XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              le agenzie di rating sono enti privati partecipati da società, banche e fondi di investimento con sedi in vari Paesi del mondo, in particolar modo gli Stati Uniti, dove le tre maggiori agenzie rappresentano i soggetti i cui giudizi riscuotono generalmente maggior credito sui mercati;
              nell'ultimo anno le tre maggiori agenzie statunitensi sono state particolarmente prodighe di giudizi negativi sul debito pubblico italiano e degli altri Paesi dell'Unione europea, nonché su istituti di credito ed enti locali del nostro Paese;
              nell'attività di annuncio dei giudizi di rating è innato, tra gli altri, un potenziale conflitto di interesse che riguarda i soggetti che pubblicano i rating e nel contempo svolgono attività di banca di investimenti, in quanto il rating potrebbe essere strumentalizzato nell'interesse della banca ovvero dei clienti per attività speculativa in borsa, o per l'acquisizione di asset a prezzi di realizzo;
              le agenzie di rating sono state criticate dagli analisti finanziari per la non piena affidabilità delle loro analisi di rating in quanto società private non esenti da conflitti di interessi col resto del mercato;
              viene spesso citata al riguardo l'analisi di rating positiva fornita nei confronti dell'istituto di credito Lehman Brothers appena una settimana prima del suo fallimento all'interno della crisi finanziaria americana dei mutui subprime del 2008 oppure di Parmalat poco prima del suo crack finanziario;
              le difficoltà provocate dalla crisi economica e finanziaria globale, che ha colpito in maniera particolare alcuni Paesi dell'eurozona con un forte debito pubblico, ha imposto ai rispettivi Governi scelte drastiche in materia di politiche economiche, tanto da produrre veri e propri cambiamenti politici o elezioni anticipate, come accaduto in Spagna e Grecia, configurandosi quindi tali agenzie quali strumento e leva per favorire cambiamenti di natura politica, economica e finanziaria all'interno di Stati sovrani, anche a dispetto della volontà popolare;
              la crescita degli interessi sul debito pubblico deprime le prospettive di crescita e si ripercuote negativamente sul Pil dei vari Paesi, costringendo i Governi ad aumentare la pressione fiscale sui contribuenti, annullando anche gli effetti positivi a medio e lungo termine di manovre economiche correttive;
              lo stesso governatore della banca centrale europea, Mario Draghi, ha recentemente affermato come «bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating o quanto meno imparare a fare meno affidamento sui loro giudizi»;
              in Italia nel 2012, nell'ambito della crisi economica del 2008-2012, è stata aperta un'inchiesta da parte del pm della procura di Trani, Michele Ruggiero, per valutare l'affidabilità e l'oggettività delle agenzie di rating sotto l'ipotesi di reato di manipolazione di mercato; in particolare tra le conclusioni dell'inchiesta si contesta all'agenzia americana Standard & Poor's, in merito al declassamento delle banche italiane, di aver posto in essere «una serie di artifici concretamente idonei a provocare una destabilizzazione dell'immagine, prestigio e affidamento creditizio dell'Italia sui mercati finanziari» a causa anche di «analisti (non identificati) inesperti e incompetenti» a mezzo di comunicazioni ai mercati fatte «in maniera selettiva e mirata in relazione al momento di maggiore criticità della situazione politica economica italiana cagionando alla Repubblica Italiana un danno patrimoniale di rilevantissima gravità»;
              diversi importanti Paesi nel mondo hanno istituito agenzie di rating di carattere nazionale, tra cui la Cina, il Giappone, il Canada, l'Australia e la Russia, risultando ad oggi assenti nei Paesi membri dell'eurozona;
              l'istituzione di un soggetto analogo di valenza comunitaria, realizzato e partecipato dai Paesi membri, potrebbe rappresentare un valido contraltare ai giudizi delle agenzie statunitensi, ritagliandosi anche un ruolo di controllo, verifica e supporto delle politiche economiche dell'eurozona e dei suoi componenti, in vista di un'auspicata politica comune di coordinamento delle politiche economiche,

impegna il Governo

a proporre ai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri dell'Unione europea le valutazioni e gli approfondimenti necessari per l'istituzione di un'agenzia europea di valutazione del merito di credito, promossa da tutti i Paesi membri.
(1-01109) «Girlanda, De Luca, Barani, Castellani, Bocciardo, Abelli, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Giammanco, Crolla, Mancuso».


      La Camera,
          premesso che:
              la recente condanna del collega onorevole Renato Farina per il reato di falso in atto pubblico, avvenuta in seguito alla visita fatta dallo stesso a Lele Mora, detenuto per bancarotta fraudolenta, insieme ad un'altra persona che non era autorizzata ad accedere al penitenziario, ha riproposto con forza la questione delle prerogative del parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni;
              tale sentenza è dovuta all'esistenza di una circolare ministeriale che ha decretato che sono esentati dal richiedere l'autorizzazione soltanto i collaboratori dei parlamentari inquadrati con un contratto a prestazione continuativa;
              tale circolare ad avviso dei firmatari del presente atto confligge apertamente con quanto stabilisce l'articolo 67 dell'Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n.  354) secondo il quale non occorrerebbe alcuna autorizzazione alle visite carcerarie per le persone che accompagnano determinate figure istituzionali, fra cui deputati e senatori «per ragioni del loro ufficio»;
              l'incongruità di quanto previsto nella circolare in oggetto ad avviso dei firmatari del presente atto è sancita anche dal fatto che in molti istituti di pena, dove prevale il buonsenso, si sono fatti passare sempre gli accompagnatori del parlamentare senza richiedere alcuna, documentazione in merito;
              ciò anche in virtù di uno stato di fatto, per cui gli accompagnatori sono spesso legati ad associazioni e organizzazioni sociali che si interessano dei problemi legati al carcere e ai detenuti e che accompagnano i deputati proprio per accertare le condizioni di detenzione e lo stato dei detenuti o detenute visitati;
              dall'altra parte, in passato, si è potuto, modificare la direttiva del Ministro dell'interno che impediva l'accesso di parlamentari nei centri di identificazione ed espulsione (CIE), appare evidente che, per quanto riguarda gli istituti di pena non si può pensare di continuare ad ostacolare un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni;
              la pena decretata, senza sospensione condizionale, appare ai firmatari del presente atto di indirizzo del tutto sproporzionata non essendo conosciuto un trattamento sanzionatorio di siffatta gravità neanche per un «falso in atto pubblico autentico e di ben altra gravità»;
          la sentenza pronunciata a Milano pone di fronte ad una interpretazione quantomeno allarmante non solo perché viene mortificato il mandato parlamentare, ma perché, di fatto, una circolare ministeriale prevale su quanto stabilisce una legge dello Stato;
              quanto accaduto secondo i firmatari del presente atto sembra essere figlio di una spinta all'antipolitica proprio perché sarebbe molto difficile definire la visita in carcere effettuata dal nostro collega come qualcosa di estraneo al mandato parlamentare,

impegna il Governo

a modificare quanto disposto dalla circolare in oggetto in materia di autorizzazione alle visite carcerarie per le persone che accompagnano determinate figure istituzionali, fra cui deputati e senatori, in maniera da assicurare, secondo le modalità più ampie possibili consentite dall'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario, l'esercizio della facoltà in questione.
(1-01110) «Gianni, Moffa, Siliquini, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Stasi, Taddei».

Risoluzione in Commissione:


      La VII Commissione,
          premesso che:
              nel marzo 2012 il Ministro Profumo fa dichiarato che «l'Italia sconta un ritardo storico nella formazione tecnico-professionale rispetto ad altri Paesi europei, come la Germania, sia dal punto di vista dell'eccessivo numero di studenti che seguono il percorso liceale sia in termini di sistema di relazione tra scuola e realtà socio-economica»;
              l'istruzione tecnica, pur essendo stata istituita per rispondere alle esigenze delle realtà produttive del nostro Paese e pur innovatasi nei percorsi formativi offerti agli studenti, ha goduto di limitata rilevanza in termini di attenzione da parte degli studenti;
              a conferma del suindicato trend, risulta ai firmatari del presente atto che le iscrizioni, in questi ultimi anni, se da un verso hanno fatto registrare un leggerissimo aumento verso gli istituti tecnici dall'altro registrano un considerevole calo verso gli istituti professionali, nonostante quanto evidenziato da Almadiploma – Almalaurea secondo cui gli iscritti agli istituti tecnici e professionali hanno il doppio delle possibilità di trovare lavoro rispetto ai loro colleghi liceali;
              per effetto della riforma degli istituti tecnici e professionali, di cui al decreto-legge n. 112 del 2008 è stata operata una riduzione del quadro orario settimanale che è passato da 36 a 32 ore, in soli 2 anni, per cui nell'ambito dell'istruzione professionale, ed in particolare presso gli ex istituti alberghieri, vi è stata una riduzione del monte ore destinato alle attività di laboratorio, vale a dire dell'attività fondamentale di siffatto percorso formativo, nonostante il settore del turismo in Italia sia tra i primi posti per fatturato e capacità occupazionale;
              le discipline professionalizzanti di meccanica, informatica industriale, elettronica ed elettrotecnica, nonostante le migliaia di richieste di personale specializzato che pervengono dal mondo del lavoro, sono state penalizzate con conseguente riduzione delle capacità tecniche professionali degli allievi;
              secondo i firmatari del presente atto sono stati colpiti gli istituti per la produzione tessile, gli istituti agrari, gli ex istituti per l'industria e l'artigianato, e gli ex istituti nautici ora «trasporti e logistica» che risultano deprivati delle potenzialità che li hanno contraddistinti in passato, andando a ledere la capacità di veicolare formazione, malgrado il fatto che in Europa esista una elevata richiesta di comandanti di navi e di altrettanti ufficiali;
              secondo un recente rapporto Isfol 2012 «i tagli realizzati nel comparto strategico dell'istruzione rappresentano un pericolo enorme per lo sviluppo del Paese. L'Italia rischia un calo dello standard di competitività perché non investe in maniera adeguata sul capitale umano, mettendo sotto gamba lo sviluppo di impieghi ad alta specializzazione. In particolare, in Italia risulta in crescita l'occupazione nelle professioni elementari, mentre i lavori a elevata specializzazione si sono contratti dell'1,8 per cento negli ultimi 5 anni, contro un aumento medio in Europa del 2 per cento (con la Germania al 4,3 per cento, il Regno Unito al 4 per cento, la Francia al 2,8 per cento)»;
              inoltre secondo il suindicato rapporto: «la crisi economica avrebbe aggravato una problematica già fortemente presente nel nostro Paese: l'incapacità, per una serie di nodi strutturali, di investire nello sviluppo delle competenze»;
              sarebbe auspicabile riconsiderare la formazione tecnico-professionale come un asset strategico per il nostro Paese attraverso la ridefinizione delle scelte in materia scolastica apportando dei correttivi significativi ad una riforma dell'istruzione tecnica e professionale che presenta – secondo i firmatari del presente atto – ancora vuoti incomprensibili e consistenti criticità;
              qualora non si proceda con un atto di coraggio capace di innovare l'attuale quadro normativo e valorizzare la vivacità dell'offerta formativa degli istituti superiori, quella «competitività» con gli altri Paesi europei – cui il Ministro Profumo fa riferimento nella dichiarazione sopra riportata – rischia di configurarsi come una prospettiva difficile da realizzarsi,

impegna il Governo:

      ad adottare adeguate e rapide iniziate volte a valorizzare la formazione tecnico-professionale, anche intervenendo sui quadri orari delle materie specifiche presso gli istituti tecnici e professionali, e valorizzando quelle classi di concorso, in cui ricadono i docenti afferenti al comparto tecnico-professionale, che per la loro specificità risultano essere fortemente legate al sistema produttivo e alle richieste del mercato;
      ad assumere iniziative per valorizzare le attività di laboratorio, le attività degli insegnanti tecnico pratici, le discipline professionalizzanti, l'esperienza di alternanza scuola lavoro e il sistema di istruzione e formazione professionale che, attualmente, presenta criticità e disarmonia a livello nazionale in virtù delle competenze regionali in materia;
          ad adottare opportune iniziative volte a rivedere l'organico ATA, in particolare quello afferente ai collaboratori scolastici, che risulta fortemente ridimensionato rispetto alle esigenze e alle necessità delle scuole, determinando sovraccarico di lavoro e caos nell'organizzazione;
          a promuovere la modifica del comma 81 dell'articolo 4 della legge 183 del 2011 che prevede il transito degli insegnanti tecnico pratici in esubero nei ruoli del personale ATA che, oltre a demansionare e mortificare una categoria di insegnanti da sempre motore dell'istruzione tecnica e professionale, incide notevolmente sul precariato;
          a consentire l'individuazione di adeguati ed opportuni investimenti nella scuola attraverso un seria ed articolata programmazione degli interventi al fine di elevare la competitività del nostro Paese.
(7-00951) «Granata, Di Biagio, Muro, Barbaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          il porto di Gioia Tauro, nato nel 1994, ha rappresentato il più grande terminal per il transhipment del Mediterraneo; oggi è lo scalo italiano che ha la maggiore attività di transhipment, è il terzo porto in Europa nella classifica dei «porti contenitori» ed è il principale scalo commerciale marittimo dell'area metropolitana di Reggio Calabria;
          la gestione del porto di Gioia Tauro è stata sempre organizzata in un quadro di incertezze che non hanno mai garantito l'effettuazione della polifunzionalità dello stesso: ritardi nei finanziamenti, scarsa attenzione sulla rivalità nata da parte di altri porti italiani e mediterranei, lentezza nel completamento delle infrastrutture portuali, marginalità dell'obiettivo della polifunzionalità, mancanza dell'istituzione di una zona franca produttiva;
          la MCT, società terminalista che gestisce il porto di Gioia Tauro, concessionaria per ben 99 anni, dopo anni di successo, nel luglio del 2011, considerata la preoccupante crisi occupazionale che aveva investito lo scalo marittimo in questione, ha chiesto e sottoscritto l'accordo per porre in cassa integrazione 416 lavoratori, ai quali si sono poi aggiunte altre 239 unità, quali ex precari che hanno ottenuto il reintegro di fronte al giudice del lavoro;
          ad avviso dell'interpellante la MCT – Conship Italia si è sempre avvalsa dell'alibi della crisi internazionale delle movimentazioni per fare scelte diverse e posizionare altrove il traffico, tanto che desta perplessità nel constatare che l'accordo per la Cassa integrazione guadagni straordinaria sia stato fatto per aiutare l'azienda a superare il momento di difficoltà, ma non abbia posto le garanzie necessarie per vedere riassorbite le unità lavorative;
          e nel mentre i lavoratori, posti in turnazione per la Cassa integrazione guadagni straordinaria, hanno messo in atto ogni sforzo utile a superare la crisi dello scalo e parte del mondo politico ha tentato varie strategie per trovare soluzioni utili a favorire la coesione sociale in un territorio che presenta uno dei maggiori tassi di disoccupazione registrabile in Calabria, Conship Italia – Med Center hanno lasciato inutilizzate cinque gru per le navi di ultima generazione ed hanno presentato a Londra il progetto industriale, nel quale non solo non viene prevista alcuna risorsa per il porto di Gioia Tauro, ma viene annunciato di voler rilanciare l'attività nei porti di La Spezia, Ravenna e Cagliari;
          e a pochi giorni dalla scadenza della Cassa integrazione guadagni straordinaria, applicata con criteri di flessibilità in base alle esigenze aziendali, la Conship terminalista avanza la richiesta di un nuovo ricorso agli ammortizzatori sociali, addirittura per 24 mesi, nonostante l'incremento del traffico: la MCT aveva definito i 416 esuberi da gestire a rotazione su 28 mila movimentazioni a settimana, oggi divenute 34 mila;
          l'interpellante ribadisce che, a proprio parere, la Conship non è mai apparsa propensa a risolvere le problematiche che investono lo scalo marittimo e la nuova richiesta di Cassa integrazione guadagni straordinaria è anche legata alla mancanza di quei «paletti» nell'accordo precedente, utili a garantire il reale interesse della società terminalista nei confronti del porto di Gioia Tauro e, quindi, i lavoratori alla scadenza dell'anno;
          ci si ritrova, infatti, senza alcuna traccia del distretto logistico, delle aziende che la Conship avrebbe dovuto realizzare nel retroporto, del Gateway ferroviario, dell'intero finanziamento dei corsi di formazione per i lavoratori del porto, della società di gestione dell'interporto per la polifunzionalità dello scalo, ecc.;
          ed oggi la MCT richiede la proroga per 24 mesi della Cassa integrazione guadagni straordinaria, paventando che la richiesta possa andare persino fino al 2016, legata ai criteri di flessibilità già in atto, sottolinenando che lo squilibrio dei costi di produzione del servizio offerto in rapporto alle tariffe di mercato causa un'eccedenza media giornaliera di lavoratori pari a 537 su un totale di 1288 unità;
          anche l'Autorità portuale ha dichiarato che «in questi ultimi mesi il porto di Gioia Tauro continua a registrare ottime performance, grazie ad un aumento dei traffici che, mensilmente, si stanno posizionando su incrementi costanti e in graduale crescita»; davvero eccessivo appare, quindi, il numero di esuberi proposti dalla MCT;
          l'interpellante non può esimersi dall'evidenziare che l'azienda MedCenter nel mentre richiede questa nuova cassa integrazione, anziché avviare le trattative sindacali nelle esistenti sedi ufficiali, paga le spese per affrontare gli incontri in una super confortevole struttura turistica di Pizzo Calabro;
          ad avviso dell'interpellante la Conship ha interesse solo al mantenimento monopolistico delle banchine, in modo da impedire l'inserimento di altre società concorrenti, nel mentre fa scelte diverse e posiziona altrove il traffico, tanto che la richiesta di proroga della Cigs non viene accompagnata da un adeguato piano industriale;
          anche il Governo nazionale riserva poca attenzione alle problematiche del porto di Gioia Tauro, considerato che vengono rafforzati e finanziati con milioni di euro i porti e le piattaforme logistiche liguri e dell'Adriatico, riservando per lo scalo in questione scarse risorse nella distribuzione delle stesse;
          non si può che desumere che ai tavoli di concertazione in atto ci si sieda senza avere piena e chiara contezza di quali siano le reali strategie, da una parte della Conship e dall'altra della regione Calabria e del Governo centrale, al fine di salvaguardare il porto di Gioia Tauro ed il relativo versante occupazionale  –:
          dal 1994 ad oggi quante risorse statali abbia assorbito la Conship attraverso MCT di Gioia Tauro, fra contratto d'area, cassa integrazione straordinaria ed ordinaria e finanziamenti all'attività, utili per l'acquisto di mezzi mobili, peraltro a Gioia rimasti obsoleti per quanto riguarda la metà delle gru e tutto il parco stader-carrier;
          a quanto ammonti la perdita per il demanio che a partire dal 1995 ha concesso alla MCT un milione e mezzo di metri quadrati per circa un miliardo di vecchie lire all'anno, prezzo politico e assolutamente fuori mercato per il terminal che per la sua posizione strategica, e fino a quando la Conship non ha acquistato il terminal di Calgliari e sul secondo terminal di Tangeri, ha bruciato tutte le tappe nel qualificarsi primo porto del Mediterraneo;
          se non ritengano necessario ed urgente prevedere in una prossima iniziativa normativa un limite di cessione delle quote societarie di un terminalista che alimenta il proprio capitale dalle concessioni ottenute nelle aree depresse a prezzo politico e non in linea con il mercato;
          a quanto ammonti il beneficio, costituito nel 2010 per MCT, dalla riduzione delle tasse di ancoraggio operata dall'autorità portuale;
          se non ritengano far sì che la Conship restituisca le corrispondenti aree attrezzate dallo Stato nel porto di Gioia Tauro al fine di consentire all'autorità portuale una seria ed equilibrata azione di marketing;
          quanti siano i soldi pubblici investiti nel porto di Gioia Tauro dalla sua nascita ad oggi e gli spazi, all'interno dello stesso, utilizzati per la crescita occupazionale;
          se non ritengano necessario ed urgente considerare la struttura portuale di Gioia Tauro come priorità nazionale e creare quindi un unico tavolo di concertazione tra Governi nazionale e regionale, organizzazioni sindacali ed autorità portuale;
          se non ritengano urgente avviare le iniziative necessarie affinché l'eventuale nuova autorizzazione alla richiesta di Cassa integrazione guadagni straordinaria per 537 lavoratori venga rilasciata con le dovute garanzie da parte della azienda monopolista del porto per il futuro occupazionale degli stessi.
(2-01604) «Angela Napoli».

Interrogazioni a risposta scritta:


      REALACCI e MARIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          sempre più spesso si verificano in varie zone d'Italia situazioni anomale connesse all'alternarsi di eventi meteorologici estremi di grande intensità e violenza con periodi di forte siccità. Tali eventi sono presumibilmente legati ai mutamenti climatici in corso e sollecitano politiche più efficaci e credibili sia sul fronte della mitigazione dei processi in atto che sul fronte dell'adattamento agli stessi;
          secondo alcune dichiarazioni dell'ufficio federale statunitense per i cambiamenti climatici, nell'anno 2012, si assiste «ad un costante incremento di eventi meteorologici come pioggia, siccità, neve, inondazioni e violente tempeste. Il surriscaldamento globale mette seriamente a rischio la salute pubblica». Di fronte a un anno particolarmente caldo è perciò pesante la situazione di molte parti d'Italia relativamente alla disponibilità di acqua;
          da recenti rilevazioni dall'Arpa Toscana dei dati pluviometrici le precipitazioni registrate negli ultimi 6 mesi in alcune zone della regione risultano essere inferiori del 50 per cento rispetto al dato del 2011 e addirittura del 70 per cento rispetto al 2010. Mentre per quanto riguarda il bacino padano il Po registra un livello delle sue acque scarsissimo: -6.22 metri rispetto allo zero pluviometrico (dati 16 luglio ’12 - Pontelagoscuro/Agenzia interregionale per il fiume Po). Secca che persiste pressoché dal mese di marzo 2012;
          il deficit di precipitazioni della prima metà dell'anno 2012 è oggi comune a quasi tutte le regioni d'Italia. In vaste aree del Paese infatti l'assenza di precipitazioni, calcolato tramite confronto con le piogge degli ultimi 15 anni, ha raggiunto anche qui valori del 50 per cento in meno;
          l'attuale condizione di siccità è successiva ad un anno, il 2011, già caratterizzato da scarsità di pioggia e neve che ha determinato l'uso intensivo di risorse di falda per garantire l'approvvigionamento idrico durante tutta la stagione estiva e i primi mesi autunnali, con un conseguente depauperamento delle stesse risorse;
          l'indice di siccità (SPI – standardized precipitation index – Arpa Toscana) 2011, calcolato su base annua, evidenzia ampie aree della Toscana in cui si registra un livello di siccità severo e lo stesso indice riferisce un livello di siccità più alto nel secondo semestre dell'anno, con punte di siccità estrema;
          nell'Alta Toscana inoltre le risorse idriche locali (falde, torrenti, pozzi) dopo una breve parentesi dovuta alle piogge tra i mesi di aprile e maggio 2012, sono tornate al minimo o secche, e continua l'allerta per il periodo più caldo dell'anno, con afa record e consumi oltre la media. L'invaso di Bilancino, perno del sistema che disseta le province di Firenze, Prato e Pistoia, è oggi al livello di 247,74 metri sul livello del mare che equivale a 48 milioni di metri cubi; negli stessi giorni del 2003 e 2007 (le altre due siccità degli ultimi 10 anni) conteneva rispettivamente un livello di 69 e 63 milioni di metri cubi di acqua;
          stante l'attuale situazione siccitosa, sono aperti da tempo tavoli tecnici e istituzionali coordinati dalla regione e dall'autorità di bacino dell'Arno. Lo stesso gestore del servizio idrico della Toscana centrale, Publiacqua, ha più volte nei mesi scorsi richiamato la criticità delle condizioni delle risorse idriche che da mesi impegnano risorse e personale per evitare disagi ed emergenze  –:
          di fronte al serio rischio della continuità del servizio idrico in un'ampia area della regione Toscana, quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per impegnare le competenti unità tecniche ministeriali a monitorare le condizioni di approvvigionamento nella regione Toscana;
          se il Governo non intenda verificare la sussistenza di risorse economiche utili a garantire interventi di emergenza che, per quanto di competenza, possano ridurre il rischio derivante dall'interruzione del servizio e mettere in campo nuove infrastrutture e impianti moderni, riducendo al minimo i consumi «non idropotabili»;
          se non si ritenga opportuno rafforzare le politiche di contenimento dei cambiamenti climatici, per l'efficienza energetica e per l'adattamento ai fenomeni in atto. (4-17011)


      MARMO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con nota formulata in data 22 dicembre 2011, il consigliere regionale della Campania, Sergio Nappi, nell'esercizio delle sue funzioni, ha presentato una richiesta di accesso agli atti all'amministrazione provinciale di Avellino, ai sensi della legge n.  241 del 1990;
          nello specifico, Nappi chiedeva di visionare l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza di cui al comma 5 dell'articolo 227 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267), allegato al rendiconto della gestione dell'anno 2010 dell'amministrazione provinciale di Avellino e di poter, eventualmente, estrarne copia;
          tale richiesta scaturiva dall'esigenza di verificare la correttezza contabile dei bilanci della CTI-AIR, un'azienda campana ad intero capitale regionale che dichiara di vantare dei crediti nei confronti dell'amministrazione provinciale di Avellino. Nello specifico, l'intento del consigliere Nappi era di verificare la corrispondenza tra tali residui attivi e quanto riportato tra i residui passivi della provincia di Avellino;
          con nota protocollo 3999 del 20 gennaio 2012, il direttore generale dell'amministrazione provinciale di Avellino ha opposto diniego alla succitata richiesta di accesso, sostenendo la mancanza di un interesse specifico del consigliere regionale ad accedere ai dati. Nella stessa nota si sosteneva, inoltre, che i dati per i quali si chiedeva l'accesso sono pubblicati sul sito istituzionale dell'ente;
          da quanto si evince dalla consultazione effettuata a mezzo collegamento ad internet, è evidente che all’«albo pretorio on line» dell'amministrazione provinciale di Avellino non risultano pubblicate le specifiche relative ai dati per i quali il consigliere regionale Sergio Nappi ha chiesto di esercitare il diritto di accesso;
          con nota del 26 gennaio 2012, il consigliere regionale Sergio Nappi ha presentato una nuova istanza di accesso agli atti maggiormente articolata e ulteriormente motivata;
          in virtù di detta istanza, il direttore generale della provincia di Avellino ha ritenuto di dover interrogare formalmente, in via consultiva, la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi che ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, formulando una richiesta di parere;
          il consigliere regionale Nappi è stato informato solo dell'avvenuto inoltro della succitata richiesta, mentre il testo del quesito inviato alla Commissione, così come formulato dal direttore generale dell'amministrazione provinciale di Avellino, non gli è mai stato reso noto;
          in data 16 aprile 2012, la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ha espresso parere negativo all'accesso. A giudizio degli interpellanti, tale parere è contraddittorio e probabilmente frutto di informazioni incomplete rese dalla direzione generale della provincia di Avellino nella formulazione della richiesta;
          appare evidente, infatti, che nell'esprimere il parere la commissione per l'accesso agli atti amministrativi ignorava che la conoscenza dei dati per i quali il consigliere Nappi chiedeva l'ostensione è necessaria e indispensabile per l'assolvimento della funzione di vigilanza e controllo sull'azienda a capitale interamente regionale;
          appare evidente, inoltre, che la suindicata commissione ignorava che il consigliere Nappi, nella qualità di componente della commissione per la trasparenza negli atti amministrativi della regione Campania, aveva chiesto ed ottenuto la convocazione dei vertici della società partecipata in questione e l'acquisizione di altra documentazione, al fine di far luce su alcuni aspetti specifici della gestione aziendale;
          è palese, altresì, che la commissione per l'accesso agli atti amministrativi non è stata informata che la commissione trasparenza della regione Campania ha già disposto un'indagine conoscitiva interna al fine di verificare la correttezza dell'operato dell'azienda di trasporti in questione, in particolare su aspetti specifici che attengono all'utilizzo di risorse pubbliche per la sponsorizzazione di società private;
          si desume agevolmente che la richiesta di accesso non nasce dalla necessità di un «preventivo e generalizzato controllo» sull'attività dell'amministrazione, ma dall'esigenza di fare chiarezza su specifici e ben definiti aspetti che attengono alla gestione dell'azienda regionale in questione;
          è evidente, dunque, che il consigliere regionale Nappi aveva ed ha tuttora un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata che trova collegamento nel documento amministrativo che si vuole conoscere e che è strettamente connesso alla gestione dell'azienda regionale oggetto della vigilanza;
          nel testo comunicato dalla commissione per l'accesso agli atti amministrativi si legge che «non va infine sottovalutata la circostanza che la Regione Campania, ex lege, esercita una vigilanza ed un controllo diretti sulle aziende di trasporto a capitale interamente regionale e quindi ha sicuramente nella propria disponibilità tutti i dati contabili richiesti»;
          detto passaggio conclusivo del parere, ad avviso degli interpellanti, rende il pronunciamento, già di per sé probabilmente viziato dalla incompleta ed inesatta formulazione della richiesta dello stesso, anche palesemente contraddittorio: la commissione, infatti, sostiene in primis che la richiesta di accesso agli atti in questione vada negata in quanto costituirebbe un'iniziativa «di preventivo e generalizzato controllo dell'attività dell'Amministrazione», salvo poi sostenere, in un secondo momento, che i consiglieri regionali, esercitando una vigilanza ed un controllo diretti sulle aziende di trasporto a capitale interamente regionale, hanno «sicuramente nella propria disponibilità tutti i dati contabili richiesti», riconoscendo così, implicitamente, che il consigliere Sergio Nappi è portatore di un interesse diretto, concreto ed attuale ad accedere agli atti per i quali ha formulato la richiesta di accesso e che, essendo emanati dall'amministrazione provinciale di Avellino, non sono nella sua immediata disponibilità;
          il comma 2 dell'articolo 22 della legge n.  241 del 1990, stabilisce che «l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza»;
          il comma 5 dell'articolo 22 della succitata legge prevede che «l'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.  445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale»;
          l'articolo 28 del regolamento dell'ente provincia di Avellino, recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n.  184, prevede che «le disposizioni sulle modalità del diritto di accesso si applicano anche ai soggetti portatori di interessi pubblici o diffusi»;
          ai sensi dell'articolo 26 dello statuto della regione Campania, il consiglio «rappresenta le comunità della Regione. Determina l'indirizzo politico generale esercitando le funzioni legislative e di controllo sull'attività dell'amministrazione regionale, nonché di programmazione secondo quanto stabilito dallo Statuto e dalle leggi»;
          la lettera «p» del comma 4 del succitato articolo dello statuto della regione Campania stabilisce che il Consiglio «vigila su tutti i servizi regionali prestati sul territorio»;
          è di tutta evidenza, per quanto suesposto, che il consigliere regionale Nappi, nell'esercizio delle sue funzioni è portatore di interessi pubblici e diffusi ed è, pertanto, titolato a chiedere e ad ottenere l'accesso agli atti indicati in precedenza, anche in ragione del fatto che gli stessi contengono informazioni fondamentali per verificare la correttezza dell'operato dell'azienda di trasporto a capitale interamente regionale CTI-AIR che opera in Irpinia;
          con nota del 23 gennaio 2012 il consigliere regionale Sergio Nappi ha informato il prefetto di Avellino dell'atteggiamento di inspiegabile chiusura e di scarsa collaborazione istituzionale tenuto dalla dirigenza dell'amministrazione provinciale di Avellino sulla vicenda CTI-AIR senza avere alcuna risposta;
          della medesima vicenda si stanno già occupando altri livelli istituzionali della regione Campania, sia in ambito consiliare che nell'Esecutivo, che hanno disposto delle indagini conoscitive interne al fine di verificare la correttezza dell'operato dell'azienda di trasporti in questione  –:
          quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda porre in essere per garantire la trasparenza nell'azione amministrativa messa in discussione da un atteggiamento di chiusura, ad avviso degli interpellanti inspiegabile, tenuto alla dirigenza generale dell'amministrazione provinciale di Avellino che continua a negare l'accesso agli atti di interesse del consigliere regionale della Campania, Sergio Nappi, e quali iniziative intenda assumere per garantirgli il diritto di esercitare la funzione di vigilanza e controllo sull'operato di un'azienda a capitale interamente regionale, attribuita ai consiglieri regionali dalla legge e messa in discussione dall'atteggiamento che appare scarsamente collaborativo della dirigenza generale dell'amministrazione provinciale di Avellino. (4-17012)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


      GIANNI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la vicenda dell'imbarcazione «Fatima II» con gli interrogativi legati al destino del giovane comandante, Gianluca Bianca, sta creando una crescente apprensione nei familiari e nella cittadinanza tutta che segue con preoccupazione la vicenda;
          attualmente, almeno da quanto si apprende da fonti giornalistiche, non si saprebbe in quale zona starebbe navigando il battello;
          la barca sarebbe in mano ad un tunisino e a due egiziani che hanno abbandonato in mare gli altri tre uomini dell'equipaggio dopo avere preso il controllo dell'imbarcazione;
          il peschereccio era impegnato in una battuta di pesca tra l'Egitto e l'isola di Creta e la moglie del giovane capitano ha sentito per l'ultima volta il marito giovedì 2 luglio 2012 alle ore 7 di sera, da allora l'unica notizia è stata quella fornita dai naufraghi dopo che sono stati ritrovati, visto che il gps di bordo è stato disattivato;
          più le ore e i giorni passano più cresce ovviamente la paura rispetto a quanto possa essere accaduto e sul destino del capitano Gianluca Bianca  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dei fatti sopraesposti e quali siano le iniziative di competenza messe in atto per accertare il luogo dove attualmente si trova l'imbarcazione «Fatima II» e conseguentemente quale sia stato il destino del giovane comandante Gianluca Bianca;
          se ci si sia attivati verso tutti gli Stati esteri, nelle cui acque territoriali si potrebbe trovare l'imbarcazione, al fine di ricevere un aiuto concreto nella ricerca del battello. (4-17007)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIGONI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'ENIT – Agenzia nazionale del turismo – promuove l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e ne favorisce la commercializzazione all'estero, sostiene e valorizza l'immagine del brand Italia che si posiziona a livello mondiale fra le mete turistiche più visitate dai turisti di tutto il mondo; il nostro Paese possiede uno straordinario patrimonio culturale, archeologico, artistico, architettonico, turistico ed ambientale di inestimabile valore che non è paragonabile a quello degli altri paesi europei ed extraeuropei; tale patrimonio necessita di essere conosciuto, valorizzato e promosso nei mercati turistici di tutto il mondo; il turismo rappresenta un asset strategico del nostro Paese ed all'ENIT è delegato il compito di costruire le condizioni per un forte e costante incremento delle presenze turistiche in Italia;
          i dati per l'anno 2010 vedono l'Italia al 5° posto della graduatoria relativa agli arrivi internazionali con più di 43,6 milioni di arrivi corrispondenti a quasi 29 miliardi di euro di introiti; per l'anno 2011 si è verificato un incremento del 5 per cento pari a 46 milioni di arrivi rispetto al precedente anno con più di 31 miliardi di euro di entrate valutarie (più 6 per cento) – stime provvisorie ISTAT e Banca d'Italia –. Questi dati si inseriscono all'interno delle stime dell'Organizzazione mondiale del turismo (OMT) che indicano per l'anno 2011 un aumento di arrivi internazionali pari al 4,6 per cento che giungono così a quota 982 milioni (dati dell'UNWTO). Analizzando i risultati per continente al 1° posto per incremento di arrivi si posiziona l'Europa con un più 6,1 per cento;
          nel giugno 2012, in occasione del G 20 in Messico, è stato messo in risalto il ruolo che politiche più moderne e procedure di rilascio più efficaci e meno burocratiche dei visti possono avere sullo sviluppo del turismo mondiale. Secondo i calcoli dell'UNWTO e del WTTC ciò potrebbe comportare entro il 2015 flussi aggiuntivi di turisti fino a 110 milioni di unità, oltre 200 miliardi di dollari di ricavi aggiuntivi e fino ad oltre 5 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi tre anni;
          la legge n.  273 del 12 dicembre 2002 (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza) consente, al fine di accelerare le procedure di rilascio di visti turistici da parte delle sedi diplomatiche italiane all'estero, lo stanzionamento di risorse all'uopo preposte a favore dell'ENIT. Il protocollo d'intesa Ministero degli affari esteri – Ministero dello sviluppo economico – ENIT del 7 luglio 2004 che dispone tra l'altro, l'obiettivo di incrementare i flussi turistici verso l'Italia e il flusso di investimenti diretti esteri da e verso l'Italia nel settore turistico; il protocollo d'intesa tra il dipartimento del turismo e della Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero degli affari esteri del 14 gennaio 2009, mira a facilitare la più ampia collaborazione tra le due parti;
          il protocollo d'intesa tra il Ministero degli affari esteri e ENIT del 22 febbraio 2011 in materia di collaborazione affida a ENIT i servizi connessi al disbrigo di pratiche relative ai visti turistici presso alcune rappresentanze diplomatico consolari individuate d'intesa con il Ministero degli affari esteri; tali servizi riguardano ad esempio informazione telefonica privata, agenzie ed operatori turistici, fissazione di appuntamenti, traduzioni ed interpretariato, raccolta di documentazione, riconsegna passaporti, assistenza ai controlli sui rientri. Tale collaborazione ha applicazione presso i consolati generali d'Italia in Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Canton, Shanghai e Mumbai, nonché presso le Ambasciate d'Italia in Mosca, Kiev, Pechino e New Delhi;
          la suddetta collaborazione Ministero degli affari esteri-ENIT a fare data dal 2003 ha assicurato l'obiettivo di incrementare il numero e di accelerare le procedure per il rilascio dei visti; il valore dei servizi forniti da ENIT è attestato dal continuo incremento negli anni del numero dei visti rilasciati – a titolo di esempio ricordiamo gli incrementi registrati nel 2010 rispetto all'anno precedente per la Cina 99,8 per cento, per la Russia 40,7 per cento, per l'India 36,5 per cento e per il 2011 per il solo consolato generale d'Italia in Mosca quasi 600.000 visti d'ingresso cioè più di un terzo del totale dei visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatico consolari italiane;
          i dati statistici circa le domande di visto, che hanno raggiunto, nel 2011, una crescita media di circa il 14 per cento nell'intera rete diplomatico-consolare italiana nel mondo, confermano le aspettative del mondo imprenditoriale italiano per un incremento dei volumi ed una parallela riduzione dei tempi di trattazione delle pratiche, in particolare per i visti per turismo ed affari anche in vista di Expo 2015 a Milano;
          inoltre, i trend più significativi registrati nei Paesi emergenti (cosiddetti BRIC – Brasile, Russia, India e Cina), con un incremento del 26,5 per cento in Russia e del 45,8 per cento in Cina, mostrano come un efficiente servizio nel settore dei visti sia necessario per accompagnare lo sviluppo delle nuove rotte di flussi turistici verso l'Italia, nonché delle nostre relazioni economico-commerciali in particolare si sottolinea l'incremento del numero dei visti rilasciati per l'anno in corso, 2012, riferiti alla sede consolare di Mosca: totale visti emessi 268.866 riferiti al periodo gennaio-giugno 2012 con un incremento del 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; per la sede consolare di San Pietroburgo: totale visti emessi 5.221 riferiti al periodo gennaio-aprile 2012 con un incremento del 9 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; per la sede consolare di Kiev: totale visti emessi 5.650 riferiti al periodo gennaio-marzo 2012 con un incremento del 36,28 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;
          in tale ottica, sono attualmente all'esame del Ministero degli affari esteri, in collaborazione con gli altri dicasteri competenti, delle iniziative tese a sviluppare interventi strutturali che servano a potenziare il servizio dei visti, con effetti benefici sia per le entrate addizionali dirette per l'erario, che per l'economia del nostro Paese;
          attualmente diversi consolati italiani affidano a soggetti privati esterni (cosiddetti centri di visti) una parte della procedura, relativa alla raccolta e alla gestione delle richieste di visto con costi aggiuntivi per i richiedenti; in particolare, in riferimento ai paesi in cui ENIT è operativa, questo servizio è stato affidato in «outsourcing» a Mosca e Kiev a favore della società VMS, in India a favore della società VFS Global Service, a Pechino a favore della società IVAC; a carico del richiedente per ogni singolo visto viene richiesto dai suddetti centri di visti privati un corrispettivo di circa 30,00 euro che va a sommarsi alla quota ordinaria che viene corrisposta alle singole rappresentanze consolari. Per la sola società VMS che gestisce il centro visti per la Federazione Russa sono operativi uffici in 11 città che coprono l'intero paese: Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburgo, Kazan, Kaliningrad, Krasnodar, Lipetsk, Nizhny Novgorod, Novosibirsk, Samara, Ufa;
          a titolo puramente esemplificativo nell'anno 2011 a Mosca sono stati rilasciati tramite VMS 515.033 visti con un corrispettivo alla suddetta società di euro 13.905.891,00 – per la sede consolare di San Pietroburgo sono stati emessi 20.415 visti pari ad euro 551.205,00 – per la sede consolare di Kiev sono stati emessi 35.584 visti pari ad euro 960.768,00 per un totale, a favore di VMS, di Euro 15.417.864 – per la Cina sono stati rilasciati 154.581 visti per un corrispettivo alla società IVAC di euro 3.091.620,00 – per l'India sono stati rilasciati 40.026 visti per un corrispettivo a favore della società VFS Global Service di euro 520.338,00; il totale complessivo dei visti rilasciati nell'anno 2011 per i citati Paesi ammonta a 765.639 con un introito a favore delle suddette società di «centri visti» di euro 19.029.822,00  –:
          se il Ministero interrogato intenda valutare e sostenere la possibilità che possa essere affidata ad ENIT in «outsourcing» la gestione di servizi esterni di supporto ai consolati generali d'Italia dove ENIT è operativa, per le procedure di rilascio dei visti d'ingresso in Italia a fronte da un lato, della disponibilità del Ministero degli affari esteri e dall'altro, dalla possibilità offerta dallo statuto di ENIT (articolo 2 comma 1, lettera e) che prevede la facoltà di forme di collaborazione volte a promuovere l'attrazione di nuovi e crescenti flussi turistici verso l'Italia, con altri enti pubblici ed in particolare con gli uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri; nonché l'articolo 3 dello statuto che consente a ENIT di promuovere la costituzione di società e a partecipare a consorzi con soggetti pubblici e privati al fine di realizzare gli obiettivi sopramenzionati;
          cosa intenda fare il Ministero interrogato per l'affidamento in «outsourcing» ad ENIT della gestione di servizi esterni di supporto alle domande di visto, in relazione al fatto che la remunerazione di tali servizi costituirebbe per ENIT una forma di finanziamento autonoma, come abbiamo visto, di notevole consistenza al fine di incrementare in maniera significativa un «fondo per il turismo» e che allo stesso tempo ENIT potrebbe aprire, a costo zero, uffici ENIT di «centro di visti» posizionati nelle principali città dei paesi interessati (Russia, Ucraina, Cina ed India) che potrebbero essere utilizzati anche per promuovere l'immagine turistica italiana. (5-07449)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          un incendio divampato il 16 luglio 2012, ha colpito il Parco nazionale del Pollino mandando in fumo rimboschimenti di pino, leccio e di macchia mediterranea ed interessando zone collocate in cinque diversi punti nei comuni di Morano Calabro, Castrovillari e Frascineto: Valla Piana, Conca del Re (divisa in due punti distanti tra loro), Timpone Dolcetti, Corsale;
          le fiamme sono ormai in prossimità di Serra Dolcedorme, dove si trovano i pini loricati, alberi monumentali, simboli del parco;
          l'incendio, da quanto si apprende dagli organi di informazione, con molta probabilità sarebbe di origine dolosa con fiamme che si sono sviluppate nella stessa area colpita nel 2007 da un altro incendio doloso, a cui seguirono episodi di incendi drammatici nel parco del Cilento, del Gargano e in Sicilia  –:
          quale sia la dimensione dell'area interessata dall'incendio e come si stia intervenendo per contrastare l'incendio;
          quali iniziative si intendano adottare per evitare il ripetersi del fenomeno.
(4-17002)


      REALACCI e GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il prosecco di Conegliano-Valdobbiadene è un vino DOCG prodotto nel nord della provincia di Treviso, precisamente nella fascia collinare compresa tra Vittorio Veneto e Valdobbiadene. Il distretto DOCG comprende 15 comuni, tra i maggiori: Conegliano, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Refrontolo, Farra di Soligo, Vidor e Valdobbiadene. Esso rappresenta una delle più famose e migliori produzioni enologiche nazionali: vanto dell'agroalimentare italiano nel mondo;
          da tempo per prevenire le più comuni fitopatologie dei vigneti nel territorio compreso tra Conegliano e Valdobbiadene, viene utilizzato da alcune aziende locali un elicottero per l'irrorazione aerea degli agrofarmaci;
          secondo quanto riportato da recenti articoli apparsi su La Tribuna di Treviso, il Gazzettino di Treviso e molti blog non pochi sarebbero i problemi correlati all'impiego di mezzi aerei per i trattamenti per mantenere le viti in salute. La stessa questione è stata posta anche da spontanei gruppi di cittadini, da importanti associazioni ambientaliste locali e nazionali e da un'interrogazione posta al sindaco di Farra di Soligo dai consiglieri comunali Franco Dozza e Mattia Perencin, che su richiesta di numerosi cittadini si sono fatti portavoce delle loro preoccupazioni e richieste sull'uso di questo mezzo;
          qualche mese fa il comune di Pederobba (Treviso) adottando il regolamento comunale «sull'uso dei prodotti fitosanitari nelle coltivazioni agricole» ha vietato l'uso dell'elicottero per i trattamenti dei vigneti;
          l'irrorazione in cielo sebbene permetta un efficace ed omogeneo trattamento dei vigneti causa alcuni disagi agli abitanti delle zone di produzione del vino Prosecco sia dal punto ai vista del rumore – spesso l'irroramento viene compiuto di buon mattino o nel primo pomeriggio – sia per il volo troppo radente sopra i centri abitati, soprattutto in fase di rifornimento di fitofarmaci; nel 2011 poi due elicotteri utilizzati per i trattamenti aerei sono precipitati e in un caso il pilota è morto; vi sono disagi anche da un punto di vista olfattivo trattandosi di una sorta di aerosol che non si propaga solo sulle aree agricole ma pare raggiunga anche i centri abitati;
          secondo la direttiva 2009/128/Ce del Parlamento europeo, l'irrorazione aerea dei vigneti è vietata, a meno che non esistano alternative o questa presenti «evidenti vantaggi in termini di impatto ridotto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto all'applicazione dei pesticidi a terra»: elementi che non sono compatibili con le caratteristiche orografiche e di accesso ai vigneti delle colline trevigiane in questione. Tra le zone irrorate con l'impiego dell'elicottero vi sono infatti anche alcuni vitigni facilmente accessibili con mezzi agricoli adatti all'irrorazione tramite atomizzatore e/o a lancia;
          nel dossier «Suolo 2011» redatto dall'assessorato ambiente della provincia di Treviso, su dati ARPAV – Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, risulta come la qualità dell'aria e dei suoli delle zone sopracitate sia compromessa da un pesante inquinamento di rame, precisamente si legge: «sussistono superamenti [dei limiti, ndr] nell'unità del Piave (P), delle colline su conglomerati (CCG) e su marne e arenarie (CMA) a causa della notevole diffusione della coltivazione a vigneto»;
          il rame è tra i metalli pesanti universalmente riconosciuti come genotossici, ovvero tra quelli che causano mutazioni nella conformazione a doppia elica del DNA: mutazioni che favoriscono l'insorgenza di tumori  –:
          se i Ministri interrogati, per le rispettive competenze, siano a conoscenza della sopraccitata questione; se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche per tramite degli istituti specializzati del Ministero, non intenda verificare se l'attività di repressione delle fitopatologie della vite con l'uso di mezzi aerei sia compatibile con le direttive comunitarie in materia; se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda verificare le necessarie autorizzazioni al sorvolo di elicotteri bassa quota delle colline comprese tra Valdobbiadene e Conegliano e se esse, stanti gli incidenti verificatisi lo scorso anno, siano compatibili con la pubblica sicurezza; se il Ministro della salute non intenda monitorare gli effetti dei pesticidi attraverso un'apposita indagine epidemiologica. (4-17017)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GOISIS. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          a tutti è noto il dramma che le popolazioni dell'Emilia Romagna, ma anche di parte del Veneto e della Lombardia, stanno vivendo in questi ultimi tempi, a seguito degli eventi sismici che si susseguono a partire dal 20 maggio 2012 con impressionante regolarità e delle conseguenze nefaste subite da beni facenti parte del patrimonio storico, artistico e culturale di queste regioni;
          la mappatura dei crolli e delle perdite in Emilia è così fitta che solo un programmato e coordinato lavoro può garantirne il recupero: oltre al Duomo di Modena, anche Finale Emilia risulta essere il centro più colpito in provincia di Modena, con la torre dei Modenesi con l'orologio spaccato e poi definitivamente crollata; è crollato anche il campanile del cimitero monumentale; nella provincia di Bologna, risultano danneggiate le chiese di Caselle di Crevalcore e di San Matteo della Decima; danni rilevanti anche a Ferrara, a carico delle chiese che punteggiano il comune di Sant'Agostino nella ferrarese; anche in Lombardia, nel mantovano, le perdite sono state ingenti e hanno riguardato la bellissima chiesa di San Fiorentino a Nuvolato, esempio elevato di romanico dell'XI secolo, e le chiese di San Bartolomeo a Quistello e a Felonica, nel cui comune sono caduti rispettivamente il campanile e il santuario della Comuna; si ricorda poi il crollo della chiesa danneggiata dalla scossa del 20 maggio a Schivenoglia; danni lievi per caduta di frammenti di intonaco, sono stati rilevati per alcuni monumenti di Padova, in Veneto, tra cui la Basilica del Santo, dove è crollato un paio di metri quadrati di intonaco da una «vela» vicina alla Cappella delle Reliquie, la Basilica di Santa Giustina; crolli di calcinacci si registrano a carico della cattedrale del Duomo; a scopo precauzionale è stata chiusa invece al pubblico l'antica chiesa di Santa Lucia, del decimo secolo, dove è stato notato l'allargamento di una fessurazione preesistente;
          il fabbisogno finanziario per far fronte allo stato di emergenza è stato coperto utilizzando le risorse del fondo nazionale per la protezione civile, rifinanziato con 50 milioni di euro;
          dette risorse dovrebbero servire a coprire tutte le spese per i soccorsi, l'assistenza e gli interventi provvisionali strettamente necessari alle prime necessità delle popolazioni colpite, attingendo eventualmente al fondo di riserva per le spese impreviste;
          le risorse saranno ripartite per il 95 per cento all'Emilia-Romagna, per il 4 per cento alla Lombardia e per l'1 per cento al Veneto, prevedendo tra l'altro, la possibilità di ripartire le risorse per le abitazioni private fino ad un massimo dell'80 per cento del costo per riparare i danni;
          le risorse a disposizione della protezione civile sarebbero esigue  –:
          quali iniziative siano state intraprese per effettuare una stima dei danni causati dal sisma alle strutture citate in premessa, al fine di tutelare il patrimonio storico ricadente nei territori in parole;
          alla luce della scarsità di risorse messe a disposizione della protezione civile, se non ritenga opportuno attivarsi per utilizzare ulteriori canali di reperimento delle necessarie e indifferibili risorse finanziarie, atte a consentire il ripristino di detto patrimonio, rendendolo godibile alle singole comunità territoriali e ai turisti amanti dell'arte. (5-07446)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      PAGLIA e DI BIAGIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la Croce rossa italiana, è un ente di diritto pubblico non economico con prerogative di carattere internazionale che svolge importanti ruoli nell'ambito dell'assistenza sanitaria e sociale, in molti versanti connessi alla protezione civile, nei compiti ausiliari alle Forze Armate dello Stato ed in attività sanitarie e socio assistenziali, configurandosi come riferimento indiscusso sul versante dell'assistenza e al sostegno sociale;
          la componente più antica dell'Associazione della Croce rossa italiana è il Corpo militare della Croce rossa italiana che per legge è un corpo militare speciale volontario ausiliario delle Forze armate, la cui costituzione risale al 1866;
          il suddetto corpo militare svolge attività in tempo di guerra provvedendo all'assistenza, allo sgombero e alla cura dei feriti e delle vittime, militari e civili, organizza ed esegue misure di difesa sanitaria antiaerea, disimpegna il servizio di ricerca e assistenza dei prigionieri di guerra, degli internati, dei dispersi, dei profughi, dei deportati e dei rifugiati, svolge attività di assistenza sanitaria in relazione alla difesa civile. In tempo di pace, provvede al mantenimento e alla gestione dei Centri di mobilitazione e delle basi operative, cura la custodia e il mantenimento delle dotazioni sanitarie, provvede all'addestramento e all'aggiornamento del proprio personale ed organizza corsi qualificativi di primo soccorso e di auto protezione sanitaria a favore del personale delle Forze armate, concorre al servizio di assistenza sanitaria nel caso di grandi manifestazioni ed eventi e per esercitazioni militari, fornisce assistenza e supporto sanitario alle Forze armate e alle forze di polizia nei poligoni di tiro, si occupa della diffusione del diritto internazionale umanitario, è impiegato in caso di calamità naturali o disastri per operazioni di protezione civile;
          l'uniforme in uso è obbligatoria ed il suo personale è sottoposto all'ordinamento disciplinare e penale militare e la sua organizzazione ed il suo funzionamento sono regolati dal «Codice dell'ordinamento militare», di cui al decreto legislativo n.  66 del 2010, che ha assorbito quasi interamente il regio decreto n.  484 del 10 febbraio 1936 e successive modificazioni, rimaste in vigore per oltre 70 anni;
          il Corpo militare della Croce rossa italiana coinvolge 1.300 dipendenti militari, tra personale in servizio continuativo e personale precario, che costituisce l'ossatura portante per garantire una prima risposta nel caso di attivazione per grandi emergenze o pubbliche calamità, ed attinge ad un vasto serbatoio di oltre 22.000 riservisti, prontamente mobilitabili grazie ai precetti di richiamo in servizio spiccati dai centri di mobilitazione (comandi periferici) nei cui elenchi del personale in congedo vi sono innumerevoli professionisti appartenenti a svariate categorie lavorative (medici, ingegneri, giornalisti, e altro) e specialisti di ogni settore (infermieri, barellieri, autisti, idraulici, e altro);
          il personale in congedo iscritto nei suddetti centri di mobilitazione in qualità di cittadini della Repubblica italiana, viene arruolato con atto volontario e giura fedeltà alla patria e alle istituzioni repubblicane, quando richiamato in servizio temporaneo tramite precettazione soggiace alle rispettive leggi e regolamenti militari ed assume a tutti gli effetti lo status di «militare», riveste la peculiare veste giuridica di pubblico ufficiale ed indossa una uniforme analoga a quella dell'Esercito italiano, provvista dei necessari emblemi (distintivo di appartenenza al Corpo Militare e bracciale simbolo di neutralità);
          in relazione al grave sisma in Emilia Romagna che ha provocato vittime e danneggiamenti estesi ad una zona vastissima, tale da interessare una grande porzione di popolazione che per ragioni di sicurezza non ha potuto rientrare nelle proprie abitazione, la Croce rossa italiana si è mobilitata anche attraverso i suoi volontari, compresi quelli del Corpo militare, che gratuitamente e generosamente si sono posti a disposizione e si sono premuniti prima di dare assistenza alle vittime e, successivamente, in una seconda fase, di installare e gestire campi per l'accoglienza;
          in quello scenario di calamità il Corpo militare della croce rossa, come di consueto, ha dato prova di prontezza ed efficienza con i suoi volontari che si sono distinti anche quando si è trattato di correre dei rischi personali, visto che molteplici sono stati gli atti di coraggio documentati anche dal TG1 del giorno 2 giugno ed in altri servizi giornalistici, allorquando si è trattato di mettere in salvo la popolazione all'atto del verificarsi delle scosse e per dare poi quei servizi in varie situazioni di disagio e di bisogno, sia con personale medico e paramedico, sia con varie professionalità;
          nel mezzo di tale emergenza, come si può evincere da molti richiami mediatici, in data 15 giugno 2012 è stata disposta con lettera a firma del responsabile della protezione civile Marilena Campisi la cessazione di tutte le prestazioni del personale militare della Croce rossa italiana, senza alcuna giustificazione plausibile, viste le copiose richieste in loco dettate dalle impellenti necessità e dalle gravi situazioni in cui versa la popolazione terremotata;
          i suddetti articoli di stampa, oltre a sottolineare i sentimenti più ampi di riconoscenza e gratitudine di enti, istituzioni, autorità civili, militari e religiose per l'opera svolta dal personale militare volontario Croce rossa italiana fin dalle prime fasi di soccorso e di assistenza, anche per effetto delle numerose lamentele da parte delle persone assistite, sortivano una prima versione ufficiale del commissario regionale della Croce rossa – Antonio Scavuzzo – che si giustificava, in un'intervista, dando conto che si trattava di una questione normativa; ovvero la Croce rossa poteva restare ma con volontari civili;
          paradossalmente, in un ente dove, per principio, le forme discriminatorie vengono combattute perché si lavora in modo interdisciplinare ed intercomponente, si decideva di escludere militari Croce rossa italiana;
          in tal senso in data 19 giugno 2012 è stata presentata interrogazione a risposta scritta da parte di alcuni consiglieri della regione Emilia Romagna dove, in premessa, si ricordava l'intervento in corso di svolgimento del benemerito Corpo militare Croce rossa italiana con le strutture sanitarie e logistiche, quello dei suoi militari volontari impiegati per lenire le sofferenze e le necessità dei più deboli e più bisognosi, pur nel prendere atto della richiesta urgente pervenuta da parte della protezione civile di smobilitare il raggruppamento Croce rossa italiana, osservava che la decisione presa dalla stessa protezione civile si rilevava inopportuna, anche a fronte delle dichiarazioni rilasciate da Antonio Scavuzzo della Croce rossa italiana il quale ribadiva, che «chi lo deciderà potrà tornare tranquillamente in abiti civili e il servizio non sarà interrotto»;
          inoltre, tenuto conto delle iniziative poste in essere dalle popolazioni che richiedevano il ritorno dei militari Croce rossa italiana per dare assistenza e aiuto, nella predetta interrogazione si chiedeva esplicitamente al suddetto commissario (autorità civile non deputata ad assumere simili decisioni sul personale militare) a che titolo e per quale motivo lo stesso ribadiva che l'unico intervento possibile da parte dei militari volontari Croce rossa italiana fosse da civili e in tenuta borghese, non tenendo in assoluto conto i bisogni delle persone più sfortunate e bisognevoli di assistenza e cure;
          anche la protezione civile nazionale, interessata per competenza, su alcuni articoli di stampa, al titolo «contrordine: torni la Croce rossa militare» riportava la versione del prefetto Gabrielli – Capo della protezione civile nazionale – che nell'interpretare la decisione iniziale di rinunziare all'aiuto del Corpo militare, precisava che si trattava di una rimodulazione iniziale e che – a suo giudizio – collocava questa vicenda nella «problematica» che vive all'interno la stessa Croce rossa italiana sul proprio futuro e assumeva l'impegno di riprendere in servizio i militari volontari Croce rossa italiana «dove vogliono e come vogliono»;
          in tal senso non si integra il comportamento del commissario Rocca poiché, nell'ambito dei campi impiantati e gestiti dalla Croce rossa dove sono utilizzati nel loro funzionamento moltissimi militari della Croce rossa italiana in servizio continuativo che ricoprono delicati ed importanti incarichi di responsabilità, di gestione e di buon funzionamento della parte logistica e sanitaria, senza indugio ha imposto che i dipendenti militari fossero impiegati senza la prescritta uniforme militare Croce rossa italiana, senza distintivi di grado e senza i relativi simboli di appartenenza all'istituzione militare, imponendo loro di indossare una «tuta rossa» che è prevista quale dotazione per il solo personale volontario civile, facendo ingenerare il dubbio, nei confronti degli interlocutori interni e in quelli esterni istituzionalmente preposti, che tali dipendenti militari fossero volontari e non già dipendenti militari in servizio continuativo;
          appare utile sottolineare che tale prassi – ad avviso degli interroganti disdicevole – imposta e ribadita più volte con circolari secondo gli interroganti in contrasto con la normativa vigente, è stata più volte origine di confusione per il personale militare Croce rossa italiana in servizio continuativo e del personale militare Croce rossa italiana volontario che, come si vuole ricordare, svolge attività a titolo gratuito e volontaristico;
          il personale militare della Croce rossa italiana viene continuamente posto al centro da questi continui interventi del commissario che impone spesso il rinunciare all'uso dell'uniforme, ovvero incentiva – secondo gli interroganti – l'abiurare dei simboli di appartenenza allo status militare e all'associazione, svilendo il giuramento vincolante e non ponendo nessun riguardo dovuto a quello che rappresenta l'uniforme per tutti gli italiani, ovvero il simbolo dell'unità nazionale e il rispetto nei confronti di coloro che si sono sacrificati, sul territorio nazionale ed estero, anche con la loro vita, per fare il loro dovere di cittadini, di militari e di uomini di croce rossa;
          contestualmente con lettera del 19 giugno 2012 il commissario Rocca, come ultimo atto, ha ritenuto utile porre fine anche alla possibilità di «richiamare senza assegni» il personale militare volontario della Croce rossa, palesando un contrasto con la norma cogente, ponendo per scontato che quasi tutto il personale richiamato appartiene al pubblico impiego e per questo riceve in caso di richiamo il trattamento economico dalla propria amministrazione, ritenendo in ciò la confutabile tesi del generarsi di una spesa per il sistema pubblico;
          nella suddetta comunicazione, il commissario della Croce rossa italiana ha minimizzato i danni legati ad una prima fase di rallentamento, di talune «attività marginali» (vengono ritenute tali dal commissario tutte le attività ausiliarie alle Forze armate, di soccorso, di protezione civile, di organizzazione di corsi formativi e informativi così come previsto dalla legge, di interventi di protezione civile);
          in tale circolare si desume in modo incontrovertibile che la possibilità di essere richiamati con tale procedura di richiamo senza assegni è possibile solo al personale autonomo, pensionato e senza reddito, con grave pregiudizio costituzionale, ribadendo che l'unica possibilità per il rimanente personale escluso per poter essere impiegato è quello di indossare la «tuta rossa» in tutte le attività dell'ente, con l'unica concessione sovrana quella di apporre eventualmente sulla stessa, e non in tutti i casi, esclusivamente il distintivo di corpo  –:
          quali iniziative si intendano predisporre al fine di riportare la gestione e la configurazione dell'impiego del personale militare in servizio continuativo e senza assegni entro parametri di legittimità, al fine di chiarire i ruoli, i gradi, i livelli di responsabilità e che non vengano ingenerati nei confronti di terzi confusioni sullo status militare rivestito, in modo che non siano scambiati e fraintesi anche i ruoli tra dipendenti, soci e volontari civili della Croce rossa per i livelli di responsabilità, le competenze e le attribuzioni ad ognuno di essi dovuto. (4-17010)


      PORFIDIA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          dalla stampa si apprende che l'arsenale militare di Messina è destinato a diventare un «centro di eccellenza della Nato» per la demilitarizzazione e lo smaltimento di unità navali NATO, non più in linea, fino a duemila tonnellate (cosiddetto navigliosottile). Si tratta dello smaltimento di prodotti chimici e idrocarburi, agenti inquinanti e cancerogeni, rifiuti tossici e speciali da stoccare, maneggiare, trattare e bonificare;
          la «zona» dell'arsenale è sotto la giurisdizione militare e quindi al di fuori dalle decisioni e dai dettami del piano regolatore locale;
          il progetto preparato dall'Agenzia industrie difesa, da cui l'ex arsenale di Messina è uno degli stabilimenti dipendenti dal 2001, è stato sposato dalla Namsa (Nato Maintenance and Supply Agency), lo strumento logistico-amministrativo della Nato, con sede a Capellen in Lussemburgo;
          secondo il piano di lavoro, entro la fine dell'estate 2012 la commissione Namsa sarà a Messina per verificare lo stato dell'arsenale e dare il via libera all'arrivo in città delle prime unità navale da lavorare. Il progetto non potrà andare a regime prima di un anno, visto che bisognerà eseguire nella struttura una serie di interventi per la realizzazione di particolari impianti per garantite la sicurezza ambientale e di aree per l'accumulo dei materiali da smaltire;
          dato il particolare tipo di naviglio in questione è presumibile che vi sarà da smaltire e accumulare un grande quantitativo di amianto, ma al momento non è dato sapere dove verrà stoccato questo pericolosissimo materiale, che tanta morte e sofferenza ha già provocato in Italia e nel mondo;
          l'interrogante è consapevole che da molto tempo i lavoratori dell'arsenale assistono a ridimensionamenti, riduzione di personale e dichiarazioni di esuberi, e che viceversa la situazione in questione aprirebbe nuove e prolungate opportunità occupazionali per decine di lavoratori. Tuttavia questo non può essere un motivo per non porsi dubbi e domande e soprattutto per chiudere gli occhi di fronte ad eventuali pericoli per le vite umane. L'arsenale di Messina non può diventare luogo di stoccaggio di prodotti e agenti inquinanti che metterebbero a serio rischio la salute dei lavoratori ma anche l'intera collettività con incalcolabili ricadute sull'ambiente;
          l'interrogante non comprende perché una delle isole più belle del mondo, fiore all'occhiello dell'intero mediterraneo debba essere trattata da vera e propria «pattumiera» militare, un'umiliazione che la Sicilia e la città di Messina certo non meritano  –:
          se non sia il caso di rivedere l'intero progetto ed evitare che Messina diventi la «pattumiera» militare più grande d'Europa;
          qualora si fosse convinti della bontà del progetto e quindi in vista dello smaltimento di grandi quantità di materiale profondamente dannoso per l'uomo e l'ambiente, in particolare l'amianto, dove si intenda stoccare tale materiale senza inficiare l'assetto naturale e sanitario del territorio interessato;
          se il Governo intenda far sì che ogni scelta sia comunque condivisa con la comunità locale e le associazioni di cittadini presenti sul territorio. (4-17013)


      VERINI e TRAPPOLINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in base alle informazioni in possesso dell'interrogante, il Ministero della difesa risulta, per l'anno 2012, in obbligo di assunzione per la provincia di Terni, di 25 persone disabili e di 4 persone appartenenti alle categorie protette: tale inadempienza si protrae ormai da alcuni anni;
          la legge 12 marzo 1999, n.  68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
          il comma 1 dell'articolo 3 di tale legge, «Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva», stabilisce che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette con quote di riserva proporzionali al numero totale dei dipendenti dell'azienda;
          le amministrazioni provinciali, attraverso i centri per l'impiego, giocano un ruolo fondamentale, nell'attività di orientamento, tutoraggio e ricerca occupazionale dedicate specificamente alle persone disabili;
          esse svolgono altresì attività di sensibilizzazione dei soggetti pubblici e privati al rispetto e all'ottemperanza dei doveri prescritti dalla legge n.  68 del 1999 in merito all'assunzione di personale con disabilità;
          nel caso di specie, dopo lunghi e infruttuosi tentativi di stipula di una convenzione tra il Ministero della difesa e la provincia di Terni per favorire l'inserimento mirato dei disabili e programmare nel tempo l'assolvimento degli obblighi di assunzione (la regione Umbria prevede accordi di durata massima di tre anni con il consenso dei sindacati), il 12 febbraio 2009 l'assessorato alla formazione dell'amministrazione provinciale ha proceduto all'avviamento numerico sui presenti per 14 disabili (tale era allora l'obbligo di assunzione);
          il Ministero della difesa non ha dato seguito a tale avviamento, nonostante i ripetuti solleciti della provincia e, in data 21 ottobre 2009 con missiva, ha invocato il blocco delle assunzioni, inserendo nel blocco, contrariamente a quanto previsto dalle legge, anche le assunzioni dei disabili;
          la motivazione addotta dal Ministero della difesa per tale blocco, è stata formalmente contestata dalla provincia secondo la quale essa è frutto di una errata interpretazione della normativa. Ciò nonostante il Ministero della difesa non ha modificato la propria decisione;
          al fine di superare positivamente tale situazione di stallo, che riguarderebbe anche altre pubbliche amministrazioni del territorio, su espressa richiesta della provincia di Terni, in data 19 luglio 2010 si è svolto un incontro con il prefetto di Terni, gli enti pubblici inadempienti e la direzione provinciale del lavoro;
          in tale occasione, vista la disponibilità degli enti inadempienti che, pur lamentando la difficoltà di applicazione della normativa, avevano ribadito la disponibilità a sensibilizzare le amministrazioni centrali, si stabilì la formazione di un gruppo di lavoro tra direzione provinciale del lavoro e provincia di Terni per dare seguito alle assunzioni dovute, secondo un calendario di incontri con le amministrazioni interessate a partire dal settembre 2010;
          nulla però è scaturito dall'incontro avvenuto il 10 settembre 2010 tra la provincia e il Ministero della difesa, tanto che l'assessorato alla formazione nel gennaio 2011 ha informato il dipartimento della funzione pubblica sul perdurare dell'atteggiamento di inadempienza da parte di determinati enti pubblici nei confronti delle assunzioni di disabili e in particolar modo della situazione del Ministero della difesa, per il quale la stessa funzione pubblica aveva già chiesto chiarimenti a seguito della segnalazione da parte del padre di un soggetto disabile, che aveva partecipato all'avviamento numerico del 12 febbraio 2009;
          in un parere espresso in data 25 gennaio 2011 dal dipartimento della funzione pubblica — in risposta ad una lettera inviata dal centro per l'impiego di Terni nella quale si denunciava l'inottemperanza degli uffici periferici delle amministrazioni riguardo agli obblighi di assunzione dei disabili e delle categorie protette — si legge: «la circolare n.  6/09 del 14 dicembre 2009 del Ministro per la funzione pubblica e l'innovazione che ha espressamente specificato, tra l'altro, che le assunzioni dei soggetti appartenenti alle categorie protette sono escluse dal blocco di cui alla legge n.  102/2009, nel limite del completamento della quota d'obbligo, in quanto trattasi di una categoria meritevole di tutela alla quale si deve assicurare in maniera permanente l'inserimento e l'integrazione lavorativa». Nella medesima circolare viene evidenziato, altresì, che la mancata copertura della quota d'obbligo riservata alle categorie protette è espressamente sanzionata sul piano penale, amministrativo e disciplinare secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n.  68;
          in data 13 giugno 2012, il Ministero della difesa, direzione generale per il personale civile, in risposta ad una lettera della provincia di Terni circa gli obblighi di assunzione di tale amministrazione, ha scritto: «Questa A.D., è interessata da vari anni da un processo di riorganizzazione che ha portato alla chiusura ovvero al ridimensionamento di numerosi centri periferici. Tali interventi riduttivi hanno reso necessario reimpiegare sul territorio o presso altri enti della Difesa o presso altre Amministrazioni il personale degli enti in chiusura o in ridimensionamento. Quanto sopra ha di fatto impedito e impedisce di assumere presso quegli enti ulteriore personale a qualsiasi titolo»;
          ad oggi la situazione resta immutata: a quanto consta agli interroganti, continua persistere in provincia di Terni una situazione di palese violazione degli obblighi previsti per i datori di lavoro pubblici contenuti nella legge n.  68 del 1999;
          gli iscritti ai sensi della legge n.  68 in provincia di Terni sono circa 2.368 al 31 dicembre 2011 e in una situazione di profondo disagio sociale come quella che si sta vivendo, queste mancate assunzioni, specie dopo aver fatto regolari selezioni, pesano come un macigno sul territorio  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga utile intervenire per verificare e prendere atto della situazione sopra esposta, chiarendo quali siano le motivazioni ostative che di fatto impediscono al Ministero della difesa di ottemperare all'obbligo di assunzione di personale disabile, in particolare nella provincia di Terni, così come stabilito dalla legge n.  68 del 1999. (4-17016)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul sito web del Corriere della sera del 16 luglio 2012 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Molestie alle marinaie, ufficiale condannato» in cui si legge che «(...) Giovanni De Stefano, capitano di corvetta della Marina militare, è stato condannato a due anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti di tre sottoposte. La sentenza è stata emessa dai giudici della quinta sezione del tribunale di Roma. I reati sarebbero stati commessi tra il 2008 e il 2009 (...) “Abusando della sua autorità”, si legge nel capo di imputazione, il capitano avrebbe costretto le marinaie “a subire ripetutamente carezze e palpeggiamenti in varie parti del corpo”. Alle vittime il tribunale ha riconosciuto una provvisionale di seimila euro a testa. Per ottenere il resto del risarcimento dei danni occorrerà una causa civile. Le tre marinaie (...) erano dipendenti di De Stefano (...)»  –:
          se il Comando di appartenenza abbia adottato le adeguate misure per prevenire e contrastare il fenomeno dello stalking e quali;
          quali siano i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti del militare coinvolto nella vicenda. (4-17018)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
V Commissione:


      POLLEDRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  201 del 6 dicembre 2011, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, ha anticipato l'avvio sperimentale della nuova imposta municipale propria al 1° gennaio 2012, senza alcuna concertazione reale con le associazioni rappresentative delle autonomie locali;
          tale intervento presenta diversi aspetti problematici relativi a:
              difformità nel sistema delle rendite catastali tra diverse aree del Paese, diverse zone delle città e diverse tipologie di immobili, soprattutto residenziali;
              maggior gettito dell'imu che comporta un corrispondente taglio di risorse del fondo perequativo tra comuni;
              considerevole compartecipazione dello Stato in contrasto con il principio dell'autonomia impositiva;
              difformità delle aliquote applicate dai comuni e non omogeneità nelle scadenze che generano confusione ed errori nel calcolo del tributo, con conseguente incertezza sul gettito reale;
          gli enti locali, negli ultimi anni, sono quelli che hanno tenuto maggiormente sotto controllo la spesa corrente e sacrificato la spesa in conto capitale per rispettare i vincoli di finanza pubblica;
          la gestione degli enti locali risulta fortemente «ingessata» e gli enti sono costretti sovente, per rispettare i vincoli, a comprimere o addirittura azzerare gli investimenti nonché a ritardare i pagamenti alle imprese;
          tali decisioni comportano un impatto negativo per il sistema economico e per le imprese nell'attuale contesto di crisi, mentre una ripresa degli investimenti degli enti locali porterebbe ad un sostegno della domanda interna, dei livelli occupazionali e al miglioramento dei dati del prodotto interno lordo e del deficit;
          a partire dal 2013 è prevista l'estensione dei vincoli del patto ad una platea più ampia di enti tra cui i comuni con popolazione tra i 1.001 e i 5.000 abitanti e, dal 2014, anche alle unioni di comuni formate da enti con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti  –:
          quali iniziative urgenti il Governo intenda attuare affinché gli enti che vantano crediti nei confronti dello Stato relativi a trasferimenti erariali pregressi non erogati e caduti in perenzione possano rinunciare al credito vantato nei confronti dello Stato ed ottenere in contropartita maggiori spazi in termini di patto, riducendo l'obiettivo annuale della misura pari all'importo del credito rimesso. (5-07456)


      TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con il bilancio di previsione dello Stato per gli anni finanziari 2009, 2010, 2011, 2012 ed anche per l'anno 2013, alla tabella 7 «stato di previsione del Ministero dell'istruzione» il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale aveva una previsione di taglio anche del 47 per cento e grazie all'azione del Parlamento e del Governo il fondo è stato reintegrato scongiurando tagli;
          nel bilancio, al programma 1.9 (istituzioni scolastiche non statali), è previsto un taglio delle disponibilità per il 2013 pari al 50 per cento ovvero pari a 258.000.000;
          la riduzione della spesa pubblica è elemento essenziale del risanamento economico del Paese e risulta essenziale scongiurare un aumento della spesa delle famiglie che la riduzione del fondo per le scuole non statali renderebbe certo  –:
          se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative volte a provvedere per il 2013 al reintegro del fondo «istituzione scolastica non statale». (5-07457)


      COMMERCIO, BRUGGER e ZELLER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          i necessari obiettivi di risanamento della spesa adottati dal Governo Monti sono stati tutti introdotti con decreto-legge, ad avviso degli interroganti, in modo non equo per le province autonome e in modo invasivo rispetto agli impianti costituzionali garantiti dagli statuti;
          tale atteggiamento del Governo risulta essere del tutto incomprensibile se si considera la responsabilità con cui le province autonome si sono sempre mostrate disponibili alla concertazione, al fine del raggiungimento di accordi preventivi nella regolazione dei rapporti finanziari, seppur nel rispetto delle norme previste dagli statuti;
          da ultimo, il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», prevede, all'articolo 16, comma 3, ai fini del concorso delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, un importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro a decorrere dal 2014, quando il patto di stabilità per gli anni 2011 e 2012, adottato con decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, aveva già previsto che le cifre ammontassero a 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro a decorrere dal 2012;
          le cifre in questione neanche si giustificano alla luce del comma 2 dello stesso articolo, dove le risorse a qualunque titolo dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario, sono ridotte di 700 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dal 2013, considerato che le regioni a statuto speciale contano una popolazione complessiva notevolmente minore in termini numerici rispetto a quella delle regioni a statuto ordinario, con conseguente maggiore aggravio sulla prima;
          l'articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.  670, recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige» stabilisce, al comma 3, che, al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province «concordano» con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilità interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo  –:
          se il Governo, anche alla luce delle disposizioni sopra richiamate, abbia di fatto ricercato e attuato una qualche forma di concertazione, al fine di un accordo preventivo e di una negoziazione con le province autonome, all'interno della quale definire obiettivi necessari di risanamento e concorso alla finanza pubblica delle stesse. (5-07458)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MANCUSO, CROLLA, DE LUCA, GIRLANDA, BARANI e GHIGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in Italia ci sono circa 28 mila esercizi che comprano e vendono oro e preziosi per un giro d'affari miliardario;
          ad aprile 2011 il giro d'affari era stimato in circa 7 miliardi di euro, a giugno 2012 superava i 14;
          per iniziare l'attività è sufficiente una licenza che dichiari il nulla osta della fedina penale;
          in pochi mesi il prezzo al grammo è passato da 30 a 40 euro;
          lo scorso giugno, un dossier dell'ANOPO (Associazione Nazionale degli Operatori Professionali in Oro) e dell'AIRA (Associazione italiana responsabili antiriciclaggio), consegnato alla Commissione Antimafia, ha fatto emergere notevoli discrepanze;
          è bastato incrociare i dati del CERVED, delle pagine gialle e di google per rendersi conto delle mancate corrispondenze;
          a Caserta e Catanzaro, secondo i dati del CERVED, non ci sono esercizi di compro oro, ma in realtà se ne contano, rispettivamente 102 e 33;
          a Torino la differenza nei dati è di 155 esercizi, a Napoli di circa la metà;
          Ranieri Razzante, presidente di AIRA, ha dichiarato che «Le indagini della polizia e della Guardia di finanza hanno portato alla luce come il 60 per cento di questi negozi siano soggetti ad attività delinquenziali, come riciclaggio, evasione fiscale e usura»;
          uno dei sistemi più semplici per riciclare denaro attraverso i «compro oro» è cambiare ogni tre mesi attività, passando di mano le licenze e utilizzando dei prestanome;
          nel 2011 a Roma sono state rilasciate 211 licenze, più o meno 70 per cambio di attività  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative normative per mappare in maniera certa gli esercizi «compro oro» italiani;
          se il Governo intenda proporre dei criteri maggiormente selettivi per il rilascio della licenza di «compro oro»;
          se il Governo intenda assumere iniziative normative per imporre la registrazione dei «compro oro» in un registro di Banca d'Italia, come già richiesto per i gioiellieri. (4-16998)


      BOSSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la Deiulemar era una storica compagnia marittima di Torre del Greco (provincia di Napoli), attiva nel trasporto di merci e passeggeri, ed è stata dichiarata fallita dal tribunale di Torre Annunziata il 2 maggio 2012;
          la compagnia rappresentava un marchio storico del settore, gestiva oltre 60 navi, e fatturati da centinaia di milioni di euro;
          il fallimento della compagnia ha provocato danni enormi ad una moltitudine di piccoli risparmiatori, quasi 10 mila, per lo più lavoratori e padri di famiglia che avevano messo pochi soldi da parte negli anni e li avevano investiti nel Gruppo;
          recentemente la Guardia di finanza del comando provinciale di Napoli ha arrestato nove persone tra proprietari e responsabili della società e sequestrato beni per il valore di 323 milioni di euro; i reati, ipotizzati a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, truffa aggravata ai danni dello Stato, infedele dichiarazione dei redditi, riciclaggio e raccolta abusiva del risparmio;
          le misure cautelari riguardano 10 motonavi, partecipazioni societarie e beni immobili e scaturiscono dall'attività investigativa relativa alla bancarotta della compagnia armatrice;
          il fallimento della società, le vicende giudiziarie connesse, hanno provocato danni a circa 13.000 risparmiatori che avevano investito nelle obbligazioni della società;
          i titoli obbligazionari emessi dalla Deiulemar erano di due tipi: uno regolare, iscritto al bilancio, e contabilizzabile; un altro informale e irregolare, con certificati emessi al di fuori delle regole, che non risulterebbero iscritti al bilancio; complessivamente l'esposizione ammonterebbe ad un valore di centinaia di milioni di euro;
          i titoli emessi in modo irregolare sono certificati simili ad obbligazioni al portatore; la Compagnia ha sempre onorato tali debiti, però, ha continuato ad emetterli anche quando erano palesemente al di fuori delle leggi sulle emissioni; tali certificati non sarebbero nemmeno più rimborsabili visto che non hanno alcun riscontro contabile all'interno dei conti della Compagnia e si configurano come raccolta abusiva di risparmio;
          l'emissione di tali titoli senza riscontro lascia sconcertati per l'assoluta assenza di qualunque controllo, interno ed esterno alla compagnia, con l'unico sbocco di un danno economico enorme a migliaia di risparmiatori  –:
          di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda Deiulemar e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per tutelare i migliaia di piccoli risparmiatori danneggiati da una gestione finanziaria grossolana, resa possibile dalla mancanza di qualunque controllo. (4-16999)


      NEGRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la difficile situazione economica che in questi ultimi anni ha colpito l'Europa ha avuto ripercussioni molto pesanti su diversi settori economici oltre che sui cittadini i quali hanno dovuto, per far fronte agli incrementi di tassazione scaturiti dai recenti provvedimenti governativi, sacrificare parte dei loro risparmi privati;
          il Governo ha recentemente varato un provvedimento noto come «spending review», dove si prevede il taglio, attraverso dei risparmi di spesa, di una cifra compresa tra i 4,2 e i 5 miliardi di euro, pari a circa lo 0,5 per cento della spesa pubblica nazionale annuale;
          organi di stampa nazionale (Corriere della Sera di lunedì 16 luglio 2012) riportano la notizia secondo la quale nonostante all'interno del decreto-legge n.  201 del 2011 fosse prevista la fissazione di un tetto massimo per le retribuzioni dei manager delle imprese pubbliche, e sebbene il termine per l'emanazione del decreto attuativo di tale disposizione sia stata posticipata più volte, ad oggi non risulta ancora essere stato emanato tale decreto;
          il Consiglio dei ministri ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n.  89 del 16 aprile 2012, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012 con il limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali;
          il decreto è stato adottato in attuazione dell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201 e fissa il livello remunerativo massimo omnicomprensivo annuo degli emolumenti spettanti a ciascuna fascia o categoria di personale che riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali, nonché quelli in regime di diritto pubblico  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga dover riferire quali e quanti siano, ad oggi, gli enti e le società nelle quali il provvedimento trova applicazione e a quanto ammontino altresì i risparmi di spesa derivanti dall'applicazione del provvedimento medesimo. (4-17014)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel corso della visita effettuata il 16 luglio 2012 ex articolo 67 dell'ordinamento penitenziario, presso la casa circondariale di Monza San Quirico, l'interrogante ha appreso dalla detenuta K.R. che la stessa, in presenza di una asserita pena da scontare inferiore ad un anno, pur essendo madre di un bimbo di un anno di età, non è messa in condizioni di vivere con il proprio figlio e ne resta separata;
          esistono, salvo disposizioni del magistrato di vivere agli arresti domiciliari, strutture idonee alla convivenza non traumatica di madri detenute con i loro bambini, ad esempio l'ICAM di via Macedonia a Milano  –:
          se i fatti riportati corrispondano al vero;
          se non intenda favorire, attraverso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, una condizione più idonea e più confacente ai diritti del minore. (5-07450)

Interrogazioni a risposta scritta:


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel corso della visita effettuata il 16 luglio 2012 ex articolo 67 dell'ordinamento penitenziario presso la casa circondariale di Monza San Quirico, l'interrogante ha ascoltato numerosi detenuti far riferimento ad una presunta decisione del Ministero e in particolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per cui, in considerazione dell'ondata di caldo e del sovraffollamento, si sarebbe data disposizione di tenere aperte le celle dopo le ore 16.00 fino a sera  –:
          se la notizia sia fondata;
          se non ritenga, qualora essa sia infondata o frutto di equivoco, di dar seguito a questo tipo di iniziativa umanitaria, ovviamente conciliandola con le esigenze della sicurezza, in attesa di certo ben più risolutivi provvedimenti. (4-17008)


      PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in data 17 luglio 2012, alle ore 13.30, il sottoscritto effettuava una visita ispettiva nel carcere di San Sebastiano di Sassari;
          nel corso della visita veniva riscontrata una situazione che non può che essere definita di una gravità inaudita pari ad un vero e proprio lager;
          si tratta di un inferno umano con celle di 7 metri quadri per 3 detenuti stipati in altezza e larghezza, rubinetti a secco per gran parte della giornata, condizioni strutturali al limite del crollo, carenze di organico superiori al 40 per cento;
          è stata riscontrata una situazione insostenibile sul piano igienico-sanitario e di totale invivibilità della struttura;
          l'assenza dell'acqua che il sottoscritto, alla presenza di testimoni, ha personalmente rilevato in gran parte delle celle è il fatto più grave che si possa riscontrare in una struttura carceraria come questa;
          l'interrogante ha personalmente verificato condizioni strutturali dell'edificio che mettono a rischio l'incolumità di personale e detenuti;
          l'ultimo piano della struttura carceraria risulta precluso all'accesso per problemi definiti strutturali, il tetto sarebbe pericolante con lesioni importanti che, come ovvio, mettono a rischio tutta la struttura sottostante;
          nella rotonda di smistamento dei bracci viene segnalato un pericolo crolli che ha fatto interdire lo spazio a qualsiasi tipo di incontri e manifestazioni, compreso anche il tradizionale candeliere di metà agosto;
          il trasferimento di 30 detenuti previsto per domani mattina nel carcere di Tempio non cambierà in alcun modo il contesto di degrado del carcere di San Sebastiano di Sassari;
          in qualsiasi struttura pubblica senza acqua, a prescindere dalle ragioni di tale mancanza, si deve obbligatoriamente disporre l'immediata chiusura;
          in questo caso, invece, si è preferito omettere una situazione che anche in virtù del caldo di questi mesi rende la struttura carceraria un vero e proprio inferno in grado di mettere in pericolo l'incolumità degli stessi agenti penitenziari;
          nel corso della visita il sottoscritto interrogante ha parlato con decine di detenuti e con gli stessi operatori i quali hanno confermato la carenza ormai strutturale dell'acqua nelle celle, già di per sé invivibili, che sta rendendo esplosiva la situazione in carcere;
          le condizioni igienico-sanitarie della struttura rendono la gestione del carcere non più sostenibile sotto alcun punto di vista, da quello igienico-sanitario a quello della sicurezza e dell'incolumità del personale addetto e degli stessi detenuti;
          la struttura appare nel suo complesso gravemente compromessa sia sul piano strutturale che igienico-sanitario: il carcere venne aperto nel 1871;
          nel corso della visita al 3o braccio l'interrogante ha potuto rilevare una condizione da vero e proprio lager con sottospecie di celle con muffa stratificata nelle pareti tale da renderle verdi con calcinacci sempre pendenti;
          si riscontra l'impossibilità per i detenuti di stare in tre contemporaneamente in piedi per mancanza di spazio, 3 letti a castello, l'ultimo dei quali ad un'altezza che rende impossibile al detenuto di stare seduto sul letto perché a diretto contatto con il soffitto;
          una stanza inferiore agli 8 metri quadri, dove 3 detenuti trascorrono dalle 20 alle 22 ore giornaliere e in tali spazi devono adempiere a tutte le necessità che la giornata comporta, dalla preparazione e consumazione del cibo (impossibile contemporaneamente per tutti e tre dato lo spazio insufficiente) all'espletamento delle loro esigenze igieniche e corporali;
          su di un approssimato piano di cemento è riposto una specie di cucinino e contiguo a questo un filo che con uno straccio appeso «oscura» il bagno alla turca;
          la mancanza di qualsiasi tipo di privacy, la gravissima restrizione degli spazi, la mancanza di qualsiasi tipo d'igiene rendono il carcere di San Sebastiano afflittivo e disumano con grave nocumento e pericolo per i detenuti e per tutto il personale penitenziario che opera nella struttura;
          la gravissima emergenza idrica rischia di provocare sommosse e tensioni difficilmente arginabili considerato che tutti i detenuti sentiti hanno manifestato un grado di tensione che lascia intendere un pericoloso stato di alterazione del già precario e compromesso equilibrio psicologico;
          i dati relativi al carcere di San Sebastiano sono eloquenti:
              nell'anno 2010:
                  a) rapporti disciplinari 145;
                  b) sciopero della fame 54;
                  c) autolesionismo 43;
                  d) tentati suicidi 8;
                  e) suicidi 1;
              nell'anno 2011:
                  a) rapporti disciplinari 222;
                  b) sciopero della fame 52;
                  c) autolesionismo 31;
                  d) tentati suicidi 4;
          dai dati acquisiti risulta che nell'anno in corso il carcere è giunto ad ospitare 220 detenuti;
          la capienza dell'istituto, secondo la definizione da parte della direzione generale dei detenuti e del trattamento, prevede una ricettività regolamentare complessiva pari a 190 posti;
          la capienza tollerabile si eleva invece a 266 posti, ma la capienza regolamentare (ricalcolata con l'esclusione dei posti letto del secondo piano inagibile) è di 93 detenuti e quella tollerabile di 136;
          la popolazione detenuta attualmente è più del doppio di quella regolamentare e supera di ben 53 unità la capienza tollerabile;
          a questo si aggiunge una cronica e reiterata carenza di polizia penitenziaria (si oscilla tra il 40 e il 50 per cento)
          la struttura deve essere urgentemente chiusa con l'immediato trasferimento dei detenuti in una delle strutture nuove a disposizione del sistema carcerario sardo;
          qualsiasi ulteriore omissione deve essere perseguita, anche penalmente, in base alle norme relative alla salute pubblica, alla sicurezza dei luoghi adibiti a servizi pubblici e al soggiorno di persone;
          nella qualità di parlamentare e di cittadino a conoscenza dei fatti e delle situazioni qui riportate il sottoscritto non esiterà a trasmettere entro le prossime 48 ore tali ipotizzate notizie di reato alle autorità competenti perché adottino le necessarie e conseguenti azioni  –:
          se il Ministro della giustizia non intenda disporre già dalle prossime ore, con proprio atto contingibile ed urgente, lo svuotamento integrale del carcere di San Sebastiano con il trasferimento dei detenuti nel carcere di Tempio Nuchis da dotare delle relative misure di sicurezza con l'invio di almeno 150 nuovi agenti penitenziari;
          se il Ministro sia a conoscenza di tali condizioni disumane in cui operano decine di operatori penitenziari oltre che gli stessi detenuti;
          se non ritenga di dover disporre con provvedimento urgente e straordinario il trasferimento nelle nuove strutture carcerarie di quegli agenti nati e residenti in Sardegna che operano nelle carceri del Nord Italia al fine di sopperire alla cronica carenza di personale nelle carceri sarde consentendo nel contempo la chiusura del «lager» di San Sebastiano e l'apertura effettiva delle nuovi carceri costate all'amministrazione statale centinaia di milioni di euro. (4-17015)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      TOMMASO FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          con convenzione stipulata in data 31 luglio 2001 tra il Ministero dei lavori pubblici — provveditorato regionale alle opere pubbliche per l'Emilia Romagna — e il Ministero dell'interno — direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi — venivano affidate al predetto provveditorato le funzioni di stazione appaltante (espletamento delle gare d'appalto, direzione dei lavori e collaudo dell'opera) per la costruzione della nuova sede dei comando provinciale dei vigili del fuoco di Piacenza;
          il contratto d'appalto per l'esecuzione dei lavori in questione, affidati all'A.T.I. Presimp s.r.l.-MAGI. s.r.l., veniva rescisso con decreto ministeriale del 23 marzo 2005 del Ministero dell'interno e, stante l'inidoneità del secondo classificato nella gara d'appalto dei lavori di che trattasi, per mancanza dei requisiti accertata dall'ufficio contratti del provveditorato, si rendeva necessario il riappalto dei lavori medesimi;
          con contratto del 22 marzo 2006, approvato con decreto ministeriale del 26 luglio 2006 dal Ministero dell'interno, l'esecuzione dei lavori che qui interessano veniva affidata all'A.T.I. «Vittorini Emidio Costruzioni s.r.l.-C.O.A.F. s.r.l.-Tecnoclima s.r.l.» per l'importo complessivo di euro 4.597.429,74, di cui euro 423.922,00, per oneri di sicurezza;
          nel corso della predisposizione della seconda perizia di variante insorgeva un contenzioso con la ditta appaltatrice che, con raccomandata del 20 ottobre 2008, contestava un grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali, facendo riferimento ai ritardi nell'esecuzione dei pagamenti dei primi 4 acconti lavori e al mancato incasso del 5° e 6° acconto lavori;
          il 15 dicembre 2009 e 19 febbraio 2010 si tenevano due incontri al fine di cercare una soluzione per il componimento bonario de contenzioso insorto con l'impresa che, tuttavia, subordinava la ripresa dei lavori e la firma dell'atto aggiuntivo ad una transazione che compensasse, almeno in parte, i danni dalla stessa reclamati;
          l'Avvocatura distrettuale dello Stato competente, investita della questione, con nota del 6 aprile 2010, condivideva l'opportunità di addivenire ad una soluzione transattiva della vicenda;
          il 21 aprile 2010 presso il provveditorato si teneva un nuovo incontro con l'impresa e gli esponenti del dipartimento dei vigili del fuoco durante il quale si ipotizzava di addivenire ad un componimento bonario del contenzioso insorto, in ragione del riconoscimento dell'importo di 650.000,00 euro a tacitazione di tutte le pretese vantate dall'impresa e con l'impegno da parte di questa a riprendere immediatamente l'esecuzione dei lavori, compreso il ripristino degli stessi a regola d'arte;
          la transazione, coinvolta anche l'Avvocatura dello Stato e l'ufficio legale del dipartimento dei vigili del fuoco, veniva quindi sottoscritta, con un tempo residuo di esecuzione dei lavori previsto in 395 giorni;
          nonostante il costo rilevante dell'opera (circa 7.600.000,00 euro) la stessa non risulta ancora ultimato o almeno tale non pare  –:
          quando si ritenga che la struttura in questione possa venire sottoposta a collaudo, consentendo finalmente ai vigili del fuoco di Piacenza di potersi trasferire dall'attuale sede che li ospita (ubicata in viale Dante Alighieri) nello nuova caserma di strada Valnure e quali siano i motivi per i quali ciò non sia ancora verificato.
(5-07448)


      CICCANTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          sta creando notevole confusione nelle stazioni appaltanti e autentico stallo in numerose procedure di gara per appalti e forniture, la creazione, in via giurisprudenziale (si veda la decisione del Consiglio di Stato – adunanza plenaria n.  13/2011), di un «dovere» per le stazioni appaltanti (parimenti ad un obbligo normativo) non solo di una verifica dei documenti amministrativi e dell'offerta economica, ma anche dell'offerta tecnica nello stesso contesto pubblico, quando invece l'offerta tecnica è stata sempre, per prassi e fin ad oggi, valutata in seduta riservata;
          lo stesso Consiglio di Stato, nella decisione dianzi richiamata seppur con conclusioni divergenti affidate a canoni generali di trasparenza, riconosce l'esistenza di positive previsioni normative che impongono la seduta pubblica per la verifica dell'integrità della documentazione amministrativa, dell'offerta tecnica e dell'offerta economica, con l'apertura e la presa visione della documentazione amministrativa e dell'offerta economica; mentre nessuna previsione normativa esiste per l'apertura dell'offerta tecnica anche alla luce di una specifica normativa (articolo 2 – comma 1 – codice dei contratti) che inibisce la conoscenza da parte dei concorrenti dei contenuti delle offerte tecniche degli altri partecipanti sino all'aggiudicazione definitiva e, per quanto possibile, dei segreti industriali;
          allo stato degli atti e delle procedure in corso si pongono due questioni, una di merito attinente all'approfondimento della innovativa decisione del Consiglio di Stato n.  13 del 2011 per una univoca o diversa conclusione dal punto di vista normativo e l'altra di carattere procedurale attinente alla salvaguardia delle procedure in corso, ove nei bandi di gara (lex specialis) non era stata prevista l'apertura dell'offerta tecnica in seduta pubblica;
          con l'articolo 12 del decreto-legge n.  52 del 7 maggio 2012, convertito con modificazioni dalla legge n.  94 del 6 luglio 2012, è stato stabilito che anche l'offerta tecnica aperta in seduta riservata nelle gare espletate fino al 9 maggio 2012 sono fatte salve, al fine di evitare il danno derivante da un contenzioso conseguente agli affari retroattivi della richiamata sentenza del Consiglio di Stato, a causa della sua natura interpretativa  –:
          se, allo stato dell'attuale giurisprudenza e della normativa disciplinante la materia, siano state effettivamente salvaguardate tutte le gare di amministrazioni statali antecedenti il 9 maggio 2012 ove l'apertura dei plichi dell'offerta tecnica è avvenuta in seduta «riservata», in special modo per le gare CONSIP espletate prima della richiamata sentenza del Consiglio di Stato;
          se siano state firmate le convenzioni CONSIP relative a tali gare, ovvero diversamente, quali siano i motivi del ritardo.
(5-07460)

Interrogazione a risposta scritta:


      TOMMASO FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 83-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133, e successive modificazioni, recante disposizioni per la tutela della sicurezza stradale e della regolarità del mercato dell'autotrasporto per conto terzi, al comma 14 ha previsto la sanzione dell'esclusione fino a sei mesi dalla procedura per l'affidamento pubblico della fornitura di beni e servizi nonché la sanzione dell'esclusione per un periodo di un anno dai benefici statali, finanziari e previdenziali di ogni tipo previsti dalla legge, nel caso di violazione delle norme di cui ai commi 7, 8, 9, 13 e 13-bis dello stesso articolo;
          il comma 15 del predetto articolo 83-bis, come da successive modificazioni, ha individuato nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'autorità competente all'applicazione delle predette sanzioni, mentre il detto Ministero ha individuato, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, della giustizia e dello sviluppo economico, l'Agenzia delle entrate quale autorità competente all'applicazione della sanzione dell'esclusione dai benefici fiscali  –:
          quali siano i motivi per i quali siano state sostituite le predette sanzioni, con altre di carattere esclusivamente pecuniario. (4-17019)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          la scorsa settimana il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Nils Muiznieks ha visitato, a Roma nel quartiere della Romanina, una sede abbandonata dell'università di Tor Vergata, a pochi passi dal grande raccordo anulare in cui da circa sette anni si sono insediati circa ottocento disperati richiedenti asilo, in maggioranza profughi sudanesi ma anche cittadini etiopi, eritrei somali e afghani in fuga dalla guerra che vivono spesso senza acqua e senza elettricità in condizioni igieniche disperate;
          Muiznieks ha dichiarato che «l'Italia è relativamente generosa nel concedere il diritto d'asilo ma dopo fa davvero poco»; ed in effetti questa situazione è anche testimoniata dal fatto che esisterebbero oltre 70 ordinanze dei tribunali tedeschi e molte altre di tribunali austriaci che sanciscono la sospensione degli ordini di espulsione di rifugiati politici verso il nostro Paese;
          i giudici tedeschi ed austriaci insomma sanciscono di fatto l'impossibilità del nostro Paese di assicurare condizioni di igiene e civiltà minime a chi fugge a rischio della vita dalla guerra che devasta il loro Paese;
          questo dramma alle porte di Roma è intollerabile da un punto di vista umano, assai pericoloso da un punto di vista sanitario e soprattutto costituisce anche un problema di sicurezza nazionale sancendo l'incapacità del nostro Paese di dare un minimo aiuto a chi fugge dalla disperazione e alimentando l'odio nei confronti dei nostri uomini impegnati in missioni umanitarie in molti dei Paesi di provenienza di queste persone  –:
          quali iniziative di competenza intendano intraprendere per porre rimedio a quanto illustrato in premessa. (5-07442)

Interrogazione a risposta scritta:


      CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da notizie provenienti da organi di stampa locali, emerge un increscioso episodio di criminalità verificatosi ai danni di un ufficio bancario sito all'interno della cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno;
          in particolare, una banda di malviventi nel corso della notte tra venerdì 6 e sabato 7 luglio scorso, approfittando del buio e dell'assenza di allarmi e controlli, si introduceva all'interno dei locali della banca asportando furtivamente dalla cassaforte, con l'ausilio di una fiamma ossidrica, un bottino di circa 35 mila euro;
          i criminali, ancora ignoti alle forze dell'ordine, sarebbero presumibilmente gli stessi autori del furto, avvenuto con modalità del tutto analoghe alcuni mesi fa ai danni dello stesso ufficio bancario ubicato all'interno del palazzo di giustizia di via Falcone;
          la particolare dislocazione della filiale bancaria, all'interno di un tribunale pone l'evidente esigenza di garantire maggiore sicurezza all'interno ed all'esterno di un'area «sensibile» e di fondamentale importanza come quella che ospita la cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore;
          nel suddetto complesso, infatti, sono attualmente ubicati sia gli uffici delle sezioni civili e penali del tribunale che quelli del Giudice di Pace, il cui distretto è al servizio di tutto l'Agro Sarnese Nocerino e tra i più vasti della provincia di Salerno  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti intenda assumere al fine di garantire maggiore sicurezza all'interno ed all'esterno della cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore. (4-17004)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanze:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento all'articolo apparso il 17 luglio 2012 sul quotidiano AVVENIRE dal titolo «Il grido delle scuole paritarie: rischiamo la chiusura e ai numerosi atti di sindacato ispettivo presentati dall'interpellante in date diverse sulla situazione delle scuole paritarie;
          la situazione delle scuole paritarie risulta drammatica e a rischio chiusura dopo il taglio di circa il 50 per cento dei finanziamenti nel 2013 definito in sede di revisione della spesa pubblica; si tratta di un pericolo per la collettività stante la funzione fondamentale che la scuola paritaria concorre a svolgere insieme alla scuola statale nel fornire alle famiglie un pluralismo educativo che consente agli studenti e ai loro genitori la possibilità di scegliere il percorso educativo più consono ai loro ideali;
          la legge 10 marzo 2000, n.  62, in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ha sancito le condizioni per il riconoscimento della parità scolastica tra le scuole statali e le scuole non statali e della funzione pubblica svolta a pieno titolo da queste ultime, nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, facendo parte a pieno titolo del sistema nazionale di istruzione e svolgendo a tutti gli effetti e con indubbio merito, un servizio pubblico;
          si riconoscono altresì il ruolo di integrazione, in molti casi soprattutto al livello di scuola primaria e dell'infanzia, rispetto al servizio prestato dalle istituzioni statali e il certificato risparmio di circa 6 miliardi di euro ogni anno che questo comparto dell'istruzione consente alle casse dello Stato;
          la realizzazione della parità scolastica rappresenta il riconoscimento del fondamentale diritto delle famiglie di scegliere il tipo di istruzione da impartire ai loro figli e la piena libertà di scelta senza aggravi di spesa;
          in questo particolare momento di crisi economica le risorse destinate all'istruzione sono il primo e più grande investimento per la ripresa e quindi appare contraddittorio e controproducente il pesantissimo taglio previsto nei confronti della istruzione non statale  –:
          se intendano adottare tempestivamente iniziative di carattere normativo per ripristinare con la massima urgenza e certezza il fondo storico annuale di 530 milioni di euro a favore delle scuole paritarie, o destinare un adeguato importo della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche attribuita alla diretta gestione statale al finanziamento di misure dirette a sostenere l'attività didattica ed educativa e il funzionamento delle scuole paritarie, allo scopo di assicurare, nell'attuale momento di grave difficoltà, adeguate risorse economiche per garantire la continuità della funzione dà essa svolta dalle scuole paritarie, nell'ottica del pluralismo educativo, nell'ambito del sistema nazionale di istruzione.
(2-01602) «Garagnani».


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          la Corte dei conti ha recentemente registrato il «Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari», adottato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 7 giugno 2012;      
          a riguardo le principali consulte disciplinari hanno espresso profonda preoccupazione per le specifiche attinenti agli indicatori di attività scientifica non bibliometrici contenuti nel regolamento, in quanto per le riviste si postula retroattivamente un criterio di classificazione su tre fasce e non vengono specificati i parametri e i pesi attraverso cui si perverrà alla classificazione sia per i candidati all'abilitazione nazionale che per i candidati commissari;
          ma è soprattutto l'adozione del criterio della mediana della produttività scientifica dello specifico settore concorsuale e della fascia di docenza per cui si richiede l'abilitazione che desta maggior apprensione perché non comporta un progressivo aumento della qualità complessiva e rischia invece di produrre effetti paradossali sia per i candidati sia per i commissari, come pure appare di dubbia efficacia il meccanismo della normalizzazione per età accademica;
          la costruzione della mediana sarà un procedimento lungo e complesso al di fuori di ogni controllo scientifico e potrebbe mettere sullo stesso piano pubblicazioni molto diverse sul piano della qualità e l'uso di un criterio meramente quantitativo potrebbe escludere candidati meritori;
          in pratica sarà abilitato chi ha scritto molto (anche se male) mentre chi avrà scritto poco ma con grande attenzione per la qualità dei suoi elaborati verrà escluso;
          è nell'interesse del sistema d'istruzione e della comunità scientifica prevedere che le procedure delle abilitazioni rispondano a criteri di trasparenza, efficacia e merito  –:
          se non ritenga opportuno rivedere i meccanismi previsti dal citato regolamento, di cui al decreto ministeriale n.  76 del 7 giugno 2012, soprattutto per quanto riguarda i criteri per la formazione della mediana, eliminando tutte le parti che comportano una misurazione meramente meccanica e quantitativa della produzione scientifica, del tutto impropria in concorsi che dovrebbero adottare come unici criteri il merito e la qualità scientifica.
(2-01603) «Barbieri».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133, al terzo comma prevede la predisposizione di un piano programmatico di interventi e misure finalizzate ad un più razionale utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili e ad una maggiore efficacia ed efficienza del sistema scolastico;
          il decreto del Presidente della Repubblica n.  233 del 1998 ed il decreto-legge n.  98 del 2011 hanno stabilito i criteri per l'adozione dei piani di dimensionamento della rete scolastica, poi ulteriormente modificati dalla legge n.  183 del 2012;
          secondo i dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ufficio scolastico regionale per la Puglia, le scuole sottodimensionate, ovvero con meno di 600 alunni, nell'ambito delle province di Bari e Bat sono 17 e segnatamente:
              il circolo didattico «San Giovanni Bosco»;
              l'istituto comprensivo;
              la scuola secondaria «E. Pacelli»;
              la scuola secondaria «Giovanni Verga»;
              la scuola secondaria «M. Buonarroti - G. Marconi»;
              la scuola secondaria «Don Montemurro»;
              la scuola secondaria «Gesmundo»;
              la scuola secondaria «Moro-Fiore»;
              la scuola secondaria «Di Zonno»;
              la scuola secondaria «De Amicis»;
              la scuola secondaria «Capozzi-Galilei»;
              l'istituto tecnico industriale statale «Alessandro Volta»;
              l'istituto professionale di Stato per i servizi commerciali «Luciano Tandoi»;
              la scuola secondaria «Dante Alighieri»;
              la scuola secondaria «Cesare Battisti»;
              la scuola secondaria «Galileo Ferraris»;
              la scuola secondaria «Gen.  E. Baldassarre»;
          secondo quanto risulta all'interrogante, di questi 17 istituti, soltanto l'istituto tecnico industriale «Alessandro Volta» di Bitonto è stato autorizzato dal Ministero ad aver in servizio lo stesso direttore dei servizi generali ed amministrativi (D.S.G.A.) per il prossimo anno scolastico 2012/2013, mentre tutti gli altri direttori di servizi generali ed amministrativi sarebbero stati dichiarati in soprannumero per poi quindi essere collocati in altri istituti o presso l'ufficio scolastico provinciale  –:
          se quanto riportatato in premessa corrisponda al vero ed in caso affermativo, per quali ragioni il Ministero non abbia dichiarato in soprannumero il direttore dei servizi generali ed amministrativi dell'istituto tecnico industriale «Alessandro Volta» di Bitonto. (5-07445)

Interrogazione a risposta scritta:


      ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          i docenti non abilitati di, terza fascia insegnano da anni nelle scuole di ogni ordine e grado in quanto idonei all'insegnamento;
          tale idoneità discende oltre che dalla normativa nazionale e comunitaria, anche dai contratti a tempo determinato che questi hanno con gli istituti scolastici, dove il requisito dell'idoneità è condizione imprescindibile;
          questi docenti insegnano, valutano gli alunni, firmano registri, coordinano le classi, svolgono l'attività di commissari agli esami, fanno supplenze per maternità, per malattia, coprono cattedre vacanti su tutto il territorio italiano anche in sedi lontane dal luogo ove risiedono, sopportando tutti gli oneri economici necessari per l'esercizio della professione;
          conseguentemente, tali docenti svolgono le stesse mansioni dei colleghi abilitati e di ruolo, fornendo il loro fondamentale contributo al buon andamento del sistema scolastico italiano, ma a differenza di tutti gli altri, prestano il loro servizio in condizioni di precarietà contrattuale;
          la loro precarietà persiste nel tempo, sebbene la normativa disponga che dopo tre assunzioni a tempo determinato il rapporto di lavoro debba stabilizzarsi;
          come se ciò non bastasse, ai fini dell'accesso al tirocinio formativo attivo (articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n.  244) questi insegnanti subiscono un'ulteriore discriminazione perché equiparati ai neolaureati senza nessuna esperienza perché non hanno mai prestato servizio;
          inoltre il Ministero non ha neppure provveduto a comunicare il numero esatto di tali insegnanti, ormai meglio noti come «docenti invisibili», contribuendo a creare ulteriore confusione sul loro status giuridico  –:
          come intenda il Ministro risolvere le gravi questioni di cui in premessa attraverso criteri di equità ed uguaglianza, anche al fine di evitare soccombenze giudiziarie dovute alle irregolarità perpetrate nei confronti della categoria dei docenti non abilitati di terza fascia;
          quale sia l'esatto numero dei docenti non abilitati con almeno 360 giorni di servizio. (4-17006)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CODURELLI, GATTI e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 7 comma 2 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.  122, ha disposto la soppressione a decorrere dal 31 maggio 2010 dell'istituto postelegrafonici (IPOST). Il successivo terzo comma ha trasferito le funzioni all'INPS prevedendone altresì la successione in tutti i rapporti attivi e passivi;
          con gli atti di sindacato ispettivo n.  5-06430 e 5-06929 e 5-07025 l'interrogante poneva all'attenzione del Governo la situazione di perdurante confusione nonché di disagio da parte di numerosi ex dipendenti postali che ancora oggi fanno fatica ad ottenere risposte alle loro legittime richieste di autorizzazione al versamento volontario dei contributi;
          il sottosegretario Guerra in data 26 aprile 2012 rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n.  5-06430 affermava che «in qualità di autorità vigilante il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha agito e agirà nei confronti dell'Inps per migliorarne le performance». L'interrogante ribadiva che quanto riferito nella risposta in merito alla normalizzazione annunciata non corrispondeva al vero perché i lavoratori nelle date del 1 e 5 luglio 2012 denunciavano ancora l'assenza dell'autorizzazione e dei relativi bollettini per poter procedere ai versamenti per la contribuzione volontaria (lavoratori che ad oggi avrebbero dovuto percepire la pensione) ad oltre due anni dalla richiesta effettuata;
          il viceministro Martone in data 12 luglio 2012 rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n.  5-07025 dichiarava che «per quanto riguarda il lamentato mancato invio ai lavoratori appartenenti al predetto fondo ex-Ipost dei provvedimenti autorizzazione alla prosecuzione volontaria e della modulistica necessaria per assolvere ai relativi adempimenti, faccio presente che i competenti uffici del Ministero hanno esplicitamente richiesto all'INPS puntuali elementi a tal proposito ma non hanno ancora ricevuto alcun riscontro»;
          a distanza di 3 mesi l'interrogante ha ricevuto due risposte a due differenti atti di sindacato ispettivo sullo stesso argomento con risposte che l'interrogante giudica completamente divergenti in particolare sul servizio che l'Inps in base al decreto-legge citato in premessa deve ottemperare;
          ai lavoratori che continuamente stanno sollecitando l'autorizzazione e i conseguenti bollettini è stato risposto in data 5 luglio 2012 «che è tutto fermo in assenza del decreto «Fornero»;
          a parere dell'interrogante, viste le numerose denunce e sollecitazione dei lavoratori, l'INPS non sta ottemperando il dispositivo del decreto-legge n.  78 del 2010, a ben due anni di distanza  –:
          se sia consapevole della gravità dei fatti di cui in premessa e, in particolare, come intenda agire per assicurare, per un verso, che l'INPS fornisca puntuali riscontri al Ministero sulla questione oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo (non essendo accettabile che un ente vigilato si rifiuti di fornire al Ministro elementi di propria competenza), e, per altro verso, che lo stesso istituto adempia finalmente ai propri compiti, ai quali risulta obbligato in base a precise disposizioni di legge.
(5-07444)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011. (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al “Fondo per le non autosufficienze” per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata Tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica: a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento.»;
          la giunta della regione Abruzzo ha approvato il «Progetto per l'assistenza alle persone affette da S.L.A.» come pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Abruzzo Telematico (BURAT) e sul sito internet della regione (www.osr.regione.abruzzo.it) della durata di 24 mesi in cui vengono specificati progetti per cui verranno impiegati i 2.340.000 di euro stanziati dal Ministero nell'ambito di quanto previsto dal Fondo non autosufficienze 2011. Nello specifico si tratta di progetti finalizzati a realizzare/potenziare percorsi assistenziali domiciliari, interventi per garantire alle famiglie il supporto di assistenti familiari inclusa l'attivazione di percorsi formativi destinati a questi ultimi, interventi volti al riconoscimento del lavoro di cura del caregiver tramite contributi alle famiglie che assistono i malati al domicilio, progetti di ricerca (a cui sono destinati l'1 per cento delle risorse) e a una campagna di comunicazione  –:
          quante istanze siano state presentate nella regione Abruzzo;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07451)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al “Fondo per le non autosufficienze” per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata Tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica: a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento.»;
          la giunta della regione Liguria ha approvato la delibera n.  719 del 15 giugno 2012: Linee operative «Interventi in tema di Sclerosi Laterale Amiotrofica: riconoscimento della dote di cura» definendo progetti ed interventi verso cui saranno finalizzati i 3.070.000 euro erogati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito del Fondo per le Non Autosufficienze 2011. I finanziamenti sono destinati al sostegno delle famiglie con parenti affetti da sclerosi laterale amiotrofica e in particolare a sostenere le spese per l'assunzione di un'assistente familiare, assunta con regolare contratto di lavoro, per i servizi socio-sanitari resi da cooperative sociali, per l'adattamento dell'alloggio, in modo da consentire la permanenza in casa della persona malata, per spese correlate alla malattia, escluse quelle per i farmaci o per interventi di tipo sanitario. Ed inoltre al riconoscimento del lavoro di cura prestata dal familiare e per la compartecipazione al costo dell'eventuale ricovero di sollievo per un massimo di 45 giorni, anche non continuativi. Il progetto che ha una durata biennale si suddivide in 1.500.000 di euro da destinare ai distretti sociosanitari a cui si aggiungono ulteriori 30.000 euro per la formazione degli operatori di assistenza e dei familiari, 20.000 euro per la ricerca e 20.000 per il sistema informativo. Le risorse verranno erogate ad ogni singola famiglia a titolo di «dote di cura» e modulate sulla base dello stadio di gravità della malattia. Nel caso in cui il progetto prevede un assegno di cura si andrà da un minimo di 500 ad un massimo di 1.000 euro mensili che possono essere incrementati per situazioni di particolare disagio socio-economico del paziente e della sua famiglia di ulteriori 200 euro mensili. I familiari dei malati per l'erogazione dei fondi possono rivolgersi al distretto sanitario di competenza  –:
          quante istanze siano state presentate nella regione Liguria presso il distretto sociosanitario di riferimento;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07452)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al “Fondo per le non autosufficienze” per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata Tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica: a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento.»;
          con la D.g.r. 9 maggio 2012 – n.  IX/3376 la regione Lombardia ha approvato il «programma esecutivo di interventi regionali in tema di sclerosi laterale amiotrofica e altre malattie del motoneurone per ricerca e assistenza domiciliare ai malati (Fondo Nazionale per le non autosufficienze 2011)». Per finanziarlo, saranno ripartite alle ASL le risorse assegnate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pari a euro 15.490.000, sulla base dell'incidenza delle persone affette da SLA e della presenza di persone in questa condizione in carico ai servizi;
          in particolare, verranno potenziati in termini quantitativi e qualitativi i percorsi assistenziali a domicilio, i ricoveri di sollievo a carico delle risorse regionali, l'azione di assistenza svolta dagli assistenti familiari e riconoscere il lavoro di care delle famiglie, sulla base di progetti personalizzati (i contributi alle famiglie che assistono il malato al domicilio vanno da 500 a 2.500 euro mensili in relazione alla complessità assistenziale emergente con l'evoluzione della malattia) e verrà promossa e sostenuta l'attività di ricerca  –:
          quanti progetti personalizzati di assistenza domiciliare e interventi relativi risultino essere stati presentati nella regione Lombardia e quanti siano stati valutati e autorizzati;
          presso quali istituti verrà promossa e sostenuta l'attività di ricerca;
          quanti malati di sclerosi laterale amiotrofica risultino nella regione Lombardia. (5-07453)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al “Fondo per le non autosufficienze” per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata Tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica: a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento.»;
          la regione Lazio ha approvato la delibera n.  233 del 25 maggio 2012 «Approvazione del programma attuativo degli interventi a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, ai sensi del decreto interministeriale 11 novembre 2011, concernente il riparto del fondo per le non autosufficienze per l'anno 2011» attraverso la quale nove milioni di euro per un programma di interventi in favore delle persone affette da Sla;
          la delibera prevede interventi articolati in quattro diverse azioni:
              la prima riguarda l'assegnazione di assegni di cura per garantire assistenza per un numero di ore corrispondente alle differenti criticità fino a 24 ore su 24;
              la seconda prevede la realizzazione di una prima «isola di sollievo»;
          a queste due azioni si affiancheranno la formazione di nuovi operatori, attività di informazione rivolte ai familiari e ai medici di famiglia e un processo di monitoraggio sui servizi e i bisogni, per standardizzare gli interventi sul territorio, mettere a regime il registro regionale delle persone con Sla e ottimizzare le risorse  –:
          quante istanze siano state presentate nella regione Lazio;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07454)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al “Fondo per le non autosufficienze” per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata Tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica: a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento.»;
          la regione Calabria con delibera n.  188 del 26 aprile 2012 ha approvato il progetto Sostegno alle famiglie per le attività di assistenza delle persone affette da SLA finanziato dal Fondo per le Non autosufficienza – annualità 2011 con la quota di 3.540.000,00 euro messa a disposizione dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
          nell'ambito del progetto saranno promossi: interventi volti a realizzare o potenziare percorsi assistenziali domiciliari che consentano una presa in carico globale della persona affetta da SLA e dei suoi familiari; – interventi volti al riconoscimento del lavoro di cura del familiare-caregiver (...); interventi volti a garantire il necessario supporto di assistenti familiari per un numero di ore corrispondente alle differenti criticità emergenti con l'evoluzione della malattia, inclusa l'attivazione di specifici percorsi formativi rivolti agli assistenti familiari che si dedicano ai pazienti affetti da SLA che coprano gli aspetti legati alle diverse aree di bisogno (motoria, respiratoria, nutrizionale, della comunicazione, della dimensione domiciliare); attività di ricerca finalizzata all'ottimizzazione dei modelli assistenziali per migliorare la qualità di vita del paziente e prevenire le complicanze, anche attraverso il monitoraggio e la valutazione degli interventi  –:
          quanti progetti di assistenza domiciliare e interventi relativi risultino essere stati presentati nella regione Calabria e quanti siano stati valutati e autorizzati;
          quanti malati di sclerosi laterale amiotrofica risultino nella regione Calabria. (5-07455)


      MADIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          Sviluppo Lazio è un'agenzia strumentale della regione Lazio interamente a capitale pubblico (regione Lazio 80.5 per cento e CCIAA 19.5 per cento) e holding della rete delle agenzie regionali;
          si tratta di una società pubblica altamente qualificata, rappresentando il principale strumento regionale per l'attuazione delle politiche comunitarie, per la gestione dei fondi europei destinati all'innovazione, all'ambiente, alla cultura, alla coesione sociale;
          Sviluppo Lazio offre assistenza tecnica, assumendo anche il ruolo di organismo intermedio, per molti dei programmi finanziati con fondi regionali e per l'attuazione del POR, piano operativo delle politiche europee sostenute attraverso il FESR (fondo europeo di sviluppo regionale);
          si tratta di una società in-house, strumentale, con unico committente pubblico che esercita – come noto in accordo alla normativa vigente – sull'agenzia un controllo funzionale «analogo» a quello esercitato sui propri servizi;
          la società impiega oltre 200 persone delle quali circa un terzo precari. Si tratta di titolari di contratti atipici, a progetto o a partita IVA;
          a questi si aggiungono anche i dipendenti con contratto a tempo determinato, raggiungendo una percentuale di lavoratori a termine intorno al 50 per cento;
          i precari di Sviluppo Lazio, come i dipendenti, svolgono funzioni di ruolo o di assistenza ai funzionari regionali sia nella sede della società sia direttamente presso gli uffici regionali, secondo le direttive dettate dagli organi dirigenziali;
          nel giugno 2011 viene nominato nuovo presidente di Sviluppo Lazio, Massimiliano Maselli che nel suo discorso di insediamento dichiara di voler risolvere il problema del precariato contro Sviluppo Lazio procedendo alla stabilizzazione di chi ancora con contratti in scadenza;
          al contrario di quanto auspicato dal presidente, dopo il mancato rinnovo per le collaborazioni a progetto e a partita iva, si è cominciato a non rinnovare i contratti a tempo determinato. Si tratta complessivamente di 60-70 lavoratori, circa la metà dei lavoratori impiegati da Sviluppo Lazio;
          risulta all'interrogante, anche da notizie riportate sugli organi di stampa (Sole 24 ore 7 settembre 2011) come il Lazio abbia una bassa performance di spesa dei fondi provenienti da finanziamenti dell'Unione europea arrivando ad utilizzare solo il 10 per cento delle risorse disponibili anche per una mancanza di controllo e programmazione; allo stesso tempo Sviluppo Lazio spende somme notevoli in consulenze affidate a società straniere per svolgere quel lavoro di riprogrammazione del POR che poteva essere svolto dalle risorse interne (Left 24 giugno 2011);
          dall'insediamento della giunta Polverini nel 2010 si è assistito ad un blocco quasi totale delle attività che ha portato il Lazio ad essere una delle regioni peggiori nell'utilizzo dei fondi dell'Unione europea. Sono stati revocati 35 miliardi di euro già assegnati per la cultura (un parco progetti selezionato attorno a 5 grandi attrattori culturali);
          è stato riprogrammato il piano operativo (POR) tenendo in sospeso per un anno e più l'attuazione di molti programmi già avviati. In particolare i bandi per l'efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabile, pubblicati nel 2009, sono rimasti fermi fino a metà 2011, generando incertezza e difficoltà nelle amministrazioni locali beneficiarie;
          in una situazione così incerta e confusa, con risultati pessimi per l'economia laziale e in mancanza di una strategia di rilancio economico del territorio, risulta all'interrogante che decine di lavoratori di Sviluppo Lazio con varie tipologie contrattuali non abbiano avuto il rinnovo contrattuale alla data del 30 giugno 2012;
          si è svolta una manifestazione contro tale provvedimento in forza della quale alcuni lavoratori hanno fatto irruzione al convegno «Reti di impresa: etica, competitività e territorio», in corso il 19 giugno 2012 al Tempio di Adriano nella sala della Camera di Commercio di Roma, in Piazza Di Pietra, cui ha preso parte anche il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini (Corriere della Sera 19 giugno 2012) con un evidente quanto necessario scopo di attrazione mediatica sulla propria condizione lavorativa nella stessa giornata vertici di Sviluppo Lazio hanno inviato quella che l'interrogante giudica un'umiliante disposizione che esonerava i lavoratori immediatamente dal presentarsi al lavoro (nonostante la vigenza del contratto) e li avvertiva di richiedere appuntamento per il ritiro degli oggetti personali -:
          se il Governo sia a conoscenza della situazione dei precari di Sviluppo Lazio, inclusa la lettera che impediva ai lavoratori di raggiungere il posto di lavoro;
          se il Governo non ritenga di dover promuovere, nel rispetto delle reciproche competenze, un tavolo sulla questione di Sviluppo Lazio al fine della tutela dei livelli occupazionali all'interno del quadro di razionalizzazione delle risorse pubbliche e superamento del dualismo nel mercato del lavoro intrapreso negli ultimi mesi dall'esecutivo. (5-07459)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MARINELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la recente riforma pensionistica operata dall'articolo 24 del decreto-legge n.  201 del 2011, convertito con modificazioni della legge n.  214 del 2011 (cosiddetto «decreto salva Italia» ha mostrato evidenti disparità nei confronti dei lavoratori appartenenti a settori diversi;
          innanzitutto l'intera riforma appare essere permeata da una logica assicurativa di tipo privatistico che penalizza soprattutto alcune fasce di lavoratori e che non rispecchia i principi e criteri ispiratori (di cui all'articolo 24, comma 1) di equità, flessibilità e trasparenza. La riforma presenta, infatti, diversi profili problematici:
              la certificazione dell'aumento della vita media (che in base ai dati Istat è di 79 anni per gli uomini e di 84 anni per le donne) comporterà, a partire dal 2013, l'inevitabile abbassamento dei coefficienti di trasformazione (ovvero il parametro corrispondente all'età del lavoratore nel momento in cui presenta la domanda di pensionamento, in base al quale si calcola la sua pensione lorda annuale a partire dal suo montante contributivo annuale);
              nei confronti dei dipendenti pubblici non opera l'incentivo della permanenza al lavoro fino a 70 anni (ad eccezione dei magistrati, degli avvocati, dei procuratori dello Stato e dei professori universitari ordinari), impedendo loro di incentivare ed aumentare l'importo della pensione con parametri applicati fino a 70 anni, contravvenendo anche al principio tutelato costituzionalmente (ex articolo 38, comma 2) dell'adeguatezza della prestazione;
              si ravvisa inoltre una evidente disparità anche tra i lavoratori appartenenti alla stessa categoria del settore privato: la tutela reale, prevista dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, è applicata soltanto ai lavoratori occupati in aziende con più di quindici dipendenti, che possono utilizzare la flessibilità in uscita fino ai 70 anni, mentre restano invece esclusi i lavoratori privati occupati in aziende con meno di quindici dipendenti che possono dunque essere licenziati al raggiungimento dell'età pensionabile di 66 anni;
              l'articolo 24, comma 15-bis, prevede lo «sconto» di due anni per il diritto alla pensione anticipata da 66 a 64 anni soltanto nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti del settore privato, mentre restano esclusi i dipendenti pubblici, i lavoratori autonomi del settore privato e quelli iscritti alla gestione separata, in spregio al principio dell'uniformità;
              l'articolo 24, comma 11, consente ai lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996 di conseguire la pensione anticipata all'età di 63 anni, anziché a 66 anni, a condizione che abbiano maturato un importo mensile della prima rata di pensione pari a 2,8 volte l'assegno sociale, con un evidente danno poiché i dipendenti che in 20 anni di lavoro possono raggiungere un importo pensionistico così alto sono soltanto le alte qualifiche con una retribuzione mensile di oltre 4.500 euro;
              l'articolo 24, comma 20, ha abrogato l'istituto dell'esonero per i pubblici dipendenti (disciplinato dal decreto-legge 112 del 25 giugno 2008, articolo 72), che invece rappresentava una sorta di aspettativa a metà stipendio per il dipendente che, tra l'altro, poteva svolgere in modo continuativo ed esclusivo attività di volontariato;
              la riforma ha penalizzato gravemente anche il personale del comparto difesa-sicurezza del paese: la circolare n.  37/2012 dell'INPS dispone il venir meno della pensione di anzianità contributiva massima (prevista dal decreto legislativo 657 del 1997). Ciò rappresenta un profondo «vulnus» nei confronti delle Forze di polizia, in considerazione della specificità ancora in atto del loro rapporto d'impiego e delle obiettive peculiarità delle funzioni che svolgono nel e per il Paese;
              per quanto riguarda la questione dei lavoratori cosiddetti esodati il cui rapporto di lavoro si è risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esonero, essi potrebbero veder respinta la domanda di pensione dall'INPS per mancanza di adeguate risorse finanziarie, in conseguenza del limite massimo numerico imposto dal Governo;
              con la riforma previdenziale sono stati abrogati i requisiti agevolati che prevedevano per tali attività, uno «sconto» a determinate condizioni sull'età pensionabile e sull'anzianità contributiva  –:
          quali iniziative anche normative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare, in considerazione di quanto esposto in premessa, in modo da definire in modo equo ed armonico le disposizioni contenute nella riforma previdenziale ed impedire che siano ulteriormente penalizzate le situazioni previdenziali dei pubblici dipendenti. (4-17001)


      MISEROTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi alcuni quotidiani hanno segnalato all'attenzione dell'opinione pubblica un allarme legato alla sostenibilità del sistema pensionistico pubblico, derivante dall'assunzione da parte dell'INPS del deficit dell'INPDAP e dell'ex ENPALS, confluiti nel «SuperInps» con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201 convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n.  214 (cosiddetto decreto Salva Italia);
          secondo la stima contenuta nella prima nota di variazione del bilancio preventivo 2012 dell'INPS, approvato dal Civ (Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell'ente, infatti, la gestione finanziaria vedrà un disavanzo di quasi 6 miliardi di euro nel 2012, legato dal «buco» che l'Inpdap porta con sé e che è destinato a sfiorare i 7 miliardi di euro nel 2013 e nel 2014;
          è indispensabile far luce su tutti i conti relativi al «SuperInps», per dare certezza ai pensionati ed evitare allarmismi che creano sfiducia anche sui mercati internazionali  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative volte ad apportare adeguati interventi correttivi per sanare il disavanzo economico e patrimoniale della gestione ex Inpdap in modo da garantire la sostenibilità della spesa pensionistica ed anche al fine di evitare allarmismi che inciderebbero negativamente sulla popolazione e, di riflesso, sui mercati internazionali. (4-17009)


      FAVIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'ENS è l'ente morale preposto per legge alla rappresentanza e tutela dei sordi in Italia (legge n.  698 del 1950 e decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979);
          l'ENS riceve un contributo ordinario annuo in misura fissa di euro 516.000,00 in forza della legge 15 dicembre 1998, n.  438, (contributo statale a favore delle associazioni nazionali di promozione sociale);
          ai sensi dell'articolo 3 della legge n.  438 del 1998 l'ENS è sottoposto al controllo del Ministero delle politiche sociali sul concreto perseguimento delle finalità istituzionali;
          la gestione finanziaria dell'ENS è sottoposta al controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n.  259, «Partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria»;
          l'articolo 15, comma 1-bis (inserito dall'articolo 1, comma 14, del decreto-legge n.  138 del 2011 convertito dalla legge n.  148 del 2011) stabilisce che «fermo quanto previsto dal comma 1 (dell'articolo 15 del decreto-legge n.  98/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011); nei casi in cui il bilancio di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato non sia deliberato nel termine stabilito dalla normativa vigente, ovvero presenti una situazione di disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi, i relativi organi, ad eccezione del collegio dei revisori o sindacale, decadono ed è nominato un commissario con le modalità previste dal citato comma 1; se l'ente è già commissariato, si procede alla nomina di un nuovo commissario. Il commissario approva il bilancio, ove necessario, e adotta le misure necessarie per ristabilire l'equilibrio finanziario dell'ente ...»;
          la circolare n.  33 del 28 dicembre 2011 del Ministero dell'economia e delle finanze – ragioneria generale dello Stato, chiarisce che «circa l'ambito di applicazione della norma in esame, si ritiene che la medesima, facendo riferimento ad “ente sottoposto alla vigilanza dello Stato”, senza ulteriori specificazioni, vada riferita a tutti gli enti ed organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, ad esclusione delle società, che rientrino nella sfera di vigilanza dell'Amministrazione statale. In merito alla sussistenza di un rapporto di vigilanza da parte dello Stato nei riguardi di un ente appare utile evidenziare che lo stesso può ritenersi comprovato da un insieme di indici, tra i quali si menzionano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i seguenti: la concessione di trasferimenti o contributi; la presenza di rappresentati dell'Amministrazione centrale negli organi di amministrazione e/o controllo; la trasmissione dei documenti contabili (bilanci preventivi, consuntivi, variazioni, eccetera) dei bilanci o dei documenti contabili anche senza l'espressa previsione dell'approvazione; la previsione dei pareri di competenza in merito ai provvedimenti che disciplinano l'organizzazione, l'attività ed il funzionamento dell'ente pubblico (statuti, regolamenti ed altro); l'attribuzione della competenza alla nomina di commissari alle Amministrazioni centrali»;
          l'ENS ha chiuso in forte disavanzo di amministrazione consecutivamente gli esercizi 2010 e 2011 (- euro 922.759,01 il 2011, in peggioramento rispetto a - euro 701.273,57 dell'esercizio 2010);
          con la recente circolare n.  4407 dell'11 maggio 2012 diretta a tutte le sedi periferiche, il Consiglio direttivo nazionale dell'ENS ha comunicato la sospensione di tutti i trasferimenti spettanti alle sedi provinciali e regionali dell'Ente quali quota parte del tesseramento, di fatto inibendone l'attività in favore dei sordi, dichiarando l'esistenza di un'esposizione debitoria verso banche, creditori vari ed erario pari a - euro 12.403.891,94;
          sempre nella citata circolare viene dichiarato che a causa dell'esposizione debitoria tutte le entrate ordinarie (tra cui vi è anche il contributo di cui alla legge n.  438 del 1998 erogato dal Ministero) sono vincolate al pagamento delle rate dei mutui e degli interessi e che tutte le azioni volte alla ricerca dell'equilibrio finanziario sono in fase in stallo;
          a fronte della grave situazione finanziaria in cui versa l'ENS, risulterebbero sensibilmente cresciuti nell'ultimo anno i costi sostenuti dalla sede nazionale per compensi e rimborsi spese a consulenti esterni provenienti da altre regioni, nonché per indennità e spese di rappresentanza degli organi centrali, in particolare del presidente nazionale, questi ultimi privi di qualsiasi attinenza e controllo;
          sarebbero altresì state deliberate dall'organo centrale, ed attualmente in itinere, alcune discutibili operazioni immobiliari, che riguarderebbe anche la sede dell'ENS;
          in risposta ad un interpello promosso da alcuni soci effettivi dell'ENS, preoccupati per le sorti dell'associazione, la ragioneria generale dello Stato, con nota prot. 58811 del 4 luglio 2012, si è espressa in ordine all'applicabilità all'Ente nazionale sordi Onlus dell'articolo 25, commi 1 e 1-bis del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011  –:
          se e in che modo il Ministero intenda intervenire per verificare l'effettiva gravità della situazione e per porvi rimedio, prima che la stessa diventi insanabile e ponga fine ad un Ente nazionale con importanti prerogative di rappresentanza e tutele in favore delle persone con disabilità uditiva.
(4-17020)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
          l'11 luglio 2012 il Ministro interpellato ha nominato Guido Tampieri in qualità di direttore generale dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura in sostituzione del presidente e del consiglio di amministrazione;
          il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, recante «disposizioni urgenti per la revisioni della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» ha stabilito all'articolo 12 che gli organi dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, sottoposta alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono: a) il direttore dell'agenzia, scelto in base a criteri di alta professionalità e conoscenza del settore agroalimentare;
          la personalità scelta dall'attuale Ministro, persona stimabile e preparata, è un ex-assessore all'agricoltura dell'Emilia Romagna e già Sottosegretario alle politiche agricole dell'ultimo Governo Prodi, un politico di razza, un'eccezione al Governo tecnico;
          si tratta di un vero e proprio politico di lungo corso e di una ben precisa parte politica, il Partito democratico;
          a giudizio degli interpellanti è impensabile che un Governo tecnico faccia ricorso ai politici per assolvere a funzioni tecniche. Il Ministro, con questa scelta, ha secondo degli interpellanti fatto sì che le massime cariche dei principali organizzazioni del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali siano allineate sulla stessa matrice politica;
          da questa decisione, a giudizio degli interpellanti, si evince che i principi dei tagli che hanno ispirato la riforma di Agea da parte del Ministro non erano solo tecnici ma, probabilmente, anche politici;
          non si vorrebbe scoprire, successivamente, che con la nomina di Tampieri, si sia voluto costruire qualche futura e nuova candidatura alle prossime elezioni politiche di qualche esponente dell'attuale Governo o dello stesso Tampieri;
          ad avviso dell'interrogante ad oggi, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali è retto da un vero e proprio monocolore «democratico» che rischia di penalizzare le qualità tecniche presenti nel dicastero  –:
          se intenda il Ministro interpellato, rivedere la propria indicazione nominando altra personalità di sicuro ed indubbio spessore professionale e del settore agroalimentare e che non abbia solo esperienze politiche nel Partito democratico.
(2-01605) «Catanoso, Minasso, Alberto Giorgetti, Picchi, Contento, Lisi, Sbai, Pagano, De Camillis, Leo, Nastri, Castiello, Di Caterina, Giro, Iannarilli, Rosso, Faenzi, Vincenzo Antonio Fontana, Torrisi, Antonino Foti, Gioacchino Alfano, Giammanco, Barani, De Luca, Girlanda, Ciccioli, Crolla, Pelino, Mancuso, Abelli, Garofalo, Ceccacci Rubino, Gibiino, Germanà, Ghiglia, Corsaro, Gianni, Scandroglio».

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


      MANCUSO, DE LUCA, CROLLA e GIRLANDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il Comitato che valuta gli standard organizzativi di ASL e ospedali, composto da esperti di regioni e Ministeri della salute e dell'economia ha di recente emanato un documento che individua il numero dei primariati presenti nelle regioni italiane: 19.000;
          il documento individua anche i criteri tecnici da seguire: un primario ospedaliero deve avere almeno 17,5 letti, uno territoriale deve lavorare su un'area dove vivono almeno 13.500 persone;
          le regioni, per mettersi in regola, dovranno tagliare circa 1.100 responsabili delle unità operative degli ospedali e 1.800 di coloro che lavorano al di fuori di essi;
          il taglio riguarda anche i direttori delle «strutture semplici», cioè medici responsabili di settori particolari dei reparti che però non sono primari;
          in Italia ne esistono circa 35.000, di cui 15.000 vanno tagliati;
          nel documento si sottolinea che le 8 regioni con piano di rientro per conti in rosso (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) devono emanare entro il 31 dicembre 2012 direttive per «contenere il numero delle strutture semplici e complesse entro i limiti previsti dagli standard»;
          non è possibile gestire la numerosità del personale medico con criteri meramente ragionieristici;
          esistono piccole strutture mediche fondamentali per le piccole comunità e grandi ospedali disorganizzati e in esubero di personale  –:
          se il Governo intenda riconsiderare i criteri espressi dal Comitato tenendo in maggiore considerazione le caratteristiche specifiche di ogni struttura, che non possono essere espresse da parametri numerici. (4-17000)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il processo di razionalizzazione avviato negli ultimi anni dalla società Poste italiane spa ha portato alla chiusura di molti uffici e al ridimensionamento degli orari di apertura degli sportelli, causando notevoli difficoltà nella gestione operativa degli uffici e generando una diminuzione della qualità del servizio fornito alla clientela, argomenti oggetto di atti di sindacato ispettivo a firma dell'interrogante, molti dei quali purtroppo tuttora privi di risposta;
          da quanto si apprende da articoli di stampa apparsi sui quotidiani Brescia Oggi e Il Giornale di Brescia in data 12 luglio 2012, Poste italiane ha stilato una lista per l'autorità per le comunicazioni in cui sono inseriti circa un migliaio di uffici postali al di sotto dei parametri di economicità, di cui 16 nella provincia di Brescia;
          gli uffici della provincia di Brescia interessati sono: Pilzone, San Pancrazio, Calvagese, Coniolo, Ludriano, Corticelle Pieve, Remedello Sotto, Campione del Garda, Gorzone, San Colombano, Nozza, Ponte Zanano, Lumezzane Pieve, Bogliaco e Navazzano, a cui vanno aggiunti i tre uffici di Provaglio Val Sabbia, Bione e Livemmo, dove è prevista una riduzione dell'orario;
          Poste italiane spa è una società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che deve garantire l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato, in cui la società si impegna a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
          i servizi postali, in particolare per le famiglie e le imprese, sono fondamentali nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale e il gruppo Poste italiane offre inoltre prodotti e servizi integrati di comunicazione, logistici e finanziari su tutto il territorio nazionale;
          la direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 inserisce le prestazioni postali tra i servizi di interesse di economia generale e stabilisce specifiche obbligazioni comunitarie per la tutela dei servizi universali a garanzia della piena efficienza a favore degli utenti, dando la possibilità al cittadino-utente non soddisfatto del servizio postale di appellarsi, in prima istanza, all'operatore postale responsabile; in seconda istanza, all'autorità nazionale competente e, da ultimo, alla Commissione europea;
          la direttiva 2008/06/CE stabilisce, poi, che gli Stati membri dell'Unione europea devono conformare il processo di liberalizzazione del proprio mercato postale entro il 2010  –:
          se non ritenga doveroso rendere noti i criteri «oggettivi ed omogenei» che giustificherebbero la chiusura degli uffici postali di cui in premessa;
          se non ritenga necessario intervenire per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste italiane spa a detrimento del servizio pubblico di qualità così come previsto dall'accordo siglato con lo Stato;
          quali azioni il Ministro intenda intraprendere al fine di scongiurare la possibile chiusura di uffici postali e per garantire l'erogazione, in particolar modo in un momento così difficile per l'economia, di un servizio efficiente ai cittadini ed alle attività produttive che operano nella provincia di Brescia ovvero per garantire e mantenere gli attuali livelli occupazionali. (5-07443)


      PELUFFO e FARINONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il gruppo Italtel s.p.a., uno dei maggiori player italiani nel settore delle telecomunicazioni, è presente in 25 Paesi nel mondo e progetta, sviluppa e realizza soluzioni per reti e servizi di nuova generazione basati su protocollo IP per circa 40 operatori internazionali;
          il pacchetto azionario della società è attualmente detenuto da Telecom Italia con il 19,4 per cento, da Cisco con il 18,4 per cento, dai fondi Clayton Dublier & Rice con il 48,8 per cento, Advent International con l'8,7 per cento e Brera Capital con il 3 per cento;
          notizie di stampa del 22 giugno 2012 riportano di un imminente cambio all'interno del pacchetto azionario di Italtel, dovuto alle paventate intenzioni di Telecom Italia di cedere la propria quota, e di un interesse della compagnia cinese ZTE (Zhongxing telecom equipment), quinto maggiore gruppo al mondo per fatturato tra i produttori di sistemi ed equipaggiamenti per le telecomunicazioni;
          Telecom Italia è attualmente il più importante cliente di Italtel, generando con le sue commesse oltre il 25 per cento del suo fatturato annuo (107 milioni di euro sui 405 milioni complessivi), e dunque tale decisione riaprirebbe con forza la necessità di trovare un grande partner internazionale per rilanciare Italtel;
          i dipendenti di Italtel sono 1.776, dei quali 1.205 a Milano;
          dal 2009 ad oggi sono usciti dall'azienda 637 persone, mentre i nuovi esuberi previsti da Italtel a novembre 2011 erano complessivamente 450, di cui 200 per il 2011 e 250 per il 2012;
          in seguito all'accordo siglato il 14 dicembre 2011, i 250 dipendenti eccedenti sono stati assorbiti tramite la stipula di un contratto di solidarietà per 1.078 persone e la messa in cassa integrazione straordinaria (CGIS) di 200 persone per 9 mesi all'anno fino ad aprile 2013;
          tra queste ultime, circa 170 erano già in cassa integrazione guadagni straordinaria, in base all'accordo firmato a gennaio 2011 finalizzato alla gestione dei 400 esuberi dichiarati nel 2010;
          nel corso dell'incontro di venerdì 6 luglio 2012 tra i dirigenti, le parti sociali e un esponente del Ministero dello sviluppo economico, i vertici di Italtel hanno annunciato la necessità di «tagliare» ulteriori 500 dipendenti, per via dell'interruzione degli ammortizzatori sociali ad aprile e agosto del 2013;
          il fatturato dell'azienda a maggio 2012 risultava in calo di circa il 12 per cento se confrontato lo stesso mese del 2012, e nel 2011 il fatturato annuale ammontava a 407 milioni di euro, a fronte dei 422 milioni del 2010;
          il debito contratto da Italtel è arrivato all'ammontare di 330 milioni di euro, in aumento rispetto ai 230 milioni del 2010 per effetto della apertura di nuove linee di credito;
          il Governo, con il decreto legge 9 febbraio 2012, n.  5, sulle semplificazioni, ha istituito la cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, cui è stato assegnato il compito di velocizzare la realizzazione degli obiettivi in essa contenuti predisponendo una serie di interventi normativi mirati e finalizzati allo sviluppo di nuove infrastrutture digitali e alla diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione presso i cittadini, le imprese e la stessa pubblica amministrazione;
          tra i sei assi in cui si articola l'Agenda digitale italiana, il gruppo di lavoro «ricerca e investimenti», finalizzato alla promozione di innovazione tecnologica e investimenti nelle infrastrutture di comunicazione elettronica, è stato assegnato ai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dello sviluppo economico;
          tale ambito appare particolarmente rilevante sia per la diffusione capillare delle infrastrutture e delle tecnologie elettroniche sia per il mantenimento e la crescita di aree industriali fondamentali per l'economia italiana  –:
          se trovi conferma l'ipotesi di un avvicendamento azionario in capo a Italtel e, in caso affermativo, cosa intenda fare il Governo, per quanto di competenza, per verificare che tale avvicendamento sia finalizzato a sostenere l'azienda e a promuoverne il rilancio;
          quali azioni intenda intraprendere il Governo per la salvaguardia dei 500 posti di lavoro attualmente a rischio, anche in considerazione della strategicità dell'azienda e della cospicua riduzione del suo personale lavorativo avvenuta negli anni passati;
          quali impegni intenda assumere sul percorso dell'agenda digitale italiana per scongiurare il rischio che la crisi di Italtel privi l'Italia, proprio nel momento fondamentale del lancio dell'agenda digitale, che il Governo sta meritoriamente predisponendo, di un'azienda italiana leader nello sviluppo di servizi fondamentali per un settore strategico quale quello delle telecomunicazioni, indispensabile per l'innovazione e la diffusione delle nuove tecnologie, l'efficientamento dei costi, il decollo dell'economia digitale italiana e il conseguente rilancio dell'intero sistema-Paese. (5-07447)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PATARINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il più importante stabilimento italiano dell'ILVA (società per azioni che si occupa prevalentemente della produzione e della trasformazione dell'acciaio) è situato a Taranto e costituisce, senza dubbio, uno dei maggiori complessi siderurgici d'Europa;
          la recente inchiesta della procura tarantina, che ha ipotizzato – contro cinque fra ex vertici e funzionari del citato insediamento industriale – i reati di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, danneggiamento aggravato di beni pubblici, sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, potrebbe chiudersi, secondo notizie riportate dalla stampa, con l'imminente sequestro dell'intera area a caldo e la conseguente interruzione di tutte le attività produttive e, probabilmente, anche di quelle di altri stabilimenti in cui l'acciaio Ilva viene successivamente lavorato;
          tale situazione, purtroppo, oltre a confermare le forti preoccupazioni e le criticità già ampiamente rilevate in questi anni, circa la «sostenibilità» ambientale degli insediamenti produttivi presenti (basti ricordare che, secondo dati Eurispes, Taranto rientra tra le principali aree ad alto rischio ambientale, rappresentando un grande problema nazionale per le allarmanti emissioni di sostanze inquinanti attribuibili ai grandi stabilimenti industriali presenti: Ilva, Eni, Edison, Cementir), mette in evidenza i gravi problemi connessi alla tutela dei livelli occupazionali sull'intero territorio;
          alta è la preoccupazione sociale per la salubrità del contesto ambientale e, al tempo stesso, per le inevitabili conseguenze occupazionali che deriverebbero all'economia locale dalla chiusura degli stabilimenti industriali in questione: si calcola che l'eventuale chiusura dell'area a caldo lascerebbe senza lavoro circa cinquemila operai, senza considerare che la stessa potrebbe, di fatto, incidere sull'intero ciclo produttivo, coinvolgendo, quindi, tutti i dodicimila lavoratori dell'azienda e gli altri seimila dell'indotto (da Genova a Marghera, da Rocconigi a Novi Ligure);
          il caso di Taranto è emblematico soprattutto in considerazione dell'alta e dannosa concentrazione territoriale di attività, impianti e infrastrutture di interesse nazionale a forte impatto ambientale, per cui è quanto mai urgente e necessario che tutti gli enti coinvolti, in forte sinergia tra di loro e nel rispetto della legislazione vigente e delle rispettive competenze, si attivino tempestivamente al fine di approntare le adeguate e opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte ad assicurare – eventualmente attraverso la stipula di specifici accordi tra pubblico e privato – adeguate ed efficaci misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e sociale e per rilanciare e favorire i necessari processi di sviluppo e di «risanamento» sociale, ambientale, imprenditoriale ed occupazionale dell'area in questione;
          fine di garantire un adeguato «equilibrio» territoriale, che tenga effettivamente conto delle esternalità negative che, nei territori interessati da insediamenti produttivi, si determinano a carico delle popolazioni ivi residenti, la normativa vigente prevede la possibilità, per le regioni e gli enti locali coinvolti, di ottenere «compensazioni» da parte delle imprese ivi operanti, nella forma di entrate finanziarie dirette o di partecipazione alla realizzazione di eventuali investimenti volti allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori ospitanti insediamenti produttivi;
          la questione non può più considerarsi come un problema meramente locale, ma va opportunamente collocata tra le priorità nazionali; a tal proposito, infatti, è stato convocato dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri un tavolo tecnico per il 19 luglio 2012;
          ferma restando la piena fiducia nell'operato della magistratura, è auspicabile che si individui, a livello istituzionale, un percorso serio e concreto che consenta di scongiurare il blocco delle attività dell'azienda, garantendo, invece, la continuità del lavoro: allo stesso tempo, è quanto mai urgente individuare soluzioni che consentano la piena eco-compatibilità dello stabilimento siderurgico, al fine di dare risposte adeguate ed efficaci ai tantissimi lavoratori impiegati e alle legittime attese dei cittadini che manifestano serie preoccupazioni per la salute  –:
          se non ritengano doveroso, per quanto di competenza, fornire ulteriori elementi in merito alla vicenda espressa in premessa e soprattutto quali urgenti iniziative ritengano opportuno assumere al fine di garantire uno sblocco positivo della «Vertenza Ilva», con riferimento sia all'alto impatto ambientale che al paventato blocco delle attività aziendali, con conseguenti ripercussioni negative, in termini occupazionali, per l'intera area in questione. (4-17003)


      MARMO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          alcuni organi di informazione hanno recentemente riportato la notizia di un nuovo progetto al vaglio del management di Poste Italiane spa che prevederebbe un ulteriore taglio di uffici postali periferici nell'astigiano;
          se queste notizie fossero confermate, ci si troverebbe dinanzi a nuovi provvedimenti che seguono quelli adottati nel mese di aprile 2012 quando Poste Italiane spa ha presentato il progetto denominato «interventi servizi postali» che prevedeva 1.763 esuberi nelle prime regioni di applicazione, e cioè Toscana, Piemonte, Marche, Emilia Romagna e Basilicata, tutto ciò nonostante Poste Italiane spa abbia recentemente festeggiato un incremento di utili;
          stando ai dati diffusi da Poste Italiane spa, il suindicato piano determinerebbe un taglio del 20 per cento che, riprodotto su scala nazionale, si sostanzia in circa 12.000 esuberi. Nella sola provincia di Asti la ricaduta in termini occupazionali si concretizzerà con 21 esuberi, su un organico di 204 addetti con la possibile eliminazione di 18 zone di recapito;
          le notizie di nuovi ulteriori tagli prospettati da alcuni organi di informazione stanno provocando notevoli preoccupazioni tra la popolazione astigiana per la quale si profila la chiusura di sportelli di alcune borgate di Asti città, e di circa una mezza dozzina sparsi nei paesi della provincia;
          secondo le notizie pubblicate dai media, sarebbero in vista, inoltre, anche ulteriori tagli al personale che, stando alle posizioni recentemente espresse dalle organizzazioni sindacali, è già scarso e non riesce a fare fronte alle richieste dei cittadini;
          a giudizio dell'interrogante, i tagli prospettati da Poste Italiane spa si ripercuoteranno sulle persone anziane già particolarmente vessate dall'aumento dei costi dei servizi sanitari, e da un generalizzato aumento dei costi per qualsivoglia servizio. Alla luce dei nuovi provvedimenti varati dalle Poste, anche inviare una lettera o un pacco diventerà un lusso per i cittadini astigiani che dovranno sobbarcarsi chilometri di trasferta per raggiungere il più «vicino» ufficio postale;
          occorre rilevare, purtroppo, la diffusa tendenza di amministratori di aziende ed enti pubblici, orientati unicamente al contenimento della spesa anche a costo di usare la «scure» colpendo così i cittadini appartenenti alle fasce sociali più deboli;
          a giudizio dell'interrogante è diffusa una generalizzata noncuranza sugli effetti prodotti dai tagli nei servizi resi al cittadino. È evidente che, invece, treni, sanità, poste, enti locali, hanno come comune denominatore proprio il cittadino, che è utente e contribuente e, pertanto, paga servizi che spesso sono carenti ed esosi proprio a causa dei tagli;
          a giudizio dell'interrogante, Poste Italiane dovrebbe concertare con le organizzazioni sindacali e con gli enti locali una road map per ottimizzare i servizi resi nell'astigiano, mantenendo i livelli occupazionali e soprattutto tutelando i cittadini che pagano tasse e servizi;
          a giudizio dell'interrogante, se Poste Italiane dovesse confermare le indiscrezioni di stampa e decidesse di procedere alla chiusura degli uffici periferici, dovrebbe istituire la figura dell'impiegato «porta a porta» che, d'intesa con i servizi sociali del comune, almeno due/tre volte la settimana dovrebbe rendere un servizio alle comunità prive di ufficio postale. L'impiegato potrebbe essere dotato di un tablet che consenta di espletare on-line pagamenti di bollette e invio di mail e telegrammi e, contestualmente, l'addetto dovrebbe poter raccogliere la posta cartacea e i pacchi da spedire;
          la provincia di Asti, tra linee ferroviarie chiuse, case della salute che non si faranno più, nuovi ospedali «di prossimità» per i quali si prospetta la chiusura, e servizi postali sempre più carenti, ha già pagato e rischia di pagare ancora un prezzo eccessivamente elevato in termini di servizi ai cittadini  –:
          se trovino conferma le notizie pubblicate recentemente da alcuni organi di informazione che prospettano ulteriori tagli di uffici postali periferici nell'astigiano e se il Ministro interrogato non ritenga di dover comunque intervenire nei confronti di Poste Italiane spa per scongiurare la riduzione di uffici già programmata nel mese di aprile del 2012 che, se attuata, si ripercuoterebbe inesorabilmente sulle fasce sociali più deboli della comunità astigiana, già particolarmente vessata dal taglio di altri generi di servizi fondamentali per i cittadini, in particolare per le categorie sociali più deboli, come pensionati e anziani;
          qualora dovessero trovare conferma le voci di ulteriori tagli degli sportelli periferici nell'astigiano, se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative affinché Poste Italiane spa concerti con le organizzazioni sindacali e con gli enti locali una road map finalizzata ad ottimizzare i servizi postali e bancari resi nell'astigiano, mantenendo i livelli occupazionali e tutelando i cittadini; se non ritenga altresì di dover assumere iniziative affinché Poste Italiane spa valuti l'introduzione della figura dell'impiegato «porta a porta», necessario a garantire un livello minimo nell'erogazione dei servizi alle comunità prive di ufficio postale, in particolare alle fasce sociali più deboli, agli anziani, ai disabili e alle persone con limitata mobilità. (4-17005)

Apposizione di una firma e ritiro di firme da una risoluzione.

      La risoluzione in commissione Miccichè e Misiti n.  7-00948, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Moffa e contestualmente le firme degli onorevoli Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres e Terranova devono intendersi ritirate.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

      La risoluzione in commissione Marco Carra n.  7-00937, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Colaninno, Franceschini, Oliverio, Servodio, Brandolini, Cenni, Zucchi, Mario Pepe (PD), Miglioli, Santagata, Ghizzoni, Agostini, Marchignoli, Trappolino, Marchi, Sani, Sanga, Benamati, Dal Moro, Bratti, Castagnetti, La Forgia, Lenzi, Levi, Vassallo, Cuomo, Marrocu, Zampa.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in commissione Gnecchi e altri n.  5-07305, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bobba.

      L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni n.  4-16992, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta scritta Touadi n.  4-16997, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villecco Calipari.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Miccichè n.  7-00948, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  666 del 16 luglio 2012.

      La XI Commissione,
          premesso che:
              esiste una profonda incoerenza tra unità territoriale ed unificazione economica del Paese, in quanto tutti gli indicatori economici hanno confermato che negli ultimi anni il Mezzogiorno è rimasto fermo rispetto al resto del Paese;
              la situazione economica meridionale, resa più drammatica dalla crisi del 2007-2008, precede con tutta evidenza quella crisi, mentre la crescita media del prodotto interno lordo al Sud è stata pari a poco più della metà di quella del Centro-nord;
              il divario può essere analizzato suddividendo gli ultimi centocinquanta anni in distinti periodi: nei primi trent'anni, cioè dal 1861 al 1891, il prodotto interno lordo pro capite del Sud superava o eguagliava quello del Centro-Nord alla fine dell'Ottocento inizia una chiara divergenza costante di tutte le regioni meridionali dal resto del Paese fino al 1920; dal 1921 al 1940 i divari accelerano e nel periodo bellico le differenze si acuiscono, sempre a svantaggio del Mezzogiorno; la fase che va dal dopoguerra fino allo shock petrolifero, 1973, durante la quale l'intero Paese ha vissuto un momento di crescita, è il principale periodo di convergenza: le regioni del Mezzogiorno si riavvicinano ai livelli medi nazionali; tuttavia, dal 1970 i processi di convergenza appaiono arrestarsi e il divario si riallarga; sebbene nei primi anni del nuovo secolo vi siano deboli segnali positivi, nel 2009 il prodotto interno lordo pro capite del Mezzogiorno è pari al 59 per cento di quello del Centro-Nord e nessuna delle regioni meridionali raggiunge il prodotto interno lordo pro capite medio nazionale;
              l'impostazione e l'andamento attuativo del nuovo «quadro strategico nazionale» 2007-2013 si muovono all'interno di una sostanziale continuità con il precedente periodo di programmazione dimostratosi deludente;
              nel complesso del periodo 1891-2009 l'aumento del divario è attribuibile a una minore dinamica della produttività con conseguente riduzione del tasso di occupazione. Tra il 1951 e il 2009, il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato costantemente al Sud rispetto a quello del Centro-Nord;
              nel Meridione la futura uscita dalla crisi, rispetto al resto del Paese, sconta: la debolezza del settore industriale, la sua minore competitività e quindi anche la maggiore pressione concorrenziale originata dalla globalizzazione dei mercati, che influenza maggiormente i settori di specializzazione dell'economia del Mezzogiorno;
              alla luce dei dati e delle considerazioni sopra riportati, si può affermare che per ottenere la crescita al Sud, che porti nel lungo periodo non solo a una riduzione della forbice ma a un'affermazione dell'economia meridionale, occorre una profonda riorganizzazione dei contratti nazionali di lavoro;
              è fondamentale mantenere l'eguaglianza giuridica fra lavoratori di tutto il territorio nazionale, ma nel tempo stesso la parte economica del contratto va collegata strettamente al costo della vita nel territorio. In altre parole, la definizione del salario base deve essere affrontata regione per regione e categoria per categoria, onde tener conto delle differenze;
              per creare attrattività dei territori meridionali, lo Stato deve assicurare la fiscalità di vantaggio, mentre i sindacati dei lavoratori e delle imprese devono dare il loro concreto contributo, rinunciando per un determinato periodo di tempo a parte dell'utile e del salario, ciò consentirà di attrarre capitali e progetti dal resto del mondo;
              l'intervento così delineato darà al Meridione una ritrovata centralità nel Mediterraneo, permettendo l'attuarsi di una politica industriale attiva che sappia interpretare la vocazione del Sud ad uno sviluppo centrato su: risorse naturali, archeologiche e ambientali, fonti energetiche e logistica al servizio della distribuzione della ricchezza che attraversa il Mediterraneo e che va intercettata dal sistema di trasporto intermodale,

impegna il Governo

a promuovere, in tempi rapidi, la convocazione delle associazioni dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative, al fine di avviare la revisione del contratto nazionale di lavoro nel senso sopra indicato e nello stesso tempo assicurare alle parti sociali un contributo dello Stato in termini di fiscalità di vantaggio, che potrà realizzarsi al momento della conclusione di un accordo quadro, che preveda il contributo dell'impresa e dei lavoratori, per rendere competitivi e attrattivi i territori meridionali.
(7-00948) (Nuova formulazione)    «Miccichè, Misiti, Moffa».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Marmo n.  2-01538 dell'11 giugno 2012.