XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 1 agosto 2012

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          è in corso un'opera di revisione della spesa complessiva dello Stato;
          dal primo gennaio 2010 — con la piena operatività del Trattato di Lisbona — si è rafforzato notevolmente il ruolo diplomatico della Commissione Europea, il cui rappresentante per la politica estera — Lady Ashton — rappresenta tutti i Paesi dell'Unione europea contando su un vero e proprio servizio diplomatico, aperto anche ai cittadini italiani  –:
          se e quali accorgimenti, riorganizzazioni, tagli, risparmi, adattamenti e rivisitazioni il Governo intenda attuare ai fini di meglio strutturare il nostro Ministero degli affari esteri alle mutate esigenze;
          quale sia l'ammontare dei risparmi effettuati e delle economie ottenibili;
          quale sia il maggior costo della diplomazia dell'Unione europea, con particolare riferimento agli oneri sostenuti indirettamente o direttamente dal nostro Paese;
          quale sia di conseguenza il saldo e se detto saldo possa diventare maggiormente positivo in virtù della spending review di cui in premessa. (4-17207)


      SBROLLINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          dalle recenti cronache risulta che Poste Italiane sia in procinto di sopprimere oltre mille uffici postali collocati in piccoli centri abitati, poiché considerati anti-economici sulla base di un'analisi sul rapporto costi/ricavi;
          gli uffici postali rappresentano un servizio indispensabile per i cittadini;
          il taglio di queste strutture nel piccoli centri italiani rappresenterebbe un sicuro e forte disservizio, soprattutto per gli anziani e per le persone non autosufficienti, ed in particolare nei piccoli comuni delle zone montane o periferiche;
          tra gli uffici postali a rischio di chiusura c’è quello della frazione di Crosara del comune di Marostica (Vicenza);
          l'ufficio in questione si trova a circa 7,00 chilometri dall'ufficio postale più vicino, è situato lungo la strada provinciale 71 «del Rameston» percorsa in ambo i sensi da lavoratori e operatori economici che si servono dello stesso ufficio;
          nella frazione sono presenti altri servizi importanti per la vita sociale quali la farmacia, il medico di base, la scuola dell'infanzia, le scuole primarie di I e II grado;
          i sindaci dei territori interessati dalla chiusura degli uffici postali, i cittadini a mezzo di raccolta di firme, e l'Anci nazionale invitano il Governo a non creare disagi nei territori periferici e alle persone anziane e non autosufficienti attraverso la soppressione di un servizio primario quale è l'ufficio postale  –:
          se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritengano di assumere le iniziative di competenza affinché Poste Italiane non proceda alla chiusura degli uffici postali dei piccoli centri, dando il via ad un confronto con le amministrazioni locali in cui si valutino i disagi effettivi che verrebbero causati e mediando così tra la necessità di razionalizzazione economica e i bisogni dei cittadini, al fine di considerare soluzioni che garantiscano la sopravvivenza di questi servizi primari. (4-17230)


      BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è l'amministrazione diretta dello Stato preposta alla «governance» del settore dei giochi e della circolazione dei tabacchi;
          rappresenta una struttura con competenze di altissima specificità e di strategica rilevanza erariale;
          negli ultimi anni, al fine di consentire alla struttura, fortemente orientata al mercato, di migliorare l'efficacia e l'efficienza della sua azione amministrativa, a fronte della sempre più rapida e complessa evoluzione del settore, è stato avviato un processo di trasformazione in Agenzia fiscale, conclusosi nel gennaio di quest'anno con i pareri favorevoli delle competenti Commissioni di Camera e Senato;
          per dare immediate risposte alle notevoli carenze organiche della Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nelle more della trasformazione in agenzia fiscale, al fine di consentire una presenza sempre più capillare ed un adeguato presidio del territorio nella lotta alla illegalità ed all'evasione fiscale nell'ambito del gioco pubblico, la struttura è stata potenziata con il trasferimento dal marzo 2011, ai sensi dell'articolo 2, comma 1-ter del decreto-legge n.  40 del 2010, di circa 1400 unità di personale provenienti dalle soppresse direzioni territoriali dell'economia e delle finanze con contestuale apertura di 60 nuove sedi provinciali in aggiunta ai 24 uffici regionali già presenti;
          l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha compiuto un enorme sforzo organizzativo e notevoli investimenti economici per la riorganizzazione dei propri uffici sul territorio sia sotto il profilo logistico (acquisizione nuovi immobili, subentro in alcuni di quelli degli uffici finanziari soppressi) e del riparto di competenze tra le nuove sedi, nonché la formazione del nuovo personale che in pochi mesi è stato in grado di assolvere ai nuovi compiti consentendo il conseguimento di performance che hanno di gran lunga superato gli obiettivi assegnati dal MEF alla struttura con le direttive sull'azione amministrativa (incremento, rispetto al 2010, del 250 per cento dei controlli, raddoppio del numero di violazioni rilevate e incremento del 150 per cento circa dell'ammontare delle imposte accertate) consentendo un rilevante recupero erariale nel settore del controllo sui giochi;
          la struttura, pur con i vincoli derivanti dal generale contenimento delle spese delle Pubbliche amministrazioni e con limitati strumenti ed in pieno iter di trasformazione, ha sempre raggiunto e superato gli obiettivi assegnati dal Ministro realizzando utili erariali pari a diversi punti del PIL nazionale in media ed, in virtù di un bilancio autonomo, realizzando ogni anno avanzi per circa 200 milioni di euro regolarmente incamerati dall'erario;
          il Governo, per giustificare quest'operazione, ha mostrato assoluta mancanza di conoscenza della realtà sulla quale vuole così pesantemente incidere, prima con le dichiarazioni del Ministro Grilli relative alla totale assenza di sedi dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sul territorio e poi quelle del Sottosegretario Polillo, che ha affermato che la scelta dell'accorpamento dell'AAMS con le Dogane deriva dal fatto che queste ultime sono dotate di uffici periferici che operano presso zone di confine e che pertanto potranno meglio controllare il gioco on line «connotato da un profilo spiccatamente internazionale, dal momento che le società che gestiscono i siti interessati sono in larghissima parte straniere.» Mostrando quindi una ignoranza persino dell'elementare realtà del gioco on line che non ha sedi fisiche da controllare ma si sviluppa attraverso piattaforme informatiche e che pertanto non vi sono attività presso le «zone di confine» da svolgere;
          nel caso poi di società estere le stesse devono aderire a delle convenzioni che hanno regole stringenti peraltro dettate dal legislatore non ultimo con le previsioni della legge 220 del 2010;
          i costi dell'operazione appaiono di tutta evidenza insostenibili in termini di mancati controlli sul territorio, a seguito dell'inevitabile distrazione per presumibili lunghi periodi delle energie delle strutture dalle normali attribuzioni per attendere alla ennesima complessa e problematica riorganizzazione con l'Agenzia delle dogane, il cui ordinamento e la cui organizzazione appaiono molto diverse e per certi versi incompatibili con quelli dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (si pensi al regime delle rivendite di generi di monopolio che oggi sono per la massima parte anche punti di gioco e che, pertanto, sono sottoposti ad uno specifico regime concessorio non omologabile con la legislazione doganale);
          sono stati resi noti sotto il profilo contabile i vantaggi per l'erario di tale operazione come richiesto anche dall'Ufficio di Bilancio del Senato che in data 17 luglio 2012, per i profili di quantificazione e copertura, pur considerando che il dispositivo è sostenuto dalla clausola di neutralità indicata al comma 11 – in aggiunta al fatto e che esso è, nel suo complesso, chiaramente finalizzato alla realizzazione di risparmi di spesa, per effetto delle economie organizzative e negli organi di direzione, derivanti da processi di accorpamento di amministrazioni autonome ed Agenzie del settore pubblico – occorre non di meno soffermarsi su portata e conseguenze delle razionalizzazioni sull'assetto delle funzioni erariali riconducibili all'ex Agenzia del territorio e all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
          ciò premesso, dal momento che la relazione tecnica reca una prima, sintetica illustrazione dei fattori da considerare nella quantificazione dei risparmi conseguibili, in ragione annua, per effetto della sola riduzione degli organismi di direzione e controllo delle Agenzie soppresse – indicati pari a circa 466.000 euro annui, a cui si aggiungeranno quelli conseguenti alle razionalizzazioni di spesa – occorre perciò evidenziare che l'illustrazione degli effetti finanziari delle norme in esame dovrebbe, in realtà, investire una più ampia gamma di profili, al fine di fornire un quadro informativo dettagliato, ed esauriente, delle conseguenze del riordino, sintetizzabile nei seguenti profili metodologici;
          il primo profilo concerne l'impatto dei processi di accorpamento di Agenzia del territorio e amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, rispettivamente, in Agenzia delle entrate e delle Dogane, sugli stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato;
          in particolare, poi, venendo ai profili finanziari, l'articolo 1, comma 74, della legge n.  266 del 2005 (legge finanziaria 2006) prevede espressamente che, a decorrere dall'esercizio 2007, le dotazioni finanziarie annue delle Agenzie fiscali siano determinate applicando, alla media delle somme incassate nell'ultimo triennio consuntivato – rilevata dal rendiconto generale delle amministrazioni dello Stato, relativamente alle unità previsionali di base dello stato di previsione dell'entrata –, le percentuali ivi indicate, prevedendosi che la dotazione annua non possa comunque essere superiore a quella dell'anno precedente, incrementata del 5 per cento. Va sottolineato in tal senso che il comma 2, secondo periodo, del dispositivo in esame, riferisce espressamente che le risorse riferibili all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che confluiranno nella dotazione dell'Agenzia delle dogane, resteranno escluse dal citato criterio di determinazione previsto dalla legislazione vigente;
          in relazione al criterio di determinazione dello stanziamento annuale a legislazione vigente, va dunque precisato che ciò vale, in relazione agli organismi oggetto di incorporazione, per la sola Agenzia del territorio, mentre il funzionamento dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato opera, nell'ambito della amministrazione «diretta» statale, ma con profili di elevata autonomia contabile e finanziaria (il bilancio di previsione costituisce infatti un Allegato allo stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze);
          l'azienda autonoma dei Monopoli di Stato trae i mezzi per il suo funzionamento, in linea di massima, fermi restando alcuni specifici stanziamenti, dalle risorse corrisposte dall'erario per la gestione del Lotto e delle lotterie (gestioni autonome). Il bilancio di previsione 2012/2014 dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato indica entrate complessive pari a 17,6 miliardi nel 2012, a 18 miliardi nel 2013 e a 18,2 miliardi nel 2014, di cui 1,396 relative a entrate correnti, appena 10 milioni di euro per entrate in conto capitale per ciascuna annualità del triennio e 16,2; 16,5 e 16,7 miliardi di euro riconducibili alle gestioni speciali «autonome», che costituiscono la voce più cospicua. Per contro, sul versante della spesa, sono da segnalare spese di funzionamento per 724 milioni di euro nel 2012, in crescita a 738 milioni nel 2013 e a 768 milioni di euro nel 2014, comprensive di spese di personale pari a 132,3 milioni di euro. Ad ogni modo, andrebbe anzitutto illustrata la platea delle unità interessate al trasferimento attualmente in servizio presso le Agenzie del territorio e Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, fornendosi una quadro dettagliato dei profili professionali e delle corrispondenti aree di inquadramento;
          in tal senso, stante l'esistenza di sensibili differenze retributive relative, in particolare, alla disciplina contrattuale di amministrazione (CCNI), sia in relazione alla incorporazione del personale dell'Agenzia del territorio in quello dell'Agenzia delle entrate – benché queste ultime appartengano alla medesimo comparto – che, a maggior ragione – considerata l'appartenenza a diverse piattaforme contrattuali nazionali – per il personale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e dell'Agenzia delle dogane (entrambe implicitamente considerate dal terzo periodo del comma 5, allorché si paventa l'eventuale riconoscimento di un assegno ad personam riassorbibile nell'eventualità il trattamento economico presso l'amministrazione di destinazione risulti inferiore rispetto a quello oggi percepito) andrebbero richiesti i dati analitici (per profilo di inquadramento e livello retributivo) delle retribuzioni unitarie annue lorde del personale interessato al transito, sia per le componenti stipendiali che accessorie, relativamente alla parte continuativa;
          esistono fondati dubbi sulla concreta realizzabilità di economie e risparmi di spesa in via «diretta» dal riordino in questione, come riferito dalla relazione tecnica, piuttosto – ciò che invero appare più plausibile – che da un maggior efficientamento dei relativi ambiti amministrativi che si rifletterebbe, sia pure in via «indiretta», per una migliore gestione degli ambiti erariali oggi affidati alle amministrazioni che vengono soppresse;
          a ben vedere, entrambi i dispositivi inducono quindi a ritenere che la concreta realizzazione di significativi risparmi di spesa sia di fatto destinata, per il momento, a limitarsi alla soppressione degli organi di vertice delle due strutture soppresse  –:
          quali siano le motivazioni concrete e quale sia il rapporto costo-beneficio dell'operazione, ovvero se intenda modificare il suo orientamento soprassedendo alla stessa e procedendo rapidamente alla formalizzazione del passaggio all'Agenzia dei monopoli. (4-17232)


      DI PIETRO. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel quadro delle indagini concernenti le ipotesi di responsabilità penale connesse alla cosiddetta «trattativa Stato-mafia», la procura della Repubblica di Palermo ha depositato, in data 24 luglio 2012, una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di alcune persone iscritte nel registro degli indagati, previa notifica dell'avviso di conclusione delle indagini medesime;
          davanti alla quarta sezione penale del tribunale di Palermo è da tempo in corso un processo che vede imputati due ex ufficiali del reparto operativo speciale (Ros) dell'Arma dei carabinieri, Mori e Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato per la mancata cattura del boss mafioso Provenzano, i pubblici ministeri hanno richiesto un confronto tra il dottor Claudio Martelli e il dottor Nicola Mancino. Il confronto è volto a chiarire le circostanze di alcune lamentele che, nel 1992, l'allora Ministro della giustizia avrebbe rivolto al Ministro dell'interno proprio sulla iniziativa del Ros di avviare contatti con esponenti mafiosi di primissimo piano quali Riina, Provenzano e Ciancimino. Dette rimostranze erano asserite dal Martelli e negate dallo stesso Mancino, il quale escludeva esplicitamente la conoscenza di detta trattativa;
          su numerose fonti di stampa (si veda per tutti il Corriere della Sera del 21 giugno 2012) sono state altresì pubblicate alcune intercettazioni telefoniche tra il consigliere giuridico della Presidenza della Repubblica e il dottor Mancino in cui emerge come quest'ultimo volesse evitare il confronto diretto con il dottor Martelli, nell'ambito del processo summenzionato;
          in data 16 luglio 2012 il Presidente della Repubblica ha emanato il seguente decreto:
          ”PREMESSO che, nell'ambito di procedimento penale pendente dinanzi alla procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo, sono state captate conversazioni del Presidente della Repubblica nel corso di intercettazioni telefoniche effettuate su utenza di altra persona;
          PRESO ATTO che il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, in risposta a richiesta di notizie formulata il 27 giugno 2012 dall'Avvocato Generale dello Stato, ha riferito, il successivo 6 luglio, che, «questa procura, avendo già valutato come irrilevante ai fini del procedimento qualsivoglia eventuale comunicazione telefonica in atti diretta al Capo dello Stato non ne prevede alcuna utilizzazione investigativa o processuale, ma esclusivamente la distruzione da effettuare con l'osservanza delle formalità di legge»;
          PRESO ATTO altresì che, con nota diffusa il 9 luglio 2012 e con lettera al quotidiano «la Repubblica» pubblicata l'11 luglio 2012, il procuratore della Repubblica ha ulteriormente affermato tra l'altro, sempre con riferimento alle indicate intercettazioni, che «in tali casi alla successiva distruzione della conversazione legittimamente ascoltata e registrata si procede esclusivamente previa valutazione della irrilevanza della conversazione stessa ai fini del procedimento e con la autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti»;
          CONSIDERATO che la procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, dopo aver preso cognizione delle conversazioni, le ha preliminarmente valutate sotto il profilo della rilevanza e intende ora mantenerle agli atti del procedimento perché esse siano dapprima sottoposte ai difensori delle parti ai fini del loro ascolto e successivamente, nel contraddittorio tra le parti stesse, sottoposte all'esame del giudice ai fini della loro acquisizione ove non manifestamente irrilevanti;
          RITENUTO che, a norma dell'articolo 90 della Costituzione e dell'articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n.  219 – salvi i casi di alto tradimento o attentato alla Costituzione e secondo il regime previsto dalle norme che disciplinano il procedimento di accusa – le intercettazioni di conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorché indirette od occasionali, sono invece da considerarsi assolutamente vietate e non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice la distruzione;
          OSSERVATO che comportano lesione delle prerogative costituzionali del Presidente della Repubblica, quantomeno sotto il profilo della loro menomazione, l'avvenuta valutazione sulla rilevanza delle intercettazioni ai fini della loro eventuale utilizzazione (investigativa o processuale), la permanenza delle intercettazioni agli atti del procedimento e l'intento di attivare una procedura camerale che – anche a ragione della instaurazione di un contraddittorio sul punto – aggrava gli effetti lesivi delle precedenti condotte;
          RILEVATO che «È dovere del Presidente della Repubblica di evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce» (Luigi Einaudi);
          ASSUNTA, conseguentemente, la determinazione di sollevare formale conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 134 della Costituzione, avverso la decisione della procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza di conversazioni del Presidente della Repubblica e di mantenerle agli atti del procedimento penale perché, nel contraddittorio tra le parti, siano successivamente sottoposte alle determinazioni del giudice ai fini della loro eventuale acquisizione,

DECRETA

          la rappresentanza del Presidente della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione indicato nelle premesse è affidata all'Avvocato Generale dello Stato»;
          il Ministro della Giustizia, in data 17 luglio 2012, ha dichiarato (fonti: Ansa, Agi, Adnkronos, TmNews) che: «Qualsiasi sia la decisione della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione nella vicenda delle intercettazioni telefoniche dell'inchiesta di Palermo, l'importante è mantenere la segretezza delle telefonate del Capo dello Stato. L'aspetto più importante è mantenere la segretezza intorno al contenuto di telefonate che possano riguardare figure istituzionali protette per il loro ruolo istituzionale. Qualsiasi sia la soluzione interpretativa, l'adozione di regole di procedura penale o la legge sulle garanzie applicate al Capo dello Stato, si dovrà rispettare la sostanza della legge, che è quella di evitare che conversazioni del Capo dello Stato possano essere rese pubbliche. Il problema non è affatto se il comportamento tenuto dalla procura di Palermo sia stato o meno corretto sotto il profilo della intercettabilità di una telefonata. Se si è trattato di una intercettazione casuale si poteva fare, ma il tema non è se si poteva o non si poteva intercettare, e questo è bene chiarirlo perché da questo equivoco ne possono nascere molti altri. Il problema è se debba avere prevalenza una certa interpretazione della legge costituzionale che riguarda le garanzie del Presidente della Repubblica o se si debba applicare la normativa comune in materia di utilizzazione e utilizzabilità delle intercettazioni»;
          al di là della parziale erroneità, a giudizio dell'interrogante, di tali dichiarazioni – segnatamente riferita alla «interpretazione di legge costituzionale» allorché il trattamento delle intercettazioni del Presidente della Repubblica è disciplinato dalla legge ordinaria 5 giugno 1989, n.  219 – le medesime appaiono contrastanti con quelle rese dal Ministro della giustizia pro tempore in Senato nella seduta n.  147 del 7 marzo 1997. E ciò almeno sotto due profili. Intanto egli dichiarò che in capo al Presidente della Repubblica «il divieto di intercettazione si riferisce non solo alle cosiddette intercettazioni dirette, ossia su utenze di cui il Presidente abbia la disponibilità, ma anche alle cosiddette intercettazioni indirette, ossia quelle riguardanti comunicazioni a cui il Presidente partecipa o perché chiamato da una utenza intercettata o perché comunque partecipe della conversazione intercettata» escludendo, dunque, quelle di tipo «casuale». Dichiarò, inoltre, che in ogni caso «la disciplina in materia è frammentaria e lacunosa e merita per più versi un intervento normativo chiarificatore, che potrebbe essere inserito nella nuova disciplina proposta con il disegno di legge n.  2773 presentato dal Governo il 27 novembre 1996, della quale mi auguro possa seguire l'approvazione del Parlamento, che prevede appunto la selezione preventiva a cura del pubblico ministero e del giudice, prima del deposito, dei risultati della intercettazione»;
          l'avvocatura dello Stato rappresenta e difende in giudizio gli organi costituzionali, giudiziari e tutte le amministrazioni dello Stato. Essa partecipa ai giudizi penali esercitando nell'interesse dell'amministrazione le facoltà che la legge processuale attribuisce alla persona offesa dal reato, ovvero esercitando l'azione civile per le restituzioni o il risarcimento del danno attraverso la costituzione di parte civile; in talune occasioni, inoltre, l'Avvocatura assiste nel procedimento penale l'amministrazione citata quale responsabile civile per il fatto illecito del dipendente. Le medesime attività sono svolte nell'interesse degli altri enti pubblici che godono del patrocinio erariale. La legge vigente assicura all'Avvocatura dello Stato autonomia e indipendenza rispetto ai soggetti pubblici che fruiscono dell'attività consultiva e della difesa giudiziale, posta comunque a presidio dei primari valori giuridici dell'ordinamento statuale inteso nella sua unitarietà; la mancanza di un collegamento settoriale con singole branche dell'amministrazione colloca l'attività di tutela legale affidata all'Avvocatura nella dimensione generale dell'esercizio della funzione pubblica, più che in quella del singolo giudizio o affare amministrativo. I suoi uffici, posti sotto l'immediata direzione dell'Avvocato generale, dipendono dalla Presidenza del Consiglio dei ministri  –:
          se il Ministro della giustizia – atteso il vuoto normativo concernente le cosiddette intercettazioni casuali o fortuite – abbia intenzione di presentare alle Camere un disegno di legge integrativo della legge 5 giugno 1989, n.  219, volto a fornire chiarezza normativa in tale delicato ambito ordinamentale;
          se il Ministro della giustizia abbia intenzione di disporre l'ispezione dell'ufficio giudiziario di Palermo, allo scopo esclusivo di accertare se i servizi abbiano proceduto secondo le leggi, i regolamenti e le istruzioni vigenti. (4-17253)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'attuazione del regolamento (CE)n.  847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Thailandia, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17206)


      EVANGELISTI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          in due interrogazioni del 7 settembre 2011 (n.  4-13141) e del 12 gennaio 2012 (n.  4-14468), l'interrogante poneva la questioni dell'oppressione politica in Ungheria a opera di un Governo – quello presieduto da Viktor Orban – che conculca i diritti delle minoranze politiche ed etniche, ad avviso dell'interrogante con chiare inclinazioni nazi-fasciste e antisemite;
          le risposte a questi atti di sindacato ispettivo sono state a giudizio dell'interrogante complessivamente deludenti;
          lo dimostra il fatto che su Repubblica del 28 luglio 2012 si da grande risalto a una dichiarazione di Orban che ha serenamente affermato che la democrazia non è un dovere per l'Ungheria;
          Orban ha sostenuto che la democrazia in Europa è in declino e che la salvezza dei popoli slavi e dell'Est europeo sta nelle radici etniche e nell'unità popolare;
          si tratta di una degenerazione che umilia la terra dei filosofi Geogy Lucaks e Agnes Heller e che dovrebbe scuotere tutti i sinceri democratici;
          nel frattempo il criminale di guerra ungherese Làszló Csizsik-Csatàry, 97 anni, accusato di complicità nella morte di 15.700 ebrei durante la seconda guerra mondiale, pur individuato e arrestato, non ha nulla da temere realmente giacché Orban gli ha fatto capire che non si adopererà per estradarlo;
          la politica europea al riguardo si sta mostrando ad avviso dell'interrogante del tutto insipiente  –:
          quali politiche effettive intenda mettere in atto per stimolare procedure di sanzione nei confronti di un Paese che ha deciso di tradire le sue origini e le sue caratteristiche e di costituire una minaccia per la democrazia in Europa. (4-17246)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  55 del 2010 rende l'etichettatura obbligatoria sui prodotti tessili come misura per tutelare la nostra produzione manifatturiera;
          risulta dalla stampa che alcuni Paesi europei abbiano posto il «veto» sull'entrata in vigore di dette norme  –:
          se tali informazioni corrispondano al vero e quali siano i Paesi in argomento;
          se disponga di dati della produzione tessile europea, Paese per Paese e complessivamente e quali essi siano;
          se e quali iniziative il Governo abbia inteso attivare ai fini di eliminare detti «veti». (4-17214)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il Parco nazionale del Vesuvio è nato il 5 giugno 1995 per il grande interesse geologico, biologico e storico che il suo territorio rappresenta;
          la sua sede è collocata nel comune di Ottaviano;
          è stato istituito per conservare i valori del territorio e dell'ambiente, e la loro integrazione con l'uomo, salvaguardare le specie animali e vegetali, nonché le singolarità geologiche, promuovere attività di educazione ambientale, di formazione e di ricerca scientifica;
          il Parco nasce anche dall'esigenza di valorizzare e difendere il vulcano più famoso del mondo: il Vesuvio;
          un'ulteriore singolarità di questo parco è rappresentata dalla notevole presenza di specie floristiche e faunistiche: sono presenti ben 906 specie appartenenti al mondo vegetale e 44 specie appartenenti a quello animale;
          il 26 luglio 2012 sul corrieredelmezzogiorno.it una video inchiesta firmata da Rachele Tarantino dal titolo «Verde Marcio» ha portato alla ribalta lo stato di profondo degrado e di abbandono presumibilmente da anni che va avanti in alcune zone, ampiamente documentate attraverso le immagini video;
          contrada Castelluccio, ai confini tra Ercolano e San Sebastiano al Vesuvio, ai piedi del Gran Cono, in via Marittima un rudere abbandonato ma di proprietà privata, via Viulo, via Vesuvio, via Marsiglia, ex stazione Cook, quest'ultima interessata perfino da lastre di eternit alle quali è stato dato fuoco;
          rifiuti di ogni genere, detriti, pezzi di Smart, carcasse di animali, amianto, elettrodomestici, televisori vecchio tipo altamente inquinanti alternati a stracci e gusci di cozze in un susseguirsi talvolta di commistione di lungo corso tra terreno e gli stessi;
          zone martoriate dallo scarico illegale di materiali d'ogni sorta, all'interno o sul perimetro dell'area protetta;
          un monitoraggio spontaneo di quest'area fortemente a rischio è fatta dall'opera di alcuni volontari dell'Aisa (Associazione italiana per la sicurezza ambientale) tra le discariche dimenticate del Vesuvio;
          in contrada Castelluccio, la strada fino al 2008, era percorsa da auto compattatori diretti alla discarica Ammendola Formisano, la vicinanza alla cava ha incentivato sversamenti abusivi di ogni tipo. Dal verde ai lati della strada – la cui pavimentazione non è più visibile, sommersa da polvere e detriti – spuntano buste, rifiuti bruciati e materiale non identificabile;
          la presidente dell'Aisa, Palumbo fa notare nella video inchiesta del corrieredelmezzogiorno.it come tali rifiuti siano a ridosso di alberi da frutta e coltivazioni di pomodori, sottolineando che «mangiamo veleni!»;
          il 30 luglio 2012 sul networkJulie News.it, riferendo della discarica di Terzigno (Napoli) è data notizia che il sito attende ancora di essere bonificato, ciò nonostante fossero pervenute rassicurazioni dalle massime autorità;
          tale discarica continua ad avere al suo interno vasche piene di percolato e ad emettere cattivi odori, nauseabondi provocando l'ira dei residenti;
          la vasca si riempirebbe perché i silos di raccoglimento del percolato non vengono svuotati da mesi;
          ad avviso dell'interrogante i fatti esposti relativi alle situazioni di Ercolano e Terzigno sono talmente gravi da richiamare un intervento immediato di bonifica del suolo e di messa in sicurezza a tutela dell'ambiente e della salute umana, per i quali sarebbe auspicabile anche l'attivazione nelle zone più esposte all'illecito sversamento dei rifiuti di un sistema di videosorveglianza atto a scongiurare qualsiasi altro atto teso a deturpare questo territorio  –:
          in che modo si stia procedendo alla bonifica dello sversatoio e quali siano i tempi per ottenere «la chiusura definitiva e la riqualificazione dell'area»;
          quali iniziative intenda assumere il Ministro in merito ai fatti esposti e se non ritenga di inviare propri osservatori e valutare le misure urgenti da adottare a tutela del patrimonio boschivo e floro-faunistico del parco naturale del Vesuvio nonché dei territori immediatamente confinanti con lo stesso;
          se sia noto quando si completerà la bonifica interessante la vasca di Terzigno e perché nonostante la discarica sia chiusa continui ad emettere olezzi insopportabili. (4-17231)


      BOSSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il testo unico in materia ambientale, decreto legislativo 152 del 2006, come modificato nel 2010, affida ai comuni l'onere di organizzare le raccolte differenziate e di raggiungere gli obiettivi minimi previsti;
          gli obiettivi in esso indicati sono:
              a) articolo 181. Riciclaggio e recupero dei rifiuti. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto previsto dall'articolo 205;
              b) articolo 205. Misure per incrementare la raccolta differenziata. Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006; b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008; c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012;
          i comuni che non raggiungono tali obiettivi sono fortemente penalizzati sul piano economico. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'autorità d'ambito, istituita dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n.  549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1, sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni;
          in Campania, inoltre, tale penalizzazione si può spingere fino allo scioglimento dei consigli comunali dei comuni inadempienti ex articolo 142, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 agosto 2000, n.  267;
          a tutt'oggi nonostante promesse e sperimentazioni varie, i cittadini di Giugliano in Campania (provincia di Napoli) si vedono ancora privi di un regolare servizio di raccolta differenziata sul territorio e costretti a violare l'articolo 192 del decreto legislativo n.  152 del 2006, che pone il divieto d'abbandono di rifiuti, data l'assenza di cassonetti predisposti;
          benché la situazione sia stata più volte segnalata all'amministrazione, alcun provvedimento è stato preso;
          gravi disservizi riguardano anche la raccolta ordinaria dei rifiuti, carente e inefficiente;
          la situazione persiste nel grave disagio stante il fatto che con l'omissione dell'amministrazione nell'avviare il servizio e stante l'approssimarsi della stagione estiva risultano palesarsi gravi disagi per la salute pubblica con i cumuli di rifiuti a volte non prelevati ed indifferenziati;
          una petizione popolare di denuncia, con esposto-diffida, è stata inviata da un gruppo di cittadini al prefetto di Napoli, al Presidente della regione Campania, al presidente della provincia di Napoli, sindaco di Giugliano, al procuratore capo della Repubblica di Napoli, con esplicita denun- cia e invito formale all'avvio della raccolta differenziata  –:
          se sia a conoscenza della grave situazione di disservizio che riguarda la raccolta dei rifiuti nel comune di Giugliano in Campania, e quali iniziative intenda assumere, anche per il tramite del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare la situazione ambientale in tale area, ove il problema dei rifiuti cagiona un grave danno alla salute pubblica. (4-17247)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:
          la fondazione Teatro Massimo di Palermo ha indetto una gara d'appalto da espletarsi il 26 luglio prossimo relativa ai servizi di: trasporto e facchinaggio pulizia, derattizzazione e disinfestazione;
          appare anomalo l'affidamento ad un unico soggetto di servizi fra loro così diversi;
          il bando prevede un incarico quadriennale, così da poter incaricare una commissione aggiudicatrice interna, nonostante un importo a base d'asta di oltre un milione di euro, che richiederebbe altrimenti una commissione esterna composta da soggetti individuati in apposito albo;
          lo stesso bando pone, secondo l'interrogante inopportunamente, fra i requisiti per la partecipazione, un fatturato aziendale, per i tre esercizi pregressi, di euro 2.270.000,00 di cui euro 1.200.000,00 per l'attività di pulizia ed euro 1.070.000,00 per quella di facchinaggio e che, detto requisito, è talmente specifico da limitare fortemente, di fatto, la partecipazione al bando dei soggetti interessati producendo così effetti sulla regolarità della gara;
          la stessa fondazione Teatro Massimo ha, fin qui, bandito e aggiudicato il servizio di accoglienza a risorse esterne;
          per il suddetto bando, il capitolato di gara prevede un punteggio fino a 60 punti, per la fornitura di servizi tecnici, di cui fino a 17 per servizi aggiuntivi, e soltanto 40 legati al criterio di economicità, a parere degli interroganti, ciò sposta l'aggiudicazione della gara dalla oggettività del criterio di economicità a quello discrezionale dei servizi aggiuntivi, irrilevanti e marginali rispetto al servizio da garantire (ad esempio fornitura di fiori e piante per le prime) ed espone la fondazione ad un aggravio di costi;
          con ulteriore bando, pur in presenza di personale interno, è stato appaltato all'esterno anche il servizio di portierato esponendo, anche in questo caso, la fondazione ad aggravio di costi e, anche in questo caso, il bando prevede fino a 10 punti per servizi aggiuntivi che rischiano di spostare il confronto tra i soggetti che partecipano alla gara su servizi irrilevanti e nel spingere la Commissione aggiudicatrice verso valutazioni troppo discrezionali;
          di recente, la fondazione ha espletato un'ulteriore gara per l'affidamento, a trattativa privata, del servizio bar aperto al pubblico, anche in orari diversi dagli spettacoli. Il bando inoltre non ha previsto il coinvolgimento di gestori nazionali e internazionali del settore mentre a giudizio dell'interrogante, sarebbe stato opportuno procedere con appalto-concorso, almeno a livello nazionale in quanto il terzo teatro d'Europa avrebbe ben giustificato il coinvolgimento di alte professionalità del settore. La gara è dunque già stata espletata a trattativa privata con un valore base di appena euro 30.000,00;
          ad oggi, né il servizio di accoglienza, né quello di portierato, né quello relativo al bar sono stati ancora affidati alle ditte aggiudicatarie  –:
          con quali criteri siano stati fin qui gestiti gli appalti aggiudicati dalla fondazione Teatro Massimo, con quali criteri siano state nominate le relative commissioni di gara, se ciò sia avvenuto nel rispetto delle normative vigenti in materia e quali siano le risultanze di detta gestione con riferimento ai criteri di efficienza e di efficacia che dovranno orientare l'utilizzo del denaro pubblico.
(2-01631) «Messina, Donadi».

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALAGIANO, DI PIETRO e ZAZZERA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nel piccolo comune di Sepino, in provincia di Campobasso, sorge l'antica città sannita di Saepinum-Altilia, un monumento archeologico con 2500 anni di storia che permane in un ottimo stato di conservazione, tanto da lasciar ammirare distintamente i resti dell'antico insediamento abitativo, del colonnato della basilica, del foro e, soprattutto, del teatro, circondato da una corona di case di pietra;
          in quest'area si trova, inoltre, un'antica strada tratturale risalente al quinto secolo avanti Cristo e sottoposta, nel 2006, a vincolo archeologico per l'intero suo tracciato al quale si aggiunge la costituzione di una fascia di rispetto della profondità di 20 metri su ciascuno dei lati del percorso del tratturo, proprio al fine di evitare «ogni intervento che ne alteri la fisionomia»;
          in prossimità di questa importante area storica e archeologica è prevista, però, la realizzazione di un imponente impianto per la produzione di energia eolica. In particolare 16 pale eoliche, alte 130 metri ciascuna, sorgeranno sulla cresta delle colline che dominano la valle della città di Saepinum-Altilia;
          il primo via libera a tale devastante progetto è arrivato, inspiegabilmente a parere dell'interrogante, nel 2005 per volontà dell'allora soprintendente per i beni archeologici del Molise, ma immediatamente – e da allora – osteggiato dal direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici, dalla provincia di Campobasso, nonché da molte associazioni ambientaliste e culturali del Paese – da Legambiente ad Italia Nostra, fino a Coldiretti;
          un'ulteriore autorizzazione positiva al progetto è arrivata poi nel giugno del 2007 da parte di un commissario ad acta nominato attraverso una sentenza del TAR. Il commissario ha rilasciato l'autorizzazione ai lavori ritenendoli compatibili con gli interessi archeologici dell'area e dell'antica strada tratturale, ed anzi affermando che «non vi è dubbio che gli attuali impianti eolici possano costituire anche un ornamento al paesaggio naturale»;
          la vicenda prosegue, quindi, da oltre sei anni tra ricorsi al TAR e sentenze del Consiglio di Stato. I passaggi più importanti possono essere considerati, a parere dell'interrogante, il decreto ministeriale del 23 luglio 2009, che ha posto il vincolo paesaggistico dell'area e le quattro sentenze del Consiglio di Stato (n.  1020/2010, n.  3851/2010, n.  7761/2010 e n.  4037/2011) che hanno, invece, dato ragione alla società – la Essebiesse Power Srl – che si occuperà della realizzazione dell'impianto;
          l'ultimo capitolo della battaglia per la tutela della valle del Sepino è la nuova sentenza del Consiglio di Stato, datata 19 gennaio 2012, che ha dichiarato la nullità degli ultimi atti di tutela adottati dal Ministero e, in particolare, dell'ordinanza n.  4699 del 21 luglio 2011, nonché dell'ordinanza n.  3518 del 27 luglio 2011, giudicando ininfluente il vincolo paesaggistico introdotto con decreto del 23 luglio 2009, trattandosi di lavori iniziati prima della sopravvenienza del provvedimento di vincolo ed impediti nell'esecuzione per factum principis;
          in seguito, il Ministro interrogato ha dichiarato – rispondendo dettagliatamente all'atto di sindacato ispettivo n.  4/01286 – che l'unica, ultima, strada percorribile per scongiurare la realizzazione dell'impianto eolico di Sepino potrebbe essere quella di una legge provvedimento di tutela di quell'area. Lo stesso Ministro, durante un'audizione alla VII Commissione cultura della Camera, ha espresso la volontà di farsi carico della redazione di un possibile disegno di legge governativo in tal senso;
          bisogna ricordare che di ben altro contenuto sono state le numerose sentenze del TAR contro la realizzazione dell'impianto eolico che hanno, invece, puntato l'indice, oltre che sul valore archeologico del bene, sul fatto che il Molise conta già – anche secondo quanto si apprende da numerose fonti di stampa – 500 impianti eolici in attività che producono il 70 per cento del fabbisogno energetico annuale con una percentuale superiore al limite del 20 per cento stabilito dall'Unione europea per il 2020 per le fonti rinnovabili. Una scelta, a parere dell'interrogante, molto discutibile sotto il profilo della tutela ambientale, paesaggistica e agricola di un territorio in prevalenza rurale come il Molise  –:
          se sia stato dato concreto avvio alla stesura del disegno di legge governativo affinché una delle pochissime aree archeologiche rimaste intatte nel nostro Paese resti preservata dalla realizzazione di un impianto per la produzione di energia che ne comprometterà inevitabilmente il valore e la bellezza, risultando, oltretutto, non necessario per il fabbisogno energetico della regione. (4-17215)


      MANCUSO, GIRLANDA, GHIGLIA, BARANI, DE LUCA, CROLLA, CICCIOLI e BOCCIARDO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il patrimonio artistico-culturale italiano è unico al mondo, per valore e varietà;
          dal 1970 sono stati effettuati vari scavi clandestini nel nostro paese che hanno portato alla sottrazione di reperti e alla loro immissione sul mercato internazionale illegale;
          il mercato clandestino dei reperti archeologici è il terzo mercato illegale al mondo, dopo quello della droga e delle armi;
          secondo l'università di Princeton si tratta di un milione e mezzo di reperti;
          secondo il Los Angeles Times, solo i 200 oggetti restituiti al nostro Paese dai musei americani e da rari collezionisti o mercanti valgono almeno un miliardo di dollari;
          alcuni mercanti illegali si rivolgono, per la vendita di reperti trafugati, direttamente alle case d'asta internazionali che sorvolano sulla provenienza dei reperti;
          i Governi passati si sono spesso dimostrati poco incisivi nel richiedere indietro agli altri Paesi i reperti appartenenti all'Italia;
          a volte le Forze dell'Ordine riescono a recuperare veri e, propri tesoretti illegalmente all'estero;
          a febbraio 2012, ad esempio, le indagini condotte dal comando carabinieri tutela patrimonio culturale hanno portato al rimpatrio di alcuni straordinari reperti archeologici appartenenti al patrimonio culturale italiano;
          tali reperti erano stati scavati illegalmente in comprensori italiani e il loro valore commerciale complessivo è stimato in circa 2 milioni di euro  –:
          se il Governo intenda attivarsi per recuperare i reperti archeologici illegalmente trafugati nel nostro Paese e oggi esposti nei musei di altri Paesi;
          se il Governo intenda assumere iniziative per inasprire le attuali leggi che disciplinano la restituzione. (4-17218)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          da pochi giorni sono terminate le procedure di elezione della rappresentanza dei militari IX mandato, durate ben due mesi, con ampia partecipazione dei militari italiani nelle varie caserme, navi ed aeroporti;
          nonostante ci sia stato tale sentito coinvolgimento, a quanto consta all'interrogante, appena terminate le fasi elettive si è verificato il trasferimento del maresciallo Alfonso Lavignani della Marina militare, delegato categoria «b» della rappresentanza di base delle capitanerie di porto, avente come comandante corrispondente il direttore marittimo della Sicilia occidentale con sede a Palermo;
          tale trasferimento ha pregiudicato l'esercizio del mandato con la forzata decadenza del delegato  –:
          se tale trasferimento sia stato concordato con l'organo di rappresentanza, ai sensi del comma 5 dell'articolo 83 del Testo unico delle disposizioni regolamentari;
          in caso affermativo, se i termini della richiesta siano stati chiari e se sia stata altrettanto chiara la risposta del consiglio di base a cui il militare apparteneva riguardo alla decadenza dalla carica;
          quali siano le motivate necessità dell'amministrazione militare, tali da prevalere su una precisa volontà del personale che, democraticamente, ha dato la fiducia al militare trasferito;
          se viceversa non si potesse lasciare il delegato nell'area di competenza del Co.Ba.R., anche in posizione di eccedenza gabellare, al fine di consentirgli il normale espletamento del mandato. (4-17249)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


      COMPAGNON. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in linea con le previsioni di riduzione degli assetti organizzativi contenute nel decreto-legge 27 giugno 2012, n.  87, la direzione generale dell'Agenzia delle entrate ha avviato un piano di razionalizzazione dei propri uffici, in seguito al quale, con atto del 16 luglio 2012, procederà alla soppressione di numerose sedi nelle varie province italiane, tra le quali quella di Gemona del Friuli in provincia di Udine;
          la soppressione dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate di Gemona del Friuli ed il conseguente trasferimento alla sede centrale di Udine è prevista per il luglio 2013;
          l'amministrazione del comune di Gemona, al fine di rispondere alle esigenze della collettività, si rende disponibile, assumendosene i relativi oneri, ad individuare ed attivare sul territorio comunale uno o più punti di assistenza fiscale dedicati all'erogazione di specifici servizi di front-office, con orario di apertura e numero di postazioni calibrati all'effettiva richiesta da parte dell'utenza cittadina  –:
          se intenda valutare positivamente la proposta dell'amministrazione comunale di Gemona del Friuli ed avviare con la medesima un accordo finalizzato a mantenere sul territorio comunale un presidio dell'Agenzia delle entrate a carico della stessa amministrazione. (3-02430)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CONTENTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          risulta all'interrogante che varie Agenzie delle entrate richiedano ai locatori la registrazione dei contratti già oggetto di procedimento di convalida dello sfratto per morosità;
          per far ritenere tacitamente rinnovato l'accordo pattizio è, infatti, sufficiente che, nelle more della definizione del processo, il termine del contratto sia venuto a decorrere;
          in realtà l'interpretazione in parola appare del tutto incongrua, atteso che non esiste più alcun contratto efficace tra le parti e che spesso il ritardo nella materiale liberazione dell'immobile dipende dal termine di grazia di novanta giorni concesso dal giudice all'inquilino  –:
          quali iniziative abbia già intrapreso o intenda avviare al più presto per evitare che episodi di questo genere abbiano a ripetersi sul territorio nazionale, andando ad incidere sulla categoria dei piccoli proprietari di unità abitative già colpita dall'aumento dei casi di morosità e dall'imu.
(5-07579)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
          quanti siano i controlli effettivi dalla Guardia di finanza sulla emissione di scontrini fiscali nelle varie regioni dal 2011 al luglio 2012, con dati regione per regione e complessivi;
          quanti di questi abbiano avuto come esito l'emissione di un verbale all'esercente e/o al cliente per la mancanza dello scontrino, regione per regione e complessivamente. (4-17197)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere:
          se e come nelle procedure di spending review siano contemplate le voci di spesa riferite a carte di credito estere affidate ai diplomatici italiani o intestate, o comunque in qualsiasi modo riportabili, all'amministrazione dello Stato. (4-17199)


      NICOLUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 19 luglio 2012 Confcommercio ha reso noti alcuni dati elaborati dal suo centro-studi sulla situazione economica e imprenditoriale dell'Italia;
          particolarmente impressionante è stato quello in base al quale il nostro sarebbe il Paese con la maggiore pressione fiscale del mondo, con un tasso medio reale (cioè in modo ponderato rispetto all'aliquota formale) pari al 55 per cento per ogni euro di prodotto legalmente e totalmente dichiarato;
          l'Italia supera quindi, e abbondantemente, Paesi (la Danimarca al 47 per cento, la Francia al 46 per cento, la Svezia e il Belgio al 45,8 per cento) che però hanno ben altra capacità di restituire ai cittadini e soprattutto alle imprese, in cambio degli alti proventi fiscali, servizi efficienti e di alto livello;
          la pressione fiscale insostenibile sulle famiglie e sulle imprese deprime l'economia del Paese e allontana gli investimenti dall'estero. Senza un intervento deciso in questo campo, le prospettive di crescita dell'Italia sono assenti  –:
          se e con quali modalità il Governo ritenga di intervenire sul tema della pressione fiscale, con particolare riguardo al mondo delle imprese di piccola e media dimensione, che sono la spina dorsale dell'economia nazionale e che oggi si trovano a vivere enormi difficoltà a fronte di servizi del tutto deficitari da parte dello Stato. (4-17210)


      MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il fenomeno dell'evasione fiscale determina, oltre che un diretto danno erariale ai danni dello Stato, disparità nei confronti di quei cittadini che regolarmente pagano le imposte, costringendo gli stessi, peraltro, a dover sostenere il pagamento anche di manovre correttive che hanno come finalità proprio quella di recuperare il gettito mancante;
          in questi ultimi mesi l'Agenzia delle entrate ha effettuato controlli particolari tra gli esercenti e i pubblici esercizi di numerose località italiane, soprattutto turistiche, evidenziando, soprattutto in certe aree del Paese, come il fenomeno dell'evasione sia ampiamente diffuso;
          secondo organi di stampa e informazioni apparse su numerosi siti internet, sulla base dei dati della Guardia di Finanza relativi ai controlli effettuati nei primi sette mesi del 2012, il 38 per cento dei controlli in materia di scontrini e ricevute fiscali è risultato irregolare, così che oltre un soggetto su tre degli oltre 20 mila controllati ha evaso il fisco;

          i controlli effettuati sull'emissione di scontrini e ricevute hanno riguardato oltre 20.000 soggetti dei quali il 38 per cento, pari a quasi 7.900 risultati irregolari, permettendo inoltre di scoprire oltre 1.000 lavoratori in nero e 24 datori di lavoro evasori totali, mentre nella lotta alla contraffazione e alla pirateria, gli uomini della Guardia di finanza hanno sequestrato oltre 4 milioni di prodotti falsi e denunciato 264 persone  –:
          se il Ministro interessato non ritenga opportuno riportare dettagliatamente i dati emersi dall'azione della Guardia di finanza per singola regione così da identificare chiaramente le aree del Paese maggiormente interessate dal fenomeno dell'evasione e quali misure il Ministro interrogato ritenga dover assumere per contrastare detto fenomeno nelle aree dove quest'ultima è più diffusa.
(4-17222)


      CASTAGNETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in un articolo de Il Sole 24 Ore di Angelo Mincuzzi del 25 luglio 2012 intitolato «Falciani: “Temo per la mia vita”» si legge che nella lista dei presunti evasori fiscali di Hervè Falciani, ex ingegnere informatico della HSBC, nato a Montecarlo ma con passaporto italiano e francese, accusato dalle autorità svizzere di furto di dati bancari, esisterebbero altre migliaia di nomi, oltre a quelli relativi ai correntisti della sede centrale di Ginevra della HSBC Private Bank;
          nell'articolo si legge che «forse soltanto le autorità francesi sono a conoscenza di questi segreti, ma nessuna delle oltre cento procure italiane che indagano sulla lista Falciani, tra le quali c’è anche quella di Milano, ha mai chiesto a Parigi di ottenere l'intero materiale sequestrato. Soltanto la Procura di Torino ha inoltrato una richiesta formale»;
          nel pc di Falciani, si legge sempre nell'articolo, «Solo per quanto riguarda i correntisti italiani, nel pc sono immagazzinati più di 60 mila “visiting report”, molti dei quali potrebbero fornire interessanti spunti di indagine per le procure italiane e per l'Agenzia delle entrate, che ha costituito al suo interno una struttura di intelligence dedicata alla lotta all'evasione internazionale. Da questi documenti trapelano infatti, talvolta, operazioni e comportamenti che potrebbero celare reati fiscali e penali.»  –:
          se i fatti raccontati corrispondano a verità e nel caso affermativo quali iniziative di competenza intendano assumere per individuare gli eventuali evasori fiscali italiani contenuti nella cosiddetta «Lista Falciani». (4-17244)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          l'articolo 1 della legge n.  148 del 2011 contiene una delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa ed incremento di efficienza;
          in attuazione della delega, il Governo ha presentato uno schema di decreto legislativo recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari;
          si prevedono la riduzione e l'accorpamento di 37 tribunali e di 38 procure, la soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale, la ridistribuzione sul territorio del personale amministrativo e dei magistrati restanti, la cui pianta organica non subirà alcun ridimensionamento;
          a questa riorganizzazione si aggiunge quella degli uffici dei giudici di pace che ha già portato all'individuazione di 674 sedi che saranno soppresse e rispetto alle quali è atteso il parere delle commissioni competenti;
          nella regione Sardegna, si prevede la soppressione di numerosi tribunali, comprese alcune annesse sezioni distaccate tra cui quella di Sanluri (provincia Medio Campidano) e, nel territorio del distretto giudiziario di Cagliari su cui insiste la provincia di Carbonia-Iglesias, delle sezioni distaccate di Iglesias e Carbonia, degli uffici del giudice di pace di Iglesias, Carbonia, Sant'Antioco e Santadi;
          nel caso specifico delle aule del tribunale di Sanluri, vengono celebrati annualmente circa 2.500 processi civili e circa 500 processi penali;
          la circoscrizione giudiziaria della sezione distaccata in questione interessa circa 145.000 abitanti, dislocati in un territorio di circa 3.900,00 chilometri quadrati: 45 comuni compresi in un territorio molto esteso, che in alcune zone non eccelle di certo per la facile transitabilità delle sue vie di comunicazione, aspetto quest'ultimo di non poco conto, sia per i cittadini che per tutte quelle categorie professionali che operano nel tribunale e che saranno costrette a disagevoli ed improbabili trasferte verso Cagliari;
          con la soppressione della sezione distaccata del tribunale di Sanluri non si è tenuto conto della conformazione ed estensione geografica dei territori dei comuni facenti capo alla circoscrizione né delle rilevanti problematiche sociali che caratterizzano tali zone, con gravi disagi ai cittadini residenti, già colpiti dai tagli di altri servizi essenziali costituzionalmente garantiti;
          sono verosimili le difficoltà che i cittadini meno facoltosi potranno incontrare allorché dovranno ricorrere alla tutela dei loro diritti, per questioni logistiche di raggiungimento delle sedi di Cagliari, e per il notevole aggravio di spese personali e sociali;
          non si è tenuto conto inoltre di alcune prerogative proprie della sede: le strutture che ospitano il tribunale di Sanluri sono di proprietà dell'amministrazione comunale sanlurese; la eventuale soppressione, da questo punto di vista, non consentirebbe alcun tangibile risparmio di risorse pubbliche, ma accrescerebbe ulteriormente la spesa pubblica, con un aumento delle spese di locazione per nuovi plessi a Cagliari, a carico del Ministero della giustizia;
          le spese per la locazione sono a carico del comune di Sanluri che, come per il futuro, continuerà a sostenere le spese di manutenzione e quelle generali: la soppressione della sede comporterà ulteriori e più ampie spese a carico della pubblica amministrazione, rendendo inefficaci tutti gli sforzi dello spending review;
          per ciò che riguarda la realtà del tribunale della sezione di Iglesias, tenendo conto dei dati aggiornati al dicembre 2011, pendevano presso la sezione distaccata n.  563 procedimenti civili ordinari, n.  643 procedimenti di esecuzione mobiliare; n.  98 procedimenti di volontaria giurisdizione; n.  390 procedimenti penali pendenti (dati questi ultimi, riferiti ai procedimenti pendenti posto che quelli iscritti risultano nel corso dello stesso 2011 ovviamente di gran lunga superiori come dimostrano i numeri dell'ufficio notifiche che ha caricato ben 5.337 atti giudiziari);
          come evidenziato dal recente ordine del giorno del consiglio provinciale di Carbonia-Iglesias: all'esito dei lavori del gruppo di lavoro Anci-Cnf, in attuazione del protocollo d'intesa siglato il 10 maggio 2012, è emerso che i criteri utilizzati dal Governo, tra cui quello della base provinciale si riferiscono ad una vecchia organizzazione dello Stato, risalente alla geografia amministrativa dello Stato sabaudo preunitario del 1859;
          a seguito dell'analisi effettuata dal tavolo di lavoro Anci-CNF, emerge come la scelta del Governo comporti, con la soppressione dei 37 tribunali sub-provinciali e 220 sezioni distaccate di tribunale una minor spesa complessiva che si traduce, tuttavia, in una mera «partita di giro», perché essa non porta alla riduzione delle decine di migliaia di procedimenti civili e penali pendenti, ma ad un aggravio di spesa per i comuni presso i quali saranno accorpati i servizi giudiziari soppressi e per i cittadini dei comuni appartenenti al circondario che dovranno recarsi presso la sede centrale;
          l'articolo 7 del testo approvato dal Consiglio dei ministri, rubricato «Edilizia giudiziaria», in deroga all'articolo 2, primo comma, della legge 24 aprile 1941, n.  392, prevede che il Ministro della giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del tribunale, per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di efficacia di cui all'articolo 10, comma 2, gli immobili di proprietà dello Stato; ovvero di proprietà comunale interessati da interventi edilizi finanziati ai sensi dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n.  119, adibiti a servizio degli uffici giudiziari e delle sezioni distaccate soppressi e che tale provvedimento sia adottato dal presidente del tribunale, dal consiglio giudiziario, dal consiglio dell'ordine degli avvocati e dalle amministrazioni locali interessate;
          nell'incontro tenutosi in data 6 marzo 2012, la dottoressa Corradini, presidente della corte d'appello di Cagliari, avrebbe manifestato ai delegati dell'avvocatura di Iglesias e Carbonia ampia disponibilità a favore della conservazione delle sezioni distaccate  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della problematica in premessa e quali siano i motivi che abbiano portato alla scelta di soppressione degli uffici giudiziari del territorio, posto che a giudizio dell'interpellante è necessario continuare a garantire un adeguato servizio di giustizia, penale e civile, ai cittadini presenti nel comune (e nella provincia), e quindi assicurare la salvaguardia dei loro diritti;
          per quali ragioni, alla luce delle considerazioni in premessa, non si sia ritenuto di procedere al riequilibrio delle circoscrizioni endoprovinciali previsto dalla legge delega, in quanto la sua chiusura, oltre a non rispondere alle esigenze di maggior efficienza e di riduzione della spesa, produrrebbe un negativo impatto socio economico su un territorio già piegato da riduzioni dei servizi essenziali, con un aumento delle spese di locazione per nuovi plessi, nonché un impoverimento dei servizi di giustizia nel territorio in questione con una compressione rilevante dei diritti dei cittadini meno abbienti.
(2-01627) «Schirru».

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          numerosi tribunali soprattutto nel nord del Paese registrano notevoli incrementi del numero di fallimenti di piccole e medie imprese (PMI), con aggravi significativi dei carichi di lavoro  –:
          se e come il Governo intenda far fronte agli aggravi di carichi di lavoro al fine di evitare che lungaggini burocratiche incidano in modo ulteriormente negativo sullo stato di salute complessivo del nostro sistema economico. (4-17201)


      MANCUSO, CICCIOLI, GHIGLIA, GIRLANDA, BARANI, DE LUCA, CROLLA e BOCCIARDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo la Commissione europea il sistema di intercettazioni italiano è estremamente diffuso e troppo costoso;
          secondo i dati della Commissione dei 450 milioni di euro di costo sostenuto l'anno, il 20 per cento viene speso per 120mila bersagli telefonici e l'80 per cento per 12mila ambientali;
          il 70 per cento dei contratti con agenzie di intercettazione riguarda 7 procure;
          il valore annuale dei contratti stipulati è per lo più superiore alle soglie fissate dalla direttiva in materia del 2004, ovvero 193mila euro per il 2011 e 200mila per il 2012;
          il sistema consente ai procuratori di rivolgersi direttamente a un'impresa di fiducia, senza alcuna gara;
          per questi motivi l'Europa nel mese di giugno 2012 ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese: entro agosto 2012 il Governo dovrà fissare la data e le modalità di una gara d'appalto a livello nazionale;
          in caso contrario, la Commissione emetterà un parere motivato, che potrebbe essere seguito da un ricorso alla Corte di giustizia e la comminazione di una multa all'Italia;
          nel 2007 l'Italia aveva già ricevuto una lettera di messa in mora, ma l'anno dopo il procedimento è stato archiviato perché il Governo aveva presentato un progetto di riorganizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche che prevedeva la creazione di un sistema centralizzato per la gestione degli appalti e l'indizione, da parte del Ministero della giustizia, di una gara a livello europeo entro la fine del 2008;
          nel frattempo, il Ministero della giustizia avrebbe dovuto gestire un regime transitorio secondo la normativa comunitaria;
          gli impegni non sono stati rispettati e il sistema unico nazionale di intercettazione non è mai nato;
          dopo una denuncia, la Commissione a ottobre 2010 ha di nuovo presentato formale richiesta di informazioni;
          non avendo ricevuto alcuna risposta, il 18 agosto 2011 è stata mandata una missiva della direzione generale del mercato interno e servizi alle nostre autorità;
          il Governo, di fatto, non ha potuto che ammettere che nulla era stato fatto  –:
          quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per ottemperare alle richieste della Unione europea;
          se il Governo intenda assumere iniziative per istituire il sistema unico nazionale di intercettazioni. (4-17228)


      SCHIRRU, MELIS, FADDA e CALVISI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          le criticità generali, di risorse e strutturali, in cui versano le carceri italiane sono note: drammatico sovraffollamento dei detenuti e carenza di organico nel personale penitenziario sono tra le prime e più urgenti, con ripercussioni gravi sulla sicurezza e la salute dei reclusi e dello stesso personale;
          gli istituti di pena minorili non sono esenti da tali serie difficoltà, così è per l'istituto penale minorile (IPM) di Quartucciu (Cagliari) dove enorme è il disagio per una situazione, oramai intollerabile generata dalla enorme carenza di risorse umane e strumentali, dalla mancata attivazione dei lavori di manutenzione dell'Istituto (dove manca persino l'acqua calda e l'acqua di rete non sempre risulta utilizzabile) e dove, su un organico previsto di 47 unità di polizia penitenziaria, ne sono assegnate 27, con una presenza media di 17 su un numero di 13 detenuti attualmente presenti;
          tutte le attività vengono garantite solo grazie alla disponibilità e alla abnegazione del personale che quotidianamente svolge più mansioni, coprendo più posti di servizio: vigilanza nelle sezioni detentive, permanenza all'aria dei detenuti, accompagnamenti presso l'infermeria o il laboratorio dentistico, traduzioni e piantonamenti, oltre alle molteplici «attività trattamentali» dell'istituto (laboratori e corsi di pelletteria, giardinaggio, musica, teatro, alfabetizzazione della lingua italiana, scuole medie, attività lavorative come quella di lavanderia industriale gestita da una cooperativa esterna; sportive come calcio e Judo), dove è necessaria la presenza di almeno un operatore di Polizia Penitenziaria;
          se si considera che, di tutte le attività citate, alcune sono a volte temporalmente sovrapponibili, è facilmente intuibile la gravità della situazione organizzativa con riferimento alla custodia;
          come denunciato dalle organizzazioni sindacali FP-CGIL, SAPPE, OSAPP, UIL-Penit.ri, SINAPPE, FNS-CISL, UGL, l'esiguo numero di personale sovente non è in grado di assicurare nemmeno l'ordinario quotidiano ed è costretto a sopportare doppi turni con orari anche di 12 ore, risentendo non solo della violazione dei diritti soggettivi di rilevanza costituzionale, come i riposi, il congedo ordinario, le ferie non fruite; spesso inoltre lavora in condizioni in cui non è garantita la sicurezza e il recupero psicofisico del personale come previsto dalle vigenti norme;
          tuttavia, per garantire lo svolgimento di tutte le attività trattamentali che si svolgono nell'istituto, le traduzioni dei detenuti anche verso la penisola per motivi di giustizia (parecchi sono imputati e sono a disposizione dell'autorità giudiziaria), tutti i compiti istituzionali e il mantenimento dell'ordine e della sicurezza all'interno dell'istituto, si richiama il personale di polizia penitenziaria dal congedo ordinario e dai riposi;
          benché con spirito di sacrificio si continui a venire incontro ai problemi dell'amministrazione, nonostante le continue richieste al centro giustizia minorile di Cagliari, e al dipartimento giustizia minorile di Roma, le autorità non sembrano dare alcun segnale di voler intervenire per sanare i problemi (che sono ormai cronici e non certo contingenti);
          la stanchezza fisica, la demotivazione e un sentimento di abbandono accompagnano ormai la quotidianità del personale, insieme ad una tangibile paura che viene percepita dalla popolazione detenuta e sulla quale s'innescano facilmente meccanismi di prevaricazione e conflitti, mettendo il personale in uno stato di debolezza e frustrazione, motivate anche dalla mancanza di risposte e di attenzione da parte dei superiori uffici;
          la situazione diventa realmente drammatica allorquando esplodono inevitabili episodi di violenza e pestaggi che vedono vittime gli operatori, di fatto impotenti di fronte a eventi che potrebbero essere contrastati solo con il rafforzamento dell'organico;
          quando i poliziotti sono costretti ad abdicare alle loro funzioni di fronte alle violenze dei detenuti, seppur a causa della carenza di organico, è lo Stato stesso che abdica;
          alla pressante richiesta di risorse che sta paralizzando l'attività della giustizia minorile, come si legge dalla circolare n.  21975 del 20 giugno 2012, il capo dipartimento della giustizia minorile risponde: «...alle risorse limitate, l'unica risposta possibile è la rivisitazione, con spirito critico, pratico ed innovativo, delle proprie organizzazioni, cercando soluzioni anche tecnologiche che consentono, a risorse invariate, il miglior funzionamento possibile della propria struttura»;
          è diritto di tutti i lavoratori usufruire del riposo settimanale e del congedo ordinario da dedicare al recupero delle energie psicofisiche. È necessario altresì, come previsto dalla vigente normativa, che si tuteli la sicurezza del lavoratore sul posto di lavoro non esponendolo a situazioni di pericolo che sono segnalate e conosciute;
          consapevoli della situazione economica del Paese, gli interroganti hanno tuttavia la convinzione che non vi è alcuna soluzione se vengono meno i fondamenti posti alla base della civiltà e in questo contesto la giustizia minorile è un settore di estrema delicatezza, per gli effetti che può determinare nello sviluppo e nella rieducazione e reintegrazione dei minori nella famiglia e nella società;
          come sottolineato anche dalle organizzazioni sindacali, «l'importante ruolo che gli Istituti di pena svolgono, contrapposta alla situazione disastrosa di risorse assegnate, è un segnale fortissimo del pericolo di imbarbarimento che la società può subire quando vengono cancellati i diritti fondamentali della persona. Per questo crediamo opportuno e non più differibile un forte segnale di attenzione per migliorare complessivamente la sua organizzazione e programmazione degli interventi» con il potenziamento dell'accoglienza e dell'organico della polizia, valorizzando al massimo le attività, i risultati e le professionalità che negli anni sono stati riconosciuti alla struttura dell'istituto penale minorile di Quartucciu  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga di intervenire per superare una situazione che appare in questi giorni in tutta la sua drammaticità, nell'istituto minorile di Quartucciu (come in molti altri della penisola), per garantire un organico del personale di polizia penitenziaria sufficiente per consentire la fruizione dei diritti che appaiono allo stato negati (nello specifico i riposi e il congedo ordinario, permessi ex legge n.  104 del 1992, ferie), al fine di consentire la deflazione dei carichi di lavoro e la riduzione del rischio di episodi di difficile gestione e di aggressioni al personale. (4-17229)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      CARLUCCI, GALLETTI, ZINZI, TASSONE, ADORNATO, BOSI, BUTTIGLIONE, CAPITANIO SANTOLINI, ENZO CARRA, CASINI, CERA, CESA, COMPAGNON, DE POLI, DELFINO, LIBÈ, LUSETTI, MANTINI, MARCAZZAN, MEREU, RICARDO ANTONIO MERLO, MONDELLO, OCCHIUTO, PEZZOTTA, POLI, RAO, RIA, RUGGERI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, VOLONTÈ, BONCIANI, LUONGO, BORDO e NARO. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel nostro Paese sono 56 mila le famiglie che, nel 2011, sono state colpite da un provvedimento di sfratto per morosità, un dato in linea con l'andamento del 2010 che, negli ultimi cinque anni, è aumentato costantemente, con un balzo complessivo – dal 2006 alle rilevazioni attuali – del 64 per cento;
          a pesare, inutile dirlo, è la crisi, che porta con sé la difficoltà ad arrivare a fine mese per un numero sempre maggiore di italiani;
          degli oltre 63 mila provvedimenti di sfratto del 2011, l'87 per cento sono dovuti all'impossibilità di pagare degli inquilini. A guidare la triste classifica c’è Roma dove, nel 2011 sono state emesse 4678 nuove sentenze, seguono Torino (2523 sfratti), Napoli (1557) e Milano (1115). Il dato è in aumento su tutto il territorio nazionale, e le associazioni che si occupano dei diritti degli inquilini sono in allarme e denunciano una situazione che non potrà che peggiorare;
          si tratta di una tendenza che non può che aggravarsi, stando agli allarmi lanciati dai sindacati degli inquilini, che denunciano la forte sofferenza sociale e auspicano, da parte delle istituzioni, adeguate misure di contrasto;
          l'unione inquilini prevede 250 mila nuovi sfratti nei prossimi tre anni, di cui 225 mila per morosità incolpevole, ossia per la reale impossibilità di pagare il canone per via di cause sopraggiunte;
          un intervento ordinato e coordinato per questo problema non c’è. Negli ultimi anni, le risorse per il sostegno agli affitti sono state tagliate dal Governo Berlusconi dell'85 per cento; la proroga sugli sfratti non comprende la morosità incolpevole, e le realtà locali si muovono un po’ ciascuna a modo proprio (tramite fondi o mettendo a disposizione alloggi popolari);
          oltre a mancare un coordinamento nazionale ed un progetto unico, si segnala che:
              il fondo per la non autosufficienza è stato azzerato da anni;
              il fondo nazionale per il contributo affitti è passato da 205 milioni di euro nel 2008 a 36 milioni di euro nel 2011, con una prospettiva di diminuzione del 70 per cento;
              il fondo sociale è diminuito del 55 per cento;
              il fondo contributo affitti non è stato solo tagliato dell'85 per cento dal Governo Berlusconi; il Governo Monti lo ha totalmente azzerato a partire dal 2012 per cui di 300 mila famiglie «borderline», che con questo contributo non andavano in morosità, un'alta parte sarà a rischio;
          la fiscalità è un elemento fondamentale della locazione. L'attenuazione del carico fiscale sugli immobili locati attraverso la cedolare secca, che aveva dato un po’ di respiro nel 2011, è stata quasi annullata dalla manovra di fine anno –:
          quali siano gli intendimenti del Governo rispetto a tale vicenda e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evitare serie conseguenze e difficoltà alle famiglie interessate e realmente bisognose. (4-17195)


      ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in riferimento ai collegamenti ferroviari con la stazione di Trieste centrale, l'offerta dei collegamenti non solo verso le principali città italiane ma anche verso la vicina stazione di Venezia Mestre è articolata in maniera molto debole;
          in direzione Roma si rammenta che vi sono due soli collegamenti diretti, mentre in direzione Milano ci sono solo tre collegamenti diretti (due per il percorso inverso), essendo stata concentrata l'offerta su soluzioni con previsione di cambi alla stazione di Venezia Mestre;
          i collegamenti tra la stazione di Trieste centrale e quella di Venezia Mestre vanno, pertanto, intesi anche quali unica via di accesso ai treni destinati alle maggiori città italiane;
          da una segnalazione delle organizzazioni sindacali apparsa sulla stampa locale, si evince che l'offerta dei collegamenti in questa tratta è andata a ridursi ulteriormente, colpendo, in particolare, una corsa di notevole interesse: le due linee soppresse sarebbero il treno Trieste-Venezia via Udine in partenza alle ore 20,42 e il treno Venezia-Trieste in partenza alle ore 0,21;
          con il nuovo orario, così rivisto, l'ultimo collegamento della giornata tra Venezia e la stazione di Trieste risulta essere il regionale 11043 in partenza dalla stazione di Venezia S. Lucia alle ore 22,57, mentre il primo collegamento della giornata risulta essere il regionale 21002 delle ore 5,26;
          questa scelta, di fatto, impedisce ai viaggiatori del Frecciargento 9454 in arrivo da Roma Termini alle 23,33, del Frecciabianca 9753 in arrivo da Milano centrale alle ore 23,40 e del regionale Veloce 2113 in arrivo da Milano centrale alle 23,50, di poter proseguire il viaggio verso Trieste; si sottolinea che detti treni provenienti da Roma e Milano coprono fasce d'orario molto richieste, e inoltre, il treno soppresso delle ore 0,21 era usato anche dai viaggiatori che atterravano in serata all'aeroporto di Venezia Marco Polo;
          pare ragionevole, secondo l'interrogante, prevedere almeno un collegamento ulteriore dopo le ore 23 tra la stazione di destinazione delle principali tratte ferroviarie del nordest e la stazione di Trieste;
          la scelta di limitare i treni a lunga percorrenza alle stazioni di Venezia, che già ha creato disagi, dovrebbe motivare una maggiore attenzione da parte di Trenitalia verso tutti i collegamenti tra Venezia e Trieste  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della decisione di Trenitalia di ridurre ulteriormente i collegamenti tra Trieste e Venezia e in particolare di sopprimere il collegamento delle ore 0,21 in partenza da Venezia S. Lucia in direzione Trieste centrale;
          se il Ministro intenda assumere iniziative affinché Trenitalia garantisca un'adeguata offerta di collegamenti tra Trieste e la stazione di Venezia e quali iniziative ritenga di avviare per sollecitare il ripristino del collegamento cancellato, sopra richiamato. (4-17217)


      ROSATO, BARETTA e SBROLLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la Regione Veneto, con delibera giuntale n.  2527 del 7 agosto 2006, ha stanziato oltre 13 milioni di euro per «ripristini fondali e rialzo ponti ferroviari in Comune di Rosolina e di Arquà» nell'ambito della progettazione delle nuove opere infrastruttura li per il miglioramento del sistema idroviario veneto;
          il ponte ferroviario di Loreo-Rosolina sul Po di Brondolo lungo la linea ferroviaria di Rovigo - Chioggia, oggi esistente, impedisce la navigabilità commerciale e turistica, vanificando gli ingenti investimenti infrastrutturali effettuati per le vie d'acqua nel basso Veneto;
          la società Sistemi Territoriali spa, nel settembre 2007, ha completato il progetto preliminare, e dopo aver raccolto i dovuti pareri e le osservazioni di Rete Ferroviaria Italiana, e in seguito ad alcuni studi geotecnici che si sono resi necessari, ha provveduto a ultimare la progettazione definitiva;
          dagli studi e da alcuni sopralluoghi sono emerse alcune condizioni territoriali che hanno dilatato i tempi di progettazione e aumentato considerevolmente i costi stimati per la realizzazione dell'opera, fino ad oltre il doppio di quanto preventivato nella delibera sopra richiamata dell'agosto 2006;
          in ragione di quanto osservato finora, sistemi territoriali spa ha rivisto il progetto definitivo, adottando soluzioni alternative che potessero essere realizzate senza oneri aggiuntivi per il bilancio regionale;
          tale soluzione alternativa consisterebbe non nella costruzione di un nuovo ponte ferroviario, ma nella installazione sul ponte già esistente, di alcuni sistemi di sollevamento – peraltro già previsti nel progetto originario –, integrati da meccanismi di controllo e sicurezza;
          Rete ferroviaria italiana non ha, ad oggi, accolto quest'ultimo progetto;
          la soluzione da ultimo prospettata, economicamente sostenibile, permetterebbe, tra l'altro, ai natanti la navigazione lungo il corso d'acqua sino alle porte di Milano, consentendo l'arrivo delle merci anche tramite questa via;
          sono passati sei anni dallo stanziamento dei fondi per l'opera; i cittadini e gli operatori commerciali dell'area attendono ancora la risoluzione del problema, a grave danno di una economia locale che aspetta la realizzazione di questa infrastruttura per vedere i risultati di tutti gli investimenti fatti nel basso Veneto  –:
          se il Governo sia conoscenza delle motivazioni che ostano l'accoglimento del progetto, nella sua ultima versione, da parte di Rete ferroviaria italiana;
          se il Governo intenda intervenire presso Rete ferroviaria italiana per sollecitare la collaborazione atta a realizzare l'infrastruttura nel più breve tempo possibile e senza aggravio dei costi per l'amministrazione regionale veneta. (4-17234)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          il comune di San Felice a Cancello (Caserta), facente parte del più ampio territorio della valle di Suessola, si trova in una zona molto delicata per quanto riguarda il rischio di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata;
          a differenza di altre aree della provincia di Caserta, dove le forze dell'ordine hanno conseguito importanti successi nel contrasto delle attività criminali, nel comune citato e nel più ampio territorio della valle di Suessola, le attività di controllo del territorio, di repressione e di prevenzione non hanno raggiunto, a causa dei limitati mezzi a disposizione delle forze dell'ordine, gli attesi risultati;
          nel corso degli ultimi mesi si è registrato un aumento degli atti criminali;
          nel marzo 2012, per rendere il territorio meno aggredibile da fattispecie criminose, il comune di San Felice a Cancello ha presentato, nell'ambito del programma operativo nazionale sicurezza per lo sviluppo (obiettivo convergenza 2007/2013), un progetto di video sorveglianza territoriale;
          il 22 luglio 2012, un capannone industriale di proprietà del sindaco di San Felice a Cancello, Emilio Nuzzo, è stato dato alle fiamme da ignoti;
          il 24 luglio 2012, una potente bomba carta è esplosa nei pressi del cancello della abitazione del consigliere Raffaele Cantone, capogruppo del PdL nel consiglio comunale di San Felice a Cancello  –:
          quali urgenti iniziative si siano intraprese o si intendano intraprendere al fine di garantire l'incolumità delle persone oggetto degli attentati;
          se non si ritenga, altresì, necessario, intensificare l'azione di vigilanza e controllo delle forze dell'ordine al fine di garantire condizioni di maggiore sicurezza nel territorio del comune di San Felice a Cancello (Caserta).
(2-01630) «D'Anna, Moffa».

Interrogazione a risposta orale:


      TASSONE, D'IPPOLITO VITALE e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi si è svolto ad Amantea un consiglio comunale, aperto alla partecipazione di parlamentari e di sindaci, dove è stata affrontata tutta la problematica che riguarda la presenza di molti immigrati insediati in quel comune, durante le operazioni di voto per il rinnovo del consiglio comunale e del sindaco;
          la relazione iniziale è stata tenuta dal consigliere comunale delegato Pasquale Ruggiero, dopo il quale è intervenuto il sindaco della città Francesco Tonnara;
          tale numerosa presenza di 150 immigrati, rispetto ad una capienza ottimale di 36 unità, sta creando dei problemi di ordine pubblico e, per alcuni aspetti, di vivibilità all'interno della cittadina; la struttura messa a disposizione per l'accoglienza, ubicata tra l'altro nel centro, è assolutamente inadeguata;
          il sindaco di Amantea ha cercato di stabilire corretti rapporti istituzionali con le autorità preposte, senza ricevere risposte concrete;
          si fa presente ancora che la convivenza di numerosi ospiti presso la stessa struttura presenta aspetti di problematicità, considerando le diverse nazionalità ed etnie e, come sopra già rilevato, la capienza limitata, a fronte del numero esorbitante di immigrati;
          il comune fino ad oggi non ha avuto alcuna comunicazione in relazione ad un diverso piano di accoglienza, ridistribuzione o comunque di riduzione ad un numero accettabile di immigrati;
          tutto questo non può essere garantito se il numero e le condizioni non consentono nessuna vivibilità e nessun rispetto della persona umana;
          si evidenzia, infine, che all'incontro di Amantea erano presenti i sindaci di Acquaformosa, Rogliano e di Falerna che, vivendo anche gli stessi problemi, hanno perciò dato un contributo importante; anche altri sindaci della Calabria denunciano presenze di immigrati in luoghi dove, a fronte dei problemi, ci si lamenta di disattenzione (cui si è fatto ampio riferimento nel consiglio comunale di Amantea);
          si tiene a ribadire che si sono verificati atti di violenza, accese proteste, interruzione di servizi pubblici: è concreto il pericolo di ulteriori manifestazioni di protesta da parte degli immigrati, se tale situazione dovesse permanere  –:
          se non intenda adottare, per quanto di competenza, urgenti ed opportune iniziative, al fine di dare una dignitosa collocazione abitativa agli immigrati (costretti a dimorare in maniera stabile in una struttura largamente inadeguata al numero di ospiti assegnati), fornire la corretta assistenza sanitaria agli stessi, nonché migliorare il sistema di ordine pubblico della città, attraverso il potenziamento delle forze di polizia stanziate, tutto ciò per assicurare un processo di integrazione che la cultura di Amantea, per sua stessa tradizione culturale e civile, è pronta a garantire. (3-02431)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FORCOLIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il comma 25 dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148, ha stabilito che, a decorrere dal primo rinnovo dell'organo di revisione successivo all'entrata in vigore dello stesso decreto 138, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.  39, nonché gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
          nel corso della discussione degli ordini del giorno al decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, è stato accolto l'ordine del giorno 9/4865-AR/109 presentato dal sottoscritto che posticipava al 1o gennaio 2014 l'entrata in vigore della disposizione concernente la determinazione del medesimo elenco;
          nella Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 2012, n.  67, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'interno recante il «Regolamento adottato in attuazione dell'articolo 16, comma 25, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante l'istituzione dell'elenco dei revisori dei conti degli enti locali e modalità di scelta dell'organo di revisione economico finanziario»;
          in questi ultimi giorni, lo stesso Ministero dell'interno ha provveduto, tramite la circolare – FL 7/2012, ad inviare a tutti i prefetti le linee guida per l'iscrizione dei revisori dei conti degli enti locali determinando tuttavia, a fronte del favorevole accoglimento tramite l'ordine del giorno nel posticipare l'entrata in vigore della disposizione, incertezza nelle amministrazioni locali che nei prossimi mesi dovranno definire l'elenco dei revisori degli enti locali  –:
          se il Ministro interrogato, in ragione dell'accoglimento dell'ordine del giorno, non ritenga opportuno precisare chiaramente la corretta data di entrata in vigore della disposizione riportata. (5-07577)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          alcuni recentissimi articoli apparsi sulla stampa nazionale, inchieste condotte dai principali radio e telegiornali hanno dato grande risalto alla questione degli incendi boschivi in Italia;
          una nota ufficiale del nucleo investigativo antincendio boschivo in forza al Corpo forestale dello Stato sottolinea come si assista dal confronto con lo scorso anno ad un drammatica aumento di roghi: circa il 165 per cento in più di incendi rispetto al 2011, perlopiù dolosi. A questo si associa poi un significativo aumento del terreno colpito dalle fiamme; circa il 196 per cento in più, con un prevalente aumento di superficie boschiva pari a oltre il 200 per cento e un il massiccio impiego di aerei antincendio: la cui richiesta da parte delle regioni maggiormente colpite è aumentata esponenzialmente;
          dal primo gennaio allo scorso 15 luglio 2012, anche in concomitanza ad un anno di grave siccità, sono circa 3900 i roghi che hanno interessato i boschi nazionali, appiccati per la stragrande maggioranza da criminali. Gli ettari di superficie devastata dal fuoco sono circa 19.000, suddivisa in 11.000 ettari di superficie boschiva e 8.000 ettari di superficie verde;
          attualmente le maggiori criticità riguardano Sardegna, Campania, Calabria, Puglia, Toscana e Lazio. All'origine degli incendi boschivi sopraddetti le autorità hanno denunciato a piede libero per il reato di incendio boschivo 263 persone e ne ha arrestati 6 in flagranza di reato;
          la legge 352 del 2000 «Legge quadro in materia di incendi boschivi», tuttora in vigore, prevede espressamente che le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni e che si allestisca un efficace sistema di controllo satellitare delle aree boschive a rischio;
          secondo quanto si apprende da agenzie di stampa è rarissimo il censimento ufficiale da parte dei comuni dell'area colpita dal fuoco, limitando de facto la validità della legge 353 e la conseguente tutela del paesaggio;
          il patrimonio boschivo italiano costituisce oltre un terzo del territorio della penisola e rappresenta un'immensa ricchezza in termini di bellezza e biodiversità ed è tutelato anche dall'articolo 9 della Costituzione italiana  –:
          quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per assicurare, di concerto con le regioni, le adeguate risorse a tutela del patrimonio boschivo dagli incendi;
          se il sistema satellitare di controllo dei roghi previsto dalla legge n.  353 del 2000 sia operativo e se non si ritenga opportuno istituire il «Censimento nazionale delle aree incendiate» per dare concreta effettività alla legge n.  353 che, come sopraddetto, prevede per molti anni l'inedificabilità e non permette il cambio d'uso dell'area, a patto che però essa sia censita;
          se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere iniziative normative vista l'emergenza, per inasprire ulteriormente le misure punitive per chi appicca incendi. (4-17224)


      NACCARATO e MIOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 6 luglio 2011 Edilbasso Spa – impresa di costruzioni con sede in via dell'Artigianato n.  9 a Loreggia (Padova) con capitale sociale di 12.000.000 euro suddiviso tra Bruno Basso (83 per cento), Lidia Miolo (14 per cento), e Gianni Basso (3 per cento) – ha presentato domanda di concordato preventivo ai sensi dell'articolo n.  160 della legge fallimentare. La proposta concordataria prevede la continuazione di parte dell'attività di Edilbasso Spa attraverso l'affitto di ramo d'azienda a favore di Faber Costruzioni Srl – società con sede sempre in via dell'Artigianato n.  9 a Loreggia – oltre alla liquidazione di parte del compendio immobiliare di Edilbasso Spa, alla dismissione (e all'incasso dei relativi crediti) delle società partecipate da Edilbasso Spa, e alla presentazione di una transazione fiscale da parte di Edilbasso Spa ai sensi dell'articolo n.  182-ter della legge fallimentare. La durata del contratto d'affitto tra Edilbasso Spa e Faber Costruzioni Srl è stabilita dal 18 febbraio 2011 al 18 febbraio 2017, il canone convenuto risulta pari a 60.000 euro annui oltre Iva. Il concordato preventivo prevede, infine, la cessione del ramo d'azienda oggetto del contratto di affitto tra Edilbasso Spa e Faber Costruzioni Srl al prezzo di 3.000.000 euro;
          il 19 luglio 2012 il tribunale di Padova ha pronunciato il decreto di omologa della domanda di concordato preventivo promossa da Edilbasso Spa;
          il capitale sociale di Faber Costruzioni Srl, pari a 100.000 euro, risulta così costituito: Algisa Srl [società con capitale sociale di 100.000 euro suddiviso tra Alessandro Basso (33,3 per cento), Giulia Basso (33,3 per cento) e Sara Basso (33,35)] (65 per cento); Alessandro Basso (20 per cento); Immobiliare Milano Srl (10 per cento); e Bit Engineering Srl (5 per cento). A sua volta, Immobiliare Milano Srl risulta costituita da Gianluigi Cecchi    (90 per cento) e Adriano Cecchi (10 per cento); mentre il capitale sociale di Bit Engineering Srl risulta suddiviso tra le società Memotech S.A., con sede in Lussemburgo (41 per cento); Morison Holding S.A. con sede in Svizzera (41 per cento) e Bleue Etolie, con sede in Lussemburgo (10 per cento);
          nel corso della seduta n.  610 della Camera dei deputati del 23 marzo 2012 è stata presentata l'interrogazione a risposta scritta n.  4-15468 a firma dei deputati Fiano, Miotto e Naccarato, gli interroganti hanno già espresso al Ministro forti preoccupazioni relativamente alle modalità del fallimento-liquidazione di Edilbasso Spa – evidenziando la presenza nell'assetto proprietario di Faber Costruzioni Srl di Adriano Cecchi (attraverso Immobiliare Milano Srl) e Giovanni Barone, i quali risultano nel recente passato aver ricoperto l'incarico, rispettivamente, di liquidatore e sindaco delle società Perego Strade Srl e Perego Holding, nell'ambito del fallimento-liquidazione di Perego Strade Srl su cui la procura della Repubblica di Milano ha avviato un'indagine ipotizzando l'infiltrazione nell'impresa di elementi riconducibili alla ’ndrangheta;
          considerata l'estrema fragilità finanziaria di Edilbasso Spa (nel 2010 il bilancio della società ha fatto registrare 33.437.000 euro di perdite e 72.967.172 euro di esposizione debitoria), e che le molteplici società da questa direttamente o indirettamente controllate risultano avere assetti societari e amministrativi intrecciati tra loro, gli interroganti esprimevano altresì preoccupazione per la difficile condizione economica di Edilbasso Spa, che corre il rischio di ripercuotersi negativamente anche sulle società partecipate. A riguardo, il bilancio 2011 di Faber Costruzioni Srl si è chiuso con 7.017.745 euro di debiti; il bilancio 2010 di Par.Fin Srl (100 per cento di proprietà Edilbasso Spa) si è chiuso con 9.406.781 euro di perdita e 27.996.473 euro di esposizione debitoria; il bilancio 2010 di Trevicos Srl in liquidazione (100 per cento di proprietà Par.Fin Srl) si è chiuso con 3.319.346 euro di perdita e 12.975.025 di esposizione debitoria; mentre il bilancio 2010 di So.Im.Cos in liquidazione (100 per cento di proprietà Edilbasso Spa) si è chiuso con 713.514 euro di perdita e 16.194.986 di esposizione debitoria. A questo si aggiunge Emerald Spa in liquidazione, società con sede in via degli Scrovegni 1 a Padova – il cui capitale sociale risulta suddiviso tra Trevicos (45 per cento); Morison Holding S.A. (20 per cento); Rima Immobiliare (20 per cento); Memotech S.A. (6 per cento); e Archimede Srl (9 per cento) – che ha chiuso il bilancio 2010 facendo registrare 662.215 euro di perdita e 41.186.288 euro di esposizione debitoria;
          la condizione finanziaria di Edilbasso Spa viene analizzata anche nelle pagine 7, 8 e 9 della Consulenza tecnica per la valutazione del ramo di azienda allegata al concordato preventivo «Edilbasso Spa in liquidazione n.  20 del 2011» del tribunale di Padova, secondo cui «Nel corso del 2010 si assiste al crollo verticale del fatturato e dunque della redditività, tanto che l'esercizio si chiude con una perdita superiore al capitale sociale (...) La lunghezza delle trattative con il sistema bancario e il conseguente acuirsi dell'esposizione verso i creditori commerciali ha portato il Consiglio di Amministrazione di Edilbasso Spa a prendere atto dell'impossibilità di assicurare la continuità aziendale»;
          come risulta dall'articolo pubblicato da Il Corriere del Veneto, edizione del 29 luglio 2012, dal titolo: «Edilbasso, indaga la Finanza» nei confronti dell'azienda è stata avviata un'indagine da parte della Guardia di Finanza  –:
          se i Ministri siano al corrente dei fatti sopra citati;
          in che modo i Ministri intendano intervenire, data la rilevante presenza di società con sede in Svizzera o Lussemburgo nell'ambito del fallimento-liquidazione di Edilbasso Spa, al fine di prevenire il pericolo che, nell'attuale periodo di crisi economica, vi sia un trasferimento di imprese, o di parti consistenti del loro patrimonio, in Stati che offrono un regime fiscale e/o una disciplina contributiva vantaggiosa per le società di capitali.
(4-17235)


      GIORGIO CONTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Ministro dell'interno datato 15 giugno 2012 apporta delle modifiche al decreto del Ministro dell'interno 06 ottobre 2009 e successive modificazioni e integrazioni, concernente l'attività degli addetti ai servizi di controllo nei locali di pubblico spettacolo;
          con il decreto ministeriale 15 giugno 2012 viene introdotta una nuova figura professionale («personale di supporto all'addetto ai servizi di controllo»), che appare funzionale solo quale giustificazione alla non completa attuazione e rispetto della normativa indicata dal decreto ministeriale 06 ottobre 2009;
          il decreto ministeriale 15 giugno 2012 arriva, di fatto, a premiare l'inadempienza di molti e a svilire l'impegno dai pochi Istituti di vigilanza e istituti di investigazione, debitamente autorizzati a gestire gli addetti ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo, che hanno impiegato energie ed effettuato investimenti per poter rispettare il dettato normativo originario;
          sono note, anche attraverso gli organi di stampa, numerose operazioni condotte dalle forze di polizia volte a controllare il rispetto del quadro di riferimento introdotto dal decreto ministeriale 06 ottobre 2009;
          con il nuovo dettato normativo si interrompono, di fatto, anche i corsi regionali per conseguire l'attestato di «addetto ai servizi di controllo», in quanto tale corso non appare più necessario;
          con il decreto ministeriale 15 giugno 2012 si giustificano le condotte di chi utilizzava personale scarsamente preparato, personale non iscritto e personale che non aveva effettuato il prescritto percorso formativo;
          con la nuova normativa si consente di lavorare come «supporto al personale addetto ai servizi di controllo» anche a soggetti con precedenti di polizia e a chi è già stato condannato per i più diversi reati e senza necessità di iscrizione ad elenchi presso le prefetture;
          con l'originario decreto ministeriale 06 ottobre 2009 si era riusciti anche a far emergere parte del lavoro nero che gravitava attorno alle attività di intrattenimento e di spettacolo;
          nella circolare esplicativa emanata dal Ministro dell'interno il nuovo intervento normativo appare giustificato unicamente per poter superare la stagione estiva dei concerti di musica popolare, considerato il ritardo di alcune regioni nell'emanazione della normativa per effettuare i corsi professionalizzanti  –:
          di quali e quanti controlli siano stati effettuati ed il complessivo ammontare delle sanzioni elevate per le violazioni del decreto ministeriale 06 ottobre 2009;
          se vi sia la volontà di mantenere l'efficacia temporale di quanto disposto con il comma «1-ter», come introdotto dalla lettera «b», comma 1, dell'articolo 1 del decreto ministeriale 15 giugno 2012, anche dopo la stagione estiva dei concerti di musica popolare;
          quale sia il numero di iscritti all'apposito registro, provincia per provincia, disposto dal decreto ministeriale 06 ottobre 2009 e successive modificazioni e integrazioni;
          se siano state valutate le implicazioni relative al cosiddetto «lavoro nero», dato che la prevista iscrizione presso la prefettura territorialmente competente era presupposto chiaro ed ineludibile alla regolarizzazione del rapporto di lavoro.
(4-17236)


      GARAVINI, FIANO, ORLANDO, MINNITI, VELTRONI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI e PICCOLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi tempi le cronache giudiziarie hanno segnalato l'arresto, in Calabria, di numerosi operatori di polizia giudiziaria, anche ricoprenti delicati incarichi di coordinamento; in particolare:
          il 29 marzo 2012 veniva arrestato, nell'ambito di un procedimento riguardante le attività di un gruppo criminale dedito al traffico di sostanze stupefacenti, il carabiniere in pensione Giuseppe Maranzano;
          il 28 giugno 2012, nell'ambito di una indagine concernente la cosca Giampà, veniva arrestato, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, l'appuntato Roberto Gidari, in servizio presso la compagnia carabinieri di Lamezia Terme;
          il 10 maggio 2012, nell'ambito di un procedimento avente ad oggetto le attività delle cosche Sia – Procopio – Lentini, veniva tratto in arresto, imputato del delitto di associazione mafiosa, il brigadiere Vincenzo Alcaro, già in servizio nella compagnia carabinieri di Soverato;
          il 25 luglio 2012 è stato infine tratto in arresto il tenente colonnello Enrico Grazioli, già comandante del nucleo investigativo di Catanzaro e successivamente all'Europol, con la grave accusa di tentata estorsione commessa in concorso con un componente di una famiglia mafiosa dominante nel crotonese e, in particolare, nell'Isola di Capo Rizzuto, Nicola Arena, nipote dell'omonimo capo clan;
          la collusione di componenti delle forze di polizia giudiziaria con gli stessi ambienti criminali che essi dovrebbero contrastare appare, come è evidente, di particolare nocumento per le indagini sulle organizzazioni mafiose operanti sul territorio calabrese e, in particolare, a quanto sembra, nell'ambito del distretto di Catanzaro; è evidente, infatti, che se la condizione necessaria per il buon esito delle investigazioni è la loro segretezza, la presenza di esponenti «infedeli» nelle strutture deputate al contrasto del crimine organizzato finisce per introdurre elementi di criticità nel sistema che, probabilmente, costituiscono una spiegazione del perché su intere aree di quel territorio razione di repressione dei fenomeni delinquenziali mafiosi abbia conosciuto, in passato, preoccupanti stasi;
          la dirigenza della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha più volte ribadito, pur riconoscendo la sua consapevolezza dell'Impegno della stragrande maggioranza degli uomini appartenenti alle forze di polizia, che l'individuazione delle infiltrazioni ’ndranghetistiche nel tessuto delle forze dell'ordine costituisce, al momento, un obiettivo primario dell'azione della procura della Repubblica, al fine di garantire il buon esito delle indagini; muovendo un incondizionato apprezzamento per l'operato di alcuni reparti, quali il ROS, la squadra mobile ed il nucleo di polizia tributaria di Catanzaro e il nucleo investigativo dei carabinieri di Vibo Valentia, essa ha segnalato ripetutamente l'esigenza di un potenziamento quantitativo e qualitativo degli apparati di contrasto al crimine organizzato, in particolare degli ufficiali e dei funzionari addetti alla direzione delle indagini, evidenziando come la situazione, su varie parti del territorio di quel distretto, offra seri elementi di preoccupazione, precisando, in particolare, di aver segnalato alle strutture centrali la necessità, nel ricambio fisiologico degli uomini addetti a tale importante compito, di garantire che siano scelte persone in grado di operare efficacemente in una regione ad elevatissima presenza criminale  –:
          quali iniziative si intendano assumere per potenziare quantitativamente e soprattutto qualitativamente gli apparati e le strutture di comando delle forze di polizia giudiziaria operanti nel distretto di corte d'appello di Catanzaro. (4-17240)


      SANTORI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          Cinecittà Est è un'area urbana del X municipio, formatasi intorno agli anni ’80 quando furono costruiti un considerevole numero di edifici che hanno costituito il patrimonio immobiliare, ormai quasi completamente dismesso, degli enti previdenziali;
          il 4 maggio 2011 «Il Corriere della Sera» ha dato notizia di un'importante operazione – coordinata dalla direzione distrettuale antimafia – intitolando l'articolo come segue «“Mala” romana e camorra gestivano un traffico milionario»;
          secondo quanto riportato dal giornalista «L'organizzazione, nata tra Centocelle, Tor Bellamonaca e Tuscolano, puntava a conquistare l'intero mercato dello spaccio»;
          nell'ambito della citata operazione, ormai nota come «Operazione Orfeo» dal nome di uno dei locali individuati come sede di incontri degli affiliati e da questi controllato, sono state effettuate perquisizioni in alcuni locali di Cinecittà Est come il solarium «Clever & sun» e l'agenzia di scommesse «intralot» – entrambi in via Ciamarra – ed il bar «Butera» in via Vignali;
          l'operazione complessivamente si è sviluppata con 43 perquisizioni, altrettanti chili di stupefacenti sequestrati (25 di hashish, 15 di marijuana e tre di cocaina); 38 arresti, la chiusura dei relativi locali con l'apposizione dei sigilli a beni per complessivi cinque milioni di euro;
          il 24 gennaio 2012 «Roma Today», quotidiano on-line, ha riportato la notizia del durissimo colpo inferto al «clan dei Casamonica, uno dei più potenti della Capitale, attivo particolarmente nella zona sud est di Roma» con un'operazione congiunta dei carabinieri e della polizia di Stato che hanno eseguito 39 ordinanze di custodia cautelare a carico di altrettanti esponenti del citato clan;
          molte altre operazioni si sono succedute in questi anni a conferma dell'ottimo lavoro svolto dalle forze di polizia;
          e quindi verosimile pensare al quartiere in questione come una realtà borderline tra legalità ed illegalità;
          in via Pietro Marchisio 237/235 si trova un circolo privato, la cui apertura risale a circa 10/12 anni fa, che è stato spesso sede di interventi delle forze di polizia per risse ed episodi di violenza su richiesta degli abitanti dei palazzi sovrastanti che hanno ripetutamente richiesto l'attenzione degli uffici preposti, auspicando anche la chiusura del citato locale;
          tutti questi episodi sono stati più volte segnalati per iscritto al commissariato di PS «La Romanina» e alla stazione dei CC «Cinecittà» competenti per territorio all'ufficio di polizia amministrativa della questura di Roma, alla asl ed ai vigili urbani anch'essi competenti per territorio;
          il circolo di cui sopra, a più riprese, rimasto chiuso per lunghi periodi recentemente il citato circolo ha riaperto i battenti e aver ulteriormente cambiato gestione;
          è ormai aumentata, nell'opinione pubblica, la percezione del pericolo, ulteriormente alimentata dall'ormai cronica mancanza di mezzi e risorse che affligge le forze dell'ordine  –:
          se non ritenga opportuno verificare il rispetto delle norme di ordine pubblico da parte degli esercizi di cui in premessa sollecitando gli uffici amministrativi dei commissari e della questura di Roma a vigilare maggiormente prestando altresì grande attenzione alle segnalazioni – anche raccolte in modo informale – degli abitanti della zona in cui insistono tali realtà;
          se non ritenga opportuno sollecitare l'applicazione di misure che possano fungere da deterrenti, quali ad esempio la sistematica identificazione dei frequentatori di tali circoli a seguito di occasionali interventi nell'ambito di un maggiore controllo del territorio;
          se non ritenga necessario che le famiglie, che ormai da anni segnalano la situazione di degrado determinata dall'apertura ed esistenza di tale realtà, ricevano pronte risposte dagli uffici di polizia interessati. (4-17245)


      MELIS, CALVISI, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES e SCHIRRU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          si succedono da tempo in Sardegna attentati dinamitardi e altre gravi violenze ai danni di amministratori locali, specie delle zone interne dell'isola, nonché minacce e intimidazioni di varia natura;
          in particolare, nelle ultime settimane si sono succeduti: a) un grave atto di danneggiamento contro il sindaco di Sindia Francesco Scanu, con esplosione di un ordigno nell'autorimessa privata del sindaco; b) una lettera anonima con minacce di morte recapitata al sindaco di Nuoro Alessandro Bianchi; c) una lettera minatoria, con analoghe minacce estese alla famiglia e con allegate due pallottole, indirizzata al sindaco di Bonorva Giammario Senes;
          ognuno di questi episodi si inquadra plausibilmente i contesti diversi e trae motivazione da differenti cause, e tuttavia, tutti insieme, questi e numerosi altri simili fatti succedutisi nel 2011 e nel 2010 configurano una vera e propria offensiva, tipica della situazione sarda e in particolare della Sardegna interna, contro chi in zone difficili e isolate amministra onestamente la cosa pubblica;
          raramente le indagini hanno sinora sortito effetti positivi, restando spesso gli autori di questi delitti sconosciuti e quindi impuniti, cosa che naturalmente incoraggia la reiterazione del reato da parte degli stessi soggetti o di altri che ritengano di poter risolvere in tal modo un contenzioso nei confronti delle amministrazioni;
          più specificamente l'ultimo episodio, relativo al sindaco di Bonorva Giammario Senes, solleva alcuni interrogativi che non possono restare senza risposta. Il caso si inquadra nella annosa vicenda della tenuta forestale «Mariani», in agro comunale, una vasta tenuta (800 ettari circa) di proprietà del comune, che l'ente ha destinato da tempo ad uso di forestazione, con impiego di circa 30 lavoratori della zona;
          in tale tenuta si sono immessi abusivamente da qualche tempo quattro pastori, nativi di altra località sarda (di Orotelli), per pascolarvi le vacche, resistendo alle reiterate intimazioni del sindaco di sgombrare i luoghi per consentirne la destinazione sopra menzionata; tali individui si sono resi protagonisti inoltre di atti resistenza violenta nei confronti dei membri della locale compagnia barracellare, giungendo, nella giornata del 21 maggio, ad inseguirne e ferirne uno mentre la compagnia era impegnata a fare eseguire gli ordini del sindaco;
          contro tale stato di cose il sindaco, dopo avere esperito invano le vie bonarie, ha presentato tempestivamente una denuncia circostanziata alla procura della Repubblica, denuncia in merito alla quale (si apprende proprio in queste ore, dopo le minacce) la procura ha ritenuto in data 2 marzo 2012 di fare richiesta di archiviazione; ha emesso poi il 18 maggio 2012 una ordinanza di sgombero immediato (la n.  24), motivata oltre che dal rispetto delle precedenti delibere comunali da gravi motivi d'ordine sanitario (essendo tra l'altro il bestiame immesso abusivamente nel fondo privo degli adeguati controlli sanitari); tale ordinanza è stata come di rito resa nota alle forze dell'ordine, perché la eseguissero, nonché inviata il 21 maggio al procuratore della Repubblica di Sassari e per conoscenza al prefetto di Sassari, al questore di Sassari, al comandante provinciale dei carabinieri e al comandante della compagnia locale;
          oltre a dover sottolineare che la denuncia è stata archiviata, si osserva che nessun'altra reazione si è registrata a queste circostanziate denunzie né alcun effetto esse hanno esercitato sul protrarsi dell'abuso in atto. Il che, se nel caso della archiviazione denota ad avviso dell'interrogante una sottovalutazione della situazione di tensione creatasi nel territorio di Bonorva, nel caso della inadempienza all'ordinanza di sgombero è inspiegabile, dovendosi senz'altro ottemperare da parte della forza pubblica;
          di qui una delegittimazione di fatto dell'autorità del sindaco, quadro nel quale certamente si inserisce il criminoso episodio della lettera contenente le minacce di morte a Giammario Senes e ai suoi familiari, lettera accompagnata dall'invio di due pallottole;
          è opportuno operare urgentemente perché la legge, a Bonorva come altrove in Sardegna, sia tempestivamente rispettata e l'ordinanza del sindaco eseguita, garantendo così agli amministratori la doverosa collaborazione dello Stato in tutte le sue espressioni e rendendo chiaro che essi non agiscono uti singuli, per fini privati di ostilità a questo o quell'interesse, ma come rappresentanti dello Stato stesso e in nome dell'interesse pubblico  –:
          se risultino motivi ostativi che, per lo meno dal 21 maggio sino alla data dell'episodio criminoso, non consentano di effettuare lo sgombero, contribuendo a provocare una situazione di illegalità tollerata che ha evidentemente incoraggiato l'autore delle minacce e che, protraendosi ancora, potrebbe ulteriormente motivarlo a metterle in atto;
          se siano state avviate indagini per identificare l'autore o gli autori delle minacce anonime;
          quali provvedimenti, si intendano assumere per contrastare il ripetersi di episodi simili in varie zone della Sardegna, assicurando una maggiore vigilanza e presenza sul territorio delle forze dell'ordine e fiancheggiando con maggiore efficacia le amministrazioni locali, soprattutto nel caso descritto in premessa troppo spesso lasciate sole di fronte a responsabilità sociali che, nell'attuale situazione di crisi economica, vanno facendosi di enorme peso e rilevanza. (4-17252)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'artrite idiopatica giovanile (AIG) è una malattia cronica caratterizzata da infiammazione persistente delle articolazioni che si manifesta con dolore articolare, tumefazione e limitazione del movimento. L'artrite cronica è ritenuta la conseguenza di una risposta anomala del nostro sistema immunitario che in parte perde la capacità di distinguere ciò che è estraneo da quello che non lo è, attaccando quindi le articolazioni. L'AIG non è una malattia ereditaria, tuttavia esistono alcuni fattori genetici, in gran parte non ancora scoperti, che predispongono all'insorgere della malattia  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
              c) favorire le pratiche riabilitative e terapeutiche anche non convenzionali;
              d) aumentare le possibilità di diagnosi precoce;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e come il Governo sostenga le associazioni di malati di artrite idiopatica giovanile. (4-17196)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le emoglobinopatie, come la talassemia detta anche anemia mediterranea, la drepanocitosi detta anche anemia falciforme e la talasso-drepanocitosi sono gravi forme di anemia ereditaria caratterizzate da un'alterazione genetica dell'emoglobina. La trasmissione è autosomica recessiva per cui la coppia a rischio è rappresentata da due soggetti entrambi portatori sani del gene della talassemia o della drepanocitosi. I sintomi sono: anemia, pallore, alterazioni scheletriche, dolori. Il trattamento delle emoglobinopatie prevede trasfusioni di sangue, terapia ferrochelante, terapie mediche per il dolore  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
              d) favorire pratiche finalizzate ad una diagnosi precoce;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti le patologie in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          quali siano i centri di eccellenza e i numeri quali-quantitativi dei malati affetti da detta patologia. (4-17198)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la malattia reumatica con cardite è la patologia più frequente tra le malattie reumatiche dell'infanzia. Si tratta di un'infiammazione delle articolazioni e del cuore, secondaria ad una pregressa infezione da streptococco beta emolitico di gruppo A; esistono terapie adeguate e sicure ma, se la malattia non è trattata tempestivamente, provoca danni permanenti alle valvole cardiache  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) favorire e migliorare le pratiche finalizzate a una diagnosi tempestiva;
              b) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
              d) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
          se e quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (4-17200)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la patologia dismielinizzante del sistema nervoso centrale denominata adrenoleucodistrofia colpisce i bambini in tenera età. La prognosi è infausta, preceduta da un grave e rapido deterioramento di tutte le funzioni del cervello. Attualmente non esiste terapia  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) fornire adeguata assistenza alle famiglie;
              b) favorire una diagnosi precoce ed accurata;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nell'Unione europea, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (4-17202)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la leucemia è un tumore «non solido» che origina dal midollo osseo, quel tessuto spugnoso, contenuto dentro le ossa, nel quale normalmente, a partire da cellule indifferenziate chiamate staminali, per successive divisioni e maturazioni delle cellule da esse maturate, si producono le cellule che circolano nel sangue: globuli rossi, globuli bianchi, piastrine. Questa produzione è costantemente controllata e limitata da parte dell'organismo. La leucemia consiste nella crescita incontrollata e tumultuosa di una popolazione di cellule derivate da quelle intermedie della differenziazione midollare, che divengono insensibili a qualsiasi controllo. Moltiplicandosi senza freni, questa popolazione di cellule leucemiche impedisce lo sviluppo delle cellule normali. Ne derivano l'anemia (diminuzione di globuli rossi), la leucopenia (diminuzione dei globuli bianchi) con rischio di infezione, la piastrinopenia (diminuzione delle piastrine) con rischio di emorragie. La terapia medica si basa sull'uso di farmaci citotossici, capaci di impedire la moltiplicazione delle, cellule. Quest'effetto, pur manifestandosi su tutte le cellule, è massimo sulle cellule tumorali. Nel caso della leucemia, la terapia medica è quasi sempre capace, nel giro di poche settimane, di distruggere la maggior parte delle cellule malate, consentendo a quelle sane di ricrescere, così da tornare a una situazione di apparente normalità del midollo osseo e del sangue (remissione). Nel periodo necessario per ottenere la remissione, il bambino è a rischio di infezione, emorragie, effetti indesiderati dei farmaci e richiede per lo più il ricovero in ospedale. Una volta ottenuta la remissione, i rischi si riducono e nelle successive fasi di terapia il bambino sta per lo più a casa e viene curato in ospedale di giorno. Attualmente la durata della terapia nella leucemia è di due anni, anche se purtroppo in qualche bambino le cellule diventano resistenti al trattamento e si assiste alla ricomparsa della malattia (recidiva). La recidiva può verificarsi anche dopo la sospensione delle terapie, entro i tre anni dalla sospensione. Oltre questo limite il rischio di recidiva è bassissimo e il bambino può essere considerato guarito. Quando non si riesce a guarire completamente dalla leucemia, o dopo una recidiva, si può ricorrere al trapianto di midollo osseo. Il donatore può essere lo stesso bambino (autotrapianto), un fratello o una sorella (trapianto allogenico), un donatore compatibile non familiare (trapianto allogenico da MUD)  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali azioni di sostegno il Governo abbia attuato o intenda attuare in favore delle associazioni dei malati di leucemia, anche utilizzando gli strumenti come i fondi del 5 per mille o altri similari. (4-17204)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la malattia di Von Recklinghausen (NF1), sebbene rara, si può considerare molto frequente dato che 1 neonato su 2.500/3.000 nasce con questa patologia che si riscontra ovunque nel mondo e che colpisce indistintamente uomini e donne, indipendentemente dal proprio gruppo etnico;
          un'altra neurofibromatosi ben individuata è quella di tipo 2 (NF2), chiamata anche neurofibromatosi acustica, geneticamente e completamente diversa dalla NF1, e molto più rara poiché si riscontra 1 caso ogni 40.000 nascite e comporta quasi sempre complicanze ai nervi auditivi per la comparsa di neurinomi o schwannomi. Sono stati descritti altri tipi di neurofibromatosi molto rari non appartenenti a nessuno dei due tipi di cui sopra, ma non si sa a oggi se corrispondano o meno a delle entità genetiche ben distinte;
          la diagnosi di neurofibromatosi è di tipo clinico e le manifestazioni associate alla patologia vanno ricercate nell'osservazione delle cosiddette macchie caffè-latte, deineurofibromi (cutanei, sottocutanei e plessiformi), delle lentiggini ascellari e, attraverso la lampada a fessura, dei noduli iridei o di «Lish»;
          sebbene circa il 70/75 per cento delle persone affette da neurofibromatosi di tipo 1 non manifestino complicanze, queste, quando presenti, comportano di solito la comparsa di neurofibromi cutanei (esteticamente e funzionalmente fastidiosi), scoliosi, displasie, gliomi del nervo ottico, ipertensione e difficoltà nell'apprendimento  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) sostenere i malati anche attraverso centri di ascolto e assistenza;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          quali siano i principali centri di eccellenza del nostro Paese per la cura di detta patologia. (4-17208)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la displasia setto ottica (SOD), o sindrome di De Morsier, è una rara malattia congenita eterogenea caratterizzata dalla presenza di due o più componenti tra ipoplasia del nervo ottico (ONH), agenesia di strutture appartenenti alla linea mediana (agenesia o ipoplasia del corpo calloso e del setto pellucido) e varie forme di insufficienza ipotalamo-ipofisaria (ipoplasia dell'ipofisi);
          i sintomi consistono in gravi deficit visivi, alterazioni endocrinologiche, ritardo di sviluppo, deficit motori e crisi epilettiche. La sindrome è rara, con un'incidenza di meno di 1 su 10.000, e il fenotipo è altamente variabile. La diagnosi si basa sull'indagine cerebrale effettuata tramite TAC o risonanza magnetica. L'eziologia è varia con un'incidenza sporadica e idiopatica nella maggioranza dei casi. Tra le cause: un'età materna estremamente giovane, danni vascolari e infezioni virali occorsi tra la IV e la VI settimana gestazionale, assunzione materna di acido valproico. Ricerche recenti hanno individuato in alcuni casi una base genetica con ereditarietà autosomica dominante dovuta a mutazioni del gene HESX-1;
          i sintomi clinici e il grado di compromissione del sistema nervoso variano da soggetto a soggetto. È importante una diagnosi precoce per la prevenzione delle complicanze e il trattamento delle alterazioni endocrinologiche tramite terapia ormonale sostitutiva  –:
          se e quali siano i centri di eccellenza per la cura di detta malattia;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di coordinare gli sforzi tra i vari centri di eccellenza regionali;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17211)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          il deficit di ormone della crescita (GH) è una condizione clinica causata dalla carenza patologica dell'ormone della crescita, caratterizzata da un ridotto accrescimento staturale nei bambini e da un aumento di grasso corporeo e una riduzione della massa muscolare nell'adulto. Il deficit di GH può presentarsi in forma assai variabile e il quadro clinico è condizionato dalla gravità del deficit ormonale, che può essere isolato o associato a quello di altri ormoni ipofisari, e dall'età di insorgenza. La carenza di ormone della crescita, nell'età adulta, è in genere causata da un danno ipotalamico o ipofisario, solitamente secondari a chirurgia ipofisaria, tumori, trattamento con radiazioni oppure è legato a un deficit dell'età evolutiva. Quando, oltre al deficit dell'ormone della crescita vi è la carenza di tutti gli altri ormoni ipofisari, la malattia si definisce panipopituitarismo  –:
          se e quali siano i centri di eccellenza per la cura di detta malattia;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di coordinare gli sforzi tra i vari centri di eccellenza regionali;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nell'Unione europea, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17212)


      ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato nel documento elaborato dall'Associazione nazionale insegnanti scienze naturali (ANSN) relativo alla rilevanza e pari dignità delle discipline scientifiche per la formazione del futuro cittadino ed alle criticità emerse nei primi due anni di applicazione del riordino nella scuola secondaria superiore italiana, «sia la modesta preparazione in uscita dalla scuola media che l'alta percentuale di quindicenni con scarse competenze scientifiche indicano l'esigenza di porre un'attenzione particolare nei confronti dell'educazione scientifica in tutto il settore dell'obbligo»;
          tuttavia a seguito dell'introduzione del riordino della scuola secondaria superiore, le ore dedicate alle discipline scientifiche sono state fortemente ridotte soprattutto negli istituti tecnici;
          a tali considerazioni va aggiunto che con l'introduzione del riordino della scuola secondaria superiore dall'anno scolastico 2010/2011 gli insegnanti della classe di concorso A060 (scienze naturali) pur avendo superato un concorso ordinario con il quale hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento di scienze naturali, chimica, geografia e microbiologia, e di conseguenza avendo insegnato per anni scienze naturali, scienze della terra, biologia, chimica, scienze della natura, scienza della materia, geografia generale, geografia economica, geografia astronomica, geografia antropica, geografia regionale negli istituti professionali, tecnici e nei licei, non possono più insegnare dette discipline subendo una vera e propria discriminazione rispetto ad altri classi di concorso;
          la mancata attribuzione degli insegnamenti di scienze integrate (fisica), geografia e scienze integrate (chimica) negli istituti tecnici e professionali, rischia di creare un enorme numero di soprannumerari tra gli insegnanti della classe A060, ledendo al contempo la professionalità e l'esperienza acquisita sul campo da questi docenti;
          inoltre ciò comporta un danno erariale in quanto al loro posto vengono assunti supplenti o vengono immessi in ruolo nuovi docenti;
          quindi se da un lato insegnanti anche privi di abilitazione possono insegnare le succitate materie, dall'altro i docenti della A060 si trovano a poter insegnare discipline per le quali non hanno abilitazione  –:
          se quanto riportato corrisponda al vero;
          se ritenga opportuno integrare l'insegnamento delle scienze sperimentali negli istituti scolastici italiani;
          quali iniziative intenda assumere al fine di impedire l'incremento di soprannumerari nella classe di concorso A060, anche rivedendo l'attribuzione degli insegnamenti. (4-17216)


      LARATTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il 15 luglio 2011, con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, veniva indetto un concorso, per esami e titoli, per il reclutamento, nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica, di dirigenti scolastici dei ruoli regionali per n.  2.386 posti complessivi come riportato nell'allegato 1, che è parte integrante del decreto;
          l'allegato 1 del bando riportava la distribuzione regionale dei posti messi a concorso, individuando in n.  108 unità quelli disponibili per la Calabria;
          l'emanazione del bando di concorso è successiva al decreto-legge 6 luglio 2011 n.  98 (Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2011 n.  155), convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, il quale all'articolo 19, ai commi 4 e 5, così recita:
      «4. Per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
      5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome.»;
          la Corte costituzionale, con sentenza n.  147/2012, depositata il 7 giugno 2012, ha dichiarato illegittimo l'articolo 19, comma 4, del decreto-legge n.  98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011 osservando che «è indubbio che la disposizione in esame incida direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti, materia che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n.  200 del 2009, n.  235 del 2010 e n.  92 del 2011), non può ricondursi nell'ambito delle norme generali sull'istruzione e va, invece, ricompresa nella competenza concorrente relativa all'istruzione; la sentenza n.  200 del 2009 rileva, in proposito, che il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche» è «ambito che deve ritenersi di spettanza regionale»;
          trattandosi di ambito di competenza concorrente, allo Stato spetta soltanto di determinare i principi fondamentali, e la norma in questione non può esserne espressione. L'aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all'interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale;
          con deliberazione n.  47 del 10 febbraio 2012 la giunta regionale della Calabria, sulla base della normativa censurata dall'organo costituzionale, ha approvato un piano di razionalizzazione e riorganizzazione delle rete scolastica determinando, di fatto, la chiusura in Calabria di circa 100 scuole (da 506 si è passati a 406 istituzioni scolastiche), con la conseguente soppressione di circa 900 posti di lavoro tra dirigenti scolastici, docenti, collaboratori scolastici e personale amministrativo, con un coinvolgimento in primo luogo dei precari; a seguito della sentenza della Corte costituzionale, diversi comuni della Calabria hanno deliberato di revocare i precedenti provvedimenti in tema di dimensionamento scolastico chiedendo, nel contempo, agli enti sovracomunali di assumere le relative determinazioni che salvaguardino le istituzioni scolastiche;
          le fasi concorsuali per il reclutamento dei nuovi dirigenti scolastici, in Calabria, si sono concluse decretando 98 vincitori a fronte dei 108 posti messi a bando;
          in conseguenza del piano di dimensionamento della rete scolastica, tali 108 posti sembrano essersi volatilizzati, né, tantomeno, si prevede che essi possano materializzarsi nel triennio, arco temporale di validità della graduatoria;
          dall'approvazione della graduatoria discende il diritto all'assunzione del partecipante collocato in posizione utile della stessa, cui corrisponde l'obbligo di adempimento dell'amministrazione assoggettato al regime di cui all'articolo 1218 del codice civile anche con riferimento al diritto al risarcimento in caso di inadempimento (in tal senso si vedano Cass. S.U. 16 aprile 2007, n.  8951; Cass. 20 gennaio 2009, n.  1399; Cass. S.U. 4 novembre 2009, n.  23327)  –:
          se il ministro sia a conoscenza di quanto su esposto e cosa intenda fare, per quanto di competenza, per rendere effettivo il diritto all'assunzione dei vincitori di concorso nella regione Calabria. (4-17221)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di Turner è una malattia genetica che colpisce il sesso femminile, con un'incidenza di 1:2.500 neonate femmine. Le principali caratteristiche sono rappresentate da bassa statura, assenza o incompleto sviluppo puberale, sviluppo difettoso delle ovaie (disgenesia gonadica), anomalie fisiche (alcuni dismorfismi e difetti di alcuni organi interni). Le alterazioni fenotipiche sono molteplici e nessuna patognomonica è indicativa in maniera sicura della diagnosi. Le uniche manifestazioni che permettono di sospettare la diagnosi sono la ridotta capacità di crescita, la bassa statura e/o le alterazioni gonadiche. Lo sviluppo psico-intellettivo è normale o sovrapponibile a quello della popolazione generale. La terapia prevede la somministrazione di un ormone della crescita per un recupero staturale, e di ormoni sessuali (estropro gestinici) per indurre lo sviluppo puberale e il suo mantenimento  –:
          se e quali iniziative il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie, ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nell'Unione europea, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali iniziative nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17226)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la malattia di Stargardt è una forma giovanile di degenerazione ereditaria della macula, caratterizzata da macchie giallastre rotonde od ovoidali attorno alla macula, a livello dell'epitelio pigmentato della retina (EPR). È la forma più comune di distrofia ereditaria della macula, con una prevalenza di circa 1 su 8.000-10.000. La malattia insorge nei primi vent'anni di vita e si manifesta con una riduzione dell'acuità visiva. Non è al momento disponibile nessuna terapia efficace  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
          b) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e come il Governo riconosca — attraverso strumenti quali l'invalidità civile parziale o totale — un adeguato sostegno economico ai malati di detta patologia. (4-17227)


      BARANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          nel marzo 2003 un gruppo di imprenditori nel settore dell'alta tecnologia operanti a Genova costituiscono una società, la Genova High Tech (GHT), con l'obiettivo di promuovere un «villaggio tecnologico»;
          la missione di GHT, alla sua costituzione, è stata quella di costruire un contenitore nuovo, nel quale far convivere strutture universitarie, centri di ricerca e imprese tecnologiche per far fronte innanzitutto alle esigenze di crescita e di sviluppo delle aziende locali;
          la proposta di GHT punta a creare un polo capace di riunire imprese economicamente portanti e laboratori di ricerca qualificati, facendo perno sulla presenza sulla collina degli Erzelli della facoltà di ingegneria dell'università di Genova, insieme a residenze per ricercatori e studenti;
          il progetto del parco scientifico tecnologico è stato proposto nel maggio 2004 da GHT, una società per azioni appositamente costituita nel 2003 con l'adesione di imprenditori del settore high-tech;
          nel giugno 2006 GHT ha acquistato dal proprietario parte dei terreni della spianata di 440.000 metri quadrati degli Erzelli, che si erge a 110 metri sul livello del mare, occupata in precedenza da attività di deposito e movimentazione container;
          il 4 aprile 2007 è stato firmato l'accordo di programma fra regione Liguria, comune di Genova, università di Genova e GHT, per l'approvazione dello schema di assetto urbanistico SAU del parco Leonardo proposto dalla stessa GHT per l'attuazione delle indicazioni e previsioni del piano territoriale di coordinamento (PTC) degli insediamenti produttivi dell'area centrale ligure, relative al settore dell'area di intervento del distretto n.  4;
          il decreto-legge 1° ottobre 2007, n.  159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.  222, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, all'articolo 23, individua, fra gli interventi, quello del polo di ricerca Erzelli e gli interventi infrastrutturali connessi autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2007;
          il 3 marzo 2012 è stato sottoscritto il protocollo d'intesa tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'università di Genova, la regione Liguria, la provincia e il comune di Genova che prevede che tutti i soggetti firmatari si impegnino in tempi brevi a definire gli interventi per il potenziamento delle attività della facoltà di ingegneria, con particolare riferimento al nuovo insediamento di un campus integrato per il trasferimento di know how tecnologico;
          il Ministro ha espresso le sue preoccupazioni in un'intervista del 7 marzo 2012 su «Il Secolo XIX» circa la mancata definizione di un progetto scientifico, un documento di visione che definisca il percorso tenendo conto della missione volta a creare un campus integrato dove far incontrare ricerca, alta tecnologia e formazione;
          dalle ultime notizie apparse sul «Il Secolo XIX» il 26 luglio 2012, la partita per il trasferimento della facoltà di ingegneria agli Erzelli sarebbe chiusa con l'impossibilità da parte dell'università di Genova di reperire propri fondi nel bilancio per la realizzazione del progetto di trasferimento agli Erzelli;
          secondo la stampa locale, tale decisione ha sollevato un'indignazione e una disapprovazione da parte di esponenti locali, anche di livello apicale, dell'imprenditoria e degli enti territoriali, assumendo anche un atteggiamento perentorio nei confronti dell'università;
          nessuna voce della comunità civile e politica si è levata a richiamare tutti al rispetto del principio fondamentale dell'autonomia dell'università di Genova;
          le motivazioni del rettore, Giacomo Deferrari, è che mancano all'appello 42 milioni di euro per coprire il fabbisogno dell'università al fine di trasferire la sede di ingegneria e che non condivide «la modalità di continua richiesta di soldi, quasi accattonaggio, senza aver fatto un piano da parte di Ght»  –:
          se al Ministro risulti che il progetto scientifico che si sta delineando non vedrà la luce e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo a seguito della rinuncia al progetto. (4-17248)


      PICIERNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 15 luglio 2012 il quotidiano «Il Mattino» pubblicava un articolo dal titolo «La storia, una bici per la futura dottoressa» in cui veniva raccontata la felice storia di una bambina di origini africane che si era distinta per una pagella scolastica eccellente, riuscendo a raggiungere buoni risultati scolastici nonostante, figlia di immigrati irregolari, versasse in condizioni di partenza difficili e disagiate;
          la bella storia raccontata dal giornalista de «Il Mattino» stride con quella denunciata dall'Associazione di volontariato medico-sociale «Jerry Essan Masslo», presieduta dal dottor Renato Franco Natale, che racconta di un bambino, figlio di immigrati irregolari ma nato in Italia, gravato da un handicap che avrebbe richiesto un insegnante di sostegno per aiutarlo a raggiungere risultati almeno vicini a quelli dell'altra bambina, sua coetanea;
          il bambino in questione, invece, è stato bocciato e dovrà ripetere l'anno scolastico, perché l'insegnante di sostegno, sebbene riconosciuto necessario dall'ASL, non gli è stato assegnato, in quanto figlio di irregolari;
          l'articolo 3 della Costituzione recita, al comma 2, che è «compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...», ma questo principio è stato evidentemente disatteso;
          la questione era stata segnalata alle autorità competenti, ivi comprese quelle sanitarie e scolastiche, e all'UNAR, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che stava studiando il caso, evidentemente protraendo troppo l'approfondimento fino al punto di vanificare ogni possibilità di recupero del bambino, che alla fine dell'anno scolastico è stato bocciato in quanto non aveva raggiunto una preparazione adeguata  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Governo sul caso di cui in premessa, e se intenda assumere, per quanto di competenza iniziative atte a individuare le cause di quanto accaduto, posto che ad avviso dell'interrogante si sono verificati comportamenti discriminatori per motivi razziali;
          se si intenda mettere in campo iniziative, anche normative, finalizzate ad evitare che in futuro possano nuovamente verificarsi casi come quello denunciato.
(4-17251)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi si è verificata a Catania l'ennesima chiusura di un'azienda call center;
          come successo già in altre occasioni, aziende all'apparenza solide, perché committenti di importanti aziende nazionali ed internazionali, che impiegavano centinaia di operatori hanno chiuso i battenti, senza fornire alcuna spiegazione ovvero comunicazione ai propri lavoratori;
          i trecento lavoratori della società INLINEA S.r.l, con sede legale a Roma, che risulta iscritta alla Camera di commercio di Roma, hanno trovati improvvisamente quanto misteriosamente chiusi i locali siti in via Monsignor Ventimiglia 145 presso i quali è sorto un altro call center, di cui non si conoscono ancora i legami con il precedente;
          a questa pratica, ad avviso dell'interrogante spregevole, ormai invalsa nel settore dei call center, si è aggiunto per i lavoratori un ulteriore danno: l'azienda, pur trattenendo la somma relativa alla contribuzione, nei fatti, non la dichiarava, i lavoratori quindi, in questi anni, hanno pagato le tasse su una contribuzione inesistente;
          la grave crisi economica che ha pesantemente colpito Catania ha contribuito a creare un mercato del lavoro in cui molti lavoratori, soprattutto giovani e donne, sono particolarmente esposti e rischiano di finire vittime di avventurieri senza scrupoli che offrono solo lavoro in condizioni retributive inaccettabili;
          secondo quanto denunciato dalle organizzazioni sindacali, vi sarebbero call center in cui gli operatori dell’outbound riceverebbero circa 20 centesimi di euro per ogni telefonata a un potenziale cliente, con un salario mensile che non supera i 300 euro mensili;
          nella città di Catania, secondo una rilevazione della camera di commercio, si conterebbero oltre 120 aziende con il 70 per cento di lavoratori parasubordinati  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
          se non si ritenga che il perdurare di tali fenomeni nella città di Catania, anche in presenza di numerose denunce delle organizzazioni sindacali, segnali l'assenza di efficaci controlli e di una adeguata azione preventiva a tutela delle garanzie dei lavoratori;
          se non si ritenga urgente promuovere la costituzione di un osservatorio permanente per vigilare su quanto accaduto e sta accadendo nel settore dei call center nella città di Catania;
          se non si intenda promuovere una urgente ed intensiva attività di controllo nelle aziende di call center, al fine di verificare la sussistenza di rapporti di lavoro che rispettino le norme vigenti e del regolare versamento contributivo;
          se non si intendano estendere i controlli fiscali e contributivi sui committenti di aziende di call center che risultano inadempienti degli obblighi contrattuali e retributivi;
          quali iniziative si intendano assumere al fine di introdurre strumenti che scoraggino il ricorso da parte di importanti aziende nazionali ed internazionali ad aziende di call center che non garantiscano livelli retributivi adeguati ai propri lavoratori;
          quali iniziative si intendano assumere al fine di regolare il mercato del lavoro del settore dei call center e di istituire strumenti di controllo e verifiche che certifichino la correttezza dei rapporti di lavoro, e delle relazioni sindacali all'interno delle aziende che operano per società nazionali ed internazionali;
          se il Governo non intenda assumere iniziative al fine di introdurre strumenti per cui le aziende che intendono esternalizzare attività gestite tramite call center lo possano fare solo nei confronti di aziende adeguatamente certificate.
(2-01628) «Berretta».

Interrogazioni a risposta scritta:


      MARINELLO, GIOACCHINO ALFANO, ROMELE, TOCCAFONDI, MARSILIO, GAROFALO, MINARDO, MAZZUCA, SCALIA, PORFIDIA, PALAGIANO, CERONI, PIZZOLANTE, CICCIOLI, SCANDROGLIO, GIBIINO, BARANI, DE LUCA, TRAVERSA e LAZZARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui al decreto legislativo n.  509 del 1994 e n.  103 del 1996 sono stati negli ultimi anni oggetto di diversi interventi legislativi e di indirizzi di coordinamento volti ad assicurare la migliore gestione al fine di garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali e l'adeguatezza delle prestazioni;
          gli indirizzi in materia di bilanci tecnici hanno imposto, inizialmente, che la stabilità delle gestioni previdenziali dei predetti enti e casse privatizzate sia da ricondurre ad un arco temporale non inferiore a trenta anni (articolo 1, comma 763, della legge n.  296 del 2006 finanziaria per il 2007), in luogo dei quindici precedentemente previsti;
          successivamente, ai sensi del comma 24 dell'articolo 24 del decreto-legge n.  201 del 2011 gli enti di cui ai predetti decreti legislativi adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni;
          al contempo gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui al decreto legislativo n.  509 del 1994 e n.  103 del 1996 sono stati sottoposti ad una serie di vincoli ed obblighi gestionali, ivi compresi quelli recentemente introdotti dal decreto-legge n.  95 del 2012, in quanto inclusi nell'elenco Istat di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n.  196 del 2009, che di fatto limitano fortemente l'operatività di detti enti;
          si rileva come appaia, quindi, contraddittorio sottoporre le casse previdenziali ad uno stress test, prevedendo da un lato il rispetto dell'equilibrio previdenziale a 50 anni e l'utilizzo della redditività del patrimonio all'1 per cento netto e dall'altro lato il rispetto di una serie di vincoli gestionali che ne limitano l'operatività;
          appare evidente dall'analisi dei bilanci tecnici come la priorità delle casse sia quella di gestire in maniera ottimale e prudenziale il patrimonio, dotandosi di tutti gli strumenti che sono previsti per i fondi pensione di previdenza integrativa e rafforzando la governance interna a tali fini e, altresì, come in presenza di un prodotto interno lordo con crescita debole o in recessione diventi importante la valorizzazione dei montanti contributivi attraverso una valorizzazione dei patrimoni;
          tale scelta però, non chiaramente perseguita dal Governo, viene inficiata da una serie di vincoli, come quelli sui consumi intermedi introdotti dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n.  95 del 2012, a cui sono sottoposti oggi gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui al decreto legislativo n.  509 del 1994 e n.  103 del 1996 e che ignorano come nel modello organizzativo di questi enti i costi non siano di carattere autoreferenziale, ma qualificabili come costi di «produzione» o relativi alla «gestione del rischio»;
          non appare corretto comprimere i costi necessari, tra cui quelli per l'effettuazione degli investimenti dei contributi, il monitoraggio dei fabbisogni sociali ed assistenziali degli iscritti, la verifica dell'andamento del mercato del lavoro di riferimento, la definizione e gestione dell’asset allocation strategica e dinamica, l'individuazione del benchmark e della banca depositaria, l'utilizzo di advisor e del risk management, lo svolgimento delle funzioni volte a tutelare le prestazioni previdenziali degli iscritti;
          gli enti previdenziali di cui al decreto legislativo n.  509 del 1994 e n.  103 del 1996 sopportano i relativi costi di funzionamento nell'ambito delle proprie entrate, non gravando a tal fine sul bilancio dello Stato, e tali costi non superano mediamente l'1 per cento dei rispettivi bilanci  –:
          se sia intenzione del Governo dare un indirizzo chiaro e univoco in materia di investimenti, nel rispetto dell'autonomia prevista all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n.  509 del 1994, come confermato da ben due sentenze della Corte Costituzionale (5 febbraio 1999, n.  15; 18 luglio 1997, n.  248), oppure se si intenda limitare l'attività di investimento degli enti in questione con grave pregiudizio ai bilanci degli stessi;
          se siano state stimate le minori entrate derivanti dalle norme sulle locazioni alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge n.  95 del 2012;
          se siano state altresì stimate le minori entrate derivanti dai vincoli sulla gestione degli investimenti, dell’asset allocation e del rischio;
          se sia intenzione eliminare i vincoli richiamati per ridurre il pregiudizio e il danno nei confronti delle gestioni previdenziali dei liberi professionisti. (4-17225)


      MURER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          appare sempre più allarmante il quadro relativo al mancato riconoscimento dei diritti per gli invalidi civili; sale in modo costante la voce legata esito negativo dell'accertamento sanitario, dal 35,3 per cento del 2010 al 37,8 per cento del 2011 fino al 38,1 per cento nei primi 6 mesi del 2012 (1o gennaio-30 giugno);
          il dato preoccupante riguarda anche la rivedibilità: dal 9,3 per cento del 2011 fino al 11,5 per cento nei primi mesi del 2012;
          il 66,2 per cento dei cittadini che ne fanno richiesta non si vede riconosciuto il diritto alla non rivedibilità (come invece previsto dal decreto 2 agosto 2007); e continua ad essere sottoposto ad umilianti e faticose rivalutazioni;
          al 20,8 per cento dei cittadini è stato tolto l'assegno di accompagnamento rispetto al 12,5 per cento del 2011, ed al 13 per cento degli invalidi parziali è stato tolto l'assegno di invalidità rispetto al 9,5 per cento nello scorso anno;
          sempre più cittadini, quindi, fanno domanda per la prima volta e non si vedono riconosciuta la loro richiesta; inoltre, molti di quelli sottoposti a rivedibilità subiscono sistematicamente un ridimensionamento della percentuale e dei diritti in precedenza assegnati;
          pesa anche, in termini di disagio e disservizio, la lentezza delle procedure burocratiche; grandi attese vengono segnalate per l'ottenimento del verbale definitivo ma anche per i tempi per l'erogazione dei benefici, in particolare dell'assegno di accompagnamento;
          i dati hanno sollevato grandi perplessità nelle associazioni che si occupano, da decenni, di invalidità e sostegno ai cittadini con disabilità; si parla di drastico e cieco taglio delle provvidenze economiche a spese dei più deboli;
          i ritardi e le lentezze burocratiche bruciano milioni di euro per interessi passivi (circa 86 milioni di euro tra 2009 e 2010) e rappresentano un danno per le finanze pubbliche;
          gran parte dei disagi sono correlati alla comunicazione interna del direttore generale INPS e alle «linee guida operative» del 20 settembre 2010, fonte di innumerevoli ricorsi legali dei cittadini, che nel 60 per cento dei casi, vedono l'INPS soccombere, con costi in termini di interessi, spese legali e intasamento del sistema giustizia;
          in data 21 luglio 2011 veniva approvata dalla Camera dei deputati la mozione 1-00626, a prima firma Miotto; tale mozione si concentrava sul tema della nuova procedura per l'accertamento dell'invalidità civile ed evidenziava che con essa, invece di portare chiarezza e celerità, si sono registrate gravissime inefficienze, che hanno provocato disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto il loro diritto;
          la mozione sopra menzionata ha impegnato il Governo ad assumere le necessarie iniziative dirette a rivedere e modificare la procedura ed a predisporre «con la massima sollecitudine e comunque non oltre entro 30 giorni dall'approvazione dell'atto» una relazione esaustiva sulla situazione relativa all'applicazione della nuova procedura  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra riportato, e se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per avviare una semplificazione di procedure lente, farraginose, disagevoli per i cittadini e costose per lo Stato; se non si ritenga di valutare la possibilità di creare un unico momento per l'accertamento dei requisiti sanitari per il riconoscimento dell'invalidità civile e relative indennità, eliminando l'attuale possibilità di doppia visita prima da parte dell'ASL e poi da parte dell'INPS, realizzando così un risparmio che sarebbe utile indirizzare verso il finanziamento di iniziative sociali. (4-17243)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      NEGRO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'intero mondo agricolo e venatorio concorda sulla necessità di ridurre significativamente i danni provocati alle colture dalla fauna selvatica, in particolare dallo storno, senza mettere in alcun modo a rischio la conservazione della specie;
          il prelievo venatorio dello storno, in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria, è concesso in deroga dalle singole regioni, per quantitativi limitatissimi, pur rendendosi tale specie responsabile di ingentissimi danni alle produzioni agricole, e soggetto a previo parere dell'ISPRA il quale impone continue limitazioni alle deroghe, limitazioni incomprensibili alla luce delle evidenze scientifiche che documentano l'enorme numero di esemplari presenti nei nostri territori;
          anche a seguito di recenti aggiornamenti e chiarimenti forniti dal Ministro interrogato in risposta a precedenti atti di sindacato ispettivo si apprende che, per quanto concerne l'inserimento dello storno tra le specie cacciabili, a fronte della risposta negativa della Commissione europea, al fine di poter disporre di un quadro completo delle problematiche gestionali legate allo storno nel nostro Paese, il Ministero ha incaricato l'ISPRA di proseguire l'attività di studio intrapresa fin dall'anno 2010, la quale evidenzia, in attesa dei risultati definitivi, la mancanza di situazioni critiche riguardo allo stato di conservazione della popolazione di storni nei cieli nazionali;
          tra le difficoltà inerenti il prelievo venatorio dello storno, se la questione della predisposizione delle linee guida da parte dell'ISPRA sembra essere superata dalle ultime modifiche normative proposte, resta quella dell'obbligatorietà di acquisizione dei pareri dell'ISPRA, pareri che tuttavia l'istituto spesso non esprime lamentando la mancanza di dati relativi alla quantità di esemplari presenti sul territorio nazionale, quando in altre occasioni, come sopra riportato, sembra averne accertata la consistenza  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti sommariamente espressi in premessa e se non intenda fornire ulteriori chiarimenti in merito al completamento dello studio sulle problematiche gestionali inerenti lo storno e alla questione dei pareri resi dall'ISPRA i quali, pur non essendo obbligatori e potendo quindi in linea di principio essere disattesi dalle amministrazioni regionali, devono essere comunque obbligatoriamente acquisiti. (5-07580)


      TRAPPOLINO, BRANDOLINI, MARCO CARRA, DAL MORO, CENNI, AGOSTINI, SANI, SERVODIO, ZUCCHI e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'agricoltura rappresenta un settore fondamentale per lo sviluppo sostenibile, occupazionale, sociale ed economico del nostro Paese. Un comparto che registra da anni segnali preoccupanti per quanto riguarda la crescita dei livelli di produttività;
          la promozione dell'accesso dei giovani e il sostegno all'attività imprenditoriale giovanile, in quanto processo ampiamente condiviso da istituzioni e associazioni di categoria, ha l'obiettivo di dare nuovo impulso al settore agricolo. Il progressivo abbandono da parte della campagne coltivate ha prodotto infatti, secondo le cifre diffuse da alcuni istituti di settore, cinque milioni di ettari sottratti all'agricoltura negli ultimi 40 anni. È inoltre emerso da uno studio elaborato dalla facoltà di Agraria dell'università di Firenze che si è passati, negli ultimi 100 anni, da 23 a 13 milioni di ettari di terreni agricoli; sono stati abbandonati mediamente 100 mila ettari di terreno all'anno;
          nel nostro Paese il tasso di ricambio generazionale, nel comparto agricolo, risulta particolarmente basso e difficoltoso;
          i dati resi noti da Inea (Istituto nazionale di economia agraria) sulla presenza dei giovani in agricoltura testimoniano che l'Italia registra a livello europeo una delle più basse presenze di giovani titolari di impresa nel settore. Secondo tale rapporto, i giovani sotto i 40 anni rappresentano appena il 7 per cento dei conduttori delle aziende agricole;
          nel 2005 in Italia solo il 3 per cento dei conduttori aveva meno di 35 anni a fronte di una media europea dell'allora 7 per cento, mentre la presenza degli ultra sessantacinquenni attivi nel settore primario era nel nostro Paese tra le più alte dell'area europea (oltre il 20 per cento analogamente solo a Portogallo, Romania e Bulgaria);
          tra il 2005 e il 2007 a livello nazionale vi è stata una contrazione del 10 per cento del numero delle aziende gestite da under 40;
          in virtù dei dati sopramenzionati si ha in Italia (con consistenti differenze interregionali) un imprenditore agricolo giovane ogni sei «over 65»;
          a questi dati sull'imprenditoria giovanile corrisponde un dato contrario sull'occupazione giovanile in agricoltura: quasi il 50 per cento degli occupati in agricoltura ha meno di 40 anni e di questi la metà è sotto i 29;
          i dati relativi all'attività dei giovani nel settore agricolo testimoniano comunque che le aziende, in Italia, a conduzione «under 35» registrano buoni risultati per quanto riguarda l'attività imprenditoriale, la promozione di nuovi sistemi produttivi e soddisfacente penetrazione nei mercati internazionali;
          una delle esperienze di particolare rilievo, dal punto di vista sociale, occupazionale ed imprenditoriale è, ad esempio, quello della filiera agricola promossa in conseguenza dell'assegnazione delle terre e dei beni confiscati alla criminalità organizzata: aziende, imprese e cooperative agricole dove sono impiegati, in tutta Italia, numerosi giovani agricoltori;
          gli ultimi Ministri dell'agricoltura che si sono succeduti hanno annunciato misure e progetti a sostegno del ricambio generazione e dell'imprenditoria agricola giovanile, a partire dall'assegnazione e la vendita agevolata delle terre demaniali. Nella maggior parte dei casi a tali annunci non sono seguiti provvedimenti attuativi efficaci e completi;
          il direttore generale finanza e privatizzazioni del Tesoro, Francesco Parlato, in un'audizione in Commissione Bilancio della Camera dei deputati (in data 26 luglio 2012, come riportano anche organi di informazione) ha fornito alcuni dati circa il patrimonio immobiliare dello Stato: le cifre comunicate dalle amministrazioni al 31 marzo 2011 «hanno permesso di censire quasi 760.000 terreni per una superficie corrispondente a oltre 1,3 milioni di ettari», «la distribuzione dei terreni censiti al 31 marzo 2011 evidenzia che il 98 per cento circa è detenuto dalle amministrazioni locali» e «una preliminare stima del valore dei terreni censiti, elaborata sulla base delle informazioni disponibili e i prezzi medi della banca dati Inea (dati valori fondiari al 2009), risulta compresa tra 11 e 49 miliardi di euro»;
          secondo una recente indagine promossa da Coldiretti-Swg «la disponibilità di terra è il principale vincolo alla nascita di nuove imprese agricole», ed «il 50 per cento delle imprese agricole già esistenti condotte da giovani “chiede” la disponibilità di terra in affitto o acquisizione»;
          per la Cia «sono oltre 50 mila i giovani agricoltori che guardano con grande interesse alla vendita dei terreni agricoli da parte dell'Agenzia del demanio; giovani agricoltori che “hanno difficoltà ad acquistare terreni coltivabili” ai prezzi di mercato»;
          secondo l'ultimo rapporto tematico Inea il mercato fondiario è stato condizionato dalla «crisi economica generale, amplificata dalla scarsa disponibilità di liquidità degli agricoltori e dalle difficoltà di accesso al credito»;
          per Confagricoltura «oltre il 4 per cento della Sau (superficie agricola utilizzata) è a riposo e che, unendola alla superficie attualmente non utilizzata, si potrebbe rimettere in coltura un'estensione pari ad oltre il 9 per cento della Sau: ovvero 1,2 milioni di ettari oggi improduttivi. Sempre secondo Confagricoltura i “terreni a riposo” nel 2010 assommavano a quasi 550 mila ettari e sono aumentati di circa il 50 per cento dal 1982. “Si tratta di superfici che possono tornare rapidamente in produzione — sottolinea Confagricoltura — e che rappresentano un potenziale immediatamente disponibile per rafforzare la nostra agricoltura e creare nuove opportunità per i giovani imprenditori”»;
          recentemente l'approvazione della legge n.  183 del 2011 prevede dismissioni di terreni agricoli dello Stato o di enti pubblici nazionali, attribuendo ai giovani un diritto di prelazione nel processo di alienazione. In particolare l'articolo 7 di tale legge dispone che l'Agenzia del demanio debba curare l'alienazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato non utilizzabili per altre finalità istituzionali, ricorrendo alla trattativa privata per gli immobili di valore inferiore a 400 mila euro, e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 400 mila euro. Per le stesse finalità e con le medesime modalità anche le regioni, le province e i comuni possono vendere i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola, anche avvalendosi dell'Agenzia del demanio. I proventi netti derivanti dalle operazioni di dismissione sono destinati alla riduzione del debito pubblico;
          in seguito, con il decreto-legge n.  201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  214 del 2011 sono state inserite ulteriori norme volte ad agevolare la vendita di terreni agricoli di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici anche territoriali;
          successivamente i decreto-legge n.  1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  27 del 2012 è stata approvata, all'articolo 66, una nuova disciplina per la dismissione; in particolare, al comma 1, è previsto che «Entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, con decreto di natura non regolamentare da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche sulla base dei dati forniti dall'Agenzia del demanio nonché su segnalazione dei soggetti interessati, individua i terreni agricoli a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi predisposti ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85, nonché di proprietà degli enti pubblici nazionali, da locare o alienare»;
          ad oggi, a circa 2 mesi dalla scadenza sopracitata, non è stato ancora emanato il suddetto decreto;
          «nei mesi scorsi abbiamo avuto un po’ di difficoltà con il Demanio che ci doveva fornire l'elenco delle superfici» ha dichiarato nei giorni scorsi il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania sui ritardi di emanazione del decreto sull'alienazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato;
          l'ordine del giorno numero 9/4829-A/153 (a prima firma del deputato Carlo Emanuele Trappolino), accolto dal Governo il 16 dicembre 2011, impegna l'Esecutivo a «predisporre un piano giovani in agricoltura che incentivi il ricambio generazionale»  –:
          se il Ministro interrogato intenda fornire date certe sulla tempistica di emanazione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 66 del decreto-legge n.  1 del 2012, atteso inizialmente entro il 30 giugno 2012, e sui contenuti di tale provvedimento;
          se non ritenga utile prevedere, per le problematiche esposte in premessa, che una quota dei «beni terreni agricoli a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato» venga affittata, e non ceduta, ai giovani agricoltori che ne facciano richiesta. (5-07582)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALOMBA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il settore agricolo della Sardegna, che versa già da parecchi anni in un profondo stato di crisi, rischia di essere oltremodo penalizzato dall'imposizione della tassa sui beni immobiliari alle aziende agricole da parte dei Comuni;
          in data 12 luglio 2011 l'assessore regionale all'agricoltura Oscar Cherchi ha firmato il decreto che, oltre a quelli montani e collinari, già esentati dal Governo dall'onore d'imporre la tassa sui beni immobiliari all'interno delle aziende, individua altri quarantacinque comuni svantaggiati;
          di fatto il decreto estende lo status di svantaggiato a tutti i comuni sardi che, ad esclusione di Cagliari, potrebbero essere esentati dal Governo dall'imporre la cosiddetta Imu  –:
          se il Ministro sia a conoscenza del fatto che, se imposta indiscriminatamente anche nelle aree più povere della Sardegna, l'Imu potrebbe rappresentare il colpo di grazia per l'agricoltura sarda che versa già in uno stato di crisi;
          se, fatte queste considerazioni, il Ministro intenda estendere anche ai comuni svantaggiati individuati con decreto del 12 luglio 2012 dalla regione Sardegna l'agevolazione già concessa ai comuni montani e collinari, estendendo di fatto a tutti i comuni della Sardegna, ad eccezione di Cagliari, l'esenzione dall'imposizione dell'Imu. (4-17237)


      CATANOSO, MINASSO, ALBERTO GIORGETTI, PICCHI, CONTENTO, LISI, SBAI, PAGANO, DE CAMILLIS, LEO, NASTRI, CASTIELLO, DI CATERINA, GIRO, IANNARILLI, ROSSO, FAENZI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, TORRISI, ANTONINO FOTI, GIOACCHINO ALFANO, GIAMMANCO, BARANI, DE LUCA, GIRLANDA, CICCIOLI, CROLLA, PELINO, MANCUSO, ABELLI, GAROFALO, CECCACCI RUBINO, GIBIINO, GERMANÀ, GHIGLIA, CORSARO, GIANNI e SCANDROGLIO. – Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. – per sapere – premesso che:
          l'11 luglio 2012 il Ministro interrogato ha nominato Guido Tampieri in qualità di direttore generale dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura in sostituzione del presidente e del consiglio di amministrazione;
          il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, recante «disposizioni urgenti per la revisioni della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» ha stabilito all'articolo 12 che gli organi dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, sottoposta alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono: a) il direttore dell'agenzia, scelto in base a criteri di alta professionalità e conoscenza del settore agroalimentare;
          la personalità scelta dall'attuale Ministro, persona stimabile e preparata, è un ex-assessore all'agricoltura dell'Emilia Romagna e già Sottosegretario alle politiche agricole dell'ultimo Governo Prodi, un politico di razza, un'eccezione al Governo tecnico;
          si tratta di un vero e proprio politico di lungo corso e di una ben precisa parte politica, il Partito democratico;
          a giudizio degli interroganti è impensabile che un Governo tecnico faccia ricorso ai politici per assolvere a funzioni tecniche. Il Ministro, con questa scelta, ha secondo gli interroganti fatto sì che le massime cariche dei principali organizzazioni del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali siano allineate sulla stessa matrice politica;
          da questa decisione, a giudizio degli interroganti, si evince che i principi dei tagli che hanno ispirato la riforma di Agea da parte del Ministro non erano solo tecnici ma, probabilmente, anche politici;
          non si vorrebbe scoprire, successivamente, che con la nomina di Tampieri, si sia voluto costruire qualche futura e nuova candidatura alle prossime elezioni politiche di qualche esponente dell'attuale Governo o dello stesso Tampieri;
          ad avviso dell'interrogante ad oggi, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali è retto da un vero e proprio monocolore «democratico» che rischia di penalizzare le qualità tecniche presenti nel dicastero  –:
          se intenda il Ministro interrogato, rivedere la propria indicazione nominando altra personalità di sicuro ed indubbio spessore professionale e del settore agroalimentare e che non abbia solo esperienze politiche nel Partito democratico.
(4-17239)


      LAZZARI e FUCCI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il 26 luglio 2012 sulla stampa locale è stato dato grande risalto alla nomina dell'ex senatore Antonio Michele Coppi quale consigliere per la viticultura e l'enologia del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali;
          il settore agricolo oggi vive una profonda crisi e soprattutto il comparto della viticultura e dell'enologia necessita di interventi strategici e strutturali;
          la sfida per il settore si inserisce nella più grande trattativa per la definizione della politica agricola comune (PAC) 2014-2020;
          il Governo guidato dal professor Mario Monti sin dal suo insediamento ha inteso promuovere nomine improntate a precisi criteri di alta e qualificata professionalità  –:
          quali siano state le motivazioni e soprattutto quali siano i requisiti di alta professionalità che hanno indotto il Ministro a effettuare la nomina a consigliere per la viticultura e l'enologia dell'ex senatore Antonio Michele Coppi. (4-17241)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


      NICOLUCCI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          come emerso sulla stampa (si veda in particolare il Corriere del Mezzogiorno del 18 luglio) nel corso di un recente incontro tra il Ministro interrogato e i presidenti delle sezioni regionali di Confindustria si è discusso della gestione delle risorse comunitarie destinate allo sviluppo di progetti infrastrutturali e produttivi nel Sud Italia;
          in tale ambito il presidente di Confindustria Campania ha evidenziato quanto segue: «Centralizzare la spesa non è la soluzione. La riprogrammazione dei fondi deve essere fatta sulle opere già cantierate, attraverso uno screening sullo stato dei grandi progetti, privilegiando quelli immediatamente cantierabili»;
          a parere dell'interrogante proprio questo è un punto fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno, proprio perché finora vi è stato un utilizzo non sempre razionale dei fondi comunitari, con il risultato di disperderli in una molteplicità di microprogetti  –:
          quali iniziative il Governo stia portando avanti o abbia in programma di avviare al fine di mettere in efficienza il sistema di gestione e utilizzo dei fondi comunitari per lo sviluppo del Mezzogiorno. (4-17209)


      REGUZZONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'eliminazione delle comunità montane potrebbe costituire una misura significativa di razionalizzazione della spesa pubblica, poiché le funzioni delle stesse potrebbero essere utilmente svolte dalle province;
          tra i diversi progetti di legge presentati sull'argomento vi è l'Atto Camera 2892 che prevede – tra l'altro – la soppressione degli articoli 27, 28 e 29 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, oltre alla soppressione delle comunità montane costituite alla data di entrata in vigore della legge;
          il Governo intenda eliminare le province  –:
          se il Ministro ritenga attuabile una soppressione delle comunità montane come sopra descritta e, nel caso vi siano criticità, quali siano e che soluzioni possano essere individuate;
          a quale/i ente/i le funzioni delle comunità montane verranno affidate;
          in che cifra assoluta e complessiva il Ministro quantifichi – seppur a livello indicativo – le economie ottenibili dall'abolizione delle comunità montane;
          se e quali altre iniziative il Ministro intenda attuare ai fini di agevolare gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica. (4-17213)


      PATARINO. —Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          con decreto-legge n.  78 del 31 maggio 2010, sono state introdotte norme di contenimento della spesa;
          tali norme hanno inciso sugli assetti amministrativi della pubblica amministrazione;
          l'articolo 9 del decreto citato prevede, al comma 31, delle eccezioni, che riguardano i componenti della magistratura e i diplomatici italiani in servizio;
          al momento di entrata in vigore della norma, «il presente comma non si applica (omissis) in via transitoria limitatamente agli anni 2011 e 2012 ai capi di rappresentanza diplomatica nominati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;
          l'interpretazione della norma pone dei quesiti di ordine applicativo per quanto concerne la carriera diplomatica;
          appare necessario giungere ad un'interpretazione autentica, dato il rilievo che ne deriva per gli assetti organizzativi del Ministero degli affari esteri  –:
          se la deroga in favore della carriera diplomatica valga solo per i trattenimenti in servizio aventi durata 2011 e 2012 o per quelli disposti negli anni 2011 e 2012 (che possono, quindi, avere durata anche fino al 2014), anche in considerazione del fatto che la norma equipara ad atti di nuova assunzione gli atti di trattenimento in servizio e che, in base alla normativa vigente, la richiesta di trattenimento in servizio deve essere presentata tra i 24 e i 12 mesi precedenti la data di collocamento a riposo e che, infine, la modifica che ha equiparato il trattenimento in servizio come nuova assunzione è entrata in vigore il 31 maggio 2010. (4-17233)


      ANTONINO FOTI, GIAMMANCO e VINCENZO ANTONIO FONTANA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          la delega «per la semplificazione» è stata accorpata a quella della pubblica amministrazione;
          al dipartimento della funzione pubblica afferisce l'ufficio per la semplificazione amministrativa (USA) che promuove e coordina le attività di semplificazione amministrativa finalizzate a migliorare la qualità della regolazione ed a ridurre i costi amministrativi, costituito da 1 dirigente generale e 2 dirigenti di II fascia;
          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 2011 è stata confermata la struttura «Unità per la semplificazione» finalizzata agli stessi obiettivi e costituita di 1 dirigente generale, 4 dirigenti di II fascia, funzionari comandati da altre amministrazioni esperti di alta professionalità e collaboratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa con una spesa di circa 1 milione di euro annui;
          alla luce della «spending review» da effettuare presso la presidenza del Consiglio dei ministri e la pubblica amministrazione in genere, i fatti in questione costituiscono – a giudizio degli interroganti – una spesa inutile e doppia da eliminare  –:
          se, considerato questo doppione che comporta una spesa all'incirca di un milione di euro l'anno, quali iniziative intenda adottare. (4-17238)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


      BUCCHINO e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il lago di Vico presenta da molti anni un gravissimo e ben documentato degrado e inquinamento del suo ecosistema: frequenti ed intense fioriture — favorite anche dall'utilizzo di fertilizzanti e fitofarmaci — dell'alga rossa Plankthotrix rubescens produttrice di numerosi tipi di tossine dette microcistine (non termolabili) a valenza epatotossica, gastroenterica e con possibile azione cancerogena, marcata riduzione del quantitativo di ossigeno nelle sue acque, sempre più scarsa trasparenza di esse e presenza di metalli pesanti in elevata concentrazione nei sedimenti;
          nel corso degli ultimi due anni sono stati presentati dati allarmanti («attività di contrasto al degrado della qualità delle acque del lago di Vico» assessorato all'ambiente della provincia di Viterbo) che hanno evidenziato la presenza di arsenico e di altre sostanze tossiche e cancerogene di norma estranee alle acque del lago quali: mercurio, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), e nei suoi sedimenti alte concentrazioni di arsenico — 647 mg/kg SS (valore soglia 20 mg/kg SS) —, cadmio — 12 mg/kg SS (valore soglia 2 mg/kg SS) — e nichel — 566 mg/kg SS (valore soglia 120 mg/kg SS);
          ulteriori risultati di indagine presentati dall'Arpa Lazio — sezione di Viterbo presso il dipartimento regionale rifiuti ed energia — hanno confermano la presenza di arsenico in concentrazioni molto elevate nei sedimenti lacustri;
          un rapporto del centro tecnico logistico interforze Nbc di Civitavecchia del 25 marzo 2010, prot. 38, relativo ai risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa per la ricerca di masse anomale interrate presso il magazzino materiali di difesa Nbc di Ronciglione (sede posta in prossimità del lago, nella quale durante l'ultimo conflitto mondiale, era attivo «un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale» presumibilmente atto alla produzione di armi chimiche), ha evidenziato la presenza di masse metalliche e non metalliche interrate in diversi punti del sito e, da carotaggi ed analisi chimiche su campioni di terreno prelevati, valori di arsenico superiori a quanto previsto dalla normativa in vigore;
          le popolazioni di Caprarola e Ronciglione che utilizzano ordinariamente l'acqua captata dal lago come bevanda, per le preparazioni alimentari ed uso igienico-sanitario, possono essere esposte alle tossine prodotte dall'alga rossa e alle altre sostanze tossiche e cancerogene;
          la regione Lazio, più volte sollecitata anche dalla prefettura di Viterbo, non ha ancora reso ufficiale la nuova classificazione delle acque del lago di Vico da erogare per consumo umano (acque che potrebbero ora essere in fase di classificazione A3 o addirittura inferiore e quindi non più utilizzabili in alcun modo per uso potabile)  –:
          quale sia l'attuale classificazione delle acque del lago di Vico destinate a consumo umano, anche per poter dare corso, eventualmente, alle richieste della asl di Viterbo che, in relazione alla gravità del degrado di queste acque e alla difficoltà di realizzare processi di potabilizzazione veramente efficaci a garantirne salubrità e pulizia, hanno chiesto da tempo forniture di acque in forme alternative a quelle lacustri. (5-07585)


      BARANI e DE NICHILO RIZZOLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          da una analisi dei dati relativi al trend della mobilità sanitaria della regione Umbria riferita al triennio 2008-2010, dati elaborati dal servizio IV, direzione regionale salute, i suddetti dati mostrano, nel triennio, un costante, progressivo, aumento della mobilità passiva, un'altalenante tenuta della mobilità attiva ed una consistente riduzione del saldo attivo di mobilità, passato dai 10,5 milioni di euro del 2008 ai 6,5 milioni di euro del 2010;
          all'interno del suddetto trend si evidenziano i saldi negativi, superiori al milione di euro, relativi alla mobilità sanitaria da e verso la Lombardia, l'Emilia, il Veneto e soprattutto verso la Toscana;
          analizzando i flussi di mobilità da e verso la Toscana ne scaturisce la seguente analisi: l'incremento desta particolari perplessità circa la reale applicazione, da parte dell'Umbria, degli accordi sottoscritti con la regione Toscana per il contenimento della mobilità passiva (determinazione dirigenziale 5441 del 16 giugno 2006, determinazione dirigenziale 11383 del 23 dicembre 2010 che addirittura fa riferimento ai criteri stabiliti con la determinazione del 2006, e dgr n.  600 del 22 marzo 2010) accordi che, stando ai dati, hanno ben funzionato per la Toscana facendo diminuire la mobilità diretta in Umbria del 12 per cento ma sono risultati totalmente fallimentari per l'Umbria che invece in soli tre anni ha visto lievitare del 75 per cento la mobilità diretta in Toscana;
          è quantomeno sospetto che la direzione generale della sanità Umbria abbia fissato (con le delibere sopracitate) tetti finanziari per le Asl e le strutture del privato convenzionato situate nel territorio regionale ma sia del tutto inadempiente circa l'adozione dei piani annuali di attività, ossia gli atti con cui la giunta deve stabilire a inizio anno il tetto finanziario delle prestazioni erogabili dalla Toscana, le tariffe da applicare e gli abbattimenti da applicare alle tariffe nel caso di superamento del tetto di budget;
          il tetto 2010 delle prestazioni erogabili dalla Toscana è stato fissato con determinazione dirigenziale n.  41383 del 23 dicembre 2010, cioè a sanatoria di quanto già fatturato dalla Toscana stabilendo che tale tetto semplicemente coincidesse con il fatturato del 2009;
          il tetto per il 2011 non è mai stato fissato e addirittura la «trattativa» risulta a tutt'oggi ancora aperta;
          l'anomalia maggiormente evidente sta nel fatto che che un terzo del fatturato di mobilità passiva è attribuibile a prestazioni di specialistica/diagnostica ambulatoriale ed è indirizzato per la quasi totalità ad una struttura privata, convenzionata, denominata istituto di diagnostica A. Cesalpino di Terontola, situato al confine fra Umbria e Toscana;
          analizzando in termini di prestazioni e di fatturato, i flussi di mobilità passiva risultano in incremento costante nel triennio da tutte le Asl umbre; il volume di mobilità verso l'Istituto A. Cesalpino di Terontola, per alcune Asl risulta quasi raddoppiato nel triennio, e ciò appare a dir poco strano in virtù della distanza tra i residenti della regione Umbria e la città di Terontola (mediamente 80 chilometri), per cui non si riesce a capire per quale motivo la popolazione umbra decida di andare fuori regione per eseguire esami diagnostici di TAC ed RMN, piuttosto che utilizzare le numerose strutture a disposizione sul territorio, siano esse pubbliche o private convenzionate;
          le strutture convenzionate umbre, non dispongono di una convenzione diretta con la direzione generale della sanità, come invece l'Istituto A. Cesalpino di Terontola con la regione Toscana ma sono assoggettate a convenzioni specifiche con le singole Asl umbre;
          ne consegue che i centri diagnostici umbri devono sottostare a budget imposti dalle singole Asl rinegoziabili ogni anno solare, da utilizzarsi in dodicesimi regolato mediante stipula di un contratto;
          i centri convenzionati con la varie Asl umbre non possono eseguire esami a pazienti provenienti da fuori regione, bloccando la mobilità attiva verso l'Umbria (l'Istituto A. Cesalpino di Terontola può eseguire mediamente più 5.000 prestazioni annue liberamente); la sola Asl n.  2 di Perugia autorizza la mobilità attiva limitandola a soli euro 120.000 per pazienti provenienti da tutte le regioni italiane, mentre per i pazienti provenienti dalla regione Toscana la mobilità attiva viene regolata in modo specifico;
          non tutte la Asl umbre concedono convenzioni ai centri privati umbri che svolgono attività di diagnostica per immagini; ne consegue che nella stessa città ci sono centri convenzionati per alcune Asl, mentre ad altri centri inspiegabilmente non viene concessa la convenzione, determinando una disparità di trattamento, non garantendo inspiegabilmente la pari condizione agli attori della sanità privata, e soprattutto attivando inspiegabilmente mobilità passiva e notevoli costi per gli utenti;
          altra grave anomalia sta nel fatto che alcune direzioni generali delle Asl umbre chiedono alla firma dei contratti annuali sconti sul nomenclatore regionale umbro per la stipula dei contratti, poiché tali risparmi incidono direttamente sui bilanci annuali delle Asl, mentre, per esempio, l'Istituto A. Cesalpino di Terontola, che dispone di una convenzione diretta con la regione Toscana, non concede sconti di nessun tipo, addebitando direttamente le prestazioni eseguite alla regione Toscana, che a sua volta gira i costi alla regione Umbra;
          tutto ciò premesso ne consegue un'ulteriore disparità di trattamento tra i vari competitor; mentre i contratti con le Asl umbre impongono diverse clausole ai centri convenzionati, le stesse acquistano servizi senza imporre nessuna garanzia o clausola comportamentale, in virtù dell'accordo tra regioni determinando, a giudizio dell'interrogante, un aggravio di spesa che andrebbe segnalato alla Corte dei Conti  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di monitorare più efficacemente la mobilità sanitaria interregionale, in particolare nelle regioni richiamate in premessa, anche sotto il profilo dell'appropriatezza delle prestazioni, e soprattutto al fine di garantire una omogeneità delle cure, pur nelle difficoltà imposte dall'attuale crisi economica, anche per non costringere i cittadini umbri a viaggi costosi fuori regione, garantendo la libera scelta delle strutture sanitarie.
(5-07586)


      BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA e DE POLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          i problemi legati alla nascita in Italia sono particolarmente critici. Il caso del bambino deceduto all'ospedale San Giovanni è una chiara prova che questi episodi non possono essere circoscritti semplicisticamente al novero degli «errori umani»;
          in Italia un gruppo di medici ha creduto fortemente nelle potenzialità della medicina neonatale ed ha creato strutture idonee all'assistenza del neonato patologico, le oggi famose terapie intensive neonatali;
          ciò ha comportato un impegno intenso ed anni di sacrifici, spesi per la formazione, in moltissimi casi avvenuta in centri esteri, e per la costruzione ed organizzazione di quanto necessario per assistere il neonato. Ne è una prova la consistente riduzione della mortalità neonatale osservata negli ultimi anni fino a giungere a valori perfettamente in linea con i risultati ottenuti nei paesi più avanzati;
          tutto questo è avvenuto su basi sostanzialmente volontaristiche senza che ci fosse percezione del fenomeno all'esterno. Questo mondo, che ancora oggi spinge giovani medici a scegliere la neonatologia come professione, rinunciando a scelte sicuramente più remunerative, viene vanificato, annullato ed in qualche modo deriso da quanto si apprende essersi verificato nell'ospedale San Giovanni di Roma: non si tratta solamente di errore umano che ha portato alla morte di un bambino – cosa già gravissima di per sé – ma, si tratta a parere degli interroganti di una situazione molto ambigua che contrasta con la professionalità specifica dei medici neonatologi specialisti di terapia intensiva;
          dal triste errore umano e dalle sue drammatiche conseguenze emerge, secondo gli interroganti, che è mancata la competenza specifica del personale preposto e c’è il rischio che questo si possa ripetere, stante la situazione generale della sanità nazionale e del Lazio in particolare;
          non si può risparmiare ignorando l'alta specializzazione che certe funzioni richiedono, soprattutto quando la tempestività e la qualità dell'intervento sono essenziali per la sopravvivenza;
          il fatto che il responsabile ad interim della terapia intensiva neonatale sia una ginecologa, nominata dai vertici dell'ospedale, lascia presupporre, ad avviso degli interroganti che il responsabile o i responsabili di tale scelta ignorino quali siano le competenze necessarie per dirigere una Terapia intensiva neonatale;
          negli ultimi giorni si è affidata la Terapia intensiva neonatale al primario del dipartimento emergenza e accettazione (D.E.A), con delega di rivisitazione dei protocolli diagnostici – assistenziali al primario di emato-oncologia, continuando ad ignorare la specificità delle cure intensive neonatali, che sicuramente non possono essere affrontate da specialisti di altra area;
          è evidente la necessità di avere una Terapia intensiva neonatale efficiente in ogni punto nascita, per impedire drammatici eventi; Purtroppo, non sempre i reparti di ginecologia di piccoli ospedali hanno una Terapia intensiva neonatale  –:
          quali urgenti iniziative intenda adottare per difendere la neonatologia italiana e le sue realizzazioni, in che modo intenda operare – in accordo con la Conferenza Stato-regioni – al fine di intervenire sul tema modificando scelte che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi per i quali sono state effettuate e se non ritenga necessario promuovere l'istituzione in ogni punto nascita di una Terapia intensiva neonatale. (5-07587)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MANCUSO, CROLLA, GHIGLIA, GIRLANDA e REPETTI. —Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la stabulazione indica un qualunque confinamento di animali in spazi controllati costruiti o ricavati artificialmente, nei quali sono garantite e monitorate le funzioni vitali;
          gli stabulari sono appunto i luoghi di confinamento, in particolare per cavie destinate a esperimenti medico-scientifici;
          in Italia esistono 616 stabulari, di cui 136 in Lombardia;
          il consiglio regionale lombardo, nel 2011, aveva chiesto al Governo di porre una moratoria sulle nuove richieste di stabulari in territorio lombardo e di limitare l'attività di quelli esistenti;
          già nel 1959 Russel e Burch proposero la regola delle 3 R per ridurre l'impatto della sperimentazione animale: rimpiazzamento (replacement), ovvero la sostituzione con metodi alternativi; riduzione (reduction), ovvero la riduzione del numero di ammali e raffinamento (refinement), ovvero il miglioramento delle condizioni degli animali  –:
          se il Governo abbia piena contezza della numerosità degli stabulari in Italia;
          se in ogni stabulario italiano sia assicurata la presenza di un medico veterinario responsabile a garanzia del benessere animale. (5-07578)


      MANCUSO, CROLLA, MANNUCCI, GIRLANDA e REPETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le cosiddette «botticelle» sono carrozzelle, trainate da cavalli, utilizzate per escursioni turistiche nella città di Roma;
          le botticelle operano in ogni mese dell'anno, in ogni condizione climatica e meteorologica;
          spesso, purtroppo, i cavalli in questione sono coinvolti in incidenti dovuti al traffico della capitale o alle cattive condizioni lavorative imposte dai vetturini;
          nel mese di maggio 2012: una botticella si è rovesciata in via Galvani, nel quartiere Testaccio, a causa del distacco di una delle quattro ruote;
          nel 2008, a novembre, il tristemente famoso caso di Birillo: il cavallo era uscito dalla stalla nell'ex mattatolo Testaccio e stava percorrendo via di San Gregorio, vicino al Colosseo;
          quando un camion l'ha superato, l'animale si è imbizzarrito scivolando sui sampietrini e cadendo a terra, fratturandosi la tibia;
          si è dovuto, in quel caso, procedere all'abbattimento del cavallo;
          il 27 luglio 2012 l'ultimo episodio, in ordine di tempo: alle sei del pomeriggio, sotto il caldo torrido di quei giorni, il cavallo della botticella 112 è crollato sotto la scalinata di Trinità dei Monti;
          i tentativi del vetturino di rimettere in piedi il cavallo con metodi bruschi e violenti, alcuni passanti sono intervenuti bloccando il vetturino e chiamando i carabinieri;
          sui sampietrini erano presenti macchie di sangue, dato che il cavallo, scivolando, aveva sbattuto il muso a terra;
          un anno fa, la delibera del comune di Roma 67/2011 (nuovo regolamento sui taxi e le botticelle) stabiliva, tra l'altro, percorsi idonei e orari di lavoro, vietando le strade con estrema pendenza o ritenute pericolose;
          erano state previste ambulanze veterinarie, termometri sulle vetture e addirittura impianti satellitari per monitorare il rispetto del blocco orario imposto nel periodo estivo;
          nulla di tutto ciò è stato messo in pratica;
          nel gennaio di quest'anno, la LAV (Lega anti vivisezione) ha denunciato che dal 2009 i cavalli delle botticelle hanno svolto l'esercizio senza il certificato di idoneità sanitaria e di buone condizioni previsto dai regolamenti comunali  –:
          quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere il Ministro per assicurare il benessere dei cavalli con riferimento ad attività come quelle di cui in premessa. (5-07584)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SCHIRRU e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          a tutt'oggi, nonostante i solleciti, non è ancora arrivata risposta all'interrogazione n.  4-13606 del 14 ottobre 2011 con la quale la sottoscritta interrogava il Ministro sui gravi ritardi nella corresponsione delle provvidenze in favore dei soggetti talidomidici e su quali iniziative si intendessero adottare per accelerare i pagamenti e l'accoglimento delle nuove istanze;
          a distanza di mesi restano numerosi i casi di soggetti talidomidici, affetti da gravi malformazioni agli arti (amelia, focomelia) a causa del farmaco omonimo, che versano in serie difficoltà economiche e necessitano pertanto di aver riconosciuto al più presto quanto spettante;
          continuano le segnalazioni da parte di soggetti riconosciuti come superstiti talidomidici ma esclusi – per cavilli burocratici e errate valutazioni da parte del CMO locale (soprattutto La Spezia) – dall'assegno vitalizio e dai benefìci della legge n.  244 del 2007 sebbene in possesso dei requisiti richiesti;
          nonostante i richiami e la richiesta di essere sottoposti a nuova visita – onde sanare gli errori commessi dalle commissioni competenti – tali persone si sono viste di recente recapitare lettera di esclusione definitiva ai benefici citati;
          si riportano per chiarezza e completezza di informazione i casi – a titolo di esempio di numerosi altri – di un gruppo di 5 persone (ad attuale conoscenza dell'interrogante) che pur essendo in grado di dimostrare tutti i requisiti richiesti dalla legge, – sono in possesso di tutta la documentazione sanitaria occorrente e presentano le stesse disabilità/malformazioni di tutte le altre 250/300 persone a cui è stato riconosciuto l'indennizzo – restano ad oggi escluse per errori di valutazione commessi da due CMO militari in particolare. Si trovano dunque escluse da un diritto a causa di meri cavilli burocratici ed errori già riconosciuti e conclamati;
          si tratta delle vicende del signor S.G., il signor C.B., il signor D.R., il signor R.B. e il signor M.P. che hanno ricevuto un esito negativo dalla commissione medica ospedaliera di La Spezia per il fatto di essere affetti da una sindrome monolaterale, quando è ormai riconosciuto dagli studi più moderni che il talidomide colpiva anche solo un arto. Sorprende il fatto che, nonostante tutte le altre CMO italiane abbiano giudicato aventi diritto all'indennizzo i talidomidici monolaterali, quella di La Spezia li abbia rifiutati;
          il signor B. in particolare, si è visto recapitare lettera di esclusione nonostante, sottoposto ad una seconda visita, sia risultato idoneo alla corresponsione del vitalizio;
          altro caso esemplificativo, è quello della signora S.B. cui è stato riconosciuto e certificato dalla CMO di Cagliari il danno da talidomide. La signora è nata in Marocco ma sua madre, come dimostrato da diversi certificati, trascorse la maggior parte della gravidanza nella cittadina sarda, ospite di una cognata. È qui che le venne prescritto (certificato e dimostrato) il farmaco talidomide, colpevole delle gravi malformazioni cui sarà affetta la signora B. Ad oggi, nonostante la certificazione in suo possesso e la pratica già avviata dal Ministero della salute, le viene negato il diritto all'indennità per assenza di un apposito certificato storico di residenza anagrafica, di fatto non producibile, essendo la madre presente sull'isola solo in qualità di turista e ospite presso una parente;
          alla luce della delicatezza della materia, si parla di persone disabili, appare urgente un riscontro positivo che sblocchi finalmente il limbo nel quale tale categoria è inserita da troppo tempo  –:
          se il Ministro non ritenga di intervenire urgentemente affinché si provveda alla corresponsione delle provvidenze dovute e si velocizzino (in ottemperanza ai 90 giorni richiesti dalla legge n.  244 del 2007) le procedure di riconoscimento della disabilità, fornendo e rafforzando il supporto necessario affinché le organizzazioni mediche preposte recepiscano correttamente le apposite linee guida – già esistenti – per il riconoscimento dell'invalidità anche per i superstiti da talidomide. (4-17223)


      CONTENTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          sta suscitando clamore e un certo allarmismo il recente caso di un giovane immigrato della Nigeria causalmente risultato positivo all’echinococcosi cistica presso l'ospedale di Conegliano (Treviso);
          secondo notizie di stampa l'extracomunitario, sbarcato a Lampedusa, è stato dimesso dal nosocomio dopo alcuni giorni di ricovero e con una profilassi da seguire a domicilio;
          il problema è che lo straniero non parla la lingua italiana e potrebbe non attenersi strettamente alla cura, creando quindi pericoli potenziali di trasmissione del virus, delitto rarissimo e particolarmente contagioso dagli stessi medici;
          non essendo stata chiarita la posizione sul territorio nazionale del diretto interessato ad avviso dell'interrogante è plausibile che io stesso possa ad un certo punto far perdere le proprie tracce;
          attese le gravissime conseguenze, compresa la morte, per i pazienti affetti da tale morbo si rende necessario un intervento che da una parte salvaguardi la vita dello stesso giovane e dall'altra tuteli la salute pubblica (non a caso le polemiche di queste ore riguardano la mancata sottoposizione del ragazzo ad un trattamento sanitario obbligatorio con eventuale quarantena)  –:
          se la notizia di cui in premessa corrisponda al vero e di quali dati disponga circa l'effettiva diffusione della echinococcosi cistica e altre malattie infettive similari sul territorio nazionale;
          quali iniziative abbia già intrapreso o intenda avviare al più presto per evitare che lo straniero in questione possa esporre sé e gli altri ad una serie di rischi sanitari. (4-17242)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          la Parmalat spa è un'azienda italiana specializzata nel latte, yogurt, panna e nel settore alimentare;
          è uno dei principali attori internazionali le cui attività, sparse in tutto il mondo, includono 68 stabilimenti produttivi; essa offre i suoi prodotti a 17 milioni di famiglie italiane e a 200 milioni nel mondo;
          in Italia, si rifornisce di latte da circa 800 stalle e costituisce uno dei maggiori aggregati del sistema agroalimentare;
          a seguito della gravissima crisi finanziaria che l'ha coinvolta nel 2003 ha dichiarato bancarotta ed è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto-legge n.  347 del 2003, con commissario straordinario il dottor Enrico Bondi;
          da quella data è iniziato un pesante e severo percorso di risanamento e rinascita aziendale che ha visto una ristrutturazione industriale ed operativa del gruppo;
          in questo quadro, fra le altre cose, nel dicembre 2005 la Parmalat ha ceduto la propria «divisione forno» all'azienda veronese Vicenzi e con essa i marchi Grisbi, Mr Day e Pronto Forno;
          nel maggio 2007 ha ceduto i marchi Pomì, Pomito e Pais alla Boschi Luigi & Figli SpA e nel luglio 2009 la controllata australiana, Parmalat Food Products Pty Ltd, ha completato l'acquisizione di alcune attività di national food nel settore del latte fresco localizzate in Nuovo Galles del Sud e in Australia meridionale;
          i notevoli sacrifici fatti nel risanamento aziendale sono riassumibili nelle indicazioni dell'allora commissario straordinario Enrico Bondi che indicava, in pubbliche dichiarazioni, come il totale dello stato passivo nel 2003 era di 14,5 miliardi di euro e il debito ristrutturato, ovvero l'ammontare dei crediti che hanno votato il concordato, era di 19,3 miliardi di euro;
          nel 2011 la liquidità in cassa ammontava a poco meno di 1,5 miliardi di euro e questo dà la dimensione del grande lavoro di risanamento svolto;
          nel marzo 2011 la multinazionale francese Lactalis, che in Italia già possiede i marchi Galbani, Invernizzi, Locatelli e Cademartori, ha iniziato ad acquisire azioni Parmalat ed al 23 marzo Lactalis raggiungeva il 29 per cento del capitale di Parmalat, appena sotto il limite del 30 per cento che comporta l'obbligo di offerta pubblica di acquisto (OPA);
          il 26 aprile 2011 Lactalis annunciava il lancio di un'offerta pubblica di acquisto totalitaria sul capitale di Parmalat, al prezzo di 2,60 euro per azione, che si conclude con successo l'8 luglio 2011 e, ad oggi, la società è controllata per l'83,30 per cento dalla Lactalis;
          sempre secondo le indicazioni del prospetto dell'offerta pubblica di acquisto del maggio 2011 Lactalis risultava essersi esposta per 3,4 miliardi di euro, situazione che avrebbe portato l'indebitamento complessivo del gruppo francese a circa 6 miliardi di euro;
          all'epoca dell'acquisizione sorsero quindi perplessità, anche di recente richiamate dalla stampa, sulla reale stabilità e sull'indebitamento del gruppo francese e sulla sostenibilità dell'operazione con il timore, da più parti evocato, che la disponibilità di cassa Parmalat potesse essere usata per ripagare i debiti della «scalata»;
          su questo si ricorda, inoltre, che una norma precisa dello statuto della nuova Parmalat sembrerebbe imporre fino al 2020 limiti nella distribuzione degli utili agli azionisti, vincolando una parte della disponibilità finanziaria allo sviluppo dell'azienda;
          ad oggi non è ben chiaro quale sia il progetto industriale di Lactalis per Parmalat e sono intervenute operazioni infragruppo mediante le quali Parmalat ha acquisito la società Lactalis Usa per un valore dell'operazione stimato attorno ai 904 milioni di dollari;
          il 3 luglio, come si apprende dalla stampa, Parmalat spa, avrebbe, infatti, completato, tramite le controllate Parmalat Belgium SA e LAG Holding Inc. (società di nuova costituzione), l'acquisizione dal gruppo Lactalis delle società Lactalis American Group Inc., Lactalis do Brazil – Comercio, Importaçao e Exportaçao de Laticinios Ltda e Lactalis Alimentos Mexico Sociedad de Responsabilitad Limitada;
          su questa operazione, che è naturalmente valutata positivamente dagli amministratori, grava invece il giudizio negativo dei soci di minoranza come il gruppo Amber, il quale indica come «l'operazione infragruppo non appare corretta né sul piano formale né sostanziale»;
          sempre su questa operazione la Consob avrebbe chiesto una nuova integrazione al documento informativo relativo all'acquisizione e sulla modalità della determinazione del prezzo e sulla congruità rispetto ad operazioni similari;
          le rappresentanze sindacali hanno espresso preoccupazione per il futuro di un patrimonio produttivo e occupazionale che va salvaguardato principalmente nel perimetro industriale italiano, indicando come il gruppo Lactalis avrebbe disatteso gli impegni per uno sviluppo di Parmalat attraverso la crescita delle sue aree di attività: infatti il piano industriale recentemente presentato alle organizzazioni sindacali sembra essere maggiormente caratterizzato da significative contrazioni di attività e da tagli delle proposte di sviluppo;
          sempre in riferimento all'acquisizione originaria di Parmalat da parte di Lactalis nel prospetto di legge collegato all'offerta pubblica di acquisto appariva chiara l'intenzione di trasformare Parmalat nel gigante europeo del latte con uno sviluppo strategico di settore, sviluppando le caratteristiche industriali del gruppo in Italia;
          è di questi giorni la decisione di Parmalat della dismissione dello stabilimento di Genova, riconfermato in una riunione con la regione Liguria il 24 luglio, venendo anche meno agli impegni assunti con le amministrazioni locali e le parti sociali;
          attualmente quello stabilimento occupa 63 lavoratori a cui si aggiungono i dipendenti della cooperativa Casoria e oltre 150 allevatori che conferiscono il latte alla centrale;
          la chiusura della centrale del latte di Genova, che opera da circa 80 anni, rappresenterebbe una grave perdita occupazionale diretta con gravi ripercussioni sull'intero settore zootecnico e sulla filiera agroalimentare;
          sempre da notizie stampa si apprende che anche gli stabilimenti di Pavia e Como avrebbero problemi simili, mentre presso lo stabilimento di Collecchio (Pr) sarebbero 30 i lavoratori considerati in esubero e per la sede amministrativa (corporate) sarebbe in previsione una pesante riorganizzazione entro la fine dell'anno;
          a Parma nei giorni 24 e 25 luglio 2012 si sono svolte le trattative tra rappresentanze sindacali e azienda, che risulterebbero poi essersi interrotte con la decisione di quest'ultima di procedere unilateralmente con una procedura di mobilità che prevede il licenziamento di 123 lavoratori  –:
          quale sia il reale stato della situazione per quanto concerne Parmalat spa e, ove necessario, cosa abbia in programma il Ministro interpellato per garantire, nell'ambito delle sue competenze, il corretto sviluppo di un grande patrimonio industriale e tecnologico italiano, garantendo altresì, il mantenimento di adeguati livelli occupazionali.
(2-01629) «Benamati, Motta, Tullo, Rossa, Duilio, Ventura».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          il piano di ristrutturazione organizzativa del servizio postale, presentato la scorsa primavera da Poste Italiane Spa, prevede una diversa distribuzione sul territorio dei portalettere con rilevanti effetti negativi sull'occupazione e sulla regolarità del servizio, compromettendo una delle funzioni proprie della società Poste e il concetto stesso del servizio universale per il quale lo Stato riconosce i relativi contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito postale;
          per i sindacati il piano determinerà il licenziamento di 1.765 lavoratori nel 2012 nelle sole regioni del Piemonte, dell'Emilia Romagna, delle Marche, della Toscana e della Basilicata, mentre con l'estensione del provvedimento a tutto il territorio nazionale nel 2013, la perdita di posti di lavoro sarà dell'ordine di 10-12.000 unità con la chiusura di circa 2.000 uffici postali e una riduzione del 50 per cento degli appalti;
          la prevista riorganizzazione – che si somma alle altre intraprese dal 2006 – è stata annunciata nonostante i risultati di bilancio 2011 siano positivi, con 846 milioni di utili e un risultato operativo pari a 1 miliardo a 641 milioni: per redditività la società Poste italiane si colloca, infatti, di gran lunga al primo posto al mondo rispetto ai principali operatori internazionali;
          il piano di ristrutturazione delle Poste italiane spa non prevede alcun futuro per il recapito postale e non attribuisce nemmeno un ruolo strategico al settore della logistica cogliendone le numerose opportunità offerte dal mercato in espansione e che la configurano come nuova fattispecie di «un moderno recapito»;
          il piano non sembra tener conto nemmeno delle evidenti carenze e inefficienze che il servizio di recapito già presenta in alcune realtà territoriali; così come non sembra tener conto di alcuni recenti investimenti, come nel caso del centro meccanico di smistamento di Ospedaletto di Pisa, inaugurato nell'aprile 2010, per il quale sono stati spesi diversi milioni di euro per apparecchiature che fanno di questo impianto per livelli di produttività ed efficienza, secondo parametri aziendali, il secondo in Italia, interventi che verrebbero vanificati con il trasferimento delle attività a Firenze;
          gli effetti negativi del processo di razionalizzazione del servizio – come detto già in atto da svariati anni – da parte della società Poste italiane spa sono ormai evidenti in intere porzioni di territorio nazionale dove la società ha provveduto, nel tempo, a chiudere gli uffici postali, a ridurre gli orari di apertura degli sportelli, in particolare nelle aree geograficamente più svantaggiate, e infine a sospendere il servizio «porta-lettere» del sabato;
          le segnalazioni dei disservizi postali sono oramai diffuse e non prone vengono più solo dai comuni più piccoli, ovvero quelli che storicamente sono i più difficili da servire, ma seri disagi sono segnalati sempre più spesso anche in aree più vaste e in città capoluogo;
          in particolare, dal sito di Uncem Toscana si può scaricare l'elenco ufficiale di razionalizzazione del servizio che Poste Italiane spa ha redatto l'11 luglio 2012 e che interessa per la Toscana 174 uffici; eccone l'estratto con il provvedimento accanto:
              Arezzo Moncioni Montevarchi chiusura;
              Arezzo Montegonzi Cavriglia chiusura;
              Arezzo Pietraviva Bucine chiusura;
              Arezzo Porrena Poppi chiusura;
              Arezzo Santa Mama Subbiano chiusura;
              Arezzo Partina Bibbiena chiusura;
              Arezzo Iviarciano della Chiana Marciano della Chiana chiusura;
              Arezzo Camaldoli Poppi chiusura;
              Arezzo Centoia Cortona chiusura;
              Arezzo Ciggiano Civitella in Val di Chiana chiusura;
              Arezzo Civitella della Chiana Civitella in Val di Chiana chiusura;
              Arezzo Frassineto Arezzo chiusura;
              Arezzo Moggiona di Poppi Poppi chiusura;
              Arezzo Serravalle di Bibbiena Bibbiena chiusura;
              Firenze 2 provincia Crespino del Lamone Marradi chiusura;
              Firenze 2 provincia Chiocchio Greve in Chianti chiusura;
              Firenze 2 provincia Diacceto Pelago chiusura;
              Firenze 2 provincia Ronta Borgo San Lorenzo chiusura;
              Firenze 2 provincia San Vincenzo a Torri Scandicci chiusura;
              Firenze 2 provincia Vico D'Elsa Barberino Val D'Elsa chiusura;
              Firenze 2 provincia Bruscoli Firenzuola chiusura;
              Firenze 2 provincia Cavallina Barberino di Mugello chiusura;
              Firenze 2 provincia Granaiolo Empoli chiusura;
              Firenze 2 provincia Massarella Fucecchio chiusura;
              Firenze 2 provincia Monterappoli Empoli chiusura;
              Firenze 2 provincia Querce Fucecchio chiusura;
              Firenze 2 provincia Romola San Casciano in Val Di Pesa chiusura;
              Firenze 2 provincia Consuma Pelago chiusura;
              Firenze 2 provincia Donnini Reggello chiusura;
              Firenze 2 provincia Osteria Nuova Bagno a Ripoli chiusura;
              Firenze 2 provincia Polcanto Borgo San Lorenzo chiusura;
              Firenze 2 provincia San Donato in Collina Rignano Sull'Arno chiusura;
              Firenze 2 provincia Vallombrosa Reggello chiusura;
              Grosseto Baccinello Scansano chiusura;
              Grosseto Bagnore Santa Fiora chiusura;
              Grosseto Buriano Castiglione della Pescaia chiusura;
              Grosseto Civitella Marittima Civitella Paganico chiusura;
              Grosseto Niccioleta Massa Marittima chiusura;
              Grosseto Petricci Semproniano chiusura;
              Grosseto Poggio Murella Mangiano chiusura;
              Grosseto Ravi Gavorrano chiusura;
              Grosseto Sovana Sorano chiusura;
              Grosseto Talamone Orbetello chiusura;
              Grosseto Vallerona Roccalbegna chiusura;
              Grosseto Vetulonia Castiglione della Pescaia chiusura;
              Grosseto Gavorrano Gavorrano chiusura;
              Grosseto Massa Marittima 1 Massa Marittima chiusura;
              Grosseto Santa Fiora Santa Fiora chiusura;
              Grosseto Saturnia Manciano chiusura;
              Grosseto Argille Campagnatico chiusura;
              Grosseto Batignano Grosseto chiusura;
              Grosseto Borgo Carige Capalbio chiusura;
              Grosseto Castiglioncello Bandini Cinigiano chiusura;
              Grosseto Montebuono Sorano chiusura;
              Grosseto Montegiovi Castel del Piano chiusura;
              Grosseto Montelaterone Arcidosso chiusura;
              Grosseto Montenero Castel del Piano chiusura;
              Grosseto Monticello dell'Amiata Cinigiano chiusura;
              Grosseto Montorgiali Scansano chiusura;
              Grosseto Montorsaio Campagnatico chiusura;
              Grosseto Pancole Scansano chiusura;
              Grosseto San Giovanni delle Contee Sorano chiusura;
              Grosseto San Martino Sul Fiora Manciano chiusura;
              Grosseto Sassofortino Roccastrada chiusura;
              Grosseto Stribugliano Arcidosso chiusura;
              Grosseto Tatti Massa Marittima chiusura;
              Livorno Colognole Collesalvetti chiusura;
              Livorno Bolgheri Castagneto Carducci chiusura;
              Livorno Castelnuovo della Misericordia Rosignano Marittimo chiusura;
              Livorno Marciana Marciana chiusura;
              Livorno Nibbiaia Rosignano Marittimo chiusura;
              Livorno Nugola Collesalvetti chiusura;
              Livorno Populonia Piombino chiusura;
              Livorno Procchio Marciana chiusura;
              Livorno San Piero in Campo Campo Nell'Elba chiusura;
              Livorno Seccheto Campo Nell'Elba chiusura;
              Lucca Corfino Villa Collemandina chiusura;
              Lucca Ponte All'ania Barga chiusura;
              Lucca San Gennaro Capannori chiusura;
              Lucca Botticino Villa Basilica chiusura;
              Lucca Gragnano Capannori chiusura;
              Lucca Massa Macinaia Capannori chiusura;
              Lucca Gorfigliano Minucciano chiusura;
              Lucca Ruosina Stazzema chiusura;
              Lucca Castiglione di Garfagnana Castiglione di Garfagnana chiusura;
              Lucca Calavorno Coreglia Antelminelli chiusura;
              Lucca Coreglia Antelminelli Coreglia Antelminelli chiusura;
              Lucca Isola Bagni di Lucca chiusura;
              Lucca Loppeglia Pescaglia chiusura;
              Lucca Mologno Barga chiusura;
              Lucca Montefegatesi Bagni di Lucca chiusura;
              Lucca Piegaio Pescaglia chiusura;
              Lucca San Cassiano di Controni Bagni di Lucca chiusura;
              Lucca Carpinelli Minucciano chiusura;
              Lucca Casoli Camaiore chiusura;
              Lucca Gualdo di Massarosa Massarosa chiusura;
              Lucca Valdicastello Carducci Pietrasanta chiusura;
              Lucca Valpromaro Camaiore chiusura;
              Massa Carrara Canevara Massa chiusura;
              Massa Carrara San Terenzo Monti Fivizzano chiusura;
              Massa Carrara Caprigliola Aulla chiusura;
              Massa Carrara Sassalbo Fivizzano chiusura;
              Massa Carrara Altagnana Massa chiusura;
              Massa Carrara Campiglione Fivizzano chiusura;
              Massa Carrara Colonnata Carrara chiusura;
              Massa Carrara Forno Massa chiusura;
              Massa Carrara Gassano Fivizzano chiusura;
              Massa Carrara Gragnana Carrara chiusura;
              Massa Carrara Serricciolo Aulla chiusura;
              Massa Carrara Chiesa di Rossano Zeri chiusura amministrative;
              Massa Carrara Miseglia Carrara chiusura amministrative;
              Massa Carrara Codiponte Casola in Lunigiana chiusura;
              Pisa Avane Vecchiano chiusura;
              Pisa Ghizzano di Peccioli Peccioli chiusura;
              Pisa Orciatico Lajatico chiusura;
              Pisa San Dalmazio Pomarance chiusura;
              Pisa Coltano Pisa chiusura;
              Pisa Guardistallo Guardistallo chiusura;
              Pisa Orentano Castelfranco di sotto chiusura;
              Pisa Larderello Pomarance chiusura;
              Pisa Terricciola Terricciola chiusura;
              Pisa Uliveto Terme Vicopisano chiusura;
              Pisa Campo San Giuliano Terme chiusura;
              Pisa Fabbrica di Peccioli Peccioli chiusura;
              Pisa la Serra San Miniato chiusura;
              Pisa Montecastello Pontedera chiusura;
              Pisa Montefoscoli Palaia chiusura;
              Pisa Morrona Terricciola chiusura;
              Pisa Ripafratta San Giuliano terme chiusura;
              Pisa Treggiaia Pontedera chiusura;
              Pistoia Calamecca Piteglio chiusura;
              Pistoia Castelvecchio di Vellano Pescia chiusura;
              Pistoia Massa e Cozzile Massa e Cozzile chiusura;
              Pistoia Piastre Pistoia chiusura;
              Pistoia Prunetta Piteglio chiusura;
              Pistoia Sambuca Pistoiese Sambuca Pistoiese chiusura;
              Pistoia San Quirico Valleriana Pescia chiusura;
              Pistoia Treppio Sambuca Pistoiese chiusura;
              Pistoia Campo Tizzoro San Marcello Pistoiese chiusura;
              Pistoia Gavinana San Marcello Pistoiese chiusura;
              Pistoia Maresca San Marcello Pistoiese chiusura;
              Pistoia Marliana Marliana chiusura;
              Pistoia Montemagno di Quarrata Quarrata chiusura;
              Pistoia Avaglio Marliana chiusura;
              Pistoia Corbezzi Pistoia chiusura;
              Pistoia Fognano di Montale Montale chiusura;
              Pistoia Montecatini Val di Nievole Montecatini Terme chiusura;
              Pistoia Montevettolini Monsummano Terme chiusura;
              Pistoia Nievole Montecatini Terme chiusura;
              Pistoia Piano degli Ontani Cutigliano chiusura;
              Pistoia Pianosinatico Cutigliano chiusura;
              Pistoia San Baronto Lamporecchio chiusura;
              Pistoia Tobbiana Montale chiusura;
              Pistoia Vellano Pescia chiusura;
              Prato Bacchereto Carmignano chiusura;
              Prato Luicciana Cantagallo chiusura;
              Prato Prato Maliseti Prato chiusura;
              Prato Poggio alla Malva Carmignano chiusura;
              Siena Ciciano Chiusdino chiusura;
              Siena Montefollonico Torrita di Siena chiusura;
              Siena Montisi San Giovanni D'Asso chiusura;
              Siena Pievescola Casole D'Elsa chiusura;
              Siena San Gusmè Castelnuovo Berardenga chiusura;
              Siena Vagliagli Castelnuovo Berardenga chiusura;
              Siena Campiglia D'Orcia Castiglione D'Orcia chiusura;
              Siena Castel San Gimignano Colle di Val D'Elsa chiusura;
              Siena Castelnuovo Dell'Abate Montalcino chiusura;
              Siena Celle sul Rigo San Casciano dei Bagni chiusura;
              Siena Corsano Monteroni D'Arbia chiusura;
              Siena Gracciano Montepulciano chiusura;
              Siena Rigomagno Sinalunga chiusura;
              Siena Sant'Angelo in Colle Montalcino chiusura;
              Siena Scrofiano Sinalunga chiusura;
              Siena Vivo Castiglione D'Orcia chiusura;
              Siena Siena 6 Siena chiusura amministrative;
          le organizzazioni sindacali di categoria riferiscono che tagli di personale di Poste italiane in Toscana arriveranno a 600 unità, rendendo così precario l'intero servizio postale regionale, a fronte paradossalmente di conti in ordine di Poste italiane spa se non addirittura di utili di bilancio;
          dietro una corretta razionalizzazione delle risorse e degli uffici postali, sebbene concomitante ad un periodo di crisi e di revisione della spesa, non può celarsi un impoverimento di un servizio importante per il territorio ed essenziale per i cittadini, specie quelli più deboli: anziani, malati e persone a ridotta mobilità. Si tratta di un servizio importante anche per sostenere il mantenimento delle comunità e di molte attività economiche, a partire dal turismo  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle iniziative annunciate dalla società Poste italiane in materia di riorganizzazione del servizio di recapito e se tale piano sia considerato compatibile con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio;
          come i Ministri interpellati intendano intervenire al fine di scongiurare che gli effetti di tale piano possano tradursi in un ulteriore aggravarsi delle tensioni occupazionali nel nostro Paese;
          quali iniziative intendano assumere al fine di consentire l'apertura di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, con le regioni e le amministrazioni locali, volto a individuare le soluzioni più opportune per la definizione delle strategie future di una società pubblica che svolge un ruolo cruciale sul piano economico e sociale;
          come il Governo intenda intervenire, anche favorendo una concertazione fra la direzione regionale toscana di Poste italiane spa e le istituzioni coinvolte, per evitare che decisioni unilaterali assunte dall'azienda arrechino seri disagi agli abitanti dei comuni della regione Toscana, al fine di garantire l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità nel rispetto del contratto di servizio postale universale.
(2-01633) «Velo, Realacci, Ventura, Albini, Bindi, Cenni, Cuperlo, De Pasquale, Fluvi, Fontanelli, Gatti, Giacomelli, Lulli, Mariani, Mattesini, Nannicini, Rigoni, Sani, Scarpetti».

Interpellanze:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          la direzione generale di Poste Italiane ha annunciato di voler procedere alla razionalizzazione, riorganizzazione e in molti casi alla chiusura complessivamente di oltre mille sportelli distribuiti sull'intero territorio nazionale; in altri 638 uffici, saranno ridotti gli orari ed i giorni di apertura;
          in Sicilia sarebbero interessati dal succitato progetto circa 71 sportelli distribuiti in quasi tutte le province;
          si tratta in prevalenza di sportelli allocati in territori dotati di una rete viaria assai compromessa e con un assenza di altre infrastrutture; pertanto la loro soppressione avrebbe un impatto sociale devastante sul territorio;
          tale decisione appare in evidente contraddizione con le operazioni di «aggiornamento», rispetto alle tradizionali funzioni svolte dallo sportello postale anche in sostituzione di servizi e funzioni svolte dagli enti locali;
          l'ANCI e le organizzazioni sindacali, appreso l'orientamento assunto da Poste Italiane, hanno sollevato questioni legate sia all'organizzazione della macchina amministrativa dei comuni, qualora gli sportelli postali assumessero funzioni attualmente svolte dai comuni, sia di carattere occupazionale circa gli effetti di una chiusura o di una eventuale razionalizzazione degli uffici;
          fra gli uffici destinati alla chiusura ci sarebbe quello di Marzamemi, località balneare di Pachino (Siracusa);
          tale ufficio svolge un ruolo fondamentale per i numerosi turisti che nella stagione estiva affollano la fascia costiera limitrofa; una sua eventuale chiusura rappresenterebbe un duro colpo per l'econo- mia del borgo marinaro succitato fondata sul turismo  –:
          se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga di porre in essere ogni iniziativa utile a salvaguardare le comunità locali interessate, nonché i livelli occupazionali messi a rischio dalla chiusura degli uffici postali, previsti dal piano nazionale delle Poste Italiane;
          se non ritenga di assumere iniziative al fine di scongiurare la chiusura dell'ufficio postale di Marzamemi;
          se non ritenga di assumere iniziative nei confronti di Poste Italiane al fine di salvaguardare gli uffici postali posti in località turistiche;
          se non ritenga di assumere iniziative nei confronti di Poste Italiane al fine di salvaguardare gli sportelli di uffici allocati in territori, come quelli siciliani, dotati di una rete viaria inadeguata che renderebbe oltremodo penalizzante per i cittadini/utenti la chiusura degli sportelli, specie per disoccupati ed anziani che maggiormente utilizzano tali uffici.
(2-01626) «Berretta, Boccuzzi».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
          l'articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante misure urgenti per la crescita del Paese, approvato il prima lettura lo scorso 25 luglio dalla Camera dei deputati, reca modifiche alla disciplina delle attività di ricerca, di prospezione e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, le cui norme sono prevalentemente volte a fissare un'unica fascia di rispetto per lo svolgimento di tali attività in mare;
          in particolare il comma 1 del suesposto articolo sostituisce l'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo n.  152 del 2006 (Codice dell'ambiente) che disciplina le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
          la principale modifica prevista dal nuovo testo del predetto comma 17 consiste, nella fissazione di «un'unica, per olio e per gas, e più rigida fascia di rispetto, fino alle 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, per qualunque nuova attività di prospezione, ricerca e coltivazione»;
          la predetta disposizione intervenendo in deroga al limite delle suesposte 12 miglia, consente nella sostanza di intervenire nelle attività di trivellazioni vicino alle coste, per la ricerca di idrocarburi, attraverso le esplorazioni off-shore del sottosuolo marino, nel caso di richieste e di concessioni avanzate prima del giugno del 2010;
          a giudizio dell'interpellante, quanto suesposto appare oltre che preoccupante in considerazione di possibili e irreparabili rischi derivanti alle coste e all'intero ecosistema marino, anche dannoso dal punto di vista economico se si valuta, che l'applicazione della suddetta norma, potrebbe causare gravi danni per le popolazioni costiere, nonché per settori economici importanti del nostro Paese, come quelli del turismo e della pesca, che vivono delle risorse marine;
          il Mediterraneo, com’è noto rappresenta un mare che da tempo soffre di una cronica contaminazione da idrocarburi causata in primo luogo dalla frequenze dei transiti di petroliere e altri trasporti che inevitabilmente provocano un loro sversamento;
          secondo recenti studi, si calcola che circa il 20 per cento del trasporto del petrolio mondiale attraversa i mari dell'Italia e che il Mediterraneo in particolare, presenti elevate quantità di concentrazioni tra le più alte del mondo, circa il 38 mg m2;
          in aggiunta a quanto predetto, si uniscono le immissioni da fonti terrestri, in aumento a causa dell'incremento della popolazione insediata lungo le coste;
          a giudizio dell'interpellante, in considerazione di quanto suesposto, il mare Mediterraneo, non avverte alcuna necessità di ravvisare l'aumento derivante dai rischi di inquinamento a causa dello sviluppo di pericolosi ed inopportuni progetti di perforazione off-shore;
          i rischi di trivellazioni petrolifere vicino le coste sono pertanto, a giudizio dell'interpellante, inaccettabili per l'ambiente ma anche per l'economia e il benessere di quelle comunità come quelle siciliane, la cui area geografica è caratterizzata da lunghi tratti di mare le cui coste, in particolare quelle meridionali, non sono tra l'altro adeguatamente protette;
          i permessi di ricerca di idrocarburi già concessi nell'area del Canale di Sicilia attualmente risultano essere 11, mentre le nuove richieste in via di valutazione sono 18; le aree di maggior interesse per le compagnie petrolifere, si evidenziano più specificatamente, al largo delle isole Egadi, dove si sono già fatte trivellazioni per la ricerca del petrolio e 5 invece sono le istanze effettuate per avviare una ricerca al largo della costa tra Marsala e Mazara del Vallo;
          un'altra area a rischio ambientale, secondo quanto risulta all'interpellante, si riscontrano a sud della costa siciliana tra Sciacca e Gela, nella cui area oltre a 2 permessi di trivellazione già concessi, ci sono 5 nuove richieste di ricerca, sviluppo e coltivazione di giacimenti da accertare;
          le richieste complessivamente avanzate per la coltivazione, ovvero l'estrazione di idrocarburi in aree del canale di Sicilia, dove la fase di ricerca è già stata conclusa, sono complessivamente 3, per una superficie totale pari a circa 450 chilometri;
          quanto suesposto, a giudizio dell'interpellante, desta inevitabili dubbi e perplessità sull'efficacia delle norme previste dall'articolo 35 decreto-legge n.  83, in corso di approvazione definitiva, come precedentemente riportato, che detta disposizioni in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi, se si considera in aggiunta a quanto già esposto che, le conseguenze di tale norma, secondo quanto sostengono alcune associazioni ambientaliste, potrebbero aggiungere ulteriori 70 trivelle a quelle già attive nel nostro Paese;
          l'interpellante segnala inoltre come il vulcano sottomarino Empedocle, a circa 40 chilometri al largo di Capo Bianco in Sicilia, nelle vicinanze di quella che fu l'isola di Ferdinandea, situata a circa 6 metri dalla superficie marina tra Sciacca e l'isola di Pantelleria, costituisce una zona marina che presenta diverse criticità geo-marine;
          l'avvio di trivellazioni in acque profonde, conseguentemente possono determinare in prossimità del suddetto vulcano, la cui area marina, rappresenta fra l'altro una zona di pesca e di riproduzione di numerose specie ittiche di importanza commerciale, gravi ed irreparabili danni all'ambiente e all'intero eco-sistema marino;
          eventuali insediamenti di piattaforme petrolifere in prossimità della costa ed anche dalla zona archeologica di Selinunte, nonché vicino la costa prospiciente alla medesima area di mare interessata da notevoli attività turistiche con investimenti cospicui privati e pubblici, tra cui il «Golf Resort Verdura» del gruppo Rocco Forte a Sciacca, possono determinare gravi danni sia come precedentemente esposto, dal punto di vista ambientale, che in particolare sotto il profilo economico e degli investimenti già effettuati nell'area stessa;
          risulta inoltre scarsamente congruo, a giudizio dell'interrogante, l'innalzamento di tre punti percentuali delle royalties che i titolari delle concessioni di coltivazione in mare devono corrispondere annualmente allo Stato, (elevando l'aliquota dal 7 al 10 per cento per il gas e dal 4 al 7 per cento per l'olio) come previsto dal suddetto articolo 35 del medesimo decreto-legge, se si considera che nel resto del mondo le aliquote oscillano tra il 20 e l'80 per cento del valore del prodotto estratto, oltre che un regime di esenzioni e di concessioni per le coltivazioni nei riguardi delle imprese petrolifere, giudicato irrisorio;
          l'interpellante inoltre evidenzia come risulti contraddittoria e paradossale l'introduzione della suddetta disposizione in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi, con quanto invece introdotto dal Governo Berlusconi che con il decreto legislativo n.  128 del 2010, a seguito del disastro ambientale avvenuto nel Golfo del Messico, aveva posto le limitazioni alle perforazioni off-shore nei mari italiani, di fronte all'evidente rischio che tali attività rappresentano;
          il predetto decreto legislativo, indica infatti il divieto in aree marine e costiere protette, nella fascia di 12 miglia al largo dei confini delle stesse, e nella zona di mare posta entro 5 miglia dalle linee di base delle acque territoriali;
          in definitiva il rischio di ulteriori trivellazioni nel nostro Paese ed in particolare nei riguardi dei mari siciliani, a giudizio dell'interpellante, giova in maniera esclusiva alle industrie petrolifere, in considerazione che l'aumento del prezzo del petrolio rende conveniente l'estrazione, a differenza che per lo Stato, il cui regime fiscale applicato nei loro confronti, risulta essere irrisorio  –:
          quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se in considerazione di quanto esposto in premessa, con particolare riferimento alle disposizioni previste dall'articolo 35 che consentono in deroga al limite delle 12 miglia di procedere con le trivellazioni anche vicino alle coste nel caso di richieste avanzate dalle imprese di ricerca, coltivazione e sviluppo di idrocarburi, prima del 2010, possano sussistere rischi potenziali in un'area di mare ecologicamente assai pregiata quale quella del Mediterraneo e più specificatamente nelle aree costiere siciliane esposte in premessa;
          per quali ragioni sia stata assunta tale iniziativa normativa considerato che i progetti di perforazione rischiano di minacciare un patrimonio ambientale e culturale inestimabile rappresentato dalla biodiversità del Canale di Sicilia e dalle rispettive coste, nonché l'intera economia delle comunità locali interessate.
(2-01632) «Marinello, Romele, Toccafondi, Marsilio, Lazzari, Ceroni, Porfidia, Garofalo, Gioacchino Alfano, Mazzuca, Scalia, Ciccioli, Pizzolante, Gibiino, Traversa, De Luca, Scandroglio, Barani, Pagano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MARTELLA. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          come riportato da notizie di stampa, nei giorni scorsi i commissari straordinari di Vinyls Italia, avvocati Mauro Pizzigati e Giorgio Simeone, hanno inviato al dicastero dello sviluppo economico una lettera di richiesta di incontro urgente presso la regione Veneto;
          la questione principale da porre all'attenzione di questo tavolo è il nodo concernente la tutela occupazionale dei 150 lavoratori, con la loro assunzione da parte di Oleificio Medio Piave. La stessa azienda nel settembre del 2011 aveva presentato una proposta di offerta per l'acquisizione dello stabilimento Vinyls di Porto Marghera, prevedendo la rioccupazione di tutti i lavoratori in cassa integrazione;
          questa soluzione appare tuttavia ancora incerta. Le stesse organizzazioni sindacali, chiamate a siglare un accordo con l'Oleificio Medio Piave, fanno presente che l'azienda in questione potrebbe non assumere nessuno dei 150 lavoratori Vinyls. Da parte loro i commissari straordinari, a quanto consta all'interrogante, ritengono questo accordo non vincolante, privo di valore giuridico e difforme nei contenuti dall'offerta originaria di acquisto  –:
          se sia a conoscenza della situazione;
          se e quali condizioni siano mutate nel frattempo rispetto alla offerta presentata da Oleificio Medio Piave;
          se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intervenire a tutela dell'occupazione dei lavoratori Vinyls dello stabilimento di Porto Marghera. (5-07581)


      BRATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il sistema delle incentivazioni, che giustamente prevede un calo degli incentivi erogati fino alla loro eliminazione totale per raggiunta grip-parity, pur in presenza degli ambizioni obbiettivi che il Governo ha dichiarato sulla potenza totale da raggiungere, rischia di fallire proprio sull'ultimo miglio, in quanto la iper-burocrazia per la richiesta dei permessi alla realizzazione degli impianti e per la richiesta degli incentivi e le norme tecniche da rispettare per la connessione degli impianti alla rete elettrica nazionale recentemente aggiornate, invece di seguire il logico percorso di semplificazione e seguire quindi la riduzione dei costi vanno esattamente nella direzione opposta;
          gli impianti fotovoltaici subiscono sistematici ritardi nell'allacciamento alla rete in quanto l’iter di comunicazione con il gestore di rete, TERNA, impone l'utilizzo di portali informatici spesso intasati, inutilizzabili e comunque con logiche che appaiono di difficile comprensione, quando addirittura non impongono di trasmettere la documentazione su fax perennemente occupati, a cui si aggiunge il fatto che uno strumento creato a fini statistici (il CENSIMP di TERNA ora GAUDI) sta creando una situazione paradossale, causando slittamenti della messa in esercizio degli impianti senza che si possa determinare precisamente per quale motivo la pratica sia inceppata; questo comporterà ingenti danni economici a carico degli utenti finali o delle imprese installatrici che si trovano inermi ad assistere a queste situazioni;
          da pochi giorni è stata pubblicata la norma tecnica CEI 0-21 definitiva che sancisce le regole di connessione in vigore dal 1° luglio 2012. I gestori di rete hanno già recepito tale norma e ne richiedono il rispetto per procedere agli allacci in rete degli impianti;
          il primo effetto è che un impianto perfettamente in regola il 30 giugno non lo è più il giorno dopo, il gestore di rete pretenderà l'adeguamento alle nuove regole e ciò comporterà in molti casi la sostituzione all’inverter o comunque di dispositivi regolarmente in vendita sul mercato italiano fino al 30 giugno;
          la stessa norma CEI 0-21 introduce l'obbligatorietà di verifiche che devono essere eseguite tramite costosissime apparecchiature peraltro non ancora in commercio anche per impianti di potenza veramente piccola (i classici impianti monofase residenziali e quindi fino a 6 kWp). Non rispettare questa verifica comporterà ulteriori ritardi negli allacci, ma ci si chiede come anche il più volenteroso degli impiantisti potrà fare prove con strumenti che non esistono;
          dal 1° luglio 2012 i moduli e gli inverter fotovoltaici, per accedere all'incentivo del 2° semestre 2012, dovranno obbligatoriamente avere tutte le certificazioni descritte all'articolo 11, comma 6, del decreto IV conto energia: il GSE ha aggiornato in data 22 giugno 2012 (otto giorni prima della entrata in vigore di fatto) la guida per l'ottenimento degli incentivi comunque non chiarendo in modo definitivo se i materiali attualmente in vendita abbiano o meno i requisiti previsti. In sostanza chi connette l'impianto fotovoltaico dal 1° luglio 2012 non potrà avere alcuna certezza di accedere agli incentivi; installare un impianto fotovoltaico equivale ad una scommessa con il destino, con posta in palio l'accesso agli incentivi;
          in quella che appare all'interrogante una pervicace opera di complicazione, intralcio, iper-burocratizzazione è possibile rilevare un evidente fenomeno di contrapposizione all'accesso alla rete elettrica nazionale perpetrato da soggetti che non possono più essere considerati «disinteressati» e quindi super partes  –:
          se si ritenga opportuno potenziare il sistema delle fonti energetiche rinnovabili, in modo particolare il fotovoltaico favorendone la logica diffusione e semplificando le procedure di accesso almeno alla rete di distribuzione elettrica;
          se si abbia intenzione di favorire il consolidamento della posizione dell'Italia in questo settore strategico con iniziative mirate a sostenere e a favorire la competitività delle imprese e della filiera italiana;
          se non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché gli operatori possano adeguarsi alle nuove regole senza subire ulteriori penalizzazioni economiche (5-07583)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di recepire le direttive dell'Unione europea che sanciscono il diritto degli utenti a cambiare gestore di telefonia fisso o mobile nel termine massimo di 24 ore  –:
          se il Governo abbia elementi per affermare che tale diritto sia oggi effettivo ed accessibile a tutti i cittadini. (4-17203)


      REGUZZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il servizio «187» di Telecom Italia dovrebbe rispondere a requisiti di chiarezza, correttezza, rispetto di quanto stabilito dalle normative vigenti;
          quotidianamente si riscontrano sulla stampa e non solo, lamentele circa l'efficienza del servizio e l'adeguatezza ai canoni previsti dalle normative e dai regolamenti in vigore  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, ai fini di prevedere sanzioni e/o altre misure tese a ripristinare livelli qualitativi accettabili per l'utenza. (4-17205)


      MELIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la carenza sul mercato dei sistemi di protezione d'interfaccia richiesti dalla normativa CEI 0-21 entrata in vigore dal 1° luglio 2012 sta creando grosse difficoltà agli operatori del fotovoltaico in questo momento delicatissimo dell'economia italiana;
          relativamente all'entrata in vigore dell'allegato A70 Terna, alle norme CEI 0-21, e alla delibera 84/2012/R/, si registra infatti il grave disagio di molti addetti del settore fotovoltaico per le difficoltà legate non solo al V conto energia e ai ritardi nell'allaccio alla rete da parte dei gestori, ma anche per l'impossibilità di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa tecnica sopraccitata per la connessione, vista la scarsa offerta di prodotti sul mercato. In questo periodo, infatti, sono assolutamente irreperibili le protezioni di interfaccia, se non a prezzi a volte pesantemente maggiorati rispetto al loro valore commerciale. Ciò sta producendo lo stallo e il blocco delle attività con serissimi rischi per l'occupazione del settore;
          poiché molti imprenditori hanno investito, contraendo debiti ingenti con le banche, essi si trovano oggi nella materiale impossibilità di far fronte agli impegni sottoscritti  –:
          se non ritenga il Governo di dover urgentemente e con effetto immediato assumere iniziative per prorogare i termini previsti dalla nuova normativa e già oggi in vigore, stabilendo una deroga temporanea che consenta l'utilizzo di protezioni conformi alle vecchie prescrizioni in attesa – previo impegno di sostituzione da parte degli operatori – di poter usufruire delle protezioni conformi alle nuove disposizioni. (4-17219)


      LUSSANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la società Poste italiane, in ragione del processo di razionalizzazione avviato dall'azienda negli ultimi anni, procede periodicamente alla chiusura di Uffici postali, in particolar modo ubicati nei piccoli comuni;
          si apprende da organi di stampa che sarebbe imminente la chiusura dell'Ufficio postale di Lizzola, nel comune di Valbondione (BG) senza che tale decisione sia stata accompagnata da un preventivo confronto con l'amministrazione comunale;
          Poste italiane spa è una società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che garantisce l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato, in cui la società si impegna a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
          i servizi postali sono fondamentali nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, e concorrono a dare dignità e qualità alla vita di un paese: chiudere un ufficio postale in un piccolo comune significa contribuire all'impoverimento, anche in termini di numero di abitanti, del comune stesso;
          molti piccoli comuni della provincia di Bergamo sono vittime di disagi dovuti alle decisioni unilaterali della società postale che ha previsto la chiusura di molti uffici e il ridimensionamento degli orari di apertura degli sportelli, causando quindi molte difficoltà nella gestione operativa degli uffici e generando una diminuzione della qualità del servizio fornito alla clientela;
          la chiusura dell'officio di Valbondione si tradurrebbe in gravi disservizi soprattutto per i residenti anziani, che si troverebbero a non poter usufruire con la dovuta comodità di servizi essenziali quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file o affrontare frequenti e difficili spostamenti  –:
          come il Ministro intenda intervenire per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste italiane spa arrechino disagi agli abitanti delle frazioni e dei comuni in provincia di Bergamo e quali misure intenda prevedere per garantire l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, nel rispetto dell'accordo siglato fra le Poste, italiane spa e lo Stato;
          se il Ministro, in virtù dei poteri che la normativa vigente riconosce su Poste italiane, non reputi opportuno mettere in atto azioni che favoriscano una concertazione tra la direzione di Poste italiane spa e l'amministrazione comunale di Valbondione, al fine di scongiurare la chiusura dell'ufficio che rappresenta uno strumento indispensabile per lo sviluppo e la sopravvivenza delle piccole comunità di montagna. (4-17220)


      REALACCI e MATTESINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          le biomasse e in generale la produzione di energia da fonti rinnovabili rappresentano un'importante opportunità per il nostro territorio e per la sua economia, rendendo al tempo stesso l'Italia più rispettosa dell'ambiente, più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, e delle comunità;
          il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici è una delle più grandi sfide che l'umanità ha davanti. L'Italia ha peraltro già assunto in sede internazionale e, in particolare, a livello comunitario importanti e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
          tra le fonti di energia rinnovabili utilizzate, grande importanza è come detto assunta dall'utilizzo delle biomasse. Per biomassa s'intende ogni sostanza organica derivante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana;
          la direttiva comunitaria Renewable Energy Sources (RES), ha stabilito che le fonti di energia devono essere sostenibili, quindi, anche per quanto riguarda le biomasse, bisogna tenere conto delle distanze, dei modi di produzione e del bilancio energetico complessivo;
          da recenti dossier redatti dalle più importanti associazioni ambientalista come, Legambiente e WWF, la questione della produzione elettrica da biomasse è in effetti molto complessa e composta da realtà distanti tra loro. È largamente condivisa in materia la scelta che opta per la filiera corta, con impianti piccoli che utilizzano materia prima raccolta sul posto, derivante dalla manutenzione dei boschi, piuttosto che da residui delle attività agricole. Quando invece si parla di grandi impianti da più megawatt per produrre elettricità, l'importazione di materia prima dall'estero, spesso di incerta, è scelta obbligata, pur non dando sempre alcun beneficio per il territorio e avendo scarsa o nulla efficienza energetica e ed economica;
          è questo il caso del futuro impianto a biomasse per la produzione di energia elettrica in località Renzino in comune di Foiano della Chiana (Arezzo);
          in data 8 settembre 2010 le società Eteco srl, Contro Corrente srl, Sirio Energia srl, Toscana Energy srl, Natural Energy srl e La Primula srl hanno singolarmente presentato alla provincia di Arezzo, sei distinte richieste per il rilascio di «autorizzazione unica» ai sensi della legge regionale Toscana n.  39 del 2005 per la realizzazione ed esercizio di un proprio impianto a biomasse, ciascuno di potenza inferiore ad 1 megawatt;
          i sei impianti, tre di potenza di 0,420 Mwe e tre di potenza 0,256 MWe, hanno una potenza complessiva pari a circa 2 megawatt, potenza installata che non avrebbe dunque accesso ai benefici previsti dalla legge per gli impianti di piccola taglia. Gli stessi dovrebbero essere realizzati utilizzando una porzione di un unico immobili esistente, in Via d'Arezzo a Foiano della Chiana, all'interno del quale verrebbero ricavati n.  6 distinti locali atti a contenere i singoli gruppi elettrogeni. Ogni impianto avrebbe la propria connessione alla rete elettrica nazionale;
          l'impianto, secondo quanto si apprende dall'amministrazione comunale, verrebbe alimentato con tutti gli oli vegetali più comuni presenti oggi nel mercato nazionale ed internazionale. Tali oli ai fini commerciali e di corresponsione della tariffa onnicomprensiva da parte del gestore dei servizi energetici, vengono classificati in oli tracciabili da filiera europea od oli di origine extra europea;
          il comune di Foiano della Chiana ha presentato ricorso per l'annullamento delle deliberazioni della giunta provinciale di Arezzo nn.  129, 130, 131, 132, 133 e 134 del 15 marzo 2012 comunicate al comune di Foiano della Chiana in data 29 marzo 2012. I motivi del ricorso sono riferiti non solo ad alcune difformità progettuali rispetto alle norme regolamentari vigenti nel comune ma anche all'uso di oli non di filiera corta in violazione al PIER emanato dalla regione Toscana, con particolare riferimento alla non valorizzazione delle risorse locali. L'olio di palma è una risorsa non reperibile a livello locale dato che deve essere importato dall'estero;
          l'amministrazione comunale di Foiano della Chiana ha interpellato in data 17 ottobre 2011 il gestore dei servizi energetici per verificare la legittimità e la conformità alla legge dell’iter autorizzativo degli impianti di Renzino  –:
          se i Ministri interrogati ritengano opportuno anche per il tramite del Gse effettuare le verifiche di competenza in questo come in altri casi analoghi, e se l'incentivo dato all'impianto sia conforme al relativo conto energia. (4-17250)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta immediata in commissione Bachelet e altri n.  5-07572, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Strizzolo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Grimoldi n.  4-17130, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  672 del 25 luglio 2012.

      GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          indiscrezioni di stampa annunciano un imminente avvio di procedure di cassa integrazione per centinaia di lavoratori dell'Alitalia CAI che si andranno a sommare al già elevato numero di lavoratori ex dipendenti Alitalia licenziati;
          Alitalia CAI nel 2011 ha già aperto una procedura di cassa integrazione per 700 dipendenti di terra e di volo, chiedendo al contempo uno stanziamento al Fondo di sostegno del trasporto aereo pari a 5,45 milioni di euro per effettuare attività di riqualificazione del personale pilota, la maggior parte della quale riferibile al personale già assunto a tempo indeterminato;
          la compagnia CAI Alitalia ha avviato un processo di espansione intercontinentale con accordi in code sharing con compagnie estere e questo, comportando l'apertura di nuove tratte a vantaggio di altre compagnie, presumibilmente non porterà, ad un coinvolgimento più consistente, in termini numerici, di personale impegnato;
          inoltre la compagnia nazionale, piuttosto che richiamare in servizio alcuni dei piloti attualmente in mobilità o procedere ad una cassa integrazione a rotazione che contempli il reinserimento nel ciclo produttivo dei piloti e della rimanente parte del personale di terra e degli assistenti di volo, si avvale regolarmente di aeromobili e di equipaggi di altre compagnie (Wet Lease), come la compagnia rumena Carpatair, per effettuare attività di volo con nominativo Alitalia sul territorio nazionale, senza peraltro informare preventivamente i passeggeri;
          pochi giorni fa Alitalia CAI ha lanciato un piano di risparmio carburante che prevede l'erogazione di generosi incentivi di natura economica, nell'ordine di milioni di euro, per larga parte del personale qualora tali obiettivi siano raggiunti. Tale azione di elargizione premi sembra poco coerente con un piano di ridimensionamento dei costi, che dovrebbe puntare innanzi tutto a finanziare programmi lungimiranti per la compagnia e il personale dipendente  –:
          se trovino conferma le indiscrezioni di stampa relative ad una nuova procedura di cassa integrazione da parte di Alitalia CAI che riguarderebbe centinaia di dipendenti e se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza supportare scelte aziendali di elevato spessore sociale.
(4-17130) (Nuova formulazione)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interpellanza urgente Catanoso n.  2-01605 del 18 luglio 2012;
          interpellanza urgente Carlucci n.  2-01615 del 24 luglio 2012;
          interpellanza Messina n.  2-01617 del 25 luglio 2012.

Trasformazioni di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta orale Antonino Foti e altri n.  3-02288 del 24 maggio 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-17238;
          interrogazione a risposta scritta Forcolin n.  4-17175 del 31 luglio 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-07577.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      BARANI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'isola di Montecristo è riserva naturale dello Stato dal 1971, è inserita nella rete ecologica europea «Natura 2000» (direttiva «uccelli» e direttiva «habitat») ed infine è inclusa nel perimetro dell'area protetta come «Zona A di riserva integrale»;
          l'ente parco avrebbe approvato un progetto di eradicazione di componenti floro-faunistiche aliene invasive e tutela di specie e habitat nell'arcipelago toscano;
          il progetto in questione prevede, tra l'altro, anche l'eradicazione del ratto nero secondo le azioni previste nel progetto «Piano di eradicazione del ratto nero Rattus rattus nell'isola di Montecristo (arcipelago toscano)», reperibile sul sito internetwww.montecristo2010.it;
          dalla lettura del progetto risulta che il trattamento di derattizzazione dell'isola di Montecristo viene effettuato tramite distribuzione con elicottero di ben 26 tonnellate di esche velenose, utilizzando pellet contenente il principio attivo brodifacoum;
          la scheda di sicurezza del brodifacoum indica i pericoli connessi all'utilizzo del medesimo: rischi per la salute in quanto il principio attivo è un potente anticoagulante e rischi per l'ambiente in quanto lo stesso prodotto è altamente tossico per gli organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico; inoltre, nelle informazioni ecologiche della scheda, il prodotto viene classificato come «persistente»;
          la legge regionale della Toscana n.  39 del 2001 «Norme sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate», al comma 3 dell'articolo 2, stabilisce che al di fuori dei luoghi di cui al comma 2 (locali, fabbricati, abitazioni, depositi, opifici o cantieri di lavoro) il comune può autorizzare eventuali interventi di derattizzazione indicando nell'atto di autorizzazione la durata del trattamento e le sostanze da utilizzare;
          il comune di Portoferraio, nel cui territorio ricade l'isola di Montecristo, ha disposto in data 24 gennaio 2012 con nota prot. 2235 la sospensione del nulla osta rilasciato a gennaio 2011 in attesa di ricevere dall'ente parco la documentazione progettuale che è stata approvata dal direttore dell'ente parco con provvedimento n.  822 del 28 dicembre 2011: «Approvazione del documento interventi per l'eradicazione del ratto nero Rattus rattus nell'isola di Montecristo (arcipelago toscano) nell'ambito del progetto LIFE+Montecristo 2010»;
          il metodo scelto, quello dell'avvelenamento aereo, sta provocando serie polemiche e tra i contrari non ci sono solo animalisti e comitati, ma anche un ex campione del mondo di pesca sub, l'elbano Carlo Gasparri;
          Gasparri ha scritto alla procura denunciando quello che lui ritiene un insulto all'ambiente e ipotizzando l'impiego di un veleno per topi a base del principio attivo brodifacoum visto che «il prodotto che dovrà essere usato è altamente tossico per gli organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente, inoltre si tratta di un prodotto persistente nel tempo»;
          l'ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2010, con cui vengono prorogate e modificate le precedenti ordinanze del 18 dicembre 2008 e del 19 marzo 2009, e nella quale viene regolamentato l'uso di bocconi ed esche contenenti veleni o sostanze nocive, in deroga al divieto di abbandono di esche e bocconi avvelenati o contenenti sostanze nocive, consente nelle aree protette, per motivi di salvaguardia di specie selvatiche oggetto di misure di protezione a carattere internazionale e previa comunicazione al Ministero della salute, operazioni di derattizzazione mediante rodenticidi senza l'utilizzo degli appositi contenitori di esche, a condizione che:
              a) il principio attivo utilizzato come rodenticida sia a bassa persistenza ambientale al fine di evitare la contaminazione della catena alimentare e dell'ambiente (il brodifacoum come rilevato dalla scheda di sicurezza è al contrario un prodotto classificato come «persistente»);
              b) sia stabilita la durata massima di permanenza nell'ambiente delle esche in relazione agli obiettivi da raggiungere sulla base della letteratura scientifica più aggiornata;
              c) al termine delle operazioni le esche non utilizzate siano rimosse dall'ambiente e venga redatto un apposito verbale di chiusura dell'operazione, da inviare al Ministero della salute, nel quale sia indicato il numero di esche immesse nell'ambiente, l'area interessata dall'operazione e il numero di esche non utilizzate e rimosse al termine dell'operazione;
          dalla lettura dell'ordinanza suddetta si deduce che il trattamento di derattizzazione è consentito solo da terra e che le operazioni di derattizzazione e disinfestazione devono essere effettuate con modalità tali da non nuocere in alcun modo alle persone e alle specie animali non bersaglio e, soprattutto, che al termine del trattamento le esche non utilizzate siano rimosse dall'ambiente e sia redatto un apposito verbale di chiusura dell'operazione;
          sebbene sia condivisibile l'intenzione di eradicare il ratto nero dall'isola di Montecristo la suddetta modalità, lungi dall'essere mirata e selettiva, rappresenta un serio pericolo, oltre che per gli altri animali presenti sull'isola, anche per l'ambiente particolarmente protetto, andando ad inquinare le falde acquifere, il mare e a contaminare tutta la catena alimentare;
          l'intervento di derattizzazione è stato eseguito nelle date del 10, 11 e 12 gennaio 2012, senza che l'ente parco abbia ancora effettuato alcuna comunicazione agli organi competenti circa l'avvenuta realizzazione, né abbia intrapreso le azioni previste dall'ordinanza sopra richiamata;
          i cittadini dell'arcipelago risultano particolarmente preoccupati per le conseguenze che avrà sull'ambiente un intervento così ingente e drastico  –:
          se il Governo sia a conoscenza del progetto denominato «Piano di eradicazione del ratto nero Rattus rattus nell'isola di Montecristo (arcipelago toscano)» e se lo stesso sia stato sottoposto alla sua attenzione e siano state espletate a norma di legge, tutte le opportune procedure in tutte le sedi preposte;
          se il Governo sia stato adeguatamente informato circa le modalità dell'intervento di derattizzazione mediante lancio di 26 tonnellate di esche velenose da elicottero sull'isola di Montecristo;
          se e come ritengano possibile la rimozione delle 26 tonnellate di esche velenose distribuite con la modalità aerea su un territorio particolarmente impervio come quello di Montecristo e se e come sia possibile rimuovere le carcasse;
          se il Governo intenda verificare, inoltre, visto che l'intervento risulta già effettuato, il rispetto della condizione di cui alla lettera c) dell'articolo 1 della citata ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2010. (4-14926)

      Risposta. — In merito al progetto indicato nell'interrogazione in esame, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Livorno ha comunicato quanto segue.
      Il progetto «Montecristo 2010: eradicazione di componenti floro-faunistiche aliene invasive e tutela di specie e
habitat nell'Arcipelago Toscano», è un progetto cofinanziato dalla Commissione europea con fondi del Programma life+ che è uno degli strumenti finanziari con i quali la Commissione stessa promuove e sostiene azioni per la conservazione del patrimonio naturale degli Stati membri, sottoponendo le proposte pervenute a severe analisi istruttorie.
      Il beneficiario coordinatore è il Corpo forestale dello Stato, ufficio territoriale per la biodiversità di Follonica, e gli altri soggetti partecipanti, in qualità di beneficiari associati, sono il Parco nazionale dell'arcipelago toscano, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), la società Nemo s.r.l. con sede in Firenze.
      Il progetto è stato attivato nel 2010 e si concluderà nel primo semestre del 2014 e vede la partecipazione, come cofinanziatori, della regione Toscana e della provincia di Livorno: esso comprende una serie di interventi per la conservazione di
habitat e specie, tutelate a livello internazionale, delle Isole di Montecristo e Pianosa.
      Uno degli obiettivi del progetto è quello di tutelare la popolazione di berta minore, raro uccello marino che nidifica sull'isola di Montecristo con un contingente stimato in 400-750 coppie, pari al 3-10 per cento della popolazione mondiale.
      Il ratto nero è una delle cause accertate di locali decrementi ed estinzioni di questo uccello procellaridae. A Montecristo il ratto è stato introdotto in tempi storici ed interferisce gravemente con il successo riproduttivo della berta minore, come documentato dai monitoraggi pluriennali effettuati sull'isola ed in altri sistemi insulari mediterranei. Il ratto, infatti, preda le uova ed i pulcini della berta ed azzera la produttività annuale di pressoché tutte le coppie presenti.
      La rimozione di tutti i ratti da Montecristo è stata valutata dall'ISPRA,
partner del progetto e massimo organo tecnico italiano in materia e dalla Commissione europea, come azione irrinunciabile per tutelare l'avifauna dell'isola.
      L'intervento è condotto con l'unico sistema efficace per eliminare i ratti da un'isola come Montecristo, ossia con la distribuzione di esche tossiche.
      Attualmente non esiste alcuno, tra i cosiddetti «metodi alternativi non cruenti», che consenta di raggiungere il risultato atteso, ovvero l'eliminazione di tutti i ratti da un territorio impervio e inaccessibile, di circa 1.300 ettari di superficie reale.
      Il sistema utilizzato è di
routine negli interventi di questo tipo, effettuati in tutto il mondo in numero sempre crescente (in circa 600 isole nel mondo sono stati eliminati i ratti con metodologie analoghe).
      In particolare, l'operazione prevede che le esche siano in massima parte distribuite con un apposito strumento azionato da elicottero; solo nelle vicinanze delle residenze del personale di sorveglianza e in un'area recintata, dove sono state immesse circa 40 delle 200 capre presenti sull'isola, è stata intrapresa una distribuzione manuale mediante erogatori protetti. Inoltre, nei periodi di distribuzione massima non sono ammessi visitatori sull'isola.
      La prefettura locale precisa che, inizialmente, sono stati immessi 700 grammi di principio attivo (brodifacoum) all'interno di 14 tonnellate di esche a base di cereali.
      In pratica, fino ad oggi è stato distribuito solo mezzo grammo di principio attivo, in 10 chilogrammi di esche, su ciascun ettaro di superficie dell'isola, una dose ritenuta sufficiente per lo scopo prefissato.
      Per quanto attiene alle valutazioni di competenza di questo Ministero, si osserva che lo stesso Ministero ha ricevuto, come previsto dall'articolo 1, comma 6, dell'ordinanza ministeriale 18 dicembre 2008 «Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati», più volte rinnovata, da ultimo in data 10 febbraio 2012, la relazione, protocollo 0000743-A-17/01/2012, dell'Ente parco nazionale arcipelago toscano relativa alle operazioni di derattizzazione nell'isola di Montecristo.
      Nella relazione pervenuta vengono brevemente riassunte le finalità, le modalità di esecuzione del progetto
life+ denominato «Montecristo 2010 – eradicazione di componenti floro-faunistiche aliene invasive e tutela di specie e habitat nell'arcipelago Toscano», nonché alcune caratteristiche del principio attivo utilizzato (brodifacoum).
      Al fine di verificare la correttezza dell'intervento posto in essere ed il rispetto delle disposizioni previste dall'ordinanza, il Ministero della salute ha chiesto un parere tecnico-scientifico al centro di referenza nazionale per la medicina forense veterinaria istituito presso l'istituto zooprofilattico sperimentale delle regioni Lazio e Toscana. Dalla lettura di tale relazione, pervenuta in data 3 marzo 2012, è emerso che il principio attivo utilizzato è a rilevante persistenza ambientale e di scarsa degradabilità.
      Inoltre, si precisa che anche la normativa comunitaria concernente l'immissione sul mercato dei biocidi (direttiva 2010/10/UE della Commissione europea del 9 febbraio 2010 inerente la modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio), indica il brodifacoum come principio attivo a rischio di potenziale persistenza, bioaccumulo e tossicità, e per questo motivo prevede l'obbligo di utilizzare scatole per esche a chiusura protetta e resistenti alle manomissioni.
      Da quanto sopra riportato, il brodifacoum non avrebbe dovuto essere utilizzato senza i prescritti contenitori, secondo quanto previsto al citato articolo 1, comma 6, dell'ordinanza ministeriale, ma sarebbe stato opportuno l'utilizzo di un principio attivo alternativo, altrettanto efficace ma meno dannoso per l'ambiente e gli animali.
      Il Ministero della salute, pertanto, ha intrapreso le necessarie iniziative, richiedendo all'ente esecutore del progetto di motivare la scelta del brodifacoum, contravvenendo a quanto espressamente disposto dalla ordinanza ministeriale, nonché l'invio di copia del verbale di chiusura delle operazioni.
      Da ultimo, questo Ministero ha ritenuto di dover formalmente informare la competente procura della Repubblica dell'intera vicenda.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      BORGHESI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          gli ammalati affetti da SLA, oltre 60.000 persone in Italia, si chiedono il perché il Ministero della salute non autorizzi l'applicazione della scoperta del professor Paolo Zamboni dell'università di Ferrara;
          il professor Zamboni ha scoperto una condizione chiamata «insufficienza venosa cronica cerebrospinale» (CCSVI). Il restringimento sembra provocare un danno al tessuto cerebrale e quindi la degenerazione dei neuroni (vedi articolo Corriere della Sera del 2 dicembre 2009),
          lo studio dimostrerebbe come questa anomalia sia frequente in pazienti affetti da sclerosi multipla. In ogni caso sembra dimostrato che la CCSVI aumenterebbe di 43 volte il rischio di sviluppare la malattia;
          un intervento assai semplice, detto «procedura di liberazione», di fatto una angioplastica effettuata a livello venoso, sembra dare buoni risultati;
          il professor Zamboni collabora con il Neuroimaging Analysis Center di     Buffalo e con altri centri di Detroit, Harward e Standford;
          gli interessati si chiedono inoltre come sia possibile che il Ministro abbia concesso ad associazioni e neurologi di continuare a far assumere farmaci che hanno un costo stimato tra i 25.000 e gli 80.000 euro/malato/anno, mentre con la scoperta del professor Zamboni la spesa scenderebbe vertiginosamente  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda di cui in premessa;
          se il Ministro non ritenga di dover autorizzare la sperimentazione del metodo del professor Zamboni, dando così una speranza ai malati riducendone la spesa. (4-13598)

      Risposta. — Il Ministero della salute ha incaricato sin dal 2010 il Consiglio superiore di sanità (CSS) di approfondire la questione oggetto dell'interrogazione in esame, ed ha seguito in ogni fase i lavori del Consiglio.
      Le tappe fondamentali del lavoro effettuato dal CSS sono le seguenti:
          
1) è stato costituito un gruppo di lavoro sul tema, che ha individuato gli ambiti di approfondimento più significativi, sia in termini clinici che di ordine socio-sanitario per l'eventuale accesso alla cura; il gruppo ha quindi esaminato l'ipotesi medica di riconducibilità della sclerosi multipla (SM) a una condizione di insufficienza venosa cerebro-spinale cronica (CCSVI); ha individuato l'orientamento della comunità scientifica nazionale e internazionale in merito a tale ipotesi e all'inquadramento nosologico e clinico-diagnostico della CCSVI come patologia a se stante, con eventuale indicazione terapeutica di disostruzione della stenosi del sistema venoso extracranico, qualora il quadro clinico lo giustifichi; ha valutato se procedere, allo stato attuale delle conoscenze e dei risultati disponibili, per verificare l'associazione tra CCSVI e SM, incentivando «studi clinici multicentrici e multidisciplinari»;
          
2) è stato audito il professor Zamboni; lo stesso ha dichiarato che il trattamento endovascolare della CCSVI nella SM è ancora prematuro;
          
3) è stato espresso un primo parere nella seduta dell'8 giugno 2010 in merito a «Nuova terapia endovascolare per la Sclerosi Multipla» e sono state condivise le considerazioni conclusive e le proposte del gruppo di lavoro. Facendo seguito all'audizione del professor Zamboni e in considerazione del fatto che molti dati oggi presenti nella letteratura scientifica e accettati dalla comunità dei ricercatori non sono in accordo con l'ipotesi di correlazione tra CCSVI e SM, il CSS ha concluso che «ad oggi l'efficacia di qualsiasi procedura terapeutica vascolare non è sicuramente dimostrata ed è, quindi, da posporre all'acquisizione di dati scientifici che provino una sicura associazione tra CCSVI e SM»;
          
4) sono state ascoltate in audizione, il 13 luglio 2010, le delegazioni delle principali associazioni di malati di SM;
          
5) sulla base dei lavori del CSS, il 27 ottobre 2010 questo Ministero ha inviato agli assessori regionali alla sanità una nota nella quale, tra l'altro, era specificato quanto segue: «Si ritiene che, nel rispetto dei principi etici, deontologici e professionali che devono sempre guidare medici e scienziati verso scelte ponderate e responsabili a tutela dei malati, il trattamento “correttivo endovascolare” della CCSVI in pazienti con SM, già utilizzato da alcuni clinici, possa continuare:
              in centri accreditati a livello regionale per il trattamento delle patologie vascolari;
              con la garanzia di una procedura di accertamento diagnostico della presunta patologia effettuata nel rispetto di protocolli diagnostici appropriati e validati dalla comunità scientifica internazionale;
              ricorrendo alla procedura emodinamica correttiva solo in presenza di una patologia accertata che condizioni negativamente un fisiologico equilibrio emodinamico;
              effettuando la procedura emodinamica correttiva seguendo criteri e metodologie scientificamente codificati e condivisi;
              verificando rigorosamente i risultati terapeutici e funzionali con studi clinici controllati.
          Si segnala che l'attuale sistema sanitario garantisce, in regime ospedaliero, sotto la responsabilità del medico, l'erogazione di terapie atte a diagnosticare, monitorare e, se indicato, correggere terapeuticamente anomalie dell'apparato vascolare artero-venoso giudicate patologiche. Allo scopo si può far riferimento, per la codifica della prestazione, al sistema di classificazione vigente ICD-)-CM codice 3950 angioplastica o aterectomia di altro/i vaso/i non coronarico/i;
          
6) il 19 gennaio 2011 sono state audite le società scientifiche competenti;
          
7) il 25 febbraio 2011 è stato espresso il parere relativo all'esistenza della CCSVI come entità nosologica; in esso, il CSS ha argomentato «che, ad oggi, la CCSVI non possa essere riconosciuta come entità nosologica; che, ad oggi, non sia dimostrata la sua correlazione epidemiologica con la SM e, pertanto, l'intervento di correzione vascolare non può essere indicato nei pazienti affetti da tale patologia; che sia necessaria, invece, un'indicazione clinica chiara e netta, indipendentemente dalla presenza o meno di SM, per l'erogazione di misure atte a diagnosticare, monitorare e correggere anomalie dell'apparato vascolare venoso, qualora indicato, a causa di condizioni patologiche ad esse sicuramente riferibili».

      Il CSS ritiene, inoltre, necessario «che eventuali procedure di correzione di patologia venosa in pazienti con SM siano effettuate solo ed esclusivamente nell'ambito di studi clinici controllati e randomizzati, approvati da comitati etici, con un protocollo che preveda: una dichiarazione sul conflitto di interessi, le modalità di selezione o di esclusione dei pazienti, le indagini diagnostiche, le modalità metodologiche di esecuzione dei diversi esami e procedure, gli end-point primari e secondari, il monitoraggio degli eventi avversi, le modalità e la cadenza del follow-up ed infine le caratteristiche dell'analisi statistica».
      Ad oggi, non sono emersi dati che indichino al CSS l'opportunità di una revisione dei pareri espressi in merito alla questione in esame.
      Pertanto, il Ministero della salute ritiene che al momento attuale non possa essere garantita, da parte del servizio sanitario nazionale, l'erogazione di una prestazione per la quale non vi sono sufficienti prove di efficacia, né si conosce la reale incidenza degli esiti, dei rischi e degli effetti collaterali.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      DE POLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          da ricerche statistiche svolte recentemente da autorevoli istituti specializzati si evince che, frazioni sempre maggiori della popolazione sono a rischio di perdita dell'autosufficienza a causa della concomitante presenza di patologie croniche, quali malattie neurodegenerative (circa il 25 per cento degli ultra ottantenni è affetto da demenza) e cardiovascolari, spesso associate a problemi muscolo-scheletrici, respiratori e metabolici. Tutto ciò comporta situazioni assai problematiche all'attuale situazione delle famiglie italiane investite da ampi processi di mutamento demografico e socio-economico;
          nonostante, si assista alla netta e crescente trasformazione, le famiglie sono ancora le principali responsabili della gestione degli anziani, sia quando se ne fanno carico direttamente, sia quando delegano (parzialmente o totalmente) l'assistenza a personale domestico o «di prossimità» che vive sotto lo stesso tetto, con livelli di professionalità limitati o comunque non formalizzati rispetto alle norme del mercato del lavoro e del sistema d'istruzione italiano. Tale scelta garantisce, come è noto, costi di assistenza contenuti, nonché forme di personalizzazione e continuità del «prendersi cura» socialmente apprezzate;
          una delle ultime rilevazioni fatte sul fenomeno del tasso nazionale di non autosufficienza tra gli over 65 è risultato pari al 18,7 per cento nel nostro Paese. Ad ogni modo, va detto che in Italia il numero di anziani istituzionalizzati è piuttosto contenuto se comparato a quanti ancora vivono presso il proprio domicilio: per conoscere il numero totale di non autosufficienti agli oltre 2 milioni e 80 mila disabili indicati dalla Multiscopo (ISTAT, 2008), vanno aggiunte le circa 161 mila persone ospiti dei presidi sociosanitari residenziali, ottenendo così una stima approssimativa di poco superiore ai 2 milioni e 240 mila persone;
          in questo quadro generale e sintetico, ogni regione nel nostro Paese si sforza di garantire il miglior servizio assistenziale ai propri residenti in difficoltà;
          in tutto ciò, proprio le associazioni che operano in questo settore e che svolgono un ruolo di straordinaria importanza sociale, spesso incontrano ostacoli e impedimenti che rendono complicata la gestione e pianificazione di settore;
          una delle principali criticità segnalate dalle associazioni è rappresentata dalla difformità e variabilità dei criteri di valutazione utilizzati dalle ASL per determinare la permanenza ed il numero di pazienti all'interno delle strutture. Tale difformità ha creato spesso deprecabili contenziosi con le ASL, come quello tra alcune associazioni e la ASL 10 di Firenze;
          se non ritenga opportuno procedere ad una ricognizione delle normative regionali emanate in tema di permanenza all'interno delle Residenze Sanitarie Assistenziali, soprattutto rispetto alle modalità di ricovero dei malati con gravi disturbi del comportamento, anche al fine di promuovere l'individuazione, con il dovuto coinvolgimento delle regioni, di eventuali criteri univoci da utilizzare su tutto il territorio nazionale, nell'interesse e per la tutela della salute dei cittadini. (4-13897)

      Risposta. — Nel corso degli ultimi anni il Ministero della salute, in collaborazione con le regioni, ha compiuto uno sforzo importante volto ad omogeneizzare le modalità di accesso alle strutture residenziali dei pazienti non autosufficienti non assistibili a domicilio.
      Questo sforzo si è concretizzato nell'accordo raggiunto su alcune questioni fondamentali, formalizzato con il patto per la salute 2010-2012 (articolo 9 dell'intesa del 3 dicembre 2009).
      In particolare, il patto prevede che:
          l'ingresso in strutture residenziali è subordinato alla valutazione delle condizioni fisiche, psichiche e sociali degli ospiti da parte di un'unità di valutazione multidisciplinare (UVM) istituita in tutti i distretti territoriali;
          gli strumenti di valutazione utilizzati dalla UVM devono essere validati dalla letteratura scientifica e produrre valutazioni confrontabili; in particolare, vi è accordo sull'utilizzo di alcune scale di valutazione:
resource utilization group (RUG); scheda per la valutazione multidimensionale dell'adulto e dell'anziano (SVAMA); assessment of geriatric disability (AGED), o di scale di cui è verificata la corrispondenza con le tre citate;
          sono definitivamente attivati, a decorrere dal 2012, i flussi informativi relativi alle prestazioni di assistenza residenziale agli anziani non autosufficienti, che raccolgono, con modalità uniformi, notizie circa i dati anagrafici dell'assistito, delle strutture erogatrici e la tipologia di prestazioni erogate, i dati relativi all'ammissione ed alla dimissione dalla singola struttura residenziale e semiresidenziale, nonché i dati relativi alla valutazione multidimensionale dei bisogni dell'assistito. L'analisi di tali dati consentirà, in un prossimo futuro, di evidenziare le specificità dei modelli operativi ed organizzativi delle singole regioni e, qualora emergessero carenze o omissioni nella garanzia dei livelli essenziali di assistenza, di promuovere gli opportuni interventi correttivi.

      È necessario, comunque, sottolineare che ciascuna regione può, autonomamente e legittimamente, adottare specifiche modalità di erogazione dell'assistenza agli anziani non autosufficienti, ad esempio privilegiando l'assistenza domiciliare rispetto all'assistenza residenziale, anche in relazione alla diversa distribuzione delle risorse disponibili nel proprio territorio, sempre nel rispetto di parametri di riferimento condivisi a livello nazionale.
      A titolo di esempio, si ricorda che nell'ambito del tavolo di verifica dell'effettiva erogazione dei livelli essenziali di assistenza, il parametro di riferimento che le regioni sono tenute a rispettare, individuato come «Numero di posti equivalenti per assistenza agli anziani in strutture residenziali» è fissato in  = 10 posti letto ogni 1.000 anziani residenti come valore normale mentre è considerato inaccettabile un valore  6 posti letto ogni 1.000 anziani residenti.
      Per quanto di propria competenza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di realizzare le attività statistiche previste dalla legge quadro 5 febbraio 1992, n.  104, ha avviato un sistema integrato di fonti statistiche informative in materia di disabilità, curato dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) in base ad una convenzione stipulata in data 28 dicembre 2007 e prorogata fino al giugno 2012.
      La banca dati è in aggiunta al sistema informativo del servizio sanitario nazionale attivato dal Ministero della salute sulla base del rilevamento dei dati Istat, ed è consultabile sul sito
web www.disabilitaincifre.it.
      Il sistema informativo denominato «Disabilità in cifre» comprende le attività, con i progressivi aggiornamenti, che hanno consentito di attuare la predisposizione di metodologie statistiche finalizzate a:
          stima di numero e tipologia di accesso a servizi di assistenza sociale, oltre che sanitari;
          indagine per la stima del numero dei bambini con disabilità nella fascia di età tra 0 e 5 anni;
          proseguimento dell'indagine sull'inserimento degli alunni con disabilità nelle scuole elementari e secondarie di 1o grado;
          indagine di ritorno sulle persone con disabilità per testare le condizioni di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie attraverso i princìpi sottesi alla classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF).
      Inoltre, ad inizio 2009, congiuntamente al Ministero della salute e al dipartimento delle politiche per la famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato il progetto «Azioni di sistema e assistenza tecnica a supporto delle regioni per il perseguimento degli obiettivi di servizio in tema di assistenza domiciliare integrata (ADI) per la popolazione anziana», previsto nell'ambito del progetto generale «Azioni di sistema e assistenza tecnica degli obiettivi di servizio», di cui al punto n.  3 della delibera CIPE 3 agosto 2007, n.  82, e approvato con determina del capo dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dello sviluppo economico del 20 febbraio 2008.
      L'obiettivo generale del progetto è supportare le otto regioni del Mezzogiorno nella realizzazione degli interventi tesi al raggiungimento dell'obiettivo di servizio S.06 («Incremento della percentuale di anziani beneficiari di assistenza domiciliare integrata dall'1,6 per cento al 3,5 per cento») nell'ambito del quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013.
      In particolare, esso mira al miglioramento dell'organizzazione di servizi di cure domiciliari integrate su un modello organizzativo di rete tra i servizi territoriali coinvolti, che non prescinda dall'integrazione socio-sanitaria riguardante tutte le fasi dell'intervento assistenziale: con la definizione di un modello unitario di punto unico di accesso, dell'unità di valutazione territoriale e l'adozione di un sistema unico regionale di valutazione medico-diagnostica, la formazione professionale di personale medico e di operatori socio-sanitari.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 29 giugno 2004, in un'audizione presso la Commissione Difesa della Camera, il generale medico Michele Donvito, annuncia una ricerca sensazionale con il coinvolgimento di mille soldati per verificare gli effetti dell'uranio impoverito;
          è il progetto Signum, acronimo di «Studio di impatto genotossico nelle unità militari» quello che avrebbe dovuto valutare il grado di tossicità da esposizione all'uranio impoverito. È stato annunciato come qualcosa che, una volta portata a termine, avrebbe rappresentato per l'Italia e per tutto il consesso scientifico internazionale, una pietra miliare  –:
          se il Governo intenda spiegare perché ancora non sono state rese note dal Ministero della difesa le conclusioni a cui è pervenuto lo studio Signum, uno studio che era stato qualificato come di importanza epocale e ai quali dunque si dovrebbe poter fare riferimento. (4-14347)

      Risposta. — Il progetto SIGNUM, acronimo di studio sull'impatto genotossico nelle unità militari, finanziato con atto legislativo in ragione della sua rilevanza scientifica e sociale (decreto-legge 20 gennaio 2004, n.  9 – articolo 13-ter, convertito con modificazioni nella legge 12 marzo 2004, n.  68 e legge 30 luglio 2004, n.  208 – articolo 8), costituisce l'iniziativa di ricerca più avanzata e scrupolosa promossa dall'Amministrazione della difesa.
      Lo scopo del progetto è stato quello di effettuare uno studio sui militari italiani impiegati in Iraq, utilizzando matrici biologiche (urine, capelli, sangue) per:
          valutare l'effettiva esposizione all'uranio impoverito e ad altri elementi genotossici ambientali noti;
          stimare il potenziale rischio di contrarre tumori indotti da agenti genotossici;
          acquisire una migliore conoscenza scientifica nel campo della tossicologia attraverso indagini su parametri bio-umorali.

      In particolare, si è ricercata la presenza di xenoelementi potenzialmente tossici (uranio, cadmio, asbesto, molibdeno, piombo, vanadio, wolfranio, zirconio) e di marcatori di danno biologico precoce.
      Il progetto ha preso avvio nel 2004, con il determinante concorso di unità operative appartenenti ad organismi scientifici nazionali di assoluto rilievo (Istituto superiore di sanità, istituto Mendel – Casa sollievo della sofferenza, Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova, università di Genova, università di Pisa, Centro studi e ricerca di sanità e veterinaria dell'Esercito).
      Il monitoraggio del progetto è stato affidato ad un comitato scientifico, presieduto dal professor Sergio Amadori, dell'università di Roma Tor Vergata.
      Lo studio si è svolto in due fasi: nella 1a (tra il 2004 e il 2005) sono stati raccolti dei campioni su circa 1000 unità di volontari del contingente impiegato in Iraq per l'operazione «Antica Babilonia», alla quale è seguita una fase analitica atta ad evidenziare:
          l'effettiva esposizione a uranio depleto ed altri elementi potenzialmente genotossici;
          la presenza o meno di esposizioni a sostanze mutagene e/o cancerogene.

      Dalla disamina della relazione finale, è emerso che le attività di identificazione e di monitoraggio hanno evidenziato livelli di inquinamento in teatro operativo, relativi ai vari elementi, inferiori alle soglie di sicurezza accettate per la popolazione generale italiana e il dosaggio degli agenti genotossici nei campioni biologici sono risultati compatibili con i dati ambientali.
      La 2a fase ha lo scopo, tramite un
follow-up decennale (dal 2005 al 2015), di mantenere sotto sorveglianza epidemiologica il personale che ha aderito al progetto mediante l'effettuazione, con cadenza annuale e in ogni caso su base volontaria, di accertamenti clinici e di laboratorio indirizzati particolarmente ad evidenziare l'insorgenza di patologie neoplastiche.
      La documentazione sanitaria, raccolta dai servizi sanitari di Forza armata, viene trasmessa o conservata presso il competente ufficio di sanità militare.
      Nel corso di tale attività di sorveglianza, sono state finora rilevati sette casi di neoplasie tra il personale che ha aderito al progetto, per i quali si è proceduto ad avviare le azioni necessarie per acquisire l'ulteriore documentazione sanitaria e di impiego per una più approfondita disamina dei singoli casi.
      Nel gennaio 2011, il professor Amadori ha consegnato al Ministro della difesa la relazione finale, i cui contenuti sono stati peraltro illustrati dallo stesso professor Amadori e da alcuni componenti del comitato scientifico alla «Commissione parlamentare del Senato sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni», presieduta dal senatore Giorgio Costa, nel corso della seduta del 19 gennaio 2011.
      Per quanto riguarda la divulgazione a livello mediatico della relazione finale, è intendimento del professor Amadori procedere alla pubblicazione dei suoi risultati su riviste mediche specializzate di rilevanza internazionale, al fine di sgombrare il campo da eventuali speculazioni, in quanto la suddetta commissione parlamentare d'inchiesta ha recentemente rimosso il vincolo di segretezza posto sugli atti del progetto SIGNUM.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          da un recentissimo articolo pubblicato su MetroNews dal titolo «Afghanistan, appalti per tre bunker mai costruiti. Si muove la procura» emerge come i veri interessi ed obiettivi siano oggi ben diversi
dalla ricostruzione e dalla cooperazione allo sviluppo in quel Paese;
          nell'articolo in questione si parla di un appalto di 254 mila euro affidato per la costruzione di tre bunker in cemento armato a Baia Murghab;
          secondo il capitolato d'appalto che Metro ha potuto visionare, i bunker dovrebbero essere muniti di un sistema di difesa detto «hesco bastion», una sorta di muraglia di protezione dietro alla quale dovrebbero trovare rifugio i nostri soldati;
          secondo le fonti riportate nell'articolo nonostante la gara d'appalto vinta, e i termini di costruzione fissati in 90 giorni e scaduti a fine gennaio i tre bunker non sono stati affatto costruiti nonostante i solleciti del comando militare;
          ad oggi a Baia Murgab ci sono 400 militari che devono arrangiarsi con bunker sicuri solo per 40;
          altresì è emerso che a vincere l'appalto per i bunker è stata una ditta il cui rappresentante legale sarebbe dipendente delle forze armate e particolarmente amico dei vertici Cai e Imc (Infrastructure management center), entrambi aeronautici. La fonte di Metro ha dichiarato che «quei bunker non li faranno mai, può accadere qualsiasi cosa, molti miei colleghi sono senza protezione»;
          è evidente, dunque che la stabilizzazione e ricostruzione dell'Afghanistan non solo è complessa e complicata, ma cela dietro un livello di corruzione ed un intreccio di interessi politici, economici, industriali, bellici non più sostenibile ed accettabile  –:
          se il Governo intenda chiarire i gravissimi fatti citati in premessa sui quali anche la procura si sta muovendo;
          se il Governo intenda verificare e dettagliare nell'immediato le condizioni di protezione nei contingenti italiani anche e soprattutto dopo le recenti dichiarazioni dei servizi segreti circa l'elevato livello di minaccia per i soldati italiani. (4-15624)

      Risposta. — In merito alla questione affrontata con l'interrogazione in esame, faccio osservare preliminarmente che, riguardo ai contenuti del richiamato articolo di stampa, le competenti autorità presenti in teatro operativo hanno già portato a conoscenza della situazione l'autorità giudiziaria militare.
      Pertanto, alla luce dell'indagine in atto da parte dell'autorità inquirente, non è possibile, per evidenti ragioni, fornire un riscontro esaustivo a tutti i quesiti posti.
      Tale esigenza di riserbo, peraltro, si impone anche per quanto concerne gli elementi informativi richiesti dall'onorevole interrogante in ordine ai lavori infrastrutturali, in relazione ai potenziali rischi per la sicurezza stessa delle basi e del personale ivi impiegato derivanti da una loro eventuale divulgazione.
      Pertanto, posso limitarmi a riferire che:
          nell'ottica di promuovere lo sviluppo economico, la
policy del comando dell'operazione ISAF (cosiddetta «Afghan first») prevede l'impiego di ditte locali per l'affidamento di lavori infrastrutturali;
          a carattere generale, l'amministrazione difesa provvede alla puntuale applicazione delle previsioni normative vigenti in materia di gare d'appalto e vigila sia sul regolare svolgimento delle procedure concorsuali sia sulla corretta esecuzione delle prestazioni richieste, arrivando ad assumere, in casi di difformità dell'opera richiesta, i provvedimenti previsti dalla contrattualistica pubblica, ivi comprese le penali per il ritardato adempimento delle obbligazioni contrattuali.

      Con riferimento, invece, all'opportunità indicata dall'onorevole interrogante di «verificare nell'immediato le condizioni di protezione dei contingenti italiani», mi preme sottolineare come il Dicastero ponga assoluta priorità nell'assicurare elevati livelli di protezione al personale militare impiegato nelle missioni internazionali.
      Infatti, l'amministrazione difesa, in linea di continuità con i precedenti governi, è impegnata costantemente nello studio e aggiornamento di tutte le possibili soluzioni tecniche e, allo stesso tempo, nella messa a disposizione delle necessarie misure ad ampio spettro – mezzi, equipaggiamenti, infrastrutture,
intelligence, eccetera – per tutelare al meglio la sicurezza del personale, contribuendo alla prevenzione ed al contrasto delle minacce attualmente esistenti e di quelle ragionevolmente prevedibili.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 2, comma 363, della legge finanziaria per il 2008 ha esteso ai soggetti affetti da sindrome da talidomide il beneficio dell'indennizzo già spettante alle persone che abbiano riportato una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica a causa di vaccinazioni obbligatorie, di cui all'articolo 1 della legge n.  229 del 2005;
          il beneficio previsto dalla legge finanziaria per il 2008 è stato poi di fatto concretizzato dall'articolo 31 della legge n.  13 del 2009 che, in riferimento ai talidomidici, recita: «L'indennizzo (...) si intende riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia nati negli anni dal 1959 al 1965»;
          tale norma ha rappresentato una svolta dopo quarant'anni di battaglie perché, con tale formulazione, non si vincola più la richiesta di indennizzo all'obbligo (praticamente impossibile dopo tanti decenni) di produrre documentazione scritta che dimostri l'assunzione dei farmaco da parte delle madri dei soggetti affetti da talidomide;
          la conclusione della vicenda è giunta con l'entrata in vigore del decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n.  163, che conferisce 4.000 euro (metà alla vittima e metà ai familiari che lo assistono);
          sono però giunte all'interrogante segnalazioni di cittadini italiani che soffrono di sindrome da talidomide, ma che, essendo però nati poco prima o poco dopo la «forbice» 1959-1965, si sono visti esclusi dal sistema degli indennizzi;
          è necessario prendere in esame la questione e, tenendo anche conto dell'ampia possibilità di coprire gli oneri derivanti da indennizzi che sarebbero destinati a una quota certamente esigua di persone, fare un'operazione di giustizia dando la possibilità di accedere agli indennizzi previsti dalle norme richiamate anche a quanti, pur essendo nati al di fuori degli anni 1959-65, possono presentare documentazioni mediche di nesso causale  –:
          quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-15055)

      Risposta. — In merito a quanto richiesto nella interrogazione in esame, si ricorda che la legge 24 dicembre 2007, n.  244, (legge finanziaria 2008), all'articolo 2, comma 363, stabilisce il riconoscimento ai soggetti affetti da «sindrome da talidomide» dell'indennizzo di cui all'articolo 1, della legge 29 ottobre 2005, n.  229.
      I limiti temporali per accedere all'indennizzo previsto dalla legge n.  244 del 2007 (soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, nati negli anni dal 1959 al 1965) sono stabiliti dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti».
      Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ora Ministero della salute, con decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n.  163, ha pubblicato il regolamento di esecuzione della legge 24 dicembre 2007, n.  244, articolo 2, comma 363, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da «sindrome da talidomide», determinata dalla somministrazione dell'omonimo medicinale.
      Lo stesso Ministero, con circolare n.  31 del 5 novembre 2009, ha provveduto a pubblicare le linee guida per l'istruttoria delle domande di indennizzo dei soggetti affetti dalla predetta «Sindrome da Talidomide».
      Pertanto, eventuali modifiche sia delle disposizioni normative della legge 27 febbraio 2009, n.  14, finalizzate ad ampliare l'arco temporale in questione, sia dell'ambito di applicazione della stessa disciplina normativa, possono essere apportate da disposizioni normative di rango primario.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      MANCUSO, BARANI e DE LUCA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le cosiddette «smart drugs» o «droghe furbe» hanno cominciato la loro diffusione su internet, spacciate per profumatori per ambienti, mentre contengono delle vere e proprie sostanze stupefacenti;
          in molte città italiane esse vengono distribuite attraverso distributori automatici a cui può accedere chiunque, compresi i minorenni e adulti in difficoltà;
          uno di questi prodotti, l'Hurricane, è costituito da due cannabinoidi sintetici già tabellati con la legislazione vigente, e quindi proibiti e illegali, e due cannabinoidi di nuova generazione;
          le scatole di Hurricane riportano la fuorviante dicitura «jwh free»;
          il jwh è un principio attivo, un analgesico chimico facente parte della famiglia dei cannabinoidi;
          ogni giorno vengono segnalati gravi casi di intossicazione dovuti a «smart drugs»;
          durante una delle ultime operazioni di sequestro, denominata «Oro e incenso» e coordinata dalla procura di Catania, trenta persone sono finite in ospedale per grave intossicazione;
          il sessanta per cento di esse ha dichiarato di non essere consapevole del tipo di sostanza assunta;
          negli ultimi due anni sono state scoperte 146 nuove sostanze stupefacenti che erano precedentemente del tutto sconosciute  –:
          quali azioni intenda porre in atto il Governo al fine di arginare la diffusione delle «smart drug»;
          se il Governo intenda assumere iniziative normative per rivedere e aggiornare la classificazione delle sostanze stupefacenti. (4-14860)

      Risposta. — La tematica relativa alle cosiddette smart drugs è da tempo sottoposta all'attenzione del Ministero della salute.
      I competenti uffici di questo Ministero – che collaborano al sistema di allerta rapido per le nuove droghe con il dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri – hanno provveduto ad inserire nella tabella I allegata al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309 («Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza») numerose molecole di sintesi, predisponendo l'emanazione dei seguenti decreti:
          1) decreto ministeriale 16 giugno 2010 (inserimento delle sostanze denominate JWH-018, JWH-073 e Mefedrone), pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n.  121 del 26 maggio 2010;
          2) decreto ministeriale 11 maggio 2011 (inserimento nella tabella I delle sostanze chimiche denominate 3,4 Metilendiossipilovalerone (MDPV), JWH-250, JWH-122 ed analoghi di struttura derivanti dal 3-fenilacetilindolo e dal 3-(1-naftoil)indolo.
          3) decreto ministeriale 29 dicembre 2011 (inserimento in tabella I della sostanza Butilone o bk-MBDB, di taluni analoghi di struttura derivanti dal 2-amino-1-fenil-1-propanone e della sostanza AM-694 e analoghi di struttura derivanti dal 3-benzoilindolo.

      Inoltre, si segnala che, mentre erano in corso le procedure relative ai citati decreti, questo Ministero ha emanato 4 ordinanze, per il tempestivo controllo, nel frattempo, dei prodotti contenenti tali sostanze sintetiche.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      MARMO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          i carabinieri ausiliari potevano permanere in servizio a domanda in qualità di carabinieri effettivi, previa verifica dei requisiti previsti, commutando i periodi di ferma volontaria di leva in ferma quadriennale, nel limite del 30 per cento del volume organico delle immissioni annuali e tale possibilità di arruolamento restava aperta anche ad altre categorie di personale;
          il decreto-legge 16 aprile 2002, n.  64, convertito dalla legge 15 giugno 2002, n.  116, provvide al reintegro in servizio nell'Arma dei carabinieri per le esigenze delle forze di completamento (tale normativa è stata reiterata anche nel 2003), ma ha favorito soprattutto coloro che hanno prestati servizio come «carabiniere ausiliario in ferma biennale», discriminando i restanti carabinieri in congedo;
          ulteriori opportunità occupazionali in favore dei carabinieri ausiliari congedati furono introdotte dalla legge 23 agosto 2004, n.  226, che prevedeva l'istituzione, per l'anno 2005, di una riserva pari al 70 per cento dei posti disponibili per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno, a favore dei volontari in ferma annuale, in servizio o in congedo senza demerito e al personale che avesse completato senza demerito il servizio di leva, in qualità di ausiliario nelle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ma non si tenne conto che i più dei carabinieri ausiliari erano fuori età ponendo un limite d'età a 23 anni, innalzato solo successivamente a 25 anni, creando, a giudizio dell'interrogante, sempre più strane e colpevoli disparità;
          l'Arma dei carabinieri, ai fini di completamento dell'organico, ha più volte indetto concorsi pubblici, ai quali hanno avuto accesso sia ex appartenenti alle Forze armate sia privati cittadini;
          il decreto legislativo n.  198 del 1995, sebbene successivamente abrogato, nel dettare norme relative al reclutamento dei carabinieri, ha richiamato la legge n.  537 del 1993 che prevedeva che il Governo emanasse uno o più regolamenti per «incentivare il reclutamento di cui alla legge 24 dicembre 1986, n.  958, e successive modificazioni, riservando ai volontari congedati senza demerito l'accesso alle carriere iniziali nella Difesa, nei Corpi armati e nel Corpo militare della Croce rossa»;
          nonostante nel tempo siano state emanate norme (decreto-legge n.  64 del 2002, legge n.  226 del 2004) per il reintegro nei ruoli dell'Arma dei carabinieri degli ausiliari in congedo, solo un numero esiguo di ausiliari ha visto soddisfatte le proprie aspettative;
          le quote di cui sopra non sono state mai introdotte, tanto che nei recenti concorsi banditi dall'Arma dei carabinieri per gli ausiliari in congedo non è stata prevista alcuna riserva di posti, essendo questi ultimi esclusivamente destinati agli altri Corpi delle forze armate;
          uguale discriminazione si è verificata con l'approvazione della legge n.  226 del 2004 per i volontari dei vigili del fuoco, che ha trovato giusta risoluzione con l'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n.  217, il quale ha permesso nell'anno 2008 di bandire un concorso con riserva di posti a favore dei volontari ausiliari dei vigili del fuoco in congedo;
          vittime di questa situazione sono stati i ragazzi di allora, oggi giovani uomini in attesa di giustizia. Essi nel tempo hanno provato a «riscattare» la propria divisa nei tribunali della Repubblica italiana  –:
          quali iniziative intenda intraprendere affinché sia incentivato il reclutamento di cui alla legge 24 dicembre 1986, n.  958, e successive modificazioni, riservando ai volontari congedati senza demerito l'accesso alle carriere iniziali nella difesa, nei corpi armati e nel corpo militare della croce rossa, in modo da garantire ai carabinieri ausiliari congedati la possibilità di partecipare a concorsi che prevedano posti loro riservati superando una effettiva, grave e incomprensibile discriminazione. (4-16257)

      Risposta. — In via preliminare, si fa osservare che il quadro normativo che ha disciplinato la trasformazione progressiva dello strumento militare in senso interamente professionale, oggi recepito nel Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 66 del 2010), prevede che i posti annualmente messi a concorso per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare (FdP) siano riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1).
      Per quanto riguarda, invece, gli altri profili professionali le Forze armate e le FdP indicono annualmente concorsi pubblici a cui possono partecipare tutti i cittadini italiani in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi bandi.
      Il richiamato codice prevede, a fattor comune nell'ambito del reclutamento, riserve di posti per diplomati e assistiti presso le scuole militari ed enti di assistenza per orfani nonché figli di militari deceduti in servizio e/o di vittime del dovere e del terrorismo.
      Altre riserve possono essere previste per specifiche esigenze di ciascuna Forza armata soltanto nei confronti di personale militare in servizio.
      I bandi di concorso per il reclutamento del personale militare prevedono, inoltre, riserve di posti per concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo (lingua italiana e tedesca), in applicazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano.
      Fatta questa premessa, non si può che ribadire, ancora una volta, che l'eventuale estensione di riserve di posti a favore di personale anagraficamente «anziano», come quello in argomento, avrebbe inevitabili riflessi sulla corretta ed equilibrata alimentazione dei ruoli.
      Ciò sarebbe infatti incompatibile con gli attuali criteri ispiratori dell'attività di reclutamento dell'amministrazione, la quale per poter corrispondere adeguatamente alle molteplici e variegate esigenze funzionali ed operative in territorio nazionale e, in particolare nell'ambito delle missioni internazionali all'estero deve contare su un'ampia disponibilità di personale giovane nei ruoli iniziali, idoneo ad espletare incarichi ad elevata connotazione operativa, che richiedono un'adeguata capacità psico-fisica-attitudinale.
      Per quanto concerne il decreto legislativo 198 del 1995 e la legge 537 del 1993, citati dall'interrogante quali norme incentivanti il reclutamento dei volontari congedati senza demerito nell'Arma dei carabinieri, faccio presente che gli stessi discendono dalla legge 958 del 1986 «Norme sul servizio di leva e sulla ferma di leva prolungata».
      In proposito, faccio osservare che di tale legge alcuni articoli, essendo di perdurante attualità, sono stati recepiti nel predetto Codice dell'ordinamento militare, mentre le previsioni concernenti il reclutamento sono state superate dalle norme che disciplinano la trasformazione delle Forze armate in senso interamente professionale (leggi 331 del 2000 e 226 del 2004).
      L'ulteriore norma di legge, richiamata dall'interrogante, che consentiva il richiamo in servizio dei carabinieri ausiliari in congedo (decreto-legge 64 del 2002 «Disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali»), è stata abrogata per la medesima ragione, essendo stata superata dalla predetta disciplina sulla professionalizzazione dello strumento militare.
      Per quanto riguarda, infine, l'ipotizzato esiguo numero di carabinieri ausiliari in congedo reintegrati nei ruoli dell'Arma dei carabinieri richiamo opportunamente i dati indicati dal competente organo tecnico operativo militare:
          a seguito della sospensione della leva obbligatoria, nel triennio 2002-2004, l'Arma dei carabinieri ha dato il massimo impulso alle immissioni dei carabinieri ausiliari nella ferma quadriennale, riservando loro tutti gli arruolamenti ordinari (nel limite del 30 per cento dei posti disponibili) e destinando loro eventuali posti riservati ai volontari delle Forze armate non coperti;
          nel biennio 2005-2006 sono transitati in ferma quadriennale quasi tutti i carabinieri ausiliari prossimi al congedo e, inoltre, nel 2005, nell'ambito delle assunzioni destinate al cosiddetto «carabiniere di quartiere», è stato previsto che l'incremento organico avvenisse mediante arruolamento di carabinieri in ferma quadriennale da attingere esclusivamente dai carabinieri ausiliari in congedo;
          per l'anno 2005, infine, l'allora vigente normativa in materia di reclutamento dei VFP1, di cui all'articolo 24 della legge 226 del 2004 «Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore», ha previsto una significativa percentuale (70 per cento) di posti riservati, tra l'altro, al personale che aveva completato il servizio di leva in qualità di ausiliario nelle FdP.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      PIFFARI e CIMADORO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo apparso sul quotidiano Il fatto quotidiano del 5 ottobre 2010, si apprende che in Italia sono stati «ottantamila i morti o ammalati per trasfusioni di sangue infetto negli ultimi 30 anni. Di questi solo 409 sono le vittime accertate e appena 700 quelli che hanno ottenuto un risarcimento e altre cinquemila persone attendono i soldi dallo Stato;
          l'articolo 33 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n.  159, convertito dalla legge 29 novembre 2007, n.  222, prevedeva uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007 per le transazioni da stipulare con soggetti danneggiati e che hanno instaurato azioni di risarcimento danni, tuttora pendenti;
          la legge 24 dicembre 2007, n.  244 (legge finanziaria per il 2008), all'articolo 2, comma 361, autorizzava una spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, per le suddette transazioni da stipulare con soggetti danneggiati da trasfusione di sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti;
          la medesima legge, al successivo comma 362, prevedeva l'adozione di un decreto del ministro della salute, in cui fossero fissati, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, i criteri in base ai quali dovevano essere definite, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 361;
          nel gennaio 2008 la sentenza 581 della Corte di Cassazione, sezioni unite civili, pur stabilendo in cinque anni il termine per cui il reato viene estinto, imputa senza mezzi termini al ministero della salute la responsabilità diretta per «omessa vigilanza della tracciabilità del sangue»;
          il reato viene trasformato, prima dal Gup di Trento nel 2002, Giorgio Flaim, e poi nel 2007 dal Gip di Napoli, Maria V. De Simone, da «omessa vigilanza della tracciabilità del sangue» in «epidemia colposa», rimodulata sotto la dicitura «omicidio colposo plurimo aggravato», per il quale reato la prescrizione va da 5 a 15 anni, restituendo di fatto il diritto di risarcimento alle vittime;
          in data 28 aprile 2009 è stato emanato, dal ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il decreto ministeriale n.  132, che determina i criteri per la stipula delle transazioni con soggetti danneggiati che abbiano instaurato, anteriormente al 1° gennaio 2008, azioni di risarcimento danni che siano ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
          a seguito della circolare ministeriale 20 ottobre 2009, n.  28, sono state presentate oltre settemila domande di adesione alla procedura transattiva proposta dal ministero della salute da parte dei cittadini cui sono stati riconosciuti danni da trasfusioni infette o da vaccinazione obbligatoria;
          detta circolare prevedeva che la presentazione delle domande dovesse compiersi entro 90 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 22 ottobre 2009. Pertanto, il termine è ampiamente trascorso;
          vista la complessità dell'operazione, come comunicato dallo stesso ministro interrogato, la data della stipula dei primi atti transattivi prevista a partire dal mese di dicembre 2010;
          la Corte costituzionale, con sentenza n.  293 del 2011, in merito alla rivalutazione indennizzo ex legge 210 del 1992, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito con modificazioni dalla legge 122 del 2010, con il quale si negava la rivalutazione degli indennizzi con decorrenza retroattiva, congelando gli importi al 1992;
          la succitata decisione consente di procedere per ottenere la rivalutazione integrale dell'indennizzo di cui alla legge 210/1992  –:
          per coloro che rischiano l'esclusione per prescrizione del reato, se non ritengano doveroso assumere in tempi brevi iniziative normative che consentano il riconoscimento del giusto risarcimento, rifinanziando l'apposito fondo, nel rispetto del diritto costituzionale alla tutela della salute, senza discriminazione per alcuno e nel pieno adempimento del proprio compito istituzionale;
          come, i Ministri interrogati, abbiano intenzione di affrontare la questione relativa alla rivalutazione degli indennizzi e se non ritengano anche definire, in modo certo, tempi e modalità di risarcimento delle migliaia di vittime di una delle più tristi e terribili pagine di mala sanità in Italia. (4-14630)

      Risposta. — Si precisa che a seguito della sentenza n.  293 del 2011 della Corte costituzionale, che ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n.  122» il Ministero della salute ha provveduto ad informare il competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze circa la necessità di procedere, in tempi brevi, all'adeguamento mensile dell'indennizzo vitalizio dei soggetti beneficiari della legge n.  210 del 1992 di competenza statale, erogato a titolo di rivalutazione dell'indennità integrativa speciale dal prossimo rateo bimestrale.
      Con riferimento agli indennizzi vitalizi erogati dalle regioni, alle quali sono state trasferite le competenze in materia di indennizzi
ex lege n.  210 del 1992 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000 e con l'accordo Stato-regioni dell'8 agosto 2001, è in corso la necessaria interlocuzione con la finalità di garantire uniformità di trattamento.
      Per quanto riguarda la procedura transattiva di cui all'articolo 33 della legge 29 novembre 2007, n.  222, e all'articolo 2, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, in materia di risarcimento danni, questo Ministero sta procedendo secondo quanto previsto dal regolamento approvato con decreto ministeriale del 28 aprile 2009, n.  132 e dalla circolare 20 ottobre 2009, n.  28.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      ROSATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la sclerosi multipla è una patologia cronica grave che in Italia colpisce circa 60 mila persone in una fascia di età giovane;
          spesso ai malati di sclerosi multipla viene diagnosticata anche la insufficienza cerebro-vascolare cronica, CCSVI;
          le genesi della sclerosi multipla è ancora sconosciuta, ma uno studio di due ricercatori italiani, professor Zamboni e dottor Salvi, sta sviluppando una teoria che si basa partendo proprio da questa seconda malattia;
          sebbene un parere dell'8 giugno 2010 del Consiglio superiore di sanità definisca che l'efficacia di qualsiasi procedura terapeutica vascolare «non è sicuramente dimostrata ed è quindi da posporre all'acquisizione di dati scientifici che provino una sicura associazione tra CCSVI e SM», nella seduta del 13 luglio 2010 lo stesso organo ha avviato una riflessione sulla possibilità che, indipendentemente da una presunta correzione con la sclerosi multipla, questa insufficienza venosa sia riconosciuta quale patologia autonoma anche in Italia  –:
          indipendentemente dalla sua correlazione con la sclerosi multipla, cosa ostacoli l'avvio della sperimentazione;
          se rispetto alle posizioni di giugno 2010, il Consiglio superiore di sanità, acquisiti nuovi dati, non sia disponibile a rivedere il suo parere anche in vista della sperimentazione clinica. (4-13821)

      Risposta. — Il Ministero della salute ha incaricato sin dal 2010 il Consiglio superiore di sanità (CSS) di approfondire la questione oggetto dell'interrogazione in esame, ed ha seguito in ogni fase i lavori del Consiglio.
      Le tappe fondamentali del lavoro effettuato dal CSS sono le seguenti:
          1) è stato costituito un gruppo di lavoro sul tema, che ha individuato gli ambiti di approfondimento più significativi, sia in termini clinici che di ordine socio-sanitario per l'eventuale accesso alla cura; il gruppo ha quindi esaminato l'ipotesi medica di riconducibilità della sclerosi multipla (SM) a una condizione di insufficienza venosa cerebro-spinale cronica (CCSVI); ha individuato l'orientamento della comunità scientifica nazionale e internazionale in merito a tale ipotesi e all'inquadramento nosologico e clinico-diagnostico della CCSVI come patologia a se stante, con eventuale indicazione terapeutica di disostruzione della stenosi del sistema venoso extracranico, qualora il quadro clinico lo giustifichi; ha valutato se procedere, allo stato attuale delle conoscenze e dei risultati disponibili, per verificare l'associazione tra CCSVI e SM, incentivando «studi clinici multicentrici e multidisciplinari»;
          2) è stato audito il professor Zamboni; lo stesso ha dichiarato che il trattamento endovascolare della CCSVI nella SM è ancora prematuro;
          3) è stato espresso un primo parere nella seduta dell'8 giugno 2010 in merito a «Nuova terapia endovascolare per la sclerosi multipla» e sono state condivise le considerazioni conclusive e le proposte del gruppo di lavoro. Facendo seguito all'audizione del professor Zamboni e in considerazione del fatto che molti dati oggi presenti nella letteratura scientifica e accettati dalla comunità dei ricercatori non sono in accordo con l'ipotesi di correlazione tra CCSVI e SM, il CSS ha concluso che «ad oggi l'efficacia di qualsiasi procedura terapeutica vascolare non è sicuramente dimostrata ed è, quindi, da posporre all'acquisizione di dati scientifici che provino una sicura associazione tra CCSVI e SM»;
          4) sono state ascoltate in audizione, il 13 luglio 2010, le delegazioni delle principali associazioni di malati di SM;
          5) sulla base dei lavori del CSS, il 27 ottobre 2010 questo Ministero ha inviato agli assessori regionali alla sanità una nota nella quale, tra l'altro, era specificato quanto segue: «Si ritiene che, nel rispetto dei principi etici, deontologici e professionali che devono sempre guidare medici e scienziati verso scelte ponderate e responsabili a tutela dei malati, il trattamento “correttivo endovascolare” della CCSVI in pazienti con SM, già utilizzato da alcuni clinici, possa continuare:
              in centri accreditati a livello regionale per il trattamento delle patologie vascolari;
              con la garanzia di una procedura di accertamento diagnostico della presunta patologia effettuata nel rispetto di protocolli diagnostici appropriati e validati dalla comunità scientifica internazionale;
              ricorrendo alla procedura emodinamica correttiva solo in presenza di una patologia accertata che condizioni negativamente un fisiologico equilibrio emodinamico;
              effettuando la procedura emodinamica correttiva seguendo criteri e metodologie scientificamente codificati e condivisi;
              verificando rigorosamente i risultati terapeutici e funzionali con studi clinici controllati.
      Si segnala che l'attuale sistema sanitario garantisce, in regime ospedaliero, sotto la responsabilità del medico, l'erogazione di terapie atte a diagnosticare, monitorare e, se indicato, correggere terapeuticamente anomalie dell'apparato vascolare artero-venoso giudicate patologiche. Allo scopo si può far riferimento, per la codifica della prestazione, al sistema di classificazione vigente ICD-)-CM codice 3950 angioplastica o aterectomia di altro/i vaso/i non coronarico/i;
          6) il 19 gennaio 2011 sono state audite le società scientifiche competenti;
          7) il 25 febbraio 2011 è stato espresso il parere relativo all'esistenza della CCSVI come entità nosologica; in esso, il CSS ha argomentato «che, ad oggi, la CCSVI non possa essere riconosciuta come entità nosologica; che, ad oggi, non sia dimostrata la sua correlazione epidemiologica con la SM e, pertanto, l'intervento di correzione vascolare non può essere indicato nei pazienti affetti da tale patologia; che sia necessaria, invece, un'indicazione clinica chiara e netta, indipendentemente dalla presenza o meno di SM, per l'erogazione di misure atte a diagnosticare, monitorare e correggere anomalie dell'apparato vascolare venoso, qualora indicato, a causa di condizioni patologiche ad esse sicuramente riferibili».

      Il CSS ritiene, inoltre, necessario «che eventuali procedure di correzione di patologia venosa in pazienti con SM siano effettuate solo ed esclusivamente nell'ambito di studi clinici controllati e randomizzati, approvati da comitati etici, con un protocollo che preveda: una dichiarazione sul conflitto di interessi, le modalità di selezione o di esclusione dei pazienti, le indagini diagnostiche, le modalità metodologiche di esecuzione dei diversi esami e procedure, gli end-point primari e secondari, il monitoraggio degli eventi avversi, le modalità e la cadenza del follow-up ed infine le caratteristiche dell'analisi statistica».
      Ad oggi, non sono emersi dati che indichino al CSS l'opportunità di una revisione dei pareri espressi in merito alla questione in esame.
      Pertanto, il Ministero della salute ritiene che al momento attuale non possa essere garantita, da parte del Servizio sanitario nazionale, l'erogazione di una prestazione per la quale non vi sono sufficienti prove di efficacia, né si conosce la reale incidenza degli esiti, dei rischi e degli effetti collaterali.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      SBAI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          gli ammalati affetti da Sla sono in Italia oltre 60.000;
          il professor Paolo Zamboni dell'università di Ferrara ha individuato l’«insufficienza venosa cronica cerebrospinale» (CCSVI);
          questa patologia sembra provocare un danno al tessuto cerebrale e quindi la degenerazione dei neuroni;
          grandissima parte di coloro che sono affetti da Sla, stando allo studio in oggetto, sono soggetti preliminarmente a CCSVI;
          con un intervento semplicissimo e di ridottissimo costo economico, un'angioplastica liberatoria delle vene, si riuscirebbe a risolvere il problema;
          questa sperimentazione è stata sostanzialmente bloccata e occorre rivolgersi a centri privati, con costi esorbitanti oppure andare all'estero;
          con questa modalità di intervento si porrebbe mano ad un abbassamento vertiginoso dei malati di Sla e contestualmente dei costi per malato  –:
          come intenda il Governo, procedere in relazione a questa vicenda e in particolare se intenda il Governo, per quanto di competenza fare in modo che la metodologia di intervento in oggetto venga sottoposta a sperimentazione anche in Italia.
(4-13773)

      Risposta. — Il Ministero della salute ha incaricato sin dal 2010 il Consiglio superiore di sanità (CSS) di approfondire la questione oggetto dell'interrogazione in esame, ed ha seguito in ogni fase i lavori dei consiglio.
      Le tappe fondamentali del lavoro effettuato dal CSS sono le seguenti:
              1) è stato costituito un gruppo di lavoro sul tema, che ha individuato gli ambiti di approfondimento più significativi, sia in termini clinici che di ordine socio-sanitario per l'eventuale accesso alla cura; il gruppo ha quindi esaminato l'ipotesi medica di riconducibilità della sclerosi multipla (SM) a una condizione di insufficienza venosa celebro-spinale cronica (CCSVI); ha individuato l'orientamento della comunità scientifica nazionale e internazionale in merito a tale ipotesi e all'inquadramento nosologico e clinico-diagnostico della CCSVI come patologia a se stante, con eventuale indicazione terapeutica di disostruzione della stenosi del sistema venoso extracranico, qualora il quadro clinico lo giustifichi; ha valutato se procedere, allo stato attuale delle conoscenze e dei risultati disponibili, per verificare l'associazione tra CCSVI e SM, incentivando «studi clinici multicentrici e multidisciplinari»;
              2) è stato audito il professor Zamboni; lo stesso ha dichiarato che il trattamento endovascolare della CCSVI nella SM è ancora prematuro;
              3) è stato espresso un primo parere nella seduta dell'8 giugno 2010 in merito a «Nuova terapia endovascolare per la Sclerosi Multipla» e sono state condivise le considerazioni conclusive e le proposte del gruppo di lavoro. Facendo seguito all'audizione del professor Zamboni e in considerazione del fatto che molti dati oggi presenti nella letteratura scientifica e accettati dalla comunità dei ricercatori non sono in accordo con l'ipotesi di correlazione tra CCSVI e SM, il CSS ha concluso che «ad oggi l'efficacia di qualsiasi procedura terapeutica vascolare non è sicuramente dimostrata ed è, quindi, da posporre all'acquisizione di dati scientifici che provino una sicura associazione tra CCSVI e SM»;
              4) sono state ascoltate in audizione, il 13 luglio 2010, le delegazioni delle principali associazioni di malati di SM;
              5) sulla base dei lavori del CSS, il 27 ottobre 2010 questo Ministero ha inviato agli assessori regionali alla sanità una nota nella quale, tra l'altro, era specificato quanto segue: «Si ritiene che, nel rispetto dei princìpi etici, deontologici e professionali che devono sempre guidare medici e scienziati verso scelte ponderate e responsabili a tutela dei malati, il trattamento “correttivo endovascolare” della CCSVI in pazienti con SM, già utilizzato da alcuni clinici, possa continuare:
                  in centri accreditati a livello regionale per il trattamento delle patologie vascolari;
              con la garanzia di una procedura di accertamento diagnostico della presunta patologia effettuata nel rispetto di protocolli diagnostici appropriati e validati dalla comunità scientifica internazionale;
              ricorrendo alla procedura emodinamica correttiva solo in presenza di una patologia accertata che condizioni negativamente un fisiologico equilibrio emodinamico;
                  effettuando la procedura emodinamica correttiva seguendo criteri e metodologie scientificamente codificati e condivisi;
                  verificando rigorosamente i risultati terapeutici e funzionali con studi clinici controllati».

      Si segnala che l'attuale sistema sanitario garantisce, in regime ospedaliero, sotto la responsabilità del medico, l'erogazione di terapie atte a diagnosticare, monitorare e, se indicato, correggere terapeuticamente anomalie dell'apparato vascolare artero-venoso giudicate patologiche. Allo scopo si può far riferimento, per la codifica della prestazione, al sistema di classificazione vigente ICD-)-CM codice 3950 angioplastica o aterectomia di altro/i vaso/i non coronarico/i;
              6) il 19 gennaio 2011 sono state audite le società scientifiche competenti;
              7) il 25 febbraio 2011 è stato espresso il parere relativo all'esistenza della CCSVI come entità nosologica; in esso, il CSS ha argomentato «che, ad oggi, la CCSVI non possa essere riconosciuta come entità nosologica; che, ad oggi, non sia dimostrata la sua correlazione epidemiologica con la SM e, pertanto, l'intervento di correzione vascolare non può essere indicato nei pazienti affetti da tale patologia; che sia necessaria, invece, un'indicazione clinica chiara e netta, indipendentemente dalla presenza o meno di SM, per l'erogazione di misure atte a diagnosticare, monitorare e correggere anomalie dell'apparato vascolare venoso, qualora indicato, a causa di condizioni patologiche ad esse sicuramente riferibili».

      Il CSS ritiene, inoltre, necessario «che eventuali procedure di correzione di patologia venosa in pazienti con SM siano effettuate solo ed esclusivamente nell'ambito di studi cinici controllati e randomizzati, approvati da comitati etici, con un protocollo che preveda: una dichiarazione sul conflitto di interessi, le modalità di selezione o di esclusione dei pazienti, le indagini diagnostiche, le modalità metodologiche di esecuzione dei diversi esami e procedure, gli end-point primari e secondari, il monitoraggio degli eventi avversi, le modalità e la cadenza del follow-up ed infine le caratteristiche dell'analisi statistica».
      Ad oggi, non sono emersi dati che indichino al CSS l'opportunità di una revisione dei pareri espressi in merito alla questione in esame.
      Pertanto, il Ministero della salute ritiene che al momento attuale non possa essere garantita, da parte del servizio sanitario nazionale, l'erogazione di una prestazione per la quale non vi sono sufficienti prove di efficacia, né si conosce la reale incidenza degli esiti, dei rischi e degli effetti collaterali.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      SBAI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          dopo la Primavera Araba c’è stato un inasprirsi dell'estremismo religioso di matrice islamica;
          due giorni fa è stato diffuso un video http://youtu.be/sxGWlOQZyEs in cui un giovane tunisino viene decapitato con un coltello perché convertito, prima dell'arrivo del nuovo Governo estremista, al cristianesimo;
          l'apostasia è oggi in Tunisia causa di condanna a morte tramite sgozzamento, ad opera dei nuovi gruppi estremisti di matrice salafita;
          in Tunisia è venuto meno ogni rispetto dei diritti umani  –:
          se intenda il Governo, rivedere i suoi rapporti con la Tunisia in virtù del suo mancato rispetto dei diritti umani;
          se intenda il Governo, chiarire in sede internazionale che non intende avere rapporti con chi massacra e annulla le minoranze o la libertà civile e religiosa.
(4-16510)

      Risposta. — L'azione del Governo transitorio tunisino, guidato dal Primo ministro Jebali, esponente di spicco dei movimento islamico moderato Ennadha affermatosi alle elezioni per l'Assemblea costituente del 23 ottobre 2011, è stata fino ad ora caratterizzata da senso di responsabilità e moderazione e dalla volontà di proporre un modello di islamismo moderato capace di adattarsi alla realtà sociale tunisina, evitando ogni deriva estremista.
      Tale orientamento si è espresso in un Governo di coalizione e in una distribuzione dei vertici istituzionali che coinvolge importanti componenti politiche di ispirazione secolarista: il Presidente della Repubblica, Marzouki e il Presidente dell'Assemblea costituente, Ben Jafaar, appartengono rispettivamente ai movimenti riformisti CPR ed Ettakatol.
      Nei mesi scorsi il movimento Ennadha ha dato prova di tale orientamento convenendo sull'opportunità, a tutela della laicità dello Stato, di non inserire alcun riferimento alla Shari'a nel progetto di Costituzione che l'Assemblea costituente eletta l'ottobre 2012 è chiamata a redigere, pur riconoscendo l'Islam come religione di Stato.
      Nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Marzouki, il Presidente dell'Assemblea nazionale costituente Jaafar e il Primo ministro Jebali hanno condannato i recenti episodi di violenza ad opera di gruppi salafiti collegati all'estremismo islamico e di esponenti della criminalità comune, invocando in un comunicato congiunto il sostegno di tutti i partiti politici, organizzazioni della società civile e sindacati a tutela della stabilità del Paese, dell'unità nazionale e della libertà.
      Quanto, all'episodio citato nell'interrogazione in esame e ripreso in un video diffuso su internet esso è stato immediatamente condannato dal Ministero degli esteri che in un comunicato stampa dell'8 giugno 2012 ha escluso qualunque possibilità che un tale atto di violenza abbia potuto aver luogo in un Paese, quale la Tunisia, fondato sui valori della tolleranza e del rispetto reciproco.
      L'atteggiamento sin qui mostrato dalle autorità tunisine sollecita una linea di fiducia sugli sviluppi della transizione democratica, come è stato possibile constatare in occasione dei numerosi incontri bilaterali ad alto livello dei mesi scorsi: visita del Ministro Terzi a Tunisi il 6 gennaio 2012; partecipazione del Ministro degli esteri tunisino Abdessalem alla ministeriale esteri del 5+5 di Roma del 20 febbraio 2012; incontro a Roma fra il Primo ministro tunisino, Jebali, il Presidente della Repubblica Napolitano e il Presidente del Consiglio Monti il 15 marzo 2012; visita del Presidente Napolitano a Tunisi – accompagnato dal Ministro Terzi – il 16-17 maggio 2012. In tali occasioni è emerso un forte richiamo ai valori comuni di democrazia e libertà che uniscono l'Italia e la Tunisia e le due sponde del Mediterraneo.
      Proprio sulla base di tali valori comuni e nell'ottica del rafforzamento della collaborazione italo-tunisina, sia dal punto di vista bilaterale che in tutti gli ambiti internazionali e regionali, in occasione della recente visita del Presidente della Repubblica a Tunisi (16-17 maggio) il Ministro Terzi ha firmato con il Ministro degli esteri tunisino, Abdessalem, una dichiarazione congiunta istitutiva del partenariato strategico rafforzato, che permetterà di affrontare più efficacemente i principali temi di interesse comune e di contribuire in maniera sostanziale agli sviluppi del processo di transizione democratica in atto nel Paese.
      Il senso di responsabilità e l'equilibrio dimostrati finora dalle autorità tunisine hanno permesso anche di rilanciare il dialogo e la cooperazione euromediterranea su basi rinnovate, rappresentate non più solo dai comuni interessi della sicurezza e del co-sviluppo ma anche dai condivisi valori della democrazia, della libertà e del rispetto dei diritti umani, come ribadito in occasione della ministeriale esteri del dialogo 5+5 del 20 febbraio 2012 copresieduta dal Ministro Terzi e dal Ministro degli esteri tunisino Abdessalem.
      Tali valutazioni sono condivise anche a livello comunitario, come sottolineato nelle conclusioni del CAE del 14 novembre 2011, in cui si mette in evidenza come la transizione nel Paese rappresenti un modello di «
success Country» cui gli altri Paesi della regione dovrebbero ispirarsi nel loro cammino verso la democrazia.
      L'apprezzamento delle istituzioni comunitarie è stato anche espresso il 2 febbraio 2012 dall'Alto rappresentante Ashton e dal rappresentante speciale Unione europea per il Mediterraneo meridionale Leon nel corso dell'incontro a Bruxelles con il Primo ministro tunisino Jebali, occasione nella quale è stata sottoscritta una dichiarazione congiunta per il rafforzamento delle relazioni Unione europea-Tunisia sulla base dei valori condivisi di democrazia, rispetto dei diritti umani e tolleranza.
      Massima è l'attenzione riservata al negoziato per la creazione di un «partenariato rinnovato» tra Tunisi e l'Unione europea, quale strumento per l'ulteriore rafforzamento dei già solidi legami tra Tunisi e l'Europa.
      L'Unione è altresì impegnata nella conclusione con Tunisi di un partenariato di mobilità e sicurezza, volto a dare risposte concrete alle sfide più complesse, come quella di una gestione condivisa del fenomeno migratorio, attraverso politiche che assicurino un'adeguata rilevanza alle aspettative dei giovani provenienti dai Paesi della sponda sud in termini di formazione, di opportunità occupazionali, di mobilità per motivi di studio e di lavoro.
      Riguardo ai diritti umani, si segnala che nel corso del 2011, dopo la «Rivoluzione dei Gelsomini», la Tunisia ha aderito a numerose convenzioni internazionali in materia, fra cui: lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, la Convenzione sulle sparizioni forzate, il Primo protocollo aggiuntivo al patto internazionale sui diritti civili e politici, il Protocollo aggiuntivo alla convenzione sulla tortura e la convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità.
      Il Paese e stato inoltre sottoposto all'esame del Consiglio diritti umani, nell'ambito della XIII sessione della
universal periodic review (21 maggio-4 giugno 2012), dal cui rapporto emergono numerosi progressi, il cui consolidamento l'Italia continuerà a stimolare e monitorare. In linea generale c’è da segnalare l'abolizione del Ministero dell'informazione, il cui fine esclusivo era quello di utilizzare i media per finalità di propaganda politica; l'abolizione della censura di internet; il tentativo di ristabilire un ordine in cui si assicurino giustizia sociale, lotta alla povertà, alla discriminazione e alla marginalizzazione; la creazione del «Ministère des Droits de l'Homme et de la Justice Transitionnelle».
      Progressi si sono altresì registrati nei confronti delle donne, che rappresentano una componente sociale molto importante. Importanti indicazioni in tal senso, che il Governo intende continuare ad incoraggiare, si sono avute anche a seguito della netta presa di posizione nel febbraio scorso del Ministero della sanità tunisino contro le mutilazioni genitali femminili.
      Il Governo tunisino persegue tradizionalmente una politica a favore di un'educazione religiosa fondata sui concetti di rispetto e tolleranza, in contrapposizione alle suggestioni integraliste. La libertà di religione è infatti garantita e vi è tolleranza nei confronti di tutti i credi professati, di cui vengono protetti i luoghi di culto.
      Sviluppi incoraggianti si registrano inoltre in materia di libertà di associazione ed espressione, ferma restando la persistenza di alcuni isolati episodi di attacchi verbali e aggressioni a giornalisti riconducibili ad esponenti del movimento salafita. È al momento in corso un dibattito sulla riforma dell'informazione, di cui uno dei principali elementi è l'elaborazione di un codice di autodisciplina.
      Nei prossimi mesi la solidità dei progressi democratici della Tunisia sarà ulteriormente messa alla prova quando il Paese sarà chiamato a portare a compimento il processo di abrogazione di alcune leggi repressive ancora in vigore, adottate negli anni della presidenza di Ben Alì, con particolare riguardo alla legge sul terrorismo del 2003 (spesso usata da Ben Alì per perseguire gli oppositori), alla normativa in materia di detenzione preventiva e alle disposizioni che regolano il potere giudiziario, cui non è ancora garantita la completa indipendenza dall'esecutivo.
      L'Italia guarda con particolare attenzione ai passi in avanti compiuti dalla Tunisia in materia di diritti umani, come anche sottolineato in occasione della sopra citata sessione della
universal periodic review in seno al CDU. Particolare soddisfazione è stata espressa per l'apertura a Tunisi di un ufficio regionale dell'Alto commissariato per i diritti umani e per la moratoria di fatto sulla pena di morte applicata nel Paese dal 1991. A tale riguardo, l'Italia ha raccomandato la previsione dell'abolizione della pena di morte nella futura Costituzione e la Tunisia si è riservata di rispondere entro la sessione del Consiglio dei diritti-umani di settembre. Allo stesso modo, il Paese si riserva di rispondere entro la 21esima sessione del Consiglio in merito al riconoscimento costituzionale del principio di uguaglianza tra generi e l'adozione di una legge contro la violenza sulle donne. La Tunisia ha invece accettato, senza riserve, la nostra raccomandazione sull'esigenza di garantire la libertà di religione durante e dopo il periodo di transizione.
      Al di là quindi di alcuni, certamente preoccupanti episodi di violenza e intolleranza commessi da parte di gruppi estremisti, per lo più Salafiti – sui quali il Governo intende comunque mantenere alta la vigilanza –, il quadro generale dei diritti umani e le relative politiche promosse finora dalle autorità tunisine sono complessivamente positivi: tale quadro potrà ulteriormente consolidarsi nel contesto della nuova Costituzione in corso di redazione.
      L'Italia continuerà a monitorare la situazione dei diritti umani nella delicata fase attuale e ad intervenire nelle sedi multilaterali, ed in particolare a livello europeo e nell'ONU, affinché tutte le riforme in atto e future possano effettivamente portare ad un ulteriore, progressivo innalzamento degli standard di protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Tunisia.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la disposizione n.  21943 del 29 aprile 2011 del Ministero della salute della Direzione Generale risorse umane e professioni sanitarie – tra l'altro ha indicato il requisito del raggiungimento del quorum, in seconda convocazione, pari al 10 per cento degli iscritti per le elezioni per il rinnovo degli organi collegiali IPASVI – come tra l'altro previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo Casse pensione sanitari 13 settembre 1946, n.  223 e come statuito anche dalla giurisprudenza della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie: confronta decisioni n.  2 del 28 marzo 2008 e n.  25 del 13 luglio 2009;
          la Federazione nazionale IPASVI con circolare n.  15/2011 del 6 maggio 2011 ha diramato la predetta disposizione e indicato, tra l'altro, che i consigli direttivi dei collegi provinciali non dovessero procedere all'esame di nuove domande di iscrizione all'albo una volta spedito l'avviso di convocazione, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 8 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 221 del 1950;
          il Collegio IPASVI di Roma con lettera n.  6539 del giorno 11 novembre 2011, pubblicata sul sito ufficiale del Collegio solo in data 26 novembre 2011, ha comunicato l'avviso di convocazione assemblea degli iscritti per il rinnovo del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti per il triennio 2012-2014 per le date dell'11, 12 e 13 dicembre;
          risulta che diversi iscritti al Collegio IPASVI di Roma hanno lamentato il mancato arrivo e/o l'arrivo in ritardo della lettera di convocazione, fattore che potrebbe aver contribuito al mancato raggiungimento del quorum;
          sono state effettuate nuove iscrizioni all'Albo del Collegio di Roma con apposite sedute del Consiglio direttivo ben oltre la data limite con cui è stata convocata l'assemblea degli iscritti e in ogni caso nei giorni immediatamente precedenti alla convocazione per le elezioni;
          le operazioni elettorali hanno coinvolto un esiguo numero di iscritti al collegio ed alla chiusura dei seggi il numero effettivo dei partecipanti al voto è stato pari a solo 2363 iscritti. Dei 29781 infermieri romani hanno votato solo il 7,83 per cento, e quindi non è stato raggiunto il quorum minimo previsto pari al 10 per cento, come indicato nelle disposizioni in premessa;
          un gruppo di iscritti ha comunicato al Presidente della Commissione elettorale per il rinnovo della necessità di rispettare le indicazioni in premessa e che questi, non ha ritenuto di dar luogo all'annullamento di diritto delle operazioni elettorali per mancato raggiungimento del quorum, autoproclamando in virtù del maggior numero di voti acquisiti, ma in ogni caso non sufficienti, il nuovo consiglio direttivo;
          la precitata nota 21943 del 29 aprile 2011 del Ministero della salute stabilisce che le inadempienze eventualmente accertate dovranno essere tempestivamente comunicate a questa Direzione generale delle risorse umane e professioni sanitarie al fine di consentire l'efficace esercizio del potere di vigilanza ai sensi degli articoli 18, lettera b), del decreto legislativo Casse pensione sanitari n.  233 del 1946 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica n.  22 novembre 1950  –:
          quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato nei merito, ivi compreso l'annullamento e la conseguente ripetizione delle operazioni elettorali, con una nuova convocazione dell'assemblea di rinnovo degli organi collegiali, anche in considerazione dei riflessi sulle elezioni del Consiglio nazionale della federazione IPASVI previste per il prossimo mese di marzo. (4-14372)

      Risposta. — In via preliminare, appare opportuno evidenziare che il Ministero della salute – direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del servizio sanitario nazionale, nell'ambito della propria attività di vigilanza, in prossimità delle elezioni per il rinnovo degli organi direttivi degli ordini e dei collegi, con circolare del 29 aprile 2011, inviata a tutte le federazioni, nel richiamare l'attenzione sul rispetto dei termini e delle modalità operative per la convocazione del corpo elettorale e per la predisposizione di tutte le misure organizzative atte a garantire il regolare svolgimento delle elezioni, aveva ricordato che, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato (C.P.S) 13 settembre 1946, n.  233, il raggiungimento del quorum per la validità delle elezioni è, in seconda convocazione, pari al 10 per cento degli iscritti; i voti espressi da tale percentuale di iscritti devono in ogni caso essere non inferiori al doppio dei componenti il Consiglio.
      A supporto della corretta interpretazione della richiamata norma, erano state allegate alla stessa circolare le decisioni n.  2 del 28 marzo 2008 e n.  25 del 13 luglio 2009 della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.
      Successivamente, questo Ministero, facendo seguito alla circolare in questione, con ulteriore nota del 26 ottobre 2011, al fine di monitorare l'andamento delle elezioni, aveva chiesto alle federazioni di riferire in merito allo stato di avanzamento delle operazioni relative alle stesse elezioni.
      Con specifico riferimento alla questione prospettata nell'interrogazione in esame, si è provveduto ad acquisire informazioni direttamente dal collegio provinciale infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici infanzia (IPASVI) di Roma.
      In data 31 gennaio 2012 il collegio ha fornito elementi informativi in relazione ai quesiti posti.
      In particolare, il presidente ha rappresentato di avere agito, con provvedimento del 22 dicembre 2011, in autotutela per l'annullamento della proclamazione dei risultati delle elezioni svoltesi nei giorni 11, 12 e 13 dicembre 2011 per il rinnovo del consiglio direttivo e del collegio dei revisori dei conti, avendo preso atto del mancato raggiungimento del «quorum» previsto dal dettato normativo di cui al già richiamato articolo 2 del decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato n.  233 del 1946.
      Dalla relazione prodotta si è appreso, inoltre, che a seguito di convocazione del consiglio direttivo, in data 5 gennaio 2012 è stata deliberata la convocazione dell'assemblea elettorale, in prima convocazione, per i giorni 5, 6 e 7 febbraio e, in seconda convocazione, per i giorni 12, 13 e 14 febbraio 2012.
      Al riguardo, si precisa, in via generale, che nelle elezioni degli ordini e collegi professionali il mancato raggiungimento del «quorum» non sempre comporta, da parte del presidente del seggio, la dichiarazione di invalidità dell'assemblea elettorale. La copiosa giurisprudenza della commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (non a caso richiamata nella citata circolare), testimonia che non di rado si è pervenuti alla proclamazione degli eletti ed all'insediamento del nuovo consiglio direttivo, con conseguente annullamento delle operazioni da parte dell'organo di giurisdizione speciale.
      Nel caso di specie, l'annullamento delle elezioni è intervenuto in autotutela a distanza di sette giorni dalla proclamazione degli eletti. Al riguardo, si rileva che ai sensi dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n.  221, il nuovo consiglio deve insediarsi nel termine di otto giorni dall'avvenuta elezione. Ne deriva che il presidente uscente, in qualità di presidente
ex lege del seggio elettorale (articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n.  221 del 1950) manteneva ancora i poteri di annullamento.
      Pertanto, alla luce delle informazioni ricevute e delle considerazioni svolte, nonché dell'avvenuta riconvocazione dell'assemblea elettorale, appaiono superate le misure richieste nell'interrogazione in questione.
      Quanto all'ulteriore quesito relativo al «mancato arrivo e/o all'arrivo in ritardo della lettera di convocazione, fattore che potrebbe aver contribuito al mancato raggiungimento del
quorum», il collegio afferma di aver ritualmente adempiuto a quanto di propria competenza, inviando la convocazione per posta prioritaria in data 25 novembre 2011. Al riguardo, si fa presente che tale modalità di convocazione è prevista dall'articolo 2, comma 5, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n.  233 del 1946 sostituito dall'articolo 2, comma 4-sexies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n.  35, come modificato dalla legge di conversione e che in base al medesimo articolo, è posto a carico del collegio solo l'onere di dare prova dell'effettivo invio delle comunicazioni.
      Con riferimento, da ultimo, alla questione concernente il fatto «che sono state effettuate nuove iscrizioni all'Albo del Collegio di Roma con apposite sedute del Consiglio direttivo ben oltre la data limite con cui è stata convocata l'assemblea degli iscritti e in ogni caso nei giorni immediatamente precedenti alla convocazione per le elezioni», si ritiene che, in ossequio al principio della salvaguardia del diritto di voto, bene ha fatto il collegio a proseguire nelle iscrizioni anche in prossimità delle elezioni. In ogni caso, il numero dei nuovi iscritti, pari a 143 infermieri, non era tale da condizionare il regolare funzionamento delle operazioni elettorali.

Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il codice dell'ordinamento militare, approvato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, dispone, all'articolo 1354, che: «È attribuito all'autorità militare il potere sanzionatorio nel campo della disciplina»; all'articolo 1352, comma 2, che «La violazione dei doveri (...) comporta sanzioni disciplinari di stato o sanzioni disciplinari di corpo» e all'articolo 1353 che «Non possono essere inflitte sanzioni disciplinari diverse da quelle previste nel presente capo»;
          la violazione dei doveri comporta quindi l'applicazione di sanzioni disciplinari di stato o alternativamente, di sanzioni disciplinari di corpo, in relazione alla fattispecie concreta violata (corpo di appartenenza o collettività statuale), che sono espressione del medesimo potere sanzionatorio, applicato con elevata discrezionalità dall'autorità militare;
          il codice ha riprodotto i contenuti degli articoli 13 e seguenti della legge 11 luglio 1978, n.  382, dell'articolo 56 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n.  545, dell'articolo 73 e seguenti della legge 10 aprile 1954, n.  113 e dell'articolo 63 e seguenti della legge 31 luglio 1954, n.  599, e non avrebbe potuto operare diversamente considerati i limiti posti dalla disposizione di delega di cui all'articolo 14, comma 14, della legge 28 novembre 2005, n.  246, che ha consentito di realizzare esclusivamente la semplificazione ed il riassetto di norme senza alcuna possibilità di innovare l'ordinamento militare; gli stessi limiti di delega sono posti per i decreti legislativi correttivi del codice adottati ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della citata legge;
          il decreto legislativo 24 febbraio 2012, n.  20, ha attuato svariate modifiche ed integrazioni al codice dell'ordinamento militare e, in particolare, con l'articolo 4, comma 1, lettera qqq), ha introdotto modifiche all'articolo 1398 del codice dell'ordinamento citato, rendendo di fatto obbligatoria l'instaurazione del procedimento disciplinare di corpo, nel caso di «rinvio degli atti al comandante di corpo al termine di inchiesta formale». In altre parole laddove l'inchiesta formale non dovesse accertare rilevanza disciplinare di stato vi sarebbe la possibilità di intraprendere il procedimento disciplinare di corpo, innovando non solo la procedura disciplinare, ma anche violando – in ipotesi – il principio del ne bis in idem  –:
          quali immediate iniziative intenda intraprendere in merito a quanto in premessa. (4-15526)

      Risposta. — La modifica apportata all'articolo 1398 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66) è finalizzata a ricomprendere anche l'ipotesi in cui un'inchiesta formale – avviata per l'eventuale applicazione di una sanzione di stato – si dovesse concludere non con un provvedimento di sanzione ma con il rinvio degli atti al comandante di corpo.
      Non sussiste il rischio della violazione del principio del «ne bis in idem», in quanto trattasi di due differenti fattispecie sanzionatorie (quella di stato e quella di corpo) che sono trattate in due differenti sezioni del codice e che hanno un differente valore afflittivo e sono di competenza di due differenti autorità (quella di stato compete al Ministro, o a un suo delegato, mentre quella di corpo al comandante del soggetto interessato).
      Di contro va osservato che violazione del suddetto principio vi sarebbe nel caso di applicazione sia di una sanzione di stato che di corpo, posto che la potestà sanzionatoria è una e, pertanto, per la medesima condotta, non possono essere irrogate due differenti sanzioni.
      Le sanzioni disciplinari di corpo, sono espressione di uno
jus corrigendi normativamente attribuito al superiore gerarchico e svolgono una funzione educativa e correttiva della condotta manchevole del militare per infrazioni la cui entità non costituisca un vulnus per l'amministrazione militare, tale da incrinare il vincolo di fiducia che sottende il rapporto tra l'amministrazione stessa e il dipendente.
      Pertanto, con la sanzione di corpo non si potrà punire che una mancanza per la quale sia stata preliminarmente esclusa l'applicazione di una sanzione di stato.
      Non sarebbe possibile procedere, da parte del comandante di corpo, all'irrogazione di una sanzione senza l'apertura di un regolare procedimento disciplinare di corpo in quanto sarebbero violate non solo le previsioni del citato articolo 1398, che stabilisce rigorose procedure per la rilevazione dell'infrazione stessa e l'eventuale irrogazione della sanzione, ma addirittura la legge n.  241 del 1990, tenuto conto che la cosiddetta «contestazione degli addebiti» ha la valenza di avvio del procedimento.
      È del tutto evidente che l'apertura del procedimento disciplinare di corpo in successione all'inchiesta formale ha anche una determinante funzione garantista nei confronti dei soggetti che vengono sottoposti al procedimento.
      Infatti l'irrogazione di una sanzione di corpo senza procedimento disciplinare violerebbe in modo assoluto il principio del legittimo contraddittorio, in quanto è solo nella sede del procedimento che il personale sottoposto ad azione disciplinare può presentare le proprie tesi difensive.
      Non avviare, invece, il successivo procedimento disciplinare, alla luce di quanto esposto, comporterebbe per l'amministrazione procedente l'impossibilità di ripristinare l'integrità dell'ordinamento disciplinare violato.
      Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto, non si ritiene possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.