuni per il car sharing (I.c.s.), Convezione di comuni il cui obiettivo è la creazione di una rete nazionale dei servizi di car sharing. Il Ministero ha finanziato, con circa 20 milioni di euro, il sistema tecnologico centrale ed il call center unico nazionale, oltre ad attività di supporto allo sviluppo del sistema, con ciò favorendo la diminuzione delle risorse necessarie allo start-up del servizio in una nuova realtà e la realizzazione di economie di scala che permettono di ridurre i costi per le amministrazioni.
      Attualmente, in Italia sono attivi 13 servizi di
car sharing in altrettante aree urbane e relativi hinterland, con circa 600 autovetture a disposizione di oltre 21 mila abbonati e con un trend di crescita che, dall'avvio del servizio e fino al 2011, è in costante aumento lineare. Tali numeri confermano come l'Italia, in ambito europeo, rappresenti la terza forza, in termini numerici, dopo la Svizzera e la Germania, paesi pionieri nell'introduzione del servizio di car sharing urbano. Rispetto a questi, come a tutti gli altri Paesi europei in cui è attivo il car sharing, inoltre, l'Italia è in una posizione particolare, dovuta al ruolo attivo svolto nell'implementazione del servizio, ruolo che è stato determinante nell'assicurare l'uniformità dei sistemi e delle piattaforme utilizzate, rendendo il servizio omogeneo e interoperabile in tutto il territorio nazionale, con innegabili vantaggi per gli abbonati di tutto il paese.
      Di recente, inoltre, il ministero ha contribuito ad avviare, con un cofinanziamento di circa 500 mila euro, un progetto pilota nazionale di
car sharing elettrico, che prevede l'acquisto di 30 vetture elettriche, da distribuire in alcuni dei centri urbani aderenti al circuito Ics, secondo criteri che assicurino visibilità all'iniziativa, e la realizzazione di idonee attività di comunicazione, marketing e monitoraggio.
      Si evidenzia, inoltre, come gli innegabili progressi che il
car sharing ha compiuto nel nostro paese fin dalla fase di avvio siano stati ottenuti nonostante la mancanza di una specifica normativa che garantisca e tuteli il servizio. Allo stato attuale, una normativa che qualifichi il car sharing come servizio complementare al trasporto pubblico e consenta, tra l'altro, la rimozione forzata dei veicoli che sostano sugli stalli riservati alle autovetture del car sharing, sarebbe sicuramente opportuna, in vista degli obiettivi di rilanciare i sistemi di trasporto ecocompatibili ed il trasporto pubblico, nonché di ridurre l'impatto ambientale della mobilità urbana.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      LAGANÀ FORTUGNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          per il superamento dell'emergenza rifiuti nel territorio della Calabria, il commissario delegato preposto autorizzava la costruzione di una discarica di rifiuti solidi urbani nel comune di Malicuccà in località «La Zingara»;
          numerose notizie stampa, cui si affiancano atti formali di denuncia da parte delle associazioni ambientaliste locali, del sindaco di Bagnara Calabra e da ultimo della Cgil, riportano presunte irregolarità sia nella scelta del sito sia nella realizzazione della stessa;
          nel dettaglio di quanto scritto dagli organi d'informazione, si evince che nei pressi del sito individuato per lo smaltimento dei rifiuti vi erano pozzi artesiani, poi asciugati ed interrati, riconducibili alla sottostante falda acquifera che alimenta l'acquedotto denominato «Vina». Tale acquedotto rifornisce di acqua destinata a consumo umano i comuni di Palmi, Seminara, Melicuccà S. Anna, Taureana parte di Gioia Tauro e parte di Rosarno. Il rischio concreto di un'eventuale contaminazione delle acque potabili ha altresì indotto il commissario prefettizio di Palmi ad inviare al commissario straordinario una nota nella quale chiedeva rassicurazioni in merito;
          sempre da quanto riportato dalla stampa e da video girati dalle associazioni testé citate, si stanno inoltre riscontrando, nei lavori di realizzazione della discarica, delle differenze sostanziali rispetto al progetto iniziale presentato, difformità che riguarderebbero le effettive dimensioni realizzate che vanno ben oltre quelle riportate inizialmente;
          altro aspetto che desta preoccupazione è la presenza, proprio nel mezzo della discarica, di tralicci della Terna di tensione nominale 380.000 volt i cui cavi passano proprio sopra le vasche di accumulo da dove, secondo quanto in progetto, dovranno essere estratti biogas facilmente infiammabili  –:
          se intendano assumere iniziative affinché vi sia la massima trasparenza sia durante la finale fase realizzativa che durante la gestione della discarica in grado di rassicurare le popolazioni locali;
          se non ritenga opportuno prevedere verifiche periodiche, da parte dei soggetti proposti a controlli che attestino la regolarità dei lavori e la loro conformità al progetto presentato ed alla normativa vigente;
          se non ritenga necessario approfondire le motivazioni che sono state alla base della scelta del sito, visto che proprio in prossimità di esso vi sono già altre discariche esaurite e non ancora bonificate le quali già sottopongono l'intero territorio a stress ambientali di un certo rilievo e visto che per la realizzazione di tale opera sono stati divelti storici uliveti come attestano numerose testimonianze;
          se non ritenga infine necessario, data la presenza di numerosi impianti non a norma insistenti nel territorio calabrese e gli episodi di mala gestione pubblica legata ad una forte presenza della criminalità, in fase di collaudo degli impianti, che avverrà presumibilmente nei primi mesi del prossimo anno, predisporre un’equipe di esperti terzi in grado di riscuotere la fiducia dei cittadini. (4-14338)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, concernente la realizzazione di una discarica nel comune di Melicuccà (Reggio Calabria), si rappresenta quanto segue.
      Sulla questione, rientrando nelle competenze regionali, sono stati acquisiti elementi informativi dalla Regione Calabria, dipartimento politiche dell'ambiente, dalla provincia di Reggio Calabria, dal comune di Melicuccà, dal commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifiuti nel territorio della regione Calabria e dall'Arpacal, dipartimento provinciale di Reggio Calabria.
      La discarica in oggetto, sita nel comune di Melicuccà (Reggio Calabria), in località «La Zingara», è stata autorizzata dal commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifiuti nel territorio della regione Calabria, avvalendosi dei poteri in deroga conferitigli dall'articolo 4 ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3731 del 16 gennaio 2009 («Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Calabria» –
Gazzetta Ufficiale n.  23 del 29 gennaio 2009).
      L'esercizio della discarica è vincolato al rispetto delle condizioni previste dall'articolo 9 del decreto legislativo n.  36 del 2003 e, in fase di gestione, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, (Arpa), è individuata dal decreto legislativo n.  59 del 2005, quale soggetto preposto ai controlli periodici circa la corretta gestione dell'impianto.
      La realizzazione della discarica, da utilizzarsi a servizio del sistema di trattamento dei rifiuti solidi urbani denominato «Calabria Sud», è stata preceduta, già in fase progettuale, da tutte le dovute verifiche ed approfondimenti tecnici necessari al fine di verificare la compatibilità del sito prescelto con la realizzazione dell'opera.
      Il comune di Melicuccà ha evidenziato come, in fase di individuazione dell'area, è emerso che parte del sottosuolo dei terreni interessati dai lavori presentava notevoli quantità di rifiuti che oggi sono stati caratterizzati, classificati ed in parte rimossi ed avviati in idonei siti di smaltimento o in attesa di collocamento nel nuovo impianto.
      Durante le verifiche sono stati, tra l'altro, approfonditi i criteri costruttivi, nel rispetto della normativa vigente in materia ambientale, e la scelta localizzativa del sito, tenendo debitamente conto di tutte le osservazioni fatte emergere dagli organi competenti e dalle associazioni ambientaliste.
      Con ordinanza n.  8486 del 17 settembre 2009 il commissario delegato per l'emergenza ambientale ha approvato il progetto preliminare per la realizzazione della discarica e successivamente con ordinanza n.  9046 del 29 giugno 2010 è stato approvato il progetto definitivo-esecutivo ed è stata individuata la Società T.E.C. S.p.A. per la realizzazione e la gestione della discarica.
      La provincia di Reggio Calabria, con delibera del consiglio provinciale n.  9 del 25 gennaio 2011 ha, in seguito, approvato il piano provinciale per la gestione integrata dei rifiuti urbani nel quale, tra l'altro, la costruenda discarica di Contrada «La Zingara» è stata individuata quale parte del sistema di smaltimento dei rifiuti.
      In termini autorizzativi, il progetto della discarica è stato sottoposto a valutazione di impatto ambientale (Via) dal competente dipartimento politiche dell'ambiente della regione Calabria, con esito favorevole, giusto decreto di compatibilità ambientale n.  2862 dell'11 marzo 2010 e con successivo decreto n.  10348 del 23 agosto 2011, ed ha conseguentemente ottenuto il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione, preceduta da conferenza di servizi, ove tutti gli enti territorialmente competenti (ArpaCal, Provincia di Reggio Calabria, ASP, Comune di Melicuccà, dipartimento politiche agricole della regione Calabria) hanno potuto valutare le scelte tecniche e localizzative dell'opera, esprimendo parere favorevole alla realizzazione della stessa.
      Con riferimento alla presenza di una falda acquifera sottostante l'area destinata alla discarica, giova sottolineare che i tecnici del settore 15-Ambiente-energia-demanio idrico e fluviale-Apq infrastrutture della provincia di Reggio Calabria, sollecitati anche dalle informazioni diffuse dai media, durante l'esecuzione dei lavori, pur confermando l'idoneità del sito, ai fini di una maggiore tutela del corpo idrico sotterraneo, si è ritenuto tuttavia di incrementare lo strato argilloso del pacchetto di impermeabilizzazione di fondo del primo lotto di discarica.
      L'Arpacal, dipartimento provinciale di Reggio Calabria – servizio suolo e rifiuti – nel sottolineare che il decreto legislativo del 13 gennaio 2003, n.  36 «Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti», nell'allegato 1 (Criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica) – al comma 2 punto 4 – definisce i criteri generali da rispettare per la protezione del terreno e delle acque, ha riferito che la presenza di falde acquifere non costituisce vincolo per la costruzione di una discarica.
      Nel corso delle indagini preliminari sulle acque sotterranee, un approfondimento della situazione idrogeologica dell'area, ha portato alla redazione di una relazione idrogeologica integrativa che ha evidenziato l'esistenza di un punto anomalo dove si riduceva il franco tra il piano di posa dell'argilla ed il livello idrico delle acque. Tale situazione ha determinato, per garantire una maggiore protezione della falda, l'introduzione di un miglioramento nell'esecuzione dell'impermeabilizzazione del fondo nel sollevamento dello stesso. Tali miglioramenti sono stati effettuati e verificati durante il collaudo avvenuto il 13 settembre 2011.
      La suddetta agenzia ha riferito che continua a seguire i lavori di realizzazione della discarica, eseguendo i monitoraggi ambientali che, di volta in volta, si riterranno opportuni per la salvaguardia ambientale ed ha inoltre precisato che è previsto un monitoraggio costante, a mezzo di piezometri e pozzi esistenti, delle acque sotterranee e delle acque superficiali.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      MANCUSO, BARANI e DE LUCA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e Ostia antica è senza soprintendente da due settimane;
          i seicento dipendenti della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e Ostia antica hanno scritto una lettera al Ministro per la cultura Lorenzo Ornaghi e al segretario generale Antonia Pasqua Recchia chiedendo di accelerare la nomina di un soprintendente e per dotare tempestivamente l'Ufficio di un adeguato numero di funzionari amministrativi competenti e capaci;
          la lettera è stata condivisa da tutte le sedi della Soprintendenza archeologica di Stato;
          l'istituto vede bloccata di fatto l'autonomia finanziaria e la gestione dei circa 32 milioni di euro annuali con i quali è chiamato ad affrontare la tutela di milioni di metri quadri di strutture antiche e offrire servizi per milioni di visitatori  –:
          se il Governo intenda sopperire celermente a tale vacanza. (4-14712)

      Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede se il Governo intenda procedere celermente alla nomina del soprintendente per la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e Ostia antica, la competente direzione generale per le antichità ha comunicato che l'incarico de quo, vacante a seguito del collocamento in quiescenza del precedente soprintendente in carica, previa attenta valutazione comparativa delle istanze di conferimento pervenute e previo avvio del procedimento, è stato conferito alla dottoressa Mariarosaria Barbera, con decorrenza 16 febbraio 2012, con decreto dirigenziale, sottoposto alla registrazione della Corte dei conti.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      MELONI, HOLZMANN, MALGIERI, MARSILIO, CORSARO, LA RUSSA, RAMPELLI, SALTAMARTINI, LANDOLFI, CONTENTO, BIANCONI, LAFFRANCO, CANNELLA, CATANOSO, SAGLIA, DIMA, BECCALOSSI, DE CORATO, BELLOTTI, GHIGLIA, TOMMASO FOTI, ARACRI, MURGIA, NOLA e PORCU. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il console Vattani ha sostenuto recentemente in un'intervista rilasciata al quotidiano «Il Foglio» in data 17 maggio 2012, che nella memoria presentata dal Ministero degli affari esteri al Consiglio di Stato sarebbero contenute le seguenti considerazioni: «che il Min.  Vattani non fa mistero della sua militanza, dapprima, attraverso l'appartenenza al Fronte della Gioventù negli anni 80, e poi attraverso la musica da lui proposta,» e che «tale fatto, rende la permanenza all'estero del console Vattani in palese contraddizione con le alte funzioni di rappresentanza». Nella stessa memoria le anzidette sorprendenti considerazioni vengono considerate a monte ed attengono alla tutela dei beni primari sopracitati (l'immagine dello Stato e la rappresentatività delle proprie istituzioni all'estero, oltreché il buon andamento, l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa), di cui e custode l'Amministrazione;
          il Fronte della Gioventù è stato dagli anni Settanta al 1996 l'organizzazione giovanile di un partito legittimamente costituito, presente in Parlamento e nelle istituzioni repubblicane di ogni livello e grado, contribuendo alla vita democratica e allo sviluppo del Paese. In questa organizzazione, frequentata da centinaia di migliaia di aderenti e militanti, si è formata parte importante della classe dirigente (politica, amministrativa, imprenditoriale, culturale) della nostra Nazione, compresi gli interroganti e – non ultimo – il Ministro degli affari esteri pro-tempore dal 2004 al 2006 e attuale terza carica dello Stato, che ne è stato segretario nazionale dal 1977 al 1988  –:
          se vi siano quindi persone con incarichi di alta responsabilità presso l'amministrazione del Ministero degli affari esteri, che considerino una passata adesione al MSI o alla sua organizzazione giovanile come incompatibile con le «alte funzioni di rappresentanza» svolte e la «tutela dell'immagine dello Stato all'estero»;
          quanto abbia pesato tale posizione chiaramente discriminatoria nel motivare il richiamo immediato del console Vattani in soli cinque giorni, difficilmente giustificabile con la preoccupazione per l'immagine dell'Italia all'estero, visto che tale richiamo repentino ha causato l'annullamento di importanti impegni istituzionali, non ultimo il ricevimento per la Festa nazionale a Osaka, con grave discredito per l'immagine del nostro Paese;
          se non ritenga che vi siano priorità ben più importanti, della battaglia legale contro il console Vattani in relazione alle quali occupare le limitate risorse della Farnesina in queste settimane, prima fra tutte quella che vede da oltre cinque settimane due Marò italiani detenuti in India in palese violazione delle norme del diritto internazionale. (4-16238)

      Risposta. — Si desidera assicurare l'interrogante che il decreto ministeriale 273 del 21 febbraio 2012 di richiamo del Ministro Vattani dal consolato generale in Osaka è stato emanato dopo la più attenta e ponderata valutazione di tutti gli elementi di fatto e di diritto e dopo che la relativa decisione era stata condivisa con il consiglio di amministrazione, organo collegiale che riunisce i vertici amministrativi del Ministero degli affari esteri.
      Detto richiamo era motivato dalla constatazione del danno d'immagine prodotto allo Stato e all'amministrazione da specifici comportamenti posti in essere dal ministro plenipotenziario Vattani e in particolare dall'incompatibilità con le funzioni di alta rappresentanza dello Stato proprie di un console generale all'estero di comportamenti posti in essere nell'esibizione del 24 maggio 2011 presso la sede di Casapound, il cui significato contrasta con le istituzioni repubblicane e la loro immagine.
      L'amministrazione ha pertanto legittimamente ritenuto che la validità del decreto di richiamo non venisse meno per il solo fatto di essere oggetto di un ricorso giurisdizionale del Ministro Vattani. Pertanto, il ministero ha ottemperato alla prima decisione del tribunale amministrativo regionale, sfavorevole all'amministrazione, sospendendo l'efficacia del provvedimento di richiamo, così come ha preso atto che il successivo decreto n.  01921/2012 del Presidente della sezione quarta del Consiglio di Stato emanato monocraticamente ma dopo aver sentito le parti, nel revocare la sospensiva concessa dal tribunale amministrativo regionale, determinava la reviviscenza dell'efficacia del decreto ministeriale di richiamo.
      Poiché la data di rientro originariamente stabilita da tale decreto era oramai trascorsa, nel fissare il nuovo termine l'amministrazione si è uniformata all'urgenza che era alla base del decreto del Presidente della IV sezione del Consiglio di Stato, contemperandola con gli adempimenti essenziali connessi con la cessazione dalla Sede.
      Non di azione discriminatoria né di accanimento si è trattato pertanto, bensì di coerenza nell'esecuzione di provvedimenti amministrativi correttamente motivati e la cui efficacia non è al momento sottoposta ad alcuna sospensione.
      Il provvedimento di richiamo non è in alcun modo fondato né sulla passata appartenenza politica del Ministro Vattani né sulle sue capacità professionali, evidenziate dall'interrogante e mai messe in dubbio dall'amministrazione, bensì esclusivamente sulla già menzionata incompatibilità con le elevatissime funzioni di rappresentanza delle Istituzioni repubblicane.
      La memoria dell'Avvocatura generale dello Stato contiene due riferimenti meramente fattuali alla passata appartenenza del Ministro Vattani all'organizzazione giovanile dell'Msi (Fronte della gioventù).
      Il primo compare nella citazione di un'intervista rilasciata dallo stesso Ministro Vattani (
Novopress Italia del 25 luglio 2006), in cui egli illustra la sua attività condotta con lo pseudonimo «Katanga».
      Il secondo si inserisce nella constatazione che l'assimilazione fra la militanza di «Katanga» ed il Ministro Vattani è emersa, allorché il diplomatico era in servizio all'estero nelle funzioni di console generale in Giappone, a seguito delle notizie stampa apparse a partire dal 29 dicembre 2012 sul modo fortemente alternativo e avversivo delle istituzioni repubblicane con il quale si sono realizzati i comportamenti ed i propositi tenuti in occasione della nota esibizione.
      Le argomentazioni di fondo della memoria difensiva si basano, invece, sulla considerazione che l'assimilazione tra Vattani e Katanga e le sue parole e gesti nel concerto del maggio 2011 rendono la permanenza all'estero del console generale Vattani in palese contraddizione con le altissime funzioni di rappresentanza dello Stato italiano che egli è chiamato a svolgere. Per l'Avvocatura generale dello Stato, «il comportamento tenuto dalla controparte è intrinsecamente oltraggioso nei confronti della Repubblica italiana ed incompatibile con la carica di console e con il giuramento di fedeltà alla Repubblica».
      Conferma ne è che il tribunale amministrativo regionale non ha mosso «alcuna obiezione relativamente alla chiara connotazione identitaria dei comportamenti che hanno visto protagonista il Ministro Vattani».
      Il Presidente della quarta sezione del Consiglio di Stato Gaetano Trotta nel suo decreto del 14 maggio 2012 rileva che «nella vicenda in esame i dati fattuali posti in evidenza dalla difesa dell'amministrazione appellante assumono un'oggettiva rilevanza che va ben al di là delle “diplomatiche” contestazioni formali del MAE».
      Qualunque altra interpretazione che si ritenga di trarre da brani delle memorie difensive estrapolati dal loro contesto complessivo non corrisponde alla posizione dell'amministrazione.
      In merito all'evocato collegamento della «sovraesposizione mediatica del caso» con le «ripetute esternazioni dei vertici del Ministero», si osserva che il «caso» stesso nasce da un'esposizione mediatica – avvenuta il 29 dicembre 2011 con la diffusione del video – del comportamento del Ministro plenipotenziario Vattani e con i resoconti poi ampiamente riportati dalla stampa italiana e internazionale a riprova del danno dell'immagine del Paese. Rispetto a tale esposizione i vertici e la Farnesina non hanno mai espresso commenti sul fatto specifico e sul procedimento disciplinare che ne è derivato.
      Per quanto concerne, infine, la continuità degli impegni istituzionali assunti dal console generale a Osaka, si ricorda che gli stessi –
in primis la celebrazione della Festa della Repubblica il 2 giugno – investono le nostre istituzioni all'estero, indipendentemente dal funzionario pro-tempore in servizio. Ne è prova il fatto che il ricevimento del 2 giugno è stato confermato e sarà assicurato dall'ufficio consolare nel suo complesso nella persona del reggente, con la presenza inoltre del funzionario vicario dell'Ambasciata d'Italia a Tokyo.
Il Ministro degli affari esteri: Giuliomaria Terzi di Sant'Agata.


      MIGLIORI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          è in corso di svolgimento a Marsiglia (12-17 Marzo) il Forum mondiale dell'acqua alla presenza di oltre 140 delegazioni provenienti da tutto il mondo;
          la nostra delegazione ha approntato – d'intesa con le regioni – uno stand espositivo nel quale sono conferite esperienze innovative del sistema delle aziende italiane del settore;
          ovviamente il forum consiste in significativi dibattiti sulla cooperazione, anche d'ordine parlamentare, cui l'interrogante è stato invitato dai deputati francesi Oudin e Flajolet autori di un originale iniziativa legislativa in materia;
          nella giornata del 14 marzo 2012 durante i lavori del Convegno dedicato ai meccanismi della solidarietà decentrata ha preso la parola il sindaco di Bagno a Ripoli (Firenze) Bartolini;
          tale intervento è iniziato mostrando un grattacielo in frantumi che è stato paragonato alle attuali condizioni dell'Italia ed infarcito di offensivi giudizi politici e non sul governo Berlusconi e sulle scelte elettorali degli italiani;
          il comizio del sindaco avrebbe suscitato tra i presenti sia ilarità che fastidio determinando tra l'altro l'uscita dall'aula dei lavori di rappresentanti della delegazione italiana presenti;
          i lavori scientifici del convegno avrebbero dovuto far ravvisare l'opportunità di non avventurarsi su terreni impervi e comunque tali da offuscare l'immagine dell'Italia all'estero non per quanto detto ma per dove e da chi è stato detto;
          l'interrogante ha provveduto a inoltrare le proprie scuse agli ospiti francesi  –:
          se il sindaco di Bagno a Ripoli Bartolini fosse o meno parte ufficiale della delegazione italiana ed a quale titolo;
          se il sindaco Bartolini non fosse parte della delegazione italiana, da chi e come sia stato invitato, accreditato ed autorizzato ad intervenire al Forum mondiale dell'acqua;
          se non si reputi opportuno, onde evitare in futuro che l'immagine dell'Italia possa essere compromessa, chiunque ne sia al Governo, invitare l'Anci, l'Upi e l'Aiccre a considerare con grande attenzione i rappresentanti da inviare in occasioni di eventi internazionali. (4-15371)

      Risposta. — Come ricordato dall'interrogante, si è svolto a Marsiglia, dal 12 al 17 marzo 2012, il «VI World Water Forum», organizzato dall'organizzazione non governativa internazionale World water council. La sesta edizione del forum, inaugurata dal Primo Ministro francese Fillon, ha visto la partecipazione di oltre 20.000 persone e di rappresentanti di 140 Paesi. Per l'Italia, il Ministero degli affari esteri, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con l'Istituto agronomico mediterraneo di Bari (Iam-B), ha curato l'allestimento di un padiglione espositivo, lo «Stand Italia», al fine di illustrare alla platea internazionale alcune eccellenze italiane nel settore idrico. Al padiglione hanno anche presenziato rappresentanti istituzionali, nonché di università, centri di ricerca e aziende di settore.
      La delegazione italiana al «VI
World water forum» era guidata dal Ministero degli affari esteri e composta da funzionari dello stesso dicastero e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Come risulta dagli atti di registrazione dei partecipanti alla conferenza, il sindaco di Bagno a Ripoli, Bartolini, non faceva parte della delegazione italiana.
      
A latere della conferenza si sono peraltro svolti numerosi eventi organizzati da vari enti, tra cui agenzie delle nazioni unite, Ong e altri organismi internazionali. A quanto risulta, il sindaco Bartolini ha autonomamente partecipato ad uno di tali eventi dal titolo Platform for Global Water Solidarity. Si è trattato di un incontro non collegato al padiglione ufficiale del Governo italiano ma organizzato dall'Undp (United nations development programme), che ha invitato a partecipare autorità locali, regionali e statali, organizzazioni internazionali e multilaterali, operatori del settore dell'acqua, Ong, organizzazioni private e figure di spicco del settore.
      Lo stesso sindaco Bartolini, in una recente lettera indirizzata al Ministro degli affari esteri Terzi, ha voluto precisare che la sua partecipazione al
forum è avvenuta nell'ambito dell'evento organizzato da Undp in cui è stato presentato il progetto di cooperazione per la realizzazione di un acquedotto nel comune di Aygabac in Armenia, promosso dalla Water right foundation con il sostegno, fra i vari enti, anche del comune di Bagno a Ripoli.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          nell'ottobre del 2011 il padre missionario italiano Fausto «Pops» Tentorio, membro del pontificio istituto per le missioni estere (PIME) è stato ucciso da un killer solitario che gli ha sparato nella città di Arakan nel North Cotabato, territorio dell'isola di Mindanao, nelle Filippine dove da tempo lavorava con i popoli indigeni della zona;
          padre Tentorio era una luminosa figura di missionario che aveva lasciato il paese natale per passare metà della sua vita aiutando i popoli indigeni del North Cotabato e dedicandosi al miglioramento sociale mediante l'educazione e la costruzione di comunità di pace a Mindanao, soprattutto nella Valle di Arakan.  Inoltre, era coordinatore del programma tribale della diocesi Kidapawan, North Cotabato, era critico irriducibile delle attività di sfruttamento minerario della provincia, e aveva contribuito all’empowerment delle popolazioni indigene Manobo, attraverso misure di alfabetizzazione, di tutela della salute e di carattere produttivo per le comunità, unendosi alle lotte per la protezione del patrimonio ancestrale indigeno;
          padre Tentorio aveva denunciato la presenza delle forze armate filippine nelle comunità della Valle di Arakan, le quali hanno ammesso di aver considerato il religioso come un amico dei ribelli comunisti che dava loro aiuto e conforto; il religioso era sopravissuto a minacce, provocazioni, tentativi di rapimento e uccisione nel 2003, quando appartenenti a milizie armate lo vennero a cercare. Sfuggì a tale pericolo trovando rifugio in un villaggio dove venne nascosto dalla popolazione locale che riuscì a eludere il tentativo;
          le inchieste svolte sul campo hanno rivelato che padre Tentorio costituiva costantemente un bersaglio ed era stato soggetto a misure di sorveglianza da parte di individui sconosciuti alcune settimane prima della sua morte;
          il National Bureau of Investigation in seguito ha arrestato Jimmy Ato, sospetto appartenente a un'organizzazione di sicari attiva nell'area, il quale ha successivamente dichiarato che il padre venne ucciso per essersi opposto a un progetto di sfruttamento idroelettrico ad Arakan;
          dall'inizio della presidenza Aquino assunta nel luglio 2010, sono stati documentati 76 casi di esecuzioni extragiudiziali, ma nessuno è stato perseguito. Le uccisioni vengono fatte risalire all'operazione contro-insurrezionalista del Governo, denominata Oplan Bayanihan.  Le forze di sicurezza dello Stato vengono dispiegate nelle aree rurali e anche in quelle urbane per neutralizzare i civili disarmati ritenuti simpatizzare per l'organizzazione di guerriglia New People's Army (NPA);
          l'assassinio di padre Tentorio costituisce chiaramente una dimostrazione della continuazione di quella che appare agli interroganti la cultura di impunità e ingiustizia nelle Filippine  –:
          di quali notizie ulteriori disponga in ordine a quanto esposto in premessa;
          se e quali iniziative diplomatiche il Governo ritenga di avviare nei confronti del Governo filippino, affinché si possa giungere alla fine della militarizzazione, e in particolar modo, dell'operazione Oplan Bayanihan, e delle esecuzioni extragiudiziali nelle Filippine. (4-15777)

      Risposta. — La tragica uccisione del missionario italiano padre Fausto Tentorio si inquadra in un contesto territoriale caratterizzato da ripetuti episodi di sparizioni e omicidi extragiudiziali e da un esteso clima di impunità verso i reali mandanti di tali crimini. Padre Fausto Tentorio è, infatti, il terzo missionario del P.i.m.e. (Pontificio istituto per le missioni estere) ucciso nella regione filippina del Mindanao, dopo padre Tullio Favalli nel 1985 e padre Salvador Carzedda nel 1992, a cui si aggiungono il rapimento nel 1998 di padre Luciano Benedetti e nel 2007 di padre Giancarlo Bossi. Dall'inizio del mandato del Presidente Aquino, nel giugno 2010, si sarebbero verificati 76 casi, fra sparizioni ed esecuzioni extragiudiziali, nella regione filippina del Mindanao.
      Benché le Filippine vantino un'estesa cornice normativa per quanto concerne la tutela dei diritti umani, la situazione «sul terreno» desta ancora preoccupazione, in particolare per quanto concerne i cosiddetti
extrajudicial killings e le enforced disappearances di missionari, militanti di sinistra, giornalisti, giudici, spesso in collegamento con la diffusione di bande paramilitari, impiegate prevalentemente nel contrasto alla guerriglia comunista del National people army (Npa) nel Mindanao – regione delle Filippine a maggioranza musulmana, a fronte di un Paese in cui il 90 per cento della popolazione professa la religione cattolica.
      Sulla base degli elementi che è stato possibile acquisire, il connazionale Fausto Tentorio, ucciso il 17 ottobre 2011) davanti alla sua missione, ad Arakan Valley, Kidapawan City (North Cotabato) nel Mindanao potrebbe essere stato vittima dell'azione di formazioni paramilitari, ampiamente diffuse in Mindanao, e le cui operazioni spesso sfuggono al controllo diretto dell'amministrazione per seguire brutali logiche locali di giustizia sommaria e rappresaglia violenta. Missionario del P.i.m.e., trasferitosi dal 1978 nelle Filippine e dal 1985 a capo della diocesi della città di Kidapawan, padre Tentorio si era prodigato a lungo per la comunità dei musulmani indigente e sopratutto per la popolazione autoctona dei Manobos, sfuggendo nel 2003 ad un precedente tentativo di omicidio.
      Si era spesso schierato pubblicamente dalla parte delle popolazioni indigene e dei loro diritti, risultando così inevitabilmente «scomodo» agli interessi di alcune potenti
lobby locali. In particolare, padre Tentorio si sarebbe mostrato critico verso le incursioni dei militari nei territori sacri agli indigeni, nell'ambito di operazioni dei primi a contrasto alla guerriglia comunista in Mindanao. Quella che appare quasi unanimemente esclusa dagli osservatori locali ed internazionali è invece l'ipotesi della persecuzione religiosa. I missionari del Pime svolgono anzi da decenni una preziosa opera di sensibilizzazione al dialogo interreligioso, in particolare tra cristiani e musulmani.
      A seguito dell'omicidio del missionario italiano, che ha destato manifestazioni di sdegno e condanna in tutto il Paese da parte dei gruppi cattolici, della conferenza episcopale, dei principali gruppi musulmani e delle formazioni politiche di sinistra, incluse le frange militanti e dalle popolazioni indigene, oltre che da molti esponenti del Governo – al cui funerale sono accorse oltre 10 mila persone – il Presidente della Repubblica, Aquino, ha mostrato sin dall'inizio forte interessamento alla questione, manifestando forte vicinanza al P.i.m.e. e alla nostra ambasciata ed esortando le competenti autorità ad assicurare quanto prima i colpevoli alla giustizia.
      In particolare, è stata d'uopo costituita una speciale
task force (Sitg, Special investigation task group) incaricata di svolgere le indagini sull'assassinio, la quale ha dato positivi esiti alla fine del mese di novembre 2011, quando il National Bureau of Investigation ha arrestato il presunto killer del missionario italiano, Jimmy Ato, appartenente a un'organizzazione di sicari attiva nell'area del Mindanao. Secondo il presunto esecutore materiale del crimine, padre Fausto Tentorio sarebbe stato ucciso per essersi opposto a un progetto di sfruttamento idroelettrico nella valle di Arakan.
      Sin dall'inizio, il Ministro Terzi ha seguito con attenzione la vicenda. Non si è tralasciata occasione alcuna per richiamare le autorità filippine alle loro responsabilità al fine di assicurare indagini concrete e trasparenti per la ricerca dei colpevoli. A partire dall'ottobre 2011, l'ambasciata a Manila ha svolto passi, a più riprese, presso una molteplicità di interlocutori locali, sia a livello politico – Presidente della Repubblica, Aquino, Ministro dell'interno, Robredo, e Ministro della giustizia, De Lima – al fine di ricevere informazioni circa l'andamento delle indagini e sottolineare l'importanza attribuita dall'Italia al caso.
      È stata altresì condotta una forte azione mediatica, anche tramite l'organizzazione, nel dicembre 2011, di una conferenza stampa congiunta con la commissione nazionale dei diritti umani, la delegazione UE a Manila, il Pime e l'arcivescovado locale, ed una messa ecumenica in occasione della giornata internazionale per i diritti umani, al fine di mantenere viva l'attenzione del Governo e dell'opinione pubblica sulla tragica uccisione di padre Tentorio. Nel gennaio e nell'aprile scorso, la suddetta Ambasciata ha ripetutamente incontrato il Ministro della giustizia, Leila De Lima, la quale ha tenuto a ribadire che il caso rientra tra le priorità del Presidente Aquino. Secondo quanto riferito dal Ministro De Lima, il Gruppo speciale congiunto, Ministeri giustizia ed interno, costituito
ad hoc, e presieduto dal Sottosegretario giustizia, avrebbe oramai tutti gli elementi relativi al mandante del delitto, anche a seguito dell'arresto e della successiva confessione del presunto esecutore materiale del crimine. De Lima ha fatto sua la proposta – avanzata da rappresentante degli indigeni del Mindanao – del ritiro dall'area delle forze paramilitari speciali anti-guerriglia, ree di creare situazione di forte tensione in tutta la regione.
      Nel corso di un incontro a Manila fra il Presidente della comunità di Sant'Egidio ed il Presidente della Repubblica Aquino, nell'aprile 2012, la nostra ambasciata ha manifestato la preoccupazione del Governo italiano per l'assenza di risultati delle indagini circa il mandante del delitto, esprimendo l'auspicio di ricevere al più presto aggiornamenti rilevanti al riguardo.
      Nel dicembre 2010 il Presidente Benigno Aquino III (eletto nel giugno dello stesso anno) ha inaugurato il nuovo
Internal peace and security plan, denominato anche Oplan bayanihan, il quale ha sostituito il precedente piano di Sicurezza nazionale – detto Oplan bantay laya – ovvero il piano di counter-insurgency militare messo in atto dalla Precedente Presidenza Arroyo per contrastare i cosiddetti threat groups (i ribelli musulmani, i ribelli comunisti e i gruppi terroristici di matrice islamica). Secondo la Presidenza filippina, tale nuovo piano avrebbe dovuto rappresentare una «svolta paradigmatica» rispetto al precedente piano Oplan bantay laya.
      Secondo le più importanti organizzazioni per la tutela dei diritti umani attive nel Paese, a tale cambio di politica tuttavia non è corrisposto un cambiamento della situazione «sul terreno», ove i militari continuerebbero spesso a usare metodi non rispettosi dei diritti umani con i ribelli o i sospetti tali. Forte preoccupazione desta anche il fatto che le forze armate continuino ad avvalersi dell'aiuto di formazioni paramilitari (cosiddetti Cafgus), che – create sotto la presidenza Arroyo – il nuovo Presidente Aquino aveva promesso, finora senza successo, di smantellare.
      Il Governo italiano, in coordinamento con gli altri
partner europei sotto l'egida della delegazione UE a Manila, ha continuativamente espresso alle Autorità filippine (ed in particolare alla commissione per i diritti umani, agenzia governativa prevista dalla Costituzione) il disappunto verso i numerosi casi di violazione dei diritti umani da parte delle forze militari e paramilitari riportati dalla società civile. Oggetto di particolare scrutinio e di inquietudine da parte italiana sono i cosiddetti extrajudicial killings (di cui gli interroganti riportano correttamente i numeri) e le enforced disappearances.
      Il tema degli
extrajudicial killings sarà il primo punto sollevato dal nostro Paese, nell'ambito della 13a sessione dell'esame periodico universale (Upr) del Consiglio diritti umani delle nazioni unite (Ginevra, 21 maggio-4 giugno 2012), che scrutinerà la situazione dei diritti umani nelle Filippine.
      Il Governo, attraverso il Ministero degli affari esteri, s'impegna a continuare a seguire il caso Tentorio con la massima attenzione, non tralasciando occasione per sollecitare le autorità filippine in vista di una soluzione del caso chiara ed in tempi rapidi, ed altresì a monitorare, in coordinamento con gli altri
partner europei sotto l'egida della delegazione UE a Manila, la situazione dei diritti umani nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      PALADINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con decreto ministeriale 4 aprile 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale del personale del Ministero dell'interno – supplemento straordinario n.  1/11 del 12 aprile 2011, è stato indetto un concorso interno, per titoli ed esami, a 271 posti per l'accesso al corso di formazione tecnico-professionale per la nomina alla qualifica di vice revisore tecnico della polizia di Stato;
          l'organizzazione sindacale UGL polizia di Stato ha più volte chiesto al Ministero dell'interno la pubblicazione dei questionari che verranno somministrati ai candidati in occasione della prova scritta;
          ad avviso della predetta sigla sindacale la determinazione assunta dall'ufficio III attività concorsuali della direzione centrale per le risorse umane del Ministero dell'interno di non pubblicare i questionari in argomento per questioni organizzative del portale intranet della polizia di Stato non può che determinare una violazione della par condicio tra i candidati;
          la decisione assunta dall'amministrazione della pubblica sicurezza di pubblicare i questionari da somministrare nell'ambito delle diverse procedure concorsuali avviene unicamente per la selezione di personale del ruolo che espleta funzioni di polizia e non già per il ruolo che espleta funzioni tecnico-scientifiche e professionali con conseguente violazione della par condicio tra candidati  –:
          quale sia la motivazione in funzione della quale il Ministero dell'interno ponga in essere una siffatta differenziazione nell'ambito dei concorsi pubblici ed interni e se si intenda ristabilire la par condicio – ove effettivamente violata – mediante la pubblicazione dei questionari del concorso indicato in premessa sul portale intranet della polizia di Stato stante l'imminenza della prova d'esame. (4-14959)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante censura la scelta di non pubblicare i questionari somministrati ai candidati al concorso interno, per titoli ed esami, a 271 posti per l'accesso al corso di formazione tecnico-professionale per la nomina alla qualifica di vice revisore tecnico della Polizia di Stato.
      Al riguardo, si osserva che le disposizioni che regolano le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli degli agenti ed assistenti, degli ispettori, degli operatori e collaboratori tecnici, dei revisori tecnici e dei periti tecnici della Polizia di Stato contenute nel decreto ministeriale 28 aprile 2005, n.  129, non impongono all'amministrazione la preventiva pubblicazione dei quesiti relativi alla prova scritta del concorso interno.
      Si precisa inoltre che la prova d'esame prevista consiste in una prova pratica di carattere professionale ed è composta da quesiti di carattere specialistico, riferiti a ciascuno dei quindici profili professionali individuati dal bando di concorso, e i relativi quesiti da somministrare a ciascun candidato, per ogni singolo profilo, comprendono 50 domande.
      Ragioni economiche oltre che organizzative, connesse con gli oneri da sostenere per individuare un numero adeguato di quesiti da pubblicare – 5000 per ciascun profilo professionale in analogia a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto ministeriale n.  129 del 2005 – ha indotto l'amministrazione a non ritenere opportuna la pubblicazione dei questionari.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          con la preannunciata chiusura del distaccamento aeroportuale di ELMAS, prevista per Dicembre 2015, sono a rischio altre 400 buste paga circa (tra personale diretto ed indotto) con ulteriori ripercussioni sulla già devastante crisi economia della zona. (fino al 2001 le buste paga erano oltre 1.000 dirottate presso altre regioni italiane);
          non si vuole salvaguardare solo l'aspetto economico della questione, perché, pur non entrando nel merito operativo delle decisioni militari, il distaccamento in questione ha un potenziale enorme non solo per la funzione militare stessa, ma anche per l'apporto che potrebbe dare alla collettività, prerogativa peculiare dei militari;
          i lavori principali attualmente svolti presso la struttura, ovvero ispezioni ai velivoli C-130, prima venivano effettuati presso le ditte esterne con costi pari a 250 mila euro l'una; ora vengono effettuali dal personale che opera presso la struttura di ELMAS, con un risparmio tangibile di oltre 3 milioni di euro annui;
          le ispezioni sono circa 12/13 all'anno;
          i lavori effettuati ad Elmas consentono allo Stato, oltre al risparmio, in considerazione della particolarità dei lavori e dell'alta professionalità necessaria, anche l'utilizzo di professionalità locali, garantendo l'efficienza e l'efficacia nell'intervento;
          la struttura militare nel 2011 ha effettuato 32 voli di carattere sanitario urgentissimi, resi possibili grazie alla grande professionalità e celerità, caratteristiche per le quali Elmas eccelle;
          la regione Sardegna non ha un servizio di eliambulanza che garantisca alla popolazione un'efficace intervento in caso di necessità;
          le competenze e le professionalità militari esistenti sul territorio, anche attraverso accordi-convenzioni con gli enti interessati, possono consentire un notevole risparmio per le amministrazioni locali, e nel contempo consentono alle forze armate di ammortizzare le spese, dando un servizio efficace e puntuale alla collettività;
          un ulteriore risparmio nei costi di gestione è ipotizzabile con l'accorpamento nello stesso sedime delle altre strutture militari come il 21° GR. AVES dell'Esercito, e l'11° nucleo elicotteristi dell'Arma dei carabinieri;
          tale accorpamento consentirebbe la realizzazione di un'unica struttura da gestire utilizzando la logistica esistente nella parte dell'aeronautica militare, riducendo così servizi doppi (depositi combustibili, hangar, mense e altro);
          la struttura e le sue professionalità potrebbero essere utilizzate per ridurre i costi della campagna di prevenzione e repressione incendi che tutti gli anni viene svolta con enorme dispendio di risorse economiche, grazie all'apporto dei mezzi e degli uomini sia dell'Aeronautica che dell'Esercito  –:
          se non sia auspicabile una rivalutazione dell'ipotizzata dismissione della struttura anche alla luce del suo potenziale;
          se non ritenga il Governo di promuovere le giuste intese con la religione Sardegna e le amministrazioni interessate in grado di integrare e rifunzionalizzare il compendio di Elmas;
          se non ritenga necessario valorizzare le professionalità maturate nell'ambito del servizio aeronautico, integrandole con quelle degli altri Corpi, al fine di renderle funzionali anche agli usi civili, nell'ambito della sicurezza sanitaria, della protezione civile e della stessa lotta agli incendi. (4-16209)

      Risposta. — L'aeroporto di Cagliari Elmas, a seguito dell'avvenuto cambio di status di cui al decreto interministeriale del 14 febbraio 2008, è oggi un «Aeroporto Civile», la cui gestione è di esclusiva pertinenza dell'Aviazione civile ed a cui l'Aeronautica militare ha già ceduto aree demaniali ed infrastrutture non più d'interesse militare.
      Al momento, l'impegno della Forza armata è limitato alla fornitura dei servizi di navigazione aerea (solo servizio meteo, che si intende concludere entro il corrente anno) per la stessa Aviazione civile sino a completo subentro ENAV, così come previsto dal predetto decreto.
      Per quanto di specifico interesse militare, sono al momento ancora operative, presso il centro di manutenzione, talune attività manutentive sui velivoli ATLANTIC e C130J.
      Ciò premesso, la chiusura entro il 2015 del distaccamento di Elmas rientra nell'ambito del processo di trasformazione che la Forza armata ha già avviato da tempo attraverso la:
          adozione di diversi provvedimenti di riorganizzazione/soppressione (ai sensi del decreto legislativo n.  464 del 1987 e successive modifiche ed integrazioni), tesi tra l'altro, ove possibile, a concentrare i reparti operativi/enti/distaccamenti nel minor numero dei sedimi distribuiti sul territorio nazionale;
          razionalizzazione di determinate aree/settori, in base a specifici documenti di pianificazione (Progetto di riordino della Forza armata).

      Si tratta, in buona sostanza, di un processo finalizzato a perseguire soluzioni dal migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di comandi enti reparti ed il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
      Tale processo – che evidentemente sta interessando anche le altre Forze armate – è, peraltro, coerente con il più ampio ed incisivo progetto di revisione dell'intero strumento militare contemplato dal disegno di legge delega (Atto Senato 3271) attualmente all'esame del Senato della Repubblica, che, eliminando ridondanze ed inefficienze, consentirà di correggere lo sbilanciamento delle attuali componenti strutturali di spesa, di ottenere la sostenibilità finanziaria e di salvaguardare le capacità operative dello strumento stesso.
      In proposito, rammento che, nell'ambito di tale revisione dell'intero strumento, si dovrà intervenire sulle strutture, riducendo il numero delle basi, caserme ed enti, contraendo la presenza territoriale su un numero più ristretto di poli di presenza ed unificando per quanto possibile le diverse funzioni (formativa, territoriale, operativa, logistica), per perseguire l'obiettivo minimo di riduzione strutturale dell'ordine del 30 per cento nell'arco di un quinquennio o poco più.
      Fatta questa opportuna premessa, al fine di fornire un dettagliato riscontro ai diversi punti evidenziati nell'interrogazione richiamo opportunamente gli elementi informativi del competente organo tecnico-operativo militare.
      Il personale della Difesa oggi in forza al distaccamento di Elmas ammonta a 341 unità di cui 273 militari e 68 civili. Al riguardo:
          per il personale militare, ferme restando le prioritarie esigenze operative, la Forza armata, nell'ottica di andare incontro, il più possibile, alle legittime aspettative dello stesso personale, sta portando avanti un graduale piano di reimpiego in area sarda ed in particolare sulla vicina base di Decimomannu, di pari passo con il progressivo esaurimento delle diverse attività ancora svolte su Elmas;
          per il personale civile, come prassi consolidata, è stato già avviato il previsto processo di concertazione sindacale.

      Con riferimento, invece, al personale non appartenente alla Difesa ma dipendente da ditte impiegate su Elmas, si precisa che esso ammonta a poco più di 20 unità, in ragione essenzialmente di contratti per servizio mense e pulizie.
      Attualmente, come sopra riportato, le attività svolte su Elmas consistono essenzialmente nelle ispezioni manutentive presso il centro di manutenzione sul velivolo ATLANTIC – che terminerà la sua vita operativa entro quest'anno – nonché sui velivoli C130J (su quest'ultimi mediamente 8 ispezioni all'anno).
      La completa chiusura del distaccamento di Elmas si realizzerà entro il 2015, in funzione dello spostamento di tali ispezioni sui centri di manutenzione di Pisa e Sigonella, evitando, in tal modo, i costi altrimenti derivanti dal ricorso a manutenzioni presso ditta, conseguenti alla chiusura stessa di Elmas.
      Infine, con riguardo alla questione dei voli di carattere sanitario ed alla mancanza nella regione Sardegna di un servizio di eliambulanza, appare evidente che la chiusura del distaccamento Aeronautica militare non comporta la chiusura dell'aeroporto civile di Elmas.
      In ogni caso, qualora richiesto, l'Aeronautica militare è, come consuetudine consolidata, disponibile a soddisfare eventuali richieste di integrazione funzionali agli usi civili, in ambito sicurezza sanitaria ovvero di protezione civile e lotta agli incendi, attraverso la vicina base di Decimomannu, senza costi aggiuntivi e con capacità operative – logistiche, dal punto di vista militare, anche superiori a quelle di Elmas.
      Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto, non si ritiene possibile una rivalutazione della decisione in questione nel senso auspicato dall'interrogante.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      PISICCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la multinazionale del petrolio Northern Petroleum ha chiesto di procedere a trivellazioni al largo delle coste pugliesi per l'effettuazione di prospezioni geosismiche alla ricerca di idrocarburi;
          già dallo scorso settembre era stata manifestata, nell'ambito del procedimento ministeriale di valutazione di impatto ambientale, la contrarietà della giunta regionale sulla compatibilità ambientale in merito ai permessi chiesti da Northern Petroleum per la trivellazione dei fondali marini;
          tale posizione corrisponde ad un sentimento politico ed una condivisione popolare totalmente convergenti, così come è stato testimoniato dall'imponente manifestazione tenutasi nella città di Monopoli il 21 gennaio 2012, che ha visto la partecipazione di tutte le forze politiche, dell'associazionismo, delle rappresentanze istituzionali pugliesi a difesa di un modello di sviluppo che pone al centro il rilevante patrimonio paesaggistico che vede nella costa il suo punto di forza;
          il decreto sulle liberalizzazioni, che apporta modifiche al Codice dell'ambiente del 2006, rischia di aprire una pericolosa finestra in attesa di un decreto governativo che dovrà delimitare le aree protette, finestra che potrebbe venire utilizzata in modo surrettizio dalla multinazionale petrolifera, con grave pregiudizio delle coste pugliesi  –:
          quali urgenti interventi il Ministro interrogato intenda assumere per impedire che la volontà del popolo pugliese venga mortificata da un intervento di trivellazione che ne mortifica il territorio. (4-14596)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, concernente le ricerche petrolifere nei mari antistanti le coste pugliesi, si rappresenta quanto segue.
      Con il decreto legislativo n.  128 del 2010, sono state emanate specifiche disposizioni inibitorie delle attività prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi nei mari italiani (articolo 6, comma 17, del citato decreto legislativo n.  12 del 2010). A seguito di tali disposizioni larga parte dei mari italiani risulta inibita per le dette attività.
      In ogni caso, la normativa sopra richiamata non è la sola preposta a garantire la tutela dell'ambiente marino nel caso che questo sia interessato dalle attività di cui trattasi. Infatti, per le attività localizzate all'esterno delle aree di divieto di cui al detto articolo 6, comma 7, del decreto legislativo n.  128 del 2010, deve obbligatoriamente essere applicata la normativa relativa alla valutazione dell'impatto ambientale di cui alla parte II del decreto legislativo n.  152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni.
      Nel caso in cui l'esito delle valutazioni dell'impatto ambientale per i permessi di cui trattasi conduca in conclusione all'emanazione di decreti di positiva compatibilità ambientale, questi sono sempre condizionati al rispetto di un quadro prescrittivo che impone, tra l'altro, a maggior tutela dell'ambiente, attività di monitoraggio, interventi di mitigazione e compensazione ambientale.
      Si ritiene opportuno evidenziare il fatto che le attività in questione sono tenute anche al rispetto di specifiche normative di polizia mineraria di prevenzione del rischio al cui controllo sono preposti gli uffici denominati Unmig del Ministero dello sviluppo economico, amministrazione a cui compete, inoltre, l'autorizzazione per l'attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi in mare, mentre è di competenza del Ministero dell'ambiente l'endoprocedimento relativo alla verifica di compatibilità ambientale delle attività previste dai progetti presentati.
      Ulteriormente, si sottolinea che un'efficace azione di tutela e di prevenzione dei mari italiani è perseguibile non solo attraverso l'adozione di specifiche normative nazionali, come quelle sopra richiamate, ma anche e soprattutto rafforzando i rapporti con i Paesi che si affacciano sul bacino mediterraneo, attraverso l'adozione di specifici accordi bilaterali, ed accelerando la ratifica del protocollo
offshore della convenzione di Barcellona la quale è la sede inoltre dove poter sviluppare ed approvare regole comuni più restrittive delle attuali cui obbligare tutti i Paesi rivieraschi.
      A tale ultimo riguardo si evidenzia l'impegno allo stato in corso da parte di questo Ministero per la più rapida ratifica del detto protocollo offshore della convenzione di Barcellona.
      Per completezza di informazioni, si rappresenta che, nel mare pugliese, sono in corso le istruttorie tecniche per nove procedure di valutazione di impatto ambientale relative alla sola prospezione sismica, quindi senza alcuna trivellazione. In particolare, la società
Northem petroleum (UK) Ltd ha presentato sette delle nove istanze per i permessi di ricerca in istruttoria che sono dominati: d149 DR-NP; d60 FR-NP; d61 FR-NP; d65 FR-NP; d66 FR-NP; d71 FR-NP; d72 FR-NP. Le aree di tali permessi sono limitrofe e complessivamente si estendono dalla costa antistante Monopoli a quella antistante Santa Maria di Leuca.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      POLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'emanazione del Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.  42) ed il susseguirsi di innumerevoli norme (decreto legislativo 24 marzo 2006, n.  156 – Disposizioni correttive al decreto legislativo 22 gennaio 2004; decreto ministeriale 30 marzo 2009 n.  53 – Disciplina delle modalità per lo svolgimento della prova di idoneità per l'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali) hanno ulteriormente complicato e reso poco chiara la legislazione in materia di individuazione dei requisiti per l'ottenimento della qualifica di restauratore o di collaboratore restauratore;      
          attualmente, infatti, occorre considerare che: per diventare restauratore qualificato di diritto con i titoli di studio di Opificio delle pietre dure, patologia del libro, Icr, è indispensabile inviare entro il 30 novembre 2010 un formulario on line al Ministero per i beni e le attività culturali affinché si proceda ad una valutazione sempre del Ministero dei requisiti in possesso dei restauratori, oppure documentare un periodo di otto anni di lavoro con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento alla data dell'entrata in vigore del decreto del Ministero 24 ottobre 2001, n.  420; oppure superare una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante secondo le modalità che sono state stabilite dal decreto ministeriale 30 marzo 2009, n.  53 (primo test: prova a quiz, poi prova scritta e poi prova pratica su un bene culturale);
          in Italia si contano più di 29 mila imprese nel settore del restauro; l'80 per cento del patrimonio artistico culturale questo settore ha formato professionalità straordinarie grazie alle quali si sono trasmesse competenze e conoscenze che oggi rischiamo di perdere, ma che vanno tutelate  –:
          quali interventi si ritenga opportuno assumere al fine di concertare un percorso di accesso alla qualifica di restauratore eliminando i vincoli temporali penalizzanti e riconoscendo lo stato di fatto di tutte quelle imprese e lavoratori che operano nel settore da più di venti anni. (4-10569)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede quali interventi il Governo ritenga opportuno assumere al fine di concertare un percorso di accesso alla qualifica di restauratore eliminando vincoli temporali penalizzanti e riconoscendo lo stato di fatto delle imprese e dei lavoratori in ambito di restauro, si comunica quanto segue.
      Al fine di valorizzare esperienze e capacità degli operatori del settore, il Governo ha adottato un disegno di legge concernente la modifica della disciplina transitoria per il conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore di beni culturali, il cui testo, in data 28 febbraio 2012, è stato unificato con il disegno di legge presentato dal senatore Andrea Marcucci, recante «Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, in materia di professioni dei beni culturali».
      È in corso l'esame del testo presso la settima commissione Senato, i cui membri hanno auspicato una celere approvazione del provvedimento loro sottoposto, eventualmente richiedendo il trasferimento dell'atto in sede deliberante, onde consentire un rapido passaggio alla Camera dei Deputati.
      Sul provvedimento, teso al riconoscimento dell'esperienza professionale acquisita dai restauratori attraverso l'introduzione di un sistema di punteggi da attribuire ai percorsi formativi ed alle diverse esperienze lavorative utili all'ottenimento della qualifica di restauratore, è atteso il parere della commissione bilancio del Senato sui profili di ordine economico e finanziario.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      SANGA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          sul territorio di Tavernola, in provincia di Bergamo, sulle rive del lago di Iseo, insiste da oltre un secolo un cementificio oggi di proprietà del gruppo Sacci;
          lo stesso gruppo Sacci ha inoltrato richiesta di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale ai fini di poter utilizzare combustibile da rifiuti (Cdr) e pneumatici triturati nel processo di combustione che alimenta i forni;
          la competente conferenza di servizi, insediata presso la provincia di Bergamo, ha aggiornato i suoi lavori al mese di settembre;
          nella precedente autorizzazione integrata ambientale (aia) il gruppo Sacci aveva ottenuto la possibilità di avviare una sperimentazione mai attivata;
          la comunità di Tavernola si è espressa anche con una consultazione popolare e l'82 per cento dei cittadini ha dichiarato la sua contrarietà;
          il territorio del lago di Iseo sta attuando importanti progetti di valorizzazione naturalistico-ambientale e di rilancio turistico  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto sopra rappresentato e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini di fronte ad attività di incenerimento dei rifiuti ad opera di cementifici, come nel caso di cui in premessa, anche promuovendo un piano di monitoraggio degli effetti conseguenti a tali attività. (4-12985)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, concernente l'utilizzo nella cementeria Sacci di Tavernola Bergamasca (BG) del Cdr (combustibile derivato da rifiuti) e pneumatici tritati, si rappresenta quanto segue.
      In data 12 agosto 2005, la regione Lombardia ha rilasciato l'autorizzazione Integrata ambientale alla società Lafarge Adriasebina srl, stabilimento di produzione di cemento sito nel comune di Tavernola Bergamasca.
      La predetta autorizzazione prevedeva l'utilizzo di un quantitativo massimo di 96 tonnellate di rifiuti al giorno, tra i quali, in via sperimentale, anche il combustibile derivato da rifiuti (Cdr) e gli pneumatici triturati quali combustibili alternativi nel forno di cottura del
clinker. L'impianto è stato valutato dalla regione nel 2005 come impianto esistente ai sensi del decreto legislativo n.  133 del 2005.
      Per l'utilizzo di Cdr e pneumatici triturati la ditta avrebbe dovuto effettuare un periodo di sperimentazione, della durata di un anno, a partire dal dicembre 2005, e presentare alla fine della sperimentazione alla regione, alla provincia e al comune una relazione con la valutazione sull'efficacia dell'utilizzo di tali combustibili alternativi rispetto al
coke, unitamente ad un bilancio dei costi/benefici ambientali. La sperimentazione non è stata poi avviata nei termini temporali previsti dall'autorizzazione integrata ambientale.
      Successivamente, la Sacci Spa, nuovo gestore del cementificio di Tavernola Bergamasca, ha presentato l'istanza per il rinnovo dell'Aia, richiedendo, tra l'altro, di adeguare la previsione riferita alle tempistiche della fase delle prove di pratico impiego (sperimentazione) dei combustibili sulla base del permanere dei presupposti tecnici e normativi che hanno condotto alle prescrizioni e previsioni contenute nell'Aia in vigore.
      Per il rinnovo dell'Aia, la provincia di Bergamo, autorità competente al rilascio dal 1o gennaio 2008, ha convocato la predetta Conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n.  241 del 1990 e successive modificazioni integrazioni nella quale il comune di Tavernola Bergamasca, anche a seguito della consultazione popolare del giugno 2007, ha espresso il parere negativo, prima con deliberazione del Consiglio comunale n.  2 del 18 febbraio 2010, poi con deliberazione della giunta comunale n.  84 del 9 dicembre 2010.
      A margine della predetta conferenza, la provincia di Bergamo ha rimesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per il pronunciamento di cui all'articolo 14-
quater, comma 3, della legge n.  24 del 1990 e successive modificazioni integrazioni la decisione in merito alla possibilità o meno da parte della Sacci Spa di attivare la sperimentazione dell'uso di Cdr e pneumatici triturati quali combustibili alternativi da utilizzare nei forni di produzione del clinker nello stabilimento di Tavernola Bergamasca.
      Per tale motivo, presso il dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 3 novembre 2011, è stata indetta una riunione di coordinamento istruttorio (in videoconferenza) tra le amministrazioni coinvolte nel procedimento, dove sono state rappresentate le varie posizioni e ciascuno degli intervenuti ha confermato il parere espresso in conferenza di servizi. La riunione si è conclusa con l'invito alle Amministrazioni, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, a ricercare un possibile accordo, alla luce delle prescrizioni indicate dal comune di Tavernola Bergamasca.
      In data 23 novembre 2011 la provincia di Bergamo ha inoltrato il documento di sintesi finale, da cui sono emerse, in modo chiaro, da una parte la posizione contraria del sindaco di Tavernola Bergamasca e dall'altra la posizione favorevole della provincia di Bergamo, della regione Lombardia e dell'agenzia nazionale protezione ambiente.
      Al fine di completare l'istruttoria per la prevista delibera al Consiglio dei ministri, in data 21 dicembre 2011 la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha ritenuto di coinvolgere il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare ed il Ministero della salute al fine di conoscere il proprio avviso, ciascuno per la parte di propria competenza, sulla possibile esistenza di pregiudizio per l'interesse sulla salute pubblica e sull'eventuale condivisione circa le affermazioni di provincia e regione sulla questione.
      Con nota in data 2 marzo 2012, il Ministero dell'ambiente ha ritenuto «condivisibili le affermazioni della Provincia e della regione circa il fatto che la procedura di Via la procedura di verifica di assoggettabilità a Via siano procedure propedeutiche e si applicano a progetti di nuovi impianti o modifiche sostanziali di impianti esistenti e non a rinnovi tal quali di autorizzazioni ad impianti esistenti».
      Nella stessa data, il Ministero della salute ha ritenuto: «di concordare con l'attivazione di una fase di sperimentazione dei suddetti combustibili alternativi», pur riscontrando «una possibile criticità a carico dell'altezza dei camini e dell'orografia dell'area». Lo stesso Ministero concorda con le indicazioni fomite dalle Autorità locali circa la richiesta, preventiva al rilascio dell'autorizzazione, di «una verifica dell'efficienza della dispersione dei contaminanti aerei nelle condizioni meteo e orografiche della specifica area».
      Tanto premesso, il Consiglio dei ministri in data 16 marzo 2012, ha deliberato positivamente in merito alla realizzazione del progetto di sperimentazione dell'uso di Cdr (combustibile derivato da rifiuti) e pneumatici triturati quali combustibili alternativi nello stabilimento di Tavernola Bergamasca (Bergamo), le cui modalità applicative dovranno essere condivise da un apposito protocollo, che prevederà l'impiego delle migliori tecnologie oggi a disposizione per verificare che in qualsiasi situazione non si abbiano aggravi emissivi di sostanze inquinanti o impatti negativi per la salute pubblica.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          in caso di azioni militari in cui sia coinvolto, direttamente o indirettamente, un cittadino, il diritto internazionale prevede che il Governo di appartenenza sia informato;
          nel blitz delle forze di sicurezza nigeriane e britanniche in cui ha perso la vita l'ingegnere italiano Carlo Lamolinara, non pare esserci stato un preavviso;
          il Daily Telegraph, stando a quanto i media riportano, conferma che l'uccisione degli ostaggi, fra cui Lamolinara, è avvenuto prima dell'ingresso dei militari nel compound;
          il Premier britannico Cameron ha avvisato il Presidente del Consiglio Monti solo a operazione militare in corso;
          la mancata comunicazione e la mancata richiesta di consenso ad un'operazione tanto delicata per la vita degli ostaggi integrano, a giudizio dell'interrogante, un venir meno degli accordi internazionali di mutua collaborazione fra gli Stati, che risiedono peraltro anche nel dettame dell'Onu in materia;
          è inaccettabile che l'Italia non sappia cosa accade ai propri cittadini in situazioni di pericolo in azioni militari;
          anche nella vicenda dei Marò, l'Italia, ad avviso dell'interrogante, non risulta essere stata considerata nella giusta maniera a livello internazionale  –:
          come il Governo intenda agire per fare chiarezza sulle ragioni del mancato preavviso da Londra e Abuja;
          se il Governo intenda assumere iniziative per richiedere una giustificazione ufficiale di tale comportamento e richiamare il nostro ambasciatore in Inghilterra;
          se il Governo intenda richiedere le scuse ufficiali del Governo britannico su questa vicenda, al fine di tutelare la credibilità internazionale dell'Italia. (4-15293)

      Risposta. — A seguito delle vicende militari occorse in Nigeria, in cui ha perso la vita un ingegnere italiano, il nostro ambasciatore ad Abuja, Colaminé, il 9 marzo 2012, ha avanzato formale richiesta di un rapporto ufficiale sulle circostanze del decesso del connazionale Franco Lamolinara, avvenuto l'8 marzo, e l'ha reiterata il successivo 16 marzo nel corso di un incontro col Ministro degli esteri nigeriano Olugbenga. Ma ad oggi le competenti autorità, cui la richiesta italiana è stata inoltrata da quel Ministero degli esteri, non hanno ancora fatto pervenire alla nostra Ambasciata ad Abuja il richiesto rapporto ufficiale.
      Il Ministro degli esteri Ashiru tuttavia si è impegnato col nostro ambasciatore a sensibilizzare ulteriormente i competenti organi nigeriani al fine di ottenere quanto richiesto, assicurando per iscritto che le autorità nigeriane sono impegnate al riguardo e che il rapporto sarà reso disponibile al più presto.
      Lettere di cordoglio sono state inviate dal Ministro Ashiru al Ministro Terzi, nonché dal Presidente della Camera dei rappresentanti nigeriana, Tambuwal, a nome dell'Assemblea legislativa da lui presieduta, all'ambasciatore Colaminé, con preghiera di recapitarle anche ai familiari della vittima.
      Il Segretario di Stato William Hague ha effettuato una visita a Roma, con il principale scopo di chiarire l'azione che è costata la vita al connazionale ed al cittadino britannico Chris McManus. Durante tale missione, Hague ha avuto incontri con il signor Presidente del Consiglio Monti, il signor Presidente della Repubblica Napolitano, il Ministro degli affari esteri Terzi, nonché il Presidente del COPASIR onorevole D'Alema. Il Ministro Terzi e il Segretario di Stato Hague avevano già affrontato la vicenda, a Copenaghen, in occasione di un incontro avvenuto a margine della riunione Gymnich. Nel corso del suo colloquio con il Ministro Terzi, il Ministro Hague – nell'esprimere nuovamente le profonde condoglianze del Governo britannico per la morte del connazionale Lamolinara – ha fatto presente che l'intervento si è reso necessario a causa di un serio aggravamento della situazione e dell'aumento del rischio per gli ostaggi ancorché per il Regno unito, come per l'Italia, il primo valore da salvaguardare è la vita degli ostaggi. La decisione ultima circa l'avvio dell'operazione è stata presa, per mera mancanza di tempo, senza il diretto ed esplicito assenso di Roma nonostante costanti contatti a livello diplomatico e a livello di
intelligence vi erano stati per tutto il tempo della durata del sequestro. In tutto questo periodo, non era emersa alcuna differenza di valutazione con l'Italia riguardo all'atteggiamento da assumere riguardo a terroristi e sequestratori.
      Il Ministro Terzi, dopo aver ricordato la profonda commozione suscitata nell'opinione pubblica italiana dai tragici esiti del blitz, ha replicato che la visita del collega britannico rappresenta una piena conferma dell'intendimento del Regno unito di chiarire ogni aspetto della vicenda con Roma. Il Ministro Terzi ha anche tenuto a sottolineare che, da parte italiana, si confida comunque che vicende di tale tipologia non si ripetano in futuro.
      Proprio al fine di migliorare la capacità operativa congiunta in teatri sensibili, i Ministri italiano e britannico hanno inoltre reso pubblica una dichiarazione congiunta, con la quale viene istituito un
High Level Group on Terrorism, per rafforzare la collaborazione anti-terrorismo in teatri sensibili come Nigeria, Libia, Somalia e Yemen, incluso le operazioni in caso di sequestri e la lotta alla pirateria.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      TASSONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          da diversi anni è stato sollevato il problema relativo al servizio della pubblicità immobiliare e alla figura del «conservatore dei registri immobiliari»;
          la problematica si ricollega sostanzialmente alla riforma organizzativa dell'amministrazione finanziaria introdotta dalla legge 29 ottobre 1991, n.  358, e al relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n.  287, che ha istituito tra l'altro gli uffici provinciali del territorio;
          in base alla citata normativa, le competenze già demandate alle conservatorie dei registri immobiliari sono state attribuite ai servizi di pubblicità immobiliare in seno agli uffici del territorio (oggi agenzie), ove permane la figura del conservatore, cui il libro VI del codice civile all'articolo 2673 attribuisce la esclusiva titolarità della funzione ipotecaria, sancendone la imprescindibilità delle prerogative e del ruolo;
          le funzioni di conservatore, così come attribuite dal codice civile, presuppongono la più ampia conoscenza in materia di amministrazione pubblica del diritto privato e dovrebbero essere esercitate da funzionari competenti in materia giuridica, tant’è che in tema di contenzioso (articoli 2674 e 2888 del codice civile) la difesa degli interessi erariali spetta al conservatore (come previsto dalla legge n.  22 del 1983) e non all'Avvocatura dello Stato;
          la legge n.  358 del 1991 di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze ha invece classificato le Agenzie periferiche del territorio come «strutture prevalentemente tecniche» in seno alle quali anche il servizio della pubblicità immobiliare trova spazio marginale;
          inoltre, il decreto direttoriale n.  8/834 del 5 aprile 1996 ha stabilito che «il dirigente dell'ufficio del territorio è di diritto il conservatore dei registri immobiliari»;
          pertanto, il conservatore di diritto, incardinato nella figura del direttore dell'ufficio, eserciterebbe tali funzioni pur non avendone requisiti culturali e professionali, in quanto è un funzionario dei ruoli tecnici (cioè un ingegnere) e non dei ruoli amministrativi (cioè un giurista); di contro, il conservatore, spogliato ingiustamente delle sue funzioni, diventerebbe una figura secondaria;
          l'amministrazione delle Agenzie del territorio è attualmente affidata a dirigenti tecnici (nella gran parte ingegneri), i quali sono divenuti «conservatori titolari» pur non essendo in possesso di requisiti e competenze giuridiche, così come stabilite dal citato libro VI del codice civile, ed essendo dunque costretti a delegare, in maniera permanente, le funzioni di pubblicità immobiliare a ex conservatori o a funzionari amministrativi con preparazione specificatamente giuridica, ma pur sempre esercitanti attività delegate sottordinate ad un dirigente tecnico non qualificato per i compiti di cui trattasi;
          i conservatori dei pubblici registri immobiliari in diverse occasioni hanno esposto le proprie legittime ragioni su una questione di grande rilievo e delicatezza, interessando del problema anche lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze e rivendicando il recupero della loro dignità professionale  –:
          quali provvedimenti intenda il Ministro adottare al fine di eliminare le distorsioni e le contraddizioni prodottesi nelle conservatorie dei registri immobiliari a seguito dei provvedimenti di riordino e riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
          se il Ministro ritenga di assumere iniziative anche normative volte a ripristinare le funzioni e prerogative attribuite dall'articolo 2673 del codice civile alla figura del conservatore, restituendogli la titolarità dell'esercizio di attività legate alla pubblicità immobiliare, affinché tali compiti siano nuovamente affidati a funzionari muniti di comprovata esperienza professionale e giuridica. (4-07471)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'Onorevole interrogante ha chiesto chiarimenti in merito al ripristino delle funzioni attribuite dall'articolo 2673 del codice civile al «conservatore dei registri immobiliari» da parte degli uffici dell'amministrazione finanziaria.
      Al riguardo, l'Agenzia del territorio ha rappresentato quanto segue.
      L'incardinamento della titolarità della funzione di conservatore in capo al direttore dell'ufficio provinciale del territorio è stato realizzato, prima dell'istituzione delle agenzie fiscali a norma del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.  300, in esito alla riforma organizzativa dell'amministrazione finanziaria introdotta dalla legge 29 ottobre 1991, n.  358, e dal relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n.  287, che ha istituito, tra l'altro, gli uffici provinciali del territorio.
      In particolare, il decreto direttoriale n.  8/434 del 5 aprile 1996, in tema di titolarità della funzione ipotecaria, ha stabilito che «Il dirigente dell'Ufficio è di diritto il conservatore dei registri immobiliari.
      Ciò premesso, l'agenzia, consapevole della complessità delle attività che l'ordinamento assegna al conservatore dei registri immobiliari, sia della delicatezza degli interessi a tutela dei quali è preordinato l'intero sistema della pubblicità immobiliare ha, da sempre, investito notevoli risorse al fine di incrementare l'attività formativa del settore e di supportare adeguatamente il delicato compito cui sono preposte le figure responsabili dei servizi di pubblicità immobiliare.
      L'agenzia, tenuto conto dell'impossibilità, in taluni casi oggettivi, di garantire da parte del direttore dell'ufficio provinciale del territorio una costante presenza presso il servizio di pubblicità immobiliare ha prospettato una soluzione compatibile con il quadro normativo citato.
      A tal fine sono state individuate talune figure sostitutive del conservatore, rappresentate dal «gerente», in conformità a quanto previsto dall'articolo 34 della legge 25 giugno 1943, n.  540 e del «conservatore delegato», attraverso il ricorso all'istituto della delega di funzioni dirigenziali nei termini declinati dall'articolo 17, comma 1-
bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165.
      Da ultimo, è stato emanato il provvedimento direttoriale del 10 maggio 2011, sulle «Attribuzioni delle funzioni di Conservatore dei registri immobiliari», pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia del territorio ai sensi dell'articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n 244, finalizzato ad individuare specifiche strutture organizzative competenti in materia di pubblicità immobiliare, nonché le modalità di preposizione alle suddette strutture.
      Il predetto provvedimento ha disposto che, a decorrere dal 31 luglio 2011, il responsabile di ciascun servizio di pubblicità immobiliare operante presso gli uffici provinciali dell'agenzia assume la funzione di conservatore dei registri, immobiliari e che, in fase di prima applicazione, assumono la funzione di conservatore dei registri immobiliari i funzionari che svolgevano le attività e i compiti di conservatore delegato alla data del 10 maggio 2011.
      Sempre a far data dal 31 luglio 2011, i predetti funzionari hanno assunto il ruolo di responsabili dei reparti servizi di pubblicità immobiliare, istituiti con la disposizione organizzativa n.  90 del 28 luglio 2011 dell'agenzia del territorio, in base alla quale in tutti i casi in cui si renda necessario procedere a una nuova nomina dei responsabili dei suddetti reparti, i direttori regionali, d'intesa con i direttori degli uffici provinciali, vi provvedono tramite interpello a livello regionale.
      Pertanto, a parere dell'Agenzia del territorio, le recenti modifiche organizzative potranno contribuire a valorizzare, all'interno degli uffici provinciali, le funzioni e il ruolo del conservatore dei registri immobiliari.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Vieri Ceriani.


      MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la legge 27 marzo 1992, n.  257, e successive modificazioni, ha introdotto i benefici previdenziali ai lavoratori esposti all'amianto in attività soggette all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
          l'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.  326, e successive modificazioni, ha esteso i benefici previdenziali ai lavoratori esposti all'amianto in attività non soggette all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
          la Gazzetta del Mezzogiorno, del 10 ottobre 2011, ha pubblicato un articolo dal titolo: «Malattie professionali, Taranto in prima fila» ove è riportato che: «Tra Taranto e provincia, segnala l'Inail, ci sono in sospeso 4.500 domande di personale militare. “Non sappiamo quante si possono configurare come riconosciute – dice Giuseppe Gigante, direttore dell'Inail di Taranto – perché non ci sono ancora le specifiche tecniche. L'esposizione all'amianto per i militari funziona diversamente rispetto al personale Ilva. Se i metalmeccanici aggiungevano ai loro contributi quelli derivanti dall'esposizione all'amianto e andavano in pensione prima, i militari, invece, devono comunque avere le condizioni per andare in pensione perché l'esposizione all'amianto accresce solo la base imponibile”»–:
          quanti siano gli appartenenti al comparto sicurezza-difesa destinatari del beneficio e quanti quelli che ne abbiano fatto richiesta;
          quali immediate iniziative si intendano adottare per rendere esecutiva la volontà del legislatore di riconoscere il beneficio di cui in premessa;
          se esistano siti dove svolgono servizio i dipendenti del comparto difesa-sicurezza che non siano ancora stati bonificati, quali siano e quali immediati interventi di bonifica si intendano attuare. (4-13579)

      Risposta. — Ai fini di una migliore comprensione della questione affrontata con l'atto in esame, si richiama, in primo luogo, il quadro normativo in cui si colloca la problematica.
      I benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto hanno la loro fonte normativa originaria nella legge n.  257 del 1992 che prevedeva alcune misure di sostegno per un circoscritto numero di lavoratori, occupati in imprese impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione a seguito del divieto di utilizzare l'amianto.
      Successivamente, l'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003 n.  269, convertito, con modificazioni, nella legge n.  326 del 2003, ha esteso i benefici previdenziali anche ai lavoratori con periodi di esposizione in attività non soggette alla assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, prevedendo un coefficiente moltiplicatore dei periodi contributivi pari all'1,25 ed utile solo ai fini della «determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime».
      Ciò premesso, per quanto riguarda il personale militare sono pervenute, ad oggi, n.  13.939 richieste di concessione di benefici ai sensi della citata legge n.  326 del 2003 – tra le quali sono state definite, negativamente, n.  186 richieste presentate dal personale dell'Arma dei carabinieri, in quanto non sono stati individuati, dall'Arma stessa, siti in cui possa essersi verificata una possibile esposizione all'amianto – mentre, per quanto concerne il personale civile, sono state presentate, allo stato, n.  8.000 istanze.
      Non si hanno, invece, elementi conoscitivi in merito alle richieste pendenti presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) – cui è stata demandata la certificazione dei periodi di esposizione – in quanto l'Istituto non era in possesso di alcuna documentazione e/o informazione riguardante le mansioni e i mestieri svolti nei siti militari e sulle unità navali: per superare tali difficoltà, a far data dall'aprile 2006, è stata costituita in ambito Difesa un'apposita commissione, la quale, sulla base dell’
iter di impiego di ciascun dipendente, militare o civile, della Difesa, provvede al rilascio dei curricula del personale interessato e al successivo inoltro all'INAIL.
      È il caso, tuttavia, di evidenziare, che la maggiorazione di servizio prevista i dall'applicazione della normativa richiamata dall'interrogante, (aumento di 1/4 del servizio svolto con esposizione all'amianto), anche laddove venisse riconosciuta, produrrebbe in molti casi (circoscritti al personale militare) effetti sostanziali alquanto limitati.
      Infatti, in base alla previsione normativa dell'articolo 1849, comma 1, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n.  66 del 2010, il periodo di servizio, del quale è prevista la maggiorazione ai fini pensionistici, può essere considerato una sola volta, secondo la normativa più favorevole.
      Pertanto, se consideriamo che la quasi totalità delle richieste interessa personale della Marina militare e dell'Aeronautica militare, già beneficiario per imbarco/volo dell'aumento di 1/3 del servizio svolto, la maggiorazione prevista non potrà, comunque essere, concessa.
      Quanto, poi, alla bonifica delle aree interessate dalla presenza di elementi in amianto, si precisa che dall'entrata in vigore della legge n.  257 del 1992, sono stati eseguiti o sono in corso di esecuzione n.  333 interventi e sono stati programmati ulteriori n.  22 interventi.
      Con riferimento, in ultimo, agli altri dicasteri destinatari dell'atto in esame, si rappresenta quanto segue:
          il Ministero delle politiche agricole e forestali ha comunicato che, dal 2005 ad oggi, hanno prestato servizio con esposizione all'amianto n.  25 dipendenti del Corpo Forestale dello Stato, per i quali è stata disposta una ricongiunzione dei periodi, con relativa maggiorazione; inoltre, non risultano in essere attività relative alla bonifica di strutture in uso al Corpo forestale dello Stato con presenza di elementi in amianto;
          il Ministero dell'interno ha reso noto che l'INAIL non ha accolto le istanze di riconoscimento dei benefici contemplati dalla legislazione sull'amianto presentate da operatori della Polizia di Stato in servizio presso alcuni compartimenti della polizia ferroviaria; peraltro, non risultano, agli atti del servizio competente in materia, domande di riconoscimento dei benefici previdenziali per esposizione all'amianto presentate da appartenenti alla polizia di Stato in servizio presso la questura di Taranto, provincia menzionata nell'interrogazione. Quanto alla bonifica degli ambienti di lavoro, riguardo agli stabili in uso alla Polizia di Stato, il 29 dicembre 2010 i Ministeri dell'interno e dell'ambiente hanno stipulato un protocollo d'intesa al fine di effettuare interventi di messa in efficienza e risparmio energetico a servizio delle strutture della Polizia di Stato ubicate nell'Italia centro-settentrionale; sono stati, altresì, finanziati lavori di bonifica concernenti un magazzino sito presso la scuola allievi agenti di Vibo Valentia e una palazzina automezzi con sede a Reggio Calabria;
          il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato di non avere elementi informativi in merito alla specifica materia;
          il Ministero della giustizia ha fatto presente che la problematica non investe il personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria, tantomeno è stata mai avanzata richiesta da parte di alcuno.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano Il Mattino edizione di Padova, del 21 gennaio 2012, è pubblicato un articolo dal titolo «Negata la causa di servizio al maresciallo» in cui si legge «VITTIMA NELLA BASE-KILLER DEL VENDA Negata la causa di servizio al maresciallo TEOLO Il ministero della Difesa nega la “causa di servizio” al maresciallo dell'Aeronautica Luigi Baldan spentosi nel marzo del 2011, a soli due mesi dalla pensione, per un adenocarcinoma gastrico ulcerato con metastasi epatiche e linfonodali, dopo aver prestato servizio per oltre 20 anni nella base-killer del Primo Roc sul Venda. Nella lettera spedita ai famigliari del sottufficiale il diniego viene motivato dal Ministero col fatto che pur riconoscendo l'infermità dipendente da fatti di servizio “non risulta causata dall'espletamento di una missione autorizzata”»;
          a parere degli interroganti sono fin troppo evidenti la contraddizione e l'illogicità della determinazione ministeriale, che da un lato riconosce la dipendenza dal servizio della patologia causa del decesso del militare e dall'altro la nega perché non causata dall'espletamento di una missione autorizzata  –:
          quali siano le ragioni ed i presupposti di simili determinazioni ministeriali e se il Ministro interrogato intenda intervenire in merito e come. (4-14583)

      Risposta. — In relazione alla vicenda del sottufficiale Luigi Baldan – collocato «a domanda» nella categoria dell'ausiliaria a decorrere dal 2 gennaio 1992, con transito nella categoria della riserva dal 2 gennaio 1999 – è opportuno, in primo luogo, richiamare il quadro normativo di riferimento.
      In particolare:
          l'articolo 1, comma 564 della legge n.  266 del 2005, ha equiparato alle vittime del dovere, ai fini della concessione della speciale elargizione e degli ulteriori benefici alla stessa connessi, coloro che «abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione e a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative»;
          il relativo regolamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  243 del 2006, ha stabilito che:
              il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio «per particolari condizioni ambientali od operative» si svolge secondo l'ordinaria procedura di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  461 del 2001, ed è conseguentemente demandato al comitato di verifica per le cause di servizio, istituito ed operante alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze;
              per «particolari condizioni ambientali od operative» si intendono le condizioni implicanti l'esistenza di «circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto»;
              «le infermità si considerano dipendenti da causa di servizio per particolari
condizioni ambientati od operative di missione, solo quando le straordinarie circostanze e i fatti di servizio... ne siano stati la causa ovvero la concausa efficiente e determinante».
      Chiarito ciò, il militare, in data 21 settembre 2010 ha presentato istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia sofferta e, contestualmente, in considerazione dell'equiparazione alle vittime del dovere disposta dalla richiamata norma di legge, ha chiesto la corresponsione dei relativi benefici, ritenendo, quindi, che la sua infermità fosse riconducibile alle particolari condizioni ambientali in cui aveva operato durante la propria attività lavorativa.
      La direzione generale competente in materia, in conformità alle disposizioni contenute nel predetto regolamento, ha inoltrato la richiesta di parere al «comitato di verifica per le cause di servizio», preposto all'accertamento sia della dipendenza da causa di servizio sia della riconducibilità della patologia alle particolari condizioni ambientali od operative.
      Il comitato, con parere reso in data 13 dicembre 2011, nel riconoscere la dipendenza da fatti di servizio della infermità lamentata dal militare, si è espresso, invece, negativamente per quanto concerne il diritto dei superstiti ai benefici previsti per, gli equiparati alle vittime del dovere, «in quanto l'infermità indicata non risulta causata dall'espletamento di una missione autorizzata dall'autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata al dipendente».
      Peraltro, copia di tale parere, in applicazione dell'articolo 6 della legge n.  15 del 2005 concernente il cosiddetto «preavviso di diniego» è stato trasmesso alla vedova, affinché facesse pervenire eventuali osservazioni e/o elementi innovativi rispetto a quanto già esaminato dal comitato.
      L'amministrazione, comunque, avvalendosi della facoltà concessa dall'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n.  461 del 2001, il 2 febbraio 2012 ha inoltrato al comitato la richiesta di riesame sulla base delle argomentazioni pervenute dalla vedova, nonché sulla scorta delle osservazioni espresse dal Consiglio di Stato con parere n.  2526 del 1o giugno 2010, il quale ha fornito, nell'ambito dei casi della specie, un concetto di «missione» più ampio rispetto al significato letterale.
      Ad oggi, si è in attesa di un riscontro da parte del richiamato comitato.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          sul sito web del Fatto quotidiano il giorno 11 febbraio 2012 è stato pubblicato un articolo a firma di Adele Lapertosa dal titolo «Nel Policlinico militare di Anzio Vent'anni di sprechi e di inefficienze – La struttura dovrebbe ospitare pazienti lungodegenti, dipendenti del ministero della Difesa e delle Forze Armate, al massimo per 60 giorni, e invece è diventata la loro casa da più di 20 anni» in cui si descrive una situazione di degrado e inefficienza nell'ambito delle strutture della Difesa;
          dal medesimo articolo si apprende che nella struttura si troverebbero importanti reperti archeologici;
          dalle dichiarazioni di un dipendente si apprende inoltre che «[...]”tranne quella dove sono ospitati i degenti, con il tetto ricoperto di amianto e prive di impianto anti-incendio. E la cosa assurda è che l'ispezione per la sicurezza fatta qualche settimana fa ha detto che era tutto in ordine«”  –:
          se i fatti in premessa corrispondano al vero;
          quali siano le opere per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico esistente nella struttura;
          chi abbia effettuato l'ispezione per la sicurezza delle strutture e quale ne sia stato l'esito;
          quali immediate iniziative i Ministri interrogati, ciascuno per le proprie competenze, intendano intraprendere in merito. (4-14878)

      Risposta. — Vorrei precisare, in primo luogo, in merito alla «situazione di degrado» – cui fa cenno l'interrogante – del Policlinico militare di Anzio, che sono in corso alcuni interventi infrastrutturali finalizzati al miglioramento generale dell'intero comprensorio.
      In particolare, per quanto concerne l'esistenza di strutture ricoperte di amianto e prive di impianto anti-incendio:
          è stato appaltato lo scorso mese di dicembre un intervento per procedere alla sostituzione delle coperture dei fabbricati e allo smaltimento delle lastre di cemento amianto presenti sull'intero comprensorio;
          sono state già avviate le attività tecnico-amministrative per il consolidamento strutturale e la ristrutturazione edilizia della palazzina denominata reparto cura, le quali prevedono anche l'installazione di impianti anti-incendio con relativi rilevatori di fumo.

      Con riferimento, invece, ai lunghi tempi di permanenza dei pazienti lungodegenti, faccio osservare che, diversamente da quanto regolamentato dalle norme del servizio sanitario nazionale – che prevedono l'imputazione delle spese a carico dell'interessato dopo i primi 60 giorni di degenza, qualora il paziente sia stato dimesso dai responsabili sanitari – la struttura ospita pazienti che rientrano nelle categorie previste dal decreto interministeriale 31 ottobre 2000, per i quali vengono garantiti, sulla base delle tabelle ordinative vigenti, l'assistenza ospedaliera protratta, i trattamenti terapeutici e riabilitativi di lunga durata, i controlli diagnostici finalizzati alla prevenzione delle malattie evolutive, il trattamento delle malattie cosiddette dell'età, i servizi specifici di carattere assistenziale e il sostegno psicologico, senza prefissati limiti temporali di degenza.
      Quanto alla presenza di importanti reperti archeologici, il Ministero per i beni e le. attività culturali ha comunicato che:
          non risulta che nell'area siano presenti strutture archeologiche visibili, ad eccezione di pochi reperti mobili presenti nell'area probabilmente dall'epoca della costruzione del complesso;
          nel corso di sopralluoghi effettuati dal personale della soprintendenza non è mai stato riscontrato alcun danneggiamento archeologico.

      Per quanto concerne, altresì, il quesito riferito ad una recente «ispezione per la sicurezza delle strutture», non risulta siano state effettuate ispezioni di tale natura.
      Rendo noto, in ultimo, che la struttura sanitaria e attualmente oggetto di un apposito studio, allo scopo di definire la configurazione ottimale delle funzioni socio-assistenziali che vi si svolgono.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI. BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul sito www.Forzearmate.org è pubblicato un articolo tratto da www.metronews.it dal titolo Afghanistan, parla un militare. «Appalti e lavori non sicuri. Stare qui è una trappola» in cui si legge «Roma, 26 marzo 2012 – Afghanistan.  “Oramai la missione è divisa in due: Herat, con i ristoranti, le massaggiatrici, bar palestre e feste private. E le Fob (Forward Operative Base, ndr) vere: Bakwa, Baia Morgab, e Gulistan per l'appunto, dove non arriva neanche la nafta per i generatori, dove abbiamo l'acqua razionata. E dove non c’è sicurezza”». A parlare è un militare da Baia Morgab, uno degli avamposti più rischiosi dell'Afghanistan.  Operativo da venti anni, è uno dei più profondi conoscitori della gestione logistica delle nostre basi all'estero. Il suo compito è realizzare basi militari, quindi conosce fatti e misfatti di quanto sta accadendo. «Sono stati spesi milioni di euro per lavori di messa in sicurezza mai realizzati. Qui a Baia ad esempio, mancano i main gate, i bunker. E i soldi per realizzarli sono stati spesi». E su Gulistan, dove è avvenuto l'attentato in cui ha perso la vita il bersagliere Silvestri: «È una delle zone più pericolose, e meno sicure». «Proprio sabato mattina hanno tirato verso la fob delle granate e gli elicotteri si sono alzati solo un'ora dopo». Uno scenario complicato e farraginoso, quello che ci viene descritto. Dove molti «buchi organizzativi» dipendono anche dalle modalità di gestione degli appalti. «A Bakwa stanno facendo le gare per le forniture dei vetri antiproiettile, dopo che da anni vengono pagate le commesse di ordinaria manutenzione, e nelle voci di spesa sono compresi anche i vetri blindati, che ovviamente non ci sono. Sulla carta vengono spesi milioni di euro, ma di fatto i lavori mancano». È anche una questione di sicurezza: «Ad esempio il Cai, l'organismo che gestisce i soldi, ha messo a gara un sistema di videosorveglianza ad Herat interfacciato con l'aeroporto, e per farlo ha mandato all'esterno le mappe della base, con tutte le caratteristiche del campo. Sono state inviate per mail a tutte le ditte afgane» Un mese fa i servizi segreti avevano lanciato un allarme nella relazione consegnata al Parlamento, in cui si parlava di «cornice di sicurezza estremamente precaria» ed elevato livello della minaccia» per i militari italiani in Afghanistan.  «Ecco, ci sentiamo carne da macello, la situazione è più critica di quanto viene raccontato in Italia e, lo dico andando incontro ai miei interessi, da lì dobbiamo andare via.»  –:
          se i fatti narrati nell'articolo in premessa corrispondano al vero e quali immediate azioni intenda intraprendere in merito. (4-15502)

      Risposta. — In merito ai fatti riportati nell'articolo citato nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
      L'attività di rifornimento di gasolio ed acqua alle
Forward operative base (Fob) di Bala Mourghab, Bakwa e Gulistan è assicurata a domicilio, in modo tale da garantire la necessaria autonomia. Non si sono mai verificate, al riguardo, criticità significative.
      Per quanto concerne i lavori infrastrutturali, si evidenzia che nel teatro operativo afghano gli stessi vengono realizzati da ditte locali/internazionali accreditate presso il centro amministrativo d'intendenza interforze di Herat.
      In particolare, per quanto concerne – la partecipazione delle ditte all'attività concorsuale per l'affidamento dei lavori infrastrutturali, la
policy del comando dell'operazione ISAF (cosiddetta Afghan first) prevede l'impiego di ditte locali al fine di promuovere lo sviluppo economico.
      Infine, in merito al quesito «se i fatti narrati nell'articolo in premessa corrispondano al vero», con riferimento agli apprestamenti connessi alla sicurezza delle basi, non si ritiene opportuno fornire elementi di dettaglio che – seppur non corrispondenti ai fatti narrati – ove divulgati potrebbero costituire informazioni pregiudizievoli per la sicurezza stessa delle basi e del personale ivi impiegato.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          nel cuore del basso Salerno, nel parco dei Paduli-Bosco Belvedere, nella incontaminata vallata di Sombrino, nel protetto parco della Serra di Supersano, si sta perseguendo la realizzazione di un eliporto, un aeroporto per elicotteri di grave impatto per tutto ciò che comporterebbe in termini di infrastrutture ed inquinamento visivo, acustico e chimico connesso;
          varie associazioni del territorio hanno sollevato il problema, e l'associazione Italia Nostra ha invitato, anche, ai sensi dell'articolo 9 della legge 241 del 1990, il comune di Supersano a non proseguire nella strada intrapresa, tenendo conto della vocazione vera del parco e della vallata, quella agrituristica che già dà sostentamento a decine di famiglie e che si rischia invece così di pregiudicare gravemente, e suggerendo una diversa scelta ubicativa dell'impattante infrastruttura per elicotteri, magari nella zona industriale del paese, già area degradata, dove l'eliporto potrebbe avere un senso, in termini di vicinanza al paese (solo 1,5 chilometri) per il presidio 118 per eli-soccorso, con cui si vuole giustificare l'infrastruttura, ed in termini di preesistenza di una comoda infrastrutturazione stradale già esistente;
          l'attuale ubicazione del progetto di eliporto è infatti notevolmente distante dal presidio ospedaliero di Casarano, il più vicino (a 6 chilometri di distanza in linea d'aria), dallo stesso centro abitato di Supersano (il più vicino centro abitato), che vi dista ben 5 chilometri circa, senza contare chilometri di strade che occorrerà realizzare ex novo per raggiungerlo (sfregiando un ecosistema unico di tratturi, stradine medioevali in ciottoli e carrarecce sterrate) ed il fatto che è prevista una identica struttura per elicotteri a soli circa 6 chilometri di distanza, sempre nella vasta area rurale intercomunale in cui la regione Puglia sta procedendo alla definitiva istituzione del parco dei Paduli, o ai suoi immediati confini, nei feudi di Maglie-Melpignano in località Cortidroso; anche questo secondo eliporto è ubicato in piena campagna, dunque, e ben lontano da centri abitati e da centri ospedalieri, nonostante lo si giustifichi, anche in questo caso, con il discorso della nascita di un centro di soccorso sanitario con elicotteri per eli-trasporto di casi urgenti. Il dubbio che si stiano realizzando delle «cattedrali nel deserto», anche eventualmente con finanziamenti pubblici, che possano arrecare più danni al territorio che i benefici invece prospettati, è pertanto forte;
          agli interroganti non risulta che la sperduta campagna di Supersano sia una zona caratterizzata da turismo di massa, come una località costiera, né un presidio ospedaliero, situazioni dove un simile eliporto per trasporti civili avrebbe un sensore e si dovrebbe accogliere con favore; il cuore del Salento, inoltre non è un area montagnosa e accidentata, bensì un'area pianeggiante e ben infrastrutturata dal punto di vista viario, tale da potersi giustificare un tale addensamento di elisuperfici;
          il progetto interessa un'area di pregio naturalistico, storico e paesaggistico «vincolata», oasi naturale dove vivono le cicogne, e numerosi altri animali protetti, nonché incanto di antiche masserie, e viuzze sterrate, tra querce monumentali e millenarie dell'antica Foresta del Belvedere;
          nei pressi dell'eliporto, verrebbe a trovarsi la Masseria Macrì, splendido casino di caccia affrescato, stupendamente recuperato e restaurato dai suoi operosi proprietari, che hanno anche svolto attività di rimboschimento; tutto un lavoro sul paesaggio che conserva testimonianza archeologiche di età e suggestioni protostoriche, come menhir, sino ai nostri giorni, che oggi rischia di essere vanificato; l'eliporto risulterebbe inoltre ridondante rispetto ad un'identica infrastruttura, un'elisuperficie attrezzata nella stessa maniera e con le stesse destinazioni e finalità di interesse pubblico e privato, autorizzata in contrada Cortidroso a poche centinaia di metri da quella contestata (in contrada Macrì); una elisuperficie, quella di Cortidroso, il cui iter autorizzativo sarebbe già in avanzato stato di ultimazione;
          sussistono perplessità di tipo finanziario rispetto a questa coincidenza temporale in merito a quella che si configura come una «corsa» alla realizzazione di elisuperfici in Salento;
          vi sarebbero, sulla base di alcune proposte, soluzioni di ben più ragionevole ubicazione in altri siti del feudo comunale di Supersano, di ben minore impatto e di vera utilità sociale, quale l'ubicazione nella zona industriale del paese;
          si tenga poi presente che nel Salento è possibile la realizzazione a breve di grossi centri ospedalieri che si dovranno dotare di elisuperfici, o anche il fatto che tanti grossi centri ospedalieri preesistenti sono sprovvisti di eli-superficie per eli-soccorso, dati questi da cui si evince l'inconsistenza della giustificazione sanitaria di «pubblica utilità» degli eliporti privati sperduti nei campi, come quello nella campagna di Supersano in contrada Macrì, della ditta Alidaunia, realizzato con soldi pubblici elargiti dalla regione Puglia, proprio a seguito della dichiarata «utilità sociale», ma che la ditta pare potrà comunque utilizzare privatamente per eventuale servizio di trasporto civile di passeggeri, per trasporto merci e per atterraggio di altri elicotteri privati, tutto un business privato dunque in cui si ravvede ben poco di «pubblica utilità»  –:
          di quali informazioni disponga in merito il Governo;
          se e quali iniziative si intendano promuovere, per le rispettive competenze, al fine di fare valere i vincoli esistenti, compresi quelli forestali e a tutela delle piante monumentali di quercia, presenti nell'area interessata alla realizzazione dell'eliporto in questione in contrada Macrì nel feudo di Supersano e del paesaggio tutto, ad oggi incontaminato della vallata di Sombrino. (4-11662)

      Risposta. — Va premesso doverosamente che la questione sollevata dagli interroganti riguarda aspetti di competenza regionale e locale, pertanto, in base agli elementi acquisiti dagli organi locali, si riferisce quanto segue.
      Il comune di Supersano, debitamente interpellato, ha precisato che si tratta della realizzazione di una «elisuperficie», opera qualificata di interesse regionale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1 della legge regionale n.  13 dell'11 maggio 2001, in località Masseria Macrì. La scelta dell'ubicazione è stata determinata da esigenze di carattere socio-sanitario, nella prospettiva di realizzare grossi centri ospedalieri e tenuto conto del fatto che quelli preesistenti sono per lo più sprovvisti di superfici per eli-soccorsi. L'esistenza di un eliporto in un territorio di elevato richiamo vacanziero, risponderebbe inoltre ad un piano di sviluppo complessivo del turismo e del territorio. La zona, secondo perizie tecniche, non presenterebbe problematiche di natura geomorfologica ed ideologica, l'impatto ambientale sarà pressoché nullo in quanto la piattaforma sarà costituita da una soletta in calcestruzzo con aggiunta di uno strato superficiale di cemento resinoso, e i sistemi antifurto, antintrusione e antincendio saranno alimentati con energia fotovoltaica.
      Il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è avvenuto da parte della regione Puglia con atto del 12 ottobre 2010, ed in data 19 novembre 2010 il comune di Supersano ha rilasciato il titolo abilitativo con permesso di costruire n.  45 del 2010, i cui lavori sono in fase di ultimazione.
      Con riferimento agli aspetti di compatibilità acustica, di cui alla legge quadro in materia di inquinamento acustico n.  447, del 26 ottobre 1995, si precisa ulteriormente che per nuovi impianti e infrastrutture adibiti ad attività produttive, la documentazione di previsione di impatto acustico è connessa all'istruttoria per il rilascio del permesso di costruire, come previsto all'articolo 8, comma 4, nel caso di specie di competenza regionale, ai sensi e per effetto dell'articolo 4, comma 1, lettera
d).
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          come evidenziato con le interrogazioni 4-13036 e 4-06903 l'isola di Ventotene è stata protagonista di fenomeni di dissesto idrogeologico;
          per la messa in sicurezza dell'isola è stata stanziata la somma di 6 milioni di euro;
          da un articolo pubblicato su La Provincia del 30 agosto 2011, a firma Giuseppe Mallozzi, risulta che il 22 agosto 2011 è stato pubblicato un bando di gara riguardante «Appalto di progettazione esecutiva, previa acquisizione della progettazione definitiva, in sede di offerta ed esecuzione dei lavori di collegamento esterno al centro abitato per il porto nuovo con eliminazione del rischio frana» per un importo di 4.825.148,56 euro;
          si tratta della realizzazione di un nuovo collegamento al centro abitato dal porto romano che si articolerà interamente in galleria, tra cui una perforazione del tratto di costa definito a rischio frana  –:
          se sia prevista una lista di priorità di interventi per la messa in sicurezza dell'isola con le risorse di cui all'intesa Stato-regione;
          se parte di queste siano usate per la realizzazione del nuovo collegamento di cui in premessa ed, in caso affermativo, se non ritenga il Ministro di intervenire perché vadano privilegiati altri interventi di messa in sicurezza del territorio piuttosto che quello legato alla realizzazione di una infrastruttura che si articolerà interamente in galleria in un territorio particolarmente fragile come quello di Ventotene. (4-13168)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, relativa alla realizzazione di opere di mitigazione del rischio idrogeologico ed infrastrutturali sull'isola di Ventotene, nel premettere che i due stanziamenti citati nell'interrogazione si riferiscono a fonti di finanziamento diverse, che hanno altrettante finalità diverse, si fa presente quanto segue.
      La somma di 6 milioni di euro per la messa in sicurezza dell'isola, richiamata dagli interroganti, si riferisce probabilmente all'accordo di programma finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico intrapreso tra il Ministero dell'ambiente e la regione Lazio, sottoscritto il 15 luglio 2010, che destina la somma complessiva di 6.370.000 euro per 6 interventi di mitigazione del rischio idrogeologico da realizzarsi in varie parti dell'isola.
      Tali interventi sono elencati nel programma dell'accordo secondo un ordine di priorità e saranno finanziati con le risorse messe a disposizione dal Ministero dell'ambiente e dalla Regione nell'ambito dell'accordo stesso.
      Per assicurare la rapida attuazione degli interventi ricompresi nell'accordo, ai sensi dell'articolo 17, comma 1 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.  195, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n.  26, è stato nominato un commissario straordinario che cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie alla realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi, ove necessario, dei poteri di sostituzione e di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge n.  185 del 2008.
      Per quanto riguarda, invece, i lavori di collegamento esterno al centro abitato per il porto nuovo con eliminazione del rischio di frana, per un importo complessivo di 4.825.148,56 euro, come comunicato dall'assessorato infrastrutture e lavori pubblici della regione Lazio e dal comune di Ventotene, la somma è stata stanziata con delibera della Giunta regionale n.  815 del 22 ottobre 2009, per le finalità di cui all'articolo 16 della legge regionale n. 72 del 1980 «interventi finanziari straordinari per opere di viabilità di particolare importanza su strade provinciali e comunali». Inizialmente anche questo finanziamento era pari a 6.000.000 di euro, poi rimodulato per realizzare un nuovo collegamento stradale in sostituzione di una strada resa inagibile da fenomeni di dissesto idrogeologico. Il progetto per la realizzazione del collegamento viario prevede anche l'eliminazione del rischio di frana del costone interessato dall'opera, intervento non previsto nell'accordo di programma sopra citato e che andrà invece, a completare gli interventi di messa in sicurezza ivi previsti.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto sostiene il professor Franco Ortolani in un articolo pubblicato dal quotidiano ecologista Terra del 15 dicembre 2011, in località Rizzoli del comune di Laurito (Salerno) dove deve sorgere una discarica, si sta procedendo a sondaggi per la caratterizzazione geologico-tecnica del sottosuolo dell'area che non potrebbero iniziare senza l'assenso dell'ente parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano poiché la località si trova in zona contigua;
          inoltre, non risulterebbe espresso un preventivo parere di idoneità geoambientale necessario per procedere all'esecuzione di indagini geognostiche;
          secondo il professore F. Ortolani l'area in esame non offre garanzie di stabilità geomorfologica per una discarica di materiali inquinanti per cui l'attività d'indagine geognostica da eseguire in un'area con queste caratteristiche geoambientali è un errore ed una spesa di denaro pubblico inutile  –:
          di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa e quali azioni conseguenti si intendano promuovere a tutela dell'area del parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. (4-14305)

      Risposta. — Con riferimento alle problematiche indicate nell'interrogazione in esame, si rappresenta che, sulla base degli indirizzi formulati dalla provincia, in particolare la necessità di individuare quattro sottoambiti territoriali dove localizzare gli impianti di discarica, e dalle risultanze dello studio redatto dall'Università degli studi di Salerno, il commissario straordinario, nello scorso anno, aveva individuato, tra i siti potenzialmente idonei, anche quello ad esclusivo servizio del sottoambito del Cilento, ubicato nel comune di Laurito, in località Rizzoli.
      Pertanto, è iniziata l'attività diretta ad acquisire tutte le autorizzazioni previste dalla legge per la messa in opera dell'impianto, tra le quali il parere obbligatorio dell'ente Parco del Cilento e del Vallo di Diano in sede di conferenza di servizi, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, II parte, del decreto-legge n.  196 del 2010.
      L'attività di verifica tecnica, invece, benché non ancora avviata, è stata sospesa in virtù della delibera dell'ente Parco suddetto in data 15 dicembre 2011, che ha prospettato, d'intesa con gli esponenti della comunità territoriale interessata, la realizzazione di un «Polo Ecologico» nel comune di Vallo della Lucania, in luogo dell'impianto ad uso esclusivo del subambito del Cilento nel comune di Laurito.
      Allo stato attuale, pertanto, si sta procedendo in tale direzione con lo scopo di valutare la fattibilità dell'opera che prevede la costruzione di una serie di impianti, tra cui un sito di smaltimento finale nel comune di Vallo della Lucania.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAZZERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni tra il 20 ed il 25 novembre 2011 sono state effettuate prospezioni geosismiche in Adriatico, in acque internazionali tra le coste pugliesi e quelle greche;
          il 30 novembre 2011 all'isola di Corfù (nella Grecia ionica) si sono spiaggiati tre Ziphius cavirostris, grandi cetacei chiamati più comunemente «balene dal becco d'oca»;
          quasi contemporaneamente, e precisamente la notte successiva, altri due esemplari di Ziphius cavirostris sono stati ritrovati sulla spiaggia di Capo Rizzuto, sulla costa ionica della Calabria. Si trattava di una femmina di oltre 5 metri (morta sul colpo) e di un cucciolo;
          di questi particolari cetacei conosciamo l'attitudine a frequentare le profondità marine e la forte sensibilità all'inquinamento acustico del mare;
          in effetti le cause dello spiaggiamento sono probabilmente correlate a disturbi sonori che provocano il disorientamento degli animali, portandoli alla morte;
          è molto difficile appurare un nesso causale tra i decessi e l'inquinamento provocato dalle attività umane, visto che rimangono tutt'ora sconosciute le origini dello spiaggiamento dei 7 capodogli (physeter macrocephalus) il 7 dicembre 2009 vicino alla foce di Capojale-Laguna di Varano (Foggia), e degli altri due esemplari sul litorale di Vieste (Gargano);
          tuttavia è opinione diffusa che «In genere ad esempio (gli spiaggiamenti) accadono in presenza di navi che effettuano esercitazioni militari o prospezioni geologiche alla ricerca di giacimenti di gas o petrolio. Uno strano suono, «fischio» o «emissione», così è stato descritto, è stato sentito nell'area dello spiaggiamento greco. Questo suono si ripeteva a intervalli di 10-15 secondi. I soccorritori pensavano fosse uno degli zifili ad emetterlo, ma il suono è continuato anche dopo la morte dell'esemplare, per ore. Era questo suono collegato alle cause che hanno provocato lo spiaggiamento, impossibile dirlo. I soccorritori non hanno visto navi nelle vicinanze, ma un pescatore ha detto di avere visto in quella zona, quel giorno, una «strana» nave che secondo lui «stava cercando petrolio» (www.storiedimare.net 1° dicembre 2011)  –:
          se il Ministro interrogato intenda chiarire le cause dello spiaggiamento degli esemplari citati in premessa e se vi sia correlazione con l'attività di prospezione geosismica da parte delle navi «Princess» e «Thor Guardian» della società petrolifera Northern Petroleum attualmente in corso nelle aree denominate F39 ed F40 a largo di Brindisi. (4-14266)

      Risposta. — In ordine al quesito posto con l'interrogazione in esame, ovvero «se si intenda chiarire le cause dello spiaggiamento degli esemplari di Zifi e Capodogli e se vi sia correlazione con l'attività di prospezione geosismica da parte delle navi Princess e Thor Guardian della società petrolifera Northern Petroleum attualmente in corso nelle aree denominate F39 e F40 al largo di Brindisi», si rappresenta quanto segue.
      Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha costituito fin dal 2006, in regime convenzionale con l'università di Padova – dipartimento di sanità pubblica, patologia comparata e igiene veterinaria (coordinatore dottor Sandro Mazzariol), l’«unità per la necroscopia dei grandi cetacei», recentemente evolutasi nel 2011 in «Unità mobile di intervento nazionale
(Cetaceans Emergency Rescue Team – C.E.R.T) per la gestione di spiaggiamenti straordinari di cetacei».
      L'unità è stata costituita da questo Ministero in specifica attuazione nazionale degli adempimenti istituzionali assunti nell'ambito dell'accordo ACCOBAMS, così come già definiti dallo stesso
scientific committee di tale accordo, dalla resolution 3.25 «Cetacean Live Stranding» e, recentemente, dalle soluzioni pertinenti e dal work programme 2011/2013 approvati in sede di IV Meeting of the parties ACCOBAMS (Monaco, 9-12 novembre 2010), e con specifico riferimento alle strategie nazionali per la conservazione dei cetacei, nonché, nel quadro del menzionato accordo relativo ai mammiferi marini del bacino Mediterraneo, alle risoluzioni pertinenti ed al work programme 2011/2013 approvati dalle parti contraenti in sede di IV meeting of the parties ACCOBAMS (Monaco, 9-12 novembre 2010), segnatamente:
          
Resolution 4.5 – Work Programme 2011-2013, Conservation Actions:
              RMTM 14 – Responses to emergency situations;
              CB 2 –
Monitoring of cetacean strandings;
          
Resolution 4.16 – Guidelines Stranding Response.

      La realizzazione del progetto in questione ha posto l'Italia in posizione di leadership, sulla specifica tematica, nel novero dei 23 paesi contraenti l'accordo, consentendo pertanto di raggiungere un ruolo guida in progetti di cooperazione tecnico-scientifica dedicata verso i paesi dell'area dell'accordo (Mar Mediterraneo, Mar Nero ed Acque Atlantiche contigue); tale preminenza è stata attestata in occasione del menzionato meeting ACCOBAMS, attraverso l'interesse ed il consenso suscitati dalla presentazione dei risultati scientifici e gestionali dell'intervento operato proprio sui 7 capodogli spiaggiatisi in Puglia.
      Tale organismo scientifico e tecnico di intervento operativo (i cui più rilevanti interventi sono stati realizzati, con specifico mandato di attuazione e coordinamento da parte di questo Ministero, in occasione del citato spiaggiamento di massa di 7 esemplari di capodoglio occorso lungo le coste pugliesi nel dicembre 2009 e in occasione degli spiaggiamenti di tre balenottere sul litorale di San Rossore (Pisa) a Capo Testa (Otranto) e a Savona), estende i propri interventi, a scala nazionale, su:
          emergenze per spiaggiamenti straordinari (cetacei di grandi dimensioni, oltre 1 tonnellata);
          emergenze per spiaggiamenti di massa
(mass strandings response);
          emergenze per spiaggiamenti cetacei vivi
(live stranding);
          emergenze per episodi di decesso di cetacei causati da fattori antropici che rappresentino fattori di attenzione e/o rischio per la tutela ambientale (
oil spills, algal blooms, eccetera).

      L'unità in questione è, tra l'altro, intervenuta anche nell'evento relativo agli zifi occorso il 30 novembre 2011 a Crotone, correlato a quello occorso a Corfù (Grecia): sia relativamente all'evento dei 7 capodogli in Puglia, sia per l'evento degli zifi a Crotone, il dottor Mazzariol ha prodotto, e regolarmente trasmesso a questo Ministero, apposite relazioni tecnico-scientifiche, di cui si riportano estratti delle conclusioni.
      Riguardo ai capodogli in Puglia, la disposizione e distribuzione dei soggetti sulla spiaggia e l'agonia o la morte in mare denunciano comunque un quadro di debilitazione che interessava tutti i soggetti. Si deve solamente sottolineare la presenza di un quadro di immunocompromissione.
      I medesimi reperti escludono che la causa del decesso sia da attribuire alla
gas and fat embolic syndrome, condizione patologica riportata in letteratura come associata all'esposizione ai sonar militari. Di contro, i rilievi tossicologici e le prove biologiche indicano un'alterazione delle funzioni nervose ad eziologia esogena che, per quanto minime possono aver alterato il senso di orientamento e della percezione.
      Lo spiaggiamento di questi 7 capodogli si può attribuire ad una condizione multifattoriale, come spesso viene suggerito nei lavori scientifici che riportano eventi come questo, citati in bibliografia.
      Da sottolineare comunque come, per quanto questa specie sia assente od occasionale nel Mar Adriatico, in questo bacino si siano verificati altri 5 spiaggiamenti di massa di capodogli, probabilmente per le caratteristiche geografiche del bacino.
      Infine, l'uso di strumenti acustici, come quelli correlati alle attività di prospezione presenti anche in Adriatico
(airguns), non possono essere considerati come agenti causali lo spiaggiamento per il loro impatto diretto, in quanto assenti emboli di qualsiasi natura, ma possono eventualmente essere tenuti in considerazione come potenziale fattore di disturbo e/o di alterazione del comportamento di questi animali avendone impedito l'uscita o forse favorito l'ingresso.
      Riguardo, invece, ai zifi a Crotone, i rilievi macroscopici principali sono stati:
          parassitosi renale moderata da
Crassicauda specie associata ad arterite mesenterica cronica da moderata a grave con mineralizzazione della parete arteriosa;
          parassitosi gastrica e faringea da
Anisakis specie;
          ascessi nel
blubber nella regione cefalica, in prossimità del melone;
          emorragie focalmente estese del grasso acustico della mandibola, in particolare a destra;
          emorragie polmonari diffuse;
          emorragie e soffusioni del melone;
          emorragie meningee in zona cerebellare.

      Alcuni di tali reperti (emorragie meningee, melone e grasso acustico) sono stati osservati anche negli spiaggiamenti associati spazialmente e temporalmente alle esercitazioni navali con uso di sonar a media frequenza. Mancano comunque le bolle di gas spesso evidenti, in questi casi, nei vasi meningei, mesenterici e renali che hanno dato a tale condizione patologica il nome di gas and fat embolic syndrome. Tuttavia, per esprimere con certezza la presenza di tale quadro embolico è necessario attendere l'esito degli esami microscopici che saranno effettuati presso il nostro dipartimento su vari tessuti e sulle bolle timpaniche.
      Inoltre saranno testati anche agenti infettivi quali Morbillivirus ed Herpesvirus,
Brucella specie, Toxoplasma gondii. I dati ottenuti saranno quindi confrontati con quelli emersi dalle indagini effettuate sugli esemplari spiaggiati in Grecia ed eseguite dall’equipe del professor Antonio Fernandez della facultad de medicina veterinaria de Gran Canaria, con cui siamo già in contatto. Si segnala infine che carcasse di zifio continuano ad essere recuperate lungo le coste di Corfù e ad oggi sono stati riportati almeno 7 animali spiaggiati lungo le coste greche.
      In merito all'eventuale evento causante, quando fosse confermata la presenza della sindrome embolica e gli eventi di spiaggiamento italiano e greco fossero correlati, saranno valutate le possibili associazioni spaziali e temporali con almeno due attività che prevedano nell'area l'uso di fonti sonore nell'area e nel periodo compreso tra il 27 novembre ed il 2 dicembre: il passaggio delle navi
Thor Guardian, Thor Server e Princess che stavano effettuando prospezioni geologiche utilizzando airguns per conto di una ditta petrolifera e le operazioni militari effettuate dalla Marina militare italiana nei bacini antistanti Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e nel Golfo di Taranto di un'esercitazione aero-navale ed anfibia (Mare Aperto/Amphex 2011) che coinvolgeva due sottomarini nell'area, come da Ordinanze 117 del 2011 della Capitaneria di porto di Reggio Calabria e 122 del 2011 della Capitaneria di porto di Corigliano Calabro.
      Le indagini istologiche effettuate dimostrano la presenza di una embolia lipidica, come materiale nero nei vasi venosi di un plesso venoso nell'orecchio. Non sarà possibile confermare la presenza di emboli gassosi ma già tale condizione è stata più volte osservata in occasione di spiaggiamenti anomali di zifii in associazione ad esercitazioni militari. Si sta procedendo con le indagini sulle lesioni acustiche e questo potrebbe confermare il danno diretto con una fonte sonora (includendo in tal senso gli
airguns usati nelle prospezioni geologiche).
      Si sottolinea che, ad oggi, la letteratura e l'esperienza scientifiche internazionali tendono ad escludere l'individuazione in attività di prospezione geosismica mediante impiego di
airguns quale fattore eziologico di morte, o lesioni letali, a carico di esemplari di tale specie (Ziphius cavirostris), pur riconoscendone un effetto indiretto in termini di turbativa e di deplezione delle prede (cefalopodi, pesci di piccola taglia); al contrario, appare largamente dimostrato l'effetto letale causato dall'impiego, da parte di unità militari, sottomarine e non, dei cosiddetti Active Sonars.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.