XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 669 di giovedì 19 luglio 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,05.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 17 luglio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antonione, Bongiorno, Boniver, Brugger, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Granata, Iannaccone, Lucà, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Monai, Mura, Palumbo, Pisicchio, Proietti Cosimi, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione dei disegni di legge: S. 2914 - Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011 (Approvato dal Senato) (A.C. 5357); S. 3239 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 5358); S. 3240 - Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 5359) (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge, già approvati dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011; Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento Pag. 2e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012; Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione congiunta sulle linee generali e i relatori hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Replica del Governo - A.C. 5357 - A.C. 5358 - A.C. 5359)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, mi scuso del piccolo ritardo nell'arrivo in Aula. Ero in Commissione bilancio, dove si stava discutendo l'ultimo parere che manca per questa nostra discussione. La discussione di oggi conclude un iter legislativo piuttosto lungo e articolato. Al di là del dibattito pertinente alla ratifica di questi ultimi mesi, ricordo che questo iter legislativo in senso lato inizia nei mesi di dicembre e di gennaio con la presentazione nelle Aule del nostro Parlamento delle linee negoziali per i due Trattati detti del fiscal compact e del meccanismo finanziario europeo, il Meccanismo europeo di stabilità, che dovevano essere adottati. Queste discussioni, che si sono svolte nelle Commissione parlamentari e anche in Aula, tanto alla Camera quanto al Senato, hanno portato nel mese di gennaio all'adozione di importanti mozioni che hanno guidato il Governo nella sua attività negoziale, sia al vertice dei Capi di Stato e di Governo europei del 31 gennaio sia al Consiglio europeo dell'inizio di marzo. In seguito, anche con la presenza del Presidente del Consiglio nelle Aule del Parlamento, sono state presentate le risultanze di questi Consigli europei e, successivamente, iniziata già la discussione della ratifica, prima del Consiglio europeo di giugno, sono state adottate ulteriori mozioni del Parlamento, che inquadravano l'attività del Governo nelle sedi europee. Ricordo questo perché effettivamente il Governo è cosciente del fatto che il dibattito pertinente direttamente alla ratifica si sta svolgendo, in particolare in questa Camera, con ritmi piuttosto serrati, dei quali il Governo è grato al Parlamento, ma si inserisce effettivamente in un iter articolato che ha portato più volte il Parlamento ad esprimere il proprio indirizzo all'attività di Governo e credo il Governo a farne pienamente buon uso nelle diverse sedi europee. Questa meccanica di dibattito e di interlocuzione continua tra Governo e Parlamento credo dia un'importante e piena legittimità democratica e di coinvolgimento del Paese attraverso le sue rappresentanze in questa attività negoziale.
Un'attività negoziale che, sappiamo tutti, sfociando nei Trattati che abbiamo di fronte a noi, comporta un importante passaggio nel processo di integrazione europea e nel processo di attribuzione di competenze dagli Stati verso l'Unione europea, e quindi dei sostanziali trasferimenti di sovranità. In una materia delicata e sensibile, come quella del bilancio, è un elemento che merita di essere, naturalmente, sottolineato.
Cosa ci dicono i Trattati che abbiamo di fronte? Lo abbiamo sentito dall'eccellente relazione dei due relatori, che ringrazio per l'ottima opera svolta e per la collaborazione fattiva con il Governo. Sostanzialmente, il Trattato detto del fiscal compact conferma gli impegni già presi al Pag. 3Consiglio europeo dell'ottobre 2011, dopo le tempeste dell'estate dello scorso anno, e li rende più operativi con dei meccanismi più stringenti.
Questi impegni riguardano, in particolare, l'adozione a livello di normativa di rango costituzionale nei vari Stati dell'obbligo del pareggio di bilancio, cosa che il nostro Paese, grazie al lavoro del Parlamento, ha già pienamente messo in opera, e un mantenimento di questo vincolo di pareggio, quindi di non produzione di deficit, nonché un impegno importante, un impegno difficile, un impegno realmente di forte gravità, che è quello della riduzione di un ventesimo di quella parte del debito pubblico eccedente il 60 per cento, riduzione di un ventesimo l'anno.
Ricordo che questi impegni concernenti il deficit, da mantenere sotto controllo con un margine di oscillazione minima, e la riduzione di un ventesimo l'anno del debito pubblico per la parte eccedente il 60 per cento sono già in vigore, quindi già vincolanti anche per il nostro Paese, in forza di regolamentazioni di diritto dell'Unione europea adottate nell'ambito del cosiddetto six pack, che altro non era che la messa in opera delle decisioni del Consiglio europeo dell'ottobre 2011.
Il Meccanismo europeo di stabilità, detto MES, o ESM che dir si voglia, prevede uno strumento finanziario che costituisce una sorta di polizza di assicurazione, una sorta di rete di sicurezza, nel caso delle possibili ondate che investano le finanze dei Paesi e, secondo le decisioni più recenti, anche nei confronti, per esempio, del settore bancario, come avviene nel caso spagnolo.
Ricordo che le decisioni del Consiglio europeo di giugno hanno levato quello status di creditore privilegiato che era stato in un primo tempo attribuito all'ESM come prestatore, e, di conseguenza, hanno eliminato qualcosa che era stato da molti considerato come un elemento non necessariamente ideale nel quadro attuale della situazione.
Questo strumento finanziario entra in vigore con la ratifica da parte di un numero sufficiente di Stati, rappresentativo del 90 per cento delle quote di sottoscrizione. Rispetto al numero delle ratifiche, il nostro Paese e l'Estonia sono gli unici due Paesi che non hanno completato l'iter parlamentare di ratifica; tuttavia, sappiamo che il Presidente della Repubblica federale della Germania ha deciso di sospendere la sua firma di promulgazione dell'atto legislativo, già discusso e approvato dal Parlamento in Germania, in attesa di una sentenza, di un parere, della Corte costituzionale tedesca, che è stato annunciato pochi giorni fa, due giorni fa, che dovrebbe avvenire il 12 settembre. Per quanto riguarda, invece, il fiscal compact, esso entra in vigore con la ratifica di 12 Paesi.
Se il Parlamento deciderà di esprimere un voto favorevole, potremmo essere anche il Paese quasi decisivo per l'entrata in vigore di questo Trattato.
I due Trattati che abbiamo di fronte oggi sono completati da un terzo atto che menziono perché importante, ossia il cosiddetto compact per la crescita. Si tratta non di un trattato, ma di una decisione del Consiglio europeo. Ricordo che questo atto esiste anche per una propulsione venuta dal nostro Paese e dalle mozioni che, come Parlamento, avete voluto indirizzare al Governo nello scorso mese di gennaio e che il Governo stesso ha portato avanti nelle discussioni e nei negoziati in sede europea. Tra le iniziative in materia di crescita contenute nel suddetto atto ritroviamo la grande maggioranza, la quasi totalità, di tutte le iniziative a favore della crescita che lo stesso Parlamento italiano aveva ritenuto opportune e necessarie.
In sostanza, i due Trattati all'esame, quello sul fiscal compact e quello sull'ESM, sono oggi così configurati - credo di poterlo dire senza voler rivendicare particolari ruoli per il nostro Paese - anche grazie al nostro Paese. Il fatto che l'azione dell'Italia nelle sedi europee abbia contribuito molto alla configurazione attuale di questi Trattati viene riconosciuto anche da parte degli altri nostri partner.
Per quanto riguarda il fiscal compact, vorrei ricordare che, proprio a fronte di Pag. 4quell'impegno importante e gravoso di riduzione di un ventesimo l'anno del debito pubblico, noi abbiamo chiesto - come è riconosciuto a chiare lettere nell'articolo pertinente del Trattato - che siano presi in considerazione, in questa valutazione, anche altri fattori che comprendono elementi quali il rapporto tra l'indebitamento privato e l'indebitamento pubblico, il ciclo congiunturale e quant'altro, fattori che all'epoca, nell'ottobre 2011, erano stati negoziati dal Governo italiano e che sono importanti per consentire di considerare delle caratteristiche specifiche del nostro Paese e del nostro assetto economico.
Se il Parlamento europeo è stato coinvolto non solo come osservatore nel negoziato sul fiscal compact, ma anche successivamente con un ruolo nell'ambito della sua messa in opera, questo è dovuto anche a richieste specifiche che sono state portate avanti dal nostro Governo, dal nostro Paese. Se esiste una chiara clausola di revisione nel fiscal compact - che è un Trattato internazionale, intergovernativo, di 25 Paesi su 27 - che consentirà, a pochi anni dall'entrata in vigore, di valutarne la piena riconducibilità al sistema ordinario del Trattato, questo è dovuto anche ad una specifica richiesta che, su stimolo del Parlamento, il nostro Governo ha portato avanti.
Per quanto riguarda lo strumento finanziario, vari elementi caratteristici che vi sono contenuti sono stati inseriti e previsti su nostra richiesta.
Per quanto riguarda, inoltre, il compact per la crescita - che fa parte di questo trittico ideale di misure - noi ritroviamo elementi legati ad iniziative di atti normativi e regolamentari europei, come il completamento del mercato digitale e del mercato unico per l'energia, o gli interventi per avere un vero mercato europeo del lavoro, pensiamo allo stimolo e all'accelerazione delle direttive sul riconoscimento delle qualifiche professionali e dei titoli di studio. Questi sono elementi di cui avevamo discusso nelle Aule parlamentari italiane e che siamo riusciti a trovare «nero su bianco» nelle misure europee.
Vi è anche il lancio dei project bond, obbligazioni europee garantite a livello di Unione europea, le prime di questo tipo, legate alla realizzazione di progetti europei, infrastrutturali, anche cofinanziati dai fondi europei. Questo è un altro elemento a cui avevamo sempre dato una grande importanza.
Quindi credo che questi Trattati, così come sono oggi sottoposti al vostro voto, sommati a questo elemento delle misure legate alla crescita, contribuiscano a creare un equilibrio, un equilibrio importante, che si consolida anche con il terzo trattato, la modifica dell'articolo 136, che dà poi quella base giuridica di diritto dell'Unione europea, in mancanza della quale si è dovuto procedere con trattati appunto intergovernativi, come sono gli altri due.
Questo equilibrio maggiore che si è raggiunto è anche molto figlio delle istanze portate avanti dal nostro Paese e, ancora una volta su stimolo del Parlamento, dal Governo. Si può fare di più e si può fare di più a livello europeo. Certamente si può parlare un linguaggio più univoco e si può continuare a collaborare in maniera più intensa.
Se si dà uno sguardo al rapporto presentato al Consiglio europeo di giugno dal Presidente della Consiglio europeo Herman Van Rompuy - rapporto che lui ha redatto insieme ai presidenti dell'Eurogruppo, della Banca centrale europea e della Commissione europea - noi troviamo l'indicazione di un percorso, che vede in tempi più brevi la presentazione di proposte per la creazione di una vera unione bancaria con una garanzia comune sui depositi, che vuol dire sui risparmi, che vuol dire, quindi, non tanto sulle banche, quanto sui risparmi dei cittadini nelle banche. Troviamo l'indicazione di un percorso verso una maggiore unione di tipo fiscale, di disciplina dei bilanci, e troviamo anche l'indicazione chiara che la condivisione di una maggiore disciplina nei bilanci degli Stati deve accompagnarsi ad una possibilità di emissione di titoli di debito pubblico in comune. Si tratta di una menzione importante, nero su bianco, Pag. 5che troviamo nel rapporto presentato ai quattro vertici istituzionali europei, di quella prospettiva eurobond che tanto sta a cuore a voi come Parlamento e a noi come Governo e come Italia.
C'è quindi un percorso importante che l'Europa ha intrapreso e che si accinge a consolidare, un percorso che in un certo qual modo porta grande sviluppo e, per così dire, utilizza veramente quasi al massimo - ci sono ancora margini - quell'approccio funzionalista, che ha portato l'Europa a costruire la sua progressiva integrazione nel corso degli scorsi decenni.
Siamo nel mese di luglio. In questi giorni, 98 anni fa, l'Europa precipitava nella Prima guerra mondiale, primo atto di una catastrofe che avrebbe sconvolto il nostro continente, una catastrofe che si dice sia finita nel 1945 o si dice forse nel 1989 o forse, ancora, sia finita quando c'è stato il cessate il fuoco nei Paesi dell'ex Iugoslavia in epoca ancora più vicina.
Non dobbiamo dimenticare queste date, non dobbiamo dimenticare questo percorso che si è fatto insieme, quando parliamo di elementi tecnici come la disciplina dei bilanci, come l'unione bancaria, come gli obblighi di riduzione del debito e di azzeramento del deficit.
In realtà il percorso europeo è un percorso che guarda più lontano. Il percorso europeo non può non guardare a quell'unione politica, a cui deve guardare chiunque creda nell'Europa e chiunque pensi che il nostro futuro, il futuro dei nostri figli, sia in un'Europa più unita. Questo percorso di unione politica è in corso ed è in corso nell'approccio funzionalista, ma forse oggi ci rendiamo conto che deve fare, e non può non fare, un salto di qualità. Occorre una forte iniziativa per un'unione, una vera unione politica europea, un'unione politica democratica, non costruita dai vertici o dalle élite, ma realmente voluta dai popoli e dai cittadini.
Io credo che su questo percorso il nostro Governo sia assolutamente impegnato ad andare. È importantissimo il supporto del Parlamento ed è importantissimo il supporto delle forze politiche. Non bastano i Governi a fare questo salto di qualità storico dell'unione politica. Occorrono delle forti iniziative di tipo politico, che non possono che venire dagli organi rappresentativi della democrazia, come i Parlamenti, non possono non venire da quei meccanismi, che gli stessi Trattati europei oggi consentono tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo, non possono che venire dai cittadini attraverso le forze politiche che li rappresentano.
Insieme possiamo senz'altro farcela ed il momento è veramente storico (Applausi).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,28).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

In ricordo del giudice Paolo Borsellino.

ANDREA ORLANDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi, nei vent'anni che ci separano da quel 19 luglio del 1992 il magistrato Paolo Borsellino è diventato un eroe, il nostro eroe, il simbolo di un impegno civile. Di lui abbiamo ricordato i sorrisi, gli «occhi di miele e mestizia», disse la poetessa, lo sguardo che piano si spense nei 56 giorni appena cui sopravvisse a Giovanni Falcone, suo fratello di vita e suo compagno di battaglia. A Falcone e Borsellino, con la loro immagine famosa, abbiamo intitolato piazze, scuole, biblioteche, aeroporti e campi di pallone. Non è mancata la retorica, è servita talvolta a coprire le inadeguatezze e i limiti analitici che non hanno consentito di comprendere le dinamiche che portarono al suo sacrificio. Neppure i toni più alti e le Pag. 6parole più alate nascondono, infatti, la sproporzione che corre tra la grandezza del consapevole sacrificio di Borsellino e l'inadeguatezza degli sforzi, non tanto e non solo per assicurare i suoi carnefici alla giustizia, ma più ancora per far luce sull'intreccio di azioni, omissioni ed omertà che produssero il suo assassinio, la consistenza delle forze in campo e la fragilità di chi avrebbe dovuto reagire.
Dalle risposte a quelle domande, infatti, non dipende soltanto l'accertamento delle responsabilità di un crimine. Da quelle risposte dipende l'individuazione e forse in parte il superamento di molte delle ragioni che hanno prodotto la precarietà e l'incompiutezza del nostro essere nazione, del nostro sentirci Stato. Per questo, oggi, nel ricordare Borsellino, è nostro dovere richiamare i tratti e assumerci la responsabilità di quella zoppicante ed inadeguata ricerca, come parlamentari, come esponenti delle forze politiche, come protagonisti del dibattito pubblico, come cittadini italiani: in primo luogo, la responsabilità di non avere intuito l'infame inganno, quello che adesso il procuratore capo di Caltanissetta chiama «il colossale depistaggio», la colpa di non aver saputo reagire all'assurdità di una verità processuale per la quale uno dei più esposti ed importanti magistrati d'Italia nelle settimane successive all'attentato in cui perse la vita il suo amico d'infanzia Falcone, potesse essere stato ucciso in una strage organizzata da un paio di mafiosi di borgata e di terz'ordine, con la complicità di un carrozziere e un impiegato dei telefoni.
Molte volte lo Stato nelle sue diverse articolazioni ha saputo, però, onorare Borsellino e Falcone: quando ha saputo utilizzare gli strumenti investigativi che nascevano dalla loro esperienza fatta sul campo, quando ha saputo utilizzare le norme di un altro uomo delle istituzioni, assassinato da Cosa nostra, del quale ricorre quest'anno il trentennale della morte, Pio La Torre. È dovuto a questa azione se molte comunità siciliane, e non solo, hanno potuto rialzare la testa, liberarsi dal gioco criminale, e se oggi appare un ricordo lontano e quasi incredibile quella sequenza di omicidi, stragi devastanti e atti intimidatori in cui consistette la sfida lanciata da Cosa nostra allo Stato democratico.
Di Paolo Borsellino come di Giovanni Falcone, però, le istituzioni non sempre sono state all'altezza dei loro insegnamenti: andare a cercare le verità finanche nel fondo del pozzo, sempre nel pieno rispetto delle regole democratiche dello Stato di diritto, nella diversità di ruoli e funzioni pubbliche. Lo hanno impedito collusioni, depistaggi, omertà vecchie e nuove, ma anche teoremi, semplificazioni, sensazionalismi, che non hanno consentito di cogliere la complessità delle radici della mala pianta che si inseriscono nella cultura della società in cui cresce. Lo ha impedito chi ha negato la presenza delle mafie in altre aree del Paese diverse da quelle tradizionali, chi ha ridotto il fenomeno mafioso alla dimensione militare e criminale, negando il suo rilievo sociale, economico, politico e finendo così per deresponsabilizzare rispetto a questa battaglia chi opera ed ha operato in tali ambiti.
Alle innegabili vittorie si sono accompagnate cocenti, anche se meno evidenti sconfitte, ed altre mafie - penso in primo luogo a quella calabrese - si sono rafforzate, imponendo nuove vessazioni e nuove ipoteche sul futuro. Tutti gli strumenti di cui disponiamo devono essere usati per la ricerca della verità, nel rispetto della lettera e dello spirito della Costituzione, perché è proprio la Carta costituzionale che racchiude le ragioni di tutta la nostra avversione alle mafie.
Se pure gli epigoni degli assassini vigliacchi che tolsero la vita a Paolo Borsellino non violassero, oggi, neppure una norma del codice penale resterebbero, e restano, nostri implacabili nemici, perché è l'idea di società basata sul sopruso, di mercato condizionato dal ricatto, di democrazia ammorbata dal condizionamento degli interessi criminali e dal potere di intimidazione, proprio di tutte le mafie, Pag. 7ad essere incompatibile con le nostre idee e i nostri valori, quelli che sono alla base della Carta fondamentale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA ORLANDO. Il suo ineguagliato equilibrio è frutto della separazione e, nel contempo, della cooperazione tra i poteri e gli organi della Repubblica. Sconfiggere la cultura della mafia, affermare fino fondo il principio di uguaglianza in tutte le sue implicazioni, l'eguale rispetto delle norme e il diritto di ogni individuo a veder rimossi gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Paolo Borsellino era un vero uomo di Stato. La domenica del 19 luglio 1992 sarebbe stato il primo giorno di riposo, in quei giorni di lavoro forsennato, di corsa, contro un tempo che sapeva scaduto. Dopo l'ennesima notte insonne e una telefonata, alle cinque del mattino, alla figlia in vacanza dall'altra parte del mondo, in quella domenica, Borsellino trova il tempo di prendere carta e penna e scrivere una lettera di scuse ad un'insegnante risentita per la mancata partecipazione del giudice ad un convegno in una scuola. Era stato un disguido, chissà.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANDREA ORLANDO. E allora, Borsellino, poco prima della sua ultima alba, risponde per iscritto alle domande che gli studenti gli avevano posto: «(...) Avevo scelto di rimanere in Sicilia» - lo dico in un momento in cui la Sicilia vive un passaggio difficile - «ed a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad occuparmi quasi casualmente, ma se amavo quella terra, di essi dovevo esclusivamente occuparmi. Non ho lasciato questo lavoro e, da quel giorno, mi occupo pressoché esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista, perché vedo che verso di essa i giovani siciliani (...) hanno oggi un'attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino a quarant'anni. Quando quei giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta». Era il 19 luglio 1992: il giorno finì alle 16,58.
Non sapeva Borsellino che quelle parole sarebbero state profetiche e che il suo sacrificio avrebbe mobilitato una generazione. Non sapeva, soprattutto, che una generazione sarebbe rimasta attaccata alle istituzioni, in un momento in cui le istituzioni dettero una non eccellente prova di loro stesse, soltanto grazie a figure eroiche come la sua.

PRESIDENTE. Onorevole Orlando, deve concludere.

ANDREA ORLANDO. A Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina, e Claudio Traina il nostro omaggio e la nostra eterna gratitudine (Applausi).

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a vent'anni dalla scomparsa di Paolo Borsellino e dalla strage di via d'Amelio, noi dovremmo celebrare, proprio in questa sede, il trionfo della giustizia, dello Stato, delle istituzioni. Dovremmo, oggi, esaltare, nei discorsi ufficiali, la sconfitta della mafia, la forza e l'intransigenza delle istituzioni nel combattere questo cancro della società italiana, ma, soprattutto, dovremmo inneggiare al trionfo della verità su quella tragedia.
Invece, ci troviamo a celebrare questo ventennale in un pantano di polemiche, che spostano, forse, in modo deliberato, l'attenzione della pubblica opinione verso orizzonti mefitici e assai lontani da una verità, che è ormai palesemente sotto gli occhi di tutti. Una verità che è ignominiosa per le stesse istituzioni, ma che non è solamente la verità dell'esistenza della trattativa tra mafia e pezzi dello Stato che Pag. 8segna la stagione delle stragi del 1992 e del 1993; una verità acclarata da fatti, testimonianze e reticenze ormai incontrovertibili.
C'è anche un'altra verità, una verità infamante e inconfessabile: Paolo Borsellino è morto per colpa di pezzi dello Stato che l'hanno tradito. Come non dare, infatti, valenza di tradimento a quella sequela di omissioni dolose che precedettero la morte di Paolo Borsellino, quando fu avvertito che era arrivato l'esplosivo per lui e che, nonostante questo allarme, nessuno si preoccupò di aumentare le misure di sicurezza o di piazzare un cartello con scritto «rimozione» sotto l'abitazione della madre?
Borsellino aveva una fiducia cieca nello Stato. Quando, purtroppo, vide con i suoi occhi il volto della mafia nelle istituzioni, fu troppo tardi, e pagò con la vita il suo coraggio e anche la sua buona fede. La mafia ha tante facce e io le ho viste: queste le sue parole poco prima di essere ucciso.
Ma il tradimento di pezzi delle istituzioni nei confronti di Borsellino è continuato anche da morto, con i depistaggi, le prove artefatte, i pentiti indotti a confessare falsità e una giustizia violentata nel profondo, una credibilità della giurisdizione massacrata, un intero popolo sbeffeggiato. Questo è il risultato di vent'anni di menzogne. Il popolo italiano ha il diritto di sapere la verità sulla morte di un servitore dello Stato integerrimo, che pagò con la sua vita l'opposizione a una trattativa tra Stato e antistato. Oggi, a Palermo, è il popolo che celebra l'anniversario della strage e noi deputati dobbiamo essere fieri che il nostro Presidente Fini sia a Palermo a testimoniare, con la sua presenza, la volontà delle istituzioni di fare finalmente chiarezza sulla morte di Borsellino.
Concludo, signor Presidente, questo mio intervento, ricordando una frase che Paolo Borsellino amava ripetere per sottolineare perché non avesse mai ceduto a compromessi: «io» - diceva Borsellino - «ho l'abitudine di farmi la barba con il rasoio a mano (...), e così mi metto il sapone, mi rado e, purtroppo, mi devo guardare in faccia nello specchio». Ecco, signor Presidente e onorevoli colleghi, facciamo sì che la verità su quella morte possa finalmente specchiarsi nella realtà delle nostre istituzioni e nell'intransigenza della nostra giustizia (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, colleghi, proprio ieri riflettevo su una distinzione, che non è solo semantica ma sostanziale, tra la parola «ricordo» e la parola «commemorazione». La commemorazione - riflettevo - è qualcosa di statico, quasi di immobile, fotografa solo un fotogramma nel corso degli anni, della storia. Il ricordo, invece, è qualcosa di più vivo, si rinnova giorno per giorno, dà la possibilità di mettere a confronto noi stessi con il nostro impegno quotidiano, è qualcosa di perenne, continuo, per potere sviluppare una coscienza più consapevole, sempre più pronta a prevenire, a reagire, a superare e a colpire la mafia. Io credo che Paolo Borsellino avrebbe preferito il ricordo piuttosto che la commemorazione.
Certo, Palermo è cambiata. La Sicilia è cambiata. Il sacrificio suo, di Falcone e degli altri, ha prodotto - come il seme buono che leggiamo nel Vangelo - un albero robusto, forte, che rinnova ogni giorno quell'impegno: l'impegno di Borsellino. Pertanto, a nome del gruppo che ho l'onore di rappresentare, mi associo al ricordo, ma vorrei fare un monito - se mi è consentito, in questa sede solenne - a tutte le forze politiche e ai gruppi che qui le rappresentano: la mafia si sconfigge solo se tutti facciamo fronte dalla stessa parte contro di essa, senza divisioni o strumentalizzazioni, compatti, per continuare senza pause e incertezze.
Certo, io, noi riteniamo di dover conoscere cosa accadde in quegli anni, chi, sbagliando, spero in buona fede, non comprese che con la mafia non si può trattare, ma si può solo agire con la forza dello Stato, del diritto, con la legge. E avremmo anche il diritto di sapere se tutto ciò ebbe un ruolo nella morte di Paolo Borsellino. Pag. 9Fare chiarezza su questo, certamente, onorerebbe la sua memoria.
Paolo Borsellino amava dire: «Palermo, un giorno, diventerà bellissima». Noi speriamo che anche la Sicilia e l'Italia diventeranno bellissime e la mafia sarà solo un ricordo, un fenomeno da studiare nei libri di storia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, il 19 luglio di venti anni fa si è materializzato l'orrore, nel fumo acre dell'esplosivo e nei brandelli di vita di Paolo Borsellino e della sua scorta, scagliati a distanza. L'orrore ma anche il terrore, umano ma consapevole e dignitoso, del magistrato il quale sapeva che il suo destino era segnato; l'aveva capito benissimo, dopo l'uguale sorte toccata, alcune settimane prima, a Giovanni Falcone e ne aveva anche parlato in una drammatica intervista ai giornalisti di una testata straniera dicendo, senza reticenze, che sapeva di essere stato tradito da organi dello Stato, evidentemente, e non dalla mafia che non tradisce ma uccide. Eppure, da uomo dello Stato aveva continuato a svolgere la sua funzione di presidio della legalità contro l'illegalità mafiosa; semmai, aveva consegnato le sue riflessioni ad una sua agenda di colore rosso, subito sottratta dagli avvoltoi che sapevano ed erano presenti sul posto. Non è difficile pensare che cosa potesse avere scritto, non certo sulle indagini in corso, gli incartamenti processuali parlavano; molto più probabilmente c'erano scritte indicazioni sulla strategia stragista messa in campo dalla criminalità mafiosa, sui mandanti, sui possibili collegamenti con spezzoni dello Stato, deviati o apparentemente fedeli, ma non meno pericolosi. Quelle cose cioè che avevano determinato la sua immolazione perché la mafia voleva mandare un segnale di potenza e di risposta alle indagini ed ai processi risalenti ai magistrati più impegnati nella lotta contro la mafia. Quei segreti contenuti nell'agenda rubata sono ora custoditi dai mandanti di quelle stragi.
Lo Stato, non quello dei cedimenti e delle trattative, deve finalmente spezzare l'omertà che ha caratterizzato tutte le stragi di questo Paese. Sui segreti è giunto finalmente il momento di alzare il velo, altrimenti questo Paese non si risolleverà mai dallo stato di decadimento morale in cui si trova. In Italia non c'è un ricambio della classe politica perché chi perde non perde mai del tutto e chi vince non vince mai del tutto; se quei segreti ancora resistono è, forse, perché non si è mai fatta totale pulizia rimuovendo chi ha inquinato la vita democratica per troppo tempo. Quando c'è una circolarità ricattatoria la democrazia è bloccata. Se chi sa o chi ha saputo rimane sempre nei posti di comando o è coperto da chi comanda, la speranza viene meno.
Si è sempre detto che la politica non deve delegare i propri compiti alla magistratura, ma la politica non ha fatto il proprio mestiere, bloccata da quella circolarità di condizionamenti incrociati in cui ognuno sa tutto di tutti. Perciò è giocoforza puntare su un potere indipendente ed autonomo quale quello giudiziario come unico strumento oggi capace di far riacquistare verità e dignità al nostro Paese. Perciò, la magistratura va aiutata e non ostacolata; in tempi di attacchi forsennati ai giudici è compito degli altri poteri dello Stato rimuovere gli ostacoli al suo funzionamento e non dare ulteriori elementi e fiato per togliergli ulteriormente strumenti e credibilità. Se vogliamo il riscatto di questo Paese dalla palude morale si deve solo sperare che tutti gli altri poteri dello Stato collaborino a quel fine; quello è il bandolo per sbrogliare una matassa e un groviglio che ci stanno soffocando. Il ricambio etico nella politica dipende solo da questo e cioè che si cominci a svelare qualcosa della nostra storia più inquietante.
Borsellino non voleva essere un eroe, è diventato però un martire, cioè un testimone di come si è fedeli fino in fondo al giuramento che si è reso. Lo ricordiamo in Pag. 10quest'Aula e viene ricordato nel Paese dove non tutti lo faranno, non tutti lo potranno fare, soprattutto coloro che non fanno di tutto per svelare perché Paolo è morto.
Invece noi dobbiamo e vogliamo sapere, lo dobbiamo prima di tutto a lui. Lo chiamo così, Paolo, da magistrato come lui, avendolo conosciuto insieme a Giovanni Falcone, quando in quel drammatico anno 1992 ero direttore centrale del Ministero della giustizia. Mi onoravo della loro amicizia, come di quella di Rocco Chinnici, che avevo visto la sera prima del giorno in cui la mafia gli aveva riservato la stessa sorte degli altri due, e di Giangiacomo Ciaccio Montalto, freddato da una lupara sul cancello della sua casa.
Mi avvio a concludere, Presidente. Perciò ci metterò forse un po' più di partecipazione nel ricordare oggi Paolo Borsellino e nello stare totalmente e senza riserve accanto a chi ha lottato, lotta e lotterà contro la «piovra» e i suoi tentacoli. Ma credo che egli sia un patrimonio di tutta l'Italia e della cultura legalitaria, soprattutto se il suo sacrificio ci consentirà di scoperchiare una maleodorante pentola che ammorba ancora la nostra Italia. Egli lascia un patrimonio inestimabile ai giovani: non dobbiamo deluderli, se non vogliamo consegnare definitivamente il nostro Paese alla resa e alla disperazione. Ciao, Paolo, e grazie (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, la vita di un uomo è scandita da date e credo che un buon modo di ricordare l'uomo Borsellino, il magistrato Borsellino, il martire Borsellino, sia quello di ricordare le date salienti della sua vita e di quel che fece.
Nasce il 19 gennaio 1940, diploma di maturità classica, e poi laurea a soli 22 anni, con 110 e lode. A 23 anni è il più giovane magistrato d'Italia. Pretore nel 1967 a Mazara del Vallo, nel 1969 a Monreale e nel luglio 1975 viene assegnato all'ufficio istruzione affari penali, diretto da Rocco Chinnici, altro giudice martire trucidato dalla mafia. Nel 1980 nasce il pool antimafia, dove operano fianco a fianco Chinnici, Falcone, il commissario Montano e il vicequestore Cassarà, tutti poi, anche loro, barbaramente assassinati. Nel 1987, al congedo dal pool di Antonino Caponnetto, auspicò la nomina di Giovanni Falcone a capo del pool, ma il CSM fu di altro avviso, e il 19 gennaio 1988 nominò un altro giudice al suo posto. In merito a quell'episodio Borsellino ebbe a criticare l'organo di autogoverno dei giudici, dichiarando: «hanno tolto Falcone dalle grandi inchieste, stiamo tornando indietro di 10 o 20 anni; si doveva nominare Falcone per garantire la continuità dell'ufficio.» Ma per questo fu sottoposto a procedimento disciplinare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Poco dopo, sempre il CSM nominò Antonino Meli capo del pool, Borsellino tornò a Marsala e Falcone fu chiamato a Roma alla direzione affari penali. Nel dicembre 1991 Borsellino tornò come aggiunto alla procura di Palermo. Nel 1991 un arrestato, poi divenuto collaboratore di giustizia, confidò allo stesso giudice di avere avuto incarico di ucciderlo, dicendo: lei deve sapere che io ero ben felice di ammazzarla; dopo di ciò - raccontò sempre il pentito - gli chiese di poterlo abbracciare e Borsellino avrebbe commentato: nella mia vita tutto potevo immaginare tranne che un uomo di onore mi abbracciasse.
Borsellino seppe anche successivamente del piano per ucciderlo, ma non mollò, non scappò, non visse blindato, ma continuò a fare le cose che fanno le persone comuni, anche andare a trovare l'anziana madre per portare il conforto e l'amicizia di un figlio.
Il 19 luglio 1992 è l'ultima data di una vita, di questa vita: un'autobomba lo uccise insieme a cinque agenti di scorta: Emanuela Loi (prima domanda della Polizia di Stato vittima del dovere), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Pag. 11Cosina e Claudio Traina. Un sesto agente, Antonino Vullo, pur ferito, si salvò per miracolo.
In Israele esiste un luogo, lo Yad Vashem, che alla lettera significa «un memoriale e un nome», che è un vero e proprio luogo della memoria dei giusti, che trova nel libro di Isaia la sua radice ideale. Nella Sacra scrittura è Dio stesso a dire: «Io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome (...), darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato». Il nome di Paolo Borsellino non potrà mai essere cancellato nella storia di questo Paese, perché è il nome di un uomo che, per senso del dovere e anelito di giustizia, non ebbe paura, sentimento che i più provano per rischi immensamente meno gravi della perdita della vita. Ebbe a dire a proposito che è normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio; non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.
Tocca a tutti e a ciascuno portare avanti, nelle rispettive competenze, la lotta alla criminalità organizzata, che non è solo un fatto economico, ma il prodromo per la non negazione della democrazia stessa. Se è vero, com'è vero, che giorno dopo giorno l'economia criminale conquista quote sempre maggiori dell'economia legale, non pare inverosimile il rischio che, un giorno non lontano, le mafie non avranno più bisogno della violenza, dei ricatti, delle intimidazioni per sottomettere liberi cittadini, ma trarranno la loro forza dal diretto controllo dell'economia, che consentirà, in ultima analisi, di poter dire sempre a più persone «o lavori per me e alle condizioni o non lavori per nessuno», in una sorta di neo feudalesimo di fatto.
La strada imboccata con la legge Rognoni-La Torre nel 1983 va percorsa con sempre maggiore decisione, come peraltro ha fatto e sta facendo questo Parlamento, che di questo fatto deve considerarsi onorato, alla buona memoria di chi invece pensa che stia facendo solo cose cattive, perché è soprattutto attraverso il contrasto economico alle mafie che si riconquista la piena sovranità delle istituzioni nei territori e nell'economia.
Adottare nuove e sempre più efficaci norme in questa direzione equivale soprattutto a livello internazionale - perché vengono recepite anche in Europa e nel mondo dove il rischio è molto sottovalutato -; è forse il migliore omaggio concreto che ciascuno di noi e soprattutto questo Parlamento nella sua collettività può fare a Paolo Borsellino e a tutti quelli che, come lui, non ebbero paura di fare la loro parte fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FERDINANDO ADORNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, anche noi consideriamo Paolo Borsellino un eroe, però ci domandiamo quanto il suo Paese possa continuare a considerarlo tale e a dirlo forse in maniera retorica se, a vent'anni dal suo assassinio, non siamo ancora in grado di sapere la verità su quello che realmente è accaduto e ci troviamo ancora davanti a confusi polveroni che chiamano addirittura in causa il Capo dello Stato, al quale vogliamo da qui far giungere i nostri sentimenti di solidarietà e di vicinanza politica rispetto agli atti che ha compiuto.
Ministro Moavero, vorrei rivolgermi anche a lei. In fondo, la vicenda di Paolo Borsellino, anche se non sembra, racconta delle cose di cui anche lei ha parlato prima, perché racconta del fatto che l'Italia non è mai riuscita a diventare una società aperta; racconta della crisi di un Paese in cui l'opacità delle istituzioni e spesso l'opacità del mercato hanno fatto in modo che tutte le nostre energie non fossero usate al meglio, hanno fatto in modo di perdere tempo e di costruire una nostra immagine all'estero che non è quella che ci ha aiutato e che potrebbe aiutarci oggi. Pag. 12
L'Italia deve diventare una società aperta: non è solo una questione di lotta alla mafia, forse è qualcosa che ci portiamo dentro, se è vero che Don Sturzo nel 1945 doveva chiedersi perché mai doveva riunirsi il CNL per nominare il direttore del teatro «La Fenice» di Venezia. È un Paese che è cresciuto dentro a tante anomalie e naturalmente una delle più aggressive, una delle più crudeli e una delle più tiranniche è stata quella della mafia.
Tutta questa storia ha permesso che in Italia si costruisse la teoria del doppio Stato, come uno Stato parallelo che, accanto a quello regolare e normale, agiva creando reti di complicità e di protezione del potere. Fenomeno unico nei Paesi occidentali, in Italia è potuto capitare che questa teoria del doppio Stato fosse agita sia da destra che da sinistra, alimentando teorie del complotto che l'uno si rivolgeva verso l'altro, ma forse in qualche modo non dava conto della verità.
Io penso che Paolo Borsellino sia stato e sia un eroe per un semplice motivo: perché ha rifiutato questa teoria del doppio Stato. Ha detto: c'è uno Stato e ci sono i suoi nemici; c'è la mafia e ci sono anche i professionisti dell'antimafia e il carattere eroico non è solo nell'avere sfidato la mafia, ma nell'aver sfidato tutte quelle costruzioni fantasiose o reali che sono state messe in atto in questa nostra Repubblica a favore della teoria del doppio Stato e a favore del fatto che si costruissero ideologie su questa grave arretratezza italiana.
Ecco perché noi lo consideriamo un eroe, ma non un eroe retorico, bensì l'eroe vero di un Paese. Se si tiene presente il carattere di servitore dello Stato di Paolo Borsellino (che rifiutava, a differenza di molti suoi amici magistrati che oggi vediamo, quella vanitas mediatica che è l'opposto dell'essere servitori dello Stato) e se capiamo che nel concetto di servitore dello Stato forse c'è anche quello che voi state facendo oggi e che tutto il Paese dovrebbe cominciare a fare in una rivoluzione delle coscienze, allora Paolo Borsellino tornerà ad essere, a pieno titolo, davvero un eroe (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. La Presidenza si unisce alle parole di ricordo del giudice Borsellino che sono state espresse da tutti i colleghi che sono intervenuti. Colgo l'occasione per ricordare che il Presidente Gianfranco Fini oggi sarà tutto il giorno a Palermo proprio per ricordare il giudice Borsellino e tutte le vittime della mafia. Grazie per questo momento di ricordo.

Sull'ordine dei lavori (ore 10).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, siccome sono giorni nei quali le Commissioni stanno lavorando intensamente sui provvedimenti che dovremo affrontare la settimana prossima, le vorrei chiedere, qualora lei lo ritenga opportuno e qualora non vi fossero obiezioni da parte dei colleghi, semplicemente cinque minuti di sospensione della seduta per far sì che sia fatto un controllo accurato sulle diverse Commissioni al fine di verificare che effettivamente siano conclusi i lavori. Se lei lo ritiene, altrimenti diversamente, come lei ritiene.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, se non ci sono obiezioni da parte degli altri gruppi, la Presidenza non ha...

SERGIO MICHELE PIFFARI. Andiamo avanti!

PRESIDENTE. Onorevole Piffari, che succede?

ROBERTO RAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Prego, è d'accordo sulla richiesta di sospensione della seduta?

Pag. 13

ROBERTO RAO. Signor Presidente, sono d'accordissimo. Non capisco l'organizzazione dei lavori di quest'Aula, sempre affannata, perché si va dalla Commissione all'Aula. Ci è arrivato un messaggio secondo cui in Aula non ci sarebbero state votazioni prima delle 10. Ma se dei colleghi vogliono assistere a importantissimi lavori che si svolgono in quest'Aula, come la relazione del Ministro Moavero o come la commemorazione nel ventennale della morte di Borsellino, credo che non sia possibile che i lavori delle Commissioni si svolgano contemporaneamente all'Aula, si tratti di audizioni o di altro. È una questione di serietà del lavoro del nostro Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico).
Credo che in questo momento tutti noi abbiamo delle responsabilità importanti. Se quest'Aula è vuota viene visto, se le Commissioni sono piene non viene mai visto e mai riconosciuto. Stiamo svolgendo audizioni sulla chiusura dei tribunali in Italia in Commissione giustizia. Ci viene detto che, con riguardo ai lavori in quest'Aula, prima delle 10 non ci saranno votazioni. Ma noi non siamo qui soltanto per votare, noi vogliamo ascoltare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico)! Chi vuole ascoltare quello che si svolge in quest'Aula, sia una commemorazione ufficiale, siano dei lavori o delle importanti parole di un Ministro della Repubblica, deve avere la possibilità di farlo senza che contemporaneamente si svolgano i lavori delle Commissioni (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Onorevole Rao, mi associo alle sue parole, perché credo che sottolineare la possibilità del parlamentare di assistere ai lavori dell'Assemblea sia assolutamente importante. Tuttavia, le ricordo che queste settimane presentano qualche tratto di specialità nell'organizzazione dei nostri lavori e la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito i ritmi di lavoro di questi giorni. Se si ritiene che tutto ciò arrivi in qualche modo persino a minare le prerogative di ciascun parlamentare, penso che non si possa che tornare in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo e organizzare i lavori in maniera diversa.
Se le Commissioni stanno lavorando in maniera così intensa, approfittando di tutti gli intervalli e gli spazi che ci sono (e d'altra parte i lavori dell'Assemblea debbono proseguire), è perché, come lei sa, ci siamo proposti un calendario abbastanza serrato, dato l'enorme numero di provvedimenti all'esame in questo momento dei due rami del Parlamento e che ci porteranno a convertire decreti-legge del Governo, come lei sa, su temi - compresi quelli ai quali lei faceva riferimento - di grande importanza.
Quindi, può darsi che questa mattina vi sia stato qualche disguido, che non è dipeso dalla conduzione dei lavori di questa Presidenza e credo che lei me ne debba dare atto.
A questo punto, credo che possiamo accogliere la richiesta dell'onorevole Giachetti di interrompere i nostri lavori e sospendere la seduta per cinque minuti. Quindi, riconvocherei l'Assemblea per le 10,15, se vi è accordo da parte dei gruppi.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,05, è ripresa alle 10,20.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2914 - Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011 (Approvato dal Senato) (A.C. 5357) (ore 10,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato al Senato: Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio Pag. 14europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011.

(Esame degli articoli - A.C. 5357)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 5357).
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 5357), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Ravetto, D'Anna, Borghesi, Lupi, Ginoble, Comaroli, Laura Molteni, Gava, Tassone, Damiano, Scalia, Urso, Ronchi, Maroni, Mura, D'Antoni, Pescante, Mondello, Rossomando, Gnecchi, Ceccacci Rubino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 461
Votanti 430
Astenuti 31
Maggioranza 216
Hanno votato
376
Hanno votato
no 54).

Prendo atto che i deputati Pionati, Marini e Cosentino hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 5357), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calvisi, Bellotti, Lussana, Sereni, Galati, Cesaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 461
Votanti 431
Astenuti 30
Maggioranza 216
Hanno votato
377
Hanno votato
no 54).

Prendo atto che i deputati Cosentino, Paglia, Boccia, Pionati, Simeoni e Boffa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, che la deputata Lussana ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario, che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto e che il deputato Antonio Martino ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 5357), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Codurelli, Madia, Martino, Desiderati, Pelino, Cesare Marini, Cesario, Mazzuca, Strizzolo, Mura, Galletti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 15
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 466
Votanti 431
Astenuti 35
Maggioranza 216
Hanno votato
375
Hanno votato
no 56).

Prendo atto che i deputati Boccia, Boffa, Pionati, Cosentino e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Antonio Martino ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5357)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la dichiarazione di voto che esprimo a nome della componente dei Repubblicani riassume i motivi che ci inducono a votare a favore.
Come è stato dichiarato da un autorevole esponente del Governo, il Ministro Grilli, a fronte di circostanze di crisi straordinarie, sono necessarie risposte straordinarie. Come sappiamo, la posizione dell'Italia nelle trattative in Europa è stata favorevole al rafforzamento della disciplina fiscale, nella consapevolezza che si trattasse per l'Italia, come per molti altri Paesi europei, di una strada obbligata di risanamento delle finanze pubbliche. Possiamo dunque dire che i vincoli europei rappresentano per il nostro Paese un'opportunità di risanamento e quindi di competizione. Su questa linea noi Repubblicani concordiamo e abbiamo sostenuto il Governo, ma abbiamo chiesto e chiediamo di più. Con il nostro ordine del giorno e nella mozione presentata poche settimane fa in questa Aula in occasione dell'ultimo vertice europeo abbiamo sollecitato il Governo a perseguire in sede comunitaria il rafforzamento del metodo comunitario quale strumento centrale del processo di integrazione europea, riducendo il peso eccessivo del metodo intergovernativo, che bisogna accantonare, rilanciando quindi la prospettiva di un'Europa federale. Più Europa quindi, signor Ministro, nell'interesse dell'Italia, ma questo percorso deve essere responsabilmente democratico. Devono cioè essere indicate le responsabilità di determinate scelte e deve essere chiaro chi decide e soprattutto in nome di chi si prendono determinate decisioni. L'Europa dei commissari è un passaggio obbligato, ma non può diventare una condizione politica definitiva. Questa fase deve essere superata. Signor Ministro, mi avvio quindi alla conclusione dicendo che la componente dei Repubblicani voterà responsabilmente la ratifica dei tre Trattati all'ordine del giorno. I Repubblicani sono ben consapevoli di cosa significa e di cosa comporta, ma chiediamo che le risposte straordinarie che i nostri cittadini stanno dando ogni giorno siano funzionali ad un progetto comune, ad un'Europa che ci possa salvaguardare, declinando anche a condizioni presenti nell'interesse della nazione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Ossorio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, signor Ministro, ne abbiamo già parlato in questi giorni e quindi lei dovrà avere un po' di pazienza se in qualche modo tornerò su una serie di considerazioni già sviluppate, a partire da quelle espresse immediatamente dopo il Consiglio europeo del 28 e 29 ottobre 2010, quando i Capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri hanno convenuto sull'esigenza di Pag. 16istituire un meccanismo permanente che, in sostituzione di quelli già esistenti, si occupasse della gestione delle crisi finanziarie della zona euro. È impossibile infatti non rendersi conto di come i meccanismi finora utilizzati non siano stati poi così adatti a prevenire o in qualche modo a controllare l'acuta crisi finanziaria che ha investito il nostro continente né la parallela fase economica recessiva. Naturalmente la creazione di un tale strumento permanente ha reso tuttavia necessaria una modifica ai Trattati. Infatti il Consiglio europeo del 25 marzo dell'anno scorso ha adottato, utilizzando per la prima volta la procedura di revisione semplificata, la decisione 2011/199/UE, con la quale si modifica il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, introducendo l'ESM o MES, Meccanismo europeo di stabilità, noto ai più come Fondo «salva Stati». Tale modifica è stata dunque indispensabile per consentire il necessario raccordo con il meccanismo di salvaguardia della stabilità finanziaria, che ben diciassette Paesi interni alla zona euro hanno deciso di istituire tra loro.
Successivamente a tale decisione, il testo del Trattato è stato modificato nella parte che si riferisce alle politiche dell'Unione e azioni interne, e, più specificamente, nella sezione «politica economica e monetaria», con la previsione di un paragrafo aggiuntivo all'articolo 136, che è, appunto, oggi, l'oggetto di questa specifica ratifica. Nonostante la procedura adottata al Consiglio sia quella cosiddetta di revisione semplificata, l'entrata in vigore di questa modifica dipende, tuttavia, dall'approvazione degli Stati membri, ovvero dei 17 Paesi dell'area euro che hanno sottoscritto l'Accordo.
Pertanto, pur consapevoli della necessità di ratificare la decisione del Consiglio europeo, non possiamo esimerci dall'avanzare seri dubbi sulle scelte di politica economica che hanno portato gli Stati ad affrontare con un certo affanno - uso un eufemismo - una crisi pesante come quella che stiamo vivendo. Avremmo, infatti, accolto con maggiore favore un rafforzamento delle politiche di coesione europea attraverso provvedimenti che conducessero ad una vera unione politica del continente, con un ruolo maggiore del Parlamento europeo, con una comune politica fiscale e finanziaria, con obiettivi comuni per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'area monetaria.
Temiamo, infatti, che un insieme di nuove restrizioni, da aggiungere al vincolo di pareggio del bilancio in Costituzione, rappresenterebbe una scelta politica estremamente critica, così come lo sarebbe l'imposizione di un'esagerata rigidità al tetto della spesa pubblica.
Pertanto, ripeto, pur comprendendo la necessità di trovare un accordo anche sulla tempistica relativa all'entrata in vigore del Trattato, prevista per il gennaio dell'anno prossimo, mentre il Consiglio lo avrebbe voluto operante già dal luglio di quest'anno, annunzio che quello dell'Italia dei Valori, su questo provvedimento, sarà un voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, la ratifica che ci accingiamo a rendere esecutiva rappresenta un passo importante nel cammino di costruzione futuro dell'Unione europea. Ci troviamo dinanzi a provvedimenti certamente complessi, non rinviabili in considerazione delle criticità economiche di cui si è ampiamente discusso, per la situazione dei mercati, per la tirannia dello spread e per i suoi riflessi sui tassi di interesse della Banca centrale europea, senza trascurare l'importanza che l'esecuzione di tale misura potrà avere nella definizione degli equilibri politici, oltre che economici, della regione.
Tutto questo rappresenta una premessa indifferibile per consentire una rapida ratifica dei provvedimenti relativi al fiscal compact, al Meccanismo europeo di stabilità e alla modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Una prospettiva complessa, a tratti difficile, che consente agli Stati Pag. 17membri di poter avere gli strumenti adeguati per poter garantire la stabilità economica nell'area europea e nel suo confronto con la comunità internazionale.
Come è stato ampiamente evidenziato, quest'oggi diamo piena legittimazione ad un impegno già preso nell'ottobre 2011 dal Consiglio europeo, dopo una fase certamente non facile per la congiuntura economica. Proprio in questa prospettiva, l'Italia ha già fatto tanto, poiché i vincoli del provvedimento sono già in vigore attraverso le misure adottate dal Governo negli ultimi mesi.
Oggi è stato dato un seguito a quanto annunciato nei mesi scorsi, vale a dire attendere l'esito del vertice europeo di giugno, prima, per procedere, poi, con la ratifica di questi provvedimenti, per avere un quadro chiaro della situazione europea e della posizione degli Stati membri.
L'adozione dell'obbligo del pareggio di bilancio, il vincolo alla non produzione di deficit e l'impegno alla riduzione annuale di un ventesimo del debito pubblico per la parte eccedente il 60 per cento sono già in vigore: rappresentano il punto di approdo di un percorso complesso che ha visto l'Italia come protagonista, quasi come riferimento operativo.
Un riconoscimento evidenziato, anche a livello europeo, dagli altri Stati membri. Certamente, la decisione del Consiglio che ci accingiamo a ratificare quest'oggi è stata accompagnata da un certo scetticismo e paura, come si evidenzia dall'atteggiamento dell'opinione pubblica, anche nel nostro Paese.
Noi intendiamo esprimere il nostro voto favorevole alla ratifica proprio come un segnale di fiducia nel futuro, con la consapevolezza che una maggiore certezza nelle prospettive di domani passi anche attraverso misure di maggiore rigore.
Questo di oggi è un investimento per l'Europa e per l'Europa di domani, perché vogliamo e crediamo in un'Europa forte e competitiva, dove lo spread e la crisi economica possano essere solo un ricordo del passato. Vogliamo credere in un progetto europeo rinnovato e moderno al cui centro ritornino i cittadini. Vogliamo parlare finalmente di un'Europa dei popoli, che sappia guardare ciascun cittadino con il dovuto e necessario rispetto (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, approvando la mozione in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno le forze che compongono l'attuale maggioranza di Governo hanno, insieme, riconosciuto che l'attuale crisi economica, politica e sociale è la più grave della storia dell'Unione europea e che per superarla è necessaria una risposta politica che segni l'inizio di un nuovo cammino e che porti, progressivamente, alla realizzazione di una vera unione politica e federale. Solo una chiara prospettiva di integrazione può rappresentare un freno efficace alle diverse forme di populismo e di neonazionalismo che crescono a causa della percezione di un'Europa dei mercati e delle banche e non dei popoli, un'Europa prevalentemente tecnoburocratica, a cui manca, in modo sempre più evidente, una più forte legittimazione politica e democratica, oggi assolutamente necessaria perché il progetto complessivo, e non solo la sua moneta comune, non si avviino alla decadenza e al fallimento.
Da questo punto di vista, spero che tutti siamo coscienti del fatto che i Governi italiani degli ultimi due decenni, perseguendo in modo sostanzialmente acritico o, comunque, timidamente critico la strada dell'allargamento dell'Unione insieme a quella della moneta unica - entrambe non accompagnate dall'implementazione culturale e istituzionale di quei meccanismi di decisione e rappresentanza democratica, di governo economico-finanziario e della sensazione di essere popoli tenacemente impegnati in un progetto di vita e di futuro comune, il cui approdo naturale è quello di una costituzione condivisa -, hanno senz'altro favorito il determinarsi della rischiosissima situazione attuale. Pag. 18
Eppure noi, convintamente, crediamo agli Stati Uniti d'Europa, un'unione di popoli e di Stati che sconfigge gli egoismi nazionali e particolaristici che quando, in un passato non troppo lontano, hanno prevalso hanno portato il continente alla guerra, alla distruzione, all'odio e alla rovina. Questa visione dell'Europa abbiamo approvato e condiviso, approvando la mozione di maggioranza in vista del 28 e 29 giugno scorso.
Ciascuno dei provvedimenti che andiamo ad approvare costituisce una piccola e progressiva perdita di sovranità nazionale, in vista di una definitiva unione fiscale ed economica. L'atto al quale si riferisce la mia dichiarazione di voto consegue ad una decisione del Consiglio europeo che modifica il Trattato sul funzionamento dell'Unione per permettere l'istituzione del Meccanismo europeo di stabilità e per introdurre, nel diritto europeo, un vincolo giuridico tra tutti gli Stati membri, diretto alla salvaguardia della stabilità dell'area dell'euro.
È chiaro come sia impossibile non prendere come riferimento per la dichiarazione il complesso dei tre provvedimenti, quindi anche il provvedimento di disciplina, il fiscal compact - finalizzato al rafforzamento delle regole e al monitoraggio comune della politica fiscale per assicurare una gestione sostenibile delle finanze da parte degli Stati, che ribadisce principi e regole già contenuti nella legislazione precedente -, e il provvedimento di solidarietà, il Meccanismo europeo di stabilità (MES), che si pone, di fatto, come misura complementare al fiscal compact nel promuovere la responsabilità e la solidarietà di bilancio all'interno dell'Unione europea e la cui natura giuridica consente di evitare che gli esborsi dei Paesi membri gravino sul debito pubblico.
Il Consiglio europeo di fine giugno, come noto, ha ulteriormente ampliato la portata di questi provvedimenti mediante l'istituzione di un meccanismo di vigilanza unico del settore bancario gestito dalla BCE e, quindi, dotando il MES della facoltà di immettere fondi direttamente negli istituti bancari; i fondi potranno anche essere usati per acquistare obbligazioni di Stati membri in regime di condizionalità. L'Italia contribuirà al MES con una quota di circa il 18 per cento che produrrà un maggior fabbisogno, in termini di interessi, di circa 120 milioni di euro per il 2012.
La doverosa ratifica di questi Trattati, doverosa per la nostra storia e per le nostre convinzioni europeiste, non è esente da ombre e da difficoltà. In diversi Paesi membri le leggi di ratifica non sono ancora entrate in vigore e la Corte costituzionale tedesca si pronuncerà sui ricorsi contro il MES ed il fiscal compact solo il 12 settembre prossimo, causando così un grave slittamento temporale del Fondo «salva Stati». Vi sono poi alcune dichiarazioni di autorevoli membri di Governo e di Paesi dell'Ue (i Paesi Bassi e la Finlandia) e la sgradevole sensazione che anche in Germania sia nel Governo che nell'opinione pubblica spesso emergano segni inequivocabili di una scarsa attenzione europeistica o, comunque, di tendenze egemoniche, che non aiutano la composizione di un quadro che guardi con un po' di ottimismo al futuro in un momento tanto difficile.
Pure in questa difficilissima situazione siamo ben consapevoli della necessità di comporre un quadro di stabilità che richiede sacrifici, ma altrettanto certi che, se presto e bene non si attuerà il cosiddetto compact sulla crescita adottato dal Consiglio europeo di fine giugno contenente la cosiddetta regola aurea, se rapidamente non si renderà efficiente lo scudo anti-spread, se non si attuerà una restrizione reale ed effettiva sulla regolamentazione dei derivati facendo sì che venga almeno posto qualche rimedio all'assoluta libertà in cui operano gli speculatori, i sacrifici potrebbero risultare vani.
Siamo di fronte ad un possibile salto di qualità importante sul cammino dell'unione politica europea ed è per renderlo possibile che, coscienti dei rischi, ma anche delle grandi opportunità del tempo presente, votiamo con convinzione a favore Pag. 19di questi tre provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, noi crediamo che questo sia un momento triste per questo Parlamento.
Ci accingiamo a votare il via libera a tre ratifiche, che lentamente toglieranno il respiro al nostro Paese, o meglio, all'economia del nostro Paese ed all'economia delle nostre comunità.
Noi non siamo contro l'Europa, signor Presidente, noi non siamo contro il disegno europeo. Noi siamo contro questa Europa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), che, per come è stata costruita e per come continua a difendere la sua costruzione iniziale, sta facendo male alle sue popolazioni. Quello che andiamo a votare è un accanimento terapeutico sulle popolazioni, in questo caso italiane, ma anche sulle popolazioni degli altri Paesi d'Europa, tranne forse la Germania.
Noi oggi votiamo queste ratifiche tra l'indifferenza generale e tra il silenzio assoluto. Nessuno entra nel merito delle cifre che andremo a votare, nessuno dice quali sono i sacrifici che dovranno sostenere le nostre popolazioni, nessuno dice a cosa andremo incontro, nel momento in cui questo Parlamento ratificherà e nel momento in cui il meccanismo europeo di stabilità partirà.
Diciamo «partirà», perché sarebbe dovuto partire a breve. La Germania se ne è ben guardata e «partirà», forse, a settembre. Intanto ci facciamo qualche settimana calda ad agosto e non ci stupiremmo, signor Presidente, se questo Parlamento fosse chiamato nei prossimi giorni d'urgenza a deliberare su provvedimenti d'urgenza, presi dal Governo di fronte alla crisi economica e finanziaria che dovesse andare avanti nei prossimi giorni. Noi questo non lo auspichiamo, ma non saremmo stupiti se noi fossimo qui a Ferragosto a votare l'ennesima manovra per salvare l'euro e per tenere l'Italia nell'area euro, una manovra che ancora impoverirà le nostre popolazioni, come è stato finora.
Noi finora abbiamo già votato degli interventi per la stabilità europea. Ricordiamo che tra gli aiuti alla Grecia, all'Irlanda ed al Portogallo, l'Italia ha già investito 40 miliardi. Questi 40 miliardi sembrano noccioline? Ebbene 40 miliardi non sono noccioline. Sappiamo benissimo che l'IMU prima casa vale 3,5-4 miliardi. E quante battaglie abbiamo fatto per provare a togliere l'ICI prima casa? Abbiamo investito 40 miliardi per salvare la Grecia - e non ci pare che la Grecia sia salva, anzi la Grecia si approssima sempre di più ad essere vicina al default, se già non ha avuto il default - per salvare l'Irlanda e per salvare il Portogallo.
Oggi votiamo il meccanismo europeo di stabilità, meccanismo che va a sostituire gli altri meccanismi di stabilità e che partirà quando la gran parte dei Paesi lo avrà ratificato. Doveva essere ratificato nel giro di pochi giorni, la Germania si è presa il suo tempo e lo ratificherà forse a settembre. Noi intanto lo facciamo oggi. Cos'è il MES? È stato chiamato dai giornali «una potenza di fuoco» di 700 miliardi che servirà a gestire le crisi economiche e finanziarie sui mercati dei Paesi che eventualmente aderiscano al MES.
L'Italia con quale quota partecipa? L'Italia partecipa con una quota che si aggira intorno al 18 per cento, il che vuol dire che il nostro Paese in totale investirà circa 125 miliardi in questo meccanismo di stabilità. Ci sono due tipi di versamenti che devono essere fatti in questo meccanismo europeo di stabilità: c'è un versamento che deve essere fatto a breve, in cinque rate annuali, per un totale di 14 miliardi di euro; il resto, ovvero 111 miliardi di euro, che si chiama «capitale richiamabile», il nostro Paese lo dovrà versare nel momento in cui i governatori del meccanismo europeo di stabilità ne vedranno la necessità. Dunque si tratta di 125 miliardi totali - non so se ci siamo capiti - e di 14 miliardi in cinque rate. Uno dice: «Va bene, 14 miliardi, ce la Pag. 20facciamo», ma due rate le dobbiamo già versare entro l'anno. Quanto ai 111 miliardi uno dice: «Va bene, non serviranno», invece no, i 111 miliardi di euro serviranno nel momento in cui governatori del meccanismo europeo di stabilità dovessero ravvederne la necessità.
Magari pochi di questo Parlamento hanno letto l'articolo 8, comma 4, perché il Trattato crediamo debba essere anche letto. Noi lo facciamo non per dimostrare che lo abbiamo letto ma perché se qualcuno ci ascolta, forse capisce di cosa stiamo parlando, perché negli interventi dei colleghi che abbiamo ascoltato abbiamo solo sentito dire che dobbiamo essere bravi, che dobbiamo salvare l'euro e che dobbiamo salvare l'Europa ma le condizioni non lo avete dette (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), le condizioni che stanno sotto a questo meccanismo dobbiamo dirle e allora le diciamo.
L'articolo 8, comma 1 dice che lo stock di capitale autorizzato ammonta a 700 miliardi. Al comma 4 si dice che i membri del MES si impegnano irrevocabilmente e incondizionatamente a versare la propria quota di capitale autorizzato in conformità ai modelli di contribuzione. L'articolo 9, comma 3, dice che i membri del MES si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente - la parola «irrevocabilmente» vuol dire che non si può tornare indietro, non c'è via di uscita, qua l'opzione di uscita non c'è, tanto per capirci, perché magari non lo sappiamo, l'opzione di uscita non esiste - a versare il capitale richiesto dal direttore generale dei governatori, ai sensi del presente paragrafo, entro sette giorni dal ricevimento della richiesta. Quindi, quanto ai famosi 111 miliardi di euro, può essere che da qui a settembre, quando nascerà e verrà ratificato il MES, qualcuno decida che entro sette giorni l'Italia debba versarli. Sappiamo quanti sono 111 miliardi di euro? È un quarto circa delle obbligazioni che il nostro Paese deve immettere ogni anno sul mercato. Non so se in sette giorni ciò sia possibile. Qualcuno lo sa che sono sette giorni? Qualcuno è andato a vedere questi aspetti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Andiamo a vedere cosa dice la relazione della Camera su questi aspetti: almeno un po' di verità viene portata dalla relazione predisposta dai tecnici della Camera. Finora, quanto è costato l'impatto sul prodotto interno lordo delle misure di sostegno, come il MES o i meccanismi di stabilità precedenti? Nel 2012, l'impatto è pari al 3 per cento del prodotto interno lordo. Se consideriamo i tassi d'interesse che si pagano su queste nuove obbligazioni che vengono emesse, si parla di 120 milioni, nel 2012. Si può dire: va bene, 120 milioni sono soldi, ma erano all'interno di quelle che dovevano essere le previsioni iniziali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO FUGATTI. Tuttavia, con riferimento alla necessità di rientrare, in sette giorni, dei 111 miliardi, la relazione della Camera segnala quanto segue. Qualcuno, almeno, inizia a fare luce su questi aspetti, quindi, non lo dice la Lega - se lo dicesse la Lega, sappiamo che abbiamo il peccato originale -, ma lo dice la relazione della Camera. Ebbene, nella relazione si segnala in proposito che il disegno di legge di ratifica non prevede alcuna procedura in merito alla modalità con cui far fronte, anche in fase transitoria, ai descritti obblighi conseguenti all'eventuale richiamo delle quote di capitale autorizzate e non versate, cioè i 111 miliardi.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MAURIZIO FUGATTI. Il disegno di legge di ratifica non dice nulla su come il nostro Paese dovrebbe intervenire per versare questi famosi 111 miliardi (gli altri 14 rispetto ai 111 sono noccioline e, quindi, non li citiamo). Pur trattandosi di impegni finanziari potenziali - si dice sempre -, andrebbe chiarito quali sono i meccanismi attivabili in prima istanza, al fine di consentire le operazioni finanziarie.

Pag. 21

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, deve concludere.

MAURIZIO FUGATTI. Ho concluso, signor Presidente. Qui, ovviamente, è scritto in modo educato, in modo istituzionale, tuttavia, viene detto: come facciamo? Dove andiamo a prendere questi soldi? Dunque, noi - lo ripetiamo - non siamo contro l'Europa: il MES si deve fare, perché, altrimenti, l'Europa che voi avete costruito sta crollando. L'accanimento terapeutico deve continuare: benissimo, continuatelo, ma abbiate almeno il coraggio di dire alla gente quanto costa e a cosa si va incontro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5357)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 5357, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Garagnani, Repetti, Corsini, Paglia, Froner, Pes, Agostini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 2914 - «Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011» (Approvato dal Senato) (A.C. 5357):

Presenti 475
Votanti 439
Astenuti 36
Maggioranza 220
Hanno votato 380
Hanno votato no 59
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Simeoni, Cosentino e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3239 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 5358) (ore 11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno Pag. 22dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012.

(Esame degli articoli - A.C. 5358)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 5358).
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 5358), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Repetti, De Micheli, Narducci, De Pasquale e La Malfa.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 445
Astenuti 37
Maggioranza 223
Hanno votato
385
Hanno votato
no 60).

Prendo atto che i deputati D'Ippolito Vitale, Cosentino, Simeoni e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 5358), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Repetti, Scilipoti, Marchignoli, Agostini, Mazzuca, Cesare Marini, Parisi, Sanga, Carella e De Micheli.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 483
Votanti 444
Astenuti 39
Maggioranza 223
Hanno votato
384
Hanno votato
no 60).

Prendo atto che i deputati Simeoni e Cosentino hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 5358), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Veltroni, Zeller, Razzi, Paolini, Agostini, Montagnoli, Damiano e Pes.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 485
Votanti 449
Astenuti 36
Maggioranza 225
Hanno votato
387
Hanno votato
no 62).

Prendo atto che il deputato Cosentino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Simeoni e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Pag. 23

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5358)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5358).
Invito il rappresentante del governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Il Governo accetta gli ordini del giorno Cicchitto n. 9/5358/1, Ossorio n. 9/5358/2, Cambursano n. 9/5358/3 e Gozi n. 9/5358/4.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, gli ordini del giorno sono stati tutti accettati dal Governo.
Prendo quindi atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Cicchitto n. 9/5358/1, Ossorio n. 9/5358/2, Cambursano n. 9/5358/3 e Gozi n. 9/5358/4.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5358)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, in passato l'Italia era tra i primi Paesi a ratificare i trattati europei, lo faceva con larghe maggioranze, come del resto avverrà probabilmente anche oggi, e lo faceva accompagnando le ratifiche con discorsi pieni di fiducia per ciò che era stato realizzato in Europa e dall'Europa e pieni di speranza per il futuro. Non eravamo solo noi, in Italia, ad avere questo atteggiamento; nei parlamenti di Germania, di Olanda, del Belgio e della Francia, in altri Paesi, si registrava lo stesso stato d'animo che da noi. Oggi, invece, la Camera si prepara a ratificare questi trattati, il nostro gruppo liberale democratico, e io stesso, voteremo a favore di questi trattati, perché sono trattati sottoscritti dai governi italiani; ma con quale animo, signor Presidente, onorevoli colleghi? Da quante riserve è accompagnato in Italia questo voto favorevole? E in Olanda, e le parole di ieri della Cancelliera Merkel che si è chiesta se il disegno europeo potrà avere successo, non significano nulla di un mutato clima? Ebbene, onorevoli colleghi, bisogna prendere atto che l'Europa ha commesso gravi errori negli ultimi vent'anni, il più grave è stato far partire la moneta unica senza valutare se vi fossero le condizioni per una vera unione politica e se tutti, sottolineo tutti, fossero preparati ad assumere gli oneri della piena solidarietà politica, nella buona come nella cattiva sorte. Si è sperato che si sarebbe determinata una convergenza economica spontanea che non avrebbe richiesto quella solidarietà di cui oggi sentiamo il bisogno; poi, il pasticcio dell'allargamento, poi l'incapacità delle leadership europee di trovare politiche economiche che aiutassero tutti a crescere. Avevamo salutato, qualche settimana fa l'esito del Consiglio europeo di giugno come un passo positivo perché rispondeva, insieme, alle esigenze di rigore, di crescita e di stabilità. Il rigore è per l'oggi, la crescita è per il domani, la stabilità è del tutto incerta e rimessa alle dichiarazioni della signora Merkel, della Corte costituzionale tedesca e così via.
Oggi, onorevoli colleghi, diciamolo francamente, noi ratifichiamo questi trattati sperando, senza esserne convinti che essi bastino, che siano in grado di evitare la crisi della moneta unica di cui, ancora ieri, il Fondo monetario ha manifestato il rischio e la possibilità. Lo facciamo senza gioia, senza soddisfazione, e, quasi, senza speranza che la condizione dell'Europa possa migliorare.
Ministro Moavero Milanesi, a metà degli anni Novanta un grande economista americano scrisse su Foreign Affairs che l'euro avrebbe portato la guerra in Europa; oggi che l'ha portata nelle strade di Atene, in quelle di Madrid e speriamo non nelle strade dell'Italia o dell'Italia meridionale, Pag. 24oggi che gli europei diffidano l'uno dell'altro e usano i trattati non per condividere il futuro ma per separare e distinguere le responsabilità di ciascun Paese, forse, a Bruxelles, quelle parole di Feldstein andrebbero meglio meditate. Mi ha colpito l'accenno del Ministro a Sarajevo; egli non a citato Schuman o Spinelli ma ha ricordato un'Europa spaccata che è il rischio che corriamo oggi. Ebbene, mi avvio a concludere, signor Presidente; Giovanni Amendola, un grande italiano, diceva spesso che questa Italia non ci piace.
Non lo diceva perché non amava il suo Paese, era un grande patriota. Noi diciamo nello stesso spirito, colleghi: questa Europa non ci piace! Mi auguro, signor Presidente, e mi appello: trovino i leader politici dell'Europa, i capi di Governo e di Stato, la sensibilità politica di interrogarsi su come uscire da quel pasticcio autentico in cui è stato cacciato il nostro continente, e prospettino ai cittadini europei le diverse possibilità dopo averci seriamente riflettuto politicamente; non ingannino gli europei, perché rischiano di determinare una sollevazione che sarebbe fatale a ciò che è stato costruito nel dopoguerra (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, la crisi dei debiti sovrani ha imposto una più severa disciplina fiscale e più efficaci meccanismi di sostegno finanziario nell'eurozona. L'Italia, con notevoli sforzi, sta facendo la propria parte per garantire il principio secondo cui il bilancio debba essere in pareggio o in attivo. Noi della Südtiroler Volkspartei abbiamo votato e voteremo a favore degli altri due disegni di legge di ratifica e sul MES; il Trattato sul fiscal compact oggi in esame avrebbe richiesto, però, a nostro parere, una valutazione più consapevole degli impegni e dei costi che deriveranno dalla sua attuazione per l'economia e per i cittadini italiani. Siamo infatti convinti che, in ragione dell'attuale situazione del debito pubblico (in rapporto al PIL pari al 123 per cento), gli obiettivi derivanti dal Trattato sulla stabilità e sulla governance europea non siano realisticamente raggiungibili. Infatti, per raggiungere, oltre al pareggio di bilancio, anche la riduzione di un ventesimo all'anno la parte eccedente del rapporto debito PIL del 60 per cento e, quindi, restituire 1.000 miliardi di euro entro vent'anni, l'Italia dovrà fare delle manovre aggiuntive per assicurare un gettito o risparmi di spesa tra i 30 e i 50 miliardi di euro all'anno. In considerazione dell'attuale fase recessiva dell'economia, interventi di tale portata a noi sembrano insostenibili per la popolazione, e firmare un Trattato con impegni che già oggi sono palesemente irrealistici - se ragioniamo sulla base delle proiezioni ragionevoli -, a nostro parere, non è serio e mina la credibilità internazionale dell'Italia. Per questi motivi noi voteremo contro questa ratifica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Ministro, siamo davanti a passaggi necessari per la stabilizzazione dei mercati. Vi è la nostra approvazione, che nasce dalla nostra ostinazione europea. Da interventi straordinari bisogna andare verso strumenti stabili comuni di intervento. Sul terreno politico è una linea che si muove verso l'Europa federale, ma vi è ancora molto da fare, e senza completare il passo continueremo ad avere gravi difficoltà. Non basta più, Ministro Moavero Milanesi, l'approccio funzionalista. Il progetto fiscal compact tende a far assumere ai singoli Paesi, con decisioni legislative al massimo livello, impegni vincolanti per il pareggio di bilancio. Nel nuovo Trattato è indicata la volontà di introdurre meccanismi di correzione automatica e la definizione di principi comuni, proposti dalla Commissione europea, riguardanti i meccanismi Pag. 25di correzione. L'obiettivo di ridurre un ventesimo l'anno il nostro debito pubblico, che è ben oltre il 60 per cento del PIL, richiede, comunque, che il nostro Governo si impegni soprattutto sull'abbattimento del debito. È lì che ci si deve concentrare, e la leva principale passa attraverso la valorizzazione del patrimonio dello Stato e degli enti locali. Se cessioni di patrimonio non si giustificano per reggere la spesa corrente, sono assolutamente necessarie per ridurre il debito in maniera sostanziale, così come il liberare risorse per la crescita passa attraverso la cosiddetta spending review. In Italia, forse, non si spende troppo, ma certamente si spende male. Questa è la nostra necessità: correggere questa stortura. I nuovi Trattati sono alla nostra portata se imboccheremo con forza un circolo virtuoso. Il Governo Monti si è impegnato con grande determinazione, gliene diamo atto volentieri, e confermiamo la piena condivisione della scelta europea. Più che a cessioni di sovranità nazionale - e lo dico al collega del gruppo Misto - dobbiamo cominciare a pensare all'acquisizione di una piena sovranità europea fondata su un nuovo patto politico che leghi cittadini e istituzioni europee.
L'Italia non può che essere in prima linea. Questa è la naturale collocazione dove l'hanno posta grandi italiani come Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi e Altiero Spinelli. Questo Parlamento dovrà dimostrarsi all'altezza della tensione ideale e morale che ha animato la volontà dei nostri padri fondatori: le loro ragioni sono la nostra speranza per il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonione. Ne ha facoltà.

ROBERTO ANTONIONE. Signor Presidente, signor Ministro, annuncio il voto favorevole del nostro gruppo nel convincimento, ma soprattutto nella speranza, che questo - e in generale questi provvedimenti - costituisca un passo in avanti verso una vera e compiuta integrazione politica dell'Europa. L'Europa è oggi infatti in mezzo al guado, una posizione molto pericolosa, perché o si va avanti o si corre il rischio di precipitare.
Alle spalle abbiamo grandi successi e credo sia giusto ricordarli, almeno quelli più rilevanti, perché troppo spesso dimentichiamo le cose importanti che sono state fatte: decenni di pace e di stabilità, l'eliminazione dei confini, la libera circolazione di uomini e merci, una moneta unica. Oggi, però, se non si va avanti speditamente, corriamo il rischio di mettere in discussione tutto, di alimentare pericolosi ritorni al passato, di dare voce a demagoghi e populisti, di far crescere nelle opinioni pubbliche dei nostri Paesi sentimenti anti-europei e di raffreddare anche quelli che hanno sempre creduto nell'Europa.
Per questo c'è bisogno di iniziative politiche che rilancino il processo di integrazione, partendo dalla capacità di affrontare, non con spirito nazionalistico o con la preoccupazione principale rivolta agli appuntamenti elettorali interni, questa grave crisi finanziaria ed economica con rinnovato spirito europeista, animato da profonda solidarietà, che è l'unico vero collante per l'unione politica avanzata.
Gli Stati Uniti d'Europa oggi non sono più un sogno per pochi, ma una necessità vitale per la pace e la prosperità di tutti i popoli europei (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia-PLI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, mi faccia fare una premessa: l'Italia dei Valori in questi anni ha sempre votato a favore quando si trattava di ratificare i trattati internazionali, con una sola eccezione - doverosa -, ossia quando si è trattato di ratificare quel pessimo accordo o trattato di amicizia tra l'Italia e la Libia. In tutti gli altri casi ha espresso un voto favorevole, almeno a mia memoria e per esperienza, perché va da sé che per una Pag. 26forza politica che ha senso dello Stato, nei confronti di un Ministro o di un Presidente del Consiglio che va all'estero e firma un trattato, la ratifica diventa quasi un obbligo istituzionale.
In questo caso, però, non ce la sentiamo di votare a favore, quindi non vi sarà un voto favorevole in occasione della ratifica del Trattato sul cosiddetto fiscal compact per svariate ragioni, che si possono ricondurre certamente ai punti prioritari che hanno fatto da corollario a quel grande auspicio che va sotto il nome di «piano per la crescita dell'Europa». Ad un'attenta analisi e valutazione ci si rende conto che poco è stato fatto sul piano della compensazione e del riequilibrio rispetto ad una rigidità della fiscalità degli Stati con il piano per la crescita.
Il gruppo dell'Italia dei Valori ha infatti sempre chiesto che venisse introdotta una vera regolamentazione dei mercati finanziari e con essa anche un controllo e una verifica dei movimenti dei capitali e che la politica di rigore fiscale dell'Europa avvenisse parallelamente e contestualmente ad una politica di coesione sociale. Abbiamo anche proposto un emendamento in passato con cui chiedevamo che venissero stretti al più presto, ad esempio con la Svizzera, degli accordi e delle direttive di raccordo per tassare i capitali che erano stati esportati e depositati in quel Paese. Fummo accusati di essere demagoghi e populisti, tanto per cambiare.
Vale allora la pena di ricordare che la raccomandazione della Commissione europea, presentata anche all'Italia a marzo di quest'anno, testualmente recita: «Dovrebbero essere celermente adottate le direttive di negoziato per gli accordi sulla tassazione dei redditi da risparmio con Paesi terzi», in primo luogo con la Svizzera, appunto come hanno fatto Germania e Gran Bretagna. Tuttavia viene il sospetto e il timore che questa accelerazione nel voler ratificare oggi questo Trattato, per andare poi domani all'Eurogruppo, voglia indicare alla comunità internazionale la piena e totale disponibilità del nostro Governo ad adeguarsi alle decisioni tecnocratiche, senza badare o tenere conto del dibattito che sta avvenendo negli altri Paesi.
Il Presidente francese François Hollande, molto celebrato in queste ultime settimane, ha condotto una campagna elettorale ponendo un quesito molto forte sulla revisione del fiscal compact. Il suo slogan, infatti, era: «un voto per Hollande è un voto per rivedere il fiscal compact». Il Paese portabandiera del rigore fiscale, la Germania, ancora non ha ratificato completamente questo Trattato. Infatti, c'è un ricorso alla Corte costituzionale, la quale ha comunicato che renderà note soltanto il prossimo 16 settembre la propria posizione e la propria valutazione sul fondo europeo ESM e sul fiscal compact.
Di più, il Presidente della Repubblica tedesca, Joachim Gauck, ha già detto che lui non firmerà le leggi di ratifica dell'ESM e del fiscal compact senza un pronunciamento preventivo della Corte costituzionale. Lo stesso Partito socialdemocratico, la SPD, certamente non tacciabile di demagogia populista, come appunto spesso si vorrebbe far passare l'Italia dei Valori, ha addirittura tenuto un congresso straordinario per decidere quale delega conferire ai propri parlamentari sulla riconferma e la verifica del Trattato sul fiscal compact. Perché? Perché ci apprestiamo ancora una volta a votare tagli che, a regime, saranno di circa 20 miliardi di euro l'anno. E ciò sulla base di cosa? Di qualche breve dichiarazione apparsa sui giornali, di qualche relazione tecnica compiacente o di chi ha proceduto alla stesura di questo disegno di legge? È questa la sovranità del Parlamento? È questa la sovranità che resta in questo Paese?
Se in una fase di crescita la disciplina di bilancio è doverosa, si illude chi ritiene di poter uscire dalle tempeste economiche globali con le camicie di forza, perché il fiscal compact, in una fase di grave recessione e di distruzione di 30 milioni di posti di lavoro, può essere addirittura controproducente, come è dimostrato empiricamente dal New Deal e dalle politiche Pag. 27rooseveltiane che riuscirono a domare la crisi del 1929 aumentando la spesa pubblica.
Per questo e per altri motivi che ho già enunciato e illustrato ieri in sede di discussione generale, il voto dell'Italia dei Valori non potrà essere a favore della ratifica del Trattato sul fiscal compact (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Cesario, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signora Presidente, ho ascoltato, in avvio di questa discussione, l'intervento accorato dell'onorevole La Malfa, che è stato anche Ministro delle politiche europee e che è sicuramente un europeista convinto, che segnalava un allarme su ciò che sta accadendo in Europa. Ho ascoltato prima altre polemiche su un Trattato che, peraltro, era praticamente già definito dal Governo precedente, di cui la Lega faceva parte.
Credo che dobbiamo però partire, come ci richiamava l'onorevole La Malfa, dalla difficoltà drammatica ed epocale che in Italia e in Europa si sta affrontando, e dalla considerazione che l'approvazione della ratifica del Trattato sul fiscal compact è in continuità con il percorso europeo degli ultimi semestri o degli ultimi anni. Lo dico perché è chiaro che sarebbe riduttivo dal punto di vista politico ed esiziale per l'Europa pensare che questo processo si arresti con il fiscal compact ratificato anche in Germania e negli altri Paesi. Poi, in conclusione, dirò una cosa sulla vicenda tedesca.
Il fiscal compact è e deve essere vissuto da noi e dal Governo italiano come un passo ulteriore di un cammino che è inesorabilmente troppo lento rispetto a quello che sta succedendo nel mondo e in Europa. Ma, è un cammino verso una governance delle crisi economico-finanziarie diverse da parte delle attuali istituzioni europee. È un cammino, che va accelerato, verso istituzioni europee diverse, che sappiano reagire in modo diverso e più rapido, con una considerazione ulteriore, però: siccome le critiche al fiscal compact sono sui contenuti specifici, sugli impegni che si prendono in termini di deficit e in termini di debito, non pensiamo che se noi avessimo, tra virgolette, gli Stati Uniti d'Europa domani questi impegni per l'Italia sarebbero diversi, meno gravosi e con i tempi del mai. Questi impegni resterebbero comunque (lo vediamo in alcune crisi regionali in Italia). Questi impegni sul rigore di bilancio li dobbiamo a noi stessi e, come è stato detto dal Ministro Moavero Milanesi, ai nostri figli.
Il cambio epocale è quello del superamento della stagione dei debiti di cui si pensava nessuno alla fine dovesse rendere conto, e di finanze pubbliche altamente indebitate. Sono di questa mattina le parole allarmanti del Ministro del bilancio spagnolo sulla condizione grave delle finanze pubbliche spagnole e sulla necessità di un aiuto. Il Ministro ha detto, se sono corretti i lanci d'agenzia, che la BCE, intervenendo e acquistando i titoli del debito pubblico, ha consentito al Governo spagnolo di onorare i propri impegni in termini di erogazione dei servizi pubblici ai cittadini spagnoli.
Quindi, questo è il quadro difficile in cui ci muoviamo. Ci muoviamo con uno spirito europeista non burocratico inerziale, perché sappiamo che da un'Europa diversa possono venire le risposte diverse di cui abbiamo bisogno. Il fiscal compact, per un Paese come l'Italia che non può certo sedersi al tavolo delle trattative con la pistola politica carica sul tavolo, è un passo necessario ed è giusto, cari colleghi, che l'Italia lo faccia prima degli altri, anche sapendo quello che sta succedendo in Germania.
Gli impegni sul deficit sono quelli che conosciamo. Vi è un impegno che ha margini ampi di flessibilità con la definizione del deficit strutturale, con la predefinizione di alcune condizioni anche di carattere eccezionale, ivi comprese le recessioni Pag. 28economiche. Dunque, quell'impegno non può diventare il cappio che si chiude attorno al collo dei Paesi. Ma - lo ripeto - questi sono impegni che dovremo sostenere comunque. Ricordiamo - lo dico a qualche nostalgico della lira - che l'ultima stagione della lira fu quella drammatica del 1992. Ai nostalgici della lira, che sono gli stessi che rievocano la famosa finanziaria maxi di Amato con il prelievo notturno sui conti correnti, è bene ricordare che quella è la lira che conosciamo e quello che è avvenuto dopo è stato, invece, il percorso che ci ha portato nell'euro.
Dall'Europa devono venire risposte diverse. Ministro Moavero Milanesi, vi è stata recentemente una proposta di un grande economista italiano, come Luigi Zingales, che lavora all'università di Chicago, che diceva: «Cara Europa, insieme ai piani di intervento sulle banche, mettiamo in campo un piano di intervento sul reddito dei disoccupati gestito a livello europeo». So benissimo quali possono essere le reazioni. Questa deve essere una richiesta che parte da chi, come Italia, Spagna e Grecia, vive una condizione sociale difficile proprio perché è impegnato nel percorso virtuoso di recupero della stabilità nei conti pubblici, che serve all'intera area dell'euro. Credo che questo sia un tema da porre. È responsabilità dei Governi e non sarebbe un impegno monstre in termini di finanziamenti. Sarebbe gestito naturalmente a livello europeo, ma sarebbe un segnale ai cittadini europei che l'impegno è comune non solo sulle banche - che pure è un dato importante e che non voglio banalizzare -, ma anche nei confronti dei cittadini che sopportano le maggiori difficoltà, che sono retaggio di errori dei propri Governi del passato.
Concludo con una considerazione sulla vicenda tedesca, che ci pone in modo più o meno strumentale - non sta a noi deciderlo - il tema della legittimità delle decisioni europee e delle difficoltà, in termini di legittimità democratica, di un percorso accelerato di governance economica e finanziaria dell'Europa fatta con gli strumenti vecchi, che pongono questi problemi di legittimità.
L'impegno, anche a partire da queste difficoltà che devono essere prese e rilanciate nel campo tedesco, nel campo francese ed in quello di tutti gli altri Paesi europei, deve essere quello ad una maggiore integrazione politica, ma - e chiudo - purché nessuno si illuda che gli Stati Uniti d'Europa, gli eurobond, la BCE, la FED e tutte le cose che conosciamo e che magari molti di noi ripetono, implichino che i problemi rispetto al debito pubblico ed alla spesa pubblica in Italia siano problemi finiti. L'impegno sarebbe identico. Forse potremmo dire in quel caso che abbiamo più garanzie che questo impegno sia destinato a dare buoni risultati, cosa che oggi - come ha detto anche la Cancelliera Merkel ieri - purtroppo non è scontato, cosa che i mercati ci fanno pagare (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, ho ascoltato con grande attenzione il dibattito, in cui non sono mancati interventi di elevata qualità. Devo dire che non ho capito tutto ciò che ho ascoltato. Per esempio, mi ha molto impressionato l'intervento dell'onorevole Fugatti nel dibattito sul provvedimento precedente: ci costa davvero tanto questo ESM? 125 miliardi di euro sono tanti. Ma cosa compriamo con quei 125 miliardi di euro? Si è dimenticato di dire, onorevole Fugatti, che compriamo una garanzia sul nostro debito pubblico che arriva a 700 miliardi di euro in caso di necessità? Costa tanto, ma forse vale anche tanto, a prescindere dal fatto che creiamo uno strumento di governo del mercato globale, che torna, di per sé, utile anche a noi perché, se vanno a fondo i nostri vicini, anche se non avessimo mai bisogno di quella garanzia - e non ne abbiamo bisogno oggi, come, mi auguro, Pag. 29non ne avremo bisogno mai - andremo a fondo anche noi perché la realtà è questa: viviamo dentro un'area di mercato comune in cui condividiamo lo stesso destino. Allora, correttezza impone che, quando si dice il prezzo, si ricordi anche cosa a quel prezzo si va a comprare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,30)

ROCCO BUTTIGLIONE. Devo dire, onorevole Zeller, che non ho capito le cifre che lei ci ha esposto perché - se restiamo all'impegno già preso autonomamente in sede costituzionale di mantenere il pareggio di bilancio - per ridurre il debito del 3 per cento all'anno, basta l'1 per cento di crescita ed il 2 per cento di inflazione, il 2 per cento di inflazione è il target che si è dato la Banca centrale europea. A quelle condizioni, senza manovre aggiuntive e mantenendo il pareggio di bilancio, noi rientreremo dal debito secondo l'impegno preso. Questo mi ha reso difficile capire alcune cifre indicate, per la verità, non solo dall'onorevole Zeller, ma anche da qualcun altro.
Vorrei dire all'onorevole Evangelisti che nessuno ci impedisce di fare politiche, non solo di equilibrio finanziario, ma anche di solidarietà sociale. Quello che ci viene impedito è di fare politiche di solidarietà sociale a deficit. Le politiche di solidarietà sociale vanno finanziate necessariamente in deficit: se finanziamo le politiche di solidarietà sociale non rischiamo di mettere assieme alla solidarietà sociale anche lo spreco? Le politiche di solidarietà devono essere politiche che si sa quanto costano e quanto bisogna tirare fuori dal portamonete. Allora sono vere, quelle fatte a debito e messe in conto alle future generazioni, non sono anche dal punto di vista morale molto meritevoli.
Peraltro, i socialdemocratici hanno fatto un congresso straordinario - giusto - ma cos'hanno deciso e come hanno votato? Il Bundestag ha votato ed i socialdemocratici questo provvedimento l'hanno votato, più di qualche alleato minore della signora Merkel.
Credo che dobbiamo essere molto attenti nell'affrontare questi temi a dire la verità per intero.
Veniamo al tema specifico, è un dibattito anomalo questo, stiamo discutendo di un trattato internazionale che non è consolidato nei trattati sull'Unione europea - questo è un grave difetto -, ma che tocca la sostanza del progetto europeo più di altri trattati che sono invece consolidati. Stiamo discutendo quindi di politica europea non di politica internazionale, ma stiamo discutendo non di politica europea, ma di politica interna italiana perché stiamo discutendo di un modello economico e sociale che è il modello dell'Europa e che noi acquistiamo. È un modello di cui uno dei pilastri è la rinuncia alla manipolazione politica della moneta, cioè alla spesa in deficit. Può piacere o non piacere, la regola dell'Europa è questa, o si assimila questa regola oppure in Europa ci si sta male, facendo il danno proprio e il danno dell'Europa, per la verità più il danno proprio che il danno dell'Europa.
Questo importa una riforma politica, la questione è politica, muore una politica la quale acquista il consenso attraverso il deficit di bilancio. Il Presidente Monti ha detto alcune parole forse infelici nella forma sul tema della concertazione, io credo che la concertazione sia un valore, governare con il consenso, ma attenti: in Italia concertazione significa che dove le parti sociali non si mettono d'accordo lo Stato paga lui, entra e per rendere possibile l'accordo paga lui. Come? In deficit. Questa concertazione è morta, non è possibile questa concertazione con le nuove regole che ci diamo e non è neanche possibile una politica la quale conquista il consenso facendo favori: posti di lavoro più o meno clientelari, appalti che non sono giustificati dall'utile pubblico e dati fuori dalle regole. La spesa pubblica non può più essere usata per acquisire consenso e questo chiede forze politiche di tipo nuovo e che aggreghino il consenso su un progetto di sviluppo. «Hic Rhodus, hic salta», questa è la questione decisiva. È in grado la politica italiana di reggere una sfida così? Perché se non è in grado, Pag. 30facciamo bene a ritirarci prima, mentre se vogliamo reggerla dobbiamo cambiare le nostre categorie e il nostro modo di pensare, dobbiamo uscire da una mentalità. Da un politico bigotto come me perdonerete una citazione biblica: c'è bisogno di una conversione, «metanoeite», convertitevi, dice San Paolo, che vuol dire cambiate modo di pensare. Dobbiamo cambiare modo di pensare, uscire da un modello di politica per entrare in un altro. Per la verità questo modello non era ignoto in Italia perché De Gasperi non ha ottenuto le vittorie elettorali facendo promesse, ha ottenuto vittorie elettorali mobilitando un consenso su un obiettivo e conseguendo poi responsabilmente l'obiettivo su cui aveva mobilitato il consenso.
Nessuno si illuda che noi approviamo questo trattato semplicemente perché così poi dopo avremo un aiuto. È lecito il dire che noi dopo in caso di necessità potremo avere un aiuto, ma l'adozione di questo modello vale se nasce dalla convinzione che bisogna ripristinare un rapporto fra - vado un po' lontano - economia e moralità, bisogna ripristinare l'idea che nella vita chi fa bene e fa il suo dovere va premiato, chi fa male va punito, che non esistono più margini per alimentare clientele improduttive, che quando non si riesce a vendere i propri prodotti sul mercato bisogna fare altre cose, anche se questo importa delle ristrutturazioni dolorose. Sentiamo questo dolore ma è l'unica via, perché tenere in piedi industrie decotte alla lunga fa affondare loro, che comunque affondano, ma anche le altre.
Abbiamo bisogno di interiorizzare questa disciplina, certo, dobbiamo aprire il capitolo dello sviluppo e - attenzione - abbiamo fatto qualcosa, questo Governo intanto ha ottenuto che si definiscano delle condizioni praticabili, non era scontato. Ministro Moavero, lei potrebbe raccontare la storia, non era scontato all'inizio che noi ottenessimo condizioni praticabili da parte dell'Italia. Le abbiamo ottenute. Il trattato ha molti limiti, forse su qualcuno se avrò tempo tornerò anch'io, ma abbiamo ottenuto condizioni che sono praticabili per l'Italia, ma occorre un grande sforzo nazionale.
È importante ricordare anche in questa sede che l'Italia ha bisogno di solidarietà, ma la solidarietà di cui l'Italia ha bisogno non è quella di cui hanno bisogno la Grecia, il Portogallo e l'Irlanda; la solidarietà di cui l'Italia ha bisogno è la solidarietà che si dà ad un Paese che è perfettamente in grado di pagare gli interessi del suo debito e di rimborsare il suo debito alla scadenza, perfettamente in grado, ma può essere oggetto di aggressioni immotivate dalla speculazione internazionale. In questo caso è giusto chiedere solidarietà ed è bene mettere rapidamente a punto i meccanismi che consentono questa solidarietà, ricordando alla signora Merkel e ai contribuenti tedeschi che chi compra debito pubblico italiano non butta via i soldi del contribuente tedesco, ma fa un buon affare, compra qualcosa che vale i soldi con cui viene pagato. Questa è la solidarietà di cui l'Italia ha bisogno. Mi permetta, signor Ministro, di ricordare incidentalmente una cosa che non la tocca direttamente, però è importante: mettete sotto controllo la finanza regionale. Le notizie che arrivano dalla Sicilia sono molto preoccupanti. In condizioni del genere non possiamo permetterci che nasca un dubbio a livello internazionale sulla solvibilità delle nostre regioni. Allora, usando magari un'interpretazione forte dell'articolo 82 rinforzato della Costituzione, che abbiamo recentemente approvato, commissariate la regione Sicilia e create le condizioni per una certezza in tale materia. Infine - solo un minuto signor Presidente - questo Trattato, che oggi approviamo, è un po' una mostruosità giuridica. È un sistema barocco: i Trattati dell'Unione europea, questo Trattato. Il problema non è di semplificare, ma di fare un passo avanti deciso verso gli Stati uniti d'Europa. Le sovranità possano essere cedute, ma devono essere cedute ad autorità legittimate democraticamente. Quello che stiamo facendo è comprensibile e giustificabile solo provvisoriamente, in attesa di arrivare ad una Costituzione degli Stati Pag. 31Uniti d'Europa. Signor Ministro, noi invitiamo lei e il Governo ad attivare le procedure necessarie perché, al più tardi per le elezioni europee del 2014, gli elettori europei siano in grado di eleggere un'assemblea con poteri costituenti, per fare la Costituzione europea. In una sola cosa do ragione agli amici della Lega: l'Europa non si fa di nascosto, non si fa dando poteri a burocrazie e saltando l'esame del consenso popolare. Si dia una bella battaglia davanti a tutti, spiegando le ragioni dell'Europa, che sono le ragioni del risparmio, del lavoro, della costruzione del futuro, della pace, le ragioni che motivano il voto fortemente favorevole dell'Unione di Centro a questo trattato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taddei. Ne ha facoltà.

VINCENZO TADDEI. Signor Presidente, signor Ministro, la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la cui ratifica è oggetto del disegno di legge insieme agli altri due disegni di legge in discussione qui questa mattina, approvata dal Senato il 12 luglio scorso, è stata adottata con decisione del Consiglio europeo del marzo 2011, secondo la procedura semplificata di revisione dei Trattati, per consentire in tempo reale di rispondere alle esigenze del momento. L'articolo 136 reca alcune disposizioni riguardanti specificamente gli Stati aderenti all'area dell'euro, con l'obiettivo, in una fase difficile e complessa dal punto di vista economico e finanziario, di rafforzare il coordinamento delle politiche di bilancio dei Paesi europei e di elaborare in tempo reale comuni orientamenti di politica economica. Tale decisione prevede l'inserimento all'articolo 136 di un paragrafo che definirei storico per l'Unione europea, che recita che gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta ad una rigorosa condizionalità. Questo emendamento all'articolo 136 rimarrà sicuramente nella storia dell'Europa ed è un passo estremamente importante e significativo verso una vera e propria unione politica, che dovrà essere alla base se vogliamo veramente pensare ad un futuro diverso rispetto a quello cui abbiamo assistito fino ad oggi.
Non a caso, il procedimento di ratifica dello stesso articolo 136, che ormai si è perfezionato in 12 Stati membri e che è già stato approvato in altri 9 Stati in sede parlamentare, sarà senz'altro un elemento significativo ed importante, perché è avvenuto in tempi reali ed immediati, dando la possibilità di rispondere, non con le vecchie metodologie, con i vecchi tempi dei vecchi Trattati dell'Unione europea, ma in tempi reali a quelle che sono le esigenze di carattere economico e finanziario rispetto alle quali l'Europa è chiamata a confrontarsi in maniera, direi, quasi quotidiana.
Quindi, strettamente connesso a tale modifica è il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, cosiddetto MES, che è stato siglato in una prima versione dagli Stati membri della zona euro già l'11 luglio 2011, tenuto conto della predisposizione del fiscal compact e dell'esigenza di rafforzare sempre di più il Meccanismo alla luce delle tensioni e, in alcuni casi, di vere e proprie speculazioni finanziarie sui mercati internazionali.
Il 2 febbraio di quest'anno è stato, infine, sottoscritto un nuovo Trattato internazionale. In base all'articolo 1 del Trattato, il MES è costituito dalle parti contraenti quale organizzazione finanziaria internazionale con l'obiettivo istituzionale di mobilitare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità. A questo scopo, è stato conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l'emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi. Pag. 32
Il consiglio dei governatori e il consiglio di amministrazione decidono, pertanto, di comune accordo, a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice, e già questo è un altro elemento di novità rispetto alla metodologia di governance dell'Unione europea.
In particolare, il consiglio dei governatori delibera all'unanimità su questioni di particolare rilevanza relative alla concessione dell'assistenza finanziaria, alla capacità di prestito del MES e alla variazione della gamma di strumenti utilizzabili. Il MES avrà un capitale significativo, sottoscritto per un totale di circa 700 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di capitale versato dagli Stati membri della zona euro ed una combinazione di capitale richiamabile impegnato e di garanzie degli Stati membri della zona euro per un importo totale di circa 620 miliardi di euro.
Il MES, quindi, avrà una capacità effettiva di prestito pari a 500 miliardi di euro, soggetta a verifiche periodiche almeno ogni cinque anni. L'organismo potrà, inoltre, finanziare, attraverso il collocamento di titoli di debito e attraverso la partecipazione del Fondo monetario internazionale, le operazioni di assistenza finanziaria.
Sulla base di tale valutazione, il consiglio dei governatori potrà decidere di concedere, in linea di principio, l'assistenza finanziaria, affidando alla Commissione europea, di concerto con la BCE - altro dato estremamente importante e rilevante - e, laddove possibile, insieme al Fondo monetario internazionale, il compito di negoziare con i membri del MES interessati un protocollo di intesa che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria.
Tale strumento rafforza ulteriormente il percorso verso un sempre maggiore rafforzamento dell'Unione europea, presupposto indispensabile affinché si passi da un'unione economica ad un'unione politica. Per tali considerazioni, il gruppo di Popolo e Territorio esprimerà convintamente il proprio voto a favore di questi provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, signor Ministro, la parte politica che le parla in questo momento è a favore dell'Europa, ma votò contro l'introduzione dell'euro e voterà contro il fiscal compact, questo Trattato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Voterà in questo modo perché siamo contrari, come già eravamo contrari, a discussioni superficiali e al provincialismo tipico della politica italiana, quella che, al momento dell'introduzione dell'euro, vendette alla politica e all'opinione pubblica italiana l'euro come il paradiso che avrebbe risolto, da solo, tutti i mali dell'economia e della società italiana e che, purtroppo, si ripete anche in questa circostanza. Scelta di cui noi eravamo consapevoli allora e che fu fatta per scongiurare la spaccatura del Paese e anche, se vogliamo, per porre le condizioni affinché fosse poi ineluttabile il passaggio dalla moneta unica all'unificazione politica.
Allora, in quel clima di superficialismo, ci vendettero la teoria secondo cui con i tassi di interesse ridotti, di cui potevamo beneficiare con il nostro debito pubblico così massiccio, avremmo generato un periodo positivo per l'economia italiana. Naturalmente, tranne noi della Lega Nord, nessuno si ricordò di specificare che questo avrebbe significato una finanza pubblica restrittiva che, quindi, avrebbe, con l'aumento della pressione fiscale, strangolato le nostre imprese, e una moneta inevitabilmente rivalutata rispetto a quella a cui era abituata la nostra economia. Tutto ciò si è tradotto in tassi di interesse si bassi, ma anche in una crescita modesta su base pluriennale.
L'equilibrio è saltato quando la recessione mondiale, indotta dall'impazzimento della finanza derivata, si è scontrata con le debolezze genetiche della moneta unica. Si è dimostrato che senza crescita economica un debito pubblico come quello italiano non è sostenibile. Non si tratta soltanto della speculazione internazionale, ma si Pag. 33tratta semplicemente della naturale osservazione che, non crescendo e non producendo ricchezza, nessun debito può essere rimborsato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Chi nel mondo compie delle valutazioni, lo fa semplicemente su questo.
Ciò che si è venuto a creare è - ricorro a questa immagine - come una centrale nucleare. Ci avevano venduto la teoria secondo cui questa centrale nucleare avrebbe prodotto energia a bassissimo costo e senza rischi, però, nel nocciolo di questa fusione, si sono scontrati, come dicevo prima, la debolezza genetica dell'euro e la crisi della finanza derivata. Quindi, questa energia, che poteva essere prodotta a dismisura, quasi gratis, ha prodotto una serie di reazioni a catena che nessuno è in grado di controllare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Al capezzale di questa centrale nucleare impazzita abbiamo chiamato i migliori ingegneri nucleari del mondo, i professori, coloro che hanno concepito la centrale nucleare e che avevano garantito che questa non sarebbe andata in crisi. I professori si affannano, non soltanto in Italia, attorno alla centrale nucleare per cercare di fermare l'incendio della finanza che divampa e che produce radiazioni che, tutto intorno, uccidono il lavoro e l'impresa. Questa è la realtà con cui ci confrontiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Una delle tante ricette degli ingegneri nucleari, attorno alla centrale nucleare fuori controllo, è quella del fiscal compact, un'unificazione fiscale introdotta surrettiziamente, quasi di nascosto, senza grande dibattito, possibilmente senza farla conoscere al Paese perché il prezzo di questo accordo è pesantissimo non per i prossimi anni, ma per le prossime generazioni. Guardate che vi è un prezzo inevitabile che si deve pagare. Ma, come hanno ricordato i nostri amici del Südtiroler Volkspartei - credo, onorevole Buttiglione, che non abbiano tutti i torti -, alle condizioni attuali, è insostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Devo dire che, almeno questa volta, lo abbiamo messo «nero su bianco». Arriva qui in Aula un Trattato che affida la gestione del futuro e della vita delle imprese e del lavoro di chi oggi è esposto a radiazioni a degli ingegneri, a dei professori, non legittimati dal popolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questo difetto di legittimazione democratica è un problema serio, perché chi è malato ha almeno il diritto di scegliere da chi farsi curare.
Allora, queste procedure, queste procedure barocche, queste procedure contorte, queste procedure che fanno fatica ad essere governate da coloro che le hanno create, arrivano sempre, troppo, troppo tardi. Stiamo discutendo di misure che affannosamente si sono sovrapposte nel tempo, nel disperato tentativo di bloccare la fusione, che a catena si diffondeva nella centrale, sempre con esiti inferiori rispetto alle aspettative. Lo testimonia anche il MES, il provvedimento che approveremo dopo.
Onorevole Buttiglione - lo dico francamente - io non so se questo Paese sarà mai chiamato a tirare fuori 111 miliardi entro sette giorni ma, se lo farà e se accadrà, dovrà chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questa è una cosa implicita, non scritta, ma che è evidente a tutti: in sette giorni a chi chiediamo 111 miliardi?
Questa è la situazione e i popoli ed i Parlamenti sono messi contro il muro: devono ratificare tutti, anche la Corte costituzionale tedesca. Oggi c'è gente che accusa la Corte tedesca di essere contro l'Europa e di mettere a rischio l'euro e si accusa la Merkel. Guardate, io non riesco a non avere simpatia per la Merkel e per un popolo, le cui virtù noi trasformiamo in colpa. Ma vi rendete conto della situazione aberrante in cui ci veniamo a trovare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? È la superficialità della politica italiana, per cui la colpa è sempre degli Pag. 34altri - e possibilmente in questo momento il capro espiatorio è la Merkel - e se battiamo la Germania siamo tutti contenti e abbiamo risolto i nostri problemi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). È una cosa tragica, quasi ridicola.
Voglio concludere dicendo che la vera risposta, la giusta risposta, è che l'euro e l'economia europea si salvano soltanto con un'Europa politica federale, con i popoli che partecipano alla sua costruzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Si sta facendo un'Europa di nascosto dai popoli e senza i popoli e, quindi, contro i popoli.
Parafrasando e richiamando una nota poesia, cari amici del Parlamento, possiamo dire: «ratificare è un po' morire». La verità è che più Europa significa meno Italia. Abbiamo il coraggio di dirlo? O forse, come è stato autorevolmente affermato, soltanto in seguito ad una grande crisi il popolo si convincerà che è meno peggio perdere sovranità?
La Lega Nord vuole l'Europa dei popoli e condivide il principio di sana finanza pubblica e non a caso ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione. Ma senza coinvolgere il popolo, non si costruisce un'Europa forte politicamente ed economicamente.
Per questo motivo noi voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistelli. Ne ha facoltà.

LAPO PISTELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, ogni volta che il Parlamento deve ratificare un nuovo trattato europeo, una cooperazione rafforzata o una nuova adesione, esso esprime un giudizio sull'atto specifico in sé, ma dà anche una risposta a due domande: una sull'idea di Europa, che ci chiede quel voto, e l'altra sull'idea di Italia, che vorremmo in quell'Europa.
Soltanto rimanendo al tempo della seconda Repubblica, agli ultimi venti anni, noi abbiamo dato queste risposte numerose volte: abbiamo cambiato i trattati 5-6 volte, siamo passati da 12 a 27 Stati membri, abbiamo creato la libera circolazione delle persone e la moneta unica. Ecco, fino a poco tempo fa, noi votavamo questi passaggi con distrazione: l'Europa era essenzialmente un fatto tecnico. Oggi non è più così, ci svegliamo chiedendo dello spread o del prossimo appuntamento europeo.
Alla domanda sull'Europa tradizionalmente questo Paese ha risposto «sì» e con entusiasmo superiore alla media. L'Europa ci piaceva, quando allargava le sue competenze, se modificava le sue regole e ci chiedeva un pezzo di sovranità da condividere e quando faceva entrare nuovi soci. Qualcuno, qui dentro, era così generoso che ci voleva pure dentro la Russia ed Israele, quindi siamo stati un popolo dal cuore grande.
Alla domanda su quale Italia avevamo in mente, ci siamo limitati con buon senso a rispondere in genere che l'interesse nazionale e quello europeo coincidevano e che, anzi, l'Europa era semmai un buon vincolo esterno per scrollarci di dosso qualche pigrizia e fare qualche riforma.
Però dobbiamo dire che abbiamo spesso sottovalutato le conseguenze di quelle scelte, un po' come se per giocare in Champions League bastasse fare un allenamento ogni tanto, quando se ne ha voglia. Poi è arrivata la crisi del 2008 e il clima è cambiato, in Europa e in Italia, e anche l'esame degli atti è diventato qualcosa di diverso. Se ne è accorto il Ministro Moavero Milanesi, che ha seguito con attenzione il dibattito di questi giorni e che ha colto, io credo, un umore cambiato nelle Commissioni e in Aula, una grande preoccupazione anche in coloro che non sono certo tacciabili di euroscetticismo.
Il Partito Democratico, sia in Parlamento europeo che in Italia, ha espresso più volte un giudizio di merito sugli atti oggi al nostro esame. Diciamo che sono il massimo che l'attuale leadership continentale è stata in grado di esprimere e danno un'idea parziale della crisi che risente molto del rapporto di forza tra i Paesi Pag. 35dell'area euro. Sono però un passaggio stretto e inesorabile che non ci permette tentennamenti. Alla domanda su quale idea di Europa questi Trattati rappresentino, noi rispondiamo che è un'Europa necessaria ma non sufficiente. L'Unione si è mossa tardi, in modo non generoso, ha pagato per questo ritardo un conto salato e quando ha preso decisioni è sempre sembrato che lo facesse controvoglia, almeno fino al 28 di giugno.
Noi diciamo che l'Italia e il Governo si sono comportati molto bene il 28 di giugno e se hanno ottenuto qualche cosa è perché il Governo ha potuto chiedere con la mano sinistra una correzione della rotta politica, non avendo in quel momento da chiedere con la mano destra un aiuto e un finanziamento per la sua crisi. Questo per dire che il risanamento avviato con molta fatica da questo Parlamento ha dato forza alla posizione negoziale italiana. Ora noi speriamo che queste decisioni prese, che sono buone, ci aiutino appunto a passare l'estate e ad attendere la Corte costituzionale tedesca ed anche l'implementazione delle decisioni della road map, che è in mano ai quattro Presidenti.
Non discutiamo ciò che c'è, ormai è così, però intendiamo lavorare per ciò che manca: un'idea più convinta e concreta di sviluppo e di crescita, il recupero di un messaggio di coesione e di solidità interna e diciamo la verità, anche un'immagine di noi stessi nel mondo un po' più assertiva. L'Europa fino a ieri l'altro era considerata nel mondo un pezzo della soluzione e oggi è guardata come un pezzo della malattia. Siamo il principale ostacolo alla rielezione di Barack Obama alla Casa Bianca, stiamo diventando una delle cause del rallentamento anche dell'economia cinese. Ecco, noi pensiamo che un cambio di fase politica in Europa sia utile, ma siamo convinti che l'Italia già oggi, con il Governo Monti, possa lavorare per la vera prospettiva cioè quella di essere il broker interessato di un compromesso tra una diversa idea di politica economica che chiede Parigi e un maggior vincolo politico che chiede Berlino. Il nostro Paese ha interesse a dire di sì all'una e all'altra cosa, cioè alla realizzazione di una politica economica più attenta all'integrazione e alla crescita, ma anche ad un'unione politica più stringente.
Macchine funzionanti come quelle che abbiamo costruito, cioè con il freno ma senza acceleratore e senza volante, francamente non esistono. Per accelerare con la crescita occorre che la stabilità internazionale sia legata alla stabilità monetaria ma che la stabilità monetaria sia legata e nasca da grandezze macroeconomiche reali non divergenti, come sta accadendo oggi. E poi c'è il volante. Guardate Stati Uniti e Giappone: hanno fondamentali sul debito e sul deficit molto peggiori dell'Eurozona, ma sono attori nazionali unici e dunque solidi, non amplificano le loro divergenze e questo ai mercati basta. Per questo noi pensiamo che non è un fatto soltanto ideale il passaggio ad una strategia comune di crescita e agli Stati Uniti d'Europa, sì, chiamiamoli così, Stati Uniti d'Europa. Gli Stati Uniti d'America nacquero quando mutualizzarono il debito degli Stati del sud e inventarono il Tesoro comune. Ci misero dieci anni ma arrivarono fino a lì.
Per arrivare a questo risultato, lo ha detto già il collega Buttiglione, è stato detto ieri in sede di discussione sulle linee generali, dobbiamo organizzare in modo radicalmente diverso il dibattito pubblico sull'Europa. Oggi parlano, anzi strillano, soltanto gli euroscettici o gli eurofobici, che siano comunicatori o leader politici, e i sostenitori dell'Europa, bruciati dall'esperienza degli anni scorsi dei referendum nazionali mal gestiti tacciono o bisbigliano. Così sembra che ci resti disponibile soltanto una sorta di alternativa del diavolo: far avanzare l'Europa segretamente, nelle pieghe dei Trattati, oppure farla retrocedere pubblicamente. Noi pensiamo da Democratici che, fino alle elezioni europee, si debba organizzare una discussione pubblica sull'unione politica dell'Europa e sulla sua legittimazione democratica e sullo sfondo di questo, signor Presidente, si staglia una questione grande Pag. 36che ci ha visto tante volte apparentemente arresi, quella del rapporto tra politica e finanza.
In gioco è la capacità non soltanto in Europa, ma nel mondo, di rimettere nella lampada il genio che è fuggito. Da venticinque anni, ormai, il capitale preferisce remunerare se stesso e non il lavoro, e non l'economia reale. È più semplice ed è meno rischioso: le banche non falliscono, le imprese sì.
La negoziazione over the counter dei derivati muove una montagna virtuale, che è dieci volte il peso dell'economia reale del mondo. Ha un senso questo? Ha un senso che la speculazione sul CDS scommetta per guadagnare sul fallimento di un Paese? Quando ciascuno di noi compra le azioni di un'azienda, le compra perché crede e scommette sul successo di quell'impresa. Gli speculatori sui CDS scommettono, invece, sul tracollo degli Stati sovrani per poter guadagnare un profitto privato. Questa è la sfida che abbiamo davanti ed è ineludibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
E qui, signor Ministro, signor Presidente, l'ultima domanda, che è quella sull'Italia, che vogliamo. Vorrei essere estremamente chiaro: noi desideriamo ringraziare il Governo per il lavoro difficile che ha fatto nelle condizioni date, anzi, permettetemi, nelle condizioni ricevute. Il Presidente del Consiglio e il Ministro Moavero Milanesi hanno costantemente seguito questi atti in Parlamento, lo hanno informato periodicamente, hanno condiviso un obiettivo, la missione da rappresentare ai vertici di Bruxelles, e hanno discusso dopo gli esiti, sempre con il Parlamento. È stato un metodo di grande correttezza politica ed istituzionale, che è andato ben al di là del semplice galateo parlamentare. Crediamo che questo abbia dato forza al Governo nelle sedi negoziali e vogliamo dirlo con molta franchezza, anche se oggi tutti sosteniamo, tranne qualcuno, questo Governo, che prima non era così. Gli impegni assunti con Bruxelles sono stati per troppo tempo un affare privato di chi ci andava.
Quanto a noi, il Paese non cresce e affronta una brutta recessione, ma noi pensiamo che il risanamento, che è una medicina amara, non sia in sé una medicina ingiusta: è il compito che l'Italia doveva svolgere da molto tempo, da ben prima che la crisi esplodesse. L'euro ci aveva regalato un enorme, grande dividendo politico, dieci anni di inflazione bassissima e un costo del denaro accessibile con niente. Erano anni per fare le riforme, come ha fatto la Germania. Sono anni che noi abbiamo perduto, anni e riforme che dovremo, comunque, recuperare. Ed ecco, due giorni fa, Moody's ha espresso il consueto, mi verrebbe da dire, giudizio negativo sul Paese; altri si sono già incaricati di rispondere. Come sapete, colleghi, il giudizio di Moody's si fondava sull'affidabilità politica dell'Italia dopo il 2013, sulla capacità nostra di tenere degli impegni. Sul piano del metodo - e voglio dirlo qui in Parlamento -, la predica è semplicemente irricevibile: i giudizi politici li danno gli elettori e non le agenzie di rating, e l'analisi di Moody's rivela l'invasione di campo della finanza sulla politica a cui accennavo prima. Ma sul piano del merito, colleghi, Moody's pone una domanda giusta: se io fossi un investitore, o anche uno speculatore, vorrei sapere anch'io cosa succederà l'anno prossimo, vorrei sapere se, in Italia, il calendario liturgico va al contrario e, cioè, se dopo la Quaresima ricomincia il Carnevale.
Il Partito Democratico, oggi, sostiene il Governo e, se gli elettori lo vorranno, domani sarà al Governo. E noi manterremo gli impegni, anche quelli che non ci piacciono: siamo gente seria e abbiamo un profondo rispetto per i sacrifici che gli italiani stanno affrontando. Ma diciamo anche che lavoreremo per un'Europa che non sia soltanto letta e comunicata come uno spazio di sola disciplina, di parametri, di salvataggi straordinari, di vertici notturni, ma qualcosa che faccia anche sperare, oltreché temere. Vogliamo, però, quindi, rimettere in calendario nella giusta direzione: prima il Carnevale, poi la Quaresima e, poi, magari la Pasqua di resurrezione. Pag. 37
E, invece - fatemelo dire -, abbiamo letto dichiarazioni preoccupanti, la fuoriuscita dall'euro dell'eterno come back kid, dell'onorevole Berlusconi. Abbiamo letto analoghe dichiarazioni da parte di Beppe Grillo, e non era uno spettacolo comico. Ecco perché Moody's poneva la domanda. A quelli, però - lo dico ai colleghi della Lega che ho ascoltato, anche se c'è una positiva novità e, cioè, l'approdo federalista verso gli Stati Uniti d'Europa dichiarata dall'onorevole Giancarlo Giorgetti -, che, in questi giorni, hanno criticato l'operato del Governo in questa difficile congiuntura, vorrei dare un sommesso consiglio: il Governo Monti è come la Protezione civile, quella buona, che sta spalando le macerie di un edificio che altri hanno fatto crollare (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Che i dinamitardi alzino oggi la voce è semplicemente grottesco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il senso del pudore imporrebbe un po' di silenzio e quell'antica frase che in politica non va mai di moda: scusate ci eravamo sbagliati.
Noi democratici faremo fino in fondo la nostra parte perché ci sentiamo dalla parte di questo Paese ed è per queste ragioni che esprimeremo un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frattini. Ne ha facoltà.

FRANCO FRATTINI. Signor Presidente, signor Ministro, credo si possa dire che l'adozione del fiscal compact costituisca probabilmente un atto politico tra quelli di più forte spessore che le tre istituzioni europee insieme abbiano definito negli ultimi anni, e questo non solo per le modifiche importanti al sistema che avevamo delineato soltanto nel 2009 con il trattato di Lisbona, ma soprattutto, direi, per la dimostrata volontà di definire un meccanismo non emergenziale che garantisca stabilità, consolidamento e rafforzamento dell'integrazione economico-finanziaria europea, e che dia prospettiva di tenuta nel medio e lungo termine assai oltre le prospettive di durata dell'attuale fase di crisi.
È, come dicevo, una scelta fortemente politica, non anzitutto tecnico-economica. Si riafferma il principio del controllo dei conti degli Stati, del percorso virtuoso già intrapreso e da proseguire per la sostenibilità dei sistemi-Paese. Si stabilisce, come chiesto con forza dall'Italia, che per il rientro progressivo entro i limiti consentiti del debito nazionale valgano parametri articolati, non limitati al debito pubblico, ma estesi all'indebitamento privato e a fattori rilevanti connessi, ad esempio, alla sostenibilità complessiva dei sistemi previdenziali: materia, quest'ultima, su cui l'Italia, da ultimo, con la riforma del 2012, ha fatto registrare un importante passo avanti di natura strutturale.
Siamo oggi - dopo la modifica costituzionale che ha introdotto il principio del pareggio e dopo la conferma dell'obiettivo di azzerare il deficit a fine 2013 - nel mezzo del guado di un fiume certamente tempestoso. Davanti a noi, infatti, è la sponda del Governo politico dell'euro e dell'Europa, il compimento di un percorso che a Maastricht creò il mercato, la moneta e la banca, ma non ebbe il coraggio di arrivare alla governance unitaria, precondizione perché gli Stati Uniti d'Europa non spariscano dall'orizzonte della politica e degli attori istituzionali.
Dinanzi a noi, colleghi, vi è anche l'onere gravoso, ma inevitabile, di aggredire con forza lo stock del debito pubblico: un onere che significa ora, Ministro Moavero, obbligo costituzionale e vincolo politico per il Governo e per il Parlamento a presentare con urgenza una proposta organica e credibile su cui - credo di poterlo dire senza incertezze - il nostro gruppo sta già riflettendo in modo approfondito.
Alle nostre spalle, colleghi, nel guado che stiamo attraversando, se tornassimo indietro, vi sarebbe certamente l'aggressione speculativa che non si ferma e vi sarebbero, come vi sono, regole di mercati che, comunque, attaccano il più debole, il quale resta senza la protezione di una casa comune che dobbiamo tutti rafforzare e Pag. 38non certo indebolire. Occorre, certamente, solidarietà tra noi partners. Occorre che gli accordi, una volta presi all'unanimità nei Consigli europei, siano applicati senza «se» e senza «ma», rispettando le regole di cui la Commissione europea è doverosa custode.
L'Italia, signor Presidente, darà oggi un segnale importante con le ratifiche che stiamo per deliberare. È il segnale che l'Italia fa il suo dovere con serietà e che il programma di risanamento - avviato a luglio del 2011, proseguito con l'adesione del Presidente Berlusconi nell'ottobre 2011 al Consiglio europeo proprio ai principi del fiscal compact di cui oggi noi parliamo con il trattato, e che dovrà proseguire certamente anche oltre la primavera del 2013 - si sta attuando.
Potremmo allora dire, colleghi, che l'Italia è, ancora di più, un Paese solido, che definirei un Paese creditore, non debitore, visto quanto noi versiamo, anche, per il contributo salva-Stati generale europeo, e che è un Paese i cui titoli si vendono e si venderanno, malgrado sospette iniziative di alcune agenzie internazionali di rating (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Su questo, cari colleghi, il fiscal compact non si può attuare à la carte, scegliendo, cioè, cosa piace di più a ciascuno Stato. Nell'articolo 4, che stiamo per ratificare, vi è un richiamo formale al Regolamento del Consiglio che indica i fattori rilevanti per calcolare debito ed extra deficit; su questi fattori, come la crescita potenziale, il ciclo economico, e, soprattutto, l'indebitamento netto del privato, l'Italia - e ricordo il Consiglio di ottobre 2011 in cui per la prima volta parlammo di debito nazionale aggregato - vuole ovviamente insistere affinché non solo il debito pubblico ma anche il debito privato sia computato. Allora, Ministro Moavero Milanesi, quando avremo ratificato questo Trattato e quando questo Trattato sarà in vigore, questi parametri, crescita inclusa, e lo sottolineo in modo particolare, siano considerati, da oggi in poi, vincoli di finanza pubblica ai sensi della Costituzione, non soltanto degli obiettivi politicamente auspicabili. Se saranno vincoli di finanza pubblica, l'aggressione allo stock di debito diventi impegno politico governativo ed istituzionale. Poiché quel Regolamento, richiamato proprio dall'articolo 4 del fiscal compact, lo prevede, occorre anche, da subito, verificare - mi rivolgo a lei, ma è il Ministro Grilli a cui bisognerebbe più direttamente parlare - nel calcolo del debito, la corretta contabilizzazione dei contributi finanziari, ad esempio, per iniziative di solidarietà internazionale e per il raggiungimento di obiettivi di stabilità finanziaria dell'Unione europea. In altri termini più espliciti, signor Ministro, non si calcoli più nel debito nazionale ciò che noi spendiamo nell'interesse collettivo dell'Unione europea.
Cari colleghi, occorre ratificare questo Trattato non perché ce lo chiede Bruxelles, ma anzitutto per guardare alle generazioni italiane di oggi e di domani, aggredendo in modo strutturale i nodi che incrinano i conti pubblici e frenano la crescita. Sarebbe immorale, mi permetto di dire, oltre che miope, tagliare fuori l'Italia, oggi, da questo circolo virtuoso che si prospetta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Con queste ratifiche l'Italia arriva in porto e può essere determinante proprio per fare entrare in vigore il trattato. È interesse del Paese e degli italiani non fermarsi in mezzo al guado ma accelerare con serietà e convinzione.
Concludendo, signor Presidente, stiamo mettendo nuovi mattoni, solidi, sulle fondamenta dell'Europa politica che il Parlamento e il Governo dell'Italia, quello di ieri, quello di oggi e, necessariamente, spero, anche quello di domani, potranno costruire secondo una inarrestabile linea di continuità che, sola, può rassicurare Europa, mercati e cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

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GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, intervengo a titolo personale in dissenso dal mio gruppo.
Ho ascoltato con rispetto gli interventi che mi hanno preceduto, soprattutto quelli dell'onorevole Frattini, dell'onorevole Pistelli e dell'onorevole Buttiglione. All'onorevole Pistelli voglio dire che sottoscrivo il 95 per cento del suo intervento, ma è fuori tema. Onorevole Pistelli, lei ha parlato di politica europea, non ha parlato del provvedimento. Qui stiamo discutendo di una cosa che si chiama fiscal compact. Qui stiamo discutendo di un impegno per vent'anni, che il prossimo anno vale quasi 50 miliardi di euro. Ho posto una domanda al Ministro Grilli, mi ha detto che mi avrebbe risposto bilateralmente. Dove troveremo i 70 miliardi di euro (50 per il fiscal compact e 20 per l'ESM) il prossimo anno? Tutti noi, applicando a noi stessi i discorsi che stiamo facendo, capiremmo la necessità di definire con il direttore di banca il rientro da un debito che non riusciamo più a sopportare. Nessuno di noi accetterebbe nel privato, però, di delegare al direttore di banca il modo con cui rientrare, di dargli il potere di decidere di non dare più cibo ai nostri figli o di non fare più curare nostra moglie. Lo considereremmo, se fosse un impegno privato, una cosa inaccettabile; se lo prendiamo come Stato, lo consideriamo accettabile e doveroso. L'Italia, approvando questi Trattati, sta rinunciando alla sovranità. In Germania ne stanno discutendo da due mesi, interpellano la Corte costituzionale; in Olanda e in Francia i giornali nelle prime pagine parlano del tema. In Italia non una pagina di giornale, non una notizia, un dibattito chiuso in due giorni, un Ministro che dà quattro minuti per gruppo a tre Commissioni riunite (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo è un atto fondamentale: negli ultimi 15 anni non ci sono atti di rilevanza approvati dalle Camere pari all'ESM e al fiscal compact.
Mi limiterò al fiscal compact: stiamo prendendo un impegno per le prossime generazioni, un impegno che oggi sappiamo che non potrà essere rispettato. L'idea del fiscal compact nasce con un'Europa che pensava di crescere al 3 per cento e con un'inflazione al 3 per cento; nasce con l'idea di recuperare macroeconomicamente l'impegno che veniva preso. Invece, esso viene ribadito oggi, con un'Europa che pensa di non crescere il prossimo anno, con un'inflazione ferma e con una stagnazione in quasi tutti i Paesi. È difficile accettarlo, soprattutto senza che sia stato sviluppato un dibattito, che si siano confrontate idee. Non si può accettarlo a scatola chiusa. Tutti vogliamo stare in Europa, tutti sappiamo che la salvezza è l'Europa, ma oggi non si può scegliere questo strumento ad occhi chiusi, senza avere la possibilità di modificarlo (anche se approviamo ordini del giorno, non lo si può modificare) perché approviamo un Trattato che è immodificabile. Dovremo poi accedere al regolamento, ma il Trattato, le linee che approveremo oggi, sono immodificabili. Questo atto approvato da questa Camera, oggi, segnerà il futuro dei nostri figli: personalmente non penso di potermi prendere questa responsabilità e voterò contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Martino. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, non posso votare questo provvedimento, che reputo inaccettabile. Colleghe e colleghi, da sempre i liberali hanno ritenuto il principio del pareggio di bilancio una regola essenziale di trasparenza nella gestione della cosa pubblica. A quella regola, Marco Minghetti, dopo aver annunciato il raggiunto pareggio di bilancio il 16 marzo del 1876, sacrificò l'esistenza della sua parte politica, perché due giorni dopo, il 18 marzo, la Destra politica venne Pag. 40spezzata vita dalla storia d'Italia. Luigi Einaudi volle che il principio del pareggio di bilancio - e lo volle insieme ad Ezio Vanoni - venisse incluso nella nostra Costituzione all'articolo 81. Ma il pareggio di bilancio è cosa sacrosanta quando la spesa pubblica è inferiore al 10 per cento, com'era al tempo di Minghetti, quando la spesa pubblica è intorno al 30 per cento, come era al tempo di Einaudi, ma è una regola insensata quando la spesa pubblica supera il 50 per cento del reddito nazionale. A breve tempo, con le cadenze imposte dal fiscal compact, non potremo raggiungere quell'obiettivo con quelle riforme che modifichino gli entitlements, quelle spese che, a legislazione invariata, non possono essere controllate.
Tenteremo, quindi, di raggiungerlo aumentando ulteriormente la pressione fiscale (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Le nostre imprese - lo ha sostenuto il presidente di Confindustria - già sopportano il 62,2 per cento di oneri tributari e contributivi, contro il 45,5 per cento della media europea. A che livello vogliamo portare la pressione sulle imprese, all'80-90 per cento? E il contribuente medio dovrà versare il 52 per cento allo Stato? E quelli sopra alla media quanto dovranno versare?
Questo provvedimento significa un trasferimento di sovranità in materia di bilancio. Il bilancio non è una delle tante attività dello Stato; il bilancio è il centro dell'attività economica dello Stato (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi rinunziamo alla sovranità nazionale a favore di chi? Dove sono gli Stati Uniti d'Europa a favore dei quali dovremmo rinunciare alla sovranità nazionale?
Ma è poi necessario rinunciare alla sovranità nazionale in materia di bilancio, perché abbiamo un'unica moneta? No: gli Stati Uniti hanno un'unica moneta. I cinquanta Stati usano il dollaro, ma ogni Stato è libero di compiere le sue scelte in materia di bilancio e ne sopporta le conseguenze. Anche le contee sono libere di compiere le loro scelte in materia di bilancio e ne supportano le conseguenze e la FED non è mai intervenuta per salvare uno Stato o una contea, né è intervenuto mai il Governo federale.
Colleghe e colleghi, Benedetto XV sosteneva che la prova dell'origine divina della Chiesa è data dal fatto che i chierici non sono ancora riusciti a distruggerla. La prova della bontà dell'ideale europeo è data dal fatto che gli eurosauri e gli euroentusiasti non sono ancora riusciti a screditarla (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, voterò a favore della ratifica del Trattato relativo al fiscal compact e lo farò con consapevolezza e convinzione (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

GIUSEPPE CALDERISI. Concordo con la dichiarazione del collega Frattini. Ho preso la parola per due ordini di ragioni: la prima riguarda la distanza, a mio avviso abissale, tra la scarsissima attenzione che mezzi di informazione... (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Colleghi, qual è il problema?

GIANPAOLO DOZZO. Non è un intervento a titolo personale!

PRESIDENTE. Ha diritto di parlare, per cortesia. È un intervento a titolo personale; può farlo.

GIUSEPPE CALDERISI. Mi faccia recuperare il tempo, per favore, signor Presidente.
La prima riguarda la distanza a mio avviso abissale, tra la scarsissima attenzione che i mezzi di informazione hanno Pag. 41dedicato al provvedimento e la sua reale importanza. Esso contiene infatti le due decisioni più impegnative che, a pieno titolo, possono essere definite costituenti, che questo Parlamento ha assunto nella presente legislatura.
Votando «sì», infatti, non ci assumiamo un generico impegno di disciplina fiscale, ma vincoliamo l'Italia - non solo il Governo attuale, non solo quello che scaturirà dalle elezioni del 2013, ma anche quelli che verranno per molti altri anni a seguire - a rientrare dal debito, a dimezzare l'enorme stock di debito pubblico del nostro Paese ad un ritmo di un ventesimo l'anno della differenza tra l'attuale oltre 120 per cento del PIL e il livello del 60 per cento previsto da Maastricht.
Per essere espliciti, si tratta di ridurre il debito di qualcosa dell'ordine di grandezza di quasi 50 miliardi di euro l'anno per 20 anni e non si tratta di una novità, perché questo impegno era stato già preso attraverso il «Six pack» da parte del Governo Berlusconi, con il sostegno di tutta la maggioranza di quel Governo, anche della Lega e poi anche del PD e del Terzo Polo (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
La seconda decisione riguarda l'impegno del pareggio strutturale del bilancio, non solo per oggi, ma anche per i prossimi anni e non solo, ma anche in via permanente, inserendo questo principio, come abbiamo già fatto nella Costituzione riformando l'articolo 81 (e qui il carattere costituente non potrebbe essere più chiaro). Le conseguenze che questi due impegni comportano sono enormi. Esse riguardano questioni di sovranità nazionale, di cessione di sovranità che possono essere recuperate solo con la piena integrazione politica dell'Europa che va posta con grande forza e urgenza.
Personalmente sono a favore della proposta di Oskar Fischer, ma il tema è molto grande e il dibattito richiede un approfondimento che non può essere svolto in questa sede.
Ma ci sono anche altre implicazioni che derivano dai due impegni che assumiamo approvando il fiscal compact. Esse riguardano inevitabilmente la natura delle maggioranze di Governo del prossimo futuro, a partire da quella del 2013, maggioranze di Governo che non potranno essere certamente del tipo di quelle che abbiamo avuto in questi anni, sia per il centrosinistra, sia per il centrodestra. Infatti, è evidente che le forze politiche che si oppongono con determinazione al fiscal compact e agli impegni che esso comporta ben difficilmente potranno far parte di maggioranze di Governo impegnate a dare attuazione al fiscal compact, a meno che evidentemente non cambino radicalmente la loro posizione.
Tale questione, a sua volta ha anche altre conseguenze sul nostro sistema politico, sul nostro bipolarismo, di cui io sono uno strenuo difensore e che però potrà trovare piena attuazione solo se riusciremo finalmente ad approvare una seria e profonda riforma costituzionale che assicuri la governabilità. In questo caso non credo che ci possa essere una soluzione diversa e più efficace di quella dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, della forma di Governo semipresidenziale e del doppio turno, come in Francia. Sbaglia chi dice che non c'è più tempo in questa legislatura. È l'Italia che non ha più tempo per modernizzare le proprie istituzioni.
Ma c'è una seconda ragione per la quale ho preso la parola e mi rivolgo in particolare a quei colleghi del mio gruppo che intendono votare contro o astenersi sul fiscal compact.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI. A loro mi rivolgo con un paio di domande. Signor Presidente, ho bisogno di un minuto.

PRESIDENTE. No, onorevole Calderisi, deve concludere. Faccia le domanda e concluda.

GIUSEPPE CALDERISI. La prima domanda è quale differenza c'è tra la disciplina Pag. 42di bilancio prevista dal fiscal compact, in particolare con il pareggio strutturale del bilancio, e quello che pensava Luigi Einaudi all'Assemblea costituente, cioè gli effetti che avrebbe comportato il quarto comma dell'articolo 81...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Camillis. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, intervengo in dissenso al gruppo di appartenenza perché sento dentro di me che ancora una volta il Parlamento, di fatto commissariato, sente l'obbligo, in assoluto stato di depressione, di ratificare un Trattato i cui risvolti non sono stati chiariti.
Da un Governo tecnico ci saremmo aspettati un riscontro numerico a quello che stiamo votando. Sarebbe stato corretto dire a questo Parlamento, ma ancora di più all'intero Paese, quanto costerà questa ratifica. Infatti, rispettare questo patto, che guarda in modo miope ad un'Europa sempre più vincolata e sempre meno unita, come ha spiegato bene il collega Martino, comporterà delle conseguenze.
Io non posso né voglio fare la maestrina di turno, ma non posso non fare il parlamentare della Repubblica di questo Paese, difendendolo fino in fondo, difendendolo da una guerra fredda a cui stiamo rispondendo male, stiamo rispondendo male e con la paura di fare quello che dovremmo fare.
Alla guerra non si rispondere arretrando perché si perde. Dovremmo avere la capacità e il coraggio di attaccare e di dire: siamo capaci di avere più Europa, quell'Europa vera che vogliamo, o evidentemente quest'Europa, così com'è, non serve più? Abbiamo questo coraggio? Io spero vivamente di sbagliarmi, ma immagino che queste ratifiche ci spingeranno dentro il baratro, perché stiamo scegliendo di ingabbiare la politica fiscale. Questo sistema ci porterà a scegliere per il prossimo ventennio un sistema di recessione e non penso che questo sia il percorso che vogliamo dare al nostro Paese.
È per questo, con viva sofferenza, che voto contro questa ratifica perché ritengo che non si possa giustificare l'idea che, siccome il nostro Paese è come un impiccato con la corda al collo, scegliamo di togliere lo sgabello invece di togliere la corda al collo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FABIO GAVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO GAVA. Signor Presidente, intervengo solo per una segnalazione. Questi ultimi tre o quattro interventi molto interessanti dell'onorevole Crosetto, dell'onorevole Martino, dell'onorevole Calderisi e dell'onorevole De Camillis, mi sembra che siano avvenuti in dissenso dal gruppo del Popolo della Libertà, di cui questi parlamentari fanno parte.
Come richiamo al Regolamento, credo che gli interventi in dissenso, nelle dichiarazioni di voto, siano della durata di un minuto. Questi interventi, invece, sono durati molto di più, tranne l'ultimo che è stato in tempi contenuti. I primi sono avvenuti con un'articolazione di tempo che è degna di una dichiarazione di voto a tutti gli effetti e, comunque, di un tempo che è molto molto maggiore di quello che è consentito ai rappresentanti delle componenti politiche del gruppo Misto.

PRESIDENTE. Onorevole Gava, la ringrazio dell'intervento che, per la verità, denota più un senso di insofferenza per un Pag. 43provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) che, direi, è degno di attenzione.
Il Regolamento non prevede che il tempo per gli interventi in dissenso sia di un minuto. Se lo controlla, come fa normalmente, spetta al Presidente stabilire, a seconda degli argomenti, il tempo anche per gli interventi in dissenso. Non vi è una limitazione nel Regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione e sono rimasto affascinato dall'intervento dell'onorevole Martino. Si tratta di un intervento ontologicamente corretto che, però, si colloca in una dimensione che ormai è fuori dal nostro tempo. Tutti sappiamo che oggi a cambiare i Governi nel mondo non sono le deleghe o le cessioni autonomamente deliberate dai Parlamenti, ma sono i mercati e ne abbiamo avuto piena dimostrazione in Europa, in Paesi come il nostro così come in Grecia.
Come vogliamo rispondere ad una massa critica che si muove dalle nuove economie, dall'Asia e dalle Americhe? Vogliamo rispondere rifugiandoci in un'identità che non ci darebbe nessuna speranza di sopravvivenza nel nuovo mondo? O vogliamo rispondere, invece, rilanciando l'idea di un'Europa che va ricollocata, invece, in un'azione nuova, che deve dimostrare quanto questa nuova Europa possa essere di popoli anziché di Stati?
Noi dobbiamo cogliere l'occasione per rilanciare la Costituente europea. Sarà più facile così delegare nuove competenze, sapendo che saranno gestite in nome del popolo europeo. All'euroscetticismo si risponde con più Europa, si risponde con una popolazione di 500 milioni di abitanti, che saprà essere protagonista nel nuovo millennio (Applausi di deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, approfitto della sua cortesia per dire che voterò con grande convinzione a favore della ratifica del provvedimento sul fiscal compact. Lo farò perché credo che questo sia un voto a favore dell'Europa, dell'euro, perché sono per il risanamento dei conti pubblici e perché credo che un partito aderente a un grande partito europeo, come il Partito popolare, non possa permettersi di votare contro un atto così importante per il futuro di questo continente (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gottardo. Ne ha facoltà.

ISIDORO GOTTARDO. Signor Presidente, voterò convintamente a favore di questo provvedimento per tre ragioni. La prima è che la firma di questo Trattato è del Governo Berlusconi, che lo ha voluto il 2 febbraio 2012. La seconda ragione è che, contrariamente a quello che si dice, probabilmente vi è stata disattenzione. Alla firma dei Trattati un Governo non giunge inaspettatamente, ma dopo che, attraverso i lavori parlamentari, vi sono state comunicazioni e discussioni. Il contenuto di questo Trattato contempla punti espressamente richiesti da questo Parlamento, come il calcolo del debito aggregato all'articolo 4.
La terza ragione è perché condivido totalmente l'analisi che Antonio Polito ha fatto molto bene e le conclusioni che ne ha tratto, su Il Corriere della Sera di ieri, che dovrebbero porre a ognuno di noi non tanto l'affermazione di principi, quanto un'assunzione di responsabilità di questo Paese verso il nostro passato e, soprattutto, per il futuro.
Troverei davvero anomalo che, chi ha fatto parte di quel Governo che ha firmato il Trattato, oggi non riconoscesse quella firma. Io che non ne facevo parte mi sento moralmente e coerentemente impegnato politicamente ad approvare quel trattato (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 44

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, rubo solo dieci secondi per riabilitare la memoria politica del senatore Turigliatto, dopo questo elenco di interventi a cui ho assistito (Applausi).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5358)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato, n. 5358, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Stanca, Cicchitto, Paolo Russo, Margiotta, Nola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 3239. - «Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012» (Approvato dal Senato) (5358):

Presenti 498
Votanti 433
Astenuti 65
Maggioranza 217
Hanno votato 368
Hanno votato no 65

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3240 - Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 5359) (ore 12,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.

(Esame degli articoli - A.C. 5359)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 5359).
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 5359), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Ria, Bonaiuti, Moles, Paniz, Margiotta, Rampi, Nola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 45
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 495
Votanti 461
Astenuti 34
Maggioranza 231
Hanno votato
403
Hanno votato
no 58).

Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 5359), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Porcino, Pippo Gianni, Misiani, Gelmini, Leo, Mazzarella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 494
Votanti 460
Astenuti 34
Maggioranza 231
Hanno votato
402
Hanno votato
no 58).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 5359), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Calgaro, Gianni, Dima, Leo, Biasotti, Nola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 490
Votanti 456
Astenuti 34
Maggioranza 229
Hanno votato
398
Hanno votato
no 58).

Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 5359), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Della Vedova, Misiani, Calgaro, Leo, De Luca, Tortoli, Anna Teresa Formisano, Bordo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 494
Votanti 462
Astenuti 32
Maggioranza 232
Hanno votato
403
Hanno votato
no 59).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5359)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5359). Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Marsilio n. 9/5359/1 purché riformulato inserendo dopo «impegna il Governo» le parole «a valutare l'opportunità di». Il Governo accetta l'ordine del giorno Marinello n. 9/5359/2 purché riformulato inserendo dopo «impegna il Governo» le parole «a valutare l'opportunità».

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi Pag. 46ordini del giorno Marsilio n. 9/5359/1 e Marinello n. 9/5359/2, accettati dal Governo, purché riformulati.
È così concluso l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5359)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, fino a pochi minuti fa qualcuno si lamentava dello scarso dibattito che c'è stato su questo tema...

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, vada avanti...

FABIO EVANGELISTI. È una sottolineatura che io stesso mi sono sentito di fare richiamando le vicende francesi e quelle tedesche, quindi credo sia assolutamente doveroso il pronunciamento di ciascun gruppo in quest'Aula.
Come avevo preannunciato nel corso della discussione sulle linee generali, come ho già avuto modo di dire in occasione della ratifica della decisione che ha modificato l'articolo 136, come ho sottolineato nel momento della ratifica del trattato del cosiddetto «fiscal compact» l'Italia dei Valori si asterrà anche dalla ratifica del trattato istitutivo del MES, il Meccanismo europeo di stabilità, perché tutto il dibattito che si è sviluppato in questi mesi, onorevoli colleghi, non solo a livello parlamentare - penso anche alla stampa - a seguito dei necessari ancorché frenetici incontri bi-tri-quadrilaterali o altro che dir si voglia fra i partner europei probabilmente ci ha fatto sostanzialmente capire che il fallimento dei poveri porta con sé il rischio del fallimento dei ricchi. Insomma siamo spettatori quasi di una sorta di ingerenza naturale dei mercati nel campo della politica.
Ci trasciniamo stancamente dietro da troppo tempo questo mantra: dobbiamo costruire l'unità politica europea, altrimenti soccomberà l'euro e noi con esso. Per fare o tentare di fare l'unità politica, occorre cominciare con l'unità fiscale, che certamente procurerà all'Italia problemi di non poco rilievo; lo sappiamo. Molti analisti infatti, ma anche tanti colleghi, continuano a ricordare come la condizione del debito pubblico italiano sia in un certo senso temperata o forse del tutto compensata dalla ricchezza delle famiglie, dalla potenza e dalla capacità di risparmio. Tuttavia, non possiamo trascurare che fanno purtroppo parte dell'identità dell'economia italiana, in maniera anche pesante, l'economia criminale, la diffusione di una corruzione senza pari, come in nessun altro caso europeo, ed una crescente ed opprimente ingiustizia fiscale, cui corrisponde un'elevatissima evasione, che contraddice e rovescia del tutto il principio affermato dall'articolo 53 della Costituzione. Pertanto, di fronte a questo nodo irrisolto, verrebbe da chiedersi se queste tre zavorre dell'economia italiana che ho appena citato - criminalità, pesantezza e ingiustizia fiscale con l'evasione - siano fattori a detrimento del bilancio economico complessivo oppure siano fattori che a loro modo producono effetti sul prodotto interno lordo. In questa non invidiabile condizione ci troviamo dunque a votare il meccanismo europeo di stabilità, che ha carattere molto stringente e soprattutto poteri che si configurano come poteri che godono di un'immunità quasi presidenziale. I membri dell'organizzazione infatti sono immuni: i beni, le disponibilità e le loro proprietà sono intoccabili, gli archivi e i locali del MES non sono attingibili e saranno inattaccabili, se non violando le regole. Francamente ci appare come una sorta di mostro giuridico dotato di enormi poteri e di ampie immunità, senza alcuna responsabilità, per sottrarre agli Stati la residua sovranità. Per questo - l'abbiamo detto a chiare lettere ed a voce alta - il gruppo dell'Italia dei Valori è convinto di avere un atteggiamento europeista e non antieuropeista. Pag. 47Ed è proprio grazie a questo atteggiamento serio, nutrito di ragioni critiche, che ho cercato di evidenziare in sede di discussione sulle linee generali, che confermo che quello dell'Italia dei Valori sarà un voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, aggiungerò alcune riflessioni alle tante già svolte nel corso di questa mattinata. In realtà, questo è il terzo provvedimento di una serie di provvedimenti con tutta evidenza collegati. È chiaro che la discussione di questi disegni di legge di ratifica dei tre Trattati sul meccanismo di stabilità degli Stati membri, sul Trattato sulla stabilità e sul Meccanismo europeo, di cui discutiamo ora, sono largamente collegati e rispondono ad un impegno internazionale che abbiamo assunto con convinzione. Qualcuno ha fatto bene a notare poco fa che ci sono state scansioni, tempi e scelte che impegnano anche il Governo precedente. Sono cose che non cadono dal fico, sono cose che non accadono per volontà del destino cinico e baro, ma perché vi è stato un percorso di condivisione che ha impegnato noi in quanto Paese, responsabilmente e convintamente coinvolto nel processo di integrazione europea. Noi, pur convinti che la meta finale sia quella della costituzione degli Stati Uniti d'Europa, oggi sappiamo che dobbiamo però confrontarci sulla prospettiva, che è quella immediata e prioritaria, di perseguire nell'intento della stabilizzazione della moneta unica, che è sicuramente ancora troppo poco, soprattutto per chi sogna l'integrazione europea come Europa delle patrie, ma che resta comunque un fatto imprescindibile e non discutibile. Credo che le recenti e profonde trasformazioni in corso su scala globale abbiano evidenziato l'impellenza per l'Europa di mettere in campo, nel minor tempo possibile, una forte e determinata volontà comune per procedere senza esitazione sulla via di un'unità politica sempre più concreta e sulla effettività dell'unione economica.
È, dunque, la prospettiva di un'Europa politica e federale forte, basata sui valori della solidarietà e della competitività internazionale, che dobbiamo cercare di attuare e di attualizzare, ed è arrivato il momento di rilanciarne il processo costituente, credo, con la revisione dei Trattati in occasione delle prossime elezioni europee del 2014, che porti, nel 2019, alla prima elezione del Parlamento degli Stati Uniti d'Europa.
Le tre decisioni di cui stiamo discutendo, quest'ultima in particolare, sono state assunte, lo dicevo, nell'arco di un anno difficilissimo per tutti gli Stati della zona euro, tra il marzo 2011 e il marzo 2012 - quindi, coinvolgono, ripeto, questo Governo, ma anche quello che lo ha preceduto, ed evidentemente le maggioranze che li hanno sostenuti - ovvero nei momenti di massima crisi finanziaria dei mercati europei.
Va dato atto che oggi queste scelte recano un argine alla speculazione e puntano a rafforzare il ruolo dell'euro, per favorire la crescita economica a partire dal 2013. Gli strumenti adottati inglobano e assimilano la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che punta ad introdurre, appunto, un meccanismo di stabilità per tutti gli Stati membri che hanno adottato la moneta unica.
È opportuno, credo, ricordare che questo processo è stato il frutto di un lungo confronto politico, improntato alla maggiore coesione tra tutti gli Stati membri, e segna, di fatto, inevitabilmente un patto di ferro tra Paesi, da cui risulta impossibile tornare indietro, se non paventando la conseguenza di mandare in frantumi un processo messo in campo da decenni, di cui siamo stati fondatori.
Partecipano al Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell'unione economica e monetaria, cioè il fiscal compact, i cosiddetti «grandi», come la Germania, la quale presenta un'economia forte, conseguenza, probabilmente - Pag. 48anzi, non probabilmente, ma sicuramente - di riforme di sistema messe in campo nell'ultimo decennio - un po' quello che, forse, avremmo dovuto fare noi, lasciando da parte la propaganda e lo scontro tra Orazi e Curiazi - che ha potuto, peraltro, realizzare in un momento propizio, godendo proprio della solidarietà europea.
Ma poi vi sono gli altri Paesi, come la Francia, l'Italia, la Spagna, l'Austria, il Belgio, i Paesi Bassi, la Danimarca, la Finlandia, la Svezia, l'Irlanda, il Lussemburgo, il Portogallo, la Grecia stessa, pur nelle difficoltà che presenta.
E non dimentichiamo, in questo contesto, i Paesi usciti, fra l'altro non con poche difficoltà, dall'ex blocco comunista ed entrati a pieno titolo, per la prima volta, in un'economia di mercato, nell'ottica di un rafforzamento della crescita europea. Quindi, penso alla Bulgaria, alla Polonia, alla Romania, alla Slovenia, alla Repubblica Slovacca, all'Ungheria o alle giovani Repubbliche baltiche, nonché alle piccole, ma importanti, realtà di Cipro e Malta. La stabilizzazione relativa alla nostra moneta, quindi, si estende, oltre ai 17, anche ad alcuni Paesi che non scambiano quotidianamente sui propri mercati la moneta unica. Da qui scaturisce l'importanza dei tre Trattati.
Il terzo paragrafo, va detto, introdotto all'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevede che gli Stati membri che hanno adottato la moneta comune possano istituire un meccanismo di stabilità, da attivare per la salvaguardia e la stabilità della zona euro nel suo insieme. Ciò assume maggiore concretezza nei successivi Trattati.
Il Meccanismo europeo di stabilità è destinato a sostituire i due fondi sinora in campo per interventi a garanzia della stabilità, con una dotazione di gran lunga superiore a quella sinora messa in campo, sino a 500 miliardi. Così, se, da una parte, il Meccanismo europeo di stabilità per i 17 ha la forza solidaristica di un portafoglio pieno, pronto ad essere utilizzato, il fiscal compact, esteso a tutti i Paesi, reca un impatto concreto di disciplina delle finanze pubbliche di tutti i Paesi, di tutti questi Paesi.
Potranno accedere ai benefici solo i Paesi che recepiranno i Trattati, ma è da prevedere che anche i Paesi che non hanno sottoscritto il fiscal compact trarranno dei benefici indiretti, e questo proprio in termini di stabilizzazione dei mercati e conseguente crescita economica, dall'applicazione dei meccanismi previsti dal fiscal compact stesso nei Paesi sottoscrittori.
Del resto, l'Italia è già in una fase avanzata: ha modificato l'articolo 81 della Costituzione, che ha introdotto il pareggio di bilancio (lo si ricordava), e può contare su un Premier e su un Governo che godono di una grande credibilità e di una grande fiducia nei consessi internazionali.
Noi sappiamo tutti che esiste anche la cosiddetta componente irrazionale dei mercati e che molto sarà fondato, quindi, anche sulla capacità di governance, anche futura, del nostro Paese, che costituirà, dunque, il fattore decisivo per conquistare o riconquistare anche la fiducia di quei mercati.
Noi crediamo che il passo che stiamo compiendo oggi con queste ratifiche sia un passo necessario e fondamentale e semplicemente coerente con l'impegno che abbiamo comunemente assunto (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, onorevole Ministro Moavero Milanesi, onorevoli colleghi, l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, così come modificato con la ratifica approvata qualche ora fa, prevede che gli Stati membri la cui moneta è l'euro possano istituire un meccanismo di stabilità della zona euro e del suo insieme. La modifica prosegue poi nel modo seguente: «La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo Pag. 49sarà soggetta ad una rigorosa condizionalità».
Tale norma è stata proposta e pretesa dalla Germania alla luce dei suoi assetti costituzionali e sulla base dei principi enunciati dalla sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 30 giugno 2009 sulla ratifica del Trattato di Lisbona. Si tratta, cioè, di introdurre una base giuridica nel Trattato per consentire agli Stati membri, e quindi alla Germania, di assumere, in via permanente, l'impegno a contribuire con proprie risorse alla stabilità finanziaria dell'area euro.
Nonostante questa precauzione, la Germania e l'euro, quindi l'Europa, si trovano appesi al filo sottile del pronunciamento del Tribunale costituzionale tedesco che il prossimo 12 settembre dovrà decidere sulla legittimità della ratifica del Trattato che istituisce lo European stability mechanism quale meccanismo di stabilità finanziaria permanente.
Il Bundestag e il Bundesrat tedeschi hanno approvato, con una maggioranza dei due terzi, il Trattato, ma le minoranze a ciò legittimate hanno impugnato la decisione in quanto lesiva della Costituzione che non prevede un sistema di finanziamento automatico e a chiamata, ossia per decisione di un organismo internazionale esterno alle decisioni di bilancio dello Stato tedesco.
Va precisato che la Germania aderisce a questo Fondo di stabilizzazione permanente, cosiddetto Fondo «salva Stati», per una quota di capitale rivalutata pari al 27,06 per cento, ossia in cifra assoluta a 190 miliardi di euro, pari al 7,6 per cento del suo PIL, su un totale del Fondo di 700 miliardi di euro. L'Italia vi aderisce come terzo contribuente, dopo la Francia, per una quota rivalutata rispetto a quella di partecipazione alla Banca centrale europea del 17,86 per cento, che in cifra assoluta corrisponde a 125 miliardi e 395 milioni di euro, pari all'8 per cento del suo PIL. Ciascuno dei 17 Stati dell'area euro partecipa in proporzione percentuale alla sua quota di capitale presente nella Banca centrale europea con una chiave di rivalutazione. La Germania mette più di un euro su quattro, non mi sembra troppo se poi si chiede di sapere come si spendono.
Il meccanismo di stabilità permanente è un Fondo essenziale per la stabilizzazione finanziaria dell'euro, al fine di sottrarlo alle aggressioni speculative dei mercati finanziari e per favorire la crescita. La costruzione dell'euro ha seguito il modello di costruzione dell'Europa, secondo l'intuizione di Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell'Europa con De Gasperi e Adenauer, ossia della costruzione graduale, fatta di piccoli passi, per superare i vincoli politici nazionali.
Si è detto da più parti che l'euro è nato male perché la Banca centrale europea non è prestatrice di ultima istanza, alla pari di altre banche centrali di Stati sovrani. Si è detto che l'euro è una moneta senza Stato, quindi senza la difesa di uno Stato. Questa debolezza era ben nota a Guido Carli quando scelse, negli anni Novanta, di aderire con l'Italia al progetto dell'euro, ma in tale consapevolezza vi era anche l'ottimismo che l'evoluzione politica verso gli Stati uniti d'Europa avrebbe rafforzato l'euro, quanto meno vi era la convinzione che con l'euro si sarebbe accelerata la costruzione degli Stati uniti d'Europa in quanto necessari per competere su uno scenario globale. Certo, gli Stati Uniti d'Europa con sovranità popolare.
È noto a tutti che la crisi finanziaria della Grecia ha denunciato questa debolezza ed ha aperto uno squarcio sui ritardi dei meccanismi di sorveglianza e di coordinamento dei bilanci pubblici e di convergenza rispetto agli obiettivi economici comuni, ossia sulla costituzione di una maggiore integrazione europea.
L'Agenda di Lisbona del 2000, che avrebbe dovuto fare dell'Europa in dieci anni l'economia più dinamica e competitiva del mondo, ha mostrato tutti i suoi limiti nell'evidente diversità delle politiche fiscali, che ne hanno rallentato l'integrazione.
La Strategia europea 2020 ha superato le asimmetrie dell'Agenda di Lisbona ed ha proceduto su due linee strategiche ben precise: l'integrazione delle politiche fiscali Pag. 50dell'Eurogruppo, rafforzando l'armonizzazione contabile dei bilanci per una più stringente sorveglianza ex ante ed ex post, e la previsione di meccanismi di stabilizzazione finanziaria per i Paesi soggetti alla speculazione finanziaria sui propri debiti sovrani, ma in regola con la sostenibilità del proprio debito nel medio e lungo periodo, ed il sostegno a quei Paesi con deficit eccessivi e con squilibri macroeconomici.
Si tratta, quindi, di due linee parallele: da una parte regole comunitarie come il six pack, poi evoluto verso il nuovo trattato cosiddetto fiscal compact, che in cinque anni sarà riassorbito nelle regole comunitarie; dall'altra l'esigenza di sostegno a quei Paesi, il cui rigore di bilancio ha determinato recessione con caduta di investimenti e consumi.
Alla domanda su come sostenere la crescita dei Paesi con squilibri macroeconomici, i Capi di Stato e di Governo, nei Consigli europei del 30 gennaio e del 28-29 giugno di quest'anno, hanno risposto con la costruzione del meccanismo di stabilità finanziario, conosciuto come meccanismo europeo di stabilità, quale evoluzione a carattere permanente dell'EFSF, costituito provvisoriamente per sostenere la Grecia, poi l'Irlanda e poi il Portogallo.
L'EFSF era un fondo di 500 miliardi - già consumato per 400 in aiuti - che conteggiava l'emissione di titoli pubblici degli Stati membri come quota di partecipazione nella parte dell'indebitamento e, quindi, dell'aumento del debito della contabilità nazionale. La solidarietà europea veniva quindi pagata due volte dagli Stati membri dell'Eurozona: come erogazione finanziaria (quindi, come spesa) e come quota di debito da scontare nel pareggio di bilancio.
Nel Documento di economia e finanza 2012 l'Italia sconta un debito sul PIL del 123 per cento, al lordo di 29,5 miliardi di aiuti al Fondo «salva Stati». Il nuovo meccanismo di stabilità, appunto il MES, che dovrebbe affiancare l'EFSF per qualche anno per poi sostituirlo, ha invece due vantaggi soprattutto per l'Italia: può servire come prestito per ridurre il rischio di azzardo morale, in quanto il costo del prestito stesso è pari a quello del finanziamento del Fondo, evitando così la speculazione finanziaria (una soluzione questa che per il momento non ci interessa); può consentire, inoltre, di effettuare operazioni sui mercati secondari nel caso di tassi di rendimento eccessivi o anomali (questa ipotesi è stata chiamata giornalistica scudo «salva spread»).
Come deciso dall'Eurogruppo dello scorso 9 luglio è stato concluso un accordo tecnico tra BCE e EFSF, in quanto la BCE agisce da agente bancario anche per il futuro MES, per l'acquisto di bond sul mercato secondario, sicché qualora il differenziale di rendimento dei titoli pubblici italiani dovesse superare una soglia ritenuta critica, la BCE può intervenire ed acquistare direttamente i titoli pubblici, sottraendoli alla speculazione finanziaria, alla pari di qualsiasi Banca centrale.
Ma c'è di più per quanti criticano la limitata portata dei 500 miliardi dei 700 previsti per la mission di stabilizzazione. Il meccanismo di stabilità permanente può emettere direttamente propri strumenti finanziari ed anche i propri titoli pubblici. Quanta differenza c'è dalle emissioni degli eurobond?

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. Per vie diverse stiamo vedendo emergere quanto più volte auspicato da questa Camera con le mozioni sull'Europa, dove si chiede alla BCE l'emissione di titoli pubblici europei per funzioni da Federal Reserve.
La solidità della Germania è nel plusvalore dell'export che alimenta le proprie entrate attraverso la positiva bilancia dei pagamenti. È su questa strada che noi bisogna mettere l'Italia, così come questo Governo e lo stesso Monti sta facendo se pur con qualche contraddizione nella maggioranza. La ratifica di questo Trattato è vitale per l'Italia - mi avvio a conclusione, signor Presidente - ma ha un costo di 125 miliardi di euro per l'Italia, ma senza questo Trattato il costo sarebbe Pag. 51molto maggiore. Il Presidente Ciampi, parlando dell'euro, avvertì dicendo che l'euro avrebbe comportato sacrifici, ma senza l'euro i sacrifici sarebbero stati maggiori.
Per tali ragioni il gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo, che fa parte della grande famiglia del Partito Popolare Europeo, dichiara il proprio voto favorevole alla ratifica di questo Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, temi di questa portata e complessità come il fiscal compact e il Fondo «salva Stati» o MES non possono essere trattati con questa superficialità e ritengo sinceramente deludente la relazione di ieri in Commissione del Ministro Grilli, una relazione prive di risposte sui reali problemi sollevati dalla Lega Nord ma anche da molti altri colleghi della maggioranza che sostiene questo Governo.
Una trattazione in Commissione e in Aula di sole poche ore per un tema così importante. Oggi state commentando un grave errore, sottovalutando la portata di questo provvedimento. Queste sono decisioni che condizioneranno per sempre la nostra vita e quella dei nostri figli, decisioni che cambieranno la nostra autonomia in sede economica, di bilancio e fiscale. Un'unità economica e politica che non esiste, rendetevene conto, questa è un'irrevocabile cessione di sovranità nazionale a favore di organismi comunitari, ma legittimati da chi? Dal popolo, forse? Certo, no. Il popolo, signor Presidente, è lontano mille miglia da quei centri di potere dei burocrati europei che però voi conoscete molto bene e che decideranno anche per tutti noi. L'euro, una grande invenzione dei poteri forti dell'Europa, così grande che ha dimezzato subito il potere di acquisto delle nostre famiglie e colpito le nostre aziende, euro che ci ha scippato la possibilità di svalutare la nostra moneta, la lira, la vecchia lira, ma che in un periodo di grave recessione come questo avrebbe permesso un rilancio delle esportazioni e una maggiore competitività del nostro Paese.
Caro Presidente Napolitano, lei ci ha presi in giro. Lei ci ha fatto credere che lo spread fosse il male di tutti i mali e che l'unico Governo legittimamente eletto dai cittadini andasse rimosso a tutti i costi. Adesso che lo spread è tornato a ben 500 punti sui bund tedeschi, cioè peggio dell'ottobre scorso, cosa racconterà al Paese? Questo vale anche per il Presidente Monti, che doveva avere vinto la sua battaglia contro lo spread solo con l'annuncio del Fondo «salva Stati» ed ora si trova nella stessa situazione che ha portato alle dimissioni del Governo precedente, e ciò avviene solo tre settimane dopo che tutti i maggiori quotidiani italiani avevano lodato il prodigio di Monti al vertice europeo di Bruxelles.
In realtà il vertice non ha prodotto alcun successo, se non quello di impegnare i cittadini italiani a pagare decine di miliardi che andrete a cercare nelle tasche dei cittadini. Con il fiscal compact è previsto un pareggio di bilancio in maniera rigida, misura che anche noi della Lega Nord valutiamo positivamente. Abbiamo votato con convinzione il pareggio di bilancio in Costituzione ma purtroppo non finisce qui. Ci siamo impegnati anche - e non lo sappiamo se ridere o piangere - alla riduzione del debito pubblico di un ventesimo l'anno, cioè 40 miliardi all'anno. Il Presidente Monti ci deve spiegare come farete a rispettare questi parametri senza alzare ancora le tasse o peggio ancora senza chiedere aiuto all'Europa. Dove prenderete questi 14 miliardi all'anno che dobbiamo versare subito e i restanti 111 in cinque anni per il MES, il nostro contributo alla costituzione del Fondo «salva Stati»?
Tutto ciò, con un debito pubblico che è arrivato a 1.966 miliardi - 17 miliardi non in un anno, ma da aprile a maggio di quest'anno - e con le previsioni del Fondo monetario internazionale, che attestano il Pag. 52debito pubblico italiano al 125,8 per cento del PIL nel 2012 e al 126,4 per cento nel 2013, cioè 2,5 e 2,6 punti percentuali in più rispetto alle stime; con interessi passivi sul debito che, a fine anno, supereranno i 100 miliardi di euro. Ma vi rendete conto che ci state prendendo in giro con queste manovre (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Dite fin d'ora che il pareggio di bilancio non sarà mai raggiunto, se non con una seria applicazione dei costi standard e del federalismo a tutti i settori della pubblica amministrazione, anche ai Ministeri.
Il fiscal compact ci impone il pareggio di bilancio e un piano di rientro del debito che, così come impostato dal Governo, è evidentemente insostenibile. Noi non siamo contrari alle misure anticrisi, non siamo contrari ai piani di salvataggio dei Paesi comunitari, ma vorremmo vedere una vera spending review, una seria politica di taglio delle spese improduttive che sono sotto gli occhi di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Vorrei citare un esempio di questi giorni sul versante interno dei bilanci regionali. Scopriamo solo ora dell'emergenza, del fallimento di alcune finanze regionali del Sud Italia: mi riferisco alla Sicilia.
La Sicilia è a rischio default per ben 5 miliardi di «buco». Ma questa è la Sicilia dei 17 mila dipendenti regionali, con più di 1.400 dirigenti, lo ripeto, 1.400 dirigenti! La Sicilia dei 28 mila forestali, con un costo di 700 milioni all'anno! La Sicilia degli sprechi dei fondi FAS e dei finanziamenti europei mai sfruttati! La Sicilia del comune di Godrano, dove nove cittadini su dieci sono forestali, lo è anche il sindaco e tutta la giunta, che vanno a fare le riunioni al bar. È questo lo scempio! Non era sotto gli occhi di tutti? Ed ora, dovremo anche inviare un commissario, magari, con il solo scopo di ripianare, ancora una volta, gli sprechi di una sola parte del Paese. Fatelo, fatelo toccando i risparmi delle famiglie del Nord e noi della Lega vi promettiamo che, questa volta, la rivolta fiscale la facciamo noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), a fianco delle nostre famiglie e delle nostre imprese che vi mantengono.
Noi della Lega siamo stati i primi a denunciare gli sprechi della pubblica amministrazione, della spesa pubblica dello Stato, di quella inefficiente. Ma vi state rendendo conto di cosa significhi il fiscal compact? Su questi meccanismi, proprio in Germania, i tedeschi, additati come i principali artefici di tali scelte, non hanno accettato passivamente le nuove regole: infatti, è in corso un dibattito vero e sono stati presentati numerosi ricorsi alla Corte costituzionale contro questi Trattati per verificare la loro compatibilità con l'ordinamento federale. Oltre alla Germania, anche la Francia ha espresso gli stessi dubbi di costituzionalità. Insomma, le strategie contro la crisi sono bloccate proprio dai due più importanti Paesi d'Europa.
Evitare il referendum popolare è stato, dunque, un grave errore - avevamo chiesto di coinvolgere i cittadini su queste scelte -, un errore destinato a minare tutto l'impianto futuro dell'Unione. Senza legittimazione popolare, senza identificazione culturale e identitaria, questa Europa non ha futuro: i cittadini la vedono solo come un mostro burocratico, che entra nelle loro case e regolamenta ogni aspetto della loro vita, anche economica, che pone ad ognuno dei vincoli ma, in cambio, non dà nulla. Mentre oggi ancora si discute di quale sia la ricetta da usare per uscire dalla crisi, con questo provvedimento noi mettiamo un vero e proprio cappio al collo alla nazione, ci precludiamo, in futuro, qualunque possibilità di favorire la ripresa economica e gli investimenti per lo sviluppo.
La Commissione europea ci dirà cosa possiamo o non possiamo fare in sede di bilancio, o, peggio ancora, con il fiscal compact qualsiasi altro Stato, se riterrà i nostri conti non in ordine, potrà citarci in giudizio di fronte alla Corte di giustizia.
I 500 miliardi di euro del Meccanismo europeo di stabilità non saranno sicuramente sufficienti. Lo sappiamo fin d'ora. Si tratta di un fondo in cui noi versiamo soldi pubblici, dei nostri cittadini, ma che Pag. 53sarà governato da un consiglio di governatori, non eletti dai cittadini, che godranno della massima immunità in tutte le loro decisioni e azioni.

PRESIDENTE. Onorevole Bitonci, la invito a concludere.

MASSIMO BITONCI. Questi signori decideranno, quindi, della nostra spesa pensionistica, sociale, sanitaria e dell'istruzione. Se il salvataggio comprende anche il sistema bancario, sono d'accordo i cittadini di pagare proprio per coloro che hanno creato i titoli spazzatura e i derivati, per chi ha lucrato sulla speculazione finanziaria che ha causato la crisi economica attuale?
Se siamo giunti ad un'Unione monetaria rivelatasi fallimentare, è legittimo, prima di compiere ogni passo cedendo completamente la sovranità di bilancio, fiscale e politica, ragionare sulle cause e sulla debolezza dell'attuale sistema.

PRESIDENTE. Onorevole Bitonci, la prego di concludere.

MASSIMO BITONCI. La debolezza è quella di un'Europa costituita al contrario, partendo dai mercati, dai beni e dalla moneta, anziché dai popoli, dalle culture e anche dalle idee: idee che mancano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Non siamo contro l'Europa, non lo siamo mai stati. Siamo contro l'Europa dei burocrati, siamo contro l'Europa che non difende i nostri prodotti, siamo contro l'Europa centralista che vuole decidere su tutto...

PRESIDENTE. Onorevole Bitonci, deve concludere, ha parlato un minuto in più.

MASSIMO BITONCI. ... noi siamo per l'Europa dei popoli, delle lingue regionali, delle macroregioni economiche e industriali: la vera Europa federale che tutti vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, siamo certamente di fronte ad una crisi, la cui gravità rende legittimo domandarsi - come è stato fatto in questo dibattito - se l'Europa nelle sue forme attuali abbia ancora un futuro. È legittimo domandarsi se questi provvedimenti vadano nella direzione giusta, cioè quella di scongiurare questo rischio. Sono tutte domande naturalmente legittime. Quello che dobbiamo, però, fare in questo Parlamento, quando si parla di Europa, è abituarci ad essere un po' meno distratti ed un po' meno disattenti.
L'onorevole Crosetto a me suscita una grande simpatia, ma proprio per questo vorrei dirgli che con i numeri non si può «giocare». L'onorevole Crosetto dovrebbe ricordare e tenere a mente che nel corso della trattativa - e certo non è stata una trattativa riservata, nascosta, ne hanno parlato per settimane i giornali - il Governo è riuscito, a proposito di fiscal compact e di quei 50 miliardi di euro di cui ci parlava e sulla cui cifra e sulla cui grandezza si sono poi altri allineati con lui, a ottenere che il Consiglio europeo recepisse integralmente l'emendamento italiano ed anche francese: quell'emendamento che faceva riferimento alle procedure previste dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) a proposito dell'inosservanza del criterio del debito, di cui si è molto parlato.
Il riferimento a quel trattato, disponeva, infatti, che gli Stati si impegnano a ridurlo ad un ritmo soddisfacente, ma, naturalmente, tenendo conto dell'incidenza del ciclo economico, cito: per uno Stato membro soggetto ad una procedura per disavanzi eccessivi, per un triennio a decorrere dalla correzione del disavanzo eccessivo, il requisito del criterio del debito è considerato soddisfatto se lo Stato membro interessato compie progressi sufficienti verso l'osservanza; e, aggiungo, la valutazione dell'andamento del debito dovrà Pag. 54tener conto di alcuni fattori significativi nella misura in cui essi influenzano in modo significativo la valutazione dall'osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito da parte dello Stato membro.
Ho fatto questa lunga citazione per dire che questo Parlamento deve, certamente, esprimere le considerazioni che si sono espresse; hanno grande peso, in un dibattito democratico, le osservazioni critiche, le osservazioni preoccupate; penso però che su alcune altre parti non possiamo consentirci di parlare a vanvera, perché questo non serve a nessuno! Non serve alla dignità di questo Parlamento. Lo voglio dire con molta franchezza perché questo dibattito sull'Europa non può essere una sorta di dibattito minore nel quale si usano gli slogan invece di andare a guardare alla sostanza. Lo ripeto, critiche, considerazioni difficili si debbono fare, si fanno, le abbiamo fatte, le facciamo e le farò in questi minuti che mi restano perché naturalmente c'è un limite, lo dicevo all'inizio, un provvedimento come quello del fiscal compact finalizzato al rigore, un altro come quello del MES; cari colleghi della Lega, auguriamoci che la Corte costituzionale tedesca ci consenta di utilizzare il MES per lavorare al fine di ridurre i rischi della speculazione intorno agli spread. Auguriamoci che questo provvedimento ottenga il risultato perché sarebbe davvero positivo per il Paese che il lavoro che il Governo ha compiuto nel corso di questi mesi possa essere, da questo punto di vista, coronato da successo. Anche qui, per tornare alla sostanza del tema, ci sono resistenze, ci sono difficoltà; il Consiglio europeo del 28 e del 29 giugno ha evidenziato che l'Europa certo non può restare ferma al MES, al fiscal compact e, certo, c'è una discussione che riguarda l'analisi della crisi; voi siete profondamente in torto sul punto, come lo sono altri, e se in Europa non si sciolgono queste questioni, non si va avanti. Non si va avanti se l'idea è quella, sostanzialmente, che la crisi europea nasca dalla poca disciplina di bilancio. È una idea che c'è, è un tema, naturalmente, per il quale il Governo italiano ed il Parlamento si sono impegnati e si impegnano anche con questi provvedimenti, però, lo ripeto, senza pensare a formule iugulatorie che sono state messe fuori dalla formulazione del Trattato nei termini esatti che ho riportato un attimo fa. Certo, questa questione dell'austerità non può essere la soluzione del problema. Rigore «sì» ma austerità «no», nel senso che l'analisi della crisi ci porta a dire che gli «sbilanci» nelle bilance commerciali fra la Germania e il resto d'Europa, gli evidenti squilibri macroeconomici che ci sono nell'area europea, non possono essere curati soltanto con politiche di austerità. Accanto a politiche di austerità, occorre altro, abbiamo detto, ed ecco perché vi invito davvero a pensarci bene sul «no» al Meccanismo europeo di stabilità; che bel segnale diamo anche al dibattito che è in corso in questi giorni e che in Germania è molto vivo ma è molto vivo su posizioni che vi dovrebbero spaventare perché, se dovesse prevalere la parte che dice «no» a provvedimenti e ragionamenti che riguardano la solidarietà, non faremo grandi passi in avanti; potremmo trovarci, davvero, davanti a grandi rischi per quello che riguarda non solo l'euro ma anche la tenuta del bilancio pubblico del Paese. Ed è questa la questione sulla quale dobbiamo lavorare, così come ha fatto il Governo in questi mesi, in Europa, per affermare, lo ripeto, che la crisi nasce da ragioni più ampie; non c'è soltanto - dico «soltanto» perché c'è anche questo, naturalmente - un Sud spendaccione; non è così, c'è qualcosa di più e quel qualcosa di più è la ragione per la quale noi abbiamo potuto dire - e ringraziamo il Governo per aver insistito fortemente su questo punto - che noi non chiediamo l'utilizzo o almeno non avremmo chiesto, in queste settimane, l'utilizzo del MES per tappare il buco dello spread, ma perché la questione degli squilibri che lo spread segnala è «drogata» fortemente dalla speculazione.
È stato detto, anche in sedi assolutamente indiscutibili come il Fondo monetario internazionale, che, se dobbiamo guardare ai fondamentali, la differenza che segna lo spread non dovrebbe andare Pag. 55oltre i 200 punti, e non essere a 470 o a 480. Quindi, da un certo punto di vista, dobbiamo continuare a lavorare per politiche di rigore, nel senso di rimessa a punto e di rimessa in sesto dei fondamentali della nostra economia, ma dobbiamo dire, con la stessa precisione e forza, che abbiamo bisogno di rompere lo schema che afferma che si esce dalla crisi europea solo con politiche di austerità. Occorrono politiche di riforme strutturali, occorrono politiche che portino avanti una domanda qualificata. E vengo ad un punto che credo decisivo, ad una considerazione che voglio fare vis à vis con il Governo: ci troviamo di fronte a sfasature temporali - non nascondiamocelo - che possono far nascere problematiche e possono determinare rischi; si tratta dei rischi che i giornali hanno sintetizzato, in qualche modo, con il fatto che, nel mese di agosto, il Paese sarebbe «scoperto». Sono convinto che il Governo sarà capace - e concludo - di costruire tutti i possibili firewall che occorrono, ma sono certo che non saranno quelli che avremmo potuto utilizzare se l'ESM fosse entrato in vigore così come il Bundestag aveva consentito di fare. Vi è qualcosa di più che possiamo fare? Penso di sì, e so, Ministro Moavero Milanesi, che lei si è battuto molto perché in queste condizioni prenda corpo rapidamente, nel convincimento europeo, l'idea che investimenti qualificati per la crescita e per l'innovazione consentano spazi maggiori per una domanda qualificata. Questo è indispensabile, perché, naturalmente, ci si può difendere da tutto, nei modi possibili e immaginabili, ma indubbiamente il tema della crescita ci espone anche da questo punto di vista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tempestini

FRANCESCO TEMPESTINI. Queste sono le regioni per le quali esprimeremo un voto convinto sull'ESM. Lo facciamo sapendo le difficoltà, ma sapendo anche, con realismo e con determinazione...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Tempestini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, il Popolo della Libertà sostiene questo accordo all'interno di quelli che sono, ovviamente, gli equilibri raggiunti in sede europea in merito allo sforzo che tutti i Paesi e i Governi stanno compiendo per avere una maggiore stabilità economica e finanziaria. È uno sforzo importante e consideriamo il Meccanismo europeo di stabilità, e anche la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con riferimento alle condizioni europee con cui si vanno a definire gli interventi in materia, un aspetto di assoluto rilievo, che è coerente con il lavoro che è stato svolto in questi anni.
È da questo che vorrei partire, riprendendo anche alcune considerazioni di colleghi importanti che mi hanno preceduto in sede di dichiarazioni di voto sul fiscal compact e su cui si sono dimostrate anche delle differenze parziali di vedute. Questo lavoro riguarda più in generale l'attenzione della governance europea nei confronti di un problema che è quello della stabilità finanziaria, che in questi tre anni e mezzo - ormai quattro - i nostri cittadini e i popoli dell'Europa hanno toccato con una sostanziale drammaticità. Non dobbiamo dimenticare che, se si arriva a questa scelta, vi si arriva grazie al fatto che ci troviamo esposti ad una speculazione internazionale che non ha trovato una risposta organica in altri organismi e che ha avuto un confronto continuo tra quelle che sono le principali potenze economiche mondiali, che non hanno cambiato fondamentalmente il funzionamento delle regole della finanza e dei mercati.
Sono argomenti che non mettono in protezione il nostro Paese, non mettono in protezione i nostri risparmi e non ci mettono nelle condizioni di poter guardare al futuro con sufficiente serenità. Pag. 56
Il Meccanismo europeo di stabilità ha sicuramente dei punti di debolezza, come ogni accordo che preveda di fatto di attivare nuovi meccanismi che attivino risorse specifiche, che le vadano a recuperare, che decidano come devono essere impiegate e a fronte di quali criteri, ma è evidente che è un buon punto d'accordo.
Si tratta di un punto d'accordo che consideriamo migliorativo rispetto a quelli che erano stati gli strumenti già avviati, ed importanti, che hanno consentito ad altri Paesi dell'euro di poter continuare ad avere una speranza significativa per il futuro. Hanno già utilizzato tali strumenti, che - lo ricordo - sono stati pienamente impiegati, il Portogallo, l'Irlanda e la Spagna stessa.
Questi strumenti hanno il senso di poter guardare al futuro con una maggiore serenità e hanno una sostanziale coerenza, che prima era ricordata molto bene dal collega Frattini, che va sicuramente nel segno, da una parte, delle emergenze di natura economica e finanziaria, ma anche di una strada tracciata che è quella da rafforzare e su cui noi andiamo a sollecitare ovviamente il Governo.
So che il Ministro è sensibile all'argomento, così come ha rappresentato in maniera compiuta oggi in Commissione bilancio e come ha fatto nel dibattito dei giorni scorsi e devo dire che, se pur con alcune - passatemi - pecche da parte della relazione, a mio avviso, del Ministro Grilli, è palese che il Governo sta seguendo una linea di continuità rispetto a ciò che era stato fatto dal Governo precedente e sta cercando nuove sintesi che siano funzionali alla costruzione di un'Europa che non sia solo economica o della finanza, ma un'Europa che tutela i popoli attraverso questi provvedimenti e che punta, attraverso anche questi strumenti, a migliorare la consapevolezza della necessità di un'unione politica che dovrà essere sostenuta da questo Governo.
Il Popolo della Libertà la sostiene con convinzione, consapevole del fatto che l'Italia da sola non si salva di fronte alle tempeste internazionali. L'Italia da sola non si salva con il buon risparmio delle famiglie che ha consentito al nostro sistema economico e sociale di tenere. L'Italia da sola non si salva con dei buoni istituti di credito, che sono stati patrimonializzati nel tempo, ma che hanno bisogno oggi di poter attingere a risorse che diano certezza alla necessità di impiego, alle necessità connesse alle famiglie e a una ripresa che stenta ad arrivare, che deve essere maggiormente sostenuta, ma che deve essere vista sempre in un sistema più ampio, in un sistema complesso in cui l'Italia deve giocare un ruolo da protagonista.
Allora, indubbiamente questo è un meccanismo che fa fare un passo in avanti alla certezza che il popolo italiano può avere un partner significativo, nel momento in cui si dovesse ravvisare anche nel corso dell'estate - cosa che auspichiamo non avvenga - un'iniziativa speculativa ai danni del nostro Paese e del debito pubblico.
Anche su questo vorrei togliere qualche - a mio avviso - mistificazione che è stata fatta rispetto al peso dell'operazione, perché credo sia stata tutto sommato ben rappresentata anche dal Governo quella che è la necessità di tutela del debito pubblico. Noi abbiamo un debito pubblico elevato. L'impegno dell'Italia, come è stato ricordato da autorevoli colleghi e da altri partiti che hanno deciso di non sostenere questo provvedimento, deve essere coperto dal punto di vista tecnico e anche delle risorse economiche.
Però, è giusto dire che l'accordo che è stato raggiunto prevede meccanismi di sostanziale compensazione tra il debito considerato come tale e la logica dell'indebitamento netto del Patto di stabilità europeo, prevedendo anche degli elementi di salvaguardia per quanto riguarda l'individuazione del fabbisogno, che sappiamo essere l'argomento principale.
Quindi, all'amico Guido Crosetto, che rispetto per le sue importanti considerazioni, mi permetto anche di dire che, sì, c'è un impatto di carattere finanziario, ma è un impatto tutto sommato abbastanza ridotto, che può essere sostenuto dagli interventi che andremo a fare nei prossimi Pag. 57tempi purché si prosegua su quell'ordine del giorno che è stato firmato da Cicchitto e dal nostro gruppo parlamentare e che prevede innanzitutto un impegno serrato per la riduzione dello stock del debito, che viene considerato a tutti gli effetti il problema dell'indebitamento italiano.
Quindi, sollecitiamo il Governo su questi punti: da una parte, sicuramente il sostegno a questa iniziativa, dall'altra, un monitoraggio costante affinché non si tratti di uno strumento che va a creare un'ulteriore struttura senza controllo. Su questo vorrei lasciare il segnale anche di un ordine del giorno, che è stato presentato in particolar modo da alcuni colleghi del PdL, in cui si va a toccare l'aspetto delle cosiddette immunità, ovvero il fatto che, da parte dei governatori, del consiglio di amministrazione e del direttore generale del Meccanismo di stabilità, ci sia una sostanziale immunità rispetto alle scelte che si andranno ad attuare.
Credo, Ministro, che sarà utile che il Governo possa rappresentare in maniera compiuta le scelte con cui si andranno ad individuare i componenti del consiglio di amministrazione, quelli che potranno essere i relativi sostituti, le logiche con cui si vanno a scegliere i direttori generali e le azioni connesse che devono avere una giusta tutela, ma non si devono garantire irresponsabilità. Perché ciò che abbiamo vissuto in questi anni da parte del mondo e dei regolatori della finanza internazionale, comprese le agenzie a cui giustamente faceva riferimento prima il collega Frattini, è l'irresponsabilità, se non il dolo, tante volte nei confronti dei sistemi Paese.
Allora, quella che è una norma di buonsenso e che dovrebbe garantire nel tempo elementi di maggiore autonomia e stabilità rispetto al quadro complessivo dell'area euro in cui ci troviamo non deve diventare né impunità né irresponsabilità né licenza di azione, magari proprio in una logica di non difesa degli Stati e degli interessi nazionali.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Alberto Giorgetti.

ALBERTO GIORGETTI. Perché, colleghi, e concludo, all'interno di questo Trattato c'è un elemento in più. Molti hanno detto che cediamo sovranità, rispetto alla possibilità di intervenire per salvare gli Stati, per salvare le nostre banche. È altrettanto vero che nella modifica, però, dell'articolo 136 si torna ad un ruolo fondamentale dei Governi nazionali. Noi ci richiamiamo a questo, ad un ruolo importante del Governo italiano che lavori in maniera seria su questi argomenti, ma che vada a riprendere un tema di fondo che non può essere abbandonato.
Noi non possiamo affrontare - concludo, signor Presidente - i nostri impegni sul debito se non c'è crescita. Ministro, ci deve essere crescita e noi ci aspettiamo provvedimenti più forti nel senso della crescita, del sostegno alle imprese, del sostegno alle famiglie, che ci aiuterà ad affrontare meglio e a tutelare i risparmi forse in modo maggiore rispetto a questo scudo che consideriamo comunque positivo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, ieri il Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, è intervenuto in Commissione bilancio a proposito del fiscal compact e dell'ESM. A parte la stima straordinaria che abbiamo nei suoi confronti, mi pare di poter dire che l'intervento tenuto sia stato fonte di profonda inquietudine e perplessità per molti.
Ieri, infatti, le risposte del Ministro ai quesiti posti nel corso dell'audizione sono state in taluni passaggi assolutamente sfuggenti ed evasive. Il Governo, tra l'altro, continua a non chiarire come lo Stato italiano riuscirà a ottemperare agli obblighi derivanti da questi Trattati. Di fronte ad un impegno di tale entità economica e politica, ci saremmo aspettati una maggiore chiarezza e, per tale ragione, per rispetto dell'istituzione parlamentare e degli italiani in generale che essa rappresenta, Pag. 58chiediamo che i cittadini vengano adeguatamente informati, cosa che - diciamo le cose come stanno - ad oggi non è avvenuta nei termini richiesti.
D'altronde che ci siano dubbi generali sulla legittimità di questi Trattati lo sta dimostrando anche la posizione della Germania che non riprendo perché è stata abbondantemente chiarita qui, oggi, a proposito di un intervento alla loro Corte costituzionale.
Ma stamattina il Ministro Moavero ha ulteriormente - nel suo intervento brillante - rafforzato in me questo dubbio. Lui parlava - lo dico con grande rispetto in questo momento - di una sorta di «polizza di assicurazione» per il sistema Italia e, comunque, in generale per il nostro Paese.
Ma, a parte l'effetto immaginifico, non mi sento per niente - e, come me, tanti italiani - rassicurato e assicurato da un meccanismo che consente all'ESM di portare l'Italia in caso di inadempienza davanti alla Corte di giustizia, ma che non consente all'Italia di portare l'ESM davanti a chi che sia in caso di loro abuso, visto che il Trattato non consente azioni giudiziarie verso di loro.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALESSANDRO PAGANO. Un ultimo minuto, signor Presidente. Quindi, quindici uomini - eletti non si sa da chi - di fatto hanno un potere straordinario nei confronti della stragrande maggioranza dell'Europa.
Quindi, signor Presidente, onorevoli colleghi, i trattati ci impongono una riduzione di un ventesimo dell'indebitamento. Si tratta di una cifra colossale e noi oggi ci stiamo prendendo un impegno che non vale solo per la nostra generazione, ma anche per quella dei nostri figli e, forse, anche dei figli dei nostri figli. Non bisogna essere economisti per capire che la pressione fiscale già oggi è clamorosamente stratosferica...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pagano...

ALESSANDRO PAGANO. ...e questa sarà l'anticamera di un Paese che ovviamente rischia di essere svenduto e smontato pezzo per pezzo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni)...

PRESIDENTE. La ringrazio...

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative alla mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Pagano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Signor Ministro, a differenza dell'intervento sul fiscal compact, sull'ESM il mio parere è molto più dubitativo. Questo non è lo strumento che io avrei scelto e che molti avrebbero scelto, ma lo strumento che l'Europa ci ha messo a disposizione. Ci sono alcuni punti interrogativi che non possono passare al di fuori del dibattito. Prima l'onorevole Giancarlo Giorgetti ha sollevato un tema: come può un Paese pensare di riuscire a pagare - nessuno ci arriverà mai - i 125 miliardi che dovremmo pagare su richiesta in sette giorni? Questo è il primo tema.
Il secondo tema è: come mai accettiamo che ci siano mille, cento, cinquecento non so quanti saranno dipendenti, governatori e amministratori dell'ESM che sono le uniche persone sulla Terra non soggetti ad alcuna giurisdizione di nessun Paese? Come facciamo ad accettare che le sedi dell'ESM siano le uniche non soggette ad alcuna giurisdizione? Non è la stessa cosa delle ambasciate, colleghi. Le ambasciate sono soggette alla giurisdizione del loro Paese. Il tema si pose - lei se lo ricorda - quando nacque la BCE e fu risolto mettendola sotto una giurisdizione. Pag. 59Non è stato risolto con l'ESM. Noi creiamo l'unico organismo potentissimo sulla faccia del pianeta in cui dipendenti e amministratori non sono soggetti, né per gli atti che compiono, né per tutti gli altri atti, a nessuna giurisdizione sulla faccia della Terra.
È uno strumento che probabilmente potrebbe essere utile, anche se i mercati che l'hanno già scontato dimostrano di no, ma nessuno scrive che uno strumento utile possa essere costruito senza dibattere sui contenuti, sul metodo e sulle forme con cui è costruito. Nessun Paese può accettare di avere solo sette giorni, su richiesta del direttore generale, per rientrare di 10, 20 o 50 miliardi di euro.
Quando dico che non si è discusso abbastanza sul tema, non mi riferisco soltanto ai contributi generali o all'idea che sta dietro questi provvedimenti, ma anche alle cose che stanno nascoste all'interno delle pieghe. Purtroppo, però, non è più possibile intervenire: o lo accettiamo così o non lo accettiamo.
Per questo motivo, con rispetto molto più per questo strumento che per il Trattato di prima, voterò contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, mi limito ad osservare che non credo ci sia alternativa sotto il profilo della gestione dei conti pubblici ad una riduzione del debito e, quindi, al pareggio del bilancio, o meglio ad un avanzo primario che ci consenta di affrontare, non dico con serenità, ma con responsabilità il futuro. Se il Paese non crescesse, questo problema rimarrebbe tutto sul tappeto, perché la mancanza di crescita obbligherebbe questo Paese comunque a ridurre la spesa.
Per quanto concerne il rapporto diretto tra il Trattato che abbiamo votato poco fa e il nuovo meccanismo europeo di stabilità, credo che il voto sia obbligato.
Non si può, da un lato, pretendere, come si è fatto, di ottenere un meccanismo europeo di stabilità che possa quanto meno arginare la speculazione e, dall'altro lato, dimenticare che questo Trattato è perfettamente coerente, anzi vincolato, al Trattato sulla nuova governance che, ancora nel dicembre 2011, chi rappresentava l'Italia ha sottoscritto per nostro conto in sede europea.
Signor Presidente, non so - e concludo - se il nostro voto costituirà un impegno anche per le generazioni future. Se così fosse, ne sarei onorato, perché vorrei chiedere alle generazioni politiche passate perché, invece che un impegno, ci hanno lasciato in eredità un debito insostenibile, che mette in ginocchio il nostro Paese. Questo voto non è per l'Europa: è, prima di tutto, per il mio Paese, per l'Italia (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5359)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato, n. 5359, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mura, Formisano, Bellotti, Savino, Giammanco, Bonaiuti, Iapicca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 3240 - «Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012» (Approvato dal Senato) (5359):

Presenti 414
Votanti 378
Astenuti 36
Maggioranza 190
Hanno votato 325
Hanno votato no 53

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Pag. 60

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a uno strumento del sindacato ispettivo (ore 13,55).

PRESIDENTE. Vi sono alcune richieste di intervento sull'ordine dei lavori. Sono pronto a prenderle tutte in considerazione ma, data l'ora, il tempo concesso per ciascun intervento è di un minuto.

EUGENIO MAZZARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, volevo segnalare una notizia molto grave che è oggi sulle pagine de L'Avvenire.
Si tratta dei risultati di un'indagine dell'Istituto dei tumori di Napoli «Pascale», che denuncia un'emergenza sanitaria che è una vera emergenza politica e morale in controtendenza rispetto ai dati statistici del Paese. Negli ultimi venti anni in Italia il tasso di mortalità per patologie oncologiche è rimasto stabile o si è ridotto, mentre nei territori del napoletano e del casertano, i territori delle ecomafie, questo tasso è aumentato ben del 47 per cento.
La prego di sottolineare al Governo e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro della salute questa situazione, che è un'autentica emergenza e, sostanzialmente, determina una strage di massa che si sta perpetrando da venti anni nell'indifferenza generale.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzarella, naturalmente la Presidenza ne prende atto. Naturalmente, può anche presentare atti di sindacato ispettivo sul tema.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per segnalare a lei e all'Assemblea che il dottor Gubitosi ha ottenuto ieri un contratto a tempo indeterminato, da parte della RAI, con la retribuzione di 650 mila euro lordi all'anno.
Credo che questa decisione della RAI sia scandalosa e l'Italia dei Valori solleverà il caso nella Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Voglio però sottolineare questa circostanza: il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2012, all'articolo 3, prevede un tetto alle retribuzioni pubbliche di circa 295 mila euro lordi all'anno. Mi si dirà ovviamente che la RAI è una società per azioni e che il tetto ai suoi dipendenti non si applica formalmente, ma sarebbe un'obiezione ridicola e causidica. Che un soggetto chiamato a risanare e ad amministrare con sobrietà, come primo swap, una società pubblica, sostenuta dal canone obbligatorio dei cittadini, sottoscriva un contratto per questo importo è del tutto inaccettabile, se si considera poi anche la segretaria e altri soggetti con il grado di dirigente.
Si dice spesso che sia una vergogna dell'Italia che gli stenografi parlamentari prendano più del Presidente Obama; penso che, di per sé, la circostanza sia falsa; è invece vero senz'altro che ora il dottor Gubitosi prenderà più di Barack Obama e questo è un pessimo inizio e non restituisce credibilità né al Governo, né al Paese. Allora davvero preferisco i nostri stenografi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ROBERTO MORASSUT. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, nel corso della notte, un incendio ha danneggiato gravemente le strutture del Teatro 5 degli stabilimenti cinematografici di Cinecittà a Roma. Il Teatro 5 è forse il teatro più importante del complesso, perché è il luogo di importantissime produzioni filmiche, in gran parte legate all'opera di Federico Fellini, il cui ufficio, Pag. 61ricostruito e restaurato, trova posto proprio nella sede del teatro. È un danno serio per la cultura italiana, per l'identità del Paese, per la storia e per l'industria cinematografica che ha, in gran parte, legato il suo nome a Cinecittà.
L'episodio, però, avviene nel pieno di una vasta mobilitazione dell'opinione pubblica, dei lavoratori del cinema e della cultura italiana che, in questi giorni, si sta attivando per difendere il complesso cinematografico dai rischi possibili di uno snaturamento dell'area, legato alla dismissione del patrimonio immobiliare di Cinecittà e, soprattutto, al cambio di destinazione d'uso delle porzioni rilevanti delle aree esterne ancora libere ed inedificate, dove vengono realizzate le produzioni all'aperto.
Vorrei pertanto sollecitare, attraverso la Presidenza della Camera, in primo luogo il Ministro dell'interno ad attivare ogni azione utile per far chiarezza sull'accaduto e sul carattere più o meno doloso - non è dato saperlo - dell'incendio e la Presidenza della Camera - ho concluso - ed i gruppi a porre all'ordine del giorno dell'Assemblea al più presto le mozioni parlamentari bipartisan già depositate dai partiti di diversa ispirazione politica, che chiedono alla Camera di esprimersi sullo sviluppo e sulla difesa della caratteristica produttiva e culturale del complesso.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, vorrei esprimere il mio dolore e il mio sdegno per la morte di otto fratelli israeliti e per tanti feriti, vittime di un attentato che conferma un'altra volta, per l'ennesima volta, un odio cieco, feroce, assoluto.
Abbiamo vissuto in questi ultimi mesi le stragi all'interno di chiese cristiane in Africa e, purtroppo, c'è una parte del mondo islamico che non tollera fisicamente e psicologicamente la presenza dei cristiani e degli ebrei. Che fare? Partirei dal non fatto. Siamo partiti da un'Europa che non ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco quali sono i valori fondanti europei, che sono valori non soltanto basati sull'antica Grecia e su Roma, ma sono soprattutto valori giudaico-cristiani.
In ultimo, abbiamo fatto ancora di peggio: ci siamo illusi, noi occidentali, in particolare gli americani, sulle primavere arabe, che hanno avuto come unica conseguenza quella di trasformare Paesi laici vicini all'Occidente (Il Cairo, per esempio, già si è avvicinato all'Iran) in nuovi potenziali avversari del mondo occidentale.
Vorrei che il cordoglio per queste ultime vittime fosse di tutti i colleghi (Applausi del deputato Renato Farina).

FRANCESCO LARATTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione sulla situazione dei profughi ospitati da oltre un anno in Calabria, situazione che si va facendo sempre più drammatica. Gli stessi risultano del tutto abbandonati, mentre la Protezione civile non ha rispettato gli impegni assunti. Ricordiamo che la Protezione civile gestisce il progetto «Emergenza Nord-Africa» avviato il 7 aprile 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per fare fronte ai barconi che affollavano le coste di Lampedusa.
I sindaci di Riace e Acquaformosa hanno iniziato lo sciopero della fame proprio da ieri per richiamare l'attenzione sulle condizioni di assoluto abbandono in cui sono stati lasciati da molti mesi. La situazione è gravissima anche nei centri per accoglienza degli immigrati di Amantea e Rogliano, dove si sono registrati negli ultimi giorni dei disordini e i centri sono gestiti in condizioni di grande confusione.
I sindaci dei comuni della rete dell'accoglienza sono stati quindi lasciati da soli, abbandonati, senza mezzi né risorse per fare fronte al dramma di centinaia di rifugiati. Si rischia il ripetersi delle rivolte di Rosarno di qualche anno fa. Pag. 62
Probabilmente l'origine del problema va scovata nelle pieghe della Protezione civile calabrese: da Roma infatti risultano essere stati inviati circa 5 miliardi di euro, ma ad Acquaformosa, Riace e negli altri comuni della rete non è arrivato un centesimo.
Chiediamo quindi l'intervento urgente del Governo per risolvere quanto sopra segnalato, al fine di mettere a disposizione tutti gli strumenti adeguati, a suo tempo promessi, per meglio gestire la situazione. Chiediamo anche di verificare se siano rispettati i diritti dei rifugiati e il loro inserimento sociale, soprattutto nei centri di Amantea e Rogliano. Forse occorrerebbe una vera e propria inchiesta per capire meglio, signor Presidente, cosa stia accadendo intorno all'emergenza profughi in Calabria, perché i dubbi e i sospetti sono davvero tanti.

LUIGI VITALI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, vorrei sollecitare la risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-16101 presentata il 16 maggio 2012 al Ministro dell'economia e delle finanze. Tramite la Presidenza vorrei fare una sollecitazione perché pervenga quanto prima la risposta.

CLAUDIO D'AMICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, ieri era l'anniversario dei 18 anni dell'attentato di Buenos Aires, quando l'associazione ebraica AMIA fu distrutta da una bomba che provocò 85 morti.
Ieri un altro attentato ha colpito dei cittadini dello Stato di Israele e questo attentato è stato fatto nell'Unione europea, quindi ci tocca in modo ancora più da vicino. È un attentato che non può passare inosservato e lo dobbiamo ricordare in quest'Aula, in primo luogo perché noi esprimiamo il nostro cordoglio per le vittime e il nostro sostegno e la nostra vicinanza allo Stato di Israele per questa situazione drammatica. Inoltre esprimiamo anche il nostro cordoglio e la nostra vicinanza alla Bulgaria, perché alcuni dei morti in questo attentato vile e vigliacco sono bulgari. Quindi, è giusto che anche il nostro gruppo si associ a questo momento di cordoglio nei confronti delle vittime e si associ alla richiesta di combattere in modo sempre più forte il terrorismo, vigilando affinché questi fatti non accadano più (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

MARCO MAGGIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, colleghi, vorrei sottolineare un importantissimo dato politico, quello che è emerso oggi, vale a dire che la maggioranza, nata con 570 voti a sostegno del Governo Monti, oggi si è sciolta come neve al sole ed è arrivata a 325 voti. Questo è un dato importantissimo dal punto di vista politico, in relazione all'importanza fondamentale dei provvedimenti che abbiamo votato in quest'Aula questa mattina. Noi tifiamo per raggiungere i 314 voti e faremo di tutto affinché questa maggioranza diventi minoranza e si ridia la voce al popolo sovrano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

GIACOMO CHIAPPORI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Spero sia l'ultimo intervento, perché non darò la parola più a nessuno.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, sull'onda di quello che ha detto il collega, ringraziamo i nove «compagni» che hanno tenuto su il Governo Monti e che forse hanno dato inizio a quella frana che con questo provvedimento il nostro Paese avrà nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,40.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Antonione, Brugger, Caparini, Cicchitto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leo, Lucà, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Pisicchio, Stucchi e Vitali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Calearo Ciman n. 2-01587)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Calearo Ciman n. 2-01587 è rinviato ad altra seduta.

(Intendimenti del Governo in merito alla sottoscrizione della «Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica» - n. 2-01593)

PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01593, concernente intendimenti del Governo in merito alla sottoscrizione della «Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica» (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, vorrei partire dai dati drammatici che riguardano la violenza sulle donne nel nostro Paese e nei Paesi europei. In Europa sette donne sono uccise ogni giorno da parte dei loro partner e l'Italia ha, purtroppo, la triste maglia nera in questo campo: nei primi sei mesi del 2012 sono state 63 le donne vittime di violenza, costituendo questo fenomeno, ormai, un dramma non più soltanto umano, dalla portata, evidentemente, catastrofica per il nostro Paese e per tutto il continente, ma anche un dramma sociale, che pensiamo che la politica non possa ignorare e che si debba porre come priorità non soltanto per la dignità umana di ogni singola vittima, ma anche per la tenuta della nostra società stessa.
Nel maggio del 2011, quindi più di un anno fa, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica è stata aperta alla firma dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, dei Paesi di vicinato e dell'Unione europea. Si tratta del primo strumento giuridico internazionale vincolante che si propone di definire un quadro normativo completo, ovvero che comprenda sia misure di prevenzione della violenza, sia misure di tutela giudiziaria, sia misure di sostegno alle vittime. Si tratta di misure, oltretutto, che sono specificate nella Convenzione in modo piuttosto dettagliato e che impegnano gli Stati firmatari ad adottare specifiche iniziative per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire gli autori dei reati.
In particolare, le azioni previste sono: azioni istituzionali di prevenzione nel settore educativo e dell'informazione; sanzioni contro la violenza fisica, psicologica e sessuale, contro i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, lo stalking; strumenti di sostegno medico, psicologico e legale alle vittime; meccanismi di monitoraggio sull'implementazione della Convenzione. Pag. 64
Si tratta, quindi, di uno strumento giuridicamente vincolante molto innovativo, perché, per la prima volta, lega il tema della violenza sulle donne al tema della violazione dei diritti umani fondamentali. Può sembrare incredibile, ma è la prima volta che, a livello internazionale, viene affermato il legame tra la violenza sulle donne - violenza in ambito domestico, in particolare, ma non soltanto - e il tema del riconoscimento della tutela dei diritti umani fondamentali.
Quindi, si tratta di uno strumento utile non soltanto per dare al nostro Paese la capacità e la possibilità di inserire degli strumenti normativi efficaci per prevenire e contrastare la violenza sulle donne, ma si tratta anche di uno strumento che, dal punto di vista filosofico-concettuale, adeguerebbe il nostro sistema giuridico agli standard internazionali.
Ad oggi, ventuno Paesi hanno già firmato la Convenzione: si tratta di Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Austria, Svezia, Finlandia, Norvegia, Grecia, Portogallo e Turchia, che, oltre ad averla firmata, l'ha anche ratificata (è stato il primo Paese a farlo).
Il Parlamento italiano non è stato inattivo in questi mesi. Il 2 febbraio abbiamo mandato una lettera al Ministro degli affari esteri Terzi e, per conoscenza, al Presidente Monti, al Ministro Moavero e al Ministro Fornero, per chiedere che l'Italia firmi la Convenzione, e così consenta al Parlamento una rapida ratifica.
In quello stesso giorno quest'Aula ha approvato all'unanimità - ripeto: all'unanimità - un ordine del giorno alla legge comunitaria del 2011 che impegnava il Governo ad attivarsi nelle sedi dell'Unione europea perché questa aderisca alla Convenzione.
Il 29 febbraio abbiamo ricevuto una risposta molto positiva del Ministro Terzi di Sant'Agata che, tra l'altro, diceva: «Posso pertanto assicurare che l'Italia intende sottoscrivere quanto prima la Convenzione e che nei prossimi giorni verranno completate le procedure interne».
La storia non finisce qui perché il 7 marzo, ossia alla vigilia di una data importante come l'8 marzo, la sottosegretario Dassù, in Commissione affari esteri e comunitari, rispondendo ad una nostra interrogazione, riaffermava l'importante volontà del Governo di firmare la Convenzione. Cito le sue parole dal resoconto: «Posso quindi confermare che il Governo intende sottoscrivere la Convenzione quanto prima, in linea con gli auspici espressi dal Parlamento». Siamo al 7 marzo scorso.
Nello stesso mese di marzo l'Aula della Camera ha approvato una mozione, a prima firma dell'onorevole Cenni, contro la violenza sulle donne, che include una serie di raccomandazioni e di indicazioni al Governo, tra le quali anche una rapida firma della Convenzione in oggetto. Sempre recentemente e sempre all'unanimità è stata votata in Commissione affari sociali una risoluzione, a prima firma dell'onorevole Murer, che impegnava il Governo nella stessa direzione.
Si tratta, in sostanza, di segnali univoci, molto positivi, che dalle Aule parlamentari, insieme - infatti alcuni passaggi in questa direzione sono stati compiuti anche dal Senato -, sempre in modo unanime, tra tutte le forze politiche, sono stati dati al Governo. Si tratta anche di segnali che, sempre in modo univoco e positivo, sono venuti dal Governo, in tutti i passaggi istituzionalmente rilevanti, per rassicurare che la firma italiana ci sarebbe stata e sarebbe venuta quanto prima.
Qual è allora il motivo dell'interpellanza urgente in esame? Da una parte, chi come me fa parte della delegazione italiana parlamentare presso il Consiglio d'Europa ogni volta che partecipa ai lavori dell'Assemblea parlamentare del Consiglio stesso o delle Commissioni di quell'organo si trova, chiaramente, a rispondere ad una serie di sollecitazioni da parte di quei Paesi che hanno già firmato e che si aspettano dal nostro Paese un passo analogo. Inoltre, ci chiediamo se non siano sorti dei problemi nuovi rispetto all'affermazione che il Governo ha sempre fatto, in coerenza con il mandato parlamentare, di voler firmare. Pag. 65
Perché l'urgenza? Perché, effettivamente, capiamo che vi è questo scorcio di legislatura che può essere ancora utile per compiere alcuni passaggi, anche e soprattutto di tipo condiviso, all'interno dell'Aula. Non a caso, infatti, l'interpellanza urgente in oggetto, nel riaffermare questa forte volontà parlamentare, ha cercato le firme - le prime firmatarie appartengono a quasi tutti i gruppi politici - del più ampio arco politico presente in quest'Aula. Sono particolarmente contenta del fatto che, oltre alla mia prima firma, vi siano le firme delle onorevoli Bergamini, Binetti - che è in Aula oggi - Bongiorno e anche di un collega della Lega Nord: uomini e donne di diversi gruppi parlamentari, proprio per rassicurare il Governo sul fatto che vi è un sostegno pieno, convinto, consapevole e unanime di quest'Aula ad un passaggio che, però, il Governo formalmente deve fare per consentire al Parlamento di procedere in tempi rapidi alla ratifica.
Quindi con l'interpellanza urgente in oggetto vogliamo capire per quale motivo ancora non sia stata apposta la firma, sapere quando potremo iniziare ad occuparci, dal punto di vista parlamentare, della ratifica di quest'atto, ma, soprattutto, riaffermare la volontà forte, unanime e coesa di questo Parlamento per la firma e la ratifica di questa Convenzione, rinnovando il sostegno alle intenzioni che ufficialmente, formalmente e istituzionalmente il Governo ha fin qui sempre espresso in tutte le sedi e in tutti i passaggi istituzionalmente rilevanti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Staffan de Mistura, ha facoltà di rispondere.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, prima di tutto vorrei ringraziare l'onorevole Mogherini Rebesani e gli altri deputati che hanno sollevato tale questione, perché ritengo che sia importante che venga sollevata.
Come l'onorevole interpellante sa e anche lei, signora Presidente, sa bene, vengo da Tokyo dove l'Italia, rappresentata da me - ma dietro di me c'era tutta l'Italia -, si è battuta per i diritti delle donne afgane. Lo abbiamo fatto con fermezza, con durezza e con decisione perché sentiamo che è una causa giusta per giustificare la nostra presenza laggiù oggi e soprattutto giustificare questo sforzo ulteriore che vogliamo fare in Afghanistan.
Ora, come voi potete immaginare, diventa molto difficile per noi, come Governo, spiegare poi a noi stessi e a tutti gli altri il fatto che a casa nostra non riusciamo a firmare una Convenzione per la difesa contro la violenza - ripeto: violenza - sulle donne in Italia. Infatti, mi trovo in profonda difficoltà a fornire delle spiegazioni a lei, onorevole Mogherini Rebesani, sui motivi per i quali non siamo in condizioni di farlo.
Quindi, prima di tutto la ringrazio di avere sollevato il problema e, in secondo luogo, le rinnovo esattamente - lo avrei letto io, lei l'ha già letto con molta cortesia - quanto ha affermato il Ministro Terzi di Sant'Agata. Lo ripeto di nuovo affinché sia un impegno che dobbiamo e vogliamo mantenere.
Il Ministro Terzi di Sant'Agata disse il 29 febbraio: «Posso, pertanto, assicurare» - non promettere o sperare, ma «assicurare» - «che l'Italia intende sottoscrivere quanto prima la convenzione e che, nei prossimi giorni» - sono passati, lo riconosco - «verranno completate necessarie procedure interne».
C'è qualcosa che ferma queste procedure interne. Vorrei anch'io scoprire quali sono. La forma ufficiale che mi è stata data dice: «a tal fine, dal momento che l'adesione alla Convenzione comporterà interventi di adeguamento dell'ordinamento interno, sono in corso i necessari approfondimenti tecnici con le altre amministrazioni interessate». Mi pare un commento drammaticamente burocratico e come tale va preso. La realtà è che manca una risposta chiara e la risposta deve essere che, se il Governo ha deciso di farlo, deve procedere.
È per questo che la ringrazio molto, onorevole Mogherini Rebesani, affinché il Pag. 66Parlamento ci aiuti in maniera coerente a rispettare quello che abbiamo detto formalmente che intendiamo fare, e affinché, quando parliamo di Afghanistan, possiamo permetterci il lusso di dire che anche a casa nostra abbiamo fatto la nostra parte.

PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di replicare.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, sono soddisfatta per l'atteggiamento di grande empatia espresso dal sottosegretario Staffan de Mistura e dal suo stesso riconoscere che c'è un livello di volontà politica chiaramente espresso, che però in queste settimane - che sono diventate mesi - sta iniziando ad urtare contro degli ostacoli che, nella migliore delle ipotesi, possiamo definire come dei passaggi burocratici un po' troppo lunghi e, nella peggiore delle ipotesi, possiamo classificare come un qualche cosa che non risulta pianamente trasparente e leggibile agli occhi degli stessi decisori politici.
Infatti, quando il Governo e il Parlamento concordano nell'urgenza di un atto che è una sottoscrizione ad una Convenzione, rispetto alla quale poi inizia il procedimento di ratifica parlamentare, i passaggi di adeguamento del nostro ordinamento interno hanno tutto il tempo per essere fatti poi, nei passaggi successivi. In genere le ratifiche non si perfezionano in una settimana, figuriamoci in questi tempi in cui il calendario parlamentare è particolarmente sotto stress per altre priorità. E, tuttavia, non è possibile che, di fronte ad una volontà politica unanimemente espressa e molto forte, con ripetuti passaggi parlamentari e governativi molto espliciti, questo non diventi un atto reale del Governo e, quindi, di conseguenza non si consenta al Parlamento di lavorare utilmente sulla ratifica.
Allora, a noi non basta la rinnovata assicurazione, perché purtroppo abbiamo visto che un'assicurazione - che pure non era una promessa -, fatta il 2 febbraio, poi per diversi mesi non ha trovato nessuna concretezza nelle scelte successive. Ci vuole una volontà politica che si affermi su qualsiasi tipo di difficoltà o lentezza burocratica che si possa frapporre fra la volontà politica e la realizzazione dell'atto.
Noi come Parlamento vi aiuteremo molto volentieri. Troveremo insieme, penso, i modi per farlo nel modo più efficace. Può essere una nuova mozione parlamentare, può essere forse l'adesione - forse questo potrebbe essere utile - ad una campagna di petizione on line che lo Special Rapporteur della campagna del Consiglio di Europa per la lotta alla violenza contro le donne sta lanciando e che l'onorevole Mendes Bota, un parlamentare popolare portoghese, sta portando avanti proprio in queste settimane, perché il popolo europeo spinga sopra i suoi Parlamenti e i suoi Governi perché agiscano in fretta e non facciano in modo che la crisi economica ci faccia dimenticare un altro tipo di crisi, che è altrettanto violenta ed altrettanto pesante, che è quella che si abbatte sulla vita delle donne quotidianamente.
Allora, forse, potrebbe essere il caso di lanciare insieme un'adesione, ognuno per i propri propri canali, i propri partiti e le proprie reti di collegamento con le organizzazioni di donne, ma non solo di donne, perché il problema della violenza sulle donne affligge tutta l'umanità, tutta la nostra società - scusate è stato un piccolo lapsus - ma il riferimento a Tokyo l'ho trovato molto coerente e molto convincente. È vero, noi stiamo facendo tantissimo nel mondo per i diritti delle donne e poi rischiamo di vedere questo impegno contraddetto da comportamenti interni che sinceramente non hanno molta ragion d'essere. Allora, credo che possa essere utile fare questo.
Da parte mia, posso impegnare il mio gruppo e il mio partito - ma penso che iniziative simili potranno venire anche da altri colleghe e colleghi - e, per quanto mi riguarda, provare a lanciare questa campagna nella società, per far sentire che c'è una pressione dell'opinione pubblica ed una chiara volontà popolare, non soltanto una volontà politica. Pag. 67
Mi piacerebbe molto arrivare alla prossima riunione della Commissione sull'uguaglianza di genere del Consiglio d'Europa, che si terrà il 13 e 14 settembre a Tirana (visto che l'Albania è Presidente di turno del Consiglio d'Europa) e che vedrà anche una riunione del network europeo contro la violenza sulle donne, potendo annunciare un atto e non soltanto un'assicurazione. I tempi non sono lunghi, ma una firma non prende così tanto tempo. Allora, a me piacerebbe veramente che riuscissimo, noi come Parlamento, e sono certa che potremmo fare dei passaggi in questo senso anche nelle prossime settimane - penso, per esempio, al fatto che il mio gruppo, il nostro partito ha una campagna molto fitta di iniziative estive, penso alle feste, penso agli incontri e appuntamenti simili ci sono da parte di tutti gli altri partiti - e penso che potremmo sfruttare questi appuntamenti per lanciare una raccolta di firme e una petizione molto ampia e molto diffusa nella società.
Mi piacerebbe, però, arrivare alla prossima riunione della Commissione sull'uguaglianza del Consiglio d'Europa, il 13 e 14 settembre a Tirana, potendo annunciare la firma e non l'intenzione di firmare del Governo italiano questa importantissima Convenzione che, sinceramente, farebbe fare al nostro Paese un grandissimo passo avanti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

(Iniziative per chiarire la disciplina in materia di proroga del mandato dei rettori in carica nella fase di prima attuazione della riforma universitaria del 2010 - n. 2-01600)

PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-01600, concernente iniziative per chiarire la disciplina in materia di proroga del mandato dei rettori in carica nella fase di prima attuazione della riforma universitaria del 2010 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, come i colleghi sanno e come sicuramente il Governo, coinvolto in questo nostro appuntamento di oggi pomeriggio, conosce perfettamente, abbiamo avuto un lungo iter per l'approvazione della legge di riforma universitaria, la cosiddetta legge Gelmini, una legge che ha avuto delle luci e delle ombre, ma che comunque attualmente è legge dello Stato ed è a questo punto che io voglio veramente fare riferimento in questa mia interpellanza urgente.
Il comma 9 dell'articolo 2 della legge dispone che il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto sia prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo. La legge prevede già alcune condizioni di complessità, come accade quando viene lanciata una prima riforma, per cui prevede, per esempio, che se si tratta di un rettore al primo mandato possa godere di un tempo prolungato o comunque tiene conto dell'anno accademico in corso per facilitare al rettore l'espletamento del suo mandato. Però è molto chiaro: la ratio della legge è quella di assicurare tempi certi e rapidi per il cambiamento, distinguendo, peraltro, la sorte degli organi collegiali e monocratici elettivi, che decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto, da quelli del rettore, per il quale sono dettati tempi certi con la regola generale della proroga di un anno aggiuntivo rispetto al proprio mandato.
La legge fa chiarezza, in altri termini, su questo punto che riguarda la durata del mandato del rettore, ovviamente lo collega al momento in cui gli statuti dell'università vengono approvati all'interno del senato accademico e all'invio di questi statuti al Ministero. Però la legge chiede che il mandato del rettore termini in un momento concreto e preciso, legato alla prassi, che è dettata con chiarezza dalla legge.
Quindi la legge non presenta chiaroscuri, ma la consapevolezza della complessità di alcune situazioni accademiche diverse; le prevede, le analizza, le puntualizza, dopodiché chiede che la legge venga Pag. 68applicata. Come sicuramente il Governo sa, ci sono state alcune università in cui questa norma è stata volutamente sottoposta ad una lettura di chiaroscuri, con l'unico evidente obiettivo che è quello di prolungare surrettiziamente la durata del mandato del rettore. Avevamo presentato in tal senso anche in precedenza una nostra interrogazione che aveva avuto una risposta da parte del Ministro, ma una risposta in qualche modo compiacente nei confronti di questa zona di chiaroscuri. Senonché noi torniamo a ripresentare su tale materia questa interpellanza focalizzando quella che è la situazione dell'università di Perugia, non perché l'università di Perugia abbia problemi diversi da quelli dell'università de L'Aquila o di altre università nel territorio nazionale, ma perché in questo caso è subentrata una sentenza del TAR che offre un'interpretazione molto chiara, molto precisa e molto netta, tale per cui credo che non sia più possibile agli organi del Ministero fornire risposte sufficientemente flessibili o sufficientemente elastiche nella terminologia da rendere plausibile un'interpretazione diversa da quella che la norma contiene con tanta chiarezza e anche con tanta coerenza con quello che è lo spirito stesso della legge.
Di fatto il tribunale amministrativo regionale, nella decisione richiamata, evidenzia con chiarezza i motivi di diritto che impediscono la strada interpretativa seguita dal decano dell'università degli studi di Perugia e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, evidenziando, tra l'altro, la circostanza che la legge, nel fissare il termine, non richiama la procedura di controllo regolata dai commi 7 e 8, ma solo la procedura di prima adozione regolata dai commi 5 e 6. Questa potrebbe sembrare una specie di complessità burocratica. In realtà, i commi 5 e 6 stabiliscono con chiarezza il momento in cui lo statuto è approvato dal senato accademico e successivamente inviato al Ministero. I commi 7 e 8 sono quelli che si riferiscono al momento dell'invio al Ministero. Ma, in realtà, lo statuto è già valido nel momento in cui il senato accademico lo approva perché il Ministero «non è obbligato» a mandare una risposta di adesione. Il Ministero potrebbe mandare dei suggerimenti, delle indicazioni di correzione, potrebbe suggerire delle proposte in qualche modo che modificano, ma potrebbe anche semplicemente utilizzare la classica prassi del silenzio-assenso. Mi ha mandato un buono statuto, ne tengo atto, per me vale quello che tu mi hai mandato; esattamente ciò che prevedono i commi 5 e 6.
In questa nebulosità, se debba ritenersi valido lo statuto nel momento in cui è approvato dal senato accademico o nel momento in cui riceve l'approvazione da parte del Ministero, si è insinuata questa tendenza a quello che chiamo un prolungamento surrettizio del mandato dei rettori. La sentenza del TAR fa chiarezza e fa chiarezza proprio andando a focalizzare esattamente questo punto. Ignorare la chiarezza di questa sentenza, ignorare, quindi, che si fa data dal momento dell'approvazione del senato accademico, significa che gli atti che da quel momento in poi non fossero coerenti con la norma, con la legge generale, alla luce dello statuto particolare, potrebbero risultare invalidi, tant'è vero che noi riteniamo che questa situazione rischia di creare degli abusi, tanto che sembra che in alcune sedi universitarie rettori in carica già prorogati intendano impedire, o quantomeno ritardare ulteriormente, il regolare svolgimento di elezioni già convocate dal decano a norma della legge n. 240 del 2010.
I fatti in questione costituiscono, a giudizio degli interpellanti, prima di tutto una violazione di legge e come tale - insisto - si apre la strada a un contenzioso non indifferente perché tutti gli atti compiuti dal rettore, che non è che non può essere considerato regolarmente in carica in quanto decaduto a norma della legge, potrebbero di fatto risultare invalidi. Mi immagino concorsi chiesti, mi immagino altri documenti che siano stati approvati. Questi sì possono esporre a questa sanzione che non è una sanzione indifferente in un momento così complesso della vita accademica in cui tutti quanti sentono un bisogno estremo di chiarezza. Pag. 69
Anche perché se non c'è chiarezza a livello di rettorato, non ci sarà chiarezza a livello del Senato, non ci sarà chiarezza a livello di consigli di facoltà o a livello dei dipartimenti, non ci sarà chiarezza nel rapporto con gli studenti. D'altra parte dobbiamo anche dire una cosa: che credibilità potrà mai avere quel rettore, che in prima persona evade una norma, con un evidente conflitto di interessi, nel momento in cui chiede ai docenti o agli studenti o al personale amministrativo di rispettare la regola? In altre parole, noi siamo davanti davvero ad un problema di correttezza istituzionale. È per questo che noi riteniamo che la sentenza del TAR, del tribunale di Perugia, sia davvero importante e per questo chiediamo al Ministro, qui rappresentato dal sottosegretario, una risposta chiara, inequivocabile, che metta ognuno davanti alle proprie responsabilità e, mettendo ognuno davanti alle proprie responsabilità, faciliti la vita serena, limpida e corretta di un ateneo, che è prima di tutto scuola di democrazia per tutte le persone che lo frequentano e, in quanto tale, deve essere scuola di rispetto delle norme e scuola non di interpretazione faziosa delle norme stesse a proprio uso e consumo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere.

MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Gli onorevoli interpellanti pongono nuovamente all'attenzione del Ministero la questione relativa alla proroga del mandato dei rettori delle università ai sensi della legge n. 240 del 2010, sulla quale è già stato riferito in sede di risposta ad altri atti di sindacato ispettivo, richiamando la recente pronuncia del TAR Umbria n. 261 del 9 luglio 2012, che ha accolto il ricorso per l'annullamento della nota con la quale il decano dell'Università degli studi di Perugia ha espresso il proprio diniego alla richiesta di indizione delle elezioni del nuovo rettore.
Nelle precedenti occasioni è stato chiarito che le proroghe in argomento sono disposte in base a quanto previsto dall'articolo 2, comma 9, terzo periodo, della citata legge n. 240, che si qualifica come disposizione speciale, e quindi prevalente, rispetto a quanto previsto al primo periodo della medesima norma, relativamente alla decadenza degli organi collegiali e monocratici elettivi al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto.
Come già evidenziato, tale regola trova la sua ragion d'essere nell'esigenza di evitare la coincidenza tra la fase di attuazione delle nuove previsioni statutarie e l'elezione del rettore, coincidenza che avrebbe riflessi non positivi sul buon andamento della gestione dell'ateneo nella fase di transizione.
Tenendo conto di questa importante esigenza, il Ministero ha espresso l'avviso che la proroga dei mandati rettorali si riferisca ai rettori in carica al momento dell'adozione definitiva dello statuto, ciò al fine di assicurare che possano essere recepiti i rilievi formulati sui testi statutari nell'esercizio del prescritto controllo di legittimità e di merito e che venga fornita piena attuazione ai principi introdotti dalla riforma universitaria.
Riguardo alla sentenza del TAR Umbria richiamata dall'onorevole Binetti, si rappresenta che il Ministero intende proporre appello avverso la stessa, considerato anche che, a giudizio del Ministero, il contenzioso giurisdizionale in materia è in continua evoluzione.
Al riguardo si informa che, oltre la sentenza del TAR Umbria sopra citata, sono intervenute due pronunce - l'ordinanza del TAR Abruzzo n. 148 del 23 maggio 2012 e il decreto del TAR Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, n. 130 del 22 giugno 2012 - con le quali i giudici sembrerebbero condividere l'interpretazione della disposizione in questione fornita del Ministero, avendo in quella sede accolto le domande cautelari sui ricorsi proposti dal medesimo Ministero avverso i provvedimenti con i quali i decani delle Università, rispettivamente, Pag. 70de L'Aquila e di Parma avevano indetto le elezioni del rettore per il sessennio accademico 2012/2013-2017/2018.

PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di replicare.

PAOLA BINETTI. Signora Presidente, è abbastanza facile, per me, dire che non sono soddisfatta della risposta; evidentemente, il Ministro, nel momento in cui dice che farà appello alla sentenza del TAR di Perugia, sta sconfessando quella sentenza; d'altra parte le due precedenti sentenze che sono state citate, quella di Parma e quella di L'Aquila, riflettevano la situazione di atenei esattamente in queste condizioni. In altre parole, questi, sono atenei in cui i rettori stanno prolungando il loro mandato oltre quello che un'interpretazione corretta, direi quasi un interpretazione sanamente letterale, della norma, consente. Sappiamo tutti che in giurisprudenza vige il principio per cui, davanti ad una norma chiara, la si applica, non la si interpreta. In questo caso la norma è molto chiara e il tribunale del TAR fa un riferimento molto acuto quando distingue tra i commi in questione, per questo ho voluto precisare che cosa dicessero i commi 5 e 6 rispetto ai commi 7 e 8; è evidente che lo spirito è quello di dare attuazione alla legge nella sua dimensione di rinnovamento ma è anche evidente che, nel momento in cui la puntualizzazione la si fa spostando l'interpretazione, questa potrebbe essere una situazione che rischia di prolungarsi a tempo indefinito. D'altra parte tutti quanti noi conosciamo la situazione di molte università; esistono università storicamente legate a mandati rettorali che durano una vita. Abbiamo seguito, in questo Parlamento, nel dibattito, la doppia proposta se fosse meglio avere due mandati brevi o un mandato lungo ma tutti eravamo ben consapevoli che andava, proprio, fissato il tempo del rettore. Infatti, non c'è dubbio che il rettore, in una università, è capace di imprimere un ritmo, una qualità, una capacità di rinnovamento ma, trattandosi proprio di una carica elettiva, contrae anche una serie di obblighi rispetto ai suoi elettori e quindi, necessariamente, si creano situazioni, spesso, di disparità, di figli e figliastri, si creano situazioni che sono agevolanti per alcuni e che sono invece, in qualche modo, mortificanti per altri. Per questo stabilire con chiarezza il termine del mandato rettorale era un fatto di democrazia e di chiarezza.
Insisto, erano tre le situazioni esplicite sul piano nazionale: L'Aquila, Parma, e Perugia. Le sentenze dei primi due tribunali sono state compiacenti nei confronti della durata del mandato rettorale, ossia nei confronti di una interpretazione ministeriale della norma che, come dire, offriva un aggancio, offriva una giustificazione a questi rettori. Adesso il tribunale di Perugia esprime puntualizzando con chiarezza il contenzioso preciso dove si colloca e il Ministero fa appello. Credo, allora, che bisognerebbe proprio cercare di capire se il Ministero questa legge, la n. 240 del 2010 la vuole applicare oppure se il Ministero questa legge la vuole «flessibilmente» interpretare, di volta in volta, a seconda, chiamiamolo così, dei gruppi di pressione che si creano. Non c'è dubbio che il gruppo di pressione dei rettori sia uno dei gruppi più forti; non c'è dubbio su questo, però mi sembra che la correttezza, la volontà di rinnovamento, anche la consapevolezza della necessità di dare una sorta di esempio, vero, genuino, di rispetto delle norme dovrebbe cominciare dall'alto, sicuramente dai rettori e certo, ancora di più, dal Ministro.

(Iniziative urgenti per la definizione di strategie di politica industriale volte al sostegno del gruppo Finmeccanica, con particolare riferimento alle aziende che operano nel settore del segnalamento e delle costruzioni ferroviarie e nel settore energetico - n. 2-01592)

PRESIDENTE. L'onorevole Tullo ha facoltà di illustrare l'interpellanza Vico n. 2-01592 concernente iniziative urgenti per la definizione di strategie di politica industriale volte al sostegno del gruppo Pag. 71Finmeccanica, con particolare riferimento alle aziende che operano nel settore del segnalamento e delle costruzioni ferroviarie e nel settore energetico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

MARIO TULLO. Signor Presidente, vorrei sapere quale esponente del Governo intenderà rispondere...

PRESIDENTE. Risponderà il sottosegretario Marco Rossi Doria, evidentemente con risposta fornita dal Ministero competente.

MARIO TULLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, utilizzerò pochi minuti per illustrare questa interpellanza urgente che vede come primo firmatario l'onorevole Vico; in realtà abbiamo trasformato una mozione, che continueremo comunque a voler discutere, in una interpellanza urgente perché appunto, la situazione di Finmeccanica richiede un'attenzione da parte del Parlamento e del Governo immediata, forse, per certi versi è già tardiva.
Perché avevamo presentato una mozione? Perché la nostra convinta e ferma volontà era ed è quella di dare un indirizzo, da parte del Parlamento, al Governo, sperando di condividere con esso un indirizzo da dare ai vertici di Finmeccanica. Da circa due anni presentiamo interrogazioni parlamentari e chiediamo audizioni ai vertici di Finmeccanica (recentemente ve ne è stata una al Senato) per il futuro incerto che spesso ci viene raccontato dalla stampa, ma anche per le relazioni che leggiamo e che sono promosse dal gruppo di Finmeccanica durante i consigli di amministrazione, relazioni che preoccupano per il futuro del gruppo stesso. Quindi, diamo molta importanza alla risposta che ci verrà fornita oggi e spero non sia burocratica, non me ne voglia il sottosegretario Rossi Doria, ma avevo visto il sottosegretario Polillo, e speravamo - lo faremo con lei - di aprire oggi un confronto; non ci limiteremo solamente ad ascoltare la sua risposta, che speriamo sia importante. Perché è importante un confronto in Parlamento, nelle Commissioni competenti, su Finmeccanica? Perché parlare di Finmeccanica significa parlare del primo gruppo italiano operante nell'alta tecnologia, l'ottavo produttore mondiale di materiale militare, del responsabile di grandi parti dell'esportazione delle produzioni italiane e di un gruppo famoso nel mondo, importante per i settori sia militare che civile del nostro Paese.
Parlare e pensare a Finmeccanica, per questo Paese - che è al centro di una grave crisi e che ha un Governo chiamato ad affrontare la crisi, ma che la settimana prossima ci farà discutere anche di politica di crescita -, vuol dire parlare di un pezzo significativo dell'industria italiana; vuol dire parlare del nostro sistema e modello di difesa a confronto con il modello di difesa europeo; vuol dire ragionare sulle politiche di trasporto e sulle nostre politiche energetiche. Questo è Finmeccanica. Anche di tante altre aziende private e pubbliche ci andiamo ad occupare con interrogazioni e sollecitazioni al Governo, ma Finmeccanica racchiude in sé, nelle sue capacità, nelle sue professionalità e nelle sue difficoltà, la possibilità di ripensare a un disegno di Paese, di questo si tratta. Allora siamo preoccupati quando il gruppo dirigente di Finmeccanica avanza dinanzi alle problematicità del gruppo un piano cosiddetto di dismissioni. Riconosciamo e cerchiamo di vivere anche come nostre tali problematiche, perché il prossimo anno ci candideremo e speriamo di tornare a governare questo Paese, e vediamo come i problemi di Finmeccanica siano problemi sia di carattere finanziario che problemi di carattere industriale, ma non ci può essere consegnato un piano di dismissioni che intreccia pericolosamente i problemi finanziari di Finmeccanica con quelli di carattere industriale.
Sentiamo la responsabilità di assumere congiuntamente i due problemi nella misura in cui vanno date risposte a entrambi, ma non possiamo e non consideriamo risolti - e speriamo che il Governo, da questo punto di vista, ci rassicuri - i Pag. 72problemi finanziari di Finmeccanica facendo cassa con i prodotti industriali e magari con i migliori gioielli industriali del gruppo. Questo non deve essere consentito al gruppo di Finmeccanica. Cercherò di essere sintetico proprio per non rubare troppo tempo e anche perché l'interpellanza urgente riproduce una mozione di sei pagine molto articolata, e spero che il Governo l'abbia potuta leggere. Tra le tante cose che abbiamo sentito dire in questo anno e mezzo, negli ultimi mesi, si è sostenuto di dismettere quei settori che non sono più strategici, e poi si inizia a parlare di vendita di Ansaldo STS e di Ansaldo Energia, cioè di due aziende che producono utili al gruppo. Qualcuno dovrebbe farci capire come questi settori possano essere considerati non più strategici, non solo per il nostro Paese. Inoltre, visto che sono settori che, a differenza del militare, per il quale vi è una contrazione di ordini e di investimenti in tutto il mondo, in tutto il resto del mondo su energia e su trasporti, invece, si punta. Un Paese che punta ad uscire dalla crisi, in riferimento alla modernità pensa anche al suo sistema di trasporti e al suo sistema energetico. Si punta fortemente e nuovamente sul settore militare. Nella nostra interpellanza urgente guardiamo con interesse anche noi a questo settore e a come affrontare la crisi che questo settore vive, perché vi è una contrazione degli ordini.
Non vi è ombra di dubbio, però, che lo stesso gruppo dirigente e la stragrande maggioranza di quelli che oggi ci propongono questo, ci dicono in qualche maniera che il core business diventa sempre più quello militare. Vorrei dire in questa sede che, se Finmeccanica è così fortemente indebitata è anche frutto delle acquisizioni fatte all'estero, che non sempre sono risultate positive. Penso positivamente a ciò che Finmeccanica fa in Inghilterra, ma penso diversamente - perché i bilanci ce lo dicono - a cosa ha significato l'acquisizione e l'intervento negli Stati Uniti d'America.
Allora, ha ancora senso quel ruolo così articolato sul militare? Non è più giusto riconsiderare come Finmeccanica giochi una partita nel nostro Paese e nel contesto europeo riguardo al suo perimetro su questo aspetto? Però, lo ripeto, se è giusto che Finmeccanica continui a guardare al militare come a uno dei suoi aspetti centrali di business, è altrettanto giusto che continui a considerare energia, trasporti ed elettronica altri settori in cui è giusto investire.
Se ci sono progetti industriali, da parte nostra c'è la volontà di confrontarci. Penso ad esempio alla grande Selex, che in qualche maniera è una delle ultime operazioni in embrione. Se andiamo a vedere la grande Selex, quello è l'esempio tipico di come una razionalizzazione di struttura, se l'unico business diventa quello militare, soffra. Infatti, non basta mettere insieme le aziende, ma ci vogliono poi i prodotti giusti per stare sul mercato.
Sono problemi, quelli che vive Finmeccanica, che ovviamente vengono da un passato recente che ha visto l'assenza totale di una politica industriale del Governo precedente e di una politica complessiva. Abbiamo salutato positivamente come il Governo, e il Ministro Passera in particolar modo, abbia affrontato la questione di Fincantieri. Il Governo ovviamente non ha risolto tutti i problemi, ma ha considerato strategica l'economia del mare e ha considerato quindi le condizioni perché non si chiudessero i siti di Fincantieri e si potesse pensare a gestire l'emergenza per puntare poi al rilancio. Anche per quanto riguarda i settori e le aziende del gruppo Finmeccanica, occorre pensarla così: dobbiamo affrontare l'emergenza e la crisi, provare a ripensare cosa può essere Finmeccanica nel mondo, cosa significa Finmeccanica per l'Italia e ripensare, nel contesto della politica dei trasporti e dell'energia, anche al ruolo di queste aziende.
Francia e Germania hanno aziende in alcuni settori sicuramente non migliori delle nostre e fanno di tutto per difenderle, anche al limite di calpestare anche le norme europee (fatemela dire un po' così). Dobbiamo difendere il gruppo Finmeccanica che, continuo a ripeterlo, è il nostro principale gruppo industriale che Pag. 73opera nel settore dell'alta tecnologia e che promuove, per tanti territori, molte aziende che lavorano nell'indotto. Sappiamo anche che è un gruppo che sta soffrendo, a mio avviso, di quelle inchieste giudiziarie che hanno visto i vertici coinvolti. Voglio pensare che questo errore, che sarebbe commesso se si puntasse solo al militare, non sia frutto delle provenienze del nuovo management che arriva dall'esperienza militare.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Credo, lo ripeto, che vi siano le condizioni per poter difendere in una logica di futuro queste aziende, ma sicuramente saremo contrari all'idea di difendere queste aziende e di risanare il bilancio di Finmeccanica vendendo i nostri migliori gioielli o comunque svendendo parte del patrimonio di queste aziende. Alcuni suggerimenti il Governo nell'interpellanza li ritrova. Credo che si possa ragionare, per quanto riguarda la parte finanziaria, sicuramente sul vasto patrimonio immobiliare di Finmeccanica, che può essere messo sul mercato. Si può valutare concretamente la cessione di quote o di settori recentemente acquisiti all'estero che non producono utili. Si può uscire da quelle avventure dissennate a cui forse il gruppo dirigente di quell'epoca ci aveva portato e si può riconsiderare e considerare che una delle possibilità per assolvere anche al problema di bilancio che ha Finmeccanica possa stare nel perimetro della proprietà dello Stato. Mi riferisco a un intervento, anche temporaneo, della Cassa depositi e prestiti che possa far trovare quell'ossigeno necessario al gruppo dirigente di Finmeccanica e al Governo, a noi e al Parlamento di pensare a come dare una soluzione definitiva e di prospettiva a questo gruppo ed alle sue aziende, senza mettere sul mercato i pezzi migliori.
Credo che quello di oggi per noi è un appuntamento importante. Continueremo l'iniziativa di stimolo, soprattutto con l'idea non chiusa, di difesa tout court, ma sicuramente ferma e contraria ad ogni ipotesi di svendita di pezzi pregiati della nostra industria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere.

MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, al riguardo di quanto esposto dall'onorevole Tullo e sentita la società Finmeccanica, il Governo intende, credo, rispondere nel merito. Mi scuso per sostituire sottosegretari dell'economia e delle finanze, ma alle volte capita.
Finmeccanica è una società quotata alla Borsa di Milano, come si sa, che opera attraverso società controllate e joint venture. Essa ha un ruolo di primo piano nell'industria mondiale dell'aerospazio e difesa, è leader nella progettazione e produzione di elicotteri, elettronica per la difesa e sicurezza, velivoli civili e militari, aerostrutture, satelliti, infrastrutture spaziali, sistemi di difesa. Inoltre, è, come si sa, il primo gruppo italiano nel settore dell'alta tecnologia nonché nei settori trasporti ed energia.
Al 31 dicembre 2011 il gruppo Finmeccanica impiegava 70.474 addetti, di cui 40.224 in Italia, circa 10.450 negli Stati Uniti, oltre 9.300 nel Regno Unito, circa 3.700 in Francia, circa 3.250 in Polonia e 964 in Germania. Oltre l'85 per cento del personale del gruppo risulta concentrato nei tre mercati, che sono l'Italia, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Per mantenere e sviluppare la propria eccellenza tecnologica, il gruppo Finmeccanica impegna in ricerca e sviluppo risorse pari al 12 per cento dei ricavi.
I risultati di Finmeccanica al 31 dicembre dell'anno scorso si inquadrano nell'ambito di alcuni fenomeni che hanno significativamente inciso nel corso dell'esercizio. La recessione che ha colpito i principali settori industriali a partire dal 2008 ha raggiunto anche il settore dell'aerospazio e della difesa. Infatti, nei mercati di riferimento del gruppo - l'Italia, lo ripeto, la Gran Bretagna e Stati Uniti d'America - i budget di investimento in sistemi militari e per la sicurezza hanno subito dal 2010 un deciso decremento, con Pag. 74previsioni di drastiche riduzioni fino al 2015 e relative cancellazioni di programmi particolarmente importanti.
Sul fronte della domanda, il settore ha registrato un consistente spostamento della medesima verso i Paesi emergenti. Questi ultimi hanno parzialmente compensato le riduzioni di budget attuate dai Paesi dell'area nord atlantica, innescando tuttavia un'accesa competizione tra le imprese fornitrici con conseguenti intense pressioni sui prezzi. Nel nord Africa, mercato di particolare importanza per il gruppo, il contesto, noto a noi tutti, di tipo socio-politico ha determinato la temporanea interruzione di importanti programmi militari e civili.
Nell'ambito di uno scenario recessivo, il gruppo ha inevitabilmente risentito di un calo di ordini e di una contrazione di ricavi. Finmeccanica ha avviato, pertanto, un piano di riassetto, unitamente alla riorganizzazione del portafoglio di attività e ad un processo di rafforzamento strategico. Nell'ambito del budget 2012-2013, le aziende hanno considerato in maniera selettiva e coerente le ipotesi di acquisizione ordini. Fra le azioni di efficientamento più rilevanti, finalizzate a risolvere alcune criticità riscontrate in alcune aree di business, la società ha segnalato: la riconsiderazione del portafoglio prodotti per renderlo più competitivo e sostenibile nel nuovo contesto di mercato (nel settore aeronautico, sbilanciato verso attività e programmi nella fase iniziale del loro ciclo di vita); la rivisitazione del portafoglio ordini; la sterilizzazione degli effetti di alcune commesse caratterizzate da significative criticità nell'impostazione dei programmi; il progressivo abbandono di alcuni prodotti ormai scarsamente competitivi sia dal punto di vista commerciale sia in termini di costo/prestazione.
A partire poi dalla seconda metà del 2011, sono state identificate due principali linee di intervento. La prima ha affrontato alcuni snodi gestionali: ridefinire le condizioni ed il rendimento di alcuni importanti contratti; riconsiderare il portafoglio prodotti alla luce di una sua maggiore sostenibilità e redditività strutturali; sostenere i costi delle iniziative di riorganizzazione, ristrutturazione e lay off ed allineare la valutazione di Selex Sistemi Integrati e DRS ai nuovi scenari di mercato.
La seconda linea di intervento ha riguardato le iniziative connesse al miglioramento dell'efficienza aziendale attraverso la predisposizione e l'avvio di piani di competitività, efficientamento e ristrutturazione industriale in ogni singola azienda dell'intero gruppo. In particolare, nel settore aeronautica è stato approvato un piano di ristrutturazione, riorganizzazione e rilancio, sottoscritto da tutte le organizzazioni sindacali il giorno 8 novembre 2011, le cui azioni, che si aggiungono a quelle già avviate nell'esercizio precedente, consentiranno una significativa riduzione dei costi operativi, un maggior recupero di efficienza e una razionalizzazione del portafoglio dei prodotti.
Inoltre, sempre in condivisione con le organizzazioni sindacali, è proseguito il piano di riorganizzazione ed efficientamento di AnsaldoBreda. Nel corso del 2011, il nuovo management della società ha avviato un progetto che prevede, oltre a un piano dettagliato di azioni di efficientamento, la definizione di una nuova organizzazione ed interventi mirati sui processi, con l'obiettivo di annullare i costi della cosiddetta «non qualità» entro il 2014. Al fine di garantire l'implementazione e l'attuazione di tali iniziative, il gruppo ha poi predisposto il budget ed un sistema di incentivazione aziendale su base biennale per gli anni 2012 e 2013. Il gruppo, inoltre, sta gestendo alcuni temi strategici fondamentali per il rafforzamento e la sostenibilità del proprio sviluppo. In particolare, il riposizionamento strategico del settore aeronautica, che potrebbe dare luogo a partnership nel segmento delle aerostrutture e ad una razionalizzazione della presenza nei velivoli regionali; il consolidamento e il rafforzamento delle attività nell'elettronica per la difesa e sicurezza, attraverso l'integrazione in un'unica società delle aziende Selex Galileo, Selex Elsag e Selex Sistemi Integrati, realizzando così una significativa razionalizzazione delle tecnologie, delle linee Pag. 75di prodotto, dei siti industriali e delle strutture aziendali; la rivisitazione del portafoglio di attività del gruppo, concentrando il capitale investito in attività e settori le cui dotazioni tecnologiche e strutture produttive - in molti casi complementari tra loro - consentano al gruppo di acquisire sui mercati ruoli tali da massimizzare la capacità di creazione ed estrazione di valore.
Il 9 marzo 2011 Finmeccanica ha sottoscritto un accordo con First Reserve Corporation, fondo di investimento statunitense specializzato nel settore dell'energia, per l'ingresso di quest'ultimo nel capitale di Ansaldo Energia. L'operazione è stata completata il 13 giugno 2011 e costituisce, insieme all'aumento di capitale eseguito nel 2008 e alla rimodulazione dell'indebitamento finanziario conclusa nel 2010, il completamento delle iniziative avviate da Finmeccanica a seguito dell'acquisizione di DRS Technologies. Finmeccanica ha ceduto la società al prezzo di 1.072 milioni di euro alla Ansaldo Energia Holding (AEH), partecipata al 45 per cento da First Reserve Corporation e al 55 per cento da Finmeccanica stessa e ha percepito da Ansaldo Energia circa 96 milioni di euro per il diritto d'uso del marchio «Ansaldo» per 25 anni e un dividendo di 65 milioni di euro.
In data 28 marzo 2011, il Consiglio di amministrazione di Finmeccanica ha deliberato l'avvio del processo di fusione tra Elsag Datamat e Selex Communications completato a decorrere dal 1o giugno 2011 con la incorporazione di Elsag Datamat nella SelexCommunications e il contestuale cambio di denominazione sociale di quest'ultima in Selex Elsag. Sempre in data 1o giugno sono state trasferite alla nuova realtà le partecipazioni in Seicos (100 per cento), Selex Service Management (100 per cento) e Selex Elsag Cyberlabs (49 per cento) detenute le prime due da Finmeccanica e la terza da Finmeccanica Group Services.
Con effetto dal 1o febbraio 2012, la Seicos è stata fusa per incorporazione in Selex Elsag. L'operazione persegue l'obiettivo di creare un centro di competenza a livello di gruppo nei settori dell'information and communication technology e sicurezza e dell'automazione ed è un passo fondamentale nel percorso della riorganizzazione del settore, che vedrà come step finale - atteso entro l'anno 2012 - la creazione di un'unica organizzazione europea in cui far confluire le attività delle tre società Selex Sistemi Integrati. Selex Galileo e Selex Elsag. Ciò consentirà di dare una guida unica e coerente a tutte le aree di business, razionalizzare la struttura industriale e gli investimenti, garantire unicità nell'approccio verso i clienti nazionali e internazionali.
In tale contesto, nel mese di dicembre 2011, il consiglio di amministrazione di Finmeccanica ha deliberato di trasferire da Finmeccanica alla propria controllata al 100 per cento Selex Electronic Systems Spa (già Finmeccanica Consulting Srl), con efficacia a far data dall'inizio dell'esercizio 2012, le partecipazioni nelle società Selex Galileo, Selex Galileo Spa, Selex Elsag Spa e Selex Sistemi Integrati Spa.
Dal 1o gennaio di quest'anno è efficace la fusione per incorporazione in Alenia Aeronautica Spa delle proprie controllate, Alenia Aermacchi Spa e Alenia SIA Spa. La società Alenia Aeronautica Spa ha, quindi, modificato la propria denominazione sociale in Alenia Aermacchi Spa, trasferendo la propria sede legale da Pomigliano d'Arco a Venegono Superiore, in provincia di Varese. Negli ultimi mesi dell'esercizio 2011 è stato, inoltre, avviato un piano di rilancio, riorganizzazione e ristrutturazione del settore, che possa consentire di riacquisire competitività sul mercato. Il 29 febbraio 2012 Finmeccanica - attraverso Selex Elsag e Vega - e Northrop Grumman si sono aggiudicate un contratto dall'Agenzia NATO NC3A per la fornitura di sistemi di cyber security presso 50 sedi NATO dislocate in 28 Paesi.
Il 31 maggio 2012 il consiglio di amministrazione ha approvato la trimestrale al 31 marzo 2012. Il gruppo Finmeccanica, al 31 marzo 2012, ha conseguito risultati - questo è importante - i quali, pur inferiori rispetto a quelli dell'analogo periodo dell'esercizio 2011, anche per effetto Pag. 76- va detto - del diverso metodo di consolidamento del gruppo Ansaldo Energia, sono in linea e per alcuni aggregati quali, per esempio, ebit adjusted e free operating cash flow, superiori rispetto alle previsioni elaborate dal gruppo per il periodo in oggetto.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, prima di rivolgermi al Governo mi permetterà di rivolgermi ad ella perché il Governo sia informato che, di fronte ad atti del sindacato ispettivo, ha un dovere, morale e regolamentare, di rispondere ai quesiti posti, al fine che il Governo, se non informato dei fatti, ne prenda atto per il futuro dell'attività parlamentare.

PRESIDENTE. Non posso non condividere la sua affermazione, onorevole Vico, perché si è trattato di un'esposizione, sicuramente molto ampia, di informazioni che sono reperibili anche altrove. Il Governo ha fatto questo sforzo di sintesi, sicuramente utile. È vero, tuttavia, che in ciò che è stato letto - certamente non per responsabilità del sottosegretario - non vi è la risposta al quesito che gli interpellanti avevano rivolto.
Prego, onorevole Vico.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi consentirà a titolo esclusivamente personale, nonché come primo firmatario di questa interpellanza urgente, di informarla che ero sufficientemente a conoscenza di quanto ella ha reso, perché quello che ella ha reso è stato comunicato dal presidente Orsi nella circostanza più recente del consiglio di amministrazione e dell'assemblea dei soci.
Detto ciò, Presidente, rinuncio a qualunque intervento, perché ritengo doveroso ripresentare la mia interpellanza urgente al Governo italiano e, per competenza, al Dicastero di riferimento in ordine ai quesiti posti. Quindi, dichiaro la mia totale insoddisfazione nel merito e nel metodo, che è eccepibile.

(Elementi ed iniziative in merito all'andamento dell'economia italiana - n. 2-01597)

PRESIDENTE. L'onorevole La Malfa ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01597 concernente elementi ed iniziative in merito all'andamento dell'economia italiana (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sarò ovviamente brevissimo. Naturalmente, esprimo la solidarietà ai colleghi per i loro rilievi, ma anche al sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, che certamente è latore, ma non responsabile, di quello che è stato giustamente criticato.
Questa interpellanza è il seguito dell'importante seduta di questa mattina, nella quale il Parlamento italiano ha, con grande sollecitudine, votato la ratifica di tre trattati europei, che fissano - chiamiamole così - le condizioni di contorno per la politica economica italiana, quello che si chiama il fiscal compact, cioè l'impegno alla severità dei bilanci, ed il Meccanismo europeo di stabilità.
In quel quadro, signor Ministro, signor sottosegretario e signor Presidente della Camera, abbiamo avuto alla fine del mese di giugno un Consiglio europeo, nel quale i Capi di Stato e di Governo europei hanno dichiarato, nel comunicato finale, di aver affrontato tre grandi questioni dell'Europa: il problema del rigore, il problema della crescita ed il problema della stabilità, ossia della difesa dei Paesi dalle speculazioni che possono aggredirne le banche, il debito pubblico ed i mercati finanziari. Quindi, in un certo senso, si poteva pensare che, in questa cornice, anche problemi molto gravi della nostra economia, che ha un andamento negativo, su cui si dovrebbero conoscere dati e stime più precisi dal Governo, potessero essere avviati a soluzione, nel senso che l'Italia assumeva l'impegno del rigore ma, nello stesso tempo, avviava una politica della crescita, sviluppata con tutte le forze dell'Unione europea, e venivano messi in Pag. 77moto dei sistemi di stabilità che avrebbero protetto - per così dire - i Paesi che facevano l'ingente sforzo che stiamo facendo di correggere i bilanci dalle turbolenze dei mercati finanziari.
Noi abbiamo fatto la nostra parte votando questi trattati, ma la condizione oggettiva è che il rigore va in vigore subito, la crescita va in vigore a data da stabilirsi, non si sa quando - non si sa più nulla di ciò che l'Europa sta facendo a tale proposito - e, per quanto riguarda la stabilità, è addirittura in discussione se sia stata presa una decisione operativa perché la Cancelliera tedesca Merkel ha dichiarato che di queste cose non se ne può parlare se non a certe condizioni, stessa cosa la Finlandia, l'Olanda e così via. In sostanza, signor Presidente, l'Italia è sola davanti ai problemi della sua economia: è in regola con gli impegni europei, ma è sola davanti ai problemi della sua economia.
Per queste ragioni, mi ero permesso di interrogare il Governo all'indomani di questa decisione in cui il Parlamento l'ha sostenuto nella sua politica europea, per considerare l'andamento dell'economia: l'ultima volta che ha dato comunicazione ufficiale nel Documento di economia e finanza dell'aprile scorso, il Governo prevedeva una caduta del reddito nazionale in termini reali per il 2012 dell'1,2 per cento. Altri osservatori - cito per tutti il Fondo monetario internazionale - prevedevano una caduta del 2 per cento - forse del 2,2 per cento - ed un'ulteriore caduta l'anno prossimo, mentre il Governo italiano allora prevedeva una piccola ripresa nel 2013.
Abbiamo letto da molte parti che le previsioni attuali del Governo italiano sarebbero meno favorevoli, o più sfavorevoli, di quanto erano qualche mese fa. Si vorrebbe sapere quali sono oggi le valutazioni del nostro Governo su come andrà l'economia italiana nell'anno 2012-2013 e, in relazione a questo, si vorrebbe sapere se il Governo intende fare qualcosa per migliorare il profilo congiunturale dell'economia italiana, che vuol dire non solo il reddito nazionale, ma anche la disoccupazione, la disoccupazione giovanile, i problemi del Mezzogiorno, che il sottosegretario Rossi Doria conosce benissimo, le questioni sociali, la povertà e così via. Il Governo ha in animo di affrontare queste questioni? In che misura? Con quali strumenti e con quali tempi?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere.

MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente dell'onorevole La Malfa - che ringrazio per le sue parole - ed altri, si chiedono chiarimenti sull'andamento dell'economia italiana nel biennio 2012-2013 e sull'eventuale necessità di aggiornare le indicazioni contenute nel Documento di economia e finanza, nonché sulla possibile adozione di iniziative capaci di determinare un andamento meno negativo per l'economia italiana, come - credo - tutti auspichiamo.
Al riguardo, si fa presente che secondo quanto riportato nel Documento di economia e finanza per il 2012, le prospettive economiche per l'Italia restano influenzate dall'evoluzione dello scenario globale e principalmente europeo. Nel 2012, il PIL è atteso contrarsi, purtroppo, dell'1,2 per cento e nel 2013 crescerebbe a un ritmo moderato, pari allo 0,5 per cento, accelerando negli anni seguenti (1 per cento nel 2014 e 1,2 per cento nel 2015).
Le ultime previsioni degli istituti nazionali ed internazionali prefigurano il proseguimento della fase recessiva nella seconda parte del 2012. La ripresa dovrebbe manifestarsi all'inizio del prossimo anno. Secondo la Banca d'Italia (il Bollettino n. 69 di questo mese di luglio 2012 ce lo dice), la contrazione del PIL risulterebbe del 2 per cento nel presente anno 2012, seguita da una crescita lievemente negativa nel 2013 (-0,2 per cento). Nell'aggiornamento del World Economic Outlook di luglio, il Fondo Monetario Internazionale ha mantenuto invariate le previsioni Pag. 78di crescita dell'Italia (-1,9 per cento nel 2012 e -0,3 per cento nel 2013), più o meno le stesse cifre, onorevole La Malfa.
Secondo gli ultimi dati disponibili pubblicati dall'ISTAT, il settore industriale continua a manifestare un andamento volatile: a maggio la produzione è aumentata dello 0,8 per cento rispetto ad aprile. In giugno, è migliorata la fiducia delle imprese per effetto di valutazioni sulle attese di produzione più favorevoli, sebbene permanga su livelli storicamente bassi. In maggio, entrambi i flussi commerciali hanno registrato un incremento (dell'1,4 per cento per le esportazioni e dello 0,9 per cento per le importazioni) rispetto al mese precedente, confermando l'andamento positivo del settore estero.
Nel mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione in maggio si è collocato al 10,1 per cento, mantenendosi al di sotto della media dell'area dell'euro di 1 punto percentuale (la media è dell'11,1 per cento). Questo, detto fra di noi, mi tranquillizza fino ad un certo punto, perché sappiamo cosa implica dal punto di vista della vita delle persone. Tale andamento riflette un aumento della partecipazione al mercato del lavoro in atto dalla seconda metà del 2011. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 ed i 24 anni è pari al 36,2 per cento, risultando il segmento della popolazione maggiormente colpito dalla crisi, e questo mi preoccupa ancora di più.
Per fronteggiare tale disagio, il Governo ha adottato diversi provvedimenti. Oltre alla legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) che ha previsto l'accesso ai contratti di inserimento per le donne di qualsiasi età prive di impiego e residenti in aree svantaggiate, la legge 22 dicembre 2011, n. 214 (di conversione del cosiddetto decreto-legge «salva Italia») ha aumentato dal 2012 le deduzioni dalla base imponibile IRAP spettanti per i dipendenti di sesso femminile o con meno di 35 anni, con maggiorazioni se attivi nel Mezzogiorno d'Italia.
Il 27 giugno del 2012 il Parlamento ha approvato la riforma del mercato del lavoro, come si sa, la legge 28 giugno 2012, n. 92, che tra le diverse misure rafforza lo strumento dell'apprendistato come mezzo principale di accesso al mercato del lavoro per i giovani e favorisce la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato (limitandone l'utilizzo ad un periodo di tre anni) attraverso incentivi fiscali alle imprese.
Inoltre nel corso del 2012 il Governo ha intrapreso una serie di iniziative dirette a contrastare l'attuale crisi finanziaria, sia a livello interno che in ambito europeo, peraltro esposte al Parlamento, come sappiamo. In particolare, al fine di rispettare gli impegni assunti in sede europea, il Governo ha adottato diversi provvedimenti a sostegno della crescita economica (il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese, è attualmente in sede di conversione). Inoltre i disegni di legge di ratifica ed esecuzione dei Trattati sul Fiscal Compact e sul Meccanismo europeo di stabilità, richiamati dall'onorevole La Malfa, dopo essere stati approvati dal Senato in data 12 luglio, sono attualmente all'esame della Camera dei deputati.
Con riferimento al quesito posto nell'interpellanza e inteso a conoscere se il Governo ritenga di dover aggiornare le indicazioni contenute nel Documento di economia e finanza, il Governo precisa che, secondo la legge n. 39 del 7 aprile 2011, l'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche contenute nel DEF 2012, è previsto per il prossimo 20 settembre.
Per quanto riguarda, infine, il declassamento del merito di credito sovrano dell'Italia operato dall'agenzia Moody's il 13 luglio, si aggiunge che tale decisione, resa nota subito prima di un'asta di titoli dello Stato Italiano, non ha avuto effetti sostanziali sulla domanda e sui rendimenti.

PRESIDENTE. L'onorevole La Malfa ha facoltà di replicare.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, l'interpellanza conteneva quattro domande precise. La prima è: quali siano attualmente le valutazioni del Governo sull'andamento dell'economia italiana. La Pag. 79risposta indica quali sono le valutazioni dell'ISTAT e della Banca d'Italia, ma non dice quali siano le valutazioni del Governo. Prendo atto che per ragioni di riservatezza o per qualunque altra ragione il Governo omette di rispondere a questa domanda. In secondo luogo, si chiede se non si ritenga di dover aggiornare le indicazioni contenute nel Documento di economia e finanza. Il sottosegretario risponde che, se ciò verrà fatto, verrà fatto il 20 settembre, che è la data prevista dalla legge che egli ha citato. Naturalmente nulla impedirebbe al Governo di farlo oggi, se ritenesse di doverlo fare. In terzo luogo, si chiede se il Governo intenda adottare iniziative capaci di imprimere un andamento meno negativo all'economia italiana. Sono state elencate una serie di misure che possono essere molto importanti per l'inserimento di forza lavoro ed altre iniziative, ma a questa domanda non si fa riferimento nella risposta del Governo. La quarta domanda chiede quale possa essere il diverso profilo congiunturale che tali decisioni possono determinare, cioè si è chiesto cosa il Governo italiano, di fronte ad un andamento negativo dell'ordine dell'1,2 o del 2 per cento, quel che sarà, dell'economia, intenda fare e se intenda comunicare al Parlamento quale obiettivo si ponga. Non è accettabile che il Governo chieda al Parlamento di convalidare gli obiettivi che esso ci ha dato in aprile e, di fronte ad un andamento peggiore, non ci dica se questo andamento è considerato, per così dire, una inevitabile disgrazia che ci viene, per chi ci crede, dal Padre Eterno, oppure dalle circostanze avverse, senza dire se intende fare qualcosa e in quale direzione questa cosa debba andare. Siccome in questo Governo ci sono eminenti figure di economisti, che sanno di che cosa si tratta, bisognerebbe che essi comprendessero che il Parlamento non può essere trattato in questa maniera. Naturalmente comprendiamo le difficoltà che ci possono essere, ma la reticenza è colpevole, nel senso che, davanti ad un Paese che sta facendo sacrifici di questa dimensione - ringrazio il sottosegretario perché vi ha fatto un accenno fuor di testo, che ne dimostra la sensibilità e l'attenzione alle questioni vere di questo Paese - ed è in queste condizioni, non si può evitare la risposta. La risposta può essere: signor Presidente, noi non intendiamo modificare nulla perché teniamo i fulmini dell'Europa se facciamo qualunque tentativo di evitare che il Paese finisca nelle condizioni della Grecia. Ma se questa è la risposta bisogna avere il coraggio di venire davanti al Parlamento e dirlo, non soltanto di prendersi i voti di fiducia, che noi diamo molto volentieri quando si tratta di portare avanti gli interessi del Paese. Non so se debbo anche dire se sono soddisfatto o meno, signor Presidente, ma forse lo si intende.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 23 luglio 2012, alle 12:

Esame del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese (C. 5312).

La seduta termina alle 15,55.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIUSEPPE OSSORIO SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5357

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Ministro, onorevoli colleghi, la dichiarazione di voto che esprimo a nome della componente dei Repubblicani riassume i motivi che ci conducono a votare favorevolmente ai tre punti all'ordine del giorno.
Come è stato dichiarato da un autorevole esponente del Governo: «A fronte di circostanze di crisi straordinarie sono necessarie risposte straordinarie.» (Grilli) E come sappiamo la posizione dell'Italia Pag. 80nelle trattative in Europa è stata favorevole al rafforzamento della disciplina fiscale nella consapevolezza che si trattasse, per l'Italia come per molti altri Paesi europei, di una strada obbligata di risanamento delle finanze pubbliche.
Possiamo dunque dire che i vincoli europei rappresentano per il nostro paese un'opportunità di risanamento e quindi di competizione. Su questa linea noi Repubblicani concordiamo e abbiamo sostenuto il Governo, non solo, abbiamo chiesto e chiediamo di più. Con il nostro ordine del giorno e nella mozione presentata poche settimane fa in quest'aula in occasione dell'ultimo vertice europeo abbiamo sollecitato il Governo a perseguire in sede comunitaria il rafforzamento del metodo comunitario, quale strumento centrale del processo di integrazione europea, riducendo il peso eccessivo del metodo intergovernativo e rilanciando, quindi, la prospettiva di un'Europa federale. Più Europa, nell'interesse dell'Italia. Ma, perché c'è un ma, questo percorso deve essere responsabilmente democratico. Devono cioè essere indicate le responsabilità di determinate scelte, deve essere chiaro chi decide e soprattutto deve essere chiaro in nome di chi si prendono determinate decisioni.
L'Europa dei commissari è un passaggio obbligato, ma non può diventare una condizione politica definitiva. Questa fase deve essere superata.
I provvedimenti che sono stati presi in questi mesi hanno avuto ed hanno un effetto pesante sui nostri concittadini, in alcuni casi pesantissimo. Onorevoli colleghi, la crisi che stiamo vivendo rappresenta una fase acuta di un percorso oramai delineatosi da tempo. Alla fine di questa fase acuta il tenore di vita media nel nostro Paese sarà inevitabilmente più basso.
Una serie di tutele e garanzie stanno gradualmente venendo meno. Passata la crisi nessuno potrà pensare di abbassare l'età pensionabile, passata la fase acuta della crisi non si tornerà più alla situazione precedente, è venuto il momento di dirlo e di dirlo con chiarezza.
L'Europa è la via obbligata per la salvezza del nostro Paese, per il mantenimento di un grado sufficiente di competitività. Essa ha un prezzo, che stiamo pagando e che continueremo a pagare. Il processo di «omogeneizzazione europea» sta comportando un livellamento verso il basso del tenore di vita dei cittadini europei, soprattutto in quei paesi che forse hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Ma questo processo ha ricadute concrete nella vita dei cittadini talmente evidenti e pesanti che le responsabilità, i programmi, le idee per governare il presente ed i futuro devono trovare in brevissimo tempo la piena legittimazione democratica. Continuare il percorso europeo ha un prezzo che deve essere affrontato politicamente. Il rischio concreto è che determinate scelte vengano vissute solo come imposizioni di poteri forti estranei e lontani: dietro l'angolo, in questo caso, se dovesse affermarsi questa sensazione, non può che esserci la rottura della pace sociale.
Anche e soprattutto per questo noi chiediamo che le politiche di rigore di bilancio e di riduzione del deficit, nonché i necessari meccanismi di controllo europeo sulle scelte di bilancio dei singoli Stati membri, siano necessariamente contestuali. Contestuali lo ripeto, non alternative al delinearsi di precisi impegni di investimento strutturale in chiave di sviluppo comune; si deve collegare quindi, l'azione di risanamento e controllo a quella per la crescita. Una visione politica del futuro, questo serve.
La ratifica del fiscal compact, non possiamo e non dobbiamo negarlo, è una prima importante perdita di sovranità nazionale; per questo chiediamo che questo nuovo vincolo di finanza pubblica, voluto dall'Europa sia propedeutico alla creazione di un Fondo Europeo di Garanzia sui depositi bancari; di un sistema di sorveglianza comune sugli istituti di credito, nonché all'istituzione di un'Agenzia europea di rating ed all'avvio, nel breve periodo, di titoli di debito pubblico comuni dell'area euro. Un obbligo cioè su cui fondare una politica comune di sviluppo, Pag. 81signor ministro è necessario, è fondamentale far comprendere perché si chiedono determinati sacrifici in nome di cosa e per ottenere che cosa. Si deve affermare un progetto comune.
È vero, sì, «A fronte di circostanze di crisi straordinarie sono necessarie risposte straordinarie.» Ma se sono straordinarie non possono essere costanti e andare solo e sempre nella stessa direzione, tagli, sacrifici, prezzi da pagare, si deve dire anche quale è l'obiettivo per il quale sono necessarie queste risposte.
Dietro il bilancio di uno Stato, dietro le ragioni economiche, restano non dimentichiamolo sempre le persone, i cittadini, uomini e donne che hanno il diritto di scegliere di investire sul proprio futuro e che non possono essere messi nella condizione di subire passivamente il prezzo delle risposte necessarie.
La componente dei Repubblicani, quindi, voterà responsabilmente la ratifica del fiscal compact. I Repubblicani sono ben consapevoli di cosa significa e di cosa comporta, ma chiediamo che le risposte straordinarie che i nostri cittadini stanno dando ogni giorno siano funzionali ad un progetto comune ad un'Europa che possa salvaguardare, declinandolo alle condizioni presenti, l'interesse nazionale. Per questi motivi chiedo al Governo di accogliere il nostro ordine del giorno per dare un segnale chiaro ai nostri concittadini sulle intenzioni e sugli obiettivi che si stanno perseguendo.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIUSEPPE CALDERISI SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5358

GIUSEPPE CALDERISI. Esprimerò un voto favorevole alla ratifica del Trattato riguardante il cosiddetto Fiscal Compact e lo farò con consapevolezza e convinzione.
Concordo pienamente con la dichiarazione del collega Frattini. Ho preso la parola per dichiarazione di voto per due ordini di ragioni.
La prima riguarda la distanza a mio avviso abissale tra l'attenzione che i mezzi di informazione (quasi pari allo zero) e lo stesso Parlamento hanno dedicato al provvedimento e la sua reale importanza. Esso contiene infatti le due decisioni più impegnative - che a pieno titolo possono essere definite costituenti - che questo Parlamento ha assunto nella presente legislatura.
Votando «Sì», infatti, non ci assumiamo un generico impegno di disciplina fiscale, ma vincoliamo l'Italia, non solo il Governo attuale, non solo quello che scaturirà dalle elezioni del 2013, ma anche quelli che verranno per molti anni a seguire, a rientrare dal debito, a dimezzare l'enorme stock di debito pubblico del nostro paese ad un ritmo di 1/20 l'anno della differenza tra l'attuale oltre 120 per cento del PIL e il livello del 60 per cento previsto dal Trattato di Maastricht. Per essere espliciti, si tratta di ridurre il debito di qualcosa dell'ordine di grandezza di quasi 50 miliardi di euro l'anno per venti anni. E non si tratta di una novità, perché questo impegno era già stato preso attraverso il cosiddetto Six Pack da parte del governo Berlusconi con il sostegno di tutta la maggioranza di quel Governo, quindi anche della Lega, e poi anche di Pd, Udc e terzo polo. E la seconda decisione riguarda l'impegno del pareggio strutturale del bilancio, non solo per oggi e per gli anni che ci separano dall'obiettivo della riduzione del debito al 60 per cento del PIL ma in via permanente, inserendo questo principio - come abbiamo già fatto - nella Costituzione, riformando l'articolo 81, e qui il carattere costituente non potrebbe essere più chiaro.
Le conseguenze che questi due impegni comportano sono enormi. Esse riguardano questioni di sovranità nazionale, di cessione di sovranità che possono essere recuperate solo con una piena integrazione politica dell'Europa che va posta con grande forza e urgenza (personalmente credo più alla proposta di Joschka Fischer, cioè alla proposta di creare una Eurocamera dove siano rappresentate le maggioranze e le opposizioni parlamentari, con i loro leader politici, di ogni Stato dell'Eurozona, dove discutere direttamente, con Pag. 82tutta la legittimità necessaria, l'attenzione mediatica e il coinvolgimento delle popolazioni, credo più in questa proposta che in quella di eleggere direttamente un presidente dell'Unione europea che, come dice Fischer, non porterebbe a nulla. Il tema richiede evidentemente un grande dibattito e non può essere approfondito in questa sede).
Ma ci sono anche altre conseguenze e implicazioni che derivano dalle due decisioni, dai due impegni che assumiamo approvando il Fiscal Compact. Esse riguardano inevitabilmente la natura delle maggioranze di governo del prossimo futuro, a partire da quella del 2013; maggioranze di governo che non potranno certamente essere le stesse che abbiamo avuto in tutti questi anni, sia per il centrosinistra che per il centrodestra, perché è evidente che le forze politiche che si oppongono con determinazione al Fiscal Compact e agli impegni che esso comporta ben difficilmente potranno essere associate, potranno fare parte - a meno che non mutino radicalmente la loro posizione - di maggioranze di governo impegnate a dare attuazione al Fiscal Compact.
Questione che a sua volta ha altre conseguenze sul nostro sistema politico, sul nostro stesso bipolarismo, di cui io sono uno strenuo sostenitore, bipolarismo che potrà essere pienamente recuperato e attuato solo se riusciremo finalmente ad approvare una seria e profonda riforma costituzionale che assicuri la governabilità - e qui non credo che ci possa essere una soluzione diversa, più efficace di quella dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, della forma di governo semipresidenziale e del doppio turno, come in Francia. Sbaglia chi dice che non c'è più tempo in questa legislatura. Il tempo c'è, se vi fosse la volontà politica di fare insieme questa grande riforma costituzionale - a me sta bene anche la strada del referendum confermativo o quella di un referendum di indirizzo o anche quella di un'Assemblea costituente da votare lo stesso giorno delle elezioni politiche del 2013, purché si metta in moto un processo di revisione costituzionale che arrivi al traguardo in tempi brevi, perché è l'Italia che non ha più tempo per modernizzare le proprie istituzioni. Modernizzazione che non può certo comportare una legge elettorale basata sul sistema delle preferenze, un sistema incompatibile che la situazione della finanza pubblica, ove si consideri l'aumento esponenziale dei costi della politica che esso comporta, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di clientelismo, corruzione, divisione dei partiti in correnti organizzate ed autonomamente finanziate, come l'esperienza ci ha ampiamente dimostrato.
Ma c'è anche una seconda ragione per la quale ho preso la parola. E qui mi rivolgo in particolare a quei colleghi del mio gruppo che intendono votare in dissenso sulla ratifica del Fiscal Compact. A loro mi rivolgo con un paio di domande. La prima: quale differenza c'è tra la disciplina di bilancio prevista dal FC, in particolare con il pareggio strutturale del bilancio e quello che pensava Einaudi all'Assemblea costituente, cioè gli effetti che il quarto comma dell'articolo 81 avrebbe comportato (non quelli che abbiamo conosciuto grazie alla sua elusione e violazione). Ritengo che non vi siano differenze sostanziali.
Ma rivolgo anche una seconda domanda, certamente un po' provocatoria, se i colleghi me la consentono. Qual è la differenza tra, da una parte, le indicazioni di fondo del programma di Forza Italia e del centrodestra del 1994, cioè meno Stato, meno spesa pubblica, meno debito e, quindi, meno tasse, e dall'altra, gli impegni conseguenti al Fiscal Compact? Non implica anch'esso meno Stato, meno spesa pubblica, meno debito e - io credo inevitabilmente - anche meno tasse? Anche meno tasse perché è evidente che se non ridurremo la pressione fiscale impediremo la crescita, la crescita di quel PIL che è indispensabile per ridurre lo stesso debito pubblico di 1/20 l'anno, obiettivo che si deve perseguire mettendo subito sul mercato parte del nostro patrimonio immobiliare e mobiliare, ma che solo per questa via è evidentemente irraggiungibile. Pag. 83
Certo, una differenza di fondo c'è: con il programma del 1994 volevamo imboccare autonomamente questa strada, con il Fiscal Compact lo facciamo attraverso i vincoli europei. Ma, ahinoi, solo attraverso questi vincoli vediamo che finalmente il ministro dell'economia sta predisponendo un piano per ridurre il debito pubblico mettendo sul mercato 15-20 miliardi di beni l'anno. Solo attraverso questi vincoli vediamo finalmente le prime riforme strutturali, come la riforma sulle pensioni e il primo provvedimento sulla spending review, certamente ancora insufficiente, certamente solo l'aperitivo rispetto a quello che è necessario e che ci aspetta nel prossimo futuro, se vogliamo rispettare il Fiscal Compact.
Vedete, io non sono tra quelli che ritengono che Berlusconi non abbia tentato seriamente di realizzare il programma di Forza Italia del 1994. Non è vero. Ha tentato di realizzarlo, certamente con molti errori, innanzitutto con la riforma delle pensioni proposta dal primo Governo Berlusconi. Una riforma che fu sostenuta da un appello sottoscritto anche da Romano Prodi, allora non ancora candidato premier del centrosinistra, riforma che fu però avversata dai sindacati, dalla sinistra, dallo stesso establishment economico-finanziario, e anche della Lega fino a determinare la caduta del primo Governo Berlusconi (atteggiamento negativo della Lega sulla riforma delle pensioni che si è purtroppo ripetuto anche lo scorso anno, pur avendo approvato pochi anni prima lo scalone Maroni, cancellato dal successivo Governo Prodi). E Berlusconi ha riprovato a realizzare quel programma del 1994 anche quando è tornato al governo nel 2001 con la riforma dell'articolo 18, anch'essa bloccata dall'opposizione dei sindacati e del centrosinistra. Certo, anche alla luce delle fortissime resistenze conservatrici, Berlusconi ha poi commesso l'errore, come dire, di tirare i remi in barca, di rinunciare di fatto a quel programma. Gli errori sono continuati in questa legislatura, con Tremonti, che ha tenuto i conti in ordine solo attraverso tagli lineari della spesa anziché con riforme selettive, strutturali.
Ora la strada è una sola in vista delle elezioni del 2013: quella di predispone un serio programma di governo. Un programma di riduzione del peso della mano pubblica, di riduzione del debito, di riduzione della spesa pubblica, quindi di riduzione della pressione fiscale capace di favorire la crescita. Un programma, pertanto, in linea con i vincoli del Fiscal Compact, ma perfettamente coerente con gli obiettivi di fondo del centrodestra delle origini. Un programma basato sulla verità della situazione economico-finanziaria da espone al paese, un programma costruito anche riconoscendo gli errori commessi, un programma basato sulla serietà e credibilità delle proposte e degli obiettivi. Ecco questa io credo sia la strada e queste le ragioni del mio voto favorevole al FC.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ALESSANDRO PAGANO SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5359

ALESSANDRO PAGANO. Non bisogna essere economisti per capire che la pressione fiscale, già oggi clamorosa, assumerà proporzioni «stratosferiche», anticamera questa per giustificare la svendita del nostro Paese. Passo dopo passo l'Italia sarà «smontata» e «ceduta» a chi sta perpetrando da anni un attacco speculativo che nessuno può negare e che nei giorni scorsi persino gli organi di informazione hanno certificato.
Tutti dicono che queste iniziative porteranno alla recessione, temo purtroppo che la prospettiva sia la depressione.
Per questi motivi mi asterrò dal voto.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 5357 - articolo 1 461 430 31 216 376 54 32 Appr.
2 Nom. articolo 2 461 431 30 216 377 54 32 Appr.
3 Nom. articolo 3 466 431 35 216 375 56 31 Appr.
4 Nom. Ddl 5357 - voto finale 475 439 36 220 380 59 27 Appr.
5 Nom. Ddl 5358 - articolo 1 482 445 37 223 385 60 27 Appr.
6 Nom. articolo 2 483 444 39 223 384 60 27 Appr.
7 Nom. articolo 3 485 449 36 225 387 62 27 Appr.
8 Nom. Ddl 5358 - voto finale 498 433 65 217 368 65 27 Appr.
9 Nom. Ddl 5359 - articolo 1 495 461 34 231 403 58 27 Appr.
10 Nom. articolo 2 494 460 34 231 402 58 27 Appr.
11 Nom. articolo 3 490 456 34 229 398 58 27 Appr.
12 Nom. articolo 4 494 462 32 232 403 59 27 Appr.
13 Nom. Ddl 5359 - voto finale 414 378 36 190 325 53 26 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.