XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 31 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              nel 1977 per iniziativa dei tre sindacati di settore della CGIL, CISL e UIL fu fondato l'Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (IMAIE) con il compito di gestire i diritti connessi spettanti agli artisti interpreti ed esecutori;
              in tanti anni di gestione dei diritti connessi, l'IMAIE ha raramente distribuito i compensi agli artisti aventi diritto;
              sebbene l'articolo 7 della legge n.  93 del 1992 avesse attribuito all'IMAIE alcune funzioni mutualistiche, è dimostrato che l'Istituto abbia gestito i fondi destinati alle attività di studio e di ricerca e di formazione e sostegno professionale degli artisti interpreti esecutori in modo del tutto clientelare;
              nonostante l'Istituto fosse vigilato da ben 3 Ministeri, il 28 maggio 2009 l'IMAIE è stato dichiarato estinto dal prefetto di Roma per incapacità dell'istituto di raggiungere gli obiettivi statutari;
              a seguito dell'estinzione dell'IMAIE, gli aventi diritto – decine di migliaia di musicisti e attori italiani e stranieri – non hanno ancora riscosso i compensi loro spettanti che ammontano a oltre 120 milioni di euro;
              ad oggi non è ancora possibile conoscere la somma nelle casse del vecchio IMAIE a seguito della procedura di liquidazione eseguita dai tre commissari;
              nonostante il fallimento dell'esperienza dell'IMAIE, il Governo con l'articolo 7 del decreto-legge n.  64 del 2010, ha voluto ri-costituire un Nuovo istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (Nuovo IMAIE);
              in 3 anni dalla propria nascita il Nuovo IMAIE è riuscito a distribuire agli artisti dell'audiovisivo solo i compensi maturati nel secondo semestre 2009 e agli artisti del settore musicale è ancora in corso di ripartizione le quote dei compensi maturati nello stesso semestre;
              risulta che il presidente del Nuovo IMAIE abbia stipulato accordi transattivi sul passato che appaiono poco vantaggiosi per gli artisti;
              nel corso della riunione del comitato consultivo del 12 luglio 2011, il presidente del Nuovo IMAIE avrebbe mostrato ai componenti del comitato una bozza di decreto ministeriale da lui predisposto per il riordino della materia dei diritti connessi spettanti agli artisti interpreti ed esecutori;
              il testo del decreto aveva l'obiettivo di modificare la normativa prevedendo una rappresentanza obbligatoria, esclusiva e generale dell'Istituti in Italia di tutti gli artisti, italiani e stranieri, istituendo di fatto un monopolio legale a favore del Nuovo IMAIE;
              nonostante nessuna norma abbia mai previsto un monopolio legale in capo all'IMAIE, i dirigenti del Nuovo istituto hanno operato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, con l'obiettivo di ostruire l'entrata nel mercato di altri operatori;
              la legge n.  27 del 2012, articolo 39, commi 2 e 3, dispone che l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi degli artisti è libera;
              la Presidenza del Consiglio dei ministri previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato adotterà a breve un proprio decreto che indicherà «i requisiti minimi necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari di tali diritti connessi»;
              per effetto della legge n.  27 del 2012, articolo 39, commi 2 e 3, non ha più ragione di esistere in capo al Nuovo IMAIE la vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per l'informazione e l'editoria, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali prevista dalla legge n.  100 del 2010;
              l'articolo 71-septies e seguenti della legge sul diritto d'autore n.  633 del 1941 prevede che i compensi spettanti per la copia privata siano raccolti e ripartiti dalla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) «tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per il trenta per cento agli autori, per il restante settanta per cento in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori»;
              come annunciato più volte dal commissario europeo per mercato interno e servizi, Michel Barnier, la direttiva in materia di gestione collettiva dei diritti, in procinto di essere adottata all'interno del più ampio progetto dell'Agenda digitale europea, ha l'obiettivo di tutelare gli artisti disponendo regole di trasparenza e di omogeneità di gestione collettiva dei diritti, con particolare riguardo alle nuove tecnologie di sfruttamento online, nell'ambito della realizzazione del mercato unico europeo,

impegna il Governo:

          ad informare il Parlamento sulle determinazioni necessarie per procedere alla distribuzione di eventuali residui successivi alla liquidazione, tenendo conto che oggi esistono più associazioni e società di collecting in rappresentanza degli artisti interpreti esecutori;
          a fornire elementi sui contenuti dei contratti stipulati dal Nuovo IMAIE prima e dopo l'entrata in vigore della legge n.  27 del 2012;
          ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché la Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), come previsto dalla legge, distribuisca in tempi rapidi i compensi raccolti per la copia privata a tutte le associazioni di produttori ed artisti;
          ad assumere iniziative per il riordino complessivo della materia dei diritti connessi e del diritto d'autore.
(1-01116) «Borghesi, Zazzera, Di Giuseppe, Porcino, Di Stanislao, Monai, Evangelisti, Cimadoro, Piffari, Favia».


      La Camera,
          premesso che:
              l'aggravarsi della crisi economica, sia a livello internazionale che a livello nazionale, impone i diversi livelli di Governo di tutti i Paesi ad adottare politiche di razionalizzazione delle risorse pubbliche finalizzate alla riduzione dei deficit nazionali e al miglioramento dell'efficienza nel controllo e nella gestione delle risorse economiche;
              per quanto riguarda l'Italia e criticità maggiori, evidenziate più volte anche dai diversi organi dell'Unione europea, sono l'elevata incidenza della spesa pubblica, aumentata nel corso degli anni 2000-2012 per un importo complessivo di circa 250 miliardi di euro, e l'elevato debito pubblico, diretta conseguenza della mancanza di un efficiente controllo nella gestione delle risorse pubbliche, arrivato recentemente a superare la cifra di 1.966 miliardi di euro;
              l'azione intrapresa nel corso degli ultimi mesi da parte del Governo e finalizzata ad abbassare i livelli di spesa pubblica si è concentrata per lo più sugli enti locali e sulle regioni attraverso la finalizzazione di disposizioni che prevedono riduzioni di trasferimenti a favore di detti enti secondo un approccio lineare, ovvero non considerando gli enti che nel corso degli anni hanno adottato politiche di gestione finanziaria efficienti ed in grado di garantire spese di funzionamento inferiori alla media nazionale, e senza altresì valutare adeguatamente come il concorso degli enti locali alla creazione del deficit dell'amministrazione pubblica nazionale sia molto inferiore rispetto a quello evidenziato dai livelli di governo centrale;
              tra i principali esempi di gestione inefficiente di denaro pubblico vi è senza dubbio il caso della Regione siciliana che, così come ampiamente dimostrato dall'ultima relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale della regione stessa e relativa all'esercizio finanziario 2011, presenta valori di bilancio estremamente negativi;
              la citata relazione evidenzia, infatti, come l'ente regionale sia esposto finanziariamente per 5 miliardi e 247 milioni di euro, ancorché la spesa regionale complessiva sia incrementata di quasi 300 milioni di euro tra il 2010 ed il 2011 mentre le entrate, al netto dei prestiti, siano state pari a 15 miliardi e 587 milioni di euro, con un decremento del 13 per cento;
              le criticità maggiori si registrano sulle poste di bilancio relative ai residui attivi, laddove si evidenzia un ammontare pari ad oltre 15,3 miliardi di euro di cui 14 risalenti ad anni precedenti al 2001 e la cui esigibilità, a giudizio dalla stessa Corte dei conti, pare assai dubbia, e alle spese di personale;
              il complesso del personale di ruolo della regione, anche a seguito della recente stabilizzazione di 4.857 dipendenti, ammonta infatti alla cifra di 17.995 unità, al quale devono essere aggiunti il personale a tempo determinato, quantificato in 2.293 unità, e i 24.000 addetti di sistemazione idraulico forestali;
              con un tale contingente di personale la regione siciliana ha evidenziato una spesa per stipendi di personale a fine 2011, tra retribuzione, voci ad essa collegata ed oneri per il personale in quiescenza, ammontante a 1.724.166.000 euro;
              tale importo appare ancora più elevato se confrontato con le altre realtà italiane, come la regione Lombardia, che, pur contando un numero doppio di abitanti della regione siciliana, annovera circa 5.000 dipendenti a suo carico;
              le ingenti spese di personale della regione siciliana congiuntamente ad altre poste di bilancio, determinano un grave e preoccupante sbilanciamento della liquidità regionale laddove, a fronte dei soli 6 milioni di euro oggi giacenti presso il cassiere regionale, vi sarebbero titoli per 1.339 milioni di euro a cui si aggiungerebbero debiti presso la tesoreria per un importo di quasi 800 milioni di euro;
              la gestione inefficiente delle risorse economiche operata nel corso degli anni dalla regione siciliana avrà senza dubbio gravi ripercussioni sull'economia regionale, attuale e futura, con riflessi molto negativi anche sull'intero sistema economico nazionale, in ragione della crescente tensione sui mercati finanziari dove il valore dei titoli di Stato italiani, potrebbe subire un ulteriore peggioramento a causa degli oneri conseguenti al dissesto finanziario della regione siciliana;
              a seguito della situazione della regione siciliana, il Governo, al fine di evitare un rischio default, avrebbe erogato 400 milioni di euro alla regione siciliana, motivando invero lo stanziamento come decisione assunta precedentemente alla scoperta del medesimo rischio, senza tuttavia precisare dettagliatamente le motivazioni dell'operazione finanziaria, i termini e le modalità con le quali essa è stata finalizzata,

impegna il Governo:

          a chiarire se il trasferimento di 400 milioni di euro recentemente erogato a favore della regione siciliana sia stato effettuato in ragione di accordi precedentemente assunti o conseguentemente al rischio default della stessa e, qualora fosse verificata quest'ultima ipotesi, ad assumere le iniziative di competenza affinché la regione siciliana riversi detto importo nelle casse dell'erario;
          ad adottare le opportune iniziative al fine di sospendere in modo definitivo i trasferimenti di risorse a favore della regione siciliana finalizzati al ripiano dell'attuale situazione finanziaria, predisponendo altresì con la regione stessa un piano di aggiustamento economico-finanziario, contenente misure di rientro, attraverso l'utilizzo di risorse proprie dell'ente, così da evitare il perdurare di politiche di risanamento basate esclusivamente sul principio della spesa storica.
(1-01117) «Dozzo, Maroni, Bossi, Fugatti, Fedriga, Lussana, Montagnoli, Fogliato, Volpi, Giancarlo Giorgetti, Alessandri, Dal Lago, Stefani, Caparini, Fava, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Follegot, Forcolin, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli».


      La Camera,
          premesso che:
              la crisi finanziaria globale e la crisi fiscale dello stato italiano hanno avuto un profondo impatto sulle economie regionali. Un'approfondita analisi territoriale di inizio 2012 del Sole 24 OreCentro Studi Sintesi, attraverso la combinazione di otto rilevanti indicatori economici (propensione all'export, produttività, tasso di occupazione, indice di imprenditorialità, grado di apertura commerciale, sofferenze su crediti imprese, numero di brevetti europei, prestiti alle imprese) ha determinato una graduatoria delle regioni italiane basata su un indice sintetico di performance che ha collocato la Calabria all'ultimo posto con un valore dell'indice pari a 11,71 (economia statica), significativamente distante dalla Basilicata (22,94), dalla Campania (24,62), dalla Sicilia (26,06) e dalla Sardegna (40,99);
              la Calabria, come si evince dalla drammaticità e dalla crudezza del dato statistico, confermato da altri autorevoli centri di ricerca istituzionali, evidenzia sul piano socio-economico una drammatica specificità negativa, continuando inesorabilmente a declinare in un lento processo di separazione anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno;
              secondo l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno (Svimez) a fronte di un dato nazionale di 25.583 euro, il Pil pro capite nel 2010 ha registrato divari regionali sempre più marcati (fonte: Rapporto Svimez 2011 sull'Economia del Mezzogiorno): la regione più ricca è stata la Lombardia, con 32.222 euro pro capite. Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l'Abruzzo (21.574 euro) mentre all'ultimo posto si colloca la Calabria (16.657 euro);
              le più recenti previsioni della Svimez indicano per il 2012 un quadro congiunturale assai più negativo nel Mezzogiorno, dove il PIL fa segnare una flessione del 2,9 per cento, a fronte del –1,4 per cento del Centro-nord. In un simile contesto recessivo, su cui incide il maggior impatto nelle regioni meridionali delle manovre di finanza pubblica approvate nel 2010 e 2011, la regione Calabria dovrebbe far registrare una flessione del 3,2 per cento del PIL nel 2012;
              secondo i dati Unioncamere-InfoCamere su Movimprese in Calabria anche nel primo semestre 2012, così come nel 2011 e 2010, il saldo demografico delle imprese industriali è risultato nuovamente negativo per 207 unità;
              l'occupazione nel primo trimestre del 2012, secondo l'Istat, è diminuita in Calabria del 4,9 per cento rispetto al valore medio del 2011, proseguendo il pesante trend in atto dal 2007. La diminuzione degli occupati riguarda in misura più accentuata la componente femminile (-7 per cento rispetto alla media 2011);
              l'assoluta specificità della Calabria è evidenziata anche dal dato sul tasso di disoccupazione complessivo, che nel primo trimestre 2012 ha raggiunto il 19,5 per cento (17,8 per cento per gli uomini, 22,4 per cento per le dorme), contro il 10 per cento della media italiana e il 17,7 per cento del Mezzogiorno, con dato relativo ai giovani compresi tra i 15 ed i 24 anni salito nel I trimestre 2012 al 35,9 per cento, in aumento di 6,3 punti percentuali rispetto al I trimestre 2011;
              tuttavia, il tasso di disoccupazione ufficiale – secondo lo Svimez – fotografa una realtà in parte alterata, «per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine»: il tasso di disoccupazione reale, se consideriamo questa componente, raggiungerebbe in Calabria addirittura il 26 per cento;
              a livello settoriale, l'agricoltura è estremamente importante per l'economia calabrese, dove il peso del primario, rispetto agli altri settori produttivi, è più marcato rispetto al resto d'Italia: in termini di occupazione e di reddito è pari infatti a circa il doppio di quello nazionale.
              l'agricoltura calabrese contribuisce allo sviluppo rurale e territoriale più che in ogni altra regione. I dati provvisori del censimento agricolo 2010 (pubblicati dal Rapporto 24 Calabria de Il Sole24 ore del 28 marzo 2012) collocano la Calabria al terzo posto in Italia per numero di aziende, oltre 137mila (8,5 per cento del totale nazionale);
              in questi mesi a Bruxelles si sta discutendo il futuro della Pac per il periodo 2014-2020 e si annunciano pessime notizie: secondo le prime proiezioni, la Calabria perderà il 43 per cento delle risorse dei pagamenti diretti (il cosiddetto primo pilastro), mentre sul secondo pilastro, il programma di sviluppo rurale, c’è totale incertezza. È ormai noto, infatti, che la nuova Pac 2014-2020 porterà alla redistribuzione dei pagamenti diretti, che significa l'abbandono del riferimento storico per passare alla regionalizzazione, ovvero un pagamento uniforme su tutta la superficie;
              la Banca d'Italia nel volume «Le Infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione» (Banca d'Italia-Eurosistema, aprile 2011, n.7) evidenzia come tutte le province calabresi, in merito agli Indici di dotazione infrastrutturale basati sui tempi di trasporto stradale per camion, nel 2008 si collocavano agli ultimi posti della graduatoria delle province italiane;
              il sistema della viabilità e del trasporto di merci e passeggeri in Calabria sconta un pesantissimo quadro di perduranti ritardi e di inefficienze nei lavori di ammodernamento e sviluppo della rete infrastrutturale regionale;
              a peggiorare la situazione vanno ricordate le scelte pesanti del precedente Governo che, per assicurare la copertura finanziaria del taglio dell'ICI sulla prima casa, apportò circa 400 milioni di euro di tagli ai finanziamenti alla viabilità regionale calabrese; il medesimo esecutivo assestò un altro duro colpo alla viabilità della Calabria cancellando 450 milioni di euro (150 milioni l'anno, per gli anni 2007, 2008 e 2009) che la legge finanziaria del 2007 varata dal Governo Prodi aveva previsto, in via straordinaria, ai fini del potenziamento della viabilità provinciale calabrese;
              la situazione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria continua a registrare persistenti difficoltà dei cantieri: l'assenza di un progetto esecutivo e di finanziamenti che riguardano ben il 15 per cento dell'A3, testimonia tutti i limiti di una politica infrastrutturale nazionale;
              la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina continua a sollevare, soprattutto a livello europeo, fortissimi dubbi, come si evince dalle parole di Desiree Oen, consigliere del Commissario europeo ai trasporti, che ha definito le notizie sulla realizzazione del ponte «confuse e contraddittorie»;
              le scelte di Trenitalia hanno condotto alla soppressione di molti treni a lunga percorrenza, ponendo la Calabria in una condizione di vero e proprio isolamento geografico;
              in merito allo sviluppo del turismo della Calabria, una variabile determinante è la salubrità e la cristallinità del mare e dei fiumi della regione. L'esperienza e le fonti ufficiali ci dicono che lo stato complessivo delle coste e la salubrità delle acque della Calabria presentano tratti di significativa emergenza: nel 2012, su 116 depuratori, esattamente tutti quelli presenti sulle coste regionali, 94 non hanno autorizzazione allo scarico, 23 sono stati sequestrati, 13 sono inattivi, 54 non sono conformi alle norme nazionali, 47 hanno gravi problemi manutentivi (fonte: guardia costiera);
              il quadro di analisi testé delineato impone una immediata e netta ridefinizione dell'agenda del Governo mirante alla urgente riduzione dei divari territoriali ed alla implementazione di una politica di investimenti produttivi destinati alle regioni meridionali, in generale ed alla Calabria in particolare, la quale continua la sua lenta marcia di distacco dalle altre realtà regionali, soprattutto in termini di capacità di produrre reddito e occupazione e di risposta alla crisi, con tutte le conseguenze immaginabili sul piano della coesione territoriale, della fiducia istituzionale, della convivenza civile e della legalità;
              sul piano dell'elaborazione di possibili strategie di risposta, si tenga presente che la Commissione europea ha deciso recentemente di procedere alla modifica di alcune modalità di funzionamento dei Fondi strutturali destinati agli investimenti produttivi nelle aree depresse. In seguito all'abbassamento della quota di cofinanziamento nazionale dal 50 al 25 per cento, l'Italia potrà contare su ben otto miliardi di euro di risorse europee aggiuntive per i propri investimenti;
              occorre intervenire urgentemente, sulle macro-variabili strategiche di sviluppo regionale e sui nodi irrisolti del ritardo infrastrutturale della Calabria, tenendo presente che le politiche di crescita impongono una programmazione di medio-lungo periodo: si tratta, innanzitutto, di creare un ambiente favorevole allo sviluppo, poiché la sicurezza, l'impegno per la legalità, l'azione di prevenzione e contrasto alla mafia costituiscono un «prerequisito» di ogni efficace politica di risanamento e crescita,

impegna il Governo:

          a) con riguardo all'area relativa agli investimenti produttivi e alle politiche del lavoro:
              1) a finanziare, tenuto conto del nesso molto stretto tra sviluppo economico-territoriale e legalità, il programma straordinario per gli uffici giudiziari e la polizia giudiziaria della regione Calabria, approvato all'unanimità della Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 25 gennaio 2012;
              2) ad utilizzare i fondi nazionali aggiuntivi derivanti dall'abbassamento della quota di cofinanziamento nazionale in materia di Fondi strutturali destinati agli investimenti produttivi nelle aree depresse, per realizzare investimenti e misure di fiscalità di vantaggio in Calabria: una soluzione a costo zero e dai notevoli effetti moltiplicativi, soprattutto in considerazione dell'attuale quadro di crisi fiscale dello stato;
              3) a promuovere presso i grandi gruppi imprenditoriali nazionali (Eni, Enel, Ferrovie dello Stato, ecc.) una efficace politica di investimenti e di innovazione in Calabria;
              4) a sostenere, a fronte della grave crisi occupazionale della regione, urgenti politiche attive di reimpiego per i lavoratori in mobilità, i licenziati e per giovani e donne disoccupati e Neet (Not in Education, Employment or Training, ossia coloro ossia individui che non stanno ricevendo un'istruzione, non hanno un impiego o altre attività assimilabili e che non stanno cercando un'occupazione);
              5) a favorire, per quanto di sua competenza, la patrimonializzazione dei consorzi fidi, che rappresentano l'unico sostegno di garanzia per il sistema delle imprese nei confronti delle banche, e la costituzione di filiere, reti e cluster di imprese nei diversi settori di attività economica, con particolare riferimento all'artigianato, ai fini dell'innovazione e dell'internazionalizzazione dei mercati;
              6) ad agevolare la promozione dell'energia alternativa basata sui piccoli impianti utilizzabili da singoli fabbricati e/o gruppi di fabbricati;
          b) con riguardo all'area relativa alle infrastrutture e alla viabilità:
              1) a promuovere la costituzione di un Tavolo tecnico nazionale pubblico-privato per il miglioramento della dotazione infrastrutturale viaria e del trasporto merci e passeggeri regionale;
              2) a predisporre un piano governativo per colmare i deficit infrastrutturali dello sviluppo logistico, potenziando i nodi di scambio e l'intermodalità regionali, a tal fine prevedendo investimenti per estendere l'Alta capacità anche alla tratta Napoli-Reggio Calabria;
              3) ad abbandonare definitivamente il progetto del ponte sullo stretto, puntando invece su un sistema infrastrutturale centrato sul Porto di Gioia ed sul sistema portuale calabrese ad esso collegato: a tal fine è necessario sciogliere la società stretto di Messina e destinare le risorse ad un piano straordinario di ammodernamento delle infrastrutture viarie calabresi e siciliane (a partire dai lavori di completamento della Salerno-Reggio Calabria, di ammodernamento della strada statale 106 Jonica e di miglioramento della viabilità provinciale regionale);
          c) con riguardo all'area relativa all'assetto del territorio e alla riqualificazione urbanistica:
              1) a definire, in sintonia con la programmazione regionale, un piano organico di prevenzione delle calamità naturali e del dissesto idrogeologico;
              2) a promuovere la riqualificazione dei centri storici agevolando il rafforzamento strutturale degli edifici pubblici e delle abitazioni dei comuni calabresi (in merito soprattutto all'adeguamento sismico ed al risparmio energetico);
              3) a verificare, ai fini di una sua accelerazione, lo stato della bonifica delle aree industriali dismesse del crotonese ex Pertusola, ex Fosfotec ed ex Agricoltura interessate da un elevato livello di contaminazione da metalli pesanti del suolo e delle acque di falda, dove insistono opere civiche nella cui costruzione sono stati impiegati materiali inerti provenienti dagli scarti delle lavorazioni industriali dei tre succitati stabilimenti e in questa direzione, a sollecitare la conferma dell'impegno dell'Eni nell'opera di bonifica ambientale del territorio crotonese che ha scontato un pesante impatto ambientale in decenni di industrializzazione spinta;
          d) con riguardo all'area relativa all'agricoltura e alla pesca:
              1) a sostenere per le regioni obiettivo convergenza, nell'ambito dei negoziati per la riforma della PAC, una riforma non penalizzante dei pagamenti diretti, favorendo l'inserimento nel greening anche dell'olivicoltura e dell'agrumicoltura;
              2) a promuovere la convocazione di un tavolo tecnico, compartecipato dai principali attori della filiera agrumicola, per formulare le linee programmatiche di indirizzo e di intervento volte a contenere i costi di produzione, riorganizzare la commercializzazione e migliorare la qualità dei prodotti, rivedere la politica dei prezzi, adoperandosi affinché le arance calabresi possano ricevere adeguata remunerazione in rapporto alla loro qualità e genuinità e a sostenere l'inserimento, nel Piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale, di misure per la conversione e diversificazione agrumicola, dando la priorità alle zone ad agrumicoltura commercialmente obsoleta;
              3) ad adottare ogni iniziativa utile, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, a ridurre il prezzo del gasolio agricolo;
              4) a promuovere in sede comunitaria l'accelerazione della proposta di inserire un capitolo sul Mediterraneo nel regolamento di base della nuova politica comune della pesca;
          e) con riguardo all'area relativa al turismo, al commercio e all'artigianato:
              1) a favorire, in conformità con la programmazione regionale, una fase innovativa di politiche del turismo dirette all'implementazione di sistemi distrettuali omogenei ad elevata vocazione turistico-recettiva, promuovendo insieme alla riorganizzazione del demanio marittimo, una specifica fiscalità di vantaggio nonché strumenti di sburocratizzazione amministrativa;
              2) a incentivare la costituzione di sistemi distrettuali di offerta turistica in grado di attuare efficaci strategie di posizionamento nella competizione globale tra territori regionali, soprattutto attraverso la creazione e la messa in rete di una serie di servizi reali alle piccole e medie imprese, ed il finanziamento di interventi formativi di carattere manageriale ed imprenditoriale;
              3) a sollecitare l'inserimento di piani di sviluppo archeologici per accrescere l'offerta turistica, anche attraverso il potenziamento dei servizi di accoglienza dei siti archeologici di Sibari, Roccelletta di Borgia, Locri e Kroton (con l'istituzione di un Parco archeologico relativo alla vecchia polis crotoniate e all'area sacra di Capo Colonna);
              4) a promuovere, per quanto di sua competenza, la realizzazione di un piano organico straordinario di controllo e di depurazione delle acque marine e fluviali calabresi (in sintonia con la legislazione e la programmazione regionale) avente, tra gli altri, l'obiettivo di rinnovare e potenziare i depuratori e gli impianti fognari costieri esistenti e di individuare risorse da destinare al potenziamento e/o all'acquisizione di sistemi aerei e di mezzi tecnologici di controllo dall'alto della costa, dei corsi d'acqua e dell'entroterra, ai fini della prevenzione dell'inquinamento e della criminalità ambientale;
              5) a far si, per quanto di competenza, che la programmazione commerciale regionale preservi la pluralità e la multicanalità del sistema commerciale, lasciando spazi adeguati sia alla grande che alla piccola impresa, sostenendo gli imprenditori indipendenti e i piccoli esercizi nei centri più svantaggiati, qualificando il commercio su aree pubbliche, investendo sulle nuove forme commerciali, e promuovendo l'innovazione con l'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
              6) a promuovere l'elaborazione di specifiche linee di indirizzo per una razionale programmazione urbanistica e per stimolare le aree commerciali delle città a strutturarsi sempre più come centri commerciali naturali, lavorando anche l'integrazione di settori economici e funzioni urbane diverse (commercio, agroalimentare tipico, cultura, turismo, artigianato artistico, trasporti, eccetera), per migliorare la forza di attrazione commerciale e di animazione sociale dei centri urbani e di quelli turistici;
              7) a elaborare misure in grado di innalzare la competitività dell'artigianato sia attraverso piattaforme produttive di medie dimensioni e di ultima generazione (di cui in larga parte è sfornita la Calabria, soprattutto in alcune province, dove sono presenti vecchie aree industriali prive di servizi base) sia attraverso il consolidamento di misure di sostegno per la formazione e il trasferimento dei saperi alle nuove generazioni, per l'accesso al credito degli artigiani;
          f) con riguardo all'area relativa alla cultura, all'università, alla ricerca e innovazione tecnologica, all'alta formazione e istruzione:
              1) a potenziare il sistema universitario regionale e gli investimenti nella ricerca applicata, con l'obiettivo di soddisfare la domanda di ricerca del sistema produttivo;
              2) a sostenere iniziative nel settore dell'alta formazione per il potenziamento e la permanenza in Calabria dei ricercatori e l'arricchimento del bagaglio formativo dei giovani laureati, anche attraverso il finanziamento di tirocini di ricerca e/o di percorsi formativi di eccellenza nelle pubbliche amministrazioni, nelle università e nelle imprese;
              3) a incentivare iniziative finalizzate a potenziare il CNR in Calabria;
              4) a programmare investimenti per realizzare edifici scolastici moderni e sicuri, muniti di biblioteche, laboratori e palestre, in sostituzione di un patrimonio di edilizia scolastica superato e insicuro, rilanciando così l'APQ «Istruzione»;
              5) a potenziare, d'intesa con la regione Calabria, la rete dei musei, delle biblioteche e dei teatri, con particolare riferimento ai musei e alle biblioteche nazionali.
(1-01118) «Bersani, Franceschini, Ventura, Villecco Calipari, Minniti, Laganà Fortugno, Laratta, Lo Moro, Marini, Oliverio, Bressa, Ferranti, Tempestini, Rugghia, Baretta, Fluvi, Coscia, Mariani, Meta, Lulli, Damiano, Miotto, Gozi».

Risoluzioni in Commissione:


      La IX Commissione,
          premesso che:
              con delibera n.  19/2009 il CIPE ha approvato il progetto preliminare del raddoppio della linea ferroviaria Parma-La Spezia (cosiddetta «Pontremolese») prendendo atto del carattere prioritario del lotto Parma-Osteriazza, a sua volta suddiviso in tre sub lotti funzionali (Parma-Vicofertile, Vicofertile-Collecchio, Collecchio-Osteriazza) e ha assegnato 234,6 milioni di euro per la realizzazione del primo sub lotto Parma-Vicofertile, la cui progettazione definitiva è stata affidata a Rete ferroviaria italiana e sarebbe già disponibile;
              il precedente Governo Berlusconi, con il decreto-legge n.  98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, aveva previsto la revoca dei finanziamenti concessi per le opere che entro il 31 dicembre 2011 non avessero ancora prodotto obbligazioni vincolanti verso terzi;
              il 20 gennaio 2012 il CIPE, a seguito della dichiarazione di Rete ferroviaria italiana di non cantierabilità dell'opera, ha revocato il finanziamento e destinato le risorse ad altri interventi;
              il 17 febbraio 2012 si è svolto presso la provincia di Parma il tavolo interistituzionale sul corridoio intermodale TiBre nel corso del quale le regioni, le province e i comuni direttamente interessati dall'opera hanno espresso forte preoccupazione per il definanziamento della stessa ed hanno chiesto al Governo di procedere verso un rapido reintegro dei fondi, riaffermando l'interesse nazionale e la valenza strategica dell'infrastruttura;
              il 16 luglio 2012 si è nuovamente riunito il tavolo interistituzionale i cui partecipanti hanno ribadito la convinzione che senza il ripristino dei 234,6 milioni di euro l'opera rischia di essere accantonata e hanno pertanto espresso la necessità che le risorse vengano stanziate già nel nuovo contratto di programma 2012 con Rete ferroviaria italiana;
              il raddoppio della linea ferroviaria «Pontremolese» rientra tra le opere funzionali al completamento del corridoio intermodale Tirreno-Brennero condivise nel protocollo d'intesa sottoscritto nel 2009 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalle regioni, dalle province e dai comuni capoluogo interessati;
              tale opera consente di connettere la direttrice Parma-La Spezia con Mantova e Verona senza interferire con la linea Milano-Bologna, superando il nodo di Parma ed eliminando un incrocio di gestione problematica,

impegna il Governo:

          ad adottare tutte le iniziative idonee affinché Rete ferroviaria italiana proceda alla chiusura del progetto definitivo ed alla sua approvazione in tempi rapidi dopo la conferenza di servizi del 24 gennaio 2012 che ha licenziato il progetto con alcune precisazioni facilmente ottemperabili;
          ad assumere tutte le iniziative necessarie al fine di reintegrare le risorse destinate al raddoppio della linea ferroviaria «Pontremolese» e, in particolare, i 234,6 milioni di euro per la realizzazione del primo sub lotto Parma-Vicofertile.
(7-00964) «Velo, Motta».


      La X Commissione,
          premesso che:
              dopo oltre due decenni di ininterrotta crescita di mercato, con significativi incrementi di volumi di produzione, di fatturato e di occupati per le imprese della filiera, il settore italiano della produzione di «camper» sta registrando da alcuni anni una sensibile e preoccupante inversione di tendenza;
              secondo i dati del primo «rapporto nazionale sul Turismo en plein air in camper e in caravan 2012», la domanda di veicoli nuovi ha subito nel 2011 in Italia una diminuzione del 6,9 per cento rispetto al 2010. Nel 2011 sono stati venduti 8.709 veicoli, di cui 7.010 camper (- 7,2 per cento) e 1.699 caravan (- 5,7 caravan);
              tra il 2006 ed il 2011 si è passati da circa 14.400 a circa 7 mila immatricolazioni annue di camper e caravan;
              il settore della camperistica genera in Italia oltre 600 milioni di euro di fatturato, di cui il 58 per cento destinato all’export, con oltre 7.000 dipendenti, 4.000 diretti e oltre 3.000 indiretti;
              nella zona della Valdelsa, (tra le province di Siena e di Firenze) è presente un distretto industriale della camperistica dove viene attualmente realizzato oltre l'80 per cento della produzione nazionale del comparto (nello specifico nei comuni di Barberino Val d'Elsa, Casole d'Elsa, Colle Val d'Elsa, Monteriggioni, Poggibonsi, San Casciano Val di Pesa, San Gimignano, Tavarnelle Val di Pesa);
              sono qui presenti alcune delle aziende leader del settore a livello nazionale ed internazionale che, per le ragioni appena citate, hanno dovuto affrontare una forte riorganizzazione con conseguenti crisi occupazionale, un ricorso alla cassa integrazione e una forte riduzione del personale;
              dal 2007 ad oggi, dai dati resi noti dalle amministrazioni locali e dalle associazioni dei produttori, a fronte di un crollo delle immatricolazioni in Italia che supera il 50 per cento e di una diminuzione dei volumi prodotto nell'ordine leggermente inferiore del 40 per cento, l'occupazione del distretto della Valdelsa, riferita soltanto alle aziende produttrici e non alle imprese totali della filiera, è scesa di 400 unità (da 1700 a 1300 addetti). Negli ultimi 5 anni il valore della produzione da 7 a 6 e del numero dei veicoli prodotti da 20 mila a 12 mila;
              nel primo quadrimestre del 2012 si è verificata una nuova e più forte contrazione della domanda e del volume produttivo. Secondo «Apc» (Associazione produttori caravan e camper) la produzione del periodo è stata di 3.676 camper rispetto a 4.847 dell'analogo periodo dell'anno 2011, con un calo del 24,2 per cento. Secondo alcune stime, se questa situazione dovesse perdurare fino alla fine dell'anno, la quota di immatricolazioni in Italia potrebbe attestarsi a poco più di 5.000 camper rispetto ai 7.010 del 2011;
              in questi anni la regione Toscana e le istituzioni locali hanno seguito con attenzione lo sviluppo e le problematiche del settore della camperistica, riconoscendone potenzialità e peculiarità e cercando di intervenire tempestivamente con politiche adeguate in grado di supportare soprattutto azioni tese ad accrescere la qualità del prodotto, la ricerca e l'innovazione, nonché la infrastrutturazione logistica sul territorio;
              si ricorda nello specifico che nel luglio 2007 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa fra regione Toscana, la provincia di Siena, la provincia di Firenze, i comuni dei territori interessati, le associazioni imprenditoriali e sindacali per la riqualificazione della zona produttiva locale e la nascita di una filiera strutturata del camper anche attraverso finanziamenti in settori strategici di intervento come le infrastrutture, la logistica, la ricerca e la formazione;
              in seguito sono state avviate le procedure per realizzare uno snodo ferroviario della Valdelsa, in località Zambra: una infrastruttura logistica, che comporta di un investimento di 1,2 milioni di euro, necessaria per supportare l'attività delle industrie della zona;
              le imprese Laika Caravans e Trigano hanno già attivato progetti di innovazione e di ricerca, cofinanziati con bando della regione Toscana che coinvolgono l'intera filiera ed i principali dipartimenti universitari dei tre atenei toscani (Pisa, Siena e Firenze) e che riguardano i consumi, materiali di costruzione più leggeri, tecnologia hi-tech e domotica;
              risulta evidente come tali sforzi rappresentino la volontà dei gruppi italiani ed europei di mantenere, e concentrare, in questa area il cuore e l'eccellenza della camperistica italiana, con l'intento di rendere più competitiva l'offerta nazionale;
              il mercato della camperistica risente non solo della crisi generalizzata economica e dei consumi, ma anche di una carenza di politiche fiscali ed infrastrutturali a sostegno del settore. La tassazione sui veicoli costituisce infatti la quinta voce di gettito erariale governativo e manca sul territorio italiano, a differenza di altri Paesi europei, una efficace e moderna rete di strutture atte alla fruibilità del turismo all'aria aperta (come aree di sosta attrezzate e di accoglienza, e altro). Emerge da alcuni studi, con chiarezza, come per rilanciare il comparto sarebbe utile, in linea con la normativa già adottata da altri Paesi europei, modificare l'articolo 116 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n.  285, per introdurre l'innalzamento della guidabilità, per la patente «B», dei camper da 3,5 a 3,7 tonnellate. Con questa modifica, già presente in una proposta di legge all'esame della Commissione trasporti, i camper potrebbero essere dotati di dispositivi ed accessori capaci di elevare i livelli di sicurezza e di comfort aumentando al tempo stesso la platea di potenziali clienti;
              all'industria del camper si devono importanti effetti indiretti sull'indotto turistico del nostro Paese: nel 2010 infatti sono stati circa 2,6 milioni i turisti stranieri che hanno fatto una vacanza «en plein air» in Italia (dati dell'Osservatorio della Banca d'Italia), per un totale di 12 milioni di notti ed una spesa complessiva di 1,2 miliardi di euro. I turisti italiani che viaggiano nel nostro Paese in camper invece sono 3 milioni, per una spesa complessiva di circa 1,4 miliardi di euro. Il turismo «en plein air», secondo i dati Istat, rappresenta circa il 6 per cento del movimento turistico straniero in Italia. Nonostante l'Italia sia la destinazione più ambita per la bellezza dei luoghi da visitare rispetto alle principali nazioni europee in cui è più diffusa la cultura del «camper style», come Germania e Francia, risulta carente per offerta di luoghi di sosta, facilità di accesso alle strutture ricettive e servizi offerti;
              questa mancanza di politiche, rispetto alle altre nazioni europee, è testimoniata soprattutto dai dati: se in Italia dal 2006 al 2011 si è passati, per le immatricolazioni di nuovi camper, da 14.400 a poco più di 7.000 unità, nello stesso lasso temporale in Francia si è passati da 20.200 a 19.300, mentre in Germania da 18.400 a 21.700;
              sempre in sintonia con le sinergie e gli sforzi sopra richiamati, anche quest'anno si svolgerà in Valdelsa, con la collaborazione dell'Associazione nazionale produttori caravan e camper (Apc) un «educational» con giornalisti di testate specializzate nel «plain air» in arrivo da Olanda, Svezia, Norvegia e Finlandia che visiteranno imprese, mezzi e prenderanno visione delle innovazioni in corso;
              alla luce di quanto esposto emerge quindi l'opportunità e l'utilità di un formale riconoscimento di questa filiera industriale della Valdelsa quale «distretto italiano della camperistica». In tale territorio è infatti concentrato oltre l'80 per cento della produzione italiana; qui si stanno già svolgendo importanti ricerche e potrebbe meglio caratterizzarsi uno spazio pubblico e privato di ricerca ed innovazione del prodotto, utilissimo a far camminare ulteriormente la camperistica, per tutelare i siti produttivi ed i livelli occupazionali, per far crescere fatturato, produzione e capacità di competere sul mercato;
              si è insediato in Valdelsa un tavolo di lavoro, a cui partecipano regione Toscana, la provincia di Siena, la provincia di Firenze, i comuni dei territori interessati e l'Associazione produttori caravan e camper (Apc), le imprese, le organizzazioni sindacali, che sta ulteriormente lavorando per affinare il funzionamento del distretto e per chiedere al Ministero dello sviluppo economico il riconoscimento formale di questo ambito di «distretto nazionale del camper»;
              di fronte ad una crisi come quella che si sta vivendo, il Governo e la sua maggioranza hanno avviato misure molto dure in direzione del risanamento dei conti pubblici avviando politiche mirate alla crescita, e alla ripresa produttiva, capaci di rivitalizzare i settori ed i distretti industriali in crisi, anche attraverso l'incentivazione della ricerca e dell'innovazione applicata alla produzione;
              queste misure possono vedere un impegno concreto dei soggetti che già operano nel distretto in questione,

impegna il Governo:

          a supportare, per quanto di competenza, le azioni promosse da regione Toscana provincia di Siena, provincia di Firenze, comuni della Valdelsa, tese al consolidamento della filiera cameristica a partire dall'aggiornamento dei contenuti del protocollo di intesa del 2007, richiamato in premessa;
          a supportare ed accompagnare, per le ragioni e per i dati sopra esposti, il percorso di riconoscimento del distretto della Valdelsa quale «distretto nazionale del camper italiano»;
          a convocare un incontro con la regione Toscana ed i soggetti istituzionali ed imprenditoriali impegnati nella riqualificazione industriale del distretto camperistico;
          ad accogliere le proposte elaborate dal tavolo di lavoro, citato in premessa, da istituzioni ed imprese e ad approfondire ulteriori ambiti di intervento utili al rafforzamento competitivo del settore, individuando le risorse attivabili.
(7-00963) «Lulli, Cenni, Bonciani, Fluvi, Froner».


      La XII Commissione,
          premesso che:
              l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti è l'unica associazione che, in forza del regio decreto n.  1789 del 29 luglio 1923 e del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 (G.U. 3 marzo 1979 n.  62), essendo posta sotto la vigilanza del Governo (decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 1990 in G.U. 11 giugno 1990 n.  134), rappresenta tutti i ciechi e gli ipovedenti italiani, un universo di circa 1.800.000 persone, e non soltanto i propri iscritti. Inoltre, l'Unione è l'unica associazione che ha scelto di non limitare il proprio impegno al ruolo di rappresentanza e tutela, ma di estenderlo all'erogazione diretta di servizi ai ciechi e agli ipovedenti iscritti e non iscritti all'associazione;
              l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti è posta sotto il controllo della Corte dei conti che redige annualmente la relazione al Parlamento sulle attività dell'Unione. Detta Corte così si esprime nei confronti dell'organizzazione: «L'Unione ... anche nel periodo oggetto di referto si conferma ... punto di riferimento per i non vedenti anche considerato l'elevato numero di aderenti al sodalizio, continuando ad operare con convinzione e tenacia, anche in presenza di difficoltà oggettive»;
              la cecità rappresenta una minorazione gravissima i cui condizionamenti si sono accresciuti con l'avvento della civiltà delle immagini: le più recenti ricerche hanno confermato che l'83 per cento delle informazioni che arrivano al cervello passano attraverso il canale visivo, essa incide, quindi, non soltanto sulla mobilità della persona cieca ma su tutti gli aspetti della vita: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, l'informazione, la cultura, la prevenzione della cecità, la riabilitazione, l'accesso ai beni culturali, alle attività sportive ed al tempo libero;
              tali condizionamenti richiedono l'erogazione di servizi specialistici che il settore pubblico non era e non è in grado di assicurare, motivo per il quale il legislatore ha scelto di concedere all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti con diverse leggi – nate anche in compensazione di specifici tributi soppressi il cui gettito aveva analoga destinazione – contributi finalizzati all'erogazione dei summenzionati servizi che vanno dal settore dell'integrazione scolastica, alla assistenza personale ai disabili visivi, dal settore della pensionistica alla produzione di pubblicazioni in Braille e in caratteri ingranditi diffuse gratuitamente, dal settore della formazione a quello della riabilitazione e della ricerca;
              l'articolo 4, comma 17, della legge 12 novembre 2011, n.  183 (legge di stabilità 2012) ha previsto a decorrere dal 2012 una decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo compensativo annuo concesso all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n.  24, fissandolo in euro 65.828, costringendo l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ad interrompere l'erogazione di molti dei predetti servizi a solo danno dell'utenza rappresentata dai ciechi, dagli ipovedenti e dalle loro famiglie e a collocare temporaneamente il proprio personale in cassa integrazione con la prospettiva del licenziamento;
          l'articolo 4, comma 18, della legge 12 novembre 2011, n.  183 (legge di stabilità 2012) ha previsto una ulteriore analoga decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo annuo concesso all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n.  379, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.Ri.Fo.R.) ed all'Istituto europeo ricerca, formazione orientamento professionale (LE.R.F.O.P.), fissandolo in euro 291.142, costringendo anche in questo caso entrambi gli enti a sospendere di fatto la propria attività in favore dei disabili visivi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative per ripristinare nel loro importo originario i contributi di cui all'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n.  24, e all'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n.  379.
(7-00962) «Palagiano, Donadi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          Cittadinanza Attiva ha recentemente rivolto al Presidente del Consiglio dei ministri (16 giugno 2012) un appello pubblico per avere risposte e informazioni in ordine alle notizie apparse sul settimanale l'Espresso (15 giugno 2012) circa presunti illeciti amministrativi commessi presso il CNEL, che sembrerebbero implicitamente confermate da una lettera aperta al direttore de l'Espresso (22 giugno 2012) inviata da uno degli esperti del CNEL;
          un regolamento interno approvato, ad avviso degli interpellanti in contrasto con la legge, avallato anche da un Collegio dei revisori costituito in difformità dalle disposizioni che disciplinano la composizione di questi organi in tutte le amministrazioni dello Stato, lascia particolarmente perplessi, come anche i presunti illeciti denunciati dal settimanale l'Espresso;
          nell'attuale contesto di crisi economica appaiono agli interpellanti inopportuni gli incarichi di ricerca (affidati ad istituti privati) e le consulenze specialistiche (conferite anche a persone, da quanto sembra desumersi dall'articolo di stampa citato, non in possesso del titolo di laurea) presso un organo a rilevanza costituzionale chiamato a dare «alta consulenza alle Camere e al Governo», grazie alla professionalità di esperti nominati anche dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, selezionati fra i migliori docenti universitari delle discipline economiche, sociali e statistiche, nonché dotato di un Segretariato Generale presso cui operano dirigenti e funzionari altamente qualificati  –:
          quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere il Governo in relazione ai fatti descritti in premessa.
(2-01622) «Barbaro, Lo Presti».

Interrogazione a risposta orale:


      BURTONE. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in estate presso la località balneare di Metaponto si registra un fenomeno abbastanza anomalo;
          le edicole sono costrette ad attendere per molto tempo l'arrivo del corriere della distribuzione per ricevere i giornali;
          ovviamente per i villeggianti un conto è trovare il giornale la mattina presto, altro è attendere l'arrivo dei quotidiani;
          lo stesso vale per le edicole che già pagano un sovrappiù per avere i giornali nel periodo estivo e di fronte a questo disservizio vanno incontro a un mancato guadagno, perché difficilmente un avventore ritorna per prendere un giornale che non trova;
          condizionare le edicole dalla presenza di un unico distributore rappresenta una situazione paradossale in epoca di liberalizzazioni e forse dimostra che più che le edicole andava liberalizzata la distribuzione;
          avere un unico corriere per la fascia jonica del metapontino in periodo estivo è estremamente penalizzante per le edicole a mare;
          gli stessi ritardi poi si registrano anche per le edicole dei centri minori che con la scusa del mare vedono anche loro recapitarsi i giornali in estremo ritardo;
          occorre evitare questo disservizio che crea una cattiva immagine anche per le località balneari e per gli operatori turistici  –:
          se si intendano assumere iniziative, anche normative, per promuovere una liberalizzazione del settore della distribuzione della stampa a tutela dell'attività delle edicole e di chi vuole acquistare un quotidiano. (3-02421)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


      MARAN e TEMPESTINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          dal 1991, anno della dichiarazione di indipendenza del Kazakistan dall'Unione Sovietica, Nursultan Nazarbayev è ininterrottamente Presidente della Repubblica;
          gli osservatori internazionali dell'OSCE hanno constatato che le elezioni parlamentari del 15 gennaio 2012, nelle quali il presidente Nursultan Nazarbayev ha riportato il 91 per cento dei consensi, non si sono svolte nel rispetto dei principi fondamentali che presiedono lo svolgimento di libere elezioni democratiche;
          secondo un'inchiesta di «Giornalisti senza frontiere» il Kazakistan è al 162esimo posto su 178 Paesi per quel che riguarda i dati sulla libertà di stampa. È anche uno dei paesi più corrotti e autoritari del mondo. «World Democracy Audit» colloca il Kazakhstan all'83esimo posto su 149 Stati per quel che riguarda il livello di corruzione e al 29esimo dall'ultimo Paese nella classifica sulla mancanza di diritti democratici;
          tutte le leggi recentemente adottate in materia di religione, mezzi di comunicazione di massa e sicurezza nazionale includono disposizioni che rafforzano i tratti illiberali del sistema politico del Kazakistan e sono contrarie agli obiettivi di democratizzazione dichiarati;
          negli ultimi due mesi i partiti dell'opposizione, Alga e Azat, e i mezzi d'informazione indipendenti, tra cui i giornali Vzglyad, Golos Republik e Respublika e il canale televisivo Stan TV, sono stati oggetto di repressioni sempre più dure, che hanno portato all'arresto, tra l'altro, di Vladimir Kozlov, leader del partito Alga, di Igor Vinyavski, caporedattore di Vzglyad, di Bolat Abilov e di Amirzhan Kosanov, dirigenti del partito di opposizione «Osdp/Azat». Il 6 giugno 2012 Alia Turusbekova, moglie di Vladimir Kozlov, avrebbe ricevuto minacce e sarebbe stata oggetto di un'aggressione mentre era alla guida di un auto;
          lo scorso dicembre a Zhanaozen, in seguito ad una manifestazione pacifica dei lavoratori del settore petrolifero della regione che avevano scioperato per ottenere un aumento dei salari, sono stati arrestati circa 43 attivisti impegnati nello sciopero e a loro carico sono formulate imputazioni passibili di condanne fino a sei anni. Secondo una risoluzione del Parlamento europeo, la polizia anti-sommossa e le truppe del National Security Committee (KNB) avrebbero attaccato i manifestanti aprendo il fuoco contro i lavoratori e le loro famiglie, uccidendo almeno 16 persone e ferendone circa 500. In seguito agli scontri, il Governo kazako avrebbe dichiarato lo stato di emergenza e impedito l'accesso alla stampa internazionale al Paese per oltre un mese;
          da notizie a mezzo stampa, i detenuti sarebbero stati sottoposti a torture e maltrattamenti;
          le agitazioni sindacali e gli scioperi dei lavoratori nelle grandi imprese kazake stanno attualmente continuando e la situazione rischia nuovamente di sfociare nei fatti accaduti lo scorso dicembre;
          l'Italia è ufficialmente al quarto posto in termini di investimenti diretti esteri in Kazakhistan, e grandi aziende italiane come Italcementi, Eni, Todini, sono tra i maggiori investitori stranieri nel Paese  –:
          quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare nelle opportune sedi europee e internazionali, nei confronti del Governo del Kazakhistan, affinché cessino le sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali e siano garantite le adeguate tutele sindacali.
(5-07567)


      EVANGELISTI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          un carabiniere, Alessandro Spadotto, 29 anni, di San Vito al Tagliamento (Pordenone), addetto alla sicurezza dell'ambasciata d'Italia a Sanaa, nello Yemen, è stato rapito il 29 luglio 2012 da uomini armati nei pressi della sede diplomatica, situata nel quartiere di Hadda;
          da quanto si apprende da agenzie stampa, non si sa ancora con certezza chi sia stato a catturarlo anche se, secondo fonti qualificate della sicurezza, i rapitori sarebbero un gruppo di criminali locali, privo di legami con le numerose cellule di Al Qaeda presenti nel Paese;
          il carabiniere al momento della cattura era fuori servizio e si trovava, in borghese, in un negozio nelle vicinanze dell'ambasciata per fare acquisti personali dove sarebbe stato prelevato da un gruppo di uomini armati;
          il Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi, ha avuto contatti telefonici con il collega yemenita Abu Bakr al Qirbi il quale gli ha confermato la disponibilità del Governo di Sanaa a fornire la massima collaborazione e impegno sulla vicenda;
          si apprende, inoltre, che a Sanaa, sempre nella stessa giornata del 29 luglio 2012, è avvenuto un assalto al Ministero degli interni, edificio occupato da un centinaio di militanti fedeli all'ex presidente Ali Abdullah Saleh, che chiedono alla nuova amministrazione yemenita di essere arruolati nella polizia;
          l'episodio si inserisce comunque in un contesto di endemica instabilità che ancora segna la vita nello Yemen, il più povero tra i Paesi della penisola arabica, malgrado l'uscita di scena di Saleh che ha lasciato la guida del Paese al suo vice, Abd Rabbo Mansour Hadi, eletto il 21 febbraio 2012 come presidente provvisorio;      
          malgrado questa «morbida» transizione biennale prima di nuove elezioni multipartitiche sia stata appoggiata da Usa, Onu e Arabia Saudita, la sicurezza nel Paese non è affatto migliorata;
          va ricordato, infatti che, attualmente, sono ancora nelle mani dei rapitori un'insegnante svizzera e un diplomatico saudita, entrambi catturati nel marzo scorso, mentre negli ultimi 15 anni più di 200 persone sono cadute nelle mani di sequestratori  –:
          di quali ulteriori informazioni disponga il Ministero sulla vicenda e quali rassicurazioni intenda fornire in merito alla sicurezza e all'incolumità dei nostri connazionali nell'attuale e precaria congiuntura politica e sociale dello Yemen.
(5-07568)


      MENIA e DI BIAGIO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          risulta agli interroganti che alcune strutture consolari, tra cui il Consolato generale a Monaco, in virtù dell'insufficienza di personale, hanno ritenuto necessario avviare un sistema di prenotazioni telefoniche al fine di consentire una gestione più semplice dell'afflusso del pubblico e dell'erogazione dei servizi;
          stando a quanto è noto ai sottoscritti, a partire dal 1o ottobre 2012 prenderà il via un nuovo sistema, in base al quale, l'accesso al consolato dovrà essere subordinato ad una prenotazione;
          le prenotazioni di cui sopra potranno realizzarsi per via telematica, o attraverso un call center – operativo a partire dal 30 luglio – finalizzato a fornire informazioni o prendere appuntamenti;
          il costo del servizio succitato – nel caso tedesco – è di euro 0,99 al minuto per chiamate da rete fissa tedesca, mentre da rete mobile, il costo varia a seconda dell'operatore, ed il costo massimo della chiamata è di euro 3,96;
          con l'avvio del suindicato sistema si rischia seriamente di monetizzare l'erogazione di un servizio – dovuto ed inderogabile – da parte della pubblica amministrazione, costringendo i cittadini italiani a sostenere dei costi – sebbene telefonici – per poter interloquire con l'istituzione che rappresenta lo Stato italiano oltre confine, i cui riscontri e i cui servizi dovrebbero essere mission basilare della stessa;
          con siffatto trend, si corre il rischio di inficiare in maniera evidente e problematica uno dei ruoli principali della nostra rete consolare, vale a dire quello di fornire assistenza e servizi ai nostri connazionali residenti in loco;
          l'elemento maggiormente critico va ricercato nel fatto che siffatta novità amministrativa si colloca nell'esigenza di far fronte alle dinamiche di spending review attualmente sottoposte all'esame del Parlamento e che – considerando le derive a cui queste rischiano di condurre – meriterebbero di essere riviste soprattutto alla luce dei tagli di personale che attualmente sembrano condizionare l'amministrazione degli esteri  –:
          quali iniziative intenda predisporre al fine di rettificare il progetto di cui in premessa e nel contempo fornire un servizio efficiente e rapido ai connazionali senza che questi siano costretti a spendere anche un solo centesimo per contattare la struttura consolare. (5-07569)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          dal 26 giugno 2012, il minore può viaggiare in Europa e all'estero solo munito di un documento di viaggio individuale (passaporto, carta d'identità o altro lasciapassare); al contempo i passaporti dei genitori con iscrizioni di figli minori rimangono validi per il solo titolare;
          per richiedere il passaporto per il figlio minore è necessario l'assenso di entrambi i genitori, i quali devono firmare l'assenso presso l'ufficio in cui si presenta la documentazione; in mancanza di assenso, si deve essere in possesso del nulla osta del giudice tutelare;
          la necessità, anche per i minori, di possedere un passaporto individuale comporta spese aggiuntive per le famiglie; per ogni componente è infatti necessario prevedere una spesa di 44,66 euro per il libretto, al quale si aggiunge la tassa di rilascio di 40,29 euro (totale 84,95 euro) e una tassa governativa di 40,29 euro annuale per coloro che intendano viaggiare al di fuori dell'Unione europea; giacché per i passaporti per i minori è previsto un tempo di validità inferiore a quello ordinario di dieci anni, ossia triennale per il minore da 0 a 3 anni e quinquennale per il minore dai 3 ai 18 anni, gli oneri di emissione per il passaporto dei figli incideranno ancor più significativamente nell'economia famigliare degli italiani e, in particolare, delle famiglie di connazionali residenti all'estero per i quali il documento di viaggio risulta indispensabile per rientrare in Patria;
          la recente entrata in vigore dell'obbligo per il minore di possedere un documento individuale non è stata adeguatamente pubblicizzata; come dimostrano le notizie riportate dagli organi di stampa; centinaia di famiglie sono rimaste bloccate negli aeroporti e alle frontiere, poiché ignare della necessità di possedere un documento individuale per ogni figlio;
          a seguito delle denunce e del reclami riportati dalla stampa nazionale, i vacanzieri residenti in Italia sono venuti a conoscenza delle modifiche normative intervenute e, non senza disagi, si stanno organizzando per dare seguito alle nuove prescrizioni; altra realtà è quella degli italiani residenti all'estero, i quali non vengono facilmente raggiunti dagli organi d'informazione nazionali; nelle settimane estive, nel corso delle quali si registra il flusso più consistente di rientri in Patria, le novità intervenute all'insaputa dei cittadini residenti all'estero, rischiano di compromettere gravemente la mobilità dei connazionali  –:
          quali iniziative intenda adottare il Governo per dare una tempestiva e capillare informazione delle novità intervenute in relazione ai documenti validi per l'espatrio dei minori;
          quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro degli affari esteri per garantire che nelle prossime settimane i consolati siano preparati a rispondere efficacemente al prevedibile incremento di richieste di rilascio immediato di documenti di viaggio per i minori;
          se il Governo non intenda attenuare il peso economico che le novità normative introdotte rischiano di esercitare sull'economia famigliare degli italiani, assumendo iniziative volte a prevedere oneri per il rilascio dei documenti più coerenti con la durata di validità degli stessi e con la minore età dei titolari. (4-17156)


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Bahrain, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17164)


      MADIA, GIOVANELLI, GNECCHI, MATTESINI, MELANDRI, SCHIRRU, VACCARO, DI BIAGIO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la recente approvazione della riforma del mercato del lavoro in alcune pubbliche amministrazioni il problema dell'equo compenso previsto dalla novella legislativa;
          gli articoli 34-36 della legge 28 giugno 2012, n.  92, in previsione della stesura e approvazione di linee guida concordate tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e conferenza Stato-regioni relativamente ai tirocini formativi, preannuncia l'introduzione di un obbligo a riconoscere a ciascun tirocinante/stagista una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta; ma dall'altra, al comma 36, dispone che non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
          questo provvedimento, come riportato da diversi organi di stampa (Repubblica.it, la Repubblica degli Stagisti), ha suscitato una reazione da parte del Ministero degli affari esteri che avrebbe sospeso il programma Mae-Crui attraverso cui da anni ospita (senza prevedere alcun rimborso) studenti e neolaureati presso le proprie sedi diplomatiche;
          il Ministero degli affari esteri ha poi ripristinato le partenze previste a settembre 2012 per i circa 550 vincitori del II° bando 2012. Con comunicato del 10 luglio 2012 i Ministeri degli affari esteri e del lavoro delle politiche sociali hanno infatti fatto sapere che «Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 34 e 35, della legge n.  92 del 2012 non sono di immediata applicazione e fissano alcuni obiettivi di principio che troveranno piena applicazione solo in seguito all'adozione in sede di Conferenza Stato-regioni di linee-guida», e che pertanto la misure dell'indennità non avrebbero trovato applicazione «nei confronti dei tirocini del programma Mae-Crui attivati prima dell'adozione delle richiamate linee-guida»;
          coinvolgendo complessivamente ogni anno il programma di tirocini Mae-Crui circa 1.800 partecipanti, la testata giornalistica online Repubblica degli Stagisti ha calcolato che per garantire 500 euro al mese a tutti gli stagisti Mae-Crui in forza presso la Farnesina e altre località europee, e 1.000 euro al mese a tutti coloro che vengono assegnati a destinazioni extraeuropee, servirebbero tra i 3 milioni e 500 mila e i 4 milioni di euro  –:
          se il Governo non preveda nell'attivazione dei futuri stage Mae-Crui, che hanno registrato un crescente successo tra i giovani laureati italiani come strumento di formazione e internazionalizzazione, e in accordo alle sopracitate disposizioni, lo stanziamento di somme, anche forfettarie a titolo di rimborso spese e/o indennità, da attingere, a risorse invariate, dagli stanziamenti rimodulabili e al netto degli impegni presi delle missioni con obiettivi coerenti del bilancio del Ministero degli affari esteri o da altri stanziamenti impegnabili. (4-17181)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          in virtù di un accordo raggiunto nel 2006 tra la provincia di Varese e l'Australian Sport Commission, lo Stato australiano ha localizzato in territorio varesino — e più precisamente a Gavirate (Varese) — l'European training center, centro che funge da vero e proprio snodo per gli atleti della nazionale australiana in molteplici discipline;
          la scelta del territorio varesino premia la bellezza del territorio, la varietà dell'offerta sportiva, la straordinaria presenza di molteplici caratteristiche ambientali e climatiche, ma anche gli sforzi dell'ente provincia che ha costruito il complesso edilizio e lo ha affittato per 10 anni all'Australian Sport Commission, realizzando in tal modo un caso unico e virtuoso di project financing;
          la presenza di migliaia di atleti e campioni australiani rappresenta motivo positivo sia in chiave sportiva, sia in termini di immagine del nostro Paese;
          nella realizzazione di tale opera e nel supporto delle attività sportive connesse, il ruolo dello Stato è risultato nullo  –:
          se e come il Governo intenda sostenere, per quanto di competenza, le azioni degli enti locali della provincia di Varese tese a supportare le iniziative degli atleti australiani ed a realizzare sinergie col territorio;
          se ed in che modo il Governo intenda favorire, per quanto di competenza, iniziative come quella rappresentata in premessa, anche con misure che favoriscano l'accessibilità agli impianti sportivi e l'organizzazione di attività sportive collaterali oltre che a mezzo di altri concreti aiuti economici. (4-17158)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      NASTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.  – Per sapere – premesso che:
          il recente provvedimento di sequestro dello stabilimento siderurgico dell'Ilva di Taranto, a seguito delle indagini della magistratura che ha disposto la chiusura degli impianti a causa dei livelli di inquinamento dell'area a caldo, per verificare se dall'interno si diffondano gas, vapori, sostanze aeriformi e solide (polveri), contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori e per la popolazione del centro abitato di Taranto, ripropone nuovamente il problema dello smaltimento dei siti industriali inquinanti a livello nazionale e delle conseguenze legate dalla presenza dell'attività produttiva e l'aumento delle patologie tumorali e dei fattori ambientali;
          secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera il 28 luglio 2012, l'analisi storica del fenomeno effettuata da un docente di inquinamento atmosferico del politecnico di Milano, evidenzia che attualmente, risulta necessario confrontarsi con una sorta di contaminazione sconosciuta, della quale non si conoscono in via definita, i contorni;
          nel passato l'industria, secondo quanto descrive il medesimo articolo, era certamente la fonte dominante di inquinamento, anche perché le fabbriche erano inserite nei contesti urbani;
          una serie di norme successivamente hanno regolarizzato i comportamenti, determinando un confine per le emissioni nei grandi agglomerati di cui si ha conoscenza e per i quali è attualmente prevista la bonifica;
          i 2,2 miliardi di euro stanziati nel 2001, per disinquinare i 57 siti industriali a rischio di elevata concentrazione di inquinamento, evidenzia inoltre il suesposto articolo, sono stati utilizzati in minima parte a causa della troppa burocrazia;
          a giudizio dell'interrogante, in considerazione della suesposta vicenda dell'Ilva di Taranto, la cui produzione è parzialmente sospesa in attesa che la magistratura stabilisca «se i valori di emissione di tali sostanze eventualmente ritenute nocive per la salute di persone e animali, nonché dannose per cose e terreni, determino situazioni di danno o di pericolo inaccettabili», appare indispensabile conoscere un quadro generale più approfondito e aggiornato, dell'utilizzo dei fondi stanziati negli ultimi dieci anni –:
          quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          quale sia l'ammontare complessivo finanziario disponibile relativo ai fondi stanziati per disinquinare i 57 siti industriali a rischio su scala nazionale;
          se intenda confermare quanto esposto in premessa, secondo cui lo scarso utilizzo dei suddetti fondi sia imputabile all'elevata farraginosità burocratica e in caso affermativo quali iniziative intenda intraprendere al fine di velocizzare le procedure necessarie per l'utilizzo della disponibilità dei fondi per disinquinare gli impianti industriali e limitare le emissioni tossiche negli stabilimenti interessati;
          quali iniziative infine intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di monitorare con maggiore incisività in tempi brevi e scadenzati le procedure e le modalità dell'utilizzo dei suddetti fondi. (4-17157)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PES, CALVISI, MELIS, SCHIRRU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, FADDA e MARROCU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il piano paesaggistico regionale è uno strumento di governo del territorio che si pone l'obiettivo di preservare, tutelare e valorizzare l'identità ambientale della regione. Al tempo stesso intende proteggere e salvaguardare il paesaggio culturale e naturale con la relativa biodiversità;
          in data 25 luglio 2012 il consiglio regionale della Sardegna ha approvato, con i voti della sola maggioranza, le nuove linee guida al piano paesaggistico regionale;
          entro tre mesi la giunta regionale dovrà elaborare le norme di attuazione del piano paesaggistico, concordando le modifiche con il Ministero;
          le novità introdotte nelle linee guida sono le seguenti:
              la fascia costiera non è più considerata un unico bene paesaggistico, permettendo in questo modo di sbloccare lottizzazioni costiere progettate negli anni Ottanta e vietate fino ad oggi;
              il paesaggio rurale, pur essendo riconosciuto dalla regione meritevole di tutela e pur avendo la stessa dichiarato di voler contrastare il frazionamento delle aree agricole finalizzato all'edificazione (in particolare nella fascia costiera e nelle aree periurbane), di fatto non viene salvaguardato: non viene fissata infatti una superficie minima per poter costruire (allo stato attuale occorrono 3 ettari per le coltivazioni intensive e 5 ettari per quelle estensive);
              si rendono possibili interventi a più di cento metri dai monumenti nei comuni che non hanno elaborato il piano urbanistico comunale;
              nei centri storici sono possibili ristrutturazioni degli edifici con meno di 50 anni che hanno infissi o elementi non consoni alle costruzioni d'epoca con la possibilità di aumentare la volumetria del 30 per cento;
          qualche giorno prima dell'approvazione del piano paesaggistico regionale il Ministro interrogato ha inviato una nota al presidente della regione per chiedere spiegazioni circa le nuove linee guida;
          nella stessa nota il Ministro ha rilevato che da un primo esame delle linee, si evince la «non aderenza» al percorso intrapreso, e si rende necessario un percorso tecnico attuativo congiunto;
          nei giorni scorsi il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali durante una conferenza («Costruire il futuro: difendere l'agricoltura dalla cementificazione») ha riconosciuto che il consumo di suolo è un problema grave e quindi prioritario, ponendo l'accento su tre elementi (cibo, bellezza, cultura), ritenendoli le nostre migliori ricchezze;
          in tale ottica, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha presentato un disegno di legge «in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo»;
          l'articolo 9 dell'articolo della Costituzione «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»;
          il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, e successive modifiche ed integrazioni, denominato «codice dei beni culturali e del paesaggio» ha applicato su tutto il territorio nazionale una disciplina uniforme ed innovativa in materia di tutela del paesaggio, così come previsto dall'articolo 9 della Costituzione;
          in data 7 settembre 2006 con decreto presidente giunta regionale n.  82, la regione Sardegna, in attuazione delle disposizioni di cui sopra, ha approvato il piano paesaggistico regionale attraverso le procedure previste dalla legge regionale 25 novembre 2004, n.  8;
          come espressamente previsto dal codice «Urbani», la regione Sardegna ha sottoscritto specifica intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali attestante la piena conformità del piano approvato con la disciplina di cui all'articolo 143 del citato codice dei beni culturali e paesaggistici;
          la pianificazione paesaggistica è materia delegata dal codice dei beni culturali e del paesaggio dallo Stato alle regioni e lo Stato si riserva di vigilare sull'attività delle regioni ai sensi dell'articolo 155 del codice;
          le previsioni dei piani paesaggistici, in virtù della tutela costituzionale che realizzano, «sono cogenti» ed «immediatamente prevalenti» su qualunque disposizione difforme anche di carattere settoriale, le ragioni del paesaggio e della sua difesa prevalgono quindi su qualsiasi interesse di natura economica di sviluppo;
          le politiche di tutela del paesaggio e della valorizzazione dell'ambiente sono state – con la precedente giunta regionale – tra le più avanzate del Mediterraneo;
          l'approvazione del piano paesaggistico regionale ha scatenato le proteste di associazioni ambientaliste (WWF, Italia Nostra, Legambiente, Gruppo di intervento giuridico)  –:
          quali iniziative intenda assumere ai sensi dell'articolo 155 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, e successive modificazioni ed integrazioni, e garantire quindi che le ragioni del paesaggio e della sua difesa prevalgano su altri interessi.
(5-07571)

COESIONE TERRITORIALE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          la delibera CIPE n.  62 del 3 agosto 2011, registrata alla Corte dei conti il 21 dicembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2011 ha disposto il finanziamento, a valere sulle risorse del Fondo di sviluppo e coesione di competenza regionale, d'interventi prontamente cantierabili riguardanti le grandi opere strategiche nazionali e regionali ferroviarie e viarie essenziali per ricucire nord e sud del Paese. In particolare la citata delibera assegna 1,6 miliardi di euro a favore di interventi strategici nazionali e 5,8 miliardi di euro a favore di 128 infrastrutture di rilievo interregionale e regionale, riguardanti non soltanto strade e ferrovie ma anche schemi idrici, porti e interporti, aree d'insediamento produttivo, banda larga;
          la delibera CIPE n.  78 del 30 settembre 2011, registrata alla Corte dei conti il 9 gennaio 2012 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 gennaio 2012, e successivamente modificata dalla delibera 20 gennaio 2012, registrata alla Corte dei conti il 17 aprile 2012 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 aprile 2012 ha approvato un programma di investimenti nel sistema universitario delle regioni del Mezzogiorno che assegna, a valere sulle risorse del Fondo di sviluppo e coesione di competenza regionale, 1.027 milioni di euro, di cui circa 84 milioni di euro a favore di due Poli di ricerca di eccellenza in Calabria/Sicilia e Puglia e 943 milioni di euro in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia, per il finanziamento di infrastrutture quali laboratori didattici e di ricerca, biblioteche, mense, attrezzature tecnologiche e informatiche, case dello studente, ristrutturazioni e nuove costruzioni di edifici universitari;
          la delibera CIPE n.  8 del 20 gennaio 2012, registrata alla Corte dei conti il 17 aprile 2012 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 maggio 2012, ha assegnato circa 750 milioni di euro, a carico della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il completo finanziamento degli interventi rientranti in specifici accordi di Programma già sottoscritti tra il Ministero dell'Ambiente e le singole regioni del Mezzogiorno per il contrasto del rischio idrogeologico relativo a frane e versanti;
          la delibera CIPE n.  41 del 23 marzo 2012 registrata alla Corte dei conti il 7 giugno 2012 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 15 giugno 2012 ha previsto che ai fini dell'attuazione degli interventi previsti nelle delibere CIPE n.  62/2011 e 78/2011, si procede attraverso lo strumento dei contratti istituzionali di sviluppo, nelle ipotesi nelle quali i soggetti attuatori siano costituiti da concessionari di pubblici servizi di rilevanza nazionale; in tutti gli altri casi si procede mediante la stipula di specifici Accordi di programma quadro (APQ);
          la delibera CIPE n.  60 del 30 aprile 2012, registrata alla Corte dei conti il 3 luglio 2012, ha assegnato 1.686 milioni di euro, valere sulle risorse regionali del Fondo per lo sviluppo e la coesione e sulle risorse «liberate» derivanti dalla programmazione comunitaria 2000 – 2006, a 223 interventi prioritari nel settore ambientale della depurazione delle acque reflue urbane e della bonifica di discariche nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. Tali fondi si aggiungono ai 133 milioni di euro già disponibili per i medesimi interventi;
          le risorse assegnate dalla citata delibera CIPE n.  62 del 3 agosto 2011 ammontano a circa 7,5 miliardi di euro che consentono di attivare un volume di investimenti di circa 30 miliardi di euro;
          le risorse assegnate dalla citata delibera CIPE n.  78 del 30 settembre 2011 ammontano a circa a un miliardo di euro che consente di attivare un volume di investimenti di circa 1,2 miliardi di euro;
          le risorse assegnate dalla citata delibera CIPE n.  8 del 20 gennaio 2012 ammontano a circa 675 milioni di euro che consente di attivare un volume di investimenti di circa 750 milioni di euro;
          le risorse assegnate dalla citata delibera CIPE n.  60 del 30 aprile 2012 ammontano a circa 1,7 miliardi di euro che consente di attivare un volume di investimenti di circa 1,8 miliardi di euro;
          le delibere CIPE n.  62 e 78 del 2011 prevedevano la sottoscrizione dei contratti istituzionali di sviluppo, o in alternativa quale strumento attuativo per la definizione delle responsabilità, dei tempi e delle regole di realizzazione degli interventi programmati, le sanzioni per eventuali inadempienze e le condizioni per l'attivazione di poteri sostitutivi;
          la delibera 8 del 2012 tenuto conto dell'urgenza degli interventi prevede l'attuazione diretta degli interventi e la stessa delibera stabilisce un sistema di monitoraggio e controllo per verificare lo stato di avanzamento degli stessi;
          la delibera CIPE 60 del 2012 prevede che gli interventi di competenza regionale finanziati saranno attuati mediante Accordi di programma quadro (APQ) «rafforzati» nell'ambito dei quali saranno, fra l'altro, individuati i soggetti attuatori, gli indicatori di risultato e di realizzazione, i cronoprogrammi di attuazione e appaltabilità, i sistemi di verifica delle condizioni di sostenibilità finanziaria e gestionale, i meccanismi sanzionatori a carico dei soggetti inadempienti, nonché appropriati sistemi di gestione e controllo, anche con riferimento all'ammissibilità e congruità delle spese e alla qualità e completezza delle elaborazioni progettuali, nel rispetto di tutte le norme comunitarie, nazionali e regionali;
          le delibere CIPE n.  8, 41, e 60 del 2012 sono state registrate alla Corte dei conti ben oltre il termine di 30 giorni, così come annunciato dal Governo in occasione di diversi interventi in Parlamento  –:
          in quali tempi, si procederà alla stipula dei Contratti istituzionali di sviluppo, o degli Accordi di programma quadro al fine di far partire concretamente le opere e dare un impulso molto importante all'economia del Mezzogiorno;
          in quali tempi si procederà alla assegnazione alle regioni del Mezzogiorno delle risorse residue del Fondo di sviluppo e coesione valutabili in oltre 4,3 miliardi di euro.
(2-01625) «Fitto, Lazzari, Dell'Elce, Abrignani, Torrisi, Giammanco, Antonino Foti, Germanà, Di Cagno Abbrescia, Cicu, Pili, Vella, Vitali, Mannucci, Gioacchino Alfano, Milanato, Aracu, Bergamini, Antonio Pepe, Bruno, Vincenzo Antonio Fontana, Romani, Golfo, Speciale, Tortoli, Mazzoni, Holzmann, Berardi, Mariarosaria Rossi, Cosenza, Sisto, Cossiga, Cesaro, Scelli, Cosentino, Distaso, Savino, Ceccacci Rubino, Lisi, Nicolucci, Picchi, Formichella, Rosso, Mancuso, Pizzolante, La Loggia, Fucci, Lorenzin, Scalera, Landolfi, Castiello, De Angelis, Murgia, Porcu, Di Caterina, Ceroni, Cassinelli, Vessa, Dima, Pelino, Milanese, Petrenga, Del Tenno, Barba, Garagnani, Barani, De Luca, Ciccioli, Luciano Rossi, Miserotti, De Camillis».

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


      DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 16 luglio 2012, n.  109, adottato dall'attuale Governo e recante «Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare», prevede, all'articolo 5, una disposizione transitoria finalizzata a consentire una sanatoria per i lavoratori stranieri irregolari;
          in particolare, si prevede che: «I datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, e successive modificazioni ed integrazioni, che, alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, occupano irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno tre mesi, e continuano ad occuparli alla data di presentazione della dichiarazione di cui al presente comma, lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto almeno dalla data del 31 dicembre 2011, o precedentemente, possono dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro allo sportello unico per l'immigrazione»;
          il costo di tale regolarizzazione appare piuttosto modesto, se si considera che la dichiarazione di emersione è presentata previo pagamento di un contributo forfettario di 1.000 euro per ciascun lavoratore, al quale si aggiungeranno le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale pari ad almeno sei mesi;
          le disposizioni citate, che realizzano, peraltro, a parere degli interroganti, un'evidente discriminazione «a contrario» nei confronti dei lavoratori italiani che si trovino in posizione di irregolarità, ai quali non è consentito di sanare la propria situazione nella maniera poco onerosa prevista invece per i lavoratori stranieri, sono state introdotte dal Governo nelle pieghe di una direttiva avente in realtà contenuti e finalità parzialmente differenti e senza neppure un adeguato confronto nelle competenti sedi parlamentari;
          nel merito, l'adozione di una sanatoria per i clandestini in una situazione di grave crisi economica appare del tutto ingiustificabile e in completa controtendenza con la realtà del nostro mercato del lavoro;
          già alcuni mesi fa Confindustria ha lanciato l'allarme sui probabili effetti della crisi economica in atto, stimando un esubero di manodopera pari ad 800 mila unità;
          le stesse anticipazioni dei dati relativi all'ultimo censimento richiedono di essere attentamente valutate, poiché evidenziano uno scostamento tra popolazione censita e popolazione iscritta all'anagrafe pari ad un milione: in pratica, la popolazione residente in Italia sarebbe pari a 59,5 milioni, mentre gli iscritti all'anagrafe risultano pari a 60,8 milioni;
          l'interpretazione prevalente data dai commentatori sulla stampa è che la differenza tra la popolazione censita e la popolazione iscritta alle anagrafi dipenderebbe dal fatto che moltissimi immigrati, per effetto della crisi economica, avrebbero abbandonato il nostro Paese per fare rientro in patria o per spostarsi in altri Paesi europei;
          la tesi illustrata appare poco convincente, se si considera che i dati diffusi dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni segnalano che i rimpatri assistiti effettuati in Italia, pur cresciuti nell'ultimo anno, ammonterebbero a 600 tra il settembre 2011 e l'aprile 2012; né appare verosimile che un milione di stranieri abbiano lasciato il nostro territorio senza che tale esodo sia stato registrato dalle nostre autorità preposte ai controlli di frontiera;
          i dati appena riportati dimostrano piuttosto che c’è un consistente numero di clandestini che vive sul nostro territorio senza occupazione, vivendo di espedienti, e che spesso diviene facile manovalanza della criminalità organizzata;
          la sanatoria appena varata non impatterà verosimilmente in maniera positiva su tale situazione, ma anzi, al contrario, si ascrive in quella politica fatta di annunci volti ad alimentare le illusioni che accompagnano quanti sbarcano sulle coste italiane dopo viaggi disumani gestiti da criminali che lucrano sulla tratta di persone  –:
          quali siano le finalità e gli intendimenti che il Governo intende perseguire con la sanatoria appena varata, che, ad avviso degli interroganti, si pone in frontale contrasto con le evidenze empiriche ed i dati relativi al mercato del lavoro, che mostrano una situazione di grave crisi occupazionale. (3-02424)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          recentemente la Lega italiana per la lotta contro l'Aids (Lila) ha nuovamente denunciato una grave forma di discriminazione nei confronti delle persone con l'Hiv da parte del Ministero della difesa;
          tutti i bandi del Ministero della difesa, infatti, chiedono ai candidati di presentare un test Hiv negativo, pena l'esclusione;
          chi si presenta per un concorso deve sottoporsi a una serie di controlli medici. Oltre al test dell'Hiv, serve quello per l'epatite B e C, un esame radiografico del torace e un'ecografia pelvica;
          in alcuni casi, come nel concorso per accedere al corso per allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri, alle allieve si richiede un test di gravidanza, condizione considerata «un temporaneo impedimento» a prestare servizio;
          si tratta, per esempio, anche di concorsi per entrare nella banda musicale dell'Arma dei carabinieri, nel centro agonistico della Marina, nei licei annessi alle scuole militari dell'Esercito;
          la legge n.  135 del 1990, e poi lo statuto dei lavoratori, nonché la raccomandazione su Hiv e Aids e mondo del lavoro del 2010 e il codice di condotta sull'HIV/AIDS e il mondo del lavoro del 2001, documenti dell'Organizzazione internazionale del lavoro, agenzia dell'Onu, escludono la possibilità di richiedere il test Hiv a lavoratori e aspiranti tali;
          Lila riceve da tempo segnalazioni di persone che sono in salute e in ottima forma, come sono oggi le persone che vivono con l'Hiv;
          l'Associazione ha inviato un esposto all'Unar (l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e all'Oscad (l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) segnalando una «evidentissima forma di discriminazione nei confronti delle persone con Hiv»  –:
          se e come il Governo intenda rispondere alla denuncia della Lila e se ritenga di assumere iniziative per rivedere le norme che impediscono a persone in salute e in ottima forma che convivono con l'Hiv di partecipare ai concorsi banditi dal Ministero della difesa, affinché si ponga fine ad una discriminazione inaccettabile e che contravviene alle disposizioni nazionali ed internazionali. (4-17189)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'attuale situazione di crisi finanziaria rende molto delicati per le piccole e medie aziende le scadenze finanziarie ed il recupero dei crediti;
          numerose imprese vantano posizioni creditorie nei confronti dell'Agenzia delle entrate in relazione all'Iva versata, e da recuperare tramite rimborsi;
          i fondi – stanziati dal Ministero – debbono poi essere ripartiti su base provinciale e solo successivamente destinati all'impresa cui competono  –:
          quali siano i tempi medi di attesa per ottenere un rimborso iva;
          se e in che misura abbia influito nella riduzione di dette tempistiche il programma di erogazione dei rimborsi in conto fiscale varato nel 2008;
          quale sia, in riferimento alla regione Lombardia, il totale dei fondi già stanziati nel 1o semestre 2012 e come si rapportino le proiezioni annuali rispetto agli anni precedenti. (4-17159)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
          quale sia la consistenza degli organici di Guardia di finanza e Agenzia delle entrate, distinte provincia per provincia;
          se tale ripartizione geografica incontri il parere favorevole del Governo, ovvero se vi sia in animo una rimodulazione complessiva e geografica. (4-17165)


      MISEROTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la direzione centrale accertamento del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta dell'ispettorato compartimentale delle imposte di Trento, aveva disposto che le amministrazioni separate dei beni di uso civico (ASUC) del Trentino non godessero delle agevolazioni fiscali riconosciute ai comuni, in quanto enti non commerciali, con autonomia patrimoniale e personale distinte dai comuni, e, quindi, soggetta a tassazione normale;
          la provincia autonoma di Trento, con proprio regolamento, ha previsto che i comuni possano autorizzare i segretari comunali a stipulare atti in cui siano parte le ASUC  –:
          se corrisponda al vero che gli uffici dell'Agenzia delle entrate provvedano a vidimare il «repertorio degli atti pubblici» tenuto dai segretari comunali, in base ad accordi intervenuti tra la provincia autonoma di Trento e l'Agenzia delle entrate di Trento, posto che il segretario comunale è dipendente del comune e non dell'ASUC.
(4-17186)


      DI PIETRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da un articolo di Gian Antonio Stella pubblicato sul Corriere della sera del 26 luglio 2012, «...su 3.769 altissimi funzionari addetti alla macchina statale quelli premiati col massimo bonus possibile erano 3.769»; tra questi tutti e 68 i dirigenti molisani premiati dal nucleo di valutazione composto da tre membri di nomina partitica, il sindaco di Santa Maria del Molise (IS) e il vicesindaco di Petacciato (CB) appartenenti al Pdl del Presidente Michele Iorio;
          i sopracitati premi tra i 10 mila e i 13 mila euro rientrano tra le ricompense aggiuntive – previste dal decreto legislativo 286 del 1999 – per i dirigenti degli uffici pubblici al raggiungimento degli obiettivi prefissati;
          tra i dirigenti da premiare con una gratifica di 13.099 euro oltre lo stipendio compariva anche Elvio Carugno, un dirigente che si trova in carcere con l'accusa di peculato aggravato e continuato per aver sottratto fondi regionali. Il premio, in questo caso, non verrà erogato prima che tutti gli accertamenti del caso saranno stati espletati, mentre il bonus di 11.718 euro verrà destinato, da subito, ad Antonio Guerrizio, sotto inchiesta;
          in data 6 luglio 2012 la direzione generale della regione Molise ha inviato una lettera al servizio di gestione delle risorse chiedendo di valutare l'eventuale anticipazione dell'erogazione dell'indennità di risultato per l'anno 2011 alla dirigenza; da dividere ci sono 805.046 euro e 57 centesimi, come anticipazione del 60 per cento degli incentivi e tra i dirigenti premiati ci sono anche quelli dell'indebitata sanità molisana con 2.939 euro di spesa per abitante, inferiore solo a quelle della Basilicata e del Lazio;
          il Molise ha il primato per la spesa pubblica primaria delle pubbliche amministrazioni che «Bankitalia ha rilevato in 4100 euro pro capite nel triennio 2008-2010 contro i 3300 euro della media nazionale»  –:
          di quali elementi informativi disponga il Governo e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere nelle opportune sedi, in ordine a quanto esposto in premessa e, in particolare, se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per istituire un meccanismo di controllo del nucleo di valutazione delle performance dei dirigenti degli uffici pubblici. (4-17194)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          la pretesa di fare formazione, attraverso le moderne tecnologie informatiche (e-learning, FAD, web-learning, blended learning, autoformazione, formazione online, videoformazione, teledidattica...) è sempre più generalizzata e sempre meno ponderata. Enti ed aziende offrono videolezioni o materiali da scaricare o test da superare semplicemente inserendo delle credenziali in una piattaforma web predisposta. Incauti (e dubbi) professionisti affidano il loro aggiornamento o le loro specializzazioni a questi enti e a queste aziende, ricevendone in cambio preziosi crediti formativi;
          di certo la tanto famigerata formazione a distanza, che non prevede la compresenza di docente e discente (ma che non per questo esclude l'interattività), non potrà godere di buona reputazione finché si continuerà a considerarla e soprattutto a costruirla come una formazione «di serie B», come un surrogato dell'aula tradizionale, come un prodotto scadente o, peggio, come una scappatoia rispetto al dovere dell'aggiornamento o alla «troppo pesante» lezione frontale. Sembrano davvero enormi le potenzialità dell’e-learning, la modalità di apprendimento online che sfrutta la multimedialità e una piattaforma di gestione dei contenuti formativi;
          tuttavia si tratta di potenzialità destinate a non essere recepite del tutto, almeno finché si concepirà l’e-learning unicamente come un nuovo mezzo, una tecnologia sostitutiva per veicolare sempre gli stessi contenuti, piuttosto che come un nuovo tipo di formazione, con proprie caratteristiche strutturali e onestà d'intenti;
          non appare chiaro a che serva la modularità didattica, se la videolezione è statica e non si pongono in primo piano le esigenze del discente né a che serva l'abbattimento dei limiti spaziotemporali se vengono meno l'interattività (del discente col docente o con gli altri discenti) e la qualità dello streaming. E ancora a che serva la tracciabilità degli accessi e della visualizzazione dei contenuti se il discente non rimane con certezza davanti allo schermo. O se colui che ha immesso le credenziali, ha visualizzato i contenuti e compilato il test finale non è la stessa persona per cui le credenziali sono state create;
          è ben chiaro che «fare e-learning» non significa e non deve significare semplicemente erogare una sterile registrazione di una lezione frontale o qualche slide commentata da una voce computerizzata. Ma soprattutto l'e-learning non può più prescindere dalla verifica dell'identità del professionista che dovrebbe formarsi. Parlano chiaro a questo proposito le norme sui programmi di formazione professionale continua del Consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili: tali programmi devono «consentire la verifica dell'identità dei partecipanti (anche per mezzo di strumenti quali password ovvero altri sistemi di riconoscimento dell'identità [...] e devono impiegare strumenti di monitoraggio volti a verificare che ciascun partecipante stia effettivamente prendendo parte all'attività formativa durante lo svolgimento del corso [...]; anche nelle linee guida per lo svolgimento di attività formative in modalità e-learning nelle pubbliche amministrazioni monitoraggio e valutazione costituiscono due fattori fondamentali anche a garanzia del livello di qualità della formazione nelle varie fasi che la caratterizzano e sotto il profilo dei risultati raggiunti. Sorge spontaneo chiedersi allora se inserire username e password in una piattaforma web sia sufficiente per assegnare crediti formativi e attestati di frequenza;
          parimenti vien da chiedersi se l'istituto dell'autocertificazione del destinatario dei corsi online pratica in uso presso alcuni ordini professionali, sia in effetti applicabile, dato che l'evento che essa dovrebbe certificare non costituisce atto verificabile a posteriori in alcun modo. In verità, come spesso succede, la soluzione alla maggior parte di tali questioni è già stata trovata, ma rimane ai più sconosciuta;
          risulta che l'unica idea brevettuale depositata per la certificazione dell'identità digitale e l'autenticazione sicura dell'utente nell'ambito dell’e-learning sia squisitamente italiana. Non mancano nemmeno esempi virtuosi di videocorsi che adottano l'ottica del discente, favorendo il mantenimento dell'attenzione (ad esempio mediante input audio-visivi) e sollecitando l'ascolto attivo. Esistono oggi soluzioni costruite appositamente per formare, che non sono solo in grado di distribuire contenuti, ma guidano l'individuo in un processo di apprendimento consapevole;
          se, infine, ci deve essere formazione continua e se si ammette la formazione a distanza, allora che sia almeno un’e-learning di qualità, e-learning che sfrutti le eccellenze di casa nostra  –:
          se intenda il Ministro emanare indirizzi che finalmente inducano gli ordini professionali ad adottare le opportune misure per garantire in modo sicuro ed efficace la verifica della presenza del destinatario degli interventi formativi ad una sessione di e-learning, a tutela dell'etica e della fede pubblica nell'attribuzione di crediti formativi on-line e attraverso quali iniziative normative il Ministro vorrà attuare tale iniziativa.
(2-01624) «Iannaccone».

Interrogazione a risposta immediata:


      DI PIETRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'esito dell'ultima consultazione elettorale per il rinnovo del consiglio dell'Ordine nazionale dei biologi è stato oggetto di cinque ricorsi promossi ai sensi degli articolo 22 e seguenti della legge 24 maggio 1967, n.  369, ricorsi accolti dal Consiglio nazionale dei biologi con altrettante pronunce;
          l'Ordine nazionale dei biologi e alcuni dei consiglieri eletti hanno impugnato le predette pronunce dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione di Roma, che ha confermato l'annullamento delle elezioni con sentenze del 29 febbraio 2012;
          nelle more era stato nominato, con decreto del 3 novembre 2011, un commissario straordinario, nella persona del professore Lucio Botte;
          il professore Botte, il 27 aprile 2012, ha rassegnato le dimissioni dall'incarico, pubblicando una durissima lettera sul sito dell'Ordine nazionale dei biologi, con la quale evidenziava di essere stato oggetto di quotidiane intimidazioni, giunte al punto da determinargli uno stato di stress psico-fisico incompatibile con la prosecuzione dell'incarico;
          in sostituzione del professore Botte è stato nominato il dottor Giampaolo Leccisi, il quale, con determinazione del 6 giugno 2012, ha indetto le elezioni per il rinnovo delle cariche ordinistiche, con prima votazione fissata per il 21 e 22 giugno 2012;
          l'articolo 3, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n.  169 del 2005 stabilisce che: «È ammessa la votazione mediante lettera raccomandata, ad eccezione che per l'elezione dei consigli provinciali. L'elettore richiede alla segreteria dell'ordine la scheda debitamente timbrata e, prima della chiusura della prima votazione, fa pervenire la scheda stessa, in una busta chiusa, sulla quale è apposta la firma del votante autenticata nei modi di legge, nonché la dichiarazione che la busta contiene la scheda di votazione, all'ordine, che la conserva sotto la responsabilità del presidente (...)»;
          gli elettori che intendono utilizzare tale modalità di esercizio del voto – che, peraltro, sono l'assoluta maggioranza – dunque, in 15 giorni (ovvero il tempo che intercorre tra la data di indizione delle elezioni e la prima votazione), devono chiedere la scheda alla segreteria dell'ordine, ottenerla e farla pervenire tramite lettera raccomandata;
          diversi biologi, tuttavia, con altrettanti esposti inviati all'Ordine e al Ministero, hanno evidenziato e documentato gravissime anomalie;
          a fronte di oltre 9.500 richieste di schede, del resto, solo 6.124 biologi risulta abbiano esercitato il diritto di voto tramite lettera raccomandata;
          sono, in ogni caso, circolati gli elenchi contenenti le distinte di spedizione delle schede ai richiedenti, con l'indicazione dell'elettore, luogo geografico di destinazione (senza indirizzo) e codice della raccomandata inviata;
          gli anzidetti esposti (pubblicati sul sito www.informabiologi.it) attestano che in centinaia di casi il codice della raccomandata non risulta ancora registrato, il che significa che i relativi plichi non sono mai stati trasmessi a nessun ufficio postale dal personale dell'Ordine;
          in altre centinaia di casi è accaduto che il plico risulta accettato dall'ufficio postale di Fiumicino l'8 giugno 2012 e restituito a quello di Roma Ostiense prima del 19 giugno 2012;
          in più di mille casi, pertanto, risulta accertato che gli elettori non sono stati posti dall'Ordine nelle condizioni di esercitare il diritto di voto tramite lettera raccomandata;
          è stato, altresì, accertato il fenomeno secondo cui le schede sono state inviate a elettori che non ne avevano fatto richiesta;
          di un caso è stato testimone lo stesso dottor Leccisi, il quale ha personalmente raccolto la telefonata di un biologo il quale ha segnalato di non avere mai chiesto le schede che gli sono state recapitate, che il fax di richiesta pervenuto all'Ordine è falso e che avrebbe denunciato il tutto alla competente autorità giurisdizionale;
          della vicenda si è occupata anche la stampa (Il Mattino, in data 23 e 24 luglio 2012, e il Denaro, in data 24 luglio 2012), sottolineando il fatto che risulta abbiano votato anche biologi che, in realtà, sono defunti;
          è indispensabile, pertanto, verificare l’iter delle raccomandate inviate a ciascun elettore, al fine di accertare la genuinità del voto;
          è stato, peraltro, fornito al commissario straordinario un elenco con 202 nominativi di biologi che hanno confermato di non avere mai richiesto e ricevuto schede di votazione;
          il commissario straordinario, con documento sottoscritto insieme al presidente del seggio e pubblicato nell'immediatezza sul sito istituzionale dell'Ordine (www.onb.it), si è impegnato a fare le verifiche nel novero delle 6.124 buste, ma, ad avviso dell'interrogante contravvenendo all'impegno assunto, ha laconicamente comunicato ai componenti del seggio solo il numero totale delle schede pervenute, senza fornire indicazioni sull'esito dei controlli effettuati e non consegnando l'elenco nominativo di coloro che hanno votato, il che rende impossibile il prosieguo dello scrutinio e qualunque controllo circa la genuinità del voto  –:
          se sia a conoscenza di tali circostanze, se intenda sostituire il commissario straordinario e che provvedimenti intenda adottare a tutela della trasparenza e del corretto svolgimento delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'Ordine e del Consiglio nazionale dei biologi. (3-02428)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il signor F.B. di anni 73 è detenuto nella casa circondariale di Monza;
          risulta che la sua situazione fisica e psicologica sia grave in quanto sofferente di broncopneumopatia cronica ostruttiva e seri problemi alla prostata;
          data anche una difficile situazione familiare ha chiesto di poter finire la condanna in detenzione domiciliare o con l'affidamento in prova ai servizi sociali;
          la detenzione domiciliare gli darebbe modo di essere vicino ai suoi cari e di ricevere da loro le cure necessarie per la malattia ed eviterebbe a una persona anziana e malata di sopportare le già critiche condizioni in cui i detenuti devono vivere (mancanza di docce calde e riscaldamento d'inverno, eccessivo caldo d'estate, condizioni igieniche pessime, visite mediche da richiedersi con lunghe procedure, nessun supporto psicologico per mancanza di personale, sovraffollamento e altro) come dall'interrogante già evidenziato nei recenti atti n.  4-17092 e n.  4-17008;
          le condizioni della detenzione di F.B. non appaiono all'interrogante corrispondenti al dettato costituzionale che, all'articolo 27, impone senso di umanità nell'applicazione della pena  –:
          se non intenda promuovere una visita ispettiva al fine di verificare le condizioni del carcere di Monza e del detenuto in questione. (5-07565)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da La Gazzetta del Sud del 29 luglio 2012, Tommaso P., 32 anni, di Altamura, in provincia di Bari, internato presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto dal mese di maggio 2012 per ordine della magistratura di sorveglianza, si è suicidato con i suoi stessi calzini attorcigliati al collo come una corda;
          sulla vicenda il direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario, Nunziante Rosania, ha dichiarato: «È una situazione drammatica soprattutto per la carenza del personale di sorveglianza: la notte abbiamo a disposizione 6 agenti di polizia penitenziaria per 8 reparti. I due suicidi non hanno nulla a che vedere tra loro, peraltro la vivibilità all'interno del carcere come ha potuto constatare il senatore Marino nei giorni scorsi è migliorata: gli internati sono adesso 240, erano più di 400. Ma sono situazioni di una certa complessità alle quali noi facciamo fatica a far fronte con i nostri mezzi: non solo la carenza della polizia penitenziaria, ma i due psicologi di cui mi avvalgo riescono a seguire i pazienti per un massimo di 5 ore al mese per ciascuno. Tommaso P. aveva una dipendenza legata all'alcol, sarebbe uscito a breve dal nostro carcere e sarebbe stato accolto da una comunità. Ipotesi per la quale aveva mostrato evidenti segni di rifiuto»;
          nel solo mese di luglio si sono registrati due suicidi all'interno degli ospedali psichiatrici giudiziari, peraltro intervallati da un terzo decesso provocato dagli effetti letali del gas di una bomboletta da campeggio inalato da un internato tossicodipendente che voleva stordirsi trovando invece atroce morte per asfissia;
          i giudici di sorveglianza continuano ad applicare misure di sicurezza nonostante i due pronunciamenti della Corte costituzionale che impongono cure alternative alla detenzione di tipo carcerario offerta dagli ospedali psichiatrici per i quali una legge del Parlamento prevede la chiusura entro il prossimo 31 marzo  –:
          se intenda avviare una indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti dell'uomo morto suicida fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;
          se e quali misure precauzionali e di vigilanza fossero in atto nei confronti dell'internato al momento dell'avvenuto suicidio;    
          se si intenda valutare se sussistono i presupposti per assumere iniziative ispettive presso l'ufficio della magistratura di sorveglianza che ha disposto la misura di sicurezza nei confronti dell'internato poi morto suicida;
          di quali elementi disponga il Governo in ordine al trattamento sanitario dell'internato, con particolare riferimento al reinserimento dello stesso;
          se corrisponda al vero che non sia ancora avvenuto il riparto tra le regioni dei finanziamenti finalizzati alla presa in carico da parte delle ASL delle persone internate attraverso la predisposizione di progetti terapeutico riabilitativi individuali;
          quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare così da consentire alle ASL di prendere in carico le persone internate facendole dimettere all'interno di progetti terapeutico-riabilitativi-individuali. (4-17179)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          Alfredo Liotta, 41 anni, detenuto in attesa del giudizio in Cassazione per associazione mafiosa e omicidio, è morto, qualche giorno fa, all'interno del carcere di Siracusa;
          il 2 luglio aveva iniziato lo sciopero della fame e la direzione della casa circondariale di Siracusa aveva incaricato un altro detenuto di vigilarlo per evitare che il suo compagno di cella compisse un gesto di autolesionismo. Ma tutte le misure escogitate dalla direzione del carcere sono risultate inutili, così come a nulla sono valsi i tentativi del suo compagno di cella di rianimarlo;
          la salma dell'uomo è stata subito portata all'obitorio dell'azienda ospedaliera Umberto I della città aretusea. La moglie, tramite gli avvocati Valeria Sicurella e Salvatore Liotta di Catania, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Siracusa affinché si indaghi sulle cause della morte del marito e sull'individuazione delle eventuali responsabilità che hanno portato al decesso del detenuto;
          i legali del signor Liotta, proprio all'inizio di luglio 2012, avevano presentato istanza alle Corti che si occupavano dei processi dell'uomo, per denunziare l'assoluta incompatibilità con il regime carcerario delle condizioni di salute del detenuto. I giudici hanno nominato un medico psichiatra che, dopo aver visitato in carcere Liotta l'11 luglio 2012, pur dando atto di scadenti condizioni generali e di uno stato di deperimento organico del detenuto, concludeva per una compatibilità con il carcere, atteso che era curato farmacologicamente con antidepressivi ed antiepilettici;
          a seguito dell'esposto dei familiari del detenuto, il pubblico ministero di Siracusa, dottor Musco, ha nominato un medico legale per eseguire l'autopsia sula cadavere di Alfio Liotta. I legali hanno nominato un loro consulente medico legale. Nell'esposto presentato alla procura di Siracusa si prospettano possibili gravi omissioni degli operatori sanitari per l'assoluta carenza di cure prestate a Liotta, malgrado il suo stato di gravissimo deperimento fosse stato denunziato dai legali dell'imputato sin dal 5 luglio 2012  –:
          se il Ministro abbia disposto una specifica indagine interna sul decesso del detenuto;
          quali siano i motivi che avevano spinto il detenuto a mettere in atto lo sciopero della fame e se da parte del personale carcerario e dei sanitari dell'istituto siano stati predisposti tutti i mezzi per evitare che, per il rifiuto del cibo, l'uomo potesse mettere a rischio la sua vita; in particolare se al detenuto sia stata assicurata tutta l'assistenza possibile oltre che umana, adeguata alle sue condizioni fisiche:
          se siano noti i motivi per cui non sia stato disposto d'urgenza il ricovero in ospedale del detenuto in questione;
          se, infine, il Ministro non ritenga urgente avviare un'indagine sui decessi che avvengono tra i detenuti delle carceri italiane, inclusi i suicidi, per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi.
(4-17180)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica il 28 luglio 2012, un uomo, recluso nel penitenziario romano da oltre cinque anni, con un residuo di pena da scontare di un anno, e che negli ultimi tre anni aveva sostenuto, con successo, venti esami universitari e che si stava preparando a discutere la tesi di laurea in lettere e filosofia – corso Dams – all'università di Roma Tre, non si è potuto laureare in quanto, a poche ore dalla convocazione davanti alla commissione di laurea, il magistrato di sorveglianza gli ha negato il permesso, facendo saltare tutto;
          alla base del diniego vi sarebbero motivi di legittimità visto che, secondo il magistrato, il detenuto sarebbe in attesa dell'esito dell'impugnazione del rigetto di un permesso richiesto nel mese di gennaio 2012;
          la vicenda è stata segnalata dal Garante dei detenuti del Lazio, avvocato Angiolo Marroni, il quale ha diramato il seguente comunicato: «Per una settimana la magistratura di sorveglianza ha tenuto tutti in attesa: la famiglia, il detenuto, il nostro ufficio, la direzione del carcere, l'università. Poi, a poche ore dalla discussione, ha deciso di respingere la richiesta di permesso facendo sfumare tutto. Una vicenda incredibile e avvilente anche perché è stata sgradevole la tempistica, visto che il diniego è arrivato solo a poche ore dalla discussione della tesi. La storia è anche lo specchio della complicata situazione in cui versa il tribunale di sorveglianza di Roma, caratterizzata da ritardi e lentezze nel rispondere alle esigenze del sistema carcerario e, in alcuni casi, da una durezza nelle decisioni verso chi deve scontare la pena e non merita un ulteriore grado di giudizio. Questa vicenda è uno schiaffo all'impegno di tante persone che sul recupero sociale dei detenuti investono molto. Per garantire il lieto fine non sono bastate le relazioni positive di chi con questo uomo lavora quotidianamente, né i motivi di risocializzazione e di riscatto culturale. E, come degna conclusione, il detenuto ci ha ufficialmente detto di non volersi più laureare in carcere. Aspetterà di farlo fra un anno, quando sarà un uomo libero»;
          il comma 4 dell'articolo 19 della legge n.  354 del 1975 (ordinamento penitenziario) stabilisce che «è agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed è favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione»;
          l'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n.  230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario) è interamente dedicato agli studi universitari; in particolare i commi 1 e 2 stabiliscono: 1) i detenuti e gli internati, che risultano iscritti ai corsi di studio universitari o che siano in possesso dei requisiti per l'iscrizione a tali corsi, sono agevolati per il compimento degli studi. 2) a tal fine, sono stabilite le opportune intese con le autorità accademiche per consentire agli studenti di usufruire di ogni possibile aiuto e di sostenere gli esami  –:
          se il Ministro, stante la gravità dell'accaduto, intenda al più presto verificare ed approfondire i fatti descritti in premesse avvalendosi dei suoi poteri ispettivi.
(4-17185)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dal Quotidiano di Puglia il 29 luglio 2012, Antonio Giustino, 52enne, napoletano, si è impiccato nel carcere di Lecce all'interno della sua cella;
          secondo le prime ricostruzioni, il detenuto ha deciso di restare in cella, durante l'ora d'aria, che inizia alle 14 e termina alle 16, in modo da avere la cella sgombra. A quel punto, s’è letteralmente barricato, usando alcune brandine dei letti a castello, per poi mettere in atto l'insano gesto che l'ha portato alla morte;
          sulla vicenda il vicesegretario generale dell'Osapp, Domenico Mastrulli, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Le carceri di Puglia, con quello di Lecce in primo piano, rappresentano un problema serio. Solo quindici giorni addietro un detenuto di Borgo San Nicola ha tentato la fuga e quello di oggi non è certo il primo episodio di suicidio»;
          Antonio Giustino è il 33esimo detenuto che si toglie la vita dall'inizio dell'anno  –:
          se e come il 29 luglio 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio dell'uomo non siano ravvisabili profili di responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare in capo al personale penitenziario; con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
          se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
          se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
          quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Lecce;
          quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Lecce, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni di legalità all'interno della struttura penitenziaria in questione, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e contrastando l'elevato tasso di sovraffollamento ivi presente. (4-17187)


      DI STANISLAO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il Parlamento ha dato mandato al Governo di procedere alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie al fine di migliorare l'efficienza del sistema giustizia e risparmiare sulla spesa pubblica;
          una delle conseguenze di tal provvedimento è la soppressione degli uffici giudiziari del tribunale di Lucera (Foggia) e delle sezioni distaccate di Apricena e Rodi Garganico;
          ciò comporterà un notevole aggravio del carico processuale, già smisurato, presso l'ufficio giudiziario di Foggia e una conseguente paralisi del sistema giudiziario per tutta la Capitanata, una impossibilità logistica per il tribunale di Foggia di assorbire il tribunale di Lucera e le sezioni distaccate, un aggravio di spesa e l'allontanamento del servizio giustizia da un territorio tra i più estesi a livello nazionale;
          il tribunale di Lucera ha giurisdizione su 32 comuni, un organico che prevede 16 magistrati alla giudicante e 6 alla procura della Repubblica, una popolazione di 163.000 abitanti, un'estensione territoriale del circondario di oltre 2.800 chilometri quadrati e dimensioni maggiori di non pochi tribunali aventi sede nei capoluoghi di provincia;
          il tribunale di Lucera tra i 58 tribunali sub provinciali d'Italia è il 15° per popolazione, 2° per estensione, 14° per organico di magistrati, 9° per sopravvenienze, eppure è stato inserito nella lista dei 37 tribunali da sopprimere;
          è opportuno, dunque, consentire la permanenza del tribunale di Lucera e del suo circondario, facendo particolare riferimento alla sezione di Rodi Garganico;
          l'obiettivo centrale deve essere in ogni caso l'efficienza del sistema giudiziario per rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei cittadini e non quello di abbandonare le aree del Paese ad alta densità criminale;
          FP CGIL di Foggia ha dichiarato che sono coinvolti lavoratori che già operano in condizioni di emergenza e che, in assenza di rinnovi contrattuali bloccati fino a data da destinarsi, subiranno l'ulteriore danno di vedersi trasferiti anche a chilometri di distanza dall'attuale posto di lavoro, affrontando di propria tasca le ingenti spese che ne deriveranno  –:
          quali siano i motivi che abbiano condotto alla decisione di sopprimere il tribunale di Lucera, di dimensioni maggiori di circa venti tribunali provinciali, e le sue sezioni distaccate, tenendo anche conto che l'aggravio processuale che ne deriverebbe sarebbe insostenibile per il solo tribunale di Foggia che è già oberato da 150.000 processi civili e da 23.000 processi penali. (4-17188)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 30 giugno 2012 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita presso la casa di reclusione di San Cataldo (Caltanissetta), accompagnata dai militanti radicali Donatella Corico, Giuseppe Nicosia e Gianmarco Ciccarelli;
          la visita ha avuto una durata di 5 ore e 40 minuti; la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal direttore dell'istituto, Angelo Belfiore, e dal comandante di Polizia penitenziaria, Alessio Cannatella;
          la situazione riscontrata è la seguente: i detenuti presenti sono 100, di cui 94 scontano una condanna definitiva, 4 sono in attesa di giudizio, 2 in regime di semilibertà; la capienza regolamentare della casa di reclusione di San Cataldo, secondo quanto riferito dal direttore, è di 127 posti;
          secondo quanto riferito, gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 64, a fronte di una pianta organica che prevede 71 unità;
          i detenuti che lavorano sono 15; circa 30 detenuti hanno seguito corsi scolastici (scuola elementare e media) o hanno avuto la possibilità di accedere ad altri corsi, tra cui si segnalano «Attimi d'evasione», un laboratorio cartoonist tenuto dal vignettista Lello Lombardo, e il progetto «Vela», un percorso finalizzato al recupero e al reinserimento sociale con il coinvolgimento delle famiglie delle persone condannate;
          la delegazione visita le celle dell'istituto e si sofferma a colloquiare con le persone ristrette;
          gli stranieri sono circa il 40 per cento della popolazione detenuta; alcuni riferiscono di trovarsi in carcere per non aver ottemperato all'ordine di espulsione: «siamo qui per clandestinità, non abbiamo commesso nessun altro reato»;
          gli educatori, secondo quanto riferito dal responsabile dell'area educativa Michele Lapis, sono 5;
          molti detenuti lamentano ritardi e inadempienze da parte del magistrato di sorveglianza;
          alcuni detenuti lamentano l'assenza del direttore: «ho fatto 5 istanze per parlare con lui, oggi lo vedo per la prima volta», afferma un detenuto; «il direttore dopo 9 mesi lo sto conoscendo adesso», lamenta un altro; va sottolineato che il direttore della casa di reclusione di San Cataldo è altresì direttore della casa circondariale di Caltanissetta e della casa circondariale di Gela (Caltanissetta);
          nella cella n.  13 sono ristretti 6 detenuti; la cella non è provvista di doccia, ai detenuti è consentito l'utilizzo della doccia esterna tre volte alla settimana; nella cella, inoltre, non c’è l'acqua calda; alle finestre delle celle sono saldate lamiere di circa 1,20 metri di altezza, che coprono la visuale esterna fino ad una altezza di circa 3 metri dal pavimento; oltre a queste lamiere e alle normali sbarre, sono applicate alle finestre reti a maglia stretta, per cui la circolazione di aria e l'ingresso di luce naturale risultano particolarmente limitati; le condizioni della cella sono fatiscenti; alcuni detenuti riferiscono che il rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria è buono: «qui sono più elastici e più umani che in altre carceri»;
          F.S. nato a Catania il 24 aprile 1982, lamenta ritardi nella concessione dei giorni di liberazione anticipata da parte del magistrato di sorveglianza: «non mi sono arrivati i giorni, altrimenti avrei potuto presentare già ad aprile la domanda per la legge 199, per andare ai domiciliari, invece dovrò attendere fino ad agosto»;
          la cella n.  12 ospita 4 detenuti; anche in questa cella alle finestre sono applicate, oltre alle normali sbarre, lamiere in ferro e reti a maglia stretta;
          nella cella n.  11 sono ristrette 6 persone; anche le finestre di questa cella hanno lamiere in ferro e reti a maglia stretta, oltre alle normali sbarre; la cella non è provvista di doccia;
          G.C. nato a Bari il 16 novembre 1969, riferisce di aver presentato nel febbraio 2012 una domanda di avvicinamento alla famiglia, residente a Bari, e di non aver ricevuto alcuna risposta: «ho una moglie e due figli di 12 e 22 anni, prima ero nel carcere di Bari, sono stato trasferito qua per sfollamento, devo scontare ancora più di 2 anni, vorrei stare più vicino alla famiglia, non vedo mia moglie e uno dei miei figli da 19 mesi»;
          anche R.G. nato a Napoli il 15 gennaio 1972, riferisce di essere stato trasferito «per sfollamento» dal carcere napoletano di Poggioreale e di aver fatto già da alcuni mesi richiesta di avvicinamento alla famiglia, senza aver ricevuto alcuna risposta: «non vedo i miei figli da un anno e mezzo: anche se a Poggioreale si sta peggio preferivo stare là, almeno potevo fare i colloqui»;
          R.C. nato a Napoli il 13 ottobre 1962, racconta di dover scontare ancora molti anni in carcere e di aver fatto domanda per essere trasferito in un istituto con maggiori opportunità di lavoro: «ho il fine pena nel 2020, tre mesi fa ho fatto la domanda per il trasferimento, vorrei andare a Gorgona, a Volterra, a Spoleto o a Noto, ma sarei disposto ad andare in qualsiasi altro istituto perché non ho famiglia ma ho bisogno di lavorare»;
          la cella n.  10 ospita 6 detenuti; non c’è la doccia e alle finestre sono applicate, oltre alle sbarre, lamiere di ferro e reti a maglia stretta;
          un detenuto lamenta: «non mi hanno consentito di andare al funerale di mio fratello»; e aggiunge: «6 mesi fa, a gennaio, ho fatto la domanda per andare ai domiciliari (legge n.  199 del 2010) e ancora sto aspettando una risposta, ormai mi mancano soltanto 4 mesi da scontare»; alcuni detenuti sottolineano il disagio di dover dormire su materassi di gommapiuma eccessivamente scomodi: «guardate che spessore hanno e in che condizioni sono, questi andrebbero cambiati»; un altro detenuto lamenta: «c’è un buco da cui escono gli scarafaggi, ho chiesto di chiuderlo, ma ancora niente»;
          nella cella n.  9 (non fumatori) sono ristretti 5 detenuti; un detenuto racconta: «io uscirò domani, vorrei andare in una comunità perché ho problemi con l'alcool, quando bevo divento aggressivo; questo sistema carcerario non funziona, io avrei avuto bisogno di controllare il mio fegato, la mia schiena, di fare sport, non di stare fermo in questa branda a prendere gocce per dormire»;
          E.V. detenuto rumeno ventisettenne, riferisce di avere il fine pena nel dicembre 2012 e di non aver ricevuto alcuna risposta all'istanza presentata nel mese di gennaio 2012 per scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio (ai sensi della legge n.  199 del 2010 e successive modifiche): «almeno vorrei una risposta, un sì oppure un no»;
          nella cella n.  8 sono ristretti 6 detenuti stranieri (5 marocchini e un egiziano); la cella è di ampie dimensioni e il bagno è dotato di doccia; le condizioni strutturali sono fatiscenti; un detenuto riferisce di aver presentato tre volte l'istanza per i domiciliari ex legge n.  199 del 2010 e di aver ricevuto altrettanti rigetti: «a noi stranieri rigettano sempre tutto»; un altro detenuto afferma: «vorrei finire di scontare la pena in Spagna, dove risiede la mia famiglia»;
          la cella n.  7 è di dimensioni molto ampie (circa 220 metri quadrati) e ospita 8 detenuti; anche in questa cella sono applicate alle finestre, oltre alle normali sbarre, lamiere in ferro e reti a maglia stretta; il bagno è dotato di doccia e di 2 gabinetti;
          M.C.N. detenuto di nazionalità nigeriana trentunenne, riferisce di avere problemi di salute («alla pelle») e di aver presentato nel mese di settembre 2012 domanda per scontare il resto della pena nel suo Paese: «l'ho chiesto tanti mesi fa, il mio passaporto è in regola, ormai mi mancano solo 6 mesi per il fine pena»;
          anche E.N.C. vorrebbe scontare il residuo della pena nel suo Paese, la Nigeria, dove risiedono la moglie e due figli minorenni (di 2 anni e 4 anni);
          H.N.M. detenuto del Bangladesh ventottenne, riferisce di avere un residuo di pena da scontare inferiore ad un anno, e lamenta di non aver ricevuto alcuna risposta alle istanze presentate per ottenere i giorni di liberazione anticipata e per accedere alla detenzione domiciliare ex legge n.  199 del 2010;
          un detenuto lamenta: «in questo carcere c’è la palestra ma io ancora non l'ho potuta vedere, negli ultimi mesi ho fatto la domanda ogni settimana ma ancora niente»;
          nella cella n.  2 sono ristretti 18 detenuti, sistemati in 9 letti a castello; l'età delle persone ristrette è compresa fra 21 e 66 anni; la finestra, dotata di rete a maglia stretta oltre alle normali sbarre, è protetta da una speciale inferriata interna posta a circa 90 centimetri dalla finestra stessa: l'ingresso di luce naturale è ridottissimo; i detenuti lamentano le condizioni in cui sono costretti a scontare la pena: «la convivenza in 18 persone è difficile, qui si calpesta la nostra dignità in tutto»; nel bagno sono presenti una doccia (non provvista di tendina) e due gabinetti disposti uno accanto all'altro: «è una cosa indecente, non c’è nessuna privacy», afferma un detenuto; secondo quanto riferito dai reclusi, l'acqua calda non esce mai dai rubinetti mentre per la doccia viene erogata soltanto 3 giorni alla settimana, e precisamente il martedì, il giovedì e il sabato dalle 8,30 alle 11,30 e dalle 13,30 alle 15,00: «gli orari in cui c’è l'acqua calda coincidono con le ore d'aria, o fai la doccia o vai al passeggio», evidenziano i detenuti; «i materassi in gommapiuma sono scomodissimi, viene meglio a dormire sulla grata di ferro che su questi materassini», lamentano i detenuti; la palestra, secondo quanto riferito, «funziona discretamente», ma non tutti hanno la possibilità di accedervi e un detenuto recrimina: «chi riesce ad andarci è fortunato, io ho fatto la domanda e non mi hanno nemmeno risposto»; un detenuto lamenta il fatto che la televisione sia di piccole dimensioni e con il segnale video disturbato: «questa cella pare un capannone per i cinesi, la tv si vede malissimo e io dal mio letto non la vedo proprio, ogni volta mi viene una crisi di nervi»; i detenuti protestano per le condizioni della sala per la socialità: «quella sala è pessima, e poi lì fa un caldo insopportabile», dice un detenuto; «il bagno della sala per la socialità fa schifo», aggiunge un altro;
          M.D.C. napoletano ventiquattrenne, riferisce di non aver ricevuto alcuna risposta alle istanze presentate per essere trasferito in un carcere più vicino al luogo di residenza della famiglia, in modo da poter svolgere i colloqui: «vorrei avvicinarmi ai miei che vivono a Napoli, ho fatto due domande, una a settembre e un'altra a maggio, ma non mi risponde nessuno»;
          B.M. paternese di 25 anni, segnala l'assenza di risposta alla sua istanza per accedere alla detenzione domiciliare ai sensi della legge n.  199 del 2010: «mi mancano 8 mesi di pena da scontare, ho fatto domanda per la 199 diversi mesi fa, ancora non ho ricevuto risposta»;
          anche F.T. catanese trentaduenne, ha chiesto di poter scontare il residuo della pena agli arresti domiciliari ex legge n.  199 del 2010, senza aver ancora ricevuto alcuna risposta: «a me mancano soltanto 2 mesi per uscire da qui», afferma;
          7 detenuti ristretti nella cella n.  2 sono tossicodipendenti; l'assistenza del Sert, secondo quanto riferito, è del tutto inadeguata: «non ci fanno nessun trattamento, il Sert è come se non ci fosse»;
          C.D. riferisce di avere 2 figli minorenni e sottolinea come in questo carcere i colloqui e le telefonate con i familiari siano consentiti per un tempo inferiore rispetto ad altri istituti: «qui ogni mese possiamo fare soltanto 4 ore di colloquio e 2 telefonate da 10 minuti, mentre nel carcere di Augusta potevo fare 6 ore di colloquio e 4 telefonate da 10 minuti»; questo detenuto racconta di essere stato recluso dopo un processo durato 21 anni per un fatto commesso nel 1989: «quando mi hanno arrestato, lavoravo ed ero un'altra persona già da molto tempo»;
          A.M. mazarese trentatreenne, riferisce di essere al 3° giorno di sciopero della fame perché alla sua richiesta di un colloquio con il magistrato di sorveglianza non è seguito alcun riscontro, dopo più di un mese dalla presentazione della domanda;
          M.T. nativo di Canicattì (Agrigento), lamenta carenze nell'assistenza sanitaria: «da quando sono stato trasferito in questo carcere sono affetto da psoriasi, o perlomeno si presume che sia psoriasi, 3 mesi fa ho fatto una domanda per una visita in un ospedale, per effettuare una biopsia, ma ancora non mi ci hanno portato»;
          molti detenuti si rammaricano per l'assenza di lavoro e di attività trattamentali: «questa non è una casa circondariale, è una casa di reclusione, ma stiamo sempre chiusi in cella, abbiamo solo le ore d'aria e un'ora per la socialità»; «come casa di reclusione dovrebbe esserci il lavoro, e invece qui non c’è niente», dice un detenuto; «dopo un anno che ero qua mi hanno fatto lavorare per 20 giorni come scopino», racconta un altro;
          una criticità evidenziata dai detenuti riguarda il cosiddetto sopravitto, con riferimento sia alla qualità che al prezzo dei prodotti: «il cibo che acquistiamo a volte ci viene consegnato quando è ormai prossimo alla scadenza e in alcuni casi quando è già scaduto»; «la cioccolata che ho acquistato, quando me l'hanno consegnata era già scaduta da un mese», protesta un detenuto; altri confermano: «capita con le merendine, con gli ovetti Kinder e anche con altri prodotti, ce li fanno pagare cari ma ce li portano scaduti»; con riferimento ad un consistente numero di prodotti del sopravitto, i detenuti denunciano prezzi di vendita superiori rispetto ai normali prezzi di mercato e forniscono la marca, il formato e il prezzo di alcuni prodotti; l'interrogante, successivamente, ha verificato che la differenza fra il prezzo dei prodotti in vendita all'interno del carcere e il prezzo ordinario degli stessi prodotti in vendita nei supermercati più vicini all'istituto di pena, in molti casi, è davvero notevole: a titolo esemplificativo, la pasta Barilla (confezione da 1 chilogrammo) costa euro 1,25 al supermercato mentre in carcere è venduto a euro 1,49; lo shampoo Roberts (confezione da 500 ml) costa euro 1,99 al supermercato mentre in carcere è venduto a euro 2,65; il bagno schiuma Vidal costa euro 1,19 al supermercato mentre in carcere è venduto a euro 2,15; una confezione di batterie Duracel stilo o ministilo costa euro 2,90 al supermercato mentre in carcere è venduta a euro 4,90;
          i detenuti riferiscono che i moduli per presentare le domandine non vengono forniti in quantità sufficiente;
          i detenuti denunciano che le schede che i familiari devono compilare per la consegna di beni o prodotti al congiunto ristretto (schede recanti l'intestazione «direzione casa di reclusione San Cataldo») non vengono fornite dal carcere ma possono essere acquistate esclusivamente in un tabacchino vicino al carcere, al prezzo di euro 0,10;
          nella cella n.  3 sono ristretti 8 detenuti; anche in questa cella alle finestre sono applicate, oltre alle normali sbarre, reti a maglia stretta e lamiere metalliche (fino ad un'altezza di circa 3 metri dal pavimento) che limitano notevolmente l'ingresso di aria e di luce naturale; in questa cella, a differenza della precedente, la televisione si vede bene; il bagno è provvisto di doccia, i detenuti confermano che l'acqua calda per la doccia è disponibile soltanto per 3 giorni alla settimana;
          «con gli agenti qui va tutto bene, il problema è il magistrato di sorveglianza», sottolineano alcuni; i detenuti mostrano delusione con riferimento agli effetti della legge n.  199 del 2010: «la svuotacarceri è stata un fallimento perché non arriva, o se arriva, arriva a ridosso del fine pena: a un detenuto è arrivata 10 giorni prima della scarcerazione»;
          un detenuto racconta: «ho una figlia piccola, mi hanno arrestato per un residuo di 3 mesi, quando mi hanno arrestato lavoravo e ora invece ho perso il lavoro»;
          i detenuti lamentano l'assenza di lavoro all'interno della casa di reclusione: «in questa cella siamo in 8 e nessuno di noi lavora»;
          un detenuto lamenta: «il Tribunale di sorveglianza per darci l'affidamento ai servizi sociali ci richiede un lavoro, ma fuori un lavoro non ce lo danno perché abbiamo precedenti penali: è il cane che si morde la coda»;
          la cella n.  6 ospita 11 detenuti, sistemati in 4 letti a castello a tre piani; anche alle finestre di questa cella sono applicate reti a maglia stretta e lamiere in ferro: «non passa l'aria, sembriamo al 41-bis», afferma un detenuto, «se guardiamo fuori ci roviniamo la vista», sottolinea un altro; «la finestra si affaccia sul passeggio, a che servono queste lamiere ?» si chiede un detenuto, che aggiunge: «queste lamiere assorbono il calore e lo rilasciano durante tutta la giornata, anche la notte»; il bagno di questa cella, provvisto di doccia e di due gabinetti affiancati, si presenta in condizioni fatiscenti;
          un detenuto milanese riferisce di non aver mai ricevuto risposta alle numerose istanze presentate per chiedere di essere trasferito in un istituto di pena più vicino al luogo di residenza della famiglia, che vive a Milano: «sono fuori dalla Lombardia da 2 anni e mezzo, dal carcere di Opera mi hanno sfollato ad Augusta e ora sono qui da 4 mesi, ho fatto un sacco di domande per avvicinarmi alla famiglia, ho una figlia di 9 anni che è venuta a trovarmi la settimana scorsa, non la vedevo da 6 mesi»;
          nella cella n.  5 sono ristretti 12 detenuti, sistemati in 4 letti a castello a tre piani; «in 12 persone, la mattina per andare in bagno è un problema», lamenta un detenuto; «ne ho girate carceri, qui tutto sommato non si sta male», afferma un altro; anche in questa cella le finestre sono parzialmente ostruite da lamiere metalliche e presentano reti a maglia stretta;
          E.S. cittadino italiano nato a Skopje (Macedonia) il 23 luglio 1990, riferisce di essere stato trasferito in questa casa di reclusione «per sfollamento» e lamenta di non aver ricevuto risposta alle istanze di avvicinamento alla famiglia: «provengo dal carcere di Secondigliano, sono qui da 1 anno, la mia famiglia è residente a Napoli, ho fatto numerose domande per riavvicinarmi, è da più di 6 mesi che lo chiedo»;
          nella cella n.  4 sono ristretti 10 detenuti; anche in questa cella sono applicate alle finestre lamiere metalliche e, oltre alle sbarre, reti a maglia stretta;
          S.G. detenuto albanese trentacinquenne, riferisce di avere un forte dolore alla schiena e di non ricevere cure: «sto malissimo, posso stare in piedi soltanto per pochi minuti al giorno, un mese fa il medico mi ha visitato ma i farmaci che mi ha prescritto il carcere non me li dà e quelli comprati dai miei familiari, che vivono a Roma, non li fanno entrare»; S.G. ha presentato la richiesta di trasferimento in Albania e riferisce che il Ministero della giustizia della Repubblica d'Albania, con un documento firmato dal Ministro della giustizia Eduard Halimi, si è detto favorevole ad accoglierlo per scontare il residuo della pena in un carcere albanese: «se il mio Paese ha già detto che posso scontare la pena là, perché l'Italia mi trattiene ?»;
          M.E.B. marocchino trentatreenne, espone così il suo problema: «dopo essere stato arrestato dai carabinieri di Rho ed essere stato portato nel carcere San Vittore di Milano, non ho più i miei documenti; io ho un permesso di soggiorno permanente rilasciato in Spagna, il numero è EX 2662140, uscirò da qui il 20 agosto prossimo, ma se non ho questo documento rischio di andare in un CIE»;
          B.F.M. detenuto albanese nato nel 1976, riferisce di avere presentato domanda per un colloquio con il magistrato di sorveglianza e lamenta di non aver ricevuto, dopo 6 mesi, alcuna risposta;
          una nota positiva è che tutte le celle della casa di reclusione sono dotate di frigorifero;
          nella sala per la socialità, di ampie dimensioni, oltre ai tavoli e alle sedie sono presenti un tavolo da ping pong e un calcetto rotto; i detenuti possono accedervi ogni giorno dalle 15,30 alle 16,30; il wc è in cattivo stato;
          la sala per i colloqui fra i detenuti e i familiari è ampia e i muri sono decorati da murales; alle finestre sono applicate reti a maglia stretta; l'istituto non è dotato di un'area verde attrezzata per lo svolgimento dei colloqui fra i detenuti e i familiari minorenni;
          il cortile-passeggio esterno, privo di copertura, è circondato da un lugubre filo spinato;
          l'articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n.  354 (ordinamento penitenziario), stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;
          l'articolo 15 della medesima legge prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie»;
          il comma 2 dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n.  230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), dispone che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale»;
          l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»;
          il 1° comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (...)»  –:
          quali interventi intenda mettere in atto per consentire ai detenuti di poter svolgere attività lavorative, culturali, sportive finalizzate ad un'effettiva riabilitazione che faciliti il futuro reinserimento sociale;
          se si intendano — intanto — incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle;
          cosa si intenda fare per una fornitura quotidiana dell'acqua calda per le docce, per intraprendere lavori di manutenzione straordinaria che includano la rimozione delle lastre metalliche e delle reti a maglie strette che ostacolano l'ingresso di aria e luce e per la separazione dei wc e delle docce;
          a quando risalga l'ultima visita effettuata dall'ASL sullo stato dei luoghi del carcere di San Cataldo e cosa vi sia scritto nell'ultima relazione semestrale;
          in che modo si intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa;
          a quanti dei detenuti del carcere di San Cataldo venga applicato il trattamento rieducativo previsto dall'ordinamento penitenziario, trattamento che deve tendere, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi, secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti;
          cosa si intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;
          in particolare, come si giustifichino gli sfollamenti dalle carceri sovraffollate di altre regioni che sradicano i detenuti dal loro ambiente familiare;
          come questi sfollamenti a centinaia di chilometri di distanza siano compatibili con la normativa citata in premessa;
          se corrisponda al vero che la legge n.  199 del 2010 e la sua recente estensione a 18 mesi per l'esecuzione presso il domicilio delle pene, venga applicata agli aventi diritto solo a ridosso del fine pena e, comunque, a molti mesi di distanza dalla presentazione e se intenda assumere iniziative ispettive presso l'ufficio del magistrato di sorveglianza;
          se intenda intervenire per favorire la presenza dei mediatori culturali per i detenuti stranieri;
          se e quali iniziative intenda assumere per rendere effettiva la possibilità per i detenuti stranieri di scontare gli ultimi due anni di pena nel Paese d'origine;
          se intenda vigilare sui prezzi del sopravvitto chiedendo conto alla ditta appaltatrice sia della qualità dei prodotti che dell'elevato costo;
          se corrisponda al vero che i familiari delle persone detenute sono costretti ad acquistare presso una rivendita esterna al carcere i moduli per la consegna di beni o prodotti al familiare ristretto;
          se corrisponda al vero che i moduli per presentare le domandine non siano forniti ai detenuti in quantità sufficiente;
          se intenda verificare lo stato dei materassi in dotazione nelle celle e provvedere eventualmente alla loro sostituzione;
          se corrisponda al vero che ai detenuti tossicodipendenti non è assicurato un adeguato trattamento terapeutico e quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
          se si intenda controllare la possibilità per i detenuti di avere colloqui frequenti tanto con il direttore (magari disobbligandolo dal doversi dividere in tre istituti) e se intenda assumere iniziative ispettive presso l'ufficio del magistrato di sorveglianza;
          quanti detenuti ha incontrato il magistrato di sorveglianza nell'ultimo anno, con quale periodicità e se abbia mai visitato le celle detenzione, i passeggi e tutti i luoghi frequentati dai reclusi;
          se intenda intervenire per allestire l'area verde per gli incontri dei detenuti con i loro familiari, in particolare se minorenni. (4-17192)
*    *    *

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          si apprende da organi di stampa che dopo il positivo esito del passaggio di proprietà avvenuto la settimana scorsa tra la Tirrenia spa e la Cin (Compagnia italiana di navigazione) l’Antitrust europeo avrebbe riaperto il caso paventando l'esistenza di possibili aiuti di Stato di cui avrebbe beneficiato la nuova proprietà;
          si tratterebbe di cifre abbastanza rilevanti, attorno ai 500 milioni di euro che, nel caso fossero confermate dalla istruttoria europea in corso, dovrebbero essere restituite dalla nuova società proprietaria o dalla vecchia Tirrenia per illegittimo riconoscimento da parte del Governo italiano all'epoca della messa sul mercato della compagnia e conseguente distorsione del libero mercato e della concorrenza nell'accordo siglato;
          per il contratto con cui si è definita la privatizzazione della vecchia compagnia di navigazione è stato stimato un costo complessivo di circa 380 milioni di euro, prevedendosi l'acquisto del marchio Tirrenia, di 18 navi e delle linee di navigazione, attraverso una convenzione stipulata con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          già all'epoca della decisione della messa in vendita di Tirrenia si registrarono moltissime reazioni critiche sulle modalità con cui si era giunti al completamento dell'operazione, a partire dalla stessa regione Sardegna che aveva proposto l'ingresso in società con una quota parte e un ruolo di riferimento come organo garante nell'organizzazione e nella gestione delle linee di navigazione e del rispetto degli oneri di servizio pubblico per garantire il servizio di continuità territoriale;
          sin dai primi momenti della fase d'esecuzione della procedura di privatizzazione, infatti, si sono riscontrate numerose inadempienze dei principi e delle indicazioni contenute nel decreto-legge 135 del 2009 che ha dato l'avvio al processo di vendita, che hanno portato di fatto alla cancellazione e in parte alla diminuzione di alcune rotte operate dal vettore del servizio di trasporto marittimo pubblico, provocando di fatto l'interruzione del servizio di continuità territoriale e l'inserimento nel mercato delle compagnie private operanti in regime di concorrenza, cosa che ha dato luogo ad avviso dell'interrogante alla formazione di una sorta di cartello economico (lo stesso che oggi acquisisce la proprietà di Tirrenia) con conseguente repentino aumento delle tariffe;
          si tratta di una situazione che ha generato nel tempo gravissime difficoltà ai cittadini sardi e in generale ai viaggiatori diretti verso la regione Sardegna, rappresentando secondo l'interrogante un gravissimo atto di scarsa considerazione e rispetto nei confronti della Sardegna, interessata da circa l'80 per cento delle rotte effettuate dalla società Tirrenia, e un duro colpo alle attività turistico-ricreative collegate al trasporto passeggeri marittimo, che si stima aver subito nel 2011 un decremento delle prenotazioni di più del 30 per cento rispetto agli anni precedenti;
          alla luce delle ultime vicende con l'interessamento dell’Antitrust europea, risultano oggi concretamente manifestarsi quelle che erano state le preoccupazioni paventate durante la fase del processo di privatizzazione della compagnia di navigazione, con il principale timore che la vendita da parte del Governo si sia resa necessaria più per introitare risorse, determinando di fatto a giudizio dell'interrogante, una manovra vantaggiosa soltanto alla compagnia acquirente (che sborserebbe soltanto 380 milioni di euro a fronte dei 580 in agevolazioni come oneri di servizio pubblico che riceverà per i prossimi 8 anni), che non per andare incontro alle legittime aspettative della Sardegna e dei suoi cittadini, che dalla vendita si aspettavano certamente un miglioramento dei servizi e l'introduzione di un regime tariffario più conveniente  –:
          se la procedura di vendita della compagnia Tirrenia a Cin abbia rispettato tutti i requisiti necessari richiesti dalla normativa comunitaria e statale, in considerazione anche dell'interessamento dell’Antitrust europea sulla vicenda, con l'apertura di un'istruttoria su possibili aiuti di Stato corrisposti all'attuazione della privatizzazione della compagnia;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per porre fine ad una situazione di criticità estrema in cui versa il settore del trasporto marittimo da e per la Sardegna, che oggi a distanza di molti anni dall'avvio del processo di privatizzazione della società di navigazione Tirrenia non trova compimento, producendo un grave danno sia economico che d'immagine a una regione che già vive una drammatica criticità dovuta agli effetti della crisi economica congiunturale che sta colpendo l'intero Paese.
(2-01623) «Mereu».

Interrogazione a risposta orale:


      DIONISI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 27 luglio 2009, veniva presentato l'atto n.  4-03762 con il quale si chiedeva ai Ministri interrogati di assumere iniziative, per quanto di competenza, in merito ad una vicenda riguardante l'immobile sito a Roma, in via Dameta, n.  40 – zona La Rustica – di proprietà dell'ANAS spa;
          tale immobile era stato dall'ANAS adibito ad archivio fino al 1979 e poi riconvertito ad uso abitativo e tutt'oggi vi risiedono famiglie che pagano regolarmente il canone di locazione da circa 30 anni, come attestano i contratti di locazione stipulati tra i residenti e l'ANAS fin dal 1o marzo 1979, nonché la disposizione dell'ufficio del direttore generale dell'ANAS datata 26 maggio 1986;
          nel suddetto palazzo ha la sede legale anche un'importante associazione culturale, Altermeridia Onlus, che ha recentemente ottenuto il patrocinio dal comune di Roma per costituire al suo interno un centro di distribuzione di generi alimentari per i poveri dei municipi V, VII e VIII;
          a seguito dell'approvazione dell'esecuzione di lavori, riguardanti la realizzazione di una viabilità a carattere urbano complanare all'autostrada A24, per soddisfare l'esigenza di separare i traffici di percorrenza da quelli locali, particolarmente intensi ed in progressivo aumento, la società Strada dei Parchi spa, che ha ottenuto in appalto la realizzazione dei lavori, nel marzo 2009, comunicava agli inquilini la demolizione dell'edificio e senza indennizzo agli aventi diritto, intimando lo sgombero entro 30 giorni;
          in questa vicenda non risulterebbe chiaro se, a seguito della costruzione delle complanari e/o dell'allargamento della autostrada A24, il palazzo di via Dameta, n.  40 debba essere demolito o meno, secondo quanto si evince dal progetto definitivo inviato dall'ente espropriante a tutti gli organi competenti;
          nella risposta al citato atto di sindacato ispettivo il Ministro confermava che l'immobile doveva essere demolito per la realizzazione del progetto dell'ampliamento dell'A24;
          in data 5 giugno 2012 i contratti di locazione sono stati rinnovati con contestuale pagamento delle tasse di rinnovo presso l'Agenzia delle entrate (codice contratto B49734);
          con raccomandata del 18 luglio, la società Strada dei Parchi spa diffidava l'ANAS al rilascio pacifico dell'immobile, libero da cose e persone entro il 30 luglio, in mancanza del quale si sarebbe proceduto allo sgombero anche mediante forza pubblica  –:
          se non ritengano, una volta accertata la regolarità delle procedure messe in atto dall'ente espropriante, di adottare rapide iniziative finalizzate alla tutela dei diritti legittimi degli inquilini, garantendo loro un equo indennizzo, al rimborso delle spese per lavori di ristrutturazione eseguiti, a sollecitare ANAS spa ad individuare locali alternativi a quelli di via Dameta eventualmente siti nella medesima area, anche alla luce del rinnovo dei contratti di locazione in possesso degli attuali inquilini. (3-02420)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le tariffe in vigore negli aeroporti appaiono spesso incoerenti, posto che laddove sono previste fasce di sosta breve gratuita gli utenti si trovano, invece, a dover pagare un corrispettivo molto più alto di quello che avrebbero dovuto parcheggiando in altre aree di sosta, qualora sforino il tempo limite per la gratuità;
          inoltre, a parere dell'interrogante, lo spazio di tempo in cui è possibile sostare gratuitamente è, spesso e soprattutto nei grandi aeroporti, troppo breve per consentire agli utenti le operazioni connesse all'accompagnare o andare a prendere qualcuno in aerostazione  –:
          quali siano i criteri con cui si decidono le tariffe nei parcheggi dei grandi aeroporti, nonché se vi siano e quali siano i criteri dettati in materia dalle concessioni ai gestori degli stessi. (5-07559)


      BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nella stazione ferroviaria di Massa centro mancano le infrastrutture necessarie per consentire ai cittadini disabili di usufruire del trasporto ferroviario;
          il regolamento (CE) n.  1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, stabilisce una specifica tutela delle persone disabili e con mobilità ridotta prevedendo, all'articolo 21, che le imprese ferroviarie e i gestori delle stazioni garantiscano, per le persone a mobilità ridotta, l'accessibilità alle stazioni, alle banchine e agli altri servizi;
          il suesposto regolamento prevede, altresì all'articolo 24, che in caso di partenza, transito o arrivo di una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta in una stazione ferroviaria dotata di personale, il gestore della stazione sia tenuto a fornire gratuitamente l'assistenza necessaria all'interessato per salire sul treno in partenza o scendere dal treno in arrivo per cui ha acquistato il biglietto;
          a giudizio dell'interrogante risulta pertanto opportuno dar seguito all'osservanza delle suesposte disposizioni comunitarie e conseguentemente prevedere le opportune iniziative volte al potenziamento delle infrastrutture necessarie nei riguardi della suesposta stazione ferroviaria  –:
          se il Governo sia a conoscenza della situazione in cui versa la stazione di Massa Carrara e quali iniziative intenda assumere nei riguardi di Rete ferroviaria italiana, gestore della rete e dei servizi di trasporto, al fine di garantire l'accessibilità dei propri servizi ai cittadini disabili, fruitori dei servizi ferroviari. (5-07560)


      GERMANÀ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la Sicilia è un'isola di quasi 26.000. chilometri quadrati, costituita da pianure poco estese che si aprono tra impervi rilievi, le condizioni geo-morfologiche della Sicilia e la sua peculiarità connaturata all'insularità e all'orografia interna, sono foriere di ripercussioni non solo psicologiche per gli oltre 5 milioni di siciliani che avvertono una distanza fisica dal «continente» e si auto percepiscono come a margini dalla penisola, ma anche dal punto di vista economico data l'arretratezza delle infrastrutture, il sottosviluppo del sistema produttivo e paradossalmente anche l'atavica mancanza di progettualità di una classe dirigente regionale che non ha saputo cogliere le grandi opportunità derivanti da una lungimirante e coerente valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, storiche e culturali capace di rilanciare il turismo e di conseguenza l'intero settore terziario;
          nello specifico, oggetto dell'interrogazione è la conclamata ed evidente assenza di una strategia di sviluppo infrastrutturale che ha impedito di avviare una connessione fisica ed economico-funzionale tra le diverse realtà territoriali, indispensabile imprimatur per uno sviluppo duraturo e un benessere diffuso per tutte quelle fasce della popolazione che si sentono relegate ai margini della modernità;
          in base ai dati ed alle ricerche condotte dalle associazioni di categoria del settore turistico, si può constatare che la stagione estiva è quella durante la quale si assiste ad un incremento esponenziale dei flussi di visitatori, e gli introiti maggiori per le strutture turistico-alberghiere si concentrano proprio durante questo periodo dell'anno, non si capisce quindi il motivo secondo il quale non si interviene sulla situazione dei trasporti in Sicilia, che eufemisticamente può essere definita allarmante;
          a più riprese l'interrogante è intervenuto al fine di porre l'attenzione sullo stato di degrado in cui versano le strade e le autostrade siciliane, così come ripetutamente ha chiesto delucidazioni in merito alla dismissione e in generale allo smantellamento di molte linee della rete ferroviaria che, pur costituendo la più estesa rete insulare del Mediterraneo, è caratterizzata da tracciati obsoleti e non interessata da opere di ammodernamento soprattutto in quelle aree che sono anche prive di aeroporti e strade moderne;
          nel luglio 2009, è stato presentato da Trenitalia alla regione siciliana, un piano di riorganizzazione delle tratte ferroviarie che prevedeva nuovi collegamenti, la riduzione dei tempi di percorrenza tra le principali stazioni ferroviarie dell'isola, treni lenti intervallati da treni veloci e la riorganizzazione di tutti i servizi in una nuova ottica di sistema integrato, il cui costo complessivo ammontava a circa 130 milioni di euro, ai quali andavano aggiunti altri 10 milioni a carico del bilancio regionale per una supplementare ottimizzazione del servizio, ma i cittadini che ne usufruiscono non hanno beneficiato di alcun miglioramento del trasporto ed anzi, si sono dovuti arrendere di fronte all'evidenza di un effettivo peggioramento, in special modo sulla dorsale tirrenica Messina-Palermo, oltre al taglio operato a diversi treni a lunga percorrenza;
          i collegamenti con l'Isola sono inoltre resi difficoltosi, se non impossibili, dalle gravi criticità e dai profondi squilibri riscontrabili anche sul versante del trasporto aereo, ed a suffragio di quest'ultima fattispecie opposto preme evidenziare che non sono stati implementati i previsti lavori di adeguamento e di potenziamento degli scali aerei di Palermo, Catania, Lampedusa, Pantelleria, Trapani e Comiso;
          tutti coloro che prediligono gli spostamenti ferroviari e desiderano raggiungere la Sicilia, si scontrano con innumerevoli disservizi e il viaggio che devono affrontare somigliano più ad una titanica impresa da Odissea, che non ad una partenza in linea con i progressi tecnologici del XXI secolo, e non solo a causa di convogli vetusti ed ormai datati, ma anche per la carenza dei servizi offerti al loro interno;
          ipotizzando, a titolo esplicativo, il viaggio di chi vuole recarsi in Sicilia, occorre procedere per diverse fasi e diversi mezzi di trasporto e spostamento: in primis il treno Intercity 553 che sembra quasi un treno-merci riconvertito con una prima classe che in verità è la trasformazione apparente di una seconda classe mascherata, ed inoltre, pur essendo un mezzo a lunga percorrenza, è sprovvisto di servizio bar e la mente va a tutti gli anziani che si trovano nell'impossibilità di rifocillarsi durante un viaggio che, per sua stessa natura, impone una buona dose di resistenza fisica;
          percorso l'intero stivale e giungendo a Villa San Giovanni, ci si scontra poi con l'ulteriore ostacolo che per raggiungere l'imbarco delle navi traghetto, ci si deve dirigere verso una lunga scalinata di ferro, sicuramente disagevole e faticosa se percorsa da bambini o da anziani con valigie e bagagli al seguito;
          infine, si giunge finalmente all'imbarco scoprendo la mancanza e/o l'intermittenza di navi veloci che costringe quindi a dover obbligatoriamente usufruire dei mezzi dello Stato, ovvero le navi traghetto delle Ferrovie dello Stato, anch'esse fatiscenti, trascurate e per ciò stesso pericolose, soprattutto per bambini ed anziani, data non solo l'insuperabilità e il mancato abbattimento delle barriere architettoniche, ma anche il danneggiamento dei mezzi che dovrebbero facilitare l'accesso alla nave a coloro che hanno bisogno di aiuto o con problemi di deambulazione, ascensori che però sono perennemente «fuori servizio» che peraltro non viene neanche segnalato né con cartelli, né con indicazioni di avvertimento;
          dall'antefatto e dall'esposizione di tutte le fasi di un «calvario», si desume la difficoltà se non l'impossibilità per le fasce più deboli della popolazione, di affrontare un viaggio verso la Sicilia, e le ricadute della mancanza di collegamenti efficienti con l'intero territorio della penisola, sono fortemente penalizzanti anche dal punto di vista economico, ripercuotendosi in maniera massiccia su un tessuto produttivo già fortemente compromesso e che dovrebbe e vorrebbe ripartire dalla capacità di attrazione di flussi turistici  –:
          come e quando si intenda intervenire al fine di:
              a) favorire l'opera di integrazione, attraverso il potenziamento dei collegamenti con l'isola, della Sicilia con il resto della penisola;
              b) implementare soluzioni idonee volte alla rimozione delle criticità e delle difficoltà nel settore dei trasporti in Sicilia;
              c) condurre un'azione efficace ed efficiente di adeguamento ed ammodernamento dei mezzi di trasporto e di collegamento;
              d) promuovere, per quanto di competenza la rimessione di barriere architettoniche, ostacoli e pericoli che impediscono il pieno utilizzo delle infrastrutture siciliane. (5-07562)

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          condizione molto importante per la competitività del nostro sistema industriale è la possibilità di accesso al trasporto aereo di merci e passeggeri;
          il maggiore aeroporto del Paese per transito di merci ed importanza internazionale per il sistema industriale è quello di Malpensa;
          l'aeroporto di Malpensa non è collegato alla rete ferroviaria nazionale, poiché l'unico collegamento su ferro è quello costituito dalle Ferrovie Nord Milano e che porta solo alla stazione di Milano Cadorna;
          esistono da anni progetti – non eccessivamente onerosi e realizzabili con l'accordo del territorio, poiché a basso impatto ambientale – funzionali alla realizzazione del collegamento di Malpensa con la rete ferroviaria nazionale;
          la mancanza di collegamenti tra la rete ferroviaria nazionale e l'aeroporto di Malpensa nuoce gravemente alla competitività del nostro sistema economico ed industriale, aumentando il flusso di merci verso aeroporti stranieri e penalizzando le nostre aziende;
          grazie a recenti accordi tra FNM e ReteItalia alla stazione di Malpensa arriva e parte il treno Frecciarossa  –:
          quale sia l'intendimento del Ministro in proposito, ed in particolare se e come il Ministro intenda sottolineare la strategicità del collegamento di Malpensa alla rete ferroviaria nazionale e attraverso quali atti ed azioni – eventualmente anche normativi – sia possibile la realizzazione di detta infrastruttura;
          se sia opportuna – e in che modo e in che tempi – un'azione incisiva del Ministro in tale direzione anche nei confronti delle aziende ex Ferrovie dello Stato;
          se tale opera possa rientrare, viste le esigenze di competitività e vista anche la localizzazione parzialmente inserita in un'area ex obiettivo 2, in un eventuale protocollo di intesa che si avvalga di speciali fondi e/o normative;
          se detto collegamento rientri tra le opere connesse al piano nazionale degli aeroporti. (4-17167)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


      BELCASTRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'organizzazione criminale calabrese ’ndrangheta è riuscita negli ultimi anni a conquistare una posizione di dominio nel panorama criminale nazionale ed internazionale, tanto che la Cia statunitense l'ha inserita al settimo posto nella black list internazionale delle organizzazioni più pericolose del pianeta;
          uno dei fattori che ha consentito la forte espansione della ’ndrangheta è la strategia di infiltrazione nello Stato. Una strategia di collusione e di infiltrazione che pone un allarme inquietante e drammatico sui rapporti tra mafia e politica con la costituzione di una cosiddetta «zona grigia» erroneamente definita tale. Tanto che, giustamente, il procuratore della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, dottor Nicola Gratteri, nella relazione in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha sostenuto che non possa esistere una via di mezzo: o si è contro la mafia o non lo si è;
          è assolutamente necessario fare luce sulle connivenze e sul ruolo di personaggi politici che in Calabria non disdegnano di accettare compromessi con la criminalità organizzata pur di poter acquisire consenso elettorale  –:
          quali iniziative il Governo, e per esso il Ministero dell'interno, intenda assumere per porre in essere un'azione ancora più incisiva di contrasto alla ’ndrangheta e per porre fine ai fenomeni di connivenza tra questa organizzazione criminale e la politica, che, di fatto, penalizza fortemente lo sviluppo della Calabria ed il futuro delle nuove generazioni. (3-02429)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BELLANOVA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante lo scorso anno ha presentato ai Ministri interrogati un atto di sindacato ispettivo per denunciare le condizioni nelle quali versavano numerosi immigrati impiegati nelle campagne salentine e accampati nella Masseria Boncuri a Nardò. Nel mese di luglio 2011 questi lavoratori, adoperati per la raccolta delle angurie e dei pomodori nei campi salentini, hanno trovato la forza di reagire e di denunciare dando luogo ad una protesta nella quale venivano esplicitate duramente le disumane condizioni di vita e lavorative alle quali risultavano da tempo sottoposti. La cittadina salentina è stata così teatro del primo sciopero dei braccianti immigrati e della prima denuncia per caporalato;
          nel sopra citato campo peraltro, non va dimenticato che un lavoratore nordafricano fu ritrovato morto mentre dormiva per terra, su un cartone in una delle tante tende adibite all'accoglienza. I medici parlarono di morte naturale. Le testimonianze raccolte dalla stampa dei colleghi ed amici del campo raccontavano di una persona che aveva lavorato, sotto il solleone estivo, dalle cinque del mattino fino alle sei del pomeriggio ed una volta rientrato accalorato aveva fatto una doccia, con acqua fredda, l'unica a disposizione una volta distesosi per riposare, non si è mai più rialzato;
          la notte del 23 maggio 2012 i carabinieri del Ros di Lecce hanno eseguito 16 delle 22 ordinanze di custodia cautelare a carico dei presunti schiavisti, identificati con imprenditori del luogo locali e caporali immigrati. Da quanto si è appreso l'organizzazione criminale era attiva a Nardò, ma anche a Rosarno (Reggio Calabria) ed in altre parti del Sud Italia e tra gli arrestati vi sono non solo i caporali italiani e stranieri, ma anche i datori di lavoro, imprenditori agricoli che, «predisponendo false attestazioni di assunzione», sfruttavano i migranti. Tra i reati contestati si ritrovano «associazione per delinquere», «riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù», «tratta di persone», «intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro», «estorsione», «falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici», «falsità materiale commessa dal privato», «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici», «favoreggiamento dell'ingresso di stranieri nel territorio dello Stato in condizioni di clandestinità». Nei giorni successivi, però, da quanto emerge sugli organi di stampa locale sembrerebbe essere caduta l'accusa di riduzione in schiavitù;
          sebbene la Masseria Boncuri, luogo nella quale sono stati collocati negli anni passati gli immigrati, non fosse un vero e proprio paradiso dell'accoglienza, ha assolto quantomeno ad una funzione primaria per queste persone, poiché vi era corrente elettrica, acqua corrente e bagni chimici e dunque una possibilità per gli immigrati di potersi quantomeno alleviare dalle fatiche di una giornata fatta di duro lavoro sotto il sole;
          dopo le denunce dello scorso anno da parte dei lavoratori, lo sciopero, le mobilitazioni e le attestazioni pubbliche di indignazione nei confronti di una situazione che definire da vera e propria «favela» è in taluni casi riduttivo, per quest'anno ci si sarebbe aspettati che in vista della annuale raccolta di angurie e pomodori nei campi salentini, la situazione dei lavoratori immigrati non fosse affrontata con il criterio dell'emergenzialità emerso negli scorsi anni;
          la stessa Cgil territoriale in data 18 maggio 2012 aveva inviato una richiesta alla prefettura di Lecce chiedendo la convocazione della commissione provinciale permanente «servizi alla persona e alla comunità» per il coinvolgimento dei vari soggetti interessati (regione, provincia, associazioni datoriali, sindacati, uffici ispettivi, asl, comune di Nardò, forze dell'ordine) atta a pianificare, con il coordinamento dell'ufficio territoriale di Governo, le eventuali azioni sinergiche da mettere in campo e individuare linee di intervento sulle problematiche circa la campagna di raccolta delle angurie e dei pomodori nelle campagne salentine, sia sul versante del lavoro che dell'accoglienza, chiedendo esplicitamente che la masseria Boncuri venisse tempestivamente adeguata e organizzata per l'accoglienza dei lavoratori;
          va detto, inoltre, che in sede prefettizia è stato siglato un protocollo d'intesa tra associazioni datoriali e sindacali che aveva come fine quello di «mettere in relazione diretta non solo aziende agricole e lavoratori migranti, bensì il bracciantato nel suo complesso, svuotando il ruolo illecito del “caporale”, facilitando l'incontro reale tra domanda e offerta di lavoro attraverso la strumentazione regionale di recente emanazione che prevede l'utilizzo delle “liste di prenotazione” approntate in luoghi istituzionali come i Centri per l'Impiego sparsi sul territorio della regione, peraltro introdotte in via sperimentale per la prima volta nell'estate del 2011 proprio a Nardò in seguito allo sciopero dei Braccianti di Boncuri, fortemente sostenuto dalla CGIL e dalla FLAI-CGIL che hanno attivato i tavoli istituzionali e di confronto per raggiungere tale obiettivo»;
          nonostante i numerosi solleciti ed i tavoli di confronto che hanno visto la partecipazione delle istituzioni coinvolte, prefettura di Lecce, regione Puglia, comune di Nardò e provincia di Lecce, i lavoratori immigrati, come ogni anno sono arrivati nelle campagne del Salento ma ad attenderli non vi è stato alcun luogo di accoglienza. La masseria Boncuri non ha riaperto i battenti, nonostante il folto numero di lavoratori presenti nelle campagne di Nardò;
          a tal proposito anche la segreteria nazionale Flai-Cgil ha scritto al Ministro dell'interno chiedendo una valutazione del caso ed un incontro collegiale di tutti i soggetti interessati volto a riconsiderare la chiusura della struttura di accoglienza;
          sugli organi di stampa nel corso di questi mesi sono emerse al riguardo le posizioni delle istituzioni interessate. La prefettura di Lecce in una lettera inviata all'attenzione del presidente della regione Puglia, all'assessore regionale al welfare, all'assessore regionale alle risorse agroalimentari, al presidente della provincia, al sindaco del comune di Nardò e, per conoscenza, alla Cgil Lecce scrive testualmente: «Con riferimento alle problematiche in oggetto evidenziate, si rappresenta che, secondo quanto appreso dalle associazioni datoriali e, da ultimo, dal Presidente della Coldiretti, presente ad un incontro svoltosi il 18 maggio 2012, presso la Provincia di Lecce, promosso su richiesta della scrivente per la verifica di possibili percorsi utili a determinare l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro nello specifico settore, il fabbisogno di manodopera stagionale per la raccolta delle produzioni agricole ha subito, quest'anno, una fortissima contrazione a seguito della crisi in atto. Pertanto, non dovrebbero porsi, per la stagione 2012, le esigenze che avevano determinato, negli anni passati, una alta presenza di manodopera stagionale nell'area agricola di Nardò e che avevano portato l'amministrazione comunale, con la collaborazione della Provincia di Lecce, all'allestimento del campo presso la locale Masseria Boncuri. Peraltro, un afflusso di manodopera non giustificato dalle cennate esigenze, potrebbe dare luogo al ripetersi di situazioni analoghe a quelle verificatesi nei mesi di luglio e agosto del 2011, per cui sarebbe opportuno che venissero attivate, al più presto, idonee forme di comunicazione dirette a scongiurare l'arrivo spontaneo di numerosi lavoratori stagionali che non sarà possibile impiegare. Tanto si rassegna per le valutazioni di competenza, restando a disposizione per tutto quanto attiene all'attività propria di questo Ufficio»;
          in data 26 giugno 2012 sul Corriere del Mezzogiorno il sindaco di Nardò dichiarava che non era possibile aprire «la masseria con soli 50mila euro della Regione» ed inoltre «sappiamo che tra il periodo della raccolta delle angurie e quello per la raccolta dei pomodori c’è una fase di fermo. Ebbene, cosa faranno gli immigrati nel frattempo? Staranno lì senza far niente col rischio che accadano incidenti. Questo non possiamo permettercelo»;
          in questa intricata situazione le motivazioni ostative alla riapertura della masseria Boncuri, da quanto si è appreso leggendo gli organi di stampa, sembrerebbero spaziare, quasi paradossalmente, dal mancato fabbisogno di manodopera nei campi a causa della crisi economica alla difficoltà finanziaria di riattrezzare la stessa masseria, per finire addirittura ad un presunto problema di sicurezza ed ordine pubblico. Ma nel frattempo centinaia di immigrati sono arrivati nei campi di Nardò e qui sono tornati, come i vecchi tempi purtroppo, a dormire per terra sotto gli alberi, a non potersi lavare dopo lunghe ore di estenuante lavoro, a vivere al di fuori di ogni più elementare forma di civiltà e umanità, di ogni più elementare principio affermato dalle Costituzioni, dai trattati internazionali, dalle carte di valori sulle quali si fonda la nostra civiltà. E ciò che si attesta attualmente è che gli unici soggetti ad essere profondamente lesi, nella dignità di esseri umani, in questa vicenda sono i lavoratori immigrati;
          la presa in carico di queste persone, presenti sul territorio, è stata demandata di fatto al buon cuore dei cittadini, ai volontari, alle associazioni ed alle organizzazioni sindacali, impegnate nonostante tutto a costruire percorsi di legalità, integrazione e rispetto dei contratti;
          va segnalato che in questa lotta per i diritti dei lavoratori migranti, alcuni esponenti sindacali della Cgil territoriale hanno anche subito intimidazioni e minacce da sconosciuti, prontamente segnalate all'attenzione della prefettura di Lecce;
          l'interrogante ricorda che nel maggio 2010 è stato approvato all'unanimità dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati, il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera). In questo documento particolare importanza ha assunto l'approccio a tale fenomeno, poiché si riconosce la rilevanza strategica assunta dalla manodopera straniera regolarizzata nell'attuale sistema economico e produttivo italiano. Si è inoltre convenuto ed evidenziato che allo scopo di contrastare il fenomeno dell'irregolare e del sommerso non si può prescindere dalla necessità di aumentare la protezione sociale di coloro che risultano soggetti a sfruttamento, anche, ad esempio attraverso il riconoscimento del permesso di soggiorno in caso di denuncia dei loro persecutori mediante l'applicazione dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione;
          ad avviso dell'interrogante la capacità di governare la questione immigrazione è un tema dirimente sul quale si misura la qualità del sistema democratico, sociale e politico. Consentire che queste persone siano abbandonate a se stesse vuol dire esporle esponenzialmente al rischio di essere nuova merce di scambio nelle mani di aguzzini senza coscienza  –:
          quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere al riguardo per evitare che persone già sfruttate e lese nei diritti umani fondamentali, che anche nel recente passato si sono fatte carico di denunciare con coraggio i propri sfruttatori, siano oggetto di una pesantissima penalizzazione, che segna, di fatto, un arretramento su temi dirimenti, quali l'integrazione, l'accoglienza e la tutela dei diritti fondamentali. (5-07576)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          è in corso la revisione della spesa pubblica con l'obiettivo di ridurre i costi a carico delle finanze pubbliche;      
          i patronati legati ai sindacati ricevono importi significativi per ogni pratica legata all'immigrazione (permessi di soggiorno, ricongiungimento familiare e altri);
          esistono appositi sportelli istituiti presso le amministrazioni periferiche ove è possibile presentare la documentazione richiesta per le varie istanze, documentazione che dovrebbe essere semplice e di facile comprensione  –:
          a quanto ammontino i corrispettivi riconosciuti ai patronati;
          se dette somme non possano utilmente essere destinate alla riduzione dei costi a seguito della cosiddetta «spending review». (4-17168)


      FORCOLIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il comma 25 dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148, ha stabilito che, a decorrere dal primo rinnovo dell'organo di revisione successivo all'entrata in vigore dello stesso decreto 138, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.  39, nonché gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
          nel corso della discussione degli ordini del giorno al decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, è stato accolto l'ordine del giorno 9/4865-AR/109 presentato dal sottoscritto che posticipava al 1o gennaio 2014 l'entrata in vigore della disposizione concernente la determinazione del medesimo elenco;
          nella Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 2012, n.  67, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'interno recante il «Regolamento adottato in attuazione dell'articolo 16, comma 25, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante l'istituzione dell'elenco dei revisori dei conti degli enti locali e modalità di scelta dell'organo di revisione economico finanziario»;
          in questi ultimi giorni, lo stesso Ministero dell'interno ha provveduto, tramite la circolare – FL 7/2012, ad inviare a tutti i prefetti le linee guida per l'iscrizione dei revisori dei conti degli enti locali determinando tuttavia, a fronte del favorevole accoglimento tramite l'ordine del giorno nel posticipare l'entrata in vigore della disposizione, incertezza nelle amministrazioni locali che nei prossimi mesi dovranno definire l'elenco dei revisori degli enti locali  –:
          se il Ministro interrogato, in ragione dell'accoglimento dell'ordine del giorno, non ritenga opportuno precisare chiaramente la corretta data di entrata in vigore della disposizione riportata. (4-17175)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano L'Opinione, edizione Litorale e Alto Lazio, di venerdì 20 luglio 2012, appare in prima pagina un articolo dal titolo «Maltrattata e denunciata per un biglietto sbagliato» recante occhiello «Il racconto degli avvocati Randazzo e Pucci». L'articolo a firma Ruggiero Capone tratta d'una maestra picchiata a Fiumicino e processata a Civitavecchia. Il giornalista racconta la storia della maestra «Grazia P. che a dicembre verrà processata a Civitavecchia». E precisa che «erano da poco passate le 18,30: Grazia, insegnante 55enne di scuola materna precaria a Fregene, terminava il rientro pomeridiano di sostegno e si dirigeva verso la fermata dell'autobus. Di tanto in tanto approfittava d'un passaggio di colleghe e conoscenti, ma quel 30 di settembre le rimaneva solo attendere il mezzo pubblico. Grazia si sposta solo a piedi, con la bicicletta, con i passaggi o con i mezzi pubblici...». «Alle 18,40 circa riesce a salire sull'autobus Cotral che va in direzione Fiumicino». Quindi la stessa maestra racconta a L'Opinione: «Avevo in mano dei biglietti e non sapevo con precisione quanto si dovesse pagare per Fiumicino – racconta Grazia – avevo biglietti di più tagli: per corse urbane su Roma ed extraurbane, Cotral ed Atac. Così mi stavo dirigendo verso il conducente, e per chiedere quale biglietto obliterare. Ma l'autobus frena in maniera brusca prima della fermata successiva, salgono a bordo due controllori che velocemente bloccano la macchinetta di vidimazione. Allora chiedo loro una spiegazione su quale biglietto dovessi obliterare. Di tutta risposta i controllori mi chiedono i documenti». Il quotidiano spiega che «Grazia s'emoziona, inizia a rovistare in maniera confusa nella borsa e poi: “non trovo la carta d'identità ho solo questi biglietti, vi prego vidimatemi voi quello giusto e poi lasciatemi andare a casa”. Uno dei controllori ordina con voce severa all'autista di fermare l'autobus davanti al commissariato di Fiumicino». «Le porte si aprono – racconta il giornalista – i controllori scendono senza fretta. Grazia si sente non più nel mirino, ha paura e si allontana pensando sia finito tutto lì, solo con un grande spavento. Non ha ancora raggiunto il ponte di ferro di Fiumicino che alle spalle riceve un forte spintone che la scaraventa per terra. Cerca di divincolarsi, ma viene presa a pugni e schiaffi e poi ammanettata. Poi sente un commento del tipo “menaglie a sta stronza tanto qui non ci sono telecamere”. Avrà parlato uno dei poliziotti o il controllore della Cotral? Grazia viene tradotta al commissariato di Fiumicino ammanettata e tenuta per le braccia da più agenti». «Dopo perquisizioni varie – continua il giornale – i documenti vengono rinvenuti in un recondito angolo della borsa della maestra. Le hanno già detto che è in arresto e che verrà trattenuta in cella per la notte. Il giorno seguente l'avrebbe attesa il processo per direttissima al tribunale di Civitavecchia. La Polizia di Fiumicino ha così provveduto ad avvertire il magistrato di turno d'un arresto per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, e con successivo tentativo di fuga dell'arrestato». «Intanto il cazzottone in testa – precisa il quotidiano – comporta un certo dolore e Grazia indossa lenti a contatto: il colpo le ha provocato un versamento di sangue in un occhio. Quindi viene trasportata al pronto soccorso di Fregene, anche se lei insisteva di voler andare a quello di Fiumicino, molto più frequentato ed attrezzato. I medici riscontrano evidenti ecchimosi con segni di manette ai polsi. Dopo le cure mediche, e senza levarle le manette, i poliziotti si confrontano sul tradurla a Roma (a Ponte Galeria) o a Settebagni... insomma in un luogo dove la polizia scientifica le avrebbe potuto prendere impronte digitali e foto segnaletiche... L'attende una lunga notte in cella. E solo verso l'alba una poliziotta esclama “ma che avete fatto? A questa poverina non l'avete nemmeno mandata al bagno”. Nella ritirata della caserma la povera maestra viene colta da coliche e non riesce più a trattenere i propri bisogni»... «Il Pm di Civitavecchia rimette in libertà la maestra, non convalidando l'arresto spiega il giornale ... Ma, due mesi dopo, l'arresto viene convalidato. Intanto la maestra aveva querelato i due poliziotti: procedimento che viene celermente archiviato dalla procura civitavecchiese. La querela pare abbia ancor più indisposto la polizia contro la maestra»  –:
          di quali elementi di informazione dispongano circa i fatti descritti in premessa;
          se i Ministri interrogati, per quanto di rispettiva competenza, non intendano disporre accertamenti, anche mediante l'avvio di una indagine ispettiva, con particolare riferimento sia alle modalità dell'intervento delle forze dell'ordine e sia al procedimento di convalida dell'arresto dell'insegnante avvenuto – secondo quanto riportato dal quotidiano L'Opinione – a ben due mesi di distanza dai fatti, ciò al fine di verificare l'eventuale sussistenza degli estremi per l'attivazione dell'azione disciplinare con riferimento alla vicenda esposta;
          quali iniziative normative il Governo intenda utilizzare e quali direttive intenda impartire affinché i cittadini vengano effettivamente tutelati, garantiti e protetti dagli atteggiamenti violenti, arroganti o prevaricatori posti in essere da alcuni appartenenti alle forze dell'ordine. (4-17177)


      MIGLIORI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nel comune di Castiglion Fiorentino (Arezzo), il consiglio comunale ha definito con deliberazione n.  1 del 26 maggio 2012, la questione della «ineleggibilità» del signor Luigi Bittoni, segnalata con ricorsi e reclami, agli atti del consiglio, ed in particolare con reclamo presentato anche al prefetto di Arezzo e per conoscenza al segretario comunale di Castiglion Fiorentino;
          il predetto Luigi Bittoni avrebbe provveduto alla lettura di un atto pervenuto in data 17 maggio avente il seguente oggetto: «Parere legale avente ad oggetto la posizione di Bittoni Luigi quale sindaco eletto del comune di Castiglion Fiorentino». Tale parere era fatto proprio dal signor Bittoni, con riguardo alla sollevata questione di «una eventuale ineleggibilità alla carica di Sindaco... a causa della sua funzione di Presidente della Casa di Riposo ed Istituzioni Educative Serristori», azienda pubblica di servizi alla persona;
          il detto parere legale veniva altresì allegato alla delibera n.  1 del 26 maggio 2012 «quale parte integrante e sostanziale» sotto la lettera E), divenuto oggetto delle dichiarazioni del signor Bittoni e parte integrante della delibera appena citata, esponeva e confermava quanto segue:
              a) il signor Bittoni sarebbe decaduto dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione del Serristori, in forza della legge n.  444 del 1994, trascorsi 45 giorni dal 15 maggio 2011 e, quindi, in data 29 giugno 2011;
              b) gli atti di straordinaria amministrazione dallo stesso posti in essere, a far data dal 15 maggio 2011, sarebbero stati eseguiti riconoscendo al signor Bittoni la qualità di semplice «funzionario di fatto», escludendo invece il regime della prorogatio e ritenendo, quindi, il difetto assoluto di attribuzione in quanto nessun presupposto di «necessità ed urgenza» è stato mai specificamente invocato dal signor Bittoni per agire in tale veste;
              c) gli atti compiuti sarebbero stati posti in essere fino alla data del 27 marzo 2012, probabilmente riferendosi alla istanza con la quale l'ente Serristori chiedeva di essere ammesso al passivo derivante dal «dissesto finanziario» del comune di Castiglion Fiorentino;
              d) Bittoni sarebbe stato non tanto «ineleggibile» quanto piuttosto (in ipotesi) «incompatibile» ai sensi dell'articolo 20, comma 3, lettera c) della legge regionale n.  43 del 2004 che però riguarda – espressamente («La carica di presidente o di componente del consiglio di amministrazione è incompatibile con la carica di:...») riferendosi al sindaco (o consigliere) già in carica; le incompatibilità/ineleggibilità relative all'ente (ASP) ed alla sua disciplina interna sono dunque diverse da quelle speciali, ed inderogabili, dell'articolo 60 del testo unico enti locali («Non sono eleggibili a sindaco...»); in ogni caso, proprio questa esplicita, ancorché errata, indicazione del parere legale (e del signor Bittoni) richiederebbe un espresso e formale atto del comune idoneo a dichiarare la decadenza ai sensi dell'articolo 9 statuto del Serristori, in mancanza del quale la carica di presidente o membro del consiglio di amministrazione viene mantenuta;
              e) il comune di Castiglion Fiorentino dovrebbe comunque esercitare a pieno il potere di controllo e vigilanza sull'ente Serristori;

          le motivazioni del parere e le conseguenti dichiarazioni personali del signor Bittoni, risultano secondo l'interrogante destituite di ogni fondamento in fatto ancor prima che in diritto;
          va notato che il signor Bittoni ha proseguito la sua attività di presidente dell'ente Serristori anche dopo la presentazione della sua candidatura in data 31 marzo 2012, inviando, tra l'altro, al commissario una comunicazione in data 2 aprile 2012, n.  36, espressamente sottoscritta: «Il Presidente – dottor Luigi Bittoni»;
          le dichiarazioni sopra riportate potrebbero determinare, altresì, vista l'espressa dichiarazione del signor Bittoni circa la sua asserita decadenza dal 29 giugno 2011, una serie di ulteriori conseguenze anche ai sensi e per gli effetti della legge n.  444 del 1994 che richiedono un intervento immediato ed urgente;
          l'ente Serristori sarebbe stato quindi privo di organo amministrativo e del collegio dei revisori che, peraltro, avrebbe continuato ad operare senza alcuna dichiarazione formale di decadenza, con ogni evidente conseguenza; la invocata legge 15 luglio 1994, n.  444 (Conversione in legge con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 1994, n.  293, recante disciplina della proroga degli organi amministrativi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1994, n.  165), detta in materia una rigorosa disciplina da applicare senza ritardo alla fattispecie, qualora si ritenesse, come ha dichiarato il sindaco, immediatamente riferibile alla sua pregressa attività, con affetti da nullità radicale: sono infatti considerati giuridicamente inesistenti gli atti compiuti dopo tale data dall'organo amministrativo scaduto e non ricostituito. Alla luce della citata normativa: gli organi amministrativi svolgono le funzioni loro attribuite sino alla scadenza del termine di durata per ciascuno di essi previsto ed entro tale termine debbono essere ricostituiti. Nel periodo in cui sono prorogati (45 giorni), gli organi scaduti possono adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti e indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità. «Gli atti non rientranti fra quelli indicati nel comma 2, adottati nel periodo di proroga, sono nulli» (articolo 3, comma 3, decreto-legge n.  293 del 1994); e ancora tutti gli atti adottati dagli organi decaduti sono nulli ed «i titolari della competenza alla ricostituzione e nei casi di cui all'articolo 4, comma 2, i presidenti degli organi collegiali sono responsabili dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro condotta, fatta in ogni caso salva la responsabilità penale individuale nella condotta omissiva» (articolo 6, comma 2 e 3, decreto legislativo n.  293 del 1994); peraltro nell'ambito dei poteri di vigilanza di cui al comma 2 della legge regionale n.  43 del 2004: «il comune nel quale l'azienda pubblica di servizi alla persona ha la sua sede legale può sciogliere, previa diffida, gli organi dell'azienda e può nominare un commissario»  –:
          quali iniziative si intendano attuare per verificare la eventuale ineleggibilità/ incompatibilità del signor Bittoni a sindaco del comune di Castiglion Fiorentino.
(4-17178)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


      BACHELET, GHIZZONI, COSCIA, DE BIASI, DE TORRE e ROSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito dalla legge n.  111 del 15 luglio 2011, all'articolo 19 «Razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica» recita:
              «1. Al fine dell'attuazione, nei tempi stabiliti, del disposto di cui all'articolo 2, commi dal 4-septiesdecies al 4-undevicies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n.  225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n.  10, i commissari straordinari dell'INVALSI e dell'ANSAS avviano urgentemente un programma straordinario di reclutamento, da concludersi entro il 31 agosto 2012». L'INVALSI e l'ANSAS provvedono a realizzare il proprio programma di reclutamento nel limite della dotazione organica dell'ente, nonché entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive. La decorrenza giuridica ed economica delle assunzioni presso l'ANSAS decorre dal primo settembre 2012, data in cui il personale in posizione di comando presso l'ANSAS rientra in servizio attivo nelle istituzioni scolastiche. Dalla medesima data è soppresso l'ANSAS ed è ripristinato l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), quale ente di ricerca con autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare. Sono conseguentemente abrogati i commi 610 e 611 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.  296, ferma restando la soppressione degli ex IRRE. L'Istituto si articola in 3 nuclei territoriali e si raccorda anche con le regioni.
              2. Successivamente alla conclusione del programma straordinario di reclutamento, all'INVALSI e all'INDIRE si applicano i limiti assunzionali di cui all'articolo 9, comma 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122.
              3. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate, per il triennio 2012-2014, le risorse finanziarie conseguenti agli interventi di razionalizzazione previsti dal presente articolo, iscritte nello stato di previsione del predetto Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a legislazione vigente, da destinare ad un apposito fondo da istituire nel medesimo stato di previsione finalizzato al finanziamento del sistema nazionale di valutazione. Le predette risorse confluiscono a decorrere dai 2013 sul "Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca" per essere destinate al funzionamento dell'INDIRE e dell'INVALSI con le modalità di cui al decreto legislativo n.  204 del 1998»;
          l'ANSAS (Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica) è ente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca attualmente commissariato; il Commissario Straordinario è la dottoressa Stefania Fuscagni;
          con delibera del commissario straordinario n.  2 del 2 marzo 2012 sono state individuate le sedi dei 3 nuclei territoriali che unitamente alla sede centrale dell'INDIRE sita in Firenze, coadiuveranno l'ente per il perseguimento delle finalità istituzionali ad esso deputate: per il Nord Torino, per il centro Roma, per il Sud Napoli; i restanti nuclei territoriali andranno chiusi;
          in data 6 giugno 2012, il commissario straordinario con lettera Prot. n.  217/IST, forniva ai direttori degli ex-IRRE l'elenco degli adempimenti da compiere entro il 31 agosto 2012 relativamente alla rendicontazione contabile, alla documentazione amministrativo contabile e alla ricognizione dei progetti; nella suddetta lettera si richiedeva ad ogni nucleo territoriale di inviare il verbale riepilogativo della documentazione detenuta, nonché l'ubicazione esatta della stessa entro il 31 luglio 2012 alla sede centrale ANSAS di Firenze; rinviando a una successiva comunicazione le modalità di trasferimento della documentazione;
          in tali indicazioni non venivano fornite istruzioni relative alla modalità e alla tempistica relativamente alla chiusura delle sedi, alla conservazione delle attrezzature, al passaggio di consegne, alla restituzione dei locali delle sedi ANSAS che si trovano situate in immobili in affitto;
          in base al decreto-legge n.  98 del 2011, in data 1° settembre 2012, il personale in posizione di comando presso l'ANSAS deve rientrare in servizio attivo nelle istituzioni scolastiche; i direttori degli EX-IRRE dovranno quindi permettere loro di godere delle ferie accumulate nel mese di agosto 2012, non potendogli consentire il rientro nelle istituzioni scolastiche di appartenenza con un eccesso di ferie da godere;
          il commissario straordinario ANSAS con delibera n.  11 del 31 maggio 2012 ha approvato il programma straordinario di reclutamento per complessive 145 unità di personale;
          in base al decreto-legge n.  98 del 2011, articolo 19, comma 1, tale reclutamento deve essere concluso entro il 31 agosto 2012, ultimo giorno di vita dell'ANSAS;
          ad oggi, sono stati banditi solamente concorsi per la copertura di sedici unità di personale:
              con delibera n.  12 del 4 giugno 2012 è stato indetto un concorso pubblico nazionale per titoli per il reclutamento a tempo indeterminato di due unità di personale per il profilo di dirigente di ricerca, primo livello professionale per l'area ricerca e sviluppo per la comunicazione, documentazione, nuovi linguaggi con assegnazione dei vincitori presso la sede centrale di Firenze, via Buonarroti 10, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami n.  45 del 12 giugno 2012.
              con delibera n.  13 del 4 giugno 2012 è stato indetto un concorso pubblico nazionale per titoli per il reclutamento a tempo indeterminato di due unità di personale per il profilo di dirigente di ricerca, primo livello professionale per l'area didattica, formazione e miglioramento con assegnazione dei vincitori presso la sede centrale di Firenze, via Buonarroti 10. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami n.  45 del 12 giugno 2012;
              con delibera n.  16 del 19 giugno 2012 è stato indetto un concorso pubblico nazionale per titoli e colloquio per il reclutamento a tempo indeterminato di sei unità di personale per il profilo primo ricercatore (II livello professionale) per l'area ricerca e sviluppo per la comunicazione documentazione, nuovi linguaggi e per l'area didattica, formazione e miglioramento con assegnazione dei vincitori presso la sede centrale di Firenze, via Buonarroti 10. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami n.  50 del 29 giugno 2012;
              con delibera n.  17 del 19 giugno 2012 è stato indetto un concorso pubblico nazionale per titoli e colloquio per il reclutamento a tempo indeterminato di tre unità di personale per il profilo primo ricercatore (II livello professionale) per l'area didattica, formazione e miglioramento con assegnazione dei vincitori presso le sedi dei nuclei territoriali. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami n.  50 del 29 giugno 2012;
              con delibera n.  14 del 4 giugno 2012 è stato indetto un concorso pubblico nazionale per titoli e colloquio per il reclutamento a tempo indeterminato di una unità di personale per il profilo di dirigente tecnologo, primo livello professionale per l'area ricerca e sviluppo delle tecnologie per l'informazione con assegnazione del vincitore presso la sede centrale di Firenze, via Buonarroti 10. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami n.  45 del 12 giugno 2012;
              con delibera n.  18 del 19 giugno 2012 è stato indetto un concorso pubblico nazionale per titoli e colloquio per il reclutamento a tempo indeterminato di due di personale per il profilo di primo tecnologo (II livello professionale) per l'area ricerca e sviluppo delle tecnologie per l'informazione con assegnazione dei vincitori presso la sede centrale di Firenze, via Buonarroti 10. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami n.  50 del 29 giugno 2012;
          i concorsi indetti con delibera n.  16 e n.  17 del 19 giugno 2012, per posti di primo ricercatore di secondo livello professionale, prevedono il possesso diploma di laurea tra i requisiti generali per l'ammissione al concorso, la valutazione del curriculum vitae e colloquio;
          il concorso indetto con delibera n.  14 del 4 giugno 2012, per un posto dirigente tecnologo di primo livello professionale, prevede il possesso diploma di laurea tra i requisiti generali per l'ammissione al concorso, la valutazione del curriculum vitae e colloquio;
          il concorso indetto con delibera n.  18 del 19 giugno 2012, per posti di primo tecnologo di secondo livello professionale, prevede il possesso di diploma di laurea tra i requisiti generali per l'ammissione al concorso, la valutazione del curriculum vitae e colloquio;
          i concorsi indetti con delibera n.  12 e n.  13 del 4 giugno 2012, per posti di dirigente di ricerca di primo livello professionale, non prevedono invece né possesso diploma di laurea né quello di scuola superiore tra i requisiti generali per l'ammissione al concorso né, infine prove né colloquio, ma esclusivamente la valutazione del curriculum vitae;
          è prevista la chiusura al 31 agosto 2012 delle sedi dei nuclei territoriali ANSAS, e l'obbligo di assunzione del nuovo personale per il 1o settembre 2012, come stabilito dal decreto n.  98 del 2011  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza del rischio di contenzioso cui va incontro la pubblica amministrazione a causa dell'assenza di indicazioni relative: alla modalità di chiusura degli immobili; alla conservazione ed eventuale trasferimento di beni mobili e attrezzature inventariate; alle procedure da seguire per restituire a norma di legge gli immobili occupati con contratto di locazione; al possesso di un diploma scolastico o accademico per i candidati a posti di dirigente delle procedure concorsuali di cui alle delibere n.  12/2012 e n.  13/2012 del 4 giugno 2012, in evidente contrasto con quanto previsto all'articolo 28, comma 2, dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  106 del 9 maggio 2001 – Supplemento Ordinario n.  112 (Rettifica G.U. n.  241 del 16 ottobre 2001), che riguarda la totalità dei dirigenti pubblici, e a fortiori in contrasto con il contratto collettivo nazionale del lavoro relativo al personale del comparto delle Istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione, che perfino per accedere alla selezione per il terzo livello richiede il possesso del titolo di studio che consente l'accesso al dottorato. (5-07572)


      ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere - premesso che:
          le riforme Gelmini, in particolare quelle delle scuole secondarie superiori, hanno determinato una variazione dei quadri orari di molte discipline, con considerevoli riduzioni di posti disponibili per immissioni in ruolo di molte classi di concorso;
          ancora non è stato emanato il decreto di riordino delle classi di concorso per regolare l'attribuzione delle discipline oggetto di insegnamento nelle scuole secondarie superiori interessate dal riordino;
          le circolari ministeriali (protocollo 1348/2010; n.  272/2011 e n.  29/2012) che, in attesa del decreto di riordino delle classi di concorso, istituiscono «le atipicità» per gestire la fase transitoria, hanno suscitato il dissenso dei docenti a causa dei discutibili criteri di confluenza delle classi concorso adottati per gli anni scolastici 2010-2011, 2011-2012 e anche per il prossimo anno scolastico 2012-2013: inoltre non sono riuscite a raggiungere gli obiettivi che si prefiggevano e cioè il contenimento degli esuberi per tutte le classi di concorso «falcidiate dalla riforma»;
          ad essere maggiormente danneggiati da una tale situazione sono i docenti che si trovano ai vertici delle graduatorie ad esaurimento di classi di concorso per cui si registra un alto numero di docenti soprannumerari, rispetto alle quali le prospettive di immissione in ruolo sono sempre più ridotte;
          in tale situazione il Ministro intende bandire un concorso riservato ai docenti abilitati e cioè pensa di risolvere il problema del blocco di assunzioni ormai pluriennale, per diverse classi di concorso, sottoponendo ad un'ennesima prova selettiva il personale docente, in possesso di molti anni di servizio alle spalle e di titoli di studio che, in condizioni di normalità, sarebbero stati utili al conferimento del ruolo;
          del resto è ben noto che tale concorso sarà autorizzato per un numero esiguo di posti;
          i precari abilitati, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e in attesa della stabilizzazione, che insegnano ormai da anni nel nostro sistema di istruzione non hanno avuto la possibilità di essere assorbiti né fortemente ridotti nel numero, non per loro personale demerito, bensì a causa dei considerevoli tagli alla scuola imposti dal precedente Governo e ora si trovano a dover sopportare anche una campagna mediatica che li accusa, seppur indirettamente, di sottrarre posti di lavoro alle nuove generazioni e di essere la causa del mal funzionamento della scuola pubblica, visto che, secondo il Ministro, si rende necessario sottoporli ad una nuova prova di verifica delle loro conoscenze e della loro professionalità  –:
          se il Ministro, in considerazione del quadro sopra esposto, non reputi necessario rimandare l'indizione del concorso a cattedra almeno fino a quando non risultino più chiare le prospettive degli organici, ovvero l'effettivo fabbisogno di docenti all'interno del nostro sistema di istruzione a seguito dell'approvazione del decreto di riordino delle classi di concorso in modo da fornire agli aspiranti prospettive occupazionali concrete. (5-07573)


      RIVOLTA, GOISIS, GRIMOLDI, CAVALLOTTO e MAGGIONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sezione quarta), ha accolto una pluralità di ricorsi, con cui i ricorrenti hanno impugnato gli atti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (tra i quali il decreto del MIUR – direzione generale dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia n.  113 del 19 aprile 2012) con cui è stato approvato l'elenco dei candidati da ammettere alla prova orale del concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con DDG del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2001 – Regione Lombardia;
          la materia del contendere riguarda «la violazione del principio dell'anonimato nel concorso oggetto della citata controversia, atteso che la busta piccola, contenente il cartoncino con le generalità dei concorrenti, inserita nella busta grande, includente l'elaborato scritto redatto dagli stessi, a garanzia della loro non immediata riconoscibilità, sarebbe stata inidonea allo scopo, essendo agevolmente visibile – anche prima della sua apertura e dell'estrazione del cartoncino recante le generalità del concorrente – quanto nella stessa contenuto»;
          al fine di verificarne la fondatezza, il TAR Lombardia ha disposto – con le ordinanze nn.  1899/2012, 1900/2012 e 1903/2012 – l'acquisizione delle buste contenenti gli elaborati di tutti i candidati ricorrenti, relativamente ai ricorsi R.G. nn.  1545/2012, 1546/2012 e 1547/2012, deducendo svariate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto differenti profili;
          al riguardo, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si è costituito in giudizio, chiedendone il rigetto;
          in particolare, l'Avvocatura dello Stato ha sollevato eccezioni sia in ordine all'inammissibilità di alcuni dei menzionati ricorsi, in quanto proposti in forma collettiva, «pur in presenza di asserite posizioni confliggenti tra i ricorrenti», sia in merito alla necessità di integrare comunque il contraddittorio nei confronti sia dei candidati già ammessi alla prova orale del concorso, che a quelli che abbiano positivamente superato anche quest'ultima;
          il TAR Lombardia ha ritenuto infondate le predette «eccezioni», richiamando nel merito la Sentenza del Consiglio di Stato, VI, 11 febbraio 2011, n.  916, in base alla quale deve ritenersi ammissibile «un ricorso collettivo avverso gli atti di un concorso nel caso in cui i ricorrenti, in forma collettiva, siano titolari al momento del ricorso, di posizioni omogenee sia riguardo alle doglianze dedotte che all'interesse perseguito, avendo l'intento di ottenere, attraverso l'annullamento degli atti impugnati, il rinnovo di quel segmento procedurale considerato illegittimo, con conseguente utilità per tutte le parti ricorrenti»;
          in conclusione il TAR, ribadendo il concetto già espresso dal Consiglio di Stato con sentenza del 6 aprile 2010, n.  1928, secondo cui «il carattere invalidante di qualsiasi disomogeneità contenutistica o formale delle buste, ove suscettibile di arrecare un vulnus al principio di anonimato, rendendo riconoscibile la provenienza dei testi in questione», ha giudicato «la fondatezza» della doglianza dei ricorrenti, la quale avendo carattere pregiudiziale, determina, previo assorbimento delle restanti censure, l'accoglimento di tutti i ricorsi riuniti, e «l'annullamento degli atti relativi alle prove scritte del concorso per dirigenti scolastici indetto con DDG del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011 – Regione Lombardia»;
          pur nel rispetto della pronuncia del TAR Lombardia, la predetta sentenza ha l'effetto di sospendere gli incarichi dirigenziali che dovevano essere affidati per l'apertura del nuovo anno scolastico, aggravando altresì la situazione degli istituti scolastici lombardi, che in assenza dei 355 nuovi incarichi di dirigenza, rischia di collassare sotto il peso di oltre 500 reggenze;
          si rischia di pregiudicare il diritto d'inserimento nella graduatoria dei vincitori del concorso prossima alla sua pubblicazione, oltre «400 candidati idonei»;
          l'Associazione nazionale presidi avrebbe invitato coloro che hanno superato con successo le prove scritte del concorso per dirigenti scolastici, a costituirsi «collettivamente» con interventi ad opponendum a salvaguardia della prosecuzione e della regolare conclusione della procedura concorsuale;
          la richiesta della suddetta «contrapposizione di un elevato numero di intervenienti» farebbe da contrappeso alla pretesa giudiziale azionata dagli oltre duemila ricorrenti  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per evitare le conseguenze che l'eventuale accoglimento nel merito anche di uno solo dei circa 160 ricorsi pendenti, potrebbe provocare sul funzionamento del sistema scolastico, in quanto sarebbe bloccato il concorso descritto in premessa, nonché creando conseguenze negative sulla professione e sul profilo dei dirigenti in servizio in Lombardia vanificando, tra l'altro, le legittime aspettative dei sopra citati 400 docenti idonei che aspirano alla dirigenza.
(5-07574)


      MARIO PEPE (Misto-R-A), GRASSANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'attuale direttore dell'Accademia nazionale di danza (AND) è in carica dal 3 ottobre 1996, data in cui è stato nominato tramite decreto del Ministro dell'istruzione Berlinguer, ai sensi dell'articolo 228 del decreto legislativo n.  297 del 1994 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado);
          ai sensi del comma 2 dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2003 n.  132 (criteri per l'autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa delle istituzioni artistiche), la durata dell'incarico di direttore, di presidente e di membro del consiglio di amministrazione è triennale e può essere confermato una sola volta; di conseguenza l'attuale consiglio di amministrazione dell'Accademia nazionale di danza sta operando in un regime di prorogatio solo grazie alla norma transitoria prevista dall'articolo 16 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n.  132 del 2003;
          all'anomalo protrarsi della gestione dell'attuale direzione devono probabilmente collegarsi le criticità emerse in materia di gestione economica, finanziaria, didattica e di qualificazione accademica dell'Accademia nazionale di danza (AND) e della collegata Fondazione accademia (FANO); criticità che devono riconnettersi ad una gestione che gli interroganti ritengono personalistica ed esclusiva della carica e che sono state evidenziate in numerosi atti di sindacato ispettivo presentati a partire dal 1996;
          si tratta degli atti 4-04071 Napoli e 4-33608 Aracu XIII legislatura; 4-01700 Valditara XIV legislatura, ormai di mero valore documentativo, e degli atti Bornacin 2-00218; Pepe 4-07527, 4-08937, 2-01150, 4-13380; Zamparutti 4-08308; Marinello 4-11457, XVI legislatura, di competenza del Ministro interrogato; solo ad uno di essi è stata data risposta nel 1997;
          in questi anni la situazione dell'Accademia nazionale di danza è peggiorata progressivamente in parallelo alla crescita del debito finanziario, all'assottigliarsi delle risorse, al malcontento degli studenti, diminuzione degli iscritti;
          per riferire i soli fatti più recenti:
              la verifica sull'Accademia nazionale di danza conclusa il 3 marzo 2011 dal Collegio ispettivo nominato con decreto M.i.u.r.-A.f.a.m. n.  182 del 25 ottobre 2010, avrebbe accertato una pluralità di irregolarità e carenze;
              la verifica sulla gestione della Fondazione accademia degli attuali direttrice e presidente dell'Accademia nazionale di danza, Margherita Parrilla e Bruno Borghi, conclusa il 17 febbraio 2011 dal collegio ispettivo nominato con provvedimento del 26 ottobre 2010 del prefetto di Roma, ha accertato reiterate violazioni di legge e gravi irregolarità gestionali;
              il 15 febbraio 2012 il pubblico ministero presso la procura della Repubblica di Roma, nell'ambito del procedimento per il reato di cui agli articoli 110, 646, 61 n.  7, n.  11 codice penale, a carico degli attuali direttrice e presidente dell'Accademia nazionale di danza ha disposto il sequestro presso l'Accademia nazionale di danza della documentazione contabile e amministrativa riguardante la Fondazione accademia;
              il 12 marzo 2012 ad Avellino, alla presenza del sindaco della città e del presidente della provincia, è stato annunciato l'avvio di un corso di laurea triennale «in discipline coreutiche, tecniche compositive e scuola di coreografia» presso il teatro Carlo Gesualdo, in partnership con l'Accademia nazionale di danza; erano presenti il presidente ed il direttore dell'Accademia nazionale di danza; tuttavia va rilevato che e quanto consta all'interrogante il Consiglio di amministrazione dall'Accademia nazionale di danza, ha approvato un progetto che non è stato mai deliberato dal consiglio accademico, unico organo istituzionale delegato a farlo, né è stato pubblicato un bando pubblico per la selezione del responsabile artistico, ruolo invece affidato ad un docente ospite; peraltro non si ha notizia di come saranno strutturati i corsi e con quali oneri a carico dell'Accademia nazionale di danza;
              il 29 marzo 2012 un gruppo di docenti dell'Accademia nazionale di danza, considerato il perdurare di situazioni di illegittimità, di disagio e di sperpero del denaro pubblico, ha chiesto al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di procedere alla sospensione della direttrice dell'accademia stessa, Parrilla, e del presidente Borghi; a tutt'oggi, nessun provvedimento è stato adottato dal direttore generale M.i.u.r.-A.f.a.m. anche con riferimento agli esiti delle verifiche ispettive sopra indicate;
              con ordinanze n.  1565 e n.  1567 del 20 aprile 2012, il Consiglio di Stato, sezione terza, ha posto nel nulla il tentativo dell'attuale vertice dell'Accademia nazionale di danza di annullare la nomina del gruppo dirigente in carica della Fondazione accademia, sia, più in generale, l'attività della fondazione;
              l'Accademia nazionale di danza è l'unica istituzione di livello universitario in materia di danza esistente in Italia, in relazione alla quale lo Stato ha dettato specifiche norme di tutela e di finanziamento; riduzione dei finanziamenti, cattiva gestione e finanche ipotesi di interessi privati ne stanno minando il prestigio in campo nazionale ed internazionale  –:
          quali iniziative intenda adottare in merito alla descritta situazione dell'Accademia nazionale di danza ed alle connesse responsabilità, in particolare se non ritenga opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per sciogliere il consiglio di amministrazione dell'Accademia nazionale di danza, ai sensi dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2003, n.  132, che espressamente parla di «cessazione del rapporto per effetto del verificarsi di cause previste dalla normativa vigente». (5-07575)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di Down (SD), o trisomia 21, è una condizione genetica. Deve il suo nome al dottor Langdon Down che, per la prima volta nel 1866 ne fornì una descrizione. Solo nel 1959 grazie al dottor Lejeune si fece un passo decisivo nella storia della sindrome di Down.  Infatti Lejeune riferì di aver individuato la presenza di 47 cromosomi in colture di tessuto prelevato da tre persone con sindrome di Down.  In condizioni normali, al momento del concepimento la cellula uovo della madre e lo spermatozoo del padre si uniscono creando un uovo fertilizzato che contiene 46 cromosomi, classificati in 23 coppie. In ogni coppia un cromosoma proviene dal padre e uno dalla madre. Se nella coppia 21 compare un cromosoma in più (tre invece di due) il numero dei cromosomi in ogni cellula è 47; questa combinazione causa la sindrome di Down.  Da qui anche il nome di trisomia 21. Si tratta dell'anomalia cromosomica più comune: l'incidenza è di circa 1 su 1.300 nati. Non è ancora chiaro perché questo avvenga, cioè perché al momento della divisione cellulare i cromosomi rimangano attaccati invece di separarsi normalmente. Quello che, a oggi, sappiamo è che il materiale genetico in eccesso causa uno squilibrio che altera l'aspetto del bambino e il corso normale del suo sviluppo, determinando caratteristiche tipiche della sindrome e un variabile grado di ritardo mentale. Ogni persona con sindrome di Down è unica, il suo futuro non è prevedibile e la sua crescita dipenderà da una serie di aspetti costituzionali e ambientali insieme. Queste differenze dipendono soprattutto dalle capacità individuali delle persone con sindrome di Down, dagli atteggiamenti educativi della loro famiglia e dalla disponibilità o meno di strutture sociosanitarie adeguate. Oggi molte persone con la sindrome di Down lavorano, hanno frequentato la scuola superiore e hanno un'accettabile vita sociale  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della condizione genetica in argomento che permetta di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone affette da sindrome di Down, di sviluppare terapie efficaci per la cura delle principali tipologie connesse alla condizione genetica e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
              c) assumere iniziative, per quanto di competenza, per fornire un'adeguata assistenza alle persone anziane affette da sindrome di Down che si ritrovino a perdere i genitori;
              d) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la condizione genetica in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17160)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'aniridia è una patologia estremamente rara con incidenza da 1 su 40.000 a 1 su 100.000 nati vivi in relazione ai diversi campioni di popolazione presi in esame. È determinata dalla mutazione del gene PAX 6, situato nel cromosoma 11, e può essere ereditaria o sporadica. L'aniridia ereditaria viene trasmessa con modalità autosomica dominante, il che significa che una coppia di genitori, uno dei quali affetto da aniridia, presenta a ogni concepimento un rischio del 50 per cento di generare un figlio affetto dalla stessa patologia;
          la parola «aniridia» significa «assenza di iride» ed è questa la caratteristica più evidente della patologia, che determina fotofobia e abbagliamento. Caratteristico è anche il nistagmo, di solito orizzontale a scosse più intense nella prima infanzia, con possibilità di componenti rotatorie;
          all'aniridia si associa l'ipoplasia della macula, zona centrale della retina, un'area fondamentale per la visione del dettaglio fine. Tutte queste condizioni determinano una capacità visiva ridotta. Tuttavia molte altre strutture dell'occhio possono essere interessate da alterazioni più o meno gravi che provocano l'insorgenza di patologie associate, fra cui glaucoma, cataratta e opacità della cornea. Per queste ragioni, le persone affette da aniridia devono sottoporsi a frequenti controlli durante tutta la vita;
          inoltre, dato che la vista svolge una funzione guida in tutte le aree dello sviluppo dell'individuo (motoria, psichica, cognitiva, affettiva), i bambini affetti da aniridia — come tutti i bambini ipovedenti — hanno bisogno di essere seguiti con particolare attenzione per minimizzare i problemi dovuti alla ridotta capacità visiva  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire assistenza, anche presso le istituzioni scolastiche, ai bambini colpiti da aniridia;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti nello specifico l'aniridia infantile siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendono attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (4-17161)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'acromatopsia congenita è un raro difetto ereditario recessivo della vista, presente fin dalla nascita, che si manifesta con cecità totale ai colori, estrema sensibilità alla luce e bassissima acuità visiva. Nella retina dell'occhio normale sono presenti due tipi di cellule sensibili alla luce: i coni e i bastoncelli. I coni (6 milioni) sono prevalentemente al centro della retina, nella macula e sono specializzati per la visione diurna: permettono di adattarsi nella luce, percepire i colori e distinguere i dettagli fini. I bastoncelli (100 milioni) sono prevalentemente alla periferia della retina e sono specializzati per la visione notturna: sono molto più sensibili alla luce dei coni, ma si «saturano» rapidamente quando essa aumenta e non permettono di percepire i colori né di distinguere bene i dettagli. Nell'occhio normale, i coni e i bastoncelli si integrano tra loro e permettono di vedere in qualunque condizione di illuminazione. Nella retina delle persone affette da acromatopsia (acròmati), invece, i coni funzionano poco o non funzionano per niente. Queste persone, perciò, devono affidarsi interamente ai bastoncelli per vedere. Di conseguenza, sono parzialmente o totalmente «cieche ai colori», hanno una scarsa acuità visiva (1/20) e i loro occhi non sono in grado di adattarsi in modo normale a una luce più intensa di quella del crepuscolo. In generale, gli acròmati si possono distinguere in acròmati (monocromati dei bastoncelli) totali o parziali e monocromati dei coni del blu  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia che permetta di sviluppare terapie efficaci è prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire assistenza, anche presso le istituzioni scolastiche, ai bambini colpiti da acromatopsia congenita;
          se e quali azioni di sostegno alle associazioni di malati il Governo abbia attuato o intenda attuare, anche a mezzo dei vari strumenti esistenti (ad esempio, 5 per mille);
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17162)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          l'amiloidosi è un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dalla deposizione in sede extracellulare di materiale proteico fibrillare, con caratteristica struttura beta elicoidale che lega avidamente il colorante Rosso Congo. La classificazione delle amiloidosi si basa sulla natura delle diverse proteine amiloidogeniche (fino ad ora ne sono state descritte almeno 19): alcune di queste determinano depositi in più organi e tessuti, producendo quadri clinici sistemici, con decorso progressivo e spesso fatale. Altre invece danno luogo a forme localizzate. L'amiloidosi AL è la forma sistemica più comune nel mondo occidentale (presente in circa il 15 per cento dei pazienti con mieloma multiplo). Il quadro clinico d'esordio è estremamente variabile, in funzione degli organi infiltrati dalle fibrille: frequente l'astenia e la marcata perdita di peso, così come la sindrome del tunnel carpale. Può infiltrare le pareti vascolari rendendole molto fragili e causando l'insorgenza di porpora (tipica la porporaperiorbitale); molto frequente il coinvolgimento del rene e l'interessamento cardiaco (con cardiomiopatia restrittiva e disfunzione diastolica). Possono essere presenti parestesie, ipotensione ortostatica, sincope, vertigine, alterazioni dell'alvo, disfunzione vescicale o impotenza. È spesso coinvolto il sistema nervoso autonomo, che può portare a neuropatia periferica sensitivo-motoria distale, simmetrica e progressiva. È comune l'interessamento del fegato (epatomegalia) e della milza. Può essere presente macroglossia con ispessimento e irrigidimento della lingua (impronta della dentatura). L'amiloidosi AA nei Paesi occidentali è spesso causata da malattie croniche reumatiche (artrite reumatoide, artrite reumatoide giovanile e spondilite anchilosante). È la principale complicanza nei pazienti affetti da febbre mediterranea familiare. Dal punto di vista clinico prevale l'interessamento renale, nonché della milza e del fegato. Amiloidosi ereditarie: una variante geneticamente trasmessa di alcune proteine (principalmente latranstiretina, sintetizzata dal fegato, di cui sono note oltre 50 varianti associate ad amiloidosi – ATTR, ma anche l'apolipoproteina AI, il lisozima, la catena alfa del fibrinogeno e la gelsolina) costituisce il precursore fibrillare delle forme ereditarie di amiloidosi sistemica. La modalità di trasmissione è autosomica dominante con esordio in età adulta. Il decorso è meno aggressivo rispetto all'amiloidosi AL, con sopravvivenza dalla diagnosi di circa 10 anni. È presente un forte interessamento del sistema nervoso periferico e del sistema nervoso autonomo con una progressiva neuropatia sensitivo-motoria, con la comparsa di disturbi gastrointestinali, della minzione e impotenza. Spesso è presente una cardiomiopatia restrittiva  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese e nei principali Paesi europei, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se esista una strategia europea di contrasto alla patologia in questione e quali siano gli esiti di tipo qualitativo e quantitativo. (4-17163)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la malattia denominata «porpora di Schoenlein Henoch(PSH)» è un'infiammazione dei piccoli vasi sanguigni della cute, dell'intestino e dei reni. I vasi sanguigni infiammati possono sanguinare comportando la comparsa di un'eruzione cutanea rosso o violacea chiamata porpora. I vasi possono, anche sanguinare nell'intestino o nei reni causando la comparsa di sangue nelle feci e nelle urine  –:
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e come il Governo abbia attuato o intenda attuare politiche di sostegno alle associazioni di malati di porpora di Schoenlein Henoch. (4-17166)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di Cri du Chat è riconoscibile fin dalla nascita a causa del pianto acuto simile a un miagolio. È dovuta alla delezione di una parte del braccio corto di uno dei cromosomi della coppia 5. Benché si tratti di una malattia rara, è una delle più comuni sindromi da delezione nell'uomo. I neonati presentano basso peso, volto tondo, epicanto, mento sfuggente. Spesso vi è difficoltà alla suzione e possono essere presenti malformazioni. La perdita di una parte del patrimonio genetico coinvolge anche lo sviluppo cerebrale, con conseguente microcefalia e ritardo dello sviluppo psicomotorio e del linguaggio. Gli interventi riabilitativi ed educativi precoci consentono di raggiungere un livello migliore di sviluppo e notevoli progressi sono stati ottenuti negli ultimi anni nell'inserimento sociale. La diagnosi clinica è confermata dal cariotipo e precisata con le tecniche di citogenetica molecolare (FISH). Nelle «regioni critiche» sono stati di recente individuati 3 geni, semaforinae d-catenina, che potrebbero essere coinvolti nello sviluppo cerebrale e la trascrittasi inversa della telomerasi che potrebbe contribuire alle alterazioni fenotipiche. Studi realizzati sulla base del registro italiano della sindrome del Cri du Chat, con il supporto dell'ABC e di Telethon Italia, hanno dimostrato una variabilità clinica e citogenetica e una correlazione fra la gravità clinica e il tipo e l'ampiezza della delezione. Nella maggior parte dei casi la delezione origina da una nuova mutazione, per cui il rischio di ricorrenza in un secondo figlio è trascurabile, non superiore a quello della popolazione generale, anche se non si può escludere l'eventualità di un mosaicismo gonadico che peraltro non è stato finora segnalato. In caso di traslocazione bilanciata in uno dei genitori (10-15 per cento dei casi) il rischio varia dal 9 al 19 per cento  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendono attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17171)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la malattia di Kawasaki è una grave vasculite sistemica, cioè un'infiammazione delle pareti dei vasi sanguigni che può causare dilatazioni delle arterie coronarie del cuore. Si tratta quasi esclusivamente di una malattia infantile, non è ereditaria, anche se si sospetta una predisposizione genetica  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          quali siano i centri di eccellenza regionali e se e quali politiche di coordinamento vengano attuate per affrontare al meglio la diagnosi, la cura e il trattamento di detta patologia. (4-17172)


      DI BIAGIO, MURO e GRANATA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          a seguito di ricorsi proposti dalle regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Basilicata, la Corte Costituzionale si è espressa sul giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111;
          con sentenza n.  147 del 2012 ha dichiarato illegittimo l'articolo 19, comma 4, del decreto-legge 98 del 2011, convertita con modificazioni dalla legge 111 del 2011, nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi delle scuole dell'infanzia, elementari e medie che per acquisire l'autonomia «devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche»;
          con la sentenza suindicata la Corte ha ribadito quindi la prevalenza delle norme regionali in materia di dimensionamento della rete scolastica, sulle corrispondenti norme statali, dichiarando illegittimo quanto disposto dalle singole regioni secondo i parametri definiti dalla citata legge;
          l'applicazione del succitato dispositivo ha determinato situazioni di estremo disagio nella rete scolastica;
          in particolare nella regione Lazio 135 scuole perdono l'autonomia e 83 sono sottodimensionate, in Campania le scuole sono rispettivamente 144 e 263, in Sicilia 145 e 171, analoga situazione in Calabria dove le istituzioni scolastiche che non godono più di autonomia sono 99 e 89 quelle sottodimensionate;
          in una visione dell'intero territorio italiano il risultato appare – secondo gli interroganti – sconvolgente infatti 1080 sono le istituzioni scolastiche completamente cancellate e 1141 attualmente sottodimensionate;
          le conseguenze di tali riordini comportano pesanti esuberi di personale docente ed ulteriore riduzione di organico di dirigenti scolastici, direttori dei servizi generali amministrativi, personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, questi ultimi già pesantemente colpiti da precedenti provvedimenti e che non riusciranno più a garantire i servizi essenziali, compresa la sorveglianza dei plessi, per un corretto avvio del prossimo anno scolastico  –:
          quali eventuali iniziative di competenza intenda porre in essere, per l'anno scolastico 2012-2013, considerato che la sentenza della Corte costituzionale apre nuovi scenari rispetto ai piani di dimensionamento delle Regioni già approvati per arginare una deriva che colpisce la scuola pubblica italiana inficiando la qualità e l'efficienza dei servizi allontanandola sempre di più da un modello europeo spesso citato ma mai concretamente perseguito;
          se si intendano rivedere i parametri di attribuzione dei collaboratori scolastici, del personale amministrativo tecnico, incrementandone l'organico tenendo conto anche dell'aumentato carico di lavoro e compiti;
          se si intenda rivedere quanto previsto dalla legge 183 del 2011 secondo la quale istituzioni scolastiche con meno di 600 alunni non viene assegnato in via esclusiva un direttore dei servizi generali amministrativi. (4-17174)


      POLIDORI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          nel nostro Paese operano 150 università e collegi americani, presso i quali si svolgono corsi di laurea di primo e secondo livello come pure master e altri strumenti di formazione accademica, coinvolgendo ogni anno circa 30 mila studenti;
          tra queste università, operanti in 42 diverse città italiane, vi sono alcune tra le più prestigiose istituzioni accademiche statunitensi, ad esempio Stanford University, University of Washington, Loyola University Chicago, Florida State University, The Johns Hopkins University, California State University, Iowa State University, John Cabot University, Miami University, University of Virginia, Columbia University, The Harvard University, e così via;
          la presenza stabile dei programmi di studio americani contribuisce in maniera rilevante all'internazionalizzazione del sistema universitario italiano, stante le innumerevoli possibilità di scambio ed interazione fra docenti, studenti e istituzioni accademiche determinate dalla presenza dei centri universitari sul territorio italiano;
          le ricadute per il nostro Paese non sono soltanto di natura formativa ed accademica, come illustra uno studio di un ente di ricerca della regione Toscana nel quale si dimostra che il 12 per cento del flusso turistico verso i luoghi italiani di interesse storico è costituito da studenti appartenenti ad istituzioni universitarie Nord Americane presenti in Italia;
          a quanto di conoscenza dell'interrogante, un progetto del Governo volto alla riforma della legge n.  4 del 14 gennaio 1999 riporterebbe alcune misure che, se trasformate in legge, risulterebbero fortemente penalizzanti e immotivatamente restrittive per tutte le università straniere operanti in Italia, e di fatto renderebbero impossibile per la quasi totalità degli istituti accademici la permanenza dei campus e delle strutture nel nostro Paese;
          le nuove regole limiterebbero infatti la stabile presenza delle università straniere a quelle che offriranno ai propri studenti corsi nelle sole materie relative al patrimonio letterario, giuridico, storico, artistico, monumentale o archeologico italiano (e non ad esempio in campo economico, turistico, musicale, e altro);      
          analoghe conseguenze in senso restrittivo si avrebbero con la limitazione agli studenti iscritti presso l'istituzione estera nei dodici mesi precedenti lo svolgimento degli studi in Italia, impedendo cioè, chissà per quale motivazione, ad ogni studente iscritto da un periodo inferiore di poter compiere studi in Italia  –:
          se quanto a conoscenza dell'interrogante corrisponda al vero;
          in caso positivo, quali considerazioni spingano il Governo nella direzione di una riforma che di fatto rischia di far perdere all'Italia, senza alcun beneficio di ritorno, occasioni di sviluppo accademico, culturale ed economico, scoraggiando l'insediamento stabile in Italia di nuovi programmi di studio esteri, se non addirittura provocando il trasferimento in altri Paesi di quelli attualmente esistenti, e indebolendo il rapporto culturale e l'amicizia tra Italia e Stati Uniti d'America. (4-17183)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


      ANTONINO FOTI e VINCENZO ANTONIO FONTANA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel corso della XVI legislatura sono state intraprese importanti proposte legislative su iniziativa parlamentare, che hanno perseguito la finalità di promuovere l'autoimprenditoria giovanile, sia attraverso l'utilizzo di una parte del sostegno al reddito, trasformato in opportunità per avviare nuove micro-imprese, sia attraverso la previsione di un percorso protetto caratterizzato da una sorta di «legalità leggera», basata su agevolazioni, incentivi e sgravi, finalizzata proprio a sostenere tali attività imprenditoriali nella loro fase iniziale;
          a tale riguardo, si segnala, in particolare, che la Camera dei deputati ha approvato un provvedimento (atto Camera n.  2424), il cui iter di esame risulta, tuttavia, attualmente ancora in corso da diverso tempo presso il Senato della Repubblica (in quanto la Commissione lavoro, previdenza sociale sarebbe in attesa del parere della Commissione bilancio di quel ramo del Parlamento);
          è stato concluso l'esame dalle Commissioni riunite X-XI di questo ramo del Parlamento – ed è in attesa del parere delle altre Commissioni – di una proposta di legge che unifica una serie di provvedimenti che prevedono interventi per il sostegno dell'imprenditoria e dell'occupazione giovanile e femminile, di cui si prevede una conclusione sollecita e condivisa;
          alla luce delle ampie discussione svoltesi nelle aule parlamentari su tali provvedimenti – e anche in considerazione dei numerosi elementi di conoscenza acquisiti nell'ambito di un'importante indagine conoscitiva svolta presso l'XI Commissione sulle dinamiche di accesso al mercato del lavoro – è apparso evidente come, per rilanciare i livelli occupazionali e fronteggiare la crisi economica in atto, che colpisce in modo particolare i soggetti più deboli della società – quali donne, disoccupati e giovani precari – appaia fondamentale individuare forme di intervento alternative che sappiano stimolare lo spirito d'iniziativa autonoma dei soggetti che incontrano difficoltà nell'accedere al mondo del lavoro attraverso i tradizionali canali d'ingresso;
          un intervento volto a rilanciare in maniera forte il lavoro autonomo risulta oggi tanto più essenziale quanto più drammatico appare il conflitto generazione in atto tra lavoratori iper-garantiti e giovani precari esclusi da qualsiasi forma di sostegno o tutela previdenziale-assistenziale, nell'ambito di un mercato del lavoro d'impronta duale, dal quale, peraltro, più di due milioni di giovani risultano radicalmente esclusi, perché, oltre che disoccupati, risultano non coinvolti in alcuna attività di studio o formazione;
          il basso livello di attività dei giovani, legato alla più lunga durata dei percorsi formativi, la tendenza al completamento «tardivo» del percorso universitario e la funzione di ammortizzatore sociale che la famiglia italiana si è ormai abituata a svolgere, unitamente al malfunzionamento delle attività di orientamento e formazione, farebbero propendere per l'individuazione di forme differenziate di accesso al lavoro, che consentano di rivalutare modelli di lavoro anche manuali, abitualmente poco considerati e relegati ai margini rispetto al circuito classico del rapporto di lavoro dipendente;
          è convinzione degli interroganti che per contrastare il clima di sfiducia e scoraggiamento che sembra pervadere le giovani generazioni – anche tenuto conto degli evidenti vincoli di bilancio che impediscono, allo stato, di prefigurare interventi espansivi di spesa pubblica – sia necessario un intervento che, lungi dal predisporre forme di sostegno passive e assistenziali, promuova la voglia di rendersi protagonisti di tali soggetti, fornendo gli strumenti necessari ad attivare forme embrionali di imprese che siano capaci in futuro di generare reddito e occupazione. Ciò, peraltro, risulterebbe in piena coerenza linea con il tessuto produttivo del nostro Paese, contraddistinto da un'ampia diffusione di piccolissime imprese e dal carattere artigianale di molte lavorazioni, che ha storicamente portato ad un'ampia diffusione di lavoro indipendente  –:
          se non si convenga sull'opportunità di adottare con urgenza misure volte a favorire la ripresa dei livelli di occupazione, sviluppando la cosiddetta «imprenditorialità diffusa», composta principalmente da micro-imprese, prestando una particolare attenzione al sostegno ai soggetti più colpiti dalla crisi economica, nei confronti dei quali potrebbe essere opportuno - sulla scia del lavoro già intrapreso a livello parlamentare, che potrebbe essere preso come utile riferimento per l'approvazione dei relativi provvedimenti - configurare un regime speciale e agevolato di interventi, eventualmente trasformando le misure di sostegno al reddito in forme di prestito anticipato che favoriscano l'avvio di iniziative autonome. (3-02422)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURTONE e MIOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nel supplemento ordinario n.  297 alla Gazzetta Ufficiale del 22 dicembre 2011 – serie generale – è stato pubblicato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 1o dicembre 2011, recante la ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014;
          in particolare, nella tabella n.  4, relativa allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo stanziamento previsto per l'anno 2012 sul capitolo 4337 – inerente le «spese connesse allo svolgimento di tutte le funzioni e le attività già svolte dal soppresso ISPESL, incluse quelle relative alle risorse umane e strumentali» – è pari a euro 22.337.494;
          tale importo presenta, pertanto, una diminuzione, rispetto allo stanziamento riportato nel bilancio di assestamento 2011 (euro 57.900.501), del 61,42 per cento;
          al riguardo, si fa presente, in via preliminare, che gli stanziamenti previsti per lo svolgimento di funzioni di ricerca per l'anno 2012 non presentano in alcun caso, rispetto al 2011 variazioni di segno negativo, in applicazione dell'articolo 10 del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito dalla legge n.  111 del 2011, il cui primo comma, come noto, esclude «preselettivamente» dalle previste riduzioni le risorse destinate alla ricerca;
          le attività di ricerca in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, già svolte dal soppresso ISPESL, costituirebbero dunque l'unico caso in cui i relativi stanziamenti sono stati drasticamente ridotti rispetto all'esercizio precedente, con evidenti dubbi di legittimità circa il pieno rispetto delle citate disposizioni normative. Tali valutazioni, di ordine meramente giuridico, prescindono, peraltro, da considerazioni in merito alle implicazioni, politico/sociali che un simile segnale è destinato a originare;
          l'inadeguatezza delle correnti appostazioni finanziarie si appalesa nella sua gravità avuto riguardo ai soli costi per il personale a tempo indeterminato dell'ex ISPESL, che, per l'anno 2011, sono pari a oltre 55 milioni di euro, come risulta dal bilancio di previsione approvato dai Ministeri vigilanti;
          per contro, il decreto-legge n.  138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  148 del 2011, dispone (articolo 1, comma 3, lettera b)) che al personale degli enti di ricerca non si applica la riduzione degli organici, pari al 10 per cento della spesa complessiva;
          il monte salari complessivo per il personale in forza – evidentemente incomprimibile – è dunque sensibilmente superiore all'importo attualmente stanziato sul capitolo 4337;
          occorre, inoltre, rammentare che l'Istituto, unitamente ai maggiori enti previdenziali (ora riuniti nel solo INPS), è già impegnato, ai sensi della legge n.  183 del 2011, nel conseguimento dell'obiettivo di risparmio per spese di funzionamento di complessivi 60.000.000 di euro per l'anno 2012, a cui, pertanto, la riduzione de qua si andrebbe drammaticamente ad aggiungere;
          né si è potuto plausibilmente ritenere – sforzandosi di rinvenire la ratio dell'intervento – che l'Istituto, agendo flessibilmente sulle proprie poste di bilancio, sostenga i costi delle funzioni in precedenza svolte dall'ISPESL con le entrate derivanti dall'esercizio dell'attività assicurativa;
          tale evenienza risulterebbe, infatti, incoerente con il modello di gestione assicurativa disegnato dal testo unico n.  1124 del 1965, secondo cui le imprese soggette allo specifico obbligo finanziano, tramite il versamento dei premi, i servizi resi alle aziende e agli assicurati;
          oltre ai già richiamati profili di elevata criticità, si rappresenta altresì che, qualora confermata, la riduzione operata sul capitolo 4337 comporterà inevitabilmente una significativa contrazione delle attività di ricerca in materia di prevenzione, con conseguente pregiudizio all'effettivo decollo del polo salute e sicurezza, istituito con il citato decreto-legge n.  78 del 2010;
          detta contrazione riverbererà i suoi effetti anche con riferimento all'efficace partecipazione dell'Istituto a progetti di ricerca da realizzarsi in collaborazione con altri autorevoli organismi;
          entrambi i fattori menzionati si prestano a determinare, peraltro, conseguenze estremamente negative sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali dei titolari di rapporto di lavoro flessibile;
          è opportuno salvaguardare il processo di consolidamento del polo salute e sicurezza, che ha costituito una delle più positive e attese innovazioni nel contesto organizzativo-strutturale del sistema pubblico  –:
          se vi sia la volontà di riconsiderare le decisioni assunte, in occasione dell'assestamento del bilancio relativo all'esercizio finanziario 2012, neutralizzando la riduzione apportata, ovvero con altre modalità che consentano all'Istituto di poter assolvere compiutamente a tutte le funzioni e ai compiti, principalmente di ricerca, del soppresso ISPESL. (5-07563)


      ZAZZERA e PALADINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la ditta Eco Leather di Monopoli, una delle società del gruppo Italian Leather, è stata per molto tempo l'azienda leader nella lavorazione delle pelli e polo occupazionale della provincia di Bari;
          l'Eco Leather è presente a Monopoli dal 1996 ed ha beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici grazie alla legge n.  488 del 1992 finalizzata alla creazione di occupazione stabile nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno;
          ciononostante i bilanci dell'azienda non sono affatto migliorati visto che «Negli ultimi 4 anni, secondo l'interpretazione aziendale anche a causa dei pesanti costi di personale legati al reparto taglio, si sono verificate passività forti: solo l'ultimo bilancio parla di più di 4 milioni di euro»(La Gazzetta del Mezzogiorno, 24 giugno 2012);
          tuttavia ciò è in contrasto con il comportamento dell'azienda che, come risulta all'interrogante, proprio durante questi ultimi tre anni avrebbe assunto nuovo personale;
          già nel 2009 la società aveva deciso di delocalizzare nel Sud-Est europeo, ma «Si scatenò una stagione di agitazioni sindacali e di scioperi che, alla fine, portò a una rivoluzione del progetto aziendale: si parlava all'epoca, da parte aziendale, di almeno 200 esuberi. Il tavolo della trattativa si chiuse con un accordo che non solo non produsse sacrifici di personale ma, invece, determinò un riassetto degli inquadramenti e delle qualifiche con premialità per produzione e presenze» (La Gazzetta del Mezzogiorno, 9 luglio 2012);
          ad oggi, secondo quanto dichiarato da Dino Petrone responsabile delle risorse umane dello stabilimento di Monopoli, l'azienda è nuovamente in fase di studio circa l'ipotesi di delocalizzare in Romania, dove com’è noto, il costo del lavoro è molto più basso rispetto a quello del nostro Paese. Tale decisione inoltre sarebbe legata ad una strategicità rispetto al business, sempre crescente, del comparto auto;
          in realtà non si tratterebbe soltanto di un'ipotesi ed il rischio del trasferimento sarebbe più che concreto visto che, secondo i Cobas, l'azienda avrebbe già cominciato a trasportare i macchinari in Romania. Ad avviso dei sindacati, non sarebbero in pericolo soltanto i lavoratori del comparto del taglio delle pelli, ma anche di altri reparti come la tintura e la scelta crust. I dipendenti coinvolti sarebbero una novantina circa, ovvero un terzo dei lavoratori dell'intero stabilimento;
          la situazione appare dunque critica al punto che Filippo Caldara, segretario provinciale dell'UGL Chimici ha già parlato di «allarme sociale»(La Gazzetta del Mezzogiorno, 24 giugno 2012), mentre le maestranze hanno nuovamente aperto lo stato di agitazione aderendo compatte a quattro ore di sciopero per turno, con l'auspicio di modificare le decisioni dell'azienda che non intende utilizzare lo strumento della cassa integrazione ordinaria;
          i lavoratori oltre ad essere molto preoccupati per il loro futuro, sono anche in conflitto con l'azienda, la quale secondo il sindacalista Roberto Aprile, dichiarerebbe soltanto le perdite e mai il fatturato reale. «Senza contare la pretestuosità delle motivazioni aziendali arroccate su accuse di assenteismo e scarsa produttività dei dipendenti»(La Gazzetta del Mezzogiorno, 17 luglio 2012);
          infine vi è il rischio che la riduzione del personale possa avvenire su base discrezionale, visto che non sono stati indicati i criteri di scelta del personale da licenziare e l'azienda non intende utilizzare lo strumento della cassa integrazione guadagni  –:
          alla luce dei fatti descritti in premessa, se il Ministro intenda aprire un tavolo di crisi anche valutando i benefici economici pubblici che l'Eco Leather di Monopoli (Bari) ha ricevuto al fine di preservare la stabilità occupazionale dell'azienda. (5-07564)


      BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in Basilicata vi sono oltre 500 lavoratori della valle del Basento che attualmente percepiscono l'indennità di mobilità in deroga;
          molti di questi lavoratori vengono da chiusure di fabbrica per delocalizzazione e cessazione di attività;
          l'indennità al netto dei tagli e senza assegni familiari si aggira tra i 300 e i 400 euro e quindi ben al di sotto della soglia di povertà;
          con questa cifra i lavoratori spesso mono reddito mantengono la propria famiglia;
          si tratta di persone che sono ad un livello limite di sopportazione, poiché non si vede alcuna via di uscita dalla crisi e di ricollocazione, soprattutto in quanto in percentuale molto elevata si tratta di lavoratori con una età anagrafica e contributiva elevata ma non sufficiente a raggiungere il traguardo della pensione soprattutto dopo la riforma previdenziale;
          altrettanta preoccupazione desta la riforma degli ammortizzatori sociali che rischia di lasciare queste persone senza reddito e senza tutele;
          a ciò va aggiunto che i suddetti lavoratori della regione Basilicata sono obbligati a frequentare corsi di formazione per beneficiare dell'ammortizzatore sociale e fin qui nulla di strano;
          la cosa grave è che nel frequentare questi corsi non è previsto nessun rimborso per raggiungere la sede, nessuna copertura assicurativa e con 300 euro non solo devono mantenere se stessi e la famiglia ma devono anche pagarsi la formazione per beneficiare di una indennità di mobilità in deroga;
          facendo i debiti scongiuri, se un lavoratore nel recarsi a un corso di formazione dovesse subire un incidente, non è neppure coperto da assicurazione;
          non è pensabile che queste persone debbano indebitarsi per affrontare la formazione professionale;
          si è di fronte ad un paradosso quando spesso i formatori sono pagati in maniera sproporzionata;
          i soldi per gli ammortizzatori in deroga sono erogati dal Governo nazionale che li ripartisce alle regioni  –:
          se si intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché i lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali come quelli della Val Basento non siano costretti a «pagarsi» la formazione con la propria indennità di mobilità in deroga. (5-07570)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BITONCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la società Fro Air Liquide Welding di Cittadella si occupa di taglio e saldatura e impiega un centinaio di dipendenti;
          fa parte del gruppo Air Liquide Welding Italia conta 10 stabilimenti produttivi di cui 5 in Italia (Verona, Due Carrare, Cittadella, Ardenno, Storo) e 5 all'estero (Romania, Slovacchia, Germania, Ungheria);
          nel 2006, il fatturato di Air Liquide Welding Italia è stato di 261 milioni di euro di cui quasi il 38 per cento sui mercati internazionali;
          Air Liquide Welding Italia conta 1.331 collaboratori in Europa di cui 658 in Italia;
          secondo notizie di stampa e su informazioni raccolte dagli stessi dipendenti, la proprietà avrebbe deciso di chiudere la sede di Cittadella nell'Alta Padovana, trasferendo tutta la produzione nel comune di Due Carrare;
          solo un mese fa, i lavoratori erano stati assicurati che la sede di Cittadella non sarebbe stata chiusa, questo perché i dati relativi alla produzione risultavano confortanti;
          con questa decisione la proprietà mette a rischio un centinaio di posti di lavoro e altrettante famiglie ne subiranno conseguenze, con un elevato costo sociale e carico della comunità;
          secondo quanto risulta ai lavoratori, il progetto industriale di riorganizzazione nasce dalla considerazione dell'azienda che, senza interventi, entrambi gli stabilimenti il mantenimento dei posti di lavoro risulti non possibile in quanto l'impianto di Due Carrare risulterebbe sottoutilizzato e quello di Cittadella posizionato su produzioni a basso valore aggiunto;
          inoltre la proprietà avrebbe già previsto la delocalizzazione dell'attività con il trasferimento della produzione in Romania  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra descritta e della decisione aziendale del gruppo Fro di chiudere lo stabilimento di Cittadella concentrando la produzione a Due Carrare e della successiva ipotesi di delocalizzazione in Romania;
          se non ritenga opportuno assumere urgenti iniziative per salvaguardare i livelli occupazionali dei dipendenti interessati dalla situazione sopraesposta a tutela delle famiglie del territorio interessato, convocando d'urgenza un tavolo d'incontro tra la proprietà dell'azienda e le rappresentanze sindacali e politiche. (4-17176)


      MURGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in virtù dei principi contenuti nella legge n.  335 del 1995, il professionista – ingegnere o architetto o architetto – non dipendente, che esercita in modo non esclusivo e continuativo la libera professione è soggetto esclusivamente ad una contribuzione previdenziale presso la relativa cassa previdenziale: INARCASSA. Se il professionista esercita in modo non esclusivo la libera professione ed è anche dipendente, ad esempio docente, il proprio datore di lavoro corrisponde all'ex INPDAP i relativi contributi previdenziali (l'INPDAP dal 1° gennaio 2012 è confluita nella super INPS);
          l'articolo 18, comma 12, del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito con modificazioni delle legge n.  111 del 2011, interpretando autenticamente la disposizione dettata dall'articolo 2, comma 26, della legge n.  335 del 1995, prevede l'obbligo dell'iscrizione alla gestione separata per i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo e il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero le cui attività non sono soggette al versamento contributivo agli enti di diritto privato disciplinati dai decreti legislativi n.  509 del 1994 e n.  103 del 1996;
          l'assoggettamento dei professionisti alla gestione separata INPS riguarda, i soli soggetti appartenenti a categorie per le quali non esistano forme autonome di previdenza obbligatoria della con riferimento al modello delineato dal decreto legislativo. Infatti, il comma 26 dell'articolo 2 della legge n.  335 del 1995, estende la tutela previdenziale a coloro che, per svolgere attività di lavoro autonomo senza essere iscritti ad alcun ente, risultino privi di ogni tutela previdenziale;
          a seguito della legge n.  111 del 2011, molte casse private hanno adeguato il proprio statuto rendendo facoltativa ed opzionale la contribuzione alla gestione separata INPS o alla cassa afferente al proprio albo professionale (per esempio avvocati, medici ed infermieri) nei termini di 6 mesi indicati dalla legge; in particolare, tali casse private hanno introdotto l'istituzione di una propria gestione separata. In tale panorama risalta l'eccezione di INARCASSA che, a tutt'oggi, non contempla tale facoltà, preservando l'articolo 7.5 del proprio statuto che impedisce l'iscrizione alla cassa professionale dei professionisti titolari di altro rapporto previdenziale per l'esistenza di un contemporaneo rapporto di lavoro subordinato. Tale posizione si pone in aperto contrasto con il comma 4, parte seconda, del messaggio 12 luglio 2011, n.  14490 dell'INPS, che affida agli enti esponenziali a livello nazionale degli enti abilitati la tenuta di albi od elenchi, il compito di deliberare l'inclusione della categoria nella forma di previdenza obbligatoria prevista;
          secondo la posizione di INARCASSA, fino ad oggi, è possibile raggruppare due tipologie di liberi professionisti:
              ingegnere/architetto «professionista-dipendente»: un contributo integrativo pari al 4 per cento del volume d'affari (a fondo perduto) e il 18 per cento a INPS sul reddito per un totale del 4 per cento + 18 per cento (potendo usufruire solo del 80 per cento dei contributi versati ai fini pensionistici);
              ingegnere/architetto «professionista a puro»: un contributo integrativo pari al 4 per cento del volume d'affari ed un contributo soggettivo pari al 13,5 per cento sul reddito, corrispondendo a INARCASSA un totale del 4 per cento + 13,5 per cento (e potendo usufruire del 100 per cento dei contributi versati ai fini pensionistici);
          pertanto è quanto mai evidente come, a parità di attività svolta, la differenza di contribuzione corrisposta dalle due tipologie di professionisti pregiudichi a priori la possibilità di potersi confrontare pariteticamente sul libero mercato;
          lo scorso anno, nel mese di giugno, la gestione separata INPS ha inviato a molte figure professionali, tramite raccomandata, avvisi che segnalavano l'iscrizione d'ufficio. Tale iscrizione conteneva la richiesta di pagamento dei contributi omessi nell'anno 2005, maggiorati di iperboliche sanzioni che superano il 78 per cento dell'importo;
          da giugno 2012 INPS sta inoltrando avvisi di accertamento bonario, per l'anno 2006, ad ingegneri ed architetti liberi professionisti nonché dipendenti. Su tali professionisti, già sofferenti per una congiuntura economica assai critica e che stenta a trovare una soluzione nel breve termine, non possono «gravare gli effetti di una normativa non compiutamente chiarita e definita e di differenti valutazioni da parte delle istituzioni interessate» (come risulta dalle risoluzione XI Commissione Permanente della Camera dei deputati n.  7-00929 – seduta n.  658 del 28 giugno 2012);
          le somme richieste sono state appesantite da sanzioni ingiuste e non applicabili in quanto frutto non già di una deliberata sottrazione agli obblighi contributivi da parte dei professionisti ma, piuttosto, di una scarsa chiarezza di norme e di posizioni altalenanti e contrastanti tra le diverse istituzioni;
          è di univoca interpretazione la prima parte del comma 12, dell'articolo 18 del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, che interpretando autenticamente legge n.  335 del 1995, in base alla quale «i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali. I liberi professionisti, come sopra individuati, ancor prima di poter essere iscritti ad INARCASSA, sono iscritti al proprio ordine professionale, che dovrebbe provvedere alla denuncia dei propri iscritti presso INARCASSA, ed a questa categoria non può essere addotta la novella dell'omessa denuncia di iscrizione, anche perché obbligati annualmente a comunicare l'eventuale condizione di lavoratore dipendente;
          alla luce della circolare INPS n.  68 del 19 aprile 2011 che ribadisce che «nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti»  –:
          se il Ministro sia a conoscenza che, nell'ambito dell'operazione Poseidone per gli anni 2005 e 2006, sono stati inoltrati da INPS avvisi di pagamento con pesanti sanzioni che arriverebbero al 78 per cento del contributo previdenziale da versare e, considerate le diverse responsabilità istituzionali, non ritenga di chiarire che tali sanzioni dovrebbero limitarsi ad una contribuzione figurativa a forfait;
          se in relazione ai liberi professionisti ultrasessantacinquenni che decidono di proseguire la propria attività professionale, regolarmente iscritti ad INARCASSA in forza di recenti modifiche allo statuto ed al regolamento, sussista una possibile discriminazione, una differenza di trattamento ed iniquità tra lavoratori autonomi liberi professionisti della stessa tipologia;
          l'obbligo di iscrizione dei liberi professionisti nonché dipendenti anche part time alla gestione separata INPS produca una disparità e una discriminazione tra attività professionali esattamente identiche;
          se il Ministro non ritenga che il soggetto deputato alla gestione della tutela previdenziale obbligatoria venga scelto dall'organo professionale competente e non dalla gestione separata presso l'INPS;
          se il Ministro sia al corrente di trattative con INARCASSA per ricomprendere tale tipologia di liberi professionisti;
          se il Ministro non ritenga che, in un regime contributivo, l'irruzione di «nuovi iscritti» ad INARCASSA risulterebbe del tutto ininfluente, con calcoli «attuariali e finanziari» non minimamente sconvolti e che, al contrario, si beneficerebbe di un minor costo di gestione perché estesi a molti più iscritti;
          se sia da considerare discriminatorio il fatto che il libero professionista – nonché dipendente – che esercita in modo non esclusivo la libera professione debba rinunciare al 4 per cento sul volume di affari (di fatto circa l'8 per cento del reddito) ovvero, accettare una contribuzione puramente solidaristica che in un sistema previdenziale di tipo contributivo non si riflette in alcun modo sull'entità delle prestazioni previdenziali spettanti. (4-17182)


      FAENZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'azienda Floramiata situata nel comune di Piancastagnaio, in provincia di Siena, che rappresenta, oltre che uno degli impianti serricoli più importanti d'Italia, una struttura fondamentale nel tessuto produttivo della provincia senese, sta attraversando una situazione di grave difficoltà economica, che sta caratterizzando negativamente l'intera attività produttiva florovivaistica con inevitabili ripercussioni per i circa 340 dipendenti, i quali non ricevono lo stipendio da diversi mesi;
          è opportuno evidenziare fra l'altro, come la suesposta azienda nonostante abbia vissuto nel recente passato momenti di difficoltà finanziaria, aggravati anche da eventi calamitosi che hanno compromesso parte degli impianti, sia riuscita a risollevarsi dalle condizioni di difficoltà, confermandosi sul mercato con elevati livelli di competitività;
          è opportuno altresì ribadire come la Floramiata srl, la cui attività svolge anche un ruolo rilevante nell'ambito sociale, è affermata nel settore del florovivaismo made in Italy, per l'utilizzo della geotermia che consente di essere all'avanguardia nella coltivazione dei prodotti florovivaistici, consentendo fra l'altro un risparmio economico notevole  –:
          quali interventi, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine di tutelare sia i lavoratori che la stessa azienda Floramiata, la cui situazione economico-finanziaria, come esposto in premessa, è di evidente gravità;
          se il Governo non intenda convocare un tavolo di lavoro alla presenza di tutte le istituzioni interessate per stabilire una strategia di rilancio dell'azienda che necessita di essere sostenuta in considerazione che rappresenta un pilastro irrinunciabile dell'economia senese. (4-17184)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


      PES. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 20 luglio 2012 una delegazione di circa 500 persone del Movimento pastori sardi e Movimento artigiani e commercianti ha manifestato nel porto di Olbia bloccando i mezzi pesanti di merci, provenienti da Genova, Livorno e Piombino (circa 400 mezzi);
          scopo della protesta è stato denunciare all'opinione pubblica la mancanza di controlli sulle merci che arrivano in Sardegna;
          stando a quanto denunciato dai leader dei movimenti di protesta, allo sbarco nell'isola i camion, prendono direttamente l'uscita del porto, senza alcun controllo;
          i prodotti importati, inoltre, così come denunciato dal Movimento pastori sardi, sono «quasi sempre di dubbia qualità e non sempre di chiara provenienza»;
          arriverebbero animali vivi, regolarmente sbarcati senza l'utilizzo di una sosta di quarantena necessaria per verificare lo stato di salute degli animali stessi;
          la salute degli allevamenti, come già successo in passato, rischia di essere messa a repentaglio. Infatti, qui sono arrivate le malattie più disparate, proprio per i mancati controlli: blue tongue, brucellosi, peste suina africana;
          in Sardegna sono presenti 22 mila aziende agricole, e 3,2 milioni di pecore;
          la Sardegna importa oltre l'80 per cento dei beni di consumo, molti dei quali potrebbero essere prodotti in loco;
          buona parte del flusso di merci e di materie prime per l'isola riguarda prodotti e alimenti che vengono poi spacciati per sardi e venduti a un prezzo inferiore rispetto prodotti i locali;
          il futuro economico dell'isola dipende per gran parte dal suo tessuto produttivo agricolo e su questo bisogna investire;
          «l'indebolimento o la scomparsa del sistema agro-pastorale in Sardegna – come fa ben notare il professor Marco Pitzalis, docente di Sociologia all'Università di Cagliari – costituirebbe una perdita culturalmente irreversibile, le cui conseguenze di natura economica sono incalcolabili»;
          una perdita culturale che porterebbe, prosegue il professor Pitzalis «a un'irreversibile scomparsa delle capacità tecniche di produzione e della capacità di trasmetterla da una generazione all'altra, insieme a una conoscenza intima del territorio e delle sue caratteristiche e vocazioni»;
          il sistema produttivo della Sardegna va difeso, mettendo i produttori locali nella condizione di essere competitivi;
          vi sono in programma altre manifestazioni di protesta da parte del Movimento pastori sardi  –:
          se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
          quali misure si intendano intraprendere per incrementare i controlli della merce trasportata, per far rispettare le regole e per mettere quindi tutti i produttori nelle stesse condizioni di competere sul mercato;
          quali iniziative si intendano mettere in atto per difendere il sistema produttivo della Sardegna e incentivare la produzione locale. (3-02419)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI BIAGIO. —Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi 60 giorni è stato registrato un incremento del costo del grano sui mercati internazionali, che è arrivato a sfiorare il 50 per cento;
          stando ai dati di Coldiretti l'Italia, fortemente dipendente dalle risorse estere, importa circa 4 milioni di tonnellate di frumento tenero che coprono circa la metà del fabbisogno essenzialmente per la produzione di pane e biscotti mentre 2 milioni di tonnellate di grano duro arrivano in un anno in Italia per coprire oltre il 30 per cento del fabbisogno per la pasta;
          l'incremento del prezzo dei cereali stando alle analisi e ai dati a nostra disposizione risulta essere stato sollecitato dalla siccità e dagli incendi che hanno colpito la Russia – considerato il granaio d'Europa –, che hanno distrutto un quarto dei raccolti del Paese;
          a ciò si aggiunge la decisione dell'Ucraina – sesto esportatore mondiale di grano – di limitare le esportazioni di grano ed orzo che ha sollecitato l'incremento dei prezzi del grano e delle altre materie prime;
          in particolare in alcune regioni italiane, come la Campania, si stanno registrando allarmanti incrementi del prezzo della farina utilizzata nel settore della panificazione. Tra il mese di luglio ed il mese di agosto un quintale di farina è passato da 25 euro a 45/47 euro;
          a tali criticità si aggiunge la morsa della speculazione che sta caratterizzando le scelte operative di molti produttori e molini italiani, che adducendo le scuse della crisi internazionale legittimano incrementi esponenziali della suindicata materia prima;
          nel panorama della panificazione campana e meridionale in generale esistono molte criticità connesse alla vendita di prodotti annessi al settore, mantenuti ad un prezzo volutamente più basso rispetto alla media italiana;
          i panificatori campani regolari devono far fronte quotidianamente ad un mercato già saturo per via della presenza di centinaia di forni abusivi e del prezzo – da questi ultimi garantito – mantenuto pesantemente al di sotto della media nazionale;
          la «speculazione campana» che si unisce al fisiologico incremento del prezzo del grano, unita al perseverare dell'abusivismo nel settore della panificazione che altera il mercato e consente il graduale ridimensionamento del prezzo del pane, sta costringendo molti artigiani a mettere fine alle loro attività  –:
          quali iniziative si intendano intraprendere al fine di consentire un monitoraggio dei meccanismi attualmente innescati in maniera vistosa in alcune regioni italiane dai produttori che lavorano le materie prime e se – alla luce della rinnovata condizione di criticità che avviluppa il settore della panificazione campana – si ritenga di intraprendere adeguate ed ulteriori iniziative volte al controllo della legalità nel medesimo settore, onde evitare che questo diventi monopolio assoluto della criminalità organizzata.
(4-17155)


      REGUZZONI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la produzione e la diffusione delle acque minerali prodotte ed imbottigliate nel nostro Paese rappresenta un esempio importante e positivo, sia a livello economico sia a livello di corretta alimentazione poiché contrasta l'uso di bevande gassate contenenti sostanze non naturali;
          la Lombardia ha nella estrazione e produzione di acque minerali un primato importante anche a livello mondiale;
          la crisi economica dovrebbe portare il nostro Paese ad intensificare gli sforzi per difendere la nostra produzione industriale  –:
          se e quali iniziative il Governo abbia in progetto ai fini di promuovere e sostenere le produzioni di acque minerali, lombarde e nazionali, in Italia e all'estero. (4-17169)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


      PERINA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          nella «riforma Fornero» (legge n.  92 del 2012, all'articolo 1, commi 34 e 35) vengono fissati alcuni obiettivi di principio rispetto alla normativa sui tirocini, che troveranno piena applicazione in seguito all'adozione in sede di Conferenza Stato-regioni di linee guida. Queste linee guida dovranno essere emesse entro e non oltre la metà di gennaio 2013;
          in particolare, alla lettera d) del comma 34 dell'articolo 1 della legge n.  92 del 2012, si stabilisce il «riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta»;
          al comma 36 dell'articolo 1 si specifica, poi, che «dall'applicazione dei commi 34 e 35 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
          dal combinato disposto dei commi 34, 35 e 36 risulta evidente il rischio di inapplicabilità delle prescrizioni relative al compenso di stagisti e tirocinanti/praticanti, per quanti svolgono la propria attività all'interno della pubblica amministrazione;
          già l'Avvocatura dello Stato ha assunto ufficialmente questa posizione, dichiarandosi esonerata dal dover dar seguito alle previsioni normative sui compensi ai tirocinanti, in virtù dell'esigenza di non produrre nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
          pertanto, i laureati in giurisprudenza, che svolgono il tirocinio professionale per l'accesso alla professione forense presso l'ufficio centrale e gli uffici territoriali dell'Avvocatura, non avranno diritto ad alcun rimborso;
          anche la Crui, Conferenza dei rettori delle università italiane, ha dichiarato in un recente comunicato le sue «perplessità» relativamente «all'effetto combinato del comma 34, lettera d), e del comma 36 dell'articolo 1 della cosiddetta riforma Fornero», concludendo che «le due prescrizioni rendono di fatto impossibile prevedere esperienze di formazione on the job nella pubblica amministrazione»;
          è noto che l'attività di formazione dei laureati nella pubblica amministrazione non sfocia in una occupazione stabile presso gli uffici cui hanno prestato servizio;
          è quantomeno inopportuno esonerare la pubblica amministrazione da obblighi che si impongono ai privati, in particolare conservando per i ministeri, le regioni e gli enti locali la possibilità di disporre del lavoro di stagisti e tirocinanti, sostanzialmente gratis;
          è condivisibile il principio per cui è necessario non appesantire le casse dello Stato, ma è assolutamente prioritario riconoscere il diritto ad un'adeguata remunerazione a coloro i quali svolgono la propria attività di stage o tirocinio nella pubblica amministrazione  –:
          se non si ritenga opportuno intervenire, anche con misure di carattere normativo, al fine di chiarire il portato applicativo delle disposizioni di cui in premessa e garantire, in ogni caso, l'effettiva tutela del diritto ad ottenere un giusto ed equo compenso per l'attività formativa svolta anche nell'ambito della pubblica amministrazione. (3-02423)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


      VOLONTÈ, NUNZIO FRANCESCO TESTA, BINETTI, CAPITANIO SANTOLINI, BUTTIGLIONE, CALGARO, ENZO CARRA, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, TASSONE, RAO e NARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          a seguito della sentenza n.  151 del 2009 della Corte costituzionale risulta modificata la legge n.  40 del 2004, nel senso dell'eliminazione del limite massimo di tre embrioni da produrre e impiantare in utero. Le motivazioni della sentenza si basavano sul fatto che la valutazione sul numero di embrioni da creare fosse diversa da caso a caso e andasse affidata alla responsabilità personale del medico, alla sua decisione in scienza e coscienza;
          i dati relativi al 2010 sulla procreazione assistita, resi noti in questi giorni dal Ministero della salute e riportati nella relazione al Parlamento, registrano un allarmante aumento del numero degli embrioni crioconservati sotto azoto liquido (più che raddoppiati), mentre si triplica la cifra dei cicli che utilizzano il loro scongelamento, superando in percentuale la tecnica che si serve degli ovociti crioconservati;
          successivamente alla decisione della Corte costituzionale restavano in piedi tutte le misure a garanzia della salute della donna e della massima tutela possibile dell'embrione, tra cui il divieto di crioconservazione, il divieto di soppressione dell'embrione o di interventi che non sono finalizzati alla sua salvaguardia e, soprattutto, un limite che è anche un'indicazione di buona pratica: il divieto di produrre un numero di embrioni «superiore a quello strettamente necessario»;
          la Corte costituzionale, di fatto, non ha cancellato le norme preesistenti, ma ha reso il medico responsabile della loro attuazione. Tuttavia, la sentenza è stata interpretata, nella prassi, come una licenza di congelare, senza attenzione per l'applicazione della legge, come se l'intero articolo 13 (le misure a tutela dell'embrione) fosse stato cancellato;
          purtroppo, a fronte di un aumento esponenziale degli embrioni crioconservati, l'aumento delle nascite è inconsistente. La percentuale di gravidanze in più varia, infatti, dallo 0,2 per cento ad un massimo dello 0,6 per cento, secondo il modo di calcolarle (su cicli, su prelievi o trasferimenti, in base alle tecniche di II e III livello, quello che prevedono la possibilità di congelare embrioni). Dunque, il massiccio e disinvolto ricorso alla crioconservazione degli embrioni non produce più bambini nati e in compenso la tecnica del congelamento degli ovociti, una tecnica molto promettente ed eticamente assai meno problematica, in cui l'Italia era leader, viene sempre meno praticata  –:
          se non ritenga di emanare senza ulteriori ritardi le linee guida già approvate dal Consiglio superiore di sanità, nel mese di febbraio 2012, che da mesi aspettano solo la firma del Ministro interrogato per entrare pienamente in vigore. (3-02425)


      MARMO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la pianificazione dei presidi sanitari sta alla base dell'offerta sanitaria e dei risparmi per una delle principali voci di spesa dei bilanci pubblici;
          tale pianificazione, di competenza regionale, occorre sia monitorata costantemente dal Governo, al fine di rendere realmente efficiente la spesa, producendo, al contempo, il massimo ritorno in termini di qualità dell'offerta sanitaria;
          nel territorio del Piemonte sud orientale, più precisamente nella provincia di Asti, esistono due presidi ospedalieri in funzione con problematiche diverse:
              a) è in fase di costruzione il presidio ospedaliero della Valle Belbo, i cui termini di fine lavori erano previsti per gennaio 2012, che dovrebbe sostituire la vecchia struttura di Nizza Monferrato, rendendo più facile al territorio contiguo il raggiungimento dello stesso;
              b) il presidio ospedaliero di Asti che deve trovare sinergie con quello di Alessandria, in un'ottica di futuri territori comuni;
          al momento, l'organicità del piano sanitario, comprensivo di case della salute, sembra essere non solo molto approssimativo, in quanto a risposte alle giuste esigenze della popolazione, ma anche totalmente indeterminato in quanto ai tempi della sua realizzazione  –:
          se il monitoraggio della pianificazione sanitaria del Piemonte sud orientale sia nell'agenda ministeriale e quale sia il suo futuro assetto organizzativo. (3-02426)


      PICIERNO, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BOFFA, BONAVITACOLA, BOSSA, CIRIELLO, CUOMO, GRAZIANO, IANNUZZI, MAZZARELLA, MARIO PEPE (PD), PICCOLO, SARUBBI e VACCARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'8 luglio 2012 il quotidiano Avvenire pubblicava un articolato dossier dal titolo eloquente «Campania avvelenata», in cui veniva denunciato l'assordante silenzio dei media sull'allarmante incremento di malattie tumorali nelle province di Caserta e Napoli;
          alcuni studi stabiliscono chiaramente il nesso che ci sarebbe tra l'incremento dei tumori in alcune aree della Campania e la presenza di discariche illegali nella regione;
          tra questi, uno studio di qualche anno fa, commissariato dal Dipartimento della Protezione civile e predisposto dall'Organizzazione mondiale della sanità, dall'Istituto nazionale di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall'Osservatorio epidemiologico della regione Campania, ha esaminato la correlazione tra la presenza di elevati rischi di mortalità e malformazioni congenite con l'intensità dell'esposizione legata allo smaltimento dei rifiuti. Nei 196 comuni delle due province, quelle di Napoli e Caserta, i risultati dello studio rilevano «numerose associazioni statisticamente significative fra salute e rifiuti». In particolare, si evidenzia un «trend di rischio in aumento» e un incremento della mortalità tumorale nelle aree contaminate dai rifiuti: 2 per cento in più di mortalità generale, più 1 per cento di tutti i tumori, più 2 per cento per i tumori al polmone tra gli uomini, un più 4 per cento tra gli uomini e 7 per cento tra le donne per i tumori al fegato e un incremento del 5 per cento tra gli uomini per il tumore dello stomaco. Il report spiega, inoltre, che i «trend osservati si traducono in differenze marcate di rischio se si confrontano i comuni più a rischio con quelli poco o non esposti: ad esempio, la mortalità generale nei primi è 9 per cento in eccesso rispetto ai secondi per gli uomini e 12 per cento per le donne»;
          ricerche più recenti, svolte anche dall'Università di Napoli «Federico II», nel confermare la relazione tra smaltimento illegale e aumento dei tumori e delle malformazioni congenite, mettono in evidenza due dati a dir poco sconcertanti: a Napoli i tumori sono in numero tre volte superiore alla media nazionale, mentre a Caserta sono addirittura sei volte la media;
          la procura di Santa Maria Capua Vetere, nel 2006, nel corso delle indagini su reati ambientali legati allo smaltimento dei rifiuti tossici, ordinò una ricerca sul numero di richieste di esenzione ticket per malattie tumorali, scoprendo che dal 1999 vi era un incremento del 400 per cento dell'incidenza di tumori in alcuni comuni del casertano, quali Casapesenna, Frignano, San Cipriano d'Aversa, Villa di Briano e Villa Literno;
          nella sua relazione finale, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse evidenziava come dalle indagini svolte emergesse in Campania una situazione di «degrado ambientale dei suoli, delle acque e dell'aria, tale da comportare potenziali conseguenze pregiudizievoli per la stessa salute delle popolazioni residenti»;
          fino al 13 giugno 2012 la regione Campania non aveva ancora varato il registro dei tumori, un colpevole e ingiustificato ritardo in una regione con il più alto numero di siti inquinanti, anche di sostanze pericolosamente tossiche, e la più bassa aspettativa di vita. Il registro dei tumori è un fondamentale strumento per mettere in relazione, mediante studi ufficiali, l'incremento di malattie tumorali con l'esposizione a fattori di rischio come lo smaltimento illegale di rifiuti. Il varo del registro campano dei tumori permetterà un coordinamento tra le aziende sanitarie locali e l'Istituto tumorale Pascale;
          è ormai noto che la potente ecomafia campana ha origini ben precise e si è evoluta da uno stadio «artigianale» verso una fase «industriale» dello smaltimento illegale ed abusivo dei rifiuti tossici e speciali. Nel 1989, infatti, come emerse nel 1992 nel corso delle indagini della procura nell'ambito della prima operazione contro le ecomafie, l'operazione «Adelphi», nei pressi di Villaricca, a nord di Napoli, si tenne un incontro tra i boss dei casalesi, dell'area flegrea, di Pianura, con esponenti della loggia massonica P2 campana, politici e proprietari di discariche, per suggellare lo scellerato patto che fece della Campania il luogo di transito dei rifiuti speciali e tossici verso l'Africa. Le successive difficoltà di trasporto internazionale dei rifiuti, tra il 1994 e il 1996, indussero i malavitosi a trasformare la Campania da luogo di transito a sito di stoccaggio, avviando una progressiva e inesorabile devastazione del territorio e dell'ecosistema;
          nell'area circoscritta tra Napoli, Giugliano, Qualiano e il basso casertano, la cosiddetta «terra dei fuochi», tutte le notti continuano i roghi di rifiuti e materiale tossico: copertoni, scarti delle industrie tessili, bidoni di materiale ignoto, liquami industriali inquinanti, che dovrebbero essere smaltiti come rifiuti speciali, vengono interrati e bruciati, propagando nell'aria fumi neri e densi. Come riportato dal dossier di Avvenire, da alcune testimonianze di contadini locali emergerebbe che tale smaltimento abusivo e illegale di rifiuti tossici non è mai cessato ed anzi continuerebbe con sversamenti quasi quotidiani. Quest'area, in sostanza, è stata adibita dalla camorra dei casalesi e partenopea a sito di stoccaggio di rifiuti industriali;
          come denunciava il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nell'inchiesta sopra citata, «se la decima parte della scandalosa violenza e dell'insopportabile ingiustizia» che si è consumata nei territori tra Napoli e Caserta si fosse verificata tra Roma e Milano, tutta la stampa avrebbe da tempo mobilitato l'opinione pubblica nazionale. Ma questo non è avvenuto, e non avviene, per la Campania, per quelle che appaiono, cioè, sempre più come le terre di nessuno  –:
          se e quali iniziative intenda assumere per porre fine a questo intollerabile scandalo, che dura ormai da anni, e che sta mietendo troppe vittime innocenti ad avviso degli interroganti nell'insostenibile silenzio e indifferenza delle istituzioni nazionali e locali. (3-02427)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BINETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          è sempre più allarmante il quadro relativo al mancato riconoscimento dei diritti per gli invalidi civili. Sale in modo costante la voce legata all'esito dell'accertamento sanitario, ritenuto dai cittadini inadeguato alle loro reali condizioni. Dal 35,3 per cento del 2010 al 37,8 per cento del 2011 fino al primi 6 mesi del 2012 (1 gennaio-30 giugno). Questi, in estrema sintesi, alcuni dei principali dati che emergono da una prima analisi parziale delle segnalazioni relative all'anno in corso;
          lo sdegno dei cittadini sul mancato riconoscimento dei diritti ed in particolare delle provvidenze economiche, si mostra quindi sempre più marcato rispetto al passato, e si sostanzia anche nelle segnalazioni relative alla rivedibilità: dal 9,3 per cento del 2011 all'11,5 per cento nei primi mesi del 2012. Non solo quindi ai cittadini che accedono per la prima volta ai benefici per l'invalidità e l'handicap, questi non sono riconosciuti, ma i cittadini sottoposti a rivedibilità subiscono sistematicamente un ridimensionamento della percentuale assegnata. Al 66,2 per cento non viene riconosciuto il diritto alla non rivedibilità (come invece previsto dal decreto 2 agosto 2007), e continua ad essere sottoposto ad umilianti rivalutazioni. Al 20,8 per cento dei cittadini viene tolto l'assegno di accompagnamento rispetto al 12,5 per cento del 2011 ed al 13 per cento degli invalidi parziali viene tolto l'assegno di invalidità rispetto al 9,5 per cento nello scorso anno;
          «siamo di fronte ad un drastico e cieco taglio delle provvidenze economiche ed a farne le spese sono come sempre i cittadini più deboli» ha dichiarato Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva. «La modalità di amministrazione di questo settore di assistenza oltre a non garantire il legittimo accesso dei cittadini ai loro diritti previsti dalla Costituzione, sottrae risorse alle politiche sociali, ridotte ormai all'osso, se non azzerate: è il caso del fondo per la non autosufficienza. Si continuano a bruciare milioni di euro per interessi passivi inerenti i ritardi nei pagamenti delle indennità da parte dell'INPS (circa 86 milioni di euro tra 2009 e 2010). Inoltre, per ogni singola pratica siamo costretti a pagare due volte gettoni di presenza, prima ai componenti delle Commissioni ASL, poi a quelli delle Commissioni INPS, per visitare due volte una stessa persona»;
          la lentezza dell’iter burocratico sembra incidere meno rispetto allo scorso anno, con un lieve calo dal 28,2 per cento del 2011 al 27,4 per cento dei primi 6 mesi del 2012; se consideriamo che il 34,4 per cento di queste segnalazioni rispetto al 32 per cento dello scorso anno è legata alle attese per l'ottenimento del verbale definitivo capiamo quanto in realtà la mancata risoluzione dei problemi legati alla procedura sia rilevante per i cittadini;
          a confermare il dato sono i tempi per l'erogazione dei benefici per i quali, se da una parte è vero che anche in questo caso assistiamo ad una diminuzione delle segnalazioni dal 24,7 per cento del 2011 al 23 per cento del 2012, è anche vero che per il 15,4 per cento dei cittadini il problema si lega in particolare ai ritardi nell'erogazione dell'assegno di accompagnamento rispetto al 9,8 per cento del 2011. Le persone che segnalano maggiori disagi sono ancora soprattutto i malati oncologici con il 32,5 per cento nel 2012 rispetto al 31,8 per cento dello scorso anno. Un deciso incremento (dal 7,5 per cento nel 2011 al 9,7 per cento nel 2012) lo notiamo per quanto riguarda le persone affette da patologie rare che segnalano sempre più spesso l'assenza di medici specialisti nella loro patologia in sede di valutazione medico legale il che determina il più delle volte una sottostima dei loro problemi;
          si è assistito alla restrizione dei requisiti sanitari per la concessione dell'indennità di accompagnamento, attuata dall'INPS attraverso la comunicazione interna del direttore generale INPS e le «linee guida operative» del 20 settembre 2010, che è fonte di innumerevoli ricorsi legali dei cittadini e che nel 60 per cento dei casi ha visto l'INPS soccombere, con costi in termini di interessi, spese legali e intasamento del sistema giustizia  –:
          quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda porre in essere atte ad avviare la semplificazione del costoso meccanismo burocratico statale di accesso ai servizi per la non autosufficienza utilizzando le risorse così risparmiate al rifinanziamento per il Fondo nazionale per le politiche sociali e per quello relativo alla non autosufficienza;
          se non ritenga opportuno prevedere, l'obbligatorietà di un unico momento per l'accertamento dei requisiti sanitari per il riconoscimento dell'invalidità civile e relative indennità, assumendo le opportune iniziative normative per eliminare l'attuale possibilità di doppia visita prima da parte dell'ASL e poi da parte dell'INPS.
(5-07561)


      PELUFFO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il centro di ricerca di Nerviano Medical Science è stato creato nel 1965 dalla divisione prodotti veterinari del gruppo Montedison per poi passare negli anni a Farmitalia Carlo Erba, ceduta successivamente a Pharmacia nel 1993, inglobata in Pharmacia & Upjohn nel 1995 e poi confluita nella fusione tra P&U con Monsanto-Searle (la «nuova Pharmacia») nel 2000. A seguito della ennesima acquisizione/fusione tra multinazionali farmaceutiche Pharmacia fu comprata da Pfizer, che appare da subito poco interessata al business dell'oncologia, avviando una politica di razionalizzazione dei propri siti di produzione e cedendo proprio quello di Nerviano alla Congregazione dei figli dell'immacolata concezione (CFIC) ente di diritto vaticano e proprietario dell'Istituto-dermopatico dell'immacolata (IDI), Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) considerato una delle struttura di eccellenza nel campo della ricerca dermatologica del nostro paese, articolato con sedi in tutto il territorio italiano;
          da notizie apparse nei giorni scorsi sugli organi di stampa si apprende che la Congregazione dei figli dell'immacolata concezione è sotto inchiesta della procura di Roma per un ammanco di circa 800 milioni di euro;
          la vicenda appunto da quanto si legge risale al 2004, al periodo nel quale la Pfizer proprietaria della Nerviano Medical Sciences, decide di vendere la società di Nerviano alla congregazione dei frati ad un prezzo simbolico: dieci euro;
          la Nerviano Medical Sciences, già all'epoca presentava perdite tali che la stessa azienda attivò un fondo di copertura perdite pari a 305 milioni di euro;
          nel 2011 la Nervian Medical Science (NMS) viene ceduta dalla congregazione dei frati a titolo gratuito alla regione Lombardia che ne diviene nuovo azionista di riferimento creando con DGR IX/2401 del 26 ottobre 2011 una fondazione ad hoc denominata Fondazione regionale per la ricerca biomedica; a tutti gli effetti la fondazione diventa proprietaria del centro di ricerca di Nerviano, nominando a capo della fondazione il dottor Alberto Sciumè, presidente in carica della Nerviano Medical Sciences s.r.l. e di una sua partecipata, la Nerviano Medical Sciences 2009 s.r.l, vicepresidente della società per azioni autostrade centro padane, presidente della Stradivaria s.p.a, nominato dall'amministrazione provinciale di Cremona, advisor degli ospedali dell'Istituto-dermopatico dell'immacolata;
          al periodo dell'acquisizione da parte della regione la NMS risultava avere debiti per circa 180 milioni di euro, di cui solo 120 milioni temporaneamente iscritti tra le passività, perché si trattava di crediti auto liquidanti mentre 60 milioni considerati debiti effettivi;
          il 26 ottobre 2011, viene pubblicato un comunicato sul sito della regione Lombardia, nel quale il presidente della regione Formigoni commenta che l'interazione con la regione Lombardia produrrà sicuramente un considerevole rilancio del NMS, anche tenendo conto delle opportunità di collaborazione con alcuni IRCCS come il policlinico di Milano, l'Istituto neurologico Besta, l'Istituto dei tumori di Milano ed il San Matteo di Pavia;
          dopo qualche mese le enormi difficoltà di liquidità che attanagliano il bilancio della NMS, portarono i vertici a richiedere nuovamente l'intervento della regione; successivamente con una n.  3229 del 4 aprile 2012 la giunta regionale Lombardia autorizza Finlombarda s.p.a. società finanziaria della regione Lombardia a concedere un finanziamento di 8 milioni di euro che il centro di Nerviano a sua volta dovrà restituire nei tre mesi successivi a tassi in linea con le attuali condizioni di mercato;
          con DGR XI/2841 del 29 novembre 2011 la regione Lombardia ha provveduto ad adeguare il patrimonio della Fondazione regionale per la ricerca biomedica mediante il conferimento di 300.000,00 euro;
          a marzo 2012 come si legge in un comunicato stampa pubblicato sul sito della regione Lombardia, viene firmato un protocollo d'intesa a Palazzo Lombardia, alla presenza, tra gli altri, del presidente Roberto Formigoni, dell'assessore regionale alla sanità, Luciano Bresciani, del presidente della fondazione regionale per la ricerca biomedica e del Nerviano Medical Sciences, Alberto Sciumè e del direttore scientifico dell'IEO, Umberto Veronesi; il protocollo prevede la creazione di una piattaforma integrata, un progetto comune per contrastare il fenomeno del Drug shortage, ossia la scomparsa del mercato di farmaci essenziali, in particolare in ambito oncologico; come si legge nella nota Formigoni afferma che l'accordo assume un carattere strategico per la sanità lombarda, riconfermando il sostegno della regione Lombardia al NMS, trovando sponda nelle dichiarazioni dell'assessore regionale alla sanità che definisce tale accordo «sussidiarietà orizzontale» e che «Con questo accordo cresce la tendenza allo sviluppo in Lombardia per quanto riguarda le competenze specifiche della ricerca applicata alla clinica e per quelle di Nerviano nell'ambito della ricerca di base e preclinica»;
          il 27 giugno 2012 l'amministratore delegato di NMS Luciano Baielli, dichiara che non ci sono i fondi per pagare gli stipendi di 575 ricercatori e che la situazione economica in cui verte la società non consente di fare previsioni future, lasciando temere addirittura che si possa giungere alla chiusura del più grande centro di ricerca farmaceutica italiana;
          la Nerviano Medical Science rappresenta un'esempio di collaborazione/integrazione instaurata con la rete oncologica lombarda (capofila l'Istituto nazionale tumori) per numerosi progetti clinici e preclinici, come testimoniato dalle varie delibere della giunta regionale per progetti di ricerca che hanno coinvolto NMS a vari livelli, non solo per l'aspetto relativo alla ricerca preclinica (biologia, chimica, test in vitro ed in vivo su animali) e clinica, ma anche perché c’è anche la produzione sia del principio attivo che del prodotto finito (NMS è un'officina farmaceutica, certificata sia dalla FDA che dal Ministero della salute, per la produzione sia di solidi orali, le compresse, che di iniettabili, le fiale); inoltre la NMS rappresenta una opportunità nella produzione del farmaco oncologico generico che come ormai è noto è una produzione che trova poco interesse nel mercato poiché non vi sono grandi margini di guadagno per i produttori poiché tale produzione richiede in genere impianti complessi ad alto contenimento (per l'altissima attività dei tradizionali citotossici e chemioterapici, che infatti vengono somministrati solo in ospedale sotto stretto controllo medico); a Nerviano è appunto presente un impianto del genere, eredità di quando il centro era di proprietà di multinazionali del farmaco (Pharmacia)  –:
          se si sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative di competenza intendano intraprendere affinché non venga messa a rischio una struttura che ad oggi rappresenta un patrimonio della sanità italiana;
          quali iniziative si intendano intraprendere a salvaguardia delle unità lavorative presenti nella struttura, oltre la metà donne, con curriculum che confermano l'alta professionalità, posto che la metà dei laureati della Neviano Medical Science ha conseguito il titolo di dottore di ricerca e ha svolto esperienze lavorative presso centri di ricerca americani ed europei e costituisce patrimonio culturale a disposizione del nostro Paese che rischia di essere perduto. (5-07566)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LENZI e PEDOTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il sito web «www.groupon.it» pubblicizza molteplici attività dal pranzo o cena di pesce al prezzo di 34 euro al biglietto per il concerto di Anastacia, al week end a Camaldoli ed altro ancora tra cui il «check up cardiologico con visita arti inferiori con spirometria scontato dell'86 per cento»;
          in particolare la pubblicità riportata invita ad un «check up cardiologico con visita specialistica, elettrocardiogramma, ecografia, ecocolordoppler, TSA, ossimetria e referto tecnico a 59 euro invece di 430 o con in più visita flebologica, ecocolordoppler agli arti inferiori e spirometria a 89 euro invece di 650. Al cuor non si comanda, è vero. Ma un controllino ogni tanto non gli darà certo fastidio, anzi: è indispensabile per renderlo ancora più forte e deciso a fare...»;
          oppure accanto alla pubblicità della lezione di golf al prezzo di 49 euro viene pubblicizzato il «Trattamento antietà di biostimolazione con acido ialuronico e vitamine A, E, C su una zona a scelta tra viso, collo, décolleté o mani a 49 euro invece di 250, con un risparmio pari a 201 euro...»;
          secondo le linee guida relative alla pubblicità dell'informazione sanitaria inerenti all'applicazione degli articoli 55-56-57 del codice di deontologia medica nel caso «di utilizzo dello strumento internet è raccomandata la conformità dell'informazione fornita ai principi dell'HONCode, ossia ai criteri di qualità dell'informazione sanitaria in rete». Inoltre, in tali forme di informazione possono essere presenti:
              a) collegamenti ipertestuali purché rivolti soltanto verso autorità, organismi e istituzioni indipendenti (ad esempio: ordine dei medici, Ministero della salute, Istituto superiore di sanità, Servizio sanitario regionale, università, società scientifiche);
              b) spazi pubblicitari tecnici al solo scopo di fornire all'utente utili strumenti per la navigazione (ad esempio: collegamenti per prelevare software per la visualizzazione dei documenti, per la compressione dei dati, per il download dei file);
          anche l'ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Bologna sta predisponendo per i propri iscritti un portale telematico «attraverso il quale poter garantire correttezza e veridicità del messaggio e dell'informazione sanitaria diffusa e proposta al cittadino dal professionista medico e odontoiatra nel rispetto delle disposizioni deontologiche e normative del decreto-legge n.  223 del 2006 convertito in legge n.  248 del 2006»;
          come riporta il sito dell'OMCeO di Bologna «attraverso tale Portale il cittadino-paziente che intenda accedere ad accertamenti, servizi e prestazioni professionali di diagnosi e cura in campo sanitario è posto in condizioni di acquisire informative “su titoli e specializzazioni professionali, sulle caratteristiche del servizio offerto, su prezzo e costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'Ordine” (articolo 2, comma 1, decreto-legge 223 del 2006) ed eventualmente procedere al relativo contatto e prenotazione della prestazione professionale»;
          anche se l'azione dell'ordine dei medici di Bologna vorrebbe dare maggiori garanzie del diritto alla salute delle persone che fiduciose si rivolgono a tali centri, visti i prezzi concorrenziali pubblicizzati, tali iniziative suscitano qualche perplessità sul ruolo commerciale che così si assume  –:
          se la pubblicità in rete di prestazioni sanitarie presentate come un prodotto qualunque non comporti rischi per la salute;
          se si intendano assumere iniziative normative per meglio disciplinare le citate forme di pubblicità a tutela della salute dei cittadini. (4-17190)


      PISICCHIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la legge 27 dicembre 2006, n.296, recante «Disposizione per la formazione del bilancio annuale e poliennale dello Stato (finanziaria 2007)», dispone, all'articolo 1, comma 818, che la natura esclusiva degli incarichi di direttore generale, direttore scientifico, direttore amministrativo e del direttore sanitario degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di cui al comma 3 dell'articolo 11 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n.  288, comporta l'incompatibilità con qualsivoglia altro rapporto di lavoro di natura pubblica o privata e con qualsiasi attività professionale;
          le disposizioni richiamate sarebbero ad avviso dell'interrogante contraddette dalla posizione contrattuale dell'attuale direttore scientifico dell'Istituto tumori di Roma Regina Elena, a motivo della sua permanenza in una posizione di responsabilità operativa di progetti scientifici esterni all'Istituto in cui ricopre l'alto incarico scientifico  –:
          quale iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, ove effettivamente le clausole contrattuali che legano il direttore scientifico dell'Istituto pubblico a progetti e responsabilità operative esterne all'IRCCS, risultassero in contrasto con le disposizioni legislative vigenti, configurando in questo caso un'ipotesi di conflitto d'interesse tra quell'attività e la responsabilità all'interno dell'Istituto Regina Elena. (4-17191)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BIASOTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi Poste italiane s.p.a. presentato all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, un rapporto riguardante gli uffici postali e le strutture di recapito che non garantiscono equilibrio economico, definite antieconomiche, che sono passibili di chiusura e riduzione dei giorni di apertura o di orario;
          all'interno del suesposto documento sono indicate strutture dislocate su tutto il territorio ligure ed in particolare figurano alcuni uffici postali e strutture di recapito per la provincia di La Spezia: Comuneglia (Varese Ligure), Beverino, Canavella Vara (Beverino), Bastremoli e Valdurasca (Follo), Torza (Maissana), Vezzano Ligure (Vezzano Ligure), Biassa, Pitelli e Muggiano (La Spezia), Fezzano (Porto Venere), La Serra e Tellaro (Lerici); per la provincia di Savona: San Bernardo e Santa Giustina (Stella), Olba (Urbe), Alpicella (Varazze), Bardino Nuovo e Bardino Vecchio (Tovo S. Giacomo), Bragno, Ferrania e Rocchetta (Cairo Montenotte), Cadibona (Quiliano), Ellera (Albisola Superiore), Gorra e Varigotti (Finale Ligure), Santuario (Savona), Cengio1, Caragna (Calizzano), Paolo (Sassello), Valle di Murialdo (Murialdo); per la provincia di Imperia: Moglio (Alassio), Borghetto San Nicolò (Bordighera); per la provincia di Genova: Genova Fabbriche e Campi (Genova), Calvari (San Colombano Certenoli), Gorreto (Gorreto), Isolona (Orero), Meco e Moranego (Davagna), Parazzuolo (Rezzoaglio), Cavi (Lavagna), San Rocco di Camogli (Camogli), Santa Vittoria di Libiola (Sestri Levante), Ponte di Savignone (Savignone);
          i sindacati a seguito di quanto rilevato dal medesimo rapporto, ipotizzano che Poste Italiane sia intenzionata a tagliare circa 700 posti di lavoro nel solo comune di Genova e di questi 500 sarebbero postini, con la conseguenza, ove si verificasse, che il comune di Genova sarebbe privato di un portalettere su quattro;
          a giudizio dell'interrogante, il documento presentato da Poste Italiane, che intende riorganizzare il sistema postale italiano regione per regione, potrebbe rideterminare il riassetto del servizio postale nella regione Liguria indicativamente nel mese di ottobre 2012;
          all'interno della tabella del medesimo documento, alla voce intervento previsto, risulta essere indicata per i suesposti 45 uffici postali la parola «chiusura»,    in zone dell'entroterra, già colpite da perdite di servizi;
          il suesposto scenario, ove dovesse verificarsi, a giudizio dell'interrogante, costringerà gli abitanti dei suesposti comuni, a recarsi in zone maggiormente servite, provocando notevoli disagi, in particolare nei riguardi della popolazione anziana e dei pensionati, costretti a lunghi tragitti per raggiungere gli uffici postali;
          l'interrogante segnala inoltre che, con l'adozione della direttiva 2008/6/CE, si è stabilito il principio che prevede che ogni Stato membro debba garantire che gli utilizzatori godano del diritto a un servizio universale corrispondente ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata, forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti;
          è opportuno evidenziare conseguentemente, con riferimento anche alla predetta direttiva europea, che, nel caso in cui Poste Italiane dovesse procedere alla riorganizzazione a livello nazionale dei propri uffici postali ed in particolare nella regione ligure, a giudizio dell'interrogante, si determinerebbe un'evidente inosservanza della medesima direttiva, configurando l'ipotesi di un probabile procedimento d'infrazione nei confronti dell'Italia  –:
          se sia a conoscenza del piano riorganizzativo intrapreso da Poste Italiane s.p.a. nonché degli elementi in esso contenuto e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere per mantenere un livello essenziale idoneo di servizio postale sul territorio ligure e per scongiurare gli effetti negativi sull'occupazione. (5-07558)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa evidenziano che i costi della telefonia mobile nel nostro Paese sono tra i più alti d'Europa;
          nel nostro Paese vi è una situazione di scarsa concorrenza nel settore della telefonia mobile  –:
          se e quali siano gli intendimenti del Ministro al riguardo, in particolare per migliorare la competitività del settore e la riduzione dei costi agli utenti anche assumendo iniziative per incrementare il numero di concessioni nel settore. (4-17170)


      ROSATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          con l'arrivo, ogni anno, del periodo estivo, si ripetono alcuni disagi legati alle interruzioni, totali o parziali, dei servizi negli uffici pubblici periferici dovute alle assenze coincidenti del personale in ferie;
          la prassi delle chiusure totali è negativa per la cittadinanza, è pur vero che negli uffici di dimensioni, più modeste non è oggettivamente possibile mantenere invariati l'orario e le giornate di apertura ai pubblico a causa dei personale ridotto;
          in questi casi, si costringe l'utenza a doversi rivolgere al più vicino ufficio pubblico periferico; tuttavia, tale espediente non è reso molto pratico in quanto, spesso, nelle sedi chiuse non viene fatto presente quali siano gli uffici pubblici aperti più vicini, e l'utenza è, quindi, obbligata ad affidarsi al caso e alle proprie conoscenze per individuare nel più breve tempo possibile un ufficio pubblico aperto;
          si segnala, inoltre, che talvolta alcuni uffici pubblici non segnalano, con un cospicuo anticipo, la ridefinizione degli orari per il periodo estivo o la totale interruzione dei servizi per un periodo limitato di chiusura dell'ufficio;
          le cronache ci consegnano un quadro dei disagi e dei disservizi in particolare in riferimento agli uffici postali, per i compiti loro affidati importanti per i cittadini;
          si rammenta che il decreto ministeriale 22 giugno 2007 del Ministero delle comunicazioni prevede che Poste Italiane debba entro il 30 aprile predisporre un piano di rimodulazione delle aperture estive che tengano conto di alcuni parametri minimi di servizio:
              a) nessuna rideterminazione giornaliera ed oraria di apertura al pubblico degli sportelli può essere applicata nel caso di uffici postali che sono presidio unico nel territorio di Comuni la cui popolazione è uguale o inferiore a 5.000 abitanti:
              b) nessun provvedimento di limitazione giornaliera ed oraria di apertura al pubblico degli sportelli può essere adottato qualora il più vicino ufficio postale regolarmente aperto si trovi ad una distanza superiore a 10 chilometri dai confini comunali e manchino adeguati collegamenti di trasporto pubblico:
              c) nessun provvedimento di rimodulazione giornaliera ed oraria può comportare aperture inferiori a 3 giorni a settimana e a 18 ore settimanali;
              d) nessuna riduzione giornaliera ed oraria di apertura al pubblico degli sportelli può essere applicata ai Comuni a prevalente vocazione turistica;
          è giunta una segnalazione sulla chiusura pomeridiana dell'ufficio postale di Este (Padova) che non è stata debitamente comunicata alla cittadinanza, e ha costretto alcuni utenti a rivolgersi all'ufficio di Montagnana a 35 chilometri di distanza, senza che i funzionari della sede chiusa abbiano chiarito all'utenza quali uffici vicini fossero aperti al pubblico il pomeriggio  –:
          se il Governo abbia avuto modo di verificare il rispetto dei parametri richiesti dal decreto ministeriale 22 giugno 2007 da parte del piano di rimodulazione delle aperture estive formulato da Poste italiane per l'anno in corso;
          se il Governo sia a conoscenza di situazioni di particolare disagio sul territorio nazionale e quali misure siano state intraprese o verranno avviate per porvi rimedio. (4-17173)


      MARTINELLI e BIANCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          su impulso del Ministero degli affari esteri, è stato recentemente avviato il procedimento per la designazione di un dirigente o un funzionario per l'incarico di esperto presso la rappresentanza permanente d'Italia in Bruxelles in sostituzione del dottor Aldo Doria;
          il giorno 20 luglio 2012 (nota del 18 luglio 2012, protocollo 160729) il Capo di dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione, dottor Giuseppe Tripoli, adottava la seguente determinazione: «...conformemente con il parere espresso per le vie brevi dal Direttore generale per la politica industriale e la competitività, si esprime parere favorevole al conferimento del predetto incarico all'architetto Gioacchino Catanzaro, funzionario di questa amministrazione incaricato ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, che risulta il più idoneo in relazione all'incarico da ricoprire. Si prega, pertanto, di avviare le procedure necessarie per l'inoltro della designazione al Ministero degli affari esteri»;
          ciò esposto, si formulano due ordini di considerazioni che denotano, secondo gli interroganti, una grave carenza di legittimità dell'atto di designazione, stante il prossimo turno di Presidenza italiana dell'Unione europea e della difficile situazione di coordinamento delle politiche europee. La prima riguarda la mancanza di un giusto procedimento amministrativo per la assenza di procedura selettiva trasparente: come noto, la procedura in esame è volta alla individuazione di una figura di particolare professionalità per ricoprire specifici incarichi di collegamento ed adeguamento delle politiche nazionali alle politiche europee nelle materie di competenza dell'amministrazione presso la rappresentanza permanente diplomatica italiana a Bruxelles da individuarsi all'interno delle professionalità del Ministero dello sviluppo economico e non con un funzionario esterno all'amministrazione pubblica ed in quanto tale incaricato ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165;
          al riguardo è significativo riportare le raccomandazioni formulate nel mese di aprile 2012 dalla Commissione incaricata dal Ministro degli affari esteri di operare la revisione della spesa del dicastero degli Affari Esteri in relazione agli esperti ex articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967 per i quali si suggerisce di: «evitare duplicazioni o sovrapposizioni nelle sedi all'estero (in particolare bilaterali), rafforzando nel contempo un meccanismo di selezione basato sulla trasparenza delle candidature e la comparazione dei curricula anche al fine di eliminare eccessi di discrezionalità»;
          già in passato nel corso del 2011, pur in assenza di una procedura trasparente il dipartimento imprese ed internazionalizzazione ha operato scelte discutibili riguardo alle candidature per la selezione dell'incarico di esperto presso la rappresentanza italiana presso l'Unione europea di Bruxelles;
          vi è da aggiungere che, per l'analogo incarico di esperto ex articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967 presso l'ambasciata di Abu Dhabi, è stata esperita, proprio dal dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione, in un'ottica di trasparenza, una procedura comparativa di selezione interna «mirata ad individuare la professionalità più idonea a ricoprire l'incarico di esperto» (Risposta interrogazione Senato della Repubblica 3-01994 del 5 maggio 2011);
          si può dunque affermare che non risultano apprezzabili ragioni del fatto che, nel caso in esame, non sia stata avviata e gestita una procedura selettiva trasparente, in difformità ad una prassi già adottata dal dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione;
          il secondo elemento che sempre ad avviso degli interroganti evidenzia una carenza di legittimità è la mancanza della motivazione dell'atto di designazione. Infatti, pur non rientrando nell'ambito delle procedure di concorso pubblico, la procedura in esame e gli atti ad essa preposti, sono tuttavia soggetti ai princìpi generali di buon andamento ed imparzialità;
          sebbene definibile come atto discrezionale, la designazione è comunque soggetta «all'obbligo di motivazione che si impone con maggiore rigore, dovendo la motivazione di assolvere all'obbligo di rendere trasparente ed imparziale la scelta posta in essere dalla Pubblica Amministrazione, trattandosi di una nomina non preceduta da una qualche procedura selettiva introdotta da un bando di partecipazione che provvedesse a specificare criteri e requisiti astrattamente predeterminati dalla legge (TAR Lazio sentenza 2223 del 5 marzo 2012)»;
          la medesima giurisprudenza – pronunciata nel caso di un'impugnazione di un atto di nomina ascrivibile al rango di alta amministrazione, categoria cui l'atto di designazione appartiene potrebbe porsi in posizione minore e quindi con un contenuto meno discrezionale – ha affermato che: «Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di ”alta amministrazione”, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle amministrazioni stesse;
          la motivazione della scelta – sia pure effettuata latamente «intuitu personae» – deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale, e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire. L'obbligo di motivazione a carico della pubblica amministrazione deriva inoltre dalla sussistenza, a fronte della potestà esercitata, di posizioni soggettive direttamente tutelate dall'ordinamento; pertanto, anche tale atto deve essere emanato sulla base di una conoscenza adeguata dello stato dei fatti, di un'esatta interpretazione della volontà della legge e di un soppesamento delle situazioni soggettive rilevanti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 20 dicembre 1996, n.  1304)» (così Tar Lazio, Roma, III-quater, 22 gennaio 2009, n.  517);
          alla stregua dei pronunciamenti sopra riportati, l'atto di designazione del 18 luglio 2012 a giudizio degli interroganti si rileva carente per assoluta mancanza della motivazione che ha condotto ad individuare il funzionario «più idoneo» in relazione all'incarico da ricoprire, e non consente di comprendere se, con tale formulazione, vi sia implicito riferimento a formazione, capacità ed esperienze professionali di carattere più elevato rispetto ad altra;
          l'atto di designazione del 18 luglio 2012, apparentemente dotato della natura di parere vincolante e quindi immediatamente lesivo della sfera giuridica di potenziali interessati all'incarico, risulterebbe, allo stato, ancora non estrinsecato nell'ambito dell’iter indicato dall'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967, e pertanto suscettibile di riesame in applicazione del generale istituto di diritto amministrativo dell'autotutela amministrativa  –:
          se, alla luce delle ragioni esposte in premessa, non si intenda procedere al riesame, in sede di autotutela amministrativa, del provvedimento di designazione di un dirigente od un funzionario per l'indico di esperto presso la Rappresentanza permanente d'Italia in Bruxelles in sostituzione del dottor Aldo Doria adottato con la nota del capo di dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del 18 luglio 2012 prot. n.  160729. (4-17193)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio n.  5-06844 del 14 maggio 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-17155;
          interrogazione a risposta scritta Peluffo n.  4-17135 del 25 luglio 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-07566.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con una missiva del 23 marzo 2009, oltre ottocento abitanti del quartiere del Portello di Padova indirizzavano al sindaco di Padova e, per conoscenza al prefetto, al questore, al comandante provinciale dei carabinieri ed al comandante della polizia municipale denunziavano la situazione di degrado che affliggeva il predetto quartiere, evidenziando numerosi casi di spaccio di sostanze stupefacenti e di occupazione abusiva di strutture non abitate;
          con la suddetta missiva, i residenti dell'area chiedevano, sulla base della sopradescritta situazione dell'area, un intervento di tutte le autorità competenti, al fine di provvedere, tramite interventi strutturali quali l'installazione di telecamere, l'intensificazione dei controlli di polizia e la chiusura dei locali abusivi, al miglioramento della pubblica sicurezza;
          della questione si era altresì interessato il gruppo consiliare della lega nord – consiglio di quartiere 1 Padova – che aveva presentato un'interrogazione (ex articolo 18 del Regolamento delle circoscrizioni di decentramento, approvato dal comune di Padova con D.C.C, n.  42 del 23 maggio 2000 e successive modifiche), approvata, successivamente, a maggioranza, dallo stesso consiglio di quartiere 1 di Padova ma, alla quale, nonostante sia trascorso oltre un anno dalla deliberazione stessa, non e ancora stata risposta da parte della giunta comunale di Padova;
          a distanza di oltre due anni dalla missiva, e nonostante i continui solleciti dei residenti, preoccupati della costante situazione di degrado nella quale i residenti del quartiere si ritrovano a convivere, la situazione non è migliorata affatto, e anzi, come testimoniato anche recentemente da alcuni abitanti dell'area, la condizione nella quale gli abitanti si ritrovano a vivere è sempre più difficile  –:
          quali orientamenti intenda esprimere sulla vicenda il Ministro e se, tenendo conto della mancanza di risposte fornite ad oggi agli abitanti e in virtù anche della difficile situazione legata all'arrivo nella città di profughi provenienti dall'Africa, non ritenga opportuno assumere iniziative allo scopo di migliorare la pubblica sicurezza dei cittadini che risiedono nell'area. (4-12097)

      Risposta. — Il quartiere del Portello a Padova, caratterizzato dalla presenza di svariate sedi didattiche ed amministrative della locale Università, è storicamente luogo di residenza e di frequentazione di numerosissimi studenti universitari provenienti anche da altre province e dall'estero.
      In tale quartiere, negli ultimi tempi, a causa della collocazione semi-centrale e prossima ai principali snodi di trasporto pubblico, si è registrato un aumento della presenza di cittadini stranieri, comunque in linea con quanto accade in altri analoghi insediamenti urbani.
      Tale rione residenziale, con costante regolarità, è incluso nei piani operativi di controllo del territorio predisposti dalla locale Questura ed è oggetto di costanti servizi di vigilanza, prevenzione e repressione, attuati in maniera coordinata e continuativa, con il concorso delle altre forze di polizia e, in numerosi casi, anche in collaborazione con l'Esercito.
      A seguito di diverse risse tra extracomunitari, avvenute nei mesi di giugno e luglio 2011, è stata incrementata l'aliquota di militari assegnati per i servizi di perlustrazione e pattugliamento che, a decorrere dall'8 agosto 2011, è stata portata a 72 unità rispetto alle 50 precedenti.
      Nel periodo compreso tra il mese di giugno 2011 e il 21 maggio del 2012, nel quartiere, limitatamente ai servizi svolti da personale della polizia di Stato, sono state controllate 3228 persone (di cui 2.305 di origine straniera) e 262 esercizi pubblici. Sono state, altresì, arrestate 6 persone, di cui 5 stranieri, mentre sono state indagate in stato di libertà 23 persone, di cui 14 di origine straniera.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da diversi mesi, lungo le sponde del fiume Brenta e più precisamente nel territorio del comune di Curtarolo (Padova), viene segnalata la presenza non autorizzata di persone che sostano per giorni interi nell'area;
          a seguito di ripetute segnalazioni dei residenti, infastiditi da tali occupazioni abusive e dal disagio arrecato da tali persone (disturbo della quiete pubblica con musica elevata, abbandono di rifiuti in prossimità dell'area, e altro), il gruppo consigliare della Lega Nord ha presentato una interrogazione comunale per chiedere delucidazioni e proponendo la chiusura totale dei varchi di accesso alle rive del fiume  –:
          se non ritenga opportuno, in riferimento alla vicenda sopra descritta e in relazione ad analoghi episodi occorsi, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, allo scopo di garantire la sicurezza pubblica dei cittadini. (4-12926)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame si segnala la presenza non autorizzata di persone che, sostando per giorni interi lungo le sponde del fiume Brenta, precisamente nel territorio del comune di Curatolo, arrecano disturbo alla quiete pubblica.
      In merito ai disagi che la predetta situazione arreca ai residenti della zona, l'Arma dei Carabinieri ha ricevuto solo sporadiche lamentele, per lo più verbali. I servizi preventivi effettuati dai carabinieri della stazione di Piazzola sul Brenta e dalla Polizia locale non hanno evidenziato situazioni di degrado ambientale o acustico.
      Specifici interventi a tutela della quiete e della sicurezza pubblica sono stati attuati, da parte dei comuni di Curtarolo e di Piazzola sul Brenta, mediante l'emanazione di ordinanze volte a impedire l'accesso di veicoli a motore all'interno delle predette aree demaniali.
      Particolare attenzione, infine, è riservata dalle forze di polizia all'area comunale sita in località «Palazzina» di Pieve di Curtarolo, poco distante dal centro urbano, punto di ritrovo di gruppi di cittadini stranieri, oltreché di italiani.
      Dal mese di agosto 2011, la presenza non autorizzata di persone che sostavano lungo le rive del fiume Brenta, in area demaniale, si è notevolmente attenuata fino a cessare del tutto, a partire dai mesi invernali.
      Il prefetto di Padova riferisce che nel territorio del comune di Fontaniva, il 12 maggio 2012, alcune centinaia di persone provenienti da tutto il Nord Italia e anche dall'estero, si sono radunate per partecipare ad un
rave party. Personale dei carabinieri e della polizia locale ha provveduto a disperdere il raduno non autorizzato.
      Successivamente non si sono più verificati episodi simili.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      BITONCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di novembre 2011, organi di stampa locale (Gazzettino di Padova) riportavano la notizia secondo la quale Trenitalia sarebbe stata in procinto di chiudere alcune biglietterie di stazioni ferroviarie localizzate tra le province di Padova, Vicenza e Treviso tra le quali quella di Cittadella (Padova);
          la questione della possibile chiusura della biglietteria della stazione di Cittadella è una tematica che si trascina da tempo, ovvero da quando già nel novembre del 2009, il comune di Cittadella aveva chiesto chiarimenti e prospettato alcune soluzioni alternative in merito a tale eventualità, alla direzione Veneto di Trenitalia la quale, rilevata la difficile situazione sanitaria e di sicurezza nella quale versava la stazione cittadina, garantiva di impegnarsi per trovare una soluzione fattiva al problema;
          la stazione di Cittadella rappresenta per il territorio dell'alta padovana un punto fondamentale per il servizio di trasporto pubblico, in ragione del fatto che la stazione viene utilizzata da pendolari che quotidianamente si recano al lavoro per località e centri vicini (Padova, Vicenza e Treviso) e che, proprio sulla base di tale centralità, la stazione medesima serve numerosi cittadini anche di fuori paese;
          le riduzioni impartite da recenti manovre disposizioni normative e derivanti dalla grave crisi economica internazionale hanno notevolmente ridotto le risorse economiche a favore sia dei servizi garantiti da Trenitalia Spa, sia del trasporto pubblico locale gestito dalle singole regioni le quali hanno goduto, a fronte di tagli per circa 3 miliardi di euro, di sgravi conseguenti dal recente aumento delle accise sui carburanti e il cui incasso verrà destinato parzialmente alle regioni medesime appositamente per il servizio di trasporto pubblico locale anche ferroviario  –:
          quali intendimenti intenda esprimere in merito alla vicenda sopra esposta e se non ritenga opportuno adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, allo scopo di prevedere maggiori risorse per il trasporto pubblico locale ferroviario così da salvaguardare le biglietterie della rete ferroviaria e le situazioni territoriali più bisognose di un presidio del servizio.
(4-14315)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, occorre premettere che la programmazione e la gestione dei servizi regionali sono di competenza delle singole regioni, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da specifici contratti di servizio: in questo ambito vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, compresi i servizi accessori, nei quali rientra la vendita dei titoli di viaggio, sulla base delle risorse economiche disponibili (decreto legislativo n.  422 del 1997).
      Al riguardo si evidenzia che la problematica del ripristino delle risorse da attribuire alle regioni per il trasporto pubblico locale è stata oggetto di numerosi dibattiti in sede di Conferenza unificata Stato-regioni, al fine di pervenire ad una soluzione che riduca gli effetti delle criticità prodottesi per tutto il settore del trasporto pubblico locale, a seguito della riduzione dei trasferimenti statali operata dalle ultime manovre finanziarie. Tale soluzione è stata riscontrata nel disposto dell'articolo 30, comma 3, del decreto-legge n.  201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n.  214 del 2011, che ha elevato a 1200 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2012, la disponibilità sul fondo di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011.
      Si comunica, inoltre, che il 21 dicembre 2011 è stato raggiunto in Conferenza Stato-regioni un accordo tra il Governo e le regioni, nel quale si prevede che oltre ai 1200 milioni di euro vengano destinati ai servizi di trasporto pubblico locale, anche ferroviario, con successivo provvedimento normativo, 314 milioni di euro di cui all'articolo 21, comma 2, del decreto-legge n.  98 del 2011 per investimenti e costi di esercizio, più ulteriori 86 milioni di euro, portando lo stesso anno a 1600 milioni di euro il concorso finanziario dello Stato per il settore.
      Per ciò che concerne quanto specificamente richiesto dall'interrogante, si informa che la regione Veneto, sulla base del contratto di servizio attualmente in vigore, ha individuato le biglietterie di stazione da mantenere in attività e le modalità del servizio delle stesse a partire dal mese di gennaio 2012.
      Tale scelta è stata effettuata sulla base dei volumi di vendita riscontrati per ciascuna biglietteria, assicurando il mantenimento del servizio solamente nelle stazioni che registrano i maggiori flussi di viaggiatori. Ciò ha comportato la chiusura degli sportelli in dieci stazioni del Veneto, tra cui rientra la biglietteria della stazione di Cittadella.
      Tuttavia, la società Ferrovie dello Stato ha fatto presente che la vendita dei titoli di viaggio nella stazione di Cittadella è comunque assicurata da:
          1 emettitrice automatica, che eroga biglietti sia per i treni di media lunga/percorrenza che per quelli del trasporto regionale;
          6 punti vendita di titoli di viaggio regionali, dei quali uno si trova all'interno della stessa stazione (bar);
          2 agenzie di viaggio presenti sul territorio cittadino, delle quali una a circa 600 metri dalla stazione ferroviaria.

      Inoltre, la suddetta società ha comunicato che i biglietti ferroviari possono essere acquistati in qualsiasi momento anche attraverso il sito web di Trenitalia e evidenzia, altresì, che i biglietti del trasporto regionale del tipo cosiddetto «a fasce chilometriche», non avendo scadenza e non essendo vincolati a specifiche stazioni di partenza o destinazione, possono essere acquistati con largo anticipo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni anni l'autostrada A3 Napoli-Salerno risulta interessata da lavori straordinari di ampliamento della carreggiata, ai fini della realizzazione della terza corsia autostradale, oltre che da ordinarie opere di manutenzione ad essi correlate;
          le suddette opere, nelle ultime settimane, hanno riguardato anche il tratto autostradale compreso tra Cava dè Tirreni e Salerno, che risulta caratterizzato da un notevole restringimento della carreggiata connesso alle condizioni morfologiche del territorio e che, ai fini del regolare svolgimento dei lavori e della relativa cantierizzazione, impone l'interruzione di una delle due corsie di marcia e, talvolta, la chiusura stessa del tratto interessato;
          l'arteria in questione, tra le più trafficate d'Italia anche in ragione della elevata densità di abitanti delle città attraversate dalla Napoli-Salerno, viene ogni giorno percorsa da migliaia di utenti che, anche per pendolarismo lavorativo o per motivi di studio, utilizzano quotidianamente l'autostrada per raggiungere le varie località delle due province campane;
          i numerosi cantieri, pertanto, arrecano non pochi disagi all'utenza, soprattutto in alcuni tratti, come quello compreso tra Scafati e Salerno, dove il flusso veicolare è particolarmente intenso a fronte di modeste dimensioni delle carreggiate di circolazione;
          molti dei suddetti lavori, fra l'altro, come è stato segnalato da alcuni utenti, vengono eseguiti durante le ore diurne e in orari di punta, aggravando ulteriormente le già notevoli difficoltà a carico degli automobilisti  –:
          quanti e quali lotti cantierati siano attualmente presenti lungo l'autostrada A3 Napoli-Salerno, con particolare riferimento al tratto compreso tra Scafati e Salerno, e con quale tempistica sia prevista l'ultimazione dei lavori;
          se ritenga opportuno segnalare alle società di competenza la possibilità di eseguire i lavori nelle ore notturne o, comunque, evitando le fasce orarie di punta, al fine di alleviare i disagi per gli utenti. (4-15235)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che l'autostrada A3 Napoli-Pompei-Salerno, gestita in concessione dalla società autostrade meridionali (Sam), è interessata da due diverse tipologie di lavori.
      La prima riguarda il completamento dei lavori di ampliamento della sede autostradale da due a tre corsie, tra il chilometro 5+000 «Barra» e il chilometro 25+000 «Scafati», che è in gran parte ultimato. Inoltre, si sta provvedendo all'adeguamento degli attuali standard di sicurezza delle stazioni e degli svincoli presenti lungo tutta la tratta: allo stato attuale sono da completare ancora gli svincoli di Barra-Ponticelli, Portici-Ercolano e Angri.
      La seconda tipologia, riguarda, invece, la periodica manutenzione lungo l'intera tratta autostradale dei manufatti in cemento armato, viadotti e cavalcavia (più numerosi in prossimità della città di Salerno) e delle gallerie e dei giunti di pavimentazione.
      Al riguardo si evidenzia, che il termine della concessione è fissato al 31 dicembre 2012, data entro la quale dovranno essere completati tutti i lavori al fine di restituire l'infrastruttura in questione in buono stato di conservazione al concedente (Anas).
      Per tale motivo, i cantieri attualmente aperti sull'autostrada A3 nella tratta Napoli-Pompei-Salerno, più numerosi rispetto al passato, sono dovuti anche ai necessari lavori di manutenzione ordinaria che la società autostrade meridionali (titolare della concessione) sta effettuando per le ragioni sopraindicate.
      Il ritardo nei tempi di chiusura dei citati cantieri è invece derivato, prevalentemente, dalle condizioni meteorologiche avverse che hanno caratterizzato l'inverno appena trascorso e che hanno costretto ad interrompere i lavori notturni, a causa delle rigide temperature registrate (cinque gradi sotto zero), in quanto la malta usata per il ripristino delle opere in cemento non può essere applicata con un clima molto rigido.
      Peraltro, con il graduale aumento delle temperature notturne, una buona parte dell'attività manutentive sarà effettuata negli orari di minor traffico, riducendo così i disagi all'utenza.
      È opportuno evidenziare, inoltre, che nell'ambito di detti lavori rientrano anche i cosiddetti lavori di ripristino, come quelli relativi ai giunti stradali, che presentano una durata superiore all'intervallo notturno e che comportano un'attività, non facilmente interrompibile negli orari di traffico più intenso.
      In relazione a questi ultimi, i cantieri dell'A/3 Napoli-Salerno, tra quelli cui fa riferimento l'interrogante, per i quali devono effettuarsi interventi di ripristino su cavalcavia, viadotti e gallerie e che dunque richiedono una parzializzazione della carreggiata autostradale, sono i seguenti:
          tratto compreso tra le progressive 27+300 e 29+100 in entrambe le direzioni;
          tratto compreso tra le progressive 33+500 e 34+000 sud;
          tratto compreso tra le progressive 38+000 e 39+400 sud;
          tratto compreso tra le progressive 44+400 e 45+400 in entrambe le direzioni;
          rampa in ingresso da Nocera, direzione Napoli e Salerno.

      A tal riguardo si segnala, inoltre, che essendo tali cantieri aperti in vicinanza dei centri abitati, non è possibile svolgere alcuna attività durante l'orario notturno, per evitare di disturbare il riposo dei residenti.
      Per quanto attiene, infine, ai lavori di ripristino delle gallerie non appare possibile prevedere interventi esclusivamente notturni, in quanto, considerati i tempi necessari al montaggio e allo smontaggio dei cantieri mobili, le ore lavorative a disposizione non risultano sufficienti per concludere le attività considerate.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      DIMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          con l'entrata in vigore del nuovo orario invernale, Ferrovie dello Stato ha soppresso ventuno treni a lunga percorrenza da e per la Calabria ed ha modificato l'organizzazione dei treni regionali ed interregionali, manifestando, di conseguenza ed ancora una volta, un forte disimpegno verso questa regione e provocando ulteriori disagi ai viaggiatori;
          questa scelta sta avendo ripercussioni gravissime sulla già fortemente penalizzata fascia ionica, nei cui confronti, ormai da decenni, si segnala un chiaro disinteresse da parte di Ferrovie dello Stato e degli altri organismi competenti che si traduce non solo nella mancata elettrificazione o raddoppio della stessa linea ferroviaria ma anche in una costante e continua diminuzione del numero di corse;
          la riduzione dei finanziamenti statali non può tradursi in uno smantellamento del contratto universale di servizio che assolve, proprio nel Mezzogiorno dove è sempre più evidente l'assenza di infrastrutture capaci di garantire ottimali condizioni di trasporto, ad una vera e propria funzione sociale tanto più se si considera il fatto che questa decisione sta avendo ripercussioni ancora più gravi nei confronti del traffico ferroviario regionale ed interregionale che è prevalentemente utilizzato da studenti e lavoratori;
          nello specifico, vanno segnalati i disagi sopportati dai pendolari sulla tratta ferroviaria Sibari/Metaponto/Taranto e le difficoltà nel raggiungere le sedi di lavoro o di studio a causa del fatto che, con l'entrata in vigore dell'orario invernale ed a seguito di una presunta razionalizzazione del servizio in questione, in particolar modo, il treno interregionale n.  12730 in partenza da Sibari con destinazione Taranto termina la sua corsa a Metaponto per essere sostituito da un autobus che prosegue per Taranto, mentre invece in partenza da Taranto per Metaponto è utilizzato il servizio di autobus che è poi sostituito da quello ferroviario fino a Sibari;
          risulterebbe ai più sconosciuta la logica che ha spinto Ferrovie dello Stato ad organizzare il servizio in questi termini; si evidenzia inoltre il fatto che è sempre difficile assemblare il trasporto su rotaia con quello su gomma tanto è vero che le coincidenze su Metaponto non sarebbero quasi mai rispettate con le conseguenze che ne derivano per i pendolari e che sono amplificate dal fatto che questo treno è molto spesso utilizzato anche da tanti viaggiatori diretti, attraverso Taranto, verso il Nord e, attraverso Sibari, verso il Sud del Paese  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire il diritto alla mobilità dei calabresi, evitando che si possano arrecare ulteriori danni al sistema dei trasporti regionali sempre più ridotti ad un'evidente condizione di marginalità e provvisorietà. (4-14458)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Come è noto, nell'ambito del trasporto ferroviario, il «servizio universale», teso a garantire il diritto alla mobilità, comprende quei treni di media/lunga percorrenza, di cui fanno parte quelli della Sicilia e buona parte di quelli della Calabria, che per poter essere effettuati necessitano di una contribuzione pubblica, definita nell'ambito di un contratto di servizio nazionale, in quanto presentano un conto economico negativo.
      L'offerta ferroviaria assicurata dal contratto di servizio pubblico, sottoscritto tra Trenitalia, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero dell'economia e delle finanze, valido per il 2009-2014, garantisce i collegamenti necessari alla continuità territoriale di aree collocate nel Sud del Paese con il territorio nazionale, caratterizzati da una domanda particolarmente debole e quindi da un elevato differenziale tra costi e ricavi.
      Per i treni inseriti nel contratto di servizio con lo Stato, nel primo triennio di vigenza, Trenitalia, a fronte di un sostanziale mantenimento dei livelli di offerta, ha registrato a consuntivo una perdita complessiva di rilevante entità (oltre 200 milioni di euro), nonostante i corrispettivi, derivanti principalmente dalla forte concentrazione dei ricavi – conseguente al calo della domanda del servizio universale – concentrata, in particolare, nel 2010 e nel 2011.
      Pertanto, con l'orario di dicembre 2011, ferme restando le tratte servite, che costituiscono elemento imprescindibile del servizio universale, si è reso necessario procedere ad una parziale rimodulazione dei servizi offerti che, in particolare, per la direttrice adriatica ha previsto:
          l'attestamento a Bologna degli
Intercity notturni e diurni (tra cui la coppia di IC Crotone-Sibari-Taranto-Milano, e viceversa); da Bologna è stato previsto il proseguimento verso le destinazioni del nord già servite in precedenza (o viceversa), attraverso interscambio, peraltro, con una sensibile riduzione dei tempi di percorrenza complessivi e attraverso molteplici soluzioni con interscambio a prezzi particolarmente agevolati per la clientela che utilizza i treni notturni unitamente ai servizi-alta velocità (offerta «notte+av»);
          l'effettuazione del collegamento Crotone-Taranto (o viceversa) è assicurato da un servizio gommato;
          la soppressione di alcuni treni che presentavano frequentazioni estremamente basse come la coppia di
Intercity notte Reggio Calabria-Bari-Milano (o viceversa) via Jonica – con sezione da/per Torino – ed i collegamenti notturni periodici (effettuati, cioè, solo in alcuni giorni o brevi periodi dell'anno).

      Si evidenzia, che il servizio sostitutivo su gomma, presente sulla relazione Taranto- Metaponto-Sibari (e viceversa) è stato introdotto dalla regione Puglia, committente del servizio, a partire dal nuovo orario di dicembre 2011, in considerazione della scarsa domanda di trasporto registrata tra Taranto e Metaponto (circa 40 viaggiatori/giorno).
      Inoltre, al fine di agevolare la clientela del bacino di Sibari, che da Paola può avvalersi dei collegamenti di media e lunga percorrenza per raggiungere le destinazioni del nord e del sud del Paese, d'intesa con la regione Calabria, Trenitalia ha previsto la rimodulazione di alcuni collegamenti regionali sulla relazione Sibari-Castiglione Cosentino-Paola (e viceversa).
      Per quanto concerne, poi, il servizio regionale va sottolineato che la relativa programmazione e gestione è di competenza delle singole Regioni, nel caso specifico delle regioni Puglia e Calabria, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da specifici contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili.
      Infine, per completezza d'informazione si comunica che questo dicastero nell'ambito di numerosi incontri con Trenitalia, ha effettuato una verifica sull'impatto economico e sulla fattibilità tecnica di un prolungamento di alcuni collegamenti provenienti dal sud, attualmente attestati su Roma e Bologna, rispettando, nel contempo, l'obiettivo di una sostanziale parità dell'onere per il contratto di servizio a carico dello Stato.
      Il risultato di questi confronti con il gestore ferroviario si è concretizzato nell'avvio di un processo di revisione del modello
hub: il nuovo orario in vigore dal 10 giugno 2012 prevede il ripristino di 4 coppie di collegamenti «notte» su Milano: 2 da/per la Puglia, 1 da/per la Sicilia e 1 da/per la Calabria.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      LUCIANO DUSSIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          come riportano le cronache locali di Castelfranco Veneto (Treviso), nella notte fra martedì 21 e mercoledì 22 giugno 2011, due cittadini marocchini, M. T. di 23 anni, residente a Piombino Dese (Padova) e A. D., di 22 anni abitante a Riese Pio X, entrambi nullafacenti e con precedenti, in stato di ubriachezza hanno tentato di aggredire una ragazza sola in auto, dopo di che hanno tentato di mettere a segno un furto all'Istituto Nightingale, ma la vigilanza notturna li ha scoperti;
          i due marocchini sono quindi stati inseguiti dai carabinieri e arrestati dopo una lunga colluttazione;
          nella colluttazione sono rimasti feriti anche un carabiniere e una guardia giurata;
          i due facinorosi sono stati rinchiusi nel carcere di Treviso con una serie impressionante di accuse che vanno dal tentato furto alla violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali, danneggiamento, ubriachezza, bestemmie;
          come dichiarato dal capitano Salvatore Gibilisco, comandante della compagnia di Castelfranco, i due marocchini sono già noti alle forze dell'ordine per simili precedenti e sarebbero molto pericolosi perché senza scrupoli  –:
          se il ministro interrogato intenda verificare se sussistano ancora i requisiti affinché i due cittadini marocchini in premessa rimangano in possesso del permesso di soggiorno o nel caso revocarlo, a maggior ragione per il fatto che i due marocchini citati sono dediti abitualmente al compimento di atti violenti. (4-12519)

      Risposta. — Il 22 giugno 2011, a Albaredo di Vedelago, in provincia di Treviso, sono stati arrestati due cittadini marocchini per i reati di tentato furto con violenza a cose, violenza a persone, minaccia, resistenza e oltraggio a Pubblico Ufficiale, lesioni personali, danneggiamento, disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, ubriachezza e bestemmia. Dopo le formalità di rito, i due cittadini sono stati condotti presso la «casa circondariale di Treviso a disposizione dell'Autorità giudiziaria.
      Uno dei due risultava essere residente a Riese Pio X, in provincia di Treviso, ed è presente in Italia dal 1995 a seguito di ricongiungimento familiare con il padre.
      Lo straniero è ancora detenuto presso la citata Casa circondariale per l'espiazione di una pena detentiva il cui termine è previsto per l'11 maggio 2013. L'istanza di permesso di soggiorno presentata dallo stesso è stata rigettata con provvedimento del questore di Treviso, notificato in data 10 settembre 2011.
      A seguito della scarcerazione sarà avviata la procedura di espulsione dal territorio nazionale.
      Il secondo cittadino marocchino è residente a Piombino Dese, in provincia di Padova, ed è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato dal questore di Padova per studio-tirocinio scaduto il 18 maggio 2010 e per il quale ha presentato la richiesta di rinnovo.
      Avverso tale richiesta la questura di Padova ha predisposto la comunicazione all'interessato dei motivi ostativi al rinnovo del documento di soggiorno e avviato la procedura di rigetto dello stesso.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      EVANGELISTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a margine di un convegno svoltosi a Milano lo scorso 28 gennaio, è stata annunciata la decisione del Governo di chiudere l'Agenzia per il Volontariato che ha sede a Milano. «Ci dispiace ma bisognava fare per forza questa operazione. Fare un'altra authority non sarebbe stato possibile. Tenerla in vita così come è sarebbe stata la riprova che in Italia non si può chiudere niente... L'Agenzia non ha né i compiti, né soprattutto le risorse per fare quello che un’authority potrebbe fare»;
          successivamente, nel corso di un'audizione presso la Commissione affari sociali della Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha dichiarato in relazione alla notizia della possibile chiusura dell'Agenzia: «Se sarà così, me ne assumerò la responsabilità, ma la decisione non è presa.» e inoltre «sarà difficile metterci dei soldi... i compiti di controllo, coordinamento e certificazione dei bilanci è giusto che a farli sia il ministero... il percorso non è chiuso e sarà trasparente»;
          lo staff dell'Agenzia per il terzo settore avrebbe dovuto contare su trentacinque persone che regione Lombardia, provincia e comune di Milano avrebbero dovuto distaccare, ma a tutt'oggi può contare su dodici persone ed opera in regime di prorogano, essendo quindi già ampiamente ridimensionata;
          l'Agenzia è un soggetto trasversale a diversi Ministeri, ha un bilancio di un milione e 200mila euro e consiglieri che lavorano a titolo gratuito ed è considerata uno strumento efficace e in grado di elaborare documenti, idee e proposte in collaborazione con il mondo accademico e con esperti del terzo settore;
          la situazione economica attraversa senza dubbio una fase difficile ma, nel contesto dell'intervento paventato dalle dichiarazioni del Ministro, molte realtà afferenti alla cooperazione sociale, al volontariato e al mondo dell'associazionismo potrebbero subire un duro contraccolpo, e per un tale intervento potrebbe rappresentare un pesante macigno  –:
          se non si ritenga di rivedere la decisione di cui in premessa, anche alla luce delle preoccupazioni espresse da tutte le realtà coinvolte. (4-14967)

      Risposta. — Con il decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16, recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento dell'accertamento», (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.44), è stata disposta, al fine di garantire una razionalizzazione delle strutture pubbliche coinvolte sui temi del terzo settore, la soppressione dell'Agenzia per il terzo settore ed il conseguente trasferimento delle relative funzioni alla direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      Il Governo ha operato nel rispetto dei principi di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, tenendo conto delle competenze che esercita la citata direzione generale che già si occupa di promozione e sostegno delle attività di volontariato e di promozione sociale.
      Per il finanziamento di tali competenze, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può avvalersi delle risorse finanziarie originariamente destinate al funzionamento dell'Agenzia, risorse che non verranno quindi sottratte al sostegno del terzo settore.
      Il Ministero, ben consapevole della necessità di garantire attenzione e supporto al terzo settore, è subentrato nei compiti principali svolti dall'Agenzia con la funzione di garantire al terzo settore un punto di riferimento stabile, strutturato e competente.
      In particolare la predetta direzione generale si farà carico delle seguenti funzioni, attualmente svolte dall'Agenzia:
          un ruolo di controllo e consulenza per il terzo settore (in materia fiscale, normativa, eccetera), avvalendosi di personale adeguatamente formato e anche instaurando tavoli di confronto, in particolare con l'Agenzia delle entrate, per trovare soluzioni ai problemi interpretativi più frequenti. Da sottolineare che già oggi la direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali svolge un ruolo di supporto e assistenza, ad esempio per la preparazione delle domande per accedere ai finanziamenti e nel campo dell'erogazione e dell'accesso al 5 per mille. Inoltre nel Ministero sono presenti le competenze di ispezione utili a fronteggiare il problema delle false
Onlus, che tanto danno recano al settore. La direzione per il terzo settore è subentrata all'Agenzia anche per quanto riguarda il necessario coordinamento con altri ministeri che attualmente ne sono interlocutori (sviluppo economico e affari esteri);
          la messa a punto di linee-guida ed altri orientamenti strategici su alcuni aspetti trasversali al terzo settore. In questo ambito, un ruolo di rilievo sarà svolto dagli osservatori (osservatori delle associazioni di promozione sociale e osservatorio del volontariato) incardinati nella direzione per il terzo settore e le formazioni sociali che già agiscono in funzione di raccordo fra terzo settore e ministero. La predisposizione di questi atti di indirizzo potrebbe essere preceduta da audizioni dei soggetti del terzo settore o di studiosi particolarmente attivi nella materia in cui si ritiene di dovere intervenire.

      È convinzione del Ministero che la soluzione proposta, che è in corso di attuazione e che viene monitorata dagli osservatori e dal tavolo costituito con le rappresentanze nazionali del terzo settore e del volontariato, può essere migliorativa rispetto all'esistente ed aiutare la valorizzazione del terzo settore che si intende promuovere e sostenere su tutto il territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FALLICA, GRIMALDI, STAGNO D'ALCONTRES, TERRANOVA, PUGLIESE e IAPICCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da parecchi mesi a questa parte l'isola di Lampedusa è stata gravemente penalizzata da svariati problemi legati all'immigrazione: la sua economia, basata soprattutto su turismo, pesca, ristorazione e commercio, è stata già messa a dura prova;
          la decisione dell'Enac di sostituire i velivoli Meridiana Super Md 80 con gli Atr, a partire dal marzo 2012 arrecherà un'ulteriore colpo sia al sistema economico dell'isola, sia alla normale vita dei suoi cittadini. L'Md 80, infatti, può trasportare 154 passeggeri, l'Atr42 invece solo 46. Si creerà così una grave perdita per il settore turistico, ma ancor più, una cessazione di servizio per i cittadini. Basti pensare al gran numero di persone che si spostano ogni giorno da Lampedusa alla Sicilia per motivi di lavoro, studio e malattia e che inevitabilmente non troveranno posti sui voli giornalieri;
          per mezzo dell'Atr42, inoltre, a ragione delle sue piccole dimensioni, non saranno trasferibili malati in barella, non potranno rientrare le bare dei cittadini morti negli ospedali della vicina Sicilia, e in più, non si potranno trasportare merci;
          il principio europeo della continuità territoriale non è assolutamente derogabile  –:
          se il Governo non ritenga necessario un pronto e decisivo intervento per una revoca, del provvedimento programmato, e l'avvio di un tavolo di concertazione con Enac e la regione Sicilia per un esame globale della problematica volto ad evitare che ulteriori difficoltà di tipo economico, ma soprattutto sociale, vadano a gravare sulla vita dei nostri concittadini delle isole Pelagie. (4-13694)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      A seguito dell'esito negativo della gara di cui alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C. 18 del 21 gennaio 2012 svoltasi per l'affidamento in esclusiva dei collegamenti aerei da e per Lampedusa e Pantelleria ed al fine di garantire comunque la continuità territoriale aerea delle predette due isole minori della Sicilia, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la regione Sicilia, ha autorizzato l'Enac ad una ulteriore proroga della convenzione per l'esercizio dei servizi in questione dal 25 marzo al 5 maggio 2012.
      La prioritaria esigenza di evitare l'interruzione dei servizi aerei onerati delle due isole, a partire dal 6 maggio 2012, ha indotto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Enac a verificare l'esistenza di eventuali vettori potenzialmente interessati ad una ulteriore proroga della suddetta convenzione fino alla fine della stagione
summer 2012.
      In esito a tale consultazione, il vettore Meridiana
Fly ha formulato una proposta di operativo che prevede anche la messa in esercizio di un airbus A 319, così come chiesto dalle autorità locali delle isole, nei periodi in cui si registra il maggior picco di traffico.
      Pertanto, in via del tutto eccezionale, si è ritenuto opportuno concedere dal 6 maggio al 27 ottobre 2012 un'ulteriore proroga dei servizi affidandone la gestione al predetto vettore.
      Per quanto concerne il finanziamento, detta proroga è sostenuta esclusivamente con fondi Enac in quanto la Regione siciliana non si è resa disponibile a contribuire per la propria quota parte di un terzo.
      Contestualmente, in linea peraltro con quanto auspicato dall'interrogante, si è dato corso all'abrogazione del decreto ministeriale d'imposizione n.  372 del 2011 e del successivo decreto ministeriale n.  99 del 2012 che ne spostava la data d'entrata in vigore, così da consentire, subordinatamente al reperimento di sufficienti fondi per finanziare la nuova continuità territoriale siciliana, di stabilire i parametri di una nuova imposizione in sede di una prossima Conferenza dei servizi, di concerto con le amministrazioni interessate.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù. — Per sapere – premesso che:
          Il Giornale di Brescia il 3 agosto 2010 ha pubblicato una lettera del signor Adalberto Rizzini, un ragazzo di vent'anni con la sindrome di Down;
          nella citata lettera si racconta quella che il signor Rizzini definisce la «mia avventura (o disavventura ?)»: «Sono andato a Gardaland, che dovrebbe essere un parco di divertimento per tutti, con mia sorella Virginia, mio fratello Francesco e la sua fidanzata Alice. Per me e Virginia questa è stata una sorpresa e, nel sentire la notizia, noi eravamo molto contenti. Abbiamo deciso di iniziare la giornata con i giochi d'acqua come «Fuga da Atlantide». Con questo gioco ci saremmo potuti divertire prima che piovesse, dato che il tempo era incerto»;
          all'entrata del gioco, il controllore ha informato il signor Rizzini che «i ragazzi Down su questo gioco non possono salire, perché vengono considerati “ospiti con problemi di disabilità comportamentale e intellettiva”. Non solo non potevo fare questo gioco, ma anche tanti altri che mi sarebbe piaciuto riprovare, visto che ci ero già stato quando ero più piccolo. Adesso avrei potuto divertirmi prevalentemente su giochi adatti ai bambini. Ma io non sono più un bambino, sono un giovanotto, con alcuni problemi sì, ma sempre un giovanotto ! In quel momento mi sono sentito un po’ amareggiato e mi veniva da piangere; mi sono trattenuto solo perché veniva da piangere anche ad Alice. A questo punto siamo andati in direzione e abbiamo cercato di parlare con il direttore. Non abbiamo risolto il problema; ci hanno gentilmente spiegato che queste sono regole per il “mio bene” ed alle regole bisogna attenersi. Non avremmo mai voluto sentire ed ascoltare queste parole. Il mio “vero bene” è sentirmi trattato come un ragazzo, non un bambino, non solo Down.  Eravamo arrivati per divertirci, ci siamo trovati con le lacrime agli occhi. Continuo a chiedermi perché tanti sì e io che sono Down no. È sicuro che, se queste saranno ancora le regole, la prossima volta cercheremo un'altra meta di divertimento, visto che questo non è un parco dove tutti possono divertirsi allo stesso modo. Secondo noi, questo ha un solo nome: discriminazione»;
          riferisce l'agenzia Redattore Sociale, nella sua edizione del 27 agosto 2010 che non è il primo caso di accesso impedito a persone con la sindrome di Down che si verifica nel parco di Gardaland;
          nel corso di quest'anno gli interroganti hanno per esempio segnalato il caso di discriminazione ai danni di una bambina down di otto anni, allontanata dall'attrazione «monorotaia» per presunte «questioni di sicurezza»; analogamente, nel settembre 2007 a un gruppo di giovani down accompagnati da operatori e genitori non fu consentito l'accesso all'ottovolante; e nel giugno 2009 un analogo episodio si è verificato, sempre ai danni di un gruppo di giovani down; e un uomo non vedente di 47 anni è stato aspramente redarguito per aver fatto un giro sulle montagne russe in compagnia della figlia  –:
          quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in ordine a questi episodi chiaramente discriminatori ed improntati a pregiudizio;
          se non ritengano di dover intervenire, nell'ambito delle loro prerogative e facoltà, per assicurare un'adeguata informazione per contrastare questi fenomeni di discriminazione e pregiudizio;
          quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare perché simili episodi non abbiano più a ripetersi.
(4-08544)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente un presunto episodio di discriminazione, avvenuto nel parco divertimenti di Gardaland di Castelnuovo del Garda (Verona), nei confronti di un ragazzo di venti anni affetto dalla sindrome di Down, sulla base degli elementi informativi dei competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si fa presente quanto segue.
      Al fine di assicurare l'effettiva parità di trattamento e garantire pari opportunità alle persone con disabilità in tutti gli ambiti di vita, sono previste, nel nostro ordinamento, specifiche disposizioni normative.
      In particolare, con la legge n.  67 del 2006 è stata estesa la tutela giurisdizionale, già riconosciuta alle persone con disabilità vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte le situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori.
      Particolare rilievo riveste la legge n.  18 del 2009, con la quale ha ratificato la convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità fatta a New York il 13 dicembre 2006, che richiama gli Stati ad adottare misure adeguate a consentire alle persone con disabilità di partecipare alle attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.
      Allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata convenzione, la citata legge di ratifica ha, tra l'altro, istituito l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
      Si segnala inoltre che i principi in tema di turismo accessibile sono stati promossi attraverso l'emanazione del decreto legislativo n.  79 del 2011 – codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, che, all'articolo 3, dispone in attuazione dell'articolo 30 della predetta convenzione, che le persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive possano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello di qualità degli altri fruitori senza aggravi del prezzo.
      Sulla questione specifica posta dall'interrogante, la direzione di Gardaland srl ha riferito che, nell'ottica di rendere accessibili il maggior numero di attrazioni da parte delle persone con disabilità, il parco dispone di una serie di servizi dedicati, quali ingresso riservato, parcheggi gratuiti adiacenti all'ingresso, ufficio informazioni e opuscoli informativi con mappa delle attrazioni e illustrazione delle regole di accessibilità, noleggio gratuito di sedie a rotelle, biglietto di ingresso gratuito o ridotto anche per l'accompagnatore, accesso gratuito agli spettacoli teatrali, aree riservate all'interno dei teatri, servizi igienici attrezzati e percorsi privi di barriere architettoniche.
      Per le stesse finalità, la direzione si è impegnata ad incrementare progressivamente il numero di attrazioni accessibili da parte delle persone disabili; infatti, a partire dal 2012 sono divenute fruibili ulteriori quattro attrazioni rispetto all'anno precedente.
      Per ciò che riguarda l'episodio relativo al diniego all'accesso all'attrazione denominata «fuga da Atlantide» opposto ad un ragazzo affetto dalla sindrome di Down, la direzione del parco ha informato che trattasi di un'attrazione costituita da barconi aperti che affrontano un percorso acquatico. A differenza di molte altre attrazioni del suo genere, quella esistente a Gardaland presenta due discese, rispettivamente, di 14,5 e 18 metri. Inoltre, le procedure di emergenza, in caso di evacuazione, prevedono che gli ospiti siano fatti scendere singolarmente a mezzo passerella.
      Al riguardo, la direzione ha reso noto che le persone disabili e i loro accompagnatori vengono informati dei limiti posti all'accessibilità delle attrazioni, tramite la consegna all'ingresso, di un apposito opuscolo che, già a partire dal 2004, è stato predisposto dal parco di divertimenti in collaborazione con alcune associazioni che si occupano di disabilità presenti nel territorio veronese, quali la Consulta comunale delle associazioni che operano in favore delle persone con disabilità, l'Associazione italiana assistenza spastici e l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
      Con le predette associazioni sono state quindi analizzate le caratteristiche tecniche di ogni singola attrazione, le relative procedure di emergenza ed evacuazione e considerati i fattori di rischio conosciuti. Sulla base dell'analisi svolta è stata, quindi, operata la selezione delle attrazioni accessibili riportata nell'opuscolo informativo, che viene costantemente aggiornato in considerazione delle modifiche tecniche ed operative apportate alle attrazioni.
      In definitiva, la direzione riferisce che le misure adottate sono finalizzate alla tutela della salute e della sicurezza degli ospiti e vengono definite secondo un criterio di adeguatezza volto a garantirne l'incolumità.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FARINA COSCIONI, MECACCI, BELTRANDI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il totale dei morti sui luoghi di lavoro nel 2010 risulta ammontare, secondo studi e inchieste attendibili, a ben 593, cioè il 6,5 per cento in più rispetto al 2009;
          se si considerano i lavoratori morti in itinere o che lavorano sulle strade spostandosi con mezzi di trasporto propri o aziendali si arriva a contare ben 1.080 vittime e oltre 25.000 invalidi;
          le categorie con più vittime sono lavoratori nell'edilizia (il 28,4 per cento sul totale, 167 morti), nell'agricoltura (il 28,1 per cento, 165 morti), nell'industria (il 12,5 per cento, 73 morti), nell'autotrasporto (l'8,7 per cento, 51 morti), nell'artigianato (il 4,4 per cento, 30 morti nell'installazione o manutenzione di impianti elettrici, fotovoltaici, revisione caldaie e altro), nell'esercito italiano (l'1,9 per cento, 12 vittime di cui 11 in Afghanistan);
          i lavoratori stranieri morti sono stati il 10,1 per cento sul totale (60 vittime), di cui il 41 per cento di nazionalità romena nella fascia d'età compresa tra i 19 e i 39 anni;
          l'edilizia vede aumentare nel 2010 le vittime del 3,6 per cento; l'agricoltura ha avuto nel 2010 165 vittime, con un aumento rispetto al 2009 del 4,3 per cento; l'industria passa da 71 vittime del 2009 a 73 del 2010, con aumento del 3,25 per cento;
          le vittime per infortuni sul lavoro propriamente dette, cioè i lavoratori deceduti esclusivamente a causa di infortuni sui luoghi di lavoro, non calano, ma aumentano;
          il calo complessivo delle vittime registrato in questi ultimi anni non è imputabile alla prevenzione messa in campo nelle aziende, ma alla diminuzione dei decessi che si registra in itinere o più genericamente «sulle strade». Le ragioni di questo calo derivano soprattutto dall'acquisto da parte dei lavoratori di automobili nuove più sicure, dopo la rottamazione delle vecchie. Questo fa pensare che ci sia una maggiore attenzione verso il fenomeno degli infortuni sul lavoro soprattutto da parte delle imprese, purtroppo non è così. Al contrario, la crisi ha fatto aumentare i morti sui luoghi di lavoro perché nel clima generale di difficoltà la «sicurezza» viene messa in secondo piano. Pur di evitare il fallimento, le aziende accettano commesse a prezzi più bassi e i lavoratori per non perdere il lavoro aumentano i ritmi e accettano senza contestazioni condizioni di maggior rischio;
          meridionali e stranieri rappresentano quasi la totalità delle vittime in edilizia e i romeni hanno registrato quasi la metà dei morti tra gli stranieri;
          gli agricoltori hanno registrato percentualmente un calo dei morti, dovuto perlopiù alla casualità, così com'era accaduto in alcune regioni l'anno scorso; nulla è stato fatto per incentivare la rottamazione dei vecchi trattori, veri e propri killer che uccidono centinaia di agricoltori a causa del ribaltamento del mezzo e di riflessi poco pronti dovuti all'età avanzata;
          ciascun morto sul lavoro, oltre alla perdita umana, rappresenta sempre una tragedia sociale, ma anche un ingente costo di denaro, centinaia di migliaia di euro, che lo Stato paga per il mantenimento dei familiari della vittima, spesso bambini in tenera età  –:
          quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà intenda promuovere o adottare in relazione a quanto sopra evidenziato. (4-10320)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede quali iniziative si intendano promuovere in relazione alla riduzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, si rappresenta quanto segue.
      Il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero promuove ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di accrescere l'efficacia delle rispettive attività.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale, nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (
ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza, nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del «Testo Unico») da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'Allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modificazioni e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012 degli accordi, approvati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento, in tema di formazione dei datori di lavoro che intendano svolgere i compiti del servizio di prevenzione e protezione e dei lavoratori, dirigente e preposti, adottati ai sensi degli articoli 34 e 37 del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.

      A seguito della pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011, recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti «sospetti di inquinamento o confinati», la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha colto la necessità, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, di realizzare un manuale pratico che, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, rappresenti i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati. Il documento è stato approvato nella seduta del 18 aprile 2012.
      A seguito dell'emanazione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, relativo al sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine, emanato con lettera circolare del 10 febbraio 2011, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modificazioni e integrazioni, ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza di tali attrezzature al fine di garantirne la sicurezza nell'uso.
      Esse costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori, finalizzate a fornire ai medesimi indicazioni circa le modalità operative relative all'utilizzo delle attrezzature nei casi indicati dalla medesima Commissione.
      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche unificate.
      Su tale decreto sono stati acquisiti il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e, quello del Consiglio di Stato.
      Inoltre, della medesima seduta della Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella
Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008.
      Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento – da tutti condiviso – di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito
internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma del quadro normativo volto a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro, abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un diffuso interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a Gifflenga, in provincia di Biella il 12 marzo 2011 un operaio, il signor Roberto Rossetti, di 27 anni, come riferisce l'agenzia «Ansa», è morto folgorato da un cavo di media tensione nell'azienda dove lavorava  –:
          di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
          se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
          quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11253)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso, il 12 marzo 2011, al signor Roberto Rossetti che lavorava, con la qualifica di installatore-montatore meccanico, alle dipendenze della società Savoi Gian Luca srl, con sede legale in località Gifflenga (Biella), operante nel settore delle costruzioni.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisti presso la direzione territoriale del lavoro di Biella nonché quelli forniti dall'Inail.
      Il giorno 12 marzo 2011, il signor Rossetti, insieme ad un collega, stava procedendo, su incarico del titolare della ditta, alla pulizia dello spazio adiacente il capannone, ove hanno sede gli uffici dell'azienda.
      Dopo aver tolto vari residui di materiale, intorno alle ore 10:00, i due lavoratori si accingevano a spostare un trabattello in alluminio zincato, alto circa 9 metri e munito di ruote, nel piazzale situato sul retro del capannone.
      Nel corso di tale operazione, il montante del trabattello veniva a contatto con i cavi di corrente elettrica sovrastanti il piazzale, causandone la rottura: entrambi i lavoratori pertanto venivano colpiti dall'alta tensione e il signor Rossetti, a causa del forte
shock elettrico, rimaneva folgorato.
      Allertati i soccorsi dai colleghi presenti in ditta, intervenivano prontamente sul posto i carabinieri della stazione di Mottalciata e l'elisoccorso del 118. Entrambi gli infortunati venivano trasportati all'ospedale degli infermi di Biella dove il signor Rossetti decedeva lo stesso giorno mentre il collega, rimasto sempre cosciente, veniva ricoverato e successivamente dimesso.
      Con riferimento all'osservanza della normativa in materia di sicurezza, i tecnici della Prevenzione dell'Asl di Vercelli, giunti sul posto in seguito alla chiamata del 118, hanno accertato, a carico del datore di lavoro, le seguenti violazioni al Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro:
          articolo 29, comma 1, decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni (per non aver provveduto alla valutazione e documentazione del rischio connesso alla presenza della linea elettrica aerea che attraversa diagonalmente l'area della ditta e che interferisce con l'attività della stessa);
          articolo 64, comma 1, lettera
a) del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni (per non aver provveduto affinché le vie di circolazione all'aperto, utilizzate dai lavoratori durante la loro attività, fossero concepite affinché la circolazione potesse avvenire in modo sicuro).
      Per l'accertamento di eventuali responsabilità penali, inoltre, è stato istituito un procedimento dalla competente autorità giudiziaria che ha provveduto al sequestro dell'area interessata dall'infortunio.
      Si precisa altresì che, all'esito dell'istruttoria, la competente sede Inail ha accertato l'assenza dei presupposti per la costituzione della rendita ai superstiti e per l'erogazione del beneficio a carico del fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro, vista l'assenza dei beneficiari ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero promuove ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di accrescere l'efficacia delle rispettive attività.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (
ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del «Testo Unico») da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'Allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modificazioni e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012 degli accordi, approvati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, in tema di formazione dei datori di lavoro che intendano svolgere i compiti del servizio di prevenzione e protezione e dei lavoratori, dirigente e preposti, adottati ai sensi degli articoli 34 e 37 del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.
      A seguito della pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011, recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti «sospetti di inquinamento o confinati», la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha colto la necessità, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, di realizzare un manuale pratico che, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, rappresenti i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati. Il documento è stato approvato nella seduta del 18 aprile 2012.
      A seguito dell'emanazione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, relativo al sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine, emanato con lettera circolare del 10 febbraio 2011, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modificazioni e integrazioni, ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza di tali attrezzature al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Esse costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori, finalizzate a fornire ai medesimi indicazioni circa le modalità operative relative all'utilizzo delle attrezzature nei casi indicati dalla medesima Commissione.
      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche unificate.
      Su tale decreto sono stati acquisiti il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e, quello del Consiglio di Stato.
      Inoltre, della medesima seduta della Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella
Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati» a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008.
      Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche attraverso il conseguimento della massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito
internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma del quadro normativo volto a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro, abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un diffuso interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della gioventù, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il signor Simone Schenatti, padre di un bambino down di 4 anni, assieme alla moglie e alcuni amici si è recato a Gardaland;
          giunto all'attrazione «Bruco», si è accomodato con la moglie, quando a un certo punto è arrivato un addetto del personale e li ha invitati a scendere;
          lo stesso signor Schenatti in precedenza aveva portato il figlio a «Fantasylandia», dove ha avuto libero accesso a tutte le attrazioni desiderate;
          l'episodio, l'ennesimo di una serie già denunciati in altrettante interrogazioni, si configura ad avviso degli interroganti come un caso di ingiustificata discriminazione  –:
          quali urgenti iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà intendano promuovere, sollecitare, adottare a fronte di questi ripetuti e odiosi episodi. (4-11795)

      Risposta. — Con riferimento alla vicenda posta all'attenzione relativa ad un presunto caso di discriminazione, avvenuto nel parco divertimenti di Gardaland di Castelnuovo del Garda (Verona), ai danni di un bambino disabile di quattro anni, sulla base degli elementi informativi dei competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si fa presente quanto segue.
      Al fine di assicurare l'effettiva parità di trattamento e garantire pari opportunità alle persone con disabilità in tutti gli ambiti di vita, sono previste, nel nostro ordinamento, specifiche disposizioni normative.
      In particolare, con la legge n.  67 del 2006 è stata estesa la tutela giurisdizionale, già riconosciuta alle persone con disabilità vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte le situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori.
      Particolare rilievo riveste la legge n.  18 del 2009, con la quale ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità fatta a New York il 13 dicembre 2006, che richiama gli Stati ad adottare misure adeguate a consentire alle persone con disabilità di partecipare alle attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.
      Allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata convenzione, la citata legge di ratifica ha, tra l'altro, istituito l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
      Si segnala inoltre che i principi in tema di turismo accessibile sono stati promossi attraverso l'emanazione del decreto legislativo n.  79 del 2011 – codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, che, all'articolo 3, dispone in attuazione dell'articolo 30 della predetta convenzione che le persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive possano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello di qualità degli altri fruitori senza aggravi del prezzo.
      Sulla questione specifica posta dall'interrogante, la direzione di
Gardaland srl, ha fatto presente che, nell'ottica di rendere accessibili il maggior numero di attrazioni da parte delle persone con disabilità, il Parco dispone di una serie di servizi dedicati, quali ingresso riservato, parcheggi gratuiti adiacenti all'ingresso, ufficio informazioni e opuscoli informativi con mappa delle attrazioni e illustrazione delle regole di accessibilità, noleggio gratuito di sedie a rotelle, biglietto di ingresso gratuito o ridotto anche per l'accompagnatore, accesso gratuito agli spettacoli teatrali, aree riservate all'interno dei teatri, servizi igienici attrezzati e percorsi privi di barriere architettoniche.
      Per le stesse finalità, la direzione si è impegnata ad incrementare progressivamente il numero di attrazioni accessibili da parte delle persone disabili; infatti, a partire dal 2012 sono divenute fruibili ulteriori quattro attrazioni rispetto all'anno precedente.
      Per ciò che riguarda l'episodio relativo al diniego all'accesso all'attrazione denominata
Ortobruco Tour opposto ad un bambino affetto dalla sindrome di Down, la direzione del Parco ha rappresentato che l'attrazione, seppur pensata per gli ospiti più piccoli, è un coaster, cioè una montagna russa, che presenta sei salite che arrivano sino all'altezza di sei metri.
      All'epoca dei fatti, inoltre, le procedure di emergenza prevedevano che gli ospiti fossero fatti evacuare singolarmente a mezzo «scala italiana» a pioli.
      Al riguardo, la direzione ha reso noto che le persone disabili e i loro accompagnatori vengono informati dei limiti posti all'accessibilità delle attrazioni, tramite la consegna, all'ingresso, di un apposito opuscolo che, già a partire dal 2004, è stato predisposto dal Parco di divertimenti in collaborazione con alcune associazioni che si occupano di disabilità presenti nel territorio veronese, quali la Consulta comunale delle associazioni che operano in favore delle persone con disabilità, l'Associazione italiana assistenza spastici (Aias) e l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
      Con le citate associazioni sono state analizzate le caratteristiche tecniche di ogni singola attrazione, le relative procedure di emergenza ed evacuazione e considerati i fattori di rischio conosciuti. Sulla base dell'analisi svolta è stata, quindi, operata la selezione delle attrazioni accessibili riportata nell'opuscolo informativo, il quale viene costantemente aggiornato in considerazione delle modifiche tecniche ed operative apportate alle attrazioni.
      In definitiva, la direzione riferisce che le misure adottate sono finalizzate alla tutela della salute e della sicurezza degli ospiti, in quanto definite secondo un criterio di adeguatezza per garantire l'incolumità degli ospiti.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nella giornata del 16 novembre 2011 si sono registrate quattro vittime sul lavoro, in Toscana, Lazio, Calabria e Sicilia;
          in particolare a Carrara un operaio cavatore di 34 anni è morto folgorato, e due suoi colleghi sono rimasti gravemente feriti;
          un operaio dell'azienda acquedotti di Palermo (AMAR) è morto a Partinico (Palermo) dopo essere stato colpito da un getto d'acqua fuoriuscito con una forte pressione da un grosso tubo;
          un operaio romeno di 36 anni è rimasto schiacciato da una paratia di metallo caduta all'interno del cantiere stradale dove stava lavorando a Ponte Galeria, alle porte di Roma;
          infine a Campotenese, vicino Cosenza, ha perso la vita un operaio di 27 anni, impegnato in un cantiere per l'ammodernamento dell'A3  –:
          quale sia l'esatta dinamica dei quattro incidenti;
          se le normative relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro siano state rispettate;
          quali provvedimenti si intendano prendere, adottare, sollecitare a fronte di una situazione che, dall'inizio dell'anno ha visto la morte di 461 lavoratori, 781.615 infortuni e 1.846 invalidi. (4-13937)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce agli infortuni sul lavoro verificatesi il 16 novembre 2011 in provincia di Cosenza, di Massa Carrara e di Palermo e nel comune di Roma.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso le direzioni territoriali del lavoro di Cosenza e Massa Carrara, nonché quelli forniti dall'Inail.
      Per quanto riguarda l'infortunio verificatosi nel comune di Morano Calabro (Cosenza) si precisa che l'infortunato signor Fabio Bruno di 27 anni, era alle dipendenze della CMG srl, con sede in Napoli, società operante nel settore dell'impiantistica.
      Dalla documentazione agli atti è emerso che il lavoratore era stato assunto il 14 novembre 2011 dalla CMG srl come operaio metallurgico e, successivamente, distaccato presso la Società consortile ASR 20 – affidataria dei lavori di costruzione di un tratto dell'autostrada A3 Salerno Reggio Calabria, viadotto Caballa, nel comune di Morano Calabro (Cosenza) – per l'espletamento delle attività connesse allo smontaggio e varo delle travate d'acciaio utilizzate per impalcate di viadotti.
      Per quanto riguarda la dinamica dei fatti, dalle indagini ispettive svolte è emerso che il 16 novembre 2011 il lavoratore, alla guida di un sollevatore telescopico girevole, stava percorrendo una strada in discesa per trasportare un carico di modesta entità verso un piazzale sottostante; nel compiere tale discesa il mezzo si ribaltava e il lavoratore rimaneva schiacciato dallo mezzo stesso, con conseguenze mortali.
      Sul luogo dell'evento sono intervenuti il servizio Asl 118, i vigili del fuoco nonché la polizia stradale di Frascineto (Cosenza). Si precisa, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la competente procura della Repubblica di Castrovillari (Cosenza) e che è in corso un'inchiesta da parte dell'Anas.
      Si precisa, inoltre, che nel corso degli accertamenti, gli operatori tecnici della Azienda sanitaria provinciale di Cosenza – U.O. di prevenzione, igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro sede di Castrovillari – nello svolgimento dell'attività di indagine delegata dalla citata Procura hanno contestato al datore di lavoro della «Consortile ASR/20 scarl» la violazione dell'articolo 28 del decreto legislativo n.  81 del 2008, per la insufficienza del documento di valutazione dei rischi relativi alla costruzione di un viadotto con particolare riferimento alla individuazione delle zone di stoccaggio. Inoltre, allo stesso responsabile è stata contestata la violazione dell'articolo 96, comma 1, lettera g), punto 3.2.1. dell'Allegato XV in quanto nel piano operativo della sicurezza (Pos) non è stata valutata la specifica attività svolta da signor Bruno Fabio al momento dell'evento infortunistico. Al predetto responsabile è stata, inoltre, contestata la violazione dell'articolo 37 del decreto legislativo n.  81 del 2008 in quanto non ha assicurato ai lavoratori occupati nel cantiere di Morano Calabro (Cosenza) una adeguata formazione.
      Al capo cantiere è stata contestata la violazione dell'articolo 19 del decreto legislativo n.  81 del 2008 per aver permesso l'utilizzo della macchina operatrice, marca Merlo, con lo sportello della cabina bloccato mediante una corda in posizione di apertura.
      Al direttore di cantiere è stata, invece, contestata la violazione dell'articolo 97, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n.  81 del 2008 per non aver verificato che i mezzi presenti in cantiere sono stati utilizzati in modo conforme.
      Al coordinatore per l'esecuzione dei lavori è stata contestata la violazione dell'articolo 92, comma 1 lettera a), del decreto legislativo n.  81 del 2008 per non aver verificato il piano di sicurezza e di coordinamento (Psc) e il Piano operativo di sicurezza.
      Infine, al responsabile dei lavori è stata contestata la violazione dell'articolo 93, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle verifiche effettuate ha accertato l'assenza di aventi diritto alla erogazione della rendita prevista dall'articolo 85 del Testo unico n.  1124 del 1965 e del beneficio a carico del fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro. In mancanza dei superstiti sarà riconosciuto l'assegno funerario a chiunque dimostri di aver sostenuto le relative spese, sempreché dall'istruttoria ancora in corso risulti che l'evento sia comunque riconducibile all'attività lavorativa.
      Per quanto riguarda l'incidente verificatosi nel comune di Massa Carrara, dagli accertamenti effettuati e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva, è emerso che l'infortunato, signor Enrico Mauceri, era socio artigiano della New Energy srl, sita in Carrara (Massa-Carrara).
      Tale società era stata incaricata di eseguire lavori di impermeabilizzazione e tinteggiatura delle pareti esterne della cabina di trasformazione dell'alta tensione situata all'interno di una cava del bacino marmifero di Torano (Massa-Carrara) e gestita per l'attività di escavazione marmi dalla società «Calacata Crestola srl» situata in località Carrara (Massa-Carrara).
      In particolare, dalle indagini ispettive svolte è emerso che alle ore 15 circa del 16 novembre 2011, giorno dell'infortunio, il signor Mauceri si trovava al piano superiore di un ponteggio utilizzato per accedere alle parti alte della cabina; nello specifico, nel sollevare una scaletta in ferro, il lavoratore toccava con un gancio dei cavi elettrici, rimanendo folgorato. Sul luogo dell'incidente erano presenti anche il signor Marco Cherubini ed il signor Nando Gemignani, soci artigiani della stessa ditta, che nel soccorrere il signor Mauceri, rimanevano ustionati in varie parti del corpo.
      Nell'immediatezza dell'incidente è intervenuta l'Asl 2 di Carrara, presso il cui dipartimento di prevenzione sono state svolte, su specifica delega della competente procura della Repubblica, le indagini dirette a verificare le cause e le eventuali responsabilità dell'incidente; i risultati di tali indagini sono coperte da segreto istruttorio.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Per gli altri due lavoratori infortunatisi, la stessa sede ha riconosciuto l'inabilità temporanea assoluta al lavoro, con conseguente erogazione della relativa indennità economica prevista dall'articolo 66 del Testo unico n.  1124 del 1965; si precisa che per questi ultimi, l'infortunio non ha causato postumi di natura permanente.
      Per quanto riguarda l'incidente verificatosi in contrada Sant'Antonio di Cerda (Palermo) dagli accertamenti effettuati e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva, è emerso che l'infortunato, signor Antonino Cinquemani, era alle dipendenze dell'Amap Spa di Palermo, società operante nel settore idrico, con la qualifica di operaio manutentore. In particolare il giorno dell'infortunio, due squadre di operai della predetta società si trovavano in contrada Sant'Antonio-Cerda (Palermo) per la verifica dell'entità di una perdita d'acqua della condotta idrica che trasporta l'acqua da Scillato a Palermo.
      In particolare, dagli accertamenti è emerso che alle ore 11,30 circa, il signor Cinquemani si è avvicinato al punto di fuoriuscita dell'acqua per pianificare la tipologia dell'intervento di manutenzione da eseguire il giorno successivo; improvvisamente, per cause ancora in corso di accertamento, la conduttura ispezionata esplodeva ed il getto d'acqua, fuoriuscito a forte pressione, andava a colpire il lavoratore al volto e al torace, proiettandolo in alto e facendolo ricadere a circa 24 metri di distanza.
      I colleghi di lavoro presenti sul posto hanno prontamente allertare i soccorsi che giunti sul luogo constatavano il decesso del lavoratore; si precisa che sono intervenuti, inoltre, i Carabinieri di Cerda (Palermo) per i primi rilievi, nonché i tecnici dell'Asp di Palermo, a cui la competente Procura della Repubblica di Termini Imerese (Palermo) ha affidato l'incarico di effettuare gli accertamenti sulle cause dell'evento, anche in relazione a possibili violazioni in materia di sicurezza e igiene sul posto di lavoro.
      Dalle indagini tuttora in corso da parte dell'Asp, sembrerebbe che la causa della rottura della tubazione di acciaio sia da attribuire alla presenza di microlesioni nel condotto stesso; a tal riguardo detti tecnici hanno provveduto a prelevare dei campioni della conduttura per verificare eventuali difetti di fabbricazione.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Per quanto riguarda l'incidente verificatosi nel comune di Roma, dagli accertamenti effettuati e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva, è emerso che il lavoratore infortunato signor Zaharia Gheorghe, era alle dipendenze della Advanced Services srl di Roma – società operante nel settore edile – con mansioni di manovale di 1° livello; in particolare il signor Zaharia era stato assunto il 10 ottobre 2011 con contratto a tempo determinato con scadenza 9 aprile 2012.
      In particolare dagli accertamenti è emerso che la suddetta società aveva ricevuto l'incarico di eseguire i lavori per la realizzazione di un impianto fognario e delle relative opere di scavo nel XV Municipio del comune di Roma; nello specifico, il 16 novembre 2011, giorno dell'infortunio, alle ore 14,30 circa, il signor Zaharia si trovava in località Ponte Galeria, area destinata allo scavo, insieme con il signor Vasile Tanase. Il signor Tanase, addetto alla guida dell'escavatore, si occupava di creare un fossato e di depositare la terra asportata nel camion li presente; per compiere tale ultima operazione effettuava una manovra di rotazione dell'escavatore su sé stesso.
      Per cause ancora in corso di accertamento, l'escavatore, nel ritornare verso il fossato urtava con la pala una paratia metallica presente sul margine dello scavo la quale nel cadere investiva il signor Zaharia schiacciandolo.
      Sul luogo dell'infortunio sono intervenuti il servizio Asl 118 e l'elisoccorso, che hanno constatato il decesso del lavoratore; inoltre, i Carabinieri del luogo hanno effettuato i primi rilievi per accertare cause e circostanze dell'incidente, mentre lo Spresal dell'Asl RM-D, per i profili di competenza, ha provveduto alla verifica della sussistenza di eventuali violazioni delle misure di prevenzione sul lavoro. Sull'incidente risulta, altresì, aperto un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Roma che vede come indagato il signor Vasile Tanase, risultato comunque negativo all’alcool-test e al drug-test.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per legittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche e altri).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la Commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla Commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1 bis, del «Testo unico») da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Inoltre, nella medesima Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8. lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, Regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul sito internet del quotidiano La Repubblica in data 12 gennaio 2010 è stato pubblicato l'articolo dal titolo «Amianto sulle navi militari gli ammiragli alla sbarra» in cui si legge «Padova – Navi imbottite di amianto, navi killer che per mezzo secolo – dalla fine della seconda guerra mondiale al disarmo definitivo del 2005 – hanno avvelenato i polmoni di centinaia di Marinai, condannati a una morte lenta ma puntuale. Militari della Marina in servizio nelle basi di Monfalcone, La Spezia e Taranto. Almeno 500 se ne sono andati, negli ultimi dieci anni, falciati dal mesotelioma, il tumore provocato dalle fibre dell'asbesto. Per rendere giustizia a questa strage silenziosa nel tribunale di Padova si apre oggi il primo processo per le vittime dell'amianto in Marina. Gli imputati sono otto alti ufficiali – sei ammiragli, due generali (nell'udienza preliminare ne erano comparsi 14) – rinviati a giudizio con le accuse di omicidio colposo e inosservanza delle norme di sicurezza negli ambienti di lavoro (le navi militari). Dovranno rispondere del decesso di un comandante, Giuseppe Calabro, e di un maresciallo, Giovanni Baglivo, morti a Padova, dopo una lunga agonia, all'età di 61 e 50 anni. Le loro famiglie sono già state risarcite dal Ministero della difesa con 850 e 800 mila euro – un indennizzo arrivato ancor prima della sentenza dei giudici, primo e finora unico caso nella storia della Marina. Ma quel che più importa è che quello celebrato a Padova diventerà una sorta di processo esemplare. Da una parte. E di maxi-processo, dall'altra. La procura padovana, su provvedimento della Cassazione, ha infatti avocato a sé tutti i casi di morti da amianto in Marina: una scia lunga dieci anni, che conta almeno 500 decessi e per la quale i PM Maurizio Block e Sergio Dini attribuiscono responsabilità precise a chi stava ai vertici della Marina militare negli anni in cui le navi – soprattutto cannoniere e dragamine di provenienza americana – solcavano i mari e intanto bombardavano la salute di chi era a bordo. Macchinari, tubature, cabine: tutto, di quelle imbarcazioni, era rivestito con il minerale tossico (...)»;
          le agenzie di stampa riportano che la sentenza del processo penale che vede coinvolti alti ufficiali della Marina militare è attesa per il 22 marzo 2012;
          la legge 27 marzo 1992, n.  257 ha fissato le norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto;
          l'articolo 20, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n.  183 ha tutelato gli alti ufficiali nel disporre che «Fermo restando il diritto al risarcimento del danno del lavoratore, le norme aventi forza di legge emanate in attuazione della delega di cui all'articolo 2, lettera b), della legge 12 febbraio 1955, n.  51, si interpretano nel senso che esse non trovano applicazione in relazione al lavoro a bordo del naviglio di Stato e, pertanto, le disposizioni penali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.  303, non si applicano, per il periodo di loro vigenza, ai fatti avvenuti a bordo dei mezzi del medesimo naviglio. I provvedimenti adottati dal giudice penale non pregiudicano le azioni risarcitorie eventualmente intraprese in ogni sede, dai soggetti danneggiati o dai loro eredi, per l'accertamento della responsabilità civile contrattuale o extracontrattuale derivante dalle violazioni dello disposizioni del citato decreto n.  303 del 1956»;
          le discutibili interpretazioni richiamate incidono su una legge delega che ha già esaurito la sua funzione dopo l'adozione attuativa, risultando di fatto inapplicabili e privi di effetti oltre che già abrogate espressamente dall'articolo 304, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81;
          la risposta all'interrogazione 4-12255 del Ministro della difesa pro tempore, pubblicata il 17 novembre 2011, riporta che «tutte le navi in linea sono in possesso di mappature amianto prodotte dal RINA (Registro Italiano Navale), dalle quali risulta che non sono state rilevate situazioni di rischio per la salute del personale e che non si rendono necessari interventi urgenti di bonifica. In relazione alle suddette mappature, è in corso, da parte degli Arsenali, l'attività di bonifica delle unità navali in occasione di soste lavori pianificate ed in aderenza ai fondi resi disponibili per ogni esercizio finanziario. Contestualmente all'attività di bonifica, sulle unità vengono effettuati controlli periodici (di massima annuali) delle fibre aerodisperse secondo un protocollo tecnico-scientifico definito in collaborazione con l'università di Genova. Ad oggi, in nessun caso sono state riscontrate situazioni di inquinamento ambientale con conseguente rischio per il personale»  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e urgente assumere un'iniziativa normativa per abrogare l'articolo 20, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n.  183;
          se non ritenga doveroso rendere pubblico il registro delle unità navali sottoposte a bonifica e/o controlli periodici, i risultati di detti controlli, le certificazioni, i costi e le eventuali azioni intraprese;
          quali siano le unità navali che risultino ancora non completamente bonificate, se siano ancora impiegate, per quali attività e quali siano le misure di prevenzione adottate per tutelare la salute degli equipaggi e del personale militare comunque imbarcato;
          dal marzo 1992 ad oggi quanti siano i militari deceduti a causa di mesotelioma e quali siano i risarcimenti economici corrisposti agli eredi o ai familiari.
(4-14374)

      Risposta. — Il testo dell'articolo 20, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n.  183 è il risultato di un ampio dibattito parlamentare che ha riguardato anche gli effetti che la norma – interpretativa delle disposizioni emanate in base alla delega di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 12 febbraio 1955, n.  51 – avrebbe prodotto una volta approvata ed ha tenuto conto, altresì, dei rilievi, dei chiarimenti e delle indicazioni formulati dal Presidente della Repubblica in sede di rinvio alle Camere del testo originariamente approvato dalle stesse.
      In considerazione di ciò, non si ravvisa l'esigenza di una iniziativa normativa tesa all'abrogazione del richiamato articolo 20, come richiesto dall'interrogante.
      Quanto, invece, all'attività di bonifica e di aggiornamento delle mappature delle singole unità navali, nel confermare quanto riportato nell'interrogazione n.  4-12255, cui fa riferimento l'interrogante, faccio presente che, ad oggi, il piano attuato dalla Marina militare per la risoluzione del problema della presenza di amianto a bordo delle unità navali è nel pieno della sua fase esecutiva e procede regolarmente, sulla base della documentazione di mappatura prodotta dal Registro italiano navale (Rina).
      L'attività sinora svolta ha permesso di bonificare completamente il 20 per cento e, parzialmente, il 44 per cento delle 155 unità con presenza di materiali contenenti amianto a bordo, attualmente in servizio con equipaggio fisso, nonché di avviare ulteriori attività di bonifica, tuttora in corso, la quale avviene, principalmente, nell'ambito delle soste manutentive programmate delle unità.
      Anche l'ambiente circostante è sottoposto a verifiche periodiche (di massima annuali) per accertare l'assenza di pericolosità per la salute del personale imbarcato (rilievo delle fibre aerodisperse, secondo un protocollo stabilito dall'Università di Genova) e ogni unità navale è dotata di specifici dispositivi di protezione individuale per le fibre di amianto, nonché di un definito protocollo d'intervento, da attuarsi nel caso si verifichino avarie a carico di impianti o componenti con materiali contenenti amianto.
      Le unità navali ancora non completamente bonificate vengono utilizzate nelle varie attività addestrative e operative, in quanto l'amianto, ove presente, risulta adeguatamente confinato e incapsulato, ferma restando, ovviamente, l'adozione delle richiamate misure a tutela della salute del personale imbarcato.
      Devo osservare, in proposito, che ai sensi della normativa vigente, è vietata la divulgazione dei dati di dettaglio richiesti dall'interrogante, in quanto si riferiscono a unità militari e alla loro efficienza; peraltro, tali dati sono stati e continuano ad essere puntualmente forniti, su specifica richiesta, alle autorità giudiziarie titolari di indagini riguardanti decessi per malattie derivanti da esposizione a fibre di amianto.
      Con riferimento ai militari deceduti per mesotelioma dal 1992 ad oggi, vorrei, in primo luogo chiarire che l'oncogenesi della malattia – che rappresenta una delle più gravi patologie asbesto-correlate – impiega un periodo che oscilla tra i 15 e i 35 anni per sviluppare una massa tumorale di entità tale da consentirne l'individuazione.
      Dunque, considerato che l'amianto è stato utilizzato in diversi settori dell'industria – compresa la cantieristica navale civile e militare – almeno fino alla metà degli anni ottanta, i casi di neoformazioni ad oggi registrati sono riconducibili al periodo antecedente la conoscenza della pericolosità di tale minerale, il cui utilizzo è stato vietato solo con la legge n.  257 del 1992, dopo esserne stata accertata la nocività per la salute dell'uomo.
      Dopo l'entrata in vigore della citata legge, la Marina militare (che aveva, comunque, intrapreso azioni per il contenimento dell'utilizzo del minerale in questione già quando, nel 1986, l'allora Ministero della sanità emanò la prima circolare che vietava l'utilizzo dell'amianto nelle scuole e negli ospedali) non ha più impiegato materiali contenenti amianto.
      Ciò premesso, ad oggi, risultano 54 casi di decesso per mesotelioma, tra il personale militare e civile.
      Nei confronti delle famiglie e del personale, non solo deceduto per mesotelioma, ma anche affetto da varie patologie asbesto-correlate, viene attuata da parte della Marina militare una capillare e attenta assistenza, in particolare per l'avvio del procedimento previsto per la verifica del diritto alla corresponsione dei benefici (economici e non) spettanti agli «equiparati alle vittime del dovere», applicabile ai casi in questione in base alla prassi amministrativa posta in essere dal comitato di verifica per le cause di servizio e confermata dal parere del Consiglio di Stato in data 4 maggio 2010.
      Il comma 1 dell'articolo 20 della legge n.  183 del 2010, ha previsto, inoltre, l'incremento di 5 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005, n.  266, per la progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere ed equiparati.
      Allo scopo di sottolineare che tale incremento dell'autorizzazione di spesa, attuato con fondi dello stato di previsione della Difesa, è destinato alle cosiddette «vittime dell'amianto» delle Forze armate, è stato presentato in Assemblea l'ordine del giorno 9/1441-quater-F/6, accolto dal Governo, con il quale lo stesso si impegna a destinare prioritariamente i fondi stanziati dal comma 1 dell'articolo in esame al personale che abbia contratto infermità a causa dell'esposizione all'amianto su mezzi o in infrastrutture militari nei quali era documentata la presenza di amianto.
      Viene, altresì, fornita assistenza per l'avvio dell’iter amministrativo teso al riconoscimento delle patologie sofferte quali dipendenti da causa di servizio, anche ai fini della corresponsione del trattamento di pensione privilegiata e dell'equo-indennizzo.
      Per quanto attiene ai benefici indennitari previsti a favore degli eredi o dei familiari del personale deceduto per mesotelioma, sono pervenute alla direzione generale competente in materia 141 istanze, volte ad ottenere, in qualità di «equiparati» alle vittime del dovere, i benefici di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  243 del 2006 e successive modificazione e integrazioni, di cui :
          65 già esaminate favorevolmente dal comitato di verifica per le cause di servizio;
          3 definite anch'esse in senso favorevole dal comitato, cui però non è seguita la concessione dei benefici avendo i superstiti, in sede di transazione, rinunciato ai benefici stessi;
          9 per le quali il Comitato si è espresso negativamente circa la dipendenza e/o riconducibilità della patologia alle particolari condizioni ambientali od operative;
          23 si trovano attualmente presso il Comitato per l'emissione del prescritto parere;
          27 in corso di istruttoria.
      Riguardo alle 65 posizioni per le quali il comitato si è espresso favorevolmente, aggiungo che per 30 è stato già emanato il decreto concessivo della speciale elargizione, mentre per le restanti 35 sono in corso di emissione i relativi provvedimenti.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      GENOVESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il mandato dell'attuale presidente dell'attuale autorità portuale di Messina, professor ingegner Dario Lo Bosco, è scaduto;
          la legge n.  84 del 1994, che istituisce le autorità portuali, prevede che «il presidente è nominato previa intesa con la Regione interessata, con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura»;
          le designazioni previste dalla legge sono già state effettuate;
          il porto di Messina, area di competenza della suddetta autorità versa in uno stato di crisi occupazionale senza precedenti e senza prospettive di ripresa;
          in seguito al fallimento della Smeb, che aveva in concessione i cantieri navali siti nella zona falcata di Messina, nel 2006 l'autorità portuale e l'ente porto congiuntamente pubblicavano un bando di gara per la concessione del cantiere e degli impianti in stesso contenuti;
          tra autorità portuale ed ente porto è in atto un contenzioso sulla proprietà delle aree in oggetto e tale circostanza ha giustificato la gestione congiunta della gara ad evidenza pubblica sopra citata;
          la Palumbo S.p.a. si è aggiudicata la concessione del cantiere avendo presentato un'offerta che prevedeva investimenti per 15 milioni di euro per la riqualificazione e l'ammodernamento di alcune parti del bacino ed il riassorbimento degli operai del cantiere ex Smeb con una progressiva assunzione di personale fino a 165 unità lavorative;
          da alcuni mesi gli operai del cantiere, che attualmente sono circa 40, denunciano lo stato di abbandono in cui versa una parte consistente del bacino che ancora oggi non è stata oggetto dell'intervento di riqualificazione previsto nell'offerta della Palumbo spa;
          vi sono gravi preoccupazioni che la Palumbo spa non voglia investire risorse nel cantiere storico messinese ed allo stesso tempo sembra molto residuale l'arrivo nel bacino di navi per lavorazioni e manutenzioni;
          i lavoratori portuali e le forze sociali hanno più volte evidenziato il mancato rispetto degli impegni assunti dalla Palumbo spa all'atto della concessione e messo in dubbio la reale volontà dell'azienda di investire sul cantiere in oggetto;
          il presidente dell'autorità portuale di Messina, professor ingegner Darlo Lo Bosco, è stato di recente nominato al vertice di RFI;
          il sovrapporsi di incarichi e la situazione di precarietà, determinatasi alla scadenza del mandato per effetto delle successive proroghe dello stesso, hanno reso oggettivamente meno efficace e puntuale l'azione dell'attuale presidente  –:
          se ritenga opportuno approvare con la necessaria sollecitudine il decreto di nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Messina;
          se ritenga opportuno, alla luce della situazione sopra evidenziata, nominare un soggetto dotato, oltre che di specifiche competenze, anche di una particolare conoscenza delle problematiche di questo territorio, che possa dedicarsi a tempo pieno all'incarico che gli verrà affidato.
       (4-13934)

      Risposta. — Ai sensi della legge n.  84 del 1994 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha esaminato i requisiti professionali di cui alla terna dei nominativi prodotti dalla regione siciliana in relazione alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Messina.
      Il capitano di vascello (CP) Antonio De Simone, nell'ambito dei nominativi di cui alla citata terna, è stato ritenuto in possesso dei requisiti prescritti per poter assolvere al suddetto mandato e, pertanto, nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in data 18 giugno 2012, visti i pareri favorevoli delle competenti Commissioni parlamentari, presidente dell'autorità portuale di Messina per la durata di un quadriennio a decorrere dalla data di notifica del decreto stesso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 19 luglio 2011 alcuni giovani del centro sociale Foa Boccaccio di Monza hanno fatto irruzione nella sala del consiglio comunale della città, interrompendo la seduta sul piano di governo del territorio e hanno cominciato a leggere, con un megafono, un comunicato di protesta contro gli sgomberi dell'amministrazione;
          a seguito di tale irruzione, si è arrivati allo scontro fisico con i vigili e la guardia giurata che controlla gli ingressi in municipio;
          i giovani sono poi riusciti a divincolarsi e a scappare fuori dall'aula; all'uscita del comune, però, sono stati fermati dalla guardia giurata, che li ha bloccati con forza;
          i giovani hanno reagito con violenza ed è nata una rissa con pugni e calci tra i giovani del centro sociale, la guardia giurata e un paio di vigili;
          la guardia giurata ha riportato un trauma facciale ed escoriazioni varie e anche il vigile che era in consiglio ha avuto 10 giorni di prognosi per l'aggressione;
          quanto accaduto è il segnale che serve un intervento urgente, prima che la situazione degeneri, affinché i responsabili siano identificati, denunciati e sottoposti a pene certe  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e del perdurare della situazione di tensione a Monza e se non ritenga opportuno intervenire affinché le forze dell'ordine possano procedere celermente nell’iter di denuncia e identificazione dei responsabili dei fatti di cui in premessa. (4-12833)

      Risposta. — Il 19 luglio 2012, nel corso di una riunione del consiglio comunale di Monza, circa trenta giovani – aderenti e simpatizzanti del centro sociale «FOA Boccaccio» – sono entrati nell'area destinata al pubblico della sala delle adunanze del palazzo civico per assistere ai lavori di una riunione del consiglio comunale. Un loro portavoce ha letto un comunicato di protesta per l'assenza di «spazi sociali di aggregazione» e per i recenti sgomberi di occupazioni abusive effettuati dalle forze dell'ordine. Ciò ha indotto il presidente del consiglio a sospendere la seduta.
      Il personale della polizia locale ha, quindi, accompagnato fuori dalla sala i contestatori e, nella ressa, una guardia particolare giurata è stata colpita da un pugno. Prima che si disperdessero per le vie del centro, operatori della polizia di Stato riuscivano a fermare e identificare quattro dei ragazzi che avevano dato vita alla protesta.
      La seduta è proseguita in modo regolare. Il giorno successivo, il commissariato di pubblica sicurezza di Monza ha segnalato i fatti all'autorità giudiziaria, alla quale è stata indirizzata in data 22 luglio 2012 anche una formale comunicazione di reato da parte del comando della polizia locale.
      Il procedimento penale instaurato a seguito della predetta notizia di reato è stato, tuttavia, archiviato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      JANNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          sono le famiglie, e soprattutto le donne, a sostenere la gran parte delle attività di supporto ai pazienti oncologici: assistenza in casa, accompagnamento, visite in ospedale. E, di questo impegno, pagano le conseguenze, ancora molto sottovalutate, sia sul lavoro che sulla propria salute. L'impatto del tumore sulla vita non solo del malato ma anche di chi si prende cura di lui, i cosiddetti caregivers, emerge chiaramente dall'indagine del Centro studi investimenti sociali (Censis) «Ad alta voce, i bisogni e le aspettative dei malati di cancro e delle famiglie», condotta in collaborazione con la Federazione italiana delle associazioni del volontariato oncologico-Favo, su un campione di oltre mille pazienti oncologici e di 700 caregivers;
          secondo gli esiti della ricerca, nella maggioranza dei casi (56 per cento sono le donne il primo riferimento dei malati per risolvere le tante esigenze e criticità che la malattia mette all'ordine del giorno. Oltre la metà dei caregivers sono coniugi o conviventi; in un caso su tre hanno più di 60 anni e in uno su quattro hanno un'età tra i 40 e i 59. «Soprattutto, — dice Francesco De Lorenzo, presidente della Favo – più della metà di queste persone ha un lavoro al momento della diagnosi di cancro del loro parente, ma finiscono in prima linea nell'assistenza, giorno e notte, con un'impennata delle assenze lavorative e uno stress enorme che mette a dura prova la loro condizione fisica e psicologica». Il 29 per cento degli intervistati dichiara infatti di avere riscontrato impatti negativi sulla propria salute, come stati di ansia, tristezza e alterazioni del sonno. Un mix esplosivo: oltre il 59 per cento dei familiari di malati di tumore deve a sua volta assumere farmaci, poco più del 29 per cento ha bisogno di rivolgersi a specialisti, il 4 per cento ha subito ricoveri;
          familiari e malati vanno incontro a peggioramenti in ufficio e delle proprie condizioni economiche: l'8 per cento dei caregivers ha una diminuzione di reddito (in media del 30 per cento), il 5,5 per cento perde il posto, il 2 per cento chiede di andare in pensione. Le spese, invece, aumentano, pesando sul bilancio domestico. «Esistono precise leggi a tutela dei lavoratori malati e dei loro familiari, — ricorda l'avvocato Elisabetta Iannelli, presidente della Associazione italiana malati di cancro, associazione di malati da anni impegnata a sollecitare norme a garanzia dei diritti di chi deve fare i conti con il cancro — ma troppo spesso gli interessati stessi non ne sono informati. Ci sono norme che prevedono, ad esempio, il passaggio al part-time, avvicinamenti di sede, permessi e congedi straordinari che consentono di mantenere la retribuzione e di riuscire ad affrontare con un po’ più di serenità le fasi critiche della malattia». Manca invece completamente una prassi aziendale standard che agevoli la gestione di questi casi in ufficio. «Le storie che malati e caregivers raccontano parlano spesso di sofferenze e pregiudizi subìti in ambito professionale – dice Lucia Giudetti Quarta, presidente della Fondazione Giancarlo Quarta Onlus, che indaga da tempo sulle problematiche aziendali nella gestione dei malati critici e di chi li accudisce –. Avrebbero invece bisogno di poter parlare apertamente con i «capi» dei problemi legati alla malattia e delle loro necessità. Basterebbero un colloquio iniziale e verifiche successive per valutare la situazione insieme e decidere come organizzare turni e prestazioni, con maggiore tranquillità per tutti  –:
          quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare al fine di migliorare le condizioni lavorative ed economiche di coloro che si prendono cura di persone gravemente ammalate. (4-14953)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiede di conoscere quali iniziative normative il Governo intenda adottare per migliorare le condizioni lavorative ed economiche di coloro che si prendono cura di persone «gravemente ammalate», sulla base degli elementi informativi forniti dai competenti uffici del Ministero del lavoro, si rappresenta quanto segue.
      In via preliminare, si evidenzia che con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2010, n.  277 («Regolamento recante criteri e modalità per la concessione dei contributi di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n.  53») sono stati previsti i criteri e le modalità per la concessione di contributi in favore di quelle aziende che applichino accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità di orario (come del resto già disciplinato dall'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n.  53).
      In proposito si fa presente che l'articolo 46 del decreto legislativo 10 febbraio 2003, n.  276 («Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n.  30»), nel modificare il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.  61, ha disposto che il lavoratore o la lavoratrice che assistano familiari affetti da patologie oncologiche, possono richiedere la trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
      Occorre sottolineare inoltre che il 22 dicembre 2010 è stato sottoscritto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo di cooperazione strategica con la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO) e l'Associazione italiana malati di cancro (AIMaC) con il quale si prevede, fra l'altro, un impegno delle parti per la realizzazione di progetti condivisi e concreti volti a sostenere le lavoratrici e i lavoratori affetti da patologie oncologiche e invalidanti, avendo cura di fornire – anche tramite specifiche attività formative e informative – una conoscenza immediata e qualificata delle tutele e delle garanzie che la normativa offre sul luogo di lavoro.
      A tal fine, è stato istituito un tavolo di coordinamento nazionale, costituito dai rappresentanti dell'ufficio della consigliera nazionale di parità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; nonché di FAVO, AIMaC, CGIL, CISL, UIL, UGL, CONFSAL, KOMEN ITALIA, che ha elaborato un opuscolo informativo, da divulgarsi nei luoghi di lavoro, negli ambulatori medici e negli ospedali, che indica, con semplicità e chiarezza, i passi da compiere per tutti coloro che – lavoratrici, lavoratori e loro familiari – devono affrontare un momento così delicato e difficile della vita qual è la condizione di chi è colpito da una malattia oncologica.
      Nell'opuscolo vengono indicate le disposizioni normative di riferimento; le informazioni per i casi in cui la patologia oncologica sia connessa alla malattia professionale; le procedure da osservare per il riconoscimento dello stato di invalidità e/o di handicap, nonché i soggetti cui rivolgersi per ricevere ulteriori informazioni.
      La brochure è stata stampata in 15.000 copie ed è stata distribuita presso le sedi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nei centri per l'impiego, nelle sedi dei patronati, nelle asl e negli ospedali, con l'obiettivo di consegnarla, in seguito, unitamente alla copia del contratto di lavoro.
      Al riguardo sembra importante precisare che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha già sostenuto iniziative volte ad agevolare la conciliazione tra lavoro e famiglia. In particolare con l'avviso comune del 7 marzo 2011 (sottoscritto dal Ministro pro tempore e dai rappresentanti delle parti sociali) è stato evidenziato come, nell'ambito della possibilità di adottare buone pratiche nei diversi segmenti del rapporto di lavoro e degli istituti ad esso connessi, esistano differenti modalità di espletamento temporaneo della attività lavorativa da concordare con il datore di lavoro in presenza di documentata grave infermità di un familiare. I soggetti firmatari del suddetto avviso si sono impegnati, fermi restando gli assetti della contrattazione collettiva come definiti da ciascun attore negoziale, a valorizzare, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive e le dimensioni aziendali, le buone pratiche di flessibilità family-friendly e di conciliazione esistenti.
      Con riguardo, infine, ad eventuali misure in materia, occorre tener conto, pur nella consapevolezza del grande rilievo di un intervento in tal senso, dei connessi profili finanziari.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      MANCUSO e PORCU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          i disabili in Italia sono oltre 6 milioni;
          si è ormai nel pieno della stagione estiva e gli organi di informazione segnalano numerosi casi di disabili che denunciano diversi disagi nel viaggiare in Europa con il proprio mezzo o che addirittura vi rinunciano per le problematiche che dovrebbero affrontare a causa della mancanza di un contrassegno unificato disabili europeo;
          l'Italia ha accolto nel 2010, con 12 anni di ritardo, la raccomandazione del Consiglio europeo sul contrassegno unificato disabili europeo;
          il 28 luglio 2010 veniva, infatti, approvata in via definitiva la legge n.  120 del 2010, che modificava la norma sulla privacy che impediva l'adozione del contrassegno in Italia, in quanto recante simboli contrari alla tutela della privacy;
          la nuova legge, però, non reca indicazioni temporali sull'emanazione del necessario regolamento di attuazione da parte del Ministro dei Trasporti;
          a un anno di distanza il regolamento è ancora mancante e la legge n.  120 del 2010 inapplicabile, creando rilevanti disagi ai disabili italiani che si volessero recare in Europa con il proprio mezzo;
          ad oggi il rilascio del contrassegno è di competenza di ogni singolo comune, con evidenti disallineamenti normativi tra una zona e l'altra del Paese  –:
          entro quali termini temporali il Governo intenda assicurare l'emanazione del regolamento di attuazione necessario.
(4-12779)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il Consiglio dei ministri del 25 maggio 2012 ha approvato, in via definitiva, dopo il parere del Consiglio di Stato, il decreto del Presidente della Repubblica recante «modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495, concernente l'esecuzione e l'attuazione del nuovo Codice della strada, in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per facilitare la mobilità delle persone invalide». Tale regolamento consente l'adozione di un contrassegno unico di tipo europeo valido in tutti i Paesi della Comunità europea.
      Ad oggi, il provvedimento deve essere sottoscritto dal Capo dello Stato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, dopo la prescritta registrazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      MINARDO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          risulta imminente la chiusura della stazione dei carabinieri di Frigintini, popolosa frazione del comune di Modica (Ragusa), avverso la quale è in atto una mobilitazione da parte dei cittadini, supportata anche da alcuni rappresentanti delle istituzioni locali;
          la stazione è l'unico presidio militare presente da oltre settant'anni nella zona;
          il presidio dei carabinieri è ubicato in una frazione andata sempre più densamente popolandosi – oggi conta circa 5.000 abitanti – nella quale sono presenti anche uno sportello bancario ed uno sportello postale;
          il territorio di competenza della stessa stazione è sede di non meno di 300 aziende agricole, zootecniche ed artigianali;
          l'Arma dei carabinieri rappresenta una delle istituzioni più vicine ai cittadini e un'espressione significativa della presenza dello Stato sul territorio  –:
          se sia fondata la notizia della imminente chiusura della stazione dei carabinieri di Frigintini;
          se non si ritenga necessario valutare la possibilità di mantenere un presidio presente da oltre 70 anni, in un territorio in continua via di sviluppo economico, scongiurando le eventuali conseguenze negative di carattere sociale, di sicurezza e di tutela dell'ordine pubblico;
          se, in caso affermativo, si intenda garantire la presenza di forze dell'ordine nella suddetta frazione. (4-12432)

      Risposta. — Il Comando generale dell'Arma di carabinieri procede sistematicamente ad adeguare la distribuzione dei presidi sul territorio, privilegiando le aree maggiormente interessate da problematiche di sicurezza con una loro mirata ricollocazione, in piena sintonia con le altre forze di polizia e con gli orientamenti dei prefetti.
      In tale quadro, nel dicembre 2010 – con il preventivo benestare del prefetto di Ragusa, che ha valutato le buone condizioni dell'ordine e della sicurezza pubblica in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica – sono state avviate le procedure per la soppressione della stazione carabinieri di Frigintini, accasermata in uno stabile di proprietà privata in mediocri condizioni d'uso (con un solo alloggio di servizio) e competente su parte del comune di Modica nel cui ambito operano anche una Compagnia Carabinieri, altre due Stazioni dell'Arma nonché un Commissariato della Polizia di Stato.
      Il provvedimento è stato definitivamente attuato in data 5 novembre 2011 ed ha comportato l'assegnazione del territorio di pertinenza alla contermine stazione di Modica che è stata, all'uopo, potenziata con 3 unità; il dispositivo risultante è ora caratterizzato da assetti più aderenti alle esigenze locali, anche attraverso il recupero di unità prima non impiegate in attività esterne che, al contrario, sono adesso dedicate al controllo del territorio.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      NOLA e BECCALOSSI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          su specifica indicazione del dipartimento di pubblica sicurezza, ufficio per gli affari della polizia amministrativa, alcuni uffici territoriali del Governo, in presenza di istanza di esportazione di munizioni per il tiro a volo, richiedono all'azienda esportatrice di depositare copia della corrispondente licenza di importazione rilasciata dal Paese di destinazione legalizzata dalle autorità diplomatiche italiane e tradotta mediante traduzione asseverata;
          tale prassi viene giustificata dalla presunta necessità di applicare la legge 16 marzo 2006, n.  146, di attuazione del Protocollo contro la fabbricazione ed il traffico illecito di armi da fuoco e di loro parti, elementi e munizioni dell'ONU. In realtà, la predetta legge non prevede alcun obbligo del genere né tale obbligo esiste in alcuno dei Paesi che hanno firmato e ratificato il Protocollo;
          tale prassi che appare illegittima ha generato praticamente il blocco delle esportazioni verso i Paesi extraeuropei, poiché i clienti stranieri trovano gravosa la legalizzazione presso le rappresentanze diplomatiche e preferiscono acquistare le merci altrove, con perdita di quote di mercato a favore degli altri Paesi produttori comunitari (Francia, Germania, Spagna), che non sono soliti applicare misure che limitino illegittimamente le loro esportazioni;
          l'esportazione delle cartucce per caccia e tiro sportivo viene inoltre equipara alle armi militari, poiché – unico caso in Europa – vi vengono applicate, in modo che suscita molte perplessità sul piano della legittimità, le norme europee sull'esportazione di armamenti, ad avviso degli interroganti in contrasto con due specifiche circolari del Ministro dell'interno;
          il blocco sta causando alle aziende danni per milioni di euro, poiché impedisce alle stesse di evadere i numerosi ordini provenienti dall'estero, e aggrava la situazione negativa dovuta alla crisi internazionale, mettendo in pericolo il primato italiano di primo produttore europeo di cartucce sportive;
          come è noto, la circolazione delle merci è di competenza normativa esclusiva dell'Unione europea, e risulta infatti in preparazione un regolamento europeo per l'attuazione dell'articolo 10 del Protocollo che disciplini in maniera uniforme l'esportazione delle armi e delle cartucce in tutta l'Unione. Regolare in maniera diversa la materia nelle more dell'emanazione del regolamento europeo viola il principio di leale cooperazione, oltre a svantaggiare illegittimamente le sole aziende italiane;
          per mezzo dei loro rappresentanti le imprese interessate hanno diffidato il Ministero dell'interno, ai sensi del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n.  198, al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione e la corretta erogazione del servizio;
          il termine di 90 giorni previsto dalla legge scadrà il 22 febbraio 2011, ma gli uffici preposti non hanno ancora provveduto a ripristinare una situazione di conformità alla normativa vigente, e i danni subiti dalle aziende stanno divenendo economicamente insopportabili  –:      
          quali azioni il Ministro dell'interno intenda porre immediatamente in essere, al fine di mettere fine al blocco delle esportazioni e ripristinare il pieno rispetto della normativa vigente;
          quali azioni il Ministro dell'interno intenda porre immediatamente in essere per tenere indenni le aziende dai rilevanti mancati introiti, presenti e passati;
          quali azioni la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda porre in essere al fine di tutelare le esportazioni di cartucce per il tiro sportivo, al pari con gli altri settori produttivi e in linea con le direttive generali di sviluppo del saldo attivo della bilancia dei pagamenti che il Governo sostiene. (4-10816)

      Risposta. — Il problema segnalato dall'interrogante è da considerare superato in seguito alle nuove normative emanate da questa amministrazione, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, in ordine alle procedure previste per le esportazioni verso Paesi terzi di munizioni per il tiro a volo e alla documentazione da fornire a corredo delle relative istanze.
      Questo Ministero – al fine di bilanciare le preminenti esigenze di sicurezza interna ed internazionale con gli interessi del comparto economico – ha modificato, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, la procedura seguita per le esportazioni del materiale d'armamento.
      A tal proposito, in data 11 aprile e 27 maggio 2011, sono state diramate due circolari, entrate regolarmente in vigore il 1° settembre 2011, relative alle procedure per le esportazioni di munizioni per fucili ad anima liscia.
      Esse prevedono, in luogo dell'ordinaria procedura di autenticazione presso le rappresentanze diplomatiche italiane della documentazione fornita a corredo delle istanze di esportazione, un iter semplificato di legalizzazione degli atti stranieri, già contemplata dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, da parte dell'autorità straniera a ciò preposta in ognuno degli Stati aderenti alla Convenzione.
      Inoltre, la licenza di importazione (ovvero, nei Paesi ove detta licenza non sia prevista, l'autorizzazione equipollente), da fornire a corredo delle istanze di esportazione delle munizioni, potrà anche esser presentata in copia, purché corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà emessa dal legale rappresentante della licenza di pubblica sicurezza che certifichi l'esistenza della stessa.
      Nei casi in cui emergano particolari difficoltà legate ai tempi di rilascio di tali autorizzazioni da parte del Paese terzo, potrà essere prodotto, per le esportazioni destinate a privati il certificato internazionale d'importazione oppure la dichiarazione dell'utilizzatore finale – end user statement, mentre per le esportazioni destinate ad enti governativi, dovrà essere presentato il certificato d'uso finale – end user certificate, legalizzato presso l'ambasciata d'Italia presso il Paese importatore.
      Si soggiunge, infine, che le procedure relative alla concessione delle licenze di esportazioni di armi e munizioni hanno trovato favorevole accoglimento da parte delle associazioni di categoria.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      NUCARA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          con delibera CIPE n.  49 del 29 settembre 2004 è stata finanziata la legge n.  443 del 2001 relativa al 1° programma delle opere strategiche ed in particolare lo schema idrico sulla diga del torrente Menta — 1° lotto — opere di presa, galleria di derivazione e pozzo piezometrico, lavori di completamento per un importo complessivo di euro 23.240.560,00;
          con la delibera CIPE n.  154 del 2 dicembre 2005 è stato finanziato il progetto preliminare del «Completamento dello schema idrico sulla diga del torrente Menta, la Centrale idroelettrica a condotta forzata, le opere a valle della centrale, le opere di adduzione dall'invaso sul torrente Menta». Il costo dell'intervento previsto era di euro 100.194.245,28 di cui euro 20.539.587,52 per le opere della centrale idroelettrica e della condotta forzata che erano a carico della Sorical e di euro 79.654.657,76 per le opere di adduzione a carico delle finanza pubblica e sui fondi FAS;
          con la delibera CIPE n.  7 del 16 marzo 2007 il finanziamento posto in essere con la delibera n.  154 del 2 dicembre 2005, è stato aggiornato da euro 100.194.245,28 a euro 105.033.003,54 e riguardava il progetto definitivo. Tale differenza era esclusivamente a carico della Sorical;
          i lavori previsti sono in avanzata fase di realizzazione e la percentuale complessiva ad oggi contabilizzata ammonta a circa il 90 per cento dell'opera;
          con delibera CIPE n.  62 del 3 agosto 2011 relativa alla «Individuazione ed assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del piano nazionale per il Sud» è stato previsto un ulteriore finanziamento di euro 13.000.000,00 per lavori di completamento della galleria di derivazione delle acque invasate dalla diga sul Menta, per migliorare il potabilizzatore e per realizzare il telecontrollo e il torrino piezometrico  –:
          quali siano i tempi di trasferimento delle risorse alla regione Calabria, in considerazione del fatto che il progetto della diga sul Menta è nato più di trent'anni fa all'interno del cosiddetto «progetto speciale 26», messo in cantiere dall'allora Cassa per il Mezzogiorno dopo uno ponderoso studio sul piano acque Calabria che riguardava l'assetto di tutto il sistema idrico calabrese;
          se tali risorse siano da considerare fuori dal patto di stabilità e quindi con possibilità di spesa immediata;
          se non ritengano che la stessa diga sul Menta, pensata per soddisfare una città di 200 mila abitanti, non sia ormai insufficiente in vista della realizzazione di Reggio Città metropolitana che coinvolgerà necessariamente una popolazione di circa mezzo milione di persone;
          se e quali iniziative intendano adottare affinché i cittadini di Reggio Calabria possano usufruire nel più breve tempo possibile dell'acqua invasata del Menta, al fine di rendere produttivo un investimento milionario che non viene definito soltanto perché manca la costruzione di qualche centinaio di metri di condotta. (4-15619)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 15 maggio 2012, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Si premette che le competenze istituzionali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti afferiscono esclusivamente alla istruttoria ed approvazione in linea tecnica dei progetti delle opere di sbarramento, alla vigilanza sui relativi lavori di costruzione e quindi sul successivo esercizio, finalizzate alla salvaguardia della pubblica incolumità.
      Ciò premesso, in merito alla realizzazione delle opere di derivazione, sulla base delle informazioni acquisite dai soggetti interessati, si fa presente che i relativi lavori risultano sospesi dall'estate 2011 per mancanza di pagamenti agli esecutori.
      In ordine al relativo stato di attuazione, si precisa che l'opera di derivazione risulta completata per circa il 95 per cento. A valle della stessa è stata ultimata la galleria, tuttavia risultano ancora mancanti la porzione centrale di condotta forzata e la torre piezometrica. Sono, invece, già stati installati la centrale elettrica (compresa la turbina) e il potabilizzatore. Inoltre si informa che la rete di distribuzione fino a Reggio Calabria è stata completata, a meno di qualche nodo terminale.
      In merito al serbatoio realizzato con la diga del Menta, si evidenzia che il suddetto è nella fase degli invasi sperimentali, avviati dal concessionario nel dicembre 2009 a seguito di reiterati solleciti da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che sono stati ad oggi autorizzati fino alla quota 1400.00 metri sopra il livello del mare, interessando un'altezza d'acqua (misurata dal punto più depresso dell'alveo naturale in corrispondenza del paramento di monte) di 50.5 metri e un volume d'invaso pari a circa 5.02.106 metri cubi a fronte di una quota massima di regolazione pari a 1424.50 metri sopra il livello del mare cui corrisponde un volume d'invaso di circa 18.1.10’ metri cubi ed un tirante idrico di circa 75 metri.
      Per rispondere, invece, ai quesiti di carattere finanziario dell'opera posti dall'interrogante, sono stati richiesti dettagliati chiarimenti al Ministero dell'economia e delle finanze, che ha evidenziato quanto segue.
      Le risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) assegnate dalla delibera CIPE n.  62 del 2011 alla regione Calabria per il completamento dell'opera in oggetto potranno essere trasferite al pertinente capitolo di gestione del Ministero dello sviluppo economico, e quindi erogate alla regione Calabria, previa richiesta di variazione di bilancio da parte del competente Ministro per la coesione territoriale.
      Tutte le risorse del FSC trasferite alle regioni per la realizzazione degli interventi ricompresi nel «Piano Sud» potranno essere utilizzate dalle medesime nel rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, come specificato nel punto 13 della citata delibera n.  62 del 2011.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      PALAGIANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nella notte tra giovedì 2 e venerdì 3 febbraio 2012 è iniziata una delle più intense nevicate mai registrate nella provincia sud di Roma negli ultimi 50 anni, che ha colpito, in maniera particolare, i comuni di Labico, Valmontone, Palestrina e San Cesareo;
          l'evento era stato ampiamente previsto dalle stazioni meteorologiche e gli allarmi sui media locali e nazionali erano arrivati con molti giorni di anticipo;
          alcune carenze organizzative e di mezzi sono state solo parzialmente compensate da un oggettivo e diffuso impegno da parte di molti cittadini, amministratori locali, volontari della protezione civile;
          una delle maggiori criticità per i paesi sopracitati è stata determinata dall'insensata decisione di convogliare il traffico autostradale pesante dalla Al alla via Casilina, strada a ridosso della quale i comuni sorgono e si sono sviluppati;
          la scelta si è rivelata ad avviso dell'interrogante subito irresponsabile, poiché chi ha assunto quella decisione, ritenendo che un'arteria stradale dotata di tre corsie per senso di marcia, oltre a quella di emergenza, di aree di sosta e di servizio, nonché di squadre di uomini e mezzi antineve, non fosse in grado di sopportare il carico veicolare in quella circostanza, avrebbe dovuto rendersi conto che incanalare il traffico autostradale pesante in una semplice strada regionale a due corsie avrebbe causato conseguenze ben peggiori;
          appare chiaro che in questo modo si è voluto raggiungere il solo evidente scopo di scaricare su terzi — in primis le amministrazioni dei comuni attraversati dalla Casilina — l'onere di gestire una simile contingenza;
          le conseguenze sono tristemente note: il principale asse di collegamento dei piccoli comuni della zona è rimasto bloccato, in corrispondenza del centro abitato di Labico, per quasi 24 ore da diversi TIR che sono rimasti letteralmente «intrappolati», rendendo pressoché inaccessibili vaste aree del paese, con disagi e problemi per l'intera cittadinanza  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra descritta e se non intenda attivarsi per accertare le responsabilità di quella che all'interrogante appare una scriteriata, decisione, che ha portato un grosso disagio alla popolazione di molti comuni casilini, isolandoli, di fatto, per oltre 24 ore;
          se non ritenga che, almeno per il futuro, eventuali decisioni di incanalamento del traffico pesante in arterie minori debbano essere stabilite d'intesa con prefettura, polizia stradale e amministrazioni locali interessate, e comunque, nei casi di particolare emergenza, se non sia più opportuno disporre il blocco dei mezzi pesanti, individuando aree di sosta dove poter svolgere eventuale assistenza, come non è stato fatto nel tratto della A1 interessato. (4-14870)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Le forti nevicate registrate nelle regioni dell'Italia centrale nel mese di febbraio 2012 hanno interessato, in particolare, alcune tratte autostradali dell'autostrada A1 Milano-Napoli, dell'autostrada A14 Bologna-Taranto, dell'autostrada A24 Roma-Teramo e l'autostrada A25 Torano-Pescara.
      La società Anas ha comunicato che la rete autostradale è risultata sempre agibile, sia pur con alcune limitazioni; difatti dal 3 al 5 febbraio 2012, sulle suddette tratte autostradali le società concessionarie hanno impiegato oltre 3000 uomini e 1500 automezzi.
      Un significativo contributo alla gestione dell'emergenza meteo è stato assicurato, altresì, dalle ordinanze di blocco alla circolazione dei mezzi pesanti di peso superiore alle 7,5 tonnellate che hanno evitato il ripetersi di criticità riscontrate negli anni precedenti.
      In data 3 febbraio 2012 l'ispettorato di vigilanza delle concessioni autostradali dell'Anas (IVCA) ha immediatamente inviato il proprio personale sulla tratta A1, interessata dai disagi, affinché verificasse direttamente l'operato della società concessionaria.
      Contestualmente, è stata aperta dal medesimo ufficio una procedura d'ispezione nei confronti di Autostrade per l'Italia Spa, notificata il 3 febbraio 2012, per verificare la congruità e la conformità, alle prescrizioni contenute nel piano neve, degli interventi eseguiti per fronteggiare l'evento nevoso.
      A seguito della trasmissione della documentazione, richiesta alla società concessionaria, l'IVCA ha ritenuto necessario richiedere ulteriori chiarimenti, anche a seguito di una riunione in contraddittorio, svoltasi il 27 febbraio 2012.
      Attualmente è ancora in corso l'istruttoria dell'IVCA per verificare l'operato della società concessionaria e accertare eventuali responsabilità.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      PICCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il recente incidente avvenuto a Sierre in Svizzera, che ha provocato la morte di ventidue bambini, in cui un pullman si è schiantato contro il muro di una piazzola di sosta all'interno di una galleria autostradale ha evidenziato come i muri delle piazzole di sosta dentro i tunnel autostradali siano evidentemente mortali, perché rivolti verso il senso di marcia degli autoveicoli;
          gallerie con piazzole di sosta simili a quelle di Sierre sono estremamente diffuse nella nostra rete autostradale e viaria;
          l'eliminazione degli spigoli vivi e l'utilizzo di materiale più morbido dove adesso c’è il nudo cemento sarebbero precauzioni raccomandabili per prevenire gli incidenti e che certamente avrebbero potuto attenuare il bilancio di vittime a Sierre  –:
          se non ritenga opportuno censire tutte le piazzole di sosta all'interno dei tunnel autostradali e viari italiani che abbiano le caratteristiche di rischio descritte in premessa;
          quali iniziative normative e regolamentari intenda adottare per segnalare adeguatamente il pericolo all'interno delle gallerie e far adottare ai gestori delle strade tutti gli accorgimenti tecnici per l'eliminazione degli spigoli e più in generale per la prevenzione di altri incidenti simili. (4-15380)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      La sicurezza delle gallerie stradali della rete Trans european road network (TERN) ha come norma di riferimento il decreto legislativo n.  264 del 2006 in attuazione della direttiva 2004/54/CE. In particolare, l'articolo 4 del citato decreto legislativo indica come autorità amministrativa la commissione permanente per le gallerie presso il consiglio superiore dei lavori pubblici. La direzione generale per la sicurezza e la vigilanza sulle infrastrutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha competenze sulla sicurezza delle infrastrutture, collabora in stretto rapporto con la suddetta commissione per i principali aspetti della sicurezza delle gallerie stradali, nonché per l'attività ispettiva delle gallerie della rete TERN gestita dall'ANAS.
      In tale quadro, si comunica che all'interno del decreto legislativo n.  264 del 2006 non sono presenti particolari indicazioni in merito alla problematica della protezione dei muri o spigoli delle piazzole di sosta all'interno delle gallerie stradali, né finora era stato approfondito tale aspetto a causa della bassa probabilità di tali eventi.
      A seguito del tragico incidente svizzero citato dall'interrogante, è stata subito posta la massima attenzione alla problematica in questione. In particolare, si informa che la commissione permanente per le gallerie, ha istituito un apposito gruppo di lavoro formato di esperti del settore, per esaminare la situazione esistente nelle gallerie della rete ANAS e dei concessionari autostradali e trovare se possibile i più idonei accorgimenti per migliorare la situazione esistente.
      Sull'argomento l'ANAS, interessata al riguardo, ha evidenziato quanto segue.
      Per garantire agli utenti la percorribilità delle strade in assoluta sicurezza, a decorrere dal 2009, l'ANAS ha provveduto a dotarsi di linee guida per le nuove costruzioni stradali che prevedono, per le piazzole di sosta in galleria, l'installazione di strutture a profilo «redirettivo» a muretto create per proteggere gli automobilisti nel caso di impatti con i pilastri ed i muri (laterali e di contenimento) delle gallerie.
      Utilizzando tali innovazioni tecnico-costruttive, che hanno la funzione di riportare nella direzione corretta i veicoli fuori controllo, è possibile evitare ulteriori impatti del mezzo su eventuali ostacoli strutturali, causa di gravi incidenti come quello avvenuto recentemente a Sierre in Svizzera.
      Per completezza di informazione, l'ANAS ha comunicato che le gallerie realizzate precedentemente all'adozione delle linee guida sopra indicate rispondono alle norme di sicurezza in vigore all'epoca della loro realizzazione.
      Tuttavia, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti continuerà a seguire con la massima attenzione la problematica emersa anche nell'ambito delle riunioni del sopracitato gruppo di lavoro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      RAISI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a Ferrara in viale C. Battisti, via Ticchioni, via Govoni, corso Piave, viale IV Novembre, via N. Sauro, piazzale Castellina, piazzale Stazione, via Cassoli, p.tta Toti e zone limitrofe, da diversi mesi si è constatato l'aumento della permanenza di numerosi soggetti per lo più in chiara attesa di clienti di stupefacenti. Questi traffici illeciti sono svolti nelle ore del giorno e della notte con noncuranza da parte di soggetti visti dai passanti e residenti della zona che hanno presentato esposti e lettere alle autorità competenti;
          di frequente nella zona si verificano furti nei garage dove sono state rinvenute siringhe e tracce di sostanze stupefacenti presumibilmente acquistate dagli spacciatori/frequentatori della zona;
          si sono verificati casi in cui i residenti hanno provato a lamentarsi direttamente con tali soggetti chiedendo loro di spostarsi da quelle zone, ma gli stessi hanno risposto con aggressività e minacce;
          oltre al fenomeno di spaccio preme rilevare l'aumento costante del fenomeno della prostituzione. Spesso le prostitute scelgono come luogo di meretricio le scale davanti ai portoni d'ingresso dei condomini, costringendo i condomini a passare dal retro per entrare nelle loro abitazioni;
          nelle corti condominiali di viale Cesare Battisti dei civici 23, 29, 31 si trovano spesso siringhe utilizzate e persone che bivaccano e dormono nelle ore notturne, urinando a ridosso dei muri e dei portoni d'ingresso;
          alcune delle auto parcheggiate nelle vie del quartiere sono spesso rigate e segnate, prese di mira dai pusher a scopo intimidatorio per quei residenti che provano a lamentarsi direttamente con gli interessati;
          i portici delle zone sopraelencate sono impraticabili per il cattivo odore e soprattutto di sera sono invasi da prostitute e spacciatori  –:
          quali misure si intendano adottare sia per migliorare la vigilanza sia per contrastare la criminalità presente in dette zone al fine di tutelare la sicurezza degli abitanti. (4-11241)

      Risposta. — Nelle aree limitrofe alla stazione ferroviaria di Ferrara, effettivamente, esistono situazioni di degrado sociale e diffusa microcriminalità, che sono alla costante attenzione delle istituzioni.
      Per arginare tali fenomeni nel tempo sono state avviate sinergiche iniziative, sia sul piano della prevenzione e repressione dei reati sia sul fronte del dialogo con i residenti, alla ricerca di soluzioni condivise in funzione di una maggiore vivibilità del quartiere.
      Peraltro, tali interventi sono stati potenziati a seguito della sottoscrizione del «patto per Ferrara Sicura», documento siglato da prefettura e comune di Ferrara il 31 gennaio 2011.
      Nell'area citata – che risulta essere una delle più vigilate dell'intera città e dove è attivo da tempo il servizio del carabiniere/poliziotto di Quartiere – la Questura di Ferrara ha effettuato numerosi servizi straordinari di controllo del territorio, diretti a prevenire e contrastare tutti i fenomeni delittuosi, con particolare riferimento a quelli commessi contro il patrimonio, allo spaccio di sostanze stupefacenti, all'esercizio della prostituzione e dell'immigrazione clandestina.
      Grazie a tali iniziative sono stati conseguiti significativi risultati. Infatti nel periodo aprile 2011 – aprile 2012, sono stati effettuati da parte delle forze dell'ordine oltre 500 interventi che hanno consentito di identificare 740 persone, di arrestare 63 individui (59 per spaccio di sostanze stupefacenti) e di indagarne 68 (14 per spaccio di sostanze stupefacenti), nonché di sottoporre a controllo 30 esercizi pubblici.
      Inoltre, nel corso dei citati interventi sono stati sequestrati 1,250 chilogrammi di eroina, 1,300 di cocaina e 3,962 tra hashish e marijuana.
      Assicuro, infine, che l'attività di controllo del territorio continuerà con la stessa intensità al fine di contrastare ogni forma di criminalità e di tutelare la sicurezza dei cittadini di Ferrara.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      RAMPI, FIANO, MINNITI e NANNICINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  94 del 2009 e il decreto ministeriale 8 agosto 2009 disciplinano l'impiego di volontari nel controllo del territorio definendone requisiti ed ambiti;
          in base al decreto del Ministro dell'interno 8 agosto 2009, i sindaci possono attivare le procedure per avvalersi della collaborazione di associazioni di «osservatori volontari» per i quali, secondo quanto previsto dall'articolo 1, del decreto ministeriale sopra richiamato, è richiesta l'iscrizione all'elenco provinciale;
          nel mese di agosto 2008 si è costituito a Borgolavezzaro (No) il «comitato per la sicurezza e la legalità» il cui statuto, all'articolo 5, prevede quale finalità il «ripristino» della sicurezza e della legalità;
          il domicilio fiscale del suddetto comitato è stato eletto, all'atto della costituzione, presso l'abitazione dell'attuale capogruppo consiliare del gruppo «Lega Nord Saini per Borgo» e da notizie apprese da fonte giornalistica risulterebbe attualmente trasferito in via San Giuseppe n.  1 Borgolavezzaro, curiosamente lo stesso indirizzo in cui ha sede la locale sezione del Partito Lega Nord Padania;
          il gruppo dirigente del comitato risulta immediatamente riconducibile a formazioni politiche  –:
          se sussistano i requisiti per svolgere le funzioni di osservatori volontari previste dalla vigente normativa e se, in assenza di iscrizione all'albo prefettizio provinciale, gli esponenti del comitato possano indossare la pettorina ad alta visibilità recante la scritta «sicurezza e legalità» seguita dall'indicazione del comune di appartenenza nonché presenziare a pubbliche cerimonie con la suddetta divisa che, a parere degli interroganti, richiama funzioni di pertinenza esclusiva dello Stato;
          se, in assenza di certificazione dei requisiti, il comitato possa godere di finanziamenti pubblici per progetti relativi alla sicurezza integrata. (4-12884)

      Risposta. — Gli «osservatori volontari» sono previsti dal decreto del Ministro dell'interno dell'8 agosto 2009 – modificato con decreto del 4 febbraio 2010 – che stabilisce gli ambiti operativi delle associazioni, i requisiti per la loro iscrizione negli appositi elenchi provinciali, istituti in ciascuna Prefettura, e le modalità di tenuta degli elenchi. In particolare, l'articolo 1, comma 2, lettera b), del decreto prevede espressamente che tali associazioni non debbano essere espressione di partiti o movimenti politici.
      Ciò premesso, il «Comitato cittadino sicurezza e legalità», costituito il 9 aprile 2008, per iniziativa di alcuni cittadini di Borgolavezzaro, tramite il proprio presidente ha presentato, in data 22 luglio 2011, un'istanza di iscrizione nell'elenco prefettizio. Al riguardo si segnala che la relativa complessa istruttoria procedimentale è attualmente in corso.
      Ulteriori approfondimenti, peraltro, sono richiesti anche dalla circostanza che l'associazione ha sede presso una formazione politica.
      Con specifico riferimento al quesito relativo al conseguimento di finanziamenti pubblici, si rappresenta che non è richiesta l'iscrizione delle associazioni nell'elenco prefettizio. Invero, il conseguimento di tali finanziamenti da parte delle associazioni di osservatori volontari diverse da quelle costituite tra gli appartenenti in congedo alle Forze dell'ordine, alle forze armate e agli altri Corpi dello Stato, è incompatibile, ai sensi dell'articolo 3, comma 42, della legge 15 luglio 2009, n.  94, con l'iscrizione nell'elenco prefettizio.
      Nello specifico, il bando al quale ha partecipato l'associazione è stato pubblicato dalla provincia di Novara ed era aperto anche alle associazioni non iscritte in registri, elenchi o albi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          i carabinieri del comando provinciale di Napoli hanno scoperto un nuovo filone di «falsi invalidi»;
          nel corso della notte fra il 31 gennaio 2012 e il 1° febbraio 2012 sono state arrestate 32 persone, tutte residenti nel quartiere di Poggioreale;
          i reati contestati agli indagati sono: truffa aggravata ai danni dello Stato, contraffazione di pubblici sigilli e falso;
          i 32 destinatari dei provvedimenti odierni avevano riscosso indebitamente pensioni d'invalidità e di accompagnamento causando un danno allo Stato di circa un milione di euro;
          le investigazioni sul fenomeno illecito, fino a questo momento, hanno già portato all'arresto di 201 persone e al sequestro di beni per oltre 5 milioni di euro;
          in base alle stime dell'OCSE la spesa per false pensioni di invalidità e assegni di accompagnamento è quantificabile in oltre dieci miliardi di euro l'anno;
          detto malcostume dalle enormi proporzioni è frutto di anni di assistenzialismo e malaffare, alimenta la criminalità organizzata e sottrae risorse ai veri invalidi  –:
          se il Governo intenda proseguire nella lotta alle false pensioni di invalidità e quali misure concrete intenda attuare per far fronte a questa vera e propria piaga sociale;
          se siano coinvolti nell'inchiesta medici che hanno rilasciato false dichiarazioni;
          se e quali iniziative anche normative il Governo intenda attuare per incrementare le sanzioni attualmente previste nei confronti dei medici che rilasciano false attestazioni di invalidità. (4-14732)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiede di conoscere quali misure il Governo intenda adottare al fine di contrastare il fenomeno dei cosiddetti, falsi invalidi, sulla base dei dati informativi trasmessi dall'Inps, si rende noto quanto segue.
      L'articolo 80 del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito dalla legge n.  133 del 2008, ha attribuito all'istituto il compito di attuare, dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, un piano straordinario di 200.000 accertamenti di verifica nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile.
      I controlli attuati dall'Inps sono stati finalizzati a verificare la permanenza dello stato invalidante nonché dei requisiti reddituali previsti dalla legge per poter fruire dei trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile e sordità civile.
      In attuazione del citato articolo 80 del decreto-legge n.  112 del 2008, è stato emanato il decreto interministeriale 29 gennaio 2009 con cui sono stati dettati i criteri e le modalità di «realizzazione del piano straordinario di verifiche».
      Il campionamento è stato basato sull'incidenza territoriale degli invalidi civili rispetto alla popolazione residente nelle varie province e sulla dinamica territoriale delle nuove liquidazioni di trattamenti a partire dagli anni più recenti. I criteri di campionamento prevedevano la considerazione dei beneficiari di prestazioni di invalidità di età compresa fra 18 e 78 anni, con esclusione delle persone affette dalle patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007, dei soggetti titolari di prestazioni sospese, dei soggetti già inviati a visita o da inviare a visita sanitaria entro il 30 giugno 2010 oltre ai residenti nelle Province autonome di Trento e Bolzano e della provincia di Aosta.
      Successivamente, l'articolo 20 del decreto-legge n.  78 del 2009, convertito dalla legge n.  102 del 2009, come da ultimo modificato dal decreto-legge n.  78 del 2010, ha disposto che l'Inps, per il triennio 2010-2012, effettui in via aggiuntiva rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l'anno 2010 e di 250.000 per gli anni 2011 e 2012, nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile.
      Tali piani straordinari, tuttora in corso, hanno la finalità di verificare la persistenza o meno dello stato invalidante a distanza di tempo dalla originaria concessione del beneficio economico.
      Conseguentemente, nei casi in cui il giudizio circa il possesso dei requisiti sanitari necessari per accedere alle prestazioni di invalidità civile non sia stato confermato, l'istituto ha disposto la sospensione e la successiva revoca della prestazione; qualora, invece, sia stata accertata una condizione di invalidità ridotta rispetto a quella che aveva dato luogo alla provvidenza, l'Inps ha rideterminato il trattamento in godimento.
      Il giudizio medico-legale di permanenza, infatti, presuppone la continuità nel tempo di un complesso menomativo secondo un criterio di ragionevole certezza o, quantomeno di elevata probabilità, che non esclude tuttavia l'ipotesi di miglioramenti o aggravamenti del quadro clinico.
      Proprio in virtù di ciò, è stato introdotto in ambito previdenziale e assistenziale, l'istituto della revisione, che consente una valutazione delle patologie esistenti e che possono evolversi nel tempo, sia nel senso di un aggravamento che di un'attenuazione dello stato invalidante.
      Si evidenzia che in sede di revisione di una prestazione concessa in seguito all'espletamento di un accertamento sanitario, la valutazione medico-legale deve essere condotta con esclusivo riferimento alla situazione esistente al momento della verifica, non rilevando la situazione pregressa, se non per accertare un miglioramento o un peggioramento dello stato di salute.
      Alla luce di ciò, i giudizi che non confermano la permanenza dei requisiti sanitari nel corso dei piani straordinari di verifica degli ultimi anni, non possono essere assimilati in modo automatico a casi di «false invalidità». Queste ultime infatti, derivano da una diagnosi dolosamente modificata al fine di condizionare la quantificazione dell'incidenza invalidante ovvero per attestare una patologia nella realtà non esistente e i relativi accertamenti sono rimessi alle competenze dell'Autorità giudiziaria.
      L'Inps ha reso noto, in proposito, di aver previsto una procedura informatica per la gestione e il monitoraggio di tutte le fasi dell’iter di concessione dei benefici economici legati all'invalidità civile. Tale innovazione costituisce anche un valido strumento per il contrasto delle falsificazioni di atti che possono realizzarsi con maggiore facilità laddove la gestione della documentazione sanitaria o amministrativa avvenga in forma cartacea.
      Con riferimento, poi, alle sanzioni nei confronti del medico che rilasci false attestazioni di invalidità, si fa presente che l'articolo 10 del decreto-legge n.  78 del 2010 ha già previsto un generale inasprimento del trattamento sanzionatorio, attraverso l'applicazione, ai casi di specie, delle disposizioni di cui al comma 1, dell'articolo 55-quinquies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, il quale prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni e la multa da euro 400 ad euro 1.600.
      In tali casi, inoltre, il medico è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al trattamento economico corrisposto a titolo di invalidità civile per il periodo in cui è stato goduto dal beneficiario, nonché il danno all'immagine subito dall'amministrazione. Ferma, poi, la responsabilità disciplinare, il medico è soggetto anche all'eventuale azione di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      ROSATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
          il parco divertimenti Gardaland, gestito da Gardaland Srl con sede a Castelnuovo del Garda, è il parco divertimenti leader in Italia, primo nella classifica delle visite con circa tre milioni di utenti l'anno;
          il parco divertimenti (con le sue oltre 32 attrazioni, di cui alcune uniche in Italia) si rivolge ad un pubblico variegato offrendo attrattive per bambini, giovani e adulti e per questo rappresenta meta di molte famiglie;
          all'interrogante risulta che il 6 settembre 2011 gli addetti di due attrattive del parco abbiano deciso, evidentemente rispondendo a direttive interne, di far scendere dalle giostre un ragazzo di 16 anni affetto dalla sindrome di down, motivando che fosse il regolamento interno al parco ad imporlo per la pericolosità delle stesse;
          a detta dei parenti del ragazzo, che lo accompagnavano, le giostre, invece, non erano pericolose per lui e affermano che, infatti, già sette anni prima nel medesimo parco divertimenti era potuto salire liberamente;
          questo risulta non essere il primo caso di una famiglia che lamenta un diniego ad un ragazzo disabile da parte degli addetti di una attrazione del parco divertimenti Gardaland;
          nell'agosto 2010 una ragazza di 8 anni, affetta anche lei da sindrome di down, non era potuta salire su una delle due attrazioni di cui sopra;
          a detta anche dei genitori della bambina, la giostra non era pericolosa per lei, anzi la mattina dello stesso giorno ci era già salita  –:
          se il Governo sia a conoscenza delle segnalazioni sopra riportate e se intenda procedere, per quanto di competenza, per effettuare i dovuti accertamenti e le verifiche del caso tese ad assicurare che negli episodi in questione non si sia verificato un trattamento discriminatorio a scapito di ragazzi disabili, posto che limitazioni all'utilizzo delle attrattive, debitamente motivate e comunicate anticipatamente, sono necessarie se rivolte a garantire, senza criteri discriminatori, la sicurezza degli utenti delle giostre.
(4-13240)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente alcuni presunti episodi di discriminazione, avvenuti nel parco di divertimenti di Gardaland di Castelnuovo del Garda (Verona), nei confronti di ragazzi affetti dalla sindrome di Down, sulla base degli elementi informativi dei competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si fa presente quanto segue.
      Al fine di assicurare l'effettiva parità di trattamento e garantire pari opportunità alle persone con disabilità in tutti gli ambiti di vita, sono previste, nel nostro ordinamento, specifiche disposizioni normative.
      In particolare, con la legge n.  67 del 2006 è stata estesa la tutela giurisdizionale, già riconosciuta alle persone con disabilità vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte le situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori.
      Particolare rilievo riveste la legge n.  18 del 2009, con la quale ha ratificato la Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità fatta a New York il 13 dicembre 2006, che richiama gli stati ad adottare misure adeguate a consentire alle persone con disabilità di partecipare alle attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.
      Allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei princìpi sanciti dalla citata convenzione, la citata legge di ratifica ha, tra l'altro, istituito l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
      Si segnala inoltre che i princìpi in tema di turismo accessibile sono stati promossi attraverso l'emanazione del decreto legislativo n.  79 del 2011 – codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, che, all'articolo 3, dispone in attuazione dell'articolo 30 della predetta convenzione che le persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive possano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello di qualità degli altri fruitori senza aggravi del prezzo.
      In merito alle specifiche questioni poste dall'interrogante, la direzione di Gardaland srl ha fatto presente che, nell'ottica di rendere accessibili il maggior numero di attrazioni da parte delle persone con disabilità, il parco dispone di una serie di servizi dedicati, quali ingresso riservato, parcheggi gratuiti adiacenti all'ingresso, ufficio informazioni e opuscoli informativi con mappa delle attrazioni e illustrazione delle regole di accessibilità, noleggio gratuito di sedie a rotelle, biglietto di ingresso gratuito o ridotto anche per l'accompagnatore, accesso gratuito agli spettacoli teatrali, aree riservate all'interno dei teatri, servizi igienici attrezzati e percorsi privi di barriere architettoniche.
      Per le stesse finalità, la direzione ha riferito di essersi impegnata ad incrementare progressivamente il numero di attrazioni accessibili da parte delle persone disabili. Infatti, a partire dal 2012, sono divenute fruibili ulteriori quattro attrazioni rispetto all'anno precedente.
      Per ciò che riguarda l'episodio, avvenuto nel settembre del 2011, relativo al diniego opposto ad un ragazzo di 16 anni affetto dalla sindrome di Down all'accesso a due attrazioni presenti nel parco, la direzione di Gardaland srl ha rappresentato che, con tutta probabilità, si tratta delle attrazioni denominate «Ikarus» e «Monorotaia».
      L'attrazione «Ikarus», che è stata smantellata nel 2012, era costituita da una torre rotante alta 28 metri dotata di quattro bracci, a cui erano appese sette cabine capaci di ospitare due passeggeri ciascuna. L'attrazione, sia durante la salita e la discesa che quando si trovava in alto, effettuava una rotazione del corpo centrale contemporaneamente alla rotazione delle cabine; dalla sommatoria dei due effetti rotatori potevano derivare panico, vertigini e reazioni claustrofobiche.
      Per quanto riguarda invece l'attrazione «Monorotaia», il Parco divertimenti ha fatto sapere che si tratta di un treno composto di vagoncini senza vetri, aperti sui lati e privi di dispositivi di bloccaggio dei passeggeri, che sviluppa il suo percorso ad un'altezza variabile tra i cinque i sette metri.
      Inoltre, le procedure di emergenza, all'epoca dei fatti, prevedevano che i passeggeri fossero evacuati singolarmente, a mezzo di piattaforma aerea per il 70 per cento del percorso, a mezzo di «scala italiana» a pioli per il 20 per cento del percorso e per il restante 10 per cento tramite una passerella.
      Con riferimento, poi, all'episodio accaduto nell'agosto del 2010, concernente il diniego ad una bambina di otto anni affetta dalla sindrome di Down all'accesso ad una delle attrazioni sopra descritte, Gardaland srl, sulla base degli elementi forniti dall'interrogante, ha ritenuto trattarsi anche in questo caso dell'attrazione detta «Monorotaia».
      Al riguardo, la direzione ha reso noto che le persone disabili e i loro accompagnatori vengono informati dei limiti posti all'accessibilità delle attrazioni tramite la consegna, all'ingresso, di un apposito opuscolo che, già a partire dal 2004, è stato predisposto dal parco di divertimenti in collaborazione con alcune associazioni, presenti nel predetto territorio, attive nel campo della tutela delle persone disabili, quali la consulta comunale delle associazioni che operano in favore delle persone con disabilità, l'Associazione italiana assistenza spastici e l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
      Con le citate associazioni sono state analizzate le caratteristiche tecniche di ogni singola attrazione, le relative procedure di emergenza ed evacuazione e considerati i fattori di rischio conosciuti. Sulla base dell'analisi svolta è stata, quindi, operata la selezione delle attrazioni accessibili riportata nell'opuscolo informativo, il quale viene costantemente aggiornato in considerazione delle modifiche tecniche ed operative apportate alle attrazioni.
      In definitiva, il parco riferisce che le misure richiamate sono finalizzate alla tutela della salute e della sicurezza degli ospiti e che sono state definite secondo un criterio di adeguatezza per garantire l'incolumità degli ospiti.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      RUVOLO e BOSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la famiglia del signor Francesco Scirè proveniente da Montevago, un paesino del Belice, durante il secondo conflitto mondiale ha patito il sacrificio alla patria di tre fratelli;
          uno era il sergente Giacomo Scirè, morto prigioniero in Russia durante la drammatica ritirata dell'esercito italiano, il secondo era il sergente Giuseppe Scirè, disperso nel mare Egeo, il terzo era Antonino Scirè, componente della 222° squadriglia dell'Aeronautica militare, morto nell'isola greca di Rodi, a seguito di un operazione militare;
          in seguito alla morte del padre, il signor Francesco Scirè ha espresso il desiderio di riportare in patria la salma dello zio, Antonino Scirè, per farlo riposare accanto ai suoi congiunti;
          tuttavia, la legge n 365 del 14 ottobre 1999, recante «Norme per la restituzione ai congiunti delle salme dei caduti in guerra» prevede tuttora, ingiustamente, che tutte le spese di riesumazione e rimpatrio siano a carico dei richiedenti;
          il costo complessivo per il trasporto da Rodi a Palermo della salma di Antonino Scirè, caduto in guerra, ammonta a 1620,00 euro  –:
          quali iniziative intenda intraprendere al fine di modificare una norma vetusta che palesa un atteggiamento di poco rispetto nei confronti di chi ha dato tanto per la Patria fino all'estremo sacrificio della propria vita. (4-08266)

      Risposta. — La Difesa già provvede, a proprie spese, a tutte le attività di ricerca e di sistemazione provvisoria e definitiva dei caduti in guerra nei sacrari/cimiteri militari in Italia e all'estero, così come previsto dall'articolo 267 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n.  66 del 2010.
      L'articolo 272 dello stesso codice prevede che le «salme dei caduti... definitivamente sistemate a cura del Commissario possono essere concesse ai congiunti su richiesta e a spese degli interessati».
      Ciò premesso, il competente commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra ha posto in essere, stante anche l'elevato valore etico-morale della problematica, tutte le azioni necessarie al rimpatrio della salma dell'Aviere Scelto Antonino Scirè dal Sacrario militare italiano di Rodi al cimitero del comune di Montevago.
      In tale contesto, al fine di fornire la massima collaborazione e supporto alla famiglia, d'intesa con le autorità diplomatiche italiane in Grecia, il commissariato ha provveduto ad acquisire tutte le autorizzazioni necessarie e il preventivo di spesa per complessivi euro 1620,00, approvato dalla famiglia Scirè.
      Pertanto, in data 9 novembre 2010 la salma è stata esumata e il successivo 11 novembre è stata traslata in Italia.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      SANTAGATA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          sul sito istituzionale dell'assessorato alle politiche culturali e centro storico di Roma Capitale http://www.culturaroma.it/home si legge un comunicato relativo al seguente evento culturale: «Risveglio Rivoluzionario. Il 27 febbraio del 1989 una grande protesta popolare contro le misure neoliberali del governo di Carlos Andres Perez terminò con un bagno di sangue: il Caracazo. Lunedì 27 febbraio 2012, ore 19:00 presso il Nuovo Cinema Aquila in occasione dell'anniversario di “El Caracazo”, in programma la proiezione del documentario “Dalla Concertazione allo sconcerto” di Liliane Blaser, e l'inaugurazione della mostra fotografica “Risveglio Rivoluzionario. Il popolo contro il neoliberalismo” in esposizione sino al 4 marzo 2012. L'iniziativa, ad ingresso libero, è organizzata dall'Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana, in collaborazione con Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico e Nuovo Cinema Aquila.»;
          la seguente notizia viene riportata sul sito online www.microtalk.it, dove il giornalista Gianni Riotta, editorialista de la Stampa, si chiede: «Al cinema Aquila il Comune di Roma e l'ambasciata di Venezuela lanciano una mostra che incensa il “risveglio rivoluzionario” del despota Chavez, condannato da ogni ONG che si occupa di diritti civili. Ma perché abbiamo questa fregola per i dittatori ?»;
          tutte le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani – Amnesty international, Human rights watch, la Commissione interamericana dei diritti civili dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa), Reporter senza frontiere – denunciano da anni il graduale indebolimento del sistema democratico venezuelano sotto la presidenza Chavez e il contestuale aggravamento della situazione dei diritti umani attraverso il sistematico attacco alla libertà di espressione, alla libertà dei lavoratori di associarsi liberamente e alla possibilità per le organizzazione che si occupano di tutela dei diritti umani di intervenire a tutela degli stessi;
          appare all'interrogante inopportuno che un Capo di Stato condannato da tutte le organizzazioni che si occupano di diritti umani, venga celebrato con una mostra ospitata a Roma, città da sempre simbolo di democrazia, attenta e famosa per il rispetto dei valori e dei diritti fondamentali di tutti  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, di quali elementi disponga con riguardo al rispetto dei diritti umani nella Repubblica bolivariana del Venezuela e quali siano, i suoi intendimenti in proposito. (4-15198)

      Risposta. — In merito all'evento organizzato dall'ambasciata della Repubblica Bolivariana di Venezuela descritto dall'interrogante, il comune di Roma ha precisato di aver assicurato la collaborazione dell'assessorato alle politiche culturali per ragioni strettamente ed esclusivamente culturali.
      Per ciò che riguarda il Governo italiano, l'obiettivo è di promuovere attivamente il miglioramento della tutela dei diritti umani in Venezuela, sia sul piano culturale, sia nel quadro della strategia europea definita in materia. La situazione dei diritti umani in Venezuela resta molto critica. La sicurezza dei cittadini appare compromessa dagli elevati livelli della criminalità comune, tra i più alti in America latina. Secondo la organizzazione non governativa «Observatorio Venezolano de Violencia», si è raggiunta a fine 2011 la cifra record di 19.000 morti per cause violente nel Paese, ossia 60 omicidi ogni 100.000 abitanti. Anche sotto il profilo del rispetto dei diritti di proprietà (case, terreni, imprese) la situazione risente di un approccio governativo poco favorevole, in linea ideologica, alla loro tutela. Anche la sicurezza carceraria desta forti preoccupazioni: diverse rivolte nelle carceri hanno infatti riportato all'attenzione la questione del sovraffollamento, delle condizioni di detenzione e delle attività illecite all'interno.
      Le riserve espresse da vari organismi non governativi in merito alla libertà di espressione, e la circostanza che gli oppositori politici di Chávez siano spesso stati oggetto di duri attacchi, intimidazioni e di indagini giudiziarie, sono naturalmente valutati e seguiti con molta attenzione, anche nel quadro comunitario.
      Detto tutto ciò, anche grazie al costante dialogo del Governo bi- e multilaterale con Caracas, si sono registrati alcuni miglioramenti nella situazione del Paese.
      Ingenti risorse sono destinate ai programmi sociali che, raddoppiate in valore dal 2007 al 2010, hanno consentito al Venezuela di raggiungere negli ultimi anni molti degli obiettivi di sviluppo del millennio, in termini di sviluppo umano, riduzione della povertà estrema, nonché nei settori dell'educazione, della sanità, dell'alimentazione e della sicurezza sociale. Progressi si sono registrati anche per quanto riguarda i diritti del fanciullo e delle donne, dei diritti delle popolazioni indigene e delle persone disabili, nonché in materia di libertà religiosa.
      Occorre inoltre segnalare che la situazione dei diritti umani in Venezuela è stata esaminata approfonditamente il 7 ottobre 2011 a Ginevra, in occasione della dodicesima sessione dell'esame periodico universale, nell'ambito del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite. Anche in quella sede, numerosi Paesi hanno sottolineato i progressi compiuti dal Venezuela in tale materia, riconoscendo il forte impegno manifestato dal Governo venezuelano, dimostrato dall'accettazione di 20 raccomandazioni e dall'aver individuato, volontariamente, ulteriori 10 obiettivi su cui concentrare il proprio impegno. Lo stesso Governo del Venezuela, nel rapporto nazionale presentato sul tema, conferma la volontà di dialogo e collaborazione con il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite e con l'ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      SCHIRRU, CODURELLI, BELLANOVA e GATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          al decreto-legge n.  5 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  35 del 2012, semplificazioni, garantisce il riconoscimento su tutto il territorio nazionale dei pass auto per i disabili e recepisce quanto prevedono le convenzioni europee e dell'Onu in materia di rispetto dei diritti dei disabili. Un passo avanti importante, ma non sufficiente ad assicurare la piena mobilità anche per i tanti disabili e invalidi che si muovono e viaggiano fuori dai confini nazionali;
          per viaggiare in Europa è necessario dotarsi del contrassegno europeo «Parking Card for disabile people», valido nell'Unione europea ed emanato con raccomandazione del Consiglio del 4 giugno 1998, che permette a tutti i cittadini dell'Unione di usufruire in ogni Paese delle facilitazioni ivi previste. Quest'ultima prevede l'adozione di un contrassegno unico, di tipo europeo e contiene disposizioni relative al modello da adottare, definendone misure, colore, plastificazione, logo ed indicazioni dei dati del titolare da riportare sullo stesso;
          a due anni dall'entrata in vigore della legge 29 luglio 2010, n.  120, che modifica una norma del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n.  196 del 2003) e rende formalmente possibile l'adozione anche in Italia del modello di contrassegno unificato disabili europeo, non si hanno ancora notizie certe su quali siano i tempi e le modalità previste per l'emanazione del regolamento, ovvero per la consegna del pass ai legittimi titolari;
          non sono state indicate date certe neppure con la risposta alla precedente interrogazione 5-04849 della sottoscritta datata giugno 2011 sulla «Mancata adozione della disciplina regolamentare relativa al contrassegno disabili europeo» nella quale il sottosegretario pro tempore aveva rassicurato circa «la predisposizione già in corso dei provvedimenti normativi necessari per attuare tale intento e altresì l'impegno dell'Amministrazione affinché la modifica al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495 avvenga in tempi ragionevolmente brevi, pur considerando che trattasi di un provvedimento di ampia portata, concernente non solo l'adozione del contrassegno europeo, ma anche tutta una serie di modifiche al Regolamento connesse alla stessa adozione.». Si segnalava altresì che l’iter approvativo avrebbe previsto, comunque, l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato;
          a quasi un anno da tali rassicurazioni, sono numerose le persone invalide e disabili che, in procinto di effettuare viaggi di lavoro e non, si ritrovano a dover partire con il rischio di possibili contravvenzioni perché ad oggi privi del necessario contrassegno europeo e altresì impossibilitati a ricevere indicazioni certe perfino dagli organismi competenti (ACI, comuni, regioni, consolati e altro)  –:
          se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa; se non si ritenga urgente stabilire una data certa di disponibilità e consegna dei contrassegni ai legittimi interessati; quali iniziative intenda promuovere affinché siano urgentemente diramate agli uffici competenti le necessarie indicazioni, utili ai nostri concittadini – anche in vista dell'approssimarsi della bella stagione – per programmare gli spostamenti con serenità e nella legalità, senza andare incontro a contravvenzioni nei Paesi di destinazione, usufruendo nel contempo dei servizi e delle agevolazioni come di diritto. (4-16025)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il Consiglio dei ministri del 25 maggio 2012 ha approvato, in via definitiva, dopo il parere del Consiglio di Stato, il decreto del Presidente della Repubblica recante «modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495, concernente l'esecuzione e l'attuazione del nuovo Codice della strada, in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per facilitare la mobilità delle persone invalide». Tale regolamento consente l'adozione di un contrassegno unico di tipo europeo valido in tutti i paesi della Comunità europea.
      Ad oggi, il provvedimento deve essere sottoscritto dal Capo dello Stato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, dopo la prescritta registrazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      SCILIPOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          esiste un modello uniforme di contrassegno per i disabili riconosciuto nei Paesi membri dell'Unione europea. Il contrassegno europeo consente a un disabile, che ha diritto a particolari agevolazioni nel paese in cui risiede, di beneficiare delle facilitazioni offerte ai disabili negli altri Paesi dell'Unione europea in cui si sposta. Il contrassegno europeo è stato introdotto in seguito ad una raccomandazione del 1998 (98/376/CE) del Consiglio Europeo, che ha previsto che i contrassegni per disabili abbiano caratteristiche uniformi e che vengano riconosciuti da tutti gli stati membri, in modo da facilitare gli spostamenti in auto dei loro titolari;
          spetta agli stati membri rilasciare il contrassegno, in base alla propria definizione di disabilità e secondo le modalità da loro prescelte;
          anche l'Italia dovrà riconoscere il «Contrassegno unificato disabili europeo» (Cude), già in vigore in 15 Paesi dell'Unione europea. Infatti, la legge 20 luglio 2010, n.  120, che ha apportato una serie di modifiche al codice della strada, tra cui la norma sulla privacy che impediva al nostro Paese di adottare il tagliando azzurro, ha previsto anche l'adozione del contrassegno disabili europeo;
          tuttavia, affinché il provvedimento diventi concretamente operativo occorrerebbe in regolamento di attuazione, che non è stato ancora emanato;
          nella strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere, la Commissione europea si impegna a facilitare la mobilità delle persone invalide e a promuovere il contrassegno di parcheggio europeo;
          va tenuto conto dell'ulteriore problematica che è il passaggio per i disabili con le autovetture nelle zone ZTL  –:
          se e con quali tempi il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza che consentano di recepire concretamente la raccomandazione dell'Unione europea e riconoscere il CUDE. (Contrassegno unificato disabili europeo). (4-15098)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il Consiglio dei ministri del 25 maggio 2012 ha approvato, in via definitiva, dopo il parere del Consiglio di Stato, il decreto del Presidente della Repubblica recante «modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495, concernente l'esecuzione e l'attuazione del nuovo Codice della strada, in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per facilitare la mobilità delle persone invalide». Tale regolamento, che recepisce formalmente la raccomandazione n.  98/376/CE del Consiglio dell'Unione europea del 4 giugno 1998, consente l'adozione di un contrassegno unico di tipo europeo valido in tutti i paesi della Comunità europea.
      Ad oggi, il provvedimento deve essere sottoscritto dal Capo dello Stato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, dopo la prescritta registrazione.
      Per quanto riguarda le altre problematiche sollevate dall'interrogante, si fa presente che l'accesso alla zona a traffico limitato (Ztl) è sempre consentito alle persone diversamente abili dalla legislazione vigente con l'onere di comunicare preventivamente la targa del veicolo al loro servizio, al fine di evitare improprie contestazioni. Ovviamente gli apparecchi per la rilevazione a distanza installati dai comuni potranno «riconoscere» la targa del veicolo al servizio delle persone con disabilità solo se la stessa è inserita nella lista delle targhe autorizzate all'accesso e, di conseguenza, non rilevare la violazione.
      Si informa, infine, che questo dicastero proprio nell'intento di arrecare un servizio di grande utilità alle persone diversamente abili, ha inserito sul proprio sito istituzionale l'elenco dei comuni autorizzati ad installare i varchi di controllo elettronico degli accessi alle Ztl con i rispettivi numeri telefonici, cui le persone diversamente abili, non residenti, possono rivolgersi in caso di necessità, per ottenere le necessarie preventive autorizzazioni.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 19 maggio 2011 si sono svolti i festeggiamenti per il 159° anniversario della fondazione della polizia di Stato. La cornice della manifestazione, come consuetudine, è stata quella di piazza del Popolo a Roma;
          per l'occasione sono stati impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti al Corpo e di civili della polizia di Stato; analoghe celebrazioni si sono svolte anche in altre città d'Italia  –:
          quanti uomini e mezzi siano stati effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale sia stata la spesa complessivamente sostenuta. (4-12016)

      Risposta. — In merito alle celebrazioni per il 159° anniversario della fondazione della polizia di Stato, si fa presente che le spese necessarie alla movimentazione di uomini e mezzi finalizzate alla cerimonia sono state parecchio contenute.
      In particolare, per l'iniziativa svoltasi a Roma in piazza del Popolo, il 19 maggio 2011, non è stata effettuata l'esibizione dei motociclisti della polizia stradale, evitando, in tal modo un consistente impiego di uomini e mezzi.
      Al contempo, ci si è avvalsi di personale frequentatore di corsi di formazione, ospitati presso strutture del Ministero dell'interno e, pertanto, a costo zero, evitando, fra l'altro, di sottrarre risorse agli uffici operativi per l'ordine e la sicurezza pubblica.
      Conformemente, per le analoghe celebrazioni sul territorio, ciascuna questura ha ricevuto un contributo assolutamente esiguo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la segreteria nazionale del COISP coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia, con la nota protocollo 821/11 S.N. del 22 maggio 2011, indirizzata al Ministero dell'interno – ufficio amministrazione generale – dipartimento della Polizia di Stato – ufficio per le relazioni sindacali – avente ad oggetto «Residence Ripamonti. Alloggio di centinaia di immigrati nella struttura in uso alla Polizia di Stato di Milano. Richiesta intervento immediato» ha segnalato che «nei giorni scorsi oltre 400 immigrati sono stati ricoverati presso una struttura alloggiativa in uso alla Polizia di Stato di Milano [...] Tutto ciò nonostante il parere contrario del Prefetto e del Questore di Milano, tenuti evidentemente in “alta considerazione”»;
          con la medesima nota il Coisp ha quindi ritenuto di dover chiedere «l'immediato riconoscimento dell'indennità di servizio esterno e di ordine pubblico per tutti i poliziotti impegnati presso il Residence, – la conferma che l'alloggio degli immigrati rientri nella prima fase di gestione dei flussi e quindi termini entro le due settimane, come dichiarato dal Presidente della Regione Formigoni e dalla nota del Dipartimento della Protezione Civile EME/000806, datata 11 maggio 2011 – che il Dottor Giarola individui le soluzioni alloggiative tra i centri di accoglienza pre-esistenti, le strutture di ricovero ed i centri famiglia, tra cui non rientrano, nonostante quanto suggerirebbero gli stipendi degli Appartenenti, le strutture in uso alla Polizia di Stato  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti segnalati dal COISP e quali immediate azioni intenda intraprendere per rispondere concretamente alle richieste dell'organizzazione sindacale al fine di tutelare gli appartenenti al Corpo della polizia di Stato. (4-12023)

      Risposta. — Al fine di fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria legato all'eccezionale afflusso nel territorio nazionale di cittadini provenienti dai paesi del nord Africa, il dipartimento della protezione civile, su mandato della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha attuato un piano per la gestione dell'accoglienza dei profughi, individuando, per il tramite dei delegati regionali, le strutture idonee ad ospitarli.
      Nel territorio della provincia di Milano i migranti sono stati accolti, sulla base della ricettività e della disponibilità dei posti, sia in strutture cosiddette turistiche, quali alberghi e residence, che in strutture sociali, quali centri di prima accoglienza, pensionati e istituti religiosi.
      In data 12 maggio 2011, con l'arrivo in Lombardia di un considerevole numero di profughi, il dipartimento della protezione civile ha disposto la sistemazione, tra gli altri, di 413 profughi presso la struttura alberghiera privata denominata «Residence Ripamonti», sita nel comune di Pieve Emanuele.
      La stessa struttura, connotata da ampia ricettività, attualmente ospita, in alloggi collettivi, appartenenti alla polizia di Stato in servizio presso i diversi uffici di pubblica sicurezza della provincia di Milano, nonché eventuali contingenti provenienti da altre sedi, assegnati temporaneamente come rinforzi per servizi di ordine pubblico.
      Al riguardo si evidenzia che la sistemazione alloggiativa dei profughi presso il predetto residence, così come presso le altre strutture turistiche, è stata disposta in via temporanea, in attesa che i tavoli di coordinamento territoriali individuassero altre strutture cosiddette sociali per l'accoglienza, anche attraverso la stipula di convenzioni con la Caritas e la Croce rossa italiana.
      Il carattere temporaneo dell'accoglienza dei profughi presso il «Residence Ripamonti» è, tra l'altro, confermato dalla graduale riduzione del numero di presenze presso la struttura, che alla data odierna ammonta a 147 unità.
      Nelle more dell'individuazione di altre strutture per l'accoglienza, la questura di Milano ha ottimizzato la fruizione degli spazi della struttura, al fine di ricavarne un'area accessibile esclusivamente al personale della Polizia di Stato, in modo da garantirne una serena convivenza con i migranti.
      In particolare, su ogni piano, sono stati posizionati dei cancelli di legno per separare l'ala destinata ad ospitare gli operatori della polizia da quella ove sono alloggiati temporaneamente i profughi, ricavando anche un'area di «rispetto» nella parte centrale, costituita da quattro stanze per piano, sottratte alla disponibilità commerciale del residence e, pertanto, non occupate.
      È stato, inoltre, rafforzato, al fine di garantire una maggiore tutela, il contingente di personale della polizia di Stato deputato alla vigilanza presso la struttura, prevedendo l'impiego di quindici agenti con turnazione di 24 ore.
      Riguardo alla richiesta per il riconoscimento dall'indennità di servizio esterno e di ordine pubblico in favore del personale della polizia di Stato impiegato presso il residence «Ripamonti», si precisa che, trattandosi di un servizio di vigilanza interna, non ricorrono, ai sensi delle disposizioni normative e contrattuali in materia, i presupposti per la corresponsione delle somme in argomento.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia Adnkronos del 17 ottobre 2011 ha diffuso la notizia che «Roma Capitale ha assegnato oggi nove beni confiscati alla mafia [...] quello di via Cornelio Magni 41 all'associazione Carabinieri in servizio “Podgora”[...]»;
          le attività dell'associazione «Podgora» e di alcuni suoi membri sono state nel tempo oggetto di numerose interrogazioni da parte degli interroganti che le hanno anche segnalate alle competenti autorità giudiziarie;
          il Ministro della difesa, nonostante le molte sollecitazioni, anche quando ha risposto agli atti di sindacato ispettivo non lo ha mai fatto in modo soddisfacente per gli interroganti;
          tra i soci fondatori dell'associazione in questione vi è il consigliere comunale Giuseppe La Fortuna, eletto nelle liste del PdL che è un appuntato dell'Arma dei carabinieri e membro del consiglio centrale della rappresentanza militare dell'Arma;
          l'assegnazione dell'immobile sito in Roma alla via Cornelio Magni alla predetta associazione appare, agli interroganti, quantomeno fuori luogo in assenza dei dovuti chiarimenti che il Ministro competente ha il dovere di fornire in merito alla legittimità dei fatti segnalati con gli atti di sindacato  –:
          quale sia stato il criterio seguito per giungere alla riferita assegnazione degli immobili, in particolare all'associazione citata in premessa;
          se il Governo intenda intervenire al fine di chiarire i fatti relativi all'assegnazione a favore dell'associazione di cui in premessa e quale sia la posizione del predetto militare e se intenda accertare se il medesimo abbia esercitato indebitamente il suo ruolo di consigliere comunale al fine di favorire l'associazione di cui è fondatore. (4-13636)

      Risposta. — Per gli aspetti che più direttamente afferiscono alle attività istituzionali del dicastero, riferisco quanto segue.
      Secondo la vigente normativa (articolo 48 del decreto legislativo n.  159 del 2001, cosiddetto «codice antimafia»), gli immobili confiscati possono essere:
          acquisiti al patrimonio dello Stato per essere destinati a finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici, connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse;
          trasferiti al patrimonio del comune ove sono situati, per essere adibiti ad usi istituzionali o sociali, con gestione diretta da parte dell'ente locale, ovvero in concessione gratuita a comunità, organizzazioni di volontariato o cooperative.
      L'individuazione delle soluzioni di destinazione d'uso degli immobili confiscati ad organizzazioni criminali è demandata all’«Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», istituita con legge n.  50 del 2010, che dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, adotta autonomamente provvedimenti con delibera del consiglio direttivo.
      Nel luglio del 2011, l'Arma dei carabinieri, interessata dalla predetta agenzia nazionale, ha manifestato il disinteresse all'assegnazione dell'immobile indicato nell'atto, in quanto non confacente alle esigenze istituzionali.
      Alla luce di ciò, non si ritiene possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          da notizie stampa si apprende che l'Anas ha aggiudicato i lavori per il progetto di ammodernamento della strada statale 275;
          si tratta di un bando di gara che, come evidenziato nell'interrogazione 5-02661, è stato pubblicato il 28 dicembre 2009 sulla Gazzetta Ufficiale per l'affidamento da parte di Anas dei lavori di allargamento della statale Maglie-Leuca secondo un progetto che prevedeva un allargamento del tratto stradale da Maglie fino a Montesano Salentino, e poi la realizzazione ex novo di un tratto fino a Leuca con la costruzione di un viadotto a San Dana, di mezzo chilometro con tredici coppie di piloni alti nove metri e una galleria di 70 metri oltre ad una gigantesca rotatoria di 450 metri di diametro;
          si tratta di un'opera che per quanto risulta agli interroganti è stata fortemente contestata ed oggetto di contenziosi e di un tortuoso e discutibile iter, che a distanza di alcuni anni ha portato ad una diversa soluzione progettuale rispetto a quanto originariamente previsto per gli ultimi sette chilometri attraverso la sostituzione del viadotto di tredici campate a quattro corsie con una galleria a due corsie (come si evince dal verbale d'incontro tra regione Puglia, provincia di Lecce, Anas e Governo del 3 marzo 2011 con il quale la regione Puglia e la provincia di Lecce rinunciano agli effetti della sentenza n.  2634/2010 del Tar Puglia e al contenzioso che era in essere presso il Consiglio di Stato) e che interessa i territori dei comuni di Alessano, Cagliano del Capo e Castrignano del Capo;
          l'Anas risulta aver nel contempo avviato, nel mese di gennaio 2012, le procedure espropriative, con comunicazione a tutte le ditte interessate dell'approvazione del progetto definitivo e contestuale dichiarazione di pubblica utilità;
          secondo quanto risulta agli interroganti sono tutt'ora in corso contenziosi, tanto in sede amministrativa da parte dei proprietari dei terreni espropriati che in sede penale a Roma e a Lecce da parte del Comitato «No-275» che denunciano e documentano profili di nullità assoluta del progetto legati all'ammodernamento della strada statale 275 tali da invalidare, tra gli altri atti, anche il verbale d'incontro del 3 marzo 2011;
          poiché ad avviso degli interroganti non si tratta di tutta evidenza di una variante in corso d'opera ma di una nuova rimodulazione dell'intero progetto, si segnala che:
              a) a quanto consta agli interroganti le importanti modifiche al progetto sotto l'aspetto localizzativo non sono state fatte rientrare nella inderogabile competenza del CIPE;
              b) mancherebbe un piano finanziario che determini l'esatto quadro di spesa pubblica (in difetto o in eccesso rispetto a quella già impegnata e posta a base della gara d'appalto indetta da Anas spa);
              c) non risulterebbe rispettata in alcun modo l'inderogabile procedura di cui all'articolo 165, comma 5, del decreto legislativo n.  163 del 2006, espressamente richiamata dall'articolo 169, comma 5, stesso testo, nonostante siano presenti importanti evidenze di natura storico-archeologica rilevate da esperti dell'università del Salento e segnalate al competente ufficio territoriale della Soprintendenza per i beni archeologici per la Puglia, sede di Taranto in data 3 giugno 2011;
              d) non vi sarebbe stato alcun coinvolgimento degli enti locali direttamente interessati;
              e) sarebbe stata omessa da parte dell'amministrazione pubblica la valutazione ambientale strategica secondo i contenuti previsti e tassativamente disciplinati dalla direttiva CE n.  42/2001 e dal decreto legislativo n.  152 del 2006  –:
          quali iniziative si intendano assumere per verificare la regolarità dell'affidamento ed il rispetto della norme a tutela dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali. (4-15021)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      L'intervento di ammodernamento della strada statale 275 da Maglie a Santa Maria di Leuca è inserito nel primo programma delle infrastrutture strategiche (legge obiettivo).
      Il progetto preliminare prevedeva da Maglie a Santa Maria di Leuca una strada di categoria B (due corsie per senso di marcia, spartitraffico centrale e svincoli a livelli a sfalsati) mentre il tratto della nuova strada Montesano-San Dana-Santa Maria di Leuca è interamente in variante rispetto alla strada statale 275. Si precisa che detto progetto è stato inviato il 7 maggio 2003 dall'Anas al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha ottenuto parere favorevole con prescrizioni nell'ambito della procedura di verifica di impatto ambientale il 18 novembre 2003 ed è, quindi, stato approvato dal Cipe con la delibera n.  92 del 20 dicembre 2004.
      L'Anas, interessata al riguardo, ha comunicato di aver redatto il progetto definitivo, recependo le prescrizioni formulate nell'ambito della valutazione d'impatto ambientale e di aver avviato le procedure approvative della legge obiettivo. Inoltre, la società stessa fa sapere che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha effettuato la verifica d'ottemperanza delle prescrizioni con esito favorevole.
      Il progetto definitivo, inoltrato il 1° dicembre 2005 al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato approvato dal Cipe con la delibera n.  76 del 31 luglio 2009.
      Il costo del progetto definitivo approvato dal Cipe ammonta a 287,7 milioni di euro.
          I finanziamenti assegnati all'infrastruttura sono:
          152,4 milioni di euro assegnati dal Cipe alla regione Puglia in attuazione della legge n.  208 del 1998, a valere sui fondi del programma operativo nazionale trasporti;
          135,3 milioni di euro del fondo infrastrutture destinato al Mezzogiorno, che saranno erogati «secondo modalità compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all'utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate» (delibera Cipe 76 del 2009).
      L'Anas ha bandito nel dicembre 2009 la gara d'appalto integrato per la realizzazione dell'opera, ma la procedura è stata sospesa a seguito dell'impugnazione, proposta dalla regione Puglia, il comune di Alessano, l'associazione Italia nostra, l'associazione nazionale Legambiente ed altri per l'annullamento della citata delibera Cipe n.  76 del 2009 nella parte riguardante il tratto di progetto dall'intersezione con la strada provinciale 210, in comune di Alessano, a Santa Maria di Leuca. Il Tar ha prima sospeso in via cautelare la gara, quindi, con sentenza del 21 luglio 2010, respinto il ricorso. In pendenza dell'appello proposto innanzi il Consiglio di Stato è stato raggiunto un accordo tra Anas, la regione Puglia e la provincia di Lecce, cui non hanno aderito gli altri ricorrenti. Il Consiglio di Stato, con sentenza n.  3622 del 2011, ha dato atto della rinuncia all'appello della regione Puglia, dichiarando improcedibile l'appello dell'associazione Italia nostra e respingendo l'appello degli altri ricorrenti.
      L'accordo raggiunto ha portato ad una rivisitazione del progetto che mantiene fermo l'asse del progetto definitivo approvato dal Cipe con delibera n.  76 del 2009, ma propone di ridurre la sezione trasversale del tratto terminale di 22 chilometri da quattro a due corsie, apportando alcune variazioni altimetriche che consentano di ridurre ulteriormente l'impatto sul territorio ed integrano l'opera alla morfologia dei luoghi ed agli elementi paesaggistici esistenti. Tali variazioni non comportano la modifica della localizzazione dell'infrastruttura e non richiedono l'attribuzione di nuovi fondi.
      Si comunica che al fine consentire la realizzazione di una infrastruttura strategica per il territorio pugliese il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha sollecitato l'Anas a concludere in tempi certi l'aggiudicazione della gara in modo da anticipare l'inizio dei lavori.
      Per completezza d'informazione, con particolare riferimento ai profili di natura storico-archeologica della vicenda segnalata dagli interroganti, sono stati richiesti dettagliati chiarimenti anche al Ministero per i beni e le attività culturali che ha comunicato quanto segue.
      La soprintendenza per i beni archeologici della Puglia e la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto sono state coinvolte nel processo di approvazione del progetto preliminare e del successivo progetto esecutivo della tratta stradale Maglie-Leuca strada statale 275, tenuto conto dei vincoli di natura paesaggistica e di natura archeologica presenti sul territorio interessato dai lavori.
      Tale attività si è, di fatto, conclusa nel 2006 con il rilascio del parere favorevole al progetto definitivo dei lavori da parte della direzione generale per i beni architettonici ed il paesaggio. Tale parere favorevole veniva, però, concesso nel rispetto di tutte le condizioni poste dalle citate soprintendenze di settore con particolare riguardo a quelle di carattere archeologico (principalmente riferite al recupero ed alla valorizzazione del Menhir di Melpignano ed alla necessità di approfondita analisi delle aree interessate ai lavori) ed a quelle di carattere ambientale (rispetto dei vincoli paesaggistici già presenti – decreto ministeriale 25 settembre 1970 per il comune di Alessano, decreto ministeriale 26 marzo 1970 per il comune di Gagliano del Capo e decreto ministeriale 30 dicembre 1977 per il comune di Castrignano del Capo – e rispetto di alcune prescrizioni tese a migliorare l'impatto ambientale dei lavori da eseguire).
      Da ultimo, il ministero per i beni e le attività culturali ha comunicato che la competente soprintendenza non ha mai ricevuto dall'università del Salento particolari informazioni concernenti «importanti evidenze di natura storico-archeologica» relativa all'area interessata dal progetto relativo alla costruzione del nuovo tratto stradale da Montesano Salentino sino a Leuca.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.