XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      La XI Commissione,
          premesso che:
              con determinazione presidenziale n.  127 del 15 aprile 2011 l'INPS ha provveduto a definire le procedure per far divenire la presentazione telematica l'unico canale di presentazione delle richieste di prestazioni, fissando – con successiva determinazione presidenziale n.  277 del 24 giugno 2011 – al 31 luglio 2012 il termine del periodo transitorio, dopo il quale tutte le domande dovranno essere presentate solo con modalità telematica;
          si vive una condizione di disagio tra i cittadini e gli utenti, che spesso non riescono senza adeguati aiuti, a realizzare le procedure telematiche;
          un presumibile aumento delle criticità è atteso con le nuove modalità di funzionamento dell'Alpi (assicurazione sociale per l'impiego), che l'articolo 2, comma 13, della recente legge di riforma del mercato del lavoro (legge n.  92 del 2012) pone in capo all'INPS, al quale la domanda deve essere presentata solo in via telematica;
          peraltro, i commi da 35 a 39 dell'articolo 4 della citata legge n.  92 del 2012 creano un «sistema a rete» per la gestione dei dati dei beneficiari di ammortizzatori sociali, con una serie di obblighi da e verso i centri per l'impiego, che dovranno essere opportunamente valorizzati;
          occorre, quindi, garantire ai cittadini una maggiore assistenza sulle nuove misure di protezione sociale, anche mediante l'utilizzo di tutte le risorse umane e strumentali a disposizione da parte delle strutture territoriali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a promuovere l'istituzione presso i centri per l'impiego – anche in via transitoria e sulla base di accordi con le direzioni regionali o provinciali dell'INPS – appositi sportelli di informazione e consulenza all'utenza sulle procedure per la richiesta di prestazioni, con la collaborazione degli uffici territoriali dell'Istituto e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(7-00944) «Moffa, Contento, Cazzola, Gottardo, Alberto Giorgetti, Minasso, Di Centa, Follegot, Fedriga, Compagnon».


      La XII Commissione,
          premesso che:
              l'articolo 32, comma 1, della Costituzione, dispone che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività (...);
              secondo l'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione appartiene alla competenza esclusiva dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;
              secondo l'articolo 117, comma 3, della nostra Carta Costituzionale la «tutela della salute» costituisce materia di legislazione concorrente;
              con la legge del 23 dicembre 1978, n.  833, si sono dettate disposizioni per l'istituzione del servizio sanitario nazionale»;
              il «piano nazionale di governo delle liste di attesa 2010-2012» è preordinato a garantire un effettivo accesso dei cittadini ai servizi sanitari, mediante l'applicazione dei criteri di appropriatezza, del rispetto delle classi di priorità e della trasparenza del sistema a tutti i livelli;
              l'articolo 25 della «convenzione delle Nazioni Unite sui diritti della persona con disabilità», approvata dalla assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, garantisce il diritto alla salute e l'accesso ai servizi sanitari delle persone disabili;
              la crescente richiesta di prestazioni mediche ha determinato un inevitabile ingolfamento del sistema di prenotazione e delle liste di attesa, nonché un conseguente rallentamento della risposta sanitaria ad ogni livello;
              esiste una domanda di salute da parte di località montane o site in particolari collocazioni geografiche per le quali è difficile il raggiungimento di presidi sanitari per la prescrizione di farmaci o per l'erogazione di prestazioni sanitarie;
              nel nostro Paese vive una grossa fetta di popolazione anziana, con difficoltà o impossibilità alla deambulazione, e, quindi, di difficile trasportabilità dal nucleo familiare alle sedi ambulatoriali;
              esiste una prassi, ormai consolidata, secondo la quale la prescrizione della terapia, nei casi di malattia cronica, non si avvale sempre della presenza fisica del medico né dell'esame clinico;
              è necessario sviluppare e disciplinare i nuovi strumenti di gestione delle consulenze professionali, dalle diagnosi alle prescrizioni, dalle certificazioni mediche ai consigli e alle modalità terapeutiche, anche in considerazione della diffusione, ormai capillare, delle nuove tecnologie e della rete in particolare, capaci di garantire l'efficienza del servizio e un sensibile risparmio di risorse;
              tali innovazioni consentirebbero una significativa riduzione dei tempi di attesa garantendo a tutti i cittadini il diritto costituzionale alla salute, specie per pazienti residenti in luoghi disagiati o distanti dai grandi centri, disabili e anziani;
              la possibilità di una prescrizione medica inoltrata telematicamente alla farmacia scelta dal cittadino e collegata in rete, successiva alla consultazione online con il proprio medico – ove possibile e per casi selezionati – ridurrebbe il lungo circuito vizioso della diagnosi, prescrizione e approvvigionamento del farmaco con cospicuo risparmio in termini di costi, tempo e giornate lavorative;
              la possibilità di consultazioni e certificazioni mediche online è regolamentata ed ampiamente diffusa in numerosi paesi tra cui USA, Danimarca, Spagna, Belgio, Ungheria, Norvegia e, recentemente, Francia;
              in sede europea, è in progressiva diffusione una politica sanitaria denominata «e-health» volta a favorire l'applicazione alle prestazioni sanitarie delle tecnologie della digitalizzazione telematica;
              l'Italia è caratterizzata da un vuoto normativo in ordine alla specifica regolamentazione e legalizzazione delle pratiche mediche di consulenza e certificazione online;
              l'articolo 122, comma 1, del regio decreto 27 luglio 1934, n.  1265 (testo unico delle leggi sanitarie), dispone che «la vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non è permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilità del titolare della medesima» ed è quindi ostativo alla realizzazione di un sistema di vendita telematica dei medicinali,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative normative finalizzate alla regolamentazione e alla legalizzazione delle prestazioni sanitarie di consulenza e certificazione online, prevedendo anche la vendita telematica di farmaci esclusivamente attraverso la farmacia prescelta dal cittadino, ciò anche al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) adeguandoli alle esigenze sanitarie attuali, che consistono, tra l'altro, in un'equa attesa per la soluzione del proprio problema ed una uniforme modalità di erogazione su tutto il territorio nazionale;
          ad adottare ogni iniziativa che, nel rispetto del riparto delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, disciplini in dettaglio l'applicazione delle tecnologie digitali ed informatiche alle prestazioni sanitarie di certificazione e consulenza online e di distribuzione dei farmaci attraverso farmacie accreditate e scelte dal cittadino;
          a promuovere, anche in sede di predisposizione del piano sociale e sanitario per il successivo triennio 2011-2013, l'adozione di qualsiasi tecnologia digitale o informatica applicata alle prestazioni mediche di consulenza, certificazione e distribuzione dei medicinali prescritti online da parte delle farmacie, al fine di garantire il diritto alla salute e l'effettiva ed efficiente fruibilità universale del servizio sanitario;
          ad avviare, quindi, con le regioni un tavolo tecnico per l'implementazione e l'omogeneizzazione sul territorio nazionale delle attività di telemedicina e teleconsulto.
(7-00943) «Palagiano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
          le notizie di cronaca continuano a riproporre, ormai quotidianamente l'emergenza della violenza contro le donne in Italia e in Europa, delineando un dramma umano e sociale che spesso si consuma innanzitutto all'interno dei nuclei familiari e che sollecita iniziative urgenti per assicurare sostegno alle vittime (a partire dai centri di ascolto e antiviolenza) e misure efficaci di contrasto e di prevenzione della violenza sulle donne;
          i numerosi e drammatici episodi di violenza trovano conferma nei dati diffusi recentemente dalla piattaforma CEDAW delle Nazioni Unite, secondo cui in Europa ogni giorno 7 donne vengono uccise dai loro partner. In Italia, nel 2011 sono morte 127 donne (il 6,7 per cento in più rispetto al 2010) e nel 2012 fino al mese di giugno si sono registrate già 63 vittime;
          le misure di sostegno alle vittime, di promozione di pari opportunità e di lotta ad ogni forma di discriminandone tra generi devono essere non solo rafforzate, ma accompagnate anche da un'azione ben più ampia ed incisiva per contrastare una cultura diffusa di acquiescenza, di tolleranza e di indifferenza verso ogni forma di violenza – fisica e psicologica – di cui purtroppo sono ancora vittime le donne in Italia;
          l'11 maggio 2011 a Istanbul la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica è stata aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione e dell'Unione europea;
          tale convenzione rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che si prefigge di creare un quadro normativo completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, grazie a misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria, di sostegno alle vittime;
          in particolare, il testo della convenzione definisce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani fondamentali e una forma di discriminazione da contrastare, istituendo un collegamento diretto di estremo valore e di segno innovativo tra l'impegno a sradicare il fenomeno della violenza sulle donne e l'obiettivo di conseguire un'eguaglianza di genere, di fatto e di diritto;
          il testo della convenzione indica specifiche misure che gli Stati firmatari devono adottare per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire gli autori dei reati. Sono previste, in particolare: azioni istituzionali di prevenzione nel settore educativo e dell'informazione; sanzioni contro la violenza fisica, psicologica e sessuale, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, lo stalking; strumenti di sostegno medico, psicologico e legale alle vittime; meccanismi di monitoraggio sull'implementazione della Convenzione, per assicurarne piena efficacia sul lungo periodo;
          la convenzione ad oggi è stata firmata da 21 Stati, tra i quali figurano Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Austria, Svezia, Finlandia, Norvegia, Grecia, Portogallo, Turchia, mentre per la sua entrata in vigore si dovrà attendere il numero minimo di 10 ratifiche, inclusi 8 stati membri del Consiglio d'Europa;
          il 2 febbraio 2012 le donne parlamentari italiane componenti dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa hanno indirizzato un appello al Governo italiano per la sottoscrizione anche da parte dell'Italia della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica, consentendo al Parlamento italiano di procedere alla sua successiva ratifica. Le parlamentari auspicavano inoltre che il Governo italiano potesse assumere ogni iniziativa utile in sede comunitaria, affinché si giungesse alla firma della Convenzione anche da parte dalla stessa Unione europea;
          nella stessa giornata del 2 febbraio 2012 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità un ordine del giorno alla legge comunitaria 2011 che impegnava il Governo ad «adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee al fine di favorire in tempi brevi la firma e la ratifica da parte dell'Unione europea della suddetta Convenzione, provvedendo altresì ad apporre la firma italiana e conseguentemente a sottoporre il provvedimento al Parlamento italiano per la sua ratifica»;
          il 29 febbraio 2012 il Ministro degli Affari esteri Terzi ha risposto all'appello delle parlamentari italiane con una lettera in cui affermava che «la promozione dei diritti delle donne, anche attraverso un'attiva partecipazione alle molteplici iniziative internazionali sul tema, trova una collocazione prioritaria in seno alla nostra azione di politica estera in materia di diritti umani, tanto sul piano bilaterale quanto nei fori multilaterali. Posso pertanto assicurare che l'Italia intende sottoscrivere quanto prima la Convenzione e che, nei prossimi giorni, verranno completate le procedure interne»;
          il 7 marzo 2012 il sottosegretario agli affari esteri Marta Dassù, intervenendo in III commissione affari esteri e comunitari alla Camera dei deputati in risposta ad un'interrogazione, ha dichiarato che il Governo annette grande importanza alla Convenzione del Consiglio d'Europa sul contrasto e la prevenzione della violenza sulle donne e la violenza domestica. Essa rappresenta uno strumento di notevole rilievo per contribuire ad affrontare in maniera organica e giuridicamente onnicomprensiva queste tematiche e proteggere le donne contro ogni forma di violenza». Il Sottosegretario ha inoltre confermato che «il Governo è convinto del valore aggiunto che l'adesione ad un quadro normativo comune, quale la Convenzione, potrà assicurare per elevare ulteriormente il livello di protezione delle donne e delle vittime di violenza domestica. Posso, quindi, confermare che il Governo intende sottoscrivere la Convenzione quanto prima, in linea con gli auspici espressi dal Parlamento»;
          i citati pronunciamenti del Governo italiano rappresentano segnali univoci ed estremamente positivi, che testimoniano di una chiara volontà dell'Esecutivo in relazione all'adesione dell'Italia alla suddetta convenzione, che si riconosce come uno strumento giuridico fondamentale per rafforzare l'azione di contrasto ad ogni forma di violenza, di abuso o di discriminazione di cui siano vittime le donne  –:
          per quale motivo il Governo italiano, pur essendo trascorsi molti mesi dai citati pronunciamenti positivi, non abbia ancora provveduto a firmare la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica, e se dagli approfondimenti compiuti dalle amministrazioni interessate e necessari per completare le previste procedure interne per l'adesione, siano emerse specifiche ragioni ostative;
          in che tempi il Governo italiano, in coerenza con gli impegni già assunti in tal senso in sede parlamentare, intenda sottoscrivere la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica e procedere alla successiva presentazione del relativo disegno di legge di ratifica da sottoporre all'esame del Parlamento.
(2-01593) «Mogherini Rebesani, Bergamini, Binetti, Bongiorno, Polledri, Tempestini, Villecco Calipari, Cenni, Albini, Bellanova, Concia, De Biasi, Farinone, Fedi, Froner, Gnecchi, Lucà, Marchi, Motta, Murer, Piccolo, Rigoni, Rosato, Servodio, Tullo, Bressa, Mattesini, Braga, Mariani, Miotto, Mastromauro, Rossa, Sereni, Rossomando, Gozi, Lulli».

Interrogazione a risposta orale:


      SCALIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il 5 luglio 2012 è stato nominato il nuovo Consiglio di amministrazione della Simest spa, defenestrando il presidente uscente che aveva portato l'utile della società a oltre 18 milioni di euro;
          all'articolo 1, comma 6, del decreto del 27 giugno 2012, n.  87 è prevista l'abrogazione del Consiglio di amministrazione Simest una volta completata l'acquisizione del capitale sociale dello Stato da parte della Cassa depositi e prestiti;
          nel decreto 6 luglio 2012 n.  95 sulla spending review è prevista la riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica e norme stringenti per la nomina nelle stesse di dirigenti ministeriali senza cumulo di retribuzione;
          a giudizio dell'interrogante il ministro dello sviluppo economico ha eluso in modo palese i prìncipi contenuti nei decreti citati con una iniziativa priva di ogni giustificazione  –:
          per quale motivo sia stato nominato vicepresidente tale Riccardo Monti, già presidente Ice, componente del Consiglio di amministrazione Assocamerestero e consigliere di internazionalizzazione del Ministro dello sviluppo economico, con il quale avrebbe rapporti amicali, incarichi che ha ottenuto nelle ultime settimane pur non avendo nel suo curriculum, a giudizio dell'interrogante alcuna esperienza specifica e in contrasto evidente con quanto più volte annunciato sulla volontà di moralizzare gli incarichi pubblici evitando cumulo di incarichi e quindi di retribuzioni;
          per quale motivo sia stato rimosso il Consiglio di amministrazione di Simest malgrado il decreto n.  87 del 2012 preveda la sua soppressione al termine della acquisizione da parte di Cassa depositi e prestiti e appena il giorno prima che il decreto n.  95 del 2012 abbia introdotto norme stringenti per la riduzione dei componenti i Consigli di amministrazione e l'indicazione di dirigenti ministeriali senza retribuzione. (3-02386)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SANI, VELO e MARIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la laguna di Orbetello costituisce un sistema ambientale molto delicato e vulnerabile, che necessita di una serie continuativa di interventi manutentivi e gestionali tali da conservare e migliorare progressivamente l'attuale stato di equilibrio ambientale;
          a seguito di una grave crisi ambientale nel corso degli anni ’90, che ha avuto il suo periodo più acuto nella primavera del 1993, la laguna di Orbetello è stata dichiarata «area ad elevato rischio di crisi ambientale»;
          successivamente, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto al «Ministro per il coordinamento della protezione civile», l'adozione di un'ordinanza che consentisse l'attuazione di interventi urgenti ed in conseguenza di ciò è stata emanata la prima ordinanza per la nomina del commissario delegato al risanamento della laguna;
          con una serie di ordinanze e di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che si sono succeduti nel tempo, la situazione di emergenza nonché la gestione commissariale si sono protratte sino ad oggi;
          è emersa in questi anni l'assoluta necessità, da parte delle istituzioni coinvolte, di procedere gradualmente dalla fase commissariale a quella ordinaria affidando gestione e competenze della laguna agli enti locali dotando, al contempo, le amministrazioni territoriali di opportuni finanziamenti capaci di strutturare una adeguata programmazione al fine di prevenire emergenze ambientali e salvaguardare le ricchezze naturali della zona;
          è stata presentata, in questa direzione, alla Camera dei deputati il 18 luglio 2011 una apposita proposta di legge «Istituzione del Consorzio per la gestione e la salvaguardia della laguna di Orbetello» (AC numero 4521);
          nel corso della risposta alla interrogazione numero 5-06343 (a prima firma del deputato Luca Sani il 28 giugno 2012) Tullio Fanelli, sottosegretario all'ambiente ed alla tutela del territorio e del mare, aveva parlato espressamente di «prossima chiusura dell'emergenza» relativa alla gestione della laguna di Orbetello, anche in relazione al termine dello stato di emergenza fissato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (in data 16 dicembre 2011) al 30 giugno 2012;
          pochi giorni dopo, il 5 luglio 2012, una agenzia di stampa segnalava una «moria di pesci nella laguna di Ponente di Orbetello (Grosseto). Alcune centinaia di pesci di fondale sono morti per la mancanza di ossigeno legata sia alle temperature elevate di questi giorni, sia alla proliferazione di alghe. La raccolta delle alghe nella laguna – riportava la nota – è stata sospesa dopo che il capo della protezione civile. Franco Gabrielli, ha revocato lo stato di emergenza che durava nella Laguna di Orbetello da 19 anni»;
          il 6 luglio 2012 l'assessore all'ambiente della Regione Toscana Anna Rita Bramerini annunciava una ulteriore proroga di 30 giorni, da parte del Consiglio dei ministri per l'emergenza della laguna di Orbetello. «Questo consentirà – afferma l'assessore – di proseguire le attività di raccolta e smaltimento della alghe evitando il verificarsi di situazioni di criticità, e di avere il tempo necessario per giungere alla definizione dell'accordo di programma, secondo quanto concordato da tutti i soggetti interessati nella riunione che si è svolta il 24 maggio presso il Ministero dell'ambiente. Grazie al proficuo lavoro svolto dal novembre scorso dagli Enti locali con il coordinamento della regione Toscana, e alla sensibilità dimostrata dal Ministero dell'ambiente e dalla protezione civile – aggiunge Bramerini – abbiamo potuto evitare che si passasse troppo repentinamente dalla fase commissariale alla gestione ordinaria. L'ulteriore tempo a disposizione, a maggior ragione se sarà possibile, dopo l'approvazione della riforma della Protezione civile nazionale, avere la proroga per legge fino alla fine dell'anno, ci consentirà – dice ancora l'assessore – di approvare l'accordo di programma tra il ministero dell'Ambiente, la Regione, la Provincia di Grosseto e il Comune di Orbetello, finalizzato a riportare le competenze sulla laguna di Orbetello in capo agli Enti locali, senza ricadute negative per il delicatissimo equilibrio ambientale della laguna»  –:
          per quale giustificati motivi il Governo abbia di fatto chiuso l'emergenza il 30 giugno 2012 per poi prorogarla, di un mese soltanto, non appena è stato appurato, dalla moria di pesci del 5 luglio, che sussistevano ancora gravissime quanto prevedibili problematiche per l'ecosistema ambientale della laguna di Orbetello;
          per quali motivi lo stato di emergenza sia stato prorogato soltanto di un mese dal momento che le attuali condizioni climatiche ed il breve lasso temporale non potranno certamente consentire soluzioni efficaci all'emergenza entro il mese di agosto;
          se, alla luce di quanto esposto in premessa abbiano esposto il Governo abbia elaborato, per quanto di competenza, indirizzi e scelte condivise per risolvere lo stato di emergenza della laguna di Orbetello anche alla luce della fine della gestione commissariale;
          quali siano, nel dettaglio, tali indirizzi e come verranno attuati. (5-07309)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          in Italia manca un network delle competenze universitarie nel campo delle scienze umane e sociali per il Mediterraneo e il Mondo Islamico;
          il clima storico e politico, in piena primavera araba, impone di prendere coscienza, anche a livello giuridico e culturale, dell'avvicinamento delle due sponde del Mediterraneo;
          è importante che la politica italiana faccia una scelta di lungo periodo, immaginando l'evoluzione complessa dei rapporti con i paesi musulmani;
          è decisivo fare rete, per integrare le competenze presenti attualmente nelle università italiane ponendole al servizio del sistema Paese al fine di recuperare strategicamente un ruolo centrale nelle relazioni euro-mediterranee e, più in generale, verso il mondo arabo e islamico;
          la presentazione degli studi in memoria del professor Francesco Castro, organizzata presso la Camera dei deputati il 9 luglio 2012, è stata l'occasione per ribadire l'esigenza di una rete strategica di competenze orientalistiche e giuridico-comparatistiche;
          manca, a tutti gli effetti, in Italia un team sia umano che strutturale di persone ed esperti che sappiano relazionare e relazionarsi con il mondo arabo e che non siano pericolosamente vicini ad ideologie estreme e radicali;
          sussiste, in Italia, una poca e cattiva conoscenza del fenomeno Islam e di tutte le sue reali connotazioni, laddove informazione distorta e insegnamenti di imam fai da te, non fanno altro che deviare la conoscenza da ciò che davvero la cultura e sfera giuridica islamica sono;
          tutto questo crea dei veri e propri disastri nelle comunità e altrettanti scontri con la società civile italiana;
          non esiste al momento un polo unico di esperti e di professionisti a cui le istituzioni o il mondo della cooperazione (terzo settore) possano rivolgersi con speranza di neutralità;
          il progetto di istituire il centro interdisciplinare di studi sul Mondo Islamico (oggi dedicato a Francesco Castro) presso l'università di Roma «Tor Vergata» si realizza intorno a queste prospettive;
          tale Centro, vista la sua natura pubblica e senza la necessità di dovere creare nuove e costose strutture, potrebbe diventare facilmente e in tempi rapidi un punto di riferimento per esponenti dell'amministrazione dello Stato o della progettazione strategica delle linee politiche;
          l'istituto per l'Oriente «C.A. Nallino», che già associa le migliori competenze orientalistiche italiane e continua ad esistere ininterrottamente dal 1921 come uno dei centri nevralgici per chi voglia per avvicinarsi al mondo islamico e comprenderne la complessità, sarebbe il primo candidato a collaborare;
          le risorse per la realizzazione di questo progetto potrebbero essere estrapolate prevalentemente dalla partecipazione a progetti di ricerca promossi a livello locale, nazionale ed europeo, oltreché dall'offerta di corsi di alta formazione post-laurea aperti a soggetti pubblici e privati;
          in coerenza con gli obiettivi generali dell'Agenda Europa 2020, il centro potrebbe poi dedicarsi a specifici approfondimenti delle tematiche connesse con il programma di integrazione europea, nell'ottica di una crescita comune, solidale e sostenibile dei paesi membri;
          mantenendo un'attenzione specifica alle comunità islamiche e alle istanze dei musulmani e delle musulmane presenti sui nostri territori, si potranno affrontare questioni connesse con: cittadinanza, giustizia e legalità – dialogo tra culture e identità presenti in Europa – protezione e integrazione sociale  –:
          se il Governo intenda prendere in considerazione tale prospettiva e opportunità;
          se il Governo intenda porre in essere delle analisi di fattibilità e di sostenibilità del progetto in questione, lavorando per unire più realtà accademiche e creare quindi un sapere condiviso e utile alla collettività;
           se il Governo intende studiare eventualmente una formula alternativa a quella presentata per venire incontro alle necessità, di vario genere, che insistono in relazione all'arrivo dei migranti di origine arabo-islamica in Italia, la cui presenza sul territorio va valutata e gestita al meglio. (4-16925)


      MANCUSO, CROLLA, CICCIOLI e BARANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legge «disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati» (spending review), varato dal Consiglio dei ministri del 5 luglio 2012 prevede il blocco, per tre anni, dal 2012 al 2014, degli adeguamenti ISTAT per i canoni degli immobili in affitto alla pubblica amministrazione;
          il decreto stabilisce che i canoni degli immobili presi in affitto dalla pubblica amministrazione siano tutti rinegoziati, con l'obiettivo di una riduzione degli affitti di almeno il 15 per cento;
          viene prevista, per la pubblica amministrazione, la possibilità di recedere dai contratti, anche quelli in essere;
          saranno ridotti gli spazi a uso ufficio a disposizione delle amministrazioni statali: i nuovi uffici saranno tarati su una dimensione pari a 12/20 metri quadro per addetto, mentre precedentemente il criterio era di 20/25 metri quadri per addetto;
          viene poi prevista la riduzione degli spazi destinati agli archivi delle amministrazioni dello Stato;
          alcune casse di previdenza privatizzate (come Inarcassa, Cassa ragionieri e INPGI) hanno parte del loro patrimonio immobiliare sotto contratto d'affitto a enti pubblici;
          secondo le nuove norme, parte di questo patrimonio verrà lasciato sfitto dagli enti occupanti;
          la destinazione d'uso di tali immobili, però, prevede che essi possano essere affittati solo a enti pubblici;
          AdEPP, l'associazione di tutte le Casse, sta raccogliendo i dati relativi per chiedere al Governo di intervenire  –:
          se il Governo intenda un'iniziativa urgente che permetta ai comuni di cambiare la destinazione d'uso degli immobili affittati a enti pubblici, perché essi possano essere riaffittati e reimmessi sul mercato. (4-16927)


      SBAI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'Alzheimer è una patologia neurodegenerativa che oggi colpisce circa il 5 per cento delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500 mila ammalati;
          nel 2020 ci saranno, secondo le stime della Federazione Alzheimer, 42 milioni di malati nel mondo;
          si stima che nei prossimi 25 anni il numero dei malati aumenterà in modo vertiginoso;
          l'Alzheimer è la forma più comune di demenza senile, uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali che implica serie difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività quotidiane;
          il decorso della malattia è lento e in media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi;
          nel corso della malattia i deficit cognitivi si acuiscono e possono portare il paziente a gravi perdite di memoria, a porre più volte le stesse domande, a perdersi in luoghi familiari, all'incapacità di seguire delle indicazioni precise, ad avere disorientamenti sul tempo, sulle persone e sui luoghi, ma anche a trascurare la propria sicurezza personale, l'igiene e la nutrizione;
          di solito le famiglie dei malati di Alzheimer non hanno a disposizione fondi elevatissimi e quindi stentano nella cura e nella tutela del parente colpito dalla malattia;
          persiste, ormai da tempo immemore, carenza di centri diurni sia riabilitativi che di sollievo;
          persiste la carenza di sedi di accoglienza per periodi medio-brevi;
          persiste la carenza di residenze protette per ricoveri definitivi;
          le famiglie, che non possono assumere personale di sostegno e di assistenza, debbono necessariamente rimanere in casa, con gravi problemi lavorativi;
          la cosiddetta spending review sta per razionalizzare le strutture ospedaliere e i centri di cura in tutto il Paese, diminuendo sensibilmente il numero di posti letto disponibili;
          le famiglie, spesso isolate e disorientate, non possono essere abbandonate ancora a lungo dalle istituzioni;
          potrebbe risultare utilissimo sia alle famiglie sia all'economia del Paese riconvertire alcune delle strutture «tagliate» in centri diurni o di accoglienza medio-brevi;
          la formula adatta allo start-up potrebbe essere una sorta di project-financing, con strutture che poi vivrebbero del proprio lavoro e dei piccoli contributi degli utenti;
          sarebbe anche un ottimo incentivo in termini di occupazione per professionisti dell'infermieristica e dell'assistenza  –:
          come intenda il Governo agire per favorire iniziative di supporto per le famiglie dei malati di Alzheimer, anche valutando, per quanto di competenza, la possibilità di promuovere iniziative nel senso di quanto indicato in premessa. (4-16940)


      PALOMBA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          con la legge 6 marzo 2001, n.  64, è stato istituito il Servizio civile nazionale, i cui princìpi e finalità sono enunciati nell'articolo 1 di detta legge:
              a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari;
              b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale;
              c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;
              d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;
              e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti e amministrazioni operanti all'estero;
          questo primo articolo si richiama a diversi doveri dei cittadini sanciti dalla Costituzione italiana: l'articolo 52 (dovere di difesa della patria); l'articolo 2 (dovere di solidarietà politica, economica e sociale) e l'articolo 4 (dovere di concorrere al progresso materiale o spirituale della società);
          ma il servizio civile nazionale per tantissimi giovani ha rappresentato, e sarebbe opportuno che continuasse a rappresentare, un'importante opportunità di formazione sociale, civica, culturale e professionale e di impegno in diverse aree d'intervento (assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale);
          dal 2001 al 2011 sono stati messi a bando quasi 320.000 posti di volontario del servizio civile;
          a poco più di 10 anni dal suo avvio il servizio civile nazionale rischia di scomparire perché con la legge di stabilità del novembre 2011 sono state ridotte le risorse del fondo nazionale di quasi il 40 per cento, passando da 113 milioni di euro ad appena 69. Negli ultimi 4 anni il taglio è stato di oltre il 400 per cento, passando dai 299 milioni del 2008 ai 68 del 2012, ed è anche a rischio l'avvio al servizio degli oltre 22.000 giovani già selezionati a seguito del bando 2011, apparendo inoltre altamente improbabile ipotizzare un nuovo bando per il 2012 per mancanza di risorse. Ciò accade mentre le risorse occorrenti per l'acquisto di un solo cacciabombardiere F-35 sarebbero sufficienti per finanziare un anno di attività per oltre 20.000 giovani da impegnare in progetti di difesa della Patria in modo non armato e nonviolento;
          per di più, con ordinanza n.  15243/11RG del 9 gennaio 2012, il tribunale di Milano – sezione lavoro – aveva dichiarato discriminatoria la limitazione prevista dall'articolo 3 del «Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero» pubblicato il 20 settembre 2011, nella parte in cui chiedeva il possesso della cittadinanza italiana quale requisito di ammissione allo svolgimento del servizio civile nazionale. Con la stessa decisione il giudice aveva ordinato alla Presidenza del Consiglio dei ministri – ufficio nazionale servizio civile – di sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza consentendo l'accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia e di fissare un nuovo termine per la presentazione delle domande;
          in esecuzione alla citata ordinanza l'avvio al servizio civile nazionale era rimasto sospeso con effetto immediato per tutti i volontari selezionati per i progetti inseriti sia nel bando nazionale di 10.481 volontari, sia nei bandi regionali e delle province autonome contestualmente emanati dall'ufficio, per i quali era previsto il medesimo requisito della cittadinanza italiana in conformità con quanto disposto dall'articolo 5 della legge n.  64 del 2011 e dall'articolo 3 del decreto legislativo n.77 del 2002;
          fortunatamente quella decisione è stata annullata su reclamo della Presidenza del Consiglio dei ministri;
          ma resta la situazione fortemente negativa del drastico taglio delle risorse che rischia di dare un colpo mortale al servizio, privando la comunità di un prezioso apporto di tanti volontari e moltissimi giovani di un progetto di impegno sul campo, assai formativo  –:
          se il Governo sia conoscenza di questa pesante situazione, quali siano i suoi intendimenti al riguardo e quali misure intenda adottare al fine di limitare i disagi agli enti, al volontariato, alla comunità e ai giovani derivanti dalla grave carenza di risorse che inciderebbe negativamente anche sui progetti già avviati, per i quali esistono forti e legittime aspettative, evitando la sostanziale agonia del servizio civile nazionale che rappresenta una delle poche opportunità a sostegno dei giovani concorrendo a realizzare anche il principio costituzionale di solidarietà sociale. (4-16942)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


      MENIA. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          risulta all'interrogante che da diversi anni l'ambasciata italiana a Zagabria e comunque il Ministero degli affari esteri siano a conoscenza dell'odiosa vicenda riguardante l'espropriazione dell'investimento sulla Dalmatinka Nova di un'azienda italiana, «La distributrice» dei Fratelli Ladini;
          in pratica, il Ministero delle finanze croato pretende di trattare gli investimenti della suddetta ditta – regolarmente contabilizzati nella Dalmatinka Nova di Sinj e registrati alla Banca Nazionale Croata come apporto di capitale – come utili straordinari e quindi tassarli;
          le perizie giudiziarie degli esperti croati hanno rimarcato, in più occasioni, l'assurdità del provvedimento e l'illegalità della doppia imposizione di tasse sui capitali investiti (perizia signor Stjepan Kolpvrat del 6 dicembre 2004 – perizia ditta Mal Revizor del 24 marzo 2005 su incarico del tribunale commerciale di Spalato – perizia signor Srdan Kovacic aprile 2009 su incarico del tribunale penale di Spalato);
          il Ministero delle finanza croato, incurante delle numerose proteste della Dalmatinka Nova DD e dei pareri contrari degli esperti in materia, bloccava ogni sei mesi – e questo è avvenuto per cinque anni – i c/c della Dalmatinka per 30-60 giorni prelevando tutti i contanti; ciò impediva il normale svolgimento della produzione nella fabbrica, con conseguente blocco dei pagamenti degli stipendi dei dipendenti e dei fornitori. Naturalmente il blocco dei c/c è stato utilizzato per chiedere – in più occasioni – il fallimento della Dalmatinka Nova a causa del ritardato pagamento delle paghe agli operai;
          il Tribunale commerciale di Spalato è intervenuto aprendo il primo fallimento il 29 gennaio 2008, nonostante fosse in possesso di documenti bancari che statuivano i pagamenti degli stipendi ai dipendenti;
          tale fallimento fu annullato dal Tribunale Supremo di Zagabria, a seguito del ricorso della Dalmatinka Nova, con sentenza del 1 aprile 2008, adducendo tra le motivazioni le innumerevoli e inaudite illegalità effettuate dal giudice di Spalato, signor Ivan Basic. Peraltro il costo di questa operazione, interamente addebitato alla Dalmatinka, è stato di circa 2.000.000 di euro, importo che sarebbe spettato al Tribunale di Spalato e/o al Ministero delle Finanze croato;
          dopo una nuova richiesta di fallimento, sempre a causa del ritardato pagamento delle paghe agli operai, rifiutata dal giudice di Spalato signor Ante Capkun (sentenza X-ST-42/08 dd. 12 febbraio 2009), il quale a quanto risulta all'interrogante subì in tribunale un'aggressione (come testimoniato dalla relazione da Egli stesso rilasciata in data 2 febbraio 2009), il 17 luglio 2009 arrivava una nuova richiesta di fallimento, sempre per le stesse motivazioni, accolta da giudice Ivan Basic;
          in tale occasione il giudice Basic impedì la presenza in tribunale del legale della Dalmatinka Nova, signor Gianfranco Landini, violando i diritti civili della controparte; inoltre a quanto consta all'interrogante rifiutò le reali garanzie di pagamento presentate dal legale della Dalmatinka e ignorò completamente la rimessa del mandato di assistenza dell'avvocato Krka Tomislav, impossibilitato dunque a difendere i diritti degli italiani;
          a tutt'oggi non è stata ancora fissata l'udienza per l'accertamento dei crediti della Dalmatinka Nova, pur essendoci una sentenza del Tribunale, Supremo di Zagabria, mentre il Tribunale di Spalato sta svendendo i macchinari della summenzionata ditta;
          a parere dell'interrogante è necessario che su una questione così delicata e complessa vi sia un impegno reale e visibile dell'Italia a tutela dei nostri investitori, trattandosi in tutta evidenza di fatti che configurano la violazione di una Convenzione internazionale, quella italo-Croata del 5 novembre 1996, sulla Protezione e Tutela degli investimenti  –:
          quali interventi si intendano adottare in sede internazionale e diplomatica per tutelare gli interessi e garantire i diritti dell'impresa italiana dei Fratelli Ladini, in particolare nei confronti del Ministero delle finanze croato, dai cui atti emerge la richiesta di far pagare le tasse sui capitali investiti (capitali già tesati in Italia) perché considerati utili straordinari, in contrasto con la convezione italo-croata del 5 novembre 1996, la quale vieta la doppia imposizione fiscale sugli investimenti. (4-16944)


      MIOTTO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          il 31 marzo 2012 sul Corriere della sera è stata riportata da G. Antonio Stella una vicenda che ha visto protagonista il professor Germano Grassivaro di Padova, che ha insegnato nelle università di Venezia e di Padova, ma che è stato impegnato anche all'estero nel rilancio dell'università di Mogadiscio ed in varie missioni per la cooperazione universitaria con l'Argentina;
          nell'ottobre del 1992 il professor Grassivaro partecipa alla prova di selezione per addetto scientifico all'ambasciata di Buenos Aires ma non viene scelto nonostante il seguente giudizio: «l'apposita commissione ha apprezzato la sua eccellente preparazione, tuttavia i requisiti richiesti hanno indotto la Commissione a designare un altro candidato»;
          il professor Grassivaro ritiene invece di essere vittima di una ingiustizia e che il vincitore non sia in possesso dei requisiti richiesti e perciò presenta un'istanza al Ministro degli affari esteri pro tempore On.  Emilio Colombo. L'istanza viene respinta in quanto viene rivendicata una «autonoma discrezionalità di scelta da parte del Ministero»;
          il 4 giugno 1993 il professor Grassivaro è costretto ad introdurre un ricorso straordinario al Capo dello Stato, chiamato ad emettere un decreto di accoglimento o rigetto in base al parere del consiglio di Stato;
          trascorrono anni senza alcuna risposta finché dopo l'ennesimo sollecito avviato da un legale di fiducia del ricorrente, in data 11 novembre 2011 (decreto nr. 0046) il ricorso, viene accolto. Sono trascorsi 19 anni ed il professor Grassivaro oggi ha 75 anni;
          nei giorni scorsi il professor Grassivaro ha presentato una richiesta di risarcimento danni che sono di varia natura: professionali, economici, ma anche «esistenziali», come ha riconosciuto una sentenza della Corte di cassazione, in quanto «il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva e interiore (propria del cosiddetto danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso...»  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto descritto e quali iniziative intendano assumere per far sì che l'esaurimento di un procedimento amministrativo avvenga in tempi celeri e comunque entro i termini previsti attualmente dalla legge n.  241 del 1990;
          se, nel caso di cui in premessa, vi siano precise responsabilità in capo a dirigenti che possano essere ritenuti inadempienti;
          se ritengano opportuno avanzare una congrua proposta risarcitoria al professor Grassivaro ingiustamente penalizzato economicamente e moralmente dall'operato della pubblica amministrazione e quindi evitare l'ulteriore (lunga) attesa della definizione del procedimento in sede giurisdizionale, prima che l'interessato consegua la sua giusta soddisfazione. (4-16945)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CENTEMERO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la settecentesca villa Borromeo d'Adda è un complesso di edifici di circa 3.800 metri quadrati circondato da un parco di circa 30 ettari, situata nel comune di Arcore (MB), fondata dalla nobile famiglia D'Adda;
          la villa è stata definita una delle più sontuose residenze di campagna della Lombardia ed ha una rilevante importanza storica, artistica e turistica per il territorio locale;
          dal 1980 il complesso è di proprietà comunale e attualmente la destinazione d'uso prevista è centro internazionale di ricerca, documentazione e progettualità sul paesaggio e l'ambiente;
          dal 2002 la scuderia ospita il corso di laurea quinquennale di restauro religioso, ligneo e di arte contemporanea dell'accademia di Brera;
          nel 2010 è stato redatto il progetto definitivo per la ristrutturazione di un primo lotto. Il costo dell'intervento è pari a 2.700.000 euro, la cui copertura è stata prevista per 500.000 euro mediante contributo da parte della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS spa) e per i rimanenti 2.200.000 euro a carico del comune di Arcore;
          lo stanziamento di 500.00 euro da parte di ARCUS a non sarebbe stato ancora erogato;
          nell'ambito del piano per le opere pubbliche, il comune di Arcore ha previsto per il prossimo triennio la somma di 410.717,11 euro per spese necessarie alla progettazione esecutiva del I lotto nel 2013 e nel 2014, la somma di 2.290.000 euro per il restauro considerando i 500.000 euro della società ARCUS spa  –:
          a che punto sia lo stanziamento del contributo di 500.000 euro di Arcus a favore del restauro della villa Borromeo di Arcore per evitare l'ulteriore impoverimento e la rovina della storica dimora settecentesca. (5-07304)

Interrogazione a risposta scritta:


      BOSSA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          lungo le sponde del Lago Fusaro, a Bacoli, in provincia di Napoli, insistono alcuni siti di particolare valore ambientale e culturale;
          tra questi vale la pena ricordare le «Grotte dell'acqua» (resti di una cisterna termale d'età imperiale) e il «Parco Vanvitelliano» (riserva di caccia e di pesca dei Borboni, abbellito dalla celebre Casina Vanvitelliana);
          nella zona c’è anche una pista ciclabile costata circa 5 milioni di euro, nel 2006, che avrebbe dovuto distendersi lungo i 3 chilometri di periplo del lago, raggiungendo proprio le «Grotte dell'acqua» e il Parco;
          tali siti di proprietà pubblica sono in condizioni di abbandono e di degrado, così come denunciato ripetutamente da varie associazioni, tra cui il coordinamento dei comitati e dei cittadini delle periferie, che ha indirizzato alle autorità territoriale numerose istanze;
          in particolare le «Grotte dell'acqua» cadono a pezzi, sono sorrette da ponteggi ossidati, sono invasi da erbacce e rifiuti; il parco, a sua volta, in numerosi punti, è uno sversatoio a cielo aperto di materiali di risulta dai cantieri, di cumuli di plastica, di fogliame, di attrezzature depositate e mai installate;
          la pista ciclabile, a sua volta, è stata realizzata solo per un quarto del suo tracciato; ed è coperta da vegetazione incolta, rifiuti, al punto che il percorso è quasi del tutto scomparso alla vista;
          le condizioni pietose in cui versano questi piccoli gioielli del patrimonio culturale, archeologico e storico dei Campi flegrei sollevano indignazione e stupore nei tanti turisti stranieri che arrivano sui siti, indicati su guide e mappe, ritrovandosi di fronte rifiuti e abbandono  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga di intervenire, per quanto di propria competenza, per la nascita di un progetto di recupero e valorizzazione degli straordinari beni culturali sopra menzionati. (4-16930)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il tema del riconoscimento come ONLUS delle comunità ebraiche – riconoscimento che ha dirette ricadute sulla possibilità di accesso al 5 per mille – è assai controverso. Infatti, le direzioni regionali delle entrate hanno assunto posizioni tra loro divergenti, facendo venir meno ogni certezza del diritto e creando evidenti sperequazioni tra regione e regione. In tempi recenti, le comunità ebraiche di Ancona e di Milano sono state cancellate dall'elenco delle ONLUS con provvedimento della competente direzione generale delle entrate. La comunità di Ancona ha presentato un ricorso avverso il provvedimento di cancellazione, che è in queste settimane in trattazione. La comunità di Milano è stata anche sottoposta ad ispezioni da parte della medesima Agenzia;
          il ricorso presentato dalla comunità di Milano è stato parzialmente accolto dalla commissione tributaria di Milano, che ha disposto la reiscrizione della comunità nell'anagrafe unica delle ONLUS per la parte relativa all'assistenza sociale e socio-sanitaria agli anziani;
          eppure, l'articolo 10, comma 9, del decreto legislativo n.  460 del 1997, recante «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» appare chiaro: «Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese e le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n.  287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sono considerati ONLUS limitatamente all'esercizio delle attività elencate alla lettera a) del comma 1; fatta eccezione per la prescrizione di cui alla lettera c) del comma 1, agli stessi enti e associazioni si applicano le disposizioni anche agevolative del presente decreto, a condizione che per tali attività siano tenute separatamente le scritture contabili previste all'articolo 20-bis del decreto del Presidente delle Repubblica 29 settembre 1973, n.  600, introdotto dall'articolo 25, comma 1»;
          dalla disposizione sopra riportata discende in maniera molto chiara che gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa con lo Stato (è il caso dell'Unione delle comunità ebraiche, con la legge n.  101 del 1989) sono riconosciuti di diritto come ONLUS parziali. Le comunità ebraiche, da questo punto di vista, sono senz'altro assimilabili agli enti ecclesiastici;
          in quanto enti ecclesiastici, le comunità ebraiche – al pari degli enti ecclesiastici cattolici e di altre confessioni con intesa – non devono avere la finalità esclusiva di solidarietà sociale, che riguarda solo gli enti Onlus non di diritto. Il riconoscimento come «ONLUS parziali» discende proprio dal fatto che il loro scopo non è esclusivamente di solidarietà sociale; anzi, per gli enti ecclesiastici la legge impone che abbiano uno scopo «costitutivo ed essenziale di religione e di culto»: quello di solidarietà sociale è solo eventuale. Ciò esclude comunque che lo scopo di solidarietà sociale possa essere esclusivo: al massimo potrebbe essere concorrente. In ogni caso l'argomento dovrebbe essere superato dal fatto che la legge stessa stabilisce, appunto, che siano Onlus (sebbene, nella specie, parziali);
          il riconoscimento ex lege dovrebbe risultare assorbente rispetto ad altre problematiche: per esempio si è ritenuto che lo statuto dell'Unione delle Comunità ebraiche dovrebbe enunciare la «esclusiva finalità di solidarietà sociale» delle Comunità che invece, in quanto enti ecclesiastici, non devono avere, per legge, questa sola finalità. Inoltre, si è sostenuto che dovrebbe essere esplicitata nello statuto non soltanto l'assenza di ogni fine di lucro ma anche la impossibilità di distribuire eventuali utili tra gli iscritti. Si fa peraltro presente che gli enti ecclesiastici non sono nemmeno tenuti ad avere uno statuto o un regolamento, come è disposto da un Accordo diplomatico interpretativo (aprile 1997, nella «Gazzetta ufficiale» in data 15 ottobre 1997, n.  241), che deve applicarsi a tutte le confessioni religiose che hanno siglato un'intesa con lo Stato, al fine di evitare evidenti discriminazioni;
          si potrebbe anche ritenere che dal riconoscimento della sola Unione delle comunità discenda automaticamente il riconoscimento di tutte le sue articolazioni (le singole comunità), pur dotate di autonoma personalità giuridica;
          il provvedimento di cancellazione della comunità di Milano parte dal fatto che quest'ultima ha dichiarato di svolgere la propria attività nell'ambito dell'assistenza sociale e socio-sanitaria e dell'istruzione. Esclude che nel campo dell'istruzione sia soddisfatto il requisito della solidarietà sociale (con un ragionamento invero che pare non condivisibile, laddove asserisce che l'attività di istruzione degli enti ebraici debba essere trattata alla stregua di tutte le altre attività di istruzione privata) e quindi ne esclude il carattere di ONLUS;
          appare francamente singolare supporre che le attività Onlus debbano essere tutte Onlus; anche se il ragionamento condotto dalla direzione generale delle entrate della Lombardia fosse corretto, allora si dovrebbe dire che l'ente è Onlus limitatamente alle attività assistenziali e non anche di istruzione. Sarebbe quindi pur sempre un ente Onlus parziale (non a caso la disposizione richiamata vuole solo che si tengano contabilità separate fra le attività Onlus e le altre, quindi ammettendo che vi sia concorso tra attività «Onlus e non Onlus»);
          il presidente della disciolta Agenzia per il terzo settore, rispondendo ad alcuni quesiti postigli dal presidente dell'Unione delle comunità ebraiche Renzo Gattegna, aveva confermato questa stessa linea interpretativa;
          appare necessario – al fine di superare le divergenti linee di condotta assunte dalle Agenzie delle entrate – che il Ministro dell'economia e delle finanze assuma un indirizzo univoco, auspicabilmente nel senso precisato dall'interrogante  –:
          quali iniziative intenda urgentemente assumere per chiarire la natura di ONLUS parziali delle comunità ebraiche. (5-07308)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BITONCI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          le scuole paritarie rappresentano da molti anni un indiscutibile patrimonio, sociale e culturale, utile non solo per l'opera formativa svolta quotidianamente, ma anche e soprattutto perché in molti casi, come nelle scuole materne, le scuole paritarie suppliscono alle carenze o alle impossibilità delle scuole dello Stato;
          l'eventuale soppressione o chiusura delle stesse avrebbe certamente risvolti estremamente negativi, sia dal lato dell'offerta formativa, che verrebbe a depauperarsi, sia dal lato degli aspetti gestionali per gli enti locali, che verrebbero a trovarsi con un aggravio di costi e di problematicità difficilmente assolvibili dagli stessi;
          l'articolo 7 del decreto legislativo n.  504 del 1992 prevede che gli immobili degli enti no profit, delle Onlus e di confessioni religiose che hanno stipulato con lo Stato un concordato e destinati ad utilizzi diversi da quelli commerciali sono esentati dal sostenere l'imposta comunale sugli immobili;
          l'applicazione alle scuole paritarie dell'imposta municipale propria (IMU) introdotta dal decreto-legge n.  201 del 2011, rappresenta una vessazione ed una penalizzazione verso la libertà di educazione;
          organi di stampa nazionali (Italia oggi del 10 luglio 2012) riportano la notizia secondo la quale, nonostante il promesso impegno da parte del Presidente del Consiglio che dichiarò l'esclusione dell'imposta per le scuole dell'infanzia paritarie parrocchiali, fondazioni e associazioni o comunque statutariamente senza fini di lucro, paritarie e che accolgono gli alunni senza discriminazioni, ad oggi, così come riportato dal medesimo articolo, le scuole paritarie stanno ricevendo una serie di cartelle esattoriali Imu da parte dell'Agenzia delle entrate;
          ad oggi, tuttavia, sulla base che sulla definizione di attività non commerciale persiste una difficoltà interpretativa, in ragione del fatto che anche attività no profit possono operare senza fini di lucro mettendo tuttavia in essere attività commerciali connesse alle attività svolte attraverso contratti o rette, il Ministro dell'economia e delle finanze si sarebbe impegnato ad emanare un decreto al fine di stabilire le modalità e le procedure delle esenzioni Imu ma che tale regolamento, ad oggi, non è ancora stato emanato  –:
          se, in ragione della valenza della questione, non ritenga opportuno provvedere urgentemente a un chiarimento sulla vicenda sopra descritta ovvero alla predisposizione di un apposito provvedimento in grado di superare le attuali difficoltà interpretative sul concetto di attività «non commerciale» riferito agli enti no profit e agli enti senza fini di lucro, così da prevedere l'esenzione dall'applicazione dell'Imu per le scuole paritarie. (4-16932)


      MONTAGNOLI e BITONCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la complessa situazione economica caratterizzata da una crisi che da tempo coinvolge tutta l'Europa, sta determinando gravi problemi anche in Italia dove la restrizione economica, causata anche dai recenti provvedimenti del Governo, causa un crescente stato di disagio tra tutte le fasce della popolazione;
          organi di stampa nazionale (Italia oggi di martedì 10 luglio 2012) riportano la notizia secondo la quale l'ultima versione di aggiornamento del programma degli studi di settore è dello scorso 5 luglio e che nonostante il breve lasso di tempo intercorso, verrebbe ora richiesto ai professionisti di rifare i conteggi informando altresì i contribuenti sui nuovi importi scaturiti a seguito dell'aggiornamento effettuato;
          il medesimo organo di stampa riporta altresì la notizia secondo la quale la presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro avrebbe scritto una missiva al direttore dell'Agenzia delle entrate chiedendo una proroga per l'adempimento dell'onere  –:
          se non ritenga opportuno adottare gli opportuni provvedimenti affinché si proceda urgentemente con un rinvio degli impegni in materia di adempimento degli studi di settore prevedendo altresì come non sussistano a carico del contribuente oneri accessori per l'eventuale ritardo accumulato. (4-16934)


      PROIETTI COSIMI, TOTO e MURO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il giudice dell'udienza preliminare di Milano, Anna Laura Marchiondelli, il 5 giugno 2012, ha disposto il rinvio a giudizio per Alessandro Profumo, l’ex amministratore delegato di Unicredit e attuale presidente di MPS, e per altri 19 manager, nell'ambito dell'inchiesta cosiddetta «Brontos»;
          il giudice dell'udienza preliminare ha sostanzialmente accolto l'impostazione accusatoria della procura, secondo la quale Profumo e gli altri manager coinvolti si sarebbero resi protagonisti di una maxi frode fiscale del valore di 245 milioni di euro, che sarebbe stata realizzata attraverso un'operazione di finanza strutturata e che avrebbe consentito di beneficiare di un'imposizione fiscale più leggera;
          l'inchiesta era partita dopo che il pubblico ministero di Milano, Alfredo Robledo, aveva messo nel mirino alcune operazioni finanziarie che avrebbero permesso a Unicredit di pagare meno tasse nel periodo 2007-2009, e che sarebbero state realizzate attraverso società inglesi e lussemburghesi, per mascherare utili, facendoli figurare come dividendi, quindi, soggetti ad una aliquota fiscale più bassa;
          la procura di Milano, infatti, aveva contestato agli indagati di aver «artatamente modificato la natura fiscale dell'operazione con l'effetto di dissimulare la qualificazione fiscale dei relativi proventi da interessi attivi su finanziamenti, interamente imponibili, a dividendi, esclusi dal reddito imponibile nella misura del 95 per cento». Si trattava, secondo l'accusa, di operazioni che, sostanzialmente, non avevano «alcuna autonoma valenza economica» ma che servivano «esclusivamente all'ottenimento di un illecito vantaggio fiscale»;
          il 2 novembre 2011, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo presentava un'interrogazione a risposta scritta (la n.  4-13767) – che non ha ancora ricevuto risposta – con la quale portava all'attenzione del Governo la vicenda sopra esposta, segnalandone, in particolare, il rilevante danno patrimoniale cagionato;
          si tratta, infatti, di questioni particolarmente rilevanti e delicate, soprattutto se si considerano i possibili effetti negativi che esse possono determinare sull'andamento dei mercati, nell'attuale fase di crisi economica, politica e sociale che il Paese sta attraversando;
          alla luce anche dell'attuale congiuntura economica che impone rilevanti sacrifici ai cittadini e alle piccole e medie imprese, che subiscono una sempre crescente ed insostenibile pressione fiscale, sarebbe opportuno attivare meccanismi di controllo sul sistema bancario italiano, soprattutto al fine di garantire che la normativa fiscale vigente non venga, per così dire, «utilizzata» per ottenere impropriamente riduzioni di imposta, e determinare, così, casi gravi di frode fiscale, come quello sopra esposto  –:
          quali iniziative di competenza intenda attivare al fine di scongiurare il ricorso a pratiche di elusione e frode fiscale da parte degli istituti di credito, con inevitabili ripercussioni negative per le casse dello Stato;
          se disponga di elementi tali da ritenere che vi siano altri istituti di credito ad aver effettuato operazioni analoghe e in quanto stimi, complessivamente, il danno patito dall'erario;
          se non ritenga opportuno, al fine di garantire la legalità e la trasparenza dell'intero sistema bancario, assumere iniziative, anche normative, per introdurre, al più presto e per quanto di competenza, meccanismi più penetranti ed efficaci di controllo sul settore, anche al fine di evitare il verificarsi di casi analoghi a quelli esposti in premessa. (4-16946)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con lettera del 24 ottobre 2010, la signora Nunzia Fidanzati, sorella di Gaetano Fidanzati, 76enne, attualmente ristretto nel carcere di Parma e sottoposto al regime carcerario di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, si è rivolta alla redazione di Ristretti Orizzonti e alla prima firmataria del presente atto per denunciare le gravi condizioni di salute in cui versa il fratello e le difficoltà che lo stesso incontra nel sottoporsi alle necessarie terapie curative;
          in particolare, il 5 ottobre 2011, il dottor Pietro Di Pasquale, specialista in cardiologia, e il dottor Giacomo Badalamenti, dirigente medico medicina legale, su incarico del tribunale di sorveglianza hanno sottoposto a perizia medico-legale il detenuto in questione al fine di «accertare le attuali condizioni di salute di Gaetano Fidanzati e se esse siano compatibili con il regime carcerario»;
          nell'elaborato peritale dell'8 ottobre 2011, i medici prima citati scrivono quanto segue: «Dall'esame della documentazione sanitaria, nonché dagli attuali accertamenti medico-legali, si perviene alla conclusione che Fidanzati Gaetano risulta affetto da Ipertensione arteriosa severa resistente a terapia; Diabete mellito in trattamento con ipoglicemizzanti orali in attuale fase di compenso metabolico; Adenocarcinoma prostatico G3 Score 6 Sec. Gleason; Broncopneumopatia cronica ostruttiva (...). È sorprendente come il paziente, pur presentando elevati valori tensivi, non manifesti alcun deficit cardiaco o segni clinici da insufficienza cardiaca. Alla luce dei dati presenti agli atti da cui si evince un regolare e appropriato controllo del paziente da parte dei sanitari della Casa Circondariale di Parma (che si avvalgono di consulenze anche dei sanitari dell'Osp. Malpighi) risulta che non vi sia controindicazione all'attuale carcerazione. (...). In atto non si registrano segni o sintomi di sofferenza degli organi bersaglio dell'ipertensione arteriosa (regolari appaiono l'unzione renale e la cinetica cardiaca) (...). In ultimo con riferimento alla neoplasia prostatica in diagnosi, il periziando ha iniziato trattamento con ormonoterapia, ma si è riservato di eseguire terapia radiante come prescritto dai sanitari sin dell'Ospedale che della Casa Circondariale»;
          le conclusioni alle quali pervengono i dottori Di Pasquale e Badalamenti sono le seguenti: «Alla luce di quanto sopra esposto, le attuali condizioni di salute di Gaetano Fidanzati non appaiono incompatibili con l'attuale regime di detenzione ove il paziente è seguito con attenzione anche con l'ausilio dei sanitari del locale ospedale. Per quanto concerne il carcinoma prostatico il paziente già nell'agosto 2011 ha ricevuto prescrizione di terapia radiante ma lo stesso finora non ha accettato in quanto si riserva dopo consulto con suo medico di fiducia. Qualora il paziente accettasse di eseguire la terapia radiante (sedute giornaliere per 37 applicazioni in struttura sanitaria attrezzata per eseguire tale trattamento), ciò potrebbe avvenire con trasferimento in Cdt o transitorio periodo di ospedalizzazione presso il locale centro clinico ove potrebbe contestualmente eseguire i controlli necessari durante radioterapia. Le altre esigenze terapeutiche delle quali necessita in atto il periziato (oltre a quelle per la terapia dell'adenoma prostatico) possono opportunamente essere soddisfatte in regime di detenzione»;
          le valutazioni dei periti nominati dal tribunale sono state pesantemente contestate dal consulente tecnico di parte, dottor Paolo Luciano Danna, specialista in cardiologia, il quale nella sua perizia datata 27 ottobre 2011 scrive che: «Per quanto riguarda la terapia dell'adenocarcinoma prostatico del quale il Sig. Fidanzati è portatore, non mi risulta che sia stata iniziata terapia ormonale (la perizia dei Dottori Badalamenti e Di Pasquale nota ...“24 settembre 2011 inizia terapia ormonale...”). Naturalmente non avere a disposizione copie della cartella rende per me impossibile essere certo della mia affermazione, ma di sicuro ho discusso a lungo col Sig. Fidanzati della opportunità della terapia ormonale e ho avuto in risposta un suo diniego per timore di effetti collaterali. A me risulta che per la prostata il signor Fidanzati sia in terapia con Xatral 10 mg (alfuzosina cloridrato, alfa-bloccante). Noto che i Periti concordano nella loro relazione (pagina 6) che, in caso il Sig. Fidanzati accettasse di sottoporsi a terapia radiante, sarebbe “...utile che il detenuto ...(venga)... trasferito in un CDT o in un Centro Clinico, dove potrebbe contestualmente eseguire i controlli necessari durante la terapia...”. Questa affermazione pertanto è in disaccordo con la conclusione poco sotto espressa dai Periti, cioè che le condizioni di salute del detenuto non siano incompatibili con l'attuale regime di detenzione. In caso di inizio della terapia radiante infatti anche i Periti ritengono che le possibili complicanze della stessa sconsiglino la permanenza nell'attuale regime di detenzione, come confermato esplicitamente nel paragrafo “Conclusioni”. Per quanto riguarda la gravissima ipertensione arteriosa della quale soffre il signor Fidanzati, assolutamente insensibile alla politerapia massiva che è già in atto e che richiede la frequente somministrazione per via parenterale di furosemide o di clonidina, il sottoscritto non è affatto d'accordo con l'affermazione dei Dottori Badalamenti e Di Pasquale secondo la quale (pagina 5) “... in atto non si registrano segni o sintomi di sofferenza degli organi bersaglio dell'ipertensione...”. La marcata ipertrofia ventricolare sinistra presente all'ecocardiogramma è infatti di per sé un danno d'organo, e come ben documentato in letteratura predispone a disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, presumibilmente responsabile della importante dispnea da sforzo lieve e delle precordialgie oppressive di verosimile natura anginosa riferite dal Paziente, nonché ad eventi ischemici ed aritmici, infarto miocardico, edema polmonare, morte cardiaca improvvisa. Sempre citando la relazione dei Dottori Badalamenti e Di Pasquale, “...E: sorprendente come il paziente, pur presentando elevati valori tensivi, non manifesti alcun deficit cardiaco o segni clinici di insufficienza cardiaca...”. Non concordo con l'assenza di segni clinici (come ho appena notato il paziente lamenta dispnea per sforzi lievi e dolori toracici di verosimile natura anginosa); mi associo invece alla sorpresa per l'assenza, fino ad ora, delle complicanze maggiori dell'ipertensione. Mi auguro anche che la sorpresa non si tramuti in amaro disappunto per quando una delle suddette complicanze avesse a manifestarsi ed il paziente si trovasse, come da me notato in più di una relazione, in un ambiente (la Casa Circondariale) dove certamente è ben seguito e curato ma dove sarebbe impossibile far fronte all'emergenza di una delle suddette complicanze. Non posso che concludere ribadendo le mie precedenti determinazioni: ritengo che lo stato di salute del Paziente, ed in particolar modo lo stato ipertensivo assolutamente non controllato e la sintomatologia anginosa e dispnoica, siano incompatibili con la condizione attuale di detenzione. Esiste infatti una concreta possibilità di aggravamento repentino e non prevedibile della situazione clinica, con sviluppo di crisi ipertensive maggiori con serio rischio di emorragia intracranica, nonché di comparsa di sintomatologia anginosa instabile o di infarto del miocardi, arresto cardiaco, edema polmonare acuto, etc. In tali sfortunate circostanze il Paziente necessiterebbe di immediato accesso a cure intensive, non rapidamente disponibili nell'attuale regime di detenzione»;
          l'articolo 27, comma 3, della Costituzione, prevede che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato;
          il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto invariabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e dagli articoli della raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo;
          il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, insuscettibile di limitazione alcuna ed idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;
          ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 6, della legge 26 luglio 1975, n.  354, «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona», dovendo altresì essere attuato «secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti»  –:
          se, alla luce delle condizioni di salute evidenziate in premessa, non si intenda revocare o quantomeno sospendere temporaneamente l'applicazione del regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario disposto a suo tempo nei confronti del signor Gaetano Fidanzati.
(5-07313)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da un lancio di agenzia di stampa ANSA dello scorso 10 luglio, il segretario nazionale di Magistratura Democratica, dottor Piergiorgio Morosini – intervenendo alla quarta serata di «Tabularasa – La frontiera», in piazza Italia, a Reggio Calabria, dedicata dagli organizzatori, Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, alla «fine dell'innocenza», tra piazza Fontana, il caso Moro e le stragi del 1992 – avrebbe rilasciato la seguente dichiarazione: «Ragioniamo su quello che è il vero problema del nostro Paese che non è solo la criminalità organizzata ma la necessità di vivere in società dove certi diritti fondamentali sono garantiti a tutti, anche ai carcerati. Il 41-bis è effettivamente un problema, al di là di quali possano essere gli interessi della criminalità di stampo mafioso. Guardate che gli USA non estradano in Italia i boss mafiosi perché il 41-bis da loro viene assimilato alla tortura. Alcuni parlano di tortura democratica. Il regime carcerario del 41-bis è un regime terribile, dove il rispetto del diritto umanitario è veramente a forte rischio: noi dobbiamo interrogarci sugli effetti di sistema che l'azione antimafia ha portato nel nostro Paese. Noi rischiamo di essere un Paese e un'istituzione che a forza di guardare negli occhi il mostro-mafia, il mostro-’ndrangheta, il mostro-camorra, rischia di diventare lui stesso il mostro. Quando potremo parlare in maniera seria, serena, pacata del nostro regime carcerario vorrà dire che saremo diventati davvero un paese maturo»;
          l'articolo 41-bis dell'Ordinamento penitenziario non rispetta i principi fissati dall'articolo 27 della Costituzione e si pone in contrasto con i trattati internazionali;
          non è un caso che, sia nei resoconti giornalistici, sia negli atti parlamentari, questa normativa venga definita «carcere duro», con ciò intendendo un regime che non è volto alla tutela della sicurezza nel carcere bensì a sottoporre imputati o condannati per taluni reati ad un supplemento di afflizione;
          il risultato di questa situazione è una normativa che, nel suo inusitato rigore, nella sua deliberata ribellione al principio di rieducazione della pena, contrasta con i più nobili valori scolpiti nella Carta Costituzionale, così come peraltro si evince dalla lettura dei libri «Barriere di vetro», edito dalla Camera penale di Roma nel 2002, e «Tortura democratica» di Sergio D'Elia e Maurizio Turco, edito da Marsilio sempre nel 2002;
          la prima firmataria del presente atto, presentando direttamente al Parlamento la proposta di legge n.  4147 elaborata insieme all'Unione delle camere penali italiane, ha indicato una strada per tutelare la sicurezza nel carcere che sia allo stesso tempo rispettosa dei princìpi costituzionali  –:
          se il Governo non ritenga opportuno promuovere iniziative normative volte alla modifica dell'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario in modo da rendere il cosiddetto «carcere duro» conforme alle ripetute affermazioni della Corte costituzionale sulla necessità che sia rispettato, in costanza di applicazione del regime in questione, il diritto alla rieducazione e ad un trattamento penitenziario conseguente.
(4-16926)


      SBAI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nell'Islam chi si converte al cristianesimo si macchia di «apostasia»;
          per «apostasia» si intende nell'Islam non una conversione ma il rinnegare la religione musulmana;
          della macchia dell'apostasia non ci si libera mai e la vita del convertito diventa un inferno;
          in alcuni Paesi in cui l'estremismo islamico vige come legge di Stato, l'apostata viene il più delle volte condannato a morte;
          laddove non c’è invece questo modus operandi, esiste una condanna morale perpetua;
          i due figli del signor Khalid Makhlou, un maschio di 5 anni e una femmina di 3 anni, sono cristiani e sono stati affidati, contro la sua volontà, ad una famiglia musulmana;
          l'affido in virtù dell'ammalarsi della moglie (depressione post-partum) e la impossibilità tempistica del detto Makhlou a badare ai figli per via degli orari di lavoro massacranti;
          non si comprende la ratio di un provvedimento del genere se non in una cattiva interpretazione culturale;
          la famiglia temporaneamente affidataria ha compiuto un'illegalità, portando in viaggio la figlia femmina in Egitto, cosa testimoniata da foto scattate durante il soggiorno;
          il signor Khalid Makhlou aveva chiesto al tribunale e al servizio sociale un contributo economico per l'assunzione di una persona che potesse badare ai bambini;
          il signor Khalid Makhlou aveva chiesto al tribunale di affidare i bambini alla suocera o agli zii, che potevano prendersene cura finché la moglie non fosse migliorata;
          tali richieste rientrano perfettamente, peraltro, nel dettato della legge n.  149 del 2001, in tema di affido e adottabilità, la quale prevede che il minore abbia il diritto inviolabile di crescere nel suo nucleo familiare fino al terzo grado di parentela;
          è stata scritta una lettera di denuncia alla procura della Repubblica di Roma e una lettera informativa alla Corte di Giustizia Europea;
          il signor Makhlou non risulta agli atti essere sottoposto ad alcuna misura di tutela giudiziaria, né colpevole di reati né disoccupato;
          al momento, pur essendo la moglie del signor Makhlou uscita dalla condizione di degenza nella quale si trovava, il giudice ha deciso di prolungare l'affido temporaneo di altri 4 mesi (come risulta da articolo de Il Secolo XIX del 10 luglio 2012);
          come risulta da atti ufficiali, il signor Makhlou ha esperito tutte le vie possibili e giuridicamente corrette per dimostrare che la situazione familiare è tornata in equilibrio;
          non si ravvedono altre motivazioni a sostegno della prosecuzione dell'affido temporaneo dei figli del signor Makhlou, che oggi potrebbero serenamente tornare nel nucleo familiare;
          si richiede, da parte del giudice, un'altra perizia sulla situazione familiare del signor Makhlou, che al momento non appare necessaria  –:
          se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per far sì che vicende come quella descritta non abbiano più a ripetersi. (4-16939)


      SANTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 13 novembre 2008, la corte del tribunale di Genova, presieduta da Gabrio Barone, assolve 16 dei 29 imputati per i fatti di violenza verificatesi alla scuola Diaz durante il G8 di Genova;
          il 4 novembre 2008 il Consiglio superiore della magistratura approva la circolare sul trattenimento in servizio dei magistrati oltre il 70° anno di età che recepisce l'articolo 72 del decreto-legge n.  112 del 2008 in base al quale per poter prolungare l'età pensionabile i magistrati devono presentare domanda di trattenimento in servizio tra i 24 e i 12 mesi precedenti il compimento del 70° anno di età, precisando che tale termine è da intendersi come perentorio. Alcuni magistrati, tra cui Salvatore Sinagra (che presiedeva il processo d'appello per i fatti del G8), avevano fatto domanda fuori tempo massimo e per loro il Consiglio superiore della magistratura varò un'apposita delibera in cui si ribadiva la perentorietà dei termini previsti dalla legge ma, allo stesso tempo, si sanava il pregresso;
          il 18 maggio 2010 la corte d'appello presieduta da Salvatore Sinagra ribalta completamente la sentenza di primo grado, condannando anche i vertici della polizia di Stato per le violenze e per i falsi atti;
          era previsto che il procuratore generale in Cassazione fosse Francesco Iacoviello ma è stato successivamente nominato Pietro Gaeta;
          alla vigilia dell'esame del ricorso in Cassazione presentato dagli imputati condannati in secondo grado il presidente del collegio giudicante Aldo Grassi viene sostituito da Giuliana Ferrua;
          normalmente i processi in Cassazione hanno un solo relatore. Il caso della scuola Diaz, che arriva al vaglio della Suprema Corte dopo due sentenze diametralmente opposte (assoluzioni per la catena di comando in primo grado, condanne in appello), ha avuto due giudici relatori. Una novità che più di un magistrato ha definito «un'anomalia»;
          l'esame in Cassazione è iniziato il 12 giugno 2012 con la requisitoria del procuratore generale Pietro Gaeta. I difensori degli imputati hanno svolto le proprie arringhe difensive tra il 13 e il 15 giugno e la sentenza, come normalmente avviene, era prevista al massimo entro sabato 16 giugno. Ma, anche in questo caso, si è verificata un'anomalia e la sentenza è stata posticipata di oltre due settimane  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga che quelle che all'interrogante appaiono numerose anomalie registratesi durante un processo così lungo e complesso non siano quanto mai inusuali e tali da giustificare la necessità di iniziative ispettive ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di competenza. (4-16943)


      MIOTTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel novembre del 2010 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine dei biologi, annullate prima dal Tar e successivamente con sentenza del Consiglio di Stato per le gravi irregolarità denunciate da numerosi ricorsi;
          nel novembre del 2011 il Ministro della giustizia ha nominato un commissario straordinario nella persona del professor Lucio Botte, il quale si è dimesso nel mese di aprile 2012 denunciando un clima di intimidazioni che lo ha indotto a rinunciare all'incarico;
          è stato quindi designato un nuovo commissario straordinario nella persona del dottor Giampaolo Leccisi, magistrato in pensione, con il compito di indire le nuove elezioni dell'ordine, ma che fin da subito ha deciso di non avvalersi del comitato tecnico istituito dal precedente commissario che si era avvalso della prerogativa prevista dall'articolo 20 della legge n.  396 del 1967, in ciò dimostrando assoluta sottovalutazione del pericolo di ripetere l'infelice esperienza delle elezioni precedenti;
          la prima votazione è stata fissata per il 21 e 22 giugno 2012 ma, in tale circostanza, non è stato raggiunto il numero legale, situazione che si è ripetuta anche per la seconda votazione dal 23 giugno al 2 luglio 2012 e, pertanto, è stata indetta una terza votazione dal 3 luglio 2012 per 10 giorni consecutivi;
          sin dall'avvio delle procedure è stato riscontrato che si sono ripetute le anomalie che avevano determinato i precedenti ricorsi e pertanto con comunicati stampa, esposti ed atti ispettivi parlamentari, numerosi iscritti all'ordine hanno cercato di sollecitare un intervento del Ministero vigilante, finora senza successo;
          in particolare, a quanto consta all'interrogante, con un esposto in data 5 luglio 2012, inviato anche al competente ufficio del Ministero della giustizia, il professor Scoca, per conto di alcuni candidati biologi, ha sollevato un numero preoccupante di irregolarità: elettori che non hanno ricevuto la scheda per votare per posta entro la chiusura delle operazioni di voto, decine o addirittura centinaia di schede recapitate all'ufficio postale di Roma Ostiense e mai recapitate agli interessati, centinaia di raccomandate non spedite, tutte situazioni che mettono a rischio la regolarità della consultazione elettorale  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali circostanze e quali iniziative urgenti intenda adottare, vista l'inerzia del commissario, al fine di garantire il corretto svolgimento delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine dei biologi. (4-16947)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CODURELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'asse viario Bergamo-Lecco (variante ex strada statale 639) è un'opera strategica che si configura come variante all'itinerario della strada provinciale ex strada statale 639 e della strada provinciale ex strada statale 342 in attraversamento dell'abitato di Cisano Berg. per un'estesa complessiva di 3.430 metri ed è finalizzato alla sottrazione della quota di traffico che interessa il centro urbano;
          l'opera s'inserisce nel programma di riqualificazione degli itinerari di attraversamento est-ovest della Lombardia e in particolare tra gli interventi di adeguamento e potenziamento della ex strada statale 639 «dei laghi di Pusiano e di Garlate», di collegamento tra Lecco e Bergamo. Il tracciato si sviluppa da nord a sud nei territori dei comuni di Lecco, Vercurago e Calolziocorte e ha un'estensione di circa 4,6 chilometri dei quali 3,4 chilometri in galleria. Il progetto complessivo dell'opera, suddiviso in due lotti funzionali denominati «San Gerolamo» e «Lavello», prevede la realizzazione di: tre tratti di strada a cielo aperto; due gallerie, denominate «San Gerolamo» (lunga circa 2,4 chilometri e che costituisce la variante di Vercurago) e «Lavello» (di circa 1 chilometro e che costituisce parte della variante di Calolziocorte), con i relativi impianti di ventilazione e di illuminazione e le opere connesse; una breve galleria di sicurezza che connette l'asta principale alla superficie, nel comune di Vercurago; quattro rotatorie. Il progetto definitivo del lotto funzionale «San Gerolamo», da Chiuso di Lecco a via dei Sassi in Calolziocorte, riguarda un tratto di 2,7 chilometri circa, di cui 2,4 chilometri in galleria (sotto i centri abitati di Vercurago e Calolziocorte e sotto la falda del lago), galleria che sarà realizzata ad unico fornice e con carreggiata a doppio senso di marcia;
          il costo totale del progetto è di 53,05 milioni di euro di cui 25,82 milioni di euro stanziati dalla legge n.  443 del 2001 (Governo Prodi);
          in sede Cipe sono stati approvati sia il progetto preliminare che quello definitivo ed il cronoprogramma dell'opera prevede: gara prevista nel secondo semestre 2012; contratto previsto nel primo semestre 2013; inizio lavori nel secondo semestre 2013; fine lavori prevista nel secondo semestre 2015;
          opera confermata dal CIPE in data 6 dicembre 2011 è intitolata «Corridoio comunitario strategico»; l'importo dell'intervento è di 53,05 milioni di euro; il progetto ha ottenuto i pareri degli enti interessati e può essere trasmesso al CIPE appena disponibile l'ulteriore finanziamento di 27,23 milioni di euro, così come confermato dalla scheda della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          si è appreso da notizie di stampa che il Governo Monti ha tolto ai lecchesi i soldi della Lecco-Bergamo, bloccando la Galleria Vercurago-Calolzio, approvata dal Cipe e già appaltata  –:
          se trovi riscontro la notizia di cui in premessa e quale sia il reale stato delle risorse previste per il completamento dell'opera suddetta a partire dai 27,23 milioni di euro sopra citati. (5-07315)

Interrogazione a risposta scritta:


      BERRETTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          da alcune settimane sono in corso, sotto la direzione dell'ingegner Pietro Viviano, imponenti movimenti di terra ed enormi escavazioni sull'arenile adiacente il porto di Catania, relativi alla realizzazione di una darsena che viene descritta al servizio del traffico mercantile;
          l'ingegner Viviano risulta essere già stato consulente tecnico in atti del TAR di Catania di cui alla sentenza 11 ottobre 2007 n.  1752, che assegnava al «porto turistico» della spa Acqua Marcia, gran parte, se non l'intera area fociale del torrente Acquicella che oggi è interessata dai lavori per la darsena commerciale;
          di tale porto turistico si sta occupando la magistratura inquirente e anche in seguito al sequestro giudiziario di una prima opera dello stesso gruppo Caltagirone in ambito angiportuale, il complesso dell'ex Mulino Santa Lucia (dalla stampa definito un «ecomostro» in considerazione del rilevante impatto che avrebbe sul porto di Catania);
          il cantiere risulterebbe, secondo quanto denunciato da varie associazioni ambientaliste e da circoli politici, in aperta violazione della normativa che prescrive la assoluta conformità fra il piano regolatore del porto ed il piano regolatore della città che lo accoglie;
          il cantiere della darsena commerciale non avrebbe mai ricevuto l'assenso del consiglio comunale di Catania, prescritto sulla conformità di programmi urbanistici e neppure in ordine alla prescritta partecipazione alle valutazioni di impatto ambientale e strategico;
          i lavori che comporterebbero un costo per le casse pubbliche di ben 80 milioni di euro, per la sola escavazione dei fondali, rischierebbero di compromettere il prezioso arenile angiportuale, anche a causa della sua cementificazione, con oltre un milione di metri cubi di calcestruzzo;
          il cantiere è insediato sulla foce del torrente Acquicella, in violazione della legge Galasso n.  431 del 1985;
          si starebbero eseguendo lavori che non si limitano solo allo sconfinamento illegale sulle rive del torrente, ma ne hanno tombato il corso, sbancato e deviato a sud la foce e parte dell'alveo naturale;
          l'opera rischierebbe di aggravare il rischio idrogeologico dell'area: già lo scorso inverno nella zona sud della città, si sono verificati delle alluvioni che hanno provocato ingenti danni nel quartiere di Santa Maria Goretti e nell'area adiacente il boschetto della Plaia, in considerazione di tale rischio la provincia regionale di Catania ha istituito una task force per studiare i torrenti Torcile e Buttaceto che si riversano nell'Acquicella;
          l'opera dovrebbe essere realizzata sulla stessa area dove doveva essere costruito il porto turistico della spa Acqua Marcia, e dove invece la legge consentirebbe solo il diporto nautico non speculativo;
          secondo numerose denunce, la darsena commerciale sarebbe una denominazione fittizia data al porto turistico al fine di superare le difformità con i due piani regolatori;
          nei giorni scorsi la Sovrintendenza ai beni culturali avendo rilevato una grave difformità dal progetto ha ordinato la sospensione dei lavori ed intimato il ripristino dei luoghi  –:
          se sia a conoscenza di quanto su esposto;
          quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di prevenire il rischio idrogeologico connesso alla realizzazione di una darsena commerciale nel porto di Catania che ricade nella foce del torrente Acquicella;
          se il Governo non intenda assumere iniziative di sorveglianza sui lavori di escavazione dell'arenile angiportale di Catania in ordine alla realizzazione di una darsena commerciale;
          se corrisponda al vero che la citata darsena commerciale non ricada in tutto od in parte in un'area in cui sarebbe possibile la sola attività di diporto nautico non speculativo. (4-16938)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le tratte ad alta velocità di Rete ferroviaria italiana permettono rapidi collegamenti tra le principali città del Paese, particolarmente vantaggiosi in termini di comfort e velocità tra il Nord e il Sud Italia. Un fortunato slogan usato per promuovere il trasporto ad alta velocità è stato: «È arrivata la metropolitana d'Italia». Peccato che oggi questo spot possa purtroppo associarsi, non solo all'accorciarsi dei tempi di viaggio, ma anche ai più comuni pericoli presenti nelle metropolitane urbane: borseggi, furti, venditori ambulanti abusivi e un nuovo tipo di «racket» quello del facchinaggio non autorizzato, sovente ad opera di persone straniere;
          come riportano reclami dei clienti, articoli di stampa locale, agenzie di stampa e siti internet il fenomeno sopradescritto interessa maggiormente le stazioni ferroviarie delle città di Napoli, Roma e Firenze dove nonostante la presenza di dipendenti delle Ferrovie dello Stato e di poliziotti, ci sono alcune persone vestite in tuta da lavoro, abbigliamento che sembra farli appartenere allo staff di Trenitalia o ad altro personale autorizzato, che operano invece in modo totalmente abusivo. Questi ultimi puntualmente afferrano in maniera decisa i bagagli a turisti stranieri o a persone anziane mentre sono in procinto di salire in treno e solo dopo aver sistemato loro le valigie pretendono una sorta di mancia che varia per lo più dai cinque ai venti euro;
          in caso di rifiuto o di intervento del personale viaggiante di Trenitalia gli abusivi assumono atteggiamenti di particolare aggressività, formulando anche chiare minacce e pretendendo comunque il denaro richiesto;
          sull'importante tratta Napoli-Roma si aggiunge poi, oltre al citato facchinaggio abusivo, un altro fenomeno che vede nei vagoni aggirarsi diversi ambulanti che, senza alcun titolo di viaggio, percorrono gratis la tratta no-stop da Napoli a Roma, anche più volte nella stessa giornata, utilizzando il treno come mercatino illegale e proponendo ai passeggeri qualsiasi tipo di mercanzia, spesso contraffatta, sia lungo il corridoio tra i passeggeri sia nei vestiboli di entrata/uscita delle carrozze;
          le più recenti guide turistiche internazionali già segnalano come avvenimenti da tener conto e di cui temere quanto accade nelle più frequentate stazioni delle più belle città d'arte italiane  –:
          quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per combattere questo fenomeno di illegalità che mette in pericolo sia passeggeri, vista anche l'aggressività degli abusivi, sia il personale viaggiante, assegnando più personale di polizia ferroviaria nei maggiori scali ferroviari italiani; se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative affinché Grandi Stazioni Spa società del gruppo Ferrovie dello Stato che gestisce le maggiori stazioni del Paese, impieghi il personale di guardiania privata già presente a combattere efficacemente questi episodi di microcriminalità anche per tutelare l'immagine dell'Italia che può essere gravemente danneggiata dai sopraddetti fatti, soprattutto nel vitale comparto del turismo nazionale. (4-16929)


      GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nel rapporto 2011 dell'OLAF, l'organismo anti-frode dell'Unione Europea, si segnala che l'Italia ha dovuto restituire 381,9 milioni di euro di Fondi Strutturali;
          dette somme sono state recuperate quasi per intero da progetti per la realizzazione della Salerno-Reggio Calabria e fanno riferimento a frodi intercorse tra il 1994 ed il 2006, frodi nelle quali avrebbe avuto un ruolo importante anche la ’ndrangheta;
          dette somme, secondo l'ANAS, sono in realtà state solamente trasferite dalla progettazione per la Salerno-Reggio Calabria ad altre iniziative  –:
          quale delle due versioni corrisponda al vero;
          se effettivamente una somma di tali dimensioni sia stata spostata dalla progettazione e realizzazione della Salerno-Reggio Calabria ad altre iniziative sempre di competenza dell'ANAS;
          se siano state verificate o riscontrate responsabilità da parte dell'ANAS o di suoi addetti, anche sotto forma di mancata vigilanza, nella realizzazione delle frodi che avrebbero avuto come conseguenza la restituzione della somma di 381,9 milioni di euro, o se risulti se vi siano stati rapporti con esponenti della ’ndrangheta.
(4-16936)


      LARATTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi mesi si sono verificati forti disordini all'interno della struttura di accoglienza «Ninfa Marina» di Amantea (scontri, litigi, risse) dovuti alla non facile convivenza tra gruppi etnici e religiosi del continente africano poco compatibili tra loro. Uno degli ultimi litigi è sfociato in un ferimento con arma da taglio;
          si sono registrate, da parte dei rifugiati, più occupazioni della sede stradale della statale 18, di cui alcune pacifiche ed una sfociata in danneggiamenti ad arredo urbano ed automobili di cittadini e percosse nei confronti di un rifugiato che si era rifiutato di protestare e partecipare al sit in;
          si sono verificate 3 proteste organizzate presso la sede del Comune di Amantea per richiedere documenti, che hanno richiesto anche l'intervento dei carabinieri e delle forze di polizia;
          si è anche registrata la protesta ed occupazione di una strada del centro cittadino sfociata nel sequestro per qualche ora della responsabile della cooperativa che gestisce il centro, che si trovava in autovettura con il proprio figlio;
          da segnalare le difficoltà delle forze dell'ordine che si trovano spesso costrette intervenire con il personale delle stazioni Carabinieri del comprensorio, lasciando così scoperto il proprio territorio, compreso il controllo della città di Amantea, dove opera anche la criminalità organizzata (come evidenziato dall'ultima sparatoria in pieno centro, con tentato omicidio);
          i disordini sono per lo più dovuti ad un nutrito gruppo di immigrati, ritenuti piuttosto «pericolosi». Molti dei rifugiati sono delle ottime persone, purtroppo vittime dell'arroganza e della prepotenza di altri. Diversi problemi scaturiscono dall'impossibilità di rilasciare i documenti a chi non è idoneo ed alla paura di essere rimpatriati;
          il comune di Amantea in una recente nota, ha spiegato quanto è stato fatto fin ora circa la situazione degli immigrati ospitati presso la struttura Ninfa Marina di Amantea. «Fin dal momento dell'arrivo degli immigrati disposto dalla Protezione Civile e dalla Regione Calabria durante i giorni delle consultazioni elettorali 2011, senza alcun tipo di raccordo con il Sindaco della Città che è il responsabile di ordine pubblico e protezione civile, si è mobilitato presso le istituzioni competenti con missive ed incontri ufficiali. Sicuramente un'azione non volta alla realizzazione di eventi folcloristici di accoglienza, ma azioni amministrative volte a garantire i diritti inderogabili dei rifugiati, le condizioni igienico sanitarie e l'ordine pubblico della Città»;
          a tal proposito elenchiamo le seguenti attività:
              incontri formali con la prima cooperativa che gestiva la struttura (poi dimissionaria a luglio 2011) dove sono alloggiati gli immigrati, con le forze dell'ordine presenti sul territorio e con le autorità sanitarie locali per avviare lo screening sanitario;
              visita presso la struttura dell'autorità di Protezione civile del comune nella persona del vice sindaco, della polizia municipale unitamente al personale della locale azienda sanitaria provinciale per verificare le condizioni igienico sanitarie ed alimentari in seguito alle richieste di una delegazione di immigrati che si erano recati presso la locale caserma dei carabinieri per evidenziare condizioni d'invivibilità. Da evidenziare che all'ufficiale di Governo in esercizio delle proprie funzioni (sindaco) è stato impedito d'entrare nella struttura dai responsabili dello stesso. Fatto opportunamente comunicato attraverso le successive missive;
              lettera del sindaco di Amantea prot. 16191 dell'8 agosto 2011 indirizzata al prefetto e al dottor Mazzeo – protezione civile regionale nella quale si richiedeva una riduzione delle unità da 170 a 70 visto le capacità della struttura ospitante, al fine di migliorare le condizioni igienico sanitarie degli immigrati e contestualmente aumentare qualitativamente le capacità d'integrazione nella città;
              lettera del sindaco di Amantea prot. 16228 dell'8 agosto 2011 indirizzata al prefetto, al dottor Mazzeo – protezione civile regionale e al commissario ad acta ASP n.  1 dottor Scarpelli, nella quale si richiedeva «l'apertura immediata di un tavolo di concertazione per affrontare la delicata ed urgentissima problematica già esposta ed in via di ulteriore esposizione»;
          prima lettera di sollecito del sindaco di Amantea prot. 16719 del 22 agosto 2011 indirizzata al dottor Mazzeo – protezione civile regionale, nella quale si richiedeva un incontro urgente in riferimento alle precedenti richieste prot. 16228 e prot. 16191;
              seconda lettera di sollecito del sindaco di Amantea prot. 18087 del 19 settembre 2011 indirizzata al dottor Mazzeo – protezione civile regionale ed al prefetto, nella quale si sollecitava l'apertura immediata di un tavolo di concertazione anche alla luce delle prime proteste sulla strada statale 18 degli immigrati;
              terza lettera di sollecito del sindaco di Amantea protocollo 21210 dell'11 novembre 2011 indirizzata al presidente della regione Calabria Scopelliti, al sottosegretario alla presidenza dottor Torchia, al dottor Mazzeo – protezione civile regionale ed al prefetto, nella quale si rinnovava la necessità della riduzione delle unità e un confronto con tutte le autorità preposte alla gestione dell'emergenza profughi visto le molte problematiche all'interno del centro che avevano portato a più liti tra gruppi di diverse etnie sfociate poi in un ferimento da armi da taglio;
              incontro presso protezione civile regionale del vice sindaco e dell'amministrazione comunale con il dottor Mazzeo;
              secondo incontro presso protezione civile regionale del vice sindaco e dell'amministrazione comunale con il dottor Mazzeo e il sottosegretario Torchia;
              prima lettera del sindaco Francesco Tonnara al prefetto di Cosenza;
          interpello degli uffici comunali presso questura di Cosenza per delucidazioni circa rilascio documenti per immigrati che ancora non hanno conseguito piena regolarità del loro status secondo le direttive del Ministero dell'interno;
              seconda lettera del sindaco Francesco Tonnara al prefetto di Cosenza a seguito della protesta dei migranti del 20 giugno 2012;
              incontro del 4 luglio 2012 del vice sindaco con il prefetto di Cosenza insieme alla città di Cetraro (altra città che ospita immigrati);
          l'amministrazione comunale di Amantea rimane attenta a questa situazione e continuerà ad agire per garantire i diritti inviolabili dell'uomo, per migliorare la condizione dei rifugiati ospiti e la loro integrazione con la città, attraverso gli strumenti a disposizione. Nello stesso tempo sarà svolta un'azione volta a garantire l'ordine pubblico, che non può non passare da una maggiore attenzione della protezione civile e della regione Calabria che sono stati sollecitati più volte in merito»;
          la situazione del centro di accoglienza «Ninfa Marina» di Amantea è stata oggetto di una prima visita dell'interrogante nel mese di agosto 2011, volta ad una verifica delle condizioni della struttura, della situazione igienico-sanitaria, dalla quale visita è scaturita l'interrogazione a risposta scritta n.  4-15993 rivolta al Ministro dell'interno. Vi è stato in seguito un incontro con il direttore dell'azienda sanitaria locale circa l'attività di prevenzione igienico sanitarie, ed un nuovo incontro con i rifugiati il 7 aprile 2012 per ascoltare le loro problematiche dalla quale è scaturita un'azione parlamentare concordata proprio nel centro d'accoglienza di Amantea e rivolta al Ministro dell'interno nella quale si chiedeva principalmente: la possibilità di concedere la protezione temporanea in favore di tutti i cittadini stranieri non libici, giunti dalla Libia che tuttavia non hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale né la protezione umanitaria ex articolo 32, terzo comma, del decreto legislativo n.  25 del 2008 e l'adozione di misure volte a facilitare l'avviamento al processo di integrazione per coloro ai quali è stata riconosciuta una forma di protezione internazionale  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto accade al centro per i rifugiati di Amantea (Cosenza);
          se sia a conoscenza dell'altissima tensione al suo interno, ad opera soprattutto di un nutrito gruppo di immigrati;
          se sia a conoscenza delle manifestazioni pubbliche sfociate in disordini, minacce e aggressioni;
          cosa intenda fare per impedire il ripetersi di tali atti violenti e in difesa della stragrande maggioranza pacifica di rifugiati;
          se non ritenga essenziale l'adozione di misure volte a facilitare l'avviamento al processo di integrazione per coloro ai quali è stata riconosciuta una forma di protezione internazionale;
          se non ritenga necessario ridurre drasticamente il numero degli immigrati ospitati nella struttura Ninfa Marina (come richiesto dal sindaco) visto che la struttura era stata originariamente autorizzata dalla regione Calabria – assessorato al turismo A.T.P. per 36 posti letto, con 16 camere e 16 bagni a fronte delle 143 immigrati presenti al 9 luglio 2012 al fine di migliorare le condizioni d'accoglienza dei rifugiati e facilitare il processo d'integrazione;
          se sia a conoscenza della denuncia degli immigrati delle strutture di Amantea e Rogliano (Cosenza) che in una lettera datata 11 luglio 2012, ed indirizzata al portavoce dell'Alto commissariato dell'ONU Laura Boldrini, affermano: «siamo stati scaricati nelle mani di persone che da più di un anno ci tengono in ostaggio di meccanismi che non riusciamo a comprendere» e «Siamo frutto di un'emergenza umanitaria che ha tradotto la nostra fragilità e la nostra paura in business vergognoso in favore di persone senza scrupoli. (4-16937)


      GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel Molise sono presenti numerose infrastrutture dedicate alla produzione di energie rinnovabili;
          nel 2004 la società Essebiesse (SBS) Power ha fatto richiesta per installare 16 torri eoliche alte 120 metri nella valle del Tammero, nei pressi dell'area archeologica Saepinum-Altilia (Campobasso);
          sull’iter amministrativo che ha portato all'autorizzazione di realizzazione dell'impianto ci sono state, secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, sentenze di segno opposto da parte del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti;
          da recenti indagini sembrano essere emersi contatti tra la società SBS e l'imprenditore Antonio Caturano, coinvolto in numerose inchieste sullo smaltimento illecito di rifiuti  –:
          quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per verificare se tutte le normative di prevenzione contro possibili infiltrazioni mafiose siano state rispettate;
          se, per quanto di competenza, siano stati valutati, e quali siano, i rischi incombenti su quel territorio nel caso in cui fossero realizzate le torri eoliche. (4-16941)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


      GOISIS e RONDINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni anni nel comune di Cernusco sul Naviglio, come del resto in altri comuni dell'hinterland Milanese, le domande d'iscrizione alla scuola dell'infanzia risultano essere maggiori dei posti effettivamente disponibili;
          dallo studio sull'andamento demografico della popolazione residente nel comune di Cernusco sul Naviglio emerge chiaramente che è aumentato il fabbisogno educativo nel corso del tempo: nell'ultimo decennio, infatti, la popolazione Cernuschese è aumentata costantemente, passando da 27.861 a 31.739 unità, allo stesso tempo sono aumentanti il numero dei nuovi nati, il picco massimo si è registrato nel 2010 con 345 nati contro il punto di minimo registrato nel 2003 pari a 240 (in valori relativi + 40 per cento);
          nel 2011 e nel 2012 il numero delle famiglie che non hanno trovato un posto per i loro bambini alla scuola dell'infanzia è di 30 unità, i così detti «esuberi»;
          secondo il trend, precedentemente indicato e riportato più dettagliatamente nella documentazione allegata, il numero degli esuberi è destinato ad aumentare in futuro: si stimano 67 domande d'iscrizione che non verranno accolte nel 2013, destinate a diventare 57 nel 2014;
          in alcuni comuni della provincia di Milano di fatto mancano le insegnanti soprattutto alla scuola dell'infanzia: secondo un recente studio dei sindacati della scuola, infatti, nella sola Lombardia negli ultimi 3 anni il numero degli insegnanti è sceso di quasi 10.000 unità;
          la Costituzione, all'articolo 3 recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...;
          la scuola dell'infanzia non è «scuola dell'obbligo», tuttavia, tenendo in considerazione la fisionomia della società moderna e le necessità sociali dei nuovi nuclei familiari questo servizio non può essere garantito solo a pochi ma deve essere esteso a tutti i bambini in età pre-scolare e non solo per motivazioni specificamente economiche e sociali ma anche didattiche, pedagogiche e formative;
          è dovere dello Stato garantire a tutti i bambini dai 3 ai 5 anni, il diritto di frequentare la scuola dell'infanzia pubblica;
          gli enti locali, i comuni in primo luogo, nonostante le ristrettezze economiche ed i lacci del patto di Stabilità, si vedono sempre più costretti a trovare soluzione per poter sopperire alle mancanze dello Stato centrale, il più delle volte, chiedendo un contributo economico direttamente ai propri cittadini;
          nello specifico, nel caso del comune di Cernusco sul Naviglio, l'amministrazione ha istituito il «servizio educativo integrato» (SEI) per poter garantire la scuola dell'infanzia a tutte le famiglie Cernuschesi che sono risultate escluse della graduatorie; il servizio prevede però la compartecipazione alle spese delle famiglie interessate, attraverso il pagamento di un contributo che va dai 50 agli 80 euro al mese calcolato in misura proporzionale alle fasce ISEE (con esenzione totale per la fascia da 0-5000 euro), discriminando ulteriormente queste famiglie; alle quali, di fatto, viene chiesto un contributo economico per poter mandare il loro figli alla scuola pubblica;
          la competenza in materia attiene al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che dovrebbe garantire il rispetto di quanto sancito dalla Costituzione e l'accesso gratuito alla scuola pubblica  –:
          se non ritenga opportuno verificare la situazione di disagio della scuole dell'infanzia del comune di Cernusco, provvedendo all'adeguamento del personale docente in funzione delle reali necessità della popolazione, assicurando il regolare funzionamento dell'attività scolastica e garantendo a tutti i Cittadini l'accesso gratuito alla scuola pubblica;
          se non ritenga altresì urgente istituire uno o più tavoli di lavoro sulle politiche scolastiche in modo da garantire uno standard di servizio qualificato ed uniforme in tutti i Comuni nell'ottica di un'ottimizzazione delle risorse ed una conseguente razionalizzazione della spesa. (4-16928)


      CECCACCI RUBINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          nella bozza dello schema di regolamento recante «disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento», con particolare riferimento all'allegato B, fatta circolare nei giorni scorsi, si evince che il Ministero intende riunificare in un'unica classe di concorso (denominata A-17: filosofia, storia e scienze umane), le due pre-esistenti: 36/A (filosofia, psicologia e scienze dell'educazione) e 37/A (filosofia e storia);
          dagli incontri che il Ministero ha avuto con i soggetti interessati sono emersi problemi relativi alla gestione della fase transitoria della riforma; infatti, sembra che si intenda stabilire, all'interno della nuova classe di concorso, due sottoclassi, nelle quali confluirebbero automaticamente i vecchi abilitati, secondo il proprio percorso di studi. Ciò nonostante, nell'indicare quali materie saranno insegnate da ciascuno degli abilitati in ognuna delle due sottoclassi, il Ministero intende assegnare ad una (denominata A-117) l'insegnamento della filosofia e della storia in tutti i licei, e all'altra (denominata A-217) l'insegnamento delle sole scienze umane, venendosi così a creare il paradosso che un laureato in filosofia, abilitato nella classe di concorso per «filosofia e scienze umane», non potrà più insegnare la filosofia;
          questa grave incongruenza diventa ancor più paradossale se si pensa che: a) il numero minimo di esami di filosofia richiesti nei piani di studi per le due vecchie classi di concorso erano i medesimi; b) le prove di idoneità concorsuali per la filosofia erano identiche; c) la prova d'accesso e il percorso formativo SSIS negli scorsi dieci anni era eguale per quel che concerne le competenze filosofiche;
          è evidente che gli abilitati nella classe di concorso 36/A (ridenominata A-217) hanno le stesse credenziali per insegnare la filosofia di quelli della 37/A (ora A-117);
          la sola diffusione della bozza ha fatto scatenare forti reazioni da parte del mondo dell'insegnamento che denuncia problemi di carattere giuridico, in quanto chi è stato riconosciuto finora abilitato all'insegnamento della filosofia si vede improvvisamente privato di questo diritto, con la conseguenza di una valanga di ricorsi cui dovrà far fronte il Ministero;
          lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, proprio nel 2012, aveva stabilito, nella nota n.  2320 del 29 marzo 2012, (in applicazione del decreto ministeriale n.  39 del 1998), l'equipollenza delle due classi di concorso in tutti i percorsi liceali, ad eccezione del classico e dello scientifico riservati, per tradizione idealistica, più che per logica, alla sola 37/A2  –:
          se il Ministro interrogato non intenda rivedere tale posizione trovando una soluzione soddisfacente per le classi di concorso coinvolte nella riforma in grado di garantire sia alla classe A-217 (ex 36/A) sia alla classe A-117 (ex 37/A) il diritto legittimo di accedere all'insegnamento di filosofia. (4-16931)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GNECCHI, LENZI, MADIA, CODURELLI, GATTI, RAMPI, BELLANOVA e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          con decreto interministeriale n.  63655 del 5 gennaio 2012, è stato concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito (indennità di mobilità o assegno straordinario), con esclusione della contribuzione figurativa, a favore di 677 lavoratori che nell'anno 2011 non rientrano nel contingente di 10.000 unità di cui all'articolo 12, comma 5, decreto-legge n.  78 del 2010 (cosiddetta salvaguardia), ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2011 e comunque entro il periodo di fruizione delle prestazioni di tutela del reddito e con messaggio n.  1648/2012, l'Inps ha fornito le relative istruzioni operative;
          come da tabella allegata al succitato decreto, per l'anno 2012, sono 2806 lavoratori che necessitano del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito (indennità di mobilità o assegno straordinario), con esclusione della contribuzione figurativa, ma ad oggi purtroppo, non si è ancora provveduto ad emanare il relativo decreto di copertura;
          in occasione del seminario sulla riforma del mercato del lavoro, tenutosi a Milano presso il consiglio regionale della Lombardia il 18 giugno 2012, a precisa domanda rispetto all'emanazione del decreto per la copertura dell'anno 2012, il Ministro del lavoro ha risposto che il suddetto decreto era in via di preparazione  –:
          se non ritenga il Ministro interrogato, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, emanare in tempi brevi il suddetto decreto di copertura per l'anno 2012, al fine di garantire l'intervento di tutela del reddito ai lavoratori interessati.
(5-07305)


      PALADINI. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il colosso multinazionale Lactalis, diventato da più di un anno proprietario di Parmalat e dello stabilimento genovese, avrebbe annunciato la chiusura della produzione locale, nonostante in fase di acquisto fossero state fomite ben altre garanzie al gruppo della Centrale del latte di Genova;
          si starebbe assistendo ad un progressivo ed inesorabile smantellamento di varie imprese liguri con relativa acquisizione delle stesse da parte di grandi multinazionali, in totale spregio di qualsiasi accordo precedentemente stipulato con lavoratori, parti sociali e istituzioni locali;
          circa 150 dipendenti (tra dipendenti diretti della storica centrale di Fegino e i lavoratori dell'indotto) rischierebbero il posto di lavoro;
          in forza della prospettata operazione, il rischio è un'inarrestabile diminuzione di redditività mentre il paventato licenziamento appare lesivo ed inopportuno e disdegna gli accordi con i lavoratori, le parti sociali e le istituzioni locali  –:
          se non si ritenga necessario intervenire a tutela della storica centrale del latte, della produzione e del territorio verificando le cause che hanno determinato la situazione al fine di evitare la messa in atto di licenziamenti in una situazione sociale davvero critica. (5-07307)


      DAMIANO, GNECCHI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          come noto, con il varo della riforma previdenziale di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, si è aperta tutta una serie di problemi e disfunzioni, che ha gettato nell'incertezza la condizione di centinaia di migliaia di lavoratori;
          tra le questioni più rilevanti e urgenti rientra senz'altro la situazione dei cosiddetti esodati, che già nel corso dell'esame della riforma e poi successivamente con il decreto-legge «Mille proroghe» è stata oggetto di specifiche iniziative del Partito democratico su cui hanno convenuto tutte le forze politiche, e per la quale urgono soluzioni che assicurino risposte concrete e risolutive a tutti i lavoratori che rischiano di trovarsi, anche per periodi prolungati, senza stipendio, senza ammortizzatori sociali e senza la possibilità di accedere al regime previdenziale nei termini e nei tempi previsti dalla disciplina previgente;
          anche alla luce delle note polemiche sul numero effettivo degli aventi diritto, la prima parzialissima risposta a tale vicenda doveva venire dall'emanazione del decreto interministeriale di cui al comma 15 del citato articolo 24 del decreto-legge n.  201 del 2011;
          sin dalle sue prime anticipazioni, con un'apposita interrogazione a risposta immediata in Assemblea la 3/02319, fu evidenziata tutta una serie di incongruenze e forzature giuridiche che sembrerebbero caratterizzare tale provvedimento e ne furono denominati i rischi;
          a tutt'oggi, di detto decreto interministeriale si è persa traccia e non è stato mai adottato definitivamente né, tantomeno, risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale; tuttavia, con una procedura davvero originale, se ne citano estremi non meglio individuabili e se ne assumono i contenuti nell'articolo 22 del recente decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95;
          non si capisce come possano regolarsi sia i lavoratori direttamente interessati, sia le amministrazioni di riferimento rispetto a norme di cui, mancando la registrazione da parte della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non è dato di conoscerne il dettaglio delle singole disposizioni  –:
          quali siano le ragioni della mancata adozione del citato decreto interministeriale previsto dall'articolo 24, comma 15, del decreto-legge n.  201 del 2011, che avrebbe dovuto essere adottato entro il 30 giugno 2012, viste le importanti ricadute che ha per la condizione di decine di migliaia di lavoratori, per le imprese e per le amministrazioni interessate. (5-07314)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MISEROTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          si registrano sempre più spesso casi di notevoli ritardi con cui l'INPS risponde ai cittadini in merito alle richieste avanzate riguardanti le loro specifiche situazioni personali nei confronti dell'ente, come nei casi di seguito descritti;
          nel primo caso il signor L.G.B., residente a Trezzo S/Adda (Milano), titolare della pensione cat. VO n.  10209518, in data 27 aprile 2011, faceva richiesta di assegno nucleo familiare, quale coniuge di inabile al 100 per cento, con arretrati dal 23 novembre 2007 e a distanza di oltre un anno, non ha ancora ricevuto risposta dall'INPS;
          nel secondo caso la signora M.R.M., residente a Meda (MB), in data 25 febbraio 2012, inoltrava richiesta all'INPS, sede di Seregno (MB), pratica n.  2101555000006 del 27 marzo 2012, per conoscere il montante per il calcolo della pensione contributiva e la misura e la decorrenza di detta pensione e ad oggi, non ha ottenuto risposta;
          nel terzo caso E.P., residente a Napoli, pensionato IPOST n.  120540, ha presentato in data 5 maggio 2011 all'INPS richiesta di aumento di assegno nucleo familiare da euro 36,15 a euro 51,13, quale invalido civile al 100 per cento con arretrati dal 1° giugno 2009 e, ad oggi, non ha ricevuto risposta  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga urgente assumere iniziative affinché l'INPS risponda in tempi brevi e in maniera chiara alle richieste avanzate dai cittadini riguardanti specifiche posizioni personali nei confronti dell'ente, anche al fine di impedire l'insorgere di nuovo contenzioso che molto spesso vede l'INPS soccombente.
(4-16933)


      MADIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          in data 6 giugno 2012 l'interrogante ha presentato un atto di sindacato ispettivo (n.  5-07023) sui giovani praticanti avvocati presso l'Avvocatura dello Stato, sinora senza risposta, concernente il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività stabilisce all'articolo 9, comma 4 che prevede che «al tirocinante debba essere riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio»; e al fatto che alcune pubbliche amministrazioni hanno dichiarato di non essere tenute a ottemperare al dettato dell'articolo 9, comma 4, poiché il comma 8 dello stesso articolo prevede che «dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» (interrogazione n.  5-07023);
          la recente approvazione della riforma del mercato del lavoro ha riproposto la medesima tematica in altre pubbliche amministrazioni;
          gli articoli 34-36 della legge 28 giugno 2012, n.  92, in previsione della stesura e approvazione di linee guida concordate tra Ministero del lavoro e conferenza Stato-regioni relativamente ai tirocini formativi, preannuncia l'introduzione di un obbligo a riconoscere a ciascun tirocinante/stagista una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta; ma dall'altra, al comma 36, dispone che non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
          questo provvedimento, come riportato da diversi organi di stampa (Repubblica.it, la Repubblica degli Stagisti), ha suscitato una reazione da parte del Ministero degli affari esteri che ha sospeso il programma Mae-Crui attraverso cui da anni ospita (senza prevedere alcun rimborso) studenti e neolaureati presso le proprie sedi diplomatiche;
          secondo i suddetti organi di stampa: «il ministero degli Esteri ha sospeso il II° bando 2012 di tirocini Mae-Crui, gelando oltre 500 studenti e neolaureati selezionati tra migliaia di candidati in primavera, già dichiarati vincitori e ormai convinti di partire il 3 settembre per tre mesi di training on the job»;
          la misura del Ministero degli affari esteri ha provocato una reazione negativa da parte della conferenza dei rettori che ha messo in luce come questa disposizione abbia interrotto il percorso formativo di molti studenti;
          gli oltre 550 aspiranti tirocinanti avrebbero infatti ricevuto mail da parte dei vari uffici delle singole università in cui si comunicava che era stata decisa una sospensione per avere chiarimenti da parte del Ministero riguardo le nuove disposizioni della legge Fornero;
          la Crui in un comunicato ha espresso «perplessità» in merito «all'effetto combinato del comma 34 lettera D e del comma 36 dell'articolo 1 del ddl n.  5256 [...] la cosiddetta Riforma Fornero. Al comma 34, fra i criteri previsti per i tirocini formativi e di orientamento si legge: “riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta”. D'altra parte al comma 36 si sottolinea come “Dall'applicazione dei commi 34 e 35 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Le due prescrizioni rendono di fatto impossibile prevedere esperienze di formazione on the job nella Pubblica Amministrazione»  –:
          quale sia l'intendimento dei Ministri in oggetto sui tirocini formativi presso le sedi diplomatiche del Ministero degli affari esteri attualmente sospesi;
          se il Governo, non ritenga che — fatta salva la disposizione per cui non debbano derivare nuovi e maggiori oneri per lo Stato — debbano essere promosse le appropriate rimodulazioni di bilancio, conseguenti dalla razionalizzazione della spesa pubblica in corso, affinché tutte le pubbliche amministrazioni ottemperino al pagamento del «rimborso spese forfetariamente concordato» a favore dei laureati che svolgono il tirocinio professionale per l'accesso alle professioni regolamentate, così come prescritto dall'articolo 9, comma 4, del cosiddetto «decreto liberalizzazioni», e che prossimamente — una volta stabilite le linee guida sui tirocini — possano anche ottemperare al pagamento della «congrua indennità» a favore degli stagisti/tirocinanti. (4-16935)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
          Telaer srl è una società partecipata per il 51 per cento da SIN e per il 49 per cento da Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per un capitale sociale pari a 350.000 euro. Si occupa di svolgere funzioni e compiti strumentali per le suddette società nell'ambito della produzione, realizzazione, acquisizione, elaborazione e restituzione di prodotti derivanti da telerilevamento avanzato da aereo e da satellite per la gestione e protezione del territorio. La Società, per lo svolgimento delle sue funzioni, ha in carico, gestisce, mantiene e aggiorna tecnologicamente il «sistema TELAER» ed eroga servizi di telerilevamento facendo ricorso ad esso e ad eventuali ulteriori strutture tecnologiche nonché a beni e servizi acquisiti sul pubblico mercato;
          il «sistema Telaer» (Sistema di telerilevamento aereo avanzato per la gestione integrata del territorio) è stato realizzato originariamente dal Consorzio TELAER – formato pariteticamente delle aziende del gruppo Finmeccanica, Alenia Spazio e Telespazio – per conto della pubblica amministrazione (dipartimento dei servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri) (DSTN) nell'ambito del programma triennale di sviluppo del Mezzogiorno 1988-1990;
          con il decreto-legge 24 luglio 2003, n.  192, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  192 del 2003 recante interventi urgenti a favore del comparto agricolo colpito da eccezionali avversità atmosferiche e dall'emergenza diossina nella Campania si dispone che, tenuto conto delle caratteristiche di complementarietà ed integrazione con il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), entro trenta giorni dal completamento delle attività di collaudo, i beni mobili, immobili e immateriali acquistati o prodotti nell'ambito del progetto «TELAER – Sistema di telerilevamento aereo avanzato per la gestione integrata del territorio», di cui all'articolo 6, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 1993, n.  96, come modificato dall'articolo 6, comma 8, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n.  32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n.  104, sono acquisiti dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato;
          i beni trasferiti comprendevano, tra l'altro, due aerei, fotocamere e sensori aviotrasportati, centri per la produzione degli elaborati delle attività di telerilevamento, per un valore di mercato valutabile, secondo AGEA, in circa 8-9 milioni di euro alla data del 10 dicembre 2005 di presa in carico;
          per la gestione e sviluppo del sistema in argomento, AGEA ha dapprima costituito la società SIT nazionale spa – con pacchetto azionario all'inizio controllato di AGEA interamente e poi (nel 2006) ceduto per il 51 per cento a SIN – ed in seguito l'ha trasformata in società a responsabilità limitata modificandone la ragione sociale in «TELAER srl»;
          in considerazione, poi del fatto che le attività di gestione e di sviluppo del SIAN sono di competenza di SIN, AGEA ha ritenuto di affidare a quest'ultima società la concreta gestione del sistema in argomento;
          secondo la relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria Agea 2006-2008 (determinazione n.  95 del 2010), palesi difficoltà operative, connesse alla circostanza che né AGEA né SIN hanno competenza specifica in attività di lavoro aereo, hanno poi indotto AGEA a sottoscrivere nel 2006 un contratto con il «consorzio TELEAR», nei cui ambito sono ricomprese missioni operative per far fronte a specifiche esigenze istituzionali di AGEA e di altri enti pubblici;
          successivamente è stata indetta da SIN una gara, con bando pubblicato sulla GUCE del 23 gennaio 2009, avente ad oggetto l'affidamento, per un periodo di 36 mesi, dei servizi di custodia, manutenzione ed impiego operativo del sistema TELAER e dei servizi di telerilevamento ad esso connessi. La gara si è conclusa con l'aggiudicazione del contratto al «Consorzio TELAER STA»;
          oggetto dell'appalto erano i servizi di custodia, manutenzione ed impiego operativo del sistema TELAER ed i servizi di telerilevamento ad esso connessi;
          in particolare, i servizi che l'aggiudicatario è stato chiamato ad espletare riguardano:
              la presa in, carico, la custodia e l'impiego operativo del sistema TELAER, di cui alla legge n.  268 del 2003, articolo 1, comma 4-bis, comprensiva della manutenzione necessaria per il corretto funzionamento dei beni di proprietà AGEA;
              l'erogazione – per il tramite del Sistema Telaer, con l'eventuale integrazione di ulteriori infrastrutture tecnologiche ed aeronautiche – di servizi e prodotti di telerilevamento per l'acquisizione e l'elaborazione di informazioni geografiche e territoriali, anche attraverso l'utilizzo singolo e/o combinato della piattaforma aerea e satellitare;
              la valorizzazione del Sistema Telaer, secondo modalità e tempistiche definite da uno specifico progetto da presentare in sede di offerta, che preveda l'aggiornamento tecnologico dell'attuale Sistema nonché l'evoluzione dell'infrastruttura per la realizzazione di nuove applicazioni, prodotti e servizi per il telerilevamento;
          in particolare, per la valorizzazione del Sistema Telaer il bando prevedeva uno stanziamento pari a 1.250 milioni di euro (iva esclusa) per l'aggiornamento tecnologico dell'attuale sistema nonché l'evoluzione dell'infrastruttura per la realizzazione di nuove applicazioni, prodotti e servizi per il telerilevamento, da realizzarsi entro 18 mesi dall'aggiudicazione; inoltre era prevista la possibilità di un'offerta a rialzo per l'utilizzo, per fini propri e previa autorizzazione, del velivolo Learjet a partire da un importo di euro 1.600/ora volo, e del velivolo Viator a partire da un importo di euro 370/ora volo ossia di beni essenzialmente funzionali alla erogazione, a favore della Pubblica amministrazione italiana, di servizi di pubblico interesse;
          infine, da bando, personale di volo e materiali di consumo rimanevano a carico dell'offerente;
          l'aggiudicazione è avvenuta in data 7 gennaio 2010 per un importo di euro 15.003.815 a fronte di un importo a base d'asta di 15.200.000 euro (IVA esclusa in ambedue i casi). Il consorzio aggiudicatario è formato da: E – Geos Spa (32 per cento); BLOM C.G.R. spa (31 per cento); Galileo avionica spa (30 per cento); Alfa 81 spa (5 per cento); Aereomanagement Europe srl (2 per cento);
          a fronte dell'aggiudicazione del bando di gara, che sembrerebbe assegnare al nuovo consorzio tutti i compiti e le competenze precedentemente in capo alla Telaer srl, tuttavia quest'ultima continua la sua esistenza. Il problema è, in qualche modo, rilevato anche dagli stessi soci quando il 24 giugno 2010 il Consiglio di amministrazione di Agea guidato dal presidente Fruscio, stante il parere favorevole del collegio sindacale e la proposta di copertura del consiglio di amministrazione Telaer, approva il bilancio di esercizio 2009 di Telaer srl che riporta una perdita di 157.213 euro;
          l'approvazione avviene anche se Agea dichiara che la Telaer srl non ha svolto attività produttiva nell'anno 2009 ma azioni propedeutiche all'avvio di attività, ossia ha valutato le proposte tecnico-economiche della gara indetta per l'appalto dei servizi di custodia, manutenzione e impiego operativo e servizi connessi del sistema Telaer di telerilevamento;
          il bilancio viene approvato ma Agea decide di fare un approfondimento insieme a SIN srl sul problema societario con la finalità di ottimizzare, anche incidendo sull'attuale struttura societaria, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, le potenzialità offerte dal sistema Telaer;
          il 19 giugno 2012 il generale Iannelli, in qualità di ex Commissario straordinario dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), è stato ascoltato in Senato, nell'ambito di un'indagine conoscitiva sulle funzioni espletate dagli Enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. In quella occasione Iannelli avrebbe rilevato l'inutilità di Telaer, ravvisando l'opportunità di attribuire i compiti cartografici ad essa assegnati a soggetti privati. Ha riferito inoltre che durante il suo mandato all'Agea ci furono spese non approvate dal consiglio di amministrazione e senza copertura finanziaria per contratti di struttura alla Telaer per il triennio 2010-2013 per un importo pari a euro 7.139.000, risulta altresì che i due aerei per il telerilevamento che gestisce la Telaer sarebbero fermi da tempo all'aeroporto di Capodichino ma devono comunque seguire cicli di manutenzione programmata anche in assenza di effettivo utilizzo dei mezzi e ciò comporta dei costi  –:
          se il consorzio Telaer, formato da Alenia Spazio e Telespazio, abbia ancora parte nella gestione del sistema Telaer e quale sia invece il rapporto e la distribuzione di funzioni tra Telaer srl e il nuovo consorzio che nel gennaio 2010 si è aggiudicato i servizi di custodia, manutenzione ed impiego operativo del sistema TELAER;
          chi siano gli amministratori della Telaer srl e quali siano i loro compensi;
          se la Telaer abbia delle sedi di lavoro di proprietà o in affitto e, in tal caso, quale sia il loro costo;
          quanti dipendenti abbia Telaer srl e quanti lavoratori con altre tipologie contrattuali, quale sia la spesa per il personale e che tipo di lavoro svolga;
          se sia vero che i velivoli del sistema Telaer sono inutilizzati ed, eventualmente, quale sia il motivo e quali siano i costi;
          quali siano state le azioni intraprese da Sin e Agea dopo l'approvazione del bilancio 2009 della Telaer srl stante che il consiglio di amministrazione Agea, con delibera del 24 giugno 2010, decideva di approfondire con Sin alcuni problemi riscontrati con la finalità di ottimizzare, anche incidendo sulla struttura societaria, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, le potenzialità offerte dal sistema Telaer;
          considerato che il bando di affidamento del sistema Telaer prevedeva anche una valorizzazione ed un aggiornamento dello stesso, quali siano state le operazioni in proposito realizzate dal consorzio affidatario.
(2-01591) «Messina, Di Giuseppe, Rota».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro pro tempore delle politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, (in carica dall'8 maggio 2008 al 16 aprile 2010), considerata l'esigenza di accertare la sussistenza della rappresentatività nell'ambito della compagine sociale del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP, e al fine di verificare le segnalazioni in merito ai presunti conflitti d'interesse interni al predetto consorzio di tutela, con particolare riguardo alle dimissioni di un consigliere che aveva denunciato presunte irregolarità nella conduzione dello stesso, con decreto ministeriale del 14 gennaio 2010 ha istituito il «Comitato di garanzia avente il compito di coordinare e supervisionare l'attività di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla DOP Mozzarella di Bufala Campana»;
          il comitato, composto dal tenente colonnello Marco Paolo Mantile, vice comandante Carabinieri politiche agricole e alimentari, con funzioni di coordinatore, dal Professore Antonio Sciaudone, docente di diritto Agrario presso la seconda università degli Studi di Napoli, dal dottor Emilio Gatto, Direttore generale del dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari, dal vice questore Roberto Miele, dirigente del Corpo forestale dello Stato di Napoli, dal maggiore Claudio Gnoni del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Napoli, dal dottor Pietro Quaranta, direttore dell'ufficio di Napoli del dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari, ha iniziato i propri lavori il 21 gennaio 2010, concludendoli il successivo 14 giugno 2010;
          il comitato di garanzia ha compendiato i propri lavori in una relazione finale consegnata, in data 7 luglio 2010, al Ministro pro tempore delle politiche agricole alimentari e forestali, dottor Giancarlo Galan, (in carica dal 16 aprile 2010 al 23 marzo 2011);
          la stessa relazione è stata depositata anche agli atti della «Commissione Parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale», in data 30 giugno 2011, nel corso dell'audizione del tenente colonnello Marco Paolo Mantile;
          il comitato di garanzia, nella citata relazione finale, ha elaborato una serie di proposte per consentire non solo al consorzio, ma all'intera filiera, di darsi delle regole per affermare quei capisaldi di legalità che dovrebbero sempre connotare il comparto agro-alimentare, attesi gli inevitabili riflessi sulla salute dei consumatori e sull'economia locale e nazionale;
          l'organismo di garanzia nell'indicare al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali i correttivi da adottare per il menzionato consorzio di tutela e la relativa filiera, ha formulato delle proposte che potevano essere applicate in eguale misura anche per altre realtà, nell'intento di migliorarne la qualità e l'efficienza ad esclusiva garanzia dei consumatori e a tutela del cosiddetto made in Italy. Le proposte elaborate dal Comitato, riguardavano il disciplinare di produzione, nelle seguenti misure:
              a) rendere obbligatorio il regolamento sull'alimentazione dei capi bufalini, prevedendone l'inserimento nel Disciplinare di produzione, anche in seguito all'entrata in vigore del Regolamento CE n.  1898/2006;
          riguardavano anche gli organi statutari del Consorzio, prevedendo:
              a) una più ampia partecipazione degli Allevatori alla vita del Consorzio di tutela potrebbe essere assicurata attribuendo alla categoria la quota attualmente assegnata ai Confezionatori;
              b) la riparametrazione delle quote di rappresentanza all'interno della categoria dei Produttori (caseifici), la trasparenza della partecipazione delle Cooperative e dei singoli associati;
              c) la promozione della partecipazione delle associazioni di categoria e dei fruitori;
              d) la riduzione del numero dei Consiglieri per favorire la maggiore fluidità dei processi decisionali (alla riduzione del numero dei Consiglieri dovrebbe corrispondere la riduzione del numero dei Vice Presidenti, da due a uno);
              e) la modifica della clausola che assicura una rappresentanza geografica con altra tesa ad assicurare una rappresentanza per classi;
              f) la costituzione di un Organo di verifica dei comportamenti dei consorziati con facoltà di proporne al Consiglio di Amministrazione l'esclusione;
              g) la partecipazione dei consumatori quando si discute della modifica del Disciplinare;
          h) l'introduzione di un Organo Tecnico per la redazione del piano dei controlli;
          in merito all'Organo amministrativo contabile: al fine di migliorare la capacità del Consorzio di riscuotere i crediti in sofferenza, vantati soprattutto verso i propri associati ed i «fruitori», a fronte del mancato pagamento delle quote associative e delle contribuzioni previste per l'attività di vigilanza, tutela e valorizzazione;
          sulla tracciabilità:
              a) istituzione di un albo di fornitori ufficiali ed autorizzati di mangimi per la filiera bufalina in area D.O.P.;
              b) iscrizione obbligatoria dei capi bufalini al libro genealogico e al connesso sistema dei controlli funzionali;
              c) miglioramento della metodologia e dell'accuratezza dei controlli;
              d) obbligo della comunicazione, con cadenza settimanale, della produzione lattifera giornaliera per numero di capi in lattazione;
              e) adozione di un valido sistema informatico che preveda: l'attestazione del server centrale non presso il consorzio, ma nella sede dell'ente di certificazione, prevedendo un collegamento, per le relative consultazioni, anche agli organi di polizia ed ispettivi competenti (Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato e Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari); l'integrazione del sistema con il collegamento telematico alla BDN di Teramo; il coinvolgimento della componente allevatoriale nell'alimentazione del flusso dei dati d'interesse;
          dalle indiscrezioni apparse sulla stampa, si apprende di alcuni tentativi di voler modificare il disciplinare della Mozzarella di bufala Campana DOP, evidentemente per favorire gli interessi commerciali dei trasformatori (caseifici) a danno degli allevatori  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          quali iniziative siano state adottate dal Ministero, a seguito del lavoro svolto dal comitato di garanzia istituito ex decreto ministeriale del 14 gennaio 2010;
          quali garanzie intenda fornire agli allevatori e ai consumatori per tutelare la quarta DOP nazionale (valore di prodotto commercializzato). (5-07306)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MANCUSO, CROLLA e BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il reato di «maltrattamento di animali» è previsto e punito dall'articolo 544-ter del codice penale: «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, è punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da tremila a cinquemila euro»;
          la pena è aumentata della metà se dai fatti deriva la morte dell'animale;
          l'Unione europea ha specificato che «l'attuazione di misure per la gestione della popolazione canina non rientra nelle competenze dell'Unione, la questione resta di esclusiva responsabilità degli Stati membri»;
          i dati forniti in molti Paesi europei sui maltrattamenti nei confronti dei randagi sono drammatici, compresi quelli relativi all'Italia;
          il tragico primato dei maltrattamenti nei confronti dei randagi è attribuito alla Romania, seguita da Spagna, Ucraina e Italia;
          in Italia, ogni anno, vengono abbandonati oltre 135.000 cani e gatti e circa il 33 per cento di questi viene accalappiato e portato in ricoveri-lager;
          il Sud è la parte d'Italia più esposta al problema: la Puglia ospita 70.600 animali randagi, la Campania 70.000, la Sicilia 68.000, la Calabria 65.000, il Lazio 60.000;
          il fenomeno sembra crescere nelle zone dove le autorità registrano un maggior radicamento della criminalità organizzata;
          in occasione degli ultimi campionati Europei di calcio in Polonia e Ucraina, il Governo di Kiev ha ripulito le strade dai randagi con veleni, bastonate e anche fucilate;
          il 17 aprile 2012, un gruppo di amministratori comunali, tra cui Alessandro Cochi, delegato per le politiche sportive, Andrea de Priamo, presidente commissione ambiente e il delegato del sindaco alla salute animale Federico Coccia e i rappresentanti di 4 associazioni animaliste (LAV, ENPA, OIPA e AVCCP, non sono stati ricevuti dall'ambasciatore ucraino in Italia nonostante un appuntamento fissato da mesi ma sono stati ricevuti da un funzionario di secondo livello che non ha manifestato particolare attenzione ai rilievi mossi  –:
          se il Governo intenda promuovere una campagna informativa di respiro europeo sul benessere animale, confermando la ferma condanna italiana di qualsiasi forma di crudeltà sugli animali;
          se il Governo intenda stilare un protocollo di buona condotta nei confronti del benessere animale, e chiedere che sia rispettato dai Paesi comunitari che vogliano stringere rapporti con l'Italia.
(5-07311)


      MANCUSO, CROLLA, CICCIOLI e BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          sono 9.000 le persone in attesa di un trapianto in Italia e 500 sono le persone che ogni anno muoiono in attesa di un organo;
          nel 90 per cento casi, in media, un trapiantato riesce a reinserirsi completamente nella vita sociale;
          la formula moderna del giuramento di Ippocrate obbliga ogni medico a «non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona» e «a prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni»;
          nell'aprile del 2011 la regione Liguria aveva deliberato la sospensione dei trapianti di fegato presso il centro genovese San Martino, concedendo, però, alla direzione sanitaria del centro la possibilità di concedere deroghe per casi estremamente urgenti;
          da mesi, all'interno del centro, infuria una contesa tra medici del medesimo reparto per la successione del primario, dottor Valente, e con la regione per il destino del centro trapianti;
          i pessimi rapporti tra il dottor Valente e parte dell’equipe più vicina al dottor Enzo Adorno, direttore della struttura semplice e si occupa dei trapianti di fegato, aveva portato a continui screzi, anche in sala operatoria;
          tali episodi avevano comportato provvedimenti disciplinari, che avevano portato alla sospensione dell'attività di trapianto;
          il 5 luglio 2012 al centro trapianti San Martino si è presentato un caos di espianto di fegato e rene;
          il fegato era destinato a una paziente della regione Veneto;
          l’equipe del centro genovese si è rifiutata di effettuare l'espianto del fegato;
          si è reso necessario l'arrivo d'urgenza di un’equipe padovana per effettuare l'operazione;
          la giustificazione della mancata operazione sarebbe la destinazione fuori territorio ligure dell'organo espiantato;
          l'assessore ligure alla sanità, Claudio Montaldo, ha immediatamente aperto un'inchiesta;
          sarebbe auspicabile un intervento dell'ordine dei medici che ha comunque stigmatizzato la vicenda  –:
          se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza anche per il tramite del centro nazionale trapianti, per fare piena luce sulla vicenda. (5-07312)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          Finmeccanica, gruppo industriale a partecipazione pubblica, è al primo posto nel settore dell'alla tecnologia, è l'ottavo produttore mondiale di materiale militare, responsabile del 72 per cento delle esportazioni italiane (2009), nona potenza economica a livello nazionale e 399o a livello globale (2008);
          Finmeccanica produce, beni a uso civile quali veicoli, velivoli, tecnologie di comunicazione, apparati elettronici ed ottici, sistemi per la produzione di energia, occupa 75 mila dipendenti, di cui 42.000 in Italia, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono circa il 12 per cento del fatturato, i principali mercati sono Italia, Stati Uniti ed Inghilterra, negli Stati Uniti Finmeccanica si posiziona al ventiquattresimo posto tra i fornitori del Pentagono, mentre in Inghilterra assorbe il 15 per cento degli stanziamenti del Ministero della difesa britannico;
          con il completamento del ricambio del vertice di Finmeccanica e Selex è iniziato il riassetto organizzativo del gruppo che ha registrato forti perdite nel bilancio consuntivo 2011, non solo nei comparti già in sofferenza come trasporti e aeronautica, ma anche nell'elettronica professionale militare e civile ed è chiamato a fare i conti con una situazione di emergenza finanziaria e di posizionamento nei mercati nazionali ed esteri, il tutto nel pieno della crisi economica e industriale che coinvolge l'intera industria italiana;
          le condizioni critiche dei mercati di riferimento in Italia, Gran Bretagna, Usa e Libia, dove vengono a mancare importanti commesse, hanno sicuramente giocato un ruolo determinante nel deterioramento dei conti del gruppo, gli oneri finanziari rischiano di affossare un gruppo leader internazionale in molti settori che, negli ultimi anni, ha avuto una espansione nell'elicotteristica e nell'elettronica per la difesa dove si concentra il 60 per cento del fatturato e il 66 per cento del margine operativo;
          con tali premesse è urgente conoscere le strategie complessive per la riduzione dell'indebitamento del gruppo che sembra orientato a importanti dismissioni, mentre, anche sulla base della spending review, sarebbe utile cominciare dalla vendita degli immobili e dalla riduzione dei costi di struttura;
          oggi Finmeccanica vale poco più di 2 miliardi di euro (valeva 9 miliardi nel 2007) e se non fosse più che blindata dal controllo pubblico diventerebbe oggetto di possibili scalate, il gruppo ha dei punti di forza abbastanza considerevoli, ma i problemi più pesanti riguardano circa il 25 per cento delle sue attività, il settore ferroviario, con Ansaldo Breda e quello aeronautico, con Alenia Aeronautica, mentre stanno sorgendo difficoltà nel settore della difesa;
          Finmeccanica deve tagliare il debito che pesa per 4,5-5 miliardi ed equivale a due volte e mezzo il margine operativo lordo; l'eccesso di debito rispetto ai concorrenti deprime il titolo e ingessa l'impresa;
          il bilancio 2011 ha una perdita netta significativamente più alta di quanto denunciato nei primi nove mesi ed è previsto che, entro la fine dell'anno, sul conto economico saranno caricati altri oneri legati alla ristrutturazione dell'elettronica della difesa, oltre alla prevista svalutazione, attraverso una verifica del valore, della partecipazione di controllo nell'americana Drs (intorno a 500 milioni di euro);
          la discussione in atto nel Paese sulle spese per la difesa prefigura in futuro ulteriori tagli alle commesse per gli apparati militari e i sistemi d'arma di cui Finmeccanica è la maggiore fornitrice (il 35 per cento del suo fatturato proviene da tali programmi);
          in particolare la discussione verte sul controverso Joint Strike Fighter, o F-35, il cacciabombardiere più costoso della storia; fra ritardi, errori e rinvii, il progetto della Lockheed ha subito tanti ritocchi nel preventivo che oggi ogni esemplare dovrebbe costare 200 milioni di euro;
          la decisione sulla qualità dei tagli alle spese militari non può essere assunta senza prima avere definito il modello di difesa anche in relazione alle linee di politica estera che si intendono adottare, la politica della difesa deve essere integrata a livello europeo e la politica estera deve favorire gli scambi con i paesi emergenti che hanno necessità di tecnologie presenti nelle società del gruppo;
          le forze armate e il loro equipaggiamento dovranno essere coerenti con tale modello di difesa che deve derivare da una più puntuale politica estera, nell'ottica di un modello di difesa a dimensione europea e con una forte integrazione industriale con gli altri Paesi dell'Unione europea, il ridimensionamento della spesa militare in Italia può essere ricondotto a due possibili opzioni:
              a) una riduzione di organico da 190.000 effettivi a circa 160.000, con l'obiettivo di conseguire risparmi di spese del personale, comunque di difficile attuazione in breve-medio periodo, che dovrebbero permettere il sostegno a investimenti in tecnologie e sistemi d'arma ivi compreso il controverso programma F-35;
              b) un programma di razionalizzazione della spesa (dismissioni immobiliari, miglior utilizzo del personale), che mantenga funzioni e ruoli delle forze armate attraverso investimenti in tecnologie compatibili con un sistema industriale nazionale integrato con l'industria della difesa degli altri Paesi europei e rispondente al modello di difesa europeo;
          la seconda opzione appare sicuramente come la più adeguata e quella maggiormente in grado di determinare un modello di difesa, non solo collegato alle linee di politica estera, ma anche ad orientare lo sviluppo dell'industria nazionale;
          se si concentra l'attenzione esclusivamente sugli interessi del mercato italiano, con il programma F35, anche ridimensionato, le ricadute industriali su Finmeccanica e sulle altre imprese industriali italiane saranno molto limitate;
          l'esito potrebbe essere un confinamento della nostra industria alla fornitura di parti dei sistemi d'arma e un forte ridimensionamento dei volumi produttivi, della ricerca e dello sviluppo industriale con la perdita di qualsiasi ruolo di integratore di sistema;
          l'amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, ha tracciato, nei giorni scorsi a Londra, in occasione del salone internazionale dell'aeronautica la strategia per tornare a una leadership di mercato, offuscata dalle vicende giudiziarie in corso;
          secondo l'amministratore delegato il 2012 sarà l'anno del recupero e del rilancio che dovrà passare attraverso una maggiore internazionalizzazione, conseguente all'abbattimento delle spesa per armamenti da parte dei Paesi occidentali e alla crescita delle medesime da parte delle nazioni emergenti come l'India e il Brasile, fortemente interessate alle tecnologie per la difesa militare;
          il piano di riassetto di Finmeccanica, sarà legato anche a una razionalizzazione della struttura industriale in Italia, con dismissioni da un miliardo di euro entro l'anno, e al varo della nuova «Super Selex», società di elettronica che ingloba le controllate Selex Sistemi integrati, Selex Elsag e Selex Galileo, che sarà operativa nel 2013;
          il piano prevederebbe inoltre, un'attenta selezione degli investimenti più remunerativi e un particolare impegno sulla tecnologia «dual», sviluppata per il settore della difesa ma in grado di essere riconvertita e commercializzata per usi civili;
          il dossier più allarmante per l'Italia è quello delle annunciate dismissioni degli asset, considerati non strategici dei trasporti e dell'energia che varrebbero un 1 miliardo di euro e per i quali vi sarebbe, rispettivamente, l'interesse della giapponese Hitachi e della tedesca Siemens;
          l'internazionalizzazione assumerebbe dunque un ruolo cruciale, ai tradizionali mercati di Finmeccanica (Italia, Usa e Regno Unito), si aggiungerebbe la Polonia, dove AgustaWestland ha acquisito la società elicotteristica Pzl e, a livello globale, Russia, Libia, Algeria, India, Malesia, Australia e Brasile;
          la fusione tra Alenia e Aermacchi come possibile preludio all'apertura a qualche socio esterno apportatore di capitale non basta, ne è pertanto discesa la decisione di allontanare le fonti di perdita come Ansaldo Breda, (con un ordine di grandezza di mezzo miliardo), vendere le partecipazioni nei settori considerati non strategici come il 40 per cento di Ansaldo Sts, il gioiello di famiglia, da cedere assieme all'Ansaldo Breda, il 55 per cento di Ansaldo Energia, che secondo Deutsche Bank vale 670 milioni;
          a ciò si aggiunga il 25 per cento della Mbda, la joint venture missilistica con Eads e Bae System, 400 milioni, e infine il 15 per cento dell'Avio, motori aerei ex Fiat, 250 milioni, con queste cessioni e con la focalizzazione della gestione sulla generazione di cassa, Finmeccanica pensa di potersi riallineare ai grandi concorrenti;
          il riassetto organizzativo interno con la costituzione di Selex Elettronic System, come confluenza di Selex sistemi integrati, Selex Galileo e Selex Elsag, prefigura una razionalizzazione delle attività oggi operanti nei vari siti produttivi e di sviluppo industriale;
          l'unificazione in un'unica società delle tre Selex può offrire invece un'occasione per una maggiore integrazione tra le realtà presenti sul mercato civile e un'opportuna ottimizzazione degli investimenti in tecnologie e razionalizzazione dei costi, producendo possibili sinergie per una crescita complessiva di fatturato e occupazione;
          occorre ripensare l'intera strategia di Finmeccanica, il suo perimetro di intervento deve essere salvaguardato, le attività civili non possono essere dismesse: ne soffrirebbe pesantemente l'occupazione e l'indotto e interi territori già colpiti pesantemente dalla crisi;
          in particolare l'uscita di Finmeccanica dai predetti settori significherebbe il totale abbandono della presenza italiana in comparti strategici per l'ammodernamento del Paese, con la conseguenza di lasciare questo mercato in mano a imprese straniere con ulteriori aggravi della nostra bilancia commerciale;
          per l'Italia, significherebbe regalare ai francesi e ai tedeschi il nostro mercato, distruggendo aziende che invece possono, opportunamente strutturate e organizzate, non solo competere nel mercato interno ma partecipare a importanti occasioni internazionali;
          per Finmeccanica è fondamentale il contributo dello Stato agli investimenti in ricerca e sviluppo e vanno ricercate le risorse necessarie a mantenere la competitività del gruppo, l'intervento dello Stato va articolato su più fronti ma tutti ispirati ad una politica di sviluppo sostenibile e di politica estera e di difesa;
          l'insieme delle produzioni industriali di Finmeccanica sono essenziali per il Paese e vanno sostenute con adeguate politiche, la ricerca di profittabilità ad ogni costo contrasta con una visione di lungo periodo per il quale occorrono investimenti a redditività differita indispensabili per la salvaguardia del patrimonio tecnologico e produttivo;
          Ansaldo Breda, Ansaldo Sts, Ansaldo Energia, Elsag, Avio, Menarini, Alenia Thales rappresentano importanti pezzi del sistema della grande impresa italiana da maneggiare con cura, sotto l'occhio del Governo azionista;
          le difficoltà di bilancio presenti in alcune società vanno affrontate con attenta valutazione delle qualità del management nella loro capacità di riorganizzarle, ridurre gli sprechi e avere una visione di rilancio industriale nei rispettivi comparti;
          devono essere individuate risorse per garantire gli investimenti nelle varie aree dove il presidio industriale è già abbastanza forte anche se non sempre adeguato (si investe già il 12 per cento dei ricavi) e nella ricerca di partner nell'ottica di integrazione di filiera e complementarietà di mercato;
          nel settore della difesa si tratta di definire quali risparmi e rinunce decidere, a fronte di impegni internazionali e persino interni sempre più estesi, le Forze armate impegnate in scenari geopolitici complessi e pericolosi vanno, infatti, equipaggiate in modo appropriato, i mezzi utilizzati devono essere mantenuti ed il personale formato e difeso;
          il comparto aerospazio e difesa è uno dei pochi settori industriali dove la filiera nazionale è competitiva, il personale impiegato è di alta qualificazione, esistono distretti tecnologici e industriali, anche se vanno migliorati e ricondotti a sistema per massimizzarne la resa;
          importanti sono le ricadute della ricerca militare e spaziale nei comparti civili, si tratta di aumentare la sinergia per le cosiddette tecnologie duali, la capacità di trasferire in apparati e sistemi per le infrastrutture i risultati delle tecnologie sviluppate nei sistemi militari (radaristica, aeronautica, avionica, monitoraggio reti complesse, comunicazione, nuovi materiali, e altro);
          il gruppo Finmeccanica va sostenuto dallo Stato per la realizzazione di trasferimenti tecnologici a nuovi prodotti e sistemi e contestualmente va attivato un mercato pubblico e privato che utilizzi le nuove applicazioni in ambito civile (energia ecocompatibile e relativa rete di trasporto, risparmio energetico, monitoraggio ambientale e di reti complesse, e altro);
          ciò vale soprattutto nei comparti civili dove, invece di vendere sarebbe quanto mai urgente ripartire da un progetto di rilancio per l'insieme del settore del trasporto su rotaia e su gomma, sull'energia, sulle infrastrutture di rete sulle telecomunicazioni terrestri e spaziali, sull'elettronica professionale e informatica, fondamentale è il sostegno all'integrazione tra ricerca universitaria e ricerca industriale;
          il sostegno alle politiche di investimento e sviluppo del settore delle infrastrutture civili come il ferroviario e l'energia rappresentano elementi importanti e qualificanti di una nuova concezione dello sviluppo, tanto più che la maggior parte dei Governi ha stabilito o sta definendo tagli al settore militare;
          è necessario definire il piano nazionale dei trasporti e i relativi investimenti, creando un polo nazionale della costruzione ferroviaria, che blocchi immediatamente qualsiasi decisione di cessione di imprese strategiche, come Ansaldo Breda e che predisponga un piano di riorganizzazione dell'intero settore;
          a tale fine è indispensabile utilizzare le risorse pubbliche afferenti alla Cassa depositi e prestiti, i fondi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltre ai fondi dell'Unione europea per la ricerca e lo sviluppo;
          la ricerca di antiche e nuove responsabilità sulle cause di questa situazione, che comunque esistono e non hanno risparmiato inchieste della magistratura sugli attuali dirigenti, non deve distogliere dalla questione essenziale delle pesanti ricadute sui lavoratori e sul futuro industriale del gruppo sul quale ha pesato la totale mancanza di una seria politica industriale da parte del precedente Governo;
          per orientare le scelte prioritarie di Finmeccanica non si può pensare solo al conto economico e a quanto accade in borsa ma è essenziale mantenere il controllo pubblico per garantire continuità industriale e sviluppo;
          se davvero si vuole impostare la crescita del Paese all'insegna dell'equità sociale, Finmeccanica è da considerarsi un volano indispensabile per fornire alla piccola e media impresa italiana la possibilità di stare agganciata a prodotti tecnologicamente avanzati  –:
          quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interpellato al fine di mettere a punto una strategia di politica industriale volta al sostegno del gruppo Finmeccanica, e programmi chiari di politica estera e di difesa, anche ai fini del rilancio dell'apparato produttivo nazionale;
          quali misure intenda in particolare promuovere per il rafforzamento delle aziende di Finmeccanica che operano nel settore del segnalamento e delle costruzioni ferroviarie e nel settore energetico, che hanno un'importanza di primo piano per il tessuto produttivo di vasti territori e dell'intero Paese.
(2-01592) «Vico, Lulli, Ventura, Froner, Villecco Calipari, Colaninno, Fadda, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, Gatti, Baretta, Tullo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la Pcma (Plastic components and modules) di Pisticci, ex Ergom, operante nel settore della componentistica per auto e in particolare dell'indotto della Fiat di Melfi ha annunciato volontà di mettere in discussione la sua presenza nel sito industriale di Pisticci;
          la decisione di voler sospendere la produzione ha come conseguenza quella di mettere a rischio il posto di lavoro di 81 persone e delle loro famiglie;
          la eventuale chiusura sarebbe una sciagura per la Valbasento, l'ennesimo colpo inferto ad un'area industriale fortemente ridimensionata dalla crisi;
          l'età media dei lavoratori è molto giovane e già nel 2009 essi, con senso di responsabilità, hanno sottoscritto un accordo che incideva sulle loro tasche con sacrifici finalizzati a mantenere in vita lo stabilimento della Valbasento;
          non è possibile non immaginare poi conseguenze negative per tutto il sito a partire anche dalla società erogatrice di servizi Tecnoparco;
          Venerdì 13 luglio è previsto un nuovo incontro per capire le strategie aziendali e i lavoratori hanno istituito un presidio permanente davanti ai cancelli del sito industriale per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'ennesimo dramma occupazionale;
          la vertenza si inquadra in un più ampio contesto che riguarda quello dell'automotive in Basilicata e al futuro dello stabilimento di Melfi;
          è indispensabile trovare i margini che consentano il prosieguo dell'attività produttiva nel sito di Pisticci  –:
          se e quali iniziative il Ministro intenda attivare per aprire un tavolo di confronto con l'azienda e verificare le possibilità di salvaguardare questa realtà industriale a tutela dei livelli occupazionali. (5-07303)


      LULLI e VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          risale ormai all'8 luglio 2011, l'invio da parte di Iveco spa, società del gruppo Fiat Industrial, alle rappresentanze sindacali unitarie di Irisbus Italia spa, stabilimento di Flumeri (Avellino), una lettera nella quale comunicava che intendeva cedere il ramo d'azienda costituito dallo stabilimento di Valle Ufita alla società Dr motor company dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio che tuttavia ha rinunciato all'acquisto pochi mesi dopo;
          il 3 ottobre 2011 la Fiat ha attivato le procedure per la messa in mobilità e la cassa integrazione per tutti i lavoratori dello stabilimento (700 dipendenti più altri 800 nell'indotto), quando soltanto nel 2010 aveva investito 8 milioni di euro nella ristrutturazione aziendale, che diventano 30 milioni, considerando l'insieme degli investimenti degli ultimi 5 anni;
          dopo il taglio del personale, passato da 1.400 a 700 addetti, due terzi dei quali sono in cassa integrazione da mesi, Fiat è passata direttamente alla chiusura dello stabilimento, sancendo la sua uscita, solo in Italia, dalle produzioni per il trasporto pubblico;
          Irisbus, partecipata al 100 per cento da Iveco spa, produce autobus in tutto il mondo, con stabilimenti in Brasile, India, Argentina, Cina, e cinque siti produttivi in Europa, a Annonay e Rorthais in Francia, Valle Ufita in Italia, Barcellona in Spagna e Vysoke Myto nella Repubblica Ceca;
          la chiusura riguarda solo il sito italiano; le ragioni sarebbero da attribuire agli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni hanno registrato una drastica riduzione, passando da 1.444 unità del 2006 a 1.113 del 2010, a 291 nel 2011; nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 autobus nel 2006 a 472 nel 2010, mentre nei primi sei mesi del 2011 sarebbe arrivata a 145 autobus;
          in risposta all'interrogazione n.  5-05168 Lulli, riguardante la continuità produttiva dello stabilimento Irisbus di Flumeri, il rappresentante del Governo aveva affermato che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe seguito la situazione che si è creata sul territorio in seguito alla decisione del gruppo Fiat Industrial di cedere il ramo di azienda Irisbus di Flumeri, autorizzando, attraverso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la corresponsione del trattamento d'integrazione salariale per un massimo di 818 unità lavorative, per il periodo dal 30 agosto 2010 al 29 agosto 2011;
          il 21 settembre 2011, il Ministro dello sviluppo economico ha convocato Fiat Industrial, Anfia e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl per esaminare le problematiche della società Irisbus di Valle Ufita, incontro che si è concluso con la proposta rivolta a Irisbus di continuare l'attività produttiva fino al 31 dicembre 2011, per consentire nel frattempo la ricerca di eventuali imprenditori interessati all'acquisizione del sito, oltre a Dr motor company, e la ricollocazione di un'ulteriore parte dei lavoratori interessati presso altre aziende del gruppo Fiat Iveco e il possibile utilizzo di ammortizzatori sociali, per la rimanente quota dei dipendenti;
          a seguito del rifiuto unanime di tale soluzione da parte dei lavoratori e della conferma della necessità che la gestione della vicenda venga assunta Presidenza del Consiglio dei ministri, anche «al fine di rivendicare la definizione e il finanziamento del piano nazionale trasporti, unica soluzione per mantenere in Valle Ufita il sito produttivo del settore bus», la società Irisbus ha aperto, il 30 settembre 2011, la procedura di mobilità per tutti i lavoratori del sito. Le organizzazioni sindacali provinciali e la rappresentanze sindacali unitarie hanno, di conseguenza, chiesto all'azienda l'incontro procedurale, previsto dall'articolo 4 della legge n.  223 del 1991;
          in occasione dello svolgimento del citato atto di sindacato ispettivo si è appreso, inoltre, che per il Governo:
              a) la definizione di un piano nazionale dei trasporti, seppure assolutamente necessario in relazione all'oggettiva obsolescenza del parco autobus nazionale, difficilmente potrà contribuire alla risoluzione della vertenza Irisbus per l'oggettiva carenza di risorse già destinate al fondo trasporto pubblico locale istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la realizzazione di un piano organico di rinnovo del parco e per le regole volte alla realizzazione di bandi europei che non consentono riserve per l'industria nazionale;
              b) la richiesta di assumere iniziative per stanziare una congrua quota di risorse nazionali e regionali al rinnovo del parco vetture delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico su rotaia e su gomma non è prevista dal piano per il Sud, approvato dal Consiglio dei ministri del 26 novembre 2010, che ha individuato una priorità nelle grandi opere ferroviarie e viarie per rafforzare i collegamenti tra il Nord e il Sud del Paese, destinando ad esse 1,6 miliardi di euro delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate – attualmente denominato fondo per lo sviluppo e la coesione;
              c) ove fosse considerato prioritario, le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate potrebbero essere destinate anche al finanziamento del rinnovo del parco vetture delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico su gomma, fatta salva la normativa nazionale ed europea in materia di aiuti di Stato;
              d) le risorse nazionali del fondo per le aree sottoutilizzate, allo stato attuale, sono coinvolte nei processi di attuazione delle manovre finanziarie di luglio ed agosto 2011 sul contenimento della spesa pubblica;
          la chiusura dello stabilimento di Flumeri esaspera le tensioni sociali e incrina, ulteriormente, i rapporti con le parti sociali, determinando un vero e proprio terremoto sociale nella Valle Ufita e, più in generale, nella provincia di Avellino, che già registra 80.000 disoccupati; in Italia, gli autobus del trasporto pubblico che continuano a circolare, pur non essendo a norma rispetto agli standard di legge in materia di emissioni inquinanti e di ammodernamento del parco circolante, sono almeno ventimila;
          la totale mancanza di una chiara politica industriale nel nostro Paese che individui priorità, regole e risorse cui tutti i soggetti interessati dovrebbero sentirsi coinvolti e vincolati, rende possibili le più imprevedibili scelte dei diversi gruppi industriali, senza che questo possa essere tempestivamente gestito nell'interesse più generale dell'economia e dell'occupazione nazionale;
          dopo la chiusura degli impianti di Termini Imerese e Imola, il gruppo Fiat ha dismesso anche l'unico stabilimento che produce autobus in Italia, in un preoccupante crescendo di disimpegno produttivo nel nostro Paese, strategia che, a giudizio degli interroganti, non sembra vedere l'assunzione da parte del Governo della necessaria e incisiva azione di interlocuzione per la salvaguardia delle produzioni nazionali, soprattutto nei settori a più alto fattore qualitativo e tecnologico. L'esempio dei Governi dei principali Paesi industrializzati, quali la Germania, la Francia o gli Stati Uniti, tuttora, non viene seguito nel nostro Paese;
          la gravità di tali scelte industriali e della mancata elaborazione di una politica industriale assumono i caratteri della tragedia economica e sociale in aeree già duramente provate, come quelle del Mezzogiorno;
          il 26 ottobre 2011, è stata accolta dal Governo la mozione Lulli ed altri n.  1-00738, concernente iniziative in relazione alla annunciata chiusura dello stabilimento Irisbus di Flumeri (Avellino), che nel dispositivo impegnava il Governo:
              ad assumere iniziative immediate per garantire la continuità della produzione di autobus e i posti di lavoro nello stabilimento Irisbus di Flumeri, dando immediatamente il via libera ad altri eventuali investitori, anche stranieri, che volessero rilevare il ramo di azienda Irisbus di Flumeri;
              a prevedere nei successivi provvedimenti di carattere economico e finanziario un impegno di risorse finalizzate al sostegno di un piano nazionale del trasporto pubblico, che valorizzi il sistema industriale nazionale di produzione, stimolando innovazione di prodotto e sostenibilità nella propulsione dei motori;
              a convocare un tavolo nazionale, con i vertici del gruppo Fiat, per verificare le reali intenzioni riguardo agli impegni assunti il 13 febbraio 2011 nell'incontro tra il gruppo medesimo e il Governo, nel corso del quale i vertici dell'azienda si erano impegnati a investire 20 miliardi di euro in Italia e a proseguire negli obiettivi di sviluppo;      
          l'Italia ha esercitato per decenni un ruolo primario nella produzione industriale di autobus e appare paradossale che tale patrimonio possa essere disperso, proprio in una fase in cui sono sempre più evidenti, da un lato, i problemi del trasporto pubblico locale e, dall'altro, la consapevolezza della necessità di un riequilibrio modale nei sistemi di trasporto a favore dei mezzi collettivi;
          è necessario mantenere sotto i riflettori nazionali la vertenza Irisbus, affinché tale vicenda continui ad essere oggetto di interesse da parte degli eventuali acquirenti e per evitare che la Fiat ostacoli l'acquisto dello stabilimento da parte dei medesimi  –:
          quali iniziative immediate intenda assumere il Ministro per evitare la chiusura definitiva dello stabilimento Irisbus di Flumeri e per garantire la continuità della produzione di autobus e i posti di lavoro, favorendo le manifestazioni d'interesse da parte di altri investitori, anche stranieri, che volessero rilevare il ramo di azienda Irisbus di Flumeri. (5-07310)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Gasbarra e altri n.  4-16766, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Coscia, Carella.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n.  4-13852 del 9 novembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-07313.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Palomba n.  5-06147 del 14 febbraio 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-16942.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta scritta Bernardini altri n.  4-16915 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  663 del 10 luglio 2012. Alla pagina 32675, seconda colonna, dalla riga trentasettesima alla riga quarantesima deve leggersi: «Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci e Zamparutti. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:» e non «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco e Zamparutti. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:», come stampato.